ANNO XXV -N. 2 MARZO-APRILE 1973 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1973 ABBONAMENTI j ANNO � . . . . . . � . . . . . � . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 8.500 UN NUMERO SEPARATO . .. .. .. .. .. .. .. .. . � 1.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/2640 Stampato in Italia -Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma -De<rcto n. 11089 del 13 luglio 1966 (3219024) Roma, 1973 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. INDICE Parte prima�: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese} pag. 293 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdel/' avv. Benedetto Baccari} � 329 Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a tro de Francisci} cura del/'avv. Pie � 3 6') Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo} � 392 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 397 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. Franco Carusi} . � 458 Sezione settima�. GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Di Tarsia di Be/monte) Paolo � 473 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO QUESTIONI pag. 35 LEGISLAZIONE � 38 INDICE BIBLIOGRAFICO � 45 CONSULTAZIONI � 47 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; Francesco MARrnzzo, Brescia; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Giovanni VACIRCA, Catania; Filippo CAPECE MINUTOLO DEL SAsso, Catanzaro; Franco FAVARA, Firenze; Francesco Gu1cc1ARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Giuseppe MINNITI, Messina; Marcello DELLA VALLE, Milano; Aldo ALABiso, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Pier Giorgio LIGNANI, Perugia; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHis, Trento; Paolo ScoTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia ARTICOLI, NOT~, OSSERVAZIONI, QUESTIONI BAFILE C., Ancora degli interessi sui tributi complementari I, 405 BAFILE C., Ancora sulle quote di societ� di persone nell'imposta di registro I, 440 FAVARA F., Apprezzamenti tecnici della Pubblica Amministraziane e giurisdizione ordinaria, in relazione al contenzio so doganale I, 340 SICONOLFI L., Un dello Stato . caso di prestazione di opera a favore I, 370 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETCACCIA E PESCA TRICITA' -Acque sotterranee -Presupposti necessari e sufficienti per il riconoscimento della loro demanialit�, 466. -Competenza tecnica del Tribunale Superiore delle acque pubbliche in grado di appello -Potere di sostituirsi alla P.A. nel: l'esercizio della sua discrezionalit� tecnica -Esclusione, 466. AMMINISTRAZIONE DELLO STATO E DEGLI ENTI PUBBLICI -Delegazione amministrativa Esecuzione delle opere da parte del delegato in conformit� dei programmi predisposti dal delegante -Responsabilit� del delegante -Non sussiste, 379. APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Intempestivit� della riserva dell'appaltatore -Decadenza -Rinunzia dell'Amministrazione a farla valere -Ammissibilit� Accertamento da parte del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione -Condizioni, 458. -Appalto di opere pubbliche Pretesa dell'appaltatore da indennizzo pel caso di aggravi della prestazione derivante da fatto � continuativo � -Onere della riserva -Momento di operativit� del medesimo Applicazione, 458. -Appalto di opere pubbliche -Richieste dell'appaltatore di mag.,. giori compensi o indennizzi -Offerta transattiva da parte della Amministrazione -Rinunzia implicita al diritto di far valere la decadenza dalle riserve in cui sia incorso l'appaltatore -Esclusione, 458. -Contravvenzioni al testo unico sulla pesca -Domanda di oblazione valutata dal Prefetto -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 297. CIRCOLAZIONE STRADALE -Norme di depenalizzazione -Imposizione di un contributo sulle ordinanze sanzionatorie -Illegittimit� costituzionale, 325. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Vincolo -Viofazione Sanzione pecuniaria -Controversia -Giurisdizione del giudice amministrativo, 394. Espropriazione per pubblica utilit� -Criterio discriminatorio fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa, con nota di C. CARBONE, 335. Espropriazione per pubblico interesse -Decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�, con nota di c. CARBONE, 335. Espropriazione per pubblico interesse -Occupazione temporanea e d'urgenza: decorso del biennio -Giurisdizione ordinaria, con nota di c. CARBONE, 335. -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Controversie in materia tributaria -Sono normalmente attribu.ite alla giurisdizione ordinaria, con nota di F. FAVARA, 340. -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa -Discriminazione: petitum sostanziale, con nota di C. CARBONE, 335. -Fallimento -Pretesa tributaria verso la massa fallimentare Forma contenziosa ordinaria: inammissibilit�, con nota di C. CARBONE, 329. -Imposte doganali -Controversie circa il valore delle merci dichia INDICE rate -Appartengono alla giuri sdizione ordinaria, con nota di F. FAVARA, 340. -Poteri del G.O. ancorch� specializzato -Declaratoria in via principale della illegittimit� di un atto amministrativo -Esclusione, 486. DEMANIO E PATRIMONIO -Demanio storico e artistico Bellezze naturali -Vincolo -Violazione -Sanzione pecuniaria Fattispecie -Illegittimit�, 394. ENERGIA ELETTRICA Imprese esercenti in via esclusiva o principale attivit� elettriche -Trasferimento all'E.N.E.L. di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, 365. ENTI PUBBLICI Commissario di Ente pubblico Rimozione -Interesse sostanziale al ricorso -Dubbio -Devoluzione all'Ap., 395. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' -Espropriazione -Criteri e principi generali -Fondo gi� in possesso dell'espropriante -E' espropriabile, 396. -Espropriazione -Criteri e principi generali -Pendenza di giudizio risarcitorio -Irrilevanza, 396. Espropriazione -Criteri e principi generali Possibilit� di acquisto' del fondo in via contrattuale -Irrilevanza, 396. Espropriazione -Strade e auto strade -Strada di accesso a complesso scolastico -Legittimit� dell'esproprio, 396. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Controinteressato -Notificazione -Presso l'ufficio -Non a mani proprie -Validit� -Dubbio Devoluzione all'Ap., 395. -Procedimento giurisdizionale Decisione Csi. -Appello all'Ap. Quando � ammesso -Fattispecie -Inammissibilit�, 394. -Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o no -Pubblico impiego -Dipendenti Enti pubblici -Determinazione del trattamento economico -Delibera dell'Ente -Non � impugnabile senza approvazione del Ministero vigilante, 392. IMPIEGO PUBBLICO _, Insegnanti incaricati -Cumulo di impiego -Riduzione della retribuzione -Sperequazione rispetto alla normativa generale Illegittimit� costituzionale, 308. -Professori universitari incaricati -Cumulo di incarico e di impiego -Riduzione della retribuzione Sperequazione rispetto alla normativa generale -Illegittimit� costituzionale, 308. -Stipendi, assegni e indennit� Dipendenti Enti pubblici -Maggiorazione del 20 % rispetto ai dipendenti statali -Diritto -Non sussiste -Facolt� dell'Ente, 392. -Stipendi, assegni e indennit� Dipendenti Enti pubblici -Maggiorazione del 20 % rispetto ai dipendenti statali -Soppressione -Concessione di assegno personale -Determinazione dell'assegno -Riferimento al solo stipendio -Illegittimit�, 392. -Stipendi, assegni e indennit� Diritti acquisiti -Divieto di reformatio in peius -Art. 227 T.U. n. 383 del 1934 -Criterio di applicazione -Concessione di assegno personale -Sufficienza, 392. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni fiscali -Costruzione di strade obbligatorie, che presentano aspetti di necessit� Nozione -Limiti, 455. -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Prescrizione -Decadenza -Successione di leggi -D.L. 11 dicembre 1967, n. 1150 che istituisce l'obbligo di presentare la denuncia della decadenza gi� verificatasi -Applicabilit� per gli atti stipulati dopo l'entrata in vigore RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO VIII della legge 2 febbraio 1960 n. 35 -Esclusione per gli atti di data anteriore per i quali la decadenza si avvera successivamente, 416. -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Prescrizione -Regione Siciliana -Legislazione concorrente con quella statale -Legge regionale Siciliana 30 luglio 1969, n. 29 -Applicabilit� per il periodo anteriore della legislazione statale in materia di prescrizione, 416. -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti locali -Generica e probabile indicazione delle opere da eseguire -Esclusione della agevolazione -Estensione dell'agevolazione a opere similari -Esclusione, 436. -Agevolazioni per il fondo di rotaz�one per il territorio di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 -Operazioni di finanziamento -Estensione alle fideiussioni prestate da terzi Esclusione, 449. -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Fattispecie -Mutuo cinematografico con cessione dei proventi del noleggio e contratto di distribuzione -Esclusione, 424. -Enunciazione -Requisiti -Mancanza della indicazione del corrispettivo -Convenzione nella quale il corrispettivo � stabilito in percentuale -Determinazione in un momento successivo -Legittimit�, 424. -Societ� di persone -Scioglimento limitato ad un socio -Assegnazione inferiore alla quota di diritto -Imposta proporzionale di trasferimento -Esclusione, con nota di c. BAFILE 440. -Solidariet� -Enunciazione -Parte della convenzione enunziante estranea alla convenzione enunciata -Dipendenza fra le due convenzioni -Sussiste la solidariet�, 424.. -Tassazione provvisoria -Disposizione dell'art. 32 della legge di registro -E' di portata generale, 424. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Spese per il pagamento dell'imposta sulle societ� -Indetraibilit�, 365. IMPOSTA DI SUCCESSIONE -Presunzione per mobili, denaro e gioielli -Inventario -Requisiti -Mancanza di stima -Inopponibilit�, 446. IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA -Importazione temporanea -Maggior valore conseguente alla lavorazione -Assoggettabilit� all'imposta -Esclusione, 434. IMPOSTA SULLE SOCIETA' -Agevolazioni per il territorio di Assisi -Legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110 -Limitazione alle imposte di ricchezza mobile, I.C.A.P. e di patente, 452. IMPOSTE DOGANALI -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Decorrenza -Sentenza penale irrevocabile, 403. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Agevolazioni fiscali in materia di edilizia -Ripetibilit� del tributo solo pei rapporti non definiti Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 301. -Azione giudiziaria -Deduzione in grado di appello di un nuovo titolo per l'agevolazione -Limiti -Immutazione dei presupposti di fatto -Inammissibilit� -Fattispecie, 436. -Esecuzione esattoriale -Opposizione a pignoramento -Ipotesi di esclusione -Illegittimit� costituzionale -Insussistenza, 298. -Imposta complementare -Omessa denuncia dei redditi -Inasprimento pena dell'ammenda -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 299. INDICE IX Imposta di negoziazione -Privilegio -Termine di decadenza Imposta complementare -Decorrenza dalla data della decisione della Commissione provinciale, 397. -Imposta di negoziazione -Privilegio -Termine di validit� Decadenza come per l'imposta di registro, 397. -Imposta di registro -Imposta Interessi complementare -Fatto imputabile al contribuente Obbligo di dichiarazione del valore venale se superiore al prezzo pattuito -Non sussiste -Ritardo nell'adempimento -E' sufficiente a fondare il diritto agli interessi -Esclusione della imputabilit� -Onere della prova, con nota di C. BAFILE, 406. Imposta di registro -Interessi Imposta complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data, con nota di C. BAFILE, 406. - Imposta di registro -Privilegio Termine di decadenza -Imposta complementare -Decorrenza dalla data di registraziQne dell'atto, 397. -Imposta di successione -Interessi -Imposta complementare Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data, con nota di C. BAFILE, 405. -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Valutazione Correzione di errori di apprezzamento nella determinazione del valore presunto di una convenzione enunciata -Difetto di giurisdizione dell'A.G.O., 424. -Imposte indirette -Interessi Imposta complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa dinanzi alle commissioni -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi con nota di C. BAFILE, 405. - Violazione delle leggi finanziarie -Tributi diretti -Azione penale subordinata all'accertamento definitivo -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 302. LAVORO -In genere -Qualificazione giuridica del rapporto di lavoro - Censurabilit� in Cassazione -Limiti, con nota di L. SICONOLFI, 369. - Lavoro autonomo -Differenza dal lavoro subordinato, con nota di L. SICONOLFI, 369. MEZZOGIORNO -Cassa per il Mezzogiorno -Provvedimenti a favore della citt� di Napoli -Affidamento al Comune di Napoli dell'esecuzione di opere programmate della Cassa -Delegazione amministrativa -Occupazione d'urgenza da parte dei suoli da parte della Cassa -Responsabilit� del Comune per la mancata esecuzione dell'espropriazione nel biennio -Sussiste, 379. MINIERE E CAVE -Industria estrattiva nei Colli Euganei -Divieto di estensione Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 304. PREVIDENZA ED ASSISTENZA -Ingegneri ed architetti -Cassa di Previdenza degli ingegneri ed architetti -Obbligo contributivo Individuazione dei soggetti obbligati -Funzionari degli Enti pubblici e della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione, 384. PROCEDIMENTO CIVILE -Competenza della sezione specializzata per le controversie agrarie -Deduzione dell'esistenza di contratti soggetti a proroga -Decisione sulla base delle sole deduzioni delle parti, 360. -Competenza sezioni specializzate in controversie agrarie -Contratti agrari delle Amministrazioni dello Stato -Prevalenza della competenza delle sezioni specializzate sul foro dello Stato, 360. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO PROCEDIMENTO PENALE -Giudizio per decreto -Opposizione -Richiesta di dibattimento e indicazione dei motivi -Sanzione di inammissibilit� -Illegittimit� costituzionale parziale, 323. -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutazione (libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta, di rwova prova -Violazione dell'art. 185 cod. proc. pen. -Esclusione, 474. -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutazione (libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta di nuove prove -Censurabilit� in cassazione -Limiti -Censurabilit� indiretta attraverso la motivazione della sentenza, 474. -Reati commessi all'estero -Rinnovazione del giudizio in Italia -Illegittimit� costituzionale Inammissibilit� della questione per irrilevanza, 293. -Reati perseguibili a querela Testimonianza della parte civile -Sperequazione rispetto all'imputato -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 295. REATO -Bestemmia -Discriminazione a favore della religione cattolica Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 314. -Furto -Reclusione e multa -Cumulo -Minimo edittale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 321. -Invasione di terreni o edifici Elemento oggettivo -Estremi Esecuzione individuale -Sufficienza -Elemento soggettivo Illiceit� speciale -Riflessi sul dolo -Fine di profitto -Estremi, 473. Istigazione di militari a disobbedire le leggi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 318. -Manifestazioni sediziose -Manifestazioni fasciste -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 315. -Reati contro la fede pubblica Delitti -Falsit� in atti -In atti pubblici -Correzione di errore materiale effettuato da persona diversa dal pubblico ufficiale autore dell'atto -Sussistenza del reato, 477. -Reati contro la Pubblica Amministrazione -Delitti -Dei privati -Relazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale -Estr�mi dell'esimente, 476. -Vilipendio -Autorizzazione a procedere del Guardasigilli -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 320. RESPONSABILITA' CIVILE -Estinzione del reato per prescrizione -Diritto al risarcimento del danno derivante dal reato -Prescrizione, 363. INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE QUESTIONI DOGANA -Manifesto -Mancato scarico di manifesto -Responsabilit� del Comandante della Nave nel caso di reato commesso da altri -Limiti, 35. ESPROPRIAZIONE PER P.U. -Legge sulla casa -Applicabilit� alle espropriazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge, 35. Legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 -Piani di zona per l'edilizia popolare -Se sia applicabile, 35. - Riforma fondiaria -Terzo residuo -Pronuncia di illegittimit� costituzionale -Effetti, 35. IMPOSTA DI REGISTRO -Agevolazioni tributarie -Benefici per i proprietari di case di abitazione -Applicabilit� -Limiti, 36. -Decreto di esproprio per p.u. Annullamento in s.g. per difetto di potere -Se non sia pi� dovuta l'imposta. 36. ' -Ingiunzione -Firmata dal cassiere -Se sia legittima, 36. -Privilegio -Privilegio speciale immobiliare -Se sia riferibile su ciascuno dei beni oggetto di convenzioni, 36. IMPOSTA SULL'ENTRATA -Responsabilit� dello spedizioniere -Limiti, 37. PROCEDIMENTO PENALE Imposta -Iscrizione sui beni dei condebitori solidali, 37. PROCEDIMENTO PENALE -Imposta di iscrizione per ipoteca penale -Criteri di determinazione, 37. INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI ALBERGHI -Mutui agevolati per opere turistiche alberghiere -Istruttoria preliminare -Decisione di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri della P.A. (1. 22 luglio 1966, n. 614), 47. APPALTO -Contratti della P.A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta -Bollo -Insufficienza Esclusione del concorrente. (d. P.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 27 e 28), 47. ASSICURAZIONI -Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali all'interno delle stazioni ferroviarie. (1. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1, d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2), 47. AUTOVEICOLI -Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza Sanzioni. (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121), 47. BONIFICA -Opere di bonifica -Contributi Autostrada -Soggetto 1passivo. (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, articolo 10), 48. CIRCOLAZIONE STRADALE -Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza Sanzioni. (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121), 48. COMUNI E PROVINCIE -Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (1. 16 settembre 1960, n. 1014, art. 7; legge 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15), 49. -Contratti dei Comuni -Depositi cauzionali definitivi superiori a 3 mesi -Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, articoli 26 e 28), 49. COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA -Comunit� economica europea Disciplina depositi doganali e zone franche -Ammonizzazione Stabilimenti industriali a regime di deposito franco. ~d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36), 49. CONCESSIONI AMMINISTRATIVE -Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti -Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario. (1. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186), 49. CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO -Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo -Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede Recupero coattivo. (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639), 49. INDICE Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta -Bollo -Insufficienza Esclusione del concorrente. (d. P.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 27 e 28), 50. CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI -Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento diretto (1. 25 febbraio 1971, n. 94; 1. 29 ottobre 1971, n. 889, art. 9), 50. -Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit� (1. 16 settembre 1960, n. 1014, art. 7; 1. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15), 51. -Mutui agevolati per opere turistico- alberghiere Istruttoria preliminare -Decisione di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri della P. A. (1. 22 luglio 1966, n. 614), 51. -Opere di bonifica -Contributi Autostrada -Soggetto passivo (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, articolo 10), 51. -Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento -Mutuo -Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette ospedaliere. (1. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, art. 12), 51. DAZI DOGANALI -Comunit� economica europea Disciplina depositi doganali e zone franche -Ammonizzazione Stabilimenti industriali a regime di deposito, franco. (d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36), 51. -Diretti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi armate (1. 24 giugno 1971, n. 447), 52. DEPOSITO Contratti dei Comuni -Depositi cauzionali definitivi superiori a 3 mesi -Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 gennaio 1913, numero 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 26 e 28), 52. ESPROPRIAZIONE PUBBLICA UTILITA' -Costruzione scuole e case per lavoratori -Decreto espropriazione -Indennit� -Determinazione Criteri -lus superveniens -Applicabilit�. (1. 20 marzo 1865, numero 2359, artt. 32 e 51; 1. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 13 segg.), 52. -Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune (1. 3 dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 52. FERROVIE -Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti -Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario (1. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186), 53. IGIENE E SANITA' -Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali Trattamento tributario. (1. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d. P.R. 27 maggio 1969, n. 129, articolo 5; 1. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45), 53. -Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento -Mutuo -Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette ospedaliere (1. 12 feb .braio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, art. 12), 53. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO -Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo -Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede Recupero coattivo. (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5, t.u. 14 aprile 1910, n. 639), 53. -Dipendente Ente pubblico -Promozione -Servizio prestato in Amministrazione statale -Riconoscimento. (t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 201), 54. Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte in causa. (l. 1� dicembre 1970, n. 898, art. 8; d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, articolo 33), 54. Impiegato pubblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare -Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Ius superveniens. (1. 8 giugno 1966, n. 424, art. 1 e 2), 54. Insegnante incaricato -Nomina in ruolo con riserva -Scioglimento della riserva -Decorrenza giuridica della nomina ex tunc -Effetti economici -Sospensione cautelare -Sanzione disciplinare definitiva -Assegni arretrati -Spettanza -Limiti. (1. 1� febbraio 1963, n. 357, art. 2; 1. 19 marzo 1955, n. 160, artt. 20 e 21), 55. IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE -Diritti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi armate. (1. 24 giugno 1971, n. 447), 55: IMPOSTA DI BOLLO -Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta -Bollo -Insufficienza Esclusione del concorrente. (d. p.R. 25 giugno 1953, n. 492, articoli 27 e 28), 55. -Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (1. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, articolo 5; 1. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45), 56. IMPOSTA DI REGISTRO -Avicoltura -Contratto di allevamento -Regime tributario. ( cod. civ., artt. 1655 e 2170), 56. -Imposta graduale -Sentenza di condanna -Indennizzo per trasferimento impresa elettrica Imponibile. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. all. A., art. 114; 1. 6 dicembre 1962, numero 1643, art. 5, n. 5), 56. -Trasferimento fabbricato -Agevolazione -Trasferimento immobili da costruire -Applicabilit�. (d.l. 15 marzo 1965, n. 124, articolo 44, primo comma), 56. IMPOSTE VARIE Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali Trattamento �tributario. (1. 12 febbraio 1968, n. 132, articolo 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; 1. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45), 56. -Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena pecuniaria -Responsabilit� del legale rappresentante. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12), 56. ISTRUZIONE Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo -Compenso indebita xv INDICE mente corrisposto -Buona fede Recupero coattivo. ( d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639), 57. Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (1. 16 settembre 1960, n. 1014, art. 7; 1. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15), 57. LAVORO -Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento diretto. (1. 25 febbraio 1971, n. 94; 1. 29 ottobre 1971, n. 889, art. 9), 57. MATRIMONIO -Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al coniuge -Esecuzione Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte in causa. (1. 1� dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 33), 58. OPERE PUBBLICHE -Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune. (l. 3 dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 58. PENSIONI Impiegato pubblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare -Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Ius superveniens. (1. 8 giugno 1966, numero 424, artt. 1 e 2), 58. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Assicurazione obbligatoria -Vei'coli adibiti al trasporto di dispacci postali all'interno delle stazioni ferroviarie. (1. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1; d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2), 59. Comunicazioni telefoniche ecc. Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza -Divieto -Violazione -Estinzione del reato Sopratassa. (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen. art. 16), 59. PROCEDIMENTO CIVILE -Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� Giudizio pendente -Effetti. (1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. l; c.p.c., art. 111), 59. -Trasferimento di beni o rapporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p.c. art. 111), 59. REGIONI -Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� Giudizio pendente -Effetti. (1. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; c.p.c. 111), 59. -Trasferimento di beni o rapporti -Giudizio pendente -Eff�tti. (c.p.c., art. 111), 60. RICOSTRUZIONE Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune (l. 3 dicembre 1964, n. 1259, art. 12), 60. xvm RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 177 . Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 213 . Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 215 . Sez. I, 29 gennaio 1973, n. 269 . Sez. I, 29 gennaio 1973, n. 271 . Sez. I, 2 febbraio 1973, n. 318 . Sez. II, 2 febbraio 1973, n. 324 . Sez. I, 7 febbraio 1973, n. 380 . Sez. Un., 8 febbraio 1973, n. 382 . Sez. Un., 12 febbraio 1973, n. 406 . Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 419 . Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 430 . Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 470 . Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 474 . Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 478 . Sez. I, 23 febbraio 1963, n. 534 . Sez. II, 9 marzo 1973, n. 651 . Sez. I, 12 marzo 1973, n. 677 . Sez. I, 16 marzo 1973, n. 752 . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 18 gennaio 1973, n. 2 . . . . . . . . . � � � . � , � . . GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. plen., 8 novembre 1972, n. 11 . . Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 13 . Sez. IV, 8 novembre 1972, n. 1034 . . Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1076 . Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1077 . pag. 403 360 363 365 405 406 369 416 379 424 434 436 440 446 449 452 384 458 455 pag. 486 pag. 392 394 394 395 396 _,i I --;- li INDICE XIX GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 2 febbraio 1972, n. 120 . pag. 473 Sez. II, 17 luglio 1972, n. 5089 . 474 Sez. I, 25 luglio 1972, n. 5164 . . � 476 Sez. V, 29 luglio 1972, n. 5357 . 477 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I. -Norme dichiarate incostituzionali pag. 38 II. -Questioni dichiarate non fondate . 39 III. -Qu.estioni proposte 40 INDICE BIBLIOGRAFICO . pag. 45 � PARTE PRIMA ! ~: i: ~ t f GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 1 -Pres. e Rel. Chiarelli -La Mattina (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento penale -Reati commessi all'estero -Rinnovazione del giudizio in Italia -Illegittimit� costituzionale -Inammissibilit� della questione per irrilevanza. (Cost., art. 134; 1. 11 marzo 1953, n. 87; c.p., art. 11, c.p.c.). � inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11, capoverso, codice penale, che subordina la rinnovazione del giudizio in Italia, per reati commessi all'estero, alla richiesta del Ministro di Grazia e Giustizia (1). (Omis~is). -1. -L'ordinanza della Corte di assise di Palermo afferma nelle sue premesse, in conformit� a precedente pronuncia di (1) J?.er un'analoga pronuncia di ~nammiissibilit� per difetto di r~levanza: Corte Cost., 30 marzo 1971, n; 65 in �aiur. cost., 1971, 618, con nota di CARLASSARE, Dubbi sulla rilevanza della questione di costituzionatit� relativa all'art. 8 c.p. Sulla i1egittimit� costituzionale del rinnovamento del giudizio previsto dall'art. 11 .c.p.: Coo:ie Cost., 18 aprile 1967, n. 48, Giur. cost., 1967, 299 con nota di Cti!AVARio, La compatibilit� del �bis in idem� previsto dall'art. 11 comma primo c.p. con il � diritto internazionale generalmente ric<m<>sciuto �. Sulla questione di le~ittimit� della richiesta del Ministro della giustizia, per riferimenti: Corte Cost., 5 maggio 1959, n. 22 in Giur. cost., 1959, �con nota di CASETTA, La legittimit� costituzionale dell'autorizzazione a procedere. (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'Avv. CARLO SALIMEI. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO questa Corte (sent. n. 48 del 1967), che la rinnovazione del giudizio .nei confronti di un cittadino o straniero che abbia commesso un reato nel territorio dello Stato e sia stato precedentemente giudicato all'estero, non contrasta con alcun precetto costituzionale, si-a per il principio della territorialit� d�lla legge penale, sia perch� il principio ne bis in idem non 'impedisce l'esercizio del potere giurisdizionale per un fatto delittuoso commesso in Italia e gi� giudicato all'estero. Contrasterebbe invece con l'art. 3 della Costituzione il capoverso dell'art. 11 del codice penale, che prescrive la rinnovazione del giudizio per reati commessi all'estero, a richiesta discrezionale del Ministro di grazia e giustizia. Si chiede quindi la dichiarazione di illegittimit� costituzionale di detto capoverso, da cui discenderebbe, c.onclude l'ordinanza, la rinnovazione obbligatoria del giudizio soltanto per chi abbia commesso un reato in Italia. 2. -Osserva fa Corte che la proposta questione di legittimit� costituzionale dell'art. 11 cpv. del codice penale � dnammissibile per difetto di rilevanza rispetto al giudizio a quo. I reati che la Corte d'assise di Palermo � chiamata a giudicare (rapina e omicidio a scopo �di rapina; artt. 5�75, 576 n. 1, e 628 c.p:) l'ientrano fra i delitti per i quali l'art. 9 c.p. stabilisce che il cittadino che li commette all'estero � punifo secondo la \legge italiana, sempre che si� trovi, nel territorio dello Stato. Tale norma si coHega all'art. 3 cpv. dello stesso codice, il quale, com'� noto, dispone che la legge penale itaUana obbliga tutti coloro che si trovano all'estero, limita�tamente ai casi indicarti dalla stessa legg:e. I ,citati artt. 3 e 9 del codice penale non sono denunciati dall'ordi I nanza di rinvio, e non � messa in dubbio la legittimit� della norma che, 1 nel determinare la sfera di applicazione della legge penale, dispone la \ applicabilit� di questa anche a f.atti commessi all'esterro, nei casi staI .i biliti dalla legge medesima in base alla valutazione,� compiuta dal legi l slatore, dell'interesse a tutelare penalmente determinati beni ana stre � gua dell'ordinamento italiano. N� il principio ne bis in idem preclude l'esercizio del potere giurisdizionale per fatti commessi all'estero, suscetI tibili, al pari dei fatti commessi dallo straniero nel territorio, di valuta l zioni diverse nei diversi ordinamenti (v. la citata sent. n. 48 del 1967). Da ci� discende �che l'eventual� dichiarazione� di illegittimit� 'costituzionale del<l'art. 11 cpv. c.p. non produrrebJ;>e, come afferma l'ordi I ! I nanza, la non procedibilit� per i reati commessi all'estero e dichiarati punibili secondo la legge italiana, ma, viceversa, determinerebbe per essi la piena e incondizionat� procedibilit�. ' ' Nella specie, quella dichiarazione non farebbe venir meno la pu nibiUt� del reato, ai sensi deill'art. 9 c.p., e la necessit� della cefobra zione del nuovo giudizio secondo le norme sostanziali e procedurali PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 295 dell'ordinamento italiano: di qui, la irrilevanza della questione rispetto al giudizio penale in corso. 3. -Ad analoga conclusione si perviene ove, .prescindendo dalla impostazione data nell'ordinanza alla prospettata questione e dal dispositivo di essa, si vogUa interpretare l'ordinanza stessa nel senso che abbia limitato l'impugnativa a quella parte dell'art. 11 cpv. c.p. che subordina I.a rinnovazione del giudizio alla richiesta del Ministro di grazia e giustizia. La dichiarazione di illegittimit�-costituzionale di questa parte della disposizfone, col far venir meno la condizione di procedibilit� costituita dalla detta richiesta, avrebbe per effetto la rinnovazione obbligatoria del giudizio; vale a dire, non produrrebbe un effetto diverso da quello che, nel.ila specie, si � verificato per la intervenuta richiesta. N� varrebbe osservare in contrario che quella pa�rte dell'art. 11 cpv. c.p., in pratica, non sarebbe mai impugnabile per illegtttimit� costituzionale, in quanto, ove manchi la richiesta, verrebbe a mancare il processo in �cui poter sollevare la questione. A parte la considerazione 'cbJe, 1secondo -U vigente ordinamento del giud!izio costituzionale, la concreta impossibHit� dell':impugnativa non legittima il giudice a quo a prescindere dal giudizio sull� rilevanza, rispetto alla norma di cui trattasi non manca la possibilit� della sua impugnativa, che potrebbe, eventualmente, essere �esercitata dal giudice istruttore a cui il pubblico ministero abbia chiesto, in seguito a rapporto dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria, la dichiarazione di non doversi p�rocedere per mancanza della richiesta del ministro. Per le �esposte ragioni, la questione proposta con l'ordinanza della Corte d'assise di Palermo non pu� dar luogo ad una decisione avente influenza sul giudizio a quo, e ne va pertanto dichiarata la inammissibilit�. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 2 -Pres. Chiarelli - Rel. Reale -Frau (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Procedimento penale -Reati perseguibili a querela -Testimonianza della parte civile -Sperequazione rispetto all'imputato -Illegit timit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 24; c.p.p., artt. 106, 366, 408, 441 e 449). , Non sono fondate, con riferimento ai principi di eguaglianzq e di difesa, le questioni di legittimit� costituzionale delle norme che preve 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dono la test-imonianza della parte civile nei reati perseguibili a querela di parte (1). (Omissis). -2. -Le questioni sono chiaramente infondate. Esse non differiscono da quelle gi� prospettate sotto gli stessi profili degLi artt. 3 e 24 Cost. con le ordinanze 21/1970 del pretore di Iseo e n. 57/1971 del 1tribunaile di Bergamo, impugnanti formalmente i soli artt. 106, 408 e 449 c.p.p. ma sostanzialmente, come in modo esplicito emergeva dalla loro motivazione, anche gli artt. 366 e 441 dello stesso codice. Tali questioni furono ritenute infondate da questa Corte con la sentenza n. 190 del 21 novembre 1971, H cui contenuto va integralmente confermato. In detta sentenza � stato precisato, in particolare, che, per effetto di una scelta legislativa non irrazionale, la subordinazione della disciplina dell'azione civile alle esigenze connesse all'accertamento dei reati � riconosciuta, nel nostro ordinamento, quale corollario dell'interesse pubblico a tale accertamento, interesse, preminente su quello collegato alla risoluzione delle liti civili, in ispecie quando lo st~sso fatto risulti configurabile, nel contempo, come illecito penale ed illecito civile e si prospetti, quindi, il'opportunit� che siano evitati contrasti di giudicati. Tale �considerazione vale ad inficiare anche il nuovo argomento addotto dal pretore di Mogoro circa la scelta della via giudiziaria lasciata alla discrezione dell'offeso nei reati perseguibili a querela; giacch�, a parte >la eventuale responsabilit� specifica deill'offeso querelante per il reato di calunnia (articolo 368 c.p.), lo svolgimento del procedi� mento penale nei casi di cui sopra non rimane sottratto alle valuta 1 zioni degli organi giudiziari. Nella stessa sentenza 1Si � posto, altresi, in rilievo il'essenziale ruolo rivestito dal soggetto off,eso dal reato, costituitosi parte civile, ai fini della prova nel processo penale, risultando sovente egli� il principale e talora l'unico testimone per la ricostruzione storica dei fatti dedotti in giudi:ziio. Il che, d'altra parte, non implica disparit� di trattamento fra l'imputato, a vantaggio del quale deve essere assicurata fa difesa anche in sede di interrogatorio, �e la parte civile, soggetta invece all'obbligo del giuramento e alla possibile incriminazione per falsa testimonianza. E (1) La precedente 1sentenza 30 novembre 1971, n. 190 cui la Corte si richiama � pubblicata in questa Rassegna, 1971, I, 1, 1317. In dottrina: VIGORITI, La testimonianza della parte nel processo penale e in quello civile: un'antinomia da eliminare, in Riv. dir. proc., 1972, 156 e CAPPELLETTI, La testimonianza della parte davanti alla Corte Costituzionale, ivi, 1972, 161. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 297 ci� 'considerandosi sia la diversit� delle rispettive posizioni sostanziali e proceSSHali, sia i temperamenti che apporta al riguardo l'integrale appldcazione, nel giudizio .penale, del principio del libero convincimento del giudice. Donde consegue la potest� di valutazione critica della attendibilit� delle prove, in ri:Eerimento tanto all'interesse che possa aver mosso la parte civile a fare dichiarazioni volte al trionfo dell'accusa, quanto, per converso, alla credibilit� che possono meritare anche le difese dell'imputato. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 3 -_Pres. ChiareHi - Rel. Rossi -Minchio (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Caccia e pesca -Contravvenzioni al testo unico sulla pesca -Domanda di oblazione valutata dal Prefetto -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., artt. 24, 102; r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art. 41). Non � fondata, con riferimento agli articoli 24 e 102 della costituzione, la questione di legittimit� costituzionale deit'art. 41, ultima parte, del testo unico sulla pesca 8 ottobre 1931, n. 1604, se,condo cui il Prefetto pu� respingere la domanda di oblazione proposta dal_ contravventore a certe norme del suddetto testo unico (1). (Omissis). -La Corte � chiamata a deddere se contrasti o meno con gli artt. 24, secondo comma, e 102, primo e secondo comma, della Costituzione, l'art. 41, ultima parte, del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (testo unico sulla pesca), secondo cui il prefetto pu� respingere fa domanda di oblazione del contravventore a certe norme del suddetto testo unico, � avuto riguardo alla particolare gravit� del fatto, o alla personalit� del colpevole �. L'ordinanza si fonda interamente sul presupposto che le competenze attribuite al prefetto dalla norma impugnata diano luogo all'esercizio di un'attivit� giurisdizionale ordinaria o speciale. Si tratta di un presupposto erroneo. Questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (sentenze nn. 25 e 95 del 1967, 55 e 141 del 1969), ed � pacifico anche in dottvina, che � non pu� dirsi eser-cizio di funzione (1) In dottrina, in senso critico alla giurisprudenza della Corte: REscrGNO, Per ia distinzione tra questione di costituzionalit� e argomentazioni del giudice a quo. Sul potere del prefetto di respingere la domanda di oblazione, in Giur. cost., 1967, 1053. 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giurisdizionale il potere di valutazione che, come nel caso di istanza di oblazione, viene attribuito all'autorit� amministrativa; potere che, pur importando una valutaziione del singolo caso, rimane di natura amministrativa e si svolge prima e al di fuori del processo giurisdizionale�.. Tali considerazioni bastano ad escludere che gJi invocati articoli della Costituzione possano essere rifeniti al caso in esame.� Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n .. 4 -Pres. Chiarelli - Rel. Verz� -Montagner (n.'c.) e Esattoria Comunale di Ferrara (avv. Ermetes). Imposte e tasse -Esecuzione esattoriale -Opposizione a pignoramento -Ipotesi di esclusione -Illegittimit� costituzionale -Insussistenza. (Cast., artt. 3, 24, 42, 113; t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. a). Non � fondata, con rife1�imento ai principi di eguaglianza, di difesa e di tutela della propriet�, la questione di legittimit� costituzionale dell'art.. 207, lettera a, testo unico sulle imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) nena parte in cui esclude l'.opp�sizione contro ii pignoramento dei mobili del contr(buente gi� oggetto di vendita esattoriale a carico del medesimo debitore (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata. L'art. 207, lett. a), riproduce nel nuovo testo unico delle leggi sulle imposte dirette la norma dell'art. 63 del r.d. 17 ottol;>re 1922, n. 1401, modificata con l'art. 18 de1la legge 16 giugno 1939, n. 942. E la Corte, con la sentenza n. 4 del 1960, ha affermato che questa norma � non sopprime il dir1itto di propriet� � perch� non fa altro che imporre al terzo acquirente di beni mobili in una asta esattoriale, l'onere di rimuoverli dalla abitazione di chi ne � stato espropriato, se vuole evitare H rischio dell'assoggettamento all'esecuzione; e l'articolo 42, secondo comma, Cost. non esclude che il diritto di propriet� sia, in certe situazioni, subordinato 1a condizioni o presupposti, od anche all'onere di un particolare �comportamento da parte dello stesso proprietario. 3. -La norma della lett. b) dello stesso art. 207 dispone che l'oppos1izione non pu� essere proposta � dal coniuge e dai parenti ed affini fino al terzo grado del contribuente e dei coobbUgati, per quanto ri( 1) In dottrina, TARZIO, Sulla legittimit� dei limiti dell'opposizione di terzo all'esecuzione esattoriale, in Giur. cast., 1969, II, 1616. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 299 guarda i mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, sempre che non si �tratti di beni costituiti iin dote... �. � questa una norma che � stata gi� esaminata dalle sentenze di questa Corte nn. 42 e 93 del 1964 e 129 del 19<68 e che presenta stretta analogia con quella oggi impugnata, sia perch� entrambe riguardano i mobili esistenti nella casa di abitazione del contribuente, sia perch� sono ispirate da ragioni di carattere pubbli.co e di interesse generale, collegate alle finalit� proprie del procedimento di esecuzione fiscale, di assicurare la riscossione delle imposte e di evitare possibili fraudolente collusioni. Orbene, le suindicate sentenze affermano H principio �che l'art. 207 si inquadra nel sistema delle garanzie patrimoniali delle obbligazioni tributarie, reg~lato da norme di diritto sostanziale. E sono 'infatti di diritto sostanziale le norme �che -stabilendo quali beni costituiscono le garanzie del creditore -determinano l'oggetto su cui si pu� esercitare l'azione esecutiva, e cio� quali beni possono essere sottratti a detta azione e quali possono esservi compresi, quando si trovano iin una certa posizione locale legata al debitore, anche se vi sono terzi che vantano diritti di� propriet� su di essi. Dal che deriva la conseguenza che n� l'art. 2.4 n� l'art. 113 Cost. possono dirsi violati -anche nella �ipotesi prevista dalla norma iimpugnafa -. in quanto la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi, sia pure contro gli atti della pubblica amministrazione, non pu� �superare i limiti posti dalla norma di diritto sostanziale a tutela di altri diritti od interessi giudicati degni di protezione giuridica. 4. -Per quanto attiene alla denunziata violazione del principio di uguaglianza, � facile dimostrarne la -infondatezza perch� la particolare disciplina del procedimento di esecuzione fiscale � giustificata dalle ragioni di interesse generale e dalle finalit� messe gi� .in evidenza. Ond'� che non pu� dirsi ingiustificato od irrazionale il diverso trattamento fatto per la opposizione di terzo al pignoramento di mobili esistenti nella casa di abitazione del debitore, a seconda .&he trattisi di procedimento esattoriale o procedimento comune. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 1 febbraio 1973, n. 5 -Pres. Chiarelli Rei. Reale -Soncini (avv. Gaeta) e P.res.idente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Imposte e tasse -Imposta complementare -Omessa denuncil\1 dei red diti -Inasprimento pena dell'ammenda -Ille~ittimit� costituzio nle -Esclusione. (Cost., art. 76; 1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 63; d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 243,� secondo comma). Non � fondata, con riferimento aU'osservanza dei principi della deleg�" legislativa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 243, 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO secondo comma, del testo unico suHe imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) che prevede un inasprimento deUa pena deU'ammenda, per l'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta complementare per i redditi non denunciati, risulti superiore a lire seicentomila (1). (Omissis). -1. -Le ordinanze deUa Corte d'appello di Roma e del tribunale di Parma hanno sollevato la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 243, secondo comma, del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 2'9 gennaio 1958, n. 645, per eccesso di delega, in violazione dell'art. 76 della Costituzione e dei criteri �lirettivi stabtltiti nell'art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1. Nella prima di dette ordinanze, cui la seconda aderisce esplicitamente nella succinta argomentazione e nelle conclusioni, si � ritenuto che la censura avrebbe base nel �confronto testuale della norma impugnata �con l'art. 34 della legge del 1956. E si � asserito che, p�r il reato di omessa dichiarazione dei redditi ai fini deUa applicazione delle imposte dirette, l'art. 2.43 del testo unko (emanato dal Governo col citato decreto del 2:9 gennaio 195'8, n. 645), che concerne le sanzioni per i casi di omessa o tardiva dichiarazione unka dei reddLti, ai sensi del precedente art. 17, e prevede, nel comma secondo, un inasprimento della pena dell'ammenda nell'ipotesi che l'ammontare complessivo dell'imposta dovuta risulti superioxe a lire sekentomiila, non avrebbe rispondenza nella preesistente normativa n� base nei poteri di coordinamento conferLti con la !egge di delegazione. Quest'ultima legge, �si osserva n�lle ordinanze, per la pTedetta violazione dell'obbligo di dkhiarazione de,i redditi, comminava, nell'art. 34, l'ammenda da lire trentamila a lire trecentomi.Ja, da r'addoppiarsi in caso di r,ecidiva e da triplicarsi in ,caso di recidiva reiterata, ma non l'agg, ravamento della sanzione precuniaria in proporzione deUa misura del tributo. 2. -La questione non � fondata. Come esattamente osserva la dife.sa del P.rnsidente del Consiglio dei ministri, essa � basata sull'erroneo presupposto che il secondo comma in questione contenga disposizione innovativa della preesistente disciplina penale delle violazioni in materia dd imposte dirette. Senonch� i giudici del merito non hanno considerato 'come la norma che essi denunziano per eccesso dalla delegazione legislativa, di cui all'art. 63 della legge del 5 gennaio 1956, n. 1, trovi rispondenza sostan (1) Le 011dinanze di irinvio, che hanno inspiegabilmente omesso di considerare la noxma di cui al primo comma dell'art. 36 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, sono pubblicate in Giu,r. cost., 1970, 1893 ed in Giur. cast., 1971, 1893. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 301 ziale nell'art. 36 di quest'ultima legge, riproducendo, con modificazioni formali irrilevanti sul piano esegetico, la configurazione della fattispecie di aggravamento della pena pecuniaria in riferimento all'ammontare del tributo evaso o di cui 'Si � tentata l'evasione: e ci� in quanto. prescrive, in �conformit� appunto del testo dell'art. 36, che, se l'ammontare delle imposte dovute supera le lire sekentomila, la pena pecuniaria non pu� .essere applicata in misura inferiore al detto ammontare. E �come non pu� dubitar.si che, nel rtspetto dell'art. 76 Cost., in sede di redazione di un testo unfoo possa proceder.si ad adattamenti formal: i necessari per fa. struttura unitaria del testo (sent. 54/19p7) e, quindi, anche conglobando in unico articolo norme contenute in articoli diversi di preesistenti fonti legislative, cos� nella specie deve concludersi che costituisce esplicazione legittima della pote,st� di coordinamento, attribuita al Gov.erno con la citata legge di delegazione 5 genna1o 1956, n. 1, la fusione di preesistenti norme nell'organico contesto dell'art. 243 del vigente testo unico. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 19<73, n. 7 -Pres. Chiarelli - Rel. Bonifacio -De Campo (n.c.), Presidente Consiglio dei Ministri e Amministrazione Finanze de�lo Stato (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tass_e .. Agevolazioni fiscali in materia di edilizia -Ripetibi lit� del tributo solo pei rapporti non definiti -Illegittimit� costi tuzionale -Esclusione. (Coat., art. 3; 1. 19 luglio 1961, n. 659, art. 5, comma primo e secondo). Non � fondata, con riferimento al principio costituzionale di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5, comma primo e secondo, della legge 19 luglio 1961, n. 659, che esclude la ripetibilit� dei tributi gi� corrisposti relativamente ai rapporti tributari gi� definiti alla data di entrata in vigore della legge (1). (Omissis). -3. -Nel merito la Corte osserva che la questione ora proposta dal tribunale di Milano non differisce d� quella sollevata dal tribunale di Vercelli con ordinanza del 6 ottobre 1965 e ddchiarata non (1) La decisione 14 maggio 1968, n. 45 cui la Corte integralment-e si riporta � pubblicata in Giur. cost., 1968, 12, con nota critica di MANZONI, Agevolazioni tributarie retroattive, divieto di rimborso e principio di uguwglianza .e in Giur. it., 1969, I, 1, 1866 con nota critica di LONGO, Brevi considerazioni sui principio costituzionale di uguaglianza e sull'incostituzionalit� derivata. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 302 fondata da questa Corte con la sentenza n. 45 del 19.68. Ed infatti, ancorch� nella precedente occasione sia .stato impugnato �solo il secondo comma dell'art. 5 della legge n. 659 del 1961, mentre ora la denuncia investe quell'articolo nel suo complesso (commi primo e secondo), si controverte, ora .come allora, in ordine all'esclusione del diritto di ripeti~ zione del tributo gi� pagato nell'ambito di un rapporto non ancora definito al momento dell'entr�ata in vigore della legge. Ci� posto, � .sufficiente, per l'attuale decisione, la constatazione che i motivi dd iJJegittimit� prospettati dall'ordinanza di rimessione sono identici a quelli esaminati da questa Corte nella precedente occasione. Anche ora, infatti, si assume la violazione del principio di eguaglianza e, nell'�ambito di tale assunto, non vengono prospettati profili nuovi e diversi: sicch� la questione deve esser dichiarata non fondata. (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 8 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Petrizzo (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Imposte e tasse -Violazione delle leggi finanziarie -Tributi diretti Azione penale subordinata all'accertamento definitivo -Illegitti mit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; I. 'l' gennaio 1929, n. 4, art. 21, ultimo comma). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzionale dell'art. 21, uitimo comma, deLla legge 7 gennaio 1929, n. 4, che subordina la proponibilitd dell'azione penale per reati in materia di imposte dirette all'accertamento definitivo del tributo in contestazione (1). (Omissis). -1. -L'ordinanza di rimessione ha denunziato, per contrasto con �l'art. 3 della Costituzione, l'ultimo comma dell'articolo 21 della legge 7 gennaio 192'9, n. 4, assumendo che la norma, nel disporre che (1) La Corte aveva gi� esaminato, sia pure del tutto incidentalment�, il principio posto dall'art. 21 della ~egge 7 gennaio 1929, n. 4, nena decisione 20 apriile 1968, n. 32, pubblicata in questa Rassegna, 1968, I, 180. Sulla decorrenza e sul .termine della prescrizione per i reati finanziari relativi alle imposte dirette: Cass., Sez. III, 7 dicembre 1970, DE MATTEIS in Cass. pen. mass., 1972, 770 con nota. Agli autori ivi citati adde: VINcIGUERRA, Processo per i reati tributari in Noviss. dig.; GENZANO, La prescrizione degli illeciti penali in materia di imposte dirette -Decorrenza, in Arch. Giur., 104; AcAMPORA, L'azione penale per i reati previsti nel t.u. sulle imposte dirette, in Riv. Trib., 1971, 113. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 303 sia dato corso all'azione penale soltanto dopo l'accertamento definitivo del tributo diretto, farebbe dipendere il decorso della prescrizione da un comportamento insindacabile -� diligente, negligente o deliberato � -dell'amministrazione finanziaria. 2. -Per quanto la questione �Sia formulata tenendo anche pres.ente che il termine prescrizionale stabilito dalla legge speciale � diverso da quello stabilito dal codice penale, l'oggetto dell'attuale censura si incentra nella violazione del principio di egtlaglianza, che derdverebbe dalla (pretesa) facolt� della pubblica amministrazione di prolungare a suo libito detto termine mediante la protrazione dell'accertamento. 3. -Non vi � norma alcuna nella Costituzione che faccia divieto al legislatore di fissare termini prescrizionali differenziati (vedansi le sentenze n. 57/1962 e n. 10/1970 di questa Corte), sicch� non rileva, ai fini della decisione, il tempo necessario per la prescrizione del reato (contravvenzionale) di omessa o infedele dichiarazione dei redditi (se, cio�, di diciotto mesi: art. 157, n. 6, cod. pen.; o di tre anni: art. 16 legge n. 4 del 1929). , 4. -L'ordinanza si limita ad affermare che la pubblica amministrazione avrebbe la possibilit� di tenere una condotta colposa o di commettere arbitrio, senza considerare, all'opposto, �Che, ai sensi dell'art. 32 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette, approvato con d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, l'amministrazione finanziaria deve provvedere, entro precisi termini di decadenza (successivamente ridotti con la l.egge 31 ottobre 1966, n. 958), alla rettifi,ca dei redditi dichiarati e all'accertamento d'ufficio dei redditi non dichiarati. 5. -� da ricordare che la legge n. 4 del 192'9 (che entr� in vigore il 1 lugUo 1931, contemporaneamente ai nuovi codici penale e di procedura penale: cfr. r.d. 18 giugno 193�1, n. 806) venne discussa ed approvata sotto l'imperio del codke Zanardelli del 1889, per H quale� 1a prescrizione estingueva l'azione penale e non il reato: col che, quando l'azione penale non poteva essere promossa (o proseguita), la prescrizione rimaneva sospesa, per riprendere il suo corso dal giorno in cui cessava la causa �sospensiva. Ma, a prescindere daHa na�tura giur,idica (per altro non pacifica) dell'�acoertamento fiscale rispetto al reato de quo, ci� che conta � che, mentre in materia di tributi indiretti, a mente del combinato disposto degli artt. 22 e 60 della legge n. 4 del 1929, il giudice che ha la cognizione del reato � competente a risolvere anche la controversia concernente l'imposta, in materia di tributi diretti la controversia va risolta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella sede sua propria, ossia dagU organi tributari ed eventualmente dal giudice civHe. Orbene, la legislazione vigente, anzich� rifarsi alla disciplina delle pregiudiziali tipiche, con la sospensione del processo penale (e, conseguentemente, della prescrizione ai sensi dell'art. 159 cod. pen.), ha preferito subordinare l'esercizio dell'azione penale alla definitivit� dell'accertamento. 6. -E la soluzione, pur se conduce ad una protrazione nel tempo del termine di inizio e, quindi, di scadenza della prescriz:ione, non � irragionevo1e, non solo e non tanto perch� assicura uniformit� di criteri, che trovano riscontro nell'obbligo di imparz1a1it� dei pubblici funzionari (artt. 28, 97 e 98, primo comma, Cost.), quanto perch� � sorretta dalle stesse ragioni �che hanno indotto il legislatore a predisporre una disciplina tutta particolare per le imposte dirette, conforme alla speciale natura dei trtibuti e alla complessit� tecnica del relativo accerfamento. Ch� se abusi e favoritismi dovessero ipotizzarsi, questi sarebbero realizzabili proprio se i termini prescrizionali decorressero dalla data della dichiarazione del �Contribuente, potendo l'amministrazione finanziaria effettuare l'accertamento al di l� del tempo in cui matura fa prescrizione. Per di pi�, come � stato osservato dalla Cassazione, n criterio scelto si risolve in una garanzia per il contribuente, il quale evita di essere esposto ad eventuali vessatorie denunce prima dell'accertamento definitivo dell'imposta. Il sistema accolto �, dunque, strumento di eguaglianza e di corretto uso dei poteri d'indagine e di controllo fiscale. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 9 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Lorenzin e Fiocco (avv. Scieri, Bellavista, Sandulli), Consorzio per la valorizzazione dei Colli Euganei (avv. Bert1i, Mazzarolli, Viola), Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero della P.I. (vice avv. gen. dello Stato R. Bronzini). Miniere e cave -Industria estrattiva nei Colli Euganei -Divieto di estensione -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 117, 41, 42, 13, 4, 35; I. 29 novembre 1971, n. 1097). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 29 novembre 1971, n. 1097 contenente norme per la tutela delle bellezze naturali ed ambientali e per le attivit� estrattive dei Colli Euganei: sia con riferimento alle competenze regionali in materia di cave e tor PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 305 biere, sia con riferimento alla tutela della propriet� e dell'iniziativa economica, sia con riferimento al diritto al lavoro, sia con riferimento al principio di eguaglianza (1). (Omissis). -5. -Superate que�ste eccezioni e passando all'esame delle singoJe impugnative, la Corte considera per prima quella sollevata in �relazione all'art. 117 Cost. che elenca la materia delle cave tra le materie riservate alla competenza normativa regionale�. Al riguardo va posto, anzdtutto, in rilievo che, al momento della emanazione della fogge impugnata, il passaggio delle funzioni statali alle Regioni a statuto ordinario in relazione alle cave non era ancora intervenuto, essendosi d� verificato solo per effetto del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 2. In secondo luogo, va considerato, anche in funZiione dell'esame che sar� svo1to sulle ulteriori censure, che la legge del 1971 ha per oggetto materia che trascende que1la propriamente attinente alle cave e cio� ha per oggetto fa tutela delJ.e bellezze naturali ed ambientali dei Colli Euganei. Ci� � significato in epigrafe e nell'art. 1, mentre nell'art. 5 si fa rifer�imento, p& tutto quanto ivi non previsto, alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali ed al relativo Regolamento. � soltanto contenuto nell'art. 3 della legge impugnata un richiamo alla materia riguardante le cave, ma ci� con esclusivo � riguardo � a quelle, tra di e�sse, di cui sia eccezionalmente consentito, nei limiti di un quinquennio e previa autorizzazione del Soprintendente ai monumenti, il proseguimento provvisorio de1l'attivit� estrattiva di un particolare tipo di materiale. La dichiarata tutela di bellezze naturali formanti paesaggio � dall'art. 9 inclusa tra �i � princ�pi fondamentali � della Costituz.ione, unitamente alla tutela del patrimonio storico ed artistico, quale appartenente all'intera comunit� nazionale. Pertanto, n� nell'elenco dell'art. 117 Cost. n� nella legge delega 16 maggio 1'970, n. 281, sul trasferimento delle funzioni statali alle Regioni a statuto ordinario, la materia in esame risulta compr.esa. Ed � anche da I'ilevare che l'art. 7 del cennato d.P.R. del 1972: sul trasferimento (1) In dottrina, sui problemi della tutela del paesaggio in relazione a<lle competenze legislative regionali: SANDULLI, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv. giur., ed. 1967, II, 69; VoLPE, Tutela del patrimonio storico artistico nella problematica della definizione delle materie regionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, 355. A commento della sentenza 29 maggio 1968, n. 56, richiamata dalla Corte: BoN VALSASSINA, Vincoli espropriativi e diritto all'indennizzo, in Giur. cast., 1968, 846. A commento della sentenza 26 aprile 1971, n. 79, pure richiamata dalla Corte: SANDULLI, I limiti della propriet� privata nella giurisprudenza costituzionale, in Giur. cost., 1971, 962. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle funzioni in materia di cave ha espressamente fatto salve le attribuzioni degli organi statali in relazione ad attivLt� che, pur collegate con quelle trasferite, 'riguardano materie non comprese nell'art. 117 del1a Costituzione. Pu�, infine, essere rdcordato che la Corte, con sentenza n. 141 del 1972 ha ci� ribadito ritenendo che � la tutela delle bellezze naturali d'insieme � non rientri nella materia urbanistica e nel suo trasferimento di cui al d.P.R. n. 8 del 1972. Il dedotto contrasto con l'art. 117 Cost. va, di conseguenza, escluso. 6. -Si prospetta la violazione degli artt. 41 e 42 Cost., sia per effetto di compr.essione dell'iniziativa economica privata, sia. per effetto di atti espropriativi, di cui non � previsto d.l relativo indennizzo. Le questioni non sono fondate. Per quanto concerne l'art. 41, va conside�rato che esso prevede (secondo comma) che finiziativa economica privata trovi un suo limite nelJ.'uti1it� sociale. E con la sentenza n. 55 del 195,3 questa Corte ha posto in rilievo la identit� dei fini che, negli artt. dal 41 al 44 la Costttuzione ha indicato, ora come fini sociali, ora di utilit� sociale, ovvero di interesse generale. Tale indubbiamente, per le suaccennate preminenti ragioni, il fine di 'tutela delle bellezze naturali. La dedotta violazione dell'art. 41 Cost. non �, quindi, fondatamente prospettata. Per quanto concerne l'art. 42 Cost., va ricordato che questa Corte ha gi� esaminato, con la sentenza n. 56 del 1968, la questione della indennizzabilit� del valore de1i beni immobili sottratti alla disponibilit� dei privati, perch� facenti parte di un complesso a dimensione territoriale, unitariamente considerato e sottoposto a vincolo paesistico. L'esclusione dell'indennit� � stata giustificata per la considerazione che .trattasi di una categor_ia di beni � originariamente di interesse pubblico perch� naturalmente paesistici~ e condizionati a limitazioni di godimento secondo particolare regime � al quale rimane del tutto estranea la materi�a dell'espropriazione �. Agli stessi principi �si � uniformata la successiva sentenza n. 79 del 1971, dai quali la Corte non intende discostarsi nel �caso in esame, per identit� di mo.tivi. Va altres� ricordato che trattasi di princ�pi gi� insiti nella ciitata legge n. 1497 del 1939 (che, tra l'altro, neU'art. 11 contiene anche la previ.i;ione dei riflesSi dell'apertura di �cave sul paesaggio) la quale legge dispone che � non � dovuto alcun indennizzo per i vincoli imposti alla propriet� per la tutela delle be1lezze panoramiche, considerate come quadri naturali � (art. 16 in relazione all'art. 1, n. 4) ci� � a causa del loro notevole interesse pubblico �. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 307 Non occorre aggiungere altro sul punto, poich� la questione sollevata con le ordinanze concerne esclusivamente la mancata previsione di un indennizzo secondo l'art. 42, ultimo comma: � tuttavia chii.aro che l'inesistenza a questo proposito di un obbligo dello Stato non � incompatibile con misure legislative intese al ristoro della inutilizzabilit� di impianti estrattivi, predisposti in previsione di attivit� continuativa, o per la perdifa di materiale disponibile � in loco �. 7. -Altra questione di generale incostituzionalit� della legge impugnata viene basata sul rilievo che il licenziamento degli addetti alle opere di escavazione, in conseguenza del divieto d'eserdzio per l'innanzi praticato, 'contrasterebbe, anche perch� non accompagnata da provvidenze sostitutive, con la tutela dell'attivit� lavorativa e dei relativi diritti, garantiti dagli ,artt. 1, 4 e 3'5 della Costituzione. La questione non � fondata. Secondo la giuri-sprudenza della Corte (.sentenze nn. 45 del 1965; 194 del 1970; 174 del 1971), il diritto al lavoro costituzionalmente riconosciuto come fondamentale diritto dei cittadini non comprende un in~ teresse, pure costituzionalmente protetto, alla intangibilit� di ogni situazione che sia presupposto di conservazione del posto di lavoro. 8. -Infine, in Telazione all'art. 3 Cost., viene posta questione di disparit� di trattamento, considerata comparativamente tanto con riguardo a tutto il restante territorio nazionale, quanto con riguardo all'intero della ,stessa zona di terdtorio de.i Colli Euganei. La Corte osserva che i limiti di localizzazione della legge in esame non costituiscono trattamento singolare e differenziato da quello di situazioni che, altrove, siano ritenute, di volta in volta, sottoponibili ad eguale tutela. Trattasi, anche qui, di attuazione collegata, in concreto, ai pr.inc�pi informatori contenuti nella legge del 1939 che ha carattere di generalit� e, come si � detto al n. 6, tutela espressamente tutte le bellezze panoramiche �Considerate come quadri naturali. Per quanto concerne le PTetese disparit� che sarebbero contenute entro il sistema stesso della legge impugnata, la Corte osserva che la discriminazione operata dal legislatore tra .cave sottoposte ad immediata cessazione di esercizio e cave di tipo diverso per le quali l'esercizio � consentito nei limiti di un quinquennio, non risulta irrazionale. Ci� per la cautela data dall'intervento autorizzativo, e motivato, oaso per caso, dal Sovrintendente in �relazione alla seconda categoria di beni e tenuto in proposito anche conto che dagli Atti parlamentari risulta e�ssersi considerata la loro ubicazione pi� appartafa e meno incidente sull'armonia del paesaggio. Il che basta per escludere il sindacato di questa Corte circa la valutazione tecnico-discrezionale operata dal legislatore. -(Omissis). 308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 10 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Fiorentini (n.c.). Impiego pubblico -Insegnanti incaricati -Cumulo di impiego -Riduzione della ;retribuzione -Sperequazione rispetto alla normativa generale -Illegittimit� costituzionale. fCost., art. 3; r.d.l. 1 giugno 1946, n. 539, art. 3, comma primo; d.l. c.p.s. 31 dicembre 1947, n. 1687, art. 1). � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionaie dell'art. 3, primo comma, r.d.L. 1� giugno 1946, n. 539, sul trattamento economico del personale non di ruoio insegnante e non insegnante nelle scuoie e negLi Istituti d'istruzione media, e dell'art. 1 deL d.L C.p.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, sul nuovo trattamento economico del personale non di ruolo degli Istituti e delle scuole d'istruzione media, nella parte in cui statuisce che il professore non di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze dello Stato o di altri Enti pubblici, � compensato in ragione di due terzi delLa misura oraria della retribuzione risultante dall'applicazione deLl'art. 1 del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539, cosi come modificato da esso stesso d.l. C.p.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, anzich� stabilire che venga ridotta del terzo la retribuzione minore (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1973, n. 11 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Attardi (avv. Mazzarolli e Viola), Duni (avv. Lubrano) e Ministero P.1. (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Impiego pubblico -Professori universitari incaricati -Cumulo di incarico e di impiego -Riduzione della retribuzione -Sperequazione rispetto alla normativa generale -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; d.p.r. 5 giugno 1965, n. 749, art. 25, secondo e terzo comma). � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 25, secondo e terzo comma, del (1-2) In dottrina, a commento della sentenza 6 novembre 1970, n. 152, cui la Corte si � .sostanzialmente Tiportata: PoTOTSCHNIG, Cumulo di impieghi, cumulo di insegnamenti e trattamento economico del personale insegnante, in Giur. cast., 1970, 1987. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 309 d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, sul conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268, nella parte in cui dispongono che le retribuzioni fissate al primo comma vengano ridotte rispettivamente al 31 per cento per gli incaricati interni e al 38 per cento per gli incaricati esterni, anzich� stabilire che in entrambe le ipotesi venga ridotta del terzo la 1�etribuzione minore (2). I (Omissis). -Come risulta dall'ordinanw di rinvio, il Consiglio di Stato, con sua sentenza n. 448 del 1964, ha gi� affermato che ci si trova di fronte ad un cumulo consentito di rapporti di pubblico impiego non di ruolo (incarico di insegnamento ed incarico di segreteria presso il Conservatorio femminile S. Carlo Borromeo di Pienza) ed ha soltanto sollevato il problema cir.ca la disciplina del cumulo delle relative retribuzioni. Al riguardo, tanto la parte privata interessata, quanto il Consiglio di Stato, richiamando la sentenza di questa Corte n. 152 del 1970, sostengono che al cumulo delle retribuzioni si dovrebbe procedere applicando il principio sancito dall'art. 99 del t.u. (legislativo) 30 dicembre 1923, n. 2960, come modifkato dall'art. 16 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 19, in base al quale, nel caso, come risulta in esame, che le retribuzioni da .cumulare superino nel complesso le lfr.e 750.000 annue, si riduce del terzo quella minore o, se eguali, una qualunque delle due, tenendo presente che le riduzioni sono sempre operate a favore dell'erario dello Stato: in conseguenza contestano la legittimit� cost1tuz:ionale della diversa disciplina posta in essere dall'art. 3, primo comma del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539 e dall'art. 1 del d.l.C.P.S. 3'1 dicembre 1947, n. 1687, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione. Siffatto assunto :impHca che, come gi� ebbe a verificarsi quando venne pronunziata la sopra citata sentenza di questa Corte, la proposta questione va esaminata soltanto sotto il profilo della violazione dell'art. 36 della Costituzione. Tanto pr.ecisa.to, si rileva che dagli atti risulta che, mentre con la citata decisione il Consiglio di Stato ha stabilito che per l'incarico di insegnamento alla parte interessata spetta il trattamento economico iniziale dei professori di ruolo delle corrispondenti scuole statali, per l'altro impiego (incarico di segreteria) le � stato attribuito uno stipendio mensile di lire 15.025 (deliberazione 9 settembre 1949, n. 197) poi ridotto a lire 9.000 (deliberazione 23 novembre 1954, n. 29) e soltanto con deliberazione 19 febbraio 1956, n. 6 �elevato a lire 37.295 lorde, os RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D~LLO STATO sia, in ogni caso, di g,ran lunga. infedore a quello spettante1e per l'incarico di insegnamento. Ne consegue che anche nel caso in esame, come gi� in quello che formato oggetto della sentenza n. 152 del 1970, pu� avvenire che per due rapporti d'impiego si venga ad avere diritto ad una retribuzione inferiore a quella spettante per uno solo e ci� ancorch� le disposizioni denunziate, a differenza di quelle successive, dichiarate illegittime con detta sentenza, limitino proprio ad un terzo la riduzione dei compensi per gli incarichi di insegnamento, nel caso di cumulo con altro impiego con lo Stato o altri enti pubblici. Tanto pu�, evidentemente, avvenire perch� la legislazione scolastica non solo dh~ciplina in modo diverso da quanto dispone il richiamato art. 99 del testo unico n. 2960 del 19.23 il cumulo delle retribuzioni nel caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego per quanto attiene alle percentuali di riduzione, ma anche -e soprattutto -perch� dispone ,che la riduzione debba essere applicata alla retribuzione dovuta per l'insegnamento, senza preoccuparsi di stabilire se sia maggiore di quella dovuta per l'altro impiego. Questa difformit� rispetto alla norma g,enerale del ripetuto art. 99 non solo non trova alouna razionale giustificazione, ma, in quanto pu� portare alla conseguenza sopra illustrata, risulta skuramente irrazionale. Ne �consegue una manifesta violazione d�l p:rincipio di eguaglianza sanctto dall'art. 3 della Costituzione, cosicch� la proposta questione risulta fondata. La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3, comma primo, del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539, sul trattamento economico del peusonale non di ruolo insegnante e non insegnante nelle scuole e negli Istituti d'istruzione media, e dell'art. 1 del d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 16'8:7, sul nuovo trattamento economico del personale non_ di ruolo degli fotituti e delle scuole d'istruzione media, nella parte in cui statuisce che il professore non di ruolo, il quale abbia un impiego alle dipendenze dello Stato o di altri Enti pubblici, � compensato in ragione di due terzi della misura oraria della retribuzione risultante dall'applicazione dell'art. 1 del r.d.l. 1� giugno 1946, n. 539, cosi come modificato da esso ,stesso d.l.C.P.S. 31 dicembre 1947, n. 1687, anzich� stabilire che venga ridotta del terzo la retribuzione minore. ( Omissis). II (Omissis). -3. -Come s1 e esposto in narrativa, con l'ordinanza 22 ottobre 1971 viene prospettata, in riferimento al solo art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 25, comma PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 311 secondo, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, che testualmente dispone: � La retribuzione per il secondo incarico conferita ad un incaricato esterno universitario o per il primo incarico attribuito ad un professore universitario di ruolo � calcolata in ragione del 31 per cento della retribuzione spettanti ai �Sensi del primo comma; ...omissis... �. Con l'altra ordinanza la stessa questione viene prospettata, in riferimento anche agli artt. 3 e 36 della Costituzione, ed estesa al terzo comma dello stesso art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965, che dispone testualmente: � Per gli incadchi di insegnamento confedti, invece, a coloro che ricoprono altro ufficio con retribuzione a cadco dello Stato, di Ente pubblico o privato o, comunque, fruenti di un reddito di lavoro subordinato, la retribuzione � calcolata in ragione del 38 per cento di quella indicata nel primo comma �. " Entrambe le ordinanze, peraltro, pronunziate la prima in un giudizio promosso �e�sclusivamente da in�caricati che sono gi� professori di ruolo, la seconda in un giudizio promosso da incaricati aventi altro impiego retribuito a carico dello Stato, della stessa Ammi:nistrazfone della pubbliica istruzione, di Enti pubblici e, perfino, di un Ente privato, sono motivate con il richiamo alla pi� volte citafa sentenza di questa Corte n. 152~ del 1970 e quindi .sotto il profilo che le norme denunziate contengono una disciplina del cumulo di stipendio, in caso di cumulo consentito di rapporti di pubblico impiego, differenzia.ta, senza razionale giustificazione, da quella generale risultante dall'art. 9�9 del t.u. approvato con r.d. 30 dicembre 1923, n. 2960, e successive modificazioni. Questa motivazione dimostra chiaramente che l'art. 36 della Oostituzione � fu.od causa e che entrambe le questioni vanno esaminate soltanto sotto il profilo della denunziata violazione del principio di eguagltanza. Pregiudiziale a tale esame �, peraltro, l'accertamento della eventuale fondatezza della eccezione sollevata dall'Avvocatura dello Stato, secondo la quale, sia nella ipotesi del primo incarko conferito ad un professore di ruolo o di secondo incarico conferito ad un incaricato esterno, ossia a personale gi� legato allo stesso Ministero della pubbHca istruzione da un rapporfo d'impiego di ruolo o non di ruolo, non si verifid1erebbe un cumulo di rapporti di impiego, sibbene una semplice estensione delle prestazioni dovute in forza del preesistente rapporto, estensione che pu� anche non superare il limite delle tre ore settimanali, fissato dall'art. 6 della legge n. 311 del 195�8. Ma a prescindere dalla considerazione che non pu� ritenersi semplice estensione dei doveri di un rapporto d'impiego l'attribuzione di un incarico che impUchi prestazioni equivalenti a quelli del rapporto gi� esistente e, quindi, ne raddoppi i doveri, � evidente che la tesi dell'Av RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO vocatura dello Stato non pu� certo valere per quanto riguarda il terzo comma dell'art. 25, ossia nella ipotesi che l'incaricato ricopra altro ufficio con retribuzione a carico dello Stato o di altri enti pubblici e perfino privati. In questa ipotesi non � contestabile che di vero e proprio cumulo di rapporti d'impiego si tratti. Ed allora, proprio argomentando da questa ipotesi ed esaminando nel suo complesso l'impugnato art. 25, non pu� che giungersi alla conclusione, che poi si risolve nell'affermazione dell'esistenza del presupposto sul quale poggia la motivazione delle ordinanze di rinvio, che con detta norma si � voluto deliberatamente porre in essere, per gl'incaricati di insegnamento universitario, una disciplina del cumulo degli stipendi, in caso di cumulo consentito di rapporti d'impiego, differenziata da quella generale di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923. Infatti, dopo avere stabilito al primo comma per gl'incari1cati esterni universitari delle retribuzioni che, come espressamente risulta dall'art. 20 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, sono ragguagliate agli stipendi tabellari di taluni posti di ruolo, neppure iniziali, della stessa carriera universitaria -cos� implicitamente riconoscendo il carattere di rapporto di impiego che si instaura con l'incarico -l'art. 25 del d.P.R. n. 749 del 1965, nei seguenti commi, ne stabilisce delle diminuzioni diversamente graduate a seconda che l'incarico sia conferito a chi sia titolare di altro rapporto d'impiego di ruolo o non di ruolo nella stessa carriera universitaria o sia titolare di aHro rapporto, sempre di ruolo o non di ruolo, con lo Stato o con Enti pubbli'ci o privati o comunque abbia un reddito derivante da lavoro subordinato. Mentre non � da escludere che alla determinazione in minore misura della riduzione (al 38 % ) della retribuzione per questa seconda ipotesi non sia estraneo un certo riferimento all'art. 99 del testo unico _n. 21960 del 1923, � chiara, comunque, l'incontestabilit� del pieno riconoscimento e della conseguente ammissione, pe1r l'1ipotesi stessa, di un vero e .proprio cumulo di rapporti d'impiego. Ma giunti a questo punto e risalendo al secondo comma, a parte la maggiore riduzione della retribuzione (al 31 % ), che del resto non risulta in alcun, modo giustificata, non si vede come e perch� debba o possa escludersi che eguali riconoscimenti ed ammissione vi siano per l'ipotesi in detto secondo comma contemplata. Per giungere a diversa soluzione si dovrebbe, invero, ritenere che nell'ambito dello .stesso ordinamento statare si possono concepire due separati rapporti d'impiego soltanto se implichino dipendenza da diverse branche dell'Amministrazione e non da una stessa branca, il che � contraddetto dal terzo comma, nella previsione del quale sono eviden PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 313 temente 'compresi anche gli assistenti universitari o i professori delle scuole medie o, comunque, gli appartenenti al per�sonale amministrativo universitario o comunque scolastico, che pur dipendono dallo stesso Ministero della pubblica istruzione~ Deve, dunque~ �convenirsi che l'art. 25 in esame pone in essere una disciplina del cumulo di retribuzioni nell'ipotesi di cumulo consentito di rapporti d'impiego, differenziata da quella generale contemplata dall'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, cos� come � affermato nelle Ol'dinanze di rinvio. Ai fini del decidere re�sta, quindi, da accertare se tale differenziazione corrisponda a posizioni ogg.ettive egualmente differenziate o, comunque, abbia una razionale giustificazione. Intanto non si ravvisa a1ouna ragione plausibile che possa spd.egare la differenza tra la misura delle riduzioni della retribuzione per l'incarico stabilita tra le ipotesi del secondo comma e quella del terzo comma, che, come sopra si � dimostrato, sostanzialmente si equivalgono. A maggior ragione tale trattamento differenziato non trova giustificazione nel caso di cumulo con altro rapporto d'impiego estraneo all'ordinamento universitario (art. 25, .comma terzo) che riproduce la posizione generale ipotizzata dall'art. 99 del testo unico n. 29�60 del 1923, in quanto l'impiego �cumulato all'incarico pu� benissimo essere retribuito in misura molto minore di quella stabilita dal primo comma dell'art. 25, cosicch� con la riduzione di questa al 38 % pu� verificarsi anche quel caso limite di una retribuzione dei due rapporti cumulati inferiore a quella spettante per uno solo di essi e cio� per l'incarico. Ne consegue che la differenziazione tra disciplina del cumulo delle retribuzioni adottata dal ripetuto art. 25, rispetto alla disciplina generale di cui all'art. 99 del testo unico n. 2960 del 1923, non solo non trova giustificazione in una corrispondente differenziazdone di posizioni obbiettive, ma per la aberrante conseguenza sopra illustrata, alla quale si pu� giungere nella ipotesi di cui al teTzo comma, risulta sicuramente irrazionale. La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimit� costituzionale dell'art. 25, secondo e terzo comma, del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, sul conglobamento dell'assegno mensile e competenze analoghe negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268, nella parte in cui dispongono che le retribuzioni fissate al primo comma vengano ridotte rispettivamente al 31 % per gli incaricati interni e al 38 % per gli incaricati esterni, anzich� stabilire che in entrambe le ipotesi venga ridotta del terzo la retribuzione minore. -(Omissis). 