ANNO XXV -N. 2 MARZO-APRILE 1973 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1973 



ABBONAMENTI 

j ANNO � . . . . . . � . . . . . � . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 8.500 
UN NUMERO SEPARATO . .. .. .. .. .. .. .. .. . � 1.500 

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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 

e/e postale 1/2640 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -De<rcto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(3219024) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima�: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Michele Savarese} pag. 293 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Baccari} � 329 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a 
tro de Francisci} 
cura del/'avv. Pie
� 3 6') 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo} � 392 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 397 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi} . � 458 
Sezione settima�. GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. 
Di Tarsia di Be/monte) 
Paolo 
� 473 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI pag. 35 
LEGISLAZIONE � 38 
INDICE BIBLIOGRAFICO � 45 
CONSULTAZIONI � 47 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Francesco MARrnzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, 
Caltanissetta; Giovanni VACIRCA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL 
SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; 
Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, 
Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio 
MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; 
Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, 
Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia 



ARTICOLI, NOT~, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


BAFILE C., Ancora degli interessi sui tributi complementari I, 405 
BAFILE C., Ancora sulle quote di societ� di persone nell'imposta 
di registro I, 440 
FAVARA F., Apprezzamenti tecnici della Pubblica Amministraziane 
e giurisdizione ordinaria, in relazione al contenzio 
so doganale I, 340 
SICONOLFI L., Un 
dello Stato . 
caso di prestazione di opera a favore 
I, 370 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETCACCIA 
E PESCA 

TRICITA' 

-Acque sotterranee -Presupposti 
necessari e sufficienti per il riconoscimento 
della loro demanialit�, 
466. 

-Competenza tecnica del Tribunale 
Superiore delle acque pubbliche 
in grado di appello -Potere 
di sostituirsi alla P.A. nel:
l'esercizio della sua discrezionalit� 
tecnica -Esclusione, 466. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Delegazione amministrativa 
Esecuzione delle opere da parte 
del delegato in conformit� dei 
programmi predisposti dal delegante 
-Responsabilit� del delegante 
-Non sussiste, 379. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Intempestivit� 
della riserva dell'appaltatore 
-Decadenza -Rinunzia 
dell'Amministrazione a 
farla valere -Ammissibilit� Accertamento 
da parte del giudice 
di merito -Incensurabilit� 
in Cassazione -Condizioni, 458. 

-Appalto di opere pubbliche Pretesa 
dell'appaltatore da indennizzo 
pel caso di aggravi della 
prestazione derivante da fatto 

� continuativo � -Onere della riserva 
-Momento di operativit� 
del medesimo Applicazione, 
458. 
-Appalto di opere pubbliche -Richieste 
dell'appaltatore di mag.,. 
giori compensi o indennizzi -Offerta 
transattiva da parte della 
Amministrazione -Rinunzia implicita 
al diritto di far valere la 
decadenza dalle riserve in cui 
sia incorso l'appaltatore -Esclusione, 
458. 

-Contravvenzioni al testo unico 
sulla pesca -Domanda di oblazione 
valutata dal Prefetto -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
297. 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Norme di depenalizzazione -Imposizione 
di un contributo sulle 
ordinanze sanzionatorie -Illegittimit� 
costituzionale, 325. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Demanio e patrimonio -Bellezze 
naturali -Vincolo -Viofazione Sanzione 
pecuniaria -Controversia 
-Giurisdizione del giudice 
amministrativo, 394. 

Espropriazione per pubblica utilit� 
-Criterio discriminatorio fra 
giurisdizione ordinaria ed amministrativa, 
con nota di C. CARBONE, 
335. 

Espropriazione per pubblico interesse 
-Decadenza della dichiarazione 
di pubblica utilit�, con 
nota di c. CARBONE, 335. 

Espropriazione per pubblico interesse 
-Occupazione temporanea 
e d'urgenza: decorso del biennio 
-Giurisdizione ordinaria, con 
nota di c. CARBONE, 335. 

-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Controversie in materia 
tributaria -Sono normalmente 
attribu.ite alla giurisdizione 
ordinaria, con nota di F. FAVARA, 
340. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
-Discriminazione: petitum 
sostanziale, con nota di C. 
CARBONE, 335. 

-Fallimento -Pretesa tributaria 
verso la massa fallimentare Forma 
contenziosa ordinaria: 
inammissibilit�, con nota di C. 
CARBONE, 329. 

-Imposte doganali -Controversie 
circa il valore delle merci dichia



INDICE 

rate -Appartengono alla giuri


sdizione ordinaria, con nota di 

F. FAVARA, 340. 
-Poteri del G.O. ancorch� specializzato 
-Declaratoria in via principale 
della illegittimit� di un 
atto amministrativo -Esclusione, 
486. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Demanio storico e artistico Bellezze 
naturali -Vincolo -Violazione 
-Sanzione pecuniaria Fattispecie 
-Illegittimit�, 394. 

ENERGIA ELETTRICA 

Imprese esercenti in via esclusiva 
o principale attivit� elettriche 
-Trasferimento all'E.N.E.L. 
di tutti i rapporti giuridici attivi 
e passivi, 365. 

ENTI PUBBLICI 

Commissario di Ente pubblico Rimozione 
-Interesse sostanziale 
al ricorso -Dubbio -Devoluzione 
all'Ap., 395. 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA' 

-Espropriazione -Criteri e principi 
generali -Fondo gi� in possesso 
dell'espropriante -E' espropriabile, 
396. 

-Espropriazione -Criteri e principi 
generali -Pendenza di giudizio 
risarcitorio -Irrilevanza, 

396. 
Espropriazione -Criteri e principi 
generali Possibilit� di 
acquisto' del fondo in via contrattuale 
-Irrilevanza, 396. 
Espropriazione -Strade e auto


strade -Strada di accesso a complesso 
scolastico -Legittimit� 
dell'esproprio, 396. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

Controinteressato -Notificazione 
-Presso l'ufficio -Non a mani 
proprie -Validit� -Dubbio Devoluzione 
all'Ap., 395. 

-Procedimento giurisdizionale 
Decisione Csi. -Appello all'Ap. Quando 
� ammesso -Fattispecie 
-Inammissibilit�, 394. 

-Ricorso giurisdizionale -Atto 
impugnabile o no -Pubblico impiego 
-Dipendenti Enti pubblici 
-Determinazione del trattamento 
economico -Delibera dell'Ente 
-Non � impugnabile senza 
approvazione del Ministero vigilante, 
392. 

IMPIEGO PUBBLICO 

_, 
Insegnanti incaricati -Cumulo 
di impiego -Riduzione della retribuzione 
-Sperequazione rispetto 
alla normativa generale Illegittimit� 
costituzionale, 308. 

-Professori universitari incaricati 
-Cumulo di incarico e di impiego 
-Riduzione della retribuzione 

Sperequazione rispetto alla 
normativa generale -Illegittimit� 
costituzionale, 308. 

-Stipendi, assegni e indennit� Dipendenti 
Enti pubblici -Maggiorazione 
del 20 % rispetto ai 
dipendenti statali -Diritto -Non 
sussiste -Facolt� dell'Ente, 392. 

-Stipendi, assegni e indennit� Dipendenti 
Enti pubblici -Maggiorazione 
del 20 % rispetto ai 
dipendenti statali -Soppressione 
-Concessione di assegno personale 
-Determinazione dell'assegno 
-Riferimento al solo stipendio 
-Illegittimit�, 392. 

-Stipendi, assegni e indennit� Diritti 
acquisiti -Divieto di reformatio 
in peius -Art. 227 T.U. 

n. 383 del 1934 -Criterio di applicazione 
-Concessione di assegno 
personale -Sufficienza, 392. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni fiscali -Costruzione 
di strade obbligatorie, che 
presentano aspetti di necessit� Nozione 
-Limiti, 455. 

-Agevolazione per le case di abitazione 
non di lusso -Prescrizione 
-Decadenza -Successione 
di leggi -D.L. 11 dicembre 
1967, n. 1150 che istituisce l'obbligo 
di presentare la denuncia 
della decadenza gi� verificatasi 
-Applicabilit� per gli atti stipulati 
dopo l'entrata in vigore 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VIII 


della legge 2 febbraio 1960 n. 35 
-Esclusione per gli atti di data 
anteriore per i quali la decadenza 
si avvera successivamente, 416. 

-Agevolazioni per le case di abitazione 
non di lusso -Prescrizione 
-Regione Siciliana -Legislazione 
concorrente con quella statale 
-Legge regionale Siciliana 
30 luglio 1969, n. 29 -Applicabilit� 
per il periodo anteriore 
della legislazione statale in materia 
di prescrizione, 416. 

-Agevolazioni per le opere di interesse 
degli enti locali -Generica 
e probabile indicazione delle 
opere da eseguire -Esclusione 
della agevolazione -Estensione 
dell'agevolazione a opere similari 
-Esclusione, 436. 

-Agevolazioni per il fondo di rotaz�one 
per il territorio di Trieste 
di cui alla legge 18 ottobre 
1955, n. 908 -Operazioni di finanziamento 
-Estensione alle fideiussioni 
prestate da terzi Esclusione, 
449. 

-Disposizioni necessariamente 
connesse e derivanti per loro natura 
le une dalle altre -Fattispecie 
-Mutuo cinematografico 
con cessione dei proventi del noleggio 
e contratto di distribuzione 
-Esclusione, 424. 

-Enunciazione -Requisiti -Mancanza 
della indicazione del corrispettivo 
-Convenzione nella 
quale il corrispettivo � stabilito 
in percentuale -Determinazione 
in un momento successivo -Legittimit�, 
424. 

-Societ� di persone -Scioglimento 
limitato ad un socio -Assegnazione 
inferiore alla quota di diritto 
-Imposta proporzionale di 
trasferimento -Esclusione, con 
nota di c. BAFILE 440. 

-Solidariet� -Enunciazione -Parte 
della convenzione enunziante 
estranea alla convenzione enunciata 
-Dipendenza fra le due 
convenzioni -Sussiste la solidariet�, 
424.. 

-Tassazione provvisoria -Disposizione 
dell'art. 32 della legge di 
registro -E' di portata generale, 
424. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 


-Spese per il pagamento dell'imposta 
sulle societ� -Indetraibilit�, 
365. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Presunzione per mobili, denaro 
e gioielli -Inventario -Requisiti 
-Mancanza di stima -Inopponibilit�, 
446. 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Importazione temporanea -Maggior 
valore conseguente alla lavorazione 
-Assoggettabilit� all'imposta 
-Esclusione, 434. 

IMPOSTA SULLE SOCIETA' 

-Agevolazioni per il territorio di 
Assisi -Legge interpretativa 25 
febbraio 1971, n. 110 -Limitazione 
alle imposte di ricchezza mobile, 
I.C.A.P. e di patente, 452. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Prescrizione -Diritti dovuti in 
relazione a fatti costituenti reato 
-Decorrenza -Sentenza penale 
irrevocabile, 403. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Agevolazioni fiscali in materia di 
edilizia -Ripetibilit� del tributo 
solo pei rapporti non definiti Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
301. 

-Azione giudiziaria -Deduzione 
in grado di appello di un nuovo 
titolo per l'agevolazione -Limiti 
-Immutazione dei presupposti di 
fatto -Inammissibilit� -Fattispecie, 
436. 

-Esecuzione esattoriale -Opposizione 
a pignoramento -Ipotesi 
di esclusione -Illegittimit� costituzionale 
-Insussistenza, 298. 

-Imposta complementare -Omessa 
denuncia dei redditi -Inasprimento 
pena dell'ammenda -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
299. 


INDICE 
IX 

Imposta di negoziazione -Privilegio 
-Termine di decadenza Imposta 
complementare -Decorrenza 
dalla data della decisione 
della Commissione provinciale, 

397. 
-Imposta di negoziazione -Privilegio 
-Termine di validit� Decadenza 
come per l'imposta di 
registro, 397. 

-Imposta di registro -Imposta Interessi 
complementare -Fatto 
imputabile al contribuente Obbligo 
di dichiarazione del valore 
venale se superiore al prezzo 
pattuito -Non sussiste -Ritardo 
nell'adempimento -E' sufficiente 
a fondare il diritto agli 
interessi -Esclusione della imputabilit� 
-Onere della prova, 
con nota di C. BAFILE, 406. 

Imposta di registro -Interessi Imposta 
complementare -Rapporti 
anteriori all'entrata in vigore 
della legge 26 gennaio 1961, 

n. 29 -Decorrenza da tale data, 
con nota di C. BAFILE, 406. 
- 
Imposta di registro -Privilegio Termine 
di decadenza -Imposta 
complementare -Decorrenza dalla 
data di registraziQne dell'atto, 

397. 
-Imposta di successione -Interessi 
-Imposta complementare Rapporti 
anteriori all'entrata in 
vigore della legge 26 gennaio 
1961, n. 29 -Decorrenza da tale 
data, con nota di C. BAFILE, 405. 

-Imposte indirette -Competenza 
e giurisdizione -Valutazione Correzione 
di errori di apprezzamento 
nella determinazione del 
valore presunto di una convenzione 
enunciata -Difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O., 424. 

-Imposte indirette -Interessi Imposta 
complementare -Dichiarazione 
suppletiva di valore 
in sede contenziosa dinanzi alle 
commissioni -Non � idonea ad 
escludere l'obbligo degli interessi 
con nota di C. BAFILE, 405. 

- 
Violazione delle leggi finanziarie 
-Tributi diretti -Azione penale 
subordinata all'accertamento 
definitivo -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 302. 

LAVORO 

-In genere -Qualificazione giuridica 
del rapporto di lavoro -
Censurabilit� in Cassazione -Limiti, 
con nota di L. SICONOLFI, 

369. 
- 
Lavoro autonomo -Differenza 
dal lavoro subordinato, con nota 
di L. SICONOLFI, 369. 

MEZZOGIORNO 

-Cassa per il Mezzogiorno -Provvedimenti 
a favore della citt� di 
Napoli -Affidamento al Comune 
di Napoli dell'esecuzione di opere 
programmate della Cassa -Delegazione 
amministrativa -Occupazione 
d'urgenza da parte dei 
suoli da parte della Cassa -Responsabilit� 
del Comune per la 
mancata esecuzione dell'espropriazione 
nel biennio -Sussiste, 

379. 
MINIERE E CAVE 

-Industria estrattiva nei Colli Euganei 
-Divieto di estensione Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
304. 

PREVIDENZA ED ASSISTENZA 

-Ingegneri ed architetti -Cassa di 
Previdenza degli ingegneri ed architetti 
-Obbligo contributivo Individuazione 
dei soggetti obbligati 
-Funzionari degli Enti 
pubblici e della Cassa per il Mezzogiorno 
-Esclusione, 384. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Competenza della sezione specializzata 
per le controversie agrarie 
-Deduzione dell'esistenza di 
contratti soggetti a proroga -Decisione 
sulla base delle sole deduzioni 
delle parti, 360. 

-Competenza sezioni specializzate 
in controversie agrarie -Contratti 
agrari delle Amministrazioni 
dello Stato -Prevalenza 
della competenza delle sezioni 
specializzate sul foro dello Stato, 
360. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Giudizio per decreto -Opposizione 
-Richiesta di dibattimento e 
indicazione dei motivi -Sanzione 
di inammissibilit� -Illegittimit� 
costituzionale parziale, 323. 

-Prova penale -In genere -Ammissione 
-Valutazione (libero 
convincimento del giudice) -Ordinanza 
dibattimentale che ritenga 
sufficienti le prove acquisite 
e rigetti la richiesta, di rwova 
prova -Violazione dell'art. 185 
cod. proc. pen. -Esclusione, 474. 

-Prova penale -In genere -Ammissione 
-Valutazione (libero 
convincimento del giudice) -Ordinanza 
dibattimentale che ritenga 
sufficienti le prove acquisite 
e rigetti la richiesta di nuove 
prove -Censurabilit� in cassazione 
-Limiti -Censurabilit� indiretta 
attraverso la motivazione 
della sentenza, 474. 

-Reati commessi all'estero -Rinnovazione 
del giudizio in Italia 
-Illegittimit� costituzionale 
Inammissibilit� della questione 
per irrilevanza, 293. 

-Reati perseguibili a querela Testimonianza 
della parte civile 
-Sperequazione rispetto all'imputato 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 295. 

REATO 

-Bestemmia -Discriminazione a 
favore della religione cattolica Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
314. 

-Furto -Reclusione e multa -Cumulo 
-Minimo edittale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
321. 

-Invasione di terreni o edifici Elemento 
oggettivo -Estremi Esecuzione 
individuale -Sufficienza 
-Elemento soggettivo Illiceit� 
speciale -Riflessi sul 
dolo -Fine di profitto -Estremi, 
473. 

Istigazione di militari a disobbedire 
le leggi -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 318. 

-Manifestazioni sediziose -Manifestazioni 
fasciste -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 315. 

-Reati contro la fede pubblica Delitti 
-Falsit� in atti -In atti 
pubblici -Correzione di errore 
materiale effettuato da persona 
diversa dal pubblico ufficiale autore 
dell'atto -Sussistenza del 
reato, 477. 

-Reati contro la Pubblica Amministrazione 
-Delitti -Dei privati 
-Relazione ad atti arbitrari 
del pubblico ufficiale -Estr�mi 
dell'esimente, 476. 

-Vilipendio -Autorizzazione a 
procedere del Guardasigilli -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
320. 

RESPONSABILITA' CIVILE 

-Estinzione del reato per prescrizione 
-Diritto al risarcimento del 
danno derivante dal reato -Prescrizione, 
363. 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE QUESTIONI 


DOGANA 

-Manifesto -Mancato scarico di 
manifesto -Responsabilit� del 
Comandante della Nave nel caso 
di reato commesso da altri -Limiti, 
35. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Legge sulla casa -Applicabilit� 
alle espropriazioni in corso alla 
data di entrata in vigore della 
legge, 35. 

Legge sulla casa 22 ottobre 1971, 

n. 865 -Piani di zona per l'edilizia 
popolare -Se sia applicabile, 
35. 
- 
Riforma fondiaria -Terzo residuo 
-Pronuncia di illegittimit� 
costituzionale -Effetti, 35. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni tributarie -Benefici 
per i proprietari di case di 
abitazione -Applicabilit� -Limiti, 
36. 

-Decreto di esproprio per p.u. Annullamento 
in s.g. per difetto 
di potere -Se non sia pi� dovuta 
l'imposta. 36. ' 

-Ingiunzione -Firmata dal cassiere 
-Se sia legittima, 36. 

-Privilegio -Privilegio speciale 
immobiliare -Se sia riferibile su 
ciascuno dei beni oggetto di convenzioni, 
36. 

IMPOSTA SULL'ENTRATA 

-Responsabilit� dello spedizioniere 
-Limiti, 37. 

PROCEDIMENTO PENALE 

Imposta -Iscrizione sui beni dei 
condebitori solidali, 37. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Imposta di iscrizione per ipoteca 
penale -Criteri di determinazione, 
37. 


INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


ALBERGHI 

-Mutui agevolati per opere turistiche 
alberghiere -Istruttoria 
preliminare -Decisione di accoglibilit� 
della domanda -Istruttoria 
definitiva -Poteri della 

P.A. (1. 22 luglio 1966, n. 614), 47. 
APPALTO 

-Contratti della P.A. -Licitazione 
privata -Documentazione dell'offerta 
-Bollo -Insufficienza Esclusione 
del concorrente. (d. 

P.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 
27 e 28), 47. 
ASSICURAZIONI 

-Assicurazione obbligatoria -Veicoli 
adibiti al trasporto di dispacci 
postali all'interno delle 
stazioni ferroviarie. (1. 24 dicembre 
1969, n. 990, art. 1, d.P.R. 24 
novembre 1970, n. 973, art. 2), 47. 

AUTOVEICOLI 

-Trasporti eccezionali -Limiti di 
peso e di portata -Eccedenza Sanzioni. 
(t.u. 15 giugno 1959, 

n. 393, artt. 10, 33, 121), 47. 
BONIFICA 

-Opere di bonifica -Contributi Autostrada 
-Soggetto 1passivo. 

(r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, articolo 
10), 48. 
CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Trasporti eccezionali -Limiti di 
peso e di portata -Eccedenza Sanzioni. 
(t.u. 15 giugno 1959, 

n. 393, artt. 10, 33, 121), 48. 
COMUNI E PROVINCIE 

-Comuni e Provincie -Istruzione 
pubblica statale di pertinenza Contributo 
statale -Delegazione 
-Mutuo -Finalit�. (1. 16 settembre 
1960, n. 1014, art. 7; legge 22 
dicembre 1969, n. 964, art. 15), 49. 

-Contratti dei Comuni -Depositi 
cauzionali definitivi superiori a 
3 mesi -Soggetto depositario (r.d. 
12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; 

r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 4; 
d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, articoli 
26 e 28), 49. 
COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA 


-Comunit� economica europea Disciplina 
depositi doganali e zone 
franche -Ammonizzazione Stabilimenti 
industriali a regime 
di deposito franco. ~d.P.R. 30 dicembre 
1969, n. 1133, art. 36), 49. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Concessione ferroviaria -Trasformazione 
in servizio automobilistico 
-Effetti -Alienazione 
beni ferroviari -Quota spettante 
al concessionario. (1. 2 agosto 
1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 
1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 
1912, n. 1447, art. 186), 49. 

CONTABILITA' GENERALE DELLO 
STATO 

-Commissione esami abilitazione 
all'insegnamento -Componente 
estraneo -Compenso indebitamente 
corrisposto -Buona fede Recupero 
coattivo. (d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 
1910, n. 639), 49. 


INDICE 

Contratti della P. A. -Licitazione 
privata -Documentazione dell'offerta 
-Bollo -Insufficienza Esclusione 
del concorrente. (d. 

P.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 
27 e 28), 50. 
CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

-Azienda esercente pubblico autoservizio 
di trasporto -Contributo 
straordinario dello Stato -Posizione 
soggettiva -Debito verso 
l'INPS -Versamento diretto (1. 
25 febbraio 1971, n. 94; 1. 29 ottobre 
1971, n. 889, art. 9), 50. 

-Comuni e Provincie -Istruzione 
pubblica statale di pertinenza Contributo 
statale -Delegazione 
-Mutuo -Finalit� (1. 16 settembre 
1960, n. 1014, art. 7; 1. 22 dicembre 
1969, n. 964, art. 15), 51. 

-Mutui agevolati per opere turistico-
alberghiere Istruttoria 
preliminare -Decisione di accoglibilit� 
della domanda -Istruttoria 
definitiva -Poteri della P. 

A. (1. 22 luglio 1966, n. 614), 51. 
-Opere di bonifica -Contributi Autostrada 
-Soggetto passivo 

(r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, articolo 
10), 51. 
-Policlinico universitario -Lavori 
di completamento -Finanziamento 
-Mutuo -Garanzia -Delegazione 
di pagamento sui proventi 
di rette ospedaliere. (1. 12 
febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 
24 giugno 1971, art. 12), 51. 

DAZI DOGANALI 

-Comunit� economica europea Disciplina 
depositi doganali e zone 
franche -Ammonizzazione Stabilimenti 
industriali a regime 
di deposito, franco. (d.P.R. 30 dicembre 
1969, n. 1133, art. 36), 51. 

-Diretti amministrativi all'importazione 
-Abolizione -Importazione 
di navi armate (1. 24 giugno 
1971, n. 447), 52. 

DEPOSITO 

Contratti dei Comuni -Depositi 
cauzionali definitivi superiori a 
3 mesi -Soggetto depositario 

(r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, 
art. 179; r.d. 2 gennaio 1913, numero 
453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 
1919, n. 1058, artt. 26 e 28), 52. 
ESPROPRIAZIONE PUBBLICA 
UTILITA' 

-Costruzione scuole e case per lavoratori 
-Decreto espropriazione 
-Indennit� -Determinazione Criteri 
-lus superveniens -Applicabilit�. 
(1. 20 marzo 1865, numero 
2359, artt. 32 e 51; 1. 22 ottobre 
1971, n. 865, artt. 9, 13 
segg.), 52. 

-Zone terremotate nel 1962 -Piano 
di ricostruzione e rinascita Espropriazione 
aree -Assegnazione 
gratuita al Comune (1. 3 
dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 

52. 
FERROVIE 

-Concessione ferroviaria -Trasformazione 
in servizio automobilistico 
-Effetti -Alienazione 
beni ferroviari -Quota spettante 
al concessionario (1. 2 agosto 
1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 
1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 
1912, n. 1447, art. 186), 53. 

IGIENE E SANITA' 

-Istituti clinici universitari -Equiparazione 
ad ospedali regionali Trattamento 
tributario. (1. 12 
febbraio 1968, n. 132, art. 3; d. 

P.R. 27 maggio 1969, n. 129, articolo 
5; 1. 24 luglio 1962, n. 1073, 
art. 45), 53. 
-Policlinico universitario -Lavori 
di completamento -Finanziamento 
-Mutuo -Garanzia -Delegazione 
di pagamento sui proventi 
di rette ospedaliere (1. 12 feb


.braio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 
24 giugno 1971, art. 12), 53. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Commissione esami abilitazione 
all'insegnamento -Componente 
estraneo -Compenso indebitamente 
corrisposto -Buona fede Recupero 
coattivo. (d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076, art. 5, t.u. 14 aprile 
1910, n. 639), 53. 

-Dipendente Ente pubblico -Promozione 
-Servizio prestato in 
Amministrazione statale -Riconoscimento. 
(t.u. 10 gennaio 1957, 

n. 3, art. 201), 54. 
Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine 
di corresponsione diretta 
reddito al coniuge -Esecuzione 
-Eccedenza limite legale -Appello 
P. A. parte in causa. (l. 1� 
dicembre 1970, n. 898, art. 8; d. 

P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, articolo 
33), 54. 
Impiegato pubblico -Condanna 
penale o provvedimento disciplinare 
-Perdita pensione od altro 
trattamento -Ripristino -Ius 
superveniens. (1. 8 giugno 1966, 

n. 424, art. 1 e 2), 54. 
Insegnante incaricato -Nomina 
in ruolo con riserva -Scioglimento 
della riserva -Decorrenza 
giuridica della nomina ex tunc 
-Effetti economici -Sospensione 
cautelare -Sanzione disciplinare 
definitiva -Assegni arretrati 
-Spettanza -Limiti. (1. 1� 
febbraio 1963, n. 357, art. 2; 1. 19 
marzo 1955, n. 160, artt. 20 e 21), 

55. 
IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 


-Diritti amministrativi all'importazione 
-Abolizione -Importazione 
di navi armate. (1. 24 giugno 
1971, n. 447), 55: 

IMPOSTA DI BOLLO 

-Contratti della P. A. -Licitazione 
privata -Documentazione dell'offerta 
-Bollo -Insufficienza 


Esclusione del concorrente. (d. 

p.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 
27 e 28), 55. 
-Istituti clinici universitari -Equiparazione 
ad ospedali regionali 
-Trattamento tributario. (1. 
12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; 

d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, articolo 
5; 1. 24 luglio 1962, n. 1073, 
art. 45), 56. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Avicoltura -Contratto di allevamento 
-Regime tributario. ( cod. 
civ., artt. 1655 e 2170), 56. 

-Imposta graduale -Sentenza di 
condanna -Indennizzo per trasferimento 
impresa elettrica Imponibile. 
(r.d.l. 30 dicembre 
1923, n. 3269, art. 68; r.d.l. 30 dicembre 
1923, n. 3269, tab. all. A., 
art. 114; 1. 6 dicembre 1962, numero 
1643, art. 5, n. 5), 56. 

-Trasferimento fabbricato -Agevolazione 
-Trasferimento immobili 
da costruire -Applicabilit�. 

(d.l. 15 marzo 1965, n. 124, articolo 
44, primo comma), 56. 
IMPOSTE VARIE 

Istituti clinici universitari -Equiparazione 
ad ospedali regionali 
Trattamento �tributario. 

(1. 12 febbraio 1968, n. 132, articolo 
3; d.P.R. 27 maggio 1969, 
n. 129, art. 5; 1. 24 luglio 1962, 
n. 1073, art. 45), 56. 
-Violazione tributaria -Persona 
giuridica -Sopratassa -Ammenda 
-Pena pecuniaria -Responsabilit� 
del legale rappresentante. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12), 
56. 
ISTRUZIONE 

Commissione esami abilitazione 
all'insegnamento -Componente 
estraneo -Compenso indebita



xv

INDICE 

mente corrisposto -Buona fede Recupero 
coattivo. ( d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 
1910, n. 639), 57. 

Comuni e Provincie -Istruzione 
pubblica statale di pertinenza Contributo 
statale -Delegazione 
-Mutuo -Finalit�. (1. 16 settembre 
1960, n. 1014, art. 7; 1. 22 dicembre 
1969, n. 964, art. 15), 57. 

LAVORO 

-Azienda esercente pubblico autoservizio 
di trasporto -Contributo 
straordinario dello Stato -Posizione 
soggettiva -Debito verso 
l'INPS -Versamento diretto. (1. 
25 febbraio 1971, n. 94; 1. 29 ottobre 
1971, n. 889, art. 9), 57. 

MATRIMONIO 

-Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine 
di corresponsione diretta 
reddito al coniuge -Esecuzione Eccedenza 
limite legale -Appello 
P. A. parte in causa. (1. 1� dicembre 
1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 
10 gennaio 1957, n. 3, art. 33), 58. 

OPERE PUBBLICHE 

-Zone terremotate nel 1962 -Piano 
di ricostruzione e rinascita Espropriazione 
aree -Assegnazione 
gratuita al Comune. (l. 3 
dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 

58. 
PENSIONI 

Impiegato pubblico -Condanna 
penale o provvedimento disciplinare 
-Perdita pensione od altro 
trattamento -Ripristino -Ius superveniens. 
(1. 8 giugno 1966, numero 
424, artt. 1 e 2), 58. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Assicurazione obbligatoria -Vei'coli 
adibiti al trasporto di dispacci 
postali all'interno delle stazioni 
ferroviarie. (1. 24 dicembre 
1969, n. 990, art. 1; d.P.R. 24 novembre 
1970, n. 973, art. 2), 59. 

Comunicazioni telefoniche ecc. Impianto 
od esercizio -Concessione 
-Mancanza -Divieto -Violazione 
-Estinzione del reato Sopratassa. 
(r.d. 27 febbraio 1936, 

n. 645, art. 178; cod. pen. art. 
16), 59. 
PROCEDIMENTO CIVILE 

-Foreste demaniali -Trasferimento 
alle Regioni -Operativit� Giudizio 
pendente -Effetti. (1. 16 
maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 
28 dicembre 1971, n. 1121, art. l; 
c.p.c., art. 111), 59. 

-Trasferimento di beni o rapporti 
-Giudizio pendente -Effetti. 

(c.p.c. art. 111), 59. 
REGIONI 

-Foreste demaniali -Trasferimento 
alle Regioni -Operativit� Giudizio 
pendente -Effetti. (1. 16 
maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 
28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; 

c.p.c. 111), 59. 
-Trasferimento di beni o rapporti 
-Giudizio pendente -Eff�tti. 
(c.p.c., art. 111), 60. 

RICOSTRUZIONE 

Zone terremotate nel 1962 -Piano 
di ricostruzione e rinascita Espropriazione 
aree -Assegnazione 
gratuita al Comune (l. 3 
dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 

60. 

xvm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 177 . 
Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 213 . 
Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 215 . 
Sez. I, 29 gennaio 1973, n. 269 . 
Sez. I, 29 gennaio 1973, n. 271 . 
Sez. I, 2 febbraio 1973, n. 318 . 
Sez. II, 2 febbraio 1973, n. 324 . 
Sez. I, 7 febbraio 1973, n. 380 . 
Sez. Un., 8 febbraio 1973, n. 382 . 
Sez. Un., 12 febbraio 1973, n. 406 . 
Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 419 . 
Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 430 . 
Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 470 . 
Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 474 . 
Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 478 . 
Sez. I, 23 febbraio 1963, n. 534 . 
Sez. II, 9 marzo 1973, n. 651 . 
Sez. I, 12 marzo 1973, n. 677 . 
Sez. I, 16 marzo 1973, n. 752 . 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

18 gennaio 1973, n. 2 . . . . . . . . . � � � . � , � . . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. plen., 8 novembre 1972, n. 11 . . 
Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 13 . 
Sez. IV, 8 novembre 1972, n. 1034 . . 
Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1076 . 
Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1077 . 

pag. 
403 
360 
363 
365 
405 
406 
369 
416 
379 
424 
434 
436 
440 
446 
449 
452 
384 
458 
455 

pag. 
486 

pag. 
392 
394 
394 
395 
396 


_,i 

I 



--;-
li 

INDICE XIX 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 2 febbraio 1972, n. 120 . pag. 473 
Sez. II, 17 luglio 1972, n. 5089 . 474 
Sez. I, 25 luglio 1972, n. 5164 . . � 476 
Sez. V, 29 luglio 1972, n. 5357 . 477 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

LEGISLAZIONE 

QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I. -Norme dichiarate incostituzionali pag. 38 

II. -Questioni dichiarate non fondate . 39 

III. -Qu.estioni proposte 40 
INDICE BIBLIOGRAFICO . pag. 45 

� 


PARTE PRIMA 



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~:

i: 
~ 

t 

f 


GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 


CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 1 -Pres. e Rel. Chiarelli 
-La Mattina (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa). 

Procedimento penale -Reati commessi all'estero -Rinnovazione del 
giudizio in Italia -Illegittimit� costituzionale -Inammissibilit� 
della questione per irrilevanza. 

(Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87; c.p., art. 11, c.p.c.). 

� inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 11, capoverso, codice penale, che subordina 
la rinnovazione del giudizio in Italia, per reati commessi all'estero, alla 
richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia (1). 

(Omis~is). -1. -L'ordinanza della Corte di assise di Palermo afferma 
nelle sue premesse, in conformit� a precedente pronuncia di 

(1) J?.er un'analoga pronuncia di ~nammiissibilit� per difetto di r~levanza: 
Corte Cost., 30 marzo 1971, n; 65 in �aiur. cost., 1971, 618, con nota 
di CARLASSARE, Dubbi sulla rilevanza della questione di costituzionatit� 
relativa all'art. 8 c.p. 
Sulla i1egittimit� costituzionale del rinnovamento del giudizio previsto 
dall'art. 11 .c.p.: Coo:ie Cost., 18 aprile 1967, n. 48, Giur. cost., 1967, 299 con 
nota di Cti!AVARio, La compatibilit� del �bis in idem� previsto dall'art. 11 
comma primo c.p. con il � diritto internazionale generalmente ric<m<>sciuto 
�. 

Sulla questione di le~ittimit� della richiesta del Ministro della giustizia, 
per riferimenti: Corte Cost., 5 maggio 1959, n. 22 in Giur. cost., 
1959, �con nota di CASETTA, La legittimit� costituzionale dell'autorizzazione 
a procedere. 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'Avv. CARLO SALIMEI. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questa Corte (sent. n. 48 del 1967), che la rinnovazione del giudizio 
.nei confronti di un cittadino o straniero che abbia commesso un reato 
nel territorio dello Stato e sia stato precedentemente giudicato all'estero, 
non contrasta con alcun precetto costituzionale, si-a per il principio 
della territorialit� d�lla legge penale, sia perch� il principio ne bis in 
idem non 'impedisce l'esercizio del potere giurisdizionale per un fatto 
delittuoso commesso in Italia e gi� giudicato all'estero. Contrasterebbe 
invece con l'art. 3 della Costituzione il capoverso dell'art. 11 del codice 
penale, che prescrive la rinnovazione del giudizio per reati commessi 
all'estero, a richiesta discrezionale del Ministro di grazia e giustizia. 
Si chiede quindi la dichiarazione di illegittimit� costituzionale di 
detto capoverso, da cui discenderebbe, c.onclude l'ordinanza, la rinnovazione 
obbligatoria del giudizio soltanto per chi abbia commesso un 
reato in Italia. 

2. -Osserva fa Corte che la proposta questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 11 cpv. del codice penale � dnammissibile per difetto 
di rilevanza rispetto al giudizio a quo. 
I reati che la Corte d'assise di Palermo � chiamata a giudicare 
(rapina e omicidio a scopo �di rapina; artt. 5�75, 576 n. 1, e 628 c.p:) 
l'ientrano fra i delitti per i quali l'art. 9 c.p. stabilisce che il cittadino 
che li commette all'estero � punifo secondo la \legge italiana, sempre 
che si� trovi, nel territorio dello Stato. Tale norma si coHega all'art. 3 
cpv. dello stesso codice, il quale, com'� noto, dispone che la legge penale 
itaUana obbliga tutti coloro che si trovano all'estero, limita�tamente 
ai casi indicarti dalla stessa legg:e. 

I ,citati artt. 3 e 9 del codice penale non sono denunciati dall'ordi


I 

nanza di rinvio, e non � messa in dubbio la legittimit� della norma che, 1 
nel determinare la sfera di applicazione della legge penale, dispone la \ 
applicabilit� di questa anche a f.atti commessi all'esterro, nei casi staI 


.i

biliti dalla legge medesima in base alla valutazione,� compiuta dal legi


l

slatore, dell'interesse a tutelare penalmente determinati beni ana stre


� 

gua dell'ordinamento italiano. N� il principio ne bis in idem preclude 
l'esercizio del potere giurisdizionale per fatti commessi all'estero, suscetI 
tibili, al pari dei fatti commessi dallo straniero nel territorio, di valuta


l 

zioni diverse nei diversi ordinamenti (v. la citata sent. n. 48 del 1967). 
Da ci� discende �che l'eventual� dichiarazione� di illegittimit� 'costituzionale 
del<l'art. 11 cpv. c.p. non produrrebJ;>e, come afferma l'ordi


I 

! I 

nanza, la non procedibilit� per i reati commessi all'estero e dichiarati 

punibili secondo la legge italiana, ma, viceversa, determinerebbe per 

essi la piena e incondizionat� procedibilit�. ' ' 

Nella specie, quella dichiarazione non farebbe venir meno la pu


nibiUt� del reato, ai sensi deill'art. 9 c.p., e la necessit� della cefobra


zione del nuovo giudizio secondo le norme sostanziali e procedurali 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 295 

dell'ordinamento italiano: di qui, la irrilevanza della questione rispetto 
al giudizio penale in corso. 

3. -Ad analoga conclusione si perviene ove, .prescindendo dalla 
impostazione data nell'ordinanza alla prospettata questione e dal dispositivo 
di essa, si vogUa interpretare l'ordinanza stessa nel senso che 
abbia limitato l'impugnativa a quella parte dell'art. 11 cpv. c.p. che 
subordina I.a rinnovazione del giudizio alla richiesta del Ministro di 
grazia e giustizia. 
La dichiarazione di illegittimit�-costituzionale di questa parte della 
disposizfone, col far venir meno la condizione di procedibilit� costituita 
dalla detta richiesta, avrebbe per effetto la rinnovazione obbligatoria 
del giudizio; vale a dire, non produrrebbe un effetto diverso da 
quello che, nel.ila specie, si � verificato per la intervenuta richiesta. 

N� varrebbe osservare in contrario che quella pa�rte dell'art. 11 
cpv. c.p., in pratica, non sarebbe mai impugnabile per illegtttimit� costituzionale, 
in quanto, ove manchi la richiesta, verrebbe a mancare il 
processo in �cui poter sollevare la questione. A parte la considerazione 
'cbJe, 1secondo -U vigente ordinamento del giud!izio costituzionale, la 
concreta impossibHit� dell':impugnativa non legittima il giudice a quo 
a prescindere dal giudizio sull� rilevanza, rispetto alla norma di cui 
trattasi non manca la possibilit� della sua impugnativa, che potrebbe, 
eventualmente, essere �esercitata dal giudice istruttore a cui il pubblico 
ministero abbia chiesto, in seguito a rapporto dell'ufficiale o agente di 
polizia giudiziaria, la dichiarazione di non doversi p�rocedere per mancanza 
della richiesta del ministro. 

Per le �esposte ragioni, la questione proposta con l'ordinanza della 
Corte d'assise di Palermo non pu� dar luogo ad una decisione avente 
influenza sul giudizio a quo, e ne va pertanto dichiarata la inammissibilit�. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 2 -Pres. Chiarelli -
Rel. Reale -Frau (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa). 

Procedimento penale -Reati perseguibili a querela -Testimonianza 

della parte civile -Sperequazione rispetto all'imputato -Illegit


timit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 24; c.p.p., artt. 106, 366, 408, 441 e 449). 

, Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianzq e di 
difesa, le questioni di legittimit� costituzionale delle norme che preve



296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dono la test-imonianza della parte civile nei reati perseguibili a querela 
di parte (1). 

(Omissis). -2. -Le questioni sono chiaramente infondate. 

Esse non differiscono da quelle gi� prospettate sotto gli stessi profili 
degLi artt. 3 e 24 Cost. con le ordinanze 21/1970 del pretore di Iseo 
e n. 57/1971 del 1tribunaile di Bergamo, impugnanti formalmente i soli 
artt. 106, 408 e 449 c.p.p. ma sostanzialmente, come in modo esplicito 
emergeva dalla loro motivazione, anche gli artt. 366 e 441 dello stesso 
codice. 

Tali questioni furono ritenute infondate da questa Corte con la 
sentenza n. 190 del 21 novembre 1971, H cui contenuto va integralmente 
confermato. 

In detta sentenza � stato precisato, in particolare, che, per effetto 
di una scelta legislativa non irrazionale, la subordinazione della disciplina 
dell'azione civile alle esigenze connesse all'accertamento dei reati 
� riconosciuta, nel nostro ordinamento, quale corollario dell'interesse 
pubblico a tale accertamento, interesse, preminente su quello collegato 
alla risoluzione delle liti civili, in ispecie quando lo st~sso fatto risulti 
configurabile, nel contempo, come illecito penale ed illecito civile e si 
prospetti, quindi, il'opportunit� che siano evitati contrasti di giudicati. 

Tale �considerazione vale ad inficiare anche il nuovo argomento 
addotto dal pretore di Mogoro circa la scelta della via giudiziaria lasciata 
alla discrezione dell'offeso nei reati perseguibili a querela; giacch�, 
a parte >la eventuale responsabilit� specifica deill'offeso querelante 
per il reato di calunnia (articolo 368 c.p.), lo svolgimento del procedi� 
mento penale nei casi di cui sopra non rimane sottratto alle valuta


1

zioni degli organi giudiziari. 

Nella stessa sentenza 1Si � posto, altresi, in rilievo il'essenziale ruolo 
rivestito dal soggetto off,eso dal reato, costituitosi parte civile, ai fini 
della prova nel processo penale, risultando sovente egli� il principale e 
talora l'unico testimone per la ricostruzione storica dei fatti dedotti in 
giudi:ziio. 

Il che, d'altra parte, non implica disparit� di trattamento fra l'imputato, 
a vantaggio del quale deve essere assicurata fa difesa anche in 
sede di interrogatorio, �e la parte civile, soggetta invece all'obbligo del 
giuramento e alla possibile incriminazione per falsa testimonianza. E 

(1) La precedente 1sentenza 30 novembre 1971, n. 190 cui la Corte si 
richiama � pubblicata in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1317. 
In dottrina: VIGORITI, La testimonianza della parte nel processo penale 
e in quello civile: un'antinomia da eliminare, in Riv. dir. proc., 1972, 156 e 
CAPPELLETTI, La testimonianza della parte davanti alla Corte Costituzionale, 
ivi, 1972, 161. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 297 

ci� 'considerandosi sia la diversit� delle rispettive posizioni sostanziali 
e proceSSHali, sia i temperamenti che apporta al riguardo l'integrale 
appldcazione, nel giudizio .penale, del principio del libero convincimento 
del giudice. Donde consegue la potest� di valutazione critica della 
attendibilit� delle prove, in ri:Eerimento tanto all'interesse che possa 
aver mosso la parte civile a fare dichiarazioni volte al trionfo dell'accusa, 
quanto, per converso, alla credibilit� che possono meritare anche 
le difese dell'imputato. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 3 -_Pres. ChiareHi -
Rel. Rossi -Minchio (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Savarese). 

Caccia e pesca -Contravvenzioni al testo unico sulla pesca -Domanda 

di oblazione valutata dal Prefetto -Illegittimit� costituzionale 


Esclusione. 

(Cost., artt. 24, 102; r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 41). 

Non � fondata, con riferimento agli articoli 24 e 102 della costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale deit'art. 41, ultima parte, 
del testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, se,condo cui il 
Prefetto pu� respingere la domanda di oblazione proposta dal_ contravventore 
a certe norme del suddetto testo unico (1). 

(Omissis). -La Corte � chiamata a deddere se contrasti o meno 
con gli artt. 24, secondo comma, e 102, primo e secondo comma, della 
Costituzione, l'art. 41, ultima parte, del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 
(testo unico sulla pesca), secondo cui il prefetto pu� respingere fa domanda 
di oblazione del contravventore a certe norme del suddetto testo 
unico, � avuto riguardo alla particolare gravit� del fatto, o alla personalit� 
del colpevole �. 

L'ordinanza si fonda interamente sul presupposto che le competenze 
attribuite al prefetto dalla norma impugnata diano luogo all'esercizio 
di un'attivit� giurisdizionale ordinaria o speciale. 

Si tratta di un presupposto erroneo. Questa Corte ha ripetutamente 
riconosciuto (sentenze nn. 25 e 95 del 1967, 55 e 141 del 1969), ed 
� pacifico anche in dottvina, che � non pu� dirsi eser-cizio di funzione 

(1) In dottrina, in senso critico alla giurisprudenza della Corte: REscrGNO, 
Per ia distinzione tra questione di costituzionalit� e argomentazioni 
del giudice a quo. Sul potere del prefetto di respingere la domanda di 
oblazione, in Giur. cost., 1967, 1053. 



298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giurisdizionale il potere di valutazione che, come nel caso di istanza 
di oblazione, viene attribuito all'autorit� amministrativa; potere che, 
pur importando una valutaziione del singolo caso, rimane di natura amministrativa 
e si svolge prima e al di fuori del processo giurisdizionale�.. 


Tali considerazioni bastano ad escludere che gJi invocati articoli 
della Costituzione possano essere rifeniti al caso in esame.� Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n .. 4 -Pres. Chiarelli -
Rel. Verz� -Montagner (n.'c.) e Esattoria Comunale di Ferrara 
(avv. Ermetes). 

Imposte e tasse -Esecuzione esattoriale -Opposizione a pignoramento 

-Ipotesi di esclusione -Illegittimit� costituzionale -Insussistenza. 

(Cast., artt. 3, 24, 42, 113; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. a). 

Non � fondata, con rife1�imento ai principi di eguaglianza, di difesa 
e di tutela della propriet�, la questione di legittimit� costituzionale dell'art..
207, lettera a, testo unico sulle imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 
1958, n. 645) nena parte in cui esclude l'.opp�sizione contro ii pignoramento 
dei mobili del contr(buente gi� oggetto di vendita esattoriale 
a carico del medesimo debitore (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata. 

L'art. 207, lett. a), riproduce nel nuovo testo unico delle leggi sulle 
imposte dirette la norma dell'art. 63 del r.d. 17 ottol;>re 1922, n. 1401, 
modificata con l'art. 18 de1la legge 16 giugno 1939, n. 942. E la Corte, 
con la sentenza n. 4 del 1960, ha affermato che questa norma � non 
sopprime il dir1itto di propriet� � perch� non fa altro che imporre al 
terzo acquirente di beni mobili in una asta esattoriale, l'onere di rimuoverli 
dalla abitazione di chi ne � stato espropriato, se vuole evitare H 
rischio dell'assoggettamento all'esecuzione; e l'articolo 42, secondo 
comma, Cost. non esclude che il diritto di propriet� sia, in certe situazioni, 
subordinato 1a condizioni o presupposti, od anche all'onere di un 
particolare �comportamento da parte dello stesso proprietario. 

3. -La norma della lett. b) dello stesso art. 207 dispone che l'oppos1izione 
non pu� essere proposta � dal coniuge e dai parenti ed affini 
fino al terzo grado del contribuente e dei coobbUgati, per quanto ri(
1) In dottrina, TARZIO, Sulla legittimit� dei limiti dell'opposizione di 
terzo all'esecuzione esattoriale, in Giur. cast., 1969, II, 1616. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 299 

guarda i mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, sempre 
che non si �tratti di beni costituiti iin dote... �. � questa una norma che 
� stata gi� esaminata dalle sentenze di questa Corte nn. 42 e 93 del 
1964 e 129 del 19<68 e che presenta stretta analogia con quella oggi 
impugnata, sia perch� entrambe riguardano i mobili esistenti nella casa 
di abitazione del contribuente, sia perch� sono ispirate da ragioni 
di carattere pubbli.co e di interesse generale, collegate alle finalit� proprie 
del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione 
delle imposte e di evitare possibili fraudolente collusioni. Orbene, le 
suindicate sentenze affermano H principio �che l'art. 207 si inquadra nel 
sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni tributarie, reg~lato 
da norme di diritto sostanziale. E sono 'infatti di diritto sostanziale 
le norme �che -stabilendo quali beni costituiscono le garanzie del creditore 
-determinano l'oggetto su cui si pu� esercitare l'azione esecutiva, 
e cio� quali beni possono essere sottratti a detta azione e quali 
possono esservi compresi, quando si trovano iin una certa posizione locale 
legata al debitore, anche se vi sono terzi che vantano diritti di� 
propriet� su di essi. Dal che deriva la conseguenza che n� l'art. 2.4 n� 
l'art. 113 Cost. possono dirsi violati -anche nella �ipotesi prevista dalla 
norma iimpugnafa -. in quanto la tutela giurisdizionale dei diritti 
ed interessi legittimi, sia pure contro gli atti della pubblica amministrazione, 
non pu� �superare i limiti posti dalla norma di diritto sostanziale 
a tutela di altri diritti od interessi giudicati degni di protezione giuridica. 

4. -Per quanto attiene alla denunziata violazione del principio di 
uguaglianza, � facile dimostrarne la -infondatezza perch� la particolare 
disciplina del procedimento di esecuzione fiscale � giustificata dalle ragioni 
di interesse generale e dalle finalit� messe gi� .in evidenza. Ond'� 
che non pu� dirsi ingiustificato od irrazionale il diverso trattamento fatto 
per la opposizione di terzo al pignoramento di mobili esistenti nella casa 
di abitazione del debitore, a seconda .&he trattisi di procedimento esattoriale 
o procedimento comune. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 5 -Pres. Chiarelli Rei. 
Reale -Soncini (avv. Gaeta) e P.res.idente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Carafa). 

Imposte e tasse -Imposta complementare -Omessa denuncil\1 dei red


diti -Inasprimento pena dell'ammenda -Ille~ittimit� costituzio


nle -Esclusione. 

(Cost., art. 76; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, 
art. 243,� secondo comma). 

Non � fondata, con riferimento aU'osservanza dei principi della deleg�" 
legislativa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 243, 


300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

secondo comma, del testo unico suHe imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 
1958, n. 645) che prevede un inasprimento deUa pena deU'ammenda, 
per l'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta complementare 
per i redditi non denunciati, risulti superiore a lire seicentomila (1). 

(Omissis). -1. -Le ordinanze deUa Corte d'appello di Roma e del 
tribunale di Parma hanno sollevato la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 243, secondo comma, del testo unico delle leggi sulle 
imposte dirette, approvato con d.P.R. 2'9 gennaio 1958, n. 645, per eccesso 
di delega, in violazione dell'art. 76 della Costituzione e dei criteri 
�lirettivi stabtltiti nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1. 

Nella prima di dette ordinanze, cui la seconda aderisce esplicitamente 
nella succinta argomentazione e nelle conclusioni, si � ritenuto 
che la censura avrebbe base nel �confronto testuale della norma impugnata 
�con l'art. 34 della legge del 1956. E si � asserito che, p�r il reato di 
omessa dichiarazione dei redditi ai fini deUa applicazione delle imposte 
dirette, l'art. 2.43 del testo unko (emanato dal Governo col citato decreto 
del 2:9 gennaio 195'8, n. 645), che concerne le sanzioni per i casi di 
omessa o tardiva dichiarazione unka dei reddLti, ai sensi del precedente 
art. 17, e prevede, nel comma secondo, un inasprimento della pena dell'ammenda 
nell'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta dovuta 
risulti superioxe a lire sekentomiila, non avrebbe rispondenza nella 
preesistente normativa n� base nei poteri di coordinamento conferLti con 
la !egge di delegazione. 

Quest'ultima legge, �si osserva n�lle ordinanze, per la pTedetta violazione 
dell'obbligo di dkhiarazione de,i redditi, comminava, nell'art. 34, 
l'ammenda da lire trentamila a lire trecentomi.Ja, da r'addoppiarsi in caso 
di r,ecidiva e da triplicarsi in ,caso di recidiva reiterata, ma non l'agg,
ravamento della sanzione precuniaria in proporzione deUa misura del 
tributo. 

2. -La questione non � fondata. Come esattamente osserva la dife.sa 
del P.rnsidente del Consiglio dei ministri, essa � basata sull'erroneo presupposto 
che il secondo comma in questione contenga disposizione innovativa 
della preesistente disciplina penale delle violazioni in materia dd 
imposte dirette. 
Senonch� i giudici del merito non hanno considerato 'come la norma 
che essi denunziano per eccesso dalla delegazione legislativa, di cui 
all'art. 63 della legge del 5 gennaio 1956, n. 1, trovi rispondenza sostan


(1) Le 011dinanze di irinvio, che hanno inspiegabilmente omesso di 
considerare la noxma di cui al primo comma dell'art. 36 della legge 5 gennaio 
1956, n. 1, sono pubblicate in Giu,r. cost., 1970, 1893 ed in Giur. cast., 
1971, 1893. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 301 

ziale nell'art. 36 di quest'ultima legge, riproducendo, con modificazioni 
formali irrilevanti sul piano esegetico, la configurazione della fattispecie 
di aggravamento della pena pecuniaria in riferimento all'ammontare 
del tributo evaso o di cui 'Si � tentata l'evasione: e ci� in quanto. prescrive, 
in �conformit� appunto del testo dell'art. 36, che, se l'ammontare delle 
imposte dovute supera le lire sekentomila, la pena pecuniaria non 
pu� .essere applicata in misura inferiore al detto ammontare. 

E �come non pu� dubitar.si che, nel rtspetto dell'art. 76 Cost., in sede 
di redazione di un testo unfoo possa proceder.si ad adattamenti formal:
i necessari per fa. struttura unitaria del testo (sent. 54/19p7) e, quindi, 
anche conglobando in unico articolo norme contenute in articoli diversi 
di preesistenti fonti legislative, cos� nella specie deve concludersi 
che costituisce esplicazione legittima della pote,st� di coordinamento, attribuita 
al Gov.erno con la citata legge di delegazione 5 genna1o 1956, 

n. 1, la fusione di preesistenti norme nell'organico contesto dell'art. 243 
del vigente testo unico. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 19<73, n. 7 -Pres. Chiarelli -
Rel. Bonifacio -De Campo (n.c.), Presidente Consiglio dei Ministri 
e Amministrazione Finanze de�lo Stato (sost. avv. gen. dello Stato 
Coronas). 

Imposte e tass_e .. Agevolazioni fiscali in materia di edilizia -Ripetibi


lit� del tributo solo pei rapporti non definiti -Illegittimit� costi


tuzionale -Esclusione. 

(Coat., art. 3; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, comma primo e secondo). 

Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, comma primo 
e secondo, della legge 19 luglio 1961, n. 659, che esclude la ripetibilit� 
dei tributi gi� corrisposti relativamente ai rapporti tributari gi� definiti 
alla data di entrata in vigore della legge (1). 

(Omissis). -3. -Nel merito la Corte osserva che la questione ora 
proposta dal tribunale di Milano non differisce d� quella sollevata dal 
tribunale di Vercelli con ordinanza del 6 ottobre 1965 e ddchiarata non 

(1) La decisione 14 maggio 1968, n. 45 cui la Corte integralment-e si 
riporta � pubblicata in Giur. cost., 1968, 12, con nota critica di MANZONI, 
Agevolazioni tributarie retroattive, divieto di rimborso e principio di uguwglianza 
.e in Giur. it., 1969, I, 1, 1866 con nota critica di LONGO, Brevi considerazioni 
sui principio costituzionale di uguaglianza e sull'incostituzionalit� 
derivata. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

302 

fondata da questa Corte con la sentenza n. 45 del 19.68. Ed infatti, ancorch� 
nella precedente occasione sia .stato impugnato �solo il secondo 
comma dell'art. 5 della legge n. 659 del 1961, mentre ora la denuncia 
investe quell'articolo nel suo complesso (commi primo e secondo), si controverte, 
ora .come allora, in ordine all'esclusione del diritto di ripeti~ 
zione del tributo gi� pagato nell'ambito di un rapporto non ancora definito 
al momento dell'entr�ata in vigore della legge. 

Ci� posto, � .sufficiente, per l'attuale decisione, la constatazione che 
i motivi dd iJJegittimit� prospettati dall'ordinanza di rimessione sono 
identici a quelli esaminati da questa Corte nella precedente occasione. 
Anche ora, infatti, si assume la violazione del principio di eguaglianza 
e, nell'�ambito di tale assunto, non vengono prospettati profili nuovi e diversi: 
sicch� la questione deve esser dichiarata non fondata. (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 8 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Petrizzo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Coronas). 

Imposte e tasse -Violazione delle leggi finanziarie -Tributi diretti 


Azione penale subordinata all'accertamento definitivo -Illegitti


mit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; I. 'l' gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimitd costituzionale dell'art. 21, uitimo comma, deLla legge 
7 gennaio 1929, n. 4, che subordina la proponibilitd dell'azione penale 
per reati in materia di imposte dirette all'accertamento definitivo del 
tributo in contestazione (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione ha denunziato, per contrasto 
con �l'art. 3 della Costituzione, l'ultimo comma dell'articolo 21 della 
legge 7 gennaio 192'9, n. 4, assumendo che la norma, nel disporre che 

(1) La Corte aveva gi� esaminato, sia pure del tutto incidentalment�, 
il principio posto dall'art. 21 della ~egge 7 gennaio 1929, n. 4, nena decisione 
20 apriile 1968, n. 32, pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 180. 
Sulla decorrenza e sul .termine della prescrizione per i reati finanziari 
relativi alle imposte dirette: Cass., Sez. III, 7 dicembre 1970, DE MATTEIS in 
Cass. pen. mass., 1972, 770 con nota. Agli autori ivi citati adde: VINcIGUERRA, 
Processo per i reati tributari in Noviss. dig.; GENZANO, La prescrizione 
degli illeciti penali in materia di imposte dirette -Decorrenza, in 
Arch. Giur., 104; AcAMPORA, L'azione penale per i reati previsti nel t.u. 
sulle imposte dirette, in Riv. Trib., 1971, 113. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 303 

sia dato corso all'azione penale soltanto dopo l'accertamento definitivo 
del tributo diretto, farebbe dipendere il decorso della prescrizione da 
un comportamento insindacabile -� diligente, negligente o deliberato � 
-dell'amministrazione finanziaria. 

2. -Per quanto la questione �Sia formulata tenendo anche pres.ente 
che il termine prescrizionale stabilito dalla legge speciale � diverso da 
quello stabilito dal codice penale, l'oggetto dell'attuale censura si incentra 
nella violazione del principio di egtlaglianza, che derdverebbe 
dalla (pretesa) facolt� della pubblica amministrazione di prolungare a 
suo libito detto termine mediante la protrazione dell'accertamento. 
3. -Non vi � norma alcuna nella Costituzione che faccia divieto al 
legislatore di fissare termini prescrizionali differenziati (vedansi le sentenze 
n. 57/1962 e n. 10/1970 di questa Corte), sicch� non rileva, ai fini 
della decisione, il tempo necessario per la prescrizione del reato (contravvenzionale) 
di omessa o infedele dichiarazione dei redditi (se, cio�, 
di diciotto mesi: art. 157, n. 6, cod. pen.; o di tre anni: art. 16 legge 
n. 4 del 1929). , 
4. -L'ordinanza si limita ad affermare che la pubblica amministrazione 
avrebbe la possibilit� di tenere una condotta colposa o di commettere 
arbitrio, senza considerare, all'opposto, �Che, ai sensi dell'art. 32 del 
testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 
gennaio 1958, n. 645, l'amministrazione finanziaria deve provvedere, entro 
precisi termini di decadenza (successivamente ridotti con la l.egge 
31 ottobre 1966, n. 958), alla rettifi,ca dei redditi dichiarati e all'accertamento 
d'ufficio dei redditi non dichiarati. 
5. -� da ricordare che la legge n. 4 del 192'9 (che entr� in vigore il 
1 lugUo 1931, contemporaneamente ai nuovi codici penale e di procedura 
penale: cfr. r.d. 18 giugno 193�1, n. 806) venne discussa ed approvata 
sotto l'imperio del codke Zanardelli del 1889, per H quale� 1a prescrizione 
estingueva l'azione penale e non il reato: col che, quando l'azione 
penale non poteva essere promossa (o proseguita), la prescrizione rimaneva 
sospesa, per riprendere il suo corso dal giorno in cui cessava la 
causa �sospensiva. 
Ma, a prescindere daHa na�tura giur,idica (per altro non pacifica) 
dell'�acoertamento fiscale rispetto al reato de quo, ci� che conta � che, 
mentre in materia di tributi indiretti, a mente del combinato disposto 
degli artt. 22 e 60 della legge n. 4 del 1929, il giudice che ha la cognizione 
del reato � competente a risolvere anche la controversia concernente 
l'imposta, in materia di tributi diretti la controversia va risolta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella sede sua propria, ossia dagU organi tributari ed eventualmente dal 
giudice civHe. 

Orbene, la legislazione vigente, anzich� rifarsi alla disciplina delle 
pregiudiziali tipiche, con la sospensione del processo penale (e, conseguentemente, 
della prescrizione ai sensi dell'art. 159 cod. pen.), ha preferito 
subordinare l'esercizio dell'azione penale alla definitivit� dell'accertamento. 


6. -E la soluzione, pur se conduce ad una protrazione nel tempo 
del termine di inizio e, quindi, di scadenza della prescriz:ione, non � irragionevo1e, 
non solo e non tanto perch� assicura uniformit� di criteri, 
che trovano riscontro nell'obbligo di imparz1a1it� dei pubblici funzionari 
(artt. 28, 97 e 98, primo comma, Cost.), quanto perch� � sorretta 
dalle stesse ragioni �che hanno indotto il legislatore a predisporre una 
disciplina tutta particolare per le imposte dirette, conforme alla speciale 
natura dei trtibuti e alla complessit� tecnica del relativo accerfamento. 
Ch� se abusi e favoritismi dovessero ipotizzarsi, questi sarebbero 
realizzabili proprio se i termini prescrizionali decorressero dalla data 
della dichiarazione del �Contribuente, potendo l'amministrazione finanziaria 
effettuare l'accertamento al di l� del tempo in cui matura fa prescrizione. 
Per di pi�, come � stato osservato dalla Cassazione, n criterio 
scelto si risolve in una garanzia per il contribuente, il quale evita di 
essere esposto ad eventuali vessatorie denunce prima dell'accertamento 
definitivo dell'imposta. 
Il sistema accolto �, dunque, strumento di eguaglianza e di corretto 
uso dei poteri d'indagine e di controllo fiscale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 9 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Lorenzin e Fiocco (avv. Scieri, Bellavista, Sandulli), 
Consorzio per la valorizzazione dei Colli Euganei (avv. Bert1i, Mazzarolli, 
Viola), Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero della 

P.I. (vice avv. gen. dello Stato R. Bronzini). 
Miniere e cave -Industria estrattiva nei Colli Euganei -Divieto di estensione 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 117, 41, 42, 13, 4, 35; I. 29 novembre 1971, n. 1097). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
29 novembre 1971, n. 1097 contenente norme per la tutela delle bellezze 
naturali ed ambientali e per le attivit� estrattive dei Colli Euganei: 
sia con riferimento alle competenze regionali in materia di cave e tor



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 305 

biere, sia con riferimento alla tutela della propriet� e dell'iniziativa economica, 
sia con riferimento al diritto al lavoro, sia con riferimento al 
principio di eguaglianza (1). 

(Omissis). -5. -Superate que�ste eccezioni e passando all'esame 
delle singoJe impugnative, la Corte considera per prima quella sollevata 
in �relazione all'art. 117 Cost. che elenca la materia delle cave tra le 
materie riservate alla competenza normativa regionale�. 

Al riguardo va posto, anzdtutto, in rilievo che, al momento della 
emanazione della fogge impugnata, il passaggio delle funzioni statali 
alle Regioni a statuto ordinario in relazione alle cave non era ancora 
intervenuto, essendosi d� verificato solo per effetto del d.P.R. 14 gennaio 
1972, n. 2. 

In secondo luogo, va considerato, anche in funZiione dell'esame che 
sar� svo1to sulle ulteriori censure, che la legge del 1971 ha per oggetto 
materia che trascende que1la propriamente attinente alle cave e cio� 
ha per oggetto fa tutela delJ.e bellezze naturali ed ambientali dei Colli 
Euganei. Ci� � significato in epigrafe e nell'art. 1, mentre nell'art. 5 si 
fa rifer�imento, p& tutto quanto ivi non previsto, alla legge 29 giugno 
1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali ed al relativo Regolamento. 
� soltanto contenuto nell'art. 3 della legge impugnata un richiamo 
alla materia riguardante le cave, ma ci� con esclusivo � riguardo 
� a quelle, tra di e�sse, di cui sia eccezionalmente consentito, nei limiti 
di un quinquennio e previa autorizzazione del Soprintendente ai 
monumenti, il proseguimento provvisorio de1l'attivit� estrattiva di un 
particolare tipo di materiale. 

La dichiarata tutela di bellezze naturali formanti paesaggio � dall'art. 
9 inclusa tra �i � princ�pi fondamentali � della Costituz.ione, unitamente 
alla tutela del patrimonio storico ed artistico, quale appartenente 
all'intera comunit� nazionale. 

Pertanto, n� nell'elenco dell'art. 117 Cost. n� nella legge delega 16 

maggio 1'970, n. 281, sul trasferimento delle funzioni statali alle Regioni 

a statuto ordinario, la materia in esame risulta compr.esa. Ed � anche 

da I'ilevare che l'art. 7 del cennato d.P.R. del 1972: sul trasferimento 

(1) In dottrina, sui problemi della tutela del paesaggio in relazione 
a<lle competenze legislative regionali: SANDULLI, La tutela del paesaggio 
nella Costituzione, in Riv. giur., ed. 1967, II, 69; VoLPE, Tutela del patrimonio 
storico artistico nella problematica della definizione delle materie 
regionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 355. 
A commento della sentenza 29 maggio 1968, n. 56, richiamata dalla 
Corte: BoN VALSASSINA, Vincoli espropriativi e diritto all'indennizzo, in 
Giur. cast., 1968, 846. A commento della sentenza 26 aprile 1971, n. 79, 
pure richiamata dalla Corte: SANDULLI, I limiti della propriet� privata nella 
giurisprudenza costituzionale, in Giur. cost., 1971, 962. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle funzioni in materia di cave ha espressamente fatto salve le attribuzioni 
degli organi statali in relazione ad attivLt� che, pur collegate 
con quelle trasferite, 'riguardano materie non comprese nell'art. 117 
del1a Costituzione. 

Pu�, infine, essere rdcordato che la Corte, con sentenza n. 141 del 
1972 ha ci� ribadito ritenendo che � la tutela delle bellezze naturali 
d'insieme � non rientri nella materia urbanistica e nel suo trasferimento 
di cui al d.P.R. n. 8 del 1972. 

Il dedotto contrasto con l'art. 117 Cost. va, di conseguenza, escluso. 

6. -Si prospetta la violazione degli artt. 41 e 42 Cost., sia per effetto 
di compr.essione dell'iniziativa economica privata, sia. per effetto 
di atti espropriativi, di cui non � previsto d.l relativo indennizzo. 
Le questioni non sono fondate. 

Per quanto concerne l'art. 41, va conside�rato che esso prevede (secondo 
comma) che finiziativa economica privata trovi un suo limite 
nelJ.'uti1it� sociale. E con la sentenza n. 55 del 195,3 questa Corte ha posto 
in rilievo la identit� dei fini che, negli artt. dal 41 al 44 la Costttuzione 
ha indicato, ora come fini sociali, ora di utilit� sociale, ovvero di 
interesse generale. 

Tale indubbiamente, per le suaccennate preminenti ragioni, il fine 
di 'tutela delle bellezze naturali. 
La dedotta violazione dell'art. 41 Cost. non �, quindi, fondatamente 
prospettata. 

Per quanto concerne l'art. 42 Cost., va ricordato che questa Corte 
ha gi� esaminato, con la sentenza n. 56 del 1968, la questione della indennizzabilit� 
del valore de1i beni immobili sottratti alla disponibilit� 
dei privati, perch� facenti parte di un complesso a dimensione territoriale, 
unitariamente considerato e sottoposto a vincolo paesistico. 

L'esclusione dell'indennit� � stata giustificata per la considerazione 
che .trattasi di una categor_ia di beni � originariamente di interesse 
pubblico perch� naturalmente paesistici~ e condizionati a limitazioni di 
godimento secondo particolare regime � al quale rimane del tutto estranea 
la materi�a dell'espropriazione �. 

Agli stessi principi �si � uniformata la successiva sentenza n. 79 del 
1971, dai quali la Corte non intende discostarsi nel �caso in esame, per 
identit� di mo.tivi. 

Va altres� ricordato che trattasi di princ�pi gi� insiti nella ciitata 
legge n. 1497 del 1939 (che, tra l'altro, neU'art. 11 contiene anche la 
previ.i;ione dei riflesSi dell'apertura di �cave sul paesaggio) la quale legge 
dispone che � non � dovuto alcun indennizzo per i vincoli imposti 
alla propriet� per la tutela delle be1lezze panoramiche, considerate come 
quadri naturali � (art. 16 in relazione all'art. 1, n. 4) ci� � a causa 
del loro notevole interesse pubblico �. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 307 

Non occorre aggiungere altro sul punto, poich� la questione sollevata 
con le ordinanze concerne esclusivamente la mancata previsione di 
un indennizzo secondo l'art. 42, ultimo comma: � tuttavia chii.aro che l'inesistenza 
a questo proposito di un obbligo dello Stato non � incompatibile 
con misure legislative intese al ristoro della inutilizzabilit� di impianti 
estrattivi, predisposti in previsione di attivit� continuativa, o per 
la perdifa di materiale disponibile � in loco �. 

7. -Altra questione di generale incostituzionalit� della legge impugnata 
viene basata sul rilievo che il licenziamento degli addetti alle 
opere di escavazione, in conseguenza del divieto d'eserdzio per l'innanzi 
praticato, 'contrasterebbe, anche perch� non accompagnata da provvidenze 
sostitutive, con la tutela dell'attivit� lavorativa e dei relativi diritti, 
garantiti dagli ,artt. 1, 4 e 3'5 della Costituzione. 
La questione non � fondata. 

Secondo la giuri-sprudenza della Corte (.sentenze nn. 45 del 1965; 
194 del 1970; 174 del 1971), il diritto al lavoro costituzionalmente riconosciuto 
come fondamentale diritto dei cittadini non comprende un in~ 
teresse, pure costituzionalmente protetto, alla intangibilit� di ogni situazione 
che sia presupposto di conservazione del posto di lavoro. 

8. -Infine, in Telazione all'art. 3 Cost., viene posta questione di disparit� 
di trattamento, considerata comparativamente tanto con riguardo 
a tutto il restante territorio nazionale, quanto con riguardo all'intero 
della ,stessa zona di terdtorio de.i Colli Euganei. 
La Corte osserva che i limiti di localizzazione della legge in esame 
non costituiscono trattamento singolare e differenziato da quello di situazioni 
che, altrove, siano ritenute, di volta in volta, sottoponibili ad 
eguale tutela. Trattasi, anche qui, di attuazione collegata, in concreto, 
ai pr.inc�pi informatori contenuti nella legge del 1939 che ha carattere 
di generalit� e, come si � detto al n. 6, tutela espressamente tutte le 
bellezze panoramiche �Considerate come quadri naturali. 

Per quanto concerne le PTetese disparit� che sarebbero contenute 
entro il sistema stesso della legge impugnata, la Corte osserva che la 
discriminazione operata dal legislatore tra .cave sottoposte ad immediata 
cessazione di esercizio e cave di tipo diverso per le quali l'esercizio � 
consentito nei limiti di un quinquennio, non risulta irrazionale. Ci� per 
la cautela data dall'intervento autorizzativo, e motivato, oaso per caso, 
dal Sovrintendente in �relazione alla seconda categoria di beni e tenuto 
in proposito anche conto che dagli Atti parlamentari risulta e�ssersi 
considerata la loro ubicazione pi� appartafa e meno incidente sull'armonia 
del paesaggio. Il che basta per escludere il sindacato di questa 
Corte circa la valutazione tecnico-discrezionale operata dal legislatore. 
-(Omissis). 


308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 10 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Fiorentini (n.c.). 

Impiego pubblico -Insegnanti incaricati -Cumulo di impiego -Riduzione 
della ;retribuzione -Sperequazione rispetto alla normativa 
generale -Illegittimit� costituzionale. 

fCost., art. 3; r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539, art. 3, comma primo; d.l. c.p.s. 31 
dicembre 1947, n. 1687, art. 1). 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionaie dell'art. 3, primo comma, r.d.L. 1� giugno 
1946, n. 539, sul trattamento economico del personale non di ruoio insegnante 
e non insegnante nelle scuoie e negLi Istituti d'istruzione media, 
e dell'art. 1 deL d.L C.p.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, sul nuovo 
trattamento economico del personale non di ruolo degli Istituti e delle 
scuole d'istruzione media, nella parte in cui statuisce che il professore 
non di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze dello Stato o 
di altri Enti pubblici, � compensato in ragione di due terzi delLa misura 
oraria della retribuzione risultante dall'applicazione deLl'art. 1 del r.d.l. 
1� giugno 1946, n. 539, cosi come modificato da esso stesso d.l. C.p.S. 
31 dicembre 1947, n. 1687, anzich� stabilire che venga ridotta del terzo 
la retribuzione minore (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 11 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Attardi (avv. Mazzarolli e Viola), Duni (avv. Lubrano) 
e Ministero P.1. (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Impiego pubblico -Professori universitari incaricati -Cumulo di incarico 
e di impiego -Riduzione della retribuzione -Sperequazione 
rispetto alla normativa generale -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; d.p.r. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, secondo e terzo comma). 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 25, secondo e terzo comma, del 

(1-2) In dottrina, a commento della sentenza 6 novembre 1970, n. 152, 
cui la Corte si � .sostanzialmente Tiportata: PoTOTSCHNIG, Cumulo di impieghi, 
cumulo di insegnamenti e trattamento economico del personale 
insegnante, in Giur. cast., 1970, 1987. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 309 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, sul conglobamento dell'assegno mensile e 
competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale 
statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268, nella parte 
in cui dispongono che le retribuzioni fissate al primo comma vengano 
ridotte rispettivamente al 31 per cento per gli incaricati interni e al 
38 per cento per gli incaricati esterni, anzich� stabilire che in entrambe 
le ipotesi venga ridotta del terzo la 1�etribuzione minore (2). 
I 

(Omissis). -Come risulta dall'ordinanw di rinvio, il Consiglio di 
Stato, con sua sentenza n. 448 del 1964, ha gi� affermato che ci si trova 
di fronte ad un cumulo consentito di rapporti di pubblico impiego non 
di ruolo (incarico di insegnamento ed incarico di segreteria presso il 
Conservatorio femminile S. Carlo Borromeo di Pienza) ed ha soltanto 
sollevato il problema cir.ca la disciplina del cumulo delle relative retribuzioni. 


Al riguardo, tanto la parte privata interessata, quanto il Consiglio 
di Stato, richiamando la sentenza di questa Corte n. 152 del 1970, sostengono 
che al cumulo delle retribuzioni si dovrebbe procedere applicando 
il principio sancito dall'art. 99 del t.u. (legislativo) 30 dicembre 
1923, n. 2960, come modifkato dall'art. 16 del d.P.R. 11 gennaio 1956, 

n. 19, in base al quale, nel caso, come risulta in esame, che le retribuzioni 
da .cumulare superino nel complesso le lfr.e 750.000 annue, si riduce 
del terzo quella minore o, se eguali, una qualunque delle due, tenendo 
presente che le riduzioni sono sempre operate a favore dell'erario 
dello Stato: in conseguenza contestano la legittimit� cost1tuz:ionale 
della diversa disciplina posta in essere dall'art. 3, primo comma del 
r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539 e dall'art. 1 del d.l.C.P.S. 3'1 dicembre 1947, 
n. 1687, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Siffatto assunto 
:impHca che, come gi� ebbe a verificarsi quando venne pronunziata 
la sopra citata sentenza di questa Corte, la proposta questione va 
esaminata soltanto sotto il profilo della violazione dell'art. 36 della Costituzione. 
Tanto pr.ecisa.to, si rileva che dagli atti risulta che, mentre con la 
citata decisione il Consiglio di Stato ha stabilito che per l'incarico di 
insegnamento alla parte interessata spetta il trattamento economico iniziale 
dei professori di ruolo delle corrispondenti scuole statali, per l'altro 
impiego (incarico di segreteria) le � stato attribuito uno stipendio 
mensile di lire 15.025 (deliberazione 9 settembre 1949, n. 197) poi ridotto 
a lire 9.000 (deliberazione 23 novembre 1954, n. 29) e soltanto 
con deliberazione 19 febbraio 1956, n. 6 �elevato a lire 37.295 lorde, os



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D~LLO STATO 

sia, in ogni caso, di g,ran lunga. infedore a quello spettante1e per l'incarico 
di insegnamento. Ne consegue che anche nel caso in esame, come 
gi� in quello che formato oggetto della sentenza n. 152 del 1970, pu� 
avvenire che per due rapporti d'impiego si venga ad avere diritto ad 
una retribuzione inferiore a quella spettante per uno solo e ci� ancorch� 
le disposizioni denunziate, a differenza di quelle successive, dichiarate 
illegittime con detta sentenza, limitino proprio ad un terzo la riduzione 
dei compensi per gli incarichi di insegnamento, nel caso di cumulo con 
altro impiego con lo Stato o altri enti pubblici. 

Tanto pu�, evidentemente, avvenire perch� la legislazione scolastica 
non solo dh~ciplina in modo diverso da quanto dispone il richiamato 
art. 99 del testo unico n. 2960 del 19.23 il cumulo delle retribuzioni 
nel caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego per quanto attiene 
alle percentuali di riduzione, ma anche -e soprattutto -perch� dispone 
,che la riduzione debba essere applicata alla retribuzione dovuta 
per l'insegnamento, senza preoccuparsi di stabilire se sia maggiore di 
quella dovuta per l'altro impiego. 

Questa difformit� rispetto alla norma g,enerale del ripetuto art. 99 
non solo non trova alouna razionale giustificazione, ma, in quanto pu� 
portare alla conseguenza sopra illustrata, risulta skuramente irrazionale. 

Ne �consegue una manifesta violazione d�l p:rincipio di eguaglianza 
sanctto dall'art. 3 della Costituzione, cosicch� la proposta questione risulta 
fondata. 

