ANNO XXVII -N. 2 MARZO -APRILE 1975 ANNO XXVII -N. 2 MARZO -APRILE 1975 
RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1975 



ABBONAMENTI 

ANNO . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . . � L. 12.750 
lJN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . � 2.250 

Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO � PIAZZA G. VERDI, 10 � ROMA 
e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia � Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11llo 1966 


(5219042) Roma, 1975 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
dell'avv. Michele Savarese) 
(a cura 
pag. 275 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 305 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura del/'avv. Benedetto Baccari) � 341 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE 
cato Adriano Rossi) � 
(a cura de/l'avvo356 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
de//'avv. Ugo Gargiulo) 
(a cura 
. . . � 370 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) � 382 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura delf'avv. Arturo 
Marzano) ,. � 424 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � 455 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI pag. 25 
LEGISLAZIONE � 45 
CONSULTAZIONI � 57 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 60 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco. Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Francesco MARiuzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, 
Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MmuToLo DEL 
SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco Gu1ccIARDI, Genova; 
Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, 
Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Sergio LAPORTA, Napoli; Nicasio 
MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; 
Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, 
Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

MARZANO .f..., Normativa comunitaria e disciplina nazionale dei 
prezzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 313 

RossI A., Gestione di�retta da parte del concedente dell'impresa 
del concessionario decaduto e crediti dei dipendenti . . . . I, 361 

TAMiozzo R., Autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari I, 379 

TAMIOZZo R., Revocazione per errore di fatto nella pi� recente 
giurisprudenza del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . I, 375 

VITTORIA P., Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di 
acque pubbliche oggetto di concessione . . . I, 429 

LA REDAZIONE, Il provvedimento di espropriazione della legge 
sulla casa . . . . . . . . . . . . . . . II, 25 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Acque affior�nti naturalmente alla 
superficie -Acqua pubblica 
�Propriet� privata dell'acqua necessaria 
ai bisogni del fondo Esclusione, 
424. 

-Competenza e giurisdizione -Tribunale 
superiore delle acque pubbliche 
e Consiglio di Stato ~ Requisizione 
di utenza -Impugnazione 
-Ricorso in materia di 
acque pubbliche -� tale, con nota 
di P. VITTORIA, 429. 

-Competenza e giurisdizione -Tribunale 
superiore e tribunali regionali 
delle acque pubbliche Requisizione 
di utenza -Natura 
del provvedimento -Lesione di 
diritto soggettivo -Insussistenza, 
con nota di P. VITTORIA, 429. 

Concessione e derivazione -Pro


' roga � ex lege � -Incertezza sulla 
prorogabilit� -Interesse ad agire 
in mero accertamento -Sussistenza, 
424. 

-Requisizione di utenza -Ammissibilit� 
-Esclusione, con nota di 

P. 
VITTORIA, 428. 
- 
Requisizione di utenza -Ammissibilit� 
-Esclusione, con nota di 

P. 
VITTORIA, 430. 
AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Istituti di previdenza -Individuazione 
degli organi cui spetta la 
rapresentanza legale, 364. 

-Istituti di previdenza -Se sono 
organi dello Stato, 364. 

-Provvedimenti di urgenza -Sostituzione 
del prefetto ed altre 
autorit�, con nota di P. VITTORIA, 
429. 

APPALTO 

_:__ 
Appalto di opere pubbliche Contabilit� 
provvisoria dei lavori 
-Maggiori richieste dell'appaltatore 
-Onere della tempestiva 
riserva, 447. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
ri�hieste dell'appaltatore 
-Istituto delle riserve -Carattere 
generale -Ambito di operativit�, 
447. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Onere della tempestiva riserva 
-Eccezioni, 447. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Onere della tempestiva riserva 
.-Forma -Equipollenti Inammissibilit�, 
447. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Onere della tempestiva riserva 
-Quando sussiste -Onerosit� 
della prestazione per impreviste 
difficolt� di esecuzione 
-Richiesta di compenso ai sensi 
dell'art. 1664, secondo comma, 
del codice civile -Onere della 
tempestiva riserva, 447. 

-Appalto di opere pubbliche Maggiori 
richieste dell'appaltatore 
-Onere della tempestiva riserva 
-Portata e contenuto, 447. 

-Appalto di opere pubbliche Revisione 
dei prezzi -Autonoma 
disciplina contrattuale -Possibil:
i.t� di un diritto soggettivo dell'appaltatore 
alla revisione dei 
prezzi -Conseguente giurisdizione 
del giudice ordinario, 444. 

-Appalto di opere pubbliche Revisione 
dei prezzi -Regime legale 
.., Natura della pretesa dell'appaltatore 
Provvedimento 
amministrativo sulla revisione 



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

Impugnabilit� -Giurisdizione del 
giudice amministrativo, 444 

-Appalto di opere pubbliche Sorpresa 
geologica -Onere della 
tempestiva riserva -Maggiori richieste 
dell'appaltatore per fatto 
colposo dell'Amministrazione Onere 
della tempestiva riserva, 

447. 
AUTOVEICOLI E AUTOLINEE 

-Assicurazione obbligatoria -Mancata 
obbligatoriet� per i trasportati 
-Esclusione di azione diretta 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 282. 

-Assicurazione obbligatoria -Mutamento 
del regime contrattuale 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
285. 

CAMPANIA 

-Costituzione di nuovi Comuni Audizione 
delle popolazioni interessate 
-Necessit� del referendum 
-Esclrusione, 289. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Assicurazione obbligatoria -Vigilanza 
ministeriale ex art. 14 
legge 24 dicembre 1969, n. 990 Accertamento 
preventivo -Legittimit�, 
370. 

CITTADINANZA 

-Donna sposata a cittadino straniero 
-Perdita della cittadinanza 
-Illegittimit� costituzionale, 295. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Consiglio di Stato -Nomina governativa 
di consiglieri -Attualit� 
del potere -Impugnazione Giurisdizione 
amministrativa, 341. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Prenotazione dei privati 
e fornitura diretta di monete 
da parte della Zecca -Interesse 
legittimo alla consegna, 342. 

-Poteri del giudice nei confronti 
della P.A. -Atto materiale lesivo 
del diritto, con nota di C. CARBONE, 
352. 

COMUNE 

-Autorizzazione a stare in giudizio 
-Legittimazione passiva del 
Prefetto in un ricorso avverso un 
suo provvedimento -Necessit� 
della autorizzazione ministeriale 
-Non sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 
379. 

-Autorizzazione ad acquisti immobiliari 
-Edificio abusivo -Diniego 
del Prefetto sul presupposto 
che l'acquisto � nullo per 
mancanza del prezzo, con nota di 

R. 
TAMIOZZO, 379. 
-Autorizzazione prefettizia per 
acquisti immobiliari -Diniego Ricorso 
del Comune -Legittimazione 
passiva del Prefetto -Sussiste, 
con nota di R. TAMIOZzo, 

379. 
-Autorizzazione prefettizia ad 
acquisti immobiliari -Inesistenza 
di un termine per la pronuncia, 
con nota di R. TAMIOZZO, 379. 

- 
Autorizzazione prefettizia ad 
acquisti immobiliari -Prezzo irrisorio 
-Cessione come contropartita 
della sanatoria concessa alla 
costruzione -Diniego alla autorizzazione 
-Incensurabilit� in sede 
di legittimit�, con nota di R. 
TAMIOZZO, 379. 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agricoltura -Organizzazione comune 
dei mercati nel settore dei 
cereali -Regime delle cauzioni 
all'importazione -Normativa comunitaria 
-Corrispondenti disposizioni 
di diritto interno -Possibile 
illegittimit� costituzionale, 

336. 
-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati nei settori dei 
cereali e dei grassi -Libera circolazione 
dele merci -Garanzia Fonte 
-Efficacia diretta, con nota 
di A. MARZANO, 312. 

- 
Agri,cOO.tura Org;aindzZJazliioni 
comuni dei meIDcati -NO!rmaiti.va 
nazionia11e suscettib!lilie di �ailiterrare 
iii processo di formazione dei 
prezzi -II11CompaitibiJJ.d.t� COOl. la 
'normativa �Comiun:iitarrd.a, con :nota 
di A. MARZANO, 312. 


VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Agricoltura -Organizzazioni comuni 
dei mercati -Processo di 
formazione dei prezzi -Competenza 
degli Stati membri -Esclusione, 
con nota di A. MARZANO, 

312. 
-Lavoratori migranti -Figli studenti 
-Parit� di trattamento Portata, 
305. 
-Lavoratori migranti -Previdenza 
sociale -Sussidi di invalidit� 
contemplati da norme interne Diritto 
soggettivo alla riscossione 
-Costituiscono prestazioni previdenziali, 
309. 
-Norma di diritto interno incompatibile 
con anteriori provvedimenti 
di diritto comunitario -Disapplicazione 
-Inammissibilit� Mezzo 
giuridico offerto dall'ordinamento 
interno per garantire la 
prevalenza del diritto comunitario 
-Declaratoria di illegittimit� 
costituzionale della contrastante 
norma di diritto interno, 336. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Stanziamento di fondi dipendente 
da estensione di giudicato Avviso 
negativo del Ministero 
del Tesoro -Impugnabilit� -Non 
sussiste, 372. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Revisione prezzi -Capitolato generale 
d'appalto -Esclusione della 
revisione -Possibilit� della 
revisione nel capitolato speciale 
-Conseguenze in ordine alla posizione 
giuridica dell'appaltatore, 

373. 
CORTE DEI CONTI 

-Giudizi di responsabilit� -Componenti 
i Consigli di amministrazione 
delle Universit� -Limitazione 
al solo dolo o colpa grave 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
279. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Alto Adige, Autoveicoli e autolinee, 
Campania, Cittadinanza, 

Corte dei Conti, Fallimento, Lavoro, 
Miniere, Ordinamento giudiziario, 
Patria potest�, Pensioni 
ordinarie, Procedimento civile, 
Procedimento penale, Reato, Reati 
e pene, Regione, Sicurezza pubblica, 
Trentino-Alto Adige, Tribunali 
Amministrativi Regionali. 

ENTI PUBBLICI 

-Acquisti immobiliari -Finalit� 
dell'autorizzazione ai sensi della 
legge n. 218 del 1896 -Diniego di 
autorizzazione -Fattispecie -Legittimit�, 
con nota di R. TAMIOZzo, 
379. 

ESPROPRIAZIONE P.U. 

-Opposizione alla stima -Intestatari 
catastali -Legittimazione 
esclusiva, con nota di A. Rossr, 

363. 
FALLIMENTO 

-Crediti tributari contestati avanti 
le commissioni tributarie e ammessi 
con riserva -Necessit� di 
opposizione allo stato passivo Esclusione, 
con nota di A. Rossr, 

356. 
Omessa o irregolare t�nuta dei libri 
contabili -Sanzione penale 
indipendente dal danno ai creditori 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 297. 

- 
Opposizione allo stato passivo Istruttoria 
delle cause da parte 
del giudice delegato -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 297. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Regolamento e circolazione -Lesione 
non immediata -Impugnabilit� 
con l'atto di applicazione Bando 
di chiamata alle armi � 
tale, 369. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Consiglio di amministrazione Composizione 
Partecipazione 
del Presidente del Consiglio superiore 
-Finalit� -Coincidenza 
con la persona del Ministro, 370. 


INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 
IX 

-Consiglio di amministrazione Presidenza 
-Delega a Sottosegretario 
-Funzioni di Presidente del 
Consiglio superiore -Sono comprese 
nella delega, 371. 

-Costituzione del rapporto -Requisito 
della buona condotta Vincitore 
di concorso gi� impiegato 
di carriera inferiore con costante 
qualifica di ottimo -Esclusione 
del requisito -Contrasto 
tra gli elementi di valutazione Illegittimit�, 
373. 

Costituzione del rapporto -Requisito 
della buona condotta Vincitore 
di concorso gi� impiegato 
di carriera inferiore con costante 
qualifica di ottimo -Ritenuta 
esclusione del requisito Illogicit� 
� ex se � -Non sussiste, 

373. 
-Dipendenti C.N.R. non .di ruolo Rapporti 
a termine prorogabili 
pi� volte -Legittimit�, 372. 

-Sedi di uffici -Diversa allocazione 
nell'ambito dello stesso Comune 
-Insindacabilit�, 371. 

-Stipendi, assegni e indennit� Divieto 
di � reformatio in pejus � 
-Concessione di assegno personale 
-Legittimit�, 372. 

- 
Trasferimento di sedi di uffici Non 
spetta al Consiglio di amministrazione 
-Tutela giurisdizionale 
-� ammissibile, 371. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per la costruzione 
di autostrade -Fideiussione bancaria 
sostitutiva della cauzione 
dell'appaltatore -Si estende, 397. 

-Agevolazioni per la costruzione 
di autostrade -Subappalto Estensione 
-Limiti, 396. 

-Trasferimento di diritto reale immobiliare 
-Cessione qi cubatura 
prevista dal piano regolatore di 
Torino -� tale -Agevolazione 
dell'art. 14 della legge 2 luglio 
1949, n. 408 -Applicabilit�, 419. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Agevolazioni per la costruzione 
di autostrade -Inapplicabilit�, 

396. 
-Azione in sede ordinaria -Termine 
-Art. 52 legge 19 giugno 
1940, n. 762 -Pronuncia di illegittimit� 
costituzionale -Ordinanza 
di rettifica della Corte Costituzionale 
Retroattivit� 
Esclusione, 389. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Apparecchi di accensione -Importazione 
-Dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale degli 
art. 2 e 3 del d.1. 26 febbraio 1930 

n. 105 -Estensione alla nota numero 
98.10 della tariffa doganale 
annessa d.p. 26 giugno 1965 n. 723, 
410. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Competenza e giurisdizione -Canone 
abbonamento radio audizioni 
circolari -Natura di tassa Competenza 
del Tribunale -Sussiste, 
416. 

-Imposte indirette -Interessi -
Anotocismo -Ammissibilit� -Domanda 
contenuta nella comparsa 
di risposta -� idonea, 415. 

-Rapporti tra giudizio innanzi alle 
Commissioni e azione ordinaria Termine 
-Decisione definitiva di 
comm1ss1one Impugnazione 
inammissibile -Non impedisce il 
passaggio in giudicato -. Istanza 
di revocazione contro decisione di 
primo grado -Inammissibilit�, 

382. 
- 
Rapporto tra giudizio innanzi alle 
Commissioni e azione ordinaria 
-Vizi del procedimento che 
violano il diritto soggettivo -Deducibilit� 
-Limiti -Fattispecie, 

382. 
LAVORO 

-Continuazione dall'ente pubblico 
concedente dell'attivit� del concessionario 
decaduto -Utilizzazione 
dell'organizzazione aziendale 
del concessionario -Obbligo 
del concedente di pagare. i crediti 
dei dipendenti del concessionario, 
con nota di A. Ross1, 

361. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Lavoratori' domestici -Assicurazione 
malattie -Condizione dell'inizio 
del lavoro da almeno sei 
mesi -Illegittimit� costituzionale 
290. 

MILITARE 

-Servizio di leva -Esonero -Stato 
di bisogno del� capo famiglia Elementi 
valutabili, 369. 

MINIERE 

-Miniere e. cave -Inchieste infortunistiche 
-Accertamenti del 
Corpo delle miniere -Mancate 
garanzie di difesa -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 296. 

ORDINAMENTO� GIUDIZIARIO 

-Supplenza di Pretore impedito Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 290. 

PATRIA POTEST� 

-Comunicazione giudiziaria 
Omessa notifica anche all'esercente 
la patria potest� -Illegittimit� 
Costituzionale, 30S. 

PENSIONI 

-Giudizi davanti alla Corte dei 
Conti -Richiesta di fissazione di 
udienza -Mancata avvertenza 
della decadenza -Illegittimit� 
costituzionale, 294. 

-Pensioni civili -Pensioni ai sanitari 
-Retribuzioni da prendere 
a calcolo -Omessa inclusione degli 
aumenti nel corso dell'anno 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
296. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Contumacia del convenuto -Divieto 
di declaratoria solo per nullit� 
della notifica -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 289. 

-Procura alle liti -Rinuncia da 
parte del difensore -Mancata 
equiparazione alla contumacia Illegittimit� 
Costituzionale 
Esclusione, 286. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Comunicazione giudiziaria -Notifica 
col servizio postale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
304. 

-Decreto di archiviazione -Richiesta 
di procedimento da parte 
del P.M. -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 298. 

-Esercizio dell'azione penale -Attivit� 
istruttoria del P.M. -Cumulo 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 299. 

-Incidenti di esecuzione -Sequestro 
di film -Proscioglimento non 
passato in giudicato -Omessa restituzione 
del film -Illegittimit� 
costituzionale, 294. 

-Istruttoria sommaria -Potere di 
avocazione del Procuratore Generale 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 301. 

-Notificazioni all'imputato detenuto 
per altra causa non risultante 
dagli atti -Notificazione eseguita 
nella residenza privata dell'imputato 
-Legittimit�, 456. 

-Parte civile -Omessa elezione di 
domicilio -Inammissibilit� della 
costituzione di parte civile -Illegittimit� 
costituzionale, 302. 

-Proscioglimento per mancanza di 
querela -Omesso interrogatorio 
dell'imputato -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 291. 

-Reati punibili a querela -Proscioglimento 
per incapacit� di intendere 
e volere -Condanna del 
querelante nelle spese -Illegittimit� 
costituzionale, 278. 

-Spese giudiziali in materia penale 
-Compensazione delle spese Natura 
�-Impugnazione dell'im.
putaito e delilia pa!l'tle c1viile -Rigetto 
-Compensazione delle spese 
-Inammissibilit�, 455. 

REATO 

Contravvenzione all'uso del demanio 
marittimo o aeronautico Norma 
in bianco -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 288. 

-� Reati e pene -Presunzione di conoscenza 
della legge penale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
291. 


INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

-Sospensione condizionale della 
pena -Subordinazione all'effettiva 
riparazione del danno -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
276. 

REGIONE 

-Consiglieri -Insindacabilit� penale 
-Componenti della Giunta 
-Sindacabilit�, 291. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Responsabilit� della P.A. -Capitolato 
di appalto F.S. -Clausola 
di manleva -Validit�, 363. 

SENTENZA 

-Revocazione -Errore di fatto Annullamento 
di licenza edilizia 
-Determinazione del momento 
costitutivo della fattispecie dell'annullamento 
d'ufficio -Censura 
di diritto -Ammissibilit� della 
revocazione -Preclusione, con 
nota di R. TAMIOZZO, 377. 

-Revocazione -Errore di fatto Presupposti 
-Censura diretta sostanzialmente 
ad un errore di diritto 
-Inammissibilit�, con nota 
di R. TAMIOZZO, 376. 

-Revocazione -Errore di fatto Presupposti 
-Fattispecie -Errore 
di giudizio -Irrilevanza ai fini 
della revocazione, con nota di 
R.' TAMIOZZO, 374. 

-Revocazione -Errore di fatto Presupposti 
-Pronuncia basata 
su elementi diversi dalla circostanza 
di cui si deduca errore di 
fatto ai fini della revocazione Inammissibilit� 
della domanda di 

revocazione ., Sussiste, con nota 
di R. TAMIOZZO, 374. 

-Revocazione -Rapporto con il ricorso 
per difetto di giurisdizione 
-Sospensione del giudizio di revocazione 
-Esclusione, con nota 
di R. TAMIOZZO, 375. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Armi ed esplodenti -Annotazione 
cronologica delle sole armi 
-Illegittimit� costituzionale Esclusione, 
275. 

-Questua senza autorizzazione Questua 
per motivi politici -IllegJ,
ttimit� costirtuzioJ:lla1lie -Esclusione, 
277. 

-Riunioni pubbliche senza preavviso 
-Interventi verbali di chi ne 
sia. .a conoscenza -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 278. 

'rRASPORTO 

-Trasporti in concessione -Scelta 
esercenti autoservizi in concessione 
-Procedimento -Motivazione 
del provvedimento quale condizione 
di legittimit�, con nota di 

R. TAMIOZZO, 376. 
TRENTINO-ALTO ADIGE 

-Pcr-ovinda di B<Jllzano.-Nocmativia 
stata1e in maiteri1a di t).ibert� sindacale 
-]l!legiirtrtimiit� oosti.1tuzionaie 
-E1salusione, 295. 

-Provincia di Bolzano -Tutela 
delle minoranze linguistiche tedesca 
e ladina -Nozione, 295. 

TRIBUNALI AMMINISTRATIVI 
REGIONALI 

-Regione Sicilia -Limitazione della 
Competenza del T.A.R. -Illegittimit� 
costituzionale. 289. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

6 marzo 1975, n. 48 pag. 275 
6 marzo 1975, n. 49 276 
6 marzo 1975, n. 50 277 
6 marzo 1975, n. 51 278 
6 marzo 1975, n. 52 278 
12 marzo 1975, n. 54 279 
12 marzo 1975, n. 55 ' 282 
12 marzo 1975, n. 56. > 285 
12 marzo 1975, n. 57 286 
12 marzo 1975, n. 58 288 
12 marzo 1975, n. 60 289 
12 marzo 1975, n. 61 289 
12 marzo 1975, n. 62 289 
12 marzo 1975, n. 64 290 
25 marzo 1975, n. 71 290 
25 marzo 1975, n. 73 291 
25 marzo 1975, n. 74 291 
27 marzo 1975, n. 81 291 
27 marzo 1975, n. 82 294 
16 aprile 1975, n. 85 294 
16 aprile 1975, n. 86 295 
16 aprile 1975, n. 87 295 
29 aprile 1975, n. 91 296 
29 aprile 1975, n. 92 296 
29 aprile 1975, n. 93 297 
29 aprile 1975, n. 94 297 
29 aprile 1975, n. 95 298 
29 aprile 1975, n. 96 299 
29 aprile 1975, n. 97 301 
29 aprile 1975, n. 98 302 
29 aprile 1975, n. 99 303 
29 aprile 1975, n. 100 . 304 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

3 luglio 1974, nella causa 9/74 . . pag. 305 
13 novembre 1974, nella causa 39/74 309 
23 gennaio 1975, nella causa 31/74 312 

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29 gennaio 1975, nella causa 68/74 305 

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INDICE XIII 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 19 giugno 1974, n. 1806 . . . pag. 356 
Sez. Lavoro, 21 giugno 1974, n. 2306 361 
Sez. III, 6 agosto 1974, n. 2348 . . 363 
Sez. I, 10 agosto 1974, n. 2392 . . . 363 
Sez. I, 19 settembre 1974, n. 2505 . 396 
Sez. Un., 9 ottobre 1974, n. 2714 . . 341 
Sez. Un., (ordinanza) 31 ottobre 1974 336 
Sez. Un., 9 novembre 1974, n. 3474 342 
Sez. Un., 9 novembre 1974, n. 3486 352 
Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4088 424 
Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089 428 
Sez. I, 8 gennaio 1975, n. 40 382 
Sez. I, 9 gennaio 1975, n. 46 . 389 
Sez. J, 13 gennaio 1975, n. 105 396 
Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 162 410 
Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 163 415 
Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 164 416 
Sez. I, 22 gennaio 1975, n. 250 419 
Sez. Un., 25 gennaio 1975, n. 286 430 
Sez. I, 26 febbraio 1975, n. 764 397 
Sez. Un., 27 marzo 1975, n. 1157 444 
Sez. I, 18 aprile 1975, n. 1458 . 447 


CORTE DEI CONTI 

Sez. II Giur., 25 giugno 1973 . . . . . . . . . . . . . pag. 364 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. plen., 29 ottobre 1974, n. 9 pag. 369 
Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 260 370 
Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 267 > 370 
Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 628 372 
Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 648 . 372 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 661 . 
Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 842 
Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 850 
Sez. IV, 26 novembre 1974, n. 884 . 
Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1061 
Sez. VI, 22 novembre 1974, n. 370 . 
pag. 373 
373 
374 
379 
376 
375 
GIURISDIZIONI PENALI 
CORTE DI CASSAZIONE 


Sez. IV, 20 novembre 1973, n. 2207 

pag. 455 

Sez. V, 17 aprile 1974, n. 623 . . 

456 


PARTE .SECONDA 

I!vTDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AGRICOLTURA 

-Agric9ltura -Funzioni amministrative 
in materia di miglioramenti 
fondiari -Affitto di fondi 
rustici -Competenza dello Stato 
e della Regione, 57. 

-Agricoltura -Funzioni amministrative 
-In materia di miglioramenti 
fondiari -Affitto di fondi 
rustici -Ricorsi gerarchici avverso 
provvedimento degli Ispettorati 
provinciali -Decisione Competenza, 
57. 

APPALTO 

-Contratti di rpubbliche forniiture Revisione 
prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale 
-Interessi, 57. 

COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 


-Dazi doganali -Diritti per servizi 
amministrativi -Importazione 
di nave armata, 57. 

DAZI DOGANALI 

-Dazi doganali -Diritti per servizi 
amministrativi -Importazione 
di nave armata, 58. 

IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE 

-Dazi doganali -Diritti per servizi 
amministrativi -Importazione 
di nave armata, 58. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Esenzione e agevolazioni -� Effettiva 
abitazione > di cui all'articolo 
17, primo comma, legge 
408/49 -Nozione, 58. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Imposta di registro -Campi ed 
impianti sportivi -Area per la 
costruzione -Donazione al Comune 
-Esenzione, 58. 

IMPOSTE E TASS,E 

-E1senzi01ni e agevoliazionl -� Effettiva 
abitazione� di cui all'articolo 
17, 'primo comma, legge 
40~/49 -Nozione, 58. 

IMPOSTE IPOTECARIE 

-E1Senzioni e aigevo1aziond -� Effettiva 
abitazione � di cui all'articolo 
17, primo comma, legge 
408/49 -Nozione, 59. 

INTERESSI 

-Contratti di pubbliche forniture 
-Revisione prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale 
-Interessi, 59. 

MEZZOGIORNO 

-Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Occupazione d'urgenza Stato 
di consistenza -Nomina del 
tecnicp, 59. 

-Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Decreto di occupazione o 
di espropriazione -Soggetti a cui 
favore verranno devoluti gli im~ 
mobili -Esenzione, 59. 

POSTE E TELECOMUNICAZION[ 

-Amministrazioni dello Stato Rapporti 
-Vaglia postale emesso 
a favore di P.A. -Mancato incasso 
nei termini -Conseguenze, 
59. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

QUESTIONI. 
LEGISLAZIONE 
pag. 25 
I 
II 
III 
-Norme dichiarate incostituzionali 
-Questioni dichiarate non fondate 
-Questioni proposte . 
pag. 45 
46 
49 
INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 60 

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PARTE PRIMA 


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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 48 -Pres. Bonifacio 


Rei. Rocchetti -Manfredi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(Sost. avv. gen. dello Stato Zagari). 

Sicurez:t;a pubblica � Armi ed esplodenti � Annotazione cronologica delle so� 

le armi ~ Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 

(Cost., art. 3; r.d.. 18 giugno 1931, n. 773). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 35, comma primo, testo unico 
delle leggi di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) nella parte in cui limita 
l'obbligo del commerciante di armi di tenere l'annotazione cronologica 
delle sole armi e non anche delle munizioni. 

(Omissis). -Secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 35, comma 
primo, del t.u. delle leggi di p.s., in correlazione con l'art. 54 del relativo 
Regolamento, sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza, 
tutelato dall'art. 3, comma primo, della Costituzione, perch� limiterebbe 
l'obbligo del commerciante di armi a tenere annotazione cronologica e 
nominativa delle operazioni di vendita delle sole armi e non anche di 
quelle delle munizioni. E ci� nonostante sia da ritenersi che da entrambe 
le operazioni possa derivare egualmente pericolo per la pubblica incolumit�, 
oggetto della normativa penale. 

La questione non � fondata. 

Le munizioni che, per la naturale capacit� ad esplodere e per la 
specifica previsione legislativa (veggasi elencazione contenuta nell'allegato 
A del Regolamento citato), sono catalogate tra le materie esplodenti, 
hanno nelle norme, sia del t.u. (artt. 46-57) che del Regolamento 
(artt. 81-110), ampia ed adeguata regolamentazione, anche per quanto 
si riferisce all'obbligo del venditore di tenere cronologica e nominativa 
annotazione delle relative operazioni di vendita. Il tutto come confermato, 
con espresse statuizioni, dagli artt. 55 del t.u. e 54 del Regolamento. 
E poich� l'assunta differenza di trattamento nelle due ipotesi 
non sussiste, manca ovviamente ogni base alla dedotta questione di costituzionalit�. 
-(Omissis). 



276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 49 -P1�es. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Selva (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa). 
Reato -Sospensione condizionale della pena -Subordinazione all'effettiva 
riparazione del danno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; c.p. art. 165). 
Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 165 codice penale, che subordina 
la concessione della sospensione condizionale della pena all'effettiva 
riparazione del danno cagionato dal reato (1). 
(Omissis). -1. -Il tribunale di Gorizi�, nel sollevare la questione 
di legittimit� dell'art. 165 del codice penale, osserva che la facolt� del 
giudice di concedere la sospensione condizionale della esecuzione della 
pena, subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal 
reato, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, 
il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado 
di prestare il dovuto risarcimento. 
2. -Al dguaridlo, occoNe premettere ,che il risM'cimento assume, nella 
fattispecie normativa in esame, la funzione di condizione del beneficio 
e che, come questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga pre276 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 49 -P1�es. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Selva (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa). 
Reato -Sospensione condizionale della pena -Subordinazione all'effettiva 
riparazione del danno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3; c.p. art. 165). 
Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 165 codice penale, che subordina 
la concessione della sospensione condizionale della pena all'effettiva 
riparazione del danno cagionato dal reato (1). 
(Omissis). -1. -Il tribunale di Gorizi�, nel sollevare la questione 
di legittimit� dell'art. 165 del codice penale, osserva che la facolt� del 
giudice di concedere la sospensione condizionale della esecuzione della 
pena, subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal 
reato, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, 
il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado 
di prestare il dovuto risarcimento. 
2. -Al dguaridlo, occoNe premettere ,che il risM'cimento assume, nella 
fattispecie normativa in esame, la funzione di condizione del beneficio 
e che, come questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga precedente 
occasione (sentenza n. 114 del 1964), la norma rientra fra quelle 
che impongono oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati 
fini. Tali norme comportano, inevitabilmente, nella loro applicazione, una 
diversa possibilit� di utilizzazione secondo la diversa condizione economica 
dei soggetti che quei fini si propongono di conseguire. Ma da ci� 
non deriva che, in ogni caso, norme di tale contenuto e di siffatta struttura 
si pongano in contrasto col principio di eguaglianza. 

Invero, com� la Corte ha anche ritenuto con costante giurisprudenza, 
la disparit� di trattamento vietata dall'art. 3 Cost. pu� riconoscersi 
sussistente sotto il profilo in esame quando, rendendo impossibile, 
al soggetto non abbiente, il soddisfacimento dell'onere patrimoniale 
imposto dalla legge, costituisca ostacolo al positivo esercizio di un 
diritto garantito dalla Costituzione, ovvero quando la norma venga a 
determinare situazioni di privilegio o di svantaggio in difetto di una 
giustificazione ragionevolmente desumibile da esigenze obiettive. 

(1) Cfr. sulla legittimit� delle norme che impongono oneri patrimoniali 
per determinati fini, Corte Cost. 22 dicembre 1964, n. 114, in questa 
Rassegna, 1964, I, 1014. 

. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Nel caso in esame, mentre ovviamente non ricorre la prima ipotesi, 
� parimenti da escludere la seconda. �, infatti, agevole osservare che 
la facolt� del giudice di imporre la condizione in esame, risponde ad 
una apprezzabile esigenza di politica legislativa penale, in quanto costituisce 
uno strumento diretto, da un lato, a tutelare, con l'interesse della 
persona offesa, quello, pubblico, alla eliminazione delle conseguenze 
dannose. degli illeciti' penali e, dall'altro lato, a garantire che il comportamento 
del reo, successivamente alla condanna, si adegui concretamente 
a quel processo di ravvedimento, la cui realiz-zazione, come si evince 
dall'art. 164 c.p., costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso 
della sospensione condizionale della pena, ed � indubbiamente testimoniato, 
fra l'altro, dalla circostanza, di per s� rivelatrice, dell'effettuato 
risarcimento del danno. Ed � appena il caso di osservare che tutto ci� 
costituisce ragionevole giustificazione della fattispecie normativa in 
esame. 

3. -D'altra parte, � da porre in evidenza che lo stesso art. 165, 
la cui legittimit� � qui in esame, riconosce al giudice il potere di subordinare 
o meno all'adempimento dell'obbligo del risarcimento del danno 
la sospensione condizionale della pena: ci� come effetto di una valutazione, 
motivata ma discrezionale, della capacit� economica del condannato 
e della concreta sua possibilit� di sopportare l'onere del risarcimento 
pecuniario. E tale valutazione pu� intervenire, secondo giurisprudenza 
della Corte di cassazione, sia nel momento del giudizio di 
condanna, sia anche nel momento successivo di incapacit� che sopravvenga 
entro il termine fissato per l'adempimento della condizione. 
4. -Questi princ�pi forniscono chiaramente al giudice un mezzo 
idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore 
a carico del reo, in funzione de.lle sue co'ndizioni economiche, ed escludono, 
pertanto, anche sotto questo profilo, la violazione dell'invocato 
principio di eguaglianza. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 50 -Pres. Bonifacio -
Rel. O~gioni -Genovese (n.'c.). 

Sicurezza pubblica � Questua senza autorizzazione � Questua per motivi 
politici � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 3 ed altri; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza e ad 
altre norme fondamentali della Costituzione, la questione di legittimit� 


278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituzionale dell'art. 156 t.u. di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che 
non consente l'autorizzazione di p.s. per le questue effettuate per motivi 
politici (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 2 febbraio 1972, n. 12, in questa Rassegna 1972, 
I, 15. 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 51 -Pres. Bonifacio -
Rel. Trimarchi -Bertoldi (n.c.). 

Sicurezza pubblica -Riunioni pubbliche senza preavviso -Interventi verbali 
di chi ne sia a conoscenza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost. art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18). 

Non � fondata, con riferimento alla libert� di manifestazione del 
pensiero, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 18, terzo 
comma, t.u. leggi di p.s. (r.d. 18 giugno 1931 n. 773) nella parte in cui 
punisce chi, nelle riunioni pubbliche o aperte al pubblico senza preavviso, 
prende la parola essendo a conoscenza della mancanza di preavviso 
(1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 10 giugno 1970, n. 90, in questa Rassegna, 1970, 
I, 534. 
CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 52 -Pres. Bonifacio -
Rel. Rossi -Crocamo (n.c.). 

Procedimento penale -Reati punibili a querela -Proscioglimento per inca


pacit� di intendere e volere -Condanna del querelante nelle spese 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost. art. 3; c.p. art. 382}. 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 382 codice di procedura penale nella 
parte in cui prevede la condanna del querelante alle spese del procedimento 
anticipate dallo Stato, anche nell'ipotesi di proscioglimento dell'imputato 
non imputabile perch� incapace d'intendere e di volere (1). 

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(1) Cfr. Corte Cost. 6 giugno 1974, n. 165, in questa Rassegna, 1974, 
I, 1042. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 279 

(Omissis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se contrasti 
o meno con il principio costituzionale d'eguaglianza l'art. 382 del 
codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la condanna del 
querelante alle spese del procedimento anticipate dallo Stato nel ~aso 
l'imputato sia stato prosciolto perch� non imputabile per incapacit� di 

intendere e di volere. 
La questione � fondata. 
La norma impugnata, nel sancire, anche al fine di evitare liti teme


rarie, la responsabilit� del querelante per il pagamento delle spese processuali 
nel caso l'imputato sia proRciolto, stabilisce giustificate ma tassative 
eccezioni qualora il proscioglimento avvenga per insufficienza di 
prove, per concessione del perdono giudiziale o per causa estintiva del 
reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela. Tali ipotesi sono' 
rette da una ratio unitaria, che � quella di esentare chi ha esercitato 
il diritto di querela dalla responsabilit� in esame, quando l'assoluzione 
dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili al querelante, cui 
nessuna colpa pu� essere addebitata. Ove ricorrano tali estremi, contrasta 
con il principio d'eguaglianza la norma giuridica, come quella 
denunciata, che egualmente imponga la condanna alle spese processuali. 
� appena il caso di ricordare che, in applicazione del suddetto principio, 
la Corte ha gi� dichiarato l'illegittimit� parziale dell'art. 382 c.p.p., 
per. la responsabilit� corrispondentemente prevista nella ipotesi di querela 
contro ignoti per un r~ato realmente verificatosi (sentenza n. 165 

del 1974). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 54 -P1�es. Bonifacio Rei. 
Gionfrida -Devoto (avv. Nigro). 

Corte dei Conti -Giudizi di responsabilit� -Componenti i Consigli di amministrazione 
delle Universit� -Limitazione al solo dolo o colpa grave Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 52 del r.d. 31 agosto 1933 

n. 1592, che prevede la responsabilit� amministrativa dei Presidenti e 
Consiglieri di amministrazione delle Universit� per solo dolo o colpa 
grave (1). 

(1) Cfr. sulla legittimit� delle disposizioni limitative della responsabilit�, 
Corte Cost. 6 luglio 1972, n. 123, in questa Rassegna, 1972, I, 968. 

282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� in base alla considerazione, per un verso, del fatto che gli 
amministratori delle Universit� svolgono la loro attivit� gratuitamente 
(circostanza questa che, anche nel campo contrattuale privato, l'ordinamento 
non manca di valutare al fine di attenuazione della responsabilit�: 
v. artt. 1710, 1968 e.e.) e, per altro verso, dell'esigenza di 
adottare, nella specie, un metro unitario. di valutazione della responsabilit�, 
che tenga conto del fatto che nei consigli di amministrazione 
delle Universit� sono presenti soggetti (rappresentanti di enti e privati 
contribuenti al mantenimento dell'istituto, ex art. 10, r.d. 1923, n. 2102 
cit., art. 10, r.d. 1933, n. 1592; rappresentanti di comuni e province, ex 
art. 2, r.d. 1937, n. 439) per i quali la legge non stabilisce alcun requisito 
di capacit� e da cui, quindi, non � coerentemente esigibile -nell'esercizio 
di una gestione economica e finanziaria, quale �, appunto, 
l'attivit� di amministrazione in questione -un grado massimo di diligenza. 


5. -Le considerazioni da ultimo esposte -sulla peculiarit.~ della 
posizione dei componenti il Consiglio di amministrazione delle Universit� 
-danno, poi, contestuale giustificazione del particolare trattamento 
a tali soggetti riservato dalla norma impugnata, anche sotto il profilo 
del parallelo con � gli altri agenti contabili operanti nell'ambito della 
Universit��. Atteso che, nei confronti di questi ultimi, evidentemente, 
non ricorrono le esaminate condizioni (di gratuit� dell'attivit� ecc.), 
che giustificano -come detto -la attenuazione della responsabilit�, 
prevista per gli amministratori. -;--(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 55 -Pres. Bonifacio -
Rel. Trimarchi -Crignola (avv. Parravicini) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Autoveicoli e autolinee � Assicurazione obbligatoria � Mancata obbligatoriet� 

per i trasportati � Esclusione di azione diretta � Illegittimit� costitu� 

zionale � Esclusione. 

(Cost., art. 3; 1. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 4) lett. e e 18). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 14, lettera e), e dell'art. 18 
della legge 24 dicembre 1969, n. 990, che esclude dall'assicurazione obbligatoria 
per gli autoveicoli a motore i terzi trasportati, per i quali, in 
ogni caso, viene esclusa l'azione diretta contro l'assicuratore (1). 

(1) Cfr. su tale questione in dottrina, MILITERNI, L'assicurazione obbligatoria 
dei veicoli a motore e dei natanti, Jovene, Napoli, II ed., 350. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -1. -Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il tribunale 
di Como solleva, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale degli artt. 4, lett. c, e 18 della legge 
24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilit� 
civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), 
perch� non � prevista l'obbligatoriet� del contratto di assicurazione 
per i danni riportati dalle persone trasportate e perch� non � data 
a queste persone che abbiano riportate danno ancorch� coperto da assicurazione, 
azione diretta nei confronti dell'assicuratore. 

2. -La questione, sotto entrambi i profili, non � fondata. C'� anzitutto 
da ricordare che la normativa denunciata, e pi� propriamente 
l'art. 1, comma terzo, della legge n. 990 del 1969 (che non � stato richiamato 
in modo specifico nell'ordinanza), trova riscontro nella Convenzione 
di Strasburgo del 20 aprile 1959, all. II, n. 9, con cui ciascuna 
delle parti si � riservata di escludere dall'obbligo dell'assicurazione i 
danni causati alle persone trasportate dal veicolo che ha causato il 
danno in caso di trasporto a titolo gratuito o di cortesia; e che il legislatore 
italiano ha disciplinato la materia, relativamente alla circolazione 
su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, dei veicoli 
a motore senza guida di rotaie e relativamente alla copertura dell'assicurazione 
per la responsabilit� civile verso i terzi, disponendo 
che l'assicurazione deve comprendere �la responsabilit� per i danni prodotti 
alle persone trasportate dai veicoli destinati,a uso pubblico, dagli 
autobus destinati a uso privato e dai veicoli a uso privato da noleggiare 
con conducente, nonch� dai veicoli destinati al trasporto di cose 
che siano eccezionalmente autorizzati al trasporto di persone� (art. 1, 
comma terzo, cit.) ed escludendo quindi dall'assicurazione obbligatoria 
la responsabilit� civile per i danni prodotti alle persone trasportate dai 
veicoli diversi �da quelli indicati. 
E va ancora precisato che il giudice a quo, nel prospettare la questione, 
non si � soffermato sulla disparit� di trattamento che si � cosi 
venuta a determinare nell'ambito della categoria delle persone trasportate 
dai veicoli che hanno ad esse causato il danno, sibbene. e unicamente, 
sul fatto che dette persone non sono considerate terzi (art. 4, 
lett. c) e, non essendovi in relazione ai veicoli che le trasportano obbligo 
di assicurazione, non hanno azione diretta nei confronti dell'assicuratore 
(ed anche nel caso in cui abbiano riportato danno coperto da assicurazione 
volontaria). 

�Terzi�, invero, sono le persone a cui sia prodotto un danno per 
la circolazione di un veicolo senza guida di rotaie e che per ci� hanno 
diritto ad essere risarcite dal conducente e dal proprietario (o dall'usufruttuario 
o dall'acquirente con patto di �'iservato dominio) del veicolo, 


284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a sensi e per gli effetti di cui all'art. 2054 del e.e.; e tra codesti terzi 
proprio in base a tale norma non rientrano le persone trasportate. La 
legge n. 990 del 1969, che fa espresso riferimento all'articolo del e.e. 
ora ricordato, � stata introdotta nel sistema per garantire i diritti delle 
persone che abbiano subito un danno causato da un veicolo (o natante) 
a motore, mediante l'instaurazione di un regime d'assicurazione obbligatoria 
della responsabilit� civile verso terzi, e quindi l'assicurazione 
che copre il veicolo e per cui � posto legislativamente l'obbligo si riferisce 
di regola alla responsabilit� civile ex art. 2054 del e.e. 

Da ci� consegue che la situazione di fatto e giuridica della persona 
trasportata dal veicolo che ad essa ha causato il danno e quella 
del �terzo� risultano diverse. 

Ogni ragione di responsabilit� tra conducente del veicolo e persona 
trasportata che subisca un danno per fatto e colpa del conducente, 
infatti, si pone e si risolve nell'ambito del rapporto di trasporto (e resta 
a parte la possibilit� che ricorrano o concorrano profili di responsabilit� 
extracontrattuale), ed invece la seconda situazione � caratterizzata 
dalla normale estraneit� del terzo nei confronti del responsabile 
civile. 

Il danno sofferto dai �terzi� e quello subito dalle persone trasportate 
si ricollegano a differenti premesse: perch� stanno su piani diversi 
chi rimane estraneo alla circolazione del veicolo e non � in condizione, 
per circostanze di tempo e di luogo, di prevedere ed evitare il 
danno e chi, invece, partecipa alla circolazione del veicolo ed ha modo, 
usando l'ordinaria diligenza, di evitare o contenere il danno e comunque 
sa che, richiedendo o accettando il trasporto, pu� andare incontro 
a pericoli e danni derivanti dal fatto della circolazione del veicolo sul 
quale � trasportato, ed affronta scientemente i rischi del trasporto confidando 
o dovendo confidare sulla solvibilit� del vettore a cui si affida. 

La lamentata violazione del principio di eguaglianza, pertanto, 
non sussiste sotto il primo dei due profili indicati dal giudice a quo, 
perch� i terzi e le persone trasportate, a differenza di quanto assume 
il tribunale di Como, non versano nella stessa situazione di vittime della 
strada e di danneggiati, e comunque non � irrazionale che il legislatore 
abbia considerato non eguali le rispettive posizioni. 

D'altra parte, che per il risarcimento del danno sub�to la persona 
trasportata non abbia azione diretta contro l'assicuratore, si spiega agevolmente 
solo che si consideri che il fondamento della spettanza di 
codesta azione al terzo danneggiato non risiede nell'essere il rischio 
assicurato, (cosa questa che, come n�lla specie, pu� aversi in base ad 
un .espresso patto) ma nell'obbligatoriet� dell'assicurazione della responsabilit� 
civile come garanzia per il terzo, e quindi nello speciale regime 
instaurato con la legge n. 990 del 1969. E poi, la persona trasportata, 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 285 

nell'ipotesi di assicurazione volontaria del rischio della responsabilit� 
civile, non viene a sopportare in proprio il danno che abbia subito, 
giacch� ha azione contro l'autore e questi, in quanto assicurato, ha 
diritto d'essere tenuto indenne, entro i limiti convenuti, da parte dell'assicuratore. 


Con la conseguenza, in base alle considerazioni che precedono, che 
non risulta costituzionalmente illegittima, sotto gli indicati profili, la 
disciplina della materia in atto vigente. 

Ci�, tuttavia, non esclude che questa possa, sul punto, essere modificata 
nel senso di una magg~ore estensione del campo di applicazione 
dell'assicurazione obbligatoria e vengano, cosi, a trovare soddisfazione 
le istanze al riguardo avanzate da pi� parti in sede di discussione ed 
approvazione della ripetuta legge n. 990 del 1969 ed allora non accolte 
in quanto si � ritenuto di dover introdurre il nuovo regime di assicurazione 
in modo graduale e di non poter rendere ancora pi� gravi gli 
oneri per l'assicurato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 56 � Pres. Bo'.liJ.ifacio � 
Rel. Trimarchi � Compagnia Tirrena Assicurazioni (avv. Fanelli) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 


Autoveicoli e Autolinee -Assicurazione obbligatoria � Mutamento del regime 
contrattuale � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 3; l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 3). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 34 della legge 24 dicembre 
1969, n. 990, che ha reso obbligatoria l'assicurazione contro la responsabilit� 
civile dei veicoli a motore (1) 

(Omissis). -4. � Resta, per ci�, da valutare nel merito solo la 

questione di legittimit� costituzionale del citato art. 34 in riferimento 

agli artt. 2 e 3 della Costituzione. 

Ma tale questione, sotto entrambi i profili, appare non fondata. 

Non si pu�, infatti, ritenere che la legge speciale, nel presupposto 

�che abbia reso obbligatorio un mutamento nel regime dei contratti (di 

assicurazione della responsabilit� civile per i danni causati dalla circo


lazione dei veicoli) contro i principi di cui agli artt. 1325 e 1418 del 

e.e., e che non abbia quindi rispettato l'autonomia contrattuale, abbia 

(1) Sulla autonomia contrattuale in relazione all'art. 2 Cost., Cfr. Corte 
Cost. 28 marzo 1968, n. 16, in questa Rassegna 1968, I, 160. 

286 'RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


violato l'art. 2 
~ 
della Costituzione, perch� tale disposizione � invocata 
senza alcun riferimento, sia pure implicito, ad altra disposizione della 
stessa Costituzione, e cosi a quelle degli artt. 41 e 42, e fra i diritti 

inviolabili dell'uomo solo in via generale tutelati dall'art. 2, non pu� 
farsi rientrare quello relativo all'autonomia contrattuale (sentenza n. 16 
del 1968). 

D'altra parte non � sostenibile che dall'asserito mutamento nel regime 
dei contratti sia derivato solo un vantaggio per gli assicuratori e 
che per Qi� si avrebbe la violazione del principio di eguaglianza: l'eterointegrazione 
QOntrattuale si � verificata, nel caso in esame, con effetti 
nei QOnfronti di entrambe le parti contraenti, perch� alle QOndizioni generali 
di polizza approvate e .alle tariffe dei premi approvate o .stabilite 
a sensi degli artt. 11 e 14 della legge sono tenuti a sottostare (ed 
alla loro applicazione hanno diritto)��gli assicurati, ma anche le imprese 
assicuratrici (per le quali � prevista dall'art. 16, la possibilit� di revoca 
dell'autorizzazione ad esercitare l'assicurazione de qua qualora rifiutino 
proposte che siano loro presentate in conformit� della detta legge); perch~ 
tale legge non � ispirata ai :fini di privilegio ed � stata anzi dettata 
dalla necessit� di tutelare esigenze sociali particolarmente avvertite; e, 

. '*' ,

d'altronde, perch� la formazione delle tariffe dei premi � stata riportata 
al criterio obiettivo ed imparziale della �valutazione dei rischi e dei 
necessari caricamenti� (art. 11, comma secondo, della legge) secondo. 
le modalit� e di criteri stabiliti dal regolamento, e l'imposizione autoritativa 
di esse � intimamente collegata alla obbligatoriet� dell'assicurazione. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 57 -Pres. Bonifacio -
Rel. Rossano -Gumina (n.c.). 

Procedimento civile � Procura alle liti � Rinuncia da parte del difensore 


Mancata equiparazione alla contumacia � Illegittimit� Costituzionale 


EsclU$ione. 

(Cost., art. 3, 24; c.p.c. art. 85}. 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, 
la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 85 del codice di 
procedura civile, nella parte in cui non equipara al contumace la parte 
rimasta senza difensore per rinuncia alla procura (1). 

(1) Cfr. sull'inefficacia della rinunzia finch� non sia avvenuta la costituzione
� del difensore, Cass. 21 luglio 1972, n. 2499, in Prev. soc., 1973, 
678, con nota. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIO~ALE 

(Omissis). -La questione di legittimit� costituzionale, sollevata 
nell'ordinanza di rimessione, concerne l'art. 85 c.p.c. -nella parte in 
cui dispone che � la revoca o la rinuncia non hanno effetto nei confronti 
dell'altra parte finch� non sia avvenuta la sostituzione del difensore� per 
violazione dei principi di eguaglianza e di diritto di difesa, sanciti 
rispettivamente dagli artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione. 

Secondo l'ordinanza -poich� a norma degli artt. 170 e 285 c.p.c. 
debbono notificarsi al procuratore, che ha rinunciato alla procura e 
non � stato sostituito, tutti gli atti, e, quindi, anche quelli tassativamente 
elencati nell'art. 292 c.p.c., da notificare personalmente al contumace 
-l'art. 85 citato violerebbe detti principi costituzionali, data 
la posizione � sostanzialmente eguale del contumace a quella della parte 
nel caso che il suo difensore rinunci alla procura�. 

La questione non � fondata. 

Invero non pu� condividersi l'affermata sostanziale equiparazione 
della situazione processuale del contumace a quella della parte costituita, 
nel caso di rinuncia del difensore, fino alla sostituzione dello 
stesso. 

Nei confronti della parte contumace l'attuale disciplina stabilisce 
preclusioni determinate dall'esigenza che la parte regolarmente costituita 
non risenta danno per il ritardo nello svolgimento del processo; 
e nel contempo contiene tale esigenza in previsti limiti a tutela del contumace 
in coerenza con il principio di eguaglianza. E a tale principio 
� inspirato l'art. 292 c.p.c., che prescrive la notificazione personale al 
contumace degli atti in esso tassativamente elencati, notificazione alla 
quale non � estraneo l'interesse della parte costituita, in relazione alla 
prova �e alla natura degli atti notificati. E a detto principio deve ricondursi 
l'art. 294, che ammette la rimessione in termini se il contuma(!
e dimostri �che la nullit� della citazione o della sua notificazione 
gli ha impedito di avere conoscenza del processo o� che la costituzione 
� stata impedita da causa a lui non imputabile�. La revoca o la rinuncia 
alla procura, invece, attengono alla ben diversa situazione della 
regolare costituzione in giudizio della parte e dell'esigenza di un ordinato 
svolgimento del processo in coerenza con i principi dell'art. 24 
della Costituzione, il quale -come questa Corte ebbe ad affermare (
sentenza 8 marzo 1957, n. 46) -col proclamare la difesa diritto inviolabile 
in ogni stato e grado del procedimento rende concreto il diritto 
alla tutela in giudizio previsto dal primo comma dello stesso 
articolo; e per tali caratteri di inviolabilit� e concretezza (come questa 
Corte ribadl con la sentenza 16 marzo 1971, n. 47), il diritto di difesa 
deve essere inteso come potest� effettiva dell'assistenza tecnica e pro



288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fessionale in qualsiasi processo e il compito del difensore ha importanza 
essenziale nel dinamismo dello svolgimento processuale, s� da essere considerato 
in dottrina e in giurisprudenza come un caso di rappresentanza 
legale. Tali considerazioni non vengono adeguatamente contestate nell'ordinanza 
di rimessione con l'obiezione che, nel caso di negligenza del 
difensore, il diritto di difesa si risolve in un diritto al risarcimento del 
danno di difficile attuazione. In vero il diritto di difesa non � garantito 
dalla Costituzione fino a rendere inefficaci le preclusioni che la negligenza 
pu� determinare, data la libert� di scelta che spetta alle parti, 
cosi come non pu� ritenersi che la Costituzione abbia assicurato alla 
parte una difesa piena di indulgenza per preclusioni che fossero causate 
da analoghe negligenze della Stessa ove le spettasse un jus postulandi. 

In proposito va aggiunto che la parte, ai sensi dell'art. 85 citato, 
ha l'onere di immediata sostituzione del difensore nelle ipotesi di revoca 
e di rinuncia del medesimo, e ci� anche nell'interesse della controparte 
di avere un contradittore ritualmente costituito; e che l'eventuale 
negligenza della parte non pu� certo indurre a far ritenere applicabili 
norme che disciplinano la situazione completamente diversa della contumacia, 
nella quale si prescinde da ogni indagine circa la negligenza 
della parte non costituita. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 58 -Pres. Bonifacio -
Rel. Capalozza -Panati (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Reati e pene -Contravvenzione all'uso del demanio marittimo o aeronautico 
� Norma in bianco � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., artt. 25, 70; Cod. navigaz., art. 1164). 

Non � fondata, con riferimento al principio di legalit� e dell'esclusivit� 
del potere legislativo, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 1164 del codice di navigazione, che punisce chi non osservi una 
disposizione legalmente data per l'uso del demanio marittimo o aeronautico 
(1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 3 aprile 1969, n. 61, in questa Rassegna 1969, 
I, 406; 8 luglio 1971, n. 168, ivi, 1971, I, 1017. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 289 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 60 -Pres. Bonifacio -
Rel. Astuti -Ditta Capra (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Procedimento civile � Contumacia del convenuto -Divieto di declaratoria 
solo per nullit� della notifica � Illegittimit� costituzionale . Esclusione. 
(Cost., artt. 24, 3; c.p.c. art. 291). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, 
la questione di legittimit� costituzionale. dell'art. 291 del codice di 
procedura civile nella parte in cui vieta la declaratoria di contumacia 
solo quando si riscontrino vizi della notifica e non pure impedimenti di 
fatto (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 29 maggio 1968 n. 54, in questa Rassegna, 1968, 
I, 862. 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 61 -. Pres. Bonifacio -
Rel. Gionfrida -Aiazzi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). 

Tribunali Amministrativi Regionali � Regione Sicilia � Limitazione della 
Competenza del T.A.R. � Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3, 125; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 40). 

� costituzionalmente illegittimo,�con rife1�imento ai principi di eguaglianza 
e del doppio grado di giurisdizione, l'art. 40 della legge 6 dicembre 
1971, n. 1034, istitutivo dei Tribunali amministrativi regionali, 
nella parte in cui limita la competenza del T.A.R. della Sicilia alle materie 
indicate nell'art. 2, iett. a, e nell'art. 6 della legge stessa (1). 

� (1) Cfr. LucIFREDI e CAIANIELLo, I Tributi amministrativi regionali, 
Torino, 1972, 50. 

CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 62 -Pres. Bonifacio -
Rel. Trimarchi -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. 
dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Campania (avv. Spagnuolo 
Vigorita). 

Campania � Costituzione di nuovi Comuni � Audizione delle popolazioni interessate 
� Necessit� del referendum � Esclusione. 
(Cost., art. 133; St. Reg. Campania art. 60, l. reg. 13 febbraio 1974). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deila legge 
regionale della Campania 13 febbraio 1974, recante costituzione in Co




290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mune autonomo della frazione di S. Marco Evangelista, non preceduta 
da �referendum� popolare consultivo (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 21 marzo 1969, n. 38, in questa Rassegna, 1969, 
I, 226. 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 64 -Pres. Bonifacio -
Rel. Amadei -I.N.P.S. (n.c.). 
Lavoro -Lavoratori domestici -Assicurazione malattie � Condizione dell'inizio 
del lavoro da almeno sei mesi -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3, 38; l. 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7). 
� costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di eguaglianza 
e di previdenza del lavoratore, l'�rt. 7 della legge 18 gennaio 
1952, n. 35, nella parte in cui fa decorrere l'inizio dell'assicurazione 
-0bbligatoria domestici dal sesto mese di lavoro (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 9 giugno 1966, n. 44 e 1 marzo 1973 n. 23, in 
questa Rassegna, 1965, I, 860 e 1973, I, 485. 
CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 71 -Pres. Bonifacio -
Rel. Astuti -Lafabiano (n.c.). 
Ordinamento giudiziario � Supplenza di Pretore impedito -Illegittimit� costituzionale 
� Esclusione. 
(Cost., art. 25; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102). 
Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 102, primo comma, 
dell'ordinamento giudiziario, nella parte in cui consente al Presidente 
del Tribunale di provvedere, in caso di urgenza, alla supplenza di Pretori 
impediti (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 18 luglio 1973, n. 143, in questa Rassegna, 1973, 
I, 30. 
290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
mune autonomo della frazione di S. Marco Evangelista, non preceduta 
da �referendum� popolare consultivo (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 21 marzo 1969, n. 38, in questa Rassegna, 1969, 
I, 226. 
CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 64 -Pres. Bonifacio -
Rel. Amadei -I.N.P.S. (n.c.). 
Lavoro -Lavoratori domestici -Assicurazione malattie � Condizione dell'inizio 
del lavoro da almeno sei mesi -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3, 38; l. 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7). 
� costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di eguaglianza 
e di previdenza del lavoratore, l'�rt. 7 della legge 18 gennaio 
1952, n. 35, nella parte in cui fa decorrere l'inizio dell'assicurazione 
-0bbligatoria domestici dal sesto mese di lavoro (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 9 giugno 1966, n. 44 e 1 marzo 1973 n. 23, in 
questa Rassegna, 1965, I, 860 e 1973, I, 485. 
CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 71 -Pres. Bonifacio -
Rel. Astuti -Lafabiano (n.c.). 
Ordinamento giudiziario � Supplenza di Pretore impedito -Illegittimit� costituzionale 
� Esclusione. 
(Cost., art. 25; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102). 
Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 102, primo comma, 
dell'ordinamento giudiziario, nella parte in cui consente al Presidente 
del Tribunale di provvedere, in caso di urgenza, alla supplenza di Pretori 
impediti (1). 
(1) Cfr. Corte Cost. 18 luglio 1973, n. 143, in questa Rassegna, 1973, 
I, 30. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 291 

CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 73 -Pres. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Lombardo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). 

Procedimento penale � Proscioglimento per mancanza di querela � Omesso 
interrogatorio dell'imputato � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 3, 24; c.p.p. art. 153, 398, 399). 

Non � fondata, con riferimento ai principt di eguaglianza e di difesa, 
la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 152, 398 e 
399 codice di procedura penale nella parte in cui prevedono non doversi 
procedere per mancanza di querela, senza interrogatorio dell'interessato 
(1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 15 dicembre 1967, n. 151, in questa Rassegna, 
1968, I, 11. 
CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 74 -Pres. Bonifacio -
Rel. Volterra -Saljihi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). 

Reato � Reati e pene � Presunzione di conoscenza della legge penale � Ille� 
gittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 2, 25; c.p. art. 5). 

Non � fondata, con riferimento alla tutela dei diritti inviolabili 
dell'uomo, la questione di legittimit� costituzionale deiz'art. 5 del codice 
penale, sulla presunzione assoluta di conoscenza dei-la legge penale (1). 

(1) Cfr. in dottrina, PAGLIARo, Legge penale; principi generali, Encicl. 
diz., vol. XXIII, 1040. 
CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1975, n. 81 -Prs. Bonifacio -
Rel. Rossi -Presidente Regione Abruzzo (avv. Guarino) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). 

Regione � Consiglieri � Insindacabilit� penale � Componenti della Giunta � 
Sindacabilit�. 
(Cost., art. 122). 

Difetta di giurisdizione l'autorit� giudiziaria ad acce1�tare la penale 
1�esponsabilit� dei consiglieri regionali (nella specie Abruzzo) per voti 



292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

espressi in tale qualit�. Spetta, invece, agli organi giurisdizionali dello 
Stato procedere all'accertamento di eventuali responsabilit� dei compo1tenti 
la giunta regionale (1). 

(Omissis). -3. -Nel merito il ricorso della Regione risulta fondato 
nella� parte concernente il divieto di accertare la penale responsaiblit� 
dei consiglieri regionali che approvarono le citate delibere, consiliari. 


Per una adeguata interpretazione dell'immunit� sancita dall'art. 122, 
quarto comma, della Costituzione, occorre confrontare tale norma con 
le pi� ampie guarentigie concesse ai membri del Parlamento dell'art. 68 
della Carta. Al fine di tutelare la piena indipendenza del Parlamento, 
in relazione all'altissima funzione ad� esso riservata, la Costituzione 
stabilisce che nessun membro del Parlamento pu� esser sottoposto a 
procedimento penale n� esser privato della libert� personale senza autorizzazione 
della Camera cui appartiene (art. 68, secondo e terzo comma, 
Cost.). All'ulteriore scopo di rendere pienamente libere le discussioni 
che si svolgono nelle Camere, per il soddisfacimento del superiore interesse 
pubblico connessovi, i parlamentari non sono responsabili per le 
opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni 
(art. 68, primo comma, Cost.). Siffatte eccezionali deroghe-all'attuazione 
della funzione giurisdizionale, considerate necessarie a salvaguardia dell'esercizio 
delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, risultano legittime 
in Quanto sancite dalla Costituzione. Le attribuzioni dei consigli 
regionali si inquadrano, invece, nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente 
garantite, ma non si esprimono a livello di sovranit�. Cos� 
il legislatore costituente ha previsto all'art. 1'22, quarto comma, Cost., 
la non responsabilit� dei consiglieri regionali per le opinioni espresse 
ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Le attribuzioni del consiglio 
regionale sono in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in 
parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia: spiccano tra esse 
la funzione _legislativa e di indirizzo politico. La irresponsabilit� in esa-. 
me 'comprende quindi certamente le opinioni ed i voti manifestati nell'esercizio 
delle-funzioni spettanti al Consiglio. 

Ritiene quindi questa Corte che la forma amministrativa che connota 
le deliberazioni consiliari del 26-27 luglio 1971 (assicurazioni con



(1) Sulla questione, cfr., in dottrina, CACCIA VILLANI, Sull'immunit� 
dei consiglieri regionali e dei componenti la giunta regionale, Giust. pen., 
1973, I, 116. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

nesse allo stato giuridico dei consiglieri regionali) non valga ad escludere 
l'irresponsabilit� di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenza 
spettanti al Consiglio. Pertanto deve dichiararsi il difetto di 
giurisdizione dell'autorit� giudiziaria procedente, che ha ritenuto di ravvisare, 
in quella votazione, gli elementi del reato di peculato. 

4. -Diversa soluzione si impone in ordine alla pretesa immunit� 
dei membri della Giunta regionale. La norma invocata riferisce e limita 
l'irresponsabilit� dei consiglieri regionali alle opinioni espresse e ai voti 
dati nell'esercizio delle loro funzioni. L'immunit� copre quindi esclusivamente 
quelle attivit� che costituiscono esplicazione di una funzione 
consiliare, per garantire, come sopra chiarito, l'autonomia del Consiglio. 
L'ipotizzata estensione alle funzioni della Giunta regionale contrasta sia 
con l'interpretazione letterale dell'art. 122 Cost., sia con la ratio dell'istituto. 
� appena il caso di ricordare che la contrapposizione tra funzioni 
della Giunta e funzioni del Consiglio risulta evidenziata dalla 
Costituzione, che all'art. 121 configura la Giunta quale organo esecutivo 
della Regione. Essa � ripresa da molteplici altre disposizioni tra cui possono 
particolarmente menzionarsi quelle che prevedevano, in taluni casi, 
la sospensione dei consiglieri dalle sole cariche di membri della Giunta 
regionale e non dalle funzioni di componenti il Consiglio regionale. La 
circostanza che i membri della� Giunta debbano essere scelti tra i consiglieri 
� irrilevante sia in relazione alla chiara formulazione dell'articolo 
122, quarto comma, Cost. -che in quanto norma eccezionale deve 
essere interpretata rigorosamente -sia a cagione della natura funzionale 
dell'immunit� in esame, che � prevista a tutela delle funzioni riservate 
al Consiglio regionale. 
N� ha pregio la tesi della ricorrente. secondo cui dovrebbe riconoscersi 
ai membri della Giunta della Regione Abruzzo l'immunit� per i 
voti espressi con l'approvazione della citata delibera del 19 ottobre 1971, 
sotto il particolare profilo che essa venne adottata, in via provviso,ria, 
in base ad un decreto del Ministro del tesoro, emesso ex art. 15 della 
legge n. 281 del 1970: ch� anzi proprio tali disposizioni consentivano 
alla Giunta di poter deliberare spese indifferibili ed urgenti anche prima 
dell'istituzione della Commissione statale di controllo, ma soltanto sotto 
la sua responsabilit� e salva la successiva approvazione da parte della 
Commissione, la quale al contrario, nella specie, annull� la delibera. 

Pertanto il ricorso della Regione Abruzzo deve essere respinto nella 
parte in cui chiede si dichiari il difetto di giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria procedente per i voti dati dai membri della Giunta regionale 
con la citata delibera 19 ottobre 1971. -(Omissis). 


294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1975, n. 82 -Pres. Bonifaci� -
Rel. :aenedetti -Grimaldi (avv. Sandulli, Fazzalari). 

Procedimento penale -Incidenti di esecuzione -Sequestro di film -Proscio


glimento non passato in giudicato -Omessa restituzione del film 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost;, art. 21; c.p.p. art. 622, ultimo comma). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento alla libert� di pensiero, 
l'art. 622, ultimo comma, codice di procedura penale, limitatamente 
alla parte in cui -in ipotesi di sentenza di proscioglimento per mancanza 
di oscenit�, impugnata dal P. M. -non impone la restituzione 
del film sequestrato (1). 

(1) Cfr., Trib. Bologna, 2 febbraio 1973, Rass. diz. cinem., 1973, 36, 
con nota. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 85 -Pres. Bonifacio -
Rel. Oggioni -Ferrante (avv. Patrizi). 

Pensioni ordinarie -Giudizi davanti alla Corte dei Conti -Richiesta di fis


sazione di udienza -Mancata avvertenza della decadenza -Illegittimit� 

costituzionale. 

(Cost., art. 3; r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6). 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, 
l'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 5�, recante norme intese a 
semplificare e rendere pi� rapide le istruttorie dei ricorsi in materia di 
pensioni di guerra, nella parte in cui esclude per i' ricorsi in materia 
di pensioni ordinarie l'obbligo dell'� avvertenza> relativa alla decadenza 
in cui gli interessati incorrono ove lascino inutilmente trascorrere il 
termine stabilito dall'art. 75 del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 (1). 


(1) Cfr. Corte Cast. 1 marzo 1972 n. 38 e 23 luglio 1974 n. 
questa Rassegna, 1972, I, 183; 1974, I, 1339. 
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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 295 

CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 86 -Pres. Bonifacio Rei. 
Crisafulli -Presidente Provincia di Bolzano (avv. Coronas) c. 
Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). 


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Trentino-Alto Adige -Provincia di Bolzano -Tutela delle minoranze linguistiche 
tedesca e lodina � Nozione. 

Trentino Alto,Adige � Provincia di Bolzano � Normativa statale in materia 
di libert� sindacale � Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(St. Reg: Trentino A.A., art. 2; 1. 30 aprile 1969, n. 153). 

� estraneo al principio della tutela delle minoranze etniche tedesca 
e ladina della Provincia di Bolzano tutto quanto attiene alle materie 
della previdenza e assistenza sociale e della libert� sindacale sia dei 
dipendenti pubblici che di quelli privati, nei luoghi di lavoro (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 23 gennaio 1974, n. 13, in questa Rassegna 1974, 
I, 299, con nota. 
CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 87 -Pres. Bonifacio -
Rel. Volterra -Boschetti (avv. Ubertazzi) e Ministero Interno (Sost. 
Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Cittadinanza � Donna sposata a cittadino straniero � Perdita della cittadinanza 
� Illegit~t� costituzionale. 
(Cost., art. 3, 29; 1. :L3 giugno 1912, n. 555, art. 10, comma terzo). 

� costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, 
tra i coniugi, l'art. 10, terzo comma, della legge 13 giugno 1912, 

n. 555, nella parte in cui prevede la perdita della cittadinanza italiana, 
indipendentemente dalla sua volont�, per la donna che vada sposa a 
cittadino straniero (1). 
(1) Cfr., sulla questione, Trib. Napoli, 7 giugno 1972, in Riv. dir. 
lnternaz. privato, 1973, 144. 

296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 91 -Pres. Bonifacio -� 
Rel. Rocchetti -Lupardi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). 

Miniere -Miniere e cave -Inchieste infortunistiche -Accertamenti del 
Corpo delle miniere -Mancate garanzie di difesa -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. 

(Cost., art. 24; d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, art. 55). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di 
'Legittimit� costituzionale dell'art. 55 d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, sulla 
disciplina delle inchieste infortunistiche demandata ai funzionari del 
Corpo delle miniere (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 22 maggio 1974, n. 145, in questa Rassegna, 1974, 
I, 847. 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 92 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Rocchetti -De Castro (avv. Alessi) c. Istituti di Previdenza presso il 
Ministero del Tesoro (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). 

Pensioni -Pensioni civili -Pensioni ai sanitari -Retribuzioni da prendere 
a calcolo -Omessa inclusione degli aumenti nel corso dell'anno -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost.. artt. 36, 3; 1. 3 mag~io 1967, n. 315, art. 5). 

Non � fondata, con riferimento ai princ�pi di tutela della retribuzione 
e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 della 
legge 3 maggio 19.67, n. 315, nella parte in cui non contempla che nella 
serie delle retribuzioni pensionabili annue, costituenti la pensione teorica 
degli iscritti alla Cassa per le pensioni di sanitari, sia inclusa anche 
la retribuzione effettivamente co1�risposta agli interessati alla data di 

� cessazione dal s�rvizio (1). 

(1) Cfr., in tema di trattamento di quiescenza inerente a situazioni 
che possono essere legittimamente differenziate con riferiemnti alla data 
di cessazione dal servizio, Corte Cost. 8 maggio 1973 n. 57, in questa Rassegna, 
1973, I, 807. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 297 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 93 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Astuti -Bianchi (n.c.) c. Presidente dei Ministri (Sost. avv. Gen. 
dello Stato Carafa). 

Fallimento -Omessa o irregolare tenuta dei libri contabili -Sanzione pen~
le indipendente dal danno ai creditori -Illegittimit� costituZtonale 
� � Esclusione. 

(Cost., art. 3� r.d. ~6 marzo 1942, n. 267, �art. 217, secondo comma, 219, terzo 
comma). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 217, secondo comma, e dell'art. 
21, terzo comma, della legge fall.imentare (r.d. 16 marzo 1942, numero 
267) nella parte in cui prevedono, rispettivamente, la sanzione penale 
della reclusione e l'attenuante del danno di speciale tenuitd per la 
omessa o irregolare tenuta dei libri contabili.. indipendentemente dal danno 
ai creditori (1). 

(1) Cfr., nell'art. 217, Corte Cost. 27 giugno 1972, n. 110, in questa 
Rassegna, 1972, I, 929. 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 94 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Reale -Filotecnica Salmoiraghi (n.c.). 

Fallimento -Opposizione allo stato passivo -Istruttoria delle cause da 
parte del giudice delegato -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 101, 102, 108, 3, 24; r.d. 6 marzo 1942, n. 267, art. 98, 99). 

Non � fondata, con riferimento ai princ�pi dell'indipendenza del 
giudice, di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimitd costituzionale 
degli artt. 98 e 99: della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, 

n. 267) che affidano al giudice delegato l'istruttoria delle cause di opposizione 
allo stato passivo (1). 
(Omissis). -Le questioni, nei termini in cui sono prospettate, non 
sono fondate sotto alcun profilo. 

(1) Cfr., sulla legittimit� costituzionale della partecipazione del giudice 
delegato all'istruzione e decisione delle cause di opposizione allo stato 
passivo, Corte Cost. 18 novembre 1970, n. 158, in questa Rassegna, 1970, 
I, 10.32. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per vero questa Corte, con sentenza n. 158 del 18 novembre 1970, 
ha gi� escluso che la partecipazione del giudice delegato alla istruzione 
e alla decisione delle cause di opposizione allo stato passivo comporti 
violazione dei precetti costituzionali dell'imparzialit� e dell'indipendenza 
del giudice, in base al rilievo che detta partecipazione, mentre. risponde 
all'esigenza di assicurare il rapido svolgimento ed il miglior rendiimento 
dell'attivit� giurisdizionale, non pu� pregiudicare la decisione del tribunale, 
giacch� l'appar~enenza del giudice delegato all'ordine giudiziario e 
le garanzie costituzionali che ne assistono lo stato giuridico lo pongono 
in grado di operare sempre con assoluta obbiettivit�. 

N� priva di rilievo appare la circostanza che la cognizione del giudice 
delegato nella prima fase del ptocedimento di verifica dei crediti, 
che si conclude con il decreto di approvazione dello stato passivo, sia 
sommaria e certamente non rispondente ai moduli ordinari. Infatti, nel 
vigente ordinamento processuale civile sono riscontrabili numerose disposizioni 
che, in relazione ad accertamenti effettuati con cognizione 
sommaria ed incompleta, affidano il riesame del .provvedimento allo 
stesso giudice che lo ha emesso o ad un organo giudiziario di cui fa 
parte. Nell'ambito della iegge fallimentare, � questo il caso del giudizio di 
opposizione alla dichiarazione di fallimento e, nell'ambito del processo 
cilvile ordinario, fra gli altri, quello dei giudizi di opposizione a decreto 
ingiuntivo, e di convalida del sequestro. 

3. -Quanto si � detto � rilevante anche ai fini dell'altro profilo, 
prospettato dal giudice a quo, secondo il quale la partecipazione del 
giudice delegato ai giudizi di opposizione allo stato passivo comporterebbe 
violazione del diritto di difesa del creditore non ammesso. 
Infatti una volta escluso che detta partecipazione pregiudichi la 
imparzialit� e la libert� della decisione non si vede quale pregiudizio 
possano risentire le parti private in ordine all'esercizio del diritto di 
difesa, posto che -com'� pacifico -nessuna limitazione � apposta 
dalla legge all'esplicazione della loro attivit� processuale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 95 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Capalozza -Loseto (n.c.). 

Procedimento penale -Decreto di archiviazione � Richiesta di procedimento 
da parte del P. M. � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 3, 24, 25, 101; c.p.p. art. 74). 

Non � fondata, con riferimento ai princ�pi di eguaglianza, di difesa, 
di autonomia e precosti,tuzione del Giudice, la questione di legittimit� 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 299 

costituzionale dell'art. 74 ultimo comma, codice di procedura penale, 
nella parte in cui stabilisce che il Procuratore della Repubblica pu� disporre 
che si proceda dopo il decreto di archiviazione del Pretore (1). 

(1) Cfr. Corte Cost. 1974 n. 300, in questa Rassegna, 1975, I. 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 96 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Gionfrida -Vellino (n.c.). 

Procedimento penale -Esercizio dell'azione penale -Attivit� istruttoria del 

P. 
M. -Cumulo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 102, 25; c.p.p. art. 406, 389 a 397). 
Non � fondata, con rife1�imento ai princ�pi di autonomia del giudice 
e del giudice naturale, la questione di legittimit� costituzionale degli 
artt. 406 e 389 a 397 del codice di procedura penale, nella par~e i,,. 
cui consentono la concentrazione, nel P. M., dei poteri di promozione 
dell'azione penale e di quella di istruttoria sommaria (1). 

(Omissis). -La questione � sollevata dal giudice a quo sulla duplice 
premessa, per un verso, della natura di e organo non giurisdizionale 
� del p.m. (quale sarebbe confermata dai precetti costituzionali di 
cui agli artt. 108 e 112,'che vietano la concentrazione nel medesimo organo 
dell'iniziativa dell'esercizio della azione penale e della potest� di 
decisione sul giudizio cosi iniziato) e, per altro verso, della �natura 
giurisdizionale, iIWece, delle funzioni svolte dal p.m. nel procedimento 
di istruzione sommaria, quantomeno al momento in cui l'istruttoria culmina 
nella richiesta di citazione a giudizio �. 

Discenderebbe, appunto, da tali premesse la violazione: 

a) dell'art. 102 della Costituzione, in quanto la funzione giurisdizionale, 
nella specie, verrebbe, per quanto detto, esercitata da soggetto 
che non � giudice; 

b) dell'art. 25 della Costituzione, poich� l'assoggettamento dell'imputato 
al p.m. comporterebbe la sottrazione dell'imputato stesso al 
suo giudice naturale che, nella fase istruttoria del processo, � il giudice 
istruttore. 

2. -La questione � infondata sotto entrambi i profili della sua 
prospettazione. 
(1) Cfr. Corte Cost. 27 novembre 1963, n. 148, Foro it. 1963, I, 1?81. 

300 

RA&SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il pubblico ministero -anche se non � investito del potere decisorio 
onde non pu� qualificarsi giudice in senso stretto .,.._ �, comunque, 
anch'egli un magistrato, come dimostra la collocazione degli articoli 
della Costituzione che lo riguardano (in particolare da 104 a 107) nel 
titolo VI de � La Magistratura � e financo nella sez. I de � L'Ordinamento 
giurisdizionale ., L'esattezza dell'inquadramento del p.m. fra gli 
�organi della giurisdizione � in senso lato ha, del resto, gi� trovato conferma 
da parte di questa Corte, che, con sentenza n. 190 del 1970, ha 
tesrtualimente definito la posizione del (p.m. come quella, a!PP�unto, di un 
magistrato appartenente all'ordine giudiziario collocato in posizione di 
istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere che � non fa 
valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse 
generale all'osservanza della legge, persegundo fini di giustizia �. 

Da ci� driva che nel concetto di � giurisdizio:t;t.e � -quale contemplato 
nell'art. 102, che � il primo dei parametri costituzionali, di cui � 
dedotta la violazione -deve intendersi compresa non solo l'attivit� 
decisoria, che � peculiare e propria del giudice, ma anche l'attivit� di 
esercizio dell'azione penale, che con la prima si coordina in un rapporto 
di compenetrazione organica a fine di giustizia e che l'art. 112 dell~ 
Costituzione, appunto, attribuisce al pubblico ministero. 

Nell'esplicazione di tale potest� d'iniziativa, evidentemente, rientrano 
tutte le attivit� di natura istruttoria che il p.m. svolge, perch� 
necessarie alla acquisizione di elementi utili per porsi in grado di esercitare 
l'azione penale. Tali attivit� -proprio in quanto costituiscono 
esercizio di giurisdizione (in senso lato) da parte di un organo che �, 
comunque, un magistrato -risultano pienamente compatibili con il 
sistema delineato dalla Costituzione. Pertanto, le norme che le attivit� 
stesse contemplano (artt. 389 a 397 cod. proc. pen.) non constrastano 
con l'art. 102 della Costituzione citato. 

3. -Tale ordine di considerazioni vale anche per la richiesta d~ 
emissione del decreto di citazione a giudizio, di cui all'art. 396 c�d. 
proc..pen. -sulla quale in particolar� modo si appuntano i rilievi del!'
ordinanza di rimessione -poich�, invero, anche tale atto va ricondotto 
alla pQtest� dJi iniziativa tdiell'azione penale 1d'a parte idel 1P.m., 
della quale anzi rappresenta un momento tipico. J.'�"� pu� ritenersi sussistere 
un contrasto tra l'art. 396 cod. proc. pen. citato e l'art. 102 qella 
Costituzione sotto il profilo che la richiesta del p.m. travalichi la detta 
funzione di iniziativa per sconfinare nel campo dell'attivit� decisoria 
riservata al giudice: attesoch�, tale richiesta -se pur evidentemente 
implica una valutazione in senso logico delle prove raccolte -non 
per questo acquista natura decisoria, essendo diversa dal giudizio in 
senso tecnico, in quanto non contiene alcuna decisione sulla notitia 
criminis. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 301 

4. -L'esaminato potere attribuito al p.m., di compiere in casi particolari 
(e sempre con le garanzie di legge) atti istruttori, neppure, 
infine, viola l'art. 25 della Costituzione: per la medesima ragione innanzi 
esposta che l'esplicazione di tali atti resta contenuta nella funzione 
(latamente giurisdizionale) di esercizio dell'azione penale e si 
arresta di fronte ad atti invece di contenuto decisorio, come il rinrvio a 
giudizio o il proscioglimento istruttorio (che il p.m. �, appunto, tenuto 
a richiedere all'organo giudicante), di fronte ai quali soltanto opera la 
garanzia costituzionale della precostituzione del giud,ice (v. anche la 
sentenza di questa Corte n. 148 del 1963). -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 97 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Gionfrida -Pasquinucci (n:c.). 

Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Potere di avocazione del 
Procuratore Generale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 25; c.p.p. art. 392, ultima parte). 

Non � fondata, con riferimento al p1�incipio del giudice naturale, 
la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 392 codice procedura 
penale, sul potere di avocazione dell'istruttoria somma1�ia da parte dei 
procuratore generale (1). 

(Omissis). -1. -Dispone l'art. 392 del codice di procedura penale, 
nella parte impugnata, che � il procuratore generale pu� avocare a s� 
!'.istruttoria sommaria ., . 

La legittimit� di tale norma � posta in dubbio, nelle ordinanze di 
rimessione, con riferimento esclusivo all'art. 25 della Costituzione (e 
non sotto altri profili), in base al rilievo che l'esercizio del potere di 
avocazione anzidetto realizzi, con la sottrazione dell'istruttoria (sommaria) 
al pubblico ministero (che l'ha iniziata e la conduce), violazione 
del precetto del giudice naturale. 

2. -In tale prospetti�va, la questione � infondata. 
Con sentenza n. 148 del 1963, questa Corte -nel dichiarare non 
fondata, in riferimento al medesimo parametro costituzionale dell'art. 25, 
la questione, allora sollevata, di legittimit� dell'art. 234, primo comma, 
del codice di procedura penale, concernente il (parallelo ed analogo) 
potere del procuratore gen�rale di autoassunzione (ab initio) dell'istrut-:toria 
sommaria -ebb�, invero, in premessa ed a motivazione della 
soluzione adottata, a considerare, da un lato, che �l'esercizio di questa 
potest� non provoca spostamento da1 giudice istruttore alla Sezione 

(1) C:llr. Corte Cost. 29 apTHe 1'975 n. 86, retro 299. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istruttoria, della competenza ad emettere i provvedimenti giurisdizionali 
che possono essere necessari nel corso del procedimento > e, dall'altro, 
che la riserva di legge stabilita dall'art. 25, primo comma, della 
Costituzione non riguarda le competenze del pubblico ministero (il 
quale, non essendo titolare della potest� di giudicare), neppure pu� 
considerarsi giudice in senso tecnico. (Sul punto cfr. anche la sentenza 

n. 96 del 1975, depositata in pari data). 
Le considerazioni innanzi esposte valgono, puntualmente, anche in 
relazione al potere di avocazione del pro.curatore generale disciplinato

e 

dall'art. 392 del codice di procedura penale denunziato, che -sotto il 
profilo (che, si ripete, � l'unico qui prospettato) di collisione con il principio 
costituzionale del giudice naturale -realizza una fattispecie complementare 
e sostanzialmente equivalente a quella prevista dal citato 
art. 234 c.p.p.; onde, al pari di questa e per le medesime esaminate ragioni, 
si sottrae alla formulata censura di incostituzionalit�. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 98 -Pres. Bonifacio -Rel. 
Rocchetti -Costa (n.c.). 

Procedimento penale � Parte civile -Omessa elezione di domicilio � Inam


missibilit� della costituzione di parte chile -Illegittimit� costitu


zionale. 

(Cost., art. .3; c.p.p. art. 94, secondo comma). 

� �costituzionalmente iHegittimo, con riferimento al principio di 
eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94, secondo 
comma, codice di procedura penale nella parte in cui stabilisce la 
inammissibilit� della costituzione di parte civile per la omissione della 
elezione di domicilio, anzich� disporre che, a seguito e per effetto di 
tale omissione, gli atti del processo vadano alla stessa p(Lrte civile notificati 
nella cancelleria del giudice avanti al quale pende il processo. 

(Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione propone questione di 
legittimit� costituzfonale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura 
penale, nella parte in cui stabilisce che la costituzione di parte 
dvile deve contenere la indicazione dell'elezione di domicilio nel comune 
ove � in corso l'istruzione o il giudizio e, per il caso che tale indicazione 
sia omessa, commina la inammissibilit� della stessa costituzione. 
Tale inammissibilit� determina, per la parte civile, l'esclusione 
dalla partecipazione al giudizio; esclusione che, per l'art. 99 dello stesso 

(1) Cfr. sulla questione Cass. 5 maggio 1971, Di Tommaso, Cass. pen. 
1971, 1168. 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 303 

codice, pu� poi essere dichiarata con ordinanza non impugnabili in qualsiasi 
stato del procedimento di primo grado, sino all'inizio della discussione 
finale nel dibattimento, con l'ulteriore implicita conseguenza che 
la costituzione non pu� pi� essere rinnovata se la esclusione � intervenuta 
oltre il termine massimo stabilito per la sua proposizione (cfr. 
art. 93, c.p.p.). 

La declaratoria di inammissibilit�, collegata alla mancata elezione 
di domicilio � sembrata al giudice a quo sanzione troppo grave e sproporzionata, 
anche perch� lo stesso adempimento, nel giudizio cilvile, 
viene configurato semplicemente come un onere della parte, tanto che 
la sua omissione produce la sola conseguenza di autorizzare la notifica 
degli atti presso la cancelleria del giudice avanti il quale pende il 
processo (artt. 366, 480, 638, 660, cod. proc. ci<v.). 

2. -La questione � fondata. 
La norma denunziata, in effetti, risulta priva di razionalit�, perch� 
collega la produzione di un effetto grave ed irreparabile, quale l'esclusione 
dal giudizio penale della parte lesa costituita parte civile, alla 
mera omissione di un adempimento formale. Questa omissione, che certamente 
deve comportare per l'interessato qualche effetto negativo sulle 
modalit� di svolgimento del processo, senza compromettere la partecipazione 
della parte al giudizio, ha gi� trovato, nell'ordinamento processuale 
civile una semplice ed adeguata sanzione nel deposito in cancelleria 
dei vari atti da notific;::iz:si :� la stessa sanzione, ad avviso della 
Corte, pu� essere certamente applicata anche all'istituto della costituzione 
di parte civile, senza alterare la peculiare situazione processuale 
che si realizza con l'inserimento dell'azione civile nel processo penale. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 99 -Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -Esposito (n.c.). 

Patria potest� � Comunicazione giudiziaria � Omessa notifica anche all'esercente 
la patria potest� � Illegittimit� Costituzionale. 
(Cost., art. 24; c.p.p. art. 304) 

� costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principio di difesa, 
l'art. 304 cod. procedura penale neHa parte in cui non preveqe 
che la comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penale a carico 
di imputato minorenne, sia inviata anche aH'esercente la patria 
potest� o la tutela su di lui {1). 

(1) Cfr. Corte Cost., 1970, n. 190, in questa Rassegna, 1971, I, 14. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 100 -Pres. Bonifacio -
Rel. Reale -Crea (n.c.). 

Procedimento penale -Comunicazione giudiziaria -Notifica col servizio 
postale � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. 
(Cost., art. 24; 1. 15 dicembre 1972, n. 773, art. 3). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 15 dicembre 1972 n. 773, 
sostitutivo dell'art. 304 codice di procedura penale, nella parte in cui 
prescrive che la comunicazione giudiziaria del procedimento venga effettuata 
a mezzo del servizio postale. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 3 luglio 1974, 
nella causa 9/74 -'Pres. Lecourt -Rel. Donner -Avv. gen. Warner Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bayerisches Verwaltungsgericht 
nella causa Casagrande (avv. Del Vecchio) c. Citt� 
di Monaco (avv. Goltz) -Interv.: Commissione delle Comunit� 
europee (ag. Karpenstein), Pubblico ministero presso il Bayerisches 
Verwaltungsgericht (dr. Walter), e Governo italiano (ag. Maresca 
e avv. Stato Zagari). 

Comunit� europee -Lavoratori migranti -Figli studenti -Parit� di trattamento 
-Portata. 
(Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 12). 

L'art. 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, 
stabilendo che i figli di un cittadino di Uno Stato membro che lavori o 
abbia lavorato sul territorio di un altro Stato membro sono ammessi a 
frequentare le scuole � alle stesse condizioni previste per i cittadini � 
del Paese ospitante, si riferisce non solo alle condizioni di ammissione, 
ma; in generale, a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la frequenza 
dell'insegnamento (1). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 29 gennaio 1975, 
nella causa 68/74 -Pres. Lecourt -Rel. Donner -Avv. gen. Warner Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta.dal Tribunale amministrativo 
di Lione nella causa Alaimo c. Prefetto del dip. del Rodano 
-Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Jonczy) 
e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Zagari). 

Comunit� europee -Lavoratori migranti -Figli studenti -Parit� di trattamento 
-Portata. 
(Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 12). 

L'art. 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, 
deve esse1�e interpretato nel senso che garantisce agli studenti di tutti i 

(1-2) Le due decisioni costituiscono ulteriore espressione di un deciso 
orientamento della Corte di giustizia, volto a rendere concreto ed effet


2 



306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Paesi membri la parit� assoluta di frequenza e non solo l'accesso indiscriminato 
agli istituti scolastici (2). 

I 

(Omissis). -In diritto. -Con provvedimento 14 dicembre 1973, 
pervenuto in cancelleria 1'11 febbraio 1974, il Bayerisches Verwaltungsgericht 
(Tribunale amministrativo) di Monaco di Baviera ha sottoposto 
a questa Corte in via pregiudiziale, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, una questione concernente l'interpretazione dell'art. 12 del regolamento 
(CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, sulla libera cir'
colazione dlei lavoratori all'interno d�lla Comunit�. 

A termini di tale provvedimento, l'attore nella causa principale, cit


tadino italiano e figlio di un lavoratore italiano gi� occupato nella Re


pubblica Federale Tedesca, ha frequentato nell'anno scolastico 1971-1972 

dei corsi di insegnamento secondario a Monaco di Baviera e reclama 

dalla citt� di Monaco, convenuta nella causa principale, un sussidio pari 

a 70 d.m. mensili, previsto dall'art. 2 della legge bavarese sui sussidi 

scolastici individuali (Bayerisches Ausbildungsforderungsgesetz). Tale 

sussidio gli � stato negato in quanto, in forza dell'art. 3 della legge sud


detta, esso spetta unicamente ai cittadini tedeschi, agli apolidi, ed ai 

profughi politici. Il giudice proponente chiede, pertanto, se tale norma 

sia compatibile con l'art. 12, n. 1, del regolamento n. 1612/68. 

Come si evince dall'art. 177, la Corte non � competente a statuire 

sull'interpretazione o sulla legittimit� di una norma di diritto interno. 

Essa, per�, pu� interpretare l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 e sta


tivo il divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalit�. Sulla portata 
del regolamento del' Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 cfr.: Corte di 
Giustizia, 15 ottobre 1969, nella causa 15/69, UGLIOLA, Racc., 363, e Foro 
it., 1969, IV, 147; 13 dicembre 1972, nella causa 44/72, MARSMAN, Racc., 
1243, e Foro it., 1973, IV, 32; 11 aprile 1973, nella causa 76/72, MICHEL S., 
Racc., 457, e Foro it., 1973, IV, 155; 28 maggio 1974, nella causa 187/73, 
CALLEMEYN, in motivazione, Racc., 553, e in questa Rassegna, 1974, I, 863, 
con nota di MARZANO, Le prestazioni previdenziali e assistenziali come 

�vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2 del regolamento del Consiglio 
CEE 15 ottobre 1968, n. 1612. ' 
Altre questioni di interpretazione degli artt. 7 e 12 del regolamento 
del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 sono gi� all'esame della Corte di 
giustizia su rinvio pregiudiziale, rispettivamente, della Corte di appello 
di Parigi (causa 32/75) e del Tribunale del lavoro di Nivelles (causa 7/75). 

Da segnalare le affermazioni di principio contenute nell'ultima parte 
della prima sentenza in rassegna, sulla irrilevanza della fonte �dei provvedimenti 
applicabili in favore dei lavoratori migranti. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

bilire se esso si applichi o meno ai sussidi del genere di quelli di cui 
alla fattispecie. 

Secondo tale articolo, �i figli del cittadino di uno Stato membro, 
che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, 
sono ammessi a frequentare i corsi di insegnamento generale, di apprendistato 
e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per 
i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono�, e gli Stati membri 
sono tenuti ad incoraggiare � le iniziative intese a permettere a 
questi giovani di frequentare i predetti corsi nelle migliori condizioni�. 

Come indica il 5� punto della motivazione, il regolamento n. 1612/68 
� stato adottato, fra l'altro, in considerazione del fatto che �il diritto 
di libera circolazione richiede, perch� esso possa essere esercitato in 
condizioni obiettive di libert� e di dignit�, ... che siano anche eliminati 
gli ostacoli che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, specie per 
quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla 
famiglia e le condizioni d'integrazione della famiglia nella societ� del 
Paese ospitante�. 

Questa integrazione implica, nel caso del figlio di un lavoratore 
straniero che voglia accedere alle scuole di istruzione secondaria, che 
egli possa fruire, alla stessa stregua dei cittadini del Paese ospitante, 
dei vantaggi previsti dalle leggi interne di questo Paese al .ne di promuovere 
l'istruzione. 

L'art. 12, come risulta dal secondo capoverso -secondo cui gli 
Stati membri incoraggiano le iniziative intese a permettere agli studenti 
in questione di frequentare i corsi di insegnamento nelle migliori condizioni 
-mira a favorire iniziative specifiche, onde mettere in grado 
i figli dei lavoratori stranieri di profittare su un piede di parit� dell'istruzione 
e dei mezzi di preparazione culturale e professionale disponibili. 
Pertanto, stabilendo che essi possono accedere alle scuole �alle 
stesse condizioni� dei cittadini del Paese ospitante, tale norma contempla 
non solo le disposizioni relative all'ammissione; ma, in generale, 
tutti i provvedimenti miran~i a facilitare la frequenza dell'insegnamento. 


Il pubblico ministero presso il Tribunale amministrativo, interve


niente nella causa principale, assume che il settore dell'istruzione e della 

preparazione professionale rientra nella competenza degli Stati membri. 

Poich� nella Repubblica Federale Tedesca la pubblica istruzione � ge


stita; per la maggior parte, dai Lander, sarebbe opportuno chiedersi se 

l'art. 12 non si applichi solamente ai provvedimenti adottati dal potere 

legislativo centrale, ma anche a quelli emananti dalle autorit� d'un Paese 

membro di uno stato federale o da altri enti locali. 

Bench�, a norma del Trattato, il settore dell'istruzione e della pre


parazione professionale non rientri, di per se stesso, nella competenza 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle istituzioni comunitarie, ci� non significa che l'esercizio dei poteri 
conferiti alla Comunit� debba essere, in qualche modo, limitato quando 
possa aver ripercussioni sui provvedimenti adottati nel settore in questione. 
In particolare, i capitoli I e II del titolo III del Trattato recano 
numerose disposizioni la cui applicazione pu� eventualmente incidere 
sulle disposizioni nazionali in materia. 

Per quanto riguarda l'art. 12 del regolamento n. 1612/68, bench� 
spetti alle autorit� competenti in virt� del diritto interno il compito 
di stabilire le condizioni ivi c�ntemplate,. queste vanno tuttavia applicate, 
indiscriminatamente nei confronti tanto dei figli dei cittadini del 
Paese ospitante, quanto dei figli dei lavoratori provenienti da un altro 
Stato membro. Inoltre, poich� i regQlamenti, ai termini dell'art. 189 
del Trattato, hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro 
elementi ed hanno efficacia immediata in ciascuno degli Stati membri, 
poco importa che i provvedimenti in questione siano adottati dal potere 
centrale, dal Governo di un Paese membro di uno Stato federale, o 
comunque da autorit� competenti in virt� del diritto nazionale. 


(Omissis). 

II 

(Omissis). -In diritto. -Con sentenza 5 settembre 1974, pervenuta 
in cancelleria il 16 dello stesso mese, il Tribunale amministrativo 
di Lione ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato 
CEE, una questione concernente l'interpretazione dell'art. 12 del 
regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla 
libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (G.U. numero 
L 257). 

Dal fascicolo risulta che l'attore nella causa di merito ha chiesto 
l'annullamento della decisione del Prefetto del Rodano, con cui veniva 
respinta la richiesta di una borsa di studio dipartimentale a favore della 
propria figlia, per il fatto che � il Consiglio generale del dip. del Rodano
� ... ha deciso di limitarne la concessione ai soli studenti di nazionalit� 
francese�. 

Posto che l'art. 12 summenzionato dispone che �i figli del cittadino 

di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato nel territorio di un 

altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi di insegnamento 

generale, di apprendistato e di formazione professionale alle'stesse con


dizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono �, 

si chiede se questa parit� di trattamento si limiti alla possibilit� di 

frequentare gli istituti scolastici o si estenda a tutti i diritti connessi 

con la frequenza. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 309 

Dal quinto considerando del regolamento n. 1612/68 si desume che 
esso � stato adottato fra l'altro per il fatto �che il diritto di libera circolazione 
richiede, perch� esso possa essere esercitato in condizioni 
obiettive di libert� e di dignit�, ... che siano anche eliminati gli ostacoli 
che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, specie per quanto 
riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia 
e le condizioni d'integrazione della famiglia nella societ� del paese ospitante
�. 

Dalla sentenza della Corte 3 luglio 1974 nella causa 9/74 (Racc., 
pag. 773) si conclude che questa integrazione implica che anche il figlio 
di un lavoratore, cittadino di un altro Stato membro, possa continuare 
gli studi, alla stessa stregua dei cittadini del paese ospitante, fruendo 
dei vantaggi previsti dalle leggi interne di questo paese per gli studenti 
meritevoli. 

Nella sentenza � stato affermato per diritto che �l'art. 12 del regolamento 
n. 1612/68 si riferisce non solo alle condizioni di ammissione, 
ma, in generale, a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la freq�enza 
all'insegnamento�. 

Il presente procedimento avente ad ogge~to un caso analogo non ha 
messo in luce alcuna circostanza di fatto o di diritto atta ad indurre 
ad una diversa interpretazione di tale disposizione. 

Il quesito va quindi risolto nel senso che l'art. 12 del regolamento 

n. 1612/68 dev'essere interpretato nel senso che garantisce agli studenti 
di tutti i paesi membri la parit� assoluta di frequenza e non solo l'accesso 
indiscriminato agli istituti scolastici. -(Omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 13 novembre 
1974, nella causa 39/74 -Pres. Lecourt -Rel. Monaco -Avv. gen. 
Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale 
del Lavoro di Liegi nella causa Costa (avv. Jadin) c. Stato 
belga (avv. Bovy) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee 
(ag. Koch e avv. Jonczy) e Governo italiano (ag. Maresca e avv. 
Stato Zagari). 

Comunit� europee -Lavoratori migranti -Previdenza sociale -Sussidi di 
invalidit� contemplati da norme interne � Diritto soggettivo alla riscossione 
-Costituiscono prestazioni previdenziali. 

(Trattato CEE, artt. 48-51; regolamen~o del Consiglio 25 settembre 1953. n. 3, 
artt. 1, lett. b, e 2, nn. 1, 2, e 3; legge belga 27 giugno 1969). 

Una legislazione nazionale che preveda in favore delle persone cui 
si 1�iferisce il regolamento del Consiglio 25 settembre 1958, n. 3 un 


310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritto soggettivo a riscuotere gli assegni per i minorati rientra nell'ambito 
della previdenza sociale, disciplinata dall'art. 51 del trattato 
CEE e dalle sue norme di attuazione (1). 

(Omissis). -In diritto. --:-Con sentenza 29 marzo 1974, pervenuta 
in cancelleria il 5 giugno 1974, il Tribuna! du Travail di Liegi ha sottoposto 
a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, alcune 
questioni pregiudiziali verte!lti sull'interpretazione d'alcune norme del 
regolamento del Consiglio n. 3, relativo alla previdenza sociale dei lavoratori 
migranti, e del regolamento del Consiglio n. 1612/68, relativo alla 
libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunit�. 

Le questioni sono state sollevate nel corso d'un procedimento instaurato 
da una cittadina italiana, sposata con un belga e residente in Belgio 
dal luglio 1956, contro lo Stato belga che le aveva negato l'assegno 
per i minorati, previsto dalla legge 27 giugno 1969. Il rifiuto era stato 
motivato con l'affermazione che l'interessata non possedeva i requisiti 
contemplati dall'art. 2 dell'accordo provvisorio europeo 11 novembre 
1953, unico testo normativo cui essa, nella propria qualit� di straniera, 

(1) Il criterio di differenziare �previdenza � e � assistenza � in ragione 
della consistenza della posizione giuridica riconosciuta agli interessati pu� 
dirsi oramai consolidato. Da ultimo, cfr.: Corte di giustizia, 9 ottobre 
1974, nella causa 24/74, BIASON, Racc., e in questa Rassegna, 1974, I, 
1385, con nota di richiamo ai preced~nti. 
Da rilevare che anche nella decisione in rassegna la Corte di giustizia 
ha ritenuto assorbita, nella riconosciuta natura previdenziale delle 
prestazioni in discussione, e secondo lo stesso criterio gi� adottato nella 
sentenza 22 giugno 1972, nella causa 1/72, FRILLI (Racc. 457, e Foro it., 
1972,-IV, 181), la necessit� di valutare se le prestazioni potessero essere 
qualificate �vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento 
del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612; ma la giustificazione di tale criterio 
con riferimento, nell'ultima parte della motivazione, all'ordine di quesiti 
proposti dal giudice del rinvio risulta in effetti solo formale, quando si consideri 
che l'opposto ordine dei quesiti rivolti nella richiamata causa 1/72 
(nella quale si chiedeva se una determinata prestazione costituisse un 

�vantaggio sociale� e, in via gradata, se fosse da qualitrcare prestazione 
� previdenziale � o � assistenziale �) indusse invece la Corte ad esaminare 
prima la seconda questione proposta, per escludere poi la necessit� di 
esaminare la prima. 
Sulla pi� assorbente e decisiva rilevanza, invece, di una opposta valutazione, 
cfr.: MARZANO, Le prestazioni previdenziali e assistenziali come 

� vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2 del regolamento del Consiglio 
15 ottobre 1968, n. 1612, in questa Rassegna, 1974, I, 864, ed in particolare 
a pag. 867 e segg. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 311 

avrebbe potuto richiamarsi per, pretendere parit� di trattamento con 
cittadini belgi. 

Con la prima questione si chiede � se le norme relative agli assegni 
per i minorati (legge 27 giugno 1969) costituiscano o meno un regime 
d'assistenza sociale, che rientri nella sfera d'applicazione, �ratione 
materiae �, del regolamento n. 3, art. 2, n. 3 �. 

Secondo quanto stabilito dal suo art. 1, lettera b), il regolamento 

n. 3 si applica a tutte le legislazioni degli Stati membri che concernono 
�i regimi e i rami della sicurezza sociale � previsti ai nn. 1 e 2 del1'
art. 2 del regolamento medesimo. , 
Esso non � invece applicabile, come risulta dal suo art. 2, n. 3, alla 
�assistenza sociale e sanitaria�. 

Bench� per applicare il suddetto regolamento sia quindi necessario 
distinguere fra regimi di previdenza e, rispettivamente, d'assistenza sociale, 
non si pu� del tutto escludere che, in relazione alla cerchia dei 
suoi destinatari, ai suoi scopi ed alle sue modalit� d'applicazione, un 
regime presenti talora aspetti sia dell'una, sia dell'altra categoria, rendendo 
cosi impossibile qualsiasi classificazione generale. 

Se, in base a talune loro caratteristiche, le norme sulla concessione 
di assegni ai minorati sono affini alle norme concernenti l'assistenza sociale 
(in particolare perch� considerano lo stato di bisogno come criterio 
essenziale d'applicazione e prescindono da qualsiasi riferimento a 
periodi d'attivit� lavorativa, d'iscrizione o di contribuzione), d'altra parte, 
esse possono venir assimilate alla previdenza sociale nella misura in 
cui, abbandonato il principio dell'apprezzamento discrezionale, proprio 
dell'assistenza, conferiscono agli interessati diritti soggettivi. 

Data l'ampiezza della cerchia dei destinatari, tali norme assolvono 
in pratica una duplice funzione, consistente nel garantire sia un minimo 
di mezzi di sussistenza ai minorati che non beneficiano d'alcun sistema 
di previdenza sociale, sia un reddito complementare agli assicurati della 
previdenza sociale colpiti da incapacit� lavorativa permanente. 

Come s'evince dal suo art. 2, n. 1, lettera b), il regolamento n. 3 
s'applica a tutte �le prestazioni per invalidit�, comprese quelle destinate 
a conservare o migliorare le capacit� di guadagno�. 

L'art. 1, lettera s), del citato regolamento fornisce del termine � prestazione
� la definizione pi� ampia, che ingloba tutte le prestazioni �ivi 
compresi tutti gli elementi a carico dei fondi pubblici, le maggiorazioni, 
assegni di rivalutazione o assegni supplementari�. 

Di conseguenza, una norma interna che attribuisca un diritto soggettivo 
alla riscossione d'un assegno per minorati rientra, per quanto 
concerne le persone cui si riferisce il regolamento n. 3, nel campo della 
previdenza sociale, disciplinata dall'art. 51 del Trattato e dalle norme 
comunitarie adottate in esecuzione del medesimo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

<:;on la seconda questione si chiede, in caso di soluzione negativa 

della prima, se gli assegni per i minorati costituiscano un vantaggio 

sociale, ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. 
Dal provvedimento di rinvio risulta che tale questione avrebbe assunto 
rilievo solo nel caso in cui la Corte avesse statuito che l'art. 2, 

n. 3, del regolamento n. 3 non si applica alle norme in esame. 
Nella fattispecie � stato deciso altrimenti e la seconda questione 
viene pertanto� a cadere. -(Omissis). 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 23 gennaio 1975, 
nella causa 31/74 -Pres. Lecourt -ReZ. Mertens .de Wilmars -
Avv. gen. Warner -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta 
dal Pretore di Roma nel procedimento penale nei confronti di Filippo 
Galli (avv. M.S. Giannini, Capelli e Ubertazzi) -Interv.: Commissione 
delle Comunit� europee (ag. Maestripieri) e Governo italiano 
(avv. Stato Zagari). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazio:pi comuni dei mercati � Processo 
di formazione dei prezzi � Competenza degli Stati membri � 
Esclusione. 

(Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 22 settembre 
1966, n. 136; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; d.l. 24 luglio 
1973, n. 425; d.l. 24 luglio 1973, n. 427). 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati � Normativa 
nazionale suscettibile di alterare il processo di formazione �lei 
prezzi � Incompatibilit� con la normativa comunitaria. 
(Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 22 settembre 
1966, n. 136; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; d.l. 24 luglio 
1973, n. 425; d.l. 24 luglio 1973, n. 427). 

Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati nei 
settori dei cereali e dei grassi � Libera circolazione delle merci � Garanzia 
� Fonte � Efficacia diretta. 
(Regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136; regolamento del Consiglio 
13 giugno 1967, n. 120). 

Nei settori disciplinati da un'organizzazione comune di mercato, specie 
quando taZ� organizzazione poggia su un regime comune dei prezzi, 
gli Stati membri non possono pi� intervenire unilateralmente con norme 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 313 

interne nel processo di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione 
comune (1). ' 

Il regime nazionale che, bloccando i prezzi ed esigendo per le variazioni 
dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, alteri il processo 
di formazione dei prezzi previsto dalle organizzazioni comuni dei mer


(1-3) Normativa comunitaria e disciplina nazionale dei prezzi. 

Le notevoli affermazioni di principio della sentenza in rassegna, sopra 
riprodotte nella sintesi risultante dal dispositivo, destano serie perplessit�, 
per il contrasto in cui si pongono con la� normale e costante attivit� 
normativa esercitata, da tutti gli Stati membri, per la disciplina 
dei prezzi e con le stesse risoluzioni adottate dal Consiglio CEE per l'adozione 
di misure anti-inflazionistiche; ed � certo sintomatico che sia la 
Commissione delle Comunit� europee sia lo stesso avv. gen. Warner si 
foss.ero pronunciati in senso .contrario. 

La diversa funzione adempiuta dalla disciplina nazionale dei prezzi 
rispetto a quella dei � prezzi comunitari � (prezzo indicativo, prezzo d'intervento, 
e prezzo minimo garantito) e le differenti finalit� che ciascun 
sistema � volto a conseguire inducono del resto ad escludere a priori pregiudizievoli 
interferenze tra i due corrispondenti regimi normativi, o quantomeno 
a contenere una possibile incidenza della disciplina nazionale dei 
prezzi nei soli limiti in cui tale regolamentazione risultasse sproporzionata 
rispetto allo scopo anticongiunturale e tale, comunque, da imporre prezzi 
inferiori a quelli di intervento: limiti che con i provvedimenti nazionali 
in discussione, a prescindere anche dalla portata della deroga espressamente 
contemplata relativamente ai � beni i cui prezzi sono assoggettati 
ad altra disciplina �, non erano stati certo superati. 

Anche per i prezzi all'ingrosso, cio�, una incompatibilit� della disciplina 
nazionale con la normativa comunitaria sembra potersi ipotizzare 
nei soli limiti in cui ne risultassero compromessi gli obbiettivi ed il funzionamento 
dell'organizzazione comune di mercato, secondo il criterio enunciato 
dalla Corte di giustizia a proposito della regolamentazione dei prezzi 
nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, e quindi senza escludere 
a priori una competenza normativa degli Stati membri. 

Diversamente, se cio� la sola possibilit� di incidenza sulla formazione 
dei prezzi all'ingrosso costituisse fattore utile ad escludere ogni competenza 
normativa degli Stati membri, non solo dovrebbe un'analoga preclusione 
affermarsi anche relativamente ai prezzi del commercio al minuto 
(la cui limitazione pu� incidere negativamente sulla libera circolazione 
dei prodotti quanto quelle relative ai prezzi all'ingrosso), ma lo stesso 
criterio andrebbe adottato per qualsiasi provvedimento di diritto interno 
comunque suscettibile di una tale incidenza, e quindi anche per quelli 
adottati in materia tributaria o volti a disciplinare l'esercizio dell'attivit� 
agricola, l'impiego della mano d'opera, l'incidenza degli oneri aziendali 
e previdenziali, la utilizzazione dei macchinari, le tariffe dei trasporti, la 
distribuzione ed il commercio dei prodotti; con la inaccettabile conseguenza 
che gli Stati membri verrebbero ad essere privati anche di quelle 
competenz� normative in ordine alle quali nessun conferimento � stato 
-disposto, con le norme del Trattato, in favore delle Istituzioni comunitarie. 



314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cati nei settori dei grassi e dei cereali � incompatibile con i regolamenti 
del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136 e 13 giugno 1967, n. 120 (2). 

I regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136 e 13 giugno 
1967, n. 120 garantiscono nei settori di mercato considerati, con efficacia 
diretta a favore dei singoli, la libera circolazione delle merci, in 

Nella decisione in rassegna, inoltre, non appare adeguatamente considerato 
che la effettiva efficacia di una disciplina dei prezzi, quando abbia, 
come nella specie, finalit� anti-inflazionistiche, � necessariamente condizionata 
alla imprevedibilit�, immediatezza e repentinit� dei relativi provvedimenti 
(quali sono appunto garantite, nel nostro ordinamento, con il 
ricorso al decreto-legge), e che anche il �breve termine> entro il quale 
sarebbe possibile, secondo la Corte di giustizia, ottenere autorizzazioni o 
provvedimenti comunitari risulterebbe di fatto sufficiente a pregiudicare 
l'efficacia stessa dei provvedimenti ed a compromettere, di conseguenza, 
l'effettivo conseguimento di un utile risultato; ed � certo che la concreta 
efficacia sia dei provvedimenti del 1973 sia di quelli del 1974 (anch'essi 
autorizzati a posteriori, ;a segmto di dispendiose quanito notorie wattatdvie 
a livello comunitario, e certamente non in � breve termine �) sarebbe risultata 
compromessa se si fosse fatto ricorso alla procedura preventiva indicata 
dalla Corte di giustizia. 

Gi� in via di principio, del resto, � difficile negare agli Stati membri 
la possibilit�, quando eccezionali circostanze lo richiedano, di un diretto 
ed immediato intervento; cos� come appare quantomeno discutibile la limitata 
portata attribuita, nella sentenza in rassegna, all'art. 103 del Trattato, 
specialmente quando si abbia riguardo alla specialit�, della disposizione 
e si consideri, per l'utile argomentazione che se ne desume, che 
la previsione, nei regolamenti sul mercato agricolo, di clausole di salvaguardia 
� stata ritenuta inidonea ad escludere l'applicabilit� dell'art. 226 
del Trattato (Corte di giustizia, 11 febbraio 1971, nella causa 37/70, 
Racc., 23). 

Certamente, la decisione richiederebbe un approfondito commento, dal 
quale pu� tuttavia prescindersi, in questa sede, anche in considerazione 
del fatto che la vertenza si riferisce a provvedimenti di diritto interno 
che hanno oramai esaurito i loro effetti. 

Non pu� non essere rilevato, peraltro, che la decisione evidenzia ancora 
una volta come il procedimento incidentale di � interpretazione � sia 
venuto assumendo col tempo, attraverso l'evoluzione della giurisprudenza 
comunitaria e la stessa impostazione dei quesiti rivolti dai giudici nazionali, 
lo stesso sostanziale contenuto del procedimento di infrazione, risolvendosi 
in effetti, con alterazione della originaria funzione, in un rimedio 
peir suprplire all'eve<Illtual�e marr1canza di iniziativa dielile �Compertenti Isitiituzioni 
comunitarie, ed in un mezzo per sindacare, al di fuori dello schema e .delle 
finalit� sue proprie, ed anche in dissenso, come nella specie, con le competenti 
Istituzioni comunitarie, il comportamento degli Stati membri. 

Estranea aillla competenza de1la Corte di �giustizi1a sembreiriebbe, 
:iJn paJ"tiicolwe, �l'affermazdone secondo cui �i 1singoli, sorttoposrti ai 
regolamenti comunitari, non sono perci� tenuti ad osservare eventuali 
misure unilaterali adottate dagli Stati in tale materia �, dovendo ogni 
eventuale contrasto della disciplina nazionale con la normativa comunitaria 
essere eliminato con i mezzi offerti da ciascun ordinamento interno 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 315 

particolare mediante la soppressione delle restrizioni quantitative e di 
qualsiasi misura di effetto equivalente (3). 

(Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 26 aprile 1974,. pervenuta 
in cancelleria il 13 maggio 1974, il Pretore di Roma ha sottoposto alla 
Corte di Giustizia, in forza dell~art. 177 del Trattato CEE, alcune questioni 
concernenti l'interpretazione degli artt. 2, 3, 5, secondo comma, 
30, 39, n. 1, e 40, n. 3, del suddetto Trattato, nonch� del regolamento 
del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, relativo all'organizzazione comune 

(Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella causa 34/67, LtkK, Racc. 325 e Dir. 
scambi intern., 1968, 80i; 15 dicembre 1971, nelle cause 51-54/71, INTERNATIONAL 
Fau1T, Racc., 1107, e Foro it., 1972, IV, 158; in argomento cfr.: 
Cass., sez. un., ord. 31 ottobl'e 1974, infra, pag. 33,6), e .rJJeSSU!Il potere 
�potendosi riconoscere alla Corte di giustizia, tanto meno in sede di interpretazione, 
di autorizzare i singoli alla inosservanza delle leggi nazionali. 

Come si � gi� sopra accennato la soluzione adottata dalla Corte di 

giustizia � opposta a quella sostenuta, con molteplici argomentazioni, dalla 

Commissione delle Comunit� europee, dal Governo italiano, e dallo stesso 

avv. gen. WARNER. 

Nelle conclusioni dell'avvocato generale � stato motivatamente affer


mato che la normativa comunitaria sul mercato comune agricolo non ha 

privato gli Stati membri del potere di legiferare in materia di prezzi, che 

il principio della libera circolazione delle merci non attribuisce ai singoli 

diritti soggettivi suscettibili di tutela giurisdizionale, e che dai provve


dimenti in discussione non sono derivate misure di effetto equivalente a 

restrizioni quantitative; e tali conclusioni, nelle quali i vari problemi 

sono esaminati sotto i molteplici aspetti rilevanti, sono state gi� pubblicate 

in Foro it., 1975, IV, 29. 

Per la rilevanza di principio delle questioni discusse appare utile tra


scrivere, qui di seguito, anche le osservazioni presentate alla Corte dalla 

Commissione delle Comunit� europee, rappresentata dal dott. CESARE MAE


STRIPIERI: osservazioni nelle quali risulta in particolare evidenziato, con 

analitica, efficace e documentata disamina (e sottolineandosi anche la ma


nifesta irrilevanza dei quesiti proposti dal giudice del rinvio), che � i prov


vedimenti italiani si inserivano nel quadro delle mii;;ure raccomandate dal 

Consiglio �, che una disciplina dei prezzi � esiste in tutti gli Stati membri � 

(cosi come specificamente documentato in giudizio), che ogni eccezione 

di incompatibilit� di tale disciplina con la normativa comunitaria � stata 

sempre disattesa dai giudizi nazionali dei vari Stati membri, che � i prezzi 

massimi imposti dalla legislazione italiana sono qualcosa di ben diverso 

dai prezzi fissati a livello comunitario �, e che � se gli Stati membri hanno 

conservato il potere di mantenere o introdurre divieti generali di vendere� 

determinati prodotti non rispondenti alle condizioni che essi determinano, 

non si vede come possa essere loro negato il diritto di determinare, in 

modo generale e senza alcuna distinzione fra prodotti nazionali e prodotti 

importati, i prezzi ai quali certi prodotti debbono essere venduti �. 

A.M. 

316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei mercati nel settore dei cereali (G.U., pag. 2269) e del regolamento 
del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136, relativo all'attuazione di uria 
organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (G.U., pag. 
3025). 

Osservazioni presentate dalla Commissione �delle Comunit� Europee, 
rappresentata dai dott. Cesare Maestripieri. 

(Omissis). -I. In fatto. 

Sulla base dell'art. 77 della Costituzione che autorizza il potere esecutivo, 
in casi straordinari di necessit� e di urgenza, ad adottare provvedimenti 
provvisori con forza di legge, il Governo italiano, nel luglio 1973, 
adott� alcuni decreti legge intesi a combattere l'inflazione e l'aumento dei 
prezzi. Tra questi vanno ricordati: 

-il decreto-legge n. 425 sulla disciplina dei prezzi di beni prodotti e 
distribuiti da imprese di grandi dimensioni; 

-il decreto-legge n. 426 recante provvedimenti urgenti sulla proroga 
dei contratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani; 
-il decreto-legge n. 427 sulla disciplina dei prezzi di beni di largo 

consumo (1). 
Il signor Galli � imputato di avere violato le disposizioni contenute 
nel primo decreto-legge citato e in particolare: 

-l'art. 1, primo comma, che fa� obbligo alle imprese commerciali 
produttrici o distributrici di beni individuati in base a peso, a misura o 
a quantit�, che abbiano avuto ne] primo semestre del 1973 un volume di 
affari superiore a cinque miliardi di lire, di depositare presso il C.I.P. (2) il 
listino dei prezzi dei beni per unit� o per peso o per misura esistenti al 
28 giugno 1973, per avere il signor Galli omesso di depositare tale listino 
per i prezzi di cereali; 

-l'art. 2 che fa obbligo di indicare nel listino depositato presso il 

C.I.P. i prezzi dei beni cosi come praticati il 28 giugno 1973, per avere il 
signor Galli indicato per le farine di estrazione prezzi non corrispondenti 
a quelli praticati a quella data; 
-l'art. 3 che sottopone ad una preventiva comunicazione al C.I.P. 
-con poss:i;bi11't� per le aurtorirt� governaitivie di opporv:iJsi -ogni variazione 
dei prezzi indicati nei listini depositati presso il C.I.P., per avere 
il signor Galli fatturato le farine di estrazione a prezzi superiori a quelli 
indicati nel listino depositato al C.I.P. 

La difesa ha sostenuto che l'imputato doveve essere assolto perch� 
il fatto ascrittqgli non costituiva reato e, in subordine, perch� il decretolegge 
n. 425 non potev'a �e:sse11e nelJla speci'e ~caito, lo stesso prevedendo 
che � non sono tenute al deposito le imprese commrciali che pro


(1) G.U.R.I., n. 189 del 24 luglio 1973, I decreti-legge furono convertiti in leggi 
4 agosto 1973, nn. 494, 495 e 496, G.U.R.I., n. 216 del 22 agosto 1973. 
(2) Il Comitato interministeriale dei prezzi (C.I.P.) ed i Comitati provinciali 
dei prezzi vennero� istituiti con Il d.1.1. del 19 ottobre 1944, n. 347, completato 
con d.l. n. 896 del 15 settembre 1947. Su tale Comitato (struttura, competenza, 
procedimento di formazione del provvedimento prezzi, ecc.) si veda: V. METTA, 
Problemi di dottrina e di giurisprudenza sulla disciplina autoritativa dei prezzi, 
Giurisprudenza agraria italiana, 1974, 7-22. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 317 

Le questioni sono state sollevate nel corso d'un procedimento penale 
a carico d'un commerciante imputato d'aver violato, nella vendita di 
cereali e di farine estratte da semi oleosi, il decreto-legge italiano 24 
luglio 1973 n. 425 (Gazzetta Ufficiate 24 luglio 1973, n. 189) sulla disciplina 
dei prezzi delle merci prodotte e distribuite da imprese di grandi 
dimensioni. 

ducono o distribuiscono esclusivamente beni i cui prezzi sono assoggettati 
ad altra disciplina� (art. 1, secondo comma) ed essendo il commercio di 
cereali e delle farine di estrazione sottoposti appunto ad un'altra disciplina, 
cio� a quella comunitaria (regolamenti 120/67/CEE e 136/66/CEE). Il Pretore, 
prima di pronunciarsi, ha ritenuto necessario risolvere, in via preliminare, 
va["fo questioni d:i diritto comuni-tarlo e, aiocogliendQ la dchiesta 
della difesa del signor Galli, ha disposto la sospensione del procedimento e 
rimesso gli atti alla Corte di giustizia, per ottenere una risposta ai seguenti 
quesiti: 

� In relazione agli, artt. 3, lett. d), 5, comma secondo, 39, lett. c), 
d), e), 40, n. 3, del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 se: 
a) la potest� legislativa per la disciplina dei prezzi dei prodotti agri<!
Oli (con riguardo ai cereali e farine di estrazione dai semi oleosi) sia 
stata attribuita in via esclusiva alla competenza della Comunit� Economica 
Europea; , 

b) con riif,erimento ai cooeali e 'le faa:iine di estmziooe dai semi olieosi, 
la predetta disciplina del prezzo sia stata attuata rispettivamente a mezzo 
del Regolamento 120/67/CEE e del regolamento 136/66/CEE; 

e) i meccanismi di protezione e stabilizzazione del mercato unico 
nel 'settore dei cereali e de11e farine ,di estrazione dad semi oLeosi nonoh� 
la fissazione dei pl"ezzi posta in essfile con i predetti l'legoliaimeilllti, hanno 
mirato a creare e a salvaguardare per i prodotti in questione un regime 
unico di prezzi in tutta la Comunit�; 

d) in conseguenza di quanto sopra sia vietato agli Stati membri 
della CEE al riguardo di cereali e delle farine di estrazione oleosa di 
adottare normative nazionali che possano anche parzialmente sostituire, 
derogare o abrogare le esistenti normative della CEE sugli stessi prodotti 
per quanto riguarda il regime e la disciplina dei prezzi; 

e) se il principio della libera circolazione delle merci all'interno del 
Mercato Comune ed il conseguente divieto di isolare i mercati nazionali, 
ostacolando la realizzazione di un mercato unico in Europa, in ordine a 
quanto disposto dagli artt. 2 e 3, lett. F), del Trattato di Roma, siano prin<!
ipi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario da cui derivino 
diritti soggettivi in favore dei singoli tutelabili in caso di violazione anche 
da parte degli Stati membri, davanti ai giudici nazionali a mente dell'art. 5 
del Trattato; 

f) se alla stregua dell'art. 40, par. 3�, comma secondo, del Trattato 
di Roma in relazione all'art. 5 ed alle disposizioni di legge del Regolamento 
120/67 per i cereali e 136/66 per le materie grasse possa essere consentito 
ad uno Stato membro di: 

1) imporre obbligatoriamente ai soli operatori dello Stato considiooa<
to di vendel'le i loro Pl"Odotti ad un prezzo bloccato soll.tanrto Pfil :Le 
<!essioni effettuate nel territorio dello Stato, mentre i prezzi per i prodotti 



318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il suddetto decreto obbligava le imprese produttrici o distributrici 
di merci vendute a peso, misura o quantit�, il cui fatturato avesse 
superato nel primo semestre del 1973 i 5 miliardi di_ lire, a depositare 
un listino dei prezzi, le cui modifiche non potevano aver effetto se non 
60 giorni dopo la loro notificazione alle autorit� competenti e salvo opposizione 
di queste ultime nel predetto termine. 

esportati verso gli altri Paesi della CEE restano liberi; 

2) lasciare liberi gli esportatori degli altri Stati membri di esportare 
i loro prodotti nel territorio dello Stato dove sono bloccati i prezzi, 
senza porre limitazioni di sorta per i prezzi di tali prodotti; 

3) imporre per i suddetti prodotti agricoli l'osservanza dei prezzi 

bloccati, il divieto di vendita a prezzi non espressamente autorizzati, l'ob


bligo di depositare ed osservare listino di prezzi di vendite legate a periodi 

di tempo prestabiliti soltanto ed esclusivamente a carico di operatori che 

abbiano avuto nel primo semestre dell'anno 1973 un volume di affari 

superiore a lire 5 miliardi; 

4) se l'imposizione dei predetti obblighi di vendite e prezzi bloc


cati non costituisca violazione dell'art. 30 del citato Trattato in quanto 

tali obblighi potrebbero essere misure di effetto equivalente e restrizione 

quantitativa delle importazioni �. 

I. -Sulla ricevibilit�. 
Le domande poste dal Pretore di Roma vertono sull'interpretazione 

di determinate norme del Trattato CEE e del diritto comunitario derivato. 

Non sembrano esservi quindi problemi di ricevibilit�, almeno prima facie (3). 

Dubbi sorgono invece sulla rilevanza, ai fini della decisione dell� causa 

penale pendente dinanzi al Pretore di Roma, di alcune delle domande 

poste. � vero che spetta aJl. giucUce nazilonai1e, ed a lui solo, dd stabiilill'e 

se l'interpretazione di una norma comunitaria sia necessaria per emanare 

la propria sentenza. Tale principio peraltro non pu� non trovare il suo 

limite naturale nell'eccezione de.ttata dal buon senso e cio� nella necessit� 

che il quesito non sia frutto di un errore manifesto. Ci� � conforme alla 

vostra stessa giurisprudenza ( 4). 

Risulta dall'ordinanza del Pretore di Roma che il signor Galli � imputato 
per quanto riguarda i cereali, della contravvenzione di cui agli 
artt. 1, primo comma, e 5, primo comma, del d.1. 24 luglio 1973, n. 425, 
per aver omesso di .pepositare presso il C.I.P. il listino dei prezzi e, per 
quanto riguarda le farine di estrazione, dei reati previsti dagli articoli 1, 
primo comma, 2, 3 e 5, primo e terzo comma, del deoreto-t!Jegge suddetto 
perch�, pur avendo depositato il listino dei prezzi per questi ultimi 
prodotti, non avrebbe indicato correttamente i prezzi e avrebbe poi fatturato 
tali prodotti a prezzi superiori a quelli indicati nel listino depositato 
al C.I.P. 

(3) C.G.C.E., 21 marzo 1972 (Pubblico Minitero italiano c. SAIL, 82-71), 
Racc., 1972, p. 135. 
(4) C.G.C.E., 19 dicembre 1968 (Salgoil c. Ministero Commercio Estero, 13-68), 
Racc., 1968, p. 612. C.G.C.E., 15 dicembre 1971 (International Fruit Company c. 
Produktschap Groenten, 51-54/71), Racc., 1971, pp, 1116/1117. C.G.C.E., 20 febbraio 
1973 (F.O.R. c. V.K.S., 54-72), Racc., 1973, p. 204. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 319 

Il giudice nazionale ha accertato che i prodotti venduti in violazione 
del predetto decreto-legge sono dei cereali, cui si applica il regolamento 
n. 120/67, e delle farine estratte da semi oleosi, alle quali si 
applica il regolamento n. 136/66. Egli si � rivolto alla Corte per avere 
dei chiarimenti che gli permettano di stabilire se il decreto-legge n. 425, 

Avendo cos� delimitato la causa pendente dinanzi al giudice a quo, 
sarebbe facile rispondere (e credo che, cosi facendo, si rispetterebbe la 
vostra giurisprudenza) che i quesiti posti non sono rilevanti ai fini della 
decisione per quanto riguarda i cereali, l'obbligo di depositare il listino 
dei prezzi dei beni messi in commercio non essendo disciplinato da norme 
comunitarie. Non ci sarebbe in altre parole alcun bisogno di esaminare 
la legislazione comunitaria per quanto riguarda la politica agricola comune 
nel settore dei cereali, in quanto la stessa non si � mai preoccupata della 
pubblicit� dei prezzi e della corrispondenza tra i prezzi dichiarati dai commercianti 
e quelli effettivamente praticati. Si tratta di un controllo, pi� 
volte raccomandato dalle istituzioni della Comunit�, che continua ad essere 
esercitato dagli Stati membri. 

Per quanto riguarda le farin� di estrazione, sarebbe facile rispondere, 
come vedremo in prosieguo, che l'organizzazione comune in tale settore 
non prevede prezzi comunitari e che quindi, anche in questo caso, irrilevante 
ai fini della decisione della causa pendente dinanzi al Pretore di 
Roma � l'interpretazione delle disposizioni del regolamento n. 136/66. 

Malgrado le perplessit� che suscitano taluni quesiti posti dal Pretore 
di Roma, la Commissione, nell'intento di recare il proprio contributo allo 
sforzo interpretativo richiesto alla Corte di giustizia, comunicher� qui di 
seguito le proprie riflessioni sui quesiti sottoposti all'esame della Corte. 

Venemdo all'esame de.Ue domande poste dal Pretooe di Roma, ci si 
pu� chiedere se l'ordine seguito sia il migliore. Pur lasciando inalterato 
il 11oro .contenuto, sembra aWla Commissione pi� 'Logico esaminiaa-1e in una 
suocessioi!l!e div<el'\Sla �e raggrupparl�e in modo da oonsentiT1e Ulil riagionamento 
deduttivo pi� comprensibile. A suo giudizio, � preferibile considerare 
come domanda liminare il quesito sub e) che ha carattere generale, 
tale da applicarsi senza -distinzione a tutti i prodotti industriali 

o agricoli che siano (infra indicato come primo quesito); in secondo 
luogo converr� esaminare se la disciplina dei prezzi dei prodotti agricoli 
sia stata attribuita in via esclusiva alla Comunit� e, in caso di risposta 
negativa, stabilire i limiti della competenza degli Stati membri, rispondendo 
cosi ai quesiti indicati sub a), b), c) e d) (infra indicato come 
secondo quesito); si dovr� infine dare risposta al quesito sub f) (infra 
indicato come terzo quesito). 
III. -Osservazioni preliminari. 
A) Sulla situazione congiunturale in Italia nel luglio 1973. 

� A quanto consta, i provvedimenti adottati dalle autorit� italiane nel 

luglio 1973 erano dettati dalla situazione economica in cui si trovava l'Italia. 

La Commissione, in una comunicazione al Consiglio sulla politica eco


nomica da seguire nel 1973 e sulla preparazione dei bilanci pubblici nel 

1974 (5) cos� si esprimeva: 

(5) COM (73) 1030 del 20 giugno 1973. 

320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S�TATO 

nella parte in cui si occupa dei citati prodotti, sia in contrasto col Trattato 
e coi regolamenti n. 120/67 e n. 136/66. 

Con le quattro prime questioni (a, b, e e d), concernenti il regime 
dei prezzi nella sfera d'applicazione dei regolamenti n. 120/67 e numero 
136/66, si chiede, in sostanza, se ed in quale misura il regime 
comunitario dei prezzi adottato per un'organizzazione comune di mercato 
escluda eventualmente una disciplina nazionale dei prezzi. 

Nello stesso ordine d'idee e con riferimento agli artt. 2, 3 e 5 del 
Trattato si chiede poi se il principio della libera circolazione delle merci 
all'interno del mercato comune ed il divieto di isolare i mercati nazionali, 
frapponendo ostacoli alla realizzazione d'un mercato unico, siano 
principi generali dell'ordinamento comunitariO, tali da creare in capo 

� (In Italia) Negli ultimi mesi si � accentuata la tendenza di fondo 
alla ripresa congiunturale. Tuttavia, in seguito alle perdite di produzione 
dovute ai conflitti di lavoro nell'industria meccanica, la produzione industriale 
ha superato soltanto dell'l,9 % , per i primi quattro mesi dell'anno, 
il livello del corrispondente periodo del 1972. 
La situazione sul mercato del lavoro � leggermente migliorata: la 
disoccupazione ha registrato una tendenza alla flessione. L'incremento 
delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti si � accelerato: tra aprile 1972 
e april� 1973 le retribuzioni orarie minime contrattuali sono aumentate 
del 18,2 %. 

Gli effetti delrintroduzione dell'imposta sul valore aggiunto in data 
1� gennaio 1973, il rapido rincaro di alcuni generi alimentari e il rialzo 
dei prezzi all'importazione, in parte dovuto al deprezzamento della lira, 
hanno provocato una netta accentuazione della spinta dei prezzi. Nel mese 
di aprile l'indice dei prezzi al consumo superava del 10,6 % il corrispondente 
livello dell'anno precedente. 

La bilancia dei pagamenti correnti ha subito un deterioramento �. 

La Commissione, nel raccomandare misure di austerit� (aumento dei 
tassi di interesse, rallentamento della dilatazione delle spese statali, severa 
politica tributaria) suggeriva di attenuare la dilatazione espansiva impressa 
alla politica economica e di praticare una energica politica della concorrenza. 
In tale contesto aggiungeva: 

�Alla realizzazione di tale obiettivo potrebbero contribuire l'intensificazione 
della vigilanza sui prezzi e l'obbligo di indicare i prezzi di vendita 
al pubblico, nonch� la razionalizzazione dei circuiti commerciali �. 
Nel rapporto trimestrale del novembre 1973 n. 4/1973, che la Commissione 
pubblica sulla situazione economica della Comunit�, veniva ribadito 
che in Italia la spinta dei prezzi che fino a quel momento era stata molto 
viva, era stata moderata soprattutto mediante il blocco dei prezzi dei prodotti 
di largo consumo per la durata di tre mesi. Si constatava allora che 
l'aumento sarebbe stato sicuramente ancora pi� rapido se non ci fossero 
state misure anti-inflazionistiche. La tabella inserita nel rapporto, che viene 
qui di seguito riprodotta, d� un'immagine dell'aumento dei prezzi al consumo 
nei vari Stati membri. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 321 

ai singoli diritti soggettivi che i giudici nazionali devono tutelare contro 
�eventuali violazioni da parte degli Stati membri (questione e). 

Una questione analoga � sollevata in relazione all'art. 30 del Trattato, 
che vieta le restrizioni quantitative all'importazione nonch� qualsiasi 
misura d'effetto equivalente (questione f, n. 4). 

Si noti che i provvedimenti italiani si inserivano nel quadro delle misure 
raccomandate dal Consiglio nella risoluzione del 5 dicembre 1972 sulle 
azioni da svolgere contro l'inflazione, in particolare per quanto veniva ivi 
raccomandato ai punti II ,e VIII (7). Questi ori�ntamenti dovevano trovare 

Prezzi al consumo (6) 
(Variazione in percentuale) 

-
STATI '.MEMBRI 
Dal 
dicembre 
1970 
al giugno 
1971 
Dal 
giugno 
1971 
aldlcembre 
1971 
Dal 
dicembre 
1971 
al giugno 
1972 
Dal 
giugno 
1972 
al dicembre 
1972 
Dal 
dicembre 
1972 
al giugno 
1973 
Da 
ottobre 
1971 
a ottobre 
1972 
Da 
ottobre 
1972 
a ottobre 
1973 

+ 3,3
+ 2,6 !+ 3,7 
+ 5,3 
6,8

Danimarca .... 

+ 10,3
+ 3,0 
+ 

+ 4,6
+ 3,6 
+ 2,1 1+ 3,3 
+ 3,1 
+ 6,4 
+ 6,6
RF di Germania 

+ 3,1 
+ 2,8 )! 2,8 
+ 4,1 
+ 3,2 
+ 8,1
+ 6,6
Francia ....... 


(2)+ 11,2

(2)+ 10,9

+ 7,1
Irlanda (1) .... 

+ 4,4 
+ 4,0 3,8 
+ 4,3 
+ 6,9
Italia ......... 


+ 2,1 
+ 2,4 
+ 2,9 
+ 7,0 
+ 11,4
+ 4,4 
+ 5,0 
+ 3,2 
+ 4,4 
+ 4,8 
+ 8,1 
+ 7,9
Paesi Bassi .... 

+ 3,3 
+ 3,7 
+ 3,2 
_L 6,8

+ 2,7 
+ 2,8 
+ 2,7
Belgio ......... 


I

+ 9.7 
+ 3,1 
+ 3,5 
+ 5,7 
+ 5,5
+ 3,3 
+ 2,1
Lussemburgo .. 

+ 2,7 
+ 4,0 
+ 5,1 
+ 7,9 I + 9,9
Regno Unito (3) � I+ 6,4 

+ 2,5 
+ 3,5 
(1) Sulla base degli indici trimestrali. 
(2) Agosto. 
(3) Prezzi al dettaglio. 
conferma nella risoluzione del Consiglio del 14 settembre 1973 concernente 
delle misure anti-inflazionistiche complementari (8), nonch� nella risoluzione 
del Consiglio del 17 dicembre 1973, relativa alla lotta contro l'aumento 
dei prezzi ed al mantenimento di un elevato livello di occupazione nella 
Comunit� (9). Significativo, in particolare, � l'invito contenuto nel punto IV 
di detta risoluzione (10). 

(6) Si veda anche la tabella inserita nella relazione annuale sulla situazione 
economica della Comunit�, G.U.C.E., C 107/4 dell'8 dicembre 1973. 
(7) G.U.C.E., C 133/12 del 23 dicembre 1972. 
(8) G.U.C.E., C 75/1 del 19 settembre 1973. 
(9) G.U.C.E., C 116/22 del 29 dicembre 1973. 
(10) �In materia di prezzi gli Stati membri ricorrono ad uno o a parecchi 
dei seguenti strumenti: 
-una rigorosa sorveglianza delle condizioni di formazione dei prezzi dei prodotti 
e dei servizi ed eventualmente limitazione dei margini di profitto; 

-la notifica preventiva degli aumenti dei prezzi; 

-un'applicazione severa o intensificata delle regolamentazioni sulla esposi


zione e la pubblicit� dei prezzi, tanto per i beni quanto per i servizi; 



.322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

II regolamento n. 120/67 sui cereali, emanato nell'ambito della politica 
agricola comune, intende creare un'organizzazione comune di mercato 
ai sensi dell'art. 40 del Trattato CEE. Tale organizzazione, come 
ripetu~mente sottolineato nella motivazione del regolamento stesso, deve 

Ulteriore conferma di questa situazione inquietante si rispecchia nella 
relazione annuale sulla situazione economica della Comunit� adottata dal 
Consiglio il 9 novembre 1973 (11). 

B) Sulla disciplina dei prezzi negli Stati membri della CEE. 

Se � importante collocare la legislazione italiana nella congiuntura in 
cui si � sviluppata, altrettanto interessante � rendersi conto della situazione 
-esistente negli altri Stati membri per quanto riguarda la disciplina dei 
prezzi. Si pu� dire in breve che una tale disciplina esiste in tutti gli Stati 
membri. Anzich� farne qui l'inventario e darne un riassunto, sembra pre:
feribile, per dare alla Corte un quadro pi� completo, allegare alla presente 
memoria il documento n. XI/141/74 E (disponibile solo nella versione inglese) 
con l'Allegato I (disponibile solo nella versione francese). 

Allo stesso fine pu� essere utile richiamare le decisioni delle giurisdizioni 
nazionali, di cui si ha conoscenza, nelle quali la disciplina dei prezzi � 
stata esaminata. In queste cause � stata quasi sempre sollevata l'eccezione 
della compatibilit� di tale disciplina con le norme del Trattato ma l'eccezione 
� stata, per l'uno o l'altro motivo,, respinta e i gi�dici aditi non hanno 
fatto ricorso alla procedura prevista dall'art. 177 (12). 

C) Sulle organizzazioni comuni di mercato. 

La Corte ha avuto modo di esaminare in molte altre cause i meccanismi 
propri alle organizzazioni comuni di mercato. Potrebbe quindi apparire 

-il congelamento delle tariffe dei servizi pubblici nel primo trimestre del 
1974 al livello del 1� dicembre 1973; 
-applicazione stretta o Intensificata delle disposizioni nazionali relative ai 
controlli degli abusi derivanti da una posizione dominante sul mercato; 

-lancio di una campagna d'informazione sui prezzi praticati per i prodotti 
di grande consumo, eventualmente con l'aiuto delle associazioni di difesa dei 
consumatori, ricorrendo a tutti i mezzi di informazione utili. 

Il Consiglio invita gli Stati membri e la Commissione ad organizzare quanto 
prima scambi regolari di ogni informazione utile e specifica sulla evoluzione e il 
raffronto dei prezzi negli Stati membri. 

Gli Stati membri facilitano alla Commisione le ricerche economiche e commer 

ciali richieste dall'applicazione sistematica dell'art. 86 del trattato CEE �. 

(11) G.U.C.E., n. C 107 dell'8 dicembre 1973. 
(12) Francia. -Nell'articolo di Max Brunot � Les r�gimes de prix concert�s �, 
Droit Social, 1974, pp. 69 a 84, vengono commentate alcune decisioni dei tribunali 
amministrativi e del Consiglio di Stato in alcune cause. Il problema della compatibilit� 
della legislazione sui prezzi con la normativa comunitaria non � stato sollevato 
in quelle cause. 
ItaUa. -Consiglio di Stato, decisione del 29 febbraio 1972, n. 108 in Foro 
italiano, 1972, III, p. 113. Con tale decisione vennero annullati per motivi formali 
alcuni provvedimenti ma venne riconosciuta la legittimit� degli interventi del1'
Amministrazione italiana nonostante l'esistente disciplina comunitaria (si trattava 
del prezzo massimo dello zucchero al consumo). 

Paesi Bassi. 
-Decisione del Hoge Raad,, iJn data 7 aprile 1970, Common Market Law 
Reports, 1973, p. 163; Nederlandse Jurisprudentte, 796-801 (n. 29-30/1970). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 323 

servire a realizzare nel settore dei cereali un �mercato unico� comunitario, 
sottoposto ad una gestione comune. 
Per giungere all'unit� del mercato il regolamento di cui sopra ha 
istituito un sistema di norme e di competenze, ivi compresa un'orga


superfluo ricordare qui, ancora una volta, i caratteri tipici di queste organizzazioni. 
Sembra tuttavia utile richiamare, sia pure per sommi capi, gli 
aspetti relativi alla fissazione dei prezzi, dato che tutti i quesiti sottoposti 
alla Corte vertono sulla competenza esclusiva o meno della Comunit� di 
fissare i prezzi dei prodotti agricoli. 

1. Al fine di assicurare le finalit� della politica agricola comune, cos� 
come elencate nell'art. 39, l'art. 40 ha previsto che doveva essere creata 
una organizzazione comune dei mercati agricoli, la quale poteva ricorrere 
a tutte le misure necessarie ed, in particolare, alla regolamentazione dei 
diversi prodotti, sistemi per la costituzinoe di scorte e per il riporto, meccamsmi. 
comuni di sfabi!lizzazione all'impo!I'iazione o aililia espo!I'ltazione. � :noto 
che l'organizzazione comune dei mercati agricoli si � rifranta in una serie 
di Ol'ganizzazioni se"bboriail:i che possono esser.e classificate, secoiil!do il.'importanza 
delle garanzie accordate ai produttori. Le organizzazioni che assicurano 
massime garanzie sono quelle dei cereali, dei prodotti lattiero-caseari, 
dello zucchero e dell'olio di oliva. Garanzie di prezzo limitate sono accordate, 
per esempio, nei settori delle carni, uova, ortofrutticoli, tabacco e vino 
mentre per gli altri prodotti regolamentati (fra cui la maggior 'parte dei 
g.r,assi. viegetali, le piante viventi �ed i prodntti die1la fioo:-1culitura) IIl!OOl vi � 
alcuna garanzia di prezzo. 
2. L'organizzazione comune dei cereali -una delle due che qui interessano 
-� imperniata su alcuni prezzi di base, primo fra tutti il prezzo 
indicativo, stabiliti �nnualmente dal Consiglio, su proposta della Commissione 
e previo parere del Parlamento europeo (13). 
Il prezzo indicativo dovrebbe essere stabilito prima delle semine in 
modo da consentire ai produttori di orientare le loro colture. Non si tratta 
di un prezzo imposto, applicabile alle transazioni, ma del prezzo auspicato, 
per la realizzazione del quale si ricorre a mezzi indiretti: da una parte la 
azione psicologica ottenuta merc� l'indicazione dei pr.ezzi e dall'altra tre 
misure concrete : 

a) Prelievo all'importazione, per natura variabile, che consiste nel 
far pagare all'importazione la differenza fra il prezzo che si vuol assicurare 
sul mercato interno ed il prezzo, in ipotesi inferiore ed instabile, del mercato 
mondiale (prezzo C.I.F.). 

-Decisione del College van Beroef voor het Bedrijfsleven in data 16 giugno 

1970, 18. Sociaal-Economische Wetgeving 465-480 (n. 8/1970) e 564-574 (n. 10/1970). 

-Decisione del Rechtbank Dordrecht, meervoudige economische Kamer, del 

24 novembre 1970, ibidem, 32-34 (n. 1/1971) e Nederlandse Jurisprudentie, 379


385 (n. 4/1971). Il Tribunale ha riconosciuto la competenza comunitaria unicamente 

per i pi;odotti CECA e CEEA. 

-Decisione del Hoge Raad del 26 gennaio 1971, 19 Sociaal Economische 

Wetgeving, 100-102 (n. 2/1971) relativa alla disciplina dei prezzi di beni e servizi 

nel settore alberghiero, con nota di S. Mok. 

(13) Reg. n. 120/67/CEE del 13 giugno 1967 relativo all'organizzazione comune 
dei mercati nel settore dei cereali, G.U.C.E., p. 2269/67. 

324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nizzazione di massima capace di far fronte a tutte le situazioni prevedibili. 
Un elemento fondamentale di detto sistema � il �regime dei prezzi
� contemplato dall'art. 1 del regolamento e di cui l'art. 2, n. 3, pre-

II prelievo � il risultato di una sottrazione, i cui elementi sono il prezzo 
che si vuol assicurare sul mercato interno (prezzo di entrata) e il prezzo del 
mercato mondiale (prezzo C.l.F.). 

Il prezzo di entrata � fissato in modo che sul mercato di Duisburg nella 
Ruhr -centro di commercializzazione della zona pi� deficitaria della Comunit� 
-il prezzo di vendita del prodotto importato si situi al livello del 
prezzo indicativo. � calcolato per Rotterdam, la pi� grande via d'accesso dei 
cereali in provenienza dal mercato mondiale alla zona pi� deficitaria della 
Comunit�. Sar� dunque uguale al prezzo indicativo meno le spese di sbarco 
a Rotterdam e le spese di trasporto da questo porto a Duisburg. 

Fintantoch� il prezzo di mercato a Duisburg � inferiore al prezzo indicativo, 
non vi sar� alcun vantaggio ad importare cereali dai paesi terzi. Le 
importazioni cominceranno non appena il prezzo di mercato a Duisburg 
avr� raggiunto il livello del prezzo indicativo; esse impediranno al prezzo 
di mercato di superarne sensibilmente il livello. Il sistema permette dunque 
di stabilizzare il mercato comunitario e di importare dai paesi terzi nella 
misura necessaria e sufficiente a coprire i bisogni della Comunit� non coperti 
dalla produzione comunitaria. 

Il prelievo � uguale alla differenza fra il � prezzo di entrata � e il 

� prezzo cif �, pi� precisamente il prezzo cif del mercato mondiale calcolato 
(al pari del prezzo di entrata) per Rotterdam. Mentre quello di entrata � un 
prezzo politico, funzione del prezzo indicativo fissato ogni anno discrezionalmente 
dal Consiglio, il prezzo cif � un � prezzo-immagine del mercato � : 
corrisponde a un corso reale del mercato che � oggetto di constatazione 
obiettiva. 

b) Interventi sul mercato interno, consistenti nell'acquisto obbligatorio 
da parte degli organismi competenti, dei cereali raccolti nella Comunit� 
che sono loro offerti. L'acquisto ha luogo al � prezzo d'intervento �, fissato 
annualmente dal Consiglio a un livello inferiore a quello del prezzo indicativo. 
Quando il prezzo di mercato tende a scendere al disotto del prezzo di 
intervento, i detentori di cereali non venderanno pi� sul mercato, ma agli 
organismi di intervento avendo sicurezza di riceverne tale prezzo, e il movi


mento 
di ribasso si arresta. 
c) Restituzione all'esportazione. Al fine di favorire le esportazioni 
verso i paesi terzi, quando i prezzi sul mercato mondiale siano inferiori a 
quelli comunitari, sono previste delle restituzioni all'esportazione, che compensano 
totalmente o parzialmente la differenza di prezzo. Nel caso in cui 
i prezzi sul mercato mondiale siano supe1ioL i a quelli comunitari, � possibile 
l'imposizione di prelievi all'esportazione dei prodotti in modo da assicurare 
la copertura dei fabbisogni della Comunit�. 

3. L'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi -la 
seconda delle due organizzazioni di mercato che qui interessano -prevista 
dal regolamento n. 136/66/CEE, comprende tre gruppi distinti di prodotti: 
-le materie grasse in generale, per le quali non vi � una regolamentazfone 
dei prezzi ed � applicata semplicemente la tariffa doganale comune; 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 325 

vede l'applicazione nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso. 


Il regime dei prezzi si propone di conseguire una completa liberalizzazione 
degli scambi nell'ambito della Comunit� e di regolare in conformit� 
gli scambi extracomunitari, il tutto alla luce degli obiettivi cui 
s'ispira la politica agricola comune. 

La libert� degli scambi intracomunitari risulta garantita dal regolamento 
mediante un complesso di norme volte ad eliminare sia gli 

-1l'olio d'oldva peir n quale � prev~sta Ul1la garianz:i!a di prezzo a 'favore 
dei produttori; 

-semi e frutti oleosi, quali i semi di colza e di ravizzone ed i semi 
di girasole, per i quali sono previsti un prezzo indicativo ed un prezzo di 
imiterV'eo:JJto di base, fissatii nella fase �del commeiJ.'\cio aWl'fungrosso. 

Da quanto � dato capire dall'ordinanza, il signor Galli � imputato di 
avere venduto, ad un prezzo maggiorato, farine di estrazione dai semi oleosi. 
Ci troveremmo quindi nella prima categoria, per la quale non sussiste alcuna 
garanzia di prezzo. 

Dopo queste osservazioni preliminari possiamo ora esaminare i quesiti 
posti dal giudice a quo, :nelll'ordine �sopra <richiamato. 

IV. -Sul primo quesito (lettera e). 
Si tratta del quesitO contraddistinto 'con la lettera e) inehl'oc~a del 
Pretore di Roma. Una questione pregiudiziale identica � gi� stata posta alla 
Corte dal Tribunale di Biella (causa 155/73). Come gi� ebbe a rispondere 
nelil.1e sue osservazioini scritte presentate in quel collltesto la Commissione 
ritiene che il principio della libera circolazione delle merci, nonch� gli altri 
principi enunciati agli artt. 2, 3, lett. f), e 5 del Trattato, bench� costituiscano 
senza dubbio elementi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario, 
non sono tuttavia, di per s�, direttamente efficaci, nel senso che attribuiscano 
ai :S�JI1gol:i ddrirtti 1soggettivi che i giudici nazio1I1Jailii sii~o teniuiti a tutelare. 
La funzione dei suddetti principi -di cui la Corte ha sottolineato il carattere 
vincolante (14) -� fra l'altro quella di limitare le eventuali deroghe 
ammesse da norme speciali del Trattato, in modo da evitare che siano compromessi 
i fini di quest'ultimo. 

Come la Corte ha gi� avuto occasione di affermare, l'art. 5 stabilisce 
un obbligo generale degli Stati membri, il cui contenuto concreto dipende; 
in ciascun caso particolare, dalle disposizioni del Trattato o dai principi 
generali in esso impliciti (15). 

Tale punto di vista ha trovato autorevole conferma nelle conclusioni 
presentate nella causa 2-73 dell'Avvocato generale A. Trabucchi (16) e nella 
causa 155/73 dell'Avvocato generale G. Reischl (17). 

(14) C.G.C.E., 21 febbraio 1973 (Europemballage e Continental Can c. Commissione, 
6-72), Racc., 973,. p. 215). 
(15) C.G.C.E., 12 luglio 1973 (Geddo c. Ente Nazionale Risi, 2-73), Racc., 
1973, p. 878. 
(16) Racc., 1973, p. 890. 
(17) Edizione ciclostilata, pp. 6, 7 e 8. 
...... 



326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ostacoli alla libera circolazione, sia tutte le distorsioni nel commercio 
intracomunitario originate da interventi sul mercato degli Stati membri, 
in forme non previste dal regolamento stesso. 

Il predetto obiettivo � sottolineato nel 15� considerando della motivazione, 
ove � detto che �l'attuazione di un mercato unico nel settore 
dei cereali implica l'abolizione, alle frontiere interne della Comunit�, 
di tutti gli ostacoli posti alla libera circolazione delle merci considerate�, 
e nel 16�, ove � detto che �l'attuazione di un mercato unico basato su 
un sistema di prezzi comuni sarebbe compromessa dalla concessione di 
determinati aiuti �. 

Seguendo le loro conclusioni, si propone quindi che a questa domanda 
venga data la risposta seguente: 

� Il principio della libera circolazione delle merci all'interno del mercato 
comune non fa sorgere in quanto tale (cio� a prescindere dal collegamento 
con le disposizioni speciali destinate alla sua attuazione) in capo ai 
singoli d!h-irtti soggettivi che !i. girudici nazionali debbano ,tru1JeJ.an:-e �. 
V. -Srul secondo quesito (lerttere a, b, �e e d). 
1. Occorre esaminare se gli Stati membri non abbiano perduto ogni 
competenza in materia di disciplina dei prezzi per i prodotti agricoli sottoposti 
ad una organizzazione di mercato che preveda la fissazione di prezzi. 
Si noti che questo quesito riguarda pertanto i cereali ma non le farine di 
estrazione. 
Punto di partenza, sul quale non vi pu� essere contestazione, � che alle 
norme comunitarie non possono derogare le norme nazionali, che la realiz21azione 
di una politica agricola comune togildJe agli Stati membri, per l'interra 
sfera in cui trova applicazione l'ordinamento comunitario, la competenza 
ad adottare norme 1sia pUl'e soltall'JJto r1produttiv;e deWle norme comunitarie e, 
tanto pi�, norme nazionali con queste ultime confl.iggenti, che perci� laddove 
esistano prezzi comunitari, non vi � pi� posto per una regolamentazione 
nazionale dei prezzi. 

Come si � detto nelle osservazioni preliminari, i meccanismi d'intervento 
e di protezione della frontiera comunitaria tendono all'obiettivo di permetter� 
la realizzazione effettiva sul mercato del prezzo indicativo. Questo 
pvezzo � un prezzo auspicato e, si noti, auspicato nel senso che si desidera 
che il prezzo effettivo di mercato non solo non si collochi al di sotto del 
prezzo indicativo ma neppure si collochi al di sopra di esso. Se infatti 
l'acquisto obbligatorio da parte dell'autorit� al prezzo di intervento, il prelievo 
e la restituzione all'esportazione tendono a che il prezzo di mercato 
non si discosti troppo verso .il basso da'l prezzo ill:'lJdkiartivo, :iJl c1dterlo dli 
calcolo del prelievo fa si che le importazioni diventano vantaggiose allorch� 
il prezzo sul mercato comunitario tende a superare il prezzo indicativo. 
Tali importazioni hanno l'effetto di calmierare il prezzo di mercato al livello 
appunto del prezzo indicativo. Si aggiunga che se � vero che questi meccanismi 
sono particolarmente adatti alla situazione � normale � in cui il prezzo 
sul mercato mondiale � inferiore al prezzo indicativo, non per questo, in 
caso di rove,sciamento di ta,Le vapporto di pvez:d. la ddscipl~na comunitaria 
ammette il superamento indiscriminato verso l'alto del prezzo indicativo. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 327 

Le disposizioni necessarie per il conseguimento del fine ora ricor


dato si trovano negli artt. 21 e 22 del regolamento, che danno esecu


zione, nel settore di mercato in esame, agli artt. 2, 3 (in particolare 

lettere a, d ed f), 9 e 30 del Trattato, norme volte a creare un mercato 

unico mediante l'eliminazione di qualsiasi ostacolo alla libera circola


zione delle merci. 

Il sistema sopra illustrato esclude qualsiasi disciplina nazionale che 

pregiudichi, in forma diretta o indiretta, attuale o potenziale, il com


mercio intracomunitario. Di conseguenza, per quanto attiene pi� in par


ticolare al regime dei prezzi, risulta incompatibile col regolamento qual-

Non sarebbe giusto, in altre parole, pensare che, almeno nel caso in cui i 
prezzi sul mercato mondiale fossero superiori al prezzo indicativo, questo 
ultimo prezzo cessi di essere un obiettivo massimo e che la disciplina comunitaria 
intenda assicurare agli operatori il prezzo risultante dal libero gioco 
della domanda e della offerta. � bens� vero che i meccanismi dell'intervento, 
del prelievo e della restituzione all'esportazione non avrebbero in tale 
situazione alcun effetto nel senso di mantenere sul mercato un livello di 
prezzi corrispondente al prezzo indicativo: vi sarebbe infatti una tendenza 
generale all'esportazione che tenderebbe a portare il prezzo di .mercato al 
livello (superiore) del mercato mondiale mentre gli strumenti del prelievo 
e della I'estituzione, concepiti per la situazione opposta, sarebbero ormai 
fissati a zero e nessun operatore porterebbe il suo prodotto all'intervento 
potendo lucrare sul mercato un prezzo superiore. Ma la disciplina comunitaria 
ha previsto questo caso. Per i cereali, l'articolo 19 del regolamento 
120/67/CEE prescrive infatti che possano venire adottate le misure necessarie 
a rimediare alle perturbazioni derivanti dalla situazione in cui il 
prezzo cif (cio� il prezzo del mercato mondiale) supera sensibilmente il 
prezzo d'entrata (che, si ricordi, � derivato dal prezzo indicativo e pu� 
considerarsi come il prezzo indicativo fissato per Rotterdam). Sulla base di 
detto articolo 19 � stato adottato dal Consiglio il regolamento (CEE) 

n. 1968/73 (18) che prevede come rim'edio principale a tale situazione la 
percezione di un prelievo all'�esportazione calcolato in base alla differenza 
�tra il prezzo cif e il prezzo d'entrata. Tale prelievo � effettivamente appli, 
cato nell'odierna situazione in cui i prezzi sul mercato comunitario sono 
pi� bassi dei prezzi sul mercato mondiale. Il suo effetto, com'� evidente, � 
quello di scoraggiare le esportazioni allorch� il prezzo sul mercato comunitario 
si colloca al di sopra del prezzo di entrata. Per questa via dunque 
si tende ancora una volta ad ottenere la effettiva realizzazione del prezzo 
indicativo sul mercato della Comunit� e nulla toglie a questa conclusione 
la considerazione che l'obiettivo pu� di fatto non essel'e raggiunto in caso 
di penuria all'interno della Comunit�. 

In queste condizioni va in I>rimo luogo constatato che i prezzi massimi 
imposti dalla legislazione italiana sono qualcosa di ben diverso dai prezzi 
fissati a livello comunitario. In secondo luogo, si deve constatare che non 

(18) G.U.C.E., n. L 20�1 del 21 luglio 1973, p. 10. Vedansi anche i regolamenti 
(CEE) n. 2182/73, G.U.C.E., n. L 222 del 10 agosto 1973, p. 19 e n. 3130/73, G.U.C.E., 
n. 319 del 20 novembre 1973, p. 10, entrambi della Commissione. 

328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stasi normativa nazionale che produca distorsioni nel processo di formazione 
dei prezzi quale si svolge nell'ambito della disciplina comunitaria 
del settore. 

Oltre alle disposizioni materiali c.oncernenti il funzionamento dell'organizzazione 
comune di mercato nel settore considerato, il regolamento 
n. 120/67 comporta un'organizzazione di massima ideata in maniera 
tale da permettere alla Comunit� ed agli Stati membri di fronteggiare 
qualsiasi perturbazione. 

In proposito � opportuno, anzitutto, sottolineare che la fornitura 
ai consumatori di prodotti agricoli .a prezzi ragionevoli � uno degli 
obiettivi enunciati dall'art. 39, n. 1, del Trattato. 

esiste nella normativa comunitaria un divieto espr.esso fatto agli Stati membri 
di prevedere dei prezzi massimi. Resta il problema se, malgrado l'assenza 
di tale espresso divieto, si debba ritenere che l'insieme dei meccanismi 
previsti dall'organizzazione di mercato precluda agli Stati membri la fissazione 
dei prezzi massimi. Secondo la Commissione, la soluzione di � tale 
problema dipende dalla questione se tale fissazione pregiudichi o comunque 
intralci e renda pi� difficile il buon funzionamento dei meccanismi della 
organizzazione comune di mercato. Se cosi fosse, l'azione degli Stati membri 
sarebbe vietata. Altrimenti essa sarebbe lecita (19). 