314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbTaio 1973, n. 14 -Pres. Chiarelli - Rel. Verz� -Vinciguerra (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stafo Carafa). Reato -Bestemmia -Discriminazione a favore della reli~ione cattoli ca -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 724). Non � fondata, nei sensi di cui in motivazione, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 724 c.p., incriminatore della bestemmia contro la religione dello Stato (1). (Omissis). -3. -La Costituzione, col riconoscere i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2) e, tra essi, la libert� di religione (artt. 8 e 19), tutela il sentimento religioso e giustifica la sanzione penale delle offese ad esso recate. L'incriminazione della bestemmia, sancita dall'a.rt. 724 c.p., non � pertanto in contrasto con le norme costituzionali, ma anzi trova in esse fondamento. D'altra parte, la limitazione della previsione legislativa alle offese contro la religione cattolica corvisponde alla valutazione fatta dal legislatore dell'ampiezza delle reazioni sociali determinarte dalle offese contro il sentimento religioso della maggior parte della popolazione italiana. La norma impugnata, che � compresa nel titolo delle � contravvenzioni concernenti la polizia dei .costumi �, non pu� quindi essere considerata irrazionale e illegittima, indipendentemente dalla posizione att11ibuita alla Chiesa carttoUca negli artt. 7 e 8 Cost.; n� il giudizio della Corte pu� estendersi a sindacare, in base a rilievi quantitativi e statistici o a considerazioni di fatto, l'esattezza di quella valutazione. Tuttavia la Corte ritiene che, per una piena attuazione del principio costituzionale della libert� di religione, il legislatore debba provvedere a una revisione della norma, nel senso di estendere la tutela penale contro le offese del sentimento religioso di individui appartenenti a confessioni diverse da quella cattolica. -(Omissis). (1) 1SuHa legittimit� costituzionale dell'art. 724 c.p., con riferimento agli artt. 7 e 8 Cost.: sent. 30 dicembre 1958, n. 79, in ,Giur. cast., 1958, 990 <COn nota di ESPOSITO. A commento deHa stessa sentenza: CONSOLI, La tutela penale della religione cattolica nella giurisprudenza costituzionale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1959, 173. Sulla legittimit� costituzionale, proprio in riferimento al iprincip[o di uguaglianza, del1l'incri:rninazione del vilipendio della religione cattolica: sent. 31 maggio 1965, n. 39, in Giur. cost., 1965, 602, con nota di GISMONDI, Vilipendio della religione cattolica e disciplina costituzionale delle confessioni e in Giur. it., 1965, I, 1, 1289, con nota di VITALI, Disuguaglianza nell'uguaglianza? (Ancora in tema di vilipendio della religione dello Stato). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE-E INTERNAZIONALE 315 CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 15 -Pres. Chiarelli - Rel. Benedetti -Speranza (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Reato -Manifestazioni sediziose -Manifestazioni fasciste -Illegitti mit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 17, 21, 25, XII disp. trans.; c.p., artt. 654, 655; 1. 20 giugno 1952, n. 645, art. 5). Non sono fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimit� costituzionale degli m�tt. 654 e 655 c.p. e dell'art. 5 delia legge 20 giugno 1952, n. 645, recanti, rispettivamente, sanzioni per manifestazioni e radunate sediziose e manifestazioni fasciste (1). (Omissis). -1. -I giudizi promossi con le due ordinanze indicate in epigrafe possono essere riuniti e decisi con unica sentenza. Identica �, invero, la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 654 e 655 del codice penale -concernenti rispettivamente le � grida e manifestazioni sediziose � e le � radunate sediziose � -che esse prospettano, in riferimento agli artt. 17, 21 e 25, comma secondo, della Costituzione, mentre connessa con detta questione � quella sollevata con l'ordinanza del pretore di Recanati nella quale l'incostituzionalit� dell'art. 5 della legge 20 giJUgno 1952, n. 645 -che punisce le �manifestazioni fasciste � -viene prospettata, non solo in riferimenfo alle ci.tate norme costituzionali, ma anche alla XII disposizione transitoria della Costituzione. 2. -L,a Corte ha gi� avuto occasione di precisare quale sia il significato da attribuire al termine � sedizioso � allor�ch� la questione di legittimit� costttuzionale del solo art. 654 venne sottoposta al suo esame in riferimento all'art. 21 Cost. (sent. 120 del 1957). (1) Le precedenti sentenze 8 luglio 1957, n. 120 e 6 dicembre 1958, n. 74, cui la Corte si dchi,ama, rispettivamente, per Wli artt. 654 e 656 c.p. e per ila ilegge 20 girugno 1952, n. 645, sono pubblicate in Giur. cast., 1957, 1086, con nota di Fois e in Giur. cost., 1958, 958 con nota di ESPOSITO. Sulla libert� di riunione: Corte Cost. 15 aprile 1970, n. 56 in Giur. cost., 1970, 607, con nota di MEZZANOTTE, La riunione nena dinami�a del fenomeno associativo e come valore costituzionale � wutonomo �. Sul principio di legalit�: Corte Cost. 16 dicembre 1970, n. 191 in Giur. cost., 1970, 2199. Sul limite dell'ordine pubblico: EsPOSITo, La libert� di manifestazione del pensiero e l'ordine pubblico, in Giur. cast., 1962, 191; ZuccAL�, Personalit� dello Stato, ordine pubblico e tutela della libert� di pensiero, in Dir. proc. pen., 1966, 1150 e CALDERONE, Libert� di manifestazione del pensiero e limite dell'ordine pubblico, in Temi, 1971, 96. 316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � d'uopo comunque richiamare e meglio precisare i concetti allora espressi, i quali, ovviamente, valgono anche per la contravvenzione prevista dall'art. 655 che in questa sede � stato per la pr1ma volta impugnato. Per l'applicabilit� delle due norme incriminatrici � nece,ssario che ricorrano contemporaneamente due essenziali requ1siti consistenti in una condotta obbiettivamente sediziosa e nella sua pericolosit� per l'ordine pubblico. Ora � evidente che l'oggettiva sedi:Zli.osit� di una condotta va di volta in volta accertata, in relazione a circostanze di tempo, di modo e di luogo, tenendo soprattutto conto del suo specifko contenuto. Il termine � sedizione �, che il legislatore non ha inteso definire, ha pur sempre u.n suo tradizionale e generale significato. Atteggiamento sedizioso penalmente rilevante � soltanto quello che implica ribeHione, ostilit�, eccitazione al sovvertimento delle pubbliche istituzioni e che risulti in concreto idoneo a produrre un evento pevicoloso per l'ordine pubbl1co. 3. -Alla stregua di queste premesse sono da dichiararsi non fondate le varie censure di incostituzionalit� mosse nei confronti delle norme impugnate. � in primo luogo da escludere l'asserito confa�asto con l'art. 17 della Costituzione. Il ,diritto dei cittadini di riunirsj pacificamente e senza armi, proclamato dal citato precetto costituzionale, ha portata ed efficacia fondamentali; esso, tuttavia, al pari di ogni altro diritto di libert�, implica la posizione di limiti e condizioni che lo disciplinino onde evitare che il suo esercizio possa avvenire in modo socialmente dannoso e pericoloso. Le disposizioni denunciate, ed in particolare quella contenuta nell'art. 655 che vieta le radunate sediose, si armonizzano perfettamente col precetto dell'art. 17 della Costituzione, poich� rispondono appunto alla necessit� di assicurare l'ordine pubblico e la tranquillit� pubblica, tendono cio� a garantire beni che sono patrimonio dell'intera collettivit�. Del pari insussistente � il contrasto con l'art. 2:1 Cost. che proclama il diritto dei cittadini di esprimere liberamente il proprio pensiero. Non � esatto il rilievo del pretore di Recanati secondo il quale l'unico limite all'esercizio di tale diritto sarebbe costituito dalla tutela del buon costume. La Cort�, infatti, ha gi� avuto occasione di affermare che anche il diritto di libera manifestazione del pensiero incontra un limite nella esigenza di prevenire o far cessare turbamenti dell'ordine pubblico (sentenze 1 del 1956; 33, 120 e 121 del 1957; 19 del 1962 e 199 del 1972.). In particolare nelle due ultime decisioni, con le quali � stata dichiarata non fondata in riferimento all'art. 21 Cost. la questione di legittimit� costitu2'lionale dell'art. 656 c.p. (notizie false e tendenziose), si � avuto modo di precisare che l'ordine pubblico � bene inerente al PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 317 vigente sistema cosUtuzionale e che il mantenimento di esso rappresenta una finalit� immanente dello stesso sistema. I motivi svolti nelle indicate pronunce, che si confermano integralmente in questa sede, valgono ad escludere che possano essere ritenute in contrasto con la Costituzione le contravvenzioni previste dagli ar.tt. 654 e 655 del �codice penale che reprimono grida, gesti e riunioni obbiettivamente sediosi che siano concretamente idonei a scuotere e pone in pericolo l'ordine pubblico. Infondata � infine la denuncia d'incostituzionalit� in riferimento all'art. 25 della Costituzione. La nozione di sedizione penatmente rilevante -nei termini in cui � stata precisata' -consente di escludere che ci si trovi di fronte a norme che prevedano fattispecie penali generiche e imprecise e che sussista violazione del principio di legalit� enunciato dal citato precetto costituzionale. 4. -Resta da esaminare la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, che punisce le � manifestazioni fasciste �, sollevata dal pretore di Recanati in riferimento agli artt. 17, 21, 2'.5 e XII disposizione transitoria della Costituzione. Trattasi di questione in parte gi� decisa con la precedente sentenza n. 7 4 del 195'8 che ne ha dichiarato l'infondatezza in riferimento agli artt, 21 e XII disp. trans. della Costituzione. Nel proporre la questione il giudice muove dalla premessa che la norma denunciata colpisca le manifestazioni fasciste senza akun riferimento alla loro potenzialit� rioTganizzativa del partito. Trattasi di premessa inesatta che non tien conto del pensiero al riguardo espresso dalla Corte che, quindi, appare opportuno ricordare. La norma impugnata � contenuta in una legge !recante il titolo � norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione �, disposizione con la quale il Costituente ebbe ad enunciare il �divieto di ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Ora � evidente che nell'esame del testo della norma l'interprete non deve limitarsi a coglie�rne un signifi:cato puramente let terale, ma risalire alla ratio che l'ha ispirata per giungere ad una logica interpretazione della stessa. La fattispecie contravvenzionale, della cui legittimit� costituzio nale il pretore di Recanati dubita, intende vietare e punire unicamente quelle manifestazioni che, in relazione a1le circostanze di tempo, di luogo e ambiente in cui si svolgono e per le loro obbiettive caratteri stiche, siano comunque idonee a far sorgere la situazione di pericolo di ricostituzione del partito. Cos� coerentemente interpretato il disposto dell'art. 5 trova giusta collocazione nel complesso normativo dettato dal legislatore per attuare 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO il divieto posto dalla XII disposizione transitoria e non � in contrasto con l'ari. 215, comma secondo, della Costituzione. Nessun raffronto � dato, invece,' istituire tra ,la norma denunciata e gli artt. 17 e 21 della Costituzione. � evidente infatti che non pu� sostenersi la illegittimit� costituzionale di una norma legislativa che attui il disposto della XII disposizione transitoria, la quale, in vista della !realizzazione di un ben determinato scopo, pone� dei limiti all'esercizio dei diritti di libert� enunciati dagli invocati precetti costituzionali. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 16 -Pres. Chiarelli - Rel. Rossi -Marasso (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Carafa). Reato -Istigazione di militari a disobbedire le leggi -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., art. 21; c.p., art. 266). Non � fondata, con riferimento al principio della libert� di pensiero, la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 266 del codice penale, che punisce l'istigazione di militari a disobbedfre alle leggi (1). (Omissis). -2. -La questione sottoposta alla Corte dall'ordinanza 28 aprile 1970 del giudice istruttore del tribunale di Torino, e da quelle 8 marzo e 3 giugno 197,1 delle Corti di assise di Imperia e di BaTi che ne riprendono pi� succintamente gli argomenti, pu� cosi epigrafarsi: se l'art. 266 del codice penale, che punisce chiunque istiga i miUtari a disobbedire aUe leggi o a violare U giuramento dato o i doveri deHa disciplina militare o alitri doveri inerenti al proprio stato, non costitui: sca un limite inammissibile alla libeTa manifestazione del pensiero garantita da'il'art. 21, primo ,comma, della Costituzione. H dubbio � infondato. Una grossolana manifestazione di pensiero, come protesta contro l'ordinamento sociale, propaganda per pi� liberi costumi, ecc., pu� ritrovarsi in qualunque reato e la materialit� di alcuni delitti, come la diffamazione, l'ingiuria, l'oltraggio a pubblico uffi.ciale, il vilipendio, presuppone sempre un 'sommario giudti.zio di valore ed � costituita, tipi�amente, da una rozza manifestazione di pensiero. (1) Sui Tap.porti tra istigazione, apologia e libert� di pensiero, oltre agli autori citati in nota alla sentenza della Corte 4 maggio 1970, n. 65, in Giur. cost., 1970, 955: BoGNETTI, Apologia di delitto punibile ai sensi della Costituzione e interpretazione della norma dell'art. 414 c.p., ultimo comma, in Riv. it. dir. proc. pen., 1971, 18 e FIORE, Libera manifestazione del pensiero e apologia di reato, in Arch. pen., 1971, II, 15. .. ,, ~ ---!i f: PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 319 Soatrnriscono 'sempre, in ultima analisi, da un atto di pensiero i reati di istigazione o apologia. Ma ci� non significa affatto che per ci� solo siano incostituzionali come contrarie all'art. 21 Cost. le relative norme incriminatrici. La libert� di pensiero non pu� venire invocata quando l'espressione del pensiero si attua mediante un'offesa a beni e diritti che meritano tutela. L'istigazione di militare all'infedelt�, o al tradimento, in tutte le forme previiste dall'art. 266 �C.p. (disobbedire alle leggi, violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o a1tri doveri inerenti al proprio stato), offende e minaccia un bene cui la Costituzione riconosce un supremo vai.ore e a�ccorda una tutela privilegiata, in conformit� di tutte le costituzioni moderne, da qualsiasi ideologia siano ispirate e da qualunque regime politico-sociale siano espre�sse. Una volta soltanto si rirtrova nella nostra Carta fondamentale la locuzione sacro dovere, e ci� avviene appunto nell'art. 52 per qualificare pi� fortemente, rispetto a tutti gli altri doveri, quello di difesa della Patria. ~a formula, approvata all'unanimit� dalla Prima Sottocommissione del1a Costituente nella seduta del 15 novembre 1946, fu dprodotta .identicamente nell'art. 49 del Progetto deHa Commissione plenaria e votata dall'Assehble:a (col numero 52) nemine contradicente. Tutti gli interpreti riconoscono che il dovere di difesa della Patria, specificazione del pi� generico dovere di fedelt� alla Repubblica e di obbedienza alla Costi,tu11:ione e alle leggi (art. 54), contempla �n primo luogo il dovere militare, org,anizzato nelle forze armate, presidio dell'indipendenza e. libert� della nazione. �, dunque, antinomico :immaginare che l'istigazione di militari a violare il giuramento prestato, disobbedire alle leggi e ai doveri inerenti al loro stato, possa considerarsi una forma indiretta e lecita di espiimere il proprio pensiero. Rispetto ana norma incriminatrice deLl'art. 266 c.p. la libert� garan tita dall'art. 21 Cost. pu� consentire modi di manifestazione e propa ganda per la pace universale, la non violenza, la riduzione della ferma, l'ammissibilit� dell'obiezione di coscienza, la riforma del regolamento di disciplina o altri, che non si concretino mai in una istigazione a disertare (come in uno dei casi per cui � stata sollevata questione), a commettere altri reati, a violare in genere i doveri imposti a'l miJJitare dalle leggi. L'istigazione, infatti, non � pura manifestazione di pen siero, ma � azione e diretto incitamento all'azione, sicch� essa non risulta tutelata dall'oart. 21 della Costituzione. Le ordinanze adombrano, senza sollevarla nominativamente, que stione in ordine alla seconda condotta commissiva capace di integrare gli �estremi del delitto di cui all'art. 266 c.p., e oio� l'apologia. In pro posito pu� farsi riferimento, per quanto occorre, oltre agli argomenti sopra svolti, alla sentenza di questa Corte n. 65 del 1970. -(Omissis). 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 320 CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 17 -Pres. Chiarelli - Rel. Crisafulli -Marini (n.c.). Reato -Vilipendio -Autorizzazione a procedere del Guardasigilli -Ille gittimit� costituzionale -Esclusione. (Cast., artt. 102, 113; c.p.; art. 313, terzo comma, 290). Non � fondata, con riferimento al principio della inditpendenza del giudice e della tutela contro gli atti della P. A., la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 313, terzo comma, seconda ipotesi, codice penale, che prescrive per i reati di vilipendio ivi previsti, l'autorizzazione a procedere da pm�te del Guardasigilli (1). (Omissis). -2. -Stando 1all'assunto delle ordinanze, l'art. 313, terzo comma, seconda ipotesi, del codice penale, contrasterebbe con l'art. 102, primo comma, della Costitu2lione, attribuendo al Ministro .PeT la g.iustizia l'esevcizio di attivit� rrientranti nella funzione giurisdizionale, e con l'art. 113 Cost., essendo l'autorizzazione a procedere un atto amministrativo in ordine al quale non � data al.cuna garanzia giurisdizionale. La questione non � fondata. Non sussiste la denunciata violazione dell'art. 102., primo comma, della Costituzione, perch� la valutazione, rimessa al Ministro per la giustizia, in ordine alla concessione o meno dell'autorizzazione a procedere � tiptcamente una valutazione di politica opportunit�, che non pu� pertanto confondersi con l'accertamento dei fatti e l'applicazione ad essi del!le norme di legge, caratterizzanti la funzione giurisdizionale: della quale l'autorizzazione condiziona -dall'esterno -il valido esercizio, che rrimane -ove quella sia stata data -interamente riservato alla autorit� giudiztiaria. Nemmeno sussiste violazione dell'art. 113 Cost., po.ich� questa disposizione, statuendo che � contro gli atti della pubblica amministra (1) Sull'autorizzazione a pxocedere, sotto il profi:lo del .princ1p10 di uguaglianza: Corte Cost., 29 aprile 1971, n. 91 e, in dottrina: ONIDA, Autorizzazione a procedere e principio di uguaglianza, in Giur. cost., 1971, 735. l!n generale, 1sui q;iroblemi di costituziona!Jit� dell'autorizzazione a procedere: CoNso, Illegittimo l'istituto dell'autorizzazione a procedere? in Riv. it. dir. proc. pen., 1958, 877; CASETTA, Legittimit� costituzionale dell'istituto dell'autorizzazione a procedere, in Giur. cost., 1959, 320 e voce Autorizzazione a procedere, in Enc. dir., voi. IV, 522; CRISAFULLI, Incompatibilit� dell'autorizzazione a procedere ex art. 16 c.p.p. con l'art. 28 Cast., in Giur. cast., 1963, 284. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 321 zione � sempre ammessa la tutela giudsdizionale dei diritti e degli interessi legittimi � e che questa tutela � non pu� essere esclusa o limitata a particolari mezzi d'impugnazione, o per determinate categorie di atti � presuppone logicamente che gli .atti medesimi, per la loro natura o il loro oggetto, trovino di fronte a s� situazioni soggettive di diritto o di interesse legit-timo. Ci� che non si verifica neHa spede, non potendosi configurare un diritto, od anche solo un interesse giuridicamente protetto, di chi sia indiziato di un reato ad essere, o a non essere, sottoposto a procedimento penale. La situazione, sotto que,sto aspetto, � diversa da quella de\ll'amnistia, che ebbe a forma!re oggetto della sentenza di questa Corte n. 175 del 1971, perch� '.l'amnistia incide, prdma ancora che sul processo, sulla punibilit� del fatto. Laddove, l'autorizzazione a procedere si configura come un presupposto, la mancanza del quale impedisce che l'azione possa validamente essere iniziata o proseguire, togliendo efficacia ag1i atti processuali eventua\lmente posti in essere medio tempore, e preclude perci� in modo assoluto al giudice qualsiasi indagine e pronuncia di merito. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE. 27 febbr,aio 1973, n. 18 -Pres. Chiarelli - Rel. Capalozza -Eterno (n.c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Reato -Furto -Reclusione e multa -Cumulo -Minimo edittale -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 27; c.p., artt. 23, 624). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di rieducazione della pena, la questione di legittimit� costituzionale dell'articolo 624 c.p. che, in relazione all'art. 23 stesso codice, punisce ii furto con la pena congiunta della multa e della reclusione, nel minimo edittale di 15 giorni (1). (1) Sulla legittimit� costituzionale dei massimi edittali di pena per il furto la Corte si � pronunciata con la sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. Sui pTofili di costituzionalit� della determinazione legtslativa della misura del!le pene: ESPOSITO, Le pene fisse ed i principi costituzionali di uguaglianza, personalit� e rieducativit� della pena, in Giur. cost. 1963, 661 e PizzoRusso, Le norme sulla misura delle pene e il controllo della ragionevolezza, in Giur. it., 1971, IV, 192. 322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -� stata sollevata questione di legittimit� costituzionale dell'art. 624 del codice penale, nel1a parte in cui obbliiga il giudice ad applicare in ogni caso, congiuntamente, la pena detentiva e quella pecuniaria, e dell'art. 23 dello stesso codice, neHa parte in cui non consente di applicare nel minimo la pena detentiva in mLsura inferiore a quindici giorni, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, e 42, primo comma. della Costituzione. 2. -� infondata la censura relativa alla violazione dell'art. 3 della CostituzLone. Come .gi� questa Corte ha avuto occasione di statuire in altTe sue pronunzie (n. 157 del 19<72; n. 64 del 1971), rientra nel po<tere discrezionale del legislatore la determinazione dell'entit� deHa pena edittale ('sia essa soltanto deten<tiva, soltanto pecuniaria o, congiuntamente, detentiva ,e pecuniaria); n� il relativo apprezzamento di politica legislativa pu� formare oggetto di censura �da parte di questa Corte, � all'infuori dell'eventualit� [ ... ] che la sperequaz.ione assuma dimensioni tali da non riuscire sorretta da ogni, bench� minima, giustific1azione � (cos� la motivazione della sentenza n. 109 del 1968). Non pu� dirsi, tuttavia, che siffatta eventualit� si verifichi nella specie, proprio perch�, per quanto riguarda l'art. 23 c.p., i quindici giorni sono fi1ssati come minimo deHa pena della reclusione per qualsiasi delitto, la �cui consistenza -valutata, prima dal legislatore, poi dal giudice -consenta di applicare il minimo previsto; per quanto riguarda l'art. 624 c.p., da ci� che si � detto consegue che non � ammissibile, in questa sede, stabilire, per un singofo reato (il furto semplice), un minimo di pena inferriore a quello fissato nella parte generale del codice per il delitto. �, del resto, appena il caso di rilevare che tl risultato cui mira l'ordinanza di rimessione contrasterebbe con il vigente trattamento punitivo degli altri delitti, anche contro il patrimonio, puniti con la reclusione, magari dalla legge stessa considerati meno gravi del furto. 3. -Parimenti infondate sono le altre censure relative all'art. 27, terzo comma, e 42, primo comma, deHa Costituzione. Gi� con sentenza n. 22 del 1971, la Corte ha precisato che la funzione rieducativa della pena non dipende ,solo dall:a durata di essa, bens� pure dal suo regime di esecuzione e da altri istituti disciplinati dal codice. Per quanto, infine, concerne la prete.sa violazione dell'art. 42, primo comma, Cost., � esatto il rilievo dell'Avvocatura generale dello Stato che dalle limitazioni poste al diritto di propriet� non pu� farsi derivare una repressione del furto mneo rigorosa di quella attuale. -(Omissis). PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE ' 323 CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 19 -Pres. Chiarelli - Rel. Oggioni -Pisciotta (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Savarese). Procedimento penale -Giudizio per decreto -Opposizione -Richiesta di dibattimento e indicazione dei motivi -Sanzione di inammis sibilit� -Ille~ittimit� costituzionale parziale. � (Cost., art. 24; c.p.p., art. 509). Non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 509 c.p.p. relativa aila richiesta di dibattimento neila dichiarazione di opposizione a decreto penale di condanna; mentre � fondata, con riferimento allo stesso principio, la questione nella parte in cui l'articolo prevede che alla mancata indicazione dei motivi segua l'inammissibilit� dell'opposizione (1). (Omissis). -1. -Si assume nell'oiidinanza che l'art. 509 c.p.p., prescrivendo che l'opponente a decreto penale debba richiedere, nella dichiarazione di opposizione, il dibattimento ed indicare specificamente i motivi dell'opposizione stessa, violerebbe i:l diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione. Ci� perch� traUerebbesi di richieste ed indicazioni � razionali.mente superflue �, sia in quanto opposizione e richiesta di dibattimento sono praticamente equivalenti, sia in quanto non vige in materia il principio che attiene ai gravami, cosiddetti devolutivi. Pertanto, l'imposizione dei predetti requisiti e la conseguente inammissibilit� dell'opposizione in caso di loro carenza, si irisolverebbero in una ingiustificata situazione ostattva dell'esercizio degli ampi diritti di difesa riservati in sede dibattimentale. 2. -La Corte premette che il procedimento per decreto penale nel suo complesso, certamente conforme alla Costituzione ed efficace stru( 1) La Corte ha pi� volte esaminato gli aspetti prur-ticoilari del procedimento penale per deco:eto in rapporto a!l diritto al1a difesa (sent. 23 dicembre 1963, n. 170<; sent. 23 marzo 1966, n. 27 e sent. 15 dicembre 1967, n. 136). La sentenza in rassegna � in stretta relazione con la precedente 21 dicembve 1972, n. 189 che ha dichiarato legittima la mancata previsione de1l'obbligo della nomina di un difensor,e d'ufficio per la proposizione dell'opposizione. Per la giurigprudenza sul requisito della espressa richiesta di dibattimento: Cass., Sez. VI, 23 gennaio 1971, Genovese, in Cass. pen. mass., 1970, 563 e Cass., Sez. Un., 22 marzo 1969, Gallo, ivi 1969, 1025 con nota di richiami. 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento di realizzazione di un rapido giudizio, ha particolare struttura, regolata nel Capo IV del codice di rito tra i � giudizi speciali� con normatiV'a sulla opposizione (art. 509) distinta e diversa dalla normativa sulla impugnazione mediante appello (art. 515). Mentre, per quest'ultimo, i motivi proposti delimitano l'ambito della decisione, non � altrettanto per l'impugnativa di decreto penale, la quale, con l'apertura del �contraddittorio, consente, nel pieno esercizio dei diritti di difesa, una cognizione ex novo del fatto-reato, con autonomia di effetti, eventualmente anche peggiorativi (art. 510, secondo comma). L'opposizione de qua, nell'ambito del sistema, viene, quindi, ad assumere una sua particolare configurazione. 3. -Ci� premesso, la Corte osserva che, per quanto concerne la sollevata questione di �costituzionalit� dell'art. 509 nella parte in cui prescrive �Che il.a dichiarazione di opposizione debba contenere la richiesta di dibattimento, � lo stesso articolo ad escludere fa conseguenza dell'inammissibilit� per l'omissione di formale richiesta in tal senso, risultando tale conseguenza testualmente riservat�a al caso della mancata specificazione dei motivi. La giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto che l'enunciazione de1la predetta dchiesta debba �considerarsi implicita e sottintesa nel fatto, di per s� dimostrativo, della manifestazione di opporsi al decreto. Ne consegue la non fondatezza della questione. 4. -Per quanto rigua�rda l'altro aspetto, concernente l'indicazione dei motivi, fa Corte non r.itiene del tutto esatta l'affermazione, contenuta nell'ordinanza, che trattisi di requisito � razionalmente superfluo �. Non � superfluo perch�, anche nell'interesse dello stesso opponente, tende a conferire, ad ogni futuro ed eventuale effetto va�lutativo di comportamento, veste di attendibilit� all'atto con cui si richiede il :passaggio dalla fase senza �contraddittorio a quella in contraddittorfo. ~ci� senza che, come parimenti ritenuto in giurisprudenza, sia necessario punrtualizzare gli elementi dell'opposizione, mantenendo cos� una rispondenza con la � sommariet� � dei motivi da indicare nel deCl'eto opposto (art. 507, n. 3, c.p.p.), anche considerato che lo stesso interessato ha facolt� di opporsi personalmente senza l'assistenz�a di legati.e (art. 509). Di superfluit� pu� parlarsi soltanto nel significato di una non incidenza in qualsiasi direzione, positiva o negativa, dei motivi indicati sugli sviluppi successivi della procedura di opposizione, il che � stato accennato in precedenz�a. La quale procedura, come indicato nella sentenza n. 189 del 1972, � sostanzialmente si risolve in una richiesta di dibattimento � : e, come si � visto, la mancanza di formale richiesta in tal senso non conduce alla inammissibilit�. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 325 5. -Cos� ridimensionata l'esigenza dell'indicazione dei motivi di opposizione, la questione posta dall'ordinanza va �considerata in funzione della legittimit� deHa sanzione, che consegue alla inosservanza del precetto (sia sotto il profilo della inosservan2�a totale che parziale), in quanto assolutamente ostativa a priori del libero ed ampio esercizio successivo dei diritti di diifesa. La Corte osserva �Che la limitata finalit� dell'onere processuale in esame e la sua circoscritta portata, poste a pagarone della gravit� e drasticit� delle conseguenze impeditive comminate, denotano la sproporzione tra obbligo e sanzione e l'incongruit� �che l'esercizio dell'essenziale diritto della difesa giudiziale in contraddittorio, debba essere precluso di fronte all'inadempimento di un onere che ha, bens�, una sua ragion d'essere, ma che tuttavia non � rilevante ai fini processualistici. La possibilit� di variazione e di adattamento delle modalit� di eserdzio del diritto di difesa a seconda �delle speciali caratteristiche strutturaU dei singoli procedimenti, � stata riconosciuta valida dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 55 del 1971): ma ci�, tuttavia, nell'ambito delle caratte.ristiche stesse, con modalit� che a queste si adattino e non ne prescindano, come accade, invece, nella situazione in esame. Di conseguenza, va dichiarata l'illegittimit� dell'art. 509 c.p.p. nella parte riguardante l'inciso �a pena di inammissibilit��. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 27 febbraio 1973, n. 20 -Pres. Chiarelli - Rel. De Marco -Avanzi:ni ed altri (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero dell'Interno (sost. avv. gen. dello Stato Coronas). Circolazione stradale -Norme di depenalizzazione -Imposizione di un contributo sulle ordinanze sanzionatorie -Ille~ittimit� costi tuzionale. (Cost., art. 3; 1. 24 dicembre 1969, n. 991, art. 9). 1iJ fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 9 della legge 24 dicembre 1969, n. 991, nella parte in cui impone un contributo a favore della Cassa Previdenza avvocati e procuratori sulle ordinanze emanate dalle autorit� amministrative per le violazioni al codice stradale ed ai regolamenti locali al penalizzato (1). (1) La sentenza 4 marzo 1970, n. 32 cui la Corte si richiama � pubblicata in Giur. cast., 1970, 247, con nota di BACHELET, Questioni in tema di depenalizzazione. 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -3. -La legittimit� costituzionale di akuni contributi alla Cassa di previdenza degli avvocati e procuratori � gi� venuta all'esame di questa Corte, in relazione, peraltro, non alla legge n. 991 del 1969, ma in relazione alla legge 5 luglio 1965, n. 798, e precisamente: a) in riferimento all'art. 3, comma primo, lett. b, che impone un contributo di lire 2.000 sui decreti penali di condanna non opposti; b) 1n riferimento all'art. 3, lett. b ed i, che impongono un contributo oggettivo sui decreti di svincolo dell'indennit� di espropriazione spettante al proprietar.io espropriato; e) in riferimento all'art. 4, lett. a, b e e, che impongono i contributi definiti oggettivi, rispettivamente, di lire 400 per ogni certificato penale rilasciato in bollo dagli uffici del casellario giudiziario, di lire 400 per ogni atto notorio in bollo di competenza dei canceHieri giudiziari, di lire 3.2!00 per ogni certificato rilasciato dalla cancelleria dei tribunali, relativo alle imprese indicate dall'art. 2195 e.e. Le relative ol'dinanze di rinvio, partendo dal presupposto che tali contributi non ,trovano giustificazione in prestazioni professionali degli avvocati e procuratori dirette o indirette a favore di coloro che sono tenuti a corri.spondedi, ne denunziavano la illegittimit� costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 23, 2i4, 38, 42', 53 e perfino 98 della Costituzione. Con le sentenze nn. 2,3 e 85 del 1958, la Corte ha ritenuto, che tali contributi debbono ricondursi sotto il concetto, in senso lato, di tributi giudiziari, legittimamente posti a carico di coloro che, con o senza l'ausilio di un professionista legale, si giovano del servizio giudiziario, del quale gli esercenti la professione forense sono indispensabili colla boratori, dovendosi in fale collegamento ravvi,sarsi anche una esigenza di interesse pubblico che giustifica l'imposizione. p,artendo da questa premessa la Corte, ha, poi, conseguentemente ed agevolmente dimostrata la infondatezza delle proposte questioni, in riferimento a tutte le norme della Costituzione delle quali, come sopra si � esposto, si prospettava la violazione. 4. -Poich� nessun nuovo argomento � stato addotto che possa indurre a discostarsene, la giurisprudenza formata con le citate sentenze deve essere mantenuta ferma. Pertanto, posto il principio che il contestato contributo va ricondotto nel concetto di tributo guidiziario in senso lato, ai fini del decidere deve accertarsi se nella ordinanza contemplata nell'art. 9 della legge 3 maggio 1967, n. 317, finch� non vi sia stata opposiz.ione, possano ravvisarsi elementi tali da far ritenere esistente un collegamento, anche indiretto, col servizio giudiziario. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 327 Al riguardo si rileva : Come questa: Corte ha dimostrato con la sentenza n. 3,2 del 1970, la natura oggettivamente ed esclusivamenrte amministrativa di tale ordinanza non pu� contestarsi. Del resto ne d� ,conferma la ormai costante giurisprudenza del1' Autorit� giudiziaria ordinaria che, uniformandosi ai principi affermati con la sopra citata sentenm di questa Corte, giudica sulle opposizioni alle ordinanze in �sede dvile e non in sede penale. Non solo, ma, come si desume dal secondo comma, proprio dell'impugnato art. 9 della legg.e n. 991 del 1969, anche in caso di rigetto dell'opposizione all'ordinanza, la riscossione del contributo � demandata alle stesse autorit� ed uffici cui anche � demandata in via normale o in via coattiva la riscossione della sanzione amministrativa e non alla cancelleria del giudice dell'opposizione. Ci� � in perfetta ,coerenza con la natura di giudizio di legittimit� su un atto amministrativo che pone in essere l'opposizione, rigettata la quale, la sanzione amministrativa resta comminata dall'ordinanza riconosciuta legittima e non viene fatta propria dalla sentenza di rigetto. Re.sta, cosi, confutata anche l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato, secondo la quale l'attivit� devoluta all'autorit� amministrativa dalla legge n. 317 del 1967 sarebbe amministrativa solo formalmente, essendo pur essa diretta a reintegrare l'ordine giuridico mediante applicazione di sanzioni ed essendo intimamente collegata con la fase strettamente giurisdizionale. Che, poi, anche in sede amministrativa si possa aver bisogno della consulenza o dell'a.ssistenza di un esercente la professione legale, non ha rilevanza, in quanto, ove tali ipotesi si verifichino, sono dovuti gli altri contributi che la legge prevede e non quello oggetto della contestazione in esame. Tanto stabilito, risulta in modo evidente che soltanto in caso di opposizione chi sia stato colpito da un'ordinanza di comminazione di sanzione amministrativa � si giova deJ. servizio giudiziario � ed � tenuto, in conseguenza, al pagamento dei contributi alla Cassa di previdenza degli avvocati e procuratori preveduti dalla legge per i giudizi davanti al giudice adito, ancorch�, avvalendosi della facolt� accordatagli dal comma sesto dell'art. 9 della legge n. 317 del 1967, preferisca stare in giudizio senza ministero del difensore. Ma, se non vi � stata opposizione, il � giovamento del servizio giudiziario � rimane nel campo di una mera possibilit� astratta comune ad ogni atto ammintstrativo, che pu� essere impugnato davanti alla giurisdizione ordinaria o amministrativa o, addirittura ad ogni contl'atto di diritto privato che, potenzialmente, pu� condurre davanti ad un giudice o in veste di attore o in veste di convenuto. �.~� 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Viene cosi a mancare il presupposto, che se�condo la giurisprudenza di questa Corte, pu� giustificare l'imposizione del contributo in esame, considerato tributo giudiziario, in senso lato, ossia n godimento in modo divisibile del servizio giudiziario col relativo collegamento alla esigenz�a di interesse pubblico che si riconosce al1a professione forense nella sua funzione di collaborazione del servizio giudiziario. Ci� posto, senza che occorra passare all'esame degli altri profili di illegittimit� costituzionale prospettati con 1e ordinanze di rinvio, � assorbente e sicuramente fondato quello �con il quale si prospetta la vioiazione del principio di eguaglianza: nessuna razionale giustificazione infatti ha la differenziata disciplina, rispetto all'obbligo del pagamento del contributo in questione, che colpisca coloro nei confronti dei quali sia stata emeissa un'ordinanza di comminazione di sanzione amministrativa, opponibile in sede giudiziaria, di fronte a quella riguardante tutti coloro ai quali sia stato notificato un qualsiasi atto amministrativo, impugnabile sia davanti agli organi di giurisdizione ordinaria sia davanti agli organi di giurisdizione amministrativa. -(Omissis). SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 marzo 1972, n. 879 -Pres. Stella Richter ~ Rei. Milano -P. M. Secco (diff.) -Amministrazione delle Finanze (avv. Stato Zoboli) c. Fall. S.p.a. S.I.R.U. (avv. Busi, Collina e Provinciali). Competenza e giurisdizione -Fallimento -Pretesa tributaria verso la massa fallimentare -Forma contenziosa ordinaria: inammis.. sibilit�. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 52, 93, 101; r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 22). La domanda di accertamento di un credito d'imposta nei confronti della massa faHimentare � inammissibile se proposta nelle forme contenziose ordinarie anche quando si tratta di azione giudiziaria di accertamento conseguente a decisione della Commissione Centrate delle imposte (1). (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso principale, l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione degli artt. 53 t.u. 24 ago (1) Nella sentenza viene riaffermato il principio generale della materia fallimentare (-valido nonostante l'autonomia del processo tributario -), secondo il quale per la proposizione di pretese creditorie verso il fallito o la massa, occorre segui:l.'e le T�egole stabilite pex la verificazione dello stato passivo. Tali :regole trovano applicazione, secondo le SS.UU., anche nell'ipotesi di domanda diretta a stabilire la legittimit� dell'imposizione tributaria mediante azione di mero accertamento. Rimane implicitamente confermato, anche nella specifica �disciplina, il corollario secondo il quale � concessa al creditore azione ordinaria in materia fallimentare quando l'accertamento giudiziale non sia destinato a spiegare effetti nel fallimento, ma, solo, sul debitore ritornato nel possesso dei beni (v. in ta1le senso Cass., 3 febbraio 1969, n. 321, in Giust. Civ., 1969, I, 595; Cass., 12 ,settembre 1969, n. 3096, Dir. fallimentare, 1970, I.I, 326; Cass., 6 settembre 1969, n. 3074, Dir. fallimentare, 1970, II, 323). L'affermazione contenuta nella seconda parte della decisione chiarisce la natura del vizio: la formulazione di una pretesa creditoria nei confronti del fallito, o della massa fallimentare, senza l'osservanza delle forme e (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. Carlo CARBONE. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 330 sto 1877, n. 4021, 22 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, 9 c.p.c., 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, 52, 93 ,e 101 r.d.l. 16 marzo 1947, n. 267, per aver la Corte di appello dichiarato improponibile, in quanto promossa nelle forme contenziose oridnarie, anzich� in quelle stabilite per l'accertamento del passivo fallimentare, la domanda di accertamento della legittimit� degli atti di imposizione tributaria di cui trattasi. In particolare lamenta che la Corte del merito non abbia considerato che l'azione di accertamento tributario �, per sua natura, dominata di una rigida ed autonoma struttura procedurale non suscettibile, dall'atto de1'l'accertamento alla pronuncia giurisdizionale definitiva, di subire deroghe alla successione necessaria dei suoi atti e che, appunto, nella fattispecie, l'Amministrazione finanziaria, per rimuovere gli effetti delle decisioni sfavorevoli della Commissione centrale delle imposte, doveva necessariamente, entro il termine di decadenza di sei mesi previsto dall'art. 53 del t.u. n. 4021 del 1877; proseguire H processo tributario di accertamento avanti al tribunale competente. Il motivo non � fondato. In materia di accertamento giurisdizionale di crediti pendente il processo fallimentare questa Corte Suprema, con numerose decisioni anche recenti, ha avuto occasione di affermar,e i seguenti principi: 1) che qualsiasi pretesa creditoria, anche di natura tributaria, che si voglia far valere contro il fallito deve essere accertata secondo le norme stabilite dagli artt. 93 e segg. della legge fallimentare, mediante, cio�, lo speciale procedimento di verificazione dello stato passivo, essendo l'istanza di ammissione al passivo, non gi� una forma meramente facoltativa che si trovi in concorso elettivo con quella ordinaria per far valere il credito, ma l'unico modo di proporre la domanda giudiziale nei confronti del debitore fallito (Cass., 21 luglio 1960, della sede processuale previste dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267, si risolve non in una semplice nullit�; bens� in un'assoluta inidoneit� de�la domanda a produrre l'effetto cui era diretta e, cio�, nella mancanza di un presupposto necessario affinch� il giudice possa legittimamente conoscere del merito. Non si dibatte, quindi, una questione di giurisdizione o di competenza, ma, solo, di ammissibilit� dell'azione dovendosi concludere il processo con una pronuncia negativa di contenuto puramente processuale (v. anche Cass., 3 aprile 1971, n. 952, in Rep. Foro it., 1971, Fall., n. 362). Diversamente gli organi fallimentari sarebbero costretti ad un'azione giudiziaria che, secondo il meccanismo della verificazione dei crediti nello stato passivo, potrebbero evitare. La sentenza in esame � pubblicata, con nota di richiami, in Foro it., 1971, I, 3209; la decisione della Corte di appello di Bologna in Foro it., 1970, I, 2182; per ila istatuizione del Tribunale v. Foro it., Rep. 1969, Ricchezza mobile, n. 82 e Dir. fall. 1969, II, 535 con nota di PAZZAGLIA, Plusvalenze, imposta di r.m. e fallimento. (C. C.) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE, 331 n. 2053, 22 marzo 1965, n. 465, 22 giugno 1966, n. 1597 e 23 luglio 1968, n. 2653); 2.) che soggetti alla procedura esecutiva concorsuale sono anche i crediti verso la massa fallimentare, quelli, cio�, contratti durante l'amministrazione fallimentare e, come tali, .prededucibili dall'attivo, qualora, come nella fattispecie, sorga, relativamente ad essi, una questione concernente 'l'an, H quantum o lo stesso diritto di prededuzione (Cass., 16 agosto rn66, n. 2174 e 23 luglio 1968, n. 2:653, entrambe proprio in materia di crediti tributari prededucibili contestati); 3) che, quando sia pendente controversia sull'accertamento d'imposta innanzi agli organi del contenzioso tributario, il giudice dispone l'ammissione del credito con riserva, equiparando il credito tributario ad un credito condizionale (Cass., 9 maggio 19155, n. 1329 e 2,1 giugno 1969, n. 22,05'), mentre qualora ne escluda l'ammissione perch� non provato, il tribunale fallimentare innanzi al quale sia proposta opposizione, � tenuto a sospendere il processo a sensi dell'art. 295 c.p.c. sino alla definizione della controversia in sede di giurisdizione speciale (Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1970, n. 117). Le ragioni che militano a sostegno dei suesposti principi e che impongono di mantenerli immutati si riassumono essenzialmente nel rilievo che � regola fondamentale in materia fallimentare, desumibile dagli artt. 24 e 52 legge fallimentare, quella secondo cui ogni questione la quale si ricolleghi ad una pretesa creditoria nei confronti del fallito o della stessa amministrazione fa!Umentare resta attratta alla relativa procedura, per cui nel caso in cui tale pretesa possa dare luogo ad un procedimento contenzioso la sede naturale resta sempre quella della verificazione dello stato passivo. E tale r�egola non pu� certo subire eccezione per il giudizio di accertamento di un credito d'imposta perch� se � vero che tale giudizio ha per oggetto l'accertamento della legittimit� dell'atto di imposizione, � per� innegabile che tale accertamento costituisce pur sempre l'antecedente logico e necessario di una richiesta di pagamento nei confronti del fallimento e pertanto, come ogni altra questione pregiudiziale all'accertamento del credito, anche essa deve essere necessariamente trattata nella stessa sede (procedimento di verifica) e ne1la stessa forma (domanda d'insinuazione), riservate, dopo la dichiarazione di fallimento, alle domande di accertamento di credito. D'altra parte � noto che quando il legislatore ha voluto limitare o modificare in materia tributaria gli istituti di carattere generale appartenenti al nostro ordinamento giuridico lo ha detto espressamente, come, ad esempio, per la facolt� dell'esattore di agire esecutivamente sui beni del contribuente anche in ]1lendenza della procedura fallimentare (articolo 206 t.u. delle leggi sulle imposte dirette del 1958), mentre, in difetto di una normativa speciale, ha inteso non derogare alle norme generali. 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non a proposito, pertanto, a sostegno della sua contraria tesi la ricorrente fa richiamo alla detta disposizione dell'art. 206 del t.u., n. 645 del 1958, in virt� della quale l'esecuzione esattoriale pu� aver luogo anche in pendenza del fallimento, perch� tale norma, come gi� ritenuto da questa Corte Suprema (Cass., 10 marzo 1969, n. 766), rappresenta appunto un'eccezione al principio generale posto dall'art. 52 della legge fallimentare, eccezione giustificata dalla necessit� di consentire all'esattore, tenuto verso lo Stato de1l non riscosso per riscosso, di realizzare sollecitamente la riscossione di quei tributi divenuti ormai esigibili per essere stata gi� effettuata l'iscrizione a ruolo. N� pu� essere condiviso l'assunto della ricorrente secondo cui il principio della inderogabilit� del rito speciale falil.imentare soffrirebbe, comunque, eccezione nel caso in cui, come nella fattispecie, sia gi�, intervenuta decisione sfavorevole all'Amministrazione finanziaria della Commissione centrale, il cui passaggio in giudicato pu� essere evitato soltanto con la proposizione, entro il termine di sei mesi, dell'azione davanti al giudice ordinario e non anche con una semplice domanda di ammissione al passivo. La ricorrente, infatti, trascura di considerare che la domanda di ammissione al passivo di cui all'art. 73 della legge fallimentare non � altro che una forma di domanda giudiziale, che ha per oggetto immediato la soddisfazione del diritto del creditore nella misura consentita dal concorso degli altri creditori. Come tale, essa si dirige sostanzialmente contro il debitore, anche se formalmente sia indirizzata all'ufficio che ha avuto il compito di procedere alla ripartizione delrattivo e, pertanto, della domanda giudiziale, come testualmente � detto nell'art. 94 della 'stessa legge fallimentare ,produce tutti gli effetti e, in particolare, quello impeditivo della decadenza dei termini per gli atti che non possono essere compiuti durante il fallimento. N�, contrariamente a quanto si afferma dalla ricorrente, un argo mento in contrario pu� desumersi dal disposto del terzo .comma del l'art. 95 legge fallimentare che esclude la possibilit� di ricorrere al procedimento di verifica innanzi al giudice delegato nel caso in cui il credito sia �stato gi� accertato COIJ sentenza non passata in giudicato per essere, in tale ipotesi, la proposizione del mezzo di impugnazione l'unico rimedio consentito dalil'ordinamento giuridico per rimuovere gli effetti della pronuncia giudiziale. �, infatti, principio pacificamente acquisito in dottrina ed in giurisprudenza quello secondo cui H procedimento innanzi alle Commissioni tributarie e quello innanzi al giudice ordinario sono in rapporto di reciproca autonomia e ci� esclude, come pi� volte ritenuto da questa Corte Suprema, che il giudizio innanzi al .giudice ordinario possa considerarsi come un'impugnazione, di quello svolto innanzi agli organi de�l contenzioso tributario. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 333 Non vale, infine, il richiamo che la ricorrente fa alla decisione di questa Corte 23 marzo 1957, n. 988, con cui si � escluso che la vis attractiva della procedura fallimentare possa estendersi alla controversia pendente, all'atto della dichiarazione di fammento, innanzi commissioni tributarie sulila determinazione del valore per l'applicazione di imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza. La controversia, infatti, �di cui all'art. 29 r.d. 7 agosto 1936, numero 1639 attiene all'accertamento dei presupposti e degli elementi dell'imposizione (base imponibile) e non d� luogo all'acc�rtamento diretto e definitivo di un credito della Finanza nei confronti del contribuente, mentre, nella fattispecie, costituisce oggetto del giudizio proprio l'accertamento diretto e definitivo del credito tributario e non gi� soltanto un presupposto di esso. Il primo motivo del ricorso deve essere, pertanto, rigettato, avendo la Corte di appello legittimamente ritenuto che la domanda di accertamento del credito d'imposta era stata invalidamente proposta in sede ordinaria contenziosa. Con il secondo motivo l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione degli artt. 2907 e.e., 99 c.p.c. nonch� il difetto di motivazione su punti decisivi della controversia e, premesso che la pretesa irrituale proposizione della domanda non poteva dar luogo ad un difetto di giurisdizione e non poneva neppure una questione di competenza, ma non poteva determinare altro che un caso di nullit� di atti processuali, sostiene che la Corte di appello, dichiarando improponibile la domanda ha errato, non soltanto perch� l'espressione �improponibile � attiene esclusivamente alla mancanza dei presupposti per l'esercizio della azione da parte del giudice ordinario, ma anche e soprattutto perch� l'eventuale nullit� dell'atto introduttivo del giudizio era stata sanata per aver l'atto egualmente raggiunto lo scopo della costituzione di un valido rapporto processuale avanti al giudice competente e, comunque, era ormai preclusa perch� non dedotta tempestivamente nel giudizio di appello contro la sentenza di primo grado. Anche tale censura � infondata. Tralasciando di considerare il denunciato difetto di motivazione, costituendo tale vizio motivo di annullamento solo se concerne punti di fatto e non profili di diritto della causa, rilevasi che � certamente esatto che la Corte del merito, afferm,ando che l'azione per l'accertamento del credito d'imposta andava proposta nell'ambito della procedura fallimentare, non ha inteso risolvere una questione di giurisdizione e neppure di competenza. Mentre, infatti, non � ipotizzabile una questione di giurisdizione tra giudici ordinari tra loro, � noto che la c.d. competenza funzionale del giudice delegato per la procedura fallimentare o del Tribunale fallimentare non attiene alla competenza in senso stretto, ma alla sem plice ripartizione dei compiti tra organi dello stesso ufficio giudiziario. 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Da ci�, per�, non deriva la conseguenza, voluta dalla ricorrente, secondo cui nella :specie non potrebbe configurarsi che un'ipotesi di nullit� della domanda giudiziaria per essere stata avanzata in forma diversa da quella prescritta dalla legge, nullit� da ritenersi sanata o, comunque, preclusa. Se � vero, infatti, che l'adozione della forma della citazione in luogo di quella del ricorso (o viceversa) non importa nullit� del pro cedimento quando questo si sia svolto regolarmente e sia stato rag giunto lo scopo della costituzione di un valido contraddittorio tra le parti, � anche vero che tale principio, come gi� ritenuto dalle richia mate decisioni n. 2174 del 196 e n. 2653 del 1968, non pu� trovare applicazione nel caso in cui non si tratti semplicemente dell'azione di una forma di atto introduttivo del giudizio diversa da quella prevista dalla legge, ma sia stata proposta l'azione in una sede diversa da quella prevista come necessaria ed obbligatoria dalla disciplina speciale del fallimento. Se, inveTo, si propone da parte del creditore l'azione nei c�nfronti del fallito nella sede giudiziaria ordinaria e non nel l'ambito del procedimento fallimentare, non si pu� affermare che sia stata attuata dalla parte la proposizione della domanda in una forma diversa da quella tipica prevista dalla norma di rito e che, pertanto, ricorra un'ipotesi di nullit� di atti processuali, ma deve ritenersi che l'azione � stata introdotta anche in una sede processuale diversa da quella prevista come necessaria ed inderogabile dal legislatore. In tale ipotesi, come esattamente � stato posto in rilievo dalle richiamate decisioni, con l'adozione della forma della citazione in luogo del ricorso al giudice delegato viene, tra l'altro, ad essere frustrata quella particolare funzione cui, nella fase preliminare, attende la domanda di ammissione al passivo, quella, cio�, di mettere in grado gli organi fallimentari di evitare il passaggio alla fase contenziosa me diante il riconoscimento del diritto del ricorrente e la conseguente ammissione al passivo, con semplice decreto, del credito dal medesimo vantato. La formulazione, quindi, di umi pretesa creditoria nei confronti del fallito senza l'osservanza delle forme e della sede processuale previste dalla legge speciale fallimentare si risolve, non gi� in una semplice nullit�, ma in un'assoluta inidoneit� della domanda a pro, durre l'effetto a cui era diretta, nena� mancanza, cio� di un presupposto necessario affinch� il giudice possa legittimamente conoscere del merito. Vero � che in tale ipotesi, concludendosi il processo con una pro nuncia negativa di contenuto puramente processuale, dovrebbe parlarsi di inammissibilit� della domanda e non gi�, come ritenuto dalla sen tenza impugnata, di improponibilit�, esprimendo quest'ultima formula, secondo la dottrina pi� autorevole, la impossibilit� di risolvere la PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 335 questione finale di merito per una ragione sostanziale (mancanza dei requisiti dell'azione), ma � chiaro come la formula usata dai giudici di merito, anche se impropria, non abbia inciso sull'esattezza della pronuncia, con la quale si � inteso unicamente risolvere una questione pregiudiziale senza toccare il merito. -� (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 giugno 1972, n. 2132 -Pres. Pece -Rel. Ridolla -P. M. Trotta (conf.) -Assessorato LL.PP. Regione Siciliana e I.S.E.S. (avv. Stato Albisinni) c. Anzalone ed altri (avv. Alessi). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria� ed amministrativa -Discriminazione: petitum sostanziale. Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblica utilit� Criterio discriminatorio fra giurisdizione ordinaria ed amministrativa. Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblico interesse Decadenza della dichiarazione di pubblica utilit�. (Cost., art. 103; I. 20. marzo 1865, n. 2048, all. E, artt. 2, 4, 5; r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26; I. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 13; e.e., art. 834). Competenza e giurisdizione -Espropriazione per pubblico interesse Occupazione temporanea e d'urgenza: decorso del biennio -Giurisdizione ordinaria. (1. 25 giugno 1865, n. 2-359, art. 73)-. Ai fini deH'attribuzione di una controversia alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario piuttosto che a quella del giudice amministrativo, l'oggetto della domanda, �ui fa 1�iferimento l'art. 386 c.p.c., deve essere riguardato non come mero petitum, ma in correlazione con la causa petendi (cosiddetto petitum sostanziale); occorre, cio�, stabilire se, alla stregua delle norme che disciplinano la materia controversa, la posizione giuridica vantata dall'attore come diritto sogg'ettivo sia tale anche di fronte alla P. A., sicch�, anche nei confronti di questa, l'ordinamento giuridico le accordi quella tutela che � propria dei diritti soggettivi; l'indagine sulla giU?�isdizione si risolve neH'applicazione del crite1�io desunto dall'esistenza o dall'ine,sistenza del potere della P. A. di invadere la sfera giu1�idica del cittadino (1). (1) La massima costituisce espressione del dominante criterio di discriminazione delle competenze giurisdizionali secondo il c.d. principio del petitum 1sostanziale. Tra le pi� recenti applicazioni di siffatto orientamento si segnala Cass., Sez. Un., 6 giugno 1972, n. 1733, in Giust. Civ., 1972, I, 1823. In tale fattispecie � stata affermata la giurisdizione dell'AGO in ordine ad una domanda di annullamento di un decreto presidenziale di approva 5 336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In materia di espropriazione per pubblica utiLit� sussiste la giurisdizione ordinaria quando il privato, negando in radice ed in sostanziale aderenza alle norme di legge l'esistenza o la permanenza del potere della P. A. di disporre del diritto di propriet�, invoca, nei confronti deUa P. A. stessa, la tutela. di quel diritto neLla sua originaria consistenza rimasta integra o non pi� affievolita.; sussiste, invece la giurisdizione del giudice amministrativo quando, verificatosi l'affievolimento .del diritto di propriet� per effetto di atti del pq�ocedimento di espropriazione che siano stati posti in essere da una P. A. investita del relativo po,tere, al cittadino, quale portatOIJ''e di un intere�sse' legittimo, non resta che la possibiltt� di contestare la legittimit� formale degli atti stessi, cio� in definifJiva il modo in cui quel potere pur esistente � stato esercitato (2). La decadenza deLla dichiarazione di pubblica utilit� per ii decolfso dei termini di cui all'art. 13 legge espropriativa., incide sull'esistenza stessa del potere di espropriazione; contro ii relativo conseguente illegittimo eserc:izio la tutela appartiene al giudice ordinario (3). L'occupazione tem,p01�anea, anche� se eser'Citata in funzio-ne della esprOPlfiazione, non pu� supe1�are la durata del biennio al termine del quale, se� non sia emesso il provvedimento espropriativo, il privato pu� esercitare l'azione giudiziaria ordinaria per la reintegrazione ovvero per il risarcimento del danno (4). (Omissis). -Il ricorso �, dunque, da prendere in esame solo in quanto proposto dall'Assessorato Regionale, il quale, col primo motivo, denunzia, ai sensi dell'art. 360, nn. 1 e 3, c.p.c. la violazione e la falsa applicazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, zione del piano regolatore generale fondata sul rilievo della illegittimit� del decreto come di ogni provvedimento che imponga, senza indennizzo,. vincoli di contenuto espropriativo alla propriet� privata. Infatti la domanda stessa -secondo fa S.C. -si risolverebbe in una richiesta di tutela del diritto di propriet� nei confronti di atti della P.A. emessi in mancanza del necessario presupposto per l'esercizio del potere di espropriazione. (2) Per quanto concerne l'applicazione di detto principio alla specifica materia �esrpirorpdativa, cfr. Cass., Sez. Un., 6 marzo 19�69, n. 706, in Giust. Civ., 1969, I, 1262; Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1968, n. 245, ivi, 1968, I, 621 entrambe �Citate in motivazione. Vedi, anche, RuoPPOLo, Sindacato deJl giudice ordinario sull'esercizio del potere da parte dell'amministrazione, in Giust. civ., 1967, I, 910. (3) In relazione alla. scadenza dei termini previsti dall'art. 13, legge espropriativa si segnala, in particolare, la nota pubblicata su Giust. civ., 1969, I, 1474 in irelazione a C'ass., Sez. Un., 29 aprile 196-9, n. 1374, ove � richiamata, fra l'altro, la difforme giurisprudenza del Consiglio di Stato. (4) La S.C. si era pronunciata sullo specifico problema con sentenze 4 aprile 1969, n. 1108 in Giur. it., 1969, I, 1, 1288; 23 aprile 1964, n. 992 in Giust. civ., 1964, I, 1813. (C. C.) PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZION.E 337 in relazione agli artt. 103 della Costituzione e 26 del testo unico numero 1054 del 1924 (difetto di giurisdizione del giudice Ol'dinario). In particolare, secondo l'Assessorato ricorrente, la Corte di Caltanissetta, dichiarando la illegittimit� del decreto di espropriazione de�l 17 giugno 1964 e, conseguentemente, della occupazione dei terreni, a decorrere dallo scadere del biennio di occupazione legittima, avrebbe esorbitato dai limiti del potere giurisdizionale attribuito, dalle indicate norme, al giudice ordinario ed avrebbe invaso la sfera di competenza giurisdizionale riservata ai giudici amministrativi: si sostiene, infatti, che �la �emanazione del decreto di espropriazione dopo la scadenza del termine di cui all'art. 13 della legge n. 23159 del 1865 avirebbe potuto, in ipotesi, dar luogo ad un vizio neU'esercizio del pote�re espropriativo, la cui cognizione era �sottratta al giudice ordinario e riservata al giudice amministrativo, in sede di tutela dell'interesse occasionalmente protetto dalla norma. La censura � infondata. Ai fini dell'attribuzione di una domanda alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario piuttosto che a quella del giudice amministrativo, l'oggetto della domanda, cui fa riferimento l'art. 386 c.p.c., deve essere riguardato, non come mero petitum, ma in correlazione con la causa petendi (cosiddetto petitum sostanziale). Occorre, -cio�, stabilire se, alla stregua delle norme che disciplinano la materia controversa, la posizione giuridica vantata dall'attore come diritto soggettivo sia tale anche di fronte ana Pubblica Amministrazione, �sicch�, anche nei confronti di questa, l'ordinamento giuridico le. accordi quella tutela che � propria dei diritti soggettivi (art. 2 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E). E l'indagine sulla giurisdizione non si risolve, cos�, nell'applicazione del criterio, che � dominante nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite, desunto dalla esistenza o dalla inesistenza del potere della Pubblica Amministrazione di invadere la sfera giuridica del cittadino. Se la legge attribuisce all'Amministrazione il potere di incidere sulle posizioni soggettive dei privati, sacrificandole all'interesse pubblico, la posizione giuridica del soggetto colpito non � di diritto soggettivo e pu� trovare tutela riflessa solo davanti al giudice degli interessi legittimi, se ed in quanto l'interesse del privato si trovi a coincidere con l'interess�e pubblico, garantito dalle cosiddette norme di azione, acch� il poteire della Pubblica Amministrazione sia correttamente e�seircitato. Se, per contiro, la Pubblica Amministrazione non ha alcun potere di incidere sulla posizione gifilidica soggettiva con un atto del tipo di quello che si denunzia come lesivo ovvero se di quel potere � stata privata per volont� di legge, la posizione giuridica del cittadino conserva o riacquista nella sua integ:rit�, anche di fronte all'Amministrazione, quella tutela immediata e diretta che l'ordinamento, con le sue norme dette di relazione, garantisce ai diritti soggettivi: la quale tutela non pu� essere invocata se RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 338 non davanti al giudice ordinario, fermo restando che la negazione, da parte dell'attore, della esistenza del potere .pubblico non deve esaurirsi in unica mera prospettazione di parte, ma deve atteggiarsi in sostanziale aderenza alla disciplina legale della materia controversa. I principi ora enunciati sono stati pi� volte applicati, da queste Sezioni Unite, in materia di espropriazione per pubblica utilit�, nel t;enso che sussiste la giurisdizione ordinaria quando il privato, negando, in radice ed in sostanziale aderenza alle norme di legge, la esistenza o fa permanenza del potere della Pubblica Amimnistrazione di disporre del dkitto di propriet�, invoca, nei confronti dell'Amministrazione stessa, la tutela di quel diritto nella sua originaria consistenza, rimasta integra o non pi� affievolita, laddove sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando, verificatosi l'affievolimento del diritto di propriet� per effetto di atti del procedimento di espropriazione che siano stati posti in essere da una Pubblica Amministrazione investita dal relativo potere, al cittadino, quale portatore di un interesse legittimo, non resta che la po~sibilit� di contestare la legittimit� formale degli atti stessi, cio�, in definitiva, il modo in cui quel potere, pur �esistente, � rstato esercitato (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 706 del 1969, n. 245 del 1968, n. 179 del 1963, n. 1583 del 1961 e numerose altre conformi). Ora, nel sistema della legge sulle espropriazioni, la dichiarazione di pubblica utilit� non attiene alle modalit� di esercizio del potere espropriativo, ma � un presupposto, stabilito dall'art. 834 e.e. a difesa del diritto di propriet�, della stessa esistenza di quel potere, il quale, ancorch� astrattamente attribuito dalla legge alla Pubblica Amministrazione, sorge concretamente in questa per effetto della dichiarazione di pubblica utilit� e permane finch� tale dichiarazione resti efficace: tant'� che, divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilit� per la &cadenza dei termini di cui all'art. 13 della legge n. 2359 del 1865, non potr� procedersi alla espropriazione se non in forza di una nuova dichiarazione ottenuta nelle forme prescritte dalla legge. Dal che consegue che la decadenza della dichiarazione di pubblica utilit� per il decorso dei termini di cui all'art. 13 fa venir meno il potere di comprimere il diritto di propriet� e di degradarlo al rango di interesse legittimo, e non ne rende soltanto illegittimo l'esercizio: e, venuto meno il potere e cessata la compressione, il diritto, gi� affievolito, riacquista la sua originaria consistenza di diritto soggettivo perfetto ed � restituito alla ordinaria tutela giurisdizionale che ai diritti soggettivi � garantita (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 1374 del 1969, 2925 del 1967, n. 1223 del 1964). N� a diversa conclusione pu� prevenirsi alla stregua dell'art. 73 della legge del 1865. Anche il potere di occupazione temporanea, pur se eserdtato in vista ed in funzione della espropriazione per pubblica PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 339 utilit�, � condizionato, nella sua stessa esistenza, dal limite temporale del biennio, decorso il quale, senza che sia seguito il provvedimento espropriativo, l'ulteriore occupazione diviene inidonea ad affievolire il diritto del proprietario, e, di conseguenza, diventa lesiva di una posizione soggettiva tutelabile solo davanti al giudice ordinario (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 1108 del 196,9, n. 992 del 1964). Che poi, nell'uno e nell'altro caso, la diretta reintegrazione del diritto leso, nella forma specifica della restituzione del bene, possa essere impedita, a norma dell'art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, dall'avvenuta trasformazione del bene stesso con permanente destinazione a pubblica utilit�, � cosa che attiene al contenuto della tutela concretamente attuabile, la quale resta in tal caso circoscritta alla forma non specifica del risarcimento del danno, ma non attiene ai limiti della competenza giurisdizionale del giudice dei diritti soggettivi. Alla stregua dei principi e dei criteri fin qui richiamati, non pu� dubitarsi della appartenenza alla cognizione del giudice ordinario delle domande proposte dagli Anzalone e consorti, i quali, deducendo la abusivit� delle occupazioni protrattesi oltre i termini di legge senza che fosse stato emesso il provvedimento espropriativo, fecero valere il loro diritto all'integrale risavcimento del danno, oltre che quello alle indennit� per le occupazioni legittime entro il biennio; ed � appena il caso di aggiungere che anche quest'ultima domanda sicuramente spettava alla cognizione del giudice ordinario, cos� �come a quest'ultimo giudice spettava anche la cognizione della domanda proposta, in via subordinata, nei processi successivamente instaurati, di determinazione delle giuste indennit� di espropriazione (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., sentenze n. 245 del 1968, n. 431 del 1967). Del modo e del momento processuale in cui, fra le domande degli attori, si inser� la richiesta a che venisse accertata e dichiarata la illegi~timit� del decreto di espropriazione tardivamente emesso, si dir� nella disamina del secondo motivo del presente ricorso. Per quanto attiene alla questione di giurisdizione, baster� qui puntualizzare che quella richiesta, fondata su un motivo che implicava la negazione, ai sensi del gi� ricordato art. 13 del�a legge n.. 2359 del 1865, del potere di espropriazione, non fu volta all'annullamento dell'atto amministrativo n� alla rimozione delle situazioni giuridiche che esso era destinato a produrre, ma fu preordinata, in funzione meramente strumentale ed incidentale rispetto all'oggetto dedotto in giudizio, alla mera disapplicazione dell'atto stesso, in quanto non conforme alla legge: il che restava perfettamente entro i limiti posti al potere giurisdizionale del giudice ordinario, rispetto agli atti della Pubblica Amministrazione, dagli artt. 4 e 5 della legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo. -(Omissis). 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 luglio 1972, n. 2296 -Pres. Pece -Rel. Miele -P. M. Secco (conf.) -Ministero Finanze (avv. Stato Coronas) c. S.p.A. Fratelli Macchi (avv. Viola e Scarpa). Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministrativa -Controversie in materia tributaria -Sono normalmente attribuite alla giurisdizione ordinaria. Competenza e giurisdizione -Imposte doganali -Controversie circa il valore delle merci dichiarate -Appartengono alla giurisdizione ordinaria. La. cognizione delle controversie in materia tributaria �, normalmente, attribuita al giudice ordinario; peraltro non pu� esdudersi che, talvolta, il le�gislatore abbia. riconosciuto al privato interessi solo occasionalmente protetti, la. cui tutela. � affidata a.l giudice amministrativo (1). Le controversie cfrca il valor� delle merci import.a.te, a.i fini delZ �'applicazione dei tributi doganali, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinarfo, in quanto L'Amministrazione finanziaria deve effettuare solo apprezzamenti tecnici secondo criteri predeterminati dalla legge, e non � chiamata. a formulare valutazioni e scelte secondo discrezionalit� amministrativa (2). (1-2) Apprezzamenti tecnici della Pubblica Amministrazione e giurisdizione ordinaria, in relazione al contezioso doganale 1. Premessa. -La � lunga marcia � del cosiddetto contenzioso doganale deve ritenersi virt�almente conclusa, per quanto concerne il riparto tra le giurisdizioni (non per�, come si vedr�, per altre questioni pure attinenti alla giurisdizione). Giova anzitutto rammentare come l'ambito stesso del contenzioso doganale si sia venuto modificando nel tempo. Com'� noto, in materia si sono individuate pi� categorie di controversie. Si sono cos� distinte le controversie relative alla qualificazione merceologica, da quelle di classificazione concernenti l'individuazione dell'appropriato articolo di tariffa: queste seconde non comprese nel contenzioso doganale contraddistinto dalla particolare disciplina che qui interessa. Peraltro, alle controversie di assimilazione, riguardanti la classificazione di merci non considerate specificatamente da alcuna voce della tariffa (e del repertorio) � stato ab antiquo riservato un trattamento differenziato (rispetto alle altre controversie di classificazione): in origine, la assimilazione degli � oggetti non indicati nella tariffa... a quelli con i quali hanno maggiore analogia � era disposta con decreto ministeriale motivato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; successivamente, per tali controversie si � eseguito il procedimento previsto � per la risoluzione delle controversie doganali � (cfr. da ultimo, art. 4 disp. prel. approvate con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723). Per conseguenza della imposizione doganale ad valorem, sono confluite nel contenzioso doga PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 341 (Omissis). -Con l'unico motivo la ricorrente Amministrazione deduce il difetto di giurisdizione, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 26, primo comma, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1504 e dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E in relazione agli artt. 18 e segg. delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale dei dazi di nale le controversie di valutazione delle merci dichiarate; e, con esse, anche le controversie circa l'origine delle merci importate, il regime di tara e il trattamento d'egli imballaggi (art. 3 disp. prel. alla tariffa doganale approvata con d.P.R. 7 luglio 1950, n. 442, e, da ultimo, art. 108 del d.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18). Va aggiunto che, con molteplici provvedimenti legislativi (i pi� antichi risalgono alla fine del secolo scorso), il procedimento per la risoluzione delle controversie doganali � stato esteso alle controversie concernenti la qualificazione merceologica di alcuni prodotti (spiriti, zucchero, birra, ecc.) ai fini dell'appUcazione di imposte di fabbricazione. 2. n contenzioso doganale e la giurisdizione. -Nei dec�enni successivi alle leggi amministrative di unificazion~ del 1865, e vigendo la legge doganale 9 luglio 1859, n. 3494, si criteneva essere al giudke ordinacrio consentito conoscere delle controversie sulla qualificazione e sulla assimilazione delle merci presentate in dogana; �e solo si reputava non sindacabile la determinazione ministeriale � regolamentare o� presa in via di massima � disponente, non in relazione al caso singolo ma � per 1l'avv�enire �, J.'assimilazione degli � oggetti omessi in tariffa � (MANTELLINI, Lo Stato e il codice civile, vol. I, 1880, 450). Dopo la istituzione del � Collegio consultivo dei periti � presso il Ministero delle Finanze, avvenuta con gli artt. 5, 6 e 7 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale approvate con la legge 30 maggio 1878 n. 4390, si fece strada la tesi della � esclu.sivit� di competenza amministrati1ia nella materia � (cos� cass. Roma, Sez. Un., 24 luglio 1884, in Foro it., 1884, I, 1027), e.quindi della non sindacabilit� dinanzi al giudice ordinario del decreto ministeriale che, dopo il parere dell'anzidetto collegio, risolve la controversia doganale (la proponibilit� dell'azione giudiziaria era, invece, stata esplicitamente confermata nel corso dei lavori parlamentari: sul punto, KL1TSCHE DE LA GRANGE, Giurisdizione amministrativa e ordinaria in materia doganale, in Riv. dir. fin., 1955, I, 383). Pu� essere interessante segnalare un passo della motivazione della sentenza che per la prima volta afferm� il Umite della giurisdizione ordinaria (Cass. Roma, 15 gennaio 1883, in Foro it., 1883, I, 258): � ... in codesta materia... per il prevalere, o meglio, lo inevitabile precorrere sulla questione giuridica, in alcuni casi, delle indagini di fatto, o, in altri, di quelle tecniche (come nel presente), venne appunto circoscritta con singolari disposizioni la competenza dell'autorit� giudiziaria a quella che � pura questione giuridica; ci� � accaduto per le controversie relative all'estimo catastale, alla estimazione del reddito per la tassa di ricchezza mobile... , e cos� pure accade per la operazione, sostanzialmente amministrativa e tecnica, della qualificazione delle merci... � (una considerazione non molto dissimile, sessanta anni pi� tardi, ha condotto la Corte di Cassazione a una conclusione opposta). La menzionata sentenza 24 luglio 1884 allarg� il discorso, osservando: � ��� � questione tecnica, punto giuridica, il definire cogli estremi della scienza o cogli elementi della pratica commerciale la na RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO importazione, approvata con d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339 ed afferma che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice ordinario in quanto, al contrario, in tema di valutazione delle merci importate, sussiste un potere discrezionale della ,Pubblica Amministrazione onde doveva escludersi la sussistenza di d�titti soggettivi del contribuente nel senso che questo possa pre tura ed i caratteri di una merce: e in codesto, fra il contribuente e la dogana, non c'� subbietto di contesa su cui debba pronunciare il giudice, ma c'�, al pi�, disparere che con la guida del consiglio peritale dirime la autorit� amministrativa, da un lato cosciente, oltrech� delle singolarit� del caso speciale, delle esigenze del commercio d'importazione, sciente, dall'altro, dei trattamenti in uso presso dogane estere, e riguardosa, nell'interesse dell'economia nazionale, d'ogni cosa che possa pi� o meno influire sulla bilancia degli scambi � (in sostanza, con linguaggio contemporaneo, si asseriva che la situazione soggettiva del contribuente non aveva consistenza di diritto soggettivo). Dopo queste prese di posizioni della Cassazione romana (nella veste di regolatrice dei conflitti), fu proposta dal Governo ed approvata la legge 13 novembre 1887 n. 5028, con la quale erano accresciute le garanzie per il contribuente nel procedimento per la risoluzione delle controversie di valutazione, proprio allo scopo di sopperire alla esclusione del sindacato giurisdizionale. Detto procedimento � rimasto, nelle linee fondamentali, non modificato fino alla riforma introdotta con il d.P.R. 18 febbraio 1971 n. 18 (peraltro, com'� noto, rettifiche furono apportate con la legge 22 dicembre 1910, n. 869, poi confluita nel testo unico 9 aprile 1911, n. 330, e successivamente con altri provvedimenti). In questo contesto storico non � difficile inquadrare la disposizione di cui al terzo coonma dell'art. 3 della legge 31 marzo 1889, n. 5992 (poi divenuto il secondo comma dell'art. 26 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054). Il legislatore dell'epoca, il quale avvertiva la situazione soggettiva del contribuente come un interesse non avente consistenza di diritto soggettivo, limH� l'impugnabilit� dinanzi al Consiglio di Stato delle � decisioni le quali concernano controversie doganali � proprio per la considerazione che dette decisioni (come quelle in materia di �leva militare�) erano precedute dal parere di un collegio tecnico, caratterizzato -si direbbe con linguaggio odierno -da una soddisfacente �imparzialit�� (i lavori parlamentari sulla disposizione in questione �sono riferiti da SPAGNUOLO VrGORITA, Osservazioni circa la natura delle decisioni ministeriali in tema di controversie doganali e loro impegnativa, in Foro it., 1958, IV, 162). La costruzione della figura del �ministro-giudice � (ossia la trasformazione di una attribuzione esclusiva dell'Amministrazione in una giurisdizione spec1ale) emerse qualche anno dopo, con l'autorevole avallo di MORTARA (Commentario al codice e alle leggi di procedura civile, vol. I, ed. 1905, 630 e 646), il quale peraltro sottoline� come � senza dubbio ci� che si trova in contesa � un diritto pubblico subbiettivo patrimoniale � (ivi, 631). Questa costruzione fu, com'� noto, accettata per circa mezzo secolo dalla giurisprudenza e dalla dottrina pi� autorevole (l'atteggiamento dei vari scrittori � riferito da KLITSCHE DE LA GRANGE, op. cit., 386 e segg.). Peraltro, non mancarono coloro i quali espressero perplessit� in merito alla \ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 343 tendere che il prezzo indicato in fattura sia assunto dall'Amministrazione ,come valore imponibile, potendo l'Amministrazione doganale, in forza dell'art. 18 del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, a sua discrezione, scegliere come base imponibile il �prezzo normale � oppure il prezzo di fattura. Avvalendosi di tale. facolt� il Ministro aveva esclusa come base imponibile il prezzo di fattura ed aveva determinato il costruzione del � ministro-giudice � (cos� ALLORIO, Diritto processuale tributario, 1942, 327 e seg.). La nuova costituzione repubblicana impose un riesame della materia, che si svolse parallelamente in dottrina (AzZARITI, La nuova costituzione e le leggi anteriori, �in Problemi attu.ali di diritto costituzionale, 1951, 109, e L'abrogazione del COPoverso dell'art. 25 della legge sul Consiglio di Stato, in Riv. amm., 1952, 73 seg.; MIELE, Riflessi della Costituzione sull'ordinamento del contenzioso tributario, in Riv. trim dir. pub., 1951, 848 seg.; SAVARESE, in questa Rassegna, 1951, 197, MoRTATI, Le giurisdizioni speciali dinanzi aHa Costituzione, in Rass. dir. tecn. dog., 1954, 7; KLITSCHE DE LA GRANGE, OP� cit., in Riv. dir. fin., 195�6, 192 seg.; e gli altri Autori menzionati nel citato scritto di SPAGNUOLO VIGORITA e nella nota di LIPARI, La tutela giurisdizionale nelle controversie doganali, in Giust. civ., 1961, I, 2109 seg.), e in gi>urisprudenza, ove si deline� un cCJ111trasto tra Corte di cassazione e Consiglio di Stato, consessi i quali entrambi ritennero di poter sindacare il decreto ministeriale risolutivo della controversia doganale, il primo in forza del 1comma 1se,condo dell'art. 111 Cast., e il secondo in forza dei comma primo e secondo dell'art. 113 Cast. La Oorte costituzionale, con la nota sentenza 27 giugno 1958, n. 40 (in Foro it., 1958, I, 1054, con nota di CuTRERA, ivi, 1400, e in Giur. cost., 1958, 525, con nota di MoRTATI), afferm� la natura amministrativa del decreto ministeriale in questione (aderendo su tale punto alla tesi del Consiglio di Stato), ma, invece di operare sul senso di aggiungere, nel comma secondo dell'avt. 2,6 t.u. del 1924, la � violazione di legge � alla incompetenza e all'eccesso di potere, elimin� d11lla norma anzid.etta le parole � controversi�e doganali oppure� (cos� facendo venire meno il dato normativo sul quale avrebbe potuto basarsi una esplicita quaJificazione come interesse legittimo della situazione soggettiva del contribuente). Dopo questa pronuncia si � nuovamente manifestato il contrasto tra Corte di Qassazione e Consiglio di Stato. Il giudice amministrativo ha riaffermato la propria giurisdizione, dopo aver qualificato come interesse legittimo la situazione soggettiva del contribuente nelle controversie doganali di qualificazione merceologic� e di valutazione, � in quanto le norme e i principi, dei quali si ;sostiene la violazione, disciplinano lo svolgimento dell'attivit� amministrativa nel pubblico interesse e solo indirettamente e di riflesso riguardano l'utilit� dei soggetti privati � (Cons. St., Ad. plen., 21 gennaio 1959, n. 1, in Cons. Stato, 1959, I, 3, e, successivamente, nello stesso senso, la giurisprudenza prevalente, ma non costante, del Consiglio di Stato, anche in recenti manifestazioni, come, ad esempio, nella decisione 11 dicembre 1968, n. 751, sez. IV, in Cons. Stato, 1968, I, 2011). Medta, peraltro, segnalare che lo stesso Consiglio, con la decisione 17 maggio 1967, n. 171, sez. IV (in Foro it., 1967, III, 440 e in Dir. prat. trib., 1967, II, 1012, con nota critica di MAGNANI), ha ritenuto che la qualificazione delle merci d� luogo a � un giudizio interamente vincolato ed ispirato esclusivamente 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prezzo normale di mercato della merce importata. Pertanto il preteso diritto della societ� Macchi alla valutazione della base imponibile sulla base dei prezzi di fattura non sussisteva in quanto l'Amministrazione anche nell'ipotesi, in cui fossero sussistiti i requisiti di cui agli artt. 18 ult. parte e 23 primo comma del d.P.R. del 1961, poteva prescindere da tali prezzi e determinare il prezzo normale delle merci stesse. a criteri tecni�i dai quali esula ogni discrezionalit� amministrativa � nel caso di �merci la cui descrizione risulti integralmente da una voce della tariffa, dimodoch� la qualificazione si risolva nella perizia merceologica �; mentre � quando la merce non trova esauriente rispondenza in una voce della tariffa, la qualificazione in via analogica non si risolve in un puro apprezzamento tecnico �. In altre parole, � stata sostenuta la giurisdizione ammini,strativa a~lor,oh� .sussistono due controversie connesse e riunite, la una di qualificazione e l'altra di assimilazione. Ancora pi� di recente (nella decisione, IV, 26 aprile 1968, n. 253, in Foro amm., 1968, I, 2, 482) � stata esclusa la giurisdizione amministrativa in una �Controversia di valutazione, nella quale era stata lamentata la violazione di norme di legge regolanti in modo preciso i criteri di determinazione del valore. Il giudice amministrativo ha, inoltre, chiaramente riconosciuto la giurisdizione ordinaria nelle controversie doganali di classificazione tariffaria di beni gi� qualifi.cati merceologicamente (Cons. Stato, IV, 11 dicembre 1968, n. 751, in Foro amm, 1968, I, 2, 1654 con indicazione di precedenti, e Cons. Stato, IV, 25 nov�embre 1969, n. 744). Le sezioni unite della Corte di �Cassazione hanno finora reso (salvo error�e) sette pronunce in materia. Nella sentenza 27 ottohre 1959, 111. 3124 (in Foro amm., 1959, II, 1, 584) � stata affermata la totale devoluzione delle controversie di qualificazione merceologica alla giurisdizione ordinaria. Nella sentenza 1� febbraio 1961, n. 207 (in questa Rassegna, 1961, 12) � stata, di contro, ritenuta la giurisdizione amministrativa in una controversia circa il valore di merci, e anzi, pi� esattamente, il ridotto valore di una partita avariata di zucchero. � A queste due prime pronunce � seguita la sentenza 4 a'Prile 1964, n. 733 (in questa Rassegna, 1964, I, 844, con nota redazionale critica), la Corte Suprema ha affermato che � i de�oreti ministeriali di qualificazione doganale... sono soggetti a sindacato da parte del giudice ordinario... poich�, essi incidono su diritti soggettivi del privato e non su semplici interessi�. Questa affermazione, ;pervero radicale, era basata suUa considerazione dell'assenza di. discrezionalit� amministrativa nella � classificazione � della merce (a ben vedere, quella controversia era pi� di classificazione che di qualificazione merceologica). Nell'ultima parte della sentenza, peraltro, si affermava che l�e controversie di accertamento di valore delle merci concernerebbero interessi legittimi e non diritti soggettivi. Come � noto, questa pronuncia � stata ritenuta, forse anche al di l� del suo reale contenuto, indicativa del principio per cui il giudice (ordinario o amministrativo) competente avrebbe dovuto essere individuato a seconda della consistenza (diritto soggettivo o interesse legittimo) della situazione soggettiva del contribuente (Relazione dell'Avvocat� generale dello Stato 'Per gli anni 19611965, par. 262). E' :seguita la sentenza 29 luglio 1965, n. 1834 (in questa Rassegna, 1965, I. 927, con nota di BATISTONI FERRARA, Determinazione ufficiale del PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 345 Le censure non sono fondate. Va innanzitutto rilevato, in relazione ad una censura della ricorrente A:mmiaistrazione, che la societ� Macchi non ha chiesto al Tribunale che fosse assunto come valore imponibile quello indicato nelle fatture da essa presentate alla dogana, ma, come risulta dall'atto introduttivo del giudizio, ha assunto che nel caso di specie, il prezzo valore delle merci ai fini della i.g.e. all'importazione e posizione soggettiva del contribuente), resa in una sentenza concernente la determinazione ufficiale de�l valore a sensi dell'ultimo comma dell'art. 18 legge organica i.g.e.; in questa pronuncia � stato affermato, in modo drastico, che �nel rapporto tributario tutte le posizioni giuridiche soggettive del contribuente hanno consistenza di diritti soggettivi, anche rispetto alla determinazione del quantum di imposta �. Anche nella successiva sentenza 20 maggio 1966, n. 1421 (in Giur. it., 1968, I, 1, 625, con nota di MANGIONE, Discrezionalit� amministrativa e interessi legittimi nell'accertamento dell'imposta doganale) � stata ritenuta la giurisdizione ordinaria, questa volta per� non in considerazione del carattere asseritamente vincolato dell'attivit� di accertamento tributario, quanto invece per l'argomento che le � norme tributarie in genere� tutelano � direttamente e immediatamente� (e non solo occasionalmente) �anche� l'interesse del singolo contribuente, interesse che �assume, pertanto, consistenza di diritto soggettivo�, Con la sentenza 22 giugno 1971, n. 1957 (in questa Rassegna, 1971, I, 1185), la Corte di cassazione ha contrastato �l'opinione esp:ressa nella menzionata decisione n. 171 del 1967 del Consiglio di Stato, nuovamente soffermandosi sul carattere vincolato della qualificazione merceologica anche nel caso ad essa sia connessa una attivit� di �assimilazione�, In questa sentenza si fa compiere alla giurisdizione ordinaria un altro passo avanti, argomentandosi che � se la assimilazione operata dal Ministro delle finanze �, in definitiva, una interpretazione analogica della tariffa, non si vede perch� l'operazione... non dovrebbe poter essere sindacata dal giudice � (invero un argomento siffatto non pare idoneo a risolvere un probl�ema di riparto tra le due giurisdizioni, la ordinaria e l'amministrativa). La sentenza ora in rassegna presenta, rispetto alle sei che l'hanno preceduta, una motivazione di maggiore respiro. In essa, valorizzandosi l'art. 6 della legge del 1865 abolitrice del contenzioso amministrativo, viene affermat�, in linea di principio, l'attribuzione per materia alla giurisdizione ordinaria di tutte le controversie tributarie, attribuzione confermata dalla constatazione che, per la natura delle norme tributarie, le posizioni soggettive dei contribuenti avrebbero .consistenza di diritti sogg.ettivi. Il principio cos� affermato conoscerebbe eccezioni, non potendosi escludere � che, per determinate materie, il legislatore possa aver voluto affie-� volire tale posizione di diritto soggettivo in quella di interesse legittimo o addirittura ridurla a semplice interesse � : ed � su queste premesse che la Corte ha, nella specie, escluso lo � affievolimento �, mancando un ambito di discrezionalit� amministrativa. Come si � detto all'inizio, l'attribuzione del contenzioso doganale �ordinariamente � (e do� di regola) alla giurisdizione ordina:ria deve ritenersi ormai irreversibile. A conclusione di un ciclo quasi secolare si � tornati nella situazione anteriore ane sopra ricordate sentenze del 1883 e 1884 della Cassazione romana (con, in pi�, la possibilit� di una tutela degli eventuali. interessi legittimi dinanzi al giudice amministrativo); risultato 3i6 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO normale della vendita corrispondeva a quello indicato nelle fatture, essendo effetto di una contrattazione svoltasi in condizioni di libera concorrenza. Si contestava inoltre dalla societ� che i rapporti economici intercorrenti tra essa societ� e quella venditrice avessero influito sulla misura del prezzo concordato, che, pertanto, doveva considerarsi rispondente a condizioni di libero mercato. questo che pu� essere non solo accettato, ma persino valutato positivamente per considerazioni di carattere generale che si esporranno nel quarto paragrafo del presente scritto. 3. Il contenzioso doganale e il testo unico n. 43 del 1973. -Il decreto, legislativo n. 18 del 1971, emanato in forza della delega concessa con la legge 23 gennaio 1968 n. 29, ,e quindi confluito nel testo unico approvato1 con d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, non ha portato sostanziali innovazioni per quanto attiene al riparto tra le giurisdizioni (e, del resto, nessuna innovazione in proposito era autorizzata dalla menzionata legge delegante). L'art. 76 del t.u., coordinato con i precedenti articoli 66 ultimo comma, 68 ultimo comma e 70 secondo comma, ha tuttavia disposto: I) la improponibilit� temporanea dei �rimedi giurisdizionali in sede civile ed amministrativa ., tali rimedi potendo essere �espeTimentati � so1lo dopo che l'accertamento (eventualmente in rettifica) � �divenuto definitivo �, e cio� solo dopo che � stata � emessa � la � decisione � del Ministro prevista dall'aTt. 70; II) la improponibilit� assoluta di �rimedi giurisdizionali � per le controversie che concernano iil cosiddetto ,contenzioso doganale (nel significato sopra indicato) nei casi di � accettazione � della � pretesa della dogana� ovvero della �decisione di prima istanza� (accettazione che pu� essei!'e espl'essa o, con valutazione legal,e tipica, desumibile dalla omessa proposizione del ricorso rispettivamente al capo del compartimento doganale e al Ministro); III) la improponibilit� dei � rimedi giurisdizionali � per decorso del termine perentorio di sessanta giorni da quando l'accertamento � �divenuto definitivo � (peraltro, � ragionevole ritenere che detto termine decona dalla notifica e non dalla emissione della decisione del Ministro); IV) la esperibilit� dei �rimedi giurisdizionali in sede civile ed ammin1stra, tiva ' solo allorch� .la ,eventuale �connessa contravvenzione per infedele dichiarazione sia stata estinta mediante oblazione � (rectius, solo allorch� non � pendente procedimento penale per detta contravvenzione), in quanto, nel caso contrario, � competente a decidere sulla vertenza � il tribunale cui spetta la cognizione del reato�. Eccede dal tema di questo scritto l'esame delle questioni cui pu� dar luogo il raccordo tra processo penale e � rimedi giurisdizionali in sede civile ed amministrativa �, Merita invece segnalare come l'e,spressione � divenuto definitivo l'accertamento ., che era stata utilizzata con preoccupante equivocit� nel decTeto legislativo n. 18 del 1971, � stata oppo'l'tunamente precisata e delimitata nel t.u. n. 43 del 1973, ove si dichia;ra definitivo l'accertamento soltanto dopo la � decisione � del Ministro delle finanze. La precisazione � esatta: ad essa necessariamente conducono vuoi il criterio posto dall'art. 2 n. 8 della legge delegante n. 29 del 1968, vuoi la considerazione che la istituzione di appositi collegi consultivi specializzati e la previsione di procedimenti caratterizzati da adeguate garanzie per i con _.,., ........,. >~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 347 Ci� premesso, va osservato che pi� volte questa Suprema Corte ha ritenuto che in materia tributaria, mentre l'Amministrazione finanziaria ha diritto .di percepire il tributo, a sua volta il cittadino ha diritto di non subke imposizioni oltre i limiti di legge (cfr. Cass., 14 giugno 1954, n. 1890; 27 luglio 1962, n. 2176). Pertanto nel rapporto tribuenti non possono andare disgiunte da una valutazione normativa di necessit� dei rimedi amministrativi in questione. Va comunque osservato che, in sede di redazione del t.u. menzionato, si � ritenuto di non dover adeguare le norme introdotte dal decreto legislativo n. 18 del 1971 ai principi -unico grado di ricorso amministrativo e rilevanza del silenzio -posti da:l successivo d.P.R. 25 norvembre 1971, n. 1199, e alla �l"egola della impugnabilit� degti atti non definitivi dinanzi al giudice amministrativo introdotta dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (sulla nuova disciplina dei ricorsi amministrativi dettata da questo decreto legislativo, e :sulla sua aipplicaibi!lit� in linea di massima in campo tributario, rinvio al mio scritto n ricorso amministrativo dopo la istituzione dei tribunali regiona.li amministrativi, in Riv. dir. proc., 1972,, I, 619 segg.; sul medesimo argomento CAPACCIOLI, Prime considerazioni sulla nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, in Giur. it., 1973; IV, 1; VIRGA, I ricorsi amministrativi, 1972, 6; QUARANTA, La nuova disciplina dei ricorsi amministrativi, in Arbitr. appalti, 1971, 277). Questo mancato coordinamento pu� rendere arduo il raccordo tra ricorsi amministrativi e giudizio amministrativo, nelle controversie per le quali dovesse riconoscersi la giurisdizione amministrativa; peraltro, questo problema appare soprattutto teorico posto che, come si � vtsto, �ordinariamente � la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Pi� importanti, per tale ragione, le possibili .questioni in tema di raccordo tra ricorsi amministrativi e giudizio ordinario. Ad esempio, pu� porsi il quesito se debba ritenersi definitivo l'accertamento anche in assenza della � decisione � del Ministro, nel caso di decorso del termine di sei mesi previsto dal primo comma dell'art. 70; o il quesito se il contribuente possa proporre ricorso al Ministro nel caso di silenzio del capo del compartimento doganale perdurante oltre il termine di quattro mesi previsto dal primo comma dell'art. 68; e persino il quesito se il doppio grado di ricorso amministrativo, voluto dalla legge n. 29 del 1968 e realizzato dai provvedimenti applicativi di essa, sia sopravvissuto all'opposto principio dettato dal d.P.R. n. 1199 del 1971. N01n pare invece dia luogo a inconvenienti (e anzi si rivela oltremodo opportuna) l'azione del criterio della necessit� .e non � facoltativit� � del previo esperimento dei rimedi amministrativi. Del resto, detto criterio � stato costantemente seguito nei recenti decreti delegati per la riforma tributaria: l'art. 24 del d.P.R. n. 639 del 1972 relativo all'imposta sulle pubblicit�, l'art. 39 del d.P.R. n. 640 del 1972 relativo all'imposta sugli spettacoli, l'art. 11 del d.P.R. n. 641 del 1972 relativo alle tasse sulle concessioni governative, e l'art. 33 del d.P.R. n. 642 del 1972 relativo all'imposta di bollo, stabiliscono che l'azione giudiziaria � � promovibile � soltanto avverso le decisioni � definitive � (ovvero decorsi centottanta giorni dalla presentazione del ricorso qualora non sia intervenuta la relativa decisione). 4. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le situazioni soggettive dei �privati�. Nel primo paragrafo di questo scritto si sono riferite, in retro 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giuridico d'imposta la posizione soggettiva del cittadino ha la consistenza di un diritto soggettivo, dato che tale posizione viene tutelata dalla legge non gi� occasionalmente ma direttamente. D'altronde la legge sul contenzioso amministrativo (legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. E) all'art. 6 attribuisce all'A.G.0. la cognizione delle controversie d'imposta, solo sottraendole la competenza a giudicare delle questioni spettiva, le motivazioni addotte dalla giurispruderi.za a sostegno dei diversi orientamenti assunti in materia di giurisdizione sul contenzioso doganale. Alcuni rilievi critici appaiono doverosi. Anzitutto, va osservato come le segnalate sentenze rese nell'ultimo quindicennio dalla Corte di cassazione abbiano esaminato e risolto la questione di giurisdizione facendo ricorso soprattutto, e a volte esclusivamente, alla contrapposizione tra discrezionalit� (giurisdizione amministrativa) e vincolatezza (giurisdizione ordinaria). Laddove, com'� noto, questa contrapposizione � utilizzabile al pi�, per cos� dire, � a senso unico �, e cio� per escludere la giurisdizione ordinaria, posto che � il carattere vincolato e non discrezionale dell'atto non � sufficiente di per s� ad attribuire !_a controversia relativa alla a.g.o., occorrendo, inoltre, che esso sia vincolato non in funzione di esigenze amministrative bens� in funzione della tutela della posizione del soggetto privato, cosicch� la illegittimit� comporti la violazione di una norma di relazione� (cos� da ultimo, Cass., Sez. Un., 16 gennaio 1971, n. 87, in Foro it., 1971, I, 358; e, in pre1cedenza, Cass., Sez. Un., 2 ago.sto 196,6, n. 2146, in questa Rassegna, 1967, I, 37; Cass., Sez. Un., 19 settembre 1967, n. 2183, in questa Rassegna, 1967, I, 964; Ca:ss., S:ez. Un., 7 rap!l'ile 1965, n. 593; e Cass., Sez. Un., 14 aprile 1964, n. 894; non difforme l'orientamento della dottrina, ove peraltro GIANNINI M. S., La giustizia amministrativa, 1969, 95, nega valore scientifico al criterio di riparto basato sulla contrapposizione anzidetta). E', in sostanza, mancata una accurata indagine sul significato politico del carattere � ordinariamente � vincolat� delle attivit� amministrative di qualificazione, valutazione e accertamento dell'origine delle merci dichiarate in dogana. Indagine questa che sarebbe stata doverosa, se si considera che � stata riconosciuta la non eliminabilit� di un notevole margine di cosidetta � discrezionalit� tecnica �. Ora, la individuazione e separazione della discrezionalit� tecnica dalla discrezionalit� tout couri (e quindi la sua distinzione dalla discrezionalit� amministrativa), dapprima affiorata per consentire il sindacato del giudice ordinario su fatti e comportamenti della Amministrazione nelle controversie relative alla responsabilit� civile; � stata successivamente verificata e utilizzata pure con riferimento agli accertamenti e agli apprezzamenti strumentali a provv,edimenti amministrativi ovvero consacrati in atti di �certa-� zione � dotati di piena individualit� giuridica. Ed � ormai acquisita la � differ. enza strutturale esistente tra il giudizio di qualificazione del fatto secondo regole tratte dalle arti tecniche (o sociali) arppllkate e l'apprezzamento discrezionale del valore degli interessi insistenti sulla situazione in ordine alla quale occorre provv,edere � (PIRAs, voce Discrezionalit� amministrativa, Enc. dir., 88). Tuttavia, appare incompleta e deformata_ una immagine della discrezionalit� tecnica che di essa descriva e sottolinei unicamente il profilo della subordinazione della Amministrazione al vincolo della osservanza di criteri tecnici (tale profilo � stato giustamente valorizzato dalla giurisprudenza PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 349 di estimo catastale e di riparto di quota (esclusione che, con successive leggi, � stata estesa alla valutazione del reddito nei tributi diretti). Tale esclusione, per�, non deriva daHa assenza di uri diritto soggettivo in quella direzione (incidendo la valutazione del presupposto d'imposta sull'ammontare del tributo, cui deve soggiacere il citta della Corte costituzionale segnalata da BACHELET, L'attivit� tecnica della Pubblica Amministrazione, 1967, 57 1segg., pecr.-affetmJ.are che l'attribuzione all'Amministrazione di una discrezionalit� tecnica � consentita anche nel caso di riserva relativa di legge). Invero, non va obliterato che la discrezionalit� tecnica presuppone, essa pure, una � imprecisione � della norma attribuiva di potere alla Pubblica Amministrazione; e che, specie per i cosiddetti � casi 'complessi � (la distinzione tra giudizio tecnico � semplice � e giudizio tecnico � compl�esso � � criticata da C'AMMEO, Commentario delle leggi sulla giustizia amministrativa, 1910, 134), finisce per essere solo � mitica� la convinzione della necessaria univocit� e perlezione delle soruzioni che :La 'scienza e� la tecnica possono offrire � (BACHELET, op. ult. cit., 39). Sicch�, il giurista avveduto deve usare una estrema cautela nel far leva sul carattere �vincolato� di una attivit� amministrativa al fine di pervenire a un riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, allorquando in tale attivit�, pur rimanendo assente la discrezionalit� amministrativa, � presente o addirittura assume soverchiante importanza un apprezzamento tecnico non propriamente elementare. Non � consentito affermare che � da ogni norma di diritto connessa con condizioni di fatto che 1mportano giudizio tecnico debba derivare un dkitto subbiettivo; infatti molte circostanze possono influire in proposito in un senso o nell'altro� (CAMMEO, op. cit., 135). Si pu� andare oltr1e, e proporre la tesi che l'attribuzione a organi tecnici della Amministrazione del potere di formulare apprezzamenti di discrezionalit� tecnica �, di per s�, una chiara indicazione di una volont� politicolegislativa di di:scipUnare l'attivit� amministrativa nell'interesse pubblico (con norme d'azione) e non �in funzione della tutela della posizione del soggetto privato�. Sembra difficile infatti non avvertire una certa profonda contraddi zione nel qualificare come norma di relazione quella che affida a un organo dell'.A:mrnini,strazione (e, si noti, soltanto all'Amministrazione, e soltanto ad un organo di essa specificamente individuato come competente) il potere e il compito di formulare un apprezzamento caratterizzato da margini di � opinabilit� ., ancorch� condizionato (pi� condizionato cl\e vincolato) dalla necessit� di osservare le regole � tecniche �. E ci� non per il sospetto (che dev�e ritenersi grossolano e inammissibile) che la �opinabilit�� si renda veicolo di parzialit�, ma perch� appare doveroso estrarre ogni possibile significato dal contenuto organizzatorio della norma che attribuisce ad uno specifico organo dell'Amministrazione il poter�e di esprimere un apprezza mento tecnico. In realt�, mutando prospettiva, la migliore delimitazione della nozione di discrezionalit� amministrativa (per indicazioni di dottrina, si rinvia a GIANNINI iM. S., Il potere discrezionale della P. A., 1939, 51 segg., e alle voci sul tema rispettivamente di MoRTATI nel Noviss. Dig. It. e di PrnAs nella Enc. dir.) e la .conseguente sostanziale riduzione dehl'ambito rkonosciutale, non � detto debbano produrre una automatica corrispondente espansione della giurisdizione ordinaria: come si � osservato, il cdnale tra le giuri 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dino) ma piuttosto dal fatto che, trattando�si di questioni la cui solu zione esige particolari rilievi ed apprezzamenti tecnici, il legislatore ha voluto riservarne la �cognizione a speciali commissioni di giustizia tributaria. Da ci� appare chiaro che la esclusione di tali questioni dalla com petenza dell'A.G.0. non � espressione di un principio generale vale sdizioni e, con esso, la distinzione tra tipi di situazioni soggettive del privato non coincidono con i limiti della discrezionalit� amministrativa. Un secondo rilievo critico pu� �essere mosso alle motivazioni addotte dalla Corte di cassazione: inesatta e persino � paradossale � (CAPACCIOLI, L'estimazione semplice, in Studi Calamandrei, val. IV, 1958, 145) risulta la configurazione di un � diritto soggettivo � del contribuente a non subire una imposizione pi� onerosa di quella consentita dalla legge (cos� nella sentenza in rassegna e in numerose altr�e). Come da tempo � stato rilevato, il contribuente che resiste ad una pretesa tributaria, si trova in causa per negare il diritto soggettivo (il credito di imposta) dell'ente impositore e non per affermare un proprio di.ritto soggettivo (CAPACCIOLI, op. e loco cit.; GIANNINI. M. S., La giustizia cit., 83; Russo, Diritto e processo nena teoria della obbligazione tributaria, 1969, 167, e anche l'orientamento della giurisprudenza, che costantemente ha qualificato l'azione giudiziaria� del contribuente, in tal caso, azione di accertamento negativo, come riferito nelle Relazioni dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1942-1950, par. 198, per gli anni 1951-1955, par. 162, e per gli anni 1956-1960, par. 121). N� in contrario pu� argomentarsi che il contribuente allega un prop_rio diritto soggettivo quando pretende il rimborso di un tributo indebitamente pagato; in tal caso l'oggetto del giudizio � costituito da una situazione soggettiva nettamente div�ersa dallo anzidetto � diritto � a non subire imposizione. Un siffatto pseudo-� diritto� si rivela quindi strumento concettuale non valido e comunque non utilizzabile per risolvere la questione di giuri-. sdizione. Con questa precisazione si �, peraltro, ottenuto soltanto un risultato provvisorio �e di metodo. Per pervenire a un risultato costruttivo, occorre portare l'attenzione, come del resto da tempo � stato avvertito, sull'attivit� amministrativa che accerta o accompagna il sorgere del credito di imposta e della corr.elata obbligazione del contribuente. Acquistano cos� rilievo le differenti modalit� previste dalla legge per la attivit� amministrativa di �accertamento tributario � (l'espressione � usata nel lato significato che le � tradizionale). In particolare, acquista rilievo la eventuale presenza, nell'ambito di tale attivit�, di un atto � costituito da un giudizio valutativo a contenuto tecnico � (GIANNINI M. S., Le obbligazioni pubbliche, 1964, 6u). Come gi� si � osservato, tale atto pu� essere dalla legge configurato come soltanto strumentale (e cio� collocato in un ruolo servente all'interno di una sequenza che 1si �conclude �coin il coistddetto � accertamento� del credito di imposta) ovvero come dotato di autonoma individualit�; ovviamente, questa seconda configurazione esprime, sul piano strutturate, fa considerazione da parte del legislatore della maggiore complessit� del � giudizio valutativo a contenuto tecnico � del quale si � detto. Quando, per riconoscimento legislativo, l'attivit� amministrativa che elabora ed emana detto � giudizio valutativo a contenuto tecnico � assume autonoma individualit� (e ci� avviene anche per il giudizio delle com PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 351 vole in ogni caso in cui si controverta in tema di valutazione del reddito, ma ha luogo nei soli casi in cui la legge I~ preveda. Specificamente argomentando da tali premesse questa Suprema Corte ha pi� volte affermato che nei casi in cui la legge non provveda ad attribuire ad altri organi le questioni di estimazione semplice, queste rientrano nella competenza dell'A.G.O. (Cass., 9 ottobre 1967, missioni tributarie sulle controversie per la determinazione del valore imponibile, come osservato nel mio scritto Il ricorso all'autorit� giudiziaria per grave ed evidente errore di. apprezzamento, in Giur. it., 1967, I, 2, 85), appare consentito quanto meno porre il problema se, in relazione alla attivit� della quale si tratta, il contribuente possa chiedere tutela giurisdizionale per negare direttamente la propria obbligazione e il correlato credito di imposta, o se invece egli possa chiedere tutela giurisdizionale allegando una diversa situazione soggettiva prodromica e strumentale rispetto a quella finale facente capo al rapporto obbligatorio (sul problema analogo, ma non identico, delle situazioni giuridiche ,soggettive che si determinano man mano che una serie procedurale si svolge verso la sua conclusione, SANDULLI, Il procedimento amministrativo, ed. 1959, 294 e segg.). Ove si segua questa seconda tesi, deve porsi il successivo problema se la diversa situazione soggettiva, che si � detta prodromica e strumentale, abbia consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo. �Questi due problemi non possono essere elusi mediante affermazioni generiche, quali quelle rinvenibili nelle sentenze cui ci si riferisce. Peraltro, risolvere gli anzidetti due problemi con i dati normativi al presente disponibili risulta non proprio agevole. Inevitabilmente il discorso si storicizza e si trasferisce sul piano della politica delle istituzioni. 5. L'attribuzione, in linea di principio, al giudice ordinario di tutte le controversie in materia tributaria. -Dopo circa novanta anni di sottili discussioni sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi � possibile avvertire un diffuso scetticismo in ordine possibilit� d� reperire criteri utilizzabili per tale distinzione �Sempre in modo soddisfacente, e cio� con limitate incertezze e senza gravi sprechi di attivit� processuali (in proposito, si richiamano le conclusioni del noto Discorso generale sulla giustizia amministrativa di M. S. GIANNIKI). Di qui la tendenza (segnalata anche da NIGRO, Problemi della giustizia amministrativa, in Riv. trim. dir. pub., 1972, 1825) a far ricorso in pi� larga misura, per il riparto delle giurisdizioni, allo strumento della competenza per materia, ovviamente nei limiti consentiti dai precetti costituzionali (in ordine a tali limiti, si rinvia a BACHELET, La giustizia amministrativa nella costituzione italiana, 1966, 50). Manifestazioni recentissime di. questa tendenza sono l'art. 5 della legge n. 1034 del 1971, e anche il ridursi della separazione tra questioni di � semplice estimazione � e altre questioni nel contenzioso tributario dopo la riforma introdo~ta con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. E' comprensibile come una siffatta evoluzione in tema di riparto tra le giurisdizioni abbia a sollecitare l'interprete, specie quando i dati formali non forniscono indicazioni univoche (e cos� in situazioni correlate a funzioni amministrative vincolate), a valutar�e con sensibilit� pi� viva che per il passato le reali esigenze di tutela, affidando a quest'ultima valutazione un ruolo importante nella individuazione, per ciascuna materia, del giudice pi� ad~guato e del processo pi� soddisfacente: e ci� con riguardo vuoi alle 6 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 2346 sull'imposta I.G.E.; 14 giugno 1954, n. 1990 per l'imposta di consumo). Peraltro, sebbene ordinariamente le controversie in materia di tributi abbiano ad oggetto posizioni di diritto soggettivo del cittadino sia nelle loro ragioni di diritto sia nei loro presupposti di fatto, non � da escludere che, per determinate materie, il legislatore possa avere modalit� del processo (si pensi alle diverse possibilit� di accedere al materiale probatorio) vuoi al contenuto della decisione che lo conclude (si pensi alla possibilit� di annullamento dell'atto amministrativo). Del resto, giustamente � stato osservato (VIRGA, La tutela giurisprudenziale nei confronti della Pubblica Amministrazione, 1966, 24) che la tutela accordata dall'ordinamento agli interessi legittimi non � �meno piena e perfetta di quella che � accordata ai diritti soggettivi: si tratta di una tutela egualmente piena e completa ma di natura diversa... � (in termini analoghi, MIELE, Passato e presente della giustizia amministrativa in It'alia, in Riv. dir. proc., 1966, 19). In questo quadro dev�e essere esaminata la questione di giurisdizione che qu� interessa. Le osservazioni fatte nel precedente paragrafo di questo scritto hanno condotto, in sostanza, alla conclusione che, allo stato della legislazione �non sussistono ragioni per ritenere inesistente, o chiuso a priori e in astratto, il problema della configurazione, come diritto soggettivo ovvero come interesse legittimo, della situazione soggettiva (descritta come � prodromica �) del contribuente in relazione alla attivit� amministrativa per la qualificazione merceologica la valutazione o l'accertamento dell'origine delle merci dichiarate in dogana. Giova precisare che la sostenibilit� di una configurazione di detta situazione come interesse legittimo non farebbe Leva sulla � elasticit� , della norma tributaria (ZINGALI, L'elasticit� della norma e la discreziona.lit� dell'Amministrazione nel campo tributario, in Dir. prat. trib., 1960, I, 1 segg., e PUGLIESE, Diritti soggettivi e interessi legittimi di fronte alla giurisdizione amministrativa speciale, in Riv. dir. fin., 1938, I, 68), ma al contrario, darebbe per ammesso il carattere ordinariamente vincolato della attivit� amministrativa di imposizione (questa �, del resto, la posizione di ..<\.LLORIO,, Diritto processuale tributario, 1962, 105). Ora, l'affermazione, fatta nella sentenza in rassegna, secondo cui la materia tributaria � di regola attribuita dal legislatore alla giurisdizione ordinaria, �e quindi deve a tale giurrisdizione es,sere affidato anche il cosiddetto contenzioso doganale, appare rispondente alle esigenze della collettivit�. Per stralciare il contenzioso doganale dal genus del contenzioso nella materia tributaria e per sottrarlo alla giurisdizione ordinaria dovrebbe reperirsi -e non pare reperibile -una ragione politica 1Janto significativa e cogente da giustificare una deroga e da rendere sopportabili i costi sociali di una frastagliata linea di confine tra due giurisdizioni (per molti vel'.si simile a quella tra estimazione 1semplice e complessa). :Si pensi alla difficolt� di tenere distinte (trattandole, in ipotesi, dinanzi a giudici diversi) le controversie di qualificazione merceologica o di �1assimilazione� da quelle di classificazione tariffaria (sul punto, si rinvia alla casistica indicata nello scritto di CHICCO, Controversie doganali e limiti della giurisdizione ordi naria, in Foro pad., 1963, 848); o anche alla difficolt� di separare, nelle PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 353 voluto affievolire tale posizione di diritto soggettivo in quella dell'interesse legittimo o addirittura ridurla a semplice interesse, e in queste ipotesi la tutela degli interessi del cittadino � attribuita alla giurisdizione amministrativa. Dalla Amministrazione finanziaria si sostiene appunto che nella fattispecie ricorre una ipotesi in cui la posizione del cittadino � degredata ad interesse legittimo in quanto, si afferma, le controversie in materia di valutazione nell'imposta doganale, per effetto degli artt. 18 e s�gg. del d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, sono controversie circa il valore delle merci dichiarate in dogana, le questioni relative alla complessa normativa che regola la valutazione vera e propria. Quanto sin qui sostenuto non deve, peraltro, condurre a sacrificare all'unit� della � materia � tributaria e alila tendenziale gener:alit� della giurisdizione ordinaria quei poteri discrezionali che. neH'inteTesse pubblico, � necessario assicurare e conservare all'Amministrazione fi.nanziari:a, soprattutto per l'emanazione di norme secondarie e di disposizioni amministrative di carattere g.enerale (com'� noto, da tempo � stata avvertita, nel caso di attribuzione all'Ammini.strazione di potest� discrezionali in merito alla istituzione del tributo, la necessit� di tenere distinto la � fase � della normazione generale da quella successiva dell'imposizione individuale). Cos�, in tema di contenzioso doganale, vi � una palese esigenza di conservare all'Amministrazione il potere di disiporre, in seguito a valutazione discrezionale degli interessi generali e con provvedimento amministrativo generale (MANTELLINI, op. e loco cit.), la � assimilazione � delle merci non nominate in tariffa; e anzi sarebbe auspicabile un ripristino della norma che dalla legislazione doganale piemontese era pervenuta inalterata fino all'art. 4 delle disposizioni preliminari approvate con d.P.R. n. 442 del 1950. Parimenti caratterizzato da discrezionalit� amministrativa era il potere di determinazione del valore ufficiale delle merci importate, riconosciuto dall'art. 18 della legge istitutiva dell'I.G.E. (conforme BATISTONI FERRARA, op. cit., 935). 6. Gli apprezzamenti tecnici della P. A. e le modalit� della tutela dinanzi al giudice ordinario. -L'attribuzione del cosiddetto contenzioso doganale all'ambito della giurisdizione ordinaria non esaurisce, come si � anticipato in premessa, il discorso sulla giurisdizione. Non pare infatti possibile omettere un esame sulle modalit� della tutela giurisdizionale ordinaria in presenza di atti (siano essi � certazioni � o anche solo atti � serventi �) che racchiudono apprezzamenti tecnici compiuti, in ottemperanza a precise disposizioni di legge, da organi della Amministrazione. Il punto di partenza per l'esame del tema ora indicato � offerto da una osservazione elementaire (e tutt'altro che nuova, come si rileva dalla Relazione sulla Avvocatu.ra erariale per gli anni 1912-1925, par. 5): un sistema di risoluzione delle controversie doganali che, dopo ricorsi amministrativi articolati in due gradi, nel corso di ciascuno dei quali � raccolto il � parere � di un collegio di periti imparziali e di elevate capacit� tecniche, finisse per dare un peso determinante, in pratica, alla opinione di un consulente nominato nel corso del successivo giudizio, oltre a risultare irrazionale e non funzionale, consentirebbe la � sostituzione � dell'apprezzamento tecnico raccolto in sede amministrativa con un diverso apprezzamento tecnico raccolto (con garanzie notoriamente tutt'altro che soddisfacenti) in sede giudiziaria; e, in ultima ana'1isi, consentirebbe una sostanziale vanificazione di 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decise dalla Amministrazione finanziaria nell'esercizio di un suo potere discrezionale, potendo essa Amministrazione tener conto sia del prezzo di fattura, come valore imponibile (qualora vi siano le condizioni del successivo art. 23) sia del prezzo normale di mercato, nelle quali ope: razioni, ,secondo lAmministrazione ricorrente, emergerebbero indubbi elementi di d�screzionalit�. Alla base di tale argomentazione vi � una nozione indiscriminata di potere discrezionale, che non pu� invece essere condivisa nella lata accezione usata dalla Amministrazione ricorrente. Invero, nei casi in cui � concesso alla Pubblica Amministrazione di valutare una determinata situazione o i fatti da porre a base di un suo provvedimento, occorre d~stinguere le ipotesi in cui l'apprezzamento una competenza attribuita della legge all'amministrazione e la � riforma � di un atto dell'amministrazione ad opera di un atto della giurisdizione. Invero, la giurisprudenza ha costantemente negato, specie in epoca non recente (ampie indicazioni di giurisprudenza del periodo anteriore al 1910 s.i trovano in CAMMEO, Commentario cit., 785), il sindacato del giudice ordinario sugli apprezzamenti tecnici, riconoscendo in :relazione ad essi un ambito di attribuzioni esclusive dehla arrnn:nimistrazione. Questo principio non � stato :ripudiato (ad ese'.ITliPio, nella sentenza Cass., Sez. Un., 1� luglio 1959, n. 2102, in Giust. civ., 1959, I, 1418, si � avuto cura di distinguere tra apprezzamento tecnico formulato in � esplicazione della funzione amministrativa �, e � semplice operazione tecnica � compiuta bens� da un organo dell'Amministrazione ma che �non si inserisce in un pTocedimento amministrativo �, �e nella nota sentenza della Corte costituzionale, 22 dicembre 1961, n. 70, in Foro it., 1962, I, 13, si � confermata la distinzione e anzi la contrapposizione tra � provvedimento amministrativo � e � atto istruttorio... ad opera di un ufficio amministrativo �), ma si troV'.a ad essere un po', per cos� dire, messo in ombra; ci�, forse, per una certa inconsapevole disponibilit� alla trasposizione, sul terreno del sindacato sull'atto amministrativo, di orientamenti affiorati e elaborati in tema di fatto illecito e responsabilit� civile della P. A.. Anche in epoca recente, peraltro, non sono mancati riconoscimenti dei limiti all'estensione del sindacato giudsdizionale e dei carattere �esclusivo� di attribuzioni amministrative (cosi, ad esempio, nella sentenza Cass., Sez. Un., 10 giugno 1968, n. 1766, in questa Rassegna, 1968, I, 378). D'altro canto, il Consiglio di Stato ha, com'� noto, pi� volte confermato (cos�, ad esempio, nelle decisioni dlella Sez. IV, 14 luglio 1967, n. 334, in Cons. Stato, 1967, I, 1175, ,e 22 ottobre 1958, n. 736, in Foro amm., 1958, �I, 1, 701) il principio secondo cui � sfugge al sindacato del giudice di legittimit� qualsiasi indagine concernente giudizi e valutazioni emessi dagli organi amministrativi nell'esercizio di un potere tec;nico-discrezionale ., anche se poi non si esclude che il giudice amministrativo possa verificare �se, nel caso conoceto, gli organi de11e Amministrazioni pubbliche abbiano. fatto malgoverno dei loro poteri tecnico-discrezionali, facendone uso manifestamente illogico � (Il Consiglio di Stato nel triennio 1958-1960, vol. III, 1965, 272). Invero, il problema delle modalit� e dei limiti della tutela giurisdizionale ad opera del giudice in presenza di un apprezzamento tecnico (si noti, PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 355 suddetto debba essere fatto con l'osservanza di soli criteri tecniciscientifici o di altro genere, da quelle in cui l'apprezzamento suddetto sia da effettuare anche in dipendenza o in connessione ad un interesse pubblico, al quale in definitiva � subordinato il contenuto del provvedimento. In tale ultima ipotesi la intensit� del rapporto tra l'apprezzamento della P. A. e la finalit� pubblicistica del provvedimento necessariamente i.ncide sulla eventuale posizione di diritto subiettivo del cittadino nei cui confronti 'n provvedimento spiega i suoi difetti, con la conseguenza che detta posizione si affievolisce in una posizione di interesse legittimo o addirittura prende la consi�stenza di interesse semplice per cui viene in considerazione, in caso di controversia, solamente la giurisdizione amministrativa. apprezzamento e non meno accertamento) compiuto dall'Amministrazione merita una approfondita rimeditazione. A questo proposito due equivoci debbono preliminarmente essere rimossi. In primo luogo deve, a mio avviso, rimanere ben chiaro che la contrapposizione tra discrezionalit� amministrativa e cosiddetta discrezionalit� tecnica e la inclusione dell'apprezzamento tecnico nell'ambito delle attivit� lato sensu vincolate dell'Amministrazione, se possono essere utilizzate (con Le !I'iserve che 'si sono esternate nel \Precedente .parragrafo) agli effetti della qualificazione della situazione soggettiva del �privato� e del riparto tra le giurisdizioni ordinaria e amministrativa, n�n possono invece essere utilizzate anche al fine di estendere la cognizione del giu.dice ordinario oltre i limiti del sindacato di mera legittimit�. Affermare che l'attribuzione all'amministrazione del potere di formulare un apprezzamento tecnico non equivale a una attribuzione di discrezionalit� amministrativa (e non esclude il diritto soggettivo del � privato �) non comporta, come automatica conseguenza, che la cognizione del giudice ordinario sia talmente � piena � da consentire a detto giudice di ripercorrere tutti i momenti della valutazione tecnica e di � sostituire � in proprio apprezzamento a quello in precedenza formulato dalla amministrazione. In confine tra apprezzamento tecnico e discrezionalit� amministrativa, (eventualmente) rilevante agli effetti del riparto tra le giurisdizioni, non coincide con il confine tra legittimit� e �merito�. Al contrario, nello apprezzamento tecnico compiuto dall'Amministrazione vi � un � nucleo � valutativo che ottiene al merito e che rimane non sindacabile dal giudice, cos� ordinario come amministrativo. L'esistenza di questo �nucleo. � forse stata messa un po' in ombra dalla vicinanza, per cos� dire, del pi� vistoso fenomeno della discrezionalit� amministrativa; ma ci� deve indurre a una maggiore attenzione, e non pu� di certo condurre a ritenere che l'apprezzamento tecnico formulato dall'Amministrazione non abbia una propria autonomia e compiutezza e sia unicamente un momento preparatorio e pre-istruttorio rispetto al successivo giudizio. A ben vedere, il principio generale della reciproca separazione e autonomia dei poteri dello Stato -principio tutt'ora pienamente valido e operante (dir., ad esempio, Corte cost., 6 luglio 1971, n. 1'61, in Giur. cost., 1971, 1741) anche se non assoluto -integra le disposizioni di legge che attribuiscono all'Amministrazione dl potere di fo['[Uulare un appr�ezzamento tecnico; e le integra nel senso, appunto, di qualificare come � esclusiva � '1a competenzia dell'organo cui detto parere � attrtbuito, non soltanto 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel caso in esame non ricorre affatto tale ipotesi giacch� il procedimento di accertamento del valore delle merci importate, regolato dal d.P.R. 21 dicembre 1961, n. 1339, risponde solo a criteri tecnici giuridici, senza alcun potere discrezionale della Amministrazione finan-, ziaria nel senso 'Sopra precisato. Invero nell'art. 18 di detto d.p. si stabilisce come criterio generale che tutte le merci sono tassate ad valorem sulla base del valore imponibile, desunto, come viene precisato, dal loro �prezzo normale�. Nell'art. 19 si definisce quale sia da considerare il prezzo normale delle merci, e a quale momento debba farsi riferimento. Si precisa ancora quali siano gli elementi da tener nei confronti degli altri organi amministrativi ma anche nei confronti della giurisdizione. N�, in contrario, da un asserito carattere � dichiarativo � dell'atto dell'_ 4mministrazione :potrebbe trarsi argomento :per ri:tener�e che � l'accertamento giudiziale � mezzo satisfattivo per eccellenza ed esaurisce l'ambito della ,possibile tutela del diritto � (GIANNINI M. S. e PIRAS, voce Giurisdizione amministrativa, Enc. dir., 293). Il carattere meramente � dichiarativo � di un atto non pu� costituire un postulato indimostrato; e, d'altro canto, un a'.Ppl'ezzamento tecnico formulato nell'ambito di un giudizio, se '.PU� risultare � mezzo satisfattivo per eccellenza � con riguardo agli interessi pratici del privato, non � necessariamente � satisfattivo � con riguardo all'ordinamento genera;1e, allorch� l'ordinamento stesso abbia valutato come idoneo, e anzi come pi� idoneo, J'aipprezzamento ad opera dell'Amrniinistrazione. Amministrazione e giurisdizione possono trovarsi tra loro in rapporto di concOTII'enza; anzi, per l'art. 113, comma '.Primo, della Costituzione la giurisdizione copre tutto il territorio dell'amministrazione. Tuttavia, completa e irriducibile rimane la diversit� dei fini che le due attivit�, l'amministrazione e la giurisdizione, si propongono. In particolare, nei riguardi dell'azione amministrativa, la giurisdizione -unitariamente considerando la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa -si propone un fine -la tutela dei diritti e degli interessi legittimi dalla illegalit� -�che � doppiamente circoscritto (peraltro, i due limiti sono le faccie di un'unica medaglia): rimane infatti escluso l'intervento della giurisdizione a difesa di quegli interessi cui la legge sostanzale non riconosce dignit� di diritti soggettivi o di interessi legittimi (sul punto, la Relazione dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1966-1970, 60 segg.); e rimane, almeno di regola, escluso l'intervento della giurisdizione ove non v'� illegalit� (art. 5 Iegge n. 2248 ali. E del 1865 e art. 26 t.u. n. 1058 del 1924). A questo punto � agevole rimuovere anche il secondo dei due equivoci ai quali dianzi si � alluso. Dall'arrt. 113, comma secondo, della Costituzione si vorrebbe argomentare che la giurisdizione � � piena � anche nei confronti dell'apprezzamento tecnico dell'amministrazione, essendo � escluso che la tutela giurisdizionale possa essere limitata soltanto a alcuni motivi � (CANNADA BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la Pubblica Amministrazione ed. 1964, 127). In :realt�, l'art. 113 {}ost., quando dispone che fa tutela giurisdizionale �non pu� essere... limitata a particolari mezzi di impugnazione., fa riferimento alle tradizionali distinzioni tra le varie specie di difformit� dalla ilegge (incompetenza, violazione di legge, ecc.), e non intende di certo portare l!a cognizione del giudice oltre i limiti del sindacato di mera legitti ::: ( PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 357 presenti, �Che cosa debba intendersi, ai fini della tassazione, per prezzo in condizioni di libera concorrenza (art. 20), quali elementi influiscono su di esso (artt. 21 e 22). Si specificano quali oneri del compratore debbano aggiunger'Si, ai fini della tassazione, al prezzo di Ubero mercato (artt. 23 e 24); si stabilisce che il proprietario delle merci importate de�ve dichiarare il valore imponibile delle merci e denunziare altres� le variazioni di prezzo che intervengano prima della verifica delle merci. Pertanto l'attivit� di valutazione dell'Amministrazione finanziaria � regolata in modo tassativo della legge. � pur vero che ai fini della valutazione l'Amministrazione finanizaria pu� scegliere i criteri tecnici da adottare, ma ci� non equivale a discrezionalit� amministrativa, in quanto nella scelta dei mezzi di valutazione essa Amministrazione deve mit�. Il �merito� dell'atto amministrativo era, ed � rimasto, al riparo dalle possibilit� di intervento della giurisdizione. Non pare consentito perdere di vista che proprio la non sindacabilit� del � merito � dell'atto costituisce la sostanza effettiva della imperativit� dell'atto dell'amministrazione; e se si ammettesse la possibilit� di un integrale riesame dell'attivit� amministrativa ad opera della giurisdizione, e cio� una illimitata � pienezza � della cognizione del giudice, si manderebbe in frantumi quel deUcato equilibrio tra due imperativit� -della sentenza e dell'atto amministrativo -che � caratteristica del nostro sistema di giustizia amministrativa (in senso lato), e si finirebbe per fare del giudice una sorta di amministratore in grado di appello. Ovviamente, dall'essere la cognizione del giudice, del giudice ordinario come di quello amministrativo, rispetto all'atto dell'amministrazione non � piena � ma limitata al sindacato di legittimit� deriva che la tutela giurisdizionale deve necessariamente assumere modalit� peculiari; fenomeno questo che � connaturale al processo amministrativo, modellato di regola con riguardo all'atto, ma che non pu� verificarsi anche nel processo civile, allorquando, appunto, in esso compaia un atto della amministrazione dotato di autorit�. In altre parole, il processo civile non � modellato in uno schema rigido, sempre eguale a se stesso, ma presenta multiformi tipologie, a seconda dell'ampiezza (e anche della qualit�) della cognizione del giudice. Del resto, la possibilit� e anzi l'utilit� di una articolata variet� di modi di esercizio della giurisdizione � stata pienamente avvertita dalla Corte costituziona;le, la quale, proprio in relazione all'iart. 113 della Costituzione, ha pi� volte affermato che detto articolo � non impedisce alla legge ordinaria di regolare l'esercizio della tutela giurisdizionale nei modi e con la efficacia che pi� aderisca alle singole situazioni � (cos�, tra le molte, Corte cost., 2 luglio 1966, n. 78, in Foro it., 1966, I, 1206). Una sottovalutazione delle possibilit� del processo civile di fornire diversificate modalit� di tutela giurisdizionale costituisce il substrato del tentativo (non nuovo ma che frequentemente si rinnova) di infrangere i limiti naturali del sindacato di legittimit� con l'argomento che � il sindacato sull'attivit� tecnica attiene... alla quaestio facti �, ragione per la quale sarebbe � contrario ai principi che un giudke costituzionale competente sul fatto debba decidere una controversia senza poter avere del relativo fatto quella conoscenza che in geneire ha, riguardo ai :fatti di tutte le altre con RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 358 attenersi ai criteri predeterminati dalla legge; sicch� il suo operato non si sottrae a sindacato da parte dell'A.G.O. ove i mezzi impiegati contrastino con il sistema regolato dalla legge. L'Amministrazione ricorrente invoca a sostegno della sua tesi anche una sentenza di questa Corte Suprema (1� febbraio 1961, nu~ mero 207) nella quale ,si sarebbe affermato il principio che, in materia di controversie doganali sulla estimazione delle merci da assoggettare a dazio d'impostazione, sussisterebbero solo interessi legittimi e non diritti soggettivi. Ma tale sentenza non ha propriamente riferimento alla materia della valutazione delle merci importate quanto piuttosto all'apprezzamento dello stato di avaria delle merci importate. Difatti, l'art. 1 del d.P.R. citato stabilisce che lo stato di avaria riscontrato nelle merci importate non ha effetti sulla applicazione del tributo, che troversie � (CANNADA BARTOLI, op. e loco cit.). Invero, come sopra si � osservato, nell'apprezzamento tecnico si ha un � nucleo � valutativo che non pu� essere ridotto all'interno di una quaestio facti; e, comunque, la proposizione che si critica sembra affetta da una petizione di principio laddove asserisce che il giudice � � costituzionalment-e competente sul fatto� mentre � in discussione, tra l'altro, appunto la facolt� della giurisdizione di riesaminare il fatto gi� conosciuto e valutato dall'amministrazione. Una volta sgomberato il �Campo dai due equivoci che si sono evidenziati, pu� pervenirsi abbastanza agevolmente alla soluzione, a mio avviso, pi� corretta del problema in esame, relativo alla modalit� della tutela giurisdizionale in presenza di un apprezzamento tecnico .della P. A. Come si � visto, la giurisdizione � garante unicamente della legalit�; ne consegue che il si:ndacato sull'apprezz.amento tecnico pu� dal giudice essere esercitato solo in modi compatibili con la non superabilit� dei limiti del controllo di legalit�. Cos�, potrebbe dirsi, per esclusione, si perviene a concludere che il sindacato della giurisdizione, anche di quella ordinaria, pu� �essere solo indiretto e estrinseco: esso pu� cio� essere portato non sulla esattezza o preferibilit� dell'apprezzamento tecnico, ma unicamente sulla conformit� alla legge dell'attivit� amministrativa svolta per la sua elaborazione e emissione (lo strumento concettuale del controllo indiretto ed estrinseco � ben noto al giurista, e non solo al giurista europeo-continentale, anche se continua ad essere oggetto di un dibattito tra i pi� aperti e impegnativi). Come gi� da tempo � stato osservato, � il nostro diritto positivo considera come giudizi di legittimit� quelli nei quali, senza compiere in via autonoma l'accertamento e la valutazione dei fatti, ci si Umita a controllare dall'esterno se l'organo che ha proceduto all'apprezzamento di merito lo abbia compiuto correttamente � (cos� CAPACCIOLI, L'estimazione cit., 156). Il controllo sull'apprezzamento tecnico esercitato dal giudice ordinario risulta, per quanto precede, non pi� � pieno � e non pi� intenso di quello esercitato dal giudice amministrativo. L'approccio �, in sostanza, il medesimo per le due giurisdizioni; solo pu� dubitarsi che il giudice ordinario possa spingersi tanto avanti quanto il giudice alffiffiinistrativo nel controllo sulla �logicit� � (o � ragionevolezza �) dell'azione amministrativa. Il carattere indiretto ed estrinseco del sindacato sull'apprezzamento tecnico porta con s� la necessit� di isolare dal giudizio il momento, per PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 359 nel caso in cui la tassazione avvenga ad vafo1"em pu� essere tenuto conto, dalla Amministrazione doganale, dello stato di avaria, ma tale valutazione � rimossa al prudente arbitrio della Amministrazione finanziaria sia quanto al riconoscimento dello stato di avaria sia quanto alla misura di incidenza di tale stato sulla tassazione. Tale diversa normativa che, in effetti, concede alla Ammini!strazione finanziaria la facolt� di valutare o meno lo stato di avaria, pu� giustifi.care l'esistenza in capo all'Amministrazione, di un potere discrezionale al riguardo, ma trattasi di una ipotesi speciale, che non ricorre nella fattispecie di cui alla controversia in esame. -(Omissis). cos� dire, �rescindente �; e per conseguenza pone il problema di configurare in qualche modo, all'interno ovvero all'esterno del processo, l'eventuale successivo momento �rescissorio�. Questo problema, � ovvio, si pone soltanto per il processo dinanzi al giudice ordinario, il quale conosce dell'atto dell'amministrazione per valutarne la � conformit� alle leggi � (art. 5 ~egge n. 2248 all. E); e si pone soltanto se l'apprezzamento tecnico risulta affetto da i1legittimit�, e, pi� esattamente, da una illegittimit� non margin~le o successiva rispetto al � nucleo � valutativo dell'apprezzamento medesimo, ma tale da travolgerlo senza possibilit� di una sua utilizzazione da parte del giudice. In assenza della previsione di un raccordo tra giurisdizione e amministrazione (ad esempio, analogo a quello previsto tra giudici diversi dall'art. 295 c.p.c.), e posto che il giudice ordinario non pu� sostituirsi all'amministrazione e formulare un proprio apprezzamento, per i casi in cui non sia possibile decidere altrimenti la controversia (casi che dovrebbero risultare tutt'altro che frequenti), non rimane che configurare modalit�_ di tutela articolate in una � dichiarazione giudiziale � cui faccia seguito, in ottemperanza, una rinnovazione di attivit� amministrativa. In sostanza, un sistema simile a quello operante per la giurisdizione amministrativa, e che in quella sede realizza, con risultati sufficientemente adeguati, l'incontro e l'equilibrio � tra due imperativit� � (BENVENUTI, voce Giudicato amministrativo, Enc. dir., 900), quella della sentenza e quella dell'atto di amministrazione. Tornando al particolare campo del contenzioso doganale, � non potr� il giudice modificare i risultati dell'analisi della merce, ... non potr� valutare se una partita di tessuti lacerati possa ai fini doganali rientrare nella voce anvanzi fuori uso... � (CHICCO, op. cit., 851), e, in genere, non potr� sostituire la qualificazione merceologica o la valutazione o l'accertamento dell'origine effettuati dall'Amministrazione. Peraltro, a conclusione di questo discorso, deve auspicarsi la predisposizione di un migliore raccordo tra giurisdizione e amministrazione, il quale da un lato consenta a questa di esercitare anche in coordinamento con il processo civile le funzioni attribuitele dalla legge in via esclusiva (ad esempio, mediante lo strumento di una pronuncia � interlocutoria � temporaneamente sospensiva del procedimento giucliziairio, o quanto meno mediante una sorta di consulenza necessaria e, per la parte tecnica, vincolante dell'organo amministrativo competente), e, d'altro :Iato, conselllta alla giurisdizione di fornire con sollecitudine e a costi contenuti la tutela delle situazioni ,soggettive dei � privati � e delle Amministrazioni pubbliche. FRANCO FAVARA SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE (*) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 213 -Pres. Maccarone -Est. Bile -P. M. Pedace (conf.) -Stefanucci (avv. Corti e Marchini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin). Procedimento civile -Competenza della sezione specializzata per le controversie agrarie -Deduzione dell'esistenza di contratti soggetti a proroga -Decisione sulla base delle sole deduzioni delle parti. (1. 3 giugno 1950. n. 392, art. 1; 1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1). Procedimento civile -Competenza sezioni specializzate in controversie agrarie -Contratti agrari delle Amministrazioni dello Stato -Prevalenza della competenza delle sezioni specializzate sul foro dello Stato. (1. 2 marzo 1963, n. 320, art. 1; c.p.c., art. 25; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 6 e 7). Quando davanti al giudice ordinario venga in discussione l'esistenza di un contratto agrario soggetto a proroga, ii giudice adito deve rimetitere la controversia alla competente sezione specializzata, salva l'ipotesi che, deliberando la causa ai fini deU'accertamento deUa competenza, ritenga la esistenza del contratto o l'invocata (proroga, sulla1 base delle sole deduzioni delle parti manifestamente infondate e sollevata a scopo meramente dilatorio (1). La competenza delle sezioni specializzale per controversie agrarie p1�evale rispetto a quella del foro deUo Stato (2). (1-2) Le due massime estratte dalla annotata sentenza riproducono principi da tempo consolidati (v. 1sulla prima in senso conforme da ultimo Cass., 21 giugno 1972, n. 2005, in Foro it. mass., 1972, 613; Cass., 21 giugno 1972, n. 2031, ivi, 619; Cass., 27 giugno 1972, n. 2202, ivi, 670 e suna seconda Cass., 3 ottobre 1969, n. 3162, in Giust. civ., 1970, I, 239; Cass., 24 luglio (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. Adriano RossI. -- PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 361 (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso, i ricorrenti lament~ no che il Tribunale di Firenze abbia respinto l'eccezione di incompetenza, da essi sollevata sotto il profilo dell'esistenza di un contratto di affitto di fondi rustici assoggettato alla legislazione vincolistica ed alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie, ed abbia invece esaminato il merito della questione negando, malgrado le contrarie risultanze processuali, che fra l'Amministrazione e gli Stefanucci fosse stato stipulato un contratto di affitto. La censura � fondata. Questa Corte ha ripetutamente affermato che ove, in sede ordinaria, venga dedotta l'esistenza di un contratto agrario soggetto a proroga legale e conseguentemente venga invocata la proroga medesima, il giudice adito deve rimettere la controversia alla competente sezione specializzata, salva l'ipotesi in cui, delibando la causa ai fini dell'accertamento della competenza, ritenga la relativa eccezione, sulla base delle sole deduzioni delle parti, manifestamente infondata e sollevata a scopo meramente dilatorio. Nella specie gli attuali ricorrenti hanno tempestivamente eccepito l'incompetenza del giudice ordinario a conoscere della domanda di rilascio dei terreni da essi detenuti, invocando l'esistenza di un contratto di affitto, avente ad oggetto tali terreni, soggetto alle leggi di proroga. E poich� risulta dallo stesso atto introduttivo del giudizio che l'Amministrazione aveva a suo tempo consegnato i terreni agli Stefa 1969, n. 2815, in questa Rassegna, 1969, I, 661. Contra Cass., 26 gennaio 1968, n. 254, in questa Rassegna, 1968, I, 417). Non sembra q:ier� che di tali principi, e specialmente del primo, la sentenza abbia fatto, nel caso sottoposto al suo esame, esatta applicazione. Il Ministero, promuovendo il giudizio, aveva dedotto di aver consegnato in via provvisoria ai convenuti, in �vista della successiva stipula di un contratto di fitto, poi non concluso, alcuni appezzamenti di terreno. I convenuti, costituendosi, eccepivano di godere dei terreni in base ad un contratto di affitto sottoposto alla legislazione vincolistica. Il Tribunale di Firenze aveva ritenuto la propria competenza. La Corte di cassazione ha dichiarato, a seguito di istanza di regolamento di competenza promossa dai convenuti, la competenza della sezione specializzata agraria presso il Tribunale di Pisa. A giustificazione di tale conclusione la S.C. ha osservato che, avendo i convenuti eccepito l'esistenza di un .contratto soggetto a proroga e " poich� risulta dallo stesso atto introduttivo del giudizio che l'Amministrazione aveva a :suo tempo consegnato i terreni agli Stefanucci affinch� essi li coltivassero, determinando un corrispettivo per il loro uso e per quello del fabbricato, su di essi esistente, il Tribunale non avrebbe potuto esdudere, come invece ha fatto, che fra le parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto e coltivatore diretto senza eccedere i limiti di una semplice delebazione �. Non sembra invece da condividere l'annotata sentenza laddove ha omesso di considerare che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nucci affinch� essi li coltivassero, determinando un corrispettivo per il loro uso e per quello del fabbricato su di essi esistente, il Tribunale di Firenze non avrebbe potuto escludere, come invece ha fatto, che fra le parti fosse intercorso un rapporto agrario di affitto a coltivatore diretto senza eccedere i limiti di una semplice delibazione, e quindi violando il principio dianzi enunciato, in base al quale l'indagine volta ad eccertare la sussiJstenza in concreto dell'invocato contratto agrario � riservata in via esclusiva alla sezione specializzata.. Esclusa co�s� la competenza del giudice ordinario, la causa deve essere attribuita alla competenza della Sezione specializzata agraria preS1So il Tribunale di Pisa, nel cui circondario sono situati i terreni, e non a quella presso il Tribunale di Firenze, ove ha sede l'Avvocatura dello Stato. La questione dei rapporti tra foro specializzato e foro erariale ---decisa in un primo momento nel senso della prevalenza di questo ultimo (cfr. Cass., 26 gennaio 1968, n. 254) -� stata successivamente riesaminata e pi� correttamente decisa da questa Corte nell'opposto senso (cfr. Cass., 24 luglio 1969, n. 2815, e 3 ottobre 1969, n. 3162:), in base alla considerazione che la competenza delle Sezioni specializzate ha non soltanto carattere funzionale ratione materiae, ma � anche territorialmente inderogabile -onde prevale rispetto a quella del foro dello Stato -in ragione del collegamento, voluto dal legislatore, fra le definizione delle controversie e la particolare esperienza delle situazioni locali propria dell'organo specializzato, qualificato della presenza degli esperti in veste di giudici non togati. -(Omissis). in forza dell'art. 17 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, sulla contabilit� generale dello Stato, per la valida conclusione di un contratto da parte di una Pubblica Amministrazione � sempre necessario almeno l'atto scritto (v. da ultimo Cass., 27 giugno 1972, n. 2200, in Foro it., mass. 1972, 670; Cass., 6 aprile 1966, n. 905, in questa Rassegna, 1966, I, 1067, ove ulteriori richiami; v. pure Cons. Stato, Sez. I, 10 ottobre 1969, n. 1500, in Foro amm., 1970, I, 2, 247). Ed � chiaro come la mancata esibizione dell'atto seri-Ho fosse da s� sufficiente per escludere l'esistenza del contratto e tale circostanza era rilevabile anche in sede di mera deliberazione della questione ai fini della pronunzia 1sulla competenza. N�, infine, avrebbe potuto escludersi la competenza del tribunale ordinario invocando la nuova disciplina sulle sezioni specializzate contenuta nell'art. 26, primo comma, legge 11 febbraio 1971, n. 11, ,pwch� tale norma, pur ampliando la competenza delle sezioni a tutte le �controversie relative all'applicazione di J.eggi speciali in materia di contratti agrari, ha mantenuto ferma la competenza del giudice ordinario in ordine all'applicazione delle norme di carattere generale sul contratto di affitto, fra cui � certamnete ricompre�sa quella dell'esistenz�a del contratto (v. sull'interpretazione della legge n. 11, del 1971 la recente decisione del S.C., 19 gennaio 1972, n. 137, in Foro it., 1972, I, 3559). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 19 gennaio 1973, n. 215 -P1�es. Malfitano -Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.) -Franciolini (avv. Pizzolo) c. Ministero Difesa Esercito (avv. Stato Angelini-Rota). Responsabilit� civile -Estinzione del reato per prescrizione -Diritto al risarcimento del danno derivante dal reato -Prescrizione. (e.e., art. 2947; e.p., art.. 198'). Il diritto al risarcimento del danno che deriv� da fatto mecito considerato daLla legge come reato si estingue in caso di estinzione del reato stesso per prescrizione (1). (Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 74, comma terzo c.p.p., 198 c.p. e 2947 e.e., sostiene che la decorrenza della prescrizione del diritto da lui fatto valere in giudizio avrebbe avuto inizio dopo il procedimento per l'accertamento del reato in 1sede penale, e cio� dalla data del decreto di archiviazione (28 febbraio 1962), con il quale � stata ritenuta improponibile l'azione penale per sopravvenuta prescrizione del delitto di falsit� ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Questa censura � inaccoglibile, essendo fondata l'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (sollevata nel giudizio di merito dal Ministero della DifesaEsercito), come ha esattamente ritenuto la Corte d'appello, uniformandosi al principio pi� volte enunciato in materia dalla S. C. (cfr. Cass., 17 settembre 1970, n. 1515; Cass., 9 aprile 1964, n. 906). Si deve precisare, in limine, che a fondam.ento della propria pretesa il Franciolini ha invocato il fatto illecito-reato di fa1'so. Su questa individuazione delle ragioni e del contenuto della domanda non (1) L'annotata sentenza ribadisce e consolida l'insegnamento, che costituisce puntuale applicazione del principio contenuto nell'art. 2947, terzo comma �cod. civ., gi� affermato nelle senteR:zie 17 settembre 1970, n. 1515 (in Giust. civ., 1971, I, 145); 9 aprile 1964, n. 806 (in Giust. civ., 1964, [, 108) (entrambe richiamate in motivazione); nonch� 24 marzo 1961, n. 671, (in Resp. civ. e prev., 1961, 435). Conforme in dottrina DE CUPIS, n danno, Milano, 1970, vol. II, p. 253 ss. Il S.C. ha esattamente precisato che il contenuto precettivo del terzo comma dell'art. 294:7 cod. civ., sarebbe disatteso se si ritenesse che in caso di pronunzia irrevocabile del giudice penale, che dkhiari la prescrizione del reato, il termine di decorrenza della prescrizione venisse fatto decorrere dalla data di detta pronuncia. La stessa Corte ha altres� puntualizzato che l'art. 198 cod. per�., secondo il quale l'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni civili, va coordinata con la disciplina contenuta nel�'art. 294'7 che regola specificamente le conseguenze della prescrizione del reato sull'azione civile. In sostanza l'art. 198 cod. pen., non pu� invocarsi per superare il disposto dell'art. 2947 cod. civ., at~so che gli effetti delle cause estintive del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu� cadere dubbio alcuno, sia perch� essa � stata operata, in base ad un convincente apprezzamento discrezionale, dal giudice di primo grado (che sul punto non fu menomamente censurato in sede di gravame, essendosi, anzi il Franciolini attenuto a tale impostazione) sia perch� -qualora vi fosse stata da dirimere qualche residua perplessit� in proposito -anche nel ricorso per Cassazione e nella memoria difensiva il ricorrente ha ribadito di aver richiesto il risarcimento dei danni conseguenti al reato consumato da pubblico ufficiale e lesivo dei propri diritti. Senonch�, essendo ormai trascorso un quarantennio circa dalla data in cui -mediante la redazione del verbale la cui falsit� (totale o parziale, non interessa qui stabilire) � stata accertata dal giudice civile -sarebbe stato commesso il reato previsto e punito dall'art. 479 c.p. questo, come ha rilevato il giudice penale e come ha confermato la Corte di merito, � sicuramente estinto per prescrizione. Ora, quando il diritto al risarcimento del danno derivi da fatto illecito considerato dalla legge come reato, in caso di estinzione del reato stesso per prescrizione, quel diritto si estingue anche esso per prescrizione nello stesso termine. Questa regola si desume dal tenore letterale dell'art. 2947, comma terzo, e.e., che e,spressamente eccettua dall'applicazione della norma relativa alla speciale decorrenza del termine di prescrizione dalla data di estinzione del reato (anzich� dal giorno in cui Il fatto si � verificato, che la disposizione del primo comma fissa come termine di decorrenza valido in via generale) l'ipotesi di estinzione del reato per prescrizione. Nell'ambito di un sistema che ha voluto tendenzialmente assicurare, per motivi evidenti di razionalit� e di equit�, la coincidenza dei termini di prescrizione in sede penale e in sede civile, allorch� il fatto illecito costituisca reato, il rapporto tra le due regole ricordate si spiega col rilievo che 'Si � ritenuto sufficiente la protezione accordata alla persona offesa dal reato mediante la sottoposizione del diritto al risarcimento allo stesso termine fissato per la prescrizione dell'azione penale, allorch� questo sia pi� lungo di quelli stabiliti dall'art. 2947 e.e. reato sulle obbligazioni civili da esso derivanti sono regolate essenzialmente dalla legge civile. 11 contenuto precettivo dell'art. 198 cod. pen., conforta, inve�ce, la tesi sostenuta in dottrina (v. AZZARITI ScARPELLo, Prescrizioni e decadenza, in Commentario del cod. civ. a cura di ScIALOJA e BRANCA, 1953, rp. 627 ss.) secondo cui, anche in caso di prescrizione del reato, il diritto al risarcimento del danno non si estingue ove il titolare abbia in precedenza posto in essere validi (secondo la legge civile) atti interruttivi della prescrizione. Conf. FERRuccr, Commentario al codice civile, art. 2934-2969, Torino, 1964, p. 462 ss.). Sulla nozione di sentenza irrevocabile nel processo penale v. nota redazionale in questa Rivista, 1970, I, 236. ! ~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE L'esistenza della regola applicabile nella particolare ipotesi di estinzione del reato per prescrizione -che si desume chiaramente dal significato letterale e logico dell'art. 2947, comma terzo -sarebbe disconosciuta se si accedesse all'assunto, sostenuto dal ricorrente, secondo cui l'emanazione di un qualsiasi provvedimento del giudice penale, dichiarativo della prescrizione del reato, valesse a spostare, a partire dalla sua data, la decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risal'cimento. In contrario non pu� invocarsi il disposto dello art. 198 c.p. il quale stabilisce che l'estinzione del reato non importa l'estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato stesso. Si tratta, invero, di una norma che va coordinata con la disciplina dell'estinzione, per prescrizione, del diritto al risarcimento del danno dipendente dal fatto illecito-reato, quale risulta dettata nella sedes mate- 1�iae: in questa --e non nell'art. 193 citato, che ha riguardo genericamente a tutte le cause estintive del 11eato, comprese quelle che prescindono dal trascorrere del tempo e che � diretto ad escludere l'automatico e indiscriminato tradursi di tali cause in cause estintive delle obbligazioni civili derivanti dal reato -deve esser ricercato il principio regolatore della questione in esame, che pu� essere enunciato nei sensi sopra specificati. La stessa conclusione va accolta in ordine all'asserito danno non patrimoniale, per il quale si applica, quanto alla prescrizione, la stessa disciplina dettata per il risarcimento del danno patrimo,niale. ( Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio F�73, n. 269 -Pres. Caporaso -Est. Milano -P. M. Del Grosso (conf.) -Ente Nazionale Energia Elettrica (E.N.E.L.) (avv. Cagliati Dezza, Setti e Volpati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) e Societ� Italiana per l'Esercizio Telefonico (S.I.P.) (avv. Sequi e Nicol�). Energia elettrica -Imprese esercenti in via esclusiva o principale attivit� elettriche -Trasferimento all'E.N.E.L di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi. (1. 6 dicembre 1962, n. 1643, artt. 1, 2, 4, n. 1; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, artt. 2, 5, 6). Imposta di ricchezza mobile -Spese per il pagamento dell'imposta sulle societ� -Indetraibilit�. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 91 e seg.). Per le im.prese esercenti in via esdusiva o principale � attivit� elettriche� gestite da societ� di capitali la nazionalizzazione determina il trasferimento alL'Enel di tutti i beni e i rapporti giuridici facenti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO capo alle imprese stesse, con la sola possibilit� di individuazione e retrocessione di singoli beni materiali che siano riconosciuti estranei all'esercizio di attivit� elettrica (1). Le somme corrisposte a titolo di imposta sulle societ� non possono essere ri.tenute spese o pei�dite deducibiii ai fini della determinazione della base impor.iibile dell'imposta di ricchezza mobile (2). (Omissis). -Con i primi tre motivi del suo ricorso -che vanno esaminati congiuntamente perch�, sotto diverso profilo, censurano la ritenuta legittimazione, sostanziale e processuale, dell'Enel -quest'ultimo, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 81 e 85 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato con d.p. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione agli artt. 1, 2, 4 n. 1 e 10 legge 6 dicembre 1962, n. 1643, 2, comma primo, 5 e 6 d.p. 4 febbraio 1963, n. 36, 1 d.p. 29 marzo 1963, n. 339, 12, comma primo, 14 e 15 disposizioni sulla legge in generale, nonch� omessa motivazione su punto decisivo, si duole che la Corte di merito abbia ritenuto: a) che esso ente fosse tenuto al pagamento dell'imposta di ricchezza mobile cat. B, relativa ad un periodo anteriore alla nazionalizzazione del- l'impresa elettrica, nel quale l'azienda era stata gestita dalla societ� incorporata, non essendo l'Enel sottentrato in tutti i rapporti afferenti alla pregressa gestione aziendale e, quindi, anche nei debiti di imposta, n� a titolo �i successione universale, n� in conseguenza del trasferimento negoziale dell'azienda; b) che, a seguito della nazionalizzazione, non sopravvisse a carico dell'impresa espropriata alcun rapporto obbligatorio di imposta. Sostiene in proposito che, concretando il trasferimento dell'impresa elettrica una situazione analoga a quella della cessione di �Zienda, la Corte di merito avrebbe dovuto applicare nel caso di specie la norma dell'art. 197 del richia( 1-2) Il principio enunciato nella prima massima costituistte conferma dell'i.ndirizzo ormai costante della giurisprudenza del S.C. in ordine all'interpretazione della normativa sulla nazionalizzazione della eriergia elettrtca (oltve le sentenze citate nella decisione annotata, v. da ultimo Cass., 4 dicembre 1971, n. 3527, e C:ass., 4 dicembr�e 1971, n. 3525, in Foro it., 1972, I, 3�44 e 345), nonch� per ulteriori richiami SICONOLFI, Il trasferimento dell'impresa nella legge di nazionalizzazione elettrica ed i rapporti giuridici, in questa Rassegna, 1970, I, 778). Poich� peral!tro la istessa Corte, con giUJrisprudenza anch'essa costante, continua ad affermare che il trasferimento delle imprese elettriche aU'Enel realizza una .succesione a titolo particolare (v. da ultimo Cass., 22 gennaio 1972, n. 162, Giust. civ., 1972, I, 1855, ove nota di richiami) e non universale, per� sorge il dubbio se nella seconda affermazione non possa ricavarsi un limite (per ora implicato) alla prima; nel senso che il tra.sferimento dei rapporti passivi attinenti alle imprese nazionalizzate non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 367 mato t.u. del 1958, che prevede la limitazione dell'accollo dei debiti dell'azienda trasferita. Aggiunge che, d'altra parte, colpendo l'imposta di R. M. c:at. B il reddito e, quindi, il risultato dell'esercizio dell'impresa, il relativo debito, rientrando nel patrimonio del soggetto imprenditore, deve fare carico a quest'ultimo anche in seguito alla nazionalizzazione dell'impresa. Le riassunte censure non sono fondate. Con le stesse si ripropone all'esame di questa Corte Suprema la nota questione, relativa alla individuazione del soggetto passivo nei rapporti relativi alle imprese elettriche nazionalizzate e trasferite all'Enel, che � stata risolta in senso sfavorevole all'ente ricorrente con le sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte n. 2988 del 28 settembre 1968 e nn. 1173, 1174, 1175 e 1177 del 24 aprile 1970, con le quali si � affermato il principio che per le imprese esevcenti in via esclusiva o principale � attivit� elettriche�, gestite da societ� di capitali, la nazionalizzazione implica il totale trasferimento di tutti i beni e rapporti giuridici fac�nti capo alle imprese stesse, con la sola possibilit� di individuazione e retrocessione dei beni materiali, riconosciuti estranei all'esevcizio dell'attivit� elettrica. L'esattezza di tale principio, anche se non condiviso da una parte della dottrina, � stata confermata e ribadita, con dovizia di argomentazioni dalle Sezioni Unite con le recenti decisioni nn. 3525 e 3527 del 4 dicembre 1971, nonch� da questa stessa Sezione con sentenza n. 2643 del 7 agosto 1972, per cui ben pu� dirsi che la giurisprudenza di questa Corte Suprema si � ormai in tale senso consolidata. Da tale giurisprudenza, informata, come �, ai canoni della pi� stretta ed ortodossa ermeneutica, non intende discostarsi la Corte per la risoluzione della questione sottoposta ora nuovamente al suo esame e ritiene che, a tale fine, non sia neppure necessario un riesame par- incontri per avventura dei limiti derivanti dalle particolari modalit� stabilite per la determinazione dell'indennizzo. Come rileva l'annotata decisione, che riassume sostanzialmente le osservazioni svolte nei precedenti arr�esti, in forza dell'art. 5 della legge n. 1643 del 1962 l'indennizzo viene determinato (in ciascuna delle ipotesi contemplate dai nn. 1, 2 e 4), in misura corrispondente al valore� complessivo dell'azienda. Ci� pr�esuppone, evidentemente, che i presupposti del debito non solo siano stati posti in essere prima che sia stato operatq il passaggio dei beni dall'impresa espropriata all'Ente elettrico (per la determinazione temporale del passaggio, v. art. 2 d.P.\R. n. 36 del 1963), ma altres�, che l'intera fattispecie costitutiva del rapporto sia perfezionata. In mancanza, quando cio� la fattispecie concreta del debito si perfezioni soltanto dopo il passaggio dei rapporti (gi� costituiti) 1all'Enel, non sembra possibile addossare a quest'ultimo ente .le relative responsabilit�, atteso che nella determinazione dell'indennizzo non si pu� tenere conto 7 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ticolareggiato degli argomenti svolti nelle precedenti pronunce, essendo sufficiente ribadire: a) che nell'art. 4, n. 1, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 e negli artt. 2 e 3 d.p. 4 febbraio 1963, n. 36 sono previsti il trasferimento del complesso dei beni e dei rapporti dell'impresa nazionalizzata e la restituzione soltanto di alcuni beni, sicch� da tali disposizioni � stato desumere che i rapporti non possono essere restituiti se non inerenti ai beni restituibili e di fatto restituiti; b) che secondo la disposizione dell'art. 5 dell'anzidetta legge l'indennizzo viene determinato in misura corrispondente al valore complessivo dell'azienda e ne � prevista la riduzione in corrispondenza dei beni restituiti ma non l'aumento in relazione alla restituzione di debiti, per cui � da ritenere che quest'ultima restituzione non sia stata voluta dalla legge; e) che, d'altra parte, � estremamente difficoltosu l'accertare l'inerenza o meno di un determinato rapporto giuridico all'attivit� caratterizzante dell'impresa elettrica, per il difetto di elementi obiettivi, quali sono quelli, invece, che possono presentarsi in relazione all'utilizzazione di. un bene. Vero � che la fondatezza di queste valide e convincenti ragioni � contestata dall'ente ricorrente, ma le obiezioni addotte non sono nuove essendo state ampiamente esaminate e disattese dalle Sezioni Unite �di questa Corte con le richiamate decisioni n. 3525 e n. 3527 del 1971. Si stima, perci�, opportuno, al fine di evitare una inutile ripetizione, richiamarsi alla motivazione delle dette sentenze, respingendosi perci� i primi tre motivi del ricorso. Con il quarto motivo l'ente ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 31 e 32 t.u. 24 agosto 1967, n. 4021 in relazione agli artt. 91, di un debito, che pu� incidere in modo xilevante sul vafore del complesso dei rapporti trasforiti, non ancora evidenziato. Con queste precisazioni la girnrisprudenza in esame, la quale finisce con obbiettivizzare la ragione di impresa, pur senza accogliere la tesi autorevolmente sostenuta che costituisce l'impresa come un diritto (v. NICOL�, Riflessioni sul tema dell'impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Riv. dir. comm., 1956, I, 177; IDEM, Il trasferimento di impresa nella sistemativa delle leggi di nazionalizzazione, in Riv. dir. comm., 1969, I, 273. Contra FERRI G., Societ� e impi�esa nelle leggi di. nazionalizzazione, in Riv. dir. comm.; 1967, 287; SANTINI, Le teorie dell'impresa (civillisti e laburisti a confronto), in Riv. dir. civ., 1970, I, 405, ove ampio esame della materia) pu� essere accettata. Il principio aff�ermato nella seconda massima costituisce jus recoeptum. V. da ultimo Cass., 4 dicembre 1971, n. 3527, in questa Rassegna, 1972, I, 123, ove ulteriori richiami a cui adde Cass., 13 luglio 1971, n. 22.45, in Dir. prat. trib., 1972, I, 12, con nota contraria di STELLA RICHTER P., Il problema della inerenza della spesa al reddito di ricchezza mobile. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 97 e 99 del gi� citato t.u. n. 645 del 1958, si duole che l'impugnata sentenza abbia ritenuto che la spesa sostenuta per il pagamento dell'imposta sulle societ� non inerisce alla produzione del reddito e non �, quindi, detraibile dal reddito imponibile lordo, ai fini dell'applicazione dell'imposta di R. M. cat. B. Sostiene in proposito che, l'imposta sulle societ� ha la sua ragione di essere dall'esistenza stessa, in un determinato modo e momento, del soggetto tassabile, per cui non pu� negarsi che l'esborso del tributo inerisca alla produzione del reddito. Anche questo motivo va disatteso, giacch� la Corte di merito, nel negare la detraibilit� dell'imposta sulle societ� dall'imponibile della ricchezza mobile, si � uniformata ad una pronuncia di questo Supremo Collegio (Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125), cui hanno fatto seguito numerosissime altre decisioni conformi (Sez. Un., sentenze nn. 507, 508, 509, 510, 511, 513, 514 e 516 del 1971; Sez. I, sentenze nn. 1888 e 2245 del 1971 e n. 2643 del 1972) con le quali la questione, che il motivo di ricorso ripropone, � stato oggetto di un completo riesame. Per respingere il motivo in esame �, pertanto, sufficiente ribadire che l'imposta sulle societ�, per i suoi caratteri di unicit�, globalit�, addizionalit� e personalit�, non � inerente alla produzione del reddito, ma soltanto al soggetto tassabile in base al bilancio; non � preordinata funzionalmente alla produzione, ma la segue; non costituisce una spesa di carattere produttivo, ma piuttosto una spesa appena legata al reddito da un vincolo vago e generico e non gi� strumentale e specifico. Essa, pertanto, non pu� essere ritenuta una spesa o perdita deducibile ai fini della formazione della base imponibile dell'imposta di ricchezza mobile. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 2 febbraio 1973, n. 324 -Pres. Ferrati -Est. Barbera -P. M. Chir� (conf.) -Valecchi (avv. Assennati) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Siconolfi). Lavoro -In genere -Qualificazione giuridica del rapporto di lavoro - Censurabilit� in Cassazione -Limiti. (e.e., artt. 1362, 2094, 2222). Lavoro -Lavoro autonomo -Differenza dal lavoro subordinato. (e.e., artt. 2094, 2222). In tema di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoTo, � censurabi.ie in sede di legittimit� l'individuazione dei crriteTi astratrti e generali che caratterizzano e distinguono il rappoTto di lavoro autonomo da quello subordinato, mentre la valutazione delle circostanze RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 370 di fatto, ritenute rilevanti per detta qualificazione, 1�e1sta sottratta al controllo da parte della Corte di cassazione, se sorretta da motivazione immune da e?�rori di diritto e di logica (1). Mentre nel contratto d'opera il prestato1�e di lavoro promevte il risultato dell'attivit� svolta a suo rischio�, nel rapporto di lavoro subordinato le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto riferimento al risultato dell'opera prestata (2). (Omissis). -La ricorrente denuncia nel primo motivo la violazione ed erronea interpretazione degli artt. 2094 e 2222 e.e. sia per errati �Criteri giuridici premessi alla valutazione differenzi�le dei due istituti sia per errata interpretazione giuridica delle rsultanze delle indagini rprobatorie. Nel secondo mezzo la ricorrente denuncia la violazione degli articoli 161, 132, n. 4, e 360, n. 5, c.p.c. per grave e palese vizio metodologico nella valutazione delle prove, essendo stato adottato nella decisione il .criterio della � compatibilit� � �col rapporto di lavoro autonomo anzich� quello della � tipicit� � o deila �incompatibilit� � col rapporto di lavoro subordinato, con il totale difetto nella motivazione di ogni valutazione analitica delle risultanze probatorie. Nei due mezzi, che sono collegati fra di loro, la ricorrente muove, in particolare, alla sentenza impugnata, le seguenti censure: a) che, anche nel caso in cui la retribuzione sia commisurata al risultato del lavoro, d� non denota senz'altro l'esistenza di un rap (1) Un caso di prestazione di opera a favore dello Stato. La sentenza che ,si annota'fa puntua1e e corretta applicazione dei principi regolanti la materia. In relazione alla caratterizzazione delle censure (adottate) da controparte avverso la pronunzia della Corte di appello di Perugia, il tema di indagine proposto al giudic�e di legittimit� � il'isultato contenuto nell'ambito degli schemi usualmente utilizzati nelle controversie tra privati, nelle quali si controverte in ordine ialla ricorrenza dell'una piuttosto che dell'altra categoria negoziale. Ma, anche se esula dall'area della pronunzia la tematica relativa alle prestazioni di opera o di lavoro subordinato nei confronti dello Stato o degli enti pubblici -e su tali aspetti specifici ci si intratterr� brevemente di seguito -pare utile verificare, per gli indubbi riflessi pratici, i caratteri discretivi dei due �terzi di rapporti. Si trattava, in sostanza, di valutare, ai fini indicati, una prestazione, protrattasi per tredici anni, a carattere manuale, consistente nell'incombenza della pulizia dei locali di un ufficio pubblico e nell'accensione tempestiva dei calorimetri per il periodo invernale, v�erso un corrispettivo fisso mensile, forfettariamente predeterminato, con l'aggiunta della gratifica natalizia. Pur non essendo stabilito un orario fisso di lavoro, non dovevano ovviamente verificarsi interferenze con la normale attivit� dell'ufficio. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 371 porto di lavoro autonomo, perch� nel lavoro subordinato � prevista anche la retribuzione a cottimo, commisurata al risultato del l�voro prestato; b) che, quando le prestazioni lavorative possono, per la loro natura, formare oggetto sia di �n rapporto di lavoro subordinato che di un contratto d'opera, per procedere all'esatta qualificazione del rapporto 'Si deve avere riguardo al modo con cui le parti hanno concretamente configurato il rapporto, avuto rigual'do alla sua tipicit�, e non alla compatibilit� con gli elementi caratteristici dell'uno o dell'altro istituto; e l'errore di metodo della Corte non � stato senza conseguenze, avendo il giudice di merito applicato il criterio della com- I mezzi necesl3ari (scope, detersivi, strofinacci) venivano poi forniti dal committente. Gi� i giudici di merito, con sviariate pronunzie, hanno ricompreso tale tipo di prestazione nell'ambito del contratto di opera e, per completezza infoillmativa, qui di ,seguito 'si richiamano: tribunale di S. Maria Capua Vetere, 21 giugno 1967 (massima in Rep. Foro it., 1968, col. 1422, n. 150; tribunale di Napoli 8 luglio 1965 (massima in Rep. Foro it., 1967, col. 1383, n. 155, e motiV'azione in Riv. Tributi locali, 1967, 71); tribunale Napoli 15 gennaio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale S. Maria Capua Vetere, 11 luglio 1962, in Rep. Foro it., 1962, col. 1598, n. 163; tribunale Vicenza, 17 giugno 1958, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2334, n. 11; app. Torino, 3 aprile 1959, in Rep. Giur. it., 1959, col. 2333, n. 3; tribunale Chiavari, 4 marzo 1964, in Rep. Foro it., 19<64, nn. 701-702. (2) Conformandosi ai consolidati e pacifici pr1incipi adottati !L'ipetutamente ltlella materia, il Sup�l'emo CoUegio ha l'avvisato il criterio distintivo basilare dell'opera autonoma (art. 2222 e.e.), rispetto al lavoro subordinato (art. 2094 e.e.), nel fatto che nel secondo (la locatio operarum del diritto romano) l'oggetto della prestazione � ravvisabile nello svolgimento di una attivit�, nell'impiego di energie fi.siche o intellettuali, messe a disposizione di un datore di lavoro (v. Cass., 10 luglio 1971, n. 2232; 10 luglio 1971, n. 2226; 5 aprile 1971, n. 995). Nel primo (locatio operis) viene dedotto in contratto invece il risultato di un'attivit�, o il fine o lo scopo ultimo cui essa � preordinata, rappresentato dall'opera o dal servizio pattuito. (Cass., 14 luglio 1971, n. 68; 28 maggio 1971, n. 1598; 17 ottobre 1970, n. 206-3, MrnABELLI GIUSEPPE, Dei singoli contratti, commento art. 1651 e 2222). In termini pi� sintetici, la fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. postula la promessa di un risultato; quella di cui all'art. 2094 e.e., presuppone solo J.a promesisa di un'attivit� (v. Cass., 14 gennaio 1971, n. 68). Magna divisio, quella riportata, da assumersi in via di massima, tanto che sono ravvisabili forme di lavoro subordinato quale quello a cottimo (art. 2100), o nella partecipazione agli utili (art. 2102 e.e.), in cui costituisce punto di riferimento nella dinamica contrattuale il risultato del lavoro prestato, piuttosto che quest'ultimo in s� considerato (v. Cass., 15 giugno 1943, n. 1480). Hanno, poi, rilievo di connotati essenziali per la prestazione di opera il requisito dell'autonomia dell'attivit� strumentalmente necessaria per il conseguimento del risultato finito con le implicazioni dell'assunzione del 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO patibilit� con l'unico termine di raffronto del contratto d'opera, anzich� comparare gli elementi 'con il rapporto di lavoro subordinato; e) che l'inesistenza di un obbligo di orario non era decisivo per escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, non essendo indi'Spensabile che l'attivit� lavorativa venisse prestata senza interruzione; e che, peraltro, nella specie, gli stessi giudici di appello avevano dato atto che la ricorrente aveva l'obbligo di prestare il suo lavoro prima �che fosse aperto l'ufficio, e per talune incombenze (accensione delle stufe) non molto tempo prima di tale apertura; d) che la subordinazione non doveva essere intesa in senso assoluto, bensi consentiva un margine di autonomia in relazione alla rischio in capo al prestatore e normalmente (ma no� con valore assoluto) della predisposizione dei mezzi. Il rapporto di lavoro subordinato postula invece, come dato che gli � connaturale, l'inserimento del soggetto, prestatore delle proprie energie, nell'intrapresa economica in cui opera in posizione dipendente col correlato affrancamento dal rischio di gestione o di e�sercizio di essa. �Al fine di una pi� precisa caratterizzazione del lavoratore autonomo in senso stretto va rilevato che, questi, che di solito � un artigiano o un piccolo imprenditore, compie un'attivit� organizzativa od esecutiva che ha il fulcro nella sua stessa persona (LUISA SANSEVERINO, in commento a cura di Scialoi!a art. 2222 e.e.); ov�e egli affidasse invece il conseguimento del irisultato ;promesso ad un'impresa, iancorch� a lui facente capo, si decamperebbe dall'esaminato schema negoziale. , Alla figura generica ed atipica rego1ata dall'art. 2222 e.e., in tal caso, subentrano gli specifici contratti tipici dell'appalto (art. 1655 e.e.), trasporto (art. 1681 e.e.) ed altri, che presuppongono come parti contraenti organizzazioni imprenditoriali di medie o grandi proporzioni (v. GIUSEPPE MmABELLI, Dei singoli contratti, commento iart. 2222 e.e.). (3) Ci� premesso in via di principio e considerato che nell'estrema variet� del commercio giuridico pu� non essere del tutto agevole l'identificazione del tipo negoziale, onde occorre aver sempre presente in una visione globale il modo di configurazione del rapporto (Cass., 6 febbraio 1967, n. 320; 15 maggio 1971, n. 4323), piuttosto che il nomen iuris usato dalle parti, si passa ad un pi� compiuto esame dei connotati differenziali dinanzi cennati. A) La subordinazione e collaborazione in contrapposto all'au.tonomia della prestazione. La collaborazione e subordinazione sono aspetti complementari, imprescindibili nel 1avoro subordinato, ed estranei alla prestazione d'opera, anche se la variet� di situazioni della vita giuridica pu� attenuarne la ricorrenza in concreto. La collaborazione, nella 'sua accezione basilare, rappresenta l'inserimento continuativo e sistematico del lavoratore nell'organizzazione tecnicoamministrativa dell'impresa per il conseguimento delle finalit� di quest'ultima (Cass., 15 maggio 1971, n. 1432; 29 .dicembre 1970, n. 2781). Appare, peraltro, fondamentale il rilevato dato dell'inserimento del lavoratore nell'organismo economico con carattere di essenzialit� e stabi PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 373 natura delle mansioni, e non doveva �concretarsi �con la presenza ed ingerenza del datore di lavoro nel corso della prestazione, come era stato erroneamente presupposto dal giudice di merito; e) che essa Valecchi era priva di autonomia, come era agevole dedurre dal fatto che all'ordinazione ed ai pagamenti degli strumenti di lavoro (legna, :scope, detersivi, ecc.) provvedeva l'ufficio; f) che la ricorrente era soggetta all'ingerenza e vigilanza del datore di lavoro, �come aveva ammesso la Corte di merito quando aveva osservato �che essa Valecchi poteva essere costretta a rifare il lavoro senza compenso maggiore, qualora non lo avesse espletato nel modo pattuito; lit� e non anche il tipo di attivit� dal medesimo svolta, che pu� essere manuale o intellettuale, tecnica o casalinga, sussidiaria o primaria, centrale o marginale. In definitiva, il criterio giuridico per stabilire la ricorrenza dell'inserimento nell'organizzazione del datore di lavoro deve essere dedotto dalle concrete modalit� di svolgimento del rapporto per tutta la sua perduranza. La subordinazione esprime invece la dipendenza del lavoratore dal potere diret1Jivo, organizzativo e disciplinare del datOII'e di lavoTo al quale compete di determinare le modalit� intrinseche, oltre che di tempo e di luogo inerenti alla prestazione delle energie 1avoraUve (Cass., 10 luglio 1969, n. 2537; 3 marzo 1969, n. 676; 8 novembre 1957, n. 4296; 14 maggio 1962, n. 1005). Peraltro', la rilevata dipendenza dal potere gerarchico dal1e direttive dell'imprenditore non � ovviamente da intendersi in senso assoluto, ma va apprezzata in relazione alle mansioni �esercitate dal prestatore di lavoro (v. Cass., 28 marzo 1969, n. 1018), e di conseguenza la medesima assume, . nena complessa variet� dei rapporti, aspetti diversi con riferimento alla natura ed alla maggiore o minore elevatezza dei compiti espletati (v. Commentario, ToRRENTE-LAMBERTI, libro V, Tomo I, pag. 109 e segg.). In genere, quindi, da un lato, il potere direttivo dell'imprenditore si concretizza 1I1egli mdini ai propri diprolidenti (anche se non appare necessario, per la configurabilit� del rapporto �Che i medesimi siano continui e dettagliati), dall'altro l'ese�rcizio della vigilanza del datoTe di lavoro, vigilanza che pu� in concreto esprimersi in forme ed aspetti diversi, rimane preordinato al controllo delle energie lavorative pa:"�estate, perch� si svolgano nei termini pattuiti. Tutto ci� consente, peraltro, sia pure entro limiti piuttosto rigorosi, un certo margine di autonomia al lavoratore e di discrezionalit� nell'espletamento dei suoi compiti (Cass., 5 giugno 1967, n. 875). Il quadro delineato, come in parte si � visto, muta radicalmente nel contratto di opera la cui caratteristica saliente � l'autonomia del prestatore nei confronti del committente, il che non esclude che questi abbia pur sempre un certo potere di vigHanza, limitata per� alla rispondenza dell'opera o del servizio, da riscontrare anche nel corso del loro perfezionamento, ai patti contrattuali, vigilanza che si esplica cio� �in un contratto attinente alle caratteristiche e modalit� del risultato produttivo, ma non investe il tempo e il modo di esplicazione dell'attivit� lavorativa, onde l'artefice non viene privato della :sua indirpendenza (v. C1ass., 8 agosto 1961, n. 1923). ,-=:::~g~w:: .�.~,_do_V-"W��-�,:::::�,x-~x=��llif=-::::..w==�:x�:��� =��:�::x�--., Il� ~~ ' :_.,,__ ~~.........;:;;,_~�"/;~;;;;�:.� X -� II 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I @. g) che l'asserita inesistenza di un rapporto di collaborazione avrebbe dovuto essere messa in correlazione con la conseguente fa ~~ colt� di rifiutare la prestazione e con la possibilit� di essere retribuita solo saltuariamente; mentre nella stessa sentenza impugnata era ammesso che le prestazioni erano state svolte per dodici anni continuativi, con la retribuzione mensile prestabilita di lire 10.000 e la corresponsione della gratifica natalizia, elemento quest'ultimo tipico del Irapporto di lavoro subordinato. Le censure non hanno fondamento. Questa Corte Suprema ha pi� volte affermato nelle sue decisioni (tra le pi� recenti, 10 luglio 1971, n. 2226; 28 maggio 1971, n. 1598), Il prestatore invero organizza a suo piacimento il lavoro usando i tempi e le modalit� ritenute pi� opportune, al di fuori di ogni dipendenza gerarchica. Abbiasi presente come forma tipica, difficilmente catalogabile nell'ambito della caratteristica in ,esame il lavoro a domicilio (art. 2128 e.e.), in cui non � dato ravvisare a prima vista una subordinazione tecnica e personale del prestatore, quale � da intendersi la subordinazione in senso giuridico. Oltretutto, pare vi sia una incompatibilit� fra lo svolgimento del lavoro a domicilio e la direzione e vigilanza dell'impresa committente. Purtuttavia, malgrado la peculiarit� di tal tipo di prestazione, il codice civile la inserisce nel lavoro subordinato (v. FRANCESCO SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, ed. VI, pag. 71-72). Giova evidenziar,e che nel caso ;risolto dal Supremo Col1egio con la pronunzia in esame, non ricorreva alcuno dei contratti della collaborazione e subordinazione come sopra delineati e lo svolgimento del lavoro era connotato dal pi� ampio margine di libert� per quanto atteneva alle sue modalit� e per la mancanza di un controllo da parte del committente che decampasse dal semplice apprezzamento del risultato conseguito. B) Il rischio. Il rischio non rappresenta il dato differenziale tipico del lavoro autonomo. Esiste, invero, in casi particolari come nella retribuzfone a cottimo o in forma pi� o meno latamente partecipativa, come si � visto, anche per il lavoratore subordinato. Costituisce comunque l'aspetto solitamente complementare dell'autonomia ed � peculiare quindi del lavoro autonomo, segnatamente quando la prestazione (nelle forme pi� inteUettualizzate) sia caratterizzata da particolare difficolt�. Nel nostro sistema per�, l'incertezza del risultato non fa scadere il contratto di opera a ,contratto per sua natura aleatorio ai sensi dell'articolo 1469 .c.v. Atteso quindi che il lavoratore autonomo si avva1e, per il conseguimento del risultato, dei mezzi ritenuti pi� opportuni, nell'ambito dell'organizzazione da lui creata e predisposta, egli � soggetto alle connesse responsabilit�, nel senso che fanno a lui carico tutte le difficolt� ed ostacoli che si frappongono al conseguimento del risultato �conforme ai caratteri e alle qualit� pattuite (v. Cass., 22 luglio 1971, n. 2396; 29 dicembre 1970, n. 2781; 26 febbraio 1969, n. 631). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 375 e deve qui ribadire, che, in tema di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro, � censurabile in sede di legittimit�, al fine di differenziare il rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo (contratto di opera), l'individuazione dei crited astratti e generali (collaborazione, subordinazione, assenza di rischio) che caratterizzano e distinguono il primo dal secondo rapporto, criteri che il giudice di merito deve applicare per la definizione in concreto dal rapporto stesso; e che, quando tali �criteri sono esatti e sono stati applicati dal giudice di merito con motivazione immune da errori di diritto e di logica la valutazione degli elementi di prova che ha condotto il giudice ad affermare od ad escludere l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato non � sindacabile in sede di legittimit�, costituendo un apprezzamento di fatto. Tale � il concetto di rischio economico che sta a carico del prestatore autonomo, laddove nel lavoro subordinato grava sull'impresa. Nel caso di-spede, era rimasto accertato che, pur nella piena indipendenza nelle modalit� di svolgimento delle incombenze affidategli, il lavoratore si riceveva dal datore di lavoro i mezzi necessari per l'espletamento dei suoi compiti. Tale dato, in parte limitativo del rischio del risultato, valutata l'intera economia del rapporto, era stato gi� dalla Corte di merito ritenuto elemento sufficiente per la caratterizzazione del rapporto come di lavoro subordinato. Comunque in altre pronunzie (v. Cass., 16 maggio 1960, n. 1112) il Supremo Collegio aveva avuto modo di rilevare che non � determinante l'uso da parte del lavoratore di strumenti ed attrezzi propri, in quanto non � l'approntamento di essi che determina la qualit� e figura del dipendente ma la natura dell'attivit� da esso svolta. C) Continuit� della prestazione. Costituisce un corollario della subordinazione del lavoratore dipendente ed esprime il portato della continua dedizione � funzionale � di questi al risultato produttivo perseguito dall'imprenditore (Cass., 10 febbraio 1970, n. 324). Essa comporta la persistenza nel tempo, a carico del lavoratore dell'obbligo giuridico di compiere le prestazioni pattuite e di mantenere a disposizione la propria energia (v. Cass., 10 febbraio 1970, n. 324), onde � da intende11si che non venga meno neppure nell'inte['vallo tr�a pr�estazione e prestazione, permanendo per l'appunto negli intervalli l'obbligo giuridico del lavoratore di restare a disposizione in relazione ai compiti affidatigli (v. Cass., 1 giugno 1971, n. 1761; 29 ottobre 1969, n. 3572; 19 novembre 1969, n. 3576). Ma la continuit�, cos� intesa come giuridica permanenza del vincolo obbligatorio nel tempo, non postula, come appare chiaro, sul piano concreto un'interrotta prestazione di lavoro (continuit� in senso materiale) e pu�, di converso conciliarsi concettualmente anche con una certa saltuariet� nel lavoro medesimo (v. Cass., 27 giugno 1968, n. 2181). Pu� in definitiva conciliarsi e coesistere anche l'espletamento di altre attivit�, purch� non subordinate, le quante volte queste ultime non assu 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nella controversia in esame, la Corte di merito ha premesso alle valutazioni delle ri'Sultanze di fatto esatti criteri distintivi del rapporto di lavoro subordinato da quello di lavoro autonomo affermando che, mentre nel contratto d'opera il prestatore di lavoro promette il risultato dall'attivit� svolta a suo rischio, nel rapporto di lavoro subordinato le parti convengono una prestazione di lavoro senza diretto riferimento al risultato dell'opera prestata, e ribadendo nella motiva-zione che in tale ultimo rapporto, manca il rischio a carico del lavoratore che deve inserirsi nell'organizzazione del datore di lavoro (collaborazione) col vincolo della subordinazione. La 'censura quindi, di cui al primo mezzo, circa l'asserta affermazione da parte del giudice di merito di errati principi giuridici premessi alla valutazione differenziale dei due istituti, non trova alcuna rispondenza nella motivazione della sentenza �mpugnata che si � invece attenuta ai criteri distintivi tra i due rapporti gi� affermati da questa mano il carattere di prevalenza rispetto alla normale capacit� lavorativa del soggetto (Cass., 1� luglio 1971, n. 2226). E' palese che nella fattispecie esaminata dalla Cassazione difettasse del tutto il caratt�re della continuit� nel senso dianzi precisato, per chiari caratteri dell'attivit� espletata dal lavoratore, onde sul punto non � il caso di spendere parola. D) Orario di lavoro. L'orariet� del lavoro costituisce dato sintomatico rilevante, anche se non decisamente univoco, dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. La prestazione del lavoratore dipendente consta in genere di un momento iniziale e di uno finale. Pertanto l'esonero dall'osservanza di un orario prestabilito (come anche quello di effettuare la prestazione nel luogo di lavoro) si presentano come caratteristiche anomale -ancorch� non decisive -rispetto al requisito della subordinazione proprio del lavoro dipendente (v. Cass., 2 aprile 1969, n. 1082; 29 maggio 1965, n. 1100) e congeniali invece al rapporto di opera. In quest'ultimo invece � -essenziale una notevole se non assoluta dose di discrezionalit� del prestatore sui tempi di lavoro. Nel caso esaminato dalla Cassazione mancava l'obbligo di osservare un determinato orario �ma era conferita al prestatore la facolt� di scegliere liberamente i tempi di esplicazione della sua attivit�, con l'unico limite, non determinante, di non interferire, nello svolgimento delle proprie incombenze con l'attivit� normale e quindi con le esigenze organizzative dell'ufficio. E) Sistema retributivo. Nel lavoro dipendente solitamente la retribuzione viene convenuta con riferime1nto ad un'unit� di misura temporale e p�erioddca (salario settimanale, stipendio mensile) che prescinde dalle prestazioni di singoli servizi; il compenso del contratto di opera invece viene commism;:ato al risultato conseguito o al lavoro necessario per ottenerlo (v. Cass., 10 febbraio 1970, n. 324). PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 377 Corte (tra le ultime decisioni, 10 luglio 1971, n. 2226; 15 maggio 1971, n. 1432; 14 gennaio 1971, n. 68; 10 luglio 1969, n. 2537). Non � neppure esatta la doglianza, contenuta nel secondo motivo del ricorso, secondo cui la Corte di merito avrebbe esaminato le risultanze di causa soltanto in riferimento al rapporto di lavoro autonomo, affermandone la compatibilit�, e non raffrontando gli elementi di prove al rapporto di lavoro subordinato, e non avrebbe inoltre esaminato analiticamente i detti elementi probatori. La Corte territoriale ha invece esaminato tutti gli elementi emersi dalle prove, in una valutazione analitica e particolareggiata, indagando, in base ai gi� premessi criteri differenziali dei due rapporti, se sussistessero le caratteristiche dell'uno e dell'altro rapporto; e, di fronte all'assunto della Valecchi che gli elementi stessi fossero tipici del rapporto di lavoro subordinato, ha enunciato le rag.ioni per cui, in prevalenza, tali elementi fossero compatibili col contratto d'opera. Peraltro la retribuzione a tempo non costituisce elemento incompatibile con la prestazione di opera anche se rimane pi� congeniale al lavoro subordinato (v. Cass., 5 dicembre 1967, n. 2894). Nella specie di cui all'anriotata sentenza, vi era una determinazione forfettaria del compenso, commisurata al periodo-mese cui era da aggiungere la gratifica natalizia che, come rilevato dalla Cassazione,' costituisce dato anomalo rispetto alla prestazione di opera. Peraltro, come statuito, in mancanza di altri elementi caratterizzanti, tale dato non � 'stato ritenuto preclusivo, in s� considerato, del riconoscimento nella specie della fattispecie legale di cui all'art. 2222 e.e. (4) Verificati ,quindi ,i dati posti a base della pronunzfa deUa Cassazione per la identificazione della categoria negoziale in concreto ricorrente nella specie, per compietezza di indagine, non va obliterato come nella subietta materia non sussista una sottoposizione integrale della Pubblica Amministrazione al diritto comune in quanto esiste tutta una normativa speciale dalla quale non si pu� prescindere, anche se la suggestione della equiparazione della Pubblica Amministrazione al privato appare ognor pi� o meno evidente nella giurisprudenza pi� o meno recente in materia di lavoro. Allo scopo indicato vanno tenuti presenti i 1p1rincipi che seguono, i quali vengono solitamente trasfusi negli schemi difensivi approntati per le Amministrazioni dello Stato: a) poich� non esiste un'autonomia dello Stato, pari a quella di cui fruiscono i privati, in quanto ogni momento del concreto agire del medesimo nel mondo giuridico postula l'esistenza di una norma che a tanto lo legittimi, non pu� ipotizzarsi una sua concettuale capacit� di esser soggetto di rapporti di impiego privato al di fuori dei casi espressamente previsti da disposizione speciale, solitamente di carattere eccezionale (art. 3, legge 26 febbraio 1962, n. 67 per l'assunzione di operai temporanei, art. 7, legge 18 luglio 1957, n. 614 per il personale di servizi lacuali; art. 12, legge 13 aprile 1948, n. 221 per il personale della soppressa G.R.A. ecc.) (Vedasi SANDULLI, Manuale di dir. amm.vo, 1959, 133). b) Necessit� imprescindibile dell'atto scritto per l'istaurazione di un rapporto di impiego privato con lo Stato. L'attivit� negoziale dello Stato 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ La Corte di Perugia, dopo l'esame analitico suddetto, ha proceduto ad una valutazione globale delle prove concludendo che la Valecchi aveva svolto il suo lavoro in piena libert� ed autonomia, senza il vincolo di subordinazione col datore di lavoro, col rischio deU'attivit� svolta ed obbligandosi soltanto al risultato dell'opeTa; e non si � nascosto neppure che la corresponsione della gratifica natalizia costituisce elemento estraneo al contratto d'opera ma ha aggiunto che tale elemento da s� solo non poteva dare al rapporto una qualificazione diversa da quella risultante dagli altri elementi, dato anche che tale gratifica non era stata corrisposta fino dall'inizio del rapporto, bens� negli anni successivi. infatti viene disciplinata, senza discriminazioni o eccezioni, dalle norme di contabilit�, legge n. 2440 del 1923 e n. 827 del 1924, le quali pongono in essere un sistema legislativo che ha carattere di specialit� rispetto alle disposizioni di diritto comune, come ammesso pacificamente. Dall'annunciato principio discende che la P. A. non pu� assumere impegni validi sul piano giuridico, contrarre obbligazioni ed entrare in rapporti, aventi natura contrattuale, sulla base di prestazioni corrispettive con terrzi se non a mezzo della forrma scritta, richtesta ad substantiam a pena di nullit�. (Vedasi in dottrina, BENCIVENGA, Contabilit�, pag. 56, Cass., n. 267 del 1965; n. 2148 del 1964; n. 149 del 1963; n. 905 del 1966). Tale forma scritta che presiede imprescindibilmente alla costituzione del rapporto � preceduta e seguita da un complesso di formalit�, anche esse essenziali nella subietta materia (atti preparatori, approvazioni ed altro) (TARASI, Appalti e Contratti, Casa Editrice Iya, 1954, pag. 87). Ora, poich� le indicate formalit� costituiscono il mezzo fondamentale ed indispensabile attraverso cui pu� manifestarsi la volont� deUo Stato, con esclusione di manifestazioni tacite desumibili da comportamenti esteriori parr-e che, in difetto, il rapporto di impiego privato in quanto tale, non pu� venire a giuridica esistenza (Cass., 26 luglio 1958, n. 2713; Cass., Sez. Un., 6 luglio 1963, n. 1817; Cass., 9 aprile 1964, n. 811; Cass., 5 maggio 1960). Pertanto a causa della richiamata esigenza non pu� trovare applicazione, nei rapporti con lo Stato, il principio generale affermato in tema di rapporto di lavoro subordinato secondo il quale, per la costituzione dello stesso non � necessaria una stipulazione formale, ma � sufficiente il fatto concludente dell'effettiva prestazione del lavoro nell'interesse dell'imprenditore. c) I rapporti che intervengono con lo Stato nella subietta natura, i quali non abbiano una loro regolamentazione convenzionale, in ultima ipotesi o sono inquadrabili nell'ambito della locatio operis ed in tal caso trovano la loro normale tutela davanti al giudice ordinario senza differenziarsi dai similari rapporti intercorrenti tra privati; oppure si atteggiano, per loro caratteri intrinseci, a rapporti di impiego privato (vedansi i dati differenziali del lavoro subordinato dianzi evidenziati). In tale seconda eventualit�, sta al loro riconoscimento sul piano giuridico, nella pienezza degli effetti loro propri, la rilevata mancanza dell'atto scritto, imprescindibile ad substantiam. . ./ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 379 Le censure della ricorrente costituiscono quindi soltanto un apprezzamento delle risultanze di causa diverso, ed opposto, dalla valutazione fattane del giudice di merito �con motivazione immune da errori giuridici e da vizi logici; e tale valutazione non � sindacabile da questa Corte in sede di legittimit�. Il ricorso, proposto dalla Valecchi, deve essere respinto. ( Omissis). L'unico effetto che pu� loro attribuirsi, trattandosi di meri rapporti di fatto, � que11o limitato che appronta l'actio de in rem verso ex art. 2041 e.e. Tale azione, come � noto sulla base di una consolidata e costante giurisprudenza, appare proponibile nei confronti della P. A. nei limiti dell'utilit� riconosciuta discrezionalmente dalla medesima. L. SICONOLFI CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 febbraio 1973, n. 382 -Pres. Rossano -Est. Aliotta -P. M. Trotta (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Albisinni) c. Comune �di Napoli (avv. Gleijeses e Percerillo) nonch� Fusco, Puglisi, Soc. Industriale Metalmeccanica, Soc. Fabbrica Italiana Contenitori e Soc. Partenopea Trasporti. Mezzogiorno -Cassa per il Mezzogiorno -Provvedimenti a favore della citt� di Napoli -Affidamento al Comune di Napoli dell'esecuzione di opere programmate della Cassa -Delegazione amministrativa -Occupazione d'urgenza di parte dei suoli da parte della Cassa -Responsabilit� del Comune per la mancata esecuzione dell'espropriazione nel biennio -Sussiste. (1. 9 aprile, 1953, n. 297, art. 4). Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Delegazione amministrativa -Esecuzione delle opere da parte del delegato in conformit� dei programmi predisposti dal delegante -Responsabilit� del delegante -Non sussiste. (1. 9 aprile 1953, 'n. 297, art. 4; e.e., art. 2043 e 2055). Allorch� I.a Cassa per il Mezzogiorno, a mente dell'art. 4, settimo comma, della legge 9 apriLe 1953, n. 297 affida al comune di Napoli, l'esecuzione di singole opere ptibbliche, pone in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva, in virt� deLla quale� l'ente affidatario ha, di regola, iL potere di provvedere in merito all'oggetto in nome proprio e non in veste di rapp1�esentante del delegato con l'assunzione dal lato attivo di ogni potere e diritto e dar lato passivo di ogni ob 380 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bligo e responsabilit� per quanto attiene la realizzazione den'opera oggetto dell'affidamento, comprese le occupazioni di urgenza e le espro priazioni necessarie. In tal caso la circostanza che l'occupazione di ur genza dei suoli necessari per l�'esecuzione dell'opera sia stata promossa dalla Cassa in nome e per conto del comune non esclude l'obbligo di quest'uitimo ente di provvedere all'espropriazione dei suoli occupati nel termine biennale (1). In caso di affidamento dei lavori di esecuzione di singole opere da parte della Cassa del Mezzogiorno al comune� di Napoli, la Cassa non div~ene responsabile solidale nei confronti dei terzi dei danni p1��0 dotti dal comune nell'esecuzione deH'opera in conformit� dei programmi predisposti dall'ente affidatario (2). (Omissis). -Venendo quindi all'esame del ricorso principale 'Si rileva che con il primo motivo la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno denunziando la violazione degli artt. 4 legge 6 aprile 1953, n. 297; 4, 5 e 10 legge 10 agosto 1950, n. 64516 e segg.; 24 e segg., 71 e 73 legge 25 g~ugno 1865, n. 2359; e 2045, 1362 e segg., 1703 e segg., 2699 e.e.; 115, 116 e 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostiene che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto che nella specie es'Sa ricorrente sostituita a norma della citata legge 9 aprile 1953, n. 297 al comune di Napoli nella realizzazione dell'opera pubblica in questione, si sia limitata ad atfldare al comune stesso soltanto l'esecuzione dei lavori, mentre doveva rite (1-2) I principi enunciati nella prima parte della 'Prima massima, come l:a stessa decisione afferma, costituiscono ius recoeptum. V. infatti 1n senso conf. Ca:ss., 14 aprile 1969, n. 1212, in Foro it., 19�69, I, 1749, con nota di F. SATTA; Cass., 22 dicembre 1967, 3025, in questa Rassegna, 1968, I, 399; Cass., 30 maggio 1966, n. 1412, in questa Rassegna, 1966, I, 854, decisioni tutte richiamate in sentenza. Che, infatti, l'affidamento in senso improprio ponga in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva � principio ormaii pacificamente riconosciuto dopo la importante pronunzia del S.C. 31 gennaio 1968, n. 313, in questa Rassegna, 1968, I, 419, la quale ha dato una organica sistemazione ai vari aspetti formali (delegazione, affidamento, sostituzione e finanziamento) che pu� assumere la cooperazione di enti p.er la esecuzione di opere pubbliche. Per applicazione di tali principi v. da ultimo Cass., 9 maggio 1972, n. 1395, in questa Rassegna, 1972, I, 622; Cass., 8 luglio 1971, n. 2152:, in Foro amm., 1972, I, 317, ove richiami. E' opportuno, tuttavia, ricordar�e che secondo autorevole dottrina (BENVENUTI, La connessione di opere pubbliche, in Acque, bon. e costr., 1958,' 3 seg.; CARUSI, Rapporto organico e sostituzione nell'esecuzione di opere! pubbliche, in questa Rassegna, 1965, I, 1152 (spec. 1164-116-5); IDEM, In tem~ di delegazione amministrativa, in questa Rassegna, 1964, I, 704-705 e da ultimo RoEHRSSEN, La concessione nel quadro dei sistemi di esecuzione delle opere pubbliche, in Rass. lav. pu.bbl., 1971, 1) nell'ipotesi considerata dalla sentenza in rassegna il provvedimento amministrativo di affidamento dei lavori dovrebbe qualificarsi come concessione, e non deleg~zione, in quanto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 381 nersi che si era operato nei confronti di quest'ultimo una delegazione amministrativa intersoggettiva per quanto si riferiva alla realizzazione di detta delegazione comprensiva quindi di ogni relativo potere anche in ordine all'espropriazione dei suoli necess1ari all'esecuzione della stessa il che si evinceva in modo indubbio dal fatto che essa ricorrente aveva messo a disposizione del comune per spese di espropriazione L. 27.000.000 che non aveva alcuna importanza in senso contrario la circostanza che l'occupazione d'urgenza era stata richiesta da essa Cassa per il Mezzogiorno in quanto aveva espressamente dichiarato di agire in nome e per conto del comune di Napoli che in base a tali considerazioni doveva ritenersi che unico responsabile dell'illegittimo protrarsi dell'occupazione dei suoli in questione, per mancato espletamento n~l biennio dopo l'occupazione d'urgenza della procedura di espropriazione, era il comune di Napoli. Con il secondo motivo poi la ricorrente Cassa per il Mezzogiorno denunziando la violazione degli artt. 71 e 73 legge 25 giugno 1865, n. 2359; 2041 e.e.; 4 e segg. legge 6 aprile 1953, n. 297; 10 legge 10 il comune di Napoli ha un interesse proprio all'esecuzione dell'opera. Anzi, come riconosce espressamente la sentenza n. 1212 del 1969, l'opera � di sua pertinenza, e diventa del comune non appena realizzata. Devesi, peraltro, precisare che tale ultima conclusione � esatta se riferita esclusivamente all'ipotesi contemplata dalla legge n. 297 del 1953, in forza della quale alla Cassa (v. art. 4) viene demandato il compito di provvedere alla progettazione di opere ed, eventualmente, alla loro diretta realizzazione, con denaro proveniente da mutui contratti dalle Amministrazioni territoriali (comune e/o provincia di Napoli) anche se con garanzia (temporanea) della Cassa. A ben diversa conclusione, anzi all'opposta, deve giungersi, invece, quando la Cassa agisce a norma dell'art. 8 della sua legge istitutiva (10 agosto 1950, n. 646, modificato dall'art. 13, legge 29 luglio 1957, n. 634), quando, cio�, affida in concessione ad enti pubblici J'.esecuzi01I1e dd opere che essa progetta e finanzia con denari assegnati al suo bilancio. In tal caso, contrariamente a quanto ritenuto da alcuni giudici di merito, (v. Corte appeno L'Aquifa, 30 giugno 1969, in Giur. merito, 1970, I, 371), l'opeo:-a ese�guita dall'ente concedente. Sul punto v. Rossi A.,. Considerazioni in tema di concessione da parte della Cassa per il Mezzogiorno dell'esecuzio'Ylle dei lavori per la costruzione di un'opera pubbLica, in Giur. merito, 1970, I, 371 in nota alla sentenza della Corte dell'Aquifa sopra dcoil'data. Il principio enunciato nella seconda massima � di ovvia esattezza. Atteso che il danno da risarcire � quello derivante dalla mancata tempestiva adozione del decreto di esproprio, nessuna responsabilit� pu� farsi risalire all'ente concedente per l'esecuzione delle opere da esso programmate, non essendovi nesso di causalit� tra lavori programmati e mancato rispetto del termine biennale previsto dall'art. 73, legge 25 giugno 1965, n. 2359. 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO agosto 1950, n. 646; 90 e segg. c.p.c., lamenta in conseguenza di quanto dedotto con il primo motivo l'avvenuta estromissione dal giudizio del comune di Napoli. I due motivi che importando la risoluzione di questioni comuni o tra loro intimamente connesse vanno unitamente esaminati sono entrambi fondati. In proposito va premesso che non pu� tenersi conto, ai fini della decisione delle questioni proposte con il ricorso della deliberazione 20 aprile 1960 della Cassa per il Mezzogiorno, esibita dalla stessa soltanto nel giudizio di cassazione, dalla quale risuUerebbe che al comune era stato affidato anche l'espletamento delle procedure di espropriazione, ostandovi il tassativo divieto contenuto nell'art. 372 c.p.c. che esclude in tale sede, salvo determinate ipotesi che nella specie non ricorrono il deposito di atti o documenti non prodotti nelle precedenti fasi di giudizio. Ci� premesso si rileva che, com'� ormai ius receptum di questa Corte (sentenze 17 aprile 1969, n. 1212; 29 dicembre 1967, n. 3025; e 30 maggio 1966, n. 1412) dal complesso delle norme di cui alla legge 9 aprile 1953, n. 297, contenente provvedimenti a favore della citt� di Napoli, e particolarmente dal preciso disposto dell'art. 4, comma quinto, si desume che � stato attribuito alla Cassa per il Mezzogiorno il potere di realizzare opere pubbliche normalmente di competenza tra l'altro del comune di Napoli sostituendosi quindi allo stesso, con la conS'eguenza �che, qualora si realizzi tale ipotesi, la Cassa agisce in nome proprio, assumendo ogni obbligo e reS'ponsabilit� derivante dall'esecuzione dell'opel'a. Senonch�, consentendo l'art. 4, comma settimo, della citata legge alla Cassa per il Mezzogiorno di affidare al comune di Napoli l'esecuzione delle singole opre, qualora d� si verifichi, la Cassa pone in essere una delegazione amministrativa intersoggettiva, in virt� della quale l'ente affidatario ha di regola a sua volta il potere di provvedere in merito all'oggetto della delegazione in nome proprio e non in veste di semplice rappresentante del delegante con as�sunzione dal lato attivo di ogni relativo potere e diritto e dal lato passivo di ogni obbligo e responsabilit� per quanto attiene alla realizzazione dell'opera oggetto dell'affidamento, compreso in questo ambito le occupazioni di urgenza e le espropriazioni necessarie, conservando soltanto la Cassa per il Mezzogiorno quale ente delegante un potere di controllo, da esercitarsi nell'interesse pubblico; naturalmente tale � l'estensione normale dell'affidamento che per altro pu� anche essere attuato in un ambito pi� limitato, qualora ci� risulti dal contenuto stesso del provvedimento con il quale � stato disposto, �ed il relativo accertamento, che implica un apprezzamento di merito, � suscettibile di sindacato in questa sede soltanto sotto il profilo di un vizio giuridico o logico di motivazione. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE Orbene nella specie la Corte d'appello, dopo avere in sostanza enunciato analoghi principi ha poi con motivazione illogica escluso che l'affidamento dell'esecuzione dell'opera in questione da parte della Cassa per il Mezzogiorno al comune di Napoli avesse portata generale e fosse quindi 'comprensiva dell~ relative occupazioni di urgenza ed espropriazioni. In particolare ha omesso anzitutto di consider:are il fatto decisivo, risultante dallo stesso atto di affidamento del 19 luglio 1969 che la Cassa aveva messo a disposizione del comune la somma di L. 27.000.000 per il pagamento delle indennit� per le espropriazioni necessarie per l'esecuzione dell'opera in que3tione, il che presupponeva evidentemente che le espropriazioni stesse dovessero essere effettuate a cUra del comune. Ed ha omesso altres� di considerare, ai fini dell'interpretazione dei limiti e della portata dell'atto di affidamento l'altra circostanza del pari d~cisiva che il comune aveva proceduto .all'espropriazione di altri suoli necessari per l'esecuzione dell'opera stessa, provv�edendo altres� al pagamento delle relative indennit� in favore dei proprietari espropriati. Ha invece erroneamente ritenuto che avesse carattere decisivo, ai fini della limitazione dell'affidamento alla semplice esecuzione materiale dei lavori, il fatto che l'occupazione di urgenza dei suoli in que�stione era stata promossa dalla Cassa per il Mezzogiorno, non considerando che questa aveva espressamente dichiarato di agire � in nome e per conto del Comune � al quale del resto erano stati successivamente consegnati i suoli stessi e che l'intervento della Cassa per il Mezzogiorno, diretta in sostanza a sollecitare l'attivit� del comune all'esecuzione dell'opera pubblica, non �escludeva in alcun modo, come gi� ritenuto da questa Corte in un caso analogo (sentenza 14 aprile 1969, n. 1212), l'obbligo di quest'ultimo di provvedere all'espropriazione nel termine del biennio. :Pertanto, in accoglimento di tali censure, che ripropongono il problema dell'individuazione del soggetto responsabile dei danni lamentati dai proprietari dei suoli, l'impugnata sentenza va cassata. con rinvio. In quanto ai ricorsi proposti dalle sopraindicate societ� e dal Fusco va anzitutto �rilevato che non ha alcun fondamento l'eccezione proposta dal comune, il quale sostiene che tali ricorsi sono inammissibili per,ch� hanno forma di ricorsi principali e nel contempo sono condizioni all'accoglimento del ricorso principale della Cassa per il Mezz.ogiorrio costituendo questa un'evidente contraddittoriet� che importerebbe nullit� della volont� di proporre gravame. Infatti non sussiste la dedotta contraddittoriet� in quanto i ricorsi proposti dalle sopraindicate societ� e dal Fusco, anche se erroneamente qualificati principali, in realt�, data la preventiva avvenuta proposizione del ricorso principale della Cassa per. il :Mezzogiorno, assumono ai sensi RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 384 dell'art. 371 c.p.c., avendone tutti i requisiti di legge, natura di ricorsi incidentali. Venendo quindi all'esame degli anzidetti ricorsi incidentali condizionati � ev1dente che restano assorbiti in conseguenza dell'accoglimento del ricorso principale della Cassa per il Mezzogiorno i due motivi dedotti dalle societ�, le quali sostengono che, nel caso di accoglimento del ricorso principale, dovendosi escludere la responsabilit� della Cassa, dovrebbe conseguentemente affermarsi quella � del comune nonch� l'analoga censura contenuta nella seconda parte dell'unico motivo del ricorso del Fusco. Infatti la pronunzia emessa da questa Corte in ordine al ricorso principale ripropone automaticamente come si � gi� accennato, data la dipendenza di causa (articolo 331 c.p.c.) per il sussistente rapporto di alternativa tra la responsabilit� della Cassa per il Mezzogiorno e quella del �comun�e di Napoli, il problema della responsabilit� di quest'ultimo, -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 9 marzo 1973, n. 651 -Pres. Rossi Est. Persico -P. M. Pedace (conf.) -Cassa di Previdenza per gli Ingegneri �ed Architetti (avv. Sorrentino) c. Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tracanna e Gargiulo). Previdenza ed assistenza -Ingegneri ed architetti -Cassa di Previdenza degli ingegneri ed architetti -Obbligo contributivo -Individuazione dei soggetti obbligati -Funzionari degli Enti pubblici e della Cassa per il Mezzogiorno -Esclusione. La Cassa di previdenza per gli ingegneri ed architetti, che ha lo scopo di attuare un trattamento di previdenza a favore degli � iscritti� agli albi professionali, e cio� a favore d�i tutti gli ingegneri ed architetti che� possono per le.gge esercitare la libera professione, trae le sue fonti di finanziamento dai contributi diretti dei destinatari delle prestazioni e dai c<mtributi di coloro che si a.v�valgano degli elaborati tecnici degii ingegneri ed architetti (artt. 3 e 24 legge 4 marzo 1958, n. 179, e legge 11 novembre 1971, n. 1046), stabilendo cos�, secondo il criterio di mutuaiit� del sistema previdenziale, un collegamento tra l'obbligazione contributJiva e la destinazio1ie dei proventi. Pertanto sono estranei al sistema previdenziale, e quindi non hanno obbligo di versare i contributi, i funzionari tecnici, irnpiegati di enti pubblici, i quali, nel redigere i progetti, svolgono l'attivit� di servizio senza bisogno di iscrizione sugli albi professionali, e sono esclusi gli elaborati dagli stessi app1�ontati per l'ente in adempimento del ra.pporto di servizio; infine sono estranei al sistema previdenziale i funzionari (inge! ~~ PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 385 gneri) della Cassa per il Mezzogiorno, anche laddove �redigono e firmano progetti di opere in conglomerati cementizio, non essendo per essi obbligatoria l'iscrizione a.gli albi pro1essionali, cosi come ha luogo per i corrispondenti ifunzionari del Ministero dei LL. PP. (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso, denunziando violazione degli artt. 24 della legge 4 marzo 1958, n. 179; 6 del regolamento approvato con d.P.R. 31 marzo 1961, n. 521; 51 e 52 del r.d.l. 23 ottobre 1925, n. 2357, la Cassa di previdenza tende a contrastare anzitutto l'affermazione della Corte di merito drca l'esistenza di un collegamento necessario tra l'obbligo del contributo ex art. 24 della legge e la natura del rapporto (esclusivamente di prestaz.ione di opera intellettuale) tra il professionista e l'ente nel cui interesse � redatto il progetto -affermazione che assume viziata da un'errata concezione mutualistica --e sostiene che il sistema contributivo in esame � del tutto autonomo rispetto al rapporto di prestazione d'opera, concernendo solo gli atti obiettivamente considerati in base a competenza astratta (elaborato tecnico di competenza di ingegnere od architetto, oggetto di atto amministrativo di autorizzazione, approvazione, o concessione da parte degli enti all'uopo indicati) e comprende anche l'attivit� esplicata nell'ambito di un rapporto di impiego a carattere organico, compatibile con l'iscrizione agli albi professionali ed espressamente richiamata dall'art. 6 del regolamento con riguardo all'approvazione dei progetti da parte delle Amministrazioni dello Stato; censura, inoltre, l'argomento sistematico desunto dagli artt. 24 della legge e 51 del r.d. 25 ottobre 1925, n. 2357 richiamati dal regolamento e sostiene che nel primo la locuzione �committenti � � stata usata non per individuare una delle parti del contratto di opera professionale (e, quindi, non � sinonima di � cliente �) bensi per specificare -come del resto chiarisce l'art. 6 del regolamento -che il contributo � dovuto da colui per conto del quale si costruisce l'opera e non gi� da chi esegue materialmente quest'ultima; e che il richiamo alle seconde non � diretto a discriminare la natura del rapporto nel cui ambito il progetto � stato redatto, bensi a delineare la competenza professionale prescindendo dall'iscrizione agli albi. Le �censure non hanno fondamento. (1) La sentenza riveste particolare interesse perch�, in relazione al continuo intensificarsi dell'attivit� di taluni enti pubblici nel campo delle opere pubbliche e in genere dell'ediliziai-.. respinge la tesi, abilmente costruita, di estendere l'obbligo contributivo agli stessi Enti pubblici che si avvalgono dell'attivit� professionale dei propri funzionari tecnici (ingegneri ed architetti) e che, pertanto, si assumevano inclusi, secondo la tesi respinta dalla Suprema Corte, nella categoria di committenti indicata nell'art. 24 della legge n. 179. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 386 Secondo la ricorrente, mentre l'iscrizione all'albo professionale � condizione sufficiente per l'assunzione automatica ed 1obbligatoria della qualit� di iscritto alla Cassa di previdenza e di destinatario delle prestazioni, viceversa �l'obbligazione del provvento considerato cjall'art. 24 della legge n. 179 del 1958 ha per presupposto obiettivo la mera utilizzazione di un progetto che formi oggetto di un atto amministrativo autorizzato, concessivo, ecc., indipendentemente dalla natura del rapporto che lega il redattore all'utilizzatore dell'elaborato ed a prescindere dall'iscrizione o meno del professionista all'albo. Una tale tesi -la quale riconduce i provventi in esame ad un intervento atipico dei pubblici poteri, quale tassa imposta a sogg.etti non fruenti direttamente del servizio coperto dalla tutela previdenziale (sent. Corte costituzionale n. 23 del 1968 �e n. 00 :del 1969) postulerebbe la previa dimostrazione che il sistema introdotto dalla suindicata legge deroghi al principio di impropria mutualit� che informa di regola la disciplina previdenziale delle categorie professionali, nella quale alla copertura contributiva sono normalmente chiamati a concorrere i destinatari delle prestazioni previdenziali e coloro che� ne utilizzano in qualche modo il risultato e ci� in trasposizione, coi necessari adattamenti, del sistema previdenziale base attinente ai rapporti di lavoro subovdinato. Ma �esattamente la sentenza impugnata � pervenuta alla dimostrazione del contrario, non limitandosi all'interpretazione logico-grammaticale della sola norma �mpositiva del contributo, ma completandola con l'interpretazione .sistematica e finalistica dell'intera legge. Gi� con riguardo all'art. 24, seppure la locuzione � committenti � pu� non ritenersi sinonimo dell'altra �cliente � e grammaticalmente riferita a �progetto� e non propriamente ad � elabor.ato tecnico�, nondimeno, �essendo quest'ultimo �conseguenziale alla commissione del progetto, quella locuzione viene a disvelare fa previsione �di un presupposto soggettivo dell'obbligazione contributiva, costituito dalla natura di un rapporto che dia luogo a prestazione di opera intellettuale per gli elaborati ingegneristici ed �rchitettonici; e ci� contrasta con la configurazione del presupposto dell'obbligazione come meramente obiettivo; anche con riferimento al richiamato art. 6 del regolamento, per ci� che attiene al riscontro, da parte degli organi amr.inistrativi competenti, dell'avvenuto versamento del contributo alla Cassa di previdenza da parte dei �committenti�. D'altra parte, n� quella locuzione potrebbe avere funzione speci ficatrice del soggetto obbligato (colui per conto del quale si costruisce) in mancanza di qualsivoglia differenziazione tra i sistemi esecutivi dell'opera (direttamente o per appalto); n� il richiamo degli artt. 51 e 52 della legge professionale contenuto nell'art. 6 del regolamento potrebbe :essere inteso a delimitare la sfera delle attribuzioni progettuali con PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE riferimento alla �competenza degli ingegneri ed architetti ed a prescindere dalla loro iscrizione all'albo professionale, poich�, avuto riguardo al loro contenuto (regolare l'oggetto ed i limiti della professione di ingegnere ed architetto); confermano n collegamento tra l'attivit� di produzione dell'elaborato ~ l'esercizio della professione, ed, indirettamente, elevano la natura del rapporto con il beneficiario della prestazione p�rofessionale a presupposto dell'obbligazione contributiva. Le conclusioni della sentenza impugnata risultano, poi, avvalorate da un'indagine circa la ratio della legge in relazione alle finalit� perseguite dal legislatore. La Cassa di previdenza per gli ingegneri ed architetti ebbe lo scopo (art. 2) di attuare un trattamento di previdenza i.v.s. a favore degli �iscritti � e cio� (art. 3) �di tutti gli ingegneri ed architetti che possono per legge esercitare la libera professione�, identificati (art. 1 del regolamento) negli �iscritti nei relativi albi professionali nei cui confronti non sussiste, per legge, divieto di esercitare la libera professione �; e le fonti di finanziamento furono assicurate mediante contributi diretti dei destinatari delle prestazioni e mediante contributi a carico di coloro che si avvalgono degli elaborati tecnici ingegneristici ed architettonici (artt. 3 e 24 della legge). Come esattamente rilevato dalla Cassa per il Mezzogiorno, l'art. 6, comma secondo, del regolamento, finalizzando la misura quantitativa dei contributi a carico dei committenti e dei contributi individuali alla copertura degli oneri derivanti dalle prestazioni previdenziali previste dalla legge e dal regolamento, manifesta il collegamento es[stente tra l'obbligazione contributiva e la destinazione dei provventi al sistema previdenziale predisposto e conferma il criterio della mutualit� impropria di tale sistema. Ed � in base ad esso che la sentenza, facendo leva sulla dichiarata obbligatoriet� d.ell'iscrizione alla Cassa (art. 1 del regolamento) per soli ingegneri ed architetti �iscritti � negli albi pi:ofessionali ha desunto, per contrappos;izione, l'estraneit� dei funzionari tecnici (i quali svolgono l'attivit� di servizio senza bisogno di detta iscrizione) dal rapporto tipico di prestazione d'opera intellettuale di cui agli artt. 2230 e segg. e.e. e l'esclusione degli elaborati dai medesimi approntati per l'ente da quelli rispetto ai quali sussiste l'obbligo del contributo in esame. A contrastare tale conclusione la Cassa di previdenza osserva: a) che la legge consente l'iscrizione nell'albo anche� a chi non esercita o non pu� esercitare la libera professione (salva l'ipotesi di divieto ex lege); b) e prevede un trattamento integrativo pensioni'stico anche agli iscritti alla Cassa i quali gi� fruiscono di altro trattamento pen~ ionistico; e ne desume che anche coloro i quali si valgono delle prestazioni di costoro sono obbligati al versamento del contributo ex ar RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 388 ticolo 24, per il solo fatto dell'iscrizione negli albi professionali e salva solo l'interdizione legale dall'esercizio della professione. In contrario -fermo il concetto affermato in sentenza che la legge contempla l'eventuale attivit� collaterale della persona fisica non imputabile all'ente e rispetto alla quale il soggetto passivo dell'imposizione � chi di tale attivit� si avvale, ovvero i rapporti contrattuali di impiego aventi ad oggetto l'attivit� professionale -pu� rilevarsi l'irrazionalit� di un obbligo di contribuzione �che sia posto, per effetto di un'i'scrizione all'albo richiesta in esercizio di una mera facolt�, a carico di un soggetto al quale l'opera obiettivamente professionale sia istituzionalmente dovuta senza alcun bisogno di detta iscrizione; e che l'integrazione del trattamento pensionistico -ove si ammetta �che il funzionario tecni�o, nonostante la sussistenza del rapporto organico, sia da considerare beneficiario anche delle prestazioni della Cassa sol per l'iscrizione di fatto all'albo -potrebbe trovare copertura nei soli contributi individuali degli interessati; ed il fatto stesso �Che la legge non ha provveduto, in tal caso, la riduzione del contributo �ex art. 24 (in correlazione con quanto disposto per i contributi individuali eventuali), � argomento di non lieve momento a favore della conclusione che, nell'ipotesi in esame, l'obbligazione di cui si discute non sussiste affatto. Ove, infine, si consideri che chi si avvale dell'opera dipendente del professionista gi�� concorre (nel caso' della Cassa per i1 Mezzogiorno �con l'iscrizione all'I.N.P.S.) alla formazione del fondo necessario per assicurargli al termine del rapporto il trattamento di quieseenza, si avr� la riprova della scarsa attendibilit� della tesi che la legge abbia voluto imporgli anche l'onere del contributo per una seconda forma di previdenza, per giunta eventuale e (avuto riguardo ai massimi di pensione di cui alla legge del 1958) rara. La legge 11 novembre 1971, n. 1046 non offre alcun valido argomento in �senso contrario alle conclusioni fin qui attinte, come dalla ricorrente Cassa di previdenza si .pretende. Anzitutto � da escluderne il carattere interpretativo della legge n. 179 del 1958, come ~pu� desumersi dall'essere stata approvata ad oltre tredici anni di distanza, con lo scopo (esplicito dal titolo) di introdurre modificazioni ed integrazioni, dopo che gi� nel 1964 il legislatore era intervenuto, con la legge n. 983 (abrogata dalla presente), a modificarne la normativa relativa alle sole convenzioni per assistenza malattia. Inoltre, le modificazioni fondamentali (esclusione dall'iscrizione alla Cassa degli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenz? obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attivit� esercitata; esclusione del contributo per i progetti ed elaborati tecnici redatti, in adempimento di un rapporto PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE di lavoro, da ingegneri ed archUetti alle dipendenze dei datori di lavoro, e delle opere, cui si riferiscono i progetti e gli elaborati stessi) hanno decorrenza dal 1� ~ennaio 1972, data di entrata in vigore della legge. Ci� posto, e non potendosi attribuire portata interpretativa ad akuni soltanto dei commi di un singolo articolo (il quinto), cui la ricorrente si richiama, in mancanza di espressa manifestazione di volont� del legislatore, rimane soltanto da stabilire se dalla nuova disciplina sia dato desumere argomenti di convalida o di contra,sto della interpretazione della precedente legge nei sensi di ,cui sopra. Sotto tale profilo, il rilievo che l'esclusione dell'attivit� pro~essionale dipendente dalla disciplina contributivo-assicurativa, per il futuro, conferma che per il passato ,essa vi era compresa, non � pertinente, tostocch� le ,conclusioni della sentenza impugnata, qui confermate, concernono l'attivit� costituente il ,contenuto di un rapporto organico e si fondano sul principio che non pu� qualificarsi giuridicamente come prestazione ,di opera professionale (sia pure dipen0dente) l'attivit� funzionale tecnica dell'ingegnere o architetto pubblico impiegato. L'altro rilievo -che essendosi indicati i soggetti passivi dell'obbligo contributivo ex art. 24 della legge del 1958 non pi� con la locuzione �committenti � bens� con l'espressione ��coloro che eseguono direttamente o per conto dei quali si esegue la costruzione,, l'impianto o l'opera �, si sia con ci� confermato che il legislatore del 1958 si era riferito non al committente del progetto ma al committente delle opere -non � accettabile, poich� proprio nelle ipotesi eccettuate per il futuro in ordine all'identificazione dei destinatari delle prestazioni professionali e di soggetti passivi� dell'obbligazione contributiva, la natura del rapporto in virt� del quale l'attivit� tecnica � prevista quale elemento sostitutivo della fattispecie (come l'iscrizione a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto ,di lavoro subordinato o comunque di altra attivit� esercitata preclude l'iscrizione alla Cassa di previdenza, laddove precedentemente le prestazioni integrative non erano precluse neppure da un trattamento pensionistico gi� in atto, del pari la progettazione costituente il risultato d� un'attivit� dovuta in adempimento di un rapporto di lavoro non d� luogo al provvento); e ci� costituisce indiretta ma chiara conferma degli intenti di mutualit� in senso lato. Col secondo motivo del ricor,so, denunziando violazione dell'art. 24 della richiamata legge n. 179 del 1958 nonch� vizio di omessa motivazione ed omessa pronunzia su punto decisivo controverso, la ricorrente Cassa di previdenza attribuisce alla sentenza di non aver considerato -anche ad ammettere che il contributo 'Sia dovuto con riferimento alla competenza concreta �e non astratta degli ingegneri ed RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO architetti quelle opere per J.e quali � obbligatoria la firma di un professionista iscritto all'albo (opere di conglomerato cementizio, semplice o armato; opere soggette a licenza edilizia), col duplice conseguente errore: a) di aver trascurato che rispetto ai relativi progetti l'iscrizione all'albo dei propri dipendenti si pone non come atto facoltativo bensi come condizione per il legittimo svolgimento dell'attivit� progettuale; b) di non averne colto l'incidenza ai fini della qualificazione del rapporto con la Cassa per il Mezzogiorno, che andrebbe inquadrato tra quelli di impiego a carattere profes'Sionale (e non organico). Neppure tale censura � fondata. Va premesso che la Cassa per il Mezzogiorno, sebbene fornita di personalit� giuridica, agisce perseguendo soltanto fini statali, onde essa si .compenetra sostanzialmente con l'Ammini'Strazione dello Stato (Sez. Un., sent. 3025/67; Sez. I, sent. n. 718/70). Se, quindi, nell'attuazione dei propri compiti istituzionali, tra i quali rientrano la predisposizione dei programmi e l'esecuzione di opere straordinarie di pubbl1ca utilit�, incontra la necessit� di far redigere dai propri dipendenti progetti di ufficio relativi ad opere in conglomerato cementizio, semplice od armato o ad opere per le quali � richiesta licenza edilizia, non occorre che tali ingegneri od architetti firmatari siano iscritti agli albi professionali, condizione non richiesta per i corriSpondenti funzionari del Ministero dei lavori pubblici. Benvero, la prescrizione dell'art. 1 del r.d. 16 novembre 1939, n. 2229 ha finalit� �di prevenzione in considerazione della complessit� dei calcoli normalmente richiesti dall'impiego dei conglomerati (sent. 2413/70) ed attua una riserva legale in favore della categoria degli .ingegneri ed architetti rispetto a quella dei geometri (art. 16 legge 11 febbraio 1929, n. 274). � Ma nell'ambito della categoria coperta dalla riserva, l'iscrizione all'albo professionale si pone come condizione per l'esercizio dell'attivit� considerata solo rispetto ai rapporti di prestazione di opera intellettuale, libera o dipendente, e non anche con riguardo ad attivit� solo impropriamente professionale ma costituente prestazione impiegatizia di carattere organico, pur implicando, per il suo contenut� tecnico l'abilitazione all'ese:ricizio. Che, poi, in concreto, singoli rapporti possano ricondursi allo schema dell'impiego a carattere professionale non organico, � allegazione contrastata dalla prospettazione della domanda e resistita dalla natura intrinseca di essi quale si desume dall'art. 19 del regolamento organico l6 giugno 1965 della Cassa per il Mezzogiorno approvato dal Ministro per il Mezzogiorno ai sensi dell'art. 33 della legge 26 giugno 1965, n. 717 (il quale sancisce il principio della esclusivit� della prestazione impiegatizia dei propri dipendenti, col divieto normale di ~ i PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE attivit� professionale esterna, e comprende negli obblighi derivanti dal rapporto di impiego tutte le prestazioni, anche di cara,ttere professionale, esplicate nell'assolvimento dei compiti di ufficio). Col terzo motivo del ricorso, denunziando violazione degli artt. 2, 3 e 4 della legge n. 179 del 1958, 1, 6 e 16 del regolamento approvato con r.d.1. n. 521 del 1961, nonch� vizio di contraddizione, la ricorrente Cassa di previdenza sostiene che, anche ad ammettere un collegamento tra lo� status del professionista ed il progetto da lui redatto, questo status non pu� essere che quello di impiegato cui �dalla legge � � vietato il libero esercizio professionale; e, poich� per gli ingegneri ed architetti della Cassa per il Mezzogiomo tale �divieto legale non sussiste, anzi essi sono in prevalenza iscritti agli albi professionali, ne desume che, divenendo essi per il solo fatto di tale iscrizione destinatari delle prestazioni della Cassa di previdenza (senza che a quest'ultima sia data alcuna potest� diSl!riminatoria, salvo che per i casi di divieto legale), sarebbe contraddittorio ritenere l'iscrizione stessa irrilevante ai fini dell'obbligo contributivo, sol perch� non richiesta obbligatoriamente per l'espletamento delle funzioni impiegatizie. Anche quest'ultimo motivo � infondato. Proprio muovendo dalla fattispecie dell'interdizione legale dell'esercizio professionale ed indagandone 1a ratio (divieto di attivit� del pubblico impiegato incompatibile con le funzioni di istituto), si pu� enucleare la regola che l'iscrizione all'albo e l'attivit� professionale, ove consentite, riflettono rapporti collaterali ed estemi a quello di pubblico impiego, rispetto ai quali fa detta i.scrizione si pone appunto come condizione di legittimazione per l'esercizio della professione �e di riattivazione del meccanismo previdenziale, ma solo tra i soggetti interessati del distinto rapporto di prestazione d'opera intellettuale. Ma d� smentisce l'assioma del collegamento automatico tra iscrizione all'albo, ancorch� facoltativa, ed obblig�-del provvento da parte della Cassa per il Mezzogiorno in relazione alle progettazioni che la riguardano; ponendo, altres�, a carico della Cassa di previdenza un onere di verificazione della qualifi.cazione del rapporto in virt� del quale 1'1attiviit� professionali.e � e�splicata. . E viene anche meno l'.asse'rta contraddizione della sentenza, poich� essa non ha affermato gi� l'irrilevanza dell'iscrizione all'albo ai fini dell'obbligo contributivo, bens� ha escluso che obbligato possa esserne un soggetto di\'er.so da queHo verso il quale si � instaurato il rapporto di pr�estazione d'opera intellettuale in virt� dell'esercita.ta facolt� di iscrizione volontaria all'albo stesso. -(Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA(*) CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 8 novembre 1972, n. 11 -Pres. Vetrano -Est. Schinaia -Agnolozzi ed altri (avv. Cappi) c. Istituto nazionale commerdo estero (I.C.E.) e Ministeri commercio estero e tesoro (avv. Stato Giorgio Azzariti). Giustizia amministrativa -' Ricorso giurisdizionale -Atto impugnabile o no -Pubblico impiego -Dipendenti Enti pubblici -Determinazione del trattamento economico -Delibera dell'Ente -Non � impugnabile senza approvazione del Ministero vigilante. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Dipendenti Enti pubblici -Maggiorazione del 20 % rispetto ai dipendenti statali Diritto -Non sussiste -Facolt� dell'Ente. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Diritti acquisiti Divieto di reformatio in peius -Art. 227 T.U. n. 383 d�l 1934 -Criterio di applicazione -Concessione di assegno personale -Sufficienza. Impiego pubblico -Stipendi, assegni e indennit� -Dipendenti Enti pubblici -Maggiorazione del 20 %rispetto ai dipendenti statali -Soppressione -Concessione di assegno personale -Determinazione dell'assegno -Riferimento al solo stipendio -Illegittimit�. La delibera del comitato esecutivo di un ente pubblico concernente il nuovo trattarnento economico del personale non � autonomamente l�siva delle posizioni giuridiche degli interessati, costituendo una semplice proposta dell'ente all'autorit� ministeriale prepo,sta alla (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. Francesco MARruzzo. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 393 vigilanza e al controllo suU'ente stesso; pertanto, � inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto diretta�rnente contro tale delibera (1). L'art. 14 d.Ugt. 21 novembre 1945, n. 722 non riconosce _ai dipendenti degli enti di diritto pubblico un diritto� ad ottenere una retribuzione del 20 % superiore a quetla degLi impiegavi detlo Stato di grado corrispondente, in quanto autorizza gli enti pubbUci, ai cui personali non siano applicabili i contratti collettivi di lavoro, ad eistendere ai propri impiegati H tmttamento economico dei dipendenti statali, con eventuale maggioll"azione di entit� non superiore al 20 % ; pertanto, rientra nel potere discrezionale dell'ente di stabilire non solo se determinate indennit� o aitri compensi che� influiscono sul trattamento economico complessivo dell'impiegato statale debbano essere estesi anche ai p1'0pri dipendenti, ma anche se su que�gli stessi compensi, successivamente estesi, debba essere effettuato l'aumento nel limite del 20 % (2). n divieto detla reformatio in pejus stabilito dall'art. 227 t.u. 3 marzo 1934, n. 383 importa solo che nei confronti del pubblico dipendente non si possono determinare reali ed effettivi peggioramenti neUe posizioni economiche -complessivamente gi� raggiunte, ma no'li opera con riferimento ad aspettative di carriera o ad indennit� varie separatamente considerate; pertanto, tale divieto non pu� dirsi violato ove un ente pubblico, pur modificando, nell'ambito della sua autonomia, la base normativa su cui il tmttamenvo economico � stato determinato, assicuri ai propri impiegati il mantenimento del trattamento� economico complessivamente gi� raggiunto, mediante la concessione di un assegno ad personam 1�iassorbibile con i successivi aumenti (nella specie, in sostituzione della soppressa maggio1'azione del 20 % sulfo stipendio goduvo da.i dipendenti statali di grado corrispon.dente) (3). Nel caso in cui un ente pubblico, a seguito della soppll"essione nei confronti dei propri impiegati, delta maggiorazione del 20 % sul trattamento economico spettante ai dipendenti st:atali di grado co!l"rispondente, sostituisca detta m,aggiorazio'lie con un assegno ad personam riasso!J'bibile con i successivi aumenti, illegittimamente il detto assegno viene limitato al solo st-ipendio e non anche al com.penso per lavoro straordinario ed agli scatti biennali di cui g'li interessati godevano all'atto dell'intervenuta modifica delLe norme sul trattamento economico, posto che per tale trattamento deve intendersi non gi� lo stipendio pu1'0 e semplice, ma quant'altro ad esso si aggip,nge in corrispettivo o in occasione del lavo1�0 prestato e con carattere di continuit� (4). (1-4) Cfr., nello stesso senso, Sez. IV, 19 giugno 1968, n. 400, Il Consiglio di stato, 1968, I, 858; sez. VI, 28 ottobre 1969 n. 595 e 26 ottobre 1971, n. 785, nonch� S'ez. V, 7 dicembre 1971, n. 1455, ivi, 1969, I, 1885; 1971, 1944 e 2462. 394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Ad. plen., 20 novembre 1972, n. 13 -Pres. trano -Est. De Roberto -Cheli (avv. Aula e Villari) c. Presidente dell'Assemblea regionale siciliana (avv. Stato Freni). Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale -Decisione Csi. -Appello all'Ap. -Quando � ammesso -Fattispecie -Inammissibilit�. Ai sensi dell'art. 5 d.l.vo 6 maggio 1948, n. 654, sono suscettive di appello da�vanti all'Adunanza plenaria delle Sezioni giurisdizionali del .Consiglio di Stato le sole decisioni del Consiglio� di giustiz.ia amministrativa per la Regione siciliana rese su ricorsi pll"oposti contro attli �e p1�ovvedimenti del.Le autorit� amministrative deUo Stato; pertanto, � inammissibile il ricorso all'Adunanza plenaria contro la decisione emessa dal Consiglio di giustizia amministrativa in relazione aWimpugnativa di un atto della Regione (nella specie, decreto del presidente dell'Assemblea regionale che stabiliva, in occasione� della cessazione dal servizio per esodo volontm�io di un dipendente, la misi1. ra della gratificazione prevista per il personal.e dal re1golamento assembleare) (1) . (1) Giurisprudenza costante. Cfr., VI Sez. 30 giugno 1970, n. 576, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 1165. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 8 novembre 1972,. n. 1034 -Pres. Meregazzi -Est. Carbone -Cattaneo (avv. Maglione, Preve e Contaldi) c. Ministero della pubblica istruzione (avv. Stato Bronzini). Competenza e giurisdizione -Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Vincolo -Violazione -Sanzione pecuniaria -Controversia Giurisdizione del giudice amministrativo. Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali -Vincolo -Violazione -Sanzione pecuniaria -Fattispecie Illegittimit�. Il provvedimento con il quale il Ministe.ro della pubblica istruzione, ai sensi dell'art. 15 legg�e 29 giugno 1939, n. 1497, ordina il pagamento di una somma di denaro quale sanzione per il danno recato alle bellezze naturaU di una localit� implica un apprezzamento necessariamente discrezionale, quanto meno sul ricorrere di circostanze turbative della bellezza naturale vincolata, sulla imputabilit� di tale turbativa al soggetto destinata1�io del vincolo e successivamente sulla possibilit� di un ripristJino, ovvero sulla convenienza di un indennizzo o risarcimento, ed infine sulla determinazione quantitativa deU'inden- I l PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA, 395 nizzo in correlazione con un apprezzamento in denaro del danno inferto aUa belLezza naturaLe che L'interesse ptUbblico voleva incontaminata; pertanto, la 1�elativa controve1�sia rientra neUa giurisdizione del Consiglio di Stato (1). � iHegittimo il provvedimento con il qua:Le� il Ministero della pubblica istruzione ordina il pagamento di una somma di denaro quale sanzione per il danno arrecato alle beUezze naturali di una localit�, ove risulti mancante il presupposto per La sanzione comminata, vale a dire una manomissione dell'immobile vincolato imputabile ai proprietario, che .integri quella violazione degli obbLighi posti daUa Legge di tutela paesistica punita daU'art. 15 legge 29 giugno 1939, n. 1497 (nelta spede, taglio di un pino seccato, auborizzato dalla Sopraintendenza aLla sola condizione, n� preventiva n� assoggettata ad un termine definito, di una sostitut'iva sistemazione a verde) (2). (1-2) Esatta applicazione di principi generali. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1076 (ord.za) - Pres. Potenza -Est. De Roberto -Pugliese (avv. Tornassi) c. Presidente Giunta regionale del Lazio (avv. Guarino) e Mignani (n.c.). Enti pubblici -Commissario di Ente pubblico -Rimozione -Interesse sostanziale al ricorso -Dubbio -Devoluzione all'A.p. Giustizia amministrativa -Controinteressato -Notificazione -Presso l'ufficio -Non a mani proprie -Validit� -Dubbio -Devoluzione all'Ap. � dubbio, in giurisprudenza, se Le norme che disciplinano il con . ferimento degli incarichi per La temporanea gestione commissariale degU Enti pubblici attribuiscano riLievo e tutelino anche la situazione individuale del soggetto investito deU'incarico; pertanto, va devoluta all'Adunanza plenaria d~Lle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato la questione se tale soggettJo abbia un interesse sostanziale ad impugnare il provvedimento che Lo rimuove daLla carica. La giurisprudenza; del Consiglio di Stato secondo La quale !a' notifica eseguita nel Luogo di lavoro (ad esempio, l'ufficio pubblico presso il quale il destinatario presta servizio) � nulla se non risuiti effettuata in mani proprie, ma ad esempio a persona addetta aU'ufficio, merita di essere� riconsiderata, tenuto conto deLl'art. 3 r.d. 17 agosto 1907, numero 642 (norma operante, ai sensi delL'art. 8, anche per i rico?"si giurisdizionali) e deWart. 139 c.p.c., secondo cui l'atto pu� essere anche consegnato a perso'J'.l,a addetta �al servizio� o all'� ufficio�; pertanto, la soluzione di tale questione va rimessa alla Adunanza plena?"ia delie Sezioni giurisdizionaU del Consiglio di Stato. 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 14 novembre 1972, n. 1077 -Pres. Figliolia; Est !annotta -Residori (avv. Spano e Trabucchi) c. Prefetto di Verona (avv. Stato Siconolfi) e Comune di Verona (avv. Viola e Lombroso). Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Strade e autostrade -Strada di accesso a complesso scolastico -Legittimit� dell'esproprio. Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi generali -Fondo gi� in possesso dell'espropriante -� espropriabile. Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi generali -Possibilit� di acquisto de~ fondo in via contrattuale Irrilevanza. Espropriazione per pubblica utilit� -Espropriazione -Criteri e principi generali -Pendenza di giudizio risarcitorio -Irrilevanza. La costruzione di una strada di accesso ad un complesso scolastico costituisce un interesse specifico di naturn �oUettiva che1 giustifica la procedura di es.propriazione pe1� pubblica utilit� delL'area necessaria per la realizzazione delL'opera str�dale (1). La cfrcostanza che l'ente esp1�opriante sia gi� in possesso di un terreno non costituisce fatto ostativo al trasferimento coattivo del medesimo mediante espropriazione per pubblica utilit�, ove sia necessario sostituire al possesso la propriet� del fondo, al fine di assicurare, sotto ogni profilo, l'assoluta disponibilit� da parte delL'ente medesimo, evitando ogni contestazione da pm�te del p1�oprietario oUre che eventuali obbligazioni risarcitorie (2). L'Amministrazione non � obbligata all'acquisto in via contrattuale di un terreno destinato alla costruzione di un'opera di pubblica utilit�, in luogo di ricon�ere alla procedura espropriativa (che permette oneri finanziari minori rispetto a quelli derivanti dalla stipulazione di un cont'l'atto) allorch� per tale scelta sia tenuta ad accettare le� condizioni economiche richieste dal proprietario pe1� la stipulazione del contratto (3). La pendenza di un giudizio di tipo risarcitorio, nel quale sia esperita una azione fondava sul pregiudizio conseguente all'oc'Cupazione sine titulo di un immobile, non esclude il potere della P. A. di disporre l'espropria.zione dell'immobile occupato (4). (1-4) Giurisprudenza costante. Cfr., per tutte, Ap. 12 luglio 1965 n. 18, in questa Rassegna, 1965, I, 1003. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 lugli~ 1972, n. 2569 -Pres. Rossano -Est. V1alore -P. M. Secco (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Tarin) c. MHani ed altri. Imposte e tasse in genere -Imposta di negoziazione -Privilegio -Termine di validit� -Decadenza come per l'imposta di registro. Imposte e tasse in genere -Imposta di negoziazione -Privilegio Termine di decadenza -Imposta complementare -Decorrenza dalla data della decisione della Commissione provinciale. (r.d. 15 dicembre 1938, n. 1975, artt. 4, 5 e 16; d.l. 25 maggio 1945, n. 301, art. 1; d.I. 5 settembre 1947, n. 1173, artt. 4 e 5). Il priviLegio che assiste iL credito deHo Stato per L'imposta di negoziazione � soggetto a decadenza, di durata eguale alla prescrizione. secondo quanto stabilisce L'art. 97 della legge di registro (1). Il termine di decadenza del privilegio che assiste il credito per l'imposta complementare di negoziazione comincia a decorrere solo dopo la decisione della Commissione provinciale (o dopo che sia diventata definitiva la de�cisione del comitato direttivo degli agenti di cambio) dato che prima di questo momento il diritto non pu� essere esercitato (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1972, n. 3240 -Pres. Favara -Est. Montanari Visco -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero delle Finanze (Avv. Stato Angelini Rota) c. Mannu ed altri. Impost~ e tasse in genere -Imposta di registro -Privilegio -Termine di decadenza -Imposta complementare -Decorrenza dalla data di registrazione dell'atto. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 97 e 136). Il termine previsto dall'art. 97, secondo comma, della legge di registro � di decadenza e decorre, nel caso di imposta complementare, dalla data di registrazione dell'atto o contratto a cui si riferisce il tributo (3). (1-3) Con le due sentenze in eisame la Cassazione ha deciso in modo diametralmente opposto, .per la imposta di negoziazione e per '1a imposta 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I (Omissis). -Con . primo mezzo, la ricorrente -denunciando la violazione e fal,sa applicazione dell'art. 22 ultimo comma d.l.C.P.S. 5 settembre 1947, n. 1173 e dell'art. 97 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. -si duole che la Corte del merito, partendo da una erronea interpretazione dei il.imiti del rinvio contenuto nell'ultimo �comma dell'art. 22 del cttato d.l. del 1947, abbia ritenuto applicabile all'imposta di negoziazione la norma dell'art. 97, comma secondo, della legge di registro. L'Amministrazione assume, cio�, che il rinvio contenuto in detto �ar,t. 22 ( � per l'esazione coattiva dell'imposta di negoziazione e delle relative sopratasse si appHcano le disposizioni della vigente legge di registro ~) avrebbe una portata limitata, richiamando solo le disposizioni che concernono il modo di procedere in via coattiva per la riscossione delle imposte e sopratasse e non consentirebbe di considerare estese all'imposta di negoziazione le disposizioni di natura sostanziale, come quella in questione (art. 97: � 'l'azione si estingue nei termini stabiliti dalla presente legge per domandare il pagamento della tassa o del suo supplemento � ). La �censura � privia di fondamento. Le argomentazioni .svoUe al riguardo dalla Corte di merito non possono non trovare consenso. Come � 'stato .posto in rilievo, H privilegio speciale nasce bensi ex lege insieme al credito che garantisce, vincolando la cosa ,che ne � oggetto a favore del creditore sin dal momento in cui � sorta la ragione di credito, ma la sua efficacia si manifesta in modo pi� ,concreto nena fase esecutiva, quando cio� con di registro, la nota questione relativa alla data di decorrenza del termine di decadenza del privilegio che assiste la imposta .complementare (cfr. in arg. Relaz. Avv. Stato, 1966-70, vol. II, pag. 645 e segg.). Tale difformit� non permette per� di ritenere la esistenza di un contrasto di giurisprudenza, perch� la Supr�ema Corte ha tenuto distinte le due situazioni rilevando una differenza di effetti fra il ricorso ailfa Sezione 1srpeciale della Commissione in materia di imposta di negoziazione e 1quello relativo alla valutazione dei cespiti ai fini delle a:ltre imposte indirette. In proposito, e per quanto riguarda la im:r>osta ,di registro, va rilevato che ,con la nuova disciplina di� ,cui al d.P.R. 26 ottobl'e 1972, n. 634, neWart. 54, dopo ,essersi previsto nel penultimo comma che �lo Stato ha privi1egio. secondo le norme stabilite dal codice civile ., si dispone nell'ultimo .comma che �il privi1egio si estingue con il decocso di cinque anni dalla 'data della registrazione ., mentr.e nel 1successivo art. 74 si prevede ,che �per gli atti ipresenta:ti per la ['egist!'azione l'imposta deve essere richieista a pena �di decadenza entro il termine di tr�e anni decorreillti dalla data in cui il'accertamento di maggior valore � divenuto definitivo ..... �. l!n considerazione quindi della nuova regolamentazione della materia il principio di cui alla seconda delle sentenze in� esame � stato accettato. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA sente al creditore di soddis:liarsi assoggettando alla esecuzione forzata quel determinato bene anche presso il terzo acquirente. Orbene, il fatto stesso che, nella disciplina della cessata imposta di negoziazione, manchino particolari disposizioni concernenti il privileg. io speciale, porta a considerare comprese nel rinvio le norm~ dettate .al riguardo per la imposta di registro, mentre, seguendo la tesi della ricorrente, si dovrebbe pervenire alla implicita, assurda conclusione che il legi1slatore, mentre formulava il rinvio, non abbia tenuto presente il privilegio speciale e la attualit� della sua funzione esecutiva nella fase di esazione coa1ttiva dell'imposta. N� va1le obiettare che il privilegio, essendo stabilito dalla legge in considerazione della causa del credito, � destinato a durare quanto dura il credito, giacch�, come questa Suprema Corte ha posto in eviden2) a (Cass. 10 ottobre 1967, n. 2387), i privilegi 1speciali, risolvendosi in veri e propri diritti di garanzia, ben possono e1ssere co�lpiti da cause di estinzione autonome rispetto a quelle incidenti sul diritto garantito e, tra le cause di tale tipo, � da annoverarsi il decorso del termine previsto dall'art. 97, comma secondo, della legge d1 registro, che � di decadenza e non di prescrizione e, come tale, non � soggetto n� a sospensione, n� ad interruzione. A tale ultima conclusione il Supremo Collegio � pervenuto osservando (Cass. 2,4 aprile 19613, n. 1086; 14 ottobre 1966, n. 2457; 10 ottobre 1967, n. 238'7) che, se detto termine fosse di prescrizione, il !richiamo all'art. 136 contenuto neHa norma in esame sarebbe inutile e il diritto reale di garanzia non potrebbe che seguire, per sua stessa .struttura, le sorti del diritto di credito cui accede; di qui la necessit� di ricercare una diversa ratio, che va rinvenuta nella necessit� di porre un limite ben determinato alla durata di un privilegio, svincolato da ogni pubblicit� immobiliare, per considerazioni che attengono al principio di certezza e tutela della propriet� immobiliare. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 e.e. in relazione all'art. 4 del dJ. 15 dicem bre 1938, n. 1975 e agli artt. 4 e segg. del d.l. p settembre 1947, n. 1173. Si duole in particolare che fa Corte del merito, stabilendo che l'Ammi nistrazione doveva, a pena di decadenza., esercitare l'azione esecutiva sugli immobili vincolati al soddisfacimento del credito entro cinque anni �a decorrere. dal 25 maggio 1957 (data del1a valutazione dei titoli rappresentativi del capitale sociale e1ffettuata dal Comitato Direttivo degli Agenti di Cambio), non si sia data carico di esaminare e spiegare in forza di quale titolo �l'Amministrazione stessa avrebbe potuto eserci tare tale azione esecutiva. La censura � fondata. Que1sto Supremo Collegio ha affermato (Cass., 28 gennaio 1963, n. 141; 17 ottobre 1963, n. 2773) che, poich� l'Ufficio del Registro pu� 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO procedere all'accertamento dell'imposta complementare di negoziazione, dopo quello provvisorio, soltanto sulla base della valutazione dei titoli effettuata dal Comitato Direttivo degli Agenti di Cambio, l'accertamento suddetto non pu� essere soggetto a prescrizione. Tenendo presente, infutti, la disciplina dell'imposta di negoziazione (artt. 4 e 5. r.d.l. 15 dicembre 1938, n. 1975 e art. 1 d.l. 2;5 maggio 1945, n. 301),. ora soppressa per effetto della legge 6 agosto 1954, n. 503, e considerando che il Comi.tato Direttivo degli agenti di Cambio non � organo dell'Amministrazione dello Stato, ma un collegio al di fuori della struttura deHa stessa, che deve procedere secondo un autonomo :procedimento, deve negarsi che la valutazione costituisca atto interno della Amministrazione e deve, invece, affermarsi che essa, prima che sia compiuta, � un ostacolo previsto dalla legge stessa, che impedisce l'esercizio del diritto di accertamento e, perci�, l'inizio� stesso della prescrizione del diritto dell'Amministrazione all'accertamento (art, 2935 e.e.). La imprescrittibilit� del diritto di accertamento prima della v�alutazione esclude, di .conseguenza, che possano ritenersi applicabili, per analogia, i singoli termini di decadenz�a e di :prescrizione, di cui rispettivamente aU'art. 34 r.d. n. 3269 del 19�23 (termine di decadenza previsto per la notificazione dell'imposta complementare di registro) ed. all'art. 16 del d.l. n. 1938 (prescrizione di �cinque anni dell'azione della Amministrazione per il conseguimento dell'imposta di negoziazione, decorrente dalla scadenza del termine stabilito per il pagamento dell'imposta o dal giorno dell'effettuato pagamento). Inoltre, dato l'accennato carattere di autonomia del procedim�nto collegiale che deve essere osservato dal Comitato, non pu� riconoscersi, sul piano giuridico, alcuna rilevanza alle eventuali negligenze� del Comitato medesimo a compiere la valutazione o dell'Ufficio del Registro a porre in condizione il Comitato di compierla. In applicazione di codesti princtpi, la Corte del merito ha affermato che il termine quinquennale stabilito dalla legge per il conseguimento del tributo di cui �trattasi cominci:a a decorrere, sia� ai fini della prescrizione del debito, sia ai fini della decadenza del irelativo privile-� gio, da�la data della valutazione del citato Comitato (25 maggio 1957), aggiungendo, per�, �che se, per effetto del ricor�so proposto daH'Ufficio� alla sezione speciale della Commissione Provinciale delle Imposte (ricorso che ha sostituito quello al Collegio peritale), fa decorrenza della prescriziOne era rimasta in�terrotta, non altrettanto si era verificato in ordine alla decadenza, in quanto quest'ultima avrebbe potuto trovare� ostacolo soltanto nel tempestivo ,esercizio dell'azione esecutiva sui beni immobili vincolati al soddisfacimento del credito. E poich� l'ingiunzione era stata notificata ai terzi possessori solo nel novembre 1965, quando il termine quinquennale era ormai largamente trascorso, fo. Stato era decaduto dalla azione privilegiata. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tale tesi non pu� essere condivisa. La Corte milanese non ha tenuto conto che la valutazione del Comitato, ai 'sensi dell'art. 4 del r.d.l. n. 1975 del 1938,-� � sospesa � dal ricorso in secondo grado e, fino a quando non sia intervenuta la decisione della �suddetta sezione speciale, l'Amministrazione non � in condizione di poter eseguire l'accertamento del valore del titolo societario e quindi di procedere alla eventuale valutazione dell'imposta complementare. Come � ovvio, non � possibile parificare negli effetti il ricorso in parola alla Sezione speciale a quello del contribuente alle Commissioni Tributar.ie in materia di valutazione dei cespiti imponibili. Quest'ultimo, infatti, presuppone un accertamento di imposta comp'l.ementare gi� effettuato da:ll'Amministrazione, mentre, attesa la ,sospensione degli effetti della valutazione del �comitato in seguito al ricor.so, la decisione di quest'ultimo � il presupposto dell'accertamento. Prima della emanazione della deci-sione di secondo grado, l'Amministrazione non ha titwo per esercitare �l'azione esecutiva. -(Omissis). Il (Omissis). -Con l'unico mezzo di impugnaz.ione l'Amministrazione ricorrente deduce la violazione e .falsa applicazione degli artt. 97 e 136 della legge di .registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 32!69), dell'art. 4 del r.d.l. .5 marzo 1942, n. 186 e degli articoli 2964 e 2935 del e.e., nonch� il difetto di motivazione della sentenza impugnata. La ricorrente, in particolare, dichiara di prestare acquie�scenza alla qualificazione del termine di cui a:J.l'art. 97 capover1so della legge di registro come termine di decadenza, ma assume che erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto �che il termine stesso decorra in ogni ca,so dall:a data di registrazione dell'atto tassato e quindi anche quando il privilegio riguardi un'imposta complementare dovuta sul maggior va lore accertato nel giudizio di st~ma. Poich� H .principio stabilito dal l'art. 293,5 �c.c. sarebbe applicabile anche in materia di decadenza, il termine stabilito dall'art. 97 capovevso della legge di registro non potrebbe mai decorrere prima del momento in cui il privilegio pu� essere fatto valere. Ne conse~e -secondo la dcorrente -che, poten do l'imposta complementare di registro essere liquidata, ne�l caso di contestazione in ordine alla valutazione dei beni e a sensi dell'art. 4 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, soltanto in base al valore stabilito dalla Commissione distrettuale, l'azione di riscossione pTivilegiata non avreb be potuto essere esercitata prima deHa decisione di detta Commissione. Nella .specie non sarebbe perci� intervenuta alcuna decadenza, avendo il relativo termine iniziato a decorrere soltanto dal 14 giugno 196'2. e RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 402 cio� dalla data della decisione della Commissione distrettuale nella controversia di valutazione. Il motivo � infondato. Va premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il pr:ivilegio che assiste l'imposta di registro ai sensi degli articoli 97 della legge di regi,stro (r.d. 30 dicembre 19i23, n. 3269) e 2772 cod. civ. ha natura reale e passa a carico dei terzi subacquirenti che all'atto dei rispettivi acquisti hanno ricevuto il bene graviato da quell'onere. Per esigenze di certezza dei rapporti giuridici e di sicurezza nella circolazione dei beni, specialmente immobiliari, il termine prev1sto dall'art. 97, 1secondo .comma della ilegge del registro (che .richiama la disposizione di cui all'art. 136, secondo comma della stessa legge, nel caso d'imposta �complementare) � di decadenza e non di prescrizione e, come tale, non subisce n� sospensioni, n� interruz.ioni: detto termine decorre, nel caso d'imposta complementare, dalla data di registrazione dell'atto o contratto a cui si rifertsce il tri:buto. Va, inoltre, preliminarmente considerato che i termini di decadenza sono perentori e che, la perentoriet� importa che il diritto non esercitato entro il termine prestabilito sia definitivamente perduto, senza che si possa indagare sulla ragione del ritardo. (cfr. Cass., 2,7 luglio 1954, n. 4153). Mentre, infatti, il fondamento della prescrizione sta nell'estinzione di un diritto che, per inerzia del titolare, si presume abbandonato, a base della decadenza sta invece la necessit� obiettiva che particolari atti siano compiuti entro un termine perentorio, cosicch� il diritto si estingue per decorso del termine stabilito dalla legge o per volont� dei privati, senza riguardo alle circostanze subiettive od oggettive dalle quali sia dipeso l'inutile decorso del termine. Assume per� la Finanza che nella specie il termine per l'esercizio dell'azione prevista dall'art. 97, capoverso della legge di registro non avrebbe dovuto decorrere dal momento della registrazione dell'atto, dovendo operare la disposizione di cui all'articolo 2935 e.e., relativa alla prescrizione ma applicabile anche .in tema di decadenza. A norma, infatti, dell'articolo 4 del r.d.l. 5 marzo 1942, n. 186, in caso di conte.stazione da parte del contribuente dell'accertamento di maggior valore effettuato dall'Ufficio, l'obbligo di pagamento della relativa imposta complementare diverrebbe attuale soltanto a seguito e .in base alla decisione della Commissione Distrettuale. Si tratterebbe di una causa legale impeditiva dello stesso inizio della decorrenza del termine.. che forma oggetto di discussione. In proposito deve osservarsi, anzitutto, che il principio enunciato nell'art. 2935 e.e. pu� ritenersi applicabile anche in materia di decadenza soltanto nei casi in cui, nella legge o nell'atto negoziale che stabilisca la decadenza, manchi l'indicazione del � dies a quo � : in tale ipotesi � evidente che bisogna considerare il giorno in cui l'atto sogget PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA to a decadenza pu� essere compiuto. Diversamente si deve opinare nelle ipotesi nelle quali nello stesso atto (legge od atto negoziale) che stabilisce il term1ne di decadenza sia fissata una determinata data di decorrenz, a (come nella specie, in cui -come ,sopra si � esposto -la legge ste.ssa fa espresso e specifico riferimento alla data della registrazione dell'atto o contratto). Va inoltre osservato che, quando il fatto che impedisce l'inizio della decorrenza del termine � previsto come causa di sospensione.. l'applicabilit� dell'articolo 2'935 e.e. sarebbe comunque sottoposta ai limiti stabiliti dall'articolo 21964, ultima parte dello stesso codice. Va rilevato, poi, che quella che la Finanza deduce non � una vera e prop.ria causa impeditiva dell'inizio del decorso del termine, causa che dovrebbe avere carattere obiettivo ed essere intesa in senso giuridico e non consistere quindi in un mero ostacolo di fatto. Invero, la .controversia per la determinazione del valore agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro, controversia che sorge a seguito del reclamo proposto dal debitore. d'imposta, � un fatto soltanto eventuale. Dare perci� rilevanza al fatto accidentale dell'insorgenza della controversia di valutazione tra l'Ufficio finanziario e il contraente debitore d'imposta e alla durata del procedimento davanti alla Commissione Distrettuale s~gnificherebbe dare sostanzialmente ingresso -anche in materia di decadenza (.quale � quella che concerne il terzo acquirente e possessore dell'immobUe gravato dal diritto di .seguito spettante alla Finanza) e nonostante il divieto stabilito dall'articolo 2964 e.e. -a quella che, nei .confronti del debitore d'imposta, costituisce -secondo la legge tributaria -una tipica causa di interruzione e di sospensione della prescrizione. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1973, n. 177 -Pres. Giannattasio -Est. Pascasio -P. M. Gentile (conf.) -Forcato (avv. Comba) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato De Francisci). Imposte doganali -Prescrizione -Diritti dovuti in relazione a fatti costituenti reato -Decorrenza -Sentenza penale irrevocabile. (1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 27; e.e., art. 2947). In base aLL'art. 27 deUa legge 25 settembre 1940, n. 1424, che disciplina la speciale materia in modo autonomo e difforme dal principio contenuto nell'art. 2947 e.e., la prescrizione dei diritti doganali dovuti in relazione a fatti costituenti reato decorre sempre dalla data in cui la sentenza o il decreto pronunciati nel procedimento penale diven 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tana irrevocabiii, e ci� anche nel caso che iL procedimento penale si concLuda con pronunzia di proscioglimento o di dichiarazione di estinzione del reato (1). (Omissis). -Col primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione de1l'art. 27, ultimo comma, della legge 2,5 settembre 1940, n. 1424, dell"art. 2947, ultimo comma, e.e. e dell'art. 132, n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 3 e 5 dello stesso codice, lamenta che erroneamente la Corte d'appello abbia ritenuto che il termine di prescrizione dell'azione per la riscossione dei diritti doganali decorresse dalla data della sentenza dichiarativa della estinzione del reato per prescrizione invece che dalla data in cui il fatto � stato commesso. La censura non � fondata. La speciale materia � infatti compiutamente regolata dalla norma dell'art. 27 della citata legge doganale del 1940 che, dopo avere statuito il termine di cinque anni per la prescrizione dell'azione dello Stato diretta alla riscossione dei diritti doganali, dispone che, qualora il mancato pagamento di tali diritti abbia causa in un reato, il termine anzidetto decorre dalla data in cui hl decreto o la sentenza pronunciati nel procedimento penale sono divenuti irrevocabili. Vero � che l'art. 2947 e.e. statuisce che il termine di prescrizione -pure di cinque anni -per i diritti .che derivano da fatto illecito dal giorno in cui il fatto si � verificato. Ma l'ambito della norma � del tutto diverso da quello del detto art. 2:7 in quanto, mentre oggetto della prima sono i diritti doganali spettanti allo Stato, oggetto della secondo invece � il diritto al risarcimento del danno ossia la riparazione del pregiudizio che sia derivato dal fatto illecito. Trattasi quindi di due prescr�.Zioni diverse, anche se il termine di entrambe� � della stessa durata. Inoltre, la norma della legge. doganale ha carattere speciale e quindi non pu� ritenersi derogata o modificata dalla citata, posteriore norma dell'art. 2947 e.e., per il .principio che lex posterior generalis non derogat priori speciali, ribadito dall'art. 248, ultimo comma, delle disposizioni transitorie e di attuazione del codice civile. Esattamente pertanto la Corte d'appello ha ritenuto che le disposizioni dell'art. 2947 e.e. sono estranee a que1le dell'art. 27 della legge doganale che regola la prescrizione dei diritti dello Stato e che essa decorre a partire non dalla data del fatto ma da quella in cui � divenuta irrevocabile la pronuncia del giudice penale nel procedimento che ne sia seguito. Dal pari esattamente ha ritenuto che detta pronuncia (1) Decisione da condividere pienamente; V. Cass. 20 febbraio 1967, n. 415, in questa Rassegna, 1967, I, 155 con nota. ~ !f: ! ~~�~-w~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 (sentenza o decreto) non debba necessariamente essere di condanna, cos� come sostiene il ricorrente. L'ampia dizione del citato art. 27 comprende tutte l�e pronuncie emanate dal giudice e non soltanto quelle di condanna, per cui non possono escludersi le sentenze di proscioglimento per estinzione del reato, fra cui rientra quella che nel caso in esame ha riconosciuto che il reato di contrabbando si era prescritto. Dalla data in cui tale pronuncia era divenuta irrevocabile decorreva dunque la prescrizione dei diritti doganali non corrisposti: e, poich� U 23 ottobre 1958, quando l'ingiunzione venne notificata, il quinquennio non si era compiuto, la decisione impugnata si sottrae alla mossa censura, conformemente a quanto questa suprema Corte ha gi� altra volta ritenuto (sent. 20 febbraio 1967, n. 415). -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, ~ez. I, 29 gennaio 1973, n. 271 -Pres. Saya Est. Mazzacane -P. M. Minetti (conf.) -Lenti Leo (avv. Calvario) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto). Imposte e tasse in genere -Imposta di successione -Interessi -Imposta complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Interessi -Imposta complementare -Dichiarazione suppletiva di valore in sede contenziosa dinanzi alle commissioni -Non � idonea ad escludere l'obbligo degli interessi. (1. 26 gennaio 1961, n. 29, art. 1 e 3; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; 1. 12 giugno 1930, n. 742, art. 12). Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere liquidate per mancanza, imputabile al contribuente, degli elementi necessari alla liquidazione, sono dovuti, per i rapporti anteriormente sorti e non definiti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 (1). (1-4) Ancora degli interessi sui tributi complementari. Con le due decisioni sopra pubblicate, che si riconnettono, riassumendone la motivazione, alla pronunzia delle Sez. Un. 21 agosto 1972, n. 2695 (in questa Rassegna 1972, I, 855) pu� dirsi ormai esaurito ogni problema sugli interessi sui tributi complementari indiretti. Quando la discussione divenne vivace a :seguito della pubblicazione di due dedsioni contrastanti, 406 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non ha rilevanza ai fini della corresponsione degli interessi sull'imposta complementare, la dichiarazione di riconoscimento di un maggior valore contenuta in un atto del procedimento contenzioso dinanzi alle Commissioni (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1973, n. 318 -Pres. Giannattasio -Est. Brancaccio -P. M. Gentile (conf.) -Benedetti (avv. Zito) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tomasicchio). Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta complementare -Rapporti anteriori all'entrata in vil?,ore della legge 26 gennaio 1961, n. 29 -Decorrenza da tale data. � Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Interessi -Imposta complementare -Fatto imputabile al contribuente -Obbligo di I I dichiarazione del valore venale se superiore al prezzo pattuito Non sussiste -Ritardo nell'adempimento -� sufficiente a fondare il diritto agli interessi -Esclusione della imputabilit� -Onere della prova. i (1. 26 gennaio 19'61, n. 26, art. 1; 1. 28 marzo 1962, n. 147, art. unico; r.d. 30 f: dicembre 1923, n. 3269, art. 73; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 15 e 17; e.e., art. 1218 e 1224). ' ! Gli interessi sulle imposte complementari che non poterono essere I liquidate per mancanza degli elementi necessari, sono dovuti, per i rapporti sorti anteriormente, dalla data di entrata in vigore della legge I 26 gennaio 1961, n. 29 (3). Sebbene nel sistema della legge di registro non esista un obbligo I del contribuente di dichiarare il valore venal� del bene trasferito, ove I questo sia superiore al prezzo pattuito si che non pu� parlarsi di neces I saria imputabilit� al contribuente della mancanza degli elementi neces I sari alla liquidazione della imposta, tuttavia, essendo l'obbligo di co1�I rispondere gli interessi fondato non sulla colpa del contribuente ma semplicemente sulla mora, � sufficiente il ritardo nell'adempimento delI l'obbligazione tributaria per giustifica1�e la pretesa al pagamento degli interessi, salva la facolt� del contribuente di dimostrare che l'inesattezza dei dati sottoposti all'Amministrazione non dipende da fatto ad esso imputabile (4). in una nota su questa RASSEGNA (C. BAFILE, Gli interessi sui tributi com~ plementari, 1971, I, 99), esposi alcuni concetti che hanno trovato conferma nella g,iurisp1rudenza .successiva; se1mbra perci� opportuno ritornare sull'argomento per constatare che ormai ogni incertezza � fugata. ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 I (Omissis). -� Con il primo motivo i ricorrenti -denunciando la violazione degli artt. 11 disp. prel. e.e., 1 legge 26 gennaio 1961, n. 29 ed art. unico legge 28 marzo 1962, n. 147 in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. -sostengono che dal carattere innovativo delle disposizioni citate discende che, qualora il rapporto giuridico di imposta complementare sia sorto anteriormente all'entrata in. vigore delle disposizioni stesse, l'applicazione di queste, anche se intervenute quando quel rapporto non aveva ancora esaurito i suoi effetti, importerebbe la violazione del principio dell'irretroattivit� della legge, sancito dall'art. 11 delle preleggi; che pertanto, poich� nel caso di specie il rapporto giuridico di imposta complementare relativa alla successione di Ceo Angela Pasqualina, apertasi il 3 settembre 19�60, era sorto, al pari del presupposto per l'applicazione del tributo complementare, anteriormente alla data del 16 marzo 1961 di entrata in vigore della legge sugli interessi moratori, tale legge non era applicabile a quel rapporto, anche se �esso non aveva ancora esaurito i suoi effetti. La censura � infondata. Questa Corte ha gi� avuto occasione di esaminare la questione se gli interessi moratori, previsti dalla legge 26 gennaio 1961, n. 29 (interpretata dalla legge 28 marzo 1962, n. 147) siano dovuti, con decorso dall'entrata in vigore della prima delle predette leggi, sull'importo dell'imposta complementare di successione rispetto a rapporti tribu- La prima e la terza massima riaffermano in modo ormai definitivo che la nascita dell'obbligo di corrispondere gli interessi sui debiti tributari anteriormente sorti, dalla data di entrata in vigore della legge 26 gennaio 1961, n. 29, non contrasta col principio della irretroattivit� della legge: l'obbligazione gi� sorta non viene modificata dalla legge sopravvenuta, ma i suoi effetti, cio� la mora, rinnovandosi de die in diem, entrano sotto il vigore del.la nuova norma. La giurispll"Udenza � ormai fermissima (Cass., 6 ottobre 1972, n. 2865, in questa Rassegna, 1973, I, 224; 17 aprile 1972, n. 1207, ivi, 1972, I, 493 e precedenti ivi richiamati) <s� che resta ormai superata l'unica pronuncia difforme 18 dkembre 1970, n. 27�09 (ivi, 1971, I, 99 con nota). La seconda massima tocca l'altro problema degli effetti della dichiarazione successiva di accettare un valore superiore a quello preso a base per la liquidazione dell'imposta principale, ma ancora provvisorio. Su questo punto, in dissenso con la Commissione Centrale, la S.C. ha gi� statuito (Sent. 6 ottobre 1972, n. 2865 �:it. in questa Rassegna, 1973, I, 224) che la dichiarazione di maggior valore contenuta nel ricorso alla Commissione distrettuale di valutazione non giova ad escludere l'obbligo di corresponsione degli interessi; ma con ci�, se si � chiarito che non pu� aver efficacia una dichiarazione integrativa successiva alla notifica dell'accertamento, � rimasto incerto se una valida dichiarazione possa esser fatta anteriormente ed in quale termine; si � fatto ricorso all'art. 12 della legge 12 giugno 1930, n. 742, ma non si � precisato quale sia nel procedi 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tari che abbiano avuto origine prima dell'entrata in vigore della legge del 1961. E, mentre la soluzione negativa � stata accolta soltanto da una pronuncia di 'questa Suprema Corte (sent. 18 dicembre 19170, n. 2707), rimasta isolata, la soluzione positiv;:i, gi� affermata in precedenza (sent. 7 novembr�e 1970, n. 2273), � stata poi seguita da pi� recenti decisioni (sentt. nn. 3966/71; 441/72; 655/72; 2865/72). Da tale ultimo indirizzo questo Collegio non reputa di allontanarsi per i motivi che si passa ad esporre. La legge 26 febbraio 1961, n. 29, nello stabilire l'obbligo e la misura degli interessi moratori sulle somme dovute all'erario per tasse ed imposte indirette sugli affari, dispone, all'art. 3, che in caso di 'omissione di formalit� o di omessa autotassazione o di insuffici-ente o mancata denunzia, detti interessi decorrono dal giorno in cui la tassa o l'imposta sarebbe stata aovuta se la formalit� fosse stata eseguita o l'autotassazione effettuata oppure la denuncia presentata in modo completo. Con riferimento, poi, al tributo complementare sulle tasse ed imposte predette, cio� a quella parte che non pot� essere ltquidata, fin dall'origine, per mancanza od insufficienza degli elementi all'uopo occorrenti, la legge interpretativa del 28, marzo 1962, n. 147 chiarisce che gli interessi sono dovuti dalla data di esigibilit� del tributo principale, salvo che la mancanza o insufficienza, le quali abbiano impedito l'ori mento '~ttuale il momento corrispondente alla notifica della richiesta di stima. La decisione che si annota, con riferimento all'imposta di successione, precisa invece che il contribuente ha l'obbligo di dichiarare il valore venale nel termine stabilito per la denuncia, e ritiene quindi inefficace una dichiarazione integrativa successiva, cio� non solo quella contenuta nel ricorso alla Commissione, ma anche quella che abbia tutti i requisiti di forma della denuncia di successione rettificativa che, sebbene vincolante per il contribuente, d� all'Ufficio la facolt�, ma non l'obbligo (Cass., 21 marzo 1963, n. 682), di liquidare l'imposta sul maggior valore dichiarato; si dovrebbe con ci� ritenere che per l'imposta di successione, anche la denunzia� integrativa di cui all'art. 12 deUa legge 12 giugno 1930, n. 742, fatta nelle forme prescritte deve intervenire entro il termine quadrimestrale. Di notevole rilievo � anche l'altra affermazione che l'obbligo del contribuente di concorrere, fornendo tutti gli elementi necessari alla determinazione della base imponibile, alla liquidazione dell'imposta, comporta la necessit� di dichiarare il valore anche dei beni soggetti a valutazione automatica, con la conseguenza che l'insufficiente dichiarazione di tali valciri non esclude l'imputabilit� dell'omissione. Tutte queste precisazioni sono assai utili dopo che con la citata sentenza 21 agosto 1972, n. 2695, si era fugacemente accennato alla possibilit� di escludere l'imputabilit� in un momento successivo alla liquidazione dell'imposta principale attraverso una non precisata offerta � integrativa e vincolante �. Meno chiaro �' il problema del termine per la denuncia integrativa per l'imposta di registro (v. annotazione aUa sent. 9 ottobre 1972, n. 2969 cit.). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA -".OJ ginaria liquidazione integrale, siano dipese da fatto non imputabile al contribuente (nel qual caso gli interessi sul tributo complementare decorrono dal giorno della sua liquidazione). Ci� posto, rilevasi che la tesi dei ricorrenti -i quali sostengono l'inapplicabilit� della citata legge n. 29 del 19-61 ai rapporti tributari sorti pdma dell'entrata in vigore deHa legge medesima -.si fonda su di una rigida ed astratta concezione della regola della irretroattivit� della legge, di cui all'art. 11 delle disposiz. sulla legge in generale, la quale non tiene presente che, nel caso di situazioni giuridiche che non si esauriscono in un determinato momento, come quella che si verifica nella specie, detta regola lascia aperta la questioille dell'applicabilit� della nuova legge alla situazione ancora in atto ed agli effetti non ancora prodotti o tuttora pendenti di un rapporto giuridico sorto in precedenza. E questa Suprema Corte ha gi� risolto l'accennato problema, relativo alla individuazione dell'ambito di efficacia della nuova legge, nel senso �che questa si applica quando concorrono le seguenti condizioni: a) che il rapporto giuridico, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti; b) che la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso (sent. nn. 1885/70; 1175/66). A tali criteri questo supr�emo Collegio, ha fatto ricorso anche per stabilire l'ambito di applicabilit�, nel tempo, della citata legge n. 219 del 1961, affermando che la decisione la quale, con riguardo ad una successione mortis causa apertasi prima dell'entrata in vigore della legge menzionata, dichiara il contribuente tenuto a pagare gli interessi di mora sull'imposta complementare, con !Ma ora che, come fra breve si vedr�, gli interessi sull'imposta comp.1ementare sono stati riportati nel concetto della mora, non pu� pi� essere sufficiente una semplice dichiarazione di valore, sia pure accompagnata da una offerta non formale di pagamento: per eliminare la mora � necessario l'effettivo pagamento e se questo non pu� aver luogo perch� manca la liquidazione dell'imposta (che sarebbe qualcosa di intermedio tra la principale e la complementare e che l'Ufficio non ha l'obbligo di liquidare) le �conseguenze debbono r.icadere sul debitore �che non ha consentito di liquidar. e l'intero tributo in via principale. iSi dovrebbe quindi �concludere che la denuncia integrativa pu� produrre effetto solo se interviene prima della liquidazione dell'imposta principale e quindi per l'imposta di successione prima della scadenza del termine per la denuncia e per l'imposta di registro prima della registrazione. L'interesse maggiore � offerto dall'ultima massima. Era stato da pi� parti tentato di porre come fondamento dell'obbligo degli interessi la colpa del contribuente (il fatto imputabile al contribuente) allo scopo di poter escludere l'obbligo quando il comportamento del contribuente potesse essere giudicato non colpevole, ogni volta cio� che la mancanza o insufficienza degli elementi occorrenti alla liquidazione potesse ritenersi, pi� o meno benignamente, giustificata. Nella precedente nota era gi� stata segnalata l'insostenibilit� di questa tesi che, oltre tutto, avrebbe dato agli interessi sull'imposta complementare una qualificazione del tutto 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO decorrenza dall'entrata in vigore della legge medesima, non comporta l'attribuzione a questa di effetti retroattivi. Invero il pagamento dei suddetti interessi non deriva da un fatto verificatosi anteriormente alla entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge, ossia dell'apertura della successione, ma dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria e, quindi, da un fatto che, protraendosi nel momento in cui le nuove norme sono entrate in vigore, cade sotto la disciplina di queste, in conformit� ai principi generali che regolano la successione delle leggi, nel t,empo. Si ha, infatti, una situazione di mora che si rinnova de die in diem, onde non pu� dirsi che essa si sia interamente verificata sotto l'impero della precedente legge e per nulla sotto quello della nuova. N� pu� giovare alla tesi dei ricorrenti il richiamo alle norme ed ai principi comuni che richiedono la liquidit� del debito, quale presupposto degli interessi di mora, poich� a tali principi le leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962 hanno espressamente derogato con lo stabilire la decorrenza degli interessi del tributo complementare da un momento anteriore a quello della sua liquidazione, cio� da quando � dovuto il tributo principale che, con riguardo alfimposta di successione, � esigibile entro sei mesi dalla morte del de cuius (art. 64 in relazione all'art. 53, n. 3 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270). Con il secondo ed il quarto motivo, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, i ricorrenti -denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 51, escondo comma, 72, 73, del diversa dagli interessi sull'imposta principale; tuttavia anche la S.C. aveva accolto questa tesi (sent. 8 marzo 1972, n. 655, Riv. Leg. fisc., 1972, 1687) pur precisando che la colpa del contribuente deve intendersi presunta. Ma le Sez. Unite con la citata sentenza n. 2695/72, oggi ripresa, hanno seguito una diversa via. Se pur � vero che per l'imposta di registro non esiste un obbligo del contribuente (obbligo che invece, come statuisce la prima delle sentenze in nota, sussiste per l'imposta di successione) di dichiarare il valore venale del bene trasferito, dovendosi soltanto indicare nell'atto o nella denuncia soggetti a registrazione il prezzo o il corrispettivo che pu� essere, anche indipendentemente da simulazione, inferiore al valore venale, e se, di conseguenza, non pu� dirsi che la mancanza degli elementi occorrenti all'integrale liquidazione dell'imposta in via principale � di per s�, in quanto violazione di un obbligo giuridco, sempre un fatto col- pevole, � tuttavia incontestabile che il contribuente ha il dovere di cooperare alla liquidazione dell'imposta e quindi l'onere di fornire tutti gli elementi occorrenti, se vuole sottrarsi alle conseguenze che la legge prevede per l'ipotesi che la liquidazione dell'integrale tributo venga ritardata (sopratassa e interessi). L'ordinamento tributario, sottolineano le Sez. Unite, "tende ad evitare l'inconveniente (che l'imposta non sia liquidata sulla base dei valori effettivi) stimolando, con apposite norme, l'esatto soddisfacimento, da parte dei contribuenti, dell'obbligazione tributaria ed il tempestivo adempimento �. Da ci� discende che gli interessi sulle imposte indirette istitidti con la legge 26 gennaio 1961 n. 29, se pure si diversificano PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 r.d. 30 dicembre 1923~ n. 3270, 4 del d.l. 5 marzo 1942, n. 186, 1, 2 e 3 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, e art. unico legge 28 marzo 1962, n. 147, 15, 16, 17, 18 e 19 del r.d. 1936, n. 1639, nonch� omessa o insufficiente motivazione (art. 360, n. 3 e 5 c.p.c.) -sostengono che la Corte del merito ha apoditticamente affermato che la divergenza fra il valore dichiarato e quello accertato dipendeva da fatto imputabile ai contribuenti, senza compiere alcuna indagine sulla condotta dei contribuenti stessi (secondo motivo); e senza considerare che essendo stata indicata, nella denuncia di successione la � natura � dei cespiti di cui sub 1, 2, 3 dell'avviso di accertamento, per i quali operava la valutazione automatica, i contribuenti avevano posto l'Ufficio in condizione di provveder.e immediatamente, per essi, alla liquidazione di imposta. La censura � infondata. La liquidazione dell'imposta di successione avviene con il concorso dell'attivit� del soggetto passivo del rapporto tributario, chiamato dalla legge a fornire gli elementi necessari per la determinazione quantitativa dell'obbligazione tributaria e, quindi, della prestazione dovuta. Tale concorso si realizza con l'adempimento dell'obbligo (stabHito dall'art. 51 del r.d. 30 dicembre 192�3, n. 3270) di fornire, mediante la prescritta denuncia, una particolareggiata notizia dei beni compresi nella successione, la dichiarazione del loro valore e 1e indicazioni sufficienti per far conoscere la natura, la situazione e l'importanza economica dei vari beni. E l'art. 15 del r.d.l. 7 agosto 1936, nell'applicazione ad ipotesi particolari, hanno sempre un'unica natura, sono sempre interessi moratori, diretti soltanto ad equilibrare la posizione delle due parti, quando vi sia ritardo, nella soluzione del debito. Anche se gli interessi sulle imposte indirette si distinguono per alcuni particolari aspetti da quelli dell'art. 1224 e.e. si fondano sempre sulla mora, intesa (art. 1218 e.e.) come �ritardo dovuto a causa imputabile al debitore�. E' invece da escludere ogni carattere sanzionatorio ricollegabile alla infedelt� della denuncia. In tal modo viene eliminata, con evidente coerenza, ogni possibilit� di datre una div;ersa definizione agli inte,ressi dov;uti per i vari tipi di imposta e particolarmente di diversificare quelli sull'imposta complementare da quelli sull'imposta principale. Il ritardo nell'adempimento d� sempre luogo alle stesse conseguenze; comunque si distribuisca il pagamento dell'intero tributo nel tempo, il risultato deve essere sempre il medesimo. Il contribuente che avendo fatto una dichiarazione fedele non paga l'imposta principale gi� liquidata, non pu� trovarsi in una posizione diversa o deteriore rispetto al contribuente che egualmente non paga integralmente il tributo per non aver dichiarato i valori reali. Ed ancor meno potrebbe ammettersi una diversit� di disciplina, come rilevano le Sez. Un., tra l'imposta di successione, e le altre imposte per le quali esiste un obbligo di dichiarazione del valore venale, e l'imposta di registro. La conclusione �, pertanto, che il ritardo rispetto all'esigibilit� del tributo principale � da solo sufficiente a fondare la pretesa di pagamento degli interessi sull'imposta complementare e che non � necessaria la dimo 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 1639, con riferimento al secondo dei suddetti elementi, precisa che il valore, cui va commisurata l'imposta, � quello venale, in comune commercio al giorno del trasferimento, determinato con riguardo agli elementi di cui al successivo art. 16. Nella specie la commissione centrale ha ravvisato nella divergenza fra il valore dichiarato dai contribuenti (L. 5.054.084) e quello poi concordato (L. 96.320.000) il presupposto per l'applicazione degli interessi di mora con decorrenza dalla data di esigibilit� del tributo principale, ritenendo, con motivazione sobria ma sufficiente a sorreggere il convincimento espresso, che: la differenza fra il valore dichiarato e quello concordato non poteva derivare, considerata la sua entit�, da un ragionevole diverso apprezzamento degli elementi assunti dalla legge a base della determinazione del valore veriale, ma da fatto imputabile ai contribuenti. Con il terzo mezzo i ricorrenti -denunciando la violazione e falsa applicazione delle leggi n. 2:9 del 1961 e n. 147 del 1942, in rel�z.ione all'art. 12 della legge 12 giugno 1930, e degli artt. 1218 e 12:20 e.e. sostengono che erroneamente la commissione centrale ha escluso che l'offerta degli eredi, in occasione del ricorso alla commissione distrettuale (24 aprile 1962) di elevare il valore dell'asse ereditario a lire 88:926.980, cio� in misura vicina al valore successivamente concordato, avesse l'effetto di eliminare le conseguenze derivate, in sede di valutazione dei beni ereditari, dalla non fedele indicazione del loro valore nella denuncia di successione a suo tempo presentata. Anche tale censura � infondata, alla stregua delle considerazioni svolte con recente decisione (sent. 6 ottobre 1972., n. 2�86�5) che devono essere qui ribadite, in mancanza di validi argomenti in contrario. Invero dal combinato disposto degli artt.. 51, 55, comma terzo del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 15 e 16 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, straziane ulteriore della colpa del contribuente, non gi� perch� questa � presunta ma perch� essa non � la fonte dell'obbligazione. Resta tuttavia al contribuente il potere di dimostrare, con onere a suo carico che �la non esattezza dei dati sottoposti all'Amministrazione non � imputabile a fatto di esso �contribuente"� Ma anche questo problema si pone in modo del tutto nuovo. Si � visto che la norma dell'art. 3 della legge n. 29 del 1961 integrata dalla norma interpretativa della legge n. 147 del 1962 � l'esatto corrispondente dell'art. 1218 e.e. Ci� significa che il fatto non imputabile deve consistere in un � fatto impeditivo della produzione deU'effetto normalmente connesso alla fattispecie �, ossia nella � impossibilit� � di fornire tutti gli elementi occorrenti per la liquidazione integrale del tributo. Il fatto non imputabile al contribuente ha cio� la stessa natura dell'impossibilit� della prestazione per causa non imputabile al debitore dell'art. 1218 e.e. Ora, senza entrare in questa sede nell'intricato problema della definizione della impossibilit� ex art. 1218 e.e. (se si tratti cio� di impossibilit� obiettiva ed assoluta o fatto che esclude la colpa contrattuale) si pu� facil PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 si evince che il contribuente ha l'obbligo non solo di dichiarare il valore effettivo dei beni ,caduti nella successione, ma anche quello di provvedere a tale adempimento nei termini stabiliti per la presentazione della denuncia di successione. Conseguentemente, l'indicazione successiva da parte del contribuente di un maggior valore dell'asse ereditario -fatta in sede di ricorso alla commissione tributaria -come non obbliga l'ufficio ad acce:ttarla, cos� non elimina, poich� � in corso lla liquidazione del tributo in via contenziosa, quella situazione di carenza o insuffidenza degli elementi occorrenti alla liquidazione del tributo complementare che si ricollega, generi:camente, alla non esatta dichiarazione del contribuente nella denuncia di successione. Ci� trova conferma in quanto, appunto in materia di imposte di successione, ,questo Supremo Collegio ha avuto occasione di affermare (sent. 21 marzo 1963, n. 682.): il denunciante, anche oltre i limiti dell'art. 2732 e.e., pu� rettificare in una successiva dichiarazione gli elementi di fatto in precedenza indicati per l'accertamento del valore imponibile. In tal caso, l'eventuale maggiore valore in essa indicato � vincolativo per il contribuente e d� facolt� all'ufficio di acquisire immediatamente all'imposizione l'ulteriore ammontare del tributo, senza che ne resti paraiizzato il corso del giudizio di congruit�. Ora, se trattasi di una facolt� dell'ufficio, ne consegue che questo, essendo libero di avvalersene, non � in alcun modo vincolato dalla rettifica operata dal contribuente. La soluzione accolta da questa Corte con la sentenza 26 ottobre 19,72, n. 2:865 -e qui riaffermata -non contrasta con la prece� dente dedsione 8 marzo 1972, n. 655. Infatti, in quest'ultima pronunzia si fa riferimento ad una dichiarazione suppletiva, cio� ad una dichia mente affermare che l'impossibilit� idonea ad escludere la mora �, particolarmente nelle obbligazioni percuniarie, un evento di una assoluta eccezionalit� di cui quasi non potrebbero darsi esempi. Non sar� cio� la prova contraria ad una presunzione di colpa nel comportamento del contribu�nte ossia una pi� o meno credibile giustificazione dell'insufficiente o infedele denuncia ci� che potr� ,escludere l'obbligazione degli-inter,essi; sar� necessaria la dimostrazione di una impossibilit� che, comunque la si voglia definire, deve sempre concretarsi in uno di quei fatti che, in relazione agli art. 1218 ,e 1224 e.e., escludono la morra del debitore che non ha adempiuto l'obbligazione. E' cio� ben chiara la differenza tra la non colpevolezza del comportamento, isolatamente considerato, del contribuente che dichiara il valore e la non imputabilit� del fatto che rende impossibile la dichiarazione completa e fedele. Se, in conclusione, gli interessi sull'imposta complementare possono essere non dovuti nella stessa situazione in cui possono non essere dovuti gli interessi dell'art. 1224 e.e., si pu� dire che il problema non esiste in concreto. C. BAFILE 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO razione eseguita nel termine di cui all'art. 12, comma terzo, legge 12 giugno 1930, n. 742, e nelle forme di cui all'art. 72 della legge organica sulle imposte di successione. Invece, nel caso in esame, non si tratta di una dichiarazione nel senso suddetto, non solo perch� l'offerta dei contribuenti era priva dei requisiti indicati, ma anche perch� era diretta alla commissione distrettuale e non gi� all'ufficio impositore. (Omissis). II (Omissis). -Col primo mezzo del ricor.so il Benedetti -deducendo � violazione dell'art. 11 disposizioni preliminari del codice civile -errata interpretazione della legge 26 gennaio 1961, n. 29 e della legge 28 marzo 1962, n. 147 � -sostiene che gli interessi moratori previsti da queste leggi a favore della Finanza dello Stato non sono dovuti per i rapporti, come quello di specie, sorti anteriormente all'entrata in vigore della prima legge. Il mezzo ripropone in termini immutati una questione gi� pi� volte esaminata da questa Suprema Corte, che con gliurisprrudenza che pu� definirisi consolidata, l'ha risolta in senso sfavorevole alla tesi del ricorvente. Come in altra occasione ha affermato questo Supremo CoUegio, in tema di successioni di leggi, la legge nuova pu� applicarsi anche ad un rapporto giuridicamente sorto anteviormente, purch� esso non abbia ancora esaurito i suoi effetti, e si tratti di norma diretta e regolare non il fatto o l'atto generatore del rapporto, ma gli effetti di esso. Ci� si verifica per la situazione disciplinata dalle disposizioni delle leggi n. 29 del 1961 e n. 147 del 1962, le quali fissano la decorrenza deg.U interessi di mora sul tributo complementare al momento in cui � dovuto il tributo principale. Queste disposizfoni si applicano anche quando il rapporto tributario inerente al tributo p1�incipale sia sorto anteriormente alle leggi stesse, giacch� l'obbligo del pagamento degli interessi moratori non deriva da un fatto verificatosi in un momento anteriore all'entrata in vigore di 'esse, ma dal ritardo nell'adempimento dell'obbligazione tributaria, e cio� da un fatto che, protraendosi fino all'entrata in vigore delle nuove norme, rientra nella disciplina di queste. La mora, invero, d� luogo ad una situazione che si rinnova de die in diem onde non si pu� dire che essa siasi interamente verificata sotto l'impero della precedente legislazione e per nulla sotto quella della nuova (cfr. la sentenza n. 3396 del 23 novembre 1971, a cui sono sostanzfalmente conformi molte altre fra le quali quelle nn. 6'55 dell'8 marzo 1972 e 1207 del 17 aprile 1972). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 Alla stregua di questi rilievi, il motivo di ricorso deve essere disatteso, siccome infondato. Col secondo mezzo il Benedetti -insistendo nella deduzione della violazione delle leggi nn. 2�9 del 1961 e 147 del 1962 -assume che in ogni caso gli interessi moratori erano dovuti non, come ha ritenuto la sentenza impugnata, dall'entrata in vigore della prima legge, ma dal momento della liquidazione, in quanto la mancanza o l'insufficienza degli elementi occorrenti per la liquidazione del tributo complementare non era dipeso da fatto a lui imputabile: un tale fatto non si poteva ravvisare, come � stato affermato nella detta sentenza, nella sua dichiarazione non veritiera circa il valore venale del bene trasferito, in quanto egli in base alla legge di registro, aveva l'obbligo di dichiarare non quel valore, ma il prezzo effettivamente pagato, obbligo che aveva regolarmente adempiuto. Anche questo motivo non pu� essere accolto. E' vero che, come hanno affermato le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (cfr. la sentenza n. 2695 del 21 agosrto 1972), sia dagli artt. 73 e .seguenti della legge organica di regi<stro che dall'art. 17, n. 1 del decreto legge 7 agosto 1936 n. 16139 si desume che il contribuente non ha J.'obbligo di fare risultare il valore venale del bene oggetto del trasferimento e quindi che la commisurazione delle imposte di registro 1su tale valore, come prevista dall'art. 15 del citato decreto n. 1639 del 1936, non si pu� ricollegare ad un correlativo obbligo di denuncia del contribuente; ma queste affermazioni non sono incompatibili col riconoscimento della responsabilit� del contribuente per gli interessi di cui alle pi� volte ricordate leggi nn. 29/61 e 147/62 fin dal momento della liquidazione della imposta principale o, se codesta liquidazione � antecedente alla prima di quelle leggi, come � accaduto nella specie, dall'entrata in vigore della medesima legge. Nella citata sentenza delle Sezioni Unite � stato il'ilevato che � l'imposizione dell'obbligo del pagamento degli interessi moratori sul tribunale �complementare trova il suo fondamento sufficiente nel ritardo nello adempimento dell'obbligazione tributaria di natura complementare rispetto alla data di esigibilit� deHa imposta liquidata in via principale � e che, poich� si tratta di interessi fondati sulla mora, cio� sul rita~do dovuto a causa imputabile presuntivamente al debitore, a norma dell'art. 1218 1cod. civ., per il sorgere dall'obbligo ad essi relativo non � necessario che �lAmministrazione, provi, oltre H ritardo, la colpa del contribuente, � ma incombe a quest'ultimo dimostrare che la non esattezza dei dati �sottoposti all'Amministrazione non � imputabile a fatto di esso contribuente �. Questa interpretazione delle leggi del 61 e del 62 nella parte che qui interessa, non � messa in discussione da alcun serio ar.gomento 10 416 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in senso contrario e, pertanto, va seguita anche neHa decisione nel caso di specie. L'applicazione a questo dei principi enunciati comporta chJe si deve riconoscere che la sentenza impugnata � incorsa in errore quando ha individuato 11 fatto generatore della responsabilit� del Benedetti nella dichiarazione di costui non veritiera in ordine al valore venale del bene trasferito; ma da questo errore non consegue l'ingiustizia sostanziale. della statuizione della Corte di Appello: questa statuizione resta giusta, in quanto pu� essere riferita anche all'accertamento contenuto nella sentenza dei due fatti rilevanti ai fini della responsabilit� del Benedetti, fatti pacifici e comunque non contestati in questa sede, cio� il ritardo nell'adempimento deHa obbligazione tributaria e l'omissione da parte del contribuente di deduzioni probatorie rivolte a superare la presunzione della sua colpa al riguardo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 febbraio 1973, n. 380 -Pres. Giannattasio -Est. Montanari Visco -P. M. Del Grosso (diff.) -Giglio c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari). Imposta di registro -Agevolazioni per le case di abitazione non di lusso -Prescrizione -Regione Siciliana -Legislazione concorrente con quelia statale -Legge regionale Siciliana 30 luglio 1969; n. 29 Applicabilit� per il periodo anteriore della legislazione statale in materia di prescrizione. (1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 14 e 20; 1. 