ANNO XXVII -N. 2 MARZO -APRILE 1975 ANNO XXVII -N. 2 MARZO -APRILE 1975 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1975 ABBONAMENTI ANNO . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . . � L. 12.750 lJN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . � 2.250 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO � PIAZZA G. VERDI, 10 � ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia � Printed in ltaly Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11llo 1966 (5219042) Roma, 1975 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dell'avv. Michele Savarese) (a cura pag. 275 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Arturo Marzano) � 305 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (a cura del/'avv. Benedetto Baccari) � 341 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE cato Adriano Rossi) � (a cura de/l'avvo356 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA de//'avv. Ugo Gargiulo) (a cura . . . � 370 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini-Rota e Carlo Bafile) � 382 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura delf'avv. Arturo Marzano) ,. � 424 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) � 455 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 25 LEGISLAZIONE � 45 CONSULTAZIONI � 57 INDICE BIBLIOGRAFICO � 60 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco. Bari; Michele DIPACE, Bologna; Francesco MARiuzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Giovanni VAcmcA, Catania; Filippo CAPECE MmuToLo DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco Gu1ccIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Sergio LAPORTA, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI MARZANO .f..., Normativa comunitaria e disciplina nazionale dei prezzi . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 313 RossI A., Gestione di�retta da parte del concedente dell'impresa del concessionario decaduto e crediti dei dipendenti . . . . I, 361 TAMiozzo R., Autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari I, 379 TAMIOZZo R., Revocazione per errore di fatto nella pi� recente giurisprudenza del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . I, 375 VITTORIA P., Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione . . . I, 429 LA REDAZIONE, Il provvedimento di espropriazione della legge sulla casa . . . . . . . . . . . . . . . II, 25 PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� -Acque affior�nti naturalmente alla superficie -Acqua pubblica �Propriet� privata dell'acqua necessaria ai bisogni del fondo Esclusione, 424. -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore delle acque pubbliche e Consiglio di Stato ~ Requisizione di utenza -Impugnazione -Ricorso in materia di acque pubbliche -� tale, con nota di P. VITTORIA, 429. -Competenza e giurisdizione -Tribunale superiore e tribunali regionali delle acque pubbliche Requisizione di utenza -Natura del provvedimento -Lesione di diritto soggettivo -Insussistenza, con nota di P. VITTORIA, 429. Concessione e derivazione -Pro ' roga � ex lege � -Incertezza sulla prorogabilit� -Interesse ad agire in mero accertamento -Sussistenza, 424. -Requisizione di utenza -Ammissibilit� -Esclusione, con nota di P. VITTORIA, 428. - Requisizione di utenza -Ammissibilit� -Esclusione, con nota di P. VITTORIA, 430. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Istituti di previdenza -Individuazione degli organi cui spetta la rapresentanza legale, 364. -Istituti di previdenza -Se sono organi dello Stato, 364. -Provvedimenti di urgenza -Sostituzione del prefetto ed altre autorit�, con nota di P. VITTORIA, 429. APPALTO _:__ Appalto di opere pubbliche Contabilit� provvisoria dei lavori -Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva, 447. -Appalto di opere pubbliche Maggiori ri�hieste dell'appaltatore -Istituto delle riserve -Carattere generale -Ambito di operativit�, 447. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva -Eccezioni, 447. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva .-Forma -Equipollenti Inammissibilit�, 447. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva -Quando sussiste -Onerosit� della prestazione per impreviste difficolt� di esecuzione -Richiesta di compenso ai sensi dell'art. 1664, secondo comma, del codice civile -Onere della tempestiva riserva, 447. -Appalto di opere pubbliche Maggiori richieste dell'appaltatore -Onere della tempestiva riserva -Portata e contenuto, 447. -Appalto di opere pubbliche Revisione dei prezzi -Autonoma disciplina contrattuale -Possibil: i.t� di un diritto soggettivo dell'appaltatore alla revisione dei prezzi -Conseguente giurisdizione del giudice ordinario, 444. -Appalto di opere pubbliche Revisione dei prezzi -Regime legale .., Natura della pretesa dell'appaltatore Provvedimento amministrativo sulla revisione INDICE DELLA GIURISPRUDENZA Impugnabilit� -Giurisdizione del giudice amministrativo, 444 -Appalto di opere pubbliche Sorpresa geologica -Onere della tempestiva riserva -Maggiori richieste dell'appaltatore per fatto colposo dell'Amministrazione Onere della tempestiva riserva, 447. AUTOVEICOLI E AUTOLINEE -Assicurazione obbligatoria -Mancata obbligatoriet� per i trasportati -Esclusione di azione diretta -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 282. -Assicurazione obbligatoria -Mutamento del regime contrattuale -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 285. CAMPANIA -Costituzione di nuovi Comuni Audizione delle popolazioni interessate -Necessit� del referendum -Esclrusione, 289. CIRCOLAZIONE STRADALE -Assicurazione obbligatoria -Vigilanza ministeriale ex art. 14 legge 24 dicembre 1969, n. 990 Accertamento preventivo -Legittimit�, 370. CITTADINANZA -Donna sposata a cittadino straniero -Perdita della cittadinanza -Illegittimit� costituzionale, 295. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Consiglio di Stato -Nomina governativa di consiglieri -Attualit� del potere -Impugnazione Giurisdizione amministrativa, 341. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Prenotazione dei privati e fornitura diretta di monete da parte della Zecca -Interesse legittimo alla consegna, 342. -Poteri del giudice nei confronti della P.A. -Atto materiale lesivo del diritto, con nota di C. CARBONE, 352. COMUNE -Autorizzazione a stare in giudizio -Legittimazione passiva del Prefetto in un ricorso avverso un suo provvedimento -Necessit� della autorizzazione ministeriale -Non sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 379. -Autorizzazione ad acquisti immobiliari -Edificio abusivo -Diniego del Prefetto sul presupposto che l'acquisto � nullo per mancanza del prezzo, con nota di R. TAMIOZZO, 379. -Autorizzazione prefettizia per acquisti immobiliari -Diniego Ricorso del Comune -Legittimazione passiva del Prefetto -Sussiste, con nota di R. TAMIOZzo, 379. -Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari -Inesistenza di un termine per la pronuncia, con nota di R. TAMIOZZO, 379. - Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari -Prezzo irrisorio -Cessione come contropartita della sanatoria concessa alla costruzione -Diniego alla autorizzazione -Incensurabilit� in sede di legittimit�, con nota di R. TAMIOZZO, 379. COMUNIT� EUROPEE -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali -Regime delle cauzioni all'importazione -Normativa comunitaria -Corrispondenti disposizioni di diritto interno -Possibile illegittimit� costituzionale, 336. -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati nei settori dei cereali e dei grassi -Libera circolazione dele merci -Garanzia Fonte -Efficacia diretta, con nota di A. MARZANO, 312. - Agri,cOO.tura Org;aindzZJazliioni comuni dei meIDcati -NO!rmaiti.va nazionia11e suscettib!lilie di �ailiterrare iii processo di formazione dei prezzi -II11CompaitibiJJ.d.t� COOl. la 'normativa �Comiun:iitarrd.a, con :nota di A. MARZANO, 312. VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Agricoltura -Organizzazioni comuni dei mercati -Processo di formazione dei prezzi -Competenza degli Stati membri -Esclusione, con nota di A. MARZANO, 312. -Lavoratori migranti -Figli studenti -Parit� di trattamento Portata, 305. -Lavoratori migranti -Previdenza sociale -Sussidi di invalidit� contemplati da norme interne Diritto soggettivo alla riscossione -Costituiscono prestazioni previdenziali, 309. -Norma di diritto interno incompatibile con anteriori provvedimenti di diritto comunitario -Disapplicazione -Inammissibilit� Mezzo giuridico offerto dall'ordinamento interno per garantire la prevalenza del diritto comunitario -Declaratoria di illegittimit� costituzionale della contrastante norma di diritto interno, 336. CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -Stanziamento di fondi dipendente da estensione di giudicato Avviso negativo del Ministero del Tesoro -Impugnabilit� -Non sussiste, 372. CONTRATTI PUBBLICI -Revisione prezzi -Capitolato generale d'appalto -Esclusione della revisione -Possibilit� della revisione nel capitolato speciale -Conseguenze in ordine alla posizione giuridica dell'appaltatore, 373. CORTE DEI CONTI -Giudizi di responsabilit� -Componenti i Consigli di amministrazione delle Universit� -Limitazione al solo dolo o colpa grave -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 279. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Alto Adige, Autoveicoli e autolinee, Campania, Cittadinanza, Corte dei Conti, Fallimento, Lavoro, Miniere, Ordinamento giudiziario, Patria potest�, Pensioni ordinarie, Procedimento civile, Procedimento penale, Reato, Reati e pene, Regione, Sicurezza pubblica, Trentino-Alto Adige, Tribunali Amministrativi Regionali. ENTI PUBBLICI -Acquisti immobiliari -Finalit� dell'autorizzazione ai sensi della legge n. 218 del 1896 -Diniego di autorizzazione -Fattispecie -Legittimit�, con nota di R. TAMIOZzo, 379. ESPROPRIAZIONE P.U. -Opposizione alla stima -Intestatari catastali -Legittimazione esclusiva, con nota di A. Rossr, 363. FALLIMENTO -Crediti tributari contestati avanti le commissioni tributarie e ammessi con riserva -Necessit� di opposizione allo stato passivo Esclusione, con nota di A. Rossr, 356. Omessa o irregolare t�nuta dei libri contabili -Sanzione penale indipendente dal danno ai creditori -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 297. - Opposizione allo stato passivo Istruttoria delle cause da parte del giudice delegato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 297. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Regolamento e circolazione -Lesione non immediata -Impugnabilit� con l'atto di applicazione Bando di chiamata alle armi � tale, 369. IMPIEGO PUBBLICO -Consiglio di amministrazione Composizione Partecipazione del Presidente del Consiglio superiore -Finalit� -Coincidenza con la persona del Ministro, 370. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA IX -Consiglio di amministrazione Presidenza -Delega a Sottosegretario -Funzioni di Presidente del Consiglio superiore -Sono comprese nella delega, 371. -Costituzione del rapporto -Requisito della buona condotta Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con costante qualifica di ottimo -Esclusione del requisito -Contrasto tra gli elementi di valutazione Illegittimit�, 373. Costituzione del rapporto -Requisito della buona condotta Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con costante qualifica di ottimo -Ritenuta esclusione del requisito Illogicit� � ex se � -Non sussiste, 373. -Dipendenti C.N.R. non .di ruolo Rapporti a termine prorogabili pi� volte -Legittimit�, 372. -Sedi di uffici -Diversa allocazione nell'ambito dello stesso Comune -Insindacabilit�, 371. -Stipendi, assegni e indennit� Divieto di � reformatio in pejus � -Concessione di assegno personale -Legittimit�, 372. - Trasferimento di sedi di uffici Non spetta al Consiglio di amministrazione -Tutela giurisdizionale -� ammissibile, 371. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Fideiussione bancaria sostitutiva della cauzione dell'appaltatore -Si estende, 397. -Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Subappalto Estensione -Limiti, 396. -Trasferimento di diritto reale immobiliare -Cessione qi cubatura prevista dal piano regolatore di Torino -� tale -Agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 -Applicabilit�, 419. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Inapplicabilit�, 396. -Azione in sede ordinaria -Termine -Art. 52 legge 19 giugno 1940, n. 762 -Pronuncia di illegittimit� costituzionale -Ordinanza di rettifica della Corte Costituzionale Retroattivit� Esclusione, 389. IMPOSTE DOGANALI -Apparecchi di accensione -Importazione -Dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli art. 2 e 3 del d.1. 26 febbraio 1930 n. 105 -Estensione alla nota numero 98.10 della tariffa doganale annessa d.p. 26 giugno 1965 n. 723, 410. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Competenza e giurisdizione -Canone abbonamento radio audizioni circolari -Natura di tassa Competenza del Tribunale -Sussiste, 416. -Imposte indirette -Interessi - Anotocismo -Ammissibilit� -Domanda contenuta nella comparsa di risposta -� idonea, 415. -Rapporti tra giudizio innanzi alle Commissioni e azione ordinaria Termine -Decisione definitiva di comm1ss1one Impugnazione inammissibile -Non impedisce il passaggio in giudicato -. Istanza di revocazione contro decisione di primo grado -Inammissibilit�, 382. - Rapporto tra giudizio innanzi alle Commissioni e azione ordinaria -Vizi del procedimento che violano il diritto soggettivo -Deducibilit� -Limiti -Fattispecie, 382. LAVORO -Continuazione dall'ente pubblico concedente dell'attivit� del concessionario decaduto -Utilizzazione dell'organizzazione aziendale del concessionario -Obbligo del concedente di pagare. i crediti dei dipendenti del concessionario, con nota di A. Ross1, 361. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO -Lavoratori' domestici -Assicurazione malattie -Condizione dell'inizio del lavoro da almeno sei mesi -Illegittimit� costituzionale 290. MILITARE -Servizio di leva -Esonero -Stato di bisogno del� capo famiglia Elementi valutabili, 369. MINIERE -Miniere e. cave -Inchieste infortunistiche -Accertamenti del Corpo delle miniere -Mancate garanzie di difesa -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 296. ORDINAMENTO� GIUDIZIARIO -Supplenza di Pretore impedito Illegittimit� costituzionale Esclusione, 290. PATRIA POTEST� -Comunicazione giudiziaria Omessa notifica anche all'esercente la patria potest� -Illegittimit� Costituzionale, 30S. PENSIONI -Giudizi davanti alla Corte dei Conti -Richiesta di fissazione di udienza -Mancata avvertenza della decadenza -Illegittimit� costituzionale, 294. -Pensioni civili -Pensioni ai sanitari -Retribuzioni da prendere a calcolo -Omessa inclusione degli aumenti nel corso dell'anno -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 296. PROCEDIMENTO CIVILE -Contumacia del convenuto -Divieto di declaratoria solo per nullit� della notifica -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 289. -Procura alle liti -Rinuncia da parte del difensore -Mancata equiparazione alla contumacia Illegittimit� Costituzionale Esclusione, 286. PROCEDIMENTO PENALE -Comunicazione giudiziaria -Notifica col servizio postale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 304. -Decreto di archiviazione -Richiesta di procedimento da parte del P.M. -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 298. -Esercizio dell'azione penale -Attivit� istruttoria del P.M. -Cumulo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 299. -Incidenti di esecuzione -Sequestro di film -Proscioglimento non passato in giudicato -Omessa restituzione del film -Illegittimit� costituzionale, 294. -Istruttoria sommaria -Potere di avocazione del Procuratore Generale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 301. -Notificazioni all'imputato detenuto per altra causa non risultante dagli atti -Notificazione eseguita nella residenza privata dell'imputato -Legittimit�, 456. -Parte civile -Omessa elezione di domicilio -Inammissibilit� della costituzione di parte civile -Illegittimit� costituzionale, 302. -Proscioglimento per mancanza di querela -Omesso interrogatorio dell'imputato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 291. -Reati punibili a querela -Proscioglimento per incapacit� di intendere e volere -Condanna del querelante nelle spese -Illegittimit� costituzionale, 278. -Spese giudiziali in materia penale -Compensazione delle spese Natura �-Impugnazione dell'im. putaito e delilia pa!l'tle c1viile -Rigetto -Compensazione delle spese -Inammissibilit�, 455. REATO Contravvenzione all'uso del demanio marittimo o aeronautico Norma in bianco -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 288. -� Reati e pene -Presunzione di conoscenza della legge penale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 291. INDICE DELLA GIURISPRUDENZA -Sospensione condizionale della pena -Subordinazione all'effettiva riparazione del danno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 276. REGIONE -Consiglieri -Insindacabilit� penale -Componenti della Giunta -Sindacabilit�, 291. RESPONSABILIT� CIVILE -Responsabilit� della P.A. -Capitolato di appalto F.S. -Clausola di manleva -Validit�, 363. SENTENZA -Revocazione -Errore di fatto Annullamento di licenza edilizia -Determinazione del momento costitutivo della fattispecie dell'annullamento d'ufficio -Censura di diritto -Ammissibilit� della revocazione -Preclusione, con nota di R. TAMIOZZO, 377. -Revocazione -Errore di fatto Presupposti -Censura diretta sostanzialmente ad un errore di diritto -Inammissibilit�, con nota di R. TAMIOZZO, 376. -Revocazione -Errore di fatto Presupposti -Fattispecie -Errore di giudizio -Irrilevanza ai fini della revocazione, con nota di R.' TAMIOZZO, 374. -Revocazione -Errore di fatto Presupposti -Pronuncia basata su elementi diversi dalla circostanza di cui si deduca errore di fatto ai fini della revocazione Inammissibilit� della domanda di revocazione ., Sussiste, con nota di R. TAMIOZZO, 374. -Revocazione -Rapporto con il ricorso per difetto di giurisdizione -Sospensione del giudizio di revocazione -Esclusione, con nota di R. TAMIOZZO, 375. SICUREZZA PUBBLICA -Armi ed esplodenti -Annotazione cronologica delle sole armi -Illegittimit� costituzionale Esclusione, 275. -Questua senza autorizzazione Questua per motivi politici -IllegJ, ttimit� costirtuzioJ:lla1lie -Esclusione, 277. -Riunioni pubbliche senza preavviso -Interventi verbali di chi ne sia. .a conoscenza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 278. 'rRASPORTO -Trasporti in concessione -Scelta esercenti autoservizi in concessione -Procedimento -Motivazione del provvedimento quale condizione di legittimit�, con nota di R. TAMIOZZO, 376. TRENTINO-ALTO ADIGE -Pcr-ovinda di B<Jllzano.-Nocmativia stata1e in maiteri1a di t).ibert� sindacale -]l!legiirtrtimiit� oosti.1tuzionaie -E1salusione, 295. -Provincia di Bolzano -Tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina -Nozione, 295. TRIBUNALI AMMINISTRATIVI REGIONALI -Regione Sicilia -Limitazione della Competenza del T.A.R. -Illegittimit� costituzionale. 289. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 6 marzo 1975, n. 48 pag. 275 6 marzo 1975, n. 49 276 6 marzo 1975, n. 50 277 6 marzo 1975, n. 51 278 6 marzo 1975, n. 52 278 12 marzo 1975, n. 54 279 12 marzo 1975, n. 55 ' 282 12 marzo 1975, n. 56. > 285 12 marzo 1975, n. 57 286 12 marzo 1975, n. 58 288 12 marzo 1975, n. 60 289 12 marzo 1975, n. 61 289 12 marzo 1975, n. 62 289 12 marzo 1975, n. 64 290 25 marzo 1975, n. 71 290 25 marzo 1975, n. 73 291 25 marzo 1975, n. 74 291 27 marzo 1975, n. 81 291 27 marzo 1975, n. 82 294 16 aprile 1975, n. 85 294 16 aprile 1975, n. 86 295 16 aprile 1975, n. 87 295 29 aprile 1975, n. 91 296 29 aprile 1975, n. 92 296 29 aprile 1975, n. 93 297 29 aprile 1975, n. 94 297 29 aprile 1975, n. 95 298 29 aprile 1975, n. 96 299 29 aprile 1975, n. 97 301 29 aprile 1975, n. 98 302 29 aprile 1975, n. 99 303 29 aprile 1975, n. 100 . 304 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 3 luglio 1974, nella causa 9/74 . . pag. 305 13 novembre 1974, nella causa 39/74 309 23 gennaio 1975, nella causa 31/74 312 'j., 29 gennaio 1975, nella causa 68/74 305 1:: ~= INDICE XIII GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 19 giugno 1974, n. 1806 . . . pag. 356 Sez. Lavoro, 21 giugno 1974, n. 2306 361 Sez. III, 6 agosto 1974, n. 2348 . . 363 Sez. I, 10 agosto 1974, n. 2392 . . . 363 Sez. I, 19 settembre 1974, n. 2505 . 396 Sez. Un., 9 ottobre 1974, n. 2714 . . 341 Sez. Un., (ordinanza) 31 ottobre 1974 336 Sez. Un., 9 novembre 1974, n. 3474 342 Sez. Un., 9 novembre 1974, n. 3486 352 Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4088 424 Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089 428 Sez. I, 8 gennaio 1975, n. 40 382 Sez. I, 9 gennaio 1975, n. 46 . 389 Sez. J, 13 gennaio 1975, n. 105 396 Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 162 410 Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 163 415 Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 164 416 Sez. I, 22 gennaio 1975, n. 250 419 Sez. Un., 25 gennaio 1975, n. 286 430 Sez. I, 26 febbraio 1975, n. 764 397 Sez. Un., 27 marzo 1975, n. 1157 444 Sez. I, 18 aprile 1975, n. 1458 . 447 CORTE DEI CONTI Sez. II Giur., 25 giugno 1973 . . . . . . . . . . . . . pag. 364 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. plen., 29 ottobre 1974, n. 9 pag. 369 Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 260 370 Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 267 > 370 Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 628 372 Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 648 . 372 XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 661 . Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 842 Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 850 Sez. IV, 26 novembre 1974, n. 884 . Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1061 Sez. VI, 22 novembre 1974, n. 370 . pag. 373 373 374 379 376 375 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. IV, 20 novembre 1973, n. 2207 pag. 455 Sez. V, 17 aprile 1974, n. 623 . . 456 PARTE .SECONDA I!vTDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AGRICOLTURA -Agric9ltura -Funzioni amministrative in materia di miglioramenti fondiari -Affitto di fondi rustici -Competenza dello Stato e della Regione, 57. -Agricoltura -Funzioni amministrative -In materia di miglioramenti fondiari -Affitto di fondi rustici -Ricorsi gerarchici avverso provvedimento degli Ispettorati provinciali -Decisione Competenza, 57. APPALTO -Contratti di rpubbliche forniiture Revisione prezzi -Ritardato pagamento del compenso revisionale -Interessi, 57. COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA -Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata, 57. DAZI DOGANALI -Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata, 58. IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE -Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata, 58. IMPOSTA DI REGISTRO -Esenzione e agevolazioni -� Effettiva abitazione > di cui all'articolo 17, primo comma, legge 408/49 -Nozione, 58. IMPOSTA DI REGISTRO -Imposta di registro -Campi ed impianti sportivi -Area per la costruzione -Donazione al Comune -Esenzione, 58. IMPOSTE E TASS,E -E1senzi01ni e agevoliazionl -� Effettiva abitazione� di cui all'articolo 17, 'primo comma, legge 40~/49 -Nozione, 58. IMPOSTE IPOTECARIE -E1Senzioni e aigevo1aziond -� Effettiva abitazione � di cui all'articolo 17, primo comma, legge 408/49 -Nozione, 59. INTERESSI -Contratti di pubbliche forniture -Revisione prezzi -Ritardato pagamento del compenso revisionale -Interessi, 59. MEZZOGIORNO -Industrializzazione del Mezzogiorno -Occupazione d'urgenza Stato di consistenza -Nomina del tecnicp, 59. -Industrializzazione del Mezzogiorno -Decreto di occupazione o di espropriazione -Soggetti a cui favore verranno devoluti gli im~ mobili -Esenzione, 59. POSTE E TELECOMUNICAZION[ -Amministrazioni dello Stato Rapporti -Vaglia postale emesso a favore di P.A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze, 59. ' , r111111�r1Jr10111111rt11r11irttr1rrlrm1r111111111~ff&m11111a111tf1=r1~11~rr11:11r@rt RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO QUESTIONI. LEGISLAZIONE pag. 25 I II III -Norme dichiarate incostituzionali -Questioni dichiarate non fondate -Questioni proposte . pag. 45 46 49 INDICE BIBLIOGRAFICO pag. 60 ~ ~ I� ~ �-. . I ' PARTE PRIMA a11!1ttr11rmrrr11rr!ilifiir1~11rrt1111r&m1i:1jilfiffirtf~r1r:11111r1r11rifl!rr1~r111@ri~1111r1m1111lslli �:� GIURISPRUDENZA SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 48 -Pres. Bonifacio Rei. Rocchetti -Manfredi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Zagari). Sicurez:t;a pubblica � Armi ed esplodenti � Annotazione cronologica delle so� le armi ~ Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 3; r.d.. 18 giugno 1931, n. 773). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 35, comma primo, testo unico delle leggi di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) nella parte in cui limita l'obbligo del commerciante di armi di tenere l'annotazione cronologica delle sole armi e non anche delle munizioni. (Omissis). -Secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 35, comma primo, del t.u. delle leggi di p.s., in correlazione con l'art. 54 del relativo Regolamento, sarebbe in contrasto col principio di eguaglianza, tutelato dall'art. 3, comma primo, della Costituzione, perch� limiterebbe l'obbligo del commerciante di armi a tenere annotazione cronologica e nominativa delle operazioni di vendita delle sole armi e non anche di quelle delle munizioni. E ci� nonostante sia da ritenersi che da entrambe le operazioni possa derivare egualmente pericolo per la pubblica incolumit�, oggetto della normativa penale. La questione non � fondata. Le munizioni che, per la naturale capacit� ad esplodere e per la specifica previsione legislativa (veggasi elencazione contenuta nell'allegato A del Regolamento citato), sono catalogate tra le materie esplodenti, hanno nelle norme, sia del t.u. (artt. 46-57) che del Regolamento (artt. 81-110), ampia ed adeguata regolamentazione, anche per quanto si riferisce all'obbligo del venditore di tenere cronologica e nominativa annotazione delle relative operazioni di vendita. Il tutto come confermato, con espresse statuizioni, dagli artt. 55 del t.u. e 54 del Regolamento. E poich� l'assunta differenza di trattamento nelle due ipotesi non sussiste, manca ovviamente ogni base alla dedotta questione di costituzionalit�. -(Omissis). 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 49 -P1�es. Bonifacio - Rel. Oggioni -Selva (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Sospensione condizionale della pena -Subordinazione all'effettiva riparazione del danno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 165). Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 165 codice penale, che subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato (1). (Omissis). -1. -Il tribunale di Gorizi�, nel sollevare la questione di legittimit� dell'art. 165 del codice penale, osserva che la facolt� del giudice di concedere la sospensione condizionale della esecuzione della pena, subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado di prestare il dovuto risarcimento. 2. -Al dguaridlo, occoNe premettere ,che il risM'cimento assume, nella fattispecie normativa in esame, la funzione di condizione del beneficio e che, come questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga pre276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 49 -P1�es. Bonifacio - Rel. Oggioni -Selva (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Sospensione condizionale della pena -Subordinazione all'effettiva riparazione del danno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 165). Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 165 codice penale, che subordina la concessione della sospensione condizionale della pena all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato (1). (Omissis). -1. -Il tribunale di Gorizi�, nel sollevare la questione di legittimit� dell'art. 165 del codice penale, osserva che la facolt� del giudice di concedere la sospensione condizionale della esecuzione della pena, subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado di prestare il dovuto risarcimento. 2. -Al dguaridlo, occoNe premettere ,che il risM'cimento assume, nella fattispecie normativa in esame, la funzione di condizione del beneficio e che, come questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga precedente occasione (sentenza n. 114 del 1964), la norma rientra fra quelle che impongono oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini. Tali norme comportano, inevitabilmente, nella loro applicazione, una diversa possibilit� di utilizzazione secondo la diversa condizione economica dei soggetti che quei fini si propongono di conseguire. Ma da ci� non deriva che, in ogni caso, norme di tale contenuto e di siffatta struttura si pongano in contrasto col principio di eguaglianza. Invero, com� la Corte ha anche ritenuto con costante giurisprudenza, la disparit� di trattamento vietata dall'art. 3 Cost. pu� riconoscersi sussistente sotto il profilo in esame quando, rendendo impossibile, al soggetto non abbiente, il soddisfacimento dell'onere patrimoniale imposto dalla legge, costituisca ostacolo al positivo esercizio di un diritto garantito dalla Costituzione, ovvero quando la norma venga a determinare situazioni di privilegio o di svantaggio in difetto di una giustificazione ragionevolmente desumibile da esigenze obiettive. (1) Cfr. sulla legittimit� delle norme che impongono oneri patrimoniali per determinati fini, Corte Cost. 22 dicembre 1964, n. 114, in questa Rassegna, 1964, I, 1014. . PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Nel caso in esame, mentre ovviamente non ricorre la prima ipotesi, � parimenti da escludere la seconda. �, infatti, agevole osservare che la facolt� del giudice di imporre la condizione in esame, risponde ad una apprezzabile esigenza di politica legislativa penale, in quanto costituisce uno strumento diretto, da un lato, a tutelare, con l'interesse della persona offesa, quello, pubblico, alla eliminazione delle conseguenze dannose. degli illeciti' penali e, dall'altro lato, a garantire che il comportamento del reo, successivamente alla condanna, si adegui concretamente a quel processo di ravvedimento, la cui realiz-zazione, come si evince dall'art. 164 c.p., costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena, ed � indubbiamente testimoniato, fra l'altro, dalla circostanza, di per s� rivelatrice, dell'effettuato risarcimento del danno. Ed � appena il caso di osservare che tutto ci� costituisce ragionevole giustificazione della fattispecie normativa in esame. 3. -D'altra parte, � da porre in evidenza che lo stesso art. 165, la cui legittimit� � qui in esame, riconosce al giudice il potere di subordinare o meno all'adempimento dell'obbligo del risarcimento del danno la sospensione condizionale della pena: ci� come effetto di una valutazione, motivata ma discrezionale, della capacit� economica del condannato e della concreta sua possibilit� di sopportare l'onere del risarcimento pecuniario. E tale valutazione pu� intervenire, secondo giurisprudenza della Corte di cassazione, sia nel momento del giudizio di condanna, sia anche nel momento successivo di incapacit� che sopravvenga entro il termine fissato per l'adempimento della condizione. 4. -Questi princ�pi forniscono chiaramente al giudice un mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico del reo, in funzione de.lle sue co'ndizioni economiche, ed escludono, pertanto, anche sotto questo profilo, la violazione dell'invocato principio di eguaglianza. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 50 -Pres. Bonifacio - Rel. O~gioni -Genovese (n.'c.). Sicurezza pubblica � Questua senza autorizzazione � Questua per motivi politici � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 3 ed altri; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 156). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza e ad altre norme fondamentali della Costituzione, la questione di legittimit� 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituzionale dell'art. 156 t.u. di p.s. (r.d. 18 giugno 1931, n. 773) che non consente l'autorizzazione di p.s. per le questue effettuate per motivi politici (1). (1) Cfr. Corte Cost. 2 febbraio 1972, n. 12, in questa Rassegna 1972, I, 15. CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 51 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Bertoldi (n.c.). Sicurezza pubblica -Riunioni pubbliche senza preavviso -Interventi verbali di chi ne sia a conoscenza -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost. art. 21; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18). Non � fondata, con riferimento alla libert� di manifestazione del pensiero, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 18, terzo comma, t.u. leggi di p.s. (r.d. 18 giugno 1931 n. 773) nella parte in cui punisce chi, nelle riunioni pubbliche o aperte al pubblico senza preavviso, prende la parola essendo a conoscenza della mancanza di preavviso (1). (1) Cfr. Corte Cost. 10 giugno 1970, n. 90, in questa Rassegna, 1970, I, 534. CORTE COSTITUZIONALE, 6 marzo 1975, n. 52 -Pres. Bonifacio - Rel. Rossi -Crocamo (n.c.). Procedimento penale -Reati punibili a querela -Proscioglimento per inca pacit� di intendere e volere -Condanna del querelante nelle spese Illegittimit� costituzionale. (Cost. art. 3; c.p. art. 382}. � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 382 codice di procedura penale nella parte in cui prevede la condanna del querelante alle spese del procedimento anticipate dallo Stato, anche nell'ipotesi di proscioglimento dell'imputato non imputabile perch� incapace d'intendere e di volere (1). ;-: f (1) Cfr. Corte Cost. 6 giugno 1974, n. 165, in questa Rassegna, 1974, I, 1042. i'. j: ! ;: 1: ' ~.,~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 279 (Omissis). -La Corte costituzionale � chiamata a decidere se contrasti o meno con il principio costituzionale d'eguaglianza l'art. 382 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede la condanna del querelante alle spese del procedimento anticipate dallo Stato nel ~aso l'imputato sia stato prosciolto perch� non imputabile per incapacit� di intendere e di volere. La questione � fondata. La norma impugnata, nel sancire, anche al fine di evitare liti teme rarie, la responsabilit� del querelante per il pagamento delle spese processuali nel caso l'imputato sia proRciolto, stabilisce giustificate ma tassative eccezioni qualora il proscioglimento avvenga per insufficienza di prove, per concessione del perdono giudiziale o per causa estintiva del reato sopravvenuta dopo la presentazione della querela. Tali ipotesi sono' rette da una ratio unitaria, che � quella di esentare chi ha esercitato il diritto di querela dalla responsabilit� in esame, quando l'assoluzione dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili al querelante, cui nessuna colpa pu� essere addebitata. Ove ricorrano tali estremi, contrasta con il principio d'eguaglianza la norma giuridica, come quella denunciata, che egualmente imponga la condanna alle spese processuali. � appena il caso di ricordare che, in applicazione del suddetto principio, la Corte ha gi� dichiarato l'illegittimit� parziale dell'art. 382 c.p.p., per. la responsabilit� corrispondentemente prevista nella ipotesi di querela contro ignoti per un r~ato realmente verificatosi (sentenza n. 165 del 1974). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 54 -P1�es. Bonifacio Rei. Gionfrida -Devoto (avv. Nigro). Corte dei Conti -Giudizi di responsabilit� -Componenti i Consigli di amministrazione delle Universit� -Limitazione al solo dolo o colpa grave Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 52 del r.d. 31 agosto 1933 n. 1592, che prevede la responsabilit� amministrativa dei Presidenti e Consiglieri di amministrazione delle Universit� per solo dolo o colpa grave (1). (1) Cfr. sulla legittimit� delle disposizioni limitative della responsabilit�, Corte Cost. 6 luglio 1972, n. 123, in questa Rassegna, 1972, I, 968. 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ci� in base alla considerazione, per un verso, del fatto che gli amministratori delle Universit� svolgono la loro attivit� gratuitamente (circostanza questa che, anche nel campo contrattuale privato, l'ordinamento non manca di valutare al fine di attenuazione della responsabilit�: v. artt. 1710, 1968 e.e.) e, per altro verso, dell'esigenza di adottare, nella specie, un metro unitario. di valutazione della responsabilit�, che tenga conto del fatto che nei consigli di amministrazione delle Universit� sono presenti soggetti (rappresentanti di enti e privati contribuenti al mantenimento dell'istituto, ex art. 10, r.d. 1923, n. 2102 cit., art. 10, r.d. 1933, n. 1592; rappresentanti di comuni e province, ex art. 2, r.d. 1937, n. 439) per i quali la legge non stabilisce alcun requisito di capacit� e da cui, quindi, non � coerentemente esigibile -nell'esercizio di una gestione economica e finanziaria, quale �, appunto, l'attivit� di amministrazione in questione -un grado massimo di diligenza. 5. -Le considerazioni da ultimo esposte -sulla peculiarit.~ della posizione dei componenti il Consiglio di amministrazione delle Universit� -danno, poi, contestuale giustificazione del particolare trattamento a tali soggetti riservato dalla norma impugnata, anche sotto il profilo del parallelo con � gli altri agenti contabili operanti nell'ambito della Universit��. Atteso che, nei confronti di questi ultimi, evidentemente, non ricorrono le esaminate condizioni (di gratuit� dell'attivit� ecc.), che giustificano -come detto -la attenuazione della responsabilit�, prevista per gli amministratori. -;--(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 55 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Crignola (avv. Parravicini) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Autoveicoli e autolinee � Assicurazione obbligatoria � Mancata obbligatoriet� per i trasportati � Esclusione di azione diretta � Illegittimit� costitu� zionale � Esclusione. (Cost., art. 3; 1. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 4) lett. e e 18). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 14, lettera e), e dell'art. 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, che esclude dall'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli a motore i terzi trasportati, per i quali, in ogni caso, viene esclusa l'azione diretta contro l'assicuratore (1). (1) Cfr. su tale questione in dottrina, MILITERNI, L'assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti, Jovene, Napoli, II ed., 350. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -1. -Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il tribunale di Como solleva, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 4, lett. c, e 18 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilit� civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), perch� non � prevista l'obbligatoriet� del contratto di assicurazione per i danni riportati dalle persone trasportate e perch� non � data a queste persone che abbiano riportate danno ancorch� coperto da assicurazione, azione diretta nei confronti dell'assicuratore. 2. -La questione, sotto entrambi i profili, non � fondata. C'� anzitutto da ricordare che la normativa denunciata, e pi� propriamente l'art. 1, comma terzo, della legge n. 990 del 1969 (che non � stato richiamato in modo specifico nell'ordinanza), trova riscontro nella Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959, all. II, n. 9, con cui ciascuna delle parti si � riservata di escludere dall'obbligo dell'assicurazione i danni causati alle persone trasportate dal veicolo che ha causato il danno in caso di trasporto a titolo gratuito o di cortesia; e che il legislatore italiano ha disciplinato la materia, relativamente alla circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, dei veicoli a motore senza guida di rotaie e relativamente alla copertura dell'assicurazione per la responsabilit� civile verso i terzi, disponendo che l'assicurazione deve comprendere �la responsabilit� per i danni prodotti alle persone trasportate dai veicoli destinati,a uso pubblico, dagli autobus destinati a uso privato e dai veicoli a uso privato da noleggiare con conducente, nonch� dai veicoli destinati al trasporto di cose che siano eccezionalmente autorizzati al trasporto di persone� (art. 1, comma terzo, cit.) ed escludendo quindi dall'assicurazione obbligatoria la responsabilit� civile per i danni prodotti alle persone trasportate dai veicoli diversi �da quelli indicati. E va ancora precisato che il giudice a quo, nel prospettare la questione, non si � soffermato sulla disparit� di trattamento che si � cosi venuta a determinare nell'ambito della categoria delle persone trasportate dai veicoli che hanno ad esse causato il danno, sibbene. e unicamente, sul fatto che dette persone non sono considerate terzi (art. 4, lett. c) e, non essendovi in relazione ai veicoli che le trasportano obbligo di assicurazione, non hanno azione diretta nei confronti dell'assicuratore (ed anche nel caso in cui abbiano riportato danno coperto da assicurazione volontaria). �Terzi�, invero, sono le persone a cui sia prodotto un danno per la circolazione di un veicolo senza guida di rotaie e che per ci� hanno diritto ad essere risarcite dal conducente e dal proprietario (o dall'usufruttuario o dall'acquirente con patto di �'iservato dominio) del veicolo, 284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO a sensi e per gli effetti di cui all'art. 2054 del e.e.; e tra codesti terzi proprio in base a tale norma non rientrano le persone trasportate. La legge n. 990 del 1969, che fa espresso riferimento all'articolo del e.e. ora ricordato, � stata introdotta nel sistema per garantire i diritti delle persone che abbiano subito un danno causato da un veicolo (o natante) a motore, mediante l'instaurazione di un regime d'assicurazione obbligatoria della responsabilit� civile verso terzi, e quindi l'assicurazione che copre il veicolo e per cui � posto legislativamente l'obbligo si riferisce di regola alla responsabilit� civile ex art. 2054 del e.e. Da ci� consegue che la situazione di fatto e giuridica della persona trasportata dal veicolo che ad essa ha causato il danno e quella del �terzo� risultano diverse. Ogni ragione di responsabilit� tra conducente del veicolo e persona trasportata che subisca un danno per fatto e colpa del conducente, infatti, si pone e si risolve nell'ambito del rapporto di trasporto (e resta a parte la possibilit� che ricorrano o concorrano profili di responsabilit� extracontrattuale), ed invece la seconda situazione � caratterizzata dalla normale estraneit� del terzo nei confronti del responsabile civile. Il danno sofferto dai �terzi� e quello subito dalle persone trasportate si ricollegano a differenti premesse: perch� stanno su piani diversi chi rimane estraneo alla circolazione del veicolo e non � in condizione, per circostanze di tempo e di luogo, di prevedere ed evitare il danno e chi, invece, partecipa alla circolazione del veicolo ed ha modo, usando l'ordinaria diligenza, di evitare o contenere il danno e comunque sa che, richiedendo o accettando il trasporto, pu� andare incontro a pericoli e danni derivanti dal fatto della circolazione del veicolo sul quale � trasportato, ed affronta scientemente i rischi del trasporto confidando o dovendo confidare sulla solvibilit� del vettore a cui si affida. La lamentata violazione del principio di eguaglianza, pertanto, non sussiste sotto il primo dei due profili indicati dal giudice a quo, perch� i terzi e le persone trasportate, a differenza di quanto assume il tribunale di Como, non versano nella stessa situazione di vittime della strada e di danneggiati, e comunque non � irrazionale che il legislatore abbia considerato non eguali le rispettive posizioni. D'altra parte, che per il risarcimento del danno sub�to la persona trasportata non abbia azione diretta contro l'assicuratore, si spiega agevolmente solo che si consideri che il fondamento della spettanza di codesta azione al terzo danneggiato non risiede nell'essere il rischio assicurato, (cosa questa che, come n�lla specie, pu� aversi in base ad un .espresso patto) ma nell'obbligatoriet� dell'assicurazione della responsabilit� civile come garanzia per il terzo, e quindi nello speciale regime instaurato con la legge n. 990 del 1969. E poi, la persona trasportata, PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 285 nell'ipotesi di assicurazione volontaria del rischio della responsabilit� civile, non viene a sopportare in proprio il danno che abbia subito, giacch� ha azione contro l'autore e questi, in quanto assicurato, ha diritto d'essere tenuto indenne, entro i limiti convenuti, da parte dell'assicuratore. Con la conseguenza, in base alle considerazioni che precedono, che non risulta costituzionalmente illegittima, sotto gli indicati profili, la disciplina della materia in atto vigente. Ci�, tuttavia, non esclude che questa possa, sul punto, essere modificata nel senso di una magg~ore estensione del campo di applicazione dell'assicurazione obbligatoria e vengano, cosi, a trovare soddisfazione le istanze al riguardo avanzate da pi� parti in sede di discussione ed approvazione della ripetuta legge n. 990 del 1969 ed allora non accolte in quanto si � ritenuto di dover introdurre il nuovo regime di assicurazione in modo graduale e di non poter rendere ancora pi� gravi gli oneri per l'assicurato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 56 � Pres. Bo'.liJ.ifacio � Rel. Trimarchi � Compagnia Tirrena Assicurazioni (avv. Fanelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Autoveicoli e Autolinee -Assicurazione obbligatoria � Mutamento del regime contrattuale � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 3; l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 3). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 34 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, che ha reso obbligatoria l'assicurazione contro la responsabilit� civile dei veicoli a motore (1) (Omissis). -4. � Resta, per ci�, da valutare nel merito solo la questione di legittimit� costituzionale del citato art. 34 in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione. Ma tale questione, sotto entrambi i profili, appare non fondata. Non si pu�, infatti, ritenere che la legge speciale, nel presupposto �che abbia reso obbligatorio un mutamento nel regime dei contratti (di assicurazione della responsabilit� civile per i danni causati dalla circo lazione dei veicoli) contro i principi di cui agli artt. 1325 e 1418 del e.e., e che non abbia quindi rispettato l'autonomia contrattuale, abbia (1) Sulla autonomia contrattuale in relazione all'art. 2 Cost., Cfr. Corte Cost. 28 marzo 1968, n. 16, in questa Rassegna 1968, I, 160. 286 'RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO violato l'art. 2 ~ della Costituzione, perch� tale disposizione � invocata senza alcun riferimento, sia pure implicito, ad altra disposizione della stessa Costituzione, e cosi a quelle degli artt. 41 e 42, e fra i diritti inviolabili dell'uomo solo in via generale tutelati dall'art. 2, non pu� farsi rientrare quello relativo all'autonomia contrattuale (sentenza n. 16 del 1968). D'altra parte non � sostenibile che dall'asserito mutamento nel regime dei contratti sia derivato solo un vantaggio per gli assicuratori e che per Qi� si avrebbe la violazione del principio di eguaglianza: l'eterointegrazione QOntrattuale si � verificata, nel caso in esame, con effetti nei QOnfronti di entrambe le parti contraenti, perch� alle QOndizioni generali di polizza approvate e .alle tariffe dei premi approvate o .stabilite a sensi degli artt. 11 e 14 della legge sono tenuti a sottostare (ed alla loro applicazione hanno diritto)��gli assicurati, ma anche le imprese assicuratrici (per le quali � prevista dall'art. 16, la possibilit� di revoca dell'autorizzazione ad esercitare l'assicurazione de qua qualora rifiutino proposte che siano loro presentate in conformit� della detta legge); perch~ tale legge non � ispirata ai :fini di privilegio ed � stata anzi dettata dalla necessit� di tutelare esigenze sociali particolarmente avvertite; e, . '*' , d'altronde, perch� la formazione delle tariffe dei premi � stata riportata al criterio obiettivo ed imparziale della �valutazione dei rischi e dei necessari caricamenti� (art. 11, comma secondo, della legge) secondo. le modalit� e di criteri stabiliti dal regolamento, e l'imposizione autoritativa di esse � intimamente collegata alla obbligatoriet� dell'assicurazione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 57 -Pres. Bonifacio - Rel. Rossano -Gumina (n.c.). Procedimento civile � Procura alle liti � Rinuncia da parte del difensore Mancata equiparazione alla contumacia � Illegittimit� Costituzionale EsclU$ione. (Cost., art. 3, 24; c.p.c. art. 85}. Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 85 del codice di procedura civile, nella parte in cui non equipara al contumace la parte rimasta senza difensore per rinuncia alla procura (1). (1) Cfr. sull'inefficacia della rinunzia finch� non sia avvenuta la costituzione � del difensore, Cass. 21 luglio 1972, n. 2499, in Prev. soc., 1973, 678, con nota. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIO~ALE (Omissis). -La questione di legittimit� costituzionale, sollevata nell'ordinanza di rimessione, concerne l'art. 85 c.p.c. -nella parte in cui dispone che � la revoca o la rinuncia non hanno effetto nei confronti dell'altra parte finch� non sia avvenuta la sostituzione del difensore� per violazione dei principi di eguaglianza e di diritto di difesa, sanciti rispettivamente dagli artt. 3, primo comma, e 24 della Costituzione. Secondo l'ordinanza -poich� a norma degli artt. 170 e 285 c.p.c. debbono notificarsi al procuratore, che ha rinunciato alla procura e non � stato sostituito, tutti gli atti, e, quindi, anche quelli tassativamente elencati nell'art. 292 c.p.c., da notificare personalmente al contumace -l'art. 85 citato violerebbe detti principi costituzionali, data la posizione � sostanzialmente eguale del contumace a quella della parte nel caso che il suo difensore rinunci alla procura�. La questione non � fondata. Invero non pu� condividersi l'affermata sostanziale equiparazione della situazione processuale del contumace a quella della parte costituita, nel caso di rinuncia del difensore, fino alla sostituzione dello stesso. Nei confronti della parte contumace l'attuale disciplina stabilisce preclusioni determinate dall'esigenza che la parte regolarmente costituita non risenta danno per il ritardo nello svolgimento del processo; e nel contempo contiene tale esigenza in previsti limiti a tutela del contumace in coerenza con il principio di eguaglianza. E a tale principio � inspirato l'art. 292 c.p.c., che prescrive la notificazione personale al contumace degli atti in esso tassativamente elencati, notificazione alla quale non � estraneo l'interesse della parte costituita, in relazione alla prova �e alla natura degli atti notificati. E a detto principio deve ricondursi l'art. 294, che ammette la rimessione in termini se il contuma(! e dimostri �che la nullit� della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o� che la costituzione � stata impedita da causa a lui non imputabile�. La revoca o la rinuncia alla procura, invece, attengono alla ben diversa situazione della regolare costituzione in giudizio della parte e dell'esigenza di un ordinato svolgimento del processo in coerenza con i principi dell'art. 24 della Costituzione, il quale -come questa Corte ebbe ad affermare ( sentenza 8 marzo 1957, n. 46) -col proclamare la difesa diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento rende concreto il diritto alla tutela in giudizio previsto dal primo comma dello stesso articolo; e per tali caratteri di inviolabilit� e concretezza (come questa Corte ribadl con la sentenza 16 marzo 1971, n. 47), il diritto di difesa deve essere inteso come potest� effettiva dell'assistenza tecnica e pro 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fessionale in qualsiasi processo e il compito del difensore ha importanza essenziale nel dinamismo dello svolgimento processuale, s� da essere considerato in dottrina e in giurisprudenza come un caso di rappresentanza legale. Tali considerazioni non vengono adeguatamente contestate nell'ordinanza di rimessione con l'obiezione che, nel caso di negligenza del difensore, il diritto di difesa si risolve in un diritto al risarcimento del danno di difficile attuazione. In vero il diritto di difesa non � garantito dalla Costituzione fino a rendere inefficaci le preclusioni che la negligenza pu� determinare, data la libert� di scelta che spetta alle parti, cosi come non pu� ritenersi che la Costituzione abbia assicurato alla parte una difesa piena di indulgenza per preclusioni che fossero causate da analoghe negligenze della Stessa ove le spettasse un jus postulandi. In proposito va aggiunto che la parte, ai sensi dell'art. 85 citato, ha l'onere di immediata sostituzione del difensore nelle ipotesi di revoca e di rinuncia del medesimo, e ci� anche nell'interesse della controparte di avere un contradittore ritualmente costituito; e che l'eventuale negligenza della parte non pu� certo indurre a far ritenere applicabili norme che disciplinano la situazione completamente diversa della contumacia, nella quale si prescinde da ogni indagine circa la negligenza della parte non costituita. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 58 -Pres. Bonifacio - Rel. Capalozza -Panati (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Reati e pene -Contravvenzione all'uso del demanio marittimo o aeronautico � Norma in bianco � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., artt. 25, 70; Cod. navigaz., art. 1164). Non � fondata, con riferimento al principio di legalit� e dell'esclusivit� del potere legislativo, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1164 del codice di navigazione, che punisce chi non osservi una disposizione legalmente data per l'uso del demanio marittimo o aeronautico (1). (1) Cfr. Corte Cost. 3 aprile 1969, n. 61, in questa Rassegna 1969, I, 406; 8 luglio 1971, n. 168, ivi, 1971, I, 1017. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 289 CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 60 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Ditta Capra (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Procedimento civile � Contumacia del convenuto -Divieto di declaratoria solo per nullit� della notifica � Illegittimit� costituzionale . Esclusione. (Cost., artt. 24, 3; c.p.c. art. 291). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale. dell'art. 291 del codice di procedura civile nella parte in cui vieta la declaratoria di contumacia solo quando si riscontrino vizi della notifica e non pure impedimenti di fatto (1). (1) Cfr. Corte Cost. 29 maggio 1968 n. 54, in questa Rassegna, 1968, I, 862. CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 61 -. Pres. Bonifacio - Rel. Gionfrida -Aiazzi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). Tribunali Amministrativi Regionali � Regione Sicilia � Limitazione della Competenza del T.A.R. � Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 125; l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 40). � costituzionalmente illegittimo,�con rife1�imento ai principi di eguaglianza e del doppio grado di giurisdizione, l'art. 40 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutivo dei Tribunali amministrativi regionali, nella parte in cui limita la competenza del T.A.R. della Sicilia alle materie indicate nell'art. 2, iett. a, e nell'art. 6 della legge stessa (1). � (1) Cfr. LucIFREDI e CAIANIELLo, I Tributi amministrativi regionali, Torino, 1972, 50. CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 62 -Pres. Bonifacio - Rel. Trimarchi -Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese) c. Presidente Regione Campania (avv. Spagnuolo Vigorita). Campania � Costituzione di nuovi Comuni � Audizione delle popolazioni interessate � Necessit� del referendum � Esclusione. (Cost., art. 133; St. Reg. Campania art. 60, l. reg. 13 febbraio 1974). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deila legge regionale della Campania 13 febbraio 1974, recante costituzione in Co 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mune autonomo della frazione di S. Marco Evangelista, non preceduta da �referendum� popolare consultivo (1). (1) Cfr. Corte Cost. 21 marzo 1969, n. 38, in questa Rassegna, 1969, I, 226. CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 64 -Pres. Bonifacio - Rel. Amadei -I.N.P.S. (n.c.). Lavoro -Lavoratori domestici -Assicurazione malattie � Condizione dell'inizio del lavoro da almeno sei mesi -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 38; l. 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di eguaglianza e di previdenza del lavoratore, l'�rt. 7 della legge 18 gennaio 1952, n. 35, nella parte in cui fa decorrere l'inizio dell'assicurazione -0bbligatoria domestici dal sesto mese di lavoro (1). (1) Cfr. Corte Cost. 9 giugno 1966, n. 44 e 1 marzo 1973 n. 23, in questa Rassegna, 1965, I, 860 e 1973, I, 485. CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 71 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Lafabiano (n.c.). Ordinamento giudiziario � Supplenza di Pretore impedito -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 25; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102). Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 102, primo comma, dell'ordinamento giudiziario, nella parte in cui consente al Presidente del Tribunale di provvedere, in caso di urgenza, alla supplenza di Pretori impediti (1). (1) Cfr. Corte Cost. 18 luglio 1973, n. 143, in questa Rassegna, 1973, I, 30. 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mune autonomo della frazione di S. Marco Evangelista, non preceduta da �referendum� popolare consultivo (1). (1) Cfr. Corte Cost. 21 marzo 1969, n. 38, in questa Rassegna, 1969, I, 226. CORTE COSTITUZIONALE, 12 marzo 1975, n. 64 -Pres. Bonifacio - Rel. Amadei -I.N.P.S. (n.c.). Lavoro -Lavoratori domestici -Assicurazione malattie � Condizione dell'inizio del lavoro da almeno sei mesi -Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3, 38; l. 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principi di eguaglianza e di previdenza del lavoratore, l'�rt. 7 della legge 18 gennaio 1952, n. 35, nella parte in cui fa decorrere l'inizio dell'assicurazione -0bbligatoria domestici dal sesto mese di lavoro (1). (1) Cfr. Corte Cost. 9 giugno 1966, n. 44 e 1 marzo 1973 n. 23, in questa Rassegna, 1965, I, 860 e 1973, I, 485. CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 71 -Pres. Bonifacio - Rel. Astuti -Lafabiano (n.c.). Ordinamento giudiziario � Supplenza di Pretore impedito -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 25; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102). Non � fondata, con riferimento al principio del giudice naturale, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 102, primo comma, dell'ordinamento giudiziario, nella parte in cui consente al Presidente del Tribunale di provvedere, in caso di urgenza, alla supplenza di Pretori impediti (1). (1) Cfr. Corte Cost. 18 luglio 1973, n. 143, in questa Rassegna, 1973, I, 30. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 291 CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 73 -Pres. Bonifacio - Rel. Oggioni -Lombardo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). Procedimento penale � Proscioglimento per mancanza di querela � Omesso interrogatorio dell'imputato � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 3, 24; c.p.p. art. 153, 398, 399). Non � fondata, con riferimento ai principt di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 152, 398 e 399 codice di procedura penale nella parte in cui prevedono non doversi procedere per mancanza di querela, senza interrogatorio dell'interessato (1). (1) Cfr. Corte Cost. 15 dicembre 1967, n. 151, in questa Rassegna, 1968, I, 11. CORTE COSTITUZIONALE, 25 marzo 1975, n. 74 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Saljihi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). Reato � Reati e pene � Presunzione di conoscenza della legge penale � Ille� gittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 2, 25; c.p. art. 5). Non � fondata, con riferimento alla tutela dei diritti inviolabili dell'uomo, la questione di legittimit� costituzionale deiz'art. 5 del codice penale, sulla presunzione assoluta di conoscenza dei-la legge penale (1). (1) Cfr. in dottrina, PAGLIARo, Legge penale; principi generali, Encicl. diz., vol. XXIII, 1040. CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1975, n. 81 -Prs. Bonifacio - Rel. Rossi -Presidente Regione Abruzzo (avv. Guarino) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). Regione � Consiglieri � Insindacabilit� penale � Componenti della Giunta � Sindacabilit�. (Cost., art. 122). Difetta di giurisdizione l'autorit� giudiziaria ad acce1�tare la penale 1�esponsabilit� dei consiglieri regionali (nella specie Abruzzo) per voti 292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO espressi in tale qualit�. Spetta, invece, agli organi giurisdizionali dello Stato procedere all'accertamento di eventuali responsabilit� dei compo1tenti la giunta regionale (1). (Omissis). -3. -Nel merito il ricorso della Regione risulta fondato nella� parte concernente il divieto di accertare la penale responsaiblit� dei consiglieri regionali che approvarono le citate delibere, consiliari. Per una adeguata interpretazione dell'immunit� sancita dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, occorre confrontare tale norma con le pi� ampie guarentigie concesse ai membri del Parlamento dell'art. 68 della Carta. Al fine di tutelare la piena indipendenza del Parlamento, in relazione all'altissima funzione ad� esso riservata, la Costituzione stabilisce che nessun membro del Parlamento pu� esser sottoposto a procedimento penale n� esser privato della libert� personale senza autorizzazione della Camera cui appartiene (art. 68, secondo e terzo comma, Cost.). All'ulteriore scopo di rendere pienamente libere le discussioni che si svolgono nelle Camere, per il soddisfacimento del superiore interesse pubblico connessovi, i parlamentari non sono responsabili per le opinioni espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni (art. 68, primo comma, Cost.). Siffatte eccezionali deroghe-all'attuazione della funzione giurisdizionale, considerate necessarie a salvaguardia dell'esercizio delle funzioni sovrane spettanti al Parlamento, risultano legittime in Quanto sancite dalla Costituzione. Le attribuzioni dei consigli regionali si inquadrano, invece, nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranit�. Cos� il legislatore costituente ha previsto all'art. 1'22, quarto comma, Cost., la non responsabilit� dei consiglieri regionali per le opinioni espresse ed i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. Le attribuzioni del consiglio regionale sono in parte disciplinate dalla stessa Costituzione e in parte dalle altre fonti normative cui la prima rinvia: spiccano tra esse la funzione _legislativa e di indirizzo politico. La irresponsabilit� in esa-. me 'comprende quindi certamente le opinioni ed i voti manifestati nell'esercizio delle-funzioni spettanti al Consiglio. Ritiene quindi questa Corte che la forma amministrativa che connota le deliberazioni consiliari del 26-27 luglio 1971 (assicurazioni con (1) Sulla questione, cfr., in dottrina, CACCIA VILLANI, Sull'immunit� dei consiglieri regionali e dei componenti la giunta regionale, Giust. pen., 1973, I, 116. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE nesse allo stato giuridico dei consiglieri regionali) non valga ad escludere l'irresponsabilit� di coloro che le adottarono nell'esercizio di competenza spettanti al Consiglio. Pertanto deve dichiararsi il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria procedente, che ha ritenuto di ravvisare, in quella votazione, gli elementi del reato di peculato. 4. -Diversa soluzione si impone in ordine alla pretesa immunit� dei membri della Giunta regionale. La norma invocata riferisce e limita l'irresponsabilit� dei consiglieri regionali alle opinioni espresse e ai voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. L'immunit� copre quindi esclusivamente quelle attivit� che costituiscono esplicazione di una funzione consiliare, per garantire, come sopra chiarito, l'autonomia del Consiglio. L'ipotizzata estensione alle funzioni della Giunta regionale contrasta sia con l'interpretazione letterale dell'art. 122 Cost., sia con la ratio dell'istituto. � appena il caso di ricordare che la contrapposizione tra funzioni della Giunta e funzioni del Consiglio risulta evidenziata dalla Costituzione, che all'art. 121 configura la Giunta quale organo esecutivo della Regione. Essa � ripresa da molteplici altre disposizioni tra cui possono particolarmente menzionarsi quelle che prevedevano, in taluni casi, la sospensione dei consiglieri dalle sole cariche di membri della Giunta regionale e non dalle funzioni di componenti il Consiglio regionale. La circostanza che i membri della� Giunta debbano essere scelti tra i consiglieri � irrilevante sia in relazione alla chiara formulazione dell'articolo 122, quarto comma, Cost. -che in quanto norma eccezionale deve essere interpretata rigorosamente -sia a cagione della natura funzionale dell'immunit� in esame, che � prevista a tutela delle funzioni riservate al Consiglio regionale. N� ha pregio la tesi della ricorrente. secondo cui dovrebbe riconoscersi ai membri della Giunta della Regione Abruzzo l'immunit� per i voti espressi con l'approvazione della citata delibera del 19 ottobre 1971, sotto il particolare profilo che essa venne adottata, in via provviso,ria, in base ad un decreto del Ministro del tesoro, emesso ex art. 15 della legge n. 281 del 1970: ch� anzi proprio tali disposizioni consentivano alla Giunta di poter deliberare spese indifferibili ed urgenti anche prima dell'istituzione della Commissione statale di controllo, ma soltanto sotto la sua responsabilit� e salva la successiva approvazione da parte della Commissione, la quale al contrario, nella specie, annull� la delibera. Pertanto il ricorso della Regione Abruzzo deve essere respinto nella parte in cui chiede si dichiari il difetto di giurisdizione dell'autorit� giudiziaria procedente per i voti dati dai membri della Giunta regionale con la citata delibera 19 ottobre 1971. -(Omissis). 294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 27 marzo 1975, n. 82 -Pres. Bonifaci� - Rel. :aenedetti -Grimaldi (avv. Sandulli, Fazzalari). Procedimento penale -Incidenti di esecuzione -Sequestro di film -Proscio glimento non passato in giudicato -Omessa restituzione del film Illegittimit� costituzionale. (Cost;, art. 21; c.p.p. art. 622, ultimo comma). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento alla libert� di pensiero, l'art. 622, ultimo comma, codice di procedura penale, limitatamente alla parte in cui -in ipotesi di sentenza di proscioglimento per mancanza di oscenit�, impugnata dal P. M. -non impone la restituzione del film sequestrato (1). (1) Cfr., Trib. Bologna, 2 febbraio 1973, Rass. diz. cinem., 1973, 36, con nota. CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 85 -Pres. Bonifacio - Rel. Oggioni -Ferrante (avv. Patrizi). Pensioni ordinarie -Giudizi davanti alla Corte dei Conti -Richiesta di fis sazione di udienza -Mancata avvertenza della decadenza -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6). � costituzionalmente illegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, l'art. 6 del r.d. 6 febbraio 1942, n. 5�, recante norme intese a semplificare e rendere pi� rapide le istruttorie dei ricorsi in materia di pensioni di guerra, nella parte in cui esclude per i' ricorsi in materia di pensioni ordinarie l'obbligo dell'� avvertenza> relativa alla decadenza in cui gli interessati incorrono ove lascino inutilmente trascorrere il termine stabilito dall'art. 75 del testo unico 12 luglio 1934, n. 1214 (1). (1) Cfr. Corte Cast. 1 marzo 1972 n. 38 e 23 luglio 1974 n. questa Rassegna, 1972, I, 183; 1974, I, 1339. 252, in b i:: ! t:: V V �� f !:: ~~~~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 295 CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 86 -Pres. Bonifacio Rei. Crisafulli -Presidente Provincia di Bolzano (avv. Coronas) c. Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Savarese). -;: l ,' Trentino-Alto Adige -Provincia di Bolzano -Tutela delle minoranze linguistiche tedesca e lodina � Nozione. Trentino Alto,Adige � Provincia di Bolzano � Normativa statale in materia di libert� sindacale � Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (St. Reg: Trentino A.A., art. 2; 1. 30 aprile 1969, n. 153). � estraneo al principio della tutela delle minoranze etniche tedesca e ladina della Provincia di Bolzano tutto quanto attiene alle materie della previdenza e assistenza sociale e della libert� sindacale sia dei dipendenti pubblici che di quelli privati, nei luoghi di lavoro (1). (1) Cfr. Corte Cost. 23 gennaio 1974, n. 13, in questa Rassegna 1974, I, 299, con nota. CORTE COSTITUZIONALE, 16 aprile 1975, n. 87 -Pres. Bonifacio - Rel. Volterra -Boschetti (avv. Ubertazzi) e Ministero Interno (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Cittadinanza � Donna sposata a cittadino straniero � Perdita della cittadinanza � Illegit~t� costituzionale. (Cost., art. 3, 29; 1. :L3 giugno 1912, n. 555, art. 10, comma terzo). � costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, tra i coniugi, l'art. 10, terzo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, nella parte in cui prevede la perdita della cittadinanza italiana, indipendentemente dalla sua volont�, per la donna che vada sposa a cittadino straniero (1). (1) Cfr., sulla questione, Trib. Napoli, 7 giugno 1972, in Riv. dir. lnternaz. privato, 1973, 144. 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 91 -Pres. Bonifacio -� Rel. Rocchetti -Lupardi (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. Avv. Gen. dello Stato Azzariti). Miniere -Miniere e cave -Inchieste infortunistiche -Accertamenti del Corpo delle miniere -Mancate garanzie di difesa -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, art. 55). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di 'Legittimit� costituzionale dell'art. 55 d.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, sulla disciplina delle inchieste infortunistiche demandata ai funzionari del Corpo delle miniere (1). (1) Cfr. Corte Cost. 22 maggio 1974, n. 145, in questa Rassegna, 1974, I, 847. CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 92 -Pres. Bonifacio -Rel. Rocchetti -De Castro (avv. Alessi) c. Istituti di Previdenza presso il Ministero del Tesoro (Sost. Avv. Gen. dello Stato Carafa). Pensioni -Pensioni civili -Pensioni ai sanitari -Retribuzioni da prendere a calcolo -Omessa inclusione degli aumenti nel corso dell'anno -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost.. artt. 36, 3; 1. 3 mag~io 1967, n. 315, art. 5). Non � fondata, con riferimento ai princ�pi di tutela della retribuzione e di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 della legge 3 maggio 19.67, n. 315, nella parte in cui non contempla che nella serie delle retribuzioni pensionabili annue, costituenti la pensione teorica degli iscritti alla Cassa per le pensioni di sanitari, sia inclusa anche la retribuzione effettivamente co1�risposta agli interessati alla data di � cessazione dal s�rvizio (1). (1) Cfr., in tema di trattamento di quiescenza inerente a situazioni che possono essere legittimamente differenziate con riferiemnti alla data di cessazione dal servizio, Corte Cost. 8 maggio 1973 n. 57, in questa Rassegna, 1973, I, 807. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 297 CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 93 -Pres. Bonifacio -Rel. Astuti -Bianchi (n.c.) c. Presidente dei Ministri (Sost. avv. Gen. dello Stato Carafa). Fallimento -Omessa o irregolare tenuta dei libri contabili -Sanzione pen~ le indipendente dal danno ai creditori -Illegittimit� costituZtonale � � Esclusione. (Cost., art. 3� r.d. ~6 marzo 1942, n. 267, �art. 217, secondo comma, 219, terzo comma). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 217, secondo comma, e dell'art. 21, terzo comma, della legge fall.imentare (r.d. 16 marzo 1942, numero 267) nella parte in cui prevedono, rispettivamente, la sanzione penale della reclusione e l'attenuante del danno di speciale tenuitd per la omessa o irregolare tenuta dei libri contabili.. indipendentemente dal danno ai creditori (1). (1) Cfr., nell'art. 217, Corte Cost. 27 giugno 1972, n. 110, in questa Rassegna, 1972, I, 929. CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 94 -Pres. Bonifacio -Rel. Reale -Filotecnica Salmoiraghi (n.c.). Fallimento -Opposizione allo stato passivo -Istruttoria delle cause da parte del giudice delegato -Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 101, 102, 108, 3, 24; r.d. 6 marzo 1942, n. 267, art. 98, 99). Non � fondata, con riferimento ai princ�pi dell'indipendenza del giudice, di eguaglianza e di difesa, la questione di legittimitd costituzionale degli artt. 98 e 99: della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267) che affidano al giudice delegato l'istruttoria delle cause di opposizione allo stato passivo (1). (Omissis). -Le questioni, nei termini in cui sono prospettate, non sono fondate sotto alcun profilo. (1) Cfr., sulla legittimit� costituzionale della partecipazione del giudice delegato all'istruzione e decisione delle cause di opposizione allo stato passivo, Corte Cost. 18 novembre 1970, n. 158, in questa Rassegna, 1970, I, 10.32. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per vero questa Corte, con sentenza n. 158 del 18 novembre 1970, ha gi� escluso che la partecipazione del giudice delegato alla istruzione e alla decisione delle cause di opposizione allo stato passivo comporti violazione dei precetti costituzionali dell'imparzialit� e dell'indipendenza del giudice, in base al rilievo che detta partecipazione, mentre. risponde all'esigenza di assicurare il rapido svolgimento ed il miglior rendiimento dell'attivit� giurisdizionale, non pu� pregiudicare la decisione del tribunale, giacch� l'appar~enenza del giudice delegato all'ordine giudiziario e le garanzie costituzionali che ne assistono lo stato giuridico lo pongono in grado di operare sempre con assoluta obbiettivit�. N� priva di rilievo appare la circostanza che la cognizione del giudice delegato nella prima fase del ptocedimento di verifica dei crediti, che si conclude con il decreto di approvazione dello stato passivo, sia sommaria e certamente non rispondente ai moduli ordinari. Infatti, nel vigente ordinamento processuale civile sono riscontrabili numerose disposizioni che, in relazione ad accertamenti effettuati con cognizione sommaria ed incompleta, affidano il riesame del .provvedimento allo stesso giudice che lo ha emesso o ad un organo giudiziario di cui fa parte. Nell'ambito della iegge fallimentare, � questo il caso del giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento e, nell'ambito del processo cilvile ordinario, fra gli altri, quello dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, e di convalida del sequestro. 3. -Quanto si � detto � rilevante anche ai fini dell'altro profilo, prospettato dal giudice a quo, secondo il quale la partecipazione del giudice delegato ai giudizi di opposizione allo stato passivo comporterebbe violazione del diritto di difesa del creditore non ammesso. Infatti una volta escluso che detta partecipazione pregiudichi la imparzialit� e la libert� della decisione non si vede quale pregiudizio possano risentire le parti private in ordine all'esercizio del diritto di difesa, posto che -com'� pacifico -nessuna limitazione � apposta dalla legge all'esplicazione della loro attivit� processuale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 95 -Pres. Bonifacio -Rel. Capalozza -Loseto (n.c.). Procedimento penale -Decreto di archiviazione � Richiesta di procedimento da parte del P. M. � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 3, 24, 25, 101; c.p.p. art. 74). Non � fondata, con riferimento ai princ�pi di eguaglianza, di difesa, di autonomia e precosti,tuzione del Giudice, la questione di legittimit� r ~~= t: ~::: \.. k I I ~~= �;:: PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 299 costituzionale dell'art. 74 ultimo comma, codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che il Procuratore della Repubblica pu� disporre che si proceda dopo il decreto di archiviazione del Pretore (1). (1) Cfr. Corte Cost. 1974 n. 300, in questa Rassegna, 1975, I. CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 96 -Pres. Bonifacio -Rel. Gionfrida -Vellino (n.c.). Procedimento penale -Esercizio dell'azione penale -Attivit� istruttoria del P. M. -Cumulo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 102, 25; c.p.p. art. 406, 389 a 397). Non � fondata, con rife1�imento ai princ�pi di autonomia del giudice e del giudice naturale, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 406 e 389 a 397 del codice di procedura penale, nella par~e i,,. cui consentono la concentrazione, nel P. M., dei poteri di promozione dell'azione penale e di quella di istruttoria sommaria (1). (Omissis). -La questione � sollevata dal giudice a quo sulla duplice premessa, per un verso, della natura di e organo non giurisdizionale � del p.m. (quale sarebbe confermata dai precetti costituzionali di cui agli artt. 108 e 112,'che vietano la concentrazione nel medesimo organo dell'iniziativa dell'esercizio della azione penale e della potest� di decisione sul giudizio cosi iniziato) e, per altro verso, della �natura giurisdizionale, iIWece, delle funzioni svolte dal p.m. nel procedimento di istruzione sommaria, quantomeno al momento in cui l'istruttoria culmina nella richiesta di citazione a giudizio �. Discenderebbe, appunto, da tali premesse la violazione: a) dell'art. 102 della Costituzione, in quanto la funzione giurisdizionale, nella specie, verrebbe, per quanto detto, esercitata da soggetto che non � giudice; b) dell'art. 25 della Costituzione, poich� l'assoggettamento dell'imputato al p.m. comporterebbe la sottrazione dell'imputato stesso al suo giudice naturale che, nella fase istruttoria del processo, � il giudice istruttore. 