Ma a ta1e questione non si pu� rispondere l�IIl modo genooa:1e. OccOO"re 
distinguere a seconda del livello a cui � fissato il prezzo massimo. Se per 
esempio tale prezzo massimo fosse inferi6re al prezzo d'intervento, � evidente 
che lo Stato membro commetterebbe un'infrazione perch� impedirebbe 
in maniera diretta il raggiungimento di un livello di prezzo garantito 
dal diritto comunitario. Se il prezzo massimo fosse inferiore al prezzo indi.
cativo, la risposta sembra dover essere la stessa perch� anche se il diritto 
comunitario non garantisce la realizzazione del prezzo indicativo, si � visto 
come tutti i meccanismi tendono a tale realizzazione mentre l'azione dello 
Stato membro costituirebbe un ostacolo diretto alla concretizzazione di 
tale obiettivo. 

Pi� difficile � l'ipotesi in cui il prezzo massimo sia determinato a un 
livello superiore al prezzo indicativo. Va innanzitutto ricordato che parliamo 
di prezzi massimi che si riferiscono a uno stadio variabile di commercializzazione 
mentre i prezzi comunitari per i cereali si riferiscono alla fase del 
commercio all'ingrosso. La prima difficolt� consiste pertanto nella comparazione 
dei due prezzi: un prezzo superiore al prezzo indicativo pu� rivelarsi, 
se rapportato alla fase del commercio all'ingrosso, inferiore a detto 
prezzo indicativo. Ma come regolarsi per rapportare il prezzo da una fase 
all'altra? Quale percentuale occorre prendere in considerazione per tenere 
conto del valore aggiunto e eventualmente dei margini di profitto per la 
attivit� di intermediazione? Si pu� poi considerare che il prezzo massimo 
fissato a livello nazionale non ha alcun effetto a brevissimo termine sui 
prezzi lucrati nelle fasi di commercializzazione precedenti a quella cui si 

09) Si vedano le interrogazioni scritte n. 323/70 di M. FELLERMAIER (G.U.C.E., 

e 86/1 del 28 agosto 1971) e n. 165/71 di M. VREDELING (G.U.C.E., c. 101/4 del 13 
ottobre 1971). 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 329 

Gli artt. 19 e 20 del regolamento si sono pertanto .riferiti specificamente 
ad ipotesi di perturbazione, autorizzando il Consiglio ad adottare 
tutti i provvedimenti necessari qualora il mercato comune sia perturbato 
o rischi d'essere perturbato da rincari sul mercato mondiale atti 
ad incidere sul normale funzionamento del sistema di prezzi istituito 
dal regolamento. 

L'art. 20 precisa le modalit� dell'azione comune cui partecipano, 
nel caso di talune gravi perturbazioni, il Consiglio, la Commissione e 
gli Stati membri. 

Indipendentemente dai poteri che il regolamento attribuisce al Consiglio 
ed alla Commissione, quest'ultima esercita, in forza del Trattato 
stesso, una funzione generale di vigilanza e di iniziativa. 

Nel contesto in esame � poi ancora opportuno attirare l'attenzione 
sui compiti di consultazione permanente svolti, nella gestione dello spe


riferisce, mentre l'eventuale intralcio ai meccanismi comunitari prende 
inizio solo dopo che l'impossibilit� di praticare prezzi superiori ai prezzi 
massimi si ripercuote sui prezzi cui gli operatori sono disposti ad acquistare 
il prodotto nelle fasi anteriori. 

Tali considerazioni portano ad escludere di poter rispondere in modo 
puramente e semplicemente positivo o negativo al quesito sulla liceit� della 
fissazione, a liveifilo nazionale, di pr�ezzi massimi peir prodotti soilitopooti a 
ooganizzazione comune dd meTcato. Ll criterio dli compatdbiJIDt� 1c0tl dirirtJto 
comunitario �, secondo la Commissione, quello dell'intralcio o meno che il 
prezzo massimo arreca all'effettiva realizzazione sul mercato del prezzo-indicativo. 
Ma una maggiore concretezza della risposta richiederebbe una 
conoscenza pi� precisa del caso di specie. Occorrerebbe in particolare conoscere 
il prezzo massimo_ cui l'operatore � astretto, il giorno in cui si colloca 
la sua violazione, lo stadio di commercializzazione cui si riferisce, tutti 
dati mancanti per la semplice ragione che, come si � detto a proposito della 
irricevibilit�, non vi � uno stretto legame logico tra il fatto imputato e i 
qruesirti sottoposti ,alJ1a Co!tlte. 

La Commissione ritiene pertanto che, se la Corte intende comunque 
rispondere ai quesiti che le sono posti, questa risposta non pu� andare pi� 
in l� delil'enunciazione del criterio generico che si � enundato, criterio che 
solo il giudice di rinvio potrebbe applicare, se ci� ha un senso, al caso 
concreto. 

La Commissione si limita ad aggiungere che per sapere se il prezzo 
massimo ha potuto rendere pi� difficile l'effettiva realizzazione del prezzo 
indicativo sul mercato, il giudice nazionale non potr� contentarsi di verificaire 
se ail momento in questione i corsi ["iLeviainti sul moocaito si sono collocati 
al di sopra o al di sotto del prezzo indicativo. Al limite non si pu� 
escludere infatti che una determinata discipllm1. non venga di fatto rispettata, 
ma questa circostanza non influisce sulla sua eventuale incompatibilit� 
con il diritto comunitario. 

La Commissione osserva infine che nulla vieta agli Stati membri di 
porsi autonomamente, nel disciplinare prodotti agricoli sottoposti ad organizzazione 
di mercato, dei limiti pi� rigorosi di quelli risultanti dalle norme 
comunitarie. L'inrter~eitazlione di queste ultime noirme, come rp:roposta de[~ 



330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cifico mercato considerato, dal �comitato di gestione� di cui all'art. 25 
del regolamento. Al di l� delle funzioni specificamente attribuitegli, il 
comitato di gestione � infatti competente, in forza dell'art. 27, ad esaminare 
qualsiasi problema che il suo presidente, di propria iniziativa o 
su domanda del rappresentante d'uno Stato membro, ponga all'ordine 
del giorno. 

Si constata cos� come l'organizzazione di massima di cui al regolamento 
n. 120/67 consenta ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento 
con le istituzioni comunitarie e nel' pi� breve termine, le iniziative 
necessarie per il caso in cui il gioco normale dei sistemi di 
prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze 
non auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello 
Stato stesso. 

Commssione, non impedisce quindi al giudice nazionale di sostenere che 
l'eccezione prevista dalla normativa italiana rispetto ai beni � i cui prezzi 
sono assoggettati ad altra disciplina �. (airt. 1, secOilldo comma, del d.ll.. !Il. 425) 
co;mprendia in blocco i progetti aissoggettaiti, �ad un'orrg�ainizzaZ!iOIIl!e C9ffiU(Ile 
di mercato che preveda la fissazione di prezzi, senza che sia necessario 
soffermarsi a misurare con il centimetro il � cono d'ombra � provocato dalla 
disciplina comui:niJtairiar. Una tale interpretazione del1a !Ilorma inteiJ:'IIJla non 
5()1).o avrebbe la Sllla liogi�ca, perch� si pu� immagmaa:-e �che u:no Stato desideri 
evitare di porre a repentaglio l'osservanza delle sue obbligazioni comunitarie, 
ma sembra anche convalidata dai lavori preparatori e da alcune decisioni 
gi� rese da altri giudici. Ma questa � ovviamente una questione di 
competenza del giudice nazionale e la Commissione non ritiene di doverne 
dire di pi�. 

2. Se attraverso l'applicazione del criterio proposto si perviene alla 
conclusione che in una fattispecie concreta gli Stati membri hanno conservato, 
nella misura sopra ricordata, la facolt� di fissare i� prezzi massimi 
dei prodotti agricoli, occorre vedere, per completezza, se tale facolt� non 
trovi altri limiti nel diritto comunitario. Questo esame concerne tanto i 
cereali che le farine di estrazione. 
La Commissione ha avuto modo di esaminare, nel quadro della libera 
cirC01l:a2lione d!elile meil1ci, se la fissazione dei prezzi maissdmi rdi veIJJdiita �costituisca 
o meno un intralcio al commercio intracomunitario. 

In altre parole, ci si � chiesti se l'imposizione di un calmiere dei prezzi 
potesse essere qualificata come misura di effetto equivalente ad una restrizione 
quantitativa all'importazione e costituire quindi violazione dell'art. 30 
del Trattato (20). 

(20) Si veda la definizione delle misure di effetto equivalente ad una restrizione 
quantitativa data nella direttiva della Commissione n. 70/50/CEE del 22 dicembre 
1969 (G.U.C.E., n. L. 13/29 del 19 gennaio 1970) richiamata nella vostra 
sentenza del 30 aprile 1974 nella causa 155/73. Una definizione ne � data dall'Avvocato 
generale K. Roemer nelle conclusioni presentate nelle cause 51 a 54/71 
(Racc., 
1971, p. 1122). � 
Per stabilire se vi sia una misura di effetto equivalente ad una restrizione 
quantitativa non � certo necessario (se non si vuol imporre alla Commissione un 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 331 

Interventi unilaterali d'uno Stato membro nel settore in questione 

non possono invece venir giustificati con riferimento all'art. 103, con


cernente la politica congiunturale. 

In effetti l'art.�103, che riguarda la politica congiunturale degli Stati 

membri, non si applica ai settori gi� divenuti comuni, fra cui l'organiz


zazione dei mercati agricoli. 

Occorre poi esaminare se le condizioni test� svolte siano ugualmente 

valide per il mercato dei grassi, disciplinato dal regolamento n. 136/66. 

Anche il predetto regolamento ha creato un'organizzazione comune 

di mercato, che si fonda su un mercato comune dei grassi, realizzato 

grazie all'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, 

e sulla gestione comune del medesimo. Tale organizzazione ha per� una 

particolarit�: un regime dei prezzi � stato istituito soltanto per i pro


dotti pi� esposti alle variazioni di prezzo, in particolare per l'olio d'oliva; 

Trattandosi di vincolo imposto iindisti.rutamente ai 1pl'odortti naziOIIlJaili e ai 
prodotti. impootati., 1si � ritenuto .che, in linea di principio, 1;aile vincolo fosse 
compatibile con le norme del Trattato relative alla libera circolazione 
delle merci. Si � sempre ammesso infatti che i divieti generali di vendita, 
aipplioaibd.Wi a tutti i prodotti, siano essi di produzione nazionale o importati, 
non costituiscono infrazione al Trattato e, in particolare, non sono misure 
di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa. Sono frequenti le regolamentazioni 
nazionali che determinano la natura delle merci poste in 
vendita ed in particolare ne precisano la forma, la presentazione, il peso, 
l'!i.mballaggi�, ecc., e istabiilisc()(()J() che possono ess~e 1poste din v.end!i.rta unicamente 
le merci che rispondono a tali requisiti. � bens� vero che tali regola


mentazioni, ancorch� indistintamente applicabili, possono creare delle difficolt� 
negli scambi commerciali ma ci� avviene anche per le norme sopra 
ricordate riguardanti La natUl'a del<Le meil'ci poste in V'enddita o la loro 
presentazione. In tutti questi casi, � noto, la soluzione non pu� dipendere 
che dal ravv11cinamento deille legislazioni ed in pqll'tko1are dia�il.'aippil:kaz!i.one 
dell'art. 100. Se gli Stati membri hanno conservato il potere di mantenere 

o introdurre divieti generali di vendere determinati prodotti non rispondenti 
alle condizioni che essi determinano, non si vede come possa essere 
loro negato il diritto di determinare, in modo generale e senza alcuna distinzione 
fra prodotti nazionali e prodotti importati, i prezzi ai quali certi 
prodotti debbono essere venduti. 
Vi sono tuttavia dei casi in cui le regolamentazioni nazionali, bench� 
formalmente appaiono indistintamente applicabili, possono rappresentare 
deg.li ostacoli veri e propri alle importazioni e debbono essere perci� considerate 
come misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa 

(cf. art 2, par. 3, lett. d) ed e), dir. 70/50/CEE). Si verserebbe in uno di 

onere probatorio che non � richiesto nel caso delle restrizioni quantitative) dare 
la prova che vi siano in concreto effetti restrittivi nel commercio tra gli Stati 
membri. Basta che la misura sia suscettibil.e di produrre tali eff�etti. Conferma 
questa tesi il punto 9 della vostra sentenza del 15 dicembre 1971 (Racc., 1971, 

p. 1116). 

332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gli altri prodotti cui si applica il regolamento fruiscono semplicemente 
d'una protezione doganale negli scambi coi Paesi terzi e possono costituire 
oggetto di misure di salvaguardia in caso di perturbazioni del 
mercato. 

Bench� l'incompatibilit� di provvedimenti nazionali volti ad influire 
sulla formazione dei prezzi sia particolarmente palese nel caso d'organizzazioni 
di mercato che implicano un sistema comunitario di formazione 
dei prezzi, non si pu� negare che anche la semplice esistenza d'una 
organizzazione comune di mercato ai sensi dell'art. 40, n. 2, lettera e), 
precluda agli Stati membri la possibilit� d'adottare nel settore considerato 
provvedimenti unilaterali atti ad ostacolare il commercio intracomunitario. 


taild 'casi se J:a l'egolamenitazione sui prezzi fosse aa:iticoLaita ti.in modo rtaiLe da 
:liaire ostacoJ.o ai11e importaz1oni 1cihe, in sua assenza, potriebbero essere eff,et-. 
tuate mentre non ne sarebbe altrettanto svantaggiata la vendita dei prodotti 
nazionali similari. A titolo di esempio si pu� ricordare la fissazione 
di un prezzo ad un livello inferiore a quello al quale il prodotto importato 
potrebbe essere smerciato, perch� per i prodotti importati non si tiene conto, 
ad esempio, dei margini di commercializzazione eventualmente diversi n� 
deili1e spese merenrti al.ile importaziml'i. � chlairo cl;l.e :iin taLi 'casi le :importazioni 
vengono ostacolate oltre misura poich� l'importatore avr� solo la 
scelta tra vendere in perdita o rinunciare del tutto all'importazione (21). 

Anche se la fissazione di prezzi massimi da parte delle autorit� di uno 
Starto membro non fosse suscettibile, nel momernto in cui si adortta, di 
produrre effetti retrittivi sul commercio intracomunitario e non costituisse 
quindi una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, 
ci� non significa che la stessa non possa rivelarsi tale in un secondo momento. 
I prezzi sui mercati variano rap.idamente, :i:nfluenz.ati da v;arri fattori 
che, nella IJTesente fase delil'iintegrazione, non si sviil.UJppam.o :aililo istesso modo 
in tutti gli Stati membri. Pu� quindi accadere cne,' in ,epoca posteriore alla 
data di adozione, la mis'tlra nazionale renda impossibile una eventuale maggiorazione 
del prezzo del prodotto importato corrispondente alle spese ed 
agli oneri aggiuntivi inerenti all'importazione o non tenga conto delle variazioni 
dei costi di produzione intervenuti negli Stati membri o delle qualt� 
dei nuovi prodotti provenienti da questi ultimi. Troverebbe allora evidente 
applicazione l'art. 2, par. 3 lett. d) ed �e), della direttiva gi� citata 70/50/CEE. 

Spetta in definitiva al giudice di merito rilevare i prezzi dichiarati 
daLle 1mprese p!l'ocLut1rici. e distributrici 1rtail.1ane :iin diarta 28 giugillo 1973 e, 

(21) La Commissione, nell'esercizio dei poteri di vigilanza conferitile dall'art. 
155, ha ispirato la sua condotta ai criteri qui sopra richiamati. Essa ritiene, 
ad esempio, che la fissazione ad uno stesso livello, da parte di uno Stato membro, 
dei prezzi di vendita delle specialit� farmaceutiche di produzione nazionale e 
importate, tenendo conto unicamente dei costi di produzione dei prodotti nazionali 
(senza tener conto cio� dei margini di commercializzazione eventualmente 
diversi e delle spese inerenti alla importazione), possono costituire parimenti una 
misura di eft'etto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 333 

L'art. 36 del regolamento riserva d'altra parte espressamente al 
Consiglio il potere di apportare all'organizzazione comune qualsiasi modifica 
o deroga suggerita dalle �condizioni particolari � in cui si potr� 
trovare� l'uno o l'altro prodotto. 

Si deve perci� concludere che nei settori regolati da un'organizzazione 
comune di mercato -e a pi� forte ragione quando l'organizzazione 
poggia su un regime comune dei prezzi -gli Stati membri non 
possono pi� intervenire con atti unilaterali nel sistema di formazione 
dei prezzi determinato dall'organizzazione comune. 

Di conseguenza, il regime nazionale che, bloccando i prezzi ed esigendo 
per le variazioni dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, 
alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dall'organizzazione 
comune di mercato � incompatibile sia coi regolamenti gi� citati, sia 
con la norma generale posta dall'art. 5, secondo comma, del Trattato, 

collifrontandoiLi con quelli rilevati sui meIDcati daigli a111Jri Staiti membri a 
quella data, stabilire se la disciplina dei prezzi instaurata in Italia potesse 
oostitu�lre o meno una misura in eff.etto equivailen<te ad una :restriziO!lJe quantitativa 
all'importazione. 

Lo stesso esame dovr� essere effettuato posteriormente a tale data e 
per tutto l'arco di tempo in cui le norme relative alla fissazione dei prezzi 
sono rimaste applicabili, tenendo conto naturalmente delle variazioni di 
prezzi nel frattempo intervenute nello Stato membro interessato. 

Si propone che alle domande del Pretore di Roma venga, data la seguente 
risposta: 

� Il prezzo indicativo, il prezzo di intervento ed il prezzo di entrata, 
per quanto dgu~da i cereaili sono stati fissati con :iJ1 11eg. rn. 120/67/CEE. 
Nessun prezzo comune � stato invece fissato per le farine di estrazione 
di cui al reg. n. 136/66/ CEE. La fissazione da parte del Consiglio di prezzi 
comuni dei prodotti aigdco'li neil quadro deilila politiioa agricola 1comrune ha 
come conseguenza che gli Stati membri non hanno pi� facolt� di fissare, in 
forma autonoma, prezzi, aventi funzione o effetti analoghi a quelli dei prezzi 
comuni, diversi da questi ultimi. 
Non � vietato agli Stati membri di fissare dei prezzi massimi per i 
prodotti soggetti ad� organizzazione comune di mercato semprech� gli stessi 
non costituiscano un ostacolo all'effettiva realizzazione sul mercato del 
prezzo indicativo, qualora esista. 

Gli Stati membri non possono inoltre stabilire prezzi massimi nella 
misura in cui gli stessi, pur essendo formalmente applicabili indistintamente 
ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri ed ai prodotti nazionali, 
siano suscettibili di rendere pi� difficile la vendita di prodotti importati 
dagli altri Stati membri rispetto a quella dei prodotti nazionali �. 

VI. -Sul terzo quesito (lettera f). 
Punto di partenza � la conclusione alla quale siamo pervenuti esami1n1aindo 
il secondo quesito. Se si rttiene che, nei .limiti 1soipil\a e1siposti, gili Stati 
membri possono ancwa disciplinatre .i .prezzi dei prodotti agricoli, perdono 



334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo cui gli Stati membri devono astenersi da qualsiasi misura � che 
rischi di compromette~e � la realizzazione degli scopi del Trattato. 

Il potere d'adottare i provvedimenti che si rendono necessari per 
fronteggiare l'aumento dei prezzi sui mercati considerati � riservato alle 
istituzioni comunitarie. I singoli, sottoposti ai regolamenti comunitari, 
non sono perci� tenuti ad osservare eventuali misure unilaterali adottate 
dagli Stati in tale materia. 

La sola via, compatibile col diritto comunitario, per raggiungere, 
in un settore disciplinato da un'organizzazione comune di mercato, i fini 
perseguiti da una normativa nazionale contro l'aumento dei prezzi consiste 
quindi, per gli Stati membri, nell'assumere. a livello comunitario, le 
iniziative necessarie a far s� che la competente autorit� comunitaria emani 
o autorizzi provvedimenti conformi alle esigenze del mercato unico 
istituito dai regolamenti nn. 120/67 e 136/66. 

ogni interesse i quesiti indicati sub f). L'art. 40, par. 3, secondo comma, ha 
la precipua funzione di evitare che l'organizzazione comune di mercato sia 
configurata in modo da CD:'eaa:-e discrimiinazioni firia prodruttori o fra c001sumatori 
dei prodotti agricoli. Tale norma non � quindi applicabile all'azione 
de�Mo Si1Jato che si colfachi ai!. di fuori della sfeTa propria aJ1Q',organizziaziOil1e 
comune di mercato (22). 

Didamo solo per completezza d1e questi sub f) sottintendono a1c11.mi 
rilievi critici che non sembrano convincenti. 

In primo il.uogo, se viene riioo:nosciuta agli Stati membtri la competenza 
di fissare dei prezzi massimi di vendita dei prodotti agricoli, nei limiti e 
e nelle condizioni sopra indicati, � evidente che tale r.egolamentazione 
trova un suo limite naturale, data la sua origine statuale, al territorio di 
ciascu:p.o Stato membro. � quindi logico che uno Stato membro, nel momento 
in cui adotta provvedimenti di caratter�e congiunturale, al fine di 
eombattere perturbamenti del mercato nazionale ed ingiustificati inasprimenti 
del costo della vita, si preoccupi di fissare sul proprio territorio un 
blocco rigido del prezzo deU.e merci, delle forniture e dei servizi e si disinteressi 
dei prezzi di vendita dei prodotti esportati. N� si vede come questa 
miisura, pe.r hl fatto di inon a,ppdicaxsi .alile esporiaziooii, possa 01V'e!De UIIl effetto 
restrittivo sulle importazioni. 

Poco convincente ci sembra poi la critica riflessa nel quesito contraddistinto 
con la lettera f), n. 2. Gli esportatori degli altri Stati membri 
debbono pur trovare, per vendere i loro prodotti, un importatore o un 
-oommeirciante con sede in Italia. Questi si trovano automartioamente 1aissoggettati 
agli obblighi sanciti dal d.l. n. 425 e non saranno certo disposti a 
pagare un prezzo che non consenta loro di praticare un prezzo di vendita 
-comprensivo del loro beneficio -contenuto nei limiti dei prezzi praticati 
al 28 giugno 1973. Non si vede poi come questa modalit� possa costituire 
un'infrazione al diritto comunitario. Sembra invero evidente che essa pu� 
avere solo un effetto benefico sulle importazioni. 

(22) Si vedano le conclusioni dell'Avvocato generale A. Trabucchi nella causa 
2-73 Racc., 1973, p. 888. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 335 

Nei settori di mercato considerati detti regolamenti garantiscono, con 
efficacia diretta a favore dei singoli, la libera circolazione delle merci, 
in particolare mediante la soppressione delle restrizioni quantitative e di 
qualsiasi misura d'effetto equivalente. 

� necessario tuttavia precisare che il regime dei prezzi instaurato 
dai regolamenti n. 120/67 e n. 133/66 s'applica esclusivamente nelle fasi 
della produzione e del commercio all'ingrosso. Gli Stati membri riman-� 
gono perci� liberi --senza pregiudizio d'altre norme del Trattato di 
emanare i provvedimenti che ritengano necessari in materia di formazione 
dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, 
purch� non mettano in pericolo gli obiettivi od il funzionamento dell'organizzazione 
comune di mercato. 

Si chiede, da ultimo, se il combinato disposto dell'art. 40, n. 3, 
secondo comma, del Trattato CEE, dell'art. 5 del medesimo e dei regolamenti 
n. 120/67 e n. 136/66 consenta agli Stati membri d'emanare, in 
materia di controllo dei prezzi, norme che portino a discriminazioni fra 
produttori o consumatori della Comunit�. 

L'art. 40, n. 3, secondo comma, fissa alcune regole che devono essere 
osservate nell'ambito dell'urganizzazione comune dei mercati. Fatta salva 
la possibilit� d'applicare per analogia tale norma ad organizzazioni nazionali 
che potrebbero conservarsi, in taluni settori, nel rispetto del 
Trattato, si deve osservare che la questione concernente la valutazione 
di norme nazionali emanate in settori riservati alla disciplina comunitaria 
�, nella fattispecie, priva d'oggetto. -(Omissis). 

Per quanto riguarda la distinzione fra grandi e piccole imprese (23). 
pur ammettendo che la delimitazione tra le due categorie ha sempre qualcosa 
di arbitrario, non sembra che la stessa possa essere censurata. � verosimile 
che si � ritenuto eccessivo di imporre alle imprese aventi un volume 
di affari pi� modesto gli oneri imposti dal decreto-legge. Le piccole e grandi. 
imprese non essendo tra loro in una situazione comparabile, un trattamento 
differenziato pu� essere giustificato. 

Si propone che al terzo quesito venga risposto nel modo seguente: 

� L'art. 40, par. 3, secondo comma, ha la�funzione di evitare che le 
organizzazioni comuni di mercato siano configurate in modo da creare. 
nella Comunit�, discriminazioni fra produttori o fra consumatori dei prodotti 
agricoli. Tale norma non si applica alle misure adottate dagli Stati 
membri nell'esercizio dei poteri che rimangono estranei alle organizzazioni 
comuni di mercato �. 
(23) Nella risoluzione del Consiglio del 14 settembre 1973, G.U.C.E., n. e 75/1 
del 19 settembre 1973, � detto al punto VI: 
� In tale contesto il Comitato di politica congiunturale esaminer� con priorit� 
sia la possibilit� di istituire in tutti gli Stati membri un sistema di notifica 
preventiva degli aumenti d:i prezzo da parte delle imprese che superano una determinata 
dimensione, sia la possibilit� di rafforzare la sorveglianza dello Stato sulla 
formazione dei prezzi onde evitare abusi su alcuni importanti mercati �. 

336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., ord. 31 ottobre 1974 -Pres. Stella 
Ri!chteir -Soc. Industrie ChiimLche [talia Centrale (avv. Catalano) 
c. Ministe:ro dlel 1coanme:r1Cio icon l'estero (avv. Stato Savarese). 
Comunit� europee � Norma di diritto interno riproduttiva di anteriori 
provvedimenti di diritto comunitario � Disapplicazione � Inammissibi� 
lit� � Mezzo giuridico offerto dall'ordinamento interno per garantire 
la prevalenza del diritto comunitario � Declaratoria di illegittimit� costituzionale 
della contrastante o riproduttiva norma di diritto interno. 
(Cost., artt. 134 e segg., 10, primo comma e 11; trattato CEE: legge 14 ottobre 
1957, n. 1203). 
Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazione comune dei mercati nel 
settore dei cereali � Regime delle cauzioni all'importazione � Normativa 
comunitaria � Corrispondenti disposizioni di diritto interno � Possibile 
illegittimit� costituzionale. 
(Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, art. 12, nn. 1 e 2; regolamento 
della Commissione n. 473/67, art. 8, n. 3; d.1. 20 febbraio 1968, n. 59, 
convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, art. 13, secondo e terzo comma; d.m. 
28 maggio 1968, art. 3, lett. b). 
Nell'alternativa fra la nullitd delle norme di diritto interno riproduttive 
o in contrasto con anteriori provvedimenti di diritto comunitario 
e la loro illegittimitd costituzionale in riferimento agli artt. 10, primo 
comma, e 11 della Costituzione, deve prevalere tale seconda soluzione, 
dovendosi escludere che l'adesione al trattato di Roma renda priva di 
effetto la volontd sovrana degli organi legislativi (il che presupporrebbe 
l'introduzione, nel nostro ordinamento, di un vizio della legge pi� grave 
della iltegittimitd costituzionale) e non potendo del resto ammettersi una 
diretta disapplicazione della contrastante o riproduttiva disposizione legislativa 
di diritto interno (1). 
Non � manifestamente infondata la questione di legittimitd costituzionale 
_delfurt. 13, secondo e terzo comma, del ,d.l. 20 febbraio 1968, 
n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, che riproduce, in 
violazione dell'art. 189, secondo comma, del trattato CEE, norme di diritto 
comunitario (2). 
(1-2) L'ordinanza in rassegna va segnalata, prescindendosi da ogni valutazione 
sulla rilevanza e sulla fondatezza della questione di legittimit� 
costdituzi!OIIlaiLe proposta aliLa Coxite costituzione, per ila ll"He.vanzia .e J.'aiutorit� 
dell'orientamento adottato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione 
in merito alla nota questione sui rapporti tra diritto comunitario e diritto 
interno ed in particolar.e sulla soluzione da adottare nel caso di norme 
di diritto interno posteriori ed incompatibili con la normativa comunitaria. 
Nel provvedimento di rimessione, invero, le Sezioni unite, pur avendo 
specifico riguairdo aJ. �crirtleirio deil�a mera 11."i,produzione deiHe llJJOO'ffie oomunitarie 
in disposizioni di diritto interno (gi� censurato sia dalla Corte di ~:: t~'. 
1:�: 
r 
i! 
~:: 

...,.,~~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 337 

(Omissis). -1) La �ricorirente riferdlsce ,gienericamente l'eccemone 
d'incostituzionalit� al deoceto-legge 20 :febbraio 1968, n. 59, e alla relativa 
fogge di conversione 18 marzo 1968, n. 224. 

La questione !PU� per� avere rilevan:za solo in rapporto alle nO!l"llle 
che vengono in consjid~azione per la decisione della controve!I'ISia, cio� 
quelle diei 1commi secondlo e tel'IZo :dell'airt. 13 del decreto-legge citato, 
in base alle quali � 1stata emanaita la d!ii~osizione dell'art. 3, lettera b), 
del deooeto ministreiale 28 maggio 1968. 

2) Cos� deUmitata, la questione � rilevante ai fin.i della d!ooisdone, 
poich� dalla !SUa 1soluzione dipende la individuazione id/ella foote normativa 
(comunita:ria o nazionale) che regola il caso, tenuto conto, quanto 
alla disaipplioobilit� delle norme naziona1i, delle osservazioni che seguono. 


3) La mera (["i\produzione delle dJjisposizioni dei iregolamenti (CEE) 
in noro:ne interne vdo1a l'airt. 189, �comma secondo, del trattato. A questo 
pro1POSito non occorre rjichiedere una statuizione della Corte dii giustizia 
delle Comunit�, che 1si � gi� (pl"onUillciata srul punto con la sentenza del 
7 febbraio 1973 in causa n. 39/72. Nello stesso senso si � pirommciata 
di recente, 1con la 1senteD1Za n. 183/73, anche la Corte 1costitu:1'lionale, la 
quale ha affemnato che i ll"egolamenti (CEE), i quali abbiano COIIl(piletezza 
dli �contenuto .~ositivo, non devono essere oggetto dii 1Prrovve.dimenti 
1statali a 1caa;attere riiPr'oduttivo, inteigrativo o esecutivo, che IPOSsano 
�comunque differd.me o 1condizi:onarne l'entrata in vigore, e tanto 
meno 1sostitujirsi ad essi, derogarvi o abro1gar'li, anche paLl'zia1mente. 

giustizia delle Comunit� europee .sia dal.ila CO!t��te cQst~tuzionaiLe), ha!Il!Ilo in 
effetti valutato la portata delle disposizioni di diritto interno successive 
a norme comunitarie e con tali norme incompatibili, quella stessa questione, 
cio�, gi� a suo tempo risolta dalla Corte costituzinoale, ma secondo soluzione 
da ritenere attualmente superata, in base al criterio lex posterior 
derogat priori (sent. 7 marzo 1964, n. 14); ed � noto che la questione conserva 
rilievo anche quando la norma di diritto interno (come nella specie 
cui si riferisce il provvedimento di rassegna) abbia lo stesso contenuto della 
disposizione comunitaria, in quanto risulterebbe pregiudicata, ritenendosi 
applicabile la conforme, ma posteriore norma di diritto interno (secondo 
il criterio adottato cio�, nella specie, dai giudici di appello), la competenza 
riservata con l'art. 177 del tra.ttaito CEE alla Corte di .giustizda ideil!le Comunit� 
europee. 

Dopo aver nuovamente escluso l'ammissibilit� di una diretta disappl:
i>oazJ.one della norma di diritto interno ad opem ideil ~udfoe (1conf.: Cass., 
22 settembre 1970, n. 1680 e, da ultimo, Cass., sez. un., 7 gennaio 1975, n. 10, 
retro, I, 88, ,jm motivazione), Ie Sezioni 'tmrute hanno id!Levaito che la incompatibilit� 
con la normativa comunitaria di successive disposizioni di diritto 
interno deve essere ne�essariamente risolta, anche quando si tratti, come 
nella specie, di norme soltanto riproduttive di disposizioni comunitarie (e 
cio� emanate in contrasto con il criterio stabilito dall'art. 189, secondo 

3 



338 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4) Le nomne 'com.unitarie che imiPongono la 1cauzione per l'impo<rtazione 
dei cereali e dletermmano la miisUJra in 1cui essa deve essere 
incamerata hanno eviiidente 1completezza di contenuto dliSJPOSitivo. L'emanazione 
delle ,coriri.:spondenti noru:ne italiane, non dettata dall'esigenza 
di dare alle prime attuazione nello Stato (come invece pot� essere ritenuto 
dalla Co;rte C'Ostituzli.onale nehca:so deciJSo con la sentenza n. 86/73), 
ma do~ta al disconosciimento dell'efficalC'ia immedliata e dlilretita delle 
nomne 'comunitariie in Italia, contrasta con il trattato della Comunit� 
economica eUJroipea. 

5) \Il detto 1c001Jtrasto non autorilzZJa per� la diretta d1saip1Pliicazione, 
ai 1sen:si dell'art. 5 della le~ 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, dell'art. 
3, lettera b), del decreto miniisiteriale 28 maggio 1968, eh.e ha 
sostituito l'art. 8, lettera b), del iregoLamento (CEE) n. 473/67. Trattasi 
dli norma iregoLamentare emanata in otteffilP0l'anza all'art. 13,' comma 
terzo, del diecreto-legge 59/68; diis8iP!PUcairla s:ignificherelbbe diisian;>iplicare 
la norma 1Priimaria, 1che ha rimesso al Miniistro 1per il comme,rcio con 
l'estero la ,dete:mn:inaZJione degli importi 'cauzionali da incamerare. 

6) Il funzioillalilllento della Comunit� economica euroip,ea es1ge per 
certo 1che r.effi'(Jada ,delle norune 'comunitarie, immediatamente e direttamente 
a1P1Pliicaibili n1eg]Ji. Stati membri, non sia sminuita, ll"itardata, irrnped:
ita o asisoll'ibiita da noll'tme statali 1contrastanti o sostitutive; � tuttavia 
proiblema di dliritto interno, intorno al quale non Pl;l� essere richiesta 
l'interJPretaztone della OOII'lte comunitairia, quello del valore ,gaUJrid'ico d�. 
tali nonme statali. 

comma, del trattato di Roma), con la declaratoria di illegittimit� costituzionale 
della norme di diritto interno; ed a tale soluzione le Sezioni unite 
sono pervenute motivatamente escludendo 1a LpotizZJab!�li.,t� di wna nullit� 
(dii 'Per s� invalidante), delle norme di diritto interno, 1e 111eli1a esatta pll'emessa, 
in particolare, che � � problema di diritto interno, intorno al quale 
non pu� essere richiesta l'interpretazione della Corte comunitaria, quello 
del valore giuridico di tali norme statali�: quella stessa premessa, cio� in 
base alla quale si � sopra censurata, a commento della sentenza resa dalla 
Corte di giustizia nehlia causa 31/74 (supra, pag. 312; v. ,pag. 314), 'e ,con 
richiamo ai principi di diritto in altre occasioni enunciati, in argomento, 
dalla stessa Corte di giustizia, l'affermazione secondo �cui � i singoli, sottoposti 
ai regolamenti comunitari, non sono tenuti ad osservare eventuali 
misure unilaterali adottate dagli Stati in tale materia �. 

La soluzione adottata dalle S�zioni unite della Corte di cassazione (e 
che invalida il criterio di base al quale si � proceduto, da parte di taluni 
giludici idi meriito, ad una disinvo1Lta quanto inammi1ssibiil!e � idi,sappJ.icazione � 
di norme legislati'V'e nazionail:i) � confOl!'me a quel!La ,gi� soste1I1uta dall'Avvocatura 
dello Stato in sede consultiva e gi� segnalata nella nota di commento 
'aWl� sentenze 4 gennaio W75, n. 2 e 7 g,enlll!aio 1'975, n. 10 deLl1e 
SeZJioni Ulllite, (retro, pag. 86, n. 5). p,er le stesse ragi�:mi ailJ:e qua�i sii � i111 
quelila ,occasione accennato, deve pe11altro rihadi['lsi ,]a superlluit�, .ai fini tiiI1 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 339 

In iIJII"OIPOsito questa Corte 1suprema ha altre volte affermato, sia 
pure inci1dientalimetllte, la ip11evalenza del dilritto 1comunitario sul dilriltto 
statale (1sentenze n. 1771, n. 1773, n. 2896 del 1972), ma senza aver 
avuto necessit� di pireciiS�llre quali mezzi g!iuridllici siano offerti dall'ordinamento 
interno !Per irealizzaxla. Uguale affemna:zione sermibira desumibile 
dal !P0JSSO 1S01Pra riportato della sentelllZa n. 183/73 della Corte 
costituzionale, che aware segna:re un 1superamento delle poolizioni espresse 
nella sentenza n. 14/64, ossia escludere ooe le violazioni noirmaitiive 
del triattato della Comunit� economica eurqpiea siano (pll'ive dii conseguenze 
nell'ordinamento interno, e diano rsoltanto luogo all'aa;>!P�licazione 
dlelle regole sulla successione del1e 1egigi : tuttavia ne1pipure la Coirte 
costitu2lionale ha avuto modo di pronuncial'lsi LSUlla 1sorte delle norirne 
intell'!Ile di cui tratta!Si. 

7) L'alitemiativa � !tira la nullit� delle norme 1sQ!Pra dette e la loco 
i!Legittimit� rCOIStituzionale: ed � alternativa �Che si !POne ugualmente 
sia amirnettendiooi 1Slia negandosi rche le norme emesse dagli oogani ccxrnunitairi, 
nelLe .materi.e �che lo Stato ha riservato alla loro C'()lmjpetenza, si 

1

inseriiscono nell'oll."dinamento giuridllico italiano in focza dell'ordine di 
esecuzione del trattato. 

La 1P111ima delle due solu2lioni (nullit�) im!Portel'ebbe la manifesta 
infond!atezza dell'eccezione idi incostituzionalit� in esame: ma trattasi 
dii 1soluzione. 1che non aipipaire 1certa. 

Infatti, ferimo restando 1che spetta alla Corte �costituzionale piron1,mciar.
si dlefinitiv.amente 1S1Ull'estensione delle mod!ifica2lioni apportate al 

esame, di un ricoirso �a:l (disout1biile) criterio deilira prevalenza .delilia normativa 
comunitalI"ia, sembrando inv1e1I"o che per una dJmpostazione siistemartiva della 
questione di principio sia di pi� efficace o comunque di sufficiente giustificazione, 
secondo criterio analogo a quello di norma adottato quanto ai rapporti 
tra Stato e Regioni (e sempre che la eliminazione di eventuali contrasti 
non risulti possibile in sede di interpretazione o in ragione della 
specialit� .de:hla normativa comunitaria), iJl. �critedo de�ilia dpwtizi()IIlJe deLle 
competenze legislative, in riferimento all'art. 11 della Costituzione e con 
riguardo al1La carenza di potere legislativo deriva~a idail .tlI",asfell."imenito di 

poteri attuato con il trattato di Roma. ' 
� certamente superfluo, comunque, sottolineare la rilevanza dei �princ�pi 
enunciati nel provvedimento in rassegna (pubblicato per intero sulla G.U. 

n. 77 del 20 marzo 1975); cosi come � auspicabile che il giudizio di legittimit� 
.coistitu:�iona:le con fa11e plI"ovvedimernto promosso fornisca iahla Corte 
costiituzioI11a:le l'oooasione pelI" una uthlie integ�l'azione della ,sentenza
1

27 dicembre 1973, n. 183, nella quale non � stato espressamente esaminata, 
come si � gi� altre volte rilevato, la questione posta da eventuali norme 
di diritto interno posteriori ed incompatibili con la normativa comunitaria: 
questione la cui .risolutiva valutazione da parte della Corte costituzionale 
appare �.iinverro necessaria .ed opportuna, anche mdiipeiI11dentemente daJile statuizioni 
che la Corte riterr� di adottare in ordine alla specifica questione 
proposta. 



340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nostro :sistema 'costituzionale dalla adesione al trattato, sembra difficile 
ammettere ohe 'questa renda piriva d'effetto la volont� SOVll'aila degli 
organi legislativi, pur manifestata nelle materie il"~servate alla normazione 
comunitaria: il 'Che piresl.liW>OlU'ebbe l'introduzione, nel nostro oro.inrurnento, 
idi un vizio della leg;ge pi� g;rave d~ll'incostituzionalit�. 

L'affermaziiooe contraria vulnererebbe (poi la certezza del diritto, 
poich� i cittadini dovirebbero qperaire di continuo, in vasti e di~irati 
settori, il raffrooto ilira le norme comunitall"ie primarie e derivate e le 
legigi nazionali, per valutal'e 1se queste uL1lime, :pur formalmente valide, 
abbiano vigoire. 

Anche la sentenza n. 183/73 della Corte costituzionale, dlel resto, 
affermando 'che i regolaimenti (CEE) dlota1li di 'completezza dli contenuto 
di�OISitivo non devono esser�e oggetto di provvedimenti statali che possano 
1sostituirsi ad �essi, derogarvi o abrogarli, sembra postulaire cihe le 
norme interne ISliano atte a produrre, �bench� in violazione del trattato, 
gli effetti desciritti, ossia Clhe esse non 1siano inefficienti o inoperanti �in 
rapporto al:Le preesistenti norme �comunitaiirie, la cui vigenza nello Stato 
[pU� dunque rLseilltiJre delle variazioni nwmative apportate dalle fonti 
nazionali. 

8) Per �escludlere la manifesta infondatezza dell'eccezione con riguardo 
alla sostama del d'enunciato contrasto �Con gli ar-ticoli 10 e 11 
della Costituzione, � rsufficiente il irilievo rche entrambe le iipotesi di 
incosti<tuzionalit� 1sono pros\pettate, con rseri aJ11gomenti, dalia dottrina. 

Mentre, infatti, una <Coll'tl'ente dottrinaria afferma, (pur dopo la sentenza 
della Corte 'cosrtitu:zionale n. 14/64, 'Che l'art. 10 della Costituzione 
ha recepito la no:rima iinterina2lionale pacta sunt servanda, e ne deduce 
che l'obbligo del ll1is;petto dei trattati internazionali sarebbe, all'interno 
dell'ordinamento, costiituzionaLmente garantito, altra corrente desume 
dall'art. 11, inteso 'corne norma non meiramente p&1missiva, il valore 
�costituzionale dei trattati stipulati (per [perseguire la pace e la giusitizia 
fra le Nazioni, con la 'conseguenza �che finch� lo Stato tenga fenna l'ade~ 
sione alle organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, le norme 
che �cootiraistino reon l'attivit� delle organizzazioni stesse sarebbero, ove 
adotta.te 'col :procediimento ordinaxio, costituzionalmente illegittiime. 


(Omissis). 

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rw�11�1w11!fa1a111111;111trr1�w11it1w1ill{f1trillrill~11illmi~~{r111:1,1rt&tr@r~��@ 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 ottobre 1974, n. 2714 -Pres. 
Stella Richter -Rel. Sgroi -P. M. Tavolaro (concl. parz. diff.) Presidenza 
Consiglio Ministri (Avv. dello Stato Chiarotti) c. Caianiello 
ed altri (avv. G. Guarino, Dallari, Giordano, Troccoli, Piras, 
D'Abbiero, Pulvirenti, Viola, A. Amorth, Sciacca, Sivieri, Lorenzoni, 
Cannada-Bartoli, Piccardi, C. Selvaggi, Acquarone, M. S. Giannini, 
Andrioli, Pallottino, C. Fornario, W. Prosperetti, Benvenuti, 
Alessi, C. M. Iaccarino, U. Iaccarino, Zammit, Lessona, V. Spagnuolo-
Vigoil'lita, MieLe, '11ranquilli-Leali, Colzi, Lubi'aino, D'Audino). 

Competenza e giurisdizione � Consiglio di Stato � Nomina governativa di 
consiglieri � Attualit� del potere � Impugnazione . Giurisdizione am� 
ministrativa. 

(R.d. 26 giugno 1924, n. 1054 t.u. delle leggi sul Consiglip di Stato, artt. 1, 4; 
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, 
artt. 2, 11, 12, 1'.7, 50). 
Il potere governativo di nomina dei consiglieri di Stato persiste 
anche dopo l'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, 
istitutiva dei tribunali amministrativi regionali. 

La nomina governativa dei �consiglieri di Stato non incide sullo 
� status � di tutti i magistrati del consiglio, ma, solo, sulla situazione 
dei referendari e dei primi referendari. 

Il ricorso contro il provvedimento governativo di nomina proposto 
da questi ultimi rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato; � 
assolutamente improponibile l'impugnazione proposta contro tale provvedimento 
dai consiglieri e dai presidenti di sezione (1). 

(1) Le Sezioni Unite con sentenza 10 ottobre 1974, n. 2756 in Foro it. 
1974, 1, 3317 hanno affermato che il provvedimento di assegnazione alle 
sezioni giurisdizionali dei consiglieri di Stato di nomina governativa rientra 
nelle facolt� discrezionali della P.A. cui corrispondono, soltanto, interessi 
di fatto non suscettibili di tutela giurisdizionale. La citata decisione mette 
fine alla fase processuale d'impugnazione del d.P.R. 16 febbraio 1973 conte(*) 
Alla redazione della massima e delle note di questa Sezione ha 
coHaborato anche I'avv. CARLO CARBONE. 


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mm=~~ 



344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(30 settembre 1970) e nei modi (versamento in c.c.p.) indicati nella 

stessa offerta. Il d.P.R. 3 dicembre 1970, che fiss�, in misura sufficiente 

a coprire tutte le prenotazioni, il quantitativo di monete che la Zecca 

era autorizzata a coniare e cedere (L. 1.140.000 serie), costituiva una 

implicita (ove :pur necessaria) ratifica dell'operato, e, quindi, chiudeva 

definitivamente l'iter formativo del rapporto contrattuale, rendendolo 

vincolante per ambo le parti e confermando cosi l'incondizionato diritto 

di essa Cocepa a ricevere le 106.100 serie prenotate. E poich� tale 

diritto, una volta sorto, non poteva poi venir soppresso o ridotto per 

unilaterale iniziativa della contraente P.A., deve -a parer suo 


ritenersi illegittimo e tamquam non esset il successivo d.P.R. 15 m~r


zo 1971, che, riducendo il contingente globale (a 1.011.000), limitava 

ad un massimo di 3.000 serie quello ,di ciascun prenotatario: a favore 

del quale, pertanto, deve essere mantenuta la posizione giuridica gi� 

acquisita. 

Per la soluzione negativa, di contro, � il Ministero del Tesoro, il 
quale, contestando la qualificazione giusprivatistica prospettata dalla 
Cocepa e negando l'applicabilit� delle norme civilistiche ex adverso 
invocato a regola del dedotto rapporto, afferma invece che, in relazione 
al medesimo, non sussiste, n� in astratto n� in concreto, una posizione 
giuridica del privato che sia configurabile come diritto soggettivo perfetto: 
a ci� ostando �l'assoluta discrezionalit� del potere che la legge 
ha conferito alla P.A. e che essa deve esercitare tenendo conto del 
supremo interesse pubblico connesso alla circolazione monetaria�, cui 
appunto si ricollega la controversia in esame. Spiega .al riguardo la 
difesa erariale, che, in forza di tale potere, da esercitare con esclusivo 
riferimento al pubblico interesse e di fronte al quale perci� non � concepibile 
una tutela diretta e immediata dell'interesse privato, spetta al 
competente organo della P.A. determinare il quantitativo di monete 
che la Zecca � autorizzata a coniare e a cedere ai privati richiedenti, 
non essendo giuridicamente consentito n� a questi pretendere n� a quella 
fornire un contingente monetario superiore alla misura fissata d'autorit�. 
E poich� tale provvedimento autoritativo (cio� il decreto del Presidente 
della Repubblica all'uopo previsto dalla legge 18 marzo 1968, 

n. 309) costituisce, ad un tempo, �la fonte esclusiva del potere della 
Zecca di procedere alle forniture� e l'atto cui resta subordinato l'interesse 
privato del prenotatario, ne viene di conseguenza che la posizione 
di quest'ultimo non pu� mai assurgere al rango di diritto soggettivo, 
mentre il potere discrezionale riservato all'autorit� pu� estrinsecarsi 
� anche con successivi provvedimenti, i quali, in relazione alle esigenze 
pubbliche connesse con la circolazione monetaria, possono variare il
l 

limite del quantitativo da autorizzare� (come � avvenuto precisamente 
col d.P.R. 15 marzo 1971).

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I ~ 


rn~re:frnnrex;;m:;.::re,2rn:i==re1====rn;11m::,,,rn&m:;::i6ill,;;rn~,rxrnxrn,t:.rn�rn.;.rn}mrn,.,mrnrn:.,mirnbm,:,rnsrn.."'rn..m0rn~,rnj1rn:,m~."rn";~m

m�rn,

2


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

Le due tesi, cos� riassunte, utilizzano gli s~essi e non controversi 
elementi di fatto per giungere a soluzioni' giuridiche diametralmente 
opposte; delle quali, per�, la prima � errata, mentre la seconda appare 
sostanzialmente esatta ed � da accogliere con le precisazioni che seguono. 


Occorre anzitutto chi�.rire -a completamento della gi� posta premessa 
-che per qualificare giuridicamente la questione controversa, 
al fine di accertare il tipo di protezione largito dall'ordinamento alla 
posizione soggettiva assunta a fondamento della pretesa, e cio� se l'interesse 
individuale che si assume leso sia configurabile come diritto 
soggettivo o come interesse legittimo, la ricerca della disciplina legale 
della materia non � un dato rimesso al personale e interessato apprezzamento 
della parte, ma un'indagine oggettiva affidata al giudice (della 
giurisdizione) e diretta in primo luogo a individuare, sulla base delle 
deduzioni formulate e dei termini in cui la questione risulta impostata, 
quelle fonti normative che, in modo diretto e specifico, sono destinate 
a regolare il rapporto dedotto in causa e, quindi, aqualificarlo sub specie 
iuris. Alle fonti di diversa e pi� ampia portata si ricorre solo dopo, e 
solo nella misura in cui gradualmente lo richieda la accertata insufficienza 
della specifica normativa; ma sempre nei limiti di compatibilit� 
con essa e sempre nell'ambito della �materia� in cui il rapporto va 
inquadrato. Di ci� non sembra tener debito conto la Cocepa quando, 
richiamandosi alle norme generali del codice civile circa la formazione 
e gli effetti vincolanti del contratto (ex artt. 1321, 1326, 1336 e 1376) 
con particolare riguardo alla compravendita (ex art. 1470 e ss.), d� a 
priori per scontato che il rapporto ricada, con tale qualifica e senza 
residui, sotto l'egida del diritto comune; e, trascurando o sottovalutando 
tutti gli elementi contrari a una cos� generica qualificazione giuridica 
(come: la natura pubblica dell'altro soggetto; la peculiarit� della prestazione, 
avente per oggetto la coniazione e l� fornitura di monete 
aventi corso legale; lo ius imperi necessariamente connesso a tale attivit�, 
ecc.), senza risolverlo, il vero problema di fondo. Il quale essenzialmente 
consiste -giova ribadirlo -nel saggiare la natura del vantato 
interesse alla stregua della specifica disciplina legale che � propria 
di esso. 

A qual fine l'indagine deve esiseire im!Poistata e condotta con riferimento 
alla legige 18 matrzo 1968 n. 309, contenente � norme per l'adeguamento 
dlei servizi della Zecca alle e1Sligenze della monetarione �, il 
cui art. 1, dal quale -com'� padfico -!IJa:'eltlide avvio la vicenda, dispone 
testualmente: 

� Con decreto del Presidente della Repubblka, ed entro i limiti 
qua:ntitativi che nel decireto stesso saranno indicati, ma Zecca !PU� essere 
autorizzata a foirnia:'e monete nazionali, a:nche di determinata fabibri

346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cazione o di �~cdale scelta confezionate in appooiti contenitori, ad enti, 
associazioni e 1Ptrirvati italiani o stranieri �. 
L'analisi di questo testo legislativo, �che � dii fondamentale impoil"tan~
a ai fini del decide.re, mette in 1chiairo due IPUnti. 

Il primo rivela un dato confo:rime alla tradlizione legislativa unitaria 
e:d al pirinci.jpio -dli ancor IP�� remota ascendenza -che attri'buisce 
al potere sovrano, e quindi allo ius imperi, il diritto di �battere 
moneta �: 1conferendo all'origano di governo, sulla baise detll'autorizzazione 
legilslativa, la facolt� di deliiberail'e in meriito isecondio le esigenze 
politico-monetarie del Paese, 1e all'oogano tecn�lco (la Zeicca), srulla base 
della �concreta deltbera2lione governativa, il comipito di darvi esecuzione 
coniando le monete secondo la quantit� e le specie ivi stabilite (cfr. 
art. 1 e 16 1. 2�4 aigosto 18.612, n. 7818; r;d. 218 giugno 18�921 n. 3�3-0; art. 1 
e 2, d.1.1. 8 maggio 1946 in. 419; art. 1 1. 214 dltcemiblre 1951, n. 1405). 

Il secondo punto, di 1contenuto pi� specifico, rivela una deroga ai 

principi generali sulla messa in circolazione (non per� sulla emissio


ne) delle m�nete, in quanto Sii consente clie una [pairte dli esse, anz1ch� 

defluiJre al mericato valutar.io :per i consueti 1cana1ii dei servizi di tesore


ria, ne venga dtstolta, ma in via del tutto eccezionale � ed entro i limiti 

quantitati~ 1che nel decreto... sairan:no ilnd]cati ., iPer diventare ogigetto 

di una �ces;s:ione diretta � ad enti, associazioni e pirivati �. 

Se ora Sii �cons:id1era la posizione di qu.esti ultimi 1con rtguaroo ai 

due 1Punti test� illustrati, risulter� evtdente che La loro ipil'etesa alla for


nitura di una �certa quantit� dii monete, aventi -!Sii ibadi -co1.t'IS0 legale, 

anche se �dli dietemiinata faibb:dcazione o idii speciale scelta ., non pu� 

mai elevarsi al rango di dii:ritto isogigettivo pertfetto, mancando di quella 

tutela dilretta e immediata cihe � prqpr1ia delle � n011me di relazione� e 

trovando invece un. oistacolo insomnontaibile nel 1POteire discrezionale 

della P.A., la cui attivit� � qui dominata da � noome di azione�. 

� �certo, innanzi tutto, ohe dall'enunciazione del precetto di legige, 

attribuito soltanto di un potere deaiisionale alla P.A. in oodine ad un'at


tivit� monop0Listi1ca (qual'� RIPIPUnto quella della � monetazione �) non 

� dato tral'ITe aLcun elemento che indichi l'esistenza di Limiti o vincoli 

posti all'azione amminiisitirativa per il ir�IS1P1etto di una 1sfera 1riservata ai 

[pll'ivati: ai quali ISli a1c1cenna, � v~ro, come virtuali e ultilmi destinatairi 

della programmata attilvlit�, ma in termini cosi ampi ed ela1sttcri da e:S1Clu


dere pe:rsino una gener1ca qualifka:zione di categoria ( � enti, asisoc:iazioni 

e privati italiall!i e stral!iieri � ), e, inoltre, senzia garantir loro alcuna fa


colt� che non trovi fonte e ll'e1gola nelLe deUberazioni che l'organo in


vestito del potere 1sair� IP'er adottare. Ci� posto, torna ageivol� os:se!l.'Vaire 

che, anterio�nnente al decireto pll"es~denziale con cui � la Zecca pu� es


sere autorizzata a foirnire monete nazionali � la situaz.ione risulta cairat


terizzata, da un lato, dalla presenza di un potere esclus1ivo dell'autorit� 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 347 

in O�l'dine a~ tem�pi e alle modalit� di esericfaio dlella monetazione e, dall'altro, 
dall'assenza di una poffiz.ione indiiv~duale che vada oltre il mero 
i1!-tere1s'9e dJ fatto, comune alla maissa indliiscrr:iiminata cli tutti r posstbili 
aisipiranti. In nessuno dei quali, invero, pu� s001gere un'aspettativa giu111dicamente 
rilevante, cio� taJJe dia dar luogo aid una sia pur indtretta tutela 
in funz.ione riflessa del IPUbblico interesse, senza che l'organo cui 
peir legge spetta dli valutarlo aibbia 1rimosiso, con il decreto all'UIPo emanato 
e nei UII).iti iv:i cOillJSentiti, l'ostacolo all'esericizio di quell'attivit� 
(coniazione e fornitura delle monete) che, nel precetto le.giisJ.ativo, trova 
SIOlo un'aistratta e gener:iica (pOSsiibilit� di realizzazione. Se, dunque, in 
vista di questa possiJbilit� e in attesa di quel decreto, la 'zecca, cihe � 
l'origano destinatario dell'emanandia autorizza1mone e .proposto alla relativa 
attivit�, si !Pll'edisipone per teIDiPo ad eseguirla, !PiTO!Pa.gandando 
l'iniziativa, ,entrando in contatto col pwbbHco, stabilendo i tem1Pi e i 
modi delle sottoscirizioni di chi .intenda ad:efl'l1re, non par dubbio che il 
compito svolto da tale ufficio si muove :pwr semprre nel quadro dell'azione 
amministrativa che Ifa caipo alla ci11colazione monetaa:ia. Vero � che 
una volta fiiSISato il proc�edimento �per la validit� delle irti.ch[este � dei 
singoli. aspiranti (v. comunkato staiffilPa dell'l0 luglio 1970), quanti dfi 
essi le abbiano ritualmente inoltrate alla ZeC100 assumono, nei .confronti 
di queS:ta, una iPOsimone srpec:iifica e qualiif�cante ohe 1i disc1rimina da tutti 
gli altri :soggetti (e enti, associazioni e !Pirivati ., (potenzialmente aimmelSiSi 
al ibenefido). Ma d� pu� solo indwrre a ritenere che il loro inte!
l"esse, da 1s1etlllJPJ:ke 1cihe era, ossia privo di corus:iistenza giuridica, diventa 
legittimo, 1ciio� SUJScettibile d:i quella tutela .gimii:sidizionale che l'ordinamento 
accovda al ,singolo ogni qual volta la rua sfera 1Per1Sonale o ;pa


trimoniale, dlebitaimente differenziata nei oon:fu-onti della generalit�, sia 
es1Posta all'incidenza negativa di un'atth11it� 1che la P.A., pur nell'ambito 
delle sue attr~buziond, eS1�111c1ta senza la retta osservanza delle norme 
cihe la legige 1Pone alla iSIUa azione al fine di irendeirla aderente al 
pubbMico dnteresse, col quale perci� viene a �coincidere l'inte;reSJSe del 
pa-iviato che, da quell'attivit�, si ;ritiene leso. 

Che la sdtuaizione in esaime sia inquadiraibile in questo schema e 
non in quello diel diritto soggettivo -c:he, a dlifferenza dell'intell"esse 
occasionalmente JPII"Ote.tto, postula la tutela del medesimo come propdo 
ed eiSiclusivo del suo titol:are -emeirge intuitivaimente da quanto 
finora esposto; ma � una punto iche lo IS'Vi.luiPfPO della contraria tesi impone 
<li rendleire pi� oh1mro ed es1Plicito. 

Rilievo di im!P.ortanza essenziale � 1che, in inessun momento della 
viicendla in questione, la JPLretesa del prirvato ha attinto una !POS:izione 
g1iuiridliica autonoma riiS!J;letto al prevalente interesse publblico, al quale 
invece � rimaista seIIl!Plre sub011d:inata. Oi� aipipare evidente con rirferimento 
alla faise iniziale conclusasi con la c.<d. (prenotazione. Atto, co


. . . . . I 


348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

desto, che se � valso -come si � accennato -a differenziare i prenotataci 
dalla maissa di tutti i possibili ~iiranti -e, quindi, a conreil'iTe 
loro una'veste legittimante in ordine alla riichiesta delle monete, ma solo 
come prretesa alla legittimit� della 1conness1a azione amministrativa, non 
poteva per� valere sic1come inidoneo, a trasfortmare tale richiesta in un 
dlilritto sog.gettivo, veriso la P.A. avente per ogigetto la Sjperata JP!l"estazione 
(.coniazione e cessione delle monete nella quantit� jptrenotata). A 
parte il fatto che, anche nella sua normale configurazione civilistica, 
la pirenotazione � un atto con cui � il sottoscrittore che si vincola a un 
futwro acquiisto me<ntre l'altira parte si riserva di accettare o meno tale 
impegno e dd �da!I'Vi o non esecuzione, [p�er osiservare che nella S[pecie 
-com'� :pacifico -la pll'enotazione � avvenuta nel settembre 1970, 
cio� quando, non essendo stato ancora emesso il decreto del Presli.dente 
della Repubblica, al �cui potere esclusivo la legige demandava la deteil'minazione 
<liei liimiti quantitativi entro i quali � la Zecca !PU� esseil'e 
autorizzata a fornire monete na.zionali � (art. 1 leg:ge n..309 del 1968, 
cit.), n� questa poteva �tIIllPegnairsi alfa fornitura delle monete n� i richiedenti 
(pOtevano pretendere che, in mancanza e al di fuori di quel deooeto, 
si desse �corso alla lOiro IPI'enotazione. La quale, in sostanza, lungi 
dall'inserirsi nell'iter foomativo di un comune contratto di compravendita 
-(tesi, oltre tutto in�conieiliabile col (peculiare oggetto della 
prrestazione, 1consiisrtente non gi� nella consegna dli una re:S'iistente bens� 
di cose future da fabbricare mediante un'attivit� .riservata allo Stato e 
tipicamente diisc.rezionale, qual'� appunto quella che si estrinseca nel 
coniare monete aventi corso legale) -�costituiva piuttosto una fase 
pll"eparatoda del procediimento amministrativo destinato a rende1re concreta 
ed operante la prevtsione astratta e incompleta del precetto legisilativo 
(&"t. 1, ieit.). Nelle mo.re fra l'emanata legge e !'emanando deCII"
eto !PI'esidlenziale, la prenotazione indetta dalla Zecca non altro ufficio 
aveva da adempier1e se non quello di o[perare, attraverso un preventivo 
sondaggio :regolato da termini e modalit� procediimentali, la selezione 
degli a1srpdranti ammessi alla richiesta, tn modo da accertare, con 
la raccolta delle adesioni valtd�e, la quantit� di monete di sicwro assorbirtnento 
nel me1rcato. Ci� allo scopo dii forniire all'autorit� coo:nipetente 
la 1conoscenza di utili dati dli giudizio rp'er dJelibeirare in merito e, in 
partkolaire, dii impedire 1che, ,sulla base d!i una errata o dubbia rpirevisione 
drca l'effettiva rfa:miesta dii monete, se ne 1coniaS1S1e un quantitativo 
sp.ro1Porzionato il'~etto alla domanda. Ma � ovvio che questa, pur 
esisendo imipegnativa per i sottosooittori, nessun vincolo poteva cxieare 
a carico della P.A.: sia [per la diversit� dell'organo che aveva piromos;
so e rncicolto la pLreventiva adesione dei privati (Zecca) rds[petto a 
quello competente ad autorizzare l'emiJSlsione e la fornitura delle monete 
(Pres. della Rep.); sia e sopratutto per l'tnammiss1bilit� di un'an




PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 349 

t1ciipata �Compressione dlel [potere dliisorezionale che, nell'esclusiiva tutela 
dell'interie1sse publbldico, SPettava a tale Ol1gano in ordine atd un siffatto 
provvedimento. Al quale, in effetti, si lega una serie dii C~�lesse valutazion:
i, in 1cui le scelte di fondo di politica monetaria (passivit� di tesoreria; 
controllo della massa liquida 1cil'!colante; rapporto fra mOillJete 
metalliche e banconote; r.posstiibile incidenza sulla tbilancia dei pagamenti, 
ecc.) 1si intrecciano con i motivi attinenti agli ulteriori e pi� caratterizzanti 
as1petti di una S\Peciale erm1ssione, quale indubbiamente deve consideram 
quella avente :per oggetto monete dli coI1so legale che, invece 
di essere impiegate come mezzo di :regolaunento dei debiti, vengono coniate 
1Per eSIStere cedute come oggetti, e verosiimi.Lmente destinate, una 
volta in possesso dlei cessiona:ri, ad una funzione di tesorizzazione o riserva 
di valOII'e. 

Non bisogna tuttavia commettere l'errore -nel quale iillVece incorre 
la Cocer.pa -di accentuare quest'ultimo aS\Petto fino a scOl'lgervi 
l'indice iI'Welato:re di un rapiporto (privatiistico, quasi fosse una c~avendita 
avente per oggetto una qua1siaisi merce ohe l'acquirente, perfezionato 
il negozio, ha diiritto di vedersi cons1egnata (ex art. 1470 e 1476 

n.1. �c. c.). L'e:rirocre � dtiiplke e --a parte la gi� rilevata [peculiarit� dell'oggetto 
della r.pcrestazione -1consiste: iper un veriso, nell'iisola1re artificiosamente 
quest'aspetto dal contesto della vicenda monetaria, che resta 
pur 1SeIIl!PI'e dominata, atteso il valore legale delle monete (con la 
loro incidenza <sul1a masisa �ciiircolante e la corri1S1Pondente pasJSI�.vit� della 
tesoreria di Stato), dalle scelte dii fondo dli 1cui sqpra � cenno; e, per 
altro ve1'so, nel capovoLgere a:rbitrairiamente le conJSeguenze giuridliche 
derivanti dalla specialit� dell'emissione, la quaLe, invece di restringe:re, 
a vantaggio del privato, l'aerea del :potere dliiscrezionale della P.A., la 
allaiI1ga ad un pd� vasto <settwe di aiIJIPl'ezzamenti del puibblico int&esse, 
poich�, in aggiunta o in correlazione a quelle scelte dii fondo, restano 
ancora da valutare le altr1e e 1Pi� s1pecifiche Taigioni inerenti alla fornitura 
di �monete... di determinata fabb:riicazione o di speciale s'Celta, 'Confezlionale 
in aip[positi .contenitOII'i, ad enti associazioni e ;privati italiani o 
straIJJieiI"i �. E .sono anch'.ess1e ,ragioni che, ragiguagliate all'interesse generale, 
da �cui sono rseparabili, possono indUiI're l'autorit� coffi[petente a 
orientare le 1sue decisioni in senso non necessariamente confonn.e alle 
personali a:S[pettative dei vail'li 1Sottosarittori; vuoi iper quanto conceil'ne 
l'an e il quantum dell'attesa, ma non vincolata, emissione; vuoi peir 
quanto attiene ai 1Cll"iteri di .collocazione dei prezzi coniati, dovendO la 
P.A., nell'esel'lcizio del potere 1confol'litole dalla legge, tener 1conto ili !Pi� 
am[piie valutazioni 1che trascendono l'interesse dei singoli (come ad es. : 
il pil'estigio della moneta nazionale; il iI'aip[>orto qualitativo e quantitativo 
con pil'ecedenti em1ssioni; il crifiess:o 1sul mercato valutall"io o nu

RASSEGNA DELL'A~VOCATURA DELLO STATO 

mi.smatdco di una, massiiocia o mal d1iistrilbuita ilmrnissi-Oltle di monete; il 
tilmo.re di manoVTle speculative favorite dalla loro incetta, ecc.). 

A1:1a stiiegua dei concetti fin qui svolti, e ravvisato il motivb iJ~piratOll'e 
dell'intera vicenda nella prevalenza 1�iell'interesise pubblico su 
quello il)(l"ivato, pu� ritenoosd altrettanto certo che la !POISd.zione giuridica 
dei [pll'enotatari non si � elevata di 118Jlligo, quanto a natura e intensit� di 
tutela, per il fatto (J;l'uro e semp1iice della so1Pravvenuta emisis:ione del 
decreto '.P'l'esidenzial!e che stalbiliva �in un milioneoentoquarantamiila le 
serie di monete da 1coniare � ~d.P.R 3 d:Lcem:bre 1970, in, G.U. 5 febbraio 
1971, n. 30). 

Infatti, una volta negata natU1ra contrattuale alla fas1e della iPII"lenc:
itazione, inserita -come s'� visto -nel iprocedfilnento am:mindJSltiratiivo 
cul!lllinato nel decreto dlel P.R., ed: escluso -com'� pacifico -ooe, 
dlorpo dli esso, la Zecca si sia mai obbligata, a qualsiasi titolo, alla foirDJitu.
ra delle monete, � chiaro che 1'a corrispondente piretesa non � configurabile, 
neanche in astratto, come un diritto soggettivo del prenotatairio. 
Il quale, come portatore di un interesse legittimo alla s:perata 
[pll'estazione, il'esa ;po1ssiibile rlall'auitOIIli.zlziawone 1P111eisidienzliaile, aweibbe 
potuto eventualmente imrpugnare, ma nella comrp1etente sede (ex art. 26 

t.u. 26 giugno 19214, n. 1054), il rifiuto dlella Zecca, s~ccome atto viziato 
di lil1egittirrndt� in quanto non 1conf0I1II1Je all'inteiresse iP'Ubbliico, quale 
-in irpotesi -1desumilbile dal 'citato d.P.R. 3 d!iicembre 11970; che in 
se istesso, peraltiro, non conteneva, in aggiunta al quantdtativo di nwnete 
d!a 1coniail'e, alcuna sipeciifica indfoazione circa il oritm-io e il modo 
di distribuire tra i vari ais[piranti. 
Aicc.ertato 1che la pretesa di 1costoro non ell"a azionabile davanti al 
giudice oirdlinaxdo (ex art. 2 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) in base alla 
situazione esistente alloiroo� fu emanato il sudldetto deCll"eto iPII'esi.denziale, 
a magigior iraigione 1cio� da affe:rariaire con riferimento al successivo 

d.P.R. 15 mairzo 1971 (in G.U. 5 maggio 1971, n. 111), il quale, dopo av& 
considerato nel Pll"eambolo �che oocOI"lve ai sensi dell'art. 1 della 1egige 
18 mall"zo 19<6<8 n. 309,, inteigirare lil ,decreto 3 dicembll"e 1970, deteirminando 
i 1ilmiti quantitativi entro i quali la Zecca !PU� fom.ire ad ogni 
singolo 1sogigetto le serie ~,eciiali per 1colleziomsti, ivi indicate �, ha fissato 
tale liimite m tremila serie JPi1'0 :capite. 
O["a 1si IPU� anche dlilscutere se, su questo !Punto, il nuovo diecireto si� 
sia limlitato ad � integrare � il pirimo ~come si legge nel [pll'eamlbolo e 
sembira dedursi dal 1confronto tra i due testi), o non lo abbia piuttosrto 
modificato mevc� una iparziale revoca (come sostiene la Cocepa, denunziandone 
l'illegittimit�), nel mal celato intento ,e, 1comunque, col irmultato 
[pll'atico di ilmrp1edire 11 1sodd:iisfaicilmento delle poche richieste ecce


denti quel lilmite. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 351 

Ma � un diiscorso, 1codesto che non spiega alicuna influenrza sul piroblema 
della giurisdizione, qui in esame. Infatti, se la posizione del prenotatario 
-come 1si � detto -era dli interesse legittimo con rifeiriimento 
al primo decireto, non tSli vedie 1come l'ipotetica rimozione del secondo 
potrebbe p1romumneirla al girado di �d:~ritto sogigettivo, per l'innanzi mai 
acquisito. D'altra parte, a voler ai:mmetterie che il secondo deccreto aibbda 
revocato il primo, 1cos� da vtietare alla Zecca di eseguiire ed al privato 

d:i p;retendeve la fornitUJra dii tutte le monete richieste, non 1Peir ques.to 
sia-ebbe dato al giudice o:rdinario dii rilevarne l'i11e1gUtimit� (!Per 
l'adombrato vizio di eooes1so di potere) e, meno che mai, d'i dichiaraJ."'lo 
tantum non esset o adidliirittuira di 1r.iimuoverlo, 1senza con ci� sovvertire 
i princ.itpli fondamentali in :materia (1cfr. airt. 4 e 5 legge del 1865, clit.). 
Posta invero la gi� dimostrata esistenza del 1Potere discrezionale in capo 
alla P.A., ogni questione sul buono o cattwo esericizio del poteire medesimo 
si pone ,al dli fuori della giUJrisdiizione dlell' A.G.O., dalla cui sfera 
d'inda1gine esula il sindacato dli un 1dieC111eto pi irevoca, come di qualsiiasi 
alta:io provvedimento ammin~strativo, che aibbia inc�JSo su privati interessi 
1Protetti dall'oodiinamento solo in via occasionale e riflessa rtiJStPetto all'interesse 
pUJbbHco. E la revoca, ~licando il riesame della stessa siituazione 
giwridiica .�che dette luogo all'atto trevocato, icOl!Il[>Orta l'estrinsecazione 
di uno 1stesiso ipotere, onde, :f!ra l'autorit� che l'esercita e il privato 
1che lo 1SU1bisice, il raJPIPorto 1si 1riproipone nei termini originari, per 
cui se la situazione ipreesdlstente era 1dii interesse legittimo, tale rimane 
aniche d:i :lironte all'eserciziio del [potere di revoca (cfll'. S.U. 26 giugno 
1969, n. 22'88). 
Se poi sii. 1col11Siidera che la P .A. !PU� :sempre revocare con effetto 
ex tunc un atto emesso nell'esercizio del suo potere discrezionale, ove 
siano venute meno le ragioni di convienienza e d:i opportunit� che d~teriminarono 
l'emanazione dell'atto medesdxno, non pi� rispondente al 
pubbLiico interesse (iefr. S.U. 10 nmnembre 1966 n. 2750), La conseguenza 
della iSIU\PIPosta premessa, avere cio� il secondo decreto presd.denzdale 
revocato il primo, sia-eb!be 1semmai:i che questo e non quello deve ireputamsi 
inesiistente, 1Sk:corne eliminato da una 1sUJocessiva e collltraria mannestazione
� dii volOlllt� espressa dallo stesso ooigano nell'eseirdzio dello 
stesso iPOtere. 

Giova in proposito 1chiar�ll'e che il :principio della irevocabildt� trova 
il suo lwite nell'obbltgo dell'amministrazione di risipettaxe i di.trdtti acqutsiti: 
nel 1serum 1ohe non � poSISI�lbile 1revoc:are un atto che abbia crieato 
nell'interessato un ddiritto ,so~gettivo pertfetto, �.ntendendosi per tale, in 
contraip1Posto al dliritto condizionato, quello 1ohe � insensibile al mutamento 
del pubblfco interesse. Ebbene, che questo limite sia invocabile 
-rcome a torlo afferma la Cooepa -:con Tiguardo al citato d.P.R. 
3 dkembre 1970, � g�.� escluso dal fatto �ilie tale decTeto, per le ragio



352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELI,O STATO 
ni sOlplra estposte, non ha 1soa:ti.to in caipo ai prenotatari una posizione di 
rango SUjperiore all'intooesse legittimo. Ma a volere andare oltre, fino 
ad eccedere alla (infondata) tesi della Cocepa, che vede nella emi.slsdone 
d:i 1quel decreto l'automatica consaicir:azione dlel suo diritto sogigettivo 
alla consegn::i di tutte le monete prenotate iPI'esso la Zecca, la soluzione 
non mutevebbe, IP01ch� l'asserito dilritto, lungi dal iPOtel'si configUJI'a.a:-e 
come perfetto e aJS1Soluto, sairebbe pur sempre sorto sotto la condizione 
della sua :col'll'is\pondenza all'interesse 1PUbbUco �curato dall'atto amministrativo. 
Alla rrevoca del quale, allora, come non osta l'interesse legittimo 
cosi non si OIPIPOne il iPl'elSIUilto dtritto condizionato, ;per l'uno e !PeI' 
l'altro valendo la regola che tali (posizioni s:ogigettive non pOiSsono comsoUda:
risi in conflitto con l'interesse [pl.llbbUco, cui si Ticollegano e rimangono 
subordinate. Stcc:h�, verificandosi un sirrnile 1conflitto, o pell'ch� l'interesse 
!PUbbl~co fu male aiIJpirezzato nell'emanazione del provved:iffiento 
o [perch� esso abbia subito una successiva moilifica:ziione, interessi e diritti 
condizionati dei singoli 1sono destinati a �cadere di fronte al potere 
di rrevoca della P.A., la 1cui eventuale illegittimit� (per eccesso dii poterre 
o altni 'Vizi attinenti al modio del suo esercizio) � materia del giudice 
degli interessi e non dei diilritti. 
Sotto qualunque pirofilo, ;pertanto, � da escludere, in ordine alla 
controversia m esame e avuto :rigua'l'do al petitum sostanziale (art. 386 
c.p.1c.), la giur1sdizione del giudice ordinano. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez: Un., 9 novembrre 1974, n. 3486 -Pres. 
Pece -Rei. .Zucconi -P.'M. De Marco (diff.). GESCAL (avv. Stato 
Saltini) .'c. Call'lmelo Ardito (avv. Paiscali). 
Competenza e giurisdizione � Poteri del giudice nei confronti della P.A. -
Atto materiale lesivo del diritto. 
(L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, abolitiva del cont. amm.vo, art. 4). 
Nell'ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione abbia leso il diritto 
soggettivo del privato con attivit� materiale� non costituente esecuzione 
di un pl/'ovvedimento formale, l'A.G.O. non pu� ordinare alla P.A. stessa 
la rimozione degli effetti dell'atto o deWattivit� lesiva del diritto, soltanto 
se risulti provato che l'attivit� medesima � diretta al perseguimento 
una pubblica finalit� ed � indispensabile per il suo raggiungimento (1). 
(1) La sentenza si riallaccia ad un orientamento giurisprudenziale iniziato 
con decisione Cass. SS.UU. 3 febbraio 1967, n. 303 (v. in questa Rassegna 
1967, I, 232 con nota di Giardini U., Attivit� materiali della pubblica t 
amministrazione e condanna ad un � facere � o ad un � non facere �) e pro~~ 
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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 353: 

(Omissis). -I rLcor\SI� devono essel'le xiuniti. 

Con il !Primo motivo dlel rkomo (prindpale l'amministrazione ad-duce 
che il imanurfatto dli cui � stato ordililato lo E\I)Ostamento, destinato 
al servi!zio di caise aisse1gnate a lavoratori, aiS1Sicura il soddisfacimento. 
di un pubbUco inteires1se rientrante nei cornp-iti ad essa assegnati dalla 
legige, cosiachi� la sentenza impugnata, disponendo la rimozione, avrebbe 
violato l'art, 4 della legge aiboliti'\'a dlel contenzioso ammiinistrativo' 
(violazione della norma dtata: dtlletto assoluto di giuridisdizione, in 
relazione all'art. 3160 n. 1 1c,p.c.). 

L'aissunto, aipjparentemente ieorretto nella sua generica formulazione, 
contraddliic�e alle pronunce emesse da queste Sezioni unite in casi 
analo�ghi a quello �di ispecie Gsentenze n. 303 del 1967, 3167 del 1973, 
2007 del 1974), ll'elativo ai liimiti Elilltro 1cui deve intendle'l'ISli vigente nel 
nostro ovdinamento -ove non si ver,si in una delle espr1esise pireviisiorui 
di legige 1cui fa rrifoJ:"imento l'airt. 113, ult. 1comma, della Costituzione -la: 
regola secondlo cui al .giudice OI"dinario � inibito condannare l'autorit� 
amrruiniisitratiiva a rim.uO<Vetre l'attuazione dli p!rovvedimenti illegittimi,. 
imponendole un'attwit� Tipriistinatoria o 1comunque la cessazione dell'attivit� 
lesiva dli diritti soggettivi. 

Poich� il divieto dii cui trattasi, attinente ai cosiddetti limiti interni 
della giUJI"isdizione ne-i 1conflronti della pubblica amministrazione, � 
giUJStificato dall'esig�lniza di evital'e che il giudice ordinacr:-io incida nell'esel"
cizio dei poteri d1iscriezionali attribuiti all'autorit� amministrativa 
per il perseiguimento di fini di puibbliico interesse, occorre stabilire, trattandosi 
di attivit� mateiriali dell'aimminiistrazione non costituenti es-e


seguito poi in specie con decisione Cass. SS.UU. 23 novembre 1973, n. 3167 

(v. Giustizia civile 1974, I, 634 con nota di Morelli M.R., Sui poteri del giu-dice 
ordinario nei confronti della P.M.). 
Sostanzialmente qui si ribadisce che il divieto, fatto al giudice ordinario 
.dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, di condannare la pubblica 
amministrazione ad un facere opem, dspetto a�1e attivit� ma<be!riali deJil'amministrazione, 
nel solo caso che queste si riallaccino ad un provvedimento 
-anteriore o successivo -rivolto ad attuare i fini istituzionali dell'ente 

o che, comunque, si inseriscano nell'esercizio tipico di una funzione amministrativa. 
Il citato orientamento appare coerente con la pi� recente dottrina 
(cos� avvertono puntualmente il pi� sopra citato Morelli in nota a Cass. 
. 3167/1973 e ANNUNZIATA M., Attivit� materiale della P.A., lesione di diritti 

soggettivi e poteri del giudice ordinario in Gi.ust. civ., 1975, I, 426). 

