MARZO-APRILE 1971

ANNO XXlll-N. 2 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



�. 

Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1 9 7 1 



ABBONAMENTI� 

ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 7 .500 
UN NUMERO SEPARATO � .. .. .. .. � � � � .. � � � � 1.300 


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Stampato in Italia -Printed in TtaLy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu~lio 1966 


(1212173) Roma, 1971 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. 



/ 

INDICE 


Parte prima: GIURl'5PRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 
(a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 21 3 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE {a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIde/
l'avv. Benedetto Baccari) � 251 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
tro de Francisci) 
CIVILE (a cura 
. . 
dell'avv. 
. . 
Pie. 
� 297 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) . � � 339 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati 
Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 345 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura de/l'avv. 
Franco Carusi) . . . � � 478 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia di Be/monte) � 494 

Parte seconda�: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

R,ASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzel/a) pag. 43 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv: Arturo Marzano) � � 46 
CONSULTAZIONI ............. � 89 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 


ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


LA REDAZIONE, Sulla competenza territoriale degli uffici dell'Avvocatura 
dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . I, pag.. 300 

FA"."ARA .F:� .La prova per indizi e l'accertamento dei redditi 
imponibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, ,. 345 
ZAGARI G., Della titolarit� di una pretesa derivante da danni 
subiti ad opera di forze militari di occupazione . . . . . I, > 321 
ZAGARI G., Una questione di Giurisdizione in materia di domande 
proposte contro l'Amministrazione Italiana della Somalia 
relativamente ad una concessione assentita dalla precedente 
amm�inistrazione coloniale . . . � . . . . . . . . . I, > 269 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Obbligo 
della Stazione appaltante di 
assicurare all'appaltatore la giuridica 
possibilit� di compiere� i 
lavori affidategli -Sussiste -Applicazione 
ai casi di-illegittimit� 
della licenza edilizia, ove� sia necessaria 
per il compimento dei 
lavori appaltati -Possibilit� e 
oggetto della prova liberatoria, 

478. 
APPROVIGIONAMENTI E CONSUMI 


-Frodi nella preparazione e nel 
commercio dei mosti, vini e 
aceti -Divieto di zuccheraggio Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
218. 

ARBITRATO 

-Appalto di opere pubbliche Appalto 
di opera militare -Composizione 
del Collegio arbitrale Qualit� 
di funzionario della P. A. 
-Incapacit� assoluta -Esclusione 
-Possibilit� di porre un 
problema a incapacit� (relativa) 
dell'arbitro" funzionario della P. 

A. solo alle condizioni previste 
per la ricusazione ai sensi degli 
artt. 815 e 51 c.p.c., 483. 
- 
Appalto di opere pubbliche Appalto 
di opere militari -Composizione 
del Collegio arbitrale Disposizione 
a cui all'ultimo comma 
dell'art. 52 r.d. 17 marzo 1932, 

n. 
366 -Portata, 483. 
-Appalto di opere pubbliche -A:rbitr'ato 
fondato su norme di legge 
e regolamento -Composizione 
del Collegio arbitrale in modo 
difforme da quello previsto dal 
Capitolato generale statale -Nullit� 
del lodo -Sussiste -Necessit� 
della previa eccezione nel 

corso del giudizio arbitrale 


Esclusione, 487. 

ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE 


-In genere -Concorso di persone 
nel reato -Diff�erenza -Singoli 
delitti compiuti unificati dal vincolo 
della continuazione -Associazione 
per delinquer.e -Compatibilit�, 
496. 

-In genere -Variazione dell� per::: 
sone nel corso del tempo. -Conoscenza 
tra tutti i membri -Concorso 
di tutti alla consumazione 

.di ogni delitto -Irrilevanza Fondamento, 
496. 

AVVOCATURA DELLO STATO 

-Avvocatura Generale e Avvocature 
Distr�ettuali -Competenza 
territoriale dei .singoli uffici distrettuali 
.,. Violazione -Conseguenze 
-Nullit� assoluta degli 
atti processuali posti in essere, 

299. ' 
� - 
Incarico ad avvocati dello Stato 
di rappresentar.e e difendere le 
Amministrazioni in cause che si 
svolgono fuori della circoscrizione 
del loro ufficio -Onere di presentare 
al giudice il documento 
col quale l'avvocato generale ha 
conferito l'incarico, 300. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Domanda giudiziale presupponente 
l'accertamento negativo 
sull'efficacia vincolante di un atto 
legislativo -Difetto assoluto di 
giurisdizione, con nota di G. ZAGARI, 
269. 

-Elezioni -Controversie riguardanti 
l'ufficio di Consigliere regionale 
-Giurisdizione del Giudice 
ordinario, 251. 


RASSEGNA DELL'AVVO~ATURA DELLO STATO 

-Ferrovie -Trasporto di persone 
sulle Ferrovie dello Stato -Diritto 
al biglietto di abbonamento 
-Limiti -Effetti sulla giuri!�dizione, 
266. 

-Industria e commercio -Importazione 
-Integrazione prezzo di 
importazione -Concessione -Decadenza 
-Per omesso deposito in 
termine della dichiarazione di 
accettazione dei contratti -Impugnativa 
-Giurisdizione del 
C.d.S., 342. 

-Sicilia -Consiglio di Giustizia 
amministrativa -Sentenze -Ricorso 
alle Sezioni unite della Corte 
di Cassazione -Ammissibilit� 
-Limiti, 251. 

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA 
MAGISTRATURA 

-Collegio deliberante della Sezione 
disciplinare -Possibilit� di 
�esclusione di magistrati di merito 
-Illegittimit� costituzionale, 

230. 
-Sezione disciplinare -Mancata 
assistenza del difensore nella 
istruttoria -Dibattimento a por


. te chiuse -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 230. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contratti della P. A. -Alienazione 
beni immobili -Gara -Avviso 
d'asta -Pubblicit�-notizia Inosservanza 
dell'art. 18 r.d. 

n. 
454 del 1909 -Illegittimit�,
343. 
. . 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Giudice 
" a quo � -Commissione elettorale 
mandamentale -Inammissibilit� 
'della questione, 236. 

-Giudizi di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Giudice 
a quo � -Consiglio Superiore della 
Magistratura (Sezione disciplinare) 
-Ammissibilit� della questione, 
230. 

-Giudizi di legittimit� costituzionali 
in via incidentale -Intervento 
del Presidente del Consiglio 
dei Ministri -Termine di 
venti giorni dalla notifica del:l'ordinanza 
-Non computabilit� 
del tempo decorrente dalla notifica 
della pubblicazione sulla 
Gazzetta Ufficiale, 245. 

-Giudizi di legittimit� costituzio. 
nale in via incidentale � -Irrilevanza 
prima facie della questione 
-Inammissibilit�, 224. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Approvigionamenti e. consumi, 
Consiglio Superiore della Magistratura, 
Corte Costituzionale, 
Fallimento, Impiego pubblico, 
Imposte e tasse in genere, Lavoro, 
Matrimonio, Ordini professionali, 
Procedimento penale, Reati e pene, 
Reato. 

DANNI DI GUERRA 

-Contributo di ricostruzione -Domanda 
-Erronea interpretazione 
.come richiesta di indennizzo 


Fattispecie -Illegittimit�, 342. 

DEMANIO 

- 
Bellezze naturali -Distruzione o 

o deturpamento di bellezze naturali 
-Costruzione abusiva in 
zona soggetta a vincolo.paesaggistico 
-Reato permanente -Momento 
di cessazione della per\ 
manenza, 499. 

- 
Patrimonio artistico e storico Vincolo 
paesaggistico -Inclusione 
della localit� .tutelata nell'elenco 
della ~ammissione provinciale Sufficienza, 
499. 

ELEZIONI AMM:INISTRATIVE E 
POLITICHE 

-Pretesa all'immissione ed al mantenimento 
in ufficio pubblico Diritto 
soggettivo riflesso -Concetto 
ed effetti, 251. 


INDICE 
VII 

ENTRATE PATRIMONIALI DELLO 
STATO 

/ 

-Riscossione -Ingiunzione amministrativa 
-Presupposti, 314. 

ESPROiRIAZIONE PER P. U. 

-Concorso di pi� Enti nell'esecuzione 
dell'opera pubbli�a -Imputazione 
giuridica degli . effetti 
dell'attivit� compiuta, 306. 

-� 
�spropriazione a favore dell'Anas 
-Opposizione all'indennit� di 
espropri -Competenza per materia 
del Tribunale, 309. 

FALLIMENTO 

-Azione revocatoria -Riduzione 
del periodo sospetto a favore di 
Istituti esercenti di mediocredito 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 
220. 

GUERRA 

-Forze militari di occupazione Danni 
arrecati a civili -Titolarit� 
della pretesa risarcitoria, con nota 
di G. ZAGARI, 320. 

'' 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Assegni familiari per gli alimentandi 
-Requisito della convivenza 
a carico -Illegittimit�� costituzionale 
-Esclusione, 222. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

- 
Agevolazioni �per la costruzione 

�di case di abitazione non di lusso 
-Decadenza -Imposta ordinaria 
-Prescrizione -Normativa 
anteriore all'entrata in vigore 
della legge n. 35 del 1960, 358. 

-Agevolazioni per la costruzione 
di case dj. abitazione non di 
lusso -Decadenza -Imposta ordinaria 
-Prescrizione -Normativa 
di cui al d.l. n. 1150 del 
rn67 -Decorrenza, 358. 

-Agevolazioni per le opere �di interesse 
degli enti locali -Elenco 
delle opere ammesse -Art. 2 
legge 3 agosto 1949, n. 589 -:E /'tassativo, 423. 

-Agevolazioni per le opere di interesse 
degli enti locali -Strade 
comunali -Opere di completamento 
-Cilindratura e bitumatura 
di strade esistenti -Non � 
compresa nel concetto di �completamento, 
423. 

.-Aggiudicazione agli incanti 
Fondi rustici -Impossibilit� di 
applicazione del criterio automatico 
di valutazione -Arte 50 legge 
di registro -Illegittimit� costituzionale 
-Manifesta infondatezza, 
470. 

-Appalto -Vendita -Distinzione Criteri 
di cui alla legge 19 luglio 
1941, n. 771, 413. 

-Cessioni di credito verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi da 
aziende ed enti di crediti � favore 
di ditte commerciali o industriali 
-Aliquota dello 0,25 % 
di cui alla lettera e) dell'art. 4 
tariffa all. A della legge di registro 
-Correlazione fra i due negozi 
-Criteri di determinazione, 


361. 
-Cessioni di credito verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a :finanziamenti concessi da 
aziende ed enti di credito a favore 
di djtte commerciali e 'industriali 
-Aliquota dello 0'50 % 
di cui alla lettera b) dell'art. 4 
della tariffa all. A della legge di 
registro -Criteri di determinazione, 
361. 


-Cessioni di credito verso la �PubbUca 
Amministrazione in� relazione 
a :finanziamenti concessi da 
aziende od enti di credito a favore 
di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota dello 0,50 % 
di cui alla lettera b) dell'art. 4 
tariffa all. A della legge di registro 
-Criteri di determinazione, 
362. 


-Compravendita di fondi rustici -~ 
Sistema di valutazione tabellare 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Applicabilit� per la liquidazione 
della sola imposta complementare 
-Abrogazione dell'art. 43 
legge di registro -Esclusione, . 

470. 
- 
Concessione di pertinenza stradale 
per la costruzione di accesso a 
stazione di servizio automobili
�Stico e distribuzione carburanti Concessione 
amministrativa 
Tassabilit� ex art" 1 tariffa all. A, 

356. � 
-Concessione di pubblico servizio 
-Presupposti -Trasferimento 
al concessionario di poteri pubblici 
-Non � necessario, 377. 

-Forniture di merci alle pubbliche 
Amministrazioni -Aliquota del1'
1 % -Applicabilit� nel periodo 
compreso fra l'entrata in vigore 
della legge n. 261 del 1953 e della 
legge n. 603 del 1954, 352. 

-Occultamento di valore -Prova Accertamento 
della Polizia tributaria 
in sede di ispezione ai 
fini dell'l.G.E. -Legittimit�, 373. 

- 
Occultamento di valore -Prova 
dell'occultamento -Incensurabilit�, 
373. 

-Societ� -Aumento di capitale Imputazione 
di riserve -Imposta 
proporzionale, 392. 

-Somministrazione di acqua, gas 
ed energia elettrica -Contratti 
esenti da registrazione a termine 
fisso -Natura -Estensione, 387. 

-Termine per la registrazione Verbale 
di aggiudicazione -Tiene 
luogo del contratto, 409. 

-Trasferimenti a titolo oneroso Prezzi 
e corrispettivi -Concessione 
ad aedificandum su suolo 
demaniale -Opere costruite dal 
concessionario che saranno trasferite 
al concedente al termine 
della concessione -Costituiscono 
corrispettivo, 417. 

-Usufrutto -Denuncia di riilnione 
-Acc�rtamento -Valore stabilito 
in atto di compravendita 
. dello stesso bene -Irrilevanza Determinazione 
di ufficio del valore 
ai fini della riunione -Illegittimit�, 
429. 

-Valutazione automatica dei fondi 
rustici -Valore dichiarato superiore 
-Rilevanza ai fini della tassazione 
-Aggiudicazione agli incanti, 
469. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Esecuzione esattoriale -Opposizion� 
del cessionario di azienda Giurisdizione 
del giudice ordinario 
-Esclusione, 395. 

-Redditi di capitale -Esistenza del 
mutuo -Prova per presunzioni Am:
i:nissibilit�, con nota di F. FAVARA, 
345. 

-Responsabilit� del cessionario di 
azienda -Illegittimit� costituzionale 
-Manifesta infondatezza, 

395. 
-Responsabilit� del cessionario di 
azlenda -Riguarda anche le imposte 
dovute dal precedente affittuario, 
394. 

-Spese e passivit� deducibili Imposta 
sulle societ� -Natura Deducibilit� 
-Esclusione, 443. 

- 
Spese e passivit� deducibili Imposta 
.sulle societ� -Natura Deducibilit� 
-Esclusione, 444. 

IMPOSTA GENERALE SULL'EN-. 
TRATA. 

-Appalto e V�endita -Criteri di 
distinzione -Legge 19 luglio 1941, 

n. 
771 -Inapplicabilit� -Limiti,
380. 
. 
-Prodotti ortofrutticoli, uova, pollame 
e cacciagione -Trasferimenti 
anteriori all'immissione in 
consumo -Presuniione fiscale Sussiste 
-Onere della prova a 
carico del contribuente -Mezzi 
di prova ammessi, 405. 

IMPOSTA IPOTECARIA 

-Trascrizione di atti che trasferiscono 
diritti capaci di ipoteca Concessione 
ad aedificandum su 
suolo del demanio marittimo _., 
Tassabilit�, 417. 


INDICE IX 

IMPOSTA SULLE SOCIET� -Imposte indirette -Competenza 
e giurisdizione -Decisione della 
Commissione provinciale di Va


...:_ Questioni di legittimit� costitu


lutazione �che risolve questioni 


zionale delle norme istitutive per 

pregiudiziali di di~tto -Incom


contrasto con l'art. 653 Cost. 


petenza -Impugnazione al Tribu


Manifesta infondatezza, 443. 

nale ex art. 29 terzo con:ima r .d., 
7 agosto 1939, n. 1639 per difetto 
di calcolo e errore di apprezza'-
mento -Annullamento della de


IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

cisione impugnata per incompetenza 
della Commissione -Ne-
Esecuzione esattoriale � -Limitacessit�, 
436.. 
zioni dell'opposizione di terzo sui 

-Imposte indirette -Controversie

mobili pj.gnorati --Illegittimit� 

di valutazione -Decisi�ni della

costituzionale -Esclusione, 234. 

Commissione provinciale -Di


-Imposte Dirette -Legittimaziofetto 
di calcolo ed errore di apne 
-Adc;lizionali comunali e proprezzamento 
-Sindacato di legitvinciali 
-Riscossione con unico timit� del giudice ordinario -Inruolo 
unitamente alle imprese sufficienza dell'istruttoria -Non 
erar,iali -Azione di rimborso -giustifica il difetto di� calcolo Legittimazione 
dell'Amministra


-Eccez.ionale'�valutazione senza ri


zione Finanziaria dello Stato 


corso al calcolo -.Ammissibilit� 


Esclusione, 46,7. 

Condizioni -Impiego della co


-Imposte indirette -Accertamen-
mune esperienza -Esclusione, 
to -Nozione, 429. 401. 

-imposte indirette -Commissioni 

-Imposte indirette -Controversie

delle imposte -Questioni di di


di valutazione -Decisioni della'

ritto e questione di valutazione 


Commissione provinciale -Di


Ripartizione dei poteri -� que


fetto di calcolo e errore di ap


stione di competenza inderogabile 

prezzamento -Sindacato di le


e non di giurisdizione, 436. 

gittimit� del giudice ordinario _:_ 
Imposte indirette :.. Competeiiza Natura -Estensione, 400. 
delle Comissioni -Controversie 

-Imposte indirette -Opposizione

sulla natura agricola o edifica


ad ingiunzione fiscale -Domanda

toria di un terreno -� contro


nuova in appel1o -Richiesta di

versia di valut�zione -Compe


divj:?rsa agevolazione -Ammissi


tenza della Commissione di valu-� 

bilit� -Llmiti, 420.

tazione -Questione preliminare 
sulla interpretazione di norme o 


-Imposte indirette -Riscossione 


di_ atti amministrativi o nego


Ingiunzione -Opposizione -Posi


ziali -� questione di diritto -1

zione processuale delle parti 


Rimessione alla Sezione speciale 

Azione riconvenzionale della Fi


per la risoluzione della questiQne 

nanza -Non � necessaria, 420.

pregiudiziale -Necessit�, 436. 
-Procedimento innanzi alle Com


-Imposte indirette -Competenza 

missioni -Decisione della Com


delle, Comissjoni -Controversie 

missione C~trale --Esame del

agricola edifica


sulla natura o controricorso -Reiezione impli


toria di un terreno -Terreno at


cita -E sufficiente, 409. 

tualmente agricolo ma destinato 
ad utilizzazione urbana per scopo -Prcrcedimento innanzi alle Comdiverso 
dalla edificazione -Stramissioni 
-Impugnazione della Fide, 
parchi, aree urbane non edinanza 
-Atto di impugnazione e 
ficabili -� que1;Jtione di diritto -comunicazione dei motivi al conCompetenza1della 
Sezione Spetribuente 
-Distinzione -Motivaciale 
della Commissione Provinzione 
contenuta nell'atto presen-�ciale, 
436. tato nella segreteria della_ Com




X 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

missione -Comunicazione sommaria 
al contribuente -� sufficiente, 
409. 

LAVORO 

-Facolt� degli Ispettori del Lavoro 
di visitare cantieri, laboratori. ed 
opifici -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 226. 

MATRIMONIO 

-Concordato tra la S. Sede e l'Italia 
-Dispensabilit� dall'impedimento 
dell'affinit� in linea retta Diversit� 
di normativa rispetto al 
matrimonio civile -Violazione 
del principio� di eguaglianza Esclusione, 
244. 

-Concordato tra la S. Sede e l'Italia 
-Giurisdizione dei Tribunali 
ecclesiastici -Violazione del divieto 
di istituire giudizi speciali Esclusione, 
243. 

-Concordato tra la S. Sede e l'Italia 
-Trascrizione del matrimonio 
concordatario -Divieto di impugnahilit� 
per il nubente in stato 
di incapacit� naturale -Illegittimit� 
costituzionale, 244. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

..---Locazione -Ritardata restituzione 
della cbsa locata -Responsabilit� 
contrattuale -Danni -Disciplina, 
314. 

ORDINI PROFESSIONALI 

-Ordine dei giornalisti -Direzione 
qi giornali periodici di partifr,_ 
Limitazioni -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 215. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Telefoni e . telegrafi -Impiantiradi�elettrici completi -Detenzione 
con possibilit� di impiego Sussistenza 
del reato -Fattispecie 
relativa ad apparecchi forniti agli 

operai per l'eventuale uso �sul 

luogo di lavoro, 494. 

PREZZI 

-Industria e commercio -Importazione 
-Integrazione prezzo di 
importazione -Concessione -Decadenza 
-Per mancata tempestiva 
osservanza di una clausola Atto 
dovuto -Eccesso di potere Non 
sussiste, 342. 

-Industria e commercio -Importazione 
-Integrazione prezzo di 
importazione -Concessione -Dichiarazione 
di accettazione dei 
contratti -Termine per il deposito 
-Imposizione da parte del 
Comitato interminister.iale -Legittimit�, 
342. 

\ 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Notifica -Vizi -Sanatoria, 
317. 

-Appello -Remissione della causa 
'al Collegio -Produzione di nuovi 
documenti -Preclusione -Limiti,. 

297. 
-Cassazione -Ricorso incidentale 
-Questione non esaminata 
perch� assorbita -Inammissibilit�
� del ricorso, 307. 

-Opposizione di terzo -Presupposti 
-Pregiudizio del terzo Fattispecie, 
con nota di G. ZA. 
GARI, 320. 

- 
Regolamento di competenza -Poteri 
della Corte di Cassazione, 309. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Contestazione suppletiva -Legittimit� 
costituzionale -Concessione 
dei termini' a difesa Limitazione 
5 giorni -Illegittimit� 
costituzionale, 227. 

REATI E PENE 

-Minori degli anni 14 -Ricovero 
obbligatorio ed automatico in rl"." 
formatorio giudiziario -Illegittimit� 
costituzionale, 213. 



INDICE 
Xl 

REATO 

-Cospirazione poHt�ca -Compartecip.
e �e concorrente -Differenze, 
497. ' 

-Reati e pene -Delitto di rissa Aggravamento 
dell'uccisione o 
della lesione -Violazione del 
principio della personalit� della 
pena -Esclusione, 241. 

-Reati e pene -Delitti contro la 
moralit� e il buon costume -Errore 
sull'et� dell'off:eso -Violazione 
del principio della personalit� 
della pena -Esclusione, 239. 

-Reati e pene -Delitti contro la 
moralit� pubblica e il buon costume 
-Ignoranza dell'et� dell'offeso 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 239. 

-Reati e pene -Furto aggravato -
Abrnormit� dei massimi delitti Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
242. 

-Reati e pene -Possesso di strumenti 
atti ad aprire -Riferimento 
alle condizioni soggettive del 
prevenuto -illegittimit� costitu


j 

zionale, 236. 

-Reati e pene -Violazione degli 
obblighi e assistenza familiare Reciprocit� 
della partecipazione 
"<ilei coniugi agli oneri familiari Infondate:
t;za della questione, 224. 

STATO 'CIVILE 

-Figlio adulterino -Riconoscimento 
-Diniego -Mancanza dell'impedimento 
ex art. 231 cod. 

civ. -Fattispecie -lllegftt�mit� 
del diniego, 341. 
- 
Figlio legittimo -Conseguimento 
dello status -Formazione dell'atto 
di nascita -Necessit� -Presunzione 
ex art. 231 cod. civ. Funzione, 
340. 

TERREMOTI 

-Localit� sismiche -Elenco dei 
Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione 
-Attivit� vincolata 
-Conseguenza, 339. 

-Localit� sismiche -Elenco dei 
Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione 
-Inclusione di Comuni 
nell'elenco -Criteri-, 339. 

-Localit� sismiche -Elenco dei 
Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione 
-Inclusione o esclusione 
dei Comuni per tutto il 
territorio -Necessit� -Inclusione 

o esclusi<>ne solo di parte del territorio 
-Impossibilit�, 339. 
- 
Localit�. sismiche -Elenco dei 
Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione 
-Poteri del Miniistro 
-Disciplina transitoria per 
gli edifici in itinere -Illegittimit�, 
339. 

VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE 
E VALUTARIE 

-Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione 
-Interruzione -Verbale 
di accertamento di trasgressione Idoneit�, 
426. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 


20 gennaio 1971, n. 1 
20 gennaio 1971, n. 2 
20 gennaio 1971, n. 3 
20 gennaio 1971, n. 4 

20 gennaio 1971, n. 
20 gennaio 1971, n. 

2 febbraio 1971, 
2 febbraio 1971, 
2 febbraio 1971, 
2 fubbraio 1971, 
2 febbraio 1971, 
17 febbraio 1971, 
17 febbraio 1971, 
t 7 febbraio 1971, 
17 febbraio 1971, 
17 'febbraio 1971, 

1 marzo 1971, n. 

n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
n. 
5 

6 
10 
11 
12 
13 
14 
17 
19 
20 
21 
22 

30 


1 marzo 1971, n. 31 

1 marzo 1971, n. 32 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1855 . 
Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2160 
Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2164 
Sez. I, 7 nov�embre 1970, n. 2271 
Sez. I, 16 novembre 1970, n. 2421 
Sez. I, 7 dicembre 1970, n. 2580 
Sez. I, 10 dicembre 1970, n. 2629 
Sez. I, 7 gennaio 1971, n. 5 . . . 
Sez. I, 12 gennaio 1971, n. 34 . . 
Sez. I, 13 gennaio 1971, n. 42 . 
Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 89 
Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 90 
Sez. I, 18 gennaio 1971, n. 101 
Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 111 
Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 115 
Sez: I, 25 gennaio 1971, n. 157 
Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 198 
Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 202 

Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 204 

Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 207 

pag. 
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213 
215 
218 
220 
222 
224 
226 
227 
230 
234 
236 
236 
239 
239 
241 
242 
243 
244 
244 

345 
352 
356 
358 
361 
373 
377 
380 
387 
392 
394 
400 
297 
405 
409 
413 
417 
420.. 
423 
426 



XIII

INDICE 

'"299

Sez. I, 3 febbraio 1971, n. 241 pag. 
$ez. I, 5 febbraio 1971, n. 273 > 429 
Sez. Un., 5 febbraio 1971, n. 290 436

� 

Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 361 > 306 
Sez. I, 18 febbraio 1971, n. 413 362 
Sez. I, 25 febbraio 1971, n. 491 478 
Sez. Un., 1 marzo 1971, n. 509 443 
Sez. Un., 1 marzo 1971, n. �513 � 467 
Sez. Un., 1 marzo 1971, n. 514 443 
�sez. I, 2 marzo 1971, n. 524 . � '469 
Sez. I, 4 marzo 1971, n. 562 309

)) 

Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 674 251 
Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 676 � 266 
Sez. I, 16 marzo 1971, n. 734 � 470 
Sez. Un., 24 marzo 1971, n. 827 269

)) 

Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1059 � 317 
Sez. I, 15 aprHe 1971, n. 1060 483 

CORTE D'APPELLO 

Roma, 29 marzo 1969, n. 712 pag. 487 

TRIBUNALE 

Roma, Sez. I, 28 novembre 1968; n. 9761 . . . . . . . . . . pag. 320 

.. 

.GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSivLIO DI STATO 

Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 5 pag. 339 
Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 16 > 340 
Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 43 > 342 
Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 48 342 
Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 52 > 343 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 pag. 497 
Sez. III, 28 f.ebbraio 1970, n. 10 494 
Sez. III, 3 agosto 1970, n. 345 496 
Sez. III, 3 agosto 1970, n. 417 . 499 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 


RASSEGNA DI DOTTR~NA 

FRENI A. -GIUGNI G., Lo statuto dei lavoratori, Commento alla 
legge 20 maggio 1970, n. 300, Milano, Giuffr�, 1971, . . . 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Leggi e decreti (Segnalazioni) 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

codice penale, art. 164, quarto comma 
codice penale, art. 553 . . . . . . . 
codice di procedura penale, art. 28 . 
codice di procedura penale, art. 389, secondo comma . 
Codice penale militare di pace, art. 285, primo comma 
codice penale milita!'le di pace, art. 324, secondo comma 
codice penale militare di pace, art. 350, secondo comma 

r.d. 21 novembre 1923, n. 2480, art. 1, secondo comma 
legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 16 . . . . . 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 112,_ primo comma, 
art. 114, primo comma .......... . 
d.lg. 31 maggio 1946~ n. 561, art. 2, primo comma 

d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 3 . . . 
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico . . 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 

codice di procedura civile, artt. 82-87 . . 
codice penale, art. 168, primo comma, n. 2 
codice di procedura penale, art. 170 . . . 
codice di procedura penale, art. 304 bis e art. 304 ter 


e 304 quater� . . . . . . . . . . . . . . . . . 
codice di procedura penale, art. 366 . . . . . . . . 
codice penale militare di pace, art. 350, primo comma 
legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 34, quarto, quinto e 

sesto comma . . �. . . . . . . . . . . . . 
legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7, ultimo comma 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 121 . 
legge 24 aprile 1935, n. 740, art. 5 . . 
r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 12 bis 
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 21 . 
pag. 43 

pag. 46 
� 47 

,, 

47 
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xv

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 32, primo comma pag.~" 52 
legge 
9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, nn. 1 e 3, e allegata 
tabella di �coefficienti . . . . . . � 52 

d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 15, n. 7 . 
� 52 
d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 7 
� 52 
d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, art. 6 . . : 
> 53 
p.P.R. 
30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, sesto e settimo 
comma e, art. 112, primo comma 53
" 

legge 2 agosto 1967, n. 729, art. 3 . . . . . . . . . � 53 
legge 5 dicembre 1969, n. 932, art. 3 . . . . . . . ' . � 53 
legge 16 maggio 1970, n. 281, artt. 17 e 20, art. 20, terzo 

comma 
� 53 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 54 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atti al giudice di merito . . . . . . . . . . > 80 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Atti amministrativi . pag. 89 Imposta di ricchezza 
Bellezze artistiche e mobile pag. 94 
naturali 89 Imposte dirette � 94 

Circolazione stradale 89 Imposte e tasse � 94 
Comuni e provincie . � 89 Imposte varie . > 95 
Concessioni ammini-

Infortuni sul lavoro � 95

strative 
> 90 

Lavoro 
> 96

Concorsi 
� 90 

Locazione di cose � 96

Contributi 
� 90 

Mezzogiorno > 96

Costituzione > 90 

Obbligazioni e con-

Danni di guerra � 90 

tratti 
� 96

Dazi doganali � 91 

,. Opere pubbliche > 97

Demanio 
91 

Piani regolatori 
97

Edilizia economica e 

popolare > 91 Previdenza e assistenza � 97 
Esecuzione fiscale � 91 Proc~dimento penale 97

> 
Espropriazione per p.u. � 91 Regioni > 98 
Impiego pubblico � 92 Responsabilit� civile > 98 
Imposta di consumo � 92 Trasporti 98

" 

Imposta di registro � 92 Turismo e sports � 98 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE (*) 

� 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 1 -Pres. Branca -Rel. 
Capalozza -Pollanca (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
,� (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Reati e pene -Minori degli anni 14 -Ricovero obbligatorio ed auto


matico in riformatorio giudiziarfo -Illegittimit� costituzionale. 

� (Cost., art. 3; c.p. art. 224, comma secondo). 

� costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al principio costituzionale 
di eguagiianza, l'art. 224, secondo comma, Codice penale, nena 
parte in cui rende obbiigatorio ed automatico per i minori de.gii anni 14, 
il ricovero, per almeno tre anni, in riformatorio giudiziario (1). 

(Omissis). -3. -Non � a parlarsi di violazione dell'art. 27 della 
Costituzione, il quale, per giurisprudenza costante e anche recente di 
questa Corte, attiene soltanto alle pene (vedi, per le misure di .prevenzione 
della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, le sentnze n. 23 del 1964 
e n. 76 del 1970). 

�, del resto. da ricordare che, con le sentenze n. 19 del 1966 e n. 68 

del 19�67, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimit� 

costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice penale -che 

comprende l'ipotesi dell'art. 224, secondo comma -ritenendo che non 

siano violate le disposizioni costituzionali degli artt. 13, 24, 2:7 e 3�2 e 

ravvisando una sufficiente garanzia nella motivazione del provvedimento 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato 
anche l'avv. RAFFAELE CANANZI.1 


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 28 gennaio 1969 del 
'Giudice di sorveglianza presso il Tribunale dei Minorenni di Genova (Gazzetta 
Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). 
Sulla pericolosit� presunta la Corte si � pronunciata con 1e sentenze 
richiamate in motivazione 10 marzo 1966, n. 19 e 9 giugno 1967, n. 68 (rispettivamente 
in questa Rassegna, 1968, 276 e 1967, n. 496. 


In dottrina: RADAELLI, Centro di rieducazione, v. del Nuovissimo dige-� 
sto, �III, 110. 



214 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e nella previsione della revoca della misura di sicurezza, dopo la trascorrenza 
di un determinato lasso di tempo, giustificato dalla necessit� 
di un controllo sulle condizioni psichiche e sanitarie del soggetto (art. 207 
cod. pen., il quale statuisce, inoltre, che la revoca della misura di sicurezza 
possa essere anticipata con decreto del ministro della g.iustizia). 

Tali precedenti la .corte non ha ragione .di smentire, per ci� che 
attiene al principio generale e complessivo della pericolosit� presunta, 
entro i confini della pregressa prospettazione. che. in parte, corrisponde 
alla prospettazione attuale; non senza avvertire che, allora, non veniva 
direttamente in considerazione l'art. 224, secondo comma, cod. pen. Invero, 
il principio dell'applicazione obbligatoria di misure di sicurezza 
(detentive e non detentive: art. 2,15, cod. pen.) investe (o pu� investire) 
-oltrech� l'et� minore degli anni quattordici -altre svariate situazioni 
(et� tra gli anni quattordici e i diciotto; abitualit�. professionalri.t� e tendenza 
a delinquere; infermit� psichica, cronica intossicazione da alcool 

o da sostanze stupe~acenti e sordomutismo; ubriachezza abituale di 
sostanze stupefacenti, ecc.). ~ 
4. -Circa gli artt. 30 e 31, � stato obiettato che, proprio al fine di 
sostituire lo Stato alla famiglia e di conferh'gli la funzione educativa che 
i genitori non abbiano esplicato o non esplichino, la legge ha istituito 
centri di rieducazione per i minorenni, tra cui sono, appunto, i riformatori 
giudiziari. L'inidoneit� di questi centri (e di. questi riformatori) -� a 
causa della loro struttura e dell'ormai superato indirizzo pedagogico allo 
scopo per il quale sono stati predisposti riguarda la concreta organizzazione 
funzionale degli stessi ad opera della pubblica amministrazione 
e, in ultima analisi. postula l'intervento del legislatore. 
'5. -L'art. 3 della Costituzione appare, invece, per pi� versi vul


nerato. 

In primo luogo, situazioni diverse sono riguardate in modo identico: 

ed � pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l'art. 3 risulta 

violato non soltanto quando situazioni identiche vengono disciplinate in 

modo difforme dalla legge, bensi anche quando situazioni difformi ven


gono disciplinate in modo eguale (sentenze 'n. 53 del 1958 e n. 22 del 

1966). 

Non pu� negarsi davvero che diverso sia l'atteggiamento psichico, 
rispetto a una condotta qualsiasi (lecita o illecita o, pi� pertinentemente, 
rilevante dal punto di vista giuridico-penale), allorch� si tratti di un 
minore che si avvicini ai quattordici anni di et� (cio� sia in et� matrimoniale: 
art. 84. secondo comma, e.e.) e allorch� si tratti di un infante 


o di un bimbo in tenera et�. Con la disposizione impugnata, al limite, 
anche l'infante dovrebbe essere ristretto in riformatorio giudiziario, per 
pericolosit� presunta (il che, talvolta � avvenuto) : conseguenza, questa, 
tanto palesemente contraria a qualunque criterio di ragionevolezza, da .. 
costituire di per s� una condanna della norma da cui deriva. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 

6. -Non v'� dqbbio che la severa misura di sicurezza sia obb1fgatoriamente 
comminata nel presupposto della pericolosit� sociale del minore. 
Senonch�, la presunzione di pericolosit�, c~e negli altri casi previsti 
dal �codice si basa sull'id quod plerumque accidit, non ha fondamento 
allorch� si tratti ~ella nort j.mputabilit� del minore di anni quattordici: . 
ch�, al contrario, pu� ben dirsi che qui, data la giovanissima et� del 
soggetto, la pericolosit� rappresenti l'eccezione, per cui l'obb1igatoriet� 
ed automaticit� del ric;overo in riformatorio giudiziario non ha giustificazione 
alcuna. Da tale premessa muove la relazione ministeriale al 
recente disegno di legge che sopprime la norma denunciata (Atti del 
Senato, 5a Leg. doc. n. 3151). 
7. -La disposizione, dunque, va dichiarata illegittima per quanto 
concerne i minori degli anni quattordici. 
Superfluo ri.cordare che l'art. 2�24, .~econdo comma, � applicabile 
� anche a chi ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i diciotto, 
se egli sia riconosciuto non imputabile (terzo comma), e contin.er� ad 
essere applicato pur dopo la presente pronunzia di illegittimit� costituzionale: 
la questione relativa, essendo( estranea al giudizio a quo, non � 
stata sollevata, n� poteva esserlo, in questa sede. -� (Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 2 -Pres. Branca -Rel. 
Bonifacio� -Mignemi (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Cavalli). 

Ordini pr.ofessionali -Ordine dei giornalisti -Direzione di giornali 
per.iodici di partiti. -Limita~ioni -Illegittimit� costituzionale Esclusione. 
(Cost., art. 21, 3; legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 47, comma terzo). 

Non � fondata, sia con riferimento all'art. 21 �he aU'art. 3 della 
Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale deWart. 47, terzo 
comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione. 
di giornalista, che pone limitazioni alla direzione di giornali periodici 
di partiti, o di movimenti politici o sindacali (1). 

(Omissis). -1. -Ai sensi del terzo comma dell'art. 4'7 della legge 
3 febbraio 1963, n. 6�9 -nel testo quale risulta a seguito della dichiara


(1) La questione era stata proposta con ordiri.anza 4 :liebbraio 1969 
del 
Pretore di Catania (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). 
Le precedenti sentenze della Corte 10 luglio 1968, n. 98 e 23 marzo 



216 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione di parziale illegittimit� costituzionale pronunciata da questa Corte 
con sentenza n. 98 del 1968 -la legittimit� dell'affidamento della direzione 
di un giornale che sia organo di partiti o movimenti politici o di 
movimenti .sindacali a persona non iscritta nell'albo dei giornalisti e 
l'iscrizione provv�isoria del direttore nell'albo stesso vengono subordinate 
alla contemporanea nomina a vice direttore responsabile di un giornalista 
iscritto nell'elenco dei professionisti o dei pubblicisti. 

Questa disposizione, come risulta dalla complessa motivaziori.e dell'ordinanza 
di rimessione, viene denunziata dal pretore di Catania, in 
riferimento agli artt. 3 e 21 della Costituzione, non nella sua interezza, 
ma solo nella parte in cui essa si riferisce ad " una determinata categoria 
di periodici.�: pi� precisamente a quei periodici che n pretore definisce 
" a �Carattere ideologico � e che siano ed.iti e diretti dalla stessa persona. 
Proprio in relazione a siffatta categoria verrebbero meno, ad avviiso del 
giudice a quo, quelle ragioni di giustificazione della legge che la Corte 
mise in luce nelle sentenze nn. 11 e 98 del 1968, sicch� l'onere che la 
disposizione impugnata impone a chi vogHa dar vita ad un periodico del 
tipo descritto si risolverebbe in una illegittima menomazione del diritto 
di manifestare il proprio pensiero a mezzo della stampa (art. 21 Cost.) 
ed in una violazione del' principio di eguaglianza (.a!'lt. 3 Oost.) : dd. quest'ultimo, 
si precisa, sotto il profilo della discriminazione, che a causa 
del peso economico di quell'onere si determinerebbe fra i soggetti, secondo 
che �questi siano abbienti o non abbienti. 

2. -Partendo dai principi enunciati dalla Corte nelle due precedenti 
decisioni -e che non vengono rimessi in discussione dall'attuale ordinanza, 
tutta motivata sulla peculiarit� del particolare tipo di periodico 
in relazione al quale la questione viene proposta e delimitata -si deve 
escludere che la disposizione in esame comprometta la libert� riconosciuta 
e garantita dall'art. 211 della Costituzione. 
Giova ricordare che nella sentenza n. 918 del 1968, in sede di valutazione 
della legittimit� dell'obbligo di nominare il direttore ed il vice 
direttore responsabile dei comuni quotidiani e periodici fra gli iscritti 
nell'albo, la Corte afferm� che la funzione dell'Ordine, gi� nella precedente 
decisione n. 11 riconosciuta positivamente apprezzabile proprio sul 
piano dell'art. 21 della Costituzione, sarebbe frustrata ove i poteri direttivi 
di un giornale potessero essere affidati ad un soggetto non iscritto 
in uno degli elenchi dei pubblicisti o dei professionisti. Ed � di particolare 

1968 n. 11, sulla medesima legge, sono pubblicate in questa Rassegna, 1968, 
rispettiv;amente, 539 e 152, e note. 
Tali sentenze sono commentate, rispettivamente, da CHELI e da LEVI in 
Giur. costit., 1968, 332, e 1557. 
Si veda pure, Fors, Giornalisti (ordine dei), voce dell'E. dei dir., XVIII, 

723. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 

importanza che la qu'�stione, allora concernente l'art. 46 della� legge, 
venne esaminata non solo con riferimento alla libert� del giornalista, ma 
anche sotto il diverso profilo della � libert� di chi voglia dar vita ad un 
giornale�. 

Le stesse ragioni non possono non valere per l'art. 47 della legge 
-che stabilisce un regime di favore per una particolare categoria di 
giornali -e, pi� specificamente, per U caso ora prospettato dal pretore 
di Catania. 

Deve esser tenuto presente, anzitutto, che l'obbligo della registrazione 
e la preventiva nomina di un vice direttore responsabile riguardano 
esclusivamente i giornali quotidiani o periodici (legge 8 febbraio 1948, 

n. 47), sicch� la legge non pone ostacolo alcuno a che il soggetto manifesti 
il proprio pensiero con singoli stampati o con numeri unici. Ch� se, 
invece, l'interessato voglia dar vita ad un vero e proprio periodico, non 
� dato di vedere perch� questo, a causa di particolari caratteristiche, 
possa sottrarsi ad una disciplina che � stata riconosciuta costituzionalmente 
valida per ogni tipo di giornale. Essendo del tutto evidente che, 
ai fini che qui interessano, nessun rilievo possono avere il cosiddetto 
contenuto ideologico del periodico e la finalit� � di denuncia e di critica � 
che il soggetto si propone di perseguire, tutto si riduce a vedere se 
quando editore e direttore di uno dei giornali considerati dall'art. 47 si 
identificano nella stessa persona vengano a mancare quelle giustificazioni 
cost�tuziona1i che la Corte individu� nella precedente occasione. Ma a 
siffatto quesito deve darsi risposta negativa sulla base della considerazione 
che l'esigenza della vigilanza dell'Ordine sussiste anche quando 
l'editore assuma la direzione del giornale e, trattandosi di per.iodico di 
partito o movimento politico o sindacale, acquisti perci� titolo all'iscrizione 
provvisori� nell'albo: essendo in questo caso la responsabilit� sua 
limitata agli obblighi imposti dalle leggi civili e penali (art. 47, ultimo 
comma), occorre che egli sia affiancato da un giornalista che, .iscritto 
nell'elenco dei professionisti o dei pubblicisti, .risponda disciplinarmente 
� per eventuali comportamenti lesivi della dignit� sua e dei giornalisti 
che da lui dipendono ", (sent. n. 98 del 1968). Peraltro la �concentrazione 
nelle stesse mani del potere editoriale e del potere di direzione non 
vale ad escludere, certo, la necessit� della �vigilanza dell'Ordine, che non 
� predisposta, come mostra di ritenere d1 giudice a quo, a tutela della 
sola libert� dei singoli giornalisti, ma � strumento, sia pur mediato, di 
garanzia dell'interesse generale sottostante al diritto riconosciuto dall'art. 
21 della Costituzione. 

3. -La questione � infondata anche in ri_ferimento all'art. 3 della 
Costituzione. 
Conformemente ai principi desumibili dai precedenti giurisprudenziali 
di questa Corte, le norme che per lo svolgimento di determinate 
attivit� impongano oneri (direttamente o, come nel caso in esame, indi



218 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rettamente) patrimoniali e che, nella loro applicazione, inevitabilmente � 
comportano un peso maggiore o minore sec.ondo le capacit� economiche 
dei singoli soggetti, sono costituzionalmente illegittime, ove incidano 
sull'esercizio di diritti costituzfonalmente protettL solo allorch� esse non 
siano rivolte alla tutela di interessi rilevanti sul piano costituzionale 
(tale, ad es., era il caso della c. d. cautio pro expensis, dichiarata <illegittima 
con sent. n. 67 del 1960). Ora. nella specie, le ragioni che giustificano 
la disposizione in riferimento all'art. 21 della �costituzione dimostrano 
che l'obbligo di nominare un vice direttore responsabile fra gli iscritti 
nell'albo -e la cui osservanza pu�, certo, comportare un aggravio di 
spese -� � strumento di salvaguardia di un interesse generale a rilievo 
costituzionale: di tal che. la legge, imponendolo a chiunque vog,lia dar vita 
ad un giornale. non pu� essere considerata fonte di discriminazioni non 
consentite dall'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 3 -Pres. Branca -ReZ. 
Rocchetti -Bra.cesco ed altr:i (n. s.) e PreSlidente del Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Cavalli). 

Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com


mercio dei mosti, vini e aceti -1 Divieto di zuccheraggio -Illegitti' 


mit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 76; d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76). 


Non � fondata Za questione di legittimit� costituzionale, relativa ad 
eccesso rispetto aZZa Zegge di delegazione, deU'art. 76 d.P.R. 12 febbraio 
1965, n. 162, suZ divieto di zuccheraggio dei vini, in relazione alla disposizione 
del Trattato S'Ulla comunit� economica europea (1). 

I 

(Omissis). ~La legge 6 ottobre 1964, n. 991, delegava il Governo 
ad emanare norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel 
commercio dei mosti, vini e aceti e all'art. 2 stabiliva che, nell'emanare 
il decreto, si sarebbe dovuto "tener conto � della disciplina legislativa 
della materia negli Stati aderenti alla Comunit� economica europea e 

.delle norme riguardanti l'attuazione della politica agricola comune. 

(1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di 
merito. 
Sul medesimo testo unico, cfr. le precedenti sentenze della Corte 22 
marzo 1967, nn. 31, 32, 33 e coeva ordinanza n. 34, in questa Rassegna, 
1967, 217. 


Sui rapporti tra legislazione regionale e norme comunitarie cfr. 1a 
sentenza 8 luglio 1969, n. 120, in Giur. it., 196.9, I, 1824. " 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 

Quanto alla legislazione degli Stati appartenenti alia CEE, l'obbligo 
di tener conto di tale legislazione non poteva certo significare. cosi come 
nelle ordinanze si sostiene, che le emanande disposizioni dovevano recepire 
in tutto, o anche soltanto in parte, la normativa in. essa contenuta, 
ma faceva soltanto carico al Governo di averla presente nel formulare 
quelle disposizioni. al pi� per prendere da essa isp�razione in quelle parti 
che sembravano attagliarsi alle necessit� di regolamentazione della produzione 
vinicola nazionale. 

Pertanto, se � vero che il decreto. allorch� ha sancito e .sanzionato 
il divieto del c.d. zuccheraggio, non si � uniformato su tale punto -che 
era poi uno soltanto di quelli da regolare -alla legislazfone di quegli 
Stati, che in casi determinati lo consente. ci� non contraddice alla legge 
delegante che, come si � visto, null'altro prescriveva se non che di quella 
legislazione fosse tenuto conto, e cio� che se ne avesse notizia e conoscenza 
ai fini delle decisioni da assumere in merito alla emanazione della 
legge delegata. 

Quanto alla legislazione comunitaria vera e propria, e cio� degli 
organi della Comunit� economica europea, cui pure nell'art. 2 della legge 
delegante si fa riferimento, il discorso potrebbe essere diverso, o almeno 
pi� complesso, stante l'obbligatoriet� dei relativi regolamenti in tutti gli 
Stati membri (art. 1�6�1. comma secondo del Trattato di Roma. reso esecutivo 
con la legge 14 ottobre 1957, n. 1.203). Ma tale discorso non pu� 
essere, nel caso, proseguito perch�, �alla data della legge delegante come 
di queila delegata, mancavano norme comunitarie di riferimento, in 
quanto non erano ancora stati emanati i due regolamenti CEE 28 apr:ile 
1970, n. 816 e 817 che hanno regolato. sul piano tecnico, la materia di 
una disciplina comune del mercato vitivinicolo, sulla base di un anteriore 
regolamento del 4 aprile 196.2, che conteneva per� soltanto norme 
di carattere organizzativo. 

Peraltro, in tali regolamenti del 1970, bench� lo zuccheraggio sia, 

in casi determinati, consentito. si dispone �che esso pu� effettuarsi soltanto 

e nelle regioni viticole in cui tradizionalmente o eccezfonalmente prati


cato, conformemente alla legislazione esistente alla data di entrata in 

vigore> del regolamento CEE n. 816 che tale disposizione contiene al


l'articolo 19, n. 3. 

Il decreto quindi non solo non contrasta. n� lo poteva. con le norme 

comunitarie .in materia, perch� queste. alla data della sua pubblicazione, 

rion erano state ancora emanate. ma non contrasta nemmeno con quelle 

emanate successivamente, perch� queste rispettano, sul punto, le nor


mative anteriori dei~ingoli Stati. membri della Comunit�. 

Alla stregua delle suesposte considerazioni deve perci� concludersi 

che sono infondate le censure contenute nelle ordinanze in epigrafe, 

perch� la legge delegata non ha sul punto disatteso i �criteri della legge 

delegante e l'art. 76 della Costituzione non risulta pertanto violato. 


220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Parimenti infondata � l'altra censura. relativa a un preteso -c'lmtrasto 
tra l'art. 76 del decreto e l'art. 2 della legge ~i delega. 

Si sostiene al riguardo nelle ordinanze che, mentre quest'ultima 
disposizione stabiliva che il decreto avrebbe dovuto indicare � le aggiunte 
e i trattamenti consentiti e quelli che potranno essere di volta in volta 
consentiti � nel corso della produzione�e conservazione dei vini, il decreto 
nulla avrebbe disposto, quanto meno in ordine ai trattamenti eventualmente 
da consentirsi in via eccezionale. 


Ma un tale assunto � chiaramente resistito dal testo stesso della normativa 
contenuta nel decreto. Dispone infatti in proposito l'art. 5 n. 2 
del decreto che il Ministro per J.'agricoltura e foreste, di concerto, con 
quelli per l'industria e il commercio e per la sanit�, � autorizzato a consentire 
tutti gli altri trattamenti ed aggiunte di volta in volta riconosciuti 
rispondenti a criteri di razionale tecnica enologica ed a procedere � in 
relazione a nuove acquisizioni tecnico-scientifiche ed igienico-sanitarie, 
all'aggiornamento dei trattamenti e delle aggiunte prev-iste > nello stesso 
articolo. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 4 -Pres. Branca -) 
Rel. Oggioni -Fall. FEMI (avv. Satta) c. Istituto di Mediocredito 

I 
! 

delle Venezie (avv. Guarino) e Presidente del Consiglio dei Ministri 

(sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). 

~ 

Fallimento -Azione revocatoria -Riduzione del periodo sospetto a favore 
di Istituti esercenti il mediocredito --Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione. I 

!

(Cost., artt. 3, 24; legge 30 luglio 1959, n. 623, art. 20). 

i

Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a 

I 

quello di dife�sa, La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 20 della 
legge 30 luglio 1959, n. 623, che riduce a dieci giorni ii periodo sospetto 
per la revocatoria faHimentare, a fav<Yre degli Istituti autorizzati ad 
esercitare il credito a medio termine (1). 


(Omissis). -3. -Per l'esame della proposta questione di legittimit� 
costituzionale, va premesso che l'Istituto de quo � stato autorizzato te


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 novembre 1968 
del Tribuna1e di Padova (Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1969, n. 78). 
La sentenza 19 dicembre 1963, n. 166, citata in motivazione, leggesi in 
Giur. it., 1964, I, 260. 
In materia si v�eda Cass. 25 luglio 1966, n. 1337, Foro it., 1966, I, 2029, ~con 
nota. 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 221 

stualmente come " Ente di diritto pubblico �, ad esercitare i suoi c~mpiti 
statutari con decreto del Ministro del tesoro 24 maggio 1955 sulla base 
della legge 22 giugno 1950, n. 445, particolare alla materia. 

L'Istituto, i cui atti e le cui operazioni sono agevolati da esenzioni 
fiscali, a termini dell',art. 6 della legge ora citata e dell'art. 3 della legge 

n. 623 del 1959 (di cui fa parte l'art. 20 qui sottoposto a giudizio di legittimit�) 
ha finalit� cos� indicate nell'art. 1 di questa seconda legge: pro,. 
muovere lo sviluppo di attivit� produttive e valorizzare risorse econo1 


miche e possibilit� di lavoro. Aggiungasi �Che con la legge di proroga 
15 :febbraio 1967, n. 38, si � precisato, come altro motivo, quello di 
:favorire lo sviluppo tecnologico delle medie e piccole imprese industriali. 

Trattasi di un mezzo strumentale per l'attuazione di indirizzi di 
politica economica generale in tema di espansione e consolidamento della 
piccola e media industria, alla quale attuazione lo Stato concorre mediante 
contributo annuo in conto interessi (art. 4 stessa legge). 

L'Istituto appartiene all'ampia categoria di quegli enti di finanziamento 
che, vincolati a destinare il proprio � fondo di dotazione > al conseguimento 
di scopi .di �interesse generale, traggono, da quest'obbligo di 
destinazione, rilevanza pubblicistica al loro operare. 

Questi rilievi sono sufficienti per escludere l'esattezza di quanto si 
legge nell'ordinanza di rinvio che � gli istituti di finanziamento a medio 
termine svolgono attivit� sostanzialmente analoga a quella degli altri 
istituti di credito�. V'�, invero, uno scopo specifico che li distingue dagli 
altri: sicch� la questione di legittimit� posta dall'ordinanza in relazione 
al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione va riguardata 
tenendo conto degli elementi differenziali che caratterizzano il 
sistema. 

La norma dell'art. 20, che esclude l'incidenza dell'azione revocatoria 

fallimentare sugli atti di stipulazione di mutui a medio termine conclusi 

a favore delle piccole e medie industrie una volta che siano decorsi dieci 

giorni da detta stipulazione alla dichiarazione di fallimento, � assistita 

da motivi che i lavori preparatori (Commissioni parlamentare -Relazione 

ministeriale) pongono in evidenza, inquadrandoli tra i motivi generali 

della legge : :favor�ire al massimo l'incremento ed il funzionamento degli 

Istituti mutuanti mediante � incentivi � (� il titolo della legge) idonei a 

dilatare i settori d'investimento. 

La norma dell'art. 20 costituisce anch'essa una forma di incentiva


zione, in quanto, concedendo una particolare garanzia, tende ad evitare 

ogni remora all'operare di Istituti, meritevoli di affidamento e tali da 

giustificare la riduzfone del cosiddetto � periodo sospetto ,, in relazione 

all'esercizio dell'azione revocatoria. 

Non si tratta di disposizione anomala e singolare, bens� rispondente 

a direttive riconosciute valide anche in settar.i analoghi, in considera


zione della natura e posizione del soggeto mutuante. 


,J 

222 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Valga come esempio lo stesso art. 67 della legge fallimentare; il cui 
ultimo comma perviene ad eccettuare dalle condizioni temporali del


l'azione revocatoria gli istituti di credito fondiario, riguardo ai quali fin 
dal testo unico del 1905 (r.d. n. 646) erano riconosciute valide le iscri


zioni ipotecarie, purch� iscritte anch'esse almeno dieci giorni primo della 
pubblicazione della sentenza di fallimento. Questa Corte, con sentenza 

n. 166 del 1963 ha ritenuto legittima quest'ultima norma, escludendo 
trattarsi �H arbitraria discriminazione, contrastante con l'art. 3 della 
Costituzione, in danno di chi contrae mutui in genere, riconoscendo invece, 
alla norma una su a precisa e concreta giustifica.zione. Ad eguale 
conclusione deve addivenirsi nel caso in esame, trattandosi di normativa 
che regola una situazione differenziata, assistita, secondo l'apprezzamento 
del legislatore, dalla ragione di tutelare ed agevolare i~tituti, i cui interessi, 
per. la loro funzione economica-sociale, sono da considerarsi prevalenti, 
nella misura prevista e consentita, sugli interessi della massa fallimentare. 
4. -L'ordinanza prospetta un altro motivo di illegittimit� in riferimento 
all'art. 24 della Costituzione, sotto il profilo dell'incongruit� del 
termine di dieci giorni, che sarebbe assolutamente insufficiente all'adempimento 
degli atti occorrenti per consumare l'iter procedurale dalla ~eclaratoria 
di fallimento al promovimento del giudizio in revocazione. 
La questione non � fondata. Come si � dndicato nel numero precedente 
e eome risulta dalla formulazione letterale dell'art. 20, il termine 
di dieci giorni � disposto in funzione di determinare il periodo di compimento 
degli atti di diritto sostanzale che possano essere dichiarati caducabili 
e non gi� il compimento degli atti di rito, preliminari e successivi, 
necP-ssari per esercitare l'azione revocato:r;ia, per i quali atti l'ordinario 
diritto di difesa non risulta n� eliminato n� ridotto. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Branca -Rel. 
Verzi -Barbieri (n. c.). 


' 

Impiego pubblico -Assegni familiari per gli alimentandi -Requisito 
della convivenza a carico -Illegit1;imit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3, 4, 36, 38; d.1.1. 21 novembre 1945, n. 722, art. 2). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 

d.U. 21 novembre 1945 ,n. 722, che subordina la concessione deU'assegno � 
di famiglia per gli alimenti, a favore dei dipendenti di Enti pubblici 

\ 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 223 

-e diversamente da quanto � disposto per i dipendenti di Enti privati' alta 
convivenza a carico deU'impiegato (1). 

(Omissis). -La questione non � fondata. 

Fra i due ordinamenti del pubblico impiego e dell'impiego privato, 
esistono fondamentali differenze di organzizazi�ne, di struttura e di 
finalit�, per cui, i dipendenti� dell'uno e dell'altro vengono a trovarsi in 
condizioni differenti. E gi� con la sentenza n. 818, del 1963, questa Corte 
ha posto in rilievo che lo status inerente al�pubblico impiego, disciplinato 
da leggi che� regolano le assunzioni, ie promozioni, i trasferimenti, le 
�retribuzioni, ecc. non pu� essere posto sullo stesro piano di quello privato, 
dominato da norme prevalentemente economiche, sorrette dalla volont� 
dei GOntraenti. Dalla differente situazione di cui sopra, deriva la le.gittimit� 
della disciplina della aggiunta di famiglia, la quale si di:ffePenzia 
anche nel nome dagli assegni familiari spetanti ai lavoratori de_ll'i�npd.ego 

privato. 

La �c>onvivenza dei genitori sarebbe -secm;1do l'ordinanza -!irrile


vante, dal momento che. quel che appare .essenziale � soltanto la circo


stanza che allorquando sussistono le altre condizioni di legge, i genitori 

siano a r:arico del prestatore d'opera. 

Orbene, prescindendo dalla esattezza di tale osservazione, � sufficien


te considerare che la necessit� o meno di un requisito per la concessione 

di un beneficio non � di per s� problema di (legittimit� costituzion~, 

quanto piuttosto di politica legislativa. 

� esatto che lo stesso legislatore non ha pi� richiesto la convivenza 

per lll concessione degli assegni familiari ai dipendenti dell'impiego 

privato (d.l.C.P.S. 16 settembre 1946, n. 479) modificando all'uopo g1i � 

artt. 6 e 7 del d.l.lgt. 9 novembre 1944, n. 307, secondo i quali la con


vivenza era elemento di prova dell'essere a carico del prestatore d'opera, 

e si consideravano e conviventi i genitori quando gli stessi ed il lavora


tore riE>ultano compresi nello stesso stato anagrafico di famiglia >. Ed � 

certo ~he U medesimo principio potrebbe essere adottato per i dipendenti 

dello Stato e degli enti pubblici, ma il non averlo adottato non contrasta 

di per s� con principi di razionalit�. 

(1) La �questione era stata proposta con ordinanza 3 marzo 1969 del 
Giudice conciliatore di Verona (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). 
La sentenza 8 giugno 1963, n. 88, richiamata in motivazione � riportata 
su Foro it., 1963, I, 1093. 
Sui rapporti fra ordinamento del pubblico impiego e dell'4npiego privato 
si V<eda Corte cost. 13 gennaio 1966, n. 3 e 27 giugno 1968, n. 75 (in 
questa Rassegna, rispettivamente, 1966, 12 e 1968, 699). 

Sul pubblico impiego v. da ultimo Corte Cost. 6 novembre 1970, n. 152 e 
2 dicembre 1970, n. 179. 



224 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Infatti, dn tal caso non pu� negarsi che il legislatore si sia informato 
ad intuibili esigenze della pubblica amministrazione, quale la necessit� 

di evitare possibili frodi tanto pi� pregiudizievoli in quanto si tratta di 
pubblico interesse, oppure abbia considerato che la perdita in rari casi 
della aggiunta di famiglfa sia compensata da tanti altri vantaggi e 
garanzi<:> di cui non godono i dipendenti dell'impiego privato. 

Non risultano violati neppure gli artt. 4, 36 e 38 della Costituzionei 
il primo in quanto il riconoscimento a tutti i cittadini di un diritto al 
lavoro contiene unicamente un'affermazione sul piano costituzionale dell'importanza 
sociale del lavoro; il secondo perch� la proporzionalit� fra 
quantit� e qualit� del lavoro prestato e la retribuzione, non � menomata 
da particolari presupposti per il diritto dell'aggiunta di famiglia; ed il 
terzo perch� il diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale riguarda 
il cittadino inabile al lavoro sprovvisto dei mezzi di sussistenza, ~entre 
nel caso dn esame is tratta di diritti di lavoro, che rientrano se mai nella 
disciplina dell'art. 36 della Costituzione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONLAE, 20 gennaio 1971, n. 6 -Pres. Branca -Rel. 
Trimarchi -Paudolfi (n. c.). 

C~rte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale 
-Irrilevanza� prima facie� della questione -Inammissibilit�. 


Reato -Reati e pene -Violazione degli obblighi e assistenza familiare 


Reciprocit� della partecipazione dei coniugi agli oneri familiari �


Infondatezza della questione. 

(Cost., art. 3; c.p. art. 570). 

� inammissibile, per evidente difetto di rilevanza, la questrione di 

legittimit� costituzionale deUe norme del., codice di procedura civile 

(art. 707-708) rull'emanazione dei provvedimenti presidenziali in tema 

di separazione fra coniugi, comparsi senza l'assistenza di difensori, al


lorch� tali provvedimenti siano stati gi� emanati ed ii giudice a quo debba 

solo verificarne l'applicazione (1). 

Non � f<?ndata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 170 

codice penale essendo venuta meno ogni possibilit� di disparit� di trat


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 febbraio 1969 del 
Pretol'e di Bordighera (Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1969, n. 152). 
Le sentenze n. 70 ,e n. 133 del 1970 richiamate in motivazione sono,_ 
riportate su Foro it., 1970, I, 1828 ,e 2047 con note di richiamo. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 225 

tamento fra coniugi, per effetto della sentenza della Corte Costituzfimale 

n. 133 del 1970 (2). 
(Omissis). -Con l'ordinanza indicata in epigrafe il pretore di 
Bordighera denuncia, per violazione dell'art. 24, secondo comma, della 
Costituzione la norma per la quale nel procedimento di separazione personale 
dei coniugi il Presidente del tribunale pu� dare con ordinanza i 
provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse 
dei coniugi e della prole (art. 708, terzo comma, c.p.c.) e nonostante che 
i coniugi debbano comparire davanti a lui senza ;;tssistenza di difensori 
(art. 707, primo comma, dello stesso codice). 

La questione, cos� prospettata, appare alla Corte priva di rilevanza. 

Non � ,consentito infatti di :ritenere, come fa il giudice a quo, che 
la decisione di essa potesse e possa influire nel processo penale nel 
corso del quale si � avuta l'ordinanza di rimessione, " posto che l'imputato 
� stato tratto a giudizio� per non avere versato alla moglie la 
somma fissata dal Presidente del tribunale a norma dell'art. 708, terzo 
comma, c.p.c. �. 

Codesta valutazione della rilevanza risulta chiaramente viziata e 

nell'impostazione e nel procedimento. 

Il pretore, chiamato a pronunciarsi sulla responsabilit� ex art. 570 
del codice penale di un marito che non aveva corrisposto alla moglie 
l'assegno temporaneo concessole dal Presidente del tribunale a sensi 
del 'citato art. 708, terzo �comma, non avrebbe potuto, in funzione dell'accertamento 
del reato, sindacare la vaMdit~ e l'esecutivit� dell'ordinanza 
presidenziale e tanto meno revocarla o modificarla, dato che 
avrebbe dovuto assumere codesta ordinanza come puro e semplice elemento 
di fatto e quindi non operare alcuna indagine per la sua legittimit� 
costituzionale delle norme gi� applicate per la sua emissione. 

Della norma emergente dagM artt. 708, terzo comma, e 707, primo 

comma, � infatti prevista l'applicazione da parte del Presidente d�l tri


bunale; e quindi a questi, essendo la sua competenza di natura giurisdi


zionale, �e sempre che ritenga non soddisfatte le garanzie dell'art. 24, 

secondo comma, della Costituzione, spetta di sollevare la relativa que


stione. 

E per ci� la Corte (che alla conclusione ora indicata � pervenuta 

anche �in precedente occasione, con sentenza n. 70 del 1970) non pu� :non 

constatare l'evidente difetto di rilevanza per la questione come sopra 

sollevata e dichiararne, conseguentemente e per tale ragione, l'inammis


sibilit�. 

2. -Il pretore di Bordighera ha ritenuto inoltre che si potesse 
dubitare circa la legittimit� costituzionale dell'art. 570 del codice penale 
in relazione all'art. 145 �C.c., sotto il profilo che, disponendo quest'ultima " 
norma che il marito ha un obbligo assoluto di provvedere al manteni

226 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento della moglie e che la mogl.ie, invece, ha soltanto l'obblig(}'"di contribuire 
al mantenimento del marito, se questi non ha mezzi sufficienti, 
solo il marito -sotto il profilo della violazione degli obblighi di assistenza 
economico-finanziaria -potrebbe essere chiamato a rispondere 

del delitto p. e p. dall'art. 570. E che per ci� si avrebbe una evidente 
ed ingiustificata disparit� di trattamento tra i coniugi a cagione della 
differente condizione personale che violerebbe l'art. 29 della Costituzione. 

La questione �cos� posta deve dirsi infondata. 
A parte il fatto che _� difficile vedere corr�e da quella premessa, e 
cio� dall'essere entrambi i coniugi reciprocamente tenuti, sia pure a 

�condizioni differenti, al_mantenimento, si potesse pervenire alla indicata 
conclusione, � preclusiva di ogni discorso circa l'opinione espressa dal 
giudice a quo, la circostanza che con sentenza n, 133 del 1970 di questa 
Corte, � stata dichiarata la parziale illegittimit� costitu2)ionale dell'art. 
145 e.e. e ~he conseguentemente ogni coniuge � obbligato .a mantenere 
l'altro coniuge solo se questi non ha mezzi sufficienti. 

Risulta per ci� mancante la ragione che ii! pretore ha richiamato a 
� fondamento della sua denuncia. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2. febbraio 1971, n. 10 -Pres. Branca -
Rel. Chiarelli -Patrizi (avv. !emolo) e Presidente del Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). 

Lavoro -Facolt� degli ispettori del lavoro di visitare cantieri, laboratori 
ed opifi.c~ -Illeiaittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., art. 3, 14, 24; d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 8, secondo comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 8, 
secondo comma, d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, che autorizza gli ispettorati 
dei lavoro ad effettuare visite di controUo negli opifici, cantieri, stabilimenti 
sottoposti alla loro vigitanza (1). 

(1) La questione era .stata proposta con ordinanza 22 marzo 1969 del 
Pretore di Narni (Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1969, n. 145). 
Sulla libert� di domicilio cfr. le sentenze n. 45 del 1963 (Giur. ital. 
1963, I, 1, 1090) e n. 104 del 1969 (in questa Rassegna). 
Sui poteri dell'Ispettorato del lavoro si veda la sentenza n. 32 del 1965 
(in 
questa Rassegna, 289). 
In dottrina: SIMI, L'Ispettorato del lavoro organo di attuazione della 

legislazione sociale, in Rass. dir. lav., 1962, 1938; ARISTODEMO, Ispettorati del: 
lavoro e aziende nella disciplina della prevenzione infortuni, Roma, 1963. 
----'� 

l. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 227 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 11 -Pres. Branca -
Rel. Reale -Patrignani (n. c.). 

Procedimento penale -Contestazione suppletiva -Legittimit� costitu


zionale -Concessione dei termini a difesa -Limitazione a 5 giorni 


Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., artt. 24, 2; c.p.p. artt. 445, 446)._ 

Mentre non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'istituto della contestazione suppletiva 
prevista daWart. 445 Codice procedura penale, � fondata la questione 
relativa aWart. 446 dello stesso codice, nella parte in cui esclude 
che l'imputato possa chiedere, ed il giudice possa concedere, un termine 
maggiore di cinque giorni per preparare la difesa (1). 

(Omissis). -2. -La prima questione sulla costituzionalit� del'.' 
l'art. 445 non � fondata. 

L'istituto della contestazione suppletiva, come � noto, apporta un 
temperamento al priincipio della immutabilit� del-fatto dedotto nell'atto 
di imputazione, nei termini formalmente contestati a conclusione del 
procedimento istruttorio. � � 

Esso � volto ad armonizzare il diritto dell'imputato ad esercitare la 
difesa, nel rispetto del principio del contraddittorio, con le obiettive 
esigenze della giustizia penale. 

La contestazione in corso di dibatimento risponde, infatti, a finalit� 
di ordine processuale ispirate al criterio dell'economia dei giudizi (pur 
fondamentale nel sistema, come affermato da questa Corte con la sentenza 
n. 11 del 19�6�5~. nelle ipotesi in cui la connessione delle imputazioni 
induca a ravvisare, fra i diversi fatti contestati, una complementarit� 
di indagini e di accertamenti di merito, al fine della unit� e coerenza 
della decisione. 

Tale disciplina, in particolare, consente al giudice una pi� completa 
valutazione della fattispecie e, nel caso debba affermar.si la colpevolezza 
dell'imputato, un pi� probante giudizio della di lui capacit� a delinquere, 
ai fini della �irrogazione �oncreta della pena e delle eventuali altre 
misure. 

Va precisato che, nell'attuazione di questi principi, l'art. 445� pone 
espressamente limiti ben rigorosi. Per vero la nuova contestazione di 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1969 ,. 
della Corte di Appello di Venezia (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1969, n. 200). 
3 



228 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

imputazioni, ammessa nel corso del dibattimento �di primo� �grado, � 
subordinata sia alla presenza dell'imputato all'udienza (o del suo difensore, 
nei soli �casi in cui � a questi consentito di rappresentarlo con 
mandato speciale, ai sensi dell'art. 125 c.p.p.), sia al fatto che la competenza 
per materia in ordine ai nuovi reati, o comunque ai nuovi fatti, 
non appartenga ad un � giudice superiore o speciale �. � ammessa pertanto 
solo \I.a possibilit� �he, per effetto della connessione delle imputazioni, 
si verif�cl,ii . attrazione, nella competenza del giudice procedente, 
della �cognizione di reati altrimenti spettante a giudici aventi competenza 
inferiore. E ci�� secondo un criterio che questa Corte, con riguardo alla 
disciplina della competenza per connessione di cui agli artt. 45 e 46 
c.p.fP. (sentenza n. 130 del 1963), ha affermato non contrastante con ila 
garanzia del g.iudice naturale. 

Inoltre, come ~i � gi� ricordato, gli estremi di fatto del reato concorrente, 
della circostanza aggravante o delle ulteriori violazioni della legge 
penale configurabili nello schema della continuazione (art. 81, secondo 
comma, c.p.), debbono emergere dagli atti istruttor�i o dalle indagini 
dibattimentali. Il che ha'rilievo notevole ai fini dell'esercizio della difesa. 

N� vanno, infine, trascurati i limiti che, in ordine alla contestazione 

di reati concorrenti, sono stati precisati dalla giurisprudenza prevalente. 

Questa (a parte l'ipotesi assunta dalla dottrina nella figura del concorso 
formale di reati) inquadrando nel sistema la normativa in esame 
e in �considerazione appunto, �come si � accennato, delle esigenze del 
contraddittorio, ha affermato che, ai fini della contestazione dibattimentale, 
la nozione del reato concorrente comprende soltanto le fattispecie 
caratterizzate dalla connessione obiettiva, quale � indicata nell'art. 45 

n. 2 del codice di procedura penale. 
In tali sensi l'ambito di simili contestazioni re.sta circoscritto cos� 
alle >ipotesi di connessione teleologica o conseguenziale (in riferimento 
alle quali ha particolare rilievo an.che l'applicazione dell'aggravante di 
cui all'att. 61 n. 2. c.p.), come a quelle in cui sussista, tra le fattispecie 
oggetto dell'accusa, un nesso di occasionalit�. In virt� di questo si richiede 
un rapporto obiettivo di carattere temporale e spaziale, per effetto 

,del quale possa dir.si che l'un reato abbia dato pretesto ed opportunit� 

o costituisca circostanza di impulso e di agevolazione dell'altro. Donde 
la convenienza della contestualit� del procedimento e della unitaria ricostruzione 
critica delle prove. 
Dalle accennate nozfoni rimane, conseguentemente, esclusa la connessione 
meramente soggettiva, preveduta nei numeri 1 e 3, e quella di 
cui al n. 4 dell'art. 45 del codice di procedura penale. 

3. -In vista di tale suo contenuto _la disposizione denunziata non 
pu� non ritenersi compatibile con la garanzia costituzionale del diritto 
di difesa. Anche nella specie, infatti, deve affermarsi, secondo la costante. 
g.iurisprudenza di questa Corte, ehe il diritto in questione deve a:rmo/~ 




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 229 

nizzarsi con le particolari esigenze della giustizia penale, cui sono~~adattati 
i vari tipi di procedim~nto, i quali escludono talora pur la necessit� 
di una contestazione dell'imputazione in fase istruttoria. E ci� in quanto ,,..dall'applicazione 
deila norma stessa non pu� derivare effettiva menomazione 
o sacrificio all'esercizio della difesa. 

4. -A giudizio di fondatezza conduce, inveGe; l'esame della seconda 
questione sollevata dalla Corte d'appello� di� Venezia, in merito all'articolo 
446 del Codice di procedura penale, concernente appunto le modalit�.
di esercizio della difesa nell'ipotesi superiormente considerata.' 
Questa norma stabilisce che, verificandosi la contestazione dn oggetto, 
eccetto il caso c:Q.e .essa riguardi la recidiva, il .presidente del 
tribunale o il pretore avvert� Fimputat'o , che, p~r preparare la difesa, 
pu� chiedere un termine non maggiore di cinque giorni e non prorog�abile.. 
Se vi � richiesta, il giudice � tenuto a concedere detto termine, in 
mi.sura che la .giurisprudenza ammette sia fissata discrezionalmente, e".l 
a �sospendere in <'.onseguenza n dibattimento. 


Orbene nella fattispecie in esame il� termine predetto, per quanto 
riguard,a la misura massima consentita,'non trova giustificaziotle n� nella 


.immediatezza degli elementi probatori, �che questa Corte ha ritenuto 
legittimare l'esclusione/di un termine a difesa per i reati commessi in 
udienza (ai sensi .dell'art. 435 c.p.p. -.sent. n. 92/1967), e nemmeno nella 
semplicit� e speditezza delle prove riguardanti reati perseguibili mediante 
procedimento direttissimo e per i quali � stata parimenti ritenuta 
legittima la facoltativit� della concessione del termine ai sensi dell'articolo 
503, terzo comma, c.p.p. (sentenza sopra citata). Nel conferire, per 
cbntrei, al giudice una cosi Limitata discrezionalit� circa la misur� massima 
del termine predetto, per di pi� n,on prorogabile, la norma denunziata 
pu� risultare lesiva del diritto dell'imputato ad una difesa, il cui 
svolgimento sia congruamente adeguato alle effettive, essenziaM finalit� 
di giustizia. 

/ E ci� in quanto l'art. 446, mentre d� al giudice la facolt� di tener 
conto della lieve entit� delle nuove contestazioni, cons�ntendo, non senza 
razionale fondamento, �he sia disposto il rinvio anche ad horas del dibattimento, 
non permette, invece, che costituiscano oggetto di conveniente 
valutazione le esigenze della difesa, allorch� per la gravit� delle 
imputazioni o per altre circostanze, 1si rendano necessarie pi� complesse 
e lunghe indagini per l� ricerca delle prove o per lo studio e prospettazione 
delle questioni. 


Per le esposte considerazioni l'art. 446., primo comma, del codice 
di pro�edura penale deve dichiararsi in contrasto con l'art. 24, secondo 
comma, della Costituzione, nella parte in cui determina in cinque giorni 
la misura massima del termine a difesa, precludendo al giudice di fissarlo ~� 
eventualmente in misura maggiore. 


230 

RASSEGNA�DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZi�>NALE, 2 febbraio 1971, n. 12 -Pres. Branca Rei. 
Bonifacio -Montev�~ride e Albar,tese. 

Corte Costituzionale -Giudizio di legittimit� costituzionale in via 
incidentale -Giudice � a quo� -Consiglio Superiore della Magistratura 
(Sezione disciplinare) -Ammissibilit� della questione. 
(Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). ' 

Consiglio Superiore della Magistratura -Collegio deliberante della 
Sezione disciplinare -Possibilit� di esclusione di magistrati di 
merito -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 104; 1. 18 dicembre '196'1, n. 1198, a11. I). 

Consiglio Superiore della Magistratura -Sezione disciplinare -Mancata 
assistenza del difensore nell'istruttoria -Dibattimento a 
porte chiuse -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 24; r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, art. 34). 

� ammissibite la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale 
sollevata dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della 
Iylagistratura, cui va riconosciuta natura giurisdizionale (1). 

� fondata, con riferimento al principio dell'autogoverno della magistratura, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2.� comma primo, 
secondo, quarto in parte, e quinto, della legge 18 dicembre 1967, 

n. 1198, in quanto consentono la possibilit� che del Collegio giudicante 
della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura 
siano esclusi magistrati di Appello o di Tribunale (2). 
Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 34, 
secondo comma de�l r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, sulle guarentigie della 
Magistratura, relativamente alla mancata assistenza de�l difensore nell'istruttoria 
ed alla mancata pubblicit� del dibattimento� (3). 

(Omissis). -3. -In via preliminare si rende necessario accertare se 
le predette questioni siano state proposte, come richiede l'art. 1 della 
legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, da � un giudice nel corso di un giudizio >. 


La Corte ritiene che questo presupposto sussista nel caso in esame. 
Ai limitati fini che qui interessano, � sufficiente la constatazione, non 
controvertibile, che il legislatore, con espresse ed univoche statuizioni, 
ha conferito carattere giurisdizionale alla funzione ora esercitata dalla 
Sezione disciplinare del Consiglio .superiore della magistratura. A tutela 
dell'indipendenza dei magistrati la legislazione vigente -riconfermando 
un principio che gi� aveva ricevuto applicazione nell'ordinamento de


(1-3) La questione era stata proposta con due ordinanze del Consiglio ~� 
Superiore della Magistratura, Sezione disciplinare. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 231 

mocratico prefascista e che. ancor pi� valida giustificazione trova nella 
PoSizione che m.l'ordine giudiziario nel suo COlllrPlesso ed ad singoli suoi 
appartenenti riserva la Costituzione repubblicana -stabilisce che il . 

' I 

� procedimento disciplinare� si svolga .nelle forme e nei modi che sono 
tipici dei ,processo, affinch� . al provvedimento destinato ad incidere sullo 
stato dell'interessato, adottato con un atto che la legge definisce csen


-~ tenza � (cfr. la rubrica dell'art. 35 del r.d.l. n. 511 del 1946~ e contro il 
quale � ammesso il ricorso alle Sezioni unite della Cassazione (art. 17, 
ulti:rno comma, legge 24 marzo 195i8, n. 1915), si addivenga con le garanzie 
che sono proprie e tipich� della funzione giurisdizionale. E non � senza 
rilievo la circostanza.che il procedimento disciplinare a carico dei magistrati, 
a differenza dell'analogo procedimento a carico dei pubblici dipendenti, 
v;iene instaurato da un sbggetto (dal Ministro della giustizia, 
secottcif:o l!al't~ ltn, secondo comma. Cost.; anch,e d4;tl p~ocuratore generale 

.presso la .~Corte di �cassazione, in base all'art. 14 della legge 24 �marzo 
1958, n. I95), rispetto al quale il Consigliosuperiore � collocato mposizione 
-di assoluta estraneit� ed indipendenza.

I 

4. -Pass�ndo all'esame della Pr~ma questione, fi deve ribadire (cfr. 
sent. n ..44 del 19�68) che il Consiglio superiore � stato voluto dalla Costituzione 
in diretta attuazione del principio secondo il quale e la magistratura 
costituisce� un ordine autonomo.ed indipendente da ogni altro po. 
tere � (art. 10'4) e che, in funzione di siffatta garanzia, ad esso � stato 
riservato (art. 1();5) ogni provvedimento concernente .ilo stato dei magistrati 
sicch� l'effetto proprio del conferimento di tali attribuzioni al 
Consiglio /� quello di escludere, in materia; la competenza di altri pubblici 
\11)0teri e di impe�lire che l'esercizia di esse (salvo H caso dell'azione 
dis�ipU11EU'e) possa esse~e condizionato ad iniziative-,este~ne (cfr. sent. 

n. 168. del 1963). Ma, rispettata tale ri!serva, la legge -alla quale � 
dema:n.data, nell'ambito delle indicazioni fondamentali contenute nell'art. 
~O:~, la determinazione d.ella concreta struttura del Consiglio, ed 
�alll:l-~ua~e lo sj;esso art. 105 rinvia per la disciplina che deve presiedere 
all'eserciz:i� ~elle "funzioni ivi elencate -pu� legittimament� porre 
nor:.�e attinenti . all'organizzazione di quel consesso : e tali. sono., indub. 
biamente, quelle, che concernono l'istituzione di un'apposita sezione disciplinare� 
Dalle norme costituzionali di raffronto, m definitiva, non � 
data in al.cun modo la possibilit� di dedurre .che la Costituziqne abbia 
v~tuto che tutte le competenze/elencate nell'art. 105 siano esercitate dal 
Consiglio nel suo ptenum; ch�, invece, il largo spazio riservato al legislatore 
ordinario induce a negare l'esistenza di una siffatta diretiva. N� 
questa pu� Pi'cavarsi da un principio che, secondo la tesi sostenuta dalle 
parti, s�rebbe comune a tutti gli organi ai quali la� Costituzione direttamente 
attribuisce determinate competenze. principio del quale l'art. 72, 
terzo comma, darebbe indiretta conferma. Ed invero � da ritenere che ~ 

per quanto riguarda l'ordinamento di tali organi sia necessario tener 

\ 



RASSEGNA 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

conto, di volta in volta, della peculiarit� delle singole funzioni e del 
grado di maggiore o minore dettaglio col . quale. la Costituzione o leggi 
costituzionali ne abbiano disciplinato la struttura ed il funzionamento. 
E nella specie -come si � detto e come gi� fu messo in luce, ad altri 
effetti, nella sent. n. 16.S del 1963 -non c'� dubbio che gli artt. 104 
e 105 Cost. abbiano affidato al legislatore ordinario un ampio potere di 

�

organizzazione. 

Va peraltro aggiunto che, se nessun precetto costituzionale vieta 
l'articolazione del Consiglio .superiore in �sezioni, nel determinare la struttura 
di queste si deve rispetare l'autonomia del Consiglio, al quale va 
�demandata la scelta dei componenti, ed occorre necessariamente tener 
conto delle linee f9lldamentali secondo le quali, in conformit� dell'articolo 
104 Cost., rishlta strutturato il consesso. Con quest'ultima affermazione 
si vuol dire che il legislatore non pu� istituire sezioni deliberanti 
nelle quali non siano presenti componenti eletti dal Parlamento o componenti 
appartenenti ad una delle categorie di magistrati che concorrono 
alla formazione del Consiglio: e ci� non perch� in questo si faccia luogo 
a rappresentanza di interessi di gruppo-' il che sarebbe del tutto incon


. ciliabile con il carattere assolutamente generale degli interessi affidati 
alla cura di quell'organo -. ma in considerazione del fatto che le linee 
strutturali .segnate nell'art. 104 Cost., ispirate all'esigenza che all'esercizio 
dei de1icati coinpiti inerenti al governo della magistratura contribuiscono 
le diverse esperienze di cui le singole categorie sono portatrici, 
devono trovare ragionevole corrispondenza nelle singole sezioni, quando 
a queste siano commessi poteri deliberanti. 

'5. -Conforme ai prin�clpi ora enunciati � la struttura della Sezione 
disciplinare delineata-nell'art. 1 della legge impugnata, secondo il quale 
essa � �Composta dal vice presidente del Consiglio, �che la presiede di diritto, 
da cinque magistrati di cassazione (di cui due con ufficio direttivo), 
da tre magistrati di corte di appello, da� tre magistrati di tribunale e da 
tre componenti eletti dal Parlamento, tutti nominati per elezione dal 
Consiglio stesso. Risulta da ci� che tutte le categorie elettive che compongono 
il consesso unitario �concorrono -e, almeno, tendenzialmente, in 
modo proporzionale -a formare la Sezione, mentre, per quanto riguarda 
i membri di diritto, � da osservare �che il Presidente del Consiglio deve 
presiederla in alcuni casi ed in tutti gli altri ha facolt� di presiederla 
quando lo ritenga opportuno (art. 18 legge 24 marzo 1958, n. 195), e 
che l'esclusione del presidente e del procuratore generale della Corte di 
cassazione trova giustificazione, per il primo, nella circostanza che avverso 
le decisioni della Sezione � previsto il ricorso alle. Sezioni Unite 
dell'organo �che.egli presiede e, per il secondo, nell'attribuzione allo stesso 
della titolarit� dell'azione disciplinare, conferitagli dall'art. 14 della legge 
n. 195 del 19518' e della funzione requirente presso la Sezione stessa 

(art. 1, ultimo comma, legge n. 1198 del 1967). 


,; 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 233 

A diversa conclusione si deve invece pervenire per l'art. 2, secondo 
il quale, nell'ambito della sezione, il collegio �deliberante per il �singolo 
procedimento � composto, oltre che dal vice presid,ente, da due membri 
eletti dal Parlamento, da tre n:iagistrati di Cassazione (di cui uno con 
ufficio diretivo) e da tre magistrati di appello o di tribunale: tutti prescelti 
.col metodo del sorteggio fra i componenti della sezione. In base a 
quanto innanzi � stato precisato, la norma risulta viziata di illegittimit� 
costituzionale perch� consente che il singolo collegio possa risultare composto 
con l� totale esclusione dei magistrati di appello o dei magistrati 
di tribunale. Vero � che l'ultima parte del primo comma prevede che 
"almeno due� dei suddetti magistrati debbano appartenenre alla stessa 
categoria dell'incolpato e che il secondo comma stabilisce che, procedendosi 
nei confronti di un uditore o di un aggiunto, due dei componenti 
debbano essere magistrati di tribunale: ma � ovvio che anche in questi 
casi il meccanismo � tale da poter comportare l'�sclusione dal cellegio 
di tutti .i magistrati di appello o di tutti i magistrati di tribunale. E ri


. suita con ci� violato l'art. 104 Cost.� perch�, nell'esercizio di una delle 
pi� delicate competenze del ConSiglio, non � assicurata la presenza di 
tutte le categorie che, in base �lla stessa legge, concorrono alla formazione 
del consesso unitario. 

La dichiarazione di illegittimit� costituzionale deve necessariamente 
colpire, oltre �che il primo ed il secondo comma, anche: a) il quarto 
comma che -sulla imprescindibile base della struttura organizzativa . 
delineata nel primo comma -stabilisce una particolare composizione 
del collegio nell'ipotesi in cui siano sottoposti a procedimento disciplinare 
il primo presidente, il presidente aggiunto, il procuratore generale 
della Corte di cassazione o il presidente del tribunale superiore delle 
acque pubbliche: la dichiarazione di illegittimit� non riguarda, tuttavia, 
quella parte della disposizione che per le suddette ipotesi prevede che la 
Sezione sia presieduta dal Presidente d1 Consiglio; b) il quinto comma 
che, in diretta connessione col primo, stabilisce il metodo del sorteggio. 

6. -In conseguenza delle statuizioni �indicate nel numero pr�ecedente, 
la Sezione disciplinare eserciter� le sue funzioni nella struttura precisata 
dalle disposizioni per le quali non interviene la dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale. Il legislatore, tuttavia, dovr� p11ovvedere a dettare 
la disciplina per le supplenze che si rendessero necessarie ed a regolare 
il modo in cui, nei casi nei quali la presidenza viene assunta dal Presidente 
del Consiglio, debba farsi luogo all'esclusfone del collegio di uno 
dei tre componenti eletti dal Parlamento. 
7. -La seconda questione � infondata. Entrambe le ordinanze, partendo 
dal.presupposto che sia preclusa l'assistenza del difensore durante 
l'istruttoria, impugnano l'art. 34, secondo comma, del r.d.1. 31 maggio 
1946, n. 5�11. Ma tale artico!~ riguarda esclusivamente la fase dibattimentale, 
mentre quella .istruttoria trova la sua disciplina nell'art. 32 

234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che, nel terzo �Comma. rinvia alle norme relative all'istruttorfa'nei procedimenti 
penali " in quanto compatibili >; di tal che il dubbio di illegittimit� 
costituzionale prospettato dalle ordinanze avrebbe dovuto investire 
questa disposizione, che invece non � stata oggetto di denunzia. 

8. -Infondata � anche la questione concernente lo stesso ar:t. 3�4, 
secondo comma, nella parte in cui esso dispone che e la discussione ha 
luogo a porte chiuse �. 
Sebbene da nessuna delle singole norme costituzionali di raffronto 

indicante nell'ordinanza sia posta la regola della pubblicit� dei dibatti


menti giudiziari, la Corte -ribadendo quanto fu gi� affermato nella sen


tenza n. 2�5 del 19�65 -!itiene che essa sia coessenziale ai principi ai 

quali, in un ordinamento. democratico fondato sulla sovranit� popolare, 

deve conformarsi l'amministrazione della giusti~ia che in quella sovra


nit� trova fondamento (art. 101, primo comma, Cost.). 

Questa regola, tuttavia. come la Corte riconobbe nella� precedente 

ricordata occasione, pu� subire eccezioni, in riferimento a determinati 

procedimenti, quando esse abbiano obiettiva e razionale giustificazione.' 

E va qui precisato che, mentre quando si tratta del processo penale (per 

il quale la pubblicit� del dibattimento ha un valore particolarmente 

rilevante) le deroghe possono essere disposte solo a garanzia di beni a 

rilevanza costituzionale, negli altri casi pi� ampio potere discrezionale 

�deve esser riconosciuto al legislatore nella valutazione degli interessi 
che possano giustificare la �Celebrazione del dibatti,mento a porte chiuse. 
Tanto � a dir.si, in particolare, per il procedimento qui in esame, al 
quale, come innanzi si � detto, � stato dato carattere giurisdi~ionale solo 
in funzione di una pi� rigorosa tutela dell'indipendenza del singolo magistrato, 
senza, quindi, l'assoluta necessit� che esso soggiaccia a tutte 
le regole che sono proprie del processo penale. Di tal che non risulta 
illegittimo che il legislatore, valutandone la convenienza in relazione a 
ragionevoli esigenze di rispetto di interessi che travalicano quello �del 
singolo magistrato, abbia disposto che la discussione si svolga a porte 
chiuse. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 13 -Pres. Branca -
Rel. Oggioni -Abbaticola (n. c.). 

Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Limitazioni dell'op


~ 

posizione di terzo sui mobili pignorati -Illegittimit� costituzio


nale -Esclusione. 

(Cost., art. 113, 42; d.P.R. 20 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. a). 

Non � fondata, con riferimento sia al diritto di difesa contro ta 

P.A. che alla tutela del diritto di propriet�, la questione di legittimit� 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 235 

.. 

costituzionaie deU'art. 207, iettera a testo unico suite imposte dtrette 
29 gennaio 1958, n. 645, neLia parte in cui iimita t'opposizione dei terzo 
aU'esecuzione esattoriaie sui mobiii pignorati ne�iia casa di abitazione del 
contribuente (1). 

(Omissis). -2. -La questione non � fondata~ 

L'art. 207 lettera a del vigente testo unico sopra~dicato (uguale 
disposizione trovavasi inserita nel precedente testo unico per effetto dell'art. 
18 della legge 16 giugno 1939, n. 242) risulta dettato, come spiega 
la relazione �ministeriale, da.Jla finalit� di salvaguardare i diritti dell'Erario, 
nella risc!lssione dei tributi, contro possibili frodi, facili ad 
attuarsi se all'aggiudicazione, in precedente asta esattoriale di beni pignorati, 
facciano...seguito, da parte del terzo aggiudicatario, atti di dispo.sizione 
dei beni stessi, che consentano al contribuente esecutato di continuare 
a possederli nella propria casa di abitazione. 

Perci� occorre che l'aggiudicatario, se vuol salvare a s� quei beni, 
li asporti dalla casa del debitore. 

I~ riferimento alla localizzazione del bene nella casa del debitore, 
di �cu( all'art. 207 Jettera a, s'inquadra, sia nel sistema generale del diritto 
comune (dove, in materia di privilegi su mobili, la localizzazione 
assume rilievo �Condizionante -artt. 2766-�27�60, 2761-217�64 e.e. -oltre 
che in materia di opposizione all'esecuzione da parte della moglie del 
debitore -art. 622 c.p.c.) sia nel sistema del diritto tributario (uguale 
posizione � indicata nella lettera b dello stesso art. 207 t.u.). 

Le ragioni, particolari e sistematiche, della disposizione conducono 
ad escluderne il denunciato contrasto con gli artt. 113 e 42 della Costituzione. 


3. -L'art. 113 non � violato perch� il diritto a tutela giurisdizionale 
contro atti della pubblica Amministrazione non risulta eluso in conseguenza 
della prospettata situazione. 
Quanto dispone il testo unico attiene alla disciplina sostanziale del 
rapporto di imposta. Pertanto (come questa Corte ha ritenuto con sentenza 
n. 12;9 del 1968 in relazione alla lettera b dello stesso art. 207) se, 
allo scopo di garantire la realizzazione di un credito fiscale, la legge ha 
operaito sul diritto soggettivo relativo al obene sottoposto aid esecuzione 
esattoriale, non pu� essere invocata, per contrastarne la legittimit�, una 
tutela giurisdizionale che superi i limiti posti dal diritto. sostanziale. 

Nemmeno sussiste alcuna violazione dell'art. 42, se�condo e terzo 
comma, della Costituzione. 

(1) La question� era stata proposta con ordinanza 18 dicembre 1968 
del Pretore di Nard� (Gazzetta Ufficiate 26 marzo 1969, n. 78). 

236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'ipotesi di una espropriazione per motivi di interesse gei:ierale, 
accompagnata ad indennizzo, � estrane~ a quella di una assicurata sottoposizione 
del bene ad esecuzione forzata, in relazione al sistema <!:elle 
garanzie patrimoniali dell'obbligazione tributaria (sentenze nn. 42 e 93 
del 1964). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 14 -Pres. Branca Rei. 
Capalozza -Monti (n. c.). 

Reato -Reati e pene -Possesso di strumenti atti ad aprire -Riferi


mento alle condizioni soggettive del prevenuto -Illegittimit� co


stituzionale. 

(Cost., art. 3; c.p. art. 707). 

� fondata la questione di le.gittimit� costituzionale d�ll'art. 707 
Codice penale, limitatamente al~a parte in cui fa richiamo alle condizioni 
personali di condannato per mendicit�, di ammonito, di sottoposto 
a misura di1sicurezza personale o a cauzione di buona condotta (1). 

(1) La .questione era stat;;i proposta con varie ordinanze di giudici di 
merito. 
Per l'analoga dichiarazione di incostituzionalit� dell'art. 708 c.p., cfr. 
la sentenza della Corte, 2 luglio 1968, n. 110, in questa R'!ssegna, 1968, 889. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 17 -Pres. Branca Rei. 
Mortati -Magini (n. c.). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci


dentale -Giudice� a quo� -Commissione elettorale mandamen


tale -Inammissibilit� della questione. 

(Cost., art. 1.34; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). 

� inammissibile la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale 
d.ella legge 25 novembre 1926, n. 2008, istitutiva del Tribunale 
Speciale per la difesa dello Stato, proposta da una Commissione elettorale 
mandamentale, che non ha natura giurisdizionale (1). 

(1) La questione era stata p�roposta con ordinanza 7 giugno 19�69 della 
Commissione elettorale mandamentale di Recanati (Gazzetta Ufficiale 6 
agosto 1969, n. 200). , 
Per una rassegna di giurisprudenza e di dottrina sulla questione v. nota� I 
a questa �sentenza in Foro it., 1971, I, 531. l 

i 

I 

I 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 237 

(Omissis). -1. -L'ordinanza emessa dalla CommiSsione elettorale 
mandamentale di Recanati, nel denunciare, per violazione degli artt. 3, 
24, 25 e dell'intero titolo IV della Costituzione, la legge 25 novembre 
1926, n. 2008, istitutiva del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, 
nonch� il r.d. 12 dicembre l9126, n. 2062, di attuazione.della precedente, 
ed il d.1.1. 5 ottobre 19�44, � n. 316, sulla revisione delle sentenze di condanna 
emesse da detto tribunale, si d� carico di mettere in rilievo gli � 
elementi dai quali si dovrebbe argomentare la natura di organo giurisdizionale 
rivestita dalla. Commissione, e quindi la �mmissibilit� ~iella 
proposizione della questione. 

2. -L'esame compiuto pregiudizialmente in ordine a tale punto 
indu�e a far r.itenere non fondate le deduzioni dell'ordinanza (n� altre 
addotte da una parte della dottrina) circa il carattere di giurisdizione
�

speciale che si assume essere rivestita dalla Commissione allorch� pr�ov


���vede alla .decisione sui ricorsi relativi alle iscrizioni nelle liste elettorali; 
giurisdizione che, ai sensi della VI disposizione transitoria, non sarebbe 
contrastante con l'art. 102, dato che preesisteva alla entrata !in vigore 
della Costituzione (d.1.l. n. 247 de 1 1944, modificato con la legge 7 ottobre 
1947, n. 10�5-S.) e non � stata sottoposta a revisione post-costituzionale. 
Risulta dagli artt. 16, 18 e 28 del t.u. n. 223 del 1967 che la Commissione 
elettorale comunale � propone ,. le iscrizioni e le cancellazioni 
negli elenchi predisposti in occasione della revisione semestrale delle 
'liste' elettorali; invita poi chiunque intenda avanzare ricorso alla commissione 
mandamentale contro dette operazioni a farlo nei termini ivi 
stabiliti, ed infine, decorsi tali termini, trasmette tutti gli elenchi, i ricorsi 

e .i verbali delle operazioni a detta commissione. 
Quest'ultima, ai sensi del successivo art. 29, esamina tutte le opera~
ioni gi� compiute, cancella . d'ufficio dagli elenchi i cittadini indebitamente 
proposti per la iscrizione o la canceUazione, decide sulle dotnande 
nuove ad essa direttamente �indirizzate, ed infine pronuncia sui ricorsi 
avverso le ~ropost~. della Commi~sione comunale. Da tale normativa 
emerge chiaramente come le Commissioni mandamentali operino non 
gi� quali �organi di secondo grado, di controllo sui provvedimenti emessi 
da quelle comunali, bensl come i soli organi abilitati ad emettere decisioni 
sulla intera f�rmazione delle liste, provvedendo, oltre che sulle 
proposte, anche all'infuori di queste, di propria iniziativa, e tanto su 
denuncia ad essa pervenuta quanto su ricorso; decisioni che rivestono 
carattere definitivo e vincolano le Commissioni �comunali alla loro esecuzione. 
Deve quindi escludersi che la funzione della �commissione as~ 
suma una duplice natura, amministrativa o� giurisdizionale secondo che 
essa provveda senza impulso di parte o su ricorso, poich� in ogni ca:so 
esplica sempre attivit� provvedimentale, quale unico titolare del potere 
di formazione delle liste, .il ricorso costituendo solo una eccitazione pi� 


238 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

puntuale al buon esercizio del potere medesimo; N ori giova quindi invo:.. , � 
care in contrario l'esempio delle Giunte provinciali amministrative, 
poich�, a parte �la �considerazione �Che le funzioni a queste attribuite in 
sede amministrativa si esauriscono nel mero controllo rimanendo loro 
inibito ogni potere sostitutivo dell'amministrazione attiva, esse operano 
(o operavano) con composizione differente secondo la diversa indole 
dell'attivit� esercitata. 

Non vale neppure, a condurre a diversa conclusione, il rilievo secondo 
cui oggetto delle deliberazioni .in parola siano diritti soggettivi 
perch� provvedimenti in ordine a questi sono, in modo analogo, emessi 
normalmente tutte le volte che l'esercizio di un diritto � subordinato a 
forme varie di intervento della pubblica autorit�. Neppure probante � la 
considerazione desunta dalla definitivit� che le deliberazioni.stesse assumono 
allorch� siano decorsi i termini per la loro impugnativa, dato che 
analogo effetto si verifica per ogni specie di provvedimento amministrativo 
contro cui non sia stato tempestivamente prodotto il ricorso consentito 
contro di esso. Altrettanto deve dirsi dell'argomento desunto dalla 
proponibilit� del ricorso da parte di ogni cittadino, dato che, per potersi 
dare a tale iniziativa il �significato di azione popolare, occorrerebbe prima 
dimostrare ii.I carattere giurisdizionale dell'organo innanzi a cui si fa 
valere: ,sicch� vere azioni popolari devono ritenersi solo quelle proponibili 
alla Corte di appello, ai sensi dell'art. 42, da quisque de�populo. 

Che la vera fase giurisdizionale abbia inizio alloch� si adisce la 
Corte di appello risulta, oltre che dalla stessa lettera della legge che d� 
al titolo IV, riferentesi a tale fase, l'intitolazione � dei ricorsi giudiziari �, 
dalla prescrizione del citato art. 42, secondo la quale il ricorso alla Corte 
dev'essere notificato, a pena di nullit�, alla Commissione elettorale; il 
che contrasterebbe con i princlpi se al detto organo si attribuisse la 
veste di giudice di primo grado. 

� inoltre da mettere in rilievo come i ricorsi alla Corte di appello 
siano, secondo gi� si � rilevato, ammissibili anche quando non siano stati 
preceduti da reclami avanzati alla Commissione mandamentale, o quando 
contengano domande nuove rispetto a quelle prima dedotte, il che conferma 
che essa non pronuncia in sede di appello. Che poi la Corte in 
questo, come del resto in altri casi conosciuti dalla nostra legislazione, 
assuma la veste di giudice di primo ed unico grado non � in contrasto 
con la Costituzione, dato che questa non ha assunto fra i suoi principi 
quello del doppio grado di giurisdizione. 