2. -La questione � infondata sotto entrambi i profili della sua prospettazione. (1) Cfr. Corte Cost. 27 novembre 1963, n. 148, Foro it. 1963, I, 1?81. 300 RA&SEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il pubblico ministero -anche se non � investito del potere decisorio onde non pu� qualificarsi giudice in senso stretto .,.._ �, comunque, anch'egli un magistrato, come dimostra la collocazione degli articoli della Costituzione che lo riguardano (in particolare da 104 a 107) nel titolo VI de � La Magistratura � e financo nella sez. I de � L'Ordinamento giurisdizionale ., L'esattezza dell'inquadramento del p.m. fra gli �organi della giurisdizione � in senso lato ha, del resto, gi� trovato conferma da parte di questa Corte, che, con sentenza n. 190 del 1970, ha tesrtualimente definito la posizione del (p.m. come quella, a!PP�unto, di un magistrato appartenente all'ordine giudiziario collocato in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere che � non fa valere interessi particolari ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge, persegundo fini di giustizia �. Da ci� driva che nel concetto di � giurisdizio:t;t.e � -quale contemplato nell'art. 102, che � il primo dei parametri costituzionali, di cui � dedotta la violazione -deve intendersi compresa non solo l'attivit� decisoria, che � peculiare e propria del giudice, ma anche l'attivit� di esercizio dell'azione penale, che con la prima si coordina in un rapporto di compenetrazione organica a fine di giustizia e che l'art. 112 dell~ Costituzione, appunto, attribuisce al pubblico ministero. Nell'esplicazione di tale potest� d'iniziativa, evidentemente, rientrano tutte le attivit� di natura istruttoria che il p.m. svolge, perch� necessarie alla acquisizione di elementi utili per porsi in grado di esercitare l'azione penale. Tali attivit� -proprio in quanto costituiscono esercizio di giurisdizione (in senso lato) da parte di un organo che �, comunque, un magistrato -risultano pienamente compatibili con il sistema delineato dalla Costituzione. Pertanto, le norme che le attivit� stesse contemplano (artt. 389 a 397 cod. proc. pen.) non constrastano con l'art. 102 della Costituzione citato. 3. -Tale ordine di considerazioni vale anche per la richiesta d~ emissione del decreto di citazione a giudizio, di cui all'art. 396 c�d. proc..pen. -sulla quale in particolar� modo si appuntano i rilievi del!' ordinanza di rimessione -poich�, invero, anche tale atto va ricondotto alla pQtest� dJi iniziativa tdiell'azione penale 1d'a parte idel 1P.m., della quale anzi rappresenta un momento tipico. J.'�"� pu� ritenersi sussistere un contrasto tra l'art. 396 cod. proc. pen. citato e l'art. 102 qella Costituzione sotto il profilo che la richiesta del p.m. travalichi la detta funzione di iniziativa per sconfinare nel campo dell'attivit� decisoria riservata al giudice: attesoch�, tale richiesta -se pur evidentemente implica una valutazione in senso logico delle prove raccolte -non per questo acquista natura decisoria, essendo diversa dal giudizio in senso tecnico, in quanto non contiene alcuna decisione sulla notitia criminis. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 301 4. -L'esaminato potere attribuito al p.m., di compiere in casi particolari (e sempre con le garanzie di legge) atti istruttori, neppure, infine, viola l'art. 25 della Costituzione: per la medesima ragione innanzi esposta che l'esplicazione di tali atti resta contenuta nella funzione (latamente giurisdizionale) di esercizio dell'azione penale e si arresta di fronte ad atti invece di contenuto decisorio, come il rinrvio a giudizio o il proscioglimento istruttorio (che il p.m. �, appunto, tenuto a richiedere all'organo giudicante), di fronte ai quali soltanto opera la garanzia costituzionale della precostituzione del giud,ice (v. anche la sentenza di questa Corte n. 148 del 1963). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 97 -Pres. Bonifacio -Rel. Gionfrida -Pasquinucci (n:c.). Procedimento penale -Istruttoria sommaria -Potere di avocazione del Procuratore Generale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 25; c.p.p. art. 392, ultima parte). Non � fondata, con riferimento al p1�incipio del giudice naturale, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 392 codice procedura penale, sul potere di avocazione dell'istruttoria somma1�ia da parte dei procuratore generale (1). (Omissis). -1. -Dispone l'art. 392 del codice di procedura penale, nella parte impugnata, che � il procuratore generale pu� avocare a s� !'.istruttoria sommaria ., . La legittimit� di tale norma � posta in dubbio, nelle ordinanze di rimessione, con riferimento esclusivo all'art. 25 della Costituzione (e non sotto altri profili), in base al rilievo che l'esercizio del potere di avocazione anzidetto realizzi, con la sottrazione dell'istruttoria (sommaria) al pubblico ministero (che l'ha iniziata e la conduce), violazione del precetto del giudice naturale. 2. -In tale prospetti�va, la questione � infondata. Con sentenza n. 148 del 1963, questa Corte -nel dichiarare non fondata, in riferimento al medesimo parametro costituzionale dell'art. 25, la questione, allora sollevata, di legittimit� dell'art. 234, primo comma, del codice di procedura penale, concernente il (parallelo ed analogo) potere del procuratore gen�rale di autoassunzione (ab initio) dell'istrut-:toria sommaria -ebb�, invero, in premessa ed a motivazione della soluzione adottata, a considerare, da un lato, che �l'esercizio di questa potest� non provoca spostamento da1 giudice istruttore alla Sezione (1) C:llr. Corte Cost. 29 apTHe 1'975 n. 86, retro 299. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istruttoria, della competenza ad emettere i provvedimenti giurisdizionali che possono essere necessari nel corso del procedimento > e, dall'altro, che la riserva di legge stabilita dall'art. 25, primo comma, della Costituzione non riguarda le competenze del pubblico ministero (il quale, non essendo titolare della potest� di giudicare), neppure pu� considerarsi giudice in senso tecnico. (Sul punto cfr. anche la sentenza n. 96 del 1975, depositata in pari data). Le considerazioni innanzi esposte valgono, puntualmente, anche in relazione al potere di avocazione del pro.curatore generale disciplinato e dall'art. 392 del codice di procedura penale denunziato, che -sotto il profilo (che, si ripete, � l'unico qui prospettato) di collisione con il principio costituzionale del giudice naturale -realizza una fattispecie complementare e sostanzialmente equivalente a quella prevista dal citato art. 234 c.p.p.; onde, al pari di questa e per le medesime esaminate ragioni, si sottrae alla formulata censura di incostituzionalit�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 98 -Pres. Bonifacio -Rel. Rocchetti -Costa (n.c.). Procedimento penale � Parte civile -Omessa elezione di domicilio � Inam missibilit� della costituzione di parte chile -Illegittimit� costitu zionale. (Cost., art. .3; c.p.p. art. 94, secondo comma). � �costituzionalmente iHegittimo, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94, secondo comma, codice di procedura penale nella parte in cui stabilisce la inammissibilit� della costituzione di parte civile per la omissione della elezione di domicilio, anzich� disporre che, a seguito e per effetto di tale omissione, gli atti del processo vadano alla stessa p(Lrte civile notificati nella cancelleria del giudice avanti al quale pende il processo. (Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione propone questione di legittimit� costituzfonale dell'art. 94, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che la costituzione di parte dvile deve contenere la indicazione dell'elezione di domicilio nel comune ove � in corso l'istruzione o il giudizio e, per il caso che tale indicazione sia omessa, commina la inammissibilit� della stessa costituzione. Tale inammissibilit� determina, per la parte civile, l'esclusione dalla partecipazione al giudizio; esclusione che, per l'art. 99 dello stesso (1) Cfr. sulla questione Cass. 5 maggio 1971, Di Tommaso, Cass. pen. 1971, 1168. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 303 codice, pu� poi essere dichiarata con ordinanza non impugnabili in qualsiasi stato del procedimento di primo grado, sino all'inizio della discussione finale nel dibattimento, con l'ulteriore implicita conseguenza che la costituzione non pu� pi� essere rinnovata se la esclusione � intervenuta oltre il termine massimo stabilito per la sua proposizione (cfr. art. 93, c.p.p.). La declaratoria di inammissibilit�, collegata alla mancata elezione di domicilio � sembrata al giudice a quo sanzione troppo grave e sproporzionata, anche perch� lo stesso adempimento, nel giudizio cilvile, viene configurato semplicemente come un onere della parte, tanto che la sua omissione produce la sola conseguenza di autorizzare la notifica degli atti presso la cancelleria del giudice avanti il quale pende il processo (artt. 366, 480, 638, 660, cod. proc. ci<v.). 2. -La questione � fondata. La norma denunziata, in effetti, risulta priva di razionalit�, perch� collega la produzione di un effetto grave ed irreparabile, quale l'esclusione dal giudizio penale della parte lesa costituita parte civile, alla mera omissione di un adempimento formale. Questa omissione, che certamente deve comportare per l'interessato qualche effetto negativo sulle modalit� di svolgimento del processo, senza compromettere la partecipazione della parte al giudizio, ha gi� trovato, nell'ordinamento processuale civile una semplice ed adeguata sanzione nel deposito in cancelleria dei vari atti da notific;::iz:si :� la stessa sanzione, ad avviso della Corte, pu� essere certamente applicata anche all'istituto della costituzione di parte civile, senza alterare la peculiare situazione processuale che si realizza con l'inserimento dell'azione civile nel processo penale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 99 -Pres. Bonifacio - Rel. Reale -Esposito (n.c.). Patria potest� � Comunicazione giudiziaria � Omessa notifica anche all'esercente la patria potest� � Illegittimit� Costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.p. art. 304) � costituzionalmente illegittimo, con riferimento ai principio di difesa, l'art. 304 cod. procedura penale neHa parte in cui non preveqe che la comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penale a carico di imputato minorenne, sia inviata anche aH'esercente la patria potest� o la tutela su di lui {1). (1) Cfr. Corte Cost., 1970, n. 190, in questa Rassegna, 1971, I, 14. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 29 aprile 1975, n. 100 -Pres. Bonifacio - Rel. Reale -Crea (n.c.). Procedimento penale -Comunicazione giudiziaria -Notifica col servizio postale � Illegittimit� costituzionale � Esclusione. (Cost., art. 24; 1. 15 dicembre 1972, n. 773, art. 3). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 15 dicembre 1972 n. 773, sostitutivo dell'art. 304 codice di procedura penale, nella parte in cui prescrive che la comunicazione giudiziaria del procedimento venga effettuata a mezzo del servizio postale. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE I CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 3 luglio 1974, nella causa 9/74 -'Pres. Lecourt -Rel. Donner -Avv. gen. Warner Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bayerisches Verwaltungsgericht nella causa Casagrande (avv. Del Vecchio) c. Citt� di Monaco (avv. Goltz) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Karpenstein), Pubblico ministero presso il Bayerisches Verwaltungsgericht (dr. Walter), e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Zagari). Comunit� europee -Lavoratori migranti -Figli studenti -Parit� di trattamento -Portata. (Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 12). L'art. 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, stabilendo che i figli di un cittadino di Uno Stato membro che lavori o abbia lavorato sul territorio di un altro Stato membro sono ammessi a frequentare le scuole � alle stesse condizioni previste per i cittadini � del Paese ospitante, si riferisce non solo alle condizioni di ammissione, ma; in generale, a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la frequenza dell'insegnamento (1). II CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 29 gennaio 1975, nella causa 68/74 -Pres. Lecourt -Rel. Donner -Avv. gen. Warner Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta.dal Tribunale amministrativo di Lione nella causa Alaimo c. Prefetto del dip. del Rodano -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Jonczy) e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Zagari). Comunit� europee -Lavoratori migranti -Figli studenti -Parit� di trattamento -Portata. (Regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, art. 12). L'art. 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, deve esse1�e interpretato nel senso che garantisce agli studenti di tutti i (1-2) Le due decisioni costituiscono ulteriore espressione di un deciso orientamento della Corte di giustizia, volto a rendere concreto ed effet 2 306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Paesi membri la parit� assoluta di frequenza e non solo l'accesso indiscriminato agli istituti scolastici (2). I (Omissis). -In diritto. -Con provvedimento 14 dicembre 1973, pervenuto in cancelleria 1'11 febbraio 1974, il Bayerisches Verwaltungsgericht (Tribunale amministrativo) di Monaco di Baviera ha sottoposto a questa Corte in via pregiudiziale, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione concernente l'interpretazione dell'art. 12 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, sulla libera cir' colazione dlei lavoratori all'interno d�lla Comunit�. A termini di tale provvedimento, l'attore nella causa principale, cit tadino italiano e figlio di un lavoratore italiano gi� occupato nella Re pubblica Federale Tedesca, ha frequentato nell'anno scolastico 1971-1972 dei corsi di insegnamento secondario a Monaco di Baviera e reclama dalla citt� di Monaco, convenuta nella causa principale, un sussidio pari a 70 d.m. mensili, previsto dall'art. 2 della legge bavarese sui sussidi scolastici individuali (Bayerisches Ausbildungsforderungsgesetz). Tale sussidio gli � stato negato in quanto, in forza dell'art. 3 della legge sud detta, esso spetta unicamente ai cittadini tedeschi, agli apolidi, ed ai profughi politici. Il giudice proponente chiede, pertanto, se tale norma sia compatibile con l'art. 12, n. 1, del regolamento n. 1612/68. Come si evince dall'art. 177, la Corte non � competente a statuire sull'interpretazione o sulla legittimit� di una norma di diritto interno. Essa, per�, pu� interpretare l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 e sta tivo il divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalit�. Sulla portata del regolamento del' Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 cfr.: Corte di Giustizia, 15 ottobre 1969, nella causa 15/69, UGLIOLA, Racc., 363, e Foro it., 1969, IV, 147; 13 dicembre 1972, nella causa 44/72, MARSMAN, Racc., 1243, e Foro it., 1973, IV, 32; 11 aprile 1973, nella causa 76/72, MICHEL S., Racc., 457, e Foro it., 1973, IV, 155; 28 maggio 1974, nella causa 187/73, CALLEMEYN, in motivazione, Racc., 553, e in questa Rassegna, 1974, I, 863, con nota di MARZANO, Le prestazioni previdenziali e assistenziali come �vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2 del regolamento del Consiglio CEE 15 ottobre 1968, n. 1612. ' Altre questioni di interpretazione degli artt. 7 e 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612 sono gi� all'esame della Corte di giustizia su rinvio pregiudiziale, rispettivamente, della Corte di appello di Parigi (causa 32/75) e del Tribunale del lavoro di Nivelles (causa 7/75). Da segnalare le affermazioni di principio contenute nell'ultima parte della prima sentenza in rassegna, sulla irrilevanza della fonte �dei provvedimenti applicabili in favore dei lavoratori migranti. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE bilire se esso si applichi o meno ai sussidi del genere di quelli di cui alla fattispecie. Secondo tale articolo, �i figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi di insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono�, e gli Stati membri sono tenuti ad incoraggiare � le iniziative intese a permettere a questi giovani di frequentare i predetti corsi nelle migliori condizioni�. Come indica il 5� punto della motivazione, il regolamento n. 1612/68 � stato adottato, fra l'altro, in considerazione del fatto che �il diritto di libera circolazione richiede, perch� esso possa essere esercitato in condizioni obiettive di libert� e di dignit�, ... che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia e le condizioni d'integrazione della famiglia nella societ� del Paese ospitante�. Questa integrazione implica, nel caso del figlio di un lavoratore straniero che voglia accedere alle scuole di istruzione secondaria, che egli possa fruire, alla stessa stregua dei cittadini del Paese ospitante, dei vantaggi previsti dalle leggi interne di questo Paese al .ne di promuovere l'istruzione. L'art. 12, come risulta dal secondo capoverso -secondo cui gli Stati membri incoraggiano le iniziative intese a permettere agli studenti in questione di frequentare i corsi di insegnamento nelle migliori condizioni -mira a favorire iniziative specifiche, onde mettere in grado i figli dei lavoratori stranieri di profittare su un piede di parit� dell'istruzione e dei mezzi di preparazione culturale e professionale disponibili. Pertanto, stabilendo che essi possono accedere alle scuole �alle stesse condizioni� dei cittadini del Paese ospitante, tale norma contempla non solo le disposizioni relative all'ammissione; ma, in generale, tutti i provvedimenti miran~i a facilitare la frequenza dell'insegnamento. Il pubblico ministero presso il Tribunale amministrativo, interve niente nella causa principale, assume che il settore dell'istruzione e della preparazione professionale rientra nella competenza degli Stati membri. Poich� nella Repubblica Federale Tedesca la pubblica istruzione � ge stita; per la maggior parte, dai Lander, sarebbe opportuno chiedersi se l'art. 12 non si applichi solamente ai provvedimenti adottati dal potere legislativo centrale, ma anche a quelli emananti dalle autorit� d'un Paese membro di uno stato federale o da altri enti locali. Bench�, a norma del Trattato, il settore dell'istruzione e della pre parazione professionale non rientri, di per se stesso, nella competenza RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle istituzioni comunitarie, ci� non significa che l'esercizio dei poteri conferiti alla Comunit� debba essere, in qualche modo, limitato quando possa aver ripercussioni sui provvedimenti adottati nel settore in questione. In particolare, i capitoli I e II del titolo III del Trattato recano numerose disposizioni la cui applicazione pu� eventualmente incidere sulle disposizioni nazionali in materia. Per quanto riguarda l'art. 12 del regolamento n. 1612/68, bench� spetti alle autorit� competenti in virt� del diritto interno il compito di stabilire le condizioni ivi c�ntemplate,. queste vanno tuttavia applicate, indiscriminatamente nei confronti tanto dei figli dei cittadini del Paese ospitante, quanto dei figli dei lavoratori provenienti da un altro Stato membro. Inoltre, poich� i regQlamenti, ai termini dell'art. 189 del Trattato, hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi ed hanno efficacia immediata in ciascuno degli Stati membri, poco importa che i provvedimenti in questione siano adottati dal potere centrale, dal Governo di un Paese membro di uno Stato federale, o comunque da autorit� competenti in virt� del diritto nazionale. (Omissis). II (Omissis). -In diritto. -Con sentenza 5 settembre 1974, pervenuta in cancelleria il 16 dello stesso mese, il Tribunale amministrativo di Lione ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione concernente l'interpretazione dell'art. 12 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunit� (G.U. numero L 257). Dal fascicolo risulta che l'attore nella causa di merito ha chiesto l'annullamento della decisione del Prefetto del Rodano, con cui veniva respinta la richiesta di una borsa di studio dipartimentale a favore della propria figlia, per il fatto che � il Consiglio generale del dip. del Rodano � ... ha deciso di limitarne la concessione ai soli studenti di nazionalit� francese�. Posto che l'art. 12 summenzionato dispone che �i figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato nel territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi di insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle'stesse con dizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono �, si chiede se questa parit� di trattamento si limiti alla possibilit� di frequentare gli istituti scolastici o si estenda a tutti i diritti connessi con la frequenza. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 309 Dal quinto considerando del regolamento n. 1612/68 si desume che esso � stato adottato fra l'altro per il fatto �che il diritto di libera circolazione richiede, perch� esso possa essere esercitato in condizioni obiettive di libert� e di dignit�, ... che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilit� dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia e le condizioni d'integrazione della famiglia nella societ� del paese ospitante �. Dalla sentenza della Corte 3 luglio 1974 nella causa 9/74 (Racc., pag. 773) si conclude che questa integrazione implica che anche il figlio di un lavoratore, cittadino di un altro Stato membro, possa continuare gli studi, alla stessa stregua dei cittadini del paese ospitante, fruendo dei vantaggi previsti dalle leggi interne di questo paese per gli studenti meritevoli. Nella sentenza � stato affermato per diritto che �l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 si riferisce non solo alle condizioni di ammissione, ma, in generale, a tutti i provvedimenti miranti a facilitare la freq�enza all'insegnamento�. Il presente procedimento avente ad ogge~to un caso analogo non ha messo in luce alcuna circostanza di fatto o di diritto atta ad indurre ad una diversa interpretazione di tale disposizione. Il quesito va quindi risolto nel senso che l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 dev'essere interpretato nel senso che garantisce agli studenti di tutti i paesi membri la parit� assoluta di frequenza e non solo l'accesso indiscriminato agli istituti scolastici. -(Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 13 novembre 1974, nella causa 39/74 -Pres. Lecourt -Rel. Monaco -Avv. gen. Reischl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale del Lavoro di Liegi nella causa Costa (avv. Jadin) c. Stato belga (avv. Bovy) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Koch e avv. Jonczy) e Governo italiano (ag. Maresca e avv. Stato Zagari). Comunit� europee -Lavoratori migranti -Previdenza sociale -Sussidi di invalidit� contemplati da norme interne � Diritto soggettivo alla riscossione -Costituiscono prestazioni previdenziali. (Trattato CEE, artt. 48-51; regolamen~o del Consiglio 25 settembre 1953. n. 3, artt. 1, lett. b, e 2, nn. 1, 2, e 3; legge belga 27 giugno 1969). Una legislazione nazionale che preveda in favore delle persone cui si 1�iferisce il regolamento del Consiglio 25 settembre 1958, n. 3 un 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diritto soggettivo a riscuotere gli assegni per i minorati rientra nell'ambito della previdenza sociale, disciplinata dall'art. 51 del trattato CEE e dalle sue norme di attuazione (1). (Omissis). -In diritto. --:-Con sentenza 29 marzo 1974, pervenuta in cancelleria il 5 giugno 1974, il Tribuna! du Travail di Liegi ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, alcune questioni pregiudiziali verte!lti sull'interpretazione d'alcune norme del regolamento del Consiglio n. 3, relativo alla previdenza sociale dei lavoratori migranti, e del regolamento del Consiglio n. 1612/68, relativo alla libera circolazione dei lavoratori nell'ambito della Comunit�. Le questioni sono state sollevate nel corso d'un procedimento instaurato da una cittadina italiana, sposata con un belga e residente in Belgio dal luglio 1956, contro lo Stato belga che le aveva negato l'assegno per i minorati, previsto dalla legge 27 giugno 1969. Il rifiuto era stato motivato con l'affermazione che l'interessata non possedeva i requisiti contemplati dall'art. 2 dell'accordo provvisorio europeo 11 novembre 1953, unico testo normativo cui essa, nella propria qualit� di straniera, (1) Il criterio di differenziare �previdenza � e � assistenza � in ragione della consistenza della posizione giuridica riconosciuta agli interessati pu� dirsi oramai consolidato. Da ultimo, cfr.: Corte di giustizia, 9 ottobre 1974, nella causa 24/74, BIASON, Racc., e in questa Rassegna, 1974, I, 1385, con nota di richiamo ai preced~nti. Da rilevare che anche nella decisione in rassegna la Corte di giustizia ha ritenuto assorbita, nella riconosciuta natura previdenziale delle prestazioni in discussione, e secondo lo stesso criterio gi� adottato nella sentenza 22 giugno 1972, nella causa 1/72, FRILLI (Racc. 457, e Foro it., 1972,-IV, 181), la necessit� di valutare se le prestazioni potessero essere qualificate �vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612; ma la giustificazione di tale criterio con riferimento, nell'ultima parte della motivazione, all'ordine di quesiti proposti dal giudice del rinvio risulta in effetti solo formale, quando si consideri che l'opposto ordine dei quesiti rivolti nella richiamata causa 1/72 (nella quale si chiedeva se una determinata prestazione costituisse un �vantaggio sociale� e, in via gradata, se fosse da qualitrcare prestazione � previdenziale � o � assistenziale �) indusse invece la Corte ad esaminare prima la seconda questione proposta, per escludere poi la necessit� di esaminare la prima. Sulla pi� assorbente e decisiva rilevanza, invece, di una opposta valutazione, cfr.: MARZANO, Le prestazioni previdenziali e assistenziali come � vantaggi sociali� ai sensi dell'art. 7, n. 2 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, in questa Rassegna, 1974, I, 864, ed in particolare a pag. 867 e segg. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 311 avrebbe potuto richiamarsi per, pretendere parit� di trattamento con cittadini belgi. Con la prima questione si chiede � se le norme relative agli assegni per i minorati (legge 27 giugno 1969) costituiscano o meno un regime d'assistenza sociale, che rientri nella sfera d'applicazione, �ratione materiae �, del regolamento n. 3, art. 2, n. 3 �. Secondo quanto stabilito dal suo art. 1, lettera b), il regolamento n. 3 si applica a tutte le legislazioni degli Stati membri che concernono �i regimi e i rami della sicurezza sociale � previsti ai nn. 1 e 2 del1' art. 2 del regolamento medesimo. , Esso non � invece applicabile, come risulta dal suo art. 2, n. 3, alla �assistenza sociale e sanitaria�. Bench� per applicare il suddetto regolamento sia quindi necessario distinguere fra regimi di previdenza e, rispettivamente, d'assistenza sociale, non si pu� del tutto escludere che, in relazione alla cerchia dei suoi destinatari, ai suoi scopi ed alle sue modalit� d'applicazione, un regime presenti talora aspetti sia dell'una, sia dell'altra categoria, rendendo cosi impossibile qualsiasi classificazione generale. Se, in base a talune loro caratteristiche, le norme sulla concessione di assegni ai minorati sono affini alle norme concernenti l'assistenza sociale (in particolare perch� considerano lo stato di bisogno come criterio essenziale d'applicazione e prescindono da qualsiasi riferimento a periodi d'attivit� lavorativa, d'iscrizione o di contribuzione), d'altra parte, esse possono venir assimilate alla previdenza sociale nella misura in cui, abbandonato il principio dell'apprezzamento discrezionale, proprio dell'assistenza, conferiscono agli interessati diritti soggettivi. Data l'ampiezza della cerchia dei destinatari, tali norme assolvono in pratica una duplice funzione, consistente nel garantire sia un minimo di mezzi di sussistenza ai minorati che non beneficiano d'alcun sistema di previdenza sociale, sia un reddito complementare agli assicurati della previdenza sociale colpiti da incapacit� lavorativa permanente. Come s'evince dal suo art. 2, n. 1, lettera b), il regolamento n. 3 s'applica a tutte �le prestazioni per invalidit�, comprese quelle destinate a conservare o migliorare le capacit� di guadagno�. L'art. 1, lettera s), del citato regolamento fornisce del termine � prestazione � la definizione pi� ampia, che ingloba tutte le prestazioni �ivi compresi tutti gli elementi a carico dei fondi pubblici, le maggiorazioni, assegni di rivalutazione o assegni supplementari�. Di conseguenza, una norma interna che attribuisca un diritto soggettivo alla riscossione d'un assegno per minorati rientra, per quanto concerne le persone cui si riferisce il regolamento n. 3, nel campo della previdenza sociale, disciplinata dall'art. 51 del Trattato e dalle norme comunitarie adottate in esecuzione del medesimo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO <:;on la seconda questione si chiede, in caso di soluzione negativa della prima, se gli assegni per i minorati costituiscano un vantaggio sociale, ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68. Dal provvedimento di rinvio risulta che tale questione avrebbe assunto rilievo solo nel caso in cui la Corte avesse statuito che l'art. 2, n. 3, del regolamento n. 3 non si applica alle norme in esame. Nella fattispecie � stato deciso altrimenti e la seconda questione viene pertanto� a cadere. -(Omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 23 gennaio 1975, nella causa 31/74 -Pres. Lecourt -ReZ. Mertens .de Wilmars - Avv. gen. Warner -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Roma nel procedimento penale nei confronti di Filippo Galli (avv. M.S. Giannini, Capelli e Ubertazzi) -Interv.: Commissione delle Comunit� europee (ag. Maestripieri) e Governo italiano (avv. Stato Zagari). Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazio:pi comuni dei mercati � Processo di formazione dei prezzi � Competenza degli Stati membri � Esclusione. (Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; d.l. 24 luglio 1973, n. 425; d.l. 24 luglio 1973, n. 427). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati � Normativa nazionale suscettibile di alterare il processo di formazione �lei prezzi � Incompatibilit� con la normativa comunitaria. (Trattato CEE, art. 40, n. 2, lett. e; regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120; d.l. 24 luglio 1973, n. 425; d.l. 24 luglio 1973, n. 427). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazioni comuni dei mercati nei settori dei cereali e dei grassi � Libera circolazione delle merci � Garanzia � Fonte � Efficacia diretta. (Regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136; regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120). Nei settori disciplinati da un'organizzazione comune di mercato, specie quando taZ� organizzazione poggia su un regime comune dei prezzi, gli Stati membri non possono pi� intervenire unilateralmente con norme PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 313 interne nel processo di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione comune (1). ' Il regime nazionale che, bloccando i prezzi ed esigendo per le variazioni dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dalle organizzazioni comuni dei mer (1-3) Normativa comunitaria e disciplina nazionale dei prezzi. Le notevoli affermazioni di principio della sentenza in rassegna, sopra riprodotte nella sintesi risultante dal dispositivo, destano serie perplessit�, per il contrasto in cui si pongono con la� normale e costante attivit� normativa esercitata, da tutti gli Stati membri, per la disciplina dei prezzi e con le stesse risoluzioni adottate dal Consiglio CEE per l'adozione di misure anti-inflazionistiche; ed � certo sintomatico che sia la Commissione delle Comunit� europee sia lo stesso avv. gen. Warner si foss.ero pronunciati in senso .contrario. La diversa funzione adempiuta dalla disciplina nazionale dei prezzi rispetto a quella dei � prezzi comunitari � (prezzo indicativo, prezzo d'intervento, e prezzo minimo garantito) e le differenti finalit� che ciascun sistema � volto a conseguire inducono del resto ad escludere a priori pregiudizievoli interferenze tra i due corrispondenti regimi normativi, o quantomeno a contenere una possibile incidenza della disciplina nazionale dei prezzi nei soli limiti in cui tale regolamentazione risultasse sproporzionata rispetto allo scopo anticongiunturale e tale, comunque, da imporre prezzi inferiori a quelli di intervento: limiti che con i provvedimenti nazionali in discussione, a prescindere anche dalla portata della deroga espressamente contemplata relativamente ai � beni i cui prezzi sono assoggettati ad altra disciplina �, non erano stati certo superati. Anche per i prezzi all'ingrosso, cio�, una incompatibilit� della disciplina nazionale con la normativa comunitaria sembra potersi ipotizzare nei soli limiti in cui ne risultassero compromessi gli obbiettivi ed il funzionamento dell'organizzazione comune di mercato, secondo il criterio enunciato dalla Corte di giustizia a proposito della regolamentazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, e quindi senza escludere a priori una competenza normativa degli Stati membri. Diversamente, se cio� la sola possibilit� di incidenza sulla formazione dei prezzi all'ingrosso costituisse fattore utile ad escludere ogni competenza normativa degli Stati membri, non solo dovrebbe un'analoga preclusione affermarsi anche relativamente ai prezzi del commercio al minuto (la cui limitazione pu� incidere negativamente sulla libera circolazione dei prodotti quanto quelle relative ai prezzi all'ingrosso), ma lo stesso criterio andrebbe adottato per qualsiasi provvedimento di diritto interno comunque suscettibile di una tale incidenza, e quindi anche per quelli adottati in materia tributaria o volti a disciplinare l'esercizio dell'attivit� agricola, l'impiego della mano d'opera, l'incidenza degli oneri aziendali e previdenziali, la utilizzazione dei macchinari, le tariffe dei trasporti, la distribuzione ed il commercio dei prodotti; con la inaccettabile conseguenza che gli Stati membri verrebbero ad essere privati anche di quelle competenz� normative in ordine alle quali nessun conferimento � stato -disposto, con le norme del Trattato, in favore delle Istituzioni comunitarie. 314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cati nei settori dei grassi e dei cereali � incompatibile con i regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136 e 13 giugno 1967, n. 120 (2). I regolamenti del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136 e 13 giugno 1967, n. 120 garantiscono nei settori di mercato considerati, con efficacia diretta a favore dei singoli, la libera circolazione delle merci, in Nella decisione in rassegna, inoltre, non appare adeguatamente considerato che la effettiva efficacia di una disciplina dei prezzi, quando abbia, come nella specie, finalit� anti-inflazionistiche, � necessariamente condizionata alla imprevedibilit�, immediatezza e repentinit� dei relativi provvedimenti (quali sono appunto garantite, nel nostro ordinamento, con il ricorso al decreto-legge), e che anche il �breve termine> entro il quale sarebbe possibile, secondo la Corte di giustizia, ottenere autorizzazioni o provvedimenti comunitari risulterebbe di fatto sufficiente a pregiudicare l'efficacia stessa dei provvedimenti ed a compromettere, di conseguenza, l'effettivo conseguimento di un utile risultato; ed � certo che la concreta efficacia sia dei provvedimenti del 1973 sia di quelli del 1974 (anch'essi autorizzati a posteriori, ;a segmto di dispendiose quanito notorie wattatdvie a livello comunitario, e certamente non in � breve termine �) sarebbe risultata compromessa se si fosse fatto ricorso alla procedura preventiva indicata dalla Corte di giustizia. Gi� in via di principio, del resto, � difficile negare agli Stati membri la possibilit�, quando eccezionali circostanze lo richiedano, di un diretto ed immediato intervento; cos� come appare quantomeno discutibile la limitata portata attribuita, nella sentenza in rassegna, all'art. 103 del Trattato, specialmente quando si abbia riguardo alla specialit�, della disposizione e si consideri, per l'utile argomentazione che se ne desume, che la previsione, nei regolamenti sul mercato agricolo, di clausole di salvaguardia � stata ritenuta inidonea ad escludere l'applicabilit� dell'art. 226 del Trattato (Corte di giustizia, 11 febbraio 1971, nella causa 37/70, Racc., 23). Certamente, la decisione richiederebbe un approfondito commento, dal quale pu� tuttavia prescindersi, in questa sede, anche in considerazione del fatto che la vertenza si riferisce a provvedimenti di diritto interno che hanno oramai esaurito i loro effetti. Non pu� non essere rilevato, peraltro, che la decisione evidenzia ancora una volta come il procedimento incidentale di � interpretazione � sia venuto assumendo col tempo, attraverso l'evoluzione della giurisprudenza comunitaria e la stessa impostazione dei quesiti rivolti dai giudici nazionali, lo stesso sostanziale contenuto del procedimento di infrazione, risolvendosi in effetti, con alterazione della originaria funzione, in un rimedio peir suprplire all'eve<Illtual�e marr1canza di iniziativa dielile �Compertenti Isitiituzioni comunitarie, ed in un mezzo per sindacare, al di fuori dello schema e .delle finalit� sue proprie, ed anche in dissenso, come nella specie, con le competenti Istituzioni comunitarie, il comportamento degli Stati membri. Estranea aillla competenza de1la Corte di �giustizi1a sembreiriebbe, :iJn paJ"tiicolwe, �l'affermazdone secondo cui �i 1singoli, sorttoposrti ai regolamenti comunitari, non sono perci� tenuti ad osservare eventuali misure unilaterali adottate dagli Stati in tale materia �, dovendo ogni eventuale contrasto della disciplina nazionale con la normativa comunitaria essere eliminato con i mezzi offerti da ciascun ordinamento interno PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 315 particolare mediante la soppressione delle restrizioni quantitative e di qualsiasi misura di effetto equivalente (3). (Omissis). -In diritto. -Con ordinanza 26 aprile 1974,. pervenuta in cancelleria il 13 maggio 1974, il Pretore di Roma ha sottoposto alla Corte di Giustizia, in forza dell~art. 177 del Trattato CEE, alcune questioni concernenti l'interpretazione degli artt. 2, 3, 5, secondo comma, 30, 39, n. 1, e 40, n. 3, del suddetto Trattato, nonch� del regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, relativo all'organizzazione comune (Corte di giustizia, 4 aprile 1968, nella causa 34/67, LtkK, Racc. 325 e Dir. scambi intern., 1968, 80i; 15 dicembre 1971, nelle cause 51-54/71, INTERNATIONAL Fau1T, Racc., 1107, e Foro it., 1972, IV, 158; in argomento cfr.: Cass., sez. un., ord. 31 ottobl'e 1974, infra, pag. 33,6), e .rJJeSSU!Il potere �potendosi riconoscere alla Corte di giustizia, tanto meno in sede di interpretazione, di autorizzare i singoli alla inosservanza delle leggi nazionali. Come si � gi� sopra accennato la soluzione adottata dalla Corte di giustizia � opposta a quella sostenuta, con molteplici argomentazioni, dalla Commissione delle Comunit� europee, dal Governo italiano, e dallo stesso avv. gen. WARNER. Nelle conclusioni dell'avvocato generale � stato motivatamente affer mato che la normativa comunitaria sul mercato comune agricolo non ha privato gli Stati membri del potere di legiferare in materia di prezzi, che il principio della libera circolazione delle merci non attribuisce ai singoli diritti soggettivi suscettibili di tutela giurisdizionale, e che dai provve dimenti in discussione non sono derivate misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative; e tali conclusioni, nelle quali i vari problemi sono esaminati sotto i molteplici aspetti rilevanti, sono state gi� pubblicate in Foro it., 1975, IV, 29. Per la rilevanza di principio delle questioni discusse appare utile tra scrivere, qui di seguito, anche le osservazioni presentate alla Corte dalla Commissione delle Comunit� europee, rappresentata dal dott. CESARE MAE STRIPIERI: osservazioni nelle quali risulta in particolare evidenziato, con analitica, efficace e documentata disamina (e sottolineandosi anche la ma nifesta irrilevanza dei quesiti proposti dal giudice del rinvio), che � i prov vedimenti italiani si inserivano nel quadro delle mii;;ure raccomandate dal Consiglio �, che una disciplina dei prezzi � esiste in tutti gli Stati membri � (cosi come specificamente documentato in giudizio), che ogni eccezione di incompatibilit� di tale disciplina con la normativa comunitaria � stata sempre disattesa dai giudizi nazionali dei vari Stati membri, che � i prezzi massimi imposti dalla legislazione italiana sono qualcosa di ben diverso dai prezzi fissati a livello comunitario �, e che � se gli Stati membri hanno conservato il potere di mantenere o introdurre divieti generali di vendere� determinati prodotti non rispondenti alle condizioni che essi determinano, non si vede come possa essere loro negato il diritto di determinare, in modo generale e senza alcuna distinzione fra prodotti nazionali e prodotti importati, i prezzi ai quali certi prodotti debbono essere venduti �. A.M. 316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei mercati nel settore dei cereali (G.U., pag. 2269) e del regolamento del Consiglio 22 settembre 1966, n. 136, relativo all'attuazione di uria organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi (G.U., pag. 3025). Osservazioni presentate dalla Commissione �delle Comunit� Europee, rappresentata dai dott. Cesare Maestripieri. (Omissis). -I. In fatto. Sulla base dell'art. 77 della Costituzione che autorizza il potere esecutivo, in casi straordinari di necessit� e di urgenza, ad adottare provvedimenti provvisori con forza di legge, il Governo italiano, nel luglio 1973, adott� alcuni decreti legge intesi a combattere l'inflazione e l'aumento dei prezzi. Tra questi vanno ricordati: -il decreto-legge n. 425 sulla disciplina dei prezzi di beni prodotti e distribuiti da imprese di grandi dimensioni; -il decreto-legge n. 426 recante provvedimenti urgenti sulla proroga dei contratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani; -il decreto-legge n. 427 sulla disciplina dei prezzi di beni di largo consumo (1). Il signor Galli � imputato di avere violato le disposizioni contenute nel primo decreto-legge citato e in particolare: -l'art. 1, primo comma, che fa� obbligo alle imprese commerciali produttrici o distributrici di beni individuati in base a peso, a misura o a quantit�, che abbiano avuto ne] primo semestre del 1973 un volume di affari superiore a cinque miliardi di lire, di depositare presso il C.I.P. (2) il listino dei prezzi dei beni per unit� o per peso o per misura esistenti al 28 giugno 1973, per avere il signor Galli omesso di depositare tale listino per i prezzi di cereali; -l'art. 2 che fa obbligo di indicare nel listino depositato presso il C.I.P. i prezzi dei beni cosi come praticati il 28 giugno 1973, per avere il signor Galli indicato per le farine di estrazione prezzi non corrispondenti a quelli praticati a quella data; -l'art. 3 che sottopone ad una preventiva comunicazione al C.I.P. -con poss:i;bi11't� per le aurtorirt� governaitivie di opporv:iJsi -ogni variazione dei prezzi indicati nei listini depositati presso il C.I.P., per avere il signor Galli fatturato le farine di estrazione a prezzi superiori a quelli indicati nel listino depositato al C.I.P. La difesa ha sostenuto che l'imputato doveve essere assolto perch� il fatto ascrittqgli non costituiva reato e, in subordine, perch� il decretolegge n. 425 non potev'a �e:sse11e nelJla speci'e ~caito, lo stesso prevedendo che � non sono tenute al deposito le imprese commrciali che pro (1) G.U.R.I., n. 189 del 24 luglio 1973, I decreti-legge furono convertiti in leggi 4 agosto 1973, nn. 494, 495 e 496, G.U.R.I., n. 216 del 22 agosto 1973. (2) Il Comitato interministeriale dei prezzi (C.I.P.) ed i Comitati provinciali dei prezzi vennero� istituiti con Il d.1.1. del 19 ottobre 1944, n. 347, completato con d.l. n. 896 del 15 settembre 1947. Su tale Comitato (struttura, competenza, procedimento di formazione del provvedimento prezzi, ecc.) si veda: V. METTA, Problemi di dottrina e di giurisprudenza sulla disciplina autoritativa dei prezzi, Giurisprudenza agraria italiana, 1974, 7-22. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 317 Le questioni sono state sollevate nel corso d'un procedimento penale a carico d'un commerciante imputato d'aver violato, nella vendita di cereali e di farine estratte da semi oleosi, il decreto-legge italiano 24 luglio 1973 n. 425 (Gazzetta Ufficiate 24 luglio 1973, n. 189) sulla disciplina dei prezzi delle merci prodotte e distribuite da imprese di grandi dimensioni. ducono o distribuiscono esclusivamente beni i cui prezzi sono assoggettati ad altra disciplina� (art. 1, secondo comma) ed essendo il commercio di cereali e delle farine di estrazione sottoposti appunto ad un'altra disciplina, cio� a quella comunitaria (regolamenti 120/67/CEE e 136/66/CEE). Il Pretore, prima di pronunciarsi, ha ritenuto necessario risolvere, in via preliminare, va["fo questioni d:i diritto comuni-tarlo e, aiocogliendQ la dchiesta della difesa del signor Galli, ha disposto la sospensione del procedimento e rimesso gli atti alla Corte di giustizia, per ottenere una risposta ai seguenti quesiti: � In relazione agli, artt. 3, lett. d), 5, comma secondo, 39, lett. c), d), e), 40, n. 3, del Trattato di Roma del 25 marzo 1957 se: a) la potest� legislativa per la disciplina dei prezzi dei prodotti agri<! Oli (con riguardo ai cereali e farine di estrazione dai semi oleosi) sia stata attribuita in via esclusiva alla competenza della Comunit� Economica Europea; , b) con riif,erimento ai cooeali e 'le faa:iine di estmziooe dai semi olieosi, la predetta disciplina del prezzo sia stata attuata rispettivamente a mezzo del Regolamento 120/67/CEE e del regolamento 136/66/CEE; e) i meccanismi di protezione e stabilizzazione del mercato unico nel 'settore dei cereali e de11e farine ,di estrazione dad semi oLeosi nonoh� la fissazione dei pl"ezzi posta in essfile con i predetti l'legoliaimeilllti, hanno mirato a creare e a salvaguardare per i prodotti in questione un regime unico di prezzi in tutta la Comunit�; d) in conseguenza di quanto sopra sia vietato agli Stati membri della CEE al riguardo di cereali e delle farine di estrazione oleosa di adottare normative nazionali che possano anche parzialmente sostituire, derogare o abrogare le esistenti normative della CEE sugli stessi prodotti per quanto riguarda il regime e la disciplina dei prezzi; e) se il principio della libera circolazione delle merci all'interno del Mercato Comune ed il conseguente divieto di isolare i mercati nazionali, ostacolando la realizzazione di un mercato unico in Europa, in ordine a quanto disposto dagli artt. 2 e 3, lett. F), del Trattato di Roma, siano prin<! ipi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario da cui derivino diritti soggettivi in favore dei singoli tutelabili in caso di violazione anche da parte degli Stati membri, davanti ai giudici nazionali a mente dell'art. 5 del Trattato; f) se alla stregua dell'art. 40, par. 3�, comma secondo, del Trattato di Roma in relazione all'art. 5 ed alle disposizioni di legge del Regolamento 120/67 per i cereali e 136/66 per le materie grasse possa essere consentito ad uno Stato membro di: 1) imporre obbligatoriamente ai soli operatori dello Stato considiooa< to di vendel'le i loro Pl"Odotti ad un prezzo bloccato soll.tanrto Pfil :Le <!essioni effettuate nel territorio dello Stato, mentre i prezzi per i prodotti 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il suddetto decreto obbligava le imprese produttrici o distributrici di merci vendute a peso, misura o quantit�, il cui fatturato avesse superato nel primo semestre del 1973 i 5 miliardi di_ lire, a depositare un listino dei prezzi, le cui modifiche non potevano aver effetto se non 60 giorni dopo la loro notificazione alle autorit� competenti e salvo opposizione di queste ultime nel predetto termine. esportati verso gli altri Paesi della CEE restano liberi; 2) lasciare liberi gli esportatori degli altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel territorio dello Stato dove sono bloccati i prezzi, senza porre limitazioni di sorta per i prezzi di tali prodotti; 3) imporre per i suddetti prodotti agricoli l'osservanza dei prezzi bloccati, il divieto di vendita a prezzi non espressamente autorizzati, l'ob bligo di depositare ed osservare listino di prezzi di vendite legate a periodi di tempo prestabiliti soltanto ed esclusivamente a carico di operatori che abbiano avuto nel primo semestre dell'anno 1973 un volume di affari superiore a lire 5 miliardi; 4) se l'imposizione dei predetti obblighi di vendite e prezzi bloc cati non costituisca violazione dell'art. 30 del citato Trattato in quanto tali obblighi potrebbero essere misure di effetto equivalente e restrizione quantitativa delle importazioni �. I. -Sulla ricevibilit�. Le domande poste dal Pretore di Roma vertono sull'interpretazione di determinate norme del Trattato CEE e del diritto comunitario derivato. Non sembrano esservi quindi problemi di ricevibilit�, almeno prima facie (3). Dubbi sorgono invece sulla rilevanza, ai fini della decisione dell� causa penale pendente dinanzi al Pretore di Roma, di alcune delle domande poste. � vero che spetta aJl. giucUce nazilonai1e, ed a lui solo, dd stabiilill'e se l'interpretazione di una norma comunitaria sia necessaria per emanare la propria sentenza. Tale principio peraltro non pu� non trovare il suo limite naturale nell'eccezione de.ttata dal buon senso e cio� nella necessit� che il quesito non sia frutto di un errore manifesto. Ci� � conforme alla vostra stessa giurisprudenza ( 4). Risulta dall'ordinanza del Pretore di Roma che il signor Galli � imputato per quanto riguarda i cereali, della contravvenzione di cui agli artt. 1, primo comma, e 5, primo comma, del d.1. 24 luglio 1973, n. 425, per aver omesso di .pepositare presso il C.I.P. il listino dei prezzi e, per quanto riguarda le farine di estrazione, dei reati previsti dagli articoli 1, primo comma, 2, 3 e 5, primo e terzo comma, del deoreto-t!Jegge suddetto perch�, pur avendo depositato il listino dei prezzi per questi ultimi prodotti, non avrebbe indicato correttamente i prezzi e avrebbe poi fatturato tali prodotti a prezzi superiori a quelli indicati nel listino depositato al C.I.P. (3) C.G.C.E., 21 marzo 1972 (Pubblico Minitero italiano c. SAIL, 82-71), Racc., 1972, p. 135. (4) C.G.C.E., 19 dicembre 1968 (Salgoil c. Ministero Commercio Estero, 13-68), Racc., 1968, p. 612. C.G.C.E., 15 dicembre 1971 (International Fruit Company c. Produktschap Groenten, 51-54/71), Racc., 1971, pp, 1116/1117. C.G.C.E., 20 febbraio 1973 (F.O.R. c. V.K.S., 54-72), Racc., 1973, p. 204. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 319 Il giudice nazionale ha accertato che i prodotti venduti in violazione del predetto decreto-legge sono dei cereali, cui si applica il regolamento n. 120/67, e delle farine estratte da semi oleosi, alle quali si applica il regolamento n. 136/66. Egli si � rivolto alla Corte per avere dei chiarimenti che gli permettano di stabilire se il decreto-legge n. 425, Avendo cos� delimitato la causa pendente dinanzi al giudice a quo, sarebbe facile rispondere (e credo che, cosi facendo, si rispetterebbe la vostra giurisprudenza) che i quesiti posti non sono rilevanti ai fini della decisione per quanto riguarda i cereali, l'obbligo di depositare il listino dei prezzi dei beni messi in commercio non essendo disciplinato da norme comunitarie. Non ci sarebbe in altre parole alcun bisogno di esaminare la legislazione comunitaria per quanto riguarda la politica agricola comune nel settore dei cereali, in quanto la stessa non si � mai preoccupata della pubblicit� dei prezzi e della corrispondenza tra i prezzi dichiarati dai commercianti e quelli effettivamente praticati. Si tratta di un controllo, pi� volte raccomandato dalle istituzioni della Comunit�, che continua ad essere esercitato dagli Stati membri. Per quanto riguarda le farin� di estrazione, sarebbe facile rispondere, come vedremo in prosieguo, che l'organizzazione comune in tale settore non prevede prezzi comunitari e che quindi, anche in questo caso, irrilevante ai fini della decisione della causa pendente dinanzi al Pretore di Roma � l'interpretazione delle disposizioni del regolamento n. 136/66. Malgrado le perplessit� che suscitano taluni quesiti posti dal Pretore di Roma, la Commissione, nell'intento di recare il proprio contributo allo sforzo interpretativo richiesto alla Corte di giustizia, comunicher� qui di seguito le proprie riflessioni sui quesiti sottoposti all'esame della Corte. Venemdo all'esame de.Ue domande poste dal Pretooe di Roma, ci si pu� chiedere se l'ordine seguito sia il migliore. Pur lasciando inalterato il 11oro .contenuto, sembra aWla Commissione pi� 'Logico esaminiaa-1e in una suocessioi!l!e div<el'\Sla �e raggrupparl�e in modo da oonsentiT1e Ulil riagionamento deduttivo pi� comprensibile. A suo giudizio, � preferibile considerare come domanda liminare il quesito sub e) che ha carattere generale, tale da applicarsi senza -distinzione a tutti i prodotti industriali o agricoli che siano (infra indicato come primo quesito); in secondo luogo converr� esaminare se la disciplina dei prezzi dei prodotti agricoli sia stata attribuita in via esclusiva alla Comunit� e, in caso di risposta negativa, stabilire i limiti della competenza degli Stati membri, rispondendo cosi ai quesiti indicati sub a), b), c) e d) (infra indicato come secondo quesito); si dovr� infine dare risposta al quesito sub f) (infra indicato come terzo quesito). III. -Osservazioni preliminari. A) Sulla situazione congiunturale in Italia nel luglio 1973. � A quanto consta, i provvedimenti adottati dalle autorit� italiane nel luglio 1973 erano dettati dalla situazione economica in cui si trovava l'Italia. La Commissione, in una comunicazione al Consiglio sulla politica eco nomica da seguire nel 1973 e sulla preparazione dei bilanci pubblici nel 1974 (5) cos� si esprimeva: (5) COM (73) 1030 del 20 giugno 1973. 320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO S�TATO nella parte in cui si occupa dei citati prodotti, sia in contrasto col Trattato e coi regolamenti n. 120/67 e n. 136/66. Con le quattro prime questioni (a, b, e e d), concernenti il regime dei prezzi nella sfera d'applicazione dei regolamenti n. 120/67 e numero 136/66, si chiede, in sostanza, se ed in quale misura il regime comunitario dei prezzi adottato per un'organizzazione comune di mercato escluda eventualmente una disciplina nazionale dei prezzi. Nello stesso ordine d'idee e con riferimento agli artt. 2, 3 e 5 del Trattato si chiede poi se il principio della libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune ed il divieto di isolare i mercati nazionali, frapponendo ostacoli alla realizzazione d'un mercato unico, siano principi generali dell'ordinamento comunitariO, tali da creare in capo � (In Italia) Negli ultimi mesi si � accentuata la tendenza di fondo alla ripresa congiunturale. Tuttavia, in seguito alle perdite di produzione dovute ai conflitti di lavoro nell'industria meccanica, la produzione industriale ha superato soltanto dell'l,9 % , per i primi quattro mesi dell'anno, il livello del corrispondente periodo del 1972. La situazione sul mercato del lavoro � leggermente migliorata: la disoccupazione ha registrato una tendenza alla flessione. L'incremento delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti si � accelerato: tra aprile 1972 e april� 1973 le retribuzioni orarie minime contrattuali sono aumentate del 18,2 %. Gli effetti delrintroduzione dell'imposta sul valore aggiunto in data 1� gennaio 1973, il rapido rincaro di alcuni generi alimentari e il rialzo dei prezzi all'importazione, in parte dovuto al deprezzamento della lira, hanno provocato una netta accentuazione della spinta dei prezzi. Nel mese di aprile l'indice dei prezzi al consumo superava del 10,6 % il corrispondente livello dell'anno precedente. La bilancia dei pagamenti correnti ha subito un deterioramento �. La Commissione, nel raccomandare misure di austerit� (aumento dei tassi di interesse, rallentamento della dilatazione delle spese statali, severa politica tributaria) suggeriva di attenuare la dilatazione espansiva impressa alla politica economica e di praticare una energica politica della concorrenza. In tale contesto aggiungeva: �Alla realizzazione di tale obiettivo potrebbero contribuire l'intensificazione della vigilanza sui prezzi e l'obbligo di indicare i prezzi di vendita al pubblico, nonch� la razionalizzazione dei circuiti commerciali �. Nel rapporto trimestrale del novembre 1973 n. 4/1973, che la Commissione pubblica sulla situazione economica della Comunit�, veniva ribadito che in Italia la spinta dei prezzi che fino a quel momento era stata molto viva, era stata moderata soprattutto mediante il blocco dei prezzi dei prodotti di largo consumo per la durata di tre mesi. Si constatava allora che l'aumento sarebbe stato sicuramente ancora pi� rapido se non ci fossero state misure anti-inflazionistiche. La tabella inserita nel rapporto, che viene qui di seguito riprodotta, d� un'immagine dell'aumento dei prezzi al consumo nei vari Stati membri. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 321 ai singoli diritti soggettivi che i giudici nazionali devono tutelare contro �eventuali violazioni da parte degli Stati membri (questione e). Una questione analoga � sollevata in relazione all'art. 30 del Trattato, che vieta le restrizioni quantitative all'importazione nonch� qualsiasi misura d'effetto equivalente (questione f, n. 4). Si noti che i provvedimenti italiani si inserivano nel quadro delle misure raccomandate dal Consiglio nella risoluzione del 5 dicembre 1972 sulle azioni da svolgere contro l'inflazione, in particolare per quanto veniva ivi raccomandato ai punti II ,e VIII (7). Questi ori�ntamenti dovevano trovare Prezzi al consumo (6) (Variazione in percentuale) - STATI '.MEMBRI Dal dicembre 1970 al giugno 1971 Dal giugno 1971 aldlcembre 1971 Dal dicembre 1971 al giugno 1972 Dal giugno 1972 al dicembre 1972 Dal dicembre 1972 al giugno 1973 Da ottobre 1971 a ottobre 1972 Da ottobre 1972 a ottobre 1973 + 3,3 + 2,6 !+ 3,7 + 5,3 6,8 Danimarca .... + 10,3 + 3,0 + + 4,6 + 3,6 + 2,1 1+ 3,3 + 3,1 + 6,4 + 6,6 RF di Germania + 3,1 + 2,8 )! 2,8 + 4,1 + 3,2 + 8,1 + 6,6 Francia ....... (2)+ 11,2 (2)+ 10,9 + 7,1 Irlanda (1) .... + 4,4 + 4,0 3,8 + 4,3 + 6,9 Italia ......... + 2,1 + 2,4 + 2,9 + 7,0 + 11,4 + 4,4 + 5,0 + 3,2 + 4,4 + 4,8 + 8,1 + 7,9 Paesi Bassi .... + 3,3 + 3,7 + 3,2 _L 6,8 + 2,7 + 2,8 + 2,7 Belgio ......... I + 9.7 + 3,1 + 3,5 + 5,7 + 5,5 + 3,3 + 2,1 Lussemburgo .. + 2,7 + 4,0 + 5,1 + 7,9 I + 9,9 Regno Unito (3) � I+ 6,4 + 2,5 + 3,5 (1) Sulla base degli indici trimestrali. (2) Agosto. (3) Prezzi al dettaglio. conferma nella risoluzione del Consiglio del 14 settembre 1973 concernente delle misure anti-inflazionistiche complementari (8), nonch� nella risoluzione del Consiglio del 17 dicembre 1973, relativa alla lotta contro l'aumento dei prezzi ed al mantenimento di un elevato livello di occupazione nella Comunit� (9). Significativo, in particolare, � l'invito contenuto nel punto IV di detta risoluzione (10). (6) Si veda anche la tabella inserita nella relazione annuale sulla situazione economica della Comunit�, G.U.C.E., C 107/4 dell'8 dicembre 1973. (7) G.U.C.E., C 133/12 del 23 dicembre 1972. (8) G.U.C.E., C 75/1 del 19 settembre 1973. (9) G.U.C.E., C 116/22 del 29 dicembre 1973. (10) �In materia di prezzi gli Stati membri ricorrono ad uno o a parecchi dei seguenti strumenti: -una rigorosa sorveglianza delle condizioni di formazione dei prezzi dei prodotti e dei servizi ed eventualmente limitazione dei margini di profitto; -la notifica preventiva degli aumenti dei prezzi; -un'applicazione severa o intensificata delle regolamentazioni sulla esposi zione e la pubblicit� dei prezzi, tanto per i beni quanto per i servizi; .322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO II regolamento n. 120/67 sui cereali, emanato nell'ambito della politica agricola comune, intende creare un'organizzazione comune di mercato ai sensi dell'art. 40 del Trattato CEE. Tale organizzazione, come ripetu~mente sottolineato nella motivazione del regolamento stesso, deve Ulteriore conferma di questa situazione inquietante si rispecchia nella relazione annuale sulla situazione economica della Comunit� adottata dal Consiglio il 9 novembre 1973 (11). B) Sulla disciplina dei prezzi negli Stati membri della CEE. Se � importante collocare la legislazione italiana nella congiuntura in cui si � sviluppata, altrettanto interessante � rendersi conto della situazione -esistente negli altri Stati membri per quanto riguarda la disciplina dei prezzi. Si pu� dire in breve che una tale disciplina esiste in tutti gli Stati membri. Anzich� farne qui l'inventario e darne un riassunto, sembra pre: feribile, per dare alla Corte un quadro pi� completo, allegare alla presente memoria il documento n. XI/141/74 E (disponibile solo nella versione inglese) con l'Allegato I (disponibile solo nella versione francese). Allo stesso fine pu� essere utile richiamare le decisioni delle giurisdizioni nazionali, di cui si ha conoscenza, nelle quali la disciplina dei prezzi � stata esaminata. In queste cause � stata quasi sempre sollevata l'eccezione della compatibilit� di tale disciplina con le norme del Trattato ma l'eccezione � stata, per l'uno o l'altro motivo,, respinta e i gi�dici aditi non hanno fatto ricorso alla procedura prevista dall'art. 177 (12). C) Sulle organizzazioni comuni di mercato. La Corte ha avuto modo di esaminare in molte altre cause i meccanismi propri alle organizzazioni comuni di mercato. Potrebbe quindi apparire -il congelamento delle tariffe dei servizi pubblici nel primo trimestre del 1974 al livello del 1� dicembre 1973; -applicazione stretta o Intensificata delle disposizioni nazionali relative ai controlli degli abusi derivanti da una posizione dominante sul mercato; -lancio di una campagna d'informazione sui prezzi praticati per i prodotti di grande consumo, eventualmente con l'aiuto delle associazioni di difesa dei consumatori, ricorrendo a tutti i mezzi di informazione utili. Il Consiglio invita gli Stati membri e la Commissione ad organizzare quanto prima scambi regolari di ogni informazione utile e specifica sulla evoluzione e il raffronto dei prezzi negli Stati membri. Gli Stati membri facilitano alla Commisione le ricerche economiche e commer ciali richieste dall'applicazione sistematica dell'art. 86 del trattato CEE �. (11) G.U.C.E., n. C 107 dell'8 dicembre 1973. (12) Francia. -Nell'articolo di Max Brunot � Les r�gimes de prix concert�s �, Droit Social, 1974, pp. 69 a 84, vengono commentate alcune decisioni dei tribunali amministrativi e del Consiglio di Stato in alcune cause. Il problema della compatibilit� della legislazione sui prezzi con la normativa comunitaria non � stato sollevato in quelle cause. ItaUa. -Consiglio di Stato, decisione del 29 febbraio 1972, n. 108 in Foro italiano, 1972, III, p. 113. Con tale decisione vennero annullati per motivi formali alcuni provvedimenti ma venne riconosciuta la legittimit� degli interventi del1' Amministrazione italiana nonostante l'esistente disciplina comunitaria (si trattava del prezzo massimo dello zucchero al consumo). Paesi Bassi. -Decisione del Hoge Raad,, iJn data 7 aprile 1970, Common Market Law Reports, 1973, p. 163; Nederlandse Jurisprudentte, 796-801 (n. 29-30/1970). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 323 servire a realizzare nel settore dei cereali un �mercato unico� comunitario, sottoposto ad una gestione comune. Per giungere all'unit� del mercato il regolamento di cui sopra ha istituito un sistema di norme e di competenze, ivi compresa un'orga superfluo ricordare qui, ancora una volta, i caratteri tipici di queste organizzazioni. Sembra tuttavia utile richiamare, sia pure per sommi capi, gli aspetti relativi alla fissazione dei prezzi, dato che tutti i quesiti sottoposti alla Corte vertono sulla competenza esclusiva o meno della Comunit� di fissare i prezzi dei prodotti agricoli. 1. Al fine di assicurare le finalit� della politica agricola comune, cos� come elencate nell'art. 39, l'art. 40 ha previsto che doveva essere creata una organizzazione comune dei mercati agricoli, la quale poteva ricorrere a tutte le misure necessarie ed, in particolare, alla regolamentazione dei diversi prodotti, sistemi per la costituzinoe di scorte e per il riporto, meccamsmi. comuni di sfabi!lizzazione all'impo!I'iazione o aililia espo!I'ltazione. � :noto che l'organizzazione comune dei mercati agricoli si � rifranta in una serie di Ol'ganizzazioni se"bboriail:i che possono esser.e classificate, secoiil!do il.'importanza delle garanzie accordate ai produttori. Le organizzazioni che assicurano massime garanzie sono quelle dei cereali, dei prodotti lattiero-caseari, dello zucchero e dell'olio di oliva. Garanzie di prezzo limitate sono accordate, per esempio, nei settori delle carni, uova, ortofrutticoli, tabacco e vino mentre per gli altri prodotti regolamentati (fra cui la maggior 'parte dei g.r,assi. viegetali, le piante viventi �ed i prodntti die1la fioo:-1culitura) IIl!OOl vi � alcuna garanzia di prezzo. 2. L'organizzazione comune dei cereali -una delle due che qui interessano -� imperniata su alcuni prezzi di base, primo fra tutti il prezzo indicativo, stabiliti �nnualmente dal Consiglio, su proposta della Commissione e previo parere del Parlamento europeo (13). Il prezzo indicativo dovrebbe essere stabilito prima delle semine in modo da consentire ai produttori di orientare le loro colture. Non si tratta di un prezzo imposto, applicabile alle transazioni, ma del prezzo auspicato, per la realizzazione del quale si ricorre a mezzi indiretti: da una parte la azione psicologica ottenuta merc� l'indicazione dei pr.ezzi e dall'altra tre misure concrete : a) Prelievo all'importazione, per natura variabile, che consiste nel far pagare all'importazione la differenza fra il prezzo che si vuol assicurare sul mercato interno ed il prezzo, in ipotesi inferiore ed instabile, del mercato mondiale (prezzo C.I.F.). -Decisione del College van Beroef voor het Bedrijfsleven in data 16 giugno 1970, 18. Sociaal-Economische Wetgeving 465-480 (n. 8/1970) e 564-574 (n. 10/1970). -Decisione del Rechtbank Dordrecht, meervoudige economische Kamer, del 24 novembre 1970, ibidem, 32-34 (n. 1/1971) e Nederlandse Jurisprudentie, 379 385 (n. 4/1971). Il Tribunale ha riconosciuto la competenza comunitaria unicamente per i pi;odotti CECA e CEEA. -Decisione del Hoge Raad del 26 gennaio 1971, 19 Sociaal Economische Wetgeving, 100-102 (n. 2/1971) relativa alla disciplina dei prezzi di beni e servizi nel settore alberghiero, con nota di S. Mok. (13) Reg. n. 120/67/CEE del 13 giugno 1967 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali, G.U.C.E., p. 2269/67. 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nizzazione di massima capace di far fronte a tutte le situazioni prevedibili. Un elemento fondamentale di detto sistema � il �regime dei prezzi � contemplato dall'art. 1 del regolamento e di cui l'art. 2, n. 3, pre- II prelievo � il risultato di una sottrazione, i cui elementi sono il prezzo che si vuol assicurare sul mercato interno (prezzo di entrata) e il prezzo del mercato mondiale (prezzo C.l.F.). Il prezzo di entrata � fissato in modo che sul mercato di Duisburg nella Ruhr -centro di commercializzazione della zona pi� deficitaria della Comunit� -il prezzo di vendita del prodotto importato si situi al livello del prezzo indicativo. � calcolato per Rotterdam, la pi� grande via d'accesso dei cereali in provenienza dal mercato mondiale alla zona pi� deficitaria della Comunit�. Sar� dunque uguale al prezzo indicativo meno le spese di sbarco a Rotterdam e le spese di trasporto da questo porto a Duisburg. Fintantoch� il prezzo di mercato a Duisburg � inferiore al prezzo indicativo, non vi sar� alcun vantaggio ad importare cereali dai paesi terzi. Le importazioni cominceranno non appena il prezzo di mercato a Duisburg avr� raggiunto il livello del prezzo indicativo; esse impediranno al prezzo di mercato di superarne sensibilmente il livello. Il sistema permette dunque di stabilizzare il mercato comunitario e di importare dai paesi terzi nella misura necessaria e sufficiente a coprire i bisogni della Comunit� non coperti dalla produzione comunitaria. Il prelievo � uguale alla differenza fra il � prezzo di entrata � e il � prezzo cif �, pi� precisamente il prezzo cif del mercato mondiale calcolato (al pari del prezzo di entrata) per Rotterdam. Mentre quello di entrata � un prezzo politico, funzione del prezzo indicativo fissato ogni anno discrezionalmente dal Consiglio, il prezzo cif � un � prezzo-immagine del mercato � : corrisponde a un corso reale del mercato che � oggetto di constatazione obiettiva. b) Interventi sul mercato interno, consistenti nell'acquisto obbligatorio da parte degli organismi competenti, dei cereali raccolti nella Comunit� che sono loro offerti. L'acquisto ha luogo al � prezzo d'intervento �, fissato annualmente dal Consiglio a un livello inferiore a quello del prezzo indicativo. Quando il prezzo di mercato tende a scendere al disotto del prezzo di intervento, i detentori di cereali non venderanno pi� sul mercato, ma agli organismi di intervento avendo sicurezza di riceverne tale prezzo, e il movi mento di ribasso si arresta. c) Restituzione all'esportazione. Al fine di favorire le esportazioni verso i paesi terzi, quando i prezzi sul mercato mondiale siano inferiori a quelli comunitari, sono previste delle restituzioni all'esportazione, che compensano totalmente o parzialmente la differenza di prezzo. Nel caso in cui i prezzi sul mercato mondiale siano supe1ioL i a quelli comunitari, � possibile l'imposizione di prelievi all'esportazione dei prodotti in modo da assicurare la copertura dei fabbisogni della Comunit�. 3. L'organizzazione comune dei mercati nel settore dei grassi -la seconda delle due organizzazioni di mercato che qui interessano -prevista dal regolamento n. 136/66/CEE, comprende tre gruppi distinti di prodotti: -le materie grasse in generale, per le quali non vi � una regolamentazfone dei prezzi ed � applicata semplicemente la tariffa doganale comune; PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 325 vede l'applicazione nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso. Il regime dei prezzi si propone di conseguire una completa liberalizzazione degli scambi nell'ambito della Comunit� e di regolare in conformit� gli scambi extracomunitari, il tutto alla luce degli obiettivi cui s'ispira la politica agricola comune. La libert� degli scambi intracomunitari risulta garantita dal regolamento mediante un complesso di norme volte ad eliminare sia gli -1l'olio d'oldva peir n quale � prev~sta Ul1la garianz:i!a di prezzo a 'favore dei produttori; -semi e frutti oleosi, quali i semi di colza e di ravizzone ed i semi di girasole, per i quali sono previsti un prezzo indicativo ed un prezzo di imiterV'eo:JJto di base, fissatii nella fase �del commeiJ.'\cio aWl'fungrosso. Da quanto � dato capire dall'ordinanza, il signor Galli � imputato di avere venduto, ad un prezzo maggiorato, farine di estrazione dai semi oleosi. Ci troveremmo quindi nella prima categoria, per la quale non sussiste alcuna garanzia di prezzo. Dopo queste osservazioni preliminari possiamo ora esaminare i quesiti posti dal giudice a quo, :nelll'ordine �sopra <richiamato. IV. -Sul primo quesito (lettera e). Si tratta del quesitO contraddistinto 'con la lettera e) inehl'oc~a del Pretore di Roma. Una questione pregiudiziale identica � gi� stata posta alla Corte dal Tribunale di Biella (causa 155/73). Come gi� ebbe a rispondere nelil.1e sue osservazioini scritte presentate in quel collltesto la Commissione ritiene che il principio della libera circolazione delle merci, nonch� gli altri principi enunciati agli artt. 2, 3, lett. f), e 5 del Trattato, bench� costituiscano senza dubbio elementi fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario, non sono tuttavia, di per s�, direttamente efficaci, nel senso che attribuiscano ai :S�JI1gol:i ddrirtti 1soggettivi che i giudici nazio1I1Jailii sii~o teniuiti a tutelare. La funzione dei suddetti principi -di cui la Corte ha sottolineato il carattere vincolante (14) -� fra l'altro quella di limitare le eventuali deroghe ammesse da norme speciali del Trattato, in modo da evitare che siano compromessi i fini di quest'ultimo. Come la Corte ha gi� avuto occasione di affermare, l'art. 5 stabilisce un obbligo generale degli Stati membri, il cui contenuto concreto dipende; in ciascun caso particolare, dalle disposizioni del Trattato o dai principi generali in esso impliciti (15). Tale punto di vista ha trovato autorevole conferma nelle conclusioni presentate nella causa 2-73 dell'Avvocato generale A. Trabucchi (16) e nella causa 155/73 dell'Avvocato generale G. Reischl (17). (14) C.G.C.E., 21 febbraio 1973 (Europemballage e Continental Can c. Commissione, 6-72), Racc., 973,. p. 215). (15) C.G.C.E., 12 luglio 1973 (Geddo c. Ente Nazionale Risi, 2-73), Racc., 1973, p. 878. (16) Racc., 1973, p. 890. (17) Edizione ciclostilata, pp. 6, 7 e 8. ...... 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ostacoli alla libera circolazione, sia tutte le distorsioni nel commercio intracomunitario originate da interventi sul mercato degli Stati membri, in forme non previste dal regolamento stesso. Il predetto obiettivo � sottolineato nel 15� considerando della motivazione, ove � detto che �l'attuazione di un mercato unico nel settore dei cereali implica l'abolizione, alle frontiere interne della Comunit�, di tutti gli ostacoli posti alla libera circolazione delle merci considerate�, e nel 16�, ove � detto che �l'attuazione di un mercato unico basato su un sistema di prezzi comuni sarebbe compromessa dalla concessione di determinati aiuti �. Seguendo le loro conclusioni, si propone quindi che a questa domanda venga data la risposta seguente: � Il principio della libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune non fa sorgere in quanto tale (cio� a prescindere dal collegamento con le disposizioni speciali destinate alla sua attuazione) in capo ai singoli d!h-irtti soggettivi che !i. girudici nazionali debbano ,tru1JeJ.an:-e �. V. -Srul secondo quesito (lerttere a, b, �e e d). 1. Occorre esaminare se gli Stati membri non abbiano perduto ogni competenza in materia di disciplina dei prezzi per i prodotti agricoli sottoposti ad una organizzazione di mercato che preveda la fissazione di prezzi. Si noti che questo quesito riguarda pertanto i cereali ma non le farine di estrazione. Punto di partenza, sul quale non vi pu� essere contestazione, � che alle norme comunitarie non possono derogare le norme nazionali, che la realiz21azione di una politica agricola comune togildJe agli Stati membri, per l'interra sfera in cui trova applicazione l'ordinamento comunitario, la competenza ad adottare norme 1sia pUl'e soltall'JJto r1produttiv;e deWle norme comunitarie e, tanto pi�, norme nazionali con queste ultime confl.iggenti, che perci� laddove esistano prezzi comunitari, non vi � pi� posto per una regolamentazione nazionale dei prezzi. Come si � detto nelle osservazioni preliminari, i meccanismi d'intervento e di protezione della frontiera comunitaria tendono all'obiettivo di permetter� la realizzazione effettiva sul mercato del prezzo indicativo. Questo pvezzo � un prezzo auspicato e, si noti, auspicato nel senso che si desidera che il prezzo effettivo di mercato non solo non si collochi al di sotto del prezzo indicativo ma neppure si collochi al di sopra di esso. Se infatti l'acquisto obbligatorio da parte dell'autorit� al prezzo di intervento, il prelievo e la restituzione all'esportazione tendono a che il prezzo di mercato non si discosti troppo verso .il basso da'l prezzo ill:'lJdkiartivo, :iJl c1dterlo dli calcolo del prelievo fa si che le importazioni diventano vantaggiose allorch� il prezzo sul mercato comunitario tende a superare il prezzo indicativo. Tali importazioni hanno l'effetto di calmierare il prezzo di mercato al livello appunto del prezzo indicativo. Si aggiunga che se � vero che questi meccanismi sono particolarmente adatti alla situazione � normale � in cui il prezzo sul mercato mondiale � inferiore al prezzo indicativo, non per questo, in caso di rove,sciamento di ta,Le vapporto di pvez:d. la ddscipl~na comunitaria ammette il superamento indiscriminato verso l'alto del prezzo indicativo. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 327 Le disposizioni necessarie per il conseguimento del fine ora ricor dato si trovano negli artt. 21 e 22 del regolamento, che danno esecu zione, nel settore di mercato in esame, agli artt. 2, 3 (in particolare lettere a, d ed f), 9 e 30 del Trattato, norme volte a creare un mercato unico mediante l'eliminazione di qualsiasi ostacolo alla libera circola zione delle merci. Il sistema sopra illustrato esclude qualsiasi disciplina nazionale che pregiudichi, in forma diretta o indiretta, attuale o potenziale, il com mercio intracomunitario. Di conseguenza, per quanto attiene pi� in par ticolare al regime dei prezzi, risulta incompatibile col regolamento qual- Non sarebbe giusto, in altre parole, pensare che, almeno nel caso in cui i prezzi sul mercato mondiale fossero superiori al prezzo indicativo, questo ultimo prezzo cessi di essere un obiettivo massimo e che la disciplina comunitaria intenda assicurare agli operatori il prezzo risultante dal libero gioco della domanda e della offerta. � bens� vero che i meccanismi dell'intervento, del prelievo e della restituzione all'esportazione non avrebbero in tale situazione alcun effetto nel senso di mantenere sul mercato un livello di prezzi corrispondente al prezzo indicativo: vi sarebbe infatti una tendenza generale all'esportazione che tenderebbe a portare il prezzo di .mercato al livello (superiore) del mercato mondiale mentre gli strumenti del prelievo e della I'estituzione, concepiti per la situazione opposta, sarebbero ormai fissati a zero e nessun operatore porterebbe il suo prodotto all'intervento potendo lucrare sul mercato un prezzo superiore. Ma la disciplina comunitaria ha previsto questo caso. Per i cereali, l'articolo 19 del regolamento 120/67/CEE prescrive infatti che possano venire adottate le misure necessarie a rimediare alle perturbazioni derivanti dalla situazione in cui il prezzo cif (cio� il prezzo del mercato mondiale) supera sensibilmente il prezzo d'entrata (che, si ricordi, � derivato dal prezzo indicativo e pu� considerarsi come il prezzo indicativo fissato per Rotterdam). Sulla base di detto articolo 19 � stato adottato dal Consiglio il regolamento (CEE) n. 1968/73 (18) che prevede come rim'edio principale a tale situazione la percezione di un prelievo all'�esportazione calcolato in base alla differenza �tra il prezzo cif e il prezzo d'entrata. Tale prelievo � effettivamente appli, cato nell'odierna situazione in cui i prezzi sul mercato comunitario sono pi� bassi dei prezzi sul mercato mondiale. Il suo effetto, com'� evidente, � quello di scoraggiare le esportazioni allorch� il prezzo sul mercato comunitario si colloca al di sopra del prezzo di entrata. Per questa via dunque si tende ancora una volta ad ottenere la effettiva realizzazione del prezzo indicativo sul mercato della Comunit� e nulla toglie a questa conclusione la considerazione che l'obiettivo pu� di fatto non essel'e raggiunto in caso di penuria all'interno della Comunit�. In queste condizioni va in I>rimo luogo constatato che i prezzi massimi imposti dalla legislazione italiana sono qualcosa di ben diverso dai prezzi fissati a livello comunitario. In secondo luogo, si deve constatare che non (18) G.U.C.E., n. L 20�1 del 21 luglio 1973, p. 10. Vedansi anche i regolamenti (CEE) n. 2182/73, G.U.C.E., n. L 222 del 10 agosto 1973, p. 19 e n. 3130/73, G.U.C.E., n. 319 del 20 novembre 1973, p. 10, entrambi della Commissione. 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stasi normativa nazionale che produca distorsioni nel processo di formazione dei prezzi quale si svolge nell'ambito della disciplina comunitaria del settore. Oltre alle disposizioni materiali c.oncernenti il funzionamento dell'organizzazione comune di mercato nel settore considerato, il regolamento n. 120/67 comporta un'organizzazione di massima ideata in maniera tale da permettere alla Comunit� ed agli Stati membri di fronteggiare qualsiasi perturbazione. In proposito � opportuno, anzitutto, sottolineare che la fornitura ai consumatori di prodotti agricoli .a prezzi ragionevoli � uno degli obiettivi enunciati dall'art. 39, n. 1, del Trattato. esiste nella normativa comunitaria un divieto espr.esso fatto agli Stati membri di prevedere dei prezzi massimi. Resta il problema se, malgrado l'assenza di tale espresso divieto, si debba ritenere che l'insieme dei meccanismi previsti dall'organizzazione di mercato precluda agli Stati membri la fissazione dei prezzi massimi. Secondo la Commissione, la soluzione di � tale problema dipende dalla questione se tale fissazione pregiudichi o comunque intralci e renda pi� difficile il buon funzionamento dei meccanismi della organizzazione comune di mercato. Se cosi fosse, l'azione degli Stati membri sarebbe vietata. Altrimenti essa sarebbe lecita (19). Ma a ta1e questione non si pu� rispondere l�IIl modo genooa:1e. OccOO"re distinguere a seconda del livello a cui � fissato il prezzo massimo. Se per esempio tale prezzo massimo fosse inferi6re al prezzo d'intervento, � evidente che lo Stato membro commetterebbe un'infrazione perch� impedirebbe in maniera diretta il raggiungimento di un livello di prezzo garantito dal diritto comunitario. Se il prezzo massimo fosse inferiore al prezzo indi. cativo, la risposta sembra dover essere la stessa perch� anche se il diritto comunitario non garantisce la realizzazione del prezzo indicativo, si � visto come tutti i meccanismi tendono a tale realizzazione mentre l'azione dello Stato membro costituirebbe un ostacolo diretto alla concretizzazione di tale obiettivo. Pi� difficile � l'ipotesi in cui il prezzo massimo sia determinato a un livello superiore al prezzo indicativo. Va innanzitutto ricordato che parliamo di prezzi massimi che si riferiscono a uno stadio variabile di commercializzazione mentre i prezzi comunitari per i cereali si riferiscono alla fase del commercio all'ingrosso. La prima difficolt� consiste pertanto nella comparazione dei due prezzi: un prezzo superiore al prezzo indicativo pu� rivelarsi, se rapportato alla fase del commercio all'ingrosso, inferiore a detto prezzo indicativo. Ma come regolarsi per rapportare il prezzo da una fase all'altra? Quale percentuale occorre prendere in considerazione per tenere conto del valore aggiunto e eventualmente dei margini di profitto per la attivit� di intermediazione? Si pu� poi considerare che il prezzo massimo fissato a livello nazionale non ha alcun effetto a brevissimo termine sui prezzi lucrati nelle fasi di commercializzazione precedenti a quella cui si 09) Si vedano le interrogazioni scritte n. 323/70 di M. FELLERMAIER (G.U.C.E., e 86/1 del 28 agosto 1971) e n. 165/71 di M. VREDELING (G.U.C.E., c. 101/4 del 13 ottobre 1971). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 329 Gli artt. 19 e 20 del regolamento si sono pertanto .riferiti specificamente ad ipotesi di perturbazione, autorizzando il Consiglio ad adottare tutti i provvedimenti necessari qualora il mercato comune sia perturbato o rischi d'essere perturbato da rincari sul mercato mondiale atti ad incidere sul normale funzionamento del sistema di prezzi istituito dal regolamento. L'art. 20 precisa le modalit� dell'azione comune cui partecipano, nel caso di talune gravi perturbazioni, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri. Indipendentemente dai poteri che il regolamento attribuisce al Consiglio ed alla Commissione, quest'ultima esercita, in forza del Trattato stesso, una funzione generale di vigilanza e di iniziativa. Nel contesto in esame � poi ancora opportuno attirare l'attenzione sui compiti di consultazione permanente svolti, nella gestione dello spe riferisce, mentre l'eventuale intralcio ai meccanismi comunitari prende inizio solo dopo che l'impossibilit� di praticare prezzi superiori ai prezzi massimi si ripercuote sui prezzi cui gli operatori sono disposti ad acquistare il prodotto nelle fasi anteriori. Tali considerazioni portano ad escludere di poter rispondere in modo puramente e semplicemente positivo o negativo al quesito sulla liceit� della fissazione, a liveifilo nazionale, di pr�ezzi massimi peir prodotti soilitopooti a ooganizzazione comune dd meTcato. Ll criterio dli compatdbiJIDt� 1c0tl dirirtJto comunitario �, secondo la Commissione, quello dell'intralcio o meno che il prezzo massimo arreca all'effettiva realizzazione sul mercato del prezzo-indicativo. Ma una maggiore concretezza della risposta richiederebbe una conoscenza pi� precisa del caso di specie. Occorrerebbe in particolare conoscere il prezzo massimo_ cui l'operatore � astretto, il giorno in cui si colloca la sua violazione, lo stadio di commercializzazione cui si riferisce, tutti dati mancanti per la semplice ragione che, come si � detto a proposito della irricevibilit�, non vi � uno stretto legame logico tra il fatto imputato e i qruesirti sottoposti ,alJ1a Co!tlte. La Commissione ritiene pertanto che, se la Corte intende comunque rispondere ai quesiti che le sono posti, questa risposta non pu� andare pi� in l� delil'enunciazione del criterio generico che si � enundato, criterio che solo il giudice di rinvio potrebbe applicare, se ci� ha un senso, al caso concreto. La Commissione si limita ad aggiungere che per sapere se il prezzo massimo ha potuto rendere pi� difficile l'effettiva realizzazione del prezzo indicativo sul mercato, il giudice nazionale non potr� contentarsi di verificaire se ail momento in questione i corsi ["iLeviainti sul moocaito si sono collocati al di sopra o al di sotto del prezzo indicativo. Al limite non si pu� escludere infatti che una determinata discipllm1. non venga di fatto rispettata, ma questa circostanza non influisce sulla sua eventuale incompatibilit� con il diritto comunitario. La Commissione osserva infine che nulla vieta agli Stati membri di porsi autonomamente, nel disciplinare prodotti agricoli sottoposti ad organizzazione di mercato, dei limiti pi� rigorosi di quelli risultanti dalle norme comunitarie. L'inrter~eitazlione di queste ultime noirme, come rp:roposta de[~ 330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cifico mercato considerato, dal �comitato di gestione� di cui all'art. 25 del regolamento. Al di l� delle funzioni specificamente attribuitegli, il comitato di gestione � infatti competente, in forza dell'art. 27, ad esaminare qualsiasi problema che il suo presidente, di propria iniziativa o su domanda del rappresentante d'uno Stato membro, ponga all'ordine del giorno. Si constata cos� come l'organizzazione di massima di cui al regolamento n. 120/67 consenta ad ogni Stato membro di adottare, in collegamento con le istituzioni comunitarie e nel' pi� breve termine, le iniziative necessarie per il caso in cui il gioco normale dei sistemi di prezzi istituiti dal regolamento non consenta di far fronte a tendenze non auspicabili che si siano manifestate nell'andamento dei prezzi nello Stato stesso. Commssione, non impedisce quindi al giudice nazionale di sostenere che l'eccezione prevista dalla normativa italiana rispetto ai beni � i cui prezzi sono assoggettati ad altra disciplina �. (airt. 1, secOilldo comma, del d.ll.. !Il. 425) co;mprendia in blocco i progetti aissoggettaiti, �ad un'orrg�ainizzaZ!iOIIl!e C9ffiU(Ile di mercato che preveda la fissazione di prezzi, senza che sia necessario soffermarsi a misurare con il centimetro il � cono d'ombra � provocato dalla disciplina comui:niJtairiar. Una tale interpretazione del1a !Ilorma inteiJ:'IIJla non 5()1).o avrebbe la Sllla liogi�ca, perch� si pu� immagmaa:-e �che u:no Stato desideri evitare di porre a repentaglio l'osservanza delle sue obbligazioni comunitarie, ma sembra anche convalidata dai lavori preparatori e da alcune decisioni gi� rese da altri giudici. Ma questa � ovviamente una questione di competenza del giudice nazionale e la Commissione non ritiene di doverne dire di pi�. 2. Se attraverso l'applicazione del criterio proposto si perviene alla conclusione che in una fattispecie concreta gli Stati membri hanno conservato, nella misura sopra ricordata, la facolt� di fissare i� prezzi massimi dei prodotti agricoli, occorre vedere, per completezza, se tale facolt� non trovi altri limiti nel diritto comunitario. Questo esame concerne tanto i cereali che le farine di estrazione. La Commissione ha avuto modo di esaminare, nel quadro della libera cirC01l:a2lione d!elile meil1ci, se la fissazione dei prezzi maissdmi rdi veIJJdiita �costituisca o meno un intralcio al commercio intracomunitario. In altre parole, ci si � chiesti se l'imposizione di un calmiere dei prezzi potesse essere qualificata come misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione e costituire quindi violazione dell'art. 30 del Trattato (20). (20) Si veda la definizione delle misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa data nella direttiva della Commissione n. 70/50/CEE del 22 dicembre 1969 (G.U.C.E., n. L. 13/29 del 19 gennaio 1970) richiamata nella vostra sentenza del 30 aprile 1974 nella causa 155/73. Una definizione ne � data dall'Avvocato generale K. Roemer nelle conclusioni presentate nelle cause 51 a 54/71 (Racc., 1971, p. 1122). � Per stabilire se vi sia una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa non � certo necessario (se non si vuol imporre alla Commissione un PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 331 Interventi unilaterali d'uno Stato membro nel settore in questione non possono invece venir giustificati con riferimento all'art. 103, con cernente la politica congiunturale. In effetti l'art.�103, che riguarda la politica congiunturale degli Stati membri, non si applica ai settori gi� divenuti comuni, fra cui l'organiz zazione dei mercati agricoli. Occorre poi esaminare se le condizioni test� svolte siano ugualmente valide per il mercato dei grassi, disciplinato dal regolamento n. 136/66. Anche il predetto regolamento ha creato un'organizzazione comune di mercato, che si fonda su un mercato comune dei grassi, realizzato grazie all'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, e sulla gestione comune del medesimo. Tale organizzazione ha per� una particolarit�: un regime dei prezzi � stato istituito soltanto per i pro dotti pi� esposti alle variazioni di prezzo, in particolare per l'olio d'oliva; Trattandosi di vincolo imposto iindisti.rutamente ai 1pl'odortti naziOIIlJaili e ai prodotti. impootati., 1si � ritenuto .che, in linea di principio, 1;aile vincolo fosse compatibile con le norme del Trattato relative alla libera circolazione delle merci. Si � sempre ammesso infatti che i divieti generali di vendita, aipplioaibd.Wi a tutti i prodotti, siano essi di produzione nazionale o importati, non costituiscono infrazione al Trattato e, in particolare, non sono misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa. Sono frequenti le regolamentazioni nazionali che determinano la natura delle merci poste in vendita ed in particolare ne precisano la forma, la presentazione, il peso, l'!i.mballaggi�, ecc., e istabiilisc()(()J() che possono ess~e 1poste din v.end!i.rta unicamente le merci che rispondono a tali requisiti. � bens� vero che tali regola mentazioni, ancorch� indistintamente applicabili, possono creare delle difficolt� negli scambi commerciali ma ci� avviene anche per le norme sopra ricordate riguardanti La natUl'a del<Le meil'ci poste in V'enddita o la loro presentazione. In tutti questi casi, � noto, la soluzione non pu� dipendere che dal ravv11cinamento deille legislazioni ed in pqll'tko1are dia�il.'aippil:kaz!i.one dell'art. 100. Se gli Stati membri hanno conservato il potere di mantenere o introdurre divieti generali di vendere determinati prodotti non rispondenti alle condizioni che essi determinano, non si vede come possa essere loro negato il diritto di determinare, in modo generale e senza alcuna distinzione fra prodotti nazionali e prodotti importati, i prezzi ai quali certi prodotti debbono essere venduti. Vi sono tuttavia dei casi in cui le regolamentazioni nazionali, bench� formalmente appaiono indistintamente applicabili, possono rappresentare deg.li ostacoli veri e propri alle importazioni e debbono essere perci� considerate come misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa (cf. art 2, par. 3, lett. d) ed e), dir. 70/50/CEE). Si verserebbe in uno di onere probatorio che non � richiesto nel caso delle restrizioni quantitative) dare la prova che vi siano in concreto effetti restrittivi nel commercio tra gli Stati membri. Basta che la misura sia suscettibil.e di produrre tali eff�etti. Conferma questa tesi il punto 9 della vostra sentenza del 15 dicembre 1971 (Racc., 1971, p. 1116). 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gli altri prodotti cui si applica il regolamento fruiscono semplicemente d'una protezione doganale negli scambi coi Paesi terzi e possono costituire oggetto di misure di salvaguardia in caso di perturbazioni del mercato. Bench� l'incompatibilit� di provvedimenti nazionali volti ad influire sulla formazione dei prezzi sia particolarmente palese nel caso d'organizzazioni di mercato che implicano un sistema comunitario di formazione dei prezzi, non si pu� negare che anche la semplice esistenza d'una organizzazione comune di mercato ai sensi dell'art. 40, n. 2, lettera e), precluda agli Stati membri la possibilit� d'adottare nel settore considerato provvedimenti unilaterali atti ad ostacolare il commercio intracomunitario. taild 'casi se J:a l'egolamenitazione sui prezzi fosse aa:iticoLaita ti.in modo rtaiLe da :liaire ostacoJ.o ai11e importaz1oni 1cihe, in sua assenza, potriebbero essere eff,et-. tuate mentre non ne sarebbe altrettanto svantaggiata la vendita dei prodotti nazionali similari. A titolo di esempio si pu� ricordare la fissazione di un prezzo ad un livello inferiore a quello al quale il prodotto importato potrebbe essere smerciato, perch� per i prodotti importati non si tiene conto, ad esempio, dei margini di commercializzazione eventualmente diversi n� deili1e spese merenrti al.ile importaziml'i. � chlairo cl;l.e :iin taLi 'casi le :importazioni vengono ostacolate oltre misura poich� l'importatore avr� solo la scelta tra vendere in perdita o rinunciare del tutto all'importazione (21). Anche se la fissazione di prezzi massimi da parte delle autorit� di uno Starto membro non fosse suscettibile, nel momernto in cui si adortta, di produrre effetti retrittivi sul commercio intracomunitario e non costituisse quindi una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, ci� non significa che la stessa non possa rivelarsi tale in un secondo momento. I prezzi sui mercati variano rap.idamente, :i:nfluenz.ati da v;arri fattori che, nella IJTesente fase delil'iintegrazione, non si sviil.UJppam.o :aililo istesso modo in tutti gli Stati membri. Pu� quindi accadere cne,' in ,epoca posteriore alla data di adozione, la mis'tlra nazionale renda impossibile una eventuale maggiorazione del prezzo del prodotto importato corrispondente alle spese ed agli oneri aggiuntivi inerenti all'importazione o non tenga conto delle variazioni dei costi di produzione intervenuti negli Stati membri o delle qualt� dei nuovi prodotti provenienti da questi ultimi. Troverebbe allora evidente applicazione l'art. 2, par. 3 lett. d) ed �e), della direttiva gi� citata 70/50/CEE. Spetta in definitiva al giudice di merito rilevare i prezzi dichiarati daLle 1mprese p!l'ocLut1rici. e distributrici 1rtail.1ane :iin diarta 28 giugillo 1973 e, (21) La Commissione, nell'esercizio dei poteri di vigilanza conferitile dall'art. 155, ha ispirato la sua condotta ai criteri qui sopra richiamati. Essa ritiene, ad esempio, che la fissazione ad uno stesso livello, da parte di uno Stato membro, dei prezzi di vendita delle specialit� farmaceutiche di produzione nazionale e importate, tenendo conto unicamente dei costi di produzione dei prodotti nazionali (senza tener conto cio� dei margini di commercializzazione eventualmente diversi e delle spese inerenti alla importazione), possono costituire parimenti una misura di eft'etto equivalente ad una restrizione quantitativa all'importazione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 333 L'art. 36 del regolamento riserva d'altra parte espressamente al Consiglio il potere di apportare all'organizzazione comune qualsiasi modifica o deroga suggerita dalle �condizioni particolari � in cui si potr� trovare� l'uno o l'altro prodotto. Si deve perci� concludere che nei settori regolati da un'organizzazione comune di mercato -e a pi� forte ragione quando l'organizzazione poggia su un regime comune dei prezzi -gli Stati membri non possono pi� intervenire con atti unilaterali nel sistema di formazione dei prezzi determinato dall'organizzazione comune. Di conseguenza, il regime nazionale che, bloccando i prezzi ed esigendo per le variazioni dei medesimi un'autorizzazione amministrativa, alteri il processo di formazione dei prezzi previsto dall'organizzazione comune di mercato � incompatibile sia coi regolamenti gi� citati, sia con la norma generale posta dall'art. 5, secondo comma, del Trattato, collifrontandoiLi con quelli rilevati sui meIDcati daigli a111Jri Staiti membri a quella data, stabilire se la disciplina dei prezzi instaurata in Italia potesse oostitu�lre o meno una misura in eff.etto equivailen<te ad una :restriziO!lJe quantitativa all'importazione. Lo stesso esame dovr� essere effettuato posteriormente a tale data e per tutto l'arco di tempo in cui le norme relative alla fissazione dei prezzi sono rimaste applicabili, tenendo conto naturalmente delle variazioni di prezzi nel frattempo intervenute nello Stato membro interessato. Si propone che alle domande del Pretore di Roma venga, data la seguente risposta: � Il prezzo indicativo, il prezzo di intervento ed il prezzo di entrata, per quanto dgu~da i cereaili sono stati fissati con :iJ1 11eg. rn. 120/67/CEE. Nessun prezzo comune � stato invece fissato per le farine di estrazione di cui al reg. n. 136/66/ CEE. La fissazione da parte del Consiglio di prezzi comuni dei prodotti aigdco'li neil quadro deilila politiioa agricola 1comrune ha come conseguenza che gli Stati membri non hanno pi� facolt� di fissare, in forma autonoma, prezzi, aventi funzione o effetti analoghi a quelli dei prezzi comuni, diversi da questi ultimi. Non � vietato agli Stati membri di fissare dei prezzi massimi per i prodotti soggetti ad� organizzazione comune di mercato semprech� gli stessi non costituiscano un ostacolo all'effettiva realizzazione sul mercato del prezzo indicativo, qualora esista. Gli Stati membri non possono inoltre stabilire prezzi massimi nella misura in cui gli stessi, pur essendo formalmente applicabili indistintamente ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri ed ai prodotti nazionali, siano suscettibili di rendere pi� difficile la vendita di prodotti importati dagli altri Stati membri rispetto a quella dei prodotti nazionali �. VI. -Sul terzo quesito (lettera f). Punto di partenza � la conclusione alla quale siamo pervenuti esami1n1aindo il secondo quesito. Se si rttiene che, nei .limiti 1soipil\a e1siposti, gili Stati membri possono ancwa disciplinatre .i .prezzi dei prodotti agricoli, perdono 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo cui gli Stati membri devono astenersi da qualsiasi misura � che rischi di compromette~e � la realizzazione degli scopi del Trattato. Il potere d'adottare i provvedimenti che si rendono necessari per fronteggiare l'aumento dei prezzi sui mercati considerati � riservato alle istituzioni comunitarie. I singoli, sottoposti ai regolamenti comunitari, non sono perci� tenuti ad osservare eventuali misure unilaterali adottate dagli Stati in tale materia. La sola via, compatibile col diritto comunitario, per raggiungere, in un settore disciplinato da un'organizzazione comune di mercato, i fini perseguiti da una normativa nazionale contro l'aumento dei prezzi consiste quindi, per gli Stati membri, nell'assumere. a livello comunitario, le iniziative necessarie a far s� che la competente autorit� comunitaria emani o autorizzi provvedimenti conformi alle esigenze del mercato unico istituito dai regolamenti nn. 120/67 e 136/66. ogni interesse i quesiti indicati sub f). L'art. 40, par. 3, secondo comma, ha la precipua funzione di evitare che l'organizzazione comune di mercato sia configurata in modo da CD:'eaa:-e discrimiinazioni firia prodruttori o fra c001sumatori dei prodotti agricoli. Tale norma non � quindi applicabile all'azione de�Mo Si1Jato che si colfachi ai!. di fuori della sfeTa propria aJ1Q',organizziaziOil1e comune di mercato (22). Didamo solo per completezza d1e questi sub f) sottintendono a1c11.mi rilievi critici che non sembrano convincenti. In primo il.uogo, se viene riioo:nosciuta agli Stati membtri la competenza di fissare dei prezzi massimi di vendita dei prodotti agricoli, nei limiti e e nelle condizioni sopra indicati, � evidente che tale r.egolamentazione trova un suo limite naturale, data la sua origine statuale, al territorio di ciascu:p.o Stato membro. � quindi logico che uno Stato membro, nel momento in cui adotta provvedimenti di caratter�e congiunturale, al fine di eombattere perturbamenti del mercato nazionale ed ingiustificati inasprimenti del costo della vita, si preoccupi di fissare sul proprio territorio un blocco rigido del prezzo deU.e merci, delle forniture e dei servizi e si disinteressi dei prezzi di vendita dei prodotti esportati. N� si vede come questa miisura, pe.r hl fatto di inon a,ppdicaxsi .alile esporiaziooii, possa 01V'e!De UIIl effetto restrittivo sulle importazioni. Poco convincente ci sembra poi la critica riflessa nel quesito contraddistinto con la lettera f), n. 2. Gli esportatori degli altri Stati membri debbono pur trovare, per vendere i loro prodotti, un importatore o un -oommeirciante con sede in Italia. Questi si trovano automartioamente 1aissoggettati agli obblighi sanciti dal d.l. n. 425 e non saranno certo disposti a pagare un prezzo che non consenta loro di praticare un prezzo di vendita -comprensivo del loro beneficio -contenuto nei limiti dei prezzi praticati al 28 giugno 1973. Non si vede poi come questa modalit� possa costituire un'infrazione al diritto comunitario. Sembra invero evidente che essa pu� avere solo un effetto benefico sulle importazioni. (22) Si vedano le conclusioni dell'Avvocato generale A. Trabucchi nella causa 2-73 Racc., 1973, p. 888. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 335 Nei settori di mercato considerati detti regolamenti garantiscono, con efficacia diretta a favore dei singoli, la libera circolazione delle merci, in particolare mediante la soppressione delle restrizioni quantitative e di qualsiasi misura d'effetto equivalente. � necessario tuttavia precisare che il regime dei prezzi instaurato dai regolamenti n. 120/67 e n. 133/66 s'applica esclusivamente nelle fasi della produzione e del commercio all'ingrosso. Gli Stati membri riman-� gono perci� liberi --senza pregiudizio d'altre norme del Trattato di emanare i provvedimenti che ritengano necessari in materia di formazione dei prezzi nelle fasi del commercio al minuto e del consumo, purch� non mettano in pericolo gli obiettivi od il funzionamento dell'organizzazione comune di mercato. Si chiede, da ultimo, se il combinato disposto dell'art. 40, n. 3, secondo comma, del Trattato CEE, dell'art. 5 del medesimo e dei regolamenti n. 120/67 e n. 136/66 consenta agli Stati membri d'emanare, in materia di controllo dei prezzi, norme che portino a discriminazioni fra produttori o consumatori della Comunit�. L'art. 40, n. 3, secondo comma, fissa alcune regole che devono essere osservate nell'ambito dell'urganizzazione comune dei mercati. Fatta salva la possibilit� d'applicare per analogia tale norma ad organizzazioni nazionali che potrebbero conservarsi, in taluni settori, nel rispetto del Trattato, si deve osservare che la questione concernente la valutazione di norme nazionali emanate in settori riservati alla disciplina comunitaria �, nella fattispecie, priva d'oggetto. -(Omissis). Per quanto riguarda la distinzione fra grandi e piccole imprese (23). pur ammettendo che la delimitazione tra le due categorie ha sempre qualcosa di arbitrario, non sembra che la stessa possa essere censurata. � verosimile che si � ritenuto eccessivo di imporre alle imprese aventi un volume di affari pi� modesto gli oneri imposti dal decreto-legge. Le piccole e grandi. imprese non essendo tra loro in una situazione comparabile, un trattamento differenziato pu� essere giustificato. Si propone che al terzo quesito venga risposto nel modo seguente: � L'art. 40, par. 3, secondo comma, ha la�funzione di evitare che le organizzazioni comuni di mercato siano configurate in modo da creare. nella Comunit�, discriminazioni fra produttori o fra consumatori dei prodotti agricoli. Tale norma non si applica alle misure adottate dagli Stati membri nell'esercizio dei poteri che rimangono estranei alle organizzazioni comuni di mercato �. (23) Nella risoluzione del Consiglio del 14 settembre 1973, G.U.C.E., n. e 75/1 del 19 settembre 1973, � detto al punto VI: � In tale contesto il Comitato di politica congiunturale esaminer� con priorit� sia la possibilit� di istituire in tutti gli Stati membri un sistema di notifica preventiva degli aumenti d:i prezzo da parte delle imprese che superano una determinata dimensione, sia la possibilit� di rafforzare la sorveglianza dello Stato sulla formazione dei prezzi onde evitare abusi su alcuni importanti mercati �. 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., ord. 31 ottobre 1974 -Pres. Stella Ri!chteir -Soc. Industrie ChiimLche [talia Centrale (avv. Catalano) c. Ministe:ro dlel 1coanme:r1Cio icon l'estero (avv. Stato Savarese). Comunit� europee � Norma di diritto interno riproduttiva di anteriori provvedimenti di diritto comunitario � Disapplicazione � Inammissibi� lit� � Mezzo giuridico offerto dall'ordinamento interno per garantire la prevalenza del diritto comunitario � Declaratoria di illegittimit� costituzionale della contrastante o riproduttiva norma di diritto interno. (Cost., artt. 134 e segg., 10, primo comma e 11; trattato CEE: legge 14 ottobre 1957, n. 1203). Comunit� europee � Agricoltura � Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali � Regime delle cauzioni all'importazione � Normativa comunitaria � Corrispondenti disposizioni di diritto interno � Possibile illegittimit� costituzionale. (Regolamento del Consiglio 13 giugno 1967, n. 120, art. 12, nn. 1 e 2; regolamento della Commissione n. 473/67, art. 8, n. 3; d.1. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, art. 13, secondo e terzo comma; d.m. 28 maggio 1968, art. 3, lett. b). Nell'alternativa fra la nullitd delle norme di diritto interno riproduttive o in contrasto con anteriori provvedimenti di diritto comunitario e la loro illegittimitd costituzionale in riferimento agli artt. 10, primo comma, e 11 della Costituzione, deve prevalere tale seconda soluzione, dovendosi escludere che l'adesione al trattato di Roma renda priva di effetto la volontd sovrana degli organi legislativi (il che presupporrebbe l'introduzione, nel nostro ordinamento, di un vizio della legge pi� grave della iltegittimitd costituzionale) e non potendo del resto ammettersi una diretta disapplicazione della contrastante o riproduttiva disposizione legislativa di diritto interno (1). Non � manifestamente infondata la questione di legittimitd costituzionale _delfurt. 13, secondo e terzo comma, del ,d.l. 20 febbraio 1968, n. 59, convertito con legge 18 marzo 1968, n. 224, che riproduce, in violazione dell'art. 189, secondo comma, del trattato CEE, norme di diritto comunitario (2). (1-2) L'ordinanza in rassegna va segnalata, prescindendosi da ogni valutazione sulla rilevanza e sulla fondatezza della questione di legittimit� costdituzi!OIIlaiLe proposta aliLa Coxite costituzione, per ila ll"He.vanzia .e J.'aiutorit� dell'orientamento adottato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione in merito alla nota questione sui rapporti tra diritto comunitario e diritto interno ed in particolar.e sulla soluzione da adottare nel caso di norme di diritto interno posteriori ed incompatibili con la normativa comunitaria. Nel provvedimento di rimessione, invero, le Sezioni unite, pur avendo specifico riguairdo aJ. �crirtleirio deil�a mera 11."i,produzione deiHe llJJOO'ffie oomunitarie in disposizioni di diritto interno (gi� censurato sia dalla Corte di ~:: t~'. 1:�: r i! ~:: ...,.,~~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 337 (Omissis). -1) La �ricorirente riferdlsce ,gienericamente l'eccemone d'incostituzionalit� al deoceto-legge 20 :febbraio 1968, n. 59, e alla relativa fogge di conversione 18 marzo 1968, n. 224. La questione !PU� per� avere rilevan:za solo in rapporto alle nO!l"llle che vengono in consjid~azione per la decisione della controve!I'ISia, cio� quelle diei 1commi secondlo e tel'IZo :dell'airt. 13 del decreto-legge citato, in base alle quali � 1stata emanaita la d!ii~osizione dell'art. 3, lettera b), del deooeto ministreiale 28 maggio 1968. 2) Cos� deUmitata, la questione � rilevante ai fin.i della d!ooisdone, poich� dalla !SUa 1soluzione dipende la individuazione id/ella foote normativa (comunita:ria o nazionale) che regola il caso, tenuto conto, quanto alla disaipplioobilit� delle norme naziona1i, delle osservazioni che seguono. 3) La mera (["i\produzione delle dJjisposizioni dei iregolamenti (CEE) in noro:ne interne vdo1a l'airt. 189, �comma secondo, del trattato. A questo pro1POSito non occorre rjichiedere una statuizione della Corte dii giustizia delle Comunit�, che 1si � gi� (pl"onUillciata srul punto con la sentenza del 7 febbraio 1973 in causa n. 39/72. Nello stesso senso si � pirommciata di recente, 1con la 1senteD1Za n. 183/73, anche la Corte 1costitu:1'lionale, la quale ha affemnato che i ll"egolamenti (CEE), i quali abbiano COIIl(piletezza dli �contenuto .~ositivo, non devono essere oggetto dii 1Prrovve.dimenti 1statali a 1caa;attere riiPr'oduttivo, inteigrativo o esecutivo, che IPOSsano �comunque differd.me o 1condizi:onarne l'entrata in vigore, e tanto meno 1sostitujirsi ad essi, derogarvi o abro1gar'li, anche paLl'zia1mente. giustizia delle Comunit� europee .sia dal.ila CO!t��te cQst~tuzionaiLe), ha!Il!Ilo in effetti valutato la portata delle disposizioni di diritto interno successive a norme comunitarie e con tali norme incompatibili, quella stessa questione, cio�, gi� a suo tempo risolta dalla Corte costituzinoale, ma secondo soluzione da ritenere attualmente superata, in base al criterio lex posterior derogat priori (sent. 7 marzo 1964, n. 14); ed � noto che la questione conserva rilievo anche quando la norma di diritto interno (come nella specie cui si riferisce il provvedimento di rassegna) abbia lo stesso contenuto della disposizione comunitaria, in quanto risulterebbe pregiudicata, ritenendosi applicabile la conforme, ma posteriore norma di diritto interno (secondo il criterio adottato cio�, nella specie, dai giudici di appello), la competenza riservata con l'art. 177 del tra.ttaito CEE alla Corte di .giustizda ideil!le Comunit� europee. Dopo aver nuovamente escluso l'ammissibilit� di una diretta disappl: i>oazJ.one della norma di diritto interno ad opem ideil ~udfoe (1conf.: Cass., 22 settembre 1970, n. 1680 e, da ultimo, Cass., sez. un., 7 gennaio 1975, n. 10, retro, I, 88, ,jm motivazione), Ie Sezioni 'tmrute hanno id!Levaito che la incompatibilit� con la normativa comunitaria di successive disposizioni di diritto interno deve essere ne�essariamente risolta, anche quando si tratti, come nella specie, di norme soltanto riproduttive di disposizioni comunitarie (e cio� emanate in contrasto con il criterio stabilito dall'art. 189, secondo 3 338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 4) Le nomne 'com.unitarie che imiPongono la 1cauzione per l'impo<rtazione dei cereali e dletermmano la miisUJra in 1cui essa deve essere incamerata hanno eviiidente 1completezza di contenuto dliSJPOSitivo. L'emanazione delle ,coriri.:spondenti noru:ne italiane, non dettata dall'esigenza di dare alle prime attuazione nello Stato (come invece pot� essere ritenuto dalla Co;rte C'Ostituzli.onale nehca:so deciJSo con la sentenza n. 86/73), ma do~ta al disconosciimento dell'efficalC'ia immedliata e dlilretita delle nomne 'comunitariie in Italia, contrasta con il trattato della Comunit� economica eUJroipea. 5) \Il detto 1c001Jtrasto non autorilzZJa per� la diretta d1saip1Pliicazione, ai 1sen:si dell'art. 5 della le~ 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, dell'art. 3, lettera b), del decreto miniisiteriale 28 maggio 1968, eh.e ha sostituito l'art. 8, lettera b), del iregoLamento (CEE) n. 473/67. Trattasi dli norma iregoLamentare emanata in otteffilP0l'anza all'art. 13,' comma terzo, del diecreto-legge 59/68; diis8iP!PUcairla s:ignificherelbbe diisian;>iplicare la norma 1Priimaria, 1che ha rimesso al Miniistro 1per il comme,rcio con l'estero la ,dete:mn:inaZJione degli importi 'cauzionali da incamerare. 6) Il funzioillalilllento della Comunit� economica euroip,ea es1ge per certo 1che r.effi'(Jada ,delle norune 'comunitarie, immediatamente e direttamente a1P1Pliicaibili n1eg]Ji. Stati membri, non sia sminuita, ll"itardata, irrnped: ita o asisoll'ibiita da noll'tme statali 1contrastanti o sostitutive; � tuttavia proiblema di dliritto interno, intorno al quale non Pl;l� essere richiesta l'interJPretaztone della OOII'lte comunitairia, quello del valore ,gaUJrid'ico d�. tali nonme statali. comma, del trattato di Roma), con la declaratoria di illegittimit� costituzionale della norme di diritto interno; ed a tale soluzione le Sezioni unite sono pervenute motivatamente escludendo 1a LpotizZJab!�li.,t� di wna nullit� (dii 'Per s� invalidante), delle norme di diritto interno, 1e 111eli1a esatta pll'emessa, in particolare, che � � problema di diritto interno, intorno al quale non pu� essere richiesta l'interpretazione della Corte comunitaria, quello del valore giuridico di tali norme statali�: quella stessa premessa, cio� in base alla quale si � sopra censurata, a commento della sentenza resa dalla Corte di giustizia nehlia causa 31/74 (supra, pag. 312; v. ,pag. 314), 'e ,con richiamo ai principi di diritto in altre occasioni enunciati, in argomento, dalla stessa Corte di giustizia, l'affermazione secondo �cui � i singoli, sottoposti ai regolamenti comunitari, non sono tenuti ad osservare eventuali misure unilaterali adottate dagli Stati in tale materia �. La soluzione adottata dalle S�zioni unite della Corte di cassazione (e che invalida il criterio di base al quale si � proceduto, da parte di taluni giludici idi meriito, ad una disinvo1Lta quanto inammi1ssibiil!e � idi,sappJ.icazione � di norme legislati'V'e nazionail:i) � confOl!'me a quel!La ,gi� soste1I1uta dall'Avvocatura dello Stato in sede consultiva e gi� segnalata nella nota di commento 'aWl� sentenze 4 gennaio W75, n. 2 e 7 g,enlll!aio 1'975, n. 10 deLl1e SeZJioni Ulllite, (retro, pag. 86, n. 5). p,er le stesse ragi�:mi ailJ:e qua�i sii � i111 quelila ,occasione accennato, deve pe11altro rihadi['lsi ,]a superlluit�, .ai fini tiiI1 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 339 In iIJII"OIPOsito questa Corte 1suprema ha altre volte affermato, sia pure inci1dientalimetllte, la ip11evalenza del dilritto 1comunitario sul dilriltto statale (1sentenze n. 1771, n. 1773, n. 2896 del 1972), ma senza aver avuto necessit� di pireciiS�llre quali mezzi g!iuridllici siano offerti dall'ordinamento interno !Per irealizzaxla. Uguale affemna:zione sermibira desumibile dal !P0JSSO 1S01Pra riportato della sentelllZa n. 183/73 della Corte costituzionale, che aware segna:re un 1superamento delle poolizioni espresse nella sentenza n. 14/64, ossia escludere ooe le violazioni noirmaitiive del triattato della Comunit� economica eurqpiea siano (pll'ive dii conseguenze nell'ordinamento interno, e diano rsoltanto luogo all'aa;>!P�licazione dlelle regole sulla successione del1e 1egigi : tuttavia ne1pipure la Coirte costitu2lionale ha avuto modo di pronuncial'lsi LSUlla 1sorte delle norirne intell'!Ile di cui tratta!Si. 7) L'alitemiativa � !tira la nullit� delle norme 1sQ!Pra dette e la loco i!Legittimit� rCOIStituzionale: ed � alternativa �Che si !POne ugualmente sia amirnettendiooi 1Slia negandosi rche le norme emesse dagli oogani ccxrnunitairi, nelLe .materi.e �che lo Stato ha riservato alla loro C'()lmjpetenza, si 1 inseriiscono nell'oll."dinamento giuridllico italiano in focza dell'ordine di esecuzione del trattato. La 1P111ima delle due solu2lioni (nullit�) im!Portel'ebbe la manifesta infond!atezza dell'eccezione idi incostituzionalit� in esame: ma trattasi dii 1soluzione. 1che non aipipaire 1certa. Infatti, ferimo restando 1che spetta alla Corte �costituzionale piron1,mciar. si dlefinitiv.amente 1S1Ull'estensione delle mod!ifica2lioni apportate al esame, di un ricoirso �a:l (disout1biile) criterio deilira prevalenza .delilia normativa comunitalI"ia, sembrando inv1e1I"o che per una dJmpostazione siistemartiva della questione di principio sia di pi� efficace o comunque di sufficiente giustificazione, secondo criterio analogo a quello di norma adottato quanto ai rapporti tra Stato e Regioni (e sempre che la eliminazione di eventuali contrasti non risulti possibile in sede di interpretazione o in ragione della specialit� .de:hla normativa comunitaria), iJl. �critedo de�ilia dpwtizi()IIlJe deLle competenze legislative, in riferimento all'art. 11 della Costituzione e con riguardo al1La carenza di potere legislativo deriva~a idail .tlI",asfell."imenito di poteri attuato con il trattato di Roma. ' � certamente superfluo, comunque, sottolineare la rilevanza dei �princ�pi enunciati nel provvedimento in rassegna (pubblicato per intero sulla G.U. n. 77 del 20 marzo 1975); cosi come � auspicabile che il giudizio di legittimit� .coistitu:�iona:le con fa11e plI"ovvedimernto promosso fornisca iahla Corte costiituzioI11a:le l'oooasione pelI" una uthlie integ�l'azione della ,sentenza 1 27 dicembre 1973, n. 183, nella quale non � stato espressamente esaminata, come si � gi� altre volte rilevato, la questione posta da eventuali norme di diritto interno posteriori ed incompatibili con la normativa comunitaria: questione la cui .risolutiva valutazione da parte della Corte costituzionale appare �.iinverro necessaria .ed opportuna, anche mdiipeiI11dentemente daJile statuizioni che la Corte riterr� di adottare in ordine alla specifica questione proposta. 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nostro :sistema 'costituzionale dalla adesione al trattato, sembra difficile ammettere ohe 'questa renda piriva d'effetto la volont� SOVll'aila degli organi legislativi, pur manifestata nelle materie il"~servate alla normazione comunitaria: il 'Che piresl.liW>OlU'ebbe l'introduzione, nel nostro oro.inrurnento, idi un vizio della leg;ge pi� g;rave d~ll'incostituzionalit�. L'affermaziiooe contraria vulnererebbe (poi la certezza del diritto, poich� i cittadini dovirebbero qperaire di continuo, in vasti e di~irati settori, il raffrooto ilira le norme comunitall"ie primarie e derivate e le legigi nazionali, per valutal'e 1se queste uL1lime, :pur formalmente valide, abbiano vigoire. Anche la sentenza n. 183/73 della Corte costituzionale, dlel resto, affermando 'che i regolaimenti (CEE) dlota1li di 'completezza dli contenuto di�OISitivo non devono esser�e oggetto di provvedimenti statali che possano 1sostituirsi ad �essi, derogarvi o abrogarli, sembra postulaire cihe le norme interne ISliano atte a produrre, �bench� in violazione del trattato, gli effetti desciritti, ossia Clhe esse non 1siano inefficienti o inoperanti �in rapporto al:Le preesistenti norme �comunitaiirie, la cui vigenza nello Stato [pU� dunque rLseilltiJre delle variazioni nwmative apportate dalle fonti nazionali. 8) Per �escludlere la manifesta infondatezza dell'eccezione con riguardo alla sostama del d'enunciato contrasto �Con gli ar-ticoli 10 e 11 della Costituzione, � rsufficiente il irilievo rche entrambe le iipotesi di incosti<tuzionalit� 1sono pros\pettate, con rseri aJ11gomenti, dalia dottrina. Mentre, infatti, una <Coll'tl'ente dottrinaria afferma, (pur dopo la sentenza della Corte 'cosrtitu:zionale n. 14/64, 'Che l'art. 10 della Costituzione ha recepito la no:rima iinterina2lionale pacta sunt servanda, e ne deduce che l'obbligo del ll1is;petto dei trattati internazionali sarebbe, all'interno dell'ordinamento, costiituzionaLmente garantito, altra corrente desume dall'art. 11, inteso 'corne norma non meiramente p&1missiva, il valore �costituzionale dei trattati stipulati (per [perseguire la pace e la giusitizia fra le Nazioni, con la 'conseguenza �che finch� lo Stato tenga fenna l'ade~ sione alle organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, le norme che �cootiraistino reon l'attivit� delle organizzazioni stesse sarebbero, ove adotta.te 'col :procediimento ordinaxio, costituzionalmente illegittiime. (Omissis). ' .. .. �-. ii . . . ' J rw�11�1w11!fa1a111111;111trr1�w11it1w1ill{f1trillrill~11illmi~~{r111:1,1rt&tr@r~��@ SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 9 ottobre 1974, n. 2714 -Pres. Stella Richter -Rel. Sgroi -P. M. Tavolaro (concl. parz. diff.) Presidenza Consiglio Ministri (Avv. dello Stato Chiarotti) c. Caianiello ed altri (avv. G. Guarino, Dallari, Giordano, Troccoli, Piras, D'Abbiero, Pulvirenti, Viola, A. Amorth, Sciacca, Sivieri, Lorenzoni, Cannada-Bartoli, Piccardi, C. Selvaggi, Acquarone, M. S. Giannini, Andrioli, Pallottino, C. Fornario, W. Prosperetti, Benvenuti, Alessi, C. M. Iaccarino, U. Iaccarino, Zammit, Lessona, V. Spagnuolo- Vigoil'lita, MieLe, '11ranquilli-Leali, Colzi, Lubi'aino, D'Audino). Competenza e giurisdizione � Consiglio di Stato � Nomina governativa di consiglieri � Attualit� del potere � Impugnazione . Giurisdizione am� ministrativa. (R.d. 26 giugno 1924, n. 1054 t.u. delle leggi sul Consiglip di Stato, artt. 1, 4; legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istituzione dei Tribunali amministrativi regionali, artt. 2, 11, 12, 1'.7, 50). Il potere governativo di nomina dei consiglieri di Stato persiste anche dopo l'entrata in vigore della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei tribunali amministrativi regionali. La nomina governativa dei �consiglieri di Stato non incide sullo � status � di tutti i magistrati del consiglio, ma, solo, sulla situazione dei referendari e dei primi referendari. Il ricorso contro il provvedimento governativo di nomina proposto da questi ultimi rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato; � assolutamente improponibile l'impugnazione proposta contro tale provvedimento dai consiglieri e dai presidenti di sezione (1). (1) Le Sezioni Unite con sentenza 10 ottobre 1974, n. 2756 in Foro it. 1974, 1, 3317 hanno affermato che il provvedimento di assegnazione alle sezioni giurisdizionali dei consiglieri di Stato di nomina governativa rientra nelle facolt� discrezionali della P.A. cui corrispondono, soltanto, interessi di fatto non suscettibili di tutela giurisdizionale. La citata decisione mette fine alla fase processuale d'impugnazione del d.P.R. 16 febbraio 1973 conte(*) Alla redazione della massima e delle note di questa Sezione ha coHaborato anche I'avv. CARLO CARBONE. i : mm mm=~~ 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (30 settembre 1970) e nei modi (versamento in c.c.p.) indicati nella stessa offerta. Il d.P.R. 3 dicembre 1970, che fiss�, in misura sufficiente a coprire tutte le prenotazioni, il quantitativo di monete che la Zecca era autorizzata a coniare e cedere (L. 1.140.000 serie), costituiva una implicita (ove :pur necessaria) ratifica dell'operato, e, quindi, chiudeva definitivamente l'iter formativo del rapporto contrattuale, rendendolo vincolante per ambo le parti e confermando cosi l'incondizionato diritto di essa Cocepa a ricevere le 106.100 serie prenotate. E poich� tale diritto, una volta sorto, non poteva poi venir soppresso o ridotto per unilaterale iniziativa della contraente P.A., deve -a parer suo ritenersi illegittimo e tamquam non esset il successivo d.P.R. 15 m~r zo 1971, che, riducendo il contingente globale (a 1.011.000), limitava ad un massimo di 3.000 serie quello ,di ciascun prenotatario: a favore del quale, pertanto, deve essere mantenuta la posizione giuridica gi� acquisita. Per la soluzione negativa, di contro, � il Ministero del Tesoro, il quale, contestando la qualificazione giusprivatistica prospettata dalla Cocepa e negando l'applicabilit� delle norme civilistiche ex adverso invocato a regola del dedotto rapporto, afferma invece che, in relazione al medesimo, non sussiste, n� in astratto n� in concreto, una posizione giuridica del privato che sia configurabile come diritto soggettivo perfetto: a ci� ostando �l'assoluta discrezionalit� del potere che la legge ha conferito alla P.A. e che essa deve esercitare tenendo conto del supremo interesse pubblico connesso alla circolazione monetaria�, cui appunto si ricollega la controversia in esame. Spiega .al riguardo la difesa erariale, che, in forza di tale potere, da esercitare con esclusivo riferimento al pubblico interesse e di fronte al quale perci� non � concepibile una tutela diretta e immediata dell'interesse privato, spetta al competente organo della P.A. determinare il quantitativo di monete che la Zecca � autorizzata a coniare e a cedere ai privati richiedenti, non essendo giuridicamente consentito n� a questi pretendere n� a quella fornire un contingente monetario superiore alla misura fissata d'autorit�. E poich� tale provvedimento autoritativo (cio� il decreto del Presidente della Repubblica all'uopo previsto dalla legge 18 marzo 1968, n. 309) costituisce, ad un tempo, �la fonte esclusiva del potere della Zecca di procedere alle forniture� e l'atto cui resta subordinato l'interesse privato del prenotatario, ne viene di conseguenza che la posizione di quest'ultimo non pu� mai assurgere al rango di diritto soggettivo, mentre il potere discrezionale riservato all'autorit� pu� estrinsecarsi � anche con successivi provvedimenti, i quali, in relazione alle esigenze pubbliche connesse con la circolazione monetaria, possono variare il l limite del quantitativo da autorizzare� (come � avvenuto precisamente col d.P.R. 15 marzo 1971). I I ~ rn~re:frnnrex;;m:;.::re,2rn:i==re1====rn;11m::,,,rn&m:;::i6ill,;;rn~,rxrnxrn,t:.rn�rn.;.rn}mrn,.,mrnrn:.,mirnbm,:,rnsrn.."'rn..m0rn~,rnj1rn:,m~."rn";~m m�rn, 2 PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE Le due tesi, cos� riassunte, utilizzano gli s~essi e non controversi elementi di fatto per giungere a soluzioni' giuridiche diametralmente opposte; delle quali, per�, la prima � errata, mentre la seconda appare sostanzialmente esatta ed � da accogliere con le precisazioni che seguono. Occorre anzitutto chi�.rire -a completamento della gi� posta premessa -che per qualificare giuridicamente la questione controversa, al fine di accertare il tipo di protezione largito dall'ordinamento alla posizione soggettiva assunta a fondamento della pretesa, e cio� se l'interesse individuale che si assume leso sia configurabile come diritto soggettivo o come interesse legittimo, la ricerca della disciplina legale della materia non � un dato rimesso al personale e interessato apprezzamento della parte, ma un'indagine oggettiva affidata al giudice (della giurisdizione) e diretta in primo luogo a individuare, sulla base delle deduzioni formulate e dei termini in cui la questione risulta impostata, quelle fonti normative che, in modo diretto e specifico, sono destinate a regolare il rapporto dedotto in causa e, quindi, aqualificarlo sub specie iuris. Alle fonti di diversa e pi� ampia portata si ricorre solo dopo, e solo nella misura in cui gradualmente lo richieda la accertata insufficienza della specifica normativa; ma sempre nei limiti di compatibilit� con essa e sempre nell'ambito della �materia� in cui il rapporto va inquadrato. Di ci� non sembra tener debito conto la Cocepa quando, richiamandosi alle norme generali del codice civile circa la formazione e gli effetti vincolanti del contratto (ex artt. 1321, 1326, 1336 e 1376) con particolare riguardo alla compravendita (ex art. 1470 e ss.), d� a priori per scontato che il rapporto ricada, con tale qualifica e senza residui, sotto l'egida del diritto comune; e, trascurando o sottovalutando tutti gli elementi contrari a una cos� generica qualificazione giuridica (come: la natura pubblica dell'altro soggetto; la peculiarit� della prestazione, avente per oggetto la coniazione e l� fornitura di monete aventi corso legale; lo ius imperi necessariamente connesso a tale attivit�, ecc.), senza risolverlo, il vero problema di fondo. Il quale essenzialmente consiste -giova ribadirlo -nel saggiare la natura del vantato interesse alla stregua della specifica disciplina legale che � propria di esso. A qual fine l'indagine deve esiseire im!Poistata e condotta con riferimento alla legige 18 matrzo 1968 n. 309, contenente � norme per l'adeguamento dlei servizi della Zecca alle e1Sligenze della monetarione �, il cui art. 1, dal quale -com'� padfico -!IJa:'eltlide avvio la vicenda, dispone testualmente: � Con decreto del Presidente della Repubblka, ed entro i limiti qua:ntitativi che nel decireto stesso saranno indicati, ma Zecca !PU� essere autorizzata a foirnia:'e monete nazionali, a:nche di determinata fabibri 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cazione o di �~cdale scelta confezionate in appooiti contenitori, ad enti, associazioni e 1Ptrirvati italiani o stranieri �. L'analisi di questo testo legislativo, �che � dii fondamentale impoil"tan~ a ai fini del decide.re, mette in 1chiairo due IPUnti. Il primo rivela un dato confo:rime alla tradlizione legislativa unitaria e:d al pirinci.jpio -dli ancor IP�� remota ascendenza -che attri'buisce al potere sovrano, e quindi allo ius imperi, il diritto di �battere moneta �: 1conferendo all'origano di governo, sulla baise detll'autorizzazione legilslativa, la facolt� di deliiberail'e in meriito isecondio le esigenze politico-monetarie del Paese, 1e all'oogano tecn�lco (la Zeicca), srulla base della �concreta deltbera2lione governativa, il comipito di darvi esecuzione coniando le monete secondo la quantit� e le specie ivi stabilite (cfr. art. 1 e 16 1. 2�4 aigosto 18.612, n. 7818; r;d. 218 giugno 18�921 n. 3�3-0; art. 1 e 2, d.1.1. 8 maggio 1946 in. 419; art. 1 1. 214 dltcemiblre 1951, n. 1405). Il secondo punto, di 1contenuto pi� specifico, rivela una deroga ai principi generali sulla messa in circolazione (non per� sulla emissio ne) delle m�nete, in quanto Sii consente clie una [pairte dli esse, anz1ch� defluiJre al mericato valutar.io :per i consueti 1cana1ii dei servizi di tesore ria, ne venga dtstolta, ma in via del tutto eccezionale � ed entro i limiti quantitati~ 1che nel decreto... sairan:no ilnd]cati ., iPer diventare ogigetto di una �ces;s:ione diretta � ad enti, associazioni e pirivati �. Se ora Sii �cons:id1era la posizione di qu.esti ultimi 1con rtguaroo ai due 1Punti test� illustrati, risulter� evtdente che La loro ipil'etesa alla for nitura di una �certa quantit� dii monete, aventi -!Sii ibadi -co1.t'IS0 legale, anche se �dli dietemiinata faibb:dcazione o idii speciale scelta ., non pu� mai elevarsi al rango di dii:ritto isogigettivo pertfetto, mancando di quella tutela dilretta e immediata cihe � prqpr1ia delle � n011me di relazione� e trovando invece un. oistacolo insomnontaibile nel 1POteire discrezionale della P.A., la cui attivit� � qui dominata da � noome di azione�. � �certo, innanzi tutto, ohe dall'enunciazione del precetto di legige, attribuito soltanto di un potere deaiisionale alla P.A. in oodine ad un'at tivit� monop0Listi1ca (qual'� RIPIPUnto quella della � monetazione �) non � dato tral'ITe aLcun elemento che indichi l'esistenza di Limiti o vincoli posti all'azione amminiisitirativa per il ir�IS1P1etto di una 1sfera 1riservata ai [pll'ivati: ai quali ISli a1c1cenna, � v~ro, come virtuali e ultilmi destinatairi della programmata attilvlit�, ma in termini cosi ampi ed ela1sttcri da e:S1Clu dere pe:rsino una gener1ca qualifka:zione di categoria ( � enti, asisoc:iazioni e privati italiall!i e stral!iieri � ), e, inoltre, senzia garantir loro alcuna fa colt� che non trovi fonte e ll'e1gola nelLe deUberazioni che l'organo in vestito del potere 1sair� IP'er adottare. Ci� posto, torna ageivol� os:se!l.'Vaire che, anterio�nnente al decireto pll"es~denziale con cui � la Zecca pu� es sere autorizzata a foirnire monete nazionali � la situaz.ione risulta cairat terizzata, da un lato, dalla presenza di un potere esclus1ivo dell'autorit� PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 347 in O�l'dine a~ tem�pi e alle modalit� di esericfaio dlella monetazione e, dall'altro, dall'assenza di una poffiz.ione indiiv~duale che vada oltre il mero i1!-tere1s'9e dJ fatto, comune alla maissa indliiscrr:iiminata cli tutti r posstbili aisipiranti. In nessuno dei quali, invero, pu� s001gere un'aspettativa giu111dicamente rilevante, cio� taJJe dia dar luogo aid una sia pur indtretta tutela in funz.ione riflessa del IPUbblico interesse, senza che l'organo cui peir legge spetta dli valutarlo aibbia 1rimosiso, con il decreto all'UIPo emanato e nei UII).iti iv:i cOillJSentiti, l'ostacolo all'esericizio di quell'attivit� (coniazione e fornitura delle monete) che, nel precetto le.giisJ.ativo, trova SIOlo un'aistratta e gener:iica (pOSsiibilit� di realizzazione. Se, dunque, in vista di questa possiJbilit� e in attesa di quel decreto, la 'zecca, cihe � l'origano destinatario dell'emanandia autorizza1mone e .proposto alla relativa attivit�, si !Pll'edisipone per teIDiPo ad eseguirla, !PiTO!Pa.gandando l'iniziativa, ,entrando in contatto col pwbbHco, stabilendo i tem1Pi e i modi delle sottoscirizioni di chi .intenda ad:efl'l1re, non par dubbio che il compito svolto da tale ufficio si muove :pwr semprre nel quadro dell'azione amministrativa che Ifa caipo alla ci11colazione monetaa:ia. Vero � che una volta fiiSISato il proc�edimento �per la validit� delle irti.ch[este � dei singoli. aspiranti (v. comunkato staiffilPa dell'l0 luglio 1970), quanti dfi essi le abbiano ritualmente inoltrate alla ZeC100 assumono, nei .confronti di queS:ta, una iPOsimone srpec:iifica e qualiif�cante ohe 1i disc1rimina da tutti gli altri :soggetti (e enti, associazioni e !Pirivati ., (potenzialmente aimmelSiSi al ibenefido). Ma d� pu� solo indwrre a ritenere che il loro inte! l"esse, da 1s1etlllJPJ:ke 1cihe era, ossia privo di corus:iistenza giuridica, diventa legittimo, 1ciio� SUJScettibile d:i quella tutela .gimii:sidizionale che l'ordinamento accovda al ,singolo ogni qual volta la rua sfera 1Per1Sonale o ;pa trimoniale, dlebitaimente differenziata nei oon:fu-onti della generalit�, sia es1Posta all'incidenza negativa di un'atth11it� 1che la P.A., pur nell'ambito delle sue attr~buziond, eS1�111c1ta senza la retta osservanza delle norme cihe la legige 1Pone alla iSIUa azione al fine di irendeirla aderente al pubbMico dnteresse, col quale perci� viene a �coincidere l'inte;reSJSe del pa-iviato che, da quell'attivit�, si ;ritiene leso. Che la sdtuaizione in esaime sia inquadiraibile in questo schema e non in quello diel diritto soggettivo -c:he, a dlifferenza dell'intell"esse occasionalmente JPII"Ote.tto, postula la tutela del medesimo come propdo ed eiSiclusivo del suo titol:are -emeirge intuitivaimente da quanto finora esposto; ma � una punto iche lo IS'Vi.luiPfPO della contraria tesi impone <li rendleire pi� oh1mro ed es1Plicito. Rilievo di im!P.ortanza essenziale � 1che, in inessun momento della viicendla in questione, la JPLretesa del prirvato ha attinto una !POS:izione g1iuiridliica autonoma riiS!J;letto al prevalente interesse publblico, al quale invece � rimaista seIIl!Plre sub011d:inata. Oi� aipipare evidente con rirferimento alla faise iniziale conclusasi con la c.<d. (prenotazione. Atto, co . . . . . I 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO desto, che se � valso -come si � accennato -a differenziare i prenotataci dalla maissa di tutti i possibili ~iiranti -e, quindi, a conreil'iTe loro una'veste legittimante in ordine alla riichiesta delle monete, ma solo come prretesa alla legittimit� della 1conness1a azione amministrativa, non poteva per� valere sic1come inidoneo, a trasfortmare tale richiesta in un dlilritto sog.gettivo, veriso la P.A. avente per ogigetto la Sjperata JP!l"estazione (.coniazione e cessione delle monete nella quantit� jptrenotata). A parte il fatto che, anche nella sua normale configurazione civilistica, la pirenotazione � un atto con cui � il sottoscrittore che si vincola a un futwro acquiisto me<ntre l'altira parte si riserva di accettare o meno tale impegno e dd �da!I'Vi o non esecuzione, [p�er osiservare che nella S[pecie -com'� :pacifico -la pll'enotazione � avvenuta nel settembre 1970, cio� quando, non essendo stato ancora emesso il decreto del Presli.dente della Repubblica, al �cui potere esclusivo la legige demandava la deteil'minazione <liei liimiti quantitativi entro i quali � la Zecca !PU� esseil'e autorizzata a fornire monete na.zionali � (art. 1 leg:ge n..309 del 1968, cit.), n� questa poteva �tIIllPegnairsi alfa fornitura delle monete n� i richiedenti (pOtevano pretendere che, in mancanza e al di fuori di quel deooeto, si desse �corso alla lOiro IPI'enotazione. La quale, in sostanza, lungi dall'inserirsi nell'iter foomativo di un comune contratto di compravendita -(tesi, oltre tutto in�conieiliabile col (peculiare oggetto della prrestazione, 1consiisrtente non gi� nella consegna dli una re:S'iistente bens� di cose future da fabbricare mediante un'attivit� .riservata allo Stato e tipicamente diisc.rezionale, qual'� appunto quella che si estrinseca nel coniare monete aventi corso legale) -�costituiva piuttosto una fase pll"eparatoda del procediimento amministrativo destinato a rende1re concreta ed operante la prevtsione astratta e incompleta del precetto legisilativo (&"t. 1, ieit.). Nelle mo.re fra l'emanata legge e !'emanando deCII" eto !PI'esidlenziale, la prenotazione indetta dalla Zecca non altro ufficio aveva da adempier1e se non quello di o[perare, attraverso un preventivo sondaggio :regolato da termini e modalit� procediimentali, la selezione degli a1srpdranti ammessi alla richiesta, tn modo da accertare, con la raccolta delle adesioni valtd�e, la quantit� di monete di sicwro assorbirtnento nel me1rcato. Ci� allo scopo dii forniire all'autorit� coo:nipetente la 1conoscenza di utili dati dli giudizio rp'er dJelibeirare in merito e, in partkolaire, dii impedire 1che, ,sulla base d!i una errata o dubbia rpirevisione drca l'effettiva rfa:miesta dii monete, se ne 1coniaS1S1e un quantitativo sp.ro1Porzionato il'~etto alla domanda. Ma � ovvio che questa, pur esisendo imipegnativa per i sottosooittori, nessun vincolo poteva cxieare a carico della P.A.: sia [per la diversit� dell'organo che aveva piromos; so e rncicolto la pLreventiva adesione dei privati (Zecca) rds[petto a quello competente ad autorizzare l'emiJSlsione e la fornitura delle monete (Pres. della Rep.); sia e sopratutto per l'tnammiss1bilit� di un'an PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 349 t1ciipata �Compressione dlel [potere dliisorezionale che, nell'esclusiiva tutela dell'interie1sse publbldico, SPettava a tale Ol1gano in ordine atd un siffatto provvedimento. Al quale, in effetti, si lega una serie dii C~�lesse valutazion: i, in 1cui le scelte di fondo di politica monetaria (passivit� di tesoreria; controllo della massa liquida 1cil'!colante; rapporto fra mOillJete metalliche e banconote; r.posstiibile incidenza sulla tbilancia dei pagamenti, ecc.) 1si intrecciano con i motivi attinenti agli ulteriori e pi� caratterizzanti as1petti di una S\Peciale erm1ssione, quale indubbiamente deve consideram quella avente :per oggetto monete dli coI1so legale che, invece di essere impiegate come mezzo di :regolaunento dei debiti, vengono coniate 1Per eSIStere cedute come oggetti, e verosiimi.Lmente destinate, una volta in possesso dlei cessiona:ri, ad una funzione di tesorizzazione o riserva di valOII'e. Non bisogna tuttavia commettere l'errore -nel quale iillVece incorre la Cocer.pa -di accentuare quest'ultimo aS\Petto fino a scOl'lgervi l'indice iI'Welato:re di un rapiporto (privatiistico, quasi fosse una c~avendita avente per oggetto una qua1siaisi merce ohe l'acquirente, perfezionato il negozio, ha diiritto di vedersi cons1egnata (ex art. 1470 e 1476 n.1. �c. c.). L'e:rirocre � dtiiplke e --a parte la gi� rilevata [peculiarit� dell'oggetto della r.pcrestazione -1consiste: iper un veriso, nell'iisola1re artificiosamente quest'aspetto dal contesto della vicenda monetaria, che resta pur 1SeIIl!PI'e dominata, atteso il valore legale delle monete (con la loro incidenza <sul1a masisa �ciiircolante e la corri1S1Pondente pasJSI�.vit� della tesoreria di Stato), dalle scelte dii fondo dli 1cui sqpra � cenno; e, per altro ve1'so, nel capovoLgere a:rbitrairiamente le conJSeguenze giuridliche derivanti dalla specialit� dell'emissione, la quaLe, invece di restringe:re, a vantaggio del privato, l'aerea del :potere dliiscrezionale della P.A., la allaiI1ga ad un pd� vasto <settwe di aiIJIPl'ezzamenti del puibblico int&esse, poich�, in aggiunta o in correlazione a quelle scelte dii fondo, restano ancora da valutare le altr1e e 1Pi� s1pecifiche Taigioni inerenti alla fornitura di �monete... di determinata fabb:riicazione o di speciale s'Celta, 'Confezlionale in aip[positi .contenitOII'i, ad enti associazioni e ;privati italiani o straIJJieiI"i �. E .sono anch'.ess1e ,ragioni che, ragiguagliate all'interesse generale, da �cui sono rseparabili, possono indUiI're l'autorit� coffi[petente a orientare le 1sue decisioni in senso non necessariamente confonn.e alle personali a:S[pettative dei vail'li 1Sottosarittori; vuoi iper quanto conceil'ne l'an e il quantum dell'attesa, ma non vincolata, emissione; vuoi peir quanto attiene ai 1Cll"iteri di .collocazione dei prezzi coniati, dovendO la P.A., nell'esel'lcizio del potere 1confol'litole dalla legge, tener 1conto ili !Pi� am[piie valutazioni 1che trascendono l'interesse dei singoli (come ad es. : il pil'estigio della moneta nazionale; il iI'aip[>orto qualitativo e quantitativo con pil'ecedenti em1ssioni; il crifiess:o 1sul mercato valutall"io o nu RASSEGNA DELL'A~VOCATURA DELLO STATO mi.smatdco di una, massiiocia o mal d1iistrilbuita ilmrnissi-Oltle di monete; il tilmo.re di manoVTle speculative favorite dalla loro incetta, ecc.). A1:1a stiiegua dei concetti fin qui svolti, e ravvisato il motivb iJ~piratOll'e dell'intera vicenda nella prevalenza 1�iell'interesise pubblico su quello il)(l"ivato, pu� ritenoosd altrettanto certo che la !POISd.zione giuridica dei [pll'enotatari non si � elevata di 118Jlligo, quanto a natura e intensit� di tutela, per il fatto (J;l'uro e semp1iice della so1Pravvenuta emisis:ione del decreto '.P'l'esidenzial!e che stalbiliva �in un milioneoentoquarantamiila le serie di monete da 1coniare � ~d.P.R 3 d:Lcem:bre 1970, in, G.U. 5 febbraio 1971, n. 30). Infatti, una volta negata natU1ra contrattuale alla fas1e della iPII"lenc: itazione, inserita -come s'� visto -nel iprocedfilnento am:mindJSltiratiivo cul!lllinato nel decreto dlel P.R., ed: escluso -com'� pacifico -ooe, dlorpo dli esso, la Zecca si sia mai obbligata, a qualsiasi titolo, alla foirDJitu. ra delle monete, � chiaro che 1'a corrispondente piretesa non � configurabile, neanche in astratto, come un diritto soggettivo del prenotatairio. Il quale, come portatore di un interesse legittimo alla s:perata [pll'estazione, il'esa ;po1ssiibile rlall'auitOIIli.zlziawone 1P111eisidienzliaile, aweibbe potuto eventualmente imrpugnare, ma nella comrp1etente sede (ex art. 26 t.u. 26 giugno 19214, n. 1054), il rifiuto dlella Zecca, s~ccome atto viziato di lil1egittirrndt� in quanto non 1conf0I1II1Je all'inteiresse iP'Ubbliico, quale -in irpotesi -1desumilbile dal 'citato d.P.R. 3 d!iicembre 11970; che in se istesso, peraltiro, non conteneva, in aggiunta al quantdtativo di nwnete d!a 1coniail'e, alcuna sipeciifica indfoazione circa il oritm-io e il modo di distribuire tra i vari ais[piranti. Aicc.ertato 1che la pretesa di 1costoro non ell"a azionabile davanti al giudice oirdlinaxdo (ex art. 2 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) in base alla situazione esistente alloiroo� fu emanato il sudldetto deCll"eto iPII'esi.denziale, a magigior iraigione 1cio� da affe:rariaire con riferimento al successivo d.P.R. 15 mairzo 1971 (in G.U. 5 maggio 1971, n. 111), il quale, dopo av& considerato nel Pll"eambolo �che oocOI"lve ai sensi dell'art. 1 della 1egige 18 mall"zo 19<6<8 n. 309,, inteigirare lil ,decreto 3 dicembll"e 1970, deteirminando i 1ilmiti quantitativi entro i quali la Zecca !PU� fom.ire ad ogni singolo 1sogigetto le serie ~,eciiali per 1colleziomsti, ivi indicate �, ha fissato tale liimite m tremila serie JPi1'0 :capite. O["a 1si IPU� anche dlilscutere se, su questo !Punto, il nuovo diecireto si� sia limlitato ad � integrare � il pirimo ~come si legge nel [pll'eamlbolo e sembira dedursi dal 1confronto tra i due testi), o non lo abbia piuttosrto modificato mevc� una iparziale revoca (come sostiene la Cocepa, denunziandone l'illegittimit�), nel mal celato intento ,e, 1comunque, col irmultato [pll'atico di ilmrp1edire 11 1sodd:iisfaicilmento delle poche richieste ecce denti quel lilmite. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 351 Ma � un diiscorso, 1codesto che non spiega alicuna influenrza sul piroblema della giurisdizione, qui in esame. Infatti, se la posizione del prenotatario -come 1si � detto -era dli interesse legittimo con rifeiriimento al primo decireto, non tSli vedie 1come l'ipotetica rimozione del secondo potrebbe p1romumneirla al girado di �d:~ritto sogigettivo, per l'innanzi mai acquisito. D'altra parte, a voler ai:mmetterie che il secondo deccreto aibbda revocato il primo, 1cos� da vtietare alla Zecca di eseguiire ed al privato d:i p;retendeve la fornitUJra dii tutte le monete richieste, non 1Peir ques.to sia-ebbe dato al giudice o:rdinario dii rilevarne l'i11e1gUtimit� (!Per l'adombrato vizio di eooes1so di potere) e, meno che mai, d'i dichiaraJ."'lo tantum non esset o adidliirittuira di 1r.iimuoverlo, 1senza con ci� sovvertire i princ.itpli fondamentali in :materia (1cfr. airt. 4 e 5 legge del 1865, clit.). Posta invero la gi� dimostrata esistenza del 1Potere discrezionale in capo alla P.A., ogni questione sul buono o cattwo esericizio del poteire medesimo si pone ,al dli fuori della giUJrisdiizione dlell' A.G.O., dalla cui sfera d'inda1gine esula il sindacato dli un 1dieC111eto pi irevoca, come di qualsiiasi alta:io provvedimento ammin~strativo, che aibbia inc�JSo su privati interessi 1Protetti dall'oodiinamento solo in via occasionale e riflessa rtiJStPetto all'interesse pUJbbHco. E la revoca, ~licando il riesame della stessa siituazione giwridiica .�che dette luogo all'atto trevocato, icOl!Il[>Orta l'estrinsecazione di uno 1stesiso ipotere, onde, :f!ra l'autorit� che l'esercita e il privato 1che lo 1SU1bisice, il raJPIPorto 1si 1riproipone nei termini originari, per cui se la situazione ipreesdlstente era 1dii interesse legittimo, tale rimane aniche d:i :lironte all'eserciziio del [potere di revoca (cfll'. S.U. 26 giugno 1969, n. 22'88). Se poi sii. 1col11Siidera che la P .A. !PU� :sempre revocare con effetto ex tunc un atto emesso nell'esercizio del suo potere discrezionale, ove siano venute meno le ragioni di convienienza e d:i opportunit� che d~teriminarono l'emanazione dell'atto medesdxno, non pi� rispondente al pubbLiico interesse (iefr. S.U. 10 nmnembre 1966 n. 2750), La conseguenza della iSIU\PIPosta premessa, avere cio� il secondo decreto presd.denzdale revocato il primo, sia-eb!be 1semmai:i che questo e non quello deve ireputamsi inesiistente, 1Sk:corne eliminato da una 1sUJocessiva e collltraria mannestazione � dii volOlllt� espressa dallo stesso ooigano nell'eseirdzio dello stesso iPOtere. Giova in proposito 1chiar�ll'e che il :principio della irevocabildt� trova il suo lwite nell'obbltgo dell'amministrazione di risipettaxe i di.trdtti acqutsiti: nel 1serum 1ohe non � poSISI�lbile 1revoc:are un atto che abbia crieato nell'interessato un ddiritto ,so~gettivo pertfetto, �.ntendendosi per tale, in contraip1Posto al dliritto condizionato, quello 1ohe � insensibile al mutamento del pubblfco interesse. Ebbene, che questo limite sia invocabile -rcome a torlo afferma la Cooepa -:con Tiguardo al citato d.P.R. 3 dkembre 1970, � g�.� escluso dal fatto �ilie tale decTeto, per le ragio 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELI,O STATO ni sOlplra estposte, non ha 1soa:ti.to in caipo ai prenotatari una posizione di rango SUjperiore all'intooesse legittimo. Ma a volere andare oltre, fino ad eccedere alla (infondata) tesi della Cocepa, che vede nella emi.slsdone d:i 1quel decreto l'automatica consaicir:azione dlel suo diritto sogigettivo alla consegn::i di tutte le monete prenotate iPI'esso la Zecca, la soluzione non mutevebbe, IP01ch� l'asserito dilritto, lungi dal iPOtel'si configUJI'a.a:-e come perfetto e aJS1Soluto, sairebbe pur sempre sorto sotto la condizione della sua :col'll'is\pondenza all'interesse 1PUbbUco �curato dall'atto amministrativo. Alla rrevoca del quale, allora, come non osta l'interesse legittimo cosi non si OIPIPOne il iPl'elSIUilto dtritto condizionato, ;per l'uno e !PeI' l'altro valendo la regola che tali (posizioni s:ogigettive non pOiSsono comsoUda: risi in conflitto con l'interesse [pl.llbbUco, cui si Ticollegano e rimangono subordinate. Stcc:h�, verificandosi un sirrnile 1conflitto, o pell'ch� l'interesse !PUbbl~co fu male aiIJpirezzato nell'emanazione del provved:iffiento o [perch� esso abbia subito una successiva moilifica:ziione, interessi e diritti condizionati dei singoli 1sono destinati a �cadere di fronte al potere di rrevoca della P.A., la 1cui eventuale illegittimit� (per eccesso dii poterre o altni 'Vizi attinenti al modio del suo esercizio) � materia del giudice degli interessi e non dei diilritti. Sotto qualunque pirofilo, ;pertanto, � da escludere, in ordine alla controversia m esame e avuto :rigua'l'do al petitum sostanziale (art. 386 c.p.1c.), la giur1sdizione del giudice ordinano. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez: Un., 9 novembrre 1974, n. 3486 -Pres. Pece -Rei. .Zucconi -P.'M. De Marco (diff.). GESCAL (avv. Stato Saltini) .'c. Call'lmelo Ardito (avv. Paiscali). Competenza e giurisdizione � Poteri del giudice nei confronti della P.A. - Atto materiale lesivo del diritto. (L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, abolitiva del cont. amm.vo, art. 4). Nell'ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione abbia leso il diritto soggettivo del privato con attivit� materiale� non costituente esecuzione di un pl/'ovvedimento formale, l'A.G.O. non pu� ordinare alla P.A. stessa la rimozione degli effetti dell'atto o deWattivit� lesiva del diritto, soltanto se risulti provato che l'attivit� medesima � diretta al perseguimento una pubblica finalit� ed � indispensabile per il suo raggiungimento (1). (1) La sentenza si riallaccia ad un orientamento giurisprudenziale iniziato con decisione Cass. SS.UU. 3 febbraio 1967, n. 303 (v. in questa Rassegna 1967, I, 232 con nota di Giardini U., Attivit� materiali della pubblica t amministrazione e condanna ad un � facere � o ad un � non facere �) e pro~~ { ;~: m !.: i:= PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 353: (Omissis). -I rLcor\SI� devono essel'le xiuniti. Con il !Primo motivo dlel rkomo (prindpale l'amministrazione ad-duce che il imanurfatto dli cui � stato ordililato lo E\I)Ostamento, destinato al servi!zio di caise aisse1gnate a lavoratori, aiS1Sicura il soddisfacimento. di un pubbUco inteires1se rientrante nei cornp-iti ad essa assegnati dalla legige, cosiachi� la sentenza impugnata, disponendo la rimozione, avrebbe violato l'art, 4 della legge aiboliti'\'a dlel contenzioso ammiinistrativo' (violazione della norma dtata: dtlletto assoluto di giuridisdizione, in relazione all'art. 3160 n. 1 1c,p.c.). L'aissunto, aipjparentemente ieorretto nella sua generica formulazione, contraddliic�e alle pronunce emesse da queste Sezioni unite in casi analo�ghi a quello �di ispecie Gsentenze n. 303 del 1967, 3167 del 1973, 2007 del 1974), ll'elativo ai liimiti Elilltro 1cui deve intendle'l'ISli vigente nel nostro ovdinamento -ove non si ver,si in una delle espr1esise pireviisiorui di legige 1cui fa rrifoJ:"imento l'airt. 113, ult. 1comma, della Costituzione -la: regola secondlo cui al .giudice OI"dinario � inibito condannare l'autorit� amrruiniisitratiiva a rim.uO<Vetre l'attuazione dli p!rovvedimenti illegittimi,. imponendole un'attwit� Tipriistinatoria o 1comunque la cessazione dell'attivit� lesiva dli diritti soggettivi. Poich� il divieto dii cui trattasi, attinente ai cosiddetti limiti interni della giUJI"isdizione ne-i 1conflronti della pubblica amministrazione, � giUJStificato dall'esig�lniza di evital'e che il giudice ordinacr:-io incida nell'esel" cizio dei poteri d1iscriezionali attribuiti all'autorit� amministrativa per il perseiguimento di fini di puibbliico interesse, occorre stabilire, trattandosi di attivit� mateiriali dell'aimminiistrazione non costituenti es-e seguito poi in specie con decisione Cass. SS.UU. 23 novembre 1973, n. 3167 (v. Giustizia civile 1974, I, 634 con nota di Morelli M.R., Sui poteri del giu-dice ordinario nei confronti della P.M.). Sostanzialmente qui si ribadisce che il divieto, fatto al giudice ordinario .dall'art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, di condannare la pubblica amministrazione ad un facere opem, dspetto a�1e attivit� ma<be!riali deJil'amministrazione, nel solo caso che queste si riallaccino ad un provvedimento -anteriore o successivo -rivolto ad attuare i fini istituzionali dell'ente o che, comunque, si inseriscano nell'esercizio tipico di una funzione amministrativa. Il citato orientamento appare coerente con la pi� recente dottrina (cos� avvertono puntualmente il pi� sopra citato Morelli in nota a Cass. . 