Quest'ultima, come � noto, nega che un particolare regime amministrativo 
possa assistere il soggetto pubblico (Pubblica Amministrazione soggettivamente 
intesa) e ricollega detta particolarit� di regime direttamente alla 
'funzione amministrativa la quale si esplichi nel modo formale e tipico che 
le � pr-opirJ.o (c:fT. NIGRO, L'esecuzione delle sentenze di condanna della p.a., 
Foro it. 1965, 57 ss.; Montesano, Processo civile e pubblica amministrazione, 

.:

:1 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cuzione di un ;pro!V'Vlediimento fOO'lmale, se il isa:criificio o la compires1Sione 
del diritto che Sii u;io:retende leso (art. 4, ipr�lffio comma, legge abolitiva 
del contenzioso) serva al iPerrSeguimenfo dei dletti fini. 

In altiri termini, oltire al 1P1revio ri:scontro ,dJella mancanza d'un titolo 
legittimo al �co!ffijpdmento dell'attivit� 1ohe sii. aissume lesli.va dell'altrui 
ddritto (mancanza d'un potere direttamente c.onferito dalla legge, 
ovvero, �come nella imaiggior parte dei �casi, mancanza d'un [pll"oivvedime111to 
legittimamente adK>ttato nell'esevcizio dei poteri conferiti. dalla 
legige), e oltre al risicontiro ultericwe :dell'inequivocabile presenza della 
finalit� pubblica nell'azione ammdn�IS1lrativa, � necessario acicertare C!he 
le crnodal�t� dli questa, includenti l'illegittima �:wasione della sfera [pll"ivata, 
1siano di per Sl� cor1relate al iPOOseguiimento del rpubbUco interesse: 
giacch� tale pieirseguimento, al di fuooi. del quaLe non esiste eseil:!Cizio 
di IPU'bbltche potesrt�, � 1condizli.on�e della qualificazione pubfblka dlell'attivit� 
[pOsta in e~e e quindi :delle scelte dl1sarezionali che ad esisa presiedono, 
di fu-onte alle �quali s'ari:resrtano 1i poteri del giudice ordinairio. 
Il saicll"if�icio del dliiritto del privato dev� dunque manifestarsi come il 
mezxo nece.sisario per il II'laggiungtmento della S{Pecifica finalit� pubblica 
che in concrreto rdlsulta perseguita, C1io� esse:re a questa correlata da un 
ra1P1Porto che la 1citata sentenza n. 3167/73 di queste Sezioni unite ha 
definito di ililldiJS{PeDISaJbli.lit�. 

Ci� ;posto, � iben vero �che, 1se.condo :fel"!ll.i !pl"inciipi, al giud1ee oirdii


nall'io non � consentito 1sostituiirsd o sovira;pporsi all'autorit� amminiistra


tiva nella valutazione della detta ind:iispensahildt�. Ma � tuttavia neces


T�rattato del 1prooosso cdvile, Pado"\"a i.96; eANNADA-BARTOLI, La tutela giudiziaria 
del cittadino verso la P.A., Miiliano 1'964). 

Senonch�, come altra svolta si � avvertito, (cfr. I giudizi di costituzio


nalit� e il contenzioso dello Stato negli anni 1966-1970, II, pag. 198) l'affer


mare che l'attivit� materiale dell'Amministrazione non pu�, di per s�, essere 

qualificata espressione di una pubblica funzione se non in comprovata 

conformit� ai fini iistituzionaili de�11'.Elnte, non sembra ;conviinooue in qrualD.lto 

essa non contiene una sufficiente distinzione fra questione della ricondu


cibilit� dell'attivit� materiale della P.A. nel concetto di atto amministra


tivo ed eventuali vizi di siffatto comportamento (per un riferimento cfr. 

eass. SS.UU., 29 luglio 1966, n. 2094 indicata nei citati Giudici di costitu


zionalit� II, pag. 198). 

Inoltre la prova del necessario collegamento dell'attivit� materiale con 

i1a pubbldica finail:irt� sembra �essere d1n contrasto .con aJJtro cxrienrbamenrto giu


risprudenziale secondo il quale nell'applicazione della sua attivit� la pub


blica amministrazione agisce di regola iure pubblico, con tutte le garanzie 

che vi ineriscono. Pertanto in mancanza di una dichiarazione esplicita o im


pliicirta 1n senso co[]Jtrairio, gld .atti da �essa roosti 1n essecre devono ritenersi di 

natura oggettivamente pubblica (cos� eass. SS.UU., 15 febbraio 1966, n. 475, 

in Foro amministrativo 1966, I, 1, 217). 

e.e. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SlJ QUESTIONI DI' GIURISDIZIONE 355 

sario 1che ri1sulti in giudlraio �che tale valutaziooe 1sia stata operata dalla 
pubibUca ammintstratlone, cosiC<Ch� sia �Certo che. la lesione del dWritto 
del privato, invece 1che una consapevole e insindaicabdle s1celta per il 
pie111Seguilmento del pubbHco interesse, non isia il frutto di un ineiro aroitrio 
o dli errror1 di esecuzione. 

L'esi:stenza del neOOSISlal1'io colliegam:ento �Con la finalit� pubblica pu� 
anche :r:isultaire, iseoondo i casi, in re ipsa, per es.empio dal rapporto 
:lira la particolare corufiguirazione o situazione dlel bene illegittimamente 
occupato e la natm"a dell'oipem pulbblica su dli esso eseguita. Ma QIVe ci� 
non sia, la ;pirova che la valutazione di �cui s'� detto sia stata COllllipiuta, 
col <r~sultato di ritenere inruspelll!Salbile il 1saicirificio del diritto leso, deve 
essere fornita dalla stessa puibblica amminilstr<amone conv;enuta in giudimo, 
me resli:ste alla domanda di ll"imozione dlel ~oprio operato, bench� 
illegittimo, invocando il d!ivieto di ingerenza del giudice ordinario 
nella !Slfera della sua� disciremonalit�. 

Il 1caiso dli sjpeClie rientra dira queste ulUme :iipotesi, non essendo :risultat<;> 
c&to, nel 1giud!izio di merito, 1che il �(mbblioo interesse non potesse. 
esseire ugualmente soddisfatto \Pur costruendosi il 1canale di cui 
trattasi a dli.stanza lievemente maggioire dal 1confine dell'attore. E poich� 
neippurre � risultato che la pUbbUca arnminffitrazione, con insindacabile 
valutatlone discirezionale (valutazione che dalla Gescal, nonch� 
pll'ovata, n�lppw-e era stata dedotta), avesse escluso quella iP-Oss:li:bilit�, il 
mottvo di r~corso dev<e� essere ll"i.,gettato. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

�CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1974, n. 1806 -Pres. Mac,
carone -Est. L�[pairi -P. M. Cutrupia (coni.) -Esattoll"ia Cli Ascoli 
Piceno (avv.ti Sequi e Satta) c. Fall.to Carosi Nicola ed altri 
(avv. Viglione). 

Fallimento -Crediti tributari contestati avanti le commissioni tributarle 
e ammessi con riserva -Necessit� di opposizione allo stato passivo Esclusione. 


I crediti esattoriali per cui pende contestazione davanti alle com-
missioni tributarie sono soggetti alla disciplina dell'art. 95s, l. fall. e van-
no quindi ammessi al passivo con riserva, da sciogliersi dopo la de
�dsione della controversia tributaria senza che l'esattore abbia l'onere di 
proporre opposizione allo stato passivo (1). 

1. -La lettura della decisione in rassegna (pubblicata nella giurispru-
denza commerciale, 1974, I, induce a ritornare su un tema, gi� altre volte 
esaminato (1) sia per sottolinearne l'importanza, sia per svolgere alcune 
considerazioni che, a sommesso avviso di chi scrive, paiono offrire una pi� 
congrua giustificazione alle esatte conclusioni a cui � pervenuto il S.C. 
2. -� Ritiene il Collegio che pure i crediti esattoriali per cui pende 
giudizio di contestazione avanti le commissioni tributarie sono soggetti�alla 
�disciplina dell'art. 952 1. fall., dovendosi equiparare ai crediti condizionali, 
di cui all'art. 553 della medesima legge, e vanno quindi ammessi al passivo 
con riserva, da sciogliersi dopo la decisione della controversia tributaria ed 
in relazione all'esito di questa. L'esattore non ha l'onere di proporre opposizione 
allo stato passivo avverso tale forma di ammissione con riserva per 
condizionalit� sospensiva del credito insinuato �. 
Cosi l'annotata decisione riassume le conclusioni a cui perviene, e, 
come evidente, la parte pi� importante della decisione � quella in cui, sovvertendo 
una giurisprudenza che sembrava consolidarsi (2), ha affermato il 

(1) V. Osservazioni sull'ammissione con riserva dei crediti d'imposta nel passivo 
fallimentare, in Rassegna Avv. Stato, 1969, I, p. 1121; In tema di ammissione 
�con riserva� al passivo dei crediti contestati, in Riv. dir. comm., 1971; II, p. 347; 
�La verifica del passivo e i crediti t_ributari nel fallimento, in Riv. dir. comm., 1973, 
I, p. 127. 
(2) V. Cass., 6 dicembre 1971, n. 3539, Soc. Basaglia c. Fal.l.to Ricci, in ForO it., 
1972, I, c. 944 con nota critca di V. ANna10L1; Cass., 26 giugno 1969, n. 2292, Fall.to 
Merli c. Finanze in Giur. it., 1970, I, l, c. 1107; Trib. Roma, 26 febbraio 1973, rie. 
"Esattoria Comunale Roma, in Giur. merito, 1973, I, p. 367. Nello stesso senso in 
dottrina da ultimo S. GATTI, L'ammissione con riserva dei crediti al passivo fallimentare, 
con particolare riguardo ai crediti condizionali, in Riv. dir. comm., 1974, II, 
p. 155, partendo dalla, ad avviso di chi scrive, indimostrata premessa che l'ammis
�sione del giudice delegato o del tribunale deve essere sempre definitiva, premessa 
>eontrastata tra l'altro dagli artt. 113 e 117 1. fall. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

principio che per i crediti esattoriali contestati avanti le commissioni tributarie 
ammessi con riserva al passivo fallimentare l'esattore (o l'Amm.ne) 
non ha l'onere di proporre impugnatiVa avverso lo .stato p;:issivo reso esecutivo 
per conservare gli effetti derivanti dall'ammissione con riserva. 

Il S.C. nell'ampia ed elaborata motivazione ha preso in esame tutte le 
sue precedenti pronunzie in materia sicch� pu� ben affermarsi che la soluzione 
accolta costituisce una meditata inversione di rotta. 

Chi scrive non pu� che-plaudire a tale nuovo indirizzo che vede accolte, 
in definitiva, le conclusioni a cui con la pi� autorevole dottrina, anch'egli 
era giunto (3) ed auspicare che esso trovi un definitivo consolidamento. 

Se una riserva � consentito esprimere, questa riflette unicamente l'iter 
logico seguito per giungere a siffatte conclusioni. 

Come si legge nella decisione la soluzione a cui si � pervenuta viene 
raggiunta � operando la saldatura degli indirizzi giurisprudenziali, fermi 
nelle due componenti dell'ammissione con riserva dei crediti tributari contestati 
e della necessit� dell'opposizione solo quando si tratti di riserva di 
documentazione� modificando l'orientamento giurisprudenziale l� dove 
riteneva necessaria per conservare gli effetti dell'ammissione con riserva, la 
opposizione allo stato passivo anche per i crediti contestati, assimilandoli a 
quelli non documentati ( 4). 

Indubbiamente tale indirizzo consente una notevole semplificazione 
perch�, assimilando al credito condizionale quello tributario contestato, 
permette di sfuggire all'impatto immediato con la difficile problematica del 
coordinamento tra processo di verifica e processo speciale tributario, ma a 
prescindere che tale impatto � solo rinviato, perch� esso riemerge in pieno 
al momento dello scioglimento della riserva (per di pi� aggravato, in 
assenza di una disciplina legislativa, dal contrasto di opinioni sul procedimento 
di scioglimento) (5), in realt� siffatto indirizzo va incontro a una 
difficolt� insuperabile -riconosciuta dalla stessa decisione -che � quella 
che l'ammissione con riserva non � prevista in sede di insinuazione tardiva. 

N� � esatto che tale circostanza �corrobori a contrario� la soluzione 
dell'ammissibilit� della riserva in sede di esame di una tempestiva domanda 
di insinuazione, dove tale ammissione � prevista. 

Ragioni storiche (v. art. 770 c. co. 1882, che prevede, come l'art. 766 
richiamato anche nella sentenza che si annota, l'ammissione provvisoria per 
i crediti contestati, insinuati tardivamente) e sistematiche (identit� di 
interessi che giustificano l'ammissione �provvisoria � sia nel caso di insi


(3) V. In tema di ammissione, cit., p. 357, nota 14, e Verifica del passivo, cit., 
pp. 13o-rn5. 
(4) In questo senso anche S. SATTA (precisando la propria posizione rispetto 
a quella in precedenza assunta nelle. Istituzioni di diritto fallimentare, Roma, 1964, 
p. 263) nel nuovo volume Diritto fallimentare, Padova, 1974, p. 238 ss. Si noti che 
questo a. � stato anche il difensore dell'esattoria nel giudizio in cui � intervenuta 
la sentenza in rassegna, ed � ben comprensibile che la motivazione della pronunzia 
risenta dell'impostazione data dal Satta alla causa. 
(5) Come � :noto secondo alcuni aa. la riserva deve sciogliersi con le forme 
della domanda di insinuazione tardiva per osservare il contraddittorio con il curatore 
(cosi, P. GRECO, Sull'ammissione al passivo con riserva di prova nel procedimento 
fallimentare, in Riv. dir. comm., 1953, I, p. 55; F. FERRARA, Il fallimento, Milano, 
1974, p. 487; F. CoRSI, Ammissione al passivo con riserva di produzione di documenti, 
in Riv. dir. civ., 1962, II, p. 427), mentre altri ritiene �che lo scioglimento della riserva 
avvenga da parte del giudice delegato con proprio decreto a norma dl!ll'art. 25 
I. fall. (cosi A. DE MARTINI, Sulla e ammissione con riserva� al passivo del fallimento, 
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, c. 1171). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nuazione tempestiva che tardiva) inducono, contrariamente all'assunto del 
S.C., a riten~re, invece, che anche nell'ipotesi di insinuazione tardiva sia 
possibile l'ammissione � provvisoria � al passivo fallimentare. 

3. -Si tratta allora di ricercare la via percorrendo la quale si possa 
giungere alle identiche conclusioni, ma offrendone una giustificazione pi� 
accettabile e che si attagli sia all'ipotesi che la domanda di insinuazione 
sia tempestiva che a quella di domanda tardiva. � 
E tale via -ritiensi di poter ribadire (6) -� quella che passa attraverso 
il combinato disposto dagli artt. 522, e 953 e non del comma 2� dell'ultima 
norma citata. 

Non si tratta, infatti, di accertare, secondo l'indirizzo seguito dalla 
decisione annotata, se .il credito tributario contestato sia assimilabile a 
quello per il quale non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi, 

o piuttosto a quello condizionale previsto dall'art. 55 1. fall., essendo evidente 
come nel caso di credito contestato non si nega che il credito sia 
perfettamente documentato, ma si contrasta la sua stessa esistenza o la sua 
opponibilit� alla massa. 
D'altro canto il credito contestato non sembra neppure del tutto assimilabile 
ad un credito condizionale perch� di esso non viene in giuoco 
soltanto la sua esigibilit� attuale (il credito cond~zionale � cer~o e liquido) 
ma la stessa sua esistenza (totale o parziale) e l'opponibilit� alla massa 
creditoria. 

N� � dato di scegliere tra una interpretazione restrittiva del termine 

�credito condizionale� ed una esegesi basata su un'accezione larga e sostanziale 
impropria del termine, secondo l'impostazione della S.C. 
Perch� siffatta scelta � impedita dalla circostanza che la norma contenuta 
nell'art. 952, � una norma chiaramente eccezionale, come lo stesso S.C. 
finisce per riconoscere l� dove afferma che � una impostazione rigorosa ed 
astratta porterebbe a contestare la scelta legislativa favorevole all'ammissione 
con riserva dei crediti condizionali �. 

4. -Secondo l'art. 522, I. fall., � ogni credito, anche se munito di diritto 
di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, 
salvo diverse disposizioni di legge �. 
Anche se la legge sul fallimento non indica in quali casi un credito 
pu� sottrarsi all'accertamento previsto dagli artt. 93 cc., non pu� dubitarsi 
cpe tali casi ricorrano, ed una delle deroghe, anzi la pi� importante anche 
se non unica (7), � quella relativa ai crediti tributari, il cui accertamento � 
di norma demandato alle speciali commissioni previste dalla legge 26 ottobre 
1972, n. 636, sulla revisione del contenzioso tributario, salve le speciali 
normative previste (art. 1 legge cit.) per particolari imposte (8). 

(6) Sul punto ampiamente A. Rossi, Verifica dello stato passivo, cit., p. 130 ss. 
(7) Si possono ricordare i casi di crediti da Illecito costituente reato, soggetti 
quindi all'accertamento del giudiee penale, nonch� i crediti derivanti dall'esercizio 
di esattoria, soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti, e i crediti da responsabilit� 
contabile ed amministrativa, soggetti anche essi alla giurisdizione della Corte 
dei Conti. 
(8) La legge sulla revisione del contenzioso tributario � stata, come � noto, 
proposta dal Tribunale di Genova, 5 aprile 1974, �Fall.to S.p.A. Ceramica Ligure 
V:accari c. Finanze, in Riv. dir. proc., 1974, p. 485, al vaglio della Corte Costituzionale. 
Tale ordinanza ha offerto lo spunto ad una serie di interventi di autorevoli 
commentatori. V. G. A. MrcHELI, Osservazioni sulla costituzionalit� del nuovo con

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 359 

Tuttavia la stessa legge sul fallimento contiene una norma, quella 

dell'art. 953, che prevede un'ipotesi di deroga all'accertamento del giudice 

fallimentare dei crediti verso il fallito. 

Detta norma � estremamente importante sia per la deroga che contiene 

sia per i limiti che fissa all'ambito della deroga. 

L'art. 522, impone per ogni credito l'onere dell'accertamento, ma fa salve 

le diverse disposizioni di legge. Da tale norma potrebbe ritenersi legittimo 

trarre la conseguenza che, allorch� la legge prevede una deroga, il creditore 

sia esentato non solo dalla competenza (o giurisdizione) del giudice falli


mentare, in ordine all'accertamepto del credito, ma altresl dall'onere di 

proporre la domanda di insinuazione al passivo. 

La giurisprudenza e la dottrina (9) tuttavia continuano ad affermare 

che in ogni caso, anche quando l'accertamento del credito � sottratto alla 

competenza (o giurisdizione) del giudice fallimentare, il creditore � tenuto 

a presentare domanda di insinuazione. 

Tale esatto principio lo si ricava principalmente dall'art. 953 1. fall., il 

quale, pur demandando al giudice dell'impugnazione ---' secondo l'indirizzo 

assolutamente prevalente (10) -l'accertamento del credito nel caso che 

esso risulti da una sentenza, fa salvo, in ogni caso, l'onere del creditore di 

spiegare domanda di insinuazione al passivo fallimentare, essendo un onere 

imprescindibile per partecipare al concorso (11). � 

Appare allora chiaro come da tale norma si possano ricavare in via 
� estensiva le regole che presiedono alla disciplina di tutta la complessa 

materia dei crediti contestati e per i quali la decisione sul loro accertamento 

sia sottratta alla giurisdizione del giudice fallimentare. 

6. -Se si accoglie l'impostazione che precede appare tracciata la via da 
percorrere per risolvere, coerentemente al sistema della legge fallimentare, 
il problema dell'ammissione al passivo dei crediti tributari contestati. 
tenzioso tributario, in Riv. dir. fin., 1974, II, p. 100; V. ANDRIOLr, Profiii di incostituzionalit� 
del e nuovo� contenzioso tributario, in Dir. e prat. trib., 1973, I, p. 941; 

E. FAZZALARI, Il nuovo contenzioso tributario � nato morto? in Riv. dir. proc. civ., 
1974, II, p. 485; G. MARONGru, Dubbi sulla legittimit� costituzionale del nuovo contenzioso 
tributario, in questa rivista, 1974, II, p. 758 ove ulteriori richiami. 
(9) Vedili citati rispettivamente alle note 1 e 2 del nostro� studio, Verifica del 
passivo ecc., cit. 
(10) V. op. ult. cit., p. 131 e note 13, 14 e 15. Conf. da ultimo Cass., 27 luglio 
1972, n. 2578, Finanze c. Fall.to Lo Tito, in Dir. e prat. trib., 1974, II, p. 679 
con nota di P. PAJARDI, Cassazione, fallimento e fisco: una progressiva � fallimentarizzazwne 
� della posizione creditoria del fisco. Secondo questo A. non sarebbe 
� ammissibile alcun atto vincolarnte per l'ufficio fallimentare che finisca per lo svuotare 
di significato l'insinuazione del fisco al fallimento, rendendola puramente formale, 
come copertura processuale di un momento vincolativo precedente, non controllabile 
attraverso quel pro�edimento nel quale oltretutto sono presenti in contraddittorio 
pieno tutti i creditori �. Chi scrive ha gi� avuto modo di rilevare come 
tale opinione rivendichi al giudice fallimentare un potere giurisdizionale che la 
legge in modo inequivoco gli ha sottratto in materia di imposte e in tutti gli altri 
casi in cui viene creata una giurisdizione speciale. 
(11) Secondo F. FERRARA, Il fallimento, cit., p. 497 s., scopo di tale imposizione 
od ogni creditore, anche a quello che ha gi� ottenuto una sentenza a lui favorevole, 
� qu�llo di consentire al giudice delegato di verificare, non l'esistenza del credito 
o della sua garanzia -accertamento che � demandato al giudice dell'impugnazione 
-ma 1a loro efficacia nei confronti della massa. Che questa esigenza sussista 
per quanto riflette crediti diversi da quelli tributari pu� condividersi anche se non 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quando l'esattore o I'Amm.ne finanziaria insinuano un credito per il 
quale sia pendente una contestazione avanti al giudice tributario, il giudice 
delegato, che � privo di giurisdizione in ordine all'accertamento dell'esistenza 
del credito, e non pu� neppure, come si � visto, pronunziare in ordine 
alla sua efficacia nei confronti della massa, non essendo evidentemente configurabile 
una revocabilit� (ex lege o ope iudicis) del credito tributario, � 
posto nella alternativa o di ammettere il credito, quando ritenga in;fondata 
la contestazione promossa dal fallito (o dagli organi del fallimento) avanti 
al giudice speciale, oppure di astenersi da ogni pronunzia, non essendo 
consentito di_ escluderlo, perch� in tal modo verrebbe ad esercitare una 
giurisdizione che gli � sottratta. 

Iri quest'ultimo caso la pronunzia del giudice tributario in ordine alla 
sussistenza del credito emessa nel giudizio, al quale ha partecipato il fallimento 
tramite i suoi organi debitamente autorizzati dal giudice delegato, 
copre ogni possibile questione circa l'accertamento del credito medesimo 
ed ha piena efficacia per tutti i creditori, sostituendosi totalmente al provvedimento 
di ammissione del giudice delegato. 

Al giudice delegato, in pendenza della contestazione avanti al giudice 
tributario, resta tuttavia un potere sia nel caso che la domanda sia stata 
proposta in via tempestiva che in quella tardiva. 

Tale potere � quello stesso che l'art. 993 attribuisce al tribunale, quando 
non possa decidere su un credito contestato, in quanto ritenga necessaria 
l'assunzione di prove (art. 2791 c.p.c.), cio� l'ammissione provvisoria in tutto 

o in parte del credito. 
Al riconoscimento di siffatto potere al giudice delegato si pu� muovere 
l'obiezione, fondata sulla lettera della legge, che l'art. 993, attribuisce tale 
potere al tribunale e in pendenza del giudizio di opposizione allo stato 
passivo (12). 

Non sembra per� che tali ragioni meramente letterali possano indurre 
ad escludere tale possibilit�. 
Esistono ragioni storiche e sistematiche gi� altrove esposte (13) che, 
secondo chi scrive, giustificano pienamente l'attibuzione di siffatto potere 

sembra poi potersi seguire questo a., quando afferma che tra il giudizio sull'esistenza 
del credito e della garanzia e quello sull'efficacia esiste un rapporto di pregiudizia�it�, 
nel senso che il primo -demandato al giudice dell'impugnazione -dovrebbe 
necessariamente precedere quello sulla efficacia -demandato al giudice fallimentare 
-. Sembra, al contrario, che se pregiudizialit� esiste, e se ne pu� dubitare, 
qu�sta debba logicamente essere accordata al secondo rispetto al primo, essendo 
inutile ed antieconomico discutere se un credito (o una garanzia) esistono per poi 
dichiarare la loro nefficacia. Sembra certo, tuttavia, che questa non pu� ritenersi la 
ratio della norma quando il credito da insinuare abbia natura tributaria. Relativamente 
a questi crediti non � invero possibile configurare una contestazione che, 
oltre alla loro esistenza e a quella delle garanzie che li assistono, rifletta anche 
l'efficacia del titolo nei confronti del fallimento, atteso che il titolo di ogni tributo 
� solo nella legge. La ratio della norma che impone l'onere della domanda sembra 
allora doversi ritrovare nell'esigenza che gli organi fallimentari abbiano piena conoscenza 
di tutti i cre'diti che partecipano al concorso. 

(12) F. FERRARA, op. cit., p. 500 e nota 80, ritiene che il creditore abbia interesse 
a farsi escludere dal passivo per proporre opposizione e poi ottenere dal tribunale 
l'ammssione provvisoria. A prescindere da altre facili obbiezioni, non $Elmbra 
certo questa la strada per semplificare la procedura di fallimento. 
(13) V. i gi� citati scritti In tema di ammissione con riserva ecc. e Verifica del 
passivo ecc., p, 134. Aderisce a questa interpretazione S. SATTA, Diritto fallimentare, 
cit., p. 245, nota 491. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 361 

anche al giudice delegato con riferimento a crediti contestati sottratti alla 
giurisdizione (o competenza) del tribunale fallimentare. 

In conclusione, quando sia insinuato un credito tributario per cui sia 
pendente contestazione (promossa o proseguita dalla curatela) avanti le 
commissioni, il giudice delegato -sia in caso di insinuazione tempestiva 
che in quello di insinuazione tardiva -avr� soltanto il compito di valutare 
se sussistano elementi sufficienti per ammettere il credito in via provvisoria 

(con gli effetti ex artt. 113, 117 e 127) dovendosi astenere da ogni pronunzia 
sul merito, che � riservata al giudice tributario. La decisione definitiva di 
quest'ultimo fa stato per il fallimento e con essa perder� ogni effetto l'ammissione 
provvisoria eventualmente disposta dal giudice delegato. 

ADRIANO ROSSI 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 21 giugno 1974, n. 2306 -Pres. 
Pedlroni -Est. Vela -P. M. Pandol:felli (conf.) -Assessorato dell'Industria 
e Commercio della Regione Siciliana (avv. Stato Carafa) 
c. Sillitti (avv. Costa). 

Lavoro -Continuazione dall'ente pubblico concedente dell'attivit� del con


cessionario decaduto -Utilizzazione dell'organizzazione aziendale del 

concessionario -Obbligo del concedente di pagare i crediti dei dipen


denti del concessionario. 

(Cod. civ., art. 2112). 

In caso di decadenza da una concessione, l'utilizzazione da parte 
dell'ente concedente dell'organizzazione predisposta dal concessionario 
decaduto per lo svolgimento della stessa attivit� economica, (nena specie 
coltivazione di una miniera) importa la sostituzione di un imprenditore 
ad un altro neU'esercizio dell'azienda e l'applicazione deWarticolo 
2112, comma secondo, relativamente ai debiti del concessionario 
decaduto nei confronti dei dipendenti (1). 

(1) Gestione diretta da parte del concedente dell'impresa del concessionario 
decaduto e crediti dei dipendenti. 
La sentenza che si commenta � destinata a suscitare notevoli e gravi 
perplessit�. 

A parte, invero, i dubbi che solleva l'espressa accettazione della teoria 
che ammette la c.d. �successione dell'impresa� (v. sul problema PETTITI, 
Il trasferimento volontario d'azienda, Napoli, 1970, p. 194, e segg.; ma 

v. pure CASANOVA, Impresa ed azienda, in Trattato di diritto civile a cura di 
F. VASSALLI, Torino, s.d. (ma 1974), p. 70 e segg. nonch� 733 seg. ove richiami) 
gi� peraltro in precedenza respinta dallo stesso S.C. (v., anche nella particolare 
ipotesi delle leggi di nazionalizzazione delle industrie elettriche, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Cass. 24 aprile 1970, n. 1175, in questa Rassegna, 1970, I, 778, con nota di 
SICONOLFI; Il Prasferimento dell'impresa nella legge di nazionaLizzazione 
elettrica ed i rappoirti giuridici, ove richiami) ben pi� �giiiavi peripLessilt� 
solleva la conclusione pratica raggiunta secondo cui all'ente concedente 
sostituitosi nell'esercizio dell'attivit� imprenditoriale del concessionario 
dichiarato decaduto trova applicazione la normativa dettata dall'art. 2112 
cod. civ. 

Tale conclusione � formulata sul rilievo che con la fine della concessione 
(per revoca e decadenza) non �vengono senz'altro troncati e resi 
intrasmissibili dal patrimonio del concessionario �, i rapporti instaurati 
dal concessionario medesimo per godere del bene oggetto della concessione, 

�perch� tale atto (revoca o decadenza) opera sul rapporto tra ammini:
strazione e concessionario e non ha alcuna rilevanza verso i terzi �. Ma tale 
premessa che non trova alcuna sua giustificazione nei principi consolidati 
nella stessa giurisprudenza del S.C. la quale aveva insegnato che � il concessionario 
di una miniera deriva il proprio diritto di sfruttare la miniera 
direttamente dalla pubblica amministrazione che ne � proprietaria e, in 
mancanza di un accordo con il precedente concessionario e di una espressa 
norma di legge non � tenuto a rispondere dei debiti della precedente 
gestione (cosi Cass. 30 novembre 1957, n. 4536, in Mass. giur. Lav. 1957, 
275 ove richiami. In senso conforme in dottrina RIVA SANSEVERINo, Il lavoro 
nell'impresa, itn T!rattato di d�.ritto ciy,i.lie diretto da F. VASSALLI, Toriillo s.d.; 
(ma 1960) p. 518 seg. ov�e � ri.chiami. V. pur-e SILVESTRI, Il riscatto delle concessioni 
amministrative, Milano 1956, p. 298 segg.). 

Ed invero se, come � pacifico, per effetto della cessazione della connessione 
(comunque avvenuta) la P.A. riacquista il bene oggetto di essa 
libero da ogni vincolo e da ogni onere creato dal concessionario cessato 
(e ci� la stessa annotata decisione riconosce), non si comprende come poi 
possa parlarsi di subingresso del concedente al concessionario decaduto 
negli altri rapporti da quest'ultimo posti in essere, posto che non esiste 
alcun collegamento tra concedente e concessionario in ordine alla gestione 
dell'attivit�. 

Per effetto della decadenza il concedente inizia una nuova attivit�, 
sia pure utilizzando l'organizzazione creata dal concessionario decaduto, e 
l'attivit� � nuova perch� non vi � nessun collegamento tra concedente e 
concessionario, che giustifichi il subingresso nei rapporti attinenti all'azienda 
del concedente al concessionario. 

E se pu� giustificarsi l'interpretazione estensiva della norma adottata 
dalla giurisprudenza, onde evitare quei tentativi posti in essere per sfuggire 
la sua applicazione, devesi mantenere fermo il principio, recentemente 
ribadito dal S.C. che � la continuit� delle prestazioni lavorative, 
prima alle dipendenze di una ditta e poi alle dipendenze di un'altra, sia 
pure dei medesimi locali, non � sufficiente a legittimare l'applicazione dell'art. 
2112 cod. civ. potendo rappresentare una semplice successione cronologica 
di rapporti di lavoro non collegati fra loro da un messo giuridico 
riconducibile al concetto di trasferimento di azienda; la realizzazione di 
detto trasferimento prescinde dal mezzo tecnico-giuridico adottato� (cos� 
sent. 5 novembre 1973, n. 2878). 

E non pare che nella specie il S.C. abbia fatto applicazione dell'esatto 
principio da essa stessa richiamato. 

A. ROSSI 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 agosto 1974, n. 2348 -Pres. Boccia 
-Est. Sgroi -P. M. Del Grosso (conf.) -Luzi (avv. D'Orazio) 

c. Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci). 
Respons~bilit� civile -Responsabilit� della P.A. � Capitolato di appalto F.S. 


Clausola di manleva -Validit�. 

(Cod. civ., art. 1229 e 2055). 

� valida la c.d. clausola di manleva -contenuta nei contratti di 
appalto di lavori e servizi -mediant_e la quale, ferma restando la responsabilit� 
dell'amministrazione pubblica verso i dipendenti dell'appaltatore 
danneggiato dal fatto illecito dell'amministrazione stessa e del 
personale dipendente, viene consentito di riversare sull'appaltatore gli 
oneri derivanti dalla propria responsabilit� Cl). 

(1) La decisione conferma un principio giurisprudenziale ormai pacifico 
(le sentenze n. 1756 del 1970 e n. 2211 del 1969 sono riportate in 
questa Rassegna rispettivamente 1970, I, 812 e 1969, I, 473). 
Di particolare interesse il richiamo e la conferma del principio gi� 
enunciato della sentenza 1 giugno 1968, n. 1646 (in questa Rassegna 1968, 
I, 735) secondo cui la disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 2055 
cod. civ., relativa alla ripartizione tra coobbligati dell'onere risarcitorio, ha 
natura dispositiva ed � quindi derogabile pattiziamente. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1974, n. 2392 -Pres. Rossi Est. 
Longo -P. M. Albanese (diff.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Imponente) c. Sorvillo (avv. De Cesare). 

Espropriazione p.u. -Opposizione alla stima -Intestatari catastali � Legittimazione 
esclusiva. 

(L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 16, 27 e 51). 
L'intestatario catastale del bene espropriato � legittimato a proporre 
opposizione alla stima e non � tenuto a fornire la prova della 
propriet� del bene medesimo (1). 

(1) Il principio enunciato dalla sentenza in rassegna pu� ritenersi esatto 
con riferimento al caso di specie, in cui da parte dell'espropriante non era 
stato nel corso del giudizio di merito contestato che la propriet� dei beni 
espropriati appartenesse agli opponenti. 

364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il principio non sembre possa, invece, condividersi se il S.C. ha inteso 
affermare in via generale (come parrebbe, avendo richiamato la decisione 
17 febbraio 1969, n. 544), che l'espropriante non pu� mai contestare la 
legittimazione dell'opponente che risulta intestatario catastale del bene 
espropriato. 

Invero, secondo l'art. 51 della legge 2359 del 1865, legittimati all'espropriazione 
sono soltanto i proprietari. N� la decisione precisa, come fa inve�e 
l'art. 16 della stessa legge, che per tali debbonsi ritenere gli intestatari 
catastali, e ci� perch� quest'ultima norma � applicabile esclusivamente nei 
confronti dell'espropriante per facilitare lo svolgimento della procedura 
espropriativa. 

N� sembra possibile opporre che il G.O. non pu� modificare l'atto amministrativo, 
perch� non si tratta qui di modificare il provvedimento che 
pronunzia l'esproprio, ma di disapplicarlo per la parte in cui attribuisce 
un diritto a chi non spetta, ci� che � perfettamente corrispondente ai poteri 
riconosciuti all'A.G.O. in base agli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 all. E. 
N� pare possibile addurre, per contrastare quanto qui si sostiene, che 
nel giudizio di opposizione alla stima il G.O. non pu� pronunziare la condanna 
dell'espropriante al pagamento dell'eventuale maggiore indennizzo a 
favore dell'opponente, ma limitarsi ad ordinare il deposito presso la Cassa 
depositi e prestiti, perch� tale particolare limitazione ai poteri del giudice 
� posta esclusivamente a tutela dei terzi (quei terzi, precisamente, indicati 
negli artt. 52 e segg. della legge in esame v. sul punto Cass. 11 luglio 1974, 

n. 2050, in motivazione, in questa Rassegna, 1974, ...) ma non esclude l'applicazione 
del generalissimo principio che chi agisce in giudizio deve avervi 
interesse (tutelato) e l'opponente che non sia proprietario del bene espropriato 
un siffatto interesse non ha. 
Altrimenti occorrerebbe ammettere la gestione di negozio processuale 
(l'intestatario catastale agisce per conto del terzo proprietario del bene) il 
che �, in mancanza di una norma espressa, non consentito. 

ADRIANO RossI 

CORTE DEI CONTI, Sez. II Giur., 25 giugno 1973 -Pres. Colabucci Est. 
Troccoli -P. M. Pisciotta -Ricciardi (avv. Cochetti), Valente 
(avv. Carbone), Borsetta (avv. Cassiano) e Sposi (avv. Zaccagnini); 
interv. Dir. Gen. Istituti Previdenza (avv. Lorenzani). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Istituti di previdenza � 
Se sono organi dello Stato. 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Istituti di previdenza Individuazione 
degli organi cui spetta la rappresentanza legale. 

La Direzione Generale degli istituti di previdenza ed il Consiglio 
di amministrazione delle �Casse � e �Istituti � che della Direzione Ge



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 365� 

nerale fanno parte sono organi dello Stato e non delle .singole � Casse �


ed �Istituti� (1). 

La amministrazione di tali � Casse � ed � Istituti � spetta ai due


organi statali suindicati, e la rappresentanza legale e la responsabilit�. 

di gestione delle singole � Casse � ed � Istituti � spettano al Direttore


Generale degli Istituti di previdenza (2). 

Non �, quindi, ipotizzabile un conflitt0 �esterno� fra le singole


�Casse� ed �Istituti� e, per esse, fra la Direzione Generale degli isti


tuti di previdenza o il Consiglio di amministrazione suindicato e altri 

organi od Amministrazioni dello Stato; conflitti che, qualora sorgano,. 

debbono essere risolti all'� interno� della Amministrazione Statale (3). 

Anche quando la Direzione Generale degli istituti di previdenza. 

agisce in giudizio come rappresentante di una delle �Casse � od � Isti


tuti� amministrati, agisce come organo dello Stato; e pertanto non pu�


spiegare intervento nei giudizi di responsabilit� avanti la Corte dei 

Conti, non facendo essa valere un interesse diverso da quello dello Stato,. 

e per esso del Ministero del Tesoro (4). 

(Omissis). -Occorre esaminare, in via pregiudiziale, la questione


della legittimazione o meno della Direzione Generale degli Istituti di 

Previdenza ad intervenire nel presente giudizio. 

L'art. 47 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, contenente le norme di 

procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, ammette la possi


bilit� dell'intervento di terzi nei giudizi di responsabilit�; � dubbio, 

per�, se tale posizione di terzo possa attribuirsi anche alla Amministra


zione dello Stato, ovvero se questa debba gi� ritenersi rappresentata 

in giudizio dal Pubblico Ministero, nella sua veste di Procuratore Ge


nerale. La questione che si pone per� all'esame della Sezione � se la 

Direzione Generale degli Istituti di Previdenza debba ritenersi soggetto 

di imputazione giuridica e, quindi, capace di agire in giudizio ovvero 

debba ritenersi organo dell'Amministrazione del Tesoro e, quindi, non 

(1-4) La decisione risolve esattamente i rapporti fra organi dello Stato 

e Casse ed Istituti di previdenza amministrati dal Ministero del Tesoro 

(Direzione Generale degli Istituti di previdenza). 

Per ragioni di economia processuale la decisione non ha esaminato 

l'altra questione: se, cio�, a tale Direzione Generale sono applicabili le 

norme del testo unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato 

(r.d. 30 ottobre 1930 n. 1611); ma la risposta affermativa non pu� esser 
dubbia dal momento che la Direzione Generale stessa � organo dello Stato, 
unico legittimato a stare in giudizio in rappresentanza delle � Casse � ed 
� � Istituti � amministrati. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dotato di una propria capacit� processuale; la prima soluzione comporta 
che alla predetta Direzione Generale va attribuita la posizione giuridica 
di �terzo� nel presente giudizio, la seconda soluzione comporta l'inammissibilit� 
dell'intervento per carenza di capacit� processuale e sostanziale. 


Al riguardo va osservato che ogni istituto di previdenza (Cassa per 
i dipendenti degli enti locali, cassa per i sanitari condotti, ecc.) ha un 
patrimonio costituito principalmente dai contributi dei singoli iscritti; 
tale patrimonio � separato da quello dello Stato e da quello dei singo.li 
contribuenti e d�, pertanto, luogo ad un centro autonomo di imputazione 
giuridica. 

Nel nostro ordinamento giuridico non mancano altri casi di patrimoni 
autonomi o separati, i quali costituiscono centro di riferimento 
di rapporti giuridici pur non potendosi configurare come persone giuridiche: 
� questo il caso dell'eredit� giacente, delle societ� senza personalit� 
giuridica, ecc. 

I detti Istituti di previdenza, intesi come somma autonoma di rapporti 
patrimoniali, sono amministr~ti per legge dallo Stato; dispone al 
riguardo l'art. 1 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 648, relativo alla Cassa di 
previdenza per le pensioni degli impiegati degli enti locali, che � la rappresentanz,
a legale e la resporisabilit� di gestione spettano al direttore 
generale degli istituti di previdenza�; la stessa norma � ripetuta negli 
ordinamenti delle altre Casse di previdenza. L'amministrazione delle 
dette �Casse� o �Istituti� � affidata ad un Consiglio di Amministrazione, 
presieduto dal Ministro per il Tesoro, e disciplinato dal d.l.C.p.S. 
1� settembre 1947, n. 833, e le cui attribuzioni sono.fissate dal t.u. 2 gennaio 
1913, n. 453. 

Il Consiglio di Amministrazione agisce non come organo dei singoli 
Istituti, in qu�nto questi non avendo una propria personalit� non possono 
avere propri organi, ma agisce come organo dello Stato avente 
per propria funzione la cura degli interessi dei singoli istituti; la Direzione 
generale degli istituti di previdenza, e per essa il Direttore gene-
raie, rappresenta verso i terzi i singoli istituti, ed esegue le deliberazioni 
del Consiglio di amministrazione. Anche la Direzione generale 
non pu� considerarsi organo degli istituti, rn.'a deve ritenersi organo 
dello Stato, avente la rappresentanza dei singoli istituti e l'obbligo di 
eseguire le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione. La detta 
posizione di organo dello Stato va riconosciuta sia al Consiglio di amministrazione 
che alla Direzione generale, in base alla considerazione che 
essi sono inseriti nell'ambito dell'organizzazione amministrativa dello 
Stato e non dei singoli istituti, non avendo questi una propria organizzazione. 
Manca, in altri termini, agli Istituti di previdenza la personalit� 
giuridica, intesa come combinazione di beni e di uomini, onde essi non 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

possono considerarsi dotati di una propria capacit� e di una propria 

rappresentanza, essendo -come gi� si � detto -solo centri autonomi 

di imputazione di fatti giuridicamente rilevanti; il fatto che i singoli 

Istituti possono, a mezzo del Direttore Generale della relativa Direzione 

Generale, stare direttamente in giudizio, vale ad attribuire ad essi la 

soggettivit� processuale non la personalit� giuridica; al riguardo ricor


diamo incidentalmente che non mancano altri casi in cui il nostro ordi


namento riconosce a determinati �centri� di rapporti la capacit� di 

stare. in giudizio e non la personalit� giuridica: un esempio, ma non 

l'unico, � dato dalle aziende municipalizzate, regolate dal t.u. 15 otto


bre 1925, n. 2478. 

L'o Stato attraverso i propri organi (Consiglio di amministrazione; 

direzione generale) amministra, quindi, i detti �istituti�. Poich� l'azione 

dei detti organi non pu� che essere conforme alla legge, non potendo 

un organo dello Stato perseguire fini diversi da quelli prefissati dal 

legislatore, e poich� tale rispondenza � assicurata mediante controlli 

esterni ed interni all'amministrazione statale (Commissione di vigilanza, 

Ragioneria generale dello Stato, Corte dei Conti) non vi � possibilit� 

di conflitto n� tra gli � Istituti di Previdenza � e lo Stato, n� tra il Con


siglio di Amministrazione e il Ministero del Tesoro o altra amministra


zione dello Stato. N�, infine, vi � possibilit� alcuna di conflitto tr~ il 

Ministero del Tesoro e la Direzione generale degli Istituti di Previdenza, 

avendo questa una mera funzione di rappresentanza esterna delle sin


gole casse e di gestione, in esecuzione delle deliberazioni del Consiglio 

di Amministrazione. Un eventuale contrasto tra il Consiglio di Ammi


nistrazione, la Direzione generale degli istituti di Previdenza e le re


stanti Direzioni generali del Ministero del Tesoro o altri uffici della 

amministrazione statale, non pu� che essere � interno � e, quindi, essere 

risolto o dal Ministro del Tesoro quale superiore gerarchico diretto, 

ovvero dal Consiglio dei Ministri a norma dell'art. 1, n. 8, del r.d. 

14 novembre 1901, n. 466, sulle attribuzioni del Consiglio dei Ministri. 
Da ci� discende che la Direzione generale degli Istituti di Previdenza 
pu� agire in giudizio come rappresentante delle singole casse, 
specificando di volta in volta di quale cassa trattasi; che essa in tal 
caso agisce come organo dello Stato, al quale la legge ha attribuito la 
funzione di amministratore della gestione delle singole casse e non come 
loro organo; di conseguenza fa detta Direzione Generale non pu� far 
�valere all'esterno un interesse di amministrazione diverso da quello 

dello Stato, e per esso del Ministero del Tesoro, del quale fa organica


mente parte; l'eventuale conflitto di interessi con altri organi dello Stato 

� un mero conflitto interno, che va risolto dall'Autorit� gerarchicamente 

sopraordinata. 


:368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� evidente,' pertanto, che l'intervento nel presente giudizio della 
Direzione generale degli Istituti di Previdenza � inammissibile, avendo 
�essa -ripetiamo -la capacit� processuale ,a stare in giudizio solo 
nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione dello Stato e non 
pu�, pertanto, rappresentare nel presente giudizio un proprio interesse 
<iiverso da quello del Ministero del Tesoro, n� tanto meno pu� -essere 
considerata, quale rappresentante dell'intera amministrazione del Tesoro. 
Ci� rende superfluo l'esame, richiesto dal Pubblico Ministero, sulla legittimit� 
o meno dell'intervento, sotto il profilo della rappresentanza legale, 
in relazione all'art. 5 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1911. -(Omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. ple.., 29 ottobre 1974, n. 9 -Pres. Vetrano 
-Est. Pezzana -Simoncini (avv. Piccardi) c. Ministero Difesa 
(avv. Stato Cosentino). 

Giustizia amministrativa -Regolamento e applicazione � Lesione non ilmnediata 
-Impugnabilit� con l'atto di applicazione � Bando di chiamata 
alle armi � ~ tale. 

(D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 91). 
Militare � Servizio di leva � Esonero -Stato di bisogno del capo famiglia Elementi 
valutabili. 

I regolamenti e gli atti amministrativi generali, ove non siano im


mediatamente lesivi degli interessi di determinati soggetti, sono impu


gnabili soltanto congiuntamente all'atto che ne fa concreta applicazione: 

pertanto, il bando di chiamata alle armi il quale prevede che ai fini 

della dispensa dal servizio degli ammogliati e dei vedovi con prole si 

debba tener conto anche delle possibilit� economiche dei genitori del


l'arruolato � della moglie, va impugnato con l'atto applicativo dello stes


so, che si concreta nel provvedimento di concessione ,o diniego della 

dispensa (1). 

La valutazione degli estremi dello stato di bisogno determinato dalla 
partenza del capo famiglia per il servizio di leva va effettuata tenendo 
conto, oltre che della perdita dei redditi da lavoro subordinato o da 
attivit� professionali e imprenditoriali, anche dei redditi di qualsiasi 
natura della moglie dell'interessato e dell'apporto delle rispettive famiglie, 
purch�, tuttavia, quest'ultimo sia gi� concretamente in atto: illegittimamente, 
pertanto, l'Amministrazione prende in considerazione, per 
negare al chiamato la dispensa, diritti di credito non liquidi ed esigibili 
come quelli previsti dall'art. 148, secorimo comma e.e. e 433, n. 3 e 

n. 5 e.e., senza attendere che agli obblighi di assistenza suddetta sia 
dato adempimento (2). 
(1) Giurisprudenza consolidata; vedasi da ultimo Sez. VI 31 maggio 
1974, n. 202, Il Consiglio di Stato 1974, I, 821; in generale: DE TARANTO A., 
L'impugnazione delle norme regolamentari, Amm. it., 1973, 925. 
(2) Cfr. Sez. V, 24 maggio 1974, n. 336, ivi, 1974, I, ,773. 

370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 260 -Pres. 'Aru Est. 
Buscemo -Soc. S.A.I. ed altre (avv. Sorrentino) c. Ministero 
Industria, Commercio e Artigianato (avv. Stato Imponente). 

Circolazione stradale -Assicurazione obbligatoria � Vigilanza ministeriale 

ex art. 14 I. 24 dicembre 1969, n. 990 -Accertamento preventivo � Le� 

gittimit�. 

(Art. 14 I. 24 dicembre 1969, n. 990). 

La valutazione ministeriale prevista dall'art. 14 della l. 24 dicembre 
1969, n. 890 'Pa esercitata sulla base di quanto risultante dalla rilevazione 
statistica annuale dei rischi assunti dalle Imprese, dei sinistri 
occorsi, nonch� di ogni altro elemento utile alla conoscenza dell'anda-� 
mento dell'assicurazione per la responsabilit� civile; la detta norma, tuttavia, 
avendo per fine l'elaborazione delle future tariffe, deve necessariamente 
giovarsi di previsioni che, ancorch� basate sui dati del passato, 
debbono permettere il calcolo del premio occorrente per coprire il rischio 
della situazione futura (1). 

La possibilit� per l'Amministrazione di richiedere alle Imprese assicuratrici 
la modifica delle tariffe � subordinata al dato oggettivo della 
variazione dei rischi e alla ritenuta alterazione dell'equilibrio tra la 
massa dei premi e il presumibile ammontare dei sinistri e delle relative 
spese; � illegittimo, in conseguenza, per difetto di istrutt<?ria il provvedimento 
concernente le nuove tariffe per l'assicurazione della responsabilit� 
civile per gli autoveicoli, ove risulti valutata la sola riduzione 
della frequenza annuale dei rischi sulla base del divieto di circolazione 
nei gior.ni festivi disposto dal governo nel 1973 e non sia stato contemporaneamente 
accertato il costo medio dei sinistri nei giorni festivi secondo 
i valori correnti al momento del loro verificarsi (2). 

(1-2) La massima in esame costituisce iaipplicazione delilia consoilidiata 
giurispruderraa iin ordine aMa 'congruit� 1e sufficienzia idel!J.'!istr'Uittcxrira. .che 
deve necessariamente precedere l'emanazione di provvedimenti. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 267 -Pres. 
Aru -Est. Sardo -Mancusi (avv. D'Abbiero) c. Ministero P.I. e 
Mercurio (avv. D'Agostino). 

Impiego pubblico � Consiglio di amministrazione � Composizione � Parte� 
cipazione del Presidente del Consiglio superiore � Finalit� � Coinci� 
denza con la persona del Ministro. 

(T.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146, lett. C). 
j 

~ilif:tftrffif:f:Wff!fffffs%1:%f&ff'fff1Ifilffilff1fmiKf%f:Efffffi%01ItWffifilifff'Eififfil@ffifJilifrfffffi1fffitfiff%f@fffffiifillltffiff!I1 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 371 

Impiego pubblico � Consiglio di amministrazione � Presidenza � Delega a 

Sottosegretario � Funzioni di Presidente del Consiglio superiore � Sono 

comprese nella delega. 

Impiego pubblico � Trasferimento di sedi di ufl�ci � Non spetta al Consiglio 
di amministrazione � Tutela giurisdizionale � ~ ammissibile. 

Impiego pubblico � Sedi di ufl�ci � Diversa allocazione nell'ambito dello 
stesso Comune � Insindacabilit�. 

In base all'art. 146, lett. c del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 � disposta 
la presenza nel Consiglio di amministrazione di un Ministero del 
Presidente nel relativo Consiglio superiore: e ci� non tanto per fini di 
composizione numerica, ma per assicurare che attraverso la per~ona del 
suo Presidente il Consiglio superiore possa esprimersi nelle materie in 
trattazione nel Consiglio di amministrazione, risultato quest'ultimo che 
ricorre sempre quando coincidono nella persona del Ministro le funzioni 
di Presidente del Consiglio di amministrazione e del Consiglio superiore 
(1). 

Nella delega al Sottosegretario della presidenza del Consiglio di amministrazione 
devono ricompren,dersi tutte le funzioni inerenti alla circostanza, 
al compito ed alla sede e, in conseguenza, anche di c;1uella di 
Presidente del Consiglio superiore (2). 

Il trasferimento della sede di un ufficio attiene al potere dispositivo 
dell'Aministrazione nella sua strutturazione organica e non rientra, come 
tale, nelle attribuzioni del Consiglio di amministrazione, che c�nosce dei 
soli trasferimenti degli impiegati secondo quanto stabilito dall'art. 32 del 

t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; il provvedimento di disposizione organizzativa 
di cui sopra, peraltro, pu� formare oggetto di impugnativa dinanzi al 
giudice amministrativo, ove sia produttivo di lesioni di interessi legittimi 
(3). 

La diversa collocazione di uffici nell'ambito dello stesso Comune 

attiene al potere di strutturazione organizzativa funzionale della P.A. ed 

il relativo procedimento, pertanto, involgendo questioni di merito, non 

� censurabile in sede di legittimit� (4). 

(1) Cfr. Sez. VI 24 gennaio 1969, n. 7, Il Consiglio di Stato 1969, I, 50. 
(2) Giurisprudenza costante. , 
(3-4) Cfr. Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 636, ivi, 1967, p. 2213; Sez. IV 
15 marzo 1967, n. 92, ivi, 393. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 628 -Pres. De 
Capua -Est. Pignataro -Bussi (aV'V.ti De Cesaris E. e M.) c. Ministeri 
Affari Esteri e Tesoro (avv. Stato Terranova). 

Contabilit� generale dello Stato � Stanziamento di fondi dipendente da 
estensione di giudicato � Avviso negativo del Ministero del Tesoro � 
Impugnabilit� � Non sussiste. 

La risposta data dal Ministero del Tesoro ad altra Amministrazione 
in ordine allo stanziamento di fondi occorrenti per l'estensione del giudicato 
a dipendenti diversi dai ricorrenti va qualificata come atto interno, 
non eccedente l'ambito dei rapporti interorganici della P.A.: � inammis


. sibile, pertanto, il proposto ricorso giurisdizionale contro lo stesso atto 
di per s� inidoneo a ledere interessi. 

(1) Massima da condividere quale applicazione di principi g.enerali in 
tema di impugnabilit� dell'atto amministrativo: cfr. Sez. IV, 21 aprile 
1970, n. 311, in Il Consiglio di Stato, 1970, I, 311; Sez. VI 14 luglio 1967, 
n. 551, ivi, 1967, I 1496; Sez. VI 10 gennaio 1967, n. 10, ivi, I; 43. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 648 -Pres. Uccellatore 
-Est. !annotta -Marini (avv.ti D'Amato e Scognamiglio) c. 
Presidenza Consiglio Ministro e C.N.R. (avv. Stato Cosentino). 

Impiego pubblico � Dipendenti C.N.R. non di ruolo � Rapporti a termine 
prorogabili pi� volte � Legittimit�. 

(D.l. Igt. 1 marzo 1945, n. 82, art. 17; I. 18 aprii.e 1962, n. 230). 
.Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Divieto di � reformatio 
in pejus � � Concessione di assegno personale � Legittimit�. 

L'art. 17 del d.l. lgt. 1� marzo 1945, n. 82, che con normativa speciale 
disciplina i rapporti tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche e 
gli impiegati non di ruolo, non pu� ritenersi abrogato dalla l. 18 aprile 
1962, n. 230, avente contenuto generale: �, pertanto, legittima l'instaurazione 
di un rapporto di servizio a tempo determinato tra il C.N.R. ed 
il personale tecnico scientifico dei laboratori, che � prorogabile pi� di 
una volta senza che si trasformi a tempo indeterminato (1). 

Non sussiste violazione del principio del divieto di reformatio in 
pejus quando sia corrisposto al dipendente un assegno ad personam pari 
alla differenza tra le due retribuzioni. 

(1) Cfr. Sez. V 7 dicembre 1971 n. 1455, Il Consiglio di Stato 1971, I, 
2462; Sez. VI 26 ottobre 1971, n. 785, ivi, I, 1944. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 373 

CONSIGLIO Dl STATO, Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 661 -Pres. De 
Capua -Est. Carbone -Mazzoncini (avv. Guarino) c. Ministero Tesoro 
(avv. Stato Consentino). 

Impiego pubblico � Costituzione del rapporto � Requisito della buona condotta 
-Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con 
costante qualifica di ottimo � Ritenuta esclusione del requisito � Illogicit� 
� ex se � � Non sussiste. 

Impiego pubblico -Costituzione del rapporto � Requisito della buona condotta 
-Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con 
costante� qualifica di ottimo � Esclusione del requisito � Contrasto tra 
gli elementi di valutazione � Illegittimit�. 

L'esclusione dalla nomina a qualifica di carriera superiore quale vincitore 
di pubblico concorso non � viziata da illogicit� ex se, allorch� 
l'Amministrazione si sia basata, nell'escludere la sussistenza del requisito 
<],ella buona condotta, su n'l.!ovi diversi dati di valutazione, portando su 
di essi adeguata attenzione (1). 

Illegittimamente viene escluso dalla nomina a qualifica di carriera 
superiore il pubblico dipendente vincitore di pubblico concorso, ove il 
ritenuto difetto del requisito della buona condotta sia tratto esclusivamente 
dai precedenti riferiti dalla Procura della Repubblica, pur constando 
all'Amministrazione, in relazione al pregresso ventennale servizio, 
la costante buona condotta dell'interessato in servizio e fuori e la correlativa 
classifica di ottimo attribuita al medesimo (2). 

(1-2) In generale nella rilevanza del requisito della buona condotta: 
DE TARANTO A., Il certificato di buona condotta nel rappor_to di impiego 
e di lavoro pubblico, Amm. it., 1972, 756. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 842 -P;es. (ff.) 
ed Est. Pezzana -Soc. Officine S.A.I.R.A. (avv.ti Tommasoli, Cacopardo 
e Luparello) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Ferri) 
e I.N.P.S. (avv.ti Mari e Abati). 

Contratti pubblici -Revisione prezzi � Capitolato generale d'appalto � Esclusione 
della revisione � Possibilit� della revisione nel capitolato speciale 
� .Conseguenze in ordine alla posizione giuridica dell'appaltatore. 

Qualora, in deroga all'art. 1664 e.e., il capitolato generale d'appalto 
escluda la revisione dei prezzi in via normale, ma consenta tuttavia che 
il capitolato speciale, i.n caso di ravvisata opportunit�, ne possa prevedere 
la possibilit�, fissando i presupposti, i limiti e le modalit� della 
revisione medesima, e il capitolato speciale effettivamente contenga detta 



374 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

previsione, all'appaltatore � attribuita una posizione giuridica di interesse 
legittimo, con la conseguenza che la Commissione per i ricorsi 
in tema di revisione dei prezzi � l'organo competente a pronunciarsi sulla 

�domanda di revisione proposta dall'appaltatore medesimo, il cui ricorso 
non potr� essere ritenuto inammissibile sulla considerazione che le parti, 
modificando il sistema legale previsto dal d.l. n. 1501 del 1947, abbiano 
trasformato la posizione soggettiva dell'appaltatore: la posizione 
soggettiva dell'appaltatore resta infatti pur sempre quella di interesse 
legittimo, e l'unica conseguenza dell'inserimento della clausola derogatoria 
in �questione � quella di rendere il meccanismo della revisione pi� 
favorevole all'Amministrazione appaltante (1). 

(1) La decisione costituisce una ulteriore conferma del princ1p10 secondo 
il quale la revisione dei prezzi negli appalti di opere pubbliche costituisce 
pur sempre una mera facolt� per la P.A. e pertanto, essendo il potere 
di revisione dettato a tutela di un pubblico interesse, soggetto a valutazione 
discrezionale da parte dell'Amministrazione, la soluzione delle relative controversie 
non pu� che essere affidata ad una procedura amministrativa, che 
trova l'atto terminale in un provvedimento del Ministro dei lavori pubblici: 
infatti la Commissione per i ricorsi presso il Ministero dei lavori pubblici 
� organo competente in via generale a pronunziarsi sulle domande di revisione 
prezzi nei confronti delle pubbliche Amministrazioni, esclusi i casi in 
cui la revisione costituisca un diritto soggettivo. 
Sempre in tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche 
cfr. Sez. IV, 12 luglio 1974 n. 548 in Il Consiglio di Stato, 1974, I, 899 e in 
questa Rassegna, 1974, con nota di commento, attualmente in corso di 
stampa. 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 850 -Pres. De 
Capua -Est. Pignataro -Soc. Italiana Condotte d'acqua (avv.ti Sorrentino, 
Mauceri e Sequi) c. Soc. Ilda Strassera e C. (avv.ti D'Abbiero 
e Pesce) e Ministero interno e Prefetto di Imperia (avv. Stato 
Ferri). 

Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Presupposti � Pronuncia basata 
su elementi diversi dalla circostanza di cui si deduca errore di fatto 
ai fini della revocazione � Inammissibilit� della domanda di revoca


zione � Sussiste. 
Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Presupposti � Fattispecie � Er� 
rore di giudizio � Irrilevanza ai fini della revocazione. 

Ai fini della configurazione dell'errore di fatto che giustifichi la domanda 
di revocazione � necessario che il giudice abbia dichiarato l'esplicita 
esistenza di un atto o documento di causa, laddove tale atto o 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 375 

documento non esiste, oppure ne abbia dichiarato un certo contenuto, 
laddove l'atto o il documento hanno un contenuto opposto; occorre inoltre 
che tra dette supposizioni e la statuizione esista una relazione di 
ca.usa ad effe.tto; ne consegue la inammissibilit� della domanda di revocazione 
con cui si deduce l'errore di fatto su una circostanza non considerata 
dal giudice, in quanto la sentenza � basata su altri e:iementi (1). 

Se sono presenti, in uno stesso documento, due proposizioni in certo 
modo contrastanti, di cui una assertoria e positiva in ordine alle attribuzioni 
specifiche dell'ufficio o deli'organo che ha rilasciato il documento, 
e l'altra ipotetica e dubitativa, collegata solo in modo marginale 
alle attribuzioni medesime, solo la prima proposizione avr� valore, con, 
la conseguenza che, se il giudice trascurer� la seconda, verser� in ipotesi 
in errore di giudizio, ma non in errore di fatto nel senso voluto dall'art. 
395, n. 4, c.p.c. (2). 

II 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 novembre 1974, n. 370 -Pres. Daniele 
-Est. Varino -S.T.E.F.E.R. (avv.ti Ricci del Riccio, G. e L. 
Cavasola e Mezzatesta) c. Soc. ALA ed altre (avv.ti Sorrentino e 
Zammit) e Ministero trasporti ed aviazione civile (avv. Stato Pierantozzi). 


Sentenza � Revocazione � Rapporto con il ricorso per difetto di giurlsdi�
zione � Sospensione del giudizio di revocazione � Esclusione. 

(1-4) Revocazione per errore di fatto nella pi� recente giurisprudenza 
del Consiglio di Stato. 

Le condizioni richieste dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato per 
la sussistenza dell'errore di fatto che d� ingresso al rimedio della revocazione 
possono cos� sintetizzarsi: 1) deve anzitutto trattarsi di un errore 
materiale dei sensi; il giudice, cio�, deve erroneamente aver supposto come 
esistente un fatto la cui verit� risulti incontestabilmente esclusa, ovvero 
supposto come inesistente un fatto la cui verit� risulti incontestabilmente 
accertata; 2) l'errore deve costituire la causa determinante della decisione 
di cui viene chiesta la revocazione, e cio� rispettivamente l'esistenza o l'inesistenza 
del fatto debbono essere state assunte dal giudice come antecedente 
logico della decisione; 3) tale errore deve altresi risultare dagli atti 

o documenti acquisiti nel precedente giudizio al momento della pronuncia 
della sentenza da revocare; 4) infine, il fatto non deve essere stato oggetto 
di controversia e �onseguentemente investito dalla pronuncia; pi� precisamente 
il fatto su cui incide l'errore deve essere pacifico in causa, e cio� 
ammesso o escluso concordemente dalle parti in giudizio. 
In tal senso cfr. Sez. VI, 30 novembre 1960, n. 993, in Foro Amm.vo, 
1961, I, 418; Sez. V, 30 dicembre 1960, n. 1107, in Mass. Amm.vo, 1960, II, 818; 
Sez. V, 21 ottobre 1961, n. 536 in Foro Amm.vo, 1962, I, 238; Sez. VI, 13 dicembre 
1961, n. 1016, in Mass. Amm.vo, 1961, II, 630; Sez. V, 10 marzo 1962, 



376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

frasporto -Trasporti in concessione -Scelta esercenti autoservizi in concessione 
-Procedimento � Motivazione del provvedimento quale condi� 
zione di legittimit�. 

La domanda di revocazione di una decisione giurisdizionale deve 
necessariamente essere decisa dallo $tesso giudice che ha emanato la sentenza; 
pertanto il ricorso in revocazione ha precedenza su quello proposto 
innanzi alla Cassazione per difetto di giurisdizione (3). 

La motivazione del provvedimento con il quale l'Amministrazione 
opera, ai sensi dell'art. 23 l. 28 settembre 1939 n. 1822, in deroga alla 
procedura ordinaria e formale per la scelta degli esercenti di autoservizi 
in concessione, � condizione di legittimit� del provvedimento medesimo. 


III 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1061 -Pres. De 
Capua, Est. Caianiello -Conte (avv. Sorrentino) c. Ministero lavori 
pubblici (avv. Stato Azzariti), Ministero interno (n.c.) e Comune 
di Lecce (n.c.). 

Sentenza -Revocazione -Errore di fatto � Presupposti � Censura diretta 
sostanzialmente ad un errore di diritto � Inammissibilit�. 

n. 232, ivi, 1962, II, 183; Sez. V, 26 maggio 1962, n. 470, ivi, 1962, II, 342; 
Sez. VI, 5 marzo 1965 n. 146 in Foro Amm.vo 1965, I, 2, 379; Sez. V, 3 dicembre 
~965, n. 1077, in Il Consiglio di Stato 1965, I, 2144; Sez. VI, 15 giugno 
1973, n. 278 ivi 1973, I, 1223; Sez. VI, 7 dicembre 1973, 'n. 574 ivi 1973, 
I, 1951. 
L'errore come sopra configurato ricorrer� cos� in tutti i casi in cui la 
decisione si fonda sulla supposizione di un fatto la cui verit� � incontrastabilmente 
esclusa, o sulla esclusione di un fatto la cui esistenza � incontrastabilmente 
accertata: esso riguarder� sempre un punto essenziale e decisivo 
della controversia, nel senso, cio�, che la decisione risulti fondata su 
quell'errore in difetto del quale essa sarebbe stata senz'altro diversa. 

Il giudizio di revocazione consta di due fasi, la fase rescindente e la 

fase rescissoria: nella prima deve essere accertato se effettivamente il mo


tivo di revocazione lamentato rientra fra quelli contemplati dall'art. 395 

c.p.c., ai fini della declaratoria di ammissibilit� del ricorso; nella seconda 

va accertato il fondamento, nel merito, del motivo concretamente addotto. 

Ne consegue che, per l'accoglimento del ricorso per revocazione, non 
basta che il ricorrente dimostri che la decisione impugnata ai sensi dell'art. 
81 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, sostanzialmente identico all'art. 395, n. 4, 
c.p.c., � affetta da errore di fatto (giudizio rescindente), ma dovr� ben pi� 
concretamente offrire la prova che la decisione emanata � ingiusta in quanto 
non potrebbe trovare alcun fondamento all'infuori del motivo erroneamente 
addotto (giudizio rescissorio) (cfr. Sez. V, 14 maggio 1960, n. 360, in 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 377 

Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Annullamento di licenza edilizia � 
Determinazione del momento costitutivo della fattispecie dell'annullamento 
d'ufficio � Censura di diritto � Ammissibilit� della revocazione . 
Preclusione. 

Va pronunciata la inammissibilit� del ricorso per revocazione qualora 
con esso si intenda censurare, sotto il profilo dell'errore di fatto, un 
errore sostanzialmente di giudizio della decisione, come nel caso in cui 
si censuri la mancata ammissione di un mezzo istruttorio al fine di dimo-

Foro Amm.vo, 1960, I, 554; Sez. IV, 12 ottobre 1960 n. 848 in Mass. Amm.vo 
1960, II, 630). 

Ancor pi� esplicita in senso ristrettivo � la Sezione IV in una delle 
decisioni annotate (la 1061/1974), laddove chiarisce che la revocazione � 
ammissibile solo in presenza di un evidente errore dei sensi, � ...cio� quando 
incontrovertibilmente risulti che vi sia stata, per abbaglio, una lettura 
errata degli atti o una materiale ignoranza di quelli esistenti...� (cfr. anche 
Sez. V, 19 dicembre 1972 n. 1101 in Il Consiglio di Stato 1972, I, 2200). 

Anche la giurisprudenza del Supremo Collegio conferma i presupposti 
richiesti dal Consiglio di Stato, in particolare sulla necessit� della presenza 
di una falsa percezione della realt� materiale che abbia determinato il 
giudice a supporre la sussistenza di un fatto che obiettivamente non risulta 
esistente, ovvero a ritenere la insussistenza di un fatto che viceversa, risulti 
accertato, semprech� il fatto medesimo non abbia costituito un punto controverso 
sul quale la sentenza abbia deciso (cfr. Cass. 22 giugno 1971, n. 1967 
in Giust. Civ. Mass., 1971, 1057; Cass. 8 giugno 1973 n. 1660 ivi 1973, 885; 
Cass. 5 luglio 1973, n. 1902 ivi 1973, 1014; Trib. Sup. Acque Pubbliche 28 settembre 
1974, n. 15, in Il Consiglio di Stato 1974, II, 1073). 

Sulla scorta dell'esame di alcune fattispecie concrete nel vasto panorama 
offerto dalla giurisprudenza sembra possa essere senz'altro esclusa 
la ricorrenza degli estremi del ricorso in revocazione per errore di fatto 
nelle seguenti ipotesi: 

a) qualora il giudice, in dipendenza della impostazione giuridica della 
causa, pur avendo avuto esatta percezione di un determinato fatto, lo 
abbia implicitamente ritenuto privo di rilievo; 

b) qualora il ricorrente in revocazione voglia in effetti denunciare 
un vizio configurabile, in ipotesi, come error in judicando e non come 
errore di fatto: � il caso in cui, malgrado le espressioni usate, il ricorrente 
lamenti l'esistenza di un vizio intrinseco del giudizio che il giudice 
deve compiere, anche ex officio, per qualificare l'azione proposta (cfr. Sez. 
IV, 26 ottobre 1973 n. 883 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1282); 

c) qualora il giudice ometta di considerare prove documentali invocate 
dalle parti e proceda ad erronea valutazione delle risultanze processuali; 
in tale ipotesi, infatti, si metterebbero in contestazione in sede di 
giudizio di revocazione questioni di fatto non pacifiche fra le parti, ma 
specificamente controverse in causa, che costituirono oggetto di esplicita 
statuizione da parte della sentenza da revocare (cfr. Sez. IV, 15 gennaio 
1974 n. 67 in Il Consiglio di Stato 1974, I, 38). 

d) qualora la censura dedotta nel ricorso in revocazione non riguardi 
una asserita, inesatta percezione della realt�, ma solo la trama logica delle 
ragioni che hanno determinato il giudice a disattendere le domande del 



378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strare la conoscenza dell'infrazione da parte dell'Amministrazione in 
epoca di molto anteriore ai diciotto mes'i precedenti la emanazione del 
provvedimento di annullamento d'ufficio della licenza edilizia (4). 

La censura rivolta a determinare se il momento costitutivo della 
fattispecie annullamento (ai fini della tempestivit� della adozione del 
relativo provvedimento) vada ricondotto aUa data di emanazione dell'atto 

o a quella della sua efficacia, acquisita con la registrazione della Corte 
dei Conti, e la censura intesa a stabilire se l'efficacia del predetto provvedimento 
debba risalire retroattivamente al momento conclusivo della 
procedura costitutiva o a quello in cui si perfeziona il procedimento di 
controllo, sono entrambe censure che hanno per oggetto questioni di 
diritto e pertanto il ricorso in revocazione sulle medesime basato deve 
essere dichiarato inammissibile. 
ricorrente; essendo la revocazione un rimedio differenziato rispetto all'appello, 
appare fin troppo ovvio che il contenuto sfavorevole della decisione 
risulter� di per s� solo del tutto insufficiente a giustificare il ricorso alla 
revocazione ai fini del riesame della vertenza (cfr; in termini Sez. VI, 
9 febbraio 1973 n. 31 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 237); 

e) qualora l'errore del giudice attenga al procedimento logico di 
interpretazione di una norma: � questa una ipotesi molto affine all'erroneo 
.procedimento logico in ordine alla interpretazione e all'apprezzamento 
degli atti e delle risultanze di causa; 

f) qualora il ricorrente in revocazione lamenti che il giudice amministrativo 
abbia ritenuto, nella decisione revocanda, di concedere ad altra 
parte che propose tardivamente il ricorso, il beneficio dell'errore scusabile, 
anche se le circostanze di fatto non erano idonee ad integrare le condizioni 
prescritte per la concessione di detto beneficio e il conseguente 
ragionamento seguito dal giudice risulti pertanto viziato: anche in tale 
ipotesi potrebbe configurarsi solo un errar in judicando, non denunciabile 
con il rimedio straordinario della revocazione (cfr. Sez. VI, 15 giugno 
1973 n. 275 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1222). 

Un significativo esempio di ricorso in revocazione dichiarato invece 
pienamente ammissibile si rinviene nella decisione n. 490/1973 della Sez. 
VI (in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1730) che comprende nel rimedio in 
esame la mancata percezione, da parte del giudice, che ha emanato la 
sentenza revocanda, di una situazione di fatto che risulti accertata incontrovertibilmente 
da una espressa determinazione legislativa, quale lo stato 
di guerra in un paese straniero nel quale erano state inviate truppe italiane 
sotto l'egida dell'O.N.U., rientrando detta situazione di fatto quale 
componente necessaria della fattispecie dedotta in controversia. 

Giova, infine, ricordare che la disciplina della revocazione per errore 

di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c. � stata recepita senza alcuna modificazione 

dall'art. 28 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei Tribunali 

Amministrativi Regionali (cfr. in dottrina SEPE-PEs, Le nuove leggi di 

giustizia amministrativa, Milano, Giuffr�, 1972, 327 e sgg.; SANDULLI, I 

Tribunali Ammini:lltrativi Regionali, Napoli, Jovene, 1972, 77). 

RAFFAELE TAMIOZZO 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 379 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 novembre 1974, .n. 884 -Pres. Uc~ 
cellatore -Est. Schinaia -Comune di Bollate (avv. Locati) c. Prefetto 
di Milano (avv. Stato Siconolfi) e Soc. I.C.E.B. (n.c.). 

Comune � Autorizzazione prefettizia per acquisti immobiliari � Diniego � Ricorso 
del Comune � Legittimazione passiva del Prefetto � Sussiste. 

Comune � Autorizzazione a stare in giudizio � Legittimazione passiva del 
Prefetto in un ricorso avverso un suo provvedimento � Necessit� della 
autorizzazione ministeriale � Non sussiste. 

Enti pubblici � Acquisti immobiliari � Finalit� della autorizzazione ai sensi 
della L. n. 218 del 1896 � Diniego di autorizzazione � Fattispecie � Legittimit�. 


Comune -Autorizzazione ad acquisti immobiliari -Edificio abusivo -Diniego 
del Prefetto sul presupposto che l'acquisto � nullo per mancanza 
del prezzo. 

Comune � Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari -Prezzo irrisorio 
� Cessione come contropartita della sanatoria concessa alla costruzione 
� Diniego alla autorizzazione � Incensurabilit� in sede di 
legittimit�. 

I 

Comune � Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari � Inesistenza 
di un termine per la pronuncia. 

Nel processo amministrativo instaurato da un Comune avverso il 
diniego della autorizzazione prefettizia aZl'acquisto di un complesso im, 
mobiliare il Prefetto � parte necessaria e pertanto titolare della legit


timazione passiva (1). 

(l-5) Autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari. 

L'autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari da parte di enti 
pubblici � un istituto rivolto essenzia1mente alla prevenzione della manomorta; 
essa costituisce uno dei casi per i quali � ammesso ricorso anche 
per motivi di merito, in quanto prevista da una legge speciale (art. 3 

L. 21 giugno 1896 n. 218), cui fa espresso richiamo il n. 17 dell'art. 27 
T.U. 26 giugno 1924 n. 1054; attua1mente la cognizione in primo grado 
del ricorso � deferita ai T.A.R. ai sensi dell'art. 7, 1� comma, L. 6 dicembre 
1971 n. 1034 (cfr. SANDULLI, I Tribunali Ammini$trativi Regionali, 
Napoli, Jovene, 1972, 35 e sgg.). 
Il provvedimento in questione non � in realt� una vera e propria 
autorizzazione, ma un � atto di assenso non necessariamente preventivo 
e cio� un atto del tipo delle approvazioni� (cfr. SANDULLI, Manuale di 
diritto amministrativo, Napoli, Jovene 1971, 500). 

Poich� la giurisdizione di merito del Consiglio di Stato ha carattere 
speCiale e pu� essere esercitata solo nei casi tassativamente indicati 



380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non sussiste aleuna norma che imponga al Prefetto di chiedere la 

autorizzazione del Ministro dell'interno per resistere al ricorso proposto 

da un Comune contro un suo provvedimento definitivo (2). 

In relazione agli artt. 5 e 128 Cost., la l. 21 giugno 1896 n. 218, 

va interpretata nel senso di conferire al Prefetto un vero controllo di 

merito ai fini del rilascio dell'autorizzazione per gli acquisti di beni im


mobili da parte di Enti pubblici: ci� al duplice scopo di evitare l'ecces


sivo concentramento della ricchezza posseduta dalle persone giuridiche 

(c.d. manomorta) e di evitare altresi, quando si tratti di acquisti a titolo 
gratuito, che i donanti compiano inconsiderate elargizioni, ovvero, nel 
caso di acquisti a titolo oneroso, che l'interesse patrimoniale della persona 
giuridica subisca pregiudizi (anche sotto il profilo che la situazione 
si prospetti litigiosa e perci� fonte di probabili spese e danni per 
l'Ente morale). � pertanto legittimo il diniego alla autorizzazione all'acquisto 
di immobili per nullit� del contratto di compravendita in relazione 
alla mancanza del requisito essenziale del prezzo (3). 
Qualora il Prefetto abbia ritenuto che contropartita della acquisizione 
sia stata la regolarizzazione in sanatoria concessa dal Sindaco alla 

dal citato art. 27 e dalle leggi generali e speciali che la prevedono, essa 
trover� applicazione solo nei confronti dei provvedimenti di autorizzazione 
agli acquisti di Provincie, Comuni e Istituzioni pubbliche di beneficenza, 
non gi� per acquisti effettuati da altri enti (cfr. Sez. V, 2 aprile 
1966 n. 535 in Giur. It. 1967, III, 403; in dottrina vedi ALESSI, Sull'ammissibilit� 
di donazioni da parte di enti pubblici, Giur. Cass. Civ. 1947, 
480; GoLDA PERINI, La funzione attuale delle autorizzazioni agli acquisti 
delle persone giuridiche, Temi 1961, 444). 

I decreti del Prefetto, emessi a norma degli artt. 1 e 2 della legge 
218/1896, richiamata anche dall'art. 21 del D.P.R. 19 agosto 1954 n. 968, 
sono provvedimenti definitivi. , 

Essi sono richiesti anche per gli atti dei Comuni con i quali vengono 
deliberati acquisti di aree ai sensi dell'art. 13 L. 5 marzo 1963 n. 246, 
acquisti che costituiscono il presupposto necessario per l'eventuale, ulteriore 
procedimento di espropriazione (cfr. Sez. V, 21 aprile 1967 n. 296 in 
Foro Amm.vo 1967, I, 2, 526). 

L'indagine del Prefetto ai ~ini della autorizzazione non si dirige solo 
all'accertamento dell'eventuale pericolo di eccessiva immobilizzazione di 
beni; essa pu� pertanto essere negata anche qualora l'acquisto da parte 
dell'ente non giovi al conseguimento dello scopo, o qualora il disponente 
abbia nuociuto agli interessi dei successibili ex lege, o qualora, infine, 
l'interesse patrimoniale della persona giuridica possa subire comunque pregiudizi, 
sia pure solo sotto il profilo del rischio di dover affrontare controversie 
giudiziarie connesse alla eventuale inesistenza o illiceit� della 
causa del negozio di acquisto, come nel caso esaminato dalla sentenza 
che si annota e che costituisce puntuale, esatta applicazione dei principi 
che disciplinano la materia. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 381 

costruzione, e pertanto abbia negato la autorizzazione all'acquisto, la 
valutazione di merito dal medesimo operata non � censurabile in sede 
di legittimit� (4). 

In relazione alla legge 21 giugno 1896 n. 218 e al relativo regolamento, 
non risulta prescritto alcun termine perentorio al Prefetto che 
debba pronunciarsi sulla richiesta di un Comune per l'autorizzazione all'acquisto 
di beni immobili (5). 