Quanto alla allegata proponibilit� di ricorsi da parte del pubblico 
ministero, ex art. 44, � da osservare come tale intervento trovi logico 
fondamento nella considerazione che la regolare formazione delle liste 
elettorali giova a soddisfare non gi� solo ii1 diritto dei cittadini, in possesso 
dei richiesti requisiti all'iscrzione nelle medesime, ma altres� il �. 
pubblico interesse alla realizzazione delle condizioni per la regolare 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 239 

espressione del voto popolare, considerato dalla Costituzione, oltre'"Che 

come diritto del cittadino, anche suo dovere, e posto a fondamento del 

regime democratico.. 

Infine l'improcedibilit� dei ricorsi alla Corte di appello direttamente 
avverso l'operato delle Commissione comunali discende non gi�, come 
ritenuto dall'ordinanza, dal fatto �che, se altrimenti fosse, si salterebbe 
un grado di giurisdizione, bensi dalla gi� rilevata natura dell'attivit� di 
dette commissioni, non decisoria ma meramente prep~ratoria, e perci� 
stesso insuscettibile di impugnativa in sede contenziosa. -(Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n:. 19 -Pres. Branca -
Ret. Rossi -Dall'Argine (n. c.). 

Reato -Reati e pene -Delitti contro la moralit� pubblica e il buon costume 
-I~oranza dell'et� dell'offeso -Illegittimit� costituzio-. 
nale -Esclusione. 

(Cost., art. 3; c.p. art. 539). 

Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimitd costituzianale deU'art. 539 codice penale S'Uita disparitd 
di tratamento tra chi viene (!-mmesso a provare l'ignoranza deU'etd 
deit'offeso e chi non pu� invocare tale ignoranza (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 20 -Pres. Branca Rei. 
Rossi .:. Pirrotti (n. c.). 

Reato -Reati e pene -Delitti contro la moralit� e il buon costume Errore 
sull'et� dell'otfeso -Violazione del principio della persolit� 
della pena -Esclusione. 

(Cost., art. 27; c.p. art. 539). 

Non � fondata, con riferimento al principio deUct personaiitd deUa 
pena, la questiooe di legittimitd costituzionale deit'art. 539 codice penate, 
nella parte in cui non scusa l'ignoranza deU'etd detla persona offesa (2). 

(1-2) Si tratta di due sentenze che dichiarano l'infondatezza della 
questione relativa alla medesima disposizione, prospettata con riferimento: 
a due diversi precetti della Costituzione. 

In dottrina, cfr. PANNAIN, Delitti contro la moralit� pubblica e il buon 
costume, 1952; ANToLISEI, Manuale diritto penale, parte speciale, 1960, I, 374, 



240 RASSEGNA DEJ,L'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

(Omissis). -Viene denunciato per incostituzionalit� ai sensi dell'art. 
3 della Costituzione l'art. 539 del codice penale in rapporto all'articolo 
519 n. 1, 2, 3 stesso codice, sull'esclusivo rilievo �che non si giustificherebbe 
la disparit� di trattamento fra chi pu� venire ammesso a provare 
la ignoranza dell'et� o dell'inferiorit� fisica o psichica del soggetto 
passivo (art. 519 n. 2 e n. 3 del codice penale), e chi, invece, non pu� 
invocare a propria scusa l'ignoranza dell'et� dell'offeso (art. 519, n. 1). 

La questione � infondata. 

Il divieto d'invocare l'ignoranza dell'et� dell'offeso inferiore agli anni 
quattordici � stabilito dall~art. 539 del codice penale per tutte le 'ipotesi 
comprese nel titolo "dei delitti contro la moralit� pubblica e il buon 
costume>. 

Per il delitto previsto dall'art. 519 n. 2 l'et� limite �J .di anni sedici; 
per quello previsto al n. 1 dello stesso articolo � di anni quattordici. Una 
pi� rigorosa tutela � dovuta agli inferiori di anni quattordici, per i quali 
la legge penale presume l'incapacit� d'intendere e di volere (artt. 97 e 
85 del codice penale). Tale presunzione non sussiste per coloro che sono 
d'et� fra i quattordici e i sedici anni. 

Quanto all'ipotesi prevista dall'art. 519, n. 3, del codice penale, � 
chiaro che, mentre l'et� inferiore agli anni quattordici � un dato positivo, 
il pi� delle volte valutabile anche esteriormente dai terzi, finferiorit� 
phichica o fisica talora non si pu� accertare che con indagini clinich~. 

Le previsioni dei nn. 1, 2, 3 dell'art. 519� del codice penale sono 
intrinsecamente diverse l'una dall'altra, e non pu� richiamarsi l'art. 3 
della Costituzione. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Questa Corte � chiamata a decidere se l'art. 539 del 
codice penale, secondo cui non scusa l'errore sull'et� della persona offesa 
dal reato minore degli anni quattordici nel compimento dei delitti contro 
la moralit� pubblica ed il buon costume, contrasti o meno con la norma 
,costituzionale che sancisce il principio della personalit� della responsabilit� 
penale. 

La questione sollevata � stata gi� dichiarata infondata dalla Corte 

costituzionale con la sentenza n. 107 del 1957 e con l'ord.iI�anza n. 22 del 

1962. 

Il preteso contrasto, ora nuovamente denunciato, non sussiste. 

Occorre in primo luogo ricoD1oscere �che il soggetto attivo dei delitti 

contro la moralit� pubblica ed il buon costume ha realizzato una con


dotta; materiale -nella specie ".congiunzione carnale> -. che, essendQ_ 

posta in essere volontariamente, � con certezza rifer.ibile all'autore .del 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 241 

reato come fatto suo proprio. Pertanto, anche nell'ipotesi prospettata.. , il 
soggetto viene a rispondere sempre ed esclusivamente per fatto proprio, 
e la norma che questo prevede � conforme al principio costituzionale 
invocato. 

D'altro canto la disputa dottrinaria sulla diversa qualificazione giuridic~ 
da attribuirsi, nella teoria del reato, all'et� della persona offesa, 
non influendo sulla riconosciuta riferibilit� della condotta ip<;>tizzata all'autore 
del delitto, appare irrilevante ai fini della soluzione della questione 
di costituzionalit� �sollevata. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 21 -Pres. Branca Rei. 
Rossi -Pugliese (n. �C.) .e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). 

Reato -Reati e pene-Delitto di rissa -Aggravamento dell'uccisione o 
della lesione -'Violazione del prhicipio della personalit� della pe


na -Esclusion~. 
(Cost., art. 27; c.p. art. 588, secondo comma). 


Non � fondata, con riferimento ai principio detta personalit� delta 
pena, ta questione di legittimit� costituzionale dell'art. 588, secondo 
comma, codice penale, che prevede l'aggravamento della pena per i corrissanti 
qualora taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale (1). 

(Omissis). -La Corte deve esaminare se il capoverso dell'art. ~88 
del codice penale contrasti o meno l'art. 27, primo comma, della Costituzione, 
per il dubbio che la responsabilit�-penale di ogni singolo corrissante 
in ordine alla fattispecie di rissa aggravata dalla circostanza uccisione 
o lesione costituisca un caso di responsabilit� per fatto altrui, o 
quanto meno :per fatto proprio, ma privo di ogni connotazione soggettiva 
in rapporto all'aggravante stessa. 

Il vizio denunciato non sussiste. 

� noto che secondo� la costante interpretazione della Corte costituzionale 
(sentenze n. 3 del 1936, n. 107 d�l 1957, n. 67 e 79 del 1963, n. 42 
del 1965, n. 42: del 1966, n. 62 del 1967, n. 33 del 1970) l'art. 27, primo 
comma, della Costituzione, escludendo la responsabilit� penale per fatto 
altrui, esige che il soggetto risponda soltanto qel fatto proprio: occorre 
quindi accertare se anche nella fattispecie legislativa della rissa aggra


.. vata venga rispettato tale principio. 

(1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di 
merito. 
� 
In dottrina: R. PANNAIN, Rj,ssa, Voce del Nov.mo digesto, 1969. 




242 

RASSEQNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il legislatore. con la previsione del reato di rissa. ha inteso punire 
il comportamento di colui il quale volontariamente partecipa ad un 
reato collettivo. che si estrinseca per sua natura in una condotta violenta 
diretta ad offendere, oltre che a difendere. idonea quindi nel suo insieme 

'a cagionare, eventualmente, anche lesioni personali o la morte. 

Legittimamente il legislatore. nell'eserdzio della �sua discrezionalit� 
politico-crimin�le, ha ravvisato una maggiO're gravit� nell'ipotesi in cui 
nella rissa taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale. formulando 
una fattispecie di reato aggravato da tali circostanze. 

Il soggetto che partecipi volontariamente ad una rissa. non ignora 
di associarsi ad una condotta suscettibile di gravi sviluppi per l'incolumit� 
personale. Il singolo compartedpe alla rissa, non � che risponde, 
per ci� solo, degli eventuali concorrenti fatti-reato di lesioni o di omicidio 
d.ntervenuti nel corso della rissa (se non abbia egli stesso posto in 
essere anche una condotta oggettivamente e soggettivamente .idonea ad 
integrare tali figure criminose). Al contrario il sing.olo corrissante � chiamato 
a rispondere solo per la sua propria condotta, venendo ad assumere 
una responsabilit� per rissa s�mp1ice o aggravata, a seconda degld. effetti 
concreti della colluctatio, cui egli ha coscientemente e volontariamente 
partecipato. 

. Quanto osservato esclude quindi che la norma impugnata configuri 
una responsabilit� per fatto altrui o per fatto proprio incolpevole, cos� 
come supposto nelle ordinanze di remissione. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n . 2,2 -Pres. Branca -
Rel. ~aipalozza -Cortigiani (n. c.) �e Presidente del Consd.g1io dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Peronaci). 

Reato -Reati e pene -\Furto aggravato -Abnormit� dei massimi edittali 
-Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 27; c.p. art. 624, 625). 

Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di rieducativitd 
della pena, La questione di legittimitd costituzionale relativa alla 
eccessiva gravitd d~i massimi edittali nel delitto di furto aggravato (1). 

(Omissis). -1. -Il presente giudizio di legittimit� costituzionale ha 
per oggetto gli artt. �624 e 6251 del codice penale, nella parte relativa ai 
massimi edittali della pena rispettivamente comminata; in riferimento 
agli artt. 3 e 27 della Costituzione. 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 maggio 1969 del 
Pretore di Siena (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1969, n. 172). 
Sulla misura edittale della pena v. Corte .Cost., 2 luglio 1968, n. 109, 
in questa Rassegna, 1968, 887. 



PARTE I, SEZ. I, G.IURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 243 

2. -L'art. 3 della Costituzione non .� violato. 
� ben vero che la .severit� delle pene previste dal codice vigente per 
il furto -specie con aggravanti �speciali: art. 625 -� vivacemente 
criticata .i:i;i dottrina, ma la questione esula da un �qualsivoglia riscontro 
di costituzionalit�, poich� attiene a scelte di politica legislativa, sottratte 
al sind~cato di questa Corte. 

Pur se tali scelte, operate in altro clima storico e sociale, apparissero 
non pi� attuali rispetto alle conseguenze sanzionatorie delle violazioni 
di altri beni, la cui protezione assurge -a differenza -di quella della 
propriet� -a diritto. presidiato come primario e fondamentale della 
Costituzione, ci� postulerebbe e solleciterebbe l'dntervento del legislatore 
(il quale, per vero, nei vari prog.etti di riforma, che si sono succeduti in 

I �

questo dopoguerra, ha prestato al problema la sua attenzione). 

3. -Essendo rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore la 
determinazione della pena edittale (e a quella del giudice la irrogazione 
in concreto), sfugge al controllo di legittimit� l'indagine sulla sua e:ffi.�acia 
rieducativa. N� questa potrebbe, comunque, essere presa in considerazione 
rispetto a singoli reati o gruppi di reati, anzich� rispetto al soggetto 
attivo della violazione. 
Del resto. l'efficacia rieducativa, indicata come finalit� ultima (e non 
unica) della pena dall'art. 2�7, terz�o comma, della Costituzione, non dipende 
solo dalla� durata di essa, bensi, soprattutto, dal suo regime di 
esecuzione, per cui � pressante l'esigenza di ammodernamento del regolamento 
penitenziario: senza dire che soccorre l'istituto della liberazione 
condizionale (art. 176 c.p., modificato dall'art . 2 della legge 25 
novembre 1962, n. 1634; e, per i minorenni, dall'art. 21 del r.d.l. 20 
luglio 1934, n. 1404), e pi� dovrebbe soccorrere l'auspicata pi� ampia 

' applicazione dell'istituto. 
Non � dunque, violato neppure l'art. 27 della Costituzione. (
Omissis). 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 30 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Gualtieri (n. c.) �e Presidente del ConsigHo dei Ministri 
(.sost. avv. gen. dello Stato Agr� e Cavalli). 

,, 

Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Giurisdizione dei 
Tribunali ecclesiastici -Violazione del divieto di istituire giudici 
speciali -Esclusione. 

(Cost., art. 102, secondo comma; legge 27 maggio 1929, n. 810). 

N<m � fondata, con riferimento al precetto costituzionale che vieta 
l'istituzione di giudici speciali, la questione di legittimit� costituzionale 

4 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

244 

delta legge 27 maggio 1929 n. 810, per la parte che ha immesso,m.eU'ordi,,. 
namento dello Stato l'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato 
fra la S. Sede e l'Italia sulla giurisdizione dei Tribunali ecciesiastici 
in materia matrimoniale (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 3,1 -Pres. Branca -
Rel. Fragali -Ghisotti (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri 
(sost. avv. gen. dello Stato Agr� e Cavalli). 

Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Dispensabilit� dall'impedimento 
dell'affinit� in linea retta -Diversit� di normativa 
rispetto al matrimonio civile -Violazione del principio di eguaglianza 
-Esclusione. . . 

(Cost., art. 3; legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7, ult. comma, cod. civ. art. 87, 
quarto comma). 

Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione 
di legittimit� costituzionale deU'art. 5, ultimo comma, della legge 
27 maggio 1929 n. 847, applicatiVa del concordato tra la S. Sede e l'Italia, 
nella parte in cui non prevede l'opposizione alle pubblicazioni di matrimonio 
tra affini in linea retta, diversamente da quanto � previsto per il 
matrimonio civile, che non ammette dispensa all'impedimento (2). 

III 

CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 32 -Pres. Branca -
Rel. Mortati -Leporati (avv. Cassola e Nap.pi) e Pre�sidente del 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr�). 

Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionali in via incidentale 
-Intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri Termine 
di v:enti giorni dalla notifica dell'ordinanza -Non computabilit� 
del tempo decorrente. dalla notifica della pubblicazione 
sulla Gazzetta Ufficiale. 

(Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 25; Norme integrative, art. 3). 

(1-4) Le tre sentenze hanno :preso in esame, sotto vari riflessi, le leg.gi 
applicative del Concordato tra la S. Sede e l'Italia in materia matrimoniale; 
con due coeve ordinanze nn. 33 e 34, la Corte ha rinviato ai 'giudici 
di merito gli atti relativi alle questioni di nullit� del matrimonio ,concordatario, 
per nuovo esame sulla rilevanza, a seguito dell'intervento della 
legge 1� dicembre 1970, n. 898. 

Comune presupposto alle tre sentenze � l'affermazione espxessa~nte 
enunciata nella sentenza n. 30, della sindacabilit�, sotto il profilo costitu




PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 245 

Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Trascrizione"del 

matrimonio concordatario -Divieto di impugnabilit� .per il nu


bente in stato di incapacit� naturale -Illegittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; legge' 27 maggio 1929, n. 847, art. 16), 

Nei giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale, ai fini 
ael computo del termine per l'intervento del Presidente del Consiglio 
dei Ministri, non si tiene conto del tempo intercorrente tra ia notifica 
dell'ordinanza di remissione e la data di pubblicazione della medesima 
sulla Gazzetta Ufficiale (3). 

� costituzionalmente iUegittimo, con riferimento ai principio di eguaglianza, 
l'art. 16 della legge 27 mq.ggio 1929, n. 847, applicativo del 
Concordato tra ia S. Sede e l'Itatia, ne:iia parte in cui stabilisce che la 
trascrizione del matrimonio concordatario pu� essere impugnata solo 
per una detle cause menzionate nell'art. 12, e non pure perch� uno degli 
sposi fosse, al momento in cui si � determinato a contrarre il matrimonio 
in forma concordataria, in stato di incapacit� naturale (4) . 

.... 

I 

(Omissis). -2. -Nel merito la Corte osserva che la denuncia del 
pretore di Torino; per quanto diretta espressamente contro taluni commi 
dell'art. 34 del Concordato fra ~a Santa Sede e l'Italia, reso esecutivo 
con la legge 27 maggio 19!29, n. 810, deve rd.tenersi riferita a questa 
legge, nella sua relatio con le sopra indicate clausole ae1 Concordato. 
Infatti, nell'attuale �causa, il giudice a quo, nei motivi della s:ua ordinanza, 
richiama la predetta legge 27 maggio 19129, n. 810, che contiene disposizioni 
per l'applicazione del Concordato, di per s� estraneo all'ordinamento 
giuridico del1o Stato, come atto formato da due �soggetti di parii 
situazione sovrana e indipendente.

I 

3. -Le .menzionate disposizioni della. legge del 1929 sono state sottoposte 
al controllo di questa Corte soltanto con rifer�imento all'art. 102, 
secondo comma, della Costituzione, in quanto cio� i tribunali ecclesiastici 
ziona,.le, delle leggi interne di recezione del Concordato tra la S. S'ede e 

l'Italia; concordato, peraltro, �che, per effetto del richiamo contenuto nel


l'art. 7 della Costituzione, e ha prodotto diritto"� 

Si tratta di una tesi intermedia fra quella della costituzionalizzazione 

piena delle norme del Concordato, non .soggetta quindi a sindacato di le


gittimit� costituziona�le, e quella della costituzfonalizzazione del solo prin-.. 

ci.pio pattizio tra l'Italia e la S. Sede. 



246� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

competenti a pronunziarsi sulla nullit� dei matrimoni concoFdatari sarebbero 
giudici speciali non previsti dalla Costituzione stessa. 

La questione riguarda la celebrazione del matrimonio, e il suo esame 
non � precluso, come invece opina l'Avvocatura dello Stato, dall'art. 7 
della Costituzione. � 

� vero che questo articolo non sancisce solo un generico principio 
pattizio da valere nella disciplina dei rapporti :fra lo Stato e la Chiesa 
cattoHca, ma contiene altresi un preciso riferimento al Concordato in 
vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha prodotto diritto; tuttavia, 
giacch� esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione 
reciproca di indipendenza e di sovranit�, non pu� avere forza di negare 
i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Stato. 

Nondimeno, la questione promossa dal pretore di Torino, pur collocata 
nel quadro delle considerazioni su esposte, si prospetta infondata, 
perch� non � esatto che la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici abbia 
una natura speciale nel senso ~ndicato nella norma costituzionale che il 
p!l'etore invoca. Tale norma vuole assicurare l'uniit� della giurisdizione 
dello Stato; e il rapporto fra organi della giurisdiZione ordinaria e organi 
della giur:isdizione speciale deve ricercarsi nel quadro dell'ordinamento 
giuridico interl?-o, al quale i tribunali ecclesiastici sono del tutto estranei. 
Analoghi �concetti sono stati espressi nella sentenza 16 dicembre 196;5, 

n. 9�8, a proposito della Corte di giustizia delle comunit� europee, investita 
di giurisdizione su atti prodotti fuori dell'orbita giuridica dello 
Stato; che possono perci� �costituire, secondo la detta sentenza, soltanto 
materia di ulteriore qualificazione giuridica da parte dell'ordinamento 
statale, nei limiti 1in cui esista un obbligo di non disconoscerne gli effetti. 
-(Omissis). 
II 

(Omissis). -� incontestabile che, quanto all'impedimento dell'affinit� 
di primo grado, v'� quella differenza di regime fra celebrazione del 
matrimonio civile e celebrazione del matrimonio concordatario che il 
tribunale di Milano ha denunciato : l'impedimento infatti pu� formare 
oggetto di dispensa second9 l'ordinamento canonico, non secondo l'ord�-


Sugli orientamenti della dottrina cfr. l'ampia nota alla sentenza n. 30 

in Foro it., 1971, I, 525. 

Sulle questioni di cui alle sentenze nn. 31 e 32 cfr. Cass., 26 marzo 

1964, n. 684, Foro it., 1964, I, 439 �con nota di rilevanza. In dottrina: JEMOLO, 

Matrimonio, 1961; MAGNI, Gli effetti civili del matrimonio canonico, 1965. ~ 

La terza massima costituisce, sul piano procedimentale, l'applicazione 

f

del testuale disposto dell'art. 3 delle norme integrative per i giudizi da


vanti alfa Corte Costituzionale. � 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 247 

namento �civile (salvo il caso di cui alla seconda parte dell'art. 87, quarto 
comma). 

� parimenti esatto , come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che il 
matrimonio canonico � riconosciuto dall'art. 7 della Costituzione; ma 
questa Corte, con sentenza in pari data n. 30, ha giudicato che la predetta 
norma non preclude il controllo di costituzionalit� delle leggi che immisero 
nell'ordinamento interno le clausole dei patti lateranensi, potendosene 
valutare la conformit� o meno ai principi supremi dell'ordinamento 
.costituzionale. La normativa concernente il matrimonio concordatario ha 
�na sua giustificazi,�ne nell'�mbito del disposto del menzionato art. 7; 
per cui la semplice differenza di regime riscontrabile fra matrimonio 
civile e matrimonio concordatario, che non importi violazione degli altri 
precetti costituziona~i nel senso predetto, non integra di per s� una ilegittima 
disparit� di trattamento. 

La norma denunciata non ammette che, .per la ragione dell'.affinit� 
dei nubendi, possa promuoversi opposizione alle pubblicazioni richieste 
per il matrimonio concordatario, volendo rispettare le basi confessionali 
sulle quali si fonda la dispensa di diritto canonico relativa agli impedimenti 
al matrimonio. Basi diverse ha essenzialmente il sistema della 
dispensa agli impedimenti al matrimonio civile, informato, com'�, a valutazioni 
esclusivamente laiche, dalle quali possono razionalmente risultare 
difformit� di determinazioni normative. � 

� N� si vede come la celebrazione del matrimonio fra affini di primo 
grado, che il codice di diritto canonico consente, previa dispensa, possa 
ledere i princ�!Pi supremi dell'ordinamento �costituzionale dei quali si � 
fatta parola; -(Omissis). 

III 

(Omissis). -1. -In ordine all'eccezione di tardivit� dell'intervento 
del Presidente del Consiglio, sollevata nella memoria della parte privata 
perch� avven.ta oltre venti giorni dalla notifica, � da osservare come la 
Corte, gi� con la sentenza n. 47 del 19�57, ebbe a ritenere che, .alla stregua 
di quanto dispone l'art. 3 Norme integrative, non de'Qbono essere computati 
nel termine in questione i giorni compresi fra l'ultima notificazione 
e la pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta Ufficiale. E pertanto 
fintervento deve ritenersi �avvenuto in ter~ine. 

2.. -La questione di merUo sollevata dall'ordinanza del tribunale di 
Milano investe l'art. 16 legge 27 maggio 1929, n. 847 pel fatto che questo, 

, se messo in relazione �con il� precedente art. 12, violerebbe il comma 
primo dell'art. 3 della Costituzione poich� pu� condurre a far escludere 
la possibilit� di impugnativa della avvenuta trascrizione del matrimonio 
concordatario che sia stato contratto da chi, pur "9'ersando in stato di 
infermit� mentale, non risulti tuttavia dichiarato interdetto. 


248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Deve essere preliminarmente presa dn esame la tesi prospettata dalla 
difesa del Leporati. secondo la quale si renderebbe possibile procedere 
ad un'interpretazione sistematica della norma denunciata, la quale, portando 
ad includere nella previsione del matrimonio contratto dall'interdetta 
anche quella del naturalmente incapace, farebbe cadere, se accolta, 
l'eccezione di incostituzionalit�. 

A ,contestare l'esattezza di tale interpretazione (ed a fare invece 
ritenere che il legislatore abbia considerato tassative le ipotesi indicate 
dall'art. 12 per le quali non si fa luogo a trascrizione), � da osservare 
'Che il riferimento contenuto nell'art. 16 alle " cause � di impedimento 
alla trascrizione non pu� intendersi, secondo ritenuto dalla difesa, come 
se volesse riguardare i fattori determinanti i " casi ,, previsti dal precedente 
art. 12, cos� da consentire di comprendervi anche la semplice il!capacit� 
naturale, ,considerata quale presupposto dell'interdizione. Basta 
osservare che mentre il rinvio contenuto nl:)ll'art. 16, per la sua formulazione 
generica, dovrebbe riguardare tutte le fattispecie prima enunciate, 
appare in realt� appMcabile solo alla terza, non gi� alle prime due 
che si limitano a prevedere la esistenza di precedenti matrimoni "in 
qualunque :Jlorma celebrati~. Chiaro invece appare che la differenza di 
dizione fra i due articoli corrisponoe al diverso concetto voluto esprimere: 
il primo, riferendosi al divieto della trascrizione, � elencativo delle 
ipotesi in cui esso ricorre; il secondo, avendo riguardo alla impugnativa, 
fa riferimento alle causae petendi su cui si rende possibile fondarla. 

3. -La censura d'incostituzionalit� dell'art. 16 appare fondata se 
venga valutata nei termini in cui risulta prospettata dall'ordinanza di 
rimessione, nel senso cio� che la questiorie sia da esaminare con riferimento 
non gi~ alla fase della celebrazione, bens� a quella dell'opzione 
effettuata in oi:dine alla forma del ritiro matrimoniale. 
Non � dubitabile che l'art. 34 del Concordato fra lo Stato italiano 
e la Santa Sede e la legge di attuazione 27 maggio 192:9, n. 847, impegnando 
lo Stato a conferir�"' effetti civili ai matrimoni disciplinati dal 
diritto canonico e riiservando ai tribunali ecclesiastici il giudizio sulle 
cause concernenti la nullit� dei matrimoni, abbia introdotto una differenziazione 
di trattamento giuridico per motivi di religione, in quanto ha 
permesso che la scelta fra i due riti sia consentita ,solo ai cittadini legittimati 
dal diritto canonico a procedere a matrimonio religioso. Tuttavia 
tale discriminazione non configura una violazione del principio di eguaglianza 
di cui al primo comma dell'art. 3 per,ch� la discriminazione stessa 
risulta, nei sensi indicati con la sentenza di pari data n. 30, espressamente 
consentita da altra norma costituzionale, e cio� dall'art. 7, secondo 
comma, che, per la disciplina dei rapporti fra Stato e Chiesa, rinvia ai 
Patti lateranensi dei quali il Concordato � parte integrante: 

� per� da agg,iungere che condizione necessaria per poter affermar: 
la validit� della rilevata eccezione al principio di eguaglianza deve con




PAl'lTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 249 

siderarsi il possesso della piena capacit� da parte di chi pr.ocede..alla 
scelta del rito. L'esame da compiere si accentra pertanto nello stabilire i � 
criteri in base ai quali siano da valutare ii requisiti di validit� della scelta 
medesin1a: criteri che non possono non desumersi, secondo i principi 
consacrati nell'art. 17 delle preleg~i. dal diritto statale dell'aspirante alle 
nozze. 

� canone indiscusso che l'assoggettamento di un cittadino ad un 
ordinamento diverso, in virt�. del rinvio a questo effettuato dalla legge 
statale, deve essere contenuto negli stretti ed invalicabili limiti del fatto 

o rapporto oggetto del rinvio. E poich� nel caso presente l'elementO che 
funziona come criterio di collegamento pel rinvio al diritto canonico, ai 
sensi dell'art. 5 legge n. 847 cui si richiama l'art. 8:2 del codice civile, � 
l'atto della celebrazione del matrimonio, appare chiaro che ogni altro 
atto diver~o da questo esorbita dall'ambito di applicazione del diritto 
canonico, riicadendo nel diritto dello Stato. 
Sicch�, ove si riesca a dimostrare che una persona, nel momento 
della scelta :llosse incapace di intendere o di volere, per qualsiasi causa 
anche se transitoria, verrebbe a mancare il fondamento della validit� 
della scelta del matrimonio canonico da lei contratto, con le necessarie 
conseguenze circa la trascrivibilit� di questo. 

4. -Le osservazioni che precedono condurrebbero a far ritenere che, 
a stretto rigore, l'art. 16, come l'intera legge n. 847, essendo indirizzato 
alla finalit� specifi�ca. sua propria di regolare esclusivamente gli effetti 
civili del matr.imonlio canonico, in attuazione deH'.airt. 34 del Conco~dato, 
non ha affatto disciplinato, n� l'avrebbe potuto, le situazioni preesistenti 
al matrimonio stesso, la cui regolamentazione sarebbe dovuta avvenire 
Jlecondo i principi generali dell'ordinamento statale. Tuttavia � da prendere 
atto che la giurisprudenza dominante ed una parte della dottrina 
hanno interpretato l'articolo in� esame nel senso che esso precluda ogni 
indagine sulle condizioni di capacit� del nubente prima della celebrazione, 
ed � a tale significato, assunto nelia vivente realt� giuridica, dall'articolo 
stesso, che occorre aver riguardo per la soluzione della questione 
in esame. 
L'argomento che si fa valere a fondamento della interpretazione 
dominante, del quale si � fatta eco l'Avvocatura dello Stato, si fonda 
sulla ass~rita impossibilit� di attribuire autonomia alla scelta del rito, 
in quanto tale momento non sarebbe isolabile da quello successivo della 
dichiarazione negoziale di volont� riivolta alla :formazione del vincolo. 

A tale ar.gomentazione la replica � facile. Infatti � vero che a volte 
l'atto di decisione a dar vita ad un negozio a preferenza di un altro non 
assume rHievo esterno, risolvendosi nell'adesione prestata a quello posto 
effettivamente in essere, e rimanendo perci� irrilevante quanto si era. 
svolto in precedenza, nel foro interno della coscienza, allorch� si dibatteva 
il dubbio circa la scelta da effettuare fra quel negozio o un'altro �� 


250 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in alternativa al primo; tuttavia � anche vero che nella 1s:pecie"l~atto dL.. 
scelta del rito, mentre assume un'autonomia non solo concettuale ma 
anche tempoo:ale ed obiettivamente accertabile in quanto si concreta in 
propri atti o �Comportamenti, viene a rivestire anche uno specifico rilievo 
giuridico allorch�, come nella specie, i requisiti di capacit� richiesti per 
tali atti e comportamenti appaiono regolati secondo criteri propri di un 
dato ordinamento, divergenti da quelli invocabili �per la validit� del 
negozio successivamente stipulato. 

Ne deriva che la norma impugnata -che non trova giustificazione 
nell'art. 7 d�lla Costituzione, giacch� disciplina un atto di scelta logicamente 
anteriore alla celebrazione del matvimonio concordatario -� illegittima 
in base all'art. 3 della Costituzione in quanto consente che la 
persona naturalmente inc�pace subisca le conseguenze di una scelta non 
liberamente e coscientemente incapace subisca le conseguenze di 'una 
1scelta non liberamente e coscientemente da lei adottata e sia assoggettata 
ad una disciplina chefi per le cose innanzi dette, trova giustificazione 
solo nella libera opzione fra matrimonio religioso trascrivibile e matrimonio 
civile. 

5.. -Si conclude pertanto che, per effetto della dichiarazione di inco


stituzionalit�, i requisiti di capacit� da richiedere per la validit� della 

scelta del rito sono da valutare alla stregua del diritto dello Stato e che 

la prova eventualmente fornita dell'incapacit� di intendere o di volere 

di chi l'abbia effettuata non pu� non rendere -inoperant~ l'efficacfa della 

stessa, e conseguentemente giustificare l'impug~ativa della trascrizione 

che fosse stata disposta. -(Omissis). 

I 


1 

I 


1 
I 


' 

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. I 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 674 -Pres. F1ore Rei: 
La Farina -P. M. Di Majo (conf.) -Occhipinti (avv. Oriani) 

c. Presidente regione siciliana (avv. Stato Peronaci), Assemblea regione. 
siciliana e Mongelli (intimati). '�----�Competenza 
e giurisdizione -Sicilia -Consiglio di Giustizia amministrativa 
-Sentenze -Ricorso alle Sezioni unite della Corte di 
Cassazione -Ammissibilit� -Limiti. 
(Cost., art. 111; c.p.c., artt; 361 e 362; statuto reg. sic., art. 23; d.l. 6 maggio 
1948, n. 654). 

Elezioni amministrative e politiche -Pretesa all'immissione ed al man


tenimento in ufficio pubblico -Diritto soggettivo riflesso -Concetto 

ed effetti. 

Competenza e giurisdizione -Elezioni -Controversie riguardanti l'ufficio 
di Consigliere--regionale -Giurisdizione del Giudice ordinario. 

Le sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia 
sono equiparabili a quelle del Consiglio di Stato, di cui iZ detto Consiglio 
di Giustizia deve considerarsi una sezione, sia pure specializzata e decentrata, 
esercitandone tutte le attribuzioni nell'ambito del territO'f"io regionale: 
pertanto iZ ricoirso alle sezioni unite della Corte di Cassazione 
avverso le relative decisioni � ammissibile in quanto attiene alla giurisdizione 
(1). 

La pretesa del. candidato ad essere immesso e mantenuto in un ufficio 
pu'bbZico, sia politico che a;mministrativo, sulla base dell'esito delle 
elezioni costituisce uno di quei diritti tradizionalmente definiti quali 
riflessi ossia quali interessi formalmente configurati e nei congrui casi 
:tutelati come diritti soggettivi, pure se il fine ultimo e indiretto � quello 
di garantire cos� un pi� rigoroso rispetto del diritto vigente ed una 
migliore tutela dell'interesse pubblico (2). 

(1-2-3) La sentenza, di cui alla massima surriportata, appare interes-~ 
sante non solo per le statuizioni in materia di gittrisdizione sulle contro




252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La pretesa del candidato ad assumere e conservare, a seguite deLle 
operazioni di elezione, l'ufficio di consigliere r�gionale, conforme alla sua 
intrinseca natura, deve considerarsi come un diritto soggettivo, tutelabile 
davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria dopo l'esaurimento della controversia 
davanti al Consiglio regionale in una prima fase che pu� definirsi 
amministrativa in senso lato n� pu� dirsi che la particolare ampiezza 
della potest� legislativa concessa all'assemblea regionale siciliana, nel 
quadro detla peculiare autonomia predisposta per la relativa regione, ne 
faccia un unicum che la distacchi intrinsecamente dalla generica cate�goria 
dei Consigli regionali delle altre regioni a statuto ordinario o speciale e 
che valga ad assimilarla essa sola per ci� che attiene a quelle prerogative 
alle assemblee parlamentari dello Stato (3). 

(Omissis). -Con ricorso notificato all'Assemblea Regionale Sici


' 

liana, in persona del suo Presidente, al Presidente della Regione e al 
prof. Giuseppe Mongelli, l'avv. Antonino Occhipinti chiedeva al Consiglio 
di giustizia amministrativa per la Sicilia l'anm,1llamento del silen2lio-
rifiuto, opposto ad esso ricorrente dall'Assemblea predetta, in

.. 

ordine al reclamo da lui pr�oposto contro l'elezione a Deputato Regionale, 
nella �Circoscrizione di Caltanissetta, nella lista n. 2 (portante il contrassegno 
e Fiamma Tricolore su base trapezoide con la dicitura M.S.I. �), del 
predetto prof. Mongelli e contro la conseguente convalida dell'elezione 
dello stesso. A fondamento del ricorso, l'Occhipinti, primo dei candidati 
non eletti della stessa lista, deduceva la violazione dell'art. 8' 1.r. 20 
marzo 19�51, n. 29, trovandosi il Mongelli, quale direttore .didattico in' 
servizio nella Regione, nelle condizioni d'ineleggibilit� previste dallo 
stesso articolo per i capi servizio degli uffici statali svolgenti attivit� o 
in congedo straordlinario all'atto dell'accettazione della candidatura, 
nonch� la. violazione dell'art. 62 della stessa legge, per non essere stato . 
il Mongelli dichiarato decaduto dalla carie.a di deputato regionale, in 
conformit� di quest'ultima norma, che, appunto, commina tale decadenza 
per i dipendenti dello Stato che non abbiano richiesto il collocamento in 
�congedo straordinario per tutta la durata del mandato. 

Successivamente, avendo avuto notizia che l'elezione del Mongelli 

sarebbe stata espressamente convalidata e che il suo reclamo sarebbe 

stato espressamente rigettato, l'avv. Occhipinti proponeva nuovo ricorso, 

versie relative alle �elezioni regionali, dato il carattere di novit�, ma per 

la ampia motivazione in base alla quale � perv.enuta alle conclusioni adot


tate. Si ritiene pertalllto opportuna la integrale pubblicazione di detta sen


tenza segnalandosi gli ampi richiami giurisprudenziali e legislativi in essa 

contenuti. Le sentenze della Corte Cosittuzionale 30 giugno 1964, n. 66, 

17 aprile 1968, n. 24, 30 dicembre 1968, n. 143, e 22 gennaio 1970, n. 6, 

sono tra l'altro pubblicate con l�e relative note redazionali, rispettivamente,�. 

in questa Rassegna, 1964, I, 985, 1968, I, 176, 1968, I, 931 e 1970, I, 18. 

�-i 




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 253 

notificato pure all'Assemblea Regionale, al Presidente della Regione 
ed al prof. Mongelli, chiedendo l'annullamento di tali provvedimenti per 
le stesse ragioni fatte valere nella prima impugnazione. 

Si costituiva in giudizio, per il Presidente della Regione e per il 
Presidente dell'Assemblea Regionale, l'Avvocatura dello Stato, la quale, 
in via pregiudiziale, deduceva l'inammissibilit� dei ricorsi, conoscendo 
l'Assemblea Regionale in modo definitivo delle questioni concernenti la 
convalida deglii eletti ed i motivi di decadenza, come si ricavava dagli 
articoli 3 lettera a), 4 lettera a) e 5 lettera e) d.l.C.P.S. 2�5 marzo 1947, 

n. 204, contenente norme per l'attuazione dello Statuto della Regione 
Siciliana, nonch� dall'art. 3 dello Statuto Regionale -che � legge costituzionale 
-il quale dispone che i Deputati Regionali sono eletti e secondo 
la legge emanata dali'Assemblea Regionale in base a�i princip1 
fissati dalla Costituzione in materia di elezioni politiche �, mentre, in 
attuazione di tale principio, l'art.� 61 della legge regionale 20 marzo _1951, 
n. 29, succitata, attvibuisce all'Assemblea Regionale il giudizio definitivo 
sulla convalida e su ogni contestazione. 
Con sentenza del 22 giugno 1967, n. 336, il Consiglio di Giustizia 
amministrativa per la Sicilia dichiarava dnammissibili i due ricorsi 
riuniti. 

Rilevava, tra Yaltro, il Consiglio che la posizione soggettiva fatta 
valere nei due predetti ricorsi dall'Occhipinti, in contrasto con quella 
del Mongelli, rientrava tra le posizioni di diritto soggettivo, cio� tra 
quelle cosidette di diritto riflesso, e non anche tra quelle d'interesse legittimo; 
che, pertanto, anche nell'ipotesi in cui si :fosse voluta negare 
la competenza esclusiva dell'Assemblea regionale a provvedere sulla convalida 
o verifica dei poteri, con esclusione �di ogni controllo giurisdizionale 
esterno, la giurisdizione al riguardo avrebbe dovuto essere rfoonosciuta 
all'autorit� giudiziaria ordinaria, e non anche al Consiglio di 
Giustizia amministrativa. 

Contro tale sentenza del Consiglio di.Giustizia amministrativa per la 

Sicilia, l'Occhipinti ha proposto, con atto notificato d.l 6 ottobre 1967, 

vicorso alle Sezioni Unite di questa Corte per motivi attinenti alla giu


risdizione. � 

Delle parti cui il ricorso � stato notificato, si � costituito il solo Presidente 
della Regione Siciliana, per resistere a mezzo dell'Avvocatura 
dello Stato. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

A sostegno della giurisdizfone del Consiglio che sarebbe stata erro


neamente declinata, l'Occhipinti prospetta: 

a) che l'impugnata decisione avrebbe preso in esame il solo pro


filo dell'ineleggibilit� del Mongelli, omettendo di considerare che la 

convalida dell'elezione era stata .impugnata anche sotto il profilo dell'in



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

compatibilit� a ricoprire la carica di parlamentare regionale;wper non�� 
avere il Mongelli chiesto di essere collocato in congedo straordinario dall'ufficio 
di direttore didattico della scuola statale di Niscemi (art. 62 
legge Reg. sic. 20 marzo 1951, n. 29); 

b) che, oltre che per il provvedimento di �conv~lida, il Consiglio 
avrebbe avuto giurisdizione in ordine alle cause di ,ineleggibilit�, in 
quanto l'ineleggibilit� era stata fatta valere in relazione all'irregolare 
composizione dell'Assemblea Regio:qale; 

c) che sarebbe inesatto l'assunto secondo d.l quale, in ordine alle 
cause di ineleggibilit�, si verterebbe sempre in situazioni di diritto soggettivo 
� tutelabild. davanti al giudice ordinario, giacch� la tutela giudiziaria 
di tali diritti avrebbe carattere del tutto eccezionale e sarebbe 
ammessa solo in quanto prevista da una pr�ecisa norma di legge; previsione, 
questa, �che, per l'ordinamento regionale siciliano, esisterebbe soltanto 
riguardo alle elezioni degli amministratori comunali e.provinciali; 

�) che, ritenendo il proprio difetto di giurisdiZlione, il Consiglio 
avrebbe omesso di risolvere il dilemma o di dichiarare soggetti a sindacato 
giurisdizionale gli atti di convalida dei deputati regionali o di investire 
la Corte Costituzionale del giudizio di�costituzionalit� delle disposizioni 
di legge che prevedono l'esclusiva competenza� de�I'Assemblea Regionale 
sulla convalida dei propri deputati. 

Osserva, preliminarmente, il S.C. che l'impugnata sentenza del Con


siglio di Giustizia amministrativa per la Sicilia, pur concludendosi, dal 

punto di vista formale, con un dispositivo d'inammissibilit� dei due ri


corsi proposti dall'Occhipinti, si sostanzia, in realt�, e alternativamente, 

in una pronuncia declinatoria della giurisdizione di tale organo a favore 

dell'A.G.O., cui spetterebbe di giudicare della materia in controversia, 

ovvero in una pronuncia di difetto di giurisdizione per assoluta impro


ponibilit� della domanda, in quanto la decisione della controversia me


desima spetterebbe in unica e ultima istanza all'Assemblea Regionale 

Siciliana, con esclusione di ogni �controllo giurisdizionale esterno sui 

relativi atti dell'Assemblea. Ci� premesso, e considerata l'essenza dei 

motivi di r�icorso come sopra riassunti, il ricorso a queste Sezioni Unite 

risulta ammissibile, in quanto esso � contenuto entro quei motivi attinenti 

a~la giurisd�izione per i quali le decisioni del Consiglio di Giustizia am


ministrativa possono essere� denunciate a questa Corte. Infatti, a questo 

riguardo, le �sentenze del Consiglio di Giustizia amministrativa sono equi


parabili a quelle del Consiglio di Stato, di cui il Consiglio di Giustizia 

(sia che giudichi su atti dell'amministrazione regfonale, sia che giudichi 

su atti di organi statali esistenti nella Regione, e nonostante il diverso 

ordine delle impugnazioni nei due casi) deve considerarsi una sezione, 

sia pure specializzata e deaentrata, esercitandone tutte le attribuzioni 

nell'amblto del territorio regionale a norma dell'art. 23 dello Sta!uto 

della Regione siciliana e del d.l. 6 maggio 1948, n. �654 (vedi sent. 29 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE �255 

aprile 1969, n. 1377; sent. 17 maggio 1958, n. 1609; sent. 5 giugno 'i956, 

n. 1907; sent. 11 ottobre 1955, n. 299). 
� opportuno anche notare che, escluso che si tratti, comunque, di 
impugnativa di atti di organi statali, la decisione appare emessa in unica 
istanza, e, quindi, direttamente impugnabile .dinanzi a queste Seziioni 
Unite, cio� non si presenta la necessit� del previO appello al!'Assemblea 
plenaria del Consiglio di Stato, sia pure per motivi attinenti alla giurisdizione 
(confr. art. 5 comma terzo del ,citato decreto n. 65,4 del 1948); 
ad ogni modo, atteso il contenuto limitato della pronuncia, il ricorso si 
att.eggia anche a regolamento preventivo e diretto di giurisdizione. 

Ci� premesso, la sentenza del Consiglio merita di rimanere ferma, 
in quanto la controversia in oggetto esulava, .effettivamente e in ogni 
caso, dall'ambito dei poteri giurisdizionali di tale organo-. Se si considera, 
infatti, l'essenza della controversia (contestazione, da parte dell'avvocato 
Occhipinti, della legittimit� della nomina per elezione a deputato 
del!'~ssemblea Regionale del prof. Mong�elli, attesa una ragione di ineleggibilit�; 
pretesa sopravvenienza di una ragtone di decadenza da tale 
nomina, e, quindi, richiesta di essere eletto a deputato regio.ale in sostituzione 
dell'altro candidato, da dichiararsi ineleggibile o decaduto) 
chiaramente emerge che la controversia stessa verte in materia di diritti 
pubblici soggettivi, cio� di situazioni giuridiche direttamente protette, 
tale dovendo, secondo la dottrina, la giurisprudenza e il sistema di diritto 
positivo, essere considerata la pretesa del candidato ad essere immesso 
e mantenuto in un ufficio pubblico, sia politico che amministrativo, sulla 
base dell'esito delle elezioni. Trattasi' di uno di quei diritti che vengono 
tradizionalmen~e definiti dalil:a dottrina quali diritti riflessi, e, cio�, quali 
interessi formalmente configurati, e, nei congrui casi, tutelati, come diritti 

soggettivi, anche �se il fine ultimo e indiretto � quello di garantire, cos�, 
un pi� rigoroso rispetto del diritto vigente e una migliore tutela dell'interesse 
pubblico (v., per l'elettorato passivo politico, Cass., sent. 311 


�luglio 1967, n. 2036; per l'elettorato passivo amministrativo, tra le altre, 
le sent.14 aprile 1969, n. 1180; 15 giugno 1967, n. 1387, 17 novembre 
1966, n. 27751, 2;6 novembre 1962, n. 2802). 

Tale precisazione � sufficiente a fare affermare l'estraneit�, in ogni 
caso, della controversia all'ambito della giurdsdizione di legittimit� del 
ConsigUo di Giustizia, essendo questa istituzionalmente lill}itata, al pari 
di quella del Consiglio di Stato -di cui come si � gi� detto, il CQnsiglio 
di Giustizia costituisce una Sezione specializzata e decentrata -alla 
tutela delle posizioni di interesse legittimo (a parte i casi eccezionali di 
giurisdizione esclusiva -impiego pubblico, ecc. -manifestamente esulanti 
dalla specie); il che dispensa, almeno in questa prdma fase dell'indagine, 
dal precisare se sussistesse un altro fondamentale presupposto della 
giurisdizione amministrativa di annullamento in materia di interessi ~� 
legittimi, se, cio�, i contestati atti del!'Assemblea Regionale Siciliana 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

potessero considerarsi atti soggettivamente e oggettivamente amministrativi, 
vale a dire, atti dell'amministrazione regionale. ai sensi dell'art. 5, 
primo comma del citato d.l. 6 maggio 1948, n. 654. 

Ma, data anche l'impostazione del ricorso, il compito di queste 
Sezioni Unite non 
\ 
pu� limitarsi ad accertare l'estraneit� della controversia 
all'ambito della giurisdizione del C.orisi'glio, rientrando, invece, 
tra.le sue funzioni istituzionali di supremo organo regolatore di tutte le 
giurisdizioni, pronunciarsi,. con !'.efficacia �che � propria di tali pronunce, 
sulla configurabilit� o non configurabilit� di una tutela giudiziaria delle 
posizioni giuridiche dedotte in controversia, superando, cosi, l'alternativa 
posta e non risolta dalla denunciata sentenza. 

. Ora,' � noto che, per l'art. 66 della Costituzione � ciascuna Camera 
giudica dei titoli qi ammissione dei suoi componenti e delle cause sop~
aggiunte 'di ineleggibilit� e d'incompatibilit� �. Trattasi del c.d. giudizio 
di � verifica di poteri ", o di � conval:i.da " che affonda le� sue radici 
in una lun~a tradizione costituzionale, e che ha ij suo immediato precedente 
stor.ico nello Statuto albertino (art. 60; cfr. pure l'art. 62 del t.u. 
5 :febbr:aio 1948, n. 26 -oggi art. 87 t.u. 30 marzo 1957, n: 361 -per 
l'elezione della Camera dei Deputati, applicabile, per l'art. 25 della 
legge 2�6 febbraio 1948, n. 29, anche all'elezione del Senato; norme, 
queste, dalle quali si desume altresi che, conforme a quelle� tradizioni, 
tale giudizio, oltre che ai titoli per l'amimssione e per il mantenimento 
nell'ufficio di deputato o senatore, si estende alla validit� e alla regolarit� 
di tutte le operazioni degli uffici elettorali). � noto anche che, .circa la 
natura dell'attivit� svolta dalle Camere legislative in sede di verifica 
dei poteri, sia a mezzo dell'apposito organo (Giunta delle elezioni), sia a 
mezzo del plenum, ove, secondo le leggi e gli ordinamenti interni, vi sia 
adito all'intervento di questo, varie e contrastanti appaiono le opinioni 
espresse in proposito dalla dottrina. Si � parlato di attivit� legislative 
in senso lato, ricomprendendo, in qualche modo, tra tali attivit� non soltanto. 
quella diretta alla formazione delle leggi, ma anche quelle che gli 
stessi organi legislativi svolgono per formarsi e organizzarsi; altri hanno 
ritenuto che si tratti di attivit� sostanzialmente e obiettivamente amministrativa, 
rilevando che essa non appare intrinsecamente diversa da 

quella �che, per principio generale, � attribuita a tutti i .collegi, allo scopo 
di accertare i titoli di ammissione di tutti i propri componenti; altri 
ancora, tenuto conto dell'espressione usata dall'art. 66 Cost. (e giudica �) 
e considerato che le deliberazioni emanate dalle Camere incidono, o 
possono inciQ.ere, su m.ateria inerente a diritti soggettivi pubblici di carattere 
politico, hanrio .classificato l'attivit� stessa �come intrinsecamente 
giurisdizionale; vi �, inoltre, chi distingue, nel senso di ritenere amministrativa 
la prima fase non contenziosa, riguardante il controllo prelimi-" 
nare e preventivo spettante alla Giunta delle elezioni, d'ufficio o a seguito 
di reclamo, e giurisdizionale la seconda fase, contenziosa svolgentesi�� 


PAI'tTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 257 

davanti alla stessa Giunta delle elezioni, ed eventualmente dinanzi al 
pl~num, a seguito della deliberazio:r;ie della stessa Giunta di e contestare > 
l'elezione. 

Infine, � questa l'opinione pi� moderna e oggi predominante, si ritiene 
che tali attivit� sfuggano alla classificazione derivante dalla tradi-� 
.zionale ripartizione dei p�teri, trattandosi dell'esercizio di un peculiare 
potere di " controllo �Costituzionale ,. , proprio degli organi sovrani ed 
espressione della loro particolare autonomia, che si esplica anche' sul 
piano della loro costituzione ed organizzazione. \ , 

� questa, a ben guardare, l'opinione che meglio giustifica il dato 
sicuro, cio� di diritto positivo. derivante dallo spirito e dalla lettera della 
Costituzione e non contestato. dai seguaci di alcuna delle opinioni so;yrac~ 
cennate, secondo la quale tali attivit� deliber�tive vengono svolte in 
unica; .o, quanto meno, ultima istanza, ,interna alle Camere stesse, esclusiva, 
in qualsiasi forma, per qualsiasi riflesso e per qualsiasi scopo, di 


�ogni sindacato alternativo, .concorrente o successivo, da parte di qualsivoglia 
autQrit� giurisdizionale, ,ordinarfa o amministrat:iva (v., oltre la 
gi� citata sentenza n. 2036. del 1967 di questa Corte, la decisione del 
Consiglio di Stato, IV Sez., 20 settembre 1950, n. 504, �confermata dalla 
sentenza 25 settembre 1953, n: 306�2 di questa Corte); i;p.~ntre :nleno soddisfac�nte 
appare J.a concezione di una giurisdizione interna o.." domestica� 

' / 

propria degli organi sovrani o dei centri autonomi di potere costituzionale, 
che rimarrebbe fuori dalla �disciplina generale costituzionaliizzata 
della giurisdizione, facente capo al controllo dei diritti soggettivi e degli 
interessi legittimi da par.te del potere giudiziario, ordinario o amministrativo 
(articoli. 214, 111, 113 della Costituzione). 

Ad ogni ;modo, data la peculiarit� del feno~eno -avente portata 
prettamente c.ostituzionale -della sottrazione ad ogni giurisdizione 
esterna, intesa a permettere agli organi del potere legislativo �di agire, 
in ogni �caso. nella. pienezza . della loro autonomia e nella estrinsecazione 
dei loro poteri sovrani riconosciuti specificamente dalla Costituzione nonch� 
a prevenire, in vJ.a istiiuzional�, possibilit� di conflitti tra potere 
legislaitivo e po~re giudiziario (giurisdizionale); dato, anche, che esso 
rappresenta, pur sempre, una notevole restrizione della :tutela giurisdizionale 
per alcune sdrmne categorie di diritti pubblici soggettivi (o di 

1interessi legittimi: controllo sulle operazioni elettorali), agevolmente si. 
comprendE! come, per 1opinione >assolutamente prevalente in dottrina, 
debba intendersi acquisito il �Carattere eccezionale. sia per quanto attiene 
ai soggetti �Che all'oggetto delle prerogative, delle norme legislative 
estrinsecantisi nell'insindacabilit� esterna in via giuriisdizionale del procedil�lento 
e delle. deliberazioni di verifica d:ei poteri; il che ne impedisce 
l'appliicazione, in via analogica, ad organi aventi diversit� di tipo e di 
essenza. L'attribuzione di simile prerogativa ad organi diversi dalle As-�~ 
semblee legislative nazionali non potrii.)bbe, quindi, nel silenzio serbato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla Carta costituzionale nel titolo dedicato alle Regioni, anche se a 
statuto !spec:iale (articoli 114-133), emergere se non da chiar disposizioni 
legislative, ovvero, in via estensiva, da una intrinseca identit� di essenza 
di tali organi con le predette assemblee. Il problema � ~ffettivamente 
emerso, sotto entrambi i profili, fin dalla costituzione della Regione 
Siciliana, quando, anticipandosi, con il particolare Statuto, il pi� ampio 
regolamento costituzionale delle Regioni a Statuto ordinario o speciale, 
si attribu�, per la prima. volta, ad un organo qiverso dalle Camere legislative 
nazionali e da altri organi dello Stato. vale a dire all'Assemblea 
Regionale Siciliana, un potere legislativo pr:imario, alternativo o concorrente 
quello del Parlamento nazionale. cio� il potere di emettere provvedimenti 
aventi valore formale di legge. A prescindere da elementi 
marginali e nomina1i:stici, quali la denominazione di e Assemblea regionale 
" e di " deputati regionali � che pur sono stati messi in rilievo e 
contrapposti a quelle che sarebbero state le successive denominazioni di 
" Consiglio ,. e di e consiglieri regionali " rispetto alle altre regioni a 
statuto speciale ovvero ordinal'lio, vennero in considerazione, anzitutto, 
l'art. 3, primo comma dello Statuto re~ionale (r.d.I. 15 maggio 1946, 
n. 455), per il quale e lAssemblea regionale � costituita da novanta depu.
tati eletti nella Regione a suffragio univ~sale diretto e 1se,greto, secondo 
la legge emanata dall'Assemblea regionale in base ai principi �fissati 
dalla Costituente in materia. di elezioni politiche �; nonch� gli articoli 3 
. e 4 del q.l.C.P.S. 25 marzo 1947, n. 204 (Norme per l'attuazione dello 
Statuto della Regione Siciliana), che, rispettivamente recitano: e I'Assemblea 
nella prima adunanza proceder� a) alla convalida della elezione dei 

� proifri componenti; (omissis) e, e Fino a quando lAssemblea non avr� 
approvato il proprio regolamento interno saranno applicate le norme 
vigenti per l'assemblea costituente per la convalida degli eletti (omissis). 
Dopo l'approvazione, da parte dell'.Assemblea Regionale (sedute 17 marzo 
e 25 giugno 1950), del previsto regolamento interno (le cui norme, peraltr� 
-articoli 30 e 51 -~ul procedimento per la verifica di poteri 
nulla dicono, n� potrebbero utilmente dire, quanto al punto specifico), 
sopravvellllle la legge regionale n.-29 del 20 marzo 1951 (Elezione dei 
Deputati ali'Assemblea regiona{e siciliana), la quale, nell'art. 61, primo 
comma, stabilisce che � ali'Assemblea regionale � riservata la convalida 
dell'elezione dei proprii componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo 
sulle �ontestazioni, le proteste, e, in gener�ale, su tutti i reclami presentati 
agli uffici delle sing�ole sezioni elettorali e all'ufficio centrale circoscrizionale 
durante la loro attivit� e posteriormente �. Ora, questa Corte non 
ignora che, dal complesso di tali disposizioni. cio� dal richiamo ai principi 
fissati dalla Costituente in inateria di elezioni politiche, dal richiamo 
o, addirittura, dalla testuale r�iproduzione delle norme vigenti per la 
convalida dei deputati dell'~ssemblea costituente, e, successivamente, 
dei componenti delle due Camere (l'art. 61 della legge regionale n. 29.. 


PARTE I, SEZ. II, GlURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 259 

del 195il � sostanzialmente identico all'art. 65 del d.1.1. 10 marzo.. 1946, 

n. 74, cont~nente norme per l'elezione di un organo certamente sovrano, 
ql!'aile l'.A:Ssernblea Costituente, nonch� all'art. 62 -oggi art. 87 t.u. 
30 marzo 1957, n. 361 -del t.u. �51 febbraio 1948. n. 26 per \l'elezione 
della Camera dei Deputati) � stata tratta autorevolmente l'opinione che 
sarebbe stato intenzionalmente escluso ogni sindacato giurisdizionale 
esterno, sulle deliberazioni attinenti alla �convalida; tale �, del resto, 
anche la tesi sostenuta dall'Avv�ocatura dello Stato dinanzi al Consiglio 
di Giustizia amministrativa (ma non anche nella discussione orale dinanzi 
a questa Corte, ove ha~ invece, ammesso la giurisdizione dell'A.G.0.). 
La Corte non ignora nemmeno che .contro quella normativa. interpretata, 
appunto, nel senso di esplicita esclusione del sindacato giurisdizionale, 
sono stati altrettanto autorevolmente sollevati gravd. dubbi di illegittimit� 
costituzionale, originaria o sopravvenuta, sotto il profilo che. data la natura 
sostanzialmente giurisdizionale del potere di convalida, questo non 
potrebbe essere conferito a soggetti estranei al potere giudiziario, tanto 
meno con leggi regionali, salva espressa statuizione �Contraria della Costituzione. 
I 

Tuttavia, questo S.C. non ritiene di riscontrare nelle citate norme 

., 

qu~lla espressa esclusione. Il richiamo ai principi che sarebbero stat~ 
fissati dal costituente in materia di elezioni politiche sembrano attenere 
pi� al procedimento elettorale e alle condizioni generali dell'elettorato 
attivo e passivo, e sia pure alle forme del procedimento di convalida o 
di verifica dei� poteri, che alla peculiare preclusione del sindacato giurisdizionale 
esterno; n� diversa valutazione -richiamo limitato alla riproduzione 
delle forme del giudizio interno -potrebbe dare per quan~o 
attiene al l,'invio pi� �specifico alle norme di conv�alida dettate per le 
Assemblee nazionali. D'altra parte, ben scarsamente significativa si presenta 
la formula �Che riserva all'Assemblea Regionale il potere di convalida 
e il giudizio definitivo .sulle contestazioni, ove si consideri, da un 
lato, che, ~ome si � gi� detto, tale potere � naturalmente proprio di ogni 
organo pubblico collegialmente costituito; che, d'altra parte, analoga 
for~ula si riscontra in leggi relative ad altre Regioni a Statuto speciale, 
ovvero ordinario, che pur ammettono il pi� ampio controllo giurisdizionale 
(v., �per .tutte, l'art. 17 della legge nazionale 17 febbraio 1968, 

n. 108, su cui pi� oltre si ritorner�); che, infine, la norma attribuente .. 
carattere definitivo alle delibere att~nenti alle �contestazioni sulle operazioni 
elettorali pu� assumere significato ip.trinsecamente diverso da 
quello delle norme, relative al Parlamento, che pur formalmente riproduce, 
contrapponendosi soltanto al carattere evidentemente provvisorio 
e non definitivo delle decisioni adottate al riguardo dagli uffici elettorali. 
Arrivati a questo punto. pu� ritenersi accertato che nei testi legislativi 
fin qui esaminati, e attinenti alla Regione Siciliana. sussiste pi� �che 
altro un silenzio sulle possibilit� di ulterfore contestazione al di fuori 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'Assemblea; silenzio che sarebbe arbitrario considerare, .senz'altro,.. 
esclusione di un controllo esterno giurisdizionale; che ,altri criteri d:nterpretativi 
debbono soccorrere per avviare a soluzione il delicato problema; 
l'ulteriore indagine, deve, cio�, svolgersi nel senso di accertare 
S'e la successiva elaborazione delle leggi riguardanti le altre Regioni a 
Statuto speciale ovvero ordinario, convalidi o no l'opinione che assimila 
le Assemblee e i Consigli Regionali alle Assemblee Nazionali. quanto alla 
discussa prerogativa, e, nel caso di esito negativo di tale indagine, se 
l'Assemblea Regionale Siciliana costituisca intrinsecamente pur sempre 
un unicum, al quale solo la prerogativa si attagli. Esaminando� il quadro 
di tale legislazione, si presenta anzitutto, la Regione Sarda, rispetto al 
cui Consiglio Regionale, e alle correlative funzioni di verifi�a di poteri, 
si .riscontrano ana)Loghi, se non identici, riferimenti alle norme rdguardanti 
l'elezione delle Assemblee Nazionali, o riproduzioni delle norme 
medesime, nonch� analoghi silenzi circa la possibilit� di un ulteriore 
iter,�contenzioso e giurisdizionale, al di fuori del Consiglio (v. la Legge 
costituzionale 10 febbraio 1948, n. 3, che approva lo Statuto speciale per 
la Sardegna, specialmente g1i articoli 16 e 17; le norme di attuazione 
approvate con d.P.R. 27 maggio 1949, n. 2�50; il d.p. 12. d:Lcembre 1948, 

n. 1462, che, contenente norme per la prima elezione del Consiglio Regionale, 
� riserva " n~ll'art. 14 a tale Consiglio la convalida dei propri 
componenti, e, specialmente, l'art. 73 della legge Regionale 23 marzo 
1961, n. 4, che, anch'esso, riproduce quasi testualmente, dn tema di conv.
alida, l'art. 65 del d.l. 10marzlo�1946, n. 74 1sulrelezione�dell'AS1Semblea 
costituente, riguardanti le Camere legislative): nonch� le conformi e 
successive norme gi� �Citate. Anche in tal .caso, richiami, riproduzione di 
norme e silenzi sono stati interpretati, in base a motivazione che, come 
si � detto, questa Corte non condivide, come sufficienti a concretare 
l'esclusione espressa dal sindacato giurisdizione, salvo sempre il sospetto 
di illegittimit� costituzionale. Invece, per le altre Regdoni a statuto speciale, 
la legislazione, nazionale o regionale, affianca alla rituale previsione 
del giudizio riservato di convalida (ved., ad es. l'art. 15 del �decreto del 
Presidente della Repub~li~ 8 gennaio 1949, n. 2, che dettava norme.per 
la prima elezione del Consiglio Regionale della Valle d'Aosta, n'.onch� 
l'art. 19 della legge 3 agosto 1962, n. 1257, contenente norme per le elezioni 
del Consiglio della V.alle d'Alosta) una SiPecid�ca disciplina di ricorsi 
esterni, di carattere giurisdizionale, contru le deliberazioni dei Consigli, 
del;iberazioni .che, talvolta, vengono definite espressamente come adottate 
dai con:siglJi, d'ufficio o su ricol'lso; in sede amministraiti::va (art. 21 della 
predetta legge n. 12�57 del 1962 per la Valle d'Aosta). Tali rimedi giurisdizionali 
si concretano, salvo qualche variante di rito, in un ricorso alla 
Corte d'Appello, ove si. tratti di questioni di eleggibilit�, decadenza o 
incompatibilit�, cio� di diritti soggettivi, e in un ricorso al Consiglio di 
Stato ove si tratti di questioni attinenti alila regolarit� delle operazioni 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 261 

elettorali (v. gli articoli 22, 23~ 27, 30 della citata legge n. 1257 deL:J,962 
per la Valle d'Aosta; gli articoli 64~65 della legge regionale � 20 agosto 
1952, n. 24, per la Regione del Trentino Alto Adige; gli articoli 3:3 e 11 
della legge 23 febbraio 19�6�4, n. 3, per la Regione del Friuli-Venezia 
Giulia, richiamati dall'art. 47 della legge regionale 25 marzo 1966, n. 19). 


Da ultimo, rispetto a tutte le Regioni a stat.to ordinario, la legge 
17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per l'�lezione dei Consigli Regionali 
delle Regioni a statuto ordinario) prevede, mediante l'espresso richiamo 
(art. 1;9) delle nol'IIIle dettate dagJ.i articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della legge 
26 dicembre 1966, n. 1145 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale 
amministrativo), un completo e complesso sistema, con particolarit� 
di rito, per la tutela, in via giurisdizionale, contro le deliberazioni 
del Consiglio Regionale; tutela devoluta, secondo i criteri gi� accennati, 
ove trattisi di diritti soggettivi, cio� di provvedimenti in tema di eleggibilit�, 
incompatibilit� e decadenza, ai tribunali civili e successive istanze 
superiori secondo l'ordine ordinario dei gradi, e alla giurisdizione amministrativa, 
ove trattisi di regolarit� delle operazioni elettorali. � 


Il panor�ama legislativo sopra esposto mostra, come � ovvio, l'orientamento 
generale del legisl_atore a considerare, in via di principio, la 
pretesa del candidato ad assumere e a conservare, a seguito delle operazioni 
di elezione, l'ufficio di consigliere regionale,�conforme alla sua natura 
intrinseca, come un diritto soggettivo, tutelabile dinanzi all'A.G.O. 
dopo l'esaurimento della controversia dinanzi al Consiglio in una prima 
fase che pu� definirsi amministrativa in senso lato; non solo, ma alla 
cosi espHcita negazione di asserte prerogative sovrane dei Consigli in 
materia, pari a quelle degli organi legislativi nazionali, si accompagna 
una singolare ampiezza di poteri concessi anche al giudice ordinario, il 
quale pu� e deve sostituire direttamente, ai candidati illegalmente pro


. clamati: coloro che hanno diritto di esserlo (v., ad esempio, da ultimo 
l'art. 4 della legge n. 1147 del 1966, in quanto richiamato dall'art. l9 
della legge n. 108 del 1968). 

N�, sotto il secondo profilo gi� accennato, pu� dirsi che la particolare 
ampiezza della potest� legislativa concessa all'Assemblea Regionale Siciliana, 
nel quadro della peculiare autonomia predisposta per la relativa 
Regione, ne faccia una unicum, che la distacchi intrinsecamente dalla 
generale categoria dei Consigli Regionali dalle altre Regioni a statuto 
ordinario o speciale, e che valga ad assimilarla, essa sola, per ci� che 
attiene a quelle prerogative, alle assemblee parlamentari dello Stato. 

Soccorrono, a questo r.iguardo, le approfondite indagini, che, sull'esistenza, 
nelle Assemblee e Consigli Reg~onali, di prerogative sovrane 
diverse da quelle di cui qui si � discute, ma anche esse tradizionalmente 
proprie delle sole camere legislative nazionali, sono state svolte dalla 
giurisprudenza costituzionale e ordinaria, con particolare considerazione 
dell'Assemblea Regionale Siciliana; filone giurisprudenziale tanto pi� � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

significativo, in quanto iniziatosi in un momento in cui gli o:rdillamenti .. 
regionali concretamente instaurati erano soltanto quelli speciali siciliano 
e sardo, e in cui l'intervento del legislatore che, modificando con la legge 
11 novembre 1947, n. 137 l'art. 289 c.p., aveva accordato alle Assemblee l 
Regionali una tutela penale analoga a quella delle Assemblee legislative, 
aveva potuto fare opinare (ma a torto, giacch� lo stesso legislatore aveva 
avuto cura di tenere distinto, nell'intestazione, l'attentato contro tali 
Assemblee Regionali da quelli contro gli organi costituzionali) che da 
detta norma potesse argomentarsi un principio generale in base al quale 
fosse conferibile ai Consigli la posizione propria delle Camere parla:rpentari. 
Cos�, fu invocata, in via giudiziaria, l'estensione ai � Deputati � 
dell'Assemblea Regionale Siciliana dell'istituto dell'immunit� parlamentare, 
quale disciplinata, per i soli membri del Parlamento nazionale, dall'art. 
68 secondo e terzo comma della Costituzione; e ci� nonostante il 
silenzio dello Statuto e delle norme d'attuazione, e, nonostante che, nel 
titolo dedicato alle Regioni, la Costituzione riproduca espressamente, per 
i consiglieri regionali (art. 122, quarto comma), soltanto la prescrizione 
del primo comma dell'art. 68 (per cui i membri del Parlamento non 
possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio 
delle loro funzioni) e non anche quelle del secondo e terzo comma. 
Ma questa Corte Suprema, con decisione 10 .dicembre 1949, n. 70 delle 
Sezioni Unite Penali, ebbe ~ respingere l'estensione, oltre che in base 
ad argomenti di carattere esegetico (rd.produzione, nellio stesso art. 6 
dello Statuto Regionale Siciliano, della sola disposizione contenuta nel 
primo comma, e non anche di quelle contenute nel secondo e terzo comma 
dell'art. 68 della Costituzione, mancata riproduzione, nel testo definitivo 
dello Statuto, di una norma sull'immun�it� prevista dall'art. 23 del 
progetto redatto da una Commissione dell'Assemblea costituente), anche 
in base a considerazioni di ordine pi� generale, attinenti all'impossibilit� 
di �stensione anal�ogica di un istituto eccezionale, dettato per gli organi 
sovrani, a componenti di consessi aventi bens� rilevanza costituzionale, 
ma non aventi l'essenza di organi sovrani, data la loro posizionedi 
subordinazione rispetto a quelli dello Stato, cui � attr0ibuita una podest� 
d'intervenire sulla loro attivit�). 

Occorre, poi, appena ricordare che una norma della legge Regionale 
20 marzo 1951, n. 29 (art. 64), attributiva, appunto dell'immunit� parlamentare 
ai deputati regionali, venne dichiarata costituzionalmente illegittima 
dall'Alta Corte per la Sicilia con decisione 20 marzo 1951, n. 38, 
non spettando all'Assemblea Regionale di .statuire, iure proprio, in tema 
di funzione giurisdizionale e di esercizio dell'azione penale. 

Altra prerogativa delle Camere legislative naziona.U, di cui non � 
parola nella Costituzione, ma che deriva -oltre che da lunga tradizione 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 

storica e dal carattere soggettivamente non amministrativo delle re�ative 
attivit� -proprio dalla peculiare posizione costituzionale di tali ~rgani, 
� e dalla sua estrinsecazione nella facolt� di auto organizzarsi. anche con 
norme di regolamento interno, � quella che importa la sottrazione al 
controllo giurisdizionale esterno dei provvedimenti adottati da dette Assemblee 
per costituire e disciplinare i rapporti di impiego .nei confronti 
del personale dipendente (v. art. 14.S� del Regolamento della Camera dei 
Deputati); tali provvedimenti, ancorch� riguardanti pubblici impiegati 
in senso gener.ico. sono sottratti al sindacato giuris(iizionale del� Consiglio 
di Stato; Anche in questo campo, il tentativo di estensione di simile 
prerogativa ai rapporti di impiego dei dipendenti del!'Ass�mblea Regionale 
Sicil�ana, nel sense di sottrarre le relative controversie alla giurisdizione 
generale di legittimit� o �esclusiva del: Consiglio di Giustizia 
Amministrativa e a qualsiasi altro giudice. � stato disatteso da .queste 
Seziond Unite Civili, �Con sentenza 15 lugli:o 1963, n. 1933, nella quale, 
tra le altre persuasive argomentazioni. assume particolare rilievo, ai fini 
della presente controversia, la considerazione che -a parte lo speciale 
controllo costituzionale dell'attivit� legislativa in senso proprio esercitata 
dall'Assemblea -rispetto ai poteri dello Stato .e, soprattutto rispetto 
alla funzione giurisdizionale, che � funzione unicamente statale, la Regione 
Siciliana deve essere considerata unitariamente quale una pubblica 
amministrazione che agisce per il proseguimento di pubblici interessi, 
sicch�, la stessa esecuzione delle leggti regionali e l'organizzazione degli 
uffici regionali, compresi quelli ausiliari del!' Assemblea Regionale, son.10 
c;ia considerarsi atti di amministrazione regionale. e. quindi, soggetti alla 
giurisdizione amministrativa. Tale sentenza di questa Corte indusse la 
Regione Siciliana ad elevare un conflitto di attribuzioni (tra potere legi


slativo e potere giurisdizionale) di fronte alla Corte Costituzionale; conflitto 
risolto da quella Corte con sentenza 3-0 giugno 1964, n. 66, nel 
senso �Che alle autorit� giurisdizionali statali -genericamente intese si 
estende la potest� di giudicare sugli atti del!'Assemblea Regionale 
Siciliana relativi ai rapporti dei propri dipendenti. 


In tale sentenza viene ampiamente discussa la tesi della Regione, 
secondo la quale la posizione costituzionale della Assemblea Regionale 
sarebbe identica a quella delle due Camera del Parlamento, e, quindi, 
identiche dovrebbero esserne le prerogative, tutte le .prerogative; che, 
cio�, lAssemblea sarebbe un. corpo politico, al parti delle Camere, in 
quanto esplicherebbe un'attivit� politica, quale l'emanazione di atti legislativi 
aventi efficacia identica a quella de�i c�rrispondenti atti dello Stato; 
cosicch�, e correlativamente. in base a norma costituzionale (art. 4 Statuto), 
essa avrebbe lo stesso potere di regolamento. che comprenderebbe, . 
come � indiscusso per le Camere. non solo la potest� di organizzazione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle proprie funzioni e degli. uffici, ma anche il sindacato sugli atti che 
violino le norme poste nell'eserdzio di quel potere. 

La Corte, con qualche divergenza concettuale dalla sovra citata sentenza 
di queste Sez. Un., affermava che l'Assemblea Regionale Siciliana � 
non pu� essere configurata eome organo amministrativo, giacch� le sue 
attribuzdoni sono legislative e politiche, e nori mai amministrative; ma 
--ed � ci� che pi� interessa ai fini della presente controversia -osservava 
che da tale dato non derivava che l'Assemblea Regionale potesse 
essere parificata alle Camere, n� sotto il profilo dell'equivalenza degli 
atti�legislativi, n� sotto quello, pi� lato e comprensivo, della c.d. �attivii.t� 
di indirizzo politico. Rievocati, sotto il primo aspetto, i limiti e i controlli 
che :l'atti'\Tit� di legislazione regionale, anche c.d. esclusiva, incontra nel 
sistema costituzionale generale e speciale, tali da potersi definire la Regione, 
anche quella siciliana, come ente con fini predeterminati inderogabilmente 
fissati, la Corte i><;>neva in rilievo la differenza tra attivit~ 
legislativa regionale e quella statale, perch� solo questa ultima pu�, in 
linea generale, considerarsi libera nel :fine. Da ci�, l'impossibilit� dell'assimilazione 
delle funzioni dell'Assemblea a quelle sovrane del Parlamento, 
le prime essendo manifestazione di autonomia politica costitu


' 

zionalmente riconosciuta e delimitata, le seconde, invece, espressione del 
potere di indirizzo politico generale, al quale il Parlamento, anche attraverso 
la legislazione, partecipa,. e che la Costituzione, predisponendo il 
controllo. di merito sulla legislazione regionale, considera prevalente. 
Da ci�, anche, l'impossibilit� di attribuire alla potest� regolamentare 
dell'Assemblea Regionale la stessa ampia sfera di effetti propri della 
potest� regolamentare delle Camere quale prevista dall'art. 64 della 
Costituzione. La Corte si addentrava, poi, nell'esame di altre norme 
costituzionali, atte a dimostrare come al Parlamento vengano garantite 
forme di indipendenza e prerogative ben pi� ampie di quelle concesse 
ai Consigli Regionali e all'Assemblea Regionale, ponendo in particolare 
rilievo l'inesistenza, riguardo ai deputati o consiglieri regionali, di alcun 
principio o disposizione che riconosca la loro immunit� penale quale 
prevista dall'art. 68 della Costituzione per i membrii. del Parlamento; e 
considerava che, se l'immunit� � conferma dall'indipendenza dell'oi;gano 
nei confronti degli altri poteri, tale da rigettare Juce su tutto il complesso 
delle garanzie costituzionali accordate alle Camera, � � agevole dedurre 
dalla sua mancanza la dimostrazione che il sistema c9stituzionale non 
ha inteso attribuire all'Assemblea regionale quelle stesse prerogative che 
spettano al Parlamento"� Nello stesso quadro, la Corte rilevava espressamente 
il difetto di � una norma costituzionale che, come avviene per le 
Camere in base all'art. 66 della Costituzione, attribuisca ai Consigli Regiohali, 
anche di Regioni a statuto speciale, il giudizio definitivo dei 
titoli di ammissione dei loro. componenti e delle cause sovraggiunte '�l.i 
ineleggibilit� e di incompatibilit� ". 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 265 

Concetti del tutto analoghi, a proposito di altre rivendicate assimilazioni, 
a�le Camere parlamentari o ad altri organi sovrani, da parte del1'
Assemblea regionale skiliana o da parte di Consigli Regionali -assimilazioni 
disattese col diniego delle relative prerogative che ne sarebbero 
altrimenti derivate -la Corte Costituzionale ha avuto. occasione di 
ribadire, successivamente, nelle sentenze 17 aprile 1968, n. 24 (a proposito 
della dichiarata incostituzionalit� di una legge regionale siciliana che 
aveva esteso ai deputati r(;!gionali alcune esenzioni fiscali previste da 
una leg.ge nazionale a favore dei �componenti delle Camere) nonch� nella 
sentenza 30 dicembre 1968, n. i43, e, ultimamente, nella sentenza 22 
gennafo 197�, n. 6. 

'Una volta accettati tali principi, che sono interamente da condividere, 
quanto alla differenza, intrinseca o di grado, tra organi legislativi 
nazionali e organi leg.islativi regionali, resta agevolmente fugato il 
dubbio che l'ampio .sistema di controlli giurisdizionali specficamente predisposti, 
anche .se in via di leg,islazione ordinaria, per le regioni a statuto 
ordinario e per la maggioranza delle regioni. a statuto speciale, riguardo 
alle deliberazioni di verifica dei poteri adottate dai relativi organi legislativi, 
possa essere inficiabile per illegittimit� costituzionale; e, inversamente, 
non � pi� possibile, sulla base dei " silenzi ,, della legislazione 
attinente all'Assemblea regionale�siciliana (e analoga considerazione vale 
per il Consiglio Regionale Sardo), supporre e costruire una norma estensiva 
dell;:i prerogativa di cui il pi� volte citato art. 66 della Costituzione, 
norma .che creerebbe una evidente disarmonia nel sistema costituzionale, 
e che presenterebbe quei gravi vari asptti di incostituzionalit� che sono 
stati gi� addebita.t~ dalla dottrina, per difformit� da�i principi costituzionali 
volti a garantire la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi 
legiWmi. 

E, in ultima analisi, la soluzione cui questa Corte aderisce si adegua 
anche all'ormai consolidato canone interpretativo, secondo il quale, ove 
una norma di legge sia suscettibile di pi� interpretazioni, .di cui una 
darebbe alla norma un �significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio 
� soltanto apparente e deve essere superato e risolto interpretando la 
norma in se!lso conforme alla Costituzione e alle leggi costituzionali. 

Devesi, per quanto sopra esposto, dichiarare l'appartenenza della 

�ontroversia in esame alla giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria -Or


dinaria. 

Il ricorrente deve essere condannato alla perdita del deposito per 

soccombenza (art. 38.1). 

Quanto alle spese di questo grado di giudizio, reputasi opportuno 

dichiararle compensate, tra le ;parti costituite attesa la novit� della que


stione, prima di ora mai sottoposta nei suoi specifici termini all'esame di . 

questa Corte (articoli 385, 92 c.p.c.). -(Omissis). 


266 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 676 -Pr��s. Flore :.: 
Rel. De Sanctis -P. M. Di Maio (diff.) -Tabegna (avv. Garofani) 

c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile -Ferrovie dello 
Stato (avv. Stato Casamassima). 
Competenza e giurisdizione -Ferrovie -. Trasporto di p~rsone sulle 

Ferrovie dello Stato -Diritto al biglietto di abbonamento -Li


miti -Effetti sulla giurisdizione. 

(Condizioni e Tariffe per il Trl;lsporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato, 
di cui al r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1848, conv. in legge 4 aprile 1935, n. 911, e 
successive modifiche, art. 43, par. 10). 

Anche la posizione di chi chieda all'Amministrazione deUe Ferrovie 
dello Stato di concludere un particolare contratto di trasporto valido per 
un mese o pi� � normalmente di diritto soggettivo perfetto.; senonch� 
aU'Amministrazione stessa � attribuito il potere di negare al privato il 
rilascio del biglietto di abbonamento in determinati casi: l'esercizio di 
detto potere degrada il diritto soggettivo ad interesse legittimo e conseguentemente 
la giurisdizione sulle controversie attinenti ad ogni pretesa 
illegittimit� del provvedimento, con cui in concreto venga esercitato quel 
potere, spetta al giudice amministrativo.. onde solo dopo la eventuale 
pronuncia di annullamento da parte di tale giudice pu� proporsi l'azione 
risarcitoria davanti al giudice ordinario (1). 

(Omissis). -In via preliminare va rilevato che in un passo della 
motivazione della sentenza del tribunale, insieme con le considerazioni 
relative all'esistenza del potere della pubblica amministrazione, di negare, 
in determinate ipotesi, il rilascto di abbonamenti ferroviari ordinari, si 
esprime anche l'opinione che quel potere fu nella specie legittimamente 
esercitato. ; 

Malgrado ci� deve escludersi che il tribunale abbia adottato una 
decisione di merito, poich� la considerazione di cui sopra, del tutto super


(1) La sentenza richiamata in quella di cui alla massima riportata 
trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 546 con nota di BACCARI, 
Sulla natura giuridica della pretesa al trasporto con l' Amminisi'l"azionie 
delle Ferrovie dello Stato. Nel caso di specie come si rilever� dai motivi 
della decisione che si pubblicano per esteso il difetto di giurisdizione del 
giudice ordinario non richi�edeva la soluzione di complesse questionL La 
difformit� delle conclusioni del P. M., che aveva chiesto la declaratoria di 
inammissibilit� del ricorso, � evidentemente da rapportarsi alla opinione 
espressa nella sentenza del Tribunale circa il legittimo esercizio del potere 
nella specie. Ci� che peraltro non ha indotto l�e sezioni unite della Corte 
di Cassazione a ritenere la sussistenza di una pronuncia di merito da parte 
del Tribunale mentre ha offerto ad esse l'occasione per ribadire talO:ni 
interessanti concetti in materia di regolamento di giurisdizione. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 267 

flua, non vale a� mutare n contenuto della sentenza, non essendbSi' in 

alcun modo tradotta nel dispositivo che, con la pronuncia di improponb 

bilit� della domanda, dimostra essersi il tribunale limitato a declinare 

la propria giurisdizione. 

Non sussiste sotto questo profilo dunque, ostacolo all'esame del rd.. 
corso per regolamento di giuvisdizione che, come � noto pu� essere pro


posto anche quando sia stata pronunciata una sentenza di primo grado, 

purch� detta sentenza abbia risolto solo la questione di giurisdizione e 

non �bbia anche deciso nel merd.to. 

In tal caso, il ricorso per regolamento di giurisdizione assume so


stanzialmente il contenuto di una impugnazione per saitum e pertanto 

incontra un limite insormontabile solo nel passaggio d.n giudicato della 

sentenza di primo grado. 

In caso diverso, e cio� se vi sia stata decisione di merito, la questione 

di giurisdizione pu� essere invece ;i:iproposta da chi vi abbia interesse, 

solo con i normali mezzi di impugnazione. 

Ci� premesso, nel merito si osserva che indubbiamente la posizione 

di chi, volendo fruire dei servd.zi ferroviari gestiti in regime di monopolio 

dalla Amministrazione dei Trasporti dello Stato chieda di concludere un 

contratto di trasporto, � quella del titolare di un diritto soggettivo per


fetto. Infatti la Amministrazd.one non pu� sottrarsi,. normalmente, alla 

conclusione del contratto come fu gi� riconosciuto da questa stessa Corte, 

con la sentenza n. 1802 del 1965. 

La conclusione del .contratto deve inoltre avvenire secondo le norme 

stabilite in via geD:erale con i provvedimenti aventi forza di legge e cio� 

in base alle cosiddette " Condizioni e Tariffe ,, per i trasporti sulle fer


rovie dello Stato. 

Dette Condizioni, che, per quanto riguarda i trasporti di persone 

furono approvate con r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1848, convertito in legge 

4 aprile 1935, n. 911 e successivamente pi� volte modificato, prevedono 

e reg�olano espre.ssamente ed in via generale, anche il rilascio di biglietti 

di abbonamento ordinario (art. 42 e 43). Pertanto deve h�onoscersi che 

anche la posizione di chi� chieda all'Amministrazione il rilascio di un 

biglietto del genere, cio� chieda di concludere un: particolare contratto di' 

trasporto valido per un mese o pi�, �, normalm~nte, posizione di diritto 

soggettivo perfetto. 

Senonch� � ugualmente certo che alla Amministrazione delle Ferro


vie dello Stato � attribuito il potere di negare al pTiv:ato il rilascio del 

biglietto di abbonamento, in determinati casi e precisamente quando il 

soggetto che ne fa richiesta sia in precedenza incorso pi� volte in sanzioni_ 

per avere esercitato il mestiere di venditore, di cantante, di suonatore e 

simili sui treni, in spregio del divieto posto dall'art. 6 comma 28 delle 

Condizioni e Tariffe. 


268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il potere suddetto della Amministrazione, gi� implicito iii"'base al 
disposto dell'art. 6 sopra richiamato, � stato espressamente conferito con 
il d.m. 30 luglio 19518, n; 934, che ha stabilito: " Chi si serve dell'abbonamento 
per esercitare il mestiere di venditore, cantante, suonatore e 
simili sui treni o nei recinti delle stazioni, � soggetto al ritiro del biglietto 
senza diritto ad alcun rimborso. In caso di recidiva lAmministrazione 
pu� rifiutare il rilascio dei biglietti di abbonamento �. 

Detta disposizione integra le altre relative al rilascio dei biglietti di 
abbonamento, tanto da essere ora riportata materialmente sotto il paragrafo 
10 nell'art. 43 delle Condizioni e Tariffe, conformemente a quanto 
stabilito dal decreto ministeriale 30 luglio 1958. N� vi � dubbio che essa 
sia stata legittimamente emanat� dall'autorit� governativa. onde a torto 
il ricorrente sostiene il contrario. 

Invero con il r.d.l. 11 ottobre 193,4, n. 1948 -art. 3 -veniva tra 
l'altro stabilito: " Son�o . approvate dal Ministro per le Comunicazioni 
(ora Ministro per i Trasporti e per :l'Aviazione civile) a) J.e modificazioni 
alle condizioni di trasporto che non importano aggravio per ilpubblico 

o diminuzione di introito�. Nella disposizione del d.m. 30 luglio 1958, 
n. 934, non potrebbe in nessun caso ravvisarsi pi� di una modificazione 
alle condizioni di trasporto, che il Ministro ~ra competente ad introdurre 
in quanto che essa non importava n� un aggravio generale n� una diminuzione 
di introito. 
� Infine, poich� il rifiuto al rilascio dell'abbonamento avrebbe dovuto 
trovare giustificazione nell'attivit� illecita del soggetto, deve anche escludersi 
che per effetto della norma venissero introdotte illegittime dis.criminazioni 
tra cittadino e cittadino, come il ricorrente pure prospetta. 

Pertanto, allorch� con il provvedimento del 7 novembre 19'58, la 
Amministrazione delle Ferrovie disponeva che al Tabegna e ad altre ben 
determinate persone non venisse rilasciato il biglietto di abbonamento, a 
causa della precedente attivit� abusiva svolta sui treni, essa non faceva 

l 

che esercitare un potere che le spettava, in base a quanto innanzi esposto, 

~I;.

~ 

con la conseguenza della degradazione del diritto s.oggettivo del Tabegna 1 
medesimo ad :interesse legittimo. 
Ogni eventuale illegittimit� del provvedimento, con cui in concreto 
veniva esercitato un potere che in astratto certamente spettava alla auto


I

rit� ammini.strativa, non avrebbe potuto e non potrebbe eventualmente, 

e se ancora in tempo, essere dedotta che dinanzi al giudice amministra


tivo. 

Solo dopo l'accoglimento della relativa azione e l'annullamento del


l'atto amministrativo, ripristinata la sua posizione di diritto soggettivo 

perfetto, il Tabegna potrebbe far valere dinanzi all'autorit� giudiziaria 

ordinaria la sua pretesa risarcitoria. 

Non ha errato quindi il tribunale nel ritenere intanto improponibil~. 
la domanda, in tal modo declinando la sua giurisdizione. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 269 

Il ricorso, in base a tutte le conSiderazioni svolte deve essere rlgettato, 
con la conseguente condanna del Tabegna alla perdita del deposito 
nonch� al rimborso delle spese in favore della .,Amministrazione resistente, 
che -si liquidano come in dispositivo, oltre lire 150.000 per onorario 
di difesa ed oltre le spese prenotate a debito, che saranno liquidate 
nei modi di legge. -� (Omissis). 


CORTE DI CASSAZIONE,.Sez. Un., 24 marzo 1971, n. 827 -Pres..Flore Est. 
Leone -P. M. Di Maio -Ministero Affari Esteri e altri (avv. Stato 
Arias e Zagari) c. Soc. S.A.I.C.E.S. (avv. Sorrentino e Nicol�). 


Competenza e giurisdizione -Domanda giudiziale presupponente l'acc�rtamento 
negativo sull'efficacia vincolante di un atto legislativo Difetto 
assoluto di giurisdizione. 


Deve essere dichiarato l'assoluto difetto di giurisdizione deZZ'A.G.O. 
(e, conseguentemente, di un ColZegio arbitrale adito), relativamente ad 
una dornanda itJolta a stabilire che una norma di legge � priva �eZZ'efficacia 
vincolante propria dei precetti posti da tale fonte primaria di produzione 
giur,idica (1). 


(Omissis). -Con r.d. 7 ottobre 1937, n. 2513, veniva istituito l'Ente 
, per il Cotone dell'Afri<Ca Orientale italiana; un �successivo decreto 7 gen-

Una -questione di giurisdizione in materia di domande proposte 
contro 1'Amministrazione Italiana della Somalia 
relativamente ad una concessione assentita 
dalla precedente amministrazione coloniale 


(1) La decisione in rassegna ha concluso in senso favorevole all'Amministrazione 
una annosa e importante vicenda :giudiziaria involgente delicate 
question.i di diritto internazionale e amministrativo e nel corso della quale 
il..Collegio Arbitrale e la Corte .d'Appello di Roma avevano ritenuto proponibili 
e meritevoli di accoglimento le domande proposte dalla soc. SAICES, 
gi� titolare di una concessione assentita dall'Amministrazione coloniale italiana 
della Somalia, tendente .ad ottenere il risarcimento di pretesi danni 
subiti a seguito di provvedimenti adottati dall'A.F.I.S. in regime di amministrazione 
fiduciaria. 
Le Sezioni Unite, per quanto concerne l'autonomia dell'ordinamento 
somalo rispetto a quello italiano nel periodo d'amministrazione fi.duciaria, 
hanno .confermato il loro precedente orientamento di �cui alla decisione 22 
dicembre 1964 n. 2959 in causa Brahan� Fitantari Grerezghier v. Ministero 
Esteri (in Rass. Avv. Stato, 1965, I, 56, con nota di MATALONI)_ ma hanno 
ritenuto che in tema di domande �connesse ad un !l'�pporto di .concessione 
contratto costituito sotto il precedente regime coloniale nell'~mministrazione 
italiana, potessero coesistere accanto alla giurisdizione dell'ordinamento 
somalo elementi di collegamento tali da radicare anche la giurisdi-� 
zione italiana e sono pervenuti alla declaratoria di difetto assoluto di� giu-risdizione 
dell'A.G.O. (e del Collegio Arbitrale adito) solo in relazione al 



A , 


270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

naio 1938, n. 445, prevedeva la possibilit� di costituzione di diSfretti cotonieri 
ad opera del Ministero dell'Africa Italiana. In particolare si stabiliva 
che con decreto ministeriale si sarebbe :fissata la delimitazione territoriale 
di �ogni distretto e si sarebbe provveduto a darne in concessione 
l'organizzazione e la gestione ad enti o societ� che avessero i necessari 
requisiti di attrezzatura tecnica di disponibilit� :finanziaria. I concessionari 
avrebbero avuto l'autorizzazione in esclusiva all'acquisto del cotone 
prodotto nelle imprese agrarie indigene, i produttori avrebbero avuto 
l'obbligo di vendere il cotOne ai �concessionari, i prezzi di vendita,in caso 
di mancato accordo tra le parti, sarebbero stati stabiliti dal Governo 
sentito il parere dell'Ente di cui al r.d. del 1937. 

In attuazione delle predette disposizioni legislative con d.m. 1� dicembre 
1938 veniva costituito il distretto cotoniero del Basso Giuba e ne 
veniva accordata la concessione alla Societ� Anonima Industriale e Commerciale 
Etiopia Sud (SAICES). 

Con la convenzione stipulata tra la SACES e l'Amministrazi�one del1'
Africa Italiana, annessa al d.m., la durata della concessione veniva stabilita 
�n venticinque anni; fu riconosciuto alla SAICES il diritto di esclusiva 
di eseguire coltivazioni direttamente o in compartecipazione con. 
gli indigeni e di acquistare il cotone dai coltivatori del distretto i quali 
erano itenuti a cedere alla societ� il ~accolto. 

contenuto delle domande proposte dalla SAICES, in quanto :P:resupponenti 

in accertamento (interdetto al giudice italiano rispetto ad un ordinamento 

straniero) di inefficacia di provvedimenti adottati dall'AFIS in forza del po


tere legislativo ad essa spettante sul territorio somalo. 

Pur dovendoci compiacere dell'esito della controversia e della riaffermazione 
da parte della Corte Regolatrice di alcuni importanti principi in 
merito ai rappor.ti tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento somalo sotto 
il regime dell'Amministrazi<>ne Fiduciaria italiana di quel territorio, non 
possiamo non osservare �che la decisione sarebbe stata probabilmente pi� 
concluSiva, se anzich� accogliere un motivo di censura , in sostanza, di 
caratte~e subordinato, si fosse pi� a lungo raffermata sui principali mezzi 
di irkorso nei quali erano state illustrate le ragioni di fondo che convincevano 
del difetto di giurisdizione dell'A.G.O. 

Riteniamo opportuno riportare, a titolo di chiarimento, il passo della 

memoria difensiva depositata nel �giudizio di Cassazione nel quale vengono 

illustrati i due aspetti del primo motivo di ricorso. 

� Il primo motivo denuncia l'assoluto difetto di giurisdizione degli arbi


tri come di qualsiasi autorit� giudiziaria italiana nella soggetta materia. 

L'evidenza di tale mezzo ne �Consente una semplice e chiara enuncia


zione. Poich�, peraltro, l'assoluto difetto di giurisdizione di qualsiasi auto


rit� italiana (e conseguentemente degli arbitri italiani) nella soggetta ma.
teria si pu� prospettare sotto due distinti aspetti riteniamo opportuno articolare 
maggiormente l'enunciazione e l'e�sposizione di tali aspetti, trattandoli 
separatamente. .. 

I) La domanda di arbitrato e il loro arbitrale hanno avuto ad oggetto 

una attivit� compiuta dall'AFIS nei propri poteri di imperio nell'espleta




J 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 271 

Con apposita clausola l'art. 13, si stabiliva di deferire ad un colJ.~gio 
arbitrale, che si sarebbe riunito in Roma entro un mese dalla notificazione 
del ricorso di una delle parti al Presidente della Corte d'Appello 
di Roma. tutte le controversie sorte per l'interpretazione o l'applicazione 
della convenzione. 

Scoppiata la guerra, l'organizzazione della SAICES. che aveva iniziata 
la sua attiv.it� nel distretto assegnatole, fu pressocch� annientata. 
Dopo l'occupazione militare da parte 'della Gran Breta.gna all'Anuninistrazione 
inglese della Somaliia, subentrava lAmministrazione Fiduciaria 
Italiana della Somalia, affidata all'Italia in bas~ all'Accordo di tutela di 
Ginevra del 27 gennaio 1950. Quando l'Italia torn� in Somalia in virt� 
del mandato affidatole, 1a. SAICES era nuovamente in funzione. In data 
21marzo1952, l'AmminitStrazione (AFIS) emanava :un'ordinanza, la n. a,� 
che dettava nuove norme per la coltivazione del cotone in Somalia innovando 
rispetto �lla precedente disciplina. In particolare, veniva di:sposto 
che l'acquisto del cotone in blocco da agricoltori che avevano effettuato 
la coltivazione in economia 1dltretta :poteva essere effettuato solo da 
coloro �he erano in po.ssesiSO dell'autorizzazione all'esercizio del commercio 
all'ingrosso o gestivano sgranatoi o erano muniti d:ella licenza 
per la �Coltivazione del cotone in partecipazione e che la stipulazione di 
contratti per la coltivazione del cotone in compartecipazione poteva essere 

mento del mandato di organismo amministrativo fiduciario della Soma!lia. 
Poich� tale attivit� � stata esplicata nel quadro di un ordinamento 
(quello .somalo) autonomo. e distinto dall'ordinamento italiano, � sottratta 
�. aiUa giurisdizione italiana la cognizione di controversie che abbiano ad 

oggetto t�le attivit� juri imperli. 

Essendo, pertanto, il rapporto dedotto in giudizio dalla SAICES contro 
la AFIS e giudicato dal Collegio Arbitrale sottratto alla giurisdizione itali:
ana (e conseguentemente a quella di Arbitri italiani) il lodo era viziato 
di nullit� e viziata 81,P'Pare altresl la sentenza della Corte di Appello oggetto 
della presente imtPugnativa ~he ha confermato il (I.odo. 

Per la dimostrazione dell'assunto � sufficiente il richiamo a quanto 
abbiamo gi� detto sulla natura dell'AFIS e qualche accenno su pochi punti 
che, in relazione alle osservazioni ,prospettate nel �Controricorso, appaiono 
richiedere un maggiore ch).arimento. 

Che l'oggetto del giudizio arbitraie riguardasse un'attivit� jure imperii 
dell'AFIS (e cio� una attivit� jure imperii riferibile ad un ordinamento straniero) 
non ha bisogno di particolare dimostrazione. 

Abbiamo gi� visto (supra, II, sub e ed) che nella domanda di arbitrato 
il fatto lesivo fu visto nell'emanazione dell'o~din,anza n. 3 del 1952 da parte 
dell'AFIS .e non � dubbio che avendo l'ordinanza .carattere legislativo (come 
riconosce lo stesso avversario) l'emanazione dell'ordinanza rientrasse 
nell'esercizio dei poteri pubblici (di sovranit�) affidati all'AFIS. 

, Ma anche �se, invece, si volesse asserire, �come fa la Corte d'Appello, � 
che la causa condamnandi del lodo non fu l'emanazione dell'or�dinanza leg~
slativa, ma 1a emanazione dei conseguenti provvedimenti da parte del-~ 
l'AFIS, la conclusione suesposta resterebbe identica, avere cio� il giudizio 



272 

RASS~GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effettuata �SOlO dalle societ� o da:gli enti o dai privati autorizzati ad � 
operare in una determin�ta parte del territorii;> con speciale lricenza. 

La SAICES, assumendo che l'applicazione delle nuove norme le impediva 
di esercitare la sua attivit� e le arrecava gravissimi danni, richiamata 
la clausola arbitrale (art. 13 della Convenzione), proponeva in data 
23 settembre 19152 ricorso nei confronti dei Ministeri degli Affri Esteri, 
~ dell'Africa Italiana nonch� dell'AFIS, nominando contestualmente il 
proprio arbitro. Con nota 1� dicembre 1952 il Ministero degli Affari 
Esteri nominava il suo arbitro ed il Presidente della Corte d'Appello di 
Roma, con decreto 12 maggio 19�55, nominava il terzo arbitro con funzioni� 
di Presidente. Al Collegio arbitrale, ~ostituitosi il 24 maggio 1955, veniva 
chiesto di determinare se l?AFIS avesse violato i diritti� della SAICES 
a11orch� aveva accordato licenze valevoli per il .Basso Giuba in virt� 
dell'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952, se comunque, l'ordinanza n. 3 
fosse stata emanata nella forma e con il rispetto della procedura prescritta, 
se i/diritti-quesiti della SAICES potessero essere sacrificati da 
detta ordinanza senza il corrispondente indennizzo. se le amministrazioni 
convenute non dovessero risarcire i danni subiti dalla SAICES. 

Sin dal primo scambio di memorie, la difesa delle Amministrazioni. 
eccepiva il difetto assoluto di giurisdizione e l'incompetenza del Collegio 
arbitrale. 

arbitrale ad oggetto: attivit� jure imperii espletata dall'AFIS in ;forza dei 

poteri pubblicistici ad essa conferiti dal mandato del!l'ONU . 