3167/1973 e ANNUNZIATA M., Attivit� materiale della P.A., lesione di diritti soggettivi e poteri del giudice ordinario in Gi.ust. civ., 1975, I, 426). Quest'ultima, come � noto, nega che un particolare regime amministrativo possa assistere il soggetto pubblico (Pubblica Amministrazione soggettivamente intesa) e ricollega detta particolarit� di regime direttamente alla 'funzione amministrativa la quale si esplichi nel modo formale e tipico che le � pr-opirJ.o (c:fT. NIGRO, L'esecuzione delle sentenze di condanna della p.a., Foro it. 1965, 57 ss.; Montesano, Processo civile e pubblica amministrazione, .: :1 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cuzione di un ;pro!V'Vlediimento fOO'lmale, se il isa:criificio o la compires1Sione del diritto che Sii u;io:retende leso (art. 4, ipr�lffio comma, legge abolitiva del contenzioso) serva al iPerrSeguimenfo dei dletti fini. In altiri termini, oltire al 1P1revio ri:scontro ,dJella mancanza d'un titolo legittimo al �co!ffijpdmento dell'attivit� 1ohe sii. aissume lesli.va dell'altrui ddritto (mancanza d'un potere direttamente c.onferito dalla legge, ovvero, �come nella imaiggior parte dei �casi, mancanza d'un [pll"oivvedime111to legittimamente adK>ttato nell'esevcizio dei poteri conferiti. dalla legige), e oltre al risicontiro ultericwe :dell'inequivocabile presenza della finalit� pubblica nell'azione ammdn�IS1lrativa, � necessario acicertare C!he le crnodal�t� dli questa, includenti l'illegittima �:wasione della sfera [pll"ivata, 1siano di per Sl� cor1relate al iPOOseguiimento del rpubbUco interesse: giacch� tale pieirseguimento, al di fuooi. del quaLe non esiste eseil:!Cizio di IPU'bbltche potesrt�, � 1condizli.on�e della qualificazione pubfblka dlell'attivit� [pOsta in e~e e quindi :delle scelte dl1sarezionali che ad esisa presiedono, di fu-onte alle �quali s'ari:resrtano 1i poteri del giudice ordinairio. Il saicll"if�icio del dliiritto del privato dev� dunque manifestarsi come il mezxo nece.sisario per il II'laggiungtmento della S{Pecifica finalit� pubblica che in concrreto rdlsulta perseguita, C1io� esse:re a questa correlata da un ra1P1Porto che la 1citata sentenza n. 3167/73 di queste Sezioni unite ha definito di ililldiJS{PeDISaJbli.lit�. Ci� ;posto, � iben vero �che, 1se.condo :fel"!ll.i !pl"inciipi, al giud1ee oirdii nall'io non � consentito 1sostituiirsd o sovira;pporsi all'autorit� amminiistra tiva nella valutazione della detta ind:iispensahildt�. Ma � tuttavia neces T�rattato del 1prooosso cdvile, Pado"\"a i.96; eANNADA-BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la P.A., Miiliano 1'964). Senonch�, come altra svolta si � avvertito, (cfr. I giudizi di costituzio nalit� e il contenzioso dello Stato negli anni 1966-1970, II, pag. 198) l'affer mare che l'attivit� materiale dell'Amministrazione non pu�, di per s�, essere qualificata espressione di una pubblica funzione se non in comprovata conformit� ai fini iistituzionaili de�11'.Elnte, non sembra ;conviinooue in qrualD.lto essa non contiene una sufficiente distinzione fra questione della ricondu cibilit� dell'attivit� materiale della P.A. nel concetto di atto amministra tivo ed eventuali vizi di siffatto comportamento (per un riferimento cfr. eass. SS.UU., 29 luglio 1966, n. 2094 indicata nei citati Giudici di costitu zionalit� II, pag. 198). Inoltre la prova del necessario collegamento dell'attivit� materiale con i1a pubbldica finail:irt� sembra �essere d1n contrasto .con aJJtro cxrienrbamenrto giu risprudenziale secondo il quale nell'applicazione della sua attivit� la pub blica amministrazione agisce di regola iure pubblico, con tutte le garanzie che vi ineriscono. Pertanto in mancanza di una dichiarazione esplicita o im pliicirta 1n senso co[]Jtrairio, gld .atti da �essa roosti 1n essecre devono ritenersi di natura oggettivamente pubblica (cos� eass. SS.UU., 15 febbraio 1966, n. 475, in Foro amministrativo 1966, I, 1, 217). e.e. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SlJ QUESTIONI DI' GIURISDIZIONE 355 sario 1che ri1sulti in giudlraio �che tale valutaziooe 1sia stata operata dalla pubibUca ammintstratlone, cosiC<Ch� sia �Certo che. la lesione del dWritto del privato, invece 1che una consapevole e insindaicabdle s1celta per il pie111Seguilmento del pubbHco interesse, non isia il frutto di un ineiro aroitrio o dli errror1 di esecuzione. L'esi:stenza del neOOSISlal1'io colliegam:ento �Con la finalit� pubblica pu� anche :r:isultaire, iseoondo i casi, in re ipsa, per es.empio dal rapporto :lira la particolare corufiguirazione o situazione dlel bene illegittimamente occupato e la natm"a dell'oipem pulbblica su dli esso eseguita. Ma QIVe ci� non sia, la ;pirova che la valutazione di �cui s'� detto sia stata COllllipiuta, col <r~sultato di ritenere inruspelll!Salbile il 1saicirificio del diritto leso, deve essere fornita dalla stessa puibblica amminilstr<amone conv;enuta in giudimo, me resli:ste alla domanda di ll"imozione dlel ~oprio operato, bench� illegittimo, invocando il d!ivieto di ingerenza del giudice ordinario nella !Slfera della sua� disciremonalit�. Il 1caiso dli sjpeClie rientra dira queste ulUme :iipotesi, non essendo :risultat<;> c&to, nel 1giud!izio di merito, 1che il �(mbblioo interesse non potesse. esseire ugualmente soddisfatto \Pur costruendosi il 1canale di cui trattasi a dli.stanza lievemente maggioire dal 1confine dell'attore. E poich� neippurre � risultato che la pUbbUca arnminffitrazione, con insindacabile valutatlone discirezionale (valutazione che dalla Gescal, nonch� pll'ovata, n�lppw-e era stata dedotta), avesse escluso quella iP-Oss:li:bilit�, il mottvo di r~corso dev<e� essere ll"i.,gettato. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE �CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 giugno 1974, n. 1806 -Pres. Mac, carone -Est. L�[pairi -P. M. Cutrupia (coni.) -Esattoll"ia Cli Ascoli Piceno (avv.ti Sequi e Satta) c. Fall.to Carosi Nicola ed altri (avv. Viglione). Fallimento -Crediti tributari contestati avanti le commissioni tributarle e ammessi con riserva -Necessit� di opposizione allo stato passivo Esclusione. I crediti esattoriali per cui pende contestazione davanti alle com- missioni tributarie sono soggetti alla disciplina dell'art. 95s, l. fall. e van- no quindi ammessi al passivo con riserva, da sciogliersi dopo la de �dsione della controversia tributaria senza che l'esattore abbia l'onere di proporre opposizione allo stato passivo (1). 1. -La lettura della decisione in rassegna (pubblicata nella giurispru- denza commerciale, 1974, I, induce a ritornare su un tema, gi� altre volte esaminato (1) sia per sottolinearne l'importanza, sia per svolgere alcune considerazioni che, a sommesso avviso di chi scrive, paiono offrire una pi� congrua giustificazione alle esatte conclusioni a cui � pervenuto il S.C. 2. -� Ritiene il Collegio che pure i crediti esattoriali per cui pende giudizio di contestazione avanti le commissioni tributarie sono soggetti�alla �disciplina dell'art. 952 1. fall., dovendosi equiparare ai crediti condizionali, di cui all'art. 553 della medesima legge, e vanno quindi ammessi al passivo con riserva, da sciogliersi dopo la decisione della controversia tributaria ed in relazione all'esito di questa. L'esattore non ha l'onere di proporre opposizione allo stato passivo avverso tale forma di ammissione con riserva per condizionalit� sospensiva del credito insinuato �. Cosi l'annotata decisione riassume le conclusioni a cui perviene, e, come evidente, la parte pi� importante della decisione � quella in cui, sovvertendo una giurisprudenza che sembrava consolidarsi (2), ha affermato il (1) V. Osservazioni sull'ammissione con riserva dei crediti d'imposta nel passivo fallimentare, in Rassegna Avv. Stato, 1969, I, p. 1121; In tema di ammissione �con riserva� al passivo dei crediti contestati, in Riv. dir. comm., 1971; II, p. 347; �La verifica del passivo e i crediti t_ributari nel fallimento, in Riv. dir. comm., 1973, I, p. 127. (2) V. Cass., 6 dicembre 1971, n. 3539, Soc. Basaglia c. Fal.l.to Ricci, in ForO it., 1972, I, c. 944 con nota critca di V. ANna10L1; Cass., 26 giugno 1969, n. 2292, Fall.to Merli c. Finanze in Giur. it., 1970, I, l, c. 1107; Trib. Roma, 26 febbraio 1973, rie. "Esattoria Comunale Roma, in Giur. merito, 1973, I, p. 367. Nello stesso senso in dottrina da ultimo S. GATTI, L'ammissione con riserva dei crediti al passivo fallimentare, con particolare riguardo ai crediti condizionali, in Riv. dir. comm., 1974, II, p. 155, partendo dalla, ad avviso di chi scrive, indimostrata premessa che l'ammis �sione del giudice delegato o del tribunale deve essere sempre definitiva, premessa >eontrastata tra l'altro dagli artt. 113 e 117 1. fall. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE principio che per i crediti esattoriali contestati avanti le commissioni tributarie ammessi con riserva al passivo fallimentare l'esattore (o l'Amm.ne) non ha l'onere di proporre impugnatiVa avverso lo .stato p;:issivo reso esecutivo per conservare gli effetti derivanti dall'ammissione con riserva. Il S.C. nell'ampia ed elaborata motivazione ha preso in esame tutte le sue precedenti pronunzie in materia sicch� pu� ben affermarsi che la soluzione accolta costituisce una meditata inversione di rotta. Chi scrive non pu� che-plaudire a tale nuovo indirizzo che vede accolte, in definitiva, le conclusioni a cui con la pi� autorevole dottrina, anch'egli era giunto (3) ed auspicare che esso trovi un definitivo consolidamento. Se una riserva � consentito esprimere, questa riflette unicamente l'iter logico seguito per giungere a siffatte conclusioni. Come si legge nella decisione la soluzione a cui si � pervenuta viene raggiunta � operando la saldatura degli indirizzi giurisprudenziali, fermi nelle due componenti dell'ammissione con riserva dei crediti tributari contestati e della necessit� dell'opposizione solo quando si tratti di riserva di documentazione� modificando l'orientamento giurisprudenziale l� dove riteneva necessaria per conservare gli effetti dell'ammissione con riserva, la opposizione allo stato passivo anche per i crediti contestati, assimilandoli a quelli non documentati ( 4). Indubbiamente tale indirizzo consente una notevole semplificazione perch�, assimilando al credito condizionale quello tributario contestato, permette di sfuggire all'impatto immediato con la difficile problematica del coordinamento tra processo di verifica e processo speciale tributario, ma a prescindere che tale impatto � solo rinviato, perch� esso riemerge in pieno al momento dello scioglimento della riserva (per di pi� aggravato, in assenza di una disciplina legislativa, dal contrasto di opinioni sul procedimento di scioglimento) (5), in realt� siffatto indirizzo va incontro a una difficolt� insuperabile -riconosciuta dalla stessa decisione -che � quella che l'ammissione con riserva non � prevista in sede di insinuazione tardiva. N� � esatto che tale circostanza �corrobori a contrario� la soluzione dell'ammissibilit� della riserva in sede di esame di una tempestiva domanda di insinuazione, dove tale ammissione � prevista. Ragioni storiche (v. art. 770 c. co. 1882, che prevede, come l'art. 766 richiamato anche nella sentenza che si annota, l'ammissione provvisoria per i crediti contestati, insinuati tardivamente) e sistematiche (identit� di interessi che giustificano l'ammissione �provvisoria � sia nel caso di insi (3) V. In tema di ammissione, cit., p. 357, nota 14, e Verifica del passivo, cit., pp. 13o-rn5. (4) In questo senso anche S. SATTA (precisando la propria posizione rispetto a quella in precedenza assunta nelle. Istituzioni di diritto fallimentare, Roma, 1964, p. 263) nel nuovo volume Diritto fallimentare, Padova, 1974, p. 238 ss. Si noti che questo a. � stato anche il difensore dell'esattoria nel giudizio in cui � intervenuta la sentenza in rassegna, ed � ben comprensibile che la motivazione della pronunzia risenta dell'impostazione data dal Satta alla causa. (5) Come � :noto secondo alcuni aa. la riserva deve sciogliersi con le forme della domanda di insinuazione tardiva per osservare il contraddittorio con il curatore (cosi, P. GRECO, Sull'ammissione al passivo con riserva di prova nel procedimento fallimentare, in Riv. dir. comm., 1953, I, p. 55; F. FERRARA, Il fallimento, Milano, 1974, p. 487; F. CoRSI, Ammissione al passivo con riserva di produzione di documenti, in Riv. dir. civ., 1962, II, p. 427), mentre altri ritiene �che lo scioglimento della riserva avvenga da parte del giudice delegato con proprio decreto a norma dl!ll'art. 25 I. fall. (cosi A. DE MARTINI, Sulla e ammissione con riserva� al passivo del fallimento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, c. 1171). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nuazione tempestiva che tardiva) inducono, contrariamente all'assunto del S.C., a riten~re, invece, che anche nell'ipotesi di insinuazione tardiva sia possibile l'ammissione � provvisoria � al passivo fallimentare. 3. -Si tratta allora di ricercare la via percorrendo la quale si possa giungere alle identiche conclusioni, ma offrendone una giustificazione pi� accettabile e che si attagli sia all'ipotesi che la domanda di insinuazione sia tempestiva che a quella di domanda tardiva. � E tale via -ritiensi di poter ribadire (6) -� quella che passa attraverso il combinato disposto dagli artt. 522, e 953 e non del comma 2� dell'ultima norma citata. Non si tratta, infatti, di accertare, secondo l'indirizzo seguito dalla decisione annotata, se .il credito tributario contestato sia assimilabile a quello per il quale non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi, o piuttosto a quello condizionale previsto dall'art. 55 1. fall., essendo evidente come nel caso di credito contestato non si nega che il credito sia perfettamente documentato, ma si contrasta la sua stessa esistenza o la sua opponibilit� alla massa. D'altro canto il credito contestato non sembra neppure del tutto assimilabile ad un credito condizionale perch� di esso non viene in giuoco soltanto la sua esigibilit� attuale (il credito cond~zionale � cer~o e liquido) ma la stessa sua esistenza (totale o parziale) e l'opponibilit� alla massa creditoria. N� � dato di scegliere tra una interpretazione restrittiva del termine �credito condizionale� ed una esegesi basata su un'accezione larga e sostanziale impropria del termine, secondo l'impostazione della S.C. Perch� siffatta scelta � impedita dalla circostanza che la norma contenuta nell'art. 952, � una norma chiaramente eccezionale, come lo stesso S.C. finisce per riconoscere l� dove afferma che � una impostazione rigorosa ed astratta porterebbe a contestare la scelta legislativa favorevole all'ammissione con riserva dei crediti condizionali �. 4. -Secondo l'art. 522, I. fall., � ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni di legge �. Anche se la legge sul fallimento non indica in quali casi un credito pu� sottrarsi all'accertamento previsto dagli artt. 93 cc., non pu� dubitarsi cpe tali casi ricorrano, ed una delle deroghe, anzi la pi� importante anche se non unica (7), � quella relativa ai crediti tributari, il cui accertamento � di norma demandato alle speciali commissioni previste dalla legge 26 ottobre 1972, n. 636, sulla revisione del contenzioso tributario, salve le speciali normative previste (art. 1 legge cit.) per particolari imposte (8). (6) Sul punto ampiamente A. Rossi, Verifica dello stato passivo, cit., p. 130 ss. (7) Si possono ricordare i casi di crediti da Illecito costituente reato, soggetti quindi all'accertamento del giudiee penale, nonch� i crediti derivanti dall'esercizio di esattoria, soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti, e i crediti da responsabilit� contabile ed amministrativa, soggetti anche essi alla giurisdizione della Corte dei Conti. (8) La legge sulla revisione del contenzioso tributario � stata, come � noto, proposta dal Tribunale di Genova, 5 aprile 1974, �Fall.to S.p.A. Ceramica Ligure V:accari c. Finanze, in Riv. dir. proc., 1974, p. 485, al vaglio della Corte Costituzionale. Tale ordinanza ha offerto lo spunto ad una serie di interventi di autorevoli commentatori. V. G. A. MrcHELI, Osservazioni sulla costituzionalit� del nuovo con PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 359 Tuttavia la stessa legge sul fallimento contiene una norma, quella dell'art. 953, che prevede un'ipotesi di deroga all'accertamento del giudice fallimentare dei crediti verso il fallito. Detta norma � estremamente importante sia per la deroga che contiene sia per i limiti che fissa all'ambito della deroga. L'art. 522, impone per ogni credito l'onere dell'accertamento, ma fa salve le diverse disposizioni di legge. Da tale norma potrebbe ritenersi legittimo trarre la conseguenza che, allorch� la legge prevede una deroga, il creditore sia esentato non solo dalla competenza (o giurisdizione) del giudice falli mentare, in ordine all'accertamepto del credito, ma altresl dall'onere di proporre la domanda di insinuazione al passivo. La giurisprudenza e la dottrina (9) tuttavia continuano ad affermare che in ogni caso, anche quando l'accertamento del credito � sottratto alla competenza (o giurisdizione) del giudice fallimentare, il creditore � tenuto a presentare domanda di insinuazione. Tale esatto principio lo si ricava principalmente dall'art. 953 1. fall., il quale, pur demandando al giudice dell'impugnazione ---' secondo l'indirizzo assolutamente prevalente (10) -l'accertamento del credito nel caso che esso risulti da una sentenza, fa salvo, in ogni caso, l'onere del creditore di spiegare domanda di insinuazione al passivo fallimentare, essendo un onere imprescindibile per partecipare al concorso (11). � Appare allora chiaro come da tale norma si possano ricavare in via � estensiva le regole che presiedono alla disciplina di tutta la complessa materia dei crediti contestati e per i quali la decisione sul loro accertamento sia sottratta alla giurisdizione del giudice fallimentare. 6. -Se si accoglie l'impostazione che precede appare tracciata la via da percorrere per risolvere, coerentemente al sistema della legge fallimentare, il problema dell'ammissione al passivo dei crediti tributari contestati. tenzioso tributario, in Riv. dir. fin., 1974, II, p. 100; V. ANDRIOLr, Profiii di incostituzionalit� del e nuovo� contenzioso tributario, in Dir. e prat. trib., 1973, I, p. 941; E. FAZZALARI, Il nuovo contenzioso tributario � nato morto? in Riv. dir. proc. civ., 1974, II, p. 485; G. MARONGru, Dubbi sulla legittimit� costituzionale del nuovo contenzioso tributario, in questa rivista, 1974, II, p. 758 ove ulteriori richiami. (9) Vedili citati rispettivamente alle note 1 e 2 del nostro� studio, Verifica del passivo ecc., cit. (10) V. op. ult. cit., p. 131 e note 13, 14 e 15. Conf. da ultimo Cass., 27 luglio 1972, n. 2578, Finanze c. Fall.to Lo Tito, in Dir. e prat. trib., 1974, II, p. 679 con nota di P. PAJARDI, Cassazione, fallimento e fisco: una progressiva � fallimentarizzazwne � della posizione creditoria del fisco. Secondo questo A. non sarebbe � ammissibile alcun atto vincolarnte per l'ufficio fallimentare che finisca per lo svuotare di significato l'insinuazione del fisco al fallimento, rendendola puramente formale, come copertura processuale di un momento vincolativo precedente, non controllabile attraverso quel pro�edimento nel quale oltretutto sono presenti in contraddittorio pieno tutti i creditori �. Chi scrive ha gi� avuto modo di rilevare come tale opinione rivendichi al giudice fallimentare un potere giurisdizionale che la legge in modo inequivoco gli ha sottratto in materia di imposte e in tutti gli altri casi in cui viene creata una giurisdizione speciale. (11) Secondo F. FERRARA, Il fallimento, cit., p. 497 s., scopo di tale imposizione od ogni creditore, anche a quello che ha gi� ottenuto una sentenza a lui favorevole, � qu�llo di consentire al giudice delegato di verificare, non l'esistenza del credito o della sua garanzia -accertamento che � demandato al giudice dell'impugnazione -ma 1a loro efficacia nei confronti della massa. Che questa esigenza sussista per quanto riflette crediti diversi da quelli tributari pu� condividersi anche se non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Quando l'esattore o I'Amm.ne finanziaria insinuano un credito per il quale sia pendente una contestazione avanti al giudice tributario, il giudice delegato, che � privo di giurisdizione in ordine all'accertamento dell'esistenza del credito, e non pu� neppure, come si � visto, pronunziare in ordine alla sua efficacia nei confronti della massa, non essendo evidentemente configurabile una revocabilit� (ex lege o ope iudicis) del credito tributario, � posto nella alternativa o di ammettere il credito, quando ritenga in;fondata la contestazione promossa dal fallito (o dagli organi del fallimento) avanti al giudice speciale, oppure di astenersi da ogni pronunzia, non essendo consentito di_ escluderlo, perch� in tal modo verrebbe ad esercitare una giurisdizione che gli � sottratta. Iri quest'ultimo caso la pronunzia del giudice tributario in ordine alla sussistenza del credito emessa nel giudizio, al quale ha partecipato il fallimento tramite i suoi organi debitamente autorizzati dal giudice delegato, copre ogni possibile questione circa l'accertamento del credito medesimo ed ha piena efficacia per tutti i creditori, sostituendosi totalmente al provvedimento di ammissione del giudice delegato. Al giudice delegato, in pendenza della contestazione avanti al giudice tributario, resta tuttavia un potere sia nel caso che la domanda sia stata proposta in via tempestiva che in quella tardiva. Tale potere � quello stesso che l'art. 993 attribuisce al tribunale, quando non possa decidere su un credito contestato, in quanto ritenga necessaria l'assunzione di prove (art. 2791 c.p.c.), cio� l'ammissione provvisoria in tutto o in parte del credito. Al riconoscimento di siffatto potere al giudice delegato si pu� muovere l'obiezione, fondata sulla lettera della legge, che l'art. 993, attribuisce tale potere al tribunale e in pendenza del giudizio di opposizione allo stato passivo (12). Non sembra per� che tali ragioni meramente letterali possano indurre ad escludere tale possibilit�. Esistono ragioni storiche e sistematiche gi� altrove esposte (13) che, secondo chi scrive, giustificano pienamente l'attibuzione di siffatto potere sembra poi potersi seguire questo a., quando afferma che tra il giudizio sull'esistenza del credito e della garanzia e quello sull'efficacia esiste un rapporto di pregiudizia�it�, nel senso che il primo -demandato al giudice dell'impugnazione -dovrebbe necessariamente precedere quello sulla efficacia -demandato al giudice fallimentare -. Sembra, al contrario, che se pregiudizialit� esiste, e se ne pu� dubitare, qu�sta debba logicamente essere accordata al secondo rispetto al primo, essendo inutile ed antieconomico discutere se un credito (o una garanzia) esistono per poi dichiarare la loro nefficacia. Sembra certo, tuttavia, che questa non pu� ritenersi la ratio della norma quando il credito da insinuare abbia natura tributaria. Relativamente a questi crediti non � invero possibile configurare una contestazione che, oltre alla loro esistenza e a quella delle garanzie che li assistono, rifletta anche l'efficacia del titolo nei confronti del fallimento, atteso che il titolo di ogni tributo � solo nella legge. La ratio della norma che impone l'onere della domanda sembra allora doversi ritrovare nell'esigenza che gli organi fallimentari abbiano piena conoscenza di tutti i cre'diti che partecipano al concorso. (12) F. FERRARA, op. cit., p. 500 e nota 80, ritiene che il creditore abbia interesse a farsi escludere dal passivo per proporre opposizione e poi ottenere dal tribunale l'ammssione provvisoria. A prescindere da altre facili obbiezioni, non $Elmbra certo questa la strada per semplificare la procedura di fallimento. (13) V. i gi� citati scritti In tema di ammissione con riserva ecc. e Verifica del passivo ecc., p, 134. Aderisce a questa interpretazione S. SATTA, Diritto fallimentare, cit., p. 245, nota 491. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 361 anche al giudice delegato con riferimento a crediti contestati sottratti alla giurisdizione (o competenza) del tribunale fallimentare. In conclusione, quando sia insinuato un credito tributario per cui sia pendente contestazione (promossa o proseguita dalla curatela) avanti le commissioni, il giudice delegato -sia in caso di insinuazione tempestiva che in quello di insinuazione tardiva -avr� soltanto il compito di valutare se sussistano elementi sufficienti per ammettere il credito in via provvisoria (con gli effetti ex artt. 113, 117 e 127) dovendosi astenere da ogni pronunzia sul merito, che � riservata al giudice tributario. La decisione definitiva di quest'ultimo fa stato per il fallimento e con essa perder� ogni effetto l'ammissione provvisoria eventualmente disposta dal giudice delegato. ADRIANO ROSSI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lavoro, 21 giugno 1974, n. 2306 -Pres. Pedlroni -Est. Vela -P. M. Pandol:felli (conf.) -Assessorato dell'Industria e Commercio della Regione Siciliana (avv. Stato Carafa) c. Sillitti (avv. Costa). Lavoro -Continuazione dall'ente pubblico concedente dell'attivit� del con cessionario decaduto -Utilizzazione dell'organizzazione aziendale del concessionario -Obbligo del concedente di pagare i crediti dei dipen denti del concessionario. (Cod. civ., art. 2112). In caso di decadenza da una concessione, l'utilizzazione da parte dell'ente concedente dell'organizzazione predisposta dal concessionario decaduto per lo svolgimento della stessa attivit� economica, (nena specie coltivazione di una miniera) importa la sostituzione di un imprenditore ad un altro neU'esercizio dell'azienda e l'applicazione deWarticolo 2112, comma secondo, relativamente ai debiti del concessionario decaduto nei confronti dei dipendenti (1). (1) Gestione diretta da parte del concedente dell'impresa del concessionario decaduto e crediti dei dipendenti. La sentenza che si commenta � destinata a suscitare notevoli e gravi perplessit�. A parte, invero, i dubbi che solleva l'espressa accettazione della teoria che ammette la c.d. �successione dell'impresa� (v. sul problema PETTITI, Il trasferimento volontario d'azienda, Napoli, 1970, p. 194, e segg.; ma v. pure CASANOVA, Impresa ed azienda, in Trattato di diritto civile a cura di F. VASSALLI, Torino, s.d. (ma 1974), p. 70 e segg. nonch� 733 seg. ove richiami) gi� peraltro in precedenza respinta dallo stesso S.C. (v., anche nella particolare ipotesi delle leggi di nazionalizzazione delle industrie elettriche, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Cass. 24 aprile 1970, n. 1175, in questa Rassegna, 1970, I, 778, con nota di SICONOLFI; Il Prasferimento dell'impresa nella legge di nazionaLizzazione elettrica ed i rappoirti giuridici, ove richiami) ben pi� �giiiavi peripLessilt� solleva la conclusione pratica raggiunta secondo cui all'ente concedente sostituitosi nell'esercizio dell'attivit� imprenditoriale del concessionario dichiarato decaduto trova applicazione la normativa dettata dall'art. 2112 cod. civ. Tale conclusione � formulata sul rilievo che con la fine della concessione (per revoca e decadenza) non �vengono senz'altro troncati e resi intrasmissibili dal patrimonio del concessionario �, i rapporti instaurati dal concessionario medesimo per godere del bene oggetto della concessione, �perch� tale atto (revoca o decadenza) opera sul rapporto tra ammini: strazione e concessionario e non ha alcuna rilevanza verso i terzi �. Ma tale premessa che non trova alcuna sua giustificazione nei principi consolidati nella stessa giurisprudenza del S.C. la quale aveva insegnato che � il concessionario di una miniera deriva il proprio diritto di sfruttare la miniera direttamente dalla pubblica amministrazione che ne � proprietaria e, in mancanza di un accordo con il precedente concessionario e di una espressa norma di legge non � tenuto a rispondere dei debiti della precedente gestione (cosi Cass. 30 novembre 1957, n. 4536, in Mass. giur. Lav. 1957, 275 ove richiami. In senso conforme in dottrina RIVA SANSEVERINo, Il lavoro nell'impresa, itn T!rattato di d�.ritto ciy,i.lie diretto da F. VASSALLI, Toriillo s.d.; (ma 1960) p. 518 seg. ov�e � ri.chiami. V. pur-e SILVESTRI, Il riscatto delle concessioni amministrative, Milano 1956, p. 298 segg.). Ed invero se, come � pacifico, per effetto della cessazione della connessione (comunque avvenuta) la P.A. riacquista il bene oggetto di essa libero da ogni vincolo e da ogni onere creato dal concessionario cessato (e ci� la stessa annotata decisione riconosce), non si comprende come poi possa parlarsi di subingresso del concedente al concessionario decaduto negli altri rapporti da quest'ultimo posti in essere, posto che non esiste alcun collegamento tra concedente e concessionario in ordine alla gestione dell'attivit�. Per effetto della decadenza il concedente inizia una nuova attivit�, sia pure utilizzando l'organizzazione creata dal concessionario decaduto, e l'attivit� � nuova perch� non vi � nessun collegamento tra concedente e concessionario, che giustifichi il subingresso nei rapporti attinenti all'azienda del concedente al concessionario. E se pu� giustificarsi l'interpretazione estensiva della norma adottata dalla giurisprudenza, onde evitare quei tentativi posti in essere per sfuggire la sua applicazione, devesi mantenere fermo il principio, recentemente ribadito dal S.C. che � la continuit� delle prestazioni lavorative, prima alle dipendenze di una ditta e poi alle dipendenze di un'altra, sia pure dei medesimi locali, non � sufficiente a legittimare l'applicazione dell'art. 2112 cod. civ. potendo rappresentare una semplice successione cronologica di rapporti di lavoro non collegati fra loro da un messo giuridico riconducibile al concetto di trasferimento di azienda; la realizzazione di detto trasferimento prescinde dal mezzo tecnico-giuridico adottato� (cos� sent. 5 novembre 1973, n. 2878). E non pare che nella specie il S.C. abbia fatto applicazione dell'esatto principio da essa stessa richiamato. A. ROSSI PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 6 agosto 1974, n. 2348 -Pres. Boccia -Est. Sgroi -P. M. Del Grosso (conf.) -Luzi (avv. D'Orazio) c. Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato (avv. Stato De Francisci). Respons~bilit� civile -Responsabilit� della P.A. � Capitolato di appalto F.S. Clausola di manleva -Validit�. (Cod. civ., art. 1229 e 2055). � valida la c.d. clausola di manleva -contenuta nei contratti di appalto di lavori e servizi -mediant_e la quale, ferma restando la responsabilit� dell'amministrazione pubblica verso i dipendenti dell'appaltatore danneggiato dal fatto illecito dell'amministrazione stessa e del personale dipendente, viene consentito di riversare sull'appaltatore gli oneri derivanti dalla propria responsabilit� Cl). (1) La decisione conferma un principio giurisprudenziale ormai pacifico (le sentenze n. 1756 del 1970 e n. 2211 del 1969 sono riportate in questa Rassegna rispettivamente 1970, I, 812 e 1969, I, 473). Di particolare interesse il richiamo e la conferma del principio gi� enunciato della sentenza 1 giugno 1968, n. 1646 (in questa Rassegna 1968, I, 735) secondo cui la disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 2055 cod. civ., relativa alla ripartizione tra coobbligati dell'onere risarcitorio, ha natura dispositiva ed � quindi derogabile pattiziamente. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 1974, n. 2392 -Pres. Rossi Est. Longo -P. M. Albanese (diff.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Imponente) c. Sorvillo (avv. De Cesare). Espropriazione p.u. -Opposizione alla stima -Intestatari catastali � Legittimazione esclusiva. (L. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 16, 27 e 51). L'intestatario catastale del bene espropriato � legittimato a proporre opposizione alla stima e non � tenuto a fornire la prova della propriet� del bene medesimo (1). (1) Il principio enunciato dalla sentenza in rassegna pu� ritenersi esatto con riferimento al caso di specie, in cui da parte dell'espropriante non era stato nel corso del giudizio di merito contestato che la propriet� dei beni espropriati appartenesse agli opponenti. 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il principio non sembre possa, invece, condividersi se il S.C. ha inteso affermare in via generale (come parrebbe, avendo richiamato la decisione 17 febbraio 1969, n. 544), che l'espropriante non pu� mai contestare la legittimazione dell'opponente che risulta intestatario catastale del bene espropriato. Invero, secondo l'art. 51 della legge 2359 del 1865, legittimati all'espropriazione sono soltanto i proprietari. N� la decisione precisa, come fa inve�e l'art. 16 della stessa legge, che per tali debbonsi ritenere gli intestatari catastali, e ci� perch� quest'ultima norma � applicabile esclusivamente nei confronti dell'espropriante per facilitare lo svolgimento della procedura espropriativa. N� sembra possibile opporre che il G.O. non pu� modificare l'atto amministrativo, perch� non si tratta qui di modificare il provvedimento che pronunzia l'esproprio, ma di disapplicarlo per la parte in cui attribuisce un diritto a chi non spetta, ci� che � perfettamente corrispondente ai poteri riconosciuti all'A.G.O. in base agli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. N� pare possibile addurre, per contrastare quanto qui si sostiene, che nel giudizio di opposizione alla stima il G.O. non pu� pronunziare la condanna dell'espropriante al pagamento dell'eventuale maggiore indennizzo a favore dell'opponente, ma limitarsi ad ordinare il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, perch� tale particolare limitazione ai poteri del giudice � posta esclusivamente a tutela dei terzi (quei terzi, precisamente, indicati negli artt. 52 e segg. della legge in esame v. sul punto Cass. 11 luglio 1974, n. 2050, in motivazione, in questa Rassegna, 1974, ...) ma non esclude l'applicazione del generalissimo principio che chi agisce in giudizio deve avervi interesse (tutelato) e l'opponente che non sia proprietario del bene espropriato un siffatto interesse non ha. Altrimenti occorrerebbe ammettere la gestione di negozio processuale (l'intestatario catastale agisce per conto del terzo proprietario del bene) il che �, in mancanza di una norma espressa, non consentito. ADRIANO RossI CORTE DEI CONTI, Sez. II Giur., 25 giugno 1973 -Pres. Colabucci Est. Troccoli -P. M. Pisciotta -Ricciardi (avv. Cochetti), Valente (avv. Carbone), Borsetta (avv. Cassiano) e Sposi (avv. Zaccagnini); interv. Dir. Gen. Istituti Previdenza (avv. Lorenzani). Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Istituti di previdenza � Se sono organi dello Stato. Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici � Istituti di previdenza Individuazione degli organi cui spetta la rappresentanza legale. La Direzione Generale degli istituti di previdenza ed il Consiglio di amministrazione delle �Casse � e �Istituti � che della Direzione Ge PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 365� nerale fanno parte sono organi dello Stato e non delle .singole � Casse � ed �Istituti� (1). La amministrazione di tali � Casse � ed � Istituti � spetta ai due organi statali suindicati, e la rappresentanza legale e la responsabilit�. di gestione delle singole � Casse � ed � Istituti � spettano al Direttore Generale degli Istituti di previdenza (2). Non �, quindi, ipotizzabile un conflitt0 �esterno� fra le singole �Casse� ed �Istituti� e, per esse, fra la Direzione Generale degli isti tuti di previdenza o il Consiglio di amministrazione suindicato e altri organi od Amministrazioni dello Stato; conflitti che, qualora sorgano,. debbono essere risolti all'� interno� della Amministrazione Statale (3). Anche quando la Direzione Generale degli istituti di previdenza. agisce in giudizio come rappresentante di una delle �Casse � od � Isti tuti� amministrati, agisce come organo dello Stato; e pertanto non pu� spiegare intervento nei giudizi di responsabilit� avanti la Corte dei Conti, non facendo essa valere un interesse diverso da quello dello Stato,. e per esso del Ministero del Tesoro (4). (Omissis). -Occorre esaminare, in via pregiudiziale, la questione della legittimazione o meno della Direzione Generale degli Istituti di Previdenza ad intervenire nel presente giudizio. L'art. 47 del r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, contenente le norme di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, ammette la possi bilit� dell'intervento di terzi nei giudizi di responsabilit�; � dubbio, per�, se tale posizione di terzo possa attribuirsi anche alla Amministra zione dello Stato, ovvero se questa debba gi� ritenersi rappresentata in giudizio dal Pubblico Ministero, nella sua veste di Procuratore Ge nerale. La questione che si pone per� all'esame della Sezione � se la Direzione Generale degli Istituti di Previdenza debba ritenersi soggetto di imputazione giuridica e, quindi, capace di agire in giudizio ovvero debba ritenersi organo dell'Amministrazione del Tesoro e, quindi, non (1-4) La decisione risolve esattamente i rapporti fra organi dello Stato e Casse ed Istituti di previdenza amministrati dal Ministero del Tesoro (Direzione Generale degli Istituti di previdenza). Per ragioni di economia processuale la decisione non ha esaminato l'altra questione: se, cio�, a tale Direzione Generale sono applicabili le norme del testo unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato (r.d. 30 ottobre 1930 n. 1611); ma la risposta affermativa non pu� esser dubbia dal momento che la Direzione Generale stessa � organo dello Stato, unico legittimato a stare in giudizio in rappresentanza delle � Casse � ed � � Istituti � amministrati. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dotato di una propria capacit� processuale; la prima soluzione comporta che alla predetta Direzione Generale va attribuita la posizione giuridica di �terzo� nel presente giudizio, la seconda soluzione comporta l'inammissibilit� dell'intervento per carenza di capacit� processuale e sostanziale. Al riguardo va osservato che ogni istituto di previdenza (Cassa per i dipendenti degli enti locali, cassa per i sanitari condotti, ecc.) ha un patrimonio costituito principalmente dai contributi dei singoli iscritti; tale patrimonio � separato da quello dello Stato e da quello dei singo.li contribuenti e d�, pertanto, luogo ad un centro autonomo di imputazione giuridica. Nel nostro ordinamento giuridico non mancano altri casi di patrimoni autonomi o separati, i quali costituiscono centro di riferimento di rapporti giuridici pur non potendosi configurare come persone giuridiche: � questo il caso dell'eredit� giacente, delle societ� senza personalit� giuridica, ecc. I detti Istituti di previdenza, intesi come somma autonoma di rapporti patrimoniali, sono amministr~ti per legge dallo Stato; dispone al riguardo l'art. 1 del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 648, relativo alla Cassa di previdenza per le pensioni degli impiegati degli enti locali, che � la rappresentanz, a legale e la resporisabilit� di gestione spettano al direttore generale degli istituti di previdenza�; la stessa norma � ripetuta negli ordinamenti delle altre Casse di previdenza. L'amministrazione delle dette �Casse� o �Istituti� � affidata ad un Consiglio di Amministrazione, presieduto dal Ministro per il Tesoro, e disciplinato dal d.l.C.p.S. 1� settembre 1947, n. 833, e le cui attribuzioni sono.fissate dal t.u. 2 gennaio 1913, n. 453. Il Consiglio di Amministrazione agisce non come organo dei singoli Istituti, in qu�nto questi non avendo una propria personalit� non possono avere propri organi, ma agisce come organo dello Stato avente per propria funzione la cura degli interessi dei singoli istituti; la Direzione generale degli istituti di previdenza, e per essa il Direttore gene- raie, rappresenta verso i terzi i singoli istituti, ed esegue le deliberazioni del Consiglio di amministrazione. Anche la Direzione generale non pu� considerarsi organo degli istituti, rn.'a deve ritenersi organo dello Stato, avente la rappresentanza dei singoli istituti e l'obbligo di eseguire le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione. La detta posizione di organo dello Stato va riconosciuta sia al Consiglio di amministrazione che alla Direzione generale, in base alla considerazione che essi sono inseriti nell'ambito dell'organizzazione amministrativa dello Stato e non dei singoli istituti, non avendo questi una propria organizzazione. Manca, in altri termini, agli Istituti di previdenza la personalit� giuridica, intesa come combinazione di beni e di uomini, onde essi non PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE possono considerarsi dotati di una propria capacit� e di una propria rappresentanza, essendo -come gi� si � detto -solo centri autonomi di imputazione di fatti giuridicamente rilevanti; il fatto che i singoli Istituti possono, a mezzo del Direttore Generale della relativa Direzione Generale, stare direttamente in giudizio, vale ad attribuire ad essi la soggettivit� processuale non la personalit� giuridica; al riguardo ricor diamo incidentalmente che non mancano altri casi in cui il nostro ordi namento riconosce a determinati �centri� di rapporti la capacit� di stare. in giudizio e non la personalit� giuridica: un esempio, ma non l'unico, � dato dalle aziende municipalizzate, regolate dal t.u. 15 otto bre 1925, n. 2478. L'o Stato attraverso i propri organi (Consiglio di amministrazione; direzione generale) amministra, quindi, i detti �istituti�. Poich� l'azione dei detti organi non pu� che essere conforme alla legge, non potendo un organo dello Stato perseguire fini diversi da quelli prefissati dal legislatore, e poich� tale rispondenza � assicurata mediante controlli esterni ed interni all'amministrazione statale (Commissione di vigilanza, Ragioneria generale dello Stato, Corte dei Conti) non vi � possibilit� di conflitto n� tra gli � Istituti di Previdenza � e lo Stato, n� tra il Con siglio di Amministrazione e il Ministero del Tesoro o altra amministra zione dello Stato. N�, infine, vi � possibilit� alcuna di conflitto tr~ il Ministero del Tesoro e la Direzione generale degli Istituti di Previdenza, avendo questa una mera funzione di rappresentanza esterna delle sin gole casse e di gestione, in esecuzione delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione. Un eventuale contrasto tra il Consiglio di Ammi nistrazione, la Direzione generale degli istituti di Previdenza e le re stanti Direzioni generali del Ministero del Tesoro o altri uffici della amministrazione statale, non pu� che essere � interno � e, quindi, essere risolto o dal Ministro del Tesoro quale superiore gerarchico diretto, ovvero dal Consiglio dei Ministri a norma dell'art. 1, n. 8, del r.d. 14 novembre 1901, n. 466, sulle attribuzioni del Consiglio dei Ministri. Da ci� discende che la Direzione generale degli Istituti di Previdenza pu� agire in giudizio come rappresentante delle singole casse, specificando di volta in volta di quale cassa trattasi; che essa in tal caso agisce come organo dello Stato, al quale la legge ha attribuito la funzione di amministratore della gestione delle singole casse e non come loro organo; di conseguenza fa detta Direzione Generale non pu� far �valere all'esterno un interesse di amministrazione diverso da quello dello Stato, e per esso del Ministero del Tesoro, del quale fa organica mente parte; l'eventuale conflitto di interessi con altri organi dello Stato � un mero conflitto interno, che va risolto dall'Autorit� gerarchicamente sopraordinata. :368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � evidente,' pertanto, che l'intervento nel presente giudizio della Direzione generale degli Istituti di Previdenza � inammissibile, avendo �essa -ripetiamo -la capacit� processuale ,a stare in giudizio solo nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione dello Stato e non pu�, pertanto, rappresentare nel presente giudizio un proprio interesse <iiverso da quello del Ministero del Tesoro, n� tanto meno pu� -essere considerata, quale rappresentante dell'intera amministrazione del Tesoro. Ci� rende superfluo l'esame, richiesto dal Pubblico Ministero, sulla legittimit� o meno dell'intervento, sotto il profilo della rappresentanza legale, in relazione all'art. 5 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1911. -(Omissis). SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. ple.., 29 ottobre 1974, n. 9 -Pres. Vetrano -Est. Pezzana -Simoncini (avv. Piccardi) c. Ministero Difesa (avv. Stato Cosentino). Giustizia amministrativa -Regolamento e applicazione � Lesione non ilmnediata -Impugnabilit� con l'atto di applicazione � Bando di chiamata alle armi � ~ tale. (D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, art. 91). Militare � Servizio di leva � Esonero -Stato di bisogno del capo famiglia Elementi valutabili. I regolamenti e gli atti amministrativi generali, ove non siano im mediatamente lesivi degli interessi di determinati soggetti, sono impu gnabili soltanto congiuntamente all'atto che ne fa concreta applicazione: pertanto, il bando di chiamata alle armi il quale prevede che ai fini della dispensa dal servizio degli ammogliati e dei vedovi con prole si debba tener conto anche delle possibilit� economiche dei genitori del l'arruolato � della moglie, va impugnato con l'atto applicativo dello stes so, che si concreta nel provvedimento di concessione ,o diniego della dispensa (1). La valutazione degli estremi dello stato di bisogno determinato dalla partenza del capo famiglia per il servizio di leva va effettuata tenendo conto, oltre che della perdita dei redditi da lavoro subordinato o da attivit� professionali e imprenditoriali, anche dei redditi di qualsiasi natura della moglie dell'interessato e dell'apporto delle rispettive famiglie, purch�, tuttavia, quest'ultimo sia gi� concretamente in atto: illegittimamente, pertanto, l'Amministrazione prende in considerazione, per negare al chiamato la dispensa, diritti di credito non liquidi ed esigibili come quelli previsti dall'art. 148, secorimo comma e.e. e 433, n. 3 e n. 5 e.e., senza attendere che agli obblighi di assistenza suddetta sia dato adempimento (2). (1) Giurisprudenza consolidata; vedasi da ultimo Sez. VI 31 maggio 1974, n. 202, Il Consiglio di Stato 1974, I, 821; in generale: DE TARANTO A., L'impugnazione delle norme regolamentari, Amm. it., 1973, 925. (2) Cfr. Sez. V, 24 maggio 1974, n. 336, ivi, 1974, I, ,773. 370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 260 -Pres. 'Aru Est. Buscemo -Soc. S.A.I. ed altre (avv. Sorrentino) c. Ministero Industria, Commercio e Artigianato (avv. Stato Imponente). Circolazione stradale -Assicurazione obbligatoria � Vigilanza ministeriale ex art. 14 I. 24 dicembre 1969, n. 990 -Accertamento preventivo � Le� gittimit�. (Art. 14 I. 24 dicembre 1969, n. 990). La valutazione ministeriale prevista dall'art. 14 della l. 24 dicembre 1969, n. 890 'Pa esercitata sulla base di quanto risultante dalla rilevazione statistica annuale dei rischi assunti dalle Imprese, dei sinistri occorsi, nonch� di ogni altro elemento utile alla conoscenza dell'anda-� mento dell'assicurazione per la responsabilit� civile; la detta norma, tuttavia, avendo per fine l'elaborazione delle future tariffe, deve necessariamente giovarsi di previsioni che, ancorch� basate sui dati del passato, debbono permettere il calcolo del premio occorrente per coprire il rischio della situazione futura (1). La possibilit� per l'Amministrazione di richiedere alle Imprese assicuratrici la modifica delle tariffe � subordinata al dato oggettivo della variazione dei rischi e alla ritenuta alterazione dell'equilibrio tra la massa dei premi e il presumibile ammontare dei sinistri e delle relative spese; � illegittimo, in conseguenza, per difetto di istrutt<?ria il provvedimento concernente le nuove tariffe per l'assicurazione della responsabilit� civile per gli autoveicoli, ove risulti valutata la sola riduzione della frequenza annuale dei rischi sulla base del divieto di circolazione nei gior.ni festivi disposto dal governo nel 1973 e non sia stato contemporaneamente accertato il costo medio dei sinistri nei giorni festivi secondo i valori correnti al momento del loro verificarsi (2). (1-2) La massima in esame costituisce iaipplicazione delilia consoilidiata giurispruderraa iin ordine aMa 'congruit� 1e sufficienzia idel!J.'!istr'Uittcxrira. .che deve necessariamente precedere l'emanazione di provvedimenti. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 settembre 1974, n. 267 -Pres. Aru -Est. Sardo -Mancusi (avv. D'Abbiero) c. Ministero P.I. e Mercurio (avv. D'Agostino). Impiego pubblico � Consiglio di amministrazione � Composizione � Parte� cipazione del Presidente del Consiglio superiore � Finalit� � Coinci� denza con la persona del Ministro. (T.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146, lett. C). j ~ilif:tftrffif:f:Wff!fffffs%1:%f&ff'fff1Ifilffilff1fmiKf%f:Efffffi%01ItWffifilifff'Eififfil@ffifJilifrfffffi1fffitfiff%f@fffffiifillltffiff!I1 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 371 Impiego pubblico � Consiglio di amministrazione � Presidenza � Delega a Sottosegretario � Funzioni di Presidente del Consiglio superiore � Sono comprese nella delega. Impiego pubblico � Trasferimento di sedi di ufl�ci � Non spetta al Consiglio di amministrazione � Tutela giurisdizionale � ~ ammissibile. Impiego pubblico � Sedi di ufl�ci � Diversa allocazione nell'ambito dello stesso Comune � Insindacabilit�. In base all'art. 146, lett. c del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 � disposta la presenza nel Consiglio di amministrazione di un Ministero del Presidente nel relativo Consiglio superiore: e ci� non tanto per fini di composizione numerica, ma per assicurare che attraverso la per~ona del suo Presidente il Consiglio superiore possa esprimersi nelle materie in trattazione nel Consiglio di amministrazione, risultato quest'ultimo che ricorre sempre quando coincidono nella persona del Ministro le funzioni di Presidente del Consiglio di amministrazione e del Consiglio superiore (1). Nella delega al Sottosegretario della presidenza del Consiglio di amministrazione devono ricompren,dersi tutte le funzioni inerenti alla circostanza, al compito ed alla sede e, in conseguenza, anche di c;1uella di Presidente del Consiglio superiore (2). Il trasferimento della sede di un ufficio attiene al potere dispositivo dell'Aministrazione nella sua strutturazione organica e non rientra, come tale, nelle attribuzioni del Consiglio di amministrazione, che c�nosce dei soli trasferimenti degli impiegati secondo quanto stabilito dall'art. 32 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; il provvedimento di disposizione organizzativa di cui sopra, peraltro, pu� formare oggetto di impugnativa dinanzi al giudice amministrativo, ove sia produttivo di lesioni di interessi legittimi (3). La diversa collocazione di uffici nell'ambito dello stesso Comune attiene al potere di strutturazione organizzativa funzionale della P.A. ed il relativo procedimento, pertanto, involgendo questioni di merito, non � censurabile in sede di legittimit� (4). (1) Cfr. Sez. VI 24 gennaio 1969, n. 7, Il Consiglio di Stato 1969, I, 50. (2) Giurisprudenza costante. , (3-4) Cfr. Sez. IV, 22 novembre 1967, n. 636, ivi, 1967, p. 2213; Sez. IV 15 marzo 1967, n. 92, ivi, 393. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 628 -Pres. De Capua -Est. Pignataro -Bussi (aV'V.ti De Cesaris E. e M.) c. Ministeri Affari Esteri e Tesoro (avv. Stato Terranova). Contabilit� generale dello Stato � Stanziamento di fondi dipendente da estensione di giudicato � Avviso negativo del Ministero del Tesoro � Impugnabilit� � Non sussiste. La risposta data dal Ministero del Tesoro ad altra Amministrazione in ordine allo stanziamento di fondi occorrenti per l'estensione del giudicato a dipendenti diversi dai ricorrenti va qualificata come atto interno, non eccedente l'ambito dei rapporti interorganici della P.A.: � inammis . sibile, pertanto, il proposto ricorso giurisdizionale contro lo stesso atto di per s� inidoneo a ledere interessi. (1) Massima da condividere quale applicazione di principi g.enerali in tema di impugnabilit� dell'atto amministrativo: cfr. Sez. IV, 21 aprile 1970, n. 311, in Il Consiglio di Stato, 1970, I, 311; Sez. VI 14 luglio 1967, n. 551, ivi, 1967, I 1496; Sez. VI 10 gennaio 1967, n. 10, ivi, I; 43. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 18 ottobre 1974, n. 648 -Pres. Uccellatore -Est. !annotta -Marini (avv.ti D'Amato e Scognamiglio) c. Presidenza Consiglio Ministro e C.N.R. (avv. Stato Cosentino). Impiego pubblico � Dipendenti C.N.R. non di ruolo � Rapporti a termine prorogabili pi� volte � Legittimit�. (D.l. Igt. 1 marzo 1945, n. 82, art. 17; I. 18 aprii.e 1962, n. 230). .Impiego pubblico � Stipendi, assegni e indennit� � Divieto di � reformatio in pejus � � Concessione di assegno personale � Legittimit�. L'art. 17 del d.l. lgt. 1� marzo 1945, n. 82, che con normativa speciale disciplina i rapporti tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche e gli impiegati non di ruolo, non pu� ritenersi abrogato dalla l. 18 aprile 1962, n. 230, avente contenuto generale: �, pertanto, legittima l'instaurazione di un rapporto di servizio a tempo determinato tra il C.N.R. ed il personale tecnico scientifico dei laboratori, che � prorogabile pi� di una volta senza che si trasformi a tempo indeterminato (1). Non sussiste violazione del principio del divieto di reformatio in pejus quando sia corrisposto al dipendente un assegno ad personam pari alla differenza tra le due retribuzioni. (1) Cfr. Sez. V 7 dicembre 1971 n. 1455, Il Consiglio di Stato 1971, I, 2462; Sez. VI 26 ottobre 1971, n. 785, ivi, I, 1944. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 373 CONSIGLIO Dl STATO, Sez. IV, 22 ottobre 1974, n. 661 -Pres. De Capua -Est. Carbone -Mazzoncini (avv. Guarino) c. Ministero Tesoro (avv. Stato Consentino). Impiego pubblico � Costituzione del rapporto � Requisito della buona condotta -Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con costante qualifica di ottimo � Ritenuta esclusione del requisito � Illogicit� � ex se � � Non sussiste. Impiego pubblico -Costituzione del rapporto � Requisito della buona condotta -Vincitore di concorso gi� impiegato di carriera inferiore con costante� qualifica di ottimo � Esclusione del requisito � Contrasto tra gli elementi di valutazione � Illegittimit�. L'esclusione dalla nomina a qualifica di carriera superiore quale vincitore di pubblico concorso non � viziata da illogicit� ex se, allorch� l'Amministrazione si sia basata, nell'escludere la sussistenza del requisito <],ella buona condotta, su n'l.!ovi diversi dati di valutazione, portando su di essi adeguata attenzione (1). Illegittimamente viene escluso dalla nomina a qualifica di carriera superiore il pubblico dipendente vincitore di pubblico concorso, ove il ritenuto difetto del requisito della buona condotta sia tratto esclusivamente dai precedenti riferiti dalla Procura della Repubblica, pur constando all'Amministrazione, in relazione al pregresso ventennale servizio, la costante buona condotta dell'interessato in servizio e fuori e la correlativa classifica di ottimo attribuita al medesimo (2). (1-2) In generale nella rilevanza del requisito della buona condotta: DE TARANTO A., Il certificato di buona condotta nel rappor_to di impiego e di lavoro pubblico, Amm. it., 1972, 756. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 842 -P;es. (ff.) ed Est. Pezzana -Soc. Officine S.A.I.R.A. (avv.ti Tommasoli, Cacopardo e Luparello) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Ferri) e I.N.P.S. (avv.ti Mari e Abati). Contratti pubblici -Revisione prezzi � Capitolato generale d'appalto � Esclusione della revisione � Possibilit� della revisione nel capitolato speciale � .Conseguenze in ordine alla posizione giuridica dell'appaltatore. Qualora, in deroga all'art. 1664 e.e., il capitolato generale d'appalto escluda la revisione dei prezzi in via normale, ma consenta tuttavia che il capitolato speciale, i.n caso di ravvisata opportunit�, ne possa prevedere la possibilit�, fissando i presupposti, i limiti e le modalit� della revisione medesima, e il capitolato speciale effettivamente contenga detta 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO previsione, all'appaltatore � attribuita una posizione giuridica di interesse legittimo, con la conseguenza che la Commissione per i ricorsi in tema di revisione dei prezzi � l'organo competente a pronunciarsi sulla �domanda di revisione proposta dall'appaltatore medesimo, il cui ricorso non potr� essere ritenuto inammissibile sulla considerazione che le parti, modificando il sistema legale previsto dal d.l. n. 1501 del 1947, abbiano trasformato la posizione soggettiva dell'appaltatore: la posizione soggettiva dell'appaltatore resta infatti pur sempre quella di interesse legittimo, e l'unica conseguenza dell'inserimento della clausola derogatoria in �questione � quella di rendere il meccanismo della revisione pi� favorevole all'Amministrazione appaltante (1). (1) La decisione costituisce una ulteriore conferma del princ1p10 secondo il quale la revisione dei prezzi negli appalti di opere pubbliche costituisce pur sempre una mera facolt� per la P.A. e pertanto, essendo il potere di revisione dettato a tutela di un pubblico interesse, soggetto a valutazione discrezionale da parte dell'Amministrazione, la soluzione delle relative controversie non pu� che essere affidata ad una procedura amministrativa, che trova l'atto terminale in un provvedimento del Ministro dei lavori pubblici: infatti la Commissione per i ricorsi presso il Ministero dei lavori pubblici � organo competente in via generale a pronunziarsi sulle domande di revisione prezzi nei confronti delle pubbliche Amministrazioni, esclusi i casi in cui la revisione costituisca un diritto soggettivo. Sempre in tema di revisione prezzi negli appalti di opere pubbliche cfr. Sez. IV, 12 luglio 1974 n. 548 in Il Consiglio di Stato, 1974, I, 899 e in questa Rassegna, 1974, con nota di commento, attualmente in corso di stampa. I CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 19 novembre 1974, n. 850 -Pres. De Capua -Est. Pignataro -Soc. Italiana Condotte d'acqua (avv.ti Sorrentino, Mauceri e Sequi) c. Soc. Ilda Strassera e C. (avv.ti D'Abbiero e Pesce) e Ministero interno e Prefetto di Imperia (avv. Stato Ferri). Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Presupposti � Pronuncia basata su elementi diversi dalla circostanza di cui si deduca errore di fatto ai fini della revocazione � Inammissibilit� della domanda di revoca zione � Sussiste. Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Presupposti � Fattispecie � Er� rore di giudizio � Irrilevanza ai fini della revocazione. Ai fini della configurazione dell'errore di fatto che giustifichi la domanda di revocazione � necessario che il giudice abbia dichiarato l'esplicita esistenza di un atto o documento di causa, laddove tale atto o PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 375 documento non esiste, oppure ne abbia dichiarato un certo contenuto, laddove l'atto o il documento hanno un contenuto opposto; occorre inoltre che tra dette supposizioni e la statuizione esista una relazione di ca.usa ad effe.tto; ne consegue la inammissibilit� della domanda di revocazione con cui si deduce l'errore di fatto su una circostanza non considerata dal giudice, in quanto la sentenza � basata su altri e:iementi (1). Se sono presenti, in uno stesso documento, due proposizioni in certo modo contrastanti, di cui una assertoria e positiva in ordine alle attribuzioni specifiche dell'ufficio o deli'organo che ha rilasciato il documento, e l'altra ipotetica e dubitativa, collegata solo in modo marginale alle attribuzioni medesime, solo la prima proposizione avr� valore, con, la conseguenza che, se il giudice trascurer� la seconda, verser� in ipotesi in errore di giudizio, ma non in errore di fatto nel senso voluto dall'art. 395, n. 4, c.p.c. (2). II CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 22 novembre 1974, n. 370 -Pres. Daniele -Est. Varino -S.T.E.F.E.R. (avv.ti Ricci del Riccio, G. e L. Cavasola e Mezzatesta) c. Soc. ALA ed altre (avv.ti Sorrentino e Zammit) e Ministero trasporti ed aviazione civile (avv. Stato Pierantozzi). Sentenza � Revocazione � Rapporto con il ricorso per difetto di giurlsdi� zione � Sospensione del giudizio di revocazione � Esclusione. (1-4) Revocazione per errore di fatto nella pi� recente giurisprudenza del Consiglio di Stato. Le condizioni richieste dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato per la sussistenza dell'errore di fatto che d� ingresso al rimedio della revocazione possono cos� sintetizzarsi: 1) deve anzitutto trattarsi di un errore materiale dei sensi; il giudice, cio�, deve erroneamente aver supposto come esistente un fatto la cui verit� risulti incontestabilmente esclusa, ovvero supposto come inesistente un fatto la cui verit� risulti incontestabilmente accertata; 2) l'errore deve costituire la causa determinante della decisione di cui viene chiesta la revocazione, e cio� rispettivamente l'esistenza o l'inesistenza del fatto debbono essere state assunte dal giudice come antecedente logico della decisione; 3) tale errore deve altresi risultare dagli atti o documenti acquisiti nel precedente giudizio al momento della pronuncia della sentenza da revocare; 4) infine, il fatto non deve essere stato oggetto di controversia e �onseguentemente investito dalla pronuncia; pi� precisamente il fatto su cui incide l'errore deve essere pacifico in causa, e cio� ammesso o escluso concordemente dalle parti in giudizio. In tal senso cfr. Sez. VI, 30 novembre 1960, n. 993, in Foro Amm.vo, 1961, I, 418; Sez. V, 30 dicembre 1960, n. 1107, in Mass. Amm.vo, 1960, II, 818; Sez. V, 21 ottobre 1961, n. 536 in Foro Amm.vo, 1962, I, 238; Sez. VI, 13 dicembre 1961, n. 1016, in Mass. Amm.vo, 1961, II, 630; Sez. V, 10 marzo 1962, 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO frasporto -Trasporti in concessione -Scelta esercenti autoservizi in concessione -Procedimento � Motivazione del provvedimento quale condi� zione di legittimit�. La domanda di revocazione di una decisione giurisdizionale deve necessariamente essere decisa dallo $tesso giudice che ha emanato la sentenza; pertanto il ricorso in revocazione ha precedenza su quello proposto innanzi alla Cassazione per difetto di giurisdizione (3). La motivazione del provvedimento con il quale l'Amministrazione opera, ai sensi dell'art. 23 l. 28 settembre 1939 n. 1822, in deroga alla procedura ordinaria e formale per la scelta degli esercenti di autoservizi in concessione, � condizione di legittimit� del provvedimento medesimo. III CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1974, n. 1061 -Pres. De Capua, Est. Caianiello -Conte (avv. Sorrentino) c. Ministero lavori pubblici (avv. Stato Azzariti), Ministero interno (n.c.) e Comune di Lecce (n.c.). Sentenza -Revocazione -Errore di fatto � Presupposti � Censura diretta sostanzialmente ad un errore di diritto � Inammissibilit�. n. 232, ivi, 1962, II, 183; Sez. V, 26 maggio 1962, n. 470, ivi, 1962, II, 342; Sez. VI, 5 marzo 1965 n. 146 in Foro Amm.vo 1965, I, 2, 379; Sez. V, 3 dicembre ~965, n. 1077, in Il Consiglio di Stato 1965, I, 2144; Sez. VI, 15 giugno 1973, n. 278 ivi 1973, I, 1223; Sez. VI, 7 dicembre 1973, 'n. 574 ivi 1973, I, 1951. L'errore come sopra configurato ricorrer� cos� in tutti i casi in cui la decisione si fonda sulla supposizione di un fatto la cui verit� � incontrastabilmente esclusa, o sulla esclusione di un fatto la cui esistenza � incontrastabilmente accertata: esso riguarder� sempre un punto essenziale e decisivo della controversia, nel senso, cio�, che la decisione risulti fondata su quell'errore in difetto del quale essa sarebbe stata senz'altro diversa. Il giudizio di revocazione consta di due fasi, la fase rescindente e la fase rescissoria: nella prima deve essere accertato se effettivamente il mo tivo di revocazione lamentato rientra fra quelli contemplati dall'art. 395 c.p.c., ai fini della declaratoria di ammissibilit� del ricorso; nella seconda va accertato il fondamento, nel merito, del motivo concretamente addotto. Ne consegue che, per l'accoglimento del ricorso per revocazione, non basta che il ricorrente dimostri che la decisione impugnata ai sensi dell'art. 81 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, sostanzialmente identico all'art. 395, n. 4, c.p.c., � affetta da errore di fatto (giudizio rescindente), ma dovr� ben pi� concretamente offrire la prova che la decisione emanata � ingiusta in quanto non potrebbe trovare alcun fondamento all'infuori del motivo erroneamente addotto (giudizio rescissorio) (cfr. Sez. V, 14 maggio 1960, n. 360, in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 377 Sentenza � Revocazione � Errore di fatto � Annullamento di licenza edilizia � Determinazione del momento costitutivo della fattispecie dell'annullamento d'ufficio � Censura di diritto � Ammissibilit� della revocazione . Preclusione. Va pronunciata la inammissibilit� del ricorso per revocazione qualora con esso si intenda censurare, sotto il profilo dell'errore di fatto, un errore sostanzialmente di giudizio della decisione, come nel caso in cui si censuri la mancata ammissione di un mezzo istruttorio al fine di dimo- Foro Amm.vo, 1960, I, 554; Sez. IV, 12 ottobre 1960 n. 848 in Mass. Amm.vo 1960, II, 630). Ancor pi� esplicita in senso ristrettivo � la Sezione IV in una delle decisioni annotate (la 1061/1974), laddove chiarisce che la revocazione � ammissibile solo in presenza di un evidente errore dei sensi, � ...cio� quando incontrovertibilmente risulti che vi sia stata, per abbaglio, una lettura errata degli atti o una materiale ignoranza di quelli esistenti...� (cfr. anche Sez. V, 19 dicembre 1972 n. 1101 in Il Consiglio di Stato 1972, I, 2200). Anche la giurisprudenza del Supremo Collegio conferma i presupposti richiesti dal Consiglio di Stato, in particolare sulla necessit� della presenza di una falsa percezione della realt� materiale che abbia determinato il giudice a supporre la sussistenza di un fatto che obiettivamente non risulta esistente, ovvero a ritenere la insussistenza di un fatto che viceversa, risulti accertato, semprech� il fatto medesimo non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza abbia deciso (cfr. Cass. 22 giugno 1971, n. 1967 in Giust. Civ. Mass., 1971, 1057; Cass. 8 giugno 1973 n. 1660 ivi 1973, 885; Cass. 5 luglio 1973, n. 1902 ivi 1973, 1014; Trib. Sup. Acque Pubbliche 28 settembre 1974, n. 15, in Il Consiglio di Stato 1974, II, 1073). Sulla scorta dell'esame di alcune fattispecie concrete nel vasto panorama offerto dalla giurisprudenza sembra possa essere senz'altro esclusa la ricorrenza degli estremi del ricorso in revocazione per errore di fatto nelle seguenti ipotesi: a) qualora il giudice, in dipendenza della impostazione giuridica della causa, pur avendo avuto esatta percezione di un determinato fatto, lo abbia implicitamente ritenuto privo di rilievo; b) qualora il ricorrente in revocazione voglia in effetti denunciare un vizio configurabile, in ipotesi, come error in judicando e non come errore di fatto: � il caso in cui, malgrado le espressioni usate, il ricorrente lamenti l'esistenza di un vizio intrinseco del giudizio che il giudice deve compiere, anche ex officio, per qualificare l'azione proposta (cfr. Sez. IV, 26 ottobre 1973 n. 883 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1282); c) qualora il giudice ometta di considerare prove documentali invocate dalle parti e proceda ad erronea valutazione delle risultanze processuali; in tale ipotesi, infatti, si metterebbero in contestazione in sede di giudizio di revocazione questioni di fatto non pacifiche fra le parti, ma specificamente controverse in causa, che costituirono oggetto di esplicita statuizione da parte della sentenza da revocare (cfr. Sez. IV, 15 gennaio 1974 n. 67 in Il Consiglio di Stato 1974, I, 38). d) qualora la censura dedotta nel ricorso in revocazione non riguardi una asserita, inesatta percezione della realt�, ma solo la trama logica delle ragioni che hanno determinato il giudice a disattendere le domande del 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strare la conoscenza dell'infrazione da parte dell'Amministrazione in epoca di molto anteriore ai diciotto mes'i precedenti la emanazione del provvedimento di annullamento d'ufficio della licenza edilizia (4). La censura rivolta a determinare se il momento costitutivo della fattispecie annullamento (ai fini della tempestivit� della adozione del relativo provvedimento) vada ricondotto aUa data di emanazione dell'atto o a quella della sua efficacia, acquisita con la registrazione della Corte dei Conti, e la censura intesa a stabilire se l'efficacia del predetto provvedimento debba risalire retroattivamente al momento conclusivo della procedura costitutiva o a quello in cui si perfeziona il procedimento di controllo, sono entrambe censure che hanno per oggetto questioni di diritto e pertanto il ricorso in revocazione sulle medesime basato deve essere dichiarato inammissibile. ricorrente; essendo la revocazione un rimedio differenziato rispetto all'appello, appare fin troppo ovvio che il contenuto sfavorevole della decisione risulter� di per s� solo del tutto insufficiente a giustificare il ricorso alla revocazione ai fini del riesame della vertenza (cfr; in termini Sez. VI, 9 febbraio 1973 n. 31 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 237); e) qualora l'errore del giudice attenga al procedimento logico di interpretazione di una norma: � questa una ipotesi molto affine all'erroneo .procedimento logico in ordine alla interpretazione e all'apprezzamento degli atti e delle risultanze di causa; f) qualora il ricorrente in revocazione lamenti che il giudice amministrativo abbia ritenuto, nella decisione revocanda, di concedere ad altra parte che propose tardivamente il ricorso, il beneficio dell'errore scusabile, anche se le circostanze di fatto non erano idonee ad integrare le condizioni prescritte per la concessione di detto beneficio e il conseguente ragionamento seguito dal giudice risulti pertanto viziato: anche in tale ipotesi potrebbe configurarsi solo un errar in judicando, non denunciabile con il rimedio straordinario della revocazione (cfr. Sez. VI, 15 giugno 1973 n. 275 in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1222). Un significativo esempio di ricorso in revocazione dichiarato invece pienamente ammissibile si rinviene nella decisione n. 490/1973 della Sez. VI (in Il Consiglio di Stato 1973, I, 1730) che comprende nel rimedio in esame la mancata percezione, da parte del giudice, che ha emanato la sentenza revocanda, di una situazione di fatto che risulti accertata incontrovertibilmente da una espressa determinazione legislativa, quale lo stato di guerra in un paese straniero nel quale erano state inviate truppe italiane sotto l'egida dell'O.N.U., rientrando detta situazione di fatto quale componente necessaria della fattispecie dedotta in controversia. Giova, infine, ricordare che la disciplina della revocazione per errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c. � stata recepita senza alcuna modificazione dall'art. 28 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali (cfr. in dottrina SEPE-PEs, Le nuove leggi di giustizia amministrativa, Milano, Giuffr�, 1972, 327 e sgg.; SANDULLI, I Tribunali Ammini:lltrativi Regionali, Napoli, Jovene, 1972, 77). RAFFAELE TAMIOZZO PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 379 CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 novembre 1974, .n. 884 -Pres. Uc~ cellatore -Est. Schinaia -Comune di Bollate (avv. Locati) c. Prefetto di Milano (avv. Stato Siconolfi) e Soc. I.C.E.B. (n.c.). Comune � Autorizzazione prefettizia per acquisti immobiliari � Diniego � Ricorso del Comune � Legittimazione passiva del Prefetto � Sussiste. Comune � Autorizzazione a stare in giudizio � Legittimazione passiva del Prefetto in un ricorso avverso un suo provvedimento � Necessit� della autorizzazione ministeriale � Non sussiste. Enti pubblici � Acquisti immobiliari � Finalit� della autorizzazione ai sensi della L. n. 218 del 1896 � Diniego di autorizzazione � Fattispecie � Legittimit�. Comune -Autorizzazione ad acquisti immobiliari -Edificio abusivo -Diniego del Prefetto sul presupposto che l'acquisto � nullo per mancanza del prezzo. Comune � Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari -Prezzo irrisorio � Cessione come contropartita della sanatoria concessa alla costruzione � Diniego alla autorizzazione � Incensurabilit� in sede di legittimit�. I Comune � Autorizzazione prefettizia ad acquisti immobiliari � Inesistenza di un termine per la pronuncia. Nel processo amministrativo instaurato da un Comune avverso il diniego della autorizzazione prefettizia aZl'acquisto di un complesso im, mobiliare il Prefetto � parte necessaria e pertanto titolare della legit timazione passiva (1). (l-5) Autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari. L'autorizzazione prefettizia agli acquisti immobiliari da parte di enti pubblici � un istituto rivolto essenzia1mente alla prevenzione della manomorta; essa costituisce uno dei casi per i quali � ammesso ricorso anche per motivi di merito, in quanto prevista da una legge speciale (art. 3 L. 21 giugno 1896 n. 218), cui fa espresso richiamo il n. 17 dell'art. 27 T.U. 26 giugno 1924 n. 1054; attua1mente la cognizione in primo grado del ricorso � deferita ai T.A.R. ai sensi dell'art. 7, 1� comma, L. 6 dicembre 1971 n. 1034 (cfr. SANDULLI, I Tribunali Ammini$trativi Regionali, Napoli, Jovene, 1972, 35 e sgg.). Il provvedimento in questione non � in realt� una vera e propria autorizzazione, ma un � atto di assenso non necessariamente preventivo e cio� un atto del tipo delle approvazioni� (cfr. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene 1971, 500). Poich� la giurisdizione di merito del Consiglio di Stato ha carattere speCiale e pu� essere esercitata solo nei casi tassativamente indicati 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non sussiste aleuna norma che imponga al Prefetto di chiedere la autorizzazione del Ministro dell'interno per resistere al ricorso proposto da un Comune contro un suo provvedimento definitivo (2). In relazione agli artt. 5 e 128 Cost., la l. 21 giugno 1896 n. 218, va interpretata nel senso di conferire al Prefetto un vero controllo di merito ai fini del rilascio dell'autorizzazione per gli acquisti di beni im mobili da parte di Enti pubblici: ci� al duplice scopo di evitare l'ecces sivo concentramento della ricchezza posseduta dalle persone giuridiche (c.d. manomorta) e di evitare altresi, quando si tratti di acquisti a titolo gratuito, che i donanti compiano inconsiderate elargizioni, ovvero, nel caso di acquisti a titolo oneroso, che l'interesse patrimoniale della persona giuridica subisca pregiudizi (anche sotto il profilo che la situazione si prospetti litigiosa e perci� fonte di probabili spese e danni per l'Ente morale). � pertanto legittimo il diniego alla autorizzazione all'acquisto di immobili per nullit� del contratto di compravendita in relazione alla mancanza del requisito essenziale del prezzo (3). Qualora il Prefetto abbia ritenuto che contropartita della acquisizione sia stata la regolarizzazione in sanatoria concessa dal Sindaco alla dal citato art. 27 e dalle leggi generali e speciali che la prevedono, essa trover� applicazione solo nei confronti dei provvedimenti di autorizzazione agli acquisti di Provincie, Comuni e Istituzioni pubbliche di beneficenza, non gi� per acquisti effettuati da altri enti (cfr. Sez. V, 2 aprile 1966 n. 535 in Giur. It. 1967, III, 403; in dottrina vedi ALESSI, Sull'ammissibilit� di donazioni da parte di enti pubblici, Giur. Cass. Civ. 1947, 480; GoLDA PERINI, La funzione attuale delle autorizzazioni agli acquisti delle persone giuridiche, Temi 1961, 444). I decreti del Prefetto, emessi a norma degli artt. 1 e 2 della legge 218/1896, richiamata anche dall'art. 21 del D.P.R. 19 agosto 1954 n. 968, sono provvedimenti definitivi. , Essi sono richiesti anche per gli atti dei Comuni con i quali vengono deliberati acquisti di aree ai sensi dell'art. 13 L. 5 marzo 1963 n. 246, acquisti che costituiscono il presupposto necessario per l'eventuale, ulteriore procedimento di espropriazione (cfr. Sez. V, 21 aprile 1967 n. 296 in Foro Amm.vo 1967, I, 2, 526). L'indagine del Prefetto ai ~ini della autorizzazione non si dirige solo all'accertamento dell'eventuale pericolo di eccessiva immobilizzazione di beni; essa pu� pertanto essere negata anche qualora l'acquisto da parte dell'ente non giovi al conseguimento dello scopo, o qualora il disponente abbia nuociuto agli interessi dei successibili ex lege, o qualora, infine, l'interesse patrimoniale della persona giuridica possa subire comunque pregiudizi, sia pure solo sotto il profilo del rischio di dover affrontare controversie giudiziarie connesse alla eventuale inesistenza o illiceit� della causa del negozio di acquisto, come nel caso esaminato dalla sentenza che si annota e che costituisce puntuale, esatta applicazione dei principi che disciplinano la materia. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 381 costruzione, e pertanto abbia negato la autorizzazione all'acquisto, la valutazione di merito dal medesimo operata non � censurabile in sede di legittimit� (4). In relazione alla legge 21 giugno 1896 n. 218 e al relativo regolamento, non risulta prescritto alcun termine perentorio al Prefetto che debba pronunciarsi sulla richiesta di un Comune per l'autorizzazione all'acquisto di beni immobili (5). Si segnalano, anche per altri aspetti collegati alla autorizzazione alla accettazione di lasciti e donazioni, le seguenti decisioni: Sez. IV, 31 dicembre 1952 n. 1477 in Il Consiglio di Stato 1952, I, 1642; Sez. V, 1� giugno 1963 n. 354 in Foro Amm.vo 1963, I, 2, 946; Sez. V, 11 novembre 1966 n. 1384 ivi 1966, I, 2, 1860; Sez. V, 28 marzo 1969 n. 249 in Il Consiglio di Stato 1969, I, 384. RAFFAELE TAMIOZZO SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, 8 gennaio 1975, n. 40 -Pres. Giannattasio Est. Valore -P. M. Albanese (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini) c. _Carrara (avv. Leali). Imposte e tasse in genere � Rapporti tra giudizio innanzi alle Commissioni e azione ordinaria � Termine � Decisione definitiva di commissione � Impugnazione inammissibile � Non impedisce il passaggio in giudicato � lstanza di revocazione contro decisione di primo grado � Inammissibilit�. (D.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 146; c.p.c. art. .395). Imposte e tasse in genere � Rapporto tra giudizio innanzi alle Commissioni e azione ordinaria � Vizi del-procedimento che violano il diritto sog� gettivo � Deducibilit� � Limiti � Fattispecie. (L. 20 marzo 1865, n 2248, all. E, art. 2). L'azione in sede ordinaria che (a differenza del ricorso per Cassazione e del ricorso al tribunale per difetto di calcolo od errore di apprezzamento) non � una prosecuzione in fase di gravame del giudizio innanzi alle Commissioni, pu� riguardare soltanto la legittimit� sostanziale della pretesa tributaria, senza potersi estendere alla legittimit� formale del . procedimento (errores in procedendo), salva l'ipotesi di vizi tanto gravi da rendere inesistente la decisione. Tuttavia l'azione autonoma innanzi all'A.G.O. � soggetta al termine di sei mesi dalla notifica della decisione amministrativa che chiude la fase del procedimento innanzi al giudice speciale, termine che non � fatto salvo dalla proposizione di una impu. gnazione inammissibile perch� non consentita o proposta dopo la scadenza del termine; conseguentemente non impedisce la decadenza la proposizione della domanda di revocazione contro la decisione della Commissione provinciale delle imposte su questioni di diritto che � pronunciata in prima istanza, non essendo il rimedio della revocazione consentito contro le decisioni suscettibili di appello (art. 395 c.p.c.) (1). (1-2) Decisione di molto interesse che, oltre a riconfermare concetti noti, approfondisce il problema dei rapporti tra giudizio innanzi al giudice speciale tributario e azione ordinaria. Sul principio dell'autonomia delle due giurisdizioni e la conseguente indeducibilit� innanzi all'A.G.O. dei vizi del procedimento la giurisprudenza. � fermissima; solo quando la decisione � inesistente (Cass. 1� marzo 1971 n. 515, in questa Rassegna 1971, I, 643) � possibile, salve le preclusioni processuali, eccepire innanzi all'A.G.O. non PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 383 L'eccezionale e limitatissima possibilit� di dedurre innanzi ctU'A.G.O. i vizi del procedimento che violano il diritto soggettivo del contribuente a non subire imposizioni contrarie alla legge, pu� ammettersi solo quando la lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio di altra azione giudiziaTia; 1di conseguenza, nel caso di decisione della Commissione Centrale che, in mancanza di impugnazione, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione contro la decisione di commissione provinciale, non � possibile dedurre innanzi all' A.G.O. il vizio di ultrapetizione della decisione della Commissione Centrale perch� questa poteva essere impugnata con ricorso per cassazione (2). (Omissis). -Con i diue mezzi del ir1corso, che aippare OIPIPOII'tuno esaim.inare congiuntaimente perich� 1connesSli, l'Almministrazione ir1corrente denUJIJ1ciando la violaZlione dell'art. 29 ir,d,1. 