La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 
3, comma primo, del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539, sul trattamento 
economico del peusonale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle 
scuole e negli Istituti d'istruzione media, e dell'art. 1 del d.l.C.P.S. 
31 dicembre 1947, n. 16'8:7, sul nuovo trattamento economico del personale 
non_ di ruolo degli fotituti e delle scuole d'istruzione media, nella 
parte in cui statuisce che il professore non di ruolo, il quale abbia un 
impiego alle dipendenze dello Stato o di altri Enti pubblici, � compensato 
in ragione di due terzi della misura oraria della retribuzione risultante 
dall'applicazione dell'art. 1 del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539, cosi 
come modificato da esso ,stesso d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, 
anzich� stabilire che venga ridotta del terzo la retribuzione minore. (
Omissis). 

II 

(Omissis). -3. -Come s1 e esposto in narrativa, con l'ordinanza 
22 ottobre 1971 viene prospettata, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 25, comma 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 311 

secondo, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, che testualmente dispone: 

� La retribuzione per il secondo incarico conferita ad un incaricato esterno 
universitario o per il primo incarico attribuito ad un professore 
universitario di ruolo � calcolata in ragione del 31 per cento della 
retribuzione spettanti ai �Sensi del primo comma; ...omissis... �. 
Con l'altra ordinanza la stessa questione viene prospettata, in riferimento 
anche agli artt. 3 e 36 della Costituzione, ed estesa al terzo 
comma dello stesso art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965, che dispone testualmente: 
� Per gli incadchi di insegnamento confedti, invece, a coloro che 
ricoprono altro ufficio con retribuzione a cadco dello Stato, di Ente 
pubblico o privato o, comunque, fruenti di un reddito di lavoro subordinato, 
la retribuzione � calcolata in ragione del 38 per cento di quella 
indicata nel primo comma �. " 

Entrambe le ordinanze, peraltro, pronunziate la prima in un giudizio 
promosso �e�sclusivamente da in�caricati che sono gi� professori di 
ruolo, la seconda in un giudizio promosso da incaricati aventi altro impiego 
retribuito a carico dello Stato, della stessa Ammi:nistrazfone della 
pubbliica istruzione, di Enti pubblici e, perfino, di un Ente privato, sono 
motivate con il richiamo alla pi� volte citafa sentenza di questa Corte 

n. 152~ del 1970 e quindi .sotto il profilo che le norme denunziate contengono 
una disciplina del cumulo di stipendio, in caso di cumulo consentito 
di rapporti di pubblico impiego, differenzia.ta, senza razionale giustificazione, 
da quella generale risultante dall'art. 9�9 del t.u. approvato 
con r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960, e successive modificazioni. 
Questa motivazione dimostra chiaramente che l'art. 36 della Oostituzione 
� fu.od causa e che entrambe le questioni vanno esaminate soltanto 
sotto il profilo della denunziata violazione del principio di eguagltanza. 


Pregiudiziale a tale esame �, peraltro, l'accertamento della eventuale 
fondatezza della eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, 
secondo la quale, sia nella ipotesi del primo incarko conferito ad un 
professore di ruolo o di secondo incarico conferito ad un incaricato esterno, 
ossia a personale gi� legato allo stesso Ministero della pubbHca istruzione 
da un rapporfo d'impiego di ruolo o non di ruolo, non si verifid1erebbe 
un cumulo di rapporti di impiego, sibbene una semplice estensione 
delle prestazioni dovute in forza del preesistente rapporto, estensione 
che pu� anche non superare il limite delle tre ore settimanali, 
fissato dall'art. 6 della legge n. 311 del 195�8. 

Ma a prescindere dalla considerazione che non pu� ritenersi semplice 
estensione dei doveri di un rapporto d'impiego l'attribuzione di un 
incarico che impUchi prestazioni equivalenti a quelli del rapporto gi� 
esistente e, quindi, ne raddoppi i doveri, � evidente che la tesi dell'Av



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vocatura dello Stato non pu� certo valere per quanto riguarda il terzo 
comma dell'art. 25, ossia nella ipotesi che l'incaricato ricopra altro ufficio 
con retribuzione a carico dello Stato o di altri enti pubblici e perfino 
privati. 

In questa ipotesi non � contestabile che di vero e proprio cumulo 
di rapporti d'impiego si tratti. 

Ed allora, proprio argomentando da questa ipotesi ed esaminando 
nel suo complesso l'impugnato art. 25, non pu� che giungersi alla conclusione, 
che poi si risolve nell'affermazione dell'esistenza del presupposto 
sul quale poggia la motivazione delle ordinanze di rinvio, che con 
detta norma si � voluto deliberatamente porre in essere, per gl'incaricati 
di insegnamento universitario, una disciplina del cumulo degli stipendi, 
in caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego, differenziata 
da quella generale di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923. 

Infatti, dopo avere stabilito al primo comma per gl'incari1cati esterni 
universitari delle retribuzioni che, come espressamente risulta dall'art. 
20 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, sono ragguagliate agli 
stipendi tabellari di taluni posti di ruolo, neppure iniziali, della stessa 
carriera universitaria -cos� implicitamente riconoscendo il carattere 
di rapporto di impiego che si instaura con l'incarico -l'art. 25 del 

d.P.R. n. 749 del 1965, nei seguenti commi, ne stabilisce delle diminuzioni 
diversamente graduate a seconda che l'incarico sia conferito a chi 
sia titolare di altro rapporto d'impiego di ruolo o non di ruolo nella 
stessa carriera universitaria o sia titolare di aHro rapporto, sempre di 
ruolo o non di ruolo, con lo Stato o con Enti pubbli'ci o privati o comunque 
abbia un reddito derivante da lavoro subordinato. 
Mentre non � da escludere che alla determinazione in minore misura 
della riduzione (al 38 % ) della retribuzione per questa seconda 
ipotesi non sia estraneo un certo riferimento all'art. 99 del testo unico 
_n. 21960 del 1923, � chiara, comunque, l'incontestabilit� del pieno riconoscimento 
e della conseguente ammissione, pe1r l'1ipotesi stessa, di un 
vero e .proprio cumulo di rapporti d'impiego. 

Ma giunti a questo punto e risalendo al secondo comma, a parte la 
maggiore riduzione della retribuzione (al 31 % ), che del resto non risulta 
in alcun, modo giustificata, non si vede come e perch� debba o possa 
escludersi che eguali riconoscimenti ed ammissione vi siano per l'ipotesi 
in detto secondo comma contemplata. 

Per giungere a diversa soluzione si dovrebbe, invero, ritenere che 
nell'ambito dello .stesso ordinamento statare si possono concepire due 
separati rapporti d'impiego soltanto se implichino dipendenza da diverse 
branche dell'Amministrazione e non da una stessa branca, il che � 
contraddetto dal terzo comma, nella previsione del quale sono eviden



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 313 

temente 'compresi anche gli assistenti universitari o i professori delle 
scuole medie o, comunque, gli appartenenti al per�sonale amministrativo 
universitario o comunque scolastico, che pur dipendono dallo stesso Ministero 
della pubblica istruzione~ 

Deve, dunque~ �convenirsi che l'art. 25 in esame pone in essere una 
disciplina del cumulo di retribuzioni nell'ipotesi di cumulo consentito di 
rapporti d'impiego, differenziata da quella generale contemplata dall'art. 
99 del testo unico n. 2960 del 1923, cos� come � affermato nelle 
Ol'dinanze di rinvio. 

Ai fini del decidere re�sta, quindi, da accertare se tale differenziazione 
corrisponda a posizioni ogg.ettive egualmente differenziate o, comunque, 
abbia una razionale giustificazione. 

Intanto non si ravvisa a1ouna ragione plausibile che possa spd.egare 
la differenza tra la misura delle riduzioni della retribuzione per l'incarico 
stabilita tra le ipotesi del secondo comma e quella del terzo comma, 
che, come sopra si � dimostrato, sostanzialmente si equivalgono. 

A maggior ragione tale trattamento differenziato non trova giustificazione 
nel caso di cumulo con altro rapporto d'impiego estraneo all'ordinamento 
universitario (art. 25, .comma terzo) che riproduce la posizione 
generale ipotizzata dall'art. 99 del testo unico n. 29�60 del 1923, 
in quanto l'impiego �cumulato all'incarico pu� benissimo essere retribuito 
in misura molto minore di quella stabilita dal primo comma 
dell'art. 25, cosicch� con la riduzione di questa al 38 % pu� verificarsi 
anche quel caso limite di una retribuzione dei due rapporti cumulati 
inferiore a quella spettante per uno solo di essi e cio� per l'incarico. 

Ne consegue che la differenziazione tra disciplina del cumulo delle 
retribuzioni adottata dal ripetuto art. 25, rispetto alla disciplina generale 
di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, non solo non trova 
giustificazione in una corrispondente differenziazdone di posizioni obbiettive, 
ma per la aberrante conseguenza sopra illustrata, alla quale si 
pu� giungere nella ipotesi di cui al teTzo comma, risulta sicuramente 
irrazionale. 

La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 
25, secondo e terzo comma, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, sul 
conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, 
paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della 
legge 5 dicembre 1964, n. 1268, nella parte in cui dispongono che le 
retribuzioni fissate al primo comma vengano ridotte rispettivamente al 
31 % per gli incaricati interni e al 38 % per gli incaricati esterni, anzich� 
stabilire che in entrambe le ipotesi venga ridotta del terzo la retribuzione 
minore. -(Omissis). 


314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbTaio 1973, n. 14 -Pres. Chiarelli -
Rel. Verz� -Vinciguerra (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stafo Carafa). 

Reato -Bestemmia -Discriminazione a favore della reli~ione cattoli


ca -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p. art. 724). 

Non � fondata, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento al 
principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 
724 c.p., incriminatore della bestemmia contro la religione dello 
Stato (1). 

(Omissis). -3. -La Costituzione, col riconoscere i diritti inviolabili 
dell'uomo (art. 2) e, tra essi, la libert� di religione (artt. 8 e 19), 
tutela il sentimento religioso e giustifica la sanzione penale delle offese 
ad esso recate. 

L'incriminazione della bestemmia, sancita dall'a.rt. 724 c.p., non � 
pertanto in contrasto con le norme costituzionali, ma anzi trova in esse 
fondamento. 

D'altra parte, la limitazione della previsione legislativa alle offese 
contro la religione cattolica corvisponde alla valutazione fatta dal legislatore 
dell'ampiezza delle reazioni sociali determinarte dalle offese contro 
il sentimento religioso della maggior parte della popolazione italiana. 
La norma impugnata, che � compresa nel titolo delle � contravvenzioni 
concernenti la polizia dei .costumi �, non pu� quindi essere 
considerata irrazionale e illegittima, indipendentemente dalla posizione 
att11ibuita alla Chiesa carttoUca negli artt. 7 e 8 Cost.; n� il giudizio 
della Corte pu� estendersi a sindacare, in base a rilievi quantitativi e 
statistici o a considerazioni di fatto, l'esattezza di quella valutazione. 

Tuttavia la Corte ritiene che, per una piena attuazione del principio 
costituzionale della libert� di religione, il legislatore debba provvedere 
a una revisione della norma, nel senso di estendere la tutela 
penale contro le offese del sentimento religioso di individui appartenenti 
a confessioni diverse da quella cattolica. -(Omissis). 

(1) 1SuHa legittimit� costituzionale dell'art. 724 c.p., con riferimento 
agli artt. 7 e 8 Cost.: sent. 30 dicembre 1958, n. 79, in ,Giur. cast., 1958, 
990 <COn nota di ESPOSITO. 
A commento deHa stessa sentenza: CONSOLI, La tutela penale della 
religione cattolica nella giurisprudenza costituzionale, in Riv. it. dir. proc. 
pen., 1959, 173. 

Sulla legittimit� costituzionale, proprio in riferimento al iprincip[o di 
uguaglianza, del1l'incri:rninazione del vilipendio della religione cattolica: 
sent. 31 maggio 1965, n. 39, in Giur. cost., 1965, 602, con nota di GISMONDI, 
Vilipendio della religione cattolica e disciplina costituzionale delle confessioni 
e in Giur. it., 1965, I, 1, 1289, con nota di VITALI, Disuguaglianza nell'uguaglianza? 
(Ancora in tema di vilipendio della religione dello Stato). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE-E INTERNAZIONALE 315 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 15 -Pres. Chiarelli -
Rel. Benedetti -Speranza (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Reato -Manifestazioni sediziose -Manifestazioni fasciste -Illegitti


mit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 17, 21, 25, XII disp. trans.; c.p., artt. 654, 655; 1. 20 giugno 1952, 

n. 645, art. 5). 
Non sono fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di 
legittimit� costituzionale degli m�tt. 654 e 655 c.p. e dell'art. 5 delia legge 
20 giugno 1952, n. 645, recanti, rispettivamente, sanzioni per manifestazioni 
e radunate sediziose e manifestazioni fasciste (1). 

(Omissis). -1. -I giudizi promossi con le due ordinanze indicate 
in epigrafe possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. Identica 
�, invero, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 654 e 655 
del codice penale -concernenti rispettivamente le � grida e manifestazioni 
sediziose � e le � radunate sediziose � -che esse prospettano, 
in riferimento agli artt. 17, 21 e 25, comma secondo, della Costituzione, 
mentre connessa con detta questione � quella sollevata con l'ordinanza 
del pretore di Recanati nella quale l'incostituzionalit� dell'art. 5 della 
legge 20 giJUgno 1952, n. 645 -che punisce le �manifestazioni fasciste 
� -viene prospettata, non solo in riferimenfo alle ci.tate norme 
costituzionali, ma anche alla XII disposizione transitoria della Costituzione. 


2. -L,a Corte ha gi� avuto occasione di precisare quale sia il significato 
da attribuire al termine � sedizioso � allor�ch� la questione di legittimit� 
costttuzionale del solo art. 654 venne sottoposta al suo esame 
in riferimento all'art. 21 Cost. (sent. 120 del 1957). 
(1) Le precedenti sentenze 8 luglio 1957, n. 120 e 6 dicembre 1958, 
n. 74, cui la Corte si dchi,ama, rispettivamente, per Wli artt. 654 e 656 c.p. 
e per ila ilegge 20 girugno 1952, n. 645, sono pubblicate in Giur. cast., 1957, 
1086, con nota di Fois e in Giur. cost., 1958, 958 con nota di ESPOSITO. 
Sulla libert� di riunione: Corte Cost. 15 aprile 1970, n. 56 in Giur. cost., 
1970, 607, con nota di MEZZANOTTE, La riunione nena dinami�a del fenomeno 
associativo e come valore costituzionale � wutonomo �. 

Sul principio di legalit�: Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 191 in Giur. 
cost., 1970, 2199. 

Sul limite dell'ordine pubblico: EsPOSITo, La libert� di manifestazione 
del pensiero e l'ordine pubblico, in Giur. cast., 1962, 191; ZuccAL�, Personalit� 
dello Stato, ordine pubblico e tutela della libert� di pensiero, in 
Dir. proc. pen., 1966, 1150 e CALDERONE, Libert� di manifestazione del pensiero 
e limite dell'ordine pubblico, in Temi, 1971, 96. 



316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� d'uopo comunque richiamare e meglio precisare i concetti allora 
espressi, i quali, ovviamente, valgono anche per la contravvenzione 
prevista dall'art. 655 che in questa sede � stato per la pr1ma volta impugnato. 


Per l'applicabilit� delle due norme incriminatrici � nece,ssario che 
ricorrano contemporaneamente due essenziali requ1siti consistenti in 
una condotta obbiettivamente sediziosa e nella sua pericolosit� per 
l'ordine pubblico. Ora � evidente che l'oggettiva sedi:Zli.osit� di una condotta 
va di volta in volta accertata, in relazione a circostanze di tempo, 
di modo e di luogo, tenendo soprattutto conto del suo specifko contenuto. 
Il termine � sedizione �, che il legislatore non ha inteso definire, 
ha pur sempre u.n suo tradizionale e generale significato. Atteggiamento 
sedizioso penalmente rilevante � soltanto quello che implica ribeHione, 
ostilit�, eccitazione al sovvertimento delle pubbliche istituzioni e che 
risulti in concreto idoneo a produrre un evento pevicoloso per l'ordine 
pubbl1co. 

3. -Alla stregua di queste premesse sono da dichiararsi non fondate 
le varie censure di incostituzionalit� mosse nei confronti delle 
norme impugnate. 
� in primo luogo da escludere l'asserito confa�asto con l'art. 17 della 
Costituzione. Il ,diritto dei cittadini di riunirsj pacificamente e senza 
armi, proclamato dal citato precetto costituzionale, ha portata ed efficacia 
fondamentali; esso, tuttavia, al pari di ogni altro diritto di libert�, 
implica la posizione di limiti e condizioni che lo disciplinino onde evitare 
che il suo esercizio possa avvenire in modo socialmente dannoso e 
pericoloso. Le disposizioni denunciate, ed in particolare quella contenuta 
nell'art. 655 che vieta le radunate sediose, si armonizzano perfettamente 
col precetto dell'art. 17 della Costituzione, poich� rispondono 
appunto alla necessit� di assicurare l'ordine pubblico e la tranquillit� 
pubblica, tendono cio� a garantire beni che sono patrimonio dell'intera 
collettivit�. 

Del pari insussistente � il contrasto con l'art. 2:1 Cost. che proclama 
il diritto dei cittadini di esprimere liberamente il proprio pensiero. 
Non � esatto il rilievo del pretore di Recanati secondo il quale l'unico 
limite all'esercizio di tale diritto sarebbe costituito dalla tutela del buon 
costume. La Cort�, infatti, ha gi� avuto occasione di affermare che anche 
il diritto di libera manifestazione del pensiero incontra un limite nella 
esigenza di prevenire o far cessare turbamenti dell'ordine pubblico 
(sentenze 1 del 1956; 33, 120 e 121 del 1957; 19 del 1962 e 199 del 1972.). 

In particolare nelle due ultime decisioni, con le quali � stata dichiarata 
non fondata in riferimento all'art. 21 Cost. la questione di legittimit� 
costitu2'lionale dell'art. 656 c.p. (notizie false e tendenziose), si 
� avuto modo di precisare che l'ordine pubblico � bene inerente al 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 317 

vigente sistema cosUtuzionale e che il mantenimento di esso rappresenta 
una finalit� immanente dello stesso sistema. 

I motivi svolti nelle indicate pronunce, che si confermano integralmente 
in questa sede, valgono ad escludere che possano essere 
ritenute in contrasto con la Costituzione le contravvenzioni previste 
dagli ar.tt. 654 e 655 del �codice penale che reprimono grida, gesti e 
riunioni obbiettivamente sediosi che siano concretamente idonei a scuotere 
e pone in pericolo l'ordine pubblico. 

Infondata � infine la denuncia d'incostituzionalit� in riferimento 
all'art. 25 della Costituzione. La nozione di sedizione penatmente rilevante 
-nei termini in cui � stata precisata' -consente di escludere 
che ci si trovi di fronte a norme che prevedano fattispecie penali generiche 
e imprecise e che sussista violazione del principio di legalit� 
enunciato dal citato precetto costituzionale. 

4. -Resta da esaminare la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, che punisce le � manifestazioni 
fasciste �, sollevata dal pretore di Recanati in riferimento agli 
artt. 17, 21, 2'.5 e XII disposizione transitoria della Costituzione. Trattasi 
di questione in parte gi� decisa con la precedente sentenza n. 7 4 
del 195'8 che ne ha dichiarato l'infondatezza in riferimento agli artt, 21 
e XII disp. trans. della Costituzione. Nel proporre la questione il giudice 
muove dalla premessa che la norma denunciata colpisca le manifestazioni 
fasciste senza akun riferimento alla loro potenzialit� rioTganizzativa 
del partito. 
Trattasi di premessa inesatta che non tien conto del pensiero al 

riguardo espresso dalla Corte che, quindi, appare opportuno ricordare. 

La norma impugnata � contenuta in una legge !recante il titolo � norme 

di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) 

della Costituzione �, disposizione con la quale il Costituente ebbe ad 

enunciare il �divieto di ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto 

partito fascista. Ora � evidente che nell'esame del testo della norma 

l'interprete non deve limitarsi a coglie�rne un signifi:cato puramente let


terale, ma risalire alla ratio che l'ha ispirata per giungere ad una 

logica interpretazione della stessa. 

La fattispecie contravvenzionale, della cui legittimit� costituzio


nale il pretore di Recanati dubita, intende vietare e punire unicamente 

quelle manifestazioni che, in relazione a1le circostanze di tempo, di 

luogo e ambiente in cui si svolgono e per le loro obbiettive caratteri


stiche, siano comunque idonee a far sorgere la situazione di pericolo 

di ricostituzione del partito. 

Cos� coerentemente interpretato il disposto dell'art. 5 trova giusta 
collocazione nel complesso normativo dettato dal legislatore per attuare 


318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il divieto posto dalla XII disposizione transitoria e non � in contrasto 
con l'ari. 215, comma secondo, della Costituzione. 

Nessun raffronto � dato, invece,' istituire tra ,la norma denunciata 
e gli artt. 17 e 21 della Costituzione. � evidente infatti che non pu� 
sostenersi la illegittimit� costituzionale di una norma legislativa che 
attui il disposto della XII disposizione transitoria, la quale, in vista 
della !realizzazione di un ben determinato scopo, pone� dei limiti all'esercizio 
dei diritti di libert� enunciati dagli invocati precetti costituzionali. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 16 -Pres. Chiarelli -
Rel. Rossi -Marasso (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. 
avv. gen. dello Stato Carafa). 

Reato -Istigazione di militari a disobbedire le leggi -Illegittimit� 

costituzionale -Esclusione. 

(Cast., art. 21; c.p., art. 266). 

Non � fondata, con riferimento al principio della libert� di pensiero, 
la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 266 del codice 
penale, che punisce l'istigazione di militari a disobbedfre alle leggi (1). 

(Omissis). -2. -La questione sottoposta alla Corte dall'ordinanza 
28 aprile 1970 del giudice istruttore del tribunale di Torino, e da quelle 
8 marzo e 3 giugno 197,1 delle Corti di assise di Imperia e di BaTi che 
ne riprendono pi� succintamente gli argomenti, pu� cosi epigrafarsi: se 
l'art. 266 del codice penale, che punisce chiunque istiga i miUtari a 
disobbedire aUe leggi o a violare U giuramento dato o i doveri deHa 
disciplina militare o alitri doveri inerenti al proprio stato, non costitui:
sca un limite inammissibile alla libeTa manifestazione del pensiero 
garantita da'il'art. 21, primo ,comma, della Costituzione. 

H dubbio � infondato. Una grossolana manifestazione di pensiero, 
come protesta contro l'ordinamento sociale, propaganda per pi� liberi 
costumi, ecc., pu� ritrovarsi in qualunque reato e la materialit� di 
alcuni delitti, come la diffamazione, l'ingiuria, l'oltraggio a pubblico 
uffi.ciale, il vilipendio, presuppone sempre un 'sommario giudti.zio di 
valore ed � costituita, tipi�amente, da una rozza manifestazione di 
pensiero. 

(1) Sui Tap.porti tra istigazione, apologia e libert� di pensiero, oltre 
agli autori citati in nota alla sentenza della Corte 4 maggio 1970, n. 65, in 
Giur. cost., 1970, 955: BoGNETTI, Apologia di delitto punibile ai sensi della 
Costituzione e interpretazione della norma dell'art. 414 c.p., ultimo comma, 
in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 18 e FIORE, Libera manifestazione del pensiero 
e apologia di reato, in Arch. pen., 1971, II, 15. 
.. ,, 


~ 

---!i f: 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 319 

Soatrnriscono 'sempre, in ultima analisi, da un atto di pensiero i 
reati di istigazione o apologia. Ma ci� non significa affatto che per ci� 
solo siano incostituzionali come contrarie all'art. 21 Cost. le relative 
norme incriminatrici. La libert� di pensiero non pu� venire invocata 
quando l'espressione del pensiero si attua mediante un'offesa a beni e 
diritti che meritano tutela. 

L'istigazione di militare all'infedelt�, o al tradimento, in tutte le 
forme previiste dall'art. 266 �C.p. (disobbedire alle leggi, violare il giuramento 
dato o i doveri della disciplina militare o a1tri doveri inerenti 
al proprio stato), offende e minaccia un bene cui la Costituzione riconosce 
un supremo vai.ore e a�ccorda una tutela privilegiata, in conformit� 
di tutte le costituzioni moderne, da qualsiasi ideologia siano ispirate 
e da qualunque regime politico-sociale siano espre�sse. 

Una volta soltanto si rirtrova nella nostra Carta fondamentale la 
locuzione sacro dovere, e ci� avviene appunto nell'art. 52 per qualificare 
pi� fortemente, rispetto a tutti gli altri doveri, quello di difesa della 
Patria. ~a formula, approvata all'unanimit� dalla Prima Sottocommissione 
del1a Costituente nella seduta del 15 novembre 1946, fu dprodotta 
.identicamente nell'art. 49 del Progetto deHa Commissione plenaria 
e votata dall'Assehble:a (col numero 52) nemine contradicente. 

Tutti gli interpreti riconoscono che il dovere di difesa della Patria, 
specificazione del pi� generico dovere di fedelt� alla Repubblica e di 
obbedienza alla Costi,tu11:ione e alle leggi (art. 54), contempla �n primo 
luogo il dovere militare, org,anizzato nelle forze armate, presidio dell'indipendenza 
e. libert� della nazione. �, dunque, antinomico :immaginare 
che l'istigazione di militari a violare il giuramento prestato, 
disobbedire alle leggi e ai doveri inerenti al loro stato, possa considerarsi 
una forma indiretta e lecita di espiimere il proprio pensiero. 

Rispetto ana norma incriminatrice deLl'art. 266 c.p. la libert� garan


tita dall'art. 21 Cost. pu� consentire modi di manifestazione e propa


ganda per la pace universale, la non violenza, la riduzione della ferma, 

l'ammissibilit� dell'obiezione di coscienza, la riforma del regolamento 

di disciplina o altri, che non si concretino mai in una istigazione a 

disertare (come in uno dei casi per cui � stata sollevata questione), a 

commettere altri reati, a violare in genere i doveri imposti a'l miJJitare 

dalle leggi. L'istigazione, infatti, non � pura manifestazione di pen


siero, ma � azione e diretto incitamento all'azione, sicch� essa non 

risulta tutelata dall'oart. 21 della Costituzione. 

Le ordinanze adombrano, senza sollevarla nominativamente, que


stione in ordine alla seconda condotta commissiva capace di integrare 

gli �estremi del delitto di cui all'art. 266 c.p., e oio� l'apologia. In pro


posito pu� farsi riferimento, per quanto occorre, oltre agli argomenti 

sopra svolti, alla sentenza di questa Corte n. 65 del 1970. -(Omissis). 

4 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

320 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 17 -Pres. Chiarelli -
Rel. Crisafulli -Marini (n.c.). 

Reato -Vilipendio -Autorizzazione a procedere del Guardasigilli -Ille


gittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cast., artt. 102, 113; c.p.; art. 313, terzo comma, 290). 

Non � fondata, con riferimento al principio della inditpendenza 
del giudice e della tutela contro gli atti della P. A., la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 313, terzo comma, seconda ipotesi, 
codice penale, che prescrive per i reati di vilipendio ivi previsti, l'autorizzazione 
a procedere da pm�te del Guardasigilli (1). 

(Omissis). -2. -Stando 1all'assunto delle ordinanze, l'art. 313, 
terzo comma, seconda ipotesi, del codice penale, contrasterebbe con 
l'art. 102, primo comma, della Costitu2lione, attribuendo al Ministro 
.PeT la g.iustizia l'esevcizio di attivit� rrientranti nella funzione giurisdizionale, 
e con l'art. 113 Cost., essendo l'autorizzazione a procedere 
un atto amministrativo in ordine al quale non � data al.cuna garanzia 
giurisdizionale. 

La questione non � fondata. 

Non sussiste la denunciata violazione dell'art. 102., primo comma, 
della Costituzione, perch� la valutazione, rimessa al Ministro per la 
giustizia, in ordine alla concessione o meno dell'autorizzazione a procedere 
� tiptcamente una valutazione di politica opportunit�, che non 
pu� pertanto confondersi con l'accertamento dei fatti e l'applicazione 
ad essi del!le norme di legge, caratterizzanti la funzione giurisdizionale: 
della quale l'autorizzazione condiziona -dall'esterno -il valido esercizio, 
che rrimane -ove quella sia stata data -interamente riservato 
alla autorit� giudiztiaria. 

Nemmeno sussiste violazione dell'art. 113 Cost., po.ich� questa disposizione, 
statuendo che � contro gli atti della pubblica amministra


(1) Sull'autorizzazione a pxocedere, sotto il profi:lo del .princ1p10 di 
uguaglianza: Corte Cost., 29 aprile 1971, n. 91 e, in dottrina: ONIDA, Autorizzazione 
a procedere e principio di uguaglianza, in Giur. cost., 1971, 735. 
l!n generale, 1sui q;iroblemi di costituziona!Jit� dell'autorizzazione a procedere: 
CoNso, Illegittimo l'istituto dell'autorizzazione a procedere? in 
Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 877; CASETTA, Legittimit� costituzionale dell'istituto 
dell'autorizzazione a procedere, in Giur. cost., 1959, 320 e voce 
Autorizzazione a procedere, in Enc. dir., voi. IV, 522; CRISAFULLI, Incompatibilit� 
dell'autorizzazione a procedere ex art. 16 c.p.p. con l'art. 28 Cast., 
in Giur. cast., 1963, 284. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 321 

zione � sempre ammessa la tutela giudsdizionale dei diritti e degli 
interessi legittimi � e che questa tutela � non pu� essere esclusa o limitata 
a particolari mezzi d'impugnazione, o per determinate categorie 
di atti � presuppone logicamente che gli .atti medesimi, per la loro 
natura o il loro oggetto, trovino di fronte a s� situazioni soggettive di 
diritto o di interesse legit-timo. Ci� che non si verifica neHa spede, non 
potendosi configurare un diritto, od anche solo un interesse giuridicamente 
protetto, di chi sia indiziato di un reato ad essere, o a non 
essere, sottoposto a procedimento penale. 

La situazione, sotto que,sto aspetto, � diversa da quella de\ll'amnistia, 
che ebbe a forma!re oggetto della sentenza di questa Corte n. 175 
del 1971, perch� '.l'amnistia incide, prdma ancora che sul processo, sulla 
punibilit� del fatto. Laddove, l'autorizzazione a procedere si configura 
come un presupposto, la mancanza del quale impedisce che l'azione 
possa validamente essere iniziata o proseguire, togliendo efficacia ag1i 
atti processuali eventua\lmente posti in essere medio tempore, e preclude 
perci� in modo assoluto al giudice qualsiasi indagine e pronuncia 
di merito. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE. 27 febbr,aio 1973, n. 18 -Pres. Chiarelli -
Rel. Capalozza -Eterno (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Reato -Furto -Reclusione e multa -Cumulo -Minimo edittale -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 27; c.p., artt. 23, 624). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di rieducazione 
della pena, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 
624 c.p. che, in relazione all'art. 23 stesso codice, punisce ii furto 
con la pena congiunta della multa e della reclusione, nel minimo edittale 
di 15 giorni (1). 

(1) Sulla legittimit� costituzionale dei massimi edittali di pena per il 
furto la Corte si � pronunciata con la sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. 
Sui pTofili di costituzionalit� della determinazione legtslativa della 
misura del!le pene: ESPOSITO, Le pene fisse ed i principi costituzionali di 
uguaglianza, personalit� e rieducativit� della pena, in Giur. cost. 1963, 661 
e PizzoRusso, Le norme sulla misura delle pene e il controllo della ragionevolezza, 
in Giur. it., 1971, IV, 192. 



322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -� stata sollevata questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 624 del codice penale, nel1a parte in cui obbliiga il 
giudice ad applicare in ogni caso, congiuntamente, la pena detentiva 
e quella pecuniaria, e dell'art. 23 dello stesso codice, neHa parte in cui 
non consente di applicare nel minimo la pena detentiva in mLsura inferiore 
a quindici giorni, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, 
terzo comma, e 42, primo comma. della Costituzione. 

2. -� infondata la censura relativa alla violazione dell'art. 3 della 
CostituzLone. 
Come .gi� questa Corte ha avuto occasione di statuire in altTe sue 
pronunzie (n. 157 del 19<72; n. 64 del 1971), rientra nel po<tere discrezionale 
del legislatore la determinazione dell'entit� deHa pena edittale 
('sia essa soltanto deten<tiva, soltanto pecuniaria o, congiuntamente, detentiva 
,e pecuniaria); n� il relativo apprezzamento di politica legislativa 
pu� formare oggetto di censura �da parte di questa Corte, � all'infuori 
dell'eventualit� [ ... ] che la sperequaz.ione assuma dimensioni tali 

da non riuscire sorretta da ogni, bench� minima, giustific1azione � (cos� 
la motivazione della sentenza n. 109 del 1968). 

Non pu� dirsi, tuttavia, che siffatta eventualit� si verifichi nella 
specie, proprio perch�, per quanto riguarda l'art. 23 c.p., i quindici 
giorni sono fi1ssati come minimo deHa pena della reclusione per qualsiasi 
delitto, la �cui consistenza -valutata, prima dal legislatore, poi 
dal giudice -consenta di applicare il minimo previsto; per quanto 
riguarda l'art. 624 c.p., da ci� che si � detto consegue che non � 
ammissibile, in questa sede, stabilire, per un singofo reato (il furto 
semplice), un minimo di pena inferriore a quello fissato nella parte 
generale del codice per il delitto. �, del resto, appena il caso di rilevare 
che tl risultato cui mira l'ordinanza di rimessione contrasterebbe con 
il vigente trattamento punitivo degli altri delitti, anche contro il patrimonio, 
puniti con la reclusione, magari dalla legge stessa considerati 
meno gravi del furto. 

3. -Parimenti infondate sono le altre censure relative all'art. 27, 
terzo comma, e 42, primo comma, deHa Costituzione. 
Gi� con sentenza n. 22 del 1971, la Corte ha precisato che la 
funzione rieducativa della pena non dipende ,solo dall:a durata di essa, 
bens� pure dal suo regime di esecuzione e da altri istituti disciplinati 
dal codice. 

Per quanto, infine, concerne la prete.sa violazione dell'art. 42, primo 
comma, Cost., � esatto il rilievo dell'Avvocatura generale dello Stato che 
dalle limitazioni poste al diritto di propriet� non pu� farsi derivare una 
repressione del furto mneo rigorosa di quella attuale. -(Omissis). 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE ' 323 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 19 -Pres. Chiarelli -
Rel. Oggioni -Pisciotta (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Savarese). 

Procedimento penale -Giudizio per decreto -Opposizione -Richiesta 

di dibattimento e indicazione dei motivi -Sanzione di inammis


sibilit� -Ille~ittimit� costituzionale parziale. � 

(Cost., art. 24; c.p.p., art. 509). 

Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 509 c.p.p. relativa aila richiesta di 
dibattimento neila dichiarazione di opposizione a decreto penale di condanna; 
mentre � fondata, con riferimento allo stesso principio, la questione 
nella parte in cui l'articolo prevede che alla mancata indicazione 
dei motivi segua l'inammissibilit� dell'opposizione (1). 

(Omissis). -1. -Si assume nell'oiidinanza che l'art. 509 c.p.p., 
prescrivendo che l'opponente a decreto penale debba richiedere, nella 
dichiarazione di opposizione, il dibattimento ed indicare specificamente 
i motivi dell'opposizione stessa, violerebbe i:l diritto di difesa garantito 
dall'art. 24 della Costituzione. Ci� perch� traUerebbesi di richieste ed 
indicazioni � razionali.mente superflue �, sia in quanto opposizione e 
richiesta di dibattimento sono praticamente equivalenti, sia in quanto 
non vige in materia il principio che attiene ai gravami, cosiddetti devolutivi. 
Pertanto, l'imposizione dei predetti requisiti e la conseguente 
inammissibilit� dell'opposizione in caso di loro carenza, si irisolverebbero 
in una ingiustificata situazione ostattva dell'esercizio degli ampi diritti 
di difesa riservati in sede dibattimentale. 

2. -La Corte premette che il procedimento per decreto penale nel 
suo complesso, certamente conforme alla Costituzione ed efficace stru(
1) La Corte ha pi� volte esaminato gli aspetti prur-ticoilari del procedimento 
penale per deco:eto in rapporto a!l diritto al1a difesa (sent. 23 dicembre 
1963, n. 170<; sent. 23 marzo 1966, n. 27 e sent. 15 dicembre 1967, 
n. 136). La sentenza in rassegna � in stretta relazione con la precedente 
21 dicembve 1972, n. 189 che ha dichiarato legittima la mancata previsione 
de1l'obbligo della nomina di un difensor,e d'ufficio per la proposizione 
dell'opposizione. 
Per la giurigprudenza sul requisito della espressa richiesta di dibattimento: 
Cass., Sez. VI, 23 gennaio 1971, Genovese, in Cass. pen. mass., 
1970, 563 e Cass., Sez. Un., 22 marzo 1969, Gallo, ivi 1969, 1025 con nota 
di richiami. 



324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento di realizzazione di un rapido giudizio, ha particolare struttura, 
regolata nel Capo IV del codice di rito tra i � giudizi speciali� con 
normatiV'a sulla opposizione (art. 509) distinta e diversa dalla normativa 
sulla impugnazione mediante appello (art. 515). Mentre, per quest'ultimo, 
i motivi proposti delimitano l'ambito della decisione, non � 
altrettanto per l'impugnativa di decreto penale, la quale, con l'apertura 
del �contraddittorio, consente, nel pieno esercizio dei diritti di 
difesa, una cognizione ex novo del fatto-reato, con autonomia di effetti, 
eventualmente anche peggiorativi (art. 510, secondo comma). 

L'opposizione de qua, nell'ambito del sistema, viene, quindi, ad 
assumere una sua particolare configurazione. 

3. -Ci� premesso, la Corte osserva che, per quanto concerne la 
sollevata questione di �costituzionalit� dell'art. 509 nella parte in cui 
prescrive �Che il.a dichiarazione di opposizione debba contenere la richiesta 
di dibattimento, � lo stesso articolo ad escludere fa conseguenza 
dell'inammissibilit� per l'omissione di formale richiesta in tal senso, 
risultando tale conseguenza testualmente riservat�a al caso della mancata 
specificazione dei motivi. 
La giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto che l'enunciazione 
de1la predetta dchiesta debba �considerarsi implicita e sottintesa nel 
fatto, di per s� dimostrativo, della manifestazione di opporsi al decreto. 

Ne consegue la non fondatezza della questione. 

4. -Per quanto rigua�rda l'altro aspetto, concernente l'indicazione 
dei motivi, fa Corte non r.itiene del tutto esatta l'affermazione, contenuta 
nell'ordinanza, che trattisi di requisito � razionalmente superfluo �. 
Non � superfluo perch�, anche nell'interesse dello stesso opponente, 
tende a conferire, ad ogni futuro ed eventuale effetto va�lutativo di 
comportamento, veste di attendibilit� all'atto con cui si richiede il :passaggio 
dalla fase senza �contraddittorio a quella in contraddittorfo. ~ci� 
senza che, come parimenti ritenuto in giurisprudenza, sia necessario 
punrtualizzare gli elementi dell'opposizione, mantenendo cos� una rispondenza 
con la � sommariet� � dei motivi da indicare nel deCl'eto opposto 
(art. 507, n. 3, c.p.p.), anche considerato che lo stesso interessato ha 
facolt� di opporsi personalmente senza l'assistenz�a di legati.e (art. 509). 

Di superfluit� pu� parlarsi soltanto nel significato di una non 
incidenza in qualsiasi direzione, positiva o negativa, dei motivi indicati 
sugli sviluppi successivi della procedura di opposizione, il che � stato 
accennato in precedenz�a. La quale procedura, come indicato nella sentenza 
n. 189 del 1972, � sostanzialmente si risolve in una richiesta di 
dibattimento � : e, come si � visto, la mancanza di formale richiesta 
in tal senso non conduce alla inammissibilit�. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 325 

5. -Cos� ridimensionata l'esigenza dell'indicazione dei motivi di 
opposizione, la questione posta dall'ordinanza va �considerata in funzione 
della legittimit� deHa sanzione, che consegue alla inosservanza 
del precetto (sia sotto il profilo della inosservan2�a totale che parziale), 
in quanto assolutamente ostativa a priori del libero ed ampio esercizio 
successivo dei diritti di diifesa. 
La Corte osserva �Che la limitata finalit� dell'onere processuale in 
esame e la sua circoscritta portata, poste a pagarone della gravit� e 
drasticit� delle conseguenze impeditive comminate, denotano la sproporzione 
tra obbligo e sanzione e l'incongruit� �che l'esercizio dell'essenziale 
diritto della difesa giudiziale in contraddittorio, debba essere 
precluso di fronte all'inadempimento di un onere che ha, bens�, una 
sua ragion d'essere, ma che tuttavia non � rilevante ai fini processualistici. 


La possibilit� di variazione e di adattamento delle modalit� di 
eserdzio del diritto di difesa a seconda �delle speciali caratteristiche 
strutturaU dei singoli procedimenti, � stata riconosciuta valida dalla 
giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 55 del 1971): ma ci�, tuttavia, 
nell'ambito delle caratte.ristiche stesse, con modalit� che a queste 
si adattino e non ne prescindano, come accade, invece, nella situazione 
in esame. 

Di conseguenza, va dichiarata l'illegittimit� dell'art. 509 c.p.p. nella 
parte riguardante l'inciso �a pena di inammissibilit��. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 20 -Pres. Chiarelli -
Rel. De Marco -Avanzi:ni ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri e Ministero dell'Interno (sost. avv. gen. dello Stato 
Coronas). 

Circolazione stradale -Norme di depenalizzazione -Imposizione di un 

contributo sulle ordinanze sanzionatorie -Ille~ittimit� costi


tuzionale. 

(Cost., art. 3; 1. 24 dicembre 1969, n. 991, art. 9). 

1iJ fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 9 della legge 24 dicembre 1969, 

n. 991, nella parte in cui impone un contributo a favore della Cassa 
Previdenza avvocati e procuratori sulle ordinanze emanate dalle autorit� 
amministrative per le violazioni al codice stradale ed ai regolamenti 
locali al penalizzato (1). 
(1) La sentenza 4 marzo 1970, n. 32 cui la Corte si richiama � pubblicata 
in Giur. cast., 1970, 247, con nota di BACHELET, Questioni in tema di 
depenalizzazione. 

326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -3. -La legittimit� costituzionale di akuni contributi 
alla Cassa di previdenza degli avvocati e procuratori � gi� venuta 
all'esame di questa Corte, in relazione, peraltro, non alla legge n. 991 
del 1969, ma in relazione alla legge 5 luglio 1965, n. 798, e precisamente: 


a) in riferimento all'art. 3, comma primo, lett. b, che impone 
un contributo di lire 2.000 sui decreti penali di condanna non opposti; 

b) 1n riferimento all'art. 3, lett. b ed i, che impongono un contributo 
oggettivo sui decreti di svincolo dell'indennit� di espropriazione 
spettante al proprietar.io espropriato; 

e) in riferimento all'art. 4, lett. a, b e e, che impongono i contributi 
definiti oggettivi, rispettivamente, di lire 400 per ogni certificato 
penale rilasciato in bollo dagli uffici del casellario giudiziario, di 
lire 400 per ogni atto notorio in bollo di competenza dei canceHieri 
giudiziari, di lire 3.2!00 per ogni certificato rilasciato dalla cancelleria 
dei tribunali, relativo alle imprese indicate dall'art. 2195 e.e. 

Le relative ol'dinanze di rinvio, partendo dal presupposto che tali 
contributi non ,trovano giustificazione in prestazioni professionali degli 
avvocati e procuratori dirette o indirette a favore di coloro che sono 
tenuti a corri.spondedi, ne denunziavano la illegittimit� costituzionale 
per contrasto con gli artt. 3, 23, 2i4, 38, 42', 53 e perfino 98 della Costituzione. 


Con le sentenze nn. 2,3 e 85 del 1958, la Corte ha ritenuto, che tali 

contributi debbono ricondursi sotto il concetto, in senso lato, di tributi 

giudiziari, legittimamente posti a carico di coloro che, con o senza 

l'ausilio di un professionista legale, si giovano del servizio giudiziario, 

del quale gli esercenti la professione forense sono indispensabili colla


boratori, dovendosi in fale collegamento ravvi,sarsi anche una esigenza 

di interesse pubblico che giustifica l'imposizione. 

p,artendo da questa premessa la Corte, ha, poi, conseguentemente 

ed agevolmente dimostrata la infondatezza delle proposte questioni, in 

riferimento a tutte le norme della Costituzione delle quali, come sopra 

si � esposto, si prospettava la violazione. 

4. -Poich� nessun nuovo argomento � stato addotto che possa 
indurre a discostarsene, la giurisprudenza formata con le citate sentenze 
deve essere mantenuta ferma. 
Pertanto, posto il principio che il contestato contributo va ricondotto 
nel concetto di tributo guidiziario in senso lato, ai fini del decidere 
deve accertarsi se nella ordinanza contemplata nell'art. 9 della 
legge 3 maggio 1967, n. 317, finch� non vi sia stata opposiz.ione, possano 
ravvisarsi elementi tali da far ritenere esistente un collegamento, 
anche indiretto, col servizio giudiziario. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 327 

Al riguardo si rileva : 

Come questa: Corte ha dimostrato con la sentenza n. 3,2 del 1970, 
la natura oggettivamente ed esclusivamenrte amministrativa di tale 
ordinanza non pu� contestarsi. 

Del resto ne d� ,conferma la ormai costante giurisprudenza del1'
Autorit� giudiziaria ordinaria che, uniformandosi ai principi affermati 
con la sopra citata sentenm di questa Corte, giudica sulle opposizioni 
alle ordinanze in �sede dvile e non in sede penale. 

Non solo, ma, come si desume dal secondo comma, proprio dell'impugnato 
art. 9 della legg.e n. 991 del 1969, anche in caso di rigetto 
dell'opposizione all'ordinanza, la riscossione del contributo � demandata 
alle stesse autorit� ed uffici cui anche � demandata in via normale 

o in via coattiva la riscossione della sanzione amministrativa e non 
alla cancelleria del giudice dell'opposizione. 
Ci� � in perfetta ,coerenza con la natura di giudizio di legittimit� 
su un atto amministrativo che pone in essere l'opposizione, rigettata 
la quale, la sanzione amministrativa resta comminata dall'ordinanza 
riconosciuta legittima e non viene fatta propria dalla sentenza di rigetto. 

Re.sta, cosi, confutata anche l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato, 
secondo la quale l'attivit� devoluta all'autorit� amministrativa dalla 
legge n. 317 del 1967 sarebbe amministrativa solo formalmente, essendo 
pur essa diretta a reintegrare l'ordine giuridico mediante applicazione 
di sanzioni ed essendo intimamente collegata con la fase strettamente 
giurisdizionale. 

Che, poi, anche in sede amministrativa si possa aver bisogno della 
consulenza o dell'a.ssistenza di un esercente la professione legale, non 
ha rilevanza, in quanto, ove tali ipotesi si verifichino, sono dovuti gli 
altri contributi che la legge prevede e non quello oggetto della contestazione 
in esame. 

Tanto stabilito, risulta in modo evidente che soltanto in caso di 
opposizione chi sia stato colpito da un'ordinanza di comminazione di 
sanzione amministrativa � si giova deJ. servizio giudiziario � ed � tenuto, 
in conseguenza, al pagamento dei contributi alla Cassa di previdenza 
degli avvocati e procuratori preveduti dalla legge per i giudizi davanti 
al giudice adito, ancorch�, avvalendosi della facolt� accordatagli dal 
comma sesto dell'art. 9 della legge n. 317 del 1967, preferisca stare in 
giudizio senza ministero del difensore. 

Ma, se non vi � stata opposizione, il � giovamento del servizio giudiziario 
� rimane nel campo di una mera possibilit� astratta comune 
ad ogni atto ammintstrativo, che pu� essere impugnato davanti alla 
giurisdizione ordinaria o amministrativa o, addirittura ad ogni contl'atto 
di diritto privato che, potenzialmente, pu� condurre davanti ad 
un giudice o in veste di attore o in veste di convenuto. 


�.~� 


328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Viene cosi a mancare il presupposto, che se�condo la giurisprudenza 
di questa Corte, pu� giustificare l'imposizione del contributo in 
esame, considerato tributo giudiziario, in senso lato, ossia n godimento 
in modo divisibile del servizio giudiziario col relativo collegamento alla 
esigenz�a di interesse pubblico che si riconosce al1a professione forense 
nella sua funzione di collaborazione del servizio giudiziario. 

Ci� posto, senza che occorra passare all'esame degli altri profili 
di illegittimit� costituzionale prospettati con 1e ordinanze di rinvio, � 
assorbente e sicuramente fondato quello �con il quale si prospetta la 
vioiazione del principio di eguaglianza: nessuna razionale giustificazione 
infatti ha la differenziata disciplina, rispetto all'obbligo del pagamento 
del contributo in questione, che colpisca coloro nei confronti dei quali 
sia stata emeissa un'ordinanza di comminazione di sanzione amministrativa, 
opponibile in sede giudiziaria, di fronte a quella riguardante 
tutti coloro ai quali sia stato notificato un qualsiasi atto amministrativo, 
impugnabile sia davanti agli organi di giurisdizione ordinaria sia 
davanti agli organi di giurisdizione amministrativa. -(Omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 marzo 1972, n. 879 -Pres. Stella 
Richter ~ Rei. Milano -P. M. Secco (diff.) -Amministrazione delle 
Finanze (avv. Stato Zoboli) c. Fall. S.p.a. S.I.R.U. (avv. Busi, Collina 
e Provinciali). 

Competenza e giurisdizione -Fallimento -Pretesa tributaria verso 
la massa fallimentare -Forma contenziosa ordinaria: inammis.. 
sibilit�. 

(r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 52, 93, 101; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). 
La domanda di accertamento di un credito d'imposta nei confronti 
della massa faHimentare � inammissibile se proposta nelle forme contenziose 
ordinarie anche quando si tratta di azione giudiziaria di accertamento 
conseguente a decisione della Commissione Centrate delle 
imposte (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, l'Amministrazione 
finanziaria denuncia la violazione degli artt. 53 t.u. 24 ago


(1) Nella sentenza viene riaffermato il principio generale della materia 
fallimentare (-valido nonostante l'autonomia del processo tributario -), 
secondo il quale per la proposizione di pretese creditorie verso il fallito o 
la massa, occorre segui:l.'e le T�egole stabilite pex la verificazione dello stato 
passivo. 
Tali :regole trovano applicazione, secondo le SS.UU., anche nell'ipotesi 
di domanda diretta a stabilire la legittimit� dell'imposizione tributaria 
mediante azione di mero accertamento. 

Rimane implicitamente confermato, anche nella specifica �disciplina, 
il corollario secondo il quale � concessa al creditore azione ordinaria in 
materia fallimentare quando l'accertamento giudiziale non sia destinato a 
spiegare effetti nel fallimento, ma, solo, sul debitore ritornato nel possesso 
dei beni (v. in ta1le senso Cass., 3 febbraio 1969, n. 321, in Giust. Civ., 1969, 
I, 595; Cass., 12 ,settembre 1969, n. 3096, Dir. fallimentare, 1970, I.I, 326; 
Cass., 6 settembre 1969, n. 3074, Dir. fallimentare, 1970, II, 323). 

L'affermazione contenuta nella seconda parte della decisione chiarisce 
la natura del vizio: la formulazione di una pretesa creditoria nei confronti 
del fallito, o della massa fallimentare, senza l'osservanza delle forme e 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. Carlo CARBONE. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

330 

sto 1877, n. 4021, 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 9 c.p.c., 6 legge 20 
marzo 1865, n. 2248, all. E, 52, 93 ,e 101 r.d.l. 16 marzo 1947, n. 267, 
per aver la Corte di appello dichiarato improponibile, in quanto promossa 
nelle forme contenziose oridnarie, anzich� in quelle stabilite per 
l'accertamento del passivo fallimentare, la domanda di accertamento 
della legittimit� degli atti di imposizione tributaria di cui trattasi. In 
particolare lamenta che la Corte del merito non abbia considerato che 
l'azione di accertamento tributario �, per sua natura, dominata di una 
rigida ed autonoma struttura procedurale non suscettibile, dall'atto 
de1'l'accertamento alla pronuncia giurisdizionale definitiva, di subire 
deroghe alla successione necessaria dei suoi atti e che, appunto, nella 
fattispecie, l'Amministrazione finanziaria, per rimuovere gli effetti delle 
decisioni sfavorevoli della Commissione centrale delle imposte, doveva 
necessariamente, entro il termine di decadenza di sei mesi previsto dall'art. 
53 del t.u. n. 4021 del 1877; proseguire H processo tributario di 
accertamento avanti al tribunale competente. 

Il motivo non � fondato. 

In materia di accertamento giurisdizionale di crediti pendente il 
processo fallimentare questa Corte Suprema, con numerose decisioni 
anche recenti, ha avuto occasione di affermar,e i seguenti principi: 

1) che qualsiasi pretesa creditoria, anche di natura tributaria, 
che si voglia far valere contro il fallito deve essere accertata secondo 
le norme stabilite dagli artt. 93 e segg. della legge fallimentare, mediante, 
cio�, lo speciale procedimento di verificazione dello stato passivo, 
essendo l'istanza di ammissione al passivo, non gi� una forma 
meramente facoltativa che si trovi in concorso elettivo con quella ordinaria 
per far valere il credito, ma l'unico modo di proporre la domanda 
giudiziale nei confronti del debitore fallito (Cass., 21 luglio 1960, 

della sede processuale previste dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267, si risolve 
non in una semplice nullit�; bens� in un'assoluta inidoneit� de�la domanda 
a produrre l'effetto cui era diretta e, cio�, nella mancanza di un presupposto 
necessario affinch� il giudice possa legittimamente conoscere del merito. 
Non si dibatte, quindi, una questione di giurisdizione o di competenza, ma, 
solo, di ammissibilit� dell'azione dovendosi concludere il processo con una 
pronuncia negativa di contenuto puramente processuale (v. anche Cass., 
3 aprile 1971, n. 952, in Rep. Foro it., 1971, Fall., n. 362). Diversamente gli 
organi fallimentari sarebbero costretti ad un'azione giudiziaria che, secondo 
il meccanismo della verificazione dei crediti nello stato passivo, 
potrebbero evitare. 

La sentenza in esame � pubblicata, con nota di richiami, in Foro it., 
1971, I, 3209; la decisione della Corte di appello di Bologna in Foro it., 
1970, I, 2182; per ila istatuizione del Tribunale v. Foro it., Rep. 1969, Ricchezza 
mobile, n. 82 e Dir. fall. 1969, II, 535 con nota di PAZZAGLIA, Plusvalenze, 
imposta di r.m. e fallimento. 

(C. C.) 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE, 331 

n. 2053, 22 marzo 1965, n. 465, 22 giugno 1966, n. 1597 e 23 luglio 1968, 
n. 2653); 
2.) che soggetti alla procedura esecutiva concorsuale sono anche 
i crediti verso la massa fallimentare, quelli, cio�, contratti durante 
l'amministrazione fallimentare e, come tali, .prededucibili dall'attivo, 
qualora, come nella fattispecie, sorga, relativamente ad essi, una questione 
concernente 'l'an, H quantum o lo stesso diritto di prededuzione 
(Cass., 16 agosto rn66, n. 2174 e 23 luglio 1968, n. 2:653, entrambe proprio 
in materia di crediti tributari prededucibili contestati); 

3) che, quando sia pendente controversia sull'accertamento d'imposta 
innanzi agli organi del contenzioso tributario, il giudice dispone 
l'ammissione del credito con riserva, equiparando il credito tributario 
ad un credito condizionale (Cass., 9 maggio 19155, n. 1329 e 2,1 giugno 
1969, n. 22,05'), mentre qualora ne escluda l'ammissione perch� non provato, 
il tribunale fallimentare innanzi al quale sia proposta opposizione, 
� tenuto a sospendere il processo a sensi dell'art. 295 c.p.c. sino 
alla definizione della controversia in sede di giurisdizione speciale 
(Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 117). 

Le ragioni che militano a sostegno dei suesposti principi e che 
impongono di mantenerli immutati si riassumono essenzialmente nel 
rilievo che � regola fondamentale in materia fallimentare, desumibile 
dagli artt. 24 e 52 legge fallimentare, quella secondo cui ogni questione 
la quale si ricolleghi ad una pretesa creditoria nei confronti del fallito 

o della stessa amministrazione fa!Umentare resta attratta alla relativa 
procedura, per cui nel caso in cui tale pretesa possa dare luogo ad un 
procedimento contenzioso la sede naturale resta sempre quella della 
verificazione dello stato passivo. E tale r�egola non pu� certo subire 
eccezione per il giudizio di accertamento di un credito d'imposta perch� 
se � vero che tale giudizio ha per oggetto l'accertamento della legittimit� 
dell'atto di imposizione, � per� innegabile che tale accertamento 
costituisce pur sempre l'antecedente logico e necessario di una richiesta 
di pagamento nei confronti del fallimento e pertanto, come ogni altra 
questione pregiudiziale all'accertamento del credito, anche essa deve 
essere necessariamente trattata nella stessa sede (procedimento di verifica) 
e ne1la stessa forma (domanda d'insinuazione), riservate, dopo 
la dichiarazione di fallimento, alle domande di accertamento di credito. 
D'altra parte � noto che quando il legislatore ha voluto limitare o 
modificare in materia tributaria gli istituti di carattere generale appartenenti 
al nostro ordinamento giuridico lo ha detto espressamente, come, 
ad esempio, per la facolt� dell'esattore di agire esecutivamente sui beni 
del contribuente anche in ]1lendenza della procedura fallimentare (articolo 
206 t.u. delle leggi sulle imposte dirette del 1958), mentre, in 
difetto di una normativa speciale, ha inteso non derogare alle norme 
generali. 

332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non a proposito, pertanto, a sostegno della sua contraria tesi la 
ricorrente fa richiamo alla detta disposizione dell'art. 206 del t.u., 

n. 645 del 1958, in virt� della quale l'esecuzione esattoriale pu� aver 
luogo anche in pendenza del fallimento, perch� tale norma, come gi� 
ritenuto da questa Corte Suprema (Cass., 10 marzo 1969, n. 766), rappresenta 
appunto un'eccezione al principio generale posto dall'art. 52 
della legge fallimentare, eccezione giustificata dalla necessit� di consentire 
all'esattore, tenuto verso lo Stato de1l non riscosso per riscosso, 
di realizzare sollecitamente la riscossione di quei tributi divenuti ormai 
esigibili per essere stata gi� effettuata l'iscrizione a ruolo. 
N� pu� essere condiviso l'assunto della ricorrente secondo cui il 
principio della inderogabilit� del rito speciale falil.imentare soffrirebbe, 
comunque, eccezione nel caso in cui, come nella fattispecie, sia gi�, 
intervenuta decisione sfavorevole all'Amministrazione finanziaria della 
Commissione centrale, il cui passaggio in giudicato pu� essere evitato 
soltanto con la proposizione, entro il termine di sei mesi, dell'azione 
davanti al giudice ordinario e non anche con una semplice domanda 
di ammissione al passivo. 

La ricorrente, infatti, trascura di considerare che la domanda di 
ammissione al passivo di cui all'art. 73 della legge fallimentare non � 
altro che una forma di domanda giudiziale, che ha per oggetto immediato 
la soddisfazione del diritto del creditore nella misura consentita 
dal concorso degli altri creditori. Come tale, essa si dirige sostanzialmente 
contro il debitore, anche se formalmente sia indirizzata all'ufficio 
che ha avuto il compito di procedere alla ripartizione delrattivo e, 
pertanto, della domanda giudiziale, come testualmente � detto nell'art. 
94 della 'stessa legge fallimentare ,produce tutti gli effetti e, in 
particolare, quello impeditivo della decadenza dei termini per gli atti 
che non possono essere compiuti durante il fallimento. 

N�, contrariamente a quanto si afferma dalla ricorrente, un argo


mento in contrario pu� desumersi dal disposto del terzo .comma del


l'art. 95 legge fallimentare che esclude la possibilit� di ricorrere al 

procedimento di verifica innanzi al giudice delegato nel caso in cui il 

credito sia �stato gi� accertato COIJ sentenza non passata in giudicato per 

essere, in tale ipotesi, la proposizione del mezzo di impugnazione l'unico 

rimedio consentito dalil'ordinamento giuridico per rimuovere gli effetti 

della pronuncia giudiziale. 

�, infatti, principio pacificamente acquisito in dottrina ed in giurisprudenza 
quello secondo cui H procedimento innanzi alle Commissioni 
tributarie e quello innanzi al giudice ordinario sono in rapporto di 
reciproca autonomia e ci� esclude, come pi� volte ritenuto da questa 
Corte Suprema, che il giudizio innanzi al .giudice ordinario possa 
considerarsi come un'impugnazione, di quello svolto innanzi agli organi 
de�l contenzioso tributario. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 333 

Non vale, infine, il richiamo che la ricorrente fa alla decisione di 
questa Corte 23 marzo 1957, n. 988, con cui si � escluso che la vis 
attractiva della procedura fallimentare possa estendersi alla controversia 
pendente, all'atto della dichiarazione di fammento, innanzi commissioni 
tributarie sulila determinazione del valore per l'applicazione di imposte 
indirette sui trasferimenti di ricchezza. 

La controversia, infatti, �di cui all'art. 29 r.d. 7 agosto 1936, numero 
1639 attiene all'accertamento dei presupposti e degli elementi 
dell'imposizione (base imponibile) e non d� luogo all'acc�rtamento diretto 
e definitivo di un credito della Finanza nei confronti del contribuente, 
mentre, nella fattispecie, costituisce oggetto del giudizio proprio 
l'accertamento diretto e definitivo del credito tributario e non gi� 
soltanto un presupposto di esso. Il primo motivo del ricorso deve essere, 
pertanto, rigettato, avendo la Corte di appello legittimamente 
ritenuto che la domanda di accertamento del credito d'imposta era 
stata invalidamente proposta in sede ordinaria contenziosa. 

Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria denuncia la 
violazione degli artt. 2907 e.e., 99 c.p.c. nonch� il difetto di motivazione 
su punti decisivi della controversia e, premesso che la pretesa 
irrituale proposizione della domanda non poteva dar luogo ad un difetto 
di giurisdizione e non poneva neppure una questione di competenza, 
ma non poteva determinare altro che un caso di nullit� di atti 
processuali, sostiene che la Corte di appello, dichiarando improponibile 
la domanda ha errato, non soltanto perch� l'espressione �improponibile 
� attiene esclusivamente alla mancanza dei presupposti per 
l'esercizio della azione da parte del giudice ordinario, ma anche e 
soprattutto perch� l'eventuale nullit� dell'atto introduttivo del giudizio 
era stata sanata per aver l'atto egualmente raggiunto lo scopo della 
costituzione di un valido rapporto processuale avanti al giudice competente 
e, comunque, era ormai preclusa perch� non dedotta tempestivamente 
nel giudizio di appello contro la sentenza di primo grado. 

Anche tale censura � infondata. 

Tralasciando di considerare il denunciato difetto di motivazione, 
costituendo tale vizio motivo di annullamento solo se concerne punti 
di fatto e non profili di diritto della causa, rilevasi che � certamente 
esatto che la Corte del merito, afferm,ando che l'azione per l'accertamento 
del credito d'imposta andava proposta nell'ambito della procedura 
fallimentare, non ha inteso risolvere una questione di giurisdizione 
e neppure di competenza. 

Mentre, infatti, non � ipotizzabile una questione di giurisdizione 

tra giudici ordinari tra loro, � noto che la c.d. competenza funzionale 

del giudice delegato per la procedura fallimentare o del Tribunale 

fallimentare non attiene alla competenza in senso stretto, ma alla sem


plice ripartizione dei compiti tra organi dello stesso ufficio giudiziario. 


334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Da ci�, per�, non deriva la conseguenza, voluta dalla ricorrente, 

secondo cui nella :specie non potrebbe configurarsi che un'ipotesi di 

nullit� della domanda giudiziaria per essere stata avanzata in forma 

diversa da quella prescritta dalla legge, nullit� da ritenersi sanata o, 

comunque, preclusa. 

Se � vero, infatti, che l'adozione della forma della citazione in 

luogo di quella del ricorso (o viceversa) non importa nullit� del pro


cedimento quando questo si sia svolto regolarmente e sia stato rag


giunto lo scopo della costituzione di un valido contraddittorio tra le 

parti, � anche vero che tale principio, come gi� ritenuto dalle richia


mate decisioni n. 2174 del 196 e n. 2653 del 1968, non pu� trovare 

applicazione nel caso in cui non si tratti semplicemente dell'azione di 

una forma di atto introduttivo del giudizio diversa da quella prevista 

dalla legge, ma sia stata proposta l'azione in una sede diversa da 

quella prevista come necessaria ed obbligatoria dalla disciplina speciale 

del fallimento. Se, inveTo, si propone da parte del creditore l'azione 

nei c�nfronti del fallito nella sede giudiziaria ordinaria e non nel


l'ambito del procedimento fallimentare, non si pu� affermare che sia 

stata attuata dalla parte la proposizione della domanda in una forma 

diversa da quella tipica prevista dalla norma di rito e che, pertanto, 

ricorra un'ipotesi di nullit� di atti processuali, ma deve ritenersi che 

l'azione � stata introdotta anche in una sede processuale diversa da 

quella prevista come necessaria ed inderogabile dal legislatore. 

In tale ipotesi, come esattamente � stato posto in rilievo dalle 

richiamate decisioni, con l'adozione della forma della citazione in luogo 

del ricorso al giudice delegato viene, tra l'altro, ad essere frustrata 

quella particolare funzione cui, nella fase preliminare, attende la 

domanda di ammissione al passivo, quella, cio�, di mettere in grado gli 

organi fallimentari di evitare il passaggio alla fase contenziosa me


diante il riconoscimento del diritto del ricorrente e la conseguente 

ammissione al passivo, con semplice decreto, del credito dal medesimo 

vantato. 

La formulazione, quindi, di umi pretesa creditoria nei confronti 
del fallito senza l'osservanza delle forme e della sede processuale 
previste dalla legge speciale fallimentare si risolve, non gi� in una 
semplice nullit�, ma in un'assoluta inidoneit� della domanda a pro, 
durre l'effetto a cui era diretta, nena� mancanza, cio� di un presupposto 
necessario affinch� il giudice possa legittimamente conoscere del 

merito. 

Vero � che in tale ipotesi, concludendosi il processo con una pro


nuncia negativa di contenuto puramente processuale, dovrebbe parlarsi 

di inammissibilit� della domanda e non gi�, come ritenuto dalla sen


tenza impugnata, di improponibilit�, esprimendo quest'ultima formula, 

secondo la dottrina pi� autorevole, la impossibilit� di risolvere la 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 335 

questione finale di merito per una ragione sostanziale (mancanza dei 
requisiti dell'azione), ma � chiaro come la formula usata dai giudici 
di merito, anche se impropria, non abbia inciso sull'esattezza della 
pronuncia, con la quale si � inteso unicamente risolvere una questione 
pregiudiziale senza toccare il merito. -� (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 giugno 1972, n. 2132 -Pres. 
Pece -Rel. Ridolla -P. M. Trotta (conf.) -Assessorato LL.PP. 
Regione Siciliana e I.S.E.S. (avv. Stato Albisinni) c. Anzalone ed 
altri (avv. Alessi). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria� ed amministrativa 
-Discriminazione: petitum sostanziale. 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit� Criterio 
discriminatorio fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa. 


Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblico interesse Decadenza 
della dichiarazione di pubblica utilit�. 
(Cost., art. 103; I. 20. marzo 1865, n. 2048, all. E, artt. 2, 4, 5; r.d. 26 giugno 
1924, n. 1054, art. 26; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13; e.e., art. 834). 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblico interesse Occupazione 
temporanea e d'urgenza: decorso del biennio -Giurisdizione 
ordinaria. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2-359, art. 73)-. 
Ai fini deH'attribuzione di una controversia alla competenza giurisdizionale 
del giudice ordinario piuttosto che a quella del giudice amministrativo, 
l'oggetto della domanda, �ui fa 1�iferimento l'art. 386 c.p.c., 
deve essere riguardato non come mero petitum, ma in correlazione con 
la causa petendi (cosiddetto petitum sostanziale); occorre, cio�, stabilire 
se, alla stregua delle norme che disciplinano la materia controversa, 
la posizione giuridica vantata dall'attore come diritto sogg'ettivo 
sia tale anche di fronte alla P. A., sicch�, anche nei confronti di questa, 
l'ordinamento giuridico le accordi quella tutela che � propria dei diritti 
soggettivi; l'indagine sulla giU?�isdizione si risolve neH'applicazione del 
crite1�io desunto dall'esistenza o dall'ine,sistenza del potere della P. A. 
di invadere la sfera giu1�idica del cittadino (1). 

(1) La massima costituisce espressione del dominante criterio di discriminazione 
delle competenze giurisdizionali secondo il c.d. principio 
del petitum 1sostanziale. 
Tra le pi� recenti applicazioni di siffatto orientamento si segnala Cass., 
Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733, in Giust. Civ., 1972, I, 1823. 
In tale fattispecie � stata affermata la giurisdizione dell'AGO in ordine 
ad una domanda di annullamento di un decreto presidenziale di approva


5 



336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In materia di espropriazione per pubblica utiLit� sussiste la giurisdizione 
ordinaria quando il privato, negando in radice ed in sostanziale 
aderenza alle norme di legge l'esistenza o la permanenza del 
potere della P. A. di disporre del diritto di propriet�, invoca, nei confronti 
deUa P. A. stessa, la tutela. di quel diritto neLla sua originaria 
consistenza rimasta integra o non pi� affievolita.; sussiste, invece la 
giurisdizione del giudice amministrativo quando, verificatosi l'affievolimento 
.del diritto di propriet� per effetto di atti del pq�ocedimento 
di espropriazione che siano stati posti in essere da una P. A. investita 
del relativo po,tere, al cittadino, quale portatOIJ''e di un intere�sse' legittimo, 
non resta che la possibiltt� di contestare la legittimit� formale 
degli atti stessi, cio� in definifJiva il modo in cui quel potere pur esistente 
� stato esercitato (2). 

La decadenza deLla dichiarazione di pubblica utilit� per ii decolfso 
dei termini di cui all'art. 13 legge espropriativa., incide sull'esistenza 
stessa del potere di espropriazione; contro ii relativo conseguente illegittimo 
eserc:izio la tutela appartiene al giudice ordinario (3). 

L'occupazione tem,p01�anea, anche� se eser'Citata in funzio-ne della 
esprOPlfiazione, non pu� supe1�are la durata del biennio al termine del 
quale, se� non sia emesso il provvedimento espropriativo, il privato pu� 
esercitare l'azione giudiziaria ordinaria per la reintegrazione ovvero 
per il risarcimento del danno (4). 

(Omissis). -Il ricorso �, dunque, da prendere in esame solo in 
quanto proposto dall'Assessorato Regionale, il quale, col primo motivo, 
denunzia, ai sensi dell'art. 360, nn. 1 e 3, c.p.c. la violazione e la falsa 
applicazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 

zione del piano regolatore generale fondata sul rilievo della illegittimit� 
del decreto come di ogni provvedimento che imponga, senza indennizzo,. 
vincoli di contenuto espropriativo alla propriet� privata. Infatti la domanda 
stessa -secondo fa S.C. -si risolverebbe in una richiesta di tutela del 
diritto di propriet� nei confronti di atti della P.A. emessi in mancanza del 
necessario presupposto per l'esercizio del potere di espropriazione. 

(2) Per quanto concerne l'applicazione di detto principio alla specifica 
materia �esrpirorpdativa, cfr. Cass., Sez. Un., 6 marzo 19�69, n. 706, in Giust. 
Civ., 1969, I, 1262; Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1968, n. 245, ivi, 1968, I, 621 
entrambe �Citate in motivazione. Vedi, anche, RuoPPOLo, Sindacato deJl giudice 
ordinario sull'esercizio del potere da parte dell'amministrazione, in 
Giust. civ., 1967, I, 910. 
(3) In relazione alla. scadenza dei termini previsti dall'art. 13, legge 
espropriativa si segnala, in particolare, la nota pubblicata su Giust. civ., 
1969, I, 1474 in irelazione a C'ass., Sez. Un., 29 aprile 196-9, n. 1374, ove � 
richiamata, fra l'altro, la difforme giurisprudenza del Consiglio di Stato. 
(4) La S.C. si era pronunciata sullo specifico problema con sentenze 4 
aprile 1969, n. 1108 in Giur. it., 1969, I, 1, 1288; 23 aprile 1964, n. 992 in 
Giust. civ., 1964, I, 1813. 
(C. C.) 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZION.E 337 

in relazione agli artt. 103 della Costituzione e 26 del testo unico numero 
1054 del 1924 (difetto di giurisdizione del giudice Ol'dinario). 
In particolare, secondo l'Assessorato ricorrente, la Corte di Caltanissetta, 
dichiarando la illegittimit� del decreto di espropriazione de�l 17 
giugno 1964 e, conseguentemente, della occupazione dei terreni, a 
decorrere dallo scadere del biennio di occupazione legittima, avrebbe 
esorbitato dai limiti del potere giurisdizionale attribuito, dalle indicate 
norme, al giudice ordinario ed avrebbe invaso la sfera di competenza 
giurisdizionale riservata ai giudici amministrativi: si sostiene, 
infatti, che �la �emanazione del decreto di espropriazione dopo la scadenza 
del termine di cui all'art. 13 della legge n. 23159 del 1865 avirebbe 
potuto, in ipotesi, dar luogo ad un vizio neU'esercizio del pote�re espropriativo, 
la cui cognizione era �sottratta al giudice ordinario e riservata 
al giudice amministrativo, in sede di tutela dell'interesse occasionalmente 
protetto dalla norma. 

La censura � infondata. Ai fini dell'attribuzione di una domanda 
alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario piuttosto che a 
quella del giudice amministrativo, l'oggetto della domanda, cui fa 
riferimento l'art. 386 c.p.c., deve essere riguardato, non come mero 
petitum, ma in correlazione con la causa petendi (cosiddetto petitum 
sostanziale). Occorre, -cio�, stabilire se, alla stregua delle norme che 
disciplinano la materia controversa, la posizione giuridica vantata dall'attore 
come diritto soggettivo sia tale anche di fronte ana Pubblica 
Amministrazione, �sicch�, anche nei confronti di questa, l'ordinamento 
giuridico le. accordi quella tutela che � propria dei diritti soggettivi 

(art. 2 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). E l'indagine sulla giurisdizione 
non si risolve, cos�, nell'applicazione del criterio, che � dominante 
nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, desunto dalla esistenza 
o dalla inesistenza del potere della Pubblica Amministrazione 
di invadere la sfera giuridica del cittadino. Se la legge attribuisce 
all'Amministrazione il potere di incidere sulle posizioni soggettive dei 
privati, sacrificandole all'interesse pubblico, la posizione giuridica del 
soggetto colpito non � di diritto soggettivo e pu� trovare tutela riflessa 
solo davanti al giudice degli interessi legittimi, se ed in quanto l'interesse 
del privato si trovi a coincidere con l'interess�e pubblico, garantito 
dalle cosiddette norme di azione, acch� il poteire della Pubblica 
Amministrazione sia correttamente e�seircitato. Se, per contiro, la Pubblica 
Amministrazione non ha alcun potere di incidere sulla posizione 
gifilidica soggettiva con un atto del tipo di quello che si denunzia come 
lesivo ovvero se di quel potere � stata privata per volont� di legge, 
la posizione giuridica del cittadino conserva o riacquista nella sua 
integ:rit�, anche di fronte all'Amministrazione, quella tutela immediata 
e diretta che l'ordinamento, con le sue norme dette di relazione, garantisce 
ai diritti soggettivi: la quale tutela non pu� essere invocata se 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

338 

non davanti al giudice ordinario, fermo restando che la negazione, da 
parte dell'attore, della esistenza del potere .pubblico non deve esaurirsi 
in unica mera prospettazione di parte, ma deve atteggiarsi in 
sostanziale aderenza alla disciplina legale della materia controversa. 

I principi ora enunciati sono stati pi� volte applicati, da queste 
Sezioni Unite, in materia di espropriazione per pubblica utilit�, nel 
t;enso che sussiste la giurisdizione ordinaria quando il privato, negando, 
in radice ed in sostanziale aderenza alle norme di legge, la 
esistenza o fa permanenza del potere della Pubblica Amimnistrazione 
di disporre del dkitto di propriet�, invoca, nei confronti dell'Amministrazione 
stessa, la tutela di quel diritto nella sua originaria consistenza, 
rimasta integra o non pi� affievolita, laddove sussiste la giurisdizione 
del giudice amministrativo quando, verificatosi l'affievolimento 
del diritto di propriet� per effetto di atti del procedimento di 
espropriazione che siano stati posti in essere da una Pubblica Amministrazione 
investita dal relativo potere, al cittadino, quale portatore 
di un interesse legittimo, non resta che la po~sibilit� di contestare 
la legittimit� formale degli atti stessi, cio�, in definitiva, il modo in 
cui quel potere, pur �esistente, � rstato esercitato (cfr. Cass. Civ., Sez. 
Un., sentenze n. 706 del 1969, n. 245 del 1968, n. 179 del 1963, n. 1583 
del 1961 e numerose altre conformi). 

Ora, nel sistema della legge sulle espropriazioni, la dichiarazione 
di pubblica utilit� non attiene alle modalit� di esercizio del potere 
espropriativo, ma � un presupposto, stabilito dall'art. 834 e.e. a difesa 
del diritto di propriet�, della stessa esistenza di quel potere, il quale, 
ancorch� astrattamente attribuito dalla legge alla Pubblica Amministrazione, 
sorge concretamente in questa per effetto della dichiarazione 
di pubblica utilit� e permane finch� tale dichiarazione resti efficace: 
tant'� che, divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilit� 
per la &cadenza dei termini di cui all'art. 13 della legge n. 2359 del 
1865, non potr� procedersi alla espropriazione se non in forza di una 
nuova dichiarazione ottenuta nelle forme prescritte dalla legge. Dal 
che consegue che la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� 
per il decorso dei termini di cui all'art. 13 fa venir meno il potere di 
comprimere il diritto di propriet� e di degradarlo al rango di interesse 
legittimo, e non ne rende soltanto illegittimo l'esercizio: e, venuto 
meno il potere e cessata la compressione, il diritto, gi� affievolito, 
riacquista la sua originaria consistenza di diritto soggettivo perfetto 
ed � restituito alla ordinaria tutela giurisdizionale che ai diritti soggettivi 
� garantita (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 1374 del 1969, 
2925 del 1967, n. 1223 del 1964). 

N� a diversa conclusione pu� prevenirsi alla stregua dell'art. 73 
della legge del 1865. Anche il potere di occupazione temporanea, pur 
se eserdtato in vista ed in funzione della espropriazione per pubblica 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 339 

utilit�, � condizionato, nella sua stessa esistenza, dal limite temporale 
del biennio, decorso il quale, senza che sia seguito il provvedimento 
espropriativo, l'ulteriore occupazione diviene inidonea ad affievolire 
il diritto del proprietario, e, di conseguenza, diventa lesiva di una 
posizione soggettiva tutelabile solo davanti al giudice ordinario (cfr. 
Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 1108 del 196,9, n. 992 del 1964). 