. �Per maggior documentazione citiamo alcuni �passaggi illuminanti del 
lodo: e soltanto a seguito di tale ordinanza e non prima, ad avviso �.del Collegio, 
l'AFIS pose in .essere atti costituenti lesioni dei diritti soggettivi 
della SAICES " (p. 79); e per converso, si ebbe una chiara e inequivoca 
violazione contrattuale, .quando il Commissario Reg. al Basso Giuba, in 
pret~sa applicazione della pi� volte ricordata ordinanza... autorizz� in data 
25 giugno 1952 una nuova Societ� ... ad esercitare... " (p. 91); �inoltre una 
pi� grave violazione contrattuale ci fu quando il Presidente di Margherita 
in data 15 settembre 1952 (ritenendo che l'ordinanza n. 3 del 1952 avesse 
soppresso i distretti cotonieri e con ci� le concessioni in itinere) restitui 
non vistati alla SAICES 12 contratti... : per la ragione che la SAICES nOIIl 
s'era munita della licenza pirescritta dall'art. 16 dell'ordinanza " (p.91). 

Tralasciando qualunque pur agevole notazione ironica sulla pretesa 

del Collegio di contestare;l'interpretazione che dell'ordinanza dettero gli 

organi dell'AFIS (che l'ordinanza stessa avevano emanato), a noi preme 

qui rilevare che quelli citati sono i fatti lesivi sui quali hanno giudicato 

gli Arbitri basandovi la propria decisione: orbene, non � dubbio che tali 

atti (autorizzazione ad altre Societ�, e rifiuto di approvazione di contratti 

per�ch� .contrastanti con disposizioni normative) costituiscono tipica attivit� 

jure imperii espletata nell'esercizio dei poteri pubblicistici affidati allo 

AFIS dall'ONU. . 

Se questo � vero ne consegue che tali atti erano sottratti alla cognizione 

dell'Autorit� Giudiziaria italiana, in forza del principio dell'esenzione dalla 

giurisdizione interna dell'attivit� jure imperii di autorit� di ordinamento 

' 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 273 

Il 9 settembre 1959 il Collegio emetteva un primo lodo parziafe�con 
il quale, ad unanimit� su tutte le questioni salvo che su quella concernente 
la risarcibilit� del danno per il periodo 2 dicembre 19�60-16 febbraio 
1964, in ordine alla quale la decisione veniva presa a maggioranza, 
dichiarata la propria competenza a giudicare, affermava la responsabilit� 
civile delle Amministrazioni in giudizio a causa degli inadempimenti alla 
conven~ione 1� dicembre 1938 verificatisi ad opera dell'AFIS a decorrere . 
dal 25 giugno 1952 in poi e condannava le stesse al risarcimento del 
danno da liquidarsi in prosecuzione in giudizio. 

Con il lodo definitivo 27 settembre 1959 il Collegio, all'unaniinit�, 
condannava le Amministrazioni .e l'AFIS al pagamento della somma di 
lire 149.450.000 a titolo di risarcimento dei danni subiti daUa SAICES. 

Il Ministero degli Esteri. il Ministero del Tesoro (Sezione Africa) 
per il soppresso Ministero dell'Africa Italiana, e l'AFIS .impugnavano 
per nullit� i due lodi dinanzi alia Corte d'appello di Roma. . 

La causa veniva spedita a sentenza all'udienza del 30 marzo 1962 

\ . 

ed in tale'�udienza l'Avvocatura dello Stato dichiarava che l'Amministrazione 
fiduciaria italiana della Somalia era cessata perch� soppressa � 
�con legge 28 giugno 1960, n. 643 e che all'AFIS dovevasi ritenere suc


ceduto lo Stato somalo a partire dall'l luglio 1960. Il processo veniva 

.dichiarato interrotto. Con ricorso '2:7 agosto 1962 la causa veniva rias


stranieri (Ofr.� OPPENHEIM -LAUTERPACHT,, InteTnationai Law, London, 1965, 

vol. I, 264 e segg.; QUADRI, La giurisdizione S'Ugli Stati stTanieTi, Milano 1941, 

pag. 97; MORELLI, Diritto� Processiuiie civile internazionale, UTET, 1960, 

p. 227, con ampia bibliografia; per un'approfondita disamina del problema; 
LALIVE, L'immu.nit� de ju.Tisdiction des Etats et des organisations inteTna.
tionales, in e Recueil des Cours de la Haye � 1953, II, 209; STARKE, An intTodu.
ction to Inte-rnationai Law, London, 1950, p. 169). 

Che tali principi siano applicabili non solo nei �confll'onti di organi auto


ritativi di Stati sovrani, ma anche a quelli di territori sotto amministra


zione fiduciaria non pu� essere contestato sol che si faccia riferimento alla 

ordinaria esperienza nel campo degli Organismi sovranazionali (cfll'. LALIVE, 

op. sopTa citata). , 

D'altra parte � evidente. che il motivo logico-giuridico che sta alla 

base di tale esenzione (e cio� il ;principio che paT in� paTem non habet 

impeT�'Um) vale ovviamente anche per quegli cmdinamenti che avviandosi 

a divenire Stati, hanno gi� uno statm internazionale riconosciuto dalla 

collettivit� internazionale. Tanto che la sovranit� sud(~ssi spetta, secondo 

un autorevolissima' dottrina (cfr. OPPENHEIM -LAUTERPACHT, OP� e ioc. cit., 

su.pTa II, su.,b a) all'ONU,. _ 

Nel caso poi dei rapporti tra giurisdizione interna italiana e autorit� 

dell'ordinamento somalo, il limite del potere di �giurisdizione non nasceva 

solo dal g~nerico principio di diritto internazionale sopra enunciato ma 

anche da uno specifico obbligo internazionale assunto dall'Italia con l'Ac


cordo di tutela recepito anche nel nostro ordinamento interno con la legge 

di ratifica. ' 

� invero di ogni evidenza che 'se si sottoponessero alla nostra giurisdi




274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sunta dai Ministeri degli Affari Esteri e del Tesoro. Il ricorso at�riassun..:., 
zione ed il decreto della Corte d'Appello che fissava l'udienza dell'8 
maggio 1962� venivano notificati anche allo Stato somalo, il quale, peraltro, 
restituiva gli atti dichiarando che non intendeva prendere �nessuna 
iniziativa in ordine alla vicenda giudiZiaria in corso. 

Con la sentenza oggi denunziata la Corte d'Appello di Roma rigettava 
l'impugnazione cos� motivando per la parte che qui interessa: 

a) Le Ammindstrazioni appellanti eccepiscono il difetto assoluto 
di giurisdizione degli arbitri in ordine all~ controversia de qua. Esse 
muovono dalla considerazione che, dopo la cessazione della sovranit� 
italiana sulla Somalia a seguito del trattato di pace 10 febbraio 1947, il 
territorio non fu incorporato nelJ.'�ordinamento italiano con 1'Accordo di 
Tutela in quanto esso si lim~ta ad affidare all'Italia solo l'Amministrazione 
fiduciaria. Lo statuto della Somalia durante. l'Amministrazione ebbe carattere 
particolare, tanto che l'Assemblea N. U., nella SU.a riso.luzione del 
27 novembre 1949, molto prima cio� del riconosc�:mento fo.rmale dell'indipendenza 
del nuovo Stato somalo, esprimeva l'avviso che la Somalia era 
gi� uno Stato di diritto se non di fatto. Ci� comportava che durante la 
Amministrazione :fiduciaria la Somalia era una comunit� territoriale che 
gli Stati interessati (lovevano considerare come se gi� costituisse uno 
Stato. 

zione organi e autorit� dell'ordinamento somalo nonch� gli atti autoritativi 
da essi emanati, resterebbe compromessa e travolta l'autonomia di quello 
ordinamento (1) che il nostro Paese � invece impegnato a rispettare sia 
per il .generico obbligo del rispetto dei principi di diritto internazionale 

(art. 10 Cost.) e sia per un preciso vincolo pattizio. 

Ci� dimostr.a e �onferma che nella subietta' materia era configurabile, 

e in via esclusiva, la rgiurisdizione dell'ordinamento somalo mentre difet


tava radicalmente qualunque potere di �giurisdizione di qualsiasi autorit� 

giudiziaria italiana (nonch�, ovviamente in arbitri italiani). 

Vogliamo solo aggiungere qualche considerazione .su quest'ultimo aspet


to della questione e cio� sull'esistenza, al tempo dell'Amministrazione fi


duciaria, di .pa.dicolari vincoli pattizi dell'Italia anche per quanto concerne 

i raipporti tra le giurisdizione dei due ordinamenti (italiano e somalo) per i 

quali, come si � ricordato, vi sono precise norme interne che regolano la 

materia e che sono richiamate nella rubrica del presente mezzo. 

Invero, avendo la legge 4 novembre 1951, n. 1301, che ratifica l'accordo 
,di tutela, previsto espressamente l'istituzione �di un oxdinamento giudiziario 

(1) Si pensi che, diversamente opinando, il Collegio Arbitrale � giunto non 
solo a dichiarare illegittimi (sic!) degli atti amministrativi di un ordinamento straniero, 
ma �ha svolto un analitico esame sulla conformit� di un provvedimento legislativo 
straniero ai principi costituzionali di quell'ordinamento: ed � solo da esser lieti 
che tale esame abbia avuto esito positivo, perch� altrimenti, avremmo avuto una 
dichiarazione di incostituzionalit� di una legge straniera (!), se non pure la sua... 
abrogazione da parte di Arbitri italiani. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE . 275 

In particolaire l'Italia, tenendo presente �Che il regime internazionale 
del territorio somalo doveva essere collocato nel quadro del regime di 
tutela ed in qu&llo del protettorato, avrebbe dovuto considerar� il territorio 
come se gi� fosse" uno Stato ed ove ci� non fosse stato possibile, 
avrebbe dovuto comportarsi ricordando che tra dieci anni il territorio 
de quo sarebbe diventato uno Stato. L'esistenza dello Stato somalo, 
almeno in linea .di principio, sarebbe deducibile del resto dall'art. 1 
dell'Accordo di Tutela con il quale si dichiarava che la sovranit� del 
territorio apparteneva alla popolazione dello stesso e che essa sarebbe 


l ' . 
. 

stata esercitata dall'Italia in nome del territorio. Da ci� poteva desumersi 
che il territorio aveva un ordinamento giuridiclo totalmente indipendente 
dall'ordinamento giuridico della potenza incaricata.dell'Amministrazione; 
, e ci� risultava anche dal fatto che il territorio aveva un� costituzione 
propria e che due articoli, uno dell'Accordo ed uno dell'Allegato, stabilivano 
che n� la Costituzione Italiana n� la legislazione italiana .erano 


I 
applicabili, in quantd tali, al territorio. Non va dimenticato, infine, sempre 
a conferma ,che l'ordinamento giur&dico del territorio er� ordinamento 
a s� stante, .che l'f\.CCOI."do e l'Allegato non si erano limitati a precisare 
che 1'Autorit� amministrativa agiva in nome d�l territorio, :ma avevano 
determihato, 1altresl, ;per parecchi tratti la struttur.a di tali poteri; l'ordiname!
nto giuridico somalo risultava �cosi fornito di pro:Pri centri di 

per la Somalia del tutto autonome distinto da quello italiano, � evidente 

�che, iper ci� solo, il"giudice italiano (e, a fOTtiori, l'arbitro) non pu� invadere 
quelle competenze giurisdizionali che dall'ordinamento somalo vengano attribuite 
alla magistratura della. Somalia, iperch� ci� facendo verrebbe a 
violare la leige 4 novembre 1951, n. 1301 e pronuncerebbe su di -un rapporto 
e su di una materia �he per essere attribuiti alla �giurisdizione somala, 
restano contestualmente sottratti :alla giurisdizione italiana. 


In particolare � da ricordare che l'ordinamento giudiziario della Somalia 
fu regolato daipprima con l'ord. n. 7 del 12 aprile 1950 (che 1Pr.evedeva 
una fase �di primo gll'ado in SO:malia e una delega alla magistratura italiana 
per i giudizi di appello), e successivamente con l'.ordinanza legislativa n. 5 
deil 2 gennaio 1956 che prevedeva una completa organizzazion� giudiziaria 
in Somalia. L'art. 12 l�tt. d) attribuiva la competenza in materia amministrativa, 
espropriazione per pubblica utilit� .e requisizioni � alla giurisdi~ 
zione esclusiva della Corte di Giustizia �, alla quale nelle anzidette materie 
spetta esclusivame;nte di decidere non �solo intorn'O alle questi<>:qi relative 
a interessi legittimi, ma anche a quelle relative a diritti (ult. comma art. 12). 


Inoltre l'art. 116 dell'ordinamento giudiziario (approvato con la �citata 
ordinanza) di~oneva che 1a magistratura italiana cui -in base alla pre
�Cedente ordinanza -era stata delegata la giurisdiz;ione di appello delle ( 
cause intentate in Somalia dovessero essere trasferite alla competente ma-\. 
gistratura in Somalia. 

In relazione a ta:li principi � evidente che .gi� in base all'ordinanza n. 7 
del 12 aprile 1950, le cause in primo grado dovevano essere portate dinanzi 
a magistrati in Somalia cosicch� l'A.G.O. italiana (e, a fortiori, gli ~� 
arbitri italiani) venivano a difettare di giurisdizione 'per quelle vertenze 

6 



276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

organizzazione e poteva �esplicare tutte le funziond giul'lidiche-�fondamentali. 
Onde gli organi dell'AFIS erano interamente �integrati nel. 
l'ordinamento giuridico somalo. 

� Da tutto quanto sopra si dedurrebbe 1ad avviso delle appellanti che 
gli atti giuridici posti in essere dagli organi dell'AFIS in nome del territorio 
appartenevano all'ordinamento somalo di cui rappresentavano una 
diretta manifestazione. Conseguirebbe che degli atti imputabili al territorio 
solo questo era responsabile e doveva sopportarne le conseguenze. 
Tra questi atti era certamente da ricomprendere l'ordinanza n. 3 del 
21 marzo 1952 �che dava una nuova disciplina alla coltivazione cotoniera, 
ed agli atti riferentisi alla �concessione relativa alla SAICES. E poich� 
questi atti facevano parte ab origine dell'ordinamento giuridico� somalo; 
nessun problema nasceva dal fatto che nelle more si era costituito definitivamente 
lo Stato somalo :indipendente dn quanto la riferibilit� e la 
responsabilit� degli �stessi atti si estenderebbe aru.tomaticamente al nuovo 
stato portatore �dell'ordinamento gi� preesistente. Dell'Ordinanza de qua 
doveva r:ispondere isolo lo Stato :sOJmalo, con la �Conseguenza �che nei 
confronti di quegli atti 5USSlis:teva solo la ,giurusd:izione della Somalia 
con esclusione di quella dello Stato italiano; ergo, il Collegio arbitrale 
costituitosi nell'ambito dell'ordinamento it�liano difettava ded necessari 
poteri di giurisdizione. 


che avendo ad oggetto atti amministrativi dell'autorit� pubblica in Somalia, 
dovevano essere portati davanti ai giudici del'ordinamento somalo. 
E pertanto, �cos� come i cittadini somali non avrebbero potuto propt>rre 


I

domanda eoritro l'AFIS dinanzi ai giudici italiani (cfr. la cit. decisione di 

~ 

codesta Sez. Un. del 22 dicembre 1964, n. 2959), ugualmente tali domande 

t' 

non potevano essere proposte da cittadini italiani dinanzi a Giudici (o t 
Arbitri) italiani, ma soltanto nel quadro dell'ordinamento somalo utilizzando 
i rimedi giuridici previsti da quell'ordinamento. 

� .poi evidente che, in ogni caso, dalla data dell'ordinanza A.F.LS. 2 
gennai� 1956 ehe approv:ava il nuovo ordinamento giudiziario per la Somalia 
e che prevedeva una competenza esclusiva della Coo-te di Giustizia 
somala su controversie aventi ad oggetto la materia delle eoncessioni amministrative, 
restava anche per questo verso ribadita l'assoluta esclusione di 
qualsiasi potere giurisdizionale dellA.G. italiana (e degli arbitri) nella. 
suddetta materia: con la conseguenza che, anche sotto tale aspetto, la 
pronuncia degli 1arbitri fu emanata e !l'esa esecutiva quando difettava al:lo 


A.G. italiana la giurisdizione sulla soggetta materia. 
N� vale opporre -come fa il controricorrente -che gli arbitri una 
volta che si ammettesse la loro �competenza al momento della c�stituzione 


I

del r1apporto 1processua1e avrebbe mantenuto tale competenza per il principio 
della perpetuatio jurisdictionis. 


I

A parte l'evidente (e assorbente) rilievo che tale competenza degli 
arbitri, al momento della costituzione del rapporto processuale non sussisteva 
nel modo pi� assoluto (cos� come, pi� in genere, la giurisdizione delt 
I 
l'A.G. italiana) per tutti le .considerazioni �che abbiano sopra 'svolto e per 
quelle ehe ii:omediatamente in seguito prospettei-emo, sta di fatto che tanto 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 277 

b) Questa tesi delle Amministrazioni, osservava la Corte� d'Appello 
non pu� essere �condivisa. 

La vecchia concessione vedeva nella sovranit� l'esercizio di un diritto 
reale sul territorio; una successiva corrente di dottrina considera la 
sovranit� come l'espressione dell'esercizio, in senso esclusivo, della potest� 
di governo sopra una determinata comunit�, una terza corrente, 
mediatrice tra le altre sostiene, che la sovranit� si �estrinseca sia in un 
senso che nell'altro e che quando ricorre solo il secondo aspetto si ha 
sovranit� meno piena, mentre se gli aspetti ricorrono entrambi, si avr� 
una sovranit� piena. 

Orbene nella specie mentre il diritto reale sul territorio venne assegnato, 
dalla citata norma dell'Allegato, alla comunit� territoriale somala, 
l'altro aspetto della sovranit� venne attribuito alla potenza amministratrice. 
Del resto, comunque si voglia intendere il concetto di sovranit�, 
non v'� dubbio che proprio per effetto delle norme internazionali poste 
con l'accordo di Tutela inter�corso tra l'O.N.U. e l'Italia sono nati nello 
Stato amministrante degli obblighi con relativi poteri sulla comunit� 
amministrata ,che necessariamente comportavano una limitazione della 
sovranit� della comunit� stessa; e le limitazioni della sovranit� dell!:i. 
comunit� somala nell'ordine internazionale hanno avuto indubbie ripercussioni 
nell'ambito del diritto interno italiano. 

non � pertinente il rkhiamo ai principi della perpetuatio jurisdictionis, che, 
come abbiamo rlco:iidato nel ricorso dinnanzi a codeste sezioni Unite, in 
linea di fatto ed in adempimento di precise norme giuridiche, tutti i processi 
pendenti dinnanzi alla Magistratura italiana (per la giurisdizione di appello 
delegata .come si � detto, dall'ordinamento �Somalo) furono trasferiti ai 
competenti Giudici di appello della Somalia (cfr. pp. 46 e 47 del ricorso). 
� anzi da osservare che, per quanto detto, nel1a contestata :ipotesi si 

potesse ritenere che al momento della proposizione della domanda di arbi


trato fosse ancora valida la clausola compromissoria, l'arbitrato avrebbe 

pur sempre dovuto svolgersi nel quadro dell'ordinamento somalo ed esser 

reso esecutivo a Mogadiscio, proprio perch� il rapporto pubblicistico og


getto del giudizio era passato (a seguito della perdita della �sovranit� ita


liana nella Somalia) in quell'ordinam~nto e il potere di conoscere e giu


dicare quel rapporto concessivo non potrebbe spettare mai ad arbitri ita


liani, ma, a tutto concedere ad arbitri �che agissero nel contesto dell'o:tidina


mento che -avesse riconosciuto la �competenza arbitrale per il rapporto di cui 

trattasi. 

Possiamo pertanto concludere su tale particolare aspetto del problema 

che, fermi gli altri rilievi che dimostrano la nullit� per difetto �di giurisdi


zione del lodo (e, conseguentemente i vizi della sentenza della Corte 

d'Appello), l'assenza di potere di giurisdizione nell'A.G. italiana e negli 

arbitri si fonda pure sulle disposizioni della legge n. 1301 del 1951 che 

ratificando l'accordo di tutela recepiva nel nostro ordinamento l'autonomia 

e indipendenza dell'ordinamento somalo da quello italiano ivi compresa la 

distinzione delle competenze tra gli ordinamenti giuridici, esclwdendo ~ 

quindi, per ci� solo, dalla giurisdizione italiana la cognizione di contro




278 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le Amministrazioni si soffermano poi ad offrire una dimostrazione � 
dell'esistenza di un ordinamento giuridico somalo distinto da quello 
italiano, ma tralasciano di considerare i legami ed il rapporto con lo 
Stato italiano, dal punto di vista del suo diritto interno, ha intimamente 
allacciato �con l'ordinamento giuridico somalo. 

Non .si dimentichi, a questo proposito, che l'ordinamento somalo � 
sorto per un atto del diritto internazionale al quale ha partecipato l'Italia, 
che ad esse ha adeguato il suo diritto interno, e per effetto del quale detto 
ordinamento � posto �come dipendente d:all'ordiinamento ;italiano. 

Sulla scorta della legge 4 novembre 1951. autorizzante la rattif�ca 
dell'accordo di tutela e dei dd.ll. 9 dicembre 195�2, n. 2.35'7, 23'518 e 2359 
deve ritenersi .che fra l'ordinamento italiano e quello somalo esisteva 
anzitutto una dipendenza formale (il procedimento legislativo consisteva 
in un atto dell'amministrazione avente la forma dell'ordinanza da emette11si 
previo pM"ere dlel Consiglio territoriaile �e, in ca>si eccezio.nali, del 
Consiglio Consultivo) ma soprattutto una dipendenza di tipo �organizzativo 
del secondo rispetto al primo. L'Amministratore era nominato dal 
Presidente della Repubblica Italiana, su proposta del Presidente del Consiglio 
di concerto; con il Ministro degli Esteri e dipendeva gerarchicamente 
dal Ministero degli Esteri; e ci� non pu� non. significare che esso 
era organo dello Stato italiano attingendo il titolo della sua legittima


versie aventi ad oggetto atti di pubblici poteri somali sogg.etti ai rimedi 

previsti e consentiti in quell'ordinamento. 

Prima di passare all'esame del secondo aspetto del motivo concernente 

il difetto assoluto di giurisdizione dell'A.G. e degli arbitri nella soggetta 

materia, vorremmo osservare che le conclusioni rigorosamente giuridiche 

sopra prospettate cirea il primo aspetto del motivo trovano conforto anche 

in una diversa prospettazione della �questione, di carattere pi� intuitivo e, 

vorremmo dire, di buon senso. 

Se .ci � consentito di proporre un'ideale progressione esemplificativa, 

riteniamo che non si possa, in primo luogo, dubitare che qualunque degli 

ex territori coloniali assurti di recente all'indipendenza non si sentirebbe 

(e non sarebbe) vincolato d�a atti amministrativi a effetti continuati (come 

le concessioni di c()ltivazione, di commercio �e simili) assentite dalla prece


dente autorit� coloniale. 

Tale tipo di concessione, come si � avuto gi� occasione di chiarire 

(dr. supra n. 12), hanno un particolare �contenuto strettamente connesso e 

inscindibilmente collegato con l'esercizio della sovranit� da parte della 

potenza dominante e sono quindi configurabili solo nel quadro di una am


ministrazione coloniale. 

Cessato il regime coloniale e assurto il territorio ad una status di indi


pendenza o, comunque, di autonomia, cessano pure i rapporti pubblicistici 

formatisi nell'ambito della precedente amministrazione, in quanto, da una 

parte, la �potenza dominante che ha dato la �oncessione avendo perduto la 

sovranit� sul territorio non ha pi� alcun potere in ordine al rapporto e, 

d'altro canto, non si pu� pensare che il nuovo ordinamento resti vincolatg 

da atti autoritativi compiuti dalla potenza dominante �e che trovavano il 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 279 

zione dell'ordiname'i�to italiano ed inquadrato gerarchicamente negli organi 
dello stesso. L'Amministratore era. come si � visto, organo legislativo; 
alla funzione l~gislativa provvedevano, pertanto, in collaborazione 
organi dell'ordinamento italiano ed organi dell'ordinamento somalo. 
L'Amministratore era poi organo amministrativo senza collaborazione di 


,organi somali, le funzioni amministrative erano~ pertanto, affidate esclusivamente 
allo Stato italiano. � dunque assolutamente incontestabile che 
tutte le funzionJ amministrative erano affidate all'amministrazione fi.du.
ciaria e che questa, faceva parte integrale dell'ordinamento italiano per 
cui, sotto�questo profilo, la dipendenza dell'ordinamento somalo da quello 
italiano era completa. 

Consegue -che la responsabilit� cui potessero andare incontro gli organi 
italiani che detta attivit� ponevano in essere (l'ordinamento italiano 
aveva predisposto tutto l'apparato amministrativo riguardante la Somalia) 
risaliva direttamente �all'ordinamento del quale gli organi facevano 
parte, posto che non � possibile �concepire l'attribuzione ad un ordinamento 
dipenden.te di responsabilit� relative ad atti ai quali l'ordinamento 
dipendente non ha partecipato in alcun modo, (salvo, ovviamente, l'addossamento 
di detta responsabilit� all'ordinamento dipendente da parte dell'ordinamento 
superiore, che, peraltro, nella specie, non � mai stato 
effettuato da alcuna norma espressa, con la conseguenza che debbono 


loro . presuprp�sto nello status, di colonia del territorio ora pervenuto alla 
autonomia. 


E, ad es., lo Stato indonesiano non potrebbe in alcun modo considerarsi 
vincolato da concessioni assentite dalla iprecedente amministrazione coloniale 
oiandese. ' 


Analogamente non � dubbio che lo Stato della Somalia, ove fosse sorto 
immediatamente dopo la perdita da parte dell'Italia de:lLa sovranit� sul 
territorio somalo, non avrebbe 1POtuto in a:lcun modo �considerar.si vincolato 
da concessioni assentite dalla precedente amministrazione coloniale 
italiana. � � ' 


Ancora, analogamente, ove dopo la perdita delia sovranit� italiana sul 
territorio �somalo, l'Amministrazione fi.duciarda fosse stata affidata dall'ONU, 
ad es., all'URSS o alla Gran Bretagna, gli organismi incaricati dell'amministrazione 
fiduciaria non avrebbero potuto in' iai~un modo esser 
tenuti a considerare vigenti una concessione assentita dalla precedente 
amministrazione coloniale italiana. 


Concludendo tale gradatio, riteJ;liamo che, investita l'AFIS dell'Amministrazione 
fiduciaria del territorio somalo, non possa contest~si il �potere 
dell'AFIS di consid.�rare irrilevante nel nuovo ordinamento somalo la 
concessione assentita dalla precedente amministrazione coloniale it:Jaiiana. 

E, traendo da tale conclusione (che, per intanto, dimostra la piena 
legittimit� dell'azione dellAFIS) quell'elemento che qui interessa per la 
questione di giwrdsdizione ora in esame, � evidente che l'AFIS, nel compiere 
tale valutazione e nel compiere.tutti gli atti di disposizione pubbUca conseguenti 
a quella valutazione (quali l'autorizzazione data ad altra ditta e il ' 
diniego d'approvazione di contratti SAICES �sui quali ha giudicato �il Col




280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

applicarsi i principi dell'imputazione degli atti all'ordinamento"' che li ha 
post~ in essere e della responsabilit� allo stesso ordinamento). 
In ordine all'eccezione subordinata di difetto di giurisdizione degli 


, arbitri dli ogni altra autorit� giudizi.aria italiana, per avere la SAICES 
impugnato l'ordinanza n. 3 del 21 marzo 19'52, che era una_vera e propria 
legge, non sindacabile in via diretta dall'autorit� giudiziaria, la Corte 
d'appello osservava che la SAICES non aveva impugnato in via diretta 
l'ordinanza ma aveva solo contestato che essa autorizzasse l'AFIS a porre 
nel nulla i diritti soggettivi della societ� costituiti con la convenzione 
1� dicembre 193�8. La questione di legittimit� dell'ordinanza fu posta subordinatamente 
e di essa il Collegio arbitrale si 9ccup� in via ipotetica 
e subordinata. La Corte respingeva infine gli altri motivi di gravame 
relativi ad altri aspetti del difetto di giurisdizione, ad altre ragioni di 
incompetenz,a degli arbitri, a difetti di legittimazione passiva, a violazioni 
di legge nell'ammissione e nella valutazione delle prove, a contraddittoriet� 
del lodo. 
Contro la suddetta sentenza della Corte d'Appello hanno proposto 
ricor,so per cassazione il Ministero degli Esteri, anche nella qualit�, 

legio arbitrale), i'AFIS stessa esercitava i poteri sovrani spettanti all'ordinamento 
somalo e 'conseguentemente i suoi atti, svolti in forza di poteri


1

di imperio .spettante all'ordinamento somalo, non potevano ovviamente 
essere soggetti alla giurisdizione interna (tanto meno arbitrale) di uno 
altro Stato. 


N� la situazione pu� cambiare per il fatto puramente causale ed accidentale, 
che l'Amministratore Fiduciario fosse di nomina italiana o italiiano 
di nazionalit�: � infatti evidente che occorre aver presente la riferibilit� 
degli atti compiuti dall'Amministrazione e non l!a nazionalit� di questi. 


Ragionando diversamente, si arriverebbe a ritenere che un provvedimento 
emesso da un organo della CEE in cui titolare sia di nomina e nazionalit� 
italiana potrebbe essere impugnato... dinanzi al Consiglio di Stato 
italiano e non con i soli rimedi comunitari previsti dal Trattato istitutivo 
della CEE! 


Le constderazioni ,che abbiamo prospettato dimostrano la fallacia del


I

l'obiezione fatta dal nostro contraddittore il quale (p. 26 di controricorso) 

I l 
~ 

afferma che, anche ad ammettere la riferibilit� 1allo Stato Somalo degli 
aitti compiuti dall'AFIS, non ,per questo ,verrebbe meno la giurisdizione italiana 
sul rapporto, la quale giurisdizione -ad avvi.so del controricorrente 
-potrebbe trovare fondamento: a) sul ,criterio di collegamento costituito 
dal luogo dove sorge l'obbligazione; b) sul fatto che parti nel giudizio 
arbitrale furono anche due ministeri-italiani; e) sulla �qualit� dell'AFIS di 
organo dell'.Amministrazione italiana. 


Ma � facile rilevare che questi (molto eterogenei) �criteri di (preteso) 
collegamento � non tengono conto della natura pubblicistica e jure imperii 


I 

degli atti di una autorit� di un ordinamento straniero i quali, solo per I 
questo, comportano l'immunit� dalla giurisdizione interna italiana di un 
soggetto giuridico ia rilevanza internazionale quale era l'AFIS. 

Pi� specificatamente � poi da osservare ,che, se per il criterio sub a) 

' 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 281 

peraltro contestata. di successore dell'AFIS ed il Ministero del Tesoro, 
servizio Africa. per il cessato Ministero dell'Africa Italiana. 

Al ricorso ha resistito la SAICES, che a sua volta ha proposto 
ricorso incidentale, sulla base d.i tre motivi, confutati 1con controricor�so 
dalle dette Amministrazioni. Le parti hanno presentato memorie. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

I due ricorsi concernenti la medesima sentenza debbono essere riuniti 
in appUcazione della disposizione dell'art. 335 _c.p.c. 

Esaminando il ricorso principale. si osserva che le Amministrazioni 
ricorrenti .sostengono il difetto assoluto di giurisdizione sotto aspetti diversi 
ma �coordinati e difficilmente �scindibili. prospettati in pi� motivi 
con uno sviluppo di essi, che, ai fini della pi� organica trattazione e 
valutazione, � il caso di esaminare congiuntamente. 

Le ricorrenti osservano che dall'epoca della debeU.atio o quanto 
meno dall'-entrata in vigore del trattato di pace. con il quale l'Italia ha 
rinunziato �a tutti i diritti e titoli sui possedimenti italiani in Africa, 
l'Italia non ha esercitato la propria sovranit� in Somalia, n� sovranit� 
le � mai spettata per il regime di amministrazione fiduciaria sulla Somalia. 
Sarebbe stato, infatti, affermato, sia nella Carta delle Nazioni 

� sufficiente richiamare quanto detto, per il "criterio> sub b) � da aggi.ungere 
che la ipresenza di due ministeri italiani in .giudizio non pu� mutare 
l'og.getto del giudizio arbitrale fondato 1su pretesi illeciti dell'AFIS e, 
cio�, .di un so~getto esercitante poteri di sovral1!it� su di un territorio 
straniero. 

La pronuncia del giudizio arbitrale nei confronti delle Amministrazioni 
dcl. Tesoro e degli Esteri era ovviamente del tutto " condizionata e 
subo~dinata � alla proponibilit� della domanda nei confronti dell'AFIS e 
e .quindi �soltanto riflessa>: a;>erch� il preteso titolo di responsabilit� delle 
due .Amministrazioni era iproprio quello di una responsabilit� dell'AFIS 
addebitabile ipoi anche alle Amministrazioni dello Stato italiano. 

Il Collegio Arbitrale, in tanto ha giudicato nei confronti delle Amministrazioni 
italiane in quanto ha ritenuto: a') riferibili a tali Amministrazioni 
gli atti delrAFIS b') sog.getto l'AFIS alla giurisdizione italiana e alla giurisdizione 
arbitrale. 

Ora (a ;prescindere dalla conclamata erroneit� del primo di tali presupposti), 
sta di fatto che la dimostrata �Car.enza di giurisdizione nei confronti 
dell'AFIS �comporta ineluttabilmente e �di necessit� (iprima logica 
che giuridica) che il giudizio fosse improponibile anche nei conrfronti deil:le 
Amministrazioni che solo di riflesso (per .atti deWAFIS e non per propri 
atti) venivano chiamate a rispondere. 

Il Collegio Arbitrale costituito per la risoluzione di una controversia 
relativa ad un rapporto .concessorio in cui (a dire degli attori) .nella posi~ 
mone di concedente eria l'AFIS (e cio� un organismo sottratto alla giurisdizione 
interna italiana) ha irrimediabilmente travalicato i limiti della � 
giurisdizione italiana emettendo una pronuncia che ha avuto ad� oggetto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

282 

Unite, sia in solenni dichiarazioni di principio degli .Stati, sia �a autorevole 
dottrina, �che l'assunzione di amministrazione fiduciaria non comporta 
acquisto di sovranit�: il che dov.rebbe dirsi particolarmente per 
.l'amministrazione fiduciaria dell'Italia in Somalia, dato che l'art. 1 del1'
Accordo di tutela attribuiva la sovranit� alla " popolazione del Territorio 
somalo " e l'Italia, accettando l'amministrazione sul presupposto 
della sovranit� del Territorio, ha manifestato la sua, precisa volont� di 
amministrare senza estendere a tale Territorio la propria sovranit�, 
bensi con 1'esercit_are la sovranit� del popolo'somalo in nome dello. stesso. 

Comunque, aggiungono le ricorrenti, il problema centrale non � 

quello della spettanza della sovranit�, bensi l'altro della distinzione tra 

l'ordinamento giuridico somalo e quello italiano. E poich� l'ordinanza 

n. 3 del 21 marzo 19�52 dell'Amministratore dell'AFIS, avente l? scopo 
di disciplinare determinati rapporti giuridici di natura territoriale in 
Somalia in base ai principi dell'Accordo di tutela, fa parte della legislazione 
somala, qualunque questione relativa all'emanazione ed applicazione 
di ~ssa dev'essere portata dinanzi alla competente giurisdizione 
somala, non �dinnanzi all'autorit� giudiziaria italiana od al coHegfo a.rbitrale 
operante nell'ordinamento italiano, le cui competenze non sono 
state mai richiamate da disposizioni dell'Amministrazione fiduciaria della 
Somalia. Tale distinzione degli ordinamenti non � venuta meno per il 
un'1attivit� jure imperii delil'esercente i poteri di sovranit� di un'ordina


mento straniero, che � stata emessa nei confronti dell'AFIS e, solo di ri


flesso e condizionatamente, delle Amm�nistrazioni italiane. 

La pronuncia nei confronti delle Amministrazioni � accessoria, subor


dinata, riflessa rispetto alla pronuncia nei confronti deWAFIS', naturale e 

principale parte in causa (secondo la do:rp.anda attrice) in un giudizio arbi


trale basato su di un (preteso) rapporto concessionario in cui autorit� 

concedente (sempre secondo la tesi attrice) era l'AFIS e avente ad oggetto 

una attivit� (asseritamente) illecita dell'AFlS. 

~on pu� pertanto dubitarsi �che il lodo ar.bitrale, che era 1radicalmente e 

irrimediabilmente viziato per assoluto difetto di giurisdizione ne:i confronti 

dell'AFIS, lo era anche per quanto attiene alla pronuncia, meramente 

riflessa, nei confronti delle Amministll'azioni che presupponeva ed era c�n


dizionata dalla cognizione delil'attivit� jure imperii dell'AFIS. 

il appena il caso di aggiungere, d'altra parte, che la natura unitaria 

e inscindibile della pronuncia arbitrale fa s�, che in �ogni caso, il difetto di 

giurisdizione lllet confronti delJ.'AFIS travolge irrimediabilmente l'inte


ro lodo. 

�Ne consegue che la sentenza della Corte d'Appello che non ha ricono


sciuto il difetto di giurisdizione della pronuncia arbitrale �, a sua volta, 

insanabilmente viziata per violazione delle norme e dei principi sopra 

indicati. 

Resta da aggiunger~ qualche considerazione :per quanto concerne iJ 

preteso terzo criterio di collegamento che -a dire del nostro contraddit


tore -radicherebbe la giurisdizione italiana anche ammettendo la riferi..r 

bilit� degli atti dell'AFIS all'ordinamento somalo e non a 'quello italiano. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

283 

fatto che organi dello. Stato italiano hanno svolto attivit� per l'orgifuizzazione 
e la realizzazione dell'amministrazione fiduciaria, dato che in 
tale loro azione detti organi non hanno operato per contribuire alla 
attuazione dell'ordinamento giuridico italiano. per il popolo italiano. ma 
per dar vita ad un ordinamento nell'interesse esclusivo del popolo somalo, 
ordinamento avente propri organi giurisdizionali. Di conseguenza, un 
atto posto in essere dall'Amministratore per la Somalia in applicazione 
dei principi costituzionali vigenti in tale territorio, nell'interesse del 
PO!P,Olo somalo �e, per di pi�, nell'esercizio delil'attivdt� legislativa,, non 
pu� essere sot~ratto alla competenza delle autorit� giudiziarie stabilite 
dall'ordinamento della Somalia, quanto meno a partire dall'entrata in 
vi_gore dell'ordinamento giudiziario della Somalia (ord. n. 5 del 2 febbraio 
1956), con tale ordinanza era attribuita a1la giurisdizione esclusiva 
della Corte di Gh~stizia la competenza in materia di concessioni anllninistrative: 
competenza esclusiva che comportava la non deferibilit� ad 
arbitri delle materie in essa rientranti. 

Criticando, infine, sulla base delle considerazioni suddette. l'affermazione 
della Corte d'Appello secondo cui i collegamenti esistenti tra l'ordinamento 
giuridico itali�no e quello per la. Somalia comportavano una 
stretta dipendenza di quest'ultimo dall'ordinamento italiano, le ricor-

Tale criterio di coll�gamento viene indicato nella .pretesa natura del1'
AFIS di organo italiano.� 

�In proposito dobbiamo� rilevare, anzitutto, che l'affermazione pi� volte 
(e compiaciutamente) ripetuta dail nostro contraddittore (cfr. pp. 24, 28 
32 e 43 del controricorso) iSecondo cui noi avremmo mutato (sic!) la nostra 
opinione circa la natura dell'AFIS riconoscendolo quale prgano dello Stato 
italiano, � del tutto inesatta, in quanto, come abbiamo sempre sostenuto 
l'AFIS � organo dell'ardinamento somalo, anche se di nonrlrna italiana. 
Ci� posto � da aggiungere al :fine che qui interessa, che l'AFIS � stato 
evocato in giudizio quale autpre di atti compiuti carne organo dell'ord,inamento 
somalo e che quindi nessun elemento potrebbe ricavarsi dalla nazionalit� 
italiana o dalla nomina italiana dell'Amministratore fiduciario per 
individuare un criterio di �ollegamento con la giurisdizione italiana, che 
�, invece, da escludersi in radice per tutte le ragioni che abbiamo :fin 
qui esposte. 

Ragionando diversamente si dovrebbe conclude.re -come abbiamo gi� 
visto -che per il solo fatto del!la .cittadinanza italiana del titolare di un 
<mgano della CEE sussisterebbe la giurisdizione del nostro Stato intorno 
ai provvedimeriti comunitari emanati da un tale organo, e riteniamo che 
il nostro contraddittore non contester� l'assurdit� di tale, .pur conseguente 
e ineliminabile corollario della tesi ,sopra confutata. 

II) Poich� al momento della proposizione della domanda di arbitrato, 
il regime dei distretti cotonieri e delle conseguenti concessioni costituito 
dall'amministi-aZion� coloniade italiana era venuta meno per effetto della 
perdita delta sovranit� italiana sulla Somalia e �comunque, a tutto concedere, 
per lo meno per effetto dell'emanazione dell'aroinanza n. 3 del 1952 ~ 
con cui l'AFIS aveva posto in essere un nuovo sistema di coltivaziooe del 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 


renti richiamano il diverso orientamento espresso dalla Corte "<li'Cassazione 
nella sentenza a Sezioni Unite n. 2'959 del 22 dicembre 1964. 

Queste tesi, svolte, nel primo motivo di ricorso, trovano uno sviluppo 
�conseguenziale nel terzo motivo, con il quale le ricorrenti denunziano 
il difetto assoluto di giurisdizione di qualsiasi autorit� giudiziaria italiana, 
relativamente all'impugnativa dell'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952 
della AFIS (volazione degli artt. 134, 137 della Costituzione e dell'art. 23 
legge 11 marzo 19�53., n. 8'7), in quanto tale ordinanza aveva natura di 
legge e non era sindacabile in via diretta e principale da alcun giudice 
italiano. 

Data questa sua natura, l'ordinanza ben poteva disporre anche dei 
diritti quesiti da privati e disciplinare diversamente i rapporti gi� esistenti: 
com'� avvenuto nella: fattispecie, con la conseguenza della cadu-. 
cazione (ben diversa dalla revoca) della concessione della SAICES. L'argomentazione 
della Corte d'Appello che tale ente non avrebbe impugnato 
l'ordinanza ma proposto una certa interpretazione della. medesima, a 
parere delle ricorrenti, � contraria alla realt� processuale, risultando 
dalla sostanza dei quesiti proiposti agli arbitri �che .fl loro giudizio doveva 

cotone, i titolari di concessioni rilasciate dalla �Precedente Amministrazione 
Coloniale non aveviano ailcuna posizione sostaintiva di diritto soggettivo nei 
confronti dell'AFIS o di chicchessia relativamente ad un rapporto giuridico 
travolto dagli eventi �sopra menzionati e non pi� riconosciuto nell'or~i-' 
namento�, soma:lo (n�, ancor meno, e comunque di riflesso, dall'or.dinamento 
itailiano). 

Le consideraziO!tli che abbiamo gi� svolte nella trattazione preliminare 
delle questioni controverse� consentono di ritenere dimostrate le singole 
articolazioni di questo secondo aspetto del .primo motivo di ricorso. , 

In particolare nella trattazione relativa alla vicenda della concessione 

(supra, II sub b) riteniamo di aver dimostvato che i decreti dell'ammini


strazfone coloniale italiana che suddividevano H territorio somalo indistretti 

cotonieri, che costituivano il distretto del Basso Giuba e che assentivano 

tale distretto in concessione alla SAICES restarono travolti .con la per


dita della sovranit� italiana in Somalia. 

Resta solo da aggiungere che -in ogni caso -non pu� dubitarsi 

che all'atto dell'assunzione da pal'te dell'AFIS dell'esercizio dei poteri di 

sovranit� nel territorio somalo, la precedente disciplina della coltivazione 

del cotone e dei distretti cotonieri e le precedenti con�essioni non vennero 

riconosciute (cfr. in proposito la parte narrativa del lodo arbitrale: pp. 16


22, specialmente da p. 18). 

Comunque, qualunque possibile contestazione non pu� non cadere per


lomeno rper il periodo successivo all'entrata in vigore dell'ordinanza n. 3 

del 21 marzo 1952 dell'AFIS. 

Con questa ordinanza, di carattere legislativo, fu data una .disciplina 

affatto nuova detla coltivazione del cotone nel territorio somalo creando un 

sistema del tutto incompatibile e in contrasto con quello a suo tempo isti


tuito dalla precedente amministrazione coloniale italiana. 

Abbiamo gi� riportato il testo della iprotesta immediatamente (26 marzo 



,; 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

285 

investire in particolare l'illegittimit� dell'ordinanza legislativa suddetta. 
Le censure soprariferite� sono in buona parte fondate. 
Pu� condividersi l'affermazione che non interessa puntualizzare a 

chi, nella concreta disciplina dell'amministrazione fiduciaria dell'Italia 
in Somalia, sia spettata la sovranit� sul territorio somalo. Tuttavia il 
giudice 'che non deve proporsi ricerche di linee dogmatiche assolute in 
una materia che la stessa dottrina dichiara ampiame\lte opinabile, pu� 
limitarsi a constatare che nell'alleg�ato all'Accordo di amministrazione 
fiduciaria in S�malia � esplicitamente detto (art. 1) che e la sovranit� 
del Territorio appartiene alla popolazione di questo e sar� esercitata, in 
suo nome e alle condizio.ni qui di seguito esposte, da parte della Autorit� 
che la decisione delle Nazioni Uriite ha incaricato dell'amministrazione �.

' 

Dal quale concetto si ricava che i soggetti dell'Accordo concepirono la 
sovranit� come attributo del Popolo :Somailo, esercitato in concreto dalla 
Repubblica Italiana: nell'intento di sottolineare che il regime iniernazionale 
di amministrazione fiduciaria doveva ritenersi fondato� sul concetto 
che i diritti degli abitanti del Territorio erano insopprimibili e dovevano 
essere garantiti come limite dei poteri dell'Autorit� amministratrice, 
da questa liberamente riconosciuto pi� che accettato, e che i poteri 
stessi concessi a detta Autorit� avevano lo scopo di accelerare ilprocesso 

1952) elevata. dalla SAICES all'AFIS (riporitata nella narrativa del lodo: 
pagg. 24 e seguenti). 

In tale protesta sono molto efficacemente illustrate le ragioni che dimostrano 
che l'ordinanza n. 3 del 1952 ha instaurato un sistema che presuppone 
la soppressione del precedente ordinamento costituito dall'Amministrazione 
coloniale con la caducazione dei rapporti .pubblicistici connessi 
a quell'ordinamento. 

Tali considerazioni, provenienti da avversa parte, non sono contestabili 
e dimostrano che, quanto meno dopo l'entrata in vigore della ordinanza 

n. 3 del 1952, era restato abrogato il r.d. 7 gennaio 1938 e tutti i provvedimenti 
a tale decreto connessi, ivi, compresi il d.m. di concessione con 
l'acclusa convenzione. � 
In tali condizioni� � evidente che ai titolari di antiche concessioni derivanti 
da atti della precedente amministrazione coloniale, almeno dopo 
l'entrata in vigore dell'ordinanza n. 3 del 1952 dell'AFIS, non era riconosciuto 
dall'ordinamento alcuna posizione giuridica di diritto soggettivo 
tutelata o tutelabile dinanzi all'autorit� giudiziaria� (e, conseguentemente, 
dinanzi a Collegi Arbitrali). 

Ne ,consegue l'assoluto difetto di giurisdizione dell'A.G.O. e degli 
m-bitri a conoscere di una posizione non riconosciJUta dall'ordinamento e 
pertanto sottratta alla giurisdizione che �presuppone -ovviamente -almeno 
l'astratta configurabilit� nella posizione fatta valere in giudizio di un 
diritto soggettivo (cfr. infra n. 31). 

Vero � che nel lodo arbitrale si sostiene che l'ordinanza AFIS n. 3 del 
1952 avrebbe avuto efficacia solo per il futuro e non avrebbe inteso modificare 
le. concessioni gi� assentite dall'amministrazione coloniale e ancora �� 
in vigore. � 



286 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di indipendenza del Popolo somalo, che gi� presentava strutture sociali 

e giuridiche di governo civile. 

Assume invece interesse primario la constatazione che, fin dal primo 

assetto della Somalia come colonia italiana. per tale territorio fl.1.! dall'Ita


lia costituito un ordinamento apposito, con un particolare statuto per


soriale dei soggetti, specificato in considerazione anche delle diverse re


ligioni professate dagli stessi e con la costituzione di appositi organi giu


diziari. Il che del resto � connotato comune e generico del diritto colo~ 

niale, ch'� rivolto appunto a costituire un ordinamento particolare :Per 

ciascun territorio coloniale, con carattere di autonomia e dli completezza 

organica, si �di& consentire anche il ricorso ai procedimenti di analogia : 

ordinamento distinto da quello metropolitano, pel'lch� relativo ciascuno a 

rapporti distinti1 e particolari e basato su concessioni costituzionali pro


prie,, ma entrambl compresi nell'ordinamento gener:ale, quanto alle fun


zioni essenziaJ.i e proprie, dello Stato metropolitano. 

L'ordinamento coloniale per la Somalia, gi� tempo prima dell'ultimo 

conflitto bellico, s'era evoluto in aderenza ai principi di civilt� e di 

progresso sociale osservati dall'Italia, con l'adozione del criterio di otte


nere e sviluppare la collab�razione indigena nelle attivit� sociali, econo-

Ma una interpretazione siffatta dell'ordinanza � manifestamente erro


nea e contraria alla realt� giuridica e storica. 

Nel richia:rilatci a tutte le considerazioni svolte nei precedenti scritti 

per dimostrm:-e l'incompatibilit� della nuova disciplina emanata dall'AFIS 

con il precedente sistema costituito dall'amministrazione coloniale; nel 

richiamare le considerazioni della stessa SAICES che tale incompatibilit� 

chiaramente conclamano, non possiamo non rilevare che la semplice lettura 

dell'ordinanza dimostra all'evidenza che il nuovo sistema non poteva coesi. 
stere con quello �precedente e ne preSUJpponeva l'avvenuta soppressione. 

E come avrebbe potuto trovare applicazione la nuova disciplina se si 

foss~o dovuti considerare ancora in vigor�e e rispettare le precedenti con


cessioni conferite dall'amministrazione coloniale? 

La verit� � che l'intero sistema di coltivazione del cotone stabilito 

dall'amministrazione coloniale, e con esso le concessioni rilasciate nel qua


dro di quella disci.piria, erano gi� venute meno al cessare della sovranit� 

italiana, non erano mai state riconosciute dall'AFIS e, in ogni caso, sono 

da considerarsi soppresse per lo meno dall'entrata dn vigore dell'ordi~ 

nanza n. 3. 

E a ben gui.-dare lo stesso Collegio arbitrale, seppure afferma che 

l'ordinanza n. 3 del 1952 non poteva incidere sulle concessioni gi� assen


tite (si, ma dall'amministrazione coloniale!), basa tale affermazione non 

tanto su una esegesi del testo, legislativo quanto su considerazioni mera


mente deOIIltologiche, nel senso che si rileva che, ove l'ordinanza avesse 

compresso dei diritti dei concessionari, sarebbe stato necessario prevedere 

una indennit� a norma delle disposizioni costituzionali del territorio somalo 

e che non essendo nell'ordinanza prevista alcuna indennit� era da ritenere 

che non fossero state modificate le situazioni giuridiche esistenti. ~ 

Ma adducere inconveniens non est solvere argomentum e l'eventuale 



PARTE I, SEZ. II,. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 287 

miche e di governo: conseguendo cosi un carattere pi� accentuato di 
particolarit�. 

Dopo il transitorio periodo di stasi coincidente con l'amministrazione 
della Gran Bretagna quale Potenza occupante, nel 1950, restituiti all'Italia 
i poteri di amministrazione, il processo di completamento dello 
ordinamento giuridko somalo riprese e si acceler�, in base agli accordi 
internazionali di amministrazione fiduciaria, nella previsione della prossima 
costituzione del Territorio somalo in Stato indipendente, per l'impegno 
assunto dall'Italia di incoraggiare lo sviluppo di istituzioni politiche 
libere e di favorire l'evoluzione verso l'indipendenza del popolo 
somalo. Tale obbligo l'Italia adempi perfino con anticipo sui tempi previsti 
dall'accordo. L'Amministratore, infatti, ben presto si avvalse della 
facolt� di .costituire il C~nsiglio territoriale P<::r l'esercizio del potere 
legislativo, consiglio da lui nominato ma su designazioni a ba.se elettiva. 
La particolarit� dell'ordinamento giuridico somalo per q�anto at~eneva 
alla funzione legislativa fu messa in rilievo dalla circostanza che la 
funzione stessa era esercitata mediante atti dell'Amministratore, esclusa 
la vigenza automatica nel territorio �somalo delle leggi promulgate in 
Italia. Nel 1956, poi il Consiglio territoriale fu trasformato in Assemblea 

-contrasto dell'ordinanza Legislativa rigpetto alle disposizioni costituzionali 

somale non pu� costituire argomento esegetico al fine di mutare arbitra


riamente il tenore e la portata dell'ordinanza legislativa .giungendo a negare 

il carattere profondamente innovativo del provvedimento. 

Si consideri, infine, lqst, not least!, che i �provvedimenti adottati dal


1'AFlS, a seguito e in forza dell.'oroinanza dimostrano quale fosse la portata 

del provvedimento nella mente della stessa autordt� che, con poteri legi


slativi, aveva emanato l'oroinanza. 

Una tale considerazione appare veramente conclusiva se si pensa che 

essa si basa, in sostanza, su una interpretazione proveniente dallo stesso 

legislatore e che solo per evidente preteirmissjone dei criterd ermeneutici 

pi� elementari, ha potuto essere trascurata da un Collegio arbitrale che. 

si � arrogato il potere di contestare lo stesso or~ano legiferante di un 

ordinamento straniero. � . 

Possiamo pertanto concludere �che qualunque rapporto concessorio della 

precedente amministrazione coloniale sarebbe, in ogni caso, venuto meno 

per effetto della nuova disciplina delle coltivazioni del cotone instaurata 

dalla ordinanza n. 3 del 1952 avente valore legislativo nell'ordinamento 

somalo. 

Se ora, dopo quanto detto, teniamo conto che oggetto della domanda 

arbitrale e, oggetto della pronuncia arbitrale fu l'attivit� posta in essere 

dall'AFIS dopo ea seguito dell'ordinanza (1), si potr� ben concludere che. 

-a quel momento -nessun rapporto concessorio esisteva, nessuna posi7 

zione giuridica era assicurata dall'ordinamento somalo (,e tanto meno dal


l'ordinamento italiano) ai titolari di concessioni assentite dalla pr�cedente 

amministrazione coloniale e pertanto mancava il presupposto primo del


l'esercizio dei poteri giurisdizionali: una posizione di vantaggio ricono


sciuta, in astratto, dall'ordinamento. 



RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO STATO

288 

legislativa eletta a suffragio universale maschile, con il potere�i appro� vare 
leggi, che venivano poi sanzionate dall'Amministratore. 

. Per l'esercizio della funzione giurisdizionale, in base alle direttive 
stabilite nell'art. 7 dell'Accordo di tutela e nell'a�rt. 7 dell'allegato, il 
decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 195�2, n.2:35'7, dispose 
(art. 14) che dovesse costituirsi un Ordinamento giudiziario della Somalia, 
con ordinanza dell'Amministratore, in armonia con i principi 
stabiliti nell'art. 7 della Dichiarazione annessa all'Accordo di tutela, stabilendo 
le linee fondamentali del nuovo ordinamento. In proposito I'Amminist
�ratore gi� aveva disposto con ordinanza 1�2 aprile 1950, stabilendo 
un particolare ordine di competenze giurisdizionali, modificando p~i con 
l'ordinanza n. 5 del 2 febbraio 1956, emessa in attuazione dell'ordine 
contenuto nel cennato decreto P. R., che istitui. un nuovo, completo ordinamento 
giudiziario, anch'esso basato sul cr.iterio della giustizia differenziale 
(Cadi e Tribunale di Cadi per i musulmani, Giudice. regionale, 
Giudice d'appello, Corte d'assise, Corte d'assise <U appello, Corte di 
giustizia); ed alla Corte di giustizia, posta al vertice dell'ordine giudiziario, 
con giurisdizione su tutto il territorio somalo, furono assegnate 
competenze in buona p�rte rispondenti a quelle che nell'ordinamento 
italiano sono distinte competenze della Corte dei Conti, del Consiglio 
di Stato, della Corte di Cassazione. 

Invero, �come � fermo insegnam�nto di codesta Corte Regolatrice, in 
tanto sussiste il potere di giurisdizione dell'A.G. in quanto l'attore faccia 
valer.e in giudizio una posizione alla quale -almeno in astratto -l'Ordinamento 
!l"icolleghi la configurabilit� di un diritto soggettivo tutelabile dinnanzi 
all'A.G. (cfr. Corte di Ca:ss., Sez. Un., 12 -gennaio 1966, n. 207 -Pres. 
Scaripelli, Est. Tam.burrino. Finanze -SAIM, in Rass. Avvocatura Stato, 1966, 
I, 56 eon nota di CONTI). 

Nella specie, a '.seguito della perdita della sovranit� sul .territorio so


malo, il rapporto di �concessione del distretto ��cotoniero del Basso Giuba 

rest� sottratto a qualunque ingerenza del nostro Stato e ai titolari di con


cessfone� assentite dalla precedente amministrazione eoloniale non pu� 

spettare nel nostro ordinamento alcuna posizione di vantaggio tutelabile 

in vda giurisdizionale rispetto al predetto rapporto concessorio che pu� 

essere ormai valutato solo nel quadro dell'ordinamento somalo. 

Una tale situazione, di assenza radicale di una posizione tutelabile, 

configura, come �si � detto un caso tipico di difetto assoluto di giurisdizione 

e, pertanto, il lodo arbitrale, che ha pronunciato in una tale situazione � 

viziato, :per l'appunto,� per difetto idi giurdsdizione (nell'A.G.O. e negli 

arbitri) e la sentenza della �orte di App~llo -che tale nullit� non ha rile


vato �, a .sua volta, inficiata dai vizi denunciati in rubrica e dow� essere 

cassata>. 

G. ZAGARI 
(1) e Soltanto a seguito di tale ordinanza (la n. 3 del 1952) e non prima, ad 
avviso del Collegio, l'Amministr�zione italia:iyi della Somalia �pose in essere "'8.tti 
costituenti lesione dei diritti soggettivi della SAICES > (lodo arbitrale, p. 89). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISD.lZIONE 289 

L'ordinamento giuridico c:iella Somalia, infine, consegui completezza 
di strutture autonome e particolari con la istituzione del Governo della 
Somalia (195�6), costituito da Primo Ministro, che proponeva la nomina 
degli altri Ministri e con l'ordinamento delle amministrazioni municipali 
del territorio. 

Da questo sviluppo del processo di autonomia dell'ordinamento 
giuridico somalo rispetto a quello dell'Italia si recava che fin dai primi 
tempi dell'Amministrazione fiduciaria italiana in Somalia i due ordinamenti 
erano perfettamente differenziati e che il punto di interferenza 
rappresentato dall'ufficio dell'Amministrazione che nominato dall'Italia 
ed organo dell'Amministrazione italiana, pr�siec:ieva l'esercizio dei poteri 
pubblici in Somalia, s'era andato via via riducendo, avendo l'Amministratore 
a poco a poco dismesso (come doveva fare) gli ampi poteri 
iniziali, per mantenere solo funzioni di controllo, di sviluppo e di perfezionamento, 
di guida �e di consiglio rispetto agli organi propri dell'autonomo 
ordinam~nto giuridtco somalo: sicch� si giustifica l'afferma-� 
ziione, fatta da autorevole dottrina, 1che gi� nel 1955-56 costituzionalmente 
l'ordinamento somalo si presentava .separato da quello italiano, 
con carattere di ordinamento estero rispetto a quest'ultimo e diventavano 
pi� accentuati i problemi di '.collocazione degli atti giuridici nel~ 
l'uno e nell'altro ordinamento, ai fini della determinazione della disciplina 
appUcabile, anche agli effetti della giurisdizione. 

Se tutto ci� �avesse ponderatamente considerato, la Corte d'Appello 
non avrebbe potuto -come ha fatto nell'impugnat.a sentenza -centrare 
il ragionamento sui collegamenti tra i due ordinamenti, invece che 
sulla distinzione tra essi, di natura in certo senso istituzionale e tipica, 
accentuata dalle influenze delle situazioni di diritto internazionale esposte 
innanzi; e non avrebbe avuto motivo, di conseguenza, per criticare il 
rag.ionamento svolto nella sentenza di queste Sezioni Unite n. 2954 del 
22� dicembre 1964, �che, sul fondamento della distinzione tra i due ordinamenti, 
�stabili spettare agli organi giurisdizionali della Somalia la competenza 
a conoscere della denunzia di illegittimit� di un provvedimento 
preso nel 1959 dall'Amministratore in Somalia .e relativo ad un rapporto 
di lavoro costituito dall'Amministrazione-fiduciaria ma per esigenze.amniinisreative 
del territorio somalo. Sentenza, questa ora detta; solo apparentemente 
in contrasto, nella formulazione delle massime giuriSJPrudenziali, 
con la precedente decisione, pure a Sezioni Unite, n. 2912 del 
10 agosto 1954, con la qu.ale fu risolta la questione, profondamente �dive~
sa �e particolare, se l'Aillllliinistratore in Somalia potesse, con propria 
ordinanza legislativa, investire organi giudiziari italiani della competenza 
a �conoscere sugli appelli proposti contro sentenze pronunciate in Somalia 
e si dovettero quindi �esaminare :i poteri dell'Amministratore nelle relazio, 
ni non con organi propri d'el territorio somalo ma con quelli dell'ordinamento 
della Repubblica Italiana, dei quali venivano ampliati i compiti: 



290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


sicch� venne ,in considerazione proprio l'appartenenza dell'Amministratore 
.all'uno ed all'altro ordinamento, come di connessione fra essi. 

Posto tutto �Ci�, pu� essere a'VViato a soluzione il problema delila 
giurisdizione in ordine alla controversia in esame, nella quale vengono 
.in considerazione il rapporto di concesSione amministrativa, del tipo concessione-
contratto, e le situazioni giuridiche con tale atto costituite, relative, 
per�, ad utilizzazione particolare di detern�nate risorse economiche 
del territorio somalo, sul presupposto ed a mezz'o di vincoli autoritativamente 
imposti agli indigeni di detto territorio interessati in tale ramo 
di attivit�, vincoli disposti mediante provvedimenti normativi. 

Se' � vero, infatti, che tutte le concessioni, ed in particolare le concessioni-
contratto, creano diritti �soggettivi a favore dei concessionari, ai 
quali esse attribuiscono facolt� concernenti l'utilizzazione dei beni pubblici 
o la gestione dei servizi, � vero del pari che l'autorit� concedente, 
a mezzo della concessione, tende a realizzare un concreto interesse pubblico, 
come tale tutelato nell'ambito dell'ordinamento giuridico positivo 
nel quale si colloca la concessione e nel quale opera l'autorit� conce


1

dente: interesse pubblico concreto �Che � fattore causale della concessione, 
sicch� questa non pu� mai essere in contrasto con !'.interesse per la 
realizzazione del quale fu disposta. 

In questa prospettiva di carattere generale, non pare dubbio che la 
concessione per cui � causa, disposta in applicazione del r.d. 7 gennaio 
1938, disciplinante l'istituzione di distretti cotonieri nell'Africa Orientale 
lti:i.liana ed emanato in virt� della legge 11 .gennaio 19�37, n. 28'5, sull'qrdinamento 
e l'amministrazione dell'A.0.1., decreto dettato dalla considerazione
� -espressa nel preambolo -che la cotonicoltura era destinata 
ad assumere una grande importanza nei territori delle colonie dell'A.O.I., 
sicch� conveniva diffondere tale coltura, valendosi anche degli agricoltori 
indigeni, non par dubbio, si ripete, che la concessione della SAICES si 
sia posta fin dall'inizio come atto "destinato ad operare nell'ordinamento 
giuridico particolare dell� colonia somala, appositamente istituito dallo 
Stato itali.ano per detto territorio. 

Consegue, quanto ai profili relativi alla giurisdizione, che fattori di 

collegamento possono essere ravvisati sia con la giurisdizione italiana, 

sia con quella dell'ordinamento somalo: con la prima per quanto attiene 

ai rapporti tra Amministrazione concedente e societ� concessionaria, en


trambi soggetti giuridici dell'ordinamento italiano, limitatamente alle 

controversie sorte dalla concessione -sulla base di una convenzione 

stipulata in Italia -che non toccassero l'esercizio dei poteri pubblici 

dell'Amministrazione; con la seconda, oltre che per i rapporti tra con


cedente, concessionaria e persone del territorio coloniale i;tssoggettate ai 

poteri di quest'ultima, conferitile per l'attuazione del rapporto di con


cessione, �anche per le controversie tra Amministrazione concedente !l 

societ� concessionaria, che riguardassero la concreta esplicazione dei po




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU .QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 291 

teri pubblici, realizzati con la concessione, nel territorio della colonia, 
in applicazione di norme proprie dell'ordinamento giuridico coloniale: 
e ci� per la naturale, intrinseca aderenza della funzione giurisdizionale 
al concreto ordinamento giuridico, rivolta, com'�, a determinare la volont� 
di legge specificamente applicabile al caso particolare, anche nei 
confronti dell'azione amministrativa dell'Autorit� pubblica. 

Pu� ritenersi che questa pluralit� di fattori di collegamento giurisdizionale 
sia rimasta anche dopo che, sia per effetto della diversa posizione 
�ssunta dall'Italia, con lAccordo di amministrazione fiduciaria, rispetto 
al territorio dell'ex colonia, sia in considerazione degli specifici 
principi costituzionali, prestabiliti per l'esercizio dei poteri pubblici quale 
Potenza Amministratrice, vincolanti per l'Italia sul piano internazionale 
e da essa rigorosamente rispettati, sia in conseguenza della concreta 
attuazione dell'impegno di amministrazione fiduciaria, in Somalia � stata 
costituita una struttura statale completa, �Organica, distinta da� quella 
dello Stato amministratore, con un proprio ordinamento giudiziario, tanto 
particolare ed autonomo rispetto all'ordinamento giudiziario italiano, da 
imporre che gli atti dei giudici somali dovessero essere considerati atti 
esteri ai fini della loro effioacia. in Italia. Tale permanenza di fattori di 
collegamento pu� ritenersi, perch� l'autonomia dell'ordinamento giuridico 
somalo, stabilita dallo Stato italiano in virt� del suo potere di 
sovranit� e poi nell'esercizio dei poteri di Potenza amministratice del 
Territorio somalo, non comporta certo l'esclusivit� della giurisdizione 
somala e la rinuncia dell'Italia all'esercizio della giurisdizione concorrente 
�sulla propria Amministrazione nei rapporti con cittadini e con enti 
italiani, che possano essere di competenza della giurisdizione ordinaria 
in vista dei normali criteri di collegamento. 

Se, dunque, la questione di giurisdizione si ponesse in modo relativo, 
con riguardo cio� al giudice che potesse conoscere della domanda in s� 
proponibile, dovrebbe affermarsi la giurisdizione del .giudice italiano, 
quanto meno per le controversie attinenti agli aspetti privatistici del 
rapporto di concessione e di conseguenza la competenza arbitrale. 

Ma a questo l'indagine va estesa alla censura contenuta nel terzo 
motivo del ricorso principale, secondo cui la controversia sottoposta al 
giudizio degli arbitri investiva direttamente l'uso dei poteri statali nel 
territorio somalo, in particolare l'esercizio della funzione legi.slativa, da 
parte dell'amministratore italiano in Somalia, eserdzio che la societ� 
attrice qualificava illegittimo nella forma e nella sostanza e nei suoi 
riguardi, illecito. 

All'uopo giova riportare la testuale formulazione dei primi tre que


siti posti agli arbitri: 

1) Dicano gli arbitri se l'Amministrazione italiana, accordando 

licenze ai sensi dell'ordinanza n. 3 in data 21 marzo 1952, valevoli per , 

il distretto del Basso Giuba, non abbia violato i diritti assicurati alla 


292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

SAICES con la convenzione 1 � dicembre 1938 e con il d.m. di pari data, 
rimasti operanti non ostante� l'ordinanza stessa, procedendo implicitamente 
alla revoca della concessione. 

2) Subordinatamente alla reiezione del quesito precedente, dicano 
gli arbitri se l'ordinanza n. 3 sia stata emanata nelle forme e con 
la procedura prescritta e se, comunque, essa, volendo incidere su diritti 
quesiti, poteva sacrificarli senza il corrispondente indennizzo. 

3) Nell'una e .nell'altra ipotesi affermino gli arbitri il dovere dell'Amministrazione 
di risarcire i danni sub�ti dalla SAICES, provvedendo 
alla relativa liquidazione. 

� appena il caso di chiarire che lAmministrazione italiana di cui si 
parla nei quesiti � e.sclusivamente lAmministrazione fiduciaria italiana 
in Somalia e che l'ordinanza richiamata ha natu~a di provvedimento 
legislativo (come le parti concordemente riconoscono), essenda stata emanata 
dall'Amministratore � ritenuta la necessit� di emanare nuov.e norme 
dirette a disciplinare nel Territorio le attivit� relative alla produzione, 
alla lavorazione ed alla vendita del cotone .,,, nell'esercizio cio� della 
f:unzione legisla,tiva, che lAllegato all'Accordo di amministrazione fiduciaria, 
attribuiva all'Amministratore. 

Nel preambolo della cennata ordinanza ;n. 3 del 1952 veniva spiegato 

che la nuova disciplina �tendeva ad eliminare gli inconvenienti dscontrati 

I 
I 
~1 

nelle precedenti campagne cotoniere e ad attuare i principi e le finalit� 
dell'Accordo di tutela in aderenza alle condizioni ed alla nuova situazione 
de~ Territorio, il che richiedeva necessariamente doversi dichiarare 
nulle tutte le dispqsizioni che non rispondevano a tale necessit�. In effetti, 
l'art. 34 dell'ordin,anza dichiarava abrogate le norme e disposizioni in 


I

contrasto o non aderenti a quelle contenute nell'ordinanza medesima. 

~ 

� apprezzamento pacifico, sia delle parti, sia degli arbitri, sia della 

I 

Corte d'Appello che la disciplina della coltivazione, lavorazione e vendita I 
I 

del cotone, introdotta con l'ordinanza in .esame, fosse incompatibile ril 


spetto a quella .~tabilita con i regi decreti del 1937 e 1938 ed alla stregua 

della quale era stata disposta la concessione alla SAICES; la vecchia 

disciplina era ispirata a criteri monopolistici, mentre l'ordinanza del 

1952 intese adeguarsi alle prescrizioni fatte nell'Accordo di ammini


strazione fiduciaria, secondo cui le attivit� di carattere economico do


vevano essere consentite per tutti coloro . che fossero in possesso dei 

requisiti morali, tecnici e finanziari per contribuire al progresso econo


mico del Territorio. 

Ritornando, dopo questi chiarimenti, all'esame dei quesiti proposti 

agli arbitri, evidente risalta il carattere particolare ed autonomo della 

domanda relativa alla declaratoria di incostituzionalit� dell'ordinanza 

n. 3 del 19152, che costituisce il contenuto unico del secondo quesito. 
Tale autonomia del quesito appare essere non semplice'�nente formal~ 
ma rispondente ad un'acuta impostazione della controversia, nella pro




PARTE I, SEZ�. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 

spettazione che la dichiarazione di incostituzionalit� della disciplina normativa 
della cotonicoltura, introdotta con la cennata ordinanza, potesse 
essere portata ad effetti diversi, maggiori. e pi� pertinenti rispetto a 
quello, tanto problematico da apparire addirittura pretestuoso, del risarcimento 
del danno, indicato nel terzo quesito. Ottenuta nei confronti 
dell'Autorit� investita dell'Amministrazione fiduciaria in Somalia, la 
dichiarazione di incostituzionalit� della normativa, disposta ed applicata 
dall'Autorit� stessa, avrebbe importato l'obbligo dell'Amministrazione 
di annullare le licenze rilasciate ai sensi dell'ordinanza incostituzionale 
e di adeguare la sua azione amministrativa all'ordinamento preesistente 
alla pubblicazione dell'ordinanza medesima: il che poi era il vero scopo 
perseguito dalla SAICES. Giova a questo punto ricordare che la societ� 
attrice aveva pi� volte dedotto,.nei suoi scritti difensivi che esso � contro 
l'ordinanza aveva elevato subito protesta� con raccomandata 26 marzo 
1952, denunciando che con tale provvedimento era stato implicitamente 
abrogato il r.d. 7 gennaio 1938, ma che ci� non poteva avere influenza 
sulla validit� del decreto ministeriale 1� dicembre 1938 e della convenzione 
di pari data, perch� le obbligazioni reciproche con tali atti costituite 
tra la SAICES e I'Amministrazione non potevano essere risolte dalla 
volont� unilaterale dell'Amministrazione, a meno che quest'ultima non 
fosse idisiposta ad indennizzare la societ� per i danni arrecatile con detta 
unilaterale determinazione. Questa tesi si ritrova sostanzialmente ripetuta 
nei primi tre quesiti agli arbitri, riportati innanzi, e. perci� la realt� della 
contestazone risulta imperniata sulla pretesa della SAICES che I'Amministrazione 
fiduciaria in Somalia neppure a mezzo dell'esercizio del potere 
legislativo e :per la necessit� di valutare gli interessi collettivi della popolazione 
somala �alla stregua dei (nuovi) principi stabiliti nell'Accordo 
di tutela potesse togliere efficacia alla vecchia concessione del 1938, ma 
questa dovesse rispettare fino alla scadenza, incorrendo altrimenti nella 
responsabilit� per danni. Senza entrare nel merito di questa pretesa, i 
cui eccessi pur tanto palesi sono sfuggiti agli arbitri, � sufficiente l'enunciazione 
d:i.essa per puntualizzare che la SAICES contestava anzitutto, in 
via diretta,'-I'esercizio del potere legislativo attuato con la pubblicazione 
dell'ordinanza, ritenuto fatto antigiuridico, eliminabile con la necessaria 
dichiarazione di incostituzionalit� e con il conseguenziale ripristino dell'ordinamento 
giuridico precedente, sia pure limitatamente alla disciplina 
del rapporto di connessione tra l'Amministrazione e la SAICES. 

A .velare questa concreta realt� di tutela giuridica richiesta, non 
vale l'accorgimento tecnico della subordinazione del secondo quesito al 
primo, nel quale il fatto lesivo era indicato nella applicazione che l'Amministrazione 
aveva dato all'ordinanza anche al territorio del Basso 
Giuba, nel quale doveva mantenere efficacia la concessione fatta alla 
SAICES nel 1938. Anzitutto la subordinazione � meramente formale, 
data la rilevata portata �autonoma della domanda contenuta nel secondo 


294 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quesito, in effetti semplicemente coordinata a quella proposta nel primo 
quesito e, come questa, diretta a far salva, sotto qualsiasi aspetto, la 
concessione della SAICES. In secondo luogo, dato il carattere pregiudiziale 
e la rilevabilit� anche di ufficio della questione dell'efficacia della 
legge, rispetto a quelle della sua interpretazione ed applicazione, il cennato 
accorgimento non vincolava gli arbitri, ten�ti anzitutto ad accertare 
che !"ordinanza legislativa fosse vincolante: tanto pi� che tale efficacia 
veniva contestata non solo per contrasto intrinseco con i principi costituzionali, 
ma anche per illegalit� del procedimento di formazione dell'ordinanza 
medesima (dicano .gli arbitri se l'ordinanza sia stata emanata 
nella forma e con la procedura prescritte). 

Del pari non vale a negare la cennata realt� della tutela pretesa 
dalla SAICES la considerazione che il Collegio �arbitrale ha deciso la 
controversia alla stregua del criterio che l'ordinanza non si applicasse 
al territorio del Basso Giuba, in presenza della concessione a favore della 
SAICES. La competenza degli arbitri non pu� essere valutata a posteriori, 
ai collegamenti ed all'ordine logico da essi ravvisati tra i quesiti stessi, 
m~ dev'essere stabilita in relazione alle domande come proposte, rispettata 
la sequenza risultante obbiettivamente dall'ordine logico delle questioni 
che l'arbitro debba anche di ufficio risolvere per provvedere sulle 
domande stesse. E nella specie la domanda proposta �co� �secondo quesito, 
mentre poneva una questione pregiudiziale a quella relativa all'interpretazione 
ed applicazione dell'ordinanza, era autonoma, a s� stante, sia 
nella formu1a.zione letterale, sia nella considerazione finalistica della tutela 
giurisdizionale invocata : considerazione che fu espressa proprio 
dalla SAICES allorch�, nella memoria difensiva del 31 luglio 195�5, 
afferm� conclusivamente �che l'ordinanza, se ha voluto distruggere il 
distretto e porre nel nulla il contratto, � palesemente incostituzionale e 
quindi inapplicabile �. 

Del resto lo stesso Collegio arbitrale non. ha potuto esimersi dal


l'affrontare la questione dell'efficaci~ dell'ordinanza legislativa, impu


gnata dalla SAlCES. Ha affermato il Collegio 1che in effetti l'oirdinanza nel 

suo testo letterale poteva essere in contrasto con il principio costituzio


nale, compreso tra quelli fissati per l'ordinamento somalo dall'Accordo 

di tutela, relativo all'esi~nza di garantire in modo particolare il diritto 

di propriet�; garanzia che gli arbitri hanno ritenuto doversi estendere 

ad ogni diritto patrimoniale, con la conseguenza di dichiarare che sarebbe 

stata incostituzionale l'ordinanza che avesse sacrificato le concessioni 

vigenti, senza indennizzo. Ma poi gli arbitri, con palese deviazione logica, 

invece di stabilire il contenuto obiettivo della ordinanza per confron


tarlo con i precetti costituzionali, trassero dall'accennata incostituziona


lit� di essa intesa nel suo significato letterale e logico l'argomento deci


s~vo per dare dell'ordinanza un'interpretazione che la trasse fuori dal:. 

l'accusa di illegittimit� costituzionale; fu cosi che, nonostante il chiaro 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 

preambolo esplicativo, nonostante la riconosciuta incompatibilit� della 
disciplina ,con essa introdotta rispetto a quella precedente, nonostante 
i principi" fondamentali diversi, anzi opposti, delle due normative, nonostante 
il non discutibile principio giur:isprudenziale e dottrinaJ.e sul punto 
che l'art. 11 delle disposizioni sulla le'gge in generale, per il quale le 
leggi non hanno effetto retroattivo, non pu� essere invocato quando una 
chiara ed esplicita disposizione di una nuova legge si sostituisce alla 
disposizione della legge precedente e toglie valore ai diritti che in base 
a questa possono essere conseguiti, gli arbitri affermarono che l'ordinanza 
non toccava le ,concessioni in corso, perch� l'osservanza del detto precetto 
costituzionale avrebbe imposto al legislatore l'esigenza di provvedere 
espressamente circa le concessioni vigenti, ove avesse voluto sopprimere 
i distretti cotonieri: sicch� la mancanza di espressa previsione stava �a 
significare che il legislatore non aveva voluto pregiudicare le concessioni 

in itinere. 

Questo Supremo Collegio non � chiamato a verificare la validit� 
giuridica e la conciudenza di questo singolare ragiona:r;n.ento degli arbitri. 
Ne fa quindi cenno solo per dimostrare che gli arbitri hanno avvertito 
-e non poteva essere diversamente data la loro alta qualificazione professionale 
-che la tutela chiesta dalla SAICES investiva anzitutto 
l'esercizio del potere legislativo quale fatto produttivo di pregiudizio 
giuridico per la detta societ� ma hanno ritenuto di superare la improponibilit� 
di. tale domanda, �energicamente eccepita dalla Amministrazione 
convenuta, con l'adozione di un ragionamento 'che potesse essere 
inteso rivolto a risolvere una questione di diritto relativo al merito (in 
un lodo dichiarato non impugnabile). 

Ristabilita la realt� processuale, si ricava che gli arbitri hanno su


perato i limiti, oltre che della loro competenza, della stessa giurisdizione 

civile, che non pu�, negli ordinamenti giuridici fondati sui principi della 

divisione dei poteri per l'attuazione dello Stato di diritto, essere esplicata 

in via di�'etta e principale per accertare se una legge "sia stata emanata 

nelle forme e con la procedura prescritte e se, comunque, essa, volendo 

incidere sui diritti quesiti, poteva sacrificarli senza il corrispondente 

indennizzo � � 

Non si tratta, infatti, in tal caso di accertare una volont� di legge 

concreta, atta a comporre un conflitto attuale di interessi giuridicamente 

tutelati, mediante l'applicazione del diritto obiettivo, ma di stabilire in 

linea astratta che una norma di legge � priva dell'efficacia vincolante 

propria dei precetti posti da tale fonte primaria di produzione giuridica. 

Se una tale declaratoria fosse ammessa, ai giudici verrebbe attribuito un 

potere di invalidazione delle leggi, capace di rendere vana l'intera fun


zione legislativ�a e di paralizzare ogni altro potere statale. 

� perci� che nel nostro ordinamento giuridico vigente il controllo 

della legittimit� costituzionale delle leggi � considerato tra le garanzie 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituzionali ed � ammesso solo nel corso di un giudizio, in via incidentale 
(art. 13�4 Cost." art. 1� 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1) e sempre. �che il 
giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione ~ 
della questione di legittimit� costituzionale (art. 23 legge 11 marzo 19'53, 

n. 87). 
Conclusivamente, dunque, dev�e ~:ffiermar.si l'assoluta .improponibilit� 
della domanda e la conseguente nullit� del lodo a norma degli 
artt. 8'29 n. 1. 806 c.p.c. e dei principi costituzionali sulla giurisdizione. 

Tale pronuncia assorbe ovviamente tutte le altre questioni proposte 
con gli altri motivi del ricorso principale. 

Ed assorbe in parte anche le censure mosse dalla SAICES con il 
ricorso incidentale, dato che il primo ed il. terzo motivo concernono 
errores in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte d'Appello. che non 
avrebbe rispettato i limiti dell'azione di nullit� del lodo arbitrale inappellabile 
ed avrebbe omesso di provvedere su un'eccezione. 

Qualche cenno a .parte richiede il secondo motivo di detto ricorso 
incidentale, col quale la SAICES deduce �che. oSe si ritiene che all'AFIS 
o.rgano dello Stato italiano � succeduto lo Stato somalo, il giudizio di 
appello dovrebbe essere dichiarato estinto: verificatasi la s.uccessione 
per effetto della legge 218' giugno 1960. n. 643 e dichiarato l'eve?to interruttivo 
dall'Avvocatura dello Stato il 20 novembre 1961, la .riassunzione 
sarebbe avvenuta dopo il decorso del termine semestrale previsto dalla 
legge. 

Il motivo, come s'� detto condizionato, viene esaminato perch� � 
stato espresso innanzi il concetto che l'ordinamento giuridLco della Somalia, 
particolare e distinto da quello italiano, � stato tuttavia prod~zione 
dello Stato italiano. fino a quando � stato costituito lo Stato somalo 
indipendente. 

Una questione di successione tra Ammi.J:?.istrazione italiana in So


malia e Stato somalo, perci�, pu� porsi, come caso di successione fra 

Stati, relativamente ad un territorio che da coloniale � divenuto elemento 

di Stato sovrano. / 

Tuttavia un problema di successione nel processo non sussiste, 

avendo la SAICES insistito nel precisare che la sua domanda concerneva 

esclusivamente la responsabilit� dello Stato italiano, per fatti che, se


condo la SAICES, s'erano verificati ed erano produttivi di effetti nel


l'ordinamento giuridico italiano. 

Il motivo, perci�, va respinto. 

In ~efinitiva, quindi, deve accogliersi il ricorso principale e cassare 
la sentenza impugnata per improponibilit� assolut_a della domanda su cui 
gli arbitri hanno provveduto; la cassazione deve essere disposta senza 
rinvio nessun giudice potendo provvedere sulla domanda ora detta 
(art. 382, 3� comma, c.p.�c.). -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI C�SSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1971, n. 101 -Pres. Pece Est. 
Mirabelli -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. 
Stato Salto) -c. Capponi (avv. Monti). 

Procedimento civile -Appello -Remissione della causa al collegio Produzione 
di nuovi documenti -Preclusione -Limiti. 

(c.p.c. artt. 184, .345, 395, n. 3). 
In deroga alla regola che divieta la produzione di nuovi documenti 
dopo che la causa sia stata rimessa al Collegio, esigenze di giustizia 
sostanziale oltre che di economia dei giudizi impongono che qualora 
sussistano i presupposti richiesti dal n. 3 deU'art. 395 c.p.c. per la proponibilit� 
dell'impugnazione per revocazione, l'interessato debba essere 
ritenuto abititato ad esibire il documento scoperto (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, peraltro, l'Amministrazione ricorrente, 
denunciando la violazion� dell'art. 395, il difetto di motivazione, 
e nuovamente la violazione dell'art. 345, 2� comma, in relazione all'articolo 
3,55 c.p.c. sostiene, �sotto altro aspetto, che la Corte del merito 
avrebbe dovuto. riconoscere di avere il potere di ammettere l'esibizione 
dei documenti. Essa assume, infatti, che tali documenti avrebbero valore 
decisivo per la soluzione della controversia e sarebbero venuti fortuita


(1) La sentenza delle S. U. 4 mag.gio 1963, n. 1104, menzionaia in motivazione, 
si legge in Giur. it., 1963, I, 715. 
In senso conforme cfr. altres� TribUnale Catania 3 febbraio 1945, in 
Giur. compl., Cass. civ. XvIII, 336 con nota. 
In dottriina cfr. ANDRIOLI, Commento, 1960, II, 629 nel senso appunto 
che la esigenza di economia dei giudizi deve prevalere sulla stretta applicazione 
dell'art. 184 c.p.c. e pertanto, ove sussistano gli estremi pr,evisti da�l 

n. 3 dell'art. 395 c.p.c. per la impugnativa in revocazione, all'interessato 
� data facolt� di esibire il documento. 
Pi� in generale, cfr. altres� Cass. 18 novembre 1961 n. 2708, 8 ottobre 
1960 n. 2609 ecc. per le quali, sebbene dopo la rimessione della causa al 
collegio non sia com.sentita la produzione di ulteriori documenti, tuttavia 
una simile irregolarit� non � rilevabile di ufficio e rimane sanata qualora 
la parte, che ha inter.esse ad opporsi non sollevi fa relativa eccezione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAro 

mente a sua conoscenza successivamente all'udienza di precisazione delle .. 
conclusioni, e prospetta la tesi che l'esibizione avrebbe potuto essere 
ammessa, in osservanza del principio generale dell'economia dei giudizi, 
in quanto sulla base degli stessi avrebbe potuto essere promosso, subito 
dopo l'emanazione della sentenza. un giudizio di revocazione. e quindi, 
quanto meno, allo scopq di accertare se sussistessero i presupposti per la 
proponibilit� di una domanda di revocazione, salvo ad esaminarli succes


sivamente in relazione al merito. 

Tale tesi si ispira all'opinione espressa autorevolmente in dottrina 
e ad un precedente giudicato delle Sezioni Unite di questa Corte, favorevolmente 
accolto dalla dottrina, e sempre, invero. meritevole di essere 
condivisa. 

Era stato, infatti, rilevato in generale che l'esigenza dell'economia 
dei giudizi non pu� non prevalere sulla stretta applicazione dell'art. 184, 
nel senso appunto, che, se sussistano gli estremi previsti nel n. 3 dell'art. 
39�5, l'interessato debba essere ritenuto abilitato ad esibire il documento 
scoperto dopo la rimessione della causa al collegio. Su tale rilievo 
le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza 4 maggio 1963, n. 1104, 
hanno fondato la soluzione adottata per una situazione non identica. ma 
simile a quella che qui si presenta, quale � quella che �concerne l'ammissibilit� 
di nuovi documenti nel giudizio di rinvio. 

Il ~iudizio di rinvio, infatti, � un giudizio ad istruttoria chiusa, nel 
quale non possono essere introdotti nuovi elementi di contestazione, che 
non siano gi� stati ritualmente inseriti nel procedimento di appello ossia 
prospettati anteriormente alla rimessione della causa al collegio in tale 
giudizio, salvo il caso che l'ampliamento della materia del contendere 
derivi dalla impostazione data alla.. controversia dalla sentenza di �cassazione 
(tra le altre, Cass. �23 maggio 1962, n. 1192; 15 dkembre 1962, 

n. '3365); anche il giudizio di rinvio resta limitato, quindi, dallo stato 
della causa anteriore alla rimessione al collegio nel giudizio di appello, 
cosl-.come � la decisione dello stesso giudice di appello; tuttavia la suindicata 
sentenza ha ammesso che nel giudizio di rinvio possano essere 
esibiti documenti decisivi, che si assuma essere stati scoperti successivamente 
alla rimessione al collegio nel giudizio di appello. se sussistano i 
presupposti previsti nel citato n. 3 dell'art. 395 per la proponibilit� dell'impugnazione 
per revocazione, cosl argomentando : � La legge considera 
prevalente, rispetto all'esigenza della certezza del diritto che indurrebbe 
a mantenere ferme le decisioni di merito non !Pi� censurabili, l'interesse 
al ripristino della .giustizia sostanziale che sia stata violata senza colpa 
della parte soccombente. Lo stesso principio deve indurre, a maggior 
ragione, ad ammettere che, qualora una violazione della giustizia sostanziale 
stia per essere consumata per effetto di una preclusione nella quale 
la parte sia incorsa senza sua colpa, la preclusione medesima non pqssa 
operare. La preclusione alla produzione di nuovi documenti � imposta 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dall'esigenza di evitare un intralcio nel corso del processo che ne ~impedisca 
la normale. sollecita definizione. Questa esigenza � meno imperiosa 
di quella della certezza del diritto e quindi non pu� non essere sacrificata, 
come lo � quest'ultima con l'impugnazione per revocazione, al fine di 
evitare una decisione ingiusta, quando la parte interessata sia immune 
da colpa>, 

Queste considerazioni appaiono, invero, decisive e si estendono 
ad ogni ipotesi in cui una preclusione processuale sia posta dalla legge; 
:dpugn�, infatti, non soltanto all'esigenza di economia dei giudizi, ma 
anche, e soprattutto, all'esigenza dell'attuazione della giustizia sostanziale, 
che venga emessa una decisione della quale sia gi� stata prospettata 
�con fondamento -la non rispondenza alla realt� della situazione 
controversa e la rispondenza alla realt� della situazione controversa e 
la non imputabilit� di tale anomalia a comportamento intenzionale od a 
difetto �di diligenza della parte interessata. 

Da una adeguata interpretazione dei principi che sono a fondamento 
dell'ordinamento processuale deve essere tratta, dunque, l'affermazione 
che alla regola secondo la quale dopo che il giudice abbia rimesso la 
causa al collegio non � ammessa la produzione di nuovi documenti si 
deve derogare quando si tratti di documenti decisivi, che la parte non 
aveva potuto produrre nelle precedenti fasi del giudizio per causa di 
forza maggiore o per fatto dell'avversario. 

In applicazione di tale principio il collegio al quale sia stata proposta 
richiesta di esibizione dei documenti, � tenuto �a prendere in esame la 
dupHce questione della decisivit� dei documenti in relazione alla soluzione 
della controversia e della non imputabilit��della omissione di produzione 
alla parte interessata o, qualora non ritenga acquisiti sufficienti 
elementi di valutazione su tali punti. deve rimettere la causa all'istruttore, 
perch� si apra il contraddittorio in merito all'accertamento di tali 
circostanze. -(Omissis). --.. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1971, n. 241 -Pres. Pece -
Rel. Giuliano -P. M. De Marco (conf.) -Ente di Sviluppo in Puglia, 
Lucania e Molise (avv. Stato Albisinni) c. Liuzzi (avv. C. Nicol� e 

A. Ricco). 
Avvocatura dello Stato -Avvocatura Generale e Avvocature Distrettuali 
-Competenza territoriale dei singoli uffici distrettuali Violazione 
-Conseguenze -Nullit� assoluta degli atti processuali 
posti in essere. 

(t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1 e 19, 4� comma; r.d. 30 ottobre 1933, 
n. 1612, artt. 1 e 2). 

300 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Avvocatura dello Stato -Incarico ad avvocati dello Stato di rappresentare 
e difendere le Amministrazioni in cause che si svolgono fuori 
della circoscrizione del loro ufficio -Onere di presentare al giudice 
il documento col quale l'Avvocato generale ha conferito l'incarico. 

(r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, art. 3, 30 comma). 
Ai si'rigoZi Uffici den'Avvocatura deHo Stato lo jus postulandi � attribuito 
limitatamente ai giudizi che si svolgono nelle sedi giudiziarie comprese 
neU'ambito delle rispettive circoscrizioni. L'attivit� processuale 
svolta al di fuori di tale ambito � colpita, pertanto, da nullit� assoluta (1). 

L'incarico ecceziona7,mente,.conferito ad un avvocato dello Stato di 
provvedere alla rappresentanza e difesa dene� Amministrazioni in cause 
che si svolgo~o fuori della circoscrizione del suo ufficio si riflette direttamente 
sullo jus postulandi e dev'essere, pertanto, dimostrato mediante 
la produzione in giudizio del documento col quale l'incarico stesso � stato 
affidato (<2). 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

� (Omissis). -In una causa. promossa dall'Ente,di Sviluppo in Puglia, 
Lucania e Molise patrocinato dall'Avvocatura dello Stato a norma dell'art. 
43 del r. d. 30 �ottobre 1933, n. 1611 e d":ll'art. 9 1della legge 9 luglio 
1957, n. 600, contro Michele Liuzzi, nella quale costui aveva chiamato 
Matteo Mendaia e Raimondo De Bartolomeis, il Tribunale di Matera, con 
sentenza 17 giugno-3 settembre 1962, convalid� un sequestro giudiziario 
eseguito dall'Ente nei confronti del Liuzzi, condann� il Liuzzi a pagare 
all'Ente lire 2.709.798 e rigett� domande proposte dal Liuzzi e dall'Ente 
contro il Mendaia e il De Bartolomei. 

.Su appello del Liuzzi, la Corte di Potenza, con sentenza ora impugnata, 
accogliendo un'obiezione del Liuzzi, dichiar� nulli tutti gli atti 

(1-2) Sulla competenza territoriale degli uffici dell'Avvocatura dello _Stato. 

I principi affermati da1la sentenza .in rassegna appaiono inesatti e 
fondati su presupposti in radicale �Contrasto �Con la struttura stessa e la 
configurazione giuridica dell'Avvocatura dello Stato. 

Del tutto errata �, anzitutto, l'inespressa, ma logicamente necessaria, 
premessa di tutto il ragionamento della Corte: l'equiparazione, cio�, del 
limite territoriale della competenza di ogni Avvocatura distrettuale con 
il divieto, sancito per i procuratori legali del libero foro, di esercitare la 
professione al di fuori del distretto in cui � compreso il Tribunale al quale 
sono a$Segnati �(art. 5 r.d. 27 novembre 1933, n. 1578). Com'� noto, per 
costante giurisprudenza, gli atti processuali co~iuti da un procura!ore 
non abilitato al patrocinio nel distretto cui appartiene il giudice adito ven




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 301 

processuali compiuti per l'Ente, in quant{) il medesimo era stato rappresentato 
in primo grado dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, 
anzich� da quella di Potenza, a cui tale rappresentanza spettava pe:r; 
l'art. 2 del r.d. 30 settembre 1933, n. 1612: la Corte del merito reput� 
trattarsi di un difetto -di jus postulandi, che inficiava in radice tutta la 
procedura. 

Contro tale sentenza ha presentato tempestivo ricorso l'Ente, proponen~
o un solo mezzo di cassazione, nei 'Confronti di tutte le altre parti. 
Si � costituito il solo Liuzzi, con un rituale controricorso. L'Ente e il 
Liuzzi hanno depositato memorie. 

gono ritenuti affetti da invalidit� assoluta ed insanabile (si parla anche 
di inesistenza: v., per tutte, Cass., 11 dicembre 1968, n. 3947, in Foro it., 
1969, I, 1568). La stessa soluzione, a quanto � dato comprendere dalla pi� 
che sintetica motivazione, � stata, ora, ritenuta applicabile anche al caso 
di un'attivit� processuale svolta da un'Avvocatura distrettuale territorialmente 
incompetente. 

Ma, in realt�, la radkale differenza fra le due ipotesi non pu� non 
apparire chiara. Fra l'Avvocatura dello Stato e gli organi amministrativi 
non esiste, com'� evidente, alcun rapporto di � rappresentanza � o, comunque, 
alcun rapporto " intersoggettivo �, in qualche modo �ssimilabile al 
rapporto che si instaura fra le parti private ed i loro difensori sulla base 
della procura alle liti. Non � certo revocabile in dubbio che l'Avvocatura 
� un organo dello Stato e che, quindi, i suoi rapporti con altri organi, 
ugualmente immedesimati nella complessa organizzazione .statale, cos� come 
i rapporti fra i singoli Uffici dell'Avvocatura, devono correttamente concepirsi 
come rapporti di -separazione e di coordinamento di competenze, 
nell'eserdzio di attivit� sempre riferibili allo Stato nell'unit� della sua 
personalit� giuridica, e non mai come rapporti di incarico, di mandato 

o di rappresentanza, quali possono solamente concepirsi fra soggetti distinti. 
Ci� chiarisce, al di l� di ogni equivoco determinato da apparenti sim


metrie, come necessariamente assumano significati e funzioni ben diverse, 

da un lato, la norma che stabilisce il limite entro il quale pu� valere l'abi


litazione del procuratore legale ad assumere la rappresentanza in giudizio 

di altri �soggetti e, dall'altro, la norma che individua gli organi attra


verso i quali lo Stato (sempre uguale a se stesso) pu� agire in giudizio. 

Per il procuratore legale si tratta di stabilfoe entro quali limiti egli sia 

titolare del potere di compiere attivit� rprocessuali nell'interesse di altri. 

Per gli uffici dell'Avvocatura si tratta, invece, di delimitare �e coordinare 

la loro competenza rispetto all'eserdzio di un potere, la cui titolarit� non 

pu� che farsi risalire a quell'unica persona giuridica (lo Stato), nella quale 

essi si immedesimano. 

Per lo Stato, insomma (sia �che agisca a difesa dei �propri diritti ed 

interessi, �sia eh~ assuma la tutela dei diritti e degli interessi degli Enti 

di cui all'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611) vale, in deroga alle norme 

ordinarie, il �principio fondamentale che lo abilita a stare sempre in giu


)dizlo " di persona �. Il problema dell'individuazione dell'organo attraverso 
il quale concretamente si attua questo poter-e dello Stato di stare personalmente 
in giudizio e di svolgere attivit� processuale si pone, perci�, su � 
un piano evtdentemente e radicalmente diverso da quello su -cui si pone 



302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il ricorrente, dolendosi di violazione e falsa applicazione degli articoli 
1, 43 e 45 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 e degli artt. 1, 4 del 

r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, sostiene che l'art. 1 del decr~to n. 1611, cio� 
del t.u. sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, sancendo che �gli 
avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tut�te le giurisdizioni 
e in qualunque sede � attribuisce a qualsiasi ufficio dell'Avvocatura 
stessa lo jus postulandi per tutto il territorio dello Stato, mentre l'art. 2 
del r.d. 30 ottobre 1933, n. 16�12, che contiene il regolamento per l'esecuzione 
del predetto t.u., pur stabilendo che le ~vvocature distrettuali dello 
il problema dei limiti del potere del procuratore legale di agire in giudizio 
per altre persone. 

Non � necessario, in questa sede, approfondire la questione :se all'Avvocatura 
competa la veste di organo deputato a �stare in giudizio ,. per 
lo Stato o se debba, invece, distinguersi fra competenza a stare in giudizio 
(spettante agli organi amministrativi) e �competenza a compiere e ricevere 
gli atti del processo (spettante all'Avvocatura). Anche seguendo la seconda 
alternativa (che corrisponde all'opinione tradizionale: cfr., per�, gli interessanti 
rilievi di ANDRIOLI, Legittimazione processuale della pubblica Amministrazione 
e notificazione, in Foro it., 1957, IV, 217), non sembra possa 
contestarsi che le stesse regole e gli stessi principi debbano necessariamente 
valere sia in tema di competenza �a stare in giudizio� che in tema di 
competenza e a postulare �. Orbene, � ben noto che la giurisprudenza in 
tema di competenza a stare in giudizio ha da tempo affermato il principio 
-ormai del tutto pacifico e incontroverso -per cui la ripartizione delle 
competenze fra i vari organi dello �Stato impone soltanto ai terzi l'onere 
della �precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione nei cui confronti 
dev'essere instaurato il rapporto processuale, ma non si ritorce in 
un corrispondente onere per lo Stato, nel caso assuma l'iniziativa di un 
processo, di "stare in giudizio,. per mezzo di uno �piuttosto che di un'altro 
dei suoi organi (v., per tutte, Cass., 24 luglio 1964, n. 2019). Perch� mai lo 
stesso principio non debba valere anche rispetto alla competenza a compiere 
ed a ricevere gli atti del processo (anche ammesso �Che si tratti davvero, 
nel caso dello Stato, di figura giuridica diversa dalla competenza a 

�stare in giudizio), non si vede proprio. 

� innegabile che, in ogni .caso, sia per la legittimazione processuale 
che per lo jus postulandi (di cui � sempre e solo titolare lo Stato nella sua 
unit�), le norme di competenza hanno riguardo esclusivamente all'interesse 
pubblico al regolare svolgimento dell'azione statale, �senza che sia 
minimamente preso in considerazione l'interesse delle altre� parti o anche 
l'interesse obiettivo alla regolarit� del rapporto processuale (gi� sufficientemente 
garantito attraverso l'abilitazione dello Stato a stare in giudizio 
� di persona �). Si tratta, do�, di norme,. per s�, � estranee � alla disciplina 
del processo, sul quale influiscono solo indirettamente attraverso l'imposizione 
alle sole parti private dell'onere di individuare esattamente l'organo 
da citare in giudizio e l'Ufficio dell'Avvocatura cui devono indirizzarsi gli 
atti processuali. �� 

Accade, cio�, in questa materia (e non potrebbe essere altrimenti), ci� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 303. 