2 febbraio 1960, n. 35, art. 4; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 2; d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, art. 6; I. reg. sic. 30 luglio 1969, n. 29). Imposta di registro -Agevolazione per le case di abitazione non di lusso -Prescrizione -Decadenza -Successione di legi,V -D.L. 11 dicembre 1967, n. 1150 che istituisce l'obbligo di presentare la denuncia della decadenza gi� verificatasi -Applicabilit� per gli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960 n. 35 Esclusione per gli atti di data anteriore per i quali la decadenza si avvera successivamente. Poich� la Regione siciHana ha, in materia tributaria, potest� legisla. tiva concorrente con lo Stato, prima che con la legge regionale 30 luglio 1969, n. 29 venisse in via autonoma disciplinata la prescrizione dell'azione di recupero dell'imposta nel caso di decadenza dalle� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 agevolazioni in materia edilizia, era operante in Sicilia la nonnativa dettata dalle leggi statali 2 febbraio 1960, n. 35, 6 ottobre 1962, n. 1493 e 11 dicembre 1967, n. 1150 (1). � La prescrizione dell'azione della Finanza per il recupero dell'imposta ordinaria nel caso di decadenza dalle agevolazioni in materia edilizia � soggetta ai termini diversi che le leggi succedutesi nel tempo (2 febbraio 1960, n. 35, 6 ottobre 1962, n. 1493 e 11 dicembre 1967, n. 1150) hanno stabilito; tuttavia, mentre i predetti termini operano per le prescrizioni che non siano ancora maturate alla data di entrata in vigore delle singole leggi, la particolare disposizione dell'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (che impone al contribuente di denunciare la causa di decadenza e fa decorrere la prescrizione triennale dal momento della denuncia) � applicabile per il passato solo per gli atti stipulati dopo l'entrata in vigore delLa legge 2 febbraio 1960, n. 35, quale che sia il tempo in cui la decadenza si verifica (2). (Omissis). -Con atto di compravendita del 31 marzo 1958, registrato il 19 aprile 1958, iGovanni Giglio acquistava da Andriolo Paolo mq. 480 di area edificabile in Caltanis~etta .per il prezzo di L. 16.800.000. L'atto veniva registrato con le agevolazioni previste dalla legge regionale 18 ottobre 1954, n. 37. Essendo fallito l'Andriolo, a seguito di azione promossa dal curatore H tribunale di Caltanissetta, con sentenza 7-18 marzo 1961 (regi (1-2) La prima massima costituisce applicazione ineccepibile della regola gi� affermata (Cass., 30 giugno 1971, n. 2053, in questa Rassegna, 1971, I, 914) della legislazione concorrente dello Stato e della Regione Siciliana in materia di imposte. La seconda massima, nel suo contenuto esplicito, � una puntuale applicazione della norma: il meccanismo introdotto con l'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (prescrizione triennale, ma decorrente dalla data della denuncia di avvenuta decadenza che il contribuente ha l'obbligo di presentare) � applicabile anche agli atti stipulati anteriormente, ma dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35; ci� risulta chiaramente dalla modifica apportata con la legge di conversione 7 febbraio 1968 n. 26 al testo originario del decreto legge, ed era gi� stato affermato dalla S.C. (sent. 15 marzo 1971, n. 725, Riv. Leg. fisc., 1971, 1813). Da ci� consegue che per gli atti registrati dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960 la prescrizione � ormai sempre regolata dal d.l. n. 1150 del 1967. Pi� interessante � il contenuto implicito della massima, cio� il regime a cui sono soggetti gli atti registrati anteriormente all'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e per i quali prima di questa data non era ancora maturato il termine di prescrizione. E' stato talvolta affermato che per individuare la legge che regola la prescrizione bisogna fare riferimento alla data di registrazione dell'atto (Cass., 10 luglio 1968, n. 2398, ivi, 1969, 296; Comm. Centr., �22 aprile 1971, n. 5887, ivi, 1971, 1079). Altre volte invece, (ed anche nella sentenza in nota pur se la questione non formava oggetto di ricorso) si � ritenuto che RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO strata il 28 marzo 1961), revocava l'atto di compravendita a sensi dell'art. 67. legge fallimentare. Con atto notificato in data 8 settembre 1969 l'Ufficio del Registro di Caltanissetta ingiungeva al Giglio il pagamento della somma di lire 1.793.700 per imposta suppletiva di registro ed accessori sull'atto di compravendita sopra indicato e per effetto del.la revoca delle agevolazioni gi� riconosciute, non essendosi provveduto alla costruzione di un fabbricato di civile abitazione non di lusso nei termini prescritti (31 dicembre 1965). In data 6 ottobre 1969 il Gigl1o proponeva opposizione contro la suddetta ingiunzione davanti al tdbunale di Caltanissetta e il Ministero delle Finanze, mentre chiedeva il rigetto della domanda, chiedeva in via riconvenzionale che il Gigilio fosse condannato al pagamento della somma di L. 1.865.700. Il tribunale, con sentenza 8 luglio 1970, rigettava l'opposizione e condannava il Giglio al pagamento della somma di L. 1. 790.050 e degli interessi semestrali del 3 % sulla somma di L. 1.260.000 a decorrere dal 18 marzo 1969. Il Giglio proponeva impugnazione e la Corte d'appello di Caltanissetta, con sentenza 16 giugno 1971, in parziale riforma della sentenza del tribunale, dichiarava prescritti gli interessi tributari di mora sulla somma di L. 1.260.000 dovuti fino all'8 settembre 1964 e dichiarava compensafo tra le parti un quinto delle spese del primo grado di giudizio, confermando nel resto la sentenza impugnata. non � la data della registrazione, ma la data della decadenza dalla agevolazione quella che determina il riferimento temporale alla legge in vigore, si che ove la decadenza si avveri dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960 la prescrizione applicabile sar� quella di cinque o di sette anni, quale che sia la data della registrazione (Cass., 7 novembre 1970, n. 2271, in questa Rassegna, 1971, I, 358). La seconda soluzione sembra la pi� corretta. Le leggi del 1960 e del 1962 non incidono minimamente sulla obbligazione tributaria, ma soltanto sulla prescrizione del diritto alla percezione dell'imposta ordinari.a quando per un evento successivo ed estrinseco all'atto si verifica una decadenza dall'agevolazione, decadenza che segna il dies a quo del corso della prescrizione; se la decadenza cade sotto il vigore della legge sopravvenuta la relativa prescrizione sar� da questa regolata, senza che con ci� si attribuisca alla norma efficacia retroattiva. Resta dubbio invece se possa ritenersi applicabile la prescrizione di cinque e poi di sette anni per gli atti registrati anteriormente alla legge n. 35 del 1960 e per i quali anche anteriormente a tale data si sia avverata la decadenza, ma tuttavia il termine di prescrizione, bench� in corso, non sia ancora compiuto. Si pone per� una ulteriore questione. La prescrizione di cinque anni della legge 2 febbraio 1960, n. 35, come pure quella di sette anni della legge 6 ottobre 1962, n. 1493, decorre dalla registrazione dell'atto a differenza di quella triennale dell'art. 136 della legge di registro che decorre . ! I �---... I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 419 La Corte osservava in motivazione: 1) che l'atto di compravendita dell'area edificabile tra l'Andriolo e il Giglio era stato registrato il 19 aprile 19518 con l'applicazione dell'ag�evolazione fiscale (tassa fissa) prevista dalla legge regionale n. 37 del 19<54 e che la sentenza del tribunale di Caltanissetta del 18 marzo 1961 (registrata il 28 marzo 1961), pronunciante la revoca della compravendita a sensi dell'art. 67 legge fallimentare, aveva importato la decadenza dell'agevolazione fiscale, essendosi ritrasferita l'area venduta senza che fosse stata eseguita alcuna costruzione edilizia; 2) che per il principio generale di cui all'art. 29.35 e.e. l'inizio deUa decorrenza del termine di prescrizione coincideva -quando era applicabile l'art. 136 della legge del registro e successivamente quando erano entrate in vigore le leggi n. 35 del 1960 e n. 1493� del 1962 -non con la registrazione dell'atto agevolato, ma con quella dell'atto che importava la decadenza dalle agevolazioni fiscali (nella specie la sentenza del tribunale); 3) che la sentenza di revoca della compravendita dell'area edificabile era stata registrata il 28 marzo 1961 e cio� quando era gi� in vigore la legge n. 35 del 1960, che fissava in cinque anni il termine di prescrizione; 4) che durante il decorso di tale termine era entrata in vigore la legge n. 1493 del 1962, elevante il termine a 7 anni; 5) che durante il decorso di quest'ultimo termine era entrato in vigore il d.l. n. 1150 del 1967, convertito nella legge n. 26 del 1968, che aveva imposto al contribuente il'obbligo di presentare la denuncia della decadenza gi� verificatasi entro un anno dalla data in cui si verifica la decadenza. Si tratta di un diverso tipo di pr.escrizione (nel progetto di 1egge originario era pTevisto il teTmine di 20 anni) che oq;>eira indtpendentemente dalla concreta po�ssibilit� di esereizio del diritto; per eliminare questo inconveniente � stato appunto successivamente adottato il diveTso sistema del d.l. 11 dicembTe 1967, n. 1150. Se questa pTescrizione si volesse integTalmente applicare peT gli atti Tegistrnti anteTiormente, potrebbe cadere il diTitto della Finanza pTima ancoTa che la decadenza si sia avvernta e la pTescTizione sia cominciata a deconeTe. Ci� � stato espTessamente escluso: la legge sopravvenuta, cosi applicata, assumerebbe efficacia Tetroattiva, modificando la struttura della fattispecie legale e determinando istantaneamente una gi� avveTata pTescTizione per rapporti nei quali, sotto la precedente legge, la prescrizione non era maturata o non era ancora iniziata (Cass., 13 gennaio 1972, n. 101, Riv. leg. fisc., 1972, n. 1583; v. anche la nota sent. della Sez. Un., 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 1969, I. 567. Resta allora un punto fermo che per gli atti registrati prima dell'entrata in vigore della legge -2 febbraio 1960, n. 35, la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto pu� esser fatto valere (conoscenza o conoscibilit� della causa di decadenza) e non dal giorno della registrazione. Ma se, sempre per gli atti registrati anteriormente, la decadenza si avvera dopo l'entrata in vigore della legge del 1960 quale sar� la prescrizione applicabile? Sempre quella triennale decorrente dal momento della 420 RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO dalla sua entrata in vigore (12 dicembre 1967), determinando poi in tre anni il termine di pvescrizione con decorrenza dalla denun~a; 6) che il Giglio non aveva mai adempiuto a tale obbligo, cosicch� il nuovo termine di prescrizione non aveva iniziato a decorrere quando era entrata in vigor,e la legge regionale siciliana n. 29 de1l 1969, recante una disciplina analoga; 7) che perci�, quando l'Amministrazione finanziaria aveva ingiunto il pagamento con l'atto dell'8 settembre 1969, non si era verificata alcuna prescrizione; 8) che, in ordine al motivo d'appello concernente la prescrizione del diritto alla percezione degli interessi moratori, doveva rtlevarsi che gli inter,essi, pur avendo natura accessoria rispetto al credito principale, cosUtuiscono tuttavia un'entit� giuridica ed economica a s� stante e che tale autonomia trova un riconoscimento in materia di prescrizione, giacch� l'art. 2948, n. 4 e.e. fissa in cinque anni il termine relativo agli interessi indipendentemente da quello per l'obbligazione principale che li ha prodotti; 9) che pertanto nella specie il Giglio doveva pagare alla Finanza L. 1.260.600 per imposte di registro ed ipotecarie e per le addizionali e, su tale somma, gli interessi moratori del 3% per semestre a decorrer,e dal giorno 8 settembre 1964 e cio� per il quinquennio precedente alla notifica dell'ingiunzione fiscale (avvenuta in data 8 settembre 1969). Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Giglio Giovanni, deducendo due motivi. Resiste con controricor,so l'Amministrazione delle Finanze dello Stato, la quale ha anche proposto ricorso incidentale, con un uni'Co motivo. decadenza, oppure quella quinquennale o settennale pure decorrente dal momento della decadenza? La sentenza in nota � per la seconda soluzione ed � da condividere. Posto che per gli atti registrati prima del 1960 la prescrizione non pu� decorrere dalla registrazione e per quelli registrati invece successivamente vige il sistema introdotto con il d.l. n. 1150 del 1967, per le ipotesi particolari degli atti registrati prima del 1960 ma per i quali la decadenza si avvera successivamente il regime della prescrizione � necessariamente composito: se il fatto generatore della obbligazione (decadenza) si verifica sotto il vigore della legge n. 35 del 1960 la prescrizione non pu� essere che quinquennale, ma questa, non potendo decorrere dalla registrazibne, deve decorrere dalla data della decadenza. Diversamente si dovrebbe concludere che ancora oggi, dopo un susseguirsi di leggi, la decadenza che si avveri rispetto ad un atto registrato prima del _1960 mette in moto la prescrizione triennale dell'art. 136. La sentenza in rassegna ha invece opportunamente precisato che in tali ipotesi, se pure non pu� dirsi applicabile l'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 che fa espresso riferimento agli atti registrati dopo il febbraio 1960, � invece applicabile la prescrizione quinquennale decorrente dal momento dell'avvenuta decadenza che si prolunga ulteriormente in quella settennale con l'emanazione della legge 6 ottobre 1962, n. 1493. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA MOTIVI DELLA DECISIONE Con H primo mezzo del ricorso il Giglio lamenta che la Corte d'appello abbia ritenuto applicabili alla fattispecie le disposizioni di cui alle leggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962, nonch� il d.l. n. 1150 del 1967. Egli assume che la Regione siciliana ha, in materia di tributi erariali, potest� legislativa concorrente rispetto a quella dello Stato e che la materia delle agevolazioni fiscali per l'edilizia � stata compiutamente ed autonomament�e disciplinata dalla Regione siciliana con proprie leggi, cosicch� -avendo detta Regione disciplinato soltanto con la legge 30 luglio 1969, n. 29 la materia della prescrizione dell'azione della Finanza nel caso di decadenza dai benefici fiscali accordati dalle leggi regionali -avrebbe in precedenza operato in Sicilia il normale termine di prescrizione triennale previsto dall'art. 136 della legge del Registro. La prescrizione dell'azione della Finanza si sarebbe perci� verificata il 28 marzo 1964 e cio� tre anni dopo il giorno in cui l'Amministrazione finanziaria aveva avuto notizia dell'avvenuta decadenza dai benefici fiscali per effetto della sentenza del tribunale di Caltanissetta, che aveva pronunciata fa revoca dell'atto 31 marzo 1958. Il motivo � infondato. Premesso che l'art. 36 dello Statuto della Regione siciliana attribuisce alla Regione stessa il potere di deliberare tributi, riservando, per tale materia, alla legislazione esclusiva nazionale le imposte di produzione e determinati monopoli e che da tale disposizione, coordinata con tutte le altre dello Statuto medesimo, risulta che la materia tributaria non � stata attribuita alla legislazione esclusiva della Regione ma costituisce oggetto di legislazione concorrente (sent. n. 2625/71 di questo Supremo Collegio), consegue che -in assenza di una specifica norma regionale regolante la prescrizione dell'azione di recupero della Finanza nel caso di decadenza dalle agevolazioni fiscali per la materia edilizia doveva operare (prima dell'entrata in vigore della legge re2ionale 30 luglio 1969, n. 29, che disciplin� espressamente il caso della prescrizione anzidetta) la normativa dettata al riguardo nelle leggi statali e cio� non soltanto la disposizione contenuta nell'art. 136 della legge del Registro, come pretende il ricorrente, ma altres� le disposizioni di cui all'art. 4 della legge 2 febbraio 1960, n. 35 e all'art. 21 della legge 6 ottobr�e 19612, n. 1493, che elevarono rispettivamente a cinque e sette anni il termine di prescrizione per l'azione dell'Amministrazione finanziaria diretta al recupero dei tributi dovuti nella misura o~�dinaria in materia di tasse e di imposte indirette sugli affari, per effetto di decadenza dalle agevolazioni fiscali in materia edilizia. Altrettanto deve 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dirsi per il d.l. n. 1150 del 1967 (convertito con legge 7 febbraio 1968, n. 26), il quale ha disposto che l'azione di recupero si prescrive con il decorso di tre anni dalla data di presentazione della denuncia dell'avvenuta decadenza dall'agevolazione tributaria. Trattasi di una speciale normativa per la particolare materia delle decadenze dai benefici fiscali per }'.edilizia e tafo normativa non poteva non derogare alla disciplina ordinaria dettata nell'art. 136 della legge del Registro, ci� anche per le decadenze dai benefici fiscali accordati con le leggi della Regione siciliana, mancanti -fino alla emanazione della legg.e 30 luglio 1969, n. 29, come sopra si � esposto -di una specifica norma relativa al termine e al decorso della prescrizione dell'azione di recupero del tributo ordinario da .parte della Finanza. Con il secondo mezzo il Giglio censura -in via subordinata e per il caso di ritenuta applicabilit� delle norme statali alla prescrizione in questione -la statuizione con cui la Corte di appello ha ritenuto applicabile alla specie l'art. 6 del d.l. n. 1150 del 1967, convertito con modificazioni nella legge n. 26 del 1968. Secondo il ricorrente l'applicazione della predetta norma era da escludersi, avendo il quarto comma di essa precisato che le disposiziO!lli precedenti si applicavano agli atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. Polch� l'atto di cui trattavasi era stato stipulato il 31 marzo 1958 e registrato il 19 aprile 1958, esso esulava -secondo il Giglio -dall'ambito di applicazione della nuova normativa contenuta nell'art. 6 del decreto citato. Al caso in esame si sarebbero dovuti applicare soltanto i termini di prescrizione previsti' dall'art. 4 della legge n. 35 del 1960 (cinque anni) e dall'art. 2 della legge n. 1493 del 1962 (sette anni), con la conseguenza che, il termine avrebbe dovuto riconoscersi gi� decorso alla data di notifica dell'ingiunzione fiscale, avvenuta il giorno 8 settembre 1969. Il predetto motivo � fondato. Va rilevato che il quarto comma dell'art. 6 del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, convertito con modificazioni nella legge 7 febbraio 1968, n. 26, stabiliva -con norma transitoria -che le disposizioni di cui ai prec�edenti commi (concernenti l'obbligo della denuncia della causa di decadenza dalle agevolazioni tr1butarie e la fissazione del termine di prescrizione di tre anni per l'azione di recupero dei tributi nella misura ordinaria, con decorrenza dalla data di presentazione della denuncia stessa) si dovevano applicare anche agli atti stipulati dopo l'entrata .in vigore della legge 2 febbraio 1960, n. 35. Quali atti stipulati dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960 dovevano intendersi non gi� gli atti generatori della decadenza dai benefici fiscali, ma soltanto gli atti originari agevolati e cio� gli atti ammessi a fruire in un primo tempo delle agevolazioni in materia di edilizia e registrati con richiamo alle norme agevolative. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 A tale interpretazione inducono le seguenti considerazioni: a) lo stesso legislatore ha dimostrato, nel testo del quarto comma dell'art. 6 citato, di distinguere i termini letterali di � atti � e � decadenze �; b) gli atti �soggetti alla tassazione di cui trattasi e:rano unicamente costituiti dagli atti registrati COIIl l'agevolazione tributaria e non gi� gli atti successivi comportanti l.a decadenza dall'agevolazione; e) non sussiste la possibilit� di far richiamo alla disposizione di cui all'art. 2!935� e.e., come ha ritenuto la giurisprudenza di questo Supremo Collegio in ordine alla questione specifica della determinazione del momento iniziale di decorrenza del termilile prescrizionale (momento fatto perci� coincidere con quello della registrazione dell'atto importante la decadenza dell" agevolazione), giacch� nel caso in questione si tratta up.icamente di determinare a quale momento il legislatore ha fatto riferimento come dato rilevante per stabilire, nella speciale materia, da quale delle diverse leggi susseguitesi nel tempo debba considerarsi regolato un determinato atto ammesso al beneficio fiscale. Quanto, poi, alla disposizione contenuta nella seconda parte del quarto comma dell'art. 6 citato -secondo cui per le decadenze gi� verificatesi le denuncie relative avrebbero dovuto essere prodotte entro un anno dall'entrata in vigore dello stesso decreto n. 11'50 del 1967 -si deve osservare che tale disposizione, seguendo immediatamente a quella della prima parte dello stesso comma ed essendo ad essa strettamente collegata, esige -ai fini della sua applicabilit� -la condizione che ricorra, comunque, l'ipotesi di un atto agevolato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960, come disposto in via genera~e con la disposizione di �cui alla prima parte del quarto comma dello stesso art. 6. La Corte del merito avrebbe perci� dovuto disapplicare e non ritenere operante nella specie la nuova disciplina dettata nell'art. 6 del d.l. n. 1150 del 1967 convertito con legge 7 febbraio 1968, n. 26. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa deve essere rinviata ad altro giudice per nuovo �esame e precisamente al fine di accerta!re se, al momento in cui entr� in vigore la legge della Regione siciliana del 30 luglio 1969, n. 29, a favore del Giglio si fosse gi� compiuta (cOIIl decorrenza dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del tribunale di Caltanissetta del 18 marzo 1961, pronunciante la revoca della compravendita agevolata tra l'Andriolo e il Giglio e comportante pertanto la decadenza dalla agevolazione fiscale) la prescrizione dell'azione di recupero del tributo nella misura ordinaria da parte della Finanza, secondo il termine prescrizionale stabilito nella precedente normativa (termine di sette anni previsto dall'art. 2 della legge 1493 del 1'962). -(Omissis). 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 12 febbraio 1973, n. 406 -Pres. Flore -Est. Milano -P. M. Di Mayo (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Banca del Lavoro (avv. Del Nunzio). Imposta di registro -Enunciazione -Requisiti -Mancanza della indicazione del corrispettivo -Convenzione nella quale il corrispettivo � stabilito in percentuale -Determinazione in un momento successivo -Legittimit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 62). Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per loro natura le une dalle altre -Fattispecie -Mutuo cinematografico con cessione dei proventi del noleggio e contratto di distribuzione -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). Imposta di registro -Solidariet� -Enunciazione -Parte della convenzione enunziante estranea alla convenzione enunciata -Dipendenza fra le due convenzioni -Sussiste la solidariet�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 91). Imposta di registro -Tassazione provvisoria -Disposizione dell'art. 32 della legge di registro -� di portata generale. (r.d. 3o dicembre 1923, n. 3269, n. 32). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Valutazione -Correzione di errori di apprezzamento nella determinazione del valore presunto di una convenzione enunciata Difetto di giurisdizfone dell'A.G.O. (1. 20 m�rzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). Se � vero che per aversi enunciazione tassabiie l'atto enunciante deve costituire non solo la prova ma anche il titolo dell'esistenza e dell'efficacia della convenzione verbale enunciata, pu� ritenersi contenuta l'enunciazione di un contratto di distribuzione e noleggio cine -matografico in un atto di finanziamento e di cessione in garanzia dei proventi del noleggio, quando tutti gli elementi dell'atto enunciato sia in ordine ai soggetti che al contenuto oggettivo e alla reale portata siano desumibili dall'atto registrato; n� � di ostacolo aLla tassazione la mancanza di determinazione del corrispettivo della convenzione enunziata se essa per sua natura � strutturata con un corrispettivo a percentuale PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 che potr� essere determinato in un momento successivo alla conclusione del contratto (1). L'unicit� della tassazione p1�evista nell'art. 9 della legge di registro presuppone un'inscindibile connessione tra molteplici negozi aventi carattere di obiettivit� e necessit�, non dipendente da mera opportunit� o volont� delle parti; una tale connessione non � ravvisabile tra il contratto di noleggio cinematografico e il contratto di mutuo con cessione in garanzia dei proventi della distribuzione (2). La solidariet� fra le parti contraenti nell'imposta di registro, nel caso di pluralit� di convenzioni contenute in unico atto, si estende anche alle convenzioni alle quali le parti contraenti sono estranee se tra le convenzioni esiste un rapporto di reciproca dipendenza (3). La disposizione dell'art. 32 della legge di registro � di portata generale e trova quindi applicazione anche ai contratti di distribuzione \ cinematografica con corrispettivo a percentuale sugli incassi (4). Difetta di giurisdizione il giudice ordinario per verificare se la determinazione del corrispettivo convenuto in un contratto sia esatta; l'errore di apprezzamento che si assume contenuto nella valutazione in sede amministrativa della base imponibile non pu� essere portato direttamente innanzi all'A.G.O. alla quale spetta soltanto, a norma del terzo comma deU'art. 29 del d.l. 7 agosto 1936, n. )639, di controllare, in sede di impugnazione, la legittimit� della decisione della commissione provinciale di valutazione (5). (Omi.ssis). -Ci� pr�emesso, e premesso ancora che le questioni di diritto� nuovamente riproposte dalla banca, in quanto concernenti I'an del debito d'imposta, vanno esaminate con precedenza rispetto al ricorso (1-5) La prima massima, esatta nelle premesse, risolve la questione della mancanza di determinazione del corrispettivo con riferimento al caso di specie, senza porsi quindi il problema se ai fini dell'enunciazione sia necessaria anche l'individuazione del prezzo o corrispettivo attraverso l'atto enunciante. Ma � evidente che ci� non � ma!i necessario per l'atto enunciato, come non lo � nemmeno per l'atto palese; gli elementi costitutivi della convenzione enunciata, la cui presenza nell'atto enunciante � necessaria, sono gli elementi che integrano il presupposto della tassazione. Fra questi non rientra il prezzo o il corrispettivo che pu� ben mancare nell'atto che pure produce gli effetti che danno luogo al presupposto della tassazione; in tal caso il corrispettivo o il valore � determinato dall'ufficio a norma dell'art. 17, n. 1 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, senza che mai la mancanza di un prezzo o valore dichiarato possa essere di ostacolo alla imposizione. La seconda massima � da condividere pienamente ed � conforme alla tradizione dalla quale peraltro si � registrata qualche deviazione. Per analoghe questioni in tema di rapporti bancari v. Cass., 15 marzo 1972, n. 751, in questa Rassegna, 1972, I, 345, con richiami. Nella terza massima si riconferma la tendenza giurisprudenziale a limitare la solidariet�, nei casi di pi� convenzioni contenute in unico atto, 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO principale dell'Amministrazione finanziaria riguardante il quantum, osservasi che priorit� logica nell'ordine di trattazione va data alle questioni relative all'esistenza o meno di un'enunciazione tassabile ed alla valutazione del contenuto dell'atto enunciato. Quanto alla prima, si sostiene dalla banca che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che nell'atto di finanziamento sussistevano tutti gli elementi per l'enunciazione del contratto di distribuzione e noleggio cinematografico perch� in realt� la reale portata di tafo contratto non era determinata, n� determinabile nell'atto enunciante. L'assunto non � fondato. � certamente esatto e, come tale, pi� volte � stato affermato da questa Corte che per la tassabilit�, a norma dell'art. 62 della legge organica di registro, della convenzione verbale enunciata in un atto presentato alla registrazione, � necessaria, non soltanto la prova della sussistenza della convenzione verbale enunciata, ma anche la possibilit� di identificare la detta convenzione in tutti i suoi elementi essenziali, in modo che l'atto enunciante sia idoneo a funzionare anche 'a titolo della sua esistenza ed efficacia. Ma '.la sentenza impugnata, lungi dal disapplicare o dal malamente interpretare la norma ed il prmcipio test� richiamati, come si afferma dalla banca, si � uniformata perfettamente ad essi nel giudicare nel caso concreto sottoposto al suo esame. La Cor.te, infatti, rilevato che dagli artt. 6 e 7 � della scrittura di finanziamento erano chiaramente identificabili tutti gli estremi essenziali del .rapporto enunciato, sia in ordine ai soggetti, che al contenuto ogg>ettivo ed alla sua reale portata, ha ritenuto che l'atto enunciante consentisse di identificare la convenzione >enunciata e di ricostruirla autonomamente ed in modo completo, sicch� l'atto stesso era idoneo a funzionare non solo da prova ma anche da titolo rispetto alla convenzione intervenuta tra le societ� finanziate e la societ� Magna, distributrice del film e parte dell'atto enunciato. ai soggetti che hanno partecipato alla formazione di ogni singolo negozio (cfr. Cass., 26 luglio 1971, n. 2500 e 7 settembre 1970, n. 1260, ivi, 1971, I, 1464 e 1970, I, 871), pur precisando che ci� si verifica quando le diverse convenzioni sono indipendenti, mentre la solidariet� sussiste, nel caso di reciproca dipendenza tra le convenzioni, tra tutte le parti. Anche a questo proposito la decisione, ancorata al caso di specie, non ha approfondito la questione. Bisogna per� rilevare che le due ricordate decisioni, del tutto contrarie ad una giurisprudenza consolidata per decenni, sono state pronunciae .su controversie in cui la solidoo-iet� era discussa nel suo aspetto proces1suaie �ed in un momento in cui le difficolt� della sHuazione prodottasi nei rapporti pregressi dal superamento della speciale solidariet� tributaria hanno dato origine a pronunce contrastanti (v. C. BAFILE, Su. nuovi problemi della solidarietd tributaria, ivi, 1972, I, 663). Sotto l'aspetto sostanziale, invece, la solidariet� per il pagamento dell'imposta di registro � sempre rimasta rigorosamente estesa a tutti! le parti contraenti, comunque PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 N� a favore della tesi della insussistenza, nel1a fattispecie, di una enunciazione rispondente alla esigenza di un'autonoma e completa ricostruzione della convenzione, vale l'obiezione che le circostanze esposte nell'atto di finanziamento non erano tali da consentire, di per s�, la determinazione, al momento della registrazione, del preciso ammontare del compenso spettante alla societ� distributrice. Come gi� fu osservato dalla sentenza impugnata, a vincere l'ol:iiezione � sufficiente considerare che la indeterminatezza di quell'importo dipendeva, non gi� da un'incompletezza di elementi dell'atto enunciante, bens� dal particolare sistema retributivo, commisurato in via percentuale sull'ammontare dei proventi delle proiezioni. Nel caso in esame � indubbio che l'ammontare dei proventi sui quali avrebbe dovuto essere calcolata la percentuale spettante alla societ� distributrice, anche se non equivalente al costo del film, come ritenuto dalla Finanza, era facilmente determinabile in un momento successivo ,alla conclusione del contratto. Quanto, poi, all'altra questione, quella cio� relativ'a alla valutazione del contenuto della convenzione enunciata, non pu� del pari essere condivisa l'affermazione della banca secondo cui la Corte del .merito, nel ritener,e che la percenuale del 35, % prevista in favore della societ� distributrice rappresentava, non gi� un rimborso di spese come dichiarato dalle parti, ma il compenso per il servizio prestato, non si sia attenuta aUe obiettive risultanze del documento, secondo la regola fondamentale dell'art. 8 della legg,e di registro, ma abbia fatto ricorso ad inammissibili presunzioni che non trovavano nell'atto enunciante base alcuna. partecipanti allo stesso atto e recentemente (sent. 5 maggio 1972, n. 1358, ivi, 1972, I, 678) � stata riaffermata la solidariet� delle parti contraenti per la convenzione alla quale sono estranee, anche se la convenzione � enunziata. Esattissima � la quarta massima conforme a giurisprudenza recente: Cass. 12 febbraio 1971, n. 363 e 5 gennaio 1972, n. 18 (ivi, 1971, I, 621, e 1972, I, 279). Da condividere pienamente � l'ultima massima. L'errore di apprezzamento nella fase amministrativa di determinazione della base imponibile � cosa del tutto diversa dalla impugnazione della d�cisione definitiva della Commissione provinciale per difetto di calcolo e errore di apprezzamento ex art. 29, terzo comma del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639 (Cass.-, 6 maggio 1972, n. 1374, ivi. 1972, I, 686). In nessun caso, pertanto, pu� essere conosciuta dall'A.G.O. una questione di semplice estimazione. Inoltre, anche se una questione di diritto preliminare all'estimazione si presentasse, questa non potrebbe mai essere deferita all'A.G.0. con la stessa azione avente per oggetto le questioni di imponibilit�, giacch� una tale questione potrebbe essere portata all'A.G.O. solo in via incidentale o pregiudiziale al giudizio di valutazione riservato alla Commissione competente (v. nota a Cass., 7 marzo 1972, n. 647, ivi, 1972, I, 447). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ed invero il principio dettato dal richiamato art. 8 della legge di registro non fu violato dal1a Corte di merito perch� questa si fond� sul contenuto dell'~tto, compiendone, per altro, una interpretazione, che, come giudizio di fatto, si sottrae al sindacato di questa Corte, il cui potere correttivo trova, tra gli altri limiti, anche quello che la sostituzione della motivazione sia solo in diritto e non importi una indagine o valutazione di fatto. La citata disposizione, d'altra parte, non impone, come si afferma dalla banca, di stare al contenuto letterale del documento, bens� di valutarne, anche in contrasto con la forma apparente, � la intrinseca natura � e gli � effetti � che esso � destinato a produrre con la considerazione del risultato economico al cui conseguimento esso � idoneo per la sua giuridica portata. E la regola dettata � in tale disposizione, la quale, come � noto, tende a reprimere le simulazioni relative dei negozi giuridici a scopo di evasione fiscale, non poteva non trovare applicazione in un caso come l'attuale in cui il contrasto tra la natura giuridica del negozio enunciato (contratto di distribuzione e noleggio cinematografico) e la formale dichiarazione delle parti circa .Ja natura della percentuale prevista in favore delia societ� Magna risultava evidente dal momento che nel contratto di agenzia, al quale � assimilabile quello di distribuzione� di film (Cass., 15 apri1e 195'8, n. 12.32), il compenso dovuto all'agente costituisce la prestazione principale a carico del preponente ed esso, comunque venga determim.ato dalle parti, deve in ogni caso sussistere, come requisito essenziale del negozio, non potendo dare luogo ad un contratto di agenzia l'assolvimento dell'incarico a titolo gratuito. D'altra parte � noto che il compenso per il distributore di films viene norma1mente commisurato in base ad una percentuale sull'importo lordo degli introiti della proiezione, e se � innegabile che nella percentuale � compreso il rimborso del1e spese per l'esplicazione dell'incarico, � tuttavia da rilevare che, contrariamente a quanto si afferma dalla banca, la Corte di appello non avrebbe potuto occuparsi della questione relativa alle spese da detrarsi dall'imponibile perch�, come gi� ritenuto da questa Corte, la semplice operazione aritmetica di detrazione delle spese dal reddito lordo e, a maggior ragione, quella di accertare, con indagine di mero fatto, l'ammontare delle spese stesse al fine di determim.are quantitativamente l'imponibile, costituisce questione, non gi� relativa alla applicazione d'ella legge, ma di mera estimazione e, come tale, sottratta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., 20 febbraio 1969, n. 565 e 24 aprile 1970, n. 1181). L'altra questione riproposta a questa Corte, ai fini della correzione della motivazione della decisione, � quella relativa alla pretesa esenzione soggettiva dall'obbligo del pagamento del tributo, ed al I \~ !i ~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 riguardo si sosUene che i giudici di appello nell'escludere che anche tale contratto potesse essere registrato in abbonamento e, cio�, con l'agevolazione prevista dall'art. 2 del d.l. 7 agosto 1936, n. 1704 per le operazioni di credito cinematografico, non hanno considerato che la cessione dei provenit di distribuzione del film era necessariamente connessa con l'operazione di finanziamento, per cui doveva trovare applicazione la disposizione del secondo comma dell'art. 9 della legge di registro. Anche tale assunto non pu� essere condiviso. Come pi� volte questa Suprema Corte ha avuto occasione di stabilire (cfr. da ultimo, sentenze n. 1845 e n. 2419 del 1970 e n. 751 del 1971) la unicit� della tassazione � prevista dalla richiamata disposizione nella sola ipotesi che i molteplici negozi risultino inscindLbi:lmente connessi per virt� di una norma di legge oppure per la loro intrmseca natura, talch� tra loro sussista un vLncolo di connessione oggettiva, immedtata e necessaria; occorre, cio�, tra le convenzioni, ai fini della tassazione unica, un collegamento che non sfa occasionale e non dipenda dalla volont� delle parti, ma sia, con carattere di obiettiva causalit�, connaturato, come necessario, giuridicamente e concettualmente, alle stesse convenzioni. Nella fattispecie, se -stando agli accertamenti dei giudici del merito -non pu� essere neg.ato che il contratto di distribuzione del film era connesso sia con la garanzia del finanziamento, costituita dalla cessione pro solvendo dei proventi di noleggio (art. 6 della scrittura di finanziamento), in quanto ne assicurava le modalit� di esecuzione, obbligando la societ� distributrice a versare direttamente alla banca i detti proventi, sia con il finanziamento perch� con le dette modalit� di esecuzione garantiva ed assicurava la restituzione della somma mutuata, devesi per� riconoscere che una connessione del genere oltre a non trovare la sua fonte nella legge, non pu� nean�he configurarsi come oggettiva: sicch�, resta l'unica ipote,si possibile di una connessione dovuta alla volont� delle parti e, quindi, assolutamente insufficiente a produrre, in deroga ai principi generali, unicit� di tassazione. Da quanto si � innanzi detto in ordme al vincolo di connessione, anche se meramente soggettivo, esistente tra l'atto enunciato e quello enunciante, � facile dedurre l'infondatezza anche dell'altro assunto della banca secondo cui, essendo rimasta estranea alla convenzione enunciata, non potrebbe trovare applicazione nei suoi confronti il principio della solidariet� per il pagamento dell'imposta di registro sancito dall'art. 91, n. 1 della legge organica. Se � vero, infatti, che la solidariet� per il pagamento dell'imposta di registro riguarda non tutti i soggetti comun,que intervenuti nell'atto soggetto a registrazione, ma le persone che concorrono alla formazione di ogni singolo negozio giuridic~ e nel caso di pi� convenzi~ del tutto autonome ed indipendenti, soltanto ai �distinti gruppi di contraenti di ogni autonomo negozio (Cass., 7 settembre 1970, n. 1260 e 26 luglio 1971. 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n. 2500) � pur vero che nella fattispecie, non gi� di convenzioni autonome ed indipendenti si tratta, bens� di convenzioni tra di loro poste dalle parti in un rapporto di reciproca dipendenza, con la conseguenza che, ripercuotendosi le vicende dell'una sull'altra, condizionandone la vaHdit� e la esecuzione, la bainca non pu� ritenersi estranea agli effetti della convenzione enunciata, e, quindi, anche a quello relativo al pagamento del tributo. Infondato, �, infine, l'ultimo assunto della banca secondo cui dall'art. 32 della legge di registro non potrebbe desumersi, contrariamente a quainto si � ritenuto dalla sentenza impugnata, un principio generale valido per la .tassazione di tutti i contratti a corrispettivo variabile e determinabile solo �a posteriori, riferendosi tale disposizione solo ai trasferimenti di immobili ed agli appalti a prezzo presunto, cio�, ai trasferimenti di cose facilmente misurabili, secondo le r�egole dettate dagli artt. 15 e segg. del decreto n. 1639 del 1936 sulla riforma degli ordinamenti tvibutari. Ed invero la questione del modo di tassazione dei contratti a corrispettivo variabile e, quindi di V'alore determinabile soltainto in momento successivo alla loro conclusione, che gi� aveva formato oggetto di contrastanti decisioni da parte di questa Corte Suprema (sentenze n. �076 del 20 aprile 1942 e n. 117 del 22 gennaio 1965, sebbene entrambe non abbiano affr01I1tato ex professo il problema, ma l'abbiano esaminato sotto un aspetto diverso e particolare), � stata di recente riesaminata, con le decisioni n. 363 del 12. febbraio 1971 e n. 18 del 5 gennaio 19-72 e risolta nel senso che il citato art. 32 del1a legge organica di registro non ha carattere eccezionale, ma costituisce estrinsecazione di un principio generale dell'ordinamento tributario, quello per cui, quando al momento della registrazione, non si possa procedere alla determinazione della base imponibile, la imposta si liquida provvi. sodamente in base agli elementi di V1alutazioni derivanti dal contratto, salvo procedere, non appena possibile, alla liquidazione definitiva. Questo pi� vecente indirizzo giurisprudenziale -ptenamente condiviso dalla dottrina e gi� da tempo fatto proprio dalla commissione centrale delle imposte (decisioni 20 marzo 1964, n. 7549 e 20 luglio 1949, n. 5635) va mantenuto fermo perch� ispirato ad una maggiore comprensione della esigenza di una pronta tassazione di quei contratti, validi ed efficaci, di cui non possa conoscersi, al momento della registrazione, quale sia l'ammontare definitivo del prezzo o corrispettivo. � invero, principio fondameintale in materia d'imposta di registro che la tassazione deve basarsi sulle risultanze dell'atto, per cui da esso deve essere tratto il valore del bene oggetto del trasferimento. Ove detto valore sia indicato come meramente probabile, ovvero sia prevista la .possibilit� di un'ulteriore definitiva determinazione sorge il problema PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA di conciliare la tutela del diritto del contribuente a non pagare se non quanto �sia effettivamente dovuto con la esigenza dell'Amministrazione ad una sollecita percezione del tributo. Ora una tassazione provvisoria sulla base del valore presunto, desumibile dall'atto, la quale, per altro, faccia salvi sia il diritto dell'Amministrazione sia quello del contribuente di ottenere, a11orch� sar� divenuta possibile una valutazione definitiva, rispettivamente il pi� ancora dovuto o 1a restituzione di quanto indebitamente pagato, non pu� non rappresentar�e la logica soluziione del problema. Pertanto, la disposizione del primo comma dell'art. 32 della legge organica, anche se dettata esclusivamente per 1e alienazioni di immobili, il cui prezzo o corrispettivo debba essere ulteriormente liquidato o accertato, bene pu� intendersi riferita a tutte le categorie di contratti, qualsiasi ne sia l'oggetto, qualificati da siffatto predicato di oggettiva indeterminatezza, allo stato, del valore e non limitata al tipo negoziale specificatamente previsto. Come esattamente � stato gi� rilevato, questa interpretazione estensiva della norma in esame trova giustificazione e fondamento nella identit� di situazione che si pone in essere, qualunque sia l'oggetto del trasferimento, rispetto 1alla necessit� di una disciplina idonea ad appagare le contrastanti esigenze correlate a quel particolare atteggiarsi del contenuto del contratto, senza, per converso, che <ragionevoli motivi possano essere addotti per spiegare una diversd.t� di trattamento tra i tras:llerimenti di Immobili, espressamente previsti dalla norma, ed il trasferimento di altri beni, sicch� bene a cragione pu� affermarsi che il legislatore in questo caso minus dixit quam voluit N� potrebbe dedursi la singolarit� della norma della disposizione del secondo comma dello stesso articolo, il quale la estende espressamente ai contratti di appalto a prezzo presunto. Il secondo comma, infatti, non mira a tale estensione, bens� alla disciplina della ipotesi che il contratto di appalto a prezzo presunto non sia compiutamente eseguito per comprovato impedimento di forza maggiore, e detta una norma che si inquadra, per quel caso particolare, nel regime generale della tassazione provvisorta stabilito dal pvimo comma. .� pertanto da ritenere che la motivazione dell'impugnata sentenza, per tutto quanto attiene ai presupposti legali per la costituzione del diritto della Finanza alla percezione del tributo sull'atto enunciato anche ne.i confronti della banca, sia giuridicamente esatta. Passando, dopo ci�, all'esame del ricorso principale si osserva che con il primo motivo l'Amministrazione finanziaria denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 6 legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E e 29 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ai sensi e per gli effetti dell'art. 3�60, n. 1 c.p.c. e censura la statuizione della sentenza della Corte ll 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di appello in ordine all'affermato potere dell'autorit� giudi2liaria ord�naria di conoscere direttamente ed autonomamente dell'error�e di apprezzamenrto nella determinazione del valore provvisorio della c-0nvenztione enunciata nell'atto di finanziamento, e si sostiene che tale statuizione � in �contrasto con il principio fondamentale in materia di imposta di registro secondo cui, salvo che in sede di riesame della decisione deHa Commissione provinciale delle imposte, il giudice ordinario difetta di giurisdizione in ordine alle questioni di estimaziione semplice. Il motivo � fondato. �� � appena il caso di ricordare che le controversie cui d� luogo l'accertamento dei tributi trovano, in materia d'�imposte sui trasferimenti di ricchezoo, un diverso assetfo a seconda che si ri:ferisoono alla � determinazione del valore � dei beni oggetto del trasferimento (le controversie, cio�, corrispondenti a quelle di semplice estimazione nelle imposte dirette), ovvero alla �applicazione della legge., e mentre per le prime l'art. 2.9 del pi� volte citato decreto n. 1639 del 1936 stabilisce fa competenza, ilil prima istanza, delle commissioni distrettuali e, in secondo grado, delle commissioni provinciali, ,salvo -avverso le decisioni di quest'ultime -il ricorso all'autorit� giudiziaria ordinaria � per grave ed evidente evrore di apprezzamento ovvero per mancanza o insufficienza di calcolo� nella determinazdone del valore e salvo n ricorso di legittimit� ai sensi dell'art. 111 della Costituzione per vfo-� !azione della legge, per le altre la medesima disposizione prevede la. competenza, in primo grado, delle commissioni provinciali e, in secondo grado, di quella centrale, salv-0 sempre il ricorso diretto alla Corte di cassazione ai sensi del citato art. 111. Sul piano delle� guarentigie giurisdizionali tale diversit� (con la quale, �contrariamente a quanto si afferma dalla ricorrente, non si introduce, per la proponibilit� dinanzi al giudice ordinario delle controversie relativ�e alla determinazione del valore una condizione -preventivo esperimento del ricorso alle commissioni trd.butarie -non richiesta per quelle relative all'applicazione della legge, ma si tiene conto della diversa essenza delle rispettive questioni), �Si traduce in un difetto di giurisdiziione dell'autorit� giudiziaria ordinaria a direttamente conoscere delle questioni di mera estimazione, rispetto alle quali la tutela dei diritti soggettivi violati rimane espressamente devoluta al detto giudice speciale, ritenuto � meglio qualificato � e � appositamente composto con esperti conoscitol'i della materia imponibile � e capace, quindi,. di esercitare � pi� che in sede di giurisdizione ordinaria � la sua funzione (Cass., Sez. Un., sentenze n. 2175, 2177 �e 2201 del 1969 e n. 1181 del 1970). � noto, infatti, che tali controversie mel'amente estimative non importano a1cuna risoluzione di questioni giuridiche, talvolta difficili e� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA delicate, n� problemi di interpretazioni di l�eggi, regolamenti, pronuncie, negozi giuridici, n� indag.ini sui viz�i del processo di accertamento tributario o sugli istituti giuridici appHcabili, ecc., essendo limitate ai fatti materiali relativi alla valutazione � quantitahlva � del bene oggetto del trasferimento, al fine di determinarne il valore per la concreta applicazione dell'imposta. Secondo il fermo �orientamento giurisprudenziale di questa Corte, sono infatti controversie di mero estimo tutte quelle in cui la scelta del criterio di va1uta2lione e la determinazione del valore imponibile, non presuppongono la risoluzione di questioni giuridiche, ma risultino basate su operazioni di carattere meramente .tecnico, quali sono quelle che attengono alla rilevazione della obiettiva consistenza quantitativa e qualitativa del cespite, alla individuazione dei fattori di calcolo ed ?ll'espletamento di questo (sentenze n. 12.41 del 19'67, nn. 1172 e 17�37 e 3026 del 1968; nn. 1181 e 1182 del 1970). Applicando alla fattispecie il principio ora rkhiamato deve essere riconosciuto -come, del resto, � stato riconosciuto da queste stesse Sezioni unite con recentissime decisiioni emesse in fattispecie del tutte identiche a quella ora in esame (sentenze, n. 1374 e n. 1375 del 1972) --il carattere di mera estimazione della questione risolta dai giudici di appello ed attinente ai criteri di valutazione del valore provvisorio del contratto enunciato. Tale questione, invero, non importava la necessit� di alcuna indagine giuridica, n� et'.a connessa con questioni di tale natura, ma concretavasi in un mero accertamento di fatto nella individuazione degli elementi di calcolo per la determinazione dell'ammontare del compenso spettante alla societ� distributrke, come � dimostrato dal fatto che la Corte del merito, nel censurare il procedimento di valutazione seguito dall'Ufficio e nell'affermare che questi, al fine di quella determinazione, non avrebbe dovuto fare riferimento al costo del film, non h"a fatto altro che riportarsi alle varie clausole della scrittura privata del 15 aprile 1965 e, in particolare a quelle degli artt. 6 e 7, senza ricorrere ad alcuna particolare esegesi del loro contenuto, traendo cosi il proprio convincimento da una mera constatazione� di quanto risultava dall'atto sottoposto a registrazione, senza risolverei alcuna questione di carattere giuridico. La questione, quindi, esulava dalla competenza giurisdizionale del l'autorit� giudiziaria ordinaria, e, conseguentemente, la sentenza im pugnata che ha, inv�ece, ritenuto di poter rilevare un vizio (grave ed evidente �errore di apprezzamento), fuori dello schema (trasfunzione di esso nella pronuncia definitiva del giudice speciale) cui la legge at tribuisce idoneit� a .conferirla, per particolari effetti (giudizio inci dentale e di legittimit� su quella pronunci<a), deve essere cassata in parte qua. -(Omissis). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 434 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 419 -Pres. Caporaso -Est. Giuliano -P. M. Silocchi (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carafa) c. Soc. Raibl (avv. Modafferri). Imposta generale sull'entrata -Importazione temporanea -Ma~gior valore conseguente alla lavorazione -Assoggettabilit� all'imposta Esclusione. (1. 29 giugno 1940, n. 762, art. 1, 13, 17 e 19). L'imposta suU'entrata sulle merci impoTtate di cui all'arv. 17 della legge istitutiva sostituisce a tutti gli effetti l'irnposta di cui all'art. 1; di conseguenza non sono applicabili per le importazioni le norme riguardanti l'applicazione normale del tributo e, fra queste, l'art. 13 capov. che prevede nei passaggi di merci che non danno� luogo ad entrata imponibile l'assoggettamento ad imposta dell'incremento di valore determinato dalla lavorazione. Ci� vale anche per le importazioni temporanee per le quali se si verificano i pr'esupposti per l'esenzione, non � assoggettabile ad imposta il maggior valor'e prodotto dalla lavorazione (1). (Omissis). -Con l'unico mezzo, la ricorrente denuncia violazione e falsa appUcazione degli artt. 1, 13, 17, 18, 19 della legge 29 giugno 1940, n. 762, degli artt. 4, 80 e 82 della legge 25 settembre 1940, n. 1424, dell'art. 2 del r.d. 18 dicembre 1913, n. 1453 e� del r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209. Essa, dolendosi che la Corte del merito ha riputato non dovuta l'imposta sull'aumento di valore, sostiene, anzitutto, che l'imposta stabilita dall'art. 17 della legge sull'I.G.E., non pu� essere considerata �autonoma � rispetto all'imposta stabilita dall'art. 1 della stessa legge e che, pertanto, vale per essa la norma dettata, per quest'ultima, dall'art. 13 secondo comma, il quale, pur sancendo che i passaggi di merce a scopo di lavorazione tra industriali non danno luogo a �entrata imponibile, dichiara che, tuttavia, costituisce entrata imponibile l'importo della lavorazione, comprensivo cos� della mano d'opera come dei materiali eventualmente impiegati nella lavorazione stessa. La ricorrente aggiunge che, ove anche tal norma non fosse nella specie applicabile, si dovrebbe pur sempre �addebitare alla Corte del merito di aver citato gli artt. 80 e 82 della legge doganale n. 1424 del 1940 senza averli � esaminati in modo completo e approfonditamente �, e di aver esteso l'istituto della temporanea esportazione, regolato dal r.d. 18 dicembre 1913, n. 1453 al di l� della previsione di tal decreto, il quale con l'arti( 1) La sent. 23 settembre 1964, n. 2406, leggesi in Riv. leg. fisc., 1965, 204. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 colo 1, secondo comma, ha riguardato soltanto a lavori di perfezionamento e di riparazione, restandone esclusi quelli che, come nella specie, � .comportano una tr:asformazione �; infine, sostiene, come gi� aveva fatto in secondo grado, che le temporanee esportazioni effettuate, nei singoli casi, dalla societ� Raibl, erano state consentite da � provvedimenti particolari � con i quali, mediante uso del poteTe discrezionale regolato dal r.d.l. 27 ottobre 1937, n. 2209, erano state determinate le trasformazioni consentite e �le modalit� di pagamento dei dazi doganali (e dell'I.G.E.) in relazione al plus valore assunto dalle merci trasformate, subordinando la �concessione della temporanea esportazione a tale pagamento �. Questa complessa cen�sura � infondata. � opportuno osservare, anzitutto, che dei � provvedimenti particolari � di cui si � fatto cenno da ultimo, l'Amministrazione non aveva dato, come espressamente rilev�, in fatto, la Corte del merito, alcuna prova, talch� la corrispondente tesi difensiva dell'Amministrazione risulta, a prescindere anche da ogni altra considerazione in diritto, priva dell'indispensabile base di fatto. Le altre argomentazioni add�tte col ricorso non hanno pregio. L'imposta di cui si discute, la quale colpisce � le merci importate dall'estero �, � stata istituita dall'art. 17 della legge n. 762 del 1940 � in �corrispondenza � a quella, di carattere generale, istituita dall'articolo 1 della legge, dalla quale, pertanto, il legislatore l'ha tenuta espressamente distinta. La � corrispondenza � tra le due imposte pu�, nei congrui casi, in difetto di speciali precetti, legittimare l'applicazione 'a quella ora in esame di princjpi generali ricavabili dalle disposizioni dell'I.G.E.; ma tra siffatti .principi non pu� essere annoverata la norma del secondo comma dell'art. 13 della legge. Essa invero, disciplina un'ipotesi particolare, concernente �i passaggi di merci che hanno luogo nel regno a scopo di lavorazione tra industriali �; nel nostro caso, vige, per l'imposta isrtituita dall'art. 17 della legge, la norma speciale dell'art. 20, che ne esenta le � merci nazionali ammesse alla reimportazione a scarico di bollette di temporanea esportazione �. N� si possono trarre argomenti a favore dell'Amministrazione ricorrente dagli artt. 80 e 82 della legge doganale n. 1424 del 1940; il primo menziona solo, genericamente, la �esportazione temporanea�, mentre il secondo aggiw1ge che questa pu� essere consentita alle merci nazionali o nazionalizzate da sottoporre all'estero a determinate lavorazioni. N�, infine, il r.d. 18 dicembre 1913, n. 1453 contiene norma alcuna che legittimi la pretesa di tassazione dell'aumento di valore arrecato alla me11ce temporaneamente esportata dalla lavorazione in v~sta della quale l'esportazione temporanea era stata autorizzata. 436 La soluzione alla questione non pu� scaturi�re dall'esame delle norme doganali, ma solo dall'esame delle disposizioni sull'imposta di cui qui si controverte: infatti, alle noil'me doganali dovevasi aver riguardo per autorizzare la temporanea esportazione ma che questa, nella specie, sia stata autorizzata, non � contestato. La questione ora dibattuta � gi� stata, in una fattispecie analoga all'attuale, e tra le stesse parti, risolta da questo Supremo Collegio con la sentenza n. 2406 del 1964. Essa ha sancito che l'aumento di valore causato dalla lavorazione fatta all'estero non � tassabile se non nelle ipotesi in cui alla merce sia stato aggiunto o incorporato materiale nuovo oppure ch'essa abbia subito un sostanziale cambiamento, il quale non ne renda pi� possibile l'identificazione con la merce originaria. La sussistenza tanto dell'uno quanto dell'altro requisito � stata espressamente esclusa, in fatto, dalla Corte del merito, la quale ha accertato che si ebbe soltanto � l'estrazione del compon~nte nobile della merce con depurazione dalle scorie e senza commistione di materie terze � e che era rimasta �l'identit� merceologica della �specie reimportata, rispetto al genere esportato�. --(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1973, n. 430 -Pre!. leardi -Est. Alibrandi -P. M. Raya (conf.) -Comune di Sesto S. Giovanni (avv. Romanelli) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas). Imposte e tasse in genere -Azione giudiziaria -Deduzione in grado di appello di un nuovo titolo per l'agevolazione -Limiti -Immuta zione dei presupposti di fatto -Inammissibilit� -Fattispecie. (c.p.c., art. 345). Imposta di registro -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti locali -Generica e probabile indicazione delle opere da eseguire Esclusione della agevolazione -Estensione dell'agevolazione a opere similari -Esclusione. (1. 3 agosto 1949, n. 589, art. 18). In grado di appello pu� essere invocato un diverso fondamento normativo del richiesto beneficio fiscale se il mutamento della causa petendi non importi alcuna esigenza di nuove� indagini, ma soltanto l'applicazione di una diversa di.~ciplina giu1�idica ad una situazione di fatto gi� acce1�tata, senza alterare l'ambito originario� della cmitroversia. Ci� non si verifica quando, domandata in prima istanza l'agevolazione sul trasferimento di un'area perch� destinata alla costruzione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 di opere di attuazione del piano regolato!l'e (legge 28 giugno 1943, n. 666) o alternativamente aUa esecuzione di opere pubbiiche di interesse degli enti locali (Legge 3 agosto 1Y49, n. 589), si chieda per la prima volta in appello l'agevolazione per la costruzione di case di abitazione non di lusso (legge 2 luglio 1949, n. 408) o quella relativa agli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (le�gge 20 marzo 1941, n. 136), giacch� la nuova deduzione amplia il tema litigioso� sull'accertamento della suss.istenza delle condizioni-requisito (1). Ai fini deLL'agevolazione dell'art. 18 della legge� 3 ago�sto 1949, n. 589 sulle opere di inteTesse degU enti locali, � necessario� che l'atto di cui si domanda l'ammissione al beneficio (nella S1pecie� acquisto di area) contenga la precisa e definitiva designazione dell'opera da realizzare, si che deve escludersi l'agevolazione quando neil'atto figurino destinazioni solo indicative o alte1"native o modificabili successivamente. N� le dette destinazioni possono ritenersi compre�se in un concetto ampliato di opere pubbliche desumibiie� da una interpretazione estensiva della norma di agevolazione, perch� l'art. 18 deUa legge n. 589 non consente una tale interpretazione (2). (Omissis). -� Con il primo motivo del ricorso il Comune di Sesto S. Giovanni, nel denunziare la violazione dell'art. 345 c.p.c., della legge 2 febbraio 1960, n. 35 (modificata dal d.L' 11 dicembre 1967, numero 1150), della legge 18 aprile 1962, n. 167 e della legge 20 marzo 1941, n. 366 (modificata con d.l. 19 agosto 1954, ~� 965), ,in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inammi'Ssibile in appello, in quanto domanda nuova, la richiesta di applicazione delle agevolazioni fiscali previste per gli �tti di acquisto di aree fabbricabili destinate alla costruzione di case non di lusso e per i contratti di trasferimento ai Comuni degli immobili necessari alla installazione di impianti per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. (1-2) La prima massima � esatta e corregge la pronuncia che, in ma teria del tutto simile, era stata emessa con la sent. 27 gennaio 1971, n. 202 (in questa Rassegna, 1971, I, 420). La deduzione di un nuovo fondamento: normativo della domanda (e ci� vale ovviamente sia per il contribuente che chieda l'agevolazione sia per la Finanza che sostenga la pretesa tributaria) � ammissibile solo se non introduce nuovi elementi di fatto, ovvero se non si basa su un presupposto che non � stato oggetto della domanda di primo grado. Bisogna per� precisare che non � la necessit� di nuove indagini, che sarebbero processualmente ammissibili, la ragione ostativa dell'ampliamento dell'ambito originario della controversia, bensi la necessit� dell'unicit� �del petitum (che si risolve nel principio del doppio grado di giurisdizione); un presupposto di fatto, anche se documentato, non dedotto a fondamento della domanda in prima istanza, non pu� avere ingresso nel giudizio di appello perch� ci� modificherebbe il petitum piuttosto che la causa petendi. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 438 Sostiene il ricorrente che tale richiesta era, invece, ammissibile, prospettando soltanto l'applicazione di una diversa disciplina giuridica a fatti costitutivi gi� dedotti nel giudizio df primo grado. Il motivo non � fondato. La censura mossa dal ricorrente va esaminata in base alla premessa secondo cui in grado di appello pu� essere invocato un diverso fondamento normativo per il richiesto beneficio fiscale se n mutamento della causa petendi non importi alcuna esigenza di nuove indagini, ma soltanto l'applicazione di una diversa disciplina giuridica ad una situazione di fatto gi� aecertata senza alterare l'ambito originario della controversia, riguardante appunto la spettanza, oppur non, di un trattamento fiscale di favore (cos�, da ultimo, Cass. sent. 27 gennaio 1971, n. 202). Ma l'accennata immutazione dei presupposti di fatto della controversia non ricorre nella specie. Invero, come ha esattamente �considerato la Corte del merito, la dedotta applicabilit� dei benefici tributari per la costruzione di case di abitazione non di lusso (legge 2 luglio 1949, n. 408) e per le opere relative agli impianti di incenerimento, eliminazione e trattamento dei rifiuti solidi urbani (legge 20 marzo 1941, n. 136, modificata con d.P.R. 19 agosto 1954, n. 968) benefici invocati per la prima volta in grado d'appello, era deduzione tale da involgere un nuovo campo di accertamenti, diretti a stabilire, in punto di fatto, la sussistenza delle condizioni-requisito, prescritte dalle norme agevolatrici per la concessione dei benefici tributari. Ci� non poteva non ampliare, nel giudizio d'appello, il tema litigioso delimitato dalla proposta opposizione all'ingiunzione fiscale. Conseguentemente, la Corte del merito ha fatto corretta appUcazione del principio di diritto, accolto dall'ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo cui nel giudizio d'appello non pu� essere dedotta una nuova causa petend:i che. comporti un mutamento sostanziale dei fatti costitutivi del diritto fatto valere (nella specie, di- La motivazione della decisione in rassegna, non del tutto precisa quando fa riferimento alla � esigenza di nuove indagini ., � invece esattissima quando si riforisce al mutamento delle condizioni-requisito � o �dei fatti costitutivi del diritto fatto valere �. E nella specie le condizioni-requisito delle varie agevolazioni domandate erano assai diverse si che, anche se i presupposti di fatto erano dimostrati dagli atti gi� acquisiti in primo grado, non poteva ammettersi una deduzione che si concretasse in una domanda nuova sulla quale sarebbe mancato il contradittorio e il doppio grado di giurisdizione. La seconda massima � esattissima. L'agevolazione della legge 3 agosto 1949, n. 589, � riferita all'esecuzione di opere determinate s� che la desti nazione di un atto ( � occorrente per l'attuazione �) non pu� essere even tuale o alternativa; .e tanto pi� perch� non solo la agevolazione non con sente un'applicazione estensiva, ma anzi l'elencazione delle opere conte nuta negli artt. 2-10 della legge � tassativa (Cass., 27 gennaio 1971, n. 204, in questa Rassegna, 1971, I, 423). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 ritto ai benefici fiscali), perch� il mutamento della causa pe�tendi in appello � ammesso solo nella ipotesi in cui la causa resti fondata sui dati di fatto gi� acquisiti al processo ed il quid novi consista unicamente in una diversa qualificazione giuridica di tali elementi di fatto (v. sent. n. 2727 del 1971; sent. n. 111 del 1972 e sent. n. 908 del 1972). (Omissis). Con il quarto motivo del ricorso il Comune di Sesto S. Giovanni lamenta, �sotto il profilo della violazione della legge 3 agosto 1949, n. 589 e della legge 6 febbraio 1951, n. 126, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., che la Corte del merito, nell'escludere l'applicabilit� dei benefici fiscali previsti da tali provvedimenti, non abbia considerato che le agevolazioni non si applicano soltanto agli atti direttamente connessi alia realizzazione delle opere pubbliche, ma anche a quelli strumentalmente necessari. Aggiunge che l'elenco delle opere pubbliche, contenuto nella legge del 1949, � meramente esemplificativo e che le norme relative alle agevolazioni fiscali devono essere interpretate estensivamente, in modo da comprendere nella loro sfera di applicazione tutte le ipotesi cui, in base alla ratio legis, possono riferirsi. Anche questo mezzo � privo di fondamento. La Corte del merito ha, sul punto, considerato che le agevolazioni tributarie di cui alla legge n. 589 del 1949 sono applicabili soltanto ai contratti occorrenti per l'esecuzione di un'opera pubblica ben determinata, definitivamente decisa e che resta solo da eseguire. Ha, poi, rilevato che quest'ultimo presupposto non ricorreva nella specie, perch� con il rogito del dr. Zama del 16 novembre 1964 non solo era stato previsto, in modo del tutto generico, che i terreni trasferiti al Comune sarebbero stati destinati a costruzioni di case popolari, di stazione di autocorriere, ed altro, ma era stato anche precisato che detta destinazione veniva stabilita solo a titolo indicativo, restando ferma la facolt� del Comune di variarla, nel rispetto del vincolo imposto dalla pubblica utilit�, secondo le sue esigenze. N� tale motivazione pu� dirsi viziata da errore giuridico. Rilevasi, al riguardo, che la legge 3 agost~ 1949, n. 589, contenente provvedimenti per agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli Enti locali, la quale si inserisce in un ampio quadro di coeve provvidenze legislative, dirette ad incentivare le costruzioni e�dilizie (d.l.C.p.s. 8 maggio 1947, n. 399; d.l. 17 aprile 1948, n. 1029 e legge 2 luglio 19.49, n. 408), mira a favorire, anche con agevolazioni fiscali, la ,costruzione ed il completamento di opere dirette a realizzare pubblici interessi la cui tutela sia affidata ad enti locali. Ora, come risulta dal testo dell'art. 18, comma primo, interpretato in correlazione alle precedenti disposizioni, la conc�ssione dei benefici postula necessariamente la precisa e definitiva designazione delle opere di pubblico interesse da realizzare. Diver.samente opinando, re RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 sterebbe eluso ogni e qualsiasi controllo in ordine alla sussistenza delle condizioni-requisito cui la legge subordina la concessione dei benefi.ci fiscali. N�, ad orientare diversamente il giudizio della Corte, vale l'argomento fondato dal ricorrente sulla prospettata interpretazione e,stensiva del dtato art. 18. Invero, anche se le norme relative ai benefici. tributari consentono, come � noto, l'interpr.etazione estensiva, allorquando sia ben certo che la volont� della legge � pi� ampia della sua letterale espressione, a ci� non � consentito pervenire quando', invece, detta volont� sia dubbia o, addirittura, negativa, nel senso di restringere la previsione a quanto risulta dalla formulazione letterale del precetto. In tal caso prevale il rigore esegetico delle disposizioni agevolative le quali, essendo dettate in deroga al generale principio della normale imposizione, non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento (v. Cass. 24 marzo 1971, n. 825). -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 470 -Pres. Icardi -Est. Sandulli -P. M. lVIililotti (conf.) -Soc. Vibor (avv. Guerra) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Ciardulli). Imposta di registro -Societ� di persone -Scioglimento limitato ad un socio -Assegnazione inferiore alla quota di diritto -Imposta proporzionale di trasferimento -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 48 e tariffa A, art. 88). La liquidazione della quota al socio recedente, che non costituisce divisione, � regolata, non dall'art. 48 della legge di reg-istro, bensi dall'art. 88 della tariffa A che solo per le assegnazioni superiori alla quota di diritto prevede�, con richiamo all'art. 48 della legge, l'assoggettamento all'imposta prnporzionale di trasferimento; conse'guentemente un'assegnazione al socio recedente inferiore� alla quota di diritto, che peraltro incremenierebbe l'autonomo patrimonio sociale e non il diritto degli alt1"i soci restanti nella societ�, non d� luogo all'applicazione dell'imposta propOl'l'zionale (1). (1) Ancora sulle quote di societ� di persone nell'imposta di registro. La decisione suscita vive perplessit�. Sul piano esegetico appare troppo formalistica l'interpretazione dell'art. 88 della tariffa A nel senso che solo l'assegnazione superiore alla quota di diritto ammetta il ricorso all'art. 48 della legge, come pure non sembra esatto che per l'art. 48 della legge l'assegnazione al socio recedente di quota corrispondente al diritto non integri una divisione dei beni sociali che invece si verificherebbe nel caso di scioglimento totale del rapporto. Quanto al primo rilievo, � evidente che le norme della legge di registro e della tariffa sono in correlazione e PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 (Omissis). -Con la prima delle censure in cui si articola il primo motivo, le. ricorrenti -denunciata violazione e falsa applicazione dell'art. 88 della Tariffa allegato A della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) ,e della nota riportata in calce, in relaziorne all'articolo 360 nn. 3 e 5 c.p.c. -sostengono che l'art. 48 della legge di registro pu� trovare applicazione, in virt� del richiamo contenuto nella nota dell'art. 88 della tariffa ali. A, soltanto nella ipotesi che ai soci recedenti siano effettuate assegnazioni superiori aHe quote di diritto. La tesi merita adesione. Le rtcorrenti ripropongono in questa sede la questione -gi� prospettata innanzi ai giudici di merito e risolta positivamente nei due gradi del giudizio -se l'art. 48 della legge di registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) debba trovare applicazione, in base alla nota riportata in calce all'art. 88 della tariffa allegato A della stessa legge, anche nel caso che ai soci recedenti (da una societ� personale) siano effettuate assegnazioni inferiori alle cosiddette quote di diritto. Secondo la tesi dell'Amministrazione Finanziaria -corrispondendo all'assegnazione per un importo inferiore al dovuto al socio uscente 'una assegnazione superiore all'ammontare spettante al socio restante in seno alla societ� e verificandosi a favore di questo un trasferimento di ricchezza, consistente nel proporzionale arricchimento di quanto attribuito in meno al socio recedente -lo stesso dovrebbe essere assoggettato all'imposta proporzionale, a norma dell'art. 48 della legge di registro. non in oppos1z1one e che l'art. 48 della legge relativo alle divisioni fra comproprietari o fra soci, trova un completamento negli art. 88 e 89 della tariffa si che tutte queste norme vanno coordinate e non poste in alternativa. Quanto al secondo punto, lo scioglimento di comunione segue l'iden-. tica norma sia quando � parziale (limitato ad un socio o un condomino) sia quando � totale; l'assegnazione al socio recedente di beni corrispondenti alla sua quota di diritto �, come lo scioglimento generale, una divisione e proprio per questo non � traslativo ed � soggetto alla sola imposta graduale. P,er la soluzione del problema bisogna allora �risalire al principio che informa la tassazione dello scioglimento delle comunioni nella cui nozione sono assimilate la compropriet� e la societ� di persone (v. C. BAFILE, .Le quote di societ� di persone neU'imposta di registro, in questa Rassegna> 1971, I, 649). Le assegnazioni conformi al diritto di ciascun comproprietari� o socio sono dichiarative e soggette alla imposta graduale; sono invece traslative e soggette all'imposta proporzionale le assegnazioni che danno luogo a conguaglio o maggiore assegno, ossia le attribuzioni non conformi al diritto di quota ideale sui beni comuni. In particolare per le societ� di persone sono dichiarative le attribuzioni, corrispondenti alla quota di diritto, degli stessi beni conferiti dal socio a cui vengono attribuiti e dei RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 442 Secondo l'opinione delle ricorrenti -non rientrando l'assegnazione inferiore alla cosiddetta quota di diritto nella previsione normativa della nota apposta in calce all'art. 88 della tariffa all. A della legge di registro -ad una siffatta assegnazione dovrebbe applicarsi l'imposta graduale prevista dal citato articolo. Fra le due �ntitetiche proposizioni del dilemma, que,sta Corte ritiene di doversi orientare nel senso del secondo indirizzo. Ai fini della disamina del problema, occorre muovere, dai limiti della sfera di applicazione dell'art. 88 della tariffa all. A. Tale disposizione normativa -riferendosi l'art. 87 della tariffa soltanto (agli atti di scioglimento della societ� ed) alle dichiarazioni di recesso (totale o parziale) dalle medesime -trova applicazione anche in ordine alle assegnazioni effettuate ai soci in seguito a recesso (oltre che a scioglimento e liquidazione della societ�), costituendo questo lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (o ad una parte di soci). Con la cessazione della qualit� di socio, conseguente alla dichiarazione di volont�, intesa alla risoluzione del rapporto (plurilaterale) sociale, si determina, limitatamente al socio recedente, lo scioglimento del rapporto societario. Con la nota apposta in ca,Ice alla cennata disposizione legislativa, si �, per�, inteso escludere dalla sfera applicativa dell'art. 88, e cio� dall'assoggettabilit� all'imposta graduale, le assegnazioni superiori alle quote di diritto, sussumendo le stesse, in virt� del richiamo dell'art. 48 della legge di registro, nella disciplina regolativa di questo. In base alle statuizioni normative contenute nel primo e quarto comma dell'art. 48 della legge, mentre le asisegnazioni effettuate nelle divisioni (di beni mobili od immobili tra comproprietario o fra soci) non possono considerarsi traslative (della propriet� dei beni rispetti- beni acquistati dalla societ�, mentre sono traslative, anche se conformi in valore alla quota di diritto, le assegnazioni di beni in favore di socio diverso da quello che li confer�. In sostanza con lo scioglimento (totale o parziale) della 1societ�, 1se ciascun socio riacquista quel che aveva conferito o quel che la societ� ha acquistato e viene ripartito in proporzione alle quote si ha una vera divisione dichiarativa, in caso contrario si ha trasferimento. In appUcazione di questo principio 1si � sempre considerata traslatirva non solo l'assegnazione non conforme alla quota, ma anche il recesso del socio non seguito nel termine dell'art. 2289 e.e. dalla liquidazione della quota (che si risolve in una liberalit� del socio recedente), ovvero la liquidazione della quota del socio recedente in danaro o in beni di cui non risulta dai bilanci che la societ� avesse la disponibilit� e analogamente la liquidazione di quota di compropriet� con danaro o beni mobili che non fanno parte della stessa comunione (art. 48). In ogni caso di scioglimento di societ� limitatamente ad un socio, deve essere attribuito ad esso un valore equivalente al suo diritto e deve verificarsi un corrispondente impoverimento del patrimonio sociale; se ci� non avviene o perch� viene fatta PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 vamente a�ssegnati) quando ciascun �condividente riceve una quota corrispondente ai diritti realmente spettantigli, le stesse debbono ritenersi tali -nei limiti della differenza c� valore -quando siano pattuiti maggiori assegni o conguagli attributivi di beni per importi superiori a quelli spettanti. Natura attributiva va, quindi, riconosciuta esclusivamente alle assegnazioni effettuate nelle divisioni fra �soci e corrispondenti alle quote di sp.ettanza; mentre la natura traslativa contraddistingue soltanto le assegnazioni di quote superiori a quelle di diritto. E, poich� le assegnazioni ai soci recedenti da una societ� pel'.sonale di quote �corrispondenti a quelle loro spettanti non integrano una divisione (della comunione) dei beni sociali -la quale pu� aveTSi a norma dell'art. 2272, n. 3, e.e. (implicitamente richiamato negli articoli 2293 e 2315 e.e.), soltanto (attraverso lo scioglimento della societ� e la conseguente ripartizione dei beni formanti il patrimonio sociale) con il consenso di tutti i soci -ad esse -non rientrando le cennate assegnazioni nell'ambito della disciplina dell'art. 48 della legge -va imposta la regolamentazione predisposta dall'art. 88 della tariffa. Riguardo a questa -in ordine alle assegnazioni superiori alle quote di diritto, aventi (sia pure nei lilniti della differenza di valore) carattere traslativo -la nota riportata in calce esplica una precisa funzione limitativa, riservando ad esse, in virt� dell'espresso richiamo dell'art. 48 della legge, lo stesso regime stabilito per i conguagli eccedenti le quote dei condividendi ed i maggiori assegni effettuati ai compartecipi della comunione in sede di divisione dei beni comuni. La sussunzione sotto tale disciplina regolativa anche delle assegnazioni effettuate ai soci recedenti (da una societ� personale) in mi- al socio una assegnazione maggiore o perch� viene conseguito dalla societ� un arricchimento, si verifica trasferimento (Cass., 10 novembre 1971, n. 3184, in questa Rassegna, 1972, I, H'll). Appare pertanto poco perspicuo affermare che l'art. 88 della tariffa A richiama l'art. 48 solo nel caso di assegnazione superiore alla quota si che lo stesso richiamo deve ritenersi escluso nel caso di assegnazione inferiore. L'assegnazione inferiore produce, in parte, lo stesso effetto della totale mancanza della liquidazione, cio� un arricchimento del patrimonio sociale. Ma il principio dell'art. 48 della legge che, come si � detto, l'art. 88 della tariffa integra e non limita, consiste nel considerare traslative le assegnazioni non corrispondenti alla quota, quelle cio� che si risolvono necessariamente nell'assegno minore per l'uno e maggiore per l'altro; nell'espressione della norma, � maggiore assegno � o � assegnazione superiore � � perfettamente equivalente a � minore assegno � o � assegnazione inferiore ". Nella divisione generale, al minore assegno in favore di uno dei compartecipi non pu� non corrispondere un maggiore assegno in favore di altri; nella divisione parziale (liquidazione di quota limitatamente ad un socio o straldo di quota limitatamente ad un condomino) il minore assegno non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sura inferiore al valore delle quote di diritto -sul riflesso della natura traslativa dell'incremento proporzionale delle quote dei soci rimasti in seno alla societ� e sulla considerazione del risultato economico .effettivamente conseguito (arricchimento dei sod restanti) non �, per�, contrariamente a quanto si assume dalla resth;tente, realizzabile. L'estensione applicativa dell'area previsionale della nota apposta in calce all'art. 88 della tariffa incontra un'insuperabile ragione ostativa, giacch� -non provvedendosi, in conseguenza del ree.esso, al totale scioglimento della societ� di persone ed alla divisione dei behi sociali -gli incrementi conseguenti alle assegnazioni inferiori alle quote spettanti ai soci uscenti -pur risolvendosi indirettamente e di riflesso in un vantaggio potenziale per i soci rimasti -non vengono a concretarsi in effettivi ed att�ali arricchimenti delle 1sfere patrimoniali di questi, integrando essi un esclusivo incremento del patrimonio (autonomo) di pertinenza della societ� personale, la quale, sopravvivendo, nella prospettiva finalistica del conseguimento dell'oggetto sociale, al recesso del socio (o �di parte dei soci) e continuando ad operare, mediante nuovi atti d'impresa, pu� incontrare, nello svolgimento della sua attivit� imprenditoriale, ulteriori rischi economici, con 1cons1eguente �eventuale diminuzione (od anche distruzione) delle sue attivit� patrimoniali. La persistenza del rapporto sociale -durativo sia pure limitatamente ai soci rimasti nella societ� personale -e la permanenza in vita dell'ente �societario, con il suo autonomo patrimonio sociale (le pu� non corrispondere ad un incremento del patrimonio sociale o del patrimonio comune. Ma � fuor di dubbio che la divisione parziale soggiace alle stesse regole di quella totale. E' bensi vero che l'assegnazione al socio recedente di beni di valore inferiore alla quota di diritto, incrementa il patrimonio sociale (autonomo) e non direttamente il patrimonio degli altri soci. Ma ci� � irrilevante, perch� con l'incremento del patrimonio sociale (come con l'incremento dei beni che restano in comunione) si � gi� realizzato un trasferimento in favore della societ� (e per di pi� da parte di chi non � pi� socio) che gi� realizzano i presupposti dell'imposizione; non � necessario che vi sia trasferimento da uno ad altro socio, perch� � gi� di per s� tassabile il trasferimento da un ex socio alla societ�; inoltre con l'incremento del patrimonio sociale si accresce immediatamente il diritto di quota dei soci, diritto che pu� tradursi in qualunque momento nella liquidazione della quota accresciuta. Sarebbe cio� assai facile, sulla base della regola ora affermata, realizzare il risultato di effettuare assegnazioni disuguali senza 1scontare l'imposta proporzionale assegnando ad un socio recedente assai meno di quanto ad esso spetta e sciogliere immediatamente dopo la societ� dividendo fra i soci restanti il patrimonio accresciuto. Nessun valore ha ovviamente la considerazione che con la sopravvivenza della societ� il patrimonio accresciuto a seguito del recesso del socio ' X mm ���:-���x__.