Che poi, nell'uno e nell'altro caso, la diretta reintegrazione del 
diritto leso, nella forma specifica della restituzione del bene, possa 
essere impedita, a norma dell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso 
amministrativo, dall'avvenuta trasformazione del bene stesso con 
permanente destinazione a pubblica utilit�, � cosa che attiene al contenuto 
della tutela concretamente attuabile, la quale resta in tal caso 
circoscritta alla forma non specifica del risarcimento del danno, ma 
non attiene ai limiti della competenza giurisdizionale del giudice dei 
diritti soggettivi. 

Alla stregua dei principi e dei criteri fin qui richiamati, non pu� 
dubitarsi della appartenenza alla cognizione del giudice ordinario delle 
domande proposte dagli Anzalone e consorti, i quali, deducendo la abusivit� 
delle occupazioni protrattesi oltre i termini di legge senza che 
fosse stato emesso il provvedimento espropriativo, fecero valere il loro 
diritto all'integrale risavcimento del danno, oltre che quello alle indennit� 
per le occupazioni legittime entro il biennio; ed � appena il caso 
di aggiungere che anche quest'ultima domanda sicuramente spettava 
alla cognizione del giudice ordinario, cos� �come a quest'ultimo giudice 
spettava anche la cognizione della domanda proposta, in via subordinata, 
nei processi successivamente instaurati, di determinazione delle 
giuste indennit� di espropriazione (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze 

n. 245 del 1968, n. 431 del 1967). 
Del modo e del momento processuale in cui, fra le domande degli 
attori, si inser� la richiesta a che venisse accertata e dichiarata la 
illegi~timit� del decreto di espropriazione tardivamente emesso, si dir� 
nella disamina del secondo motivo del presente ricorso. Per quanto attiene 
alla questione di giurisdizione, baster� qui puntualizzare che 
quella richiesta, fondata su un motivo che implicava la negazione, ai 
sensi del gi� ricordato art. 13 del�a legge n.. 2359 del 1865, del potere 
di espropriazione, non fu volta all'annullamento dell'atto amministrativo 
n� alla rimozione delle situazioni giuridiche che esso era destinato 
a produrre, ma fu preordinata, in funzione meramente strumentale 
ed incidentale rispetto all'oggetto dedotto in giudizio, alla mera 
disapplicazione dell'atto stesso, in quanto non conforme alla legge: il 
che restava perfettamente entro i limiti posti al potere giurisdizionale 
del giudice ordinario, rispetto agli atti della Pubblica Amministrazione, 
dagli artt. 4 e 5 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. 
-(Omissis). 


340 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 luglio 1972, n. 2296 -Pres. 
Pece -Rel. Miele -P. M. Secco (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Coronas) c. S.p.A. Fratelli Macchi (avv. Viola e Scarpa). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Controversie in materia tributaria -Sono normalmente 
attribuite alla giurisdizione ordinaria. 

Competenza e giurisdizione -Imposte doganali -Controversie circa 
il valore delle merci dichiarate -Appartengono alla giurisdizione 
ordinaria. 

La. cognizione delle controversie in materia tributaria �, normalmente, 
attribuita al giudice ordinario; peraltro non pu� esdudersi che, 
talvolta, il le�gislatore abbia. riconosciuto al privato interessi solo occasionalmente 
protetti, la. cui tutela. � affidata a.l giudice amministrativo 
(1). 

Le controversie cfrca il valor� delle merci import.a.te, a.i fini delZ
�'applicazione dei tributi doganali, rientrano nella giurisdizione del 
giudice ordinarfo, in quanto L'Amministrazione finanziaria deve effettuare 
solo apprezzamenti tecnici secondo criteri predeterminati dalla 
legge, e non � chiamata. a formulare valutazioni e scelte secondo discrezionalit� 
amministrativa (2). 

(1-2) Apprezzamenti tecnici della Pubblica Amministrazione e giurisdizione 
ordinaria, in relazione al contezioso doganale 

1. Premessa. -La � lunga marcia � del cosiddetto contenzioso doganale 
deve ritenersi virt�almente conclusa, per quanto concerne il riparto tra le 
giurisdizioni (non per�, come si vedr�, per altre questioni pure attinenti 
alla giurisdizione). 
Giova anzitutto rammentare come l'ambito stesso del contenzioso doganale 
si sia venuto modificando nel tempo. Com'� noto, in materia si sono 
individuate pi� categorie di controversie. Si sono cos� distinte le controversie 
relative alla qualificazione merceologica, da quelle di classificazione 
concernenti l'individuazione dell'appropriato articolo di tariffa: queste 
seconde non comprese nel contenzioso doganale contraddistinto dalla particolare 
disciplina che qui interessa. Peraltro, alle controversie di assimilazione, 
riguardanti la classificazione di merci non considerate specificatamente 
da alcuna voce della tariffa (e del repertorio) � stato ab antiquo 
riservato un trattamento differenziato (rispetto alle altre controversie di 
classificazione): in origine, la assimilazione degli � oggetti non indicati 
nella tariffa... a quelli con i quali hanno maggiore analogia � era disposta 
con decreto ministeriale motivato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; successivamente, 
per tali controversie si � eseguito il procedimento previsto 

� per la risoluzione delle controversie doganali � (cfr. da ultimo, art. 4 
disp. prel. approvate con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723). Per conseguenza 
della imposizione doganale ad valorem, sono confluite nel contenzioso doga

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 341 

(Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente Amministrazione 
deduce il difetto di giurisdizione, la violazione e la falsa applicazione 
dell'art. 26, primo comma, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504 e dell'art. 2 
della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E in relazione agli artt. 18 e 
segg. delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale dei dazi di 

nale le controversie di valutazione delle merci dichiarate; e, con esse, anche 
le controversie circa l'origine delle merci importate, il regime di tara e il 
trattamento d'egli imballaggi (art. 3 disp. prel. alla tariffa doganale approvata 
con d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442, e, da ultimo, art. 108 del d.P.R. 18 
febbraio 1971, n. 18). Va aggiunto che, con molteplici provvedimenti legislativi 
(i pi� antichi risalgono alla fine del secolo scorso), il procedimento 
per la risoluzione delle controversie doganali � stato esteso alle controversie 
concernenti la qualificazione merceologica di alcuni prodotti (spiriti, 
zucchero, birra, ecc.) ai fini dell'appUcazione di imposte di fabbricazione. 


2. n contenzioso doganale e la giurisdizione. -Nei dec�enni successivi 
alle leggi amministrative di unificazion~ del 1865, e vigendo la legge doganale 
9 luglio 1859, n. 3494, si criteneva essere al giudke ordinacrio consentito 
conoscere delle controversie sulla qualificazione e sulla assimilazione delle 
merci presentate in dogana; �e solo si reputava non sindacabile la determinazione 
ministeriale � regolamentare o� presa in via di massima � disponente, 
non in relazione al caso singolo ma � per 1l'avv�enire �, J.'assimilazione 
degli � oggetti omessi in tariffa � (MANTELLINI, Lo Stato e il codice civile, 
vol. I, 1880, 450). 
Dopo la istituzione del � Collegio consultivo dei periti � presso il Ministero 
delle Finanze, avvenuta con gli artt. 5, 6 e 7 delle disposizioni 
preliminari alla tariffa doganale approvate con la legge 30 maggio 1878 

n. 4390, si fece strada la tesi della � esclu.sivit� di competenza amministrati1ia 
nella materia � (cos� cass. Roma, Sez. Un., 24 luglio 1884, in Foro it., 
1884, I, 1027), e.quindi della non sindacabilit� dinanzi al giudice ordinario 
del decreto ministeriale che, dopo il parere dell'anzidetto collegio, risolve 
la controversia doganale (la proponibilit� dell'azione giudiziaria era, invece, 
stata esplicitamente confermata nel corso dei lavori parlamentari: sul punto, 
KL1TSCHE DE LA GRANGE, Giurisdizione amministrativa e ordinaria in 
materia doganale, in Riv. dir. fin., 1955, I, 383). 
Pu� essere interessante segnalare un passo della motivazione della 
sentenza che per la prima volta afferm� il Umite della giurisdizione ordinaria 
(Cass. Roma, 15 gennaio 1883, in Foro it., 1883, I, 258): � ... in codesta 
materia... per il prevalere, o meglio, lo inevitabile precorrere sulla questione 
giuridica, in alcuni casi, delle indagini di fatto, o, in altri, di quelle 
tecniche (come nel presente), venne appunto circoscritta con singolari disposizioni 
la competenza dell'autorit� giudiziaria a quella che � pura questione 
giuridica; ci� � accaduto per le controversie relative all'estimo catastale, 
alla estimazione del reddito per la tassa di ricchezza mobile... , e 
cos� pure accade per la operazione, sostanzialmente amministrativa e tecnica, 
della qualificazione delle merci... � (una considerazione non molto dissimile, 
sessanta anni pi� tardi, ha condotto la Corte di Cassazione a una 
conclusione opposta). La menzionata sentenza 24 luglio 1884 allarg� il discorso, 
osservando: � ��� � questione tecnica, punto giuridica, il definire cogli 
estremi della scienza o cogli elementi della pratica commerciale la na




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

importazione, approvata con d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339 ed afferma 
che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto sussistere la 
giurisdizione del giudice ordinario in quanto, al contrario, in tema 
di valutazione delle merci importate, sussiste un potere discrezionale 
della ,Pubblica Amministrazione onde doveva escludersi la sussistenza 
di d�titti soggettivi del contribuente nel senso che questo possa pre


tura ed i caratteri di una merce: e in codesto, fra il contribuente e la dogana, 
non c'� subbietto di contesa su cui debba pronunciare il giudice, ma 
c'�, al pi�, disparere che con la guida del consiglio peritale dirime la 
autorit� amministrativa, da un lato cosciente, oltrech� delle singolarit� del 
caso speciale, delle esigenze del commercio d'importazione, sciente, dall'altro, 
dei trattamenti in uso presso dogane estere, e riguardosa, nell'interesse 
dell'economia nazionale, d'ogni cosa che possa pi� o meno influire 
sulla bilancia degli scambi � (in sostanza, con linguaggio contemporaneo, 
si asseriva che la situazione soggettiva del contribuente non aveva consistenza 
di diritto soggettivo). 

Dopo queste prese di posizioni della Cassazione romana (nella veste di 
regolatrice dei conflitti), fu proposta dal Governo ed approvata la legge 
13 novembre 1887 n. 5028, con la quale erano accresciute le garanzie per 
il contribuente nel procedimento per la risoluzione delle controversie di 
valutazione, proprio allo scopo di sopperire alla esclusione del sindacato 
giurisdizionale. Detto procedimento � rimasto, nelle linee fondamentali, 
non modificato fino alla riforma introdotta con il d.P.R. 18 febbraio 1971 

n. 18 (peraltro, com'� noto, rettifiche furono apportate con la legge 22 
dicembre 1910, n. 869, poi confluita nel testo unico 9 aprile 1911, n. 330, 
e successivamente con altri provvedimenti). 
In questo contesto storico non � difficile inquadrare la disposizione di 
cui al terzo coonma dell'art. 3 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (poi divenuto 
il secondo comma dell'art. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054). Il 
legislatore dell'epoca, il quale avvertiva la situazione soggettiva del contribuente 
come un interesse non avente consistenza di diritto soggettivo, 
limH� l'impugnabilit� dinanzi al Consiglio di Stato delle � decisioni le quali 
concernano controversie doganali � proprio per la considerazione che dette 
decisioni (come quelle in materia di �leva militare�) erano precedute dal 
parere di un collegio tecnico, caratterizzato -si direbbe con linguaggio 
odierno -da una soddisfacente �imparzialit�� (i lavori parlamentari 
sulla disposizione in questione �sono riferiti da SPAGNUOLO VrGORITA, Osservazioni 
circa la natura delle decisioni ministeriali in tema di controversie 
doganali e loro impegnativa, in Foro it., 1958, IV, 162). 

La costruzione della figura del �ministro-giudice � (ossia la trasformazione 
di una attribuzione esclusiva dell'Amministrazione in una giurisdizione 
spec1ale) emerse qualche anno dopo, con l'autorevole avallo di 
MORTARA (Commentario al codice e alle leggi di procedura civile, vol. I, 
ed. 1905, 630 e 646), il quale peraltro sottoline� come � senza dubbio ci� 
che si trova in contesa � un diritto pubblico subbiettivo patrimoniale � 
(ivi, 631). Questa costruzione fu, com'� noto, accettata per circa mezzo 
secolo dalla giurisprudenza e dalla dottrina pi� autorevole (l'atteggiamento 
dei vari scrittori � riferito da KLITSCHE DE LA GRANGE, op. cit., 386 e segg.). 
Peraltro, non mancarono coloro i quali espressero perplessit� in merito alla 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 343 

tendere che il prezzo indicato in fattura sia assunto dall'Amministrazione 
,come valore imponibile, potendo l'Amministrazione doganale, in 
forza dell'art. 18 del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, a sua discrezione, 
scegliere come base imponibile il �prezzo normale � oppure il 
prezzo di fattura. Avvalendosi di tale. facolt� il Ministro aveva esclusa 
come base imponibile il prezzo di fattura ed aveva determinato il 

costruzione del � ministro-giudice � (cos� ALLORIO, Diritto processuale tributario, 
1942, 327 e seg.). 

La nuova costituzione repubblicana impose un riesame della materia, 
che si svolse parallelamente in dottrina (AzZARITI, La nuova costituzione e 
le leggi anteriori, �in Problemi attu.ali di diritto costituzionale, 1951, 109, e 
L'abrogazione del COPoverso dell'art. 25 della legge sul Consiglio di Stato, 
in Riv. amm., 1952, 73 seg.; MIELE, Riflessi della Costituzione sull'ordinamento 
del contenzioso tributario, in Riv. trim dir. pub., 1951, 848 seg.; 
SAVARESE, in questa Rassegna, 1951, 197, MoRTATI, Le giurisdizioni speciali 
dinanzi aHa Costituzione, in Rass. dir. tecn. dog., 1954, 7; KLITSCHE DE LA 
GRANGE, OP� cit., in Riv. dir. fin., 195�6, 192 seg.; e gli altri Autori menzionati 
nel citato scritto di SPAGNUOLO VIGORITA e nella nota di LIPARI, La tutela 
giurisdizionale nelle controversie doganali, in Giust. civ., 1961, I, 2109 
seg.), e in gi>urisprudenza, ove si deline� un cCJ111trasto tra Corte di cassazione 
e Consiglio di Stato, consessi i quali entrambi ritennero di poter 
sindacare il decreto ministeriale risolutivo della controversia doganale, il 
primo in forza del 1comma 1se,condo dell'art. 111 Cast., e il secondo in forza 
dei comma primo e secondo dell'art. 113 Cast. 

La Oorte costituzionale, con la nota sentenza 27 giugno 1958, n. 40 (in 
Foro it., 1958, I, 1054, con nota di CuTRERA, ivi, 1400, e in Giur. cost., 1958, 
525, con nota di MoRTATI), afferm� la natura amministrativa del decreto 
ministeriale in questione (aderendo su tale punto alla tesi del Consiglio di 
Stato), ma, invece di operare sul senso di aggiungere, nel comma secondo 
dell'avt. 2,6 t.u. del 1924, la � violazione di legge � alla incompetenza e all'eccesso 
di potere, elimin� d11lla norma anzid.etta le parole � controversi�e 
doganali oppure� (cos� facendo venire meno il dato normativo sul quale 
avrebbe potuto basarsi una esplicita quaJificazione come interesse legittimo 
della situazione soggettiva del contribuente). 

Dopo questa pronuncia si � nuovamente manifestato il contrasto tra 
Corte di Qassazione e Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo ha riaffermato 
la propria giurisdizione, dopo aver qualificato come interesse legittimo 
la situazione soggettiva del contribuente nelle controversie doganali 
di qualificazione merceologic� e di valutazione, � in quanto le norme 
e i principi, dei quali si ;sostiene la violazione, disciplinano lo svolgimento 
dell'attivit� amministrativa nel pubblico interesse e solo indirettamente 
e di riflesso riguardano l'utilit� dei soggetti privati � (Cons. St., Ad. plen., 
21 gennaio 1959, n. 1, in Cons. Stato, 1959, I, 3, e, successivamente, nello 
stesso senso, la giurisprudenza prevalente, ma non costante, del Consiglio 
di Stato, anche in recenti manifestazioni, come, ad esempio, nella decisione 
11 dicembre 1968, n. 751, sez. IV, in Cons. Stato, 1968, I, 2011). Medta, 
peraltro, segnalare che lo stesso Consiglio, con la decisione 17 maggio 1967, 

n. 171, sez. IV (in Foro it., 1967, III, 440 e in Dir. prat. trib., 1967, II, 1012, 
con nota critica di MAGNANI), ha ritenuto che la qualificazione delle merci 
d� luogo a � un giudizio interamente vincolato ed ispirato esclusivamente 

344 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prezzo normale di mercato della merce importata. Pertanto il preteso 
diritto della societ� Macchi alla valutazione della base imponibile 
sulla base dei prezzi di fattura non sussisteva in quanto l'Amministrazione 
anche nell'ipotesi, in cui fossero sussistiti i requisiti di cui agli 
artt. 18 ult. parte e 23 primo comma del d.P.R. del 1961, poteva prescindere 
da tali prezzi e determinare il prezzo normale delle merci 
stesse. 

a criteri tecni�i dai quali esula ogni discrezionalit� amministrativa � nel 
caso di �merci la cui descrizione risulti integralmente da una voce della 
tariffa, dimodoch� la qualificazione si risolva nella perizia merceologica �; 
mentre � quando la merce non trova esauriente rispondenza in una voce 
della tariffa, la qualificazione in via analogica non si risolve in un puro 
apprezzamento tecnico �. In altre parole, � stata sostenuta la giurisdizione 
ammini,strativa a~lor,oh� .sussistono due controversie connesse e riunite, la 
una di qualificazione e l'altra di assimilazione. Ancora pi� di recente (nella 
decisione, IV, 26 aprile 1968, n. 253, in Foro amm., 1968, I, 2, 482) � stata 
esclusa la giurisdizione amministrativa in una �Controversia di valutazione, 
nella quale era stata lamentata la violazione di norme di legge regolanti 
in modo preciso i criteri di determinazione del valore. 

Il giudice amministrativo ha, inoltre, chiaramente riconosciuto la giurisdizione 
ordinaria nelle controversie doganali di classificazione tariffaria 
di beni gi� qualifi.cati merceologicamente (Cons. Stato, IV, 11 dicembre 1968, 

n. 751, in Foro amm, 1968, I, 2, 1654 con indicazione di precedenti, e Cons. 
Stato, IV, 25 nov�embre 1969, n. 744). 
Le sezioni unite della Corte di �Cassazione hanno finora reso (salvo 
error�e) sette pronunce in materia. Nella sentenza 27 ottohre 1959, 111. 3124 
(in Foro amm., 1959, II, 1, 584) � stata affermata la totale devoluzione delle 
controversie di qualificazione merceologica alla giurisdizione ordinaria. Nella 
sentenza 1� febbraio 1961, n. 207 (in questa Rassegna, 1961, 12) � stata, di 
contro, ritenuta la giurisdizione amministrativa in una controversia circa 
il valore di merci, e anzi, pi� esattamente, il ridotto valore di una partita 
avariata di zucchero. 

� A queste due prime pronunce � seguita la sentenza 4 a'Prile 1964, 

n. 733 (in questa Rassegna, 1964, I, 844, con nota redazionale critica), la 
Corte Suprema ha affermato che � i de�oreti ministeriali di qualificazione 
doganale... sono soggetti a sindacato da parte del giudice ordinario... poich�, 
essi incidono su diritti soggettivi del privato e non su semplici interessi�. 
Questa affermazione, ;pervero radicale, era basata suUa considerazione dell'assenza 
di. discrezionalit� amministrativa nella � classificazione � della 
merce (a ben vedere, quella controversia era pi� di classificazione che di 
qualificazione merceologica). Nell'ultima parte della sentenza, peraltro, si 
affermava che l�e controversie di accertamento di valore delle merci concernerebbero 
interessi legittimi e non diritti soggettivi. Come � noto, questa 
pronuncia � stata ritenuta, forse anche al di l� del suo reale contenuto, 
indicativa del principio per cui il giudice (ordinario o amministrativo) 
competente avrebbe dovuto essere individuato a seconda della consistenza 
(diritto soggettivo o interesse legittimo) della situazione soggettiva del contribuente 
(Relazione dell'Avvocat� generale dello Stato 'Per gli anni 19611965, 
par. 262). 

E' :seguita la sentenza 29 luglio 1965, n. 1834 (in questa Rassegna, 
1965, I. 927, con nota di BATISTONI FERRARA, Determinazione ufficiale del 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 345 

Le censure non sono fondate. 

Va innanzitutto rilevato, in relazione ad una censura della ricorrente 
A:mmiaistrazione, che la societ� Macchi non ha chiesto al Tribunale 
che fosse assunto come valore imponibile quello indicato nelle 
fatture da essa presentate alla dogana, ma, come risulta dall'atto introduttivo 
del giudizio, ha assunto che nel caso di specie, il prezzo 

valore delle merci ai fini della i.g.e. all'importazione e posizione soggettiva 
del contribuente), resa in una sentenza concernente la determinazione ufficiale 
de�l valore a sensi dell'ultimo comma dell'art. 18 legge organica i.g.e.; 
in questa pronuncia � stato affermato, in modo drastico, che �nel rapporto 
tributario tutte le posizioni giuridiche soggettive del contribuente hanno 
consistenza di diritti soggettivi, anche rispetto alla determinazione del 
quantum di imposta �. Anche nella successiva sentenza 20 maggio 1966, 

n. 1421 (in Giur. it., 1968, I, 1, 625, con nota di MANGIONE, Discrezionalit� 
amministrativa e interessi legittimi nell'accertamento dell'imposta doganale) 
� stata ritenuta la giurisdizione ordinaria, questa volta per� non in 
considerazione del carattere asseritamente vincolato dell'attivit� di accertamento 
tributario, quanto invece per l'argomento che le � norme tributarie 
in genere� tutelano � direttamente e immediatamente� (e non solo occasionalmente) 
�anche� l'interesse del singolo contribuente, interesse che 
�assume, pertanto, consistenza di diritto soggettivo�, 
Con la sentenza 22 giugno 1971, n. 1957 (in questa Rassegna, 1971, I, 
1185), la Corte di cassazione ha contrastato �l'opinione esp:ressa nella menzionata 
decisione n. 171 del 1967 del Consiglio di Stato, nuovamente soffermandosi 
sul carattere vincolato della qualificazione merceologica anche nel 
caso ad essa sia connessa una attivit� di �assimilazione�, In questa sentenza 
si fa compiere alla giurisdizione ordinaria un altro passo avanti, 
argomentandosi che � se la assimilazione operata dal Ministro delle finanze 
�, in definitiva, una interpretazione analogica della tariffa, non si vede 
perch� l'operazione... non dovrebbe poter essere sindacata dal giudice � 

(invero un argomento siffatto non pare idoneo a risolvere un probl�ema di 
riparto tra le due giurisdizioni, la ordinaria e l'amministrativa). 

La sentenza ora in rassegna presenta, rispetto alle sei che l'hanno preceduta, 
una motivazione di maggiore respiro. In essa, valorizzandosi l'art. 6 
della legge del 1865 abolitrice del contenzioso amministrativo, viene affermat�, 
in linea di principio, l'attribuzione per materia alla giurisdizione 
ordinaria di tutte le controversie tributarie, attribuzione confermata dalla 
constatazione che, per la natura delle norme tributarie, le posizioni soggettive 
dei contribuenti avrebbero .consistenza di diritti sogg.ettivi. 

Il principio cos� affermato conoscerebbe eccezioni, non potendosi escludere 
� che, per determinate materie, il legislatore possa aver voluto affie-� 
volire tale posizione di diritto soggettivo in quella di interesse legittimo o 
addirittura ridurla a semplice interesse � : ed � su queste premesse che la 
Corte ha, nella specie, escluso lo � affievolimento �, mancando un ambito 
di discrezionalit� amministrativa. 

Come si � detto all'inizio, l'attribuzione del contenzioso doganale �ordinariamente 
� (e do� di regola) alla giurisdizione ordina:ria deve ritenersi 
ormai irreversibile. A conclusione di un ciclo quasi secolare si � tornati 
nella situazione anteriore ane sopra ricordate sentenze del 1883 e 1884 
della Cassazione romana (con, in pi�, la possibilit� di una tutela degli 
eventuali. interessi legittimi dinanzi al giudice amministrativo); risultato 



3i6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

normale della vendita corrispondeva a quello indicato nelle fatture, 
essendo effetto di una contrattazione svoltasi in condizioni di libera 
concorrenza. Si contestava inoltre dalla societ� che i rapporti economici 
intercorrenti tra essa societ� e quella venditrice avessero influito 
sulla misura del prezzo concordato, che, pertanto, doveva considerarsi 
rispondente a condizioni di libero mercato. 

questo che pu� essere non solo accettato, ma persino valutato positivamente 
per considerazioni di carattere generale che si esporranno nel quarto 
paragrafo del presente scritto. 

3. Il contenzioso doganale e il testo unico n. 43 del 1973. -Il decreto, 
legislativo n. 18 del 1971, emanato in forza della delega concessa con la 
legge 23 gennaio 1968 n. 29, ,e quindi confluito nel testo unico approvato1 
con d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, non ha portato sostanziali innovazioni 
per quanto attiene al riparto tra le giurisdizioni (e, del resto, nessuna 
innovazione in proposito era autorizzata dalla menzionata legge delegante). 
L'art. 76 del t.u., coordinato con i precedenti articoli 66 ultimo comma, 
68 ultimo comma e 70 secondo comma, ha tuttavia disposto: 

I) la improponibilit� temporanea dei �rimedi giurisdizionali in sede 
civile ed amministrativa ., tali rimedi potendo essere �espeTimentati � so1lo 
dopo che l'accertamento (eventualmente in rettifica) � �divenuto definitivo 
�, e cio� solo dopo che � stata � emessa � la � decisione � del Ministro 
prevista dall'aTt. 70; 

II) la improponibilit� assoluta di �rimedi giurisdizionali � per le 
controversie che concernano iil cosiddetto ,contenzioso doganale (nel significato 
sopra indicato) nei casi di � accettazione � della � pretesa della dogana� 
ovvero della �decisione di prima istanza� (accettazione che pu� 
essei!'e espl'essa o, con valutazione legal,e tipica, desumibile dalla omessa 
proposizione del ricorso rispettivamente al capo del compartimento doganale 
e al Ministro); 

III) la improponibilit� dei � rimedi giurisdizionali � per decorso del 
termine perentorio di sessanta giorni da quando l'accertamento � �divenuto 
definitivo � (peraltro, � ragionevole ritenere che detto termine decona 
dalla notifica e non dalla emissione della decisione del Ministro); 

IV) la esperibilit� dei �rimedi giurisdizionali in sede civile ed ammin1stra,
tiva ' solo allorch� .la ,eventuale �connessa contravvenzione per 
infedele dichiarazione sia stata estinta mediante oblazione � (rectius, solo 
allorch� non � pendente procedimento penale per detta contravvenzione), 
in quanto, nel caso contrario, � competente a decidere sulla vertenza � il 
tribunale cui spetta la cognizione del reato�. 

Eccede dal tema di questo scritto l'esame delle questioni cui pu� dar 
luogo il raccordo tra processo penale e � rimedi giurisdizionali in sede 
civile ed amministrativa �, Merita invece segnalare come l'e,spressione � divenuto 
definitivo l'accertamento ., che era stata utilizzata con preoccupante 
equivocit� nel decTeto legislativo n. 18 del 1971, � stata oppo'l'tunamente 
precisata e delimitata nel t.u. n. 43 del 1973, ove si dichia;ra definitivo l'accertamento 
soltanto dopo la � decisione � del Ministro delle finanze. La 
precisazione � esatta: ad essa necessariamente conducono vuoi il criterio 
posto dall'art. 2 n. 8 della legge delegante n. 29 del 1968, vuoi la considerazione 
che la istituzione di appositi collegi consultivi specializzati e la 
previsione di procedimenti caratterizzati da adeguate garanzie per i con




_.,.,

........,. 


>~ 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 347 

Ci� premesso, va osservato che pi� volte questa Suprema Corte ha 
ritenuto che in materia tributaria, mentre l'Amministrazione finanziaria 
ha diritto .di percepire il tributo, a sua volta il cittadino ha 
diritto di non subke imposizioni oltre i limiti di legge (cfr. Cass., 14 
giugno 1954, n. 1890; 27 luglio 1962, n. 2176). Pertanto nel rapporto 

tribuenti non possono andare disgiunte da una valutazione normativa di 
necessit� dei rimedi amministrativi in questione. 

Va comunque osservato che, in sede di redazione del t.u. menzionato, 
si � ritenuto di non dover adeguare le norme introdotte dal decreto legislativo 
n. 18 del 1971 ai principi -unico grado di ricorso amministrativo 
e rilevanza del silenzio -posti da:l successivo d.P.R. 25 norvembre 1971, 

n. 1199, e alla �l"egola della impugnabilit� degti atti non definitivi dinanzi 
al giudice amministrativo introdotta dall'art. 20 della legge 6 dicembre 
1971, n. 1034 (sulla nuova disciplina dei ricorsi amministrativi dettata da 
questo decreto legislativo, e :sulla sua aipplicaibi!lit� in linea di massima in 
campo tributario, rinvio al mio scritto n ricorso amministrativo dopo la 
istituzione dei tribunali regiona.li amministrativi, in Riv. dir. proc., 1972,, 
I, 619 segg.; sul medesimo argomento CAPACCIOLI, Prime considerazioni sulla 
nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, in Giur. it., 1973; IV, 1; VIRGA, 
I ricorsi amministrativi, 1972, 6; QUARANTA, La nuova disciplina dei ricorsi 
amministrativi, in Arbitr. appalti, 1971, 277). 
Questo mancato coordinamento pu� rendere arduo il raccordo tra 
ricorsi amministrativi e giudizio amministrativo, nelle controversie per le 
quali dovesse riconoscersi la giurisdizione amministrativa; peraltro, questo 
problema appare soprattutto teorico posto che, come si � vtsto, �ordinariamente 
� la giurisdizione spetta al giudice ordinario. 

Pi� importanti, per tale ragione, le possibili .questioni in tema di raccordo 
tra ricorsi amministrativi e giudizio ordinario. Ad esempio, pu� 
porsi il quesito se debba ritenersi definitivo l'accertamento anche in assenza 
della � decisione � del Ministro, nel caso di decorso del termine di sei mesi 
previsto dal primo comma dell'art. 70; o il quesito se il contribuente possa 
proporre ricorso al Ministro nel caso di silenzio del capo del compartimento 
doganale perdurante oltre il termine di quattro mesi previsto dal primo 
comma dell'art. 68; e persino il quesito se il doppio grado di ricorso amministrativo, 
voluto dalla legge n. 29 del 1968 e realizzato dai provvedimenti 
applicativi di essa, sia sopravvissuto all'opposto principio dettato dal d.P.R. 

n. 1199 del 1971. 
N01n pare invece dia luogo a inconvenienti (e anzi si rivela oltremodo 
opportuna) l'azione del criterio della necessit� .e non � facoltativit� � del 
previo esperimento dei rimedi amministrativi. Del resto, detto criterio � 
stato costantemente seguito nei recenti decreti delegati per la riforma tributaria: 
l'art. 24 del d.P.R. n. 639 del 1972 relativo all'imposta sulle pubblicit�, 
l'art. 39 del d.P.R. n. 640 del 1972 relativo all'imposta sugli spettacoli, 
l'art. 11 del d.P.R. n. 641 del 1972 relativo alle tasse sulle concessioni 
governative, e l'art. 33 del d.P.R. n. 642 del 1972 relativo all'imposta di 
bollo, stabiliscono che l'azione giudiziaria � � promovibile � soltanto avverso 
le decisioni � definitive � (ovvero decorsi centottanta giorni dalla presentazione 
del ricorso qualora non sia intervenuta la relativa decisione). 

4. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le situazioni soggettive dei 
�privati�. Nel primo paragrafo di questo scritto si sono riferite, in retro

348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giuridico d'imposta la posizione soggettiva del cittadino ha la consistenza 
di un diritto soggettivo, dato che tale posizione viene tutelata 
dalla legge non gi� occasionalmente ma direttamente. D'altronde la 
legge sul contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n. 2248 
all. E) all'art. 6 attribuisce all'A.G.0. la cognizione delle controversie 
d'imposta, solo sottraendole la competenza a giudicare delle questioni 

spettiva, le motivazioni addotte dalla giurispruderi.za a sostegno dei diversi 
orientamenti assunti in materia di giurisdizione sul contenzioso doganale. 
Alcuni rilievi critici appaiono doverosi. 

Anzitutto, va osservato come le segnalate sentenze rese nell'ultimo 
quindicennio dalla Corte di cassazione abbiano esaminato e risolto la questione 
di giurisdizione facendo ricorso soprattutto, e a volte esclusivamente, 
alla contrapposizione tra discrezionalit� (giurisdizione amministrativa) e 
vincolatezza (giurisdizione ordinaria). Laddove, com'� noto, questa contrapposizione 
� utilizzabile al pi�, per cos� dire, � a senso unico �, e cio� 
per escludere la giurisdizione ordinaria, posto che � il carattere vincolato 
e non discrezionale dell'atto non � sufficiente di per s� ad attribuire !_a 
controversia relativa alla a.g.o., occorrendo, inoltre, che esso sia vincolato 
non in funzione di esigenze amministrative bens� in funzione della tutela 
della posizione del soggetto privato, cosicch� la illegittimit� comporti la 
violazione di una norma di relazione� (cos� da ultimo, Cass., Sez. Un., 
16 gennaio 1971, n. 87, in Foro it., 1971, I, 358; e, in pre1cedenza, Cass., Sez. 
Un., 2 ago.sto 196,6, n. 2146, in questa Rassegna, 1967, I, 37; Cass., Sez. Un., 
19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna, 1967, I, 964; Ca:ss., S:ez. Un., 
7 rap!l'ile 1965, n. 593; e Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894; non difforme 
l'orientamento della dottrina, ove peraltro GIANNINI M. S., La giustizia amministrativa, 
1969, 95, nega valore scientifico al criterio di riparto basato 
sulla contrapposizione anzidetta). 

E', in sostanza, mancata una accurata indagine sul significato politico 
del carattere � ordinariamente � vincolat� delle attivit� amministrative di 
qualificazione, valutazione e accertamento dell'origine delle merci dichiarate 
in dogana. Indagine questa che sarebbe stata doverosa, se si considera 
che � stata riconosciuta la non eliminabilit� di un notevole margine di 
cosidetta � discrezionalit� tecnica �. 

Ora, la individuazione e separazione della discrezionalit� tecnica dalla 
discrezionalit� tout couri (e quindi la sua distinzione dalla discrezionalit� 
amministrativa), dapprima affiorata per consentire il sindacato del giudice 
ordinario su fatti e comportamenti della Amministrazione nelle controversie 
relative alla responsabilit� civile; � stata successivamente verificata e utilizzata 
pure con riferimento agli accertamenti e agli apprezzamenti strumentali 
a provv,edimenti amministrativi ovvero consacrati in atti di �certa-� 
zione � dotati di piena individualit� giuridica. Ed � ormai acquisita la � differ.
enza strutturale esistente tra il giudizio di qualificazione del fatto secondo 
regole tratte dalle arti tecniche (o sociali) arppllkate e l'apprezzamento 
discrezionale del valore degli interessi insistenti sulla situazione in ordine 
alla quale occorre provv,edere � (PIRAs, voce Discrezionalit� amministrativa, 
Enc. dir., 88). 

Tuttavia, appare incompleta e deformata_ una immagine della discrezionalit� 
tecnica che di essa descriva e sottolinei unicamente il profilo della 
subordinazione della Amministrazione al vincolo della osservanza di criteri 
tecnici (tale profilo � stato giustamente valorizzato dalla giurisprudenza 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 349 

di estimo catastale e di riparto di quota (esclusione che, con successive 
leggi, � stata estesa alla valutazione del reddito nei tributi diretti). 

Tale esclusione, per�, non deriva daHa assenza di uri diritto soggettivo 
in quella direzione (incidendo la valutazione del presupposto 
d'imposta sull'ammontare del tributo, cui deve soggiacere il citta


della Corte costituzionale segnalata da BACHELET, L'attivit� tecnica della 
Pubblica Amministrazione, 1967, 57 1segg., pecr.-affetmJ.are che l'attribuzione 
all'Amministrazione di una discrezionalit� tecnica � consentita anche nel 
caso di riserva relativa di legge). Invero, non va obliterato che la discrezionalit� 
tecnica presuppone, essa pure, una � imprecisione � della norma 
attribuiva di potere alla Pubblica Amministrazione; e che, specie per i 
cosiddetti � casi 'complessi � (la distinzione tra giudizio tecnico � semplice � 
e giudizio tecnico � compl�esso � � criticata da C'AMMEO, Commentario delle 
leggi sulla giustizia amministrativa, 1910, 134), finisce per essere solo � mitica� 
la convinzione della necessaria univocit� e perlezione delle soruzioni 
che :La 'scienza e� la tecnica possono offrire � (BACHELET, op. ult. cit., 39). 

Sicch�, il giurista avveduto deve usare una estrema cautela nel far 
leva sul carattere �vincolato� di una attivit� amministrativa al fine di 
pervenire a un riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, 
allorquando in tale attivit�, pur rimanendo assente la discrezionalit� amministrativa, 
� presente o addirittura assume soverchiante importanza un 
apprezzamento tecnico non propriamente elementare. Non � consentito 
affermare che � da ogni norma di diritto connessa con condizioni di fatto 
che 1mportano giudizio tecnico debba derivare un dkitto subbiettivo; infatti 
molte circostanze possono influire in proposito in un senso o nell'altro� 

(CAMMEO, op. cit., 135). 

Si pu� andare oltr1e, e proporre la tesi che l'attribuzione a organi tecnici 
della Amministrazione del potere di formulare apprezzamenti di discrezionalit� 
tecnica �, di per s�, una chiara indicazione di una volont� politicolegislativa 
di di:scipUnare l'attivit� amministrativa nell'interesse pubblico 

(con norme d'azione) e non �in funzione della tutela della posizione del 

soggetto privato�. 

Sembra difficile infatti non avvertire una certa profonda contraddi


zione nel qualificare come norma di relazione quella che affida a un organo 

dell'.A:mrnini,strazione (e, si noti, soltanto all'Amministrazione, e soltanto 

ad un organo di essa specificamente individuato come competente) il potere 

e il compito di formulare un apprezzamento caratterizzato da margini di 

� opinabilit� ., ancorch� condizionato (pi� condizionato cl\e vincolato) dalla 

necessit� di osservare le regole � tecniche �. E ci� non per il sospetto (che 

dev�e ritenersi grossolano e inammissibile) che la �opinabilit�� si renda 

veicolo di parzialit�, ma perch� appare doveroso estrarre ogni possibile 

significato dal contenuto organizzatorio della norma che attribuisce ad uno 

specifico organo dell'Amministrazione il poter�e di esprimere un apprezza


mento tecnico. 

In realt�, mutando prospettiva, la migliore delimitazione della nozione 

di discrezionalit� amministrativa (per indicazioni di dottrina, si rinvia a 

GIANNINI iM. S., Il potere discrezionale della P. A., 1939, 51 segg., e alle voci 

sul tema rispettivamente di MoRTATI nel Noviss. Dig. It. e di PrnAs nella 

Enc. dir.) e la .conseguente sostanziale riduzione dehl'ambito rkonosciutale, 

non � detto debbano produrre una automatica corrispondente espansione 

della giurisdizione ordinaria: come si � osservato, il cdnale tra le giuri




350 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dino) ma piuttosto dal fatto che, trattando�si di questioni la cui solu


zione esige particolari rilievi ed apprezzamenti tecnici, il legislatore ha 

voluto riservarne la �cognizione a speciali commissioni di giustizia 

tributaria. 

Da ci� appare chiaro che la esclusione di tali questioni dalla com


petenza dell'A.G.0. non � espressione di un principio generale vale


sdizioni e, con esso, la distinzione tra tipi di situazioni soggettive del 

privato non coincidono con i limiti della discrezionalit� amministrativa. 

Un secondo rilievo critico pu� �essere mosso alle motivazioni addotte 
dalla Corte di cassazione: inesatta e persino � paradossale � (CAPACCIOLI, 
L'estimazione semplice, in Studi Calamandrei, val. IV, 1958, 145) risulta 
la configurazione di un � diritto soggettivo � del contribuente a non subire 
una imposizione pi� onerosa di quella consentita dalla legge (cos� nella 
sentenza in rassegna e in numerose altr�e). Come da tempo � stato rilevato, 
il contribuente che resiste ad una pretesa tributaria, si trova in causa per 
negare il diritto soggettivo (il credito di imposta) dell'ente impositore e 
non per affermare un proprio di.ritto soggettivo (CAPACCIOLI, op. e loco cit.; 
GIANNINI. M. S., La giustizia cit., 83; Russo, Diritto e processo nena teoria 
della obbligazione tributaria, 1969, 167, e anche l'orientamento della giurisprudenza, 
che costantemente ha qualificato l'azione giudiziaria� del contribuente, 
in tal caso, azione di accertamento negativo, come riferito nelle 
Relazioni dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1942-1950, par. 
198, per gli anni 1951-1955, par. 162, e per gli anni 1956-1960, par. 121). 
N� in contrario pu� argomentarsi che il contribuente allega un prop_rio 
diritto soggettivo quando pretende il rimborso di un tributo indebitamente 
pagato; in tal caso l'oggetto del giudizio � costituito da una situazione 
soggettiva nettamente div�ersa dallo anzidetto � diritto � a non subire imposizione. 


Un siffatto pseudo-� diritto� si rivela quindi strumento concettuale 
non valido e comunque non utilizzabile per risolvere la questione di giuri-. 
sdizione. Con questa precisazione si �, peraltro, ottenuto soltanto un risultato 
provvisorio �e di metodo. 

Per pervenire a un risultato costruttivo, occorre portare l'attenzione, 
come del resto da tempo � stato avvertito, sull'attivit� amministrativa che 
accerta o accompagna il sorgere del credito di imposta e della corr.elata 
obbligazione del contribuente. Acquistano cos� rilievo le differenti modalit� 
previste dalla legge per la attivit� amministrativa di �accertamento 
tributario � (l'espressione � usata nel lato significato che le � tradizionale). 
In particolare, acquista rilievo la eventuale presenza, nell'ambito di tale 
attivit�, di un atto � costituito da un giudizio valutativo a contenuto tecnico 
� (GIANNINI M. S., Le obbligazioni pubbliche, 1964, 6u). Come gi� si � 
osservato, tale atto pu� essere dalla legge configurato come soltanto strumentale 
(e cio� collocato in un ruolo servente all'interno di una sequenza 
che 1si �conclude �coin il coistddetto � accertamento� del credito di imposta) 
ovvero come dotato di autonoma individualit�; ovviamente, questa seconda 
configurazione esprime, sul piano strutturate, fa considerazione da parte 
del legislatore della maggiore complessit� del � giudizio valutativo a contenuto 
tecnico � del quale si � detto. 

Quando, per riconoscimento legislativo, l'attivit� amministrativa che 
elabora ed emana detto � giudizio valutativo a contenuto tecnico � assume 
autonoma individualit� (e ci� avviene anche per il giudizio delle com




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 351 

vole in ogni caso in cui si controverta in tema di valutazione del reddito, 
ma ha luogo nei soli casi in cui la legge I~ preveda. 

Specificamente argomentando da tali premesse questa Suprema 
Corte ha pi� volte affermato che nei casi in cui la legge non provveda 
ad attribuire ad altri organi le questioni di estimazione semplice, 
queste rientrano nella competenza dell'A.G.O. (Cass., 9 ottobre 1967, 

missioni tributarie sulle controversie per la determinazione del valore imponibile, 
come osservato nel mio scritto Il ricorso all'autorit� giudiziaria per 
grave ed evidente errore di. apprezzamento, in Giur. it., 1967, I, 2, 85), 
appare consentito quanto meno porre il problema se, in relazione alla attivit� 
della quale si tratta, il contribuente possa chiedere tutela giurisdizionale 
per negare direttamente la propria obbligazione e il correlato credito 
di imposta, o se invece egli possa chiedere tutela giurisdizionale allegando 
una diversa situazione soggettiva prodromica e strumentale rispetto 
a quella finale facente capo al rapporto obbligatorio (sul problema analogo, 
ma non identico, delle situazioni giuridiche ,soggettive che si determinano 
man mano che una serie procedurale si svolge verso la sua conclusione, 
SANDULLI, Il procedimento amministrativo, ed. 1959, 294 e segg.). Ove 
si segua questa seconda tesi, deve porsi il successivo problema se la diversa 
situazione soggettiva, che si � detta prodromica e strumentale, abbia consistenza 
di diritto soggettivo o di interesse legittimo. 

�Questi due problemi non possono essere elusi mediante affermazioni 
generiche, quali quelle rinvenibili nelle sentenze cui ci si riferisce. Peraltro, 
risolvere gli anzidetti due problemi con i dati normativi al presente disponibili 
risulta non proprio agevole. Inevitabilmente il discorso si storicizza 
e si trasferisce sul piano della politica delle istituzioni. 

5. L'attribuzione, in linea di principio, al giudice ordinario di tutte 
le controversie in materia tributaria. -Dopo circa novanta anni di sottili 
discussioni sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi � possibile 
avvertire un diffuso scetticismo in ordine possibilit� d� reperire 
criteri utilizzabili per tale distinzione �Sempre in modo soddisfacente, e cio� 
con limitate incertezze e senza gravi sprechi di attivit� processuali (in 
proposito, si richiamano le conclusioni del noto Discorso generale sulla 
giustizia amministrativa di M. S. GIANNIKI). Di qui la tendenza (segnalata 
anche da NIGRO, Problemi della giustizia amministrativa, in Riv. trim. dir. 
pub., 1972, 1825) a far ricorso in pi� larga misura, per il riparto delle 
giurisdizioni, allo strumento della competenza per materia, ovviamente nei 
limiti consentiti dai precetti costituzionali (in ordine a tali limiti, si rinvia 
a BACHELET, La giustizia amministrativa nella costituzione italiana, 
1966, 50). Manifestazioni recentissime di. questa tendenza sono l'art. 5 della 
legge n. 1034 del 1971, e anche il ridursi della separazione tra questioni di 
� semplice estimazione � e altre questioni nel contenzioso tributario dopo 
la riforma introdo~ta con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. 
E' comprensibile come una siffatta evoluzione in tema di riparto tra 
le giurisdizioni abbia a sollecitare l'interprete, specie quando i dati formali 
non forniscono indicazioni univoche (e cos� in situazioni correlate a funzioni 
amministrative vincolate), a valutar�e con sensibilit� pi� viva che per il 
passato le reali esigenze di tutela, affidando a quest'ultima valutazione un 
ruolo importante nella individuazione, per ciascuna materia, del giudice 
pi� ad~guato e del processo pi� soddisfacente: e ci� con riguardo vuoi alle 

6 



352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 2346 sull'imposta I.G.E.; 14 giugno 1954, n. 1990 per l'imposta di 
consumo). 
Peraltro, sebbene ordinariamente le controversie in materia di tributi 
abbiano ad oggetto posizioni di diritto soggettivo del cittadino 
sia nelle loro ragioni di diritto sia nei loro presupposti di fatto, non 
� da escludere che, per determinate materie, il legislatore possa avere 

modalit� del processo (si pensi alle diverse possibilit� di accedere al materiale 
probatorio) vuoi al contenuto della decisione che lo conclude (si pensi 
alla possibilit� di annullamento dell'atto amministrativo). 

Del resto, giustamente � stato osservato (VIRGA, La tutela giurisprudenziale 
nei confronti della Pubblica Amministrazione, 1966, 24) che la 
tutela accordata dall'ordinamento agli interessi legittimi non � �meno piena 
e perfetta di quella che � accordata ai diritti soggettivi: si tratta di una 
tutela egualmente piena e completa ma di natura diversa... � (in termini 
analoghi, MIELE, Passato e presente della giustizia amministrativa in It'alia, 
in Riv. dir. proc., 1966, 19). 

In questo quadro dev�e essere esaminata la questione di giurisdizione 
che qu� interessa. Le osservazioni fatte nel precedente paragrafo di questo 
scritto hanno condotto, in sostanza, alla conclusione che, allo stato della 
legislazione �non sussistono ragioni per ritenere inesistente, o chiuso a priori 
e in astratto, il problema della configurazione, come diritto soggettivo ovvero 
come interesse legittimo, della situazione soggettiva (descritta come 

� prodromica �) del contribuente in relazione alla attivit� amministrativa 
per la qualificazione merceologica la valutazione o l'accertamento dell'origine 
delle merci dichiarate in dogana. 
Giova precisare che la sostenibilit� di una configurazione di detta situazione 
come interesse legittimo non farebbe Leva sulla � elasticit� , della 
norma tributaria (ZINGALI, L'elasticit� della norma e la discreziona.lit� dell'Amministrazione 
nel campo tributario, in Dir. prat. trib., 1960, I, 1 segg., 
e PUGLIESE, Diritti soggettivi e interessi legittimi di fronte alla giurisdizione 
amministrativa speciale, in Riv. dir. fin., 1938, I, 68), ma al contrario, darebbe 
per ammesso il carattere ordinariamente vincolato della attivit� amministrativa 
di imposizione (questa �, del resto, la posizione di ..<\.LLORIO,, 
Diritto processuale tributario, 1962, 105). 

Ora, l'affermazione, fatta nella sentenza in rassegna, secondo cui la 
materia tributaria � di regola attribuita dal legislatore alla giurisdizione 
ordinaria, �e quindi deve a tale giurrisdizione es,sere affidato anche il cosiddetto 
contenzioso doganale, appare rispondente alle esigenze della collettivit�. 


Per stralciare il contenzioso doganale dal genus del contenzioso nella 
materia tributaria e per sottrarlo alla giurisdizione ordinaria dovrebbe reperirsi 
-e non pare reperibile -una ragione politica 1Janto significativa 
e cogente da giustificare una deroga e da rendere sopportabili i costi sociali 
di una frastagliata linea di confine tra due giurisdizioni (per molti 
vel'.si simile a quella tra estimazione 1semplice e complessa). :Si pensi alla 
difficolt� di tenere distinte (trattandole, in ipotesi, dinanzi a giudici diversi) 
le controversie di qualificazione merceologica o di �1assimilazione� da quelle 
di classificazione tariffaria (sul punto, si rinvia alla casistica indicata nello 
scritto di CHICCO, Controversie doganali e limiti della giurisdizione ordi



naria, in Foro pad., 1963, 848); o anche alla difficolt� di separare, nelle 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 353 

voluto affievolire tale posizione di diritto soggettivo in quella dell'interesse 
legittimo o addirittura ridurla a semplice interesse, e in queste 
ipotesi la tutela degli interessi del cittadino � attribuita alla giurisdizione 
amministrativa. Dalla Amministrazione finanziaria si sostiene 
appunto che nella fattispecie ricorre una ipotesi in cui la posizione del 
cittadino � degredata ad interesse legittimo in quanto, si afferma, le 
controversie in materia di valutazione nell'imposta doganale, per effetto 
degli artt. 18 e s�gg. del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, sono 

controversie circa il valore delle merci dichiarate in dogana, le questioni 
relative alla complessa normativa che regola la valutazione vera e propria. 

Quanto sin qui sostenuto non deve, peraltro, condurre a sacrificare 
all'unit� della � materia � tributaria e alila tendenziale gener:alit� della giurisdizione 
ordinaria quei poteri discrezionali che. neH'inteTesse pubblico, 
� necessario assicurare e conservare all'Amministrazione fi.nanziari:a, soprattutto 
per l'emanazione di norme secondarie e di disposizioni amministrative 
di carattere g.enerale (com'� noto, da tempo � stata avvertita, nel caso 
di attribuzione all'Ammini.strazione di potest� discrezionali in merito alla 
istituzione del tributo, la necessit� di tenere distinto la � fase � della normazione 
generale da quella successiva dell'imposizione individuale). 

Cos�, in tema di contenzioso doganale, vi � una palese esigenza di conservare 
all'Amministrazione il potere di disiporre, in seguito a valutazione 
discrezionale degli interessi generali e con provvedimento amministrativo 
generale (MANTELLINI, op. e loco cit.), la � assimilazione � delle merci non 
nominate in tariffa; e anzi sarebbe auspicabile un ripristino della norma 
che dalla legislazione doganale piemontese era pervenuta inalterata fino 
all'art. 4 delle disposizioni preliminari approvate con d.P.R. n. 442 del 1950. 
Parimenti caratterizzato da discrezionalit� amministrativa era il potere di 
determinazione del valore ufficiale delle merci importate, riconosciuto dall'art. 
18 della legge istitutiva dell'I.G.E. (conforme BATISTONI FERRARA, op. 
cit., 935). 

6. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le modalit� della tutela dinanzi 
al giudice ordinario. -L'attribuzione del cosiddetto contenzioso doganale 
all'ambito della giurisdizione ordinaria non esaurisce, come si � anticipato 
in premessa, il discorso sulla giurisdizione. Non pare infatti possibile 
omettere un esame sulle modalit� della tutela giurisdizionale ordinaria in 
presenza di atti (siano essi � certazioni � o anche solo atti � serventi �) che 
racchiudono apprezzamenti tecnici compiuti, in ottemperanza a precise disposizioni 
di legge, da organi della Amministrazione. 
Il punto di partenza per l'esame del tema ora indicato � offerto da una 
osservazione elementaire (e tutt'altro che nuova, come si rileva dalla Relazione 
sulla Avvocatu.ra erariale per gli anni 1912-1925, par. 5): un sistema 
di risoluzione delle controversie doganali che, dopo ricorsi amministrativi 
articolati in due gradi, nel corso di ciascuno dei quali � raccolto il � parere � 
di un collegio di periti imparziali e di elevate capacit� tecniche, finisse 
per dare un peso determinante, in pratica, alla opinione di un consulente 
nominato nel corso del successivo giudizio, oltre a risultare irrazionale e 
non funzionale, consentirebbe la � sostituzione � dell'apprezzamento tecnico 
raccolto in sede amministrativa con un diverso apprezzamento tecnico raccolto 
(con garanzie notoriamente tutt'altro che soddisfacenti) in sede giudiziaria; 
e, in ultima ana'1isi, consentirebbe una sostanziale vanificazione di 



354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decise dalla Amministrazione finanziaria nell'esercizio di un suo potere 
discrezionale, potendo essa Amministrazione tener conto sia del prezzo 
di fattura, come valore imponibile (qualora vi siano le condizioni del 
successivo art. 23) sia del prezzo normale di mercato, nelle quali ope:
razioni, ,secondo lAmministrazione ricorrente, emergerebbero indubbi 
elementi di d�screzionalit�. 

Alla base di tale argomentazione vi � una nozione indiscriminata 
di potere discrezionale, che non pu� invece essere condivisa nella lata 
accezione usata dalla Amministrazione ricorrente. 

Invero, nei casi in cui � concesso alla Pubblica Amministrazione 
di valutare una determinata situazione o i fatti da porre a base di un 
suo provvedimento, occorre d~stinguere le ipotesi in cui l'apprezzamento 

una competenza attribuita della legge all'amministrazione e la � riforma � 
di un atto dell'amministrazione ad opera di un atto della giurisdizione. 

Invero, la giurisprudenza ha costantemente negato, specie in epoca non 
recente (ampie indicazioni di giurisprudenza del periodo anteriore al 1910 

s.i trovano in CAMMEO, Commentario cit., 785), il sindacato del giudice ordinario 
sugli apprezzamenti tecnici, riconoscendo in :relazione ad essi un 
ambito di attribuzioni esclusive dehla arrnn:nimistrazione. Questo principio 
non � stato :ripudiato (ad ese'.ITliPio, nella sentenza Cass., Sez. Un., 1� luglio 
1959, n. 2102, in Giust. civ., 1959, I, 1418, si � avuto cura di distinguere tra 
apprezzamento tecnico formulato in � esplicazione della funzione amministrativa 
�, e � semplice operazione tecnica � compiuta bens� da un organo 
dell'Amministrazione ma che �non si inserisce in un pTocedimento amministrativo 
�, �e nella nota sentenza della Corte costituzionale, 22 dicembre 
1961, n. 70, in Foro it., 1962, I, 13, si � confermata la distinzione e anzi la 
contrapposizione tra � provvedimento amministrativo � e � atto istruttorio... 
ad opera di un ufficio amministrativo �), ma si troV'.a ad essere un po', per 
cos� dire, messo in ombra; ci�, forse, per una certa inconsapevole disponibilit� 
alla trasposizione, sul terreno del sindacato sull'atto amministrativo, 
di orientamenti affiorati e elaborati in tema di fatto illecito e responsabilit� 
civile della P. A.. Anche in epoca recente, peraltro, non sono mancati riconoscimenti 
dei limiti all'estensione del sindacato giudsdizionale e dei carattere 
�esclusivo� di attribuzioni amministrative (cosi, ad esempio, nella 
sentenza Cass., Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1766, in questa Rassegna, 1968, 
I, 378). 
D'altro canto, il Consiglio di Stato ha, com'� noto, pi� volte confermato 
(cos�, ad esempio, nelle decisioni dlella Sez. IV, 14 luglio 1967, n. 334, in 
Cons. Stato, 1967, I, 1175, ,e 22 ottobre 1958, n. 736, in Foro amm., 1958, �I, 
1, 701) il principio secondo cui � sfugge al sindacato del giudice di legittimit� 
qualsiasi indagine concernente giudizi e valutazioni emessi dagli 
organi amministrativi nell'esercizio di un potere tec;nico-discrezionale ., 
anche se poi non si esclude che il giudice amministrativo possa verificare 

�se, nel caso conoceto, gli organi de11e Amministrazioni pubbliche abbiano. 
fatto malgoverno dei loro poteri tecnico-discrezionali, facendone uso manifestamente 
illogico � (Il Consiglio di Stato nel triennio 1958-1960, vol. 
III, 1965, 272). 
Invero, il problema delle modalit� e dei limiti della tutela giurisdizionale 
ad opera del giudice in presenza di un apprezzamento tecnico (si noti, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 355 

suddetto debba essere fatto con l'osservanza di soli criteri tecniciscientifici 
o di altro genere, da quelle in cui l'apprezzamento suddetto 
sia da effettuare anche in dipendenza o in connessione ad un interesse 
pubblico, al quale in definitiva � subordinato il contenuto del provvedimento. 
In tale ultima ipotesi la intensit� del rapporto tra l'apprezzamento 
della P. A. e la finalit� pubblicistica del provvedimento necessariamente 
i.ncide sulla eventuale posizione di diritto subiettivo del 
cittadino nei cui confronti 'n provvedimento spiega i suoi difetti, con 
la conseguenza che detta posizione si affievolisce in una posizione di 
interesse legittimo o addirittura prende la consi�stenza di interesse 
semplice per cui viene in considerazione, in caso di controversia, solamente 
la giurisdizione amministrativa. 

apprezzamento e non meno accertamento) compiuto dall'Amministrazione 
merita una approfondita rimeditazione. A questo proposito due equivoci 
debbono preliminarmente essere rimossi. 

In primo luogo deve, a mio avviso, rimanere ben chiaro che la contrapposizione 
tra discrezionalit� amministrativa e cosiddetta discrezionalit� 
tecnica e la inclusione dell'apprezzamento tecnico nell'ambito delle 
attivit� lato sensu vincolate dell'Amministrazione, se possono essere utilizzate 
(con Le !I'iserve che 'si sono esternate nel \Precedente .parragrafo) agli 
effetti della qualificazione della situazione soggettiva del �privato� e del 
riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, n�n possono invece 
essere utilizzate anche al fine di estendere la cognizione del giu.dice ordinario 
oltre i limiti del sindacato di mera legittimit�. Affermare che l'attribuzione 
all'amministrazione del potere di formulare un apprezzamento tecnico 
non equivale a una attribuzione di discrezionalit� amministrativa (e non 
esclude il diritto soggettivo del � privato �) non comporta, come automatica 
conseguenza, che la cognizione del giudice ordinario sia talmente � piena � 
da consentire a detto giudice di ripercorrere tutti i momenti della valutazione 
tecnica e di � sostituire � in proprio apprezzamento a quello in precedenza 
formulato dalla amministrazione. 

In confine tra apprezzamento tecnico e discrezionalit� amministrativa, 
(eventualmente) rilevante agli effetti del riparto tra le giurisdizioni, non 
coincide con il confine tra legittimit� e �merito�. Al contrario, nello 
apprezzamento tecnico compiuto dall'Amministrazione vi � un � nucleo � 
valutativo che ottiene al merito e che rimane non sindacabile dal giudice, 
cos� ordinario come amministrativo. L'esistenza di questo �nucleo. � forse 
stata messa un po' in ombra dalla vicinanza, per cos� dire, del pi� vistoso 
fenomeno della discrezionalit� amministrativa; ma ci� deve indurre a una 
maggiore attenzione, e non pu� di certo condurre a ritenere che l'apprezzamento 
tecnico formulato dall'Amministrazione non abbia una propria 
autonomia e compiutezza e sia unicamente un momento preparatorio e 
pre-istruttorio rispetto al successivo giudizio. 

A ben vedere, il principio generale della reciproca separazione e autonomia 
dei poteri dello Stato -principio tutt'ora pienamente valido e operante 
(dir., ad esempio, Corte cost., 6 luglio 1971, n. 1'61, in Giur. cost., 
1971, 1741) anche se non assoluto -integra le disposizioni di legge che 
attribuiscono all'Amministrazione dl potere di fo['[Uulare un appr�ezzamento 
tecnico; e le integra nel senso, appunto, di qualificare come � esclusiva 
� '1a competenzia dell'organo cui detto parere � attrtbuito, non soltanto 



356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel caso in esame non ricorre affatto tale ipotesi giacch� il procedimento 
di accertamento del valore delle merci importate, regolato dal 

d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, risponde solo a criteri tecnici giuridici, 
senza alcun potere discrezionale della Amministrazione finan-, 
ziaria nel senso 'Sopra precisato. Invero nell'art. 18 di detto d.p. si 
stabilisce come criterio generale che tutte le merci sono tassate ad 
valorem sulla base del valore imponibile, desunto, come viene precisato, 
dal loro �prezzo normale�. Nell'art. 19 si definisce quale sia da 
considerare il prezzo normale delle merci, e a quale momento debba 
farsi riferimento. Si precisa ancora quali siano gli elementi da tener 
nei confronti degli altri organi amministrativi ma anche nei confronti della 
giurisdizione. 

N�, in contrario, da un asserito carattere � dichiarativo � dell'atto dell'_
4mministrazione :potrebbe trarsi argomento :per ri:tener�e che � l'accertamento 
giudiziale � mezzo satisfattivo per eccellenza ed esaurisce l'ambito 
della ,possibile tutela del diritto � (GIANNINI M. S. e PIRAS, voce Giurisdizione 
amministrativa, Enc. dir., 293). Il carattere meramente � dichiarativo � di 
un atto non pu� costituire un postulato indimostrato; e, d'altro canto, un 
a'.Ppl'ezzamento tecnico formulato nell'ambito di un giudizio, se '.PU� risultare 
� mezzo satisfattivo per eccellenza � con riguardo agli interessi pratici 
del privato, non � necessariamente � satisfattivo � con riguardo all'ordinamento 
genera;1e, allorch� l'ordinamento stesso abbia valutato come idoneo, 
e anzi come pi� idoneo, J'aipprezzamento ad opera dell'Amrniinistrazione. 

Amministrazione e giurisdizione possono trovarsi tra loro in rapporto 
di concOTII'enza; anzi, per l'art. 113, comma '.Primo, della Costituzione la giurisdizione 
copre tutto il territorio dell'amministrazione. Tuttavia, completa e 
irriducibile rimane la diversit� dei fini che le due attivit�, l'amministrazione 
e la giurisdizione, si propongono. In particolare, nei riguardi dell'azione 
amministrativa, la giurisdizione -unitariamente considerando la 
giurisdizione ordinaria e quella amministrativa -si propone un fine -la 
tutela dei diritti e degli interessi legittimi dalla illegalit� -�che � doppiamente 
circoscritto (peraltro, i due limiti sono le faccie di un'unica medaglia): 
rimane infatti escluso l'intervento della giurisdizione a difesa di 
quegli interessi cui la legge sostanzale non riconosce dignit� di diritti 
soggettivi o di interessi legittimi (sul punto, la Relazione dell'Avvocato 
generale dello Stato per gli anni 1966-1970, 60 segg.); e rimane, almeno 
di regola, escluso l'intervento della giurisdizione ove non v'� illegalit� 

(art. 5 Iegge n. 2248 ali. E del 1865 e art. 26 t.u. n. 1058 del 1924). 

A questo punto � agevole rimuovere anche il secondo dei due equivoci 
ai quali dianzi si � alluso. Dall'arrt. 113, comma secondo, della Costituzione 
si vorrebbe argomentare che la giurisdizione � � piena � anche nei confronti 
dell'apprezzamento tecnico dell'amministrazione, essendo � escluso 
che la tutela giurisdizionale possa essere limitata soltanto a alcuni motivi � 

(CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la Pubblica Amministrazione 
ed. 1964, 127). 

In :realt�, l'art. 113 {}ost., quando dispone che fa tutela giurisdizionale 
�non pu� essere... limitata a particolari mezzi di impugnazione., fa riferimento 
alle tradizionali distinzioni tra le varie specie di difformit� dalla 
ilegge (incompetenza, violazione di legge, ecc.), e non intende di certo portare 
l!a cognizione del giudice oltre i limiti del sindacato di mera legitti


::: 

( 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 357 

presenti, �Che cosa debba intendersi, ai fini della tassazione, per prezzo 
in condizioni di libera concorrenza (art. 20), quali elementi influiscono 
su di esso (artt. 21 e 22). 

Si specificano quali oneri del compratore debbano aggiunger'Si, ai 
fini della tassazione, al prezzo di Ubero mercato (artt. 23 e 24); si 
stabilisce che il proprietario delle merci importate de�ve dichiarare il 
valore imponibile delle merci e denunziare altres� le variazioni di 
prezzo che intervengano prima della verifica delle merci. 

Pertanto l'attivit� di valutazione dell'Amministrazione finanziaria 
� regolata in modo tassativo della legge. � pur vero che ai fini della 
valutazione l'Amministrazione finanizaria pu� scegliere i criteri tecnici 
da adottare, ma ci� non equivale a discrezionalit� amministrativa, in 
quanto nella scelta dei mezzi di valutazione essa Amministrazione deve 

mit�. Il �merito� dell'atto amministrativo era, ed � rimasto, al riparo dalle 
possibilit� di intervento della giurisdizione. 

Non pare consentito perdere di vista che proprio la non sindacabilit� 
del � merito � dell'atto costituisce la sostanza effettiva della imperativit� 
dell'atto dell'amministrazione; e se si ammettesse la possibilit� di un integrale 
riesame dell'attivit� amministrativa ad opera della giurisdizione, e 
cio� una illimitata � pienezza � della cognizione del giudice, si manderebbe 
in frantumi quel deUcato equilibrio tra due imperativit� -della sentenza 
e dell'atto amministrativo -che � caratteristica del nostro sistema di giustizia 
amministrativa (in senso lato), e si finirebbe per fare del giudice una 
sorta di amministratore in grado di appello. 

Ovviamente, dall'essere la cognizione del giudice, del giudice ordinario 
come di quello amministrativo, rispetto all'atto dell'amministrazione non 
� piena � ma limitata al sindacato di legittimit� deriva che la tutela giurisdizionale 
deve necessariamente assumere modalit� peculiari; fenomeno 
questo che � connaturale al processo amministrativo, modellato di regola 
con riguardo all'atto, ma che non pu� verificarsi anche nel processo 
civile, allorquando, appunto, in esso compaia un atto della amministrazione 
dotato di autorit�. In altre parole, il processo civile non � modellato 
in uno schema rigido, sempre eguale a se stesso, ma presenta multiformi 
tipologie, a seconda dell'ampiezza (e anche della qualit�) della cognizione 
del giudice. 

Del resto, la possibilit� e anzi l'utilit� di una articolata variet� di modi 
di esercizio della giurisdizione � stata pienamente avvertita dalla Corte 
costituziona;le, la quale, proprio in relazione all'iart. 113 della Costituzione, 
ha pi� volte affermato che detto articolo � non impedisce alla legge ordinaria 
di regolare l'esercizio della tutela giurisdizionale nei modi e con la 
efficacia che pi� aderisca alle singole situazioni � (cos�, tra le molte, Corte 
cost., 2 luglio 1966, n. 78, in Foro it., 1966, I, 1206). 

Una sottovalutazione delle possibilit� del processo civile di fornire diversificate 
modalit� di tutela giurisdizionale costituisce il substrato del 
tentativo (non nuovo ma che frequentemente si rinnova) di infrangere i 
limiti naturali del sindacato di legittimit� con l'argomento che � il sindacato 
sull'attivit� tecnica attiene... alla quaestio facti �, ragione per la quale 
sarebbe � contrario ai principi che un giudke costituzionale competente sul 
fatto debba decidere una controversia senza poter avere del relativo fatto 
quella conoscenza che in geneire ha, riguardo ai :fatti di tutte le altre con




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

358 

attenersi ai criteri predeterminati dalla legge; sicch� il suo operato 
non si sottrae a sindacato da parte dell'A.G.O. ove i mezzi impiegati 
contrastino con il sistema regolato dalla legge. 

L'Amministrazione ricorrente invoca a sostegno della sua tesi 
anche una sentenza di questa Corte Suprema (1� febbraio 1961, nu~ 
mero 207) nella quale ,si sarebbe affermato il principio che, in materia 
di controversie doganali sulla estimazione delle merci da assoggettare 
a dazio d'impostazione, sussisterebbero solo interessi legittimi e non 
diritti soggettivi. Ma tale sentenza non ha propriamente riferimento 
alla materia della valutazione delle merci importate quanto piuttosto 
all'apprezzamento dello stato di avaria delle merci importate. Difatti, 
l'art. 1 del d.P.R. citato stabilisce che lo stato di avaria riscontrato 
nelle merci importate non ha effetti sulla applicazione del tributo, che 

troversie � (CANNADA BARTOLI, op. e loco cit.). Invero, come sopra si � osservato, 
nell'apprezzamento tecnico si ha un � nucleo � valutativo che non 
pu� essere ridotto all'interno di una quaestio facti; e, comunque, la proposizione 
che si critica sembra affetta da una petizione di principio laddove 
asserisce che il giudice � � costituzionalment-e competente sul fatto� mentre 
� in discussione, tra l'altro, appunto la facolt� della giurisdizione di riesaminare 
il fatto gi� conosciuto e valutato dall'amministrazione. 

Una volta sgomberato il �Campo dai due equivoci che si sono evidenziati, 
pu� pervenirsi abbastanza agevolmente alla soluzione, a mio avviso, pi� 
corretta del problema in esame, relativo alla modalit� della tutela giurisdizionale 
in presenza di un apprezzamento tecnico .della P. A. Come si � 
visto, la giurisdizione � garante unicamente della legalit�; ne consegue che 
il si:ndacato sull'apprezz.amento tecnico pu� dal giudice essere esercitato 
solo in modi compatibili con la non superabilit� dei limiti del controllo di 
legalit�. 

Cos�, potrebbe dirsi, per esclusione, si perviene a concludere che il sindacato 
della giurisdizione, anche di quella ordinaria, pu� �essere solo indiretto 
e estrinseco: esso pu� cio� essere portato non sulla esattezza o preferibilit� 
dell'apprezzamento tecnico, ma unicamente sulla conformit� alla 
legge dell'attivit� amministrativa svolta per la sua elaborazione e emissione 
(lo strumento concettuale del controllo indiretto ed estrinseco � ben noto 
al giurista, e non solo al giurista europeo-continentale, anche se continua 
ad essere oggetto di un dibattito tra i pi� aperti e impegnativi). Come gi� 
da tempo � stato osservato, � il nostro diritto positivo considera come giudizi 
di legittimit� quelli nei quali, senza compiere in via autonoma l'accertamento 
e la valutazione dei fatti, ci si Umita a controllare dall'esterno se 
l'organo che ha proceduto all'apprezzamento di merito lo abbia compiuto 
correttamente � (cos� CAPACCIOLI, L'estimazione cit., 156). 

Il controllo sull'apprezzamento tecnico esercitato dal giudice ordinario 
risulta, per quanto precede, non pi� � pieno � e non pi� intenso di quello 
esercitato dal giudice amministrativo. L'approccio �, in sostanza, il medesimo 
per le due giurisdizioni; solo pu� dubitarsi che il giudice ordinario 
possa spingersi tanto avanti quanto il giudice alffiffiinistrativo nel controllo 
sulla �logicit� � (o � ragionevolezza �) dell'azione amministrativa. 

Il carattere indiretto ed estrinseco del sindacato sull'apprezzamento 

tecnico porta con s� la necessit� di isolare dal giudizio il momento, per 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 359 

nel caso in cui la tassazione avvenga ad vafo1"em pu� essere tenuto 
conto, dalla Amministrazione doganale, dello stato di avaria, ma tale 
valutazione � rimossa al prudente arbitrio della Amministrazione finanziaria 
sia quanto al riconoscimento dello stato di avaria sia quanto alla 
misura di incidenza di tale stato sulla tassazione. Tale diversa normativa 
che, in effetti, concede alla Ammini!strazione finanziaria la facolt� 
di valutare o meno lo stato di avaria, pu� giustifi.care l'esistenza in 
capo all'Amministrazione, di un potere discrezionale al riguardo, ma 
trattasi di una ipotesi speciale, che non ricorre nella fattispecie di cui 
alla controversia in esame. -(Omissis). 

cos� dire, �rescindente �; e per conseguenza pone il problema di configurare 
in qualche modo, all'interno ovvero all'esterno del processo, l'eventuale 
successivo momento �rescissorio�. 

Questo problema, � ovvio, si pone soltanto per il processo dinanzi al 
giudice ordinario, il quale conosce dell'atto dell'amministrazione per valutarne 
la � conformit� alle leggi � (art. 5 ~egge n. 2248 all. E); e si pone 
soltanto se l'apprezzamento tecnico risulta affetto da i1legittimit�, e, pi� 
esattamente, da una illegittimit� non margin~le o successiva rispetto al 

� nucleo � valutativo dell'apprezzamento medesimo, ma tale da travolgerlo 
senza possibilit� di una sua utilizzazione da parte del giudice. 
In assenza della previsione di un raccordo tra giurisdizione e amministrazione 
(ad esempio, analogo a quello previsto tra giudici diversi dall'art. 
295 c.p.c.), e posto che il giudice ordinario non pu� sostituirsi all'amministrazione 
e formulare un proprio apprezzamento, per i casi in cui non 
sia possibile decidere altrimenti la controversia (casi che dovrebbero risultare 
tutt'altro che frequenti), non rimane che configurare modalit�_ di 
tutela articolate in una � dichiarazione giudiziale � cui faccia seguito, in 
ottemperanza, una rinnovazione di attivit� amministrativa. In sostanza, un 
sistema simile a quello operante per la giurisdizione amministrativa, e che 
in quella sede realizza, con risultati sufficientemente adeguati, l'incontro e 
l'equilibrio � tra due imperativit� � (BENVENUTI, voce Giudicato amministrativo, 
Enc. dir., 900), quella della sentenza e quella dell'atto di amministrazione. 


Tornando al particolare campo del contenzioso doganale, � non potr� il 
giudice modificare i risultati dell'analisi della merce, ... non potr� valutare 
se una partita di tessuti lacerati possa ai fini doganali rientrare nella voce 
anvanzi fuori uso... � (CHICCO, op. cit., 851), e, in genere, non potr� sostituire 
la qualificazione merceologica o la valutazione o l'accertamento dell'origine 
effettuati dall'Amministrazione. 

Peraltro, a conclusione di questo discorso, deve auspicarsi la predisposizione 
di un migliore raccordo tra giurisdizione e amministrazione, il quale 
da un lato consenta a questa di esercitare anche in coordinamento con il 
processo civile le funzioni attribuitele dalla legge in via esclusiva (ad 
esempio, mediante lo strumento di una pronuncia � interlocutoria � temporaneamente 
sospensiva del procedimento giucliziairio, o quanto meno mediante 
una sorta di consulenza necessaria e, per la parte tecnica, vincolante 
dell'organo amministrativo competente), e, d'altro :Iato, conselllta alla giurisdizione 
di fornire con sollecitudine e a costi contenuti la tutela delle 
situazioni ,soggettive dei � privati � e delle Amministrazioni pubbliche. 

FRANCO FAVARA 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE (*) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 213 -Pres. 
Maccarone -Est. Bile -P. M. Pedace (conf.) -Stefanucci (avv. 
Corti e Marchini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). 

Procedimento civile -Competenza della sezione specializzata per le 
controversie agrarie -Deduzione dell'esistenza di contratti soggetti 
a proroga -Decisione sulla base delle sole deduzioni delle 
parti. 

(1. 3 giugno 1950. n. 392, art. 1; 1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1). 
Procedimento civile -Competenza sezioni specializzate in controversie 
agrarie -Contratti agrari delle Amministrazioni dello Stato -Prevalenza 
della competenza delle sezioni specializzate sul foro dello 
Stato. 

(1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1; c.p.c., art. 25; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, 
artt. 6 e 7). 
Quando davanti al giudice ordinario venga in discussione l'esistenza 
di un contratto agrario soggetto a proroga, ii giudice adito deve 
rimetitere la controversia alla competente sezione specializzata, salva 
l'ipotesi che, deliberando la causa ai fini deU'accertamento deUa competenza, 
ritenga la esistenza del contratto o l'invocata (proroga, sulla1 
base delle sole deduzioni delle parti manifestamente infondate e sollevata 
a scopo meramente dilatorio (1). 

La competenza delle sezioni specializzale per controversie agrarie 
p1�evale rispetto a quella del foro deUo Stato (2). 

(1-2) Le due massime estratte dalla annotata sentenza riproducono 
principi da tempo consolidati (v. 1sulla prima in senso conforme da ultimo 
Cass., 21 giugno 1972, n. 2005, in Foro it. mass., 1972, 613; Cass., 21 giugno 
1972, n. 2031, ivi, 619; Cass., 27 giugno 1972, n. 2202, ivi, 670 e suna seconda 
Cass., 3 ottobre 1969, n. 3162, in Giust. civ., 1970, I, 239; Cass., 24 luglio 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. Adriano RossI. 



--
PARTE 
I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 361 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, i ricorrenti lament~
no che il Tribunale di Firenze abbia respinto l'eccezione di incompetenza, 
da essi sollevata sotto il profilo dell'esistenza di un contratto 
di affitto di fondi rustici assoggettato alla legislazione vincolistica ed 
alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie, ed abbia invece 
esaminato il merito della questione negando, malgrado le contrarie risultanze 
processuali, che fra l'Amministrazione e gli Stefanucci fosse 
stato stipulato un contratto di affitto. 

La censura � fondata. 