Stato provvedono alla� rappresentanza e difesa delle Amministrazioni 
nelle rispettive circoscrizioni, ha esclusiv�amente e riflessi ed efficacia interna
�, A suo avviso, l'eventuale violazione di tal norma non pu� essere 
" rilevata all'esterno �, per mancanza d'interesse. Aggiunge che, per 
l'art. 3 ultimo comma del regolamento medesimo, l'avvocato generale 
dello Stato pu�, ove lo ravvisi opportuno, incaricare, eccezionalmente, gli 
avvocati dello Stato e gli aggiunti di procura addetti a un'avvocatura 
distrettuaie di rappresentare e difendere amministrazioni in cause che 
si svolgono fuori della circoscrizione del loro ufficio; e afferma che nella 
specie l'Avvocatura generale aveva appunto autorizzato l'Avvocatura 

... ..-" 

che accade in tutti gli altri casi in cui lo Stato si trovi impegnato con altri 
soggetti in rapporti di diritto .comune. Le norme che attribuiscono alla 
competenza di un organo o dell'altro l'attivit� da svolgere nell'ambito di 
questi rapporti non incidono mai sulla struttura og.gettiva dei iraipporti stessi, 
ma restano su un piano diverso e possono esser invocate 1soltant� a vantaggio 
dell'Amministrazione, -consentendo ad essa (e solo ad essa) di provocare 
l'eliminazione degli effetti di attivit� poste in essere da organi incompetenti 
(cfr., per i rapporti di diritto privato, Cass., 9 ottobre 1961, 

n. 2058, in Giust. civ., 1961, I, 1992). 
In questo .senso, pu� ben parlarsi, a proposito delle norme di com


petenza poste in relazione con i rapporti di diritto comune, di carattere 

interno delle norme stesse. Non si nega, ovviamente, che si tratti di vere 

e proprie norme di diritto oggettivo, inserite nell'ordinamento generale, ma 

si vuole, semplicemente, porre in risalto la foro caratteristi0ca di disposizioni 

non incidenti 1sulla struttura oggettiva del rapporto preso in considera


zione, ma solo sullo � statuto soggettivo > del ,soggetto-Stato e, quindi, solo 

da quest'ultimO invocabili in caso di violazione. Ben si comprende, d'altro 

canto, .che questo discorso, come abbiamo sottolineato, pu� valere soltanto 

rispetto ai ra:pporti di diritto comune, e non �PU�, -certo, ripetersi per i rap


porti di diritto pubblico, nei quali una netta distinzione fra struttura og


gettiva del rapporto e statuto soggettivo dell'Ente :pubblico non �, ovvia


mente, .concepibile. 

L'affermazione di cui alla prima massima della sentenza in rassegna 

dovrebbe, perci�, �Secondo il nostro fermo convincimento, esattamente rove


sciarsi. L'eventuale violazione delle norme sulla competenza dei vari or


gani dello Stato 1cui spetta l'eserdzio del potere di �stare in giudizio,. o di 

compiere e ricevere gli atti del processo non pu� mai incidere �sulla istruttura 

e sulla regolarit� oggettiva del rapporto processuale. Essa, perci�, non pu� 

essere rilevata d'ufficio n� eccepita dalla parte privata: pu� solo essere 

opposta dall'Amministrazione ove sia imputabile alla controparte. 

Quanto, poi, alla seconda massima, essa appare ancor pi� gravemente� 

errata. 

� necessario prendere le mosse dal ben noto principio sancito dal 
secondo comma dell'art. 1 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611: � Gli avvocati 
dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed 
in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei 
quali le .norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che 
consti della loro qualit��, Frutto di un palese equivoco � l'affermazione � 
contenuta nella sentenza annotata, secondo cui questa norma e definisce 



304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

distrettuale di Bari, e, quindi, tutti gli avvocati e procuratori di Stato 
in servizio presso tale Avvocatura, a rappresentare esso Ente innanzi ad 
autorit� giudiziarie sedenti fuorri della circoscrizione della Corte d'Appello 
di Bari, poich� in questa �c�itt� esso aveva la�sede. 

A quest'ultimo riguardo la Corte del merito osserv� che l'indicata 
deroga eccezionale all'art. 2 del regolamento avrebbe dovuto essere � portata 
a conoscenza dell'altra parte � affinch� il�rappor.to processuale fosse 
regolarmente costituito e quindi si instaurasse un legittimo contraddittorio;


,, 

Il ricorso � infondato. 

semplicemente il compito istituzionale dell'Avvo�atura dello Stato"� In 
realt� il compito istituzionale dell'Avvocatura (intesa �come �Complesso di organi-
uffici) � definitodal primo �Comma dell'art, 1 ( � J.a rappresentanza, il patrocinio 
e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche 
se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all'Avvocatura dello 
Stato �), mentre il secondo comma, ora in esame, attiene al ben diverso 
tema della posizione, rispetto ai terzi, delle persone (gli avvocati dello 
Stato) chiamate ad impersonare gli uffici dell'Avvocatura nei rapporti 
esterni. 

Il contenuto dell'art. 1 epv., visto in questa pi� esatta prospettiva, 
� chiarissimo, pur nella sua complessit�. Anzitutto, la norma significa che 
ogni avvocato dello Stato, in virt� della sua qualifica, � senz'altro abilitato 
ad impersonare, all'esterno, l'organo-ufficio (Avvocatura generale o distrettuale) 
eui � addetto. I provvedimenti con i quali viene distribuito il lavoro 
fra i vari avvocati hanno, perci�, carattere veramente interno, e non possono 
mai assumere alcuna rilevanza rispetto ai terzi. In secondo luogo, 
la sancita esclusione della necessit� di qualunque �mandato" per l'esercizio 
delle funzioni degli avvocati dello Stato vale, da un lato, a ribadire 
e �confermare il rapporto organico (e non intersoggettivo) che lega l'Avvocatura 
all'Amministrazione, e, dall'altro, ad evidenziare l'assoluta irrilevanza, 
per i terzi, dei procedimenti attraverso i quali vengono attuate, 
di volta in volta, le opportune intese fra l'Avvocatura e �gli organi amministrati'vi 
per la definizione della linea da seguire in ogni singolo affare. 
Infine (ed � questo il punto che maggiormente interessa in questa sede), 
l'art. 1 .cpv. sancisce chiaramente l'irrilevanza, per i terzi, 8:nche deg i\ 
atti con i quali i singoli avvocati dello Stato vengono investiti dell,e loro 
funzioni e vengono assegnati all'uno o all'altro dei vari uffici dell'Avvocatura. 
In ogni caso, � sufficiente, per il valido ed efficace esercizio delle 
funzioni degli avvocati dello Stato, � cl're consti della loro qualit� �, intendendosi 
per �qualit�" sia l'investitura generica nelle funzioni, sia 
l'assegnazione ad un determinato ufficio. � del tutto ovvio, perci�, (e assolutamente 
.pacifico) che gli avvocati dello Stato nori. devono mai presentare 
in giudizio (ai fini del controllo �sulla regolare instaurazione del 
rapporto processuale) gli atti di nomina o quelli di assegnazione all'ufficio 
territorialmente competente. � 

Orbene, � da chiedersi perch� mai lo stesso principio non debba valere 
anche per il provvedimento con il quale l'Avvocato generale, ai sensi 
dell'art. 3, terzo eomma, del Regolamento 30 ottobre 1933, n. 1612, con.. 
ferisce ad un avvocato dello Stato l'incarico di provvedere alla difesa 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 305 

Invero, l'art. 1 del t.u., allorch� stabilisce che gli avvocati dello Stato 
esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e in qualunque 
sede, definisce semplicemente il compito istituzionale dell'Avvocatura 
dello Stato. Ma lo stesso t.u., con l'ultimo comma dell'art. 19, dispone 
che e le attribuzioni dell'Avvocatura generale dello Stato e quelle delle 
Avvocature distrettuali sono. determinate dal regolamento�. A questo, 
pertanto, � stata devoluta la concreta determinazione dei compiti specifici 
dei singoli uffici, elencati nell'art. 18 del t.u. E poich� tali compiti (o 

dell'Amministrazione in cause che si svolgon9 fuori della circoscrizione 
del suo ufficio. 

Sembrerebbe che la sentenza in rassegna abbia inteso attribuire a 
questo provvedimento l'effetto di modificare l'ordine delle competenze fra 
i vari uffici dell'Avvocatura. Appunto perci�, per evitare l'app,licazione 
del preteso principio relativo. alla nullit� degli atti !Processuali compiuti 
da un'Avvocatura incompetente, il provvedimento .ex art. 3 dovrebbe esser 
sempre prodotto in giudizio. 

Ma, in realt�, anche a prescindere dalla gi� rilevata erroneit� della 

tesi di principio ac.colta dalla Suprema Corte, sembra evidente .che l'inca


rico di servizio di cui all'art. 3 del Regolamento non incide affatto sulla 

competenza dei vari uffici distrettuali, ma si risolve nella pura e semplice 

utilizzazione, per lo svolgimento di alcune delle funzioni di competenza 

di un ufficio, di un avvocato normalmente addetto ad un ufficio diverso. 

Siamo, �Cio�, di fronte ad un provvedimento della stessa, identica natura 

dei trasferimenti e delle missioni, come questi inteso a risolvere un sem


plice problema di utilizzazione del personale e non �certo a modificare le 

competenze degli uffici. Con il trasferimento �si attua la destinazione defi


nitiva dell'avvocato ad un certo ufficio; con la mi�ssione si attua una de


stinazione temporanea; con il provvedimento ex art. 3 si attua una desti


nazione, non solo temporanea, ma anche funzionalmente liniitata ad uno 

o pi� affari determinati. Appare chiara, per.ci�, l'omogeneit� dei tre tipi 
di atti, per ognuno dei quali � ugualmente impensabile (in presenza del 
principio di cui all'art. 1, secondo comma, del t.u. n. 1611) un onere di 
produzione in' giudizio, a pena di nullit� dell'attivit� svolta. 
Lo svolgimento dell'attivit� difensiva cui �si riferisce l'incarico ex art. 3 
va sempre imputato all'Avvocatura distrettuale territorialmente competente. 
La legge, infatti, si limita a preveder�e l'incarico di �servizio .conferito 
all'avvocato e non contiene il bench� minimo accenno ad un ampliamento 
della competenza dell'intero ufficio cui l'avvocato appartiene. Non 
c'� dubbio, perci�, che, ad es., destinataria della notifica di tutti gli atti 
giudiziari resti sempre l'Avvocatura territorialmente competente. 

Tutto ci� �comporta che, quand'anche fosse esatto (ed esatto non �) 
che l'incompetenza territoriale dell'Avvocatura agente determini la nullit� 
del rapporto processuale, dovrebbe pur sempre escludersi che abbia 
la minima attinenza �con il tema della �competenza il provvedimento di cui 
all'art. 3 del Regolamento. Dovrebbe, perci�, in ogni caso negarsi qualunque 
onere di produzione in giudizio del provvedimento d'incarico: onere 
altrettanto inconcepibile rispetto a quest'atto, quanto rispetto ad un trasferimento 
o ad un provvedimento di invio in missione. 

LA REDAZIONE 



306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
� attriibuzioni �) conststono, per l'ru-t. 1 del t.u., nella �rappresentanza, 


patrocinio e assistenza in giudizio �, non � esatto affermare che l'art. 2 
del regolamento abbia mera efficacia interna: esso, invece, come-gli 

artt. 1, 3 e 4 del regolamento medesimo, disciplina lo jus postuiandi dei 
singoli uffici dell'Avvocatura. 

Il ricorrente contrappone il t.u. al suo regolamento, del quale accentua 
il carattere di subordinazione rispetto al primo; ma siffatta subordinazione 
non potrebbe avere altro effetto che rendere illegittima una 
norma regolamentare che contrastasse con una disposizione del t.u. o che 
esulasse dall'ambito dell'esecuzione dello stesso, ipotesi che non ricorrono 
nella specie. 

N� giova alla tesi del ricorrente la deroga all'art. 2� del regolamento 
posta dall'ultimo comma dell'art. 3. Trattasi, in verit�, di un potere discrezionale 
conferito all"avvocato generale dello Stato, talch� il suo esercizio 
non po�trebbe essere sindacato dal giudice odinartio: esso, per altro, 
s� riflette direttamente sullo jus postulandi. Ne consegue che l'avvocato 
dello Stato incaricato eccezionalmente (o con indicazione personale o 
tramite la generica indicazione dell'ufficio distrettuale a cui egli appartiene) 
dal patrocinio in una sede giudiziaria posta fuori del suo distretto, 
ha l'onere di presentare al giudice il documento col quale l'avvocato generale 
gli ha conferito l'incarico. Questo non potrebbe essere affidato 
verbalmente, appunto per la necessit� della sua produzione. Detta produzione, 
invero, � indispensabile .per l'accertamento della legittimit� 

della costituzione del rapporto processuale. La Corte del merito reput� 
necessario che la deroga foss~ portata a conoscenza dell'altra parte; ma, 
in realt�, necessaria � l'acquisizione agli atti del processo, per il pr.egiudiziale 
accertamento suindicato, che � compito precipuo del giudice. 

Quella affermazione della Corte d'Appello deve essere corretta, a norma 
dell'art. 384 c.p.c.; ma deve restar ferma la decisione. 
Il 'ricorso, pertanto, � rigettato; ma per la novit� della questione, � 
giusto compensare tra l'Ente e il Liuzzi le spese di questo giudizio. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I. 12 febbraio 1971, n. 3-61 -Pres. Giannattasio 
-Est. Granata -P. M. Caccioppoli (conf.) -Comune di Palermo 
(avv. Sanfrancesco) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Albissinni) 
e Prampolini (avv. Sangiorgi). 

Espropriazione per p. u. -Concorso di pi� Enti nell'esecuzione dell'opera 
pubblica -Imputazione giuridica degli effetti dell'attivit�compiuta,. 

(d.1. 10 aprile 1947, n. 261, art. 58}. 

. J 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 307 

Procedimento civile -Cassazione -Ricorso incidentale -Questione 

non esaminata perch� assorbita -Inammissibilit� del ricorso. 

(c.p.c., art. 371). 

Allorquando alla realizzazione dell'opera pubblica concorrano pi� 
Enti, la legittimazione attiva e passiva nei rapporti con i terzi spetta a 
quello che, sulla base della qualit� e quantit� dei poteri 'conferiti dalla 
legge o dall'atto amministrativo, abbia assunto in concreto la iniziativa 
della relativa attivit�. 

Qualora pertanto il Ministero dei LL.PP. siasi sostituito al Comune 
interessato nell'attuazione dei piani di ricostruzione, ai sensi dell'art. 
58 d.l. 10 aprile 1947, n. 261, ed abbia assunto l'iniziativa dei relativi 
procedimenti di espropriazione, il pagamento delle �maggior somme 
liquidate a titolo di indennit� fa capo al primo (1). 

� inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale con 
il quale si denunzia ii mancato accoglimento {li istanze non esaminate 
dal giudice di m:erito perch� assorbite dall'accoglimento di una tesi principale 
in quanto, nell'ipotes� di cassazione della sentenza, esse possono 
essere riproposte al giudice di rinvio (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, deducendosi 
violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del d.l. 10 aprile 1947, n. 261, 
si sostiene, da parte del Comune di Palermo, che erroneamente la Corte 
del merito, in base alla sola considerazione che l'espropriazione era stata 
pronunziata in favore di esso ricorrente, ha posto a suo carico l'obbligo 

�," 

(1) La sentenza conferma un orientamento ormai accolto nella giurisprudenza 
della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 31 gennaio 1968 n. 313 in 
questa Rassegna, 1968, I, 419; 14 aprile 1969, n. 1212, in Foro it., 1969, 
I, 1749. 
La identificazione del meccanismo giuridico mediante il quale lo Stato 

e gli altri enti pubblici concorrono alla realizzazione di opere pubbliche, 

indicato di volta in volta nella concessione dell'esecuzion� dei lavori; nel 

loro e affidamento > ovvero in una " delega > ad altri enti pubblici, se costi


tuisce oggetto di viva disputa in dottrina, non sembra che abbia conse


guenze di rilievo nella soluzione delle singol~ controversie, nelle quali si 

disputi intorno all'imput�zione degld eff,etti giuridici nei rapporti con ii terzi. 

La gurisprudenza; indipendentemente dall'inquadramento nell'una o 

nell'altra delle cennate categorie, :Ila discendere le �conseguenze giuridiche 

dalla posizione reale dell'Ente in rapporto a11'.aittivit� assunta. 

In dottrdna: GARRI, In tema di delega, concessione e affidamento ad enti 
pubblici della progettazione ed esecuzione di opere pubbliche, in Riv. Trim. 
� dir. pubb., 1967; 384; 
SATTA, Deleghe e affidamenti dello Stato a Enti pubblici, in Riv. Trim. 
dir. e proc. civ., 1970, 1428. 

(2) Giurisprudenza pacifica: cfr. Cass. 10 aprile 1970, n. 975, in Riv.. ,. 
l'eg. fiscale, 1970, 1255; 21 marzo 1968, n. 888; 3 ottobre 1966, n. 2399 ecc. 
8 



308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di corrispondere (per la parte eccedente l'ammontare del deposito a suo 
tempo effettuato) la indennit� dovu~a alla Prampolini.

' 

Si afferma. in particolare, che essendosi la Amministrazione .Statale 
dei Lavori Pubblici sostituita ad esso ricorrente nell'attuazione del piano 

.. di ricostruzione della citt�, ai sensi della sue.citata disposizione di legge, 
ed avendo essa promosso, in forza della disposta sostituzione, la procedura 
di esproprio, dovevano essere posti ad esclusivo �carico della stessa 
tutti i relativi oneri, in base ai principi che regolano la responsabilit� 
dell'azione amministrativa. 
La censura � fondata. 
Invero, come questa Corte ha gi� rilevato con recenti pronunzie 
(cfr. sentenze 31 gennaio 1968, n. 313 e 13 luglio 1968, n. 2496), nelle 
ipotesi in cui si verifica il fenomeno della concorrenza di pi� enti pubblici 
nell'attuazione di opere ;pubbliche (delegazione amministrativa 
intersoggettiva, affidamento, sostituzione) il problema dell'identificazione 
del soggetto che assume la posizione di parte nei rapporti con i terzi 
interessati, attivamente o passivamente, alle relative attivit� deve essere 
risolto in base alla qualit� e quantit� di poteri che a ciascuno degli enti 
pubblici sono conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo che determina 
la concorrenza delle attivit�. 
Non pu� essere, dunque, stabilito in astratto in base ai principi genera�i 
deli'ordinamento amministrativo n� in base al criterio enun�iato, 
per le espropriazioni, dalla Corte del merito quale sia la posizione che 
ciascuno degli enti assume nei rapporti con i terzi e su chi debbano ricadere 
le .conseguenze degli atti che di volta in volta vengono compiuti; 
l'accertamento, invece, va effettuato, in relazione alle singole ipotesi, 
con riferimento alle norme che prevedono il concorso delle attivit� e alla 
stregua dt>gli atti amministrativi con cui sono stati �conferiti o sono stati 
asrnnti i relativi poteri. 
. Orbene, poich� in base agli artt. 58 e 59 della legge 10 aprile 1947, 

n. 261 e 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, l'Amministrazione dei 
Lavori Pubblici aveva la facolt� (ma non l'obbligo) di promuovere i 
procedincnt� di espropriazione, la questione dibattuta' tra le parti doveva 
essere risolta mediante la identificazione dell'ente che in concreto aveva 
assunto la iniziativa del procedimento di esproprio. 
E giacch� la stessa Corte del merito ha accertato che nella specie 
l'iniziativa� del procedimento fu assunta dall'Ammin!strazione dei Lavori 
Pubblici (la quale provvide, fra l'altro, alla formazione dello stato di 
consistenza e al deposito della indennit� presso la Cassa DD. e PP.) deve 
riconoscersi che, alla stregua dei principi suesposti, il pagamento delle 
maggiori somme liquidate a titolo di indennit� doveva essere posto, come 
il ricorrente deduce, a carico della detta Amministrazione. 

Sl deve, invece, di�hiarare l'inammissibilit� del ricorso incidentale 
della Prampolini, diretto ad ottenere che nel caso (in concreto verifica-�� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 309 

tosi) di accoglimento del ricorso del Comune, si addivenga, per l'obbligazione 
di cui trattasi, alla condanna del Ministero dei Lavori Pubblici. 

Invero, come questa Corte ha pi� volte rilevato e recentemente ribadito 
(sent. 10 apr'ile 19'70, n. 975), non � ammissibile, per difetto di 
interesse, il ricorso incidentale �con il quale si denuncia il mancato accoglimento 
di istanze che il giudice di merito non �ha esaminato perch� 
assorbite dall'accoglimento di una tesi principale, non sfavorevole al 
ricorrente, e che, in ipotesi di cassazione della decisione impugnata, possono 
essere riproposte davanti al giudice di rinvio. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1971, n. 562 -Pres. Caporaso Est. 
Brancaccio -P. M. Pedace (conf.) -Panichi (avv. Vigliane) c. 
Azienda Nazionale delle Strade -Anas (avv. Stato Gargiulo) -Regolamento 
di competenza. 

Procedimento civile -Re~olamento di competenza -Poteri della Corte 
di Cassazione. 

(c.p.c. art. 42). 
Espropriazione per p. u. -Espropriazione a favore dell'Anas -Opposizione 
all'indennit� di esproprio -Competenza per materia del 
Tribunale. 
(legge 7 febbraio 1961, n. 59, art. 34; legge 25 giugno 1865, n. 2395, art. 51). 

In sede di regolamento di� competenza la Corte di Cassazione pu� 
liberamente ed in via autonoma valutare la situazione processuale e ri


1 

levare anche di llfjicio le ragioni che determinano il criterio di compe


tenza, ancorch� non siano state dedotte dalle parti o nella sentenza im


pugnata (1). 

Anche l'opposizione alla stima dei beni effettuati dagli organi tecnici 

dell'Anas, per l'espropriazione a favore di quest'ultima, al pari di quella 

disciplinata in via generale dalla legge fondamentale sull'espropriazione 

per p.u. va proposta dinanzi al Tribunale qualunque sia il valore contro


verso, non contenendo deroghe al riguardo la norma di cui all'art. 34 

della legge 7 febbraio 1961, n. 59, sul riordinamento dell'Anas, che ri


chiama il procedimento stabilito dall'art. 51 della legge organica 1865, 

n. 2359 (2). 
(Omissis). -Quanto al motivo per il quale il P.M. chiede il rigetto 
.dell'istanza di regolamento di competenza, va anzitutto rilevato che esso 

(1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 5 maggio 1969, n. 1524; 30 gennaio 
1969, n. 272; 6 marzo 1968, n. 942, ecc. 
In dottrina cfr. SATTA, Commentario, 1966, I, 197 il quale sottolinea 



310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contiene isolq un accenno al silenzio mantenuto in quella istanza in ordine 
alla incompetenza per valore del giudice adito, ma non la deduzione di . 
una ragione di inammissibilit� del. controllo, in questa sede, delle ragioni 
che hanno condotto a dichiarare tale incompetenza, come effetto di quel 
silenzio. Ed in realt� una questione di inammissibilit� non si pone, in 
quanto � pacifico, in conformit� della convalidata giurisprudenza di 
questa Suprema Corte, che quest'ultima, in sede di regolamento di competenza, 
pu� liberamente ed autonomamente valutare la situazione e 
rilevare, anche d'ufficio, le ragioni �che determinano il� criterio di competenza 
e che non sono state dedotte dalle parti (cfr. da ultimo Sez. II, 

sent. n. 942 del 6 marzo 196'8, in Mass. Giust. civ., 1968, p. 472). 

Per il merito delle deduzioni del P.M. va rilevato .che non pu� essere 
.seguita la loro impostazione, secondo la quale nella specie i motivi del 
ricorso sarebbero superati, perch� in ogni caso la decisione del Pretore 
sarebbe giusta per ragioni di competenza per valore. 

Nei compiti. istituzionali di questa Suprema Corte non � soltanto 

q�e~lo di garantire la sostanziale giustizia della decisione, ma� an�che 

/

quello di assicurare l'osservanza della legge nell'iter logico con cui a 

tale osservanza si previene. Consegue che, per il retto svolgimento di 

quest'ultima funzione, non � .consentito, nell'affermare o negare la com


petenza di giudici sottordinati, fare ricorso a ragionamenti ipotetici del 

tipo di quello suggerito dal P .M. in questa causa; mentre � doveroso 

individuare l'esatta ragione di quell~ affermazione o negazione. 

� �i� posto non si pu� prescindere, nella specie, dall'esame della 

questione di competenza per materia, sollevata dalle ricorrenti, con le 

censure rivolte alla decisione del Pr�etore sul punto in cui questo ha 

dichiarato la propria incompetenza e ha affermato quella del Tribunale 

di Ancona ratione materiae. 

Il Pretore, per quanto riguarda la domanda rivolta ad ottenere una 
nuova stima del bene espropriato, ha in quel punto esattamente indi.cato 
la ragione della sua decisione, anche se con motivazione che va parzialmente 
rettificata. La competenza .per materia del Tribunale risulta nella 
specie dell'art. 34 u.�c. della legge 7 febbraio 1961, n. 59 (sul riordinamento 
della A.N.A.S.), che, nel disciplinare il procedimento di opposi-


gli amplissimi poteri riconosciuti alla Corte di Cassazione in vista della 

particolarit� del compito demandato oltre �che della natura di errori in 

procedendo costituente l'oggetto del giudizio. 

(2) Cfr. Cass. 11 febbraio 1960, n. 205; 28 marzo 1953, n. 814, in Foro 
it., 1953, I, 631; 17 aprile 1928, Soc. Ferrovie merid. sarde c. Nieddu, in 
Foro it., 1928, I, 984. 
In dottrina RossANO, Espropriazione per p. u. Torino, 1964; I, 295; CARUGNO, 
Espropriazione per p. u. Milano 1958, 293; contra SABATINI, Commento 
alle leggi sull'espropriazione per p. u., TC>Tino 1891, II, 83 e segg:; 
ZANOBINI, Corso di diritto Amministrativo, Milano, 1958, vol. IV, 213. 




-

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 3U 

zione alla stima dei beni espropriati in favore dell'A.N.A.S., effettuata 
dagli uffici tecnici di quest'ultima, prevede che l'opposizione pu� essere 
proposta " aventi l'autorit� giudiziaria, con le modalit� e nei termini 
stabiliti dall'art. 51 della legge 2�5 giugno 1865, n. 2359 �. Dal testo di 
questa norma appare chiaro che il legislatore ha inteso regolare questo 
procedimento a simiglianza di quello contemplato nell'art. 51 della legge 
fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit�, e ci� ha inteso fare 
per ogni sua parte � quirrdi anche per quanto riguarda il giudice competente, 
che, come � giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. le 
fondamentali sentenze delle S.U. 24 novembre 1927 e dalla Sez. II 28 
marzo 1953, n. 814), � ratione materiae il Tribunale. Questo intento si 
desume inequivocabilmente dalla lettera dell'art. 34, che il rinvio alle 
modalit� e ai termini dell'art. 51 della legge del 196�5, esaurisce sostanzialmente 
tutta la disciplina speciale del procedimento di OPiPOSizione, 
compresa quella relativa alla indicazione del giudice competente, �indicazione 
che pu� ritenersi inclusa nel termine e modalit� �. Esso inoltre 
appare conforme a una tradizione legislativa, che presenta due caratteri.
sti�che; in generale una certa uniformit� di disciplina dello istituto 
dell'espropriazione per pubblica utilit� sulla base dei principi della legge 
del 186�5; in particolare, per quanto riguarda il procedimento di opposizione 
avverso la stima dei beni espropriati, il riferimento a criteri di 
competenza per materia e non per valore. Sotto il primo aspetto va posto 
in evidenza che le leggi che regolano speciali procedimenti espropriativi 
si richiamano esplicitamente o implicitamente alla legge del 18'65, la 
quale, pertanto, � comunemente considerata come la legge fondamentale 
in .tema di espropriazione; per tale sua caratteristica essa fornisce un 
modello di disciplina, che, se non � espressamente derogato da leggi 
speciali, deve ritenersi appHcabile ad ogni tipo di espropriazione. Sotto 
il secondo aspetto si osserva chEt anche se il numero eccezionalmente 
elevato di leggi relative alle espropriazioni per pubblica utilit� non consent� 
un'iri.dagine completa e quindi un'affermazione in termini assoluti, 
l'esame della legislazione di pi� frequente applicazione evidenzia una 
duplice tendenza: o il rinvio puro e semplice alle norme della legge 
del 1865, �comprese quelle concernenti il procedimento di opposizione 
alla stima dei beni espropriati, e quindi anche quella sulla competenza 

per materia prevista al riguardo (v. per es. l'art. 46 t.u. 2i8 aprile 1938, 

n. 1165, per le espropriazioni interessanti l'edilizia economica e popolare 
e l'art. 3�7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sull'urbanistica), o la previsione 
per tale opposizione della competenza di organi di giurisdizione 
speciale (dr. per es., il d.l. 27 febbraio 1919, n. 219, che demanda ad 
una speciale Giunta arbitrale le questioni relative alle indennit� di 
espropriazione, per le opere di pubblica utilit� eseguite nel Comune di 
Napoli, e il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, che all'art. 11 prevede la competenza 
di un organo analogo per la determinazione definitiva della in

312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dennit� dovuta per le espropriazioni disposte per l'attuazione del piano 
regolatore della citt� di Roma). Non si hanno, invece, elementi per 
.ritenere che -con queste due tendenze ne coesista una terza, che utilizzi 

i criteri della competenza per valore. 

Le obiezioni che muovono le ricorrenti all'interpretazione che qui 

si accoglie dell'art. 3-4 non convincono. 

Non � esatto che, poich� nell'art. 34 della legge del 1961, si dice 

che l'opposizione pu� essere proposta innanzi all'autorit� giudiziaria e 

non si riproduce l'espressione " dinanzi ai Tribunali,, che si legge nel


l'art. 51 della legge del 1865, risulterebbe per implicito che la norma 

abbia stabilito che debbano essere applicati i criteri della competenza 

per valore. Questo argomento non � decisivo. Anche l'art. M della legge 

del 19�65, si esprime in termini analoghi all'art. 34 della legge del 1961 

stabilendo che l'opposizione pu� proporsi � avanti l'autorit� giudiziaria 

competente ,, e solo nel terzo cqmma menziona il " reclamo dinanzi ai 

Tribunali '� e tuttavia la prima espressione che con l'aggiunta del ter


mine � competente � � forse anche pi� impegnativa di quella che si legge 

nell'art. 34, non ha impedito di interpretare la norma nel senso che si 

� visto quanto alla designazione del Tribunale come unico giudice com


petente per materia in tema di opposizione alla stima. Non si vede il 

motivo per cui la stessa conclusione non si possa raggiungere nell'inter


pretare quell'espressione nell'art. 34, tanto pi� che questa conclusione 

ben pu� essere giustificata, ravvisando �come ragione dell'uso dell'espres


sione generica � autorit� giudiziaria � quella di porre l'accento sulla sta


tuizione, per le cause di opposizione alla stima, della giurisdizione del 

giudice ordinario rispetto a quella, di altro giudice; amministrativo o 

speciale. 

Quanto all'osservazione delle ricorrenti, secondo cui, poich� la stima 

dei beni espropriati a favore dell'ANAS � fatto da tecnici di questa 

azienda, non sussisterebbe la ragione principale per la quale l'art. 51 

della l�gge del 1865 ha previsto la competenza del Tribunale, e cio� che 

questi � competente anche per la nomina dei periti che procedono alla 

stima oggetto di opposizione, esso non � pertinente. Nel collegare l'art. 34 

della legg� del 19<61 all'art. 51 della legge del 1865, l'individuazione di 

questa ragione della seconda norma, anche se � la pi� importante di 

quelle che l'hanno ispirata, non assume un rilievo determinante. Occorre 

tener presente che la sfera di applicazione di una norma giuridica � 

formalmente indipendente dalla sua giustificazione, di guisa che la norma, 

una volta entrata nel sistema, � suscettibile di applicazioni che possono 

andare anche oltre l'ambito dei motivi che ne hanno suggerito la emana


zio~e. Ci� pu� verificarsi, soprattutto, quando, come nella specie1 l'ap


plicazione di una norma �'conseguenza del rinvio che ad essa opera 

altra norma. In questo caso invero, per giudicare dei limiti dell'appli.. 

cazione, non importa tanto stabilire la ratio della norma richiamata, 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

quanto e soprattutto quella della norma di rinvio. Ci� posto, � vero che 
non si pu� giustificare l'estensione del rinvio, �che l'art. 34 della legge 
del 1961 fa all'art. 51 della legge del 1865, alla statuizione contenuta in 
quest'ultimo articolo in ordine alla competenza per materia, invocando 
il principale motivo che qui ha ispirato il legislatore; ma una tale estensione 
pu� prescindere da questo motivo e avere ragione sufficiente nel-
1'-esigenza di assicurare uniformit� al sistema dei gfu.dizi di opposizione 
alla stima dei beni espropriati. Questa esigenza si ricollega a particolari 
criteri garantisti, .che, almeno come tendenza, sono stati sempre seguiti 
dal legislatore. Trattasi dii criteri per i quali -in considera~ione della 
delicatezza delle questioni che il rapporto espropriativo implica per 
quanto riguarda la stima dei beni espropriati -si � voluto rimettere 
il giudizio relativo ad organi della pi� alta giurisdiziene di primo grado 

o comunqu� collegiali. Gi� in altre occasioni il legislatore ha dimostrato 
di recepire la stessa esigenza e di non fare alcun conto, nello stabilire 
la competenza per la opposizione, della sostituzion.e del procedimento 
di nomina dei periti da parte del Tribunale con altro per il quale la stima 
dei beni .espropriati venga effettuata da uffici, tecnki dell'ente espropriante. 
Al riguardo si pu� ricordare, a titolo esemplificativo, l'art. 1 
del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, concernente la semplificazione del 
procedimento espropriativo per le opere interessanti le Ferrovie dello 
Stato: questa norma, dopo di aver attribuito agli uffici tecnici dell'Amministrazione 
ferroviaria i compiti di stima che la legge del 1865 demand~ 
ai periti nominati dal Tribunale, espressamente stabilisce che 
qu~st'ultima legge " per tutto il resto rimane ferma ed invariata ", effettuando 
�cosi un rinvio che implicitamente si riferisce anche alle norme 
sulla competenza per materia di cui all'art. 51 della stessa legge. Questo 
esempio sembra particolarmente significativo, perch� fornisce un sicuro 
argomento sistematico. Invero la legge �sull'A.N.A.S. del 1961 riproduce 
una situazione del tutto analoga a quella prevista nel decreto n. 2.119 
del 1923.,� sicch� non vi sarebbe motivo per una diversa intepretazione 
dei limiti del rinvio 'bhe le due norme operano alla legge del 1865 con 
riguardo alla competenza per il giudizio di opposizione alla stima. 
L'argomento �che le ricorrenti vorrebbero trarre dalla legge 2.0 marzo 
1968, n. 3191 � inconsistente. Con esso, in sostanza, si tende a dimostrare 
che l'art. 51 della legge del 1865 non potrebbe pi� essere intrepretato 
nel senso dell'attribuzione al Tribunale della competenza per materia 
nelle controversie di opposizione alla stima dei beni espropriati, perch� 
per effetto della legge n. 391 del 1968 i periti potrebbero essere nominati 
anche dal Pretore, il quale, pertanto, per quelle controversie sarebbe 
investito di competenza in alternativa .col Tribunale, secondo il loro valore. 
Va osservato, come � stato fatto dalla. sentenza impugnata, che la 
legge del 1968 si limita ad ampliare i poteri del Pretore e del ~ribunale ~ 
nella procedura di svincolo o di pagamento diretto dell'indennit� .di 


J 

314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

espropriazione e non fa nessun riferimento diretto o indiretto al procedimento 
di nomina dei periti per la stima e l'eventuale conseguente opposizione 
a questa. 

Del tutto arbitraria � la tesi delle ricorrenti secondo cui un tale riferimento 
risulta dall'attribuzione al Pretore del potere di liquidare ie 
spese di perizia; trattasi di un potere i cui limiti emergono chiaramente 
dalla lettera�della norma e che trova giustificazione in esigenze di sempli~ 
f�cazion~, delle quali non si pu� tener conto oltre quei limiti, per attribuire 
a quel giudice altri poteri che il legislatore, come risulta anche dal 
silenzio, in proposito, che si riscontra nei lavori preparatori della legge, 
non mostra di aver voluto a lui conferire. -(-Omissis). 

CORTE DI .CASSAZIONE ,Sez. I, 16 marzo 1971, n. 736 -Pres. Stella 
Richter --Est. Valore -P. M. Secco (conf.) -Bonf�gli (avv. Sacc�) 

c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Angelini 
Rota). 
Obbligazioni e contratti -Locazione -Ritardata restituzione della cosa 
locata -Responsabilit� contrattuale -Danni -Disciplina. 
(e.e., art. 1591). 

Entrate patrimoniali dello Stato -Riscossione -Ingiunzio~e amministrativa 
-Presupposti. 

(r.d. 14 aprile 1910, n. 639, art. 1). 
L'obbligo del conduttore d{ restituire la cosa iocata al termine� del 

contratto, per scadenza o risoluzione, ha natura contrattuale onde in caso 

di inadempimento � responsabile dei danni sofferti dal locatore per la 

ritardata restituzione ove non provi che ci� sia dovuto a causa a lui 

non imputabile. 

Qualora il locatore non fornisca la prova di aver subito un maggior 

danno per l'abusivo perdurare dell'occupazione, l'entit� del risarcimento 

� determinata dall'art. 1591 e.e. nella misura del canone convenuto (1).

. 

(1)-Giurisprudenza pacifica -La sentenza della Corte di Cassazione 

25 luglio 1964, n. 2061, si legge in Giust. civ., 1965, I, 83; cfr. altres� Cass. 

27 marzo 1958, n. 1019, in Giur. it., 1958, I, 1, 1267. 

La norma di cui all'art. 1591 c. c.,in deroga al principio (artt. 1223


2697 c. c.) per il quale in ogni caso occorre che sia fornita la prova del 

danno ed a simiglianza della peculiare disciplina prevista per i debiti pecu


niari (art. 1224 c. c.), prevede che il danno da ritavdata restituzione della� 

cosa locata sia determinato, salva la prova di un maggior danno, nella 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 315 

n concetto di "entrata patrimoniale� di cui all'art. 1 t.u. 14 aprile 
1910, n. 639, ha portata amplissima sicch� lo Stato e gli al.tri enti pubblici 
ivi previsti possono avvalersi dello speciale procedimento di riscos~
ione cos� per le entrate di diritto pubblico che per quelle di diritto 
privato, ove si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili. 

L'obbligazi�ne risarcitoria, nei limiti minimi stabiliti dall'art. 1591 
.e.e. contiene gli elementi necessari e sufficienti a l~gittimare il potere 

di autoaccertamento della P. A. che, pertanto, -� abilitata ad avvalersi del 

procedimento ingiunzionale previsto dal t.u. 1910, n. 639, per la riscos


sione del relativo credito (2). 

(Omissis). -Con il primo mezzo il ricorrente censura la motivazione 

della sentenza impugnata in relazio:fie alle risultanze processuali ed alle 

richieste delle parti (art. 360 n. �5 c.p.c.). Sostiene, in particolare, che la 

Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che l'ingiunzione fiscale 

aveva quale sua causa i danni per la ritardata consegna del �campo di 

aviazione, anzich� il canone per la occupazione del campo stesso per 

l'annata agraria 1957-1958 e che, comunque, il fondamento dell'obbliga


zione risarcitoria avrebbe dovuto� essere provato dall'Amministrazione . 

intimante, avendo esso opponente contestato l'occupazione per l'annata 

in questione. 

La -doglianza � priva di consistenza. 

Occorre anzitutto precisare che il Bonfigli, contrariamente a quij1lto 

assume nel ricorso, non ha mai contestato il fatto della ritardata restitu


zione del fondo alla scadenza del rapporto, deducendo solo la riferibilit� 

di tale inadempimento a fatto di terzi, che avrebbero occupato il fondo 

stesso. Pertanto, poich�, 'finita la locazione per scadenza o per risoluzione, 

il conduttore ha l'obbligo, derivante dal contratto, di restituire la cosa 

avuta in godimento temporaneo, e nella ipQ~esi di ritardato adempimento, 

di risarcire il locatore del pregiudizio sofferto, ai sensi dell'art. 1591 e.e., 

e, poich~, come concordement.e affermato dalla giurisprudenza di questa 

Suprema Corte e dalla pi�, autorevole dottrina, l'obbligazione suddetta 

ha carattere contrattuale, incombeva all'opponente, per liberarsi della 

stessa misura del corrispettivo pattuito considerato appunto, al pari degli 
interessi, come frutto civile della cosa. 
Contro: BARBERO, Sistema -Istit. dir. priv. ital., Torino 1958, II. 354. 


(2) Cfr. Cass. 16 luglio 1963, n. 1950, in Foro it., 1963, I, 1900; 26 agosto 
1963, n. 1729; 4 lugHo 1969, n. 2462; ecc. 
Sulla natura dell'ingiiunzione amministrativa disciplinata dal t. � u. 1910, 

n. 639, cfr. Cass. 16 luglio 1965, n. 1574, in questa Rassegn<11, 1965, I, 712�, 
16 maggio 1966, n. 1232, ivi, 1966, I, 620; 21 giugno 1969, n. 2234, per la 
quale la efficacia esecutiva dell'atto prescinde dal visto del Pretore che 
costituisce solo condictio i_uris per farsi luogo all'esecuzione nei modi � 
ordinari. 

316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relativa responsabilit�, provare che la mancata �tempestiva restituzione 
era stata determinata da causa a lui non imputabile (Cass. 9 marzo 1967, 

n. 569; 10 agosto 1964, n. 2282; 25 luglio 1954, n. 2061). Ogni questione 
in proposito � da ritenersi, per�, superata, non avendo il rkorrente sollevato, 
nell'impugnare la sentenza, doglianza alcuna su tale punto. 
Ci� premesso, priva .di rilievo appare l'obiezione che l'ingiunzione 
fiscale aveva quale sua causa " il canone per la occupazione del campo 
di aviazione Marina Palmense di Fermo_ per l'annata agraria 19'57-1958 > 
e non, .come ritenuto dalla Corte di merito, i danni per la !l"itardata 
riconsegna di detto immobile, in quanto, scaduta la locazione e non 
osservato dal Bonfigli l'obbligo della restituzione, l'Amministrazione si � 
limitata a chiedere la corresponsione del canone convenuto, che costituisce, 
ai s�nsi dell'art. 15,91, la misura minima del danno derivante ~dal 
fatto dell'abusiva occupazione. Codesta determinazione legale del danno 
predisposta dalla legge esime il locatore dall'onere di provare il danno 
medesimo, salva, ben si intende, la richiesta di ristoro di un pregiudizio 
pi� notevole, nel qual caso deve essere fornita una p;rova precisa e rigorosa. 


Quanto fin qui osservato � sufficiente per disattendere il secondo 
mezzo, col quale, molto succintamente, il ricorrente lamenta l'erronea 
applicazione al caso di specie del dtato art. 1591, dato che mancherebbe 
la prova dei fatti, dai quali la norma in questione fa discendere l'obbligazione 
del pagamento del corrispettivo. 

Invero, essendo pacifico in causa che l_a locazione era scaduta e che 
l'immobile non �era stato restituito, l'Amministra.zione non aveva alcun 
altro onere probatorio, onde correttamente l'art. 1591 � stato indicato 
come titolo giuridico dell'obbligazione controversa. 

Con il terzo mezzo, infine, il Bonfigli deduce la falsa ed errata ap


plicazione delle norme che governano la legittimit� dell'ingiunzione fi


scale, assumendo che, nella specie, si verte in rapporto di natura priva


tistica, �nel quale l'ingiunzione fiscale non trova applicazione, e che, 

comunque, la �:pretesa creditoria � sfornita di qualsiasi fondamento di 

certezza, liquidit� ed esigibilit�. 

La censura � infondata sotto entrambi i profili. 

Attesa l'amplissima portata della norma di cui all'art. 1 del t.u. 

14 aprile 1910, n. 639, per quanto riguarda la natura dei crediti tutelati, 

questa Suprema Corte ha pi� volte ribadito che lo Stato e gli altri enti 

pubblici possono avvalersi dello speciale procedimento ingiunzionale non 

solo per le entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle 

di diritto privato, avendo il concetto di � entrata patrimoniale � un'acce


zione molto va~ta che si estende ai proventi del demanio pubblico e dei 

pubblici servizi. 

Quanto al secondo profilo, va rilevato che il potere di autoaccerta-� 
mento della P. A., che si realizza coll'emissione dell'ingiunzione, non 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 317 

pu� estendersi alle ipotesi di crediti risarcitori verso terzi, in quanto tali 
crediti mancano dei requisiti della certezza, della liquidit� e dell'esigibilit�, 
e sia la causa giuridica, che la prova della sussistenza e dell'ammontare 
dei crediti stessi, sono completamente ai di fuori della sfera 
di determinazione dell'Amministrazione (Cass., 16 luglio 19�63, n. 1950; 
26 giugno 1963, n. 1729). Conseguentemente, � stato escluso che la P. A. 
possa avvalersi dello speciale procedimento ingiunzionale in questione 
che concilia in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, 
nella ipotesi di risarcimento del danno per fatto illecito (Cass., 4 luglio 
1969, n. 2462). 

Ma codesti principi non possono provare applicazione nel caso in 
esame, attesa la sussistenza degli elementi necessari e sufficienti a legittimare 
il potere di autoaccertamento del credito da� parte della P. A. e la 
conseguente richiesta di pagamento dello stesso a mezzo di ingiunzione. 
Invero di credito, nei limiti entro i quali � stato richiesto, doveva considerarsi 
certo, indipendentemente da ogni accerta~ento giudiziale, per 
il verificarsi obiettivo del fatto costitutivo dell'obbligazione (mancata 
restituzi~ne dell'immobile alla scadenza della locazione), liquido, essendo 
l'importo determinato dal contratto e dalla legge, ed esigibile, perch� 
scaduto. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I~ 15 aprile 1971, n. 1059 -Pres. Favara Est. 
Leone -P. M. Minetti (conf.) -Ministero dei LL. PP. (avv. Stato 
Conti) c. Pizzarello (avv. Turano). 

Procedimento civile -Appello -Notifica -Vizi -Sanatoria. 
(c.p.c., art. 330). 

La notificazione dell'appello al pmcuratore costituito in giudizio anzich� 
alla parte destinataria, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata 
nell'atto di notificazione della sentenza impugnata, non determina 
inesistenza giuridica dell'atto ma solo nullit� di notifica sanabile, con 
effetti ex tunc, con la costituzione in giudizio dell'intimato ovvero con 
la rinno1'azione della notifica disposta dal giudice ai sensi dell'art. 291 

c.p.c. (1). 
(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la v:iolazicine 
dell'art. 330 c.p.c. ed osserva �che la locuzione usata nella relazione di 

(1) Giurisprudenza pacifica -cfr. Cass. 10 giugno 1968, n. 1815; 25 luglio 
1967, n. 1965, in Giust. civ., 1967, ~. 1989; 4 aprile 1962, n. 700; ecc. 
Nel senso che la nu1lit� della notificazione, derivante dalla inosser




318 RASSEGNA DELL AVVOCATURA DELLO STATO 

notificazione della sentenza del Tribunale, secondo cui la notifica era 
stata chiesta dai Pizzarello "residenti e domiciliati in Scilla " non era 
idonea ad indicare con esattezza la residenza ed il domicilio degli stessi 
e non poteva comunque produrre alcun effetto, in quanto Scilla � compreso 
nel circondario di tribunale diverso da quello che ha pronunciata 
la sentenza �oggetto della notificazione. 

Col secondo motivo, l'Amministrazione denunzia altres� la violazione 
dell'art. 156, terzo �Comma, c.p.c. e rileva che, se sussistesse l'addetto 
vizio della notificazione, esso non comporterebbe l'inesistenza della stessa, 
ma una nullit� sanabile ed in effetti sanata con la comparizione degli 
appellati: tale sanatoria avrebbe effetto ex tunc. 

I due motivi del ricorso sono complementari, ma all'economia della 
decisione appare sufficiente l'esame del, secondo mezzo, relativo all'efficacia 
dell'evento sanante, dato il suo carattere preliminare ed assorbente 
che � fondato. 

La Corte d'Appello � infatti caduta in errore quando ha richiamato 
la nozione d~ll'atto inesistente, con riferimento ad una notificazione che 
sarebbe stata eseguita in luogo diverso da quelli indicati dalla legge. 

� inesistente l'atto processuale se presenta elementi e ~trutture tali 
da non consentire la sua classificazione in alcuna delle figure tipiche di 
atti processuali, perci� non pu� dirsi inesistente la notificazione di una 
sentenza civile, fatta, su richiesta della parte vittoriosa, alla parte soccombente, 
da1l'uffici:iale giudiziario comP'etente, che abbia consegnata copia 
della sentenza al procuratore della parte destinataria, costituito nel 
giudizio concluso con la sentenza oggetto della. notificazione ed abbia 
redatto la relativa relazione di notifica. Nell'attivit� cos� svolta dalla 
parte istante e dall'ufficiale giudiziario si ritrovano infatti tutti gli elementi 
sostanziali e formali del mezzo tipico disciplinato negli artt. 137 
e seguenti c.p.c., per ritenere la 1conoscibilit� del documento da parte del 
soggetto interessato, che � appunto la notificazione. Nel concorso, anzi di 
determinati presupposti, l'attivit� ora detta risponde, allo schema norma


vanza dell'art. 330 c.p ..c. sia in -ogni caso sanabile, allorquando vi sia la 
prova che l'atto abbia raggiunto il suo scopo (cfr. Cass. 28 marzo 1969, 

n. 1020; 5 1luglio 1966, n. 1741; 16 marzo 1964, n. 595; ecc. Ofr. altres� CasSI. 
27. giugno 1967, n. 1600, per la quale la dichiarazione di !residenza o l'elezione 
di domicilio, �Che impongono di notificare l'atto di impugnazione alla 
parte peTsonalmente, sono quelle che consentono di identificare con esattezza 
il luogo ove la notificazione deve essere eseguita e cio� che contengono 
l'indicazione del Comune di residenza; della strada e del numero 
civico. 
Sicch�, ove difetti una di tali indicazioni, la dichiarazione � priva di 
validit� e non produce gli effetti di cui all'art. 330 c.p.c. In dottrina cfr. � 
.ANnRIOLI, Commento, 1960, Il, 338; SATTA, Commentario, 1966, III, 59. 

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319

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tivo della notificazione (alla parte presso il procuratore costituito), che 
in tale caso � pienamente produttiva di effetti. 

Se uno di tali presupposti difetta, la notificazione al procuratore 
costituito � viziata ma non � certo inesistente, data la presenza degli altri 
elementi costitutivi della fattispecie tipica dell'anzidetto (merb) atto 
giuridico (Cass., 13� ottobre 1969, n. 3292; 31 luglio 19�6'9, n. 2731). 

Ora, l'atto processuale esistente, ma viziato, pu� essere rite...uto sanato 
se risulta che esso ha raggiunto lo scopo a cui � destinato (art. 156, 
comma terzo, �C.p.c.) e, nel caso di notifkazione viziata di atto di citazione, 
tale dimostrazione � insita riel fatto che si sia costituita in giudizio la 
parte a cui la notificazione � stata diretta. Trattasi di un caso di non 
rilevanza della nullit� (l'art. 156 cit. porta appunto la rubrica � rilevanza 
della nullit�), non rilevanza che non trova nella norma alcuna limitazione, 
sicch� l'atto che ha raggiunto lo scopo deve ritenersi valida a tutti 
gli effetti suoi propri. 

Del resto l'art. 291 c.p.c. dispone, in caso di contumacia del convenuto, 
che-il giudice, se rileva un vizio che importi nullit� della notificazione 
della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla 
ed aggiunge che � la rinnovazione impedisce ogni decadenza �; � 
ovvio, perci� che vale ad impedire ogni decadenza l'evento sanante che 
renda superflua la esigenza di rinnovazione della notifica; il legislatore 
cio� ha escluso ponderatamente qualsiasi pregiudizio all'interesse giuridicamente 
tutelato della parte istante, allorquando questa abbia compiuto, 
nel termine stabilito a pena di decadenza, l'atto tipico di esercizio del 
diritto (citazione valida e rkhiesta di notificazione da eseguirsi entro il 
termine), anche se poi l'attivit� formale di notificazione sia svolta in 
modo viziato, purch� tale attivit� sia rinnovata validamente nel termine 
assegnato dal giudice o sia sanata con la costituzione del convenuto. 

Tale disciplina dell'efficacia sanante ex tunc, attribuita alla costi


tuzione della parte convenuta rispetto ai vizi della notificazione della 

citazione~ risalta ancor pi�, se si considera la disciplina opposta stabilita 

nell'art. 164 c.p.c. circa gli effetti della nullit� della citazione, che �

. . 

sanata anche .essa dalla costituzione del convenuto, ma restano salvi i 

diritti anteriormente quesiti nei casi richiamati nel primo comma del 

medesimo articolo; e ci� perch� la nullit� della citazione, atto di parte, 

esclude che si possano produrre gli effetti sostanziali della .citazione me


desima prima del fatto sanante, mentre la nullit� � in ogni caso riferi


bile direttamente alla parte che ha redatto la citazione. 

~ella sentenza impugnata, che ha completamente ignorato i conso


lidati risultati della giurisprudenza sul punto in esame, non � neppure 

accennato qualsiasi argomento contrario, se si prescinde da quello, erro


neo ed inaccettabile, dall'inesistenza della notificazione fatta alla parte 

presso il procuratore invece che alla parte nella residenza (malamente) . 

dichiarata. ,__ (Omissis). 


320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 28 novembre 1968, n. 9�761 -Pres. est. 
De Martino -Ministero Affari Esteri (avv. Stato Zagari) c. Federici 
(avv. Giuffr�, Dessy e Giuliano). 

Guerra -Forze militari di occupazione -Danni arrecati a civili -Titolarit� 
della pretesa.. risarcitoria. 

Procedimento civile -Opposizione di terzo -Presupposti -Pregiudizio 
del terzo -Fattispecie. 
(art. 404 c.p.c.). 

L'attivit� degli Stati beUigeranti � regolata dal diritto internazionale 
(di guerra); pertanto la titolarit� -di una pretesa riSnrcitoria fondata su 
danni sub�ti ad opera di forze mmtari di occupazione spetta ano Stato 
di appartenenza del danneggiato nei confronti dello Stato <;>ffensore (1). 

La sentenza che accoglie la domanda di un cittadino contro uno 
Stato estero per danni arrecati da forze militari di occupazione viene a 
pregiudicare il diritto delfo Stato di appartenenza del danneggiato di 
richiedere, sul piano internazionale e nei confronti deUo Stato offensore 
la riparazione deU'illecito internazionale: sussiste pertanto, rispetto a tale 
sentenza, la legitimazione dello Stato offeso a proporre opposizione di 
terzo (2). 


(Omissis). -Va premesso che con la sentenza impugnata questo 

I 
I
!,

Tribunale, su istanza di Giacomo Federici, condann� lo Stato del Giappone 
(rimasto contumace anche in quel giudizio) al pagamento, in favore 


i 

.... 

(1-2) Data la novit� e l'importanza delle questioni �trattate pubblichiamo 
la sentenza in rassegna che � ora passata in giudicato a seguito dell'ordinanza 
20 aprile 1971 dalla Corte di Appello di Roma con cui si dichiara 
estinto, per :rinuncia, il giudizio di appello promosso dal Federici avverso 
la sentenza stessa. 


Si chiude cosi definitivamente la vertenza Federici idi cui si era data 
notizia in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione a Sez. Un. 
30 "settembre 1968, n. 3029 (in Rass. Avv. Stato, 1968, I, 638) con la quale 
era stato dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice dell'esecuzione 
rispetto ad atti esecutivi sui beni dello Stato del Giappone intrapresi dal 
Federici in base ad una sentenza passata in giudicato ma senza la preven:tiva 
autorizzazione del Ministro per la Grazia e Giustizia. 


Contestu,almente alla questione di giurisdizione sollevata dal Prefetto 
ex M't. 41, II comma, c.p.c., l'Avvocatura dello Stato a nome del Ministero 
degli Esteri proponeva dinanzi al Tribunale di Roma azione di opposizione 
di terzo ex art. 404, I comma, c.p.c. avverso la sentenza con cui quel Tribunale 
aveva condannato lo Stato del Giappone nei confronti del Federici, 
in quanto tale sentenza era venuta a �costituire un ostacolo, non altrimenti' 
superabile, alla trattativa pendente tra i due Paesi per la definizione dei 




PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 321 


del primo, del controvalore in lira italiana, al cambio ufficiale del giorno 
del pagamento, dell.a somma di dollari USA 63'8.050, con interessi legali . 
dal giorno della domanda. Avverso tale decisione passata in cosa giudicata, 
ha proposto opposizione il Ministero degli Esteri, sostenendo che 
essa pregiudica gravemente i suoi diritti. 

Il convenuto Federici Giacomo ha prospettato numerose eccezioni 
preliminari tendenti a dimostrare la improponibilit� o la inammissibilit� 
della opposizione di terzo. 

Secondo l'ordine logico, la prima di tali eccezioni concerne la decadenza 
che si sarebbe verificata (ai sensi dell'art. 327 c.p.c.) per effetto 

danni subiti da cittadini italiani nell'ultimo conflitto mondiale in territori 

occupati da forze armate giapponesi. 

Come risulta dalla sentenza, la controversia involgeva varie questioni 
di diritto sostanziale e processuale di notevole rilievo e di particolare 
delicatezza. � 

Riteniamo interessante, per meglio illustrare il thema -decidendnm, 
dportare il passo dalla comparsa �conclusionale relativo al problema : 

Della titolarit� di una pretesa derivante da danni subiti 
ad opera di forze militari di occupazione 

Il rilievo fondamentale da �Cui occorre prender le :mosse � che l'azione 

del sig. Federici fatta valere nel giudizio conclusosi con la sentenza del 

Tribunale di Roma ebbe ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dall'at


tore a causa di misure adottate nei :suoi confronti dalle autorit� militari 

giapponesi occupanti il territorio della Cina all'epoca dell'ultimo con


flitto mondiale. � 

Si trattava in altre parole della stessa pretesa gi� fatta valere dal Go


verso Italiano e facente parte dei � claims > avanzati nell'esercizio del potere 

di intervento diplomatico, nei confronti dello Stato giapponese (anche se, 

a fondamento della sua pretesa l'attore poneva un documento nel q_uale 

-a suo dire -era contenuto un riconoscimento di debito da parte dello 

Stato giapponese relativamente al rapporto dedotto in giudizio). 

La sentenza accolse la domanda del sig. Federici .e condann� lo Stato 

del Giappone, rimasto contumace nel giudizio, a pagare la som:ma richiesta. 

In proposito, si deve osservare che -l'attivit� �di .guerra degli Stati bel


ligeranti � attivit� di carattere internazionale �ed � regolata dal Diritto 

Internazionale di Guerra (cfr. MONACO, Manuale di Diritto Internazionale 

Pubblico. UTET, 1960, pagg. 426 e segg.; BALLADORE-PALLIERI, Diritto bellico, 

CEDAM, 1954, con ampi riferimenti di dottrina e di giurisprudenza inter


nazionale; 0PPENHEIM-LAUTERPACHT, International Law, London, 1965, II, 

pp. 201 e ss.). � 

La liceit� o meno delle azioni di guerra e degli atti emanati dalle 

autorit� militari di uno Stato belligerante sono valutabHi nel quadro del 

Diritto Internazionale di Guerra che, con norme consuetudinarie e con 

disposizioni convenzionali, stabilisce -con minuta casistica -quali com


portamenti siano consentiti e quali siano da considerare illeciti. 

L'attivit� .di guerra e gli atti emanati da autorit� di uno Stato bellige-' 

rante in teTritori occupati s�no da valutare solo in base alle norme del Di




322 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del decorso di oltre un anno dalla pubblicazione della decisione impugnata. 


Si sostiene che la norma, IPUr riferendosi esplicitamente alle sole 
ipotesi del ricorso per cassazione e della revocazione per ta~uni dei 
motivi di cui all'art. 3915 sarebbe la espressione di un principio generale 
applicabile a tutte le impugnazioni, e quindi, anche al caso in esame. 

La eccezione � infondata. 

La chiara portata della norma esclude che possa estend~rsi alla 
opposizione di terzo una causa di decadenza non solo prevista per altre 
impugnazioni, ma anche rigorosamente delimitata proprio con riferimento 
all'ambito di applicazione della sancita preclusione. 

ritto Internazionale e le eventuali violazioni di tali norme determinano 

esclusivamente una responsabilit� internazionale dello Stato. ~ 

Si tratta di concetti elementari e faremmo un torto ai nostri�contrad


dittori se insistessimo troppo su tali nozioni (1). 

Ove le autorit� militari di uno Stato belligerante compiano atti di trasgressione 
di norme del diritto internazionale di guerra il privato straniero 
danneggiato da tali atti non ha autonoma azione n� contro i materiali 
esecutori degli atti �Che lo hanno danneggiato, n� contro lo Stato belligerante, 
e lo Stato offensore pu� essere tenuto responsabile solo nei confronti 
dello Stato di appa:r>tenenia del danneggiato. 

Ci� � di manifesta evidenza nei casi in cui il privato danneggiato sia 

cittadino di uno Stato nemico dello Stato offensore. 

Affermare il contrario equivarrebbe a ritenere che, ove un bombar


damento di guenra danneggi un edificio civile nemico in violazione di 

norme internazionali, il proprietario dell'edificic;> potrebbe agire (dinanzi a 

quale Tribunale?) per citare in giudizio l'aviatore che ha sgancibto le 

bombe. ovvero lo Stato di appartenenza dell'aviatore per chiedere il risar


cimento dei danni. 

Lo stesso per gli eredi dei civili uccisi in azioni di guerra non consen


tite dal diritto di guerra, ovvero iper .i proprietaxi di beni, requisiti, sac


cheggiati, bruciati in analoghe circostanze. 

La� semplice enunciazione delle conseguenze della tesi contraria, giunge 

ad una �efficace reductio ad absurdum di essa, e conferma la validit� del 

principio prima enunciato: l'attivit� di guerra � attivit� internazionale e 

di essa fo stato belligerante risponde soJa internazionalmente e nei confronti 

dello stato di appartenenza del danneggiato. 

Nessuna pretesa diretta � data al danneggiato nei �confronti dello Stato 
�belligerante: n� sul piano del diritto internazionale (dov~ il privato non � 

soggetto di diritto), n� nell'ordinamento dello Stato offensore (dove non 

pu� trovar sindacato l'attivit� bellica), n� nell'ordinamento dello Stato 

offeso (do.ve pure, per il principio dell'immunit� giurisdizionale degli Stati 

(1) � appena il caso di osservare che le rarissime (e quasi singolari) normE1 
che prevedono, in casi eccezionali, una prestazione diretta degli Stati ,belligeranti 
verso privati (cfr. Balladore-Pallieri, op. cit.) fanno, anch'esse, parte del Diritto 
Internazionale di guerra cosi che gli obblighi nascenti da esse o dalla violazione di 
esse possono esser fatti valere, in via esclusiva, da soggetti di diritto internazionafe 
e cio�, nella specie, dallo Stato di appartenenza del privato interessato. 
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323

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

� d'altronde, principio pacifico che non � consentita. in questa" materia, 
interpretazione analogica, per cui deve ritenersi -come peraltro ha 
gi� affermato la Corte Suprema con la sentenza n. 2636 del 18 luglio 
1958 -che la opposizione di terzo contemplata dal primo comma dell'art. 
404 c.p.c. (che � quella sperimentat.a nella specie in decisione) non 
� sottoposta a nessun termine processuale. 

Sempre in linea pr�eliminare il convenuto assume che altro motivo 
di inammissibilit� deriverebbe dal contenuto della domanda, essendosi 
chiesto l'annullamento e non la semplice inefficacia della sentenza impugnata. 


Anche tale eccezione � destituita di fondamento. 

esteri per atti compiuti nei poteri d'imperio, non pu� trovare ingresso 
un'azione diretta dal ;privato danneggiato). 

Ci� d'altronde corrisponde alla comune �esperienza iPer la quale ben 
sappiamo che delle offese belliche solo gli Stati sovrani possono trattare, 
sul piano internazionale, mentre � escluso che con tale azione possa interferire 
una tutela �diretta dallo straniero danneggiato nei confronti dello 
Stato offensore la quale mancherebbe -oltre tutto -di una norma sostanziale 
su cui possa fondarsi in quanto -�come si � detto -fa normativa 
che disdplina l'attivit� bellica � tutta di diritto internazionale ed ha come 
soggetti gli Stati e non i privati individui. 

L'azione di guerra dello Stato bemg.erante e gli atti compiuti dalle 
autorit� di occupazione, se illecite, sono tali perch� violano una norma 
di diritto internazionale, con la �conseguenza che titolare,dei diritto al risarcimento 
pu� essere �solo il soggetto giuridico del diritto internazionale e, 
cio�, (per lo meno, ai fini che qui interessano) uno Stato. 

� interessante osservare che il BALLADORE-PALLIERI (Diritto bellico, cit. 
pag. 361) sostiene che a str�etto rigore, anche tra gli Stati belligeranti l'attivit� 
bellica iUecita non comporta un vero e proprio diritto al risarcimento, 
e che solo con una imposizione di carattere politico lo Stato offeso 
(sempre che abbia vinta la guerra) pu� conseguire il ristoro dei dannj 
sofferti. 

E della profonda verit� di tale affermazione, ne abbiamo avuto recenti 
conferme in occasione degli ultimi conflitti mondiali. 

I privati che le vicende della guerra tragicamente danneggia e fa 

soccombere, non possono in alcun ordinamento interno far valere 1a loro 

pretesa verso gli Stati offensori. Solo lo Stato sovrano pu� (e nei limiti 

dei rapporti di forza internazionale) interloquire e far valere la sua auto


noma e 1propria domanda di indennizzo nei .confronti dello Stato offensore. 

La guerra � un fatto tra Stati e solo gli Stati hanno il potere di valu


tare e di trarre le .giuridiche conseguenze della cieca .e violenta azione 

bellica: solo lo S.tato di app.artenenza del danneggiato ha il diritto di 

reclamare la sanzione per l'azione di gue!T'a o l'atto dell'autorit� militare 

di uno stato belligerante che abbia ingiustamenite danneggiato beni, diriW 

e/o interessi .stranieri. 

Tali principi valgono non solo nei rapporti tra Stato belligerante e 

cittadini di Stati nemici, ma anche per quanto rigua:Nla i danni che l'attivit� 

bellica provoca ai privati appartenenti a Stati neutrali (o, comunque, non � 

belligeranti) che si trovano in territorio di occupazione �soggetti ai poteri 

9 



324 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� esatto, in linea di massima, che gli effetti della pronunciarichiesta�� 
con l� opposizione di terzo devono avere la sola finalit� di evitare il 
pregiudizio che possa derivare allo opponente dal giudicato formatosi 
'inter alias, e che tali effetti non distruggono n� annullano, di regola, il 
giudicato tra le parti dell'originario processo, ma � salva la ipotesi che 
il rapporto nei riguardi del terzo risulti assolutamente incompatibile ed 
.inconciliabile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione 
(in tali sensi Cass., 2'8 gennaio 1955, n. 213 e 20 luglio 1960, 

n. 2.oao). 
Non � quindi escluso dal sistema, attese le particolari finalit� della 
opposizione di terzo, che possa il giudice della opposizione estendere gli 

dell'autorit� militare (c:fr. OPPENHEIM-LAUTERPACHT, op. Cit., vol. II, .pa


gine 271-2). 

Ricorda l'Autore citato che dal tempo in cui il Diritto 1nternazionale 

si � formato fino ai nostri giorni, nessuna differenza � stata fatta dai belli


geranti tra il trattamento accordato ai cittadini dello Stato nemico e i 

cittadini di Stati neutrali residenti in territori nemici. 

Invero, gi� il GRoz10 (De Jure Belli ac Paeis, 1625, III, c. 4, ��, 6, 7) 
insegna che gli stranieri debbono dividere il destino della popolazione che 
vive in territorio nemico e BYNKERSHOEK (Quaestiones Juris Publiei, I, c. 
3, in fine) conferma eS1Pressamente che gli stranieri residenti in territorio 
nemico, sono considerati come nemici. 

E la pratica internazionale (per Gran Bretagna e Stati Uniti cfr. le 

referenze indicate nel passo citato) dimostra che gli stranieri, sia sudditi 

di uno Stato bellige!I'ante �sia sudditi di uno Stato neutra!le, acquistano (sia 

pure solo a certi effetti) carattere di nemici per il fatto della loro residenza, 

poich� essi si sono uniti ad una popolazione nemica e contribuiscono, pa


gando tasse e simili, allo sforzo del Governo nemico. 

Per .questo tutte le misure che possono essere legittimamente prese nei 

confronti della popolazione �Civile del territorio nemico, posson~ egual


mente essere �prese nei loro confronti, a meno che essi si allontanino volon


tariamente o vengano espulsi da quel territorio. 

Precisa il LAUTERPACHT (op. cit.); � Such of them as are subjects of 

neutral States do not, �therefore, lose the protection of their home State 

against arbitrary treatment inconsisten with the Laws of war; and such 

of ~hem as are subjects of the other bellig&ent are handed over to the pro


tection of the embassy of a neutral Power � (1). 

Ci� dimostra che solo sul piano internazionale pu� essere valutata, con


testata e sanzionata l'attivit� di guerra di uno Stato belligerante verso un 

suddito di uno Stato neutrale, non essendo neppure configurabile una pre


tesa diretta e un'azione individuale -dello straniero danneggiato Vell'SO lo 

stato offensore. 

(1) �Quelli tra di essi che sono sudditi di Stati neutrali non perdono, perci�, 
la protezione del loro Stato contro un trattamento arbitrario, contrario alle leggi 
di guerra; e quelli che sono sudditi di altri Stati belligeranti sono affidati alla protezione 
dell'ambasciata di una Potenza neutrale�. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 3?5 

effetti dell'annullamento della decisione impugnata alle parti del �pfimo 
giudizio, qualora la peculiarit� del dedotto pregiudizio si presenti tale 
da non poter trovare tutela se non attraverso l'annullamento totale della 
decisione. 

Sqstiene inoltre, il convenuto che difetterebbe -.-comunque -il 
requisito dell'interesse alla proposta impugnazione, non intendendo egli 
far valere in alcun modo la pronuncia nei confronti del Ministero degli 
Affari Esteri. 

La infondatezza di questa ulteriore eccezione � dimostrata dalla 
considerazione che, in tema di opposizione di terzo, non va tenuta pre-

Aggiunge poi l'Autore citato: "However that ~ay be, they are not 
exempt from requisitions and contributions, from the restrictions which 
an occupant iI:Q.-poses upon ihe population in the interest of the safety of 
bis troops and "the succes of bis military operations; from punishement foir 
hostile acts committed againts the occupant; or from being taken into 
captivity, if ex�ceptionally p.ecessary. This treatment of foreign .resident 
on occupied enemy territory is gnerally recognised as legitimate by theory 
and practice � (1). , 

Sembrano sufficienti queste �considerazioni per �concludere che lo Stato 
belligerante ri:sponde della propria attivit� di, guerra solo sul piano dell'ordinamento 
internazionale, nel quadro del diritto internazionale di guerra 
e nei confronti degli altri �stati e che, pertanto, se l'attivit� di guerra e gli 
atti dell'autorit� militare di occupazione hanno arrecato danni a cittadini 
stranieri, l'unico titolare del diritto all'indennizzo nei confronti dello Stato 
offensore � lo stato di appartenenza del daneggiato, il quale ultimo non 
ha una pretesa diretta nei confronti dello Stato offensore ma potr� chiedere 
al proprio Stato nel quadro dell'ordinamento interno un indennizzo, e . ci� 
in relazione all'esito dell'azione piromossa sul piano internazionale dal 
governo. 

Le considerazioni che precedono gi� ci consentirebbero di dimostrare 

la sussistenza delle �Condizioni di ammissibilit� e �di fond�tezza dell'opposi


zione proposta. 

Completezza di trattazione ci induce, peraltro, a rilevare �come� le con


clusioni cui siamo giunti non muterebbero anche .se fosse vera la pretesa 

da cui parte la difesa del convenuto, e secondo �Cui, nel caso di danno ad 

uno straniero provocato da atto di imperio da uno Stato belligerante anche 

il danneggiato vanterebbe un'autonoma pretesa di indennizzo direttamente 

nei confronti dello Stato offensore. 

Abbiamo vi�sto che tale tesi � \radicalmente infondata nel �caso che ne 

occupa, di danni -cio� -derivati dall'attivit� di guerra e da atti della 

autorit� militare di occupazione di uno Stato belligerante. � 

Vogliamo, peralt\l"o, aggiungere che se -in contestata ipotesi -po


(1) �In ogni modo, essi non sono esenti da requisizioni e contribuzioni; dalle 
restrizioni che l'occupante impone sulla pcpolazione nell'interesse della salvezza 
delle sue truppe e del successo delle operazioni militari, dalla punizione di atti 
ostili contro l'occupante o dall'essere internato, se eccezionalmente necessario. 
Questo trattamento dello straniero residente in territorio nemico occupato � generalmente 
riconosciuto legittimo sia dalla dottrina che dalla pratica internazionale >. 

326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sente, ai fini della sussistenza dell'interesse alla impugnazione; l'even..:." 
tualit� di un'esecuzione della pronuncia impugnata nei confronti dell'opponente 
(ipotesi che non pu� giammai verificarsi, costituendo tale pronuncia 
res inter alios) ma unicamente il pregiudizio che la pronunzia 
stessa 1comporta per il diritto del terzo, sostanziandosi nella eliminazione 
dli tale pregiudizio l'interesse ad agire dell'opponente. Sarebbe ancora di 
ostac�lo alla ammissibilit� della opposizi�ne l'acquiescenza, da parte 
del Mini.stero .degli Esteri, alla sentenza impugnata, per essel'!si adoperato 
al fine di ottenere dallo Stato del Giappone l'adempimento della obbligazione 
verso il Federici. 

tesse configurarsi, nel caso esp0$to, un diritto all'indennizzo del danneggiato 
nei confronti dello Stato offensor�e, anche in tali ipotesi, una volta intervenuto 
diplomaticamente lo Stato di appartenenza del danneggiato,, qualunque 
pretesa del privato resterebbe assorbita e ricompresa nel reclamo avanzato 
dallo Stato nell'esercizio della protezione diplomatica e, di .conseguenza, solo 
lo Stato potrebbe van'tar�e nei -confronti dello Stato offensore il �diritto 
all'indennizzo e il privato potrebbe rivolgersi solo al proprio Stato per 
ottenere un indennizzo in relazione all'esito dell'azione diplomatica. 

Per dimostrare ci� sar� sufficiente richiamare due principi fonda


mentali del dirftto internazionale. 

. In primo luogo si deve ricordare il principio di diritto internazionale 

generamente riconosciuto, e accolto quindi nel nostro ordinamento per 

effetto del di�sposto dell'art. 10 Costituzione, per cui, allorquando uno Stato 

interviene in via diplomatica a favore di un proprio cittadino nei confronti 

di uno Stato straniero, il rapporto relativo alle conseguenze giuridiche di 

atti svolti nei poteri di imp�rio'a.allo Stato offensore viene a concernere 

esclusivamente i due Stati e che conseguentemente il privato non pu� pi� 

far valere in via diretta la propria pretesa nel piano degli ordinamenti 

interni, n� del!lo Stato offensore, n� di quello reclamante. 

Una volta proposto dallo Stato, il cui cittadino � stato danneggiato da 

misure adottate da un altro Stato, un intervento diplomatico, solo lo Stato 

pu� agire (e sul piano internazionale) nei �Confronti dello Stato offensore, 

n� il privato pu� pi� <riproporre la questione nel quadro degli ordinamenti 

interni. Si tratta di nozione istituzionale ed � sufficiente in proposito 

richiamare le parole del QUADRI (Diritto Internazionale Pubblico, 1960, 

p. 349 ss.). L'illustre Autore cos� si esprime (ivi, pag. 352): " Si tratta, in 
altri temnini, esclusivametne di un a:ffiare da Stato a Stato, nel quale l'individuo 
non viene in rilievo che come "oggetto" di un interesse nazionale 
�e per la coincidenza che viene a determinarsi in virt� della situazione di 
sudditanza tra l'interesse "materialmente" 1Protetto dallo Stato... ,. (cfr. 
autori e giurisprudenza internazionale ivi citati; vedi, in particolare, GoEBEL, 
in � American Journa�l of International Law �, 1914, 814: � This duty... 
is to injured State, and not to the injured individua!. In fact, as we have 
seen, the injured individuai may not receive any part of the indennity... 
the indennity is .part of a relation between state and state ,. (1); nel senso 

(1) �Tale obbligo... � nei confronti dello Stato offeso e non nei confronti 
dell'individuo offeso. Invero, come si � visto, l'individuo offeso pu� anche non 

PARTE I, .SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 327 

Esattamente ha rilevato la difesa dell'attore che l'attivit� esplieata 
dal Ministero, sul piano diplomatico, prima e dopo l'emanazione della 
sentenza predetta, non �, a prescindere da ogni considerazione sulla 
natura riservata ed insindacabile dell'attivit� stessa, contrastante con la 
volont� di avvalersi delle impugnazioni previste dalla legge. 

I passi compiuti dall'Amministrazione degli .esteri nei sensi indica.ti 
erano, invero, diretti ad eliminare le ragioni di contrasto che la decisione 
impugnata aveva determinato nei rapporti tra i due� Stati ed il loro 
compimento conferma, �se mai, che l'amministrazione aveva interesse 
a ristabilire i normali rapporti nell'ambito delle trattative in corso sul 

che gli indennizzi spettino allo �Stato nazionale.,, e non all'individuo. 

v. ANZILLOTTI in � Rev. g�n�rale de droit int. pub. ,,, 1906, 814; adde: 
STARKE, An introduction to Interrvational Law, London, 1959, 210 ss., in 
particolare il passo seguente: � Inasmucl:i as a State has a rfght to �protect 
its citizens abroad, it is entitled to intervene diplomaticaUy or to lodge a 
claim for satisfaction before an international arbitral tribunal if one of 
its subjects has sustained unlawful injury for which another State is 
responsible. The claimant State is deemed to be injured throught subjects, 
and once the intervention is made or the claim is laid, the matter becomes 
one that concerns the two states alone. The injured subject's only right 
is to claim through his State against the State responsible" (2), v. pure 
riferimenti ivi contenuti; per una approfondita indagine critica del problema 
dr. BARILE, I diritti assoluti nell'ordinamento internazionale, Milano 
1951; cfr., oltre le referenze indicaJe, la decisione della Corte Permamente 
di Giustizia Internazionale, n. 2 del 30 agosto 1924, Affaire des Concessions 
Mavromatis en Palestine, Publications de la Coux, serie A, fase. 2, 
pag. 12 cit. dal BARILE, p. 330: � En prenant fait et cause par l'un des 
siens nationaux (l�s�s par del actes �contraires au droit international commis 
par un autre Etat), en mettant en mouveinet � sa faveur l'action diplomatique 
ou l'action judiciaire internationale, cet Etat fait, � vrai dire, 
valoir son droit propre, le droit qu'il a de faire respecter, en la personne 
da ses ressortissants, le droit international ". 
Altro principio di diritto internazionale pacificamente riconosciuto, e 
recepito nel nostro ordinamento per il richiamo dell'art. 10 Costituzione, � 
quello della immunit� ,degli Stati dalla gimisdizione interna di altri Stati 
per quello che concerne attivit� di diritto pubblico, ossia svolte in forza 
di poteri di imperio e in :funzione della propria sovranit� (cfr. OPPENHEIMLAUTERPACHT, 
International Law, London 1963, vol. I, 264 ss.; QUADRI, La 

ricevere alcuna parte dell'indennizzo... l'indennizzo � parte di un rapporto tra 
Stato e Stato �. 


(2) " In quanto uno Stato ha il diritto di proteggere i suoi cittadini all'estero, 
esso � legittimato a intervenire in via diplomatica o a presentare una domanda di 
riparazione dinnanzi ad un tribunale arbitrale internazionale, se uno dei suoi cittadini 
ha subito un torto del quale un altro Stato � responsabile. Lo Stato reclamante 
� considerato offeso attraverso i propri cittadini e, una volta che sia avvenuto 
l'intervento diplomatico ovvero che sia stata posta la domanda, l'affare viene a 
concernere solanto i due stati. Il solo diritto dell'individuo offeso � di reclamare � 
attraverso il proprio Stato contro lo Stato responsabile>. 

,.

328 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

piano generale con il .governo giapponese e che, fallito il tentativo di 
mediazione sopra specificato, non le restava eh.e l'azione davanti al magistrato. 


Non ricorrono, quindi, nel caso gli estremi di applicabilit� dell'articolo 
329 c.p.c., non potendosi attribuire all'attivit� del Ministero carattere 
di acquiscenza alla sentenza in esame. 

Si deduce, infine, da parte del Federici Giacomo, che la giurisdizione 
affermata dal Tribunale non potrebbe gi�mmai essere posta nuovamente 
in discussione, concretando la contestazione su tale punto una specie di 
regolamento di giurisdizione, sottratto alla competenza di questo collegio, 
e comunque, non pi� possibile, ai sensi dell'art. 41 cpv. c.p.c. 

giurisdizione sugli Stati stranieri, Milano 1941, p. 97; MORELLI, Diritto processuale 
civile internazionale, Padova 1954, 189; MONACO, Manuale di diritto 
internazionale, UTET, 1960, p. 227 con ampia bibliografi.a; per una approfondita 
disamina del problema, LAVIVE, L'immunit� de jurisdiction des 
Etats et des orgianisations internationales, in " Recueils des Cours de la 
Haye >, 1953, II, 209; adde: STARKE, An introduction to International Law, 
London 1950, 169 :� � The rule is that foreign States and Heads of foreign 
States may sue in the territorial Court, but cannot, as a rule, be sued 
there, unle~ they volontarity submit to the jurisdiction of that Court 
either ad hoc, or genel'lally by a treaty � {l); (in giurisprudenza interna, 
cfr. per tutte, Cass. 10 febbraio 1949, n. 216 in Foro itl., 1949, I, 334: � ��� gli 
ordini delle autorit� occupanti in tempo di guerra �costituiscono un'esplicazione 
di potest� sovrana che si estende al territorio occupato e si sovrappone 
ai poteri dello Stato nazionale, e per tale loro natura sfuggono al 
sindacato di legittimit� dell'autorit� giudiziaria, principio quasi unanimemente 
condiviso dalla pi� autorevole dottrina �). 

Sono d'altra parte evidenti le ragioni che hanno determinato il formarsi 
di tale principio. 

Nel campo dei rapporti internazionali, nel quale non esiste un'autorit� 
super partes, l'esereizio di una pretesa nei confronti di uno Stato sovrano 
non pu� essere lasciata alla valutazione e alla discrezione di un privato in 
quanto� siffatte iniziative -in mancanza di un �sistema di accertamento 
giudiziale indipendente dalla volont� degli Stati -.possono comportare 
gvavi conseguenze nei rapporti tra gli Stati stessi, cosicch� appare fuor 
di ogni proporzione che l'esigenza di tutela di un'privato possa in definitiva, 
giungere a compromettere i rapporti tra due collettivit� nazionali e, nei 
casi pi� gravi, a porre in pericolo gli interessi pi� vitali di tali collettivit�. 

� questa latente esigenza di fondo che ha portato alla formazione del 
.principio dell'immunit�, degli Stati dalla giurisdizione interna con il richiamo 
del BROCCARDO: par in parem non habet imperium (per le giustificazioni 
giuridiche del principio cfr. autor:i cit. e, ivi, rif.; cfr. pure Cass., 12 giugno 
1925, in Foro it., 1925, I, 830; id., 13 marzo 1962, in Foro it., 1926, I, 584; 

(1) �La regola � che gli Stati stranieri e i Capi di Stato stranieri possono 
agire in giudizio nei tribunali interni, ma non possono -di regola -essere 
convenuti, a meno che essi si sottomettano volontariamente alla giurisdizione di 
quel tribunale o per quel caso speciale, o, in via generale, con un trattato �. 

PARTE I,. SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 329 

Ritiene il collegio che il riferimento a tale norma non sia confeFente 
nel caso di specie. 

.~ Essa, infatti, riguarda e regola il diverso istituto processuale del 
regolamento di giurisdizione, stabilendo che la pubblica amministrazione 
che non � parte in causa pu� chiedere, in ogni stato e grado del processo, 
che sia dichiarato dalle sezioni ulllite della corte cdli cassazione il difetto 
di giurisdizione del giudke ordinario a �Ca'll!sa dei poteri attribuiti dalla 
legge all'amministrazione stessa, finch� la giurisdizione non sia stata 
affermata con sentenza passata in giudicato. �� 

Questa speciale facolt�, con la limitazione contemplata nell'ultima 
parte della disposi2lione richiamata, non costituisce peraltro ostacolo, ove 

id., 18 gennaio 1933, in Giur. it., 1933, I, 1, 274; id., 12 maggio 1947, n. 740, 
in Foro it., 1948, I, 855; id., 21 settembre 1948, n. 1631 in Foro it., 1943, 
I, 460; id., 10 febbraio 1949, n. 21, in Foro it., 1949, I, 334). 

Richiamati i due princtpi sopra enunciati, appare evidente .che � affatto 
incontestabile che nel caso di danni subiti da un privato per misure d'imperio 
adottate da uno Stato estero (e fermo quanto abbiamo detto al paragrafo 
11 per l'attivit� di 1guerra di uno Stato belligerante), ove il Governo 
di appartenenza del danneggiato assuma in .proprio la tutela del cittadino 
e proponga allo stato offensore un reclamo per indennizzo ,esso diventa 
l'unico titolare del potere di far valere la pretesa di indennizzo nei confronti 
dello Stato offensore. 

Ci� vale a dire che gli organi giudiziari dello Stato reclamante non 
possono esercitare la propria giurisdizione sul rapporto di cui trattasi, 
perch� verrebbero ad interferire nella sfera di attribuzioni del Governo a 
ne intralcerebbero o, addirittura (come �, poi, avvenuto nella specie) ne 
paralizzer�ebbero l'azione diplomatica. 

Tali principi appaiono forniti di una tanto manifesta evidenza che non 
riterremmo di tediare il Collegio 1per ulteriormente illustrarli. 

Ma non possiamo non tener conto che questo invece, � il punto che 
� apparso incomprensibile ai nostri illustri contraddittori che, con dovizia 
di argomentazioni hanno radicalmente contestato non solo l'evidenza ma 
anche la �fondatezza sia delle nostre premesse che delle nostre conclusioni. 

In sostanzia la difesa del convenuto �contesta che nell'ipotesi che a_bbiamo 
formulato, il Governo dello Stato reclamante .sia l'esclusivo portatore 
del potere di far valere �rispetto allo Stato offensore la pretesa derivante 
dai danni subiti dal proprio cittadino. 

I nostri contraddittori ritengono una tale tesi sprovveduta e, per cos� 
dire, ingenua, in quanto nascerebbe da una inescusabile <!onfusione tra lo 
ordinamento internazionale e gli ordinamenti interni dello Stato recl�amante 
e dello Stato offensore. 

Assumono i nostri contraddittori che l'esercizio da parte dello Stato 
reclamante della tutela diplomatica sul piano internazionale nessuna con


/ seguenza avrebbe, n� potrebbe avere, sulla legittimazione del danneggiato 
a far valere, in proprio, la pretes�a di un indennizzo e ci� sia nel quadro 
dell'ordinamento dello Stato offensore e sia nell'interno dell'ordinamento 
dello Stato reclamante. 
La migliore dimostrazione di tale ininfluenza della pendenza e delle ,. 
vicende della controversia internazionale sulla pretesa del danneggiato sa:




330 RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO 

ne ricorrano i presup,.posti, all'esercizio, da parte deU'amministPazione, 
del diritto di impugnazione di cui all'art. 404, primo comma c.p.c., anche 
se il giudice della opposizione debba riesaminare, ai fini della indagine 
sul fondamento della domanda, la sussistenza o meno della giurisdizione 
affermata nel precedente giudizio. 

Il rimedio. processuale apprestato al terzo dall'art. 404 citato non pu�, 
in mancanza di una espressa disposizione limitativa in tali sensi, ritenersi 
precluso .soltanto perch� l'impugnazione fa sorgere anche un problema 
di giurisdizione. 

Nei casi in cui si deduce un pregiudizio dipendente dell'affermazione 

della potest� giurisdizionale in ordine ad un rapporto che ne era, invece, 

rebbe desumibile (oltre che dal principio della indipendenza dell'ordina


mento internazionale e degli ordinamenti interni degli Stati) dalla regola 

che presuppone, per l'esercizio della tutela diplomatica, il previo esauri


mento dei rimedi forniti dall'ordinamento interno, dovendosi ritenere che 

tale regola si riferisce non solo e non tanto ai rimedi offerti dall'ordina


mento dello Stato offensore, ma anche, e -a quanto sembrerebbe -prin


cipalmente, a quelli offerti dall'ordinamento dello Stato di appartenenza 

del danneggiato {cfr. comparsa di risposta, p. 29). 

La definitiva .conferma della tesi avversaria deriverebbe, poi, proprio 

dal principio secondo il quale pu� risultare diverso l'ammontare dell'in


dennizzo dovuto dallo Stato offensore allo Stato reclamante, rispetto a 

quello dovuto al danneggiato. 

Di qui i nostri contraddittori pensano di trarre argomenti conclusivi 

a favore della loro tesi, che cio� il torto compiuto da uno Stato nei confronti 

di un cittadino straniero violi due norme diverse e appartenenti a diversi 

Ordinamenti: una norma dell'ordinamento internazionale e le norme degli 

ordinamenti interni degli Stati. 

Quindi, due essendo le violazioni, due sarebbero le pretese di indenf


I 

nizzo: una dello Stato di appartenenza del danneggiato esercitabile sul 
piano internazionale nei �confronti dello Stato offensore, l'altra, del danneggiato, 
esercitabile sul piano degli ordin~menti interni dello Stato offensore 
e dello Stato di appartenenza del colpito. 

Tali pretese, procedenti da differenti presupposti, avrebbero esistenza 
autonoma e correrebbero su diversi piani (una, sul piano dell'ordinamento 
internazionale, l'altra su quello degli ordinamenti interni) e pertanto le 
vicende dell'una non potrebbero influenzare il corso dell'altra. 

Da tali premesse sarebbe agevole trarre la conclusione che � affatto 
infondata e inesatta la te.si dell'esistenza di un potere del Governo dello 
Stato offeso di esercitare in via �sclusiva la tutela del rapporto derivante 
dal torto subito da un cittadino a causa di misure adottate nei poteri di 
imperio da uno Stato estero. 

Di qui il corollario che mancherebbe il primo presupposto di una opposizione 
di terzo ex art. 404 �cod. proc. civ., in quanto mancherebbe in radice 
la posizione di diritto dell'Amministrazione che possa considerarsi pregiudicata 
dalla sentenza opposta. 

Abbiamo voluto esporre con la massima obiettivit� la sostanza delle 
argomentazioni della parte convenuta ma, riteniamo di potere affermare,. 
con tranquilla .sicurezza che gli enunciati teorici che sono alla base dalle 



PARTE I,. SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 331 

escluso, la limitazione predetta comporterebbe un inevitabile sacrifi'Ciu del 
diritto che si assume pregiudicato, sacrificio non contemplato dal sistema, 
e perci� non consentito in danno del terzo opponente. 

Non sembra, pertanto, al collegio che la pubblica amministrazione, 
non essendosi avvalsa della speciale facolt� concessuale dell'art. 41, sia 
in ogni caso soggetta alla preclusione ivi sancita e che non possa, conseguentemente, 
far valere con il diverso rimedio della opposizione di terzo 
(e sempre che di questa forma di impugnazione sussistano gli estremi) 
un conflitto di attribuzione tra il potere esecutivo e la autorit� giudiziaria 
ordinaria, con correlativa istanza di pronuncia del difetto di giurisdizione 
del magistrato ordinari�. 

argomentazioni sopra esposte non appaiono idonei neppure a scalfire il 
fondamento della opposizione di terzo proposta .nel presente giudiz.io dal 
Ministero concludente. 

L'errore di fondo in eui incorrono i nostri contraddittori consiste nel 
non aver tenuto conto delle considerazioni che sopra abbiamo svolto drca 
il carattere esclusivo della pretesa dello Stato .sul caso di danni eonseguiti 
ai propri cittadini a causa di attivit� di guerra e di atti dell'autorit� militare 
di occup�zione di uno Stato bellig�erante in tempo �di guerra. 

Dobbiamo per� aggiungere che, pur se -per comodit� di discussione si 
ritenesse che anche il privato potesse avere autonoma azione per danni 
subiti a causa dell'attivit� di �guerra di uno Stato, anche in ital �caso la tesi 
avversaria sarebbe rp.anifestamente infondata in �quanto in patente contrasto 
con i principi" dell'istituto della protezione diplomatica. 

Non � certo questa la sede per discutere �criticamente le varie dottrine 
che hanno tentato di ricostruire giuridicamente la natura e la .portata di 
tale istituto (cfr., MONACO, Diritto Internaziooole Pubblico, p. 365; v., inoltre, 
per una recente analitica esposizione dello stato della dottrina e della giurisprudenza 
internazionale, BATTAGLINI, La protezione diplomatica delle Societ�, 
Padova, 1957, con ampi riferimenti). 

Possiamo peraltro rilevar�e che, pur nella �complessit� e variet� di teorie, 
di opinioni e di impostazioni, prospettate dai diversi Autori, non si � mai 
dubitato �he allorquando il Governo di uno Stato interviene diplomaticamente 
a favore di un cittadino, esso fa, � vero, valere una propria pretesa 
nascente dalla violazione di norme del diritto internazionale, ma �che tale 
pretesa comprende, e� fa propria quella del cittadino e che, se lo Stato fa 
valere un proprio diritto, si tratta per� di un diritto che ricomprende, ed 
assorbe la pretesa vantata dal privato danneggiato (cfr. Autori citati nel 
precedente paragrafo 10; adde: SPERDUTI, L'individuo nel diritto internazionale, 
Milano 1950, 93 ss., 99; e autori richiamati in BAT'l~AGLINI, cfr. cit.). 

Infatti, se � vero che (come noi stessi abbiamo rilevato nell'atto di cita


zione, e non inavvertitamente, ci consentano i nostri interlocutori!) l'inden


nizzo dovuto dallo Stato offensore allo Stato reclamante pu� risultare di 

ammontare diverso o superiore a quello che sarebbe stato dovuto al dan


neggiato (1), � tuttavia pacifico che lo Stato offensore per il torto inferto 

(1) Cfr., ad es. decisione della Corte Permanente di Giustizia Internazionale 
nel caso Chirzow Foctory (cit. in STARKE, op. cit., p. 212) �. � The damage suffered 

332 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La limitazione di cui all'art. 41 (fi.nch� la giurisdizione non sia stata 
affermata con sentenza passata in giudicato) non pu� infatti essere automaticamente 
estesa a tutto il sistema dei mezzi di impugnazione, in 
Qrdine ai quali devono invece applicarsi soltanto i principi e le regole per 
ciascuno di essi stabilito, o comuni a tutti per effetto di specifica disposizione 
di rinvio o per disposizione di �Carattere generale che riguarda 
appunto tutti i mezzi di impugnazione. 

Va al riguardo precisato che la speciale norma dell'art. 41 collocata 
sotto il titolo I (degli organi giudiziari) sezione VI (regolamento di giurisdizione) 
non ha, quanto alla preclusione di cui al capoverso, quella 
portata generale che il convenuto le attribuisce e non � quindi applica-

ad un cittadino stranierQ un solo indennizzo pagher� e non due (come, 

invece sembrerebbe doversi .desumere dalle argomentazioni della parte 

convenuta). 

Invero la tesi prospettata dai nostri contraddittori, portata alle naturali 

conseguenze, dovrebbe condurre a ritenere che, esercitata da uno Stato 

la tutela diplomatica di un proprio cittadino nei confronti di uno Stato 

estero e risoluta la questione o mediante un accordo o mediante una deci


sione arbitrale, lo Stato offensore resterebbe ancora. esposto alle pretese 

del privato danneggiato il quale avrebbe ancora diritto ad ottenere il suo 

indennizzo, diverso da quello ottenuto (in ipotesi) dallo Stato di apparte


nenza del danneggiato. 

Orbene tale tesi � manifestamente assurda. 

La du.plicit� della violazione che il torto compiuto da uno Stato verso 

uno straniero pu� determinare (nell'ordinamento internazionale e nell'ordi


namento interno) e la distinzione tra l'ordinamento internazionale e gli 

ordinamenti interni non escludono in alcun modo che l'assunzione da parte 

dello Stato di appartenenza del danneggiato della tutela d~plomatica di 

r

questo abbia delle .conseguenze sulla posizione sostanziale del danneggiato r 

r

nel senso �che 1gli effetti dell'intervento esperito vengono a riguardare anche 

la pretesa del iprivato all'indenizzo. 

E infatti, ove, in ipotesi, a seguirto dell'intervento diplomatico dello 

Stato offeso si deferisca la vertenza ad Un arbitrato internazionale � evi


dente che la decisione, se � vero che � emanata nel quadro dell'ordinamento 

int~rnazionale e nei confronti--dei due Stati, non � peraltro men vero che, 

tale decisione, avr� effetto anche sulla pr�tesa del privato all'indennizzo, 

nel senso che se, ad esempio, fa decisione arbitrale avr� dichiarato non 

dovuto alcun indennizzo da parte dello Stato offensore, nessuna ulteriore 

azione nessun diritto sussister� pi� in capo al dannegg~ato nei confronti 

di quello Stato. 

E, analogamente, se la decisione arbitrale avr� imposto allo Stato 

offensore il pagamento a favore dello Stato reclam:ante di un indennizzo, 

determinandone l'ammontare, � di intuitiva evidenza che tale decisione, pur 

by an individual is never... identical in kind with that which is suffered by the 
State; it can only azird a convenient scale for the calculation of the reparation due 
to the State � (il danno soff~rto da un individuo non � mai... di natura identica a 
quello che pu� essere sopportato dallo Stato e pu� solo costituire un opportuno parli~ 
metro di calcolo per la riparazione dovuta ad uni Stato). 




333

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

bile all'istituto dell'opposizione di terzo, che � regolato sotto il titolo III 
(delle impugnazioni) capo V, ed � quindi sottratto, anche in osservanza 
del principio interpretati".'o fondato sulla sede materiale, a quella particolare 
limitazione che il legislatore ha imposto alla facolt� attribuita 
all'amministrazione di sollevare, pur ,essendo estranea al processo, conflitto 
di attribuzione e di chiedere regolamento di giurisdizione alle sezioni 
unite della Cassazione. 

Alla stregua delle esposte considerazioni, deve il collegio procedere 
con ampi poteri, su ogni aspetto o punto della vertenza decisa con la 
sentenza impugnata, all'indagine diretta a stabilire se ricorrono in con-

se adottata nel quadro dell'ordinamento internazionale e nei confronti degli 

Stati, avr� effetti diretti e immediati anc4e sulla posizione sostanziale e 

sulla pretesa del danneggiato, perch� appare al di fuori di ogni possibile 

dubbio che quando lo Stato offensore� avr� �corrisposto allo Stato. recla


mante l'indennizzo stabilito nell'arbitrato, nulla pi� dovr�, a nessun titolo 

e nel quadro di nessun ordinamento, allo straniero danneggiato. 

Ma se si riconosce che gli effetti di un arbitrato internazionale in �Cui 

abbia trovato definizione l'intervento diplomatico dello Stato di apparte


nenza del danneggiato incide direttamente sul rapporto tra danneggiato e 

Stato offensore, nel senso che tale rapporto resta anch'esso definito con la 

definizione del rapporto tra gli Stati, si dovr� altresi riconoscere che la 

stessa situazione si verificher� nei �Casi in cui l'intervento diplomatico dello 

Stato offeso abbia trovato definizione non in una decisione arbitrale, ma 

in un accordo tra i due Governi. � 

Anche in tali .casi, infatti, 'la definizione della pretesa internazionale 

dello Stato offeso risolve e definisce anche la pretesa del danneggiato e alla� 

definizione del rapporto tra Stati corrisponde la definizione del rapporto 

tra danneggiato e Stato offensore. 

�, anzi, da ricordare �Che lo Stato di appartenenza del danneggiato ha i 

pi� ampi, penetranti ed insindacabili poteri di disposizione del diritto fatto 

valere nei confronti dello Stato offensore e �cosi lo Stato pu� rinunciare, 

transiger.e, definire in maniera forfettaria, senza che il danneggiato possa 

obiettare� e sempre con la conseguenza che le vicende del rapporto tra stati 

si ripercuotono immediatamente nel rapporto tra danneggiato e Stato of


fensore. 

lVIa, a ben considerare, la spiegazione logico-giuridica della rilevanza 

che la definizione del rapporto tra i Governi viene ad avere sul rapporto 

tra il danneggiato e lo Stato offensore � da ricercare proprio nel concetto 

stesso di protezione diplomatica e di intervento dello Stato sul piano inter


nazionale nei confronti dello Stato offensore. 

Invero, se � esatto che mediante tale intervento lo Stato fa valere una 

propria pretesa nascente dalla lesione di una �propria posizione soggettiva 

garantita dall'ordinamento internazionale, � vero altresi che la lesione 

lamentata � pur sempre in relazione al danno patito dal �cittadino a seguito 

di misure adottate nel potere d'imperio dello Stato offensore. 

� quindi evidente che, seppure la pretesa di indennizzo dello Stato 

non si risolve esclusivamente nella pretesa del cittadino danneggiato, 

ma contiene un quid pluris, tuttavia appare incontestabile che la pretesa � 

del cittadino danneggiato nei .confronti dello Stato offensore � fatta valere, 



334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
creto i requisiti prescritti per l'accoglimento della proposta opposizione 
di terzo. 
La domanda � fondata sul presupposto della erronea affermazione, 
da parte di questo Tribunale, della giurisdizione ordinaria in ordine alla 
pretesa fatta valere dal Federici nel procedimento conclusivo con la 
sentenza impugnata, e sul conseguente pregiudizio che da tale affermazione 
� derivata al diritto autonomo ed esclusivo dello Stato italiano 
di procedere alla regolamentazione del rapporto sul piano internazionale 
e tramite le opportune iniziative diplomatiche. 
Sul primo punto va considerato che nel suddetto procedimento il 
Federici Giacomo aveva fatto esplicito richiamo, per quanto atteneva 
alla causa petendi, al fatto illecito della requisizione di beni e merci 
disposta in suo danno dalle truppe giapponesi operanti in Shangai nel 
settembre 1943. 
A sostegno della richiesta di risarcimento del danno esibi una dichiarazione 
rilasciatagli il 17 gennaio 1947 dall'Ufficio giapponese di collegamento 
con la commissione per il regolamento delle propriet� delle 
e resta assorbita, nella pretesa che, nei confronti dello Stato offensore propone 
lo Stato di appartenenza del danneggiato. 
Quindi gli effetti che la definizione del rapporto tra Stati comporta sul 
rapporto tra privato danneggiato ,e Stato offensore ipostulano e presuppongono 
�che con l'intervento diplomatico dello Stato di appartenenza del danneggiato 
nei confronti dello Stato offensore, il Governo dello Stato di 
appartenenza del colpito fa valere una pretesa di indennizzo che ricomprende 
e assorbe anche la pretesa che il danneggiato aveva verso lo 
Stato offensore. 
Gli effetti dell'intervento diplomatico sulla pretesa d'indennizzo che il 
danneggiato aveva nei confronti dello Stato offensore non hanno quindi una l i 
. . . 
natura di carattere solo procedimentale (nel senso di precludere un'ulteriore 
azione del danneggiato verso lo Stato offensore), ma hanno invece carattere 
sostanziale nel senso, cio�, �che il reclamo di indennizzo proposto in 
sede internazionale dallo Stato offeso comprende ed assorbe la pretesa di 
indennizzo 'fatta valere dal privato danneggiato cos� che viene meno qualsiasi 
autonoma posizione soggettiva del danneggiato nei confronti dello 
Stato offensore e il danneggiato stesso potr� solo rivolgersi al proprio 
Governo per sollecitarne la protezione e per ottenere poi, nel quadro del-. 
l'ordinamento interno, un indennizzo. 
. D'altra parte, tale conclusione appare evidente anche perch�, una volta 
che lo Stato di appartenenza del danneggiato ha proposto reclamo per indennizzo, 
in nessun ordinamento potrebbe pi� avere rilievo la pretesa del 
danneggiato nei confronti dello Stato offensore. 
Non, ovviamente, sul piano dell'ordinamento internazionale, nel quale 
il privato offeso non � (almeno ai fini che qui ci interessano) soggetto 
di diritto. 
Non, nel .quadro dell'ordinamento dello Stato offensore, il quale, dopo 
la proposizione del reclamo sul piano internazionale, riconosce solo allo 
Stato reclamante la legittimazione a far valere la pretesa per il dannO"subito 
dal privato: ubi maior minor cessat. 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 

Nazioni Unite, con le quali si dava atto che merci e beni del Fed�rici 
erano stati effettivamente requisiti dalle truppe giapponesi e che il governo 
giapponese doveva ritenersi responsabile dei relativi danni. 