7 agosto 1936 n. 1639; 146 r.d. 30 dfucembre 1923 n. 3269; 2909 e 2966 e.e;, 50, 161, 329 e 112 c.p.1c. sootiiene Clh.e la decl�:S�.one 1� marzo 11962 dlella COlmllll�.SlSione Provinciale delle imposte dli Pistoia � 1diivenuta definitiva per effetto della mancata tempestiva im(pu:gooZlione dinamrl. alla Coonmiissione Centrale, quale giudtcie dii 1secondo igirado. La defin.itiviit'� di tale decisione, aggiUl!JJge, non � stata ;iimpedlita incfaitti dal ricOl'ISo iper irevocaZlione, inammissd.ibile contro una decisione ISUtSICettLbile dli appello. Devono, quindli, irltenerLSli tarrdivi sia il lcioomo alla Commissione Centrale, ISlia l"azione [plrO[pO'Sta dinanzi al giudl1ce ordinario. Errroneaimente, pertanto, la Corte di AJPpello ha ritenuto dli potexe esaminarr�e il merito della controveirSJia con [patente violaZlione �lel giud1cato esterno. tanto il vizio ma appunto l'inesistenza del procedimento innanzi alle Commissioni, mentre � sempre preclusa la censurabilit� degli errores in procedendo (e fra questi l'incompetenza) anche se di particolare gravit�, come la reformatio in peius senza impugnazione (Cass., 30 ottobre 1974, n. 3314, ivi, 1975, I, 187). � del pari pacifico che il termine di sei mesi dell'art. 146 della legge di registro, decorso il quale il giudicato che si forma preclude la proposizione di ogni altra azione, non pu� esser fatto salvo dalla proposizione di un gravame inammissibile o perch� intempestivo o perch� non esistente nel sistema (come il ricorso in terza istanza alla Commissione Centrale contro la decisione della Commissione provinciale di valutazione : Cass. 25 maggio 1971 n. 1537, ivi, 1971, I, 1093). Esattissima � quindi la affermazione che non vale ad impedire il decorso del termine la istanza di revocazione, evidentemente inammissibile (art. 395 c.p.c.), proposta contro la decisione della Commissione provinciale per le questioni di diritto pronunciata in prima istanza e quindi suscettibile di appello alla Commissione Centrale. Pi� difficoltoso � l'argomento toccato con la seconda massima. In passato, con non sufficiente approfondimento, era stato affermato che potessero denunciarsi innanzi all'A.G.O. i vizi del procedimento innanzi alle Commissioni che comportano la lesione del diritto soggettivo del contri 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Deduce altresi che il giudice ordinario pu� conoscere solo della legittimit� sostanziale della pretesa tributaria e non degli errores in procedendo del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria (salvo il ricorso ai sensi dell'art. 111 della Costituzione) e che, in ogni caso, non ricorreva una delle ipotesi eccezionali, nelle quali la lesione di diritto causata da un errore in procedendo, legittimerebbe, secondo una corrente giurisprudenziale, l'intervento del giudice ordinario. Le censure son� fondate. Non � 1SU:Perfl.uo rkordare .che � orimad (pacifico il !(l['incipio second'.o il quale il giudizio innanzi alle Commissioni e quello innanzi all'Autorit� giudiziaria ordinaria sono strutturalmente autonomi si che l'azione ordinaria non � una prosecuzione, e tanto meno in fase di gravame, di quella innanzi al giud~ce speciale, consistendo, invero, nella riproposizione ex novo ed in via autonoma della domanda. Rappresenta, invece, una prosecuzione, in grado di impugnazione, del procedimento innanzi al giudice speciale, il ricorso per Cassazione contro le decisioni della Commissione, ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, ricorso che, in quanto prosecuzione del procedimento speciale tributario si pone in rapporto di autonomia rispetto alla azione innanzi all'Autodt� giudiziaria in primo grado. Ma, poich�, non � ammissibile che la Corte di Cassazione eserciti un duplice sindacato di legittimit� sulla stessa controversia, le due forme di tutela non sono cumulabili. buente ?-che l'accertamento del suo obbligo abbia luogo secondo le norme dettate dalla Legge, qUJando, come dn materia di estimazione :sempilice, detta lesione non possa essere altrimenti portata alla cognizione del giudice ordinario; per sostenere questa affermazione si invocava l'art. 2 della legge di abolizione del contenzioso amministrativo (Cass. 13 marzo 1970 n. 641, ivi, 1970, I, 436 con nota critica di C. BAFILE e precedenti citati). Una tale affermazione, che contraddiceva alla natura giurisdizionale delle commissioni, non poteva essere accettata; se il giudice ordinario non ha in determinate materie giurisdizione di merito � assai poco logico attribuirgli una giurisdizione sul controllo dei vizi del procedimento sulle decisioni emesse dalle Commissioni in quelle stesse materie, quando per la censura dei vizi del procedimento esistono validi rimedi. Tuttavia questi precedimti hanno lasciato una traccia nell'orientamento della giurisprudenza (e se ne trova un esempio nella sentenza in rassegna), sebbene nella sostanza si sia esclusa l'ammissibilit� di un controllo da parte dell'A.G.O. degli errores in procedendo. Con la sentenza 20 ottobre 1974 n. 3314 citata, � stato esattamente precisato che il vizio del procedimento, avente consistenza di diritto. soggettivo, deducibile innanzi all'A.G.O., deve essere sorto nella fase amministrativa anteriore al procedimento contenzioso e deve incidere sulla validit� di un requisito sostanziale dell'imposizione; in nessun caso possono essere denunciati i vizi del procedimento contenzioso riparabili con i normali mezzi di impugnazione; cosi, ad esempio, � consentito (ovviamente ad ambedue le parti) far dichiarare dal giudice ordinario che l'obbliga PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 385 Di norma, la domanda innanzi al giudice ordinario pu� riguardare la sola legittimit� sostanziale della pretesa tributaria, senza potersi estendere alla legittimit� formale del procedimento tributario; i c.d. errores in procedendo, quindi, non possono essere dedotti innanzi all'Autorit� gil;ldiziaria ordinaria (che non ha il potere di annullare la decisione del giudice speciale tributario, ma unicamente quello di dichiarare inoperativo di effetti, nella sfera del contribuente, l'atto di imposizione). Questa 1SU1Pirema Corte ha avuto, per�, 1Pi� volte occasione dti. affermare (Cass. n. 1923 del 1972, _641 del 1970, t2175 del 1969, ecc.) che resta salva l'ipotesi estrema in cui l'irregolarit� del procedimento innanzi alle Commissioni tributarie sia tale da rendere inesistente la decisione, ovvero quella in cui i vizi di esso ledano i diritti soggettivi delle parti, come pu� avvenire quando la questione sostanziale risolta nel giudizio avanti le Commissioni sia preclusa all'esame dell'A.G.O. Eccettuati tali casi particolari, i vizi in procedendo possono essere denunziati alla Corte di Cassazione solo a mezzo del ricorso ex art. 111 citato. L'art. 29 del d.l. n. 1639 del 1936, dopo aver disposto che le Commissioni distrettuali e quelle provinciali sono competenti, rispettivamente, in primo e secondo grado a decidere le controversie concernenti la determinazione del valore in materia di imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza (secondo comma) e che il giudizio delle Commissioni Provinciali sulle questioni concernenti la determinazione del valore zione di imposta era stata definitivamente accertata nella fase ammm1strativa e non poteva essere pronunciata la decisione che ha modificato un accertamento irretrattabile (Cass. 22 settembre 1969 n. 3120, ivi, 1969, I, 1132), ovvero che il procedimento amministrativo � inesistente a causa di un vizio che condiziona negativamente il potere di imposizione; non deve per� trattarsi di una semplice irregolarit� (contra Cass. 29 ottobre 1974, n. 3254, ivi, 1975, I, 183). La sentenza ora intervenuta, pur riallacciandosi con qualche esitazione ai precedenti meno recenti di cui si � detto, opportunamente precisa che non pu� minimamente invocarsi l'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. E con riferimento alle decisioni delle Commissioni, senza con ci� negare la loro natura giurisdizionale. Su queste premesse � ineccepibile la soluzione del singolare caso deciso: dopo che la decisione della Commissione provinciale adita in sede di revocazione aveva ritenuto ammissibile l'istanza, la Commissione Centrale, mancando una impugnazione sul punto, non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l'istanza di revocazione; tuttavia questa erronea pronunzia della Commissione Centrale poteva essere oggetto di ricorso per cassazione e di conseguenza non era possibile denunciarne il vizio con l'azione ordinaria. La questione poteva per� essere risolta pi� a monte, negando radicalmente la� deducibilit� dei vizi del procedimento contenzioso, e in genere di quelle irregolarit� che non si traducono in un difetto del potere di imposizione. .386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � definitivo, salvo ricorso alla Autorit� giudiziaria per grave ed evidente �errore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo nella determinazione del valore (terzo comma), prescrive che tutte le altre controversie, nella materia de qua, relative all'applicazione della legge sono decise in primo grado dalla Commissione provinciale ed in .secondo grado dalla Commissione centrale, salvo il ricorso all'Autorit� giudiziaria nei modi e nei termini� stabiliti dalle vigenti leggi. L'art. 146 della legge di registro, poi, fissa in sei mesi il termine per ricorrere ali'Autorit� giudiziaria in tutte le controversie che abbiano formato oggetto di decisione amministrativa e stabilisce che il termine .suddetto decorre in ogni caso dalla notificazione della decisione amministrativa, e cio� di quella decisione che chiude la fase del procedimento innanzi al giudice speciale; tale � la decisione che, o perch� non impugnata dalla parte o definitiva per sua natura, � l'ultima pronuncia possibile dinanzi a quella giurisdizione. Pertanto una ulteriore impugnazione non consentita contro la decisione definitiva, al pari di up.a impugnazione intempestiva proposta dopo la scadenza del termine non impedisce che decorra e si maturi il termine semestrale per l'azione innanzi .aU'A.G.O. Va aggiunto che la locuzione �in ogni caso�, contenuta nel citato .art. 146, � stata interpretata (Cass. 26 ottobre 1970 n. 2.158; 25 giugno 1966 n. 1617), nel senso che il contenuto della decisione � irrilevante .agli effetti della decorrenza del termine, per cui anche una controversia che Sii !l"ilSlolva in un.a decisione di 1ccmtenuto meramente IPI'Ocessuale pu�, normalmente, essere idonea condizione dilatoria della decorrenza del termine prescritto per l'azione giudiziaria. Ci� premesso e puntualizzato che il ricorso dei Carrara era stato respinto dalla Commissione Provinciale con decisione 1� marzo 1962, notificata il 21 settembre successivo a Tullio e Giuliano Carrara ed il 29 dello stesso mese a Mario Carrara e che il gravame proposto, avverso tale decisione, alla Commissione Centrale il 14 ottobre 1963 era palesemente inammissibile perch� fuori termine come la Commissione centrale ha ritenuto e la stessa Corte fiorentina ha riconosciuto, onde la .deciSl:ione della Ccmunissione PrOV'inciale doveva consideral1si defindtiva, il quesito che si prospettava, ed al quale la corte del merito ha dato risposta positiva, era se il ricorso in revocazione fosse o meno impeditivo della definitivit�. Ora, come esattamente rileva la ricorrente, la decadenza � impedita ;Solo dal compimento dell'atto previsto dalla legge, e cio� di un atto .astrattamente ammissibile, anche se irrituale, e non dal decorso del termine assegnato per il suo esperimento. Nella specie, la definitivit� sarebbe stata impedita dalla proposizione dei mezzi co;nsentiti, quali la domanda autonoma al giudice ordinario, ai sensi dell'ultimo comma del PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 l'art. 29 del r.d.l. n. 1639 del 1936, o il ricorso in appello alla Commissione Centrale previsto dall'art. 45 del r.d.l. 8 luglio 1937 n. 1:516. Detti mezzi non sono stati sperimentati e si �, invece, po.sto in essere un atto atipico ed abnorme, quale il ricorso per revocazione alla stessa CommiJSsione Hrovinciale, dcorso 1ch�, ammiss!iibile come rimedio dJi carattere generale nel procedimento davanti alle varie Commissioni tributarie, � regolato dalle norme del codice di procedura civile, onde non � consentito proporlo contro sentenze pronunciate in primo grado e suscettibili di appello (art. 395 c.p.c.), quale era la decisione di cui si discute. La corte fiorentina non ha tenuto presente che, per la sussistenza dell'effetto conservativo dell'impugnazione, � necessario che questa ultima appartenga alla specie tipica ammessa dall'ordinamento in relazione alla decisione che della impugnazione stessa � oggetto. Se tale principio avesse applicato, non avrebbe potuto non concludere ch� la pronuncia della Commissione Provinciale sulla revocazione noh eliminava il giudicato gi� formatosi per effetto della pronuncia della stessa Commissiohe Provinciale del 1� marzo 1962 non impugnata tempestivamente, come dovevasi, dinnanzi alla Autorit� giudiziaria, o, in sede di appello, alla Commissione Centrale. . Ma, anche a poter ritenere quale ultima.decisione (ai fini della decorrenza del termine semestrale) quella a contenuto meramente processuale, non pu� disconoscersi che non tutte le decisioni di questo tipo sono idonee a concretare siffatto presuposto, ma solo quelle che non precludono l'ulteriore esame del mer,ito. La Corte fiorentina si � indubbiamente avveduta dell'ostacolo costi tuito dalla decisione della Commissione Centrale del 16 marzo 1967 nu mero 40067, conclusiva del procedimento di revocazione, ed ha negato la legittimit� di questa: pronuncia, cosi argomentando: �Non ha rilievo considerare in contrario che la C�mmissione Cen trale ha dichiarato inammissibile anche il gravame per revocazione per il fatto che, essendo la decisione della Commissione Provinciale emessa in primo grado ed impugnabile con il rimedio dell'appello alla Centrale, il gravame ordinario dell'appello escludeva quello straordinario della revocazione. La pronuncia della Commissione Centrale su tale punto � affetta da violazione di legge, perch� la decisione impugnata aveva di chiarato ammissibile il gravame per revocazione, ma lo aveva respinto nel merito. Tale pronunzia era stata impugnata dai contribuenti per soli motivi di merito, ma non anche dall'Ufficio in punto di ammissibilit� su cui si era ormai formata la cosa giudicata�. Siffatte argomentazioni non possono trovare consenso. � ben vero che la Suprema Corte ha affermato (Cass. 21 settembre 1970 n. 1652) che, ove l'eccezione di inammissibilit� di un gravam~ sia 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO disattesa da una Commissione, la stessa non pu� essere riesaminata d'ufficio da quella Centrale, ma solo rse sia stato pirQposto giravame sul punto dalle parti interessate, perch�, in caso diverso, si ha il giudicato formale interno, che impedisce il riesame della questione, ma tale asserito error in procedendo avrebbe dovuto essere adotto, nella specie, a mezzo di impugnazione della pronuncia della Commissione Centrale in Cassazione ai sensi dell'art. 111 della Costituzione, come gi� si � accennato in precedenza. In tale materia la Corte di Cassazione giudica anche in fatto, perch� l'attivit� processuale svolta dalle parti e dal giudice inferiore non attiene mai al merito della controversia. Orbene, il fatto che nell'ordinamento non manca l'opportuno rimedio per la denuncia dei vizi del procedimento (e cio� il citato ricorso ex art. 111 avverso la decisione ultima delle Commissioni) non pu� non indurre ad una valutazione rigorosa circa la lesione del diritto soggettivo del contribuente, che legittima eccezionalmente la deduzione del vizio di procedimento innanzi al giudice ordinario. A siffatto criterio si .sono ispirate le decisioni di questa Corte nn. 1923 del 1972, 641 del 1970, .3042' e 1941 del 1963, secondo le quali la detta lesione deve riguardare il diritto del contribuente e che l'accertamento del suo obbligo di imposta abbia luogo secondo le norme dettate dalla legge e tale lesione non sia altrimenti riparabile mediante l'esercizio della azione giudiziaJ:'! ia, coone nel ooso in cui la questione sostanziale (['isolta in sede amministrativa sia preclusa al giudice ordinario, perch�, per esempio, trattasi di estimazione semplice di redditi o perch� in sede amministrativa sia .stato modruffoato un accertamento, nonostante .che esso fosse divenuto definitivo per mancata tempestiva impugnazione. Ipotesi queste, in cui la parte, non potendo ottenere dal giudice l'esame del merito, deve ottenere che sia dichiarata la violazione di legge, affinch� si proceda ad un nuovo accertamento. Contrariamente, quindi, all'affermazione della Corte di merito, che ha recepito il suddetto indirizzo giurisprudenziale in modo del tutto indifferenziato e generalizzato, il sindacato dell'Autorit� giudiziaria ordinaria sulla regolarit� del procedimento tributario deve ritenersi ammissibile solo in casi particolari ed in via eccezionale, se cosi non fosse, se, -cio�, si ritenesse, facendo leva sull'art. 2 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 All. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, che una qualunque lesione di diritto soggettivo legittimi siffatta tutela, verrebbe implicitamente a negarsi la natura giurisdizionale delle decisioni delle Commissioni tributarie, poich� il detto art. 2 consente l'azione ordinaria in materia di diritti soggettivi comunque violati da un atto amministrativo e non anche da una pronuncia giurisdizionale, cui la legge abbia demandato la tutela del diritto soggettivo. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 389 Proprio per tali motivi una parte della dottrina esclude l'ammissibilit� della deduzione dei vizi in procedendo innanzi al giudice ordinario anche nei citati casi eccezionali. Ci� posto, � evidente che nella specie la Corte del merito non poteva conoscere del vizio della decisione della Commissione centrale, in quanto difettava quella che, secondo la giurisprudenza citata, � stata ritenuta la condizione essenziale per la deducibilit� dell'error in questione, e cio� la iiII11Possi:bilit� della tjpairazione della lesione att:rav6Ilso l'eseil"lciimo dell'azione giudiziaria. Infatti molteplici mezzi di tutela giuridica, astrattamente previsti dall'ordinamento contro la pretesa dell'Amministrazione, garantivano i contribuenti, i quali avrebbero potuto sia adire direttamente l'Autorit� giudiziaria �rdinaria, senza il preventivo esperimento del giudizio innanzi alle Commissioni, sia adire l'autorit� giudiziaria ordinaria dopo intervenuta, in primo grado, la. decisione della Commissione provinciale del 1 � marzo 196,2 ed in alternativa al ricorso in appello alla Commissione Centrale, sia infine, adire ancora.l'Autorit� giudiziaria dopo aver ottenuto la decisione della Commissione Centrale, che, se adita, avesse pronunciato su tale ricorso. Concludendo, pertanto, poich� la decisione di inammissibilit� della Commissione Centrale circa il ricorso in revocazione deve rimanere ferma, ne consegue che la decisione della Commissione Provinciale del 1 � marzo 1962 era divenuta definitiva, e, quindi, la azione innanzi all'A.G.O., instaurata con atto 21 settembre 1968, non era proponibile per il decorso del termine semestrale. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 g�ennaio 1975, n. 46 -Pres. Rossi Est. Briancaocio -P. M. Sbrocca (diff.) -Sfevco c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). Imposta generale sull'entrata � Azione in sede ordinaria � Termine � Art. 52 legge 19 giugno 1940, n. 762 � Pronuncia di illegittimit� costituzionale Ordinanza di rettifica della Corte Costituzionale � Retroattivit� � Esclusione. (L. 19 giugno 1940, n. 762, art. 52). Con la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 30 dicembre 1961 n. 79 l'intero secondo periodo del secondo commw �ell'art. 52 della legge 19 giugno 1940, n. 762 risulta colpito dalla di 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chiarazione di illegittimit� costituzionale (anche per la parte che concerne il termine di 60 giorni) sulla base di quanto risulta dal dispositivo, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, che produce l'effetto modificativo dell'ordinamento giuridico. A seguito della pubblicazione della ordinanza di correzione 9 novembre 1973 n. 163 il termine di 60 gior ni stabilito nell'art. 52 � tornato ad essere operante, ma questa prdinanza non produce effetto retroattivo, s� che nel periodo intermedio tra la pubblicazione della sentenza e la pubblicazione della sua 'rettifica (dal 1961 al 1973) il termine per la proposizione dell'azione ordinaria � quello di sei mesi (1). (Omissis). -Col primo e col secondo motivo di ricorso, che vanno presi in considerazione congiuntamente, lo Sferco -denunciando la violazione dell'art. 136 della Cost. e dell'art. 12 delle preleggi -lamenta che la Corte d'appello abbia ritenuto che fosse ancora vigente il termine di decadenza previsto dal secondo periodo del 2� comma dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762, nonostante che nel dispositivo della sentenza della Corte costituzionale 30 dicembre 1961 n. 79, nel dichiararsi costituzionalmente illegittimo quel testo normativo, non si sia espressamente esclusa la parte riguardante quel termine. La Corte triestina ha affermato che questa esclusione si desume dal collegamento fra la motivazione e il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale; ma, secondo il ricorrente, tale affermazione si fonda su un procedimento ermeneutico illegittimo ed � comunque erronea. In proposito lo Sferco assume, da una parte, che non � consentito interpretare il dispositivo della sentenza di accoglimento della questione di legittimit� costituzionale facendo ricorso alla motivazione, soprat (1) La Corte di Cassazione, dopo qualche esitazione, aveva affermato che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale aveva colpito l'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762 anche per la parte che concerne il termine di 60 giorni per la proposizione dell'azione ordinaria (15 marzo 1973 n. 740, in questa Rassegna 1973, I, 607). A seguito di ci� la Corte Costituzionale ha pronunciato una ordinanza di correzione. Con la sent. 29 luglio 1974 n. 2291 (ivi, 1974, I, 1257) la Corte di Cassazione, prendendo atto della ordinanza, ha lasciato espressamente insoluto il quesito se essa avesse o no efficacia retroattiva. Ora si prende nettamente posizione nel senso che l'ordinanza di correzione dispone solo per l'avvenire. Il problema, di portata generale, � di grande rilevanza e non pu� essere qui approfondito; le affermazioni della� sentenza creano non poche perplessit� che meritano una attenta meditazione. I:: ! . . i~. - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 391 tutto quando, come nella specie, il suo significato letterale � di assoluta chiarezza; e, dall'altra, che la motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 1961 non contiene elementi che siano in r'ealt� in contrasto col dispositivo. L'amministrazione resistente ha _opposto nella memoria che le questioni sollevate con questi motivi sono ormai superate per effetto della sopraggiunta ordinanza della Corte Costituzionale n. 163 dell'11 novembre 1973, con la quale si � riconosciuto che nel dispositivo della sentenza n. 79 del 1961 vi era un errore materiale e si � corretto questo errore, specificando che la dichiarazione di illegittimit� costituzionale ivi contenuta concerne soltanto la parte del testo normativo concernente la regola del solve et repete e non quella che stabilisce il termine di decadenza in discussione. Questo Supremo Collegio ritiene che, nonostante l'intervento dell'ordinanza di correzione ricordata dalla resistente, il termine di decadenza non fosse operante al momento in cui lo Sferco propose l'opposi2lione dli 'cui alla [pl"leSente causa e 1ohe, quindi, i due moti'Vli di ricorso siano sostanzialmente fondati. Prima della pronuncia di quella ordinanza, questa Corte, con due sentenze (n. 740 del 15 marzo 1973 e n. 1879 del 5 luglio 1973), che sono le uniche che abbiano affrontato ex professo la questione, aveva stabilito che �la dichiarazione di illegittimit� sostituzionale del secondo periodo del secondo comma dell'art. 52 della legge 19 giugno 1940 n. 762 ha colpito in toto detta disposizione e pertanto gli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale non sono limitati al precetto del solve et repete, ma riguardano anche la norma relativa al termine di sessanta giorni per proporre il gravame dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria avverso l'ordinanza definitiva dell'Intendente di .Finanza e contro il decreto del Ministro delle Finanze emesso a norma dell'art. 58 della stessa legge; consegue che il termine applicabile � quello dei sei mesi, previsto dall'art. 33 della legge 9 aprile 1911 n. 330, divenuto 1 generale per le controversie relative alle imposte erariali per effetto del r.d.l. l9 aprile 1923 n. 938 >. Questa interpretazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 79 del 1961 e la statuizione relativa alle sue conseguenze sul regime del termine per proporre opposizione avverso i summenzionati atti dell'amministrazione finanziaria erano correttamente giustificate, la prima, dal riferimento all'inequivoca formulazione letterale del dispositivo della sentenza e, la seconda, da ragioni di principio, che trovano il conforto di un consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte. 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Queste giustificazioni sono tuttora valide e pertanto i principi che esse motivano vanno applicati anche nella decisione della presente causa. Poich� la controversia fra le parti si concentra esclusivamente sui limiti della dichiarazione di legittimit� costituzionale, � solo su questo punto che occorre qui particolarmente soffermarsi. In proposito va rilevato che il significato letterale del dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 79 del 1961 non pu� essere superato col riferimento alla motivazione. La motivazione delle sentenze pu� essere richiamata al fine di stabilire ii contenuto della decisione in due casi: o come elemento di interpretazione del dispositivo o come fonte di integrazione dello stesso. La motivazione pu� essere utilizzata per interpretare il dispositivo, soltanto quando l'interpretazione letterale di questo dia un risultato equivoco. In questa ipotesi, infatti, essa assume il ruolo di strumento sussidiario di interpretazione in una posizione non diversa da quella dei lavori preparatori rispetto alla legge, e questi -come pacificamente si afferma in giurisprudenza e in dottrina -possono essere significativi a condizione che la legge non abbia un senso letterale certo. Nel caso di motivazione integrativa del dispositivo, questa non interessa per �1a sua funzione specifica di giustificazione della decisione, ma come sede di parte della decisione stessa. In tale ipotesi accade che la decisione � contenuta non soltanto nel dispositivo, ma anche nella motivazione, sicch� essa nella sua completezza � data soltanto dal collegamento dell'uno con l'altra. Nella specie, la motivazione della sentenza della Corte certamente non pu� essere assunta come elemento interpretativo del dispositivo, perch� come si � visto, questo � di significato assolutamente inequivoco. Ma neppure essa pu� essere invocata per integrare la decisione che risulta dal dispositivo. La configurazione delle possibilit� ch� la motivazione integri il dispositivo della sentenza di accoglimento della questione di legittimit� costituzionale contraddice palesemente alla disciplina dell'efficacia di questa sentenza. Per l'art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87 codesta efficacia � determinata dalla pubblicazione del dispositivo, e del solo dispositivo, sulla Gazzetta Ufficiale; ci� vale dire che l'unica decisione la quale produce nell'ordinamento l'effetto modificativo che � proprio di questo tipo di sentenza � costituita da quella che risulta dal dispositivo: ipotizzare il c?llegamento di tale effetto. anche alla motivazione, significa riconoscerlo, in violazione del suddetto art. 30, ad una fonte non pubblicata, cio� per la quale non si � realizzata la condizione in questa norma stabilita. l r:: g i ~-� t: 1:i i:: ~~-J PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 393 Ad una conclusione diversa sul significato e sul valore da attribuire alla sentenza della Corte qostituzionale del 1961 non pu� indurre l'ordinanza di correzione emessa dalla stessa Corte. La correzione degli errori materiali delle sentenze della Corte costituzio:nale � disciplinata dall'art. 21 delle norme integrative per i giudizi davanti alla stessa Corte sul modello della correzione materiale delle sentenze civili (art. 288 c.p.c.). Pertanto, nel ricostruire il regime della correzione degli errori materiali occorsi nelle sentenze di accoglimento, si deve tener conto del fatto che, come si � visto, nell'ordinamento � efficace soltanto il loro dispositivo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. ' Ci� non pu� non riflettersi sugli effetti nel tempo della correzione, effetti che variano in dipendenza dei diversi tipi di errori ipotizzabili. Al riguardo viene in evidenza anzitutto l'errore rilevabile ictu oculi in un testo che nonostante la presenza di esso non lasci luogo a dubbi sul suo significato. In questo caso la correzione corrisponde ad una esigenza meramente formale e pu� apparire perfino non necessario seguire l'apposito procedimento, dovendosi ritep.ere consentita la eliminazione dell'errore anche con una rettificazione del tutto informale (si pensi all'esempio limite dell'errore ortografico). '� evidente che la correzione di questo tipo di errore non d� luogo neppure ad una questione di irretroattivit� del provvedimento corretto. Un secondo tipo di errore, si riferisce a quello riscontrabile in un testo che per effetto di esso assume un significato incerto. Qui si impone la correzione mediante l'apposito procedimento e in questa ipotesi la regola � l'efficacia retroattiva della� correzione, dappoich� devesi ritenere che la situazione giuridica oggetto della decisione fosse gi� presente nell'ordinamento e tale pr�senza fosse riconoscibile in sede di interpretazione, se mai ricorrendo all'ausilio della motivazione, ausilio ben invocabile, stante l'incertezza della lettera del dispositivo. Infine un terzo tipo � dato dall'errore che incide su un dispositivo di significato letterale non dubbio immutandone il significato stesso. In questa ipotesi la correzione ovviamente avviene col procedimento formale, il quale ha come risultato una modificazione del senso della decisione e quindi dei suoi effetti. A tale modificazione non si possono attribuire effetti retroattivi, perch� essa esprime una situazione giurid~ ca che, 1se ipux latente nella motivazione rllella sentenza -(poich� non si � manifestata prima nel dispositivo, che, va ripetuto, � l'unica parte della �sentenza che, con la pubblicazione, segna l'efficacia della decisione -non ha completato l'iter, che ne consente l'ingresso nell'ordinamento, e quindi resta a questo estraneo, fino a quando codesto completamento non avvenga con la pubblicazione della correzione nelle 394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesse forme previste per il dispositivo or1gmario (art. 21, terzo comma, delle citate norme integrative, in relazione all'art. 30 legge n. 87 del 1953). Ora da quanto in precedenza osserv~to risulta palese che qui ricorre questo terzo tipo di errore e quindi all'ordinanza correttiva della Corte Costituzionale non si pu� riconoscere effetto retroattivo. Si potrebbe obiettare che con questa conclusione si ammette l'efficacia, per il tempo intercorrente dalla pubblicazione del dispositivo della sentenza dell� Corte a quella dell'ordinanza di correzi~ne, ad una dichiarazione di illegittimit� costituzionale in realt� non mai pronunciata. L'obbiezione � grave e solleva una delicata questione di rilevanza dell'apparenza nella sentenza di accoglimento della Corte costituzionale. Quale che sia l'opinione che si segua sulla natura giuridica di questa sentenza -quella, prevalente, della natura giurisdizionale k!on funzione di accertamento di un vizio originario della norma o quella, pu:c autorevolmente sostenuta in dottrina, della natura legislativa con � , funzione sostanzialmente abrogativa -� certo che il suo effetto tipico di eliminare definitivamente dal sistema delle fonti un atto legislativo comporta un perfetto parallelismo fra il regime dei vincoli d!l essa creati e di quelli determinati dall'atto normativo che pu� rimuovere. In realt� la sentenza di accoglimento si profila come una norma di segno contrario a quella che elimina, e quindi ontologicamente con la stessa capacit� di incidenza sull'ordinamento. Questo parallelismo comporta che il fenomeno di una sua apparenza in contrasto �con la realt� deve esser considerato alla stregua di quello dell'apparenza dell'atto legislativo e quindi soggetto alla stessa disciplina. Il fenomeno qui viene in evidenza per il particolare aspetto del !'apparenza determinata da un contrasto fra il testo pubblicato e il testo originale. In questo caso il comportamento conforme al testo pubblicato d� luogo ad una situazione riconducibile a quella dell'errore di diritto. Il principio di autoresponsabilit� che presiede anche all'esercizio dei pubblici poteri, conduce ad ammettere che, pure nella sfera del di ritto pubblico, che � quella che qui interessa, l'errore di diritto � scu sabile, se ingenerato dall'Autorit� in :violazione di specifici doveri; d'al tronde in questa situazione esso assume le caratteristiche di un errore invincibile e, anche come tale, sc'Usabile. Ci� posto, la questione si puntualizza nello stabilire se possa consi derarsi scusabile in questi sensi l'errore dipendente dalla pubblicazione di un testo le_gislativo errato. :_.;���: j l�1.14illfliwL,:Xf:;;;s1a1~:,:L::~dK::f:LAU2itlt::;;~;;;LZYMif.LM.,::%:,!';,~;:.;.Lti:.::M~dt. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La soluzione affermativa di codesta questione scaturisce dalla considerazione .della funzione e dell'effetto della pubblicazione delle leggi, nonch� del riflesso che l'una e l'altro harino nella determinazione della natura giuridica della posizione dell'Autorit� responsabile. La pubblicazione � qui rivolta a soddisfare l'esigenza, etica e giuridica insieme, di mettere in grado i destinatari della legge di conoscerne esattamente il contenuto, al fine di potere uniformare ad essa il proprio comportamento; esigenza tanto avvertita ed importante, che in alcune costituzioni gi� nel secolo scorso (per es. in quella belga) la pubblicazione della legge era stabilita come un~ garanzia politica. Anche se essa non incide sull'esistenza e sulla validit� della legge, �, per�, una condizione della sua efficacia, cio� costituisce lo strumento attraverso il quale. si re�lizza il rapporto fra la legge e l'ordinamento vigente; ond'� che la prima vive come parte di questo, e non pu� vilvere in altro modo che in quello che risulta dal testo pubblicato. Per questa sua funzione e questo suo effetto la pubblicazione si profila come un onere dello Stato; questo, per esigere il rispetto della legge, deve pubblicarla e pubblicarla correttamente. Queste 1caratteri1Stiohe dlella ,pubblicazione giustifioono l'affidamento dei destinatari della legge nella corrispondenza fra il testo pubblicato e quello reale. Trattasi di affidamento che non pu� ritenersi condizionato da oneri di controllo, esclusi da ragioni di principio desunte dalle suddette caratteristiche, dalla quasi impossibilit� pratica di attuazione e dalla presunzione di conformit� del testo pubblicato a quello originale stabilita dall'art. 11 1. 24 settembre 1931 n. 1256. Consegue che l'errore nell'affidamento in un testo normativo pup blicato non correttamente non pu� essere considerato come effetto di un comportamento dell'Autorit�, che ha violato un suo specifico onere, anche come invincibile, onde esso risulta idoneo a giustificare la con dotta che ne � derivata. Ci� vale dire che non pu� non assegnarsi rilevanza alla norma nel testo pubblicato, cio� al diritto apparente che emerge da esso, nel senso che non si possa pretendere dal destinatario l'osservanza di un diritto diverso da quello in cui egli abbia fatto affidamento. Applicando questo principio alla sentenza di accoglimento della questione di legittimit� costituzionale, il cui dispositivo pubblicato non sia corrispondente al reale contenuto della decisione, non si pu� non concludere che fino a quando non sia intervenuta e pubblicata la cor rezione, deve riconoscersi l'efficacia della dichiarazione di illegittimit� apparente, in funzione dell'affidamento determinato negli interes sati. -(Omissis). 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1975, n. 105 -Pres. !car di -Est. Santosuosso -P. M. Silocchi (conf.). -Soc. C.I.S.A. c. Mi nistero delle Finanze (avv. Stato Cosentino). Imposta di registro -Ag�volazioni per la costruzione di autostrade -Subappalto � Estensione � Limiti. (L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita daH'art. 8 deUa legge 24 luglio 1961., n. 729 non si estende ai contratti di subappqito non approvati daU'autorit� competente (1). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 settembre 1974, n. 2505 -Pres. Giannattasio -Est. Miele -P. M. Minetti (conf. in parte) -Soc. Gambogi Costruzioni (avv. D'Angelantonio) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta Generale sull'entrata � Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Inapplicabilit�. (L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). L'agevolazione per la costruzione di autostrade stabilita daH'art. 8 deUa legge 24 luglio 1961, n. 729 riguardante �atti e contratti� non � applicabile aUa imposta generale suU'entrata il cui presupposto non � un atto o contratto ma una entrata comunque conseguita (2). (1-3) La prima sentenza riconferma un recente, ma ormai ben saldo, orientamento della S. C. sulla esclusione dei subappalti dagli atti agevolati (sent. 5 settembre 1974 n. 2419, in questa Rassegna, 1974, I, 1265 con richiami); sono peraltro da confermare le riserve (v. nota alla sentenza citata) sulla ammissibilit� della agevolazione per i subappalti autorizzati dalla Amministrazione appaltante che restano pur sempre estranei allo scopo del beneficio fiscale e giovano esclusivamente all'appaltatore. Si deve altres� ricordare che,� con analoghe ma ancor pi� approfondite argomentazioni, � stata esclusa l'estensibilit� al subappalto della agevolazione per gili �atti della Gestione INA-CASA (Oass. 14 Olttoibr�e 1-974 !ll. 2827, ivi, 1438). Molto importante � la seconda sentenza che esclude l'applicabilit� della agevolazione della legge 24 luglio 1961 n. 729 alla imposta sulla entrata non solo per i subappalti ma anche per gli appalti e per tutte le entrate in genere. L'agevolazione su �atti e contratti., genericamente o specificamente indicati, non pu� riguardare l'imposta sull'entrata che PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 397 III CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 febbraio 1975, n. 764 -Pres. Gian nattasio -Est. Lipari -P. M. De Marco (conf.). -Ministero delle Finanze (a'V'V. Stato Saltini) c. Soc. Gambogi Costruzioni. Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di autostrade -Fi deiussione bancaria sostitutiva della cauzione dell'appaltatore -Si estende. (L. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). Nell'agevolazione pe1� la costruzione di autostrade di cui all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, sono da ricomprendere le fideiussioni bancarie rilasciate in favore degli appaltatori come mezzo sostitutivo della cauzione dell'appalto (3). I (Omissis). -Con il primo mezzo, la Societ� denunzia la violazione degli articoli 136 e 137 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, e sostiene che il termine di prescrizione per la richiesta di restituzione di tributi indebitamente pagati decorre dal momento del pagamento dell'imposta principale solo per gli atti cui la registrazione si effettua a seguito di una unica denuncia e non per i contratti di appalto a prezzo presunto, sottoposti a tributo in due fasi successive e con due distinte denuncie. A non ha per presupposto un atto ma semplicemente un introito rilevante in quanto tale, indipendentemente dal titolo, contrattuale o non. L'espressa limitazione dell'esenzione dall'imposta sull'entrata per un ben limitato numero di operazioni (4� comma dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729) � una conferma sicura della normale soggezione all'imposta di tutte le entrate. Perspicua � l'osservazione che l'imposta sull'entrata � dovuta al momento del pagamento (per gli appalti, art. 8 lett. h legge 19 giugno 1940 n. 762) e quindi secondo il regime giuridico vigente in questo momento, mentre le imposte agevolate ex art. 8 della legge n. 729 sono dovute sull'atto in riferimento al momento della stipulazione (ultimo comma); ed esattissima � la precisazione che l'obbligo di corrispondere l'imposta sull'entrata, a norma dell'art. 9 della legge istitutiva, al momento dell'emissione del documento contabile (sempre in relazione ad un introito prossimo anche se non ancora avvenuto, ma indipendentemente dal negozio che all'introito pu� dar luogo) non vale a qualificare l'imposta sull'entrata come � imposta di atto �. � opportuno ricordare che relativamente alla imposta di consumo la S. C. aveva gi� affermato che l'esenzione per le 298 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questi si applica l'art. 137 legge organica di registro, che, come nor298 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questi si applica l'art. 137 legge organica di registro, che, come nor. ma particolare, deroga all'art. 136 della stessa legge. Detta norma, osserva la� ricorrente, non pu� applicarsi solo all'Amministrazione finan. ziari� -che si troverebbe altrimenti in una posizione di indebito vantaggio, del tutto contrastante con gli articoli 3 e 24 della Costituzione -ma deve interpretarsi nel senso che la posticipazione della decorrenza della prescrizione opera sia a favore .del fisco, sia a favore del contribuente tutte le volte che l'ammontare definitivo dell'imponibile venga accertato in un momento successivo all'accertamento dell'imposta principale. Con il secondo mezzo, la ricorrente deduce che, contrariamente a quanto deciso dalla sentenza impugnata, le agevolazioni fiscali di cui all'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 .sono estensibili, anche ai -contratti di subappalto stipulati per le costruzioni autostradali, in quanto, pur non essendo questi contratti specificamente menzionati nella citata norma di legge, anche essi sono inerenti e necessari nella stessa misura dei contratti di appalto. Appare evidente come l'esame di questo secondo motivo sia pregiudiziale al primo, poich� se ai predetti contratti di subappalto non .sono applicabili le norme che prevedono le agevolazioni fiscali, � su .autostrade concerne i tributi sui negozi e non quelli sulle operazioni economiche non aventi contenuto negoziale (sent. 6 maggio 1969 n. 1540, Riv. leg. fisc., 1969, 2103). A fronte di queste esatte ed acute pronunzie, l'ultima �si rivela in dissonanza. Essa invero riconferma un precedente specifico (sent. 19 novembre 1973 n. 3092, in questa Rassegna 1974, I, 681), pronunciato per� quando, con minore approfondimento; l'agevolazione dell'art. 8 della legge n. 729 del 1961 veniva estesa a tutti gli atti connessi ed anche ai subappalti. Il tentativo di dimostrare per la fideiussione bancaria sostitutiva della cauzione quell'inerenza all'appalto che viene negata per il subappalto � di evidente fragilit�. Partendo da un concetto di � occorrenza � inquadrato nella connessione strumentale di mezzo al fine che. non si conforma alla pi� recente e critica rielaborazione della giurisprudenza (Cass. 5 settembre 1974 n. 2419 e 14 ottobre 1974 n. 2827 gi� citate), questa pronunzia considera la fideiussione bancaria sostitutiva della cauzione dell'appaltatore come atto in connessione di secondo grado con l'appalto, siccome diretto a sopperire alla carenza di mezzi finanziari dell'appaltatore al pari degli altri mezzi di finanziamento, e sottolinea che la norma prevede -espressamente l'agevolazione per la fideiussione prestata dagli enti pubblici concessionari per il servizio dei mutui che starebbe con lo scopo della norma (costruzione di autostrade) in una connessione di terzo grado; si soggiunge che l'agevolazione in parola � di contenuto obbiettivo e non � eondizionata o limitata dal fatto che le societ� concessionarie siano obbligate all'imposta sostitutiva in abbonament9. In via generale non pu� condividersi l'affermazione che la fideiussione sostitutiva della cauzione si trovi in una concatenazione di secondo grado PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 399' perfl.uo accertare se il diritto alla restituzione dell'imposta pagata e non dovuta debba ritenersi prescritto o meno. In realt�, deve confermarsi -a proposito della seconda questione sottoposta all'esame di questa Corte -l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui le agevolazioni fiscali previste dall'art. 8 della citata legge n. 729 del 1961 non si estendono ai contratti di subappalto, non approvati dall'autorit� competente (Cass. n. 2419/74; 2506/74 ed altre). E nella specie � pacifico che i contratti di subappalto non erano stati approvati. Va rilevato in proposito che l'el~ncazione degli atti e contratti menzionati in detta norma non ha carattere tassativo e che, per godere dei benefici fiscali, ibaista a�ocertaire ii1 irequisd.to dell'occorrenza degU stessi per l'attuazione della legge. Tale requisito, se non va inteso seconde> un criterio di strumentalit� assolutamente necessario ed inderogabile, n� in base ad un qualsiasi rapporto di afferenza dell'atto al piano d� costruzione, non pu� essere svincolato da una valutazione di relativa necessariet�. Questa valutazione non pu� esaurirsi nell'ambito discrezionale dell'appaltatore concessionario sulla base di elementi meramente tecnico-economici, ma deve operarsi e giustificarsi nel quadro della normativa giuridica della materia. con l'appalto. E' questo �uno dei numerosissimi possibili negozi con i quali l'appaltatore, in modo assolutamente facoltativo, organizza la sua impresa per provvedersi dei mezzi necessari; non � nemmeno, come il subappalto, un subnegozio ed � invece uno dei tanti rapporti personali e irrilevanti per l'appaltante, utili per l'appaltatore ma in nessun modo inseriti nella catena dei mezzi � occorrenti � (giuridicamente strumentali l'uno all'altro} per l'esecuzione dell'opera. Non sembra poi esatta l'assimilazione della fideiussione agli altri mezzi di finanziamento a cui ricorre l'appaltatore, non essendo sufficiente u;n generico bisogno di danaro per giustificare quella � occorrenza � che �va vista in una connessione giuridica fra atti non in una relazione economica fra mezzi. Ma soprattutto nel primo comma dell'art. 8 le operazioni finanziarie considerate (finanziamenti, consolidazioni ecc. fideiussioni prestate dagli enti pubblici, per il servizio dei mutui, emissione di obbligazioni, cessione dei contributi statali) concernono Je varie forme di finanziamento delle societ� concessionarie e non il credito dell'appaltatore; non sono invece agevolate le operazioni, che possono essere le pi� varie, con le quali l'appaltatore fa fronte alle sue personali ed irrilevanti e non conosciute esigenze di organizzazione dell'impresa, si che il.'1aissi.milaire a queste ope11azioni le fideiussioni ba!Il!oair.i!e iserve a dimostrare l'opposto di quel che si vorrebbe. Infine non persuade il ritenere connesse in terzo grado le fideiussioni prestate per il servizio dei mutui e in secondo grado le fideiussioni sosti-tu~ ive della cauzione; mentre � logico, e conforme ad un criterio spesso seguito nelle norme agevolative, estendere l'agevolazione sui finanziamenti, nei limiti in cui sono concesse, ai mezzi di garanzia effettivamente strumentali, non � invece ragionevole (e non � mai stato fatto nella pur 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Poich� la legge vuole evitare che l'esecuzione dell'opera venga effettuata da chi non fornisce adeguata garanzia, prevede che i lavori siano affidati all'appaltatore che si � sottoposto ad una diretta verifica di idoneit� per il raggiungimento dello scopo in modo autonomo. Non si contesta che la sempre maggiore specializzazione tecnologica occorrente per l'esecuzione di grandi opere pubbliche moderne esiga l'intervento di diverse imprese. Ma la legge, fin dal 1924, prevede che �nel complesso di una sola opera o di un solo lavoro, in casi di speciali necessit� da farsi constare nel decreto di approv�zione del contratto, possono formarsi progetti e perizie parziali per procedere a distinti contratti con pi� persone � (art. 43 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, Reg. Cont. gen. Stato). E gi,� con la legge 2 marzo 1865, n. 2248, all. F. all'art. 339, mentre si stabilisce il divieto per l'appaltatore di cedere o subappaltare tutta od in parte l'opera assunta, si consentono eccezioni a tale divieto, con l'approvazione dell'autorit� competente, sotto la comricca casistica delle norme tributarie di favore) abbracciare negli appalti agevolati la fideiussione sostitutiva della cauzione che non � n� uria garanzia n� un atto subordinato all'appalto. Neppure pu� essere condivisa l'esclusione di ogni rilevanza del contenuto soggettivo della agevolazione in esame. I precedenti citati per avvalorare questa affermazione hanno riguardato una ben precisa questione; poich� l'art. 8 istituisce non una agevolazione assoluta ma un regime sostitutivo, era stato sostenuto che l'esenzione del primo comma dovesse operare soltanto quando si verifichi il pagamento sostitutivo (abbonamento) da parte delle societ� concessionarie e non anche quando alla costruzione delle autostrade proceda direttamente l' ANAS che non corrisponde alcun tributo sostitutivo; in relazione a questo problema la S. C. afferm� che l'agevolazione � obiettiva nel senso che opera anche quando, non esistendo la concessione, non si provvede ad alcun pagamento sostitutivo� della normale imposta. Ma ci� non basta per escludere totalmente una strutturazione della agevolazione nel senso che destinatari� di essa siano 1'AN AS e le societ� concessionarie come contraenti degli � atti e contratti � o quanto meno come soggetti a cui debba direttamente giovare l'esenzione; l'agevolazione ha cio� portata obiettiva, nei confronti delle altre parti contraenti o comunque interessate, solo nei limiti in cui l'agevolazione si risolve in un diminuito onere per l'ente costruttore, e, nel caso di specie, per l'appaltante, mentre non possono mai rientrare nel beneficio gli atti che intercorrono fra terzi estranei irrilevanti per l'appaltante e per esso non utili. Ci� � stato ben posto in luce I).ella sent. 5 settembre 1974 n. 2419 citata, che nel negare l'estensione ai subappalti, ha ben sottolineato che l'agevolazione ha un limite soggettivo che non consente di includere in essa gli atti riferibili ad un soggetto � che persegue finalit� sue proprie, ultronee e irrilevanti ai fini della P.A. � e che rispetto all'appalto costituiscono un �quid pluris�. Si deve quindi ritenere che le fideiussioni sostitutive della cauzione si trovino rispetto all'appalto in un rapporto di occasionale ed eventuale relazione di mero fatto ancor pi� tenue e meno diretto dei subappalti. I ~: a�e1:111rtwrfr&rlifa1rti!illfrrum�1ifrrfrtl'lrirr11rm!rt1~1rfil:11rttffilif&lfrwrrrr1r1trrn1mmf~rr�1r1:t:m11tsfr~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 minatoria -per il caso di violazione di questa disposizione -dell'immediata rescissione del contratto. Ora, se la legge prevede la rescissione dell'appalto quando sia stato violato il divieto di subappalto, non pu� ovviamente ritenersi che i contratti di subappalto non autorizzati possono essere considerati dal legislatore �occorrenti�, sia pure per trarne soltanto conseguenze fiscali. Pur rimanendo nell'ambito meramente fiscale delle disposizioni, va osservato che queste, hanno, s�, inteso favorire la costruzione delle autostrade, riducendone i costi, ma non fino a consentire una reiterazione delle agevolazioni per qualsiasi contratto, assertivamente �occorrente �, ma non controllato, nella sua occorrenza e nella sua esecuzione, da parte dell'autorit� competente. -(Omissis). II (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente societ� afferma che erroneamente la Corte di merito ha negato l'esenzione in quanto l'art. 8 comma �primo della legge 24 luglio 1961 n. 729, non distingue tra atti negoziali ed atti materiali n� tale distinzione si ricava dai commi successivi. D'altronde l'Ige costituisce pur essa una imposta di atto negoziale in quanto essa colpisce il negozio giuridico; tanto � vero che essa � dovuta indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, dovendosi corrispondere entro il quinto giorno successivo alla spedizione o consegna della merce (art. 9, primo comma, reg. 26 gennaio 1940 n. 10). Erroneamente, poi, la Corte di merito avrebbe esclusa l'esenzione ritenendo che essa spetti solo in relazione agli appalti e non ai subappalti, i quali, invece, sono espressamente equiparati agli. appalti in base all'art. 8 della legge di registro e perch� anche essi si debbono considerare'� occorrenti� per l'attuazione della legge del 1961. Le censure sono infondate. Invero non pu� fondatamente contestarsi che l'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. �729, consideri in tutte le sue disposizioni solo I� att~ e contratti� sia in quanto questi vengono indicati genericamente come i destinatari delle agevolazioni sia in quanto nel primo comma vengono indicati specificamente fattispecie contrattuali (contratti relativi alla �costruzione ed all'esercd:zio delle autostrade; contratti di aip[~�alto e fornitura; contratti di finanziamento ecc.). Solo ad � atti e contratti� ha riferimento testuale l'ultimo comma di tale articolo, stabilendo la non esenzione degli atti e contratti s~ipulati prima della entrata in vigore della legge e quindi escludendo che possa esser tenuto conto del momento in cui viene percepito il prezzo o comunque il corrispet RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO tivo stabilito in contratto. Conferma di questa interpretazione � indubbiamente il quarto c�mma che esenta dalla Ige alcune entrate, quali quelle derivanti da forniture di energia elettrica, da incasso di contributi statali previsti dalla stessa legge o relativa a proventi derivanti da pedaggi o da altre entrat~ connesse con l'esercizio delle autostrade, il che sarebbe stato superfluo stabilire (per di pi� anche in via specifica e limitata) se nell'espressione del primo comma (�tasse imposte e tributi�... ) si fosse inteso ricomprendere anche l'Ige. D'altro canto la agevolazione concerne gli �atti e contratti� cio� l'esenzione riguarda imposizioni relative ad atti e contratti, onde il presupposto dell'impoISliizione � costituito dall'atto o 1c0Illflratto, mentre tale rpresupposto non � quello della Ige la quale ha come preSU1P1Posto un'� entrata�, in :relazione all'importo della quale viene commisurata l'imposta che viene � corrisposta solo al momento dell'introito. Di qui le norme che stabiliscono il pagament<? dell'imposta al momento del verificarsi dell'entrata, come � previsto espressamente per i corrispettivi di appalto, sottoposti all'imposta Ige al momento della loro riscossione (art. 8 lett. h del d.l. 9 genna~o 1940 n. 2; art. 45 del reg., il quale stabilisce il pagamento dell'imposta Ige al momento del pagamento dei corrispettivi, ai quali viene commisurata l'imposta). Ci� a differenza delle imposte dovute ad es. per imposta re~istro, nelle quali si tiene invece conto solo del valore economico dell'atto. Il richiamo dell'art. 9 del reg. fatto dalla ricorrente societ� non vale a sorreggere la censura, giacch� anche nell'Ipotesi ivi regolata (cio� pagamento dell'imposta al momento della emissione del conto, fattura nelle vendite commerciali) si ha riguardo sempre all'entrata, solo stabilendosi l'obbligo di pagare l'imposta� prima dell'incasso del prezzo, ma non prescindendosi dall'importo del corrispettivo pattuito e pertanto, essa, :restando sein�P['e ancorata al fatto econom1co della �entrata � anche nell'ipote!Sli i'Vli Cl'egolata, non pu� quaUficall'si �1ID1Posta di atto�. Il rigetto di tale censura dispensa dall'esaminare l'altra censura circa la pretesa erronea esclusione dei subappalti dalle agevolazioni concesse dalla legge n. 729 del 1961. -(Omissis). III (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, l'amministrazione finanziaria dello Stato censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto, con violazione e falsa applicazione dell'art. 8 commi primo e ottavo della legge 24 luglio 1961 n. 729, e con omessa e contraddittoria motivazione, esente da imposta di registro la fideiussione concessa da un istituto bancario all'appaltatore di lavori di costruzioni autostradali, !~ ~:: ~:: ~:~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA fino alla concorrenza dell'importo del deposito cauzionale dal medesimo dovuto (e che, per disposizione del capitolato generale -art. 3 comma quinto d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 pu� tenerne luogo). --La questione � gi� stata affrontata e risolta in senso sfavorevole ali' Amministrazione Finanziaria con una recente decisione della Sezione (Cass., 19 novembre 1973, n. 3092); e le argomentazioni svolte contro tale soluzione, coincidente con quella adottata dai giudici di merito, non sono tali da indurre il Collegio a discostarsene. L'art. 8 comma primo della 1. 24 luglio 1961, n. 729, contenente disposizioni sul � piano di nuove costruzioni stradali od autostradali � stabilisce: � Tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione della presente legge, ivi comprese le convenzioni per le concessioni, i contratti relativi alle costruzioni ed esercizio delle autostrade previste dalla stessa legge, i contratti di appalto e di fornitura per la costruzione e gestione delle strade di cui sopra; i contratti di finanziamento, di consolidamento, di estensione_ e di revoca dei finanziamenti stessi, comprese le fideiussioni prestate dagli enti pubblici per il servizio dei mutui, la emissione di obbligazioni con i relativi interessi,, nonch� gli atti di cessione previsti dagli artt. 2, 18 e 19 della presente legge, sono esenti da tasse, imposte e tributi, presenti e futuri, spettanti sia all'erario dello Stato 1sia agli Enti locali�. Ed iil 1oomma ottavo pre1cisa che: �In luogo delle iJmiposite, tasse e trtbuti di 1Dui ai commi precedenti l!e oociet� concesisdonarde 1COtm"�IS!Ponderarrmo all'erario dello Stato una quota fissa di abbonamento annuo, in :r:agion~ di centes~mi 5 rper ogni mille lixe dei costi delle costruzioni �. Nella elaborazione giurisprudenziale formatasi su tale articolo � stato univocamente posto in luce che l'esenzione ha carattere oggettivo e riguarda sia il caso di costruzione ed esercizio di autostrada ,da parte dell' ANAS, sia quello della concessione della costruzione e dell'esercizio a societ� private (Cass. 13 maggio 1969 n. 1638; 2 dicembre 1969 n. 3856; 3 marzo 1972 n. 611). Con la locuzione �atti e contratti occorrenti� per l'attuazione della presente legge si � inteso far riferimento a tutti quei negozi che, come mezzo al fine, devono considerarsi in correlazione con lo scopo della norma di favore, che � quello di agevolare, riducendo il costo, lo sviluppo della rete autostradale del paese (Cass. nn. 1638 e 3854 del 1969; 611 del 1972 citt.). Nell'ampia elencazione dei negozi contemplati, avente carattere meramente esemplificativo, sono posti sullo stesso piano atti e contratti occorrenti per il raggiungimento dello scopo della legge, senza distinguere il negozio princip,ale da quello accessorio, e senza ancorare quest'ultimo al trattamento del primo (Cass., 19 novembre 1973 n. 3092 cit.). E poich� l'esenzione riguarda i soli atti negoziali e non anche i comportamenti ed i consumi, fatta eccezione per i~ consumo dell'ener RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO gia elettrica necessaria per l'illuminazione e la segnalazione sulle autostrade (Cass., 10 aprile 1969 n. 1154 e 6 maggio 1969 n. 1540), essa non pu� estendersi all'IGE, che ha come presupposto un'entrata all'ammontare della quale viene commisurata l'imposta da corrispondere (Cass., 18 settembre 1974 n. 2505). L'unico margine di oscillazione della giurisprudenza di questo Supremo Collegio, a proposito dell'art. 8 in esame, si rinviene nel trattamento del contratto di subappalto. Con una prima decisione (n. 611 del 1972 cit.) si ritenne che anche i contratti di subappalto, occorrenti per la diretta attuazione della legge, dovessero equipararsi agli appalti ed essere ammessi a godere del trattamento di favore. Successivamente, tuttavia senza ripudiare il pl'ecedente orientamento d:i fondo, 1c1irca il 1carattere ogg,ettivo diell'esenzione e quello non tassativo della elencazione di atti e negozi contenuta nella norma, ma operando un coordinamento con la disciplina del subappalto di opere pubbliche, si � negata l'operativit� della fattispecie di favore quando il subappalto medesimo non sia stato preventivamente autorizzato ai sensi dell'art. 339 della 1. 20 marzo 1865 n. 2248 alla F � dovendo il rapporto di occorrenza essere valorizzato anche alla stregua di tale disciplina� (Cass. 18 settembre 1974 n. 2506; 5 settembre 1974 n. 2419). Per il superamento del contrasto della questione sono state investite le S.U. di questa Corte. La relativa futura decisione, circoscritta all'interferenza della disciplina positiva del subappalto di opere pubbliche sul trattamento tributario agevolato, non pu� riflettersi per� sul problema all'esame diel Collegiio, 1che � cliti.amato a stabilire in colllJCl"eito se spetti l'esenzione alla stregua dell'interpretazione della locuzione � atti occorrenti� basata sul riconoscimento del carattere oggettivo dell'agevolazione e di quello esemplificativo della successiva elencazione, facente capo ad un collegamento mezzo fine inteso non gi� come strumentalit� necessaria ed inderogabile per l'attuazione dello scopo della legge, ma di mera correlazione, anche semplicemente eventuale, con 1~ scopo perseguito dal legislatore, senza che venga in considerazione il citato art. 339. Nell'esaminare il caso di specie, di fideiussione prestata in luogo di cauzione, il discorso sulla portata dell'espressione �atti occorrenti� non va impostato in termini di interpretazione estensiva di norme age volative, ma di esatta individuazione della ratio della norma in esame. E nemmeno peso determinante va dato al richiamo ad altre leggi tributarie in cui appare la medesima locuzione �atti occorrenti�. Tale richiamo giova, tutt'al pi�, per confermare che il concetto di � occor renza� ha un ambito pi� vasto di quello di �necessit��, nel senso che possono dirsi potenzialmente �occorrenti � tutti quei negozi che, come ~ 1~ Il (: PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 mezzo al fine si pongono in correlazione con l'obiettilvo perseguito dal legislatore (cfr. a proposito della 1. 2 luglio 1949 n. 4:0S e del d.l.c.p.s. 10 aprile 1947 n. 261. Cass., 14 luglio 1�965 n. 1488; 23 febbraio '1966� I n. 559; 27 luglio 1964 n. 2094; 27 maggio 1963 n. 1379; 6 ottobre 1959 n. 2659); che il collegamento, cio�, deve estrinsecarsi in un rapporto di strumentalit� anche se non necessario (cfr. a proposito della 1. 18 ottobre 1965 n. 908, che parla di � atti relativi�, Cass., 12 maggio 1973 n. 1302). Il problema ermeneuti�o va affrontato, dunque, in concreto, caso per caso, puntualizzando la misura del collegamento strumentale rilevante fra i due poli estremi della necessit� e della correlazione anche tenue ed occasionale; troppo rigido e ristretto l'uno troppo elastico ed indefinito l'altro, suscettibile di dilatare eccessivamente il campo di applicazione dell'esenzione. Ed al riguardo deve sottolinearsi che il nesso mezzo-fine non viene ricostruito in s� e per s� dall'interprete, in via di mera astrazione gene~ aliz0ante, ma � -stato a1SJSunto oome icanone valutativo dallo stesso legislatore che ha indicato in termini finalistici l'oggetto dell'esenzione. Si tratta, quindi, di prender le mosse dalla fattispecie normativa diell'art. 8 e dli indiirviduaire il (punto di emensione della strumentalit� sufficiente per far sorgere il diritto all'esenzione, tenendo presente la ratio del concesso beneficio per confrontarla con il tipo di atto considerato e saggiarne la riconducibilit� ai tipi normativamente risultanti dalla stessa esemplificazione legislativa. Il ripudio della tesi della strumentalit� necessaria scaturisce, con tutta evidenza, dal raffronto fra l'espressione generica dettata all'inizio del comma ( � atti e negozi occorrenti �) e le enunciazioni �successive le quali, pur non avendo carattere tassativo, valgono ciascuna come tale, e tutte insieme, a determinare l'ambito della nozione di � occorrenza � cui si � informato il legislatore, indicando quei casi che sicuramente rientrano nella fattispecie agevolativa. Basta scorrere l'elenco degli atti richiamati per constatare che per taluni di essi (contratti di finanziamento, ftdeiUSSlione, em�!Ssione di obbligazioni) l'inerenza allo scO(po d!i. realizzazione del piano autostradale � solo indiretta ed eventuale. Ne consegue che l'occorrenza va ravvisata a prescindere dal rapporto di causalit� diretta ed immediata e che la -ratio finalistica deve essere ricostruita secondo parametri capaci di ricomprendere tutti gli atti nominativamente elencati dal legislatore. Lo scopo � normativamente indicato come � attuazione della presente legge�; e poich� la legge riguarda un piano di costruzioni stradali ed autostradali� (cfr. il titolo della medesima) e disciplina �la costruzione� e �l'esercizio� delle autostrade �che non siano gi� concesse a norma della 1. 21 maggio 1955 �, ne segue che certamente si RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sono voluti favorire atti e negozi giuridici che si trovino in rapporto di occorrerlza con la costruzione, ovvero con l'esercizio di autostrade. A vendo riguardo al profilo della � costruzione �, che � il solo a � venire in considerazione ai fini della decisione, non sembra dubbio che la costruzione di autostrade (da concedersi ad enti pubblici o privati: cfr. art. 2 della legge) rientri fra gli scopi della legge. Atti occorrenti alla costruzione sono perci� certamente tutti quelli che si correlano immediatamente all'appalto di costruzione della autostrada. E poich� l'appaltatore di opere pubbliche � tenuto a corrispondere una cauzione che, per espressa dizione normativa, pu� essere costituita da fideiussione bancaria (art. 4 comma quinto d.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 cit.) tale negozio fideiussorio si insel'isce nel processo formativo dell'appalto in una sequenza di strumentalit� di secondo grado, inerente immediatamente (in via accessoria), all'atto necessario per il raggiungimento dello scopo (l'appalto di opera pubblica). Questa constatazione che la strumentalit� pur non essendo immediata e diretta, � tuttavia appena di secondo grado, comportando� un solo passaggio a ritroso nell'indefinita concatenazione causale sfociante in px-os1petthra teleologtca nell!a effettuata costruzione della aurtostrad!a, rassicura l'interprete della aderenza �dell'accolta soluzione ad una misura di strumentalit� da ricomprendersi nella ratio della norma di esenzione che espressamente contempla altre ipotesi (gi� ricordate) di strumentalit� almeno di secondo grado. Non � pertinente, quindi, l'obiezione incentrata sul rilievo che la alternativit� fra cauzione (da prestarsi in denaro o in titoli di Stato) e fideiussione esclude di per s� la necessit� della stipula del negozio di garanzia che non � imprescindibile per addivenire all'appalto di costruzione dell'autostrada. Disatteso il criterio della strumentalit� necessaria � superfluo osservare che in astratto il rapporto di appalto avrebbe potuto svolgersi �senza far ricorso alla prestata fideiussione bancaria, esS� 1Ilidosi accertato in col'lJClreto <che il negozio fideiUJSSorio si � inserito come elemento essenziale nel procedimento di appalto venuto in essere. La fideiussione in luogo di cauzione, a ben vedere, sopperisce alla carenza di mezzi finanziari dell'appaltatore di opere pubbliche che non � in grado di disporre del contante o dei titoli necessari per la cauzione (o di distoglierli da altro impiego) e preferisce, quindi, presentare un garante alla stazione appaltante. Per la realizzazione delle opere autostradali c'� bisogno di denaro: gli enti concessionari devono pagare le opere; e gli appaltatori. devono anticipare le somme necessarie per provvedere ai lavori appaltati di cui otteranno il rimborso, accresciuto dell'eventuale guadagno, sulla base degli stati di avanzamento. I finanziamenti cui l'appaltatore faccia eventulmente ricorso sono normalmente ricompresi fra gli atti agevolati; e sicuramente in una nozione lata di PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 finanziamento rientra anche la fideiussione che tiene luogo del denaro o dei titoli che si sarebbero dovuti depositare in cauzione all'atto della stipulazione dell'appalto di opere pubbliche in misura almeno p�ri al 5 % dell'importo netto dell'appalto stesso, venendo a costituire una condicio sine qua non per il perfezion�mehto del contratto. N� rileva che la fideiussione in esame non si identifichi con quella espressamente prevista dalla legge: sia perch� le indicazioni di atti negoziali occorrenti sono, come si � visto, meramente esemplificative; sia perch� in quella esemplificazione fa spicco la nozione di finanzia mento alla quale, come pure si � appena notato, � certamente ricon ducibile la fideiussione prestata in luogo di cauzione, che attiene alla provv,ista dei mezzi economici di c'!-li l'appaltatore deve poter disporre per addivenire alla stipulazione del contratto e quindi si correla alla realizzazione dell'opera autostradale che del contratto stesso costituisce l'oggetto. Nemmeno �giova far leva sul carattere accessorio del contratto di fideiussione rispetto all'appalto immediatamente preordinato alla realiz zazione dell'opera agevolata. Valgono contro l'accessoriet� le osserva zioni appena svolte a proposito della alternativit� essendosi svincolato il d1iiritto all'esenzione dal nesso di strumenrtalit� necessaria, ll'ilevando esclusivamente la effettiva inerenza, sia pure di secondo grado, dell'attO alla struttura negoziale presceltane per realizzare quella data costru zione autostradale (e senza che possa opporsi in contrario l'eventuale utilizzazione di certi istituti giuridici che renderebbe superfluo in astrat to il ricorso a quel tipo di negomo aocesisorlo). La legge non impone la realizzazione del fine, nel modo pi� diretto ed immediato, escludendo dal beneficio, i negozi che non sono indispen sabili per conseguirlo, ma riguarda tutti gli atti giuridici che concre tamente sono serviti a raggiungere lo scopo, che sono stati stipulati esclusivamente in tale prospettiva sia pure adottando tecnich� opera zionali pi� complesse e tortuose di altre. Ed all'osservazione che del trattamento fiscale di esenzione che si vorrebbe applicare alla fideiussione prestata in luogo di cauzione si gioverebbero soggetti diversi da quelli contemplati nel comma ottavo obbligati all'imposta sostitutiva in abbonamento (le societ� concessio narie), � agevole replicare sottolineando il carattere oggettivo della nor ma tributaria di favore in esame. Per escludere l'applicazione del beneficio alla fideiussione de qua �occorre quindi previamente respingere la ricostruzione in senso oggettivo dell'esenzione. Si sostiene, infatti, dalla Finanza che le agevola .zioni non hanno carattere esclusivamente oggettivo, presentando anche un profilo soggettivo, perch� si riferiscono a vari tipi di contratti tesi alla costruzione ed all'esercizio delle autostrade (componente oggettiva), 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ma solo in quanto tali contratti siano stati stipulati dall'ANAS, o dagli enti concessionari, gli unici nel sistema della legge legittimati ad attuare il piano di costruzioni da questa previsto (componente soggettiva). Ma l'argomento non regge perch� non � idoneo a circoscrivere il momento oggettivo che campeggia nella fattispecie di esenzione e su cui � incentrata la ratio legis, e tende aprioristicamente a sovvertire i termini del problema che consiste nello stabilire se anche i negozi ac cessori, come quello di specie, possano godere del trattamento fiscale privilegiato. � certo che solo determinati enti e soggetti sono legittimati ad attuare il piano di costruzioni autostradali. Tale circostanza per� non depone radicalmente in senso restrittivo perch� la costruzione autostradale richiede pur sempre per essere realizzata la stipula di contratti con altri soggetti i quali si gioveranno del trattamento di favore dettato per -l'atto negozdale non iPWCh� la controparte presenti determinati connotati soggettivi, ma perch� tale atto risulta obiettivamente � occorrente � alla costruzione medesima '(che poi gli atti immediatamente e direttamente volti alla costruzione debbano intervenire con determinatj soggetti non ha alcuna rilevanza una volta stabilito se �l'occorrenza� travalicando l'ambito della strumentalit� necessaria riferisce pure a negozi accessori. Decisivo � dunque solo il superamento del nesso di strumentalit� necessaria. Al di fuori di tale necessariet� l'aggancio del singolo nego zio alla fattispecie di esenzione va fatta esclusivamente alla stregua del criterio finalistico e saggiando il grado di mediatezza dell'atto considerato che rientra sicuramente nella previsione di legge quando nonostante il suo carattere accessorio, sia riconducibile direttamente ad altro atto, o negozio, che di per s� realizza lo scopo di costruzione autostradale. Nella fattispecie normativa l'elemento soggettivo assume autonomo rilievo solo per la identificazione degli obbligati alla imposta sostitu tiva in abbonamento nelle societ� concessionarie; i contratti occorrenti se 1stipulati con tali 1societ� comiportano la totale esenzdone pe;r la con troparte; mentre se si tratta di contratti accessori cui le societ� mede sime rimangono estranee l'atto non sconta alcun tributo (n�, specifica mente, per quel che qui interessa, l'imposta di registro). Soccorre ancora il paradigma del finanziamento dell'appaltatore che � quello pi� suggestivo per confortare la conclusione che il Collegio intende Qui ribadire. Anche il finanziamento espressamente contemplato fra gli atti agevolati � accessorio rispetto all'appalto e pu� svolgersi fra soggetti cui resta estranea la societ� concessionaria. In conclusione, sul punto, la circostanza che la fideiussione in luogo di cauzione � stipulata nell'esclusivo interesse dell'appaltatore non incide 1: r sull'operativit� dell'esenzione perch� ai fini agevola~i non viene in con-i:f ;: , J rift1r�fl@lfllf&1:1r111rrra~11:111t1~flftrr~~w~:rrtxwiir~fr1~1t:1twtrffi!,ftir111r1ffr.r�&Jwr1�1fi1~ PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 siderazione l'interesse di questo o quel soggetto, ma la pi� efficiente ed economica realizzazione dell'opera, per il cui compimento si richiede l'intervento dei concessionari, ma non di essi soli. L'occorrenza dell'atto alla realizzazione dello scopo non deve essere valutata in termini esclusivamente soggettivi, esaminando se parti del negozio siano determinati enti od organi, ma oggettivamente, a prescindere dai destinatari dei vantaggi, verificando se l'atto per cui si invoca il trattamento privilegiato si ponga in rapporto di strumentabilit�, sufficientemente rilevante, nell'iter di :realizzazione dell'opera autostradale. � esatto che come si � visto i terzi inserendosi nei rapporti contrattuali occorrenti' per l'attuazione della 1. n. 729 del 1961 vengono a beneficiare di un regime fiscale ancora pi� favorevole di-quello riservato dalla legge agli stessi concessionari, ma ci� dipende dalla struttura della fattispecie, quale risulta dal coordinamento dei commi primo ed ottavo della noll'lma in esame la quale, (Pl'evede l'imposta sostitutiva (del resto di modestissima entit�) a carico delle societ� concessionarie n<?n soltanto rispetto ai negozi giuridici accessori (come queilo qui considerato), ma anche con riguardo a quelli principali, agli stessi appalti volti alla costruzione delle autostrade. L'appaltatore, nel sistema della legge, gode in principio di un trattamento pi�. favorevole, dell'ente concessionario appaltante; e quindi ben si comprende che lo stesso trattamento riguardi i negozi accessori all'appalto, stipulati nell'interesse dell'appaltatore medesimo. Quanto poi all'affermazione che non tutte) le fideiussioni, ma solo quelle prestate dagli enti pubblici per i servizi dei mutui rientrano alla lettera nella previsione legislativa gi� si � detto che le esemplificazioni non coprono l'intera area delle agevolazioni, ma sono semplicemente indicative di parametri dell'occorrenza del tutto coerenti, con quelle cui si � fatto ricorso per riconoscere l'applicabilit� dell'esenzione al contratto di fideiussione sostitutiva di cauzione. Mentre l'argomento inclusio unius exlusio alterius non ha modo di operare, all'opposto pu� essere invocato a favore della applicabilit�� della norma quello a fortiori facendo capo al rapporto finanziario gi� valorizzato, per inquadrare la fattispecie in esame nella misura di occorrenza richiesta per l'ammissione al trattamento privilegiato. Ed infatti nella fideiussione in luogo di cauzione si � ravvisato un rapporto di strumentalit� di secondo grado rispetto alla realizzazione dell'opera autostradale mediante l'appalto; tale fideiussione si colloca, cio�, allo stesso grado dei finanziamenti espressamente previsti dalla leg ge, e cui essa � assimilabile perch� sopperisce alla mancanza di mezzi monetari o di titoli dell'appaltatore. In questa prospettiva si parte dall'appalto come strumento neces sario per la realizzazione del piano per rifarsi alla fideiussione-cauzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come negozio accessorio immediatamente inerente all'appalto e quindi ricollegab.ile all'opus attraverso un doppio passaggio. Ma la fideiussione contemplata espressamente dalla legge (prestata dagli enti pubblici per il servizio dei mutui) si trova concatenata al fine da realizzare da un rapporto meno diretto e giunge all'opera attraverso una strumentalit� di terzo grado: fideiussione, finanziamento, appalto sono, invero, le tre tappe del collegamento con la costruzione autostradale. Orbene se la fideiussione normativamente indicata presenta un indice di strumentalit� di terzo grado, mentre la fideiussione-cauzione qui considerata � legata all'opera autostradale da un nesso di secondo grado, ne segue la piena reversibilit� dell'argomentazione dell'Avvocatura. La fideiussione-cauzionale costituisce una componente necessaria del procedimento di formazione al contratto di appalto di opera pubblica e quindi vi inerisce con tale immediatezza che non venne in mente al legislatore di esemplificarla, proprio perch� rifletteva una modalit� .essenziale del complesso regolamento negoziale. Quindi se da un lato la riduzione della fideiussione-cauzionale al genus finanziamento giova ad evidenziare la portata ben pi� ampia del medesimo e corrobora l'operativit� dell'esenzione, dall'altro, la sottolineatura dell'inerenza della fideiussione stessa al regolamento negoziale <dell'appalto ribadisce la strumentalit� pi� stretta dell'atto giuridico innominato rispetto a quello nominato, trasformando il preteso argomento contrario all'applicabilit� dell'esenzione in ragione di conferma dell'esat; J;ezza della conclusione raggiunta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975 n. 162 -Pres. Rossi Est. Montanari Visco -P. M. De Marco (conf.) -Sighieri (avv. Chiozza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Azzariti). Imposte doganali -Apparecchi di accensione -Importazione -Dichiarazione di illegittimit� costituzionale degli art. 2 e 3 del d.l. 26 febbraio 1930 n. 105 -Estensione alla nota n. 98.10 della tariffa doganale annessa al d.p. 26 giugno 1965 n. 723. (D.l. 26 febbraio 1930, n. 105, art. 2 e 3; d.P. 26 giugno 1965, n. 723 nota n. 98. 