Questa Corte ha ripetutamente affermato che ove, in sede ordinaria, 
venga dedotta l'esistenza di un contratto agrario soggetto a proroga 
legale e conseguentemente venga invocata la proroga medesima, 
il giudice adito deve rimettere la controversia alla competente sezione 
specializzata, salva l'ipotesi in cui, delibando la causa ai fini dell'accertamento 
della competenza, ritenga la relativa eccezione, sulla base 
delle sole deduzioni delle parti, manifestamente infondata e sollevata 
a scopo meramente dilatorio. 

Nella specie gli attuali ricorrenti hanno tempestivamente eccepito 
l'incompetenza del giudice ordinario a conoscere della domanda 
di rilascio dei terreni da essi detenuti, invocando l'esistenza di un contratto 
di affitto, avente ad oggetto tali terreni, soggetto alle leggi di 
proroga. 

E poich� risulta dallo stesso atto introduttivo del giudizio che 
l'Amministrazione aveva a suo tempo consegnato i terreni agli Stefa


1969, n. 2815, in questa Rassegna, 1969, I, 661. Contra Cass., 26 gennaio 
1968, n. 254, in questa Rassegna, 1968, I, 417). 

Non sembra q:ier� che di tali principi, e specialmente del primo, la 
sentenza abbia fatto, nel caso sottoposto al suo esame, esatta applicazione. 
Il Ministero, promuovendo il giudizio, aveva dedotto di aver consegnato 
in via provvisoria ai convenuti, in �vista della successiva stipula di un 
contratto di fitto, poi non concluso, alcuni appezzamenti di terreno. 

I convenuti, costituendosi, eccepivano di godere dei terreni in base 
ad un contratto di affitto sottoposto alla legislazione vincolistica. 

Il Tribunale di Firenze aveva ritenuto la propria competenza. La 
Corte di cassazione ha dichiarato, a seguito di istanza di regolamento di 
competenza promossa dai convenuti, la competenza della sezione specializzata 
agraria presso il Tribunale di Pisa. A giustificazione di tale conclusione 
la S.C. ha osservato che, avendo i convenuti eccepito l'esistenza 
di un .contratto soggetto a proroga e " poich� risulta dallo stesso atto introduttivo 
del giudizio che l'Amministrazione aveva a :suo tempo consegnato i 
terreni agli Stefanucci affinch� essi li coltivassero, determinando un corrispettivo 
per il loro uso e per quello del fabbricato, su di essi esistente, il 
Tribunale non avrebbe potuto esdudere, come invece ha fatto, che fra le 
parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto e coltivatore diretto 
senza eccedere i limiti di una semplice delebazione �. Non sembra invece 
da condividere l'annotata sentenza laddove ha omesso di considerare che 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nucci affinch� essi li coltivassero, determinando un corrispettivo per 
il loro uso e per quello del fabbricato su di essi esistente, il Tribunale 
di Firenze non avrebbe potuto escludere, come invece ha fatto, che 
fra le parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto a coltivatore 
diretto senza eccedere i limiti di una semplice delibazione, e quindi 
violando il principio dianzi enunciato, in base al quale l'indagine volta 
ad eccertare la sussiJstenza in concreto dell'invocato contratto agrario 
� riservata in via esclusiva alla sezione specializzata.. 

Esclusa co�s� la competenza del giudice ordinario, la causa deve 
essere attribuita alla competenza della Sezione specializzata agraria 
preS1So il Tribunale di Pisa, nel cui circondario sono situati i terreni, 
e non a quella presso il Tribunale di Firenze, ove ha sede l'Avvocatura 
dello Stato. 

La questione dei rapporti tra foro specializzato e foro erariale 
---decisa in un primo momento nel senso della prevalenza di questo 
ultimo (cfr. Cass., 26 gennaio 1968, n. 254) -� stata successivamente 
riesaminata e pi� correttamente decisa da questa Corte nell'opposto 
senso (cfr. Cass., 24 luglio 1969, n. 2815, e 3 ottobre 1969, n. 3162:), in 
base alla considerazione che la competenza delle Sezioni specializzate 
ha non soltanto carattere funzionale ratione materiae, ma � anche 
territorialmente inderogabile -onde prevale rispetto a quella del foro 
dello Stato -in ragione del collegamento, voluto dal legislatore, fra 
le definizione delle controversie e la particolare esperienza delle situazioni 
locali propria dell'organo specializzato, qualificato della presenza 
degli esperti in veste di giudici non togati. -(Omissis). 

in forza dell'art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilit� 
generale dello Stato, per la valida conclusione di un contratto da parte 
di una Pubblica Amministrazione � sempre necessario almeno l'atto scritto 

(v. da ultimo Cass., 27 giugno 1972, n. 2200, in Foro it., mass. 1972, 670; 
Cass., 6 aprile 1966, n. 905, in questa Rassegna, 1966, I, 1067, ove ulteriori 
richiami; v. pure Cons. Stato, Sez. I, 10 ottobre 1969, n. 1500, in Foro amm., 
1970, I, 2, 247). 
Ed � chiaro come la mancata esibizione dell'atto seri-Ho fosse da s� 
sufficiente per escludere l'esistenza del contratto e tale circostanza era 
rilevabile anche in sede di mera deliberazione della questione ai fini della 
pronunzia 1sulla competenza. N�, infine, avrebbe potuto escludersi la competenza 
del tribunale ordinario invocando la nuova disciplina sulle sezioni 
specializzate contenuta nell'art. 26, primo comma, legge 11 febbraio 1971, 

n. 11, ,pwch� tale norma, pur ampliando la competenza delle sezioni a tutte 
le �controversie relative all'applicazione di J.eggi speciali in materia di contratti 
agrari, ha mantenuto ferma la competenza del giudice ordinario in 
ordine all'applicazione delle norme di carattere generale sul contratto di 
affitto, fra cui � certamnete ricompre�sa quella dell'esistenz�a del contratto 
(v. sull'interpretazione della legge n. 11, del 1971 la recente decisione del 
S.C., 19 gennaio 1972, n. 137, in Foro it., 1972, I, 3559). 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 215 -P1�es. 

Malfitano -Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.) -Franciolini (avv. 

Pizzolo) c. Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Angelini-Rota). 

Responsabilit� civile -Estinzione del reato per prescrizione -Diritto 

al risarcimento del danno derivante dal reato -Prescrizione. 

(e.e., art. 2947; e.p., art.. 198'). 

Il diritto al risarcimento del danno che deriv� da fatto mecito 
considerato daLla legge come reato si estingue in caso di estinzione del 
reato stesso per prescrizione (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la 
violazione degli artt. 74, comma terzo c.p.p., 198 c.p. e 2947 e.e., sostiene 
che la decorrenza della prescrizione del diritto da lui fatto valere 
in giudizio avrebbe avuto inizio dopo il procedimento per l'accertamento 
del reato in 1sede penale, e cio� dalla data del decreto di archiviazione 
(28 febbraio 1962), con il quale � stata ritenuta improponibile 
l'azione penale per sopravvenuta prescrizione del delitto di falsit� 
ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. 

Questa censura � inaccoglibile, essendo fondata l'eccezione di prescrizione 
del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali 
(sollevata nel giudizio di merito dal Ministero della DifesaEsercito), 
come ha esattamente ritenuto la Corte d'appello, uniformandosi 
al principio pi� volte enunciato in materia dalla S. C. (cfr. 
Cass., 17 settembre 1970, n. 1515; Cass., 9 aprile 1964, n. 906). 

Si deve precisare, in limine, che a fondam.ento della propria pretesa 
il Franciolini ha invocato il fatto illecito-reato di fa1'so. Su 
questa individuazione delle ragioni e del contenuto della domanda non 

(1) L'annotata sentenza ribadisce e consolida l'insegnamento, che costituisce 
puntuale applicazione del principio contenuto nell'art. 2947, terzo 
comma �cod. civ., gi� affermato nelle senteR:zie 17 settembre 1970, n. 1515 
(in Giust. civ., 1971, I, 145); 9 aprile 1964, n. 806 (in Giust. civ., 1964, [, 
108) (entrambe richiamate in motivazione); nonch� 24 marzo 1961, n. 671, 
(in Resp. civ. e prev., 1961, 435). Conforme in dottrina DE CUPIS, n danno, 
Milano, 1970, vol. II, p. 253 ss. 
Il S.C. ha esattamente precisato che il contenuto precettivo del terzo 
comma dell'art. 294:7 cod. civ., sarebbe disatteso se si ritenesse che in 
caso di pronunzia irrevocabile del giudice penale, che dkhiari la prescrizione 
del reato, il termine di decorrenza della prescrizione venisse fatto 
decorrere dalla data di detta pronuncia. La stessa Corte ha altres� puntualizzato 
che l'art. 198 cod. per�., secondo il quale l'estinzione del reato non 
importa l'estinzione delle obbligazioni civili, va coordinata con la disciplina 
contenuta nel�'art. 294'7 che regola specificamente le conseguenze della 
prescrizione del reato sull'azione civile. 

In sostanza l'art. 198 cod. pen., non pu� invocarsi per superare il disposto 
dell'art. 2947 cod. civ., at~so che gli effetti delle cause estintive del 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pu� cadere dubbio alcuno, sia perch� essa � stata operata, in base ad 
un convincente apprezzamento discrezionale, dal giudice di primo 
grado (che sul punto non fu menomamente censurato in sede di gravame, 
essendosi, anzi il Franciolini attenuto a tale impostazione) sia 
perch� -qualora vi fosse stata da dirimere qualche residua perplessit� 
in proposito -anche nel ricorso per Cassazione e nella memoria 
difensiva il ricorrente ha ribadito di aver richiesto il risarcimento dei 
danni conseguenti al reato consumato da pubblico ufficiale e lesivo 
dei propri diritti. 

Senonch�, essendo ormai trascorso un quarantennio circa dalla 
data in cui -mediante la redazione del verbale la cui falsit� (totale 

o parziale, non interessa qui stabilire) � stata accertata dal giudice civile 
-sarebbe stato commesso il reato previsto e punito dall'art. 479 
c.p. questo, come ha rilevato il giudice penale e come ha confermato la 
Corte di merito, � sicuramente estinto per prescrizione. 
Ora, quando il diritto al risarcimento del danno derivi da fatto 
illecito considerato dalla legge come reato, in caso di estinzione del 
reato stesso per prescrizione, quel diritto si estingue anche esso per 
prescrizione nello stesso termine. Questa regola si desume dal tenore 
letterale dell'art. 2947, comma terzo, e.e., che e,spressamente eccettua 
dall'applicazione della norma relativa alla speciale decorrenza del termine 
di prescrizione dalla data di estinzione del reato (anzich� dal 
giorno in cui Il fatto si � verificato, che la disposizione del primo comma 
fissa come termine di decorrenza valido in via generale) l'ipotesi 
di estinzione del reato per prescrizione. 

Nell'ambito di un sistema che ha voluto tendenzialmente assicurare, 
per motivi evidenti di razionalit� e di equit�, la coincidenza dei 
termini di prescrizione in sede penale e in sede civile, allorch� il fatto 
illecito costituisca reato, il rapporto tra le due regole ricordate si spiega 
col rilievo che 'Si � ritenuto sufficiente la protezione accordata alla persona 
offesa dal reato mediante la sottoposizione del diritto al risarcimento 
allo stesso termine fissato per la prescrizione dell'azione penale, 
allorch� questo sia pi� lungo di quelli stabiliti dall'art. 2947 e.e. 

reato sulle obbligazioni civili da esso derivanti sono regolate essenzialmente 
dalla legge civile. 

11 contenuto precettivo dell'art. 198 cod. pen., conforta, inve�ce, la tesi 
sostenuta in dottrina (v. AZZARITI ScARPELLo, Prescrizioni e decadenza, in 
Commentario del cod. civ. a cura di ScIALOJA e BRANCA, 1953, rp. 627 ss.) 
secondo cui, anche in caso di prescrizione del reato, il diritto al risarcimento 
del danno non si estingue ove il titolare abbia in precedenza posto 
in essere validi (secondo la legge civile) atti interruttivi della prescrizione. 
Conf. FERRuccr, Commentario al codice civile, art. 2934-2969, Torino, 1964, 

p. 462 ss.). 
Sulla nozione di sentenza irrevocabile nel processo penale v. nota 
redazionale in questa Rivista, 1970, I, 236. 

! ~ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

L'esistenza della regola applicabile nella particolare ipotesi di estinzione 
del reato per prescrizione -che si desume chiaramente dal significato 
letterale e logico dell'art. 2947, comma terzo -sarebbe 
disconosciuta se si accedesse all'assunto, sostenuto dal ricorrente, secondo 
cui l'emanazione di un qualsiasi provvedimento del giudice penale, 
dichiarativo della prescrizione del reato, valesse a spostare, a 
partire dalla sua data, la decorrenza del termine di prescrizione del 
diritto al risal'cimento. In contrario non pu� invocarsi il disposto dello 
art. 198 c.p. il quale stabilisce che l'estinzione del reato non importa 
l'estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato stesso. Si tratta, 
invero, di una norma che va coordinata con la disciplina dell'estinzione, 
per prescrizione, del diritto al risarcimento del danno dipendente 
dal fatto illecito-reato, quale risulta dettata nella sedes mate-
1�iae: in questa --e non nell'art. 193 citato, che ha riguardo genericamente 
a tutte le cause estintive del 11eato, comprese quelle che prescindono 
dal trascorrere del tempo e che � diretto ad escludere l'automatico 
e indiscriminato tradursi di tali cause in cause estintive delle 
obbligazioni civili derivanti dal reato -deve esser ricercato il principio 
regolatore della questione in esame, che pu� essere enunciato nei 
sensi sopra specificati. 

La stessa conclusione va accolta in ordine all'asserito danno non 
patrimoniale, per il quale si applica, quanto alla prescrizione, la stessa 
disciplina dettata per il risarcimento del danno patrimo,niale. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio F�73, n. 269 -Pres. Caporaso 
-Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ente Nazionale 
Energia Elettrica (E.N.E.L.) (avv. Cagliati Dezza, Setti e Volpati) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) e Societ� Italiana 
per l'Esercizio Telefonico (S.I.P.) (avv. Sequi e Nicol�). 
Energia elettrica -Imprese esercenti in via esclusiva o principale 
attivit� elettriche -Trasferimento all'E.N.E.L di tutti i rapporti 
giuridici attivi e passivi. 

(1. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1, 2, 4, n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, 
artt. 2, 5, 6). 
Imposta di ricchezza mobile -Spese per il pagamento dell'imposta 
sulle societ� -Indetraibilit�. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91 e seg.). 
Per le im.prese esercenti in via esdusiva o principale � attivit� 
elettriche� gestite da societ� di capitali la nazionalizzazione determina 
il trasferimento alL'Enel di tutti i beni e i rapporti giuridici facenti 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

capo alle imprese stesse, con la sola possibilit� di individuazione e 
retrocessione di singoli beni materiali che siano riconosciuti estranei 
all'esercizio di attivit� elettrica (1). 

Le somme corrisposte a titolo di imposta sulle societ� non possono 
essere ri.tenute spese o pei�dite deducibiii ai fini della determinazione 
della base impor.iibile dell'imposta di ricchezza mobile (2). 

(Omissis). -Con i primi tre motivi del suo ricorso -che vanno 
esaminati congiuntamente perch�, sotto diverso profilo, censurano la 
ritenuta legittimazione, sostanziale e processuale, dell'Enel -quest'ultimo, 
denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 
4, 5, 8, 81 e 85 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato con 

d.p. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione agli artt. 1, 2, 4 n. 1 e 10 
legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 2, comma primo, 5 e 6 d.p. 4 febbraio 
1963, n. 36, 1 d.p. 29 marzo 1963, n. 339, 12, comma primo, 14 e 15 
disposizioni sulla legge in generale, nonch� omessa motivazione su 
punto decisivo, si duole che la Corte di merito abbia ritenuto: a) che 
esso ente fosse tenuto al pagamento dell'imposta di ricchezza mobile 
cat. B, relativa ad un periodo anteriore alla nazionalizzazione del-
l'impresa elettrica, nel quale l'azienda era stata gestita dalla societ� 
incorporata, non essendo l'Enel sottentrato in tutti i rapporti afferenti 
alla pregressa gestione aziendale e, quindi, anche nei debiti di imposta, 
n� a titolo �i successione universale, n� in conseguenza del 
trasferimento negoziale dell'azienda; b) che, a seguito della nazionalizzazione, 
non sopravvisse a carico dell'impresa espropriata alcun 
rapporto obbligatorio di imposta. Sostiene in proposito che, concretando 
il trasferimento dell'impresa elettrica una situazione analoga 
a quella della cessione di �Zienda, la Corte di merito avrebbe dovuto 
applicare nel caso di specie la norma dell'art. 197 del richia(
1-2) Il principio enunciato nella prima massima costituistte conferma 
dell'i.ndirizzo ormai costante della giurisprudenza del S.C. in ordine all'interpretazione 
della normativa sulla nazionalizzazione della eriergia elettrtca 
(oltve le sentenze citate nella decisione annotata, v. da ultimo Cass., 
4 dicembre 1971, n. 3527, e C:ass., 4 dicembr�e 1971, n. 3525, in Foro it., 1972, 
I, 3�44 e 345), nonch� per ulteriori richiami SICONOLFI, Il trasferimento dell'impresa 
nella legge di nazionalizzazione elettrica ed i rapporti giuridici, 
in questa Rassegna, 1970, I, 778). 

Poich� peral!tro la istessa Corte, con giUJrisprudenza anch'essa costante, 
continua ad affermare che il trasferimento delle imprese elettriche 
aU'Enel realizza una .succesione a titolo particolare (v. da ultimo Cass., 
22 gennaio 1972, n. 162, Giust. civ., 1972, I, 1855, ove nota di richiami) e 
non universale, per� sorge il dubbio se nella seconda affermazione non 
possa ricavarsi un limite (per ora implicato) alla prima; nel senso che il 
tra.sferimento dei rapporti passivi attinenti alle imprese nazionalizzate non 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 367 

mato t.u. del 1958, che prevede la limitazione dell'accollo dei debiti 
dell'azienda trasferita. Aggiunge che, d'altra parte, colpendo l'imposta 
di R. M. c:at. B il reddito e, quindi, il risultato dell'esercizio dell'impresa, 
il relativo debito, rientrando nel patrimonio del soggetto imprenditore, 
deve fare carico a quest'ultimo anche in seguito alla nazionalizzazione 
dell'impresa. 

Le riassunte censure non sono fondate. 

Con le stesse si ripropone all'esame di questa Corte Suprema la 
nota questione, relativa alla individuazione del soggetto passivo nei 
rapporti relativi alle imprese elettriche nazionalizzate e trasferite all'Enel, 
che � stata risolta in senso sfavorevole all'ente ricorrente con 
le sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte n. 2988 del 28 settembre 
1968 e nn. 1173, 1174, 1175 e 1177 del 24 aprile 1970, con le quali 
si � affermato il principio che per le imprese esevcenti in via esclusiva 

o principale � attivit� elettriche�, gestite da societ� di capitali, la nazionalizzazione 
implica il totale trasferimento di tutti i beni e rapporti 
giuridici fac�nti capo alle imprese stesse, con la sola possibilit� di individuazione 
e retrocessione dei beni materiali, riconosciuti estranei 
all'esevcizio dell'attivit� elettrica. 
L'esattezza di tale principio, anche se non condiviso da una parte 
della dottrina, � stata confermata e ribadita, con dovizia di argomentazioni 
dalle Sezioni Unite con le recenti decisioni nn. 3525 e 3527 
del 4 dicembre 1971, nonch� da questa stessa Sezione con sentenza 

n. 2643 del 7 agosto 1972, per cui ben pu� dirsi che la giurisprudenza 
di questa Corte Suprema si � ormai in tale senso consolidata. 
Da tale giurisprudenza, informata, come �, ai canoni della pi� 
stretta ed ortodossa ermeneutica, non intende discostarsi la Corte per 
la risoluzione della questione sottoposta ora nuovamente al suo esame 
e ritiene che, a tale fine, non sia neppure necessario un riesame par-

incontri per avventura dei limiti derivanti dalle particolari modalit� stabilite 
per la determinazione dell'indennizzo. 
Come rileva l'annotata decisione, che riassume sostanzialmente le osservazioni 
svolte nei precedenti arr�esti, in forza dell'art. 5 della legge 

n. 1643 del 1962 l'indennizzo viene determinato (in ciascuna delle ipotesi 
contemplate dai nn. 1, 2 e 4), in misura corrispondente al valore� complessivo 
dell'azienda. 
Ci� pr�esuppone, evidentemente, che i presupposti del debito non solo 
siano stati posti in essere prima che sia stato operatq il passaggio dei beni 
dall'impresa espropriata all'Ente elettrico (per la determinazione temporale 
del passaggio, v. art. 2 d.P.\R. n. 36 del 1963), ma altres�, che l'intera fattispecie 
costitutiva del rapporto sia perfezionata. 

In mancanza, quando cio� la fattispecie concreta del debito si perfezioni 
soltanto dopo il passaggio dei rapporti (gi� costituiti) 1all'Enel, non 
sembra possibile addossare a quest'ultimo ente .le relative responsabilit�, 
atteso che nella determinazione dell'indennizzo non si pu� tenere conto 

7 



368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ticolareggiato degli argomenti svolti nelle precedenti pronunce, essendo 
sufficiente ribadire: a) che nell'art. 4, n. 1, della legge 6 dicembre 
1962, n. 1643 e negli artt. 2 e 3 d.p. 4 febbraio 1963, n. 36 
sono previsti il trasferimento del complesso dei beni e dei rapporti 
dell'impresa nazionalizzata e la restituzione soltanto di alcuni beni, 
sicch� da tali disposizioni � stato desumere che i rapporti non possono 
essere restituiti se non inerenti ai beni restituibili e di fatto restituiti; 
b) che secondo la disposizione dell'art. 5 dell'anzidetta legge 
l'indennizzo viene determinato in misura corrispondente al valore complessivo 
dell'azienda e ne � prevista la riduzione in corrispondenza 
dei beni restituiti ma non l'aumento in relazione alla restituzione di 
debiti, per cui � da ritenere che quest'ultima restituzione non sia stata 
voluta dalla legge; e) che, d'altra parte, � estremamente difficoltosu 
l'accertare l'inerenza o meno di un determinato rapporto giuridico 
all'attivit� caratterizzante dell'impresa elettrica, per il difetto di elementi 
obiettivi, quali sono quelli, invece, che possono presentarsi in 
relazione all'utilizzazione di. un bene. 

Vero � che la fondatezza di queste valide e convincenti ragioni 
� contestata dall'ente ricorrente, ma le obiezioni addotte non sono 
nuove essendo state ampiamente esaminate e disattese dalle Sezioni 
Unite �di questa Corte con le richiamate decisioni n. 3525 e n. 3527 
del 1971. 

Si stima, perci�, opportuno, al fine di evitare una inutile ripetizione, 
richiamarsi alla motivazione delle dette sentenze, respingendosi 
perci� i primi tre motivi del ricorso. 

Con il quarto motivo l'ente ricorrente, denunciando la violazione 
degli artt. 31 e 32 t.u. 24 agosto 1967, n. 4021 in relazione agli artt. 91, 

di un debito, che pu� incidere in modo xilevante sul vafore del complesso 
dei rapporti trasforiti, non ancora evidenziato. 

Con queste precisazioni la girnrisprudenza in esame, la quale finisce 
con obbiettivizzare la ragione di impresa, pur senza accogliere la tesi autorevolmente 
sostenuta che costituisce l'impresa come un diritto (v. NICOL�, 

Riflessioni sul tema dell'impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina 
del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1956, I, 177; IDEM, Il trasferimento 
di impresa nella sistemativa delle leggi di nazionalizzazione, in Riv. 
dir. comm., 1969, I, 273. Contra FERRI G., Societ� e impi�esa nelle leggi di. 
nazionalizzazione, in Riv. dir. comm.; 1967, 287; SANTINI, Le teorie dell'impresa 
(civillisti e laburisti a confronto), in Riv. dir. civ., 1970, I, 405, ove 
ampio esame della materia) pu� essere accettata. 

Il principio aff�ermato nella seconda massima costituisce jus recoeptum. 

V. da ultimo Cass., 4 dicembre 1971, n. 3527, in questa Rassegna, 1972, I, 123, 
ove ulteriori richiami a cui adde Cass., 13 luglio 1971, n. 22.45, in Dir. prat. 
trib., 1972, I, 12, con nota contraria di STELLA RICHTER P., Il problema della 
inerenza della spesa al reddito di ricchezza mobile. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

97 e 99 del gi� citato t.u. n. 645 del 1958, si duole che l'impugnata 
sentenza abbia ritenuto che la spesa sostenuta per il pagamento dell'imposta 
sulle societ� non inerisce alla produzione del reddito e non 
�, quindi, detraibile dal reddito imponibile lordo, ai fini dell'applicazione 
dell'imposta di R. M. cat. B. Sostiene in proposito che, l'imposta 
sulle societ� ha la sua ragione di essere dall'esistenza stessa, in un 
determinato modo e momento, del soggetto tassabile, per cui non pu� 
negarsi che l'esborso del tributo inerisca alla produzione del reddito. 

Anche questo motivo va disatteso, giacch� la Corte di merito, nel 
negare la detraibilit� dell'imposta sulle societ� dall'imponibile della 
ricchezza mobile, si � uniformata ad una pronuncia di questo Supremo 
Collegio (Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), cui hanno fatto seguito 
numerosissime altre decisioni conformi (Sez. Un., sentenze nn. 507, 
508, 509, 510, 511, 513, 514 e 516 del 1971; Sez. I, sentenze nn. 1888 
e 2245 del 1971 e n. 2643 del 1972) con le quali la questione, che il 
motivo di ricorso ripropone, � stato oggetto di un completo riesame. 

Per respingere il motivo in esame �, pertanto, sufficiente ribadire 
che l'imposta sulle societ�, per i suoi caratteri di unicit�, globalit�, 
addizionalit� e personalit�, non � inerente alla produzione del reddito, 
ma soltanto al soggetto tassabile in base al bilancio; non � preordinata 
funzionalmente alla produzione, ma la segue; non costituisce 
una spesa di carattere produttivo, ma piuttosto una spesa appena legata 
al reddito da un vincolo vago e generico e non gi� strumentale 
e specifico. Essa, pertanto, non pu� essere ritenuta una spesa o perdita 
deducibile ai fini della formazione della base imponibile dell'imposta 
di ricchezza mobile. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 2 febbraio 1973, n. 324 -Pres. Ferrati 
-Est. Barbera -P. M. Chir� (conf.) -Valecchi (avv. Assennati) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). 

Lavoro -In genere -Qualificazione giuridica del rapporto di lavoro -
Censurabilit� in Cassazione -Limiti. 
(e.e., artt. 1362, 2094, 2222). 

Lavoro -Lavoro autonomo -Differenza dal lavoro subordinato. 
(e.e., artt. 2094, 2222). 

In tema di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoTo, 
� censurabi.ie in sede di legittimit� l'individuazione dei crriteTi astratrti 
e generali che caratterizzano e distinguono il rappoTto di lavoro autonomo 
da quello subordinato, mentre la valutazione delle circostanze 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

370 

di fatto, ritenute rilevanti per detta qualificazione, 1�e1sta sottratta al 
controllo da parte della Corte di cassazione, se sorretta da motivazione 
immune da e?�rori di diritto e di logica (1). 

Mentre nel contratto d'opera il prestato1�e di lavoro promevte il 
risultato dell'attivit� svolta a suo rischio�, nel rapporto di lavoro subordinato 
le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto 
riferimento al risultato dell'opera prestata (2). 

(Omissis). -La ricorrente denuncia nel primo motivo la violazione 
ed erronea interpretazione degli artt. 2094 e 2222 e.e. sia per 
errati �Criteri giuridici premessi alla valutazione differenzi�le dei due 
istituti sia per errata interpretazione giuridica delle rsultanze delle 
indagini rprobatorie. 

Nel secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 
161, 132, n. 4, e 360, n. 5, c.p.c. per grave e palese vizio metodologico 
nella valutazione delle prove, essendo stato adottato nella 
decisione il .criterio della � compatibilit� � �col rapporto di lavoro autonomo 
anzich� quello della � tipicit� � o deila �incompatibilit� � col 
rapporto di lavoro subordinato, con il totale difetto nella motivazione 
di ogni valutazione analitica delle risultanze probatorie. 

Nei due mezzi, che sono collegati fra di loro, la ricorrente muove, 
in particolare, alla sentenza impugnata, le seguenti censure: 
a) che, anche nel caso in cui la retribuzione sia commisurata 
al risultato del lavoro, d� non denota senz'altro l'esistenza di un rap


(1) Un caso di prestazione di opera a favore dello Stato. 
La sentenza che ,si annota'fa puntua1e e corretta applicazione dei principi 
regolanti la materia. 

In relazione alla caratterizzazione delle censure (adottate) da controparte 
avverso la pronunzia della Corte di appello di Perugia, il tema di 
indagine proposto al giudic�e di legittimit� � il'isultato contenuto nell'ambito 
degli schemi usualmente utilizzati nelle controversie tra privati, nelle quali 
si controverte in ordine ialla ricorrenza dell'una piuttosto che dell'altra 
categoria negoziale. 

Ma, anche se esula dall'area della pronunzia la tematica relativa alle 
prestazioni di opera o di lavoro subordinato nei confronti dello Stato o 
degli enti pubblici -e su tali aspetti specifici ci si intratterr� brevemente 
di seguito -pare utile verificare, per gli indubbi riflessi pratici, i caratteri 
discretivi dei due �terzi di rapporti. Si trattava, in sostanza, di valutare, ai 
fini indicati, una prestazione, protrattasi per tredici anni, a carattere 
manuale, consistente nell'incombenza della pulizia dei locali di un ufficio 
pubblico e nell'accensione tempestiva dei calorimetri per il periodo invernale, 
v�erso un corrispettivo fisso mensile, forfettariamente predeterminato, 
con l'aggiunta della gratifica natalizia. 

Pur non essendo stabilito un orario fisso di lavoro, non dovevano ovviamente 
verificarsi interferenze con la normale attivit� dell'ufficio. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 371 

porto di lavoro autonomo, perch� nel lavoro subordinato � prevista 
anche la retribuzione a cottimo, commisurata al risultato del l�voro 
prestato; 

b) che, quando le prestazioni lavorative possono, per la loro 
natura, formare oggetto sia di �n rapporto di lavoro subordinato che 
di un contratto d'opera, per procedere all'esatta qualificazione del 
rapporto 'Si deve avere riguardo al modo con cui le parti hanno concretamente 
configurato il rapporto, avuto rigual'do alla sua tipicit�, e 
non alla compatibilit� con gli elementi caratteristici dell'uno o dell'altro 
istituto; e l'errore di metodo della Corte non � stato senza conseguenze, 
avendo il giudice di merito applicato il criterio della com-

I mezzi necesl3ari (scope, detersivi, strofinacci) venivano poi forniti 
dal committente. 

Gi� i giudici di merito, con sviariate pronunzie, hanno ricompreso tale 
tipo di prestazione nell'ambito del contratto di opera e, per completezza 
infoillmativa, qui di ,seguito 'si richiamano: tribunale di S. Maria Capua 
Vetere, 21 giugno 1967 (massima in Rep. Foro it., 1968, col. 1422, n. 150; 
tribunale di Napoli 8 luglio 1965 (massima in Rep. Foro it., 1967, col. 
1383, n. 155, e motiV'azione in Riv. Tributi locali, 1967, 71); tribunale Napoli 
15 gennaio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale S. Maria 
Capua Vetere, 11 luglio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale 
Vicenza, 17 giugno 1958, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2334, n. 11; app. 
Torino, 3 aprile 1959, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2333, n. 3; tribunale Chiavari, 
4 marzo 1964, in Rep. Foro it., 19<64, nn. 701-702. 

(2) Conformandosi ai consolidati e pacifici pr1incipi adottati !L'ipetutamente 
ltlella materia, il Sup�l'emo CoUegio ha l'avvisato il criterio distintivo 
basilare dell'opera autonoma (art. 2222 e.e.), rispetto al lavoro subordinato 
(art. 2094 e.e.), nel fatto che nel secondo (la locatio operarum del diritto 
romano) l'oggetto della prestazione � ravvisabile nello svolgimento di una 
attivit�, nell'impiego di energie fi.siche o intellettuali, messe a disposizione 
di un datore di lavoro (v. Cass., 10 luglio 1971, n. 2232; 10 luglio 1971, 

n. 2226; 5 aprile 1971, n. 995). 
Nel primo (locatio operis) viene dedotto in contratto invece il risultato 
di un'attivit�, o il fine o lo scopo ultimo cui essa � preordinata, rappresentato 
dall'opera o dal servizio pattuito. 

(Cass., 14 luglio 1971, n. 68; 28 maggio 1971, n. 1598; 17 ottobre 1970, 

n. 206-3, MrnABELLI GIUSEPPE, Dei singoli contratti, commento art. 1651 
e 2222). In termini pi� sintetici, la fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. 
postula la promessa di un risultato; quella di cui all'art. 2094 e.e., presuppone 
solo J.a promesisa di un'attivit� (v. Cass., 14 gennaio 1971, n. 68). Magna 
divisio, quella riportata, da assumersi in via di massima, tanto che sono 
ravvisabili forme di lavoro subordinato quale quello a cottimo (art. 2100), 
o nella partecipazione agli utili (art. 2102 e.e.), in cui costituisce punto di 
riferimento nella dinamica contrattuale il risultato del lavoro prestato, 
piuttosto che quest'ultimo in s� considerato (v. Cass., 15 giugno 1943, 
n. 1480). 
Hanno, poi, rilievo di connotati essenziali per la prestazione di opera 
il requisito dell'autonomia dell'attivit� strumentalmente necessaria per il 
conseguimento del risultato finito con le implicazioni dell'assunzione del 



372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

patibilit� con l'unico termine di raffronto del contratto d'opera, anzich� 
comparare gli elementi 'con il rapporto di lavoro subordinato; 

e) che l'inesistenza di un obbligo di orario non era decisivo per 
escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, non essendo 
indi'Spensabile che l'attivit� lavorativa venisse prestata senza interruzione; 
e che, peraltro, nella specie, gli stessi giudici di appello avevano 
dato atto che la ricorrente aveva l'obbligo di prestare il suo 
lavoro prima �che fosse aperto l'ufficio, e per talune incombenze (accensione 
delle stufe) non molto tempo prima di tale apertura; 

d) che la subordinazione non doveva essere intesa in senso assoluto, 
bensi consentiva un margine di autonomia in relazione alla 

rischio in capo al prestatore e normalmente (ma no� con valore assoluto) 
della predisposizione dei mezzi. 

Il rapporto di lavoro subordinato postula invece, come dato che gli 
� connaturale, l'inserimento del soggetto, prestatore delle proprie energie, 
nell'intrapresa economica in cui opera in posizione dipendente col correlato 
affrancamento dal rischio di gestione o di e�sercizio di essa. 

�Al fine di una pi� precisa caratterizzazione del lavoratore autonomo 
in senso stretto va rilevato che, questi, che di solito � un artigiano o un 
piccolo imprenditore, compie un'attivit� organizzativa od esecutiva che 
ha il fulcro nella sua stessa persona (LUISA SANSEVERINO, in commento a 
cura di Scialoi!a art. 2222 e.e.); ov�e egli affidasse invece il conseguimento 
del irisultato ;promesso ad un'impresa, iancorch� a lui facente capo, si 
decamperebbe dall'esaminato schema negoziale. , 

Alla figura generica ed atipica rego1ata dall'art. 2222 e.e., in tal caso, 
subentrano gli specifici contratti tipici dell'appalto (art. 1655 e.e.), trasporto 
(art. 1681 e.e.) ed altri, che presuppongono come parti contraenti organizzazioni 
imprenditoriali di medie o grandi proporzioni (v. GIUSEPPE MmABELLI, 
Dei singoli contratti, commento iart. 2222 e.e.). 

(3) Ci� premesso in via di principio e considerato che nell'estrema variet� 
del commercio giuridico pu� non essere del tutto agevole l'identificazione 
del tipo negoziale, onde occorre aver sempre presente in una visione 
globale il modo di configurazione del rapporto (Cass., 6 febbraio 1967, 
n. 320; 15 maggio 1971, n. 4323), piuttosto che il nomen iuris usato dalle 
parti, si passa ad un pi� compiuto esame dei connotati differenziali dinanzi 
cennati. 
A) La subordinazione e collaborazione in contrapposto all'au.tonomia della 
prestazione. 

La collaborazione e subordinazione sono aspetti complementari, imprescindibili 
nel 1avoro subordinato, ed estranei alla prestazione d'opera, 
anche se la variet� di situazioni della vita giuridica pu� attenuarne la ricorrenza 
in concreto. 

La collaborazione, nella 'sua accezione basilare, rappresenta l'inserimento 
continuativo e sistematico del lavoratore nell'organizzazione tecnicoamministrativa 
dell'impresa per il conseguimento delle finalit� di quest'ultima 
(Cass., 15 maggio 1971, n. 1432; 29 .dicembre 1970, n. 2781). 

Appare, peraltro, fondamentale il rilevato dato dell'inserimento del 
lavoratore nell'organismo economico con carattere di essenzialit� e stabi




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 373 

natura delle mansioni, e non doveva �concretarsi �con la presenza ed 
ingerenza del datore di lavoro nel corso della prestazione, come era 
stato erroneamente presupposto dal giudice di merito; 

e) che essa Valecchi era priva di autonomia, come era agevole 
dedurre dal fatto che all'ordinazione ed ai pagamenti degli strumenti 
di lavoro (legna, :scope, detersivi, ecc.) provvedeva l'ufficio; 

f) che la ricorrente era soggetta all'ingerenza e vigilanza del 
datore di lavoro, �come aveva ammesso la Corte di merito quando 
aveva osservato �che essa Valecchi poteva essere costretta a rifare il 
lavoro senza compenso maggiore, qualora non lo avesse espletato nel 
modo pattuito; 

lit� e non anche il tipo di attivit� dal medesimo svolta, che pu� essere 
manuale o intellettuale, tecnica o casalinga, sussidiaria o primaria, centrale 
o marginale. 

In definitiva, il criterio giuridico per stabilire la ricorrenza dell'inserimento 
nell'organizzazione del datore di lavoro deve essere dedotto dalle 
concrete modalit� di svolgimento del rapporto per tutta la sua perduranza. 

La subordinazione esprime invece la dipendenza del lavoratore dal 
potere diret1Jivo, organizzativo e disciplinare del datOII'e di lavoTo al quale 
compete di determinare le modalit� intrinseche, oltre che di tempo e di 
luogo inerenti alla prestazione delle energie 1avoraUve (Cass., 10 luglio 
1969, n. 2537; 3 marzo 1969, n. 676; 8 novembre 1957, n. 4296; 14 maggio 
1962, n. 1005). 

Peraltro', la rilevata dipendenza dal potere gerarchico dal1e direttive 
dell'imprenditore non � ovviamente da intendersi in senso assoluto, ma 
va apprezzata in relazione alle mansioni �esercitate dal prestatore di lavoro 

(v. Cass., 28 marzo 1969, n. 1018), e di conseguenza la medesima assume, 
. nena complessa variet� dei rapporti, aspetti diversi con riferimento alla 
natura ed alla maggiore o minore elevatezza dei compiti espletati (v. 
Commentario, ToRRENTE-LAMBERTI, libro V, Tomo I, pag. 109 e segg.). 
In genere, quindi, da un lato, il potere direttivo dell'imprenditore si 
concretizza 1I1egli mdini ai propri diprolidenti (anche se non appare necessario, 
per la configurabilit� del rapporto �Che i medesimi siano continui e 
dettagliati), dall'altro l'ese�rcizio della vigilanza del datoTe di lavoro, vigilanza 
che pu� in concreto esprimersi in forme ed aspetti diversi, rimane 
preordinato al controllo delle energie lavorative pa:"�estate, perch� si svolgano 
nei termini pattuiti. 
Tutto ci� consente, peraltro, sia pure entro limiti piuttosto rigorosi, 
un certo margine di autonomia al lavoratore e di discrezionalit� nell'espletamento 
dei suoi compiti (Cass., 5 giugno 1967, n. 875). 

Il quadro delineato, come in parte si � visto, muta radicalmente nel 
contratto di opera la cui caratteristica saliente � l'autonomia del prestatore 
nei confronti del committente, il che non esclude che questi abbia pur 
sempre un certo potere di vigHanza, limitata per� alla rispondenza dell'opera 
o del servizio, da riscontrare anche nel corso del loro perfezionamento, 
ai patti contrattuali, vigilanza che si esplica cio� �in un contratto attinente 
alle caratteristiche e modalit� del risultato produttivo, ma non investe il 
tempo e il modo di esplicazione dell'attivit� lavorativa, onde l'artefice non 
viene privato della :sua indirpendenza (v. C1ass., 8 agosto 1961, n. 1923). 



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II 

374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

@.

g) che l'asserita inesistenza di un rapporto di collaborazione 
avrebbe dovuto essere messa in correlazione con la conseguente fa


~~ 

colt� di rifiutare la prestazione e con la possibilit� di essere retribuita 
solo saltuariamente; mentre nella stessa sentenza impugnata era ammesso 
che le prestazioni erano state svolte per dodici anni continuativi, 
con la retribuzione mensile prestabilita di lire 10.000 e la corresponsione 
della gratifica natalizia, elemento quest'ultimo tipico del 

Irapporto di lavoro subordinato. 

Le censure non hanno fondamento. 

Questa Corte Suprema ha pi� volte affermato nelle sue decisioni 

(tra le pi� recenti, 10 luglio 1971, n. 2226; 28 maggio 1971, n. 1598), 

Il prestatore invero organizza a suo piacimento il lavoro usando i 
tempi e le modalit� ritenute pi� opportune, al di fuori di ogni dipendenza 
gerarchica. 

Abbiasi presente come forma tipica, difficilmente catalogabile nell'ambito 
della caratteristica in ,esame il lavoro a domicilio (art. 2128 e.e.), 
in cui non � dato ravvisare a prima vista una subordinazione tecnica e personale 
del prestatore, quale � da intendersi la subordinazione in senso 
giuridico. 

Oltretutto, pare vi sia una incompatibilit� fra lo svolgimento del lavoro 
a domicilio e la direzione e vigilanza dell'impresa committente. 

Purtuttavia, malgrado la peculiarit� di tal tipo di prestazione, il codice 
civile la inserisce nel lavoro subordinato (v. FRANCESCO SANTORO PASSARELLI, 
Nozioni di diritto del lavoro, ed. VI, pag. 71-72). 

Giova evidenziar,e che nel caso ;risolto dal Supremo Col1egio con la pronunzia 
in esame, non ricorreva alcuno dei contratti della collaborazione e 
subordinazione come sopra delineati e lo svolgimento del lavoro era connotato 
dal pi� ampio margine di libert� per quanto atteneva alle sue modalit� 
e per la mancanza di un controllo da parte del committente che 
decampasse dal semplice apprezzamento del risultato conseguito. 

B) Il rischio. 
Il rischio non rappresenta il dato differenziale tipico del lavoro autonomo. 
Esiste, invero, in casi particolari come nella retribuzfone a cottimo 
o in forma pi� o meno latamente partecipativa, come si � visto, anche 
per il lavoratore subordinato. 
Costituisce comunque l'aspetto solitamente complementare dell'autonomia 
ed � peculiare quindi del lavoro autonomo, segnatamente quando la 
prestazione (nelle forme pi� inteUettualizzate) sia caratterizzata da particolare 
difficolt�. 
Nel nostro sistema per�, l'incertezza del risultato non fa scadere il 
contratto di opera a ,contratto per sua natura aleatorio ai sensi dell'articolo 
1469 .c.v. 
Atteso quindi che il lavoratore autonomo si avva1e, per il conseguimento 
del risultato, dei mezzi ritenuti pi� opportuni, nell'ambito dell'organizzazione 
da lui creata e predisposta, egli � soggetto alle connesse responsabilit�, 
nel senso che fanno a lui carico tutte le difficolt� ed ostacoli che si 
frappongono al conseguimento del risultato �conforme ai caratteri e alle 
qualit� pattuite (v. Cass., 22 luglio 1971, n. 2396; 29 dicembre 1970, n. 2781; 
26 febbraio 1969, n. 631). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 375 

e deve qui ribadire, che, in tema di accertamento dell'esistenza di un 
rapporto di lavoro, � censurabile in sede di legittimit�, al fine di differenziare 
il rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo 
(contratto di opera), l'individuazione dei crited astratti e generali 
(collaborazione, subordinazione, assenza di rischio) che caratterizzano 
e distinguono il primo dal secondo rapporto, criteri che il giudice 
di merito deve applicare per la definizione in concreto dal rapporto 
stesso; e che, quando tali �criteri sono esatti e sono stati applicati dal 
giudice di merito con motivazione immune da errori di diritto e di 
logica la valutazione degli elementi di prova che ha condotto il giudice 
ad affermare od ad escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro 
subordinato non � sindacabile in sede di legittimit�, costituendo un 
apprezzamento di fatto. 

Tale � il concetto di rischio economico che sta a carico del prestatore 
autonomo, laddove nel lavoro subordinato grava sull'impresa. 

Nel caso di-spede, era rimasto accertato che, pur nella piena indipendenza 
nelle modalit� di svolgimento delle incombenze affidategli, il lavoratore 
si riceveva dal datore di lavoro i mezzi necessari per l'espletamento 
dei suoi compiti. 

Tale dato, in parte limitativo del rischio del risultato, valutata l'intera 
economia del rapporto, era stato gi� dalla Corte di merito ritenuto elemento 
sufficiente per la caratterizzazione del rapporto come di lavoro subordinato. 


Comunque in altre pronunzie (v. Cass., 16 maggio 1960, n. 1112) il Supremo 
Collegio aveva avuto modo di rilevare che non � determinante l'uso 
da parte del lavoratore di strumenti ed attrezzi propri, in quanto non � 
l'approntamento di essi che determina la qualit� e figura del dipendente 
ma la natura dell'attivit� da esso svolta. 

C) Continuit� della prestazione. 

Costituisce un corollario della subordinazione del lavoratore dipendente 
ed esprime il portato della continua dedizione � funzionale � di questi al 
risultato produttivo perseguito dall'imprenditore (Cass., 10 febbraio 1970, 

n. 324). 
Essa comporta la persistenza nel tempo, a carico del lavoratore dell'obbligo 
giuridico di compiere le prestazioni pattuite e di mantenere a 
disposizione la propria energia (v. Cass., 10 febbraio 1970, n. 324), onde � 
da intende11si che non venga meno neppure nell'inte['vallo tr�a pr�estazione 
e prestazione, permanendo per l'appunto negli intervalli l'obbligo giuridico 
del lavoratore di restare a disposizione in relazione ai compiti affidatigli 

(v. Cass., 1 giugno 1971, n. 1761; 29 ottobre 1969, n. 3572; 19 novembre 1969, 
n. 3576). 
Ma la continuit�, cos� intesa come giuridica permanenza del vincolo 
obbligatorio nel tempo, non postula, come appare chiaro, sul piano concreto 
un'interrotta prestazione di lavoro (continuit� in senso materiale) e pu�, 
di converso conciliarsi concettualmente anche con una certa saltuariet� nel 
lavoro medesimo (v. Cass., 27 giugno 1968, n. 2181). 

Pu� in definitiva conciliarsi e coesistere anche l'espletamento di altre 
attivit�, purch� non subordinate, le quante volte queste ultime non assu




376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella controversia in esame, la Corte di merito ha premesso alle 
valutazioni delle ri'Sultanze di fatto esatti criteri distintivi del rapporto 
di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo affermando 
che, mentre nel contratto d'opera il prestatore di lavoro promette il 
risultato dall'attivit� svolta a suo rischio, nel rapporto di lavoro subordinato 
le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto 
riferimento al risultato dell'opera prestata, e ribadendo nella motiva-zione 
che in tale ultimo rapporto, manca il rischio a carico del lavoratore 
che deve inserirsi nell'organizzazione del datore di lavoro (collaborazione) 
col vincolo della subordinazione. 

La 'censura quindi, di cui al primo mezzo, circa l'asserta affermazione 
da parte del giudice di merito di errati principi giuridici premessi 
alla valutazione differenziale dei due istituti, non trova alcuna rispondenza 
nella motivazione della sentenza �mpugnata che si � invece attenuta 
ai criteri distintivi tra i due rapporti gi� affermati da questa 

mano il carattere di prevalenza rispetto alla normale capacit� lavorativa 
del soggetto (Cass., 1� luglio 1971, n. 2226). 

E' palese che nella fattispecie esaminata dalla Cassazione difettasse del 
tutto il caratt�re della continuit� nel senso dianzi precisato, per chiari caratteri 
dell'attivit� espletata dal lavoratore, onde sul punto non � il caso di 
spendere parola. 

D) Orario di lavoro. 

L'orariet� del lavoro costituisce dato sintomatico rilevante, anche se 
non decisamente univoco, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. 


La prestazione del lavoratore dipendente consta in genere di un momento 
iniziale e di uno finale. 

Pertanto l'esonero dall'osservanza di un orario prestabilito (come anche 
quello di effettuare la prestazione nel luogo di lavoro) si presentano come 
caratteristiche anomale -ancorch� non decisive -rispetto al requisito 
della subordinazione proprio del lavoro dipendente (v. Cass., 2 aprile 1969, 

n. 
1082; 29 maggio 1965, n. 1100) e congeniali invece al rapporto di opera. 
In quest'ultimo invece � -essenziale una notevole se non assoluta dose 
di discrezionalit� del prestatore sui tempi di lavoro. 
Nel caso esaminato dalla Cassazione mancava l'obbligo di osservare un 
determinato orario �ma era conferita al prestatore la facolt� di scegliere 
liberamente i tempi di esplicazione della sua attivit�, con l'unico limite, 
non determinante, di non interferire, nello svolgimento delle proprie incombenze 
con l'attivit� normale e quindi con le esigenze organizzative dell'ufficio. 


E) Sistema retributivo. 

Nel lavoro dipendente solitamente la retribuzione viene convenuta con 
riferime1nto ad un'unit� di misura temporale e p�erioddca (salario settimanale, 
stipendio mensile) che prescinde dalle prestazioni di singoli servizi; 
il compenso del contratto di opera invece viene commism;:ato al risultato 
conseguito o al lavoro necessario per ottenerlo (v. Cass., 10 febbraio 
1970, n. 324). 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 377 

Corte (tra le ultime decisioni, 10 luglio 1971, n. 2226; 15 maggio 1971, 

n. 1432; 14 gennaio 1971, n. 68; 10 luglio 1969, n. 2537). 
Non � neppure esatta la doglianza, contenuta nel secondo motivo 
del ricorso, secondo cui la Corte di merito avrebbe esaminato le risultanze 
di causa soltanto in riferimento al rapporto di lavoro autonomo, 
affermandone la compatibilit�, e non raffrontando gli elementi 
di prove al rapporto di lavoro subordinato, e non avrebbe inoltre esaminato 
analiticamente i detti elementi probatori. 

La Corte territoriale ha invece esaminato tutti gli elementi emersi 
dalle prove, in una valutazione analitica e particolareggiata, indagando, 
in base ai gi� premessi criteri differenziali dei due rapporti, se sussistessero 
le caratteristiche dell'uno e dell'altro rapporto; e, di fronte 
all'assunto della Valecchi che gli elementi stessi fossero tipici del rapporto 
di lavoro subordinato, ha enunciato le rag.ioni per cui, in prevalenza, 
tali elementi fossero compatibili col contratto d'opera. 

Peraltro la retribuzione a tempo non costituisce elemento incompatibile 
con la prestazione di opera anche se rimane pi� congeniale al lavoro subordinato 
(v. Cass., 5 dicembre 1967, n. 2894). 

Nella specie di cui all'anriotata sentenza, vi era una determinazione 
forfettaria del compenso, commisurata al periodo-mese cui era da aggiungere 
la gratifica natalizia che, come rilevato dalla Cassazione,' costituisce 
dato anomalo rispetto alla prestazione di opera. 

Peraltro, come statuito, in mancanza di altri elementi caratterizzanti, 
tale dato non � 'stato ritenuto preclusivo, in s� considerato, del riconoscimento 
nella specie della fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. 

(4) Verificati ,quindi ,i dati posti a base della pronunzfa deUa Cassazione 
per la identificazione della categoria negoziale in concreto ricorrente nella 
specie, per compietezza di indagine, non va obliterato come nella subietta 
materia non sussista una sottoposizione integrale della Pubblica Amministrazione 
al diritto comune in quanto esiste tutta una normativa speciale 
dalla quale non si pu� prescindere, anche se la suggestione della equiparazione 
della Pubblica Amministrazione al privato appare ognor pi� o 
meno evidente nella giurisprudenza pi� o meno recente in materia di lavoro. 
Allo scopo indicato vanno tenuti presenti i 1p1rincipi che seguono, i 
quali vengono solitamente trasfusi negli schemi difensivi approntati per le 
Amministrazioni dello Stato: 

a) poich� non esiste un'autonomia dello Stato, pari a quella di cui 
fruiscono i privati, in quanto ogni momento del concreto agire del medesimo 
nel mondo giuridico postula l'esistenza di una norma che a tanto lo 
legittimi, non pu� ipotizzarsi una sua concettuale capacit� di esser soggetto 
di rapporti di impiego privato al di fuori dei casi espressamente previsti 
da disposizione speciale, solitamente di carattere eccezionale (art. 3, legge 
26 febbraio 1962, n. 67 per l'assunzione di operai temporanei, art. 7, legge 
18 luglio 1957, n. 614 per il personale di servizi lacuali; art. 12, legge 13 
aprile 1948, n. 221 per il personale della soppressa G.R.A. ecc.) (Vedasi 
SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 1959, 133). 

b) Necessit� imprescindibile dell'atto scritto per l'istaurazione di un 
rapporto di impiego privato con lo Stato. L'attivit� negoziale dello Stato 



378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

\ 

La Corte di Perugia, dopo l'esame analitico suddetto, ha proceduto 
ad una valutazione globale delle prove concludendo che la Valecchi 
aveva svolto il suo lavoro in piena libert� ed autonomia, senza 
il vincolo di subordinazione col datore di lavoro, col rischio deU'attivit� 
svolta ed obbligandosi soltanto al risultato dell'opeTa; e non si 
� nascosto neppure che la corresponsione della gratifica natalizia costituisce 
elemento estraneo al contratto d'opera ma ha aggiunto che 
tale elemento da s� solo non poteva dare al rapporto una qualificazione 
diversa da quella risultante dagli altri elementi, dato anche che 
tale gratifica non era stata corrisposta fino dall'inizio del rapporto, 
bens� negli anni successivi. 

infatti viene disciplinata, senza discriminazioni o eccezioni, dalle norme di 
contabilit�, legge n. 2440 del 1923 e n. 827 del 1924, le quali pongono in 
essere un sistema legislativo che ha carattere di specialit� rispetto alle 
disposizioni di diritto comune, come ammesso pacificamente. 

Dall'annunciato principio discende che la P. A. non pu� assumere impegni 
validi sul piano giuridico, contrarre obbligazioni ed entrare in rapporti, 
aventi natura contrattuale, sulla base di prestazioni corrispettive con 
terrzi se non a mezzo della forrma scritta, richtesta ad substantiam a pena 
di nullit�. (Vedasi in dottrina, BENCIVENGA, Contabilit�, pag. 56, Cass., n. 267 
del 1965; n. 2148 del 1964; n. 149 del 1963; n. 905 del 1966). 

Tale forma scritta che presiede imprescindibilmente alla costituzione 
del rapporto � preceduta e seguita da un complesso di formalit�, anche esse 
essenziali nella subietta materia (atti preparatori, approvazioni ed altro) 
(TARASI, Appalti e Contratti, Casa Editrice Iya, 1954, pag. 87). 

Ora, poich� le indicate formalit� costituiscono il mezzo fondamentale 
ed indispensabile attraverso cui pu� manifestarsi la volont� deUo Stato, 
con esclusione di manifestazioni tacite desumibili da comportamenti esteriori 
parr-e che, in difetto, il rapporto di impiego privato in quanto tale, 
non pu� venire a giuridica esistenza (Cass., 26 luglio 1958, n. 2713; Cass., 
Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1817; Cass., 9 aprile 1964, n. 811; Cass., 5 maggio 
1960). 

Pertanto a causa della richiamata esigenza non pu� trovare applicazione, 
nei rapporti con lo Stato, il principio generale affermato in tema 
di rapporto di lavoro subordinato secondo il quale, per la costituzione dello 
stesso non � necessaria una stipulazione formale, ma � sufficiente il fatto 
concludente dell'effettiva prestazione del lavoro nell'interesse dell'imprenditore. 


c) I rapporti che intervengono con lo Stato nella subietta natura, i 
quali non abbiano una loro regolamentazione convenzionale, in ultima ipotesi 
o sono inquadrabili nell'ambito della locatio operis ed in tal caso trovano 
la loro normale tutela davanti al giudice ordinario senza differenziarsi 
dai similari rapporti intercorrenti tra privati; oppure si atteggiano, per loro 
caratteri intrinseci, a rapporti di impiego privato (vedansi i dati differenziali 
del lavoro subordinato dianzi evidenziati). 

In tale seconda eventualit�, sta al loro riconoscimento sul piano giuridico, 
nella pienezza degli effetti loro propri, la rilevata mancanza dell'atto 
scritto, imprescindibile ad substantiam. 

. 



./ 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 379 

Le censure della ricorrente costituiscono quindi soltanto un apprezzamento 
delle risultanze di causa diverso, ed opposto, dalla valutazione 
fattane del giudice di merito �con motivazione immune da 
errori giuridici e da vizi logici; e tale valutazione non � sindacabile 
da questa Corte in sede di legittimit�. 

Il ricorso, proposto dalla Valecchi, deve essere respinto. (
Omissis). 

L'unico effetto che pu� loro attribuirsi, trattandosi di meri rapporti di 
fatto, � que11o limitato che appronta l'actio de in rem verso ex art. 2041 e.e. 

Tale azione, come � noto sulla base di una consolidata e costante giurisprudenza, 
appare proponibile nei confronti della P. A. nei limiti dell'utilit� 
riconosciuta discrezionalmente dalla medesima. 

L. SICONOLFI 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 febbraio 1973, n. 382 -Pres. 
Rossano -Est. Aliotta -P. M. Trotta (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Albisinni) c. Comune �di Napoli (avv. Gleijeses 
e Percerillo) nonch� Fusco, Puglisi, Soc. Industriale Metalmeccanica, 
Soc. Fabbrica Italiana Contenitori e Soc. Partenopea 
Trasporti. 

Mezzogiorno -Cassa per il Mezzogiorno -Provvedimenti a favore 
della citt� di Napoli -Affidamento al Comune di Napoli dell'esecuzione 
di opere programmate della Cassa -Delegazione amministrativa 
-Occupazione d'urgenza di parte dei suoli da parte 
della Cassa -Responsabilit� del Comune per la mancata esecuzione 
dell'espropriazione nel biennio -Sussiste. 

(1. 9 aprile, 1953, n. 297, art. 4). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa 
-Esecuzione delle opere da parte del delegato in 
conformit� dei programmi predisposti dal delegante -Responsabilit� 
del delegante -Non sussiste. 

(1. 9 aprile 1953, 'n. 297, art. 4; e.e., art. 2043 e 2055). 
Allorch� I.a Cassa per il Mezzogiorno, a mente dell'art. 4, settimo 
comma, della legge 9 apriLe 1953, n. 297 affida al comune di Napoli, 
l'esecuzione di singole opere ptibbliche, pone in essere una delegazione 
amministrativa intersoggettiva, in virt� deLla quale� l'ente affidatario 

ha, di regola, iL potere di provvedere in merito all'oggetto in nome 
proprio e non in veste di rapp1�esentante del delegato con l'assunzione 
dal lato attivo di ogni potere e diritto e dar lato passivo di ogni ob




380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bligo e responsabilit� per quanto attiene la realizzazione den'opera 

oggetto dell'affidamento, comprese le occupazioni di urgenza e le espro


priazioni necessarie. In tal caso la circostanza che l'occupazione di ur


genza dei suoli necessari per l�'esecuzione dell'opera sia stata promossa 

dalla Cassa in nome e per conto del comune non esclude l'obbligo di 

quest'uitimo ente di provvedere all'espropriazione dei suoli occupati 

nel termine biennale (1). 

In caso di affidamento dei lavori di esecuzione di singole opere 

da parte della Cassa del Mezzogiorno al comune� di Napoli, la Cassa 

non div~ene responsabile solidale nei confronti dei terzi dei danni p1��0


dotti dal comune nell'esecuzione deH'opera in conformit� dei programmi 

predisposti dall'ente affidatario (2). 

(Omissis). -Venendo quindi all'esame del ricorso principale 'Si 
rileva che con il primo motivo la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno 
denunziando la violazione degli artt. 4 legge 6 aprile 1953, n. 297; 4, 
5 e 10 legge 10 agosto 1950, n. 64516 e segg.; 24 e segg., 71 e 73 legge 
25 g~ugno 1865, n. 2359; e 2045, 1362 e segg., 1703 e segg., 2699 e.e.; 
115, 116 e 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che erroneamente la Corte 
d'appello ha ritenuto che nella specie es'Sa ricorrente sostituita a norma 
della citata legge 9 aprile 1953, n. 297 al comune di Napoli nella realizzazione 
dell'opera pubblica in questione, si sia limitata ad atfldare 
al comune stesso soltanto l'esecuzione dei lavori, mentre doveva rite


(1-2) I principi enunciati nella prima parte della 'Prima massima, 
come l:a stessa decisione afferma, costituiscono ius recoeptum. V. infatti 
1n senso conf. Ca:ss., 14 aprile 1969, n. 1212, in Foro it., 19�69, I, 1749, con 
nota di F. SATTA; Cass., 22 dicembre 1967, 3025, in questa Rassegna, 1968, 
I, 399; Cass., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, decisioni 
tutte richiamate in sentenza. 

Che, infatti, l'affidamento in senso improprio ponga in essere una delegazione 
amministrativa intersoggettiva � principio ormaii pacificamente riconosciuto 
dopo la importante pronunzia del S.C. 31 gennaio 1968, n. 313, 
in questa Rassegna, 1968, I, 419, la quale ha dato una organica sistemazione 
ai vari aspetti formali (delegazione, affidamento, sostituzione e finanziamento) 
che pu� assumere la cooperazione di enti p.er la esecuzione di opere 
pubbliche. Per applicazione di tali principi v. da ultimo Cass., 9 maggio 
1972, n. 1395, in questa Rassegna, 1972, I, 622; Cass., 8 luglio 1971, n. 2152:, 
in Foro amm., 1972, I, 317, ove richiami. 

E' opportuno, tuttavia, ricordar�e che secondo autorevole dottrina (BENVENUTI, 
La connessione di opere pubbliche, in Acque, bon. e costr., 1958,' 
3 seg.; CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere! 
pubbliche, in questa Rassegna, 1965, I, 1152 (spec. 1164-116-5); IDEM, In tem~ 
di delegazione amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 704-705 e da 
ultimo RoEHRSSEN, La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle 
opere pubbliche, in Rass. lav. pu.bbl., 1971, 1) nell'ipotesi considerata dalla 
sentenza in rassegna il provvedimento amministrativo di affidamento dei 
lavori dovrebbe qualificarsi come concessione, e non deleg~zione, in quanto 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 381 

nersi che si era operato nei confronti di quest'ultimo una delegazione 
amministrativa intersoggettiva per quanto si riferiva alla realizzazione 
di detta delegazione comprensiva quindi di ogni relativo potere anche 
in ordine all'espropriazione dei suoli necess1ari all'esecuzione della 
stessa il che si evinceva in modo indubbio dal fatto che essa ricorrente 
aveva messo a disposizione del comune per spese di espropriazione 
L. 27.000.000 che non aveva alcuna importanza in senso contrario 
la circostanza che l'occupazione d'urgenza era stata richiesta 
da essa Cassa per il Mezzogiorno in quanto aveva espressamente dichiarato 
di agire in nome e per conto del comune di Napoli che in 
base a tali considerazioni doveva ritenersi che unico responsabile dell'illegittimo 
protrarsi dell'occupazione dei suoli in questione, per mancato 
espletamento n~l biennio dopo l'occupazione d'urgenza della procedura 
di espropriazione, era il comune di Napoli. 

Con il secondo motivo poi la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno 
denunziando la violazione degli artt. 71 e 73 legge 25 giugno 1865, 

n. 2359; 2041 e.e.; 4 e segg. legge 6 aprile 1953, n. 297; 10 legge 10 
il comune di Napoli ha un interesse proprio all'esecuzione dell'opera. Anzi, 
come riconosce espressamente la sentenza n. 1212 del 1969, l'opera � di sua 
pertinenza, e diventa del comune non appena realizzata. 

Devesi, peraltro, precisare che tale ultima conclusione � esatta se riferita 
esclusivamente all'ipotesi contemplata dalla legge n. 297 del 1953, in 
forza della quale alla Cassa (v. art. 4) viene demandato il compito di provvedere 
alla progettazione di opere ed, eventualmente, alla loro diretta realizzazione, 
con denaro proveniente da mutui contratti dalle Amministrazioni 
territoriali (comune e/o provincia di Napoli) anche se con garanzia (temporanea) 
della Cassa. 

A ben diversa conclusione, anzi all'opposta, deve giungersi, invece, 
quando la Cassa agisce a norma dell'art. 8 della sua legge istitutiva (10 
agosto 1950, n. 646, modificato dall'art. 13, legge 29 luglio 1957, n. 634), 
quando, cio�, affida in concessione ad enti pubblici J'.esecuzi01I1e dd opere 
che essa progetta e finanzia con denari assegnati al suo bilancio. 

In tal caso, contrariamente a quanto ritenuto da alcuni giudici di merito, 
(v. Corte appeno L'Aquifa, 30 giugno 1969, in Giur. merito, 1970, I, 
371), l'opeo:-a ese�guita dall'ente concedente. Sul punto v. Rossi A.,. Considerazioni 
in tema di concessione da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzio'Ylle 
dei lavori per la costruzione di un'opera pubbLica, in Giur. 
merito, 1970, I, 371 in nota alla sentenza della Corte dell'Aquifa sopra 
dcoil'data. 

Il principio enunciato nella seconda massima � di ovvia esattezza. Atteso 
che il danno da risarcire � quello derivante dalla mancata tempestiva 
adozione del decreto di esproprio, nessuna responsabilit� pu� farsi risalire 
all'ente concedente per l'esecuzione delle opere da esso programmate, non 
essendovi nesso di causalit� tra lavori programmati e mancato rispetto del 
termine biennale previsto dall'art. 73, legge 25 giugno 1965, n. 2359. 



382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

agosto 1950, n. 646; 90 e segg. c.p.c., lamenta in conseguenza di quanto 
dedotto con il primo motivo l'avvenuta estromissione dal giudizio del 
comune di Napoli. 

I due motivi che importando la risoluzione di questioni comuni 

o tra loro intimamente connesse vanno unitamente esaminati sono 
entrambi fondati. 
In proposito va premesso che non pu� tenersi conto, ai fini della 
decisione delle questioni proposte con il ricorso della deliberazione 
20 aprile 1960 della Cassa per il Mezzogiorno, esibita dalla stessa soltanto 
nel giudizio di cassazione, dalla quale risuUerebbe che al comune 
era stato affidato anche l'espletamento delle procedure di espropriazione, 
ostandovi il tassativo divieto contenuto nell'art. 372 c.p.c. 
che esclude in tale sede, salvo determinate ipotesi che nella specie 
non ricorrono il deposito di atti o documenti non prodotti nelle precedenti 
fasi di giudizio. 

Ci� premesso si rileva che, com'� ormai ius receptum di questa 
Corte (sentenze 17 aprile 1969, n. 1212; 29 dicembre 1967, n. 3025; 
e 30 maggio 1966, n. 1412) dal complesso delle norme di cui alla legge 
9 aprile 1953, n. 297, contenente provvedimenti a favore della citt� 
di Napoli, e particolarmente dal preciso disposto dell'art. 4, comma 
quinto, si desume che � stato attribuito alla Cassa per il Mezzogiorno 
il potere di realizzare opere pubbliche normalmente di competenza 
tra l'altro del comune di Napoli sostituendosi quindi allo stesso, con 
la conS'eguenza �che, qualora si realizzi tale ipotesi, la Cassa agisce in 
nome proprio, assumendo ogni obbligo e reS'ponsabilit� derivante dall'esecuzione 
dell'opel'a. Senonch�, consentendo l'art. 4, comma settimo, 
della citata legge alla Cassa per il Mezzogiorno di affidare al comune 
di Napoli l'esecuzione delle singole opre, qualora d� si verifichi, la 
Cassa pone in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva, 
in virt� della quale l'ente affidatario ha di regola a sua volta il potere 
di provvedere in merito all'oggetto della delegazione in nome proprio 
e non in veste di semplice rappresentante del delegante con as�sunzione 
dal lato attivo di ogni relativo potere e diritto e dal lato passivo di 
ogni obbligo e responsabilit� per quanto attiene alla realizzazione dell'opera 
oggetto dell'affidamento, compreso in questo ambito le occupazioni 
di urgenza e le espropriazioni necessarie, conservando soltanto 
la Cassa per il Mezzogiorno quale ente delegante un potere di controllo, 
da esercitarsi nell'interesse pubblico; naturalmente tale � l'estensione 
normale dell'affidamento che per altro pu� anche essere attuato 
in un ambito pi� limitato, qualora ci� risulti dal contenuto stesso del 
provvedimento con il quale � stato disposto, �ed il relativo accertamento, 
che implica un apprezzamento di merito, � suscettibile di sindacato 
in questa sede soltanto sotto il profilo di un vizio giuridico o 
logico di motivazione. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Orbene nella specie la Corte d'appello, dopo avere in sostanza 
enunciato analoghi principi ha poi con motivazione illogica escluso 
che l'affidamento dell'esecuzione dell'opera in questione da parte della 
Cassa per il Mezzogiorno al comune di Napoli avesse portata generale 
e fosse quindi 'comprensiva dell~ relative occupazioni di urgenza ed 
espropriazioni. In particolare ha omesso anzitutto di consider:are il 
fatto decisivo, risultante dallo stesso atto di affidamento del 19 luglio 
1969 che la Cassa aveva messo a disposizione del comune la 
somma di L. 27.000.000 per il pagamento delle indennit� per le espropriazioni 
necessarie per l'esecuzione dell'opera in que3tione, il che 
presupponeva evidentemente che le espropriazioni stesse dovessero 
essere effettuate a cUra del comune. Ed ha omesso altres� di considerare, 
ai fini dell'interpretazione dei limiti e della portata dell'atto 
di affidamento l'altra circostanza del pari d~cisiva che il comune aveva 
proceduto .all'espropriazione di altri suoli necessari per l'esecuzione 
dell'opera stessa, provv�edendo altres� al pagamento delle relative indennit� 
in favore dei proprietari espropriati. Ha invece erroneamente 
ritenuto che avesse carattere decisivo, ai fini della limitazione dell'affidamento 
alla semplice esecuzione materiale dei lavori, il fatto che 
l'occupazione di urgenza dei suoli in que�stione era stata promossa 
dalla Cassa per il Mezzogiorno, non considerando che questa aveva 
espressamente dichiarato di agire � in nome e per conto del Comune � 
al quale del resto erano stati successivamente consegnati i suoli stessi 
e che l'intervento della Cassa per il Mezzogiorno, diretta in sostanza 
a sollecitare l'attivit� del comune all'esecuzione dell'opera pubblica, 
non �escludeva in alcun modo, come gi� ritenuto da questa Corte in 
un caso analogo (sentenza 14 aprile 1969, n. 1212), l'obbligo di quest'ultimo 
di provvedere all'espropriazione nel termine del biennio. 

:Pertanto, in accoglimento di tali censure, che ripropongono il 
problema dell'individuazione del soggetto responsabile dei danni lamentati 
dai proprietari dei suoli, l'impugnata sentenza va cassata. 
con rinvio. 

In quanto ai ricorsi proposti dalle sopraindicate societ� e dal 
Fusco va anzitutto �rilevato che non ha alcun fondamento l'eccezione 
proposta dal comune, il quale sostiene che tali ricorsi sono inammissibili 
per,ch� hanno forma di ricorsi principali e nel contempo sono 
condizioni all'accoglimento del ricorso principale della Cassa per il 
Mezz.ogiorrio costituendo questa un'evidente contraddittoriet� che importerebbe 
nullit� della volont� di proporre gravame. Infatti non sussiste 
la dedotta contraddittoriet� in quanto i ricorsi proposti dalle 
sopraindicate societ� e dal Fusco, anche se erroneamente qualificati 
principali, in realt�, data la preventiva avvenuta proposizione del ricorso 
principale della Cassa per. il :Mezzogiorno, assumono ai sensi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

384 

dell'art. 371 c.p.c., avendone tutti i requisiti di legge, natura di ricorsi 
incidentali. 

Venendo quindi all'esame degli anzidetti ricorsi incidentali condizionati 
� ev1dente che restano assorbiti in conseguenza dell'accoglimento 
del ricorso principale della Cassa per il Mezzogiorno i due 
motivi dedotti dalle societ�, le quali sostengono che, nel caso di accoglimento 
del ricorso principale, dovendosi escludere la responsabilit� 
della Cassa, dovrebbe conseguentemente affermarsi quella � del 
comune nonch� l'analoga censura contenuta nella seconda parte dell'unico 
motivo del ricorso del Fusco. Infatti la pronunzia emessa 
da questa Corte in ordine al ricorso principale ripropone automaticamente 
come si � gi� accennato, data la dipendenza di causa (articolo 
331 c.p.c.) per il sussistente rapporto di alternativa tra la responsabilit� 
della Cassa per il Mezzogiorno e quella del �comun�e di 
Napoli, il problema della responsabilit� di quest'ultimo, -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 9 marzo 1973, n. 651 -Pres. Rossi Est. 
Persico -P. M. Pedace (conf.) -Cassa di Previdenza per gli 
Ingegneri �ed Architetti (avv. Sorrentino) c. Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Tracanna e Gargiulo). 

Previdenza ed assistenza -Ingegneri ed architetti -Cassa di Previdenza 
degli ingegneri ed architetti -Obbligo contributivo -Individuazione 
dei soggetti obbligati -Funzionari degli Enti pubblici 
e della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione. 

La Cassa di previdenza per gli ingegneri ed architetti, che ha lo 
scopo di attuare un trattamento di previdenza a favore degli � iscritti� 
agli albi professionali, e cio� a favore d�i tutti gli ingegneri ed architetti 
che� possono per le.gge esercitare la libera professione, trae le sue 
fonti di finanziamento dai contributi diretti dei destinatari delle prestazioni 
e dai c<mtributi di coloro che si a.v�valgano degli elaborati tecnici 
degii ingegneri ed architetti (artt. 3 e 24 legge 4 marzo 1958, 

n. 179, e legge 11 novembre 1971, n. 1046), stabilendo cos�, secondo 
il criterio di mutuaiit� del sistema previdenziale, un collegamento tra 
l'obbligazione contributJiva e la destinazio1ie dei proventi. Pertanto 
sono estranei al sistema previdenziale, e quindi non hanno obbligo 
di versare i contributi, i funzionari tecnici, irnpiegati di enti pubblici, 
i quali, nel redigere i progetti, svolgono l'attivit� di servizio senza bisogno 
di iscrizione sugli albi professionali, e sono esclusi gli elaborati 
dagli stessi app1�ontati per l'ente in adempimento del ra.pporto di servizio; 
infine sono estranei al sistema previdenziale i funzionari (inge! 


~~ 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 385 

gneri) della Cassa per il Mezzogiorno, anche laddove �redigono e firmano 
progetti di opere in conglomerati cementizio, non essendo per 
essi obbligatoria l'iscrizione a.gli albi pro1essionali, cosi come ha luogo 
per i corrispondenti ifunzionari del Ministero dei LL. PP. (1). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso, denunziando violazione 
degli artt. 24 della legge 4 marzo 1958, n. 179; 6 del regolamento 
approvato con d.P.R. 31 marzo 1961, n. 521; 51 e 52 del r.d.l. 23 ottobre 
1925, n. 2357, la Cassa di previdenza tende a contrastare anzitutto 
l'affermazione della Corte di merito drca l'esistenza di un collegamento 
necessario tra l'obbligo del contributo ex art. 24 della legge 
e la natura del rapporto (esclusivamente di prestaz.ione di opera intellettuale) 
tra il professionista e l'ente nel cui interesse � redatto il 
progetto -affermazione che assume viziata da un'errata concezione 
mutualistica --e sostiene che il sistema contributivo in esame � del 
tutto autonomo rispetto al rapporto di prestazione d'opera, concernendo 
solo gli atti obiettivamente considerati in base a competenza astratta 

(elaborato tecnico di competenza di ingegnere od architetto, oggetto 
di atto amministrativo di autorizzazione, approvazione, o concessione 
da parte degli enti all'uopo indicati) e comprende anche l'attivit� 
esplicata nell'ambito di un rapporto di impiego a carattere organico, 
compatibile con l'iscrizione agli albi professionali ed espressamente 
richiamata dall'art. 6 del regolamento con riguardo all'approvazione 
dei progetti da parte delle Amministrazioni dello Stato; censura, inoltre, 
l'argomento sistematico desunto dagli artt. 24 della legge e 51 
del r.d. 25 ottobre 1925, n. 2357 richiamati dal regolamento e sostiene 
che nel primo la locuzione �committenti � � stata usata non per individuare 
una delle parti del contratto di opera professionale (e, quindi, 
non � sinonima di � cliente �) bensi per specificare -come del resto 
chiarisce l'art. 6 del regolamento -che il contributo � dovuto da 
colui per conto del quale si costruisce l'opera e non gi� da chi esegue 
materialmente quest'ultima; e che il richiamo alle seconde non � diretto 
a discriminare la natura del rapporto nel cui ambito il progetto 
� stato redatto, bensi a delineare la competenza professionale prescindendo 
dall'iscrizione agli albi. 

Le �censure non hanno fondamento. 

(1) La sentenza riveste particolare interesse perch�, in relazione al 
continuo intensificarsi dell'attivit� di taluni enti pubblici nel campo delle 
opere pubbliche e in genere dell'ediliziai-.. respinge la tesi, abilmente costruita, 
di estendere l'obbligo contributivo agli stessi Enti pubblici che si 
avvalgono dell'attivit� professionale dei propri funzionari tecnici (ingegneri 
ed architetti) e che, pertanto, si assumevano inclusi, secondo la tesi respinta 
dalla Suprema Corte, nella categoria di committenti indicata nell'art. 
24 della legge n. 179. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

386 

Secondo la ricorrente, mentre l'iscrizione all'albo professionale � 
condizione sufficiente per l'assunzione automatica ed 1obbligatoria della 
qualit� di iscritto alla Cassa di previdenza e di destinatario delle prestazioni, 
viceversa �l'obbligazione del provvento considerato cjall'art. 24 
della legge n. 179 del 1958 ha per presupposto obiettivo la mera utilizzazione 
di un progetto che formi oggetto di un atto amministrativo 
autorizzato, concessivo, ecc., indipendentemente dalla natura del rapporto 
che lega il redattore all'utilizzatore dell'elaborato ed a prescindere 
dall'iscrizione o meno del professionista all'albo. 