Ritenne il Tribunale che tale dichiarazione costituisse riconoscimento 
di debito, cio� del diritto del Federici di ottenere il pagamento dei 
63'8.050 dollari USA, al controvalore in lire italiane, e che la stessa fosse 

. sufficiente a conferire natura privatistica al rapporto in contestazione; 
con conseguente competenza giurisdizionale del magistrato ordinario e 
conoscere della causa, in applicazione dei criteri di collegamento previsti 
dall'art. 4 del Codice di rito. 
La predetta dichiarazione di debito fu qualificata negozio di accertameno, 
sul rilievo che le parti avessero avuto l'intenzione di accertare 
il rapporto giuridico con l'effetto _di rendere incontestabile il credito del 
Federici Giacomo. 

E, infine, nemmeno all'interno dell'Ordinamento dello Stato reclamante 
pu� essere riconosciuta l'esistenza di un rapporto giuridico diretto tra danneggiato 
e Stato offensore in relazione agli effetti della misura di imperio 
dello Stato offensore per il quale il Governo ha proposto in sede internazionale 
domanda di indennizzo. 

Tale ultima conclusione rientra �e si deduce dal pi� generale principio 
dell'immunit� degli Stati dalla giurisdizione di altri Stati per atti compiuti 
nei poteri d'imperio. 

Invero tale principio non � da interpretare in senso meramente processualistico 
(e cio� quale limitazione all'esercizio del potere giudiziario 
di uno Stato nei confronti di uno Stato estero), ma ha natura e 
carattere sostanziale, nel senso che gli O::ridinamenti interni non possono 
conoscere la .sussistenza di diritti risa.r:citori per atti di imperio compiuti 
da Stati stranieri nell'esercizio dei loro poteri sovrani, per la buona e conclusiva 
ragione che gli Organi giudiziari d'un Paese non .possono sindacare 
e valutare gli atti emanati da altri Stati nell'esercizio della sovranit�: 

par in parem non habet imperium. 

E l'esistenza di tale principio nel nostro Oroinamento � stata esattamente 
riconosciuta dalla Suprema Corte nella sentenza gi� citata 10 febbraio 
1949, n. 216 (in Foro it., 1943, I, 334) nella �quale .si afferma che sono 
sottratte al sindacato di legittimit� dell'autorit� giudiziaria gli atti che 
costituiscono esplicazione di potest� sovrana di autorit� (nella specie militari) 
di uno Stato estero. 

Queste considerazioni confermano le conclusioni del paragrafo precedente, 
in quanto dimostrano che una volta proposto dallo Stato di appartenenza 
del danneggiato reclamo .contro lo Stato offensore, viene meno 
qualsiasi pretesa diretta del danneggiato nei confronti dello Stato offensore 
eil danneggiato potr� avere soddisfazione delle sue ragioni in relazione 
all'esito dell'intervento del Governo del suo Stato di appartenenza. 
Ci� -come si � detto ...;__ � confermato dalla constatazione che, dopo l'intervento 
diplomatico dello Stato offeso, in nessun ordinamento potrebbe 
trovar riconoscimento una pretesa diretta del danneggiato nei confronti 
dello Stato offensore. -(Omissis). 

G. ZAGARl 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La statuizione non � fondata su criteri giuridici esatti. 

� noto che fa natura pubblicistica o privatistica dell'obbligazione 
dedotta in giudizio va desunta dal titolo giuridico di essa e da ogni altro 
elemento che valga ad individuare se i soggetti del rapporto abbiano 
compiuto un'attivit� negoziale, e se comunque si profili una responsabilit� 
operante nel settore privatistico, ovvero, se il rapporto stesso trovi fondamento 
in atti od attivit� che, per il loro carattere esulino dalla sfera 
di tale responsabilit� e siano diversamente disciplinati. 

Nel caso in esame non pu� non rilevarsi che la promessa di pagamento 
e la ricognizione .di debito di cui all'art. 1988 e.e. sono istituti 
giuridici che esplicano la loro .efficacia principalmente sul terreno della 
prova, nel senso che dispensano coloro �che ~e �siano titolari, dal lato 
attivo, di dimostrare l'obbligazione e la causa, ma non es-eludono, anzi 
presuppongono, un rapporto fondamentale sottostante, ehe pu� essere 
contestato quanto alla sua esistenza, dal debitore (Cass., 12 luglio 1965, 

n. 1447). 
Anche nella cosiddetta promessa di pagamento titolata (contenente, 
cio�, la indicazione della causa debendi) il promittente pu� dimostrare 
la inesistenza della causa� della obbligazione (Cass., 18 maggio 1966, 

n. 1275). 
Discende dai principi enunciati che ia� ric~ognizione o il riconoscimento 
del debito non avrebbe potuto assumere> nel giudizio conclusosi 
con la sentenza impugnata, efficacia diversa da quella di esonerare i1 
Giacomo Federici dall'obbligo di fornire la prova del suo credito e del 
rapporto fondamentale, ma tutto ci� sarebbe potuto avvenire se non 
fosse stato enunciato dallo stesso attore un tito.lo giuridico (responsabilit� 
per atti compiuti da truppe di Stato estero nella esplicazione di 
poteri di sovranit�), incompatibile con la natura privatistica, attribuita al 
rapporto ai fini della giurisdizione rispetto allo straniero. 

Il riconoscimento di cui alla dichiarazione dell'ufficio giapponese non 
poteva certo essere considerato idoneo a trasformare la natura (peraltro 
risultante dalla .stessa dichiarazione) del :rapporto che si era instaurato 
per effetto delle requisizioni operate in Shangai nel 1943, trasferendo il 
rapporto stesso dal campo strettamente pubblicistico, che gli era proprio, 
a quello privatistico. 

Il titolo giuridico della pretesa era e rimaneva immutato, pur se 

con la dichiarazione di cui avanti veniva riconosciuta l'esattezza di 

quanto aveva asserito il Federici. 

Non avrebbe, quindi, potuto il Tribunale �considerare la ricognizione 
di debito dello Stato del Giappone avulsa dal rapporto fondamentale 
(che era stato esplicitamente enunciato) e come tale ritenerla riferentesi 
ad attivit� privatistica del detto Stato, con il conseguente assoggettamento 
del rapporto alla potest� giurisdizionale del magistrato italiano. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

N� diversi effetti possono essere attribuiti al richiamo, pure 'contenuto 
nella sentenza impugnata, alla fattispecie del negozio di accertamento. 


� noto che questo tipo di negoz�o, ammesso dal nostro �ordinamento 
(pur non essendo espressamente disciplinato) presuppone la incertezza 
di una situazione giuridica preesistente che si intende eliminare mediante 
la conferma o la convalida del preesistente rapp�rto giuridico, in modo 
da preservare e rafforzare il vigore, senza per� alterarne il contenuto, 
giacch�, ove la eliminazione della incertezza si concretasse in un accertamento 
dlifforme dall'effettivo �contenuto e dell'�eff.ettiva portata del negozio 
accertato, 'la nuova situazione importerebbe la costituzione di un nuovo 
negozio giuridico del tutto autonomo, da inquadrarsi nello schema della 
transazione, e non gi� un negozio di accertamento~ il quale non costituisce 
un rapporto ad un altro, ma riveste di certezza quella parte del 
preesistente negozio che� costituiva per i contraenti una raglione di 
dubbio oggettivamente apprezzabile in tali sensi (Cass., 26 settembre 
1964, n. 2413). 

Anche quindi, a ritenere possibile che nel caso fosse configurabile 
un negozio di accertamento (che pu� bene essere strutturato sotto forma 
unilaterale: Cass., 11 maggio 1967; n. 969), restava -ai fini dell'affermazione 
della giurisdizione rispetto allo Stato del Giappone .__ l'ostacolo derivante 
dal principio che esso non poteva valere ad alterare la natura, e 
quindi il titolo giuridico della pretesa del Federici, � ed a trasformare in 
negozio di diritto privato quello che si presentava come tipica e.spressione 
di un rapporto pubblicistico corrente, peraltro, come si vedr� in 
seguito, tra Stati, e neppure tra Stato estero e cittadino. � 

Le considerazioni che precedono valgono a dimostrare l'esistenza 
del presupposto suJ. quale il Ministero degli Esteri ha fondato la istanza 
in questa sede, e cio�. l'estraneit� del rapporto deciso con la sentenza 
impugnata alla sfera di competenza dall'autorit� giudiziaria, conclusione 
questa, pienamente conforme all'orientamento giurisprudenziale in materia 
(Cass., ~4 luglio 1960, n. 1919 e 29 aprile 1.961, n. 1001), secondo 
il quale l'immunit� giurisdizionale degli Stati esteri, che il nostro ordinamento 
� .tenuto a riconoscere per l'ar. 10 della Costituzione, � esclusa 
soltanto quando lo Stato, indipendentemente dal suo potere sovrano, 
svolge una attivit� meramente privatistica alla stregua di un privato 
cittadino, diventando cos� soggetto all'ordinamento dello Stato del foro. 

Deve ora accertarsi se esiste anche l'estremo del pregiudizio per un 

diritto autonomo dell'opponente che dipenda dalla suddetta sentenza. 

Non pu� disconoscersi che alla stregua delle norme di diritto inter, 
nazionale generalmente riconosciute, alle quali il nostro ordinamento � 
tenuto a �confermarsi ai sensi del citato art. 10 della Costituzione, i rapporti 
nascenti da atti d'imperio compiuti dagli Stati nella esplicazione 
della loro sovranit� (ed a maggiore ragione quelli connessi ad attivit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

delle truppe durante operazioni belliche) si instaurano solamente e dif'et.:: 
tamente tra gli Stati, quali soggetti di diritto internazionale, anche se 
tali rapporti riguardano danni arrecati a cittadini e non gi� allo Stato. 

La regolamentazione di essi avviene sul piano internazionale e delle 
tratta�ve_ diplomatiche, come � d'altronde dimostrato da quanto si � 
concretamente verificato nell'ultimo dopoguerra. 

La tutela dell'interesse del privato cittadino � in questi casi assunta 
ed assorbita dalla tutela �che lo Stato attua, nei modi consentiti dalle 
norme internazionali, nei confronti di altro Stato. 

Trattasi, come ha esattamente rilevato la difesa della opponente, di 
rapporto intersoggettivo tra Stati, oper�nte sul piano internazionale e 
concernente diritti esclusivi degli Stati e non . gi� i dei cittadini danneg-� 
giati, i quali ultimi non hanno la possibilit� di far valere direttamente 
le loro pretese nei confronti di un soggetto investito di sovranit� e che 
abbia agito nell'esplicazione di tale sovranit� (cfr. Cass., 27 luglio 1964, 

n. 2093). 
Ne discende che ogni qualvolta il cittadino concretamente danneggiato 
si sostituisce al proprio Stato nell'invocare tute1a nei confronti del 
danneggiante, invade con ci� la sfera dei diritti e dei poteri riservati 
unicamente allo Stato, con conseguente pregiudizio dei diritti e poteri 
medesimi. 

Il pregiudizio sussiste non solo in relazione alla pretesa del singolo 
cittadino (pretesa che appartiene allo Stato, pur se in definitiva � destinata 
a beneficio del privato), ma anche in relazione alle pretese simili 
di altri cittadini, che possono essere compromesse, sul terreno delle trattative 
internazionali dall'azione intrapresa isolatamente. 

Nella specie in esame, il pregiudizio di cui si discute certamente, 
sussiste, in quanto il Federici Giacomo, convenendo davanti al giudice 
ordinario lo Stato del Giappone, ha non solo azionato una pretesa la cui 
tutela era gi� in corso in campo internazionale mediante le trattative 
tra lo Stato italiano e quello giapponese (vedi al riguardo, nota telespresso 
n. 015�694 del Ministero degli Esteri in data 11 novembre 19�67) 
ma ha frapposto un serio ostacolo al buon esito delle trattative per gli 
altri � daims � italiani �danneggiati da azioni commesse dalle truppe 
giapponesi. 

In conclusione, la sentenza impugnata contrasta con i principi di 
diritto in tema di immunit� degli Stati dalla giurisdizione per l'attivit� 
esplicata jure imperii, ed � pregiudizievole per :H diritto soggettivo internazionale 
dello Stato italiano (e per esso dal Ministero degli Esteri), 
inteso nei sensi sopra precisati. . 

Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata potendo 
derivare solo da ci� la eliminazione del pregiudizio lamentato~dal-� 
l'opponente. -(Omissis). 


SEZIONE QUARTA* 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Potenza Est. 
De Roberto -Comune di Leonforte (avv. Sangiorgi) c. Mini.
stero Lavori Pubblici e Interni (avv. Stato Carafa). 

Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 
1962 -Applicazione -Inclusione di Comuni nell'elenco -Criteri. 

Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 
1962 -Applicazione -Inclusione o esclusione dei Comuni per tutto 
il territorio -Necessit� -Inclusione o esclusione solo di parte del 
territorio -: _Impossibilit�. 

Terremoti -�Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 
1962 -Applicazione -Attivit� vincolata -Conseguenza. / 

Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione 
-Poteri del Ministro -Disciplina transitoria per gli 
edifici in itinere -Illegittimit�. 

La legge 25 novembre 1962 n. 1684, che prevede l'inclusione di territori 
comunali nell'elenco deUe localit� sismiche, facendo riferimento ai 
Comuni soggetti ad �intensi movimenti sismici�, non ha riguardo soltanto 
a quelle localit� che, per precedenti episodi teUurici, abbiano riportato 
gravi danni, ma demanda alle valutazioni tecnico-discrezionali dell'Amministrazione 
l'individuazione dei dati ed elementi -non necessariamente 
collegati -a prrecedenti dannosi -capaci di rivelare l'esposi� 
zione del Comune ad �intensi movimenti sismici�; pertanto, � legittimo 
il provvedimento che include un Comune nell'elenco predetto tenendo. 
conto non soltanto dei danni (pur se di lieve entit�) causati da precedenti 
terremoti, ma anche delle condizioni generali, della costituzione 
geologica dei terreni delia Regione, delle anomalie geofisiche del basso 
Tirreno, ecc. (1). 

(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha 
collaborato anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. 
(1-4) Cfr., per i precedenti; Sez. IV, 30 giugno 1970, n. 477, Il Consiglio 
di Stato, 1970, I, 920. 

10 



.; 

340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La legge 25 novembre 1962 n. 1684 non attribuisce,,al MiniStro per 
i lavori pubblici il potere di frazionare il territorio comunale, distinguendo 
tra parti di esso esposte a.d intensi movimenti teilurici (e perci�, 
da includere nell'elenco) e parti che non presentino tale carattere, essendo 
all' Ammi.nistrazione consentita una scelta tra due soluzioni, quella 
dell'inclusione dell'intero t.erritorio comunale nell'elenco o quella della 
su� completa esclusione; pertanto, legittimamente viene assoggettato alle 
prescrizioni ed ai vincoli antisismici l'intero territorio di un Comune, 
anche se solo una parte di esso risulti esposta a fenomeni di intensi 
movimenti tenurici (2). 

L'attivitd amministrativa, riguardante l'inclusione del territorio di 
un Comune n�gli elenchi dei Comuni soggetti alla normativa antisismica 
ha carattere vincolato, essendo il Ministro senz'altro tenuto -una volta 
accertata la sussistenza del ;presupposto richiesto (esposizione della zona 
a � intensi movimenti tellurici �) -senza margine di discrezionalitd, a 
procedere alla prescritta inclusione del Comune nell'elenco; pertanto, la 
circostanza che siano in corso� iniziative per la modifica della disciplina 
legislativa regolante la materia non pu� in alc'lin modo ritardare l'emanazione 
di detto provvedimento (3). 

La legge 25 novembre 1962, '11.. 1684 non attribuisce al Ministro per 
i lavori pubblici -in occasione della formazione degli elenchi dei Comuni 
-il potere di dettare norme di carattere transitorio rivoUe a disciplinare 
gli edifici in itinere, essendo a detto organo solo consentito di 
procedere all'inclusione del Comune nell'elenco, determinando cos� ma 
nei riguardi della sofo edificazione a venire -l'operativit� nel territorio 
comunale della disciplina antisismica; pertanto, � illegittimo il 
provvedimento che, nell'includere un Comune nel detto elenco, assoggetta 
al nuovo regime non soltanto i futuri edifici, ma anche le costruzioni 
i'n corso di realizzazione al momento della emanazione del provvedimento 
stesso (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 16 -Pres. Potenza 
-Est. Catallozzi -Bertini (avv. Bertolino e Pier:ro) c. Mini1stero 
d.i Grazia e Giustizia (avv. S~ato Mataloni). 

Stato civile -Figlio legittimo -Conseguimento dello status -Formazione 
dell'atto di nascita -Necessit� -Presunzione ex art. 
231 Cod. civ. -Funzione. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 341 

Stato civile -Figlio adulterino -Riconoscimento -Diniego -Mancanza 
�fell'impedimento ex a:rt. 231 Cod. civ. -Fattispecie -Illegittimit� 
del diniego. 

La posizione soggettiva di figlio legittimo si consegue non in maniera 
automatica, per effetto dell'esisternza deUe condizioni stabiiite 
dall'ordinamento giuridico (vincolo coniugale �tra i genitori, parto� deUa 
moglie, concepimento ad opera del marito in costanza di matrimonio), 
ma unicamente mediante la formazione dell'atto di nascita detl'individuo, 
da cui risultino il nome deUa madre e la sua qualit� di donna 
coniugata, o, in via sussidiaria, qualora manchi detto titofo, attraverso 
l'originaria instaurazione del possesso di statoi, desunto da una. serie 
di fatti precisi e concordanti (nomen, tractatus, fama); pertanto., la 
presunzione contemplata dall'art. 231 e.e. (in base al quale �il marito 
� padre del figlio concepito durante il matrimonio ,, ) avendo. l'esclusiva 
funzione di integrare l'atto di nasc.ita, attributivo deUo status di 
figlio legittimo, .in relazione ad un elemento non suscettibile� di idonea 
documentazione, � operante solo se l'atto stesso sia stato foT'mato con 
le indicazioni innanzi SrPecificate (1). 

Nel caso che nell'atto di nascita manchi l'indicazione della madre, 
unita in matrimonio (per esse.re stato l'individuo denunciato dal dichiarante 
come 'Qllto dali'unione n�turale di esso dichiarante, celibe, 
cittadino italiano, con donna non coniugata, non parente n� affine� con 
lui, nei gradi che ostano al ricom.oscimento1), la presunzione legale 
di paternit� contemplata dall'art. 231 e.e. (in base al quale �il marito 
� padre del figlio concepito� durante il matrimonio >) non esplica 
i suoi effetti nei confronti dei marito della donna all'epoca del concepimento, 
a nulla rilevando l'errone1a qualificazione di e noi)'!.. coniugata 
� attribuita, nel predetto titolo-, a.ila stessa; pertanto, in tale ipotesi 
� illegittima la reiezione dell'istanza, .prodotta dalla madre, di 
ammissione nei propri riguardi del riconoscimento, per decreto de.I 
Presidente delZa Repubblica, del figlio adulterino nato dalla sua uniol)'l..e 
con persona diversa dal coniuge, ove, alla data di emanaziol)'l..e del 
provvedimento, non sussista l'impedime.nto previsto dall'art. 253 e.e., 
per avere� il figlio lo stato non di figlio legittimo� de�lla donna e del 
suo coniuge (all'epoca deceduto), ma unicamente quello diverso e pi� 
ridotto di figlio naturale, riconosciuto dal so.io padre (2). 

(1-2) Cfr., per i precedenti, Cass., S-ez. Un., 19 aprile 1963, n. 967, 
Giust. Cic., 1963, I, 129�; Cass., Sez. I, 15 luglio 1963, n. 1925, ivi, 1963, 

n. 2018; id. 23 febbraio 1965, n. 301, ivi, 1965, n. 1405; Cass. Pen., Sez.. Un. 
30 maggio 1959 (dc. Marchi ed altri) e 15 marzo 1960 (rie. Cesarini), Giust. 
Civ., 1959, I, 1999 e 1960, I, 1686; Cons. Stato, Sez. II, 13 febbraio 19681 ~ 
n. 77, Foro amm., 1968, I, 20, 1600). 

342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 43 -Pres.'Gl'anito Est. 
Bernardinetti -Trento (avv. Perli:ni) c. Ministero Tesoro (avv. 
' Stato Terranova). 

Danni di guerra�-Contributo di ricostruzione -Domanda -Erronea 
interpretazione come richiesta di indennizzo -Fattispecie -Illegittimit�. 


Nel caso in cui il proprietario di uno stabilimento distrutto dagli 
eventi bellici abbia chiesto il contributo dello Stato per la ricostruzione, 
ai Se'ltSi della legge 27 dicembre 1953, n. 958, ed abbia effettivamente 
proceduto aria ricostruzione, dev_e ritenersi validamente manifestata la 
volont� di ottenere il detto contributq, a nulla rilevando che nella dichiarazione 
successivamente resa ai sensi deli'art. 7 legge cit. sia stato adoperato 
il termine �indennizzo� in luogo di quello di �contributo�, specie 
se detto t.ermine risulti gi� incorporato nel modulo preparato dalla 
Intendenza di finanza; pertanto, illegittimamente l'Intendente di finanza 
(ed il Ministro per il tesoro, in sede di decisione del ricorso gerarchico 
proposto contro il provvedimento deWAutorit� periferica), ritenendo in 
detta dichiarazione concretata la volont� di innovare alle precedenti 
istanze, provvede a liquidare l'indennit�, anzich� il chiesto contributo, 
per danni di guerra. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 geillilaio 1971, n. 48 -Pres. Mezzanotte 
-Est. Vicenzio -Soc. Compagnia agricola industriale gomma 
.e oli:banum (avv. Clarizia) c. Ministero agricoltura e foreste (avv. 
Stato Albisinni). 

Competenza e giurisdizione -Industria e commercio -Importazione Integrazione 
prezzo di importazione -Concessione -Decadenza Per 
omesso deposito in termine della dichiarazione di accettazione 

dei contratti -Impugnativa -Giurisdizione del C. d. S. 

Prezzi -Industria e commercio -Importa~ione -Integrazione prezzo 
di im:t;>ortazione -Concessione -Dichiarazione di accettazione dei 
contratti -�Termine per il deposito -Imposizione da parte del 
Comitato interministeriale -Legittimit�. 

Prezzi -Industria e commercio -Importazione -Integrazione prezzo , 
di importazione -Concessione -Decadenza -Per mancata tempestiva 
osservanza di una clausola -Atto dovuto -Eccesso di po


tere -Non sussiste. 

Nel caso in cui la Societ� richiedente la concessione dell'integra-:. 

I' 

zione ,del prezzo di importazione di un dato quantitativo di merce non 

--~ 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 343 

abbia ottemperato alla clausola che imponeva il deposito, entro un termine 
perentorio prefissato decorrente dalla comunicazione dell'esito favorevole 
della gara, della dichiarazione di accettazione dei contratti di 
acquisto della merce stessa, la d.ecadenza dalla dettJa concessione si verifica 
nell'ultimo stadio formativo del rapporto in corso di instaurazione 
tra la P. A. e l'interessata, ed ha anzi precisamente la funzione di impedire 
la formazione di tale rapporto; pertanto, incidendo il provvedimento 
di decadenza non su un diritto soggettivo perfetto, ma soltanto nell'inte-� 
resse legittimo delia societ� richiedente al definitivo perfezionamento 
del rapporto, la relativa controversia rientra nella giurisdizione del giudice 
amministrativo. 

L'imposizione d.i un termine di decadenza per il deposito della 
dichiarazione di accettazione de( contratto di acquisto della merce, ai 
fini della concessione della integrazione del prezzo di importazione, di 
un dato quantitativo del prodotpo, rientra nel potere discrezionale del 
Comitato interministeriale per il prezzo dello Zucchero di importazione, 
il quale ha il potere di disciplinare le modalit� di importazione della 
merce ai fini dell'ammissione delle singole operazioni alla integrazione 
di prezzo della Cassa conguaglio, nonch� di stabilire le condizioni alle 
quali l'integrazione stessa era subordinata ai sensi dell'art. 1 primo 
comma d.l. 25 maggio 1963. 

Nel caso in cui l'Amministrazione -in presenza di una precisa 
clausola di decadenza della ditta richiedente la concessione dell'integrazione 
del prezzo di importazione di un prodotto, per l'inademtpimento 
di una specifica condizione nel termine perentorio stabilito -non possa 
esimersi, anche per il principio della par candido dei concorrenti, dal 
dichiarare la decadenza della ditta stessa dalla concessione in parola per 
il solo fatto obiettivo dell'inosservanza del termine perentorio,. considerando 
in conseguenza ininfluenti le ragioni addotte dalla ditta a giustificazione 
di tale inosservanza, non pu� configurarsi nel comportamento 
dell'Amministrazione il vizio di eccesso di potere, in manoonza di una 
facolt� della stessa di valutare discrezionalmente se far luogo, o men�, 
alla pronuncia di decadenza. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 52 -Pres. Granito 
-Est. Viv�nzio -P.ierron (avv. Perlini) c. Intendenza di Finanza di 
Frosi~one (avv. Stato Terranova) e Casa di cura Madonna delle 
Grazie di Anagni (avv. Colafranc-eschi). 


Contabilit� generale dello Stato -Contratti della p. a. -Alienazione 
beni immobili -Gara -Avviso d'asta -Pubblicit�-notizia -Inosservanza 
dell'art. 18 r. d. n. 454 del 1909-Illegittimit�. 

Ai sensi dell'art. 18 r.d. 17 giugno 1909, n. 454 (che configura una � 
particolare forma di pubblicit�-notizia, avente lo scopo di portare l'av



344 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

viso di asta a conoscenza deHe generalit�), l'affissione dell'avviso nei 
luoghi prescritti deve essere rinnovata per tre volte consecutiv.e nell'am~ 
bito di un mese, plf'eferibilmente in giorni festivi, nel senso che ciascuna 
affissione deve essere distinta dalla precedente e che, di conseguenza, 
deve intercorrere un certo tempo tra ciascuna di esse, purch� tutte e 
tre abbiano luogo nell'ambito di un mese; pertanto, dovendosi l'affissione, 
durata in modo continuativo per oltre un mese, ritenere quanto meno 
equipollente a tre distinte affissioni nell'arco del mese stesso, per essere 
stata rispettata la ratio che ispira la richiamata norma (ed a nuUa �rilevando 
che nei periodi intermedi l'avviso non sia stato asporta.to dai luoghi 
prescritti), illegittimamente l'Intendente di Finanza annuLla il verbale di 
aggiudicazione, di un terreno venduto all'asta ed il pT'oprio decreto di 
approvazione di detto verbale, in�considerazione del fatto che l'affissione 
dell'avviso d'asta, perdurata in modo continuativo per oltre un mese, 
non era stata rinnovata per tre volte. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1855 -Pres. Gianniaittasio 
-Est. Per:r:on.e Capano -P. M. Antoci (conf.) -S.p.A. V.io... 
bella (avv. Gr:assi) 'c. Milllistero delle Finanze (avv. Staito Masi). 

Imposta di ricchezza mobile -Redditi di capitale -Esistenza del mu


tuo -Prova per presunzioni -Ammissibilit�. 

(legge 8 giugno 1936, n. 1231, art. 20; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 50). 

Ai fini deUa .imposizione sui redditi di� capitale, non soltanto ia 
fruttuositd ma anche l.'esistenza di un mutuo (e in g�nere di un finanziamento) 
pu� essere provata mediante presunzioni. CMrettamente 
pu� presumersi l'esistenza di uno o pi� mutui nel caso di acquisto da 
parte di una sociietd di beni di valore notevolmente superiore alle 
somme di denaro, conferite dai soci (e in ge.nere alle attiv:itd sociali 
risultanti dal bilancio). Inoltre, corretta.mente pu� desumersi chei il 
valore �di un immobile concordato dal contribuente ai fri,ni dell'imposizione 
sui trasferimenti coincida con il valo'l"e di mercato dell'immobile 
stesso, e che a questo coincida anche il prezzo effettiviamente COIJ"'risposto 
dall'acquirente a titolo oneroso (1). 

(Omissis). -�Col secondo motivo si censura l'impugnata sentenza 
ne11a .par.te in cui ha xitenuto 1che � legittimamente l'ufficio delle im


(1) La presente sentenza � esattamente conforme all'altra 8 ottobre 
1970, n. 1854 fra le stesse parti, la prima �parte della quale � stata pubblicata 
in questa Rassegna, 1970, I, 1092, �Con nota. 
La prova per indizi e l'accertamento dei redditi imponibili. 

Con la decisione in rassegna e con altra in pari data n. 1854, la Corte 
di Cassazione conferma che �noi;i solamente la 'fruttuosit�, ma anche l'esistenza 
di un mutuo e in genere di un credito pu� essere provata sulla base 
di elementi indiziari, mediante la �prova indir�etta critica. Lo stesso orientamento, 
peraltro, era gi� implidto nelle sentenze 3 ottobre 1968, n. 3075 

(in Riv. leg. fisc., 1969, 345), 15 luglio 1966, n. 1891 (in Riv. leg. fisc., 1966, 

2030) e 24 gennaio 1947, n. 69 (in Riv. leg. fisc., 1947, 114). Un cenno in 

senso �contrario era invece contenuto nella sentenza 1'6 giugno 1941 n. 1794 .. 

(in Riv. leg. fisc., 1941, 618). 



346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

poste accert�, in base a presunzioni giravi, precise e concorda;riJff, l'esi


�,/ 

stenza di due mutui a favore defila societ� ". Si deduce che non esistevano 
:liatti noti, stodcamente provati, da cui poter de1sumerie, come 
conseguenza uni.ca e 111ecesisaria, l'esistenza di 1altri fatti; e si addebita 
ai giudici di merito di avere attribuito ,efficacia probatoria a presun-

La dottrina pi� recente, 1Pur avendo pi� volte commentato le norme 
confluite nell'art. 86 del testo unico del 1958, ha dedicato alla specifica 
questione solo brevi cenni: ZAPPAL� e LANZA, L'imposta sui redditi mo-biliari, 
1964, 240, A.LLORIO, Diritto processwale tributario, 1962, 367 (in 
nota 200}, S'ANTONASTAso, L'art. 66 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645, 
in Riv. dir. fisc., 1968, I, 459. Ampliamehte invece ne ha trattato il QUARTA 

(Commento alla legg� sull'imposta di ricchezza mobile, II edizione, 1903, 
vol. II, 22), il quale ha esattamente osservato come l'art. 21 del t.u. 2~ agosto 
1877, n. 4021 �intende a niente altro, fuorch� a significare che, quando 
vi siano titoli, dai quali .risulti l'esistenza di redditi in forma definita, al


1

lora questi redditi debbano essere dichiarati al lordo, nelle 1somme che 
figurano nei titoli medesimi, senza che possano diminuirsi per ca~coli presuntivi 
e prudenziali �che siano per farsi; la qual cosa � affatto estranea 
al modo, onde l'esistenza dei redditi .stessi debba essere dimostrata, e non 
toglie (n� l'articolo in una maniera qualunque lo esclude) che, ove i titoli ( 
non vi �siano, l'esistenza ne possa essere in altra maniera dimostrata ed 
accertata"� �La obiezione -ha anche rilevato il QUARTA -che, nel difetto 
di titoli, l'iscrizione di siffatti redditi �si fonderebbe solo sopra una 
semplice arbitraria presunzione della loro esistenza, prova nulla perch� 
' prova troppo; essendo evidente che, se valesse, dovrebbero i titoli richieJ 
dersi per l'accertamento di tutti gli altri redditi ancor se variabili ed eventuali, 
.poich� riguardo a tutti codesti l'esistenza non poggia che sovra una 
presunzione ". 

Ed invero l'art. 8 della legge 11 agosto 1870, n. 5784, all. N, trasfuso 
poi nel testo unico del 1877 al .comma secondo dell'art. 50, seguito dal 
secondo .comma dell'art. 77 del regolamento 11 luglio 1907, n. 5'60, e ora 
infine trasfuso nel secondo comma dell'art. 86 del testo unico del 1958, 
lungi dall'avere introdotto una disciplina speciale e derogatoria per l'accertame.
nto e l'imposizione dei redditi di capitale, ha soltanto confermato 
l'operare, anche per tali redditi, di alcuni principi generali. Ha cos� confermato: 


a) che fatto dlevante agli effetti dell'imposizione mobiliare � l'acquisizione, 
di un reddito da parte di un soggetto, e che perci� l'attivit� 
di accertamento deve essere portata �SU questo fatto, rimanendo solo incidentale 
e anche eventuale la conoscenza di altri fatti che si collocano per 
cos� dire "a monte,, del fatto anzidetto (quale, ad �sempio, la stipulazione 
di un contratto avente un particolare contenuto); 

b) che il fatto dell'acquisizione di un reddito pu� essere accertato, 
tanto dall'amministrazione finanziaria quanto dalle commissioni tributarie, 
mediante la prova indiretta critica, desunta da elementi indiziari; e 

e) che i documenti formati dal contribuente o che il medesimo ha 
concorso a formare, �costituiscono �elemento di prova soltanto dei �fatti 
sfavorevoli,, (arg. ex art. 2730 e.e.) al contribuente, e non possono essere 
da costui invocati e fatti valere come prova a proprio favore (salvo l'ope-,. 
rare di un criterio desumibile dall'art; 2734 e.e.). 



347

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ziorni non aventi i �l"equisiti di .�egge, di aver desunto presunzfoiii da 
presunzioni, di non aver �coordinato e valutato nel loro compJ.esso tutte 
le >Circostanze note, e di non aver �esalcinato gli elementi di fatto che 
contrastavano con quelli .utilizzati ai fini della decisione. 

Nessuna di �tali censure � fondata. 

L'ultimo di questi tre princ1p1 poggia su una esigenza logica persino 
ovvia. Esso impedisce che il contribuente possa invocare il contenuto pattizio 
di documenti contrattuali da lui stesso redatti (o la cui redazione 
egli ha determinato) .per escludere l'esistenza di un reddito o per determinarne 
l'entit�: su questo punto, peraltro, si torner� nel seguito di questo 
scritto. E.sso, inoltre, impedisce che possa essere condivisa l'affermazione 
secondo cui i bilanci delle societ� sarebbero �assistiti� da una mitica 
�presunzione di verit�� in qualche modo operante nei confronti dell'Amministrazione 
finanziaria. Questa affermazione � pervenuta alla sentenza 
in rassegna da precedenti pronuncie, alcune delle quali ormai lontane nel 
tempo, senza per� che mai essa abbia formato oggetto di una verifica critica 
e di un adeguato approfondimento. Anzi, chi ripercorra la strada fatta 
dalla giurisprudenza, finisce con il trarre il �convincimento che l'affermazione 
anzidetta .sia il risultato di una serie di mutuazioni alquanto inconsapevoli 
di un'i:dea oTiginaria da essa nettamente diversa. . 

Ed invero, in una sentenza 25 aprile 1879 (in causa Credito Fondiario 

c. Finanza), la Corte di Cassazione romana, interpretando l'art. 25 del testo 
unko del 1877, chiaramente affermava che la "finanza sar� sempre in diritto 
di verificare, contradire e correggere i risultati erronei di quei bilanci, 
i quali non possono essere misura e regola all'applicazione dell'imposta, 
se non in quanto .siano conformi alla leg;ge ed alla verit� �. Successivamente 
la stessa Corte, nella sentenza 12 gennaio 1912 (in causa Soc. 
Oerlikon c. Finanza, in Giur. it., 1912, I, 132) a�ttribuiva al bilancio di una 
societ� anonima il valore di una � presunzione � nel contesto del brano 
che si .riporta: �Nessun dubbio che i bilanci delle societ� anonime costituiscono 
la base normale dell'accertamento del reddito .sul quale deve essere 
determinata la tassa di rkchezza mobile, che cio� .costituiscono una 
vera e �propria presunzione iuris tantum; ma questa presunzione pu� essere 
�combattuta e invanita dall'agente delle imposte con tutti i mezzi specialmente 
indicati nell'art. 37 della legge e nell'art.� 78 del regolamento. 
fra cui le indagini di fatto sull'entit� dei redditi"� La stessa sentenza, in 
un brano successivo, chiarisce: �l'agente valut� il montare delle forniture, 
la grande quant~t� degli affari nella cospicua somma di L. 671.444; 
stim� un utile del 5 % , che fu poi prudentemente ridotto dalle commissioni 
amministrative; tenne conto di tutti gli altri elementi di fatto, che 
confortavano il �suo apprezzamento; e tutte queste ricerche e valutazioni 
entrano nell'ampia sfera della norma dell'art. 78 del :regolamento �. 
J.?i "presunzione di verit�� si parla nella sentenza della Cassazione 
romana 11 maggio 1912 (in Giur. it., 1912, I, 637): �Il reddito �che risulta 
dal bilancio � presunzione di verit�, come dall'art. 25 di detta legge, ma 
la presunzione � iuris tantum, perch� ammette la prova del contrario, 
come s'inferisce dagli artt. 37 e 50 della legge .stessa, del che non si � 
mai dubitato, cOine non si dubita da alcuna delle parti nella presente controver.
sia �. Tuttavia, la stessa sentenza determina il significato di questao/ 
affermazione, quando aggiunge: �La prova, che deve pur fornire l'Aro� 



348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Er:a acquisita (ed addirittwria pacifica) una serie di fatti .certi, documentalme:
rute prova1ti e di dlevanza decisiva, quali i seguenti: a) che 
il capitale soieiale ammontava ad appena lire un milione; b), che, ci� 
nooiostan.te, la societ� acquist� immobili per un prezzo dichiarato di 
lire sette milioni; e) che il valO're .effettivo di tali immobili, ai fini del


ministrazione per smontare la presunzione di verit� del bilancio, non tralascia 
di essere una rprova della .specie di quelle, di cui agli artt. 37 e 50 
della legge, che � a base d'informazioni e di congetture, su cui deve basare 
il convincimento insindacabile delle commissioni amministrative; � 
una prova, senza forme determinate, e per sua indole sfugge alla critica 
ed al controllo da parte dell'autorit� giudiziaria, il cui compito � circoscritto 
alle �sole questioni giuridiche �. � 

In seguito, la giurisprudenza ha ripetuto piuttosto tralaticiamente 
espressioni similari, non solo omettendo di esaminare la validit� .e il significato 
ma persino alterando il contesto originario delle espressioni stesse. 
Cos�, ventiquattro anni dopo, nella 1sentenza 24 luglio 1936, n. 2721 (in 
Foro it., 1936, I, 1191), � :possibile trovare gi� formulate enunciazioni testualmente 
identiche a quelle contenute nella sentenza in rassegna (parimenti, 
nelle sentenze 14 agosto 1959, n. 2526, in Riv. leg. fisc., 1960, 235, 
e 7 gennaio 1965, n. 14, in Riv. leg. fisc., 1965, 808, queste due per� rese in 
materia di imposta di famiglia). 


In realt�, l'asserto �secondo .cui i bilanci delle 1societ� sarebbero � assistiti
� da una �presunzione di verit�� � privo di validit�. L'unico valore 
probatorio attribuibile ai bilanci � quello in senso lato confessorio, di cui 
sopra si � detto (sull'argomento, cfr. anche MEssmEo, Valore giuridico 
delle poste di bilancio di societd per azioni, in Foro it., 1938, I, 1427). Del 
�resto, d� � confermato dalla considerazione �che la deliberazione assembleare 
che approva un bilancio non rispondente all'effettiva situazione 
della �societ� � affetta da nullit� assoluta, e quindi nulla aggiunge, in termini 
di rilevanza, al bilancio falso (Cass., 13 febbraio 1969, n. 484, in Giust. 

civ., 1969, I, 587, con richiami di pr:ecedenti e nota di GrANNATTASIO). 

A ben vedere, il bilancio � �soltanto un allegato alla dichiarazione del 

contribuente, ed ha un valore probatorio identico a �quello riconosciuto 

a tale dichiarazione (sul punto, da ultimo, CHrcco, Valore probatorio della 

dichiarazione dei redditi, in questa Rassegna, 1967, 1062, e Russo P., Na


tura ed effetti giuridiCi della dichiarazione tributaria, in Riv. dir. fin., 

1966, I, 231). 

Rimosso l'equivoco della cosiddetta �presunzione di verit�� dei bi


lanci, si .pu� passare al commento del principio sopra indicato con la let


te.ra b). L'utilizzazione degli indizi per l'accertamento dei redditi imponi


bili �, �com'� noto, ampiamente riconosciuta da disposizioni .legislative. 

Cos�, per i soggetti tassabili in base a bilancio, gli artt. 119 e 120 del testo 

unico del 1958 (i quali sostanzialmente riproducono norme precedenti) 

dispongono, il primo, che per il GOntrollo del bilancio e delle altre scrit


ture contabili � ammesso il ricorso " agli elementi e dati concreti rac


colti d'uffido � e che l'integrazione o correzione delle impostazioni di bi


I

lancio mancanti o inesatte pu� essere operata "anche induttivamente� 

l i

(ossia in forza di elementi indiziari); e, il secondo, che l'a!:'certamento 
sintetico � fatto "in base alla �situazione economica dell'azienda desunta' 
dagli elementi e dati comunque !raccolti,., 


I 



PA�tTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 349 

l'imposta di ir.egistro sull'atto di compravendita, fu cottlCoil"dato in"lire 
38.375.000; d) �che dal� bilancio risultava un veriSamento da parte dei 
soci per l'importo di liire 5.500.000, ia titolo di aumento di capitale,

I 

mentre nessun aumento di �capitale fu deliberato fino alla da.ta del:
J.'.accer:tamento fiscale, avvenuto dopo drica quarttro anni. 

La sentenza in rassegna ha esattamente rilevato che mediante indizi 
possono essere accertate sia la posta di bilancio integrativa o correttiva 
di quelle mancanti o inesatte, sia l� incompletezza o inesattezza del bilancio 
e la .conseguente sua inattendibilit�. E, invero, l'art. 7 del r.d.l. 
13 gennaio 1936, n. 120 (poi confluito negli artt. 119 e 120 del testo unico 
del 1958), nel sostituire l'art. 20 del r.d.l. 24 ottobre 1935, n. 1887, ha meglio 
pre:visto la disciplina della funzione amministrativa di accertamento e, 
quindi, dell'iter logico da seguire nell'attivit� di accertamento, mentre 
non ha introdotto alcuna modifica alla disciplina della prova (cfr. la sentenza 
n. 2721 del 1936 sopra .citata). L'accertamento dell'inattendibilit� del 
bilancio �, in sostanza, solo un momento di un'unica valutazione che si 
conclude �con l'integrazione o correzione �delle impostazioni di bilancio, 
oppure, nei casi 1pi� gravi (art. 120 lett. e), �con �l'accertamento sintetico; 
e gli stessi elementi probatori possono essere utilizzati per i vari momenti 
di tale valutazione. 

Non pu� .quindi essere condiviso l'asserto �Secondo cui �il reddito accertato 
sinteticamente ossia con metodo presuntivo e induttivo � ... un reddito 
diverso da quello risultante analiticamente" Gcosi ALLoRIO, Diritto 
processuale tributario, 1962, 364, nota 194). Invero, 1come si � osservato, il 
ricorso a presunzioni o indizi � ammesso (ed � normale) anche per la 
correzione o integrazione delle impostazioni di bilancio mancanti o inesatte, 
e non discrimina l'accertamento sintetico da quello analitico, modalit� 
queste diverse di una medesima funzione. 

V'� di pi�. Tra disciplina della prova e configurazione del procedimento 
nel quale la prova stessa � utilizzata esiste un collegamento tanto 
pi� stretto quanto pi� tale procedimento ha carattere inquisitorio. Ora, 
com'� noto (cfr. per tutti ALLoRro, op. cit., 320, �e MrcHELI, L'onere della 
prova, 19.66, ristampa, 291), il procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni 
tributarie ha un sictJ.ro carattere inqui�sitorio: si pensi all'art. 27 
del r .d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ove si parla di giudizio � in base alla 
obbiettiva considerazione dei fatti delle ci11costanze e degli elementi tutti 
di apprezzamento di cui siano a �conoscenza "; e all'art. 25 comma primo 
del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 che attribuisce alle commissioni le facolt� di 
indagine conferite agli uffici dell'amministrazione. In un .siffatto procedimento, 
alle facolt� di acquisizione del materiale probatorio iper iniziativa 
dello stesso organo �chiamato poi a decidere e alla ;possibilit� di utilizzare 
persino i fatti di cui questo �Sia comunque a conoscenza, non pu� non far 
seguito una ampia libert� di valutare il materiale �probatorio acquisito e in 
genere le cognizioni disponibili, e quindi anche di valorizzaTe, pur con la 
doverosa cautela, i meri indizi (sul collegamento tra processo inquisitorio e 
prova per indizi, BERLIRI A., n processo tributario amministrativo, 1940, 
II, 161, e, con diverso orientamento, .ALLORIO, op. cit., 363, nota 190). Cosa 
questa gi� rilevata dalla giurisprudenza la quale ha avuto modo di affermare 
.. (Cass. SS. UU., 9 giugno 1941 n. 1695, in Riv. leg. fisc., 1941, 612) che e le ~ 
fonti della prova del processo ordinario (confessione, testimonianza, scrit




350 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sul!la base di codesti fatti certi, valutati inOlll gi� isolatamente, ma 
nel foro coo~dinafo compJ:e.sso, i giudici di merito ha!Ilno rilevato che 

, J.eg1ttimo era stato l'operato dell'amministrazione filn.anziaria, ila quale 
aveva ritenuto l'esistenza di due mutui a favo!I"e della sociieit�, uno da 
parte dei soci ,e l'a~tro da parte di terzi non identificati. Senza un 

ture, presunzioni) soggiacciono nel processo tributario, a notevole trasformazione, 
per la soppressione delle forme e per la dispensa, di regola, dalla 
motivazione in fatto e quindi dall'enunciazione della prova, in modo che 
potrebbe la prova ridursi alle fonti meno controllabili, quali la presunzione 

o la informazione (testimonianza informe non partecipata), o addirittura 
scomparire nella stessa convinzione del giudicante ~. 
In proposito va sottolineato -sia pure per inciso -come proprio la 
necessit� per le controversie in materia di estimazione degli imponibili, di 
un procedimento a carattere inquisitorio e di una .particolare disciplina 
delle prove, abbia costituito la �Pi� cocente delle ragioni .politiche della 
sottrazione di dette controversie alla giurisdizione ordinaria. Tale necessit� 
sussiste oggi �come nel 1865, e non va sottovalutata, come lo � da 
coloro che, sensibili unicamente all'attuazione dei principi di unicit� della 
giurisdizione e di pienezza della tutela giurisdizionale, sono portati �a 
ridurre a ordinarie �controversie �civili le controversie tributarie, e ad 
estendere a queste, con un automaUsmo quanto meno sospetto, le regole 
civilistkhe in materia di prove. 

Un esempio di estensione non ade.guatamente meditata di dette regole 
� rinvenibile nella sentenza in rassegna, laddo"\'e si asserisce che anche 
nelle controversie tributarie le presunzioni possono essere utilizzate � purch� 
abbiano i caratteri della gravit� precisione e concordanza richiesti 
dall'art. 2729 e.e. �. Affermazione questa 0che !ascia non poco perplessi: � 
ben vero che un uso non corretto e non misurato del materiale indiziario 
pu� condurre ad illazioni arbitrarie e deve quindi essere evitato; � per� 
anche vero che immediatezza (art. 2727 e.e.) gravit�, precisione e concordanza 
(art. 2729 e.e.) degli indizi, seppure sono richieste per la prova civile, 
dominata dal principio dell'onere per le parti di fornire (e quindi di precostituire) 
la prova, non sono logicamente necessarie per formulare presunzioni 
caratterizzate da un accettabile grado di razionalit�, e in genere 
per un corr�etto e cauto giudicare. 

In particolare, merita osservare che un solo elemento indiziario, ad 
esempio l'entit� dei ricavi lordi di una impresa, pu� costituire (e frequentemente 
costituisce) sufficiente supporto di un accertamento sintetico dei 
redditi conseguiti dalla impresa stessa, in assenza di prove idonee a privare 
il significato di detto indizio o a renderlo gravemente equivoto (sulla 
sufficienza di un solo indizio, LEONE, Trattato di diritto processuale penale, 
1961, vol. II, 165). Del resto, la necessit� di .una pluralit� di indizi concordanti 
� �superata dalle disposizioni che impongono alla commissione tributaria 
di Ticercare il materiale probatorio, senza adagiarsi in una 1passiva 
applicazione della regola di giudizio posta dall'art. 2697 e.e. Cosa questa 
che conduce a formulare �criteri di convenienza� quale �quello secondo 
il quale il giudice pu� pretendere dal contribuente la prova dei fatti che 
egli � in grado di conoscere meglio � (MICHELI, op. cit., 293), e quindi pu�, 
in relazione al comportamento inerte del contribuente, valorizzare un' 
indizio risultante dagli atti, facendone la base logica di �una presunzione. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 351 

finanziamento, iiniatti, la societ� non avr,ebbe potuto acquis:tar~��(col 
suo caipitall:e di lire UJn. milicme) g1i immobile che invece ,a,cquist�. Ed 
i.ingiustificato era da ritenersi, ,secondo l'implicito apprezzamento dei 
giudici ,di merito, J.',assunto della societ�, secondo c:ui essa, avendo una 
composizicme ,strettamente familiaire, aveva acqui,stato quegli immo-

Considerazioni analoghe possono condurre ad escludere l'operare, nella 
materia di che trattasi, nel noto ditterio praesumptio de praesumtione non 
admittitur. 

L'argomento meriterebbe un esame pi� ampio, non .consentito in questa 
sede. � tuttavia possibile respingere le facili trasposizioni delle regole 
disciplinatrici della prova �civile alle controversie in tema ,di determinazione 
dell'imponibile, ,e contrastare la tendenza a vedere tali controversie crune 
una specie delle controversie civili, per ,cos� dire, ingiustamente esiliata. 

A questo punto, appare palese che -come affermato dalla Corte di� 
Cassazione -il ,secondo ,comma dell'art. 86 del testo unico del 1958 e le 
disposizioni che l'hanno preceduto, lungi dall'avere introdotto una disciplina 
speciale per l'accertamento dei redditi di capitale, ha soltanto confermato 
fa possibilit� di accertare mediante elementi indiziari tanto la 

.fruttuosit� quanto l'esistenza di un :mutuo e in genere di un credito. E �ci� 
anche quando il contribuente produce documenti contrattuali ( o altro 
materiale probatorio equivalente) dai quali non �appare,., o addirittura � 
contrastata, l'esi,stenza oppure la fruttuosit� del credito, l'una e l'altra 
rilevabili invece induttiv�amente (sul significato del termine "titolo�;, 
cfr. BERLmI A. Il testo unico delle impo.ste dirette, 1960, 195, �, SANTONASTAso, 
op. cit., 473). 

� stato scritto che la disposizione in esame sarebbe .stata introdotta, 
nel 1870, per porre l'amministrazione finanziaria al riparo dai facili artifizi 
delle parti private .� senz'uopo di ricorrer� all'impugnativa di simulazione 
per vie giudiziali del titolo" (PESTALOZZA, Simulazione, in Enciclopedia 
giuridica italiana, vol. XV, 1925, 868, e DISTAso, La simulazione dei negozi 
giuridici, 1960, 711). 

In tal modo, si � �collocata la disposizione stessa �sul territorio della 
disciplina della simulazione. Cosa questa �Che � accettat.le nella misura in 
cui conferma, per altra via, la possibilit� "senza limiti,., per un ,soggetto 
terzo, di provare anche mediante presunzioni la :realt� dei fatti (art. 1417 
e.e.), e la impossibilit�, per coloro 1che hanno p_osto in essere una �situazione 
apparente (ad esempio, redigendo un documento), di invocare e utilizzare 
tale situazione a .proiprio favore contro un soggetto terzo; ma che non � 
pi� accettabile quando, per essere irimasti troppo lungamente sul terreno 
della disciplina della simulazione, si rperde di vista che il fatto rilevante 
ai fini dell'imposizione mobiliare � non tanto la V'eridicit� o meno di ci� 
che � appare � da un " titolo "" quanto invece la acquisizione o meno di un 
reddito. 

' 

Con il sottolineare l'affermazione di principio ,sopra indicata con la 
lettera a), si � appunto inteso rettificare la distorsione di visuale conseguente 
dall'attribuzione di un rilievo immediato ed eccessivo alle vicende 
contrattuali e alle entit� documentali ad esse relative. 

F. FAVARA 

J 

252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bili (da uno dei soci) per un prezzo notevolmente iinferior�e ~r"quello 
giuis,to (ma pur sempre superiore al capitale sociale). 

La motivazione della i:mipugnata sentenza � del itutto esauriente, 
� sorrretta da argotmentazioni logiche, oltre che immuni da erirori di 
diritto, ed � perci� m.sindacabile in questa sede. I vizi deillunciati dalla 
ricoll"lr�ente non sussistono, ne � esatto che la prova dei due mutui sia 
stata desun,ta, :in via presuntiva, unicamen1te dail valore attribuito ai 
smndicat:i immobili in �sede tributaria, ai fini dell'imposta di registro 
sul contratto di compravendita. Questo, come innanzi si � visto, fu uno 
degli �elementi utilizzati dall'amministrazione finanziaria, J.a quale fond� 
i suoi apprezzamenti (condivisi dai giudici di medito) su tutti i 
fatti oinnan.zi menzionati, ed in parlicolaire su � quello della modesta 
entit� del oapii1:a1e Sociale, che non consentiva le operazioni in realt� 
compiute. D'altra parte, esattamein.te la Corte d'appello ha oss1ervato 
che "il c01D.cor:dato stipulato dal contribuente 1ari fin.i dell'imposta di 
registro � pienamente attendibile agli ,effetti della determinazione del 
valore di mercato del bene, sia perch� � preceduto da perizia tecnica, 
sia pevch� non � <ragionevoli.e che il contribuente accetti di concoirdare 
per un valore 1che superi in misura apprezzabile quello reale; ed anzi 
si deve f001datamente presumere, sec001do la comune �esperienza, che il 
prezzo eff�ettivo di vendi.ta corrisponda a quello di mercato, salvo casi 
eccezicmaili, che nella specie non ricorrono�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottob11e 1970, n. 2160 -Pres. Roosano 
-Esv. Geri -P. M. Gentile (conf.) -Minist&o delle Finanze 
(avv. Stato F.reni) c. Societ� �a.s. Orlando ~illlchi e figlio (avv. 

Ferii). 

Imposta di registro -Forniture di merci alle pubbliche Atn.nlinistrazioni 
-Aliquota dell'l per cento -Applicabilit� nel periodo compreso 
fra l'entrata in vigore della legge n. 261 del 1953 e della legge 

n. 603 del 1954. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 52; legge 4 aprile 1953, n. 261, 
art. 4; legge 6 agosto 1954, n. 603, art. 33}. 
Per le forniture di me11ci alle pubbliche Amministrazioni, 'la riduzione 
dell'aliquota den'imposta di registro dal 2 ali'1 % stabilita con 


'la legge 6 agosto 1954, n. 603, era applicabile fin dali'entrata in vigor~ 
delia precedente legge 4 aprile 1953, n. 261, che l'aveva gid disposta 


353

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

per i contratti di appalto e quindi per le forniture in gemere .c1ie a 
quelli sono pa.rificate (1). 

(Omissis). -'I due mortivi del ricO�l'So, data l'intima foro connessiOIIle, 
possono essa-e tmttarti congiuntamente. 

Si du0t1e 1nel primo 1'Amministrazione delle Finanze che sia stata 
ritenuta applicabile l'aliquota dell'l % anche ai contra.tti di fornitura 
stipulati con lo Stato nel periodo intercorrente :lira l'entrata in vigo!l.'e 
della legge n. 261 del 1953 e l'entrata in vigore della legg,e n. 603 del 
1954, che previde la dduzione a11'1 % per le forniture alle pubbliche 
amm:itrristraz.iom. A ita.nto non awebbe dovuto pervenire la Corte di 
merito, poiich� i contria.tti di cui si discute avil"ebbero sempre avuta 
un:a aut01I1oma disciplina, �Come dov.rebbe desumersi dai p,rec.eden:ti 
legiis1a.tivi, in virrt� dei quali il'aliquorta del 2 % stabilita dalla legg,e 

n. 283 del 23 ma.rzo 1940 fu modificata soltanto con la ilegge n. 603 del 
19�54 �e noo gi� con quella n. 261 del 1953. 
In og,ni �caso 1a legge n. 261 del 1953, !dguairdante soltanito gli 
appalti, poteva comprendere 1al massimo ile fornitUtl"e-aippaiLto e non le 
fo:rniiturre vendita che non saxebbero equipail'abili, anche escludendosi 
l'autonomia della disciplina fis�cale sostenuta nel primo motivo (II mezzo). 

Malgrado rtainti acuti ed interessanti J."ilievi della Amministrazione 
ricorr:ente sulla .esegesi dei 1numerosi provvedimenti leg:isilartivi, succe�dutisi 
nel tempo in questa materia ed a1ppun.to a causa della non facile 
loro cooodinazione, 'suscettibile di ccm1Jrastalllrti orientamenti, :ritiene 
questa Corte di nOlll doiversi discosrtare dalla giurrisp(["Udenza orma.i corisoH.
data iatrttl"av1erso numerose pronunzie tutte uni:liormi ID.e! rseniso :resistito 
dalla A.romimstraziOllle fi.na:nziaxia (Cass. in. 1691 deil 4 giugno 
1968, n. 2922 del 1962, n. 2001 del 18 luglio 1960 e altre ll"ecentissime 
in cOO\s� di pubblicazione). 

Di :eronte alle notevoli sperequaziom nel ;trattamento fiscale di 
rappooti �nolrto simili fra loco, .stabilito nella \legge organica di reg.istro 
(aliquota del 4 % �per �le vendite di cose mobiili, dell'l % poc J.:e vendite 
di merci, del 2 % per gli ap;palti e gratuita quando il tributo doveva 
�essere coorisposto dallo Stato� ed amm:iin:i:strazioni equipara.te) si 
~mzi� fiJn daJ. 1930 co111 la legge 3 luglio n. 940, un proc�e.sso di semplificazione 
�ed unificazione. 

(1) Nella Relazione Avv. Stato 1961-65 (n. 152) � irkordata la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione relativa all'argomento richiamata nella 
sentenza in esame e sono �esposte le ragioni per cui l'Avvocatura non vi 
aveva prestato acquiescenza. 
Con la presente e con altre numerose sentenze dello stesso periodo , 
(nn. 2136, 2137, 2138, 2139, 2215) nonch� �con la precedente del 4 giugno 



354 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infatti tale legge paTific� agli appaiLti ai fini del .trattamento tributa.
rio e �Con l'imposta a carico dei fornitor-i, i c0011tratti di fOINl.�!tura 
allo Stato ed amministrazioni assimilate di merci, derrate od altre cose 
mobili �non individuate�. 

La .successiva 1egge 23 maTzo 1940, n. 283, lungi dal prevedere una 
autOinoma ed umfmme disciplina di tutta la materia tanto da consentire 
il profilarsi idi una idi.stinta "Categoria .di� atti con proprio sipeiei:fico 
e indipendente triattamento fiscale (come V01'1I'�ebbe l'Amministrazirnn:e 
dcon:-ente), contribui U!lteriomiente all'unificazione di 1cui sopra patrific1a;
ndo nell'aliquota anche le V�~diite di cose mobiU �individuate� 
ch� erano rimaste fuori del prov~edimento legislativo del 1930, conservando 
la maggioil.' tariffa del 4 % ; tale seconda legge oper� dunque 
nel solco de11a prima, �estendendo 1sempliicemente la ,sfera di unificazione 
1egiisl.a.tiva, sempre ai fir�i tribu�M'.i, anche per �evitare l'i.nsorgen2la 
di sottili diistinzicmi dvca la natura degli atti dia sottopo["re al-
l'imposizione. , 

L'art. 52 tar. ali. A rimase sempre applfoabile, salvo 1e vaTie modi:
fkazioni �di aliquota, a tutti i contratti di appatlto nonch� 1agli a.tti 
ad essi parificati, in virt� del!le .ricordate leggi del 1930 e 1940, sicch� 
iLa dduzion.e dal 2 all'l % operata dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, 
trova applicazi0111e anche relativamente ai cootratti di for:niitura �di 
me:r:cd. aUe pubbliche amministrazioni. 

Ritenere che questi U!ltimi dovessero aS1Solv.ere la pi� alta aliquota 
del 2 % , rispetto a tutti gli altri -a pa.rte 1'1ncongmienza di un 
risultato pi� gravoso proprio per gli atti stipulati con la P. A. da 
assoggetta.ere, secondo una �diffusa opinione, ad un. trattamento di favore 
�e quarnto meno, ugua,le; rrion certo peggior-e, a quello di itutti gli 
altri atti assimilati ed unificati -si troverebbe in troppo �stridente 
c0tI1tl'laisto con :fil processo legislativo di unificazfone e semplificazione 
sopro illustrato. 

N� �iil COintrairio vale oppo(['lre l'inutilit� della legge 6 agosto 1954, 

n. 603 la quale appol'lt� espr.essamente la riduzione de11a aliquota al1'
1 % per i cOillt.ratti con lo Stato, qualol'!a gli stessi avessero gi� godwto 
de11a tariffa minore �:in viTft� della ,legge n. 261 del 1953, perch� 
proprio d. dubbi e le perplessit� esegetiche tanto acutamente evidenziate 
dalla difesa dell'Amministrazione, circa il processo evolutivo del!la 
legislazione, nella soggetta materia, stanno a .dimostrare che J.a legge 
1968, n. 1691 (in Riv. leg. fisc., 1968, 2353) la Suprema Corte ha riesaminato � 
il problema e, pur dando :riipetutamente atto dello estremo interesse delle 
tesi ,svolte dall'Amministrazione, ha tenuto ferma la propria precedente 
giurisprudenza. Mentre tale indirizzo pu� ormai ritenersi 1consolidato, deve 
anche rilevarsi che la gestione, per il �periodo di tempo trascorso, � destinata 
a perdere concreta rilev~nza. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 

n. 603 del 1954 era invece necessairia per ribadire ancora una VMta 
il principio di unificazione di oui �sopra.. 
Questo anzi ,spiega il p~ch�, malg.:r:ado ~e notevoli incertezze di 
caraittere sistematico e letterale, p!1ecedenti pronunzie di questa Suprema 
Corte abbiano attribuito alla legg.e .predetta del 1954 Ullla portata 
meramente i�nterpretativa e di chiarificazione delle precedenti 
norme, tutt'altro che limpide nella loro formulazione e nel foro reciproco 
coordh11amento . 

. Perai1tro una vol.ta escluso il carattere di autonomia �;della disciplina 
tributaria per i cootratti con fo Staito� �secondo la legge n. 283 
del 1940, quella successiva n. 603 del 1954, ;.on aveva alcuna ::neC'essiit� 
di fa.ire esp:r:esso .riferimento alla legge n. 261 del 1953, la quale 
eri.asi limitata a .riduNe l'aliquota, ma soltanto �ai1a precedente del 
1940 sul piano della interpretazione 1autentka. E se pure si dovesse 
dubitare di siffatta soluzione, data .la formulazione della legge, non 
� neppurie possibile escludere, in astratto, 1a sussistenza di una ripetizione 
(ta.lvolota. �chi.airificatrke, altre volte fonte di dispute e dubbi) 
da patr.te del J.egislaitor.e. Infatti � :lirutto .so1ta111Jto di mera .teoria, :fil pl'in-� 
ctpio secondo il quale il legislatore non si ripete. La .realt� contrasta 
talvolta con tale affer.mazione specialmente in un .settore (come quello 
tributario) nel qua-le neH'arco di oltre quaranta anni si sono susseguite 
una .lunga .serie di leggi ispirate, assai spesso a contingenti esigenze 
del momento, �talvolta :lira loro contriastainti. 

' ' 

In ogni modo la diverisa portata attr.ibuita dalla .ricorrente aUa 
l:egg.e del 1954 non � tal.e da in:iportare da sola, quella div.erisit� ed 
autonomia di disciplina tributa.ria dei contratti di appalto ed a�ssimifat,i 
con le pubbliche amministrazioni, che � stata sopra negata con riferimento 
alla legge n. 283 del 1940. 

Potrebbe, a~ massimo, costituire un �semplfoe elemento indicativo, 
nel senso .sostenuto dailla ricoo:irente, �Con �carattere, per di .pj�, tutt'altro 
che uruvoco. 

Le osservazioni di �cui �S<>tP�ra valgono anche in ordine al secondo 
motivo del �r.iicorso, oorpra brevemente riassunto, il cui presupposto 
consiste ~sempre neH'afferunarto prin~ipio di autonoma norma.tiva 
dei contratti con lo Stato ai fini tributari. 

Una volta esclusa questa di�stinita disciplina ed affermata l'unificazione 
e semplificazione, attraveriso un processo leg.islativo d'indole 
unitaria, nop. ha ragione d'esser.e la diverisificazione fra foirnitureiappailti 
e fOI"D.oiture-ve~te, pel'ch� contTaisterebbe con la gi� illustrata 
equiparazione delle va.rie ipotesi di negozi giuridici soggetti al tributo 
in questo particolare �Settore. 

Il �ricorso va dunque Tigettato. 

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di questo 

grado. -(Omissis). 

li 


356 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2164 -Pifes: Gian


nattasio -Est. Granata -P. M. Pascalino (conf.) -Ministell"o delle 

Finanze (avv. Stato Ciardulli) c. Societ� A.P.I. (avv. Andviani). 

Imposta di registro -Concessione di pertinenza stradale per accesso 

a stazione di servizio automobilistico e distribuzione carburanti 


Concessione amministrativa -Tassabilit� ex art. 1 tariffa all. A. 

(�r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 1). 

L'atto col quale la Pubblica Amministrazione consente al privato 
l'apertura di accessi suita strada pubblica, in raccordo, ad u~ stazione 
di servizio per la distribuzione di carburanti coLlocata in zona adiacente, 
ha natura di concessione amministrativa.� e con.creta la attribuzione 
di un uso eccezionale del bene demal/'l,iale. �I diritti cos� conc:essi 
hanno consistenza reale, onde al rapporto deve applicarsi l'im.posta proporzionale 
prevista dall'art. 1 della tariffa all. A legge di registro (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di dcocso, deducendosi violazione 
dell'art. 1 della Tariffa all. A Legge di registro e dei principi di 
diritto amministrativo relativi all'uso dei beni demaniali, si sostiene, 
da parte dell'Ammilnistll"azione delle Finanze, che erroneamente la 
Corte del mocito ha �Vitenuto 1che l'apertuxa dei dru.e accessi sulla pubblica 
strada� determinasse soltanto un �uso speciale del bene pubblico, 
rapportabile a una mell"a autocizzazione personaile, ,,e che perlanto non 
fosse applicabile, in ordine al detto rapporto, l'imposta proporzionale 
prevista dall'art. 1 della <richiamata tariffa. E si deduce che il rapporto 
de quo doveva necessar:iamente confi.gumrs~ come una conc,essfone 
amrninistll"ativa, che, ,costituendo in .favoce del privato diritti 
reali, :Sia pure condizionati al prevalente interesse pubblico, imponeva 
l'applkazione del suincUcato tributo. 

(1) Con la sentenza in esame la Suprema Corte, richiamandosi ai principi 
gi� affermati dalle Sezioni Unite in ordine alla natura degli atti di 
concessione di pell"tinenze stradali per la costruzione di accessi a stazioni di 
distribuzione carb�ranti (sent. 31 ottobre 1958, n. 3584, in Foro it., 1959, I, 
236), ha risolto in senso affermativo la controversia relativa alla tassabilit� 
di tali atti ,con la aliquota dei trasferimenti immobiliari stabilita dall'art. 1 
della tariffa all. A legge di registro. Deve ricordarsi in \I)ro:posito che il diverso 
princiipio affermato nella presente controversia dalla Corte di. Appello 
di Firenze (sent. 19 maggio 1967, in Riv. giur. idrocarburi, 1967, 284) 
era stato condiviso dalla Corte di Appello pi Genova con sentenza 8 marzo 
1968 (in Rass. petrolifera, 1968, 226), ma ~ra stato disatteso dalla Corte 
di Appello di Napoli con sentenza 30 dicembre 1967 (ivi, 1968, 218). Dato 
tale contrasto di opinioni dei giudici di merito la presente pronuncia della 
Corte di Cassazione assume un rilievo ed una importanza del tutto par:; 
Hcolari. 

PARTE I, SEZ. V., GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 357 

Il .ricoriso � fondato. 
Invero, va considerato previamente, in linea gene.raie, �che l'uso 
dei beni demaniali pu� essere normale, speciale o eccezionale e che,

1

��s~condo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ult. 

sent. 29 luglio 1964, n. 2154 e 6 giugno 1968, in. 1711), si � in presenza 

di un uso �eccezionale ql,lanido il bene pubblico venga attxibuito in 

godimento a un soggetto determinato, pereh� vi eserciti wna attivit� 

che non c<'nir:isponde aHa normale destinazione de�l bene stesso, an


corch� si risolva in un vantaggio per la collerttivit�. 

La costituzione di tali diritti a favore di privati �richiede necessia


.riamente un a:tto di concessione, in quanto i beni demaniali, essendo 
destinati istiotuzioil1lalmente a realizzare fini di inter.esse generale, non 
. possono essere utilizzati per scopi diversi, salvo che l'ente pubblico al

0

quale appartengono �e che � J.'unico in ~ado di valu,tare la possibiilit� 

1

o la convenienza di una div�ersa utilizzazione, compa.tibile con le esigenze 
pubbliche, ritenga di potere costituire didtti pa�rticofa.ri�a favo\l"e 

di terzi. 

Questi dm'itti, poi, hanno consistenza reale,� in quanto il potere 

attributto al concessionario si �estri�IlJSeca di�rettamente sulla cosa che 

ne forma oggetto e pu� esse\l"e fatto valere erga pmnes, per quanto nei 

limiti imposti da11a natura del poteire e dalla destinazione primaria 

del bene. 

Tale caratteristica non contrasta COlll l'inalienabilit� dei beni de


maniali, giacch� la demanialit� comporta bensl l'impossibi1itt� di costi


tuire, a favore di terzi, d.irltti reali secondo la disciplina del codice 

civile, ma non esclude che ll'ammini�strazione possa stabilire sui detti 

beni diritti dei privati aventi consistenza (l'eale, con gli effetti e le 

limitazfoini che riflettono le esigenze proprie del di�ri.itto pubblico, cosi 

da rendere rtali diritti condizionati alle �esigenze medesime. 

Sulla base di tali principi, questa Suprema Corte ha gi� sancito 

(c~r. Sez. Un. 31 ottobre 1958, n.. 35.S4) ,che l'atto c�111 il quale si con


sente aJ. privato l'aper:tma �di accessi sulla .strada pubbJfoa, in raccordo 

ad una stazione di sea:vizio per distribuzione di carburanti, collocata 

�in zona ad essa adiae�ente, ha natura �di concessione ,amministrativa e 

conoreta J.'attribuzione di un uso eceezionale. 

Tale indirizzo deve essere cOlllfermaito nella p;resenite controversia, 

non .sussistendo alcun valido motivo che giustifichi un cambiamento 

di opinioni. 

Si deve, infatti, considerare' che con J.a faco\Lt� concessa, nel1a 

specie, alla Soc. A.P.I. si � costituito un particolare rapporto tra 

l'impianto �di distribuzione di benzina e la strada, della quale il tito


lare dell'impianto usufruisce non come un qualsiasi altro utente, ma 

�per uno �Scopo specifico che gli attribuisce un particolare beneficio. 


358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ln relazione al par:ticola.re .interesse della societ� di util1z'Za1re l� 
stra-da per una finalit� che si discosta, senza peraltro contr.asta-rvi, dail.la 
normai.e destinazoione di essa, e in <riferimento alla attribuzione di 
uno specifico beneficio, deve .riconosce11si che tra l'impianto di distribuzione 
e la istrada stessa � sorto in coinereto un �rapporto di sogge


�

zione, con costituzione di �diritti �che, pur �con le limitazioni suenunciate, 
han.no �consiistenza �reale. 

Non pu� attribuimsi, per contro, apprezzabile valore alla coo1!siderazione, 
fatta dalla Corte �di merito, che l'art. 4 del �r.d. 8 dicembre 
1933, n. 1740, prevede iii �rilascio di � licenza ,, per l'apertura d.i nuovi 
accessi �dalla .strada ai fondi o fabbricati la�terali, gfa.cich� tale norma si 
riferisce agli accessi che comportano l'attribuzione di un uso speciale, 
mentre ,l'attribuzione degli usi eec.ezionali � .regolata, mediante l'emissione 
di atti di concessione, dal �succ.essivo art. 6 dello �stesso decireto. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, S.ez. I, 7 novembre 1970, n. 2271 -P1�es. Pece 
-Est. Sposato -P. M. Chir� (�conf.). -Societ� a. s. Calzaturifido 
Pupa (avv. Pontini e Giglia) c. Mini�stero deil.le Finanze (avv. Stato 
Soprano). 

Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione 
non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione Normativa 
di cui al d. 1. n. 1150 del 1967 -Decorrenza. 

(legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20; dl. 11 novembre 1967, n. 1150~ art. 6}. 

Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione 
non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione Normativa 
anteriore all'entrata in vigore della legge n. 35 del 
1960. 

(legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
art. 136; e.e. artt. 2935 e 2941, n. 8). 


In base al d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (convertito nella legge 

n. 26 del 1968) il termine di prescrizione delle imposte liquidate in 
misura ordinaria per effetto �i decadenza dalle agevolazioni fiscali di 
cui p,lla legge 2 luglio 1949, n. 408, � di tre anni e comincia a decorrere 
dalla data �i presentazione della denunzia che i contribuenti, 
provvisorriamente ammessi alle agevolazioni 1Jributarie, sono tenuti a 
presentare, dell'avvenuta ultimazione dei lavori o della intervenuta 
decadenza dai benefici entro un anno dal verificarsi di tali eventi (1). 
i 

(1-2) La prima massima .costituisce esatta descrizione del sistema intro-. 
<:iotto con il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150. 


l 

l 



359

PARTE I, SEZ. V, GJ;URISPRUDENZA TRIBUTARIA. 

Nel caso di decadenza verificatasi prima dell'entrata :in 'Vigore 
della legge n. 35 del 1960, il diritto della Finanza alla riscossione delle 
imposte dovute in 'misura ordinaria si prescrive� nei termine di tre anni 
di cui all'art. 136 della legge di regist'l'o, decorrente dal giorno in cui 
si � verificata la decadenza, salva, ove ne ricorra il caso, l'applicazione 
dell'art. 2941 n. 8 cod. civ. (2). 

(Omissis). -Il ricorso --con il quatl:e i Lricor.renti sostengono che, 
contrarfamente a quanto ha ritenuto la Corite di merito, il termine 
della prescrizione non �, nel caso in esame, quello ordinal"io di dieci 
anni stabilito dall'art. 2946 e.e. deve esser.e accolto: ancorch� all'accoglimento 
debba pervenivs:i attravevso argomentazioni del tutto 
diverse \da quelle prospettate dai ricorrenti e ponendo delle distinzi-01J1i 
che essi -invocando a :sostegno del proprio asisunto le J.eggi n. 35 del 
1960 e n. 1493 del 1962 e senza curarsi dei limiti di vigore nel tempo 
di .codeste e d:i aJ.tre norme�-hanno del tutto trascurato. 

� :noto �che la ma.teda di �Che trattasi � stata, da.ppr:irna, regolata, 
con particolari norme, dalla legge 5 febbraio 1960, n. 35, che stabiliva 
in cinque anni, decoNenti daUa data di registrazione dell'atto 
provvisoriamente ammesso ai behefici fiscali, il termine della pLre1s1c.rizione. 
�on 1a successiva legge 6 ottobre 1962, n. 1493, il detto termine 
veniva aumentato a sette anni, decorrenti dalla !l'egi�strazione, e veniva 
imposto ai ,contribuenti l'obbligo di determinate denunzie, intese a 
salvagua�rd�re il dkitto deUa Finanza contro il malizioso 1silenzio dei 
contribuenti incorsi nella decadenza dai benefici. Ma risultando tale 
sistema inidoneo allo scopo, con il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (convertito 
nella legge n. 26 del 1968) s:i � stabilito che 11 tell'mine della 
pTe�sorizione � quello di �tre anni ~ che esso comincia a decorrere dalla 
da>ta di presentazione della denunzia, che i contribuenti, pirovvisOiriamente 
ammessi alle agevolazioni tributarie sono tenuti a presentare, 
deH'avvenuta ultimazione dei lavori o della intervenuta decadenza dai 
benefi.d, entro un anno dal verifical"s:i di tali eventi. Con norma di 
di.ritto :transitor.fo, la nuova legge stabiHsce, inoltre, che le sue disposizioni 
si applicano anche agli atti stipulati, cio� regtstrati, ed alle 
decadenze verificatesi dopo l'entrata in vigore deHa legge n. 35 del 

La seconda massima si adegua, invece, per la disctplina dei ra:pporti 
anteriori all'entrata in.vi.gore della legge n. 35 del 1960, a quanto affermato 
dalle Sez. Un..con la sentenza 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 
1969, 1, 567. Di notevole interesse in proposito, oltre alla confermata operativit� 
del principio di cui all'art. 2935 c,c., � la affermazione relativa alla 
applicabilit� in materia anche dell'art. 2941, n. 8 c:c. concernente la sospensione 
della prescrizione per occultamento doloso del vincolo da parte del~ 
debitore. 



360 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1960 e successive modificazioni. Pertanto nella materia di che"trattasi, 
la prescrizione del diritto della Finanza alla riscossione delle imposte 
in mi.sura ordinaTia dai contribuenti decaduti dai benefid, ove le decadenze 
sia.nsi avverate prima dell'entrata in vigore della citata J.e.gge 
del 1960, continua ad essere regolata dalla normativa. vigente prima 
dell'entvata in vigore di detta legge. 

Dopo .taluni contrasti nella giurisprudenza di questa Suprema 
Corte a sezione semplke, le S. U. hanno, con sentenza 27 giugno 1969, 

n. 2311, affermato che in materia, la normativa vigente anteriormente 
all'entrata in vigorre della legge del 1960 � da identificare in quella 
dettata dalla legge organica di .registro per la .riscossione dei supplementi 
d'imposta. � stato, difatti, osservato che la detta legge organica, 
contenendo norme che fissano i termini della� presc1rizione rela�tivamente 
a tutte le possibili ipotesi di dscossione delle imposte, non presenta 
lacune che debbano essere colmate mediante.il ricorso atlle norme 
generali del codi.ce civile. � stato, altres�, messo in �rHievo cbe sebbene 
l'ar.t. 136 della legge organica di �registro parr:li di � 1supplemento � di 
taissa �, codesta locuzfone � da .intendere non nel senso di � �tasisa suppletiva
� precisato dall'art. 7, ma nell'ampio senso �di ta:ssa integrativa 
di quella pagata al momento della .registrazione dell'atto, come � fatto 
.pa}ese dall'ultimo comma dell'art. 47 .sempre della medesima legge 
organi.ca, il quale, �regolando, in armonia �con la regola dell'a,rt. 136, 
un caso pa.r.tfoo.lare di prescrizione, indica come � supplemento di tassa 
,, quella che, secondo la da�ssifi.cazione detll'a.rt. 7, � un'imposta 
complementare. Perd� anche le imposte dovute in caso di decadenza 
dal �diritto al trattamento fiscale di favore 1sono da dmsidera1re supplementi 
di tasse, ed il diritto a ris�cuoterle si prescrive nel termine triennale 
,stabilito, per la riscossione dei 1supplemen.ti, daJ.l'a1rt. 136. 
D'altra pa�rte, � da �rHevare -ed � stato rilevato dalla �ricorrdata 
sentenza .delle S. U. -�che la disciplina della presc�rizione, compiutamente 
dettata dalla L.O.R. per quanto riguarda i.I tempo necessario 
a prescrivere, presuppone i principi logico-giuridici :sui quaLi l'istituto 
della prescrizione �S:� fonda, e fra questi il principio che a.etio nondiim 
nata non praescribitur. Significativa, 'anche a questo proposUo, � la gi� 
ricordata ([lO'rma deH'art. 47 che pu:r essendo una particolare applicazione 
della �regola dettata dall'art. 136 .secondo il quale la presc1rizione 
comincia a decorrere dalla data deHa registrazione, stabilisce nel caso 
in esso considerato, la decorrenza non daHa data della registrazione 

dell'atto per il qu~le � Stata �riscossa l'imposta principale, ma dalla 
data dell'ultimo contratto in conseguenza del quale sor~e il diritto 
alla riscossione del supplemento. Pertanto, ove si tratti del diritto della 
Finanza a.Ila riscossione delle imposte dovute, in misura oll'dinairia, da 
coloro �che sono decaduti dal diritto a godere di determinate agevola-~ 
zioni fiscali, e la decadenza �siasi verificata .prima dell'entrata in vigore 


PARTE I, .SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 361 

�della legge n. 35 del 1960, quel diritto �Si prescrive in tre anni~ .decorrenti 
da�l momento in cui esso pu� esser fatto valere, ossia dal momento 
in cui si � verificata la decadenza, salva ove ne ricorra il caso, 
l'applicazione dell'art. 2941 n. 8 e.e. 

In 1consegueinza di quanto si � detto, fil giudice di �rinvio al quale 
-cassata la denunziata sentenza -la causa deve �essere rimessa per ' 
nuovo esame -dovir� stabilire se, nella fatti:specie, nonostante le 
varie leggi di proroga, sia.si avverata la decadenza dai benefici kibutari 
provvisoriamente �Concessi ai contribuenti, �e se nel caso positivo, 
essa 1siasi avverata prima e dopo l'entrata in vigore della� legge del 
1960, ed applicare l'una o l'altra delle due diverse normative che 
iregolano, con rigua\l"do al tempo, il � termine, e la decorrenza del 
termiille, della prescrizione del didtto della Finan~a. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 novembre 1970, n. 2421 -Pres. 
Rossa.no�.-Est. Bos�lli -P. M. Gentile (di:ff.) -Soc. S.I.E.T.T.E. 
(avv. Barile) c. Ministero del<le Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti 
di credito a favore di ditte commerciali o industriali -Aliquota 
dello 0,25 per cento di cui alla lettera c) dell'art. 4 della tariffa ali. A 
della legge di registro -Correlazione fra i due negozi -Criteri 
di determinazione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. c) e nota aggiunta, 
art. 28 lett. c); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 
Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti 
di credito a favore di ditte �ommerciali e industriali -Aliq�ota 
dello 0,50 per cento di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa ali. A 
della le~~e .di re~istro -Oriteri di determinazione. 
/(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. b) e nota aggiunta, 

art. 28 lett. b); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 

L'agevolazi.one dell'aliquota ridottissima dello 0,25 % di cui all'art. 
4 lett. e) della tariffa A allegata alla Legge di registro non pu� 
esser~ a,pplicata all'atto di cessione di credito che consenta, anche solo 
potenzia,lmente, di utilizwre i proventi della cessione per garantire o 
estinguere operazioni di finanziam�nto diverse da quelle contemplate;~ 



362 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tale possibilit� sussiste quando nell'atto si preveda la facolt� ��insindacabile 
della Banca di effettuare sovvenzioni in misura infe1�io1re al limite 
convenuto e di revocare il finanziamento fermi res1Jando gli effetti 
della cessione e quando il finanziamento sotto forma di apertura 
di cr~dito in conto corrente consenta ripetuti utilizzi della somma 
finanziata e non siano pattuite clausole Umi1Jatrici obiettivamente idonee 
ad impe1dire l'impiego della somma ceduta per l'estinzione di altri 

debiti (1). 

L'agevolazione demaliquota media dello 0,50 % di cui all'art. 4 
lett. b) della tariffa A allegata alla legge di registro � applicabile in 
relazione al requisito soggettivo che l'operazione finanziaria coperta 
dalla cessione interven.g,a tra aziende o enti di credito contemplati nel 

r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e una ditta comrrierciale o industriale; 
conseguentemente la poss.ibilit� eh~ la cessione sia estesa a operazioni 
diverse da quelle contemplate neli'atto diventa rilevante per escludere 
l'agevolazione solo quando sia tale da consentire l'impie,go delia somma 
ceduta a vantaggio di operazioni bancarie non aventi il carattere soggettivo 
considerato dall'aTt. 28 lett. b) come requisito sufficiente per 
fruire dell'agevolazione (2). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1971, n. 413 -Pres. Rossano 
-Est. Be.rariducci -P. M. Cutrupia (.conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Impresa Costruzioni Malvezzi e 
Comelli (avv. D'Angelantonio). 

Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblic~ Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti 
di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota 
dello 0,50 per cento di cui alla lettera b) dell'art. 4 tariffa all. A della 
legge di registro -Criterio di determinazione; 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. b) e nota aggiunta, 
art. 28 lett. b); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 
L'agevolazione dell'aliquota media dello 0,50 % di cui all'art. 4 
lett. b della tariffa A allegata alla legg� di registro sulle cessioni di 

(1-3) La prima massima riconferma in termini precisi l'orientamento 
dominante seguito, anche di recente, nelle decisioni 3 aprile 1970, n. 881 
in questa Rassegna, 1970, I, 467 e 12 dicembre 1970, n. 2633, ivi, 1971, I, 152; 
dovrebbero con ci� essere definitivamente eliminati quei dubbi suscitati con 
qualche pronuncia che ha avallato discordanti orientamenti dei giudici diw 
merito (19 dicembre 1969, n. 4007, ivi, 1969, I, 1175). 

! 


I 


t 


I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '363 

credito presuppone una c01�relazione con un'operazibne di f�ffa1iziamento 
tale da impedire che i proventi della cessione siano destinati 
a garantire e estinguere debiti del cedente dipendenti ad operazioni 
diverse da quella enunciata neil'atto; tuttavia la necessaria connessione 
delle due operazioni non esige che sia esciusa la po�ssibHit� che 
l'ammontare del finanziamento si accresca oltre la somma originariamente 
concessa e Ghe la cessione garantisca l'ulte1�iore debito del cedente 
(3). 

I 

(Omissis). -Col primo motivo del ricol'so la soc. SIETTE denuncia 
violazione dell'art. 4 lett. c) e deU'~. 28 lett. c) deUa Ta:riffa 
all. A alla Legge di Registro (nel testo modifica.to dagli acrtt. 1 e 2 
deJla leg,ge 4 aprile 1953, n. 261) e censura le prlnc1pali aTgomentazioni 
sul.le quali la Corte del merito ha fondato il prop�rio convincimento 
cii:ica J:a insussistenza, nella specie, dei reqruis:iti richiesti dalla 
legge perch� il contratto :lir.uisse del.la aliquota agevolata dello 0,25 % , 
rilevando -in particofa.re -che n� il meccanismo tecnico adottato 
per l'utilizzo del finanziamento ad essa ricorrente concesso dal Banco 
di Sicilia (apertura di credito in conto corirente), n� la cii:icos.tanza che 
l'importo del, finanziamento medesimo potesse essere inferiore a queJlo 
previJSito, n� il fatto che l'istituto finanziato\re si fosse riservato il 
diritto di ree.edere dal contratto anche prima del compimento dei 
lavoo-i per i quali era stato concesso il finanziamen.to, costi.tuivano data 
la disposizione !�imitativa contenuta nell'art. 2 del contratto -elementi 
idonei a consentire l'eistensione della garanzia anche ad � altre 
operazioni ". 

Il motivo � infondato. 

Ristabiliti, per�, i giusti limiti della massima agevolazione (aliquota 

dello 0,25 % ), si apre un nuovo .capitolo sull'applicazione dell'aliquota 

media (0,50 %) della lettera b) dell'art. 4 della tariffa A. 

Le due. decisioni sopra riportate sono alquanto discordi sull'argomento. 

Giova ricordare che la sentenza 22 dicembre 1964, n. 2948 (Foro it., 1965, 

I, 824) ricordata nella prima delle decisioni, � rimasta per lunghi anni iso


lata; sebbene non sia stata mai contraddetta in modo del tutto esplicito, 

nelle numerosissime controversie che sono state decise nel lungo periodo 

suc.cessivo con un particolare approfondimento del problema, non si � mai 

fatta alcuna differenziazione fra le due aliquote, riconoscendosi che i 

requisiti richiesti dalla nota aggiunta si riferissero indistintamente alle 

ipotesi delle lettere a) e b) dell'art. 4. 

La prima delle decisioni in rassegna afferma che, in definitiva, il�requisito 
per l'appUcazione dell'aliquota dello 0,50 % alle cessioni di credito si 
riduce alla sola qualit� dei soggetti (azienda di credito autorizzata da una �� 
parte e ditta industriale o commerciale dall'altra) in quanto le �altre ope




364 

RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� stato gi� posto in evidenza che la legge fiscale del� 4-"aiprile 
~953, n. 261, innovando sul sistema precedente (r.d.1. 9 maggio 1935, 

n. 606 e (['..d.l. 19 dicembre 1936, n. 2170) che concedeva l'aliquota di 
favore dello 0,50 % (in luogo di quella ordina.ria dell'l,50 % ) per 
tutte indiscriminatamente le cessioni di crediti verso pubbliche ammtnistrazioni 
fatte a garanzia di finanziamenti da chiunque concessi 
al cedente, ha d1sti:nto, ai :fini del trattamento agevofato: 
1) !'-ipotesi delle cessioni " di annuaUt� o ,contributi governativi 
e di enti pubblici nonch� di 'c�rediti verso pubbliche amministrazioni � 
stipulate a gararnzia di finanziamenti in genere concessi daille aziende 
od �enti di oredito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e successiv
�e modificazioni a favore di ditte comme:Dciali od industriali in 
relazione alle suddette ragioni di credito ve:Dso pubbliche amministrazioni, 
vale a dire in relazione a crediti derivanti dalla esecuzione 

di opere o forrnitu1:1e pubbliche: per le quali ha prevtsto J.'aliQ;uota di 
favore dello 0,25 % (art. 1, lett. e); 

2) dalla ipotesi delle cessioni di creiditi in genere a g,aranzia di 
�aperture di credito, anticipazioni e finanziamenti� eseguiti dalle 
aziende ed enti di credito predetti a favore di ditte commerciali ed 
industriali: per le quali ha inv.ece previsto l'.ail.iquota di :l�a.vore dello 
0,50 % (art. 1, lett. b); esigendo -per la concessiorne dei benefici anzidetti. 
-oltre al rico:Dso dei pr�.supposti ,sostanziali e proplri dei due 
tipi di operazioni ora descritti, l'osservanza -in entrambe le ipotesi di 
speciali requi1siti forma.li, .e precisamente: 

a) �Che nell'atto di cessione siano .specificamente indicate le 
operazioni di finanziamento garantite dalla cessione� medesima; 
b) e che l'efficacia della ceissione non sia estesa anche ad 
" altre operazioni �. 

razioni � alle quali, secondo la nota aggiunta, gli effetti della cessione non 
debbono mai estendersi sono non gi� le operazioni diverse da quelle richiamate 
nell'atto ma le operazioni diverse da quelle dell'art. 28 lett. b); in 
sostanza quando sussistono i requisiti soggettivi, la nota aggiunta non 


I

avrebbe alcuna pratica rilevanza. 

Questa affermazione non -�sembra esatta. L'agevolazione sulla cessione 
di credito non � concessa dall'art. 4 in vista della qualit� dei soggetti, ma 
solo in quanto sia strumentalmente connessa ad una determinata operazione 
di finanziamento; ma tale connessione deve risultare nei modi stabi-


I

)iti nella nota. � un punto incontrovertibile che la -cessione di credito pura 
e semplice, anche se intercorsa tra due soggetti qualificati, � soggetta alla 
aliquota normale e che ai1a stessa aliquota �sar� soggetta la cessione che, 
non adeguatamente asservita ad un'operazione di finanziamento, conservi 
una sua, totale o parziale, autonomia. � quindi necessaria una stretta 
connessione tra cessione e finanziamento che, come dispone la nota allo 
art. 4, non deve essere apparente o pretestuosa, ma deve assicura;re UPlegame 
strumentale effettivo tra i due .atti. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 

Ci� premesso, e poich� -come questa Suprema Corte a Sezioni 
Unite ha gi� avuto occasione di affermiJre (sentenza n. 139,7 del 6 giugno 
1964) e come risulta dai lavori parlamentari -la ratio della prescrizione 
relativa ai 1suddetti requisiti (.contenuta neli1a � Nota � alla 
Ta,ri:ffa aggiornata) � stata quella di ev.itare l'elUJSione fiscale� che nella 
pratica si verific�ava per il fatto che � gli istituti finanziatori, favoriti 
dalla generica formula della leg.ge precedente, non si erano mostrati 
alieni daUo utilizzare le cession,i di .credito per proprie esposizioni non 
collegate al finanziamento �C()!IlJcesso per la reaHzzazione �di quelle .opere 
e forniture pubbliche ,,, la pi� .recente giurisprudenza di questo Supremo' 
Col.legio -intendendo la espressione ~ altre operazioni -nel 
senso di operazioni diver.se da quelle 1specifkatamente indicate nell'atto 
-ha ripetutamente enuncia.to il prfo.dpio �che, per fruiire. dell'a1liquota 
di ma1ggior favore. (0,25 % ) .di cui agli artt. 4 e 28 lettera 
e) e nota aggiunta della Tariffa all. A. alla Legge di Registro, nel testo 
come innanzi modificato, l'atto di ce1ssione deve essere conc.ei:)itQ e congegnato 
in modo da escludere in parrtenz�a che possa comunque servire 
ad operazioni diverse da quelle determinate e previste nell'atto stesso. 

Non solo,. ma ha .ritenuto altresi (in armonia con la regola ermeneutka 
di cui all'art. 8 della stessa legge di �re.g.i:stro) che, in tale 
esame l'indagine del giudice di merito,} pi� che dkiger1si a ricostruire 
la volont� delle pa.rti dalle v�a>rie c.lauso�e �contrattuali, deve avere 
rig.ua�r.do al valore obiettivo e �strumentale dell'atto, nel �senso che nessuna 
de1le clausole medesime, considerate sia isolatamente che nel 
loro complesso, sia suscettibile di diventare un varco a1;traverso il 
quale .l'operazione possa, durante il suo 1svolgi.mento, deviare dalla sua 
originaria ed ~:pparente destinazione per allargarsi a nuove operazioni 
che sfuggi�rebbero in fa.1 modo al controllo del fisco e si avvantaggerebbero 
indebitamente da;l trattamento tributa.rio agevolato. 

Assai diversa �, invece, la seconda decisione che, pur ammettendo per 
l'ipote�si della lettera b) dell'art. 4 una meno riguardosa esclusivit�, ha 
ritenuto necessario che l'atto, e ;precipuamente le -clausole che hanno riferimento 
alla ultrattivit� della cessione e al mantenimento presso la banca 
del sopravanzo del credito ceduto, non devono rivelarsi � suscettibili di 
diventare un varco attraverso il .quale l'operazione �possa, durante il suo 
svolgimento; deviare dalla sua originaria e apparente destinazione ed allargarsi 
a nuove diverse operazioni �. In .sostanza questa pronuncia ritiene 
compatibile con l'agevolazione della lettera b) l'eventualit� �che il finanziamento 
convenuto sia suscettibile di accrescersi oltre la somma inizialmente 
concessa (rotativit�), ma esclude tuttavia la possibilit� di estensione ad 
altre operazioni diverse da quella enunciata, fra le quali possono inserirsi 
operazioni escluse dalla previsione della lettera b) dell'art. 28 (come, ad 
esempio, obbligazioni f�dejussorie, emissioni di assegni a vuoto, ecc.). 

A questo punto il discorso si restringe: po1ch� esistono, anche se il � 

campo � pi� limitato, operazioni di finanziamento non rientranti nella 



366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sintesi tale giuri�sprudenza � ferma �nel ritenere che, a sottrarre 
l'atto alla p.revi�sione normativa di cui si tratta (artt. 4 e 28, lettera c), 
sia sufficiente la obiettiva p��ssibilit� di un siffatto ampliamento, indipendentemente 
dagli effetti pratici, apparentemente od effettivamente, 
perseguiti dalle parti contraenti (Cas�s. 2 agosto 1969, n. 2755; id. 23 
maggio 1967, n. 1125). 

Orbene, nella specie la Corte del merito si � rigorosamente atte;. 
nuta a�l criterio e�rmeneutico ora rifro"ito, in quanto ha escluso che 
il'atto in questione potesse fruire della aliquota dello 0,25 % , . conside.
rando appunfo che -nonostante la correlazione formalmente enunciata 
(all'art. 2 della �scTittura) fra la cessione �tei crediti vantati dalla 
SIETTE nei confronti dello Stato per 1a esecuzione dei lavori assunti 
in appalto dal Ministero delle Poste e Te1iecomurucazioni ed il finanziamento 
concesso dal Banco perr la .esecuzione dei lavori medesimi l'atto 
risultava nondimen.to congegnato in modo tale da non escludere 
la obiettiva possibilit� di una estensione della gia1ranzia prestata anche 
ad operazioni diverse da quelle in esso ,s,pedficate (finanziamento dei 
lavori assunti in appailto). 

E ci� non solo per:ch� e.rasi attribuita al Banco la facolt� insindacabile 
di effettuare sovvenzioni anche in misura inferfore al limite 
convenuto di 40 milioni di lire e quella inoltre di revoca�re il finanziamento 
anche prima del compimento dell'opera appaltata, ma anche 
e sopratutto: 


-peTtch� i1l finanziamento ecr:"a stato �concesso nella fo.rma dell'apertuva 
di credito in conto col'lrente, ossia in una forma idonea a 
consentire alla SIETTE, sia pure potenzialmente, di usare (valendosi 
della :facolt� di cui all'art. 1843 e.e.) delle disponibiUt� del conto anche 
per l'estinzione di debiti diversi da quelli incontrati per l'ese�cuzione 
deU'orpera pubblica, senza che fo1slSero state convenute .clausole limitatrici, 
obiettivamente idonee ad impediire una tale utilizzazione; 


definizione dell'art. 28 lett. b), ogni volta che la cessione, per la sua 
insufficiente concatenazione con un'operazione bancaria determinata, sia 
potenzialmente capace di estendersi ad operazioni comunque diverse da 
quella contemplata, va esclusa l'aprplicazion~ anche dell'aliquota della lettera 
b); non � infatti possibile determinare le caratteristiche di operazioni 
che restano indeterminabili. E cos� anche per l'aliquota dello 0,50 % 
si ripresenta l'identico problema della cessione, �che, per i suoi normali 
effetti, non pu� consideratrsi limitata a una determinata funzione, fino a 
che con rigorose clausole quegli effetti non vengano circoscritti fino a 
legare la cessione, sia nel tempo che nell'ammontare, alla ste�ssa sorte dell'operazione 
di finanziamento. I concetti ormai affinati �con riferimento alla 
aliquota dello 0,25 % soccorrono ancora, .perch� l'estensione potenziale 
d�gli effetti della cessione ad operazioni bancarie diverse da quelle a cui � 
riferibile l'art. 28 lett. b), � sempre possibile, anche se meno probabile; 
quando le � altre operazioni � restano indeterminabili. 


--f 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

-e pwch�, nonostante l'anzidetta previsione di �riduzione o di 
revoca del finanziamento da parte del Ba,nco, risultava pattuito che, 
anche in tali ev.enienze, sarebbe rimasta �ferma in ogni suo effetto 
1a cessione dei crediti �: il che, sia pure in .linea di mera eventualit�, 
lasciava aperto l'adito all'utilizzo della cessione per ila copertura di 
esposizioni della 1societ� sovv�enuta diverse da quelle derivanti dalla 
esecuzione dei lavori assunti iin appalto. 

Obiettare -come fa oggi la societ� <ricorrente -che, in caso di 
utilizzo frazionato del credito da parte dell'accreditato, l'eventuale 
ripristino della disponibilit� non � possibile (a norma del citato articolo 
1843 e.e.) se non a seguito di successivi � V�e11Samenti � da parie

1

dello stesso ac.c�redi.tato, non significa escludere l'astratta possibilit� 
-in ispecie quando l'operazione sia regolata -in conto corrente che 
le pairti operino in modo (�comunque avvenga il ripristino de11a 
diisponibiUt�) da consenti.re a.I correnti'Sta un utilizzo parziale� della 
steSISla per altri fini, fermo l"iestando (apparentemente) l'acc�redito nel 
limite del pa.ttutto finanziamento. 

Ed, egualmente, obiettare che la facolt� della banca di concedere 
una utilizzazione inferiore a quella rprev.ista o addiTittura di disdettare 
il contr:atto prima del termine dell'opel'la, ferma restando la garanzia 
della cessione, non costituiva se non e:;;erdzio, da pal'lte dell'Istituto 
finanziatore, di un � controllo � sull'effettivo impiego delle 1somme per 
il conseguimento dello scopo previsto, se .pu� seirviire .a porre in evidenza 
il (presumibile) intento pratico perseguito dalle parti n.ella stipulazione 
di detta clausola, non vale certamente ad escludere che la 
stessa 1s.i ip:r:estasse "buttavia a e-on.sentire, sia pure potenzialmente, l'estensione 
della garanzia ad operazioni diverse da quelle espressamente indicate 
nell'atto. 

Poich�, pertanto, il convincimento della Corte del merito, oltre 
che diffUJSamente motivato, risulta esente da vizi logici e .giuridici, il 
irelativo giudizio -su questo primo punto d'indagine -si 1sottrae 
al sindacato di ll.egittimit� di questo Supr.emo Collegfo ed il motivo in 
esame deve essere rigettato. 