Si segnalano, anche per altri aspetti collegati alla autorizzazione alla 
accettazione di lasciti e donazioni, le seguenti decisioni: Sez. IV, 31 dicembre 
1952 n. 1477 in Il Consiglio di Stato 1952, I, 1642; Sez. V, 1� giugno 
1963 n. 354 in Foro Amm.vo 1963, I, 2, 946; Sez. V, 11 novembre 1966 

n. 1384 ivi 1966, I, 2, 1860; Sez. V, 28 marzo 1969 n. 249 in Il Consiglio 
di Stato 1969, I, 384. 
RAFFAELE TAMIOZZO 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, 8 gennaio 1975, n. 40 -Pres. Giannattasio Est. 
Valore -P. M. Albanese (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Corsini) c. _Carrara (avv. Leali). 

Imposte e tasse in genere � Rapporti tra giudizio innanzi alle Commissioni 
e azione ordinaria � Termine � Decisione definitiva di commissione � 
Impugnazione inammissibile � Non impedisce il passaggio in giudicato 
� lstanza di revocazione contro decisione di primo grado � Inammissibilit�. 


(D.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146; 
c.p.c. art. .395). 
Imposte e tasse in genere � Rapporto tra giudizio innanzi alle Commissioni 
e azione ordinaria � Vizi del-procedimento che violano il diritto sog� 
gettivo � Deducibilit� � Limiti � Fattispecie. 

(L. 20 marzo 1865, n 2248, all. E, art. 2). 
L'azione in sede ordinaria che (a differenza del ricorso per Cassazione 
e del ricorso al tribunale per difetto di calcolo od errore di apprezzamento) 
non � una prosecuzione in fase di gravame del giudizio innanzi 
alle Commissioni, pu� riguardare soltanto la legittimit� sostanziale della 
pretesa tributaria, senza potersi estendere alla legittimit� formale del 

. procedimento (errores in procedendo), salva l'ipotesi di vizi tanto gravi 
da rendere inesistente la decisione. Tuttavia l'azione autonoma innanzi 
all'A.G.O. � soggetta al termine di sei mesi dalla notifica della decisione 
amministrativa che chiude la fase del procedimento innanzi al giudice 
speciale, termine che non � fatto salvo dalla proposizione di una impu.
gnazione inammissibile perch� non consentita o proposta dopo la scadenza 
del termine; conseguentemente non impedisce la decadenza la 
proposizione della domanda di revocazione contro la decisione della Commissione 
provinciale delle imposte su questioni di diritto che � pronunciata 
in prima istanza, non essendo il rimedio della revocazione consentito 
contro le decisioni suscettibili di appello (art. 395 c.p.c.) (1). 

(1-2) Decisione di molto interesse che, oltre a riconfermare concetti 
noti, approfondisce il problema dei rapporti tra giudizio innanzi al giudice 
speciale tributario e azione ordinaria. Sul principio dell'autonomia delle 
due giurisdizioni e la conseguente indeducibilit� innanzi all'A.G.O. dei vizi 
del procedimento la giurisprudenza. � fermissima; solo quando la decisione 
� inesistente (Cass. 1� marzo 1971 n. 515, in questa Rassegna 1971, I, 643) 
� possibile, salve le preclusioni processuali, eccepire innanzi all'A.G.O. non 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 383 

L'eccezionale e limitatissima possibilit� di dedurre innanzi ctU'A.G.O. 
i vizi del procedimento che violano il diritto soggettivo del contribuente 
a non subire imposizioni contrarie alla legge, pu� ammettersi solo quando 
la lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio di altra azione 
giudiziaTia; 1di conseguenza, nel caso di decisione della Commissione 
Centrale che, in mancanza di impugnazione, dichiara inammissibile il 
ricorso per revocazione contro la decisione di commissione provinciale, 
non � possibile dedurre innanzi all' A.G.O. il vizio di ultrapetizione della 
decisione della Commissione Centrale perch� questa poteva essere impugnata 
con ricorso per cassazione (2). 

(Omissis). -Con i diue mezzi del ir1corso, che aippare OIPIPOII'tuno 
esaim.inare congiuntaimente perich� 1connesSli, l'Almministrazione ir1corrente 
denUJIJ1ciando la violaZlione dell'art. 29 ir,d,1. 7 agosto 1936 n. 1639; 146 

r.d. 30 dfucembre 1923 n. 3269; 2909 e 2966 e.e;, 50, 161, 329 e 112 c.p.1c. 
sootiiene Clh.e la decl�:S�.one 1� marzo 11962 dlella COlmllll�.SlSione Provinciale 
delle imposte dli Pistoia � 1diivenuta definitiva per effetto della mancata 
tempestiva im(pu:gooZlione dinamrl. alla Coonmiissione Centrale, quale giudtcie 
dii 1secondo igirado. La defin.itiviit'� di tale decisione, aggiUl!JJge, non � 
stata ;iimpedlita incfaitti dal ricOl'ISo iper irevocaZlione, inammissd.ibile contro 
una decisione ISUtSICettLbile dli appello. Devono, quindli, irltenerLSli tarrdivi 
sia il lcioomo alla Commissione Centrale, ISlia l"azione [plrO[pO'Sta dinanzi 
al giudl1ce ordinario. Errroneaimente, pertanto, la Corte di AJPpello ha 
ritenuto dli potexe esaminarr�e il merito della controveirSJia con [patente 
violaZlione �lel giud1cato esterno. 
tanto il vizio ma appunto l'inesistenza del procedimento innanzi alle Commissioni, 
mentre � sempre preclusa la censurabilit� degli errores in procedendo 
(e fra questi l'incompetenza) anche se di particolare gravit�, come 
la reformatio in peius senza impugnazione (Cass., 30 ottobre 1974, n. 3314, 
ivi, 1975, I, 187). 

� del pari pacifico che il termine di sei mesi dell'art. 146 della legge 
di registro, decorso il quale il giudicato che si forma preclude la proposizione 
di ogni altra azione, non pu� esser fatto salvo dalla proposizione 
di un gravame inammissibile o perch� intempestivo o perch� non esistente 
nel sistema (come il ricorso in terza istanza alla Commissione Centrale 
contro la decisione della Commissione provinciale di valutazione : Cass. 25 
maggio 1971 n. 1537, ivi, 1971, I, 1093). Esattissima � quindi la affermazione 
che non vale ad impedire il decorso del termine la istanza di revocazione, 
evidentemente inammissibile (art. 395 c.p.c.), proposta contro la 
decisione della Commissione provinciale per le questioni di diritto pronunciata 
in prima istanza e quindi suscettibile di appello alla Commissione 
Centrale. 

Pi� difficoltoso � l'argomento toccato con la seconda massima. In passato, 
con non sufficiente approfondimento, era stato affermato che potessero 
denunciarsi innanzi all'A.G.O. i vizi del procedimento innanzi alle 
Commissioni che comportano la lesione del diritto soggettivo del contri




384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Deduce altresi che il giudice ordinario pu� conoscere solo della legittimit� 
sostanziale della pretesa tributaria e non degli errores in procedendo 
del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria (salvo il ricorso 
ai sensi dell'art. 111 della Costituzione) e che, in ogni caso, non 
ricorreva una delle ipotesi eccezionali, nelle quali la lesione di diritto 
causata da un errore in procedendo, legittimerebbe, secondo una corrente 
giurisprudenziale, l'intervento del giudice ordinario. 

Le censure son� fondate. 

Non � 1SU:Perfl.uo rkordare .che � orimad (pacifico il !(l['incipio second'.o 
il quale il giudizio innanzi alle Commissioni e quello innanzi all'Autorit� 
giudiziaria ordinaria sono strutturalmente autonomi si che l'azione 
ordinaria non � una prosecuzione, e tanto meno in fase di gravame, di 
quella innanzi al giud~ce speciale, consistendo, invero, nella riproposizione 
ex novo ed in via autonoma della domanda. 

Rappresenta, invece, una prosecuzione, in grado di impugnazione, 
del procedimento innanzi al giudice speciale, il ricorso per Cassazione 
contro le decisioni della Commissione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, 
ricorso che, in quanto prosecuzione del procedimento speciale 
tributario si pone in rapporto di autonomia rispetto alla azione innanzi 
all'Autodt� giudiziaria in primo grado. Ma, poich�, non � ammissibile 
che la Corte di Cassazione eserciti un duplice sindacato di legittimit� 
sulla stessa controversia, le due forme di tutela non sono cumulabili. 

buente ?-che l'accertamento del suo obbligo abbia luogo secondo le norme 
dettate dalla Legge, qUJando, come dn materia di estimazione :sempilice, detta 
lesione non possa essere altrimenti portata alla cognizione del giudice 
ordinario; per sostenere questa affermazione si invocava l'art. 2 della legge 
di abolizione del contenzioso amministrativo (Cass. 13 marzo 1970 n. 641, 
ivi, 1970, I, 436 con nota critica di C. BAFILE e precedenti citati). 

Una tale affermazione, che contraddiceva alla natura giurisdizionale 
delle commissioni, non poteva essere accettata; se il giudice ordinario non 
ha in determinate materie giurisdizione di merito � assai poco logico attribuirgli 
una giurisdizione sul controllo dei vizi del procedimento sulle decisioni 
emesse dalle Commissioni in quelle stesse materie, quando per la 
censura dei vizi del procedimento esistono validi rimedi. 

Tuttavia questi precedimti hanno lasciato una traccia nell'orientamento 
della giurisprudenza (e se ne trova un esempio nella sentenza in rassegna), 
sebbene nella sostanza si sia esclusa l'ammissibilit� di un controllo da parte 
dell'A.G.O. degli errores in procedendo. 

Con la sentenza 20 ottobre 1974 n. 3314 citata, � stato esattamente 
precisato che il vizio del procedimento, avente consistenza di diritto. soggettivo, 
deducibile innanzi all'A.G.O., deve essere sorto nella fase amministrativa 
anteriore al procedimento contenzioso e deve incidere sulla validit� 
di un requisito sostanziale dell'imposizione; in nessun caso possono 
essere denunciati i vizi del procedimento contenzioso riparabili con i normali 
mezzi di impugnazione; cosi, ad esempio, � consentito (ovviamente 
ad ambedue le parti) far dichiarare dal giudice ordinario che l'obbliga




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 385 

Di norma, la domanda innanzi al giudice ordinario pu� riguardare 
la sola legittimit� sostanziale della pretesa tributaria, senza potersi estendere 
alla legittimit� formale del procedimento tributario; i c.d. errores 
in procedendo, quindi, non possono essere dedotti innanzi all'Autorit� 
gil;ldiziaria ordinaria (che non ha il potere di annullare la decisione del 
giudice speciale tributario, ma unicamente quello di dichiarare inoperativo 
di effetti, nella sfera del contribuente, l'atto di imposizione). 

Questa 1SU1Pirema Corte ha avuto, per�, 1Pi� volte occasione dti. affermare 
(Cass. n. 1923 del 1972, _641 del 1970, t2175 del 1969, ecc.) che 
resta salva l'ipotesi estrema in cui l'irregolarit� del procedimento innanzi 
alle Commissioni tributarie sia tale da rendere inesistente la decisione, 
ovvero quella in cui i vizi di esso ledano i diritti soggettivi delle parti, 
come pu� avvenire quando la questione sostanziale risolta nel giudizio 
avanti le Commissioni sia preclusa all'esame dell'A.G.O. 

Eccettuati tali casi particolari, i vizi in procedendo possono essere 
denunziati alla Corte di Cassazione solo a mezzo del ricorso ex art. 111 
citato. 

L'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936, dopo aver disposto che le Commissioni 
distrettuali e quelle provinciali sono competenti, rispettivamente, 
in primo e secondo grado a decidere le controversie concernenti la 
determinazione del valore in materia di imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza (secondo comma) e che il giudizio delle Commissioni 
Provinciali sulle questioni concernenti la determinazione del valore 

zione di imposta era stata definitivamente accertata nella fase ammm1strativa 
e non poteva essere pronunciata la decisione che ha modificato un 
accertamento irretrattabile (Cass. 22 settembre 1969 n. 3120, ivi, 1969, I, 
1132), ovvero che il procedimento amministrativo � inesistente a causa di 
un vizio che condiziona negativamente il potere di imposizione; non deve 
per� trattarsi di una semplice irregolarit� (contra Cass. 29 ottobre 1974, 

n. 3254, ivi, 1975, I, 183). 
La sentenza ora intervenuta, pur riallacciandosi con qualche esitazione 
ai precedenti meno recenti di cui si � detto, opportunamente precisa che 
non pu� minimamente invocarsi l'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 
all. E con riferimento alle decisioni delle Commissioni, senza con ci� negare 
la loro natura giurisdizionale. Su queste premesse � ineccepibile la soluzione 
del singolare caso deciso: dopo che la decisione della Commissione 
provinciale adita in sede di revocazione aveva ritenuto ammissibile l'istanza, 
la Commissione Centrale, mancando una impugnazione sul punto, non 
avrebbe potuto dichiarare inammissibile l'istanza di revocazione; tuttavia 
questa erronea pronunzia della Commissione Centrale poteva essere oggetto 
di ricorso per cassazione e di conseguenza non era possibile denunciarne 
il vizio con l'azione ordinaria. La questione poteva per� essere risolta pi� 
a monte, negando radicalmente la� deducibilit� dei vizi del procedimento 
contenzioso, e in genere di quelle irregolarit� che non si traducono in 
un difetto del potere di imposizione. 



.386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� definitivo, salvo ricorso alla Autorit� giudiziaria per grave ed evidente 
�errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo 
nella determinazione del valore (terzo comma), prescrive che tutte le 
altre controversie, nella materia de qua, relative all'applicazione della 
legge sono decise in primo grado dalla Commissione provinciale ed in 
.secondo grado dalla Commissione centrale, salvo il ricorso all'Autorit� 
giudiziaria nei modi e nei termini� stabiliti dalle vigenti leggi. 

L'art. 146 della legge di registro, poi, fissa in sei mesi il termine 
per ricorrere ali'Autorit� giudiziaria in tutte le controversie che abbiano 
formato oggetto di decisione amministrativa e stabilisce che il termine 
.suddetto decorre in ogni caso dalla notificazione della decisione amministrativa, 
e cio� di quella decisione che chiude la fase del procedimento 
innanzi al giudice speciale; tale � la decisione che, o perch� non impugnata 
dalla parte o definitiva per sua natura, � l'ultima pronuncia possibile 
dinanzi a quella giurisdizione. Pertanto una ulteriore impugnazione 
non consentita contro la decisione definitiva, al pari di up.a impugnazione 
intempestiva proposta dopo la scadenza del termine non impedisce 
che decorra e si maturi il termine semestrale per l'azione innanzi 
.aU'A.G.O. 

Va aggiunto che la locuzione �in ogni caso�, contenuta nel citato 
.art. 146, � stata interpretata (Cass. 26 ottobre 1970 n. 2.158; 25 giugno 
1966 n. 1617), nel senso che il contenuto della decisione � irrilevante 
.agli effetti della decorrenza del termine, per cui anche una controversia 
che Sii !l"ilSlolva in un.a decisione di 1ccmtenuto meramente IPI'Ocessuale pu�, 
normalmente, essere idonea condizione dilatoria della decorrenza del termine 
prescritto per l'azione giudiziaria. 

Ci� premesso e puntualizzato che il ricorso dei Carrara era stato 
respinto dalla Commissione Provinciale con decisione 1� marzo 1962, 
notificata il 21 settembre successivo a Tullio e Giuliano Carrara ed il 
29 dello stesso mese a Mario Carrara e che il gravame proposto, avverso 
tale decisione, alla Commissione Centrale il 14 ottobre 1963 era palesemente 
inammissibile perch� fuori termine come la Commissione centrale 
ha ritenuto e la stessa Corte fiorentina ha riconosciuto, onde la 
.deciSl:ione della Ccmunissione PrOV'inciale doveva consideral1si defindtiva, 
il quesito che si prospettava, ed al quale la corte del merito ha dato 
risposta positiva, era se il ricorso in revocazione fosse o meno impeditivo 
della definitivit�. 

Ora, come esattamente rileva la ricorrente, la decadenza � impedita 
;Solo dal compimento dell'atto previsto dalla legge, e cio� di un atto 
.astrattamente ammissibile, anche se irrituale, e non dal decorso del termine 
assegnato per il suo esperimento. Nella specie, la definitivit� sarebbe 
stata impedita dalla proposizione dei mezzi co;nsentiti, quali la domanda 
autonoma al giudice ordinario, ai sensi dell'ultimo comma del



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 

l'art. 29 del r.d.l. n. 1639 del 1936, o il ricorso in appello alla Commissione 
Centrale previsto dall'art. 45 del r.d.l. 8 luglio 1937 n. 1:516. 

Detti mezzi non sono stati sperimentati e si �, invece, po.sto in essere 
un atto atipico ed abnorme, quale il ricorso per revocazione alla stessa 
CommiJSsione Hrovinciale, dcorso 1ch�, ammiss!iibile come rimedio dJi carattere 
generale nel procedimento davanti alle varie Commissioni tributarie, 
� regolato dalle norme del codice di procedura civile, onde non 
� consentito proporlo contro sentenze pronunciate in primo grado e 
suscettibili di appello (art. 395 c.p.c.), quale era la decisione di cui 
si discute. 

La corte fiorentina non ha tenuto presente che, per la sussistenza 
dell'effetto conservativo dell'impugnazione, � necessario che questa ultima 
appartenga alla specie tipica ammessa dall'ordinamento in relazione 
alla decisione che della impugnazione stessa � oggetto. Se tale principio 
avesse applicato, non avrebbe potuto non concludere ch� la pronuncia 
della Commissione Provinciale sulla revocazione noh eliminava 
il giudicato gi� formatosi per effetto della pronuncia della stessa Commissiohe 
Provinciale del 1� marzo 1962 non impugnata tempestivamente, 
come dovevasi, dinnanzi alla Autorit� giudiziaria, o, in sede di appello, 
alla Commissione Centrale. 

. Ma, anche a poter ritenere quale ultima.decisione (ai fini della decorrenza 
del termine semestrale) quella a contenuto meramente processuale, 
non pu� disconoscersi che non tutte le decisioni di questo tipo 
sono idonee a concretare siffatto presuposto, ma solo quelle che non 
precludono l'ulteriore esame del mer,ito. 

La Corte fiorentina si � indubbiamente avveduta dell'ostacolo costi


tuito dalla decisione della Commissione Centrale del 16 marzo 1967 nu


mero 40067, conclusiva del procedimento di revocazione, ed ha negato 

la legittimit� di questa: pronuncia, cosi argomentando: 

�Non ha rilievo considerare in contrario che la C�mmissione Cen


trale ha dichiarato inammissibile anche il gravame per revocazione per 

il fatto che, essendo la decisione della Commissione Provinciale emessa 

in primo grado ed impugnabile con il rimedio dell'appello alla Centrale, 

il gravame ordinario dell'appello escludeva quello straordinario della 

revocazione. La pronuncia della Commissione Centrale su tale punto � 

affetta da violazione di legge, perch� la decisione impugnata aveva di


chiarato ammissibile il gravame per revocazione, ma lo aveva respinto 

nel merito. Tale pronunzia era stata impugnata dai contribuenti per soli 

motivi di merito, ma non anche dall'Ufficio in punto di ammissibilit� su 

cui si era ormai formata la cosa giudicata�. 

Siffatte argomentazioni non possono trovare consenso. 

� ben vero che la Suprema Corte ha affermato (Cass. 21 settembre 

1970 n. 1652) che, ove l'eccezione di inammissibilit� di un gravam~ sia 


388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disattesa da una Commissione, la stessa non pu� essere riesaminata d'ufficio 
da quella Centrale, ma solo rse sia stato pirQposto giravame sul punto 
dalle parti interessate, perch�, in caso diverso, si ha il giudicato formale 
interno, che impedisce il riesame della questione, ma tale asserito error 
in procedendo avrebbe dovuto essere adotto, nella specie, a mezzo di impugnazione 
della pronuncia della Commissione Centrale in Cassazione ai 
sensi dell'art. 111 della Costituzione, come gi� si � accennato in precedenza. 
In tale materia la Corte di Cassazione giudica anche in fatto, perch� 
l'attivit� processuale svolta dalle parti e dal giudice inferiore non 
attiene mai al merito della controversia. 

Orbene, il fatto che nell'ordinamento non manca l'opportuno rimedio 
per la denuncia dei vizi del procedimento (e cio� il citato ricorso 
ex art. 111 avverso la decisione ultima delle Commissioni) non pu� non 
indurre ad una valutazione rigorosa circa la lesione del diritto soggettivo 
del contribuente, che legittima eccezionalmente la deduzione del 
vizio di procedimento innanzi al giudice ordinario. A siffatto criterio si 
.sono ispirate le decisioni di questa Corte nn. 1923 del 1972, 641 del 1970, 
.3042' e 1941 del 1963, secondo le quali la detta lesione deve riguardare 
il diritto del contribuente e che l'accertamento del suo obbligo di imposta 
abbia luogo secondo le norme dettate dalla legge e tale lesione 
non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio della azione giudiziaJ:'!
ia, coone nel ooso in cui la questione sostanziale (['isolta in sede amministrativa 
sia preclusa al giudice ordinario, perch�, per esempio, trattasi 
di estimazione semplice di redditi o perch� in sede amministrativa sia 
.stato modruffoato un accertamento, nonostante .che esso fosse divenuto definitivo 
per mancata tempestiva impugnazione. Ipotesi queste, in cui la 
parte, non potendo ottenere dal giudice l'esame del merito, deve ottenere 
che sia dichiarata la violazione di legge, affinch� si proceda ad un nuovo 

accertamento. 

Contrariamente, quindi, all'affermazione della Corte di merito, che 
ha recepito il suddetto indirizzo giurisprudenziale in modo del tutto 
indifferenziato e generalizzato, il sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria 
sulla regolarit� del procedimento tributario deve ritenersi ammissibile 
solo in casi particolari ed in via eccezionale, se cosi non fosse, se, 
-cio�, si ritenesse, facendo leva sull'art. 2 della legge 20 marzo 1865 

n. 2248 All. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, che una 
qualunque lesione di diritto soggettivo legittimi siffatta tutela, verrebbe 
implicitamente a negarsi la natura giurisdizionale delle decisioni delle 
Commissioni tributarie, poich� il detto art. 2 consente l'azione ordinaria 
in materia di diritti soggettivi comunque violati da un atto amministrativo 
e non anche da una pronuncia giurisdizionale, cui la legge abbia 
demandato la tutela del diritto soggettivo. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 389 

Proprio per tali motivi una parte della dottrina esclude l'ammissibilit� 
della deduzione dei vizi in procedendo innanzi al giudice ordinario 
anche nei citati casi eccezionali. 

Ci� posto, � evidente che nella specie la Corte del merito non poteva 
conoscere del vizio della decisione della Commissione centrale, in quanto 
difettava quella che, secondo la giurisprudenza citata, � stata ritenuta la 
condizione essenziale per la deducibilit� dell'error in questione, e cio� la 
iiII11Possi:bilit� della tjpairazione della lesione att:rav6Ilso l'eseil"lciimo dell'azione 
giudiziaria. 

Infatti molteplici mezzi di tutela giuridica, astrattamente previsti 
dall'ordinamento contro la pretesa dell'Amministrazione, garantivano 
i contribuenti, i quali avrebbero potuto sia adire direttamente l'Autorit� 
giudiziaria �rdinaria, senza il preventivo esperimento del giudizio 
innanzi alle Commissioni, sia adire l'autorit� giudiziaria ordinaria dopo 
intervenuta, in primo grado, la. decisione della Commissione provinciale 
del 1 � marzo 196,2 ed in alternativa al ricorso in appello alla Commissione 
Centrale, sia infine, adire ancora.l'Autorit� giudiziaria dopo aver 
ottenuto la decisione della Commissione Centrale, che, se adita, avesse 
pronunciato su tale ricorso. 

Concludendo, pertanto, poich� la decisione di inammissibilit� della 
Commissione Centrale circa il ricorso in revocazione deve rimanere 
ferma, ne consegue che la decisione della Commissione Provinciale del 
1 � marzo 1962 era divenuta definitiva, e, quindi, la azione innanzi 
all'A.G.O., instaurata con atto 21 settembre 1968, non era proponibile 
per il decorso del termine semestrale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 g�ennaio 1975, n. 46 -Pres. Rossi Est. 
Briancaocio -P. M. Sbrocca (diff.) -Sfevco c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Galleani). 

Imposta generale sull'entrata � Azione in sede ordinaria � Termine � Art. 52 
legge 19 giugno 1940, n. 762 � Pronuncia di illegittimit� costituzionale Ordinanza 
di rettifica della Corte Costituzionale � Retroattivit� � Esclusione. 


(L. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52). 
Con la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 
30 dicembre 1961 n. 79 l'intero secondo periodo del secondo commw 
�ell'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 risulta colpito dalla di



390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

chiarazione di illegittimit� costituzionale (anche per la parte che concerne 
il termine di 60 giorni) sulla base di quanto risulta dal dispositivo, 
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che produce l'effetto modificativo 
dell'ordinamento giuridico. A seguito della pubblicazione della 
ordinanza di correzione 9 novembre 1973 n. 163 il termine di 60 gior


ni stabilito nell'art. 52 � tornato ad essere operante, ma questa prdinanza 
non produce effetto retroattivo, s� che nel periodo intermedio 
tra la pubblicazione della sentenza e la pubblicazione della sua 'rettifica 
(dal 1961 al 1973) il termine per la proposizione dell'azione ordinaria 
� quello di sei mesi (1). 

(Omissis). -Col primo e col secondo motivo di ricorso, che vanno 
presi in considerazione congiuntamente, lo Sferco -denunciando la 
violazione dell'art. 136 della Cost. e dell'art. 12 delle preleggi -lamenta 
che la Corte d'appello abbia ritenuto che fosse ancora vigente il 
termine di decadenza previsto dal secondo periodo del 2� comma dell'art. 
52 della legge 19 giugno 1940 n. 762, nonostante che nel dispositivo 
della sentenza della Corte costituzionale 30 dicembre 1961 n. 79, 
nel dichiararsi costituzionalmente illegittimo quel testo normativo, non 
si sia espressamente esclusa la parte riguardante quel termine. La 
Corte triestina ha affermato che questa esclusione si desume dal collegamento 
fra la motivazione e il dispositivo della sentenza della Corte 
costituzionale; ma, secondo il ricorrente, tale affermazione si fonda 
su un procedimento ermeneutico illegittimo ed � comunque erronea. 
In proposito lo Sferco assume, da una parte, che non � consentito interpretare 
il dispositivo della sentenza di accoglimento della questione 
di legittimit� costituzionale facendo ricorso alla motivazione, soprat


(1) La Corte di Cassazione, dopo qualche esitazione, aveva affermato 
che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale aveva colpito l'art. 52 
della legge 19 giugno 1940 n. 762 anche per la parte che concerne il 
termine di 60 giorni per la proposizione dell'azione ordinaria (15 marzo 
1973 n. 740, in questa Rassegna 1973, I, 607). A seguito di ci� la Corte 
Costituzionale ha pronunciato una ordinanza di correzione. Con la sent. 
29 luglio 1974 n. 2291 (ivi, 1974, I, 1257) la Corte di Cassazione, prendendo 
atto della ordinanza, ha lasciato espressamente insoluto il quesito se essa 
avesse o no efficacia retroattiva. Ora si prende nettamente posizione nel 
senso che l'ordinanza di correzione dispone solo per l'avvenire. Il problema, 
di portata generale, � di grande rilevanza e non pu� essere qui 
approfondito; le affermazioni della� sentenza creano non poche perplessit� 
che meritano una attenta meditazione. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 391 

tutto quando, come nella specie, il suo significato letterale � di assoluta 
chiarezza; e, dall'altra, che la motivazione della sentenza della Corte 
costituzionale n. 79 del 1961 non contiene elementi che siano in r'ealt� in 
contrasto col dispositivo. 

L'amministrazione resistente ha _opposto nella memoria che le questioni 
sollevate con questi motivi sono ormai superate per effetto della 
sopraggiunta ordinanza della Corte Costituzionale n. 163 dell'11 novembre 
1973, con la quale si � riconosciuto che nel dispositivo della 
sentenza n. 79 del 1961 vi era un errore materiale e si � corretto questo 
errore, specificando che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
ivi contenuta concerne soltanto la parte del testo normativo concernente 
la regola del solve et repete e non quella che stabilisce il termine di 
decadenza in discussione. 

Questo Supremo Collegio ritiene che, nonostante l'intervento dell'ordinanza 
di correzione ricordata dalla resistente, il termine di decadenza 
non fosse operante al momento in cui lo Sferco propose l'opposi2lione 
dli 'cui alla [pl"leSente causa e 1ohe, quindi, i due moti'Vli di ricorso 
siano sostanzialmente fondati. 

Prima della pronuncia di quella ordinanza, questa Corte, con due 
sentenze (n. 740 del 15 marzo 1973 e n. 1879 del 5 luglio 1973), che 
sono le uniche che abbiano affrontato ex professo la questione, aveva 
stabilito che �la dichiarazione di illegittimit� sostituzionale del secondo 
periodo del secondo comma dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940 

n. 762 ha colpito in toto detta disposizione e pertanto gli effetti della 
pronuncia della Corte Costituzionale non sono limitati al precetto del 
solve et repete, ma riguardano anche la norma relativa al termine di 
sessanta giorni per proporre il gravame dinanzi all'autorit� giudiziaria 
ordinaria avverso l'ordinanza definitiva dell'Intendente di .Finanza e 
contro il decreto del Ministro delle Finanze emesso a norma dell'art. 58 
della stessa legge; consegue che il termine applicabile � quello dei sei 
mesi, previsto dall'art. 33 della legge 9 aprile 1911 n. 330, divenuto 
1 
generale per le controversie relative alle imposte erariali per effetto 
del r.d.l. l9 aprile 1923 n. 938 >. 
Questa interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale 

n. 79 del 1961 e la statuizione relativa alle sue conseguenze sul regime 
del termine per proporre opposizione avverso i summenzionati atti dell'amministrazione 
finanziaria erano correttamente giustificate, la prima, 
dal riferimento all'inequivoca formulazione letterale del dispositivo della 
sentenza e, la seconda, da ragioni di principio, che trovano il conforto 
di un consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Suprema 
Corte. 

392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Queste giustificazioni sono tuttora valide e pertanto i principi che 
esse motivano vanno applicati anche nella decisione della presente 
causa. 

Poich� la controversia fra le parti si concentra esclusivamente sui 
limiti della dichiarazione di legittimit� costituzionale, � solo su questo 
punto che occorre qui particolarmente soffermarsi. 

In proposito va rilevato che il significato letterale del dispositivo 
della sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 1961 non pu� essere 
superato col riferimento alla motivazione. 

La motivazione delle sentenze pu� essere richiamata al fine di stabilire 
ii contenuto della decisione in due casi: o come elemento di 
interpretazione del dispositivo o come fonte di integrazione dello stesso. 

La motivazione pu� essere utilizzata per interpretare il dispositivo, 
soltanto quando l'interpretazione letterale di questo dia un risultato 
equivoco. In questa ipotesi, infatti, essa assume il ruolo di strumento 
sussidiario di interpretazione in una posizione non diversa da quella dei 
lavori preparatori rispetto alla legge, e questi -come pacificamente si 
afferma in giurisprudenza e in dottrina -possono essere significativi a 
condizione che la legge non abbia un senso letterale certo. 

Nel caso di motivazione integrativa del dispositivo, questa non interessa 
per �1a sua funzione specifica di giustificazione della decisione, 
ma come sede di parte della decisione stessa. In tale ipotesi accade che 
la decisione � contenuta non soltanto nel dispositivo, ma anche nella 
motivazione, sicch� essa nella sua completezza � data soltanto dal collegamento 
dell'uno con l'altra. 

Nella specie, la motivazione della sentenza della Corte certamente 
non pu� essere assunta come elemento interpretativo del dispositivo, 
perch� come si � visto, questo � di significato assolutamente inequivoco. 

Ma neppure essa pu� essere invocata per integrare la decisione che 
risulta dal dispositivo. 

La configurazione delle possibilit� ch� la motivazione integri il 
dispositivo della sentenza di accoglimento della questione di legittimit� 
costituzionale contraddice palesemente alla disciplina dell'efficacia di 
questa sentenza. 

Per l'art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 codesta efficacia � 
determinata dalla pubblicazione del dispositivo, e del solo dispositivo, 
sulla Gazzetta Ufficiale; ci� vale dire che l'unica decisione la quale produce 
nell'ordinamento l'effetto modificativo che � proprio di questo tipo 
di sentenza � costituita da quella che risulta dal dispositivo: ipotizzare 
il c?llegamento di tale effetto. anche alla motivazione, significa riconoscerlo, 
in violazione del suddetto art. 30, ad una fonte non pubblicata, 
cio� per la quale non si � realizzata la condizione in questa norma 
stabilita. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 393 

Ad una conclusione diversa sul significato e sul valore da attribuire 
alla sentenza della Corte qostituzionale del 1961 non pu� indurre 
l'ordinanza di correzione emessa dalla stessa Corte. 

La correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte 
costituzio:nale � disciplinata dall'art. 21 delle norme integrative per i 
giudizi davanti alla stessa Corte sul modello della correzione materiale 
delle sentenze civili (art. 288 c.p.c.). 

Pertanto, nel ricostruire il regime della correzione degli errori 
materiali occorsi nelle sentenze di accoglimento, si deve tener conto 
del fatto che, come si � visto, nell'ordinamento � efficace soltanto il loro 
dispositivo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. ' 

Ci� non pu� non riflettersi sugli effetti nel tempo della correzione, 
effetti che variano in dipendenza dei diversi tipi di errori ipotizzabili. 

Al riguardo viene in evidenza anzitutto l'errore rilevabile ictu 
oculi in un testo che nonostante la presenza di esso non lasci luogo a 
dubbi sul suo significato. In questo caso la correzione corrisponde ad 
una esigenza meramente formale e pu� apparire perfino non necessario 
seguire l'apposito procedimento, dovendosi ritep.ere consentita la 
eliminazione dell'errore anche con una rettificazione del tutto informale 
(si pensi all'esempio limite dell'errore ortografico). 

'� evidente che la correzione di questo tipo di errore non d� luogo 
neppure ad una questione di irretroattivit� del provvedimento corretto. 

Un secondo tipo di errore, si riferisce a quello riscontrabile in un 
testo che per effetto di esso assume un significato incerto. Qui si impone 
la correzione mediante l'apposito procedimento e in questa ipotesi 
la regola � l'efficacia retroattiva della� correzione, dappoich� devesi ritenere 
che la situazione giuridica oggetto della decisione fosse gi� presente 
nell'ordinamento e tale pr�senza fosse riconoscibile in sede di interpretazione, 
se mai ricorrendo all'ausilio della motivazione, ausilio 
ben invocabile, stante l'incertezza della lettera del dispositivo. 

Infine un terzo tipo � dato dall'errore che incide su un dispositivo 
di significato letterale non dubbio immutandone il significato stesso. In 
questa ipotesi la correzione ovviamente avviene col procedimento formale, 
il quale ha come risultato una modificazione del senso della decisione 
e quindi dei suoi effetti. A tale modificazione non si possono 
attribuire effetti retroattivi, perch� essa esprime una situazione giurid~
ca che, 1se ipux latente nella motivazione rllella sentenza -(poich� non 
si � manifestata prima nel dispositivo, che, va ripetuto, � l'unica parte 
della �sentenza che, con la pubblicazione, segna l'efficacia della decisione 
-non ha completato l'iter, che ne consente l'ingresso nell'ordinamento, 
e quindi resta a questo estraneo, fino a quando codesto completamento 
non avvenga con la pubblicazione della correzione nelle 


394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesse forme previste per il dispositivo or1gmario (art. 21, terzo comma, 
delle citate norme integrative, in relazione all'art. 30 legge n. 87 
del 1953). 

Ora da quanto in precedenza osserv~to risulta palese che qui ricorre 
questo terzo tipo di errore e quindi all'ordinanza correttiva della 
Corte Costituzionale non si pu� riconoscere effetto retroattivo. 

Si potrebbe obiettare che con questa conclusione si ammette l'efficacia, 
per il tempo intercorrente dalla pubblicazione del dispositivo della 
sentenza dell� Corte a quella dell'ordinanza di correzi~ne, ad una 
dichiarazione di illegittimit� costituzionale in realt� non mai pronunciata. 


L'obbiezione � grave e solleva una delicata questione di rilevanza 
dell'apparenza nella sentenza di accoglimento della Corte costituzionale. 

Quale che sia l'opinione che si segua sulla natura giuridica di questa 
sentenza -quella, prevalente, della natura giurisdizionale k!on 
funzione di accertamento di un vizio originario della norma o quella, 
pu:c autorevolmente sostenuta in dottrina, della natura legislativa con � , 
funzione sostanzialmente abrogativa -� certo che il suo effetto tipico 
di eliminare definitivamente dal sistema delle fonti un atto legislativo 
comporta un perfetto parallelismo fra il regime dei vincoli d!l essa creati 
e di quelli determinati dall'atto normativo che pu� rimuovere. In 
realt� la sentenza di accoglimento si profila come una norma di segno 
contrario a quella che elimina, e quindi ontologicamente con la stessa 
capacit� di incidenza sull'ordinamento. Questo parallelismo comporta 
che il fenomeno di una sua apparenza in contrasto �con la realt� deve 
esser considerato alla stregua di quello dell'apparenza dell'atto legislativo 
e quindi soggetto alla stessa disciplina. 

Il fenomeno qui viene in evidenza per il particolare aspetto del


!'apparenza determinata da un contrasto fra il testo pubblicato e il testo 

originale. 

In questo caso il comportamento conforme al testo pubblicato d� 

luogo ad una situazione riconducibile a quella dell'errore di diritto. 

Il principio di autoresponsabilit� che presiede anche all'esercizio 

dei pubblici poteri, conduce ad ammettere che, pure nella sfera del di


ritto pubblico, che � quella che qui interessa, l'errore di diritto � scu


sabile, se ingenerato dall'Autorit� in :violazione di specifici doveri; d'al


tronde in questa situazione esso assume le caratteristiche di un errore 

invincibile e, anche come tale, sc'Usabile. 

Ci� posto, la questione si puntualizza nello stabilire se possa consi


derarsi scusabile in questi sensi l'errore dipendente dalla pubblicazione 

di un testo le_gislativo errato. 

:_.;���: j 

l�1.14illfliwL,:Xf:;;;s1a1~:,:L::~dK::f:LAU2itlt::;;~;;;LZYMif.LM.,::%:,!';,~;:.;.Lti:.::M~dt. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La soluzione affermativa di codesta questione scaturisce dalla considerazione 
.della funzione e dell'effetto della pubblicazione delle leggi, 
nonch� del riflesso che l'una e l'altro harino nella determinazione della 
natura giuridica della posizione dell'Autorit� responsabile. 

La pubblicazione � qui rivolta a soddisfare l'esigenza, etica e giuridica 
insieme, di mettere in grado i destinatari della legge di conoscerne 
esattamente il contenuto, al fine di potere uniformare ad essa il 
proprio comportamento; esigenza tanto avvertita ed importante, che in 
alcune costituzioni gi� nel secolo scorso (per es. in quella belga) la 
pubblicazione della legge era stabilita come un~ garanzia politica. 

Anche se essa non incide sull'esistenza e sulla validit� della legge, 
�, per�, una condizione della sua efficacia, cio� costituisce lo strumento 
attraverso il quale. si re�lizza il rapporto fra la legge e l'ordinamento 
vigente; ond'� che la prima vive come parte di questo, e non pu� vilvere 
in altro modo che in quello che risulta dal testo pubblicato. 

Per questa sua funzione e questo suo effetto la pubblicazione si 
profila come un onere dello Stato; questo, per esigere il rispetto della 
legge, deve pubblicarla e pubblicarla correttamente. 

Queste 1caratteri1Stiohe dlella ,pubblicazione giustifioono l'affidamento 
dei destinatari della legge nella corrispondenza fra il testo pubblicato e 
quello reale. 

Trattasi di affidamento che non pu� ritenersi condizionato da oneri 
di controllo, esclusi da ragioni di principio desunte dalle suddette caratteristiche, 
dalla quasi impossibilit� pratica di attuazione e dalla presunzione 
di conformit� del testo pubblicato a quello originale stabilita 
dall'art. 11 1. 24 settembre 1931 n. 1256. 

Consegue che l'errore nell'affidamento in un testo normativo pup


blicato non correttamente non pu� essere considerato come effetto di 

un comportamento dell'Autorit�, che ha violato un suo specifico onere, 

anche come invincibile, onde esso risulta idoneo a giustificare la con


dotta che ne � derivata. 

Ci� vale dire che non pu� non assegnarsi rilevanza alla norma 

nel testo pubblicato, cio� al diritto apparente che emerge da esso, nel 

senso che non si possa pretendere dal destinatario l'osservanza di un 

diritto diverso da quello in cui egli abbia fatto affidamento. 

Applicando questo principio alla sentenza di accoglimento della 

questione di legittimit� costituzionale, il cui dispositivo pubblicato non 

sia corrispondente al reale contenuto della decisione, non si pu� non 

concludere che fino a quando non sia intervenuta e pubblicata la cor


rezione, deve riconoscersi l'efficacia della dichiarazione di illegittimit� 

apparente, in funzione dell'affidamento determinato negli interes


sati. -(Omissis). 


396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1975, n. 105 -Pres. !car


di -Est. Santosuosso -P. M. Silocchi (conf.). -Soc. C.I.S.A. c. Mi


nistero delle Finanze (avv. Stato Cosentino). 

Imposta di registro -Ag�volazioni per la costruzione di autostrade -Subappalto 
� Estensione � Limiti. 

(L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita daH'art. 8 
deUa legge 24 luglio 1961., n. 729 non si estende ai contratti di subappqito 
non approvati daU'autorit� competente (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 settembre 1974, n. 2505 -Pres. 
Giannattasio -Est. Miele -P. M. Minetti (conf. in parte) -Soc. Gambogi 
Costruzioni (avv. D'Angelantonio) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Angelini Rota). 

Imposta Generale sull'entrata � Agevolazioni per la costruzione di autostrade 
-Inapplicabilit�. 

(L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita daH'art. 8 
deUa legge 24 luglio 1961, n. 729 riguardante �atti e contratti� non � 
applicabile aUa imposta generale suU'entrata il cui presupposto non � 
un atto o contratto ma una entrata comunque conseguita (2). 

(1-3) La prima sentenza riconferma un recente, ma ormai ben saldo, 
orientamento della S. C. sulla esclusione dei subappalti dagli atti agevolati 
(sent. 5 settembre 1974 n. 2419, in questa Rassegna, 1974, I, 1265 con 
richiami); sono peraltro da confermare le riserve (v. nota alla sentenza 
citata) sulla ammissibilit� della agevolazione per i subappalti autorizzati 
dalla Amministrazione appaltante che restano pur sempre estranei allo 
scopo del beneficio fiscale e giovano esclusivamente all'appaltatore. Si deve 
altres� ricordare che,� con analoghe ma ancor pi� approfondite argomentazioni, 
� stata esclusa l'estensibilit� al subappalto della agevolazione per 
gili �atti della Gestione INA-CASA (Oass. 14 Olttoibr�e 1-974 !ll. 2827, ivi, 1438). 

Molto importante � la seconda sentenza che esclude l'applicabilit� 

della agevolazione della legge 24 luglio 1961 n. 729 alla imposta sulla 

entrata non solo per i subappalti ma anche per gli appalti e per tutte 

le entrate in genere. L'agevolazione su �atti e contratti., genericamente 

o specificamente indicati, non pu� riguardare l'imposta sull'entrata che 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 397 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1975, n. 764 -Pres. Gian


nattasio -Est. Lipari -P. M. De Marco (conf.). -Ministero delle 

Finanze (a'V'V. Stato Saltini) c. Soc. Gambogi Costruzioni. 

Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Fi


deiussione bancaria sostitutiva della cauzione dell'appaltatore -Si 

estende. 

(L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
Nell'agevolazione pe1� la costruzione di autostrade di cui all'art. 8 
della legge 24 luglio 1961, n. 729, sono da ricomprendere le fideiussioni 
bancarie rilasciate in favore degli appaltatori come mezzo sostitutivo 
della cauzione dell'appalto (3). 

I 

(Omissis). -Con il primo mezzo, la Societ� denunzia la violazione 
degli articoli 136 e 137 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e sostiene che 
il termine di prescrizione per la richiesta di restituzione di tributi indebitamente 
pagati decorre dal momento del pagamento dell'imposta principale 
solo per gli atti cui la registrazione si effettua a seguito di una 
unica denuncia e non per i contratti di appalto a prezzo presunto, sottoposti 
a tributo in due fasi successive e con due distinte denuncie. A 

non ha per presupposto un atto ma semplicemente un introito rilevante 
in quanto tale, indipendentemente dal titolo, contrattuale o non. L'espressa 
limitazione dell'esenzione dall'imposta sull'entrata per un ben limitato numero 
di operazioni (4� comma dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729) 
� una conferma sicura della normale soggezione all'imposta di tutte le 
entrate. 

Perspicua � l'osservazione che l'imposta sull'entrata � dovuta al momento 
del pagamento (per gli appalti, art. 8 lett. h legge 19 giugno 1940 

n. 762) e quindi secondo il regime giuridico vigente in questo momento, 
mentre le imposte agevolate ex art. 8 della legge n. 729 sono dovute 
sull'atto in riferimento al momento della stipulazione (ultimo comma); ed 
esattissima � la precisazione che l'obbligo di corrispondere l'imposta sull'entrata, 
a norma dell'art. 9 della legge istitutiva, al momento dell'emissione 
del documento contabile (sempre in relazione ad un introito prossimo 
anche se non ancora avvenuto, ma indipendentemente dal negozio 
che all'introito pu� dar luogo) non vale a qualificare l'imposta sull'entrata 
come � imposta di atto �. � opportuno ricordare che relativamente alla 
imposta di consumo la S. C. aveva gi� affermato che l'esenzione per le 

298 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
questi si applica l'art. 137 legge organica di registro, che, come nor298 
RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
questi si applica l'art. 137 legge organica di registro, che, come nor. 
ma particolare, deroga all'art. 136 della stessa legge. Detta norma, osserva 
la� ricorrente, non pu� applicarsi solo all'Amministrazione finan.
ziari� -che si troverebbe altrimenti in una posizione di indebito vantaggio, 
del tutto contrastante con gli articoli 3 e 24 della Costituzione 
-ma deve interpretarsi nel senso che la posticipazione della decorrenza 
della prescrizione opera sia a favore .del fisco, sia a favore del 
contribuente tutte le volte che l'ammontare definitivo dell'imponibile 
venga accertato in un momento successivo all'accertamento dell'imposta 
principale. 

Con il secondo mezzo, la ricorrente deduce che, contrariamente a 
quanto deciso dalla sentenza impugnata, le agevolazioni fiscali di cui 
all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 .sono estensibili, anche ai 
-contratti di subappalto stipulati per le costruzioni autostradali, in quanto, 
pur non essendo questi contratti specificamente menzionati nella 
citata norma di legge, anche essi sono inerenti e necessari nella stessa 
misura dei contratti di appalto. 

Appare evidente come l'esame di questo secondo motivo sia pregiudiziale 
al primo, poich� se ai predetti contratti di subappalto non 
.sono applicabili le norme che prevedono le agevolazioni fiscali, � su


.autostrade concerne i tributi sui negozi e non quelli sulle operazioni economiche 
non aventi contenuto negoziale (sent. 6 maggio 1969 n. 1540, 
Riv. leg. fisc., 1969, 2103). 

A fronte di queste esatte ed acute pronunzie, l'ultima �si rivela in 
dissonanza. Essa invero riconferma un precedente specifico (sent. 19 novembre 
1973 n. 3092, in questa Rassegna 1974, I, 681), pronunciato per� 
quando, con minore approfondimento; l'agevolazione dell'art. 8 della legge 

n. 729 del 1961 veniva estesa a tutti gli atti connessi ed anche ai subappalti. 
Il tentativo di dimostrare per la fideiussione bancaria sostitutiva 
della cauzione quell'inerenza all'appalto che viene negata per il subappalto 
� di evidente fragilit�. Partendo da un concetto di � occorrenza � 
inquadrato nella connessione strumentale di mezzo al fine che. non si conforma 
alla pi� recente e critica rielaborazione della giurisprudenza (Cass. 
5 settembre 1974 n. 2419 e 14 ottobre 1974 n. 2827 gi� citate), questa pronunzia 
considera la fideiussione bancaria sostitutiva della cauzione dell'appaltatore 
come atto in connessione di secondo grado con l'appalto, siccome 
diretto a sopperire alla carenza di mezzi finanziari dell'appaltatore 
al pari degli altri mezzi di finanziamento, e sottolinea che la norma prevede 
-espressamente l'agevolazione per la fideiussione prestata dagli enti pubblici 
concessionari per il servizio dei mutui che starebbe con lo scopo della 
norma (costruzione di autostrade) in una connessione di terzo grado; si 
soggiunge che l'agevolazione in parola � di contenuto obbiettivo e non � 
eondizionata o limitata dal fatto che le societ� concessionarie siano obbligate 
all'imposta sostitutiva in abbonament9. 
In via generale non pu� condividersi l'affermazione che la fideiussione 
sostitutiva della cauzione si trovi in una concatenazione di secondo grado 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 399' 

perfl.uo accertare se il diritto alla restituzione dell'imposta pagata e 
non dovuta debba ritenersi prescritto o meno. 

In realt�, deve confermarsi -a proposito della seconda questione 
sottoposta all'esame di questa Corte -l'indirizzo giurisprudenziale secondo 
cui le agevolazioni fiscali previste dall'art. 8 della citata legge 

n. 729 del 1961 non si estendono ai contratti di subappalto, non approvati 
dall'autorit� competente (Cass. n. 2419/74; 2506/74 ed altre). E 
nella specie � pacifico che i contratti di subappalto non erano stati 
approvati. 
Va rilevato in proposito che l'el~ncazione degli atti e contratti menzionati 
in detta norma non ha carattere tassativo e che, per godere dei 
benefici fiscali, ibaista a�ocertaire ii1 irequisd.to dell'occorrenza degU stessi 
per l'attuazione della legge. Tale requisito, se non va inteso seconde> 
un criterio di strumentalit� assolutamente necessario ed inderogabile, 
n� in base ad un qualsiasi rapporto di afferenza dell'atto al piano d� 
costruzione, non pu� essere svincolato da una valutazione di relativa 
necessariet�. Questa valutazione non pu� esaurirsi nell'ambito discrezionale 
dell'appaltatore concessionario sulla base di elementi meramente 
tecnico-economici, ma deve operarsi e giustificarsi nel quadro 
della normativa giuridica della materia. 

con l'appalto. E' questo �uno dei numerosissimi possibili negozi con i quali 
l'appaltatore, in modo assolutamente facoltativo, organizza la sua impresa 
per provvedersi dei mezzi necessari; non � nemmeno, come il subappalto, 
un subnegozio ed � invece uno dei tanti rapporti personali e irrilevanti 
per l'appaltante, utili per l'appaltatore ma in nessun modo inseriti nella 
catena dei mezzi � occorrenti � (giuridicamente strumentali l'uno all'altro} 
per l'esecuzione dell'opera. Non sembra poi esatta l'assimilazione della 
fideiussione agli altri mezzi di finanziamento a cui ricorre l'appaltatore, 
non essendo sufficiente u;n generico bisogno di danaro per giustificare quella 
� occorrenza � che �va vista in una connessione giuridica fra atti non in 
una relazione economica fra mezzi. Ma soprattutto nel primo comma dell'art. 
8 le operazioni finanziarie considerate (finanziamenti, consolidazioni 
ecc. fideiussioni prestate dagli enti pubblici, per il servizio dei mutui, 
emissione di obbligazioni, cessione dei contributi statali) concernono Je 
varie forme di finanziamento delle societ� concessionarie e non il credito 
dell'appaltatore; non sono invece agevolate le operazioni, che possono essere 

le pi� varie, con le quali l'appaltatore fa fronte alle sue personali ed irrilevanti 
e non conosciute esigenze di organizzazione dell'impresa, si che 
il.'1aissi.milaire a queste ope11azioni le fideiussioni ba!Il!oair.i!e iserve a dimostrare 
l'opposto di quel che si vorrebbe. 

Infine non persuade il ritenere connesse in terzo grado le fideiussioni 
prestate per il servizio dei mutui e in secondo grado le fideiussioni sosti-tu~
ive della cauzione; mentre � logico, e conforme ad un criterio spesso 
seguito nelle norme agevolative, estendere l'agevolazione sui finanziamenti, 
nei limiti in cui sono concesse, ai mezzi di garanzia effettivamente strumentali, 
non � invece ragionevole (e non � mai stato fatto nella pur 



400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Poich� la legge vuole evitare che l'esecuzione dell'opera venga 
effettuata da chi non fornisce adeguata garanzia, prevede che i lavori 
siano affidati all'appaltatore che si � sottoposto ad una diretta verifica 
di idoneit� per il raggiungimento dello scopo in modo autonomo. 

Non si contesta che la sempre maggiore specializzazione tecnologica 
occorrente per l'esecuzione di grandi opere pubbliche moderne esiga 
l'intervento di diverse imprese. Ma la legge, fin dal 1924, prevede 
che �nel complesso di una sola opera o di un solo lavoro, in casi di 
speciali necessit� da farsi constare nel decreto di approv�zione del 
contratto, possono formarsi progetti e perizie parziali per procedere a 
distinti contratti con pi� persone � (art. 43 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, 
Reg. Cont. gen. Stato). E gi,� con la legge 2 marzo 1865, n. 2248, all. F. 
all'art. 339, mentre si stabilisce il divieto per l'appaltatore di cedere 

o subappaltare tutta od in parte l'opera assunta, si consentono eccezioni 
a tale divieto, con l'approvazione dell'autorit� competente, sotto la comricca 
casistica delle norme tributarie di favore) abbracciare negli appalti 
agevolati la fideiussione sostitutiva della cauzione che non � n� uria garanzia 
n� un atto subordinato all'appalto. 

Neppure pu� essere condivisa l'esclusione di ogni rilevanza del contenuto 
soggettivo della agevolazione in esame. I precedenti citati per avvalorare 
questa affermazione hanno riguardato una ben precisa questione; 
poich� l'art. 8 istituisce non una agevolazione assoluta ma un regime sostitutivo, 
era stato sostenuto che l'esenzione del primo comma dovesse operare 
soltanto quando si verifichi il pagamento sostitutivo (abbonamento) da 
parte delle societ� concessionarie e non anche quando alla costruzione 
delle autostrade proceda direttamente l' ANAS che non corrisponde alcun 
tributo sostitutivo; in relazione a questo problema la S. C. afferm� che 
l'agevolazione � obiettiva nel senso che opera anche quando, non esistendo 
la concessione, non si provvede ad alcun pagamento sostitutivo� della normale 
imposta. Ma ci� non basta per escludere totalmente una strutturazione 
della agevolazione nel senso che destinatari� di essa siano 1'AN AS 
e le societ� concessionarie come contraenti degli � atti e contratti � o 
quanto meno come soggetti a cui debba direttamente giovare l'esenzione; 
l'agevolazione ha cio� portata obiettiva, nei confronti delle altre parti contraenti 
o comunque interessate, solo nei limiti in cui l'agevolazione si risolve 
in un diminuito onere per l'ente costruttore, e, nel caso di specie, per 
l'appaltante, mentre non possono mai rientrare nel beneficio gli atti che 
intercorrono fra terzi estranei irrilevanti per l'appaltante e per esso non 
utili. Ci� � stato ben posto in luce I).ella sent. 5 settembre 1974 n. 2419 
citata, che nel negare l'estensione ai subappalti, ha ben sottolineato che 
l'agevolazione ha un limite soggettivo che non consente di includere in 
essa gli atti riferibili ad un soggetto � che persegue finalit� sue proprie, 
ultronee e irrilevanti ai fini della P.A. � e che rispetto all'appalto costituiscono 
un �quid pluris�. 

Si deve quindi ritenere che le fideiussioni sostitutive della cauzione 
si trovino rispetto all'appalto in un rapporto di occasionale ed eventuale 
relazione di mero fatto ancor pi� tenue e meno diretto dei subappalti. 

I

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a�e1:111rtwrfr&rlifa1rti!illfrrum�1ifrrfrtl'lrirr11rm!rt1~1rfil:11rttffilif&lfrwrrrr1r1trrn1mmf~rr�1r1:t:m11tsfr~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 

minatoria -per il caso di violazione di questa disposizione -dell'immediata 
rescissione del contratto. 

Ora, se la legge prevede la rescissione dell'appalto quando sia stato 
violato il divieto di subappalto, non pu� ovviamente ritenersi che i 
contratti di subappalto non autorizzati possono essere considerati dal 
legislatore �occorrenti�, sia pure per trarne soltanto conseguenze 
fiscali. 

Pur rimanendo nell'ambito meramente fiscale delle disposizioni, va 
osservato che queste, hanno, s�, inteso favorire la costruzione delle 
autostrade, riducendone i costi, ma non fino a consentire una reiterazione 
delle agevolazioni per qualsiasi contratto, assertivamente �occorrente
�, ma non controllato, nella sua occorrenza e nella sua esecuzione, 
da parte dell'autorit� competente. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente societ� afferma che 
erroneamente la Corte di merito ha negato l'esenzione in quanto l'art. 
8 comma �primo della legge 24 luglio 1961 n. 729, non distingue tra 
atti negoziali ed atti materiali n� tale distinzione si ricava dai commi 
successivi. D'altronde l'Ige costituisce pur essa una imposta di atto 
negoziale in quanto essa colpisce il negozio giuridico; tanto � vero 
che essa � dovuta indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, 
dovendosi corrispondere entro il quinto giorno successivo alla spedizione 
o consegna della merce (art. 9, primo comma, reg. 26 gennaio 
1940 n. 10). Erroneamente, poi, la Corte di merito avrebbe esclusa 
l'esenzione ritenendo che essa spetti solo in relazione agli appalti e 
non ai subappalti, i quali, invece, sono espressamente equiparati agli. 
appalti in base all'art. 8 della legge di registro e perch� anche essi si 
debbono considerare'� occorrenti� per l'attuazione della legge del 1961. 

Le censure sono infondate. 

Invero non pu� fondatamente contestarsi che l'art. 8 della legge 
24 luglio 1961 n. �729, consideri in tutte le sue disposizioni solo I� att~ 
e contratti� sia in quanto questi vengono indicati genericamente come 
i destinatari delle agevolazioni sia in quanto nel primo comma vengono 
indicati specificamente fattispecie contrattuali (contratti relativi 
alla �costruzione ed all'esercd:zio delle autostrade; contratti di aip[~�alto 
e fornitura; contratti di finanziamento ecc.). Solo ad � atti e contratti� 
ha riferimento testuale l'ultimo comma di tale articolo, stabilendo la 
non esenzione degli atti e contratti s~ipulati prima della entrata in 
vigore della legge e quindi escludendo che possa esser tenuto conto 
del momento in cui viene percepito il prezzo o comunque il corrispet



RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO 

tivo stabilito in contratto. Conferma di questa interpretazione � indubbiamente 
il quarto c�mma che esenta dalla Ige alcune entrate, quali 
quelle derivanti da forniture di energia elettrica, da incasso di contributi 
statali previsti dalla stessa legge o relativa a proventi derivanti 
da pedaggi o da altre entrat~ connesse con l'esercizio delle autostrade, 
il che sarebbe stato superfluo stabilire (per di pi� anche in via specifica 
e limitata) se nell'espressione del primo comma (�tasse imposte 
e tributi�... ) si fosse inteso ricomprendere anche l'Ige. D'altro canto 
la agevolazione concerne gli �atti e contratti� cio� l'esenzione riguarda 
imposizioni relative ad atti e contratti, onde il presupposto dell'impoISliizione 
� costituito dall'atto o 1c0Illflratto, mentre tale rpresupposto non 
� quello della Ige la quale ha come preSU1P1Posto un'� entrata�, in :relazione 
all'importo della quale viene commisurata l'imposta che viene � 

corrisposta solo al momento dell'introito. 

Di qui le norme che stabiliscono il pagament<? dell'imposta al momento 
del verificarsi dell'entrata, come � previsto espressamente per 
i corrispettivi di appalto, sottoposti all'imposta Ige al momento della 
loro riscossione (art. 8 lett. h del d.l. 9 genna~o 1940 n. 2; art. 45 del 
reg., il quale stabilisce il pagamento dell'imposta Ige al momento del 
pagamento dei corrispettivi, ai quali viene commisurata l'imposta). Ci� 
a differenza delle imposte dovute ad es. per imposta re~istro, nelle 
quali si tiene invece conto solo del valore economico dell'atto. 

Il richiamo dell'art. 9 del reg. fatto dalla ricorrente societ� non 
vale a sorreggere la censura, giacch� anche nell'Ipotesi ivi regolata 
(cio� pagamento dell'imposta al momento della emissione del conto, 
fattura nelle vendite commerciali) si ha riguardo sempre all'entrata, 
solo stabilendosi l'obbligo di pagare l'imposta� prima dell'incasso del 
prezzo, ma non prescindendosi dall'importo del corrispettivo pattuito e 
pertanto, essa, :restando sein�P['e ancorata al fatto econom1co della �entrata
� anche nell'ipote!Sli i'Vli Cl'egolata, non pu� quaUficall'si �1ID1Posta di 
atto�. 

Il rigetto di tale censura dispensa dall'esaminare l'altra censura 

circa la pretesa erronea esclusione dei subappalti dalle agevolazioni 

concesse dalla legge n. 729 del 1961. -(Omissis). 

III 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'amministrazione finanziaria 
dello Stato censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto, 
con violazione e falsa applicazione dell'art. 8 commi primo e ottavo 
della legge 24 luglio 1961 n. 729, e con omessa e contraddittoria motivazione, 
esente da imposta di registro la fideiussione concessa da un 

istituto bancario all'appaltatore di lavori di costruzioni autostradali, 

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~:: 

~:: 

~:~ 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fino alla concorrenza dell'importo del deposito cauzionale dal medesimo 
dovuto (e che, per disposizione del capitolato generale -art. 3 comma 
quinto d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 pu� tenerne luogo). 

--La questione � gi� stata affrontata e risolta in senso sfavorevole 
ali' Amministrazione Finanziaria con una recente decisione della Sezione 
(Cass., 19 novembre 1973, n. 3092); e le argomentazioni svolte 
contro tale soluzione, coincidente con quella adottata dai giudici di 
merito, non sono tali da indurre il Collegio a discostarsene. 

L'art. 8 comma primo della 1. 24 luglio 1961, n. 729, contenente 
disposizioni sul � piano di nuove costruzioni stradali od autostradali � 
stabilisce: � Tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione della 
presente legge, ivi comprese le convenzioni per le concessioni, i contratti 
relativi alle costruzioni ed esercizio delle autostrade previste dalla stessa 
legge, i contratti di appalto e di fornitura per la costruzione e 
gestione delle strade di cui sopra; i contratti di finanziamento, di consolidamento, 
di estensione_ e di revoca dei finanziamenti stessi, comprese 
le fideiussioni prestate dagli enti pubblici per il servizio dei mutui, la 
emissione di obbligazioni con i relativi interessi,, nonch� gli atti di 
cessione previsti dagli artt. 2, 18 e 19 della presente legge, sono esenti 
da tasse, imposte e tributi, presenti e futuri, spettanti sia all'erario 
dello Stato 1sia agli Enti locali�. Ed iil 1oomma ottavo pre1cisa che: �In 
luogo delle iJmiposite, tasse e trtbuti di 1Dui ai commi precedenti l!e oociet� 
concesisdonarde 1COtm"�IS!Ponderarrmo all'erario dello Stato una quota fissa 
di abbonamento annuo, in :r:agion~ di centes~mi 5 rper ogni mille lixe 
dei costi delle costruzioni �. 

Nella elaborazione giurisprudenziale formatasi su tale articolo � 
stato univocamente posto in luce che l'esenzione ha carattere oggettivo 
e riguarda sia il caso di costruzione ed esercizio di autostrada 

,da parte dell' ANAS, sia quello della concessione della costruzione e 
dell'esercizio a societ� private (Cass. 13 maggio 1969 n. 1638; 2 dicembre 
1969 n. 3856; 3 marzo 1972 n. 611). Con la locuzione �atti 
e contratti occorrenti� per l'attuazione della presente legge si � inteso 
far riferimento a tutti quei negozi che, come mezzo al fine, devono 
considerarsi in correlazione con lo scopo della norma di favore, che � 
quello di agevolare, riducendo il costo, lo sviluppo della rete autostradale 
del paese (Cass. nn. 1638 e 3854 del 1969; 611 del 1972 citt.). 
Nell'ampia elencazione dei negozi contemplati, avente carattere meramente 
esemplificativo, sono posti sullo stesso piano atti e contratti 
occorrenti per il raggiungimento dello scopo della legge, senza distinguere 
il negozio princip,ale da quello accessorio, e senza ancorare quest'ultimo 
al trattamento del primo (Cass., 19 novembre 1973 n. 3092 cit.). 

E poich� l'esenzione riguarda i soli atti negoziali e non anche i 
comportamenti ed i consumi, fatta eccezione per i~ consumo dell'ener



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gia elettrica necessaria per l'illuminazione e la segnalazione sulle autostrade 
(Cass., 10 aprile 1969 n. 1154 e 6 maggio 1969 n. 1540), essa 
non pu� estendersi all'IGE, che ha come presupposto un'entrata all'ammontare 
della quale viene commisurata l'imposta da corrispondere (Cass., 
18 settembre 1974 n. 2505). 

L'unico margine di oscillazione della giurisprudenza di questo Supremo 
Collegio, a proposito dell'art. 8 in esame, si rinviene nel trattamento 
del contratto di subappalto. 

Con una prima decisione (n. 611 del 1972 cit.) si ritenne che 
anche i contratti di subappalto, occorrenti per la diretta attuazione della 
legge, dovessero equipararsi agli appalti ed essere ammessi a godere 
del trattamento di favore. Successivamente, tuttavia senza ripudiare il 
pl'ecedente orientamento d:i fondo, 1c1irca il 1carattere ogg,ettivo diell'esenzione 
e quello non tassativo della elencazione di atti e negozi contenuta 
nella norma, ma operando un coordinamento con la disciplina del 
subappalto di opere pubbliche, si � negata l'operativit� della fattispecie 
di favore quando il subappalto medesimo non sia stato preventivamente 
autorizzato ai sensi dell'art. 339 della 1. 20 marzo 1865 n. 2248 alla F 
� dovendo il rapporto di occorrenza essere valorizzato anche alla stregua 
di tale disciplina� (Cass. 18 settembre 1974 n. 2506; 5 settembre 
1974 n. 2419). 

Per il superamento del contrasto della questione sono state investite 
le S.U. di questa Corte. La relativa futura decisione, circoscritta 
all'interferenza della disciplina positiva del subappalto di opere pubbliche 
sul trattamento tributario agevolato, non pu� riflettersi per� sul 
problema all'esame diel Collegiio, 1che � cliti.amato a stabilire in colllJCl"eito 
se spetti l'esenzione alla stregua dell'interpretazione della locuzione � atti 
occorrenti� basata sul riconoscimento del carattere oggettivo dell'agevolazione 
e di quello esemplificativo della successiva elencazione, facente 
capo ad un collegamento mezzo fine inteso non gi� come strumentalit� 
necessaria ed inderogabile per l'attuazione dello scopo della legge, ma 
di mera correlazione, anche semplicemente eventuale, con 1~ scopo perseguito 
dal legislatore, senza che venga in considerazione il citato 
art. 339. 

Nell'esaminare il caso di specie, di fideiussione prestata in luogo 

di cauzione, il discorso sulla portata dell'espressione �atti occorrenti� 

non va impostato in termini di interpretazione estensiva di norme age


volative, ma di esatta individuazione della ratio della norma in esame. 

E nemmeno peso determinante va dato al richiamo ad altre leggi 

tributarie in cui appare la medesima locuzione �atti occorrenti�. Tale 

richiamo giova, tutt'al pi�, per confermare che il concetto di � occor


renza� ha un ambito pi� vasto di quello di �necessit��, nel senso che 

possono dirsi potenzialmente �occorrenti � tutti quei negozi che, come 

~ 

1~ 

Il 

(: 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 

mezzo al fine si pongono in correlazione con l'obiettilvo perseguito dal 
legislatore (cfr. a proposito della 1. 2 luglio 1949 n. 4:0S e del d.l.c.p.s. 
10 aprile 1947 n. 261. Cass., 14 luglio 1�965 n. 1488; 23 febbraio '1966� 

I 

n. 559; 27 luglio 1964 n. 2094; 27 maggio 1963 n. 1379; 6 ottobre 1959 
n. 2659); che il collegamento, cio�, deve estrinsecarsi in un rapporto 
di strumentalit� anche se non necessario (cfr. a proposito della 1. 18 ottobre 
1965 n. 908, che parla di � atti relativi�, Cass., 12 maggio 1973 
n. 1302). 
Il problema ermeneuti�o va affrontato, dunque, in concreto, caso per 
caso, puntualizzando la misura del collegamento strumentale rilevante 
fra i due poli estremi della necessit� e della correlazione anche tenue 
ed occasionale; troppo rigido e ristretto l'uno troppo elastico ed indefinito 
l'altro, suscettibile di dilatare eccessivamente il campo di applicazione 
dell'esenzione. 

Ed al riguardo deve sottolinearsi che il nesso mezzo-fine non viene 
ricostruito in s� e per s� dall'interprete, in via di mera astrazione gene~
aliz0ante, ma � -stato a1SJSunto oome icanone valutativo dallo stesso legislatore 
che ha indicato in termini finalistici l'oggetto dell'esenzione. 

Si tratta, quindi, di prender le mosse dalla fattispecie normativa 
diell'art. 8 e dli indiirviduaire il (punto di emensione della strumentalit� 
sufficiente per far sorgere il diritto all'esenzione, tenendo presente la 
ratio del concesso beneficio per confrontarla con il tipo di atto considerato 
e saggiarne la riconducibilit� ai tipi normativamente risultanti 
dalla stessa esemplificazione legislativa. 

Il ripudio della tesi della strumentalit� necessaria scaturisce, con 
tutta evidenza, dal raffronto fra l'espressione generica dettata all'inizio 
del comma ( � atti e negozi occorrenti �) e le enunciazioni �successive le 
quali, pur non avendo carattere tassativo, valgono ciascuna come tale, 
e tutte insieme, a determinare l'ambito della nozione di � occorrenza � 
cui si � informato il legislatore, indicando quei casi che sicuramente 
rientrano nella fattispecie agevolativa. Basta scorrere l'elenco degli atti 
richiamati per constatare che per taluni di essi (contratti di finanziamento, 
ftdeiUSSlione, em�!Ssione di obbligazioni) l'inerenza allo scO(po d!i. 
realizzazione del piano autostradale � solo indiretta ed eventuale. Ne 
consegue che l'occorrenza va ravvisata a prescindere dal rapporto di 
causalit� diretta ed immediata e che la -ratio finalistica deve essere ricostruita 
secondo parametri capaci di ricomprendere tutti gli atti nominativamente 
elencati dal legislatore. 

Lo scopo � normativamente indicato come � attuazione della presente 
legge�; e poich� la legge riguarda un piano di costruzioni stradali 
ed autostradali� (cfr. il titolo della medesima) e disciplina �la 
costruzione� e �l'esercizio� delle autostrade �che non siano gi� concesse 
a norma della 1. 21 maggio 1955 �, ne segue che certamente si 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono voluti favorire atti e negozi giuridici che si trovino in rapporto 
di occorrerlza con la costruzione, ovvero con l'esercizio di autostrade. 

A vendo riguardo al profilo della � costruzione �, che � il solo a � 
venire in considerazione ai fini della decisione, non sembra dubbio che 
la costruzione di autostrade (da concedersi ad enti pubblici o privati: 
cfr. art. 2 della legge) rientri fra gli scopi della legge. Atti occorrenti 
alla costruzione sono perci� certamente tutti quelli che si correlano 
immediatamente all'appalto di costruzione della autostrada. E poich� 
l'appaltatore di opere pubbliche � tenuto a corrispondere una cauzione 
che, per espressa dizione normativa, pu� essere costituita da fideiussione 
bancaria (art. 4 comma quinto d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 cit.) 
tale negozio fideiussorio si insel'isce nel processo formativo dell'appalto 
in una sequenza di strumentalit� di secondo grado, inerente immediatamente 
(in via accessoria), all'atto necessario per il raggiungimento 
dello scopo (l'appalto di opera pubblica). 

Questa constatazione che la strumentalit� pur non essendo immediata 
e diretta, � tuttavia appena di secondo grado, comportando� un 
solo passaggio a ritroso nell'indefinita concatenazione causale sfociante 
in px-os1petthra teleologtca nell!a effettuata costruzione della aurtostrad!a, 
rassicura l'interprete della aderenza �dell'accolta soluzione ad una misura 
di strumentalit� da ricomprendersi nella ratio della norma di esenzione 
che espressamente contempla altre ipotesi (gi� ricordate) di strumentalit� 
almeno di secondo grado. 

Non � pertinente, quindi, l'obiezione incentrata sul rilievo che la 
alternativit� fra cauzione (da prestarsi in denaro o in titoli di Stato) 
e fideiussione esclude di per s� la necessit� della stipula del negozio 
di garanzia che non � imprescindibile per addivenire all'appalto di costruzione 
dell'autostrada. Disatteso il criterio della strumentalit� necessaria 
� superfluo osservare che in astratto il rapporto di appalto avrebbe 
potuto svolgersi �senza far ricorso alla prestata fideiussione bancaria, esS�
1Ilidosi accertato in col'lJClreto <che il negozio fideiUJSSorio si � inserito 
come elemento essenziale nel procedimento di appalto venuto in essere. 

La fideiussione in luogo di cauzione, a ben vedere, sopperisce alla 
carenza di mezzi finanziari dell'appaltatore di opere pubbliche che non 
� in grado di disporre del contante o dei titoli necessari per la cauzione 
(o di distoglierli da altro impiego) e preferisce, quindi, presentare un 
garante alla stazione appaltante. Per la realizzazione delle opere autostradali 
c'� bisogno di denaro: gli enti concessionari devono pagare le 
opere; e gli appaltatori. devono anticipare le somme necessarie per provvedere 
ai lavori appaltati di cui otteranno il rimborso, accresciuto dell'eventuale 
guadagno, sulla base degli stati di avanzamento. I finanziamenti 
cui l'appaltatore faccia eventulmente ricorso sono normalmente 
ricompresi fra gli atti agevolati; e sicuramente in una nozione lata di 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 

finanziamento rientra anche la fideiussione che tiene luogo del denaro 

o dei titoli che si sarebbero dovuti depositare in cauzione all'atto della 
stipulazione dell'appalto di opere pubbliche in misura almeno p�ri al 
5 % dell'importo netto dell'appalto stesso, venendo a costituire una condicio 
sine qua non per il perfezion�mehto del contratto. 
N� rileva che la fideiussione in esame non si identifichi con quella 

espressamente prevista dalla legge: sia perch� le indicazioni di atti 

negoziali occorrenti sono, come si � visto, meramente esemplificative; 

sia perch� in quella esemplificazione fa spicco la nozione di finanzia


mento alla quale, come pure si � appena notato, � certamente ricon


ducibile la fideiussione prestata in luogo di cauzione, che attiene alla 

provv,ista dei mezzi economici di c'!-li l'appaltatore deve poter disporre 

per addivenire alla stipulazione del contratto e quindi si correla alla 

realizzazione dell'opera autostradale che del contratto stesso costituisce 

l'oggetto. 

Nemmeno �giova far leva sul carattere accessorio del contratto di 

fideiussione rispetto all'appalto immediatamente preordinato alla realiz


zazione dell'opera agevolata. Valgono contro l'accessoriet� le osserva


zioni appena svolte a proposito della alternativit� essendosi svincolato 

il d1iiritto all'esenzione dal nesso di strumenrtalit� necessaria, ll'ilevando 

esclusivamente la effettiva inerenza, sia pure di secondo grado, dell'attO 

alla struttura negoziale presceltane per realizzare quella data costru


zione autostradale (e senza che possa opporsi in contrario l'eventuale 

utilizzazione di certi istituti giuridici che renderebbe superfluo in astrat


to il ricorso a quel tipo di negomo aocesisorlo). 

La legge non impone la realizzazione del fine, nel modo pi� diretto 

ed immediato, escludendo dal beneficio, i negozi che non sono indispen


sabili per conseguirlo, ma riguarda tutti gli atti giuridici che concre


tamente sono serviti a raggiungere lo scopo, che sono stati stipulati 

esclusivamente in tale prospettiva sia pure adottando tecnich� opera


zionali pi� complesse e tortuose di altre. 

Ed all'osservazione che del trattamento fiscale di esenzione che si 

vorrebbe applicare alla fideiussione prestata in luogo di cauzione si 

gioverebbero soggetti diversi da quelli contemplati nel comma ottavo 

obbligati all'imposta sostitutiva in abbonamento (le societ� concessio


narie), � agevole replicare sottolineando il carattere oggettivo della nor


ma tributaria di favore in esame. 

Per escludere l'applicazione del beneficio alla fideiussione de qua 
�occorre quindi previamente respingere la ricostruzione in senso oggettivo 
dell'esenzione. Si sostiene, infatti, dalla Finanza che le agevola


.zioni 
non hanno carattere esclusivamente oggettivo, presentando anche 
un profilo soggettivo, perch� si riferiscono a vari tipi di contratti tesi 
alla costruzione ed all'esercizio delle autostrade (componente oggettiva), 


408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma solo in quanto tali contratti siano stati stipulati dall'ANAS, o dagli 

enti concessionari, gli unici nel sistema della legge legittimati ad attuare 

il piano di costruzioni da questa previsto (componente soggettiva). 

Ma l'argomento non regge perch� non � idoneo a circoscrivere il 

momento oggettivo che campeggia nella fattispecie di esenzione e su 

cui � incentrata la ratio legis, e tende aprioristicamente a sovvertire i 

termini del problema che consiste nello stabilire se anche i negozi ac


cessori, come quello di specie, possano godere del trattamento fiscale 

privilegiato. 

� certo che solo determinati enti e soggetti sono legittimati ad attuare 
il piano di costruzioni autostradali. Tale circostanza per� non depone 
radicalmente in senso restrittivo perch� la costruzione autostradale 
richiede pur sempre per essere realizzata la stipula di contratti con 
altri soggetti i quali si gioveranno del trattamento di favore dettato per 
-l'atto negozdale non iPWCh� la controparte presenti determinati connotati 
soggettivi, ma perch� tale atto risulta obiettivamente � occorrente � 
alla costruzione medesima '(che poi gli atti immediatamente e direttamente 
volti alla costruzione debbano intervenire con determinatj soggetti 
non ha alcuna rilevanza una volta stabilito se �l'occorrenza� travalicando 
l'ambito della strumentalit� necessaria riferisce pure a negozi 

accessori. 

Decisivo � dunque solo il superamento del nesso di strumentalit� 

necessaria. Al di fuori di tale necessariet� l'aggancio del singolo nego


zio alla fattispecie di esenzione va fatta esclusivamente alla stregua del 

criterio finalistico e saggiando il grado di mediatezza dell'atto considerato 

che rientra sicuramente nella previsione di legge quando nonostante il 

suo carattere accessorio, sia riconducibile direttamente ad altro atto, o 

negozio, che di per s� realizza lo scopo di costruzione autostradale. 

Nella fattispecie normativa l'elemento soggettivo assume autonomo 

rilievo solo per la identificazione degli obbligati alla imposta sostitu


tiva in abbonamento nelle societ� concessionarie; i contratti occorrenti 

se 1stipulati con tali 1societ� comiportano la totale esenzdone pe;r la con


troparte; mentre se si tratta di contratti accessori cui le societ� mede


sime rimangono estranee l'atto non sconta alcun tributo (n�, specifica


mente, per quel che qui interessa, l'imposta di registro). 

Soccorre ancora il paradigma del finanziamento dell'appaltatore che 

� quello pi� suggestivo per confortare la conclusione che il Collegio 

intende Qui ribadire. Anche il finanziamento espressamente contemplato 

fra gli atti agevolati � accessorio rispetto all'appalto e pu� svolgersi fra 

soggetti cui resta estranea la societ� concessionaria. 

In conclusione, sul punto, la circostanza che la fideiussione in luogo 

di cauzione � stipulata nell'esclusivo interesse dell'appaltatore non incide 1: r 

sull'operativit� dell'esenzione perch� ai fini agevola~i non viene in con-i:f 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 

siderazione l'interesse di questo o quel soggetto, ma la pi� efficiente ed 
economica realizzazione dell'opera, per il cui compimento si richiede l'intervento 
dei concessionari, ma non di essi soli. L'occorrenza dell'atto 
alla realizzazione dello scopo non deve essere valutata in termini esclusivamente 
soggettivi, esaminando se parti del negozio siano determinati 
enti od organi, ma oggettivamente, a prescindere dai destinatari dei vantaggi, 
verificando se l'atto per cui si invoca il trattamento privilegiato 
si ponga in rapporto di strumentabilit�, sufficientemente rilevante, nell'iter 
di :realizzazione dell'opera autostradale. 

� esatto che come si � visto i terzi inserendosi nei rapporti contrattuali 
occorrenti' per l'attuazione della 1. n. 729 del 1961 vengono a 
beneficiare di un regime fiscale ancora pi� favorevole di-quello riservato 
dalla legge agli stessi concessionari, ma ci� dipende dalla struttura 
della fattispecie, quale risulta dal coordinamento dei commi primo 
ed ottavo della noll'lma in esame la quale, (Pl'evede l'imposta sostitutiva 
(del resto di modestissima entit�) a carico delle societ� concessionarie 
n<?n soltanto rispetto ai negozi giuridici accessori (come queilo qui considerato), 
ma anche con riguardo a quelli principali, agli stessi appalti 
volti alla costruzione delle autostrade. 

L'appaltatore, nel sistema della legge, gode in principio di un trattamento 
pi�. favorevole, dell'ente concessionario appaltante; e quindi 
ben si comprende che lo stesso trattamento riguardi i negozi accessori 
all'appalto, stipulati nell'interesse dell'appaltatore medesimo. 