Una tale tesi -la quale riconduce i provventi in esame ad un 
intervento atipico dei pubblici poteri, quale tassa imposta a sogg.etti 
non fruenti direttamente del servizio coperto dalla tutela previdenziale 
(sent. Corte costituzionale n. 23 del 1968 �e n. 00 :del 1969) postulerebbe 
la previa dimostrazione che il sistema introdotto dalla 
suindicata legge deroghi al principio di impropria mutualit� che informa 
di regola la disciplina previdenziale delle categorie professionali, 
nella quale alla copertura contributiva sono normalmente chiamati 
a concorrere i destinatari delle prestazioni previdenziali e coloro 
che� ne utilizzano in qualche modo il risultato e ci� in trasposizione, 
coi necessari adattamenti, del sistema previdenziale base attinente ai 
rapporti di lavoro subovdinato. 

Ma �esattamente la sentenza impugnata � pervenuta alla dimostrazione 
del contrario, non limitandosi all'interpretazione logico-grammaticale 
della sola norma �mpositiva del contributo, ma completandola 
con l'interpretazione .sistematica e finalistica dell'intera legge. 

Gi� con riguardo all'art. 24, seppure la locuzione � committenti � 
pu� non ritenersi sinonimo dell'altra �cliente � e grammaticalmente 
riferita a �progetto� e non propriamente ad � elabor.ato tecnico�, 
nondimeno, �essendo quest'ultimo �conseguenziale alla commissione del 
progetto, quella locuzione viene a disvelare fa previsione �di un presupposto 
soggettivo dell'obbligazione contributiva, costituito dalla natura 
di un rapporto che dia luogo a prestazione di opera intellettuale 
per gli elaborati ingegneristici ed �rchitettonici; e ci� contrasta con 
la configurazione del presupposto dell'obbligazione come meramente 
obiettivo; anche con riferimento al richiamato art. 6 del regolamento, 
per ci� che attiene al riscontro, da parte degli organi amr.inistrativi 
competenti, dell'avvenuto versamento del contributo alla Cassa di previdenza 
da parte dei �committenti�. 

D'altra parte, n� quella locuzione potrebbe avere funzione speci


ficatrice del soggetto obbligato (colui per conto del quale si costruisce) 
in mancanza di qualsivoglia differenziazione tra i sistemi esecutivi dell'opera 
(direttamente o per appalto); n� il richiamo degli artt. 51 e 52 
della legge professionale contenuto nell'art. 6 del regolamento potrebbe 
:essere inteso a delimitare la sfera delle attribuzioni progettuali con 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

riferimento alla �competenza degli ingegneri ed architetti ed a prescindere 
dalla loro iscrizione all'albo professionale, poich�, avuto riguardo 
al loro contenuto (regolare l'oggetto ed i limiti della professione 
di ingegnere ed architetto); confermano n collegamento tra l'attivit� 
di produzione dell'elaborato ~ l'esercizio della professione, ed, 
indirettamente, elevano la natura del rapporto con il beneficiario della 
prestazione p�rofessionale a presupposto dell'obbligazione contributiva. 

Le conclusioni della sentenza impugnata risultano, poi, avvalorate 
da un'indagine circa la ratio della legge in relazione alle finalit� perseguite 
dal legislatore. 

La Cassa di previdenza per gli ingegneri ed architetti ebbe lo 
scopo (art. 2) di attuare un trattamento di previdenza i.v.s. a favore 
degli �iscritti � e cio� (art. 3) �di tutti gli ingegneri ed architetti che 
possono per legge esercitare la libera professione�, identificati (art. 1 
del regolamento) negli �iscritti nei relativi albi professionali nei cui 
confronti non sussiste, per legge, divieto di esercitare la libera professione 
�; e le fonti di finanziamento furono assicurate mediante contributi 
diretti dei destinatari delle prestazioni e mediante contributi 
a carico di coloro che si avvalgono degli elaborati tecnici ingegneristici 
ed architettonici (artt. 3 e 24 della legge). 

Come esattamente rilevato dalla Cassa per il Mezzogiorno, l'art. 6, 
comma secondo, del regolamento, finalizzando la misura quantitativa 
dei contributi a carico dei committenti e dei contributi individuali 
alla copertura degli oneri derivanti dalle prestazioni previdenziali previste 
dalla legge e dal regolamento, manifesta il collegamento es[stente 
tra l'obbligazione contributiva e la destinazione dei provventi al sistema 
previdenziale predisposto e conferma il criterio della mutualit� 
impropria di tale sistema. 

Ed � in base ad esso che la sentenza, facendo leva sulla dichiarata 
obbligatoriet� d.ell'iscrizione alla Cassa (art. 1 del regolamento) per 
soli ingegneri ed architetti �iscritti � negli albi pi:ofessionali ha desunto, 
per contrappos;izione, l'estraneit� dei funzionari tecnici (i quali 
svolgono l'attivit� di servizio senza bisogno di detta iscrizione) dal 
rapporto tipico di prestazione d'opera intellettuale di cui agli artt. 2230 
e segg. e.e. e l'esclusione degli elaborati dai medesimi approntati per 
l'ente da quelli rispetto ai quali sussiste l'obbligo del contributo in 
esame. 

A contrastare tale conclusione la Cassa di previdenza osserva: 
a) che la legge consente l'iscrizione nell'albo anche� a chi non esercita 

o non pu� esercitare la libera professione (salva l'ipotesi di divieto 
ex lege); b) e prevede un trattamento integrativo pensioni'stico anche 
agli iscritti alla Cassa i quali gi� fruiscono di altro trattamento pen~
ionistico; e ne desume che anche coloro i quali si valgono delle prestazioni 
di costoro sono obbligati al versamento del contributo ex ar

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

388 

ticolo 24, per il solo fatto dell'iscrizione negli albi professionali e salva 
solo l'interdizione legale dall'esercizio della professione. 

In contrario -fermo il concetto affermato in sentenza che la 
legge contempla l'eventuale attivit� collaterale della persona fisica 
non imputabile all'ente e rispetto alla quale il soggetto passivo dell'imposizione 
� chi di tale attivit� si avvale, ovvero i rapporti contrattuali 
di impiego aventi ad oggetto l'attivit� professionale -pu� 
rilevarsi l'irrazionalit� di un obbligo di contribuzione �che sia posto, 
per effetto di un'i'scrizione all'albo richiesta in esercizio di una mera 
facolt�, a carico di un soggetto al quale l'opera obiettivamente professionale 
sia istituzionalmente dovuta senza alcun bisogno di detta 
iscrizione; e che l'integrazione del trattamento pensionistico -ove 
si ammetta �che il funzionario tecni�o, nonostante la sussistenza del 
rapporto organico, sia da considerare beneficiario anche delle prestazioni 
della Cassa sol per l'iscrizione di fatto all'albo -potrebbe trovare 
copertura nei soli contributi individuali degli interessati; ed il 
fatto stesso �Che la legge non ha provveduto, in tal caso, la riduzione 
del contributo �ex art. 24 (in correlazione con quanto disposto per i 
contributi individuali eventuali), � argomento di non lieve momento 
a favore della conclusione che, nell'ipotesi in esame, l'obbligazione di 
cui si discute non sussiste affatto. 

Ove, infine, si consideri che chi si avvale dell'opera dipendente 
del professionista gi�� concorre (nel caso' della Cassa per i1 Mezzogiorno 
�con l'iscrizione all'I.N.P.S.) alla formazione del fondo necessario 
per assicurargli al termine del rapporto il trattamento di quieseenza, 
si avr� la riprova della scarsa attendibilit� della tesi che la legge 
abbia voluto imporgli anche l'onere del contributo per una seconda 
forma di previdenza, per giunta eventuale e (avuto riguardo ai massimi 
di pensione di cui alla legge del 1958) rara. 

La legge 11 novembre 1971, n. 1046 non offre alcun valido argomento 
in �senso contrario alle conclusioni fin qui attinte, come dalla 
ricorrente Cassa di previdenza si .pretende. 

Anzitutto � da escluderne il carattere interpretativo della legge 

n. 179 del 1958, come ~pu� desumersi dall'essere stata approvata ad 
oltre tredici anni di distanza, con lo scopo (esplicito dal titolo) di 
introdurre modificazioni ed integrazioni, dopo che gi� nel 1964 il legislatore 
era intervenuto, con la legge n. 983 (abrogata dalla presente), 
a modificarne la normativa relativa alle sole convenzioni per 
assistenza malattia. 
Inoltre, le modificazioni fondamentali (esclusione dall'iscrizione 
alla Cassa degli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenz? 
obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o 
comunque di altra attivit� esercitata; esclusione del contributo per 
i progetti ed elaborati tecnici redatti, in adempimento di un rapporto 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

di lavoro, da ingegneri ed archUetti alle dipendenze dei datori di 
lavoro, e delle opere, cui si riferiscono i progetti e gli elaborati stessi) 
hanno decorrenza dal 1� ~ennaio 1972, data di entrata in vigore della 
legge. 

Ci� posto, e non potendosi attribuire portata interpretativa ad 
akuni soltanto dei commi di un singolo articolo (il quinto), cui la 
ricorrente si richiama, in mancanza di espressa manifestazione di volont� 
del legislatore, rimane soltanto da stabilire se dalla nuova disciplina 
sia dato desumere argomenti di convalida o di contra,sto della 
interpretazione della precedente legge nei sensi di ,cui sopra. 

Sotto tale profilo, il rilievo che l'esclusione dell'attivit� pro~essionale 
dipendente dalla disciplina contributivo-assicurativa, per il futuro, 
conferma che per il passato ,essa vi era compresa, non � pertinente, 
tostocch� le ,conclusioni della sentenza impugnata, qui confermate, 
concernono l'attivit� costituente il ,contenuto di un rapporto 
organico e si fondano sul principio che non pu� qualificarsi giuridicamente 
come prestazione ,di opera professionale (sia pure dipen0dente) 
l'attivit� funzionale tecnica dell'ingegnere o architetto pubblico 
impiegato. 

L'altro rilievo -che essendosi indicati i soggetti passivi dell'obbligo 
contributivo ex art. 24 della legge del 1958 non pi� con la locuzione 
�committenti � bens� con l'espressione ��coloro che eseguono 
direttamente o per conto dei quali si esegue la costruzione,, l'impianto 

o l'opera �, si sia con ci� confermato che il legislatore del 1958 si era 
riferito non al committente del progetto ma al committente delle 
opere -non � accettabile, poich� proprio nelle ipotesi eccettuate 
per il futuro in ordine all'identificazione dei destinatari delle prestazioni 
professionali e di soggetti passivi� dell'obbligazione contributiva, 
la natura del rapporto in virt� del quale l'attivit� tecnica � 
prevista quale elemento sostitutivo della fattispecie (come l'iscrizione 
a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto ,di 
lavoro subordinato o comunque di altra attivit� esercitata preclude 
l'iscrizione alla Cassa di previdenza, laddove precedentemente le prestazioni 
integrative non erano precluse neppure da un trattamento 
pensionistico gi� in atto, del pari la progettazione costituente il risultato 
d� un'attivit� dovuta in adempimento di un rapporto di lavoro 
non d� luogo al provvento); e ci� costituisce indiretta ma chiara 
conferma degli intenti di mutualit� in senso lato. 
Col secondo motivo del ricor,so, denunziando violazione dell'art. 24 
della richiamata legge n. 179 del 1958 nonch� vizio di omessa motivazione 
ed omessa pronunzia su punto decisivo controverso, la ricorrente 
Cassa di previdenza attribuisce alla sentenza di non aver considerato 
-anche ad ammettere che il contributo 'Sia dovuto con riferimento 
alla competenza concreta �e non astratta degli ingegneri ed 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

architetti quelle opere per J.e quali � obbligatoria la firma di un 
professionista iscritto all'albo (opere di conglomerato cementizio, semplice 
o armato; opere soggette a licenza edilizia), col duplice conseguente 
errore: a) di aver trascurato che rispetto ai relativi progetti 
l'iscrizione all'albo dei propri dipendenti si pone non come atto facoltativo 
bensi come condizione per il legittimo svolgimento dell'attivit� 
progettuale; b) di non averne colto l'incidenza ai fini della 
qualificazione del rapporto con la Cassa per il Mezzogiorno, che andrebbe 
inquadrato tra quelli di impiego a carattere profes'Sionale (e 
non organico). 
Neppure tale censura � fondata. 
Va premesso che la Cassa per il Mezzogiorno, sebbene fornita di 
personalit� giuridica, agisce perseguendo soltanto fini statali, onde essa 
si .compenetra sostanzialmente con l'Ammini'Strazione dello Stato (Sez. 
Un., sent. 3025/67; Sez. I, sent. n. 718/70). Se, quindi, nell'attuazione 
dei propri compiti istituzionali, tra i quali rientrano la predisposizione 
dei programmi e l'esecuzione di opere straordinarie di pubbl1ca utilit�, 
incontra la necessit� di far redigere dai propri dipendenti progetti 
di ufficio relativi ad opere in conglomerato cementizio, semplice 
od armato o ad opere per le quali � richiesta licenza edilizia, non 
occorre che tali ingegneri od architetti firmatari siano iscritti agli albi 
professionali, condizione non richiesta per i corriSpondenti funzionari 
del Ministero dei lavori pubblici. 
Benvero, la prescrizione dell'art. 1 del r.d. 16 novembre 1939, 
n. 2229 ha finalit� �di prevenzione in considerazione della complessit� 
dei calcoli normalmente richiesti dall'impiego dei conglomerati (sent. 
2413/70) ed attua una riserva legale in favore della categoria degli 
.ingegneri ed architetti rispetto a quella dei geometri (art. 16 legge 
11 febbraio 1929, n. 274). � 
Ma nell'ambito della categoria coperta dalla riserva, l'iscrizione 
all'albo professionale si pone come condizione per l'esercizio dell'attivit� 
considerata solo rispetto ai rapporti di prestazione di opera intellettuale, 
libera o dipendente, e non anche con riguardo ad attivit� 
solo impropriamente professionale ma costituente prestazione impiegatizia 
di carattere organico, pur implicando, per il suo contenut� tecnico 
l'abilitazione all'ese:ricizio. 
Che, poi, in concreto, singoli rapporti possano ricondursi allo 
schema dell'impiego a carattere professionale non organico, � allegazione 
contrastata dalla prospettazione della domanda e resistita dalla 
natura intrinseca di essi quale si desume dall'art. 19 del regolamento 
organico l6 giugno 1965 della Cassa per il Mezzogiorno approvato dal 
Ministro per il Mezzogiorno ai sensi dell'art. 33 della legge 26 giugno 
1965, n. 717 (il quale sancisce il principio della esclusivit� della 
prestazione impiegatizia dei propri dipendenti, col divieto normale di ~ 
i 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

attivit� professionale esterna, e comprende negli obblighi derivanti dal 
rapporto di impiego tutte le prestazioni, anche di cara,ttere professionale, 
esplicate nell'assolvimento dei compiti di ufficio). 

Col terzo motivo del ricorso, denunziando violazione degli artt. 2, 
3 e 4 della legge n. 179 del 1958, 1, 6 e 16 del regolamento approvato 
con r.d.1. n. 521 del 1961, nonch� vizio di contraddizione, la ricorrente 
Cassa di previdenza sostiene che, anche ad ammettere un collegamento 
tra lo� status del professionista ed il progetto da lui redatto, questo 
status non pu� essere che quello di impiegato cui �dalla legge � � 
vietato il libero esercizio professionale; e, poich� per gli ingegneri 
ed architetti della Cassa per il Mezzogiomo tale �divieto legale non 
sussiste, anzi essi sono in prevalenza iscritti agli albi professionali, 
ne desume che, divenendo essi per il solo fatto di tale iscrizione destinatari 
delle prestazioni della Cassa di previdenza (senza che a quest'ultima 
sia data alcuna potest� diSl!riminatoria, salvo che per i casi 
di divieto legale), sarebbe contraddittorio ritenere l'iscrizione stessa 
irrilevante ai fini dell'obbligo contributivo, sol perch� non richiesta 
obbligatoriamente per l'espletamento delle funzioni impiegatizie. 

Anche quest'ultimo motivo � infondato. 

Proprio muovendo dalla fattispecie dell'interdizione legale dell'esercizio 
professionale ed indagandone 1a ratio (divieto di attivit� 
del pubblico impiegato incompatibile con le funzioni di istituto), si 
pu� enucleare la regola che l'iscrizione all'albo e l'attivit� professionale, 
ove consentite, riflettono rapporti collaterali ed estemi a quello 
di pubblico impiego, rispetto ai quali fa detta i.scrizione si pone appunto 
come condizione di legittimazione per l'esercizio della professione 
�e di riattivazione del meccanismo previdenziale, ma solo tra i 
soggetti interessati del distinto rapporto di prestazione d'opera intellettuale. 


Ma d� smentisce l'assioma del collegamento automatico tra iscrizione 
all'albo, ancorch� facoltativa, ed obblig�-del provvento da parte 
della Cassa per il Mezzogiorno in relazione alle progettazioni che la 
riguardano; ponendo, altres�, a carico della Cassa di previdenza un 
onere di verificazione della qualifi.cazione del rapporto in virt� del 
quale 1'1attiviit� professionali.e � e�splicata. . 

E viene anche meno l'.asse'rta contraddizione della sentenza, poich� 
essa non ha affermato gi� l'irrilevanza dell'iscrizione all'albo ai fini 
dell'obbligo contributivo, bens� ha escluso che obbligato possa esserne 
un soggetto di\'er.so da queHo verso il quale si � instaurato il rapporto 
di pr�estazione d'opera intellettuale in virt� dell'esercita.ta facolt� di 
iscrizione volontaria all'albo stesso. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 8 novembre 1972, n. 11 -Pres. 
Vetrano -Est. Schinaia -Agnolozzi ed altri (avv. Cappi) c. Istituto 
nazionale commerdo estero (I.C.E.) e Ministeri commercio 
estero e tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Giustizia amministrativa -' Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile 

o no -Pubblico impiego -Dipendenti Enti pubblici -Determinazione 
del trattamento economico -Delibera dell'Ente -Non � 
impugnabile senza approvazione del Ministero vigilante. 
Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Dipendenti Enti 
pubblici -Maggiorazione del 20 % rispetto ai dipendenti statali Diritto 
-Non sussiste -Facolt� dell'Ente. 

Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Diritti acquisiti Divieto 
di reformatio in peius -Art. 227 T.U. n. 383 d�l 1934 -Criterio 
di applicazione -Concessione di assegno personale -Sufficienza. 


Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Dipendenti Enti pubblici 
-Maggiorazione del 20 %rispetto ai dipendenti statali -Soppressione 
-Concessione di assegno personale -Determinazione 
dell'assegno -Riferimento al solo stipendio -Illegittimit�. 

La delibera del comitato esecutivo di un ente pubblico concernente 
il nuovo trattarnento economico del personale non � autonomamente 
l�siva delle posizioni giuridiche degli interessati, costituendo 
una semplice proposta dell'ente all'autorit� ministeriale prepo,sta alla 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. Francesco MARruzzo. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 393 

vigilanza e al controllo suU'ente stesso; pertanto, � inammissibile il 
ricorso giurisdizionale proposto diretta�rnente contro tale delibera (1). 

L'art. 14 d.Ugt. 21 novembre 1945, n. 722 non riconosce _ai dipendenti 
degli enti di diritto pubblico un diritto� ad ottenere una retribuzione 
del 20 % superiore a quetla degLi impiegavi detlo Stato di grado 
corrispondente, in quanto autorizza gli enti pubbUci, ai cui personali 
non siano applicabili i contratti collettivi di lavoro, ad eistendere ai 
propri impiegati H tmttamento economico dei dipendenti statali, con 
eventuale maggioll"azione di entit� non superiore al 20 % ; pertanto, 
rientra nel potere discrezionale dell'ente di stabilire non solo se determinate 
indennit� o aitri compensi che� influiscono sul trattamento 
economico complessivo dell'impiegato statale debbano essere estesi anche 
ai p1'0pri dipendenti, ma anche se su que�gli stessi compensi, successivamente 
estesi, debba essere effettuato l'aumento nel limite del 

20 % (2). 

n divieto detla reformatio in pejus stabilito dall'art. 227 t.u. 3 
marzo 1934, n. 383 importa solo che nei confronti del pubblico dipendente 
non si possono determinare reali ed effettivi peggioramenti neUe 
posizioni economiche -complessivamente gi� raggiunte, ma no'li opera 
con riferimento ad aspettative di carriera o ad indennit� varie separatamente 
considerate; pertanto, tale divieto non pu� dirsi violato ove 
un ente pubblico, pur modificando, nell'ambito della sua autonomia, 
la base normativa su cui il tmttamenvo economico � stato determinato, 
assicuri ai propri impiegati il mantenimento del trattamento� economico 
complessivamente gi� raggiunto, mediante la concessione di un 
assegno ad personam 1�iassorbibile con i successivi aumenti (nella specie, 
in sostituzione della soppressa maggio1'azione del 20 % sulfo stipendio 
goduvo da.i dipendenti statali di grado corrispon.dente) (3). 

Nel caso in cui un ente pubblico, a seguito della soppll"essione nei 
confronti dei propri impiegati, delta maggiorazione del 20 % sul trattamento 
economico spettante ai dipendenti st:atali di grado co!l"rispondente, 
sostituisca detta m,aggiorazio'lie con un assegno ad personam 
riasso!J'bibile con i successivi aumenti, illegittimamente il detto assegno 
viene limitato al solo st-ipendio e non anche al com.penso per lavoro 
straordinario ed agli scatti biennali di cui g'li interessati godevano 
all'atto dell'intervenuta modifica delLe norme sul trattamento economico, 
posto che per tale trattamento deve intendersi non gi� lo stipendio 
pu1'0 e semplice, ma quant'altro ad esso si aggip,nge in corrispettivo 
o in occasione del lavo1�0 prestato e con carattere di continuit� 
(4). 

(1-4) Cfr., nello stesso senso, Sez. IV, 19 giugno 1968, n. 400, Il Consiglio 
di stato, 1968, I, 858; sez. VI, 28 ottobre 1969 n. 595 e 26 ottobre 1971, 

n. 785, nonch� S'ez. V, 7 dicembre 1971, n. 1455, ivi, 1969, I, 1885; 1971, 
1944 e 2462. 

394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 13 -Pres. 
trano -Est. De Roberto -Cheli (avv. Aula e Villari) c. Presidente 
dell'Assemblea regionale siciliana (avv. Stato Freni). 

Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale -Decisione 
Csi. -Appello all'Ap. -Quando � ammesso -Fattispecie -Inammissibilit�. 


Ai sensi dell'art. 5 d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654, sono suscettive 
di appello da�vanti all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali 
del .Consiglio di Stato le sole decisioni del Consiglio� di giustiz.ia amministrativa 
per la Regione siciliana rese su ricorsi pll"oposti contro 
attli �e p1�ovvedimenti del.Le autorit� amministrative deUo Stato; pertanto, 
� inammissibile il ricorso all'Adunanza plenaria contro la decisione 
emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa in relazione 
aWimpugnativa di un atto della Regione (nella specie, decreto del 
presidente dell'Assemblea regionale che stabiliva, in occasione� della 
cessazione dal servizio per esodo volontm�io di un dipendente, la misi1.
ra della gratificazione prevista per il personal.e dal re1golamento 
assembleare) (1) . 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr., VI Sez. 30 giugno 1970, n. 576, Il Consiglio 
di Stato, 1970, I, 1165. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 novembre 1972,. n. 1034 -Pres. 
Meregazzi -Est. Carbone -Cattaneo (avv. Maglione, Preve e Contaldi) 
c. Ministero della pubblica istruzione (avv. Stato Bronzini). 

Competenza e giurisdizione -Demanio e patrimonio -Bellezze naturali 
-Vincolo -Violazione -Sanzione pecuniaria -Controversia Giurisdizione 
del giudice amministrativo. 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali 
-Vincolo -Violazione -Sanzione pecuniaria -Fattispecie Illegittimit�. 


Il provvedimento con il quale il Ministe.ro della pubblica istruzione, 
ai sensi dell'art. 15 legg�e 29 giugno 1939, n. 1497, ordina il 
pagamento di una somma di denaro quale sanzione per il danno recato 
alle bellezze naturaU di una localit� implica un apprezzamento 
necessariamente discrezionale, quanto meno sul ricorrere di circostanze 
turbative della bellezza naturale vincolata, sulla imputabilit� di tale 
turbativa al soggetto destinata1�io del vincolo e successivamente sulla 
possibilit� di un ripristJino, ovvero sulla convenienza di un indennizzo 

o risarcimento, ed infine sulla determinazione quantitativa deU'inden-
I 


l 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA, 395 

nizzo in correlazione con un apprezzamento in denaro del danno inferto 
aUa belLezza naturaLe che L'interesse ptUbblico voleva incontaminata; 
pertanto, la 1�elativa controve1�sia rientra neUa giurisdizione 
del Consiglio di Stato (1). 

� iHegittimo il provvedimento con il qua:Le� il Ministero della pubblica 
istruzione ordina il pagamento di una somma di denaro quale 
sanzione per il danno arrecato alle beUezze naturali di una localit�, 
ove risulti mancante il presupposto per La sanzione comminata, vale 
a dire una manomissione dell'immobile vincolato imputabile ai proprietario, 
che .integri quella violazione degli obbLighi posti daUa Legge 
di tutela paesistica punita daU'art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497 
(nelta spede, taglio di un pino seccato, auborizzato dalla Sopraintendenza 
aLla sola condizione, n� preventiva n� assoggettata ad un termine 
definito, di una sostitut'iva sistemazione a verde) (2). 

(1-2) Esatta applicazione di principi generali. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1076 (ord.za) -
Pres. Potenza -Est. De Roberto -Pugliese (avv. Tornassi) c. Presidente 
Giunta regionale del Lazio (avv. Guarino) e Mignani (n.c.). 

Enti pubblici -Commissario di Ente pubblico -Rimozione -Interesse 
sostanziale al ricorso -Dubbio -Devoluzione all'A.p. 

Giustizia amministrativa -Controinteressato -Notificazione -Presso 
l'ufficio -Non a mani proprie -Validit� -Dubbio -Devoluzione 
all'Ap. 

� dubbio, in giurisprudenza, se Le norme che disciplinano il con


. 
ferimento degli incarichi per La temporanea gestione commissariale degU 
Enti pubblici attribuiscano riLievo e tutelino anche la situazione 
individuale del soggetto investito deU'incarico; pertanto, va devoluta 
all'Adunanza plenaria d~Lle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di 
Stato la questione se tale soggettJo abbia un interesse sostanziale ad 
impugnare il provvedimento che Lo rimuove daLla carica. 

La giurisprudenza; del Consiglio di Stato secondo La quale !a' notifica 
eseguita nel Luogo di lavoro (ad esempio, l'ufficio pubblico presso 
il quale il destinatario presta servizio) � nulla se non risuiti effettuata 
in mani proprie, ma ad esempio a persona addetta aU'ufficio, merita di 
essere� riconsiderata, tenuto conto deLl'art. 3 r.d. 17 agosto 1907, numero 
642 (norma operante, ai sensi delL'art. 8, anche per i rico?"si giurisdizionali) 
e deWart. 139 c.p.c., secondo cui l'atto pu� essere anche 
consegnato a perso'J'.l,a addetta �al servizio� o all'� ufficio�; pertanto, 
la soluzione di tale questione va rimessa alla Adunanza plena?"ia delie 
Sezioni giurisdizionaU del Consiglio di Stato. 



396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1077 -Pres. 
Figliolia; Est !annotta -Residori (avv. Spano e Trabucchi) c. 
Prefetto di Verona (avv. Stato Siconolfi) e Comune di Verona 
(avv. Viola e Lombroso). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Strade e autostrade 
-Strada di accesso a complesso scolastico -Legittimit� 
dell'esproprio. 

Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi 
generali -Fondo gi� in possesso dell'espropriante -� espropriabile. 


Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi 
generali -Possibilit� di acquisto de~ fondo in via contrattuale Irrilevanza. 


Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi 
generali -Pendenza di giudizio risarcitorio -Irrilevanza. 

La costruzione di una strada di accesso ad un complesso scolastico 
costituisce un interesse specifico di naturn �oUettiva che1 giustifica 
la procedura di es.propriazione pe1� pubblica utilit� delL'area necessaria 
per la realizzazione delL'opera str�dale (1). 

La cfrcostanza che l'ente esp1�opriante sia gi� in possesso di un 
terreno non costituisce fatto ostativo al trasferimento coattivo del 
medesimo mediante espropriazione per pubblica utilit�, ove sia necessario 
sostituire al possesso la propriet� del fondo, al fine di assicurare, 
sotto ogni profilo, l'assoluta disponibilit� da parte delL'ente medesimo, 
evitando ogni contestazione da pm�te del p1�oprietario oUre che eventuali 
obbligazioni risarcitorie (2). 

L'Amministrazione non � obbligata all'acquisto in via contrattuale 
di un terreno destinato alla costruzione di un'opera di pubblica utilit�, 
in luogo di ricon�ere alla procedura espropriativa (che permette oneri 
finanziari minori rispetto a quelli derivanti dalla stipulazione di un 
cont'l'atto) allorch� per tale scelta sia tenuta ad accettare le� condizioni 
economiche richieste dal proprietario pe1� la stipulazione del contratto 
(3). 

La pendenza di un giudizio di tipo risarcitorio, nel quale sia esperita 
una azione fondava sul pregiudizio conseguente all'oc'Cupazione 
sine titulo di un immobile, non esclude il potere della P. A. di disporre 
l'espropria.zione dell'immobile occupato (4). 

(1-4) Giurisprudenza costante. Cfr., per tutte, Ap. 12 luglio 1965 n. 18, 
in questa Rassegna, 1965, I, 1003. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 lugli~ 1972, n. 2569 -Pres. Rossano 
-Est. V1alore -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Tarin) c. MHani ed altri. 

Imposte e tasse in genere -Imposta di negoziazione -Privilegio -Termine 
di validit� -Decadenza come per l'imposta di registro. 

Imposte e tasse in genere -Imposta di negoziazione -Privilegio Termine 
di decadenza -Imposta complementare -Decorrenza 
dalla data della decisione della Commissione provinciale. 

(r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, artt. 4, 5 e 16; d.l. 25 maggio 1945, n. 301, 
art. 1; d.I. 5 settembre 1947, n. 1173, artt. 4 e 5). 
Il priviLegio che assiste iL credito deHo Stato per L'imposta di 
negoziazione � soggetto a decadenza, di durata eguale alla prescrizione. 
secondo quanto stabilisce L'art. 97 della legge di registro (1). 

Il termine di decadenza del privilegio che assiste il credito per 
l'imposta complementare di negoziazione comincia a decorrere solo dopo 
la decisione della Commissione provinciale (o dopo che sia diventata definitiva 
la de�cisione del comitato direttivo degli agenti di cambio) dato che 
prima di questo momento il diritto non pu� essere esercitato (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3240 -Pres. Favara 
-Est. Montanari Visco -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Angelini Rota) c. Mannu ed altri. 

Impost~ e tasse in genere -Imposta di registro -Privilegio -Termine 
di decadenza -Imposta complementare -Decorrenza dalla data 
di registrazione dell'atto. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 97 e 136). 
Il termine previsto dall'art. 97, secondo comma, della legge di registro 
� di decadenza e decorre, nel caso di imposta complementare, dalla 
data di registrazione dell'atto o contratto a cui si riferisce il tributo (3). 

(1-3) Con le due sentenze in eisame la Cassazione ha deciso in modo 
diametralmente opposto, .per la imposta di negoziazione e per '1a imposta 



398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

(Omissis). -Con . primo mezzo, la ricorrente -denunciando la 
violazione e fal,sa applicazione dell'art. 22 ultimo comma d.l.C.P.S. 
5 settembre 1947, n. 1173 e dell'art. 97 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 
in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. -si duole che la Corte del merito, 
partendo da una erronea interpretazione dei il.imiti del rinvio contenuto 
nell'ultimo �comma dell'art. 22 del cttato d.l. del 1947, abbia ritenuto 
applicabile all'imposta di negoziazione la norma dell'art. 97, comma 
secondo, della legge di registro. L'Amministrazione assume, cio�, che 
il rinvio contenuto in detto �ar,t. 22 ( � per l'esazione coattiva dell'imposta 
di negoziazione e delle relative sopratasse si appHcano le disposizioni 
della vigente legge di registro ~) avrebbe una portata limitata, 
richiamando solo le disposizioni che concernono il modo di procedere 
in via coattiva per la riscossione delle imposte e sopratasse e non consentirebbe 
di considerare estese all'imposta di negoziazione le disposizioni 
di natura sostanziale, come quella in questione (art. 97: � 'l'azione 
si estingue nei termini stabiliti dalla presente legge per domandare 
il pagamento della tassa o del suo supplemento � ). 

La �censura � privia di fondamento. 

Le argomentazioni .svoUe al riguardo dalla Corte di merito non 
possono non trovare consenso. Come � 'stato .posto in rilievo, H privilegio 
speciale nasce bensi ex lege insieme al credito che garantisce, 
vincolando la cosa ,che ne � oggetto a favore del creditore sin dal 
momento in cui � sorta la ragione di credito, ma la sua efficacia si 
manifesta in modo pi� ,concreto nena fase esecutiva, quando cio� con


di registro, la nota questione relativa alla data di decorrenza del termine 
di decadenza del privilegio che assiste la imposta .complementare (cfr. in 
arg. Relaz. Avv. Stato, 1966-70, vol. II, pag. 645 e segg.). 

Tale difformit� non permette per� di ritenere la esistenza di un contrasto 
di giurisprudenza, perch� la Supr�ema Corte ha tenuto distinte le 
due situazioni rilevando una differenza di effetti fra il ricorso ailfa Sezione 
1srpeciale della Commissione in materia di imposta di negoziazione 
e 1quello relativo alla valutazione dei cespiti ai fini delle a:ltre imposte 
indirette. 

In proposito, e per quanto riguarda la im:r>osta ,di registro, va rilevato 
che ,con la nuova disciplina di� ,cui al d.P.R. 26 ottobl'e 1972, n. 634, 
neWart. 54, dopo ,essersi previsto nel penultimo comma che �lo Stato ha 
privi1egio. secondo le norme stabilite dal codice civile ., si dispone nell'ultimo 
.comma che �il privi1egio si estingue con il decocso di cinque anni 
dalla 'data della registrazione ., mentr.e nel 1successivo art. 74 si prevede 
,che �per gli atti ipresenta:ti per la ['egist!'azione l'imposta deve essere 
richieista a pena �di decadenza entro il termine di tr�e anni decorreillti dalla 
data in cui il'accertamento di maggior valore � divenuto definitivo ..... �. 

l!n considerazione quindi della nuova regolamentazione della materia 
il principio di cui alla seconda delle sentenze in� esame � stato accettato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

sente al creditore di soddis:liarsi assoggettando alla esecuzione forzata 
quel determinato bene anche presso il terzo acquirente. 

Orbene, il fatto stesso che, nella disciplina della cessata imposta 
di negoziazione, manchino particolari disposizioni concernenti il privileg.
io speciale, porta a considerare comprese nel rinvio le norm~ 
dettate .al riguardo per la imposta di registro, mentre, seguendo la tesi 
della ricorrente, si dovrebbe pervenire alla implicita, assurda conclusione 
che il legi1slatore, mentre formulava il rinvio, non abbia tenuto 
presente il privilegio speciale e la attualit� della sua funzione esecutiva 
nella fase di esazione coa1ttiva dell'imposta. 

N� va1le obiettare che il privilegio, essendo stabilito dalla legge 
in considerazione della causa del credito, � destinato a durare quanto 
dura il credito, giacch�, come questa Suprema Corte ha posto in eviden2)
a (Cass. 10 ottobre 1967, n. 2387), i privilegi 1speciali, risolvendosi 
in veri e propri diritti di garanzia, ben possono e1ssere co�lpiti da 
cause di estinzione autonome rispetto a quelle incidenti sul diritto garantito 
e, tra le cause di tale tipo, � da annoverarsi il decorso del termine 
previsto dall'art. 97, comma secondo, della legge d1 registro, 
che � di decadenza e non di prescrizione e, come tale, non � soggetto 
n� a sospensione, n� ad interruzione. A tale ultima conclusione il Supremo 
Collegio � pervenuto osservando (Cass. 2,4 aprile 19613, n. 1086; 
14 ottobre 1966, n. 2457; 10 ottobre 1967, n. 238'7) che, se detto termine 
fosse di prescrizione, il !richiamo all'art. 136 contenuto neHa norma in 
esame sarebbe inutile e il diritto reale di garanzia non potrebbe che seguire, 
per sua stessa .struttura, le sorti del diritto di credito cui accede; 
di qui la necessit� di ricercare una diversa ratio, che va rinvenuta 
nella necessit� di porre un limite ben determinato alla durata di un 
privilegio, svincolato da ogni pubblicit� immobiliare, per considerazioni 
che attengono al principio di certezza e tutela della propriet� immobiliare. 


Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa 

applicazione dell'art. 2935 e.e. in relazione all'art. 4 del dJ. 15 dicem


bre 1938, n. 1975 e agli artt. 4 e segg. del d.l. p settembre 1947, n. 1173. 

Si duole in particolare che fa Corte del merito, stabilendo che l'Ammi


nistrazione doveva, a pena di decadenza., esercitare l'azione esecutiva 

sugli immobili vincolati al soddisfacimento del credito entro cinque 

anni �a decorrere. dal 25 maggio 1957 (data del1a valutazione dei titoli 

rappresentativi del capitale sociale e1ffettuata dal Comitato Direttivo 

degli Agenti di Cambio), non si sia data carico di esaminare e spiegare 

in forza di quale titolo �l'Amministrazione stessa avrebbe potuto eserci


tare tale azione esecutiva. 

La censura � fondata. 

Que1sto Supremo Collegio ha affermato (Cass., 28 gennaio 1963, 

n. 141; 17 ottobre 1963, n. 2773) che, poich� l'Ufficio del Registro pu� 

400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedere all'accertamento dell'imposta complementare di negoziazione, 
dopo quello provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei 
titoli effettuata dal Comitato Direttivo degli Agenti di Cambio, l'accertamento 
suddetto non pu� essere soggetto a prescrizione. Tenendo presente, 
infutti, la disciplina dell'imposta di negoziazione (artt. 4 e 5. 

r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975 e art. 1 d.l. 2;5 maggio 1945, n. 301),. 
ora soppressa per effetto della legge 6 agosto 1954, n. 503, e considerando 
che il Comi.tato Direttivo degli agenti di Cambio non � organo 
dell'Amministrazione dello Stato, ma un collegio al di fuori della struttura 
deHa stessa, che deve procedere secondo un autonomo :procedimento, 
deve negarsi che la valutazione costituisca atto interno della 
Amministrazione e deve, invece, affermarsi che essa, prima che sia 
compiuta, � un ostacolo previsto dalla legge stessa, che impedisce l'esercizio 
del diritto di accertamento e, perci�, l'inizio� stesso della prescrizione 
del diritto dell'Amministrazione all'accertamento (art, 2935 e.e.). 
La imprescrittibilit� del diritto di accertamento prima della v�alutazione 
esclude, di .conseguenza, che possano ritenersi applicabili, per 
analogia, i singoli termini di decadenz�a e di :prescrizione, di cui rispettivamente 
aU'art. 34 r.d. n. 3269 del 19�23 (termine di decadenza previsto 
per la notificazione dell'imposta complementare di registro) ed. 
all'art. 16 del d.l. n. 1938 (prescrizione di �cinque anni dell'azione della 
Amministrazione per il conseguimento dell'imposta di negoziazione, decorrente 
dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dell'imposta 
o dal giorno dell'effettuato pagamento). 
Inoltre, dato l'accennato carattere di autonomia del procedim�nto 
collegiale che deve essere osservato dal Comitato, non pu� riconoscersi, 
sul piano giuridico, alcuna rilevanza alle eventuali negligenze� 
del Comitato medesimo a compiere la valutazione o dell'Ufficio del 
Registro a porre in condizione il Comitato di compierla. 

In applicazione di codesti princtpi, la Corte del merito ha affermato 
che il termine quinquennale stabilito dalla legge per il conseguimento 
del tributo di cui �trattasi cominci:a a decorrere, sia� ai fini della 
prescrizione del debito, sia ai fini della decadenza del irelativo privile-� 
gio, da�la data della valutazione del citato Comitato (25 maggio 1957), 
aggiungendo, per�, �che se, per effetto del ricor�so proposto daH'Ufficio� 
alla sezione speciale della Commissione Provinciale delle Imposte (ricorso 
che ha sostituito quello al Collegio peritale), fa decorrenza della 
prescriziOne era rimasta in�terrotta, non altrettanto si era verificato in 
ordine alla decadenza, in quanto quest'ultima avrebbe potuto trovare� 
ostacolo soltanto nel tempestivo ,esercizio dell'azione esecutiva sui beni 
immobili vincolati al soddisfacimento del credito. E poich� l'ingiunzione 
era stata notificata ai terzi possessori solo nel novembre 1965, 
quando il termine quinquennale era ormai largamente trascorso, fo. 
Stato era decaduto dalla azione privilegiata. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Tale tesi non pu� essere condivisa. 

La Corte milanese non ha tenuto conto che la valutazione del Comitato, 
ai 'sensi dell'art. 4 del r.d.l. n. 1975 del 1938,-� � sospesa � dal 
ricorso in secondo grado e, fino a quando non sia intervenuta la decisione 
della �suddetta sezione speciale, l'Amministrazione non � in condizione 
di poter eseguire l'accertamento del valore del titolo societario 
e quindi di procedere alla eventuale valutazione dell'imposta complementare. 


Come � ovvio, non � possibile parificare negli effetti il ricorso in 
parola alla Sezione speciale a quello del contribuente alle Commissioni 
Tributar.ie in materia di valutazione dei cespiti imponibili. Quest'ultimo, 
infatti, presuppone un accertamento di imposta comp'l.ementare gi� 
effettuato da:ll'Amministrazione, mentre, attesa la ,sospensione degli 
effetti della valutazione del �comitato in seguito al ricor.so, la decisione di 
quest'ultimo � il presupposto dell'accertamento. Prima della emanazione 
della deci-sione di secondo grado, l'Amministrazione non ha titwo per 
esercitare �l'azione esecutiva. -(Omissis). 

Il 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di impugnaz.ione l'Amministrazione 
ricorrente deduce la violazione e .falsa applicazione degli artt. 97 e 
136 della legge di .registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 32!69), dell'art. 4 
del r.d.l. .5 marzo 1942, n. 186 e degli articoli 2964 e 2935 del e.e., 
nonch� il difetto di motivazione della sentenza impugnata. 

La ricorrente, in particolare, dichiara di prestare acquie�scenza alla 

qualificazione del termine di cui a:J.l'art. 97 capover1so della legge di 

registro come termine di decadenza, ma assume che erroneamente la 

Corte d'Appello ha ritenuto �che il termine stesso decorra in ogni ca,so 

dall:a data di registrazione dell'atto tassato e quindi anche quando il 

privilegio riguardi un'imposta complementare dovuta sul maggior va


lore accertato nel giudizio di st~ma. Poich� H .principio stabilito dal


l'art. 293,5 �c.c. sarebbe applicabile anche in materia di decadenza, 

il termine stabilito dall'art. 97 capovevso della legge di registro non 

potrebbe mai decorrere prima del momento in cui il privilegio pu� 

essere fatto valere. Ne conse~e -secondo la dcorrente -che, poten


do l'imposta complementare di registro essere liquidata, ne�l caso di 

contestazione in ordine alla valutazione dei beni e a sensi dell'art. 4 

del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, soltanto in base al valore stabilito dalla 

Commissione distrettuale, l'azione di riscossione pTivilegiata non avreb


be potuto essere esercitata prima deHa decisione di detta Commissione. 

Nella .specie non sarebbe perci� intervenuta alcuna decadenza, avendo 

il relativo termine iniziato a decorrere soltanto dal 14 giugno 196'2. e 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

402 

cio� dalla data della decisione della Commissione distrettuale nella 

controversia di valutazione. 

Il motivo � infondato. 

Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema 

Corte, il pr:ivilegio che assiste l'imposta di registro ai sensi degli articoli 
97 della legge di regi,stro (r.d. 30 dicembre 19i23, n. 3269) e 2772 
cod. civ. ha natura reale e passa a carico dei terzi subacquirenti che 
all'atto dei rispettivi acquisti hanno ricevuto il bene graviato da quell'onere. 
Per esigenze di certezza dei rapporti giuridici e di sicurezza 
nella circolazione dei beni, specialmente immobiliari, il termine prev1sto 
dall'art. 97, 1secondo .comma della ilegge del registro (che .richiama 
la disposizione di cui all'art. 136, secondo comma della stessa legge, 
nel caso d'imposta �complementare) � di decadenza e non di prescrizione 
e, come tale, non subisce n� sospensioni, n� interruz.ioni: detto 
termine decorre, nel caso d'imposta complementare, dalla data di registrazione 
dell'atto o contratto a cui si rifertsce il tri:buto. 

Va, inoltre, preliminarmente considerato che i termini di decadenza 
sono perentori e che, la perentoriet� importa che il diritto non 
esercitato entro il termine prestabilito sia definitivamente perduto, 
senza che si possa indagare sulla ragione del ritardo. (cfr. Cass., 2,7 luglio 
1954, n. 4153). Mentre, infatti, il fondamento della prescrizione 
sta nell'estinzione di un diritto che, per inerzia del titolare, si presume 
abbandonato, a base della decadenza sta invece la necessit� obiettiva 
che particolari atti siano compiuti entro un termine perentorio, cosicch� 
il diritto si estingue per decorso del termine stabilito dalla legge 

o per volont� dei privati, senza riguardo alle circostanze subiettive od 
oggettive dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine. 
Assume per� la Finanza che nella specie il termine per l'esercizio 
dell'azione prevista dall'art. 97, capoverso della legge di registro 
non avrebbe dovuto decorrere dal momento della registrazione dell'atto, 
dovendo operare la disposizione di cui all'articolo 2935 e.e., relativa 
alla prescrizione ma applicabile anche .in tema di decadenza. A norma, 
infatti, dell'articolo 4 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, in caso di conte.stazione 
da parte del contribuente dell'accertamento di maggior valore 
effettuato dall'Ufficio, l'obbligo di pagamento della relativa imposta complementare 
diverrebbe attuale soltanto a seguito e .in base alla decisione 
della Commissione Distrettuale. Si tratterebbe di una causa legale impeditiva 
dello stesso inizio della decorrenza del termine.. che forma oggetto 
di discussione. 

In proposito deve osservarsi, anzitutto, che il principio enunciato 
nell'art. 2935 e.e. pu� ritenersi applicabile anche in materia di decadenza 
soltanto nei casi in cui, nella legge o nell'atto negoziale che 
stabilisca la decadenza, manchi l'indicazione del � dies a quo � : in tale 
ipotesi � evidente che bisogna considerare il giorno in cui l'atto sogget




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

to a decadenza pu� essere compiuto. Diversamente si deve opinare nelle 
ipotesi nelle quali nello stesso atto (legge od atto negoziale) che stabilisce 
il term1ne di decadenza sia fissata una determinata data di decorrenz,
a (come nella specie, in cui -come ,sopra si � esposto -la legge 
ste.ssa fa espresso e specifico riferimento alla data della registrazione 
dell'atto o contratto). 

Va inoltre osservato che, quando il fatto che impedisce l'inizio della 
decorrenza del termine � previsto come causa di sospensione.. l'applicabilit� 
dell'articolo 2'935 e.e. sarebbe comunque sottoposta ai limiti stabiliti 
dall'articolo 21964, ultima parte dello stesso codice. 

Va rilevato, poi, che quella che la Finanza deduce non � una vera 
e prop.ria causa impeditiva dell'inizio del decorso del termine, causa 
che dovrebbe avere carattere obiettivo ed essere intesa in senso giuridico 
e non consistere quindi in un mero ostacolo di fatto. 

Invero, la .controversia per la determinazione del valore agli effetti 
dell'applicazione dell'imposta di registro, controversia che sorge a seguito 
del reclamo proposto dal debitore. d'imposta, � un fatto soltanto 
eventuale. 

Dare perci� rilevanza al fatto accidentale dell'insorgenza della controversia 
di valutazione tra l'Ufficio finanziario e il contraente debitore 
d'imposta e alla durata del procedimento davanti alla Commissione 
Distrettuale s~gnificherebbe dare sostanzialmente ingresso -anche in 
materia di decadenza (.quale � quella che concerne il terzo acquirente 
e possessore dell'immobUe gravato dal diritto di .seguito spettante alla 
Finanza) e nonostante il divieto stabilito dall'articolo 2964 e.e. -a 
quella che, nei .confronti del debitore d'imposta, costituisce -secondo 
la legge tributaria -una tipica causa di interruzione e di sospensione 
della prescrizione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 177 -Pres. Giannattasio 
-Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.) -Forcato (avv. Comba) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Francisci). 

Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti 
costituenti reato -Decorrenza -Sentenza penale irrevocabile. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27; e.e., art. 2947). 
In base aLL'art. 27 deUa legge 25 settembre 1940, n. 1424, che disciplina 
la speciale materia in modo autonomo e difforme dal principio 
contenuto nell'art. 2947 e.e., la prescrizione dei diritti doganali dovuti 
in relazione a fatti costituenti reato decorre sempre dalla data in cui 
la sentenza o il decreto pronunciati nel procedimento penale diven



404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tana irrevocabiii, e ci� anche nel caso che iL procedimento penale si 
concLuda con pronunzia di proscioglimento o di dichiarazione di estinzione 
del reato (1). 

(Omissis). -Col primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione 
de1l'art. 27, ultimo comma, della legge 2,5 settembre 1940, 

n. 1424, dell"art. 2947, ultimo comma, e.e. e dell'art. 132, n. 4 c.p.c. 
in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 dello stesso codice, lamenta che erroneamente 
la Corte d'appello abbia ritenuto che il termine di prescrizione 
dell'azione per la riscossione dei diritti doganali decorresse dalla 
data della sentenza dichiarativa della estinzione del reato per prescrizione 
invece che dalla data in cui il fatto � stato commesso. 
La censura non � fondata. 

La speciale materia � infatti compiutamente regolata dalla norma 
dell'art. 27 della citata legge doganale del 1940 che, dopo avere statuito 
il termine di cinque anni per la prescrizione dell'azione dello Stato 
diretta alla riscossione dei diritti doganali, dispone che, qualora il 
mancato pagamento di tali diritti abbia causa in un reato, il termine 
anzidetto decorre dalla data in cui hl decreto o la sentenza pronunciati 
nel procedimento penale sono divenuti irrevocabili. 

Vero � che l'art. 2947 e.e. statuisce che il termine di prescrizione 
-pure di cinque anni -per i diritti .che derivano da fatto illecito 
dal giorno in cui il fatto si � verificato. Ma l'ambito della norma � del 
tutto diverso da quello del detto art. 2:7 in quanto, mentre oggetto 
della prima sono i diritti doganali spettanti allo Stato, oggetto della 
secondo invece � il diritto al risarcimento del danno ossia la riparazione 
del pregiudizio che sia derivato dal fatto illecito. Trattasi quindi 
di due prescr�.Zioni diverse, anche se il termine di entrambe� � della 
stessa durata. 

Inoltre, la norma della legge. doganale ha carattere speciale e 
quindi non pu� ritenersi derogata o modificata dalla citata, posteriore 
norma dell'art. 2947 e.e., per il .principio che lex posterior generalis 
non derogat priori speciali, ribadito dall'art. 248, ultimo comma, delle 
disposizioni transitorie e di attuazione del codice civile. 

Esattamente pertanto la Corte d'appello ha ritenuto che le disposizioni 
dell'art. 2947 e.e. sono estranee a que1le dell'art. 27 della legge 
doganale che regola la prescrizione dei diritti dello Stato e che essa 
decorre a partire non dalla data del fatto ma da quella in cui � divenuta 
irrevocabile la pronuncia del giudice penale nel procedimento che 
ne sia seguito. Dal pari esattamente ha ritenuto che detta pronuncia 

(1) Decisione da condividere pienamente; V. Cass. 20 febbraio 1967, 
n. 415, in questa Rassegna, 1967, I, 155 con nota. 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 

(sentenza o decreto) non debba necessariamente essere di condanna, 
cos� come sostiene il ricorrente. L'ampia dizione del citato art. 27 comprende 
tutte l�e pronuncie emanate dal giudice e non soltanto quelle 
di condanna, per cui non possono escludersi le sentenze di proscioglimento 
per estinzione del reato, fra cui rientra quella che nel caso in 
esame ha riconosciuto che il reato di contrabbando si era prescritto. 

Dalla data in cui tale pronuncia era divenuta irrevocabile decorreva 
dunque la prescrizione dei diritti doganali non corrisposti: e, 
poich� U 23 ottobre 1958, quando l'ingiunzione venne notificata, il quinquennio 
non si era compiuto, la decisione impugnata si sottrae alla 
mossa censura, conformemente a quanto questa suprema Corte ha gi� 
altra volta ritenuto (sent. 20 febbraio 1967, n. 415). -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, ~ez. I, 29 gennaio 1973, n. 271 -Pres. Saya Est. 
Mazzacane -P. M. Minetti (conf.) -Lenti Leo (avv. Calvario) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). 
Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Imposta 
complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vigore 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta 
complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa 
dinanzi alle commissioni -Non � idonea ad escludere 
l'obbligo degli interessi. 

(1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1 e 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; 1. 12 
giugno 1930, n. 742, art. 12). 
Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere 
liquidate per mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi 
necessari alla liquidazione, sono dovuti, per i rapporti anteriormente 
sorti e non definiti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 
1961, n. 29 (1). 

(1-4) Ancora degli interessi sui tributi complementari. 

Con le due decisioni sopra pubblicate, che si riconnettono, riassumendone 
la motivazione, alla pronunzia delle Sez. Un. 21 agosto 1972, n. 2695 
(in questa Rassegna 1972, I, 855) pu� dirsi ormai esaurito ogni problema 
sugli interessi sui tributi complementari indiretti. Quando la discussione 
divenne vivace a :seguito della pubblicazione di due dedsioni contrastanti, 



406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non ha rilevanza ai fini della corresponsione degli interessi sull'imposta 
complementare, la dichiarazione di riconoscimento di un 
maggior valore contenuta in un atto del procedimento contenzioso 
dinanzi alle Commissioni (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1973, n. 318 -Pres. Giannattasio 
-Est. Brancaccio -P. M. Gentile (conf.) -Benedetti (avv. 
Zito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). 

Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta 
complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vil?,ore della 
legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. � 

Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta 
complementare -Fatto imputabile al contribuente -Obbligo di 

I I

dichiarazione del valore venale se superiore al prezzo pattuito Non 
sussiste -Ritardo nell'adempimento -� sufficiente a fondare 
il diritto agli interessi -Esclusione della imputabilit� -Onere 
della prova. 


i

(1. 26 gennaio 19'61, n. 26, art. 1; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; r.d. 30 
f:
dicembre 1923, n. 3269, art. 73; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15 e 17; e.e., 

art. 1218 e 1224). ' ! 

Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere 

I

liquidate per mancanza degli elementi necessari, sono dovuti, per i 
rapporti sorti anteriormente, dalla data di entrata in vigore della legge 

I

26 gennaio 1961, n. 29 (3). 
Sebbene nel sistema della legge di registro non esista un obbligo 


I

del contribuente di dichiarare il valore venal� del bene trasferito, ove 

I

questo sia superiore al prezzo pattuito si che non pu� parlarsi di neces


I 

saria imputabilit� al contribuente della mancanza degli elementi neces


I 

sari alla liquidazione della imposta, tuttavia, essendo l'obbligo di co1�I 
rispondere gli interessi fondato non sulla colpa del contribuente ma 
semplicemente sulla mora, � sufficiente il ritardo nell'adempimento delI 
l'obbligazione tributaria per giustifica1�e la pretesa al pagamento degli 
interessi, salva la facolt� del contribuente di dimostrare che l'inesattezza 
dei dati sottoposti all'Amministrazione non dipende da fatto ad 
esso imputabile (4). 

in una nota su questa RASSEGNA (C. BAFILE, Gli interessi sui tributi com~ 
plementari, 1971, I, 99), esposi alcuni concetti che hanno trovato conferma 
nella g,iurisp1rudenza .successiva; se1mbra perci� opportuno ritornare sull'argomento 
per constatare che ormai ogni incertezza � fugata. 

' 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 

I 

(Omissis). -� Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando la 
violazione degli artt. 11 disp. prel. e.e., 1 legge 26 gennaio 1961, n. 29 
ed art. unico legge 28 marzo 1962, n. 147 in relazione all'art. 360, 

n. 3 c.p.c. -sostengono che dal carattere innovativo delle disposizioni 
citate discende che, qualora il rapporto giuridico di imposta complementare 
sia sorto anteriormente all'entrata in. vigore delle disposizioni 
stesse, l'applicazione di queste, anche se intervenute quando quel rapporto 
non aveva ancora esaurito i suoi effetti, importerebbe la violazione 
del principio dell'irretroattivit� della legge, sancito dall'art. 11 
delle preleggi; che pertanto, poich� nel caso di specie il rapporto giuridico 
di imposta complementare relativa alla successione di Ceo Angela 
Pasqualina, apertasi il 3 settembre 19�60, era sorto, al pari del 
presupposto per l'applicazione del tributo complementare, anteriormente 
alla data del 16 marzo 1961 di entrata in vigore della legge 
sugli interessi moratori, tale legge non era applicabile a quel rapporto, 
anche se �esso non aveva ancora esaurito i suoi effetti. 
La censura � infondata. 

Questa Corte ha gi� avuto occasione di esaminare la questione se 
gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 (interpretata 
dalla legge 28 marzo 1962, n. 147) siano dovuti, con decorso 
dall'entrata in vigore della prima delle predette leggi, sull'importo 
dell'imposta complementare di successione rispetto a rapporti tribu-

La prima e la terza massima riaffermano in modo ormai definitivo che 
la nascita dell'obbligo di corrispondere gli interessi sui debiti tributari 
anteriormente sorti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 
1961, n. 29, non contrasta col principio della irretroattivit� della legge: 
l'obbligazione gi� sorta non viene modificata dalla legge sopravvenuta, ma 
i suoi effetti, cio� la mora, rinnovandosi de die in diem, entrano sotto il 
vigore del.la nuova norma. La giurispll"Udenza � ormai fermissima (Cass., 
6 ottobre 1972, n. 2865, in questa Rassegna, 1973, I, 224; 17 aprile 1972, 

n. 1207, ivi, 1972, I, 493 e precedenti ivi richiamati) <s� che resta ormai 
superata l'unica pronuncia difforme 18 dkembre 1970, n. 27�09 (ivi, 1971, 
I, 99 con nota). 
La seconda massima tocca l'altro problema degli effetti della dichiarazione 
successiva di accettare un valore superiore a quello preso a base 
per la liquidazione dell'imposta principale, ma ancora provvisorio. Su questo 
punto, in dissenso con la Commissione Centrale, la S.C. ha gi� statuito 

(Sent. 6 ottobre 1972, n. 2865 �:it. in questa Rassegna, 1973, I, 224) che 
la dichiarazione di maggior valore contenuta nel ricorso alla Commissione 
distrettuale di valutazione non giova ad escludere l'obbligo di corresponsione 
degli interessi; ma con ci�, se si � chiarito che non pu� 
aver efficacia una dichiarazione integrativa successiva alla notifica dell'accertamento, 
� rimasto incerto se una valida dichiarazione possa esser 
fatta anteriormente ed in quale termine; si � fatto ricorso all'art. 12 della 
legge 12 giugno 1930, n. 742, ma non si � precisato quale sia nel procedi




408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tari che abbiano avuto origine prima dell'entrata in vigore della legge 

del 1961. E, mentre la soluzione negativa � stata accolta soltanto da 

una pronuncia di 'questa Suprema Corte (sent. 18 dicembre 19170, 

n. 2707), rimasta isolata, la soluzione positiv;:i, gi� affermata in precedenza 
(sent. 7 novembr�e 1970, n. 2273), � stata poi seguita da pi� 
recenti decisioni (sentt. nn. 3966/71; 441/72; 655/72; 2865/72). Da tale 
ultimo indirizzo questo Collegio non reputa di allontanarsi per i motivi 
che si passa ad esporre. 
La legge 26 febbraio 1961, n. 29, nello stabilire l'obbligo e la 
misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse 
ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di 

'omissione di formalit� o di omessa autotassazione o di insuffici-ente o 
mancata denunzia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la tassa 
o l'imposta sarebbe stata aovuta se la formalit� fosse stata eseguita o 
l'autotassazione effettuata oppure la denuncia presentata in modo completo. 


Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte 
predette, cio� a quella parte che non pot� essere ltquidata, fin 
dall'origine, per mancanza od insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, 
la legge interpretativa del 28, marzo 1962, n. 147 chiarisce che 
gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, 
salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito l'ori


mento '~ttuale il momento corrispondente alla notifica della richiesta di 
stima. 

La decisione che si annota, con riferimento all'imposta di successione, 
precisa invece che il contribuente ha l'obbligo di dichiarare il valore venale 
nel termine stabilito per la denuncia, e ritiene quindi inefficace una dichiarazione 
integrativa successiva, cio� non solo quella contenuta nel ricorso 
alla Commissione, ma anche quella che abbia tutti i requisiti di forma 
della denuncia di successione rettificativa che, sebbene vincolante per il 
contribuente, d� all'Ufficio la facolt�, ma non l'obbligo (Cass., 21 marzo 
1963, n. 682), di liquidare l'imposta sul maggior valore dichiarato; si dovrebbe 
con ci� ritenere che per l'imposta di successione, anche la denunzia� 
integrativa di cui all'art. 12 deUa legge 12 giugno 1930, n. 742, fatta nelle 
forme prescritte deve intervenire entro il termine quadrimestrale. Di notevole 
rilievo � anche l'altra affermazione che l'obbligo del contribuente 
di concorrere, fornendo tutti gli elementi necessari alla determinazione 
della base imponibile, alla liquidazione dell'imposta, comporta la necessit� 
di dichiarare il valore anche dei beni soggetti a valutazione automatica, 
con la conseguenza che l'insufficiente dichiarazione di tali valciri non esclude 
l'imputabilit� dell'omissione. Tutte queste precisazioni sono assai utili 
dopo che con la citata sentenza 21 agosto 1972, n. 2695, si era fugacemente 
accennato alla possibilit� di escludere l'imputabilit� in un momento successivo 
alla liquidazione dell'imposta principale attraverso una non precisata 
offerta � integrativa e vincolante �. 

Meno chiaro �' il problema del termine per la denuncia integrativa per 
l'imposta di registro (v. annotazione aUa sent. 9 ottobre 1972, n. 2969 cit.). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA -".OJ 

ginaria liquidazione integrale, siano dipese da fatto non imputabile al 
contribuente (nel qual caso gli interessi sul tributo complementare 
decorrono dal giorno della sua liquidazione). 

Ci� posto, rilevasi che la tesi dei ricorrenti -i quali sostengono 
l'inapplicabilit� della citata legge n. 29 del 19-61 ai rapporti tributari 
sorti pdma dell'entrata in vigore deHa legge medesima -.si fonda su 
di una rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit� 
della legge, di cui all'art. 11 delle disposiz. sulla legge in generale, la 
quale non tiene presente che, nel caso di situazioni giuridiche che non 
si esauriscono in un determinato momento, come quella che si verifica 
nella specie, detta regola lascia aperta la questioille dell'applicabilit� 
della nuova legge alla situazione ancora in atto ed agli effetti non 
ancora prodotti o tuttora pendenti di un rapporto giuridico sorto in 
precedenza. E questa Suprema Corte ha gi� risolto l'accennato problema, 
relativo alla individuazione dell'ambito di efficacia della nuova legge, 
nel senso �che questa si applica quando concorrono le seguenti condizioni: 
a) che il rapporto giuridico, sebbene sorto anteriormente, non 
abbia ancora esaurito i suoi effetti; b) che la norma innovatrice non sia 
diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti 
di esso (sent. nn. 1885/70; 1175/66). A tali criteri questo supr�emo Collegio, 
ha fatto ricorso anche per stabilire l'ambito di applicabilit�, nel 
tempo, della citata legge n. 219 del 1961, affermando che la decisione 
la quale, con riguardo ad una successione mortis causa apertasi prima 
dell'entrata in vigore della legge menzionata, dichiara il contribuente 
tenuto a pagare gli interessi di mora sull'imposta complementare, con 

!Ma ora che, come fra breve si vedr�, gli interessi sull'imposta comp.1ementare 
sono stati riportati nel concetto della mora, non pu� pi� essere 
sufficiente una semplice dichiarazione di valore, sia pure accompagnata 
da una offerta non formale di pagamento: per eliminare la mora � necessario 
l'effettivo pagamento e se questo non pu� aver luogo perch� manca 
la liquidazione dell'imposta (che sarebbe qualcosa di intermedio tra la 
principale e la complementare e che l'Ufficio non ha l'obbligo di liquidare) 
le �conseguenze debbono r.icadere sul debitore �che non ha consentito di liquidar.
e l'intero tributo in via principale. iSi dovrebbe quindi �concludere che la 
denuncia integrativa pu� produrre effetto solo se interviene prima della 
liquidazione dell'imposta principale e quindi per l'imposta di successione 
prima della scadenza del termine per la denuncia e per l'imposta di registro 
prima della registrazione. 

L'interesse maggiore � offerto dall'ultima massima. 

Era stato da pi� parti tentato di porre come fondamento dell'obbligo 
degli interessi la colpa del contribuente (il fatto imputabile al contribuente) 
allo scopo di poter escludere l'obbligo quando il comportamento del contribuente 
potesse essere giudicato non colpevole, ogni volta cio� che la 
mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione potesse 
ritenersi, pi� o meno benignamente, giustificata. Nella precedente nota era 
gi� stata segnalata l'insostenibilit� di questa tesi che, oltre tutto, avrebbe 
dato agli interessi sull'imposta complementare una qualificazione del tutto 



410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decorrenza dall'entrata in vigore della legge medesima, non comporta 
l'attribuzione a questa di effetti retroattivi. Invero il pagamento dei 
suddetti interessi non deriva da un fatto verificatosi anteriormente alla 
entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, ossia dell'apertura 
della successione, ma dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione 
tributaria e, quindi, da un fatto che, protraendosi nel momento in cui 
le nuove norme sono entrate in vigore, cade sotto la disciplina di 
queste, in conformit� ai principi generali che regolano la successione 
delle leggi, nel t,empo. Si ha, infatti, una situazione di mora che si 
rinnova de die in diem, onde non pu� dirsi che essa si sia interamente 
verificata sotto l'impero della precedente legge e per nulla sotto quello 
della nuova. 

N� pu� giovare alla tesi dei ricorrenti il richiamo alle norme ed 
ai principi comuni che richiedono la liquidit� del debito, quale presupposto 
degli interessi di mora, poich� a tali principi le leggi n. 29 
del 1961 e n. 147 del 1962 hanno espressamente derogato con lo 
stabilire la decorrenza degli interessi del tributo complementare da un 
momento anteriore a quello della sua liquidazione, cio� da quando � 
dovuto il tributo principale che, con riguardo alfimposta di successione, 
� esigibile entro sei mesi dalla morte del de cuius (art. 64 in 
relazione all'art. 53, n. 3 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270). 

Con il secondo ed il quarto motivo, che per la loro connessione 
vanno esaminati congiuntamente, i ricorrenti -denunciando la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 51, escondo comma, 72, 73, del 

diversa dagli interessi sull'imposta principale; tuttavia anche la S.C. aveva 
accolto questa tesi (sent. 8 marzo 1972, n. 655, Riv. Leg. fisc., 1972, 1687) 
pur precisando che la colpa del contribuente deve intendersi presunta. 

Ma le Sez. Unite con la citata sentenza n. 2695/72, oggi ripresa, hanno 
seguito una diversa via. Se pur � vero che per l'imposta di registro non 
esiste un obbligo del contribuente (obbligo che invece, come statuisce la 
prima delle sentenze in nota, sussiste per l'imposta di successione) di dichiarare 
il valore venale del bene trasferito, dovendosi soltanto indicare nell'atto 
o nella denuncia soggetti a registrazione il prezzo o il corrispettivo 
che pu� essere, anche indipendentemente da simulazione, inferiore al valore 
venale, e se, di conseguenza, non pu� dirsi che la mancanza degli elementi 
occorrenti all'integrale liquidazione dell'imposta in via principale � di 
per s�, in quanto violazione di un obbligo giuridco, sempre un fatto col-
pevole, � tuttavia incontestabile che il contribuente ha il dovere di cooperare 
alla liquidazione dell'imposta e quindi l'onere di fornire tutti gli elementi 
occorrenti, se vuole sottrarsi alle conseguenze che la legge prevede 
per l'ipotesi che la liquidazione dell'integrale tributo venga ritardata (sopratassa 
e interessi). L'ordinamento tributario, sottolineano le Sez. Unite, 
"tende ad evitare l'inconveniente (che l'imposta non sia liquidata sulla 
base dei valori effettivi) stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, 
da parte dei contribuenti, dell'obbligazione tributaria ed il tempestivo 
adempimento �. Da ci� discende che gli interessi sulle imposte indirette 
istitidti con la legge 26 gennaio 1961 n. 29, se pure si diversificano 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 

r.d. 30 dicembre 1923~ n. 3270, 4 del d.l. 5 marzo 1942, n. 186, 1, 2 e 3 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29, e art. unico legge 28 marzo 1962, 
n. 147, 15, 16, 17, 18 e 19 del r.d. 1936, n. 1639, nonch� omessa o insufficiente 
motivazione (art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.) -sostengono che la 
Corte del merito ha apoditticamente affermato che la divergenza fra il 
valore dichiarato e quello accertato dipendeva da fatto imputabile ai 
contribuenti, senza compiere alcuna indagine sulla condotta dei contribuenti 
stessi (secondo motivo); e senza considerare che essendo stata 
indicata, nella denuncia di successione la � natura � dei cespiti di cui 
sub 1, 2, 3 dell'avviso di accertamento, per i quali operava la valutazione 
automatica, i contribuenti avevano posto l'Ufficio in condizione 
di provveder.e immediatamente, per essi, alla liquidazione di imposta. 
La censura � infondata. 

La liquidazione dell'imposta di successione avviene con il concorso 
dell'attivit� del soggetto passivo del rapporto tributario, chiamato 
dalla legge a fornire gli elementi necessari per la determinazione 
quantitativa dell'obbligazione tributaria e, quindi, della prestazione 
dovuta. Tale concorso si realizza con l'adempimento dell'obbligo (stabHito 
dall'art. 51 del r.d. 30 dicembre 192�3, n. 3270) di fornire, mediante 
la prescritta denuncia, una particolareggiata notizia dei beni 
compresi nella successione, la dichiarazione del loro valore e 1e indicazioni 
sufficienti per far conoscere la natura, la situazione e l'importanza 
economica dei vari beni. E l'art. 15 del r.d.l. 7 agosto 1936, 

nell'applicazione ad ipotesi particolari, hanno sempre un'unica natura, sono 
sempre interessi moratori, diretti soltanto ad equilibrare la posizione delle 
due parti, quando vi sia ritardo, nella soluzione del debito. Anche se gli 
interessi sulle imposte indirette si distinguono per alcuni particolari aspetti 
da quelli dell'art. 1224 e.e. si fondano sempre sulla mora, intesa (art. 1218 
e.e.) come �ritardo dovuto a causa imputabile al debitore�. E' invece da 
escludere ogni carattere sanzionatorio ricollegabile alla infedelt� della 
denuncia. 

In tal modo viene eliminata, con evidente coerenza, ogni possibilit� 
di datre una div;ersa definizione agli inte,ressi dov;uti per i vari tipi di 
imposta e particolarmente di diversificare quelli sull'imposta complementare 
da quelli sull'imposta principale. Il ritardo nell'adempimento d� sempre 
luogo alle stesse conseguenze; comunque si distribuisca il pagamento 
dell'intero tributo nel tempo, il risultato deve essere sempre il medesimo. 
Il contribuente che avendo fatto una dichiarazione fedele non paga l'imposta 
principale gi� liquidata, non pu� trovarsi in una posizione diversa o 
deteriore rispetto al contribuente che egualmente non paga integralmente 
il tributo per non aver dichiarato i valori reali. Ed ancor meno potrebbe 
ammettersi una diversit� di disciplina, come rilevano le Sez. Un., tra l'imposta 
di successione, e le altre imposte per le quali esiste un obbligo di 
dichiarazione del valore venale, e l'imposta di registro. 

La conclusione �, pertanto, che il ritardo rispetto all'esigibilit� del tributo 
principale � da solo sufficiente a fondare la pretesa di pagamento 
degli interessi sull'imposta complementare e che non � necessaria la dimo




412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 1639, con riferimento al secondo dei suddetti elementi, precisa che 
il valore, cui va commisurata l'imposta, � quello venale, in comune 
commercio al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli 
elementi di cui al successivo art. 16. 
Nella specie la commissione centrale ha ravvisato nella divergenza 
fra il valore dichiarato dai contribuenti (L. 5.054.084) e quello poi 
concordato (L. 96.320.000) il presupposto per l'applicazione degli interessi 
di mora con decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale, 
ritenendo, con motivazione sobria ma sufficiente a sorreggere il 
convincimento espresso, che: la differenza fra il valore dichiarato e 
quello concordato non poteva derivare, considerata la sua entit�, da 
un ragionevole diverso apprezzamento degli elementi assunti dalla legge 
a base della determinazione del valore veriale, ma da fatto imputabile 
ai contribuenti. 

Con il terzo mezzo i ricorrenti -denunciando la violazione e falsa 
applicazione delle leggi n. 2:9 del 1961 e n. 147 del 1942, in rel�z.ione 
all'art. 12 della legge 12 giugno 1930, e degli artt. 1218 e 12:20 e.e. sostengono 
che erroneamente la commissione centrale ha escluso che 
l'offerta degli eredi, in occasione del ricorso alla commissione distrettuale 
(24 aprile 1962) di elevare il valore dell'asse ereditario a lire 
88:926.980, cio� in misura vicina al valore successivamente concordato, 
avesse l'effetto di eliminare le conseguenze derivate, in sede di valutazione 
dei beni ereditari, dalla non fedele indicazione del loro valore 
nella denuncia di successione a suo tempo presentata. 

Anche tale censura � infondata, alla stregua delle considerazioni 
svolte con recente decisione (sent. 6 ottobre 1972., n. 2�86�5) che devono 
essere qui ribadite, in mancanza di validi argomenti in contrario. 

Invero dal combinato disposto degli artt.. 51, 55, comma terzo del 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 15 e 16 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 
straziane ulteriore della colpa del contribuente, non gi� perch� questa � 
presunta ma perch� essa non � la fonte dell'obbligazione. 

Resta tuttavia al contribuente il potere di dimostrare, con onere a suo 
carico che �la non esattezza dei dati sottoposti all'Amministrazione non 
� imputabile a fatto di esso �contribuente"� Ma anche questo problema si 
pone in modo del tutto nuovo. 

Si � visto che la norma dell'art. 3 della legge n. 29 del 1961 integrata 
dalla norma interpretativa della legge n. 147 del 1962 � l'esatto corrispondente 
dell'art. 1218 e.e. Ci� significa che il fatto non imputabile deve consistere 
in un � fatto impeditivo della produzione deU'effetto normalmente 
connesso alla fattispecie �, ossia nella � impossibilit� � di fornire tutti gli 
elementi occorrenti per la liquidazione integrale del tributo. Il fatto non 
imputabile al contribuente ha cio� la stessa natura dell'impossibilit� della 
prestazione per causa non imputabile al debitore dell'art. 1218 e.e. 

Ora, senza entrare in questa sede nell'intricato problema della definizione 
della impossibilit� ex art. 1218 e.e. (se si tratti cio� di impossibilit� 
obiettiva ed assoluta o fatto che esclude la colpa contrattuale) si pu� facil




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

si evince che il contribuente ha l'obbligo non solo di dichiarare il 
valore effettivo dei beni ,caduti nella successione, ma anche quello di 
provvedere a tale adempimento nei termini stabiliti per la presentazione 
della denuncia di successione. 

Conseguentemente, l'indicazione successiva da parte del contribuente 
di un maggior valore dell'asse ereditario -fatta in sede di ricorso 
alla commissione tributaria -come non obbliga l'ufficio ad acce:ttarla, 
cos� non elimina, poich� � in corso lla liquidazione del tributo in via 
contenziosa, quella situazione di carenza o insuffidenza degli elementi 
occorrenti alla liquidazione del tributo complementare che si ricollega, 
generi:camente, alla non esatta dichiarazione del contribuente nella 
denuncia di successione. 

Ci� trova conferma in quanto, appunto in materia di imposte di 
successione, ,questo Supremo Collegio ha avuto occasione di affermare 
(sent. 21 marzo 1963, n. 682.): il denunciante, anche oltre i limiti 
dell'art. 2732 e.e., pu� rettificare in una successiva dichiarazione gli 
elementi di fatto in precedenza indicati per l'accertamento del valore 
imponibile. In tal caso, l'eventuale maggiore valore in essa indicato 
� vincolativo per il contribuente e d� facolt� all'ufficio di acquisire 
immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare del tributo, senza 
che ne resti paraiizzato il corso del giudizio di congruit�. Ora, se trattasi 
di una facolt� dell'ufficio, ne consegue che questo, essendo libero 
di avvalersene, non � in alcun modo vincolato dalla rettifica operata 
dal contribuente. 

La soluzione accolta da questa Corte con la sentenza 26 ottobre 
19,72, n. 2:865 -e qui riaffermata -non contrasta con la prece� 
dente dedsione 8 marzo 1972, n. 655. Infatti, in quest'ultima pronunzia 
si fa riferimento ad una dichiarazione suppletiva, cio� ad una dichia


mente affermare che l'impossibilit� idonea ad escludere la mora �, particolarmente 
nelle obbligazioni percuniarie, un evento di una assoluta eccezionalit� 
di cui quasi non potrebbero darsi esempi. Non sar� cio� la prova 
contraria ad una presunzione di colpa nel comportamento del contribu�nte 
ossia una pi� o meno credibile giustificazione dell'insufficiente o infedele 
denuncia ci� che potr� ,escludere l'obbligazione degli-inter,essi; sar� necessaria 
la dimostrazione di una impossibilit� che, comunque la si voglia definire, 
deve sempre concretarsi in uno di quei fatti che, in relazione agli 
art. 1218 ,e 1224 e.e., escludono la morra del debitore che non ha adempiuto 
l'obbligazione. E' cio� ben chiara la differenza tra la non colpevolezza del 
comportamento, isolatamente considerato, del contribuente che dichiara il 
valore e la non imputabilit� del fatto che rende impossibile la dichiarazione 
completa e fedele. 

Se, in conclusione, gli interessi sull'imposta complementare possono 
essere non dovuti nella stessa situazione in cui possono non essere dovuti 
gli interessi dell'art. 1224 e.e., si pu� dire che il problema non esiste in 
concreto. 

C. BAFILE 

414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

razione eseguita nel termine di cui all'art. 12, comma terzo, legge 
12 giugno 1930, n. 742, e nelle forme di cui all'art. 72 della legge organica 
sulle imposte di successione. Invece, nel caso in esame, non si 
tratta di una dichiarazione nel senso suddetto, non solo perch� l'offerta 
dei contribuenti era priva dei requisiti indicati, ma anche perch� era 
diretta alla commissione distrettuale e non gi� all'ufficio impositore. 