Diversa e .pi� favorevole valutazione deve essere invee.e espressa 
in ordine al secondo motivo del ricorso col quale la soc. SIETTE denunzialllido 
violazione dell'art. 4 lett. b) e 28 lett. b) della Tariffa 
nel testo 1come innanzi� modificato -assume �Che l'atto in questione 
avL11ebbe dovuto, quanto meno, :liruire dell'aliquota di minor favo!l'e 
(dello 0,50 % ) prevista dalla lett. b) dei citati articoli di tariffa e 
Lamenta che la Corte del merito, inopinatamente discostandosi dalla 
interpretazione data alla predetta norma dalla sentenza n. 2948 del 
21 dicembre 1964 di questa Suprema Corte, inon abbia accolto la sua 
conforme subor.dinata istanza. 

LI motivo � fondato. 


368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Va preliminarmente ri.tlevato che l'eccezione di inammissibilit� di 
questa subordinata domanda, nuovamente sollevata in questa sede 
da:ll' AmministraziO!Ile r�sistente sul riflesso (ex art. 345 c.:p.�c.) dell'asserita 
� novit� � .della stessa, bene, e con motivazione giuddicamente 
inecc.epibile, � stata ,disattesa dalla Corte deJ.� merito. 

Hanno ossell'Vato quei giudid che, avendo la soc. SIETTE nel giudizio 
�di �primo g:riado concluso per la dichiarazione di iillegittimit� 
dell'opposta ingiunzione, sia pure a cagione della asser'ta applicabilit� 
all'atto de1l'a1iquot� �di maggfor fu.vore dello 0,25 % (in luogo di quella 
dell'l,50 % 1conc.retamente app.Ucata daU'Uffido), nesrSU!ll sostanziale 
mutamento del petitum .poteva nella specie . produrre il fatto che, in 
g�rado d'aippelJ.o, una tale illegittimit� fos~e .stata -in Une di mero 
subo!lldine -sostenuta anche in base 1alla asserta applicabilit� aH'atto 
dell'a11iquota di minorr favore dello 0,50 % . 

":�ale mutamento �concerne invero 1a ?ausa petendi e ad � esso 


per costante e nota giurisprudenza di questa Suprema Cotte -non 

pu� �ritenel"si ostativa .J.a eccepita preclusione �di cui 1'all'art. 345 c.p.c. 

allorquando -come appunto nella specie -il mutamento sia fon


dato su dati di fatto gi� acquisiti al processo, sikch� l'elemento della 

novit� si riduca a.d una divel"sa qua1lificazione giuridica di tali ele


menti di :l�atto (Cass., 12 giugno 1969, n. 2074). 

Esaminando, dopo ci�, il merito della d�gU.anza,� si �ossocva che 

i .rilievi esposti in relazione al primo motivo del ricorso, se sono valsi 

a porre in evidenza l'obiettiva idoneit� della cessione stipulata fra le 
par.ti a .copri�re operazioni diverse da quelle in essa sipecificate, epper� 
l'ina.pplicabi11it� all'atto dell'aliquota dello 0,25 % , non autorizzano 

I 

anche a. concludere che -perr ci� ~olo -l'atto medesimo non possa 

~ 

fruire neppure dell'aliquota di minor favore prevista dalla lett. b) 
degli artt. 4 e 28 della tariffa. 
P�rocedendo ad una acuta e 1penetrante analisi del contenuto della ~ 

�Nota,, �aggiunta all'art. 4 della T�aTiffa modificata, questa Suprema 
" 

Corte (con la oifa.ta sentenza n. 2948 del 21 di�cembre 1964), pur rico


� I'( 
I 

j
noscendo che la disposizione in parola ha ug;uale riferimento tanto 
alla previsione deHa lett. e) quanto a quella della lett. b) dell'articolo, 
ha tuttavia �ritenuto che ;l'interpretazione ed ideinitifi.cazione dei requisiti 
cosiddetti � foTmaJ.i � �r:Lschiesti per I.a concessimile dell'aliquota di � 
favoTe non pu� -al lume della ratio i1sipiratrice della Nota medesima 
-essere identka in entrambe le ipoteisi; nel senso che, mentre 
in .r.elazione all'aliquota di maggior favoire (0,25 % ) l'espressione � altre 
operazioni � contenuta nel testo della nota bene pu� e deve essere 
intesa nel significato di � operazioni diverse da quelle specificatamente 
indicate nell'iatto �, ui1a identica interpretazione diverrebbe invece_ d~J 
tutto illogica e priva di qualsiasi addentelilato con la ratio legis a suo 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

luogo accennata, se riferita anche al diverso caso contemplato dalla 
lett. b) degli artt. 1 e 2 della l�gge n. 261 del 1953. 

E ci� per la rag-ione che, mentre nel ca1so del beneficio :fiseale 
di cui alla lett. e) � lecito affermare che il finanziamento non specificato, 
appunto e sol .perch� tale, pu� essere non destinato a rend&e 
possibHe fa fo.:mitura o l'ope1ra pubblica ed esse1re qtJ.indi veicolo di 
quella :l�rode fisciale che ili ilegislatore ha inteso prevenire, nel caso invece 
idi cui alla lett. b) non vale lo stesso argomento, dato che l'aliquota 
di medio favore (0,50 % ) ivi prevista s.petta aUa cessione di 
credito che copra qualsiasi genere di finanziamento, a qualsiasi scopo 
destinato, ptm"Ch� intervenuto fra i soggetti de1signati daUa legge; sicch� 
:la mancata specM�cazione dello scopo .del finanziamento� non potrebbe 
-in detta ipotesi -cosUtuire queJ �varco� attraverso il 
quale l'operazione possa estendersi ad altre non previste, se � la stessa 
legge a concedere genericamente l'aliquota di favore alle ce!S>Sioni di 
cll'edito a garanzia dei :&nanziamenti bancari alle -imprese industriali 
e crnn:mericiali. 

In base a-tali considerazioni, questa Corte Suprema, con la sentenza 
dianzi citata, riterine che l'espressione � altre operazioni � -nella seconda 
delle ipotesi contemplate -non potesse .pe1roi� essere logicamente 
intesa se non nel senso (diverso da quello assunto in relazione 
all'ipotesi di cui alla lett. e) di " operazioni diverse da quelle p�reviste 
dall'art. 4 del-la Tariffa modificata � cui �si riferisce la no�ta, ed, 
ancor pi� precisamente, nel seniso di " operazioni che rp.ais1sano non 
rientrare fra quelle indicate inegli aritt. 4 e 28 della T�ariffa �. 

E pervenne cos� alla conclusione che, per co>n�edere all'atto di 
cessione :il trattamento di minor favore (cositituito dall'aliqu-0ta deH.o 
0,50 % ), non occo:rire che la �~�essione �Concerna � annualit� o contributi 
governativi e di enti pubblici, �nonch� c:rediti verso pubbliche amministrazioni 
" e sia in relazione con � aper1ture di credito, anticipazioni 
e finanziamenti concessi dalle banche proprio in vista delle fairniture 
od opere pubbliche donde derivano i �crediti ceduti, ma basta che sj 
tratti 1di cessioni �di cTedito verso chiunque, purch� siano a ga~anzfa " 
di " aperture di credito, anticipazioni di somme e finanziamenti " concessi 
dalle � azieinde od enti di cTedito contemplati dal �r.d.l. 12 marzo 
1936, n. 375 " a �ditte commerciali od industriali �. 

Si ritenne, insomma, che al criterio .prevalentemente obiettivo 

di cui aUa lett. e) 1si sostitui�sca, nel caso di cui aUa lett. b) quello 

prevalentemente soggettivo dehle 1peI'lsone fra le quali si svol.gono le 

operazioni finanzia.rie coperte dalla cessione: la quale viene a bene


ficiare dell'aliquota di registro dello 0,50 % qualunque sia lo scopo 

del finanziamento, purch� questo sia concesso dalle banche indicate , 

dalla -legge ad una ditta commerdale od industriale. 


370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Orbene, questp Supremo Collegio non trovia motivo per discostar.
si, nella specie,� da cois� meditato e motivato indirizzo, anche perch� 
il �Contrasto di interpretazione rilevato fr:a la sentenza ora accennata 
e i-iassunta nelle sue linee essenzi:ali (in. 2948 del 1964) e le 
sentenze pronunciate in ar.gomento da que�sta steissa Cor1te in epoca 
anteriore o 1successiva, contra.sto che ha indotto i giudici d'appello 
ad applicalt'e anche aH'ipo,tesi di cui alla lett. b) dell'art. 4 della tariffa 
l'interpretazione .restrittiva della "Nota � aggiunta, ormai concor.
demente �accolta iper l'ipotesi di cui alla lett. e) in realt� non susstste 
affatto, dal momento �che tali pronuncie (peraltro neippure indicate 
dalla Corte del merito) non �Che �risolto, non hanno neppure affcr:ontato 
ex professo il ,problema interipretativo della �Nota� con 1sipecH�co e 
~eparato riguarrido anche all'ipotesi idi cui aJ:1a lett. b) dei .citati a:rtt. 4 
e 28 della Tariffa modificata (cfr.� per tutte, Cass., 5 1settembre 1968, 

n. 2866). 
In accoglimento, ipertanto, del secondo motivo del ll'icor:so, la sentenza 
impugnata deve �essere 1cassafa e la caiusa rinviata�. per nuovo 
esame ad altra Corte perch�, alla luce del criterio interpretativo dianzi 
enunciato, stab1Usca se l'atto di cessione di cui si tratta possa o meno 
prestarisi a garantire oiperazioni diverise da quelle previst� dalla lett. b) 
degli :artt. 4 e 28 della Tariffa modificata, all. A alla legge .fil registro, 
ossia operazioni diverse da �aperture di oredito, anticipazioni di somme 
e finanziamenti in genere, �Concessi dalle aziende od entf di credito 
contemplati .dal .r.d.l. 12 ma,rzo 1936, n. 375 e successive modificazioni 
a favore di ditte industriali o comme:r:cia:li � ed, in �conseguenza, decida 
�Se alla cessione medesima spetti o meno, agli effetti della registrazione, 
l'aliquota ridotta dello 0,50 % . -(Omissis). 

II t

(Omissis). -Con il primo motivo la xicorirente Amministrazione 
finanzia-da denuncia violazion~ e falsa applicazfone 'degli arrtt. 4 lett. e) 
e nota, 28 lett. e), della Tariffa all. A, della legge di registro 30 di


I 

! � 

cembre 1923, n. 3269, nel testo modificato con gli ar�tt. 1 e 2 deilla 
legge 4 aprile 1953, n. 261, nonch� omessa ed insufficiente motivazione, 
e, premesso che per l'aippUcabilit�, alle cessioni di crediti, dell'aliquota 
�ridotta dello 0,50 % � prescritta l'es1stenza di una necessada 
ed esclusiva correlazione :tra cessione e finanziamento, e che tale 
coTrelazione sussiste tutte le volte che, con clausole particolari, sia 

I 

evitato .che gli effetti della cessione possano essere in tutto od in parte 
aissoirbiti, �o, in genere, utilizzati per altre operazioni distinte da quelle 


I 

specificamente indicate, censura la sentenza denunciata per non aver 

I 

rilevato che fa ultrattivit� della cessione rispetto alla �revoca del finan-. 
ziamento, prevista �dall'atto Olivares, con la contemporanea facoU� 


~ 



,l 

PARTE r, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIB�TARIA 371 

della Banca di mantenere le somme .riscosse a disposizione deT ce


dente, era chiaramente indicativa del fatto che, nell'e,conomia ne~o


ziale, ,gli effetti della cessione ;potevano esseJ:"e colJegati non soilo alla 

specifica operazione bancaria, ma ,a.nche ad altre oper.azioni non enun


ciate, ed era, altresi, 1chiaramente indicativa che ~ 1cessione veniva 

sottratta sia alla funzione solutoria sia a quella di garanzfa perch�~ 

avvenuto il rientro delle esposizioni, il manteniment~ de11a �Cessione 

consentiva alla Banca una. disponibilit� di fondi de,l cedente ;p.er fini 

non preciisati, ma divel1!si .dall'l()perazione. 1suddetita. 

Con il: secondo motivo, ,che per ragioni di connessione ,si esamina 

cong.tuntamen.te, 1'Amministrazione r:Leorir�nte denuncia violazione -e 

falsa appli�aziOltle dell'art. 8, primo c~mma, � d�l:la legge di registro, 

in .relazi0ne ,all'art.. 4 lett, e) e relativa n~ta .speciale della Tariffa 

all. A, iairt. 28 nel testo modificato dall'art. 1 1de1la legge 4 aiprfil.e 1953, 

n. 261, nonch� difetto di motivazione, ed assume .che Ja Corte del 
merit�, nel ;ritenere Q'he �fosse da escludere la possibilit� di estendere 
�l'efficacia della cessione ad altre operazioni,� in quanto ltllll'obbligazione 
della Banpa 'di rinnovare il finanziamento non era .stata dalla Banca 
�medesima assunta nell'atto in questione, non ha considerato che l'imposta 
di :Pegiistro, iper �effetto de11'acrt. 8 1s0lptl'la citato, c.o1pisce �gli effetti 
potenziali de11'a,tto e non sofa.Ihente .quelli appairentemen.te o anche 
r-ea~ente voluti dalle l])arti, e 1che, :pertanto, neil caso di specie occor.
reva esaminaire se le clausole contra.ttuali non si prestassero a :far 

destina�re il 'Credito ceduto a scopo diverso da quello della estinzione 

del finanziamento specificato ne1l'atto. 

Il ricOIJ!ISo � fondato, anche se ndn pu� condividersi l'opinione, 
insita in.alfa tesi �.della ri,corrente, second(> cui, per eff�etto della nota 
aggrunta all'airt. 4 della Tariffa all. A alla il~g.ge di registro, ~on compete 
l'agevolazione .tl'ibutar'ia iprevista nella lett. b) di detto articolo, 

. {

nell'ipotesi in 1cui ida11J'att� soggetto a tributo ris!Ullti la poSSlibilit� che 
il cTedito-�ceduto 1che .residua dopo l'estmzi.O!Ile del :fin:anziament0: enunciato 
nell'atto medesimo, 'sia utiliizato per garantire od e.stinguere

'"< I ' 

altri ,debi,ti de1: cedente dipendenti .dall'ampliamento dell'originario 
\fin�nziapiento. � ' 

Devesi, inlla.tti, rilev;tre che la d.i�spOJSizione contenuta nel�l'anzi


detta nota; irifedta :alla norma della J.ett. b) del citato art. 4, ha l'evi


dente scopo di evitare che si usufruisca dell'agevofazione tributaria 

per �cessioni di crediti che, oltre .ehe-a garantire o ad estinguere le 

situazioni debitorie del ,cedente dipendenti dalle operazidni bancarie 

considerate da detta norma, dipendenti �cio� da apertw:'e di credito, 

anticipazioni di somme e' finanzfamenti in genere, concessi da.gli isti


tuti finanziatori al ,cedente il credito, servano anche a .gairantire o ad 

estinguere �situazioni debitol-ie de� cedente dipendenti da operazioni 

diveii.se da quelle innanzi specificate, quali ad esempio, le situazioni 


372 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

debitorie diipendenti da obbligazioni fideiussorie, emissioni di a'ssegni 
a vuoto, e �cosi via. 

Ci� implica 1che con tale �Scopo non contrasta -e Tientra, quindi, 
nella .previsione della norma in esame -l'ipotesi in cui nell'atto 
soggetto a tributo, l'operazione .di finanziamento sia enunciata come 
suscettibile di ulte:riocr:i �Svi.IUppi, nel senso che l'ammontare de1l finanziamento 
pu� accrescersi oltre la somma ini~almente concessa, e sia; 
quindi prevista la ,possibilit� di estende�re l'efficacia della cessione al 
conseguente ulteriore debito del cedente, sempre che, dallo �stesso atto 
non 1risuilti la p0is1Sibilit� che. la �cessione sia utHizzata anche per garantire 
od estinguere altri debiti del �cedente dipendenti da altre operazioni 
del tutto diverse da quella �come sopra enunciata nell'atto. 

Anche nell'anzidetta ipotesi, invero, sussiste quel necessario ed 
esclusivo collegamento tr:a cessione e finanziamento richiesto daUa 
nota in questione, ed anche in tale ipotesi compete, quindi, l'agevolazione 
tributaria analogamente a quanto accade nell'ipotesi in cui 
il residuo ciredito ceduto, dopo l'estinzione del finanziamento venga 
restituito al titolare e venga da questo fatto og.getto di una nuova 
cessione in relazione ad altro finanziamento. Le due .ipotesi sono, infatti, 
analoghe, .giaicch�, sia nell'una che nell'altra, la �cessione � strettamente 
collegata ad un'operazione (finanziamento) in considerazione 
della quale la il.egge ammette la cessione medesima al trattamento 
tributarrio di favore. 

Altro .principio che necessita qui ricordare -�anche perch� forrma 

oggetto del secondo motivo di ricorso -� quello relativo aJ. criterio 

interpretativo degli atti soggetti a 1regi1strazione ai fini dell'applica


zione dell'agevolazione �tributa.ria in questione. 

Deve.si dlev:a.re che, in linea .generale, per effetto deHa norma 

dell'art. 8 della legge di l"egistro, le tasse sono applicate .secondo l'in


trinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, anche se 

non vi �COiirisponda il titolo o la forma apparente. In conformit� del


l'anzidetta nonna questo Supremo Collegio ha, quindi, ripetutamente, 

affermato il principio -che va qui ribadit� -secondo cui, ai fini 

iparticola.ri dell'accertamento della sussistenza delle .condizioni richie


ste dalla nota all'art. 4 della Tariffa all. A alla legge di �registro, per 

godere delle arg.evolazioni idi crui alle lett. b) e e) �di -detto airti<:olo, 

1

l'indagine del giudice di merito non deve essere diretta a ricercare; 
se<:ondo le norme di ermeneuti.ca contrattuale�, la comune intenzione 
delle parti e la .pi� attendibile interpretazione delle singole clausole 
del negozio, ma deve essere diretta a ricer�care il valore obiettivo 
e strumentale dell'atto, nel senso che nessuna delle cfausole medesime, 
individualmente considerate o nel loro �Comp:lesso, isia �suscettibile di 
diventare un varco attraverso H quale l'operazione possa, duira111te i1 
suo svolgimento, deviare dalla �sua o.dginaria ed apparente destina



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 373 

zione, ed a.Uatl'gavsi a nuove diverse operazioni, le quali s:fluggirebbe;ro, 
in tal modo, al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebita~ 
mente del txattamente tributario di :favore. 

Ora, posti gli anzidetti .principi di di.ritto, non pu� che ritenensd 
er.rooeamente impostata e non meno erro:q.eamente motivata la sentenza 
denunciata, in cui 1a Corte del merito si � atta(l'ldata ad esaminare 
se avesse o meno valore .giuri.dico la mera possibilit� della Banca 
di rimiovare il finanziamento -il che era in-ilevante ai fini del decidere 
stante il iprincipio secondo cui la iprevi�sione dell'estensione dell'efficacia 
della cessione idi credito all'amipliamento del finanziamento, 
non .rompe il nesso di intel'ldipendenza :flra i due negozi -mentte ha 
omesso del tutto di esaminare �ed accertare se le altre �clausole isc�ritte 
:nell':atto, tra cui, preciipuamente, quelle che iprevedevano la ultrattivlt� 
della cessione ed il mantenimento del sopravanzo del credifo 
ceduto .presso la Banca a disposizione del cedente, offrissero omeno 
la .possibilit� di destinare detto 1sopravanzo a .garantiire o ad �stinguere 
debiti del1o stesso cedente dipendenti da oiperazioni dive�rse, nel senso 
innanzi :precisato, da quella enunciata nell'atto. 

Per queste 1considerazioni la sentenza denunciata deve essere �cassata, 
con .rinvio della causa ad altro giudice di merito, che, sulla 
scol'lta dei prii:icipi .sopra enunciati, dovr� ;procedere al cr:iesame dell'atto 
in questione, ai fini dell'anzidetto accertamento, e decidere, in 
conseguenza, la lite. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 dicembre 1970, n. 2580 -Pres. 
Favara -Est. MUa:no -'R� M. Cutrupia (coof.) -Soc. p. az. Calza-� 
tuxificio di Varese (avv. Al1orio) c. Ministero deHe Finanze� (avv. 
Sta'lo VitaUani). 

Imposta di registro -Occultamento di valore -Prova -Accertamento 
della Polizia tributaria in sede di ispezione ai fini dell'i.g.e. -Legittimit�. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 105). 
Imposta'di registro -Occultamento di valore -Prova dell'occultamento 
-Incensurabilit�. 

I 

Qualora la Finanza, nel legittimo esercizio dei suoi poteri e senza 
alcuna violazione dei Umiti in cui l'esercizio stesso � consentito, accerti 
che � stata commessa l'infrazione sanzionata dall'art. 105 della � 
legge di registro, non pu� esserle negato il diritto di utilizzare la 



374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prova in val modo acquisita per l'�applicazione della detta sanzione. 
(NeLla specie la prova dell'occultamento di vaiore era stata rinvenuta 
in sede di ispezione eseguita dalla P. T. ai fini dell'accertamento di 
violazioni aLl'i.g.e.) (1). 

L'accertamento del giudice di merito sull'idoneit� della prova dell'occultamento 
di valore fornita dall'Amministrazione � incensurabile 
in Cassazione (2). 

(Omissis). -, La societ� ricorrente denuncia, con il primo motivo, 
la violazione degli artt. 105, 18, 29, 31, 62, 65, 66, 67, 72, 133 e 134 
del r.d. 30 dicembre 1923, n. 32169; 11 �(\el regolamento aipprovato con 

d.m: 16 luglio 1926; in relazione al .r.d. 3 gennaio 1926, n. 63; 14 delle 
~posizioni preliminari al �codice .civile, con riferimento all'art. 360 
n. 3 1c..p.c. e censura la deciJSione impugnata per avere er�roneamente 
ritenuto la legittimit� dell'a�ccertamento eseiuito dalla ;polizia tributaria. 
Ln ipa1rticolare si 1sostiene dalla valorosa difesa della societ� ricorrente 
che la tassazione per imp01Sta di registro pu� essere effettuata 
soltanto a seguito �di iniziativa della parte (presentazi001e spontanea 
dell'atto), o quando i documenti entrino "nel legittimo .possesso dell'amministrazione 
finanziaria, ovvero -in ipotesi tassativamente previste 
-� in.dipendentemente dalla presentaziqne spontanea, od a .seguito 
�di ispezioni e verifiche. 

Da questa premessa si fa discendere la conseguenza che, non 
ricorrendo nella fattispecie in esame nessuna delle indkate condizioni, 
la Fmanza non era legittimata ad attingere 1a 1prova del :preteso parziale 
occultamento del canone dei cointratti di locazione da controdtchiarazioni 
e autofatture, delle quali era venuta a conoscenza solo 
per effetto idi ispezione della polizia tributaria eseguita a fini �diversi, 
e cio� per il controllo di regolare 1corresponsione de11'I.G.E. e dell'i:rpposta 
di bollo. 

Ag.giunge la. societ� ricorrente che, in ogni modo, essa non aveva 
la possibilit� di iimped:h-e ,che la .polizia -ai fi,~ avanti specificati procedesse 
all'esame di tutti i libri e i documenti contabili, :lira i quali 
erano comprese le controdichiai-azioni e le cosiddette �autofatture � 
utilizzate poi pe,r il diveriso scopo dell'applicazione deH'imposta di 
registro ,sulla parte ,di valore (dei contratti di locazione) ritenuta 
occultata. 

1-2) Gi� con la sentenza 23 ottobre 1969, n. 3535 (in questa Rassegna, 
1969, 1, 1150) la Corte di Ca,ssazione� aveva ritenuto la idoneit� della prqya 
dell'occultamento di valore tratta aliunde rispetto all'atto tassato. Con la 
sentenza in esame tale principio trova conferma ed utile applicazione nel 



/ 

375

PARTE I, SEZ, V, GI�RISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La censura � priva di fondamento. 

Il .riferimento al .princi!Pio generale della spontaneit� deHa presentazione 
dell'atto ai fini della registrazione, ed all'altro (affermato 
$lnche da questa C011�te Suprema con sentenza n. 1352 del 22 maggio 
1963) secondo il quale in materia d'imposta di :registro nessuna disposizione 
di leg.ge autorizza J.'Amministrazione finanziaTia a compiere 
ispezioni �e verifiche presso .il contribuente -ad eccezione dei casi 
in cui ispezioni e controlli .sono tassativ�amente previ1sti dalla leg.ge non 
1cootituisee valida dimostrazione della illegittimit�, neHa fattiispecie 
in decisione, dell'operato dellJ.a Finanza. 

Il .problema consiste nello stabilire se, allo scopo di accertare le 
violazioni prevista dall'.airt. 105 della legge di regiistro, e di appUcare 
le relative �sanzioni (ove in un atto pubblico o in una scrittura privata 
ovvero nella denuncia di contratto verbale risulti occultato par.te del 
va.Jore convenuto), l'Amministrazione finanziaria possa avvaler.si, secondo 
il principio della libert� della prova, anche �di elementi emersi 
durante un procedimento di i1spezioine eseguito a fini �diversi. 

La risposta al quesito non 1pu� �che essere affermativa. 

Qualora la Finanza, nel legittimo esercizio dei suoi poteri, e senza 
alcuna violazione dei Umi.ti' in c:ui J.'esercizio stesso � coni:;entito, accerti 
1che � :stata commessq un'infrazione al citato art. 105 della legge 
di reg.iistro, non pu� esserle ~egato il diritto di utilizzall"e la prova in 
tal modo acquisita per reprimere le violazioni alla legge di registro, 
ai sensi del ricordato arrt. 105 della leg.ge mede1sima. 

Ln siffatta ipotesi, non pu� con.testarsi infatti 1che la prova � entrata 
ormai legittimamente nel.la disponibilit� dell'Ammini�strazione, la 
quale pu� ben valersene per dimostrare l'esiistenza in concreto dei 
presuipposti della fatUspecie legale di cui aH'a<rt. 105, e per trarne 
le relaitive �conseguenze. 

Nel cruso in esame la stessa ricorrente ammette che la polizia 

tributada aveva ~I potere di esaminare tutti i documenti contabili 

dell'azienda (fra i quali erano compresi quelli assunti a prova del


l'infrazione conteistata alla societ�), in quanto l'tspezione fu eseguita 

ai fini della regolarit� fiscale dE7ll'l.G.E. e dell'imposta di �bollo, cui 

i predetti documenti erano tutti soggetti. 

Poich� la polizia tributaria non valic� i limiti del suo potere di 

indagine, e non� s'impossess� neppure di alcuno dei documenti esa


caso di frequente attuazione in cui la prova dell'occultamento di valore 

sia rinvenuta in occasione di ispezione eseguita dalla Polizia tributaria ai 

fini dell'accertamento della evasione di altre imposte (nella specie l'LG.E.) 

per le quali essa � consentita. 

La seconda massima � di evidente esattezza. 



376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minati per sottoporlo a registrazione, sarebbe inconcepibile ravvisare 
l'illegittimit� del comportamento isolo nel fatto che non sia rimasta 
inerte di fronte alla scoperta dell'infrazione alla legge di <registro, e 
che si sia avvalsa degli elementi acquiisiti per fornire la rprova di 
tale infr:azione. 

� poi .pure il caso �di aggiungere che questa conclusione non contrasta 
con il principio affermato con .la citata sentenza di questa Corte 
Suprema ipevch� in quella fattisrpecie la guardia di finanza, durante 
un'ispezione eseguita ai fini dell'I.G.E., �si era i.mposseSJSat� di una 
scrittura privata .contenente l'effettivo prezzo di una vendita immobiliare, 
e l'aveva assog.gettata a registrazione d'ufficio. 

La diversit� tra J.e due ]potesi � evidente, ove si considerino la 
natm:-:a dell'atto seque1strato dalla polizia (e, cio�, u1na scrittura privata), 
e la non appartenenza dell'atto stesiso a quelli in ordine ai quaU 
SUiSSiJSteva il potere di controllo della Finanza. 

Con il secondo motivo la societ� dcorrente denuncia la violazione 
dell'a�rt. 105 della legge di .registro, per totale carenza di (presupposti 
e travisamento delle risultanze processuali, nonch� per difetto 
di motivazione su punti decisivi della controvernia (art. 360 

n. 
5 c.1p.c.). 
Anche tale censura � infondata. 
La tesi secondo la quale la prova del parziale occultamento dell'ammonta
�re dei 1canoru dei contratti di locazione non poteva essere 
fo:rinita dall'Amministrazione soJ.tanto sulla base delle cosiddette � autofatture 
~ (che la polizia tributaria aveva esaminato durante l'ispezione), 
non pu� essere di1scussa in questa sede di legittimit�, per i noti limiti 
che l'indagine della Corte Suprema deve dspetta�re in ordine al convincimento 
del �giudice di merito. 

.Fermo, infatti, l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di fornire 
la prova dei fatti posti a baise della :pretesa de�rivante dall'applicazione 
.delle sanzioni fiscali previste dall'art. 105 della legge di registro, 
va rilevato che la valutazione dell'esistenza in conc-reto della 
prova dell'occultamento del valore � �rimessa incensurabi.1mente al 
gJudice �di merito, se il convincimento � sorretto da motivazione corretta 
e suffidente, immun.e da errori di fogica o di �diTitto. 

Poich� inon � consentito in questa sede il riesame della documentazione 
e degli elementi di fatto offerti dalla Finanza iper dimostrare 
la vio.lazione dell'art. 105 Lr. il controllo di legittimit� non pu� che 
svolgersi sulla motivazione della decisione impugnata, la quale anche 
se in maniera �succinta -ha offerto .sufficiente .ra1gione del 
convincimento ;posto a base di essa; senza alcun vizio che possa ..inficiare 
l'iter logico al riguardo seguito. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 377 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 dicembre 1970, n. 2629 -Pres. 
Favara -Est. BoseUi -P. M. Cutrupia (conf.) -Impr. Minieri 
(avv. Venditti) c. Ministero delle Jrinanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposta di registro -Concessione di pubblico servizio -Presupposti Trasferimento 
al concessionario di poteri pubblici -Non � necessario. 


(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56). 
La concessione di pubblico servizio non richiede che al privato 
concessionario siano conferiti poteri pubblici propri dell'Amministrazione 
concedente, essendo sufficiente che, in conseguenza de'l rapporto, 
al privato sia cooisentito di esercitare attivit�, anche semplicemente 
materiali, che altrimenti gli sarebbero del tutto precluse; il servizio 
pubbl.ico infatti concerne attivit� eminententente materiali e tecniche 
che assumono carattere pubblico non in quanto involgono l'esercizio 
di poteri di supremazia, ma perch�, interessando la collettivit�, richiedono 
di essere svolte con criteri di tutela dell'interesse pubblico, 
sia che vengano gestite dallo stesso ente pubblico, sia che vengano 
affidate in concessione a privati (1). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricol'lso l'Impresa Minieri denunzia 
violazione deigli artt. 8, 54 e 56 della legge di �registro; 1 e 
segg. del d.1. 16 ottobre 1937, n. 1924; 1371, 1592, 1615, 1620 e 
1627 e.e., con :riferimento agli artt. 2082 e segg. stesso codice ed all'a.
r,t. 360 nn. 2 e 3 c . .p.c. e censura l'impugnata rsentenza peT avere 
negato al negozio dedotto in .giudizio la qualifica di " aff�..tto di azienda ,, 

, 
attribuendogli el'lron~armente quella di ",subconcessione per l'impianto 
e l'esercizio di un pubblico servizio�, 

1

Tale errore sarebbe dipeso dal non avere la Corte considerato 
che, per 1a soluzione del problema, ben pi� che al profilo esterno, 

(1) Perch� possano trasferir,si al rconcessionario di servizi pubblici i 
poteri pubblici propri dell'ente conce.dente � necessaria una norma che 
ammetta e disciplini tale trasferimento (SILVESTRI, Concessione Amministrativa, 
in Enciclopedia del diritto, VIII, 381); di conseguenza 1a possibilit� 
di una, concessione di servizio non accompagnata da trasmissione di poteri 
� piuttosto la norma �Che� l'eccezione. 
� bens� necessario (Cass. 9 aprile 1954, n. 1136, Riv. leg. fisc., 1954, 
843) per aversi concessione di serviZio pubblico, che venga accresciuta la 
sfera delle attribuzioni del privato al quale debbono venir �consentite attivit� 
che gli sarebbero altrimenti precluse (si ha invece autorizzazione 
amministrativa quando vengono rimossi �ostacoli imposti da ragioni di pub-' 
blico interesse al libero esercizio di diritti che sono gi� di spettanza del 



378 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO 

occorreva avere riguardo alla ragione e funzione, ossia all'aspetto interno 
(consistente nella �gestione� del complesso idrotermale) del 
negozio stesso; dall'avere ino1'tre omeS1So di �considerare che, in tanto 
pu� .par1avsi di �concessione di .pubbU.co se�rvizio � in quanto si attribuisca 
al concessionario l'adempimento di compiti e funzioni proprie 
della P. A., tendenti al soddisfadmento di bi1sogni della collettivit�; 
e nell'avere ritenuto -tnvocando fuor di proposito l'art. 8 
della legge di reg1stro -che l'impresa concessionaria, oltre all'~seroizio 
di un'attivit� economica per fini di lucro, si proponesse anche 
l'attuazione di 1un � fine pubblico � in sostituzione degli Enti concedenti. 

Il motivo � infondato. 

Di�spone l'art. 8 d�lla leg.ge organtca di re.gtstro che, al fine di 
stabilire l'aliquota di tassazione di un determinato contratto, deve 
aversi .rigua�rdo al .contenuto tntrionseco ed a1gli effetti del :rapporto 
quali emergono dall'atto medesimo, anche se non vi corrispondano 
n titolo e la forma apparenti. 

Ed � costante giurisprudenza di questa Suprema Corte che spetta 
al giudice di merito identificare un tale obiettivo contenuto con apprezzamento 
�che, �se sorretto da motivazione cong�rua ed immune da 
vizi logici o giuridki, sfugge al sindacato di legittimit� della ca�ssazione 
(Cass., 9 ottobre 1968, n. 3170). 

Orbene, nel ritenere che �costituisce atto di �subconcessione di pubbHco 
servizio e non affittn d'azienda quello �Col quale i Comuni di 
Telese e di S. Salvatore Telesino, concessionari �di fonti termali dello 
Stato, conce�ssero a loro volta il servizio .pubblico dei 
~ 
bagni idrotermali 
e delle cure 1dropiniche in gestione �all'impresa Minieri, nella 
sua organica unit� e con tutti gli oneri ed i .poteri .gi� loro attribuiti, 
la Corte del merito ha comipiuto aippunto un'affermazione di questo 
genere che resta pertanto sottratta al sindacato di questo Supremo 
Collegio perch� sorretta da motivazione assolutamente immune dai vizi 
logici e giuridici che sono stati denunziati dall'impresa ricorrente. 

privato); � stata anche affermata la necessit� del trasferimento al privato 
almeno della gran parte dei poteri propri dell'Amministrazione, si che si 
versa nell'ipotesi dell'appalto e non della concessione quando si conferisce 
al privato l'incarico di espletare limitate attivit� materiali che non esauriscono 
nell'interezza un servizio pubblico ('Cass. 2 luglio 1957, n. 2557, ivi, 
1957, 1723; 25 maggio 1966, n. 1354, ivi 1966, 1825); tuttavia i poteri propri 
dell'Amministrazione che si trasferiscono al privato possono riguarda,re 
anche esclusivamente attivit� materiali e tecniiche ('si pensi al servizio di 
illuminazione pubblica, dei trasporti. di persone, della distribuzione dell'acqua 
potabile); il servizio pubblico � cio� caratterizzato dall'interesse che 
esso riveste per la collettivit� non dalla necessit� che per il suo esercizia 
l'Amministrazione si avvalga di poteri di supremazia. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 379 

Nell'espressione di tale giudizio, fondato eminentemente sull'interpretazione 
del �contratto e del.l'intento pratico delle parti, la Corte 
del merito, avvalendosi coNettamente delle comuni regole di ermeneutica, 
ha ritenuto che il godimento delle fonti e del complesso termale 
�di cui si tratta fosse stato conferito all'Impresa Minieri non con 
atto di diritto rprivato_ (locazione od altro analogo) ma con atto di 
concessione amministrativa, considerando �che fine del negozio non 
fosse tanto quello di lrucro o di s:llruttamento economico del bene, 
bens� la sua utilizzazione per una immediata finalit� di carattere pubblico 
(:potenziamento del complesso idrotermale attraverso costose 
opere di ammodernamento e rinnovamento degli impianti e conseguente 
valorizzazione della zona a fini .turistici). 

Sotto tale profilo la decisione si �colloca nel isolco del.la �giuri.S!p!l"Udenza 
delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte �che hanno avuto 
ripetute occasioni .per lumeggiare l'aspetto pubblidstico dei rapporti 
posti in essere dalla Pubblica Amminfatrazione con i privati in materia 
di utilizzazione di beni del patrimonio indisponibile dello Sta.to 
e dei Comuni, ;precisando �che, per tali beni, la funzione di pubblico 
servizio da assolvere vale ad imprimere un particolare cairattere ai 
rappooti in questione ed a far :s� che l'attivit� della P. A. debba considerarsi 
in ogni caso svolta in funzione dell'interesse .generale e, 
comunque, in linea di suboirdinazione a tale interesse (Cass., Sez. Un., 
22 marzo 1958, n. 957; id., 21 aprile 1955, n. 1128). 

N� ha consi�stenza, al lume della :pi� recente dottrina giusipub


blicistica, la cenisrU!ra di maggior rilievo .che, sotto l'aspetto propria


mente giuridko, viene mossa al superiore giudizio; ossia quella della 

inesistenza, nella specie, del trasferimento al privato di poteri propri 

degli Enti PubbHci concedenti. 

Invero, secondo l'accezione maggiormente accreditata in dottrina 

e giurisprudenza, la �concessione di pubblico servizio si caratterizza 

sorprattutto per l'accrescimento della� sfera d�l �-possibile giuridico � 

del privato; accrescimento per la cui �realizzazione non � e�ssenziale 

che al pcrivato vengano c�onferiti poteri pubblici, sufficiente essendo 

che, in �conseguenza del rapporto 1s:peciale con la P. A., gli sia consen


tito di esercitare attivit�, anche semplicemente materiali, che altri


menti �gli sarebbero del tutto precluse (Cass., 15 gennaio 1947, n. 34). 

Il servizio .pubblico concerne invero attivit� eminentemente ma


teria.ii e tecniche, �che assumono carattere pubblico non in quanto. in


volgano per s�, l'esercizio di poteri di 1supremazia, ma perch�, inte


ressando la collettivit�, rkhiedono di essere svolte con criteri di tutela 

dell'interesse .pubblico, sia che vengano gestite diTettamente dallo 

stesso ente pubblico, sia che vengano -come nella specie -affidate 

in concessione acl imprese private. -(Omissis). 


3SO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Capo.
raso -Est. Brancac'Cio -P. M. T�rotta (conf.) -Cappellari (avv. 
Biasi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta generale sull'entrata -Appalto e vendita -Criteri di distin


zione -Legge19 luglio 1941, n. 771 -Inapplicabilit� -Limiti. 

(legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 3 lett. b; legge 19 luglio 1941, n. 771, art. 1). 

Ai fini dell'imposta generale sull'entrata, la qualificazione dell'atto 
economico come appalto o come vendita va effettuata secondo 
i principi comuni del diritto civile, in quanto i criteri particolari stabiliti 
nell'art. 1 deHa legge 19 luglio 1941, n. 771 sono riferibili soltanto 
a'ii'imposta di registro (1). 

(Omissis). -Come unico motivo del �ricorso, il Cappellari ha 
dedotto la violazione dell'a.rt. 14 delle disposizioni 1sulla �legge in generale 
e l'errata interpretazione e applicazione della legge 19 luglio 
1941, n. 771, in relazione ai dee.reti luogotenenziaH 7 .giugno 1945, 

n. 322 e. 26 marzo 1946, n. 221. 
Assume il ricorrente che la Corte di a.ppello, nel ritenere che, 
per definire un contratto appalto o vendita, anche agli effetti della 
esenzione dall'I.G.E. concessa con d.1gsl. 7 giugno 1945, n. 322 e 23 
ma.rzo 194-6, n. 221, si deve far ricorso ai criteri di distinzione stabiliti 
dalla legge 19 luglio 1941, n. 771, ha fatto un'illegittima applicazione 
analogica di questa norma, la quale rappresenta un jus singuLare 
con un ambito di riferimento espressamente limitato � agli 
effetti della legge di �registro �. Esc1UJSa la legittimit� di una tale applicazione, 
la Corte avrebbe dovuto qualificare il contratto de quo 
in base ai principi dettati dal codice civile per distinguere l'appalto 
dalla vendita e, riconosciuto in essa un appalto, avrebbe dovuto affermare 
che il corrispettivo �ad esso 'relativo era esente dall'I.G.E., 
cos� �come di1spongono i citati decreti luogotenenziali del 1945 e del 
1946. 

(1) L� sentenze 8 giugno 1965, n. 1147 e 24 luglfo 1958, n. 2679, �citate 
nel testo, sono riportate in Riv. leg. fisc., 1965, 1856 e 1958, 1758. 
Va per� notato che con tali sentenze non era stato esaminato l'argoment� 
tratto dal coordinamento dell'art. 3 lett. b) della legge 19 giugno 1940, 


n. 762, con l'art. 1 della legge 19 luglio 1941, n. 771, ed � proprio a tali fini 
che la questione era stata r1proposta all'esame della Suprema Corte. 
I 
> 

Affrontando ora tale problema la Cassazione l'ha risolto in modo che 
sembra ispirato ad un formalismo contrario agli scopi della stessa legge 


n. 771 del 1941. t 
Appare evidente, difatti, che la formula usata dall'art. 3 lett. b) della i 
r 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 381 

Il ricorso � fondato. 

Secondo le norme del codice ,civile ,che disc:Lplinano i contratti 
di vendita e di appalto, questi due istituti si differenziano iper la 
prevalenza che nel primo � data all'elemento fornitura della materia, 
cio� aU'obbHgazione ,di dare, e nel secondo all'elemento lavoro o elaborazione 
della materia, in vista �di un certo risultato, cio� all'obbligazione 
di fare rivolta al raggiungimento di questo riisiul.tato: la prevalenza 
� stabilita ip base all'intenzione dei contraenti, vale a dire 
al mag.gior rilievo dato dalle parti al trasferimento della materia . o al 
processo .produttivo (conf. Sez. I, 24 lugUo 1958, n. 2679). A questo 
criterio deroga l'arl. 1 della legge 19 luglio 1941, n. 771, il quale, fra 
l'altro, prevede che �' agli effetti dell'imposta di cregistro " si deve 
considerare 1Sempre appalto il ~ontratto nel quale � 11 prezzo o valoire 
delle materie, merci e prodotti ,non costituisce la parte prevalente 
~el prezzo o valore globale ". Stante questa deroga, si pone la. questione, 
che si dibatte nella presente causa, del se essa sia limitata 
esclusivamente all'ambito di applicazione dell'iID!PO:Sta di 1regiistro o si 
estenda oltre quest'ambito, per investi.re in .p�:rtiicolacre quello :relativo 
all'applicazione dell'imposta 1generale sull'entrata. 

La questione non � nuova. Questa stessa Sezione della Corte Suprema, 
con ,sentenza del 24 luglio 1958, n. 2679, decidendo un caso 
analogo a quello in esame, ha escluso l'estensione. Specificamente ed 
esplicitamente essa ha stabilito che ai fini dell'esenzione dell'I.G.E., 
concessa dal � d.1g. 26 marzo 1946, n. 221, nei casi di appal�o, aventi 
ad og,getto ricostruzioni o -riparazioni �di opere o impianti, distrutti 

o danneg.giati 1per eventi bellici, J.a figum dell'appalto deve essere 
determinata :secondo le norme del codice �civile e non secondo l'art. 1 
della legge n. 771 del 1941, la quale raippresenta uno jus singulare, 
con efficada limitata all'imposta di registro. Il priincipio �1 'stato ribadito 
dalla sentenza della medesima Sezi�ne, 8 giugno 1965, n. 1147. 
Fin dal 1.960 l'Amministrazione finanziaria lo ha fatto proprio, inserendolo 
nella c~rcolare 27 dicembre 1960, n. 58/65240, che da allora 
in .poi ha semrpre regolato il suo comportamento conc,reto. 
Nella 1sentenza impugnata ,si afferma che la communis opinio della 
giurisprudenza�� :sarebbe contraria alla tesi del ricorrente. L'afferma-

legge n. 762 del 1940 � corrispetfivi per.cetti per gli appalti in genere e 
per le somministrazioni di materie, merci, derrate e prodotti parifkate agli 
appalti ai fini dell'impo.sta di registro� ha lo scopo di assoggettare ad I.G.E. 
i corrispettivi dei contratti di appalto e simili �Che come tali .sono tassati ai 
fini dell'imposta di 'registro, in tal modo utilizzando, anche per la applicazione 
della nuova imposta, i ri,sultati raggiunti per la tassazione di registro 
dei suddetti �contratti. 

In proposito, peraltro, deve ricordarsi che l'art. 3 lett. b) della legge 
organica i.g.e. � stato modificato dalla legge 31 ottobre 1961 n. 1196. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

382 

zione, che � in manifesto contrasto coi precedenti ora citati;o'� priva 
di qualsiasi !riferimento di fonti. Il silenzio al rigua~do mantenuto 
dai primi giudici pu� essere interpretato nel senso di un implicito 
richiamo alla .giurispr�denza indicata nelle sue difese dall'Amministrazione 
�convenuta, �che ha creduto di leggere in numerose sentenze 
di questa Corte i:1 iprindpio secondo il quale l'art. 1 della leg.ge n. 771 
del 1941 1conter.rebbe un 1criterio di definizione del contratto di appalto 
applicabile in generale a tutta la materia fiscale .e. i,n .particolaTe, 
a quella relativa all'I.G.E., e ha, citato .}e 1s:entenze n. 1332 del 
24 aprile 1954, n. 1578 del 14 maggio 1956 (S.U.), n. 1105 del 30 marzo 
1957, ,n. 317 del 14 febbraio 1,961 e n. 1036 del 25 ma1g.gio 1965. Ma 
un esame, anche sommario, �di queste sentenze rivela anzitutto che 
esse concernono un.a questione dive:risa da quella che qui interessa, 
e cio� la qvestione se il criteTio della fogge del 1941 sfa invocabile 
soltanto quando si tratti di applicare l'imposta di re�giistro . o anche 
quando si di�scuta di un'esenzione da questa imposta prevista da leggj 
speciali e specifkamente dai citati decreti luogotenenziali del 1945 
e del 1946; e che attrave11so finte:r.pretazione logica dell'espressione 
usata dalla norma � agli effetti dell'imposta di registro�, si � scelta 
la seconda alternativa. Inoltre esso evidenzia che, nessuna di quelle 
sentenze ha aff!l'ontato direttamente o indirettamente il problema dell'ulteriore 
estensione del:la sfera di rifertmento di quella di1sposizione 
all'l.G.E. o ad altre imposte. � 

Il iprincipio affermato con le sentenze nn. 2679 del 1958 e 1147 
del 1965 va mantenuto fe11mo. 

� certo che il criterio dettato dall'art. 1 della le�g�ge 771 non pu� 
apparire direttamente applicabile all'l.G.E. per effetto di interpretazione 
logieo-sistematica. 

La tesi contraria � stata sostenuta dall'Amministrazione resistente 
sotto due diversi profili. 

Sotto un 1.rimo profilo si � osservato che la volont� del legislatore 
di una di1sciplina unitaria dei criteri di determinazione dell'appalto 
agli effetti sia dell'imposta del registro sia dell'imposta generale 
sull'entrata risulta -oltre che dai lavori preparatori della legge del 
1941, dove espressamente � detto che si intendeva 1 con l'art. 1 offri.re 
criteri di porta.fa generale -dall'ar.t. 3 della legge istitutiva della 
imp�sta gen~rale 'sull'entrata (legge 19 giugno 1940, n. 762), che, sta-� 
bilendo che " costituiscono del 1pari entrata... b) i cnrrispettivi percetti 
per gli appalti �in .genere e per le sommtnistrazioni di materie, merci, 
derrate e prodotti parificate agli appalti ai fini dell'applicazione dell'imposta 
di registro �, contiene � un vero e proprio �rinvio alle regole 
d1ell'imposta di registro �. 

� appena il caso di obiettare che nessuna rilevanza pu� essere 
assegnata ai lavori preparatori della legge del 1941, posto che questa 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

con l'espressione " agli effetti dell'imposta di registro � ha univocamente 
indicato il suo ambito di applicazione: non si vede la :ragione 
per cui, qualora si fosse voluta esprimere una pi� lata intenzione, tale 
intenzione non :si sarebbe dovuta far risultare integrando il testo con 
le parole come �agli effetti tributa.ri in genere � o altre simili. 

Il coordinamento fra l'art. 3 della legge �sull'I.G.E. e l'art. 1 della 
legge n. 771 del 1941 � operato, poi, in modo errato. Il termine � somministrazione 
�, usato dalla prima norma, ha un 1significato tecnico, 
che richiama quello stabilito per il contratto di .somministrazione dall'art. 
1559 e.e. e che non si pu� ritenere -senza ade.guata spiegazione 
-volutamente ignorato dal legislatore. Inoltre, la norma va 
correlata non col 1�, ma �col 3� comma della. legge del 1941, il quale 
pa.rifica agli appalti in determinati casi ��le somministrazioni pe-riodiche 
�. Per effetto di questo ��collegamento �si deve ammettere che 
esiste una ba.se comune fra imposta di :registro e I.G.E. pe:r quanto 
riguarda la qualificazione di certi contratti come appalti, ma questa 
ba.se �, per �chiaro dettato del.la legge, limitata a queste "somministrazioni 
periodiche�, perch� �sono solo queste le somministrazioni che, 
come prevede il citato 3� comma dell'art. 1, �Sono parificate agli appalti 
ai .fini dell'applicazione dell'imposta di registro. Cosi inteso il rapporto 
.fra le due norme, l'art. 3 non solo non for:ni�sce un argomento 
in favore della tesi dell'Ammin.i�strazione resistente, ma bene pu� essere 
richiamato, per desume:rne un argomento contrario in base alla nota 
:regola enunciata con la formula inclusio unius, exclusio alterius. 

Sotto un secondo profilo, il criterio posto dall'art. 1 della legge 
del 1941 � paI'ISo applicabile alla-�specie per un impli.cito diretto richiamo 
che ad esso farebbero i decreti di esenzione n. 322 del 1945 e 

2.21 del 1946. Questi due decreti, disciplinando unitadamente i benefici 
fi�sca.Ji relativi all'imposta di registro e all'l.G.E., avrebbero 
voluto anche la definizione unitaria degli atti a cui i tributi si rifedscono, 
fondando questa unitariet�, per quanto riguarda il riconoscimento 
del contratto di appalto, sulla legge del 1941. 
L'airgom.ento non �convince. 

I dec:reti del.. 1945 e del 1946, per la parte che qui interessa, si 
limitano a stabilire che l'imposta di registro sui contratti occorrenti 
per le .ricostruzioni e riparazioni di edifici danneg.giati per eventi bellici 
� dovuta in misura fissa; mentre i corrispettivi degli appalti sono 
esenti dall'I.G.E.: in essi non vi � nessun riferimento letterale diretto 

o indiretto a.i criteri di qualificazione .degli atti cui si applicano i benefici 
fiscali. 
Un tale �riferimento non � adeguatamente giustificato sul piano 
logico da un'esigenza� di coerenza del si�stema dei �benefici fiscali, esigenza 
per la quale si rtchiederebbe la applicazione uniforme di questi 


384 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in dipendenza dell'uniformit� della definizione dei contratti 1che concorrono 
a costituire le fattispecie presupposte. 

Va; infatti, osservato che se una tale esigenza di coerenza avesse 
un valore inderogabd:le, essa dovrebbe es1Sere soddisfatta con riguardo 
non solo ai benefici, ma anche all'imposizione. Orbene, in questa prospettazione 
della questione, si conviene che ci� non accade, perch� in 
tesi si ritiene che � solo nei decreti di esenzione che 1Si affermerebbe 
l'uniformit� dei criteri di confi.gurazione dell'appalto. 

A parte questo rilievo, non sembra dubbio 1che l'esigenza di coerenza, 
che si invoca, non assume un carattere di inderogabilit� tale 
da indurre a dilatare il significato di quei decreti a�l di l� deUa loro 
lettera. Occocre anzitutto non lasciarsi ~eviare dalla ipreoccupazione 
formalistica che la definizione di appalto, da darsi ad un cootratto 
secondo le noo:me� del 1codice 1civile, possa essere in contrasto �con altra 
definizione che .del medesimo cont!l"atto imponga la legge d�l 1941. 
In linea di principio questa preoccupazione certamente� non ha avuto 
il legislatore quando ha dettato. questa legge, ammettendo che nell'ordinamento 
uno stesso atto possa essere suscettibile di diverrsa 
qualificazione giuridica a �seconda che venga in considerazione ;per 
l'imposta �di 1regiis:tro o ad altri effetti; ma neppure deve averJ.a l'interprete 
quando deve stabilire, come nella specie, l'ambito di applicazione 
di un'�senzione. Ci� che interessa noo � conservare la coe.renza formale 
del sistema attraverso l'uniformit� di qualificazioni; ma cogliere 
la disciplina concreta �di un istituto: le qualificazioni hanno �n senso e 
i limiti che questa disciplina sugigerisce. 

L'approfondimento del senso e della iporlata dei decreti del 1945 
e del 1946 pone in evidenza �Che questi furono ispkati da un intento 
di massimo favore per il contribuente. Se si ha presente questo intento, 
risulta evidente l'impossibilit� di .ritenere che il legislatore abbia 
voluto 1che il contrratto di appalto a �cui esso si riferiisce per 'concedere 
l'esenzione daU'I.G.E. sia quello definito dalla �legge del 1941, che in 
proposito stabilisce un criterio semplificatO!l'e, il quale � troppo rigido, 
perch� .gli interessi del. cont!l"ibuente si possano considerare adeguatamente 
tutelati, ~ pu� .risolvel'ISi in grave danno del medesimo. Questo 
�rilievo pu� giustificare l'aipparente incoerenza di un �sistema di 
doppia. qualificazione �di uno stesso contratto pur nell'ambito di una 
stessa materia: nel disciplinare benefici applicabili all'imposta �di iregistro 
e all'I.G.E. non si � creduto, nel riferimento fatto all'appalto, 
da una parte, .pe�r quelli relativi al primo tributo, di ritornare ai principi 
del codice ieivile, dall'altra, per quelli relativi al secondo, di allontanarsi 
da questi principi iper richiamare i criteri stabiliti agli effetti 
dell'imposta di regi�stro. 

L'art. 1 �della leg.ge n. 771 del 1941 non solo non � applicabile di,. 
rettamente, per definire agli effetti della esenzione dall'I.G.E. il con




PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ~85 

tratto di appalto, ma non lo � neppure in via di interpretaziOne 
analogica. 

In sintesi, si sostiene che questa interpretazione � qui giustificata 
da esigenze di coerenza e di unifoiimit� del sistema tributario, le quali 
fanno assurgere il �criterio dettato da quella norma a �principio generale 
di questo si�stema. 

L'assunto � in contrasto con l'art. 12 delle Disposizioni srulla legge 
in generale 11 quale prevede il ricorso all'inter:pretazione analogica solo 
nel 1caso in cui manclli una predsa disposizione di legge che consenta 
la soluzione. della controversia. Nena specie queista disposizione 
esiste. Invero l� soluzione della controvel'ISia dipende dal significato 
da attribuire al termine � aippalto � usato per definire i contratti ai 
cui coTrispettivi si awlica l'esenzione stabHita dai decreti del 1945 
e del 1946. Questo si.gnificato -una volta che si � escluso per le considerazioni 
che precedono che possa essere accertato applicando direttamente 
l'art. 1 della legge n. 771 del 1941 -risrulta chiaramente 
indicato dalle norme del .codice civile che regolano i�l contratto di 
appalto. Poich� da queste norme si ricava una-precisa disposizione 
che consente la �soluzione della controveiisia, manca la condizione essenziale 
pereh� �~i possa procedere all'a1p.plicazione analogica di altra 
norma. 

Peraltro, anche a volere ammettere -per una ipotesi che in 
tesi si respinge -che nella specie si debba far ricorso al procedimento 
di interpretazione analogica, i cdteri da applicare per defink� l'appalto 
risulterebbero .pur �sempre queHi indicati �dal codice civile e 
non mai quello dettato dall'art. 1 �deHa leg.ge 1941 perch� solo i primi, 
e� non il secondo, sono suscettibili di dar vita ad una disposizione o 
principio di, portata generale, �conformemente a quanto richiesto dall'adozione 
di quel procedimento. 

L'osi;;ervazione che quei criteri �non si �estentl.ono alla materia tri


butaria, in quanto questa ha eslgenze .sue proprie che sono alla base 

di un sistema di principi ad essa peculiare, fra i quali vanno in ,genere 

incluse molte disposizioni �delle leg�gi sull'imposta di cregistl"o e in 

particolare quella che qui interessa, �~on � fondata. 

11 riconoscimento di esigenze proprie della mate.ria tributa.ria, di 

pcrincipi di carattere .generale esclusivi ad essa e anche della possi


bilit� di rinvenire molti di questi principi nelle <jlisposizioni delle 

leggi sul \l."egistro -che pertanto assumono una estension� che va al 

di l� dell'ambito di applicazione dell'imposta di registro -non � 

su:(ficiente per dedurne che l'a�rt. 1 della ~egge del 1941 .contenga Wl 

principio generale estensibile anche all'l.G.E., limitativo aJ.le dispo


sizioni del �codice civile. Una �siffatta affermazione comporta la dimo-_ 

strazione che questa norma corrisponda ad esigenze di carattere gene



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

386 


rale, che �superino l'ambito dei casi per cui � stata espressamente dettata. 
Ma questa dimostrazione non pu� essere data. Il detto art. 1 
-.prevedendo una semplificazione .nella definizione del .contratto di 
appalto agli effetti dell'imposta di registro -risponde soprattutto 
alla necessit� di rendere ;pi� agevole e ipronto il calcolo di .questa 
imposta. Tale necessit� � specificamente avvertita per questo tipo di 
imposta. Come � noto, l'imposta di registro viene riscossa �l momento 
della .registrazione, la quale deve essere di re-gola �compiuta entro un 
determinato termine e pu� avere importanti effetti .giuridici pe:r � i 
soggetti interessati all'atto a cui � collegata; onde sarebbe estremamente 
inopportuno qualsiasi .ritardo dovuto ad evitabili controversie 
sulla natura giuridica dell'atto da registrare. Ci� d� una ragione sufficiente 
alla nonna come disposizione del particolare ti;po di impoista 
per cui � stata dettata. Se si aggiunge �quanto gi� osservato a proposito 
della. limitazione che, iper effetto di essa, il contribuente� subisce 
nella tutela dei 1suoi interessi e anche del danno che a lui pu� derivare, 
si hanno si�curi elementi per conclude:re che isi � in presenza di una 
di�sposizione che costituisce uno jus singulare, come tale insuscettibile 
di diventare principio generale di un �sistema, e, per questa qualit�, 
da una parte, limitare l'applicazione degli altri princirpi e norme dell'ordinamento 
.giuridico, 1nella specie quelli del codice civile da cui 
si desume la definizione del contratto di appalto, dall'altra, essere a.p;
plicato in via analogica. 

Per �contestare questa conclusione non valgono i rilievi relativi ad 

~igenze di coerenza e uniformit� di applicazione del sistema tribu.
tario. Questi rilievi sono sostanzialmente gli stessi� invocati ipecr: sostenere 
l'applicazione diretta della norma. Si � ,gi� visto come essi non 
possano essere �condivisi; qui si aggiunge che, per quanto riguarda 
l'I.G.E., in ogni �caso, non sussistono le �ragioni �di facilitazione e di 

speditezza del calcolo dell'imposta, che sono state posi~ in evidenza 

come quelle che giustificano la semplificazione del criterio di defi


nizione dell'appalto agli effetti dell'imposta di registro. 

Alla stregua delle considerazioni che precedono, risulta evidente 


l'eI"I'ore in cui � incorsa la Corte �di appello di Trento, allorch�, nel 
negare che il .contratto a cui si �riferiva l'I.G.E. corrisposta dal Caip;
pellar:i �costituisca appalto, ha applicato l'art. 1 della legge n. 771 
del 1941 e non le norme del codice civile che definiscono questo tipo 
di contratto. Pertanto il ricorso va accfJl.to, la sentenza impugnata deve 
essere cassata e la causa va rinviata ad altra Corte di appello, che si 
indica in quella di Venezia, ,e che proceder� ad una nuova valutazione 
di quel contratto applicande .il seguente principio di diritto: � ai 
fini delle esenzioni .previste per l'imposta sull'entrata .nei decreti 1egi-;: 
slativi luogotenenziali 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 

le 1caratteriistiche proprie del �contratto di aippaito vanno determinate 
alla stregua delle norme del codice civile che d.isciiplinano questo tipo �~ 
di 1contratto e non dell'art. 1 della leg.ge 19 Jiuglio 1941, n.. 771, che a 
tali norme deroga agli effetti dell'imposta di registro � �. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 gennaio 1971, n. 34 -Pres. Ca;poraso 
-Est. Geri -P. M. Pa�scalilno (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Co:ronas) c. E.N.EL. (avv. Sadar). 

Imposta di registro -Somministrazione di a.equa, gas ed energia elet


trica -Contratti esenti da registrazione a termine fisso -Natura 


Estensione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa D, art. 46). 
I contratti di somministrazione di &equa, gas ed energia elettrica 
esenti dalla registrazione a termine fisso a noTma deU'art. 46 della 
tariffa D aUegata alla legge di registro, sono tutti que-ili che oggettivamente 
riguardano l'utiiizzazione dei sud.detti beni essenziali alla 
vita, non essendo ammissibile una limitazione� soggettiva nel senso che 
debba considerarsi �utente" soltanto il diretto consumatore. Sono 
soggetti quindi al regime di esenzione non solo i contratti di fornitura 
di gross.i quantitativi destinati alla produzione industriale, ma anche 
quelli fra produttori e distributori (1). 

(Omissis). -Nell'unico complesso motivo l'Amministrazione ir�coNente 
lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 46 tab. D 
allegata alla leg.ge origanica di registro, in relazione agli artt. 2 e 52 

(1) Occorre prendere atto della decisione che ha escluso la possibilit� 
di una revisione critica di un orientamento da tempo consoli.dato. Bisogna 
per� rilevare che non tutti gli a!'lgomenti esposti appaiono convincenti. Dei 
concetti di � utente ,. e di e esercente " si potr� dare una definizione ampia 
senza tuttavia ridurre il loro significato a quello di parti contraenti, negando 
qualunque rilevanza .soggettiva; sarebbe stato altrimenti sufficiente��Che l.a 
norma dell'art. 46 della tariffa D avesse semplicemente elencato fra gli atti 
esenti da re.gistrazione a termine fisso" i contratti di abbonamento e di .somministrazione 
di acqua, gas e energia elettrica �; sar� pur necessario dare 
un valore a tutte le altre non poche parole usate dal legislatore. Utente 
potr� essere colui 1che consuma o utilizza un determinato bene della vita, in 
grandi o piccole quantit� per i pi� diversi fini, ed anche quindi il grande . 
consumatore che utilizza l'energia iper scopi industriali. Diverso � per� il 
13 



388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tariffa all. A e art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. ed un difetto di motivazione, 
sostenendo che, contrariamente alla stessa antica .giurisprudenza di 
questa Suprema Corte, una accurata esegesi storico-legislativa consentirebbe 
di attribui.re la qualificazione di " utenti " od " abbonati �, 
ai sensi dell'qrt. 46 all. D, soltanto ai consumatori diretti di acqua, 
gas ed energia eletkica e non gi� agli impresari-distributori, secondo 
una rilevanza soggettiva dei contraenti. Questo �consentirebbe l'esonero 
dalla registrazione in termine fitSSo, cio� da un �re.gime fi..scale pi� gravoso, 
soltanto ai minuti contratti degli utenti rprivati, �con esclusione 
di quello int.wcorso fra la S.F.E. e la Soc. elettrica Carna.ppo, anche 
se fosse qualifieato come vendita, che � soggetta, essa pure, alla stessa 
aliquota del 2 % a norma dell'art. 2 tar. All. A, anafogamente a. quanto 
l'art. 52 tar. A prevedeva per .gli appalti.


Il dcorso non merita accoglimento. 
Non 1si nasconde il Collegio il rpeso di alcuni �rilievi della Finanza. 
Ci� mal.grado gli stessi, lungi dal consentire una sicura soluzione 


nel senso indicato dalla dcorTente, valgono soltanto per evidenziare 
l'insufficienza ed a!flbiguit� deHa norma nell'orientare con certezza 
l'interrprete, ma non giustificano il capovolgimento di �una giurisprudenza 
ultra trentennale fino ad ora pacificamente accettata dall'amministrazione. 
� 


Il rproblema esegetico di fondo oscilla fra gli opposti .poli di dare 
rilevanza esclusivamente soggettiva o soltanto rilevanza oggettiva alla 
noTma di cui all'art. 46 Tab. D .allegata alla legge organica di registro. 
Tale disposizione �esonera dalla registrazione in termine fisso -salvo 
che si tratti �di �appalto per H quale torna applicabile l'art. 52 della 
tariffa all. A -� e li sottorpone a registrazione in �caso d'uso con ta


I 

riffa minima, "i contratti di abbonamento o di somministrazione di I 
acqua, gas ed energia elettri.ca fatti da chiunque abbia l'esercizio 
di acquedotti o �Stabilimenti di produzione o distribuzione di gas ed 

j

energia elettrica per forza motrice, riscaldamento e luce, risultanti da 

rapporto tra produzione e distribuzione nel quale non pu� non considerarsi 
stridente la configurazione del distributore come un utente che impiega 
l'energia per la produzione di servizi consistenti per l'appunto nella distribuzione 
della stessa energia. La norma contrappone, �come parti contraenti, 
chi abbia l'esercizio di stabilimenti per produzione e distribuzione all'utente 


o abbonato; quando contraenti .sono due �soggetti che ha:q.no ambedue lo 
esercizio di stabilimenti per produzione e distribuzione, il �Contratto (che 
per lo pi� contiene pattuizioni diverse dalla consueta utenza, grande o 
piccola, e che non ha la forma della polizza o della domanda di fornitura) 
non rientra pi� nella previsione dell'art. 46. 
Non sembra infine che possano accettarsi come mezzo di interpretazione 
della norma tributaria le considerazioni sulla traslazione dell'imposta a 
danno del piccolo consumatore, in base alle quali ogni forma di tassazione 
diventerebbe negativa. 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA H89 

scrittura 1privata o polizza o domanda sottoscritta dall'utente o da:� �un 
suo Incaricato, anche se abbonata o utente 1sia la P. A. �, 

Mentre i1 .titolo del predetto articolo mostra con chiara evidenza 
la volont� legislativa di favorire la produzione ed il consumo dei 
prodotti essenziali pex la vita quali sono l'acqua, il ga's e l'energia 
elettrica nella moderna societ�, non pu� con pari certezza affermarsi 
clie nel testo della norma siasi voluto porre� l'accento sulla contrapp01sizione 
fra consumatore diretto di tali beni ed imprese di produzione 
e distribuzione. 

Anche limitando l'indagine ad una mera interpretazione letterale, 
che. pi� d'ogni altra sembrerebbe avvicinar�si ai motivi del .ricorso, 
non si pu� non rilevaTe come 1a parola � utente � non sia stata posta, 
nel testo legislativo, per individuare � l'altro contraente � riospetto al 
produttore o distributore, ma sia stata usata semplicemente per indicare 
colui che ha i.sottoscritto la scrittura privata, la rpolizza o _la domanda 
di abbonamento o di somministrazione, indipendentemente dalla 
sua qualifkazione di imprenditore nella distribuzione, di imprenditore 
in altra qualsiasi attivit� industriale o commerciale oppure di 

\ 

semplice cittadino che richieda la fornitura per uso esclusivament� 
familiare. 

Se davvero fra tante ;possibili distinzioni di � utenti � il legislatore 
avesse voluto operare una scelta ben determinata ci� avrebbe 
potuto faTe con non equivoche espressioni letterali, capaci di sicwra 
indiscutibile selezione. 

La stessa parola � utente �, anche-a prescindere daJ.la ocr ora l'ilevata 
sua 1mancata contrapposizione -nel testo -all'altro contraente 
individuato nelle imprese di produzione e distribuzione, non ha certo 
l'unico significato di " consumato\l'e diretto � attribuitogli da:i.rAmministrazione 
Ticorrente. 

� lnfa.tti sia nel linguag.gio comune .che in quello .giuridico l'utente 

(da utor) non � .soltanto �colui che .gode o fruisce (da fruor) di un de


terminato bene della vita, consumandolo di.rettamente e personalmente, 

ma anche colui che lo "utiiizza � do� che ne trae nei modi pi� sva


riati un utile qualsiasi. 

Neppur l'imprenditore di una industria, capace di assorbire in


genti quantitativi di energia elettrica per azionare strumenti e mac


chine o .di gas per forni di fusione o di cottura, consuma direttamente 

tali beni essenziali, ma li � utilizza � inediati:i'i:nente, onde assicurarsi 

la produzione e in definitiva il 1profitto. Sarebbe va1:10 <per� cogliere 

nella norma una distinzione fra queste divet\Se categorie di � utiliz


zatori � od � .Utenti � ed il consumatore diretto ai fi�ni dell'immediata 

soddisfazione di bisogni personali :propri e della propria famiglia. 

Tutto d� dimostra che il concetto di utilizzazione( od utenza) � 

un " genere �, del quale il consumo :dfretto costituisce una � specie �, ' 


390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O 

e che pertanto voler costruire sulla espressione--l�tterale di.. �utente �" 
una esegesi selettiva del contratto agevolato aippaire sicuramente fallace.� 

Peraltro, tenuto conto della illustrata struttura del testo J.egislativo, 
l'interprete sail'ebbe davvero assai imbarazzato qualoira, attribuita 
prevalente od esclusiva rilevanza ai soggetti contraenti anzitch� al 
contenuto intrinseco ed oggettivo del contratto, dovesse riocerca�re di 
costoro quello favorito fra tanti diversamente qualificabili e non qualificati 
nella norma. 

Torna pi� opportuno ricordare ancora le f.requenti utenze degli 
imprenditori, che-utilizzano l'ene~gia per cragioni della locro industria 
in quantitativi bene spesso pi� cospicui di quelli degli stessi distributori: 
sarebbe vano al riguardo ricercare nella legge una diversificazfone 
del loro trattamento riSpetto a quello del privato consumatoire 
:familiare. 

Analoga � per� la posizione del distributore, il quale non: utilizza ~ 
per 1produrre merci (in ci� 1sta la sola differenza) ma �servizi, a nulla 
rilevando che 1si tratti �di un servizio 1concernente proprio la distribuzione 
dell'energia. 

Anche J.a ratio, non meno della lettera della legge, trovasi in 
contrasto con la tesi dell'Amministraziooe. 

Infatti, giusta quanto s'� detto a proposito delle possibili distinzioni 
dei 1contraenti nelle pi� varie categorie, sarebbe contraddittorio, 
in b�se alla qualifica �di � utente �, ritenere da un lato ,.favorito (secondo 
la pretesa ratio della norma)-soltanto il piccolo consumatore 
diretto per s� e per la famiglia, e dover ammettere dall'altro che 
"utenti" sono pure 1gli imprenditori, i quali utilizzano 1'ene~gia non 
certo a soddisfazione di bisogni familiairi e personali, ma a scopo mediato 
di produzione �di me~ci e servizi. 

La ratio della norma non va dunque rintracciata nella � 1pfocola 

utenza �' apena di inconciliabili contrasti, bens� nella natura del pro


dotto .�ommerciato, cio� nel carattere di beni essenziali per fa vita

, 

attribuibile all'acqua, al �gas ed alla ener.gia elettrica. 

Favorire il loro scambio e qualsiasi loro utilizzazione significa 

conseritire ad l!n ;pi� alto tenore di vita ed al tempo stesso agevolare 

l'incremento della loro produzione �e diffusione, sostenendo cos� lo 

sviluppo delle :relative industrie. 

L'inte~re'!:aziotne logica, 1che 1cootiene in s� anche quella finali


stica e scolpisce :lo 1srpirito della legge, si accoo.'da pienamente con 

l'oTientamento, che d� :rilevanza al contenuto og.gettivo del contratto, 

si pone invece in conkasto con quello, che attribuisce rilevanza alla 

qualit� dei soggetti contraenti. 

N� maggior pregio pu� essere attribuito all'aecurato diligente, 

sforzo ,della difesa dell'Amministrazione di fornire una spiegazione 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 391 

storico-sistematica alla norma nel seI11So di cui al ricorso, mediante il 
rriferimento all'art. 5 �r.d.1. 24 novembre 1919, n. 2163 All. C, trasfuso 
poi con J.'espressione � privati utenti � nell'art. 8 legge n. 3268 del 
1923 sul bollo, per un triplice ordine di ragioni. 

Anzitutto rperch� tali parole furono verosimilmente usate in contrapposizione 
a P.A. e non .gi� ai produttori e distributori, che, sipeciialmente 
iin quell'epoca, erano tutti privati; in secondo luo.g.o per 
l'ampio significato gi� sopra illustrato della espressione � utente � non 
riferibile soiltanto al consumatore diretto; in terzo luo.go -pur volendo 
prescindere dal fatto che l'accennato iter legislativo riguar.da 
la legge sul bollo -pwch� l'oggettivazione "privato� non � ;riprodotta 
nell'art. 46 tabella D, es�c1udendo anche sotto questo profilo 
che la stessa potesse avere il significato, univoco, e la po:rtata attribuj.
tagli dalla Finanza. 

Altre considerazioni di contorno confortano l'adottata sol�zoione. 
Una :riguarda il ["apporto col'il'ente fra l'art. 45 e l'art. 46 aella 
tabella D �allegata alla leg:ge di registro.

0

Se alla seconda norma debba essere data prevalente rilevanza soggettiva, 
una ben scarsa .giustificazione pu� essere attribuita allo 1specifico 
trattamento dell'acqua, gas ed ener.gia elettrica (a.rt. 46) rispetto 
a quello deHe merci in genere, delle macchine e degli altri prodotti 
industriali (~rt. 45). Infatti fa pur ingente massa dei consumatori diretti, 
alla quale �soli.tanto dovrebbe essere limitato il beneficio �di cui 
all'art. 46, costituisce malgrado tutto il settore economicamente e produttivisticamente 
pi� modesto rispetto alle grandi utilizzazioni industrriali, 
che assor.bendo quantita�tivi di energia, pi� delle altre � utenze ,. 
sarebbero suscettibili di assicurare lo scopo per:seguito dalla legge. 

Peraltro, anche volendo orientare la nornia in senso soggettivo, 
limitato conseguenzialmente alle piccole utenze, sca:r~so sarebbe il vantaggio 
a . fa:vore del piccolo � utente privato �, iperch� la pi� .gravosa 
ta.ssazione gravante �sul distributore si riveraerebbe rpur sempre, alla 
lunga, a ca.rico del consumatore in base al principio del trasferimento 
dei costi sul prezzo. 

N� in �contrario si pu� opporre la sussistenza di un prezzo di 

imperio dei :predetti beni essenziali, .perch� l'aumento del costo, sia 

pur dovuto agli oneri tributari, prima o poi andrebbe ad incidere sulla 

determinazione �imperativa del prezzo medesimo. 

Ulteriore dimostrazione questa della fallacia ed a�rbitrariet�, nel 

silenzio della leigge, di adottare una limitazione soggettiva che la 

legge stessa non prevede. 

La senten.za �di secondo grado, adeguatamente e correttamente 

motivata, non merita dunque le censure rivoltele. 

Il ricorso va quindi �rigettato. -(Omissis). 


392 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


COR'.l'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1971, 111. 42 -Pres. Caporaso 
-Est. Gambogi -P. M. Trotta ~conf.) -Soc. Itaisider (avv. 
Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). 

Imposta di registro -Societ� -Aumento di capitale -Imputazione 
di riserve -Imposta proporzionale. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 4 e tariffa A, art. 85). 
La imputazione delle riserve fCl!coltative della societ� ad� aumento 
di capitale � soggetta aH-'imposta' proporzionale dell'art. 85 ta1�iffa A 
della legge di registro (1). 

(Omiss�is). -Con l'unico motivo del r.icorso la Italsider denunzia 
la violazione e falsa applicazione dell'art. 85 fa-riffa all. A al r.d. 30 
dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 4 e 8 di tal.e lr.d. e 81 
della stessa tariffa, sostenendo che la Commissione Centrale ha errato 
nel dichiarare sottoposto alla imposta proporzionale di Registro l'aumento 
di capitale eseguito mediante la imputazione della pa.rte disponibile 
delle riserve ai sensi dell'art. 2442 e.e., dato che in tal caso 
nessun trasferimento di beni da sog.getto a sog.getto si verifica pereh� 
sia le riserve �che il capitale costitui1scono elementi del patrimonio 
sociale. 

Il .rkorso � infondato, anzitutto, per la ragione -gi� addotta dalla 
sentenza n. 769 del 1966 di questa Corte Suprema �che, esaminando 
incidentalmente la questione o.ggi riprospettata dalla Italsider, per affermare 
e spiegare la diversit� di re~ime fra tassa sulle concessioni 
governq.tive (arrt. 114 della tabella A annessa al t.u. 20 marzo 1953, 

n. 112) ed imposta di registro .relativamente agli aumenti di capitale 
eseguiti mediante la imputazione di riserve, rilev� che� l'art. 85 della 
legge di Registro, Tariffa all. A, � commisurato agli effetti giuridici 
dell'atto, mentre la tassa di concessione governativa, secondo la nota 
all'art. 114 del t.u. rsopra menz.ionato, si rioferisce, rper espressa vofont� 
specifica del legislatore, agli effetti economici sostanziali della del.ibera 
sociale. 
Posta cosi la questione :non si vede come si possa invocare, a 
favore della tesi sostenuta dalla ricorrente, l'art. 8 della legge di 

(1) La sent. 18 marzo 1966, n. 769, ripetutamente citata, � pubblicata 
in questa Rassegna, 1966, I, 434. Sul regime fiscale delle riserve pi� in 
generale e sulla analoga questione della distribuzione delle riserve ai soci 
v. A. Ross1. Cenni sulla tassazione dello scioglimento delle riserve disponibili 
a favore dei soci, nota a Cass., 17 dicembre 1969, n. 3993, in questa: 
Rassegna, 1970, I, 109. 
\ 




393

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Registro, secondo il quale, agli effetti della imposta relativa, bisogna 

tener presenti " l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasfe


rimenti �. Che l'aumento di �capitale eseguito mediante la imputazione 

di riserve sia un aumento di caipitale intrinsecamente valido, perfetto, 

produttivo di tutti gli effetti ;giuridici -ed anche sostanziali, del re


sto -che la concezione e la qualit� di capitale attribuita al cespite 

comportano non si pu� .certo mettere in dubbio; e pertanto, dal punto 

di vista dell'art. 8 della legge di Registro, la questione si potrebbe 

anche risolvere ,col semplice richiamo al. principio in claris non fit 

interpretatio. 

Un ostacolo ipi� consistente, .se mai, 1pu� apparire, almeno a prima 
vista, quello costituito dal terzo comma dell'art. 4 della stessa legge di 
Registro, che riserva la taissa iproporzionaie, appunto prevista dall'art. 
85 della. Tariffa aU, A, alle trasmissioni di beni, dovendosi riconoscere 
-e la sentenza n. 769 del 1966 questo non nega dal� punto 
di vista dell'art. 114 della tabella A della tassa di concessione governativa 
-che nella imputazione delle riserve a capitale non si verifica 
un nuovo apporto di denaro dai 1soci alla 1societ�, dato che le riserve,


0

sia pure facoltative, ,gi� si trovano nel patrimonio di questa. Si deve, 
iJ::).fatti, .respingere la vecchia concezione di quella fictio iuris per la 
quale l'aumento di capitale mediante la� utilizzazione delle .riserve facoltative 
�s! �configurava come un doppio ;passaggio .costituito� dalla 
distribuzione delle riserve ai 1soci e dal contemporaneo conferim,ento, 
da parte di questi, dell'1mporto relativo: siffatta concezione, possibile 
sotto l'impero del Codice di Commercio abrogato, che non .conteneva 
espressa �di�sposizione in proposito, appare inconciliabile con :la lettera 
dell'art. 2442 e.e. che, non .parlando di trasferimento o di passa.ggio, 
ma di � imputazione � delle riserve a capitale, e cio� di una operazione 
. intrinsecamente unica ed inscindibile, non consente divagazioni inter


pretative del tipo di quella �ricordata. 

Ci� 'posto, ammesso cio� che la imputazione delle riserve a capi


tale non costituisce nuovo aipporto di denaro dai ,soci alla societ�, va 

per� cricordato che l'art. 4 della legge di Registro riserva la tassa pro


porzionale non isolo alle trasmissioni di propriet�; ma anche ai mutp


menti di " uso e godimento di beni mobili �; e sotto questa lata espres


sione, interpretata non .gi� analogicamente :ma nel suo pieno e com


pleto significato, non pu� non comprendevsi, dal punto �di v.ista econo


mico oltre che .giuridico, quel .passaggio e quei mutamenti sostanziali 

di regime che �si verificano per il cespite trasferito nella imputazione 

delle .riserve a caipitale. Le riserve facoltative, invero, .sono <pratica


mente nella disponibilit� della massa dei soci che, con una semplice 

deliberazione assembleare, pu� procedere alla distribuzione di esse; 

mentre il caipitale, pur appartenendo� in definitiva all'aziona.riato, � , 

un cespite isottoiposto a limitazioni e vincoli tali che la .sua monetiz-. 


394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zazione � concepibile solamente nell'ipotesi di scioglimento della so


ciet� od in quella, affine, della iriduzione del capitale esuberante ex 

art. 2445 e.e. La istituzione di questo fondamentale vincolo economico


g.iuri�dico non costituisce, come si rilev� con la sentenza n. 769 del 

1966, un �confedmento, ma certo rientra. nel concetto di variazione 

nell'uso o godimento che all'azionista � attribuito sui vari cespiti del 

patrimonio sociale; e tanto ba�sta perch� essa rientri nell'ambito del


l'art. 4 della legge di Registro secondo quanto sostanzialmente questa 

Corte ritenne con la .sentenza n. 755 del 1936, che appunto afferm� 

specificamente l'applicabilit� dell'art. 85 della Tariffa all. A legge di 

Reg�istro all'aumento di capitale effettuato mediante l'utilizzo delle ri


serve. Da tale originaria giurisprudenza e d~lle sentenze successive che, 

sia pure in forma solo incidentale, riaffermarono il principio (n. 2146 

del 1937, n.. 3411 del 1959, n. 769 del 1966) non v'� quindi ragione 

di discostarsi. 

~on si pu� negare per ver~ �che la diversit� di �regime fiscale cosi 
posta in es�sere per la imposta di Registro e per la tassa sulle concessioni 
.governative rispetto ad un identico fenomeno giuri�di.co appaia 
disarmonica; n� questo rilievo certo appare diminuito dalla considerazione 
che proprio il tributo sulle concessioni .governative che � 
vera e ipropria tassa sul servizio di �certificazione governativa dell'aumento 
di .capitale sia ragguagliato all'effetto economico e non soltanto 
a quello .gi~idico dell'atto, mentre il contrario avviene per la 
imposta �proporzionale di Registro che, almeno in linea di principio, � 
, imposta sui trasferimenti di ricchezza.; ma la inte:ripretazione sistematica 
�trova i suoi limiti nel disposto letterale di legge, e nella specie 
la diversit� di formulazione tra l'art. 4 �della legge di Registro, al quale 
dev'e essere rag.guagliato l'art. 85 della relativa Tariffa all. A e la 
Nota apposta all'art. 111 della Tabella all. A al t.u. delle tasse sulle 
concessioni .governative impone la �diversit� ,fil interpretazione nei due 

casi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZION~, Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 89 -Pres. 
Stella Rkhter -Est. Berarducci -P. M,, Tavola.ro (cornf.) -Sodet� 

a. s. Macellerie Milanesi (avv. Di Stefano) �C. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Angelini Rota) e Esattoria civica di Milano 
(avv. Citi). 
Imposta di 'ricchezza mobile -Responsabilit� del cessionario di azienda 
-Ri~uarda anche le imposte dovute dal precedente affittuario. . 

(t.u. 29 gennaio 1958 .n. 645, art. 197). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 395 

Imposta di ricchezza mobile -Responsabilit� del cessionario di azienda 
-Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 197; Cost., artt. 24 e 76). 
Imposta di ricchezza mobile -Esecuzione esattoriale -Opposizione 

del cessionario di azienda -Giurisdizione del giudice ordinario 


Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 208 e 209). 
La nOTma dell'art. 197 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, allorquando 
afferma la responsabiUt� del cessionario di azienda in Olf'dine alle imposte 
dovute dai " precedenti titolari �, n9n intende riferirsi unicamente 
ai soggetti che, nei periodi di imposta considerati, abbiano avuto 
la titolarit� deU'azienda quali proprietari, ma, genericamente, ai soggetti 
che, in detti periodi, abbiano avuto tale titolarit� quali imprenditori, 
ossia ai soggetti che, in quei periodi, abbiano gestito in proprio, 
a qualsiasi titolo, l'azienda e, come tali, siano debito1�i delle anzidette� 
imposte (1). 

� manifestamente infondata la questione di iHegittimit� costituzionale 
dell'art. 197 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia sotto il profilo 
della contrariet� all'art. 24 della Costituzione, sia sotto il profilo dell'eccesso 
di delega legislativa (2). 

Dal. combinato disposto degli artt. 208 e 209 del t.u. 29 gennaio 
1958, n. 645 si .evince che le opposizioni regolate dagli artt. da 615 a 
618 del codice di p1�ocedura civile non sono consentite, innanzi al giudice 
ordinario, al contribuente ed ai suoi obbligati, tra i quali, per 
effetto dell'art. 197, � il cessionario di azienda. Costoro, nel corso� della 
procedura esecutiva esattoriale, non hanno altra facolt� che quella di 

(1) Massima di evidente rilievo e di indubbia e.sattezza perch�, sia 
dalla lettera (imposte sui redditi dell'esercizio, situazi�ne tributaria della 
azienda) .come dagli scopi della noxma dell'art. 197 del t.u. n. 645 del 1958, 
interrpretata anche �con riferimento ai .suoi precedenti, si evince che essa non 
ha riferimento alla propriet� dell'azienda trasferita, bens� all'esercizio della 
relativa impresa, onde colui che subentra in tale esercizio attraverso l'acquisto 
dell'azienda � responsabile del pagamento delle relative imposte 
anche se facenti carico a precedente affittuario della az�enda stessa. 
(2) La prima delle eccezioni di illegittimit� costituzionale dell'art. 197 
del .t.u. n. 645 del 1958, che la Suprema Cort~ ha dichiarato manifestamente 
infondate con la massima in esame, traeva motivo dalla pretesa 
natura processuale della solidariet� che assiste la responsabilit� del cessionario 
di azienda, e la sua manifesta infondatezza � stata facilmente dimo-" 
strata in base alla evidente natura sostanzile, e �Cio� ordinaria, di tale 
solidariet�. 
La motivazione della pronuncia relativa alla decisione della seconda 



396 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ricorrere aH'Intendente di finanza, mentre solo dopo il coiriPimento 
dell'esecuzione hanno il diritto di .adire l'autorit� giudiziaria ordinaria, 
ma unicamente ai fini del risarcimento dei danni (3). 

(Omissis). -Devesi esaminare, ,preliminarmente, la questione 
posta con il secondo motiyo di ricorso, la soluzione della quale focide 
sulla questione della proponibilit�, o no, innanzi al giudice ordinal'io, 
della opposizione proposta dalla Soc. Macellerie Milanesi avverso l'esecuzione 
contro di essa promossa dalla Esattoria Civica di Milano, e 
suUa questione della sussiistenza, o no, dell'obbligazione tributaria di 
detta societ�, non~h�, ai fini della loro rilevanza nel :presente girudizjo, 
sulle questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 197 del t.u. 
delle leg.gi sulle imposte dirette di cui al d.P.R. 29 gennaio 1958, 

n. 
645, sollevate con il quinto ed il 1sesto motivo dello stesso ricorso. 
Si assume, con il 1secondo� motivo, che la norma dell'art. 197 del 
t.u. 1so:pra citato, nello statuire .fa responsabilit� del cessi�nario di 
azienda in ordine al pagamento delle imposte di ricchezza mobile 
dovute dai precedenti titolari, per il rpetj.odo di imposta in corso alla 
data della cessione e per il 1periodo precedente, si riferisce alle imposte 
dovute dal cedente, ossia dal precedente .proprietario del:la az.ienda ceduta, 
e che, .pertanto, detta responsabilit� non sussiste nella .iipotesi in 
cui, come nel caso di specie, le imposte siano dovute dal �soggetto che, 
nei detti periodi, abbia .gestito l'azienda quale a:ffirttuario della stessa. 
Si sostiene che ci� dsulta dalla formulazione letterale della norma in 
questione, che non pu� essere interpretata se non nel senso che la 
responsabilit� degli acquirenti si estende alle. imposte dovute non da 
tutti 1coloro che in qualche modo hanno .sfruttato i beni aziendali. ma 
solo da coloro che siano stati titolari di un� diritto reale .sull'azienda. 
Il� motivo � destituito di fondamento. 

Ritengono queste Sezioni Unite che, per risolvere la questione 
sottoposta al loro esame -se cio� la responsabilit� del cessionario 
d'azienda, .prevista dalla norma dell'art. 197 del t.u. del 1958, n. 645, 
riguardi unkamente il debito di imposta fac~te carico al .precedente 
proprietario dell'azienda ceduta, che abbia .gestito questa nel periodo 
di imposta in co11so alla data della cessione e in quello preeedente, 
oppure il debito del �Soggetto che, in� detti p~riodi, abbia, a qualsiasi 

eccezione per preteso eccesso di delega legislativa � quanto mai esauriente 
ed ineccepibile. 

(3) Il principio affermato nella massima corrisponde alla giurisprudenza 
ormai costante delle Sezioni Unite (cfr. sent. 21 aprile 1969, n. 1264, in 
questa Rassegna, 1969, I, 513) ed il suo particolare interesse ,consiste nellaw 
relativa applicazione anche nei confronti del cessionario idi azienda. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

titolo, gestito l'azienda medesima -sia sufficiente considerare 'qual'� 
l'oggetto delle imposte in questione e, quindi, qual'� il 1soggetto che, 
per la natura di tali imposte, o per espressa disposizione di legge, � 
tenuto al pagamento delle imposte medesime. 

Tali imposte, sono, invero, quelle sui redditi dell'esercizio dell'azienda 
e quella sui redditi di categoria C/2, ed � noto che, mentre 
le prime, per la loro stessa natura, in quanto hanno ad oggetto il reddito 
,di carpitale �e lavoro, derivante dall'esercizio dell'azienda, sono 
dovute dal soggetto 1che, di :l�ronte al fisco, figura avere avuto detto 
esercizio, sia esso proprietario, usufruttuario, od affittuario dell'azienda, 
la seconda, pur avendo ad oggetto il reddito �di lavoro dei prestatori 
d'opera alle dipendenze dell'azienda, � dovuta, per effetto della 
norma dell'art. 127 dello ~tesso t.u., con obbligo di rivalsa, dallo imprenditore 
che ha gestito l'azienda ed ha .corrisposto la retribuzione 
ai prestatori d'opera alle sue dipendenze. 

Nell'uno e nell'altro caso si tratta, quindi, di imposte il� cui pagamento, 
sebbene in forza di cause diverse, fa carico allo stesso soggetto, 
cio� a colui che ha avuto l'esercizio dell'azienda. 

Ci� posto, appare sin troppo ovvio che la no.rma dell'art. 197, 
allorquando afferma la .responsabilit� del cessionario in ol"dine alle 
imposte dovute dai �precedenti titolari�, non intende Tiferirsi unicamente 
ai soggetti che, nei due periodi di imposta considerati, abbiano 
avuto la titolarit� dell'azienda quali proprieta.ri, ma, genericamente, 
ai soggetti che, in detti periodi, abbiano avuto tale titoladt� quali 
imprenditori, ossia ai soggetti che, in quei periodi, abbiano gestito in 
proprio-, a qualsiasi titolo l'azienda e, �cnme tali, siano debitori delle 
anzidette imposte. Ci�, d'altra parte, trova conforto nella considerazione 
che la titolarit� dell'azienda sta a designare, non l'intestatario 
della 1ditta che contraddistingue l'azienda, ma il soggetto che ha titolo 
per gode~e dell'azienda, ed � noto che il godimento dell'azienda, se 
a titolo� originario appartiene al proprietario, a titolo derivativo (contratto 
di affitto), appartiene anche all'affittuario. dell'azienda medesima. 
N� giova opporre che la norma del secondo comma dell'art. 197, 
laddove parla di � reddito del cedente ,, , rrisulta formulata in modo 
da limitare la responsabilit� del cessionario al debito di imposta del 
proprieta1ri� dell'azienda, giacch� riesce agevole replicare �che tale 
norma � dettata allo scopo di Hmitare la responsabilit� del cessionario 
al pagamento unicamente del debito di imposta afferente l'azienda 
c�duta, nella ipotesi in cui il debito di imposta sia relativo al a:-eddito 
di pi� aziende, e non pu�, ;pertanto, dalla� sua, no:h certo feHce, formulazione, 
inferiI\si che .il legislatore abbia inteso limitare la 1portata 
della norma del primo comma d,_ello s_tesso articolo; tanto pi�, poi,. 
considerando che l'esattezza della tesi qui accolta, trova ulteriore con-. 
forto e nello scopo della norma in questione, che, essendo quello di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

398 


garentire al fisco il pagamento delle imposte che afferiscono,call'esercizio 
:dell'azienda, non consente, in difetto di una qualsiasi giustificazione, 
di ritenere esclusa dalla previsione della nonna medesima, la 
ipotesi del debito di imposta -gravante sul soggetto che, nei periodi 
considerati, abbia gestito l'azienda quale affittua1rio, anzich� quale .pro-� 
prietario, e nei precedenti legislativi dell'art. 197 in questione, costituiti 
dalla disposizione dell'art. 63 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, e 
dalla disposizione dell'art. 36 della leg,ge 8 giugno 1936, n. 1231, le 
quali, per conseguire lo stesso SCO$)O della norma in. esame -che non 
ha, pertanto, n.el punto in questione, carattere innovativo -stabilivano, 
con una formula letterale s�emplice e chiara, che la Tesponsabilit� 
del nuovo esericente l'azienda irigua:r:~va le imposte �dovute dai 
" precedenti esercenti �, senza alcuna di�stinzione tra esercenti-proprie


tari ed esercenti ad altro titolo. 

Accertato, dunque, che la norma �dell'art. 197 �del t.u. del 1958, 

n. 645, � applicabile anche all'ipotesi in cui il debito di imposta fa 
carico al soggetto che, nel periodo di imposta .precedente e in quello 
in corso all'atto della cessione dell'azienda, abbia gestito questa come 
affittu�JA"io, acquistano -rilevanza, ai fini della decisione della lite, le 
questioni di J.egittimit� costituzionale sollevate in ordine a detta norma, 
con il quinto ed il sesto motivo di xico:tso; i quali vanno esaminati 
con precedenza rispetto al primo ed al terzo mot.ivo, atteso che l'accertamento 
dell'applicabilit�, o meno, della norma la cui legittimit� 
costituzionale � contestata, � indispensabile rper decidere della proponibilit�, 
o meno, innanzi al giudice ordinario, dell'orprposizione alla 
esecuzione proposta dalla Soc. Macellerie Milanesi. 
Si sostiene, con il quinto motivo, �che l'art. 197 del t.u. del 1958, 

n. 645, � in contrasto con la norma del primo comma dell'art. 24 della 
Costituzione, in quanto detto articolo, interpretato nel senso che esso 
consente di pel'!seguire il cessionario d'azienda in base ad accertamenti 
ed iscrizioni ri.guardanti il cedente, co:ri:serva il fenomeno della 
solidariet� �processuale, che gi� dalla Corte Costituzionale � stato riconosciuto 
in contrasto con il primo comma dell'art. 24 della Cq�stituzione, 
che garantisce ad ogni cittadino la tutela dei propri diritti. 
La questione � manifestament-e infondata. 

Come � stato riconosciuto anche dalla Cort�e Costituzionale, in


. cidentalmente, nella .sentenza n. 138 del 1968 (con cui � �stata dichiarata 
infondata .la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 209, 
secondo comma, del t.u. del 1958, n. 645, proposta in relazione agli 
artt. 24 e 113 della Costituzione), la norma dell'art. 197 del detto t.u. 
� di diritto sostanziale -in quanto include, -tra gli effetti della cessione 
d'azienda, l'obbligo del cessionario� di paga:r;e i debiti �di imposta 
inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, in analogia a quanto dispone < 
l'art. 2560 e.e. per i debiti, in ,genere, !relativi a detto eserCizio -� e, 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

come tale, non viola l'art. 24 della Carta costituzionale, clJ:e ��~�renUsce 
i diritti soggettivi nella configurazione e nei limiti che ad essi 
derivano dal diritto sostanziale �. 

Bel pari manifestamente infondata � la questione di legittimit� 
costituzionale sollevata con il sesto motivo, con il qual� si assume 
che l'anzidetta noxma dell'art. 197, disponendo .che i cessionari di 
azienda sono responsabili del pagamento delle imposte di r.m. dovute 
dai precedenti .titolairi, per il periodo in co:Nm e per quello precedente 
la cessione, "1sulla base della dichiarazione o degli accertamenti dell'Ufficio
�, ha innovato all'art. 36 della legge del 1936, n. 1231, che 
subordinava la respoitlSabilit� solidale del cessionario d'azienda alla 
iscrizione a ruolo delle imposte o alla notifica dell'avviso di accertamento 
prima dell'avvenuta cessione, ed ha, pertanto, violato i limiti 
della delega legislativa che, in virt� dell'art. 76 delJ.a Costituzione, 
era stata conferita al Governo .con l'art. 63 della le�g.ge n. 1 del 1956. 

Devesi, infatti, rileva1.re che la delega legislativa conferita al Governo 
1con l'art. 63 della legge n. 1 del 1956, comprendeva, oltre l'autodzzazione 
ad emanare testi unici concernenti le diverse imposte dirette, 
le disposizioni ,generali e le norme sulla riscossione delJ.e ,stesse imposte, 
anche l'autorizzazione ad eliminare le disposizioni in contrasto 
con i principi contenuti nella legge 11 .gennaio 1951, n. 25, e ad apportare, 
.fra l'altro, le e modif�c-he utili per un migliore coordinamento 
�, ovviamente con .gli anzidetti principi. 

Ora,' poich� tra i principi contenuti nella legge 11 gennaio 1951, 

n. 25, vi era quello ci:-elativo al sistema di tassazione per conguaglio 
o per consuntivo, dal legislatore del 1951 adottato in sostituzione del 
precedente sistema di tassazione .preventiva, la legge delegata non 
poteva non tener conto �di �detto nuovo sistema di tassazione e coordinarvi 
la disposizione dell'art. 197. 
Invero, l'adozione del sistema di tassazione per conguaglio o per 
consuntivo, consistente nell'applicazione dell'imposta -dovuta per un 
annc;> (1periodo di imposta) al :reddito effettivamente prodotto in quell'anno, 
comporta la provvisori-et� delle iscrizioni a ruolo (cfr. �art. 176 
del t.u. del 1958) delle imposte relative all'anno in �corso e a quello 
precedente la cessione d'azienda, con la conseguente incertezza ci(["ca 
!'�effettivo ammontare ,di tali imposte. Donde la necessit� di far rifeirimento, 
nella norma dell'art. 197, al fine idi non pregiudicare alcuna 
delle due parti (fisco e cessionario d'azienda), non pi� alle imposte 
gi� iscritte a molo per il periodo in corso e per quello prec�edente 
la cessione, le quali potrebbero risultare inferiori o superiori a quelle 
effettivamente dovute, bensl alle imposte dovute, per detti periodi, 
sulla base della dichiarazione del contribuente o degli accertamenti 
dell'ufficio, ossia, pra.Ucamente, alle imposte ancora da definire, sulla 
base del .reddito effettivamente prodotto. 


40) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il rigetto dei motivi innanzi esamin"ati importa, come conseguenza, 
anche l'infondatezza e, quindi, il rigetto del primo e del terzo motivo 
di ricorso. Non v'ha dubbio, infatti, che, con tali motivi, la soc. Macellerie 
Milanesi miri a con.testare la jacultas agendi dell'Esattoria, 
ossia il titolo in base al quale l'Esattoria ha agito in esecuzione, in 
quanto, mentre con il primo motivo deduce la nullit� dell'iscrizione 
a ruolo dell'obbligazione principale, effettuat� a nom� della Soc. Sag~
ma, alla quale la notificazione dell'accerla,mento sarebbe stata fatta 
in modo non :rituale, e sostiene che l'art. 188 del t.u. del 1958, n. 645, 
� stato interpretato erroneamente dalla Corte, perch� il rimedio dell'impug.
nazione �del ruolo, in sede amministrativa, � previsto per il 
contribuente principale, non per il �coobbligato, che pu� adire direttamente 
l'autorit� giudiziaria, con il terzo motivo deduce la violazione 
degli artt. 197, tM'imo comma, e 208, primo comma. del citato t.u. e 
assume che l'esattore non pu� agire esecutivamente contro il. cessionario 
d'azienda in forza del titolo esecutivo intestato al cedente. Si 
tratta, in altri termini, di motivi che hanno per oggetto domande che, 
essendo dirette ad ottenere la dichiarazione di illegittimit� della procedura 
esecutiva promossa dall'Esattoria di Milano, concretano una 
tipica OPIPOsizione all'esecuzione. Ed � noto �che l'opposizione all'esecuzione 
promossa dall'esattore, non � consentita, innanzi al giudice 
ordinario, al contriibuente ed ai suoi coobbligati, tra i quali, per effetto 
dell'art. 197, � il cessionario d'azienda, oltre che agli altri soggetti 
indicati nell'art. 208 del t.u. del 1958, n. 645. 