Quanto poi all'affermazione che non tutte) le fideiussioni, ma solo 
quelle prestate dagli enti pubblici per i servizi dei mutui rientrano alla 
lettera nella previsione legislativa gi� si � detto che le esemplificazioni 
non coprono l'intera area delle agevolazioni, ma sono semplicemente indicative 
di parametri dell'occorrenza del tutto coerenti, con quelle cui 
si � fatto ricorso per riconoscere l'applicabilit� dell'esenzione al contratto 
di fideiussione sostitutiva di cauzione. Mentre l'argomento inclusio 
unius exlusio alterius non ha modo di operare, all'opposto pu� essere 
invocato a favore della applicabilit�� della norma quello a fortiori facendo 
capo al rapporto finanziario gi� valorizzato, per inquadrare la 
fattispecie in esame nella misura di occorrenza richiesta per l'ammissione 
al trattamento privilegiato. 

Ed infatti nella fideiussione in luogo di cauzione si � ravvisato un 

rapporto di strumentalit� di secondo grado rispetto alla realizzazione 

dell'opera autostradale mediante l'appalto; tale fideiussione si colloca, 

cio�, allo stesso grado dei finanziamenti espressamente previsti dalla leg


ge, e cui essa � assimilabile perch� sopperisce alla mancanza di mezzi 

monetari o di titoli dell'appaltatore. 

In questa prospettiva si parte dall'appalto come strumento neces


sario per la realizzazione del piano per rifarsi alla fideiussione-cauzione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come negozio accessorio immediatamente inerente all'appalto e quindi 
ricollegab.ile all'opus attraverso un doppio passaggio. 

Ma la fideiussione contemplata espressamente dalla legge (prestata 
dagli enti pubblici per il servizio dei mutui) si trova concatenata al 
fine da realizzare da un rapporto meno diretto e giunge all'opera attraverso 
una strumentalit� di terzo grado: fideiussione, finanziamento, appalto 
sono, invero, le tre tappe del collegamento con la costruzione autostradale. 
Orbene se la fideiussione normativamente indicata presenta 
un indice di strumentalit� di terzo grado, mentre la fideiussione-cauzione 
qui considerata � legata all'opera autostradale da un nesso di secondo 
grado, ne segue la piena reversibilit� dell'argomentazione dell'Avvocatura. 
La fideiussione-cauzionale costituisce una componente necessaria 
del procedimento di formazione al contratto di appalto di opera pubblica 
e quindi vi inerisce con tale immediatezza che non venne in mente 
al legislatore di esemplificarla, proprio perch� rifletteva una modalit� 
.essenziale del complesso regolamento negoziale. 

Quindi se da un lato la riduzione della fideiussione-cauzionale al 
genus finanziamento giova ad evidenziare la portata ben pi� ampia del 
medesimo e corrobora l'operativit� dell'esenzione, dall'altro, la sottolineatura 
dell'inerenza della fideiussione stessa al regolamento negoziale 
<dell'appalto ribadisce la strumentalit� pi� stretta dell'atto giuridico innominato 
rispetto a quello nominato, trasformando il preteso argomento 
contrario all'applicabilit� dell'esenzione in ragione di conferma dell'esat;
J;ezza della conclusione raggiunta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975 n. 162 -Pres. Rossi Est. 
Montanari Visco -P. M. De Marco (conf.) -Sighieri (avv. 
Chiozza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Azzariti). 

Imposte doganali -Apparecchi di accensione -Importazione -Dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale degli art. 2 e 3 del d.l. 26 febbraio 1930 

n. 105 -Estensione alla nota n. 98.10 della tariffa doganale annessa al 
d.p. 26 giugno 1965 n. 723. 
(D.l. 26 febbraio 1930, n. 105, art. 2 e 3; d.P. 26 giugno 1965, n. 723 nota 
n. 98. 10). 
A seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale (sent. 
3 giugno 1970 n. 78) degli art. 2 e 3 del d.l. 26 febbraio 1930 n. 105, 
che istituiva un regime di monopolio sull'importazione degli apparec-

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 

chi di accensione, ha perduto efficacia anche la nota n. 98.10 della tariffa 
doganale annessa al d.p. 26 giugno 1965 n. 723. 

Conseguentemente, fino all'entrata in vigore del d.l. 20 aprile 1971 

n. 163, che ha ridisciplinato la materia introducendo il regime della 
licenza fiscale, l'importazione degli apparecchi di accensione � rimasta 
esente da ogni limitazione (1). 

(Omissis). -Col primo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione 
e violazione degli artt. 136 della Costituzione e 30 della 
legge 11 marzo 1953 n. 87, in relazione agli artt. 2 e 3 del r.d. 26 febbraio 
1930 n. 105 e 4 della Convenzione allegata. 

Egli assume che, se il decreto n. 105 dei" 1930 aveva dettato una 
nuova integrale disciplina della materia e nell'ambito di questa aveva 
pur sempre confermata l'esistenza della potest� dello Stato, affermata 
dal decreto nel 1922, la Corte Costituzionale aveva poi dichiarata, senza 
alcuna limitazione, l'illegittimit� degli artt. 2 e 3 del decreto n. 105 
del 1930 e dell'art. 4 della convenzione allegata, contenenti la nuova 
disciplina, e che pertanto le predette normi:i avevano cessato di avere 
efficacia, erga omnes e totalmente, dal giorno successivo alla pubblicazione 
della decisione, di guisa che l'importazione degli apparecchi di 
accensione di qualsiasi specie era divenuta libera e non soggetta ad 
alcuna autorizzazione o restrizione. Dall'illegittimit� delle disposizioni 
sopra menzionate sarebbe poi conseguita necessariamente l'inapplicabilit� 
della riserva indicata nella nota al n. 98.10 della tariffa doganale, 
giacch� taLe ll.'�IServa traeva origine, significato e valoire dalle dl1SiPosizioni 
del decreto n. 105 del 1930. 

Il Sighieri aggiunge che erroneamente la Corte del merito si era 

richiamata ai fatti e alle ragioni che avevano determinato la dichia


razione di illegittimit�� costituzionale delle disposizioni pi� volte richia


mate. I motivi che sottostanno alla dichiarazione di illegittimit� costi


tuzionale di una norma non potrebero -secondo il ricorrente -inci


dere in alcun modo sulla validit� e sull'efficacia del risultato finale della 

(1) La sentenza porta alle estreme conseguenze il princ1p10 (affermato 
ainche nellila sent. 9 gennaio 19�75 n. 46, in qrueisto Laiscico1o pag. 389) 
della irrilevanza della motivazione delle pronunzie della Corte Costituzionale. 
Con la sentenza 3 giugno 1970 n. 78 (in questa Rassegna, 1970, I, 513) 
era stata dichiarata l'illegittimit� costituzione per contrasto con l'art. 41 
Cost., di varie norme che riservano l'importazione degli apparecchi di 
accensione al Co111srnrzio Industrdce Fiammiif�eri. e J.dmitaviarn.o ad ailtri lima;iren

412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


sentenza, rappresentato dal dispositivo, nel quale si compendia la pronuncia 
della Corte Costituzionale agli effetti dell'art. 136 della Costituzione 
e dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953. 

Col secondo mezzo -che, per ragioni di stretta connessione, si 
reputa di dover esaminare congiuntamente al primo -il ricorrente 
deduce poi la mancanza di una idonea motivazione della sentenza impugnata 
in ordine al punto decisivo relativo all'inefficacia e inapplicabilit� 
degli artt. 2 e 3 del r.d. n. 105 del 1930 e 4 della Convenzione 
annessa e quindi della nota al n. 98.10 della tariffa doganale approvata 
con d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723. 

Il ricorso � fondato. 

Va premesso che il r.d.l. 2 febbraio 1922 n. 281 riservava nell'art. 
1 allo Stato l'importazione e la vendita in Italia di qualsiasi apparecchio 
di accensione e nell'art. 2 stabiliva che il Governo poteva anche 
autorizzare privati od enti a fabbricare od importare per la vendita i 
predetti apparecchi di accensione, con l'osservanza di speciali norme 

.da stabilirsi. 

Col r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105 (convertito con legge 1 � maggio 
1930 n. 611) furono espressamente abrogate (art. 18) le disposizioni di 
cui al r.d.l. n. 281 del 1922 e si stabili, in sostituzione di quello precedente, 
un nuovo sistema, disponendosi, tra l'altro, che l'importazione 
degli apparecchi di accenzione azionati da pietrina focaia e che potevano 
essere usati in sostituzione dei fiammiferi era riservata (art. 2) al Consorzio 
Industrie Fiammiferi istituito col r.d. 11 marzo 1923 n. 560 e che 
era riservata al Ministero delle Finanze la facolt� di esercitare direttamente 
o di autorizzare altri enti o persone ad esercitare l'importazione 
degli apparecchi di accensione di specie diversa (art. 3). 

Con la sentenza n. 78 del 3 giugno 1970 della Corte Costituzionale 

� stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 6, 7 

e 9 del r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105 e degli artt. da 1 a 11 della con


venzione annessa al predetto decreto. 

Per effetto della predetta sentenza, che ha dichiarato l'incostituzio


nalit� non solo dell'art. 2 ma anche dell'art. 3 del r.d.l. n. 105 del 1930, 

ditori la partecipazione al consorzio. Si � per�, sulla base del solo dispo


sitivo, ritenuto che in tal modo sia divenuta assolutamente libera l'im


portazione di apparecchi di accensione. 

Ma se si segue un criterio cos� formale, bisogna allora rilevare che 

nessuna disposizione del d.p. 26 giugno 1965 n. 723 e della relativa tariffa 

� stata dichiarata illegittima dal dispositivo della sentenza della Corte 

Costituzionale e che pertanto le norme in esso contenute (ed anche la 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

� venuto meno l'intero sistema normativo disciplinante la riserva dell'importazione 
degli apparecchi di accensione; non soltanto, quindi, la 
speciale riserva in favore del C.I.F., ma anche quella generale a favore 
dello Stato con la correlativa facolt� di autorizzare altri enti o persone 
all'importazione (soltanto con il d.l. 20 aprile 1971 n. 163, convertito 
con legge 18 giugno 1972 n. 376, � stata ridisciplinata la materia, con 
l'introduzione del regime della licenza fiscale). 

N� varrebbe richiamarsi ad alcuni passi della decisione della Corte 
Costituzionale per sostenere il contrario. Invero, il procedimento logico, 
per cui una norma � dichiarata costituzionalmente illegittima, � normalmente 
indifferente. Il principio giurisprudenziale, secondo cui la portata 
precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo 
conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo 
ma anche delle enunciazioni contenute nella motivazione, non pu� 
trovare applicazione nei riguardi delle sentenze della Corte Costituzionale, 
le cui dichiarazioni di incostituzionalit� sono destinate ad operare 
erga omnes e debbono essere pubblicate nel solo dispositivo (ai sensi 
degli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge 11 marzo 1953 n. 87). 
Quindi la dichiarazione di illegittimit� costituzionale � quella oggettivata 
nel dispositivo della pronuncia della Corte anzidetta e soltanto tale 
Corte (e non l'interprete o il giudice comune) pu� stabilire e specificare 
eventuali limitazioni o restrizioni alla portata della decisione da essa 
adottata. Nessuna limitazione del genere si rinviene nella sentenza n. 78 
del 1970 per cui � questione nella specie. 

Ci� premesso, va rilevato che nella tariffa dei dazi doganali d'importazione, 
~nnessa al d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723, modificato dal d.P.R. 
29 dicembre 1969 n. 1229, nella sezione XX, capitolo 98 al numero 98.10, 
concernente gli accenditori ed apparecchi di accensione, figura -al 
piede di pagina -una nota{l), in cui si legge che l'importazione degli 
accenditori ed apparecchi di accensione, di articoli similari ai fiammiferi, 
delle composizioni o di altri oggetti capaci di produrre fiammella, 

nota 98.10) continueranno a rimanere comunque in vigore fino a quando 
non sar� pubblicato il dispositivo di una pronunzia che le dichiari illegittime, 
q�ale che sia la similarit�, la connessione o la dipendenza con 
altre norme gi� dichiarate illegittime. Se spetta solo alla Corte Costituzionale 
� stabilire e specificare eventuali limitazioni o restrizioni alla portata 
della decisione da essa adottata., quale risulta dal dispositivo, spetta 
ancor pi� alla medesima Corte Costituzionale individuare la norma la cui 
illegittimit� deriva come conseguenza della decisione adottata (art. 27 
della legge 11 marzo 1953 n. 87). 



414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

scintilla o incandescenza, che nell'uso possono sostituirsi ai fiam~feri 
di qualunque specie, � riservata allo Stato e similmente � riservata allo 
Stato l'importazione di parti e pezzi di ricambio degli apparecchi, articoli, 
oggetti sopra citati. Nel secondo comma della nota si legge che 
sugli accenditori ed apparecchi d'accensione ecc., dei quali sia stata 
autorizzata l'importazione per uso privato, � dovuto oltre il dazio, il 
diritto di monopolio. 

Passandosi all'esame del valore di tale nota, si deve escludere che 

�essa abbia un valore autonomo, non avendo mai avuto effetti innovativi 
rispetto all'ordinamento preesistente, che gi� prevedeva una riserva generale 
a favore dello Stato e la necessit� (art. 4 della Convenzione 
allegata al r.d.l. n. 105 del 1930) di un'autorizzazione anche per le importazioni 
riservate al C.I.F. La stessa formufazione letterale della nota 
(espressa in termini generici e riassuntivi) dimostrava che essa costituiva 
una mera enunciazione e una ripetizione sintetica di quella che 
era la ~disciplina allora in vigore per l'importazione degli apparecchi di 
accensione. 

Del resto, la stessa sedes materiae {nuova tariffa dei dazi doganali 
d'importazione, contenuta in un decreto emanato in base ad una legge 
di delega -la legge 1� febbraio 1965 n. 13 -con l'oggetto cosi limitato) 
induce a ritenere che non si era inteso ridisciplinare in modo 
autonomo la riserva dell'importazione degli apparecchi di accensione. 

La nota, dunque, si limitava a menzionare e a richiamare (a chi 
avrebbe fatto applicazione della tariffa doganale) quelle che erano le 
specifiche disposizioni preesistenti (e cio� la normativa risultante dal 
pi� volte citato r.d.l. 105 del 1930), la cui vigenza essa ov"."iamente e 
necessariamente presupponeva. Pertanto, cessata l'efficacia delle norme 
richiamate (a seguito della dichiarazione della loro illegittimit� costituzionale), 
neanche la nota n. 98.10 poteva trovare pi� campo di applica:!:
ione. 

N� pu� trarsi argomento dalla sopravvivenza (dopo la sent~nza n. 78 
del 1970 della Corte Costituzionale e fino al d.l. 20 aprile 1971 n. 163) 
della disposizione di cui all'art. 10 del r.d.l. n. 105 del 1930, secondo 
cui commetteva contrabbando chiunque, all'infuori dei casi consentiti, 
fabbricasse, importasse o tentasse di fabbricare o di importare apparecchi 
di accensione od oggetti di cui al precedente art. 1 dello stesso 
provvedimento ovvero pietrine focaie. Infatti detta disposizione faceva 
espressamente salvi i casi di importazione consentiti e la portata dell'eccezione 
era tale da consentire il successivo ampliamento dei casi discriminati, 
che si � determinato in conseguenza della dichiarazione di 
illegittimit� costituzionale ripetutamente citata. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975 n. 163 -Pres. Rossi 


Est. Mazzacane -P. M. Martinelli (diff.) -Ente Ospedale di Gal


liera (avv. Menghini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirett� -Interessi -Anotocismo Ammissibilit� 
-Domanda contenuta nella comparsa di risposta -!!: 
idonea. 

(L. 26 gennaio 1961, n. 29; I. 28 marzo 1962, n. 147; e.e. art. 1283). 
Poich�. gli interessi sulle imposte indirette sono sempre moratori, 
anche quando per l'imposta complementare sono stabilite regole speciali 
sulla decorrenza, � ad essi applicabile il principio dell'anotacismo quando 
ne sia fatta espressa domanda giudiziale, che pu� essere contenuta 
nella comparsa di risposta della Amministrazi�ne (1). 

(Omissis). -Con l'ultimo motivo il ricorrente denuncia la violazione 
e falsa applicazione della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dell'art. 
1283 e.e. Sostiene che la Corte del merito ha erroneamente attribuito 
alla Amministrazione gli interessi ex artt. 1283 e.e. nonostante 
che essi non fossero stati� richiesti e nonostante che si trattasse di debito 
di imposta per il quale non pu� operare l'anatocismo. 

Il motivo � infondato. 

La specifica domanda giudiziale, richiesta dall'art. 1283 e.e., fu ritualmente 
proposta dall'Amministrazione finanziaria, come risulta dagli 
atti processuali il cui esame � consentito trattandosi di asserito error 
in procedendo, con le comparse di risposta (nei tre giudizi successivamente 
riuniti) del 23 aprile 1968, 1� giugno 1968 e 9 novembre 1968. 

La domanda della Amministrazione, poi, � stata fondatamente accolta 
d:ali 1gliudici di merito. Infa~ti gli interessi 11etroattivi dovuti sul 
tributo complementare hanno natura moratoria, come � stato gi� evidenziato
� con l'esame dei primi tre motivi di ricorso e con i riferimenti 
alle sentenze di questo Supremo Collegio ivi menzionate (in particolare: 

n. 2695/72 Sez. Un.; n. 2804/73). Invero essi tendono a II'iequililbrare. la 
posizione. delle due parti -creditore. e debitore -in considerazione 
del ritardo nel pagamento del debito, ritardo che la legge presume fonte 
(1) Decisione di molto interesse. La natura moratoria degli interessi 
sulle imposte indirette e ormai pacifica (v. fra le tante Cass. Sez. Un. 12 
febbraio 1974 n. 404, in questa Rassegna, 1974, I, 967); l'applicabilit� dell'art. 
1283 e.e. � pertanto una conseguenza evidente. 

416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


di danno per il creditore; tale carattere non vien meno per il solo fatto 
che in talune ipotesi (art. 3 della legge n. 29 del 1961) la pell'lcezione 
dell'unico tributo avvenga in due tempi e per siffatte ipotesi si sia inteso 
stabilire, anche quanto alla decorre~za degli interessi regole speciali. 

Pertanto, considerato, negli interessi in contestazione, il carattere 
letteralmente e 1conc,ettualmente idlenrtifkabdle di interessi moo:"atori, dleive 
ritenersi legittimamente applicabile ad essi l'art. 1283 e.e. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 164 -Pres. Rossi Est. 
Falcone -P. M. Serio (conf.) -D'Alessio c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Galleani). 

Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Canone abbonamento 
radioaudizioni circolari � Natura di tassa -Competenza del 
Tribunale � Sussiste. 

Il canone di abbonamento alle radioaudizioni circolari ha natura di 
tassa; di conseguenza le controversie relative sono di c;ompetenza del 
Tribunale (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, il D'Alessio sostiene 
che il canone di abbonamento alla radiotelevisione -la cui imposizione 
sarebbe, a suo avviso, illegittima perch� non introdotta con lo strumento 
legislativo e perch� contrastante con il principio che la Repubblica promuove 
lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (articoli 
23 e 9 Cost.) -non ha natura tributaria e che, in conseguenza, 
la competenza a conoscere della causa di opposizione all'ingiunzione di 
pagamento doveva essere determinata, fermo il foro di Torino, con 
applicazione dell'ordinario criterio del valore e non essere, invece, attribuita 
al tribunale a norma del secondo comma dell'art. 9 cod. proc. civ. 

Il ricorso non merita accoglimento. 

Questa Suprema Corte ha gi� avuto occasione di chiarire la natura 

giuridica del servizio di radiodiffusione e televisione circolare e del rap


porto che si costituisce tra la RAI-TV, che disimpegna tale servizio, ed 

il privato utente e dai principi in proposito affermati e fatti propri 

anche dalla Corte Costituzionale discende la soluzione del problema che 

si esamina. 

� stato 'innanzi tutto chiarito che il servizio di radiotelediffusione 

circolare � riservata allo Stato (artt. 1, li66, 168, n. 5, d.l. 27 febbraio 

(1) La questione � del tutto pacifica. Si segnala tuttavia la ricca motivazione 
della sentenza con molti spunti di attualit�. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARlA 417 

1936, n. 645, artt. 1, 183, 195, d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) in una 

situazione di monopolio che deve ritenersi costituzionalmente legittima, 

con riferimento all'art. 43 della Costituzione, sia per la limitata dispo


nibilit� delle bande di trasmissione, che -in mancanza della riserva 

di sfruttamento a favore dell'ente pubblico -consentirebbe solo a pochi 

l'utilizzazione del mezzo radiotelevisivo, sia per la natura dell'attivit� 

svolta attraverso la sua prestazione, avente preminente interesse gene


rale e diretta al perseguimento di fini di utilit� parimenti generale 
�(Corte Cost., 13 luglio 1960, n. 59; 10 luglio 1974, n. 225). 

Questa impostazione concorre, con gli indici di qualificazione del 

servizio sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, all'esatta connota


zione di esso come servizio pubblico, in quanto affidato in concessione 

alla RAI-TV attraverso un atto amministrativo dello Stato, dal quale 

l'ente deriva i suoi poteri ed in quanto rivolto a soddisfare un bisogno 

essenziale dei singoli componenti del corpo sociale e di questo nella 

sua unit�, attraverso l'adempimento del compito fondamentale della 

diffusione dell'informazione e di compiti ulteriori di promozione della 

conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo e di coope


razione nella formazione culturale del paese (v. Corte Cost., sent. n. 225 

del 1974 cit. e 8 giugno 1963, n. 81). 

La natura di concessione del titolo in forza del quale la RAI-TV 

esercita il pubblico servizio delle radioaudizioni e televisione circolari 

non � seriamente contestabile alla stregua delle norme che hanno rego


lato e regolano l'attribuzione del servizio stesso, qualificandola anche 

espressamente come concessione, norme le quali prevedono, secondo 

schemi propri� della disciplina delle concessioni, l'obbligo e le modalit� 

tecniche di prestazione del servizio, lo sviluppo degli impianti, la messa 

a disposizione gratuita delle stazioni a richiesta del Governo, il rego


lamento economico dei rapporti tra concedente e concessionario, la vigi


lanza ed il controllo relativamente alle attivit� tecniche ed economiche 

della concessionaria e per assicurare l'indipendenza politica e l'obbiet


tivit� informativa, la decadenza per inadempienza degli obblighi posti 

a carico della concessionaria, il diritto di riscatto a favore dello Stato 

(v. convenzione con l'EIAR approvata con r.d. 18 novembre 1927, 
n. 2207; convenzione con la RAI 26 gennaio 1952, n. 180 e convenzioni 
aggiuntive, prorogata dal 1� al 31 dicembre 1973 con d.P.R. 15 dicembre 
1972, n. 782, dal 1� gennaio al 30 aprile 1974 con d.l. 20 dicembre 
1973, n. 790, convertito nella legge 14 febbraio 1974, n. 10, dal 30 aprile 
al 30 novembre 1974 con d.l. 30 aprile 1974, n. 119, convertito nella 
legge 27 giugno 1974, n. 245, e dal 30 novembre 1974 con d.l. 30 novembre 
1974, n. 603). 
Da tali premesse discende che il rapporto tra la RAI-TV ed_i privati 
utenti che si costituisce, nel sistema delle leggi regolanti la materia, 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con il solo fatto della detenzione di un apparecchio di ricezione, ha 

natura pubblicistica e non contrattuale privatistica (Cass., 17 ottobre 

1955, n. 3221). 

� stato, in particolare, rilevato quanto alla natura della presta


zione a carico. degli utenti privati, che il sistema si � evoluto passando 

da una concezione �privatistica, delineata con la prima disciplina della 

materia, all'attuale impostazione pubblicistica, attraverso il r.d. 1� mag


gio 1924, n. 655, il r.d.l. 23 ottobre 1925, n. 1917, il r.d.l. 20 luglio 1934, 

n. 1230, fino al d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, convertito nella legge 4 giugno 
1938, n. 880, nel quale la natura tributaria delle somme dovute 
dai radioutenti assume rilievo e incidenza indiscutibili (v. Corte Cost., 
8 giugno 1963, n. 81 cit.). 
Pi� specificamente, alla stregua della disciplina vigente, deve riconoscersi 
la natura tributaria della prestazione che fa carico agli utenti 
del servizio di cui si discute. 

Questa conclusione � giustificata, anzitutto, dalla considerazione che, 
eome so~ra � stato posto in evidenza, la prestazione del servizio radiotelevisivo 
avviene per soddisfare prevalenti interessi della collettivit� 
e non gi� quello specifico del singolo utente, il quale diviene tale ed � 
obbligato al pagamento del canone non in virt� di una sua manifestazione 
negoziale specificamente diretta ad ottenere la prestazione fornita 
dalla RAI-TV, ma per la semplice detenzione di un apparecchio di 
ricezione. La disponibilit� �di un apparecchio idoneo a consentire la 
ricezione dei programmi radiotelevisivi, in quanto determina la possibilit�, 
per il detentore di esso, di usufruire del servizio pubblico di 
radioaudizioni e televisione circolari, ed indipendentemente dall'effettivo 
godimento dello stesso, � sufficiente a costituire il presupposto del 
pagamento del canone che, per tali ragioni, riveste il carattere di una 
vera e propria tassa. 

La qualificazione di tassa di abbonamento �, del resto, espressamente 
attribuita al canone di cui si discute dall'art. 7 del d.P.R. 26 gennaio 
1952, n. 180, e risulta confermata dalle seguenti ulteriori considerazioni: 
la regola del pagamento all'amministrazione delle finanze (uffi.
cio del registro abbonamenti Radio-TV, U.R.A.R.) della tassa (canone) 
di abbonamento, che � girata dallo Stato a favore del concessionario 
il quale � tenuto, a sua volta, a corrispondere una quota dei proventi 
effettivi lordi (artt. 3 e 25, r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 21 del 

d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180; articolo unico d.P.R. 31 dicembre 1969, 
n. 1234); il rinvio, per l'accertamento delle violazioni delle norme sulla 
disciplina degli abbonamenti e per applicazioni delle penalit�, alle disposizioni 
della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente le norme generalr 
sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie; l'attribuzione 
della competenza per l'accertamento delle anzidette vi�lazioni agli organi 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 

cui la citata legge n. 4 del 1929 devolve l'accertamento delle violazioni 
delle leggi finanziarie e, tra gli altri, agli ispettori e procuratori delle 
.tasse ed imposte indirette sugli affari; la concessione, al credito per il 
canone di abbonamento, del privilegio speciale mobiliare previsto in 
favore dei crediti dello Stato per tributi indiretti (art. 1958, n. 1, cod. 

civ. abrogato ,art. 2758, cod. civ. vig.) e di quello generale sui mobili 
previsto per i crediti dello Stato per tributi indiretti (art. 1957, cod. civ. 
abrogato, art. 2752, cod. civ., vig.) (v. artt. 24 e 26, r.d.l. n. 246 del 
1938 cit.); la comminatoria di una sopratassa, avente chiaramente natura 
fiscale, per il ritardato pagamento del canone (art. 3, d.l.C.P.S. 
31 dicembre 1947, n. 1542). 
Dall'accertata natura tributaria del canone (tassa) di abbonamento 
alle radiodiffusioni e televisione circolari consegue che la competenza 
a conoscere della opposizione all'ingiunzione di pagamento intimata ai 
sensi della legge n. 639 del 1910, spetta, come esattamente ha ritenuto 
la sentenza impugnata, al Tribunale di Torino, a norma del secondo 
comma dell'art. 9, cod. proc. civ. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1975, n. 250 -Pres. Giannattasio 
-Est. Alibrandi -P. M. Berio (conf.) -Soc. Alisso (avv. 
Vitali) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Corsini). 

Imposta di registro -Trasferimento di diritto reale immobiliare -Cessione 
di cubatura prevista dal piano regolatore di Torino -i!. tale -Agevolazione 
dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 � Applicabilit�. 

(L. 2 luglio 1949, n. 608, art. 14). 
Le cessioni di cubatura previste dal piano regolatore deUa citt� di 
Torino, appirovato con d. p. 6 ottobre 1959 (cessione a titolo oneroso 
deUa cubatura inerente ad una area a vantaggio del proprietario 
di altra area che accresca il diritto aUa costruzione in ragione deUa 
cubatura ceduta), costituiscono atti con effetti analoghi a quelli propri 
dei trasferimenti di diritti reali immobiliari. A tali negozi, diretti a 
favorire l'incremento deUe costruzioni edilizie, sono applicabili le agevolazioni 
dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 (1). 

(1) La decisione, che ha un precedente specifico in Cass. 21 marzo 1973 
n. 802 (Riv. leg. fisc., 1973, 2200) non pu� essere condivisa. Accogliendo la 
tesi sostenuta dalla Finanza, la S.C. aveva affermato esattamente che le 
singolari cessioni che si inseriscono nel meccanismo del piano regolatore 
della citt� di Torino costituiscono trasferimenti di diritti reali immobiliari 

420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con i primi tre motivi del ricorso -che pos.sono 
esaminarsi congiuntamente, contenendo censure strettamente connesse la 
Societ� per azioni Alisso denunzia violazione e falsa applicazione 
degli artt. 4 e 8 t.u. legge di registro approvato con r.d. 30 dicembre 1923, 

n. 3269; I della tariffa allegato A alla legge stessa; 832, 840, 869, 
1027, 1028, 1031, 1072 e 1362 cod..civ.; 112 e 113 c.p.c., nonch� omessa, 
insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, 
in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c. Deduce, in particolare, 
che la convenzione del 24 maggio 1965 non prevede alcun trasferimento 
di cosa da un soggetto ad altro e che la Corte del merito ha alterato i 
presupposti di fatto della vicenda ritenendo, erroneamente, che la chiesa 
parrocchiale aveva volontariamente� e dietro compenso vincolato, a favore 
di essa esponente, delle aree che, invece, non erano dalla chiesa 
vincolabili. Aggiunge che inesattamente la Corte d'appello ha ravvisato 
la costituzione di servit� di non edificare, perch� la convenzione suddetta 
esauriva i suoi effetti al momento della stipulazione dell'atto, senza 
dar luogo ad un vincolo permanente, di natura reale, tra i due fondi. 
Le riassunte censure non si ravvisano fondate. 
Sul problema tributario che viene in considerazione gi� questa 
Corte Suprema ha avuto occasione di pronunciare (sent. 6 luglio 1972, 

n. 2235, e sent. 21 marzo 1973, n. 802) e non ritiene di allontanarsi da 
tale suo gi� accolto indirizzo giurisprudenziale per i motivi che seguono. 
Va premesso, per un pi� completo esame delle questioni sollevate 
dalla ricorrente, che il p.r. della citt� di Torino, approvato con d.P. 
6 ottobre 1959, agli artt. 6, 18, 19 e 34 stabilisce la densit� di costru..,. 
zioni edilizie consentita per alcune zone, espressa in metri cubi, per 
mq. di suolo edificatorio. 

La facolt� di costruire, con riguardo a tale densit� media, riferibile 
a tutta la zona, costituisce la �cubatura�, spettante a ciascuna parte 

soggetti all'imposta dell'art. 1 della tariffa A della legge di registro (sent. 
6 luglio 1972 n. 2235, in questa Rassegna, 1972, I, 832). Ora, assumendo ci� 
come premessa nella prima parte deJla motivazione, si afferma che alle dette 
cessioni, in quanto dirette a far acquistare un diritto che aumenta l'edificabilit� 
di un'area, al pari dell'acquisto di un'area contigua, sono applicabili 
le agevolazioni dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408. 

Il diritto di cubatura ceduto � pertinente ad un'area del tutto diversa 
da quella sulla quale l'edificio deve essere costruito e che pu� essere (e 
solitamente �) inedificabile o adibita a servizi pubblici (v. sent. 21 marzo 
1973 n. 802 citata). Ora colui che realizza la costruzione, e che per l'acquisto 
di quell'area pu� gi� aver fruito una volta della agevolazione, compie una 
operazione che, pur concretandosi nel trasferimento di un diritto reale, � 
pertinente ad una area non destinata alla costruzione e che non costituisce 
il presupposto diretto della costruzione. In analoga situazione � stato affer



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 

edificabile, singolarmente considerata. Poich� la densit�, stabilita per la 
zona, rappresenta una media complessiva, la cubatura, spettante a ciascuna 
area edificabile, pu� ~ssere trasferita ad altre aree, e, cio�, su 
diversa propriet�, col consenso del Comune. Per effetto di tale trapasso 
di �cubatura�, il proprietario dell'area, alla quale ineriva la _cubatura 
ceduta, perde il diritto di costruire su detta area e tale diritto acquista, 
invece, il proprietario del fondo al quale viene trasferita la cubatura. 

Attraverso il consenso del Comune, si verifica, per volont� dei privati 
contraenti, il trasferimento di una delle facolt�, in cui si estrinseca 
la propriet� e, cio�, quella di costruire, onde il cessionario della cubatura 
pu� costruire, sul suo fondo, nei maggiori limiti consentiti dalla 
cessione e vendere a terzi, le costruzioni, con innegabile efficacia erga 
omnes del trasferimento, il quale viene, in tal modo, permanentemente 
ad inerire sull'area edificabile di propriet� del cessionario. 

Gli effetti reali dell'oggetto della cessione, che viene ad accrescere 
la facolt� di edificare, spettante al proprietario cui la �cubatura� � 
ceduta, con efficacia erga omnes, SOI).O analoghi a quelli dei trasferimenti 
a titolo oneroso, di diritti reali immobiliari, previsti dall'art. 1 
della Tariffa, onde, per l'art. 8 della legge organica di registro, vanno 
assoggettati all'aliquota ivi prevista. Dispone, infatti, il citato art. 8 
che un atto, il quale produce effetti previsti dall'art. 4 della stessa legge 
(trasmissioni di diritti reali, o obbligazioni di somme o prestazioni, o 
dichiarazione o attribuzione di valori o diritti, o efficacia di titolo o di 
documentazione legale) e che non si trovi, nominalmente, indicato nella 
'Tariffa, soggiace alla tassa che la Tariffa prevede per l'atto col quale, 
per la sua natura e per i suoi effetti, ha maggiore analogia. 

marto (sent. 29 lugLio 1974 n. 2289, ivi, 1974, I, 143'8) 'che non � awl!i,cabile 
l'agevolazione sull'acquisto di un'area inedificabile o non destinata alla edificazione 
che sia necessaria, secondo le norme urbanistiche, per ottenere la 
licenza edilizia che presuppone la formazione di spazi pubblici accessori 
alla costruzione. Se poi il secondo atto serve non a rendere possibile l'edificazione 
ma solo ad accrescere il volume consentito, l'impossibilit� della 
agevolazione � ancor pi� evidente. Non � quindi conferente l'assimilazione 
della cessione di cubatura all'acquisto di area contigua con lo scopo di 
costruire un edificio di maggior volume, perch� anche per l'acquisto di area 
contigua, non destinata alla costruzione ma strumentale per realizzare un 
maggior volume su area diversa, non � ammissibile l'agevolazione. 

L'agevolazione infatti riguarda soltanto l'acquisto di aree edificabili; 

tutti gli altri negozi secondari diretti a realizzare una costruzione di mag


gior consistenza (convenzioni per costruzione in aderenza, rinunce alle 

distanze, consenso alla maggiore altezza, aumento del rapporto di copertura, 

e in genere tutte le convenzioni con cui la rinuncia di un soggetto � corri


spettiva dell'accreschnento del diritto di un altro), se pur di fatto concorrono 

ad incrementare le costruzioni edilizie non hanno evidentemente per oggetto 

l'acquisto di area edificabile. 



422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'analisi delle pattuizioni, poste in essere, quanto alla �cubatura�, 
cio� quanto alla facolt� di edificare, dall'atto notarile 11 marzo 1963, 
in relazione con la scrittura registrata il 26 giugno 1962, e come, in 
pUIIlito di fatto, furono aiocertate dai .giudici di merito, porta a qua1ificare 
la convenzione come cessione del diritto di costruzione, rappresentato 
dalla cubatura, con effetti an~oghi a quelli di un atto traslativo 
di diritti reali immobiliari, previsto dall'art. 1 della Tariffa. 

La norma del citato art. 8 della legge, che assoggettata alla imposta 
(p!I'eVista !Per J. trasferimenti di diritti immobiliairi, anche atti cihe 
producono effetti analoghi a tali trasferimenti, rende irrilevanti le questioni, 
attinenti alla precisa qualificazione dell'atto, dal momento che tali 
effetti, analoghi a quelli propri delle cessioni dei diritti reali, sussistono 
in relazione non solo a�la volont� delle parti, ma anche alle norme del 
Piano regolatore, dianzi richiamate. 

� esatto che i diritti reali, i quali sono suscettibili di possesso giu


ridico tecnico (Cass., 11 giugno 1943 n. 1448), sog,giacciono al principio 

del numerus clusus e devono, dunque, essere assumibili nei paradigmi 

legislativi, che compongono tale numerus (Cass., 22 ottobre 1959, nu


mero� 3035), ma la classificazione, prevista dall'art. 813 e.e. pu� essere 

derogata da norme speciali, e, comunque, per l'art. 8, l'analogia di effi


cacia di un atto rende applicabile l'aliquota tariffaria, indipendentemente 

dalla esatta sussunzione, dell'atto medesimo, in uno dei paradigmi legi


slativi, che classificano i diritti reali immobiliari. 

Irrilevante �, dunque, ai fini dell'applicabilit� del tributo, la diffi


colt� di qualificare come servit�, in base ad una utilitas fornita dal fon


do servente (Cass., 27 gennaio 1962, n. 153) con carattere di permanenza, 

un rapporto che si sostanzia in una facolt� di costruire, da esercitarsi, 

una tantum, o di riscontrare una ipotesi di diritto di superficie, in rela


zione all'art. 952 e.e. in un diritto di costruzione che non grava su cosa 

altrui (Cass., l� giugno 1965, n. 1655). Quel che, invece, rileva � la 

rinuncia a costruire, che trova causa in un corrispettivo e, dunque, as


sume il carattere, indubbio, di una cessione di diritto, con efficacia tra


slativa, non automatica, ma volontaria, a favore di un soggetto prescelto, 

il quale paga un corrispettivo non irrilevante, onde la cessione, � a ti


tolo oneroso e produce, nel cessionario, una facolt� di edificare, con 

effetti erga omnes, analoghi agli effetti dlei trasferimenti di diritti reaii, 

onde prende vigore il rinvio dell'art. 8 della legge all'aliquota tariffaria 

dell'art. 1, prevista per tali trasferimenti di diritti reali. 

Esattamente, dunque, la Corte d'appello ha ritenuto applicabile la 

aliquota prevista dall'art. 1 della Tariffa. 

Va, infine, rilevato che il denunziato travisamento di fatti, per non 

avere la Corte del merito considerato che la cubatura, ceduta dalla 

Chiesa p;:irrocchiale, si riferiva ad area non vincolabile, non pu� costi


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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 

tuire motivo di ricorso per cassazione. Con tale censura, infatti, si prospetta 
un vizio non della motiv.azione della sentenza, ma un travisamento, 
cio� un eri;ore riparabile mediante l'istanza di revocazione, come ha pi� 
volte affermato questa Corte Suprema (v. sent. n. 60 del 1970, sent. 

n. 2759 del 1971 e sent. n. 2471 del 1972). 
Con il quarto motivo la societ� ricorrente, denunziando�violazione 
e falsa applicazione degli artt. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408 e 1 della 
Tariffa all. A alla legge di registro; 12 delle Preleggi; 1027 e 1031 cod. 
civ., nonch� insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo. 
della controversia, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., si 
duole che la Corte del merito abbia escluso l'applicabilit� dei benefici 
fiscali di cui alla citata legge n. 408 del 1949, sebbene essa si estenda 
a tutti gli strumenti negoziali con i quali si aumenta l'edificabilit� di 
un'area. 

Questo motivo � fondato. 

Come gi� questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare sul 
punto che viene in considerazione (sent. 21 marzo 1973, ii. 802), le 
norme che importano esenzioni o agevolazioni tributarie, pur non essendo, 
per il loro carattere eccezionale, suscettibili di applicazione analogica, 
possono per� nei congrui casi, essere interpretate in modo estensivo, 
perch� questo risultato ermeneutico pone in risalto l'intenzione del 
legislatore, dando alle parole da esso usate la portata che le � pi� conforme. 
La legge 2 luglio 1949, n. 408, ha, come � noto, lo scopo di favorire 
la costruzione di case di abitazione non di lusso e, a tal fine, l'articolo 
14 dispone un trattamento fiscale di favore per gli acquisti di aree 
edificabili. Ora, la cessione di cubatura� importa l'acquisto a favore del 
cessionario di un diritto reale immobiliare, che aumenta l'edificabilit� di 
un'area. Essa perci� � in armonia con la ratio che ispira la citata legge 

n. 408 del 1949. Infatti, aumentare l'indice di edificabilit� del proprio 
fondo o acquistare, con indice immutato, un'area contigua, cos� da ottenere, 
secondo il piano regolatore, la possibilit� di costruire, nell'uno o 
nell'altro caso, un edificio di un certo volume �, per quanto concerne 
l'incremento delle costruzioni edilizie, cosa non diversa. 
Pertanto, la sentenza impugnata devi:: essere cassata in relazione al 
motivo accolto, con rinvio della causa ad altro giudice di pari grado 
che, nel riesaminarla, si atterr� al seguente principio di diritto: �le cessioni 
di cubatura sono assimilabili al trasferimento di diritti reali immobiliari, 
poich� �e norme sulle cubature pongono limiti di edificabilit� 
e con i trasferimenti suddetti questi limiti vengono per il cedente, aumentati 
e per il cessionario, correlativamente, diminuiti. 

I relativi acquisti di cubatura incrementano, quindi, l'edificabilit� di 
un'area e ad essi possono essere applicati i trattamenti fiscali di favore, 
previsti dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 �. -(Omissis). J 

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SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI(*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4088 -Pres. 
Pece -Est. Delfini -P. M. Pedace (conf.) -Cuzzaniti e D'Amico 
(avv. Fulci) c. Assessorato ai lavori pubblici della Regione siciliana 
(avv. Stato Imponente). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acque affioranti naturalmente alla superficie 
-Acqua pubblica � Propriet� privata dell'acqua necessaria ai bisogni 
del fondo � Esclusione. 

(C.c., artt. 832 e 834; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 103). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione � Proroga � ex 
Iege � � Incertezza sulla prorogabilit� � Interesse ad agire in mero accertamento 
� Sussistenza. 

(L. 8 gennaio 1952, n. 42; I. 2 febbraio 1968, n. 53; c.p.c., art. 100). 
Le acque che sgorgano naturalmente da una sorgente compresa tra 
le acque pubbliche, quand'anche dovessero per analogia considerarsi soggette 
alla disciplina delle acque sotterranee artificialmente estratte, non 
potrebbero mai neppur in parte costituire oggetto di propriet� privata 
del proprietario del fondo in cui affiorano, non potendo confondersi, col 
diritto di propriet� del terreno in cui l'acqua si trova, la situazione giuridica 
del privato cui compete una speciale e particolare utilizzazione 
dell'acqua pubblica (1). 

L'efficacia immediata e diretta delle leggi che hanno prorogato la 
durata di utenze di acque pubbliche non esclude la possibilit� del verificarsi 
di situazioni di incertezza in ordine alla concreta applicabilit� delle 
disposizioni di proroga, onde sussiste l'interesse del concessionario ad 
ottenere dall'Amministrazione il riconoscimento dell'avvenuta proroga 
ed il rifiuto esp'l'esso o tacito dell'Amministrazione pu�, in concorso con 

(1-2) La sentenza confermata, Trib. sup. acque, 22 marzo 1971, n. 6, � 
pubblicata in Cons. Stato, 1971, II, 273. 

Sulla prima massima pu� osservarsi che l'art. 103, quarto comma, t.u. 11 
dicembre 1933, n. 1775, dettato in tema di acque sotterranee, dispone che 
anche quando l'acqua presenti attitudine ad usi di pubblico interesse, sia 
iscritta tra le acque pubbliche e fatta oggetto di concessione, una congrua 

(*) Le ,dedsdoni in maiteria di acque pubbliche sono maSISimate ed anno


tate darlil'avv. PAOLO VITTORIA. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 425 

altre circostanze di fatto, integrare l'interesse ad agire per ottenere dal 
giudice l'accertamento della p�rdurante operativit� della originaria concessione 
(2). 

(Omissis). -Con i ricorsi di Cuzzaniti e D'Amico si denuncia la 
violazione dell'art. 42 della Costituzione, degli artt. 832 e 834 del codice 
civile, dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 
103 del testo unico sulle acque pubbliche. 

Affermano i ricorrenti che l'acqua della sorgente di cui si tratta, 
in quanto pu� servire all'irrigazione del fondo in cui sgorga la sorgente 
stessa, costituisce un elemento di tale fondo, non diversamente dall'humus 
che ne forma il suolo; perci� essi, proprietari del fondo, sono titolari 
di un diritto di propriet� privata che ha come suo oggetto, congiuntamente 
al terreno e nello stesso modo di questo, anche quell'acqua. A 
sostegno del loro assunto i ricorrenti adducono l'art. 103 del t.u. del 
1933, del quale invocano un'interpretazione estensiva, comprendente le 
acque naturalmente sorgenti in superficie, ed affermano che una diversa 
interpretazione della normativa vigente sarebbe in contrasto con l'art. 
42 della Costituzione. 

L'infondatezza di questa tesi emerge evidente sia dal fatto che la 
sorgente, di cui si parla, � compresa a norma dell'art. 1 del testo unico 
fra le acque pubbliche -essendo dotata dell'attitudine ad essere utilizzata 
per usi di pubblico interesse -, sia dalla considerazione che 
sulla stessa sorgente, e in generale sulla stessa acqua pubblica, non possono 
coesistere pro parte diritti pubblici o demaniali e diritti di propriet� 
privata. 

La natura stessa del bene considerato esclude che esso sia, ad un 
tempo, in parte pubblico ed in parte privato; invero il sistema vigente, 

quantit� debba esserne riservata al proprietario del fondo per i bisogni di 
questo a prezzo di costo. Gli attori avevano invocato l'applicazione della 
norma in relazione ad acque che sgorgavano naturalmente da una sorgente 
ubicata nel proprio fondo ed avevano chiesto che in base ad essa fosse 
riconosciuta l'esistenza di un diritto di propriet� avente ad oggetto l'acqua, 
riguardata come elemento del fondo. 

Il Tribunale superiore aveva escluso la possibilit� dell'applicazione 
analogica alle acque sorgenti delle disposizioni dettate per le acque sotterranee; 
aveva aggiunto che neppur in base a queste poteva configurarsi un 
diritto di propriet�, considerato che il proprietario del fondo � tenuto a 
pagare un prezzo per l'acqua. 

La Corte di cassazione ha desunto dalla natura pubblica dell'acqua la 
impossibilit� di qualificare come diritto di propriet� la situazione giuridica 
soggettiva configurabile sulla base dell'art. 103, comma quarto, del t.u. 11 
dicembre 1933, n. 1775. L'affermazione si fonda sul principio per cui lo 
stesso bene non pu� costituire oggetto dJ regimi giuridici diversi, uno 



426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel tener conto degli interessi pubblici e degli interessi privati all'utilizzazione 
d!ell'aicqua, ne affida il 'contemperamento alla pubblica amministrazione 
ed alle norme che ne regolano e ne vincolano l'attivit�, anzich� 
alla discriminazione fra porzione pubblica e porzione privata della 
stessa acqua, ed alla conseguente distinzione di diritti diversi sul medesimo 
bene. 

La situazione giuridica del privato al quale compete una speciale 
e particolare utilizzazione dell'acqua pubblica, qualunque ne sia il titolo 
e qualunque ne sia, in relazione ad esso, l'esatta configurazione (diritto 
soggettivo, interesse legittimo od altro), non pu� giammai configurarsi 
come un diritto di propriet� privata e si distingue nettamente e radicalmente 
dalla propriet� del terreno, in cui l'acqua si trova, non potendo 
in alcun modo identificarsi e confondersi con essa. 

N� vale in contrario il richiamo all'art. 103 del testo unico, perch� 
-anche. se fosse giustificata l'applicazione analogica di questa disposizione 
alle acque che sgorgano naturalmente alla superficie, come sostengono 
i ricorrenti -la posizione di vantaggio in relazione ai bisogni 
del fondo che ne deriva al proprietario del fondo stesso nei confronti 
della pubblica amministrazione, qualora si tratti ili acqua pubblica, si 
presenta per la sua natura, per il suo contenuto e per il suo oggetto 
del tutto diversa da un diritto di propriet� privata. 

Nessuna influenza possono quindi avere nel caso in esame le disposizioni 
del codice civile relative al contenuto del diritto di propriet�, 
perch� questa non pu� sussistere rispetto a beni, come le acque pubbliche, 
per i quali � esclusa dalle norme speciali che regolano tale 
materia. N� pu� dubitarsi della legittimit� costituzionale di queste norme, 
perch� l'art. 42 della Costituzione non contiene il divieto di riservare 
alla propriet� pubblica -o di trasferire ad essa -talune catego


demaniale e uno privatistico (in tal senso, cfr. Cass., 21 agosto 1962, n. 2613, 
Giust. civ., 1963, I, 324, resa in tema di cose d'arte), essendo esclusa la appropriazione 
privata dei beni la cui attitudine ad usi pubblici vale ad attrarli 
al regime della demanialit�, beni riguardo ai quali l'uso privato non pu� che 
avere a suo fondamento una concessione (su questo principio si fonda la 
giurisprudenza formatasi in tema di incidenza della dichiarazione di demanialit� 
sui preesistenti diritti dei privati: Trib. sup. acque, 26 aprile 1974, 

n. 5, Cons. Stato, 1974, II, 554; Trib. sup. acque, 1 febbraio 1973, n.4, ivi, 
1973, II, 221; Cass., 25 maggio 1971, n. 1534, in questa Rassegna, 1971, I, 
1253 e Giust. civ., 1971, I, 1384; Trib. sup. acque, 18 aprile 1968, n. 9, in 
questa Rassegna, 1968, I. 646; Cass., 22 dicembre 1967, n. 3006, Giur. agr., 
1968, 659; Trib. sup. acque, 28 gennaio 1967, n. 1, in questa Rassegna, 1967, 
I, 160). 
In relazione alla seconda massima va rilevato che il punto di maggior 
interesse della pronunzia � nella affermazione che il privato, il quale fonda 
una propria situazione giuridica soggettiva su un provvedimento della P.A., 
ha diritto ad ottenere da questa una dichiarazione che ne attesti la titolarit�. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 427 

rie di beni oggettivamente determinati dalla legge secondo la loro intrinseca 
natura ed in vista di scopi di interesse generale. L'adombrata eccezione 
di illegittimit� costituzionale deve quindi ritenersi manifestamente 
infondata. 

Il ricorso di Cuzzaniti e D'Amieo deve� pertanto essere respinto, 
con la conseguente condanna dei.ricorrenti alla perdita del deposito 
per soccombenza. 

L'Assessorato ai lavori pubblici della Regione Siciliana denuncia 
con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione 
dell'art. 100 del codice di procedura civile, in relazione alle 
varie disposizioni di legge che regolano le concessioni d'uso delle acque 
pubbliche e la proroga di esse. 

Sostiene l'amministrazione ricorrente che i titolari delle concessioni 
si trovano in una situazione ben precisa, che non lascia margine 
a posizioni di incertezza in ordine ai loro diritti; e ci� perch� le concessioni 
attribuiscono un diritto soggettivo all'uso dell'acqua, e su tale 
diritto l'autorit� amministrativa pu� interferire soltanto negando la rinnovazione 
della concessione o dichiarandone inefficace la proroga, mentre 
l'operativit� ex tege della proroga, secondo il sistema della legge 

n. 42 del 1952 e delle leggi successive, esclude che l'amministrazione 
possa o debba rinnovare la concessione. 
Ne consegue che, non avendo l'amministrazione il potere-dovere di 
pronunciarsi sulla domanda di rinnovo se non per respingerla, il comportamento 
da essa tenuto nel caso in esame, anzich� essere dilatorio e 
tergiversatore -come ritenuto dal Tribunale superiore -non ha 
determinato alcuna incertezza obiettiva dei diritti dei concessionari nei 
confronti dell'amministrazione concedente. Si afferma pertanto nel ricorso 
che i concessionari difettavano di interesse ad agire per ottenere 
l'accertamento del loro diritto verso I'Amministrazione, e che per prevenire 
e superare le contestazioni mosse da terzi era sufficiente il documento 
del titolo costitutivo della concessione, e cio� il decreto origina. 
rio, sicch� nessun interesse �essi potevano far valere in giudi.zio al fine 

di ottenere una dichiarazione scritta attestante il loro diritto. 

La tesi sostenuta con questo mezzo di ricorso � viziata, perch� non 

considera che l'effica�ia diretta ed immediata della proroga delle con


cessioni a norma della legge del 1952 non esclude la possibilit� del 

verificarsi, in relazione ad una concessione determinata, di una situa


zione di incertezza. in ordine alla concreta applicabilit� delle disposi


zioni di proroga. 

In tale situazione, mentre � giusto negare la necessit� di un provvedimento 
della pubblica amministrazione avente per oggetto specifico 
il rinnovo della concessione, non si pu� non riconoscere l'esigenza da 
parte del concessionario di ottenere, mediante un atto di accertamento 


428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

od una equivalente certificazione amministrativa, il riconoscimento dell'avvenuta 
proroga della concessione e della conseguente operativit� del 
decreto originario di concessione, oltre i termini in essi stabiliti. 

Il rifiuto, espresso o tacito, di tale riconoscimento, anche se non 
costituisce -di per s� solo -un elemento sufficiente ad integrare 
l'interesse ad agire per ottenere dal giudice competente l'accertamento 
giudiziale del diritto, � certamente un dato di grande rilevanza che 
pu� e deve essere valutato dal giudice, in concorso di altre circostanze 
di fatto, al fine di accertare la sussistenza di tale interesse e delle condizioni 
richieste per promuovere l'azione. 

Nel procedere a questa valutazione la sentenza impugnata ha dato 
particolare rilevanza al fatto che l'amministrazione avesse svolto per 
lunghi anni, senza condurla a termine, un'istruttoria sulla domanda di 
rinnovazione, istruttoria che non sarebbe stata necessaria per l'applicazione 
pura e semplice della proroga legale della -concessione, e legittimamente 
ne ha tratto un argomento decisivo per riconoscere una situazione 
oggettiva di incertezza nei rapporti fra i concessionari e l'amministrazione 
stessa. 

Nessun errore di diritto vizia tale decisione, che deriva da una 

corretta interpretazione delle disposizioni del testo unico sulle acque 

pubbliche e delle leggi di proroga delle concessioni, e costituisce l'appli


cazione di un principio, la cui validit� consegue alla qualificazione del 

comportamento della pubblica amministrazione ed all'individuazione dei 

presupposti dell'azione di accertamento. Invero quando vi � una possi


bilit� di contestazione da parte di terzi, l'interessato ben pu� prevenire 

tale contestazione richiedendo alla pubblica amministrazione una dichia


razione scritta attestante il suo diritto; e se la pubblica amministrazione 

non risponde mantenendo un comportamento elusivo, che equivale al 

rifiuto di accogliere la legittima istanza della parte interessata, nono


stante il compimento della prescritta istruttoria, ben pu� il privato con


venire l'amministrazione davanti al giudice competente, affinch� questi 

accerti l'esistenza del suo diritto. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089 -Pres. 
Pece -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Pedace (conf.) -Prefetto 
di Catania (avv. Stato Albisinni) c. Soc. n.c. Carraffo e Scilio Acquedotti 
(avv. Conte) e Comune di Giarre (n.c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Requisizione di utenza -Ammissibilit� Esclusione. 


(L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 429 

Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Tribunale 
superiore e tribunali regionali delle acque pubbliche � Requisizione 
di utenza � Natura del provvedimento � Lesione di diritto soggettivo � 
Insussistenza. 

Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici � Provvedimenti di urgenza 
� Sostituzione del prefetto ad altre autorit�. 

(R.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19, mod. da 1. 8 marzo 1949, n. 277). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza e giurisdizione � Tribunale 
superiore ~lelle acque pubbliche e Consiglio di Stato � Requisizione 
di utenza -Impugnazione � Ricorso in materia di acque pubbliche � 
1!: tale. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 1artt. 140 e 143 lett. a). 
Il prefetto, che dispone la requisizione di una sorgente gi� concessa 
a terzi motivando il provvedimento con l'urgenza di provvedere all'approvvigionamento 
idrico di un comune, emana un atto che non pu� 
qualificarsi come requisizione, perch� questa pu� solo riguardare la propriet� 
privata e non anche un bene demaniale (1). 

La posizione del concessionario di fronte al provvedimento che dispone 
la requisizione dell'utenza non � di diritto soggettivo, perch� l'atto, 
se non pu� esser ricondotto ad un potere di requisizione che non sus


(1-5) Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche 
oggetto di concessione. 

1. -Le sentenze in rassegna offrono lo spunto per alcune considerazioni 
sul tema della possibilit� che diritti di utenza di acque pubbliche costituiscano 
oggetto di requisizione. 
Provvedimenti prefettizi che�disponevano la requisizione di acque pubbliche 
incidendo su preesistenti utenze sono pi� volte venuti negli ultimi 
anni all'esame del Tribunale superiore delle acque (Trib. sup. acque, 12 
maggio 1972, n. 17, Cons. Stato, 1972, II, 623; 16 novembre 1972, n. 41, Cons. 
Stato, 1972, II, 1261; 17 maggio 1973, n. 19, Cons. Stato, 1973, II, 824; 10 ottobre 
1973, n. 27, Cons. Stato, 1973, II, 1017 e Rass. Avv. Stato, 1974, I, 268, con 
nota di ALBISINNI, Osservazioni in margine ad una sentenza, con la quale il 
Tribunale Superiore delle Acque ha affermato la propria giurisdizione in 
materia di requisizione di acque pubbliche; 15 novembre 1973, n. 30 e 18 dicembre 
1973, n. 36, Cons. Stato, 1973, II, 1137 e 1303), ma essi� avevano dato 
luogo a giudizi pure in epoca meno recente (Trib. sup. acque, 23 dicembre 
1957, n. 49, Acque bonif. costruz., 1958, 170, con osserv. di GuGLIELMI; Trib. 
sup. acque, 25 gemJJaio 1966, n. 6, Cons. Stato, 1'9<616, II, 51), in ,CUJi s'ereno 
anche dati casi di provvedimenti di occupazione d'urgenza aventi ad oggetto 
acque pubbliche (Trib. sup. acque, 18 settembre 1957, n. 37, Acque 
bonif. costruz., 1958, 67; Trib. suo. acque, 20 novemb'1:'e 11953, n. 15, Acque 
bonif. costruz., 1954, 55, con osserv. di GuGLIELMI; Cons. Stato, Sez. V, 
14 luglio 1956, n. 630, Giust. civ., -1956, II, 222). 

La legittimit� di tali provvedimenti � stata solitamente riconosciuta od 
esclusa, per motivi attinenti non alla astratta ammissibilit� d'una requisi




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

siste, tuttavia si presta ad esser 1�icondotto al potere, che l'Amministrazione 
conserva, di disporre nell'interesse pubblico delle situa;;ioni soggettive 
di vantaggio da essa consentite riguardo all'uso del bene (2). 

In caso di urgente necessit� il prefetto pu� sostituirsi ad altre autorit� 
esercitando i poteri a queste spettanti (3). 

Il ricorso, con cui il concessionario di un'acqua pubblica impugna 
il decreto del prefetto che ne dispone la requisizione, � rivolto contro 
un provvedimento in materia di acque pubbliche e come tale �appartiene 
alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque e non a quella del 
Consiglio di Stato (4). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1975, n. 286 -Pres. 
Pece -Est. Bacconi -P. M. Pedace (conf.) -Prefetto di Enna (avv. 
Stato Albisinni) c. Alongi (avv. Conte), Mirci e Comune di Mirabella 
Imbaccar� (n.c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Requisione di utenza � Ammissibilit� � 
Esclusione. 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). 
Il potere di requisizione previsto dall'art. 7 della legge sull'abolizione 
del contenzioso amministrativo riguarda la propriet� privata e 
non pu� avere a suo oggetto acque pubbliche (5). 

zione del diritto di utenza d'acque pubbliche (almeno una volta esplicitamente 
affermata: Trib. s-.p. acque, 16 novembre 1972, n. 41), ma alla concreta 
configurabilit� dell'esigenza voluta soddisfare come un'esigenza di 
pubblico interesse indilazionabile ed imprevedibile. 

L'annullamento � stato in tutti questi casi pronunziato, per essersi 
riconosciuto che il provvedimento era viziato da eccesso di potere, dacch� 
l'uso dell'acqua consentito con la requisizione veniva a sopperire ad un'esigenza 
stabile, perci� prevedibile e per solito da temp� manifestatasi (Trib. 
sup. ,acque, 18 settembre 1957, n. 37 e 23 idicembll'e 1957, n. 419; 12 ma�ggio 19�72, 

n. 17 e 16 novembre 1972, n. 41; 10 ottobre 1973, n. 27, 15 novembre 1973, 
n. 30 e 18 dicembre 1973, n. 36). 
In un caso per� (Trib. sup. acque, 17 maggio 1973, n. 19) � stata invece 
negata la stessa ammissibilit� della requisizione del diritto di utenza. 

2. -Il Tribunale superiore, nella sentenza 17 maggio 1973, n. 19 (cui 
ha riguardo la seconda delle decisioni in rassegna), osserv� che l'art. 7 della 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E � volto ad assicurare una tutela urgente 
per casi di grave necessit� pubblica allorch� si tratti di disporre della propriet� 
privata per la tutela di interessi generali e che dunque il potere 
prefettizio non pu� trovare applicazione allorch� oggetto dell'intervento del 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 431 

I 

�(Omissis). -Con decreto in data 16 giugno 1970 il Prefetto di 
Catania requis� a favore del Comune di Giarre �la sorgente Casagrande 
�, della quale era concessionaria, per scopi irrigui, la societ� in nome 
collettivo �Garraffo e Scilio Acquedotti�. Il provvedimento fu adottato 
dietro istanza del Comune, allo scopo di assicurare ad esso l'approvvigionamento 
idrico fino al 31 .dicembre 1970. 

Con successivo decreto in data 20 aprile 1971, la requisizione fu 
prorogata fino al 31 dicembre 1971. 
La Societ� impugn� davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche 
entrambi i decreti, chiedendo l'annullamento. 
Il Tribunale superiore, riuniti i due ricorsi, li accolse con sentenza 
in data 16 novembre 1972, annullando i provvedimenti impugnati. 


(Omissis). 

pubblico potere siano beni appartenenti al demanio dello Stato, soccorrendo 
in tali ipotesi altre norme ed altri istituti. 

Con riferimento al regime delle acque pubbliche, il Tribunale superiore 
osservava poi che �il T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, contiene un sistema 
compiuto di disposizioni normative volto ad assicurare il buon regime delle 
acque pubbliche, sicch� la competenza ad adottare i provvedimenti amministrativi 
attinenti alla utilizzazione di tale bene pubblico spetta agli organi 
(statali o regionali a seconda dei casi) preposti all'amministrazione dei lavori 
pubblici�. 

Contro questa sentenza era stato rivolto il ricorso deciso dalle Sezioni 
unite con la sentenza 25 gennaio 1975, n. 286. Il ricorso era stato proposto 
non ex art. 111 Cost. per violazione di legge, ma a norma dell'art. 201 del 

t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 per motivi attinenti alla giurisdizione, essendosi 
sostenuto che, se il prefetto non aveva il potere di decretare la requisizione, 
s'era in presenza di un atto preso in carenza di potere. 
La Corte ha fatto propria l'argomentazione svolta dal Tribunale superiore, 
ma ha ritenuto che nella specie v'era un provvedimento che tutt'al 
pi� poteva considerarsi viziato per incompetenza, dacch� un provvedimento 
con cui s'era disposto in materia di utilizzazione di acque pubbliche sarebbe 
stato adottato dal prefetto anzich� dall'amministrazione dei lavori pubblici. 

La stessa motivazione sorregge la prima delle sentenze in rassegna, che 
ha deciso il ricorso proposto contro Trib. sup. acque, 15 novembre 1973, n. 15. 

Qui la Corte di cassazione, dopo aver affermato che il provvedimento 
non poteva esser qualificato come requisizione, ma doveva esser ricondotto 
al potere, che l'amministrazione concedente conserva, di provvedere alla 
utilizzazione del bene pubblico con temporanea sospensione dei diritti su di 
esso conferiti al privato con la pregressa concessione, ha per� aggiunto che 
il prefetto era in astratto competente ad emettere l'atto nell'esercizio del 
generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli per i casi di 
urgenza dall'art. 19 della legge comunale e provinciale del 1934. 

3. -Sembra a questo punto opportuno un sommario esame delle diverse 
fattispecie venute alla cognizione dei giudici. 

432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

(Omissis). -Devono essere esaminate con precedenza le questioni 
di giurisdizione sollevate dal prefetto di Catania nel secondo motivo 
di ricorso e nella memoria. 

Entrambe sono infondate: 

a) il tribunale superiore delle acque non difettava di giurisdizione 
nei confronti del giudice dei diritti soggettivi; se pure, infatti, � 
incontrovertibile che il potere di requisizione di cui all'art. 7 della legge 
abolitiva del contenzioso amministrativo riguarda esclusivamente �la 
propriet� privata�, certo non pu� per� affermarsi che in relazione ai 

Nei casi decisi da T.S.A. 20 novembre 1953, n. 15 e 18 settembre 1957, 

n. 37, il prefetto di Viterbo aveva autorizzato quel Comune ad occupare di 
urgenza e in via temporanea una prima volta 3,60 litri al secondo e successivamente 
2 litri al secondo di acqua della sorgente Ontaneto, su cui si , 
esercitavano diverse utenze-di concessionari riuniti in consorzio. L'occupazione 
veniva autorizzata per consentire al comune di destinare l'acqua alla 
alimentazione idrica d'una casa penale e d'un cronicario, la prima volta in 
considerazione della esistenza di una epidemia di tifo ed allo scopo di evitarne 
la diffusione, la seconda per il pericolo che la cronica insufficienza 
d'acqua potesse dar luogo al manifestarsi di epidemie. I provvedimenti 
venivano adottati in base agli artt. 353 del t.u. delle leggi sanitarie e 71 
della legge sull'espropriazione e nel secondo si richiamava anche l'art. 7 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. 
Nel caso deciso da T.S.A. 23 dicembre 1957, n. 49, il prefetto di Genova 
aveva autorizzato il Comune a disporre per due anni dell'acqua emunta 
dalla Societ� italiana acquedotto genovese, nonch� dei pozzi, degli impianti 
di estrazione e dell'acqua emunta da altra societ�, che la forniva alla .prima 
per le necessit� inerenti al servizio di distribuzione dell'acqua, da questa 
gestito in regime di concessione. Il provvedimento era stato adottato allo 
scopo di assicurare la continuit� di tale servizio, nel momento in cui il 
comune si accingeva ad entrare in possesso degli impianti a seguito del 
riscatto della concessione. Il decreto veniva emesso in base all'art. 7 della 
legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. 

Negli altri pi� recenti casi, i provvedimenti di requisizione, a sostegno 
dei quali sono stati talora richiamati anche gli artt. 19 e 20 della legge 
comunale e provinciale del 1934, sono sempre stati adottati in considerazione 
della diminuzione delle normali risorse potabili e sono stati volti a consentire 
ai comuni di destinare all'approvvigionamento idrico degli abitati 
l'acqua, gi� oggetto di concessione in favore di altri. 

Mentre nei casi richiamati per primi la requisizione disposta dal prefetto 
aveva avuto riguardo ad acque pubbliche appartenenti al demanio 
idrico statale, negli ultimi essa aveva riguardato acque pubbliche esistenti 
in Sicilia e perci� facenti parte del demanio idrico della regione (art. 32 
St. Sic.). 

4. -Si � gi� osservato che la ragione che ha solitamente determinato 
l'annullamento dei provvedimenti sin qui riassunti � stata l'essersi ricono

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 433 

beni demaniali (o, meglio, alle posizioni soggettive dei privati relative 
ai beni demaniali) la pubblica amministrazione non sia provvista di 
poteri. Trattasi non tanto dei poteri di tutela in via amministrativa 
previsti in generale dall'ultimo comma dell'art. 823 cod. civ. a difesa 
delle violazioni della propriet� e del possesso dei beni suddetti, quanto 
dei poteri che lamministrazione conserva, in vista del miglior perseguimento 
dell'interesse pubblico cui i beni pubblici sono destinati, in 
ordine alle particolari posizioni �soggettive di vantaggio che quanto 
all'uso dei beni essa stessa ha consentito. 

sciuto che s'era in presenza di una situazione, in cui l'esigenza di utilizzare 
l'acqua pubblica era sorta da tempo e si proiettava nel futuro. 

Ci� consente una prima riflessione. 

La mancanza della grave necessit� pubblica lascia in rilievo unicamente 
l'esigenza e perci� l'interesse del soggetto (a disposizione del quale veniva 
posta l'acqua requisita) a conseguire il diritto all'uso dell'acqua pubblica, 
per la soddisfazione di un'esigenza non occasionale. 

L'interesse del soggetto pu� allora trovare realizzazione solo nell'ambito 
del procedimento di concessione delle acque pubbliche e disporre in ordine 
a tale interesse non pu� che spettare agli organi, statali o regionali (art. 32 
St. Sic.; art. 14, primo comma, St. Sard.; art. 13, secondo comma, lett. d, 

d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8) preposti all'amministrazione dei lavori pubblici, 
competenti a valutare la compatibilit� della nuova concessione con l'interesse 
ad un'ordinata utilizzazione dell'acqua pubblica. 
Altro � il caso in cui, ad imporre di attuare una destinazione dell'acqua 
pubblica diversa da quella preesistente, siano esigenze imprevedibili ed 
indilazionabili di pubblico interesse. 

Qui si pone il problema se, dovendosi disporre dall'uso dell'acqua pubblica, 
la situazione non ricada necessariamente tra quelle, in ordine alle 
quali compete all'amministrazione dei lavori pubblici di provvedere; o se 
invece il ricorso di un'esigenza indilazionabile ed imprevedibile non consenta 
all'autorit� governativa locale di disporre, nel pubblico interesse, 
anche dell'acqua pubblica. 

I profili di rilevanza della questione sono molteplici. 

Lo stabilire che ogni potere di intervento � necessariamente riservato 

al soggetto (ed agli organi di questo) cui spetta la tutela e gestione del 

demanio idrico ha rilievo anche quando la diversa utilizzazione dell'acqua 

pubblica non viene ad incidere su situazioni soggettive di terzi scaturenti 

da preesistenti concessioni. Infatti, un provvedimento di requisizione proma


nante da un'autorit� governativa pu� d~r luogo ad un conflitto di attribu


zioni tra lo Stato e la regione cui l'acqua appartenga come parte del demanio 

idrico regionale. 

Quando poi la diversa utilizzazione dell'acqua pubblica incide su preesistenti 
situazioni giuridiche soggettive di concessionari, in ragione di tale 
l.ncidenza si pone la questione della legittimit� del provvedimento. E da 
questo punto di vista vengono in rilievo due profili: se nei poteri dell'amministrazione 
preposta alla tutela delle acque pubbliche rientri quello 
di destinare temporaneamente l'acqua ad usi diversi da. quelli resi possibili 
dalle preesistenti concessioni, con conseguente limitazione di quegli 

6 



434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pertanto, posto che alla carenza di potere corrisponde l'intangibilit� 
delle posizioni giuridiche soggettive (in via assoluta, o in mancanza di 
determinati presupposti), da parte dell'autorit� amministrativa, e posto 
che nel caso, qualunque sia stato il nomen attribuito al provvedimento 
dall'autorit� che lo emise, si tratt� in sostanza di un atto con cui si 
dispose dell'utilizzazione del bene pubblico, con temporanea sospensione 
dei poteri su di esso conferiti al privato dalla pregressa concessione, 
non � fondato l'assunto del prefetto ricorrente, secondo cui l'ordine di 
spossessamento della concessionaria della sorgente a favore del Comune 
(ordine che il prefetto era in astratto competente ad emettere nell'eser


usi; se la requisizione possa incidere su beni, quali le acque pubbliche, aventi 
natura di beni demaniali. � 

Ancora un punto merita d'essere posto in evidenza. 

Il provvedimento di requisizione adottato dall'autorit� governativa locale 
sulla base dell'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso -ed 
i provvedimenti richiamati ne costituiscono un'esemplificazione -, quando 
ha a suo oggetto beni immobili (tali sono sorgenti e corsi d'acqua: art. 812, 
primo comma, cod. civ.) e attua una requisizione in uso, opera o quantomeno 
pu� operare nel senso di attribuire ad un terz�, diverso dall'autorit� 
requisente, un diritto sulla cosa, che gliene consente l'uso; correlativamente, 
ilbeneficiario della requisizione � obbligato al pagamento di un indennizzo 
verso il soggetto il cui preesistente diritto d'uso della cosa resta temporaneamente 
sacrificato (LANDI, Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, 
Torino, 1968, XV, 487 e 493; DI GENNARO, Sulle requisizioni per urgente necessit� 
pubblica ordinate dall'autorit� a favore di persone private, Diritto 
beni pubbl., 1938, 431. In tema di requisizione, cfr. LUCIFREDI, Sui criteri 
differenziali tra occupazioni d'urgenza e requisizioni in uso di immobile, 
Giur. it., 1943, III, 67; M.S. GIANNINI, Osservazioni sui provvedimenti di 
occupazione, Foro amm., 1953, I,. 2, 25; ID., Diritto amministrativo, Milano, 
1970, II, nn. 342, 347, 352, 356 e 357). 

� proprio in rapporto al diritto all'indennizzo che si profila un ulteriore 
punto di rilevanza della individuazione degli strumenti giuridici utilizzabili 
dall'autorit� amministrativa nella situazione che qui si esamina. Si 
tratta cio� di stabilire se un analogo effetto si� determinato da atti, con 
cui l'autorit� preposta alla gestione delle acque impone temporanee limitazioni 
all'uso di preesistenti utenze o, in mancanza, se in ragione appunto 
di tali diversit� di effetti non sia da individuare un ambito in cui deve 
operare un tipo di provvedimento invece di un altro. 

5. -La Corte di cassazione e prima il Tribunale superiore hanno osservato 
che l'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso riguarda la propriet� 
privata e che dunque � fuori questione una sua applicabilit� in relazione 
ad un bene facente capo al demanio (nello stesso senso, LANDI, Requisizione, 
Zoe. cit.). 
Pu� osservarsi che pi� volte � stata affrontata e risolta affermativamente 
la questione della requisibilit� di alloggi costruiti da enti attivi nel 
campo dell'edilizia economica e popolare (Corte cost., 30 dicembre 1961 

n. 72, Giur. cost. 1961, 302; Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1963, n. 238, Foro 
amm., 1963, I, 647; Csi., 10 luglio 1970, n. 449, Cons. Stato, 1970, I, 1364; 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 435 

cizio del generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli 
per i casi di urgenza dall'art. 19 legge comunale e provinciale del 1934) 
sarebbe stato emanato pur mancando esso prefetto in modo assoluto 
del relativo potere; 

b) il tribunale superiore delle acque non difettava di giurisdizione 
nei confronti del giudice dotato di giurisdizione generale in materia 
di interessi legittimi: non pu� infatti essere condivisa la tesi del 
ricorrente, secondo cui la giurisdizione del Tribunale superiore a conoscere, 
come giudice degli interessi, dei. ricorsi contro i � provvedimenti 

Csi., 30 luglio 1974, n. 323, Cons. Stato, 1974, I, 1069), essendosi affermato che 
l'art. 7, parlando di propriet� privata, e ha inteso sicuramente riferirsi all'id 
quod plerumque accidit, senza peraltro escludere dalla sua ratio i beni degli 
enti diversi dallo Stato � (Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1963, n. 238, cit.). 
La requisibilit� di tali beni � stata affermata sia in base al rilievo che 

� nonostante il vincolo derivante dalla destinazione ai fini assistenziali, 
(essi) restano di regola soggetti al regime della propriet� privata� (Corte 
cost., 30 dicembre 1961, n. 72), sia considerando soggetti a requisizione anche 
i beni facenti parte del patrimonio indisponibile, sempre che il concreto 
provvedimento non li sottragga alla loro destinazione (Csi, 30 luglio 1974, 
n. 323). 
La soggezione a requisizione dei beni facenti parte .del patrimonio digponibile 
degli enti pubblici � fuori discussione (art. 830, primo comma, cod. 
civ.; per la soggezione all'espropriazione, Ccins. Stato, sez. IV, 23 gennaio 
1973, n. 72, Cons. Stato, 1973, I, 25; Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 1966, 

n. 770, Cons. Stato, 1966, I, 1981). Quanto ai beni facenti parte del patrimonio 
disponibile dello Stato e degli altri enti pubblici territoriale, la soggezione 
alle regole particolari che li concernono (art. 828, primo comma, cod. civ.) 
attiene alla loro amministrazione e disposizione per atti volontari, ma trattandosi 
di beni posseduti a titolo di propriet� privata essi sono certamente 
soggetti alla requisizione (artt. 828, primo comma, e 835 cod. civ.) -in tal 
senso, LANDI, Requisizione, loc. cit. 
La difficolt� a consentire che i beni demaniali e le acque pubbliche 
costituiscano oggetto di provvedimenti di requisizione deriva allora non 
tanto dal riferirsi l'art. 7 esclusivamente alla propriet� privata, quanto dal 
fatto che il regime dei beni che ricevono la qualifica legale di demaniali � 
caratterizzato dalla attribuzione ad un determinato soggetto ed a individuati 
organi di questo del potere di tutela e gestione del bene nell'interesse 
pubblico (sui beni demaniali come propriet� collettiva affidati alla gestione 
legale di enti territoriali, M.S. GIANNINI, I beni pubblici, Roma, 1963, pp. 33 
ss., 47 ss., 51 ss., 95 ss.). 

Il riferimento alla propriet� privata contenuto nell'art. 7 potrebbe esser 
infatti considerato anzich� come un limite come un'estensione del potere 
attribuito alla P.A., di disporre dei beni che si palesino necessari in vista 
della soddisfazione di gravi necessit� pubbliche (cfr., sul punto, per il 
richiamo all'art. 7 quale strumento in funzione di tutela dei beni pubblici, 
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1969, 488). 

Dunque, l'ostacolo ad ammettere un potere di disposizione di beni demaniali, 
destinato ad operare secondo lo schema dell'art. 7 della legge 
sull'abolizione del contenzioso, deve piuttosto considerarsi derivare dalla 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche�, secondo 
la previsione dell'art. 143, lett. a), t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dovrebbe 
intendersi limitata ai casi nei quali venga in discussione la pubblicit� 
delle acque, e comunque rientranti nella previsione del precedente 
articolo 140, che definisce la competenza in primo grado dei 
tribunali delle acque pubbliche. Secondo il ricorrente, sarebbe questo 
articolo a determinare quale sia la materia delle acque pubbliche, e, 
relativamente a tale materia sussisterebbe la giurisdizione dei tribunali 
regionali quando si controverta della lesione di diritti soggettivi, e in-

soggezione dei beni demaniali ad un regime, per cui essi non possono formare 
oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi stabiliti dalle leggi 
che li riguardano (art. 823, primo comma, cod. civ.), ci� che si traduce in un 
necessario intervento dell'autorit� proposta alla gestione del bene demaniale 
che vi�ne in considerazione. 

Si � tuttavia osservato che la requisizione di utenze di acque pubbliche 
sarebbe ammissibile (Trib. sup. acque, 16 novembre 1972, n. 41, Cons. Stato, 
1972, II, 1261), poich� ben pu� essere equiparato alla propriet� privata � il 
bene pubblico dato in concessione e, come tale, fino a quando perdura la� 
concessione, nella esclusiva disponibilit� del privato concessionario �. 

Ora, nel suo aspetto ablativo, la requisizione opera appunto comprimendo 
un diritto d'uso del bene (M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, 
Milano, 1970, II, 1221; Cass., 20 agosto 1954, n. 2981, Giust. civ. 1955, I, 26). 
Inoltre, non sarebbe facilmente giustificabile per il diritto di utenza una 
protezione maggiore di quella assicurata in genere alla propriet� privata, 
mentre in ci� si tradurrebbe la resistenza al potere di requisizione. 

Ma l'obieziene non � calzante. 

Essa oblitera la ragione per cui deve escludersi una reqms1z1one che 
incida sui beni demaniali e cio� il particolare regime d'essi, quale si desume 
dall'art. 823, primo comma, cod. civ. 

In effetti, la norma risulterebbe violata in duplice senso. 

Se si ritiene che la requisizione non operi come causa del trasferimento 
del diritto d'uso del bene dal requisito al beneficiario della requisizione, 
ma comprimendo temporaneamente un diritto d'uso e costituendone 
altro di diversa natura e contenuto (M.S. GIANNINI, Zoe. ult. cit.), con l'ammettere 
la requisizione si va incontro all'ostacolo di ammettere che un 
diritto d'uso sull'acqua possa essere costituito, sia pure temporaneamente, 
in modi diversi da quelli per ci� previsti. 

Inoltre, il diritto risulterebbe costituito per effetto di provvedimento 
promanante da organo e talora da soggetto diverso da quello preposto alla 
gestione del demanio idrico: cos� nel caso di demanio idrico regionale, 
dacch� il potere di requisizione spetta all'autorit� governativa locale (Corte 
cost. 30 dicembre 1961, n. 72, Pres. Regione T-A.A. e Pres. Cons. Ministri, 
Giur. cost., 1961, 302, con nota di CRISAFULLI, Poteri di ordinanza ex art. 7 
legge sul contenzioso amministrativo, princ�pi generali e conflitti di attribuzione. 
Si � talora ritenuto che il potere di requisizione spetti anche al 
simldaco come ,capo del1l'ammini1SIWazione comuna:l!e -Oons. Stato, sez. V, 
4 dicembre 1954, n. 1187, Giust. civ. 1955, II, 212; Cons. Stato, sez. V, 21 dicembre 
1957, n. 1198, Cons. Stato, 1957, I, 1642; Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 
1958, n. 298, Cons. Stato, 1958, I, 619 -, ma ci� � contestato in dot



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 437 

vece la giurisdizione del tribunale superiore (come giudice in unico 
grado) quando si controverta della lesione di interessi legittimi. 