(Omissis). 

II 

(Omissis). -Col primo mezzo del ricor.so il Benedetti -deducendo 
� violazione dell'art. 11 disposizioni preliminari del codice civile 
-errata interpretazione della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e 
della legge 28 marzo 1962, n. 147 � -sostiene che gli interessi moratori 
previsti da queste leggi a favore della Finanza dello Stato non 
sono dovuti per i rapporti, come quello di specie, sorti anteriormente 
all'entrata in vigore della prima legge. 

Il mezzo ripropone in termini immutati una questione gi� pi� 
volte esaminata da questa Suprema Corte, che con gliurisprrudenza 
che pu� definirisi consolidata, l'ha risolta in senso sfavorevole alla tesi 
del ricorvente. 

Come in altra occasione ha affermato questo Supremo CoUegio, 
in tema di successioni di leggi, la legge nuova pu� applicarsi anche ad 
un rapporto giuridicamente sorto anteviormente, purch� esso non abbia 
ancora esaurito i suoi effetti, e si tratti di norma diretta e regolare 
non il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di 
esso. Ci� si verifica per la situazione disciplinata dalle disposizioni 
delle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962, le quali fissano la decorrenza 
deg.U interessi di mora sul tributo complementare al momento 
in cui � dovuto il tributo principale. 

Queste disposizfoni si applicano anche quando il rapporto tributario 
inerente al tributo p1�incipale sia sorto anteriormente alle leggi 
stesse, giacch� l'obbligo del pagamento degli interessi moratori non 
deriva da un fatto verificatosi in un momento anteriore all'entrata in 
vigore di 'esse, ma dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria, 
e cio� da un fatto che, protraendosi fino all'entrata in vigore 
delle nuove norme, rientra nella disciplina di queste. 

La mora, invero, d� luogo ad una situazione che si rinnova de die 
in diem onde non si pu� dire che essa siasi interamente verificata sotto 
l'impero della precedente legislazione e per nulla sotto quella della 
nuova (cfr. la sentenza n. 3396 del 23 novembre 1971, a cui sono sostanzfalmente 
conformi molte altre fra le quali quelle nn. 6'55 dell'8 
marzo 1972 e 1207 del 17 aprile 1972). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 

Alla stregua di questi rilievi, il motivo di ricorso deve essere disatteso, 
siccome infondato. 

Col secondo mezzo il Benedetti -insistendo nella deduzione della 
violazione delle leggi nn. 2�9 del 1961 e 147 del 1962 -assume che 
in ogni caso gli interessi moratori erano dovuti non, come ha ritenuto 
la sentenza impugnata, dall'entrata in vigore della prima legge, ma 
dal momento della liquidazione, in quanto la mancanza o l'insufficienza 
degli elementi occorrenti per la liquidazione del tributo complementare 
non era dipeso da fatto a lui imputabile: un tale fatto non si 
poteva ravvisare, come � stato affermato nella detta sentenza, nella 
sua dichiarazione non veritiera circa il valore venale del bene trasferito, 
in quanto egli in base alla legge di registro, aveva l'obbligo di 
dichiarare non quel valore, ma il prezzo effettivamente pagato, obbligo 
che aveva regolarmente adempiuto. 

Anche questo motivo non pu� essere accolto. 

E' vero che, come hanno affermato le Sezioni Unite di questa Suprema 
Corte (cfr. la sentenza n. 2695 del 21 agosrto 1972), sia dagli 
artt. 73 e .seguenti della legge organica di regi<stro che dall'art. 17, 

n. 1 del decreto legge 7 agosto 1936 n. 16139 si desume che il contribuente 
non ha J.'obbligo di fare risultare il valore venale del bene oggetto 
del trasferimento e quindi che la commisurazione delle imposte 
di registro 1su tale valore, come prevista dall'art. 15 del citato decreto 
n. 1639 del 1936, non si pu� ricollegare ad un correlativo obbligo di 
denuncia del contribuente; ma queste affermazioni non sono incompatibili 
col riconoscimento della responsabilit� del contribuente per 
gli interessi di cui alle pi� volte ricordate leggi nn. 29/61 e 147/62 
fin dal momento della liquidazione della imposta principale o, se codesta 
liquidazione � antecedente alla prima di quelle leggi, come � 
accaduto nella specie, dall'entrata in vigore della medesima legge. 
Nella citata sentenza delle Sezioni Unite � stato il'ilevato che 

� l'imposizione dell'obbligo del pagamento degli interessi moratori sul 
tribunale �complementare trova il suo fondamento sufficiente nel ritardo 
nello adempimento dell'obbligazione tributaria di natura complementare 
rispetto alla data di esigibilit� deHa imposta liquidata in via 
principale � e che, poich� si tratta di interessi fondati sulla mora, cio� 
sul rita~do dovuto a causa imputabile presuntivamente al debitore, a 
norma dell'art. 1218 1cod. civ., per il sorgere dall'obbligo ad essi relativo 
non � necessario che �lAmministrazione, provi, oltre H ritardo, 
la colpa del contribuente, � ma incombe a quest'ultimo dimostrare che 
la non esattezza dei dati �sottoposti all'Amministrazione non � imputabile 
a fatto di esso contribuente �. 
Questa interpretazione delle leggi del 61 e del 62 nella parte che 
qui interessa, non � messa in discussione da alcun serio ar.gomento 

10 


416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in senso contrario e, pertanto, va seguita anche neHa decisione nel 
caso di specie. 

L'applicazione a questo dei principi enunciati comporta chJe si 
deve riconoscere che la sentenza impugnata � incorsa in errore quando 
ha individuato 11 fatto generatore della responsabilit� del Benedetti 
nella dichiarazione di costui non veritiera in ordine al valore venale 
del bene trasferito; ma da questo errore non consegue l'ingiustizia sostanziale. 
della statuizione della Corte di Appello: questa statuizione 
resta giusta, in quanto pu� essere riferita anche all'accertamento contenuto 
nella sentenza dei due fatti rilevanti ai fini della responsabilit� 
del Benedetti, fatti pacifici e comunque non contestati in questa sede, 
cio� il ritardo nell'adempimento deHa obbligazione tributaria e l'omissione 
da parte del contribuente di deduzioni probatorie rivolte a superare 
la presunzione della sua colpa al riguardo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 febbraio 1973, n. 380 -Pres. Giannattasio 
-Est. Montanari Visco -P. M. Del Grosso (diff.) -Giglio 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). 
Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso 
-Prescrizione -Regione Siciliana -Legislazione concorrente 
con quelia statale -Legge regionale Siciliana 30 luglio 1969; n. 29 Applicabilit� 
per il periodo anteriore della legislazione statale in 
materia di prescrizione. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14 e 20; 1. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 4; 1. 6 
ottobre 1962, n. 1493, art. 2; d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, art. 6; I. reg. sic. 
30 luglio 1969, n. 29). 
Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di 
lusso -Prescrizione -Decadenza -Successione di legi,V -D.L. 11 
dicembre 1967, n. 1150 che istituisce l'obbligo di presentare la denuncia 
della decadenza gi� verificatasi -Applicabilit� per gli atti 
stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960 n. 35 Esclusione 
per gli atti di data anteriore per i quali la decadenza 
si avvera successivamente. 

Poich� la Regione siciHana ha, in materia tributaria, potest� legisla.
tiva concorrente con lo Stato, prima che con la legge regionale 
30 luglio 1969, n. 29 venisse in via autonoma disciplinata la prescrizione 
dell'azione di recupero dell'imposta nel caso di decadenza dalle� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 

agevolazioni in materia edilizia, era operante in Sicilia la nonnativa 
dettata dalle leggi statali 2 febbraio 1960, n. 35, 6 ottobre 1962, n. 1493 
e 11 dicembre 1967, n. 1150 (1). � 

La prescrizione dell'azione della Finanza per il recupero dell'imposta 
ordinaria nel caso di decadenza dalle agevolazioni in materia 
edilizia � soggetta ai termini diversi che le leggi succedutesi nel tempo 
(2 febbraio 1960, n. 35, 6 ottobre 1962, n. 1493 e 11 dicembre 1967, 

n. 1150) hanno stabilito; tuttavia, mentre i predetti termini operano 
per le prescrizioni che non siano ancora maturate alla data di entrata 
in vigore delle singole leggi, la particolare disposizione dell'art. 6 del 
d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (che impone al contribuente di denunciare 
la causa di decadenza e fa decorrere la prescrizione triennale 
dal momento della denuncia) � applicabile per il passato solo per gli 
atti stipulati dopo l'entrata in vigore delLa legge 2 febbraio 1960, n. 35, 
quale che sia il tempo in cui la decadenza si verifica (2). 
(Omissis). -Con atto di compravendita del 31 marzo 1958, registrato 
il 19 aprile 1958, iGovanni Giglio acquistava da Andriolo Paolo 
mq. 480 di area edificabile in Caltanis~etta .per il prezzo di L. 16.800.000. 
L'atto veniva registrato con le agevolazioni previste dalla legge regionale 
18 ottobre 1954, n. 37. 

Essendo fallito l'Andriolo, a seguito di azione promossa dal curatore 
H tribunale di Caltanissetta, con sentenza 7-18 marzo 1961 (regi


(1-2) La prima massima costituisce applicazione ineccepibile della regola 
gi� affermata (Cass., 30 giugno 1971, n. 2053, in questa Rassegna, 1971, 
I, 914) della legislazione concorrente dello Stato e della Regione Siciliana 
in materia di imposte. 

La seconda massima, nel suo contenuto esplicito, � una puntuale applicazione 
della norma: il meccanismo introdotto con l'art. 6 del d.l. 11 dicembre 
1967, n. 1150 (prescrizione triennale, ma decorrente dalla data della 
denuncia di avvenuta decadenza che il contribuente ha l'obbligo di presentare) 
� applicabile anche agli atti stipulati anteriormente, ma dopo 
l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35; ci� risulta chiaramente 
dalla modifica apportata con la legge di conversione 7 febbraio 1968 

n. 26 al testo originario del decreto legge, ed era gi� stato affermato dalla 
S.C. (sent. 15 marzo 1971, n. 725, Riv. Leg. fisc., 1971, 1813). Da ci� consegue 
che per gli atti registrati dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 
del 1960 la prescrizione � ormai sempre regolata dal d.l. n. 1150 del 1967. 
Pi� interessante � il contenuto implicito della massima, cio� il regime 
a cui sono soggetti gli atti registrati anteriormente all'entrata in vigore della 
legge 2 febbraio 1960, n. 35 e per i quali prima di questa data non era 
ancora maturato il termine di prescrizione. 

E' stato talvolta affermato che per individuare la legge che regola la 
prescrizione bisogna fare riferimento alla data di registrazione dell'atto 
(Cass., 10 luglio 1968, n. 2398, ivi, 1969, 296; Comm. Centr., �22 aprile 1971, 

n. 5887, ivi, 1971, 1079). Altre volte invece, (ed anche nella sentenza in 
nota pur se la questione non formava oggetto di ricorso) si � ritenuto che 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

strata il 28 marzo 1961), revocava l'atto di compravendita a sensi dell'art. 
67. legge fallimentare. 
Con atto notificato in data 8 settembre 1969 l'Ufficio del Registro di 
Caltanissetta ingiungeva al Giglio il pagamento della somma di lire 

1.793.700 per imposta suppletiva di registro ed accessori sull'atto di 
compravendita sopra indicato e per effetto del.la revoca delle agevolazioni 
gi� riconosciute, non essendosi provveduto alla costruzione di 
un fabbricato di civile abitazione non di lusso nei termini prescritti 
(31 dicembre 1965). 
In data 6 ottobre 1969 il Gigl1o proponeva opposizione contro la 
suddetta ingiunzione davanti al tdbunale di Caltanissetta e il Ministero 
delle Finanze, mentre chiedeva il rigetto della domanda, chiedeva 
in via riconvenzionale che il Gigilio fosse condannato al pagamento 
della somma di L. 1.865.700. 

Il tribunale, con sentenza 8 luglio 1970, rigettava l'opposizione e 
condannava il Giglio al pagamento della somma di L. 1. 790.050 e degli 
interessi semestrali del 3 % sulla somma di L. 1.260.000 a decorrere 
dal 18 marzo 1969. 

Il Giglio proponeva impugnazione e la Corte d'appello di Caltanissetta, 
con sentenza 16 giugno 1971, in parziale riforma della sentenza 
del tribunale, dichiarava prescritti gli interessi tributari di mora sulla 
somma di L. 1.260.000 dovuti fino all'8 settembre 1964 e dichiarava 
compensafo tra le parti un quinto delle spese del primo grado di giudizio, 
confermando nel resto la sentenza impugnata. 

non � la data della registrazione, ma la data della decadenza dalla agevolazione 
quella che determina il riferimento temporale alla legge in vigore, 
si che ove la decadenza si avveri dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 
del 1960 la prescrizione applicabile sar� quella di cinque o di sette anni, 
quale che sia la data della registrazione (Cass., 7 novembre 1970, n. 2271, 
in questa Rassegna, 1971, I, 358). La seconda soluzione sembra la pi� corretta. 
Le leggi del 1960 e del 1962 non incidono minimamente sulla obbligazione 
tributaria, ma soltanto sulla prescrizione del diritto alla percezione 
dell'imposta ordinari.a quando per un evento successivo ed estrinseco all'atto 
si verifica una decadenza dall'agevolazione, decadenza che segna il dies 
a quo del corso della prescrizione; se la decadenza cade sotto il vigore della 
legge sopravvenuta la relativa prescrizione sar� da questa regolata, senza 
che con ci� si attribuisca alla norma efficacia retroattiva. Resta dubbio 
invece se possa ritenersi applicabile la prescrizione di cinque e poi di sette 
anni per gli atti registrati anteriormente alla legge n. 35 del 1960 e per 
i quali anche anteriormente a tale data si sia avverata la decadenza, ma 
tuttavia il termine di prescrizione, bench� in corso, non sia ancora compiuto. 

Si pone per� una ulteriore questione. La prescrizione di cinque anni 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35, come pure quella di sette anni della 
legge 6 ottobre 1962, n. 1493, decorre dalla registrazione dell'atto a differenza 
di quella triennale dell'art. 136 della legge di registro che decorre 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 

La Corte osservava in motivazione: 1) che l'atto di compravendita 
dell'area edificabile tra l'Andriolo e il Giglio era stato registrato il 
19 aprile 19518 con l'applicazione dell'ag�evolazione fiscale (tassa fissa) 
prevista dalla legge regionale n. 37 del 19<54 e che la sentenza del 
tribunale di Caltanissetta del 18 marzo 1961 (registrata il 28 marzo 
1961), pronunciante la revoca della compravendita a sensi dell'art. 67 
legge fallimentare, aveva importato la decadenza dell'agevolazione 
fiscale, essendosi ritrasferita l'area venduta senza che fosse stata eseguita 
alcuna costruzione edilizia; 2) che per il principio generale di cui 
all'art. 29.35 e.e. l'inizio deUa decorrenza del termine di prescrizione 
coincideva -quando era applicabile l'art. 136 della legge del registro 
e successivamente quando erano entrate in vigore le leggi n. 35 del 
1960 e n. 1493� del 1962 -non con la registrazione dell'atto agevolato, 
ma con quella dell'atto che importava la decadenza dalle agevolazioni 
fiscali (nella specie la sentenza del tribunale); 3) che la sentenza di 
revoca della compravendita dell'area edificabile era stata registrata 
il 28 marzo 1961 e cio� quando era gi� in vigore la legge n. 35 del 1960, 
che fissava in cinque anni il termine di prescrizione; 4) che durante il 
decorso di tale termine era entrata in vigore la legge n. 1493 del 1962, 
elevante il termine a 7 anni; 5) che durante il decorso di quest'ultimo 
termine era entrato in vigore il d.l. n. 1150 del 1967, convertito nella 
legge n. 26 del 1968, che aveva imposto al contribuente il'obbligo di 
presentare la denuncia della decadenza gi� verificatasi entro un anno 

dalla data in cui si verifica la decadenza. Si tratta di un diverso tipo di 
pr.escrizione (nel progetto di 1egge originario era pTevisto il teTmine di 
20 anni) che oq;>eira indtpendentemente dalla concreta po�ssibilit� di esereizio 
del diritto; per eliminare questo inconveniente � stato appunto successivamente 
adottato il diveTso sistema del d.l. 11 dicembTe 1967, n. 1150. Se 
questa pTescrizione si volesse integTalmente applicare peT gli atti Tegistrnti 
anteTiormente, potrebbe cadere il diTitto della Finanza pTima ancoTa che 
la decadenza si sia avvernta e la pTescTizione sia cominciata a deconeTe. 
Ci� � stato espTessamente escluso: la legge sopravvenuta, cosi applicata, 
assumerebbe efficacia Tetroattiva, modificando la struttura della fattispecie 
legale e determinando istantaneamente una gi� avveTata pTescTizione per 
rapporti nei quali, sotto la precedente legge, la prescrizione non era maturata 
o non era ancora iniziata (Cass., 13 gennaio 1972, n. 101, Riv. leg. fisc., 
1972, n. 1583; v. anche la nota sent. della Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311, 
in questa Rassegna, 1969, I. 567. Resta allora un punto fermo che per gli 
atti registrati prima dell'entrata in vigore della legge -2 febbraio 1960, 

n. 35, la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto pu� esser fatto 
valere (conoscenza o conoscibilit� della causa di decadenza) e non dal 
giorno della registrazione. 
Ma se, sempre per gli atti registrati anteriormente, la decadenza si 
avvera dopo l'entrata in vigore della legge del 1960 quale sar� la prescrizione 
applicabile? Sempre quella triennale decorrente dal momento della 



420 RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO 

dalla sua entrata in vigore (12 dicembre 1967), determinando poi in 
tre anni il termine di pvescrizione con decorrenza dalla denun~a; 
6) che il Giglio non aveva mai adempiuto a tale obbligo, cosicch� il 
nuovo termine di prescrizione non aveva iniziato a decorrere quando 
era entrata in vigor,e la legge regionale siciliana n. 29 de1l 1969, recante 
una disciplina analoga; 7) che perci�, quando l'Amministrazione finanziaria 
aveva ingiunto il pagamento con l'atto dell'8 settembre 1969, 
non si era verificata alcuna prescrizione; 8) che, in ordine al motivo 
d'appello concernente la prescrizione del diritto alla percezione degli 
interessi moratori, doveva rtlevarsi che gli inter,essi, pur avendo natura 
accessoria rispetto al credito principale, cosUtuiscono tuttavia un'entit� 
giuridica ed economica a s� stante e che tale autonomia trova un riconoscimento 
in materia di prescrizione, giacch� l'art. 2948, n. 4 e.e. fissa 
in cinque anni il termine relativo agli interessi indipendentemente da 
quello per l'obbligazione principale che li ha prodotti; 9) che pertanto 
nella specie il Giglio doveva pagare alla Finanza L. 1.260.600 per 
imposte di registro ed ipotecarie e per le addizionali e, su tale somma, 
gli interessi moratori del 3% per semestre a decorrer,e dal giorno 8 settembre 
1964 e cio� per il quinquennio precedente alla notifica dell'ingiunzione 
fiscale (avvenuta in data 8 settembre 1969). 

Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Giglio 
Giovanni, deducendo due motivi. 
Resiste con controricor,so l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, 
la quale ha anche proposto ricorso incidentale, con un uni'Co motivo. 

decadenza, oppure quella quinquennale o settennale pure decorrente dal 
momento della decadenza? 

La sentenza in nota � per la seconda soluzione ed � da condividere. 
Posto che per gli atti registrati prima del 1960 la prescrizione non pu� 
decorrere dalla registrazione e per quelli registrati invece successivamente 
vige il sistema introdotto con il d.l. n. 1150 del 1967, per le ipotesi particolari 
degli atti registrati prima del 1960 ma per i quali la decadenza si 
avvera successivamente il regime della prescrizione � necessariamente 
composito: se il fatto generatore della obbligazione (decadenza) si verifica 
sotto il vigore della legge n. 35 del 1960 la prescrizione non pu� essere 
che quinquennale, ma questa, non potendo decorrere dalla registrazibne, 
deve decorrere dalla data della decadenza. Diversamente si dovrebbe concludere 
che ancora oggi, dopo un susseguirsi di leggi, la decadenza che 
si avveri rispetto ad un atto registrato prima del _1960 mette in moto la 
prescrizione triennale dell'art. 136. La sentenza in rassegna ha invece 
opportunamente precisato che in tali ipotesi, se pure non pu� dirsi applicabile 
l'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 che fa espresso riferimento 
agli atti registrati dopo il febbraio 1960, � invece applicabile la prescrizione 
quinquennale decorrente dal momento dell'avvenuta decadenza che 
si prolunga ulteriormente in quella settennale con l'emanazione della 
legge 6 ottobre 1962, n. 1493. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Con H primo mezzo del ricorso il Giglio lamenta che la Corte 
d'appello abbia ritenuto applicabili alla fattispecie le disposizioni di 
cui alle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, nonch� il d.l. n. 1150 
del 1967. Egli assume che la Regione siciliana ha, in materia di tributi 
erariali, potest� legislativa concorrente rispetto a quella dello Stato e 
che la materia delle agevolazioni fiscali per l'edilizia � stata compiutamente 
ed autonomament�e disciplinata dalla Regione siciliana con proprie 
leggi, cosicch� -avendo detta Regione disciplinato soltanto con 
la legge 30 luglio 1969, n. 29 la materia della prescrizione dell'azione 
della Finanza nel caso di decadenza dai benefici fiscali accordati dalle 
leggi regionali -avrebbe in precedenza operato in Sicilia il normale 
termine di prescrizione triennale previsto dall'art. 136 della legge del 
Registro. La prescrizione dell'azione della Finanza si sarebbe perci� 
verificata il 28 marzo 1964 e cio� tre anni dopo il giorno in cui l'Amministrazione 
finanziaria aveva avuto notizia dell'avvenuta decadenza dai 
benefici fiscali per effetto della sentenza del tribunale di Caltanissetta, 
che aveva pronunciata fa revoca dell'atto 31 marzo 1958. 

Il motivo � infondato. 

Premesso che l'art. 36 dello Statuto della Regione siciliana attribuisce 
alla Regione stessa il potere di deliberare tributi, riservando, 
per tale materia, alla legislazione esclusiva nazionale le imposte di produzione 
e determinati monopoli e che da tale disposizione, coordinata 
con tutte le altre dello Statuto medesimo, risulta che la materia tributaria 
non � stata attribuita alla legislazione esclusiva della Regione ma 
costituisce oggetto di legislazione concorrente (sent. n. 2625/71 di questo 
Supremo Collegio), consegue che -in assenza di una specifica norma 
regionale regolante la prescrizione dell'azione di recupero della Finanza 
nel caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali per la materia edilizia doveva 
operare (prima dell'entrata in vigore della legge re2ionale 
30 luglio 1969, n. 29, che disciplin� espressamente il caso della prescrizione 
anzidetta) la normativa dettata al riguardo nelle leggi statali e 
cio� non soltanto la disposizione contenuta nell'art. 136 della legge 
del Registro, come pretende il ricorrente, ma altres� le disposizioni di 
cui all'art. 4 della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e all'art. 21 della legge 
6 ottobr�e 19612, n. 1493, che elevarono rispettivamente a cinque e sette 
anni il termine di prescrizione per l'azione dell'Amministrazione finanziaria 
diretta al recupero dei tributi dovuti nella misura o~�dinaria in 
materia di tasse e di imposte indirette sugli affari, per effetto di decadenza 
dalle agevolazioni fiscali in materia edilizia. Altrettanto deve 


422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dirsi per il d.l. n. 1150 del 1967 (convertito con legge 7 febbraio 1968, 

n. 26), il quale ha disposto che l'azione di recupero si prescrive con il 
decorso di tre anni dalla data di presentazione della denuncia dell'avvenuta 
decadenza dall'agevolazione tributaria. 
Trattasi di una speciale normativa per la particolare materia delle 
decadenze dai benefici fiscali per }'.edilizia e tafo normativa non poteva 
non derogare alla disciplina ordinaria dettata nell'art. 136 della legge 
del Registro, ci� anche per le decadenze dai benefici fiscali accordati 
con le leggi della Regione siciliana, mancanti -fino alla emanazione 
della legg.e 30 luglio 1969, n. 29, come sopra si � esposto -di una 
specifica norma relativa al termine e al decorso della prescrizione dell'azione 
di recupero del tributo ordinario da .parte della Finanza. 

Con il secondo mezzo il Giglio censura -in via subordinata e 
per il caso di ritenuta applicabilit� delle norme statali alla prescrizione 
in questione -la statuizione con cui la Corte di appello ha ritenuto 
applicabile alla specie l'art. 6 del d.l. n. 1150 del 1967, convertito con 
modificazioni nella legge n. 26 del 1968. Secondo il ricorrente l'applicazione 
della predetta norma era da escludersi, avendo il quarto comma 
di essa precisato che le disposiziO!lli precedenti si applicavano agli atti 
stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. 
Polch� l'atto di cui trattavasi era stato stipulato il 31 marzo 1958 e 
registrato il 19 aprile 1958, esso esulava -secondo il Giglio -dall'ambito 
di applicazione della nuova normativa contenuta nell'art. 6 
del decreto citato. Al caso in esame si sarebbero dovuti applicare soltanto 
i termini di prescrizione previsti' dall'art. 4 della legge n. 35 del 
1960 (cinque anni) e dall'art. 2 della legge n. 1493 del 1962 (sette anni), 
con la conseguenza che, il termine avrebbe dovuto riconoscersi gi� 
decorso alla data di notifica dell'ingiunzione fiscale, avvenuta il giorno 
8 settembre 1969. 

Il predetto motivo � fondato. 

Va rilevato che il quarto comma dell'art. 6 del d.l. 11 dicembre 
1967, n. 1150, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 
1968, n. 26, stabiliva -con norma transitoria -che le disposizioni di 
cui ai prec�edenti commi (concernenti l'obbligo della denuncia della 
causa di decadenza dalle agevolazioni tr1butarie e la fissazione del termine 
di prescrizione di tre anni per l'azione di recupero dei tributi 
nella misura ordinaria, con decorrenza dalla data di presentazione della 
denuncia stessa) si dovevano applicare anche agli atti stipulati dopo 
l'entrata .in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. 

Quali atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 
1960 dovevano intendersi non gi� gli atti generatori della decadenza dai 
benefici fiscali, ma soltanto gli atti originari agevolati e cio� gli atti 
ammessi a fruire in un primo tempo delle agevolazioni in materia di 
edilizia e registrati con richiamo alle norme agevolative. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 

A tale interpretazione inducono le seguenti considerazioni: a) lo 
stesso legislatore ha dimostrato, nel testo del quarto comma dell'art. 6 
citato, di distinguere i termini letterali di � atti � e � decadenze �; 
b) gli atti �soggetti alla tassazione di cui trattasi e:rano unicamente costituiti 
dagli atti registrati COIIl l'agevolazione tributaria e non gi� gli atti 
successivi comportanti l.a decadenza dall'agevolazione; e) non sussiste 
la possibilit� di far richiamo alla disposizione di cui all'art. 2!935� e.e., 
come ha ritenuto la giurisprudenza di questo Supremo Collegio in ordine 
alla questione specifica della determinazione del momento iniziale di 
decorrenza del termilile prescrizionale (momento fatto perci� coincidere 
con quello della registrazione dell'atto importante la decadenza dell"
agevolazione), giacch� nel caso in questione si tratta up.icamente di 
determinare a quale momento il legislatore ha fatto riferimento come 
dato rilevante per stabilire, nella speciale materia, da quale delle diverse 
leggi susseguitesi nel tempo debba considerarsi regolato un determinato 
atto ammesso al beneficio fiscale. 

Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del 
quarto comma dell'art. 6 citato -secondo cui per le decadenze gi� 
verificatesi le denuncie relative avrebbero dovuto essere prodotte entro 
un anno dall'entrata in vigore dello stesso decreto n. 11'50 del 1967 -si 
deve osservare che tale disposizione, seguendo immediatamente a quella 
della prima parte dello stesso comma ed essendo ad essa strettamente 
collegata, esige -ai fini della sua applicabilit� -la condizione che 
ricorra, comunque, l'ipotesi di un atto agevolato stipulato dopo l'entrata 
in vigore della legge n. 35 del 1960, come disposto in via genera~e 
con la disposizione di �cui alla prima parte del quarto comma dello 
stesso art. 6. 

La Corte del merito avrebbe perci� dovuto disapplicare e non ritenere 
operante nella specie la nuova disciplina dettata nell'art. 6 del 

d.l. n. 1150 del 1967 convertito con legge 7 febbraio 1968, n. 26. 
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, in relazione 
alla censura accolta, e la causa deve essere rinviata ad altro giudice 
per nuovo �esame e precisamente al fine di accerta!re se, al momento in 
cui entr� in vigore la legge della Regione siciliana del 30 luglio 1969, 

n. 29, a favore del Giglio si fosse gi� compiuta (cOIIl decorrenza dalla 
data del passaggio in giudicato della sentenza del tribunale di Caltanissetta 
del 18 marzo 1961, pronunciante la revoca della compravendita 
agevolata tra l'Andriolo e il Giglio e comportante pertanto la decadenza 
dalla agevolazione fiscale) la prescrizione dell'azione di recupero 
del tributo nella misura ordinaria da parte della Finanza, secondo il 
termine prescrizionale stabilito nella precedente normativa (termine 
di sette anni previsto dall'art. 2 della legge 1493 del 1'962). -(Omissis). 

424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1973, n. 406 -Pres. 
Flore -Est. Milano -P. M. Di Mayo (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Vitaliani) c. Banca del Lavoro (avv. Del Nunzio). 

Imposta di registro -Enunciazione -Requisiti -Mancanza della indicazione 
del corrispettivo -Convenzione nella quale il corrispettivo 
� stabilito in percentuale -Determinazione in un momento 
successivo -Legittimit�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). 
Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per loro natura le une dalle altre -Fattispecie -Mutuo cinematografico 
con cessione dei proventi del noleggio e contratto di 
distribuzione -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 
Imposta di registro -Solidariet� -Enunciazione -Parte della convenzione 
enunziante estranea alla convenzione enunciata -Dipendenza 
fra le due convenzioni -Sussiste la solidariet�. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 91). 
Imposta di registro -Tassazione provvisoria -Disposizione dell'art. 32 
della legge di registro -� di portata generale. 

(r.d. 3o dicembre 1923, n. 3269, n. 32). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione 
-Valutazione -Correzione di errori di apprezzamento nella 
determinazione del valore presunto di una convenzione enunciata Difetto 
di giurisdizfone dell'A.G.O. 

(1. 20 m�rzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
Se � vero che per aversi enunciazione tassabiie l'atto enunciante 
deve costituire non solo la prova ma anche il titolo dell'esistenza e 
dell'efficacia della convenzione verbale enunciata, pu� ritenersi contenuta 
l'enunciazione di un contratto di distribuzione e noleggio cine


-matografico in un atto di finanziamento e di cessione in garanzia dei 
proventi del noleggio, quando tutti gli elementi dell'atto enunciato sia 
in ordine ai soggetti che al contenuto oggettivo e alla reale portata siano 
desumibili dall'atto registrato; n� � di ostacolo aLla tassazione la mancanza 
di determinazione del corrispettivo della convenzione enunziata 
se essa per sua natura � strutturata con un corrispettivo a percentuale 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 

che potr� essere determinato in un momento successivo alla conclusione 
del contratto (1). 

L'unicit� della tassazione p1�evista nell'art. 9 della legge di registro 
presuppone un'inscindibile connessione tra molteplici negozi aventi 
carattere di obiettivit� e necessit�, non dipendente da mera opportunit� 
o volont� delle parti; una tale connessione non � ravvisabile tra 
il contratto di noleggio cinematografico e il contratto di mutuo con cessione 
in garanzia dei proventi della distribuzione (2). 

La solidariet� fra le parti contraenti nell'imposta di registro, nel 
caso di pluralit� di convenzioni contenute in unico atto, si estende 
anche alle convenzioni alle quali le parti contraenti sono estranee se 
tra le convenzioni esiste un rapporto di reciproca dipendenza (3). 

La disposizione dell'art. 32 della legge di registro � di portata 
generale e trova quindi applicazione anche ai contratti di distribuzione 
\ cinematografica con corrispettivo a percentuale sugli incassi (4). 

Difetta di giurisdizione il giudice ordinario per verificare se la 
determinazione del corrispettivo convenuto in un contratto sia esatta; 
l'errore di apprezzamento che si assume contenuto nella valutazione in 
sede amministrativa della base imponibile non pu� essere portato direttamente 
innanzi all'A.G.O. alla quale spetta soltanto, a norma del terzo 
comma deU'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. )639, di controllare, in 
sede di impugnazione, la legittimit� della decisione della commissione 
provinciale di valutazione (5). 

(Omi.ssis). -Ci� pr�emesso, e premesso ancora che le questioni di 
diritto� nuovamente riproposte dalla banca, in quanto concernenti I'an 
del debito d'imposta, vanno esaminate con precedenza rispetto al ricorso 

(1-5) La prima massima, esatta nelle premesse, risolve la questione 
della mancanza di determinazione del corrispettivo con riferimento al caso 
di specie, senza porsi quindi il problema se ai fini dell'enunciazione sia 
necessaria anche l'individuazione del prezzo o corrispettivo attraverso l'atto 
enunciante. Ma � evidente che ci� non � ma!i necessario per l'atto enunciato, 
come non lo � nemmeno per l'atto palese; gli elementi costitutivi della convenzione 
enunciata, la cui presenza nell'atto enunciante � necessaria, sono 
gli elementi che integrano il presupposto della tassazione. Fra questi non 
rientra il prezzo o il corrispettivo che pu� ben mancare nell'atto che pure 
produce gli effetti che danno luogo al presupposto della tassazione; in tal 
caso il corrispettivo o il valore � determinato dall'ufficio a norma dell'art. 
17, n. 1 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, senza che mai la mancanza di 
un prezzo o valore dichiarato possa essere di ostacolo alla imposizione. 

La seconda massima � da condividere pienamente ed � conforme alla 
tradizione dalla quale peraltro si � registrata qualche deviazione. Per 
analoghe questioni in tema di rapporti bancari v. Cass., 15 marzo 1972, 

n. 751, in questa Rassegna, 1972, I, 345, con richiami. 
Nella terza massima si riconferma la tendenza giurisprudenziale a 
limitare la solidariet�, nei casi di pi� convenzioni contenute in unico atto, 



426 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

principale dell'Amministrazione finanziaria riguardante il quantum, 
osservasi che priorit� logica nell'ordine di trattazione va data alle questioni 
relative all'esistenza o meno di un'enunciazione tassabile ed alla 
valutazione del contenuto dell'atto enunciato. 

Quanto alla prima, si sostiene dalla banca che erroneamente la 
Corte di merito ha ritenuto che nell'atto di finanziamento sussistevano 
tutti gli elementi per l'enunciazione del contratto di distribuzione e 
noleggio cinematografico perch� in realt� la reale portata di tafo contratto 
non era determinata, n� determinabile nell'atto enunciante. 

L'assunto non � fondato. � certamente esatto e, come tale, pi� 
volte � stato affermato da questa Corte che per la tassabilit�, a norma 
dell'art. 62 della legge organica di registro, della convenzione verbale 
enunciata in un atto presentato alla registrazione, � necessaria, non 
soltanto la prova della sussistenza della convenzione verbale enunciata, 
ma anche la possibilit� di identificare la detta convenzione in tutti i 
suoi elementi essenziali, in modo che l'atto enunciante sia idoneo a 
funzionare anche 'a titolo della sua esistenza ed efficacia. Ma '.la sentenza 
impugnata, lungi dal disapplicare o dal malamente interpretare 
la norma ed il prmcipio test� richiamati, come si afferma dalla banca, 
si � uniformata perfettamente ad essi nel giudicare nel caso concreto 
sottoposto al suo esame. 

La Cor.te, infatti, rilevato che dagli artt. 6 e 7 � della scrittura di 
finanziamento erano chiaramente identificabili tutti gli estremi essenziali 
del .rapporto enunciato, sia in ordine ai soggetti, che al contenuto 
ogg>ettivo ed alla sua reale portata, ha ritenuto che l'atto enunciante 
consentisse di identificare la convenzione >enunciata e di ricostruirla 
autonomamente ed in modo completo, sicch� l'atto stesso era idoneo a 
funzionare non solo da prova ma anche da titolo rispetto alla convenzione 
intervenuta tra le societ� finanziate e la societ� Magna, distributrice 
del film e parte dell'atto enunciato. 

ai soggetti che hanno partecipato alla formazione di ogni singolo negozio 
(cfr. Cass., 26 luglio 1971, n. 2500 e 7 settembre 1970, n. 1260, ivi, 1971, I, 
1464 e 1970, I, 871), pur precisando che ci� si verifica quando le diverse 
convenzioni sono indipendenti, mentre la solidariet� sussiste, nel caso di 
reciproca dipendenza tra le convenzioni, tra tutte le parti. Anche a questo 
proposito la decisione, ancorata al caso di specie, non ha approfondito la 
questione. Bisogna per� rilevare che le due ricordate decisioni, del tutto 
contrarie ad una giurisprudenza consolidata per decenni, sono state pronunciae 
.su controversie in cui la solidoo-iet� era discussa nel suo aspetto 
proces1suaie �ed in un momento in cui le difficolt� della sHuazione prodottasi 
nei rapporti pregressi dal superamento della speciale solidariet� tributaria 
hanno dato origine a pronunce contrastanti (v. C. BAFILE, Su. nuovi problemi 
della solidarietd tributaria, ivi, 1972, I, 663). Sotto l'aspetto sostanziale, 
invece, la solidariet� per il pagamento dell'imposta di registro � 
sempre rimasta rigorosamente estesa a tutti! le parti contraenti, comunque 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 

N� a favore della tesi della insussistenza, nel1a fattispecie, di una 
enunciazione rispondente alla esigenza di un'autonoma e completa ricostruzione 
della convenzione, vale l'obiezione che le circostanze esposte 
nell'atto di finanziamento non erano tali da consentire, di per s�, la 
determinazione, al momento della registrazione, del preciso ammontare 
del compenso spettante alla societ� distributrice. Come gi� fu osservato 
dalla sentenza impugnata, a vincere l'ol:iiezione � sufficiente considerare 
che la indeterminatezza di quell'importo dipendeva, non gi� da un'incompletezza 
di elementi dell'atto enunciante, bens� dal particolare 
sistema retributivo, commisurato in via percentuale sull'ammontare 
dei proventi delle proiezioni. 

Nel caso in esame � indubbio che l'ammontare dei proventi sui 
quali avrebbe dovuto essere calcolata la percentuale spettante alla 
societ� distributrice, anche se non equivalente al costo del film, come 
ritenuto dalla Finanza, era facilmente determinabile in un momento 
successivo ,alla conclusione del contratto. 

Quanto, poi, all'altra questione, quella cio� relativ'a alla valutazione 
del contenuto della convenzione enunciata, non pu� del pari 
essere condivisa l'affermazione della banca secondo cui la Corte del 
.merito, nel ritener,e che la percenuale del 35, % prevista in favore della 
societ� distributrice rappresentava, non gi� un rimborso di spese come 
dichiarato dalle parti, ma il compenso per il servizio prestato, non si 
sia attenuta aUe obiettive risultanze del documento, secondo la regola 
fondamentale dell'art. 8 della legg,e di registro, ma abbia fatto ricorso 
ad inammissibili presunzioni che non trovavano nell'atto enunciante 
base alcuna. 

partecipanti allo stesso atto e recentemente (sent. 5 maggio 1972, n. 1358, ivi, 
1972, I, 678) � stata riaffermata la solidariet� delle parti contraenti per la 
convenzione alla quale sono estranee, anche se la convenzione � enunziata. 

Esattissima � la quarta massima conforme a giurisprudenza recente: 
Cass. 12 febbraio 1971, n. 363 e 5 gennaio 1972, n. 18 (ivi, 1971, I, 621, e 1972, 
I, 279). 

Da condividere pienamente � l'ultima massima. L'errore di apprezzamento 
nella fase amministrativa di determinazione della base imponibile 
� cosa del tutto diversa dalla impugnazione della d�cisione definitiva della 
Commissione provinciale per difetto di calcolo e errore di apprezzamento 
ex art. 29, terzo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (Cass.-, 6 maggio 1972, 

n. 1374, ivi. 1972, I, 686). In nessun caso, pertanto, pu� essere conosciuta 
dall'A.G.O. una questione di semplice estimazione. Inoltre, anche se una 
questione di diritto preliminare all'estimazione si presentasse, questa non 
potrebbe mai essere deferita all'A.G.0. con la stessa azione avente per 
oggetto le questioni di imponibilit�, giacch� una tale questione potrebbe 
essere portata all'A.G.O. solo in via incidentale o pregiudiziale al giudizio 
di valutazione riservato alla Commissione competente (v. nota a Cass., 7 
marzo 1972, n. 647, ivi, 1972, I, 447). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed invero il principio dettato dal richiamato art. 8 della legge di 
registro non fu violato dal1a Corte di merito perch� questa si fond� 
sul contenuto dell'~tto, compiendone, per altro, una interpretazione, 
che, come giudizio di fatto, si sottrae al sindacato di questa Corte, il 
cui potere correttivo trova, tra gli altri limiti, anche quello che la 
sostituzione della motivazione sia solo in diritto e non importi una 
indagine o valutazione di fatto. La citata disposizione, d'altra parte, 
non impone, come si afferma dalla banca, di stare al contenuto letterale 
del documento, bens� di valutarne, anche in contrasto con la forma 
apparente, � la intrinseca natura � e gli � effetti � che esso � destinato 
a produrre con la considerazione del risultato economico al cui conseguimento 
esso � idoneo per la sua giuridica portata. E la regola dettata
� in tale disposizione, la quale, come � noto, tende a reprimere le 
simulazioni relative dei negozi giuridici a scopo di evasione fiscale, 
non poteva non trovare applicazione in un caso come l'attuale in cui 
il contrasto tra la natura giuridica del negozio enunciato (contratto 
di distribuzione e noleggio cinematografico) e la formale dichiarazione 
delle parti circa .Ja natura della percentuale prevista in favore delia 
societ� Magna risultava evidente dal momento che nel contratto di 
agenzia, al quale � assimilabile quello di distribuzione� di film (Cass., 
15 apri1e 195'8, n. 12.32), il compenso dovuto all'agente costituisce la 
prestazione principale a carico del preponente ed esso, comunque venga 
determim.ato dalle parti, deve in ogni caso sussistere, come requisito 
essenziale del negozio, non potendo dare luogo ad un contratto di agenzia 
l'assolvimento dell'incarico a titolo gratuito. D'altra parte � noto che 
il compenso per il distributore di films viene norma1mente commisurato 
in base ad una percentuale sull'importo lordo degli introiti della 
proiezione, e se � innegabile che nella percentuale � compreso il rimborso 
del1e spese per l'esplicazione dell'incarico, � tuttavia da rilevare 
che, contrariamente a quanto si afferma dalla banca, la Corte di appello 
non avrebbe potuto occuparsi della questione relativa alle spese da 
detrarsi dall'imponibile perch�, come gi� ritenuto da questa Corte, la 
semplice operazione aritmetica di detrazione delle spese dal reddito 
lordo e, a maggior ragione, quella di accertare, con indagine di mero 
fatto, l'ammontare delle spese stesse al fine di determim.are quantitativamente 
l'imponibile, costituisce questione, non gi� relativa alla applicazione 
d'ella legge, ma di mera estimazione e, come tale, sottratta 
alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., 20 febbraio 1969, n. 565 
e 24 aprile 1970, n. 1181). 

L'altra questione riproposta a questa Corte, ai fini della correzione 
della motivazione della decisione, � quella relativa alla pretesa 
esenzione soggettiva dall'obbligo del pagamento del tributo, ed al 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 

riguardo si sosUene che i giudici di appello nell'escludere che anche 
tale contratto potesse essere registrato in abbonamento e, cio�, con 
l'agevolazione prevista dall'art. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1704 per le 
operazioni di credito cinematografico, non hanno considerato che la 
cessione dei provenit di distribuzione del film era necessariamente connessa 
con l'operazione di finanziamento, per cui doveva trovare applicazione 
la disposizione del secondo comma dell'art. 9 della legge di 
registro. Anche tale assunto non pu� essere condiviso. Come pi� volte 
questa Suprema Corte ha avuto occasione di stabilire (cfr. da ultimo, 
sentenze n. 1845 e n. 2419 del 1970 e n. 751 del 1971) la unicit� della 
tassazione � prevista dalla richiamata disposizione nella sola ipotesi 
che i molteplici negozi risultino inscindLbi:lmente connessi per virt� di 
una norma di legge oppure per la loro intrmseca natura, talch� tra loro 
sussista un vLncolo di connessione oggettiva, immedtata e necessaria; 
occorre, cio�, tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento 
che non sfa occasionale e non dipenda dalla volont� delle 
parti, ma sia, con carattere di obiettiva causalit�, connaturato, come 
necessario, giuridicamente e concettualmente, alle stesse convenzioni. 

Nella fattispecie, se -stando agli accertamenti dei giudici del 
merito -non pu� essere neg.ato che il contratto di distribuzione del 
film era connesso sia con la garanzia del finanziamento, costituita dalla 
cessione pro solvendo dei proventi di noleggio (art. 6 della scrittura 
di finanziamento), in quanto ne assicurava le modalit� di esecuzione, 
obbligando la societ� distributrice a versare direttamente alla banca 
i detti proventi, sia con il finanziamento perch� con le dette modalit� 
di esecuzione garantiva ed assicurava la restituzione della somma mutuata, 
devesi per� riconoscere che una connessione del genere oltre a 
non trovare la sua fonte nella legge, non pu� nean�he configurarsi 
come oggettiva: sicch�, resta l'unica ipote,si possibile di una connessione 
dovuta alla volont� delle parti e, quindi, assolutamente insufficiente 
a produrre, in deroga ai principi generali, unicit� di tassazione. 

Da quanto si � innanzi detto in ordme al vincolo di connessione, 

anche se meramente soggettivo, esistente tra l'atto enunciato e quello 

enunciante, � facile dedurre l'infondatezza anche dell'altro assunto della 

banca secondo cui, essendo rimasta estranea alla convenzione enunciata, 

non potrebbe trovare applicazione nei suoi confronti il principio della 

solidariet� per il pagamento dell'imposta di registro sancito dall'art. 91, 

n. 1 della legge organica. 
Se � vero, infatti, che la solidariet� per il pagamento dell'imposta 
di registro riguarda non tutti i soggetti comun,que intervenuti nell'atto 
soggetto a registrazione, ma le persone che concorrono alla formazione 
di ogni singolo negozio giuridic~ e nel caso di pi� convenzi~ del tutto 
autonome ed indipendenti, soltanto ai �distinti gruppi di contraenti di 
ogni autonomo negozio (Cass., 7 settembre 1970, n. 1260 e 26 luglio 1971. 


430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 2500) � pur vero che nella fattispecie, non gi� di convenzioni autonome 
ed indipendenti si tratta, bens� di convenzioni tra di loro poste 
dalle parti in un rapporto di reciproca dipendenza, con la conseguenza 
che, ripercuotendosi le vicende dell'una sull'altra, condizionandone la 
vaHdit� e la esecuzione, la bainca non pu� ritenersi estranea agli effetti 
della convenzione enunciata, e, quindi, anche a quello relativo al pagamento 
del tributo. 
Infondato, �, infine, l'ultimo assunto della banca secondo cui dall'art. 
32 della legge di registro non potrebbe desumersi, contrariamente 
a quainto si � ritenuto dalla sentenza impugnata, un principio generale 
valido per la .tassazione di tutti i contratti a corrispettivo variabile 
e determinabile solo �a posteriori, riferendosi tale disposizione solo ai 
trasferimenti di immobili ed agli appalti a prezzo presunto, cio�, ai 
trasferimenti di cose facilmente misurabili, secondo le r�egole dettate 
dagli artt. 15 e segg. del decreto n. 1639 del 1936 sulla riforma degli 
ordinamenti tvibutari. 

Ed invero la questione del modo di tassazione dei contratti a corrispettivo 
variabile e, quindi di V'alore determinabile soltainto in momento 
successivo alla loro conclusione, che gi� aveva formato oggetto 
di contrastanti decisioni da parte di questa Corte Suprema (sentenze 

n. �076 del 20 aprile 1942 e n. 117 del 22 gennaio 1965, sebbene entrambe 
non abbiano affr01I1tato ex professo il problema, ma l'abbiano 
esaminato sotto un aspetto diverso e particolare), � stata di recente 
riesaminata, con le decisioni n. 363 del 12. febbraio 1971 e n. 18 del 
5 gennaio 19-72 e risolta nel senso che il citato art. 32 del1a legge organica 
di registro non ha carattere eccezionale, ma costituisce estrinsecazione 
di un principio generale dell'ordinamento tributario, quello per 
cui, quando al momento della registrazione, non si possa procedere alla 
determinazione della base imponibile, la imposta si liquida provvi. 
sodamente in base agli elementi di V1alutazioni derivanti dal contratto, 
salvo procedere, non appena possibile, alla liquidazione definitiva. 

Questo pi� vecente indirizzo giurisprudenziale -ptenamente condiviso 
dalla dottrina e gi� da tempo fatto proprio dalla commissione 
centrale delle imposte (decisioni 20 marzo 1964, n. 7549 e 20 luglio 1949, 

n. 5635) va mantenuto fermo perch� ispirato ad una maggiore comprensione 
della esigenza di una pronta tassazione di quei contratti, 
validi ed efficaci, di cui non possa conoscersi, al momento della registrazione, 
quale sia l'ammontare definitivo del prezzo o corrispettivo. 
� invero, principio fondameintale in materia d'imposta di registro 
che la tassazione deve basarsi sulle risultanze dell'atto, per cui da esso 
deve essere tratto il valore del bene oggetto del trasferimento. Ove 
detto valore sia indicato come meramente probabile, ovvero sia prevista 
la .possibilit� di un'ulteriore definitiva determinazione sorge il problema 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

di conciliare la tutela del diritto del contribuente a non pagare se non 
quanto �sia effettivamente dovuto con la esigenza dell'Amministrazione 
ad una sollecita percezione del tributo. Ora una tassazione provvisoria 
sulla base del valore presunto, desumibile dall'atto, la quale, per altro, 
faccia salvi sia il diritto dell'Amministrazione sia quello del contribuente 
di ottenere, a11orch� sar� divenuta possibile una valutazione definitiva, 
rispettivamente il pi� ancora dovuto o 1a restituzione di quanto indebitamente 
pagato, non pu� non rappresentar�e la logica soluziione del 
problema. 

Pertanto, la disposizione del primo comma dell'art. 32 della legge 
organica, anche se dettata esclusivamente per 1e alienazioni di immobili, 
il cui prezzo o corrispettivo debba essere ulteriormente liquidato 

o accertato, bene pu� intendersi riferita a tutte le categorie di contratti, 
qualsiasi ne sia l'oggetto, qualificati da siffatto predicato di oggettiva 
indeterminatezza, allo stato, del valore e non limitata al tipo negoziale 
specificatamente previsto. 
Come esattamente � stato gi� rilevato, questa interpretazione estensiva 
della norma in esame trova giustificazione e fondamento nella 
identit� di situazione che si pone in essere, qualunque sia l'oggetto del 
trasferimento, rispetto 1alla necessit� di una disciplina idonea ad appagare 
le contrastanti esigenze correlate a quel particolare atteggiarsi 
del contenuto del contratto, senza, per converso, che <ragionevoli motivi 
possano essere addotti per spiegare una diversd.t� di trattamento tra 
i tras:llerimenti di Immobili, espressamente previsti dalla norma, ed il 
trasferimento di altri beni, sicch� bene a cragione pu� affermarsi che 
il legislatore in questo caso minus dixit quam voluit 

N� potrebbe dedursi la singolarit� della norma della disposizione 
del secondo comma dello stesso articolo, il quale la estende espressamente 
ai contratti di appalto a prezzo presunto. Il secondo comma, 
infatti, non mira a tale estensione, bens� alla disciplina della ipotesi 
che il contratto di appalto a prezzo presunto non sia compiutamente 
eseguito per comprovato impedimento di forza maggiore, e detta una 
norma che si inquadra, per quel caso particolare, nel regime generale 
della tassazione provvisorta stabilito dal pvimo comma. 

.� pertanto da ritenere che la motivazione dell'impugnata sentenza, 

per tutto quanto attiene ai presupposti legali per la costituzione del 

diritto della Finanza alla percezione del tributo sull'atto enunciato 

anche ne.i confronti della banca, sia giuridicamente esatta. 

Passando, dopo ci�, all'esame del ricorso principale si osserva che 
con il primo motivo l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E e 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ai sensi e per gli effetti dell'art. 
3�60, n. 1 c.p.c. e censura la statuizione della sentenza della Corte 

ll 


432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di appello in ordine all'affermato potere dell'autorit� giudi2liaria ord�naria 
di conoscere direttamente ed autonomamente dell'error�e di apprezzamenrto 
nella determinazione del valore provvisorio della c-0nvenztione 
enunciata nell'atto di finanziamento, e si sostiene che tale statuizione 
� in �contrasto con il principio fondamentale in materia di imposta di 
registro secondo cui, salvo che in sede di riesame della decisione deHa 
Commissione provinciale delle imposte, il giudice ordinario difetta di 
giurisdizione in ordine alle questioni di estimaziione semplice. 

Il motivo � fondato. �� 

� appena il caso di ricordare che le controversie cui d� luogo 
l'accertamento dei tributi trovano, in materia d'�imposte sui trasferimenti 
di ricchezoo, un diverso assetfo a seconda che si ri:ferisoono alla 

� determinazione del valore � dei beni oggetto del trasferimento (le 
controversie, cio�, corrispondenti a quelle di semplice estimazione nelle 
imposte dirette), ovvero alla �applicazione della legge., e mentre per 
le prime l'art. 2.9 del pi� volte citato decreto n. 1639 del 1936 stabilisce 
fa competenza, ilil prima istanza, delle commissioni distrettuali e, 
in secondo grado, delle commissioni provinciali, ,salvo -avverso le 
decisioni di quest'ultime -il ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria 
� per grave ed evidente evrore di apprezzamento ovvero per mancanza 
o insufficienza di calcolo� nella determinazdone del valore e salvo n 
ricorso di legittimit� ai sensi dell'art. 111 della Costituzione per vfo-� 
!azione della legge, per le altre la medesima disposizione prevede la. 
competenza, in primo grado, delle commissioni provinciali e, in secondo 
grado, di quella centrale, salv-0 sempre il ricorso diretto alla Corte 
di cassazione ai sensi del citato art. 111. 
Sul piano delle� guarentigie giurisdizionali tale diversit� (con la 
quale, �contrariamente a quanto si afferma dalla ricorrente, non si introduce, 
per la proponibilit� dinanzi al giudice ordinario delle controversie 
relativ�e alla determinazione del valore una condizione -preventivo 
esperimento del ricorso alle commissioni trd.butarie -non richiesta 
per quelle relative all'applicazione della legge, ma si tiene conto della 
diversa essenza delle rispettive questioni), �Si traduce in un difetto di 
giurisdiziione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a direttamente conoscere 
delle questioni di mera estimazione, rispetto alle quali la tutela 
dei diritti soggettivi violati rimane espressamente devoluta al detto 
giudice speciale, ritenuto � meglio qualificato � e � appositamente composto 
con esperti conoscitol'i della materia imponibile � e capace, quindi,. 
di esercitare � pi� che in sede di giurisdizione ordinaria � la sua funzione 
(Cass., Sez. Un., sentenze n. 2175, 2177 �e 2201 del 1969 e n. 1181 
del 1970). 

� noto, infatti, che tali controversie mel'amente estimative non 
importano a1cuna risoluzione di questioni giuridiche, talvolta difficili e� 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

delicate, n� problemi di interpretazioni di l�eggi, regolamenti, pronuncie, 
negozi giuridici, n� indag.ini sui viz�i del processo di accertamento 
tributario o sugli istituti giuridici appHcabili, ecc., essendo limitate 
ai fatti materiali relativi alla valutazione � quantitahlva � del bene 
oggetto del trasferimento, al fine di determinarne il valore per la concreta 
applicazione dell'imposta. 

Secondo il fermo �orientamento giurisprudenziale di questa Corte, 
sono infatti controversie di mero estimo tutte quelle in cui la scelta 
del criterio di va1uta2lione e la determinazione del valore imponibile, 
non presuppongono la risoluzione di questioni giuridiche, ma risultino 
basate su operazioni di carattere meramente .tecnico, quali sono quelle 
che attengono alla rilevazione della obiettiva consistenza quantitativa 
e qualitativa del cespite, alla individuazione dei fattori di calcolo ed 
?ll'espletamento di questo (sentenze n. 12.41 del 19'67, nn. 1172 e 17�37 e 
3026 del 1968; nn. 1181 e 1182 del 1970). 

Applicando alla fattispecie il principio ora rkhiamato deve essere 
riconosciuto -come, del resto, � stato riconosciuto da queste stesse 
Sezioni unite con recentissime decisiioni emesse in fattispecie del tutte 
identiche a quella ora in esame (sentenze, n. 1374 e n. 1375 del 1972) 
--il carattere di mera estimazione della questione risolta dai giudici 
di appello ed attinente ai criteri di valutazione del valore provvisorio 
del contratto enunciato. 

Tale questione, invero, non importava la necessit� di alcuna indagine 
giuridica, n� et'.a connessa con questioni di tale natura, ma concretavasi 
in un mero accertamento di fatto nella individuazione degli 
elementi di calcolo per la determinazione dell'ammontare del compenso 
spettante alla societ� distributrke, come � dimostrato dal fatto 
che la Corte del merito, nel censurare il procedimento di valutazione 
seguito dall'Ufficio e nell'affermare che questi, al fine di quella determinazione, 
non avrebbe dovuto fare riferimento al costo del film, non 
h"a fatto altro che riportarsi alle varie clausole della scrittura privata 
del 15 aprile 1965 e, in particolare a quelle degli artt. 6 e 7, senza 
ricorrere ad alcuna particolare esegesi del loro contenuto, traendo cosi 
il proprio convincimento da una mera constatazione� di quanto risultava 
dall'atto sottoposto a registrazione, senza risolverei alcuna questione 
di carattere giuridico. 

La questione, quindi, esulava dalla competenza giurisdizionale del


l'autorit� giudiziaria ordinaria, e, conseguentemente, la sentenza im


pugnata che ha, inv�ece, ritenuto di poter rilevare un vizio (grave ed 

evidente �errore di apprezzamento), fuori dello schema (trasfunzione 

di esso nella pronuncia definitiva del giudice speciale) cui la legge at


tribuisce idoneit� a .conferirla, per particolari effetti (giudizio inci


dentale e di legittimit� su quella pronunci<a), deve essere cassata in 

parte qua. -(Omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

434 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 419 -Pres. Caporaso 
-Est. Giuliano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. Raibl (avv. Modafferri). 

Imposta generale sull'entrata -Importazione temporanea -Ma~gior 

valore conseguente alla lavorazione -Assoggettabilit� all'imposta 


Esclusione. 

(1. 29 giugno 1940, n. 762, art. 1, 13, 17 e 19). 
L'imposta suU'entrata sulle merci impoTtate di cui all'arv. 17 
della legge istitutiva sostituisce a tutti gli effetti l'irnposta di cui all'art. 
1; di conseguenza non sono applicabili per le importazioni le 
norme riguardanti l'applicazione normale del tributo e, fra queste, 
l'art. 13 capov. che prevede nei passaggi di merci che non danno� luogo 
ad entrata imponibile l'assoggettamento ad imposta dell'incremento di 
valore determinato dalla lavorazione. Ci� vale anche per le importazioni 
temporanee per le quali se si verificano i pr'esupposti per l'esenzione, 
non � assoggettabile ad imposta il maggior valor'e prodotto dalla 
lavorazione (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo, la ricorrente denuncia violazione 
e falsa appUcazione degli artt. 1, 13, 17, 18, 19 della legge 29 giugno 
1940, n. 762, degli artt. 4, 80 e 82 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, 
dell'art. 2 del r.d. 18 dicembre 1913, n. 1453 e� del r.d.l. 27 ottobre 1937, 

n. 2209. Essa, dolendosi che la Corte del merito ha riputato non dovuta 
l'imposta sull'aumento di valore, sostiene, anzitutto, che l'imposta 
stabilita dall'art. 17 della legge sull'I.G.E., non pu� essere considerata 
�autonoma � rispetto all'imposta stabilita dall'art. 1 della stessa legge 
e che, pertanto, vale per essa la norma dettata, per quest'ultima, dall'art. 
13 secondo comma, il quale, pur sancendo che i passaggi di merce 
a scopo di lavorazione tra industriali non danno luogo a �entrata imponibile, 
dichiara che, tuttavia, costituisce entrata imponibile l'importo 
della lavorazione, comprensivo cos� della mano d'opera come dei materiali 
eventualmente impiegati nella lavorazione stessa. La ricorrente 
aggiunge che, ove anche tal norma non fosse nella specie applicabile, 
si dovrebbe pur sempre �addebitare alla Corte del merito di aver citato 
gli artt. 80 e 82 della legge doganale n. 1424 del 1940 senza averli 
� esaminati in modo completo e approfonditamente �, e di aver esteso 
l'istituto della temporanea esportazione, regolato dal r.d. 18 dicembre 
1913, n. 1453 al di l� della previsione di tal decreto, il quale con l'arti(
1) La sent. 23 settembre 1964, n. 2406, leggesi in Riv. leg. fisc., 
1965, 204. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 

colo 1, secondo comma, ha riguardato soltanto a lavori di perfezionamento 
e di riparazione, restandone esclusi quelli che, come nella specie, 
� .comportano una tr:asformazione �; infine, sostiene, come gi� aveva 
fatto in secondo grado, che le temporanee esportazioni effettuate, nei 
singoli casi, dalla societ� Raibl, erano state consentite da � provvedimenti 
particolari � con i quali, mediante uso del poteTe discrezionale 
regolato dal r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209, erano state determinate 
le trasformazioni consentite e �le modalit� di pagamento dei dazi doganali 
(e dell'I.G.E.) in relazione al plus valore assunto dalle merci 
trasformate, subordinando la �concessione della temporanea esportazione 
a tale pagamento �. 

Questa complessa cen�sura � infondata. 

� opportuno osservare, anzitutto, che dei � provvedimenti particolari
� di cui si � fatto cenno da ultimo, l'Amministrazione non aveva 
dato, come espressamente rilev�, in fatto, la Corte del merito, alcuna 
prova, talch� la corrispondente tesi difensiva dell'Amministrazione 
risulta, a prescindere anche da ogni altra considerazione in diritto, 
priva dell'indispensabile base di fatto. 

Le altre argomentazioni add�tte col ricorso non hanno pregio. 

L'imposta di cui si discute, la quale colpisce � le merci importate 
dall'estero �, � stata istituita dall'art. 17 della legge n. 762 del 1940 
� in �corrispondenza � a quella, di carattere generale, istituita dall'articolo 
1 della legge, dalla quale, pertanto, il legislatore l'ha tenuta espressamente 
distinta. La � corrispondenza � tra le due imposte pu�, nei 
congrui casi, in difetto di speciali precetti, legittimare l'applicazione 'a 
quella ora in esame di princjpi generali ricavabili dalle disposizioni 
dell'I.G.E.; ma tra siffatti .principi non pu� essere annoverata la norma 
del secondo comma dell'art. 13 della legge. 

Essa invero, disciplina un'ipotesi particolare, concernente �i passaggi 
di merci che hanno luogo nel regno a scopo di lavorazione tra 
industriali �; nel nostro caso, vige, per l'imposta isrtituita dall'art. 17 
della legge, la norma speciale dell'art. 20, che ne esenta le � merci 
nazionali ammesse alla reimportazione a scarico di bollette di temporanea 
esportazione �. 

N� si possono trarre argomenti a favore dell'Amministrazione ricorrente 
dagli artt. 80 e 82 della legge doganale n. 1424 del 1940; il 
primo menziona solo, genericamente, la �esportazione temporanea�, 
mentre il secondo aggiw1ge che questa pu� essere consentita alle merci 
nazionali o nazionalizzate da sottoporre all'estero a determinate lavorazioni. 


N�, infine, il r.d. 18 dicembre 1913, n. 1453 contiene norma alcuna 
che legittimi la pretesa di tassazione dell'aumento di valore arrecato 
alla me11ce temporaneamente esportata dalla lavorazione in v~sta della 
quale l'esportazione temporanea era stata autorizzata. 


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La soluzione alla questione non pu� scaturi�re dall'esame delle norme 
doganali, ma solo dall'esame delle disposizioni sull'imposta di cui 
qui si controverte: infatti, alle noil'me doganali dovevasi aver riguardo 
per autorizzare la temporanea esportazione ma che questa, nella specie, 
sia stata autorizzata, non � contestato. 

La questione ora dibattuta � gi� stata, in una fattispecie analoga 
all'attuale, e tra le stesse parti, risolta da questo Supremo Collegio con 
la sentenza n. 2406 del 1964. Essa ha sancito che l'aumento di valore 
causato dalla lavorazione fatta all'estero non � tassabile se non nelle 
ipotesi in cui alla merce sia stato aggiunto o incorporato materiale 
nuovo oppure ch'essa abbia subito un sostanziale cambiamento, il quale 
non ne renda pi� possibile l'identificazione con la merce originaria. 
La sussistenza tanto dell'uno quanto dell'altro requisito � stata espressamente 
esclusa, in fatto, dalla Corte del merito, la quale ha accertato 
che si ebbe soltanto � l'estrazione del compon~nte nobile della merce 
con depurazione dalle scorie e senza commistione di materie terze � e 
che era rimasta �l'identit� merceologica della �specie reimportata, 
rispetto al genere esportato�. --(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 430 -Pre!. 
leardi -Est. Alibrandi -P. M. Raya (conf.) -Comune di Sesto S. 
Giovanni (avv. Romanelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Coronas). 

Imposte e tasse in genere -Azione giudiziaria -Deduzione in grado di 

appello di un nuovo titolo per l'agevolazione -Limiti -Immuta


zione dei presupposti di fatto -Inammissibilit� -Fattispecie. 

(c.p.c., art. 345). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti 
locali -Generica e probabile indicazione delle opere da eseguire Esclusione 
della agevolazione -Estensione dell'agevolazione a opere 
similari -Esclusione. 

(1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18). 
In grado di appello pu� essere invocato un diverso fondamento 
normativo del richiesto beneficio fiscale se il mutamento della causa 
petendi non importi alcuna esigenza di nuove� indagini, ma soltanto 
l'applicazione di una diversa di.~ciplina giu1�idica ad una situazione di 
fatto gi� acce1�tata, senza alterare l'ambito originario� della cmitroversia. 
Ci� non si verifica quando, domandata in prima istanza l'agevolazione 
sul trasferimento di un'area perch� destinata alla costruzione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 

di opere di attuazione del piano regolato!l'e (legge 28 giugno 1943, 

n. 666) o alternativamente aUa esecuzione di opere pubbiiche di interesse 
degli enti locali (Legge 3 agosto 1Y49, n. 589), si chieda per la 
prima volta in appello l'agevolazione per la costruzione di case di 
abitazione non di lusso (legge 2 luglio 1949, n. 408) o quella relativa 
agli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (le�gge 20 marzo 
1941, n. 136), giacch� la nuova deduzione amplia il tema litigioso� sull'accertamento 
della suss.istenza delle condizioni-requisito (1). 
Ai fini deLL'agevolazione dell'art. 18 della legge� 3 ago�sto 1949, 

n. 589 sulle opere di inteTesse degU enti locali, � necessario� che l'atto 
di cui si domanda l'ammissione al beneficio (nella S1pecie� acquisto di 
area) contenga la precisa e definitiva designazione dell'opera da realizzare, 
si che deve escludersi l'agevolazione quando neil'atto figurino 
destinazioni solo indicative o alte1"native o modificabili successivamente. 
N� le dette destinazioni possono ritenersi compre�se in un 
concetto ampliato di opere pubbliche desumibiie� da una interpretazione 
estensiva della norma di agevolazione, perch� l'art. 18 deUa 
legge n. 589 non consente una tale interpretazione (2). 
(Omissis). -� Con il primo motivo del ricorso il Comune di Sesto 

S. Giovanni, nel denunziare la violazione dell'art. 345 c.p.c., della legge 
2 febbraio 1960, n. 35 (modificata dal d.L' 11 dicembre 1967, numero 
1150), della legge 18 aprile 1962, n. 167 e della legge 20 marzo 
1941, n. 366 (modificata con d.l. 19 agosto 1954, ~� 965), ,in relazione 
all'art. 360, n. 3 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto 
inammi'Ssibile in appello, in quanto domanda nuova, la richiesta 
di applicazione delle agevolazioni fiscali previste per gli �tti di acquisto 
di aree fabbricabili destinate alla costruzione di case non di lusso e 
per i contratti di trasferimento ai Comuni degli immobili necessari 
alla installazione di impianti per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. 
(1-2) La prima massima � esatta e corregge la pronuncia che, in ma


teria del tutto simile, era stata emessa con la sent. 27 gennaio 1971, n. 202 
(in questa Rassegna, 1971, I, 420). La deduzione di un nuovo fondamento: 
normativo della domanda (e ci� vale ovviamente sia per il contribuente 
che chieda l'agevolazione sia per la Finanza che sostenga la pretesa tributaria) 
� ammissibile solo se non introduce nuovi elementi di fatto, ovvero 
se non si basa su un presupposto che non � stato oggetto della domanda 
di primo grado. 

Bisogna per� precisare che non � la necessit� di nuove indagini, che 
sarebbero processualmente ammissibili, la ragione ostativa dell'ampliamento 
dell'ambito originario della controversia, bensi la necessit� dell'unicit� 
�del petitum (che si risolve nel principio del doppio grado di giurisdizione); 
un presupposto di fatto, anche se documentato, non dedotto a fondamento 
della domanda in prima istanza, non pu� avere ingresso nel giudizio di 
appello perch� ci� modificherebbe il petitum piuttosto che la causa petendi. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

438 

Sostiene il ricorrente che tale richiesta era, invece, ammissibile, prospettando 
soltanto l'applicazione di una diversa disciplina giuridica a 
fatti costitutivi gi� dedotti nel giudizio df primo grado. 

Il motivo non � fondato. 

La censura mossa dal ricorrente va esaminata in base alla premessa 
secondo cui in grado di appello pu� essere invocato un diverso 
fondamento normativo per il richiesto beneficio fiscale se n mutamento 
della causa petendi non importi alcuna esigenza di nuove indagini, 
ma soltanto l'applicazione di una diversa disciplina giuridica 
ad una situazione di fatto gi� aecertata senza alterare l'ambito originario 
della controversia, riguardante appunto la spettanza, oppur non, 
di un trattamento fiscale di favore (cos�, da ultimo, Cass. sent. 27 gennaio 
1971, n. 202). Ma l'accennata immutazione dei presupposti di 
fatto della controversia non ricorre nella specie. Invero, come ha esattamente 
�considerato la Corte del merito, la dedotta applicabilit� dei 
benefici tributari per la costruzione di case di abitazione non di lusso 

(legge 2 luglio 1949, n. 408) e per le opere relative agli impianti di 
incenerimento, eliminazione e trattamento dei rifiuti solidi urbani 
(legge 20 marzo 1941, n. 136, modificata con d.P.R. 19 agosto 1954, 

n. 968) benefici invocati per la prima volta in grado d'appello, era deduzione 
tale da involgere un nuovo campo di accertamenti, diretti a 
stabilire, in punto di fatto, la sussistenza delle condizioni-requisito, 
prescritte dalle norme agevolatrici per la concessione dei benefici tributari. 
Ci� non poteva non ampliare, nel giudizio d'appello, il tema 
litigioso delimitato dalla proposta opposizione all'ingiunzione fiscale. 
Conseguentemente, la Corte del merito ha fatto corretta appUcazione 
del principio di diritto, accolto dall'ormai consolidata giurisprudenza 
di questa Corte Suprema, secondo cui nel giudizio d'appello non pu� 
essere dedotta una nuova causa petend:i che. comporti un mutamento 
sostanziale dei fatti costitutivi del diritto fatto valere (nella specie, di-
La motivazione della decisione in rassegna, non del tutto precisa quando fa 

riferimento alla � esigenza di nuove indagini ., � invece esattissima quando 

si riforisce al mutamento delle condizioni-requisito � o �dei fatti costitutivi 

del diritto fatto valere �. E nella specie le condizioni-requisito delle varie 

agevolazioni domandate erano assai diverse si che, anche se i presupposti 

di fatto erano dimostrati dagli atti gi� acquisiti in primo grado, non poteva 

ammettersi una deduzione che si concretasse in una domanda nuova sulla 

quale sarebbe mancato il contradittorio e il doppio grado di giurisdizione. 

La seconda massima � esattissima. L'agevolazione della legge 3 agosto 

1949, n. 589, � riferita all'esecuzione di opere determinate s� che la desti


nazione di un atto ( � occorrente per l'attuazione �) non pu� essere even


tuale o alternativa; .e tanto pi� perch� non solo la agevolazione non con


sente un'applicazione estensiva, ma anzi l'elencazione delle opere conte


nuta negli artt. 2-10 della legge � tassativa (Cass., 27 gennaio 1971, n. 204, 

in questa Rassegna, 1971, I, 423). 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 

ritto ai benefici fiscali), perch� il mutamento della causa pe�tendi in appello 
� ammesso solo nella ipotesi in cui la causa resti fondata sui dati 
di fatto gi� acquisiti al processo ed il quid novi consista unicamente 
in una diversa qualificazione giuridica di tali elementi di fatto (v. sent. 

n. 
2727 del 1971; sent. n. 111 del 1972 e sent. n. 908 del 1972). 
(Omissis). 
Con il quarto motivo del ricorso il Comune di Sesto S. Giovanni 
lamenta, �sotto il profilo della violazione della legge 3 agosto 1949, 

n. 589 e della legge 6 febbraio 1951, n. 126, in relazione all'art. 360 
n. 3 c.p.c., che la Corte del merito, nell'escludere l'applicabilit� dei 
benefici fiscali previsti da tali provvedimenti, non abbia considerato 
che le agevolazioni non si applicano soltanto agli atti direttamente 
connessi alia realizzazione delle opere pubbliche, ma anche a quelli 
strumentalmente necessari. Aggiunge che l'elenco delle opere pubbliche, 
contenuto nella legge del 1949, � meramente esemplificativo e che le 
norme relative alle agevolazioni fiscali devono essere interpretate estensivamente, 
in modo da comprendere nella loro sfera di applicazione 
tutte le ipotesi cui, in base alla ratio legis, possono riferirsi. 
Anche questo mezzo � privo di fondamento. 

La Corte del merito ha, sul punto, considerato che le agevolazioni 
tributarie di cui alla legge n. 589 del 1949 sono applicabili soltanto ai 
contratti occorrenti per l'esecuzione di un'opera pubblica ben determinata, 
definitivamente decisa e che resta solo da eseguire. Ha, poi, 
rilevato che quest'ultimo presupposto non ricorreva nella specie, perch� 
con il rogito del dr. Zama del 16 novembre 1964 non solo era stato 
previsto, in modo del tutto generico, che i terreni trasferiti al Comune 
sarebbero stati destinati a costruzioni di case popolari, di stazione di 
autocorriere, ed altro, ma era stato anche precisato che detta destinazione 
veniva stabilita solo a titolo indicativo, restando ferma la facolt� 
del Comune di variarla, nel rispetto del vincolo imposto dalla 
pubblica utilit�, secondo le sue esigenze. 

N� tale motivazione pu� dirsi viziata da errore giuridico. Rilevasi, 
al riguardo, che la legge 3 agost~ 1949, n. 589, contenente provvedimenti 
per agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse 
degli Enti locali, la quale si inserisce in un ampio quadro di coeve 
provvidenze legislative, dirette ad incentivare le costruzioni e�dilizie 

(d.l.C.p.s. 8 maggio 1947, n. 399; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029 e legge 
2 luglio 19.49, n. 408), mira a favorire, anche con agevolazioni fiscali, 
la ,costruzione ed il completamento di opere dirette a realizzare pubblici 
interessi la cui tutela sia affidata ad enti locali. 
Ora, come risulta dal testo dell'art. 18, comma primo, interpretato 
in correlazione alle precedenti disposizioni, la conc�ssione dei benefici 
postula necessariamente la precisa e definitiva designazione delle 
opere di pubblico interesse da realizzare. Diver.samente opinando, re



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

440 

sterebbe eluso ogni e qualsiasi controllo in ordine alla sussistenza 
delle condizioni-requisito cui la legge subordina la concessione dei 
benefi.ci fiscali. 

N�, ad orientare diversamente il giudizio della Corte, vale l'argomento 
fondato dal ricorrente sulla prospettata interpretazione e,stensiva 
del dtato art. 18. Invero, anche se le norme relative ai benefici. 
tributari consentono, come � noto, l'interpr.etazione estensiva, allorquando 
sia ben certo che la volont� della legge � pi� ampia della sua 
letterale espressione, a ci� non � consentito pervenire quando', invece, 
detta volont� sia dubbia o, addirittura, negativa, nel senso di restringere 
la previsione a quanto risulta dalla formulazione letterale del 
precetto. In tal caso prevale il rigore esegetico delle disposizioni agevolative 
le quali, essendo dettate in deroga al generale principio della 
normale imposizione, non sopportano allargamenti interpretativi di 
dubbio fondamento (v. Cass. 24 marzo 1971, n. 825). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 470 -Pres. 
Icardi -Est. Sandulli -P. M. lVIililotti (conf.) -Soc. Vibor (avv. 
Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Ciardulli). 

Imposta di registro -Societ� di persone -Scioglimento limitato ad 
un socio -Assegnazione inferiore alla quota di diritto -Imposta 
proporzionale di trasferimento -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 48 e tariffa A, art. 88). 
La liquidazione della quota al socio recedente, che non costituisce 
divisione, � regolata, non dall'art. 48 della legge di reg-istro, bensi 
dall'art. 88 della tariffa A che solo per le assegnazioni superiori alla 
quota di diritto prevede�, con richiamo all'art. 48 della legge, l'assoggettamento 
all'imposta prnporzionale di trasferimento; conse'guentemente 
un'assegnazione al socio recedente inferiore� alla quota di diritto, 
che peraltro incremenierebbe l'autonomo patrimonio sociale e non il 
diritto degli alt1"i soci restanti nella societ�, non d� luogo all'applicazione 
dell'imposta propOl'l'zionale (1). 

(1) Ancora sulle quote di societ� di persone nell'imposta di registro. 
La decisione suscita vive perplessit�. Sul piano esegetico appare troppo 
formalistica l'interpretazione dell'art. 88 della tariffa A nel senso che 
solo l'assegnazione superiore alla quota di diritto ammetta il ricorso 
all'art. 48 della legge, come pure non sembra esatto che per l'art. 48 della 
legge l'assegnazione al socio recedente di quota corrispondente al diritto 
non integri una divisione dei beni sociali che invece si verificherebbe nel 
caso di scioglimento totale del rapporto. Quanto al primo rilievo, � evidente 
che le norme della legge di registro e della tariffa sono in correlazione e 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 

(Omissis). -Con la prima delle censure in cui si articola il primo 
motivo, le. ricorrenti -denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 
88 della Tariffa allegato A della legge di registro (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269) ,e della nota riportata in calce, in relaziorne all'articolo 
360 nn. 3 e 5 c.p.c. -sostengono che l'art. 48 della legge di 
registro pu� trovare applicazione, in virt� del richiamo contenuto 
nella nota dell'art. 88 della tariffa ali. A, soltanto nella ipotesi che ai 
soci recedenti siano effettuate assegnazioni superiori aHe quote di 
diritto. 