Dal combinato disposto di detto ultimo articolo e del successivo 
a:rt. 209 (il quale, pi� volte, dalla Corte Costituzionale, con le sentenze 
1ri. 87 del 1962 e n. 138 del 1968, � stato riconosciuto costituzionalmente 
legittimo) si evince, infatti, che le opposizioni �regolate 
dagli artt. da 615 a 618 del codice di procedura civile, non sono consentite 
ai soggettl. innanzi nominati, i quali, nel corno della procedura 
esecutiva, non hanno altra facolt� che quella di ricorrere all'Intendente 
di Finanza, 'mentre solo dopo il compimento dell'esecuzione 
hanno il diritto di adire l'autorit� giudiziada ordinaria, ma unicamente 
ai fini del risarcimento dei danni. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 90 -Pres. 
Flore -Est. Gambogi -P. M. Di Majo (.diff.) '.:. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Salto) c. Vassallo (avv. ,Melazzo). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette �-Controversie di valutazione 
-Decisioni della Commissione provinciale -Difetto di 
calcolo e errore di apprezzamento -Sindacato di legittimit� del 
giudice ordinario -Natura -Estensione. 

(d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie divalutazione 
-Decisioni della Commissione provinciale -Difetto di 
calcolo e errore di apprezzamento -Sindacato di legittimit� del 
giudice ordinario -Insufficienza dell'istruttoria -Non giustifica 
il difetto di calcolo -Eccezionale valutazione senza ricorso al calcolo 
-Ammissibilit� -Condizioni -Impiego della comune esperienza 
-Esclusione. 

(d.l. 7 agosto 19.39, n. 1639, art. 29; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 24 e 41). 
Il sindacato di legittimit� attribuito al giudice ordinario sulle decisioni 
del"La Commissione provinciale delle imposte� non ha. per oggetto 
il controllo della sufficienza delia motivazione pre�scritta dail'art. 42 
del d.l. 8 luglio 1937, n. 1516, ma l'assai pi�� penetrante ed esteso controllo 
deila esistenza e sufficienza del calcolp e della mancanza di gru.vi 
ed evidenti errori di apprezzamento, cio� la .verifica della adeguatezza 
di una motivazione qualificata, basata su calcoli artmetici; ii potere del 
giudice ordinario� sulle decisioni �delle commissioni provinciali � quindi 
assai pi� ampio di quello deUa Corte di Cassazione sulle sentenze di 
merito e giunge addirittura, sia pure nei limiti della manifesta evidenza, 
ad incidere sul merito deW.apprezzamento fatto dalla Commissione, pur 
rimanendo nei limiti di un controilo di legittimit� (1). 

Non pu� addursi a giustificazione della insufficienza del calcolo la 

mancata raccolta da parte deil'Ufficio di dati e�d elementi di valutazione, 

perch� la Commissione, anche di appeilo, ha ampi p�teri istruttori 

(artt. 25 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516); mentre ove la particolarit� 

del caso non consenta una raccolta di elementi di calcolo sar� neces


saria una adeguata motivazione che giustifichi l'impiego di criteri sus


sidiari di valutazione. Il giudice ordinario non pu� ricorrere aUa co


mune esperienza, per supplire alLa mancanza o erroneit� del calcolo (2). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, peraltro :lirazionabile 
in. tre distinte .censure, �la finanza, denunziando la violazione e falsa 


(1-2) Decisione di grande interesse e alquanto innovativa. Si d� .ora 
una definizione ben vrecisa dell'ampiezza del sindacato del giudice ordinario 
in materia. Precedentemente tale ampiezza spaziata dal � merito della 
valutazione� (Sez. Un., 1� agosto 1968, n. 2737, citata nel testo, in questa 
Rassegna, 1968, I, 1005; Sez. I, 10 aprile 1968, n. 1082, Foro it., 1968, I, 1671) 
alla mera legittimit� (giurisprudenza prevalente). Si chiarisce ora che l'impugnazione 
ex art. 29 � di sola legittimit�, e quindi limitata al solo iudicium 
rescindens, ma di legittimit� � qualificata � che incide sul merito dell'apprezzamento 
fatto dalla Commissione, sia pure nei limiti della manifesta 
evidenza e non consiste soltanto nel semplice accertamento della esistenza 
di una motivazione logica e coerente; il controllo che il giudice ordinario 
� chiamato a compiere � cos� penetrante, specie su un piano tecnico, da ,. 
diventare � un controllo concettualmente di merito che viene consid�rato 



402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

applicazione degli~ artt. 111 della Costituzione, 15, 16 e 29 1tel r.d.1. ��� 
7 agosto 1936, n. 1639, 42 del r.d. 8 luglio 1'937, n. 1516, in relazione 
all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., lamenta �he la Corte di Aiprpello: a) non 
abbia .rilevato la mancanza di .sufficiente motivazione ai sensi del predetto 
art. 42 r.d. n. 1516 del 1937; b) non abbia rilevato che la Commissione 
Provinciale non ha eseguito calcolo alcuno per determinare 
il valore dei beni; c) abbia errato nell'affermare e motiva�re la inesistenza 
di grave ed evidente errore di apiprezzamento in ba1se soltanto 
ai dati della comune esperienza, ed abbia essa stessa commesso codesto 
gr:ave ed evidente errore di apprezzamento nel rifar� la valutazione. 

Nel resistere al ricorso le eredi Vassallo deducono ;preliminarmente 
il difetto di 1giurisdizione del giudice ordinario �di :fronte alla 
cen�SU!l'a di difetto di motivazione �ex airt. 42 del r.d. n. 1516 del 1937, 
per essere invece, in proposito, giurisdizionalmente competente la Commissione 
Centrale. 

Il ricorso �della finanza � fondato e �deve essere accolto, pur ;proceden:
dosi alle necessarie precisazioni in �diritto _richieste dal1a materia 
in esame che, �nonostante l'abbondanza dei precedenti giurisprudenziali, 
non sembra ancora aver trovato definitivamente sistem�zione. 

Come hanno recentemente affermato queste Sezioni Unite (sentenza 
n. 2737 del 1968) la violazione dell'art. 42 del r.d. n. 1516 del 

l

1937 non pu� essere dedotta dinanzi al giudice ordinario di prima j 
istanza ai sensi dell'art. 29 del r.d.1. n. 1639 del 1936, che stabilisce un 

l

tipo tutto parlicola!t"e di controllo da parte di detto .giudice sulla decisione 
della Commissione Provinciale. Il difetto di motivazione ex artit 
colo 42 potr� invece essere fatto valere col ricorso diretto a questa 

r

Corte Suprema ex art. 111 della Costituzione contro tale decisione, 

i 

I

ricorso nel quale, ovviamente, nemmeno pu� convertirsi il ricorso or


dinario, che investe la pronunzia del giudice ordinario di secondo grado 

e non la stessa pronunzia della Commissione Provinciale. 

Pertanto in .questa sede (anche se non sia pertinente la eccezione 

di difetto di .giurisdizione basata sull'art. 6 _della legge abolitiva del 


e trattato dalla legge e dalla giurisprudenza come un controllo di le


gi ttirr� t� > � 

Sulla ammissibilit� di criteri di stima :diversi da quelli rprescritti dal


l'art. 16 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, quando del loro impiego .sia data 

adeguata motivazione, cfr. Cass., 26 ottobre 1968, n. 3568, in questa Ras


segna, 1968, I, 831; 25 marzo� 1969, n. 958, Riv. leg. fi,sc., 1969, 15:63; 3 di


cembre 1969, n. 3860, ivi, 1970, 672. Sui poteri della Corte di Cassazione di 

censurare l'a.pprez~amento del giudice di merito sulla adeguatezza del 

metodo di .stima, anche in relazione a �criteri di �Comune esperienza impie


gati o non impiegati cfr., oltre la sent. 10 aprile 1968, n. 1082 cit., 28 marzo 

1966, n. 819, in questa Rassegna, 1966, I, 912; 7 gennaio 1967, n. 58, Riv�. 

leg, fisc., 1967, 1099; 19 giugno 1968, n. 2030, ivi, 1968, 2428. 


PARTE' I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 403 

.f 

contenzioso amministrativo perch� la non impugnabilit� delle decisioni 
della Commissione Pirovinciale, Sezione di valutazione, dinanzi al giu.., 
dice �ordinario, anche per questi()IIli di legittimit� :come quella l'elativa 
al difetto di motivazione, � dovuta non al disposto di detta norma 
ma al~a definitivit� �della decision~ ai sensi dell'art. 29 del r.d.1. n. 1639 
del 1936) non si pu� discutere se la Commissione Provinciale abbia 

o meno adempiuto .genericamente al precetto di motivazione sancito, 
genericamente appunto, dall'art. 42 del r.d. del 1937. L'mdagine, infatti, 
in sede di iriconso ordinario, deve essere circoscritta nei limiti, 
anzi, pi� esattamente, estesa fino all'ampiezza � del contz:ollo affidato 
al giudice ordinario dall'art. 29; controllo che � assai pi� penetrante 
di quello che possa essere il semplice accertamento sull'esistenza di 
un� motivazione,' purch� in s� logica e coerente. 
L'art. 2Q del r.�d.l. del 19ll6 .presuppone, infatti, che la'. motivazion.
e addotta �dalla C�mmissione Provinciale �di valutazione a s~stegno 
della sv.a .definitiv�a decisione sia una motiva:z;ione qualificata, e cio� 
bas�ta su di un calcolo di dati aritmetici, ovviamente desunti dai 
parametri fissati. ne1J'a.rt. 16 dello stesso r.d.1.; ''.come, ad esempio, la 


.capitalizzapone .del reddito dell'immobile da valutare, la ricer�a comparativa 
del prezzo locale �dell'IUfllit� di misura delle aree,� e simili. 
Ma ci� l}ncora :non basta a circoscrivere l'inda1gine affidata al �giudice 
ordinarlo circa_ la congruit� della motivazione, de qua; detto giudice, 
infatti, �oltre che 1cOO.trollare� �che la. motivazione esdsta e che si estrinsechi 
in un calcolo matematico e non in �semplici generiche asserzioni, 
dovr� ailltChe accertare che detto calcolO'._ e la raccolta dei dati o ter.
mini relativi non siano aff.etti da .gravi ed evidenti errori di appr'ez-, 
zamento; compiere,, cio�, un controllo .cosi penetrante da incidere addirittura, 
sia pt.Jre nei limiti della manifesta evidenza, sul merito 
dell'apprezzamento fatto dalla Commissione; �diversamente a quanto 
avviene, ad esempio, per il controllo della motiva~ione delle sentenze 
da pa.rte 'di questo Supremo Collegio che non pu�, :per .pacifica giurisprudenza, 
rilevare nemmeno .il tr:avisamento dei fatti. 

Da ques.to punto di vista si comprende perch� la .gi� citata sentenza 
n. 2'737 del 1968 di queste Sezioni Unite abbia affermato che 
il sindacato d�l .giudi�e previsto dall'art. 29 del r.�d.1. del 1936 attiene 
al merito della valutazione; �ci� non significa che il controllo de quo 
non sia un controllo di legittimit�, secondo quanto questa C-Olrle su.. 
prema ha sempre ritenuto col considerare pacifico che il giudice ordinario, 
se accoglie la domanda, deve rinviare alla Commissione ipeJ,' 
il nuovo .giudizio -di merito e non decidere esso �stesso sulla valutazione 
,(ci�, che, veramente questa volta, violerebbe il. principio ;posto 
dall'art. 6 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo), ma 
vruo~ semplicemente dire che, in questo caso, la legge fa assurgere 
a requisito �di legittimit�, attraverso l'eliminazione di un computo ~



404 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

grossolanamente e manifestamente errato, quello che conc�tf�almente � 
sarebbe .un giudizio, sia .pure aberrante, di mea:-ito. 
Se questi criteri si applicano alla fattispecie, evidente appare la 
gi� rilevata fondatezza delle doglianze della Finanza. 

Per quanto attiene alla mancanza del calcolo, infatti, la Corte di 
Appello -che non poteva, del ~esto, fare diversamente -la ammette, 
giustificandola, per�, 'col rilievo che nella specie l'Ufficio non 
aveva posto a disposizione delfa Commissione i dati necessail'i. 

Siffatta giustificazione norn sembra prevista dall'art. 29 della legge; 
ma se anche con essa si volesse qui riaiprire la questione dell'onea:-e 
della ;prova nel processo fiscale, per affermare che a tale onere su di 
esso gravante �l'Ufficio non si � sottoposto, con conseguenze dirimenti 
sulla sua pr:etesa, sar� facile :rispondere �he l'art..42 del d.l. n. 1516 
del 1987 consente a:nche alle Commissioni Pirovinciali le amplissime 
facolt� istruttorie gi� previste per le Commissioni Distrettuali dall'art. 
25; e che pertanto, di froote alla motivazione priva di calcoli 
estimativi, non basta l'apodittica affermazione da parte del .giudice 
del controllo in ordine ad una presunta inerzia istr:uttorfa dell'Ufficio 
pea:-far divenire regolare la motivazione �stessa; massime se della giustificazione 
norn trovasi itraccia nella decisione stessa �della Commissione. 
Non si pu� escludere che, nella variet� delle fattispecie, caipiti 
una valutazione di immobili per la q.ale sia veramente impossibile 
la raccolta di elementi di �calcolo; ma in tal caso sar� questa obbiettiva 
.impossibilit� e la ragionata adozione di criteri sussidiari di valutazione 
che dovranno emergere dalla sia pur succinta motivazione 
della decisione della Commissione. Sotto questo ;profilo, quindi, la 
sentenza impugnata � incorsa sia in errore di diritto che in omessa 

motivazione. 

Ma anche sul punto del ,g.rave ed evidente errore di apprezza


I' 

mento la Corte �di Appello ha �giudicato e motivato in maniera del 
tutto inadeguata. 

Ln proposito la giurisprudenza di questa Corte Suprema (a sezione 
semplice) non appare :del tutto univoca circa la estensione del 
controllo .di le.gittimit� spettante alla Cassazione sul controllo anche, 
esso di legittimit� eseguito dal .giudice o:r:dinario, essendosi, ad esempio, 
ritenuto, con sent�nza n. 1082 del 1968, la possibilit� .di riesamina.
re nel merito in questa :sede di legittimit� il �giudizio di evidenza e 
g:ravit� dell'errore come errar in procedendo, ed essendosi invece affermato, 
con sentenza n. 2030 del 1968, che l'apprezzamento del �giudice 
di merito d.~ca la �esistenza idi detti ;presupposti � incensurabile in 
sede idi legittimit� se sorretto da motivazione esauriente �ed immune 
da vizi logici o giuridici; affermazione che fol'lSe non tien conto del 
fatto che l'errore �di apprezzamento � presupposto della stessa giuri; 
sdizione del .giudice ordinario. 



. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 

Questa sfasatura di precedenti, evidentemente dovuta al gi� ~rilevato 
fenomeno per cui un �Controllo concettualmente di merito viene 
considerato e trattato dalla leg.ge e .dalla �giurisprudenza come un controllo 
di legittimit�, non pu� comunque giovare a.ne resistenti, perch� 
nella specie, anche se ~i adotta il pi�� ristretto criterio della sindacabilit� 
:della sola motivazi001e della sentenza impugnata entro i limiti 
del n. 5 deJJ.'arl. 360 c.p.c., non pu� essere dubbio che detta sentenza 
impugnata debba qui esser cassata anche per quanto c001cen;ie il giudizio 
di inesistenza del grave ed evidente errore di ?Pprezzamento. 

In :proposito, infatti, la Corte di Appello ha respinto la valutazione 
proposta dall'Ufficio ;per dimostrare la sussistenza di detto errore 
in.ella �decisione �della Commissione semplicemepte rilevando che 
tale valutazione era fondata e su dati �di comparazione insufficienti e 
non sicuri ,. e �che " alla luce della comunE:~�esrperienza > era pi� congrua 
la valutazione fatta dalla Commissione. Ora questa motiv;:i.zione 
della s_entenza impugnata � puramente apparente e viziata in diritto, 
come quella che desume la prova del proprio assunto da una apodittica 
confutaziOOle �del calcolo proposto dalla finanza e da un erronea 
applicaziOOle del .capovel'ISo dell'art. 115 c.p.c. Per quanto grande si 
voglia cOOlsiderar� l'ambito delle nozioni di fatto desunte dalla comune 
esperienza quali legittime fonti di c001vincimento del giudice, 
non si pu� certo ritenere che detto ambito comprenda anche il prezzo 
corrente degli immobili in una �determinata localit�. In materia si 
:potr� �considera.re massima di esperienza clie l'immobile che si trova 
nel centtro di una citt� valga, in �genere, ;pi� che un immobile di ;periferia, 
ma la sentenza impugnata non si � limitata a questo rilievo (ammissibile 
ma in~iente) per escludere la esistenza del grave ed evidente 
0l'll"Ore di apprezzamento, perch� � giunta, sempre �al lume 
della comune esperienza ,. , ad affermare che fa valutazione e in blocco 
,. con fa quale la Commissione Provinciale aveva attribuito agli 
immobiU. de quibus il valore di 12 milioni di m-e era la _Pi� rispondente 
al vero. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 111 -Pres. Gianinattasio 
-Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (diff.) -Felisatti (avv. 
Garuti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zoboli). 


Imposta generale sull'entrata -Prodotti ortofrutticoli, uova, pollame 
e cacciagione -Trasferimenti anteriori all'immissione in consumo 
-Presunzione fiscale -Sussiste -Onere della prova a ca-� 
rico del contribuente -Mez~i di prova ammessi. 

(legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 27; d.m. 23 dicembre 1948, art. 22). 

n regime partico�i're per ia corresponsione de:ll'imposta suli'entrata 
su prodotti ortofrutticoli, uova, pollame e ccicciag.ione stabilito 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

neWart. 22 del D.M. 23 dicembre 1948 non comporta un'esenztone p�r 
gli atti di trasferimento precedenti a quello della immissione in consumo, 
ma semplicemente la concentrazione del pre1lievo tributario in 
occasione dell'ultimo atto. Ne consegue che ai fini dell"art. 27 ult.. comma 
della legge 19 giugno 1940, n. 762, spetta sempre al contribuente dare la 
prova di aver adempiuto a quanto la legge dispone, anche se, non essendo 
nel caso prescritta ia tenuta delle fatture o dei tronchi delle matrici delle 
~arche doppie, la prova pu� essere dava con 01gni mezzo (1). 

(Omissis). -I ricor:renti denunciano la sentenza impug.nata per 
falsa applicazione dell'art. 27 della legge 9 gennaio 1940, n. 2 istitutiva 
dell'imposta rg�enerale �sull'entrata e per violazione e falsa applicazione 
dell'art. 22 del d.m. 23 dkembre 1948, contenente �speciali modalit� 
di ipagamento dell'imposta iper alcune categoll"ie di entrate, e 
sostengono �che �erroneamente la Corte di app�llo ha �ritenuto. aipplicabile 
la prima delle norme indicate alla fattispecie in esame, che dentra 
nell'ambito .di apiplicazione della seconda, in quant�, a foro avviso, 
quest'ultima aw;ebbe statuito un regime di imposizione incompatibile 
con le .regole contenute in quella. 

La .censura, per�, � priva di fondamento. 

Il citato d.m. 23 dicembre 1948 � stato emanato, invero, in attua


zione della previ�sione contenuta nell'art. 13 del d.1. 3 maggio 1948, 

n. 799, con il quale al Ministero delle Finanze � stata attribuita la 
farcolt� di adottare i particolari regimi �di imposizione, previsti dal1'
a.rt. 10 del d.l. 19 ottobre 1944, n. 348, anche per ile entrate derivanti 
dal commercio di uova, pollame, conigli e caccfa.gione; quest'ultima 
norma prevedeva, tra .l'altro, che il Ministro potesse disporre che la 
imposta fosse rcorrlsposta mediante l'applicazione di aliquote o quote 
condensate in .rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili, 
�e con il citato art. 22 rdel Decreto suddetto il Ministro ha appunto 
adottato, per varie entrate tra cui sono comprese quelle di cui 
si tratta, il regime della corresponsione una volta tanto all'atto del. 


l'immissione in consumo dei ;prodotti. 
Con tale regime non ha luogo l'esenzione da imposizione rper gli 



atti di .trasferimento �precedenti a quello dell'immissione in consumo, 

(1) Decisione esattissima. I commercianti devono �ssere sempre in 
grado di dimostrare, agli effetti .dell'ultimo comma dell'art. 27 della legge 
istitutiva dell'I.G.E., di aver adempiuto a:gli obblighi fiscali :su quelle merci 
che risultano acquistate e non giacenti nei magazzini, anche rse per tali 
merci non deve corrispondersi nessuna imposta al momento dell'uscita; in 
questo caso naturalmente la prova potr� esser.e data con mezzi diversi dalla 
fattura o dai tronchi delle marche doppie. In sede di verifica deve rsempre 
potersi determinare la quadratura tra le merci entrate e la somma dellemerci 
giacenti e di quelle legittimamente uscite. 

\ 

J 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

come erroneamente sostengono i ricorrenti, ma l'imp�sta dovuta"per 
tali atti viene conglobata in quella dovuta. iper l'ultimo atto e viene 
corrisposta� al momento in cui questo si veri.fica. 

La deroga che tali disposizioni apportano alla normativa contenuta 
nella legge 9 gennaio 1940, n. 2 non concerne, dunque, l'essenza 
dell'imposizione, ma riguarda soltanto i modi di corresponsione dell'imposta, 
si che non ha apportato alterazione dei prindpi e delle regole 
:generali contenute nella legge, ma rende solo necessario un adeguamento 
dell'applicazione 1 di quei principi e di quelle regole alla 
particolare situazione che viene a verificarsi nell'attuazione delle nc:irme 
speciali. 

Tale adeguamento deve essere adottato, come esattamente ha affermato 
la sentenza impugnata, anche in .relazione alle disposizioni 
contenute nel citato art. 27 della legge, ed in particolare a quella 
posta nell'ultimo :Comma, che sancisce la rC.d. presunzione fiscale. 

Con ,tale norma, infatti, � stata sancita una limitazione del,la prova 
liberatoria a 1carico del contribuente, nel senso che come tale viene 
ammessa soltanto l'esibizione delle fatture o dei tronchi delle matrici 
delle mar.che doppie, da cui risulta l'avvenuta corresponsione dell'imposta; 
la disposizione risulta 1direttamente applicabile, quindi, soltanto 
nelle ipotesi in cui sia richiesta dalla legge l'e:rnissi001e di fatture o 
l'uso delle doppie marche. 

Il principio, per�, cui la norma � ispirata � che mentre spetta 
all'Amministrazione finanziaria l'accertamento degli elementi da cui 
risulti che atti di trasferimento abbiano avuto luo.go, � a carico del 
contribuente l'onere di provare che egli ha compiuto in relazione a 
tali atti, quanto la legge stessa �dispone. Tale principio, insito nel sistema 
della legge, non viene alterato da disposizioni speciali che, prevedendo 
un �diverso mod� di corresponsione dell'imposta, esonerano il 
contribuente dalla fOiJ1llazione delle fatture o dall'uso delle doppie 
m.arche. Nelle ipotesi previste da tali norme deve dtenersi che venga 
meno la limitazione �dei mez.zi di prova, ,di cui si � detto, ma non che 
venga invertito il criterio di ripartizione dell'onere .della prova, nel 
senso che sia posta a carico dell'Amministrazione la prova dell'omissione 
del contribuente. 

Di fronte all'accertamento, compiuto dall'Amministrazione, della 

cir.costanza che atti di trasferimento hanno avuto luogo, sp~tta al con


tribuente o:ff.rire prova che si tratti di atti per i quali non sussiste l'ob


bligo di con-esponsione a suo carico; tale p:rova egli potr� da:re non 

soltanto con fatture, come incidentalmente si trova enunciato nella 

sentenza impugnata, ma con �.gni mezzo adeguato, dal quale risultino 

i rsin.goli atti compiuti e gli elementi per valutare se tali atti siano com


presi tra quelli ,per i quali non � prevista la diretta correspo�nsione 

dell'imposta, e, qualora1 la prova stessa non sia fornita, non pu� il 


408 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

contribuente sottral'ISi alla c.d. presunzione, ossia al giudizio-oehe gU 
atti da lui compiuti non sono da comprendere .tra quelli per i quali 
l'obbligo �di corresponsione non .grava a suo carico, �e sono, ~nvece, da 
considerare compiuti in evasione dall'imposta. 

A questa interpretazione della normativa vigente i ricorrenti hanno 
opposto due argomentazioni, che appare opportuno esaminare, per 
completezza di valutazione. Essi hanno fatto presente che con risoluzione 
n. 9350 del 14 agosto 19�63 il Min:Lstero delle Finanze ha disposto 
che nel caso di grossisti di prodotti ortofrutticoli, al cui regime � stato 
assimilato quello del pollame e della cacciagione, che promiscuamente 
vendano ad altri grossisti e a dettaglianti, spetta agli organi di controllo 
�raggiungere la prova delle violazioni eventualmente commesse, 
basandosi su docu:.ienti esibiti o rinvenuti o su dichiarazioni del trasgreSLSore 
o su altri validi eleme~ti, �e che con circoli.are n. 75167 del 
23 ottobre 1948 dello stesso Ministero, � stata prevista, in irelazione a 
tale ipotesi di attivit� commerciale promiscua, l'istituzione di registri 
di carico e scarico; da tali atti essi ritengono �di ;potere trarre elementi 
di interpretazione nel senso che la stessa Amministrazione finanziacr:ia 
avrebbe inteso che, nelJ.'ipotesi di cui si tratta, nessun onere di� prova 
gravi sull'opecr:atore commerciale. Essi aggiungono, poi, che, qualora 
si ponga a carico del grossista, che affermi senza ;provarlo, di avere 
venduto ad altro �grossista, l'imposta che la legge prevede sia corrisposta 
al momep.to del .trasferimento al dettagliante, :si verrebbe a 
verific:are una duplicazione di imposizione, in quanto l'imposta sarebbe 
di nuovo corrisposta all'atto dell'ulteriore trasferimento. Entrambe le 
argomentazioni sono, per�, erJ:"onee. 

I citati atti dell'Amministrazione non possono essere affatto intesi 
come l'espressione del convincimento che a carico dei grossisti non 
gravi l'onere di dare la prova della natura degli atti di commercio 
compiuti; �ed infatti, richiamando .gli organi �di controllo al dovere di 
accertare l'esistenza di attivit� da cui nasca l'obbligo di �orrispondere 
l'imposta, l'Amministrazione. ha, invece, mostrato di ritenere che non 
fosse sufficienie la mera affermazione del compimento di attivit� esent� 
per esonerare l'operatoil'e dall'obbligo tributario e che, invece, dovesse 
essere ricercata l'esistenza di atti di commercio ricadenti nell'ambito 
di applicazione del tributo, salvo l'accertamento del ;regime da applicare 
agli stessi; ed inoltre, prevedendo J.'istituzione di un registro 
di carico e scadco, si � appunto offerta all'operatore la possibilit� di 
offrire una prova della natura degli atti di commercio da lui compiuti, 
e si �, �cosi, confermato che devono consideraTsi ammessi mezzi di 
prova diversi dt quelli previsti dalla norma :generale, ma che tuttavia 
a carico dell'operatore rimane J.'onere di offrire la prova liberatoria. 

La .prospettata eventualit� �di una doppia imposizione, poi, non 

sussiste in concreto, �ed anzi l'argomentazione addotta vale a dimo: 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 

strare l'esattezza della soluzione accolta, sul piano .pratico. � proprio, 
infatti, l'omissione del grossista nel fornire i dati del trasferimento 
da lui compiuto che viene ad impedire che l'imposta sia corrisposta 
all'atto dell'im.miissione in �consumo, in quanto non permette la rilevazione, 
ad ogni effetto, dei �successivi atti economici il'efativi alla meil'ce 
da lui trasferita, e quindi anche l'eventuale assog1gettamento di tali 
atti all'imposta prescritta. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 g�ennaio 1971, n. 115 -Pres. Pece 
-Est: Pascasio ".: P. M. Sciaraffia (conf.) -Ditta S.I.L.L. (avv. Silvestri) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Decisione 
della Commissione Centrale -Esame del controricorso Reiezione 
implicita -� sufficiente. 

Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione 
della Finanza -Atto di impugnazione e comunicazione 
dei motivi al contribuente -Distinzione -Motivazione 
contenuta nell'atto presentato nella segreteria della Com.missione Comunicazione 
sommaria al contribuente -� sufficiente. 

(r.d. 7 agosto 1937, n. 1316, artt. 35, 38 e 45). 
Imposta di registro~ Termine per la registrazione -Verbale di aggiudicazione 
-~iene luogo del contratto.. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80 e 110; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, 
art. 16). 
La decisione della Commissione Centraie � immune da vizi ove 
risuiti, anch~ impiicitamente, che abbia preso in e�same ii controricorso 
pur senza c<Ynfutario specificamemte (1). 

L'impugnazione deUa Finatnza � vaiidamente prorpo�sta COIJ'l. ia pres.
entazione presso ia segreteria de.iia Commissione di atto adeguatamente 
motivato, anche se nena com:u.niicazione deU'impugnazione contenuta 
ne.no stesso avviso di notificazione de:Ua decisione impugnata 
sia esposta una motivazione pi� sommaria (2). 

(1-3) La decisione della Commissione Centrale � nulla,' per violazione 
del principio del contradittorio, se pronunciata senza prendere cognizione 
del controricorso e del ricorso incidentale (Cass. 25 maggio 1966, n. 1336, 
in questa Rassegna, 1966, I, 1299; 30 giugno 1966, n. 1685, Riv. leg. fisc., 
1966, 2022); deve per� trattarsi di totale difetto di esame accertabile documentalmente, 
come nel caso che il controricorso presentato all'Ufficio non 



410 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


n verbale di aggiudicazione nei procedimenti di asta ptibblica e 
di licitazione privata indetti da enti pubbiici tiene luogo ad ogni effetto 
del contratto, anche quando sia prevista, e in concreto sia. avvenuta, 
la successiva stipulazione del contratto. Conseguentemente il termine 
per la regis1Yrazione deco!Tre da'lla .data dell'aggiudicazione e non 
dalla data del successivo contratto (3). 

(Omissis). -Col rprimo motivo, denunciando la violazione degli 
ar,tt. 47, 48 e 45 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 111 
della Costituzione ed all'art. 360 n. 5 c.;p.c., si lamenta che la Commissione 
centrale abbia :pronunciato sul �gravame senza prender�e in esame 
il corntroricorso. 

La censura non � fondata. 

La Commirssion�e centrale infatti, nell'esaminare il 1gravame ad 
essa proposto dall'Amministrazione delle finanze e nell'esporre le ragioni 
della ritenuta fondatezza de'l medesimo, ha impUcitamen:te confutate 
e .respinte le contrarie iragioni esposte nel controricorso. Risulta 
per�ltro che la Commissione tenne presente il controricorso proposto 
dalla Societ� rperch� su istanza di questa e non dell'Amministrazione 
fiss� l'udienza per la trattazione dei due contrapposti .gravami, talch� 
l'aocogUmento dell'uno non poteva :non significare anche la xeiezione 
dell'altro. � 

Col secondo motivo, deducendo la violazione dell'art. 46 del r.d. 

8 luglio 1'937, n. 1516, la Societ� ricorrente censura la decisione im


pugnata per non avere rilevato che l'appello era inammissibile perch�

1

proposto senza alcuna esposizione dei motivi, enunciati soltanto con 

atto� successivo, redatto quando la facolt� di impugnazione era stata 

ormai consumata. 

Infatti, a noll'ma degli artt. 45, 35 e 38 del citato r.d. del luglio 

1937, le �decisioni delle Commissioni provinciali debbono essere noti-

sia stato trasmesso alla Commissione (21 ottobre 1967, n. 2574, ivi 1968, 262; 

13 ottobre 1970, n. 1966, ivi, 1971, 378) o la decisione sia stata pronunciata 

prima della scadenza�del termine per la presentazione del ricorso inciden


tale ( 4 marzo 1967, n. 516, ivt 1967, 1217), cosa che non ipu� dedursi dal 

semplice fatto che nella motivazione il controricorso non risulta specifica


mente confutato (25 ottobre 1966, n. 2582, ivi, 1967, 399). 

� stato ormai definitivamente chiarito 1che l'impugnazione dell'Ammi


nistrazione � prO{Posta 1con atto motivato che. deve pervenire alla :segreteria 

della Commissione del termine di trenta giorni dalla notifica della decisione; 

entro lo stesso termine deve essere data �comunicazione al contribuente 

dell'impugnazione e dei motivi; ma ci� pu� gi� essere avvenuto, ed � anzi 

il -caso pi� frequente, con l'avviso di notifica della decisione (il mod. 108). 

Il vero atto di impugnazione � quindi que11o presentato nella segreteria 

della Commissione, mentre l'atto portato a conoscenza del contribuente ne 



PARTE I, SEZ. V, Gil!RISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 

ficate, a cura dell'Ufficio, entro 60 giorni dalla data di ricevimento 
da Ptlrte del medesimo e l'Ufficio che non intende accettare la decisione 
delle Commissioni anzidette pu� impugnarle con atto che deve 
giungere alla Commissione centrale entro trenta giorni dall'avvenuta 
notificazione al contribuente. 

Ora, nella specie, risulta che l'Ufficio, cricevuta la decisione della 
Commissione provinciale il 10 maggio 1966, provvide a notificarla alla 
Societ� il 4 luglio 1966 e cio� entro i. predetti sessantl'.l giorni, con 
avviso contenente la dichiarazione di appello e l'indicazione generica 
di motivi �che provvide poi a specificare con nota pervenuta alla Commissione 
centrale il 16 luglio 1966, ossia entro �e non oltre i trenta 
giorni prefissi per ricoITere. 

Per tal modo,� quella facolt� .di impugnativa che era �esercitabile 
entro tutto il termine sopra ind,icato (di .giol'ni trenta) l'isulta svolta 
tempestivamente per.ch�, quana'anche il gravame non fosse stato validamente 
proposto con il'atto del 4 luglio 1966, non � dubbio. che l'atto 
del 16 dello stesso mese era idoneo ed efficace a pro.porlo. 

N� peraltro, il diritto di impugnativa spettante ad una delle parti, 
pu� �dirsi �esaurito mediante atto insufficiente, ben :potendo il g.ravame 
essere validamente proposto con atto :succe�ssivo purch� questo sia 
intervenuto entro il termine di decadenza all'uopo prefisso. In altre 
parole, la dichiaraziooe di appello fatta dall'Amministrazione mediante 
l'avviso del 4 luglio senza la specificazione dei motivi, non pu� consideratrsi 
preclusiva del .successivo ma tempestivo atto del 16 dello 
stesso mese che ripeteva la dichiarazione .di .gravame completa della 
prescritta specifica enunciazione dei motivi. 

� noto infatti che, come ~ dato ricavare, argomentando a contrario 

dagli artt. 358 e 387 c.p.c., l'effetto di �consumare � l'impugnazione, 

cio� di precludere l'esercizio del potere (.di azione) �di impugnativa 

consegue solo alla ,pronuncia sul gravame, che dichiari l'inammissi


� solo una ;riassuntiva comunicazione (3 ottobre 1968, n. 3065, in questa 
Rassegna, 1968, I, 816; 30 gennaio 1970, 212, ivi, 1970, I, 287; 7 ottobre 1968, 

n. 3124, Foro it., 1969, I, 387), tanto che l'avvenuta notifica al contribuente 
non dispensa l'Amministrazione dall'osser'vanza del termine di trenta giorru 
per il deposito del vero e proprio ricorso (25 giugno 1966, n. 1623, in questa 
Rassegna, 1967, I, 632). L'atto di impugnazione e la comunicazione di esso 
possono riunirsi in unico atto (tl :rnod. 108) �quando, con la notifica della 
deci'sione, sia comunkata al �Contribuente una sufficiente motivazione del 
ricorso e rsi provveda IPOi a depositare questo atto nella segreteria nel 
termine di trenta giorni (13 ottobre 1970, n. 1973, ivi, 1970, I, 1100). 
Ci� chiarito risulta evidente che proprio �con il ricorso presentato nella 
segl'eteria si espone la motivazione di cui .si � gi� data o si dovr� dare 
una comunicazione riassuntiva al contribuente. Non � dunque a parlarsi. 
di due atti di impugnazione e della possibilit� di una seconda impugna

412 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�� bilit� o l'imp~ocedibilit� d.el medesimo, anche se non contenrga una 
pr001uncia di merito. Ne deriva che l'impugnazione non ;pu� �essere 
riproposta, anche se pendono ancora i termini, qualora siano intervenute 
le cennate pronuncie, mentre pu� esserlo (sempre nell'ambito 
dei t~ini) qualrnra -come nel ca~o in esame -non siano state 
ancora dichiarate l'inammissibilit� o l'improcedibilit� medesime, a 
nulla rilevando che siano state eccepite. 
Col terzo motivo la Societ� ricorrente censura la decisione della 
Commissione centrale per avere ritenuto che i.I .contratto di appalto 
andava �sottoposto alla tassa proporzionale e non a quella fissa, perch� 
la registrazione era avvenuta oltre il termine .di venti giorni da quello 
in cui fu redatto il verbale di .aggiudicazione dell'appalto, deducendo 
la violazione degli a.rtt. 17 e 110 del t.u. 30 dic�mbre 192�3, n. 3269 
nonch� dell'a.rt. 44 della tabella all. B alla ;predetta legge. Ci� perch� 
il verbale di aggiudicazione non dava �esistenza .giuridica al .rapporto 
di appalto il quale si sarebbe invece .concretizzato soltanto col successivo 
contratto del 13 giugno 1964, per cui non si era verificata 
la ritenuta deca�denza �dal beneficio fiscale. 
Anche questa censura non � fondata. 
� stato altra volta osservato (sent. 2. aprile 1965, n. 567) che, ai 
sensi dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, nelle aggiudicazioni 
pubbliche o a licitazione privata (come quella in esame) il vincolo 
contrattuale sorge dal verbale di aggiudicazione, non occorrendo 
ulteriori formalit� intese ad accertare gli elementi essenziali del negozio, 
e ci� anche quando sia prevista ed in effetti �segua una succ�essiva 
stipulazione del contratto. 

Consegue che la decadenza dai benefici fi..scali previis:ta dall'art. 110 
della legge di registro (che concerne ogni sgravio, anche quello consistente 
nell'assoggettamento dell'atto ad una tassa meno gravosa quale 

zione proposta prima che la precedente sia dichiarata inammissibi�le o 
improcedibile. 

Bisogna solo osservare �Che al .contribuente deve sempre essere data 
co:m;unicazione dei motivi o con l'avviso di notifica della decisione o successivamente 
�enko il termine di trenta giorni; questa comunicazione, anche 
se pu� J:'iassumere i motivi del ricorso, deve tuttavia porre il contribuente 
nella condizione di �Conoscere le ragioni della impugnazione. 

Su1la terza massima la .giurisprudenza � costante (30 gennaio ~964, 
ri. 263 in questa Rassegna, 1964, I, 489; 28 marzo 1966, n. 816, ivi, 1966, I, 
361; 3 febbraio 1968, n. 349, Riv. leg. fisc., 1968, 1146; 2 dicembre 1969, 

n. 3850, ivi 1970, 655). Bisogna per� :eonsiderare che gli atti di aggiudicazione, 
in quanto contratti degli enti pubblici, sono di norma soggetti alla 
approvazione (art. 19 dell�i legge di contabilit� di 'stato, art. 296 legge 
comunale e provinciale); in tal .caso il termine per .Ja registrazione, pur 
riferibile agli atti di aggiudicazione, decorrer� a norma dell'art. 81 della 
legge di registro. 

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

la tassa fissa in luogo di quella proporzionale) � pertanto applicabile 

� -com.e in altro caso � sfato da questa Corte suprema ritenuto (sent. 
3 febbraio 1968, n. 349) -alla tardiva registrazione del verbale di 
a.ggiudicazione di un appalto indetto da ente pubblico; e, ,per la stessa 
ragione, alla registrazione del contratto suec�essivamente stipulatosenza 
avere tempestivamente assoggettato a �registrazione il verbale anzidetto, 
com.e si � verificato nel '.caso esaminato.; 
La decisione impugnata che tale decadenza ha affermato non merita 
dunque la� mossa censura. -�-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 197!, n. 157 -Pres. Rossano 
-Est. Leone -P. M. Antoci (conf.) -De Micheli (avv. Giordano) 
c. Mini,stero delle :finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Criteri di cui 
alla legge 19 luglio 1941, n. 771. 
(legge 19 luglio 1941, n. 771, art. 1, comma quinto). 

Deve qualificarsi come 'Pendita il contratto col quale una ditta si 
obbliga di cons�gnare cosa costituente� l'oggetto della' sua oroinaria 
produzione, anche JJe s.i tratti di cosa composta che debba essere montata 
ed adattata ad un im~obile; rientra quindi neila nozione di vendita 
anche il cootratto per l'installazione in 'U/n immobile dell'impianto 
di riscaldamento costituito da elementi fabbricati dalla ditta neU'ambito 
della sua ordinaria produzione (1). 

(Omissis). -La Societ� ricor:rente censura la� sentenza, lamentando 
la violazione dj:!'l comma quinto dell'art. 1 della legge 19 luglio 

(1) Suscita notevole perplessit� l'eccessivo peso formale attribuito aJ 
quinto comma del:l'art. !della legge 19 luglio 1941, n. 771, �considerato come 
norma assolutamente separata dal primo comma :e dai concetti g.enerali. 
Il terzo ed il quinto comma "dell'art. 1 �contengono criteri sussidiari e correttivi 
a quello fondamentale enunciato nEJl comma 1 (Cass. 26 ottobre 
1970, n. 2156 e 18 dicembre 1970, n. 2708, in questa Rassegna, 1970, I, 1131 
e 1971, I; 183). 
Ci� significa �che questi due criteri non .possono assumere valore esclusivo 
e determinante. Perch� possa farsi ricorso a detti �criteri sussidiari 
deve potel"si escludere che il negozio sia indi,scutibiilmente definibile come 
vendita o come appalto �secondo i iPrincipi generali e :i;l 1criterio .fissato nel 
primo comma; altrimenti, seguendo il ragionamento della sentenz�a in 
rassegna, dovrebbe dirsi �che anche la 1costruzione di un ponte o di una 
diga sia una vendita se il costruttore, con la sua o:vdinaria produzione, gi��� 
dispone di cemento, ferro1 ,sabbia, ecc. ilJ ovvio per� .che l'intera legge n. 771 



414 

RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DE:LLO STATO 

' 

1941, n. 771, per avere la Corte d'.Appello qualificato a'Ppalti i contratti 
per la costruzione di impianti di riscaldamento, pur avendo 
riconosciutor �che l'or.ganizzazione dell'impresa De Micheli comprendeva 
tali impianti come oggetto di sua ordinaria produzione: disapplicando 
cos� il criterio, stabilito nella norma ora richiamata e pi� 
volte chiarito da sentenze di questa Suprema Corte, che devono considerarsi 
vendite, agli effetti della legge di registro, i contratti con 
cui una ditta si obbliga di consegnare cose costituenti l'o.g.getto della 
sua ordinaria produzione: cose che ben possono essere impianti completi 
di ;dscaldamento. 

La censura � fondata. 

La Corte di Trieste, che pure ha richiamato nella sentenza impu


' 

gnata la decisione di questo Supremo Collegio n. 2502 del 1966, condividendo 
l'interpretazione con essa data all'art. 1 della leg.ge 19 luglio 
1941, n. 771, con l'adottare poi l'interpretazione diametralmente 
opposta, mostra di non aver ben compreso, in definitiva, n� il contenuto 
di tale norma, n� la spiegazione datane con la richiamata decisione 
di questa Corte e con altre successive, una delle quali ;riguardava 
specificamente la fornitura e messa in opera di un impianto di 
riscaldamento da parte della ditta produttrice (Cass., 21 ottobre 1967, 

n. 2572). 
Deve, quindi, iripeter:si, dopo attento riesame della questione, che 
la distinzione tra appalto e vendita, piuttosto chiarita nelle nozioni 
che �di tali contratti sono contenute nel codice civile, perde molto 
della sua efficacia nei casi in cui la realizzazione dell'interesse del 
committente, scopo del regolamento contrattuale, comporta un risultato 
di lavoro su cose dell'altro contraente, �che debbano essere particolarmente 
lavor�te, adattate e sistemate nella messa in orpe�ra. 

Nell'intento di dettare criteri :pi� precisi per �discdminare ai fini 
fiscali .gli appalti dalle vendite �e dalle forniture in genere, eliminando 

riguar.da le cose mobi<li (materie, merci, prodotti e prestazioni di opera) 
e in particolare il quinto comma � cese che �si consegnano > rientranti nella 
ordinaria produzione; gi� questo dovrebbe bastare per escludere che un 
contratto� relativo ad opus costruito in loco e inicorporato in un immobile, 
quale un impianto completo di riscaldamento, possa mai concepirsi come , 
vendita. 

Per di .pi� l'oggetto dell'ordinaria produzione di cui al quinto comma 
� da riferire alla cosa da consegnare completa e funzionante non ai singoli 
materiali che la compongono; � cio� l'impianto di riscaldamento e non 
i singoli pezzi (tubi, radiatori, caldaia ecc.), che deve rientrare nell'ordinfll'ia 
produzio,ne. E non � a pa~larsi di cosa composta che pu� essere oggetto 
di ordinaria produzione industriale di elementi prefabbricati in serie, 
anche se dovr� essere montata e adattata all'immobile cui accede; � un 
ragionamento tropipo generico : anche un edificio � una cosa 1COill(postll e 
anche i mattoni sono .prefabbricati in serie, ma la costruzione dell'edificio 

' 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 

difficolt� di qualificazione in un campo, come quello tributario in genere 
e dell'applicazione dell'imposta di registro in pa�rticolare, che 
richiede certezia, unifo;rmit� e speditezza �di determinazioni, la legge 
19 luglio 1941, n. 771 � partita dal criterio, adottato del resto gi� nell'interpretazione 
del diritto: comune, della prevalenza del lavoro (appalto) 
o della materia fornita ed impiegata (vendita); ma, per la determinazione 
della preva1enza, s'� riferita esclusivamente al rapporto 
dei valori dei detti due coefficienti col valore globale della prestazione 
di fare e ,di dare: s:Lcch� considera appalto, �gli effetti dell'imposta 
di registro, il contratto comprendente, oltre alla prestazione 
di opera, anche la fornitfil'a di materie, merci o prodotti, ove il prezzo 
o valore delle materie, merci o prodotti non costituisca la parte prevalente 
del prezzo o valore globale. Ha ,stabilito, poi, con piena aderenza 
alla realt� economka, c~e. prescindendosi dal 1cennato rapporto 
di valore tra materia e lavoro, debbano considerami vendite �i contratti 
1con i quali una ditta si obbliga di consegnare cose costituenti 
l'oggetto della �sua ordinaria produzione, tale definendo la produzione 
dell'ordinaria organizzazione industriale o attrezzatura tecnica della 
ditta produttrice, ancorch� i prodotti subiscano nella fabbricazione 
variazioni o adattamenti su richiesta o ord,inazione dell'acquirente 
(art. 1, comma quinto e sesto). Tale contenuto letterale e logico delle 
disposizioni in esame, lo scopo che esse tendono a realizzare nello 
specifico campo di applicazione per l'esigenza della considerazione 
unitaria �del rapporto negoziale ai fini della registrazione, il fatto che 
il criterio distintivo adottato dalla legge speciale �, in sostanza, quello 
stesso utilizzato dal �codice civile ma con adattamenti 1sempli:ficativi, 
inducono a ritenere che le disposizioni stesse si riferiscono a tutte le 
ipotesi in cui sia dovuta una prestazione di fare e di dare, av�ente per 
oggetto cose �che 1si presentino come concreti !risultati .dell'impiego, 
espressamente considerato nel contratto, �di materiali e �di lavoro: in 

e dei suoi relativi impianti � qualcosa di pi� del montaggio in loco di una 
cosa oggetto di ordinaria produzione. Se ila vendita resta tale quando oggetti 
(mobili) vengono �semplicemente montati e allestiti pr�esso il �C-O:mpratore, 
cosa diversa � .per� la costruzione di un impianto incoriporato ne�l'immobile 
che si crea in loco e �che non esiiste concettualmente come cosa 
che si produce tutt'intera in modo industdale. Non �bisogna arrivare a 
confondere la produzione industriale di " mer.ci, materie e ,prodotti ,. con 
l'opera costruttiva di un'impresa specializzata; l'impresa specializzata ipu� 
anche non aver bisogno di �creare, in vista dell'opera com.messale, una 
speciale organizzazione provvedendosi di attrezzature particolari, ma ci� 
non basta per far diventare vendita la costruzione di un'opera individua, 
che si crea essenzialmente con un facere, e che non esiste nella sua interezza 
come prodotto industriale, meno 1che mai se l'opera � una cosa immobile 
o fa parte di essa. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tali ipotesi, cio�, il criterio qualificativo non � xiposito nella considerazione, 
come oggetto della prestazione, dell'opus perfectum ottenuto 
con l'organizzazione produttiva dell'appaltare (appalto) oppure di cose 
che conservino inalterata la loro indivi�qualit� strutturale (vendita, 
somministrazione, fornitura), bensi consiste nel rapporto di rprevalenza 
del valore dei materiali o di quello della :prestazione d'opera rispetto 
al valore globale della prestazione: con l'impm�tante deroga che, per�, 
qualunque sia il valore delle materie, merci o prodotti impiegati nella 
lavorazione, si considerano vendite ai fini tributari i contratti con i 
quali una ditta si obbliga di conseg,fiare cose che costituiscano l'oggetto 
della sua ordinaria produzione. 

La Corte �di Trieste ha fatto leva sulla locuzione �si obbU.ga di 
consegnare � per affermare che fuori del il'apporto di scambio o di 
consegna la configurabilit� .della vendita a norma del criterio della 
legge speciale non ha motivo di sussistere: con la consegna del prodotto 
finito, ha spiegato, si conclude il fatto economico di scambio 
considerato dalla legg,e del 1941 e l'ulteriore evolversi (?) del rapporto 
stesso nell'attivit� dell'imprenditore diretta, oltr� allo scambio ed a 
mezzo dello scambio dei suoi prodotti, alla creazione ,di un opus diVeil'so 
qualificabile come impianto di (["is�aldamento d� vita �ad,. un 
nuovo xaipporto in cui il dare del prodotto finito pu� av�ere una o 
altra qualificazione ma in cui il facere� viene ad esame per la prima 
volta. Per la qualificazione ai fini tributari di detto ultimo rapporto 
il criterio della consegna �di cose �costituenti l'ordinaria ;produzione 
della ditta contraente non servirebbe pi� e potrebbe farsi .applicazione 
solo �del�� criterio riferibile alla proporzione tra prezzi e valori della 
materia e del facere, in rapporto al valore globale dell'opera. 

Questa dicotomia piuttosto oscura (per esprimerla sono state uti


lizzate locuzioni testuali della sentenza impugnata) non ha fonda


mento. Un impianto di <riiscaldamento �, in senso �giuridico, una cosa 

composta (corpus quod ex pluribus inter se cohaerentibus constat), 

oggetto possibile ,di un negozio di scambio, ed il fatto che esso debba 

essere adattato all'immobile cui 'accede non contrasta con l'ossexva


zione che l'impianto medesimo viene a constare di elementi prefab


bricati in serie dalla �ditta venditrice e che sono oggetto dell'o<rdinaria 

produzione di questa, a prescinder~ �da specifiche o\J.'ldinaziooi. In quanto 

cosa composta da un ,complesso ,di elementi che costituiscono oggetto 

di ordinaria produzione della 1ditta, l'impianto stesso pu� qualificarsi 

anch'esso oggetto �di tale ordinaria ;produzione, essendo la composi~ 

zione solo un fatto tecnico di adattamento delle gi� esistenti strutture 

costitutive dell'impianto. 

Del <resto questa �, in linea generale, la considerazione che del


l'impianto di riscaldamento fanno le parti contraenti del negozio ir.e


lativo alla costruzione dello stesso, allorch� �stabiliscono un prezzo .. 


417

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

globale per la consegna dell'imipianto installato e :liurnzionante, come 
corpus unitarrio, negozio nel quale assume un rilievo prevalente appunto 
J.a qualit� degli elementi costitutivi, come normale produzione 
di urna ditta che abbia acquistato in tale ramo di attivit� economica 
buona notoriet� per la qualit� dei materiali e delle applicazioni tecllliche 
utilizzate nella costruzione degli impianti di riscaldamento. 

Mentre, dunque, un obbligo di consegna di cose di ordinaria produzione 
� ravvisabile anche a carico della ditta che a;bbia assunto la 
costruzione 1dell'imipianto, si prospetta contraria alla realt� economica 
e negoziale la distinzione, nell'unico rapporto giuri.dico, di una prima 
fase integrante la vendita dei soli elementi costruttivi r .di una fase 
successiva, relativa alla composizione di tali elementi in un impianto 
funzionante. 

Di conseguenza non ha consistenza il profilo giuridico in ba�se al 
quale la, Corte di _Trieste, pur avendo ritenuto che J.a �soc. De Micheli 
aveva provato essere gli impianti di riscaldamento og�getto della sua 
o:niin:aria produzione, ha escluso l'applicabilit� del criterio stabilito 
nel quinto comma dell'art. 1 della legge l9 luglio 1941, n. 771. (
Omissis). ' 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 .gennaio 1971, n. 198 -Pres. Ca;
poo-a.so -Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Soc. Gas Metano� Genova (avv. 
Uckma:r). 

Imposta di registro -Trasferimenti a titolo oneroso -Prezzi e corrispettivi 
-., su suolo demaniale

Concessfone � ad aediftcanduJ:ll� Opere 
costruite dal concessionario che saranno trasferite al concedente 
al termine della concessione -Costituiscono corrispettivo. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43). 
Imposta ipotecaria -Trascrizione di atti che trasferiscono diritti ca


paci di ipoteca -Concessione� ad aediftcandum� su suolo del de


manio marittimo -Tassabilit�. 

(legge 25 giugno 1943, n. 540, art. 1; cod. nav., art. 41). 

Agli effetti deU'a.rt. 43 della legge di registro, va ccmsiderato come 
corrispettivo del cpntratto di concessione ad redi.ficandum su suolo �� 
demaniale anche il valore delle opere da edifica.re da parte del con



418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cessionario che al termine della concessione saranno trasferite al concedente 
(1). 

L'imposta �ipotecaria per le trascrizioni di atti che trasferiscono 

. f 

diritti capaci di ipoteca (art. 1 legge 25 giugno 1943, n. 540) � dovuta 
sugli atti di concessio1J-e del diritto ad oodificandum sul suolo del demanio 
marittimo, in quanto ii concessionario pu� costituire ipoteca 
sulle opere da esso costruite a norma dell'art. 41 cod. nav. (2). 

(Omissis). -Col primo motivo, denunciando: la violazione dell'art. 
43 della legge di registro, dell'art. 1 della Tariffa all. A alla 
stessa leg.ge e dell'art. 49 del codice della navigazione, in relazione 
all'art. 360 n. ,3 c.ip.�c., lAmministrazione :ricorrente sostiene che la 
Corte d'appello ha ~r:roneamente. escluso dal computo del coo-rispettivo 
il .costo delle opere che .la Societ� concessionaria dell'area demaniale 
marittima si � obbligata a �costruire e, al termine della coneessione, 
a trasferire all'Ammini�strazione concedente. 

I 

La �censura � fondata. 

i

Il problema giuridico p:rospettato con questo motivo consiste nello 
stabilire se il valore della �ostruzione superficiaria, eretta dal titolare 
di concessione ad ~dificandum su bene appartenente al demanio marittimo, 
�sia da ricondur.re alla nozione di �corrispettivo � �cui fa riferimento 
il primo comma ,del �citato art. 43 della legge d,i re~stro, 
al fine ,fil determinare la base imponibile dell'imposta proporzionale 
prevista per i trasferimenti a titolo oneroso dall'art. 1 della Tariffa 
all. A alla stessa legge. 

A tale !Problema questa Corte S'Uprem~ ha dato. gi� soluzione 

affermativa .in casi .del tutto analoghi a quello oggetto del rpresente 

giudizio� (sent. n. 3806 e 3805 del 22 novembre 1969; 2764 del 22 lu


glio dello stesso anno), 1rilevan:do che l'acquisizione della costruzione 

alla scadenza della concessione non rpu� non incidere sull'equilibrio 

economico delle prestazioni corri:spettive che tra~gono origine dalla 

concessione .contratto, E la relativa utilit� per il concedente (impli


citamente ma necessariamente valutata dalle parti) rientra nell'ampio 

concetto di quegli altri �corrispettivi � indicati dall'a:rt. 43 �della legge 

di registro. 

La .diversa soluzione adottata dalla Corte di merito pog.gia sui 

seguenti argomenti: 1) nell'atto di concessione � indicato �come cor


!l'ispettivo soltanto il canone e non anche il costo delle opere; 2) la 

societ� non ha assunto n� poteva assumere l'obbligo della costruzione 

(1-2) Decisione esattissima. In senso conforme cfr. Cass., 22 novembre 
1969, n. 3805, Riv. leg. f�sc., 1970; 634; 22 luglio 1969, n. 2764, ivi, 165; 


v. anche per un caso pi� specifico 11 novembre 1969, n. 3664, ivi, 573. 

419

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

delle opere che gi� aveva costruite in precedenza, in seguito ad"autorlzz~
zione provvisoria; 3) l'acquisizione delle opere al demanio � stata 
prevista altermitivamente con la facolt� di chiederne la demolizione; 
4) la pattuizione di un compenso iper l'acquisizione delle opere prima 
della scadenza del termine finale della �concessione. 

Nessuno ,di tali argomenti �giustifica la decisione. Il primo, infatti, 
non � risolutivo perch�, se anche i �Contraenti non hanno qualificato 
come �corrispettivo la devoluzione delle opere, essa tuttavia costituisce 
una utilit� che �di fatto � stata attribuita ad una delle parti e la cui 
qualifkazione giuTidica � compito del giudice. Neppure risolutivo � 
il secondo argomento perch�, .se le opere erano gi� costruite allorquando 
venne stipulata la concessione �contratto, ci� non toglie all'obbligo 
di trasferirle, assunto dalla societ� �concessionaria, il carattere 
suo� �proprio di .prestaziorne corrispettiva che trae origine da detta 
concessione. L'incidenza di tale prestazione sull'equiUbrio eco:r:iomico 
contrattuale non � esclusa, del pari, dalla :prevista facolt� dell'Amministrazione 
�di chiedere l'abbattimento delle oipere, perch� questo 
implica un calcolo di �convenienza rimesso dalle :stesse parti alla valutazione 
�di una di esse, con ca:rattere di assoluta discrezionalit�, che 

I 

non a�sso!l'be n� elimina l'onere della prestazione assunto dalla societ� 
coneessi001aria, anzi l'aggrava della ulteriore ~pesa occo:rirente :per la 
demolizione �delle opere e l'asporto dei materiali �di risulta. Infine, la 
pattuizione di un indennizzo per l'acquisizione delle opere lp!l'ima della 
scadenza 1della concessione vale a proporzionare, non gi� ad eliminare, 
nel tempo, l'onere della prestazione assunta dalla Societ�, per cui la 
stessa conserva integro il suo carattere di corrisipettivit� �derivante 
dalla concessione-contratto. 

Col secondo motivo l'Amministrazione,, denunciando la violazione 
degli artt. 2643 e 2645 �e.e. ed 1 della legge 25 giugno 1943, n. 540 
sulle imposte ipotecarie, ha dedotto che la Corte d'appello ha erroneamente 
considerato �che gli atti di cui all'art. 2645 e.e. debbono 
essere tra.iscritti soltanto se :produttivi degli stessi effetti di quelli indicati 
dall'art. 2643, mentre � sufficiente che si verifi�chi trluno di 
detti effetti. 

Ha inoltre dedotto lAmministrazione che l'imposta ipotecaria � 

dovuta per la trasc.rizione di atti che trasferiscono diritti capaci di 

ipoteca e che la Corte non ha considerato che il concessionario di 

beni appartenenti al demanio marittimo pu� costitu}re ipoteca sulle 

opere da lui �costruite, a norma dell'art. 41 del codice della navigazione. 

A �dimostrare la fondatezza del motivo � sufficiente osservare che, 

in realt�, l'art. 41 del codice della navigazione dichiara che il con


cessionaTio di beni appartenenti al demanio marittimo (come quelli 

di cui trattasi nel caso in esame) �pu� costituke ipoteca sulle orpere 

da lui costruite. E, rpoich� l'art. 1, terzo ,comma, della citata legge � 


420 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1

25 giugno 1943, assogg�etta i beni e diritti carpaci di ipoteca all'im~� 

posta ipotecaria proporzionale, � m,anifesto che la Corte d'appello, 
trascurando l'esame di tali norme, ha erroneamente escluso che l'atto 
fosse sog,getto a trascrizione e fosse perci� soggetto alla tassa legittimament� 
1pretesa dall'Amministrazione finanziaria. Questa osservazione 
� per s� sola decisiva ed assorbente e dispensa la Corte dall'esaminare 
l'altra censura mossa col terzo motivo. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 202 -Pres. 
Pece -Est. Mazzacane -P. M. Caristo (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Ma'Si) �C. Comune di Torino (avv. Borda). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
-Opposizione -'Posizione processuale delle par.ti -Azione 
riconvenzionale della Finanza -Non � necessaria. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Opposizione ad ingiunzione 
fiscale -Domanda nuova in appello -Richiesta di diversa 
agevolazione -Ammissibilit� -Limiti. 

La Finanza, che nel giudizio di opposizione ali'ingiunzio1J1,e fiscale 
assume la posizione processuale di convenuto, se chiede� che l'atto di 
trasferimento sia dichiarato soggetto ai normali tributi non propo'lte 
una domanda riconvenzionale, ma si mantiene� nei limiti di una mera 
difesa; si ha infatti domanda riconvenzionale� soia quando il com.venuto, 
traendo ocoa.sio'lte dalia domanda contro di lui proposta, opponga 
una contro-domamda, chiedendo un provvedimento positivo sfavoirevole 
all'attoire che va oltre il rigetto della domanda principale (1). 

Il contribuente attore nel giudizio �di opposizione all'ingiunzione 

fiscale pu� domandare in appello l'applicazione di un'agevolazion.e 

diversa da quella chiesta in pr.ima istanza ove il mutamento� della 

causa ipetendi non involga trasformazione obiettiva del contenuto della 

domanda originariamente proposta e non introduca nuovi elementi di 

fatto, ma si limiti ad una diversa qualificazioine giuridica del rapporto. 

Il giudice� di appeHo deve pertanto pronuncia1�e su una tale domanda 

quando la documentazione necessaria per l'applicazione della nuova 

agevolazione domandata risulti acquiisita in prima istanza (2). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso principa.Je l'Amministrazione 
denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 

(1-2) La prima massima � esattissima e opportunamente chiarisce che 
la Finanza non ipropone un'azione riconvenzionale quando contesta la��do




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARJ;,A .421 

184, 99, 167, 36 c.-p.c. e dell'articolo unico della leg.ge 28 giugno f943, 

n. 666. 
L'Amministrazione sostiene che essa, chie.dendo che l'atto fosse 
dichiarato soggetto ai normali tributi, non propose una domanda riconvenzionale, 
ma intese soltanto paralizzare la pretesa fatta valere 
dall'opponente (attore nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale); 
,che pertanto la Corte .ciel merito non poteva ,prendere in esame 
fa deduzione del Comune concernente la spettanza dei benefici previsti 
ai sensi della legg,e n. 666 del 1943, poich� con tale deduzione 
il Comune non aveva .proposto una mera eccezione contro J.'inesi�stente 
domanda riconvenzionale deWAmministrazione, bensi una domanda 
nuova, ini'immiissibile nel giudizio di appello. 

Le argomentazioni svolte dall'Amministrazione ricorrente sono, 
in ;parte, esatte, ma non possono tuttavia portare alla cassazione della 
sentenza impug.nata, poich� � sufficiente correggere la motivazione di 
essa, essendo il dispositivo conforme al diritto (art. 384 c.p.�.). 

L'Amministrazione, che nel .giudizio d.i opposizione ad ingiunzione 
fiscale assume la posizione processuale di parte convenuta, .chiedendo 
�he la compravendita de qua fosse dichiarata soggetta ai normali tributi, 
con il conseguente :rigetto dell'opposizione, non propose una domanda 
rkonvenzionale, ma si mantenne nei limiti di una mera difesa 
rispetto alla domanda dell'opponente (attore nel giudizio predetto). 
Infatti ricorre l'lpotesi della domanda riconvenzionale quando il convenuto, 
tra�ndo occasione dalla domanda contro di lui proposta, opponga 
un'altra contrp-domanda, chieda, cio�, un provvedimento positivo, 
sfavorevole all'attore, che va oltre il rigetto della domanda 
;principale. Quando, invece, il convenuto si limita a far valere il suo 
diritto al solo scopo di escludere l'efficacia giuridica dei fatti o titoli 
dedotti dall'attore al fine �di ottenere il .rigetto della domanda, si 
rimane nell'ambito dell'ecc-ezione. 

manda del contribuente; numerose inesatte affermazioni in senso contrario 
possono riscontrarsi in varie decisioni (cfr. BAFILE, Note sull'azione riconvenzionale 
della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzioine fiscale, 
in questa Rassegna, 1969, I, 527 e Ancora sull'azione riconvenzionale della 
Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 916). 

La seconda massima � esatta nella sua enunciazione ma non lo � al� 

� 
trettanto nell'appltcazione al caso deciso. In appello � ammissibile la sola 
deduzione, che non diventa domanda, tendente a dare una diversa qualificazione 
giuridica del rapporto ai fini dell'applicazione �di altra norma 
(cosa che ovviamente possono fare sia il contribuen~e che la Finanza), 
ma che si basi sull'identico presuipposto di fatto; 1Si ha .cio� mutamento 
della sola causa petendi quando vengono mutate soltanto le ragioni giuridiche 
senza 'che la nuova deduzione � introduca nuovi elementi di fatto � 
rispetto alla domanda originaxia. 

Altra .cosa � per� l'allegazione di un fatto nuovo anche se documen




422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Orbene, nella specie, la domanda .dell'opponente-attore fi.rdiretta 
ad ottenete i �benefici fiscali .della leg.ge n. 589 o n. 408 del 1949, 
poich�, come si � detto, i benefici fiscali della legge n. 666 del 1943 
furono invocati solo in compal'!Sa conclusionale, nel giudizio dinanzi 
al Tribunale. 

Pertanto 1'Amministrazione con l~ richiesta di dkhiarare l'atto 
soggetto ai normali tributi non ampli� l'oggetto del �giudizio oltre i 
limiti della domanda proposta �contro �di essa, n� chiese un provvedimento 
positivo che andasse oltre i limiti della domanda dell'attore, 
ma� intese rporre, soltanto, la logica premessa della conseguenziale 
richiesta .di rigetto della domanda stessa. 

Consegue che J.a deduzione deJ. Comune per l'applicabilit� dei 
benefici .concessi dalla leg.ge n. 666 del 1943 non poteva essere configurata 
come eccezione diretta a paralizzare un'inesistente domanda 
riconvenzionale, bens� com� domanda nuorva, .per diverisit�' di causa 
petendi. Infatti, il Comune, invocando la leg.ge n. 666 del 1943, chiese 
l'agevolazione fiscale, per l'atto de quo, in base ad una norma diversa 
da quelle indicate nel giudizio di :primo grado. E la Corte ben poteva 
esaminare il merito della deduzione �stessa -pur configurata come 
domanda nuova -rpoich� il solo mutamento della causa petendi non 
� precluso nel giudizio di appello, ove esso non involga trasformazione 
obiettiva del contenuto della domanda proposta in primo grado 
e purch� non alteri o sposti l'ambito originario della controversia introducendo 
nuovi elementi di fatto, ma si limita ad una diver~a qua


. J.ifi.cazione giuridica del rapporto od a sollecitare l'applicazione di 
norme div�erse. Nella specie l'indagine �dire.tta degli atti -consentita 
in sede di legittimit� essendo stato denunciato un error in procedendo 
-rivela 1che la documentazione'\ necessaria .per l'applicazione 
della legge n. 666 del 1943 (atto di �compravendita, deliberazione consiliare, 
allegata ad esso, estratto del .piano regolatore del Comune di 

tato firi dall'origine; non basta �Che �sia esclusa la �necessit� di nuove indagini,., 
ma occorre che il presUJPposto di fatto sia stato dedotto in giudizio 
in Primo grado. Quando in prima i�stanza si � domandata l'agevolazione 
sull'atto di acquisto di un terreno in quanto destinato alla �costruzione 
edilizia (legge 2 luglio 1949, n. 408) ovvero alla costruzione di opere pubbHche 
di interesse degli enti locali (legge 3 agosto 1949, n. 589), il chiedere 
l'agevolazione in quanto il terreno � �Stato acquisito per �l'esecuzione del 
piano regolatore (legge 28 giugno 1943, n. 666) significa allegare un fatto 
totalmente div�rso .sul cui accertamento � mancato un grado di giurisdizione 
.e l'Amministrazione convenuta non ha potuto esercitare alcun controllo 
ai fini della sua difesa. E non ha rilevanza che fossero acquisiti fin 
dall'origine documenti sui quali non era impostata �alcuna domanda; il 
divieto della domanda nuova in appello non attiene all'istruttoria (che 
anzi nuovi documenti possono essere esibiti) bensi alla necessit� dell'unico 

petitum. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 

t 

Torino) era 1stata acqliisita al processo fin dal giudizio di primo grado 
di �guiJ&t che il mutamento della caitsa peten�i non importava alcuna 
esigenza di miove indagini, ma soltanto, l'applicazione di una diversa 
norma giuridica aid una situazione di fatto preesistente, gi� acclarata, 
e nori alterava l'ambito originario della controversia (applicazione 
dei benefici fiscali all'atto de� quo). 

Pertanto, �cosi corretta la motivazione della sentenza, il ricorso 
deve essere rigettato, non essendo stata prOjpos:ta alcuna censura quanto

. ' 

all'affermata sussistenza, in concT'eto, delle condizioni necessarie per 
l'applicazione all'atto de quo dei benefici rprevisti dalla legge n. 666 
del. 1943. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 204. -Pres. 
Pece -Est. Leone -P. M. Caristo (conf.) -Comune �di Torre 
d'Isola (avv. Vitale) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). 


Imposta di registro -Agevolazioni per le opere d'interesse degli enti 
locali -Strade comunali -Opere di completamento -Cilindratura 
e bitumatura di strade esistenti -Non � compresa nel concetto 
di completamento. 

(legge 3 agosto 1949, n. 589, art. 2, nn. 1 e 3; legge 15 febbraio 1953, 111. 184, 
art. 2). 

Imposta di registro -Agevolazioni per le opere d'interesse degli enti 
locali -Elenco delle opere ammesse -Art. 2 legge 3 agosto 1949, 

n. 589 -� tassativo. 
(legge 3 agosto 1949, n. 589, art. 2; legge 15 febbraio 1953, n. 184, art. 2). 
.. 

Fra i �wori di e completamento � delle strade comunali esterne 
' 589 nel testo

agli abitati di cui all'art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 
sostituito con 'la legge 15 febbraio 1953, n. 184, n()lfl, rientrava 'la cilindratura 
e bitumatura, prevista invece per 'la e� sistemazione" delle 
strade interne a.gl.i abitati (1). 


L'elencazione delle categorie di opere amirn..esse a contributo di 
cui aU'aTb. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 589 nel testo sostituito con 
'la legge 15 febbraio 1953, n. 184 � 1:fLssativa (2). 

(1-2) La 1prima parte della decisione � esattissima e approfonditamente 
motivata; in senso nettamente contrario la recente pronunzia 3 dicembre 
1970, n. 2532, in questa Rassegna, 1971, I, 121, con annotazione nella quale 
si antidpavano alcune delle, considerazioni ora riprese nella sentenza sopra~ 
ripoTtata. 

La .seconda massima � da 'condividere pienamente. 



) 

424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Il Comune cricorrente censura la �sentenza impugnata, 
lameptando la violazione dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, 

n. 589, in quanto la Corte d',A.ppello si sarebbe attenuta ad un'errata 
interpretazione restrittiva di detta norma, allorch� ha escluso che 
cilindratura e bitumatura di una strad� integrino il concetto di completamento 
di essa. L'agevolazione fiscale, invece, dovrebbe intendersi 
diretta a favorire le attivit� di miglioramento viario in genere, con 
rigua11do maggiore alle opere �~ pi� ,grande i~portanza economica e 
pratica, che sarebbero tutte comprese nella previsione della norma 
in esame. 
La 1censura � infondata. 

Non � pertinente il rkhiamo, fatto dal Comune l'licorrente, al 
principio, 'Pi� volte affermato da questo Supremo Collegio, 'circa la 
legittimit� dell'interpretazione estensiva delle disposizioni che stabiUscono 
esenzioni tributarie, in modo da comprendere nella� disciplina 
normativa tutti i casi considerati dal legislatore. Non � pertinente 
perch� la legge stessa in esame pone discriminazioni per limitare la 
portata delle agevolazioni tribu~arie, ,sfoch� un'interpretazione che non 
tenesse conto di tali -esplicite limitazioni sarebbe palesemente ille


. ' 

gittima. � 
Deve rilevarsi, poi, che l'a.rt. 2 della legge 3 a.gosto 1949, n. 589, 
nel testo sostituito con la leg.ge 15 febbraio 1953, n. 184, distingue 

le strade comunali esterne (operanti specifici allacciamenti di .pa.rticolare. 
interesse pubblico), dalle ,strade 1comunali interne agli abitati. 
Per la costruzione o il completamento delle strade esterne relati.ve . 
a tali allacciamenti concede un contributo statale, sulla spesa occo!I'rente, 
del 4,50 % per trentacinque anni, mentre .per le strade interne 
stabilisce il contributo del 3,50 % , per la detta durata, 'sulla spesa per 
la sistemazione straordinaria, anche con cilindratura e bitumatura. 

.In tale disciplina normativa, dunque, � testuale la distinzione 
tra costruzione e completamento delle strade, da una parte, e sistemazione 
�str.aordinaria delle strade, dall'altra, sistemazione ovviamente 
distinta dalla manutenzione ordinaria, distinzione cui corrisponde la 
variazione dell'importo dei contributi statali previsti per le diverse 
categorie di lavori. L'interprete non pu�, quindi, affermare, come vorrebbe 
il Comune dcorrente, che trattasi di distinzioni <Capziose, non 
riflettenti alcuna 1precisa operazione effettuale, ma deve ricercare il 
contenuto delle no:zioni espresse con i detti termini di costruzione, 
completamento e sistemazione straordinaria di strade. 

In tale ricerca non sembra che .giovi la considerazione, su cui 
fa eccessivo affidamento la sentenza impugnata, che le fonti legislative 
in esame, a .proposito della sistemazione straordinaria delle strade 
�� specificano che tale �sistemazione pu� consistere anche nella cilindratura 
e nella bitumatura. In relazione alle normaU esigenze del traf



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fico moderno, �svolto in modo quasi assoluto con veicoli a motoxe di 
notevole velocit�, la tecnica applicata nella costruzione di nuove strade, 
ancorch� di refativa importanza quali le strade comunali esterne negli 
specifici allacciamenti previsti dalle leggi irt esame, comporta la cilindratura 
e la bitumatura delle strade medesime, come elementi costitutivi 
di queste: e di conseguenza non pu� escludersi che le dette 
due operazioni possano rientrare anche nella nozione di completamento 
delle strade, sia essa intesa come .prolungamento del traccia,to 
stradale, sia riferita all'aggiunta di strutture complementari alla strada, 
mantenuta nello sviluppo planimetrico originario. 

Pu� essere utile, invece, il rilievo che in altre� fonti legislative 
concernenti le strade, i lavori a queste relativi �sono riferiti alla costruzione, 
sistemazione e mantenimento delle strade, senza menzione 
del com~letamento (artt. 23, 371 39 della legge 20 marzo 1865_, n. 2248, 
all. F, art. 14 della legge 12 febbraio 1958, n. 126) e che nelle leggi 

n. 589 del 1949 e n. 184 del 1953 la costr.uzione ed il completamento 
delle strade sono considerati alla medesima stregua, quanto alla mi�
sura del contributo �Statale, concesso in misura maggiore che per la 
sistemazione stTaordinaria. 
Tutto ,i� considerato, questo Supremo Collegio � dell'avviso� che 
nell'art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 589, il cui testo �. stato sostituito 
con l'art. 2 della legge 15 febbraio 19�53, n. 184, la locuzione 
e �Completamento� (delle strade), avvicinata a quella di �costruzione� 
e �fruente del medesimo trattamento di agevolazione, sta ad indicare 
la .fase ultima e posticipata della costruzione, quando i tempi di questa 
siano tenuti distinti ai fini del finanziamento delle opere relative. 
Nei piani di finanziamento di opere pubbliche, che debbono tener 
conto dei mezzi disponibili e delle ipriorit� delle esigenze -specie 
se la spesa � a carico degli enti lo�ali, che di solito, non di!Sipongono 
di mezzi finanziari sufficienti -i tempi della costruzione e del completamento 
delle opere possono essere tenuti di�stinti, come se i relativi 
lavori costituissexo oggett0 di un ~iverso opus limitato; in tali 
casi, deve-ritenersi che l'opera pubblica � costruita quando � in conc
�reto destinata al soddisfacimento delle esigenze per le quali � stata 
disposta, anche se non perfetta nelle sue strutture; � completata quando, 
con l'aggiunta delle strutture mancanti, essa consegue l'interezza del 
suo normale modo di essere, secondo la tecnica che la riguarda. 

Questa interpretazione risponde anche al signifi.cato lessicale dei 
termini usati dalla legge, dei quali completamento sta ad indicare 
l'attivit� volta ad aggiungere ci� che manca ad una cosa per renderla 
completa, intera nelle sue parti, mentre sistemare esprime l'ordinare, 
il mettere bene a iposto cose gi� esistenti nella loro essenza individua: 
sicch� sistemazione straor.dinaria di una strada significa metterla in . 
or.dine, Tiparandone i .guasti e le deficienze anche notevoli che ne 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pregiudicano la funzionalit�, in relazione alle esigenze .del traffico 
che su ,fil essa 1Si svolge determinandone l'usura ed ai quali non possa 
provvedersi� con la manutenzione ordinaria. 

Nella specie, con accertamento incensurabile, i giudici del merito 
hanno �stabilito che le strade, sulle quali il Comune di Torre 
d'Isola ha eseguito i lavori esisteva.I;lo, nel loro completo sviluppo 
planimetrico, �gi� da tempo: il che significa �che per esse non s'� posta 
come possibile ed attuale la quesitone della diversit� di fasi e �di tempi 
della �costruzione, nel senso ed agli effetti 1spiegati innanzi. Di conseguenza 
deve escludersi che per tali lavori 1si possa parlare di completamento 
delle �strade e resta confermata la qualificazione ad essi . 

1

data dai giudici. di merito, allorch� hanno ritenuto che detti lavori 
di cilindratura e �di bitumatura debbano rientrare nella nozione di 
sistemazione straordinaria delle strade: qualificazfone del resto eS1Plicitamente 
dichiarata �dalla '.stessa Amministrazione comunale nel ro.: 
gito notarile �di mutuo per cui � causa. 

Col secondo motivo il Comune ricorrente assume che sarebbe 
stato violato e falsamente applicato l'art. 2 della citata legge del 1949 
-modi�ficato ed integrato con la legge 15 febbraio 1953, n. 184 in 
quanto sarebbe stata considerata tassativa l'elencazione dei lavori 
stradali in detta norma contenut�, m~ntre !"elenco avrebbe carattere 
e8emplificativo, isicch� nei �lavori previsti dovrebbero rientrare anche 
le opere per cui � causa. 

La censura non tiene conto del fatto che la norma in esame, 
intendendo stabilire contributi statali diversi sulle spese per specifiche 
categorie �di o.pere :pubbliche, tali categorie ha indicato in base 
a caratteri tipici obiettivi: sicch� l'elenco delle categorie di opere 
ammesse a contributo ha indubbio carattere tassativo, sul quale non 
spiega mfl.uenza il fatto che, in relazione alle concrete fattiS!Pecie si 
pone l'esigenza di stabilire se il� lavori rientrino o meno nelle categorie
� previste ed in quale ,fil esse, data la relativa ampiezza delle 
categorie medesime. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 207 -Pres. Favara 
-Est. Mazzacane -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Capuano (avv. 
Declich) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Angelini-Rota). 

Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Na


t.ura -.Prescrizione -Interruzione -Verbale di accertamento di 

trasgressione -Idoneit�. 

(legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3 e 17). 

Poich� la pena pecuniaria prevista dalla legge 7 gennaio 192.9, 

n. 4 ha carattere civile, sono ad essa appticabiii le regole della pre

J 


427

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZ� TRIBUTARIA 

s.crizione civile ( quinquennale'j; di conseguenza la prescrizione pu� 
esse.re interrotta senza limiti da ogni \atto idoneo� secondo i principt 
generali e quindi anche dal verbale di accertamento della polizia 
tributaria nel quale si esprima in modo non equivoco la vololfl,td dell'Amministrazione 
c:e<'J,itrice di esigere la pena_ pecuniaria che sard 
successivamente. determinata (1). 

� (Omissis), -Con il primo mezzo la societ� Capuano denunzia 

(per quanto conce~e le statuizioni �contenute nelia sentenza non de


finitiva del 23 luglio 1964) la violazione degli artt. 2 e 3 del r.d.1. 

5 dicembre 193�8, n. 1928, e degli artt. 3 e 17 della legge 7 gennaio 

1929, n. 4, in !l'elazione _all'a.rt. 360 n. 3 c.rp.c. 

La ric-or:rente sostiene che la pena .pecuniaria comminata in ap


plicazione �della �legge 7 gennaio 1929, n. 4 e del r.d.l. 5 dicembre 1938, 

n. 1928 ha natura sanzionatoria e non civile, che pertanto ad essa � 
applicabile la ,prescrizione penale prevista dall'art. 158 c.p. la quale 
pu� essere validamente interrotta soltanto da atti emanati dall'autorit� 
preposta all'esercizio della potest� punitiva dello Stato (nella specie: 
il Ministero del Tesoro titolare del potere di irrogare la pena 
pecuniaria) e non anche da atti :provenienti da organi diversi (nella 
specie: il verbale di polizia tributa:ria);. che inoltre nessuna causa di 
sospensione della prescrizione (penale) era intervenuta riel caso � in 
esame. La ricorrente aggiunge, subordinatamente, che, anche a voler 
ammettere la natura civilistica della pena pecuniaria, la Corte ha 
erroneamente applicato i principi propri della prescrizione anzich� 
quelli della decadenza -non soggetta ad interruzione -e, ancocra 
subordinatamente, che un verbale di polizia tributaria non � atto 
idoneo a interrompere la prescrizione. 
.La cenJSura � infondata. 
Questa Corte ha pi� volte affermato che l"obbligazione al pa.gamento 
di una �somma a titolo di pena pecuniaria, in applicazione della 

(1) � stata ormai con molta chiarezza definita la nozione di pena pe.
cuniaria. Essa, rpur avendo natura di vera e propria sanzione, non ha alcun 
carattere penale ed � irrogata dall'Autorit� amministrativa che ne determina 
la misura discrezibnalmente entro i limiti minimi e massimi stabiliti 
dalla leg.ge (15 dicembre 1968, n. 3983, in qu~ta Rassegna, 1968, I, 1099); 
la pena pecuniaria ha natura di obbligazione civile, � soggetta ali.a pre':"' 
scrizione quinquennale, indipendentemente dalla rprescrizione stabilita ;per 
l'imposta cui accede, e non � assi.stita di norma da privilegio; essa segue 
le regole dell:a obbligazione civile quanto al!la interruzione della prescrizione 
e non � influenzata dall'am.ll:iistia (15 giugno 1967, n. 1399; ivi, 1967, 
I, 880; 17 maggio i969, n. 1692; ivi, 1969, I, 707; 14 aprile 1969, n. 1186, 
ivi, 335). La determinazione della pena pecuniaria non �Costituisce esercizio ~� 
di attivit� giurisdizionale ed � quindi manifestamente infondata la questione 



428 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 7 gennaio 1929 n. 4 e del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, ha 
carattere civile ed � quindi regolata dalle norme di diritto civile' anche 
quanto alla prescrizione (sent. nn. 1962/1969, 34/1968, 1399/1967, 
241/1964). 

Da tale costante orientamento non vi � motivo di discostarsi: a) la 
natura civile della �pena pecuniaria,, risulta chiaramente dall'art. 3 
cpv. della legge 7 �gennaio 1929, li. 4 (1' � obbligazione ha carattere 
civile �) ed � confermata da altre disposizioni della predetta legge 
(ad esempio l'art. 11, relativo alla solidariet� pas:Siva tra pi� responsabili 
della medesima violazione); b) la natura prescrizionale del termine 
di cui all'art. 17 della legge n. 4/1929 (richiamato dall'art. 3 

r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928) � desunta dal rilievo che esso � relativo 
all'esercizio di un diritto, non alla osservanza di un onere i�mposto 
per l'attuazione di una facolt�, ed � confermata dalla dizione 
letterale della� 'norma (�Il di~itto dello Stato... si prescrive... ). 
Questa Corte, poi, con le menzionate sentenze ha anche affermato 
che ai ve:rbali di accertamento (di trasgressione) di polizia tributaria 
pu� riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione purch� in essi 
si esprima in modo inequivoco ed esplicito� 1a volont� della Amministrazione 
creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio ''Credito 
ed esigere la pena pecuniaria che successivamente sar� determinata 
dal Ministro del Tesoro. Infatti vale ad interrompere la prescrizione 
.Un atto proveniente da soggetto (polizia tributa.ria) che legittimamente 
agisce nell'interesse del .titolare; n� � necessario, affinch� di 
effetto interruttivo si possa parlare, che l'atto stesso indkhi la misura 
del credito e che questo sia gi� liquidato nel suo preciso ammontare. 

Ora, che, nella specie, la manifestazione di volont� risultasse in 
modo esplicito dal verbale di polizia .giudiziaria � stato afferm~to dalla 
Corte di merito la quale ha rilevato che nel verbale del 16 luglio 
1952 era contenuta una precisa manifestazione di volont� dell'Ammi


di i1legittimit� costituzionale dell'art; 55 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, 
per contrasto 'con gli artt. 101 e 108 Cost. (Sez. Un., 18 settembre 1970, 

n. 1557; ivi, 1~70, I, 895). � stato poi �statuito dalla Corte Costituzionale 
che non contrasta con gli artt. 3, 24 e 113 Cost. il principio della formazione 
in sede amministrativa di un titolo esecutivo per la riscossione della 
rpena pecuniaria (sent. 23 marzo 1970, n. 44, ivi, 1970, I, 211) e che sono 
egualmente legittime le norme che 'rimettono a1la valutazione discrezionale 
dell'Autorit� amministrativa, sottratta al controllo giurisdizionale, la 
determinazione della misura della sanzione entro i limiti minimi e massimi 
stab11iti dalla legge (sent. 4 marzo 1970, n. 32, ivi, 1970, I, 189). Deve 
invece ritenersi impugnabile innanzi all'A1G.O. il provvedimento amministrativo 
che determina la pena pecuniaria oltre il limite massimo di legge. 
Sulla idoneit� del verbale di acceirtamento come iitto interruttivo v. lasent. 
gi� citata 17 maggio 1969, n. 1692. 



PARTE I, SEZ, v; GIURISPRUDENZA TRI~UTARIA 429' 

nistrazione di accertare e �c�nservare il diritto dello Stato alla irrogazione 
della ,pena J;>ecuniaria, rendendo edotta la parte debitrice della 
pretesa creditoria .sorta in dipendenza �della infrazione e determin~ndo 
la previs!one d�lla pena pecuniaria, nei limiti stabiliti dall'art. 2 del

1

r.d.l. 5 dicembre .1938, n. 1928. Da ci� la Corte ha tratto la esatta 
conclusione che, per effetto della interruzione, �dalla data del 16 luglio 
1952 ebbe i.pizio la decorrenza di un .nuovo termine quinquennale che 
non �~ era ancora compiuto il 24 maggio 1957 quando fu notificato il 
decreto del Ministro del Tesoro �che determinava 'la somma dovuta 
e ne intimava il ipa.gamento. 
�� La valutazione della Corte sulla idoneit� del predetto atto ad in-" 
terrompere validamente la pl'escrizione, in quanto sorretta da congr.a 
motivazione, ed immune da vizi logico-giuridici, � perci� sottratta ,al 
~indacat~ di legittimit�. -(Omissis). 

'CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1971, n. 273 -Pres. Caiporaso 
-Est. Perrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Rizzo (avv. 
LombaTldi Comite) c. Ministero delle Finanze?' (avv. Stato Sava


1

rese). 

, Imposte e tasse :bi rgenere -Impo~te indirette -Accertamento -N~zione. 
, 

(d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; artt. 20 � 21). 
Imposta di registro -Usufrutto -Denuncia. di rb:mione -Accertamento 
-Valore stabilito in atto di c~mpravendita dello stesso' bene Irrilevanza 
-Determinazione di ufficio d~l valore ai fini della riunipne 
-Illegittimit�. 

(r.d.~O dicembre 1923, n. 3269, artt. 21 e 79; ct:l. 7 agosto 1936, n.. 1639, artt. 17, 
20 e 21). , , 

' 

L'avviso di �accertamento ~votge unh funzione di provocatio ad 
opponendum, dato ;che la definitivit� detl'accertamein.to deriva dalla 
accettazione del conltribuein.te (es,plicita o imptiCita nE!i fatto di non 
aver presentato ricorso), ovvero datia decisione definitiva detle �Commissioni 
tributarie o dal concordato 1(1). 

(1-2) La .prima massima � seriamente criticabile e, i>ur essendo conforme 
alla sent. 6 novembre 1968, n. 3663 (in questa Rassegna, 1968, I, 
1024), � in contrasto con la giurisprudenza dominante. 

Non � esatto che l'accertamento abbia la mera funzione iprocessuale ~ 
di stimolare un comportamento del contribuente ed ,ancor meno che la 



430 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


A seguito de-Ha presentazione della denuncia di riunione deU'usufrutto 
aita nuda propriet� l'Ufficio che non ritenga congrui i valori 
deve notificare l'avviso di accertamento, ma non pu� definitivamente 
attribuire al bene oggetto di denuncia lo stesso valore, dichiarato e ritenuto 
congruo ai fini di altro negozio di trasferimento dello stesso� bene; 
quest'ultimo valore potr� servire come elemento di valutazione, ma 
non come dichiarazione vincolante (2). 

(Omissis). -Con �rogito De Santis del 19 luglio 1952, registrato 
il 24 �successivo in Spezzano della Sila, i fratelli Francesco, Giovanni 
e Luigi Rizzo acquistarono dal dott. L;uLgi Chidichimo, per il prezzo 
di lire 16 milioni, un fondo rustico in contrada Bruscata di Cassano 
Ionio. Giovanni Rizzo acquist� solo la met� dell'usuhtto, mentre i 
Fratelli Francesco e Luigi acguistarono, in .parti uguali, l'altra met� 
dell'usufrutto e l'intera nuda propriet�. 

Dopo circa dieci anni, con rogito Marini del 15 marzo 1962, i tre 
fratelli Rizzo vendettero l'intero fondo, in piena propriet� e per il 
prezzo complessivo di li.re 112 milioni, ana Societ� Immobiliare Augusto 
di Milano. Ed in, data 2 marzo 1964, su sollecitazione dell'ufficio 
del registro di Spezzano della Sila, essi denunciarono allo stesso 
ufficio la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, attribuendo alla 
met� indivisa dell'intero fondo, sulla quale era stato costituito l'usufrutto 
a favocre di Giovanni. Rizzo, il valore di lire 18 milioni. 

Il 3 marzo 1965 l'ufficio del registro notific� ai Rizzo un avviso 
� di accertamento di valore e liquidazione d'imposta �, col quale: 
a) dichiaT'�, ai fini dell'imposta di consolidazione del suindicato usu;
frutto, che il 1prezzo di lire 112 milioni, risultante dal rogito Marini 
del 15 marzo 1962, corrispondeva al valore venale dell'intero fondo 
in piena propriet�, valore gi� accettato come congruo dall'ufficio del 
registro di Castrovillari, .presso cui quel rogito era stato registrato; 

determinazione del valore e dei presupposti dell'imposizione si ottenga 
soltanto, su un piano negoziale paritetico, con l'accettazione impUcita o 
esplicita del contribuente o, in caso di conflitto, con la decisione delle 
Commissioni. � noto invece che l'accertamento � un vero e :proprio atto 
amministrativo, ed in quanto tale esecutorio ed assistito dalla presunzione 
di legittimit�, nel quale si esprime la potest� amministrativa di stabilire 
d'autorit� la pretesa tributaria; se al contribuente sono assicurati mezzi 
di impugnazione deH'atto amministrativo, ci� non significa che la sua partecipazione 
sia essenziale alla definizione dell'obbligazione tributaria. Alla 
attivit� amministrativa dell'ente impo.sitore si contrappone l'impugnazione 
a carattere giurisdizionale del contribuente; ma Ǐ assolutamente fuori 
della realt� e si muove nel campo metagiuridko l'opinione che in questa 
attivit� del contribuente, specie se successiva ad una dichiarazione da lui 
presentata circa l'imponibilit� tassabile, disattesa dall'Amministrazione fi-<' 
nanziaria, si possa ravvisare una forma di �collaborazione del cittadino 



PARTE I, S'.EZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 

b) specific� che tale valore non era. sU1Scettibile di riduzione, appunto 
perch� dichiarato dalle parti ed accettato dall'amministrazione finanziaria; 
e) determin� in lire 56 milioni il valore in piena propriet� di 
una met� del fondo (sulla quale �era stato costituito l'usufrutto) ed 
in lire 38 milioni la differenza da tassare, tenuto conto che l'imposta 
di consolidazione era gi� stata applicata sul valore di 18 milioni, dichiarato 
nella denunzia del 2 marzo 1964; d) e liquid� in complessive 
lire 6.043.900 l'imposta complementare ancora dovuta, ai sensi dell'art. 
21 della legge ,del registro. Successivamente, con ingiunzione 
10 ma:rzo 1966, vidimata e resa ese,cutoria dal Pretore di Spezzano 
della Sila, ordin� ai fratelli Rizzo di pagare la predetta somm� di lire 

6.043.900 ed ac,cessori. 
I fratelli Rizzo .presentarono ricorso alle Commissioni tributarie 
di Cosenza, sia a quella distrettuale che a quella provinciale. Ed inoltre, 
con atto notificato il 5 aprile i966 al Ministero delle finanze, proposero 
opposizione davanti al Tdbunale di Catanzaro, deducendo -fra 
l'altro -che nella specie mancavano i pre�upposti della pretesa tributaria, 
dato che sul valore imponibile, oggetto di contestazione e 
di formale impugnativa da ,parte di essi opponenti, non era stato eseguito 
un ,regolare accertamento, n� comunque era ihtervenuta alcuna 
decisione delle competenti commissioni tributarie. Chiesero, pertanto, 
che fosse dichiarata la nullit� ed illegittimit� dell'ingiunzione, con le 
relative conseguenze. 

Il Tribunale, con sentenza 21 giugno-31 ottobre 1967, rigett� l'opposizione, 
ritenendola infondata. Ed in secondo ,grado la Corte di appello 
di Catanzaro, con sentenza 28 �gennaio-21 febbraio 1969, :rigett� 
il ,gravame proposto dai Rizzo, confermando la decisione dei primi� 
giudici. 

Contro la sentenza della Corte d'appello; notificata il .10 marzo 
1969, iricorrono per �cassazione i fratelli Rizzo, con atto 5 maggio dello 


all'attivit� amministrativa di accertamento � (Sez. Un., 20 giugno 1969, 

n. 2175, ivi, 1969, I, 538)., Per questa ragione i redditi accertati e �Contestati 
possono essere is�ritti provyisoriamente a ruolo (Cass., 16 giugno 1968, 
n. 1948, Riv. leg. fisc., 1968, 1112), in qlianto l'accertamento realizza li.a fondamentale 
e ineliminabile esigenza del:lo Stato di garantire, col regolare 
svolgimento dell'attivit� :finanziaria, l'assolvimento dei compiti di premi.:. 
nente interesse pubblico (Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 13 e 23 marzo 
1970, n. 44, in questa Rassegna, 1970, I, 30 e 211), s� che sono costituzionalmente 
legittime le norme del t.u. sulle imposte dirette che consentono 
l'iscrizione a ruolo delle imposte sui redditi 'contestati (9 giugno 1967, 
n. 72 e 3 luglio 1967, n. 77, ivi, 1967, I, 499 e 503). L'accertamento quindi 
non ha il :solo valore processuale di provocatio ad opponendum, ma, al 
contrario, contenuto ,sostanziale di atto amministrativo 'col quale .si verifica 
in concreto il concorso dei presUJpposti per l'ap;pUcazione del tributo 
V 

e si determina in cifra il valore imponibile, atto che, sebbene impugnabile, 



432 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stesso anno, ,sulla base di due motivi, illustrati con memoda:� Resiste 
1'Amministrazione delle Finanze mediante controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il primo motivo di ricorso, col quale si denuncia � omessa o insufficiente 
motivazione circa un punto decisivo della controversia"� � 
inscindibilmente collegato col secondo motivo, nel quale rimane assorbito. 
La questione, infatti, sulla qua.le la Corte d'appello ha omesso 
di motivare, non � una questione di fatto, ma una questione di diritto, 
in 011dine alla quale il difetto di motivazione non potrebbe, di per s� 
solo, determinare la cassazione dell'impugnata sentenza, ove questa 
fosse :giuridicamente esatta. Come non � soggetta a cass�zione la sentenza 
erroneamente motivata in diritto, quando il dispositivo � conforme 
a legge, nel qual caso la Corte Suprema si limita a correggere 
la motivazione (arl. 384 c,;p.c.), cos� non � soggetta a ,cassazione la 
sen~enza che, pur eS1Sendo priva di motivazione su questioni di �diritto, 
sia tuttavia �sorretta da valide ragioni di carattere giuridico, che la 
Corte Suprema pu� direttamente ~ilevare e spiegare; in tal modo integ
�rando, in punto di diritto, la motivazione della decisione impugnata. 
Se questa, invece, � giuridicamente erronea, � l'errore di diritto, e 
non il semplice difetto di motivazione, che pu� determinare la ca.ssazione. 


Ora, con riferimento al ricorso in esame, l'unico motivo da esaminar.
e � il secondo, col quale si denun'Cia la violazione e falsa appli..: 
cazione degli arlt. 21, 79 e 86 della legge del registro (r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 e successive modif�caiioni), nonch�J degli artt. 17, 20, 
21 e 29 1del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in crelazione agli artt. 33,34 e 
144 della legge �di registro. 

Si dolgono in primo J.uogo i ricorrenti (doglianza alla quale si 

ricollega il difetto di motivazione denunciato col primo motivo) che 

� da solo idoneo a determinare nei :suoi elementi fondamentali l'obbliga


zione tributaria (Cass., 3 ottobre 1968,' n. 3068, ivi, 1968, 1023; 20 dicembre 

1968, n. 4030, Riv. leg. fisc., 1969, 1169). E per queste ragioni, come � ormai 

assolutamente pacifico, il concordato non ha alcun contenuto negoziale o 

comunque bilaterale su un piano pariteUco, ma � anch'esso un a:tto ammi


ni:strativo col quale autoritariamente, anche se con l'af!.esione del �Contri


buente, 1l'Amministrazione determina unilatexalmente la quantit� imponi


bile (Cass., 12 mag�gio 1969, n. 1625, in questa Rassegna, 1969, I, 697; 19 

gennaio 1970, n. 103, ivi, 1970, I, 278; 3 luglio 1968, n. 2220, Riv. leg. fisc., 

1969, 242. ' 

La seconda massima, cos� come � enunciata, !PU� ritenersi esatta, salvo 

a stabilire se l'atto di determinazione del valore e liquidazione dell'imposta 

possa valere come avviso di ac.certamento per il quale non sono stabilite 

forme particolari. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 

non sia stata accolta l'eccezione. di illegittimit� della pretesa trlbu


,taria, per non essere stata la liquidazione dell'imposta :preceduta dall'accertamento 
di valore della base im:Ponibile e dalla notificazione 
del relativo avviso. Riproponendo la questione gi� prospettata (ancorch� 
sommariamente) in entrambi i gradi del giudizio di merito, i ricorrenti 
deducono che l'atto ad essi notificato il 3 marzo 1965, intitolato 
� avviso di accertamento di valore e liquidazione d'imposta �, 
non conteneva, in realt�, un avviso di accertamento di valore (come la 
stessa Corte d'appello ha riconosciuto); ma l'accettazione, da parte 
dell'ufficio del registro, del valore risultante dal rogito Marini del 
15 marzo 1962 (col quale l'immobile fu rivenduto a terzi) e la conseguente 
liquidazione dell'imposta in questione, dovuta per la -riunione 
dell'usufrutto alla nuda propriet�. La liquida;lione in tal modo operata 
-aggiungono j ricorrenti -non fu preceduta da un formale 
e regolare accertamento di valore, in quanto l'accertamento dell'im.
ponibile, anzich� essere effettuato con !riferimento alla denunzia di 
riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, fu riferito ad un atto 
estraneo alla fattispecie ctogito Marini), che. non .costituiva titolo, 
ma solo .prova del consolidamento .dell'usufrutto con la nuda propriet�. 
Erroneamente, quindi, quell'accertamento fu considerato definitivo, 
siccome corrispondente al valore dichiarato dalle rparti tenute 
al pagamento dell'imposta. 
In subordine, si deduce 1che l'avviso di accertamento era giuridicamente 
inesistente, in quanto mancante di un elemento costitutivo, 
e cio� dell'avvertimento prescritto dall'art. 21 del �decreto n. 1639 
del 1936, il quale dispone che l'amministrazione finanziaria, nell'indlcare 
il maggior valore che reputa doversi attribuire ai beni soggetti a 
tassazione, deve avvertire il .contribuente che, ove non intenda �adeirire 
alla determinazione di valore fatta dall'ufficio, deve presentare 
ricorso alla commissione distrettuale delle imposte nel termine all'�opo 
stabilito.. In ulteriore subordine, infine, si deduce che l'azione esecutiva 
era inammissibile per difetto di titolo, in quanto i contribuenti 
avevano adito le .competenti commis.sioni tributarie, le quali non si 
erano ancora pronunciate sulla determinazione del valore, a norma 
dell'art. 29 �del decreto del 1936. 
Il rico~so � fondato, ma solo per i motivi e nei limiti di cui ora 
s~ dir�. 
� noto che l'imposta di registro sui trasferimenti di beni _immobili 
e diritti reali immobiliari viene liquidata (come imposta principale) 
in base al valore, o prezzo o corrispettivo, risultanti �dall'atto, dal 
contratto o dalla denunzia delle rparti, e, in mancanza, in base all'apposita 
dichiarazione estimativa, ovvero, mancando anche questa, in 
base alla determinazione fatta d'ufficio. A norma, per�, degli artt. 33 
e 34 della legge di registro (�r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e degli 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

artt. 20 e 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito nena legge " 
7 .giugno 1937, n. 1016, i prezzi, i corrispettivi ed i valori !risultanti 
dalle .stipulazioni o dalle dichiarazioni delle parti (nonch� quelli determinati 
d'ufficio) sono soggetti a revisione, allo scopo di indagarne 
la congruit�, in relazione al v:alore effettivo dei beni trasferiti. Quando 
l'a.:rr.ninistrazione finanziaria ritiene, in base agli elementi di valutazione 
in suo posseS1So, che i prezzi, i corrispettivi ed i valori .stipulati 

o dichiarati dalle parti (o determinati d'uffkio) siano inferiori al valore 
venale .che i beni avevano in comune cornmercio alla .data del 
trasferimento, notifica al �contribuente un avv;iso di ~ecertamento, 
indicando il valore che essa reputa doversi at~ibuire ai beni medesimi, 
ai fini .della tassazione. Tale accertamento non � definitivo, essendo 
attri.buito ai contribuenti il potere di contestarlo, presentando 
ricorso alle �competenti com;m.issioni tributarie. A tal fine, come questa 
Suprema Corte ha .gi� ritenuto con sentenza 6 novembre 1968, n. 3663, 
l'avviso �qi accertamento svolge una funzione di prov.ocaiio ad opponendum, 
dato che la definitivit� deli'acc~rtamento deriva dall'accettazione 
del contribuente (esplicita, o implicita nel fatto di non aver 
presentato ricorso), ovv�ero dalla decisione definitiva delle commissioni 
tributarie, salvo concordato. 
Ora, nel caso in esame, � certo che in data 2 ma!rzo 1964 fu presentata, 
ai sensi dell'art. 79 della legge di registro, denunzi.a di riunione 
dell'usufrutto alla nuda propriet�, in relazibne al rogito De 
Santis del 19 luglio 1952,. costitutivo dell'usufrutto. In tale denunzia 
fu attribuito alla met� indivisa del fondo, sulla quale era stato costituito 
il diritto di usufrutto a favore �di Giovanni Rizzo, il valore di 
lire 18 milioni in piena propriet�. L'ufficio del registro di Spezzano 
della Sila procedette alla revisione prescritta dalla legge, ma, rpur 
non accettando il valore dichiarato dalle parti (18 milioni), omise di 
eseg.ire l'accertamento di maggior valore. Si limit� a rilevare che col 
rogito Marini del 15 marzo 1962 il predetto fondo era stato venduto 
alla societ� Augusto per il prezzo di l~re 112 mili�ni, prezzo che era 
stato ritenuto congruo dall'ufficio di Castrovillari, ai fini della !regi


1

strazione di quel rogito, e perci� non sottoposto ad accertamento di 
maggior valore. Sulla base di tali rilievi, ritenne che nella specie ricorresse 
una ipotesi di_ valo!re dichiarato dalle parti ed accettato dall'amministrazione 
finanziaria, perci� definitivo ed irriducibile, tale da 
legittimare la liquidazione dell'imposta e l'ingiunzione di pagamento. 
Tutto ci� risulta dalla denunciata sentenza, nella quale � speci


ficato che " il contenuto obiettivo d~ll'atto (notificato ai fratelli Rizzo 

il 3 marzo 1965) � costituito dall'accettazione, da parte dell'ufficio de] 

registro �di Spezzano della Sila, del valore di lire 112 milioni, at~ri


buito dalle parti al negozio traslativo della propriet� dell'immobile in 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 

favore della societ� acquirente, ed altresl dalla liquidazione dell'im.
posta di consolidamento ". 