In senso contrario va rilevato per� che non � ipotizzabile anzitutto 
che nei ricorsi di cui all'art. 143, lett. a), si faccia questione della pub� 
blicit� delle acque, sia perch� tratterebbesi di una qu�stione di diritto 
soggettivo, sia perch� il carattere pubblico delle acque � presupposto 
imprescindibile dei giudizi di cui trattasi, giacch� detto carattere vale, 
secondo la norma, a qualificare l'oggetto su c�i i provvedimenti impu� 
gnati devono cadere. In secondo luogo, le previsioni delle due norme 

trina -LANDI, Requisizione, Zoe. cit., p. 492; GARGIULO, I provvedimenti di 
urgenza, Napoli, 1954, p. 117 -e la questione � stata di recente deferita 
alla cognizione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato dal Consiglio 
di giustizia amministrativa: ord. 20 aprile 1972, n. 317, Cons. Stato, 1972, 
I, 740). 

6. -La Corte di cassazione ha osservato che, esclusa la esercitabilit� 
di un potere di requisizione, non ne consegue che la pubblica amministrazione 
resti priva d'ogni potere in ordine alle posizioni soggettive dei privati 
relative ai beni demaniali, perch�, in vista del migliore perseguimento dell'interesse 
pubblico cui i beni pubblici sono destinati, l'amministrazione conserva 
il diritto di disporre delle situazioni .di vantaggio da essa consentite 
riguardo all'uso del bene. 
Altra volta la Corte di cassazione aveva affermato che � la circostanza 
che nel testo unico sulle acque pubbliche si trovino contenute delle norme 
le quali riconoscono determinate potest� all'amministrazione, non significa 
che questa abbia un generale potere di intervento, durante lo svolgimento 
del rapporto di concessione, s� che possa regolare il rapporto medesimo 
diversamente da come convenuto in origine. Quelle norme, infatti, devono 
intendersi come altrettante deroghe al principio comune a tutte le concessioni, 
in forza del quale il concessionario � titolare di un diritto soggettivo 
perfetto, sia pure condizionato nel suo sorgere al pubblico interesse, come 
tale sottratto alla discrezionalit� indiscriminata dell'amministrazione. Trattasi 
di disposizioni specifiche, regolatrici di ipotesi tipiche, dalle quali non 
� ptrmesso trarre elementi per una interpretazione analogica oppure estensiva, 
con un'applicazione al di fuori ed oltre il loro ambito e, tanto meno, 
ricavarne un principio di massima, per effetto del quale sia consentito 
all'amministrazione di adottare ogni e qualsiasi provvedimento per una migliore 
utilizzazione delle acque, sia pure in funzione del pubblico interesse � 

(Cass., 18 giugno 1965, n. 1256, Foro it., 1966, I, 517, Giust. civ., 1965, I, 
2230 e Rass. Avv. Stato, 1965, I, 644. In senso sostanzialmente. conforme, 
Trib. sup. acque, 12 giugno 1961, n. 7, Acque bonif. costruz., 1961, 260; Cass., 
10 novembre 19173, n. 2,963, Foro it. 1974, I, 2441 e Rass. Avv. Stato, 1974, 
I, 255, con osserv. di ALBISINNI; e, in tema di sospensione temporanea degli 
effetti di una concessione ferroviaria, Cass., 10 giugno 1964, n. 1427, Giust. 
civ., 1964, I, 1533). 

Tali affermazioni trovano rispondenza nel principio per cui � dalla 
concessione di acque pubbliche, e per la durata della stessa, deriva al 
concessionario, nei confronti sia dei terzi che della Pubblica amministrazione 
un diritto perfetto all'utilit� inerente alla concessione medesima, di




438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non sono rapportabili, in gran parte, ad un medesimo oggetto; giacch� 
l'art. 140 riferisce la competenza dei tribunali regionali a gruppi di 
controversie relative a diritti soggettivi, per alcune delle quali (controversie 
sulla demanialit� delle acque, sui limiti dei corsi e dei bacini, 
ed altre) non � neppure concepibile la possibilit� di una alternativa 
configurazione come controversie relative ad interessi legittimi, secondo 
che sulla posizione soggettiva del privato abbia inciso un provvedimento 
, ammlnistrativo illecito o soltanto illegittimo. La detta alternativa � invero 
prospettabile solo per un numero ristretto dei casi di cui all'art. 140 


ritto che � suscettibile di compressione, per effetto dell'esercizio di una 
potest� da parte dell'amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate 
dalla legge �. 

La concreta disciplina delle concessioni di acque pubbliche non si 
discosta del resto da tali princ�pi. 

� noto, �nfatti, che quando una nuova concessione verrebbe a dover 
utilizzare in tutto o in parte l'acqua gi� spettante ad altro utente, ad essa 
pu� farsi luogo solo Ilei limiti ed alle condizioni previste per i casi di 
sottensione dagli artt. 45 e 47 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, nei quali 
� previsto l'obbligo del nuovo concessionario di indennizzare gli utenti 
preesistenti. 

� noto altresl come la concessione di un'acqua pubblica, attuata fuori 
dei modi previsti dagli artt. 45 e 47 e che venga ad incidere sulla possibilit� 
d'uso dell'acqua assicurata da una preesistente concessione, viene 
ormai da tempo riguardata dalla giurisprudenza alla stregua d'un fatto 
illecito, che d� luogo a responsabilit� dell'amministrazione concedente 

(Trib. sup. acque, 28 dicembre 1974, n. 29, Cons. Stato, 1974, II, 1381; 
'l'lrilb. sup. 1acque, 8 febbraio 1973, n. 10, Cons. Stato, 1973, II, 230; Cass., 
14 giugno 1971, n. 1823, Giust. civ., 1971, I, 1764 e Rass. Avv. Stato, 1971, 
I, 924). 

Inoltre, la situazione giuridica soggettiva dell'utente trova tutela, secondo 
il principio posto dall'art. 46 1. espr. ma con particolari adattamenti 
(art. 48 t.u. acque pubbliche), quando la sua definitiva compressione sia 
conseguenza di opere eseguite dallo Stato per necessit� di pubblico interesse, 
se il regime del corso d'acqua ne risulti permanente modificato e 
l'utente non possa se non con spese eccessive adattare la derivazione 
al corso d'acqua modificato -sull'applicazione della norma in rapporto 
ad opere non eseguite dallo Stato, concedente dell'utenza, ma da un terzo 
concessionario di un diverso servizio pubblico, Cass., 16 marzo 1970, n. 680, 
Foro it., 1970, I, 1681 e Trib. sup. acque 25 giugno 1968, n. 17, Giust. civ., 
1968, I, 1778 -. E da tale norma si � tratto argomento in favore di un 
diritto del concessionario all'indennizzo, anche nel caso di revoca della 
concessione (ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1955, 
IV, pag. 72). 

Le diverse disposizioni del t.u. sulle acque pubbliche e la riconduzione 
della concessione in materia di acque al sistema dei princ�pi elaborati 
da dottrina e giurisprudenza in materia di concessioni di beni e 
servizi porta dunque a considerare come la situazione giuridica soggettiva 
dell'utente riceva protezione alla stregua di un diritto soggettivo, quante 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE E�> APPALTI PUBBL. 439 

(occupazioni di fondi, esecuzione di opere ed emanazione di provvedimenti 
ai sensi dell'art. 2, t.u. 25 luglio 1904, n. 523), ai quali non � 
consentito limitare l'ampia e indeterminata previsione del successivo 
art. 143, lett. a). Di una siffatta limitazione del resto, sarebbe arduo 
rintracciare la ragione d'essere, laddove� appare conforme ai motivi dell'istituzione 
del giudice speciale, oltre che all'ampia dizione della norma, 
che a detto giudice siano deferiti i ricorsi giurisdizionali contro tutti i 
provvedimenti dell'autorit� i quali comunque incidano sul regime e sull'utilizzazione 
delle acque pubbliche. 

volte il suo sacrificio non sia riconducibile ad un potere dell'amministrazione 
concedente, esercitato in, confronto dell'utente per un pubblico interesse 
attinente alla tutela e gestione delle acque, mentre, anche in questi 
casi, la situazione giuridica soggettiva dell'utente � si esposta a rimanere 
compressa, ma d� luogo ad una diversa situazione soggettiva, essendo previsto 
di norma un obbligo di indennizzo in suo favore. 

Si palesa allora chiaramente l'esigenza di ricercare in base a quali 
norme e con quali effetti la situazione giuridica soggettiva dell'utente possa 
risultare temporaneamente compressa, per effetto di provvedimenti della 
autorit� concedente, che diano luogo ad una diversa destinazione dell'acqua 
oggetto della concessione. 

7. -L'unica disposizione del t.u. sulle acque pubbliche che, in base 
al suo tenore letterale, pu� ritenersi aver rilievo per il problema in 
esame � quella dettata nell'art. 43, quarto comma. 
Questa consente al Ministero dei lavori pubblici di imporre temporanee 
limitazioni all'uso della derivazione che siano ritenute necessarie 
per speciali motivi di pubblico interesse; o quando si verificano eccezionali 
deficienze dell'acqua disponibile, in guisa da conciliar� nel modo pi� opportuno 
le legittime esigenze delle diverse utenze. 

Nelle rare occasioni in cui l'applicazione della norma � passata al 
vaglio dei giudici si � sottolineata la eccezionalit� della situazione che 
legittima l'amministrazione ad imporre temporanee limitazioni all'uso della 
derivazione (Cass., 19 gennaio 1954, n. 91, Acque bonif. costruz.,' 1954, 36, 
con osserv. di A. M. CONTE e Foro it. 1955, I, 1042) e la necessit� che 
ricorrano esigenze non normali, straordinarie, fuori della comune prevedibilit� 
(Trib. sup. acque, 20 aprile 1937, n. 20, Foro it. 1937, I, 797 e Giur. 
it. 1937, I, 2, 317; Trib. sup. acque, 29 ottobre 1969, n. 30, Rass. Avv: Stato, 
1970, I, 146 con nota di ALBISINNI, Osservazioni in margine ad una sentenza 
del Tribunale superiore delle acque, con particolare riguardo alla questione 
concernente la necessit� o meno di un formale provvedimento per la utilizzazione 
di acque pubbliche da parte di Canali demaniali, e, resa nello 
stesso giudizio, Cass., 10 novembre 1973, n. 2963, Foro it. 1974, I, 2441 e 
Rass. Av1'. Stato, 1974, I, 255 con osserv. di ALBISINNI). 

Nelle decisioni richiamate si � anche posta in risalto-la necessaria 
temporaneit� degli effetti prodotti dall'atto del ministro dei lavori pubblici 
e la impossibilit� di attuare per il suo tramite uno stabile e definitivo 
assetto di interessi. 

L'art. 43, quarto comma, del t.u. sulle acque pubbliche sembra dunque 
avere un'effettiva connessione con il problema che si sta esaminando. 



440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Devesi cio� ribadire sul punto quanto gi� affermato "in passato da 
questa Corte Suprema -in relazione all'art. 70, r.d. 9 ottobre 1919, 

n. 2161, contenente una locuzione identica a quella della norma dell'art. 
143 in esame -con la sentenza n. 4215 del 1928, secondo la 
quale la materia delle acque pubbliche riguarda anche l'utilizzazione 
delle acque stesse, e perci� la giurisdizione di legittimit� del Tribunale 
superiore non � limitata ai ricorsi concernenti concessioni e derivazioni, 
ma si estende ai ricorsi avverso provvedimenti in materia di utilizzazione 
delle acque. -(Omissis). 
La norma, come si � detto, non ha avuto frequenti applicazioni e 
discusso ne � il fondamento (sul punto, cfr., G. CONTE, Facolt� dell'Amministrazione 
di limitare le utilizzazioni di ttcqua pubblica (art.. i43 del 

t.u. 11 dicembre -1933, n. 1775), in Acque bonif. costruz., 1952, 503). La sua 
applicabilit� nel caso, ad esclusione dell'art. 7 della legge sull'abolizione 
del contenzioso, � stata da tempo affermata nei ricorsi proposti avverso 
i provvedimenti prefettizi di requisizione (si confronti il caso deciso da 
Trib. sup. acque, 23 dicembre 1957, n. 49, in Acque bonif. costruz., 1958, 
170) e per�, nei casi in cui si � creduto di poter far ricorso alla norma, 
l'occasione che ha dato luogo all'intervento del ministro dei lavori pubblici 
non � mai stata del tipo di quelle esaminate all'inizio. Si � bens� 
trattato di attuare una regolamentazione dell'uso dell'acqua tra i diversi 
utenti, anche di fatto (Trib. sup. acque, 29 dicembre 1950, n. 23, Acque 
bonif. costruz., 1951, 595, con osserv. di VARANESE), talora imponendo la 
limitazione come mezzo per l'incremento della portata d'una delle derivazioni 
(nella specie a favore di un canale demaniale: Trib. sup. acque, 29 
ottobre 1969, n. 30. Per un ultimo caso di applicazione della norma, Trib. 
sup. acque, 29 dicembre 1950, n. 22, Acque bonif. costruz., 1951, 590, con 
osserv. di VARANESE). 
La ragione dell'int~rvento dell'amministrazione dei lavori pubblici � 
stato dunque ogni volta rinvenuta non nel fatto che il provvedimento da 
emanare venisse ad incidere sull'acqua pubblica, ma nella necessit� di 
provvedere alla regolazione degli usi in atto. 

Non v'� tuttavia ragione per escludere che il potere in questione abbia 
attitudine a coprire i casi in cui una grave necessit� pubblica impone, 
per poter essere soddisfatta, di attribuire temporaneamente all'acqua pubblica 
una destinazione diversa da quella in atto. 

Pu� osservarsi che l'art. 43, quarto comma, appare prendere in considerazione 
solo l'aspetto per cosi dire privativo, della limitazione imposta 
all'uso delle preesistenti derivazioni, non anche quello positivo della 
attribuzione del diritto a derivare l'acqua, resa libera con l'imposizione 
della limitazione d'uso. 

Considerato anche che l'art. 43, quarto comma, non prevede indennizzo 
in favore dell'utente, si potrebbe esser tentati di instaurare un parallelo 
tra questa norma e quelle contenute nell'art. 48, terzo comma, 48, primo 
comma, del t.u., porre cio� le limitazioni il) connessione con la necessit� 
di eseguire nel pubblico interesse opere sul corso d'acqua o con la mancanza 
stessa dell'acqua e spiegare, nel primo caso, la mancata previsione 
dell'indennizzo con la temporaneit� della limitazione, in conformit� del 
principio scaturente dall'art. 46 1. espr. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 441 

II 

(Omissis). -L'ultima questione sollevata dal ricorrente consiste 
nel quesito se il provvedimento prefettizio di requisizione fosse semplicemente 
viziato di incompetenza, cos� da dar luogo ad una ipotesi 
di scorretto esercizio di un potere esistente, da denunziarsi davanti al 
giudice amministrativo, ovvero fosse stato emanato da una autorit� amministrativa 
che non aveva alcun potere al riguardo. E la tesi del ricorrente 
� che si tratterebbe proprio di carenza di potere, dato che la 
potest� di requisire acque pubbliche non solo non � attribuita al Prefetto 
dall'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo (che riguarda 

La restrizione dell'ambito di applicazione della norma al caso di esecuzione 
di opere nel pubblico interesse sarebbe per� evidentemente arbitraria, 
data l'ampiezza della clausola speciali motivi di pubblico interesse. 

Se si considera invece che la competenza dell'amministrazione dei 
lavori pubblici � individuata oggettivamente dall'esser in questione una 
qualsivoglia necessit� d'uso dell'acqua pubblica, i motivi di pubblico interesse 
che giustificano la limitazione non si prestano ad esser delimitati, 
potendo valere come tale ogni motivo di pubblico interesse, la cui realizzazione 
richieda l'uso dell'acqua ed in concreto imponga una limitazione 
delle preesistenti utenze. 

La mancata espressa previsione dell'aspetto positivo di attribuzione 
dell'acqua resa libera dalla limitazione � del resto agevolmente spiegabile. 
Da un lato esso pu� considerarsi implicito nella previsione della 
limitazione che, fuori dei casi in cui sia imposta da deficienza dell'acqua, 
di per s� importa che una quantit� di acqua resti libera per un diverso 
uso; dall'altro ,l'aspetto attributivo non deve necessariamente realizzarsi, 
potendo essere l'acqua utilizzata dalla stessa amministrazione concedente 

o da altra amministrazione del soggetto cui l'acqua appartiene. 
N�, contro l'applicazione della norma nel senso sin qui visto pu� trarsi 
argomento dall'ultima parte della disposizione (in guisa da conciliare nel 
modo pi� opportuno le legittime esigenze delle diverse utenze), poich� vi 
si trova espressa una regola sulla ponderazione dei diversi interessi e non 
sull'oggetto del provvedimento, che dunque pu� essere emesso anche quando 
non si tratti solo di regolare la utilizzazione dell'acqua fra titolari di preesistenti 
utenze. 

Oltre all'art. 43, quarto comma, non vi sono nel t.u. del 1933 norme 
che possano venire in applicazione nel caso in esame, dacch� quelle che 
sul presupposto dell'urgenza facoltizzano all'inizio delle opere gi� nel corso 
dell'istruttoria (art. 13, commi primo e secondo) tuttavia presuppongono 
l'inizio di un ordinario procedimento concessorio, sono cio� volte a consentire 
un'attuazione preliminare della concessione, che dovr� sopperire 
ad un'esigenza permanente, sottostando alle regole che disciplinano la possibilit� 
di nuove concessioni con sacrificio delle preesistenti. 

L'art. 43, quarto comma, configura invece un caso in cui il ricorso 
di uno speciale motivo di pubblico interesse e la temporaneit� dell'esigenza 
consentono di far luogo ad un provvedimento con possibili effetti 
deroga alla disciplina dell'ipotesi di sottensione di utenza. 
di concessione, al di fuori dello schema del procedimento concessorio e in 



442 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la propriet� privata), ma non compete a nessun organo di nessuna amministrazione, 
perch� l'art. 43 del t.u. consente soltanto (al Ministro dei 
lavori pubblici) di regolamentare le utenze, e non di procedere a requisizioni. 
La natura pubblica delle acque, insomma, comporterebbe la 
mancanza di uno dei presupposti specifici che condizionano in concreto 
la esplicazione del potere di requisizione, il quale risulterebbe cos� 
esercitato senza che fosse realmente esistente. 

Senonch�, se � esatto che il potere di requisizione di cui all'art. 7 
della legge abolitiva del contenzioso amministrativo riguarda la �propriet� 
priv11ta �, non pu� per� affermarsi che in relazione ai beni dema-

Il provvedimento adottato a norma dell'art. 43, quarto comma, del t.u. 
11 dicembre 1933 n. 1775 non sembra comportare diritto ad indennizzo per 
l'utente che subisca la temporanea limitazione dell'uso della concessione. 

In conclusione � possibile ritenere (cos� come affermato dal Trib. 
sup. acque, 17 maggio 1973, n. 19) che la disciplina delle acque pubbliche 
contempli un potere dell'amministrazione preposta alla tutela e gestione 
di questo bene demaniale, di attuare una destinazione dell'acqua diversa 
da quella precedente, con sacrificio delle preesistenti utenze, per la soddisfazion 
di esigenze straordinarie, cio� al tempo stesso imprevedibili eccezionali 
e temporanee, nel pubblico interesse. 

La competenza ad adottare tali provvedimenti, consentiti dall'art. 43, 
quarto comma, del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, deve ritenersi spettare 
per ili. demanio i<k'i�co 1sta1Jal1e a�l ministro idei 1avoa:d .pubbl:iioi (non essendo 
stata decentrata dal d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1534 -Trib. sup. acque, 
8 ottobre 1969, n. 25, Giust. civ., 1969, I, 1946 -ed essendo rimasta estranea 
alla delega alle regioni a statuto ordinario disposta con l'art. 13 del d.P.R. 
15 gennaio 1972, n. 8); nelle regioni a statuto speciale, in cui esiste un 
demanio idrico regionale (Sicilia e Sardegna), agli organi della regione 
preposti all'amministrazione dei lavori pubblici. 

8. -Nella prima delle sentenze in rassegna le Sezioni unite hanno 
osservato che il prefetto era in astratto competente ad emettere l'ordine 
di spossessamento della concessionaria della sorgente in favore del comune, 
nell'esercizio del generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli 
per i casi di urgenza dall'art. 19 della legge comunale e provinciale. 
L'affermazione non � stata ripetuta dalla seconda sentenza e ci� pasta 

a dimostrare come essa non fosse l).ecessaria per sorreggere una decisione 

che, emessa su questione di giurisdizione, doveva solo risolvere il pro


blema della esistenza in capo all'amministrazione d'un potere cui fosse 

riconducibile il provvedimento in concreto emanato. 

D'altro canto, osservando-che il prefetto era in astratto competente 

ad emettere l'atto, la Corte ha evitato di affermare che la competenza 

sussistesse anche nel caso concreto, giacch� nell'ambito della questione 

di gi�risdizione sottoposta al suo esame, era sufficiente il rilievo che l'art. 19 

della legge comunale e provinciale avrebbe in ipotesi consentito al pre.
fetto di intervenire, s� che ogni ulteriore questione veniva a porsi sul 
piano della illegittimit� del provvedimento non della giuridica inesistenza 
dell'atto. 

Come � noto, l'art. 19, terzo comma, del r.d. 3 marzo 1934, D.. 383, 
modificato dalla legge 8 marzo 1949, n. 277, dispone che il prefetto vigila 
sull'andamento di tutte le pubbliche Amministrazioni e adotta, in caso di 

1r1K1!%&'f&ffmrur11�mwfruffi&ill'ftf&Wffifflrttrr�ffmfffff8f:fflatrurEf!tr�f&z&1z�&mirillf11ffi~j 


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�'ARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 443 

niali (o, meglio, alle posizioni soggettive dei privati relative ai bem 
demaniali) la pubblica amministrazione non sia provvista di poteri. E 
.-10n si vuole tanto aliudere .ai poteri di tutela in via amministrativa 
previsti in generale dall'ultimo comma dell'art. 823 cod. civ. a difesa: 
delle violazioni della propriet� e del possesso dei beni suddetti, quanttl 
ai poteri che l'amministrazione conserva, in vista del miglior persegui, 
mento dell'interesse pubblico cui i beni pubblici sono destinati, in ordin~ 
a11e particolari posizioni soggettive di vantaggio che rispetto all'uso d~ 
quei beni essa stessa ha consentito o riconosciuto. 

urgente necessit�, i provvedimenti indispensabili nel pubblico interesse ne\ 
awersi rami del servizio (sull'art. 19, cfr. BozzI, Provvedimenti del prefette. 
per causa �i urgenza, in materia di acque pubbliche, Giur. it., 1936, IIl, 
65; FRANCHINI, Occupazioni di urgenza e provvedimenti del prefetto, Foro 
amm., 1956, I, 'IV, 1; GARGIULO, Provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, 
118 ss.). 

Pu� osservarsi che, in presenza dell'urgente necessit�, la norma richiamata 
consentirebbe l'adozione d'uno dei provvedimenti sin qui esaminati., 
anche se un analogo potere non fosse rinvenibile nell'ambito della disciplina 
propria dell� acque pubbliche. 

La 
norma configura infatti un tipico esempio di potere di ordinanza 

(M. S. GIANNINI, Le ordinanze dispositive della propriet� privata, Giur. 
it., 1950, III, 65; m., Diritto amministrativo, Milano, .1970, II, 577 ss.; G. U. 
RESCIGNO, Ordinanza e ordinanze di necessit� e urgenza, in Nuovissimo'D�gesto 
Italiano, Torino, 1965, XII, 89), che consente al prefetto di adottare 
provvedimenti di contenuto anche diverso da quelli che le singole amministrazioni 
potrebbero adottare nella cura degli interessi loro attribuiti 
(SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1969,' 244; per un 
esempio in tema di patrimonio indisponibile della regione siciliana, si veda 
Cass., 26 giugno 1969, n. 2290, Giust. civ., 1969, I, 1835 e Foro it., 1969, I, 
3099, ove � anche considerato il punto della competenza degli organi della 
regione a valersi dei potere in questione). 
Potrebbe invece dubitarsi del fatto che la norma sia applicabile, �Una 
volta che si ammetta che la disciplina sulle� acque pubbliche consente agli 
organi deputati alla loro amministrazione di adottare provvedimenti di 
temporanea limitazione dell'uso delle utenze per sovvenire ad eccezionali 
esigenze di pubblico interesse. 

Potrebbe cio� ritenersi che, se le norme in materia di acque pubbliche 
hanno previsto l'ipotesi di situazioni �ccezionali ed hanno prefigurato 
modi ed organi competenti a provvedervi, non vi sia spazio per 
l'appllcazlone d'una norma che configura un generico potere di ordinanza 

(sul punto, cfr., M. S. GIANNINI, Potere di ordinanza, requisizioni ed occupazioni, 
Giur. compl. Cass. civ., 1945, XVII, 400 e 402; con riferimento 
all'art. 129 t.u. leggi sanitarie ed in materia di farmacie, Cons. Stato, sez. 
IV, 15 novembre 1961, n. 580, Cons. Stato, 1961, I, 1868, Foro it., 1961, III, 

225 
e Giur. it., 1962, III, 200). 
A favore dell'applicabilit� della norma sta la considerazione che la 
urgente necessit� pu� non consentire un tempestivo intervento degli organi, 
cui � attribuita la competenza ad adottare i provvedimenti previsti dal t.u. 
sulle acque pubbliche (rimessi in tema di demanio idrico statale al ministro 
dei lavori pubblici), mentre l'intervento del prefetto d� luogo all'adozione 



444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Perci� posto che alla carenza di potere corrisponde l'intangibilit� 
delle posizioni giuridiche soggettive (in via assoluta, o in mancanza di 
determinati presupposti) da parte dell'autorit� amministrativa, e posto 
che nel caso, qualunque sia il nomen attribuito al provvedimento dell'autorit� 
che lo emise, si tratt� in sostanza di un atto con cui si dispose 
dell'utilizzazione del bene pubblico, non si pu� dubitare che la potest� 
di statuire in tal senso sussistesse e che, tutt'al pi�, il vizio consistesse 
semplicemente (come ha ritenuto il Tribunale superiore) nel fatto che 
a provvedere � stato un organo diverso da quello al quale spettava la 
competenza. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 marzo 1975, n. 1157 -Pres. 
Boccia -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Fasano (avv. Ricci) 
c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Onufrio). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Revisione dei prezzi � Autonoma 
disciplina contrattuale � Possibilit�� di un diritto soggettivo dell'appaltatore 
alla revisione dei prezzi � Conseguente giurisdizione del giudice 
ordinario. 
(D.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. con legge 9 maggio 1950, n. 329, 
art. 1). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi � Regime legale � 
Natura della pretesa dell'appaltatore � Provvedimento amministrativo 
sulla revisione � Impugnabilit� � Giurisdizione del giudice amministrativo. 
(D.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. con legge 9 maggio 1950, n. 329, 
artt. 1 e 5, terzo comma). 
Poich� l'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501, fa salvi i patti in 
contrario intervenuti fra l'appaltante e l'appaltatore in materia di revisione 
dei prezzi, qualora r,isulti stabilito che l'una o l'altra parte, nel 
di provvedimenti di contenuto non diverso da quelli adottabili dall'amministrazione 
dei lavori pubblici. 
9. -Un breve accenno alla questione di competenza. 
Ricondotti i provvedimenti, impugnati davanti al Tribunale superiore, 
al potere dell'amministrazione concedente di provvedere in tema di utilizzazione 
delle acque, la questione veniva necessariamente a perdere rilievo. 
La giurisprudenza cui la� Corte si � richiamata risale alle decisioni 
9 giugno 1928 (in Acque e trasp., 1928, 206) e 26 novembre 1928 (in Foro 
it., 1929, I, 212); ad essa avevano fatto seguito, in epoca pi� recente, Cons. 
stato, 1sez. V, 9 ottobre 1953, n. 608, ��n Foro it., 1'9154, III, 82, �e Cons. Sitato, 
sez. V, 14 luglio 1956 n. 630, in Acque bonif. costruz., 1956, 383 e Giust. 
civ. 1956, II, 222. 
PAOLO VITTORIA 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 445 

concorso di predeterminate condizioni, possa pretendere la revisione, 
sorge per la parte a cui favore le dette condizioni si siano verificate 
un diritto soggettivo ad ottenere la revisione dei prezzi, con la conseguente 
possibilit� di adire il giudice ordinario (1). 

La pretesa dell'.appaltatore di opera pubblica relativa alla revisione 
dei prezzi, qual � disciplinata dal d.l. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, 
ha natura di interesse legittimo. Il provvedimento amministrativo sulla 
revisione, dovendosi considerare caducata, perch� in contrasto con l'articolo 
113 della Costituzione, la norma di cui all'art. 5, terzo comma, 
del d.l. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, � quindi impugnabile dinanzi 
al giudice amministrativo (2). 

(Omissis). -Con il suo ricorso il Fasano, instando per l'affermazione 
della giurisdizione del giudice ordinario, de�iuce che il Tribunale 
sarebbe pervenuto ad escludere la propria giurisdizione attraverso una 
interpretazione insufficientemente motivata ed erronea dell'art. 3 del 
contratto d'appalto che, ove esattamente inteso, conterrebbe una deroga 
alle norme dettate dal citato decreto legislativo del 1947 -deroga 
esplicitamente ammessa dall'art. 1 dello stesso decreto -e farebbe sorgere 
a favore di esso ricorrente non gi� un interesse legittimo, rimesso 
ad una valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione appaltante, 
ma un vero e proprio diritto soggettivo tutelabile in sede di 
giurisdizione ordinaria. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe dovuto 
interpretare la clausola contrattuale nel senso da lui voluto, considerando 
che nella detta clausola era previsto persino il procedimento 
da seguire nella revisione dei prezzi, e tenendo conto del comportamento 
tenuto dalla Cassa successivamente alla stipulazione del contratto, 
giacch� essa aveva deliberato a favore di esso ricorrente un aumento 
in revisione di L. 24.451.000, e su tale somma gli aveva corrisposto 
prima un acconto di L. 5.700.000 e, poi, dopo la proposizione della 
domanda giudiziale, un ulteriore acconto di L. 2.378.524. 

L'assunto � esatto nelle sue implicite premesse di carattere gene


rale. Difatti l'art. 1 del d.l. n. 1501 del 1947 fa salvi i patti in contrario 

intervenuti fra l'appaltante e l'appaltatore in materia di revisione dei 

prezzi, ed in tal caso -come queste Sezioni Unite hanno pi� volte 

avuto modo di affermare (v. fra le altre: sent. 26 marzo 1968, n. 933) 


(1-2) Conf.: Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 
1974, I, 1278; sez. un., 26 marzo 1968, n. 933, Foro it., 1968, I, 2194. 
Per gli altri precedenti v. nota di commento a Cass., sez. un., 12 ottobre 
1974, n. 2817, Zoe. cit., anche per q�anto concerne la censurabilit� del 
criterio secondo cui l'inciso � salvo patti in contrario � consentirebbe alla 
Amministrazione di riconoscere all'appaltatore un diritto soggettivo alla 
revisione dei prezzi con criteri anche difformi da quelli stabiliti dal 
regime legale. 

! 

............~6'~ 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

qualora risulti stabilito che l'una o l'altra parte, nel concorso di predeterminate 
condizioni, possa pretendere la revisione, sorge per la parte 
a cui favore le dette condizioni si siano verificate, un diritto soggettivo 
ad ottenerla e conseguentemente la possibilit� di adire il giudice ordinario. 
� per� da escludere che nel caso sia stato stipulato fra le parti 
un patto di tal genere. Ed � da escludere per la preminente e perentoria 
ragione che l'art. 3 del contratto deve essere interpretato in coerenza 
con il capitolato speciale che del contratto costituisce parte integrante 
e sostanziale, e pi� precisamente in coerenza con l'art. 60 del capitolato 
speciale, dove la revisione dei prezzi � pattuita con riferimento alle 
norme vigenti -cio� alle norme alle quali il ricorrente assume che 
il contratto abbia derogato -ed �, inoltre, esplicitamente rimessa alla 
facolt� dell'amministrazione appaltante, nei confronti della quale l'appaltatore 
ha, pertanto, non un diritto, ma soltanto un interesse legittimo 
da..far valere. La controversia rientra quindi nell'ambito di applicazione 
del decreto del 1947 e la soluzione ne resta affidata alla procedura 
amministrativa da essa prevista, che sfocia, come atto terminativo, 
in un provvedimento del Ministro dei lavori pubblici, impugnabile davanti 
al giudice amministrativo (essendo da considerarsi caducata, perch� 
in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, le norme dell'art. 5, 
terzo comma, del decreto che ne dichiarava l'insindacabilit�). 

Nella memoria il Fasano sostiene che almeno nei limiti della somma 
gi� riconosciuta come dovutagli dalla Cassa egli era divenuto titolare 
di un diritto soggettivo e che, almeno nei detti limiti, il Tribunale 
avrebbe potuto esaminare ed accogliere la sua domanda. Codesta tesi, 
bench� tardivamente formulata, deve essere egualmente presa in esame 
perch� solleva, sotto un diverso e pi� limitato profilo, la medesima questione 
della natura e della portata della domanda proposta dall'attore, 
cio� la questione che, ai fini della determinazione della giurisdizione, 
queste Sezioni Unite debbono esaminare in tutti i suoi possibili aspetti 
anche indipendentemente dalle deduzioni delle parti. Essa �, per�, basata 
su di un presupposto che il diretto esame degli atti processuali 
rivela inesatto. Invero il Fasano non aveva mai chiesto, neppure in via 
subordinata, la condanna dell'Amministrazione convenuta al pagamento 
della somma che, in sede amministrativa era stata liquidata a suo favore, 
ma aveva chiesto la condanna dell'Amministrazione convenuta al 
pagamento della maggior somma che riteneva spettargli e che la convenuta 
gli negava. In altri termini, egli aveva sollecitato un sindacato, 
da parte del giudice ordinario, della legittimit� della deliberazione amministrativa 
che aveva determinato la mfsura dell'aumento dei prezzi 
in revisione, proponendo perci� un'impugnativa che, per quanto gi� si 

~o':::!"...~~n poteva e'"" p<opo'ta in "'de di gimisdfaione o<dinarla. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 447 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 aprile 1975, n. 1458 -Pres. Mazzacane 
-Est. Arienzo -P. M. Gentile (conf.) -Impresa Mambrini 
(avv. Ambrosio) c. A.N.A.S. (avv. Stato Del Greco). 

Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Onere della tempestiva riserva � Portata e contenuto. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Istituto delle riserve � Carattere generale � Ambito di operativit�. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � 
Onere della tempestiva riserva � Quando sussiste � Onerosit� della 
prestazione per impreviste difficolt� di esecuzione � Richiesta di compenso 
ai sensi dell'art. 1664, secondo comma, del codice civile � Onere 
della tempestiva riserva. 

(R.d. 25 maggio l-895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89; cod. civ., 
art. 1664, secondo comma). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore Onere 
della tempestiva riserva � Eccezioni. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste� dell'appaltatore � 
Onere della tempestiva riserva � Forma � Equipollenti �Inammissibilit�. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). 
Appalto � Appalto di opere pubbliche � Sorpresa geologica � Onere della 
tempestiva riserva � Maggiori richieste dell'appaltatore per fatto colposo 
dell'Amministrazione � Onere della tempestiva riserva. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89; cod. civ., 
art. 1664, secondo comma). 
Appalto � Appalto ~ opere pubbliche � Contabilit� provvisoria dei lavori .' 
Maggiori richieste dell'appaltatore � Onere della tempestiva riserva. 

(R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). 
Nell'appalto di opere pubbliche l'appaltatore, ove intenda contestare 
la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall'amministrazione, � 
tenuto ad iscrivere apposita riserva nel registro di contabilit� o in altri 
documenti contabili; ad esporre poi, nel modo e nei termini indicati dalla 
legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella 



448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

somma; ed a confermare, infine, la riserva nell'atto della sottoscrizione 
del conto finale (1). 

Nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche le statuizioni relative 
alla necessit� di tempestiva formulazione e successiva quantificazione, 
nel registro di contabilit�, delle richieste dell'appaltatore rivestono 
carattere generale e comprendono, quindi, tutte ~e pretese tali da incidere 
sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che siano 
le componenti e i titoli di esse (2). 

In tema di contabilit� dei lavori di esecuzione delle opere pubbliche, 
l'onere della riserva non riguarda solo pretese che traggano origine 
dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori eseguiti, ma ri-� 
guarda anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori 
eseguiti, qualunque ne sia il titolo, e quindi anche l'equo compenso cui 
l'appaltatore ha diritto, a norma dell'art. 1664 del codice civile, quando 
nel corso dell'opera si manifestino determinate difficolt� di ese�uzione 
non previste dalle parti, che rendano� notevolmente pi� onerosa la prestazione 
dell'appaltatore (3). 

Il principio della tempestivit� delle riserve che l'appaltatore di opere 
pubbliche deve formulare riguardo a tutte le pretese incidenti sul 
compenso complessivo spettantegli riveste carattere generale con le sole 
eccezioni: a) dei fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di 
documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; b) del comportamento 
doloso o gravemente colposo della pubblica amministrazione 
nell'eseguire adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente 
sull'esecuzione dell'opera e sia, quindi, indifferente con le finalit� 
delle riserve; c) dei fatti cosiddetti �continuativi�, quando ovviamente 
l'appaltatore non abbia potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi 
a lui pregiudizievoli la percezione della foro incidenza economica (4). 

Nell'appalto di opere pubbliche le riserve dell'appaltatore non sono 
surrogabili n� possono formularsi in forme diverse da quelle stabilite 
dalla legge o desumersi aliunde (nella specie � stato escluso che alla 
e che la decadenza sia impedita dal riconoscimento, da parte del direttore 
dei lavori, della maggiore onerosit� dei lavori) (5). 

(1-7) La decisione ribadisce i princ�pi, ormai consolidati, sul carattere 
generale dell'istituto della riserva e sulla ricorrenza del relativo onere per 
tutte le richieste che possano comunque riflettersi in una maggiore spesa 
per l'amministrazione appaltante. Cfr.: Cass., 10 gennaio 1974, n. 78, in 
questa Rassegna, 1974, I, 259; 3 ottobre 1973, n. 2486, ivi, 1973, I, 981; 
sez. un., 25 luglio 1973, n. 2168, ibidem, 979; 12 marzo 1973, n. 677; ibidem, 
458; sez. un., 20 giugno 1972, n. 1960, ivi, 1972, I, 862; 5 maggio 1972, 

n. 1355, ibidem, 508, e commento e richiami nelle rispettive note. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 449 

Gli oneri dipendenti da sorpresa geologica non sono esenti dall'obbligo 
della tempestiva riserva, in quanto importano una maggiore spesa; 
ed � irrilevante distinguere tra sorpresa per fatto assolutamente imprevedibile 
o per preteso difetto progettua!e, poich� l'appaltatore � tenuto 
a proporre tempestiva riserva anche nel caso di colpa dell'Amministrazione 
(6). 

Nell'appalto di opere pubbliche l'appaltatore ha l'onere della tempestiva 
proposizione della riserva anche nel caso di contabilizzazione 
provvisoria dei lavori o di errore nella determinazione dei prez;zi (7). 

(Omissis). -Con i cinque motivi di ricorso, che possono, per la 
loro connessione, essere congiuntamente esaminati la ricorrente deduce 
la violazione e falsa applicazione degli� articoli: 

A) 54, 22 e 23 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, in relazione agli artt. 
11 e 41 del capitolato generale di appalto dei ll.pp. approvato con d.m. 
28 maggio 1895; 2966, secondo comma, cod.' civ., e 360, nn. 3 e 5, cod. 
proc. civ., affermando che la decadenza, di cui all'art. 54 cit., prevista 
in funzione della certezza delle registrazioni contabili contro le quali 
non sia stata avanzata riserva, non operava, nel caso concreto, perch�: 

1) il comportamento della direzione dei lavori, del compartimento 
di viabilit� di Cagliari e del collaudatore costituivano causa impeditiva 
della decadenza atteso che il riconoscimento del fatto (sbancamento 
della roccia da mina) implicava acquiescenza al diritto; 

2) l'appaltatore, con lettera 9 gennaio 1962 all'A.N.A.S., aveva sollevata 
la contestazione in ordine alla percentuale di roccia rinvenuta 
nella fase esecutiva; 

3) la funzione del sistema legale delle contabilizzazioni dei lavori 
non era quella, ritenuta dalla sentenza impugnata, di apprestare alla P.A. 
un mezzo di costante controllo del costo dell'opera appaltata; 

B) 1164, secondo comma, cod. civ., 5 e 54 reg.to 25 maggio 1895, 

n. 350, con riferimento all'art. 360, nn. 3 e1 5, cod. proc. civ., sostenendo 
che la sentenza impugnata avrebbe errato nel non ritenere che la roccia, 
Nella sentenza in rassegna � ribadito, in particolare, che l'onere della 
riserva assume rilievo anche per i compensi richiesti per impreviste difficolt� 
di esecuzione che rendano pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore 
(art. 1664, secondo comma, del codice civile) e anche nel caso di 
contabilizzazione provvisoria dei lavori (con affermazioni di principio 

mancata riserva possano supplire lettere indirizzate all'amministrazione 

gi� contenute, in particolare, nella sentenza 10 gennaio 1974, n. 78 della 
Corte di cassazione, Zoe. cit.). 



450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella percentuale rinvenuta nella fase di esecuzione dei lavori, costituisse 
un fatto imprevedibile di sorpresa geologica, sottratto all'onere della 
tempestiva riserva in contabilit�; 

C) 1337 e 1126 cod. civ., in relazione agli artt. 5 r.d. 25 maggio 
1895, n. 350, 360, n. 5 e 112 cod. proc. civ., osservando che la Corte 
di merito ha omesso di decidere sul tema della responsabilit� dell'A.
N.A.S. per trasgressione del principio di diligenza e buona fede nella 
fase precontrattuale, fatto che rendeva irrilevante qualsiasi eventuale 
negligenza dell'appaltatrice; 

D) 30 capitolato generale delle opere pubbliche, in relazione all'art. 
350, n. 5, cod. proc. civ., sostenendo che la decadenza non poteva essere 
comminata riguarda a contabilizzazione provvisoria delle prestazioni dell'appaltatore; 


E) 1657 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., 
affermando che, dopo aver accertato che la clausola contrattuale relativa 
al prezzo dello scavo era stata erroneamente predisposta, la Corte 
di merito avrebbe dovuto determinare il corrispettivo con riferimento 
all'intera prestazione dell'impresa appaltatrice. 

Le doglianze sono manifestamente infondate. 

La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la contabilit� dei 
lavori era del tutto regolare, anche se non definitiva, con riguardo alle 
precise �quantit�� degli scavi effettuati, ha rilevato che l'impresa appaltatrice 
aveva l'onere di formulare tempestivamente, secondo i principi 
generali, fin dalla prima registrazione delle unit� di lavoro, le riserve 
relative non al volume dei materiali rimossi, calcolo effett�abile 
ed effettuato ad opera finita, bens� ai fatti aggravanti la sua prestazione 
che avevano avuto incidenza sul costo. Alla chiusura dei primi tre 
stati di avanzamento le intrinseche caratteristiche del terreno si erano 
gi� abbondantemente evidenziate ai fini dell'aggravio della prestazione 
dell'appaltatrice, ed era, quindi, diventato attuale l'onere della riserva 
sulla �qualit��, riserva che, invece, venne formulata solo a chiusura 

Da sottolineare, in particolare, l'ovvia quanto opportuna precisazione 
sulla inammissibilit� di equipollenti della riserva cos� come prescritta dalla 
legge (e quindi delle lettere a mezzo delle quali risultano spesso, ed irritualmente, 
formulate le richieste dell'appaltatore) ed il principio secondo 
cui � l'appaltatore � tenuto a proporre tempestiva riserva anche nel caso 
di colpa dell'Amministrazione � : principio gi� implicito, del resto, nella 
precedente affermazione secondo cui il comportamento colposo dell' Amministrazione 
appaltante pu� rimanere estraneo all'onere della tempestiva 
riserva dell'appaltatore solo quando si riferisca all'esecuzione di � adempimenti 
amministrativi� e sempre che �non incida direttamente sull'esecuzione 
dell'opera e sia, quindi, indifferente con le finalit� delle riserve �. 



PABTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 451 

dello stato successivo dei lavori, con la conseguenza di poter essere con


siderata tempestiva ~oltanto relativamente al quantitativo sbancato dopo 

la chiusura del terzo stato di avanzamento (10 gennaio 1962). E, q�indi, 

la sentenza ha ritenuto che nel corso dell'opera eseguita dall'impresa 

Mambrini si manifestarono delle difficolt� derivanti da cause geologiche 

non previste dalle parti, che resero notevolmente pi� onerosa la presta


zione dell'a1w�altatlrfoe, �iandole icosi diritto ad un equo indennizzo se


condo l'art. 1664 cod. civ., che poteva essere riconosciuto solo in rela


zione ad una parte per l'accertata decadenza dipendente dal ritardo nella 

formulazione delle necessarie riserve. 

Le conclusioni suesposte sono ispirate ad esatti principi di diritto, 
conformi a quelli, pi� volte, enunciati da questo C.S. in tema: di formulazione' 
di riserve da parte di imprese appaltatrici di opere pubbliche. 
Nei pubblici appalti il corrispettivo dovuto all'appaltatore si 
determina mediante l'accertamento e la registrazione, nei documenti contabili 
dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese per l'esecuzione 
dell'opera. Agli effetti della determinazione dei diritti e degli obblighi 
. delle parti contraenti hanno decisiva importanza le norme specifiche 
sulla contabilit� dei lavori, compiuta a cura esclusiva dell'amministrazione 
(art. 36 e seguenti r.d. 25 maggio 1895, n. 350), nonch� le disposizioni 
che fissano le modalit� per la proposizione di eventuali pretese 
dell'appaltatore verso l'amministrazione, che si riferiscano a fatti regi'
strati e 'che, comunque, si :risolvano in rliehieste dli ulteido!ri COlffilPensi 

o indennizzi (art. 54 e seguenti del citato decreto). 
Principio di massima in materia � che l'appaltatore,. ove intenda contestare 
ia contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall'amministrazione, 
sia tenuto ad iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro 
di contabilit� o in altri documenti contabili; ad esporre poi, nel 
modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare 
la sua pretesa, nel titolo e nella somma; ed a confermare, infine, la 
riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale. In tal senso dispone 
l'art. 54 citato che, nel contemplare il sistema delle riserve ad opera 
dell'appaltatore, prevede, in analitica elencazione, il termine (15 giorni 
decorrenti dalla firma del registro di contabilit�) per l'esplicazione delle 
riserve e per la formulazione nel registro delle domande di indennit� 
con l'indicazione precisa delle cifre del preteso compenso e delle ragioni 
di ciascuna domanda, nonch� il termine e l'obbligo, a carico del direttore 
dei lavori, di scrivere, nel registro, le sue deduzioni. Ed, infine, 
dispone che nel caso che l'appaltatore non abbia firmato il registro nel 
termine prefissatogli oppure, avendolo firmato con riserve, non l'abbia, 
poi, esplicate, nel modo e nel termine suddetto, si avranno come accertati 
i fatti registrati e l'appaltatore decadr� dal diritto di far valere, in 
qualunque tempo e modo, domande che ad esse si riferiscono. 


452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dal sistema della legge, nel quale si inseriscono le disposizioni dell'art. 
54 cit., risulta che l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara d'appalto 
alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al loro collaudo, 
si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, 
svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui 
formazione l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare; 
ragione .per cui gli � imposto l'onere di contestare immediatamente le 
circostanze che riguardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di 
produrre un incremento delle spese previste. In tale sistema, le statuizioni 
relative alla necessit� di tempestiva formulazione e successiva quantificazione, 
nel registro di contabilit�, delle richieste dell'appaltatore rivestono 
carattere generale e comprendono, quindi, tutte le pretese tali 
da incidere sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che 
siano le componenti e i titoli di esse, dovendosi ricercare le ragioni giu.
sti:fi.catriici delle preclusioni 6"1Plicite o imtpUcite, 1che a dette statuizioni. 
il sistema ricollega, nella esigenza della continua evidenza delle spese 
dell'opera. Tale esigenza rientra nel quadro generale di quelle proprie 
di un bilancio pubblico in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale 
tempestiva integrazione (art. 37, lett. c, del citato decreto) dei 
mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch� alle altre possibili determi:
namom dell'amministrazione 1che pOISSono giungere fino all'esencizio 
della potest� di risoluzione unilaterale del contratto d'appalto (art. 345 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) di fronte ad un notevole superamento 
delle !Pl"eWsioni originarie dli 51Pesa, icio� qualora l'onere della 
ieost:ruzione dell'operia :r~schi dli diventare tirqppo pesante 1P1er la collettivit� 
in relazione ai suoi scopi intesi come utilit� che a questa dovrebbe 
derivarne. Tali scopi sarebbero, invero, frustrati se fosse data facolt� 
all'appaltatore di chiedere il rimborso d.i maggiori oneri a qualsiasi titolo, 
dOIPO il 1COilliP�Lmento, o dOIPO una notevole proglreSISI�one dell'opera, 
aumentandosene, in tal modo, il costo in misura tale da infrangere l'equilibrio 
fra utilit� dell'opera medesima e sacrificio della collettivit�. 

In r~lazione ai princ�pi che scaturiscono dal cennato sistema questa 

C.S. ha statuito, in particolare, che in tema di contabilit� dei lavori di 
�esecuzione delle opere pubbliche, l'onere della riserva non riguarda solo 
pretese che traggano origine dal modo di rilevamento e di registrazione 
dei lavori eseguiti, ma riguarda anche richieste di ulteriori compensi e 
indennizzi per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, anche 
l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma del secondo comma 
dell'art. 1664 cod. civ., quando nel corso dell'opera si manifestino. 
determinate difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendano 
notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore. Il principio della 
tempestivit� delle riserve che l'appaltatore di opere pubbliche deve 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 453 

formulare riguardo-a tutte le pretese incidenti sul compenso complessivo 
spettantegli riveste carattere generale, con le sole seguenti-eccezioni: 
A) dei fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di docu


mentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; 

B) del comportamento doloso o gravemente colposo della P.A. nell'eseguire 
adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente 
sull'esecuzione dell'opera e sia, quindi, indifferente ..con le finalit� delle 
riserve; 

C) dei fatti cosiddetti �continuativi�, quando ovviamente l'appaltatore 
,non abbia potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi a lui 
pregiudizievoli. la peroezi-0ne dlella loro incidenza economtca (Cas1s., 
10 .gennaio 1974, in. 78). 

Nel caso di specie non si contesta che le riserve non furono sollevate 
nel termine e nel modo previsti dalla legge, ma si sostiene che 
per effetto della sussistenza di equipollenti non si � verificata la decadenza 
di legge, obliterando che questa � comminata proprio in relazione 
all'inosservanza delle previste formalit� atteso che dal suesposto sistema 
emerge, con tutta evidenza, che le riserve non sono surrogabili n� possono 
for.mlarsi in forme diverse da quelle stabilite dalla legge o dedUll"
Si aiiunde. Pertanto, le (pl1ime due .censure del !Primo motivo sono 
inconferenti e cosi pure la terza, relativa alla ratio del sistema legale 
delle contabilizzazioni, che, oltre ad essere irrilevante � smentita dalla 
necessit� sopracennata della continua evidenza dell'entit� della spesa dell'opera 
pubblica. 

Debbono, quindi, disattendersi le censure del secondo e del terzo 

motivo con le quali si deduce che la sorpresa .geologica rendeva inope


rante l'onere della riserva nei confronti dell'impresa, atteso che non 

avendo I'A:inministrazione eseguiti approfonditi saggi sulle aree inte


ressate dall'opera, le difficolt� geologiche costituivano evento non pre


visto, ma prevedibile per l'Amministrazione, la quale doveva rispondere 

per responsabilit� precontrattuale. 

Siffatta prospettazione introduce una non consentita nuova imposta


zione della lite, diversa da quella svolta in sede di merito, relativamente 

ad una pretesa responsabilit� colposa della P.A. anche nella fase pre


contrattuale, che, gi� nella sua enunciazione, � in contraddizione con 

l'accertata circostanza della sorpresa geologica riconosciuta dalla sen


tenza impugnata ed in contrasto con la sopraricordata disciplina generale 

in quanto anche gli oneri dipendenti da sorpresa geologica non sono 

esenti dall'obbligo della riserva. Anche questi importano una maggiore 

spesa ed � irrilevante distinguere tra sorpresa per fatto assolutamente 

imprevedibile o per preteso difetto progettuale, poich�, anche nel caso 

di colpa dell'Amministrazione, l'appaltatore � tenuto a proporre tempe


stiva riserva per le sue domande. La sorpresa geologica, che si ebbe 


454 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nel caso in esame, non pu� riportarsi neppure nella terza ipotesi delle 
eccezioni all'obbligo delle riserve indicate nella cennata sentenza di questa 
C.S. in quanto l'impresa ricorrente nello sbancamento della roccia, 
non prevista nella quantit� e continuit� effettivamente trovata, conosceva 
esattamente, per ogni stato di avanzamento dei lavori, l'esatta incidenza 
della maggiore spesa che poteva essere riportata nel registro di contabilit� 
nelle forme di legge. 

Infondati sono anche il quairto ed il quinto motivo p.eir il piri:nJCipio 
della necessit.� delle riserve che debbono essere elevate dall'appaltatore 
nel registro di contabilit� anche nel caso di contabilizzazioni provvisorie 
e di erroneit� nella determinazione del prezzo di scavo. -(Omissis). 



SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 20 novemb:r;e 1973, n. 2207 -Pres. 
Toro -Rei. Scotti -P. M. De Andreis (conf.) -Rie. Pieraccini. 

Procedimento penale � Spese giudiziali in materia penale � Compensazione 

delle spese � Natura � Impugnazione dell'imputato e della parte civile � 

Rigetto � Compensazione delle spese � Inammissibilit�. 

(Cod. prc. pen., artt. 3 e 2, 489, 523, 537). 

La compensazione deUe spese � istituto eccezionale rispetto all'ordinamento 
processuale penale ed � ammessa nel solo caso previsto dal 
comma secondo dell'art. 382 cod. proc. pen. 

Pertanto l'impugnazione dell'imputato, rendendo possibile l'intervento 
della parte civile nel giudizio di grado superiore, se dichiarata 
infondata, non pu� consentire la compensazione delle spese processuali 
nemmeno se non sia stata accolta l'impugnazione proposta dalla parte 
civile (1). 

(1) La sentenza � conforme alle affermazioni giurisprudenziali in materia 
di spese processuali alla parte civile. 
� stato sostenuto infatti in giurisprudenza, che la rifusione delle spese 
alla parte civile nel giudizio di impugnazione, va posta in relazione col 
principio della soccombenza e con l'interesse che la parte civile ha di 
resistere al gravame. 

Pertanto, quando la parte civile intervenuta nel giudizio di impugnazione 
per contrastare le questioni sollevate dall'imputato in ordine alla 
sua ritenuta responsabilit� per il reato commesso, sia riuscita ad ottenere 
un esito favorevole (nel senso che l'impugnazione dell'imputato non sia 
stata accolta in termini tali da precludere al danneggiato l'esercizio della 
azione civile ai sensi dell'art. 25 c.p.p:, anche se vi sia stata dichiarazione 
di estinzione del reato per intervenuta amnistia, e la parte civile non 
abbia contestato l'applicazione della causa estintiva), l'imputato, data la 
sua soccombenza, deve essere condannato al rimborso delle spese sostenute 
dalla parte civile (Cass. 18 gennaio 1971 n. 434 in Cass. Pen. Mass. annotato, 
1972 p. 374); che nel caso in cui l'impugnazione, proposta dal solo imputato 
prosciolto con una formula diversa da quelle preclusive dell'azione civile 
di cui all'art. 25 c.p.p., sia stata rigettata, la correlativa pronunzia, sanzionando 
l'interesse della parte civile al mantenimento della formula di proscioglimento 
non preclusiva della riproposizione dell'azione civile in sede 
propria, costituisce una implicita affermazione di soccombenza a carico 
dell'imputato. Pertanto l'omessa condanna di quest'ultimo al rimborso delle 
spese legittima la parte civile, che ha sofferto pregiudizio per tale omis




456 RASSEGRA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione, alla proposizione del gravame per i soli interessi civili (Cass. 19 
ottobre 1970 n. 437 ivi p. 375). 

Il diritto della parte civile al rimborso delle spese relative al giudizio 
d'impugnazione non deriva, come nel giudizio di primo grado, dalla condanna 
penale dell'imputato, ma dalla soccombenza dello stesso nei confronti 
della parte civile, soccombenza che non pu� non essere riconosciuta 
quando l'impugnazione avverso la sentenza di primo grado, che abbia 
assolto l'imputato con una formula non preclusiva dell'esercizio dell'azione 
civile per i danni in sede propria, venga ritenuta non fondata o dichiarata 
inammissibile (Cass. 20 aprile 1970, n. 439, ivi p. 376). In dottrina, v. 
GHIARA, L'intervento della parte civile nel giudizio di impugnazione e i 
limiti al suo diritto al rimborso delle spese in Riv. it. dir. e proc. pen. 
1960 p. 984. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 17 aprile 1974, n. 623 -Pres. Ianiri -
Rel. Manna A. -P. M. conf. Rie. Dondero. 

Procedimento penale . Notificazioni �II'imputato detenuto per altra causa 
non risultante dagli atti � Notificazione eseguita nella residenza 
privata dell'imputato � Legittimit�. 
(Cod. proc. pen., artt. 158, 168). 
La notificazione eseguita nella forma ordinaria all'imputato detenuto 
per altra causa, il cui stato di detenzione non risulti dagli atti, 
deve essere ritenuta perfettamente valida in quanto non importa menomazione 
del diritto di difesa, purch� eseguita alle persone e nei luoghi 
ove l'imputato ha residenza. Ci� in quanto la notifica in tal modo effettuata 
deve considerarsi valida a raggiungere l'imputato perch� cade nel 
suo ambiente di vita col quale lo stato di detenzione non ha reciso ogni 
legame (1). 
(1) Nello stesso senso, v. Cass. 20 gennaio 1972 n. 57 in Massimario 
delle decisioni penali, 1972, p. 372 n. 120445. 
Non incide su questa giurisprudenza la decisione della Corte Costituzionale 
12 febbraio 1970 poich� in quell'occasione era stata dichiarata 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 168 c.p.p. II comma nella parte in 
cui, subordinando l'obbligo della notificazione in mani proprie dell'imputato 
alla condizione che lo stato di detenzione risulti dagli atti del procedimento, 
consentiva che all'imputato detenuto la notifica, potesse essere effettuata 
nelle forme previste dall'art. 170 per l'imputato irreperibile. 

PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


Il provvedimento di espropriazione della legge sulla casa 

Nel:la Rassegna (1973, II, 137) .� 'Starta data notizia della coonplessa 
situazione giuridica creata dalla legge 22 ottobre 1971 n. 865 in tema di 
espropriazione per p.u. 

La legge 27 giugno 1974 n. 247, che con la conversione del d.l. 2 
maggio 1974 n. 115 ha introdotto un nuovo comma dell'art. 4 per estendere 
alle espropriazioni statali e di ogni ente pubblico le norme (del titolo II) 
della legge sulla casa relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, 
ha risolto o comunque superato talu1;1i dei problemi, cui si 
accennava nel suddetto studio pubblicato sulla Rassegna, ma ne ha fatto 

sorgere altri. . 
Volendo contribuire alla soluzione di questi, riteniamo opportuno pubblicare 
i due pareri, resi in proposito dall'Avvocatura Generale dello .Stato 

e dal Consiglio di Stato e la successiva circolare 21 aprile 1975, n. 2477/61Al 
del Ministero dei LL.PP., riservandoci di dare notizia degli eventuali ulteriori 
sviluppi che la problematica potr� avere in campo amministrativo 

per averne un indirizzo sulla impostazione delle tesi legali sul piano 
contenzioso. 

(Parere dell'Avvocatura Generale, Cons. 3964/74) 

Il Ministero dell'Interno con la lettera 18 ottobre 1974, diretta anche a 
codesta Presidenza, ha prospettato varie questioni insorte dopo che la 
legge 27 giugno 1974 n. 247, convertendo in d�.1. 2 maggio 1974 n. 115, 
ha aggiunto all'art. 4 un comma, con il quale si richiamano le norme 
del II titolo della legge sulla casa relative alla determinazione dell'indennit� 
di espropriazione anche per le espropriazioni promosse per opere statali, 
oltre che degli enti pubblici ivi indicati. 

La situazione giuridica merita di essere approfondita anche sulla base 
della circolare 18 ottobre 1974 n. 8107, diramata dal Ministero dei LL.PP. Gabinetto, 
con la quale la suddetta norma � stata interpretata nel senso 
di avere esteso a tutte le espropriazioni in essa .indicate, comprese anche 
quelle statali, le norme del �II titolo della legge sulla casa; e 'inoltre, in 
correlazione con l'altro comma dello stesso art. 4, di avere attribuito alle 
Regioni, e per esse -in mancanza di apposite norme regionali -al 
presidente della giunta regionale la competenza sia per la dichiarazione 
di p.u., sia per gli altri atti del procedimento espropriativo, compresa 
l'emanazione del provvedimento di espropriazione e di quelle per l'occupazione 
di urgenza, anche quando la espropriazione attenga a opere pub


'bliche dello Stato o degli enti pubblici anche non territoriali. 

Com'� noto, la norma suddetta vuole concludere il tr�vaglio legisla


tivo avutosi sulla (estensione della) applicazione del nuovo procedimento 

espropriativo con l'art. 9 della stessa legge sulla casa e l'art. 1 ter della 

legge di conversione n. 13 del 1972; e inoltre chiarire i dubbi insorti nella 

prassi amministrativa in proposito. Il Ministero dei LL.PP. -Gabinetto, 

gi� con l'altra circolare 8 febbraio 1972 n. 881, ritenne che al nuovo pro


cedimento espropriativo dovesse essere riconosciuta portata generale, cio� 

per tutte le espropriazioni dello Stato o di enti pubblici. Il Consiglio di 

Stato invece, con il parere in data 22 giugno 1972, ritenne tale procedi


mento applicabile solo per le espropriazioni relative ad opere pubbliche 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di competenza delle Regioni o alle stesse delegate, nonch� degli enti territoriali 
di cui all'art. 7 del D.C.S. 15 gennaio 1972 n. 8 (assoggettati cio� 
a vigilanza e controllo delle Regioni). 

Questa Avvocatura Generale dal suo canto si � nei suoi pareri orientata 
verso una soluzione intermedia, ponendo l'accento sulle materie dell'edilizia 
e dell'urbanistica, che formano della legge sulla casa, e ancorando 
l'applicazione della nuova disciplina espropriativa alle espropriazioni relative 
alle opere pubbliche relative, sia che rientrino nella competenza dello 
Stato, sia che rientrino nella competenza di enti pubblici. 

Pu� sembrare che la nuova disposizione, per la sedes materiae, essendo 
inserita in un testo legislativo � per accelerare i programmi di edilizia 
residenziale> (secondo quanto � indicato nel titolo), si riferisca solo alle 
espropriazioni in materia di edilizia residenziale, dando cos� ragione alla 
tesi dell'Avvocatura Generale dello Stato mediante interpretazione autentica. 
In realt�, anche se la sede 1;1on � la pi� appropriata, bisogna riconoscere 
alla norma una portata del tutto generale, comprensiva cio� di tutte 
in genere le espropriazioni, e non soltanto di quelle per interventi in 
materia di edilizia residl;!nziale, dello Stato e di enti pubblici, come risulta: 

1) dai lavori preparatori, che in questo caso assumono rilevanza, 
essendo stata la norma introdotta in sede di discussione parlamentare, che 
quindi ha fornito I'occas�o leg�s. Risulta dai lavori parlamentari (Atti 
Camera dei Deputati -VI Legislatura, seduta di luned� 3 dicembre 1973, 
interventi dell'on. Cusumano, pag. 14838; dell'on. Prearo, pag. 14841; dell'on. 
Busetto) che la norma risponde al duplice intento di alleviare l'onere 
pubblico e di creare un sistema unico per tutte le espropriazioni; non solo 
di quelle in materia di edilizia residenziale, ma anche per la costruzione 
di strade da parte dell'ANAS, di ferrovie ecc.; 

2) dal tenore della norma, formulata in modo cos� generale e comprensivo 
da abbracciare tutte le espropriazioni � comunque preordinate alla 
realizzazione di opere o di interventi � dello Stato o di enti pubblici; 

3) dal fatto che lo stesso testo di legge (ad esempio nel modificare 
il �primo comma dell'art. 3 del decreto-legge), allorquando ha voluto riferirsi 
agli interventi di edilizia residenziale statali o regionali, lo ha detto 
espressamente. 

La nuova disposizione viene cos� a seguire apparentemente l'indirizzo 

della circolare 8 febbraio 1972 del Ministero di LL.PP. poich� in realt� 

limita l'applicazione generale della disciplina della legge sulla casa alle 

sole norme � relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione �. 

Relativi alla determinazione dell'indennit� di espropriazione sono cer


tamente gli art. 16 e 17 della legge sulla casa, che fissano i criteri relativi; 

ma anche quelle ad esempio, che prevedono la competenza dell'U.T.E. sia 

nel fissare il valore agricolo medio annuale (art. 16), sia nel rivedere 

le indennit� provvisorie non accettate (art. 15); l'art. 18, che demanda ai 

comuni di delimitare i centri edificati; l'art. 19, �he prevede l'opposizione 

giudiziaria davanti la Corte di Appello: in altri termini tutte le norme, 

che stabiliscono criteri e modalit� (cio� procedimento) per determinare 

l'indennit� di espropriazione. Attiene a questa stessa fase procedurale anche 

l'indicazione d~ll'indennit� provvisoria, prevista nell'art. 11, la quale altro 

non � che l'applicazione all'area soggetta ad espropriazione dei valori fissati 

in via generale nell'art. 16, va fatta in sede di dichiarazione di p.u. o atto 

equiparato, e pu� dar luogo, se non accettata, a revisione dell'U.T.E. Ma 

gi� a proposito della indicazione provvisaria, non si pu� non dissentire 

dalla circolare 18 settembre 1974 del Ministero dei LL.PP., che, pur non 


PARTE II, QUESTIONI 

parlandone esplicitamente, mostra per� di ricomprenderla nella competenza 
generale, che vorrebbe riconoscere al presidente della giunta regionale 
anche per le espropriazioni statali o di enti pubblici nazionali. In 
1.1ealt� la competenza regionale stabilita in proposito con il suddetto art. 11 
� venuta meno in virt� del successivo art. 25 (e il rinvio al II titolo 
della legge sulla casa comprende anche questa disposizione), sostituita dalla 
competenza statale per le espropriazioni (statali o di enti pubblici� nazionali) 
attribuite alla competenza statale. 

Peraltro il dissenso della suddetta circolare non pu� non essere pi� 
profondo �e radicale, poich� in essa si vogliono sottrarre alla competenza 
statale ed attribuire alla competenza regionale anche l'emanazione dei 
decreti di espropriazione nonch� di occupazione di urgenza per opere 
pubbliche statali o di enti pubblici nazionali. Non � molto chiaro l'ordine 
logico seguito per pervenire a una tale conclusione, ma, quale che esso sia, 
non pu� sopprimere il fatto obbiettivo che il rinvio operato con la disposizione 
della legge del 1974 � fatto soltanto a qu,elle norme del II titolo della 
legge sulla casa, che si riferiscono � alla determinazione dell'indennit� di 
espropriazione �, non anche alle altre relative al procedimento di espropriazione 
vero e proprio, e men che mai al procedimento per l'occupazione di 
urgenza, per i quali si sono volute evidentemente mantenere in vita la 
disciplina generale o le discipline speciali, che li riguardano. A stretto 
rigore il rinvio non riguarda nemmeno la determinazione per l'indennit� 
di occupazione, prevista dall'art. 20, e solo un'interpretazione estensiva pu� 
pervenire all'applicazione anche di questa norma, sulla base di una duplice 
considerazione: che essa � considerata come collegata con l'indennit� di 
espropriazione, e che in definitiva corrisponde agli interessi del 5% su tale 
indennit�, che gi� per l'innanzi erano riconosciuti per un tale titolo. 

Nella circolare ministeriale si fa leva sull'altro comma del decretolegge 
n. 115 del 1974, che peraltro stabilisce la competenza del presidente 
della giunta regionale (in mancanza di norme regionali diverse) per i procedimenti 
(di espropriazione o di occupazione di urgenza) �di competenza 
della Regione �. Tali sono quelli indicati nell'art. 3 del D.C.S. 15 gennaio 
1972, n. 8 e nell'art. 6 dell'altro decreto legislativo n. 1036 del 1972, cio� 
relativi a opere pubbliche delle Regioni o alle stesse delegate, ma nessuna 
norma di legge attribuisce alla competenza regionale, nemmeno delegata, 
la espropriazione per opere pubbliche statali non delegate o per opere 
pubbliche di enti pubblici a carattere nazionale. 

Merita infine che si superino le incertezze manifestate nella suddetta 
circolare ministeriale sul carattere interpretativo o innovativo della nuova 
disposizione, prendendo posizione a favore del carattere innovativo. Il dibattito 
avutosi in precedenza sulla (estensione della) applicazione della 
nuova disciplina espropriativa della legge sulla casa poteva fornire lo 
spunto per l'emanazione di una norma interpretativa; ma in realt� il legislatore 
ha risolto tale dibattito non gi� riconducendo le espropriazioni considerate 
dalla nuova disposizione nell'alveo di una applicazione integrale 
della disciplina della legge sulla casa, ma creando un nuovo sistema, in 
virt� del quale tutte le espropriazioni -sia quelle, per le quali si discuteva 
se rientrassero oppure no nell'ambito della disciplina della legge sulla 
casa, sia le altre -sono ora soggette alle norme di questa legge per 
quanto concerne la determinazione dell'indennit� di espropriazione e invece 
alle precedenti norme sue proprie (della legge generale del 1865 o delle varie 
leggi speciali) per quanto concerne i (veri e propri) procedimenti di espro



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

priazione o di occupazione di urgenza (e corrispondenti competenze ammi


nistrative). E tale nuovo sistema non pu� avere che carattere innovativo. 

Esaminati cosi la disposizione, e il nuovo sistema con essa instaurato, 

nelle loro linee generali, possono prendersi in considerazione taluni aspetti 

particolari, segnalati dal Ministero dell'Interno nella sua lettera, che non 

risultino superati o risolti con la precedente esposizione. 

Uno � quello della competenza e delle modalit� per l'ordine di deposito 

e pagamento dell'indennit�, dopo che la competenza del presidente della 

giunta regionale, stabilita con l'art. 11, � venuta meno in virt� dell'art. 25 

della legge sulla casa. Il Ministero dell'Interno � propenso a ritenere che 

anche questo adempimento attenga alla determinazione dell'indennit� di 

espropriazione, e .torni applicabile quindi il suddetto art. 11, con la sosti


tuzione per� della competenza prefettizia (allorch�, s'intende, gli adempi


menti amministrativi per l'espropriazione sono di competenza del Prefetto) 

a quella ormai cessata dal presidente della giunta regionale. Questa Avvo


catura Generale non � molto persuasa di una tale soluzione, del resto pro


spettata dal Ministero in via di mera ipotesi; ed � portata invece a propen


de;re per la soluzione, anch'essa affacciata dal Ministero, della competenza 

giudiziaria in base alla legge 20 marzo 1968, n. 391. 

� difficile ricondurre l'ordine di deposito o pagamento fra le operazioni 

per la determinazione delll'mdenm.iit� idi :espropriazi-one, ipotch� ies�so presup


pone un'indennit� gi� determinata e non solo in corso di determinazione, e 

d'altro canto � predisposto non gi� a questo fine, ma al fine della emanazione 

del provvedimento di espropriazione, e sicch� � pi� verosimile che attenga 

invece al procedimento di espropriazione vero e proprio. 

Ma poi, anche a voler porre l'ordine di deposito o pagamento nel novero 
delle operazioni rivolte a determinare l'indennit� di espropriazione, da 
considerarsi quindi al lume degli artt. 11 e 25 della legge sulla casa, � difficile 
anche affermare che, venuta meno la competenza del presidente della 
giunta regionale, possa dirsi sostituita da quella prefettizia, mentre � pi� 
agevole ritenere che, essendo la competenza del presidente della giunta 
�regionale delegata e temporanea, si sia venuta alla sua cessazione a ripri


stinare quella giudiziaria. 

Come si vede, comunque la questione voglia essere riguardata, la solu


zione c<mduce in ogillii caiso ad affiermaxe ila competeJI12la dehl.'arutorit� .giu


diziaria, a meno che le evidenti ragioni di semplificazione amminil!ltrativa 

non inducano a fare leva sul parere del Consiglio di Stato, 25 giugno 1970, 

n. 1782, che ha ritep.uto non tanto rilevante giuridicamente l'ordine di deposito 
e. pagamento quanto il fatto obbiettivo che vi sia provveduto, .che 
costituisce la condizione per far luogo alla emanazione del decreto di 
espropriazione. 
La determinazione dell'indennit� di espropriazione comprende invece, 
come si � gi� accennato, la revisione demandata, in caso di mancata accettazione, 
all'U.T.E. in base all'art. 15, e l'opposizione giudiziaria (davanti 
alla Corte di Appello) in base all'art. 19. Il sistema cos� realizzato esclude 
che si faccia ricorso alla perizia gii.tdiziale, operandosi la determinazione 
dell'indennit� in via amministrativa (come avviene ad esempio per le 
espropriazioni ferroviarie ovvero per quello dei piani di zona della legge 

n. 167/1962). Il che non incide sulla (ulteriore) possibilit� di emanare il 
decreto di espropriazione, la quale � subordinata non tanto alle modalit� 
richieste per determinare l'indennit� di espropriazione, quanto al deposito 
o pagamento della stessa. 

PARTE II, QUESTIONI 

Volendo a questo punto suggerire, per seguire l'esempio del Ministero 
dell'Interno, i lineamenti dell'intero procedimento di espropriazione, converr� 
tenere presente la disciplina generale della legge del 1865, salvi gli 
adeguamenti che nei singoli casi occorre fare in base alle varie norme 
speciali. 

A. -Dichiarazioni di p.u. Per essa occorre rifarsi, anzich� agli 
art. 10-11 della legge sulla casa, ai capi I e II del titolo primo della legge 
generale del 1865 (quando non ricorra l'ipotesi della dichiarazione implicita 
di p.u.). 
B. -Designazione dei beni da espropriarsi. Si condivide l'avviso del 
Ministero dell'Interno sull'applicazione del capo III della stessa legge. 
C. -Determinazione e offerta dell'indennit� di espropriazione. Se 
ne � parlato diffusamente innanzi; e solo conviene aggiungere che si conviene 
con il Ministero nel ritenere che tali operazioni debbano essere 
compiute insieme o successivamente con l'ordine di esecuzione del piano, di 
cui alla precedente lettera C. Per precisione peraltro occorre tenere presente 
che per l'art. 11 della legge sulla casa l'indicazione dell'indennit� di 
espropriazione � un elemento della dichiarazione di p.u., e occorre domandarsi 
se debba essere necessariamente inserita in questa ovvero possa essere 
fatta in sede di ordinanza per l'esecuzione dl piano; il che, da un punto 
di stretto diritto, equivale a stabilire se debba prevalere la disciplina che 
per la legge generale del 1865 � propria della dichiarazione di p.u. ovvero 
quella che per l'art. 11 della legge sulla casa � propria della determinazione 
(e indicazione) dell'indennit� di espropriazione. Pur essendo questa 
Avvocatura Generale incline a favore della prima soluzione (venendo in 
discussione contenuto e legittimit� della dichiarazione di p.u.), tuttavia 
ragioni di tuziorismo consigliano di superare ogni incertezza sul piano amministrativo 
e pratico, fac�ndo possibilmente confluire dichiarazione di p.u. 
e ordine di esecuzione del piano in un unico atto, che contenga anche l'indicazione 
dell'indennit� di espropriazione. 

D. -Accettazione dell'indennit� prov\>'isoria e cessione volontaria 
(art. 10 della legge sulla casa e 6 del decreto legge n. 115/1974). Non vi � 
dubbio che la cessione volontaria possa aver luogo nei limiti stabiliti dalle 
norme suddette quanto all'entit� del prezzo, commisurata alla (prevista) 
indennit� di espropriazione, maggiorata del 30%. Il problema � se dopo 
l'accettazione il prefetto possa proseguire nell'espropriazione ovvero venga 
meno il suo potere. Peraltro tale problema viene risolto in modo analogo 
negli art. 25 e 29 della legge del 1965 e nell'art. 12, primo comma della 
legge sulla casa, unica differenza essendo che nel primo caso l'offerta viene 
fatta da chi promuove l'espropriazione e n:el secondo dall'autorit� che dichiara 
la p.u: : Ma in ambedue il procedimento di espropriazione resta 
sospeso in attesa dell'atto di trasferimento .(che la giurisprudenza ha definito 
con riguardo agli accordi amichevoli dell'art. 25. come contratto di 
diritto pubblico). 
Coine � noto, gi� gli art. 25 e 29 della legge del 1865 ponevano un termine 
di 15 giorni� per gli accordi amichevoli, che per� non � mai stato considerato 
perentorio; come pu� ritenersi per il termine di 30 giorni previsto 
nell'art. 12 per la cessione volontaria. Nulla vieta perci� che il procedimento 
di esproprio resti sospeso anche oltre i termini suddetti, sulla base di una 
prudente valutazione e salvo che la parte pi� diligente lo riattivi. 

E. -Ordinanza di pagamento o deposito. Non pu� che farsi riferimento 
a quanto si � detto innanzi. Vi � solo da aggiungere che, anche indi

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pendentemente da quanto prescrive la legge n. 391/1968, nulla vieta che si 
condizioni l'ordine di pagamento diretto alla condizione di una adeguata 
garanzia, potendo questo come in genere ogni atto amministrativo assoggettato 
a condizione (e quindi essere revocato o sostituito con l'ordine di 
deposito in caso che la condizione non si avveri). 

F. -Espropriazione. Vanno osservate le norme del capo V della legge 
del 1865 e l'espropriazione � disposta indipendentemente dalla perizia 
giudiziale, ma sulla base dei certificati comprovanti il deposito o il pagamento 
(art. 48). 
L'ultimo quesito prospettato dal Ministero dell'Interno � quello di 
diritto transitorio. 

Se deve ritenersi che la nuova disposizione abbia carattere innovativo, 
secondo l'avviso innanzi espresso, essa non pu� essere applicata per quei 
procedimenti che si sono conclusi, alla data della sua entrata in vigore, 
con l'emanazione del decreto di espropriazione. Si applica invece ai proce.. 
dimenti in corso, in virt� del principio che l'indennit� di espropriazione va 
determinata con riguardo al momento in cui si opera la espropriazione, si 
realizza cio� il sacrificio del diritto di propriet�, che ~ il fondamento per il 
corrispettivo della indennit� �li espropriazione. 

Una deroga pu� ammettersi nel caso che sia gi� intervenuta l'accettazione 
detll',inderundlt� offetria dall'altra parte (al't. 25 delilia iLeg~e del 1'865), a 
causa del realizzato incontro di volont� (sicch� ad esempio la deroga non 
sussiste allorch� l'offerta prevenga non gi� dall'altra parte, ma dall'autorit� 
che procede all'espropriazione, come ad esempio per i piani di zona in base 
alla legge n. 167 /1962). 

Altra deroga � quella degli accordi (davanti al Sindaco) considerati 
nell'art. 26 della legge del 1865, per lo stesso ordine di considerazioni. 

Vi � poi l'ipotesi particolare, fatta nella lettera del Ministero, di accettazione 
da parte di alcune soltanto delle ditte soggette ad espropriazione. 
Pur tenendo conto dei profili equitativi per possibili sperequazioni, segnalati 
dal Ministero, tuttavia non si pu�, da un punto di vista di stretto diritto, 
non ritenere che le espropriazioni non concluse con accettazione o accordo 
amichevole cadono sotto l'impero della nudva disciplina, e le indennit� 
vanno revisionate in base ai nuovi criteri. In realt� i rilevanti profili equitativi 
possono essere superati considerando che la situazione non � diversa 
allorch� per le espropriazioni non concluse consensualmente venga promossa 
opposizione giudiziaria, sulla quale nessuna influenza pu� spiegare la sistemazione 
consentuale delle altre. 

Per le espropriazioni in corso pu� presentarsi il problema dell'ulteriore 
svolgimento, allorch� sia gi� intervenuta, sulla base della precedente disciplina, 
perizia giudiziale e magari ordine dell'autorit� giudiziaria per il 
pagamento o il deposito della stessa. Invero, se ancora non sono intervenuti 
tali adempimenti, non vi � alcun ostacolo per avviare la determinazione 
dell'indennit� di espropriazione in base alla nuova disciplina. Ma il problema 
sorge allorquando, tale determinazione e magari l'ordine di deposito 
e pagamento essendo intervenuti in base alla precedente disciplina, occorre 
domandarsi come debbano essere modificati in base alla nuova. 