La tesi merita adesione. 

Le rtcorrenti ripropongono in questa sede la questione -gi� 
prospettata innanzi ai giudici di merito e risolta positivamente nei 
due gradi del giudizio -se l'art. 48 della legge di registro (r.d. 30 
dicembre 1923, n. 3269) debba trovare applicazione, in base alla nota 
riportata in calce all'art. 88 della tariffa allegato A della stessa legge, 
anche nel caso che ai soci recedenti (da una societ� personale) siano 
effettuate assegnazioni inferiori alle cosiddette quote di diritto. 

Secondo la tesi dell'Amministrazione Finanziaria -corrispondendo 
all'assegnazione per un importo inferiore al dovuto al socio 
uscente 'una assegnazione superiore all'ammontare spettante al socio 
restante in seno alla societ� e verificandosi a favore di questo un trasferimento 
di ricchezza, consistente nel proporzionale arricchimento 
di quanto attribuito in meno al socio recedente -lo stesso dovrebbe 
essere assoggettato all'imposta proporzionale, a norma dell'art. 48 della 
legge di registro. 

non in oppos1z1one e che l'art. 48 della legge relativo alle divisioni fra 
comproprietari o fra soci, trova un completamento negli art. 88 e 89 della 
tariffa si che tutte queste norme vanno coordinate e non poste in alternativa. 
Quanto al secondo punto, lo scioglimento di comunione segue l'iden-. 
tica norma sia quando � parziale (limitato ad un socio o un condomino) 
sia quando � totale; l'assegnazione al socio recedente di beni corrispondenti 
alla sua quota di diritto �, come lo scioglimento generale, una divisione 
e proprio per questo non � traslativo ed � soggetto alla sola imposta 
graduale. 

P,er la soluzione del problema bisogna allora �risalire al principio che 
informa la tassazione dello scioglimento delle comunioni nella cui nozione 
sono assimilate la compropriet� e la societ� di persone (v. C. BAFILE, .Le 
quote di societ� di persone neU'imposta di registro, in questa Rassegna> 
1971, I, 649). Le assegnazioni conformi al diritto di ciascun comproprietari� 

o socio sono dichiarative e soggette alla imposta graduale; sono invece 
traslative e soggette all'imposta proporzionale le assegnazioni che danno 
luogo a conguaglio o maggiore assegno, ossia le attribuzioni non conformi 
al diritto di quota ideale sui beni comuni. In particolare per le societ� di 
persone sono dichiarative le attribuzioni, corrispondenti alla quota di diritto, 
degli stessi beni conferiti dal socio a cui vengono attribuiti e dei 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

442 

Secondo l'opinione delle ricorrenti -non rientrando l'assegnazione 
inferiore alla cosiddetta quota di diritto nella previsione normativa 
della nota apposta in calce all'art. 88 della tariffa all. A della 
legge di registro -ad una siffatta assegnazione dovrebbe applicarsi 
l'imposta graduale prevista dal citato articolo. 

Fra le due �ntitetiche proposizioni del dilemma, que,sta Corte 
ritiene di doversi orientare nel senso del secondo indirizzo. 
Ai fini della disamina del problema, occorre muovere, dai limiti 
della sfera di applicazione dell'art. 88 della tariffa all. A. 

Tale disposizione normativa -riferendosi l'art. 87 della tariffa 
soltanto (agli atti di scioglimento della societ� ed) alle dichiarazioni 
di recesso (totale o parziale) dalle medesime -trova applicazione 
anche in ordine alle assegnazioni effettuate ai soci in seguito a recesso 
(oltre che a scioglimento e liquidazione della societ�), costituendo 
questo lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio 
(o ad una parte di soci). Con la cessazione della qualit� di socio, conseguente 
alla dichiarazione di volont�, intesa alla risoluzione del rapporto 
(plurilaterale) sociale, si determina, limitatamente al socio recedente, 
lo scioglimento del rapporto societario. 

Con la nota apposta in ca,Ice alla cennata disposizione legislativa, 
si �, per�, inteso escludere dalla sfera applicativa dell'art. 88, e cio� 
dall'assoggettabilit� all'imposta graduale, le assegnazioni superiori alle 
quote di diritto, sussumendo le stesse, in virt� del richiamo dell'art. 48 
della legge di registro, nella disciplina regolativa di questo. 

In base alle statuizioni normative contenute nel primo e quarto 
comma dell'art. 48 della legge, mentre le asisegnazioni effettuate nelle 
divisioni (di beni mobili od immobili tra comproprietario o fra soci) 
non possono considerarsi traslative (della propriet� dei beni rispetti-

beni acquistati dalla societ�, mentre sono traslative, anche se conformi 
in valore alla quota di diritto, le assegnazioni di beni in favore di socio 
diverso da quello che li confer�. In sostanza con lo scioglimento (totale o 
parziale) della 1societ�, 1se ciascun socio riacquista quel che aveva conferito 

o quel che la societ� ha acquistato e viene ripartito in proporzione alle 
quote si ha una vera divisione dichiarativa, in caso contrario si ha trasferimento. 
In appUcazione di questo principio 1si � sempre considerata traslatirva 
non solo l'assegnazione non conforme alla quota, ma anche il recesso del 
socio non seguito nel termine dell'art. 2289 e.e. dalla liquidazione della 
quota (che si risolve in una liberalit� del socio recedente), ovvero la liquidazione 
della quota del socio recedente in danaro o in beni di cui non 
risulta dai bilanci che la societ� avesse la disponibilit� e analogamente 
la liquidazione di quota di compropriet� con danaro o beni mobili che non 
fanno parte della stessa comunione (art. 48). In ogni caso di scioglimento 
di societ� limitatamente ad un socio, deve essere attribuito ad esso un 
valore equivalente al suo diritto e deve verificarsi un corrispondente impoverimento 
del patrimonio sociale; se ci� non avviene o perch� viene fatta 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 

vamente a�ssegnati) quando ciascun �condividente riceve una quota corrispondente 
ai diritti realmente spettantigli, le stesse debbono ritenersi 
tali -nei limiti della differenza c� valore -quando siano pattuiti 
maggiori assegni o conguagli attributivi di beni per importi superiori 
a quelli spettanti. 

Natura attributiva va, quindi, riconosciuta esclusivamente alle assegnazioni 
effettuate nelle divisioni fra �soci e corrispondenti alle quote 
di sp.ettanza; mentre la natura traslativa contraddistingue soltanto le 
assegnazioni di quote superiori a quelle di diritto. 

E, poich� le assegnazioni ai soci recedenti da una societ� pel'.sonale 
di quote �corrispondenti a quelle loro spettanti non integrano una 
divisione (della comunione) dei beni sociali -la quale pu� aveTSi a 
norma dell'art. 2272, n. 3, e.e. (implicitamente richiamato negli articoli 
2293 e 2315 e.e.), soltanto (attraverso lo scioglimento della societ� 
e la conseguente ripartizione dei beni formanti il patrimonio sociale) 
con il consenso di tutti i soci -ad esse -non rientrando le cennate 
assegnazioni nell'ambito della disciplina dell'art. 48 della legge -va 
imposta la regolamentazione predisposta dall'art. 88 della tariffa. 

Riguardo a questa -in ordine alle assegnazioni superiori alle 
quote di diritto, aventi (sia pure nei lilniti della differenza di valore) 
carattere traslativo -la nota riportata in calce esplica una precisa 
funzione limitativa, riservando ad esse, in virt� dell'espresso richiamo 
dell'art. 48 della legge, lo stesso regime stabilito per i conguagli eccedenti 
le quote dei condividendi ed i maggiori assegni effettuati ai 
compartecipi della comunione in sede di divisione dei beni comuni. 

La sussunzione sotto tale disciplina regolativa anche delle assegnazioni 
effettuate ai soci recedenti (da una societ� personale) in mi-

al socio una assegnazione maggiore o perch� viene conseguito dalla societ� 
un arricchimento, si verifica trasferimento (Cass., 10 novembre 1971, n. 3184, 
in questa Rassegna, 1972, I, H'll). 

Appare pertanto poco perspicuo affermare che l'art. 88 della tariffa A 
richiama l'art. 48 solo nel caso di assegnazione superiore alla quota si che 
lo stesso richiamo deve ritenersi escluso nel caso di assegnazione inferiore. 
L'assegnazione inferiore produce, in parte, lo stesso effetto della totale 
mancanza della liquidazione, cio� un arricchimento del patrimonio sociale. 
Ma il principio dell'art. 48 della legge che, come si � detto, l'art. 88 della 
tariffa integra e non limita, consiste nel considerare traslative le assegnazioni 
non corrispondenti alla quota, quelle cio� che si risolvono necessariamente 
nell'assegno minore per l'uno e maggiore per l'altro; nell'espressione 
della norma, � maggiore assegno � o � assegnazione superiore � � perfettamente 
equivalente a � minore assegno � o � assegnazione inferiore ". 
Nella divisione generale, al minore assegno in favore di uno dei compartecipi 
non pu� non corrispondere un maggiore assegno in favore di altri; 
nella divisione parziale (liquidazione di quota limitatamente ad un socio 

o straldo di quota limitatamente ad un condomino) il minore assegno non 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sura inferiore al valore delle quote di diritto -sul riflesso della natura 
traslativa dell'incremento proporzionale delle quote dei soci rimasti 
in seno alla societ� e sulla considerazione del risultato economico 
.effettivamente conseguito (arricchimento dei sod restanti) non 
�, per�, contrariamente a quanto si assume dalla resth;tente, realizzabile. 


L'estensione applicativa dell'area previsionale della nota apposta 
in calce all'art. 88 della tariffa incontra un'insuperabile ragione ostativa, 
giacch� -non provvedendosi, in conseguenza del ree.esso, al 
totale scioglimento della societ� di persone ed alla divisione dei behi 
sociali -gli incrementi conseguenti alle assegnazioni inferiori alle 
quote spettanti ai soci uscenti -pur risolvendosi indirettamente e 
di riflesso in un vantaggio potenziale per i soci rimasti -non vengono 
a concretarsi in effettivi ed att�ali arricchimenti delle 1sfere patrimoniali 
di questi, integrando essi un esclusivo incremento del patrimonio 
(autonomo) di pertinenza della societ� personale, la quale, 
sopravvivendo, nella prospettiva finalistica del conseguimento dell'oggetto 
sociale, al recesso del socio (o �di parte dei soci) e continuando 
ad operare, mediante nuovi atti d'impresa, pu� incontrare, nello svolgimento 
della sua attivit� imprenditoriale, ulteriori rischi economici, 
con 1cons1eguente �eventuale diminuzione (od anche distruzione) delle 
sue attivit� patrimoniali. 

La persistenza del rapporto sociale -durativo sia pure limitatamente 
ai soci rimasti nella societ� personale -e la permanenza in 
vita dell'ente �societario, con il suo autonomo patrimonio sociale (le 

pu� non corrispondere ad un incremento del patrimonio sociale o del patrimonio 
comune. Ma � fuor di dubbio che la divisione parziale soggiace alle 
stesse regole di quella totale. 

E' bensi vero che l'assegnazione al socio recedente di beni di valore 
inferiore alla quota di diritto, incrementa il patrimonio sociale (autonomo) 
e non direttamente il patrimonio degli altri soci. 

Ma ci� � irrilevante, perch� con l'incremento del patrimonio sociale 
(come con l'incremento dei beni che restano in comunione) si � gi� realizzato 
un trasferimento in favore della societ� (e per di pi� da parte di chi 
non � pi� socio) che gi� realizzano i presupposti dell'imposizione; non � 
necessario che vi sia trasferimento da uno ad altro socio, perch� � gi� di 
per s� tassabile il trasferimento da un ex socio alla societ�; inoltre con 
l'incremento del patrimonio sociale si accresce immediatamente il diritto 
di quota dei soci, diritto che pu� tradursi in qualunque momento nella 
liquidazione della quota accresciuta. Sarebbe cio� assai facile, sulla base 
della regola ora affermata, realizzare il risultato di effettuare assegnazioni 
disuguali senza 1scontare l'imposta proporzionale assegnando ad un socio 
recedente assai meno di quanto ad esso spetta e sciogliere immediatamente 
dopo la societ� dividendo fra i soci restanti il patrimonio accresciuto. 

Nessun valore ha ovviamente la considerazione che con la sopravvivenza 
della societ� il patrimonio accresciuto a seguito del recesso del socio 


' X mm ���:-���x__.~ ' X mm ���:-���x__.~ 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 

cui attivit�, mobiliari e immobiliari sono attribuibili ai soci, mediante 
ripartizione fra essi, soltanto dopo la chiusura del procedimento, legale 

o convenzionale, di liquidazione, e cio� successivamente al soddisfacimento 
dei creditori della. societ�), esicludono che, attraverso le assegnazioni 
ai soci recedenti di quantit� di beni in n�sura inferiore alle 
quote loro ,spettanti, possano integrarsi assegnazioni, in favore dei soci 
restanti, corrispondenti agli importi attribuiti in meno ai soci uscenti, 
giacch� �-essendo il conseguente incremento patrimoniale esclusivamente 
di spettanza della societ� -non potrebbe ritenersi che sostanziali 
assegnazioni patrimoniali siano state attualmente ed effettivamente 
realizzate in favore dei soci rimasti, attraverso la complessa 
operazione attributiva di beni intervenuta nella fa.se procedimentale 
recessiva dei soci uscenti. 
Inoltre di fronte alla chiara formulazione della statuizione legislativa, 
sancita nella nota riportata in calce all'art. 88 della tariffa, 
la quale pone dei precisi limiti all'ambito previsionale della norma, 
restringendo l'incidenza effettuale del richiamo dell'art. 48 della legge 
alle� sole assegnazioni (ai soci receduti) superiori alle cosiddette quote 
di diritto deve escludersi ogni possibilit� di estensione della sfera applicativa 
della disposizione normativa dettata nella nota in calce all'art. 
88, intesa a ricomprendere nella disciplina regolativa dell'art. 48 
anche le assegnazioni inferiqri alle quote di diritto, con la conseguente 
implicazione dell'assoggettamento all'imposta proporzionale di trasferimento 
degli incrementi patrimoniali derivati ai soci rimasti in seno 
alla societ�. 

Per modo che, le assegnazioni ai soci recedenti da una societ� 
persO!Ilale di quote inferiori a quelle loro spettanti (cosiddette quote 
di �diritto) -non rientrando nella previsione normativa della nota 
in calce all'art. 88 della tariffa all. A della legge di rregistro -sono 
soggette alla disciplina regolativa predisposta dal cennato art. 88 e 
vanno tassate con l'imposta graduale. -(Omissis). 

potr� risultare nel futuro momento dello scioglimento, a seguito di � nuovi 
atti di impresa � ed a causa di � ulteriori rischi economici ., diminuito o 
inesistente (o, all'inverso, aumentato), si che potrebbe non concretarsi 
l'incremento del diritto dei soci rimasti nella societ�. Gli eventi futuri non 
hanno rcerta:rnente rilevanza n� 13ulle vicende del patrimonio sociale n� su 
quelle dei beni in comunione; quando lo scioglimento delle comunioni avviene 
in due tempi non pu� pi� esservi eguaglianza tra le quote dei compartecipi 
specie per le societ� che affrontano nuove imprese e nuovi rischi. 

Ma, ai fini dell'imposta in discussione, l'equivalenza deve sempre sussistere 
al momento dello scioglimento e, in caso di scioglimento limitato, 
l'eguaglianza deve essere assicurata tra l'attribuzione fatta al socio uscente 
e il coacervo delle quote restanti. 

C. BAFILE 

446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 474 -Pres. 
:J!cardi -Est. Virgilio -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Salto) �C. Ponzio. 

Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e ~ioielli 
Inventario -Requisiti -Mancanza di stima -lnopponibilit�. 

(r.d. 30 dicembre 1973, n. 3270, art. i31; c.p.c., art. 775). 
L'invenvario idoneo a vincere la presunzione deU'art. 31 della 
legge sulle successioni deve avere tutti i requisiti di sostanza e di 
forma prescritti agli effetti civiLi e deve contenere in ogni caso l'indicazione 
del valore dei beni; non � quindi efficace nei confronti della 
Finanza l'inventario il quale, di fronte alla contestata opportunit�, da 
parte degli intere�ssati, di inventariare alcuni oggetti, contenga la semplice 
descrizione di essi e non anche la stima (1). 

(Omissis). -Con unico motivo, articolato in pi� censure, l'Amministrazione 
ricorrente. denuncia violazione e falsa applicazione degli 
artt. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e 775 c.p.c., in relazione all'art. 
360, nn. 3 e 5, dello stesso codic�e, per avere� la Corte di appello 
erroneamente ritenuto che anche un inventario nel quale sia stata 
omessa la stima di alcuni beni mobili (su richiesta degli interessati, 
secondo la facolt� prevista dall'ultima parte� dell'art. 775 c.p.c.) possa 
qualificarsi documento idoneo a �superare la presunzione di cui all'art. 
31, primo comma, deila legge tributaria sulle successioni, e per 
escludere, conseguentemente, l'applicabilit� della tassa sulle percentuali 
di valore stabilite dalla stessa norma. 

Deduce, inoltre, l'Amministrazione ricorrente che nell'inventario 
in contestazione non � neppure contenuta una sufficiente descrizione 
dei mobili non stimati, e che anche sotto tale ulteriore profilo la 
Corte del merito non avrebbe potuto considerare superata la suddetta 
presunzione. 

Per �quanto riguarda la prima delle indicate censure la ricorrente 
sottolinea che la possibilit� (contemplata in via del tutto eccezionale 
dalla legge) di escludere il ricorso al criterio presuntivo sancito in 
l�nea generale dall'art. 31 � strettamente collegata all'esigenza che 
attraverso l'inventario risulti provata l'inesistenza dei beni oggetto di 

(1) Decisione esattissima. Per l'affermazione che solo un inventario 
capace di produrre tutti gli effetti sostanziali civili e formalmente perfetto 
pu� vincere la presunzione dell'art. 31, v. Cass., 10 febbraio 1971, n. 343, in 
questa Rassegna, 1971, 617. Ma, in aggiunta a ci�, l'inventario deve contenere 
una completa indicazione del valore, giacch� .il valore ha una 
ragione determinante ai fini della determinazione della base imponibile. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 

presunzione, oppure un loro valore inferiore a quello derivante dall'applicazione 
dei coefficienti presuntivi. 

In base a tale premessa sostiene che, ove manchi uno di questi 
requisiti essenziali (e cio� ]a prova dell'inesistenza assoluta dei beni 
mobili considerati dalla legge, ovvero l'indicazione del loro valore), 
il documento-inventario, anche se redatto in conformit� delle norme 
che ne disciplinano il contenuto agli effetti civili, non pu� assumere 
rilevanza sul piano tributario, e che in tale ipotesi riprende vigore il 
principio dell'operativit� della presunzione sancita nell'art. 31. 

La censura � fondata. 

Questa Corte Suprema ha pi� volte affermato (sentenz.e nn. 3837 
del 28 novembre 1968; 448 del l� marzo 1967; 2768 del 20 novembre 
1964; 2645 del 23 ottobre 1964) che soltanto l'inventario completo, 
ossia contenente tutte le tassative indicazioni di cui all'art. 775 
c.p.c., pu� considerarsi idoneo a far venir meno la presunzione stabilita 
dall'art. 31, primo comma, della legge tributaria sulle succ.oosioni, 
mentre l'omissione delle formalit� prescritte per la completezza del 
documento, anche :se non ascrivibile a colpa degli eredi, lo rende inidoneo 
a costituire la prCJ1Va contraria alla detta presunzione. 

Ancora pi� dettagliatamente, con la sentenza 25 marzo 1966, n. 797, 
questa Corte precis� che l'inventario deve contenere la riproduzione 
esatta della consistenza del patrimonio del defunto, e che la norma 
tributaria -agli effetti della validit� del documento come unico 
mezzo consentito per vincere la presunzione -presuppone la perfezione 
dell'inventario stesso, sia sotto il profilo formale che sotto 
quello sostanziale, a nulla rilevando che -in caso di incompletezza 
-esso conservi talvolta piena efficacia a scopi diversi. 

Con la medesima sentenza fu altres� osservato che per le finalit� 
d'ordine fiscale quel che interessa � l'inventario in s�, inteso come 
documento considerato dalla legge atto idoneo alla rilevazione della 
consistenza dell'asse ereditario, sfoch� la legge stessa �si richiama all'inventario 
nella sua tipicit� e perfezione, e cio� in quanto accerti e 
certifichi l'esistenza e l'entit� di tutti i beni di un patrimonio. 

L'esattezza delle affermazioni contenute nelle citate pronunce di 
questo Supremo Collegio appare di tutta �evidenza se si considera che 
il terzo comma della norma tributaria in esame (art. 31) e:sclude il 
ricorso al criterio presuntivo -stabilito nel primo comma -solo 
quando da inventari di tutela o di eredit� beneficiata o fallimentare, 
ecc. � risulti un valore minore od anche l'inesistenza assoluta 
di gioielli, denaro e mobilia�, oppure quando �dagli stessi inventari 

o da atti �o dichiarazioni delle parti risulti un valore superiore�. 
In tali casi (come stabilisce. il quarto comma della stessa norma) 
� si ha riguardo al valore dei gioielli, del denaro e della mobilia quale 
risulta da detti documenti �. 


448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'attestazione dell'inesistenza assoluta dei beni considerati dalla 
legge o l'indicazione del loro valore hanno, quindi, rilevanza decisiva 
per escludere l'applicazione del criterio presuntivo, giacch� nella prima 
ipotesi viene ovviamente a mancare ogni possibilit� di tassazione, mentre 
nella seconda l'aliquota dell'imposta � commisurata al valore (minore 
o maggiore rispetto a quello derivante dal calcolo presuntivo) 
risultante dall'inventario. 

Posto, dunque, che il valore dei beni oggetto di presunzione (salvo 
il caso della loro assoluta inesistenza, comprovata sempre dall'inventario) 
costituisce un dato essenziale che la le.gge tributaria richiede affinch� 
la Finanza sia posta in grado di effettuare i calcoli delle aliquote 
applicabili nelle singole fattispecie -deve concludersi che la 
mancanza di tale dato toglie all'Jnventario stesso quena capacit� di 
documentazione che � indispeIIBabile al suddetto scopo. 

La fattispecie legale dalla quale unicamente ed eccezionalmente 
pu� derivare, a vantaggio del �.contribuente, l'inapplicabilit� del criterio 
di valutazione presuntiva non si configura perci� con la semplice 
osservanza delle norme che regolano la compilazione dell'inventario 
agli effetti civili, ma presuppone il collegamento di tali disposizioni 
con quelle del citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni. 

Da questo necessario coordinamento deriva che in ogni ipotesi di 
omissione della stima, e quindi del valore, dei beni in esame (anche 
se tale omisisione sia consentita dalle norme che regolano la compilazione 
dell'inventario, come avviene per gli oggetti rispetto ai quali gli 
interessati abbiano contestato l'opportunit� di inventariarli, e che siano 
stati pertanto semplicemente descritti nel processo verbale, ai sensi 
dell'art. 775, ultimo comma, c.p.c.), il documento non � utilizzabile 
per vincere la presunzione, la quale conserva piena operativit�. 

Si pu� aggiungere, a titolo di convalida delle esposte: considerazioni 
e delle conseguenze che esse coni.portano, che anche l'abrogato 
codice di procedura ,civile (art. 872, penultimo comma) -nel vigore 
del quale sorse la norma tributaria di cui si discute -conteneva una 
disposizione analoga a quella dell'ultimo comma dell'art. 775 dell'attuale 
codice di rito (e cio� consentiva, quando vi era contesa tra gli 
interes1sati, la sempHce descrizione di taluni ogg.etti), e -ci� nonostante 
-il legislatore si rifer� al requisito del valore dei beni emergente 
dal documento-inventario, come indispensabile presupposto per 
vincere la presunzione stabilita nell'art. 31. 

Questo rilievo conferma che la fattispecie legale pu� ritenersi 
completa, per le precipue finalit� tributarie dianzi esaminate, soltanto 
se il documento (che a causa della sua particolare attendibilit� � considerato, 
come si � gi� detto, l'unico mezzo di cui pu� valersi il contribuente 
per vincere la presunzione) offre gli indispensabili elementi 
di calcolo. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Tutto ci�, peraltro, � in armonia 'con la ratio delle norma, la quale 
mira in definitiva a tutelare la Finanza contro le possibili evasioni tributarie 
in ordine ad oggetti facilmente disperdibili, sostituibili, od 
occultabili. 

Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria va, quindi, accolto in 
relazione alla prima censura, con assorbimento di ogni altra questione. 

La causa va rinviata alla stessa Corte di appello, che si uniformer� 
al seguente principio di diritto: �Perch� gli inventari di tutela, 
di eredit� beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione 
di suggelli, disposta dall'autorit� .giudiziaria immediatamente dopo l'apertura 
della successione, possano ritenersi idonei a vincere la presunzione 
di cui al primo comma dell'art. 31 del r.d. 30 dkembre 1923, n. 3270 
(con le ,conseguenze previste nei successivi commi della stessa norma), 
� necessario che i detti inventari siano redatti secondo le tassative disposizioni 
dell'art. 775 c.p.c., e che contengano -in ogni caso -o la 
certificazione dell'inesistenza di gioielli, denari e mobilia, ovvero l'indicazione 
del loro valore (diverso da quello risultante dall'applicazione 
del criterio presuntivo), sul quale possa essere concretamente calcolata 
l'aliquota dell'imposta. 

In particolare, non � idoneo a vincel'e la .suindicata presunzione 
l'inventario per accettazione di eredit� beneficiata che, di fronte alla 
contestata opportunit�, da parte degli interessati, di inv,entariare alcuni 
oggetti (nella specie, mobili), contenga la sempJ.ice descrizione 
di essi e non anche la stima, giacch� in questa ipotesi, pur producendo 
l'inventario effetti civili, difetta di un dato essenziale per i calcoli richiesti 
dalla norma tributaria�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 478 -Pres. 
Leone -Est. Alibrandi -P. J.V!. Chir� (conf.) -Soc. Spexco (avv. 
Volli) e Soc. Giuliano (avv. De Luca) c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Corsini). 

Imposta di registro -Agevolazioni per il fondo di rotazione per il territorio 
di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 -Operazioni 
di finanziamento -Estensione alle fideiussioni prestate da 
terzi -Esclusione. 

(1. 18 ottobre 1965, n. 908, art. 6; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, 
art. 54). 
L'agevolazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 sul 
fondo di rotazione per iniz.iative economiche nel territorio di Trieste 
� limitata alle operazioni di finanziamento e non � quindi estensibile 


450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

aUe fideiussio1ii prestate da te1�zi che restano quindi soggette all'imposta 
deWart. 54 tariffa A allegata alLa legge di registro (1). 

(Omissis). -Al ricorso principale della Soc. per az. Navigazione 

E. Sperco va riunito quello incidentale della Soc. per az. Cantiere 
Navalgiuliano, trattandosi di impugnazioni distinte con diversi numeri 
di ruolo e proposte contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). 
Con l'unico motivo del ricorso principale della Navigazione E. 
Sper�o, al quale aderisce il Cantiere Navalgiuliano con il suo ricorso 
incidentale, si denunzia la violazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 
1955, n. 908; dell'art. VII dell'ordine 370 del 16 dicembre 1948 
dell"ex G.M.A. e degli artt. 1230 e segg. e.e., in relazione all'art. 360, 
nn. 3 e 5, c.p.c. Sostengono le ricorrenti, in via di censura della sentenza 
impugnata, che all'atto del 7 mag.gio 1962 � applicabile il beneficio 
dell'esenzione dall'imposta di registro, stante l'ampia previsione 
del citato art. 6, in cui sono. incluse le operazioni poste in esse:rn dal 
fondo di rotazione e tutti gli atti di consolidazione dei mutui, tra i 
quali va �compreso quello relativo alla fideiussione, prestata dagli Sperco 
in proprio, della cui tassazione � controv�ersia. 

Il motivo non � fondato. 
La questione sollevata con le identiche e convergenti censure 
svolte dalle societ� ricorrenti consiste. nello stabilire se siano tassa


1

bili con l'ordinaria imposta di registro (art. 54, ali. A, al r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269) le fideiussioni prestate da Enrico Alberto e da 
Enrico Alfredo Sperco, �contenute nell'atto di accollo del 7 maggio 1962, 
oppure se alle dette fideiussioni siano applicabili le .esenzioni tributarie 
di cui alla legge del 18 ottobre 1955, n. 908. 

Questa legge, che ha istituito il fondo di rotazione per iniziative 
economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia, dopo 
aver disposto l'applicazione delle agevolazioni �tributarie ai mutui per 
la costruzione di alloggi (art. 6, comma primo), aggiunge che: �Le 
altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma della 
presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit� relativi 
alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione ed estinzione sono 
esenti da tasse, imposte e tributi spettanti sia all'Erario dello Stato, 
sia agli enti locali, ad eccezione dell'imposta di boUo sulle cambiali, 

(1) Decisione da condividere pienamente di cui va segnalato il metodo 
interpretativo della norma di agevolazione. Altre volte la S.C., ricorrendo 
all'interpretazione estensiva o alla connessione di mezzo al fine, ha proposto 
interpretazioni assai diverse delle norme di agevolazione e specificamente 
per le operazioni di finanziamento bancario ha compreso nei benefici 
atti accessori ed accidentali estranei al fine .specifico della norma 
(cfr. Cass., 3 aprile 1971, n. 944, in questa Rassegna, 1971, I, 852, con 
richiami). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

le quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire 0,10 
per 1.000 lire� (art. 6, comma secondo). 

La norma, considerata nella sua letterale formulazione, non prevede 
tra gli atti cui si applicano le esenzioni tributarie, quelli di fideiussione 
prestata da terzi per garantire l'adempimento delle obbligazioni 
a�ssunte dai mutuatari. 

Infatti, il secondo comma dell'art. 6, pur essendo formulato in 
termini alquanto ampi (�tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit�
�), limita tuttavia la previsione legale alle �operazioni di finanziamento, 
che saranno effettuate a norma della presente legge�, 
cio� ai soli mutui accordati dal fondo di rotazione. 

Di ci� � possibile trarre conferma considerando ed interpretando 
la disposizione anzidetta in relazione al sistema della legge n. 908 del 
1955 in cui � inserita e nel cui ambito � destinata ad operare. Invero, 
la legge rstitutiva del fondo di rotazione prevede esclusivamente i contratti 
di mutuo col disporre sia che le somme affluenti al fondo sono 
destinate alla concesSlione di mutui (art. 2), sia l'organo (comitato per 
la gestione del fondo) che delibera i finanziamenti (art. 4), sia le modalit� 
per la conc�essione dei finanziamenti medesimi (art. 5). 

Anche l'interpretazione logica dell'art. 6, comma secondo, al pari 
di quella letterale e sistematica, induce a condividere la �soluzione accolta 
dalla Corte del merito. Rilevasi, infatti, che l'obbligazione fideiussoria 
non soltanto � autonoma, sul piano soggettivo e su quello 
oggettivo, dall'obbligazione garantita, ma � anche soggetta ad un suo 
proprio trattamento tributario agli effetti dell'imposta di registro (arti-
colo 54, tariffa all. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), distinto da 
quello riservato al negozio dal quale trae origine l'obbligazione cui la 
garanzia fideiu&soria si applica, come gi� questa Corte Suprema ha 
avuto occasione di affermare (sentenza 14 ottobre 1966, n. 2453). 

N� � possibile pervenire a soluzione diversa tenendo conto della 
ratio che ispira la norma agevolatrice. Il fine perseguito dalla legge 

n. 908 del 1955, la quale va considerata nel complesso quadro dei 
provvedimenti legislativi dir.etti ad incentivare una sollecita ripresa 
dell'attivit� -industriale, � senza alcun dubbio quella di rendere meno 
onerosi i mutui accordati dall'istituito fondo di rotazione, appunto 
mediante esenzione tributaria. Ma questa, applicabile ai finanziamenti 
che il fondo concede per il suddetto fine di generale utilit�, non pu� 
estendersi a negozi diversi da mutui, quali le fideiussioni, e ci� a maggior 
ragione quando si tratti, come nella specie, di fideiussioni prestate 
non a garanzia dell'originario mutuo accordato dal fondo, ma 
di accollo da parte di �soggetto diverso dal mutuatario originario. 
Le constderazioni esposte inducono ad escludere, contrariamente 
a quanto sostengono le ricorrenti, che quella del pi� volte citato art. 6 
sia una disposizione lacunosa, rispetto alla quale sarebbe giustificata 


452 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un'interpretazione diretta a far coincidere il test� della norma, formulato 
in modo incompleto, con l'intenzione del legislatore (art. 12 
delle preleggi). Infatti, la chiara dizione dell'art. 6, che fa esclusivo 
riferimento ai mutui, al pari degli articoli che lo precedono, dimostra 
che non ricorre l'ipotesi giustifkatrice dell'interpretazione estensiva, 
cio� quella in cui il legislatore, pur nella lacunosit� del dettato normativo, 
ha effettivamente voluto pi� di quanto non manifesti la dizione 
letterale. In altre parole, la disposizione dell'art. 6 concerne 
fattispecie ben precisata, che non lascia alcun margine all'interprete 
per integrare la portata precettiva della norma intendendone, estensivamente, 
la sua formulazione. 

D'altro lato, anche se le norme relative ai benefici tributari consentono, 
come � noto, l'interpretazione estensiva, quando sia ben certo 
che la volont� della legge � pi� ampia della sua letterale espressione, 
a ci� non � consentito pervenire quando invece detta volont� sia dubbia. 
In tal caso, prevale il rigore esegetico delle norme agevolative, 
le quali, essendo dettate in deroga al generale principio d'imposizione 
non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento 

(v. Cass., 24 marzo 1971, n. 825). 
� N�, ad orientare in dive11so senso il giudizio della Corte vale l'argomento 
che le societ� ricorrenti traggono dalla Sez. II dell'art. VII 
dell'ordine n. 380 del 16 novembre 1948 del cessato G.M.A., secondo 
cui l'esenzione tributaria si applicava oltre che agli �atti a contratti 
con i quali il mutuo viene concesso� anche agli �atti velativi alle 
consolidazioni, all'estensione ed alla risoluzione del mutuo�. Infatti, 
a superare tale argomento � sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 
1962, per la cui tassazione � controversia, � stato concluso e registrato 
nel vigore della legge n. 908 del rn55, la quale, per essere 
manifestamente innovativa rispetto alla precedente legislazione in materia, 
disciplina, compiutamente ed esclusivamente, le esenzioni tributarie 
invocate dalle societ� ricorrenti, senza che sia possibile ricorrere 
a precedenti e difformi fonti normative. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1963, n. 534 -Pres. Mirabelli 
-Est. Mazzacane -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. C.I.S. 

Imposta sulle societ� -Agevolazioni per il territorio di Assisi -Legge 
interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110 -Limitazione alle imposte 
di ricchezza mobile, I.C.A.P. e di patente. 

(1. 9 ottobre 1957, n. 976, art. 15; I. 25 febbraio 1971, n. 110, art. l, 2). 
Per effetto deHa legge 25 febbmio 1971, n. 110, di dichiarato ed 
effettivo camttere interpretativo e di efficacia retroattiva, le agevola




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 453 

zioni per le imprese artigiane e industriali installate nel territorio di 
Assis.i, limitate esplicitamente aU'imposta di ricchezza mobile, all'I.C.A.P. 
e alL'imposta di patente, non si estendono alL'imposta suUe societ� (1). 

(Omissis). -La rkorrente con unico motivo -denunciando la 
violazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 in relazione 
agli artt. 145 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e all'art. 1 della legge 25 febbraio 
1971, n. 100 -sostiene che, successivamente alla pubblicazione 
della sentenza impugnata, � stata emanata la legge 25 febbraio 1971, 

n. 110 la q�ale, interpretando autenticamente l'art. 15 della legge 
9 ottobre 1957, n. 976, ha chiarito che l'imposta sulle societ� non � 
compresa nelle esenzioni fiscali previste dal citato art. 15 della legge 
n. 
976 del 1957. 
Il motivo � fondato. 
L'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 stabilisce: �allo scopo 
di agevolare il trasferimento o il nuovo impianto delle imprese artigiane 
o industriali nelle zone prescelte a termini dell'articolo precedente 
sar� concesso alle imprese che istituiranno in queste ultime i 
loro impianti nel periodo di cinque anni dalla presente legge l'esenzione 
da ogni imposta erariale, provinciale e comunale e relative sovraimposte 
per la durata �i dieci anni dall'istituzione dell'impianto 
medesimo�. 

I giudici del merito hanno sostenuto, seguendo l'opinione gi� 
espressa da questa Corte (sent. 10 aprile 1968, n. 1079), che l'esenzione 
prevista dalla norma trascritta comprende tutte le imposte erariali, 
sia dirette che indirette. 

Ma 1'Amministrazione finanziaria, con il ricorso proposto, ha invocato 
l'applicazione della legge 25 febbraio 1971, n. 110 (interpretazione 
autentica dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, concernente 
provvedimenti per la salvaguardia del carattere storico, monumentale 
e artistico della citt� e del territorio di Assisi nonch� per 

(1) La legge 9 ottobre 1957, n. 976 per la salvaguardia del carattere 
storico, monumentale ed .artistico della �citt� e del terr.iitoa:io di Assisi, dette 
subito ,luogo a vivaci controver.sie sulla ampiezza delle ag.evolazioni tributar.
ie contenute nell'art. 15. La S.C. ritenne (sentenza 10 aprile 1968, n. 1079, 
in .questa Rassegna, 1968, I, 611), �Che l'agevolaZJione concernesse tutte 
le imposte erariali sia dirette �che indirette. La que.stione � ora risolta 
dalla legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110, espressamente dichiarata 
retroattiva tanto che prevede per le imposte precedentemente maturate 
la concessione di speciali rateazioni. Su questa legge � stata gi� sollevata 
eccezione di illegittimit� costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 53 e 41, 
Cost. (ordinanz�e pretore di Assisi 26 febbraio 1972, G.U. 24 maggio 1972, 
n. 134 e Tribunale di Roma 24 giugno 1972, G.U. 7 marzo 1973, n. 62). 

454 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conseguenti opere di interesse igienico �e turistico, e nuove norme per 
l'appJicazione della legge stessa), pubblicata nella G. U. n. 80 del 
31 marzo 1971,. successivamente al deposito in cancelleria della sentenza 
impugnata. 

L'art. 1 della legge predetta dispone: 

� La sfera di applicazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, 

n. 976, deve intendersi riferita ai seguenti tributi, afferenti il reddito 
prodotto dalle imprese artigiane o industriali che hanno istituito i 
loro impianti a norma del predetto articolo : 
1) l'imposta sul reddito di riochezza mobile; 
2) l'imposta comunale sulle industrie, i commerci, le arti, le 
professioni e la relativa addizionale provinciale; 

3) l'imposta di patente�. 

L'art. 2 della legge medesima �aggiunge: 

� Per 1a riscossione ed il recupero delle imposte non comprese 

nell'elen,co di cui all'articolo precedente maturate alla data di entrata 
in vigore della presente legge, da corrispondersi da parte delle imprese 
alle quali � applicabile l'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, 

n. 976, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, i comuni e le province 
sono autorizzati alla concessione di congrue rateazioni fino al 
massimo di 40 bimestri�. 
La legge 'Sopravvenuta invocata dall'Amministrazione finanziaria 
� applicabile nel corso di questo giudizio poich� viene ad incidere su 
un rapporto giuridico tuttora controverso. Peraltro, occorre stabilire 
se essa abbia efficacia retroattiva. La questione va ora esaminata con riferimento 
alla norma dell'art. 11 disp. prel. c..c., secondo cui la legge 
non �dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo. Il divieto 
della irretroattivit�, per�, ha carattere assoluto soltanto nel campo 
delle l�ggi penali (art. 25 Cost.). Negli altri casi esso va valutato in 
relazione alla natura della norma, ed il legislatore ha facolt� di derogarvi 
espressamente oppure implicitamente: facolt� tradizionalmente 
esercitata nelle leggi interpretative in considerazione del fine cui tendono 
che � quello di chiarire la mens legis non per un mutato intendimento 
ma risalendo a quello originario. 

La natura mterpretativa, con efficacia retroattiva, della legge n. 110 
del 1971 non � dubbia per molteplici e concorrenti motivi. 

a) La qualificazione espressamente data alla legge: �interpretazione 
autentica... �. 

b) La ratio della legge. Emerge chiaramente dalla relazione al 
progetto di legge, e da tutti i successivi lavori preparatori, che il legislatore 
ha voluto precisare, con effetto dichiaratamente retroattivo, 
l'ambito delle agevolazioni concesse nel 1957, per evitare applicazioni 
estensive ritenute in contrasto con l'originario intento legislativo, e 
fonte di illegittime speculazioni. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 

c) Il contenuto della legge � pienamente conforme alla ratio, nella 
costruzione delle sue disposizioni e nella successione logica di queste. 
Infatti l'art. 1, di,sponendo espressamente che la sfera di applicazione 
dell'art. 15 della legge n. 976 del 1957 �deve intendersi riferita � ai 
tributi specificamente elencati ha posto in evidenza la natura interpretativa, 
con effetto ex tunc, della legge. E l'art. 2, stabilendo le 
modarlt� di risco1Ssione e di � recupero � delle imposte gi� � maturate
�, non comprese nell'elencazione di cui all'art. 1, conferma l'efficacia 
retroattiva della legge. 

Con tali disposizioni il legislatore, senza modificare il precetto di 
legge, ha specificato a quali imposte sono riferibili le agevolazioni 
concesse con l'art. 15 della legge n. 976 del 1957. Non ha rilievo, 
ai fini della qualificazione della legge in questione, la cirnostanza che, 
per effetto di essa, !'�ambito della norma originaria sia stato modificato 
�con l'esclusione di fattispecie varia astrattamente ipotizzabile: 
questo � proprio !'.effetto della legge interpretativa che vuole appunto 
evitare l'applicazione della norma ai casi che l'interpretazione 
autentica esclude. 

Pertanto deve ritenersi che l'imposta sulle �societ� non � compresa 
fra quelle che fruiscono delle agevolazioni fiscali previste dall'art. 
15 della legge n. 976 del 1957, poich�, come si � detto, essa non 
� inclusa fra quelle specificamente elencate dall'art. 1 della legge interpretativa 
n. 110 del 1971. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1973, n. 752 -Pres. leardi 
-Est. Montanari -P. M. Trotta (conf.) Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Gargiulo) c. Soc. Coop. Braccianti Riminese. 

Imposta di registro -Agevolazioni fiscali -Costruzione di strade 
obbligatorie, che presentano aspetti di necessit� -Nozione -Limiti. 


. Ai sensi dell'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, il beneficio 
fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 agosto 1869, n. 4613 si appUca 
ai contratti di appalto che riguardano sia le strade indicate nell'art. 
1 della stessa legge n. 312, sia le strade considerate obbligatorie dall'art. 
1 deUa citata legge. n. 4613; e cio� le strade la cui costruzione � 
considerata � necessaria � dal profilo della loro stretta indispensabilit� 
ai fini del collegamento che esse sono destinate ad operare. Pertanto, 
la strada non � da considerarsi "necessaria" laddove appare solo utile 
per una maggiore comodit� dei frazionisti o per un migliore appaga



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

456 

mento delle esigenze del traffico, essendo i frazionisti collegati al capoluogo 
(e quindi alla stazione ferroviaria ed al porto) da due altre strade, 
ampie e comode (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo la Cooperativa lamenta la violazione 
degli artt. 1 e 10. della leg.ge 30 agosto 18'68, n. 4613, deducendo 
che la strada per cui � �causa unisce, parallelamente al Viale Regina 
Elena, l'importante frazione di Bellariva, assai popolata anche durante 
la stagione invernale, al capo'luogo e maggior centro di popolazione 
di Rimini, nonch� alla stazione ferroviaria ed al porto. Essendo 

i:I Viale Regina Elena insufficiente anche d'inverno a smaltire il traffico, 
anche a senso unico, conseguirebbe che la costruzione della nuova 
strada era stata necessaria per assicurare la comunicazione con il centro 
e la stazione, cosicch� l'appalto avrebbe dovuto godere dell'agevolazioni 
previste dalle norme citate. 
La ricorrente assume che la necessit� della costruzione di una 
strada va stabilita in relazione anche alle esigenze del traffico turistico 
e stagionale. 

Il motivo non pu� trovare accoglimento. 

Va premesso che l'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, stabil� 
l'applicabilit� del beneficio fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 
agosto 1868, n. 4613, sia alle strade indicate nell'art. 1 della stessa 
legge n. 312 del 1903, sia alle strade considerate obbligatorie dall'art. 1 
deHa citata legge n. 4613 del 1868. 

Tutte tali disposizioni -per la chiara espressione letterale e per 
la � ratio � perseguita dal legislatore -implicano un caratter.e di necessit� 
nella strada da costruire, �sotto il profilo della sua stretta indispensabilit� 
ai fini del collegamento che fa strada medesima � destinata 
ad operare. 

Nella specie la Corte di Appello ha accertato in punto di fatto che 
la frazione Bellariva era gi� collegata con il capoluogo di Rimini (e 

(1) Si tratta di un principio gi� altre volte affermato dalla Corte 
Suprema: cfr. Cass., 28 maggio 1935, Riv. leg. fisc., 1935, 546, in base al 
quale potrebbe ritenersi che le strade, per le quali il beneficio pu� spettare, 
�sono soltanto �quelle strettamente necessarie e taili da qualificare, 
pe�raltro, non �secondo un .criterio generico, bens� in base �alla precisa concezione 
che era a fondamento della legge del 1868, ed alfa stregua degli 
accertamenti in via amministrativa (formazione degli elenchi), che 'la 
legge medesima richiedeva al fine. 
Del resto, anche nelle pi� recenti leggi, si trova conferma al concetto, 
che potrebbe dirsi formale, di obbligatoriet�; e cos�, ~n particolaa:e, nella 
legge 3 agosto 1949, n. 589, recante provvedimenti petr agevolare l'esecuzione 
di opere pubbliche di interesse degli enti locali, si trova menzione 


di strade classificate come obbligatorie (art. 2, n. 4), che vengono distinte 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 

quindi con la stazione ferroviaria e con il porto) da ben due strade, 
ampie e comode, e cio� la statale Adriatica e la Litoranea denominata 
Viale Regina Elena. La Corte ha perci� ritenuto di escludere, ai fini 
delle comunicazioni anzidette, la necessit� della terza strada, affermando 
che essa risultava soltanto idonea a rendere pi� fluida la circolazione 
gi� svolgentesi sulle preesistenti arterie. 

Il giudizio espresso dalla Corte � congruamente motivato ed � esente 
da errori di diritto o logki. Non si pu�, infatti, non distinguere concettualmente 
tra la vera e propria necessit� di una strada e la semplice 
sua utilit� sotto l'aspetto di una maggiore comodit� per i frazionisti 

o di un migliore appagamento delle esigenze del traffico. (Omissis). 
da altre strade (n. 1 dello stesso art. 2), le quaU -pur contemplate con 
riguardo alla funzione che, secondo la legge del 1868, me avrebbe consentito 
quella qualificazione (strade di ,allacciamento delle frazioni e strade 
di accesso alla stazione ferroviaria) -tuttavia sono considerate in s� 
e rper s�, senza alcun riferimento ad una particolare classificazione. 

E poich�, peraltro, proprio il confronto tra le accennate disposizioni 
dei nn. 1 e 4 della legge del 1949, anche per la diver,sa misura del contributo 
.statale (minore per le strade gi� qualificate focma!lmente come 
obbligatorie), potrebbe indurre a considerare ,che il ,diverso trattamento 

'sia stato voluto in funzione degli ulteriori benefici gi� da altre leggi disposti 
per le strade da:ssifka:te a suo tempo come obbligatorie, sembra 
che anche da ci� possa tral'si conforma della validit� del rilievo circa la 
esigenza di ritenere che il beneficio di cui all'art. 10 della legge del 1868, 
ove sia da considerare ancora applicabile, possa esserlo, rpeT�, soltanto 
peT le strade da qualificare obbligatorie, giusta le delibeTazioni adottate 
ai sensi e nei termini delle disposizioni innanzi citate, e cio� esclusivamente 
per le strade gi� incluse negli elenchi a suo tempo compilati che 
non si,ano allora state costruite, e siano, invece, oggi reailizzate. 



SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1973, n. 677 -P:res. Caporaso 
-Est. Santosuosso -P.M. Padalino (conf.) -Amministrazione 
PP.TT. '(avv. Stato Azzariti Giorgi~o) c. Imp/i'esa Pizz!:ino (avv. 
Giuffrlda). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Intempestivit� della riserva 
dell'appaltatore -Decadenza -Rinunzia dell'Amministrazione a 
farla valere -Ammissibilit� -Accertamento da parte del giudice 
di merito -Incensurabilit� in Cassazione -Condizioni. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Richieste dell'appaltatore di 
maggiori compensi o indennizzi -Offerta transattiva da parte 
dell'Amministrazione -Rinunzia implicita al diritto di far valere la 
decadenza dalle riserve in cui sia incorso l'appaltatore -Esclusione. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretesa dell'appaltatore da indenizzo 
pel caso di aggravi della prestazione derivante da fatto 
� continuativo � -Onere della riserva -Momento di operativit� 
del medesimo -Applicazione. 

La Pubblica Amministrazione appaltante pu� rinunciare al diritto 
di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appa.ltatore� per non 
aver tempestivamente inserito nel registro di contabilit� le riserve che 
intendeva formulare. Ma ci� vale sempre che il Giudice di merito abbia 
accertato, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'effettiva volont� 
della P.A. di rinunciare a far valere detta decadenza. Tale accertamento 
� incensurabile in Cass.azione, se sorretto da congrua motivazione, immune 
da vizi logici e g.iuridici (1). 

Non � ravvisabile un riconoscimento del diritto, efficace ad impedire 
la decadenza, nell'offerta di una somma fatta dalla P.A. a solo 
scopo transattivo, e in un momento successivo a quello in cui la decadenza 
dai diritti vantati dall'appaltatore si sia verificata (2). 

(1-2) Cfr. Oass., 28 ottobre 1965, n. 2290, Riv. giur. edil., 1966, I, 30; 
in genere, Cass., 13 dicembre 1969, n. 3970, Giur. it., Mass., 1969, 1569; 25 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 459 

Nel caso di aggravi derivanti da fatti � continuativi� l'appaltatore 
di opera pubbLica ha l'onere di proporre le prescritte riserve�, aUor�ch� 
disponga di elementi sufficienti a metterlo in grado di segnalare doverosamente 
all'Amministrazione appaltante le cause delle situazioni a lui 
pregiudizievoli, indicandone con la maggiore arpprossimazione possibile 
l'aggravio economico conseguenziale, sia pure con salvezza di precisarne 
definitivamente la misura nelle successive registrazioni o nel conto finale 
(nel caso di sospensione dei lavori disposta daU'Amministrazione, la sentenza 
ha ritenuto che, secondo il parametro deUa media diligenza, l'appaltatore, 
al momento della ripresa del lavo!l'o:, � in grado di avvertire 
e denunziare il maggiore aggravio subito per spese di guardiania del 
cantiere, mentre, quanto aUe voci di danni per maggiori spese generali 
ed aumento del costo della mano d'opera direttiamente dipendenti dalla 
sospensione, il giudice di merito deve accert~re se l'appaltatore disponesse 
di elementi sufficienti per formulare la riserva -salva ulteriore 
quantificazione -nel momento della ripresa od in quello dell'ultimazione 
dei lavori) (3). 

(Omissis). -Con il contratto 1� marzo 1955, l'Amministrazione delle 
poste e te1ecomuni:cazioni affidava all'impresa Antonino Pizzino l'appalto 
per la costruzione della centrale amplificatrice ed i relativi edi:
llici _pei servizii telefonici di Catania pe�r un importo di L. 139.523.000. 
Nel �coriso dei lavori, lAmministrazione appaltante disponeva otto sospensioni, 
ed i rispettivi verbali di sospensione e di ripresa venri.vano 
sottoscritti senza riserve da parte dell'appaltatore. L'opera veniva ultimata 
il 1� mar:w 1!95�8, come dal verbale redatto dal direttore dei lavori 
in contraddittorio con il Pizzino. 

Questi, in sede di chiusura del registro di contabilit�, il 4 febbraio 
1959, formulava diverse riserve in ordine ai danni derivatigli dalla 
omessa fornitura dell'area del cantiere, dalla maggiore entit� del lavoro 
eseguito, dal r.Uardo nella liquidazione dei prezzi e soprattutto per le 
disposte sospensioni. 

Non avendo l'Amministrazione accettato queste richieste, l�e stesse 
venivano fatte valere dal Pizzino dinanzi al TDibunale di Catania, con 
citazione 4 giugno 1962. Si costituiva la convenuta, sollevando diverse 
eccezioni preliminari e contestando la domanda nel merito. Il Tribunale, 
dopo una pronuncia in tema di competenza ed espletata una con-

agosto 1969, n. 3022, ivi, 1235; 9 novembre 1971, n. 3163, id., Mass., 1971, 
1656; 21 febbraio 1972, n. 513, id., Mass., 1972, 186. 

(3) V., pi� in generale, C:ass., Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960, in questa 
Rassegna, 1972, I, 862, I, 862, ed ivi ulteriori riferimenti a nota 2. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sulenza tecnica, accoglieva quasi integralmente la domanda, liquidando 
a :favore dell'�impresa il risarcimento dei danni in L. 12.310.732. 

L'impugnazione principale, proposta dall'Amministrazione dello 
Stato, veniva respinta dalla Corte d'appello; la quale, distinguendo le 
riserve relative ai c.d. fatti continuativi e quelle relative all'andamento 
dei !�avori, riteneva che i primi fatti, in quanto accertabili in ogni tempo 
e produttivi di effetti pregiudizievoli che non possono essere stabiliti 
immediatamente con precisione, legittimano la formul�azione di riserve 
per la ~ima volta in sede di chiusura del registro di contabilit�. Aggiungev:
a che l'offerta da parte dell'Amministrazione di L. 4.800.000 
" annullerebbe in ogni caso la dedotta decaden:w., peraltro non verifioatasi 
�, 

I

La Corte d'appello riteneva, inoltre, in parziale accoglimento del~ 
l'impugnazione ineidentale del Pizzino, che il ritardo delle sospensioni, 
addebitabile all'Amministrazione, ammont� complessivamente� a 588 

I

giorni, dovendosi riduvre la sospensione per il maltempo a soli venti 
giorni. ~ 
Contro questa pronuncia, l'Amministvazione delle poste e telecomunkazioni 
propone ricorso per cassazfone, affidato a quattro motivi. 

I

Resiste l'impresa Pizzino con controricorso. 

fl 

I 
I
r? 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Deve preliminarmente precisarsi, in punto di fatto, che l'ambito del


~' 

,

la disputa risulta in questa sede pi� ristretto di quello che si presentava 

. 

ai giudici di merito. Ed invero, la Corte d'appello, pur aumentando la 

misura della liquidazione delle spese di guardiania -che, unitamente 

I . 
a quelle generali e di mano d'opera, venivano collegate al fatto genera


! tore delle sospensioni di lavori -ha confermato la liquidazione, compiuta 
dal Tribunale, dei danni derivanti dall'omessa fornitura dell'area 
per il cantiere, dalla richiesta di pi� onerosi lavor�i e dal ritardo nel-
l'approvazione dei nuovi prezzi. 

In ordine alla liquidazione di queste tr� voci, 1'Amministrazione ri-& 
corrente non muove pi� alcuna censura, volta che i quattro motivi di 
ricorso ruotano intorno all'unica questione dei danni (distinti nelle voci 

I 

di spese di guardiania, generali e di mano d'opera) conseguenti alle so~ 


Ir,

spensioni dei lavovi. 
Fi� precisamente, col primo motivo, l'Amministrazione� delle poste 
e telecomunicazioni si duole che la sentenza impugnata abbia � ritenuto 

j: 
tempestive le riserv�e dell'impresa per danni conseguenti a sospensioni 

I 
~ 

dei lavori, formulate soltanto in sede di chiusura del registro di contaf 


bilit� �; con il secondo mezzo denunzia vizi di motivazione per non 

avere la Corte d'appello spiegato perch� e fino a quale momento non 

I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 461 

fossero in concreto valutabili i danni, dopo aver affer~ato in astratto 
che la riserva immediata non � richiesta quando non sia prevedibile la 
entit� del danno; con il terzo motivo, osserva che, av;endo la sentenz,a 
impugnata riconosciuta legittima la sospensione per soli 20 giorni di 
maltempo, avrebbe dovuto quanto meno t�ener conto di questo periodo 
nella liquidazione dei danni richiesti; per tuziorismo, infine, la ricorrente 
contesta l'esattezza della frase del1a motivazione che potrebbe essere 
interpretata come r1inunzfa alla decadenza nella formulazione delle 
riserve. 

Quest'ultimo motivo deve essere esaminato con priorit�, poich�, se 
ci fosse stata un'effetiva e valida rinunzia a far valere la decadenza per 
la proposizione tardiva delle riseTve, non sarebbe pi� determinante, ai 
fini del .decidere, precisare �quale fosse nella specie l'ultimo termine per 
la formulazione delle riserve stesse. 

La preoccupazione dell'Amministrazione ricorrente, per l'eventuale 
interpretazione in senso �ad essa sfavorevole della frase della sentenza 
impugnata, non ha ragion d'essere. 

Nell'economia della pronuncia d'appello, invero, il breve inciso, 
espresso peraltro in forma condiziionata e subordinata, non ha avuto 
alcuna portata determinante; esso non � sorretto da adeguata motivazione 
ed �, comunque, errato in diritto. 

E' ben vero �che la Pubblica Amministrazione appaltante pu� rinunciare 
al diritto di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore 
per non aver inserito nel registro di contabilit� le riserve che 
intendeva formulare (Cass., sent. n. 22'90/65). Ma ci� vale sempre che 
il giudice di merito abbia accertato, sulla base di tutte le circostanze 
del caso, l'effettiva volont� della P. A. di rinunciare a far valere detta 
decadenza. Tale accertamento � incensurabile in sede di cassazione solo 
se sorretto da congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici. 

Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, oltre che 
insufficiente, risulta anche contrastante col principio che non � ravvisabile 
un riconoscimento del dkitto, efficace ad impedire la decadenza, 
nell'offerta di una somma da parte della P. A., al solo scopo transattivo ed 
in un momento successivo a quello in cui la decadenza dai diritti vantati 
dall'appaltatore si sia gi� verificata. 

Deve, quindi, affrontarsi la questione fondamentale, che forma og


getto del primo motivo, col quale � collegato anche l'esame del secondo 

e del terzo mezzo. 

La censura � sostanzialmente fondata, nei limiti che saranno ora 

precisati. 

La sentenza impugnata opera una netta distinzione fra � riserve 

relative ai cosiddetti fatti continuativi, sempre rilevabili, e riserve rela


tive all'andamento dei lavori �. Chiarisce che vanno qualificati � fatti 

continuativi quelli che possono essere accertati in ogni tempo... e quelli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

462 

di �cui � possibile stabilire immediatamente e con precisione gli effetti 
pregiudizievoli., 

Tesi del tutto opposta � quella sostenuta dalla P. A., che nega qualsiasi 
� possibilit� di configurare ragioni di compenso che siano sottratte 
al sistema di misurazione e determinazione del compenso globale dovuto 
all'appaltatore, e quindi all'onere della tempestiva riserva, giacch� tutte 
si riverberano e si esauriscono nelle singole unit� di lavoro �. 

Questo Collegio, in coerenza con quanto gi� affermato nelle sentenze 
della S.C. negld ultimi anni, ritiene inesatte entrambe le tesi: lo 
orientamento, cui aderisce la pronuncia ora impugnata, di esclusione 
di termini per le riserve riguardanti i fatti continuativi, contrasta con 
la lettera �e la ratio delle norme contenute nel regolamento approvato 
con r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sostanzialmente frustrando l'effilcacia 
dell'istiotuto delle riserve; d'altra parte, la tesi della P. A., partendo da 
una interpretazione. eccessivamente rigida delle norme e dal presupposto 
che tutte le ragtoni di compenso si riverberano nelle singole unit� 
di lavoro, finisce con l'esigere un comportamento preveggente dell'appaltatore, 
prima ancora della cessazione di fatti, la cui determinazione 
pu� �essere valutata soltanto ex post. 

Per cercare di focalizzare esattamente la fisionomia dell'istituto 
delle riserve nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche, non si pu� 
certo prescindere dalla vigente disciplina della materia, sia pure evolutivamente 
interpretata. Specie riguardo a leggi emanate molti anni prima, 
infatti, l'dnterprete non esaurisce il suo compito nel momento ricognitivo 
della volont� del legislatore, ma deve .essere sensibile ad avvertire 
se la normativa, per la sua ratio e la sua interna carica v1tale, non 
abbia obbiettivamente maturato un signdfieato ulteriore rispetto al contesto 
sociale che la occasion�, e se, quindi, nei limiti del senso proprrio 
delle ,sue parole, essa sia suscettibile di soddisfare anche le esigenze dei 
nuovi casi dall'esperienza emersi. 

Di fronte alle nuove situazioni che si venivano determinando in 
materia di appalti pubblici ed alle nuove prospettive generali dell'ordinamento 
giuridico, con il quale era doveroso coordinare anche la vecchia 
disciplina sulle opere pubbliche, la giurisprudenza, arbitrale ed 
ordinaria, non poteva non avere una linea evolutiva, cosi come descritto 
nella recente sentenza n. 1960/72 di questa Suprema Corte. 

Per cogliere, in sintesi, soltanto lo stato attuale della giurisprudenza 
del S.C. sul problema delle riserve, pu� affermarsi che il sistema 
della normativa vigente in tema di contabilit� dei lavori di esecuzione 
delle opere pubbliche prescrive un procedimento formale e vincolato, 
svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni, al1a cui 
formazione l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare, con 
l'onere specifico di contestare immediatamente le circostanze che ri




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 463 

guardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento 
delle spese previste. 

Ci� essenzialmente per un triplice scopo: a) consentire all'Ammini-� 
strazione appaltante la verificazione di quei fatti con !',immediatezza che 
ne rende pi� sicuro e meno dispendioso l'accertamento; b) assicurare la 
conttnua �evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione 
�ed eventuale integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti; 
c) mettere l'Amministrazione tempestivamente in grado di adottare 
altre possibili determinazioni (fino alla potest� di ri:soluzfone unilaterale 
del contratto). 

Se queste sono le finalit� volute dalla legge per gli appalti di opere 
pubbliche, le del'oghe al principio della generaHt� e della tempestivit� 
possono ravvisarsi in casi eccezionali, e quindi da interpretarsi con un 
certo rigore. 

Quelli finora ammessi dalla giurisprudenza di questa Corte possono 
riportarsi alle seguenti categorie: a) fatti estranei all'oggetto dell'appalto 
o alla finalit� di documentazione cronologica dell'iter esecutivo 
dell'opera, come la rivalsa delle imposte o la decorrenza degli interessi 
di mora (v. sent. n. 2035/65, 2:290/65, 4046/6�9); b) comportamento doloso 
o gravemente colposo della P. A. nell'eseguire adempimenti amministrativd, 
quando non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e 
sia �quindi indifferente con le finalit� delle riserve (v. sent. n. 2868/67, 
1384/71; c) fatti c.d. continuativi, cio� quelli riguardanti l'opera nel suo 
complesso, fatti prodotti da cause costanti, e quel1i in cui una serie di 
frequenti �episodi pregiudizievoli acquisti rilevanza onerosa soltanto per 
effetto della ripetizione degli epi.sodi medesimi (v. sent. n. 2393/69, 
830/72, 1960/72). 

Mentre le due prime categorie hanno come denominatore comune 
la caratteristica dell'esorbitanza del fatto dalla gestione dell'esecuziane 
deUa opera, che -per l'art. 36 reg. cit. -forma l'oggetto della contabilit� 
prescritta, i fatti della terza categoria incidono sulla spesa di 
detta esecuzione, con la conseguenz�a che la giustificazione della deroga 
al menzionato principi.o generale sulla tempestivit� delle riserve discende 
da altre ragioni, tra le quali essenzialmente quella della difficolt� 
per l'appaltatore di proporre riserve in ordine a fatti non ancora 
esauriti e valutabili. 

Se, comunque, una deroga al principio generale sulle riserve viene 

ritenuta giustificata per i c.d. fatti continuativi, deve piuttosto precisarsi 

se gli stessi siano o meno svincolati del tutto da detto� onere, nel senso 

che essi possano essere fatti valere dall'appaltatore in ogni tempo. 

Coerentemente con quanto gi� 1affermato nei citati precedenti, va 

in proposito ripetuto che il concetto di fatto continua�tivo non pu� g�iu


stificare una deroga cos� lata al principio della decadenza per mancata 

riserva da consentire la denuncia dei fatti, sia pure protratti e ripe



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

464 

tuti, anche dopo che essi siano ormai cessati, e ci� soltanto perch� i 
fatti stessi sono pur sempre destinati a ripercuotersi sul costo globale 
complessivo. Come affermano le sentenze sopra citate (v., per tutte, 1a 

n. 1902172), in armonia del resto con autorevole dottrina, il momento 
in cui � scatta � l'obbligo per l'appaltatore deve essere identificato, nelle 
singole fatUspecie, secondo i principi della media diligenza e della 
buona fede. 
In applicazione di questo criterio, pu� in generale nega!rsi che per 
i fatti continuativi l'obbligo delle riserve si identifichi nel momento in 
cui ini:zJi a manifestarsi la rilevanza causale del fatto generatore della 
situazione onerosa; e negarsi, d'altra parte, che .la possibilit� della formulazione 
delle riserve si estenda fino a che l'appaltatore non disponga 
di tutti gli elementi utili per precisare in modo completo e definitivo 
l'importo del compenso che ritiene esserg1i dovuto. 

Deve, invece, affermarsi che di regola l'appaltatore ha l'obbligo di 
pr-0porre le riserve prescritte dalla legge quando disponga di elementi 
sufficienti per ,segnalare doverosamente all'Amministrazione appaltante 
le cause delle situazionii a lui pregiudizievoli, indicandone, con la maggiore 
approssimazione. possibile, l'aggravio economico conseguenziale, 
s.ia pure c-0n salvezza di precisarne definitivamente la misura nelle sue-� 
cessive registrazioni o in chiusura del conto finale. 

Nella presente c-0ntroversia, come si � prima accennato, l'Amminist!
razione appaltante ha prestato acquiescenza alla parte della sentenza 
impugnata !riguardante '1a liquidazione dei danni prodotti all'impresa 
per omessa fornitura dell'area per dl cantiere, per la richiesta .di 
maggiori lavori e per il ritardo nell'approvazione dei nuovi prrezzi; denunzia, 
invece, gli errori giuridici della 'Sentenza nel liquidare le grosse 
voci (spese di guardia:nia, spese generali e aumento del costo di manod'
�opera) relative alle sospensioni disposte nel corso dei 1avorL 

Per quanto riguarda le spese di guadiarria, la citata sentenza 

n. 196,2/72, pur dubitando che detto onere dipendente dalla forzata so-. 
spensione sia inquadrabile nei c.d. fatti continuativi, ha ritenuto che la 
relativa serie cessa nel momento della ripresa dei lavori, momento in 
cui l'obbligo della riserva diviene attuale. Per il parametro della media 
diligenza, infatti,� l'impresa � in g,rado in quel momento di �avvertire e 
di denunziare una situazione ormai esaurita, pale�santesi come generatrice 
di un pregiudizio gi� realizzatosi, ed � in grado di definire contemporaneamente, 
o a breve scadenza, la somma in cui tale giudizio si 
traduc,e. 
Da tale conclusione non c'� motivo di discostarsi anche pe!r le spese 
di guardiania richieste nella presente lite e che l'appaltatore omise di 
fare oggetto di r<iserva in occasione delle varie registrazioni e certifi



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS: IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 465 

cazioni (verbali di sospensioni; di riprese dei lavori e di ultimazione 
dell'opera). 
Per i principi sopra esposti, deve pervenirsi ad una coerente conclusione 
anche per le altre due voci del preteso danno. 

Ed invero, pur considerando fatti continuativi le ripetute sospensioni 
disposte dall'Amministrazione appa'1tante, non doveva la Corte d'appello 
aprioristicamente ritenere che ogni .conseguenza onerosa di dette sospensioni, 
essendo aiccer.tabile in ogni momento e non potendo calcolarsi 
dmmediatamente con precisione, poteva fm-si oggetto di richiesta avanzata 
per la prima volta in sede di chiusura del registro di contabilit�. 

Essa avrebbe dovuto, invece, :per le singole voci, accertare quando 
l'appaltatore era stato �.n gra�lo di segnalaire doverosamente all'amministrazione 
appaltante ie cause delle situazioni per lui pregiudizievoli e 
quando �era venuto in possesso di elementi tali da consentirgli di indica!l'e, 
con la maggiore approssimazione possibile, l'onere conseguenziale, sia 
pure con salvezza di predsarne definitivamente la spesa nelle successive 
:registrazioni o in chiusura del conto finale. 

Attenendosi a questo principio, ed a quelli sopra enunciati, la Corte 
d'appello di Messina, cui deve rinviarsi la causa a �seguito della cassazione 
della sentenza impugnata, dovr� accertare, limitatamente alle voci 
di danni per maggiori spese generali e aumento di costo della mano 
d'opera, direttamente dipendenti dalle sospensioni dei lavori disposte 
dall'Amministrazione appaltante, se al momento delle varie riprese di 
lavori o al momento in cui (il 1� marzo 1�958) il dkettore, in contraddittorio 
dell'iappaltatore, redasse il processo verbale della ultimazione dei 
lavori, l'impresa disponesse di elementi sufficienti per formulare riserve 
per la maggiore-onerosit� delle pTedette due voci, sia pure facendo 
salva l'ulteriore precisazione della misura delle conseguenze stes1se. 

Ove tale accertamento si concludesse affermativam~mte, 1'a Corte di 
rinvio riterr� che la omessa proposizione tempestiva di dette riserve 
precludeva all'appaltatore la possibilit� di farle valere soltanto in sede 
di chiuSUJra del conto finale, quando, cio�, 1a legge (art. 64 reg. cit.) esclude 
che l'appaltatore possa � iscrivere domande per oggetto o per impo!l'.to 
diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento 
dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 �. 

Ove, invece, la Corte di a-invio riscontrasse seri e fondati motivi per 
ritenere che !',impresa non fosse in condizioni di fonnulare riserve per 
le due voci indicate in nessuna delle regdstrazioni e verbalizzazioni compiute 
nel corso ed a' chiusura dei Javori, valuter� anche, in ordine al 
terzo motivo del .pxesente ricorso, quanti giorni di sospensione dei lavori 
a causa del maltempo debbano detrarsi dal calcolo delle conseguenze onerose 
per l'impresa. -(Omissis). 


~ 

466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

' 

!?.

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 gennaio 1973, n. 2 -Pres. Stella fa 

Richter -Est. Berri -Pate�rn� Castello di Carcaci (avv. Pacelli, Gazzoni) 
c. Ministero dei Lavori Pubbli:ci (a:vv. Stato Zoboli). 


ICompetenza e giurisdizione -Poteri del G.O. ancorch� specializzato 


Declaratoria in via principale della illegittimit� di un atto ammi


nistrativo -Esclusione. 

I

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, artt. 4 e 5). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza tecnica del Tribunale 

I 

Superiore delle acque pubbliche in grado di appello -Potere di 
sostituirsi alla P.A. nell'esercizio della sua discrezionalit� tecnica 
-Esclusione. 


(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 142). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee -Presupposti necessari 
e sufficienti per il riconoscimento della loro demanialit�. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. artt. l, 103, 104). 
Al giudice ordinario, ancorch� specializzato, non pu� essere chiesta 
in via principale una pronuncia di illegittimit� dell'atto amministrativo 
(1). 

La competenza tecnica del giudice ordinario specializzato, come il 
Tribunale Superiore delle acque pubbliche in grado di appello, � attribuita 
dal legislatore perch� quel giudice vagli la fondatezza tecnica delle 
ragioni addotte a sostegno della motivazione dell'atto amministrativo, ma 
non gi� per l'esercizio di un povere sostitutivo, che sarebbe in insanabile 
contrasto col principio delle differenziate attribuzioni del potere amministrativo 
e di quello giudiziario (2). 

Agli effetti del riconoscimento della demanialit� delle acque sotterranee 
non osta la circostanza che sia necessario un lavoro continuativo 
per l'estrazione e la sistemazione di shigole scaturigini, ma � necessario 
e sufficiente il rilievo delle caratteristiche con cui globalmente l'acqua si 
presenta, come risultato utilizzabile dell11, raccolta e del convogliamento 
alla superficie (3). 

(Omissis). -Con ricorso del 23 giugno 1964, Ernesto Paterri� Castello 
di Oarcaci, Francesco Patern� Castello Scammacca di Carcaci, Fer


(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 19 lug1io 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, 
I, 783, ove, in particolare, nota 1; 15 febbraio 1966, n. 476, ivi, 819, e, in 
particolare, note 1-2. 
(2) Sulla portata della competenza tecnica dei tribunali delle acque, 
v. anche Trib. Sup. acque, 3 marzo 1966, n. 12, in questa Rassegna, 1966, 
I, 476; nonch� Cass., Sez. Un., 4 ottobre 1965, n. 2075, ed ivi, in ,particolare, 
nota 1. 
(3) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1952, n. 217. 
~~�~ 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 467 

rante Patern� Castello di Carcaci, Riccardo Patern� Landolina, Gaetano 
Ardizzoni, Elena Patern� Landolina e Angelina Sanfilippo proposero 
opposizione avanti al Tribuna-le regionale delle acque di Palermo avverso 
la iscrizione nel primo elenco suppletivo delle acque pubbld.che, scorrenti 
nel teirritorio della provincia di Enna (approvato con d.P.R. del 14 ottobre 
196~. pubbliicato nella Gazzetta Ufficiate deUa Repubblica del 2 gennaio 
1964), delle sorgenti Ficarazza e Acquanova, site nell'ex feudo di 
Ca:rcaoi in prov1incia di Enna. 

Ai fini dell'accoglimento della opposizione i rieorrenti fecero presente 
che le dette sorgenti ernno state gi� iscritte nello schema del quarto 
elenco suppletivo delle acque pubbliche della provincia di Catania, ma 
che con nota del 4 marzo 1931 il Ministero dei Lavori Pubblici, in accoglimento 
dell'opposizione proposta dagli interessati, ne aveva disposto 
la cancellazione; ed aggiunsero che le acque in questione non hanno le 
caratteristiche della pubbMcit�, richiesta dall'art. 1 del t.u. 11 dicembre 
19313, n. 1775, sia perch� non risponde a verit� che esse influisc1ano 
direttamente sul corso .principale del fiume Simeto, come � affermato 
invece nel provvedimento impugnato, sia perch� le medesime non hanno 
alcuna attitudine ad usi di pubblico generale interesse attesa. la limitata 
portata delle vene iddche r1accolte, considerate singolarmente, e la 
inesistenza nella zona di un vero e proprio sistema idrografico, il che 
sta a dimostrare che, senza l'imponente opera dell'uomo, svolta attraverso 
alcuni secoli dai Duchi di Carcad per rinvenire, collegare e riunire 
le modeste scatur1igini idriche sotterranee,. che danno luogo ai corsi 
di acque oggi esistenti, quelle si sarebbero certamente disperse. 

Si costitu� in giudizfo la convenuta Amministrazione dei lavorii pubblici, 
1a quale, negando che dall'anzidetto provvedimento ministedale del 
4 marzo 1931 potesse derivare alcuna preclusione in ordine alla reiscdzione 
in tempo succ,essivo negH elenchi deUe acque pubbliche di acque 
gi� dichiarate private, sostenne che la natura pubblica delle sorgenti 
in contestazione trovava giuridico fondamento neJ.la loro portata e nella 
loro attuale utilizzazione anche a scopo di approvvigionamento idrd.co 
della popolazione del comune di Regalbuto, in relazione al bacino imbrife'.
ro e al sistema idrogr1afico della zona. 

Con ordinanza del 23 maggio 1965, il giudice delegato dispose l'accesso 
dell'ufficio sui luoghi della controversia e, in sede di esecuzione 
del mezzo istruttorio, furono accertate e descritte le opere di captazione 
e di eduzione costruite dai ricorrenti e dai foro danti causa pe,r iil reperimento 
nel sottosuolo e il convogliamento in superficie delle acque che 
formano i corsi d"acqua oggi esistenti, la portata di. questi ultii.mJ., determinata 
complessivamente in litri 300 circa al minuto secondo, le attuali 
utilizzazioni di dette acque, che sono destinate in piccola pairte all'approvvigionamento 
idrico del comune di Regalbuto e nella maggior parte 


468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ana irrigazione di circa mille ettari di terreno coltivato ad agrumeto, 
nonch� l'ampiezza del bacino imbrifero della zona. 

Il �tribunale re.gionale, con sentenza ;pubblicata il 16 dicembre 1968, 
ha respinto la domanda attrice, �Compensando interamente tra le parti 
le spese giudiziali. 

Contro la sentenza del Tribunale regionale hanno proposto ricorso 
in appello a questo Tribunale superiore gli attori, contestando l'impugnata 
decisione. 

Il Ministero dei LL.PP. ha resistito all'appello. 

Dopo che le parti hanno concluso ed illustrato le loro reciproche 
posizioni, all'udienza diel 18 novembre 1972 la causa � passata in 
decisione. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

1. -Le censure che gli appellanti muovono all'impugnata sentenza 
possono riepilogarsi in due gruppi: il primo di carattere preliminare 
e pregiudiziale (come � detto nella comparsa conclusionale) per 
la .preclusione che sarebbe sussistita, per la P. A., a seguito del provvedimento 
ministeriale 6 mar:ro 1931, di cancellaz4one delle sorgenti 
Ficarazza ed Acquanuova dagli elenchi de1le acque .pubbliche; i1 secondo 
di merito, sulla contestata demanialit� delle acque. 
Il Tribunale 1superiore ;prende in esame, nell'ordine indicato, i due 
gruppi di doglianze. 

2. -Osservano gli appellanti, nel primo gruppo di censure, che � 
indubbio che gli atti amministrativi possano essere modificati per sopravvenuto 
mutamento sia dello stato di fatto sia di norme, che rendono 
incompatibile il mantenimento in vigore del provvedimento stesso; � 
anche indubbio che nessun mutamento era intervenuto nel frattempo 
sia nello stato di fatto delle acque in esame, sia per La legislazione, 
perch� ila definizione delle acque pubbliche, contenuta nell'art. 1 del 
t.u. del 1933, ha soltanto 1carattere chiarificativo e non innovativo rispetto 
alla precedente legislazione, come riconosciuto dalla Cassazione. 
L'assunto � infondato per pi� �!ragioni, anche a prescindere dall'esattezza 
delle premesse sull'immutato stato di fatto e sulla portata chiarificatrice 
e non innovatrice del t.u. del 1933. 