10). A seguito della dichiarazione di illegittimit� costituzionale (sent. 3 giugno 1970 n. 78) degli art. 2 e 3 del d.l. 26 febbraio 1930 n. 105, che istituiva un regime di monopolio sull'importazione degli apparec- I. 1:� ~j 1:: 1:: " PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 chi di accensione, ha perduto efficacia anche la nota n. 98.10 della tariffa doganale annessa al d.p. 26 giugno 1965 n. 723. Conseguentemente, fino all'entrata in vigore del d.l. 20 aprile 1971 n. 163, che ha ridisciplinato la materia introducendo il regime della licenza fiscale, l'importazione degli apparecchi di accensione � rimasta esente da ogni limitazione (1). (Omissis). -Col primo motivo il ricorrente lamenta la falsa applicazione e violazione degli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge 11 marzo 1953 n. 87, in relazione agli artt. 2 e 3 del r.d. 26 febbraio 1930 n. 105 e 4 della Convenzione allegata. Egli assume che, se il decreto n. 105 dei" 1930 aveva dettato una nuova integrale disciplina della materia e nell'ambito di questa aveva pur sempre confermata l'esistenza della potest� dello Stato, affermata dal decreto nel 1922, la Corte Costituzionale aveva poi dichiarata, senza alcuna limitazione, l'illegittimit� degli artt. 2 e 3 del decreto n. 105 del 1930 e dell'art. 4 della convenzione allegata, contenenti la nuova disciplina, e che pertanto le predette normi:i avevano cessato di avere efficacia, erga omnes e totalmente, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, di guisa che l'importazione degli apparecchi di accensione di qualsiasi specie era divenuta libera e non soggetta ad alcuna autorizzazione o restrizione. Dall'illegittimit� delle disposizioni sopra menzionate sarebbe poi conseguita necessariamente l'inapplicabilit� della riserva indicata nella nota al n. 98.10 della tariffa doganale, giacch� taLe ll.'�IServa traeva origine, significato e valoire dalle dl1SiPosizioni del decreto n. 105 del 1930. Il Sighieri aggiunge che erroneamente la Corte del merito si era richiamata ai fatti e alle ragioni che avevano determinato la dichia razione di illegittimit�� costituzionale delle disposizioni pi� volte richia mate. I motivi che sottostanno alla dichiarazione di illegittimit� costi tuzionale di una norma non potrebero -secondo il ricorrente -inci dere in alcun modo sulla validit� e sull'efficacia del risultato finale della (1) La sentenza porta alle estreme conseguenze il princ1p10 (affermato ainche nellila sent. 9 gennaio 19�75 n. 46, in qrueisto Laiscico1o pag. 389) della irrilevanza della motivazione delle pronunzie della Corte Costituzionale. Con la sentenza 3 giugno 1970 n. 78 (in questa Rassegna, 1970, I, 513) era stata dichiarata l'illegittimit� costituzione per contrasto con l'art. 41 Cost., di varie norme che riservano l'importazione degli apparecchi di accensione al Co111srnrzio Industrdce Fiammiif�eri. e J.dmitaviarn.o ad ailtri lima;iren 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sentenza, rappresentato dal dispositivo, nel quale si compendia la pronuncia della Corte Costituzionale agli effetti dell'art. 136 della Costituzione e dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953. Col secondo mezzo -che, per ragioni di stretta connessione, si reputa di dover esaminare congiuntamente al primo -il ricorrente deduce poi la mancanza di una idonea motivazione della sentenza impugnata in ordine al punto decisivo relativo all'inefficacia e inapplicabilit� degli artt. 2 e 3 del r.d. n. 105 del 1930 e 4 della Convenzione annessa e quindi della nota al n. 98.10 della tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723. Il ricorso � fondato. Va premesso che il r.d.l. 2 febbraio 1922 n. 281 riservava nell'art. 1 allo Stato l'importazione e la vendita in Italia di qualsiasi apparecchio di accensione e nell'art. 2 stabiliva che il Governo poteva anche autorizzare privati od enti a fabbricare od importare per la vendita i predetti apparecchi di accensione, con l'osservanza di speciali norme .da stabilirsi. Col r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105 (convertito con legge 1 � maggio 1930 n. 611) furono espressamente abrogate (art. 18) le disposizioni di cui al r.d.l. n. 281 del 1922 e si stabili, in sostituzione di quello precedente, un nuovo sistema, disponendosi, tra l'altro, che l'importazione degli apparecchi di accenzione azionati da pietrina focaia e che potevano essere usati in sostituzione dei fiammiferi era riservata (art. 2) al Consorzio Industrie Fiammiferi istituito col r.d. 11 marzo 1923 n. 560 e che era riservata al Ministero delle Finanze la facolt� di esercitare direttamente o di autorizzare altri enti o persone ad esercitare l'importazione degli apparecchi di accensione di specie diversa (art. 3). Con la sentenza n. 78 del 3 giugno 1970 della Corte Costituzionale � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 6, 7 e 9 del r.d.l. 26 febbraio 1930 n. 105 e degli artt. da 1 a 11 della con venzione annessa al predetto decreto. Per effetto della predetta sentenza, che ha dichiarato l'incostituzio nalit� non solo dell'art. 2 ma anche dell'art. 3 del r.d.l. n. 105 del 1930, ditori la partecipazione al consorzio. Si � per�, sulla base del solo dispo sitivo, ritenuto che in tal modo sia divenuta assolutamente libera l'im portazione di apparecchi di accensione. Ma se si segue un criterio cos� formale, bisogna allora rilevare che nessuna disposizione del d.p. 26 giugno 1965 n. 723 e della relativa tariffa � stata dichiarata illegittima dal dispositivo della sentenza della Corte Costituzionale e che pertanto le norme in esso contenute (ed anche la PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 � venuto meno l'intero sistema normativo disciplinante la riserva dell'importazione degli apparecchi di accensione; non soltanto, quindi, la speciale riserva in favore del C.I.F., ma anche quella generale a favore dello Stato con la correlativa facolt� di autorizzare altri enti o persone all'importazione (soltanto con il d.l. 20 aprile 1971 n. 163, convertito con legge 18 giugno 1972 n. 376, � stata ridisciplinata la materia, con l'introduzione del regime della licenza fiscale). N� varrebbe richiamarsi ad alcuni passi della decisione della Corte Costituzionale per sostenere il contrario. Invero, il procedimento logico, per cui una norma � dichiarata costituzionalmente illegittima, � normalmente indifferente. Il principio giurisprudenziale, secondo cui la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo ma anche delle enunciazioni contenute nella motivazione, non pu� trovare applicazione nei riguardi delle sentenze della Corte Costituzionale, le cui dichiarazioni di incostituzionalit� sono destinate ad operare erga omnes e debbono essere pubblicate nel solo dispositivo (ai sensi degli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge 11 marzo 1953 n. 87). Quindi la dichiarazione di illegittimit� costituzionale � quella oggettivata nel dispositivo della pronuncia della Corte anzidetta e soltanto tale Corte (e non l'interprete o il giudice comune) pu� stabilire e specificare eventuali limitazioni o restrizioni alla portata della decisione da essa adottata. Nessuna limitazione del genere si rinviene nella sentenza n. 78 del 1970 per cui � questione nella specie. Ci� premesso, va rilevato che nella tariffa dei dazi doganali d'importazione, ~nnessa al d.P.R. 26 giugno 1965 n. 723, modificato dal d.P.R. 29 dicembre 1969 n. 1229, nella sezione XX, capitolo 98 al numero 98.10, concernente gli accenditori ed apparecchi di accensione, figura -al piede di pagina -una nota{l), in cui si legge che l'importazione degli accenditori ed apparecchi di accensione, di articoli similari ai fiammiferi, delle composizioni o di altri oggetti capaci di produrre fiammella, nota 98.10) continueranno a rimanere comunque in vigore fino a quando non sar� pubblicato il dispositivo di una pronunzia che le dichiari illegittime, q�ale che sia la similarit�, la connessione o la dipendenza con altre norme gi� dichiarate illegittime. Se spetta solo alla Corte Costituzionale � stabilire e specificare eventuali limitazioni o restrizioni alla portata della decisione da essa adottata., quale risulta dal dispositivo, spetta ancor pi� alla medesima Corte Costituzionale individuare la norma la cui illegittimit� deriva come conseguenza della decisione adottata (art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87). 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO scintilla o incandescenza, che nell'uso possono sostituirsi ai fiam~feri di qualunque specie, � riservata allo Stato e similmente � riservata allo Stato l'importazione di parti e pezzi di ricambio degli apparecchi, articoli, oggetti sopra citati. Nel secondo comma della nota si legge che sugli accenditori ed apparecchi d'accensione ecc., dei quali sia stata autorizzata l'importazione per uso privato, � dovuto oltre il dazio, il diritto di monopolio. Passandosi all'esame del valore di tale nota, si deve escludere che �essa abbia un valore autonomo, non avendo mai avuto effetti innovativi rispetto all'ordinamento preesistente, che gi� prevedeva una riserva generale a favore dello Stato e la necessit� (art. 4 della Convenzione allegata al r.d.l. n. 105 del 1930) di un'autorizzazione anche per le importazioni riservate al C.I.F. La stessa formufazione letterale della nota (espressa in termini generici e riassuntivi) dimostrava che essa costituiva una mera enunciazione e una ripetizione sintetica di quella che era la ~disciplina allora in vigore per l'importazione degli apparecchi di accensione. Del resto, la stessa sedes materiae {nuova tariffa dei dazi doganali d'importazione, contenuta in un decreto emanato in base ad una legge di delega -la legge 1� febbraio 1965 n. 13 -con l'oggetto cosi limitato) induce a ritenere che non si era inteso ridisciplinare in modo autonomo la riserva dell'importazione degli apparecchi di accensione. La nota, dunque, si limitava a menzionare e a richiamare (a chi avrebbe fatto applicazione della tariffa doganale) quelle che erano le specifiche disposizioni preesistenti (e cio� la normativa risultante dal pi� volte citato r.d.l. 105 del 1930), la cui vigenza essa ov"."iamente e necessariamente presupponeva. Pertanto, cessata l'efficacia delle norme richiamate (a seguito della dichiarazione della loro illegittimit� costituzionale), neanche la nota n. 98.10 poteva trovare pi� campo di applica:!: ione. N� pu� trarsi argomento dalla sopravvivenza (dopo la sent~nza n. 78 del 1970 della Corte Costituzionale e fino al d.l. 20 aprile 1971 n. 163) della disposizione di cui all'art. 10 del r.d.l. n. 105 del 1930, secondo cui commetteva contrabbando chiunque, all'infuori dei casi consentiti, fabbricasse, importasse o tentasse di fabbricare o di importare apparecchi di accensione od oggetti di cui al precedente art. 1 dello stesso provvedimento ovvero pietrine focaie. Infatti detta disposizione faceva espressamente salvi i casi di importazione consentiti e la portata dell'eccezione era tale da consentire il successivo ampliamento dei casi discriminati, che si � determinato in conseguenza della dichiarazione di illegittimit� costituzionale ripetutamente citata. -(Omissis). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975 n. 163 -Pres. Rossi Est. Mazzacane -P. M. Martinelli (diff.) -Ente Ospedale di Gal liera (avv. Menghini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). Imposte e tasse in genere -Imposte indirett� -Interessi -Anotocismo Ammissibilit� -Domanda contenuta nella comparsa di risposta -!!: idonea. (L. 26 gennaio 1961, n. 29; I. 28 marzo 1962, n. 147; e.e. art. 1283). Poich�. gli interessi sulle imposte indirette sono sempre moratori, anche quando per l'imposta complementare sono stabilite regole speciali sulla decorrenza, � ad essi applicabile il principio dell'anotacismo quando ne sia fatta espressa domanda giudiziale, che pu� essere contenuta nella comparsa di risposta della Amministrazi�ne (1). (Omissis). -Con l'ultimo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e dell'art. 1283 e.e. Sostiene che la Corte del merito ha erroneamente attribuito alla Amministrazione gli interessi ex artt. 1283 e.e. nonostante che essi non fossero stati� richiesti e nonostante che si trattasse di debito di imposta per il quale non pu� operare l'anatocismo. Il motivo � infondato. La specifica domanda giudiziale, richiesta dall'art. 1283 e.e., fu ritualmente proposta dall'Amministrazione finanziaria, come risulta dagli atti processuali il cui esame � consentito trattandosi di asserito error in procedendo, con le comparse di risposta (nei tre giudizi successivamente riuniti) del 23 aprile 1968, 1� giugno 1968 e 9 novembre 1968. La domanda della Amministrazione, poi, � stata fondatamente accolta d:ali 1gliudici di merito. Infa~ti gli interessi 11etroattivi dovuti sul tributo complementare hanno natura moratoria, come � stato gi� evidenziato � con l'esame dei primi tre motivi di ricorso e con i riferimenti alle sentenze di questo Supremo Collegio ivi menzionate (in particolare: n. 2695/72 Sez. Un.; n. 2804/73). Invero essi tendono a II'iequililbrare. la posizione. delle due parti -creditore. e debitore -in considerazione del ritardo nel pagamento del debito, ritardo che la legge presume fonte (1) Decisione di molto interesse. La natura moratoria degli interessi sulle imposte indirette e ormai pacifica (v. fra le tante Cass. Sez. Un. 12 febbraio 1974 n. 404, in questa Rassegna, 1974, I, 967); l'applicabilit� dell'art. 1283 e.e. � pertanto una conseguenza evidente. 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di danno per il creditore; tale carattere non vien meno per il solo fatto che in talune ipotesi (art. 3 della legge n. 29 del 1961) la pell'lcezione dell'unico tributo avvenga in due tempi e per siffatte ipotesi si sia inteso stabilire, anche quanto alla decorre~za degli interessi regole speciali. Pertanto, considerato, negli interessi in contestazione, il carattere letteralmente e 1conc,ettualmente idlenrtifkabdle di interessi moo:"atori, dleive ritenersi legittimamente applicabile ad essi l'art. 1283 e.e. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 gennaio 1975, n. 164 -Pres. Rossi Est. Falcone -P. M. Serio (conf.) -D'Alessio c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Galleani). Imposte e tasse in genere -Competenza e giurisdizione -Canone abbonamento radioaudizioni circolari � Natura di tassa -Competenza del Tribunale � Sussiste. Il canone di abbonamento alle radioaudizioni circolari ha natura di tassa; di conseguenza le controversie relative sono di c;ompetenza del Tribunale (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, il D'Alessio sostiene che il canone di abbonamento alla radiotelevisione -la cui imposizione sarebbe, a suo avviso, illegittima perch� non introdotta con lo strumento legislativo e perch� contrastante con il principio che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (articoli 23 e 9 Cost.) -non ha natura tributaria e che, in conseguenza, la competenza a conoscere della causa di opposizione all'ingiunzione di pagamento doveva essere determinata, fermo il foro di Torino, con applicazione dell'ordinario criterio del valore e non essere, invece, attribuita al tribunale a norma del secondo comma dell'art. 9 cod. proc. civ. Il ricorso non merita accoglimento. Questa Suprema Corte ha gi� avuto occasione di chiarire la natura giuridica del servizio di radiodiffusione e televisione circolare e del rap porto che si costituisce tra la RAI-TV, che disimpegna tale servizio, ed il privato utente e dai principi in proposito affermati e fatti propri anche dalla Corte Costituzionale discende la soluzione del problema che si esamina. � stato 'innanzi tutto chiarito che il servizio di radiotelediffusione circolare � riservata allo Stato (artt. 1, li66, 168, n. 5, d.l. 27 febbraio (1) La questione � del tutto pacifica. Si segnala tuttavia la ricca motivazione della sentenza con molti spunti di attualit�. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARlA 417 1936, n. 645, artt. 1, 183, 195, d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156) in una situazione di monopolio che deve ritenersi costituzionalmente legittima, con riferimento all'art. 43 della Costituzione, sia per la limitata dispo nibilit� delle bande di trasmissione, che -in mancanza della riserva di sfruttamento a favore dell'ente pubblico -consentirebbe solo a pochi l'utilizzazione del mezzo radiotelevisivo, sia per la natura dell'attivit� svolta attraverso la sua prestazione, avente preminente interesse gene rale e diretta al perseguimento di fini di utilit� parimenti generale �(Corte Cost., 13 luglio 1960, n. 59; 10 luglio 1974, n. 225). Questa impostazione concorre, con gli indici di qualificazione del servizio sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, all'esatta connota zione di esso come servizio pubblico, in quanto affidato in concessione alla RAI-TV attraverso un atto amministrativo dello Stato, dal quale l'ente deriva i suoi poteri ed in quanto rivolto a soddisfare un bisogno essenziale dei singoli componenti del corpo sociale e di questo nella sua unit�, attraverso l'adempimento del compito fondamentale della diffusione dell'informazione e di compiti ulteriori di promozione della conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo e di coope razione nella formazione culturale del paese (v. Corte Cost., sent. n. 225 del 1974 cit. e 8 giugno 1963, n. 81). La natura di concessione del titolo in forza del quale la RAI-TV esercita il pubblico servizio delle radioaudizioni e televisione circolari non � seriamente contestabile alla stregua delle norme che hanno rego lato e regolano l'attribuzione del servizio stesso, qualificandola anche espressamente come concessione, norme le quali prevedono, secondo schemi propri� della disciplina delle concessioni, l'obbligo e le modalit� tecniche di prestazione del servizio, lo sviluppo degli impianti, la messa a disposizione gratuita delle stazioni a richiesta del Governo, il rego lamento economico dei rapporti tra concedente e concessionario, la vigi lanza ed il controllo relativamente alle attivit� tecniche ed economiche della concessionaria e per assicurare l'indipendenza politica e l'obbiet tivit� informativa, la decadenza per inadempienza degli obblighi posti a carico della concessionaria, il diritto di riscatto a favore dello Stato (v. convenzione con l'EIAR approvata con r.d. 18 novembre 1927, n. 2207; convenzione con la RAI 26 gennaio 1952, n. 180 e convenzioni aggiuntive, prorogata dal 1� al 31 dicembre 1973 con d.P.R. 15 dicembre 1972, n. 782, dal 1� gennaio al 30 aprile 1974 con d.l. 20 dicembre 1973, n. 790, convertito nella legge 14 febbraio 1974, n. 10, dal 30 aprile al 30 novembre 1974 con d.l. 30 aprile 1974, n. 119, convertito nella legge 27 giugno 1974, n. 245, e dal 30 novembre 1974 con d.l. 30 novembre 1974, n. 603). Da tali premesse discende che il rapporto tra la RAI-TV ed_i privati utenti che si costituisce, nel sistema delle leggi regolanti la materia, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO con il solo fatto della detenzione di un apparecchio di ricezione, ha natura pubblicistica e non contrattuale privatistica (Cass., 17 ottobre 1955, n. 3221). � stato, in particolare, rilevato quanto alla natura della presta zione a carico. degli utenti privati, che il sistema si � evoluto passando da una concezione �privatistica, delineata con la prima disciplina della materia, all'attuale impostazione pubblicistica, attraverso il r.d. 1� mag gio 1924, n. 655, il r.d.l. 23 ottobre 1925, n. 1917, il r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1230, fino al d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, convertito nella legge 4 giugno 1938, n. 880, nel quale la natura tributaria delle somme dovute dai radioutenti assume rilievo e incidenza indiscutibili (v. Corte Cost., 8 giugno 1963, n. 81 cit.). Pi� specificamente, alla stregua della disciplina vigente, deve riconoscersi la natura tributaria della prestazione che fa carico agli utenti del servizio di cui si discute. Questa conclusione � giustificata, anzitutto, dalla considerazione che, eome so~ra � stato posto in evidenza, la prestazione del servizio radiotelevisivo avviene per soddisfare prevalenti interessi della collettivit� e non gi� quello specifico del singolo utente, il quale diviene tale ed � obbligato al pagamento del canone non in virt� di una sua manifestazione negoziale specificamente diretta ad ottenere la prestazione fornita dalla RAI-TV, ma per la semplice detenzione di un apparecchio di ricezione. La disponibilit� �di un apparecchio idoneo a consentire la ricezione dei programmi radiotelevisivi, in quanto determina la possibilit�, per il detentore di esso, di usufruire del servizio pubblico di radioaudizioni e televisione circolari, ed indipendentemente dall'effettivo godimento dello stesso, � sufficiente a costituire il presupposto del pagamento del canone che, per tali ragioni, riveste il carattere di una vera e propria tassa. La qualificazione di tassa di abbonamento �, del resto, espressamente attribuita al canone di cui si discute dall'art. 7 del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180, e risulta confermata dalle seguenti ulteriori considerazioni: la regola del pagamento all'amministrazione delle finanze (uffi. cio del registro abbonamenti Radio-TV, U.R.A.R.) della tassa (canone) di abbonamento, che � girata dallo Stato a favore del concessionario il quale � tenuto, a sua volta, a corrispondere una quota dei proventi effettivi lordi (artt. 3 e 25, r.d.l. 21 febbraio 1938, n. 246, art. 21 del d.P.R. 26 gennaio 1952, n. 180; articolo unico d.P.R. 31 dicembre 1969, n. 1234); il rinvio, per l'accertamento delle violazioni delle norme sulla disciplina degli abbonamenti e per applicazioni delle penalit�, alle disposizioni della legge 7 gennaio 1929, n. 4, contenente le norme generalr sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie; l'attribuzione della competenza per l'accertamento delle anzidette vi�lazioni agli organi PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 cui la citata legge n. 4 del 1929 devolve l'accertamento delle violazioni delle leggi finanziarie e, tra gli altri, agli ispettori e procuratori delle .tasse ed imposte indirette sugli affari; la concessione, al credito per il canone di abbonamento, del privilegio speciale mobiliare previsto in favore dei crediti dello Stato per tributi indiretti (art. 1958, n. 1, cod. civ. abrogato ,art. 2758, cod. civ. vig.) e di quello generale sui mobili previsto per i crediti dello Stato per tributi indiretti (art. 1957, cod. civ. abrogato, art. 2752, cod. civ., vig.) (v. artt. 24 e 26, r.d.l. n. 246 del 1938 cit.); la comminatoria di una sopratassa, avente chiaramente natura fiscale, per il ritardato pagamento del canone (art. 3, d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1542). Dall'accertata natura tributaria del canone (tassa) di abbonamento alle radiodiffusioni e televisione circolari consegue che la competenza a conoscere della opposizione all'ingiunzione di pagamento intimata ai sensi della legge n. 639 del 1910, spetta, come esattamente ha ritenuto la sentenza impugnata, al Tribunale di Torino, a norma del secondo comma dell'art. 9, cod. proc. civ. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 gennaio 1975, n. 250 -Pres. Giannattasio -Est. Alibrandi -P. M. Berio (conf.) -Soc. Alisso (avv. Vitali) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Corsini). Imposta di registro -Trasferimento di diritto reale immobiliare -Cessione di cubatura prevista dal piano regolatore di Torino -i!. tale -Agevolazione dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408 � Applicabilit�. (L. 2 luglio 1949, n. 608, art. 14). Le cessioni di cubatura previste dal piano regolatore deUa citt� di Torino, appirovato con d. p. 6 ottobre 1959 (cessione a titolo oneroso deUa cubatura inerente ad una area a vantaggio del proprietario di altra area che accresca il diritto aUa costruzione in ragione deUa cubatura ceduta), costituiscono atti con effetti analoghi a quelli propri dei trasferimenti di diritti reali immobiliari. A tali negozi, diretti a favorire l'incremento deUe costruzioni edilizie, sono applicabili le agevolazioni dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949, n. 408 (1). (1) La decisione, che ha un precedente specifico in Cass. 21 marzo 1973 n. 802 (Riv. leg. fisc., 1973, 2200) non pu� essere condivisa. Accogliendo la tesi sostenuta dalla Finanza, la S.C. aveva affermato esattamente che le singolari cessioni che si inseriscono nel meccanismo del piano regolatore della citt� di Torino costituiscono trasferimenti di diritti reali immobiliari 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Con i primi tre motivi del ricorso -che pos.sono esaminarsi congiuntamente, contenendo censure strettamente connesse la Societ� per azioni Alisso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 8 t.u. legge di registro approvato con r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269; I della tariffa allegato A alla legge stessa; 832, 840, 869, 1027, 1028, 1031, 1072 e 1362 cod..civ.; 112 e 113 c.p.c., nonch� omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c. Deduce, in particolare, che la convenzione del 24 maggio 1965 non prevede alcun trasferimento di cosa da un soggetto ad altro e che la Corte del merito ha alterato i presupposti di fatto della vicenda ritenendo, erroneamente, che la chiesa parrocchiale aveva volontariamente� e dietro compenso vincolato, a favore di essa esponente, delle aree che, invece, non erano dalla chiesa vincolabili. Aggiunge che inesattamente la Corte d'appello ha ravvisato la costituzione di servit� di non edificare, perch� la convenzione suddetta esauriva i suoi effetti al momento della stipulazione dell'atto, senza dar luogo ad un vincolo permanente, di natura reale, tra i due fondi. Le riassunte censure non si ravvisano fondate. Sul problema tributario che viene in considerazione gi� questa Corte Suprema ha avuto occasione di pronunciare (sent. 6 luglio 1972, n. 2235, e sent. 21 marzo 1973, n. 802) e non ritiene di allontanarsi da tale suo gi� accolto indirizzo giurisprudenziale per i motivi che seguono. Va premesso, per un pi� completo esame delle questioni sollevate dalla ricorrente, che il p.r. della citt� di Torino, approvato con d.P. 6 ottobre 1959, agli artt. 6, 18, 19 e 34 stabilisce la densit� di costru..,. zioni edilizie consentita per alcune zone, espressa in metri cubi, per mq. di suolo edificatorio. La facolt� di costruire, con riguardo a tale densit� media, riferibile a tutta la zona, costituisce la �cubatura�, spettante a ciascuna parte soggetti all'imposta dell'art. 1 della tariffa A della legge di registro (sent. 6 luglio 1972 n. 2235, in questa Rassegna, 1972, I, 832). Ora, assumendo ci� come premessa nella prima parte deJla motivazione, si afferma che alle dette cessioni, in quanto dirette a far acquistare un diritto che aumenta l'edificabilit� di un'area, al pari dell'acquisto di un'area contigua, sono applicabili le agevolazioni dell'art. 14 della legge 2 luglio 1949 n. 408. Il diritto di cubatura ceduto � pertinente ad un'area del tutto diversa da quella sulla quale l'edificio deve essere costruito e che pu� essere (e solitamente �) inedificabile o adibita a servizi pubblici (v. sent. 21 marzo 1973 n. 802 citata). Ora colui che realizza la costruzione, e che per l'acquisto di quell'area pu� gi� aver fruito una volta della agevolazione, compie una operazione che, pur concretandosi nel trasferimento di un diritto reale, � pertinente ad una area non destinata alla costruzione e che non costituisce il presupposto diretto della costruzione. In analoga situazione � stato affer PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 edificabile, singolarmente considerata. Poich� la densit�, stabilita per la zona, rappresenta una media complessiva, la cubatura, spettante a ciascuna area edificabile, pu� ~ssere trasferita ad altre aree, e, cio�, su diversa propriet�, col consenso del Comune. Per effetto di tale trapasso di �cubatura�, il proprietario dell'area, alla quale ineriva la _cubatura ceduta, perde il diritto di costruire su detta area e tale diritto acquista, invece, il proprietario del fondo al quale viene trasferita la cubatura. Attraverso il consenso del Comune, si verifica, per volont� dei privati contraenti, il trasferimento di una delle facolt�, in cui si estrinseca la propriet� e, cio�, quella di costruire, onde il cessionario della cubatura pu� costruire, sul suo fondo, nei maggiori limiti consentiti dalla cessione e vendere a terzi, le costruzioni, con innegabile efficacia erga omnes del trasferimento, il quale viene, in tal modo, permanentemente ad inerire sull'area edificabile di propriet� del cessionario. Gli effetti reali dell'oggetto della cessione, che viene ad accrescere la facolt� di edificare, spettante al proprietario cui la �cubatura� � ceduta, con efficacia erga omnes, SOI).O analoghi a quelli dei trasferimenti a titolo oneroso, di diritti reali immobiliari, previsti dall'art. 1 della Tariffa, onde, per l'art. 8 della legge organica di registro, vanno assoggettati all'aliquota ivi prevista. Dispone, infatti, il citato art. 8 che un atto, il quale produce effetti previsti dall'art. 4 della stessa legge (trasmissioni di diritti reali, o obbligazioni di somme o prestazioni, o dichiarazione o attribuzione di valori o diritti, o efficacia di titolo o di documentazione legale) e che non si trovi, nominalmente, indicato nella 'Tariffa, soggiace alla tassa che la Tariffa prevede per l'atto col quale, per la sua natura e per i suoi effetti, ha maggiore analogia. marto (sent. 29 lugLio 1974 n. 2289, ivi, 1974, I, 143'8) 'che non � awl!i,cabile l'agevolazione sull'acquisto di un'area inedificabile o non destinata alla edificazione che sia necessaria, secondo le norme urbanistiche, per ottenere la licenza edilizia che presuppone la formazione di spazi pubblici accessori alla costruzione. Se poi il secondo atto serve non a rendere possibile l'edificazione ma solo ad accrescere il volume consentito, l'impossibilit� della agevolazione � ancor pi� evidente. Non � quindi conferente l'assimilazione della cessione di cubatura all'acquisto di area contigua con lo scopo di costruire un edificio di maggior volume, perch� anche per l'acquisto di area contigua, non destinata alla costruzione ma strumentale per realizzare un maggior volume su area diversa, non � ammissibile l'agevolazione. L'agevolazione infatti riguarda soltanto l'acquisto di aree edificabili; tutti gli altri negozi secondari diretti a realizzare una costruzione di mag gior consistenza (convenzioni per costruzione in aderenza, rinunce alle distanze, consenso alla maggiore altezza, aumento del rapporto di copertura, e in genere tutte le convenzioni con cui la rinuncia di un soggetto � corri spettiva dell'accreschnento del diritto di un altro), se pur di fatto concorrono ad incrementare le costruzioni edilizie non hanno evidentemente per oggetto l'acquisto di area edificabile. 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'analisi delle pattuizioni, poste in essere, quanto alla �cubatura�, cio� quanto alla facolt� di edificare, dall'atto notarile 11 marzo 1963, in relazione con la scrittura registrata il 26 giugno 1962, e come, in pUIIlito di fatto, furono aiocertate dai .giudici di merito, porta a qua1ificare la convenzione come cessione del diritto di costruzione, rappresentato dalla cubatura, con effetti an~oghi a quelli di un atto traslativo di diritti reali immobiliari, previsto dall'art. 1 della Tariffa. La norma del citato art. 8 della legge, che assoggettata alla imposta (p!I'eVista !Per J. trasferimenti di diritti immobiliairi, anche atti cihe producono effetti analoghi a tali trasferimenti, rende irrilevanti le questioni, attinenti alla precisa qualificazione dell'atto, dal momento che tali effetti, analoghi a quelli propri delle cessioni dei diritti reali, sussistono in relazione non solo a�la volont� delle parti, ma anche alle norme del Piano regolatore, dianzi richiamate. � esatto che i diritti reali, i quali sono suscettibili di possesso giu ridico tecnico (Cass., 11 giugno 1943 n. 1448), sog,giacciono al principio del numerus clusus e devono, dunque, essere assumibili nei paradigmi legislativi, che compongono tale numerus (Cass., 22 ottobre 1959, nu mero� 3035), ma la classificazione, prevista dall'art. 813 e.e. pu� essere derogata da norme speciali, e, comunque, per l'art. 8, l'analogia di effi cacia di un atto rende applicabile l'aliquota tariffaria, indipendentemente dalla esatta sussunzione, dell'atto medesimo, in uno dei paradigmi legi slativi, che classificano i diritti reali immobiliari. Irrilevante �, dunque, ai fini dell'applicabilit� del tributo, la diffi colt� di qualificare come servit�, in base ad una utilitas fornita dal fon do servente (Cass., 27 gennaio 1962, n. 153) con carattere di permanenza, un rapporto che si sostanzia in una facolt� di costruire, da esercitarsi, una tantum, o di riscontrare una ipotesi di diritto di superficie, in rela zione all'art. 952 e.e. in un diritto di costruzione che non grava su cosa altrui (Cass., l� giugno 1965, n. 1655). Quel che, invece, rileva � la rinuncia a costruire, che trova causa in un corrispettivo e, dunque, as sume il carattere, indubbio, di una cessione di diritto, con efficacia tra slativa, non automatica, ma volontaria, a favore di un soggetto prescelto, il quale paga un corrispettivo non irrilevante, onde la cessione, � a ti tolo oneroso e produce, nel cessionario, una facolt� di edificare, con effetti erga omnes, analoghi agli effetti dlei trasferimenti di diritti reaii, onde prende vigore il rinvio dell'art. 8 della legge all'aliquota tariffaria dell'art. 1, prevista per tali trasferimenti di diritti reali. Esattamente, dunque, la Corte d'appello ha ritenuto applicabile la aliquota prevista dall'art. 1 della Tariffa. Va, infine, rilevato che il denunziato travisamento di fatti, per non avere la Corte del merito considerato che la cubatura, ceduta dalla Chiesa p;:irrocchiale, si riferiva ad area non vincolabile, non pu� costi . .. 1 ;] .. .. J.� I i l PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 tuire motivo di ricorso per cassazione. Con tale censura, infatti, si prospetta un vizio non della motiv.azione della sentenza, ma un travisamento, cio� un eri;ore riparabile mediante l'istanza di revocazione, come ha pi� volte affermato questa Corte Suprema (v. sent. n. 60 del 1970, sent. n. 2759 del 1971 e sent. n. 2471 del 1972). Con il quarto motivo la societ� ricorrente, denunziando�violazione e falsa applicazione degli artt. 14 legge 2 luglio 1949, n. 408 e 1 della Tariffa all. A alla legge di registro; 12 delle Preleggi; 1027 e 1031 cod. civ., nonch� insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo. della controversia, in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, c.p.c., si duole che la Corte del merito abbia escluso l'applicabilit� dei benefici fiscali di cui alla citata legge n. 408 del 1949, sebbene essa si estenda a tutti gli strumenti negoziali con i quali si aumenta l'edificabilit� di un'area. Questo motivo � fondato. Come gi� questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare sul punto che viene in considerazione (sent. 21 marzo 1973, ii. 802), le norme che importano esenzioni o agevolazioni tributarie, pur non essendo, per il loro carattere eccezionale, suscettibili di applicazione analogica, possono per� nei congrui casi, essere interpretate in modo estensivo, perch� questo risultato ermeneutico pone in risalto l'intenzione del legislatore, dando alle parole da esso usate la portata che le � pi� conforme. La legge 2 luglio 1949, n. 408, ha, come � noto, lo scopo di favorire la costruzione di case di abitazione non di lusso e, a tal fine, l'articolo 14 dispone un trattamento fiscale di favore per gli acquisti di aree edificabili. Ora, la cessione di cubatura� importa l'acquisto a favore del cessionario di un diritto reale immobiliare, che aumenta l'edificabilit� di un'area. Essa perci� � in armonia con la ratio che ispira la citata legge n. 408 del 1949. Infatti, aumentare l'indice di edificabilit� del proprio fondo o acquistare, con indice immutato, un'area contigua, cos� da ottenere, secondo il piano regolatore, la possibilit� di costruire, nell'uno o nell'altro caso, un edificio di un certo volume �, per quanto concerne l'incremento delle costruzioni edilizie, cosa non diversa. Pertanto, la sentenza impugnata devi:: essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altro giudice di pari grado che, nel riesaminarla, si atterr� al seguente principio di diritto: �le cessioni di cubatura sono assimilabili al trasferimento di diritti reali immobiliari, poich� �e norme sulle cubature pongono limiti di edificabilit� e con i trasferimenti suddetti questi limiti vengono per il cedente, aumentati e per il cessionario, correlativamente, diminuiti. I relativi acquisti di cubatura incrementano, quindi, l'edificabilit� di un'area e ad essi possono essere applicati i trattamenti fiscali di favore, previsti dalla legge 2 luglio 1949, n. 408 �. -(Omissis). J I !' j I i I l SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI(*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4088 -Pres. Pece -Est. Delfini -P. M. Pedace (conf.) -Cuzzaniti e D'Amico (avv. Fulci) c. Assessorato ai lavori pubblici della Regione siciliana (avv. Stato Imponente). Acque pubbliche ed elettricit� -Acque affioranti naturalmente alla superficie -Acqua pubblica � Propriet� privata dell'acqua necessaria ai bisogni del fondo � Esclusione. (C.c., artt. 832 e 834; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 103). Acque pubbliche ed elettricit� -Concessione e derivazione � Proroga � ex Iege � � Incertezza sulla prorogabilit� � Interesse ad agire in mero accertamento � Sussistenza. (L. 8 gennaio 1952, n. 42; I. 2 febbraio 1968, n. 53; c.p.c., art. 100). Le acque che sgorgano naturalmente da una sorgente compresa tra le acque pubbliche, quand'anche dovessero per analogia considerarsi soggette alla disciplina delle acque sotterranee artificialmente estratte, non potrebbero mai neppur in parte costituire oggetto di propriet� privata del proprietario del fondo in cui affiorano, non potendo confondersi, col diritto di propriet� del terreno in cui l'acqua si trova, la situazione giuridica del privato cui compete una speciale e particolare utilizzazione dell'acqua pubblica (1). L'efficacia immediata e diretta delle leggi che hanno prorogato la durata di utenze di acque pubbliche non esclude la possibilit� del verificarsi di situazioni di incertezza in ordine alla concreta applicabilit� delle disposizioni di proroga, onde sussiste l'interesse del concessionario ad ottenere dall'Amministrazione il riconoscimento dell'avvenuta proroga ed il rifiuto esp'l'esso o tacito dell'Amministrazione pu�, in concorso con (1-2) La sentenza confermata, Trib. sup. acque, 22 marzo 1971, n. 6, � pubblicata in Cons. Stato, 1971, II, 273. Sulla prima massima pu� osservarsi che l'art. 103, quarto comma, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dettato in tema di acque sotterranee, dispone che anche quando l'acqua presenti attitudine ad usi di pubblico interesse, sia iscritta tra le acque pubbliche e fatta oggetto di concessione, una congrua (*) Le ,dedsdoni in maiteria di acque pubbliche sono maSISimate ed anno tate darlil'avv. PAOLO VITTORIA. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 425 altre circostanze di fatto, integrare l'interesse ad agire per ottenere dal giudice l'accertamento della p�rdurante operativit� della originaria concessione (2). (Omissis). -Con i ricorsi di Cuzzaniti e D'Amico si denuncia la violazione dell'art. 42 della Costituzione, degli artt. 832 e 834 del codice civile, dell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 103 del testo unico sulle acque pubbliche. Affermano i ricorrenti che l'acqua della sorgente di cui si tratta, in quanto pu� servire all'irrigazione del fondo in cui sgorga la sorgente stessa, costituisce un elemento di tale fondo, non diversamente dall'humus che ne forma il suolo; perci� essi, proprietari del fondo, sono titolari di un diritto di propriet� privata che ha come suo oggetto, congiuntamente al terreno e nello stesso modo di questo, anche quell'acqua. A sostegno del loro assunto i ricorrenti adducono l'art. 103 del t.u. del 1933, del quale invocano un'interpretazione estensiva, comprendente le acque naturalmente sorgenti in superficie, ed affermano che una diversa interpretazione della normativa vigente sarebbe in contrasto con l'art. 42 della Costituzione. L'infondatezza di questa tesi emerge evidente sia dal fatto che la sorgente, di cui si parla, � compresa a norma dell'art. 1 del testo unico fra le acque pubbliche -essendo dotata dell'attitudine ad essere utilizzata per usi di pubblico interesse -, sia dalla considerazione che sulla stessa sorgente, e in generale sulla stessa acqua pubblica, non possono coesistere pro parte diritti pubblici o demaniali e diritti di propriet� privata. La natura stessa del bene considerato esclude che esso sia, ad un tempo, in parte pubblico ed in parte privato; invero il sistema vigente, quantit� debba esserne riservata al proprietario del fondo per i bisogni di questo a prezzo di costo. Gli attori avevano invocato l'applicazione della norma in relazione ad acque che sgorgavano naturalmente da una sorgente ubicata nel proprio fondo ed avevano chiesto che in base ad essa fosse riconosciuta l'esistenza di un diritto di propriet� avente ad oggetto l'acqua, riguardata come elemento del fondo. Il Tribunale superiore aveva escluso la possibilit� dell'applicazione analogica alle acque sorgenti delle disposizioni dettate per le acque sotterranee; aveva aggiunto che neppur in base a queste poteva configurarsi un diritto di propriet�, considerato che il proprietario del fondo � tenuto a pagare un prezzo per l'acqua. La Corte di cassazione ha desunto dalla natura pubblica dell'acqua la impossibilit� di qualificare come diritto di propriet� la situazione giuridica soggettiva configurabile sulla base dell'art. 103, comma quarto, del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. L'affermazione si fonda sul principio per cui lo stesso bene non pu� costituire oggetto dJ regimi giuridici diversi, uno 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel tener conto degli interessi pubblici e degli interessi privati all'utilizzazione d!ell'aicqua, ne affida il 'contemperamento alla pubblica amministrazione ed alle norme che ne regolano e ne vincolano l'attivit�, anzich� alla discriminazione fra porzione pubblica e porzione privata della stessa acqua, ed alla conseguente distinzione di diritti diversi sul medesimo bene. La situazione giuridica del privato al quale compete una speciale e particolare utilizzazione dell'acqua pubblica, qualunque ne sia il titolo e qualunque ne sia, in relazione ad esso, l'esatta configurazione (diritto soggettivo, interesse legittimo od altro), non pu� giammai configurarsi come un diritto di propriet� privata e si distingue nettamente e radicalmente dalla propriet� del terreno, in cui l'acqua si trova, non potendo in alcun modo identificarsi e confondersi con essa. N� vale in contrario il richiamo all'art. 103 del testo unico, perch� -anche. se fosse giustificata l'applicazione analogica di questa disposizione alle acque che sgorgano naturalmente alla superficie, come sostengono i ricorrenti -la posizione di vantaggio in relazione ai bisogni del fondo che ne deriva al proprietario del fondo stesso nei confronti della pubblica amministrazione, qualora si tratti ili acqua pubblica, si presenta per la sua natura, per il suo contenuto e per il suo oggetto del tutto diversa da un diritto di propriet� privata. Nessuna influenza possono quindi avere nel caso in esame le disposizioni del codice civile relative al contenuto del diritto di propriet�, perch� questa non pu� sussistere rispetto a beni, come le acque pubbliche, per i quali � esclusa dalle norme speciali che regolano tale materia. N� pu� dubitarsi della legittimit� costituzionale di queste norme, perch� l'art. 42 della Costituzione non contiene il divieto di riservare alla propriet� pubblica -o di trasferire ad essa -talune catego demaniale e uno privatistico (in tal senso, cfr. Cass., 21 agosto 1962, n. 2613, Giust. civ., 1963, I, 324, resa in tema di cose d'arte), essendo esclusa la appropriazione privata dei beni la cui attitudine ad usi pubblici vale ad attrarli al regime della demanialit�, beni riguardo ai quali l'uso privato non pu� che avere a suo fondamento una concessione (su questo principio si fonda la giurisprudenza formatasi in tema di incidenza della dichiarazione di demanialit� sui preesistenti diritti dei privati: Trib. sup. acque, 26 aprile 1974, n. 5, Cons. Stato, 1974, II, 554; Trib. sup. acque, 1 febbraio 1973, n.4, ivi, 1973, II, 221; Cass., 25 maggio 1971, n. 1534, in questa Rassegna, 1971, I, 1253 e Giust. civ., 1971, I, 1384; Trib. sup. acque, 18 aprile 1968, n. 9, in questa Rassegna, 1968, I. 646; Cass., 22 dicembre 1967, n. 3006, Giur. agr., 1968, 659; Trib. sup. acque, 28 gennaio 1967, n. 1, in questa Rassegna, 1967, I, 160). In relazione alla seconda massima va rilevato che il punto di maggior interesse della pronunzia � nella affermazione che il privato, il quale fonda una propria situazione giuridica soggettiva su un provvedimento della P.A., ha diritto ad ottenere da questa una dichiarazione che ne attesti la titolarit�. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 427 rie di beni oggettivamente determinati dalla legge secondo la loro intrinseca natura ed in vista di scopi di interesse generale. L'adombrata eccezione di illegittimit� costituzionale deve quindi ritenersi manifestamente infondata. Il ricorso di Cuzzaniti e D'Amieo deve� pertanto essere respinto, con la conseguente condanna dei.ricorrenti alla perdita del deposito per soccombenza. L'Assessorato ai lavori pubblici della Regione Siciliana denuncia con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 100 del codice di procedura civile, in relazione alle varie disposizioni di legge che regolano le concessioni d'uso delle acque pubbliche e la proroga di esse. Sostiene l'amministrazione ricorrente che i titolari delle concessioni si trovano in una situazione ben precisa, che non lascia margine a posizioni di incertezza in ordine ai loro diritti; e ci� perch� le concessioni attribuiscono un diritto soggettivo all'uso dell'acqua, e su tale diritto l'autorit� amministrativa pu� interferire soltanto negando la rinnovazione della concessione o dichiarandone inefficace la proroga, mentre l'operativit� ex tege della proroga, secondo il sistema della legge n. 42 del 1952 e delle leggi successive, esclude che l'amministrazione possa o debba rinnovare la concessione. Ne consegue che, non avendo l'amministrazione il potere-dovere di pronunciarsi sulla domanda di rinnovo se non per respingerla, il comportamento da essa tenuto nel caso in esame, anzich� essere dilatorio e tergiversatore -come ritenuto dal Tribunale superiore -non ha determinato alcuna incertezza obiettiva dei diritti dei concessionari nei confronti dell'amministrazione concedente. Si afferma pertanto nel ricorso che i concessionari difettavano di interesse ad agire per ottenere l'accertamento del loro diritto verso I'Amministrazione, e che per prevenire e superare le contestazioni mosse da terzi era sufficiente il documento del titolo costitutivo della concessione, e cio� il decreto origina. rio, sicch� nessun interesse �essi potevano far valere in giudi.zio al fine di ottenere una dichiarazione scritta attestante il loro diritto. La tesi sostenuta con questo mezzo di ricorso � viziata, perch� non considera che l'effica�ia diretta ed immediata della proroga delle con cessioni a norma della legge del 1952 non esclude la possibilit� del verificarsi, in relazione ad una concessione determinata, di una situa zione di incertezza. in ordine alla concreta applicabilit� delle disposi zioni di proroga. In tale situazione, mentre � giusto negare la necessit� di un provvedimento della pubblica amministrazione avente per oggetto specifico il rinnovo della concessione, non si pu� non riconoscere l'esigenza da parte del concessionario di ottenere, mediante un atto di accertamento 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO od una equivalente certificazione amministrativa, il riconoscimento dell'avvenuta proroga della concessione e della conseguente operativit� del decreto originario di concessione, oltre i termini in essi stabiliti. Il rifiuto, espresso o tacito, di tale riconoscimento, anche se non costituisce -di per s� solo -un elemento sufficiente ad integrare l'interesse ad agire per ottenere dal giudice competente l'accertamento giudiziale del diritto, � certamente un dato di grande rilevanza che pu� e deve essere valutato dal giudice, in concorso di altre circostanze di fatto, al fine di accertare la sussistenza di tale interesse e delle condizioni richieste per promuovere l'azione. Nel procedere a questa valutazione la sentenza impugnata ha dato particolare rilevanza al fatto che l'amministrazione avesse svolto per lunghi anni, senza condurla a termine, un'istruttoria sulla domanda di rinnovazione, istruttoria che non sarebbe stata necessaria per l'applicazione pura e semplice della proroga legale della -concessione, e legittimamente ne ha tratto un argomento decisivo per riconoscere una situazione oggettiva di incertezza nei rapporti fra i concessionari e l'amministrazione stessa. Nessun errore di diritto vizia tale decisione, che deriva da una corretta interpretazione delle disposizioni del testo unico sulle acque pubbliche e delle leggi di proroga delle concessioni, e costituisce l'appli cazione di un principio, la cui validit� consegue alla qualificazione del comportamento della pubblica amministrazione ed all'individuazione dei presupposti dell'azione di accertamento. Invero quando vi � una possi bilit� di contestazione da parte di terzi, l'interessato ben pu� prevenire tale contestazione richiedendo alla pubblica amministrazione una dichia razione scritta attestante il suo diritto; e se la pubblica amministrazione non risponde mantenendo un comportamento elusivo, che equivale al rifiuto di accogliere la legittima istanza della parte interessata, nono stante il compimento della prescritta istruttoria, ben pu� il privato con venire l'amministrazione davanti al giudice competente, affinch� questi accerti l'esistenza del suo diritto. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 7 dicembre 1974, n. 4089 -Pres. Pece -Est. Zucconi Galli Fonseca -P. M. Pedace (conf.) -Prefetto di Catania (avv. Stato Albisinni) c. Soc. n.c. Carraffo e Scilio Acquedotti (avv. Conte) e Comune di Giarre (n.c.). Acque pubbliche ed elettricit� -Requisizione di utenza -Ammissibilit� Esclusione. (L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 429 Acque pubbliche ed elettricit� � Competenza e giurisdizione � Tribunale superiore e tribunali regionali delle acque pubbliche � Requisizione di utenza � Natura del provvedimento � Lesione di diritto soggettivo � Insussistenza. Amministrazione dello Stato e degli Enti Pubblici � Provvedimenti di urgenza � Sostituzione del prefetto ad altre autorit�. (R.d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 19, mod. da 1. 8 marzo 1949, n. 277). Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza e giurisdizione � Tribunale superiore ~lelle acque pubbliche e Consiglio di Stato � Requisizione di utenza -Impugnazione � Ricorso in materia di acque pubbliche � 1!: tale. (T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 1artt. 140 e 143 lett. a). Il prefetto, che dispone la requisizione di una sorgente gi� concessa a terzi motivando il provvedimento con l'urgenza di provvedere all'approvvigionamento idrico di un comune, emana un atto che non pu� qualificarsi come requisizione, perch� questa pu� solo riguardare la propriet� privata e non anche un bene demaniale (1). La posizione del concessionario di fronte al provvedimento che dispone la requisizione dell'utenza non � di diritto soggettivo, perch� l'atto, se non pu� esser ricondotto ad un potere di requisizione che non sus (1-5) Requisizione e limitazioni temporanee dell'uso di acque pubbliche oggetto di concessione. 1. -Le sentenze in rassegna offrono lo spunto per alcune considerazioni sul tema della possibilit� che diritti di utenza di acque pubbliche costituiscano oggetto di requisizione. Provvedimenti prefettizi che�disponevano la requisizione di acque pubbliche incidendo su preesistenti utenze sono pi� volte venuti negli ultimi anni all'esame del Tribunale superiore delle acque (Trib. sup. acque, 12 maggio 1972, n. 17, Cons. Stato, 1972, II, 623; 16 novembre 1972, n. 41, Cons. Stato, 1972, II, 1261; 17 maggio 1973, n. 19, Cons. Stato, 1973, II, 824; 10 ottobre 1973, n. 27, Cons. Stato, 1973, II, 1017 e Rass. Avv. Stato, 1974, I, 268, con nota di ALBISINNI, Osservazioni in margine ad una sentenza, con la quale il Tribunale Superiore delle Acque ha affermato la propria giurisdizione in materia di requisizione di acque pubbliche; 15 novembre 1973, n. 30 e 18 dicembre 1973, n. 36, Cons. Stato, 1973, II, 1137 e 1303), ma essi� avevano dato luogo a giudizi pure in epoca meno recente (Trib. sup. acque, 23 dicembre 1957, n. 49, Acque bonif. costruz., 1958, 170, con osserv. di GuGLIELMI; Trib. sup. acque, 25 gemJJaio 1966, n. 6, Cons. Stato, 1'9<616, II, 51), in ,CUJi s'ereno anche dati casi di provvedimenti di occupazione d'urgenza aventi ad oggetto acque pubbliche (Trib. sup. acque, 18 settembre 1957, n. 37, Acque bonif. costruz., 1958, 67; Trib. suo. acque, 20 novemb'1:'e 11953, n. 15, Acque bonif. costruz., 1954, 55, con osserv. di GuGLIELMI; Cons. Stato, Sez. V, 14 luglio 1956, n. 630, Giust. civ., -1956, II, 222). La legittimit� di tali provvedimenti � stata solitamente riconosciuta od esclusa, per motivi attinenti non alla astratta ammissibilit� d'una requisi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO siste, tuttavia si presta ad esser 1�icondotto al potere, che l'Amministrazione conserva, di disporre nell'interesse pubblico delle situa;;ioni soggettive di vantaggio da essa consentite riguardo all'uso del bene (2). In caso di urgente necessit� il prefetto pu� sostituirsi ad altre autorit� esercitando i poteri a queste spettanti (3). Il ricorso, con cui il concessionario di un'acqua pubblica impugna il decreto del prefetto che ne dispone la requisizione, � rivolto contro un provvedimento in materia di acque pubbliche e come tale �appartiene alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque e non a quella del Consiglio di Stato (4). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1975, n. 286 -Pres. Pece -Est. Bacconi -P. M. Pedace (conf.) -Prefetto di Enna (avv. Stato Albisinni) c. Alongi (avv. Conte), Mirci e Comune di Mirabella Imbaccar� (n.c.). Acque pubbliche ed elettricit� � Requisione di utenza � Ammissibilit� � Esclusione. (L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 7). Il potere di requisizione previsto dall'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo riguarda la propriet� privata e non pu� avere a suo oggetto acque pubbliche (5). zione del diritto di utenza d'acque pubbliche (almeno una volta esplicitamente affermata: Trib. s-.p. acque, 16 novembre 1972, n. 41), ma alla concreta configurabilit� dell'esigenza voluta soddisfare come un'esigenza di pubblico interesse indilazionabile ed imprevedibile. L'annullamento � stato in tutti questi casi pronunziato, per essersi riconosciuto che il provvedimento era viziato da eccesso di potere, dacch� l'uso dell'acqua consentito con la requisizione veniva a sopperire ad un'esigenza stabile, perci� prevedibile e per solito da temp� manifestatasi (Trib. sup. ,acque, 18 settembre 1957, n. 37 e 23 idicembll'e 1957, n. 419; 12 ma�ggio 19�72, n. 17 e 16 novembre 1972, n. 41; 10 ottobre 1973, n. 27, 15 novembre 1973, n. 30 e 18 dicembre 1973, n. 36). In un caso per� (Trib. sup. acque, 17 maggio 1973, n. 19) � stata invece negata la stessa ammissibilit� della requisizione del diritto di utenza. 2. -Il Tribunale superiore, nella sentenza 17 maggio 1973, n. 19 (cui ha riguardo la seconda delle decisioni in rassegna), osserv� che l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E � volto ad assicurare una tutela urgente per casi di grave necessit� pubblica allorch� si tratti di disporre della propriet� privata per la tutela di interessi generali e che dunque il potere prefettizio non pu� trovare applicazione allorch� oggetto dell'intervento del PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 431 I �(Omissis). -Con decreto in data 16 giugno 1970 il Prefetto di Catania requis� a favore del Comune di Giarre �la sorgente Casagrande �, della quale era concessionaria, per scopi irrigui, la societ� in nome collettivo �Garraffo e Scilio Acquedotti�. Il provvedimento fu adottato dietro istanza del Comune, allo scopo di assicurare ad esso l'approvvigionamento idrico fino al 31 .dicembre 1970. Con successivo decreto in data 20 aprile 1971, la requisizione fu prorogata fino al 31 dicembre 1971. La Societ� impugn� davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche entrambi i decreti, chiedendo l'annullamento. Il Tribunale superiore, riuniti i due ricorsi, li accolse con sentenza in data 16 novembre 1972, annullando i provvedimenti impugnati. (Omissis). pubblico potere siano beni appartenenti al demanio dello Stato, soccorrendo in tali ipotesi altre norme ed altri istituti. Con riferimento al regime delle acque pubbliche, il Tribunale superiore osservava poi che �il T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, contiene un sistema compiuto di disposizioni normative volto ad assicurare il buon regime delle acque pubbliche, sicch� la competenza ad adottare i provvedimenti amministrativi attinenti alla utilizzazione di tale bene pubblico spetta agli organi (statali o regionali a seconda dei casi) preposti all'amministrazione dei lavori pubblici�. Contro questa sentenza era stato rivolto il ricorso deciso dalle Sezioni unite con la sentenza 25 gennaio 1975, n. 286. Il ricorso era stato proposto non ex art. 111 Cost. per violazione di legge, ma a norma dell'art. 201 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 per motivi attinenti alla giurisdizione, essendosi sostenuto che, se il prefetto non aveva il potere di decretare la requisizione, s'era in presenza di un atto preso in carenza di potere. La Corte ha fatto propria l'argomentazione svolta dal Tribunale superiore, ma ha ritenuto che nella specie v'era un provvedimento che tutt'al pi� poteva considerarsi viziato per incompetenza, dacch� un provvedimento con cui s'era disposto in materia di utilizzazione di acque pubbliche sarebbe stato adottato dal prefetto anzich� dall'amministrazione dei lavori pubblici. La stessa motivazione sorregge la prima delle sentenze in rassegna, che ha deciso il ricorso proposto contro Trib. sup. acque, 15 novembre 1973, n. 15. Qui la Corte di cassazione, dopo aver affermato che il provvedimento non poteva esser qualificato come requisizione, ma doveva esser ricondotto al potere, che l'amministrazione concedente conserva, di provvedere alla utilizzazione del bene pubblico con temporanea sospensione dei diritti su di esso conferiti al privato con la pregressa concessione, ha per� aggiunto che il prefetto era in astratto competente ad emettere l'atto nell'esercizio del generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli per i casi di urgenza dall'art. 19 della legge comunale e provinciale del 1934. 3. -Sembra a questo punto opportuno un sommario esame delle diverse fattispecie venute alla cognizione dei giudici. 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE (Omissis). -Devono essere esaminate con precedenza le questioni di giurisdizione sollevate dal prefetto di Catania nel secondo motivo di ricorso e nella memoria. Entrambe sono infondate: a) il tribunale superiore delle acque non difettava di giurisdizione nei confronti del giudice dei diritti soggettivi; se pure, infatti, � incontrovertibile che il potere di requisizione di cui all'art. 7 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo riguarda esclusivamente �la propriet� privata�, certo non pu� per� affermarsi che in relazione ai Nei casi decisi da T.S.A. 20 novembre 1953, n. 15 e 18 settembre 1957, n. 37, il prefetto di Viterbo aveva autorizzato quel Comune ad occupare di urgenza e in via temporanea una prima volta 3,60 litri al secondo e successivamente 2 litri al secondo di acqua della sorgente Ontaneto, su cui si , esercitavano diverse utenze-di concessionari riuniti in consorzio. L'occupazione veniva autorizzata per consentire al comune di destinare l'acqua alla alimentazione idrica d'una casa penale e d'un cronicario, la prima volta in considerazione della esistenza di una epidemia di tifo ed allo scopo di evitarne la diffusione, la seconda per il pericolo che la cronica insufficienza d'acqua potesse dar luogo al manifestarsi di epidemie. I provvedimenti venivano adottati in base agli artt. 353 del t.u. delle leggi sanitarie e 71 della legge sull'espropriazione e nel secondo si richiamava anche l'art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E. Nel caso deciso da T.S.A. 23 dicembre 1957, n. 49, il prefetto di Genova aveva autorizzato il Comune a disporre per due anni dell'acqua emunta dalla Societ� italiana acquedotto genovese, nonch� dei pozzi, degli impianti di estrazione e dell'acqua emunta da altra societ�, che la forniva alla .prima per le necessit� inerenti al servizio di distribuzione dell'acqua, da questa gestito in regime di concessione. Il provvedimento era stato adottato allo scopo di assicurare la continuit� di tale servizio, nel momento in cui il comune si accingeva ad entrare in possesso degli impianti a seguito del riscatto della concessione. Il decreto veniva emesso in base all'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. Negli altri pi� recenti casi, i provvedimenti di requisizione, a sostegno dei quali sono stati talora richiamati anche gli artt. 19 e 20 della legge comunale e provinciale del 1934, sono sempre stati adottati in considerazione della diminuzione delle normali risorse potabili e sono stati volti a consentire ai comuni di destinare all'approvvigionamento idrico degli abitati l'acqua, gi� oggetto di concessione in favore di altri. Mentre nei casi richiamati per primi la requisizione disposta dal prefetto aveva avuto riguardo ad acque pubbliche appartenenti al demanio idrico statale, negli ultimi essa aveva riguardato acque pubbliche esistenti in Sicilia e perci� facenti parte del demanio idrico della regione (art. 32 St. Sic.). 4. -Si � gi� osservato che la ragione che ha solitamente determinato l'annullamento dei provvedimenti sin qui riassunti � stata l'essersi ricono PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 433 beni demaniali (o, meglio, alle posizioni soggettive dei privati relative ai beni demaniali) la pubblica amministrazione non sia provvista di poteri. Trattasi non tanto dei poteri di tutela in via amministrativa previsti in generale dall'ultimo comma dell'art. 823 cod. civ. a difesa delle violazioni della propriet� e del possesso dei beni suddetti, quanto dei poteri che lamministrazione conserva, in vista del miglior perseguimento dell'interesse pubblico cui i beni pubblici sono destinati, in ordine alle particolari posizioni �soggettive di vantaggio che quanto all'uso dei beni essa stessa ha consentito. sciuto che s'era in presenza di una situazione, in cui l'esigenza di utilizzare l'acqua pubblica era sorta da tempo e si proiettava nel futuro. Ci� consente una prima riflessione. La mancanza della grave necessit� pubblica lascia in rilievo unicamente l'esigenza e perci� l'interesse del soggetto (a disposizione del quale veniva posta l'acqua requisita) a conseguire il diritto all'uso dell'acqua pubblica, per la soddisfazione di un'esigenza non occasionale. L'interesse del soggetto pu� allora trovare realizzazione solo nell'ambito del procedimento di concessione delle acque pubbliche e disporre in ordine a tale interesse non pu� che spettare agli organi, statali o regionali (art. 32 St. Sic.; art. 14, primo comma, St. Sard.; art. 13, secondo comma, lett. d, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8) preposti all'amministrazione dei lavori pubblici, competenti a valutare la compatibilit� della nuova concessione con l'interesse ad un'ordinata utilizzazione dell'acqua pubblica. Altro � il caso in cui, ad imporre di attuare una destinazione dell'acqua pubblica diversa da quella preesistente, siano esigenze imprevedibili ed indilazionabili di pubblico interesse. Qui si pone il problema se, dovendosi disporre dall'uso dell'acqua pubblica, la situazione non ricada necessariamente tra quelle, in ordine alle quali compete all'amministrazione dei lavori pubblici di provvedere; o se invece il ricorso di un'esigenza indilazionabile ed imprevedibile non consenta all'autorit� governativa locale di disporre, nel pubblico interesse, anche dell'acqua pubblica. I profili di rilevanza della questione sono molteplici. Lo stabilire che ogni potere di intervento � necessariamente riservato al soggetto (ed agli organi di questo) cui spetta la tutela e gestione del demanio idrico ha rilievo anche quando la diversa utilizzazione dell'acqua pubblica non viene ad incidere su situazioni soggettive di terzi scaturenti da preesistenti concessioni. Infatti, un provvedimento di requisizione proma nante da un'autorit� governativa pu� d~r luogo ad un conflitto di attribu zioni tra lo Stato e la regione cui l'acqua appartenga come parte del demanio idrico regionale. Quando poi la diversa utilizzazione dell'acqua pubblica incide su preesistenti situazioni giuridiche soggettive di concessionari, in ragione di tale l.ncidenza si pone la questione della legittimit� del provvedimento. E da questo punto di vista vengono in rilievo due profili: se nei poteri dell'amministrazione preposta alla tutela delle acque pubbliche rientri quello di destinare temporaneamente l'acqua ad usi diversi da. quelli resi possibili dalle preesistenti concessioni, con conseguente limitazione di quegli 6 434 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pertanto, posto che alla carenza di potere corrisponde l'intangibilit� delle posizioni giuridiche soggettive (in via assoluta, o in mancanza di determinati presupposti), da parte dell'autorit� amministrativa, e posto che nel caso, qualunque sia stato il nomen attribuito al provvedimento dall'autorit� che lo emise, si tratt� in sostanza di un atto con cui si dispose dell'utilizzazione del bene pubblico, con temporanea sospensione dei poteri su di esso conferiti al privato dalla pregressa concessione, non � fondato l'assunto del prefetto ricorrente, secondo cui l'ordine di spossessamento della concessionaria della sorgente a favore del Comune (ordine che il prefetto era in astratto competente ad emettere nell'eser usi; se la requisizione possa incidere su beni, quali le acque pubbliche, aventi natura di beni demaniali. � Ancora un punto merita d'essere posto in evidenza. Il provvedimento di requisizione adottato dall'autorit� governativa locale sulla base dell'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso -ed i provvedimenti richiamati ne costituiscono un'esemplificazione -, quando ha a suo oggetto beni immobili (tali sono sorgenti e corsi d'acqua: art. 812, primo comma, cod. civ.) e attua una requisizione in uso, opera o quantomeno pu� operare nel senso di attribuire ad un terz�, diverso dall'autorit� requisente, un diritto sulla cosa, che gliene consente l'uso; correlativamente, ilbeneficiario della requisizione � obbligato al pagamento di un indennizzo verso il soggetto il cui preesistente diritto d'uso della cosa resta temporaneamente sacrificato (LANDI, Requisizione, in Nuovissimo Digesto Italiano, Torino, 1968, XV, 487 e 493; DI GENNARO, Sulle requisizioni per urgente necessit� pubblica ordinate dall'autorit� a favore di persone private, Diritto beni pubbl., 1938, 431. In tema di requisizione, cfr. LUCIFREDI, Sui criteri differenziali tra occupazioni d'urgenza e requisizioni in uso di immobile, Giur. it., 1943, III, 67; M.S. GIANNINI, Osservazioni sui provvedimenti di occupazione, Foro amm., 1953, I,. 2, 25; ID., Diritto amministrativo, Milano, 1970, II, nn. 342, 347, 352, 356 e 357). � proprio in rapporto al diritto all'indennizzo che si profila un ulteriore punto di rilevanza della individuazione degli strumenti giuridici utilizzabili dall'autorit� amministrativa nella situazione che qui si esamina. Si tratta cio� di stabilire se un analogo effetto si� determinato da atti, con cui l'autorit� preposta alla gestione delle acque impone temporanee limitazioni all'uso di preesistenti utenze o, in mancanza, se in ragione appunto di tali diversit� di effetti non sia da individuare un ambito in cui deve operare un tipo di provvedimento invece di un altro. 5. -La Corte di cassazione e prima il Tribunale superiore hanno osservato che l'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso riguarda la propriet� privata e che dunque � fuori questione una sua applicabilit� in relazione ad un bene facente capo al demanio (nello stesso senso, LANDI, Requisizione, Zoe. cit.). Pu� osservarsi che pi� volte � stata affrontata e risolta affermativamente la questione della requisibilit� di alloggi costruiti da enti attivi nel campo dell'edilizia economica e popolare (Corte cost., 30 dicembre 1961 n. 72, Giur. cost. 1961, 302; Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1963, n. 238, Foro amm., 1963, I, 647; Csi., 10 luglio 1970, n. 449, Cons. Stato, 1970, I, 1364; PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 435 cizio del generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli per i casi di urgenza dall'art. 19 legge comunale e provinciale del 1934) sarebbe stato emanato pur mancando esso prefetto in modo assoluto del relativo potere; b) il tribunale superiore delle acque non difettava di giurisdizione nei confronti del giudice dotato di giurisdizione generale in materia di interessi legittimi: non pu� infatti essere condivisa la tesi del ricorrente, secondo cui la giurisdizione del Tribunale superiore a conoscere, come giudice degli interessi, dei. ricorsi contro i � provvedimenti Csi., 30 luglio 1974, n. 323, Cons. Stato, 1974, I, 1069), essendosi affermato che l'art. 7, parlando di propriet� privata, e ha inteso sicuramente riferirsi all'id quod plerumque accidit, senza peraltro escludere dalla sua ratio i beni degli enti diversi dallo Stato � (Cons. Stato, sez. IV, 10 aprile 1963, n. 238, cit.). La requisibilit� di tali beni � stata affermata sia in base al rilievo che � nonostante il vincolo derivante dalla destinazione ai fini assistenziali, (essi) restano di regola soggetti al regime della propriet� privata� (Corte cost., 30 dicembre 1961, n. 72), sia considerando soggetti a requisizione anche i beni facenti parte del patrimonio indisponibile, sempre che il concreto provvedimento non li sottragga alla loro destinazione (Csi, 30 luglio 1974, n. 323). La soggezione a requisizione dei beni facenti parte .del patrimonio digponibile degli enti pubblici � fuori discussione (art. 830, primo comma, cod. civ.; per la soggezione all'espropriazione, Ccins. Stato, sez. IV, 23 gennaio 1973, n. 72, Cons. Stato, 1973, I, 25; Cons. Stato, sez. IV, 9 novembre 1966, n. 770, Cons. Stato, 1966, I, 1981). Quanto ai beni facenti parte del patrimonio disponibile dello Stato e degli altri enti pubblici territoriale, la soggezione alle regole particolari che li concernono (art. 828, primo comma, cod. civ.) attiene alla loro amministrazione e disposizione per atti volontari, ma trattandosi di beni posseduti a titolo di propriet� privata essi sono certamente soggetti alla requisizione (artt. 828, primo comma, e 835 cod. civ.) -in tal senso, LANDI, Requisizione, loc. cit. La difficolt� a consentire che i beni demaniali e le acque pubbliche costituiscano oggetto di provvedimenti di requisizione deriva allora non tanto dal riferirsi l'art. 7 esclusivamente alla propriet� privata, quanto dal fatto che il regime dei beni che ricevono la qualifica legale di demaniali � caratterizzato dalla attribuzione ad un determinato soggetto ed a individuati organi di questo del potere di tutela e gestione del bene nell'interesse pubblico (sui beni demaniali come propriet� collettiva affidati alla gestione legale di enti territoriali, M.S. GIANNINI, I beni pubblici, Roma, 1963, pp. 33 ss., 47 ss., 51 ss., 95 ss.). Il riferimento alla propriet� privata contenuto nell'art. 7 potrebbe esser infatti considerato anzich� come un limite come un'estensione del potere attribuito alla P.A., di disporre dei beni che si palesino necessari in vista della soddisfazione di gravi necessit� pubbliche (cfr., sul punto, per il richiamo all'art. 7 quale strumento in funzione di tutela dei beni pubblici, SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1969, 488). Dunque, l'ostacolo ad ammettere un potere di disposizione di beni demaniali, destinato ad operare secondo lo schema dell'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso, deve piuttosto considerarsi derivare dalla RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche�, secondo la previsione dell'art. 143, lett. a), t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, dovrebbe intendersi limitata ai casi nei quali venga in discussione la pubblicit� delle acque, e comunque rientranti nella previsione del precedente articolo 140, che definisce la competenza in primo grado dei tribunali delle acque pubbliche. Secondo il ricorrente, sarebbe questo articolo a determinare quale sia la materia delle acque pubbliche, e, relativamente a tale materia sussisterebbe la giurisdizione dei tribunali regionali quando si controverta della lesione di diritti soggettivi, e in- soggezione dei beni demaniali ad un regime, per cui essi non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art. 823, primo comma, cod. civ.), ci� che si traduce in un necessario intervento dell'autorit� proposta alla gestione del bene demaniale che vi�ne in considerazione. Si � tuttavia osservato che la requisizione di utenze di acque pubbliche sarebbe ammissibile (Trib. sup. acque, 16 novembre 1972, n. 41, Cons. Stato, 1972, II, 1261), poich� ben pu� essere equiparato alla propriet� privata � il bene pubblico dato in concessione e, come tale, fino a quando perdura la� concessione, nella esclusiva disponibilit� del privato concessionario �. Ora, nel suo aspetto ablativo, la requisizione opera appunto comprimendo un diritto d'uso del bene (M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970, II, 1221; Cass., 20 agosto 1954, n. 2981, Giust. civ. 1955, I, 26). Inoltre, non sarebbe facilmente giustificabile per il diritto di utenza una protezione maggiore di quella assicurata in genere alla propriet� privata, mentre in ci� si tradurrebbe la resistenza al potere di requisizione. Ma l'obieziene non � calzante. Essa oblitera la ragione per cui deve escludersi una reqms1z1one che incida sui beni demaniali e cio� il particolare regime d'essi, quale si desume dall'art. 823, primo comma, cod. civ. In effetti, la norma risulterebbe violata in duplice senso. Se si ritiene che la requisizione non operi come causa del trasferimento del diritto d'uso del bene dal requisito al beneficiario della requisizione, ma comprimendo temporaneamente un diritto d'uso e costituendone altro di diversa natura e contenuto (M.S. GIANNINI, Zoe. ult. cit.), con l'ammettere la requisizione si va incontro all'ostacolo di ammettere che un diritto d'uso sull'acqua possa essere costituito, sia pure temporaneamente, in modi diversi da quelli per ci� previsti. Inoltre, il diritto risulterebbe costituito per effetto di provvedimento promanante da organo e talora da soggetto diverso da quello preposto alla gestione del demanio idrico: cos� nel caso di demanio idrico regionale, dacch� il potere di requisizione spetta all'autorit� governativa locale (Corte cost. 30 dicembre 1961, n. 72, Pres. Regione T-A.A. e Pres. Cons. Ministri, Giur. cost., 1961, 302, con nota di CRISAFULLI, Poteri di ordinanza ex art. 7 legge sul contenzioso amministrativo, princ�pi generali e conflitti di attribuzione. Si � talora ritenuto che il potere di requisizione spetti anche al simldaco come ,capo del1l'ammini1SIWazione comuna:l!e -Oons. Stato, sez. V, 4 dicembre 1954, n. 1187, Giust. civ. 1955, II, 212; Cons. Stato, sez. V, 21 dicembre 1957, n. 1198, Cons. Stato, 1957, I, 1642; Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 1958, n. 298, Cons. Stato, 1958, I, 619 -, ma ci� � contestato in dot PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 437 vece la giurisdizione del tribunale superiore (come giudice in unico grado) quando si controverta della lesione di interessi legittimi. In senso contrario va rilevato per� che non � ipotizzabile anzitutto che nei ricorsi di cui all'art. 143, lett. a), si faccia questione della pub� blicit� delle acque, sia perch� tratterebbesi di una qu�stione di diritto soggettivo, sia perch� il carattere pubblico delle acque � presupposto imprescindibile dei giudizi di cui trattasi, giacch� detto carattere vale, secondo la norma, a qualificare l'oggetto su c�i i provvedimenti impu� gnati devono cadere. In secondo luogo, le previsioni delle due norme trina -LANDI, Requisizione, Zoe. cit., p. 492; GARGIULO, I provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, p. 117 -e la questione � stata di recente deferita alla cognizione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato dal Consiglio di giustizia amministrativa: ord. 20 aprile 1972, n. 317, Cons. Stato, 1972, I, 740). 