In effetti lo stesso problema si � gi� presentato in sede di prima applicazione 
della legge sulla casa; e, avendo la Gescal richiesto all'autorit� 
giudiziaria di modificare l'ordine di deposito o pagamento in base alla 
revisione della indennit� di espropriazione, si sono avute pronunzie discordanti, 
in alcuni casi essendosi fatto luogo alla modificazione, in altri casi 


PARTE II, QUESTIONI 

essendosi ritenuto che trattavasi di materia, ormai rimessa alle decisioni 
in sede di opposizione giudiziaria. L'Avvocatura dello Stato si � attenuta 
a questa seconda soluzione, proponendo opposizione giudiziaria, ma la materia 
merita di essere meditata dopo che la Corte di Cassazione, con la 
sentenza 15 gennaio 1974, n. 1651, ha confermato il suo indirizzo, secondo 
il quale criteri e relative norme menzionate nei provvedimenti di espropriazione 
non possono essere riveduti dal giudice ordinario, la materia 
essendo rimessa al giudice amministrativo e potendo essere riesaminata in 
sede di autotutela. Non che un tale indirizzo giurisprudenziale possa valere 
in tutti i casi, e non mancano elementi per sostenere che esso non pu� essere 
invocato allorch�, essendo in discussione una questione di diritto transitorio, 
fondata sulla successione delle leggi nel tempo, si tratti in effetti di stabilire 
la norma obbiettiva applicabile. Ma, poich� il procedimento di espropriazione 
� ancora in cori:;o, motivi di tuziorismo inducono ad assumere un atteggiamento 
pi� prudente: di rivedere in sostanza la determinazione, in via 
amministrativa, dell'indennit� di espropriazione, provocando, ove sia necessario, 
un nuovo ordine giudiziario per il deposito o pagamento. In tale modo 
sar� oltretutto possibile porre l'autorit� giudiziaria di fronte all'alternativa; 
di emanare un nuovo ordine di deposito o pagamento (sulla base della 
indennit� di espropriazione, rideterminata in via amministrativa), ovvero 
di consentire che la questione vada rimessa al giudice di opposizione 
giudiziaria. ' 

I vari problemi esaminati e la loro delicatezza devono convincere sulla 
opportunit� di mettere a punto, mediante appropriato coordinamento, la 
applicazione del nuovo sistema instaurato con la legge n. 247/1974, anche 
prima, per il loro carattere di attualit�, e indipendentemente dalla riforma 
generale della normativa sulla espropriazione per p.u., gi� allo studio 
dell'Ufficio della Riforma. 

La presente lettera viene doverosamente inviata per conoscenza anche. 
al Ministero LL.PP. -Gabinetto; e inoltre al Ministero dei Trasporti, con 
il quale si � gi� avuto occasione di esaminare taluni dei problemi suddetti. 

(Parere del Consiglio di Stato 31 gennaio 1975, n. 25, 1974). 

Esaminati gli atti ed udito il relatore; 

Ritenuto: 
Nella citata relazione, il Ministero dei lavori pubblici ricorda che il 
Consiglio di Stato, nel parere di Commissione speciale 24 giugno 1972, n. 786, 
aveva avvisato nel senso della applicabilit� integrale del titolo II della 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, per le opere pubbliche di competenza delle 
Regioni a statuto ordinario, o ad esse delegate; mentre per le opere di competenza 
dello Stato conservano vigore la legge 25 giugno 1865, n. 2359 e 
successive modificazioni ed, eventualmente, quelle delle leggi speciali. 
Per le nuove costruzioni ferroviarie, lAmministrazione continu� pertanto 
ad applicare la . legge n. 2359, cit., nonch� la legge sul risanamento 
di Napoli, 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamata dalla legge 7 luglio 1907, 
numero 429. 
Alcune perplessit� sono per� sorte con l'entrata in vigore della legge 
27 giugno 1974, n. 247 (conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 
2 maggio 1974, n. 115, recante norme per accelerare i programmi di 
edilizia residenziale) con cui � stabilito (art. 4). �Le disposizioni contenute 
nel titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, relative alla determinazione 


32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'indennit� di espropriazione, si applicano a tutte le espropriazioni 
comunque preordinate alla realizzazione di opere e di interventi da parte 
dello Stato, delle regioni, delle provincie, dei comuni, o di altri enti pubblici 

o di diritto pubblico anche non territoriali �. 
Questa disposizione, secondo l'Amministrazione riferente, parrebbe da 
intendere come limitata alla sola determinazione dell'indennit�, con la 
conseguenza che le Amministrazioni dello Stato, dopo eseguite le pubblicazioni 
di cui all'art. 10, legge n. 865, cit., dovrebbero rivolgersi al presidente 
della Giunta regionale, affinch� il medesimo indichi le indennit� da 
corrispondere agli espropriati, onde procedere alle ulteriori incombenze. 

Dubbi, per�, sorgevano: 
a) per la duplicit� dei soggetti che interverrebbero nel medesimo 
procedimento amministrativo (organo statale ed organo regionale); 

b) perch�, nel citato parere del Consiglio di Stato, si considerarono 
inscindibili le norme determinanti la competenza ed il procedimento, e 
quelle concernenti la determinazione dell'indennit�; 

c) perch� nel sistema della legge n. 247, cit., la pubblicazione degli 
atti, al contrario che nella legge del 1865, non � accompagnata dall'offerta 
dell'indennit�, la cui determinazione � invece riservata al presidente della 
Giunta regionale. 

L'Amministrazione riteneva altresi opportuno che fosse chiarita la 
condotta da seguire quando si fosse gi� provveduto alle pubblicazioni, ed 
all'offerta dell'indennit�. Nessun dubbio, essa diceva, che debbansi pagare 
le indennit� gi� concordate con gli esproprianti, mediante sottoscrizione 
degli appositi verbali. Per le indennit� invece non accettate, e, sopratutto, 
dove fosse in corso la perizia giudiziaria, v'� l'alternativa di completare la 
procedura secondo le norme� inizialmente utilizzate, o di rinnovarla dando 
corso alle pubblicazioni giusta l'art. 10 della legge n. 865, cit. 

Su tali quesiti, il Ministero dei lavori pubblici chiede il parere del 

Consiglio di Stato. 

Con successi�va ne>ta, 15 gennaio 1975, 111. 323/Gab., fil Minilstro dei 1Jarvori 
pubblici, premesso che organi dipendenti ed altre amministrazioni dello 
Stato avevano esposto dubbi e perplessit� circa la detta normativa, nonch� 
a proposito della circolare del Ministero stesso, 18 ottobre 1974 (numero 
8107/61/A-1), trasmetteva, a completamento della relazione, la citata circolare; 
la nota di �delucidazioni� 30 ottobre 1974, n. 8327/23; due note, 
18 ottobre 1974 e 9 novembre 1974, ed un marconigramma circolare 7 novembre 
1974, tutti n. M/4124/11, del Ministero dell'interno, Direzione generale 
Affari generali e Personale; il parere della Avvocatura generale dello 
Stato, 26 novembre 1974, n. 2722; e una relazione riepilogativa dell'Ufficio 
studi e legislazione del Ministero dei lavori pubblici al Capo di Gabinetto 
del Ministro, in data 15 gennaio 1975, n. 224. 

Considerato : 

L'art. 4 del decreto-legge 2 maggio 1974, n. 115, convertito, con modifi


cazioni, in legge 27 giugno 1974, n. 247, consta di due commi, il primo dei 

quali inserito, per iniziativa parlamentare, con la legge di conversione, ed 

il secondo in tale sede lievemente modificato, talch� il testo in vigore � il 

seguente: 

Le disposizioni contenute nel titolo II della legge 22 ottobre 1971, 

n. 865, relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, si applicano 
a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di 
opere �O di interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle provincie, dei 
comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali. 

PARTE II, QUESTIONI 

In carenza di apposite norme regionali, il presidente della giunta della 
regione pronuncia i decreti di espropriazione e.di occupazione di urgenza 
e compie gli atti dei relativi procedimenti di competenza della regione. 

La norma si inserisce dunque nel sistema della legge 22 ottobre 1971, 

n. 865, sulla quale il Consiglio di Stato; col parere di Commissione speciale 
24 giugno 1972, n. 786, espresse l'avviso: 
-che detta legge ha camttere � speciale �, ed � applicabile, in 
deroga alla legge generale sull'espropriazione per causa di pubblica utilit�, 
25 giugno 1865, n. 2359, ed alle altre leggi speciali preesistenti, solo nelle 
materie in essa espressamente considerate (art. 9, legge n. 865, cit., ed art. 1 
legge 25 febbraio 1972, n. 13); 

-che essa si applica solo ad opera di competenza delle regioni, o 
alle stesse delegate (art. 3, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8); 

-che (salvo espresse deroghe legislative, alcune delle quali erano 
citate) dovessero essere considerate inscindibili le disposizioni del titolo II, 
concernenti il procedimento e la determinazione delle indennit�. 

La Commissione, riesaminato il detto parere in rapporto alla legge 
sopravvenuta, ritiene che tutte le massime sopra riassunte conservino 
attuale valore. 

L'estensione della � determinazione dell'indennit� � ai sensi della legge 

n. 865 cit. a tutte le espropriazioni preordinate ad opera dello Stato e degli 
enti pubblici territoriali o non territoriali, non trasforma la norma speciale. 
in norma generale. Il fondamento costituzionale dell'espropriazione 
non risiede nella qualit� � pubblica � dell'espropriante, bensi nei � � motivi 
d'interesse generale� dell'iniziativa (art. 42, terzo comma, Cost.), ed � 
infatti ben noto che un'espropriazione pu� essere promossa anche da un soggetto 
privato (esempio: art. 83 t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, delle leggi sul 
Mezzogiorno). L'art. 4 cit. non introduce dunque una norma �generale., 
bens� estende una norma � speciale � ad un ulteriore gruppo di potenziali 
esproprianti, mentre la norma potrebbe dirsi generale, sol quando abbracciasse 
ogni possibile ipotesi di soggetto espropriante. 
L'attuale secondo comma dell'art. 4 non apporta alcun sussidio alla 
tesi, secondo cui con tale disposizione si sarebbe voluto attribuire �alle 
regioni una competenza generale in tema d'espropriazione per pubblica 
utilit�, anche per le opere e gli interventi promossi dallo Stato. Il contenuto 
della norma � ben modesto. La legge n. 865 cit. manteneva espressamente 
ferma, per i decreti d'espropriazione e di occupazione d'urgenza, la 
competenza dei prefetti (art. 13, ed art. 20). L'art. 3 d.P.R. 15 gennaio 1972, 

n. 8, trasfer� alle Regioni le competenze degli organi centrali e periferici 
dello Stato in materia espropriativa � per le opere di competenza delle 
regioni stesse e per quelle ad esse delegate con il presente decreto �. L'art. 6 
d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, emanato in base a delega contenuta nello 
art. 8 della legge n. 865, cit. (�norme per la riorganizzazione delle amministr�zioni 
e degli enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia residenziale 
�) raccord� i due testi, del 1971 e del 1972, stabilendo: � I decreti di espropriazione 
e di occupazione di urgenza, emanati nell'ambito delle disposi-� 
zioni degli articoli 13 e 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sono di competenza, 
ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, della Regione 
nel cui territorio sono ubicati i beni oggetto dei provvedimenti�. E dunque, 
l'art. 4, secondo comma della legge n. 247, non � nemmeno una norma che 
trasferisca competenze dallo Stato alla Regione, perch� la traslazione delle 
attribuzioni �prefettizie alla regione, nel quadro del decreto n. 8 del 1972, 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

erasi gi� verificata con l'art. 6 del decreto n. 1036 dello stesso anno; bensl 
una disposizione che � in carenza d'apposite norme regionali �, cio� se la 
regione omette o ritarda di definire l'organo competente ad emettere i 
decreti d'espropriazione e d'occupazione d'urgenza, individua detto organo 
nel presidente della giunta regionale. Le regioni a statuto ordinario non 
hanno competenza in materia d'espropriazione per pubblica utilit� (art. 117 
Cost.), e quindi una apposita norma non pu� concepirsi, come bene risulta 
dal citato art. 4, secondo comma se non in relazione a � procedimenti di 
competenza della regione�. Ma questi �procedimenti� sono proprio quelli 
menzionati dall'art. 3 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e quindi anche le supposte 
norme regionali non possono contenere disposizioni generali in tema 
d'espropriazione per pubblica utilit�, bens� disposizioni puramente organizzatorie 
e strumentali (come que'lle, appunto, relative alle competenze degli 
organi), in materie attribuite alla regione per altro titolo. 

Vero �, infine, che il Consiglio di Stato ha enunciato la regola della 
normale inscindibilit� delle disposizioni rispettivamente attinenti al procedimento 
in genere ed alla determinazione dell'indennit� in specie. Ma � 
ovvio che la regola debba cedere dinanzi ad un'espressa eccezione legislativa. 
Due, infatti, ne venivano rilevate nel citato parere (legge 12 dicembre 
1971, n. 1133, sul finanziamento per l'edilizia degli istituti di prevenzione 
e di pena; legge 17 dicembre 1971, n. 1158, sul collegamento viario 
e ferroviario tra la Sicilia e il continente), dove si diceva essere.� appena 
da� sottolineare quali ulteriori complicazioni possono sorgere da questo sistema, 
per dir cosi misto �. 

Il primo comma dell'art. 4 costituisce appunto un nuovo esempio di 
tale � sistema misto � : ma non � difficile ricondurlo negli argini d'una corretta 
ermeneutica. 

La norma estende alle espropriazioni per opere o interventi dello Stato 
e degli enti pubblici � le disposizioni contenute nel titolo II della legge 
22 ottobre 1971, n. 865, relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione 
�. Le sole norme considerate sono dunque quelle attinenti al 
metodo di determinazione del quantum, cio� gli artt. 16 e 17. Il procedimento 
espropriativo invece, rimane, per ogni altro riguardo, sostanzialmente 
inalterato, cosi come avvisavasi nel pi� volte citato parere 24 giugno 
1972. 

Non concerne la determinazione della indennit� l'art. 10 della legge 

n. 865, cit., sulla pubblicazione degli atti espropriativi. Tale pubblicazione 
� preordinata infatti alla dichiarazi-One di pubblica utilit�, che, nel caso 
delle opere di competenza del Ministero dei Lavori pubblici non occorre, 
essendo implicita nel decreto d'approvazione del progetto. Dovr� invece 
I'Amministrazione espropriante provvedere alla pubblicazione del piano 
particolareggiato, nei modi stabiliti dagli artt. 16 ss. legge 25 giugno 1965, 
n. 2359, in una all'elenco sommario dei beni da espropriare, dei relativi 
proprietari, e delle indennit� offerte, come � stabilito dall'art. 24 della 
legge del .1865. 
L'indennit� offerta deve essere determinata secondo i criteri degli 
artt. 16 e 17 della legge del 1971. Non esiste per� alcuna necessit� che 
l'Amministrazione espropriante rivolgasi al presidente della Regione. Se 
questi, nelle espropriazioni regionali, determina direttamente secondo 
detti criteri (cio�, applicando i valori medi ed i coefficienti stabiliti annualmente 
dagli uffici tecnici erariali) le indennit� provvisorie previste dall'art. 
11, lo stesso calcolo pu� compiere qualsiasi espropriante, per stabilire 
l'offerta. Sar� cura dell'Amministrazione assumere le opportune notizie 


PARTE II, QUESTIONI 

presso l'ufficio erariale competente, o concordare con l'amministrazione 
delle finanze che gli uffici tecnici erariali comunichino le tabelle annuali 
ai propri uffici interessati. � 

L'indennit� offerta pu� essere accettata espressamente dagli espropriandi, 
oppure pu� f0tro:narsi con 'accovdo amichevole tra ,espiropr.�Ja.Illte ed espro,... 
priandi. Il termine per il concordamento rimane, ovviamente, quello stabilito 
dagli artt. 18, 25 e 29 della legge del 1865. � per� da ritenere che 
l'indennit� concordata non possa superare il massimo stabilito dall'art. 12 
della legge n. 865, cit., modificato dall'art. 6 del decrteo-legge 2 maggio 1974, 

n. 115, cio� il 30 % dell'indennit� offerta. Se infatti si ammettesse il concordamento 
libero, potrebbe risultare indirettamente frustrato l'intento del 
legislatore, di ancorare le indennit� a parametri prestabiliti, ed invariabili 
per ogni tipo di area e per ogni anno. 
Le indennit� accettate o concordate formeranno oggetto di pagamento 
diretto o di deposito, come � previsto dall'art. 30 della legge 1865, sostituito 
dall'art. 1 della legge 20 marzo 1968, n. 391. In base alla presentazione degli 
atti comprovanti l'eseguito deposito o pagamento, il prefetto autorizzer� 
l'occupazione immediata dei fondi. � sorto qualche dubbio, se l'ordine di 
pagamento o di deposito debba essere impartito dall'autorit� giudiziaria o 
dal prefetto: ma poich� queste disposizioni non riguardano la � determinazione 
dell'indennit��, che � gi� definitivamente determinata nella misura 
accettata o concordata, il dubbio non ha motivo d'esistere. La legge 20 marzo 
1968, n. 391, ha sostituito l'art. 30 della legge del 1865: se si segue il 
procedimento da tale ultima legge previsto, non � possibile fare rivivere 
norme abrogate. Altre norme procedimentali della legge n. 865 non sono 
applicabili, perch� la estensione, come si disse, non le concerne. 

Per le indennit� non espressamente accettate, gli artt. 31 ss. della 
legge del 1865 prevedevano la perizia giudiziaria. Nella legge n. 865, cit., 
le indennit� non accettate sono determinate definitivamente, ad istanza del 
presidente della giunta regionale, dal competente ufficio tecnico erariale 
(art. 15, primo e secondo comma). Si potrebbe dunque chiedere se debba 
osservarsi l'art. 15 della legge n. 865, sostituendosi ovviamente in questo 
caso il prefetto al presidente della giunta regionale. Il dubbio si potrebbe 
anche motivare teoricamente, chiedendosi se le norme ora accennate siano 

� di procedimento ., oppure �relative alla determinazione dell'indennit� ., 
ma la questione sarebbe priva di contenuto. Se procedimento � una serie 
d'atti e d'operazioni amministrative, per conseguire un risultato finale, � 
evidente che anche alla determinazione dell'indennit� si perviene attraverso 
un procedimento, o, se si vuol essere pi� precisi, un sub-procedimento inse~ 
rito nella procedura espropriativa. Bisogna invece domandarsi (come a proposito 
del limite del 30 % per il concordamento dell'indennit�) se la stima 
dell'ufficio tecnico erariale sia tanto inerente al sistema degli artt. 16 e 17, 
della legge 865, che qualunque altro metodo di stima lo snaturerebbe. La 
risposta deve essere affermativa. La legge ora citata ha inteso sostituire 
alla discrezionalit� tecnica, del perito nominato dal tribunale un metodo 
vincolato ai valori medi ed ai coefficienti prestabiliti dall'ufficio tecnico 
erariale. La stima, quindi, non � propriamente una perizia, ma piuttosto 
un controllo effettuato dall'ufficio tecnico erariale per accertare la corretta 
applicazione, da parte dell'espropriante, dei criteri prestabiliti dall'ufficio 
stesso. Ed anche in questo caso, come in quello sopra ricordato, 
l'attuazione del fine propostosi dal legislatore impone che l'organo competente 
a determinare definitiva.mente in sede amministrativa l'indennit� 
sia quello stesso previsto dalla legge n. 865, senza l'inserzione di valu

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tazioni estranee, come quelle dei periti, che potrebbero sostanzialmente 
alterare il prescritto criterio di stima. 

Il prefetto, quindi, chieder� all'ufficio tecnico erariale competente la 
determinazione delle indennit� non accettate n� concordate. La disposizione, 
tra l'altro, non � tanto singolarmente anomala, perch� vi sono vari casi, 
in cui la stima giudiziaria � sostituita da quella d'.ufficio dell'Amministrazione 
(il Genio civile: art. 33 t.u. 11dicembre1933, n. 1775; gli uffici tecnici 
dell'ANAS: art. 8 legge 21 maggio 1955, n. 463; gli uffici dell'Amministrazione 
forestale: art. 94 r.d. 13 febbraio 1933, n. 215; gli uffici tecnici erariali: 
art. 3 d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138; etc.). L'ufficio tecnico erariale 
comunicher� la propria stima al prefetto, � questi ne dar� notizia all'espropriante, 
affinch� possa provocare dall'autorit� giudiziaria l'ordine di pagamento 
diretto o di deposito dell'indennit�. . 

Dopo quel che si � detto a proposito dell'art. 30 della legge del 1865, 
non � necessario ripetere che anche l'art. 48 della stessa legge va applicato 
.secondo il testo sostituito dall'art. 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391; 
cio� che debbono essere il pretore o il tribunale a disporre il pagamento 
diretto, oppure il deposito nella Cassa depositi e prestiti, dell'indennit� 
determinata dall'Ufficio tecnico. erariale. Sulla base dei conseguenti certificati, 
il prefetto pronuncer� l'espropriazione, con decreto da notificare agli 
espropriati nel modo previsto dall'art. 51. Da tale giorno, decorrer� il termine 
per l'opposizione all'indennit� dinanzi al giudice competente. 

Tutto quel che fin qui si � detto, si pu� riepilogare in brevissima sintesi, 
nel senso che il ricordato art. 4 della legge 27 giugno 1974, n. 247, 
incide sulla legge generale. d'espropriazione per pubblica utilit�, 25 giugno 
1865, n. 2359, solo nei limiti qui di seguito precisati: 

1. -L'indennit� da offrirsi dall'espropriante ai sensi dell'art. 24 legge 
25 giugno 1865, n. 2359, deve essere determinata, dall'espropriante stesso, 
secondo i criteri previsti dagli artt. 16 e 17 della legge 12 ottobre 1971, 
n. 865. 
2. -L'indennit� concordata tra espropriante ed espropriato ai sensi 
degli a:!1tt. 25 ss. !legge n. 2359, ciit., n<m pu� essere supeirio~e ail trenta peir 
cento dell'indennit� offerta, come previsto dall'art. 12, comma primo, legge 
n. 865, cit. modificato dall'art. 6, decreto legge 2 maggio 1974, n. 115. 
3. -La determinazio.ne dell'indennit� non accettata n� concordata 
deve essere richiest!l dal prefetto all'ufficio tecnico erariale competente 
secondo l'art. 15 della legge 865, cit.; e l'ufficio ne dar� comunicazione al 
prefetto. , 
Restano ferme tutte le altre disposizioni della legge 25 giugno 1865, 

n. 2359, e successive modificazioni; dimodocch� restano superate le perplessit� 
segnalate con la relazione della Direzione generale viabilit� e nuove 
costruzioni ferroviarie: non v'� nel procedimento amministrativo nessuna 
interferenza di organi della regione; l'inserzione di norme speciali sulla 
determinazione dell'indennit� dell'espropriazione nella linea del procedimento 
generale non � di maggior rilievo, di quanto non si verifichi in altri 
casi d'espropriazione con indennizzi regolati da leggi speciali, l'offerta dell'indennit� 
continua ad essere fatta dall'e~propriante in sede di pubblicazione 
del piano particolareggiato, con determinazione autonoma, anche se 
conforme alle disposizioni degli artt. 16 e 17 della legge n. 865, cit., senza 
necessit� alcuna d'adire il presidente dell� giunta regionale. 
La riferente Direzione generale ha richiamato l'attenzione sugli effetti 
della norma sopravvenuta allorch� il procedimento espropriativo sia ini



PARTE II, QUESTIONI 

ziato. Questo problema, di diritto transitorio, si specifica in una pluralit� di 
fattispecie, che debbono essere distintamente esaminate: con l'avvertenza, 
tuttavia, che trattasi di questioni di diritto soggettivo, dimodocch� le soluzioni 
inoppugnabili potranno essere date soltanto dal giudice civile. Su 
questo punto, si � anche espressa l'Avvocatura generale dello Stato, e la 
Commissione speciale ne tiene presente il parere. 

� ovvio, che sui procedimenti conclusi con l'emissione del decreto 
d'espropriazione, la legge sopravvenuta, che � innovativa e non interpretativa, 
come sostanzialmente riconosce anche la circolare ministeriale 18 ottobre 
1974 (p. 11), non ha effetto. 

Quanto l'indennit� offerta sia stata accettata o comunque concordata, 
l'avvenuto incontro delle volont� genera una situazione analoga a quella 
d'un rapporto contrattuale, n� sembra quindi vi sia possibilit� legittima, 
per l'espropriante, di revocare l'offerta o il consenso, adducendo lo ius 
superveniens. In ci� concorda l'Avvocatura dello Stato. 

� parimenti da condividere l'avviso dell'Avvocatura dello Stato, nel 
senso che, in presenza d'una pluralit� d'espropriandi, alcuni dei quali 
abbiano accettato o concordato l'indennit�, ed altri non, le rispettive 
situazioni siano prive di reciproca influenza. Ed infatti, l'importante � che, 
col deposito delle indennit� provvisorie, sia possibile dar corso al decreto 
d'espropriazione; le situazioni patrimoniali dei singoli espropriati possono 
permanere diverse; n� si vede come il comportamento d'un espropriato 
potrebbe determinare effetti verso altri soggetti coinvolti nella medesima 
procedura, ed in qual senso. 

Resta ora da esaminare il caso delle indennit� offerte e non accettate; 
e l'ipotesi ulteriormente si bipartisce. 

In linea teorica, l'offerta, finch� non venga accettata; permane revocabile, 
tanto se la si consideri dal punto di vista del diritto amministrativo, 
per cui un limite al principio generale della revocabilit� degli atti 
viene talora ravvisato negli effetti che l'atto pu� avere prodotto nella sfera 
giuridica d'un altro soggetto; quanto se la si consideri dal punto di vista 
del diritto privato, secondo cui la proposta pu� essere revocata finch� al 
proponente non giunga notizia dell'accettazione dell'altra parte (artt. 1326 
e 1328 e.e.). La circostanza che vi sia in corso una perizia, non sembra 
nemmeno teoricamente rilevante, perch�, in difetto d'ac�ettazione dell'indennit� 
la richiesta di nomina del perito, rivolta dal prefetto al presidente 
del tribunale, � un atto dovuto, al quale l'espropriante non pu� che sottostare. 
Va tuttavia raccomandato alle amministrazioni (specie a quelle che 
usufruivano della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, ed erano perci� meno 
gravate) di porre a raffronto, in ciascun caso concreto, la convenienza economica 
di revocare l'offerta, a rinnovare, secondo la legge sopravvenuta, 
la determinazione dell'indennit�, con gli eventuali inconvenienti: pericolo 
di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�, per decorso di termini, 
giudizi promossi dall'espropriando e correlativi maggiori oneri dell'amministrazione 
in caso di soccombenza, ecc. 

Ancora, sul piano teorico, dovrebbe affermarsi la revocabilit� degli 

ordini di deposito o di pagamento, emessi dal pretore o dal tribunale ai 

sensi dell'art. 48 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, modificato dall'art. 3 

della legge 20 marzo 1968, n. 391. Anche la Corte costituzionale (sent. 

5 aprile 1971, n. 74) ha definito �funzione amministrativa� quella esercitata 

dall'autorit� giudiziaria ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge n. 391, cit., ed 

ha precisato che la fase giurisdizionale ha inizio solo dopo l'emanazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del decreto d'espropriazione, quando gli aventi diritto impugnano i risultati 
della stima. 

Tuttavia, bisogna ancora distinguere. 

Se l'ordinanza fu emessa prima dell'entrata in vigore della legge 27 giugno 
1974, n. 274, la determinazione amministrativa dell'indennit� � definitiva, 
e la legge sopravvenuta non dovrebbe avere effetto. L'amministrazione 
potrebbe a suo prudente arbitrio, o dare esecuzione all'ordinanza 

(con la normale facolt� di impugnare la perizia; dopo ottenuto il decreto 
d'espropriazione, ai sensi dell'art. 51 della legge del 1865); oppure non 
eseguirla, fare decadere la dichiarazione di pubblica utilit�, e poi rinnovarla 
in modo da potere applicare le nuove norme; o, finalmente, revocare 
od annullare d'ufficio la dichiarazione di pubblica utilit�, dando luogo, 
anche in questo caso, all'integrale rinnovazione del procedimento. 

Le ordinanze successive all'entrata in vigore della legge parrebbero 
invece revocabili ad istanza dell'espropriante, previo ritiro dell'offerta, con 
la successiva richiesta d'un nuovo provvedimento dell'autorit� giudiziaria 
competente, cos� come suggerisce l'Avvocatura dello Stato. Ma se l'ordinanza 
� stata eseguita dall'espropriante che ha pagato o depositato l'indennit�, 
sembrerebbe davvero assai problematica la prospettabilit� di una 
azione di repetitio indebiti. Si tratta sempre di situazioni che possono dare 
luogo a giudizi, d'esito tutt'altro che certo, e quindi ogni decisione futura 
dovrebbe essere attentamente approfondita, caso per caso. 

La Commissione speciale ritiene cosi esauriente l'esame dei quesiti 
formulati dalla Direzione generale della viabilit� ordinaria e delle nuove 
costruzioni f�eirTOrviarie. Nella detta iindagicne � implicito, .senza �che occONa 
specificamente occuparsene l'apprezzamento sulla circolare 18 ottobre 1974, 
trasmessa dal Ministero il 15 c.m., e sulle perplessit� manifestate al riguardo 
dal Ministero dell'interno. 

La Commissione speciale, ai sensi dell'art. 57 r.d. 21 aprile 1942, n. 444, 
raccomanda al Ministero dei lavori pubblici di comunicare il presente parere 
alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell'interno, 
e ad ogni altra Amministrazione interessata. 

La Commissione speciale poi, ai sensi dell'art. 58 r.d. cit., richiama e 
rinnova la raccomandazione contenuta nel parere 24 giugno 1972, n. 786, 
.circa l'opportunit� di provvedere nell'idonea sede ad un organico riordinamento 
della legislazione in tema d'espropriazione per pubblica utilit�. 
Il succedersi d'interventi legislativi episodici e frammentari come quelli 
qui considerati, moltiplica infatti le complicazioni e le incertezze, in materia 
che investe da una parte gravissimi interessi pubblici, dall'altra diritti 
soggettivi costituzionalmente garantiti (art. 42, comma 3 Cost.), con danno 
della pubblica Amministrazione, quanto dei destinatari dell'azione amministrativa. 


(Circolare del Ministero dei LL.PP., gab. n. 2477/61-A-1 del 21 aprile 
1975). 

La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, su richiesta di questo 

Ministero che, con relazione 24 ottobre 1974, n. 517, esponeva talune per


plessit� e difficolt� interpretative in ordine alla normativa della legge 27 

giugno 1974 n. 247, art. 4, si � pronunciata con parere n. 25/11974 die!L 31 g.en


na:io 1975, riso~vendo i quesiti ad essa deforiiti 1n�l. semiso che: 

-la legge 22 ottobre 1971 n. 865 si applica integralmente, in deroga 

alla legge generale sulla espropriazione per causa di pubblica utilit�, solo 

per opere di competenza delle regioni o ad esse delegate e per le materie 

espressamente dalla stessa legge; 


PARTE II, QUESTIONI 

l'art. 4 della legge 27 giugno 1974 n. 247, introducendo un'espressa 
deroga legislativa al principio, gi� enunciato dal Consiglio di Stato, della 
inscindibilit� delle disposizioni concernenti il procedimento da quelle relative 
alla determinazione dell'indennit�, d� vita ad un procedimento e misto 
� nel senso che tutte le espropriazioni, promosse dai soggetti indicati 
dalla stessa norma, continuano ad essere sostanzialmente regolate dalla 
legge fondamentale 25 giugno 1865 n. 2359, tranne per ci� che attiene alla 
determinazione della indennit� che viene invece calcolata secondo i criteri 
stabiliti dalla citata legge 22 ottobre 1971, numero 865. 

Nell'escludere ogni altra diversa e pi� ampia interpretazione della 
norma, la Commissione Speciale aggiunge poi talune precisazioni sulla configurazione 
del procedimento c. d. misto e sugli effetti della norma sopravvenuta 
allorch� la procedura di esproprio sia iniziata, richiamando sotto 
questo profilo, l'avviso gi� espresso dall'Avvocatura Generale. 

* * * 

Allo scopo di assicurare che l'azione amministrativa si uniformi opportunamente 
e correttamente all'indirizzo manifestato dal massimo organo 
consultivo dello Stato, questo Dicastero, d'intesa con il Ministero dell'Interno, 
Direzione Generale Affari Generali e Personale, ritiene opportuno 
precisare che la nuova normativa dovr� in concreto applicarsi per i 
casi e nei modi seguenti. Sono regolate dalle nuove norme tutte le espropriazioni 
promosse dallo Stato e dagli enti pubblici o di diritto pubblico 
anche non territoriali in dipendenza di interventi di opere pubbliche, 
dichiarate, esplicitamente o implicitamente, di pubblica utilit�, a norma 
delle vigenti disposizioni, da organi statali o comunque eseguite a cura e 
spese dello Stato, direttamente o in concessione. 

Ricadono quindi sotto la nuova disciplina anche le espropriazioni relative 
alle opere pubbliche che, previste dall'art. 10 del d.P.R. 15 gennaio 
1972, n. 8, sono realizzate, sia pure in via temporanea, a cura e a carico 
dello Stato; quelle connesse all'attuazione dei piani di ricostruzione dei 
Comuni sinistrati dalla guerra, quando vi sia intervento sostitutivo dello 
Stato, normalmente attuato a mezzo del concessionario, ai sensi degli arti


' coli 15 e 16 legge 27 ottobre 1951, n. 1402; e, in generale, quelle promosse 
in dipendenza di opere pubbliche statali eseguite in regime di concessione, 
come, ad esempio, le opere autostradali. 
Per ci� che attiene al procedimento espropriativo, secondo il riferito 
orientamento del Consiglio di Stato, devono ritenersi tutt'ora in vigore le 
norme di cui ai capi I, II, III, titolo I della legge fondamentale 25 giugno 
1865 n. 2359 e successive modificazioni ed integrazioni. 
La fase del procedimento concernente la determinazione dell'indennit� 
si svolger�, invece, secondo modalit� che si discostano da quelle previste 
nel capo IV della legge fondamentale, limitatamente ai punti seguenti: 

a) �riteri di determinazione dell'indennit� 

In luogo della'rt. 39 della legge 1865/2359 che faceva riferimento al 

� giusto prezzo � in � una libera contrattazione �, per determinar,e l'indennit� 
si applica, come gi� detto, il diverso criterio stabilito dagli artt. 16 
e 17 della citata legge 1971 n. 865 e che si basa fondamentalmente sul 
valore agricolo dell'area stabilita in modo 'automatico ed uniforme. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale valore viene cio� accertato non gi� mediante la stima analitica 
di ciascuna area, ma stabilito per tutte le aree della stessa cultura essendo 
raggaugliato al valore agricolo medio di queste, determinato annualmente 
dall'UTE (art. 16 comma primo e terzo). Uguale � il criterio di valutazione 
se l'area � posta entro il centro edificato o centro storico delimitati dagli 
strumenti urbanistici; in tal caso il valore agricolo sar� quello della cultura 
pi� redditizifl. tra quelle praticate nella regione agricola, moltiplicato 
,per un coefficiente che varia con il variare della popolazione dei comuni 
(art. 16 IV comma, art. 18). Al valore cosi determinato viene sommato 
quello delle eventuali opere di urbanizzazione e di costruzione eseguite 
da privati in base a regolare licenza (art. 16, V comma), nonch� l'ammontare 
delle somme corrisposte sulle aree fabbricabili ai commi della legge 
5 marzo 1963, n. 246 e sull'incremento di valore degli immobili di cui al 
d.P.R. 26 ottobre 972 n. 643 ovvero per imposte sull'ultimo trasferimento 
dei beni. 
Abbandonando il criterio dell'indennit� unica, gli artt. 16 e 17 della 
legge n. 865/1971 prevedono, oltre all'indennit� come sopra determinata, 
una distinta indennit� aggiuntiva, pari in ogni caso al valore agricolo 
del fondo determinato ai sensi dell'art. 16 1� comma. 
Essa compete al proprietario, se questi � anche coltivatore diretto del 
fondo; se questo �, invece, coltivato dal fittavolo, mezzadro, colono o partecipante, 
l'indennit� aggiuntiva � corrisposta direttamente a favore di 
detti soggetti per un importo pari all'indennit� spettante al proprietario, 
ai sensi dell'art. 16 1� comma. 
Si sottolinea che, in tali ipotesi, non si ha un raddoppio dell'indennit�, 
bensi un calcolo di due indennit� distinte che possono, come nel caso 
di aree edificabili, non coincidere nel loro ammontare. 
Ovviamente, tutte le molteplici questioni poste dal nuovo criterio di 
determinazione della indennit�, ivi comprese quelle connesse alle ipotesi 
di espropriazione parziale (art. 40 e segg., legge fondamentale) di danni o 
imposizione di servit� (articolo 46 stessa legge), in quanto concernono 
diritti soggettivi, potranno essere in concreto risolte soltanto dopo che su 
di esse si sar� pronunciato definitivamente il giudice civile. 
b) Determinazione detl'indimnit� provvisoria. 
Determinata secondo i criteri sopra descritti dalla stessa Amministrazione 
promuovente l'espropriazione, l'indennit� da corrispondere a titolo 
provvisorio � offerta a norma dell'art. 24 della legge fondamentale, disposizione 
che -secondo il parere della Commissione Speciale -conserva 
pieno vigore al pari di tutte le altre norme della legge 25 giugno 1865 
n. 2359, concernenti il procedimento di espropriazione. 
Entro il termine meramente 
ordinatorio stabilito 
dall'art. 18 della 
stessa legge n. 2359, l'indennit�, nell'ammontare risultante dall'offerta formulata 
ai sensi del succitato art. 24 e pubblicato ai sensi dell'art. 17 della 
citata legge n. 2359 del 1865, pu� essere espressamente accettata dal proprietario; 
ovvero pu� formare oggetto di accordo amichevole, ai sensi dell'art. 
26 citata legge, con le modalit� che la pratica ha finora suggerito. 
In tal caso per�, a norma dell'art. 6 del d.l. 2 maggio 1974 n. 115, 
modificativo dell'art. 11 della legge 1971/865, l'indennit� concordata non 
pu� essere superiore del 30% all'indennit� provvisoria, con l'avvertenza t,, 
che tale limite va riferito alla indennit� in senso stretto e non anche alle r=:: 
;!' 
~:: 
'~=: 


'PARTE II, QUESTIONI 

somme ad essa eventualmente aggiunte a . titolo di rimborso di imposta, 
ai sensi dell'art. 16 ultimo comma legge citata. 

Appare evidente, da quanto si � detto, che la applicazione dei valori 
UTE in sede di determinazione dell'indennit� provvisoria debba avvenire 
con la massima cura allo scopo di non precludere la possibilit� di giungere 
all'accordo amichevole; eventualit� questa certamente auspicabile nel caso 
in cui l'immobile, come avviene nella generalit� dei casi, sia stato in precedenza 
gi� occupato. 

Allo scopo di favorire l'accordo e non ostandovi motivi di legittimit�, 
si ritiene opportuno che l'Amministrazione promovente l'espropriazione, 
oltre che adempiere alla formalit� di cui all'art. 24 innanzi citato, comunichi 
al proprietario l'ammontare dell'indennit� provvisoria, mediante lettera 
raccomandata con r.r. 

Si ritiene inoltre che, seguendo la prassi fin qui �adottata, possa essere 
anche stabilito, in sede di determinazione della indennit�, sulla base del 
criterio di cui all'art. 20 legge 22 ottobre 1971 n. 865 e salvo conguaglio 
in sede di determinazi�me dell'indennit� definitiva mediante stima UTE, 
l'ammontare dell'indennit� di occupazione temporanea da corrispondere 
unitamente a quello dovuto per indennit� di espropriazione. Ovviamente 
l'ammontare della indennit� di occupazione temporanea dovr� essere tenuto 
distinto dall'indennit� di espropriazione. 

c) Pagamento diretto o versamento della indennitd. 

I re.lativi provvedimenti rimangono attribuiti alla. autorit� giudiziaria 

. competente per territorio e valore secondo fa legge 20 marzo 968, n. 39i, 
sempre che l'amministrazione� espropriante non intenda avvalersi, in caso 
di particolare urgenza, della facolt� riconosciuta dal Consiglio di Stato 
-Commissione Speciale -con parere 25 giugno 1970 n. 1782, di versare 

o pagare le somme dovute, anche senza tale provvedimento. 
Nel caso in cui non sia intervenuto l'accordo amichevole sull'indennit� 
e l'amministrazione promovente l'espropriazione non si avvalga della 
facolt� suaccennata, il deposito della Cassa DD.PP. della somma offerta 
a titolo di indennit� provvisoria e di quelle calcolate per il periodo presunto 
di occupazione temporanea, dovr� essere richiesto alla competente 
autorit� giudiziaria per il tramite del Prefetto, a norma dell'art. 29 della 
legge fondamentale. 

Questa procedura, la cui legittimit� � peraltro condivisa dall'Avvocatura 
Gen�rale dello Stato, consente la pronuncia della espropriazione sulla 
base della certificazione dell'avvenuto versamento della indennit� provvisoria, 
prima ancora che l'U.T.E., nel frattempo interessato, proceda alla 
stima dell'indennit� definitiva, ma presenta l'inconveniente di un ulteriore 
eventuale versamento nelia stessa Cassa DD.PP. della differenza tra la 
maggior somma, eventualmente stimata dall'U.T.E., e quella minore in 
precedenza gi� depositata ovvero. della ripetizione di parte dell� somma 
versata, nel caso che l'indennit� sfa stimata per un importo inferiore a 
quello determinato in via provvisoria. 

Essa perci� verr� adottata soltanto nei casi particolari di urgenza per 
l'approssimarsi della scadenza del termine di occupazione temporanea e, 
pi� ancora, quando sia pendente giudizio per il risarcimento del danno 
derivante da occupazione :;ine titulo. 

Di norma gli uffici competenti richiederanno invece il versamento 
dell'indennit� stimata dall'U.T.E., evitando in tal modo una reiterazione 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di atti nel corso di una procedura la quale si presenta di lunga durata, 
complessa, e, per certi aspetti, ancora incerta nel suo svolgimento. 

Quanto sopra detto non esclude che, ricorrendone i presupposti per 
le Amministrazioni, si possa stipulare un negozio di compravendita per 
un prezzo non superiore all'ammontare dell'indennit� di espropriazione con 
la conseguente estinzione del procedimento di espropriazione. 

d) Stima dell'U.T.E. 

Dal parere della Commissione Speciale si evince che gli artt. 31 e 
seguenti della legge fondamentale,. concernenti la determinazione giudiziale 
della indennit�, non si applicano per .le espropriazioni indennizzate 
mediante i criteri innanzi precisati. La stima definitiva dell'indennit�, 
consistendo sostanzialmente in un raffronto tra valori accertati annualmente 
dall'U.T.E., in via generale, e quelli attribuiti in concreto dalla 
amministrazione all'area da espropriare, non pu� che essere, nel sistema 
della legge, demandata allo stesso U.T.E. 

Tale impostazione, se da una parte comporta la inapplicabilit� delle 
norme speciali che attribui$cono ad organi amministrativi, diversi dall'U.
T.E., il potere di stimare l'indennit� mediante atti formalmente equiparati 
alla stima giudiziale, dall'altra induce a non escludere che l'autonoma 
rilevanza attribuita alla stima U.T.E. ai fini dell'impugnativa previst 
dall'art. 19 legge 1971/865, sia altrettanto connaturata al sistema di 
determinazione dell'indennit�. 

Poich� anche tale valutazione � rimessa in definitiva al giudice civile 
ed allo scopo di consentire, in sede processuale, le pi� ampie possibilit� 
di difesa dell'Amministrazione, secondo l'orientamento che l'Avvocatura 
di Stato riterr� di assumere in proposito, questo Ministero reputa opportuno 
che gli Uffici provvedano a notificare al proprietario e a pubblicare 
nelle forme stabilite dall'art. 15 ultimo comma della legge 1971/865, la 
relazione di stima perch� possa decorrere il termine per l'opposizione, ai 
sensi dell'art. l9 stessa legge. 

e) Decreto di espropriazione. 

L'espropriazione viene pronunciata ai sensi e per gli oggetti degli 
articoli 48 e seguenti della legge fondamentale e successive modificazioni 
(legg.e 20-3-1968 n. 391). Tuttavia, nella ipotesi che sia �stato richiesto e 
disposto il versamento dell'indennit� provvisoria, il provvedimento pqtr� 
essere emesso sulla base della certificazione dell'avvenuto deposito della 
sola indennit� provvisoria secondo quanto precisato sub c). 

f) Occupazione temporanea. 

Nulla � innovato sia per le modalit� sii:i. per il termine di durata che 
rimane limitato al biennio, secondo le disposizioni della legge fondamentale. 


Si rappresenta l'opportunit� che, in sede di redazione dello stato di 
consistenza, venga accertato, raccogliendo a verbale eventuali dichiarazioni 
in proposito, ove le circostanze lo consentano, se il fondo sia coltivato 
dallo stesso proprietario ovvero da uno degli altri soggetti indicati nel-

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PARTE II, QUESTIONI 

l'articolo 17 della legge 1971/865, precisando, in questo ultimo caso, la 
data in cui tale coltivazione sia iniziata. 

Si richiama l'attenzione degli uffici sulla necessit� che l'espropriazione 
sia pronunciata entro il termine concesso per l'occupazione. Scaduto tale 
termine l'occupazione � infatti priva di titolo e 1'Amministrazione pu� 
perci� essere convenuta in giudizio per rispondere del danno causato dalla 
propria azione illegittima: ma, mentre per il passato il divario tra le 
somme dovuto a titolo di risarcimento e quelle che si sarebbero corrisposte 
per indennit�, nell'ipotesi di regolare ultimazione della procedura di esproprio, 
era limitato all'ammontare degli interessi risarcitori e moratori calcolati 
sul valore venale del bene e oio� su somma che 1'Amministrazione 
avrebbe comunque dovuto corrispondere per indennit�, in avvenire appare 
dubbio che il giudizio, in caso di occupazione abusiva, possa determinare 
il danno mediante l'applicazione del criterio speciale di cui all'art. 16 
legge 1971/865. 

g) 
Limite di applicazione delle nuove norme ai procedimenti espropriativi 
in corso alla data di entrata in vigore della legge 27 giugno 1974 n. 247. 

La legge sopravvenuta di carattere innovativo non pu� applicarsi ai 
procedimenti gi� conclusi con la pronuncia dell'espropriazione. 

Parimenti essa non si applica -secondo l'avviso del Consiglio di 
Stato, che richiama sotto questo profilo il parere dell'Avvocatura Generale 
-per il caso di indennit� concordate, stante il carattere vincolante 
dell'accordo concluso con l'espropriante. 

Per il caso di indennit� offerte e non ancora accettate (le quali teoricamente 
possono sempre essere revocate) si invitano gli uffici a tenere 
nel debito conto la raccomandazione formulata dalla Commissione Spedale 
e che si ritiene opportuno� riportare testualmente: 

�Va tuttavia raccomandato alle Amministrazioni (specie a quelle che 
usufruivano della legge 15 gennaio 865, n. 2892, ed erano perci� meno 
gravate} di porre a raffronto, in ciascun caso concreto, la convenienza 
-economica di revocare l'offerta, e rinnovare, secondo la legge sopravvenuta, 
la determinazione dell'indennit�, con gli eve.ntuali inconvenienti: 
pericolo di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�, per decorso 
di termini, giudizi promossi dall'espropriando e correlativi maggiori oneri 
dell~Amministrazione in caso di soccombenza; ecc.�. 
Gli stessi criteri presiederanno alla valutazione dell'opportunit� di 
dare esecuzione, a via transitoria, ed allo scopo di limitare al massimo 
la litigiosit� in presenza delle circostanze richiamate dal Consiglio di 
Stato, a verbali di bonario accordo eventualmente conclusi dopo l'entrata 
in vigore della legge -ed in epoca antecedente al suddetto parere che 
ehiarisce definitivamente le modalit� ed i limiti di applicazione della 
nuova normativa -sulla base di offerte gi� formulate e che da queste 
si discostino per il riconoscimento di situaziol[J;i che non potevano eisseife 
valutate al momento dell'offerta stessa (maggiore durata dell'occupazione 
temporanea, frutti pendenti). 

Anche per ci� che attiene alle ordinanze di deposito nella Cassa DD. 
PP., 1'Amministrazione valuter�, caso per caso, e sentito se occorre il 
parere della Avvocatura, l'opportunit� di richiedere, sempre che la pronuncia 
dell'espropriazione possa essere ritardata senza danno per l'Amministrazione, 
la revoca di quelle gi� emesse dal giudice competente, ricorrendo 
eventualmente, con l'assistenza della competente Avvocatura, anche 


44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO 

alla facolt� li proporre il reclamo previsto dall'art. 737 e segg. del c.p.c., 
avverso il provvedimento del giudice in camera di consiglio; � ovvio che, 
in questa ipotesi, non sar� necessario rinnovare gli atti del procedimento 
compiuti anteriormente alla stima, conservando essi pieno vigore. 

Nei casi in cui non appare opportuno prolungare oltre il procedimento 
di espropriazione per il tempo necessario ad ottenere il provvedimento di 
revocil si far� ricorso. una volta pronunciata l'espropriazione, alla normale 
facolt� di impugnare la perizia ai sensi dell'art. 51 della legge del 
1865, semprech� una diversa determinazione dell'indennit� appaia conveniente 
per l'Amministrazione. 

Nei sensi suddetti deve intendersi modificata la circolare ministeriale 
18 ottobre 1974 n. 8107/61/Al. 

LA REDAZIONE 

., 

flJ1ils1JJ111�111111t1&&1w&m1J1J1�1fmjf�~~1t��111m=1 


LEGISLAZIONE 


' I 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME rncHJARAm INCOSTITUZlONALI 

Codice di proced'ura penale, art. 94, secondo comma, nella parte in 
cui stabilisce 1a inammiJSsibilit� della costituzione di parte ,civile per 
la omissione della elezione di domicilio. 

Sentenza 29 aiprHe 197,5, n. 98, G. U. 30 apriJ.e 197'5, n. 114. 

codice di ,procedura penale, art. 304, nella parte in cui non iprevede 
che ila comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penaile a 


carico idi run imputato minorenne, sia inviata anche all'esereente la 
patria rpotest� o J.a itutela su di lui. 

Sentenza 29 aprile 197,5, n. 9,9, G. U. 30 aiprHe 197,5, n. 114. 

codice di procedura 'penale, art. 382, nella parte in cui prevede la 
condanna del querelante ailile spese del procedimento anticipate dallo 
Stato, anche nelfipotesi di proscioglimento dehl'impufato non imputabile 
rperch� incapace di intendere e di volere. 

Sentenza 6 marzo 1975, n. 5,2, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. 

codice di procedura penale, art. 512, n. 2, neHa parte in ,cui eacl!ude 
il diritto dell'imputato 1cU aiprpelilare la sentenza del :pretore che abbia 
proscio11to per amnistia a seguito del giudizio' di compmrizione tra 
circostanze agg,ravanti ,ed attenuanti. 

Sentenza 2,5 marzo 1975, n. 70, G. U. 2 arpirile 197,5, n. 88. 

codice di ,procedura penale, art. 622, ultimo comma, limitatamente alla 
parte in cui, in ipotesi rdi sentenza di prosciorglimento per mancanza 
di oscenit�, impugnata, dal pubblico ministero, non imrpone la restituzione 
del film ~equestrato. 

Sentenza 27 marzo 1975, n. 82, G. U. 20 aiprtle 1975, n. 88. 

fogge 13 giugno 1912, n. 555, art. 10, terzo comma, neHa parte in cui 
prevede rla perdita della !Cittadinanza italiana indtpendentemente darlla 
vofont� della donna. 

Sentenza, 10 aprile 1975, n. 87, G. U. 23 aprirle 1975, n. 108. 

r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6, ne1la pa!l'te in cui esclude rper i 
ricorsi in materia di perusioni ordinarie J.'ohbUgo delJ.'� a'V'V'ertenza � 
i, 

:-i 



46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relativa alla decadenza in cui ~i interessati incorrono ov.e Lascino 
inutilmente traiscor.rere il termine stabi!lito daLI'art. 75 del testo unico 
1,2 il.uglio 19'34, n .. 121'4. 

Sentenza 1'6 aiprile 197,5, n. 8�5, G. U. 23 aipriile 1975, n. 108. 

r.d. 16 marzo 194�2, n. 2�67, art. Zl, terzo comma, nella parte in 1cui, 
nel caso di :sentenza di revoca de1la diichf.aT-azione di fa11imenito, (pone 
a carf.co di clli l'abbia wbita senza che ne rkonressero i presupposti 
e senza ohe vi a'Vessero dato causa coil suo 1comportainiento il.e spese 
della procedll.lra ed il compenso ail. curatore. 
Sentenza 6 marzo 197.5, n. 46, G. U. 12 maa-zo 1975, n. 70. 

legge 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7. 

,sentenza 1,2 marzo 1197�5, n. 64, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 

legge 6 dicembre 19'71, n. 1034, art. 40, nella parte in cui limita J.a 
competenza del tribunale, amminf.strativo regionail.e istituito nella regione 
siciliana alle materie indicate nell'art. 2, lett. a, e nel.Jl',art. 6 
della J.eg.ge. 

Sentenza 12 marzo .19715, n. 61, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 

li! -QUESTIO\Nil DJiCHIARATE NON FONDATE 

Codice di procedura civile, art. 85 (artt. 3 e 24 della Co1stituzione). 

Sentenza 12 marzo 1975, n. 57, G. U. 2.0 marzo 1975, n. 77. 

codice di procedura civile, art. 291 (artt. 2�4, secondo comma, e 3 
della Costituzione). 

Sentenza 1,2 marzo 1.9715, n. 60, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 

codice penale, art. 5 (airtt. 2 e 2�5 de1la Costituzione). 

Sentenza 215. marzo l975, n. 74, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. 

codice penale, art. 106 (art. 3, primo comma, deLla Cootituzione). 

Sentenza 25 mano 19715, n. 69, G. U. 2 aprile 1975, n. 818. 

codice pena�le, art. 165 (art. 3 della Coistiituzfone). 

Sentenza 6 marzo 197�5, n. 49, G. U. 112 marzo 197,5, n. 70. 

codice di procedura penale, art. 74, ultimo comma (artt. 3, primo 
comma, 2,4, secondo comana, 25, primo comma e 101, secondo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 2'9 aiprHe 1.97,5, n. 95, G. U. 30 aipri1le 1975, n. U4. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 
47 

codice di procedura penale, artt. 152, 398 e 399 (ar.tt. 3 e 24 deMa 
Costituzione). 


Sentenza 2,5 marzo 197,5, n. 73, G. U. 2 ai.Prrile 1975, n. S.8. 

codice di procedura penale, arff. da 389 a 397 e 406, prima parte 

(artt. lQ.2 e 215 della Costituzione). 
Sentenza 29 aprile 1975, n. ,95, G. U. 30 aiprile 1975, n. 114. 


codice di procedura ,penale, art. 392, ultima ,parte (art. 2,5 della Costituzione). 


.. 

Sentenza 219 aiprile 1'975, n. 97, G. U. 30 ,aipriJe 1975, n. 114. 

codice di procedura penale, artt. 636 e 637 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Se!!1tenza 25 marrzo 1975, n. 69, G. U. 2 arpr1le 1975, n. 88. 

codice deUa navigazione, art. 1164 (airtt. 25 e 70 delJ.a Costituzione). 
Sentenza 112 marzo 19715, n. 5,3, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 

codice pena�le militare di p~ce, art. 260, second�o comma (artt. 3 e 24 
della Costituzione). 
Sentenza 6 maxzo 1975, n. 42, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma, ultima parte (art. 21
" 

della Costituzione). 
Senitenza 6 marzo 1975, n. 5,1, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. 


r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 35, primo comma (art. 3, primo comma, 
della 
Costituzione). 
Sentenza ,5 marzo 1975, n. 48, G. U. 12 ma,rzo 1'975, n. 70. 


r.d. 
1,8 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 2, 3, 18, 19, 21, 3�8, 39, 40 
e 
49 deUa Costituzione). 
Sentenza 6 marzo 1975, n. 50, G. U. 12 ma,rzo 1975, n. 70. 


r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 112 marzo 1975, n. 54, G. U. 20 marzo 1'975, n. 77. 
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102, primo comma (art. 215, primo 
comma, dehla Costituzione). 
Sentenza 2,5 marzo 1197,5, n. 71, G. U. 2 aiprile 197,5, n. 8'8. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98 e 99 (artt. 3, 24, 101, 102 e 108 
de11a C01Stirtuzione). 
Sentenza 219 aiprile 1'975, n. 94, G. U. 30 arpriJ.e 1975, n. 114. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 217, secondo comma, e 219, terzo comma 
(art. 3 deilla C01Stituzione). 
Sentenza 29 aprile 197�5, n. 93, G. U. 30 aiprile 197,5, n. U4. 

legge 11 gen;naio 1943, n. 138, art. 6, quarto comma, nella parte in cui 
si riferiisce aill'art. 19, J.ett. a, del contratto 1collettivo nazionale 3 .gennaio 
1939, rper gli oiperai deiLI'industria (arit. 38 de!Ja Costituzione). 

Sentenza 2�5 marzo 1975, n. 6�7, G. U. 2 aiprhle 1975, n. 8i8. 

d.lgt. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, artt. 2 e 5. 

Sentenza 1.6 aprile 19715, n. 86, G. U. 23 apriJ.e 1975, n. 108. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, second�o comma (artt. 3 e 24 
dell� Costituzione). 

Senitenza 215 marzo 11975, n. 6�9, G. U. 2 aprHe 1'975, n. 88. 

d.P.R. 9 apl'i1le 1959, n. J.28, art. 55 (art. 2�4, secondo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 29 aiprile l9i715, n. 91, G. U. 30 aiprile 1,975, n. 114. 

legge 3 m~gglo 1967, n. 3'15, art. 5, �primo comma (artt. 36 e 3, primo 
comma, de!lla Costituzione). 

Senitenza 2.9 aiprhle 1:9715, n. �92, G. U. 30 aiprile 1975, n. 114. 

legge 18 marzo 1968, n. 249, artt. 45 e 4,7, 

Sentenza i.6 aiprile 1'97�5, n. 86, G. U. 213 arpr.iile 19715, n. 108. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 27 e 29. 

Sentenza 16 aiprile 197�5, n. 86, G. U. 23 aipriJ.e 197,5, n. 108. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 4, lettera c, e 18 (art. 3 deiLla 
Costituziooe). � 

Sentenza 1"2 maa:-zo 1975, n. �515, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 34 (artt. 2 e 3 deilla Costituzione). 
Sentenza 1,2 marzo 197�5, n. 56, G. U. 20 marzo 1975, n. 77.� 

d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza a m."lirzo 1975, n. 41, G. U. 112 marzo 1975, n. 70. 

49

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 20 maggio 1,970, n. 300, artt. 19, 20, 2,1, 2L2, 23, 24, 25, 26, 27, 28. 
Sentenza 16 apdle li975, n. 86, G. U. 2,3 aprile 1975, n. 108. 

d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 6 marzo i,g7,5, n. 41, G. U. 12 m:arzo 197,5, n. 70. 
legge reg. Sicilia 16 maggio 1972, n. 30, art. 7, secondo comma (art. 3 
della Costituzione). 
Sentenza 12 marzo 1'973, n. 59, G. U. 20 marzo 197,5, n. 77. 

legge 15 dicembre 19,7L2, n. 773, art. 3 (airt. 214, secondo comma, de11& 
Costituzione). � 
Sentenza 29 aprile 119715, n. 100, G. U. 30 aprile 1975, n. 114. 

legge reg. Campania appr. 28 luglio 1973 e riappr. 13 febbraio 197'4 
(art. i.s,3, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 12 marzo 19715, n. 62, G. U. 20 rmar2l0 1975, n. 77. 

legge reg. SicUia 19 1luglio 1974 (art. 81 deliLa Costituzione). 
Sentenza 6 :maTZo 1975, n. 47, G. U. 12 marzo 19715, n. 70. 

III -QUES~IONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 2096 (<artt. 3 e 3,6 della Costituzione). 

Corite d'a(plpelilo di Roma,. ordinanza 9 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 
1975, 111. 88. 

codice civile, art. 2946 (art. 3,6 della Costituzione). 

Corte Cl'awello di Venezia, ordinanza 17 aprile 1974, G. U. ,5 
marzo 197,5, n. 6,2. 

codice civile del 1865, art. 1054 (art. 3 della Costituzione). 

Ta.-ibuna:le di Bevgamo, ordinanza 10 -Ottobre 1974, G. U. 2 aprile 
1975, n. 88. 

codice di procedura civile, art. 143 (art. 24 della Costituzione). 

Corte d'a1ppetllo di Pa!lermo, ordinanza 15 novembre 1974, G. U. 
2,3 aprile 197,5, n. 108. 

codice di procedura cMle, artt. 4114 e 416 (artt. 3 e 2,4 della Costirtuzione). 


Pretore di Busto A'l'sizio, ordinanza 9 diicembre 1974, G. U. 20 
marzo 1197,5, n. 77. 


50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura civile, artt. 423, secondo comma, 429, terzo comma, 
e 431, primo ed ultimo. c�omma (art. 3 delila Costituzione). 
Pretore di Barcellona, ordinanza 2 dicembre 1974, G. U. ii mairzo 
1975, n. 62. 

codice di .procedura civUe, art. 429, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


Giudice del Javoro tdel tribunale di Modica, ordinanza 27 settembre 
1974, G. U. 2 aprile 1'975, !Il. 88. 

codice di �procedura civile, art. 429 (.ar.t. 3 della Costituzione). 

TribunaJe di Milano, ordinanza 1�2 novembre 1974, G. U. 9 aiprile 
1975, n. 9:5. 

codice di procedura civile, art. 647 " (art. 214 della Costituzione). 

Corte d'appeL1o di PaJel"i!llo, OO'dinanza 8 novembre 1974, G. U. 
12 ma.rzo 197�5, n. 70. 

codice penale, art. 81, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

!I 

Piretore di Castelnuovo di Ga,rfaignana, ol'dinanza 27 novembre 
1974, G. U. 2 aiprile 197�5, n. 88. 

codice penale, art. 156 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 216 novembre 1974, G. U. 20 marzo 
1975, n. 77. 

codice pena�le, art. 164, secondo comma, n. 1 (art. 3 del!la Costituzione). 

Tdbunale di LocTi, �Olfldinanza 27 novembre 1974, G. U. 2 aiprile 
1975, n. 8�8. 

codice pena�le, art. 169, ultimo c�omma (ad. 3 della Costituzione). 

Tribuna.le per i minorenni di Potenza, o!ridinanza 12 novembre 
1�974, G. U. 20. ma(["zo 197'5, n. 77. 

codice penale, art. 17�6, �primo comma (art. 3, primo comma delila 
Costituzione). 

Giudice di sorveglianza del tribUJnatle di Imperia, ovdinanza 31 
gennaio 1.975, G. U. 23 aprfile 1975, n. ma. 

codice penale, artt. 176, 144, secondo comma (art. 24, primo e secondo 
comma, deiHa Costituzione). 

Giudke di sorveglianza del tribunale di 1Imiperia, ordinanza 31 
gennaio 1'975, G. U. 23 aiprile 1975, n. 108. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 585 (art. 24, rprimo e secoilldo comma, 
della Costituzione). 

GiudiJCe di sorveglianza del tdbuna1le di Imperia, o!tdim.anza ::n 
gennaio 1975, G. U. 23 aiprile 1975, n. 108. 

,legge 14 febbraio 1904, n. 3�6, artt. 1 e 2 (artt. 312 e 2,4 delila Costituzi9ne). 


, Pretore di Roma, m'ldinanza 7 dicembre 1974, G. U. 20 marzo 
1975, n. 77. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. �18, primo e terzo comma (artt. 17, 
terzo comma, e .21 della Costituzione). 
Preto1re di Monsummano Terme, o~dinanza 22 novembre 1974, 

G. U. 20 marzo 1975, n. 77. 
r.d. 29 giugno 193?, n. 1127, art. 25 p.p. (aimt. 214 rp.rp., 215 IP�!P� e lQ.2 
p.p. delila Costituzione). 
Tribunale di Modena, 011dinanza 17 ottobre 1974, G. U. 5 marzo 
1975, n. 612. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116 (artt. 27, primo comma, 
e 42, terzo 1comma, delia Costituzione). 

Corte d'appello di Trieste, m'ldinanza 213 ottobre 1974, G. U. 2 
aiprile 1975, n. 8i8. 

legge 22 aprile 1941, .n. 633, art. 156, secondo comma (a,rt. 21, terzo 
comma, d�lla Costituzione). 

P~etura di Roma, oi:rdinanza 16 1dicemhre 1974, G. U. 9 aipriile 
1975, n. 915. 

1

legge 22 aprile 1Hl, n. ,633, art. 161 (aoc-t. 21, terzo comma, delila 
Costituzione). 

Pretura di Roma, ordinanza 16 dicembre 1974, G. U. 9 1aiprile 
19715, n. 9,5, 

legge 17 lugUo 1942, n. 907 (art. 41 e 43 della Costituzione). 

Corte d'appello di Catanzaro, ordinanza 8 novembre 1974, G. U. 
2 aprile 1975, n. 88. 

legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45, 46, 47, 57, 66 n. 5 (artt. 41 �e 43 
defila Costituzione). 

Pretore di Saluzzo, ordinanza 4 dicembre 1974, G. U. 5 marzo 
19715, n. 818. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 

d.P.R. 23 gennaio 1943, n. 43, art. 301 (al'ltt. 27, primo comma, e 42, 
terzo comma, deLla Costituzione). 
Corte d'aippeUo di Trieste, ol'dinanza 23 ottobre 1974, G. U. 2 
\ 
apriile 1975, n. 88. 

�legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e 43 della Costituzione.) 

Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, 

n. 88. 
legge 26 ottobre 1957, art. 18, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Giudice del lavoro del trtbunale di Benevento, ordinanza 19 di;_ 
cembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 8'8. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 79, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Vigevano, ordinanza 20 .settembre 197�4, G. U. 2 aprile 
1975, n. 818. 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 24 luglio 1959, n. 17 (artt. 215, secondo 
comma, 3, !Prima .parte, e 9, secondo comma, deilila Costituzione). 

Pretore di Trieste, ordinanza 2 settembre 1974, G. U. 5 marzo 
197�5, n. �62. 

d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, art. unico, che attribuisce efficacia el'lga 
omnes all'art. 49 del contratto nazio.nale normativo 214 ma.g1gio 195�6 
per i d�!pendenti degli istituti di cura privati (al'lt. 76 della Costituzione). 
Corle d'appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1974, G. U. 2 aipri1e 
li97�5, .n. 88.. 

legge 30 a0prlle 1962, n. 283, arff. 5, lettera f, e 6 (art. 3 della Co0stituzione). 


Pretore di Roma, 011dinanza 19 dicembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, 

n. 88. 
legge 6 novembre 1963, n. 1444, art. 1, primo e secondo comma e 3 
(arlt. 42, secondo comma, e 3 deLla Costituzione). 

Preto~e idi Roma, ordinanza 5 novembre 11974, G. U. 5 marzo 1�975, 

n. 6�2. 
legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, decimo e undicesimo comma (ar:tt. 
3, 24, 41, 42 e 43 della Costituzione). 

Pretore di Soluzzo, ordinanza 4 dicembre 1974, G. U. �5 marzo 
1975, n. �62. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

, 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 91 (artt. 3�2 e 3�8 della Costituzione). 
Giudice del lavo;ro del Tribunale di Pistoia, ordinanza 30 ottobre 
1'974, G. U. 20 marzo 197�5, n. 77. 

d.P.R. 30 giugno 1965, �n. 1'1�24, artt. 83, settimo e ottavo c�omma, e 112 
(arrt. 38, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Corte d'appello di Roma, ordinanza 18 dicembre 1974, G. U. 2 aprile 
1975, n. 88. 

legge 21 luglio 1965, art. 1 (art. 3 defila Co�stiituzione). 

T!dbunale di Salerno, 1ovdinanza 1� dicembre 1972, G. U. 5 marzo 
1975, n. 62. 

legge 15 luglio '1966, n. 604, art. 1 O (rurt. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ol'di:nanza 30 marzo 1974, G. U. 5 marzo 1975, 

n. 62. 
d.I. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80 (a1rtt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ol'dinanza 7 ottobre 1.974, G. U. 2 apri.le 1975, 
n. 8.S. 
d.I. 11 dicembre 1967, n. 1132 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, oxrclinanza 7 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, 
n. 88. 
d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, art. 13, secondo e terzo comma (artt. 10, 
primo comma e ll della Costituzione). 
Corte di Cassazione, midinanza 31 ottobre 1974, G. U. 23 marzo 
1975, n. 77. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice del lavoro del Tribunale di Benevento, ordinanza li9 dicembil'e 
1974, G. U. 2 alpll'il.e 1975, n. 88. 

legge 7 ottobre 1969, n. 742, art 1, primo comma. 

'Dribunale supremo militare, or.dinanza 29 novembre 11974, G. U. 
30 apriil.e 1975, n. 114. 

legge 24 dicembre 19�69, n. 990, art. 3!2, primo comma (avt. 3 della 
Costituzione). 

Preto;re di San Miniato, ordinanza 14 novembre 1974, �a. U. 2 aprile 
1975, n. 88. 


54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo c�omma (artt. 76, 39, :primo 
e secondo comma, .art. 18, primo com,ma, e art. 3, .pdmo comma, dehla 
Costituzione). 

Pretore di Roona, ordinanza 30 marzo 1974, G. U. 5 marzo 1975, 

n. 62. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (art. 3, primo comma, delJa 
Co,stitiuzione). 

Pretore di Palermo, midinanza 12 novembre 1974, G. U. 2 aprile 
1975, n. 88. 
Tribunale di Torino, oTJdinanza 218 novembre 1974, G. U. 2 apirHe 
1975, n. 88. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56, primo c:omma (art. 3, ,primo e secondo 
comma, della Costituzione). 
Tribunale di Milano, ordinanza 7 novembre 1974 (due), G. U. 5 
marzo 1975, n. 62 e 12. marzo 1975, n. 70. 

legge 28 ottobre 1970, n. 801, artt. 6 e 9 (a,rtt. 3 e 53 della Costituzione). 


Tribuna.le di Roma, or.dinanza 7 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, 

n. 8'8. 
legge 1� dicembre 1970, .n. 898, art. 4, terzo comma (art. 214 della 
Costituzione). 

Corte d'appello di Palermo, ordinanza 15 novembre 1974, G. U. 
213 aprile 1975, n. 108. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 14 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Brescia, ol'ldir�anza .22 ottobre 1974, G. U. 20 marz.o 
1975, n. 77. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 5,2 e 53 della CostiJtuzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 2 aprile 
19715, n. 88. 

legge 22 ottobre 1971, n. ~65, art. 13, ultimo comma (art. 113, secondo 
comma, della Costituzione). 

'Ilribunaile amministrativo �regionaile per J.a Pugilia, Oil"dinanza 13 
aprile 1974, G\U. 20 marzo 1975, n. 77. 

legge 22 ottobre �19�71, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituzione). 

Corte di appelJ.o di Trieste, ordinanza 29 norvembre 1974, G. U. 
2 a!Prile 197,5, n. 88. 


CONSULTAZIONI 


AGRICOLTURA 

Agri�oltura -Funzioni amministrative in materia di miglioramenti fondiari 
-Affitto di fondi rustici -Competenza dello Stato e della Regione 
-(l. 11 febbraio 1971 n. 11, art. 11, d.P.R. 15 gennaio 1972 

n. 11, art. 1 lett. l). 
Agricoltura -Funzioni amministrative -In materia di miglioramenti fondiari 
-Affitto di fondi rustici -Ricorsi-gerarchici avverso provvedimento 
degli Ispettorati provinciali -Decisione -Competenza -(l. 11 
febbraio 1971 n. 11 art. 11, d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11, art. 1 lett. l). 

Se le funzioni amministrative in materia di miglioramenti fondiari 
trasferite dallo Stato alla Regione a statuto ordinario comprendano anche 
l'attivit� amministrativa di accertamento della validit� tecnica dei miglioramenti 
dei fondi rustici condotti in affitto, prevista dall'art. 11 1. 11 febbrao 
1971 n. 11 (n. 76). 

Se sia competente lo Stato ovvero la Regione a decidere un ricorso 
gerarchico avverso un provvedimento adottato in materia di accertamento 
della valid~t� tecnica dei miglioramenti dei fondi rustici condotti in affitto 
(n. 76). 

APPALTO 

Contratti di pubbliche forniture -revisione prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale -Interessi -(r.d. 13 marzo 1910 n. 135, art. 50; 

r.d. 13 giugno 1940 n. 901, art. 4 -l. 26 ottobre 1940 n. 1676, art. 4). 
Se l'art. 50 delle Condizioni generali pei contratti di provviste, vendite 
e lavorazione per conto della Marina approvate con r.d. 13 marzo 1910, 

n. 135, relativo agli interessi dovuti in caso di ritardo nei pagamenti da 
parte dell'Amm.ne, si riferisca soltanto ai ritardi nei pagamenti dei prezzi 
contrattuali dei lavori e delle provviste per principio fissi ed invariabili 
ovvero anche ai ritardi nei pagamenti dei compensi revisionali (n. 381). 
COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 

Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave 
armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. 24 luglio 1971 n. 447). 

Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni 
di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della 
legge 24 aprile 1971 n. 447 (n. 14). 



58 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

DAZI DOGANALI 

Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave 
armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. 24 luglio 1971 n. 447). 

Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni 
di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della legge 
24 aprile 1971 n. 447 (n. 85). 

IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE 

Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave 
armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. '24 luglio 1971 n. 447). -


Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni 
di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della legge 
24 aprile 1971 n. 447 (n. 71). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Esenzioni e agevolazioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo 
comma, l. 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, 1� comma. 

Se la � effettiva abitazione � di cui all'art. 17 primo comma 1. 2 luglio 
1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto 
agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni 
singolo appartamento compravenduto (n. 416). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Imposta di registro -Campi ed impianti sportivi -Area per la costruzione Donazione 
al Comune -Esenzione -(l. 21 giugno 1928 n. 1580, art. 2; 

r.d. 2 febbraio 1939 n. 302, art. 3). 
Se l'atto di donazione ai Comuni delle aree occorrenti per la costruzione 
di campi od altri impianti sportivi sia o meno esente dall'imposta 
di registro (n. 413). 

IMPOSTE E TASSE 

Esenzioni e agevolazzioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo 
comma, legge 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, primo 
comma. 

Se la � effettiva abitazione di cui all'art. 17 primo comma I. 2 luglio 
1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto 
agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni singolo 
appartamento compravenduto (n. 580). 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge reg. Marche 2~ febbrai�o 1973, n. 6 (artt. 42, terzo comma, 
e 1'17, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Sassofem-ato, ordinanza 16 gennaio 1975, G. U. 9 arp:rile 
1975, n. 95. 

d.I. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). 
Pretore di Castellammare di Stabia, ordinanza 21 gennaio 1975, 

G. U. 2 aiprile 1975, n. 88: 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, primo comma, lettera al (artt. 
3, 29, 3.1, 36, 37, 53 e 7�6 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 15 apri.ile 1975, G. U. 30 aipdle 19715, 

n. 114. 
d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
P\l'eto�re di Roma, ordinanza 19 rdiicembre 1974, G. U. 2 aprile i.97�5, 

n. 88. 
legge 14 agosto 1974, n. 355, art. 5 (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di TO\l'ino, ordinanza 29 novembre 1974, G. U. 2 aprile 
1975, n. 88. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1 (art. 24 e 2.5, primo �comma, 
della Costituzione). 

Corte d'a.ssilSe di Venezia, ordinanze 112 norvembre 1974, 12 dicembre 
1974 e 18 dicembre 1974 e 19 dicembre 1974, G. U. 2 a,p1rile 1975, 

n. 88. 
Tribuna�le di Sondrio, ordinanze 5 dicembre 1974 (rdue), G. U. 
20 marzo 197�5, n. 77. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8 (art. 13 de1la Co1stituzione). 

Pretore di Ca.tania, ordinanza� 20 diicembre 1974, G. U. 5 marzo 
1975, n. 62. 

d.I. 14 dicembre 1974, n. 657, art. 2, quarto comma (artt. 8, nn. 3, 6 
e 16 dello statuto speciafo per la regione Trentiino-Alto Adige). 
Prorvincia di Bolzano, ricorso depositato il 25 marzo 1975, G. U. 
23 aprhle 1975, n. 108. 
Provincia di T�rento, rico�rso depositato H 25 marzo 1975, G. U. 
23 apri[e 1975, n. 108. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 3 febbraio 1975, n. 15 (art. 68 delJ.o statuto speciale per la 
regione Trentino-Alto Adtge). -

ProvirlJCia di Bolzano, ricorso :depositato il 27 marzo 1975, n. 7, 

G. U. 2,3 aprile 1'9715, n. 108. 
legge reg. Piemonte appr. 5 febbraio 1975 e riappr. 27 marzo 1975. 

Presidente del Constglio dei Ministri, ricorso depoisitaito 24 aprile 
1975, G. U. 30 aprile 11975, n. 114. 

leggi reg. Umbra 6 febbraio 1975. 

P1restdente del ConJStglio dei Mintst!ri, ricorso depositato 4 marzo 
1975, G. U. 1,2 marzo 1975, n. 70. 

legge reg. Sicilia appr. 20 febbrai�o 1975, reca!l1te �Prov�vedfunenti in 
favore dei lavoratori emigranti e deHe J.oro famtglie �. 

Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso !depositato 
8 marzo 1'975, G. U. 20 marzo 119715, n. 77. 

legge reg. Sicilia appr. 13 marzo 1975 � Provvedimenti in favore degli 
utenti. delle acque dei canali dell'antico demanio �. 

Commissario delJ.o Stato per la Regione sichliana, r1corso depositato 
il 28 marzo 1975, G. U. 2�3 aprile 1975, n. 108. 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTE IPOTECARIE 

Esenzioni e agevolazioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo 
comma, legge 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, primo 
comma. 

Se la � effettiva abitazione � di cui all'art. 17 primo comma, 1. 2 luglio 
1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto 
agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni singolo 
appartamento compravenduto (n. 6). 

INTERESSI 

Contratti di pubbliche forniture -Revisione prezzi -Ritardato pagamento 
del compenso revisionale -Interessi -(r.d. 13 marzo 1910, n. 135, 
art. 50; r.d. 13 giugno 1940, n. 901; art. 4; l. 26 ottobre 1940, n. 1676, 
art. 4). 

Se l'art. 50 delle Condizioni generali nei contratti di provviste, vendite 
e lavorazione per conto della Marina approvate con r.d. 13 marzo 
1910, n. 135, relative agli interessi dovuti in caso di ritardo nei pagamenti 
da parte dell'Amm.ne, si riferisca soltanto ai ritardi nei pagamenti 
dei prezzi contrattuali dei lavori e delle provviste per principio fissi ed 
invariabili ovvero anche ai ritardi nei pagamenti dei compensi revisionali 

(n. 13). � 
MEZZOGIORNO 

Industralizzazione del Mezzogiorno -Occupazione d'urgenza -Stato di 
consistenza -Nomina del tecnico. 

Se sia legittima la nomina da parte del Prefetto, ai fini della redazione 
dello stato di .consistenza di un immobile da sottoporre ad occupazione 
d'urgenza, di un tecnico dipendente dall'Ente che ha richiesto l'espropriazione 
(n. 63). 

Industrializzazione del Mezzogiorno -Decreto di occupazione o di espropriazione 
-Soggetti a cui favore verranno devoluti gli immobili Esenzione 
-(d.P.R.' 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147). 

Se debba ritenersi necessaria, nel decreto di occupazione ed anche 
in quello di espropriazione, l'esplicita menzione della ditta a cui favore 
saranno devoluti gli immobili, quando l'occupazione � disposta in favore 
di Consorzio ai sensi dell'art. 147, u.c. 30 giugno 1967 n. 1523 (n. 63). 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Amministrazioni dello Stato -Rapporti -Vaglia postale emesso a favore 
di P. A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze -(d.P.R. 29 marzo 
1973 n. 156, art. 112). 

Se, tenuto conto delle distinte esigenze contabili e di bilancio di ciascuna 
Amm.ne dello Stato, l'Amm.ne P.T. sia tenuta a pagare l'importo 
di vaglia postali emessi in favore di altra Amm.ne dello Stato e da questa 
non incassati nei termini di prescrizione stabiliti dall'art. 112 d.P.R. 29 
marzo 1973 n. 156 (n. 148). 


INDICE BIBLIOGRAFICO 

Indice Bibliografico 
delle opere acquisite dalla Biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 


BANCO DI ROMA, Collana legale, Donazioni e Successioni nella legge civile. 
Roma, 195. 

BANco di RoMA, Collana tributaria, Imposta di Registro. Roma, 1974. 

BANCO di ROMA, Collana tributaria, Imposta sulle successioni e donazioni. 
Roma, 1975. 

CONSIGLIO REGIONALE MARCHE, Ufficio Studi, Le Imposte dirette nella riforma 
tributaria, Ancona, 1974. 

ELIA L. -GUARINO G., Codice costituzionale della Repubblica Italiana, Giuffr�, 
Milano, 1974. 

MORTATI Costantino, L'Ombudsman (il difensore civico), UTET, Torino, 
1974. 

PANEBIANCo Massimo, Codice del Mercato Comune, Giuffr�, Milano, 1974. 

RUTA Guido, Il sistema della legislazione bancaria. (IIa ed.). Bancaria, 
Roma, 1975. 

SCIALOJA -BRANCA, Commentario, Legge Fallimentare. Zanichelli, Ed. Soc. 
Ed. Foro Italiano, Bologna-Roma, 1974. 

SERRANO Francesco, Le imposte sulle successioni. (6� ediz.), UTET, Torino, 
1974.