In primo luogo al giudice ordinario, ancorch� speciaHzzato, non 
pu� essere chiesta in v~a principale una pronuncia di illegittimit� dell'atto 
amministrativo, che <investirebbe la validit� dell'atto stesso sotto 
ogni rapporto e non soltanto in relazione all'oggetto dedotto in giudizio. 

In secondo luogo la competenza tecnica del Tribunale superiore 
delle acque pubbliche non comporta il potere di questo di sostituirsi 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 469 

alla P. A. nell'esercizio della sua discrezionalit� tecnica, conducendo 
indagini per proprio conto e sostituendo alla motivazione del provvedimento 
impugnato una motivazione opposta, 1come in sostanza gli appellanti 
sembrano voler chiedere. La competenza tecnica del giudice ordinario 
.specializzato, in tanto � attribuita e voluta dal legi.slatore, in 
quanto detto giudice � stato posto in grado di vagliare la fondatezza 
tecnica delle ragioni addotte a sostegno della motivazione dell'atto amministl'ativo, 
e non gii� per l'esercizio di un inesistente potere sostitutivo, 
insanahllmente in contrasto col principio delle ben differenziate 
.attribuzioni, rispettivamente, del potere amministrativo e del potere 

giuchl:iiiai'io, come tra breve sar� ulteriormente de�tto. 

ln terzo luogo nulla vieta alla Pubblica Ammini.strazione, m con


siderazione del .pacifico contenuto dichiarativo degli elenchi delle acque 

pubbliche, di modificare le proprie determinazionii per un diverso apprez


zamento del1e preesistenti -circostanze di fatto, diverso apprezzamento 

che ben pu� avere la sua logica .spiegazione nella maggior organicit� 

delle disposizioni del t.u. del 1933 sulle acque pubbHche �in relazione 

alle disposizioni legislative anteriori, non sempre chiare anche per il 

loro ca�rattere frammentario. Proprio l'esigenza di una maggiore chia


rezza del sistema � la causa determinante la predisposizione di testi 

unici. 

3. -Il secondo gruppo di censure riguarda la contestata demanialit� 
delle acque in oggetto del sottosuolo etneo. 
Innanzitutto gli appellanti mettono in luce che il Ministero ha 
motivato l'impugnato provv�edimento di iscrizione nell'e�lenco delle 
acque pubbl1che delle �sorgenti in oggetto esclusivamente a causa della 
� loro appartenenza ed influenza, diretta e indiretta, -sul fiume Simeto ., 
mentre in corso di Hte sarebbe stata acceritata l'assoluta autonomia 
delle sorgenti da detto fiume, dando atto che esse provenivano da una 
serie di piccole scaturigini sotterranee, richiedenti una continua opera 
di ricerca e di escavazione. Sicch� il Tribunale regionale avrebbe tenuto 
fermo il dispositivo del provvedimento ammmistrativo, mutandone la 
motivazione, -il che pacificamente non � consentito anche per �i rilievi 
gi� sopra svolti -quasi che esso avesse potuto valersi della disposizione 
dell'art. 384 c.p.c., rigorosamente circoscritta al giudizio di cassazione. 
Pertanto, secondo gli appellanti, il Tl'ibunale regionale avrebbe dovuto 
limitarsi a rilevare l'el'ronehl;� della motivazione e ordinare la cancellazione 
delle acque in questione dagli elenchi delle acque pubbliche, 
salvo, poi, il potere deJ.la Pubblica Amministrazione di emettere un 
nuovo provvedimento diversamente motiv.ato. 

Sulla doglianza �cosi riassunta osserva il Tribunale superiore che 
essa non � meritevole di accoglimento. Che si sia nel bac1ino imbrifero 
del fiume Simeto � indubbio, come dimostrano la breve distanza del 


470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fiume e la maggiore profondit� delle opere di captazione delle acque 
rispetto all'alveo de�l fiume; n� argomento contra!fio pu� trarsi dalla 
circostanza che alla diminuzione stagionai� di portata del Simeto non 
corrisponde una diminuzione delle acque delle sorgenti, potendo nel 
caso trattarsi di acque subalvee. Del resto le caratteristiche vulcaniche 
del sottosuolo etneo consentono le pi� diverse congetture e non sono 
tali da escludere la possibiJit� delle pi� varie ipotesi. 

Quanto il Tribunale regionale ha rilevato al proposito, ben lungi 
dal costituire motivazione sostitutiva di quella del decreto impugnato, 
� diretto �a giustificare logicamente il provvedimento amministrativo, 
confermando la piena fondatezza dei motivi �ivi addotti. 

Pi� delicata � la questione se possono esse�re considerate pubbliche, 
sussistendon� tutti gli aJ.tri requisiti, acque sotterranee raccolte attraverso 
un costante favoro di ricerca e di reperimento, medi.ante complessi 
e imponenti lavori di scavo, tali da trasformare le innumerevoli 
sorgenti �ritrovate, ognuna di modesta e incostante portata, in masse 
d'acqua di rilevant� .proporzioni. Per meglio chiarire il quesito si 
omeUe, per ora, di rilevare (il che sar� fatto pi� avanti) che taluna 
delle sorgenti repe.rite � di portata gi� di per s� considerevole. 

La .questione si � presentata per la priima volta all'esame del Tribunale 
superiore ~irca venticinque anni or sono, nell'immediato dopoguena, 
proprio per le acque del sottosuolo etneo, e ha dato luogo ad 
interessanti rilievi anche dottrinali per la pecuHarit� del caso, ovviamente 
non previsto expressis verbis dalla legge, ma pur riconducibile 
al suo chiaro sistema, come sar� detto pi� oltre. Si � parlato, ail.lora, 
di acque sostanzialmente � create e coltivate � dal lavoro dell'uomo; 
lavoro dell'uomo che avrebbe mel'titato un riconoscimento dell'autorit� 
e non una demanializzazione, comportante sostanzialmente un'espropriazione 
senza indennizzo di d� che la meritori-a opera umana aveva 
saputo realizzare attraverso un costante lavoro di scavo e di convogliamento 
di innumeri limitate scaturigini in veri e propri corsi d'acqua, 
capaci di so�ldisfare aMe esigenze idriche di zone urbane e agricole di 
notevoli dimensioni. 

Il Tribunale Su1pedore delle acque pubbliche (�sent. 9 maggio 1949) 

e la cassazione, a Sezioni Unite (sent. 24 gennaio 1952, n. 217), pur 

rendendosi �conto della novit� del caso e delle possibili conseguenze non 

sempre eque dipendenti dal riconoscimento del caratte�re pubblico di 

tali acque repel'<ite, riunite e convogliate, hanno concordemente risolto 

la delicata questione, affermando che per il riconoscimento della dema


nialit� delle acque sotterranee deve aversi riguardo, pi� che allo stato 

in cui si trovano nel sottosuolo, alle cairatteristiche con cui si presen


tano all'atto dell'utUizzaz.ione normalmente corrispondente all'affiora


mento e quindi, se l'acqua portata alla 1luce sia il risultato della rac


colta e del convogHamento di piccole scaturigini sotterranee, tanto pi� 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 471 

se gi� singolarmente idonee ad assolvere finalit� di ordine generale, 
� in relazione alla portata globale che deve determinarsene la natura 
giuridica. Ai fini predetti non ha rilievo la circostanza che sia necessario 
un lavoro continuativo per l'estrazione e per la sistemazione delle 
singole scaturigini e che, 1infine, il risultato utilizzabile sia da collegarsi 
all'opera benemerita di un privato. 

Che tali massime debbano essere seguite, perch� giuridicamente 
esatte, lo con:llerma l'interpretazione logica e sistematica del t.u. n. 1775 
del 1933 suUe acque pubbliche, interpretazione diligentemente compiuta 
nella precedente sentenza di questo Tribunale del 9 maggio 19419. 

Invero, gi� l'art. 1, relativo alla nozione di acque pubbliche, dichiara 
tali quelle �sorgenti, fluenti e lacuali � anche se artificialmente estratte 
dal sottosuolo, sistemate -0 incrementate �. � chiaro che in tale ampia 
definizione rientrano p\lll'e le acque sotterranee sorg,enti nel sottosuolo 
etneo, perch� tutto iJ complesso lavoro umano di ricerca, di convowJ_iamento 
e di affioramento ben pu� essere compreso nell'estrazione o sistemazione 
artificiali. La sottile distinzione, che la valorosa difesa degli 
appellanti fa, per dare all'avverbio � artificialmente � un.'interpretazione 
notevolmente restrittiva, conferma l'esattezza dei rilievi sopra svolti. 
Sostenere che in Linea di massima l'avverbio �artificialmente � � pleonastico, 
e che nella specie tratterebbesi di acque � create � dall'attivit� 
umana � senza dubbio eccessivo. Infatti di acque � create � dall'attivit� 
umana potrebbe correttamente parlarsi solo per acque artifidalmente 
prodotte con mezzi chimici e non certo per il semplice reperimento di 
quelle preesistenti in natura, sia pure in maniera latente. 

Se, poi, si considerano gli artt. ,915 e ss., in .tema di acque sotterranee 
e in particolare gli artt. 103 �e 104, si deduce lo speciale rhlievo che il 
legislatore d� all'opera dello scopritore, assicurandogli la preferenza 
nella concessione -qualora l'acqua reperita sia da considerare pubblica 
-e, nel caso che la concessione sia data ad altri, il rimborso, da 
parte del concessionari!o, delle spese sostenute, un adeguato compenso 
per l'opera prestata e un premio, calcolato in base all'importanza della 
scope.rta. Il che consente all'interprete di ricondurre a giustizia sostanziale 
ogni caso, compreso quello, davvero singolare, delle acque sotterranee 
delle zone vulcaniche, che possono essere utilizzate soltanto 
a mezzo di lavori imponenti e costanti. 

L'asserita (e impropriamente qualificata) espropriazione senza indennizzo 
non sussiste, proprio in forza de.lla saggia legislazione ora 
citata. 

E m base a tali criteri, affermati nel testo unico, che questo Tribunale 
superiore, nella citata sentenza del 9 maggio 1949, dopo aver 
illustrato le ragioni favorevoli al carattere demaniale delle acque del 
sottosuolo �etneo allora in contestazione, anche tn relazione al loro 
bacino imbrifero e al sistema idrografico, chiudeva opportunamente la 


472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sua parte motiva, auspicando che l'Amministrazione, nella sua sensibilit�, 
pervenisse ad una concessione -a favore della benemerita societ� 
che aveva 'compiuto i poderosi lavori di ricer�ca, di riunione e di coovogHamento 
deHe acque -con clausole .tali che significassero riconoscimento 
dell'opera svolta ed incitamento a proseguirla anche nella 
nuova veste di concessionaria. 

4. -Rimangono da aggiungere brev.i rilievi critici alle considerazioni 
degli appel1anti .sull'inidoneit� dehle acque in oggetto ad essere 
considerate pubbliche, sia per la loro modesta enUt�, sia perch� captate 
in un bacino ricco di svariate sorgenti, sia per la loro limitata utilizzazione. 
A parte il rilievo che si entra qui in pieno nel1a valutazione che 
compete all'autorit� amministrativa, il compito del giudice ordinario 
specializzato, come si � detto, � queHo d:i controllare l'esattezza dei 
criteri a �cui la Pubblica Amministrazione si � ispirata. Non c'� allora 
che da richiamarsi in proposito agli esatti argomenti della s1entenza 
impugnata, che ha messo dn '.luce 'come !i 300 1. al secondo delle acque 
in contestazione, delle quali ben litri/s. 142 della sola sorgente Acquanuova, 
consentano, non solo la paTziale krigazione di un viasto comprensorio 
di circa mille ettari, coltivato ad agrumi, ma anche hl parziale 
approvv!igionamento idrico degli abitanti del comune di Regalbuto. 
Ritiene il Tribunale che tali elementi siano sufficienti a giustificare la 
determinazione dell'.Amministrazione nei confronti di acque natural'
mente sorgenti nel sottosuolo, ma incrementate e convogliate dalla 
paziente, costante e meritoria opeTa deH'uomo. 

Si consideri che nella zona etnea si sono mantenute iscritte negli 
elenchi delle acque pubbliche sorgenti della portata di pochi litri, come 
questo Trbunale ha ricordato nella sentenza del 1949, perch� ivi possono 
essere utili ad usi di pubblico .generale interesse. Il che confuta 
l'assunto deg1i appellanti sulla pr,etesa ricchezza d'acqua .della zona.. 
Infatti, se acque nel sottosuolo vi sono, esse :sono utilizzabili soltanto 
mediante incessanti lavori di scavo e di convogliamento che, per la 
loro imponenza, hanno fatto sorgere le delicate questioni in esame. 

5. -� sotto l'aspetto umano, altamente apprezzabile, dell'attuale 
vicenda giudiziaria �che il Tribunale superiore ritiene equo, nonostante 
la �contraria istanza del Ministero dei LL.PP., di compensare 'integralmente 
le spese di questo grado del giudizio, pur rigettando interamente 
i'appello. -(Omissis). 

-


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1972, n. 120 -Pres. Reviglio 
Della Venaria -Rel. Mazza -P. M. C1iberti (conf.) -Rie. P. M. 
in proc. Cogodi ed altri. 

Reato -Invasione di terreni o edifici -Elemento oggettivo -Estremi 


Esecuzione individuale -Sufficienza -Elemento soggettivo -11


leceit� speciale -Riflessi sul dolo -Fine di profitto -Estremi. 

(c.p., artt. 43, 633). 

L'art. 633 c.p. intende, per l'imprescindibile esigenza di evitare 
disordini sociali, tutelare l'interesse pubblico alla inviolabilit� del patrimonio 
immobiliare. L'invasione deve concretarsi nell'accesso e nella 
penetrazione totale o parziale, per un'apprezzabile durata, nell'aitr'ui 
immobile, senza che occorrano manifestazioni di violenza fisica o di 
soverchiante pressione, potendo il delitto essere commesso anche individualmente 
e dando luogo il fatto collettivo ad apposita aggravante. 

Nella fattispecie prevista dall'art. 633 c.p. si riscontra una illeceit� 
speciale che, nel rijlettersi sull'elemento psicologico, postula un dolo 
costituito non soltanto dalla coscienza e volont� di invadere l'altrui 
bene, ~a anche dal fine di occupare l'immobile o di trarne altrimenti 
profitto. E quest'ultimo non si identifica necessariamente col lucro, ma 
si estende a comprendere ogni vantaggio utilitario, anche se non propriamente 
economico (1). 

(1) In tema di invasione di terreni e di edifici la giurisprudenza della 
Corte di cassazione sembra orientata verso un'interpretazione restrittiva 
del concetto di rpTofttto intendendolo 'come quell'uitilit�, sia pur non patrimonial
�e, ma ,che sia direttamente e .immediaitamente connessa con l'edifkio 
<invaso: v. Cass., 21 gennaio 1961 (in Cass. pen. mass. annotato, 1961, 
p. 464, n, 1009), che ha escluso che ricorresse un'ipotesi di invasione di edificio 
nel caso di invasione di una chiesa, di cui era stata ordinata la chiusura 
al ,culto, :!latta allo scopo non �di dpristinarvi in modo continuativo 
l'esercizio del culto, ma di compiere un atto di protesta a mezzo di una 
manifestaziione di fede religiosa. Nello stesso �senso di questa giurisprudenza, 
si � �espresso in dottrina il IMANZINI, Trattato di dir. pen. it., vo~. 
IX, 1952, p. 460 il quale afferma che per profitto deve intendersi quello 
derivante dall'immobile invaso e non quello derivante in modo indiretto 
dall'invasione. Quest'interpretazione ha in effetti un appiglio letterale nell'art. 
633 ove l'espressione �trarne altrimenti profitto � � chiaramente 
riferita all'edificio stesso. 
Per quaIJJto concerne la differenza fra il reato di invasione di terreni 

o edifici e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ravvisata 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

474 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 17 luglio 1972, n. 5089 -Pres. Colonnese 
-Rel. Pagliarulo -P. M. Ilari (conf.) -Rie. De Mattia. 

Procedimento penale -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutaziol\
e (libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale 
che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta 
di nuove prove -Censurabilit� in cassazione -Limiti -Censurabilit� 
indiretta attraverso la motivazione della sentenza. 

(c.p.p., artt. 200, 438, 474, n. 4, 475, n. 3, 524). 

Procedimento penale -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutazione 
(libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale 
che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta 
di nuova prova -Violazione dell'art. 185 cod. proc. pen. -Esclusione. 


(c.p.p., artt. 185, n. 3, 438). 

Appartiene al potere tipicamente proprio del giudice di merito la 
valutazione sulla sufficienza delle prove gi� raggiunte e sulla eventuale 
esigenza dell'acquisizione di nuovi mezzi di prova: onde non pu� essere 
mai oggetto di diretta censura in cassazione, in ordine al suo contenuto, 
l'ordinanza dibattimentale che, ritenendo sufficienti le prove acquisite, 
rigetti la richiesta difensiva di nuove prove, sussistendo soltanto l'esigenza 
che la motivazione della predetta ordinanza trovi logica conferma 
(esplicita o implicita) nella motivazione della sentenza, per giustificare 
il giudizio conclusivo posto a base della pronuncia di colpevolezza o df 
assoluzione. Sofo indirettamente, pertanto, in relazione alla esigenza in 
parola, ii contenuto dell'ordinanza predetta pu� essere portato aH'esame 
della cassazione attraverso la censu1�a della motivazione della sentenza, 
che risulti illogica o carente in ordine alla valutazio1ie della sufficienza 
probatoria, ritenuta invece nel provvedimento ordinatorio che escluse 
la necessit� di acquisire nuove prove. 

L'ordinanza dibattimentale, che ritenga sufficienti le prove acquisite 
e rigetti la richiesta difensiva di nuove prove, non pu� mai concre


nel � fine di esercitare un preteso diritto � presente nel secondo e non nel 
primo, v. Cass., 3 febbraio 1967, dn Cass. pen. mass. annotato, 1968, p. 93, 

n. 82, e sentenze ivi richiamate in nota in cui si afferma che il fine di 
esercitare il preteso diritto ricorre quando il diritto stesso, se non fondato, 
possa essere almeno oggetto di una contestazione giudiziaria, tale da far 
sorgere nell'animo dell'agente la convinzione d'aver :ragione. Di talch� � 
stato ravvisato il reato di invasione e non quello di esercizio arbitrario 
delle proprie ragfoni nella condotta di chi, gi� riconosciuto carente di ogni 
diritto sull'immobile, vi sia ritornato ,per esercitare a propa.-io vantaggio 
opera di sfruttamento (v. Cass., 9 maggio 1959, in Riv. pen., 1960, II, p. 200). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 475 

tare, in ordine al suo contenuto, una violazione dell'art. 185, n. 3, c.p.p., 
giacch� l'apprezzamento de! giudice di merito sulla sufficienza e pertinenza 
delle prove � del tutto estraneo alle ipotesi di violazione delle 
disposizioni concernenti � l'intervento, l'assistenza e la rapprese'Q-tanza 
dell'imputato �. 

In particolare, la violazione dell'art 185 c.p.p. non � configurabile 
in base all'assunto che l'ordinanza anzidetta avrebbe un contenuto decisorio 
aprioristico sulla sufficienza probatoria. Sotto il profilo, logico, se 
il giudizio espresso in quel provvedimento �, per sua natura, di carattere 
prognostico in base allo stato degli atti, esso non � un giudizio 
aprioristico, perch� muove, al contrario, dalla valutazione delle risultanze 
probatorie gi� acquisite. Sotto il profilo, poi, della incidenza sulla 
futura decisione nel merito, trattasi di un giudizio che non pu� incidere 
definitivamente su tale decisione e quindi non pu� pregiudicare i diritti 
di difesa dell'imputato, giacch� il provvedimento che lo contiene (tipicamente 
ordinatorio e revocabile), come pu� trovare indiretta conferma 
nella sentenza, in cui ha sede la conclusiva e definitiva valutazione della 
sufficienza della prova, cos� pu� essere, espressamente o implicitamente, 
revocato da una successiva ordinanza che, in base alle ulteriori emergenze 
acquisite nel corso del dibattimento, modifichi quel giudizio prognostico 
espresso in precedenza e disponga l'acquisizione di prove anteriormente 
escluse (1). 

(1) La sentenza della Cassazione si pone nel solco di affermazione 
giurisprudenziali pacifiche, ma constestate da autorevole dottrina che in un 
sorgere di studi e di interessi sul problema della prova, pone l'accento 
sul diritto deU'imputato alla prova non socio e non tanto come diritto di 
indicare e chiedere d mezzi di prova e di veder utilizzate e rettamente valutate 
dal giudice le prove raccolte, ma soprattutto co_me diritto di vederle 
effettivamente raccolte ed acquisite. 
Si richiama invero dalla dottrina la profonda modificazione costituzionale 
introdotta con iJ.'art. 24 della C:ostituzione che, garantendo l'inviolabilit� 
della difesa, comporta l'esigenza che la normativa sulla prova sia 
considerata alla stregua di uno strumento di difesa e si cita l'art. 6, n. 3, 
lettera d) della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e 
delle Libert� fondamentali, firmata a Roma iil 4 agosto 1950 e ratificata 
dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, che stabilisce che � ogni accusato 
ha pi� speci�lmente diritto a... interrogare o far interrogare i testimoni 
a carico ed ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni 
a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico �. 

Tali norme, con il loro evidente riferimento ad un diritto sostanziale 
alla prova, imporrebbero un' adeguamento interpretativo degli articoli del 
codke di 1procedura penale e la configurabiUt�, in caso di violazione di 
quel diritto, di una nullit� assoluta ex art. 183, n. 3), negata invece dalla 
sentenza annotata. 

V. in dottrina sull'interessante problema VASSALLI, Il diritto alla prova 
nel processo penale, in Riv. it. dir e proc. pen., 1968, p. 3; CoNso, Natura 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

476 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1972, n. 5'164 -Pres. Rosso -
Rel. Fasani -P. M. Chiliberti (conf.) -Rie. Congiu ed altri. 

Reato -Reati contro la Pubblica Amministrazione -Delitti -Dei pri


vati -Relazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale -Estremi 

dell'esimente. 

(d.l.lt. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4). 

Per l'applicazione deU'art. 4 d.l.lt. 14 settembre 1944, n. 288, non 
basta che l'atto del pubblico ufficiale sia illegittimo, ossia non conforme 

o contrario alla legge, ma occorre che esso sia arbitrario, si risolva cio� 
in un fatto doloso aggressivo e vessatorio consapevolmente attuato per 
ragioni di malanimo, prepotenza o capriccio; non � perci� sufficiente 
il mero errore del pubblico ufficiale sui limiti dei propri poteri a configurare 
l'arbitrariet�, dell'atto, ma la valutazione di quest'ultimo deve 
essere operata con riferimenti ai fatti, quali si presentavano allo stesso 
pubblico ufficiale nel momento dell'atto medesimo e alle sue intenzioni, 
quali potevano desumersi dalle particolari �circostanze di ciascun 
caso (1). 
giuridica delle norme sulla prova nel processo penale, in Riv. dir. proc., 
1970, p. 7; GUARNERI, La lotta per la verit� nel processo penale alla stregua 
del nostro diritto positivo, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, p. 14; ANDRIOLI, 
La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il processo giusto, in Temi 
romana, 1964, I, p. 463; FosCHINI, La giustizia sotto l'albero e i diritti dell'uomo, 
in Riv. it. dir'. proc. pen., 1963, p. 300. 

(1) La giurisprudenza della Cassazione delimita nettamente l'atto arbitrario 
dall'atto illegittimo ed ha affermato ohe, poich�� possa applicarsi 
l'esimente, occorr,e ,che il p.u. abbia volontariamente travalicato i limiti 
dei suoi poteri, con la consapevolezza della non rispondenza fra lo scopo 
pe11segwto e le fi<nalit� della pubblica funzione (Cass., 1� :f�ebbriaio 1971, in 
Cass. pen. mass. annotato, 1972, p. 533,, n. 694) e che la nozione di arbi~ 
trariet� implica e'ssenzialmente capriccio, vessazione, sopruso (Cass., 19 
gennaio 1971, (ivi, p. 540, n. 695), sicch� non commette atto arbUraiI'io il 
p.u. che ,coilltesti ingiustamente una contravvenzione al cittadino, o che 
compia atti con scarsa cautela o viziati da errore (sentenze citate). 
La .giUa:"isp:rudenza poi, contrastata dalla prevalente dottrina, esdude 
che l',esimente di cui all'art. 4 d.1.lt. 14 settembre 1944, n. 288, possa 
rientrare nella disciplina dell'art. 59 c.p. -e che possa quindi l'imputato 
avvalersi dell'arbitrariet� putativa -ritenendo che la norma non comporti 
una causa di esclusione della pena, ma una causa di non applicabilit� 
obiettiva della norma penale (Cass., 20 novembre 1969, in Cass. 
pen. mass. annotato, 1970, p. 1664, n. 2503; contra in dottrina: ANTOLISEI, 
Manuale dir. pen., parte spec. I, 1966, p. 716; CRESPI, L'atto arbitrario del 

p.u. quale causa di liceit� della reazione dal privato, in Riv. it. dir. pen,. 
1948, p. 320). 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 477 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 29 luglio 1972, n. 5357 -Pres. Spadaccini 
-Rel. Tedoldi -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. P. M. in 
proc. Fontanella. 

Reato -Reati contro la fede pubblica -Delitti -Falsit� in atti -In atti 
pubblici -Correzione di errore materiale effettuato da persona 
diversa dal pubblico ufficiale autore dell'atto -Sussistenza del 
reato. 

(c.p., �art. 476 e segg.). 

Nei delitti di falsit� in atto pubblico non ha rilevanza il fatto di 
essere animato dal proposito di correggere un errore materiale commesso 
da altri, perch� nel delitto di falsit� in atto pubblico il nocumento 
derivante daUa falsificazione � insito nella violazione delle 
garanzie di certezza accordate all'atto del pubblico ufficiale, il quale 
soltanto potrebbe, se mai, essere giustificato per una irrituale correzione 
di un errore materiale da lui commesso (1). 

(1) La sentenza � conforme al rigoroso indirizzo giurisprudenziale che 
continua a ravvisare nella necessit� obiettiva della genuinit� e veridicit� 
degli atti di fede pubblica la ragione della tutela penale di cui al capo III 
del libro II del codice penale e che ha portato alle conseguenti affermazioni 
che costituiscono oll'mai jus receptum, ,che a integrare il do.Io nei reati 
di falso in atto pubblico sono sufficienti la coscienza e la volont� dell'immutatio 
veri senza che occorre un� animus nocendi vel decipiendi ed anche 
quando si agisca con la convinzione di non arrecare alcun nocumento. 
Tipica di questo rigore giurisprudenziale � l'affermazione che la grossolanit� 
del falso esclude la punibilit� del fatto sol� quando abbia carattere 
assoluto, quando sia cio� tale da escludere non solo la probabilit�, ma 
anche la possibilit� dell'inganno (Cass., 2 luglio 1971, in Cass. pen. mass. 
annotato, 1972, p. 846, n. 1121; 15. marzo 1971, ivi, p. 508, n. 637, da valutar,
e .con giudizio a posteriori, il che 'comporta l'ado:filone di un concetto 
di �idoneit� dell'azione�, ben pi� lato di quello desumibile dalle norme 
di cui agli art. 49 e 56 c.p. 

Per quanto invece concerne il dolo specifico previsto per i reati di 
falsit� in scrittura privata (art. 485 e 486 c.p.), � affermazione costante che 
il vantaggio che l'agente si prefigge pu� riguardare qualsiasi aspetto della 
vita di relazione e non essere.di natura meramente economica e pu� essere 
legittimo o illegittimo, non essendo richiesta l'ingiustizia del profitto 
per la ,configu!I'azione del reato (Cass., 19 arprile 1971, in Cass. pen. mass, 
annotato, 1972, p. 845, n. 1120). 



PARTE SECONDA 



QUESTIONI (*) 


Dogana -Manifesto -Mancato scarico di manifesto -Responsabilit� del Comandante 
della nave nel caso di reato commesso da altri -Limiti. 

Il Comandante deZla nave che non presenta la merce in dogana � responsabile 
per il pagamento dei diritti doganali, nessuna influenza avendo 
sulla sua responsabilit� il reato commesso da altri in tempo successivo alla 
avvenuta presentazione del Manifesto (Art. 42 L. 25 settembre 1940 n. 
1424; art. 139 L. 13 febbraio 1896 n. 65) 

(Cont. 5/73; Cima c. Finanze; Avv. Stato Guicciardi). 

Espropriazione per p.u. -Riforma fondiaria -Terzo residuo -Pronuncia di 
illeggittimit� costituzionale -Effetti. 

Se dopo la pronunzia di illegittimit� da parte della Corte Costituzio


,nale dell'art. 9, comma 4�, Legge 21 ottobre 1950, n. 841, "in quanto" stabiliva 
l'espropriazione senza indennit� per inadempienza dell'espropriato 
al miglioramento del terzo residuo, e conseguente annullamento del relativo 
dcret,o di esproprio da parte del Consiglio di Stato, spetti all'espropriato 
il diritto alla restituzione dei terreni o al pagamento di un indennizzo 
a titolo di risarcimento del danno per occupazione illegittima, oltre ai 
frutti e il deprezzamento, a partire dalla data del decreto di esproprio 
(Art. 9, comma 4�, Legge 21 ottobre 1950, n. 841). 

(Cont. 36/73; Piccirella c. Ente Sviluppo in Puglia e Lucania; Avv. 
Stato Santoro). 

Espropriazione per p.u. -Legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 -Piani di 
zona per l'edilizia popolare -Se sia applicabile. 

Se le norme sull'espropriazione del titolo secondo della legge sulla 
casa 22 ottobre 1971 n. 865 siano applicabili alle espropriazioni pronunciate 
in favore della Gestione Case per Lavoratori per la costruzione di case di 
abitazione nell'ambito dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare 

(L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9, 16, 17, 18; Legge 18 aprile 1962 n. 167, 
art. 12; legge 21 luglio 1965 n. 904, art. 1). 
(Cont. 31/73; Gestione Case per Lavoratori c. Manetta; Avv. Stato 
Bafile). 

(*) Vengono qui pubblicate le questioni di particolare interesse e di attualit� 
che si agitano in sede contenziosa, con l'indicazione del numero del contenzioso e 
del collega incaricato per favorire il collegamento con altri colleghi che trattano 
!e stese questioni e per aprire, possibilmente, sulle stesse un dibattito. 



36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per p.u. -Legge sulla casa -Applicabilit� alle espropriazioni 
in corso alla data di entrata in vigore della legge. 

Se i criteri per la determinazione dell'indennit� di espropriazione stabiliti 
nel titolo secondo della ,legge sulla casa 22 ottobre 1971 n. 865 siano 
applicabili alle espropriazioni in corso alla data di entrata in vigore della 
legge e se il decreto pronunciato dopo l'entrata in vigore che indica un'indennit� 
determinata in base alla legislazione anteriore sia impugnabile 
dall'espropriante a norma dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 
(legge 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9, 16, 17, 18, 36, 39, 66; legge 18 aprile 
1962 n. 167 art. 12; legge 21 luglio 1965 n. 904 art. 1, 25 giugno 1865 n. 
2359). 

(Cont. 31/73; Gestione Case per Lavoratori c. Manetta, Avv. Stato 
Bafile). 

Imposta di registro -Ingiunzione -Firmata dal cassiere -Se sia legittima. 

Se l'ingiunzione per recupero di imposta suppletiva di registro possa 
essere firmata dal cassiere (Art. 2 L. 15 maggio 1954 n. 270; art. 15 D.P.R. 
14 ottobre 1958, n. 1054). 

(Cont. 3/73; Comune di Sestri Lev�'nte c. Finanze; Avv. Stato Battistoni 
Ferrara). 

Imposta di registro -Decreto di esproprio per p.u. -Annullamento in s.g. 
� per difetto di potere -Se non sia pi� dovuta l'imposta. 

Se, annullato dal Consiglio di Stato per carenza di potere un decreto 
prefettizio di espropriazione per p.u. l'imposta di registro non sia pi� dovuta, 
per vizio radicale e assoluto dell'atto di trasferimento (Art. H n. 2 

R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269). 
(Cont. 3173; Comune di Sestri Levante c. Finanze; Avv. Stato Battistoni 
Ferrara). 

Imposta di registro -Privilegio -Previlegio speciale immobiliare -Se sia 
riferibile su ciascuno dei beni oggetto di convenzioni. 

Se il privilegio speciale immobiliare ex art. 772 codice civile e 97 

R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, dal quale � assistito il credito per imposta 
di registro afferente ad un atto contenente distinte convenzioni, gravi indivisibilmente 
su ognuno dei beni oggetto delle convenzioni medesime (art. 
2772, 1� comma codice civile; art. 97, 1� comma R.D. 30 dicembre 1923 
n. 3269). 
(Cont. 610/68; Ufficio Registro di Viareggio c. Fall. Brignole; Avv. 
Stato Quadronio) . 

Imposta di registro -Agevolazioni tributarie -Benefici per i proprietari di 
case di abitazione -Applicabilit� -Limiti. 

Se i benefici fiscali prescritti daDla legge regionale siCiliana n. 29 del 
30 luglio 1969 siano applicabili al trasferimento di case di abitazione in 
corso di costruzione. Art. 1 detta legge (Legge Reg. Siciliana n. 29 del 30 
luglio 1969, art. 1). 

(Cont. 20/73; Lombardo c. Finanze; Avv. Stato Genovese). 


PARTE II, QUESTIONI 

Imposta sull'entrata -Responsabilit� dello spedizioniere -Limiti. 

Se sussista la responsabilit� dello spedizioniere per il pagamento dell'imposta 
sull'entrata relativa ad operazioni da lui effettuate (art. 1, 2 

D.L. 
9 gennaio 1940 n. 2). 
(Cont. 1/73; Pacorini c. Finanze; avv. Stato Guicciardi). 
Procedimento penale -Imposta di iscrizione per ipoteca penale -Criteri di 
determinazione. 

Se l'imposta di iscrizione per l'ipoteca penale di cui all'art. 616 
C.P.P., debba essere ragguagliata alla somma effettivamente dovuta, o a 
quella inizialmente richfesta (Art. 616 C.P.P.; art. 1 e 5 L. 25 giugno 
1943 n. 540). 

(Cont. 29/72, Mazzucchelli c. Finanze; Avv. Stato Olivo). 

Procedimento penale -Imposta -Iscrizione sui beni dei condebitori solidali. 

Se il Cancelliere del campione possa iscrivere sui beni dei condebitori 
solidali pi� ipoteche per lo stesso credito, e se siano dovute pi� 
imposte proporzionali o solo una imposta proporzionale per una delle 
ipotechte, e imposte fisse per le altre (Art. 616 C.P.P., art. 1 e 5 L. 25 
giugno 1943 n. 540). 

(Cont. 29172, Mazzucchelli c. Finanze; Avv. Stato Olivo). 


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LEGISLAZIONE 

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QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 
Codice di procedura penale, art. 509, secondo e terzo comma, nella 
parte in cui prevede �che alla mancata indicazione dei motivi consegue 
l'inammissibilit� dell'opposizione. 
Sentenza 27 febbraio 1973, n. 19, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 1, secondo comma, in quanto non 
prevede che anche nei giudizi per pensioni .privilegiate ordinarie per 
l'infermo� di mente, al quale non sia stato ancora nominato il legale 
rappresentante o l'amministratore provvisorio, il ricorso � validamente 
sottoscritto dalla moglie o da un figlio maggiorenne o, in loro mancanza, 
da uno dei genitori, ovvero da chi ne abbia la custodia o, comunque, 
l'assista. 

Sentenza 12 aprile 1973, n. 41, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 15, secondo comma, nella parte 
in cui prescrive l'emissione obbligatorfa del mandato di cattura anche 
quando, ai sensi dell'art. 14, ultimo comma, dello stesso decreto, il 
fatto sia �contestato come di lieve entit�. 
Sentenza 12 aprile 1973, n. 42, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

legge 6 dicembre 1966, n. 1077, art. 1, nella parte in cui non contempla 
tra i destinatari del diritto al trattamento di quiescenza e di 
previdenza a carico dello Stato anche gli insegnanti non di ruolo con 
nomina annuale, �con la disciplina gi� prevista per gli insegnanti non 
di ruolo con incarico trfonnale. 

Sentenza 12 aprile 1973, n. 40, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 57, nella parte in cui esclude dal 
beneficio, in esso previsto, le controv�ersie del lavoratore nei confronti 
dell'INAIL. 

Sentenza 1� marzo 1973, n. 23, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

legge 24 dicembre 1969, n. 991, art. 9. 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 20, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

legge reg. Puglia, appr. 22 a�prile 1972 e riapp!". 21 luglio 1972. 

Sentenza 12 aprile 1973, n. 39, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice di ,procedura civile, art. 93 (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 28 marzo 1973, n. 31, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. 

codice di procedura civile, art. 700 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 12 aprile 1973, n. 38, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

codice penale, art+. 23 e 624 (artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 
e 42, primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 18, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, art. 189, primo comma, n. 5, e ultimo comma (art. 3, 
primo comma, della Costituzione). 

Sentenza 1� marzo 1973, n. 26, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, art. 266 (art. 21 della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 16, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, art. 313, terzo comma, seconda ipotesi (artt. 102, primo 
comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 17, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, art. 54.2, terzo comma, n. 2 (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Sentenza 1� marzo 1973, n. 27, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, artt. 654 e 655 (artt. 17, 21, 25, secondo comma, e 
XII disp. trans. della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 15, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

c�odice penale, art. 665, terzo comma (artt. 25, secondo comma, 3, 
primo comma, e 2, ed al titolo I della prima parte della Costituzione). 

Sentenza 1� marzo 1973, n. 21, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice penale, art. 724 (artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 14, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

codice di procedura penale, art. 226, ultimo comma (artt. 15 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 6 aprile 1973, n. 34, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. 

codice di procedura penale, art. 509, nella parte relativa alla richiesta 
di dibattimento (art. 24 della Costituzione). 
Sentenza 27 febbraio 1973, n. 19, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 


40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice della navigazione, art. 1193 (art. 3 della Costituz.ione). 
Sentenza 12 aprile 1973, n. 36, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, artt. 1 e 2 (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione). 
Sentenza 12 aprile 1973, n. 35, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

r.d.I. 29 luglio 1927, n. 1509, art. 11 (artt. 3, primo comma, 24, primo 
e sec�ndo �comma, 44, primo comma, ultjma parte, e 47, secondo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 12 aprile 1973, n. 37, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

legge 22 aprile 1941, n. 633, art. 161 (art. 21 della Costituzione). 
Sentenza 12 aprile 1973, n. 38, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 

legge 13 giugno 1942, n. 794, artt. 28, 29 e 30 (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Sentenza 1� marzo 1973, n. 22, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

legge 20 giug�no 1952, n. 645, art. 5 (artt. 17, 21, 25, secondo comma, 
e XII disp. trans. della Costituzione). 

Sentenza 27 febbraio 1973, n. 15, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

-legge 18 marzo 1968, n. 431, art. 4 (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 28 marzo 1973, n. 29, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. 

legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza l� marzo 1973, n. 24, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 

legge reg. sic. a0ppr. 4 luglio 1972. � 
Sentenza 1� marzo 1973, n. 25, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 


III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice c0ivile, art. 575 (artt. 3, primo comma, e 30, terzo comma, 
della Costituzione). 

Tribunale di Matera, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

c:odic:e di procedura civile, art. 140 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 11 aprile 
1973, n. 95. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura civile, art. 291 (art. 24, secondo e terzo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Asti, ordinanza 15 dicembre 1972, G. U. 7 marzo 1973, 

n. 62. 
codice di procedura civile, art. 521 (art. 24 della Costituzione). 

Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, 

n. 81. 
cod-ice penale, artt. 23, 624 e 56 (art. 3, prima parte, della Costituzione). 

Pretore di Rovereto, ordinanza 19 ottobre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

codice penale, art. 313, terzo comma (artt. 101, 104, 110 della Costituzione). 


Corte d'assise di Viterbo, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 
marzo 1973, n. 81. 

cod'ice penale, art.. 334, secondo comma (artt. 3, 27 e 24 della Costituzione). 


Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, 

n. 81. 
codice penale, artt. 341 e 344 (artt. l, 3, 4, secondo comma, 28, 35, 
54, 97 e 98 della Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 6 novembre 
1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. 

codice d�i procedura penale, artt. 21 e 19 (artt. 24, secondo comma, 
25, primo comma, e 3, primo e .secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Prato, ordinanza 22 dicembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, 

n. 88. 
codice di procedura penale, art. 2i (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di appello di Napoli, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 28 
marzo 1973, n. 81. 

codice di procedura penale, art. 272, terzo comma (artt. 3, 13, quinto 
comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 
Pretore di Catania, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 7 marzo 
1973, n. 62. 


42 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 319, primo comma (artt. 3, primo 
comma, 24, primo comma, e 33, quinto comma, della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 29 dicembre 1972, G. U. 
28 marzo 1973, n. 81.. 

codice di procedura penale, art. 512, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 
24, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Napoli, ordinanza 24 ottobre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma, ultima parte (art. 21, 
primo comma, della Costitu2lione). 
Pretore di Bolzano, ordinanza 25 novembre 1972, G. U. 4 aprile 
1973, n. 88. 

r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art+. 26, 27 e 33 (artt. 3 e 4 della Costituzione). 
Pretore di Montefiascone, ordinanza 14 novembre 1972, G. U. 18 
aprile 1973, n. 102. 

r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 76 della Costituzione). 
Pretore di Terralba, ordinanza 15 novembre 1972, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 

r.d. 16 marzo 1942, n.--269, art. 217, secondo comma (artt. 24, secondo 
comma, 25, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Prato, ordinanza 22 dicembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, 

n. 88. 
r.d.I. 4 maggio 1942, n. 434 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Tribunale di Palermo, ordinanza 17 novembre 1972, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 

legge 17 luglio. 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della 
Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 6 novembre 1972, G. U. 11 aprile 
1973, n. 95. 
Tribunale di Roma, ordinanza 25 gennaio 1973, G. U. 11 aprile 
1973, n. 95. 

d.lg.lgt. 8 marzo 1945, n. 90, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 17 novembre 1972, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 12 maggio 1949, n. 206, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Palermo, ordinanza 18 novembre 1972, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 

legge 20 febbraio 1958, n. 75, artt. 3, n. 5, e 4, n. 3 (artt. 3 e 29 della 
Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 10 gennaio 1973, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

� d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, sesto comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Arena, ordinanza 14 novembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 87, quarto comma, in relazione .al� 
l'art. 80, nono comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Castell'Arquato, ordinanza 26 ottobre 1972, G. U. 7 
marzo 1973, n. 62. 

d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040 (art. 76 della Costituzione). 
Tribunale di Napoli, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

legge 4 agosto 1965, n. 1103, art. 12 (artt. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 16 dicembre 1972, G. U. 11 aprile 
1973, n. 95. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (art. 3, primo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Oristano, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). 

Corte di appello di Torino, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 
4 aprile 1973, n. 88. 

legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma, della 
Costituzione). 

Pretore di Manfredonia, ordinanza 18 gennaio 1973, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 


44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 32 (artt. 41, 42 e 44 deil.la Cos,tituzione). 


Tribunale di Macerata, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

legge 25 febbraio 1971, n. 11 O (art. 53, primo comma, e 41, primo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanze 24 giugno 1972 (due), G. U. 7 marzo 
1973, n. 62 e 11 aprile 1973, n. 95. 

legge 4 agosto 1971, n. 592, art. 5 ter, terzo comma (artt. 41, 42 e 44 
della Costituzione). 

Tribunale di Ma.cerata, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 8 (artt. 117, VIII di,sp. trans., 3, 
5, 97 e 76 deil.la Costituzione). 
Regione Lazio, ricorso depositato il 10 aprile 1973, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1 (artt. 3 e 37 della Costituzione). 

Pretor�e di Milano, ordinanza 13 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 
1973, n. 81. 

d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, artt. 18 e 19 (artt. 117, VIII disp. 
trans., 3, 5, 97 e 76 della Costituzione). 
Regione Lazio, ricorso depositato il 10 aprile 1973, G. U. 18 aprile 
1973, n. 102. 

d.I. 22 gennaio 1973, .n. 2, artt. 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 32 (artt. 20 e 36 
dello Statuto speciale per la Regione siciliana). 
Regfone siciliana, ricorso depositato il 26 febbraio 1973, G. U. 
7 marzo 1973, n. 62. 

d.I. 12 febbraio 1973, n. 8 (artt. 20, 21 e 36 dello Statuto spedale 
per la Regione 'Siciliana). 
Regione siciliana, ricorso depositato il 20 marzo 1973, G. U. 4 
aprile 1973, n. 88. 

legge reg. sic. a.ppr. 21 marzo 1973 (Norme in materia sanitaria). 
Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso deposi



tato il 6 aprile 1973, G. r;. 18 aprile 1973, n. 102. 

I

I 


INDICE BIBLIOGRAFICO 


delle opere acquistate dalla Biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato 

AURITI G., Contributo allo studio del contratto di noleggio. Giuffr�, Milano, 
1971. 


BAGNULO R., Le acque pubbliche neLla giurisprudenza. Cedam, Padova, 1973. 

BuzzELLI A., La sospensione condizionale della. pena sotto il profilo processuale. 
Giuffr�, Milano, 1972. 

CERVATI A. A., La delega legislativa. Giuffr�, Milano, 1972. 

CHERICONI E., Problemi e giurisprudenza su alcuni aspetti dello statuto dei 
lavoratori. Giuffr�, Milano, 1972. 

DATTOLA SANTO, Elementi di Diritto e Tecnica, Doganale. Giuffr�, Milano, 
1972. 

DE LucA L., Diritto Ecclesiastico ed Esperienza Giuridica. Giuffr�, Milano, 
1973. 

DURANTE A., Veicoli a moto1�e (Assicurazione obbligatoria, Risarcimento 
danno). Giuffr�, Milano, 1972. 

IsLE, Istituto Studi Legislativi, La Riforma Tributaria. Giuffr�, Milano, 1972. 

� LA MONICA M., 1 reati fallimentari. Giuffr�, Milano, 1972. 

LEVI SANDRI LIONELLO R., Istituzioni di Legislazione Sociale. (10" ediz.). 
Giuffr�, Milano, 1971. 

LOJACONO V., Gli atti di immissione (C:onsiderazioni di di!I'itto privato). 
Giuffr�, Milano, 1972. 

LucIFREDI R., CAIANIELLO V., 1 Tribunali Amimnistrativi Regionali. UTET, 
Torino, 1972. 

MARTINES T., FASO I., Gli Statuti Regionali. Giuff.�, Milano, 1972. 

MAZZANTI M., Il procedimento direttissimo. Giuffr�, Milano, 1972. 

MAZZIOTTI M., 1 conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato. Giuffr�, 
Milano, 1972. 

MOLLE G., 1 titoli di credito bancari. Giuffr�, Milano, 1972. 

MONACO, RovERSI F., La delegazione amministrativa nel quadro dell'ordinamento 
regionale. Giuffr�, Milano, 1970. 



46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MoRELLI G., Nuovi stu.di sul processo internazionale. Giuffr�, Milano, 1972. 
MORETTI G. C., La potest� finanziaria delle regioni. Giuffr�, Milano, 1973. 
NANUT V., Trattamento elettronico delle informazioni. Giuffr�, Milano, 1972. 
PREDETTI A., Operatori statistici su agg1�egati di osservazioni. Giuffr�, Mi


lano, 1972. 
ROMANELLI GUSTAVO, I Danni da Aeromobile sulla Superficie. Giuffr�, Milano, 
1970. 
SACERDOTI G., I contratti tra Stati e Stranieri nel diritto internazionale. 
Giuffr�, Milano, 1972. 
SEPE O., PEs G., Le nuove leggi di giustizia amministrativa. Giuffr�, Milano, 
1972. 

ZICCARDI F., Le norme interpretative speciali. Giuffr�, Milano, 1972. 



CONSULTAZIONI 


ALBERGHI 

ll'lu.tui agevolati per opere turistiche alberghiere -Istruttoria preliminare 
-Decisione di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva Poteri 
della P. A. (l. 22 luglio 1966, n. 614). 

Se la decisione di accoglibilit� delle domande di mutui a tasse agevolate, 
presentate da imprese operanti nel settore turistico alberghiero ovvero 
da Enti locali o loro Consorzi, ai sensi della le.gge 22 luglio 1966, n. 614, 
resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annullata 
o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono 
elementi che inducano a diversa valutazione (n. 20). 

APPALTO 

Contratti della P.A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bollo 
-Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 
1953, n. 492, artt. 27 e 28). 

Se sia legittima la decisione del presidente della gara di appalto ad 
offerta segreta di escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata 
non regolare agli effetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi 
l'apertura della relativa busta Segreta di offerta (n. 362). 

Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eser


citi ligittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� 

commesse nella procedura concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da 

parte del presidente della gara, disponga la tardiva apertura della busta 

contenente l'offerta .segreta di un concorrente la .cui previa esclusione sia 

stata ritenuta illegittima (n. 362). 

ASSICURAZIONI 

Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali 
all'interno de.ZZe stazioni ferroviarie. (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1, 

d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2). 
Se sia obbligatoria l'assicurazione per la responsabilit� civile dei trattori 
appartenenti all'Amministrazione P.T., circolanti all'interno delle stazioni 
ferroviarie per il trasporto di dispacci postali dagli uffici ai treni e 
viceversa (n. 85). 

AUTOVEICOLI 

Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza -Sanzioni. 

(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121). 
Se la sanzione prevista dall'art. 10, settimo comma, cod. strad. debba 
applicarsi nell'ipotesi in cui, pur non essendo stata richiesta all'ente proprietario 
o concessionario della strada l'autorizzazione al� trasporto ecce




48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


zionale, ricorrano tuttavia le condizioni di cui all'art. 10, primo comma 
lett. b) cod. strad., ossia si tratti di trasporto eccezionale di cose divisibili 
con veicolo eccedente i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., ma al quale sia 
formalmente riconosciuta, sulla carta di circolazfone, una portata potenziale 
superiore (n. 76). 

Se, nella ipotesi in cui un veicolo esegua un trasporto eccezionale eccedendo 
i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., senza avere riconosciuta, 
sulla carta di circolazione, una portata potenziale superiore e senza l'autorizzazione 
dell'ente proprietario o concessionario della strada ai sensi 
dell'art. 10, cod. istrad., v.ada app1icata unicamente J.a sanzione di oui all'art. 
33, settimo comma, codice strad. ovvero congiuntamente ad essa anche 
quella di cui all'art. 121, terzo comma, .cod. strad. (n. 76). 

Se la sanzione di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad., vada applicata 
nell'ipotesi in cui un veicolo, che non abbia portata potenziale superiore 
formalmente riconosciuta, esegua un trasporto non eccedendo i limiti 
di peso ex art. 33, cod. strad., ma solo la portata utile indicata nella carta 
di circolazione (n. 76). 

BONIFICA 

Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo (r.d. 13 
febbraio 1933, n. 215, art. 10). 

Se, qualora l'ope�ra autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, 
al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la societ� concessionaria 
della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 11). 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza -Sanzioni.! 

(t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121). 
Se la sanzione prevista dall'art. 10, settimo comma, cod. strad. debba 

applicarsi nell'ipotesi in cui, pur non essendo stata richiesta all'ente pro


prietario o concessionario della strada l'autorizzazione al trasporto eccezio


nale, ricOII'irano tuttavia le condizioni di cui aH.'art. 10, primo comma lett. b) 

cod. strad., ossia si tratti di trasporto eccezionale di cose divisibili con 

veicolo eccedente i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., ma al quale sia 

formalmente riconosciuta, sulla carta di circolazione, una portata poten


ziale superiore (n. 37). 

Se, nella ipotesi in cui un veicolo esegua un trasporto eccezionale 

eccedendo i limiti di peso ex art. 33, cod. strad., senza avere riconosciuta, 

sulla carta di circolazione, una portata potenziale superiore e senza l'auto


rizzazione dell'ente proprietario o concessionario della strada ai sensi del


l'art. 10, cod. strad., vada app1karta unicamente la ,sanzione di cui all'art. 33, 

settimo .comma, 1codioe stradale, ovvero congiuntamente ad e1ssa anche 

quella di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad. (n. 37). 

Se la sanzione di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad., vada ap


plicata nell'ipotesi in cui un veicolo, . che non abbia portata potenziale 

superiore formalment� riconosciuta, esegua un trasporto non eccedendo i 

limiti di peso ex art. 33, cod. strad., ma solo la portata utile indicata nella 

carta di circolazione (n. 37). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 49 

COMUNI E PROVINCIE 

Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contri-' 
buto statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (l. 16 settembre 
1960, n. 1014, art. 7; legge 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). 

Se i contributi annui erogati dallo Stato in :favore di Comuni e Provincie 
per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di pertinenza 
dei 1suddetti Enti locali, siano delegaibili a garanzia di mutui contratti 
per .il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica (n. 145). 

Contratti dei Comuni -Depositi cauziondli definitivi superiori a 3 mesi _, 
Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 
gennaio 1913, n. 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 26 e 28). 

Se i depositi cauzionali definitivi di durata superiore a 3 mesi, a garanzia 
di �contratti stipulati nell'interesse dei Comuni debbano esse�re eseguiti 
presso la Cassa Deposi.ti e Prestiti ovvero :possano e�sserio anche rpcresso le 
rispettive Tesorerie comunali (n. 146). 

COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA 

Comunit� economica europea -Disciplina depositi doganali e zone franche 
-Ammonizzazione -Stabilimenti industriali a regime di depositq1 
franco. (d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36). 

Se le disposizioni di cui al d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, concernenti 
l'attuazione delle direttive comunitarie in materia di ammonizzazione della 
dtsciplina del perfezionamento attivo, dei deposi�ti doganali e delle zone 
franche, si applichino agli stabilimenti industriali autorizzati a reggersi 
in regime di deposito franco in virt� di ordine del cessato Governo militare 
alleato dell'ex territorio libero di Trieste (n. 8). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti 
-Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario. 

(l. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 
9 maggio 1912, n. 1447, art. 186). 
Se la concessione originaria di ferrovia conservi la sua efficacia dopo 
la trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico (n. 115). 
Se nel caso di trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico 
e di alienazione dei beni ferroviari non pi� utili, la quota di 
spettanza del concessionario sul ricavato dall'alienazione vada calcolata 
dividendo il valore dei beni per ia durata complessiva della concessione 
ovvero per la durata che residua dopo l'avvenuta realizzazione degli impianti 
(n. 115). ' 

CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO 

Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo 
-Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo. 
(d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 

Se ai componenti estranei delle Commissioni giudfoatrid degli esami 
di abilitazione all'insegnamento medio competa il compenso, pari al trentesimo 
della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle 


50 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

riunioni della commissione, di cui all'art. 5, secondo comma del d.l. 7 
maggo 1948, n. 1076, ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1, 
del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5 (opprure, in alternativa al gettone di presenza, 
i compensi e la indennit� di cui agli artt. 4 e segg. e 7 dello stesso 

d.P.R. rn. 5./56) (n. 268). 
Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo 
di una commissione giudicatrice di esami di abilitazione all'insegnamento� 
medio del compenso di cui all'art. 5, secondo comma, del d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, 
secondo cui sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla 

P.A. ai !PI'Opri dipendenti, o�ve l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole 
convinzione, determinata dalla presenza di situazioni obbiettivamente 
controverse, che le somme in questione fossero effettivamente 
dovute (n. 268). 
Se iper il recupe1ro di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a 
titolo di compenso a componenti estranei del!te Commissioni giudicatrici di 
esami di abilitazione all'insegnamento medio possa procedersi mediante 
procedimento coattivo ai .sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 268). 

Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta 


Bono -Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 

1953, n. 492, artt. 27 e 28). 

Se sia legittima la decisione del presidente della gara di appalto ad 
offerta .segreta di escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata 
non regolare agli affetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi 
l'apertura della relativa busta segreta di offerta (n. 269). 

Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eserciti 
legittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� commesse 
nella procedura concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da parte 
del presidente della gara, disponga la tardiva apertura della busta contenente 
l'offerta segreta di un concorrente la cui previa esclusione sia stata 
ritenuta illegittima (n. 269). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario 
dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento 
diretto (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971, n. 889,. 

art. 9). 

Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano profes-� 
sionalmente autoservizi pubblici di Unea in concessione statale, siano titolari 
di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribu-� 
:tione del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 feb-� 
braio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici 
autoservizi ed a garantire lo stato di efficienza del materiale (n. lOu). 

Se l'Amministriazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto. 

al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da un'azienda 

esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sov-


venzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straor


dinari (n. 106). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contributo 
statale -Delegazione -Mutuo -Finalit� (l. 16 settembre 1960, 

n. 1014, art. 7; l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). 
Se i contributi annui erogati dallo Stato in favore di Comuni e Provincie 
per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di 
pertinenza dei suddetti Enti locali, siano delegabili a garanzia di mutui 
contratti per il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica 

(n. 107). 
� Mutui agevolati per opere turistico-alberghiere -Istruttoria preliminare Decisione 
di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri 
della P. A. (l. 22 luglio 1966, n. 614). 

Se la decisione di accoglibilit� delle domande di mutui a tasso agevolato, 
presentate da imprese operanti nel settore turistico-alberghiero ovvero 
da Enti locali e loro Consorzi, ai sensi della legge 22 luglio 1966, n. 614, 
resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annullata 
o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono 
elementi che inducano a diversa valutazione (n. 108). 

Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo (r.d. 13 
febbraio 1933, n. 215, art. 10). 

Se, qualora l'opera autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, 
al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la societ� concessionaria 
della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 109). 

Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento Mu.
tuo -Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette 
ospedaliere. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, 
art. 12). 

Se, a garanzia di mutuo concesso ad una Universit� per finanziare 
lavori di completamento del policlinico unive1�sitario, possano essere accettate, 
da parte dell'Amministrazione mutuante, delegazioni di pagamento 
sui proventi di rette ospedaliere, rilasciate da un Ente ospedaliero, secondo 
la previsione della convenzione stipulata tra l'Ente e l'Universit� (n. 110). 

DAZI DOGANALI 

Comunit� economica europea -Disciplina depositi doganali e zone fran-i 
che -Ammonizzazione -Stabilimenti industriali a regime di deposito, 
franco. (d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36). 

Se le disposizioni di cui al d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, concernenti 
l'attuazione deliLe direttive comunitari.e in mateiria di ammonizzazione 
della disciplina del perfezionamento attivo, dei depositi doganali e delle 
zone franche, si applichino agli stabilimenti industriali autorizzati a reggersi 
in regime di deposito franco in virt� di ordine del cessato Governo 
militare alleato dell'ex territorio libero di Trieste -(n. 67). 


-52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Diretti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi 
armate (l. 24 giugno 1971, n. 447). 

Se, ai fini della legge 24 giugno 1971, n. 447, che ha abolito i diritti 
amministrativi sulle importazioni di merci, con diversa decorrenza a seconda 
che le merci provengano o meno dalla e.E.E., l'importazione di navi 
armate possa considerarsi importazione di merci (n. 68). 

DEPOSITO 

Contratti dei Comuni -Depositi cauzionali definitivi superiori a 3 mesi -. 
Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 
gennaio 1913, n. 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 26 e 28). 

Se i depositi cauzionali definitivi di durata superiore a 3 mesi, a garanzia 
di 'contratti 1sti!pulati nell'interesse dei Comuni, debbano essere eseguiti 
presso la Cassa Depositi e Prestiti ovvero possano esserlo anche presso le 
rispettive Tesorerie comunali (n. 28). 

ESPROPRIAZIONE PUBBLICA UTILITA' 

Costruzione scuole e case per lavoratori -Decreto espropriazione -Indennit� 
-Determinazione -Criteri -Ius superveniens -Applicabilit�. 

(l. 20 marzo 1865, n. 2359, artt. 32 e 51; l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 
13 segg.). 
Se, qualora la procedura di �espropriazione per pubblica utilit�, per 

la costruzione di scuole e di case per lavoratori, sia stata conclusa prima 

dell'entrata in vigore della legge 22 ottobre 1971, n. 865, l'impugnazione 

della stima vada proposta avanti il Tribunale entro 30 giorni dalla noti


ficazione del decreto di espropriazione, ai sensi dell'art. 51, 1. 20 marzo 

1865, n. 2359, ovv;ero avianti la Oorte d'appello entro 30 giorni dall'inser


zione, nel foglio annunzi legali, dell'avviso di deposito della relazione del


l'Ufficio Tecnico Erariale (n. 317). 

Se sia legittimo l'annullamento d'ufficio di un decreto di espropriazione 

per pubblica utilit�, per la costruzione di scuole e di case per lavoratori, 

emesso sotto il vigore della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che abbia deter


minato l'indennit� ai sensi dell'art. 32 e segg. della legge 20 marzo 1865, 

n. 2359 e non gi� ai sensi dell'art. 16, 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 317). 
Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione 
aree -Assegnazione gratuita al Comune (l. 3 dicembre 1964, 

n. 1259, art. 12). 
Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione 
statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita 
delle zone colpite dal terremoto del 1962, avvenga automaticamente a seguito 
dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del1'
Amministrazione espropriante (n. 318). 

! 



PARTE II, CONSULTAZIONI 53' 

FERROVIE 

Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti 
-Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario 

(l. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.L. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 
maggio 1912, n. 1447, art. 186). 
Se la concessione originaria di ferrovia conservi la sua efficacia dopo 
la trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistco (n. 427). 

Se nel caso di trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico 
e di alienazione dei beni ferroviari non pi� utili, la quota di 
spettanza del concessionario sul ricavato dall'alienazione vada calcolata 
dividendo il valore dei beni per la durata complessiva della concessione 
ovvero per la durata che residua dopo l'avvenuta realizzazione degli impianti 
(n. 427). 

IGIENE E SANITA' 

Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento 
tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 
1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). 

Se gli istituti clinici univer:si�tari (nella specie, Policlinico Gemelli dell'Universit� 
Catfolica del Sacro Cuore), equipamti ad ospedali regionali, 
possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto 
concerne il trattamento tributario (n. 9). 

Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento -Mutuo 
-Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette ospedaliere 
(l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, art. 12). 

Se, a garanzia di mutuo concesso da una Universit� per finanziare 
lavori di completamento del policlinico universitario, possano essere accettate, 
da parte dell'Amministrazione mutuante, delegazioni di pagamento 
sui proventi di rette ospeda�iere, rilasciate da un Ente ospedaliero, secondo 
la previsione della convenzione stipulata tra l'Ente e l'Universit� (n 10). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Commissione esami abilitazione all'insegnamneto -Componente estraneo Compenso 
indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo 
(d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 

Se 0ai componenti estranei delle Commissioni giudicatrici degli esami 
di abilitazone all'insegnamento medio competa il compenso, pari al trentesimo 
della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle 
riunioni deHa coonmi,ssione, di cui all'art. 5, secondo comma, del d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076 ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1 del 

d.P.R 11 gennaio 1956, n. 5 (oppure, in alternativa del gettone di presenza, 
i �compensi e la indennU� di cui agli artt. 4 �e segg. e 7 dello ste�sso d.P.R. 
n. 556 (n. 751). 

54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo 
di una Commissione giudicatrice di esami di abilitazione all'insegnamento 
medio del compenso di cui all'art. 5, secondo comma, del d.1. 7 maggio 
1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, 
secondo cui sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla 

P. A. ai propri dipendenti, ove l'indebita percezione sia avvenuta nella 
ragionevole convinzione, determinata dalla pvesenza di situazioni obbiettivamente 
.controverse, che le somme in questione fossero effettivamente dovute 
(n. 751). 
Se per il recupero �di 1somme indebitamente eoxrisposte dalla P.A. a Utolo 
di eompenso a componenti estranei delle Commissioni giudicatrici di esami 
di abilitazione all'insegnamento medio rpossa procedersi mediante procedimento 
coattivo ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 751). 

Dipendente Ente pubblico -Promozione -Servizio prestato in Amministrazione 
statale -Riconoscimento. (t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 201). 

I

Se ad un dipendente di Ente pubblico diverso dallo Stato spetti il 
riconoscimento, ai fini della valutazione per la promozione (nel caso: a 
primo archivista), del servizio precedentemente prestato in una Amministrazione 
statale (n. 752). 

l 

Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al 
coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte 

i

in causa. (l. lo dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio� 1957, n. 3, 
art. 33). 


I 

Se l'Amministrazione, che abbia partecivato al giudizio di scioglimento 
del matrimonio o di cessazione degli effetti civili di cui sia stato parte un 
proprio dipendente, possa impugnare la sentenza, qualova l'ordine all'Amministrazione 
di corrispondere direttamente al coniuge �del dipendente 
statale una quota del :reddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della 
legge 1-0 dicembre 1970, n. 898, contenuto nella sentenza medesima, ecceda 
il limite del quinto di cui all'art. 33, ottavo comma del dP.R. 10 gennaio 
1957, n. 3 (753). 

Se, qualora l'Amministrazione sia rimasta estranea al giudizio di scioglimento 
del matrimonio o di cessazione degli effetti civili, di cui sia stato 
parte un proprio dipendente, essa debba dare esecuzione alla sentenza, che 
contenga 1'011dine ad erssa Ammirnistrazione di corrispo.ndere direttamente 
al coniuge del dipendente statale una quota del reddito di lavoro ai sensi 
dell'art. 8, terzo comma, della ilegg.e 1-0 dfoembre 1970, n. 898, solo ned limiti 
del quinto della retribuzione di cui all'art. 33, ottavo comma, del d.P.R. 
10 gennaio 1957, n. 3, ovvero nella misura, eventualmente eccedente il detto 

I

P.
limite fissato dal giudice (n. 753). f. 
>� 

~ 

Impiegato pu.bblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare 


t

Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Ius superveniens. 

(l. 8 giugno 1966, n. 424, artt. 1 e 2). ~ 
Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pensione 
e di ogni altro assegno od indennit� da liquidarsi alla cessazione del 

I 

I 


PARTE II, CONSULTAZIONI 55 

rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano 
la perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale 

o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto 
ra1pporto si:a venuto a cessare prima del 10 agosto 1966 (n. 754). 
Insegnante incaricato -Namina in ruolo con riserva -Scioglimento della 
riserva -Decorrenza giuridica della namina ex tunc -Effetti economici 
-Sospensione cautelare -Sanzione disciplinare definitiva -Assegni 
arretrati -Spettanza -Limiti. (l. 1� febbraio 1963, n. 357, art. 2; 

l. 19 marzo 1955, n. 160, artt. 20 e 21). 
Se, nell'ipotesi in cui un insegnante incaricato, gi� vincitore di concorso 
a cattedra di ruolo, venga nominato in ruolo con riserva di accertamento 
del requisito della buona condotta (allo stato mancante per pendenza 
di procedimento penale a carico), e successivamente, conclusosi il 
procedimento penale, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del 
reato per amnistia, si dia luogo alla definitiva nomina in iruolo con decoit'renza 
giuddica ex tunc, ~'insegnante abbi1a diritto agli assegni arretrati in 
qualit� di insegnante di ruolo a partire dalla data della decorrenza giuridica 
della nomina ovvero abbia diritto agli assegni in questione solo dalla 
data di effettiva assunzione nel servizio di ruolo (n. 755). 
Se un insegnante incaricato, sospeso cautelativamente dal servizio in 
pendenza di procedimento penale a carico, qualora il procedimento penale 
si concluda, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del reato per 
amnistia e venga quindi applicata a suo carico una sanzione disciplinare 
non espulsiva di durata inferiore a quella della sosp,ensione cautelare sofferta, 
abbia diritto alla percezione degli assegni arretrati, in qualit� di insegnante 
incaricato, relativi al periodo di tempo in cui � stato in posizione di 
sospensione cautelare (n. 755). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Diritti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi 
armate. (l. 24 giugno 1971, n. 447). 

Se, ai fini della legge 24 giugno 1971, n. 474, che ha abolito i diritti 
amministrativi sulle importazioni di merci, con diversa decorrenza a seconda 
che le merci provengano o meno dalla e.E.E., l'importazione di navi 
armate possa considerarsi importazione di merci (n. 68). 

IMPOSTA DI BOLLO 

Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bollo 
-Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 
1953, n. 492, artt. 27 e 28). 

Se sia legittima la decisione del presidente del1a gara di appalto ad 
offerta segreta di �escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata 
non regolare agli effetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi 
l'apertura della relativa busta segreta di offerta (n. 47). , 

Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eserciti 
legittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� 
commesse nella ~rocedurra concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da 
parte del presidente della g,ara, disponga la tardiva aperturia della busta 
contenente l'offerta segreta di un concorrente la cui previa esclusione sia 
stata ritenuta illegittima (n. 47). 


56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento 
tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 
1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). 

Se_ gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli 
dell'Universt� Cattolica del Sacro Cuore), equiparati ad ospedali regionali, 
possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto 
concerne il trattamento tributario (n. 48). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Avicoltura -Contratto di alle1iamento -Regime tributario. (cod. civ., articoli 
1655 e 2170). 

Se i contratti di allevamento in avicoltura, ai fini tributari di registro, 
siano da qualificare come contratti di appalto ovvero di soccida (n. 383). 

Imposta graduale -Sentenza di condanna -Indennizzo per trasferimento 
impresa elettrica -Imponibiie. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; 
r1d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. all. A., art. 114; l. 6 dicembre 1962, 

n. 1643, art. 5, n. 5). 
Se l'imposta graduale di registro, di cui agli artt. 68 r.d.l. 30 dicembre 
1923, n. 3269 e 114 tab. all. A, sulla sentenza che condanna l'ENEL a pagare, 
a titolo di indennizzo per il trasferimento di un'impresa elettrica, una 

I 

somma maggiore di quella determinata in sede amministrativa, vada applicata 
sull'imponibile rappresentato dall'intero ammontare della condanna 
ovvero soltanto su quello rappresentato dalla differenza tra l'ammontare 
della condanna e l'ammontare dell'indennizzo riconosciuto in sede amministrativa 
(n. 384). 

I 

I ;!

Trasferimento fabbricato -Agevolazione -Trasferimento immobili da costruire 
-Applicabilit�. (d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44, primo 
comma). 

Se la riduzione dell'imposta di registro prevista dall'art. 44, primo comma, 
d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertita con modificazioni in L 13 maggio 
1965, n. 431, per i trasferimenti a titolo oneroso e rpex i conferimenti in 
societ� di fabbricati, che avv�engano �entro un certo termine, sia applicabile 
ranch� ai contratti traslativi di immobili ancora da costruire (n. 385). 

IMPOSTE VARIE 

Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento 
tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 
1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). 

Se gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli delil'Universit� 
Cattolica del Sacro Cuore), equirparati ad ospedali regionali, 
possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto 
concerne il trattamento tributario (n. 67). 

Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena 
pecuniaria -Responsabilit� del legale rappresentante. (l. 7 gennaio 
1929, n. 4, art. 12). 


Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona 
giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione 
della sopratassa (n. 68). 


'! 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona 
giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni 
dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 68). 

ISTRUZIONE 

Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo Compenso 
indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo. 
(d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). 

Se ai componenti estr.anei delle Commissioni giudicatrici degli esami 
di abilitazione all'insegnamento medio competa il compenso, (Pari al trente~ 
simo della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle 
riunioni della commissione, di .cui all'art. 5, secondo �Comma, del d.l. 7 maggio 
1948, n. 1076, ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1 del 

d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5 (oppure, in alternativa del gettone di presenza, 
i compensi e la indennit� di cui agli artt. 4 e segg. e 7 dello stesso d.P.R. 
n. 5/56 (n. 28). 
Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo 
di una Commissione giudk�trke di �esami di abilitazione all'insegnamento 
medio del compenso �di cui all'art. 5, .secondo comma, �del d.l. 7 maggio 1948, 

n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, secondo 
�Cui ,sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla P.A. 
ai propri dipendenti, ove l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole 
convinzione, determinata dalla presenza di situazioni obbiettivamente 
controverse, che le somme in�questione fossero effettivamente dovute (n.28). 
:Se il recupero di somme indebitamente �corrisposte dalla P.A. a titolo 
di compenso a componenti estranei delle Commissioni giudicatrici di esami 
di abilitazione all'insegnamento medio rpMsa procedersi med1ante procedimento 
coattivo ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle 
entrate patrimoniali dello Stato (n. 28). 

Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contributo 
statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (l. 16 settembre 19601 

n. 1014, art 7; l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). 
Se i contributi annui erogati dallo Stato in favore di Comuni e Provincie 
per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di 
pertinenza dei 1suddetti Enti lo.cali, �siano delegabili a garanzia di mutui 
contratti per il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica 

(n. 29). 
LAVORO 

Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario 
dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS Versamento 
diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971, n. 889, 
art. 9). 

Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente 
autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari 
di un diritto soggettivo ovvero di un interesse� legittimo alla attribuzione 


58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 
1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi 
ed a .garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 78), 

Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto 
al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da un'azienda 
esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sovvenzionata 
o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straordinari 
(n. 78). 

MATRIMONIO 

Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al 

coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte 

in causa. (l. 1� dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio IJ.957, 

n. 3, art. 33). 
Se l'Amministrazione, che abbia partecipato al giudizio di scioglimento 
del matrimonio o di cessazione degli effetti civili di �cui sia .stato tparte un 
proprio dipendente, possa. impugnare la sentenza, qualora l'ordine all'Amminist:
mzione di corrispondere direttamente al coniuge del dipendente statale 
una quota del il'eddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, deUa 
legg.e 1� dicembre 1970, n. 898, contenuto niella sentenza medesima, ecceda 
il !limite del quinto di cui all'art. 33, ottavo comma, del d.P.R. 10 gennaio 
1957, n. 3 (n. 26). 

Se, qualora l'Amministrazione sia rimasta estranea al giudizio di scioglimento 
del matrimonio o di cessazione degli effetti civili, di cui sia stato 
parte un proprio dipendente, essa debba dare esecuzione alla sentenza, che 
contenga l'ordine ad essa Amministrazione di �corrispondere diirettamente al 
coniuge del dipendente statale una quota del reddito di lavoro ai sensi 

Idell"art. 8, terzo comma, della legge 1� dicembre 1970, n. 898, solo nei li:miti 
del quinto della retribuzione di cui all'art. '33, ottavo comma, del d.P.R... 

I ~ 

10 gennaio 1957, n. 3, ovvero nella misura, eventualmente eccedente il 
detto limite fissato dal giudice (n. 26). 

OPERE PUBBLICHE 

I 

Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione 
aree -Assegnazione gratuita al Comune. (l. 3 dicembre 1964,. 

n. 1259, art. 12). 
Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione 
statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita 
delle zone colpite dal terremoto del 1962,. avvenga automaticamente a seguito 
dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!'
Amministrazione espropriante (n. 102). 

I 

~ 

~ 

PENSIONI 

~ 

Impfegato pubblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare -1 
Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Lus superveniens. 

(l. 8 giugno 1966, _n, 424, artt. 1 e 2). 
Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pen


I

sione e di ogni altro assegno di indennit� da liquidarsi alla cessazione del 
rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano 

I 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

1a perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale 

o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto 
rappoo-to �sia venuto a oessar,e prima del 1� agosto 1966 (n. 140). 
POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali 
aH'interno deHe stazioni ferroviarie. (L. 24 dicembre 1969, n. 990, art;. 1; 

d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2). 
Se sia obbliiatoria l'assicurazione per la responsabilit� civile dei trattori 
appartenenti all'Amministrazione P. T., circolanti all'interno delle stazioni 
ferroviarie per il trasporto di dispacci postali dagli uffici ai treni e 
viceversa (n. 140). 

Comunicazioni telefoniche etc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza 
-Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa. (r.d. 
27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen. art. 16). 

Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni 
telefoniche, telegrafiche e radi�elettriche senza la preventiva concessione, 
il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto 
a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa di 
cui all'art. 178 codice postale (n. 141). � 

PROCEDIMENTO CIVILE 

Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� -Giudizio 

pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 

1971, n. 1121, art. 1; c.p.c., art. 111). 

Se possa �consideratt1Si operativo, con effetto dal 1� aprile 1972, il trasferimento 
delle foreste al patrimonio indisponibile :regionale (n. 48). 

Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 
al quale � pendente procedimento giudiziale per-un fatto avvenuto prima 
del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione 
processuale dello Stato (n. 48). 

Trasferimento di beni o rapporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p.c. 
art. 111). 

Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 
al quale � pendente procedimento giudiziale, sia applicabile 
l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il priviato e lo Stato 

(n. 49). 
REGIONI 

Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� -Giudizio 
pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 
1971, n. 1121, art. 1; c.p.c. 111). 

Se .possa considerarsi operativo, con effetto dal 1� aprile 1972, il trasferimento 
delle foreste al patrimonio indisponibile regionale (n. 194). 
Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 


60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al quale � pendente procedimento giudiziale per un fatto avvenuto prima 
del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione 
processuale dello Stato (n. 194). 

Trasferimento di beni o 1�apporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p..c., 
art. 111). 

Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 
1al quale � pendente procedimento giudiziale, sia applicabile 
l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il privato e lo Stato 

(n. 195). 
RICOSTRUZIONE 

Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione 
aree -Assegnazione gratu.ita al Comune (l. 3 dicembre 1964J 

n. 1259, art. 12). 
Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione 
statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita 
delle zone colpite dal terremoto del 1962, avvenga automaticamente a 
seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!'
Amministrazione espropriante (n. 21). 

SANZIONI AMMINISTRATIVE 

Comunicazioni telefoniche ecc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza 
-Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa (r.d. 
27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen., art. 16). 

Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni 
telefoniche, telegrafiche e radioelettriche senza la preventiva concessione, 
il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto 
a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa 
di cui all'art. 178 codice postale (n. 3). 

STRADE 

Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo. (r.d. 13 febbraio 
1933, n. 215, art. 10). 

Se, qualora l'opera autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, 
al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la Societ� concessionaria 
della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 96). 

TRASPORTO 

Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario 
dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento 
diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971 n. 889, 
art. 9). 

Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente 
autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari 
di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribuzione 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 
1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi 
ed a garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 81). 

Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto 
al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da una 
azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non 
sia sovvenzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi 
straordinari (n. 81). 

TURISMO E SPORT 

Mutui agevolati per opere turistiche alberghiere -Istruttoria preliminare Decisione 
di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri 
della P. A (l. 22 luglio 1966, n. 614). 

Se la decisione di accoglibilit� delle domande di mutui a tasse agevolate, 
presentate da imprese operanti nel settore turistico-alberghiero ovvero 
da Enti locali o loro Consorzi, ai sensi della legge 22 luglio 1966, n. 614, 
resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annul1ata 
o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono 
elementi che inducano a diversa valutazione (n. 23). 

VIOLAZIONI TRIBUTARIE 

Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena 
pecuniaria -Responsabilit� del legale rappresentante (l. 7 gennaio 
1929, n. 4, art. 12). 

Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona 
giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione 
della sopratassa (n. 4). 

Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona 
giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni 
dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 4).