6. -La Corte di cassazione ha osservato che, esclusa la esercitabilit� di un potere di requisizione, non ne consegue che la pubblica amministrazione resti priva d'ogni potere in ordine alle posizioni soggettive dei privati relative ai beni demaniali, perch�, in vista del migliore perseguimento dell'interesse pubblico cui i beni pubblici sono destinati, l'amministrazione conserva il diritto di disporre delle situazioni .di vantaggio da essa consentite riguardo all'uso del bene. Altra volta la Corte di cassazione aveva affermato che � la circostanza che nel testo unico sulle acque pubbliche si trovino contenute delle norme le quali riconoscono determinate potest� all'amministrazione, non significa che questa abbia un generale potere di intervento, durante lo svolgimento del rapporto di concessione, s� che possa regolare il rapporto medesimo diversamente da come convenuto in origine. Quelle norme, infatti, devono intendersi come altrettante deroghe al principio comune a tutte le concessioni, in forza del quale il concessionario � titolare di un diritto soggettivo perfetto, sia pure condizionato nel suo sorgere al pubblico interesse, come tale sottratto alla discrezionalit� indiscriminata dell'amministrazione. Trattasi di disposizioni specifiche, regolatrici di ipotesi tipiche, dalle quali non � ptrmesso trarre elementi per una interpretazione analogica oppure estensiva, con un'applicazione al di fuori ed oltre il loro ambito e, tanto meno, ricavarne un principio di massima, per effetto del quale sia consentito all'amministrazione di adottare ogni e qualsiasi provvedimento per una migliore utilizzazione delle acque, sia pure in funzione del pubblico interesse � (Cass., 18 giugno 1965, n. 1256, Foro it., 1966, I, 517, Giust. civ., 1965, I, 2230 e Rass. Avv. Stato, 1965, I, 644. In senso sostanzialmente. conforme, Trib. sup. acque, 12 giugno 1961, n. 7, Acque bonif. costruz., 1961, 260; Cass., 10 novembre 19173, n. 2,963, Foro it. 1974, I, 2441 e Rass. Avv. Stato, 1974, I, 255, con osserv. di ALBISINNI; e, in tema di sospensione temporanea degli effetti di una concessione ferroviaria, Cass., 10 giugno 1964, n. 1427, Giust. civ., 1964, I, 1533). Tali affermazioni trovano rispondenza nel principio per cui � dalla concessione di acque pubbliche, e per la durata della stessa, deriva al concessionario, nei confronti sia dei terzi che della Pubblica amministrazione un diritto perfetto all'utilit� inerente alla concessione medesima, di 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO non sono rapportabili, in gran parte, ad un medesimo oggetto; giacch� l'art. 140 riferisce la competenza dei tribunali regionali a gruppi di controversie relative a diritti soggettivi, per alcune delle quali (controversie sulla demanialit� delle acque, sui limiti dei corsi e dei bacini, ed altre) non � neppure concepibile la possibilit� di una alternativa configurazione come controversie relative ad interessi legittimi, secondo che sulla posizione soggettiva del privato abbia inciso un provvedimento , ammlnistrativo illecito o soltanto illegittimo. La detta alternativa � invero prospettabile solo per un numero ristretto dei casi di cui all'art. 140 ritto che � suscettibile di compressione, per effetto dell'esercizio di una potest� da parte dell'amministrazione, soltanto nelle ipotesi all'uopo indicate dalla legge �. La concreta disciplina delle concessioni di acque pubbliche non si discosta del resto da tali princ�pi. � noto, �nfatti, che quando una nuova concessione verrebbe a dover utilizzare in tutto o in parte l'acqua gi� spettante ad altro utente, ad essa pu� farsi luogo solo Ilei limiti ed alle condizioni previste per i casi di sottensione dagli artt. 45 e 47 del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, nei quali � previsto l'obbligo del nuovo concessionario di indennizzare gli utenti preesistenti. � noto altresl come la concessione di un'acqua pubblica, attuata fuori dei modi previsti dagli artt. 45 e 47 e che venga ad incidere sulla possibilit� d'uso dell'acqua assicurata da una preesistente concessione, viene ormai da tempo riguardata dalla giurisprudenza alla stregua d'un fatto illecito, che d� luogo a responsabilit� dell'amministrazione concedente (Trib. sup. acque, 28 dicembre 1974, n. 29, Cons. Stato, 1974, II, 1381; 'l'lrilb. sup. 1acque, 8 febbraio 1973, n. 10, Cons. Stato, 1973, II, 230; Cass., 14 giugno 1971, n. 1823, Giust. civ., 1971, I, 1764 e Rass. Avv. Stato, 1971, I, 924). Inoltre, la situazione giuridica soggettiva dell'utente trova tutela, secondo il principio posto dall'art. 46 1. espr. ma con particolari adattamenti (art. 48 t.u. acque pubbliche), quando la sua definitiva compressione sia conseguenza di opere eseguite dallo Stato per necessit� di pubblico interesse, se il regime del corso d'acqua ne risulti permanente modificato e l'utente non possa se non con spese eccessive adattare la derivazione al corso d'acqua modificato -sull'applicazione della norma in rapporto ad opere non eseguite dallo Stato, concedente dell'utenza, ma da un terzo concessionario di un diverso servizio pubblico, Cass., 16 marzo 1970, n. 680, Foro it., 1970, I, 1681 e Trib. sup. acque 25 giugno 1968, n. 17, Giust. civ., 1968, I, 1778 -. E da tale norma si � tratto argomento in favore di un diritto del concessionario all'indennizzo, anche nel caso di revoca della concessione (ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1955, IV, pag. 72). Le diverse disposizioni del t.u. sulle acque pubbliche e la riconduzione della concessione in materia di acque al sistema dei princ�pi elaborati da dottrina e giurisprudenza in materia di concessioni di beni e servizi porta dunque a considerare come la situazione giuridica soggettiva dell'utente riceva protezione alla stregua di un diritto soggettivo, quante PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE E�> APPALTI PUBBL. 439 (occupazioni di fondi, esecuzione di opere ed emanazione di provvedimenti ai sensi dell'art. 2, t.u. 25 luglio 1904, n. 523), ai quali non � consentito limitare l'ampia e indeterminata previsione del successivo art. 143, lett. a). Di una siffatta limitazione del resto, sarebbe arduo rintracciare la ragione d'essere, laddove� appare conforme ai motivi dell'istituzione del giudice speciale, oltre che all'ampia dizione della norma, che a detto giudice siano deferiti i ricorsi giurisdizionali contro tutti i provvedimenti dell'autorit� i quali comunque incidano sul regime e sull'utilizzazione delle acque pubbliche. volte il suo sacrificio non sia riconducibile ad un potere dell'amministrazione concedente, esercitato in, confronto dell'utente per un pubblico interesse attinente alla tutela e gestione delle acque, mentre, anche in questi casi, la situazione giuridica soggettiva dell'utente � si esposta a rimanere compressa, ma d� luogo ad una diversa situazione soggettiva, essendo previsto di norma un obbligo di indennizzo in suo favore. Si palesa allora chiaramente l'esigenza di ricercare in base a quali norme e con quali effetti la situazione giuridica soggettiva dell'utente possa risultare temporaneamente compressa, per effetto di provvedimenti della autorit� concedente, che diano luogo ad una diversa destinazione dell'acqua oggetto della concessione. 7. -L'unica disposizione del t.u. sulle acque pubbliche che, in base al suo tenore letterale, pu� ritenersi aver rilievo per il problema in esame � quella dettata nell'art. 43, quarto comma. Questa consente al Ministero dei lavori pubblici di imporre temporanee limitazioni all'uso della derivazione che siano ritenute necessarie per speciali motivi di pubblico interesse; o quando si verificano eccezionali deficienze dell'acqua disponibile, in guisa da conciliar� nel modo pi� opportuno le legittime esigenze delle diverse utenze. Nelle rare occasioni in cui l'applicazione della norma � passata al vaglio dei giudici si � sottolineata la eccezionalit� della situazione che legittima l'amministrazione ad imporre temporanee limitazioni all'uso della derivazione (Cass., 19 gennaio 1954, n. 91, Acque bonif. costruz.,' 1954, 36, con osserv. di A. M. CONTE e Foro it. 1955, I, 1042) e la necessit� che ricorrano esigenze non normali, straordinarie, fuori della comune prevedibilit� (Trib. sup. acque, 20 aprile 1937, n. 20, Foro it. 1937, I, 797 e Giur. it. 1937, I, 2, 317; Trib. sup. acque, 29 ottobre 1969, n. 30, Rass. Avv: Stato, 1970, I, 146 con nota di ALBISINNI, Osservazioni in margine ad una sentenza del Tribunale superiore delle acque, con particolare riguardo alla questione concernente la necessit� o meno di un formale provvedimento per la utilizzazione di acque pubbliche da parte di Canali demaniali, e, resa nello stesso giudizio, Cass., 10 novembre 1973, n. 2963, Foro it. 1974, I, 2441 e Rass. Av1'. Stato, 1974, I, 255 con osserv. di ALBISINNI). Nelle decisioni richiamate si � anche posta in risalto-la necessaria temporaneit� degli effetti prodotti dall'atto del ministro dei lavori pubblici e la impossibilit� di attuare per il suo tramite uno stabile e definitivo assetto di interessi. L'art. 43, quarto comma, del t.u. sulle acque pubbliche sembra dunque avere un'effettiva connessione con il problema che si sta esaminando. 440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Devesi cio� ribadire sul punto quanto gi� affermato "in passato da questa Corte Suprema -in relazione all'art. 70, r.d. 9 ottobre 1919, n. 2161, contenente una locuzione identica a quella della norma dell'art. 143 in esame -con la sentenza n. 4215 del 1928, secondo la quale la materia delle acque pubbliche riguarda anche l'utilizzazione delle acque stesse, e perci� la giurisdizione di legittimit� del Tribunale superiore non � limitata ai ricorsi concernenti concessioni e derivazioni, ma si estende ai ricorsi avverso provvedimenti in materia di utilizzazione delle acque. -(Omissis). La norma, come si � detto, non ha avuto frequenti applicazioni e discusso ne � il fondamento (sul punto, cfr., G. CONTE, Facolt� dell'Amministrazione di limitare le utilizzazioni di ttcqua pubblica (art.. i43 del t.u. 11 dicembre -1933, n. 1775), in Acque bonif. costruz., 1952, 503). La sua applicabilit� nel caso, ad esclusione dell'art. 7 della legge sull'abolizione del contenzioso, � stata da tempo affermata nei ricorsi proposti avverso i provvedimenti prefettizi di requisizione (si confronti il caso deciso da Trib. sup. acque, 23 dicembre 1957, n. 49, in Acque bonif. costruz., 1958, 170) e per�, nei casi in cui si � creduto di poter far ricorso alla norma, l'occasione che ha dato luogo all'intervento del ministro dei lavori pubblici non � mai stata del tipo di quelle esaminate all'inizio. Si � bens� trattato di attuare una regolamentazione dell'uso dell'acqua tra i diversi utenti, anche di fatto (Trib. sup. acque, 29 dicembre 1950, n. 23, Acque bonif. costruz., 1951, 595, con osserv. di VARANESE), talora imponendo la limitazione come mezzo per l'incremento della portata d'una delle derivazioni (nella specie a favore di un canale demaniale: Trib. sup. acque, 29 ottobre 1969, n. 30. Per un ultimo caso di applicazione della norma, Trib. sup. acque, 29 dicembre 1950, n. 22, Acque bonif. costruz., 1951, 590, con osserv. di VARANESE). La ragione dell'int~rvento dell'amministrazione dei lavori pubblici � stato dunque ogni volta rinvenuta non nel fatto che il provvedimento da emanare venisse ad incidere sull'acqua pubblica, ma nella necessit� di provvedere alla regolazione degli usi in atto. Non v'� tuttavia ragione per escludere che il potere in questione abbia attitudine a coprire i casi in cui una grave necessit� pubblica impone, per poter essere soddisfatta, di attribuire temporaneamente all'acqua pubblica una destinazione diversa da quella in atto. Pu� osservarsi che l'art. 43, quarto comma, appare prendere in considerazione solo l'aspetto per cosi dire privativo, della limitazione imposta all'uso delle preesistenti derivazioni, non anche quello positivo della attribuzione del diritto a derivare l'acqua, resa libera con l'imposizione della limitazione d'uso. Considerato anche che l'art. 43, quarto comma, non prevede indennizzo in favore dell'utente, si potrebbe esser tentati di instaurare un parallelo tra questa norma e quelle contenute nell'art. 48, terzo comma, 48, primo comma, del t.u., porre cio� le limitazioni il) connessione con la necessit� di eseguire nel pubblico interesse opere sul corso d'acqua o con la mancanza stessa dell'acqua e spiegare, nel primo caso, la mancata previsione dell'indennizzo con la temporaneit� della limitazione, in conformit� del principio scaturente dall'art. 46 1. espr. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 441 II (Omissis). -L'ultima questione sollevata dal ricorrente consiste nel quesito se il provvedimento prefettizio di requisizione fosse semplicemente viziato di incompetenza, cos� da dar luogo ad una ipotesi di scorretto esercizio di un potere esistente, da denunziarsi davanti al giudice amministrativo, ovvero fosse stato emanato da una autorit� amministrativa che non aveva alcun potere al riguardo. E la tesi del ricorrente � che si tratterebbe proprio di carenza di potere, dato che la potest� di requisire acque pubbliche non solo non � attribuita al Prefetto dall'art. 7 della legge sul contenzioso amministrativo (che riguarda La restrizione dell'ambito di applicazione della norma al caso di esecuzione di opere nel pubblico interesse sarebbe per� evidentemente arbitraria, data l'ampiezza della clausola speciali motivi di pubblico interesse. Se si considera invece che la competenza dell'amministrazione dei lavori pubblici � individuata oggettivamente dall'esser in questione una qualsivoglia necessit� d'uso dell'acqua pubblica, i motivi di pubblico interesse che giustificano la limitazione non si prestano ad esser delimitati, potendo valere come tale ogni motivo di pubblico interesse, la cui realizzazione richieda l'uso dell'acqua ed in concreto imponga una limitazione delle preesistenti utenze. La mancata espressa previsione dell'aspetto positivo di attribuzione dell'acqua resa libera dalla limitazione � del resto agevolmente spiegabile. Da un lato esso pu� considerarsi implicito nella previsione della limitazione che, fuori dei casi in cui sia imposta da deficienza dell'acqua, di per s� importa che una quantit� di acqua resti libera per un diverso uso; dall'altro ,l'aspetto attributivo non deve necessariamente realizzarsi, potendo essere l'acqua utilizzata dalla stessa amministrazione concedente o da altra amministrazione del soggetto cui l'acqua appartiene. N�, contro l'applicazione della norma nel senso sin qui visto pu� trarsi argomento dall'ultima parte della disposizione (in guisa da conciliare nel modo pi� opportuno le legittime esigenze delle diverse utenze), poich� vi si trova espressa una regola sulla ponderazione dei diversi interessi e non sull'oggetto del provvedimento, che dunque pu� essere emesso anche quando non si tratti solo di regolare la utilizzazione dell'acqua fra titolari di preesistenti utenze. Oltre all'art. 43, quarto comma, non vi sono nel t.u. del 1933 norme che possano venire in applicazione nel caso in esame, dacch� quelle che sul presupposto dell'urgenza facoltizzano all'inizio delle opere gi� nel corso dell'istruttoria (art. 13, commi primo e secondo) tuttavia presuppongono l'inizio di un ordinario procedimento concessorio, sono cio� volte a consentire un'attuazione preliminare della concessione, che dovr� sopperire ad un'esigenza permanente, sottostando alle regole che disciplinano la possibilit� di nuove concessioni con sacrificio delle preesistenti. L'art. 43, quarto comma, configura invece un caso in cui il ricorso di uno speciale motivo di pubblico interesse e la temporaneit� dell'esigenza consentono di far luogo ad un provvedimento con possibili effetti deroga alla disciplina dell'ipotesi di sottensione di utenza. di concessione, al di fuori dello schema del procedimento concessorio e in 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la propriet� privata), ma non compete a nessun organo di nessuna amministrazione, perch� l'art. 43 del t.u. consente soltanto (al Ministro dei lavori pubblici) di regolamentare le utenze, e non di procedere a requisizioni. La natura pubblica delle acque, insomma, comporterebbe la mancanza di uno dei presupposti specifici che condizionano in concreto la esplicazione del potere di requisizione, il quale risulterebbe cos� esercitato senza che fosse realmente esistente. Senonch�, se � esatto che il potere di requisizione di cui all'art. 7 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo riguarda la �propriet� priv11ta �, non pu� per� affermarsi che in relazione ai beni dema- Il provvedimento adottato a norma dell'art. 43, quarto comma, del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775 non sembra comportare diritto ad indennizzo per l'utente che subisca la temporanea limitazione dell'uso della concessione. In conclusione � possibile ritenere (cos� come affermato dal Trib. sup. acque, 17 maggio 1973, n. 19) che la disciplina delle acque pubbliche contempli un potere dell'amministrazione preposta alla tutela e gestione di questo bene demaniale, di attuare una destinazione dell'acqua diversa da quella precedente, con sacrificio delle preesistenti utenze, per la soddisfazion di esigenze straordinarie, cio� al tempo stesso imprevedibili eccezionali e temporanee, nel pubblico interesse. La competenza ad adottare tali provvedimenti, consentiti dall'art. 43, quarto comma, del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, deve ritenersi spettare per ili. demanio i<k'i�co 1sta1Jal1e a�l ministro idei 1avoa:d .pubbl:iioi (non essendo stata decentrata dal d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1534 -Trib. sup. acque, 8 ottobre 1969, n. 25, Giust. civ., 1969, I, 1946 -ed essendo rimasta estranea alla delega alle regioni a statuto ordinario disposta con l'art. 13 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8); nelle regioni a statuto speciale, in cui esiste un demanio idrico regionale (Sicilia e Sardegna), agli organi della regione preposti all'amministrazione dei lavori pubblici. 8. -Nella prima delle sentenze in rassegna le Sezioni unite hanno osservato che il prefetto era in astratto competente ad emettere l'ordine di spossessamento della concessionaria della sorgente in favore del comune, nell'esercizio del generale potere di sostituzione di altre autorit�, conferitogli per i casi di urgenza dall'art. 19 della legge comunale e provinciale. L'affermazione non � stata ripetuta dalla seconda sentenza e ci� pasta a dimostrare come essa non fosse l).ecessaria per sorreggere una decisione che, emessa su questione di giurisdizione, doveva solo risolvere il pro blema della esistenza in capo all'amministrazione d'un potere cui fosse riconducibile il provvedimento in concreto emanato. D'altro canto, osservando-che il prefetto era in astratto competente ad emettere l'atto, la Corte ha evitato di affermare che la competenza sussistesse anche nel caso concreto, giacch� nell'ambito della questione di gi�risdizione sottoposta al suo esame, era sufficiente il rilievo che l'art. 19 della legge comunale e provinciale avrebbe in ipotesi consentito al pre. fetto di intervenire, s� che ogni ulteriore questione veniva a porsi sul piano della illegittimit� del provvedimento non della giuridica inesistenza dell'atto. Come � noto, l'art. 19, terzo comma, del r.d. 3 marzo 1934, D.. 383, modificato dalla legge 8 marzo 1949, n. 277, dispone che il prefetto vigila sull'andamento di tutte le pubbliche Amministrazioni e adotta, in caso di 1r1K1!%&'f&ffmrur11�mwfruffi&ill'ftf&Wffifflrttrr�ffmfffff8f:fflatrurEf!tr�f&z&1z�&mirillf11ffi~j i=~ �'ARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 443 niali (o, meglio, alle posizioni soggettive dei privati relative ai bem demaniali) la pubblica amministrazione non sia provvista di poteri. E .-10n si vuole tanto aliudere .ai poteri di tutela in via amministrativa previsti in generale dall'ultimo comma dell'art. 823 cod. civ. a difesa: delle violazioni della propriet� e del possesso dei beni suddetti, quanttl ai poteri che l'amministrazione conserva, in vista del miglior persegui, mento dell'interesse pubblico cui i beni pubblici sono destinati, in ordin~ a11e particolari posizioni soggettive di vantaggio che rispetto all'uso d~ quei beni essa stessa ha consentito o riconosciuto. urgente necessit�, i provvedimenti indispensabili nel pubblico interesse ne\ awersi rami del servizio (sull'art. 19, cfr. BozzI, Provvedimenti del prefette. per causa �i urgenza, in materia di acque pubbliche, Giur. it., 1936, IIl, 65; FRANCHINI, Occupazioni di urgenza e provvedimenti del prefetto, Foro amm., 1956, I, 'IV, 1; GARGIULO, Provvedimenti di urgenza, Napoli, 1954, 118 ss.). Pu� osservarsi che, in presenza dell'urgente necessit�, la norma richiamata consentirebbe l'adozione d'uno dei provvedimenti sin qui esaminati., anche se un analogo potere non fosse rinvenibile nell'ambito della disciplina propria dell� acque pubbliche. La norma configura infatti un tipico esempio di potere di ordinanza (M. S. GIANNINI, Le ordinanze dispositive della propriet� privata, Giur. it., 1950, III, 65; m., Diritto amministrativo, Milano, .1970, II, 577 ss.; G. U. RESCIGNO, Ordinanza e ordinanze di necessit� e urgenza, in Nuovissimo'D�gesto Italiano, Torino, 1965, XII, 89), che consente al prefetto di adottare provvedimenti di contenuto anche diverso da quelli che le singole amministrazioni potrebbero adottare nella cura degli interessi loro attribuiti (SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1969,' 244; per un esempio in tema di patrimonio indisponibile della regione siciliana, si veda Cass., 26 giugno 1969, n. 2290, Giust. civ., 1969, I, 1835 e Foro it., 1969, I, 3099, ove � anche considerato il punto della competenza degli organi della regione a valersi dei potere in questione). Potrebbe invece dubitarsi del fatto che la norma sia applicabile, �Una volta che si ammetta che la disciplina sulle� acque pubbliche consente agli organi deputati alla loro amministrazione di adottare provvedimenti di temporanea limitazione dell'uso delle utenze per sovvenire ad eccezionali esigenze di pubblico interesse. Potrebbe cio� ritenersi che, se le norme in materia di acque pubbliche hanno previsto l'ipotesi di situazioni �ccezionali ed hanno prefigurato modi ed organi competenti a provvedervi, non vi sia spazio per l'appllcazlone d'una norma che configura un generico potere di ordinanza (sul punto, cfr., M. S. GIANNINI, Potere di ordinanza, requisizioni ed occupazioni, Giur. compl. Cass. civ., 1945, XVII, 400 e 402; con riferimento all'art. 129 t.u. leggi sanitarie ed in materia di farmacie, Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1961, n. 580, Cons. Stato, 1961, I, 1868, Foro it., 1961, III, 225 e Giur. it., 1962, III, 200). A favore dell'applicabilit� della norma sta la considerazione che la urgente necessit� pu� non consentire un tempestivo intervento degli organi, cui � attribuita la competenza ad adottare i provvedimenti previsti dal t.u. sulle acque pubbliche (rimessi in tema di demanio idrico statale al ministro dei lavori pubblici), mentre l'intervento del prefetto d� luogo all'adozione 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Perci� posto che alla carenza di potere corrisponde l'intangibilit� delle posizioni giuridiche soggettive (in via assoluta, o in mancanza di determinati presupposti) da parte dell'autorit� amministrativa, e posto che nel caso, qualunque sia il nomen attribuito al provvedimento dell'autorit� che lo emise, si tratt� in sostanza di un atto con cui si dispose dell'utilizzazione del bene pubblico, non si pu� dubitare che la potest� di statuire in tal senso sussistesse e che, tutt'al pi�, il vizio consistesse semplicemente (come ha ritenuto il Tribunale superiore) nel fatto che a provvedere � stato un organo diverso da quello al quale spettava la competenza. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 27 marzo 1975, n. 1157 -Pres. Boccia -Est. Sposato -P. M. Gentile (conf.) -Fasano (avv. Ricci) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Onufrio). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Revisione dei prezzi � Autonoma disciplina contrattuale � Possibilit�� di un diritto soggettivo dell'appaltatore alla revisione dei prezzi � Conseguente giurisdizione del giudice ordinario. (D.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. con legge 9 maggio 1950, n. 329, art. 1). Appalto � Appalto di opere pubbliche -Revisione dei prezzi � Regime legale � Natura della pretesa dell'appaltatore � Provvedimento amministrativo sulla revisione � Impugnabilit� � Giurisdizione del giudice amministrativo. (D.l.C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, conv. con legge 9 maggio 1950, n. 329, artt. 1 e 5, terzo comma). Poich� l'art. 1 del d.l. 6 dicembre 1947, n. 1501, fa salvi i patti in contrario intervenuti fra l'appaltante e l'appaltatore in materia di revisione dei prezzi, qualora r,isulti stabilito che l'una o l'altra parte, nel di provvedimenti di contenuto non diverso da quelli adottabili dall'amministrazione dei lavori pubblici. 9. -Un breve accenno alla questione di competenza. Ricondotti i provvedimenti, impugnati davanti al Tribunale superiore, al potere dell'amministrazione concedente di provvedere in tema di utilizzazione delle acque, la questione veniva necessariamente a perdere rilievo. La giurisprudenza cui la� Corte si � richiamata risale alle decisioni 9 giugno 1928 (in Acque e trasp., 1928, 206) e 26 novembre 1928 (in Foro it., 1929, I, 212); ad essa avevano fatto seguito, in epoca pi� recente, Cons. stato, 1sez. V, 9 ottobre 1953, n. 608, ��n Foro it., 1'9154, III, 82, �e Cons. Sitato, sez. V, 14 luglio 1956 n. 630, in Acque bonif. costruz., 1956, 383 e Giust. civ. 1956, II, 222. PAOLO VITTORIA PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 445 concorso di predeterminate condizioni, possa pretendere la revisione, sorge per la parte a cui favore le dette condizioni si siano verificate un diritto soggettivo ad ottenere la revisione dei prezzi, con la conseguente possibilit� di adire il giudice ordinario (1). La pretesa dell'.appaltatore di opera pubblica relativa alla revisione dei prezzi, qual � disciplinata dal d.l. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, ha natura di interesse legittimo. Il provvedimento amministrativo sulla revisione, dovendosi considerare caducata, perch� in contrasto con l'articolo 113 della Costituzione, la norma di cui all'art. 5, terzo comma, del d.l. C.p.S. 6 dicembre 1947, n. 1501, � quindi impugnabile dinanzi al giudice amministrativo (2). (Omissis). -Con il suo ricorso il Fasano, instando per l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, de�iuce che il Tribunale sarebbe pervenuto ad escludere la propria giurisdizione attraverso una interpretazione insufficientemente motivata ed erronea dell'art. 3 del contratto d'appalto che, ove esattamente inteso, conterrebbe una deroga alle norme dettate dal citato decreto legislativo del 1947 -deroga esplicitamente ammessa dall'art. 1 dello stesso decreto -e farebbe sorgere a favore di esso ricorrente non gi� un interesse legittimo, rimesso ad una valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione appaltante, ma un vero e proprio diritto soggettivo tutelabile in sede di giurisdizione ordinaria. Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe dovuto interpretare la clausola contrattuale nel senso da lui voluto, considerando che nella detta clausola era previsto persino il procedimento da seguire nella revisione dei prezzi, e tenendo conto del comportamento tenuto dalla Cassa successivamente alla stipulazione del contratto, giacch� essa aveva deliberato a favore di esso ricorrente un aumento in revisione di L. 24.451.000, e su tale somma gli aveva corrisposto prima un acconto di L. 5.700.000 e, poi, dopo la proposizione della domanda giudiziale, un ulteriore acconto di L. 2.378.524. L'assunto � esatto nelle sue implicite premesse di carattere gene rale. Difatti l'art. 1 del d.l. n. 1501 del 1947 fa salvi i patti in contrario intervenuti fra l'appaltante e l'appaltatore in materia di revisione dei prezzi, ed in tal caso -come queste Sezioni Unite hanno pi� volte avuto modo di affermare (v. fra le altre: sent. 26 marzo 1968, n. 933) (1-2) Conf.: Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817, in questa Rassegna, 1974, I, 1278; sez. un., 26 marzo 1968, n. 933, Foro it., 1968, I, 2194. Per gli altri precedenti v. nota di commento a Cass., sez. un., 12 ottobre 1974, n. 2817, Zoe. cit., anche per q�anto concerne la censurabilit� del criterio secondo cui l'inciso � salvo patti in contrario � consentirebbe alla Amministrazione di riconoscere all'appaltatore un diritto soggettivo alla revisione dei prezzi con criteri anche difformi da quelli stabiliti dal regime legale. ! ............~6'~ RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO qualora risulti stabilito che l'una o l'altra parte, nel concorso di predeterminate condizioni, possa pretendere la revisione, sorge per la parte a cui favore le dette condizioni si siano verificate, un diritto soggettivo ad ottenerla e conseguentemente la possibilit� di adire il giudice ordinario. � per� da escludere che nel caso sia stato stipulato fra le parti un patto di tal genere. Ed � da escludere per la preminente e perentoria ragione che l'art. 3 del contratto deve essere interpretato in coerenza con il capitolato speciale che del contratto costituisce parte integrante e sostanziale, e pi� precisamente in coerenza con l'art. 60 del capitolato speciale, dove la revisione dei prezzi � pattuita con riferimento alle norme vigenti -cio� alle norme alle quali il ricorrente assume che il contratto abbia derogato -ed �, inoltre, esplicitamente rimessa alla facolt� dell'amministrazione appaltante, nei confronti della quale l'appaltatore ha, pertanto, non un diritto, ma soltanto un interesse legittimo da..far valere. La controversia rientra quindi nell'ambito di applicazione del decreto del 1947 e la soluzione ne resta affidata alla procedura amministrativa da essa prevista, che sfocia, come atto terminativo, in un provvedimento del Ministro dei lavori pubblici, impugnabile davanti al giudice amministrativo (essendo da considerarsi caducata, perch� in contrasto con l'art. 113 della Costituzione, le norme dell'art. 5, terzo comma, del decreto che ne dichiarava l'insindacabilit�). Nella memoria il Fasano sostiene che almeno nei limiti della somma gi� riconosciuta come dovutagli dalla Cassa egli era divenuto titolare di un diritto soggettivo e che, almeno nei detti limiti, il Tribunale avrebbe potuto esaminare ed accogliere la sua domanda. Codesta tesi, bench� tardivamente formulata, deve essere egualmente presa in esame perch� solleva, sotto un diverso e pi� limitato profilo, la medesima questione della natura e della portata della domanda proposta dall'attore, cio� la questione che, ai fini della determinazione della giurisdizione, queste Sezioni Unite debbono esaminare in tutti i suoi possibili aspetti anche indipendentemente dalle deduzioni delle parti. Essa �, per�, basata su di un presupposto che il diretto esame degli atti processuali rivela inesatto. Invero il Fasano non aveva mai chiesto, neppure in via subordinata, la condanna dell'Amministrazione convenuta al pagamento della somma che, in sede amministrativa era stata liquidata a suo favore, ma aveva chiesto la condanna dell'Amministrazione convenuta al pagamento della maggior somma che riteneva spettargli e che la convenuta gli negava. In altri termini, egli aveva sollecitato un sindacato, da parte del giudice ordinario, della legittimit� della deliberazione amministrativa che aveva determinato la mfsura dell'aumento dei prezzi in revisione, proponendo perci� un'impugnativa che, per quanto gi� si ~o':::!"...~~n poteva e'"" p<opo'ta in "'de di gimisdfaione o<dinarla. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 447 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 aprile 1975, n. 1458 -Pres. Mazzacane -Est. Arienzo -P. M. Gentile (conf.) -Impresa Mambrini (avv. Ambrosio) c. A.N.A.S. (avv. Stato Del Greco). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Onere della tempestiva riserva � Portata e contenuto. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Istituto delle riserve � Carattere generale � Ambito di operativit�. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore � Onere della tempestiva riserva � Quando sussiste � Onerosit� della prestazione per impreviste difficolt� di esecuzione � Richiesta di compenso ai sensi dell'art. 1664, secondo comma, del codice civile � Onere della tempestiva riserva. (R.d. 25 maggio l-895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89; cod. civ., art. 1664, secondo comma). Appalto -Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste dell'appaltatore Onere della tempestiva riserva � Eccezioni. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Maggiori richieste� dell'appaltatore � Onere della tempestiva riserva � Forma � Equipollenti �Inammissibilit�. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). Appalto � Appalto di opere pubbliche � Sorpresa geologica � Onere della tempestiva riserva � Maggiori richieste dell'appaltatore per fatto colposo dell'Amministrazione � Onere della tempestiva riserva. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89; cod. civ., art. 1664, secondo comma). Appalto � Appalto ~ opere pubbliche � Contabilit� provvisoria dei lavori .' Maggiori richieste dell'appaltatore � Onere della tempestiva riserva. (R.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 36 e segg., 54 e segg., e 89). Nell'appalto di opere pubbliche l'appaltatore, ove intenda contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall'amministrazione, � tenuto ad iscrivere apposita riserva nel registro di contabilit� o in altri documenti contabili; ad esporre poi, nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO somma; ed a confermare, infine, la riserva nell'atto della sottoscrizione del conto finale (1). Nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche le statuizioni relative alla necessit� di tempestiva formulazione e successiva quantificazione, nel registro di contabilit�, delle richieste dell'appaltatore rivestono carattere generale e comprendono, quindi, tutte ~e pretese tali da incidere sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che siano le componenti e i titoli di esse (2). In tema di contabilit� dei lavori di esecuzione delle opere pubbliche, l'onere della riserva non riguarda solo pretese che traggano origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori eseguiti, ma ri-� guarda anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori eseguiti, qualunque ne sia il titolo, e quindi anche l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma dell'art. 1664 del codice civile, quando nel corso dell'opera si manifestino determinate difficolt� di ese�uzione non previste dalle parti, che rendano� notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore (3). Il principio della tempestivit� delle riserve che l'appaltatore di opere pubbliche deve formulare riguardo a tutte le pretese incidenti sul compenso complessivo spettantegli riveste carattere generale con le sole eccezioni: a) dei fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; b) del comportamento doloso o gravemente colposo della pubblica amministrazione nell'eseguire adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e sia, quindi, indifferente con le finalit� delle riserve; c) dei fatti cosiddetti �continuativi�, quando ovviamente l'appaltatore non abbia potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi a lui pregiudizievoli la percezione della foro incidenza economica (4). Nell'appalto di opere pubbliche le riserve dell'appaltatore non sono surrogabili n� possono formularsi in forme diverse da quelle stabilite dalla legge o desumersi aliunde (nella specie � stato escluso che alla e che la decadenza sia impedita dal riconoscimento, da parte del direttore dei lavori, della maggiore onerosit� dei lavori) (5). (1-7) La decisione ribadisce i princ�pi, ormai consolidati, sul carattere generale dell'istituto della riserva e sulla ricorrenza del relativo onere per tutte le richieste che possano comunque riflettersi in una maggiore spesa per l'amministrazione appaltante. Cfr.: Cass., 10 gennaio 1974, n. 78, in questa Rassegna, 1974, I, 259; 3 ottobre 1973, n. 2486, ivi, 1973, I, 981; sez. un., 25 luglio 1973, n. 2168, ibidem, 979; 12 marzo 1973, n. 677; ibidem, 458; sez. un., 20 giugno 1972, n. 1960, ivi, 1972, I, 862; 5 maggio 1972, n. 1355, ibidem, 508, e commento e richiami nelle rispettive note. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 449 Gli oneri dipendenti da sorpresa geologica non sono esenti dall'obbligo della tempestiva riserva, in quanto importano una maggiore spesa; ed � irrilevante distinguere tra sorpresa per fatto assolutamente imprevedibile o per preteso difetto progettua!e, poich� l'appaltatore � tenuto a proporre tempestiva riserva anche nel caso di colpa dell'Amministrazione (6). Nell'appalto di opere pubbliche l'appaltatore ha l'onere della tempestiva proposizione della riserva anche nel caso di contabilizzazione provvisoria dei lavori o di errore nella determinazione dei prez;zi (7). (Omissis). -Con i cinque motivi di ricorso, che possono, per la loro connessione, essere congiuntamente esaminati la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli� articoli: A) 54, 22 e 23 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, in relazione agli artt. 11 e 41 del capitolato generale di appalto dei ll.pp. approvato con d.m. 28 maggio 1895; 2966, secondo comma, cod.' civ., e 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., affermando che la decadenza, di cui all'art. 54 cit., prevista in funzione della certezza delle registrazioni contabili contro le quali non sia stata avanzata riserva, non operava, nel caso concreto, perch�: 1) il comportamento della direzione dei lavori, del compartimento di viabilit� di Cagliari e del collaudatore costituivano causa impeditiva della decadenza atteso che il riconoscimento del fatto (sbancamento della roccia da mina) implicava acquiescenza al diritto; 2) l'appaltatore, con lettera 9 gennaio 1962 all'A.N.A.S., aveva sollevata la contestazione in ordine alla percentuale di roccia rinvenuta nella fase esecutiva; 3) la funzione del sistema legale delle contabilizzazioni dei lavori non era quella, ritenuta dalla sentenza impugnata, di apprestare alla P.A. un mezzo di costante controllo del costo dell'opera appaltata; B) 1164, secondo comma, cod. civ., 5 e 54 reg.to 25 maggio 1895, n. 350, con riferimento all'art. 360, nn. 3 e1 5, cod. proc. civ., sostenendo che la sentenza impugnata avrebbe errato nel non ritenere che la roccia, Nella sentenza in rassegna � ribadito, in particolare, che l'onere della riserva assume rilievo anche per i compensi richiesti per impreviste difficolt� di esecuzione che rendano pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore (art. 1664, secondo comma, del codice civile) e anche nel caso di contabilizzazione provvisoria dei lavori (con affermazioni di principio mancata riserva possano supplire lettere indirizzate all'amministrazione gi� contenute, in particolare, nella sentenza 10 gennaio 1974, n. 78 della Corte di cassazione, Zoe. cit.). 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella percentuale rinvenuta nella fase di esecuzione dei lavori, costituisse un fatto imprevedibile di sorpresa geologica, sottratto all'onere della tempestiva riserva in contabilit�; C) 1337 e 1126 cod. civ., in relazione agli artt. 5 r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 360, n. 5 e 112 cod. proc. civ., osservando che la Corte di merito ha omesso di decidere sul tema della responsabilit� dell'A. N.A.S. per trasgressione del principio di diligenza e buona fede nella fase precontrattuale, fatto che rendeva irrilevante qualsiasi eventuale negligenza dell'appaltatrice; D) 30 capitolato generale delle opere pubbliche, in relazione all'art. 350, n. 5, cod. proc. civ., sostenendo che la decadenza non poteva essere comminata riguarda a contabilizzazione provvisoria delle prestazioni dell'appaltatore; E) 1657 cod. civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., affermando che, dopo aver accertato che la clausola contrattuale relativa al prezzo dello scavo era stata erroneamente predisposta, la Corte di merito avrebbe dovuto determinare il corrispettivo con riferimento all'intera prestazione dell'impresa appaltatrice. Le doglianze sono manifestamente infondate. La sentenza impugnata, dopo aver premesso che la contabilit� dei lavori era del tutto regolare, anche se non definitiva, con riguardo alle precise �quantit�� degli scavi effettuati, ha rilevato che l'impresa appaltatrice aveva l'onere di formulare tempestivamente, secondo i principi generali, fin dalla prima registrazione delle unit� di lavoro, le riserve relative non al volume dei materiali rimossi, calcolo effett�abile ed effettuato ad opera finita, bens� ai fatti aggravanti la sua prestazione che avevano avuto incidenza sul costo. Alla chiusura dei primi tre stati di avanzamento le intrinseche caratteristiche del terreno si erano gi� abbondantemente evidenziate ai fini dell'aggravio della prestazione dell'appaltatrice, ed era, quindi, diventato attuale l'onere della riserva sulla �qualit��, riserva che, invece, venne formulata solo a chiusura Da sottolineare, in particolare, l'ovvia quanto opportuna precisazione sulla inammissibilit� di equipollenti della riserva cos� come prescritta dalla legge (e quindi delle lettere a mezzo delle quali risultano spesso, ed irritualmente, formulate le richieste dell'appaltatore) ed il principio secondo cui � l'appaltatore � tenuto a proporre tempestiva riserva anche nel caso di colpa dell'Amministrazione � : principio gi� implicito, del resto, nella precedente affermazione secondo cui il comportamento colposo dell' Amministrazione appaltante pu� rimanere estraneo all'onere della tempestiva riserva dell'appaltatore solo quando si riferisca all'esecuzione di � adempimenti amministrativi� e sempre che �non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e sia, quindi, indifferente con le finalit� delle riserve �. PABTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 451 dello stato successivo dei lavori, con la conseguenza di poter essere con siderata tempestiva ~oltanto relativamente al quantitativo sbancato dopo la chiusura del terzo stato di avanzamento (10 gennaio 1962). E, q�indi, la sentenza ha ritenuto che nel corso dell'opera eseguita dall'impresa Mambrini si manifestarono delle difficolt� derivanti da cause geologiche non previste dalle parti, che resero notevolmente pi� onerosa la presta zione dell'a1w�altatlrfoe, �iandole icosi diritto ad un equo indennizzo se condo l'art. 1664 cod. civ., che poteva essere riconosciuto solo in rela zione ad una parte per l'accertata decadenza dipendente dal ritardo nella formulazione delle necessarie riserve. Le conclusioni suesposte sono ispirate ad esatti principi di diritto, conformi a quelli, pi� volte, enunciati da questo C.S. in tema: di formulazione' di riserve da parte di imprese appaltatrici di opere pubbliche. Nei pubblici appalti il corrispettivo dovuto all'appaltatore si determina mediante l'accertamento e la registrazione, nei documenti contabili dell'appalto, di tutti i fatti che producono spese per l'esecuzione dell'opera. Agli effetti della determinazione dei diritti e degli obblighi . delle parti contraenti hanno decisiva importanza le norme specifiche sulla contabilit� dei lavori, compiuta a cura esclusiva dell'amministrazione (art. 36 e seguenti r.d. 25 maggio 1895, n. 350), nonch� le disposizioni che fissano le modalit� per la proposizione di eventuali pretese dell'appaltatore verso l'amministrazione, che si riferiscano a fatti regi' strati e 'che, comunque, si :risolvano in rliehieste dli ulteido!ri COlffilPensi o indennizzi (art. 54 e seguenti del citato decreto). Principio di massima in materia � che l'appaltatore,. ove intenda contestare ia contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall'amministrazione, sia tenuto ad iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilit� o in altri documenti contabili; ad esporre poi, nel modo e nei termini indicati dalla legge, gli elementi atti ad individuare la sua pretesa, nel titolo e nella somma; ed a confermare, infine, la riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale. In tal senso dispone l'art. 54 citato che, nel contemplare il sistema delle riserve ad opera dell'appaltatore, prevede, in analitica elencazione, il termine (15 giorni decorrenti dalla firma del registro di contabilit�) per l'esplicazione delle riserve e per la formulazione nel registro delle domande di indennit� con l'indicazione precisa delle cifre del preteso compenso e delle ragioni di ciascuna domanda, nonch� il termine e l'obbligo, a carico del direttore dei lavori, di scrivere, nel registro, le sue deduzioni. Ed, infine, dispone che nel caso che l'appaltatore non abbia firmato il registro nel termine prefissatogli oppure, avendolo firmato con riserve, non l'abbia, poi, esplicate, nel modo e nel termine suddetto, si avranno come accertati i fatti registrati e l'appaltatore decadr� dal diritto di far valere, in qualunque tempo e modo, domande che ad esse si riferiscono. 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Dal sistema della legge, nel quale si inseriscono le disposizioni dell'art. 54 cit., risulta che l'attuazione dell'opera pubblica, dalla gara d'appalto alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al loro collaudo, si articola in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni alla cui formazione l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare; ragione .per cui gli � imposto l'onere di contestare immediatamente le circostanze che riguardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste. In tale sistema, le statuizioni relative alla necessit� di tempestiva formulazione e successiva quantificazione, nel registro di contabilit�, delle richieste dell'appaltatore rivestono carattere generale e comprendono, quindi, tutte le pretese tali da incidere sul compenso complessivo spettante all'appaltatore, quali che siano le componenti e i titoli di esse, dovendosi ricercare le ragioni giu. sti:fi.catriici delle preclusioni 6"1Plicite o imtpUcite, 1che a dette statuizioni. il sistema ricollega, nella esigenza della continua evidenza delle spese dell'opera. Tale esigenza rientra nel quadro generale di quelle proprie di un bilancio pubblico in relazione alla corretta utilizzazione ed eventuale tempestiva integrazione (art. 37, lett. c, del citato decreto) dei mezzi finanziari all'uopo predisposti, nonch� alle altre possibili determi: namom dell'amministrazione 1che pOISSono giungere fino all'esencizio della potest� di risoluzione unilaterale del contratto d'appalto (art. 345 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F) di fronte ad un notevole superamento delle !Pl"eWsioni originarie dli 51Pesa, icio� qualora l'onere della ieost:ruzione dell'operia :r~schi dli diventare tirqppo pesante 1P1er la collettivit� in relazione ai suoi scopi intesi come utilit� che a questa dovrebbe derivarne. Tali scopi sarebbero, invero, frustrati se fosse data facolt� all'appaltatore di chiedere il rimborso d.i maggiori oneri a qualsiasi titolo, dOIPO il 1COilliP�Lmento, o dOIPO una notevole proglreSISI�one dell'opera, aumentandosene, in tal modo, il costo in misura tale da infrangere l'equilibrio fra utilit� dell'opera medesima e sacrificio della collettivit�. In r~lazione ai princ�pi che scaturiscono dal cennato sistema questa C.S. ha statuito, in particolare, che in tema di contabilit� dei lavori di �esecuzione delle opere pubbliche, l'onere della riserva non riguarda solo pretese che traggano origine dal modo di rilevamento e di registrazione dei lavori eseguiti, ma riguarda anche richieste di ulteriori compensi e indennizzi per i lavori eseguiti qualunque ne sia il titolo e, quindi, anche l'equo compenso cui l'appaltatore ha diritto, a norma del secondo comma dell'art. 1664 cod. civ., quando nel corso dell'opera si manifestino. determinate difficolt� di esecuzione non previste dalle parti, che rendano notevolmente pi� onerosa la prestazione dell'appaltatore. Il principio della tempestivit� delle riserve che l'appaltatore di opere pubbliche deve PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBL. 453 formulare riguardo-a tutte le pretese incidenti sul compenso complessivo spettantegli riveste carattere generale, con le sole seguenti-eccezioni: A) dei fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di docu mentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera; B) del comportamento doloso o gravemente colposo della P.A. nell'eseguire adempimenti amministrativi, quando non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e sia, quindi, indifferente ..con le finalit� delle riserve; C) dei fatti cosiddetti �continuativi�, quando ovviamente l'appaltatore ,non abbia potuto ancora trarre dal ripetersi degli episodi a lui pregiudizievoli. la peroezi-0ne dlella loro incidenza economtca (Cas1s., 10 .gennaio 1974, in. 78). Nel caso di specie non si contesta che le riserve non furono sollevate nel termine e nel modo previsti dalla legge, ma si sostiene che per effetto della sussistenza di equipollenti non si � verificata la decadenza di legge, obliterando che questa � comminata proprio in relazione all'inosservanza delle previste formalit� atteso che dal suesposto sistema emerge, con tutta evidenza, che le riserve non sono surrogabili n� possono for.mlarsi in forme diverse da quelle stabilite dalla legge o dedUll" Si aiiunde. Pertanto, le (pl1ime due .censure del !Primo motivo sono inconferenti e cosi pure la terza, relativa alla ratio del sistema legale delle contabilizzazioni, che, oltre ad essere irrilevante � smentita dalla necessit� sopracennata della continua evidenza dell'entit� della spesa dell'opera pubblica. Debbono, quindi, disattendersi le censure del secondo e del terzo motivo con le quali si deduce che la sorpresa .geologica rendeva inope rante l'onere della riserva nei confronti dell'impresa, atteso che non avendo I'A:inministrazione eseguiti approfonditi saggi sulle aree inte ressate dall'opera, le difficolt� geologiche costituivano evento non pre visto, ma prevedibile per l'Amministrazione, la quale doveva rispondere per responsabilit� precontrattuale. Siffatta prospettazione introduce una non consentita nuova imposta zione della lite, diversa da quella svolta in sede di merito, relativamente ad una pretesa responsabilit� colposa della P.A. anche nella fase pre contrattuale, che, gi� nella sua enunciazione, � in contraddizione con l'accertata circostanza della sorpresa geologica riconosciuta dalla sen tenza impugnata ed in contrasto con la sopraricordata disciplina generale in quanto anche gli oneri dipendenti da sorpresa geologica non sono esenti dall'obbligo della riserva. Anche questi importano una maggiore spesa ed � irrilevante distinguere tra sorpresa per fatto assolutamente imprevedibile o per preteso difetto progettuale, poich�, anche nel caso di colpa dell'Amministrazione, l'appaltatore � tenuto a proporre tempe stiva riserva per le sue domande. La sorpresa geologica, che si ebbe 454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nel caso in esame, non pu� riportarsi neppure nella terza ipotesi delle eccezioni all'obbligo delle riserve indicate nella cennata sentenza di questa C.S. in quanto l'impresa ricorrente nello sbancamento della roccia, non prevista nella quantit� e continuit� effettivamente trovata, conosceva esattamente, per ogni stato di avanzamento dei lavori, l'esatta incidenza della maggiore spesa che poteva essere riportata nel registro di contabilit� nelle forme di legge. Infondati sono anche il quairto ed il quinto motivo p.eir il piri:nJCipio della necessit.� delle riserve che debbono essere elevate dall'appaltatore nel registro di contabilit� anche nel caso di contabilizzazioni provvisorie e di erroneit� nella determinazione del prezzo di scavo. -(Omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 20 novemb:r;e 1973, n. 2207 -Pres. Toro -Rei. Scotti -P. M. De Andreis (conf.) -Rie. Pieraccini. Procedimento penale � Spese giudiziali in materia penale � Compensazione delle spese � Natura � Impugnazione dell'imputato e della parte civile � Rigetto � Compensazione delle spese � Inammissibilit�. (Cod. prc. pen., artt. 3 e 2, 489, 523, 537). La compensazione deUe spese � istituto eccezionale rispetto all'ordinamento processuale penale ed � ammessa nel solo caso previsto dal comma secondo dell'art. 382 cod. proc. pen. Pertanto l'impugnazione dell'imputato, rendendo possibile l'intervento della parte civile nel giudizio di grado superiore, se dichiarata infondata, non pu� consentire la compensazione delle spese processuali nemmeno se non sia stata accolta l'impugnazione proposta dalla parte civile (1). (1) La sentenza � conforme alle affermazioni giurisprudenziali in materia di spese processuali alla parte civile. � stato sostenuto infatti in giurisprudenza, che la rifusione delle spese alla parte civile nel giudizio di impugnazione, va posta in relazione col principio della soccombenza e con l'interesse che la parte civile ha di resistere al gravame. Pertanto, quando la parte civile intervenuta nel giudizio di impugnazione per contrastare le questioni sollevate dall'imputato in ordine alla sua ritenuta responsabilit� per il reato commesso, sia riuscita ad ottenere un esito favorevole (nel senso che l'impugnazione dell'imputato non sia stata accolta in termini tali da precludere al danneggiato l'esercizio della azione civile ai sensi dell'art. 25 c.p.p:, anche se vi sia stata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta amnistia, e la parte civile non abbia contestato l'applicazione della causa estintiva), l'imputato, data la sua soccombenza, deve essere condannato al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile (Cass. 18 gennaio 1971 n. 434 in Cass. Pen. Mass. annotato, 1972 p. 374); che nel caso in cui l'impugnazione, proposta dal solo imputato prosciolto con una formula diversa da quelle preclusive dell'azione civile di cui all'art. 25 c.p.p., sia stata rigettata, la correlativa pronunzia, sanzionando l'interesse della parte civile al mantenimento della formula di proscioglimento non preclusiva della riproposizione dell'azione civile in sede propria, costituisce una implicita affermazione di soccombenza a carico dell'imputato. Pertanto l'omessa condanna di quest'ultimo al rimborso delle spese legittima la parte civile, che ha sofferto pregiudizio per tale omis 456 RASSEGRA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione, alla proposizione del gravame per i soli interessi civili (Cass. 19 ottobre 1970 n. 437 ivi p. 375). Il diritto della parte civile al rimborso delle spese relative al giudizio d'impugnazione non deriva, come nel giudizio di primo grado, dalla condanna penale dell'imputato, ma dalla soccombenza dello stesso nei confronti della parte civile, soccombenza che non pu� non essere riconosciuta quando l'impugnazione avverso la sentenza di primo grado, che abbia assolto l'imputato con una formula non preclusiva dell'esercizio dell'azione civile per i danni in sede propria, venga ritenuta non fondata o dichiarata inammissibile (Cass. 20 aprile 1970, n. 439, ivi p. 376). In dottrina, v. GHIARA, L'intervento della parte civile nel giudizio di impugnazione e i limiti al suo diritto al rimborso delle spese in Riv. it. dir. e proc. pen. 1960 p. 984. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 17 aprile 1974, n. 623 -Pres. Ianiri - Rel. Manna A. -P. M. conf. Rie. Dondero. Procedimento penale . Notificazioni �II'imputato detenuto per altra causa non risultante dagli atti � Notificazione eseguita nella residenza privata dell'imputato � Legittimit�. (Cod. proc. pen., artt. 158, 168). La notificazione eseguita nella forma ordinaria all'imputato detenuto per altra causa, il cui stato di detenzione non risulti dagli atti, deve essere ritenuta perfettamente valida in quanto non importa menomazione del diritto di difesa, purch� eseguita alle persone e nei luoghi ove l'imputato ha residenza. Ci� in quanto la notifica in tal modo effettuata deve considerarsi valida a raggiungere l'imputato perch� cade nel suo ambiente di vita col quale lo stato di detenzione non ha reciso ogni legame (1). (1) Nello stesso senso, v. Cass. 20 gennaio 1972 n. 57 in Massimario delle decisioni penali, 1972, p. 372 n. 120445. Non incide su questa giurisprudenza la decisione della Corte Costituzionale 12 febbraio 1970 poich� in quell'occasione era stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale dell'art. 168 c.p.p. II comma nella parte in cui, subordinando l'obbligo della notificazione in mani proprie dell'imputato alla condizione che lo stato di detenzione risulti dagli atti del procedimento, consentiva che all'imputato detenuto la notifica, potesse essere effettuata nelle forme previste dall'art. 170 per l'imputato irreperibile. PARTE SECONDA QUESTIONI Il provvedimento di espropriazione della legge sulla casa Nel:la Rassegna (1973, II, 137) .� 'Starta data notizia della coonplessa situazione giuridica creata dalla legge 22 ottobre 1971 n. 865 in tema di espropriazione per p.u. La legge 27 giugno 1974 n. 247, che con la conversione del d.l. 2 maggio 1974 n. 115 ha introdotto un nuovo comma dell'art. 4 per estendere alle espropriazioni statali e di ogni ente pubblico le norme (del titolo II) della legge sulla casa relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, ha risolto o comunque superato talu1;1i dei problemi, cui si accennava nel suddetto studio pubblicato sulla Rassegna, ma ne ha fatto sorgere altri. . Volendo contribuire alla soluzione di questi, riteniamo opportuno pubblicare i due pareri, resi in proposito dall'Avvocatura Generale dello .Stato e dal Consiglio di Stato e la successiva circolare 21 aprile 1975, n. 2477/61Al del Ministero dei LL.PP., riservandoci di dare notizia degli eventuali ulteriori sviluppi che la problematica potr� avere in campo amministrativo per averne un indirizzo sulla impostazione delle tesi legali sul piano contenzioso. (Parere dell'Avvocatura Generale, Cons. 3964/74) Il Ministero dell'Interno con la lettera 18 ottobre 1974, diretta anche a codesta Presidenza, ha prospettato varie questioni insorte dopo che la legge 27 giugno 1974 n. 247, convertendo in d�.1. 2 maggio 1974 n. 115, ha aggiunto all'art. 4 un comma, con il quale si richiamano le norme del II titolo della legge sulla casa relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione anche per le espropriazioni promosse per opere statali, oltre che degli enti pubblici ivi indicati. La situazione giuridica merita di essere approfondita anche sulla base della circolare 18 ottobre 1974 n. 8107, diramata dal Ministero dei LL.PP. Gabinetto, con la quale la suddetta norma � stata interpretata nel senso di avere esteso a tutte le espropriazioni in essa .indicate, comprese anche quelle statali, le norme del �II titolo della legge sulla casa; e 'inoltre, in correlazione con l'altro comma dello stesso art. 4, di avere attribuito alle Regioni, e per esse -in mancanza di apposite norme regionali -al presidente della giunta regionale la competenza sia per la dichiarazione di p.u., sia per gli altri atti del procedimento espropriativo, compresa l'emanazione del provvedimento di espropriazione e di quelle per l'occupazione di urgenza, anche quando la espropriazione attenga a opere pub 'bliche dello Stato o degli enti pubblici anche non territoriali. Com'� noto, la norma suddetta vuole concludere il tr�vaglio legisla tivo avutosi sulla (estensione della) applicazione del nuovo procedimento espropriativo con l'art. 9 della stessa legge sulla casa e l'art. 1 ter della legge di conversione n. 13 del 1972; e inoltre chiarire i dubbi insorti nella prassi amministrativa in proposito. Il Ministero dei LL.PP. -Gabinetto, gi� con l'altra circolare 8 febbraio 1972 n. 881, ritenne che al nuovo pro cedimento espropriativo dovesse essere riconosciuta portata generale, cio� per tutte le espropriazioni dello Stato o di enti pubblici. Il Consiglio di Stato invece, con il parere in data 22 giugno 1972, ritenne tale procedi mento applicabile solo per le espropriazioni relative ad opere pubbliche RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di competenza delle Regioni o alle stesse delegate, nonch� degli enti territoriali di cui all'art. 7 del D.C.S. 15 gennaio 1972 n. 8 (assoggettati cio� a vigilanza e controllo delle Regioni). Questa Avvocatura Generale dal suo canto si � nei suoi pareri orientata verso una soluzione intermedia, ponendo l'accento sulle materie dell'edilizia e dell'urbanistica, che formano della legge sulla casa, e ancorando l'applicazione della nuova disciplina espropriativa alle espropriazioni relative alle opere pubbliche relative, sia che rientrino nella competenza dello Stato, sia che rientrino nella competenza di enti pubblici. Pu� sembrare che la nuova disposizione, per la sedes materiae, essendo inserita in un testo legislativo � per accelerare i programmi di edilizia residenziale> (secondo quanto � indicato nel titolo), si riferisca solo alle espropriazioni in materia di edilizia residenziale, dando cos� ragione alla tesi dell'Avvocatura Generale dello Stato mediante interpretazione autentica. In realt�, anche se la sede 1;1on � la pi� appropriata, bisogna riconoscere alla norma una portata del tutto generale, comprensiva cio� di tutte in genere le espropriazioni, e non soltanto di quelle per interventi in materia di edilizia residl;!nziale, dello Stato e di enti pubblici, come risulta: 1) dai lavori preparatori, che in questo caso assumono rilevanza, essendo stata la norma introdotta in sede di discussione parlamentare, che quindi ha fornito I'occas�o leg�s. Risulta dai lavori parlamentari (Atti Camera dei Deputati -VI Legislatura, seduta di luned� 3 dicembre 1973, interventi dell'on. Cusumano, pag. 14838; dell'on. Prearo, pag. 14841; dell'on. Busetto) che la norma risponde al duplice intento di alleviare l'onere pubblico e di creare un sistema unico per tutte le espropriazioni; non solo di quelle in materia di edilizia residenziale, ma anche per la costruzione di strade da parte dell'ANAS, di ferrovie ecc.; 2) dal tenore della norma, formulata in modo cos� generale e comprensivo da abbracciare tutte le espropriazioni � comunque preordinate alla realizzazione di opere o di interventi � dello Stato o di enti pubblici; 3) dal fatto che lo stesso testo di legge (ad esempio nel modificare il �primo comma dell'art. 3 del decreto-legge), allorquando ha voluto riferirsi agli interventi di edilizia residenziale statali o regionali, lo ha detto espressamente. La nuova disposizione viene cos� a seguire apparentemente l'indirizzo della circolare 8 febbraio 1972 del Ministero di LL.PP. poich� in realt� limita l'applicazione generale della disciplina della legge sulla casa alle sole norme � relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione �. Relativi alla determinazione dell'indennit� di espropriazione sono cer tamente gli art. 16 e 17 della legge sulla casa, che fissano i criteri relativi; ma anche quelle ad esempio, che prevedono la competenza dell'U.T.E. sia nel fissare il valore agricolo medio annuale (art. 16), sia nel rivedere le indennit� provvisorie non accettate (art. 15); l'art. 18, che demanda ai comuni di delimitare i centri edificati; l'art. 19, �he prevede l'opposizione giudiziaria davanti la Corte di Appello: in altri termini tutte le norme, che stabiliscono criteri e modalit� (cio� procedimento) per determinare l'indennit� di espropriazione. Attiene a questa stessa fase procedurale anche l'indicazione d~ll'indennit� provvisoria, prevista nell'art. 11, la quale altro non � che l'applicazione all'area soggetta ad espropriazione dei valori fissati in via generale nell'art. 16, va fatta in sede di dichiarazione di p.u. o atto equiparato, e pu� dar luogo, se non accettata, a revisione dell'U.T.E. Ma gi� a proposito della indicazione provvisaria, non si pu� non dissentire dalla circolare 18 settembre 1974 del Ministero dei LL.PP., che, pur non PARTE II, QUESTIONI parlandone esplicitamente, mostra per� di ricomprenderla nella competenza generale, che vorrebbe riconoscere al presidente della giunta regionale anche per le espropriazioni statali o di enti pubblici nazionali. In 1.1ealt� la competenza regionale stabilita in proposito con il suddetto art. 11 � venuta meno in virt� del successivo art. 25 (e il rinvio al II titolo della legge sulla casa comprende anche questa disposizione), sostituita dalla competenza statale per le espropriazioni (statali o di enti pubblici� nazionali) attribuite alla competenza statale. Peraltro il dissenso della suddetta circolare non pu� non essere pi� profondo �e radicale, poich� in essa si vogliono sottrarre alla competenza statale ed attribuire alla competenza regionale anche l'emanazione dei decreti di espropriazione nonch� di occupazione di urgenza per opere pubbliche statali o di enti pubblici nazionali. Non � molto chiaro l'ordine logico seguito per pervenire a una tale conclusione, ma, quale che esso sia, non pu� sopprimere il fatto obbiettivo che il rinvio operato con la disposizione della legge del 1974 � fatto soltanto a qu,elle norme del II titolo della legge sulla casa, che si riferiscono � alla determinazione dell'indennit� di espropriazione �, non anche alle altre relative al procedimento di espropriazione vero e proprio, e men che mai al procedimento per l'occupazione di urgenza, per i quali si sono volute evidentemente mantenere in vita la disciplina generale o le discipline speciali, che li riguardano. A stretto rigore il rinvio non riguarda nemmeno la determinazione per l'indennit� di occupazione, prevista dall'art. 20, e solo un'interpretazione estensiva pu� pervenire all'applicazione anche di questa norma, sulla base di una duplice considerazione: che essa � considerata come collegata con l'indennit� di espropriazione, e che in definitiva corrisponde agli interessi del 5% su tale indennit�, che gi� per l'innanzi erano riconosciuti per un tale titolo. Nella circolare ministeriale si fa leva sull'altro comma del decretolegge n. 115 del 1974, che peraltro stabilisce la competenza del presidente della giunta regionale (in mancanza di norme regionali diverse) per i procedimenti (di espropriazione o di occupazione di urgenza) �di competenza della Regione �. Tali sono quelli indicati nell'art. 3 del D.C.S. 15 gennaio 1972, n. 8 e nell'art. 6 dell'altro decreto legislativo n. 1036 del 1972, cio� relativi a opere pubbliche delle Regioni o alle stesse delegate, ma nessuna norma di legge attribuisce alla competenza regionale, nemmeno delegata, la espropriazione per opere pubbliche statali non delegate o per opere pubbliche di enti pubblici a carattere nazionale. Merita infine che si superino le incertezze manifestate nella suddetta circolare ministeriale sul carattere interpretativo o innovativo della nuova disposizione, prendendo posizione a favore del carattere innovativo. Il dibattito avutosi in precedenza sulla (estensione della) applicazione della nuova disciplina espropriativa della legge sulla casa poteva fornire lo spunto per l'emanazione di una norma interpretativa; ma in realt� il legislatore ha risolto tale dibattito non gi� riconducendo le espropriazioni considerate dalla nuova disposizione nell'alveo di una applicazione integrale della disciplina della legge sulla casa, ma creando un nuovo sistema, in virt� del quale tutte le espropriazioni -sia quelle, per le quali si discuteva se rientrassero oppure no nell'ambito della disciplina della legge sulla casa, sia le altre -sono ora soggette alle norme di questa legge per quanto concerne la determinazione dell'indennit� di espropriazione e invece alle precedenti norme sue proprie (della legge generale del 1865 o delle varie leggi speciali) per quanto concerne i (veri e propri) procedimenti di espro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO priazione o di occupazione di urgenza (e corrispondenti competenze ammi nistrative). E tale nuovo sistema non pu� avere che carattere innovativo. Esaminati cosi la disposizione, e il nuovo sistema con essa instaurato, nelle loro linee generali, possono prendersi in considerazione taluni aspetti particolari, segnalati dal Ministero dell'Interno nella sua lettera, che non risultino superati o risolti con la precedente esposizione. Uno � quello della competenza e delle modalit� per l'ordine di deposito e pagamento dell'indennit�, dopo che la competenza del presidente della giunta regionale, stabilita con l'art. 11, � venuta meno in virt� dell'art. 25 della legge sulla casa. Il Ministero dell'Interno � propenso a ritenere che anche questo adempimento attenga alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, e .torni applicabile quindi il suddetto art. 11, con la sosti tuzione per� della competenza prefettizia (allorch�, s'intende, gli adempi menti amministrativi per l'espropriazione sono di competenza del Prefetto) a quella ormai cessata dal presidente della giunta regionale. Questa Avvo catura Generale non � molto persuasa di una tale soluzione, del resto pro spettata dal Ministero in via di mera ipotesi; ed � portata invece a propen de;re per la soluzione, anch'essa affacciata dal Ministero, della competenza giudiziaria in base alla legge 20 marzo 1968, n. 391. � difficile ricondurre l'ordine di deposito o pagamento fra le operazioni per la determinazione delll'mdenm.iit� idi :espropriazi-one, ipotch� ies�so presup pone un'indennit� gi� determinata e non solo in corso di determinazione, e d'altro canto � predisposto non gi� a questo fine, ma al fine della emanazione del provvedimento di espropriazione, e sicch� � pi� verosimile che attenga invece al procedimento di espropriazione vero e proprio. Ma poi, anche a voler porre l'ordine di deposito o pagamento nel novero delle operazioni rivolte a determinare l'indennit� di espropriazione, da considerarsi quindi al lume degli artt. 11 e 25 della legge sulla casa, � difficile anche affermare che, venuta meno la competenza del presidente della giunta regionale, possa dirsi sostituita da quella prefettizia, mentre � pi� agevole ritenere che, essendo la competenza del presidente della giunta �regionale delegata e temporanea, si sia venuta alla sua cessazione a ripri stinare quella giudiziaria. Come si vede, comunque la questione voglia essere riguardata, la solu zione c<mduce in ogillii caiso ad affiermaxe ila competeJI12la dehl.'arutorit� .giu diziaria, a meno che le evidenti ragioni di semplificazione amminil!ltrativa non inducano a fare leva sul parere del Consiglio di Stato, 25 giugno 1970, n. 1782, che ha ritep.uto non tanto rilevante giuridicamente l'ordine di deposito e. pagamento quanto il fatto obbiettivo che vi sia provveduto, .che costituisce la condizione per far luogo alla emanazione del decreto di espropriazione. La determinazione dell'indennit� di espropriazione comprende invece, come si � gi� accennato, la revisione demandata, in caso di mancata accettazione, all'U.T.E. in base all'art. 15, e l'opposizione giudiziaria (davanti alla Corte di Appello) in base all'art. 19. Il sistema cos� realizzato esclude che si faccia ricorso alla perizia gii.tdiziale, operandosi la determinazione dell'indennit� in via amministrativa (come avviene ad esempio per le espropriazioni ferroviarie ovvero per quello dei piani di zona della legge n. 167/1962). Il che non incide sulla (ulteriore) possibilit� di emanare il decreto di espropriazione, la quale � subordinata non tanto alle modalit� richieste per determinare l'indennit� di espropriazione, quanto al deposito o pagamento della stessa. PARTE II, QUESTIONI Volendo a questo punto suggerire, per seguire l'esempio del Ministero dell'Interno, i lineamenti dell'intero procedimento di espropriazione, converr� tenere presente la disciplina generale della legge del 1865, salvi gli adeguamenti che nei singoli casi occorre fare in base alle varie norme speciali. A. -Dichiarazioni di p.u. Per essa occorre rifarsi, anzich� agli art. 10-11 della legge sulla casa, ai capi I e II del titolo primo della legge generale del 1865 (quando non ricorra l'ipotesi della dichiarazione implicita di p.u.). B. -Designazione dei beni da espropriarsi. Si condivide l'avviso del Ministero dell'Interno sull'applicazione del capo III della stessa legge. C. -Determinazione e offerta dell'indennit� di espropriazione. Se ne � parlato diffusamente innanzi; e solo conviene aggiungere che si conviene con il Ministero nel ritenere che tali operazioni debbano essere compiute insieme o successivamente con l'ordine di esecuzione del piano, di cui alla precedente lettera C. Per precisione peraltro occorre tenere presente che per l'art. 11 della legge sulla casa l'indicazione dell'indennit� di espropriazione � un elemento della dichiarazione di p.u., e occorre domandarsi se debba essere necessariamente inserita in questa ovvero possa essere fatta in sede di ordinanza per l'esecuzione dl piano; il che, da un punto di stretto diritto, equivale a stabilire se debba prevalere la disciplina che per la legge generale del 1865 � propria della dichiarazione di p.u. ovvero quella che per l'art. 11 della legge sulla casa � propria della determinazione (e indicazione) dell'indennit� di espropriazione. Pur essendo questa Avvocatura Generale incline a favore della prima soluzione (venendo in discussione contenuto e legittimit� della dichiarazione di p.u.), tuttavia ragioni di tuziorismo consigliano di superare ogni incertezza sul piano amministrativo e pratico, fac�ndo possibilmente confluire dichiarazione di p.u. e ordine di esecuzione del piano in un unico atto, che contenga anche l'indicazione dell'indennit� di espropriazione. D. -Accettazione dell'indennit� prov\>'isoria e cessione volontaria (art. 10 della legge sulla casa e 6 del decreto legge n. 115/1974). Non vi � dubbio che la cessione volontaria possa aver luogo nei limiti stabiliti dalle norme suddette quanto all'entit� del prezzo, commisurata alla (prevista) indennit� di espropriazione, maggiorata del 30%. Il problema � se dopo l'accettazione il prefetto possa proseguire nell'espropriazione ovvero venga meno il suo potere. Peraltro tale problema viene risolto in modo analogo negli art. 25 e 29 della legge del 1965 e nell'art. 12, primo comma della legge sulla casa, unica differenza essendo che nel primo caso l'offerta viene fatta da chi promuove l'espropriazione e n:el secondo dall'autorit� che dichiara la p.u: : Ma in ambedue il procedimento di espropriazione resta sospeso in attesa dell'atto di trasferimento .