~ ' X mm ���:-���x__.~ PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 cui attivit�, mobiliari e immobiliari sono attribuibili ai soci, mediante ripartizione fra essi, soltanto dopo la chiusura del procedimento, legale o convenzionale, di liquidazione, e cio� successivamente al soddisfacimento dei creditori della. societ�), esicludono che, attraverso le assegnazioni ai soci recedenti di quantit� di beni in n�sura inferiore alle quote loro ,spettanti, possano integrarsi assegnazioni, in favore dei soci restanti, corrispondenti agli importi attribuiti in meno ai soci uscenti, giacch� �-essendo il conseguente incremento patrimoniale esclusivamente di spettanza della societ� -non potrebbe ritenersi che sostanziali assegnazioni patrimoniali siano state attualmente ed effettivamente realizzate in favore dei soci rimasti, attraverso la complessa operazione attributiva di beni intervenuta nella fa.se procedimentale recessiva dei soci uscenti. Inoltre di fronte alla chiara formulazione della statuizione legislativa, sancita nella nota riportata in calce all'art. 88 della tariffa, la quale pone dei precisi limiti all'ambito previsionale della norma, restringendo l'incidenza effettuale del richiamo dell'art. 48 della legge alle� sole assegnazioni (ai soci receduti) superiori alle cosiddette quote di diritto deve escludersi ogni possibilit� di estensione della sfera applicativa della disposizione normativa dettata nella nota in calce all'art. 88, intesa a ricomprendere nella disciplina regolativa dell'art. 48 anche le assegnazioni inferiqri alle quote di diritto, con la conseguente implicazione dell'assoggettamento all'imposta proporzionale di trasferimento degli incrementi patrimoniali derivati ai soci rimasti in seno alla societ�. Per modo che, le assegnazioni ai soci recedenti da una societ� persO!Ilale di quote inferiori a quelle loro spettanti (cosiddette quote di �diritto) -non rientrando nella previsione normativa della nota in calce all'art. 88 della tariffa all. A della legge di rregistro -sono soggette alla disciplina regolativa predisposta dal cennato art. 88 e vanno tassate con l'imposta graduale. -(Omissis). potr� risultare nel futuro momento dello scioglimento, a seguito di � nuovi atti di impresa � ed a causa di � ulteriori rischi economici ., diminuito o inesistente (o, all'inverso, aumentato), si che potrebbe non concretarsi l'incremento del diritto dei soci rimasti nella societ�. Gli eventi futuri non hanno rcerta:rnente rilevanza n� 13ulle vicende del patrimonio sociale n� su quelle dei beni in comunione; quando lo scioglimento delle comunioni avviene in due tempi non pu� pi� esservi eguaglianza tra le quote dei compartecipi specie per le societ� che affrontano nuove imprese e nuovi rischi. Ma, ai fini dell'imposta in discussione, l'equivalenza deve sempre sussistere al momento dello scioglimento e, in caso di scioglimento limitato, l'eguaglianza deve essere assicurata tra l'attribuzione fatta al socio uscente e il coacervo delle quote restanti. C. BAFILE 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 474 -Pres. :J!cardi -Est. Virgilio -P. M. Mililotti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) �C. Ponzio. Imposta di successione -Presunzione per mobili, denaro e ~ioielli Inventario -Requisiti -Mancanza di stima -lnopponibilit�. (r.d. 30 dicembre 1973, n. 3270, art. i31; c.p.c., art. 775). L'invenvario idoneo a vincere la presunzione deU'art. 31 della legge sulle successioni deve avere tutti i requisiti di sostanza e di forma prescritti agli effetti civiLi e deve contenere in ogni caso l'indicazione del valore dei beni; non � quindi efficace nei confronti della Finanza l'inventario il quale, di fronte alla contestata opportunit�, da parte degli intere�ssati, di inventariare alcuni oggetti, contenga la semplice descrizione di essi e non anche la stima (1). (Omissis). -Con unico motivo, articolato in pi� censure, l'Amministrazione ricorrente. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 31 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e 775 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, dello stesso codic�e, per avere� la Corte di appello erroneamente ritenuto che anche un inventario nel quale sia stata omessa la stima di alcuni beni mobili (su richiesta degli interessati, secondo la facolt� prevista dall'ultima parte� dell'art. 775 c.p.c.) possa qualificarsi documento idoneo a �superare la presunzione di cui all'art. 31, primo comma, deila legge tributaria sulle successioni, e per escludere, conseguentemente, l'applicabilit� della tassa sulle percentuali di valore stabilite dalla stessa norma. Deduce, inoltre, l'Amministrazione ricorrente che nell'inventario in contestazione non � neppure contenuta una sufficiente descrizione dei mobili non stimati, e che anche sotto tale ulteriore profilo la Corte del merito non avrebbe potuto considerare superata la suddetta presunzione. Per �quanto riguarda la prima delle indicate censure la ricorrente sottolinea che la possibilit� (contemplata in via del tutto eccezionale dalla legge) di escludere il ricorso al criterio presuntivo sancito in l�nea generale dall'art. 31 � strettamente collegata all'esigenza che attraverso l'inventario risulti provata l'inesistenza dei beni oggetto di (1) Decisione esattissima. Per l'affermazione che solo un inventario capace di produrre tutti gli effetti sostanziali civili e formalmente perfetto pu� vincere la presunzione dell'art. 31, v. Cass., 10 febbraio 1971, n. 343, in questa Rassegna, 1971, 617. Ma, in aggiunta a ci�, l'inventario deve contenere una completa indicazione del valore, giacch� .il valore ha una ragione determinante ai fini della determinazione della base imponibile. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 presunzione, oppure un loro valore inferiore a quello derivante dall'applicazione dei coefficienti presuntivi. In base a tale premessa sostiene che, ove manchi uno di questi requisiti essenziali (e cio� ]a prova dell'inesistenza assoluta dei beni mobili considerati dalla legge, ovvero l'indicazione del loro valore), il documento-inventario, anche se redatto in conformit� delle norme che ne disciplinano il contenuto agli effetti civili, non pu� assumere rilevanza sul piano tributario, e che in tale ipotesi riprende vigore il principio dell'operativit� della presunzione sancita nell'art. 31. La censura � fondata. Questa Corte Suprema ha pi� volte affermato (sentenz.e nn. 3837 del 28 novembre 1968; 448 del l� marzo 1967; 2768 del 20 novembre 1964; 2645 del 23 ottobre 1964) che soltanto l'inventario completo, ossia contenente tutte le tassative indicazioni di cui all'art. 775 c.p.c., pu� considerarsi idoneo a far venir meno la presunzione stabilita dall'art. 31, primo comma, della legge tributaria sulle succ.oosioni, mentre l'omissione delle formalit� prescritte per la completezza del documento, anche :se non ascrivibile a colpa degli eredi, lo rende inidoneo a costituire la prCJ1Va contraria alla detta presunzione. Ancora pi� dettagliatamente, con la sentenza 25 marzo 1966, n. 797, questa Corte precis� che l'inventario deve contenere la riproduzione esatta della consistenza del patrimonio del defunto, e che la norma tributaria -agli effetti della validit� del documento come unico mezzo consentito per vincere la presunzione -presuppone la perfezione dell'inventario stesso, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, a nulla rilevando che -in caso di incompletezza -esso conservi talvolta piena efficacia a scopi diversi. Con la medesima sentenza fu altres� osservato che per le finalit� d'ordine fiscale quel che interessa � l'inventario in s�, inteso come documento considerato dalla legge atto idoneo alla rilevazione della consistenza dell'asse ereditario, sfoch� la legge stessa �si richiama all'inventario nella sua tipicit� e perfezione, e cio� in quanto accerti e certifichi l'esistenza e l'entit� di tutti i beni di un patrimonio. L'esattezza delle affermazioni contenute nelle citate pronunce di questo Supremo Collegio appare di tutta �evidenza se si considera che il terzo comma della norma tributaria in esame (art. 31) e:sclude il ricorso al criterio presuntivo -stabilito nel primo comma -solo quando da inventari di tutela o di eredit� beneficiata o fallimentare, ecc. � risulti un valore minore od anche l'inesistenza assoluta di gioielli, denaro e mobilia�, oppure quando �dagli stessi inventari o da atti �o dichiarazioni delle parti risulti un valore superiore�. In tali casi (come stabilisce. il quarto comma della stessa norma) � si ha riguardo al valore dei gioielli, del denaro e della mobilia quale risulta da detti documenti �. 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'attestazione dell'inesistenza assoluta dei beni considerati dalla legge o l'indicazione del loro valore hanno, quindi, rilevanza decisiva per escludere l'applicazione del criterio presuntivo, giacch� nella prima ipotesi viene ovviamente a mancare ogni possibilit� di tassazione, mentre nella seconda l'aliquota dell'imposta � commisurata al valore (minore o maggiore rispetto a quello derivante dal calcolo presuntivo) risultante dall'inventario. Posto, dunque, che il valore dei beni oggetto di presunzione (salvo il caso della loro assoluta inesistenza, comprovata sempre dall'inventario) costituisce un dato essenziale che la le.gge tributaria richiede affinch� la Finanza sia posta in grado di effettuare i calcoli delle aliquote applicabili nelle singole fattispecie -deve concludersi che la mancanza di tale dato toglie all'Jnventario stesso quena capacit� di documentazione che � indispeIIBabile al suddetto scopo. La fattispecie legale dalla quale unicamente ed eccezionalmente pu� derivare, a vantaggio del �.contribuente, l'inapplicabilit� del criterio di valutazione presuntiva non si configura perci� con la semplice osservanza delle norme che regolano la compilazione dell'inventario agli effetti civili, ma presuppone il collegamento di tali disposizioni con quelle del citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni. Da questo necessario coordinamento deriva che in ogni ipotesi di omissione della stima, e quindi del valore, dei beni in esame (anche se tale omisisione sia consentita dalle norme che regolano la compilazione dell'inventario, come avviene per gli oggetti rispetto ai quali gli interessati abbiano contestato l'opportunit� di inventariarli, e che siano stati pertanto semplicemente descritti nel processo verbale, ai sensi dell'art. 775, ultimo comma, c.p.c.), il documento non � utilizzabile per vincere la presunzione, la quale conserva piena operativit�. Si pu� aggiungere, a titolo di convalida delle esposte: considerazioni e delle conseguenze che esse coni.portano, che anche l'abrogato codice di procedura ,civile (art. 872, penultimo comma) -nel vigore del quale sorse la norma tributaria di cui si discute -conteneva una disposizione analoga a quella dell'ultimo comma dell'art. 775 dell'attuale codice di rito (e cio� consentiva, quando vi era contesa tra gli interes1sati, la sempHce descrizione di taluni ogg.etti), e -ci� nonostante -il legislatore si rifer� al requisito del valore dei beni emergente dal documento-inventario, come indispensabile presupposto per vincere la presunzione stabilita nell'art. 31. Questo rilievo conferma che la fattispecie legale pu� ritenersi completa, per le precipue finalit� tributarie dianzi esaminate, soltanto se il documento (che a causa della sua particolare attendibilit� � considerato, come si � gi� detto, l'unico mezzo di cui pu� valersi il contribuente per vincere la presunzione) offre gli indispensabili elementi di calcolo. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Tutto ci�, peraltro, � in armonia 'con la ratio delle norma, la quale mira in definitiva a tutelare la Finanza contro le possibili evasioni tributarie in ordine ad oggetti facilmente disperdibili, sostituibili, od occultabili. Il ricorso dell'Amministrazione finanziaria va, quindi, accolto in relazione alla prima censura, con assorbimento di ogni altra questione. La causa va rinviata alla stessa Corte di appello, che si uniformer� al seguente principio di diritto: �Perch� gli inventari di tutela, di eredit� beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di suggelli, disposta dall'autorit� .giudiziaria immediatamente dopo l'apertura della successione, possano ritenersi idonei a vincere la presunzione di cui al primo comma dell'art. 31 del r.d. 30 dkembre 1923, n. 3270 (con le ,conseguenze previste nei successivi commi della stessa norma), � necessario che i detti inventari siano redatti secondo le tassative disposizioni dell'art. 775 c.p.c., e che contengano -in ogni caso -o la certificazione dell'inesistenza di gioielli, denari e mobilia, ovvero l'indicazione del loro valore (diverso da quello risultante dall'applicazione del criterio presuntivo), sul quale possa essere concretamente calcolata l'aliquota dell'imposta. In particolare, non � idoneo a vincel'e la .suindicata presunzione l'inventario per accettazione di eredit� beneficiata che, di fronte alla contestata opportunit�, da parte degli interessati, di inv,entariare alcuni oggetti (nella specie, mobili), contenga la sempJ.ice descrizione di essi e non anche la stima, giacch� in questa ipotesi, pur producendo l'inventario effetti civili, difetta di un dato essenziale per i calcoli richiesti dalla norma tributaria�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 febbraio 1973, n. 478 -Pres. Leone -Est. Alibrandi -P. J.V!. Chir� (conf.) -Soc. Spexco (avv. Volli) e Soc. Giuliano (avv. De Luca) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Corsini). Imposta di registro -Agevolazioni per il fondo di rotazione per il territorio di Trieste di cui alla legge 18 ottobre 1955, n. 908 -Operazioni di finanziamento -Estensione alle fideiussioni prestate da terzi -Esclusione. (1. 18 ottobre 1965, n. 908, art. 6; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 54). L'agevolazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908 sul fondo di rotazione per iniz.iative economiche nel territorio di Trieste � limitata alle operazioni di finanziamento e non � quindi estensibile 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO aUe fideiussio1ii prestate da te1�zi che restano quindi soggette all'imposta deWart. 54 tariffa A allegata alLa legge di registro (1). (Omissis). -Al ricorso principale della Soc. per az. Navigazione E. Sperco va riunito quello incidentale della Soc. per az. Cantiere Navalgiuliano, trattandosi di impugnazioni distinte con diversi numeri di ruolo e proposte contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). Con l'unico motivo del ricorso principale della Navigazione E. Sper�o, al quale aderisce il Cantiere Navalgiuliano con il suo ricorso incidentale, si denunzia la violazione dell'art. 6 della legge 18 ottobre 1955, n. 908; dell'art. VII dell'ordine 370 del 16 dicembre 1948 dell"ex G.M.A. e degli artt. 1230 e segg. e.e., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c. Sostengono le ricorrenti, in via di censura della sentenza impugnata, che all'atto del 7 mag.gio 1962 � applicabile il beneficio dell'esenzione dall'imposta di registro, stante l'ampia previsione del citato art. 6, in cui sono. incluse le operazioni poste in esse:rn dal fondo di rotazione e tutti gli atti di consolidazione dei mutui, tra i quali va �compreso quello relativo alla fideiussione, prestata dagli Sperco in proprio, della cui tassazione � controv�ersia. Il motivo non � fondato. La questione sollevata con le identiche e convergenti censure svolte dalle societ� ricorrenti consiste. nello stabilire se siano tassa 1 bili con l'ordinaria imposta di registro (art. 54, ali. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) le fideiussioni prestate da Enrico Alberto e da Enrico Alfredo Sperco, �contenute nell'atto di accollo del 7 maggio 1962, oppure se alle dette fideiussioni siano applicabili le .esenzioni tributarie di cui alla legge del 18 ottobre 1955, n. 908. Questa legge, che ha istituito il fondo di rotazione per iniziative economiche nel territorio di Trieste e nella provincia di Gorizia, dopo aver disposto l'applicazione delle agevolazioni �tributarie ai mutui per la costruzione di alloggi (art. 6, comma primo), aggiunge che: �Le altre operazioni di finanziamento che saranno effettuate a norma della presente legge e tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit� relativi alle operazioni stesse ed alla loro esecuzione ed estinzione sono esenti da tasse, imposte e tributi spettanti sia all'Erario dello Stato, sia agli enti locali, ad eccezione dell'imposta di boUo sulle cambiali, (1) Decisione da condividere pienamente di cui va segnalato il metodo interpretativo della norma di agevolazione. Altre volte la S.C., ricorrendo all'interpretazione estensiva o alla connessione di mezzo al fine, ha proposto interpretazioni assai diverse delle norme di agevolazione e specificamente per le operazioni di finanziamento bancario ha compreso nei benefici atti accessori ed accidentali estranei al fine .specifico della norma (cfr. Cass., 3 aprile 1971, n. 944, in questa Rassegna, 1971, I, 852, con richiami). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA le quali saranno assoggettate al bollo nella misura fissa di lire 0,10 per 1.000 lire� (art. 6, comma secondo). La norma, considerata nella sua letterale formulazione, non prevede tra gli atti cui si applicano le esenzioni tributarie, quelli di fideiussione prestata da terzi per garantire l'adempimento delle obbligazioni a�ssunte dai mutuatari. Infatti, il secondo comma dell'art. 6, pur essendo formulato in termini alquanto ampi (�tutti i provvedimenti, contratti, atti e formalit� �), limita tuttavia la previsione legale alle �operazioni di finanziamento, che saranno effettuate a norma della presente legge�, cio� ai soli mutui accordati dal fondo di rotazione. Di ci� � possibile trarre conferma considerando ed interpretando la disposizione anzidetta in relazione al sistema della legge n. 908 del 1955 in cui � inserita e nel cui ambito � destinata ad operare. Invero, la legge rstitutiva del fondo di rotazione prevede esclusivamente i contratti di mutuo col disporre sia che le somme affluenti al fondo sono destinate alla concesSlione di mutui (art. 2), sia l'organo (comitato per la gestione del fondo) che delibera i finanziamenti (art. 4), sia le modalit� per la conc�essione dei finanziamenti medesimi (art. 5). Anche l'interpretazione logica dell'art. 6, comma secondo, al pari di quella letterale e sistematica, induce a condividere la �soluzione accolta dalla Corte del merito. Rilevasi, infatti, che l'obbligazione fideiussoria non soltanto � autonoma, sul piano soggettivo e su quello oggettivo, dall'obbligazione garantita, ma � anche soggetta ad un suo proprio trattamento tributario agli effetti dell'imposta di registro (arti- colo 54, tariffa all. A, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269), distinto da quello riservato al negozio dal quale trae origine l'obbligazione cui la garanzia fideiu&soria si applica, come gi� questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare (sentenza 14 ottobre 1966, n. 2453). N� � possibile pervenire a soluzione diversa tenendo conto della ratio che ispira la norma agevolatrice. Il fine perseguito dalla legge n. 908 del 1955, la quale va considerata nel complesso quadro dei provvedimenti legislativi dir.etti ad incentivare una sollecita ripresa dell'attivit� -industriale, � senza alcun dubbio quella di rendere meno onerosi i mutui accordati dall'istituito fondo di rotazione, appunto mediante esenzione tributaria. Ma questa, applicabile ai finanziamenti che il fondo concede per il suddetto fine di generale utilit�, non pu� estendersi a negozi diversi da mutui, quali le fideiussioni, e ci� a maggior ragione quando si tratti, come nella specie, di fideiussioni prestate non a garanzia dell'originario mutuo accordato dal fondo, ma di accollo da parte di �soggetto diverso dal mutuatario originario. Le constderazioni esposte inducono ad escludere, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, che quella del pi� volte citato art. 6 sia una disposizione lacunosa, rispetto alla quale sarebbe giustificata 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un'interpretazione diretta a far coincidere il test� della norma, formulato in modo incompleto, con l'intenzione del legislatore (art. 12 delle preleggi). Infatti, la chiara dizione dell'art. 6, che fa esclusivo riferimento ai mutui, al pari degli articoli che lo precedono, dimostra che non ricorre l'ipotesi giustifkatrice dell'interpretazione estensiva, cio� quella in cui il legislatore, pur nella lacunosit� del dettato normativo, ha effettivamente voluto pi� di quanto non manifesti la dizione letterale. In altre parole, la disposizione dell'art. 6 concerne fattispecie ben precisata, che non lascia alcun margine all'interprete per integrare la portata precettiva della norma intendendone, estensivamente, la sua formulazione. D'altro lato, anche se le norme relative ai benefici tributari consentono, come � noto, l'interpretazione estensiva, quando sia ben certo che la volont� della legge � pi� ampia della sua letterale espressione, a ci� non � consentito pervenire quando invece detta volont� sia dubbia. In tal caso, prevale il rigore esegetico delle norme agevolative, le quali, essendo dettate in deroga al generale principio d'imposizione non sopportano allargamenti interpretativi di dubbio fondamento (v. Cass., 24 marzo 1971, n. 825). � N�, ad orientare in dive11so senso il giudizio della Corte vale l'argomento che le societ� ricorrenti traggono dalla Sez. II dell'art. VII dell'ordine n. 380 del 16 novembre 1948 del cessato G.M.A., secondo cui l'esenzione tributaria si applicava oltre che agli �atti a contratti con i quali il mutuo viene concesso� anche agli �atti velativi alle consolidazioni, all'estensione ed alla risoluzione del mutuo�. Infatti, a superare tale argomento � sufficiente rilevare che l'atto del 7 maggio 1962, per la cui tassazione � controversia, � stato concluso e registrato nel vigore della legge n. 908 del rn55, la quale, per essere manifestamente innovativa rispetto alla precedente legislazione in materia, disciplina, compiutamente ed esclusivamente, le esenzioni tributarie invocate dalle societ� ricorrenti, senza che sia possibile ricorrere a precedenti e difformi fonti normative. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 febbraio 1963, n. 534 -Pres. Mirabelli -Est. Mazzacane -P. M. Pedace (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. C.I.S. Imposta sulle societ� -Agevolazioni per il territorio di Assisi -Legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110 -Limitazione alle imposte di ricchezza mobile, I.C.A.P. e di patente. (1. 9 ottobre 1957, n. 976, art. 15; I. 25 febbraio 1971, n. 110, art. l, 2). Per effetto deHa legge 25 febbmio 1971, n. 110, di dichiarato ed effettivo camttere interpretativo e di efficacia retroattiva, le agevola PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 453 zioni per le imprese artigiane e industriali installate nel territorio di Assis.i, limitate esplicitamente aU'imposta di ricchezza mobile, all'I.C.A.P. e alL'imposta di patente, non si estendono alL'imposta suUe societ� (1). (Omissis). -La rkorrente con unico motivo -denunciando la violazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 in relazione agli artt. 145 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 e all'art. 1 della legge 25 febbraio 1971, n. 100 -sostiene che, successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, � stata emanata la legge 25 febbraio 1971, n. 110 la q�ale, interpretando autenticamente l'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, ha chiarito che l'imposta sulle societ� non � compresa nelle esenzioni fiscali previste dal citato art. 15 della legge n. 976 del 1957. Il motivo � fondato. L'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976 stabilisce: �allo scopo di agevolare il trasferimento o il nuovo impianto delle imprese artigiane o industriali nelle zone prescelte a termini dell'articolo precedente sar� concesso alle imprese che istituiranno in queste ultime i loro impianti nel periodo di cinque anni dalla presente legge l'esenzione da ogni imposta erariale, provinciale e comunale e relative sovraimposte per la durata �i dieci anni dall'istituzione dell'impianto medesimo�. I giudici del merito hanno sostenuto, seguendo l'opinione gi� espressa da questa Corte (sent. 10 aprile 1968, n. 1079), che l'esenzione prevista dalla norma trascritta comprende tutte le imposte erariali, sia dirette che indirette. Ma 1'Amministrazione finanziaria, con il ricorso proposto, ha invocato l'applicazione della legge 25 febbraio 1971, n. 110 (interpretazione autentica dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, concernente provvedimenti per la salvaguardia del carattere storico, monumentale e artistico della citt� e del territorio di Assisi nonch� per (1) La legge 9 ottobre 1957, n. 976 per la salvaguardia del carattere storico, monumentale ed .artistico della �citt� e del terr.iitoa:io di Assisi, dette subito ,luogo a vivaci controver.sie sulla ampiezza delle ag.evolazioni tributar. ie contenute nell'art. 15. La S.C. ritenne (sentenza 10 aprile 1968, n. 1079, in .questa Rassegna, 1968, I, 611), �Che l'agevolaZJione concernesse tutte le imposte erariali sia dirette �che indirette. La que.stione � ora risolta dalla legge interpretativa 25 febbraio 1971, n. 110, espressamente dichiarata retroattiva tanto che prevede per le imposte precedentemente maturate la concessione di speciali rateazioni. Su questa legge � stata gi� sollevata eccezione di illegittimit� costituzionale per contrasto con gli artt. 3, 53 e 41, Cost. (ordinanz�e pretore di Assisi 26 febbraio 1972, G.U. 24 maggio 1972, n. 134 e Tribunale di Roma 24 giugno 1972, G.U. 7 marzo 1973, n. 62). 454 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conseguenti opere di interesse igienico �e turistico, e nuove norme per l'appJicazione della legge stessa), pubblicata nella G. U. n. 80 del 31 marzo 1971,. successivamente al deposito in cancelleria della sentenza impugnata. L'art. 1 della legge predetta dispone: � La sfera di applicazione dell'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, deve intendersi riferita ai seguenti tributi, afferenti il reddito prodotto dalle imprese artigiane o industriali che hanno istituito i loro impianti a norma del predetto articolo : 1) l'imposta sul reddito di riochezza mobile; 2) l'imposta comunale sulle industrie, i commerci, le arti, le professioni e la relativa addizionale provinciale; 3) l'imposta di patente�. L'art. 2 della legge medesima �aggiunge: � Per 1a riscossione ed il recupero delle imposte non comprese nell'elen,co di cui all'articolo precedente maturate alla data di entrata in vigore della presente legge, da corrispondersi da parte delle imprese alle quali � applicabile l'art. 15 della legge 9 ottobre 1957, n. 976, l'Amministrazione finanziaria dello Stato, i comuni e le province sono autorizzati alla concessione di congrue rateazioni fino al massimo di 40 bimestri�. La legge 'Sopravvenuta invocata dall'Amministrazione finanziaria � applicabile nel corso di questo giudizio poich� viene ad incidere su un rapporto giuridico tuttora controverso. Peraltro, occorre stabilire se essa abbia efficacia retroattiva. La questione va ora esaminata con riferimento alla norma dell'art. 11 disp. prel. c..c., secondo cui la legge non �dispone che per l'avvenire e non ha effetto retroattivo. Il divieto della irretroattivit�, per�, ha carattere assoluto soltanto nel campo delle l�ggi penali (art. 25 Cost.). Negli altri casi esso va valutato in relazione alla natura della norma, ed il legislatore ha facolt� di derogarvi espressamente oppure implicitamente: facolt� tradizionalmente esercitata nelle leggi interpretative in considerazione del fine cui tendono che � quello di chiarire la mens legis non per un mutato intendimento ma risalendo a quello originario. La natura mterpretativa, con efficacia retroattiva, della legge n. 110 del 1971 non � dubbia per molteplici e concorrenti motivi. a) La qualificazione espressamente data alla legge: �interpretazione autentica... �. b) La ratio della legge. Emerge chiaramente dalla relazione al progetto di legge, e da tutti i successivi lavori preparatori, che il legislatore ha voluto precisare, con effetto dichiaratamente retroattivo, l'ambito delle agevolazioni concesse nel 1957, per evitare applicazioni estensive ritenute in contrasto con l'originario intento legislativo, e fonte di illegittime speculazioni. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 455 c) Il contenuto della legge � pienamente conforme alla ratio, nella costruzione delle sue disposizioni e nella successione logica di queste. Infatti l'art. 1, di,sponendo espressamente che la sfera di applicazione dell'art. 15 della legge n. 976 del 1957 �deve intendersi riferita � ai tributi specificamente elencati ha posto in evidenza la natura interpretativa, con effetto ex tunc, della legge. E l'art. 2, stabilendo le modarlt� di risco1Ssione e di � recupero � delle imposte gi� � maturate �, non comprese nell'elencazione di cui all'art. 1, conferma l'efficacia retroattiva della legge. Con tali disposizioni il legislatore, senza modificare il precetto di legge, ha specificato a quali imposte sono riferibili le agevolazioni concesse con l'art. 15 della legge n. 976 del 1957. Non ha rilievo, ai fini della qualificazione della legge in questione, la cirnostanza che, per effetto di essa, !'�ambito della norma originaria sia stato modificato �con l'esclusione di fattispecie varia astrattamente ipotizzabile: questo � proprio !'.effetto della legge interpretativa che vuole appunto evitare l'applicazione della norma ai casi che l'interpretazione autentica esclude. Pertanto deve ritenersi che l'imposta sulle �societ� non � compresa fra quelle che fruiscono delle agevolazioni fiscali previste dall'art. 15 della legge n. 976 del 1957, poich�, come si � detto, essa non � inclusa fra quelle specificamente elencate dall'art. 1 della legge interpretativa n. 110 del 1971. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1973, n. 752 -Pres. leardi -Est. Montanari -P. M. Trotta (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato Gargiulo) c. Soc. Coop. Braccianti Riminese. Imposta di registro -Agevolazioni fiscali -Costruzione di strade obbligatorie, che presentano aspetti di necessit� -Nozione -Limiti. . Ai sensi dell'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, il beneficio fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 agosto 1869, n. 4613 si appUca ai contratti di appalto che riguardano sia le strade indicate nell'art. 1 della stessa legge n. 312, sia le strade considerate obbligatorie dall'art. 1 deUa citata legge. n. 4613; e cio� le strade la cui costruzione � considerata � necessaria � dal profilo della loro stretta indispensabilit� ai fini del collegamento che esse sono destinate ad operare. Pertanto, la strada non � da considerarsi "necessaria" laddove appare solo utile per una maggiore comodit� dei frazionisti o per un migliore appaga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 456 mento delle esigenze del traffico, essendo i frazionisti collegati al capoluogo (e quindi alla stazione ferroviaria ed al porto) da due altre strade, ampie e comode (1). (Omissis). -Con il primo motivo la Cooperativa lamenta la violazione degli artt. 1 e 10. della leg.ge 30 agosto 18'68, n. 4613, deducendo che la strada per cui � �causa unisce, parallelamente al Viale Regina Elena, l'importante frazione di Bellariva, assai popolata anche durante la stagione invernale, al capo'luogo e maggior centro di popolazione di Rimini, nonch� alla stazione ferroviaria ed al porto. Essendo i:I Viale Regina Elena insufficiente anche d'inverno a smaltire il traffico, anche a senso unico, conseguirebbe che la costruzione della nuova strada era stata necessaria per assicurare la comunicazione con il centro e la stazione, cosicch� l'appalto avrebbe dovuto godere dell'agevolazioni previste dalle norme citate. La ricorrente assume che la necessit� della costruzione di una strada va stabilita in relazione anche alle esigenze del traffico turistico e stagionale. Il motivo non pu� trovare accoglimento. Va premesso che l'art. 6 della legge 8 luglio 1903, n. 312, stabil� l'applicabilit� del beneficio fiscale previsto dall'art. 10 della legge 30 agosto 1868, n. 4613, sia alle strade indicate nell'art. 1 della stessa legge n. 312 del 1903, sia alle strade considerate obbligatorie dall'art. 1 deHa citata legge n. 4613 del 1868. Tutte tali disposizioni -per la chiara espressione letterale e per la � ratio � perseguita dal legislatore -implicano un caratter.e di necessit� nella strada da costruire, �sotto il profilo della sua stretta indispensabilit� ai fini del collegamento che fa strada medesima � destinata ad operare. Nella specie la Corte di Appello ha accertato in punto di fatto che la frazione Bellariva era gi� collegata con il capoluogo di Rimini (e (1) Si tratta di un principio gi� altre volte affermato dalla Corte Suprema: cfr. Cass., 28 maggio 1935, Riv. leg. fisc., 1935, 546, in base al quale potrebbe ritenersi che le strade, per le quali il beneficio pu� spettare, �sono soltanto �quelle strettamente necessarie e taili da qualificare, pe�raltro, non �secondo un .criterio generico, bens� in base �alla precisa concezione che era a fondamento della legge del 1868, ed alfa stregua degli accertamenti in via amministrativa (formazione degli elenchi), che 'la legge medesima richiedeva al fine. Del resto, anche nelle pi� recenti leggi, si trova conferma al concetto, che potrebbe dirsi formale, di obbligatoriet�; e cos�, ~n particolaa:e, nella legge 3 agosto 1949, n. 589, recante provvedimenti petr agevolare l'esecuzione di opere pubbliche di interesse degli enti locali, si trova menzione di strade classificate come obbligatorie (art. 2, n. 4), che vengono distinte PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 quindi con la stazione ferroviaria e con il porto) da ben due strade, ampie e comode, e cio� la statale Adriatica e la Litoranea denominata Viale Regina Elena. La Corte ha perci� ritenuto di escludere, ai fini delle comunicazioni anzidette, la necessit� della terza strada, affermando che essa risultava soltanto idonea a rendere pi� fluida la circolazione gi� svolgentesi sulle preesistenti arterie. Il giudizio espresso dalla Corte � congruamente motivato ed � esente da errori di diritto o logki. Non si pu�, infatti, non distinguere concettualmente tra la vera e propria necessit� di una strada e la semplice sua utilit� sotto l'aspetto di una maggiore comodit� per i frazionisti o di un migliore appagamento delle esigenze del traffico. (Omissis). da altre strade (n. 1 dello stesso art. 2), le quaU -pur contemplate con riguardo alla funzione che, secondo la legge del 1868, me avrebbe consentito quella qualificazione (strade di ,allacciamento delle frazioni e strade di accesso alla stazione ferroviaria) -tuttavia sono considerate in s� e rper s�, senza alcun riferimento ad una particolare classificazione. E poich�, peraltro, proprio il confronto tra le accennate disposizioni dei nn. 1 e 4 della legge del 1949, anche per la diver,sa misura del contributo .statale (minore per le strade gi� qualificate focma!lmente come obbligatorie), potrebbe indurre a considerare ,che il ,diverso trattamento 'sia stato voluto in funzione degli ulteriori benefici gi� da altre leggi disposti per le strade da:ssifka:te a suo tempo come obbligatorie, sembra che anche da ci� possa tral'si conforma della validit� del rilievo circa la esigenza di ritenere che il beneficio di cui all'art. 10 della legge del 1868, ove sia da considerare ancora applicabile, possa esserlo, rpeT�, soltanto peT le strade da qualificare obbligatorie, giusta le delibeTazioni adottate ai sensi e nei termini delle disposizioni innanzi citate, e cio� esclusivamente per le strade gi� incluse negli elenchi a suo tempo compilati che non si,ano allora state costruite, e siano, invece, oggi reailizzate. SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1973, n. 677 -P:res. Caporaso -Est. Santosuosso -P.M. Padalino (conf.) -Amministrazione PP.TT. '(avv. Stato Azzariti Giorgi~o) c. Imp/i'esa Pizz!:ino (avv. Giuffrlda). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Intempestivit� della riserva dell'appaltatore -Decadenza -Rinunzia dell'Amministrazione a farla valere -Ammissibilit� -Accertamento da parte del giudice di merito -Incensurabilit� in Cassazione -Condizioni. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Richieste dell'appaltatore di maggiori compensi o indennizzi -Offerta transattiva da parte dell'Amministrazione -Rinunzia implicita al diritto di far valere la decadenza dalle riserve in cui sia incorso l'appaltatore -Esclusione. Appalto -Appalto di opere pubbliche -Pretesa dell'appaltatore da indenizzo pel caso di aggravi della prestazione derivante da fatto � continuativo � -Onere della riserva -Momento di operativit� del medesimo -Applicazione. La Pubblica Amministrazione appaltante pu� rinunciare al diritto di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appa.ltatore� per non aver tempestivamente inserito nel registro di contabilit� le riserve che intendeva formulare. Ma ci� vale sempre che il Giudice di merito abbia accertato, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'effettiva volont� della P.A. di rinunciare a far valere detta decadenza. Tale accertamento � incensurabile in Cass.azione, se sorretto da congrua motivazione, immune da vizi logici e g.iuridici (1). Non � ravvisabile un riconoscimento del diritto, efficace ad impedire la decadenza, nell'offerta di una somma fatta dalla P.A. a solo scopo transattivo, e in un momento successivo a quello in cui la decadenza dai diritti vantati dall'appaltatore si sia verificata (2). (1-2) Cfr. Oass., 28 ottobre 1965, n. 2290, Riv. giur. edil., 1966, I, 30; in genere, Cass., 13 dicembre 1969, n. 3970, Giur. it., Mass., 1969, 1569; 25 PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 459 Nel caso di aggravi derivanti da fatti � continuativi� l'appaltatore di opera pubbLica ha l'onere di proporre le prescritte riserve�, aUor�ch� disponga di elementi sufficienti a metterlo in grado di segnalare doverosamente all'Amministrazione appaltante le cause delle situazioni a lui pregiudizievoli, indicandone con la maggiore arpprossimazione possibile l'aggravio economico conseguenziale, sia pure con salvezza di precisarne definitivamente la misura nelle successive registrazioni o nel conto finale (nel caso di sospensione dei lavori disposta daU'Amministrazione, la sentenza ha ritenuto che, secondo il parametro deUa media diligenza, l'appaltatore, al momento della ripresa del lavo!l'o:, � in grado di avvertire e denunziare il maggiore aggravio subito per spese di guardiania del cantiere, mentre, quanto aUe voci di danni per maggiori spese generali ed aumento del costo della mano d'opera direttiamente dipendenti dalla sospensione, il giudice di merito deve accert~re se l'appaltatore disponesse di elementi sufficienti per formulare la riserva -salva ulteriore quantificazione -nel momento della ripresa od in quello dell'ultimazione dei lavori) (3). (Omissis). -Con il contratto 1� marzo 1955, l'Amministrazione delle poste e te1ecomuni:cazioni affidava all'impresa Antonino Pizzino l'appalto per la costruzione della centrale amplificatrice ed i relativi edi: llici _pei servizii telefonici di Catania pe�r un importo di L. 139.523.000. Nel �coriso dei lavori, lAmministrazione appaltante disponeva otto sospensioni, ed i rispettivi verbali di sospensione e di ripresa venri.vano sottoscritti senza riserve da parte dell'appaltatore. L'opera veniva ultimata il 1� mar:w 1!95�8, come dal verbale redatto dal direttore dei lavori in contraddittorio con il Pizzino. Questi, in sede di chiusura del registro di contabilit�, il 4 febbraio 1959, formulava diverse riserve in ordine ai danni derivatigli dalla omessa fornitura dell'area del cantiere, dalla maggiore entit� del lavoro eseguito, dal r.Uardo nella liquidazione dei prezzi e soprattutto per le disposte sospensioni. Non avendo l'Amministrazione accettato queste richieste, l�e stesse venivano fatte valere dal Pizzino dinanzi al TDibunale di Catania, con citazione 4 giugno 1962. Si costituiva la convenuta, sollevando diverse eccezioni preliminari e contestando la domanda nel merito. Il Tribunale, dopo una pronuncia in tema di competenza ed espletata una con- agosto 1969, n. 3022, ivi, 1235; 9 novembre 1971, n. 3163, id., Mass., 1971, 1656; 21 febbraio 1972, n. 513, id., Mass., 1972, 186. (3) V., pi� in generale, C:ass., Sez. Un., 20 giugno 1972, n. 1960, in questa Rassegna, 1972, I, 862, I, 862, ed ivi ulteriori riferimenti a nota 2. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sulenza tecnica, accoglieva quasi integralmente la domanda, liquidando a :favore dell'�impresa il risarcimento dei danni in L. 12.310.732. L'impugnazione principale, proposta dall'Amministrazione dello Stato, veniva respinta dalla Corte d'appello; la quale, distinguendo le riserve relative ai c.d. fatti continuativi e quelle relative all'andamento dei !�avori, riteneva che i primi fatti, in quanto accertabili in ogni tempo e produttivi di effetti pregiudizievoli che non possono essere stabiliti immediatamente con precisione, legittimano la formul�azione di riserve per la ~ima volta in sede di chiusura del registro di contabilit�. Aggiungev: a che l'offerta da parte dell'Amministrazione di L. 4.800.000 " annullerebbe in ogni caso la dedotta decaden:w., peraltro non verifioatasi �, I La Corte d'appello riteneva, inoltre, in parziale accoglimento del~ l'impugnazione ineidentale del Pizzino, che il ritardo delle sospensioni, addebitabile all'Amministrazione, ammont� complessivamente� a 588 I giorni, dovendosi riduvre la sospensione per il maltempo a soli venti giorni. ~ Contro questa pronuncia, l'Amministvazione delle poste e telecomunkazioni propone ricorso per cassazfone, affidato a quattro motivi. I Resiste l'impresa Pizzino con controricorso. fl I I r? MOTIVI DELLA DECISIONE Deve preliminarmente precisarsi, in punto di fatto, che l'ambito del ~' , la disputa risulta in questa sede pi� ristretto di quello che si presentava . ai giudici di merito. Ed invero, la Corte d'appello, pur aumentando la misura della liquidazione delle spese di guardiania -che, unitamente I . a quelle generali e di mano d'opera, venivano collegate al fatto genera ! tore delle sospensioni di lavori -ha confermato la liquidazione, compiuta dal Tribunale, dei danni derivanti dall'omessa fornitura dell'area per il cantiere, dalla richiesta di pi� onerosi lavor�i e dal ritardo nel- l'approvazione dei nuovi prezzi. In ordine alla liquidazione di queste tr� voci, 1'Amministrazione ri-& corrente non muove pi� alcuna censura, volta che i quattro motivi di ricorso ruotano intorno all'unica questione dei danni (distinti nelle voci I di spese di guardiania, generali e di mano d'opera) conseguenti alle so~ Ir, spensioni dei lavovi. Fi� precisamente, col primo motivo, l'Amministrazione� delle poste e telecomunicazioni si duole che la sentenza impugnata abbia � ritenuto j: tempestive le riserv�e dell'impresa per danni conseguenti a sospensioni I ~ dei lavori, formulate soltanto in sede di chiusura del registro di contaf bilit� �; con il secondo mezzo denunzia vizi di motivazione per non avere la Corte d'appello spiegato perch� e fino a quale momento non I PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 461 fossero in concreto valutabili i danni, dopo aver affer~ato in astratto che la riserva immediata non � richiesta quando non sia prevedibile la entit� del danno; con il terzo motivo, osserva che, av;endo la sentenz,a impugnata riconosciuta legittima la sospensione per soli 20 giorni di maltempo, avrebbe dovuto quanto meno t�ener conto di questo periodo nella liquidazione dei danni richiesti; per tuziorismo, infine, la ricorrente contesta l'esattezza della frase del1a motivazione che potrebbe essere interpretata come r1inunzfa alla decadenza nella formulazione delle riserve. Quest'ultimo motivo deve essere esaminato con priorit�, poich�, se ci fosse stata un'effetiva e valida rinunzia a far valere la decadenza per la proposizione tardiva delle riseTve, non sarebbe pi� determinante, ai fini del .decidere, precisare �quale fosse nella specie l'ultimo termine per la formulazione delle riserve stesse. La preoccupazione dell'Amministrazione ricorrente, per l'eventuale interpretazione in senso �ad essa sfavorevole della frase della sentenza impugnata, non ha ragion d'essere. Nell'economia della pronuncia d'appello, invero, il breve inciso, espresso peraltro in forma condiziionata e subordinata, non ha avuto alcuna portata determinante; esso non � sorretto da adeguata motivazione ed �, comunque, errato in diritto. E' ben vero �che la Pubblica Amministrazione appaltante pu� rinunciare al diritto di far valere la decadenza nella quale sia incorso l'appaltatore per non aver inserito nel registro di contabilit� le riserve che intendeva formulare (Cass., sent. n. 22'90/65). Ma ci� vale sempre che il giudice di merito abbia accertato, sulla base di tutte le circostanze del caso, l'effettiva volont� della P. A. di rinunciare a far valere detta decadenza. Tale accertamento � incensurabile in sede di cassazione solo se sorretto da congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici. Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata, oltre che insufficiente, risulta anche contrastante col principio che non � ravvisabile un riconoscimento del dkitto, efficace ad impedire la decadenza, nell'offerta di una somma da parte della P. A., al solo scopo transattivo ed in un momento successivo a quello in cui la decadenza dai diritti vantati dall'appaltatore si sia gi� verificata. Deve, quindi, affrontarsi la questione fondamentale, che forma og getto del primo motivo, col quale � collegato anche l'esame del secondo e del terzo mezzo. La censura � sostanzialmente fondata, nei limiti che saranno ora precisati. La sentenza impugnata opera una netta distinzione fra � riserve relative ai cosiddetti fatti continuativi, sempre rilevabili, e riserve rela tive all'andamento dei lavori �. Chiarisce che vanno qualificati � fatti continuativi quelli che possono essere accertati in ogni tempo... e quelli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 462 di �cui � possibile stabilire immediatamente e con precisione gli effetti pregiudizievoli., Tesi del tutto opposta � quella sostenuta dalla P. A., che nega qualsiasi � possibilit� di configurare ragioni di compenso che siano sottratte al sistema di misurazione e determinazione del compenso globale dovuto all'appaltatore, e quindi all'onere della tempestiva riserva, giacch� tutte si riverberano e si esauriscono nelle singole unit� di lavoro �. Questo Collegio, in coerenza con quanto gi� affermato nelle sentenze della S.C. negld ultimi anni, ritiene inesatte entrambe le tesi: lo orientamento, cui aderisce la pronuncia ora impugnata, di esclusione di termini per le riserve riguardanti i fatti continuativi, contrasta con la lettera �e la ratio delle norme contenute nel regolamento approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sostanzialmente frustrando l'effilcacia dell'istiotuto delle riserve; d'altra parte, la tesi della P. A., partendo da una interpretazione. eccessivamente rigida delle norme e dal presupposto che tutte le ragtoni di compenso si riverberano nelle singole unit� di lavoro, finisce con l'esigere un comportamento preveggente dell'appaltatore, prima ancora della cessazione di fatti, la cui determinazione pu� �essere valutata soltanto ex post. Per cercare di focalizzare esattamente la fisionomia dell'istituto delle riserve nella disciplina dell'appalto di opere pubbliche, non si pu� certo prescindere dalla vigente disciplina della materia, sia pure evolutivamente interpretata. Specie riguardo a leggi emanate molti anni prima, infatti, l'dnterprete non esaurisce il suo compito nel momento ricognitivo della volont� del legislatore, ma deve .essere sensibile ad avvertire se la normativa, per la sua ratio e la sua interna carica v1tale, non abbia obbiettivamente maturato un signdfieato ulteriore rispetto al contesto sociale che la occasion�, e se, quindi, nei limiti del senso proprrio delle ,sue parole, essa sia suscettibile di soddisfare anche le esigenze dei nuovi casi dall'esperienza emersi. Di fronte alle nuove situazioni che si venivano determinando in materia di appalti pubblici ed alle nuove prospettive generali dell'ordinamento giuridico, con il quale era doveroso coordinare anche la vecchia disciplina sulle opere pubbliche, la giurisprudenza, arbitrale ed ordinaria, non poteva non avere una linea evolutiva, cosi come descritto nella recente sentenza n. 1960/72 di questa Suprema Corte. Per cogliere, in sintesi, soltanto lo stato attuale della giurisprudenza del S.C. sul problema delle riserve, pu� affermarsi che il sistema della normativa vigente in tema di contabilit� dei lavori di esecuzione delle opere pubbliche prescrive un procedimento formale e vincolato, svolgentesi in una serie di registrazioni e certificazioni, al1a cui formazione l'appaltatore � chiamato di volta in volta a partecipare, con l'onere specifico di contestare immediatamente le circostanze che ri PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 463 guardano le sue prestazioni e che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste. Ci� essenzialmente per un triplice scopo: a) consentire all'Ammini-� strazione appaltante la verificazione di quei fatti con !',immediatezza che ne rende pi� sicuro e meno dispendioso l'accertamento; b) assicurare la conttnua �evidenza delle spese dell'opera, in relazione alla corretta utilizzazione �ed eventuale integrazione dei mezzi finanziari all'uopo predisposti; c) mettere l'Amministrazione tempestivamente in grado di adottare altre possibili determinazioni (fino alla potest� di ri:soluzfone unilaterale del contratto). Se queste sono le finalit� volute dalla legge per gli appalti di opere pubbliche, le del'oghe al principio della generaHt� e della tempestivit� possono ravvisarsi in casi eccezionali, e quindi da interpretarsi con un certo rigore. Quelli finora ammessi dalla giurisprudenza di questa Corte possono riportarsi alle seguenti categorie: a) fatti estranei all'oggetto dell'appalto o alla finalit� di documentazione cronologica dell'iter esecutivo dell'opera, come la rivalsa delle imposte o la decorrenza degli interessi di mora (v. sent. n. 2035/65, 2:290/65, 4046/6�9); b) comportamento doloso o gravemente colposo della P. A. nell'eseguire adempimenti amministrativd, quando non incida direttamente sull'esecuzione dell'opera e sia �quindi indifferente con le finalit� delle riserve (v. sent. n. 2868/67, 1384/71; c) fatti c.d. continuativi, cio� quelli riguardanti l'opera nel suo complesso, fatti prodotti da cause costanti, e quel1i in cui una serie di frequenti �episodi pregiudizievoli acquisti rilevanza onerosa soltanto per effetto della ripetizione degli epi.sodi medesimi (v. sent. n. 2393/69, 830/72, 1960/72). Mentre le due prime categorie hanno come denominatore comune la caratteristica dell'esorbitanza del fatto dalla gestione dell'esecuziane deUa opera, che -per l'art. 36 reg. cit. -forma l'oggetto della contabilit� prescritta, i fatti della terza categoria incidono sulla spesa di detta esecuzione, con la conseguenz�a che la giustificazione della deroga al menzionato principi.o generale sulla tempestivit� delle riserve discende da altre ragioni, tra le quali essenzialmente quella della difficolt� per l'appaltatore di proporre riserve in ordine a fatti non ancora esauriti e valutabili. Se, comunque, una deroga al principio generale sulle riserve viene ritenuta giustificata per i c.d. fatti continuativi, deve piuttosto precisarsi se gli stessi siano o meno svincolati del tutto da detto� onere, nel senso che essi possano essere fatti valere dall'appaltatore in ogni tempo. Coerentemente con quanto gi� 1affermato nei citati precedenti, va in proposito ripetuto che il concetto di fatto continua�tivo non pu� g�iu stificare una deroga cos� lata al principio della decadenza per mancata riserva da consentire la denuncia dei fatti, sia pure protratti e ripe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 464 tuti, anche dopo che essi siano ormai cessati, e ci� soltanto perch� i fatti stessi sono pur sempre destinati a ripercuotersi sul costo globale complessivo. Come affermano le sentenze sopra citate (v., per tutte, 1a n. 1902172), in armonia del resto con autorevole dottrina, il momento in cui � scatta � l'obbligo per l'appaltatore deve essere identificato, nelle singole fatUspecie, secondo i principi della media diligenza e della buona fede. In applicazione di questo criterio, pu� in generale nega!rsi che per i fatti continuativi l'obbligo delle riserve si identifichi nel momento in cui ini:zJi a manifestarsi la rilevanza causale del fatto generatore della situazione onerosa; e negarsi, d'altra parte, che .la possibilit� della formulazione delle riserve si estenda fino a che l'appaltatore non disponga di tutti gli elementi utili per precisare in modo completo e definitivo l'importo del compenso che ritiene esserg1i dovuto. Deve, invece, affermarsi che di regola l'appaltatore ha l'obbligo di pr-0porre le riserve prescritte dalla legge quando disponga di elementi sufficienti per ,segnalare doverosamente all'Amministrazione appaltante le cause delle situazionii a lui pregiudizievoli, indicandone, con la maggiore approssimazione. possibile, l'aggravio economico conseguenziale, s.ia pure c-0n salvezza di precisarne definitivamente la misura nelle sue-� cessive registrazioni o in chiusura del conto finale. Nella presente c-0ntroversia, come si � prima accennato, l'Amminist! razione appaltante ha prestato acquiescenza alla parte della sentenza impugnata !riguardante '1a liquidazione dei danni prodotti all'impresa per omessa fornitura dell'area per dl cantiere, per la richiesta .di maggiori lavori e per il ritardo nell'approvazione dei nuovi prrezzi; denunzia, invece, gli errori giuridici della 'Sentenza nel liquidare le grosse voci (spese di guardia:nia, spese generali e aumento del costo di manod' �opera) relative alle sospensioni disposte nel corso dei 1avorL Per quanto riguarda le spese di guadiarria, la citata sentenza n. 196,2/72, pur dubitando che detto onere dipendente dalla forzata so-. spensione sia inquadrabile nei c.d. fatti continuativi, ha ritenuto che la relativa serie cessa nel momento della ripresa dei lavori, momento in cui l'obbligo della riserva diviene attuale. Per il parametro della media diligenza, infatti,� l'impresa � in g,rado in quel momento di �avvertire e di denunziare una situazione ormai esaurita, pale�santesi come generatrice di un pregiudizio gi� realizzatosi, ed � in grado di definire contemporaneamente, o a breve scadenza, la somma in cui tale giudizio si traduc,e. Da tale conclusione non c'� motivo di discostarsi anche pe!r le spese di guardiania richieste nella presente lite e che l'appaltatore omise di fare oggetto di r<iserva in occasione delle varie registrazioni e certifi PARTE I, SEZ. VI, GIURIS: IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 465 cazioni (verbali di sospensioni; di riprese dei lavori e di ultimazione dell'opera). Per i principi sopra esposti, deve pervenirsi ad una coerente conclusione anche per le altre due voci del preteso danno. Ed invero, pur considerando fatti continuativi le ripetute sospensioni disposte dall'Amministrazione appa'1tante, non doveva la Corte d'appello aprioristicamente ritenere che ogni .conseguenza onerosa di dette sospensioni, essendo aiccer.tabile in ogni momento e non potendo calcolarsi dmmediatamente con precisione, poteva fm-si oggetto di richiesta avanzata per la prima volta in sede di chiusura del registro di contabilit�. Essa avrebbe dovuto, invece, :per le singole voci, accertare quando l'appaltatore era stato �.n gra�lo di segnalaire doverosamente all'amministrazione appaltante ie cause delle situazioni per lui pregiudizievoli e quando �era venuto in possesso di elementi tali da consentirgli di indica!l'e, con la maggiore approssimazione possibile, l'onere conseguenziale, sia pure con salvezza di predsarne definitivamente la spesa nelle successive :registrazioni o in chiusura del conto finale. Attenendosi a questo principio, ed a quelli sopra enunciati, la Corte d'appello di Messina, cui deve rinviarsi la causa a �seguito della cassazione della sentenza impugnata, dovr� accertare, limitatamente alle voci di danni per maggiori spese generali e aumento di costo della mano d'opera, direttamente dipendenti dalle sospensioni dei lavori disposte dall'Amministrazione appaltante, se al momento delle varie riprese di lavori o al momento in cui (il 1� marzo 1�958) il dkettore, in contraddittorio dell'iappaltatore, redasse il processo verbale della ultimazione dei lavori, l'impresa disponesse di elementi sufficienti per formulare riserve per la maggiore-onerosit� delle pTedette due voci, sia pure facendo salva l'ulteriore precisazione della misura delle conseguenze stes1se. Ove tale accertamento si concludesse affermativam~mte, 1'a Corte di rinvio riterr� che la omessa proposizione tempestiva di dette riserve precludeva all'appaltatore la possibilit� di farle valere soltanto in sede di chiuSUJra del conto finale, quando, cio�, 1a legge (art. 64 reg. cit.) esclude che l'appaltatore possa � iscrivere domande per oggetto o per impo!l'.to diverse da quelle formulate nel registro di contabilit� durante lo svolgimento dei lavori, ai termini dei precedenti artt. 53 e 54 �. Ove, invece, la Corte di a-invio riscontrasse seri e fondati motivi per ritenere che !',impresa non fosse in condizioni di fonnulare riserve per le due voci indicate in nessuna delle regdstrazioni e verbalizzazioni compiute nel corso ed a' chiusura dei Javori, valuter� anche, in ordine al terzo motivo del .pxesente ricorso, quanti giorni di sospensione dei lavori a causa del maltempo debbano detrarsi dal calcolo delle conseguenze onerose per l'impresa. -(Omissis). ~ 466 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ' !?. TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 18 gennaio 1973, n. 2 -Pres. Stella fa Richter -Est. Berri -Pate�rn� Castello di Carcaci (avv. Pacelli, Gazzoni) c. Ministero dei Lavori Pubbli:ci (a:vv. Stato Zoboli). ICompetenza e giurisdizione -Poteri del G.O. ancorch� specializzato Declaratoria in via principale della illegittimit� di un atto ammi nistrativo -Esclusione. I (1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, artt. 4 e 5). Acque pubbliche ed elettricit� -Competenza tecnica del Tribunale I Superiore delle acque pubbliche in grado di appello -Potere di sostituirsi alla P.A. nell'esercizio della sua discrezionalit� tecnica -Esclusione. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 142). Acque pubbliche ed elettricit� -Acque sotterranee -Presupposti necessari e sufficienti per il riconoscimento della loro demanialit�. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. artt. l, 103, 104). Al giudice ordinario, ancorch� specializzato, non pu� essere chiesta in via principale una pronuncia di illegittimit� dell'atto amministrativo (1). La competenza tecnica del giudice ordinario specializzato, come il Tribunale Superiore delle acque pubbliche in grado di appello, � attribuita dal legislatore perch� quel giudice vagli la fondatezza tecnica delle ragioni addotte a sostegno della motivazione dell'atto amministrativo, ma non gi� per l'esercizio di un povere sostitutivo, che sarebbe in insanabile contrasto col principio delle differenziate attribuzioni del potere amministrativo e di quello giudiziario (2). Agli effetti del riconoscimento della demanialit� delle acque sotterranee non osta la circostanza che sia necessario un lavoro continuativo per l'estrazione e la sistemazione di shigole scaturigini, ma � necessario e sufficiente il rilievo delle caratteristiche con cui globalmente l'acqua si presenta, come risultato utilizzabile dell11, raccolta e del convogliamento alla superficie (3). (Omissis). -Con ricorso del 23 giugno 1964, Ernesto Paterri� Castello di Oarcaci, Francesco Patern� Castello Scammacca di Carcaci, Fer (1) Cfr. Cass., Sez. Un., 19 lug1io 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, I, 783, ove, in particolare, nota 1; 15 febbraio 1966, n. 476, ivi, 819, e, in particolare, note 1-2. (2) Sulla portata della competenza tecnica dei tribunali delle acque, v. anche Trib. Sup. acque, 3 marzo 1966, n. 12, in questa Rassegna, 1966, I, 476; nonch� Cass., Sez. Un., 4 ottobre 1965, n. 2075, ed ivi, in ,particolare, nota 1. (3) Cfr. Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1952, n. 217. ~~�~ PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 467 rante Patern� Castello di Carcaci, Riccardo Patern� Landolina, Gaetano Ardizzoni, Elena Patern� Landolina e Angelina Sanfilippo proposero opposizione avanti al Tribuna-le regionale delle acque di Palermo avverso la iscrizione nel primo elenco suppletivo delle acque pubbld.che, scorrenti nel teirritorio della provincia di Enna (approvato con d.P.R. del 14 ottobre 196~. pubbliicato nella Gazzetta Ufficiate deUa Repubblica del 2 gennaio 1964), delle sorgenti Ficarazza e Acquanova, site nell'ex feudo di Ca:rcaoi in prov1incia di Enna. Ai fini dell'accoglimento della opposizione i rieorrenti fecero presente che le dette sorgenti ernno state gi� iscritte nello schema del quarto elenco suppletivo delle acque pubbliche della provincia di Catania, ma che con nota del 4 marzo 1931 il Ministero dei Lavori Pubblici, in accoglimento dell'opposizione proposta dagli interessati, ne aveva disposto la cancellazione; ed aggiunsero che le acque in questione non hanno le caratteristiche della pubbMcit�, richiesta dall'art. 1 del t.u. 11 dicembre 19313, n. 1775, sia perch� non risponde a verit� che esse influisc1ano direttamente sul corso .principale del fiume Simeto, come � affermato invece nel provvedimento impugnato, sia perch� le medesime non hanno alcuna attitudine ad usi di pubblico generale interesse attesa. la limitata portata delle vene iddche r1accolte, considerate singolarmente, e la inesistenza nella zona di un vero e proprio sistema idrografico, il che sta a dimostrare che, senza l'imponente opera dell'uomo, svolta attraverso alcuni secoli dai Duchi di Carcad per rinvenire, collegare e riunire le modeste scatur1igini idriche sotterranee,. che danno luogo ai corsi di acque oggi esistenti, quelle si sarebbero certamente disperse. Si costitu� in giudizfo la convenuta Amministrazione dei lavorii pubblici, 1a quale, negando che dall'anzidetto provvedimento ministedale del 4 marzo 1931 potesse derivare alcuna preclusione in ordine alla reiscdzione in tempo succ,essivo negH elenchi deUe acque pubbliche di acque gi� dichiarate private, sostenne che la natura pubblica delle sorgenti in contestazione trovava giuridico fondamento neJ.la loro portata e nella loro attuale utilizzazione anche a scopo di approvvigionamento idrd.co della popolazione del comune di Regalbuto, in relazione al bacino imbrife'. ro e al sistema idrogr1afico della zona. Con ordinanza del 23 maggio 1965, il giudice delegato dispose l'accesso dell'ufficio sui luoghi della controversia e, in sede di esecuzione del mezzo istruttorio, furono accertate e descritte le opere di captazione e di eduzione costruite dai ricorrenti e dai foro danti causa pe,r iil reperimento nel sottosuolo e il convogliamento in superficie delle acque che formano i corsi d"acqua oggi esistenti, la portata di. questi ultii.mJ., determinata complessivamente in litri 300 circa al minuto secondo, le attuali utilizzazioni di dette acque, che sono destinate in piccola pairte all'approvvigionamento idrico del comune di Regalbuto e nella maggior parte 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ana irrigazione di circa mille ettari di terreno coltivato ad agrumeto, nonch� l'ampiezza del bacino imbrifero della zona. Il �tribunale re.gionale, con sentenza ;pubblicata il 16 dicembre 1968, ha respinto la domanda attrice, �Compensando interamente tra le parti le spese giudiziali. Contro la sentenza del Tribunale regionale hanno proposto ricorso in appello a questo Tribunale superiore gli attori, contestando l'impugnata decisione. Il Ministero dei LL.PP. ha resistito all'appello. Dopo che le parti hanno concluso ed illustrato le loro reciproche posizioni, all'udienza diel 18 novembre 1972 la causa � passata in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -Le censure che gli appellanti muovono all'impugnata sentenza possono riepilogarsi in due gruppi: il primo di carattere preliminare e pregiudiziale (come � detto nella comparsa conclusionale) per la .preclusione che sarebbe sussistita, per la P. A., a seguito del provvedimento ministeriale 6 mar:ro 1931, di cancellaz4one delle sorgenti Ficarazza ed Acquanuova dagli elenchi de1le acque .pubbliche; i1 secondo di merito, sulla contestata demanialit� delle acque. Il Tribunale 1superiore ;prende in esame, nell'ordine indicato, i due gruppi di doglianze. 2. -Osservano gli appellanti, nel primo gruppo di censure, che � indubbio che gli atti amministrativi possano essere modificati per sopravvenuto mutamento sia dello stato di fatto sia di norme, che rendono incompatibile il mantenimento in vigore del provvedimento stesso; � anche indubbio che nessun mutamento era intervenuto nel frattempo sia nello stato di fatto delle acque in esame, sia per La legislazione, perch� ila definizione delle acque pubbliche, contenuta nell'art. 1 del t.u. del 1933, ha soltanto 1carattere chiarificativo e non innovativo rispetto alla precedente legislazione, come riconosciuto dalla Cassazione. L'assunto � infondato per pi� �!ragioni, anche a prescindere dall'esattezza delle premesse sull'immutato stato di fatto e sulla portata chiarificatrice e non innovatrice del t.u. del 1933. In primo luogo al giudice ordinario, ancorch� speciaHzzato, non pu� essere chiesta in v~a principale una pronuncia di illegittimit� dell'atto amministrativo, che <investirebbe la validit� dell'atto stesso sotto ogni rapporto e non soltanto in relazione all'oggetto dedotto in giudizio. In secondo luogo la competenza tecnica del Tribunale superiore delle acque pubbliche non comporta il potere di questo di sostituirsi PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 469 alla P. A. nell'esercizio della sua discrezionalit� tecnica, conducendo indagini per proprio conto e sostituendo alla motivazione del provvedimento impugnato una motivazione opposta, 1come in sostanza gli appellanti sembrano voler chiedere. La competenza tecnica del giudice ordinario .specializzato, in tanto � attribuita e voluta dal legi.slatore, in quanto detto giudice � stato posto in grado di vagliare la fondatezza tecnica delle ragioni addotte a sostegno della motivazione dell'atto amministl'ativo, e non gii� per l'esercizio di un inesistente potere sostitutivo, insanahllmente in contrasto col principio delle ben differenziate .attribuzioni, rispettivamente, del potere amministrativo e del potere giuchl:iiiai'io, come tra breve sar� ulteriormente de�tto. ln terzo luogo nulla vieta alla Pubblica Ammini.strazione, m con siderazione del .pacifico contenuto dichiarativo degli elenchi delle acque pubbliche, di modificare le proprie determinazionii per un diverso apprez zamento del1e preesistenti -circostanze di fatto, diverso apprezzamento che ben pu� avere la sua logica .spiegazione nella maggior organicit� delle disposizioni del t.u. del 1933 sulle acque pubbHche �in relazione alle disposizioni legislative anteriori, non sempre chiare anche per il loro ca�rattere frammentario. Proprio l'esigenza di una maggiore chia rezza del sistema � la causa determinante la predisposizione di testi unici. 3. -Il secondo gruppo di censure riguarda la contestata demanialit� delle acque in oggetto del sottosuolo etneo. Innanzitutto gli appellanti mettono in luce che il Ministero ha motivato l'impugnato provv�edimento di iscrizione nell'e�lenco delle acque pubbl1che delle �sorgenti in oggetto esclusivamente a causa della � loro appartenenza ed influenza, diretta e indiretta, -sul fiume Simeto ., mentre in corso di Hte sarebbe stata acceritata l'assoluta autonomia delle sorgenti da detto fiume, dando atto che esse provenivano da una serie di piccole scaturigini sotterranee, richiedenti una continua opera di ricerca e di escavazione. Sicch� il Tribunale regionale avrebbe tenuto fermo il dispositivo del provvedimento ammmistrativo, mutandone la motivazione, -il che pacificamente non � consentito anche per �i rilievi gi� sopra svolti -quasi che esso avesse potuto valersi della disposizione dell'art. 384 c.p.c., rigorosamente circoscritta al giudizio di cassazione. Pertanto, secondo gli appellanti, il Tl'ibunale regionale avrebbe dovuto limitarsi a rilevare l'el'ronehl;� della motivazione e ordinare la cancellazione delle acque in questione dagli elenchi delle acque pubbliche, salvo, poi, il potere deJ.la Pubblica Amministrazione di emettere un nuovo provvedimento diversamente motiv.ato. Sulla doglianza �cosi riassunta osserva il Tribunale superiore che essa non � meritevole di accoglimento. Che si sia nel bac1ino imbrifero del fiume Simeto � indubbio, come dimostrano la breve distanza del 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fiume e la maggiore profondit� delle opere di captazione delle acque rispetto all'alveo de�l fiume; n� argomento contra!fio pu� trarsi dalla circostanza che alla diminuzione stagionai� di portata del Simeto non corrisponde una diminuzione delle acque delle sorgenti, potendo nel caso trattarsi di acque subalvee. Del resto le caratteristiche vulcaniche del sottosuolo etneo consentono le pi� diverse congetture e non sono tali da escludere la possibiJit� delle pi� varie ipotesi. Quanto il Tribunale regionale ha rilevato al proposito, ben lungi dal costituire motivazione sostitutiva di quella del decreto impugnato, � diretto �a giustificare logicamente il provvedimento amministrativo, confermando la piena fondatezza dei motivi �ivi addotti. Pi� delicata � la questione se possono esse�re considerate pubbliche, sussistendon� tutti gli aJ.tri requisiti, acque sotterranee raccolte attraverso un costante favoro di ricerca e di reperimento, medi.ante complessi e imponenti lavori di scavo, tali da trasformare le innumerevoli sorgenti �ritrovate, ognuna di modesta e incostante portata, in masse d'acqua di rilevant� .proporzioni. Per meglio chiarire il quesito si omeUe, per ora, di rilevare (il che sar� fatto pi� avanti) che taluna delle sorgenti repe.rite � di portata gi� di per s� considerevole. La .questione si � presentata per la priima volta all'esame del Tribunale superiore ~irca venticinque anni or sono, nell'immediato dopoguena, proprio per le acque del sottosuolo etneo, e ha dato luogo ad interessanti rilievi anche dottrinali per la pecuHarit� del caso, ovviamente non previsto expressis verbis dalla legge, ma pur riconducibile al suo chiaro sistema, come sar� detto pi� oltre. Si � parlato, ail.lora, di acque sostanzialmente � create e coltivate � dal lavoro dell'uomo; lavoro dell'uomo che avrebbe mel'titato un riconoscimento dell'autorit� e non una demanializzazione, comportante sostanzialmente un'espropriazione senza indennizzo di d� che la meritori-a opera umana aveva saputo realizzare attraverso un costante lavoro di scavo e di convogliamento di innumeri limitate scaturigini in veri e propri corsi d'acqua, capaci di so�ldisfare aMe esigenze idriche di zone urbane e agricole di notevoli dimensioni. Il Tribunale Su1pedore delle acque pubbliche (�sent. 9 maggio 1949) e la cassazione, a Sezioni Unite (sent. 24 gennaio 1952, n. 217), pur rendendosi �conto della novit� del caso e delle possibili conseguenze non sempre eque dipendenti dal riconoscimento del caratte�re pubblico di tali acque repel'<ite, riunite e convogliate, hanno concordemente risolto la delicata questione, affermando che per il riconoscimento della dema nialit� delle acque sotterranee deve aversi riguardo, pi� che allo stato in cui si trovano nel sottosuolo, alle cairatteristiche con cui si presen tano all'atto dell'utUizzaz.ione normalmente corrispondente all'affiora mento e quindi, se l'acqua portata alla 1luce sia il risultato della rac colta e del convogHamento di piccole scaturigini sotterranee, tanto pi� PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 471 se gi� singolarmente idonee ad assolvere finalit� di ordine generale, � in relazione alla portata globale che deve determinarsene la natura giuridica. Ai fini predetti non ha rilievo la circostanza che sia necessario un lavoro continuativo per l'estrazione e per la sistemazione delle singole scaturigini e che, 1infine, il risultato utilizzabile sia da collegarsi all'opera benemerita di un privato. Che tali massime debbano essere seguite, perch� giuridicamente esatte, lo con:llerma l'interpretazione logica e sistematica del t.u. n. 1775 del 1933 suUe acque pubbliche, interpretazione diligentemente compiuta nella precedente sentenza di questo Tribunale del 9 maggio 19419. Invero, gi� l'art. 1, relativo alla nozione di acque pubbliche, dichiara tali quelle �sorgenti, fluenti e lacuali � anche se artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate -0 incrementate �. � chiaro che in tale ampia definizione rientrano p\lll'e le acque sotterranee sorg,enti nel sottosuolo etneo, perch� tutto iJ complesso lavoro umano di ricerca, di convowJ_iamento e di affioramento ben pu� essere compreso nell'estrazione o sistemazione artificiali. La sottile distinzione, che la valorosa difesa degli appellanti fa, per dare all'avverbio � artificialmente � un.'interpretazione notevolmente restrittiva, conferma l'esattezza dei rilievi sopra svolti. Sostenere che in Linea di massima l'avverbio �artificialmente � � pleonastico, e che nella specie tratterebbesi di acque � create � dall'attivit� umana � senza dubbio eccessivo. Infatti di acque � create � dall'attivit� umana potrebbe correttamente parlarsi solo per acque artifidalmente prodotte con mezzi chimici e non certo per il semplice reperimento di quelle preesistenti in natura, sia pure in maniera latente. Se, poi, si considerano gli artt. ,915 e ss., in .tema di acque sotterranee e in particolare gli artt. 103 �e 104, si deduce lo speciale rhlievo che il legislatore d� all'opera dello scopritore, assicurandogli la preferenza nella concessione -qualora l'acqua reperita sia da considerare pubblica -e, nel caso che la concessione sia data ad altri, il rimborso, da parte del concessionari!o, delle spese sostenute, un adeguato compenso per l'opera prestata e un premio, calcolato in base all'importanza della scope.rta. Il che consente all'interprete di ricondurre a giustizia sostanziale ogni caso, compreso quello, davvero singolare, delle acque sotterranee delle zone vulcaniche, che possono essere utilizzate soltanto a mezzo di lavori imponenti e costanti. L'asserita (e impropriamente qualificata) espropriazione senza indennizzo non sussiste, proprio in forza de.lla saggia legislazione ora citata. E m base a tali criteri, affermati nel testo unico, che questo Tribunale superiore, nella citata sentenza del 9 maggio 1949, dopo aver illustrato le ragioni favorevoli al carattere demaniale delle acque del sottosuolo �etneo allora in contestazione, anche tn relazione al loro bacino imbrifero e al sistema idrografico, chiudeva opportunamente la 472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sua parte motiva, auspicando che l'Amministrazione, nella sua sensibilit�, pervenisse ad una concessione -a favore della benemerita societ� che aveva 'compiuto i poderosi lavori di ricer�ca, di riunione e di coovogHamento deHe acque -con clausole .tali che significassero riconoscimento dell'opera svolta ed incitamento a proseguirla anche nella nuova veste di concessionaria. 