(che la giurisprudenza ha definito con riguardo agli accordi amichevoli dell'art. 25. come contratto di diritto pubblico). Coine � noto, gi� gli art. 25 e 29 della legge del 1865 ponevano un termine di 15 giorni� per gli accordi amichevoli, che per� non � mai stato considerato perentorio; come pu� ritenersi per il termine di 30 giorni previsto nell'art. 12 per la cessione volontaria. Nulla vieta perci� che il procedimento di esproprio resti sospeso anche oltre i termini suddetti, sulla base di una prudente valutazione e salvo che la parte pi� diligente lo riattivi. E. -Ordinanza di pagamento o deposito. Non pu� che farsi riferimento a quanto si � detto innanzi. Vi � solo da aggiungere che, anche indi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pendentemente da quanto prescrive la legge n. 391/1968, nulla vieta che si condizioni l'ordine di pagamento diretto alla condizione di una adeguata garanzia, potendo questo come in genere ogni atto amministrativo assoggettato a condizione (e quindi essere revocato o sostituito con l'ordine di deposito in caso che la condizione non si avveri). F. -Espropriazione. Vanno osservate le norme del capo V della legge del 1865 e l'espropriazione � disposta indipendentemente dalla perizia giudiziale, ma sulla base dei certificati comprovanti il deposito o il pagamento (art. 48). L'ultimo quesito prospettato dal Ministero dell'Interno � quello di diritto transitorio. Se deve ritenersi che la nuova disposizione abbia carattere innovativo, secondo l'avviso innanzi espresso, essa non pu� essere applicata per quei procedimenti che si sono conclusi, alla data della sua entrata in vigore, con l'emanazione del decreto di espropriazione. Si applica invece ai proce.. dimenti in corso, in virt� del principio che l'indennit� di espropriazione va determinata con riguardo al momento in cui si opera la espropriazione, si realizza cio� il sacrificio del diritto di propriet�, che ~ il fondamento per il corrispettivo della indennit� �li espropriazione. Una deroga pu� ammettersi nel caso che sia gi� intervenuta l'accettazione detll',inderundlt� offetria dall'altra parte (al't. 25 delilia iLeg~e del 1'865), a causa del realizzato incontro di volont� (sicch� ad esempio la deroga non sussiste allorch� l'offerta prevenga non gi� dall'altra parte, ma dall'autorit� che procede all'espropriazione, come ad esempio per i piani di zona in base alla legge n. 167 /1962). Altra deroga � quella degli accordi (davanti al Sindaco) considerati nell'art. 26 della legge del 1865, per lo stesso ordine di considerazioni. Vi � poi l'ipotesi particolare, fatta nella lettera del Ministero, di accettazione da parte di alcune soltanto delle ditte soggette ad espropriazione. Pur tenendo conto dei profili equitativi per possibili sperequazioni, segnalati dal Ministero, tuttavia non si pu�, da un punto di vista di stretto diritto, non ritenere che le espropriazioni non concluse con accettazione o accordo amichevole cadono sotto l'impero della nudva disciplina, e le indennit� vanno revisionate in base ai nuovi criteri. In realt� i rilevanti profili equitativi possono essere superati considerando che la situazione non � diversa allorch� per le espropriazioni non concluse consensualmente venga promossa opposizione giudiziaria, sulla quale nessuna influenza pu� spiegare la sistemazione consentuale delle altre. Per le espropriazioni in corso pu� presentarsi il problema dell'ulteriore svolgimento, allorch� sia gi� intervenuta, sulla base della precedente disciplina, perizia giudiziale e magari ordine dell'autorit� giudiziaria per il pagamento o il deposito della stessa. Invero, se ancora non sono intervenuti tali adempimenti, non vi � alcun ostacolo per avviare la determinazione dell'indennit� di espropriazione in base alla nuova disciplina. Ma il problema sorge allorquando, tale determinazione e magari l'ordine di deposito e pagamento essendo intervenuti in base alla precedente disciplina, occorre domandarsi come debbano essere modificati in base alla nuova. In effetti lo stesso problema si � gi� presentato in sede di prima applicazione della legge sulla casa; e, avendo la Gescal richiesto all'autorit� giudiziaria di modificare l'ordine di deposito o pagamento in base alla revisione della indennit� di espropriazione, si sono avute pronunzie discordanti, in alcuni casi essendosi fatto luogo alla modificazione, in altri casi PARTE II, QUESTIONI essendosi ritenuto che trattavasi di materia, ormai rimessa alle decisioni in sede di opposizione giudiziaria. L'Avvocatura dello Stato si � attenuta a questa seconda soluzione, proponendo opposizione giudiziaria, ma la materia merita di essere meditata dopo che la Corte di Cassazione, con la sentenza 15 gennaio 1974, n. 1651, ha confermato il suo indirizzo, secondo il quale criteri e relative norme menzionate nei provvedimenti di espropriazione non possono essere riveduti dal giudice ordinario, la materia essendo rimessa al giudice amministrativo e potendo essere riesaminata in sede di autotutela. Non che un tale indirizzo giurisprudenziale possa valere in tutti i casi, e non mancano elementi per sostenere che esso non pu� essere invocato allorch�, essendo in discussione una questione di diritto transitorio, fondata sulla successione delle leggi nel tempo, si tratti in effetti di stabilire la norma obbiettiva applicabile. Ma, poich� il procedimento di espropriazione � ancora in cori:;o, motivi di tuziorismo inducono ad assumere un atteggiamento pi� prudente: di rivedere in sostanza la determinazione, in via amministrativa, dell'indennit� di espropriazione, provocando, ove sia necessario, un nuovo ordine giudiziario per il deposito o pagamento. In tale modo sar� oltretutto possibile porre l'autorit� giudiziaria di fronte all'alternativa; di emanare un nuovo ordine di deposito o pagamento (sulla base della indennit� di espropriazione, rideterminata in via amministrativa), ovvero di consentire che la questione vada rimessa al giudice di opposizione giudiziaria. ' I vari problemi esaminati e la loro delicatezza devono convincere sulla opportunit� di mettere a punto, mediante appropriato coordinamento, la applicazione del nuovo sistema instaurato con la legge n. 247/1974, anche prima, per il loro carattere di attualit�, e indipendentemente dalla riforma generale della normativa sulla espropriazione per p.u., gi� allo studio dell'Ufficio della Riforma. La presente lettera viene doverosamente inviata per conoscenza anche. al Ministero LL.PP. -Gabinetto; e inoltre al Ministero dei Trasporti, con il quale si � gi� avuto occasione di esaminare taluni dei problemi suddetti. (Parere del Consiglio di Stato 31 gennaio 1975, n. 25, 1974). Esaminati gli atti ed udito il relatore; Ritenuto: Nella citata relazione, il Ministero dei lavori pubblici ricorda che il Consiglio di Stato, nel parere di Commissione speciale 24 giugno 1972, n. 786, aveva avvisato nel senso della applicabilit� integrale del titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, per le opere pubbliche di competenza delle Regioni a statuto ordinario, o ad esse delegate; mentre per le opere di competenza dello Stato conservano vigore la legge 25 giugno 1865, n. 2359 e successive modificazioni ed, eventualmente, quelle delle leggi speciali. Per le nuove costruzioni ferroviarie, lAmministrazione continu� pertanto ad applicare la . legge n. 2359, cit., nonch� la legge sul risanamento di Napoli, 15 gennaio 1885, n. 2892, richiamata dalla legge 7 luglio 1907, numero 429. Alcune perplessit� sono per� sorte con l'entrata in vigore della legge 27 giugno 1974, n. 247 (conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 2 maggio 1974, n. 115, recante norme per accelerare i programmi di edilizia residenziale) con cui � stabilito (art. 4). �Le disposizioni contenute nel titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, relative alla determinazione 32 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'indennit� di espropriazione, si applicano a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere e di interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle provincie, dei comuni, o di altri enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali �. Questa disposizione, secondo l'Amministrazione riferente, parrebbe da intendere come limitata alla sola determinazione dell'indennit�, con la conseguenza che le Amministrazioni dello Stato, dopo eseguite le pubblicazioni di cui all'art. 10, legge n. 865, cit., dovrebbero rivolgersi al presidente della Giunta regionale, affinch� il medesimo indichi le indennit� da corrispondere agli espropriati, onde procedere alle ulteriori incombenze. Dubbi, per�, sorgevano: a) per la duplicit� dei soggetti che interverrebbero nel medesimo procedimento amministrativo (organo statale ed organo regionale); b) perch�, nel citato parere del Consiglio di Stato, si considerarono inscindibili le norme determinanti la competenza ed il procedimento, e quelle concernenti la determinazione dell'indennit�; c) perch� nel sistema della legge n. 247, cit., la pubblicazione degli atti, al contrario che nella legge del 1865, non � accompagnata dall'offerta dell'indennit�, la cui determinazione � invece riservata al presidente della Giunta regionale. L'Amministrazione riteneva altresi opportuno che fosse chiarita la condotta da seguire quando si fosse gi� provveduto alle pubblicazioni, ed all'offerta dell'indennit�. Nessun dubbio, essa diceva, che debbansi pagare le indennit� gi� concordate con gli esproprianti, mediante sottoscrizione degli appositi verbali. Per le indennit� invece non accettate, e, sopratutto, dove fosse in corso la perizia giudiziaria, v'� l'alternativa di completare la procedura secondo le norme� inizialmente utilizzate, o di rinnovarla dando corso alle pubblicazioni giusta l'art. 10 della legge n. 865, cit. Su tali quesiti, il Ministero dei lavori pubblici chiede il parere del Consiglio di Stato. Con successi�va ne>ta, 15 gennaio 1975, 111. 323/Gab., fil Minilstro dei 1Jarvori pubblici, premesso che organi dipendenti ed altre amministrazioni dello Stato avevano esposto dubbi e perplessit� circa la detta normativa, nonch� a proposito della circolare del Ministero stesso, 18 ottobre 1974 (numero 8107/61/A-1), trasmetteva, a completamento della relazione, la citata circolare; la nota di �delucidazioni� 30 ottobre 1974, n. 8327/23; due note, 18 ottobre 1974 e 9 novembre 1974, ed un marconigramma circolare 7 novembre 1974, tutti n. M/4124/11, del Ministero dell'interno, Direzione generale Affari generali e Personale; il parere della Avvocatura generale dello Stato, 26 novembre 1974, n. 2722; e una relazione riepilogativa dell'Ufficio studi e legislazione del Ministero dei lavori pubblici al Capo di Gabinetto del Ministro, in data 15 gennaio 1975, n. 224. Considerato : L'art. 4 del decreto-legge 2 maggio 1974, n. 115, convertito, con modifi cazioni, in legge 27 giugno 1974, n. 247, consta di due commi, il primo dei quali inserito, per iniziativa parlamentare, con la legge di conversione, ed il secondo in tale sede lievemente modificato, talch� il testo in vigore � il seguente: Le disposizioni contenute nel titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione, si applicano a tutte le espropriazioni comunque preordinate alla realizzazione di opere �O di interventi da parte dello Stato, delle regioni, delle provincie, dei comuni o di altri enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali. PARTE II, QUESTIONI In carenza di apposite norme regionali, il presidente della giunta della regione pronuncia i decreti di espropriazione e.di occupazione di urgenza e compie gli atti dei relativi procedimenti di competenza della regione. La norma si inserisce dunque nel sistema della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sulla quale il Consiglio di Stato; col parere di Commissione speciale 24 giugno 1972, n. 786, espresse l'avviso: -che detta legge ha camttere � speciale �, ed � applicabile, in deroga alla legge generale sull'espropriazione per causa di pubblica utilit�, 25 giugno 1865, n. 2359, ed alle altre leggi speciali preesistenti, solo nelle materie in essa espressamente considerate (art. 9, legge n. 865, cit., ed art. 1 legge 25 febbraio 1972, n. 13); -che essa si applica solo ad opera di competenza delle regioni, o alle stesse delegate (art. 3, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8); -che (salvo espresse deroghe legislative, alcune delle quali erano citate) dovessero essere considerate inscindibili le disposizioni del titolo II, concernenti il procedimento e la determinazione delle indennit�. La Commissione, riesaminato il detto parere in rapporto alla legge sopravvenuta, ritiene che tutte le massime sopra riassunte conservino attuale valore. L'estensione della � determinazione dell'indennit� � ai sensi della legge n. 865 cit. a tutte le espropriazioni preordinate ad opera dello Stato e degli enti pubblici territoriali o non territoriali, non trasforma la norma speciale. in norma generale. Il fondamento costituzionale dell'espropriazione non risiede nella qualit� � pubblica � dell'espropriante, bensi nei � � motivi d'interesse generale� dell'iniziativa (art. 42, terzo comma, Cost.), ed � infatti ben noto che un'espropriazione pu� essere promossa anche da un soggetto privato (esempio: art. 83 t.u. 30 giugno 1967, n. 1523, delle leggi sul Mezzogiorno). L'art. 4 cit. non introduce dunque una norma �generale., bens� estende una norma � speciale � ad un ulteriore gruppo di potenziali esproprianti, mentre la norma potrebbe dirsi generale, sol quando abbracciasse ogni possibile ipotesi di soggetto espropriante. L'attuale secondo comma dell'art. 4 non apporta alcun sussidio alla tesi, secondo cui con tale disposizione si sarebbe voluto attribuire �alle regioni una competenza generale in tema d'espropriazione per pubblica utilit�, anche per le opere e gli interventi promossi dallo Stato. Il contenuto della norma � ben modesto. La legge n. 865 cit. manteneva espressamente ferma, per i decreti d'espropriazione e di occupazione d'urgenza, la competenza dei prefetti (art. 13, ed art. 20). L'art. 3 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, trasfer� alle Regioni le competenze degli organi centrali e periferici dello Stato in materia espropriativa � per le opere di competenza delle regioni stesse e per quelle ad esse delegate con il presente decreto �. L'art. 6 d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, emanato in base a delega contenuta nello art. 8 della legge n. 865, cit. (�norme per la riorganizzazione delle amministr�zioni e degli enti pubblici operanti nel settore dell'edilizia residenziale �) raccord� i due testi, del 1971 e del 1972, stabilendo: � I decreti di espropriazione e di occupazione di urgenza, emanati nell'ambito delle disposi-� zioni degli articoli 13 e 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sono di competenza, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, della Regione nel cui territorio sono ubicati i beni oggetto dei provvedimenti�. E dunque, l'art. 4, secondo comma della legge n. 247, non � nemmeno una norma che trasferisca competenze dallo Stato alla Regione, perch� la traslazione delle attribuzioni �prefettizie alla regione, nel quadro del decreto n. 8 del 1972, RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO erasi gi� verificata con l'art. 6 del decreto n. 1036 dello stesso anno; bensl una disposizione che � in carenza d'apposite norme regionali �, cio� se la regione omette o ritarda di definire l'organo competente ad emettere i decreti d'espropriazione e d'occupazione d'urgenza, individua detto organo nel presidente della giunta regionale. Le regioni a statuto ordinario non hanno competenza in materia d'espropriazione per pubblica utilit� (art. 117 Cost.), e quindi una apposita norma non pu� concepirsi, come bene risulta dal citato art. 4, secondo comma se non in relazione a � procedimenti di competenza della regione�. Ma questi �procedimenti� sono proprio quelli menzionati dall'art. 3 d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e quindi anche le supposte norme regionali non possono contenere disposizioni generali in tema d'espropriazione per pubblica utilit�, bens� disposizioni puramente organizzatorie e strumentali (come que'lle, appunto, relative alle competenze degli organi), in materie attribuite alla regione per altro titolo. Vero �, infine, che il Consiglio di Stato ha enunciato la regola della normale inscindibilit� delle disposizioni rispettivamente attinenti al procedimento in genere ed alla determinazione dell'indennit� in specie. Ma � ovvio che la regola debba cedere dinanzi ad un'espressa eccezione legislativa. Due, infatti, ne venivano rilevate nel citato parere (legge 12 dicembre 1971, n. 1133, sul finanziamento per l'edilizia degli istituti di prevenzione e di pena; legge 17 dicembre 1971, n. 1158, sul collegamento viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente), dove si diceva essere.� appena da� sottolineare quali ulteriori complicazioni possono sorgere da questo sistema, per dir cosi misto �. Il primo comma dell'art. 4 costituisce appunto un nuovo esempio di tale � sistema misto � : ma non � difficile ricondurlo negli argini d'una corretta ermeneutica. La norma estende alle espropriazioni per opere o interventi dello Stato e degli enti pubblici � le disposizioni contenute nel titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, relative alla determinazione dell'indennit� di espropriazione �. Le sole norme considerate sono dunque quelle attinenti al metodo di determinazione del quantum, cio� gli artt. 16 e 17. Il procedimento espropriativo invece, rimane, per ogni altro riguardo, sostanzialmente inalterato, cosi come avvisavasi nel pi� volte citato parere 24 giugno 1972. Non concerne la determinazione della indennit� l'art. 10 della legge n. 865, cit., sulla pubblicazione degli atti espropriativi. Tale pubblicazione � preordinata infatti alla dichiarazi-One di pubblica utilit�, che, nel caso delle opere di competenza del Ministero dei Lavori pubblici non occorre, essendo implicita nel decreto d'approvazione del progetto. Dovr� invece I'Amministrazione espropriante provvedere alla pubblicazione del piano particolareggiato, nei modi stabiliti dagli artt. 16 ss. legge 25 giugno 1965, n. 2359, in una all'elenco sommario dei beni da espropriare, dei relativi proprietari, e delle indennit� offerte, come � stabilito dall'art. 24 della legge del .1865. L'indennit� offerta deve essere determinata secondo i criteri degli artt. 16 e 17 della legge del 1971. Non esiste per� alcuna necessit� che l'Amministrazione espropriante rivolgasi al presidente della Regione. Se questi, nelle espropriazioni regionali, determina direttamente secondo detti criteri (cio�, applicando i valori medi ed i coefficienti stabiliti annualmente dagli uffici tecnici erariali) le indennit� provvisorie previste dall'art. 11, lo stesso calcolo pu� compiere qualsiasi espropriante, per stabilire l'offerta. Sar� cura dell'Amministrazione assumere le opportune notizie PARTE II, QUESTIONI presso l'ufficio erariale competente, o concordare con l'amministrazione delle finanze che gli uffici tecnici erariali comunichino le tabelle annuali ai propri uffici interessati. � L'indennit� offerta pu� essere accettata espressamente dagli espropriandi, oppure pu� f0tro:narsi con 'accovdo amichevole tra ,espiropr.�Ja.Illte ed espro,... priandi. Il termine per il concordamento rimane, ovviamente, quello stabilito dagli artt. 18, 25 e 29 della legge del 1865. � per� da ritenere che l'indennit� concordata non possa superare il massimo stabilito dall'art. 12 della legge n. 865, cit., modificato dall'art. 6 del decrteo-legge 2 maggio 1974, n. 115, cio� il 30 % dell'indennit� offerta. Se infatti si ammettesse il concordamento libero, potrebbe risultare indirettamente frustrato l'intento del legislatore, di ancorare le indennit� a parametri prestabiliti, ed invariabili per ogni tipo di area e per ogni anno. Le indennit� accettate o concordate formeranno oggetto di pagamento diretto o di deposito, come � previsto dall'art. 30 della legge 1865, sostituito dall'art. 1 della legge 20 marzo 1968, n. 391. In base alla presentazione degli atti comprovanti l'eseguito deposito o pagamento, il prefetto autorizzer� l'occupazione immediata dei fondi. � sorto qualche dubbio, se l'ordine di pagamento o di deposito debba essere impartito dall'autorit� giudiziaria o dal prefetto: ma poich� queste disposizioni non riguardano la � determinazione dell'indennit��, che � gi� definitivamente determinata nella misura accettata o concordata, il dubbio non ha motivo d'esistere. La legge 20 marzo 1968, n. 391, ha sostituito l'art. 30 della legge del 1865: se si segue il procedimento da tale ultima legge previsto, non � possibile fare rivivere norme abrogate. Altre norme procedimentali della legge n. 865 non sono applicabili, perch� la estensione, come si disse, non le concerne. Per le indennit� non espressamente accettate, gli artt. 31 ss. della legge del 1865 prevedevano la perizia giudiziaria. Nella legge n. 865, cit., le indennit� non accettate sono determinate definitivamente, ad istanza del presidente della giunta regionale, dal competente ufficio tecnico erariale (art. 15, primo e secondo comma). Si potrebbe dunque chiedere se debba osservarsi l'art. 15 della legge n. 865, sostituendosi ovviamente in questo caso il prefetto al presidente della giunta regionale. Il dubbio si potrebbe anche motivare teoricamente, chiedendosi se le norme ora accennate siano � di procedimento ., oppure �relative alla determinazione dell'indennit� ., ma la questione sarebbe priva di contenuto. Se procedimento � una serie d'atti e d'operazioni amministrative, per conseguire un risultato finale, � evidente che anche alla determinazione dell'indennit� si perviene attraverso un procedimento, o, se si vuol essere pi� precisi, un sub-procedimento inse~ rito nella procedura espropriativa. Bisogna invece domandarsi (come a proposito del limite del 30 % per il concordamento dell'indennit�) se la stima dell'ufficio tecnico erariale sia tanto inerente al sistema degli artt. 16 e 17, della legge 865, che qualunque altro metodo di stima lo snaturerebbe. La risposta deve essere affermativa. La legge ora citata ha inteso sostituire alla discrezionalit� tecnica, del perito nominato dal tribunale un metodo vincolato ai valori medi ed ai coefficienti prestabiliti dall'ufficio tecnico erariale. La stima, quindi, non � propriamente una perizia, ma piuttosto un controllo effettuato dall'ufficio tecnico erariale per accertare la corretta applicazione, da parte dell'espropriante, dei criteri prestabiliti dall'ufficio stesso. Ed anche in questo caso, come in quello sopra ricordato, l'attuazione del fine propostosi dal legislatore impone che l'organo competente a determinare definitiva.mente in sede amministrativa l'indennit� sia quello stesso previsto dalla legge n. 865, senza l'inserzione di valu RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tazioni estranee, come quelle dei periti, che potrebbero sostanzialmente alterare il prescritto criterio di stima. Il prefetto, quindi, chieder� all'ufficio tecnico erariale competente la determinazione delle indennit� non accettate n� concordate. La disposizione, tra l'altro, non � tanto singolarmente anomala, perch� vi sono vari casi, in cui la stima giudiziaria � sostituita da quella d'.ufficio dell'Amministrazione (il Genio civile: art. 33 t.u. 11dicembre1933, n. 1775; gli uffici tecnici dell'ANAS: art. 8 legge 21 maggio 1955, n. 463; gli uffici dell'Amministrazione forestale: art. 94 r.d. 13 febbraio 1933, n. 215; gli uffici tecnici erariali: art. 3 d.P.R. 25 febbraio 1963, n. 138; etc.). L'ufficio tecnico erariale comunicher� la propria stima al prefetto, � questi ne dar� notizia all'espropriante, affinch� possa provocare dall'autorit� giudiziaria l'ordine di pagamento diretto o di deposito dell'indennit�. . Dopo quel che si � detto a proposito dell'art. 30 della legge del 1865, non � necessario ripetere che anche l'art. 48 della stessa legge va applicato .secondo il testo sostituito dall'art. 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391; cio� che debbono essere il pretore o il tribunale a disporre il pagamento diretto, oppure il deposito nella Cassa depositi e prestiti, dell'indennit� determinata dall'Ufficio tecnico. erariale. Sulla base dei conseguenti certificati, il prefetto pronuncer� l'espropriazione, con decreto da notificare agli espropriati nel modo previsto dall'art. 51. Da tale giorno, decorrer� il termine per l'opposizione all'indennit� dinanzi al giudice competente. Tutto quel che fin qui si � detto, si pu� riepilogare in brevissima sintesi, nel senso che il ricordato art. 4 della legge 27 giugno 1974, n. 247, incide sulla legge generale. d'espropriazione per pubblica utilit�, 25 giugno 1865, n. 2359, solo nei limiti qui di seguito precisati: 1. -L'indennit� da offrirsi dall'espropriante ai sensi dell'art. 24 legge 25 giugno 1865, n. 2359, deve essere determinata, dall'espropriante stesso, secondo i criteri previsti dagli artt. 16 e 17 della legge 12 ottobre 1971, n. 865. 2. -L'indennit� concordata tra espropriante ed espropriato ai sensi degli a:!1tt. 25 ss. !legge n. 2359, ciit., n<m pu� essere supeirio~e ail trenta peir cento dell'indennit� offerta, come previsto dall'art. 12, comma primo, legge n. 865, cit. modificato dall'art. 6, decreto legge 2 maggio 1974, n. 115. 3. -La determinazio.ne dell'indennit� non accettata n� concordata deve essere richiest!l dal prefetto all'ufficio tecnico erariale competente secondo l'art. 15 della legge 865, cit.; e l'ufficio ne dar� comunicazione al prefetto. , Restano ferme tutte le altre disposizioni della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e successive modificazioni; dimodocch� restano superate le perplessit� segnalate con la relazione della Direzione generale viabilit� e nuove costruzioni ferroviarie: non v'� nel procedimento amministrativo nessuna interferenza di organi della regione; l'inserzione di norme speciali sulla determinazione dell'indennit� dell'espropriazione nella linea del procedimento generale non � di maggior rilievo, di quanto non si verifichi in altri casi d'espropriazione con indennizzi regolati da leggi speciali, l'offerta dell'indennit� continua ad essere fatta dall'e~propriante in sede di pubblicazione del piano particolareggiato, con determinazione autonoma, anche se conforme alle disposizioni degli artt. 16 e 17 della legge n. 865, cit., senza necessit� alcuna d'adire il presidente dell� giunta regionale. La riferente Direzione generale ha richiamato l'attenzione sugli effetti della norma sopravvenuta allorch� il procedimento espropriativo sia ini PARTE II, QUESTIONI ziato. Questo problema, di diritto transitorio, si specifica in una pluralit� di fattispecie, che debbono essere distintamente esaminate: con l'avvertenza, tuttavia, che trattasi di questioni di diritto soggettivo, dimodocch� le soluzioni inoppugnabili potranno essere date soltanto dal giudice civile. Su questo punto, si � anche espressa l'Avvocatura generale dello Stato, e la Commissione speciale ne tiene presente il parere. � ovvio, che sui procedimenti conclusi con l'emissione del decreto d'espropriazione, la legge sopravvenuta, che � innovativa e non interpretativa, come sostanzialmente riconosce anche la circolare ministeriale 18 ottobre 1974 (p. 11), non ha effetto. Quanto l'indennit� offerta sia stata accettata o comunque concordata, l'avvenuto incontro delle volont� genera una situazione analoga a quella d'un rapporto contrattuale, n� sembra quindi vi sia possibilit� legittima, per l'espropriante, di revocare l'offerta o il consenso, adducendo lo ius superveniens. In ci� concorda l'Avvocatura dello Stato. � parimenti da condividere l'avviso dell'Avvocatura dello Stato, nel senso che, in presenza d'una pluralit� d'espropriandi, alcuni dei quali abbiano accettato o concordato l'indennit�, ed altri non, le rispettive situazioni siano prive di reciproca influenza. Ed infatti, l'importante � che, col deposito delle indennit� provvisorie, sia possibile dar corso al decreto d'espropriazione; le situazioni patrimoniali dei singoli espropriati possono permanere diverse; n� si vede come il comportamento d'un espropriato potrebbe determinare effetti verso altri soggetti coinvolti nella medesima procedura, ed in qual senso. Resta ora da esaminare il caso delle indennit� offerte e non accettate; e l'ipotesi ulteriormente si bipartisce. In linea teorica, l'offerta, finch� non venga accettata; permane revocabile, tanto se la si consideri dal punto di vista del diritto amministrativo, per cui un limite al principio generale della revocabilit� degli atti viene talora ravvisato negli effetti che l'atto pu� avere prodotto nella sfera giuridica d'un altro soggetto; quanto se la si consideri dal punto di vista del diritto privato, secondo cui la proposta pu� essere revocata finch� al proponente non giunga notizia dell'accettazione dell'altra parte (artt. 1326 e 1328 e.e.). La circostanza che vi sia in corso una perizia, non sembra nemmeno teoricamente rilevante, perch�, in difetto d'ac�ettazione dell'indennit� la richiesta di nomina del perito, rivolta dal prefetto al presidente del tribunale, � un atto dovuto, al quale l'espropriante non pu� che sottostare. Va tuttavia raccomandato alle amministrazioni (specie a quelle che usufruivano della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, ed erano perci� meno gravate) di porre a raffronto, in ciascun caso concreto, la convenienza economica di revocare l'offerta, a rinnovare, secondo la legge sopravvenuta, la determinazione dell'indennit�, con gli eventuali inconvenienti: pericolo di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�, per decorso di termini, giudizi promossi dall'espropriando e correlativi maggiori oneri dell'amministrazione in caso di soccombenza, ecc. Ancora, sul piano teorico, dovrebbe affermarsi la revocabilit� degli ordini di deposito o di pagamento, emessi dal pretore o dal tribunale ai sensi dell'art. 48 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, modificato dall'art. 3 della legge 20 marzo 1968, n. 391. Anche la Corte costituzionale (sent. 5 aprile 1971, n. 74) ha definito �funzione amministrativa� quella esercitata dall'autorit� giudiziaria ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge n. 391, cit., ed ha precisato che la fase giurisdizionale ha inizio solo dopo l'emanazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del decreto d'espropriazione, quando gli aventi diritto impugnano i risultati della stima. Tuttavia, bisogna ancora distinguere. Se l'ordinanza fu emessa prima dell'entrata in vigore della legge 27 giugno 1974, n. 274, la determinazione amministrativa dell'indennit� � definitiva, e la legge sopravvenuta non dovrebbe avere effetto. L'amministrazione potrebbe a suo prudente arbitrio, o dare esecuzione all'ordinanza (con la normale facolt� di impugnare la perizia; dopo ottenuto il decreto d'espropriazione, ai sensi dell'art. 51 della legge del 1865); oppure non eseguirla, fare decadere la dichiarazione di pubblica utilit�, e poi rinnovarla in modo da potere applicare le nuove norme; o, finalmente, revocare od annullare d'ufficio la dichiarazione di pubblica utilit�, dando luogo, anche in questo caso, all'integrale rinnovazione del procedimento. Le ordinanze successive all'entrata in vigore della legge parrebbero invece revocabili ad istanza dell'espropriante, previo ritiro dell'offerta, con la successiva richiesta d'un nuovo provvedimento dell'autorit� giudiziaria competente, cos� come suggerisce l'Avvocatura dello Stato. Ma se l'ordinanza � stata eseguita dall'espropriante che ha pagato o depositato l'indennit�, sembrerebbe davvero assai problematica la prospettabilit� di una azione di repetitio indebiti. Si tratta sempre di situazioni che possono dare luogo a giudizi, d'esito tutt'altro che certo, e quindi ogni decisione futura dovrebbe essere attentamente approfondita, caso per caso. La Commissione speciale ritiene cosi esauriente l'esame dei quesiti formulati dalla Direzione generale della viabilit� ordinaria e delle nuove costruzioni f�eirTOrviarie. Nella detta iindagicne � implicito, .senza �che occONa specificamente occuparsene l'apprezzamento sulla circolare 18 ottobre 1974, trasmessa dal Ministero il 15 c.m., e sulle perplessit� manifestate al riguardo dal Ministero dell'interno. La Commissione speciale, ai sensi dell'art. 57 r.d. 21 aprile 1942, n. 444, raccomanda al Ministero dei lavori pubblici di comunicare il presente parere alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministero dell'interno, e ad ogni altra Amministrazione interessata. La Commissione speciale poi, ai sensi dell'art. 58 r.d. cit., richiama e rinnova la raccomandazione contenuta nel parere 24 giugno 1972, n. 786, .circa l'opportunit� di provvedere nell'idonea sede ad un organico riordinamento della legislazione in tema d'espropriazione per pubblica utilit�. Il succedersi d'interventi legislativi episodici e frammentari come quelli qui considerati, moltiplica infatti le complicazioni e le incertezze, in materia che investe da una parte gravissimi interessi pubblici, dall'altra diritti soggettivi costituzionalmente garantiti (art. 42, comma 3 Cost.), con danno della pubblica Amministrazione, quanto dei destinatari dell'azione amministrativa. (Circolare del Ministero dei LL.PP., gab. n. 2477/61-A-1 del 21 aprile 1975). La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, su richiesta di questo Ministero che, con relazione 24 ottobre 1974, n. 517, esponeva talune per plessit� e difficolt� interpretative in ordine alla normativa della legge 27 giugno 1974 n. 247, art. 4, si � pronunciata con parere n. 25/11974 die!L 31 g.en na:io 1975, riso~vendo i quesiti ad essa deforiiti 1n�l. semiso che: -la legge 22 ottobre 1971 n. 865 si applica integralmente, in deroga alla legge generale sulla espropriazione per causa di pubblica utilit�, solo per opere di competenza delle regioni o ad esse delegate e per le materie espressamente dalla stessa legge; PARTE II, QUESTIONI l'art. 4 della legge 27 giugno 1974 n. 247, introducendo un'espressa deroga legislativa al principio, gi� enunciato dal Consiglio di Stato, della inscindibilit� delle disposizioni concernenti il procedimento da quelle relative alla determinazione dell'indennit�, d� vita ad un procedimento e misto � nel senso che tutte le espropriazioni, promosse dai soggetti indicati dalla stessa norma, continuano ad essere sostanzialmente regolate dalla legge fondamentale 25 giugno 1865 n. 2359, tranne per ci� che attiene alla determinazione della indennit� che viene invece calcolata secondo i criteri stabiliti dalla citata legge 22 ottobre 1971, numero 865. Nell'escludere ogni altra diversa e pi� ampia interpretazione della norma, la Commissione Speciale aggiunge poi talune precisazioni sulla configurazione del procedimento c. d. misto e sugli effetti della norma sopravvenuta allorch� la procedura di esproprio sia iniziata, richiamando sotto questo profilo, l'avviso gi� espresso dall'Avvocatura Generale. * * * Allo scopo di assicurare che l'azione amministrativa si uniformi opportunamente e correttamente all'indirizzo manifestato dal massimo organo consultivo dello Stato, questo Dicastero, d'intesa con il Ministero dell'Interno, Direzione Generale Affari Generali e Personale, ritiene opportuno precisare che la nuova normativa dovr� in concreto applicarsi per i casi e nei modi seguenti. Sono regolate dalle nuove norme tutte le espropriazioni promosse dallo Stato e dagli enti pubblici o di diritto pubblico anche non territoriali in dipendenza di interventi di opere pubbliche, dichiarate, esplicitamente o implicitamente, di pubblica utilit�, a norma delle vigenti disposizioni, da organi statali o comunque eseguite a cura e spese dello Stato, direttamente o in concessione. Ricadono quindi sotto la nuova disciplina anche le espropriazioni relative alle opere pubbliche che, previste dall'art. 10 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, sono realizzate, sia pure in via temporanea, a cura e a carico dello Stato; quelle connesse all'attuazione dei piani di ricostruzione dei Comuni sinistrati dalla guerra, quando vi sia intervento sostitutivo dello Stato, normalmente attuato a mezzo del concessionario, ai sensi degli arti ' coli 15 e 16 legge 27 ottobre 1951, n. 1402; e, in generale, quelle promosse in dipendenza di opere pubbliche statali eseguite in regime di concessione, come, ad esempio, le opere autostradali. Per ci� che attiene al procedimento espropriativo, secondo il riferito orientamento del Consiglio di Stato, devono ritenersi tutt'ora in vigore le norme di cui ai capi I, II, III, titolo I della legge fondamentale 25 giugno 1865 n. 2359 e successive modificazioni ed integrazioni. La fase del procedimento concernente la determinazione dell'indennit� si svolger�, invece, secondo modalit� che si discostano da quelle previste nel capo IV della legge fondamentale, limitatamente ai punti seguenti: a) �riteri di determinazione dell'indennit� In luogo della'rt. 39 della legge 1865/2359 che faceva riferimento al � giusto prezzo � in � una libera contrattazione �, per determinar,e l'indennit� si applica, come gi� detto, il diverso criterio stabilito dagli artt. 16 e 17 della citata legge 1971 n. 865 e che si basa fondamentalmente sul valore agricolo dell'area stabilita in modo 'automatico ed uniforme. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Tale valore viene cio� accertato non gi� mediante la stima analitica di ciascuna area, ma stabilito per tutte le aree della stessa cultura essendo raggaugliato al valore agricolo medio di queste, determinato annualmente dall'UTE (art. 16 comma primo e terzo). Uguale � il criterio di valutazione se l'area � posta entro il centro edificato o centro storico delimitati dagli strumenti urbanistici; in tal caso il valore agricolo sar� quello della cultura pi� redditizifl. tra quelle praticate nella regione agricola, moltiplicato ,per un coefficiente che varia con il variare della popolazione dei comuni (art. 16 IV comma, art. 18). Al valore cosi determinato viene sommato quello delle eventuali opere di urbanizzazione e di costruzione eseguite da privati in base a regolare licenza (art. 16, V comma), nonch� l'ammontare delle somme corrisposte sulle aree fabbricabili ai commi della legge 5 marzo 1963, n. 246 e sull'incremento di valore degli immobili di cui al d.P.R. 26 ottobre 972 n. 643 ovvero per imposte sull'ultimo trasferimento dei beni. Abbandonando il criterio dell'indennit� unica, gli artt. 16 e 17 della legge n. 865/1971 prevedono, oltre all'indennit� come sopra determinata, una distinta indennit� aggiuntiva, pari in ogni caso al valore agricolo del fondo determinato ai sensi dell'art. 16 1� comma. Essa compete al proprietario, se questi � anche coltivatore diretto del fondo; se questo �, invece, coltivato dal fittavolo, mezzadro, colono o partecipante, l'indennit� aggiuntiva � corrisposta direttamente a favore di detti soggetti per un importo pari all'indennit� spettante al proprietario, ai sensi dell'art. 16 1� comma. Si sottolinea che, in tali ipotesi, non si ha un raddoppio dell'indennit�, bensi un calcolo di due indennit� distinte che possono, come nel caso di aree edificabili, non coincidere nel loro ammontare. Ovviamente, tutte le molteplici questioni poste dal nuovo criterio di determinazione della indennit�, ivi comprese quelle connesse alle ipotesi di espropriazione parziale (art. 40 e segg., legge fondamentale) di danni o imposizione di servit� (articolo 46 stessa legge), in quanto concernono diritti soggettivi, potranno essere in concreto risolte soltanto dopo che su di esse si sar� pronunciato definitivamente il giudice civile. b) Determinazione detl'indimnit� provvisoria. Determinata secondo i criteri sopra descritti dalla stessa Amministrazione promuovente l'espropriazione, l'indennit� da corrispondere a titolo provvisorio � offerta a norma dell'art. 24 della legge fondamentale, disposizione che -secondo il parere della Commissione Speciale -conserva pieno vigore al pari di tutte le altre norme della legge 25 giugno 1865 n. 2359, concernenti il procedimento di espropriazione. Entro il termine meramente ordinatorio stabilito dall'art. 18 della stessa legge n. 2359, l'indennit�, nell'ammontare risultante dall'offerta formulata ai sensi del succitato art. 24 e pubblicato ai sensi dell'art. 17 della citata legge n. 2359 del 1865, pu� essere espressamente accettata dal proprietario; ovvero pu� formare oggetto di accordo amichevole, ai sensi dell'art. 26 citata legge, con le modalit� che la pratica ha finora suggerito. In tal caso per�, a norma dell'art. 6 del d.l. 2 maggio 1974 n. 115, modificativo dell'art. 11 della legge 1971/865, l'indennit� concordata non pu� essere superiore del 30% all'indennit� provvisoria, con l'avvertenza t,, che tale limite va riferito alla indennit� in senso stretto e non anche alle r=:: ;!' ~:: '~=: 'PARTE II, QUESTIONI somme ad essa eventualmente aggiunte a . titolo di rimborso di imposta, ai sensi dell'art. 16 ultimo comma legge citata. Appare evidente, da quanto si � detto, che la applicazione dei valori UTE in sede di determinazione dell'indennit� provvisoria debba avvenire con la massima cura allo scopo di non precludere la possibilit� di giungere all'accordo amichevole; eventualit� questa certamente auspicabile nel caso in cui l'immobile, come avviene nella generalit� dei casi, sia stato in precedenza gi� occupato. Allo scopo di favorire l'accordo e non ostandovi motivi di legittimit�, si ritiene opportuno che l'Amministrazione promovente l'espropriazione, oltre che adempiere alla formalit� di cui all'art. 24 innanzi citato, comunichi al proprietario l'ammontare dell'indennit� provvisoria, mediante lettera raccomandata con r.r. Si ritiene inoltre che, seguendo la prassi fin qui �adottata, possa essere anche stabilito, in sede di determinazione della indennit�, sulla base del criterio di cui all'art. 20 legge 22 ottobre 1971 n. 865 e salvo conguaglio in sede di determinazi�me dell'indennit� definitiva mediante stima UTE, l'ammontare dell'indennit� di occupazione temporanea da corrispondere unitamente a quello dovuto per indennit� di espropriazione. Ovviamente l'ammontare della indennit� di occupazione temporanea dovr� essere tenuto distinto dall'indennit� di espropriazione. c) Pagamento diretto o versamento della indennitd. I re.lativi provvedimenti rimangono attribuiti alla. autorit� giudiziaria . competente per territorio e valore secondo fa legge 20 marzo 968, n. 39i, sempre che l'amministrazione� espropriante non intenda avvalersi, in caso di particolare urgenza, della facolt� riconosciuta dal Consiglio di Stato -Commissione Speciale -con parere 25 giugno 1970 n. 1782, di versare o pagare le somme dovute, anche senza tale provvedimento. Nel caso in cui non sia intervenuto l'accordo amichevole sull'indennit� e l'amministrazione promovente l'espropriazione non si avvalga della facolt� suaccennata, il deposito della Cassa DD.PP. della somma offerta a titolo di indennit� provvisoria e di quelle calcolate per il periodo presunto di occupazione temporanea, dovr� essere richiesto alla competente autorit� giudiziaria per il tramite del Prefetto, a norma dell'art. 29 della legge fondamentale. Questa procedura, la cui legittimit� � peraltro condivisa dall'Avvocatura Gen�rale dello Stato, consente la pronuncia della espropriazione sulla base della certificazione dell'avvenuto versamento della indennit� provvisoria, prima ancora che l'U.T.E., nel frattempo interessato, proceda alla stima dell'indennit� definitiva, ma presenta l'inconveniente di un ulteriore eventuale versamento nelia stessa Cassa DD.PP. della differenza tra la maggior somma, eventualmente stimata dall'U.T.E., e quella minore in precedenza gi� depositata ovvero. della ripetizione di parte dell� somma versata, nel caso che l'indennit� sfa stimata per un importo inferiore a quello determinato in via provvisoria. Essa perci� verr� adottata soltanto nei casi particolari di urgenza per l'approssimarsi della scadenza del termine di occupazione temporanea e, pi� ancora, quando sia pendente giudizio per il risarcimento del danno derivante da occupazione :;ine titulo. Di norma gli uffici competenti richiederanno invece il versamento dell'indennit� stimata dall'U.T.E., evitando in tal modo una reiterazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di atti nel corso di una procedura la quale si presenta di lunga durata, complessa, e, per certi aspetti, ancora incerta nel suo svolgimento. Quanto sopra detto non esclude che, ricorrendone i presupposti per le Amministrazioni, si possa stipulare un negozio di compravendita per un prezzo non superiore all'ammontare dell'indennit� di espropriazione con la conseguente estinzione del procedimento di espropriazione. d) Stima dell'U.T.E. Dal parere della Commissione Speciale si evince che gli artt. 31 e seguenti della legge fondamentale,. concernenti la determinazione giudiziale della indennit�, non si applicano per .le espropriazioni indennizzate mediante i criteri innanzi precisati. La stima definitiva dell'indennit�, consistendo sostanzialmente in un raffronto tra valori accertati annualmente dall'U.T.E., in via generale, e quelli attribuiti in concreto dalla amministrazione all'area da espropriare, non pu� che essere, nel sistema della legge, demandata allo stesso U.T.E. Tale impostazione, se da una parte comporta la inapplicabilit� delle norme speciali che attribui$cono ad organi amministrativi, diversi dall'U. T.E., il potere di stimare l'indennit� mediante atti formalmente equiparati alla stima giudiziale, dall'altra induce a non escludere che l'autonoma rilevanza attribuita alla stima U.T.E. ai fini dell'impugnativa previst dall'art. 19 legge 1971/865, sia altrettanto connaturata al sistema di determinazione dell'indennit�. Poich� anche tale valutazione � rimessa in definitiva al giudice civile ed allo scopo di consentire, in sede processuale, le pi� ampie possibilit� di difesa dell'Amministrazione, secondo l'orientamento che l'Avvocatura di Stato riterr� di assumere in proposito, questo Ministero reputa opportuno che gli Uffici provvedano a notificare al proprietario e a pubblicare nelle forme stabilite dall'art. 15 ultimo comma della legge 1971/865, la relazione di stima perch� possa decorrere il termine per l'opposizione, ai sensi dell'art. l9 stessa legge. e) Decreto di espropriazione. L'espropriazione viene pronunciata ai sensi e per gli oggetti degli articoli 48 e seguenti della legge fondamentale e successive modificazioni (legg.e 20-3-1968 n. 391). Tuttavia, nella ipotesi che sia �stato richiesto e disposto il versamento dell'indennit� provvisoria, il provvedimento pqtr� essere emesso sulla base della certificazione dell'avvenuto deposito della sola indennit� provvisoria secondo quanto precisato sub c). f) Occupazione temporanea. Nulla � innovato sia per le modalit� sii:i. per il termine di durata che rimane limitato al biennio, secondo le disposizioni della legge fondamentale. Si rappresenta l'opportunit� che, in sede di redazione dello stato di consistenza, venga accertato, raccogliendo a verbale eventuali dichiarazioni in proposito, ove le circostanze lo consentano, se il fondo sia coltivato dallo stesso proprietario ovvero da uno degli altri soggetti indicati nel- liL I f;: r.�'.� PARTE II, QUESTIONI l'articolo 17 della legge 1971/865, precisando, in questo ultimo caso, la data in cui tale coltivazione sia iniziata. Si richiama l'attenzione degli uffici sulla necessit� che l'espropriazione sia pronunciata entro il termine concesso per l'occupazione. Scaduto tale termine l'occupazione � infatti priva di titolo e 1'Amministrazione pu� perci� essere convenuta in giudizio per rispondere del danno causato dalla propria azione illegittima: ma, mentre per il passato il divario tra le somme dovuto a titolo di risarcimento e quelle che si sarebbero corrisposte per indennit�, nell'ipotesi di regolare ultimazione della procedura di esproprio, era limitato all'ammontare degli interessi risarcitori e moratori calcolati sul valore venale del bene e oio� su somma che 1'Amministrazione avrebbe comunque dovuto corrispondere per indennit�, in avvenire appare dubbio che il giudizio, in caso di occupazione abusiva, possa determinare il danno mediante l'applicazione del criterio speciale di cui all'art. 16 legge 1971/865. g) Limite di applicazione delle nuove norme ai procedimenti espropriativi in corso alla data di entrata in vigore della legge 27 giugno 1974 n. 247. La legge sopravvenuta di carattere innovativo non pu� applicarsi ai procedimenti gi� conclusi con la pronuncia dell'espropriazione. Parimenti essa non si applica -secondo l'avviso del Consiglio di Stato, che richiama sotto questo profilo il parere dell'Avvocatura Generale -per il caso di indennit� concordate, stante il carattere vincolante dell'accordo concluso con l'espropriante. Per il caso di indennit� offerte e non ancora accettate (le quali teoricamente possono sempre essere revocate) si invitano gli uffici a tenere nel debito conto la raccomandazione formulata dalla Commissione Spedale e che si ritiene opportuno� riportare testualmente: �Va tuttavia raccomandato alle Amministrazioni (specie a quelle che usufruivano della legge 15 gennaio 865, n. 2892, ed erano perci� meno gravate} di porre a raffronto, in ciascun caso concreto, la convenienza -economica di revocare l'offerta, e rinnovare, secondo la legge sopravvenuta, la determinazione dell'indennit�, con gli eve.ntuali inconvenienti: pericolo di decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�, per decorso di termini, giudizi promossi dall'espropriando e correlativi maggiori oneri dell~Amministrazione in caso di soccombenza; ecc.�. Gli stessi criteri presiederanno alla valutazione dell'opportunit� di dare esecuzione, a via transitoria, ed allo scopo di limitare al massimo la litigiosit� in presenza delle circostanze richiamate dal Consiglio di Stato, a verbali di bonario accordo eventualmente conclusi dopo l'entrata in vigore della legge -ed in epoca antecedente al suddetto parere che ehiarisce definitivamente le modalit� ed i limiti di applicazione della nuova normativa -sulla base di offerte gi� formulate e che da queste si discostino per il riconoscimento di situaziol[J;i che non potevano eisseife valutate al momento dell'offerta stessa (maggiore durata dell'occupazione temporanea, frutti pendenti). Anche per ci� che attiene alle ordinanze di deposito nella Cassa DD. PP., 1'Amministrazione valuter�, caso per caso, e sentito se occorre il parere della Avvocatura, l'opportunit� di richiedere, sempre che la pronuncia dell'espropriazione possa essere ritardata senza danno per l'Amministrazione, la revoca di quelle gi� emesse dal giudice competente, ricorrendo eventualmente, con l'assistenza della competente Avvocatura, anche 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA.DELLO STATO alla facolt� li proporre il reclamo previsto dall'art. 737 e segg. del c.p.c., avverso il provvedimento del giudice in camera di consiglio; � ovvio che, in questa ipotesi, non sar� necessario rinnovare gli atti del procedimento compiuti anteriormente alla stima, conservando essi pieno vigore. Nei casi in cui non appare opportuno prolungare oltre il procedimento di espropriazione per il tempo necessario ad ottenere il provvedimento di revocil si far� ricorso. una volta pronunciata l'espropriazione, alla normale facolt� di impugnare la perizia ai sensi dell'art. 51 della legge del 1865, semprech� una diversa determinazione dell'indennit� appaia conveniente per l'Amministrazione. Nei sensi suddetti deve intendersi modificata la circolare ministeriale 18 ottobre 1974 n. 8107/61/Al. LA REDAZIONE ., flJ1ils1JJ111�111111t1&&1w&m1J1J1�1fmjf�~~1t��111m=1 LEGISLAZIONE ' I QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME rncHJARAm INCOSTITUZlONALI Codice di proced'ura penale, art. 94, secondo comma, nella parte in cui stabilisce 1a inammiJSsibilit� della costituzione di parte ,civile per la omissione della elezione di domicilio. Sentenza 29 aiprHe 197,5, n. 98, G. U. 30 apriJ.e 197'5, n. 114. codice di ,procedura penale, art. 304, nella parte in cui non iprevede che ila comunicazione giudiziaria, nei casi di procedimento penaile a carico idi run imputato minorenne, sia inviata anche all'esereente la patria rpotest� o J.a itutela su di lui. Sentenza 29 aprile 197,5, n. 9,9, G. U. 30 aiprHe 197,5, n. 114. codice di procedura 'penale, art. 382, nella parte in cui prevede la condanna del querelante ailile spese del procedimento anticipate dallo Stato, anche nelfipotesi di proscioglimento dehl'impufato non imputabile rperch� incapace di intendere e di volere. Sentenza 6 marzo 1975, n. 5,2, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. codice di procedura penale, art. 512, n. 2, neHa parte in ,cui eacl!ude il diritto dell'imputato 1cU aiprpelilare la sentenza del :pretore che abbia proscio11to per amnistia a seguito del giudizio' di compmrizione tra circostanze agg,ravanti ,ed attenuanti. Sentenza 2,5 marzo 1975, n. 70, G. U. 2 arpirile 197,5, n. 88. codice di ,procedura penale, art. 622, ultimo comma, limitatamente alla parte in cui, in ipotesi rdi sentenza di prosciorglimento per mancanza di oscenit�, impugnata, dal pubblico ministero, non imrpone la restituzione del film ~equestrato. Sentenza 27 marzo 1975, n. 82, G. U. 20 aiprtle 1975, n. 88. fogge 13 giugno 1912, n. 555, art. 10, terzo comma, neHa parte in cui prevede rla perdita della !Cittadinanza italiana indtpendentemente darlla vofont� della donna. Sentenza, 10 aprile 1975, n. 87, G. U. 23 aprirle 1975, n. 108. r.d. 6 febbraio 1942, n. 50, art. 6, ne1la pa!l'te in cui esclude rper i ricorsi in materia di perusioni ordinarie J.'ohbUgo delJ.'� a'V'V'ertenza � i, :-i 46 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relativa alla decadenza in cui ~i interessati incorrono ov.e Lascino inutilmente traiscor.rere il termine stabi!lito daLI'art. 75 del testo unico 1,2 il.uglio 19'34, n .. 121'4. Sentenza 1'6 aiprile 197,5, n. 8�5, G. U. 23 aipriile 1975, n. 108. r.d. 16 marzo 194�2, n. 2�67, art. Zl, terzo comma, nella parte in 1cui, nel caso di :sentenza di revoca de1la diichf.aT-azione di fa11imenito, (pone a carf.co di clli l'abbia wbita senza che ne rkonressero i presupposti e senza ohe vi a'Vessero dato causa coil suo 1comportainiento il.e spese della procedll.lra ed il compenso ail. curatore. Sentenza 6 marzo 197.5, n. 46, G. U. 12 maa-zo 1975, n. 70. legge 18 gennaio 1952, n. 35, art. 7. ,sentenza 1,2 marzo 1197�5, n. 64, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. legge 6 dicembre 19'71, n. 1034, art. 40, nella parte in cui limita J.a competenza del tribunale, amminf.strativo regionail.e istituito nella regione siciliana alle materie indicate nell'art. 2, lett. a, e nel.Jl',art. 6 della J.eg.ge. Sentenza 12 marzo .19715, n. 61, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. li! -QUESTIO\Nil DJiCHIARATE NON FONDATE Codice di procedura civile, art. 85 (artt. 3 e 24 della Co1stituzione). Sentenza 12 marzo 1975, n. 57, G. U. 2.0 marzo 1975, n. 77. codice di procedura civile, art. 291 (artt. 2�4, secondo comma, e 3 della Costituzione). Sentenza 1,2 marzo 1.9715, n. 60, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. codice penale, art. 5 (airtt. 2 e 2�5 de1la Costituzione). Sentenza 215. marzo l975, n. 74, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. codice penale, art. 106 (art. 3, primo comma, deLla Cootituzione). Sentenza 25 mano 19715, n. 69, G. U. 2 aprile 1975, n. 818. codice pena�le, art. 165 (art. 3 della Coistiituzfone). Sentenza 6 marzo 197�5, n. 49, G. U. 112 marzo 197,5, n. 70. codice di procedura penale, art. 74, ultimo comma (artt. 3, primo comma, 2,4, secondo comana, 25, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 2'9 aiprHe 1.97,5, n. 95, G. U. 30 aipri1le 1975, n. U4. PARTE II, LEGISLAZIONE 47 codice di procedura penale, artt. 152, 398 e 399 (ar.tt. 3 e 24 deMa Costituzione). Sentenza 2,5 marzo 197,5, n. 73, G. U. 2 ai.Prrile 1975, n. S.8. codice di procedura penale, arff. da 389 a 397 e 406, prima parte (artt. lQ.2 e 215 della Costituzione). Sentenza 29 aprile 1975, n. ,95, G. U. 30 aiprile 1975, n. 114. codice di procedura ,penale, art. 392, ultima ,parte (art. 2,5 della Costituzione). .. Sentenza 219 aiprile 1'975, n. 97, G. U. 30 ,aipriJe 1975, n. 114. codice di procedura penale, artt. 636 e 637 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Se!!1tenza 25 marrzo 1975, n. 69, G. U. 2 arpr1le 1975, n. 88. codice deUa navigazione, art. 1164 (airtt. 25 e 70 delJ.a Costituzione). Sentenza 112 marzo 19715, n. 5,3, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. codice pena�le militare di p~ce, art. 260, second�o comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 6 maxzo 1975, n. 42, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma, ultima parte (art. 21 " della Costituzione). Senitenza 6 marzo 1975, n. 5,1, G. U. 12 marzo 1975, n. 70. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 35, primo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza ,5 marzo 1975, n. 48, G. U. 12 ma,rzo 1'975, n. 70. r.d. 1,8 giugno 1931, n. 773, art. 156 (artt. 2, 3, 18, 19, 21, 3�8, 39, 40 e 49 deUa Costituzione). Sentenza 6 marzo 1975, n. 50, G. U. 12 ma,rzo 1975, n. 70. r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, art. 52 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 112 marzo 1975, n. 54, G. U. 20 marzo 1'975, n. 77. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 102, primo comma (art. 215, primo comma, dehla Costituzione). Sentenza 2,5 marzo 1197,5, n. 71, G. U. 2 aiprile 197,5, n. 8'8. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 98 e 99 (artt. 3, 24, 101, 102 e 108 de11a C01Stirtuzione). Sentenza 219 aiprile 1'975, n. 94, G. U. 30 arpriJ.e 1975, n. 114. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 217, secondo comma, e 219, terzo comma (art. 3 deilla C01Stituzione). Sentenza 29 aprile 197�5, n. 93, G. U. 30 aiprile 197,5, n. U4. legge 11 gen;naio 1943, n. 138, art. 6, quarto comma, nella parte in cui si riferiisce aill'art. 19, J.ett. a, del contratto 1collettivo nazionale 3 .gennaio 1939, rper gli oiperai deiLI'industria (arit. 38 de!Ja Costituzione). Sentenza 2�5 marzo 1975, n. 6�7, G. U. 2 aiprhle 1975, n. 8i8. d.lgt. C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, artt. 2 e 5. Sentenza 1.6 aprile 19715, n. 86, G. U. 23 apriJ.e 1975, n. 108. legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, second�o comma (artt. 3 e 24 dell� Costituzione). Senitenza 215 marzo 11975, n. 6�9, G. U. 2 aprHe 1'975, n. 88. d.P.R. 9 apl'i1le 1959, n. J.28, art. 55 (art. 2�4, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 29 aiprile l9i715, n. 91, G. U. 30 aiprile 1,975, n. 114. legge 3 m~gglo 1967, n. 3'15, art. 5, �primo comma (artt. 36 e 3, primo comma, de!lla Costituzione). Senitenza 2.9 aiprhle 1:9715, n. �92, G. U. 30 aiprile 1975, n. 114. legge 18 marzo 1968, n. 249, artt. 45 e 4,7, Sentenza i.6 aiprile 1'97�5, n. 86, G. U. 213 arpr.iile 19715, n. 108. legge 30 aprile 1969, n. 153, artt. 27 e 29. Sentenza 16 aiprile 197�5, n. 86, G. U. 23 aipriJ.e 197,5, n. 108. legge 24 dicembre 1969, n. 990, artt. 4, lettera c, e 18 (art. 3 deiLla Costituziooe). � Sentenza 1"2 maa:-zo 1975, n. �515, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 34 (artt. 2 e 3 deilla Costituzione). Sentenza 1,2 marzo 197�5, n. 56, G. U. 20 marzo 1975, n. 77.� d.P.R. 2 febbraio 1970, n. 62 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza a m."lirzo 1975, n. 41, G. U. 112 marzo 1975, n. 70. 49 PARTE II, LEGISLAZIONE legge 20 maggio 1,970, n. 300, artt. 19, 20, 2,1, 2L2, 23, 24, 25, 26, 27, 28. Sentenza 16 apdle li975, n. 86, G. U. 2,3 aprile 1975, n. 108. d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 6 marzo i,g7,5, n. 41, G. U. 12 m:arzo 197,5, n. 70. legge reg. Sicilia 16 maggio 1972, n. 30, art. 7, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 12 marzo 1'973, n. 59, G. U. 20 marzo 197,5, n. 77. legge 15 dicembre 19,7L2, n. 773, art. 3 (airt. 214, secondo comma, de11& Costituzione). � Sentenza 29 aprile 119715, n. 100, G. U. 30 aprile 1975, n. 114. legge reg. Campania appr. 28 luglio 1973 e riappr. 13 febbraio 197'4 (art. i.s,3, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 12 marzo 19715, n. 62, G. U. 20 rmar2l0 1975, n. 77. legge reg. SicUia 19 1luglio 1974 (art. 81 deliLa Costituzione). Sentenza 6 :maTZo 1975, n. 47, G. U. 12 marzo 19715, n. 70. III -QUES~IONI PROPOSTE Codice civile, art. 2096 (<artt. 3 e 3,6 della Costituzione). Corite d'a(plpelilo di Roma,. ordinanza 9 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, 111. 88. codice civile, art. 2946 (art. 3,6 della Costituzione). Corte Cl'awello di Venezia, ordinanza 17 aprile 1974, G. U. ,5 marzo 197,5, n. 6,2. codice civile del 1865, art. 1054 (art. 3 della Costituzione). Ta.-ibuna:le di Bevgamo, ordinanza 10 -Ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. codice di procedura civile, art. 143 (art. 24 della Costituzione). Corte d'a1ppetllo di Pa!lermo, ordinanza 15 novembre 1974, G. U. 2,3 aprile 197,5, n. 108. codice di procedura cMle, artt. 4114 e 416 (artt. 3 e 2,4 della Costirtuzione). Pretore di Busto A'l'sizio, ordinanza 9 diicembre 1974, G. U. 20 marzo 1197,5, n. 77. 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura civile, artt. 423, secondo comma, 429, terzo comma, e 431, primo ed ultimo. c�omma (art. 3 delila Costituzione). Pretore di Barcellona, ordinanza 2 dicembre 1974, G. U. ii mairzo 1975, n. 62. codice di .procedura civUe, art. 429, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice del Javoro tdel tribunale di Modica, ordinanza 27 settembre 1974, G. U. 2 aprile 1'975, !Il. 88. codice di �procedura civile, art. 429 (.ar.t. 3 della Costituzione). TribunaJe di Milano, ordinanza 1�2 novembre 1974, G. U. 9 aiprile 1975, n. 9:5. codice di procedura civile, art. 647 " (art. 214 della Costituzione). Corte d'appeL1o di PaJel"i!llo, OO'dinanza 8 novembre 1974, G. U. 12 ma.rzo 197�5, n. 70. codice penale, art. 81, primo comma (art. 3 della Costituzione). !I Piretore di Castelnuovo di Ga,rfaignana, ol'dinanza 27 novembre 1974, G. U. 2 aiprile 197�5, n. 88. codice penale, art. 156 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 216 novembre 1974, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. codice pena�le, art. 164, secondo comma, n. 1 (art. 3 del!la Costituzione). Tdbunale di LocTi, �Olfldinanza 27 novembre 1974, G. U. 2 aiprile 1975, n. 8�8. codice pena�le, art. 169, ultimo c�omma (ad. 3 della Costituzione). Tribuna.le per i minorenni di Potenza, o!ridinanza 12 novembre 1�974, G. U. 20. ma(["zo 197'5, n. 77. codice penale, art. 17�6, �primo comma (art. 3, primo comma delila Costituzione). Giudice di sorveglianza del tribUJnatle di Imperia, ovdinanza 31 gennaio 1.975, G. U. 23 aprfile 1975, n. ma. codice penale, artt. 176, 144, secondo comma (art. 24, primo e secondo comma, deiHa Costituzione). Giudke di sorveglianza del tribunale di 1Imiperia, ordinanza 31 gennaio 1'975, G. U. 23 aiprile 1975, n. 108. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura penale, art. 585 (art. 24, rprimo e secoilldo comma, della Costituzione). GiudiJCe di sorveglianza del tdbuna1le di Imperia, o!tdim.anza ::n gennaio 1975, G. U. 23 aiprile 1975, n. 108. ,legge 14 febbraio 1904, n. 3�6, artt. 1 e 2 (artt. 312 e 2,4 delila Costituzi9ne). , Pretore di Roma, m'ldinanza 7 dicembre 1974, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. �18, primo e terzo comma (artt. 17, terzo comma, e .21 della Costituzione). Preto1re di Monsummano Terme, o~dinanza 22 novembre 1974, G. U. 20 marzo 1975, n. 77. r.d. 29 giugno 193?, n. 1127, art. 25 p.p. (aimt. 214 rp.rp., 215 IP�!P� e lQ.2 p.p. delila Costituzione). Tribunale di Modena, 011dinanza 17 ottobre 1974, G. U. 5 marzo 1975, n. 612. legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 116 (artt. 27, primo comma, e 42, terzo 1comma, delia Costituzione). Corte d'appello di Trieste, m'ldinanza 213 ottobre 1974, G. U. 2 aiprile 1975, n. 8i8. legge 22 aprile 1941, .n. 633, art. 156, secondo comma (a,rt. 21, terzo comma, d�lla Costituzione). P~etura di Roma, oi:rdinanza 16 1dicemhre 1974, G. U. 9 aipriile 1975, n. 915. 1 legge 22 aprile 1Hl, n. ,633, art. 161 (aoc-t. 21, terzo comma, delila Costituzione). Pretura di Roma, ordinanza 16 dicembre 1974, G. U. 9 1aiprile 19715, n. 9,5, legge 17 lugUo 1942, n. 907 (art. 41 e 43 della Costituzione). Corte d'appello di Catanzaro, ordinanza 8 novembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. legge 17 luglio 1942, n. 907, artt. 45, 46, 47, 57, 66 n. 5 (artt. 41 �e 43 defila Costituzione). Pretore di Saluzzo, ordinanza 4 dicembre 1974, G. U. 5 marzo 19715, n. 818. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 52 d.P.R. 23 gennaio 1943, n. 43, art. 301 (al'ltt. 27, primo comma, e 42, terzo comma, deLla Costituzione). Corte d'aippeUo di Trieste, ol'dinanza 23 ottobre 1974, G. U. 2 \ apriile 1975, n. 88. �legge 3 gennaio 1951, n. 27, artt. 1 e 4 (artt. 41 e 43 della Costituzione.) Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. legge 26 ottobre 1957, art. 18, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del trtbunale di Benevento, ordinanza 19 di;_ cembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 8'8. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 79, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Vigevano, ordinanza 20 .settembre 197�4, G. U. 2 aprile 1975, n. 818. legge reg. Friuli-Venezia Giulia, 24 luglio 1959, n. 17 (artt. 215, secondo comma, 3, !Prima .parte, e 9, secondo comma, deilila Costituzione). Pretore di Trieste, ordinanza 2 settembre 1974, G. U. 5 marzo 197�5, n. �62. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, art. unico, che attribuisce efficacia el'lga omnes all'art. 49 del contratto nazio.nale normativo 214 ma.g1gio 195�6 per i d�!pendenti degli istituti di cura privati (al'lt. 76 della Costituzione). Corle d'appello di Roma, ordinanza 11 dicembre 1974, G. U. 2 aipri1e li97�5, .n. 88.. legge 30 a0prlle 1962, n. 283, arff. 5, lettera f, e 6 (art. 3 della Co0stituzione). Pretore di Roma, 011dinanza 19 dicembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. legge 6 novembre 1963, n. 1444, art. 1, primo e secondo comma e 3 (arlt. 42, secondo comma, e 3 deLla Costituzione). Preto~e idi Roma, ordinanza 5 novembre 11974, G. U. 5 marzo 1�975, n. 6�2. legge 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, decimo e undicesimo comma (ar:tt. 3, 24, 41, 42 e 43 della Costituzione). Pretore di Soluzzo, ordinanza 4 dicembre 1974, G. U. �5 marzo 1975, n. �62. PARTE II, LEGISLAZIONE , d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 91 (artt. 3�2 e 3�8 della Costituzione). Giudice del lavo;ro del Tribunale di Pistoia, ordinanza 30 ottobre 1'974, G. U. 20 marzo 197�5, n. 77. d.P.R. 30 giugno 1965, �n. 1'1�24, artt. 83, settimo e ottavo c�omma, e 112 (arrt. 38, primo e secondo comma, della Costituzione). Corte d'appello di Roma, ordinanza 18 dicembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. legge 21 luglio 1965, art. 1 (art. 3 defila Co�stiituzione). T!dbunale di Salerno, 1ovdinanza 1� dicembre 1972, G. U. 5 marzo 1975, n. 62. legge 15 luglio '1966, n. 604, art. 1 O (rurt. 3 della Costituzione). Pretore di Roma, ol'di:nanza 30 marzo 1974, G. U. 5 marzo 1975, n. 62. d.I. 18 novembre 1966, n. 976, art. 80 (a1rtt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, ol'dinanza 7 ottobre 1.974, G. U. 2 apri.le 1975, n. 8.S. d.I. 11 dicembre 1967, n. 1132 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Roma, oxrclinanza 7 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. d.I. 20 febbraio 1968, n. 59, art. 13, secondo e terzo comma (artt. 10, primo comma e ll della Costituzione). Corte di Cassazione, midinanza 31 ottobre 1974, G. U. 23 marzo 1975, n. 77. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25 (art. 3 della Costituzione). Giudice del lavoro del Tribunale di Benevento, ordinanza li9 dicembil'e 1974, G. U. 2 alpll'il.e 1975, n. 88. legge 7 ottobre 1969, n. 742, art 1, primo comma. 'Dribunale supremo militare, or.dinanza 29 novembre 11974, G. U. 30 apriil.e 1975, n. 114. legge 24 dicembre 19�69, n. 990, art. 3!2, primo comma (avt. 3 della Costituzione). Preto;re di San Miniato, ordinanza 14 novembre 1974, �a. U. 2 aprile 1975, n. 88. 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 35, terzo c�omma (artt. 76, 39, :primo e secondo comma, .art. 18, primo com,ma, e art. 3, .pdmo comma, dehla Costituzione). Pretore di Roona, ordinanza 30 marzo 1974, G. U. 5 marzo 1975, n. 62. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (art. 3, primo comma, delJa Co,stitiuzione). Pretore di Palermo, midinanza 12 novembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. Tribunale di Torino, oTJdinanza 218 novembre 1974, G. U. 2 apirHe 1975, n. 88. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745, art. 56, primo c:omma (art. 3, ,primo e secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 7 novembre 1974 (due), G. U. 5 marzo 1975, n. 62 e 12. marzo 1975, n. 70. legge 28 ottobre 1970, n. 801, artt. 6 e 9 (a,rtt. 3 e 53 della Costituzione). Tribuna.le di Roma, or.dinanza 7 ottobre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 8'8. legge 1� dicembre 1970, .n. 898, art. 4, terzo comma (art. 214 della Costituzione). Corte d'appello di Palermo, ordinanza 15 novembre 1974, G. U. 213 aprile 1975, n. 108. legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Brescia, ol'ldir�anza .22 ottobre 1974, G. U. 20 marz.o 1975, n. 77. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 5,2 e 53 della CostiJtuzione). Pretore di Brescia, ordinanza 26 novembre 1974, G. U. 2 aprile 19715, n. 88. legge 22 ottobre 1971, n. ~65, art. 13, ultimo comma (art. 113, secondo comma, della Costituzione). 'Ilribunaile amministrativo �regionaile per J.a Pugilia, Oil"dinanza 13 aprile 1974, G\U. 20 marzo 1975, n. 77. legge 22 ottobre �19�71, n. 865, art. 16 (artt. 3 e 42, terzo comma, della Costituzione). Corte di appelJ.o di Trieste, ordinanza 29 norvembre 1974, G. U. 2 a!Prile 197,5, n. 88. CONSULTAZIONI AGRICOLTURA Agri�oltura -Funzioni amministrative in materia di miglioramenti fondiari -Affitto di fondi rustici -Competenza dello Stato e della Regione -(l. 11 febbraio 1971 n. 11, art. 11, d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11, art. 1 lett. l). Agricoltura -Funzioni amministrative -In materia di miglioramenti fondiari -Affitto di fondi rustici -Ricorsi-gerarchici avverso provvedimento degli Ispettorati provinciali -Decisione -Competenza -(l. 11 febbraio 1971 n. 11 art. 11, d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 11, art. 1 lett. l). Se le funzioni amministrative in materia di miglioramenti fondiari trasferite dallo Stato alla Regione a statuto ordinario comprendano anche l'attivit� amministrativa di accertamento della validit� tecnica dei miglioramenti dei fondi rustici condotti in affitto, prevista dall'art. 11 1. 11 febbrao 1971 n. 11 (n. 76). Se sia competente lo Stato ovvero la Regione a decidere un ricorso gerarchico avverso un provvedimento adottato in materia di accertamento della valid~t� tecnica dei miglioramenti dei fondi rustici condotti in affitto (n. 76). APPALTO Contratti di pubbliche forniture -revisione prezzi -Ritardato pagamento del compenso revisionale -Interessi -(r.d. 13 marzo 1910 n. 135, art. 50; r.d. 13 giugno 1940 n. 901, art. 4 -l. 26 ottobre 1940 n. 1676, art. 4). Se l'art. 50 delle Condizioni generali pei contratti di provviste, vendite e lavorazione per conto della Marina approvate con r.d. 13 marzo 1910, n. 135, relativo agli interessi dovuti in caso di ritardo nei pagamenti da parte dell'Amm.ne, si riferisca soltanto ai ritardi nei pagamenti dei prezzi contrattuali dei lavori e delle provviste per principio fissi ed invariabili ovvero anche ai ritardi nei pagamenti dei compensi revisionali (n. 381). COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. 24 luglio 1971 n. 447). Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della legge 24 aprile 1971 n. 447 (n. 14). 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO DAZI DOGANALI Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. 24 luglio 1971 n. 447). Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della legge 24 aprile 1971 n. 447 (n. 85). IMPORTAZIONE ESPORTAZIONE Dazi doganali -Diritti per servizi amministrativi -Importazione di nave armata -(l. 15 giugno 1950 n. 330; l. '24 luglio 1971 n. 447). - Se siano dovuti i diritti per servizi amministrativi sulle importazioni di navi armate da paesi terzi, anteriori all'entrata in vigore della legge 24 aprile 1971 n. 447 (n. 71). IMPOSTA DI REGISTRO Esenzioni e agevolazioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo comma, l. 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, 1� comma. Se la � effettiva abitazione � di cui all'art. 17 primo comma 1. 2 luglio 1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni singolo appartamento compravenduto (n. 416). IMPOSTA DI REGISTRO Imposta di registro -Campi ed impianti sportivi -Area per la costruzione Donazione al Comune -Esenzione -(l. 21 giugno 1928 n. 1580, art. 2; r.d. 2 febbraio 1939 n. 302, art. 3). Se l'atto di donazione ai Comuni delle aree occorrenti per la costruzione di campi od altri impianti sportivi sia o meno esente dall'imposta di registro (n. 413). IMPOSTE E TASSE Esenzioni e agevolazzioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo comma, legge 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, primo comma. Se la � effettiva abitazione di cui all'art. 17 primo comma I. 2 luglio 1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni singolo appartamento compravenduto (n. 580). PARTE II, LEGISLAZIONE legge reg. Marche 2~ febbrai�o 1973, n. 6 (artt. 42, terzo comma, e 1'17, primo comma, della Costituzione). Pretore di Sassofem-ato, ordinanza 16 gennaio 1975, G. U. 9 arp:rile 1975, n. 95. d.I. 24 luglio 1973, n. 427, artt. 1 e 2 (art. 41 della Costituzione). Pretore di Castellammare di Stabia, ordinanza 21 gennaio 1975, G. U. 2 aiprile 1975, n. 88: d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 4, primo comma, lettera al (artt. 3, 29, 3.1, 36, 37, 53 e 7�6 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 15 apri.ile 1975, G. U. 30 aipdle 19715, n. 114. d.I. 19 giugno 1974, n. 236, art. 1, secondo comma (art. 3 della Costituzione). P\l'eto�re di Roma, ordinanza 19 rdiicembre 1974, G. U. 2 aprile i.97�5, n. 88. legge 14 agosto 1974, n. 355, art. 5 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di TO\l'ino, ordinanza 29 novembre 1974, G. U. 2 aprile 1975, n. 88. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 1 (art. 24 e 2.5, primo �comma, della Costituzione). Corte d'a.ssilSe di Venezia, ordinanze 112 norvembre 1974, 12 dicembre 1974 e 18 dicembre 1974 e 19 dicembre 1974, G. U. 2 a,p1rile 1975, n. 88. Tribuna�le di Sondrio, ordinanze 5 dicembre 1974 (rdue), G. U. 20 marzo 197�5, n. 77. legge 14 ottobre 1974, n. 497, art. 8 (art. 13 de1la Co1stituzione). Pretore di Ca.tania, ordinanza� 20 diicembre 1974, G. U. 5 marzo 1975, n. 62. d.I. 14 dicembre 1974, n. 657, art. 2, quarto comma (artt. 8, nn. 3, 6 e 16 dello statuto speciafo per la regione Trentiino-Alto Adige). Prorvincia di Bolzano, ricorso depositato il 25 marzo 1975, G. U. 23 aprhle 1975, n. 108. Provincia di T�rento, rico�rso depositato H 25 marzo 1975, G. U. 23 apri[e 1975, n. 108. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 3 febbraio 1975, n. 15 (art. 68 delJ.o statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adtge). - ProvirlJCia di Bolzano, ricorso :depositato il 27 marzo 1975, n. 7, G. U. 2,3 aprile 1'9715, n. 108. legge reg. Piemonte appr. 5 febbraio 1975 e riappr. 27 marzo 1975. Presidente del Constglio dei Ministri, ricorso depoisitaito 24 aprile 1975, G. U. 30 aprile 11975, n. 114. leggi reg. Umbra 6 febbraio 1975. P1restdente del ConJStglio dei Mintst!ri, ricorso depositato 4 marzo 1975, G. U. 1,2 marzo 1975, n. 70. legge reg. Sicilia appr. 20 febbrai�o 1975, reca!l1te �Prov�vedfunenti in favore dei lavoratori emigranti e deHe J.oro famtglie �. Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso !depositato 8 marzo 1'975, G. U. 20 marzo 119715, n. 77. legge reg. Sicilia appr. 13 marzo 1975 � Provvedimenti in favore degli utenti. delle acque dei canali dell'antico demanio �. Commissario delJ.o Stato per la Regione sichliana, r1corso depositato il 28 marzo 1975, G. U. 2�3 aprile 1975, n. 108. PARTE II, CONSULTAZIONI IMPOSTE IPOTECARIE Esenzioni e agevolazioni -�Effettiva abitazione� di cui all'art. 17, primo comma, legge 408/49 -Nozione -l. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17, primo comma. Se la � effettiva abitazione � di cui all'art. 17 primo comma, 1. 2 luglio 1949 n. 408, considerata come termine iniziale del quadriennio, ivi previsto agli effetti delle agevolazioni fiscali, debba essere riferita ad ogni singolo appartamento compravenduto (n. 6). INTERESSI Contratti di pubbliche forniture -Revisione prezzi -Ritardato pagamento del compenso revisionale -Interessi -(r.d. 13 marzo 1910, n. 135, art. 50; r.d. 13 giugno 1940, n. 901; art. 4; l. 26 ottobre 1940, n. 1676, art. 4). Se l'art. 50 delle Condizioni generali nei contratti di provviste, vendite e lavorazione per conto della Marina approvate con r.d. 13 marzo 1910, n. 135, relative agli interessi dovuti in caso di ritardo nei pagamenti da parte dell'Amm.ne, si riferisca soltanto ai ritardi nei pagamenti dei prezzi contrattuali dei lavori e delle provviste per principio fissi ed invariabili ovvero anche ai ritardi nei pagamenti dei compensi revisionali (n. 13). � MEZZOGIORNO Industralizzazione del Mezzogiorno -Occupazione d'urgenza -Stato di consistenza -Nomina del tecnico. Se sia legittima la nomina da parte del Prefetto, ai fini della redazione dello stato di .consistenza di un immobile da sottoporre ad occupazione d'urgenza, di un tecnico dipendente dall'Ente che ha richiesto l'espropriazione (n. 63). Industrializzazione del Mezzogiorno -Decreto di occupazione o di espropriazione -Soggetti a cui favore verranno devoluti gli immobili Esenzione -(d.P.R.' 30 giugno 1967, n. 1523, art. 147). Se debba ritenersi necessaria, nel decreto di occupazione ed anche in quello di espropriazione, l'esplicita menzione della ditta a cui favore saranno devoluti gli immobili, quando l'occupazione � disposta in favore di Consorzio ai sensi dell'art. 147, u.c. 30 giugno 1967 n. 1523 (n. 63). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Amministrazioni dello Stato -Rapporti -Vaglia postale emesso a favore di P. A. -Mancato incasso nei termini -Conseguenze -(d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, art. 112). Se, tenuto conto delle distinte esigenze contabili e di bilancio di ciascuna Amm.ne dello Stato, l'Amm.ne P.T. sia tenuta a pagare l'importo di vaglia postali emessi in favore di altra Amm.ne dello Stato e da questa non incassati nei termini di prescrizione stabiliti dall'art. 112 d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156 (n. 148). INDICE BIBLIOGRAFICO Indice Bibliografico delle opere acquisite dalla Biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato BANCO DI ROMA, Collana legale, Donazioni e Successioni nella legge civile. Roma, 195. BANco di RoMA, Collana tributaria, Imposta di Registro. Roma, 1974. BANCO di ROMA, Collana tributaria, Imposta sulle successioni e donazioni. Roma, 1975. CONSIGLIO REGIONALE MARCHE, Ufficio Studi, Le Imposte dirette nella riforma tributaria, Ancona, 1974. ELIA L. -GUARINO G., Codice costituzionale della Repubblica Italiana, Giuffr�, Milano, 1974. MORTATI Costantino, L'Ombudsman (il difensore civico), UTET, Torino, 1974. PANEBIANCo Massimo, Codice del Mercato Comune, Giuffr�, Milano, 1974. RUTA Guido, Il sistema della legislazione bancaria. (IIa ed.). Bancaria, Roma, 1975. SCIALOJA -BRANCA, Commentario, Legge Fallimentare. Zanichelli, Ed. Soc. Ed. Foro Italiano, Bologna-Roma, 1974. SERRANO Francesco, Le imposte sulle successioni. (6� ediz.), UTET, Torino, 1974.