4. -Rimangono da aggiungere brev.i rilievi critici alle considerazioni degli appel1anti .sull'inidoneit� dehle acque in oggetto ad essere considerate pubbliche, sia per la loro modesta enUt�, sia perch� captate in un bacino ricco di svariate sorgenti, sia per la loro limitata utilizzazione. A parte il rilievo che si entra qui in pieno nel1a valutazione che compete all'autorit� amministrativa, il compito del giudice ordinario specializzato, come si � detto, � queHo d:i controllare l'esattezza dei criteri a �cui la Pubblica Amministrazione si � ispirata. Non c'� allora che da richiamarsi in proposito agli esatti argomenti della s1entenza impugnata, che ha messo dn '.luce 'come !i 300 1. al secondo delle acque in contestazione, delle quali ben litri/s. 142 della sola sorgente Acquanuova, consentano, non solo la paTziale krigazione di un viasto comprensorio di circa mille ettari, coltivato ad agrumi, ma anche hl parziale approvv!igionamento idrico degli abitanti del comune di Regalbuto. Ritiene il Tribunale che tali elementi siano sufficienti a giustificare la determinazione dell'.Amministrazione nei confronti di acque natural' mente sorgenti nel sottosuolo, ma incrementate e convogliate dalla paziente, costante e meritoria opeTa deH'uomo. Si consideri che nella zona etnea si sono mantenute iscritte negli elenchi delle acque pubbliche sorgenti della portata di pochi litri, come questo Trbunale ha ricordato nella sentenza del 1949, perch� ivi possono essere utili ad usi di pubblico .generale interesse. Il che confuta l'assunto deg1i appellanti sulla pr,etesa ricchezza d'acqua .della zona.. Infatti, se acque nel sottosuolo vi sono, esse :sono utilizzabili soltanto mediante incessanti lavori di scavo e di convogliamento che, per la loro imponenza, hanno fatto sorgere le delicate questioni in esame. 5. -� sotto l'aspetto umano, altamente apprezzabile, dell'attuale vicenda giudiziaria �che il Tribunale superiore ritiene equo, nonostante la �contraria istanza del Ministero dei LL.PP., di compensare 'integralmente le spese di questo grado del giudizio, pur rigettando interamente i'appello. -(Omissis). - SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 febbraio 1972, n. 120 -Pres. Reviglio Della Venaria -Rel. Mazza -P. M. C1iberti (conf.) -Rie. P. M. in proc. Cogodi ed altri. Reato -Invasione di terreni o edifici -Elemento oggettivo -Estremi Esecuzione individuale -Sufficienza -Elemento soggettivo -11 leceit� speciale -Riflessi sul dolo -Fine di profitto -Estremi. (c.p., artt. 43, 633). L'art. 633 c.p. intende, per l'imprescindibile esigenza di evitare disordini sociali, tutelare l'interesse pubblico alla inviolabilit� del patrimonio immobiliare. L'invasione deve concretarsi nell'accesso e nella penetrazione totale o parziale, per un'apprezzabile durata, nell'aitr'ui immobile, senza che occorrano manifestazioni di violenza fisica o di soverchiante pressione, potendo il delitto essere commesso anche individualmente e dando luogo il fatto collettivo ad apposita aggravante. Nella fattispecie prevista dall'art. 633 c.p. si riscontra una illeceit� speciale che, nel rijlettersi sull'elemento psicologico, postula un dolo costituito non soltanto dalla coscienza e volont� di invadere l'altrui bene, ~a anche dal fine di occupare l'immobile o di trarne altrimenti profitto. E quest'ultimo non si identifica necessariamente col lucro, ma si estende a comprendere ogni vantaggio utilitario, anche se non propriamente economico (1). (1) In tema di invasione di terreni e di edifici la giurisprudenza della Corte di cassazione sembra orientata verso un'interpretazione restrittiva del concetto di rpTofttto intendendolo 'come quell'uitilit�, sia pur non patrimonial �e, ma ,che sia direttamente e .immediaitamente connessa con l'edifkio <invaso: v. Cass., 21 gennaio 1961 (in Cass. pen. mass. annotato, 1961, p. 464, n, 1009), che ha escluso che ricorresse un'ipotesi di invasione di edificio nel caso di invasione di una chiesa, di cui era stata ordinata la chiusura al ,culto, :!latta allo scopo non �di dpristinarvi in modo continuativo l'esercizio del culto, ma di compiere un atto di protesta a mezzo di una manifestaziione di fede religiosa. Nello stesso �senso di questa giurisprudenza, si � �espresso in dottrina il IMANZINI, Trattato di dir. pen. it., vo~. IX, 1952, p. 460 il quale afferma che per profitto deve intendersi quello derivante dall'immobile invaso e non quello derivante in modo indiretto dall'invasione. Quest'interpretazione ha in effetti un appiglio letterale nell'art. 633 ove l'espressione �trarne altrimenti profitto � � chiaramente riferita all'edificio stesso. Per quaIJJto concerne la differenza fra il reato di invasione di terreni o edifici e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ravvisata RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 474 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 17 luglio 1972, n. 5089 -Pres. Colonnese -Rel. Pagliarulo -P. M. Ilari (conf.) -Rie. De Mattia. Procedimento penale -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutaziol\ e (libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta di nuove prove -Censurabilit� in cassazione -Limiti -Censurabilit� indiretta attraverso la motivazione della sentenza. (c.p.p., artt. 200, 438, 474, n. 4, 475, n. 3, 524). Procedimento penale -Prova penale -In genere -Ammissione -Valutazione (libero convincimento del giudice) -Ordinanza dibattimentale che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta di nuova prova -Violazione dell'art. 185 cod. proc. pen. -Esclusione. (c.p.p., artt. 185, n. 3, 438). Appartiene al potere tipicamente proprio del giudice di merito la valutazione sulla sufficienza delle prove gi� raggiunte e sulla eventuale esigenza dell'acquisizione di nuovi mezzi di prova: onde non pu� essere mai oggetto di diretta censura in cassazione, in ordine al suo contenuto, l'ordinanza dibattimentale che, ritenendo sufficienti le prove acquisite, rigetti la richiesta difensiva di nuove prove, sussistendo soltanto l'esigenza che la motivazione della predetta ordinanza trovi logica conferma (esplicita o implicita) nella motivazione della sentenza, per giustificare il giudizio conclusivo posto a base della pronuncia di colpevolezza o df assoluzione. Sofo indirettamente, pertanto, in relazione alla esigenza in parola, ii contenuto dell'ordinanza predetta pu� essere portato aH'esame della cassazione attraverso la censu1�a della motivazione della sentenza, che risulti illogica o carente in ordine alla valutazio1ie della sufficienza probatoria, ritenuta invece nel provvedimento ordinatorio che escluse la necessit� di acquisire nuove prove. L'ordinanza dibattimentale, che ritenga sufficienti le prove acquisite e rigetti la richiesta difensiva di nuove prove, non pu� mai concre nel � fine di esercitare un preteso diritto � presente nel secondo e non nel primo, v. Cass., 3 febbraio 1967, dn Cass. pen. mass. annotato, 1968, p. 93, n. 82, e sentenze ivi richiamate in nota in cui si afferma che il fine di esercitare il preteso diritto ricorre quando il diritto stesso, se non fondato, possa essere almeno oggetto di una contestazione giudiziaria, tale da far sorgere nell'animo dell'agente la convinzione d'aver :ragione. Di talch� � stato ravvisato il reato di invasione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragfoni nella condotta di chi, gi� riconosciuto carente di ogni diritto sull'immobile, vi sia ritornato ,per esercitare a propa.-io vantaggio opera di sfruttamento (v. Cass., 9 maggio 1959, in Riv. pen., 1960, II, p. 200). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 475 tare, in ordine al suo contenuto, una violazione dell'art. 185, n. 3, c.p.p., giacch� l'apprezzamento de! giudice di merito sulla sufficienza e pertinenza delle prove � del tutto estraneo alle ipotesi di violazione delle disposizioni concernenti � l'intervento, l'assistenza e la rapprese'Q-tanza dell'imputato �. In particolare, la violazione dell'art 185 c.p.p. non � configurabile in base all'assunto che l'ordinanza anzidetta avrebbe un contenuto decisorio aprioristico sulla sufficienza probatoria. Sotto il profilo, logico, se il giudizio espresso in quel provvedimento �, per sua natura, di carattere prognostico in base allo stato degli atti, esso non � un giudizio aprioristico, perch� muove, al contrario, dalla valutazione delle risultanze probatorie gi� acquisite. Sotto il profilo, poi, della incidenza sulla futura decisione nel merito, trattasi di un giudizio che non pu� incidere definitivamente su tale decisione e quindi non pu� pregiudicare i diritti di difesa dell'imputato, giacch� il provvedimento che lo contiene (tipicamente ordinatorio e revocabile), come pu� trovare indiretta conferma nella sentenza, in cui ha sede la conclusiva e definitiva valutazione della sufficienza della prova, cos� pu� essere, espressamente o implicitamente, revocato da una successiva ordinanza che, in base alle ulteriori emergenze acquisite nel corso del dibattimento, modifichi quel giudizio prognostico espresso in precedenza e disponga l'acquisizione di prove anteriormente escluse (1). (1) La sentenza della Cassazione si pone nel solco di affermazione giurisprudenziali pacifiche, ma constestate da autorevole dottrina che in un sorgere di studi e di interessi sul problema della prova, pone l'accento sul diritto deU'imputato alla prova non socio e non tanto come diritto di indicare e chiedere d mezzi di prova e di veder utilizzate e rettamente valutate dal giudice le prove raccolte, ma soprattutto co_me diritto di vederle effettivamente raccolte ed acquisite. Si richiama invero dalla dottrina la profonda modificazione costituzionale introdotta con iJ.'art. 24 della C:ostituzione che, garantendo l'inviolabilit� della difesa, comporta l'esigenza che la normativa sulla prova sia considerata alla stregua di uno strumento di difesa e si cita l'art. 6, n. 3, lettera d) della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle Libert� fondamentali, firmata a Roma iil 4 agosto 1950 e ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848, che stabilisce che � ogni accusato ha pi� speci�lmente diritto a... interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'interrogazione dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico �. Tali norme, con il loro evidente riferimento ad un diritto sostanziale alla prova, imporrebbero un' adeguamento interpretativo degli articoli del codke di 1procedura penale e la configurabiUt�, in caso di violazione di quel diritto, di una nullit� assoluta ex art. 183, n. 3), negata invece dalla sentenza annotata. V. in dottrina sull'interessante problema VASSALLI, Il diritto alla prova nel processo penale, in Riv. it. dir e proc. pen., 1968, p. 3; CoNso, Natura RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 476 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 luglio 1972, n. 5'164 -Pres. Rosso - Rel. Fasani -P. M. Chiliberti (conf.) -Rie. Congiu ed altri. Reato -Reati contro la Pubblica Amministrazione -Delitti -Dei pri vati -Relazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale -Estremi dell'esimente. (d.l.lt. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4). Per l'applicazione deU'art. 4 d.l.lt. 14 settembre 1944, n. 288, non basta che l'atto del pubblico ufficiale sia illegittimo, ossia non conforme o contrario alla legge, ma occorre che esso sia arbitrario, si risolva cio� in un fatto doloso aggressivo e vessatorio consapevolmente attuato per ragioni di malanimo, prepotenza o capriccio; non � perci� sufficiente il mero errore del pubblico ufficiale sui limiti dei propri poteri a configurare l'arbitrariet�, dell'atto, ma la valutazione di quest'ultimo deve essere operata con riferimenti ai fatti, quali si presentavano allo stesso pubblico ufficiale nel momento dell'atto medesimo e alle sue intenzioni, quali potevano desumersi dalle particolari �circostanze di ciascun caso (1). giuridica delle norme sulla prova nel processo penale, in Riv. dir. proc., 1970, p. 7; GUARNERI, La lotta per la verit� nel processo penale alla stregua del nostro diritto positivo, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, p. 14; ANDRIOLI, La Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il processo giusto, in Temi romana, 1964, I, p. 463; FosCHINI, La giustizia sotto l'albero e i diritti dell'uomo, in Riv. it. dir'. proc. pen., 1963, p. 300. (1) La giurisprudenza della Cassazione delimita nettamente l'atto arbitrario dall'atto illegittimo ed ha affermato ohe, poich�� possa applicarsi l'esimente, occorr,e ,che il p.u. abbia volontariamente travalicato i limiti dei suoi poteri, con la consapevolezza della non rispondenza fra lo scopo pe11segwto e le fi<nalit� della pubblica funzione (Cass., 1� :f�ebbriaio 1971, in Cass. pen. mass. annotato, 1972, p. 533,, n. 694) e che la nozione di arbi~ trariet� implica e'ssenzialmente capriccio, vessazione, sopruso (Cass., 19 gennaio 1971, (ivi, p. 540, n. 695), sicch� non commette atto arbUraiI'io il p.u. che ,coilltesti ingiustamente una contravvenzione al cittadino, o che compia atti con scarsa cautela o viziati da errore (sentenze citate). La .giUa:"isp:rudenza poi, contrastata dalla prevalente dottrina, esdude che l',esimente di cui all'art. 4 d.1.lt. 14 settembre 1944, n. 288, possa rientrare nella disciplina dell'art. 59 c.p. -e che possa quindi l'imputato avvalersi dell'arbitrariet� putativa -ritenendo che la norma non comporti una causa di esclusione della pena, ma una causa di non applicabilit� obiettiva della norma penale (Cass., 20 novembre 1969, in Cass. pen. mass. annotato, 1970, p. 1664, n. 2503; contra in dottrina: ANTOLISEI, Manuale dir. pen., parte spec. I, 1966, p. 716; CRESPI, L'atto arbitrario del p.u. quale causa di liceit� della reazione dal privato, in Riv. it. dir. pen,. 1948, p. 320). PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 477 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. V, 29 luglio 1972, n. 5357 -Pres. Spadaccini -Rel. Tedoldi -P. M. Longobardi (conf.) -Rie. P. M. in proc. Fontanella. Reato -Reati contro la fede pubblica -Delitti -Falsit� in atti -In atti pubblici -Correzione di errore materiale effettuato da persona diversa dal pubblico ufficiale autore dell'atto -Sussistenza del reato. (c.p., �art. 476 e segg.). Nei delitti di falsit� in atto pubblico non ha rilevanza il fatto di essere animato dal proposito di correggere un errore materiale commesso da altri, perch� nel delitto di falsit� in atto pubblico il nocumento derivante daUa falsificazione � insito nella violazione delle garanzie di certezza accordate all'atto del pubblico ufficiale, il quale soltanto potrebbe, se mai, essere giustificato per una irrituale correzione di un errore materiale da lui commesso (1). (1) La sentenza � conforme al rigoroso indirizzo giurisprudenziale che continua a ravvisare nella necessit� obiettiva della genuinit� e veridicit� degli atti di fede pubblica la ragione della tutela penale di cui al capo III del libro II del codice penale e che ha portato alle conseguenti affermazioni che costituiscono oll'mai jus receptum, ,che a integrare il do.Io nei reati di falso in atto pubblico sono sufficienti la coscienza e la volont� dell'immutatio veri senza che occorre un� animus nocendi vel decipiendi ed anche quando si agisca con la convinzione di non arrecare alcun nocumento. Tipica di questo rigore giurisprudenziale � l'affermazione che la grossolanit� del falso esclude la punibilit� del fatto sol� quando abbia carattere assoluto, quando sia cio� tale da escludere non solo la probabilit�, ma anche la possibilit� dell'inganno (Cass., 2 luglio 1971, in Cass. pen. mass. annotato, 1972, p. 846, n. 1121; 15. marzo 1971, ivi, p. 508, n. 637, da valutar, e .con giudizio a posteriori, il che 'comporta l'ado:filone di un concetto di �idoneit� dell'azione�, ben pi� lato di quello desumibile dalle norme di cui agli art. 49 e 56 c.p. Per quanto invece concerne il dolo specifico previsto per i reati di falsit� in scrittura privata (art. 485 e 486 c.p.), � affermazione costante che il vantaggio che l'agente si prefigge pu� riguardare qualsiasi aspetto della vita di relazione e non essere.di natura meramente economica e pu� essere legittimo o illegittimo, non essendo richiesta l'ingiustizia del profitto per la ,configu!I'azione del reato (Cass., 19 arprile 1971, in Cass. pen. mass, annotato, 1972, p. 845, n. 1120). PARTE SECONDA QUESTIONI (*) Dogana -Manifesto -Mancato scarico di manifesto -Responsabilit� del Comandante della nave nel caso di reato commesso da altri -Limiti. Il Comandante deZla nave che non presenta la merce in dogana � responsabile per il pagamento dei diritti doganali, nessuna influenza avendo sulla sua responsabilit� il reato commesso da altri in tempo successivo alla avvenuta presentazione del Manifesto (Art. 42 L. 25 settembre 1940 n. 1424; art. 139 L. 13 febbraio 1896 n. 65) (Cont. 5/73; Cima c. Finanze; Avv. Stato Guicciardi). Espropriazione per p.u. -Riforma fondiaria -Terzo residuo -Pronuncia di illeggittimit� costituzionale -Effetti. Se dopo la pronunzia di illegittimit� da parte della Corte Costituzio ,nale dell'art. 9, comma 4�, Legge 21 ottobre 1950, n. 841, "in quanto" stabiliva l'espropriazione senza indennit� per inadempienza dell'espropriato al miglioramento del terzo residuo, e conseguente annullamento del relativo dcret,o di esproprio da parte del Consiglio di Stato, spetti all'espropriato il diritto alla restituzione dei terreni o al pagamento di un indennizzo a titolo di risarcimento del danno per occupazione illegittima, oltre ai frutti e il deprezzamento, a partire dalla data del decreto di esproprio (Art. 9, comma 4�, Legge 21 ottobre 1950, n. 841). (Cont. 36/73; Piccirella c. Ente Sviluppo in Puglia e Lucania; Avv. Stato Santoro). Espropriazione per p.u. -Legge sulla casa 22 ottobre 1971, n. 865 -Piani di zona per l'edilizia popolare -Se sia applicabile. Se le norme sull'espropriazione del titolo secondo della legge sulla casa 22 ottobre 1971 n. 865 siano applicabili alle espropriazioni pronunciate in favore della Gestione Case per Lavoratori per la costruzione di case di abitazione nell'ambito dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare (L. 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9, 16, 17, 18; Legge 18 aprile 1962 n. 167, art. 12; legge 21 luglio 1965 n. 904, art. 1). (Cont. 31/73; Gestione Case per Lavoratori c. Manetta; Avv. Stato Bafile). (*) Vengono qui pubblicate le questioni di particolare interesse e di attualit� che si agitano in sede contenziosa, con l'indicazione del numero del contenzioso e del collega incaricato per favorire il collegamento con altri colleghi che trattano !e stese questioni e per aprire, possibilmente, sulle stesse un dibattito. 36 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Espropriazione per p.u. -Legge sulla casa -Applicabilit� alle espropriazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge. Se i criteri per la determinazione dell'indennit� di espropriazione stabiliti nel titolo secondo della ,legge sulla casa 22 ottobre 1971 n. 865 siano applicabili alle espropriazioni in corso alla data di entrata in vigore della legge e se il decreto pronunciato dopo l'entrata in vigore che indica un'indennit� determinata in base alla legislazione anteriore sia impugnabile dall'espropriante a norma dell'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 (legge 22 ottobre 1971 n. 865, art. 9, 16, 17, 18, 36, 39, 66; legge 18 aprile 1962 n. 167 art. 12; legge 21 luglio 1965 n. 904 art. 1, 25 giugno 1865 n. 2359). (Cont. 31/73; Gestione Case per Lavoratori c. Manetta, Avv. Stato Bafile). Imposta di registro -Ingiunzione -Firmata dal cassiere -Se sia legittima. Se l'ingiunzione per recupero di imposta suppletiva di registro possa essere firmata dal cassiere (Art. 2 L. 15 maggio 1954 n. 270; art. 15 D.P.R. 14 ottobre 1958, n. 1054). (Cont. 3/73; Comune di Sestri Lev�'nte c. Finanze; Avv. Stato Battistoni Ferrara). Imposta di registro -Decreto di esproprio per p.u. -Annullamento in s.g. � per difetto di potere -Se non sia pi� dovuta l'imposta. Se, annullato dal Consiglio di Stato per carenza di potere un decreto prefettizio di espropriazione per p.u. l'imposta di registro non sia pi� dovuta, per vizio radicale e assoluto dell'atto di trasferimento (Art. H n. 2 R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269). (Cont. 3173; Comune di Sestri Levante c. Finanze; Avv. Stato Battistoni Ferrara). Imposta di registro -Privilegio -Previlegio speciale immobiliare -Se sia riferibile su ciascuno dei beni oggetto di convenzioni. Se il privilegio speciale immobiliare ex art. 772 codice civile e 97 R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269, dal quale � assistito il credito per imposta di registro afferente ad un atto contenente distinte convenzioni, gravi indivisibilmente su ognuno dei beni oggetto delle convenzioni medesime (art. 2772, 1� comma codice civile; art. 97, 1� comma R.D. 30 dicembre 1923 n. 3269). (Cont. 610/68; Ufficio Registro di Viareggio c. Fall. Brignole; Avv. Stato Quadronio) . Imposta di registro -Agevolazioni tributarie -Benefici per i proprietari di case di abitazione -Applicabilit� -Limiti. Se i benefici fiscali prescritti daDla legge regionale siCiliana n. 29 del 30 luglio 1969 siano applicabili al trasferimento di case di abitazione in corso di costruzione. Art. 1 detta legge (Legge Reg. Siciliana n. 29 del 30 luglio 1969, art. 1). (Cont. 20/73; Lombardo c. Finanze; Avv. Stato Genovese). PARTE II, QUESTIONI Imposta sull'entrata -Responsabilit� dello spedizioniere -Limiti. Se sussista la responsabilit� dello spedizioniere per il pagamento dell'imposta sull'entrata relativa ad operazioni da lui effettuate (art. 1, 2 D.L. 9 gennaio 1940 n. 2). (Cont. 1/73; Pacorini c. Finanze; avv. Stato Guicciardi). Procedimento penale -Imposta di iscrizione per ipoteca penale -Criteri di determinazione. Se l'imposta di iscrizione per l'ipoteca penale di cui all'art. 616 C.P.P., debba essere ragguagliata alla somma effettivamente dovuta, o a quella inizialmente richfesta (Art. 616 C.P.P.; art. 1 e 5 L. 25 giugno 1943 n. 540). (Cont. 29/72, Mazzucchelli c. Finanze; Avv. Stato Olivo). Procedimento penale -Imposta -Iscrizione sui beni dei condebitori solidali. Se il Cancelliere del campione possa iscrivere sui beni dei condebitori solidali pi� ipoteche per lo stesso credito, e se siano dovute pi� imposte proporzionali o solo una imposta proporzionale per una delle ipotechte, e imposte fisse per le altre (Art. 616 C.P.P., art. 1 e 5 L. 25 giugno 1943 n. 540). (Cont. 29172, Mazzucchelli c. Finanze; Avv. Stato Olivo). �"f-<'/ i(Wf'.~'/-'Pw �� X'�:x .�m x;w�:.ff���� x:.,� � . .. ... =-= ...oo��..;m-=.. -~1~:'l/ ~f~-�{2=::;:;%=*�;:;=;;;.;:::::::{~{~;:~;:i .� =-= ~ . -. I �~ LEGISLAZIONE i: 1i �~ !1 ~ ~; QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice di procedura penale, art. 509, secondo e terzo comma, nella parte in cui prevede �che alla mancata indicazione dei motivi consegue l'inammissibilit� dell'opposizione. Sentenza 27 febbraio 1973, n. 19, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. r.d. 13 agosto 1933, n. 1038, art. 1, secondo comma, in quanto non prevede che anche nei giudizi per pensioni .privilegiate ordinarie per l'infermo� di mente, al quale non sia stato ancora nominato il legale rappresentante o l'amministratore provvisorio, il ricorso � validamente sottoscritto dalla moglie o da un figlio maggiorenne o, in loro mancanza, da uno dei genitori, ovvero da chi ne abbia la custodia o, comunque, l'assista. Sentenza 12 aprile 1973, n. 41, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. d.l.C.p.S. 15 settembre 1947, n. 896, art. 15, secondo comma, nella parte in cui prescrive l'emissione obbligatorfa del mandato di cattura anche quando, ai sensi dell'art. 14, ultimo comma, dello stesso decreto, il fatto sia �contestato come di lieve entit�. Sentenza 12 aprile 1973, n. 42, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 6 dicembre 1966, n. 1077, art. 1, nella parte in cui non contempla tra i destinatari del diritto al trattamento di quiescenza e di previdenza a carico dello Stato anche gli insegnanti non di ruolo con nomina annuale, �con la disciplina gi� prevista per gli insegnanti non di ruolo con incarico trfonnale. Sentenza 12 aprile 1973, n. 40, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 57, nella parte in cui esclude dal beneficio, in esso previsto, le controv�ersie del lavoratore nei confronti dell'INAIL. Sentenza 1� marzo 1973, n. 23, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. legge 24 dicembre 1969, n. 991, art. 9. Sentenza 27 febbraio 1973, n. 20, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. legge reg. Puglia, appr. 22 a�prile 1972 e riapp!". 21 luglio 1972. Sentenza 12 aprile 1973, n. 39, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. PARTE II, LEGISLAZIONE II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice di ,procedura civile, art. 93 (art. 24 della Costituzione). Sentenza 28 marzo 1973, n. 31, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. codice di procedura civile, art. 700 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1973, n. 38, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. codice penale, art+. 23 e 624 (artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, e 42, primo comma, della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 18, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, art. 189, primo comma, n. 5, e ultimo comma (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 1� marzo 1973, n. 26, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, art. 266 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 16, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, art. 313, terzo comma, seconda ipotesi (artt. 102, primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 17, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, art. 54.2, terzo comma, n. 2 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Sentenza 1� marzo 1973, n. 27, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, artt. 654 e 655 (artt. 17, 21, 25, secondo comma, e XII disp. trans. della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 15, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. c�odice penale, art. 665, terzo comma (artt. 25, secondo comma, 3, primo comma, e 2, ed al titolo I della prima parte della Costituzione). Sentenza 1� marzo 1973, n. 21, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice penale, art. 724 (artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 14, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice di procedura penale, art. 226, ultimo comma (artt. 15 e 24 della Costituzione). Sentenza 6 aprile 1973, n. 34, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. codice di procedura penale, art. 509, nella parte relativa alla richiesta di dibattimento (art. 24 della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 19, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice della navigazione, art. 1193 (art. 3 della Costituz.ione). Sentenza 12 aprile 1973, n. 36, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282, artt. 1 e 2 (artt. 3, 24 e 36 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1973, n. 35, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. r.d.I. 29 luglio 1927, n. 1509, art. 11 (artt. 3, primo comma, 24, primo e sec�ndo �comma, 44, primo comma, ultjma parte, e 47, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1973, n. 37, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 22 aprile 1941, n. 633, art. 161 (art. 21 della Costituzione). Sentenza 12 aprile 1973, n. 38, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 13 giugno 1942, n. 794, artt. 28, 29 e 30 (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 1� marzo 1973, n. 22, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. legge 20 giug�no 1952, n. 645, art. 5 (artt. 17, 21, 25, secondo comma, e XII disp. trans. della Costituzione). Sentenza 27 febbraio 1973, n. 15, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. -legge 18 marzo 1968, n. 431, art. 4 (art. 13 della Costituzione). Sentenza 28 marzo 1973, n. 29, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 22 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza l� marzo 1973, n. 24, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. legge reg. sic. a0ppr. 4 luglio 1972. � Sentenza 1� marzo 1973, n. 25, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice c0ivile, art. 575 (artt. 3, primo comma, e 30, terzo comma, della Costituzione). Tribunale di Matera, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. c:odic:e di procedura civile, art. 140 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. PARTE II, LEGISLAZIONE codice di procedura civile, art. 291 (art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 15 dicembre 1972, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. codice di procedura civile, art. 521 (art. 24 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. cod-ice penale, artt. 23, 624 e 56 (art. 3, prima parte, della Costituzione). Pretore di Rovereto, ordinanza 19 ottobre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. codice penale, art. 313, terzo comma (artt. 101, 104, 110 della Costituzione). Corte d'assise di Viterbo, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. cod'ice penale, art.. 334, secondo comma (artt. 3, 27 e 24 della Costituzione). Pretore di Asti, ordinanza 1� dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. codice penale, artt. 341 e 344 (artt. l, 3, 4, secondo comma, 28, 35, 54, 97 e 98 della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 6 novembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. codice d�i procedura penale, artt. 21 e 19 (artt. 24, secondo comma, 25, primo comma, e 3, primo e .secondo comma, della Costituzione). Pretore di Prato, ordinanza 22 dicembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. codice di procedura penale, art. 2i (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di appello di Napoli, ordinanza 16 giugno 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. codice di procedura penale, art. 272, terzo comma (artt. 3, 13, quinto comma, e 27, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 4 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. Pretore di Catania, ordinanza 18 dicembre 1972, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. 42 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di procedura penale, art. 319, primo comma (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 33, quinto comma, della Costituzione). Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 29 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81.. codice di procedura penale, art. 512, n. 2 (artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 24 ottobre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo comma, ultima parte (art. 21, primo comma, della Costitu2lione). Pretore di Bolzano, ordinanza 25 novembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, art+. 26, 27 e 33 (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di Montefiascone, ordinanza 14 novembre 1972, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116 (art. 76 della Costituzione). Pretore di Terralba, ordinanza 15 novembre 1972, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. r.d. 16 marzo 1942, n.--269, art. 217, secondo comma (artt. 24, secondo comma, 25, primo comma, e 3, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretore di Prato, ordinanza 22 dicembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. r.d.I. 4 maggio 1942, n. 434 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 17 novembre 1972, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 17 luglio. 1942, n. 907, artt. 45 e seguenti (artt. 41 e 43 della Costituzione). Tribunale di Torino, ordinanza 6 novembre 1972, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. Tribunale di Roma, ordinanza 25 gennaio 1973, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. d.lg.lgt. 8 marzo 1945, n. 90, art. 6 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 17 novembre 1972, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. PARTE II, LEGISLAZIONE legge 12 maggio 1949, n. 206, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Palermo, ordinanza 18 novembre 1972, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 20 febbraio 1958, n. 75, artt. 3, n. 5, e 4, n. 3 (artt. 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 10 gennaio 1973, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. � d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, sesto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Arena, ordinanza 14 novembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 87, quarto comma, in relazione .al� l'art. 80, nono comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Castell'Arquato, ordinanza 26 ottobre 1972, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040 (art. 76 della Costituzione). Tribunale di Napoli, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. legge 4 agosto 1965, n. 1103, art. 12 (artt. 3 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 16 dicembre 1972, G. U. 11 aprile 1973, n. 95. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (art. 3, primo comma, della Costituzione). Pretore di Oristano, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. legge 1� dicembre 1970, n. 898, art. 2 (artt. 7 e 138 della Costituzione). Corte di appello di Torino, ordinanza 10 novembre 1972, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. legge 18 dicembre 1970, n. 1138, art. 2 (art. 42, terzo comma, della Costituzione). Pretore di Manfredonia, ordinanza 18 gennaio 1973, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 11 febbraio 1971, n. 11, art. 32 (artt. 41, 42 e 44 deil.la Cos,tituzione). Tribunale di Macerata, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. legge 25 febbraio 1971, n. 11 O (art. 53, primo comma, e 41, primo comma, della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze 24 giugno 1972 (due), G. U. 7 marzo 1973, n. 62 e 11 aprile 1973, n. 95. legge 4 agosto 1971, n. 592, art. 5 ter, terzo comma (artt. 41, 42 e 44 della Costituzione). Tribunale di Ma.cerata, ordinanza 6 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 8 (artt. 117, VIII di,sp. trans., 3, 5, 97 e 76 deil.la Costituzione). Regione Lazio, ricorso depositato il 10 aprile 1973, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 1 (artt. 3 e 37 della Costituzione). Pretor�e di Milano, ordinanza 13 dicembre 1972, G. U. 28 marzo 1973, n. 81. d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1036, artt. 18 e 19 (artt. 117, VIII disp. trans., 3, 5, 97 e 76 della Costituzione). Regione Lazio, ricorso depositato il 10 aprile 1973, G. U. 18 aprile 1973, n. 102. d.I. 22 gennaio 1973, .n. 2, artt. 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 32 (artt. 20 e 36 dello Statuto speciale per la Regione siciliana). Regfone siciliana, ricorso depositato il 26 febbraio 1973, G. U. 7 marzo 1973, n. 62. d.I. 12 febbraio 1973, n. 8 (artt. 20, 21 e 36 dello Statuto spedale per la Regione 'Siciliana). Regione siciliana, ricorso depositato il 20 marzo 1973, G. U. 4 aprile 1973, n. 88. legge reg. sic. a.ppr. 21 marzo 1973 (Norme in materia sanitaria). Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ricorso deposi tato il 6 aprile 1973, G. r;. 18 aprile 1973, n. 102. I I INDICE BIBLIOGRAFICO delle opere acquistate dalla Biblioteca dell'Avvocatura Generale dello Stato AURITI G., Contributo allo studio del contratto di noleggio. Giuffr�, Milano, 1971. BAGNULO R., Le acque pubbliche neLla giurisprudenza. Cedam, Padova, 1973. BuzzELLI A., La sospensione condizionale della. pena sotto il profilo processuale. Giuffr�, Milano, 1972. CERVATI A. A., La delega legislativa. Giuffr�, Milano, 1972. CHERICONI E., Problemi e giurisprudenza su alcuni aspetti dello statuto dei lavoratori. Giuffr�, Milano, 1972. DATTOLA SANTO, Elementi di Diritto e Tecnica, Doganale. Giuffr�, Milano, 1972. DE LucA L., Diritto Ecclesiastico ed Esperienza Giuridica. Giuffr�, Milano, 1973. DURANTE A., Veicoli a moto1�e (Assicurazione obbligatoria, Risarcimento danno). Giuffr�, Milano, 1972. IsLE, Istituto Studi Legislativi, La Riforma Tributaria. Giuffr�, Milano, 1972. � LA MONICA M., 1 reati fallimentari. Giuffr�, Milano, 1972. LEVI SANDRI LIONELLO R., Istituzioni di Legislazione Sociale. (10" ediz.). Giuffr�, Milano, 1971. LOJACONO V., Gli atti di immissione (C:onsiderazioni di di!I'itto privato). Giuffr�, Milano, 1972. 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APPALTO Contratti della P.A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bollo -Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, artt. 27 e 28). Se sia legittima la decisione del presidente della gara di appalto ad offerta segreta di escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata non regolare agli effetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi l'apertura della relativa busta Segreta di offerta (n. 362). Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eser citi ligittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� commesse nella procedura concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da parte del presidente della gara, disponga la tardiva apertura della busta contenente l'offerta .segreta di un concorrente la .cui previa esclusione sia stata ritenuta illegittima (n. 362). ASSICURAZIONI Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali all'interno de.ZZe stazioni ferroviarie. (l. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1, d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2). Se sia obbligatoria l'assicurazione per la responsabilit� civile dei trattori appartenenti all'Amministrazione P.T., circolanti all'interno delle stazioni ferroviarie per il trasporto di dispacci postali dagli uffici ai treni e viceversa (n. 85). AUTOVEICOLI Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza -Sanzioni. (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121). Se la sanzione prevista dall'art. 10, settimo comma, cod. strad. debba applicarsi nell'ipotesi in cui, pur non essendo stata richiesta all'ente proprietario o concessionario della strada l'autorizzazione al� trasporto ecce 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zionale, ricorrano tuttavia le condizioni di cui all'art. 10, primo comma lett. b) cod. strad., ossia si tratti di trasporto eccezionale di cose divisibili con veicolo eccedente i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., ma al quale sia formalmente riconosciuta, sulla carta di circolazfone, una portata potenziale superiore (n. 76). Se, nella ipotesi in cui un veicolo esegua un trasporto eccezionale eccedendo i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., senza avere riconosciuta, sulla carta di circolazione, una portata potenziale superiore e senza l'autorizzazione dell'ente proprietario o concessionario della strada ai sensi dell'art. 10, cod. istrad., v.ada app1icata unicamente J.a sanzione di oui all'art. 33, settimo comma, codice strad. ovvero congiuntamente ad essa anche quella di cui all'art. 121, terzo comma, .cod. strad. (n. 76). Se la sanzione di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad., vada applicata nell'ipotesi in cui un veicolo, che non abbia portata potenziale superiore formalmente riconosciuta, esegua un trasporto non eccedendo i limiti di peso ex art. 33, cod. strad., ma solo la portata utile indicata nella carta di circolazione (n. 76). BONIFICA Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10). Se, qualora l'ope�ra autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la societ� concessionaria della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 11). CIRCOLAZIONE STRADALE Trasporti eccezionali -Limiti di peso e di portata -Eccedenza -Sanzioni.! (t.u. 15 giugno 1959, n. 393, artt. 10, 33, 121). Se la sanzione prevista dall'art. 10, settimo comma, cod. strad. debba applicarsi nell'ipotesi in cui, pur non essendo stata richiesta all'ente pro prietario o concessionario della strada l'autorizzazione al trasporto eccezio nale, ricOII'irano tuttavia le condizioni di cui aH.'art. 10, primo comma lett. b) cod. strad., ossia si tratti di trasporto eccezionale di cose divisibili con veicolo eccedente i limiti di peso ex art. 33 cod. strad., ma al quale sia formalmente riconosciuta, sulla carta di circolazione, una portata poten ziale superiore (n. 37). Se, nella ipotesi in cui un veicolo esegua un trasporto eccezionale eccedendo i limiti di peso ex art. 33, cod. strad., senza avere riconosciuta, sulla carta di circolazione, una portata potenziale superiore e senza l'auto rizzazione dell'ente proprietario o concessionario della strada ai sensi del l'art. 10, cod. strad., vada app1karta unicamente la ,sanzione di cui all'art. 33, settimo .comma, 1codioe stradale, ovvero congiuntamente ad e1ssa anche quella di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad. (n. 37). Se la sanzione di cui all'art. 121, terzo comma, cod. strad., vada ap plicata nell'ipotesi in cui un veicolo, . che non abbia portata potenziale superiore formalment� riconosciuta, esegua un trasporto non eccedendo i limiti di peso ex art. 33, cod. strad., ma solo la portata utile indicata nella carta di circolazione (n. 37). PARTE II, CONSULTAZIONI 49 COMUNI E PROVINCIE Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contri-' buto statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (l. 16 settembre 1960, n. 1014, art. 7; legge 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). Se i contributi annui erogati dallo Stato in :favore di Comuni e Provincie per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di pertinenza dei 1suddetti Enti locali, siano delegaibili a garanzia di mutui contratti per .il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica (n. 145). Contratti dei Comuni -Depositi cauziondli definitivi superiori a 3 mesi _, Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 26 e 28). Se i depositi cauzionali definitivi di durata superiore a 3 mesi, a garanzia di �contratti stipulati nell'interesse dei Comuni debbano esse�re eseguiti presso la Cassa Deposi.ti e Prestiti ovvero :possano e�sserio anche rpcresso le rispettive Tesorerie comunali (n. 146). COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA Comunit� economica europea -Disciplina depositi doganali e zone franche -Ammonizzazione -Stabilimenti industriali a regime di depositq1 franco. (d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36). Se le disposizioni di cui al d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, concernenti l'attuazione delle direttive comunitarie in materia di ammonizzazione della dtsciplina del perfezionamento attivo, dei deposi�ti doganali e delle zone franche, si applichino agli stabilimenti industriali autorizzati a reggersi in regime di deposito franco in virt� di ordine del cessato Governo militare alleato dell'ex territorio libero di Trieste (n. 8). CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti -Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario. (l. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.l. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186). Se la concessione originaria di ferrovia conservi la sua efficacia dopo la trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico (n. 115). Se nel caso di trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico e di alienazione dei beni ferroviari non pi� utili, la quota di spettanza del concessionario sul ricavato dall'alienazione vada calcolata dividendo il valore dei beni per ia durata complessiva della concessione ovvero per la durata che residua dopo l'avvenuta realizzazione degli impianti (n. 115). ' CONTABILITA' GENERALE DELLO STATO Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo -Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo. (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Se ai componenti estranei delle Commissioni giudfoatrid degli esami di abilitazione all'insegnamento medio competa il compenso, pari al trentesimo della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO riunioni della commissione, di cui all'art. 5, secondo comma del d.l. 7 maggo 1948, n. 1076, ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1, del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5 (opprure, in alternativa al gettone di presenza, i compensi e la indennit� di cui agli artt. 4 e segg. e 7 dello stesso d.P.R. rn. 5./56) (n. 268). Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo di una commissione giudicatrice di esami di abilitazione all'insegnamento� medio del compenso di cui all'art. 5, secondo comma, del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, secondo cui sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla P.A. ai !PI'Opri dipendenti, o�ve l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole convinzione, determinata dalla presenza di situazioni obbiettivamente controverse, che le somme in questione fossero effettivamente dovute (n. 268). Se iper il recupe1ro di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a titolo di compenso a componenti estranei del!te Commissioni giudicatrici di esami di abilitazione all'insegnamento medio possa procedersi mediante procedimento coattivo ai .sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 268). Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bono -Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, artt. 27 e 28). Se sia legittima la decisione del presidente della gara di appalto ad offerta .segreta di escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata non regolare agli affetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi l'apertura della relativa busta segreta di offerta (n. 269). Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eserciti legittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� commesse nella procedura concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da parte del presidente della gara, disponga la tardiva apertura della busta contenente l'offerta segreta di un concorrente la cui previa esclusione sia stata ritenuta illegittima (n. 269). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento diretto (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971, n. 889,. art. 9). Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano profes-� sionalmente autoservizi pubblici di Unea in concessione statale, siano titolari di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribu-� :tione del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 feb-� braio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi ed a garantire lo stato di efficienza del materiale (n. lOu). Se l'Amministriazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto. al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da un'azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sov- venzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straor dinari (n. 106). PARTE II, CONSULTAZIONI Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit� (l. 16 settembre 1960, n. 1014, art. 7; l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). Se i contributi annui erogati dallo Stato in favore di Comuni e Provincie per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di pertinenza dei suddetti Enti locali, siano delegabili a garanzia di mutui contratti per il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica (n. 107). � Mutui agevolati per opere turistico-alberghiere -Istruttoria preliminare Decisione di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri della P. A. (l. 22 luglio 1966, n. 614). Se la decisione di accoglibilit� delle domande di mutui a tasso agevolato, presentate da imprese operanti nel settore turistico-alberghiero ovvero da Enti locali e loro Consorzi, ai sensi della legge 22 luglio 1966, n. 614, resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annullata o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono elementi che inducano a diversa valutazione (n. 108). Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10). Se, qualora l'opera autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la societ� concessionaria della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 109). Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento Mu. tuo -Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette ospedaliere. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, art. 12). Se, a garanzia di mutuo concesso ad una Universit� per finanziare lavori di completamento del policlinico unive1�sitario, possano essere accettate, da parte dell'Amministrazione mutuante, delegazioni di pagamento sui proventi di rette ospedaliere, rilasciate da un Ente ospedaliero, secondo la previsione della convenzione stipulata tra l'Ente e l'Universit� (n. 110). DAZI DOGANALI Comunit� economica europea -Disciplina depositi doganali e zone fran-i che -Ammonizzazione -Stabilimenti industriali a regime di deposito, franco. (d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, art. 36). Se le disposizioni di cui al d.P.R. 30 dicembre 1969, n. 1133, concernenti l'attuazione deliLe direttive comunitari.e in mateiria di ammonizzazione della disciplina del perfezionamento attivo, dei depositi doganali e delle zone franche, si applichino agli stabilimenti industriali autorizzati a reggersi in regime di deposito franco in virt� di ordine del cessato Governo militare alleato dell'ex territorio libero di Trieste -(n. 67). -52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Diretti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi armate (l. 24 giugno 1971, n. 447). Se, ai fini della legge 24 giugno 1971, n. 447, che ha abolito i diritti amministrativi sulle importazioni di merci, con diversa decorrenza a seconda che le merci provengano o meno dalla e.E.E., l'importazione di navi armate possa considerarsi importazione di merci (n. 68). DEPOSITO Contratti dei Comuni -Depositi cauzionali definitivi superiori a 3 mesi -. Soggetto depositario (r.d. 12 febbraio 1911, n. 297, art. 179; r.d. 2 gennaio 1913, n. 453, art. 4; d.lgt. 23 marzo 1919, n. 1058, artt. 26 e 28). Se i depositi cauzionali definitivi di durata superiore a 3 mesi, a garanzia di 'contratti 1sti!pulati nell'interesse dei Comuni, debbano essere eseguiti presso la Cassa Depositi e Prestiti ovvero possano esserlo anche presso le rispettive Tesorerie comunali (n. 28). ESPROPRIAZIONE PUBBLICA UTILITA' Costruzione scuole e case per lavoratori -Decreto espropriazione -Indennit� -Determinazione -Criteri -Ius superveniens -Applicabilit�. (l. 20 marzo 1865, n. 2359, artt. 32 e 51; l. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 9, 13 segg.). Se, qualora la procedura di �espropriazione per pubblica utilit�, per la costruzione di scuole e di case per lavoratori, sia stata conclusa prima dell'entrata in vigore della legge 22 ottobre 1971, n. 865, l'impugnazione della stima vada proposta avanti il Tribunale entro 30 giorni dalla noti ficazione del decreto di espropriazione, ai sensi dell'art. 51, 1. 20 marzo 1865, n. 2359, ovv;ero avianti la Oorte d'appello entro 30 giorni dall'inser zione, nel foglio annunzi legali, dell'avviso di deposito della relazione del l'Ufficio Tecnico Erariale (n. 317). Se sia legittimo l'annullamento d'ufficio di un decreto di espropriazione per pubblica utilit�, per la costruzione di scuole e di case per lavoratori, emesso sotto il vigore della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che abbia deter minato l'indennit� ai sensi dell'art. 32 e segg. della legge 20 marzo 1865, n. 2359 e non gi� ai sensi dell'art. 16, 1. 22 ottobre 1971, n. 865 (n. 317). Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune (l. 3 dicembre 1964, n. 1259, art. 12). Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita delle zone colpite dal terremoto del 1962, avvenga automaticamente a seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del1' Amministrazione espropriante (n. 318). ! PARTE II, CONSULTAZIONI 53' FERROVIE Concessione ferroviaria -Trasformazione in servizio automobilistico -Effetti -Alienazione beni ferroviari -Quota spettante al concessionario (l. 2 agosto 1952, n. 1221; r.d.L. 14 ottobre 1932, n. 1496, art. 3; t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 186). Se la concessione originaria di ferrovia conservi la sua efficacia dopo la trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistco (n. 427). Se nel caso di trasformazione del servizio ferroviario in servizio automobilistico e di alienazione dei beni ferroviari non pi� utili, la quota di spettanza del concessionario sul ricavato dall'alienazione vada calcolata dividendo il valore dei beni per la durata complessiva della concessione ovvero per la durata che residua dopo l'avvenuta realizzazione degli impianti (n. 427). IGIENE E SANITA' Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). Se gli istituti clinici univer:si�tari (nella specie, Policlinico Gemelli dell'Universit� Catfolica del Sacro Cuore), equipamti ad ospedali regionali, possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto concerne il trattamento tributario (n. 9). Policlinico universitario -Lavori di completamento -Finanziamento -Mutuo -Garanzia -Delegazione di pagamento sui proventi di rette ospedaliere (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 32; d.m. 24 giugno 1971, art. 12). Se, a garanzia di mutuo concesso da una Universit� per finanziare lavori di completamento del policlinico universitario, possano essere accettate, da parte dell'Amministrazione mutuante, delegazioni di pagamento sui proventi di rette ospeda�iere, rilasciate da un Ente ospedaliero, secondo la previsione della convenzione stipulata tra l'Ente e l'Universit� (n 10). IMPIEGO PUBBLICO Commissione esami abilitazione all'insegnamneto -Componente estraneo Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Se 0ai componenti estranei delle Commissioni giudicatrici degli esami di abilitazone all'insegnamento medio competa il compenso, pari al trentesimo della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle riunioni deHa coonmi,ssione, di cui all'art. 5, secondo comma, del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076 ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1 del d.P.R 11 gennaio 1956, n. 5 (oppure, in alternativa del gettone di presenza, i �compensi e la indennU� di cui agli artt. 4 �e segg. e 7 dello ste�sso d.P.R. n. 556 (n. 751). 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo di una Commissione giudicatrice di esami di abilitazione all'insegnamento medio del compenso di cui all'art. 5, secondo comma, del d.1. 7 maggio 1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, secondo cui sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla P. A. ai propri dipendenti, ove l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole convinzione, determinata dalla pvesenza di situazioni obbiettivamente .controverse, che le somme in questione fossero effettivamente dovute (n. 751). Se per il recupero �di 1somme indebitamente eoxrisposte dalla P.A. a Utolo di eompenso a componenti estranei delle Commissioni giudicatrici di esami di abilitazione all'insegnamento medio rpossa procedersi mediante procedimento coattivo ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 751). Dipendente Ente pubblico -Promozione -Servizio prestato in Amministrazione statale -Riconoscimento. (t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 201). I Se ad un dipendente di Ente pubblico diverso dallo Stato spetti il riconoscimento, ai fini della valutazione per la promozione (nel caso: a primo archivista), del servizio precedentemente prestato in una Amministrazione statale (n. 752). l Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte i in causa. (l. lo dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio� 1957, n. 3, art. 33). I Se l'Amministrazione, che abbia partecivato al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili di cui sia stato parte un proprio dipendente, possa impugnare la sentenza, qualova l'ordine all'Amministrazione di corrispondere direttamente al coniuge �del dipendente statale una quota del :reddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della legge 1-0 dicembre 1970, n. 898, contenuto nella sentenza medesima, ecceda il limite del quinto di cui all'art. 33, ottavo comma del dP.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (753). Se, qualora l'Amministrazione sia rimasta estranea al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili, di cui sia stato parte un proprio dipendente, essa debba dare esecuzione alla sentenza, che contenga 1'011dine ad erssa Ammirnistrazione di corrispo.ndere direttamente al coniuge del dipendente statale una quota del reddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della ilegg.e 1-0 dfoembre 1970, n. 898, solo ned limiti del quinto della retribuzione di cui all'art. 33, ottavo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, ovvero nella misura, eventualmente eccedente il detto I P. limite fissato dal giudice (n. 753). f. >� ~ Impiegato pu.bblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare t Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Ius superveniens. (l. 8 giugno 1966, n. 424, artt. 1 e 2). ~ Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pensione e di ogni altro assegno od indennit� da liquidarsi alla cessazione del I I PARTE II, CONSULTAZIONI 55 rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano la perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto ra1pporto si:a venuto a cessare prima del 10 agosto 1966 (n. 754). Insegnante incaricato -Namina in ruolo con riserva -Scioglimento della riserva -Decorrenza giuridica della namina ex tunc -Effetti economici -Sospensione cautelare -Sanzione disciplinare definitiva -Assegni arretrati -Spettanza -Limiti. (l. 1� febbraio 1963, n. 357, art. 2; l. 19 marzo 1955, n. 160, artt. 20 e 21). Se, nell'ipotesi in cui un insegnante incaricato, gi� vincitore di concorso a cattedra di ruolo, venga nominato in ruolo con riserva di accertamento del requisito della buona condotta (allo stato mancante per pendenza di procedimento penale a carico), e successivamente, conclusosi il procedimento penale, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del reato per amnistia, si dia luogo alla definitiva nomina in iruolo con decoit'renza giuddica ex tunc, ~'insegnante abbi1a diritto agli assegni arretrati in qualit� di insegnante di ruolo a partire dalla data della decorrenza giuridica della nomina ovvero abbia diritto agli assegni in questione solo dalla data di effettiva assunzione nel servizio di ruolo (n. 755). Se un insegnante incaricato, sospeso cautelativamente dal servizio in pendenza di procedimento penale a carico, qualora il procedimento penale si concluda, in sede di revisione, con sentenza di estinzione del reato per amnistia e venga quindi applicata a suo carico una sanzione disciplinare non espulsiva di durata inferiore a quella della sosp,ensione cautelare sofferta, abbia diritto alla percezione degli assegni arretrati, in qualit� di insegnante incaricato, relativi al periodo di tempo in cui � stato in posizione di sospensione cautelare (n. 755). IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE Diritti amministrativi all'importazione -Abolizione -Importazione di navi armate. (l. 24 giugno 1971, n. 447). Se, ai fini della legge 24 giugno 1971, n. 474, che ha abolito i diritti amministrativi sulle importazioni di merci, con diversa decorrenza a seconda che le merci provengano o meno dalla e.E.E., l'importazione di navi armate possa considerarsi importazione di merci (n. 68). IMPOSTA DI BOLLO Contratti della P. A. -Licitazione privata -Documentazione dell'offerta Bollo -Insufficienza -Esclusione del concorrente. (d.P.R. 25 giugno 1953, n. 492, artt. 27 e 28). Se sia legittima la decisione del presidente del1a gara di appalto ad offerta segreta di �escludere il concorrente la cui domanda venga riscontrata non regolare agli effetti della legge sull'imposta di bollo ammettendosi l'apertura della relativa busta segreta di offerta (n. 47). , Se l'Autorit� cui compete la funzione deliberante nel contratto eserciti legittimamente il potere correttivo diretto ad eliminare le irregolarit� commesse nella ~rocedurra concorsuale quando, dopo l'aggiudicazione da parte del presidente della g,ara, disponga la tardiva aperturia della busta contenente l'offerta segreta di un concorrente la cui previa esclusione sia stata ritenuta illegittima (n. 47). 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). Se_ gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli dell'Universt� Cattolica del Sacro Cuore), equiparati ad ospedali regionali, possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto concerne il trattamento tributario (n. 48). IMPOSTA DI REGISTRO Avicoltura -Contratto di alle1iamento -Regime tributario. (cod. civ., articoli 1655 e 2170). Se i contratti di allevamento in avicoltura, ai fini tributari di registro, siano da qualificare come contratti di appalto ovvero di soccida (n. 383). Imposta graduale -Sentenza di condanna -Indennizzo per trasferimento impresa elettrica -Imponibiie. (r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 68; r1d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269, tab. all. A., art. 114; l. 6 dicembre 1962, n. 1643, art. 5, n. 5). Se l'imposta graduale di registro, di cui agli artt. 68 r.d.l. 30 dicembre 1923, n. 3269 e 114 tab. all. A, sulla sentenza che condanna l'ENEL a pagare, a titolo di indennizzo per il trasferimento di un'impresa elettrica, una I somma maggiore di quella determinata in sede amministrativa, vada applicata sull'imponibile rappresentato dall'intero ammontare della condanna ovvero soltanto su quello rappresentato dalla differenza tra l'ammontare della condanna e l'ammontare dell'indennizzo riconosciuto in sede amministrativa (n. 384). I I ;! Trasferimento fabbricato -Agevolazione -Trasferimento immobili da costruire -Applicabilit�. (d.l. 15 marzo 1965, n. 124, art. 44, primo comma). Se la riduzione dell'imposta di registro prevista dall'art. 44, primo comma, d.l. 15 marzo 1965, n. 124, convertita con modificazioni in L 13 maggio 1965, n. 431, per i trasferimenti a titolo oneroso e rpex i conferimenti in societ� di fabbricati, che avv�engano �entro un certo termine, sia applicabile ranch� ai contratti traslativi di immobili ancora da costruire (n. 385). IMPOSTE VARIE Istituti clinici universitari -Equiparazione ad ospedali regionali -Trattamento tributario. (l. 12 febbraio 1968, n. 132, art. 3; d.P.R. 27 maggio 1969, n. 129, art. 5; l. 24 luglio 1962, n. 1073, art. 45). Se gli istituti clinici universitari (nella specie, Policlinico Gemelli delil'Universit� Cattolica del Sacro Cuore), equirparati ad ospedali regionali, possano ritenersi equiparati all'Amministrazione dello Stato per quanto concerne il trattamento tributario (n. 67). Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena pecuniaria -Responsabilit� del legale rappresentante. (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12). Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione della sopratassa (n. 68). '! PARTE II, CONSULTAZIONI Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 68). ISTRUZIONE Commissione esami abilitazione all'insegnamento -Componente estraneo Compenso indebitamente corrisposto -Buona fede -Recupero coattivo. (d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, art. 5; t.u. 14 aprile 1910, n. 639). Se ai componenti estr.anei delle Commissioni giudicatrici degli esami di abilitazione all'insegnamento medio competa il compenso, (Pari al trente~ simo della retribuzione iniziale per ciascun giorno di partecipazione alle riunioni della commissione, di .cui all'art. 5, secondo �Comma, del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, ovvero solo il gettone di presenza ai sensi dell'art. 1 del d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 5 (oppure, in alternativa del gettone di presenza, i compensi e la indennit� di cui agli artt. 4 e segg. e 7 dello stesso d.P.R. n. 5/56 (n. 28). Se nella ipotesi di indebita corresponsione a un componente estraneo di una Commissione giudk�trke di �esami di abilitazione all'insegnamento medio del compenso �di cui all'art. 5, .secondo comma, �del d.l. 7 maggio 1948, n. 1076, possa dal percipiente invocarsi il principio giurisprudenziale, secondo �Cui ,sono irripetibili gli assegni indebitamente corrisposti dalla P.A. ai propri dipendenti, ove l'indebita percezione sia avvenuta nella ragionevole convinzione, determinata dalla presenza di situazioni obbiettivamente controverse, che le somme in�questione fossero effettivamente dovute (n.28). :Se il recupero di somme indebitamente �corrisposte dalla P.A. a titolo di compenso a componenti estranei delle Commissioni giudicatrici di esami di abilitazione all'insegnamento medio rpMsa procedersi med1ante procedimento coattivo ai sensi del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato (n. 28). Comuni e Provincie -Istruzione pubblica statale di pertinenza -Contributo statale -Delegazione -Mutuo -Finalit�. (l. 16 settembre 19601 n. 1014, art 7; l. 22 dicembre 1969, n. 964, art. 15). Se i contributi annui erogati dallo Stato in favore di Comuni e Provincie per far fronte alle spese relative all'istruzione pubblica statale di pertinenza dei 1suddetti Enti lo.cali, �siano delegabili a garanzia di mutui contratti per il raggiungimento di finalit� diverse dall'istruzione pubblica (n. 29). LAVORO Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS Versamento diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971, n. 889, art. 9). Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari di un diritto soggettivo ovvero di un interesse� legittimo alla attribuzione 58 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi ed a .garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 78), Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da un'azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sovvenzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straordinari (n. 78). MATRIMONIO Divorzio -Dipendente P. A. -Ordine di corresponsione diretta reddito al coniuge -Esecuzione -Eccedenza limite legale -Appello P. A. parte in causa. (l. 1� dicembre 1970, n. 898, art. 8; d.P.R. 10 gennaio IJ.957, n. 3, art. 33). Se l'Amministrazione, che abbia partecipato al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili di �cui sia .stato tparte un proprio dipendente, possa. impugnare la sentenza, qualora l'ordine all'Amminist: mzione di corrispondere direttamente al coniuge del dipendente statale una quota del il'eddito di lavoro ai sensi dell'art. 8, terzo comma, deUa legg.e 1� dicembre 1970, n. 898, contenuto niella sentenza medesima, ecceda il !limite del quinto di cui all'art. 33, ottavo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (n. 26). Se, qualora l'Amministrazione sia rimasta estranea al giudizio di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili, di cui sia stato parte un proprio dipendente, essa debba dare esecuzione alla sentenza, che contenga l'ordine ad essa Amministrazione di �corrispondere diirettamente al coniuge del dipendente statale una quota del reddito di lavoro ai sensi Idell"art. 8, terzo comma, della legge 1� dicembre 1970, n. 898, solo nei li:miti del quinto della retribuzione di cui all'art. '33, ottavo comma, del d.P.R... I ~ 10 gennaio 1957, n. 3, ovvero nella misura, eventualmente eccedente il detto limite fissato dal giudice (n. 26). OPERE PUBBLICHE I Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione aree -Assegnazione gratuita al Comune. (l. 3 dicembre 1964,. n. 1259, art. 12). Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita delle zone colpite dal terremoto del 1962,. avvenga automaticamente a seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!' Amministrazione espropriante (n. 102). I ~ ~ PENSIONI ~ Impfegato pubblico -Condanna penale o provvedimento disciplinare -1 Perdita pensione od altro trattamento -Ripristino -Lus superveniens. (l. 8 giugno 1966, _n, 424, artt. 1 e 2). Se la legge 8 giugno 1966, n. 424, che ripristina il trattamento di pen I sione e di ogni altro assegno di indennit� da liquidarsi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, abrogando le disposizioni che prevedevano I PARTE II, CONSULTAZIONI 1a perdita o riduzione di detto trattamento a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, sia applicabile anche qualora il predetto rappoo-to �sia venuto a oessar,e prima del 1� agosto 1966 (n. 140). POSTE E TELECOMUNICAZIONI Assicurazione obbligatoria -Veicoli adibiti al trasporto di dispacci postali aH'interno deHe stazioni ferroviarie. (L. 24 dicembre 1969, n. 990, art;. 1; d.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2). Se sia obbliiatoria l'assicurazione per la responsabilit� civile dei trattori appartenenti all'Amministrazione P. T., circolanti all'interno delle stazioni ferroviarie per il trasporto di dispacci postali dagli uffici ai treni e viceversa (n. 140). Comunicazioni telefoniche etc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza -Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa. (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen. art. 16). Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni telefoniche, telegrafiche e radi�elettriche senza la preventiva concessione, il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa di cui all'art. 178 codice postale (n. 141). � PROCEDIMENTO CIVILE Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� -Giudizio pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; c.p.c., art. 111). Se possa �consideratt1Si operativo, con effetto dal 1� aprile 1972, il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile :regionale (n. 48). Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente al quale � pendente procedimento giudiziale per-un fatto avvenuto prima del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione processuale dello Stato (n. 48). Trasferimento di beni o rapporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p.c. art. 111). Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente al quale � pendente procedimento giudiziale, sia applicabile l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il priviato e lo Stato (n. 49). REGIONI Foreste demaniali -Trasferimento alle Regioni -Operativit� -Giudizio pendente -Effetti. (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 11; d.P.R. 28 dicembre 1971, n. 1121, art. 1; c.p.c. 111). Se .possa considerarsi operativo, con effetto dal 1� aprile 1972, il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile regionale (n. 194). Se il trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO al quale � pendente procedimento giudiziale per un fatto avvenuto prima del trasferimento medesimo, comporti il venir meno della legittimazione processuale dello Stato (n. 194). Trasferimento di beni o 1�apporti -Giudizio pendente -Effetti. (c.p..c., art. 111). Se, nel caso di trasferimento alla Regione di un bene o rapporto relativamente 1al quale � pendente procedimento giudiziale, sia applicabile l'art. 111 c.p.c. nel senso che il processo continua tra il privato e lo Stato (n. 195). RICOSTRUZIONE Zone terremotate nel 1962 -Piano di ricostruzione e rinascita -Espropriazione aree -Assegnazione gratu.ita al Comune (l. 3 dicembre 1964J n. 1259, art. 12). Se l'assegnazione gratuita ai Comuni, da parte dell'Amministrazione statale espropriante, per l'attuazione dei piani di ricostruzione e rinascita delle zone colpite dal terremoto del 1962, avvenga automaticamente a seguito dell'espropriazione ovvero dipenda da un ulteriore intervento del!' Amministrazione espropriante (n. 21). SANZIONI AMMINISTRATIVE Comunicazioni telefoniche ecc. -Impianto od esercizio -Concessione -Mancanza -Divieto -Violazione -Estinzione del reato -Sopratassa (r.d. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 178; cod. pen., art. 16). Se per le violazioni al divieto di impianto od esercizio di comunicazioni telefoniche, telegrafiche e radioelettriche senza la preventiva concessione, il trasgressore, qualora il reato sia estinto per amnistia, sia tenuto a pagare, oltre ai canoni per il periodo di esercizio, anche la sopratassa di cui all'art. 178 codice postale (n. 3). STRADE Opere di bonifica -Contributi -Autostrada -Soggetto passivo. (r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10). Se, qualora l'opera autostradale tragga beneficio dai lavori di bonifica, al pagamento dei relativi contributi consortili sia tenuta la Societ� concessionaria della costruzione e dell'esercizio dell'autostrada (n. 96). TRASPORTO Azienda esercente pubblico autoservizio di trasporto -Contributo straordinario dello Stato -Posizione soggettiva -Debito verso l'INPS -Versamento diretto. (l. 25 febbraio 1971, n. 94; l. 29 ottobre 1971 n. 889, art. 9). Se gli Enti pubblici ed i privati imprenditori, che esercitano professionalmente autoservizi pubblici di linea in concessione statale, siano titolari di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo alla attribuzione PARTE II, CONSULTAZIONI del contributo straordinario dello Stato, previsto dalla legge 25 febbraio 1971, n. 94 e destinato ad assicurare la prosecuzione dei pubblici autoservizi ed a garantire lo stato di efficienza del materiale (n. 81). Se l'Amministrazione possa provvedere d'ufficio al versamento diretto al fondo di previdenza dei contributi dovuti per il personale da una azienda esercente pubblici servizi di trasporto, qualora detta azienda non sia sovvenzionata o sussidiata dallo Stato, ma fruisca soltanto di contributi straordinari (n. 81). TURISMO E SPORT Mutui agevolati per opere turistiche alberghiere -Istruttoria preliminare Decisione di accoglibilit� della domanda -Istruttoria definitiva -Poteri della P. A (l. 22 luglio 1966, n. 614). Se la decisione di accoglibilit� delle domande di mutui a tasse agevolate, presentate da imprese operanti nel settore turistico-alberghiero ovvero da Enti locali o loro Consorzi, ai sensi della legge 22 luglio 1966, n. 614, resa all'esito dell'istruttoria preliminare, possa essere legittimamente annul1ata o revocata qualora nel corso dell'istruttoria definitiva emergono elementi che inducano a diversa valutazione (n. 23). VIOLAZIONI TRIBUTARIE Violazione tributaria -Persona giuridica -Sopratassa -Ammenda -Pena pecuniaria -Responsabilit� del legale rappresentante (l. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 12). Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali sia prevista la sola sanzione della sopratassa (n. 4). Se sussista responsabilit� solidale del legale rappresentante di persona giuridica per violazioni tributarie per le quali siano previste le sanzioni dell'ammenda ovvero della pena pecuniaria (n. 4).