L'illegittimit� di siffatta liquidazione, dedotta dagli opponenti fra


telli Rizzo, � ~tata esclusa dai giudici di merito, la cui decisione, per�, 

non pu� essere condivisa per le seguenti !ragioni. 

La dichiarazione di valore fatta dalle parti, che l'ufficio pu� rite


nere congrua (accettare) e iporre a base di una liquidazione definitiva, 

� quella che si riferisce all'imposta da liquidare, o meglio all'atto o 

fatto .giuridico che determina l'obbligazione tributaria. Nel caso di 

riunione dell'usufrutto alla nuda :proipriet�, il valore dichiarato dalle 

parti, ai fini della tassazione, � quello indtcato nella denunzia di con


solidazione, fatta a norma degli artt. 79 e 86 della legge di registro. 

� questo il valore che l'ufficio pu� ritenere congruo, ai fini della liqui


dazion� definitiva, ovvero ritenere inadeguato, rispetto al valore venale 

che reputi doversi attribuire ai beni, nel qual caso deve .procedere ad 

ac�certamento di maggior valore con l'osservanza delle prescrizioni di 

leg.ge. Il mag.gidr valore, rii.spetto a quello indicato nella denunzia 

di consolidazione, che risulti da un atto di vendita dello stesso irrtmd


bile, stipulato dopo la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet�, 

pu� legittimare, ai sensi dell'art. 30 della legge di registro, una deter


minazione di maggiore imponibile, ai fini dell'imposta sulla consoli


dazione dell'usufrutto, ma non pu�, evidentemente, essere considerato 

come valol'e dichial'ato dalle parti ai :fini di tale imposta. Non � .sul


l'atto di vendita, infatti, che incide l'imposta dovuta per !"anteriore riu


nione dell'usufrutto alla nuda propriet�. L'atto di vendita, anzi, � del 

tutto estraneo alla tassazione �concernente il trasferimento dell'usufrutto, 

anteriormente avvenuto, e non pu� cont~nere una dichiarazione di 

valore in ordine a tale trasferimento, tanto pi� quando la denunzia 

di consolidazione indichi un valore diverso, come � avvenuto nel caso 

in �esame_. 

Tutto ci� dimostra che l'eccezione di illegittimit� prorposta dagli 

opponenti fratelli Rizzo, rigettata dai giudici di merito, era invece 

fondata, :giacch� nella �specie l'ufficio del registro non procedette ad 

accertamento di m'a.ggior valore, ai sensi e con rorsservanza, delle 

disposizioni di leg.ge che regolano il procedimento di valutazione, ma 

addivenne ad una liquidazione definitiva (dallo stesso ufficio quali.. 

ftcata insuscettibile di riduzi{>ne) sull'erroneo presupposto che il valore 

imponibile dichiarato� dalle parti non fosse quello �di lire 18 milioni, 

indicato nella denunzia di riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, 

sibbene quello �di lire 56 milioni (una met� �di 112 milioni), risultante 

da un atto estraneo alla tassazione �di �cui trattasi, quale il rogito Ma


:r;ini del 15 marzo 1962, stipulato -secondo il non impugnato apprez


zamento della Corte d'appello -dopo �la �consolidazione dell'usufrutto. 

16 


436 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il ricorso, rpertanto, � fondato e deve essere . accolto, rper r motivi 

e nei limiti finora spiegati, che importano l'assorbimento di tutte le 

deduzioni sub<>rdinate innanzi riassunte. -. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 febbraio 1971, n. 290 -Pres. 
Marletta -Est. La Farina -P. M. Secco (d.iff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano) c. Riccobene (avv. Bonacina). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Comn�ssioni delleimposte 
-Questioni di diritto e questioni di valutazione -Ripartizione 
dei poteri -� questione di competenza interogabile e non 
di giurisdizione. 

(r.d. 7 agosto 1936, n'. 1639, artt. 29 e 30).
. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delie Commissioni 
-Controversia sulla natura agricola o edificatoria di un 
terreno -� controversia di valutazione -ComJ>etenza della Commissione 
di valutazione -Questione preliminare sulla interpretazione 
di norme o di atti amministrativi o negoziali -� questione 
di diritto -Rime~sione alla sezione speciale per la risoluzione 
della questione pregiudiziale -Necessit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 29 e 30; legge 20 ottobre� 1954, n. 1044; legge 
27 maggio 1959, n. 355). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni 
-Controversia sulla natura agricola o edificatoria di 
un terreno -Terreno attualmente agricolo ma destinato ad utilizzazione 
urbana per scopo diverso dalla edificazione -Strade, 
parchi, aree urbane non edificabili -� questione di diritto -Competenza 
della sezione speciale della Commissione Provinciale. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 29 e 30). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione 
-Decisione della Comn�ssione provinciale di valutazione 
che risolve questioni pregiudiziali di diritto -Incompetenza 


\ 

Impugnazione al Tribunale ex art. 29 terzo comma r. d. 7 agosto 
1936, n. 1639 per difetto di calcolo o errore di apprezzamento Annullamento 
della decisione impugnata per incompetenza della 
Comn�ssione. -Necessit�. 

(r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
La ripartizione dei poteri decisori fra le diverse sezioni delle Commissioni 
,delle imposte non d� luogo a questione di giurisdizione bens� 
a que�stione di competenza (fra sezioni con diversa specializzazione nel




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 

l'ambito delle funzioni attribuite alla 'stessa Commissione) che per� 
� inderogabile e di rilevanza esterna (1). 
Di norma l;accertare se un terreno abbia natura di fondo rustico 
agli effetti delle Leggi 20 ottobre 1954, n. 1044 e 27 maggio 1959, 

n. 355 per �l'applicazione dei criteri di valutazione automatica, � questiorne 
di mero fatto, rimessa alla competenza delle Commissioni di valutazione 
in quarntJo non esiste una definizione legislativa del fondo 
rustico e quindi i caratteri del terreno oggetto di valutazione vanno 
determinati, caso per caso, secondo la nozione di linguaggio comune. 
Tuttavia quando per accertare se il fondo � agricolo , o diversamente 
utilizzabile si debbono riso.Zvere preliminarmente q�estioni attinenti 
alla interpretazione o all'applicazione di norme di legge e di negozi 
giuridici �o all'esistenza di decreti, di vincoU impo~i da servit�, da 
rapportJi di vicinato o da norme edilizie, la determnazone de�Z valore 
imp,onibite, cthe non implica soltanto operaziorni meramente teeniche, 
non pu� essere fatta dalla Commissione di val~tazione se preliminarmente 
non si sia pro!J'.l,unciata sull� questioni .di diritto: la sezione speciale 
della Commissione provincial� alla quale gli �atti vanno rimessi 
, I 

sospendendosi il giudizio di valutazione (2). 

� controversia di diritto; rime�ssa alla Sezione speciale della Commissione 
provinciale, io stabilire se pe.r i terreni di carattere ag�ricolo 
per la destinazione attm.ale, ma urbarni per la loro destinazione e .utilizzazione 
nell'ambito cittadino a scopo che, pur essendo estraneo all'agricoltura, 
esclude la pi� intensa utilizzazione edificatoria (aree. destinate 
a strade, parchi, luoghi di divertimento), sia da applicare il 
criterio di valu'bazione automatica s'babilito dalle leggi 2() otto�bre 1954, 

n. 1044 e 27 maggio 1959, n. 355 o il criterio normale di valutazione 
economica di cui all'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 (3). 
Il giudice ordinario adito in sede di impugnazione 'ex art. 29 terzo 
comma del r.d. 7 agosto-�1936, n. 1639 dev�e dichiarare anche di ufficio 
_,_ l'incompetenza d<:;lla Commissione di valutazione che ha pronunciato 

(1-4) Sulla prima massima l'orientamento della S.C. non � concorde 
(Sez. Un., 22 .settembre 1970, n. 1658, in questa Rassegna, 1970, I 929 e 
24 aprile 19?'0, n. 1182, ivi 620 e precedenti citati). Sulla seconda e. 
terza massima la giurisprudenza � ormai pacifica sia sul punto che di ['egola 
la determinazione della natura agricola del fondo � �di puro fatto, e 
quindi di competenza della Commissione di valutazione, sia sul punto che 
in casi partiColari pu� profilarsi una questione pr.egiudiziale di diritto da 
rimettere alla sezione speciale della Commissione :p:rrovinciale (v. sentenze 
g.i� citate nonch� Sez. Un., 14 ottobre 1970, n. 2001, ivi, 1970, I, 1103). 

Notevole perplessit� suscita l'ultima massima. L'impugnazione ex artieolo 
29 terzo comma idei r.d. 7 �agosto 1986, n. 1639 ha un oggetto limitato 
e non estensibile, attesa l'eccezionalit� �di questo :mezzo di impugnaz~one ~� 
esperito innanzi ad un organo che di norma esel"'cita la sua potest� giu




438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la decisione impugnata ove questa abbia deciso questioni pregiudiziali 
di diritto riservate alla competenza della sezione speciale deila Commiss.
ione provinciaie. La sentenza del giudice di merito che non abbia 
rilevato .l'incompetenza della Commissione pu� �ssere annullata anche 
di ufficio dalla Corte di Cassazione (4). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione 
denuncia la\ violazione e falsa applicazione dell'irt. 14 delle preleggi; 
degli artt. 15 e 16 del d.l. 7 agostq 1936, n. 1639; � 1 della legge 20 ottobre 
1954, n. 1044, e 3 della legge 27 maggio 1959, n. 355; 1 della 
legge 22 novembre 1962, n. 1706 e 1 legge 17 ottobre 1957, n. 983. 
Lamenta, a questo .riguardo, l'Amministrazione, .che la Corte abbia 
Titenuto come fondo rustico, ai fini della valutazione automatica del 
valore, un fondo compreso nel piano regolatore comunale nella zona 
destinata a verde pubblico 1�on vincolo di inedificabilit�. Rileva, in 
proposito, che fondi rustici �sono soltanto i fondi agricoli, cio� que111 
unicamente utilizzabili per la coltivazione e la produzione del suolo, 
con esclusione di tutti quelli che, a prescindere dalla loro edificabilit�, 
non si presentano destinati in via normale ed ordinaria alla produzione 
del suolo. 

Ne consegue che i fondi, non edificabili, ma neppure agricoli in 

senso stretto, debbono essere valutati non gi� con il sistema automa


tico, ma alla stregua della regola generale posta dall'art. 15 del d.l. 

n. 1639 del 1936. Posto, cio�, che la valutazione automatica � prevista 
solo per i fondi agricoli, il.'esidualmente ogni altra valutazione 
va compiuta mediante stima �diretta. Avrebbe errato, pertanto, la sentenza 
denunziata nell'interpretare la leg.ge n. 1044 del 1954, richiamata 
dalla legge n. 355 del 1959, nel senso che la valutazione automatica 
debba essere applicata a tutti i terreni che non possono essere considerati 
quali aree edificabili. 
Osserva la S.C. eh~, prima ancora di scendere ad una qualsiasi 
indagine sul merito del motivo come sopra prospetta~o, la Corte stessa 
deve darsi carico, d'ufficio, del problema se J.a decisione emanata 1'11 


risdizionale in via autonoma; non esistendo una subordinazione della �giurisdizione 
delle Commissioni alla giurisdizione ordinaria non sembra che 
possa riconoscersi all'A.G.O. il potere di dichiarare, di ufficio o su ricorso 
di parte, l'incompetenza della Commissione, anche �se il Tribunale sia :stato 
investito in sede di impugnazione, ma limitatamente al difetto di calcolo 


o errore di apprezzamento. 
Se � vero che per un principio generale l'incompetenza per materia 
deve essere Tilevata di ufficio in ogni .stato e grado ,del processo, � anche 
vero che <Ci� presuppone un'impugnazione non limitata, innanzi all'organo 
che ha normale competenza in grado di impugnazione. L'incompetenza � 
un errore, in procedendo deducibile nei confronti di una sentenza defi.nf.:.. 
tiva, quale � quella della Commissione provinciale di valutazione, soltanto �� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 

marzo 1964 dalla Commissione Provinciale delle. Imposte di Palermo 
-Sezione Valutazione -sia stata pr0nunciata da or.gano competente. 

� noto infafti, .che l'art. 29 del d.1. n. 1639 del 1936, sulla riforma 
degli ordinamenti tributari, stabilisce che, nell'ambito delle Commissioni 
chiamate a pronunciarsi in materia di imposte indirette sui trasferimenti 
d:i ricchezza, le controversie aventi per oggetto la determinazione 
del valore sono decise, in prima istanza, dalle Commissioni 
distrettuali, e, in seconda istanza, dalle Commissioni provinciali, men


. tre le controverisie relatiive all'interpretazione e applicazione della 
legge, e che non si riferiscono alla semplice determinazione del valore, 
sono decise in primo 1grado dalle Commissioni Provinciali, in 
seno alle quali � istituita un'apposita Sezione avente una particolare 
composizione (art. 30 del decreto del 1936), e, in secondo grado, dalla 
Commissione Centrale. E, rpur � ~on potendosi dubitare che l'attribuzione 
�di dette questioni . alla, sezione controversie di diritto� n�n ha 
dato luogo alla costituzione di un autonomo nuovo organo di giurisdizione 
-� -trattandosi, invece, di un .particolare organo della stessa 
Commissione Provinciale, specializzato nell'ambito delle funzioni giu~ 
risdizionali attribuite alla Commissione stessa -�, d'altra parte, certo 
che la ripartizione di funzioni tra le sezioni con 'rattribuzione alla 
sezione di diritto delle controversie �relative all'apiplicaZione della legge, 
ha rilevanza giuridica esterna in quanto � prevista, come si � detto, 
una diversa composizione e U.n ordine processuale specMico anche per 
quanto attiene all'iter delle impugnazioni; trattasi, cio�, di un fenomeno 
di ripartizione di competenza per materia, la cui violazione � 
causa di nullit� della pronuncia emessa dall'uno anzich� dall'altro 
ol'lgano giurisdizionale, sia pure nell'ambito della stessa Commi�ssione 
Provinciale (v., da ultimo, Cass. sent. 1�5 dicembre 1970, n. 2687; s1ent. 
5 dicembre 1970, n. '2596; sent. 25 novembre 1969, n. 3820; sent. 23 
novembre 1968, n. 3813). Tale diverso ambito di corli.petenza per ma' 
teria rim�ne, inoltre, fermo ancpe quando la questione di diritto si pre.
senti come ipregiudiziale rispetto alla questione concernente la deter


con il rfcorso�per �ca8sazione; e se non ~embra potersi ammettere u:na impugnazione 
per incompetenza o per altra violazione di legge innanzi al 
Tribunale (Cass., 9 aprile 1969, n. � 1138, Riv. leg. fisc., .1969, 1588) dovrebbe 
anche es�lud�rsi che iJ. Tribunale adito ex art. 29 'PO~ pronunciare l'incompetenza 
di uff�ci-0. Va anche .considerato 'che quando la decisione definitiva 
della Commissione provinciale non viene impugnata c1on r'icorso per 
Cassazione nel termine di sessanta giorni si forma il giudicato sul:la competenza, 
s� che la �successiva impugnazione ex art. 29, iproponibile entro 
sei mesi, non pu� riguardare altro che il difetto di calcolo e l'errore di 
apprezzamento, una questione cio� attinente soltanto alla valutazione e 
che presuppone la competenza della Commissione che ha emesso la decisione 
impugnata. 



440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minazione del valore ed importi un accertamento di carattere incidentale. 


In tal cas�, � necessario che l'apposita sezione istituita in seno alla 
Commissione Provinciale si pronunci ipreliminarmente sulla questione 
di diritto che sia stata �sollevata e che si presenti come un :presupposto 
necessario per la risoluzione della <I,Uestione di valutazione; cosicch� 
la controversia sul valore, da sospendersi medio tempore, pu� 
:proseguire nella propria sede �soltanto dopo che sulla medesima questione 
sia stata raggiunta, nell'apposita �distinta sede, una decisione 
definitiva (oltre le sentenze sopra citate, da ultimo, Cass. sent. 14 
dicembre 1970, n. 2665). 

Ci� premesso, occorre ricordare che, quanto alla qualificazione di 
un fondo trasferito, come rustico o edificabile, la legge 20 ottobre 1954, 

n. 1044, alla quale fa riferim~nto l'art. 3 della legge 27 maggio 1959, 
contenente modificazioni in tema di miposte di registro, nel dettare un 
proprio sistema di valutazione automatica o tabellare ai fini dell'imposta 
di successione (o di registro, per l'estensione portata dalla seconda 
delle �due leggi) dei fondi :rustici formanti og.getti del trasferimento, 
non fornisce una propria definizione legislativa del concetto 
di fondo rustico e data questa carenze di definizione le.gi:slativa, si 
comprende come, nell'applicazione delle predette leggi, �siasi profilato, 
anche nella giurisprudenza di questo S. C. il :problema se la qualificazione 
controversa nei 'Singoli casi, del fondo come rustico, o, invece, 
edificabile, rappresenti una questione di semplice valutazione, o, al 
contrario, una questione ;pregiudiziale di �diritto, cio� una questione 
d'interpretazione e applicazione della leg.ge, distinta da quella di semplice 
valutazione, e devoluta come tale, e sefondo l'ordine giurisprudenziale 
gi� indicato, alla competenza per materia della Commissione 
Provinciale -Sezione di di�ritto. Dopo alcune oscillazioni (v., ad es., 
la sentenza 19 settembre 1967, n. 2182 dalla quale sembra desumersi 
il �Crit�rio di massima �che in ogni caso l'accertamento se un f~ndo 
abbia o non abbia natura agricola integra un'operazione giuridica d'interpretazione 
della legge, e non una mera operazione tecnica di accertamento 
�di valore), appare ormai consolidato l'orientamento secondo 
il quale, nel difetto di una definizione legislativa e di precise 
regole legislative che indichino a�strattamente i criteri di distinzione 
tra la categoria dei fondi rustici e quella dei non rustici, la nozione 
di fondo rustico non � di per s� di'Vel'ISa da qu.ella del linguaggio comune; 
cosicch�, la discriminazione va fatta caso per caso, tenendo 
conto dello �stato dei terreni; inda�gine, questa, che implica accertamenti 
di fatto ed eminentemente tecnici ed economici, sull'obiettiva 
consistenza qualitativa e quantitativa dei terreni medesimi e che non 
importa, quindi, di per s�, la risoluzione di quesiti di carattere giu-::. 
ti.dico, in quanto, con l'identificazione delle caratteristiche dei beni 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

da valutare, che � operazione indubbiamente tecnica, e con il"Con. 
seguente inquadramento nell'una o nell'altra categoria, Testa senz'altro 
individuato il eriterio di tassazione, e non vi � luogo ad operazioni 
9i carattere giuridico (da ultimo, Cass., sent. 7 ottobre 1970, n. 1839; 
sent. 2'6 marzo 1970, n. 824; sent. 17 marzo 1970, n. 700; sent. 20 febbraio 
1970, n. 392; .sent. 15 marzo 1969, n. 823). Tuttavia, il �coordinamento 
di tale principio con il sisteID:a generale porta a precisare 
che, nell'ipotesi in cui, per accertare se il fondo � agricolo o edificabile, 
si debbano risolvere questioni. attinenti all'interpretazione o aipplicazione 
di norme legislative, regolamentari o negoziali, ovvero alla 
esistenza e determinazione degli effetti .di divieti, di vincoli imposti 
da servit�, da rapporti di vicinato, da rapporti basati su norme di 
edilizia, �Che ipossano in�idere �sulla concreta utilizzabilit� del terreno 
e, conseguentemente, sul suo valore venale, in tali �Casi, la iscelta del 
criterio di valutazione e la determinazione del valor~ imponibile non 
implicano solo operazioni meramente tecniche o economiche,. e si im-� 
pone, 1pertanto, la decisione, in via pregiudiziale, da parte dell'ocgano 
esclusivamente competente, delle Telative questioni giuridiche dedotte 

o ~evabili d'ufficio, prima che si .po;sa procedere alla valutazione tlei 
beni trasferiti (Cass., sent. 15 dicembre 1970, n. 2687; sent. 9 dicembre 
1970, n. 2596; sent. 1� agosto 1968, n. 2737; sent. 6 ,giugno 1967, 
n. 1241). 
Orbene, uno di tali casi �Si profilava, effettivamente, nella ispecie; 
infatti gi� rielle fasi della. controversia di valutazione svoltasi dinanzi

1

alle Com:.iissioni, non soltanto si era discusso se i lotti in. questione 
-la cui utilizzazione, in atto, a scopo agricolo era pacifica -fossero 
compresi nel piano regolatore regionale della citt� di Palermo e vincolati 
ad una determinata destinazione (0cio� .a� verde pubblico), ma 
anche se simili destinazioni e simili vincoli, derivanti da norme di 
piano regolatore, implic~ssero l'esistenza di un tertium gen.us di fondi, 
e di situazioni intermedie, relative a fondi di carattere rustico .per la 
loro utilizzazione attuale, e urbani per la loro destinazione e prevista 
utilizzazione, nell'ambito cittadino, a scopo di<Verso da quello puramente 
agricolo, ma escludente la pi� piena utilizzazione edificatoria 
(abitazioni, industrie, ecc.) e importante .soltanto la possibilit� di utilizzazioni 
mru:-ginali e complementari (come strade, parchi, luoghi di 

"' 

divertimento) correlativamente, ,gi� in quelle sedi di giurisdizione amministrativa, 
si profilavano le questioni r1proposte in questa �sede di 
legittimit� dall'Amministrazione cir.ca l'applicabilit� a tali situazio:p.i 
del sistema di valutazione automati.Ca o tabellare, o, invece del criterio 
.generale di stima diretta previsto dall'art. 15 del decreto n. 16"39 
del 1936. 

Ne consegue �Che la Commissione provinciale, 1sezione valutazione, 
avTebbe .dovuto, per quanto gi� .preci.sato, dichiarare d'ufficio la pro



442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pria incompetenza per materia rispetto. a tali questioni pregiiidiziali, 
devolvendone la cognizione, in primo .grado, alla sezione di diritto; 
non avendo essa ci� operato, l'ordine delle competenze, nell'ambito 
della giurisdizione amminist!lativa dev.e �essere d'ufficio dichiarato e 
restaurato da questa S. C., come avrebbero dovuto gi� provvedere in 
tal senso, il Tribunale prima e suc�cessivamente la Corte d'Appello 
di Palermo, la cui sentenza deve, conseguentemente, essere annullata, 
rimanendone travolta anche la sentenza del Tribunale. N� rileva che, 
nella specie in esame, la questione si profili d'ufficio a seguito dei.: 
l'impugnativa di sentenza dell'A.G.O. chiamata a pronunciarsi sulla 
azione di annullamento delle .pronunce delle Commissioni e�x art. 29 
decreto n. 1639 �del 1936, mentre, in altri casi decisi da questa Corte, 
la questione le era stata devoluta, ex art. 111 Cost., a seguito di specifica 
e diretta impugnazione, 1per vizio di incompetenza per materia, 
di pronunce delle Commissioni !Provinciali, 1sezio!lie V!alUtaziolb.e. Infatti, 
sia il ristretto ambito dell'azione �giudiziaria di nullit� (oggi in 
alternativa col ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.) per vizi di 
legittimit�, prevista dal citato art. 29, cio� la limitata configurazione 
legislativa dei vizi deducibili con l'azione �giudiziaria (su cui cfr. da 
ultimo, Cass., sent. 3 dicembre 1969, n. 3860), sia la ritenuta autonomia 
funzionale della giurisdizione delle Commissioni di fronte alla 
successiva giurisdizione d'impugnazione dinanzi all'A.G.O. non �possono 
importa�re deroga al precetto che l'incompetenza per materia, 
quale difetto di un presupposto ;processuale primario e fondamentale, 
pu� e deve essere rilevata d'uffi.do in ogni grado e stadio del processo, 
e, quindi, anche nei vari .gradi in cui si articola l'azione giudiziaria 
stessa, fi.nch�, naturalmente, non siasi formata, secondo i principi 
.generali, la cosa .giudicata, implicita o esplicita, sulla competenza 

(cfr. le gi� citate sentenze n. 2596 del 1970 e n. 2737 del 1968). 

Per. quanto gi� esposto, e a seguito dell'annullamento sia delle 
sentenze dell'A.G.9. ordinaria di pripio grado e di appello, sia dalla 
decisione della Commissione prpvinciale, sezione valutazione, la controversia 
pregiudiziale rimane attr.ibuita alla sezione di diritto della 
stessa Commissione provinciale, dovendosi, tuttavia, rinviare la causa 
alla �Stessa Commissione provinciale delle Imposte di Palermo, sezione 
valutazione, che rimane il .giudice competente a provvedere sulla questione 
di valutazione nel suo complesso; quest'ultima sezione dovr� 
provvedere, peraltro, a sospendere la decisione della controversia, potendo 
questa interivenire soltanto dopo che sulla cennata questione 
di diritto sar� �divenuta definitiva la pronuncia della sezione competente, 
anche, ove occorra, a seguito di impugnazione presso il .giudice 
superiore (Commissione centrale delle imposte) secondo l'apposito gi� 
accennato ordine di giurisdizione. -(Omissis). 



/ 

443

PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CA'SSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n ..509 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Gambogi -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Foltgno e Coronas) c. Soc. Cafimport 
(avv. Uckmar).


Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� deducibili -Imposta 
sulle societ� -Natura -Deducibilit� -Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg. e 145 e segg.). 
L'imposta sulle societ� � un tributo organicamente unico (essendo 
le due componenti, patrimonio e redditJo, soltanto gli strumenti di 
commisurazione), personale, che non colpisce soUanto il re,ddito, ma 
che � dovuto dalia societ� di .capitali o daU'ente assimilato per il solo 
fatto di esistere come titolare di un patrimonio o di un reddito. Tuttavia 
la somma pagata a titolo di im.posta sulle societ� non � detraibiZe, 
nemmeno per la parte commisurata al patrimonio, dal reddito 
di ricchezza mobile perch� non costituisce pe.rdita, mancando in� essa 
l'elemento dell'.imprevedibiiit� e involontariet�, e perch� non pu� considerarsi 
spesa inerente alla produzione .del reddito (1). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n. 514 -Pres. 
Stella-Richter -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. STET 
(avv. Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato F<;>ligno 
e Coron�s). 

Imposta sulle societ� -Questione di le~ittimit� costituzionale delle 
norme istitutive per contrasto con l'art. 53 Cost. -Manifesta infondatezza. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 145 e segg.; Cost., art. 53). 
(1-3) Nello stesso senso della iprima sentenza sono le altre in pari data 
ntJ.. 508 e 507 e conformi alla seconda sono le alt:r:e coeve nn. 511 e 513; 
di quest'ultima viene pubblicato a parte uno stralcio che riguarda altra 
questione. 

Viene confermata, con imponente approfondimento di motivazione, la 
pronunzia delle Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125 (in questa Rassegna, 1~67, 
I, 644). Sull'argomento si erano precedentemente pronunziati vari giudki 
di merito e gi� si era delineata con prevalenza la stessa tesi oggi confer-� 



444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� deducibili -Imposta 
sulle societ� -Natura -Deducibilit� -Esclusione. 


(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg. e 145 e segg.). 
� matnifestamente infondata la questione di illegittimitd costitu


zionale delle norme regolatrici deil'imposta sulle societ� ( artt. 145 

e ss. del t.u. suite imposte dirette) per con"brasto con l'art. 53 Cost. (2). 
L'imposta sulle societ� � un tributo unico, non scindibile in due 
distinte componenti prive di propria autonomia, a fondamentale carattere 
soggettivo, derivante dalla mera esistenza del soggetto che � 
tassabile perch� fonte di ricchezza potenzialmente produttiva. Conseguentemente 
non pu� nemmeno porsi il problema della deducibilit�, 
dal reddito di ricchezza mobile della parte deit'imposta sulle societ� 
cammisurava al patrimonio. Inpltre la deducibilit� � da es.eludere perch� 
la somma pagata a titolo di imposta sulle soc.iet� non costituisce 
perdita, non concretandosi in una distruzione o diminuzione di beni 
-o crediti di caratte"re involontario e non pu� essere considerata una 

spesa di produzione, per la mancanza di una contropartita produttiva 

e comunque perch� mancante del requisito dell'inerenza alla produ


zione del reddito (3). 

I 

(Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze dello Stato denunzia la violazione e falsa applicazione 
dell'art..91 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato 
con d.P. 29 gennaio 1958, n. 645 in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 


l

5, 6, 7, della legge 6 a.gosto 1954, n. 603, ora artt. 145, 146, 147, 148, 


mata (cfr. App. Firenze, 18 febbraio 1966, n. 163, ivi, 1966, I, 1113 con 
ampia nota di F. FAVARA.). 

La prima sentenza d� un apporto decisivo alla definizione della natura 
dell'imposta sulle societ�, fissando quei �caratteri dai quali discende necessariamente 
la conseguenza �della indeducibilit� de1la somma pagata a questo 
titolo dal reddito tassabile con l'imposta di ricchezza mobile. La pronunzia 
� inoltre ricchissima d� affermazioni di grande rilevanza� e di portata generale 
e costituir� certamente un punto di riferimento autorevolissimo non 
solo sul tema specifico. Si devono segnalare in particolare la lucidissima 
delimitazione del problema metodologico della rilevanza dei lavori preparatori 
nell'interpretazione della norma, la precisa definizione del concetto 
di perdita che implica un elemento di imprevedibilit� e involontariet�, e 
l'approfondimento del concetto di inerenza, con riferimento a quello della 
causalit�, basato sulla connessione �specifica fra spesa e produzione, oltre, 
naturalmente, alla sistemazione �pressoch� definitiva del problema centrala 
della natura e dei caratteri dell'imposta sulla societ�. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 

149, 150 dello stesso t.u. ,sostenendo: a) che il credito 'per imposta 
sulle societ� nasce dopo la produzione del reddito e quindi non pu� 
coD1Siderar.si inerente alla produzione di questo; b) che comunque � 
dubbio che il pagamento di un'imposta possa costituire spesa a questi 
effetti; c) che la giurisprudenza ha sempre considerato ~ndetraibili 
agli effetti della ricchezza mobile gli oneri fiscali afferenti il� soggetto 
produttore del reddito; d) che l'imposta sulle societ� non � scindibile 
in due componenti ma � esclusivamente un'imposta sul reddito cosi 
come affermato non solo nella relazione ministeriale ma anche nella 
relazione Parlamentare di maggioranza; e) che comunque, anche se 
si potesse distinguere tra componente reddito e componente patrimonio, 
nemmeno quanto pagato per la seconda potrebbe considerarsi 
detraibile, perch� tratterebbesi sempre di imposta personale che si 
risolve in erogazione di un reddito ,gi� prodotto. 

Queste censure debbono essere valutate mediante un completo 
riesame della �controversa questione, prendendo organicamente in considerazione 
non soltanto le censure stesse ma anche tutti .gli altri argomenti 
che, a favore dell'una e dell'altra tesi, sono stati prospettati 
in questa e nelle cause analoghe oggi passate in decisione in questa 
sede di legittimit�. 

Si dpro.pone cos� dinanzi a queste Sezioni Unite la questione che 
gi� dalle stesse fu risolta in senso favorevole alla tesi sostenuta dalla 
Finanza con sentenza n. 125 del 12 gennaio 1967. Il riesame di tale 
questione per�, anche se condotto con pi� approfondita e particolareggiata 
indagine, quale consiglia la delicatezza e l'importanza della materia 
dal punto di vista sia giuridico ,che economico, non pu� og.gi 
portare a diversa soluzione n� per quanto concerne la decisione finale, 
n� per quanto attiene all'iter della motivazione gi� addotta, almeno 
in nuce, da questa Corte Suprema. 

La seconda pronunzia, partendo dalla �stessa definizione dell'imposta 
sulle societ�, supera facilmente l'eccezione di illegittimit� costituzionale 
deHe norme che istituiscono questa imposta e aggiunge ancora altre considerazioni 
sulla indetraibilit� assai utili anche all'approfondimento di concetti 
generali sulle imposte dirette. Il pagamento dell'imposta sulle societ� 
non pu� configurarsi n� come una perdita �Che presuppone la distruzione 


o diminuzione non volontaria di beni o di crediti, n� ,come una spesa che 
richiede la commutazione dell'esborso di danaro con l'acquisto di un bene 
economicamente valutabHe, cosa che pu� ammettersi solo per determinate 
imposte; ammettendo comunque la deducibilit� di una spesa improduttiva, 
l'imposta sulle societ� si presenta �come legata al reddito da un vincolo 
vago e generico che esclude quella connessione specifica in cui si sostanzia 
il concetto di inerenza; a questo riguardo assai acuta � l'osservazione che 
l'inerenza presuppone l'anteriorit� della 19Pesa rispetto al reddito prodotto, 
cosa che non pu� riscontrarsi nel tributo sulle societ� �che si risolve nella � 
erogazione di .un reddito gi�_ prodotto. 

446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'indagine deve prendere le mosse dall'eccezione principale, e 
potrebbesi dire .pregiudiziale, che la Finanza insiste ad opporre alla 
pretesa delle societ� contribuenti di detrarre dall'imponibile agli effetti 
della ricchezza mobile quanto pagato per imposta sulle societ�, 

,, 

almeno per quanto concerne la �-.componente patrimonio �, e cio� per 
quella quota d'imposta che, ai sensi dell'art. 146 del t.u.� �sulle imposte 
dirette approvato con d.P. 29 ,gennaio 1958, n. 645, � dovuta �in ragione 
"' del 7 ,50 %o del patrimonio imponibile. Tale eccezione parte 
dal presupposto, c.onfortato da alcune espressioni della Relazione del 
Ministro delle Finanze al Senato e della relazione parlamenta-re di 
ma.g.gioranza, che l'imposta sulle Societ� sia, anche �per la parte " dovuta 
in ragione " del patrimonio, un'imposta s4l reddito; e da questo 
presupposto .giunge alla conseguenza della indeducibilit� d�ll'importo 
pagato dall'imponibile di ricchezza attraverso l'applicazione del principio 
logico-giuridico apparentemente incontestato per cui non� � pos


.sibile considerarsi n� come spesa inerente alla produzione di un reddito, 
n� come perdita da computarsi nel calcolo di questo, qualcosa 
che, logicamente e nel tempo, viene dopo tale produzione, costituendo 
una erogazione di parte del reddito p:uodotto. 

Si pone .cos� subito il problema centrale, quello cio� dalla cui 
soluzioni ogni altra dipende: il .problema della natura giuridico-economica 
dell'imposta sulle societ�. E per definire tale natura non si 
pu� -ci� deve essere subito affermato -prescindere dall'esame dei 
lavori preparatori, �costituiti, nella specie, principalmente dalle relazioni 
sopra Ticordate, che sono veramente esaurienti e perspicue anche 
dal ;punto di vista .giuridico. 

In proposito bisogna ricordare qualche principio di carattere generale, 
dato che tutte le difese delle rparti private che nella presente 
e nelle analoghe cause che oggi vengono in decisione avanti queste 
Sezioni �Unite contestano che ai lavori preparatori de quibus possa 
darsi, a.gli effetti interi];)retatiivi, la .primaria importanza che ad essi 
la difesa della Finanza attribuisce per convalidare la tesi della natura 
d'imposta sul. reddito dell'imposta societaria. 

� noto che il principale arg�mento che si adduce dalla dottrina 
della ermeneutica per diminuire, od addirittura minimizza�re la rileva-
nza delle relazioni, osservazioni, opinioni che vanno sotto la convenzionale 
espressione di lavori preparatori � costituito dalla distinzione 
tra le volont� cosi espresse dai vari organi o persone fisiche 

./ 
che hanno contribuito all'iter formativo di una� legge e la � volont� 
del legislatore � intesa come �ggettivazione e personalizzazione della 
fogge stessa, quasi che questa, una volta uscita dalle menti di coloro 
che l'abbiano emanata, cominci a vivere di vita propria e ad espri-,. 
mere un'auton�ma '\rolont�. 



/ 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Da questo concetto, che � scientificamente esatto e dal quale sail'ebbe, 
oltretto, anacronistico distaccarsi in tempi di reclamata interpretazione 
progressiva del diritto, queste Sezioni Unite non intendono 
prescindere; ma �all'uopo sono necessarie due precisazioni. Anzitutto 
va ricordato che di autonomia e di distinzione 'tra volont� della legge 
nel senso sopra veduto e volont� dei singoli partecipanti al processo 
legislativo si pu� tanto pi� giustificatamente parlare quanto pi� nel 
tempo l'espressione della volont� normativa si allontana dal momento 
dell'inter.pretazione e dell'applicazione della legge e quanto rpi� sia 
mutato o stia mutando il contesto politico, sociale, economico rispetto 
a quello del tempo in cui la leg.ge fu promulgata; cosicch� quando 
codesti tempi e codesti contesti siano prossimi o simili, od addirittura 

. ' ' . 

siano gli stessi, il distacco dell'interprete dalla volont� del legislatore 
attuale e concreto si �risolve in arbitrio. In secondo luogo deve farsi 
distinzione tra la concezione generale degli istituti posti in essere 
dalla legge e le singole pai;ticola:rit� di questi; mentre per talui.a di 
dette particolarit� bene � ammissibile che l'estensore di una relazione 
ministeriale o parlamentare non si renda conto appieno delle� conseguenze 
pratiche o dogmatiche cui deve� correttamente portare, sul 
piano interpretativo, la no-vatio legis considerata nel suo complesso 
e dia quindi .:un'interpretazione errata da questo punto gi vista, un 
simile errore � inconcepibile nella delineazione generale delle esigenze 
cui il legislatore intende ovvhjtre con la emanazione della legge, e 
cio� della ratio legis intesa nel suo sens� proprio; e codesta delineazione 
,generale, ove risulti con univoca chiarezza dai lavori rpreparatori 
ed ove non sia stata travolta dal mutare d~i tempi e delle conpizioni 
nel senso, sopra veduto, deve essere quindi fatta propria, sulla 
base dei lavori preparatori �stessi ove occor.ra, dall'interprete. 

Se di questi �due or.dilli di concetti si fa applicazione al caso del


l'imposta sulle Societ� si dovr� giungere alle seguenti due conclu


sioni: a) che le considerazioni contenute nelle ampie relazioni del 

Ministro delle Finanze e dei relatori di maggioranza al Senato sono 

og:gi <;ome al momento in cui furono esposte pienamente attuali e co


stituiscono quindi str:umento obbligatorio per l'interprete; b) che la 

ricostruzione della mens legis che da tali �relazioni, nel loro complesso,

' 

chiail'amente emer.ge non consente in alcun modo di ritenere che l'imposta 
sulle so,ciet� sia un'imposta sul reddito, ancorch� qualche isolata 
affermazione �dei relatori possa ingenerare in proposito perplessit�. 


I ' 

Per quanto, infatti, concerp:e l'elemento temporale, l'attualit� dei 
lavori P;reparatori de quibus emel'lge non solo dalla data recente di 
essi (1954) ma anche dal fatto che la leg.ge istitutiva dell'imposta si 
trov�a ancora, nonostante 1gli anni decorsi dalla sua entrata in vigore, ~ 
in periodo di prima applicazione, se non di, �rodaggio �, come di~ 


448 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mostra l'esistenza stessa e il perdurare della presente controversia, 
attinente all'inquadramento dell'imposta �societaria nel nostro sistema 
tributario.' E p�r quanto attiene poi al contesto politko-.sociaJ.e, quello 
attuale, se si differenzia da quello del 1954, se ne differenzia solamente, 
nel campo tributario, per una pi� ~stesa ed approfondita esigenza 
di perequazione fiscale; esigenza che appunto informa, come 
si vedr�, la mens legis risultante dai lavori ,prep,aratori della legge 
in esame. Da questi punti di vista, quindi, l'utilizzazione di detti lavori 
:preparatori � imposta dall'ultima parte del priino comma di quell'art. 
12 delle disposizioni ,sulla legge in generale dal quale i sostenitori 
della tesi favorevole alle societ� contribuenti vorrebbero trarre 
ar.gomento in senso contrario. 

Ci� :posto dal punto di vista della necessit� di valersi dei lavori 
prepa,ratori, resta da dimostrar~ l'assunto sub b), che concerne il come 
ed il quanto d1 tale utilizzazione sotto il profilo sop.r.a indicato. 

Ed all'uopo devesi subito rilevare che �la tesi della Finanza per 
cui l'imposta societaria sarebbe una " imposta ordinaria sul reddito ", 
sebbene .risulti da una testuale affermazione della :relazione del Ministro, 
contrasta col titolo del paragrafo 6 .della relazione parlamentare 
�di maggioranza (La novit� del sistema: contempo!I'anea imposizione 
sul capitale e sul reddito) e, principalmente, con la ratio legis 
e con la 'configurazione generale ,dell'istituto tributario che emergono 
dal complesso dei due lavori preparatori. L'isolata frase della relazione 
ministeriale II'appresenta soltanto un'incidentale erroneo inquadramento 
dogmatico che non pu�, come tale, qualificare la vera natu!
l"a del tributo. In proposito resta quindi solo da osservare che non 
� esatto nemmeno quanto si afferma dalla Finanza in una delle sue 

! 


difese, che cio� la natura d'imposta sul reddito sia confermata anche 
nella relazione parlamentare, laddove questa rileva che l'imposta so



cietaria e ha carattere pel'ISonale e non reale; colpisce i sog.getti e non 
i beni ~; tale rilievo (che si �concilia perfettamente, come si vedr�, 
con l'opinione di questo Supremo Collegio) non implica affatto che 
l'imposta abbia natura �di imposta sul reddito. 

Si gimge 1cosi al punto focale della questione: e cio� alla determinazione 
positiva della natura giuridica del tributo in esame. E tale 
natura giuridica deve essere ricercata e definita attravel'ISo due successive 
indagini, da eseguirsi, ripetesi ancora, sulle relazioni preipairatoci~ 
non meno che sul testo legislativo; e cio�: a) ricerca della 
ratio legis nel senso preciso di scopo perseguito dal legislatore attra� 
ver1so l'istituzione del tributo; b) esame del meccanismo tributario 
per mezzo del quale detto scopo � stato perseguito. 

La ratio� legis � espressamente e diffusamente delineata nelle due 
relazioni e trova piena conferma in nozioni di fatto di comune espe-" 
rienza. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La Relazione Ministeriale parte dalla constatazione che nel nostro 
ordinamento le societ� di capitali godono, rispetto alle imprese individuali 
ed alle societ� a base personale, di un trattamento fiscale particolarmente 
favorevole, sia rperch� tale trattamento sia previsto e 
voluto dalla legge, sia perch� questa consenta facili evasioni fiscali 
cui si perviene col ricorrere alla costituzione di societ� di comodo. 
Dal primo punto�di vista, infatti, si osserva che i trasferimenti di titoli 
azionari non ~ono sottoposti ad imposta di regi�stro, mentre i trasferimenti 
di aziende individuali o di parti di esse lo sono; ed �anche per 
i trasferimenti a titolo gratuito di beni immobiii, a titolo di :successone 
e di donazione, i possessori azionari riescono, anche �senza � ricorrere 
a forme di vera 'e propria evasione, a sottrarsi in forma legale 
al tributo. A tali inconvenienti si era parzialmente ovviato mediante 
la imposta di negoziazione, ave:tite funzione surrogatoria della imposta 
di registro; ma nessun rimedio per ora esisteva per il secondo �ordine 
di sperequazioni, quelle collegate� ad evasioni fiscali vere e proprie, 
evasioni poste in essere, ad esempio, col mascherare la vera capacit� 

. ' 

contributiiva del ,singolo agli effetti della imposta complementare mediante 
la mancata distribuzione dei redditi della societ� .di .capitali. 
Da tutto ci� � derivata -prosegue sempre la Relazione Ministeriale la 
pericolosa tendenza a costituire societ� destinate solamente a gestire 
patrimoni mobiliari od immobiliari di carattere familiare che, 
in assenza del fattore fiscale non avrebbero alcuna ragion d'essere. Ed 
allora, per ristabilire una situazione di equilibrio, si � voluto � incidere 
su questo fenomeno, ponendo sulle societ� .di capitali un onere 
addizionale destinato, nel suo coonplesso, a compensare i vantaggi fiscali 
di cui esse .godono, in prima linea in materia di imposte sui trasferimenti 
onerosi ed a titolo gratuito e di imposta progressiva sul 
reddito. e Cosa, questa, che si sarebbe potuta fare .con l'aumento della 
aliquota di Ricchezza Mobile rper le societ�; ma che, invece, si � fatta 
mediante� e una autonoma imposizione sulle societ� ,, . 

Tutte queste ragioni per la istituzione dell'imposta �sono ribadite, 
con ;pi� particolareg.giata descrizione, dalla Relazione Parlamentare 
di maggioranza. Ivi. si precisa, secondo quanto risulta dai titoli 
stessi dei paragrafi e sottorparagrafi, che la imposta sulle societ� " ha 
la stessa funzione dell'imposta complem~ntare ", che essa vuole colpire 
la " speciale .capacit� contributiva " propria del� soggetto societ� di 
capitali, che essa ha carattere " surrogatofio > dei tributi sui trasferimenti 
della ricchezza �e sul reddito non dovuti od evasi; che essa, infine, 
vuole essere " una remora alle societ� di comodo ". 


Alla. ratio legis cos� nettamente individuata le Relazioni prepa�ratorie 
fanno seguire la descrizione del meccanismo. tributario della 
nuova imposizione progettata, dimostrando l'attitudine di tale mecca-� 
nismo a raggiungere �gli scopi prefissi dal legislatore. Il sistema risulta 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dall'art. 6 della legge istitutiva n. 603 del 1954, trasfuso nell'art. 146 
del t.u. �sulle Imposte Dirette, che ha migliorato la dizione del primo 
testo: " L'iini.Posta � dovuta in ragione del 7,50 %o del patrimonio imponibile 
e del 15 % della parte del reddito �complessivo eccedente il . 
6 % del detto patrimonio >. 

Spiegano le due Relazioni che tale formula nuova di " contemporanea 
imposizione sul capitale e sul reddito> ben risponde all'intento 
di scoraggiare la societ� contribuente sia dal tenere artificialmente 
basso il �capitale sociale mediante la costituziooe di riserve oc�culte, sia 
dal ��gonfiare� artificialmente detto capitale. E si .pu� aggiungere, tra 
parentesi, che il sistema aippare preor.dinato a colpire con perequazione 
anche in parte.nza �i due tipi di societ� normalmente usati per 
scopi di comodo: e .cio� la societ� im:r;nobiliare, avente basso reddito 
ma ing~nte patrimonio, e la societ� a responsabilit� limitata, che .pu� 
avere basso capitale ed elev�ato reddito. 

Date queste premesse veramente difficile arppare seguire la tesi 
della finanza ed attribill!re,. sulla base della isolata espressione colta 
nella Relazione Ministeriale, natura idi e imposta ordinaria sul reddito 
> al tributo de quo. Evidente appare, invece, che, secondo la 
espressione del paragrafo 7 della .Relazione Parlamentare, �si tratta 
di un tributo del tutto nuovo "; e la definitiva formulazione del testo 
legislativo nell'art. 145 del d.P. 29 gennaio 1958, n. 645, per cui � presupposto 
dell'imposta � il possesso di un patrimonio o di un reddito da 
parte di �soggetti tassabili in base al bilancio �, se posta �a raffronto 
con l'art. 81 dello stesso t.u. che nel definire la tipica imposta sul reddito, 
il tributo �di Ricchezza Mobile, considera presupposto della imposta 
e la produzione di un reddito netto ,. , costituisce dimostrazione 
testuale -di questi assunti. Basta, all'uopo, rpor mente alla alternativa 
:llra il posses>So di un patrimonio o di un reddito iper dover concludere 
che� la esistenza stessa di tal~ alternativa pone in seconda linea dal 
punto di vista concettuale quegli elementi economici che, se pure ovviamente 
siano essenziali, costituiscono per� �Solo lo strumento per la 
quantificazione del tributo, come appare dal successivo art. 146; ben 
diversamente da quanto accade per la e prod�zione del �reddito netto � 
di Ricchezza Mobile, che � si anche parametro di misura della imposta 
relativa, ma principalmente � motivo legislativo, ratio legis del tributo. 
Vero � che si potrebbe osseware, precorrendo quello che si dir� 
in seguito, che ancora pi� esatto da un punto di vista dogmatico sarebbe 
stato definire come presupposto della imposta 1societaria la esistenza 
stessa del sog.getto tassabile in base a bilancio (e cio�, secondo l'art. 8 

del t.u. 645/958, dell~ societ� ,fil capitali o ente assimilato); ma la 
espressione sarebbe stata poco �tecnica per una imposta che, ess~ndo 
compresa tra i tributi diretti, colpisce anch'essa quella manifestazione 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 

i 

immediata di capacit� contributiva che pu� esprimersi solamente in 
termini di patrimonio o di reddito. 

Giunto il discorso a questo punto, dimostrato, cio�, quello che la 
imposta sulle societ� non �, occorre ora fornire una precisa �definizione 
positiva della natura .giuridica della imposta stessa. � Ma tale 
definizione gi� emerge da quanto sin qui si � detto. 

Prima conclusione cui devesi .giungere � quella che la imposta 
sulle societ� � un tributo organicamente unico, essendo le cosiddette 
due � �componenti �, .patrimonio e r�ddito, soltanto gli strumenti di 
commisurazione della imposta che colpisce la capacit� contributiva 
potenziale delle societ� di capitali. Ed anche come criteri o �ragioni� 
di accertamento i due elementi economici suddetti sono in realt� un 
solo meccaniJSmo, essendo stabiliti l'uno in funzione dell'altro, per compensare 
automaticamente il cal~re di una base di imposizione col crescere 
dell'altra. Non ha senso, quindi, configurare la detraibilit� della 
sola �componente patrimonio,. come una ipotesi che trag:ga peso dall'abbandono 
della tesi ;della detraibilit� totale e dal confronto t-ra le 
due " componenti ,. . � 

Questa imposta � poi una .imposva personale, come rileva ancora 
il paragr�fo 7 della :j:telazione Parlamentare; ma tale definizione deve 
essere intesa non nel �senso ,di tributo che colpisce il soggetto quale 
produttore del reddito e non il \Patrimonio, cos� come fa la difesa della 
finanza, �ben~� nel senso di " imposta che si rivolge direttamente ed 
in primo luogo alla ;persona del contribuente, il cui reddito complessivo 
serve a determinare l'altezza del tributo � (Rel. Parlamentare, 
loc. cit.). Da questo punto di vista pu� .essere accettata la definizione 
di � complementare delle societ� �; e si rpu� .giungere anche ad accogliere 
la pittoresca �Configurazione di "testatico�, prospettata da qualche 
�difensore delle contribuenti. L'imposta � dovuta dalla societ� di 
capitali e �dall'ente assimilato per il solo fatto di esistere (come titolare 
di t�n patrimonio o di un reddito beninteso) �in quella particolare 
formi giuridica che d� i vantaggi, fiscali o meno, leciti, ai confini del 
lecito od illeciti �Che sono a tutti noti e 1che determinano una particolare 
capacit� <contributiva. 

Ed a ben guardare il tributo appare istituito non semplicemente 
per gli 1SCorpi di 1perequazione fiscale/di cui si � detto, e cio� come 
imposta 1surrogato:ria di tributi non dovuti od evasi. Il parag:rafo 5 
della Relazione Parlamentare, che manifesta la intenzione di� rporre, 
come si dice nel titolo, � una remora alle societ� di comodo �, riconosce 
che lo scopo di evasione fiscale � lo stimolo pi� importante al 

" fenomeno patologico � del moltiplicarsi di dette societ� di comodo, 
ma non � ii solo : e questa � la verit� di coo:nune esperienza. � noto, 
infatti, che era abitudine, ad esempio, di costituire societ� immobiliari �~ 
allo .scop� di favorire al di l� dei limiti della �riserva i figli maschi o 

17 


452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

qualche estraneo nella �succ�essione ereditaria; di rendersi nullatenente 
per non p~gare l'assegno di mantenimento al coniuge separato, di 
superare le-limitazioni imposte a certe categorie di persone in ordine 
all'esercizio di imprese, e cos� via; ed uno dei fenomeni �patologici� 
pi� cospicui del dopoguerra � stato, nel campo commerciale, il moltiplicarsi 
delle insolvenze e dei dissesti delle societ� a responsabilit� 
limitata con 50.000 lire di capitale attraverso le quali poco scrupolosi 

o sprovved�ti individui, fidando ne.Ila tetragona �resistenza opposta da 
questa Corte Suprema ai tentativi fatti in dottrina e 4ai giudici inferiori 
di risalire dalla responsabilit� sociale a quella individuale (socio, 
occulto, so�io "tiranno'" societ� di fatto �tra societ� e .persona fisica), 
nonch� nella notoria difficolt� ed inefficienza delle azioni .sociali di 
responsabilit�, contraevano debiti del tutto sproporzionati a.Ile risorse 
sociali �sottraendo ipoi la rp~opria persona alle conseguenze del dissesto 
in~vitabile se non voluto. � 
Ora il legislatore, introducendo la imposta sulle societ�, ha certa


1 mente anche voluto tentare di 'moralizzare qu~sti .settori della vita nazionale. 
La Relazione Parlamentare lo dice chiaramente quando, ripe-. 
tesi, rileva che il fenomeno �delle 'societ� di comodo � determinato �in 
buona .parte ,, dal diverso trattamento tributario, e principalmente 
quando esprime la intenzione del legislatore di ;porre � una remora " 
a tali societ�; se ci si fosse preoccupati soltanto del recupero in via 
surrogatoria di tributi non dovuti od evasi nel senso veduto, non si 
vede perch� lo Stato avrebbe cercato di scoraggiare la costituzione di 

� enti comunque destinati ad impinguare le sue entrate fiscali. Vero � 
che il ;passo in esame della Relazione vede questa moralizzazione del 
settore non .come una forma voluta di �sanzione contro le societ� di 
comodo ma come una conseguenza del provvedimento di carattere 
tributario, dal quale deriverebbe il " .guadagno ,, ;per la chiarezza della 
nostra vita economica,,: ma la conseguenza, comunque, c'�, � prevista 
dal legislatore, e costituisce anch'essa lineamento caratteristico 
di questo veramente peculiare tributo. 

.Del quale, infine, non si dovr�� qui dimenticare l'altra particolarit�, 
sancita dall'art. 149 del t.u.: quella di essere l'imposta dovuta, 
sia rpure in misura ridotta, anche quando la societ� abbia chiuso il 
bilancio in deficit. Nessuna acrobazia .interpretativa pu� veramente 
conciliare la concezione di imposta ordinaria sul reddito, respinta dalla 
sentenza impugnata, col fatto dell'obbligo di assolvere il tributo 
anche quando, non ;per errore di accertamento ma ;per previsione legislativa, 
il reddito non c'� stato: ed anche questo, quindi, � un ultimo 
ma conclusivo argomento testuale a favore della concezione del � testatico 
", e cio� della imposta dovuta dal soggetto imposto per il solo 
fatto della sua esistenza giuridica. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Rimosso cos� l'ostacolo preliminare opposto dalla :finanza alla tesi 
della ,detraibilit� dall'imponi�bile di Ricchezza Mobile di quanto pagato 
per imposta sulle societ�, componente :patrimonio o reddito che sia, 
deve passarsi all'esame della tesi stessa, ripetesi, dal punto di vista 
;positivo, ovvio essendo che spetta al �contribuente di dimostrare, in 
'diritto 'pri~a che in fatto, la esistenza di spese, ;passivit�, ;perdite che, 
ai sensi degli artt. 91 e seguenti del t.u., possono essere detratte dal 
reddito agli effetti della determinazione dell'imponibile netto, sottoposto 
al tributo mobiliare. 

In �proposito le societ� contribuenti ip:r:ospettano due tesi gradate; 
sostengono cfo� che l'importo pagato per imposta sulle Societ� deve 
essere detratto da detto imponibile: a) perch� esso importo costituirebbe 
spesa o passivit� inerente alla produzione del reddito. di Ricchezza 
Mobile, ai sensi dell'art. 91 del t.u.; b) :perch�, in ipotesi, esso 
costituisce una perdita 
/" 
ai sensi �dell'art. 99. 

Questi assunti� debbono essere esaminati alla luce dei concetti 
sopra diffusamente esposti circa la natura giuridka della imposta societaria. 


Cominciando dalla tesi sub b), che si presenta di pi� facile ~oluzione, 
in senso negativo naturalmente, va osservato che di ;perdita �nel 
senso ,che qui interessa si pu� parlare so:lo con riferimento all'ultima 
previsione dell'art. 99 e cio� alla perdita inerente � all'attivit� produttiva 
del reddito ,, . Si pu� anche ammettere che con tale espressione 
il legislatore, distinguendo tra � attivit� produttiva " e � ;produzione 
del reddito�, abbia voluto 'dare alla �inerenza� una portata pi� ampia 
di quella di cui all'art. 91; ma quello che � impossibile ritenere � che, 
secondo il senso comune delle parole, posta l� alternativa tra i concetbi 
di spesa e di JPerdita, il pagamento di una imposta possa rientrare 
nel secondo concetto ad esclusione del primo. Se la legge parlasse soltanto 
di perdite, con tale :parola, intesa in senso contabile, �si d�esignerebbero 
�ovviamente anche le spese; ma poich�, invece, vi � la distinzione, 
il .concetto d'i perdita deve restringersi, .ripetesi, al senso lessicale 
della parola, che implica s�mpre un elemento di imprevedibilit� 
e di inv:olontariet�, essendo palese che se la esistenza .generica di 
perdite nella gestione della impresa � sicuramente prevedibile, lo stesso 
non pu� dirsi per le singole perdite (exempli gra.tia per le insolvenze 
dei deibitori). Nel �concetto di spe:sa vi � invece sempre l'elemento della 
volontariet�, anche se in materia fiscale codesta volontariet� sia quella 
del tamen coa.ctus volui. La tesi �che vede nel pagamento della imposta 
societaria una 1perdita nel senso qui considerato � quindi senz'altro da 
respingersi in base al primo criterio interpretativo posto dall'art. 12 

delle Disposizioni sulla legge in generale. 
.&ssai pi� degna di considerazione � la tesi della � spesa " inerente 
alla produzione del reddito. Il ragionamento delle societ� contri



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

buenti ha, in propolSito, l'apparente irresistibilit� degli argomenti semplici, 
che vanno, come suol d.irsi, al sodo: se le societ�, si dice, vo.gliono 
gestire la loro impresa ed avere, quindi, un reddito esse debbono porre 
in bilancio la spesa relativa alla imposta societaria, che quindi � collegata 
come �Conditio sina qua non alla produzione del reddito stesso. 
Oppure, �con pi� specificit� riducendo la pretesa di detrazione alla sola 
"componente" patrimoniale: il patrimonio della societ� � lo strumento 
primo, quello anzi che tutti gli altri strumenti riassume e comprende, 
per la produzione del reddito; la imposta societaria � una 
spesa necessaria che �grava, sia pure come parametro contributivo, il 
patrimonio e quindi inerisce :per questa via alla .produzione del reddito. 

A queste argomentazioni la finanza, prima ancora di accettare la 
discussione sulla inerenza, obbietta che il pagamento della imposta 
sulle 1societ� non costituisce.una rspesa agli effetti dell'art. 91; ed a sostegno 
di tale ec.cezione cita una rispettabile ma vetusta dottrina ed 
una altrettanto remota, oltre che isolata, pr:onunzia di qu�sto Supremo 
Collegio (n. 3672 del rn,27). A parte codesti richiami di scarso peso, 
pi� consistenza se mai pu� avere l'argomento tratto dalla considerazione 
�che nello stesso t.u. delle Imposte Dirette, in tema di oner~ detraibili 
dalla somma dei redditi imponibili agli effetti della Complementa~
e (art. 136) e di determinazione del �reddito agli effetti della 
Imposta Societaria (art. 136) 1si fa distinzione, con separati alinea, tra 
imposte detraibili �da un� parte e � s:pese e paslSivit� " dall'altra. Tale 
argomento ha �sollevato perplessit� come quello che potrebbe indicare 
un criterio terminologico valevole per .tutta la materia regolata dal 
t.u.: ma anch'esso deve essere respinto perch� in verit� prova troppo. 
Con l'adozione di questo criterio interpretativo si dovrebbe, infatti, 
giungere alla �Conseguenza che nessun pa.gamento d'imposta �costituirebbe 
spesa detraibile ai sensi dell'art. 91 del t.u.; cosa, questa, che 
nessuno mai ha sostenuto in relazione, ad esempio, alle imposte di 
Registro, di bollo, di concessione governativa ed a.gli altri infiniti tributi 
di ogni genere cui giornalmente l'imprenditore, singolo o societ� 
che �Sia, assolve, non come cittadino ma, a:ppunto, co111e imprenditore. 
Pe:r tali �erogazioni si potr� fare questione di inerenza e ritenere quindi, 
ad esempio, che l'imprenditore privato possa detrarre dal suo imponibile 
�di Rfochezza Mobile quanto pagato per la registrazione del contratto 
di affitto dell'immobile in cui gestisce il suo opificio e non, invece, 
il corrispondente importo .per la locazione della sua casa di abitazione, 
perch� in questo secondo ca.so trattasi di erogazione del red
�dito prodotto e non di spesa di produzione: ma la ragione .di tale indetraibilit� 
risiede nella non inerenza, in questo caso evidente, non nella 
natura tributaria della spesa. Anche questa eccezione della finanza 
deve essere quindi !l'espinta. 


455

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Si giunge cos�, finalmente, rper eliminazione di tutte le altre questioni 
logicamente preliminari, alla ultima linea di difesa della tesi 
del fisco: quella della non inerenza della spesa per imposta societaria, 
nemmeno per quanto concerne la � componente'� patrimonio, alla 
produzione .del reddito d'impresa della societ�. 


Ma tale linea di difesa regge anche di fronte ai nuovi assalti delle 
ag.guerrite difese delle societ� contribuenti, perch� queste Sezioni 
Unite, dopo avere riesaminato il .problema funditus con la forse anche 
trqppo vasta indagine :sin qui condotta, non trovano ragione di mutare, 
in proposito, J.'avv.iso gi� in precedenza �espresso con pi� scarsa motivazione. 


La sentenza n. 125 del 1967, infatti, rilev� ch� se fosse con~iderato 
onere detraibile ai noti effetti la imposizione tributaria posta a carico 
di una peI'ISona fisica o ,giuridicq per il �solo fatto di essere tale, e cio� 
di, esistere, si condurrebbe ad una estensione assurda ed inammissibile 

� il concetto di "inerenza� .della spesa alla .produzione del reddito, anche 
se tale concetto non possa limitarsi a cqmprendere solamente 
quelle spese �che appaion~ legate alla produzione stessa da un rnpporto 
materiale, immediato e diretto, come ad esempio le spese per 
mano d'opera e materie prime, lna debba essere ragionevolmente ampliato 
ad altre erogazi,oni meno immediate strumentali per la impresa 
eppure necessarie per la 1pro.fi.cua gestione di questa. Questa affermazione 
occorre oggi rlpetere. 
Quando si � escluso che la imposta,.societaria nelle sue ~due componenti, 
possa definirsi una imposta sul reddito, si � implicitamente 
inteso affermare che l'onere relativo si trova, come oggi suol dirsi, 
"'a monte,, del .reddito stesso, del quale non costituisce parziale erogazione: 
ma tale collocazione � a monte � � troppo remota e generica 
pel'ich� il post hoc possa trasformarsi in un propter hoc, perch� l'antecedente 
lbgico e tempocale possa divenire causa efficiente. Ed � proprio 
quella concezione. del � testatico " cos� abilmente sostenuta dalla 
difesa delle societ� �Contribuenti che; porta a conseguenze negative per 
la tesi dalle stess~ .prospettata. 

Basta infatti riconsiderare la genesi legislativa del tributo e la 
ratio legis sopra ricostruite attraverso la esegesi del testo legislativo e 
dei lavori preparatori per escludere con sicurezza non solo che il le.
gislatore abbia voluto .colpi:r:e il reddito, ma anche che si sia inteso 
tassare la potenziale capacit� della societ� �di produrre il reddito stesso: 
la societ� viene sottoiposta al " testatico,, non perch� sia un imprenditore 
che mira al profitto ed agisce per conseguirlo, ma perch� si 
trova, rispetto agli~ altri soggetti dell'ordinamento, in una .posizione di 
vantaggio fiscale ed � suscettibile di 1strumentaWizzazioni pi� o meno 
lecite in ordine alle quali la imposta assume �'perfino, per ammissione 

w 

dei lavori preparatori, un carattere di "remora,, se non di sanzione; 


456 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

talch� <per quanto concerne le societ� di comodo la imposta stessa appare 
predisposta pro.prio allo scopo di reprimere il fenomeno patolo.
gico rdella soci�t� destinata non alla funzione istituzionale d�lle societ� 

di capitali, e cio� la produzione di un reddito, bens� a fini traversi ed ! 

anormali, se non addirittura contrari alla legge; non, quindi, almeno 

in questo caso, tributo .sulla ca'Pacit� di <produrre reddito, bens� sulla 

incapacit� reale di produrlo.� 

Ma, ,si obbietter� a questo punto, anche ammesso che il legisla


tore non abbia inteso sottoporre' a tributo le soi�iet� di capitali come 

strumenti per la produzione di reddito, la situazione della societ� come 

impresa non ,cambia: sta di fatto che la societ� stessa, se non p~ga il 

tributo in questione, non pu� eser:citare la sua impresa e non pu� 

quindi produrre reddito; quale che sia stata la intenzione del legisla


tore, sul pian� obbiettivo la i.iposta viene a colpire proprio lo stru


mento col quale il reddito si produce, e cio�, almeno per la �compo


nente patrimoniale, il .patrimonio che, ,come gi� si � detto,� indubbia


mente riassume, riunisce e :determina tutti i singoli mezzi materiali 

di produzione del reddito sociale. 

In proposito devesi anzitutto ripetere che, data la unicit� con


cettuale della imposta, proprio inerente alla natura di " testatico �, 

non � lecito ridurre la tesi alla �ipotesi gradata per meglio dimostrare, 

restringendo all'elemento materiale e tangibile del patrimonio l'oggetto 

della imposta stessa, detta ipotesi: Ma la obbiezione pu� valere anche 

considerando .come oggetto unitario del tributo la forma sociale, che 

� anch~ essa, sia pure in .senso pi� figurato, lo strumento attraverso il 

quale i soci, dalle cui tasche, in definitiva, esee il denaro per pagare 

la imrposta, conseguono il reddito d'impresa. 

Ebbene, anche sotto questo profilo obbiettivo il requisito di legge 

della � inerenza � viene ad esulare per la gi� rilevata impoasibilit� 

di estenderne la portata a presupposti causali atipici e troppo lontani 

da.Ila produzione del �reddito. A questi effetti si,. pu� mutuare da altro 

ramo del diritto (e ci� � possibile perch� trattasi di categorie logiche 

e non giuridiche in �s�) la distinzione tra '� concetti della conditio sine 

qua non e della ,causalit� tipica od adeguata, per ricordare che nella 
serie in.finita degli antecedenti causali del fenomeno qui in considerazione, 
la produzione del reddito, l'interprete deve eseguire un.a cernita 
per scegliere quelli che ragionevolmente adeguatamente, tipicamente 
il le.gislatore abbia voluto considerare come inerenti alla produzione 
del reddito agli effetti fiscali. 

Ora il criterio pi� sicuro per eseguire detta scelta non pu� essere 
che quello di confrontare la situazione dell'imprenditore persona giuridica 
con quella dell'imprenditore persona fisica, pacifico essendo che 
l'art. 91 del t.u. delle Imposte Dirette non fa, in proposito, distinzioni 
per quanto concerne la inerenza della spesa al reddito. Ed allora de




PARTE I, SEZ. �V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 

vesi giungere alla conclusione che, come l'imprenditore indiv1Cluale 

-non pu� detra.rre dal suo imponibile di Ricchezza Mobile le sipese di 
imposta ed altro eh~ rendono possibile la esistenza stessa della sua 
persona e del_ �suo patrimonio, elementi indispensabili ~ qualsiasi im-. 
presa individuale, cosl la societ� di capitali non ;pu� d�llo stesso imponibile 
detrarre l'importo di quella imposta so;.cietaria che/ ripetesi 
ancora una volta, � stata iistituita soltanto per compensare certi vantaggi 
fiscali e per reprimere o limitare �certi. inconvenienti che la esistenza 
stessa della societ� �di capitali comporta. 
Poich� brevis iter per exempla giover� trarre proprio dal sistema 
fiscale il ,p~radigma �di una imposta individuale alla cui definizione di 
spesa inerente al reddito ai noti effetti si ;potrebbe .giungere, :per fare 
uguale trattamento a tutti gli imprenditori se si ritenesse che le imposte 
aventi carattere personale ma non .gravanti sul reddito potessero 
essere detratte dall'impo�libile di Ricchezza Mobile. Tale esempio 
potr� essm:e fatto non in relazione alla Complementare, che_ lo stesso 
legislatore definisce imposta sul reddito, pereh� come tale detta imposta
� sarebbe comunque i!ndetraibile; bensl con -riferimento alla imposta 
.(U fami.glia (.poco -rilevando a questi effetti che trattisi d.!-un tributo 
locale) che (l"a,ppresenta forse, nel nostro ordinamento fiscale, il 
tributo di importanza ,pi� vicino alla c()ncezione del testatico, gravando 
esso su ciascun capofamiglia che abbia dimora abituale nel 
comune ed essendo destinato a colpire �l'agiatezza,. delfa famiglia, 
che �, ovvi�mente, qualcosa che trascende il concetto di reddito. Orbene, 
� �chiaro �che se l'imprenditore individuale non pagasse codesto 
.personalissimo tributo egli 'si porrebbe fuori dell'ordinamento fiscale 
e non potrebbe quindi praticamente continuare a .gestire la su~ impresa; 
ma certo no-n si � mai sentito dire -che quanto :pagato per imposta 
di famiglia .possa essere detratto, oltre che dall'imponibile agli 
effetti della Complementare, anche dall'imponibile, di Ricchezza Mo. 
bile. E del-resto, portando alle estreme conseguenze il�ragionamento 
fondato sulla conditio-sine qua non, si dovrebbe .giungere addirittura 
a considerare defa�aibiU dal reddito di Ricchezza Mobile dell'imprenditore 
individuale le spese che costui sostiene per il proprio mantenimento, 
essendo lapalissiano che .per gestire _una impresa occorre anzitutto 
vivere e che per vivere � necessari~ sostentarsi. 
La verit�, quindi, � che nel caso della imposta societaria manca 
quel minimo -di connessione s.pecific~ fra spesa e produzione del reddito 
che la precedente sentenza di queste Sezioni Unite afferm� essere 
sempre ne.cessarla .agli effetti de quibus. Ci� .si ritiene di aver 
dimostrato con la pi� ampia motivazione oggi dedicata alla questione; 
motivazione che peraltro deve essere completata -con .l'esame degli 
ultimi due argomenti di contorno addotti dalle societ� contribuenti, 
non sul piano della configurazione teorica della natura ;giuddica del~



458 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributo, ma su quello del diverso trattamento fiscale che sareboe stato 
fatto in precedenza o sarebbe o.ggi fatto a spese fiscali di natura analoga 
a quella della imposta societaria; vale a dire la imposta di negoziazione 
abolita dall'art. 26 della legge n. 603 del 1954 e la imposta 
di registro 1sugli aumenti �di capitale, tributi questi dei quali sarebbe 
stata e sarebbe �;pacifica la detraibilit� dall'imponibile di Ricchezza Mobile. 
Anche �queste deduzioni sono irrilevanti a.gli effetti del decidere. 

Per quanto concerne la soppressa imposta di negoziazione, basta 
d�re uno sguardo ai lavori preparatori per constatare che il legislatore, 
considerando del tutto insufficiente ed inefficace dettQ tributo, 
surrogatorio dell'imposta �di registrti> sui trasferimenti dei titoli sociali, 
non ha inteso ampliarlo in altra imposta della stessa natura ma pi� 
onerosa, bens� ha voluto sorpprimerlo per creare un tributo del tutto 
nuovo, non avente il limitato scopo �di surrogazione del ibollo e del 
registro, bens� i fini generali, fiscali ed extrafiscali dei quali si .� sopra 
fatto ampio discorso. All'imposta di negoziazione quindi nori si poteva 
attribuire alcun carattere di �testatico�; e la spesa rel'ativa, �strettamente 
inerente allo istrumento di produzione costituito dal capitale 
azionario, non poteva non essere detraibile dall'imponibile di ricchezza 
mobile. 

E 1o stesso deve dirsi, nel diritto vigente, per le spese relative 
agli aumenti �di capitale sociale. Tali aumenti, con i quali .la societ� 
si procaccia nuovi mezzi di investimento, sono del tutto analoghi, almeno 
sul piano economico, agli atti con i quali l'imprenditore individuale 
persegue lo stesso scopo, ad esempio contraendo mutui e fina:t;lziamenti 
�con le banche. Nell'uno e nell'altro caso le �sipes� necessarie 
per conseguire lo scopo dell'ampliamento o del risanamento �dell'impresa 
attraverso un aumento del reddito si trovano con la produzione 
di questo in un rapporto cos� stretto, tipico ed immediato, che l'argomentazione 
serve �selo a �dimostrare " a contrario � come un rapporto 
di ugual natura non sussiste tra imposta societaria e produzione del 
reddito. 

Il ricorso dell'Amministrazione delle Finanze �deve essere quindi 

accolto, riaffermandosi il principio di .diritto .per cui � la spesa rela


tiva al pagamento dell'imposta sulle societ� prevista dagli artt. 145 

e seguenti del t.u. delle leg.gi sulle imposte dirette approvato con 

d.P. 29 gennaio 1958, n. 645 non � detraibile, nemmeno parzialmente, 
dall'imponibile di ricchezza mobile delle .societ� e deile associazioni 
tenute al pagamento stesso �. -(Omissis). 
II 

(Omissis). -� opportuno esaminare preliminarmente il terzo motivo 
del ricorso con il quale si prospetta la illegittimit� costituzionale 



PARTE I, SEZ;"'V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

459 

delle norme regolatrici dell'imposta sulle societ� (art. 14�5 e segu�nti 

t.u. 29 gennaio 195'8, n. 645, sulle imposte dirette) per contrasto con 
l'art. 53 della � Costituzione, qualora si adotti l'interpretazione deUa 
Corte d'appello. 
In particolare sii lamenta che questa abbia dichiarato irrilevante, 
nel caso d:i specie, tale questione gi� sollevata in sede di merito. 

Sostiene la ricorrente �che ne!gare alla imposta su11.e soc.iet� i:l 
carattere di � spesa inerente alla produzione d# reddito � determinerebbe 
un contrasto con �i principi cui il sistema tributario deve ispirarsi 
s�condo l'art. 53 della Costituzione�, .poich� l'imposta, essendo ragguagliata 
al patrimonio, colpirebbe i redditi inferiori al 6 % �in. misura 
fortemente progressiva quanto pi� diminuiscono, fino ad arrivare alla 
loro falcidia per i redditi minori, se non addirittura ad incidere sul 
patrimonio negli aI.li in cui non si han;no redditi. 

Relativamente alla irrilevanza la Corte di .merito ha osservato che, 
nella specie, essendosi rivelate ampiamente positive le quattro ;g.estioni 
assoggettate all'accertamento fiscale, doveva ritenersi escluso il p.ericolo 
affermato dalla contribuente e cio� �che fa �componente patrimoniale 
dell'imposta sulle societ� potesse imfllortare, per redditi via via decrescenti, 
la loro falcidia o .ad'diI_"ittura una incidenza sul patrimonio. 

V.erroneit� di questo ragionamento, ai fini della irrilevanza della 
sollevata quest1one, � evidente 1sol: che si �considerino le conseguenze, 
alle quali si dovrebbe necessariamente pervenire qualora fosse dichiarata 
illeg.ittima l'istituzione della imposta sulle societ� nelle forme e 
nei modi di cui alla legge n. 603 del: .1954 ed agli artt.. 145 e �~eguenti 
del vigente t.u. 29 ;gennaio 1958, n. 645, sulle :imposte dirette. 

In detta ipotesi infatti� la contribuente risulterebbe 1sollevata da 
una �imposizione tributaria,. ritenuta in contrasto con fa Carta costituzionale, 
indipendentemente dalle risultanze attive o passive dei propri 
bilanci, e do� anche in quei caisi nei quali il reddito fosse stato uguale 

o superiore al 6 % del patrimonio ai sensi dell'art. 146 del predetto t.u. 
Ci� non soltanto signifi.ca ehe la sollevata questione doveva esisere 
ritenuta rilevante, ma �che la costituzJionalit� o meno della legge avrebbe 
dovuto essere riguardata in' te�rmini generali, cio� Ihl'.'escindendo dalle 
contingenti e mutevoli risultanze dei bilanci. 

La questione di legittimit� �costituzionale � dunque rilevante; essa 
peraltro si dimostra manifestamente in:Jlond!ata. 
L'imposta sulle societ� venne istituita con la legge 6 agosto 1954, 

n. 603, �le �Cui nor,me sono �state trasfuse negli artt. 145-155 del vigente 
t.u. n. 645 del 1958, onde evitare, eo:me si �esprime la relazione ministeriale, 
una ~perequazione tributaria a favore delle societ� di capitali 
in danno delle imprese individuali e delle pel'lsone fisiche. Questo squiliibrio 
prendeva origine da un lato, .dal fatto di non .essere le prime sog-.. 
gette alle imposte di trasferimento inter vivos e successione mortis 

460 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO 

causa in ordine ai titoli azionari rappresentativi del l�ro capitale:�~8ociale 
(�l nuovo tributo avrebbe sostituito a tal fine l'abrogata imposta di negoziazione 
0sui pr�detti titoli, la quale aveva ovviato .a questo primo aspetto 
della sperequazione di �cui sopra) e derivava, dall'altro, dalla inesiistenza 
di una imposta complementare, gravante invece sulle persoll!e fisiche, 
relativamente a quella parte di utili che non viene distribuita, ma accantonata 
sotto la voce di riserve ordinarie .e <Straordinarie o di utili 
riportati a nuovo. 

E fu appunto per ristabilire una situazione di equilib~io �che l'imposta 
sulle societ� venne cmwepita, nel momento di formazione della 
relativa legge istitutiva, come un onere addizionale, de1stinato complessivamente 
a �compensare i vantaggi fiscali goduti dalle societ� di capitali 
in materia di� imposte sui trasferimenti 0onerosi ed a titolo gratuito e d.ii 
imposta :progressiva sul reddito. 

Questa ratio ispiratrice determin� la .struttura dell'imposta, ad indubbio 
carattere personale o soggettivo, riferendola al duplice presupposto 
del possesso di un patrimonio �o di un reddito o di ambe.due 
(art. 145 t.u.) e �commisurandola ad una aliquota rispe.Uivamente relativa 
al .patrimonio (7,50 per mille) ed alla parte di reddito complessivo eccedente 
il 6 % del patrimonio .stesso (15 % ). 

� anche .fl caso di rilevare che l'art. 149 del t.u. stabilisce, in caso 
di perdita, una sensibile riduzione dell'imposta, vietando per�, finch� 
un patrimonio sussista, che detta riduzione possa :superare il 90 % del-
l'imposta istessa. 

' 

L'accennata strutturazione � diretta a scoraggiare l'evasione �dal 
tributo mediante l'eliminazione dell'interesse del contr�ibuente a falsare 
!'�equilibrio del bilancio con spostamento di reddito a capitale o di 
capitale a reddito. �i� si raggiunge appunto attraverso la duplice tassazione 
sul patrimonio e sul redq.ito eccedente d.l 6 % del patrimonio 
stesso, in modo da assicurare una uguale incidenza del tributo, indipendentem:
ente dia �eventuali manifestazioni sulla voce � patrimonio � e su 
quella � reddito� ed in base alle conseguenti loro r~c;i.proche influenze 
ed interferenze di vasi comunicanti. 

Mentre dunque� la struttura dell'imposta e lo spirito informatore 

della sua legge istitutiva dimostrano, in modo non dubbio, che il legi


slatore era ben lungi dall'intento di prelevare una porzione di ricchezza 

laddove non fossero sussistiti i presuppostii dell'imposizione (cio� fosse 

mancata qua1siasi forma di ricchezza), �confermano altres� come il tri


buto sia stato rigorosamente subordinato alla capacit� �contrii:butiva del 

soggetto, evitando che la sua misura potesse ,superare la ha-se imponibile 

considerata. 

A nulla rileva, contrariamente a quanto asserisce ila ricorrente, che 

lo stesso t:l~ibuto, quando manchi UJil reddito, incida direttamente su! 

patrimonio. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Infatti -�a parte la piena legittimit� delle cosidette imposte �patrimoniali 
� dettate ,generalmente da esigenze particolari di prelievo di 
certe porzioni della ricchezza dei .singoli .soggetti tassabili indipendentemente 
dalla produzione -la predetta incidenza ha carattere prevalentemente 
funzionale e .strumentale contro l'occultamento del reddito e, 
quanto .alla misura, � contenuta nei limiti assai lontani da quelli c}Je la 
porrebbero in contrasto .con la norma di �cui all'art. 53 del1a Costituzione. 
Non va peraltro dimenticato che secondo tale disposizione costituzionale 
la capacit� contributiva, ai fini di una legittima imposizfone, condiziona 
soltanto la misura mas1sima del tri:buto nel senso di contenerla constantemente 
nell'ambito di un livello mai .superiore .alla �capacit� dimostrata 
dall'atto o fatto economico, che costitu1sce il presupposto dell'imposizione 
(Corte Cost. sentenza n. 89 del 6 luglio 1966). 

Entro questi limiti e col rispetto dei cniteri di progressivit�,. richiamati 
nella norma, il legislatore non 1ncontra ostacoli all'attuazione del 
suo potere impositivo, sia che lo stesso colpisca il reddito, sia che colpisca 
un'altra qualsiasi manifestazione della ricchezza. 

N� v'� dubbio alcuno che l'esistenza di un patrimonio -c0rstituito 
peraltro, ai sensi dell'art. 14�7 del t. u., dal capitale sottoscritto e dalle 
riserve di qualsiasi natura e quindi potenzialmente capace di reddito 
ed al tempo stesso inequivoca manifestazione di ricchezza -possa rappresentare 
una :legittima base di imposizione tributaria �con aliquota infinitamente 
inferiO!l'�e al livello predetto e, per di pi�, ulteriormente e 
s�nsibilmente riducibile nel caso di perdite (art. 149 t.u.). -(Omissis). 

Co.s� superate le que�stioni di carattere preliminare, occorre p!i:'ocedere 
all'esame del .secondo motivo, im;pern�ato sul problema di fondo 
concernente la detrad.bilit� o men� dell'imposta :sulle ,societ�, limitatamente 
alla .sua competente patrim�niale, dal reddito di categoria B, ai 
.fini della sua ta.ssabilit� con l'imposta 'di R. M. 

Si sostiene in esso la violazione dell'art. 32 t.u. 24 agosto 1877, 

n. 4021, delle leggi sull'imposta. di R. M., poicb� la Corte d'appello 
avrebbe errato, ai fini della indeducibilit�, .a negare il carattere di inerenza, 
alla produzione del reddito, dell'imposta. sulle societ�, tenuto 
conto della naturale progressiva dilatazione via via raggiunta dal concetto 
dell'inerenza stessa. 
Anche questo secondo motivo del ricorso � destituito di fondamento 
e deve es1sere rigettato. 

Sulla genesi, la struttura e le fondamentali �caratteristiche dell'imposta 
sulle societ�, che costituisce un tributo assolutamente nuovo non 
facilmente inquadrabile nella sistematica del no'Stro ordinamento tributario, 
come riconosce la stessa relazione di maggioranza al Senato sul , 
progetto della legge istitutiva, non vi � nulla da aggiungere oltre 


462 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


quanto � stato gi� SQ!Pra esposto a ;proposito della questione di legitti


mit� costituzionale. 

Appare tuttavia opportuno porre l'accento sul meccanismo adort


tato, attraverso il duplice p!resupposto del patrimonio e del reddito e le 

rispettive aliquote, in ordine all'accennata esigenza di 1scoraggiare l'eva


sione fiscale e .sui .suoi naturali effetti circa il concetto unitario po.sto a 

base della nuova imposizione. 

Infatti .l'interdipendenza, la .complementariet� e la reciproca �apa


cit� integrativa dei presupposti d'imposta sta chi�ramente a dimostrare 

l'unicit� del tributo, la sua naturale inscindibilit� in due distinte com


ponenti, prive del tutto di una propria autonomia, i1 1suo fondamentale 

carattere soggettivo, deriv:ante dalla mera esistenza, in un determinato 

modo, del sog.getto, �ch'� tassabile perch� fonte di ricchezza potenzial


mente produttiva. 

La globalit� dell'imposizione, facilmente riscontrabhl.e negli artt. 147 

e 14.S del t.u., i quali determinano .1a base imponibile mediante una 

sommator1ia degli elementi patrimoniali attivi (art. 14-7) e dei vari redditi 

nett~, depurati altre.s� delle relative imposte (art. 148), avvicina .sensi


bilmente questo nuovo tributo all'imposta complementare progressiva 

(non detraibile per disposizione espres1sa), pur non identificandolo in 
. essa per la diversit� di alcuni tratti tipici dell'uno e dell'altro. 

Ci� deriva soiprattuto dal rilievo, gi� implicito nelle illustrate os


servazioni, secondo cui .la cosidetta com(ponente patrimoniale ha la fun


zione prevalentemente .strumentale o mediata di evitare .in tutto o in 

parte l'occultamento del reddito mobiliare. 

Cos� fissati i tratti caratteristici essenziali �dell'istituto, indubbia


mente utili ai fini di una migliore soluzione del problema posto 'al 

collegio, si potrebbe ri�solvere quest'ultmo ricorrendo al carattere di uni


taria inscindibilit� dell'imposta per escluderne la detrazione dal reddito 

lordo di R. M. di categ. B. 

Infatti .se non � deducibile la componente sul reddito (ci� che sem


bra pacifico fra le parti) non si vede �come potrebbe esserlo quella 

patrimoniale :ch'� par.te integrante ed inscindibile della prima. 

Poich� tuttavia la possibilit�, in concreto, di una scissione risulta 

quanto mai controvema �e viene anzi comunemente posta a base pres


soch� di tutti i procedimenti �del genere sia davanti alle Commission:i 

tributarie sia davanti all'autorit� giudiziaria, ritiene dl collegio di proce


dere ad una breve ind:agine degli ulteriori !PLr'oblemi nascenti, nella 

sogg�tta matexia, dai cr.iteri giuridici preposti alla determinazione, me


diante il sistema �della detrazione del Llordo, delle b.asi imponibili nette. 

In tema di reddito di R. M. ca:teg. B provvedeva al riguardo l'art. 32 

del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, corrispondente agli artt. 88, 91 e 96 del~ 

t.u. n. 645 del 1958 sulle imposte dirette. 

463

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'art. 81 del �secondo recente t.u. del 1958 parla di �reddito netto� 
quale presupposto dell'impos.ta di R. M. 

L'art. 91 me prevede la determinazione mediante la differenza fra 
l'ammontare dei ricavi lordi e quello delle 1spese e 1Paissivit� � inerenti 
alla produzione del reddito �. 

T~a le :passivit� sono da annoverarsi .quelle bancal'�ie (art. 93) e gli 
interessi ,passivi (art. 92). 

Notevole� rilievo riveste, come si vedr� pi� oltre, l'art. 96, il quale 
stabilisce che le spese generali delle imprese comm~rdali �1sono detraibili 
nei limiti delLa quota imputabile alle attivit� produttive dei redditi 
soggetti .~ all'imposta�. 

Fra le spese detraibili nei dnque esercizi .successivi a quello in cui 
sono state 1sostenute, l'art. 97 annovera quelle r:elativ�e alla costituzione 
ed all'aumento di capitale delle.societ�. 

Infine, ai sensi dell'art. 99, sono detraibili le perdite per la �distruzione 
totale o parziale dei beni relaitvi .all'impresa� (o per la. loro realizzazione 
ad un prezzo inferiore al costo non ammortizzato), nonch� le 
perdite �su crediti e le altre perdite inerenti all'attivit� rproduttiva del 
reddito�. 

In base a queste norme fondamentali, applicabili per .effetto dell'art. 
10:5 del t.u. vigente ai redditi dei �Soggetti tassabili in base a bilancio, 
occorre :stabilire se l'imposta sulle 1societ� (sia 1PUre per la com:
pOitlente patrimoniale soltanto) rientri in taluna delle indlicate voci e sia 
quindi o meno detraibile. 

Il carattere distintiv10 ed autonomo di ogni imposta, come onere 
triibutario non evitabile, sembrerebbe �esciudere, ad un primo affrettato 
esame, il pagamento del :tributo sulle societ� dal novero delle voci detraibili, 
anche perch� la legge stabilisce (art. 136�, lett. b) e 14J8, II comma 
lett. b) in quali caisi .gli. oneri tribiitari possono essere detratti ai fini 
della det'erminazd:one della base imponibile �di altri tributi. 

Fuori di questi casi, si potrebbe pensare, tali oneri, avendo caratteri 
propri che li differenziano sia dalle ~ese che dalle perdite ed altre 
pas:sivit�, non. possono :essere considerati detraibili senza una espressa 
disposizione di legge. 

Non si :pu� tuttavia negare che certe impoiste (e tasse) vengono 
sopportate dai contribuenti (persone giuridi<che 10 fisiche) proprio in fun~ 
zione della IJ1"0duzione di un reddito, .come ad esempio quelle di registro 
oppure di trascrizione ed ipotecarie :su atti compiuti nell'.esercizio 
di attivit� industriali o commerciali soggette alla tassazione mobiliare. 

Escluderne, in detti casi, la deducibilit� urterebbe �con il !Principio 

del � reddi'to netto�, inteso quale unica base imponibile sulla quale ~� 

soltanto l'imposizione � legittima. 


,J 

464 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non 1si pu� dunque costantemente attribuire all'onere &cale caratteri 
distintivi propri tantO spfocati ed incisivi da im!Pedirne qualsiasi 

classificazione in altre categ1orie di �elementi deducibili. 
Escluso che l'imp~sta costituisca una passivit� nel 1senso tecnico 
usato dal leg:Lslatore per ammetterne la detrazione, come ad esempio 
quelle bancarie (art. 93) o gli interessi passivi (art. 92), non resta che � 
c1ais1sif�carla fra le spese o fra le perdite. 
Le prime ;si sogliono qualificare quali erogaz1oni volontarie per 
conseguire un vantaggio, per soddisfare 'un bisogno, o per assicurare 
un .servizio. 
Le seconde invece consistono, di regola, ,in una �distruzione, involontaria, 
di beni o del loro valore O�P�PUre di �crediti od altre utilit� (art. 99). 
Queste due categorie, riferite alla. produzione del reddito, danno 
luogo .al concetto di inerenz13:, sicch� risultano dedlucibili soltanto le 
spese e le perdite �che ineriscono all'attivit� iPI"Oduttiva, que11e cio� 
legate a tale produzion~ da un vincolo idi destinazione e di strumentalit�. 
L'inerenza consiste in una relazione o connessione �Ch'� � speci'f�ca � 
quanto occorre per distinguere, nell'ampio campo delle pi� varie forme 
di spese e perdite, quelle relath~e ad una determinata attivit� cio� alla 
produzione del reddito considerato e non a :finalit� div.erse. 
Che l'imposta sulle societ� possa esseile qualificata come perdita, 
in senso giuridico-tributario, deve ess,ere senz'altro escluso, sia perch�, I\ 
' 
pur r:BfP'presentando u~a erogazione di ricchezza .senza contropartita (almeno 
aipparente), non deriva n� da distruzione di beni o di crediti n� 
dalla loro diminuzione di valore, sia perch� rientra pur sempre nello 
schema dell'obbligazione, a COll:lliPOrre la quale concorrono -indipendlentemente 
dal titolo convenzionale od obbligatorio -� l'attivit� 
e la 
volont� dei soggetti interessati (contribuente ed ente impositore). 
Ritenuta l'irrilevanza ,della nozione economica, in senso lato, .di 
perdita, alla quale so1tanto potrebbe forse esseve assimilato un qualsiasi 
onere privo di contropartita (e sotto certi aspetti, apprunt~ economici, 

anche una spesa sterile di risultati), dal punto di viista strettamente 
giuridico, alla cui osservanza � tenuto il collegio, detta assimilazione deve 
essere del tutto eisclusa. 

Non resterebbe dunque che collocare il pagamento del tributo nella 
cate,goria del1e spese, co:me quella di maggiore ampiezza pi� confacente 
e comprensiva di qualsiasi elemento passivo, non identificabile come 
perdita, �di ogni attivit�. 

Un primo ostacolo per� consiste proprio nella nozione di spesa in 
gen1ere, la quale � concepita, giusta i' fatti rilievi, come una acquisizione 
di utilit�, cio� di :fattori produttivi in luogo dello esbor!So di denaro o di. 
altre cose eiconomicamente valutabili. La spesa infatti si risolve in un 
fenomeno peymutativo, .che consente, specialmente qua.nido � destinata 
alla produzione di un reddito (e non gi� al soddisfacimento di un bi




465

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

. �sogno) la sostituzione di un bene (materie prime, macch:iine, servizi, 
energia, diritti, �ecc.) ad tl.n altro consistente generalmente nel denaro. 

In ci� sta appunto la difficolt� di comprende~e fu-a le spese il pagamento 
di un imposta, quand'essa non �costituisca un .onere necessario per 
l'acquisizione d'una qualsiasi utilit� (ad .esempio opponibilit� ai terzi 
di un atto registrato), ma :sia del tutto priva di qualunque contropartita. 


Sotto l'd.llustxato profilo neppure sarebbe nieceissario il requisito delJ.'
inerenza, ove si dovesse escludere che. l'imposta �sulle societ�, data la 
sua ac�C�ennata autonoma natura globale e soggettiva, non partecipa di 
alcuna delle �categorie di oneri deducibili senza previsione espressa. 


Se tuttavia la si voless~ cons�derar.e alla ,stregua di una spesa 
improduttiva, ma necessaria per la vita della 1societ� colpita,, se ne 
dovrebbe allora verificare l'inerenza alfa produzione del reddito di R. M. 
cate:g~ 'B, poich� tale requisito costituisce :il .criterio fondamentale~ per 
la sua deducibilit� ai fini della determinazlione della base imponibile 
(reddito netto). 

.Per quanto la noiZione di inerenza abbia subito nel tempo una 
progressiva dilatazione J.egislativa e giuri.gprudenziiale � pur sempl'e necessaria 
la sussistenza di una connesision~ specifica, come queste stess.e 
Sezioni Unite hanno avuto altra volta modo di affermare (sent. n. 125 
del 1967). 

La specificit� consiste nel vinco~o di 1strumentalit� e di destinazione 
della spesa ~ produrre quel determinato reddito preso in considerazione, 
ed � necessaria per poter distinguere gli �es:borisi deducibili da quelli 
non dedU!cibi1i. 

Se�il. �conc�etto di inerenza venisse tanto dilatato da COID[pirendere 
ogni spesa del sogge�tto, in quanto tale e per il solo fatto -d'i esiJStere, 
la nozione stessa di foerenza ne risulterebbe distrutta. 

' 

Infatti ogni onere, di qualsiasi genere anche voluttuario o rivolto 
veiiso fi1;1alit� del tutto ~verse da quelle produttive, andrebbe dedotto 
per il so�o fatto d'.essere stato :Sopportato dal soggetto. 

Ma..ci� si porrebbe ih �contrasto insanabile con la lettera e lo spJ.rito 
della legg�e, manifestamente orientati nel senso di porre appunto il limite 
linv.;alicabile dell'inerenza alla indiscriminata deducibilit� di ogni onere 
passivo. 

L'imposta sulla 1societ�, rispondente agli ill'uistrati caratteri di globalit�, 
addizionalit� e personalit�, .assimilabile a .quella complementare 
progressiva, non � inerente al reddito ma �soltanto al .sog,getto tassabile 
in base a bilancio, non �/ preordinata funzionalmente alla produzione, 
ma piuttosto Ja segue, non �costituisce una spesa di carattere produttivo, 
ma piuttosto una sjpesa appena legata al reddito da un vincolo di connes~ 
sione vago e generico e non gi� .strumentale e specifico. 

L'art. 96 del�� t.u., come gi� s'� detto, stabilisce la detra�ilbilit� delle ~� 
spese generali �nei limiti della quota imputabile alle attivit� produttive 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dei r~dditi s0:ggetti all'imposta � cos� ribadendo, .con inci~iva 1espressione,' 
l'esigenza che La spesa deducibile sia 1soltanto quella specifica .del reddito 
preso in coiiisiderazione do� quella ad esso e soltanto ad esso inerente. 

Nell'ine+enza peraltro � contenuto un 1concetto di � anteniorit� � nel 
senso che una spesa pu� considerar:si� strumentalmente destinata alla 
produzione del reddito, 1s.oltanto se quest'ultimo non sia 1stato ancora 
prodotto. Il contrario non avrebbe senso. Nulla del genere si ravvisa 
invece nel pagamento dell'imposta iSUlle societ�, fa quale 1costituisce 
viceversa un posterius rispetto alla produzione del reddito; come si 
evince -dall'art. 148 del t.u. 

Tale disposizione detta i criter�i per La formazione del reddito complessivo 
imponibile ai fini dell'imposta 1sul1e societ�, �comprendendo in 
esso -ovviamente per ogni .periodo di imposta costituiito dlall"esercizio 
sociale ai .sensi dell'art. 3 del t.u. -la .somma di 1tutti :i redditi netti 
cio� �di quelli gi� depurati dai relativi oneri passivi, iv.i 1compT�ese le 
rispettiv;e .imposte �011dinarie (Il �comma, lett. b). 

Ci� ha un duplice significato: anzitutto induce a ritenere .che il 
discusso tributo !S� risolva in una erogazione di reddito gi� prodotto e 
non gi� in uno .strwnento per iPirOdurlo, non potendo il relativo onere 
essere riferito all"esercizio successivo, po1ch� ad� ogni periodo di imposta 
corrisponde una obbligazion~ tributaria autonoma (art. 3 t.u.); in 
secondo luog.o che il reddito di R.M. cat. B previsto nella norma � gi� 
al netto, cio� gi� costituisce la base imponibile dell'imposta mobiliar�e, 

/

onde non pu� ulteriormente essere depur:ato dii un tributo �non ordi


nario� ad esso estraneo, quale � appunto quello sulle societ�, alla cui 

liquidazione anzi direttam�ente .contribuisce. 

Le illustrate osservazioni che peraltro sarebbero ugualmente valide 

se pul'le l'imposta sulle 1societ� si volesse qualificare come perdita, per


ch� anche le p&odite, per essere detr.a.iibili, debbono avere il carattere 

d'.ell'ineretnza all'attivit� produttiva �del reddito, 1sono 1Suffi1cienrt:i per 

rigettare il ricoriso. 

Infatti sca'l'!s.o pJ.'l~gio deve attribuil'ISi agli argomenti ac�cessori ri


guardanti rispettivamente la dilatazione del concetto di inerenza, la gi� 

ammessa deducibilit� della .abrogata imposta di negoziazione e quella 

delle .spese di costituzione ;ed aumento del capitale sociale (art. 97). 

Sul primo punto � gi� stata posta in rilievo l'insuperabile esigenza 
di un minimo dli .connessione 1specifica, se non si vuol d.i:struggel'le il 
.concetto stesso di inerenza. 

Sul secondo basta rilevare la profonda d'.iver.sd.t� delle strutture e 

�rispettive basi imponibili della imposta di rnegozfazione �e di quella 

sulle 1societ�, �come gi� s'� osservato, per dedurne l'inconsistenza giurklica 

dell'assimilazione e �quindi dell'argomento. 

Sul te.rzo il rilievo � tutt'altro che univoco. Infatti, a parte. la 

generale considerazione che gli esborsi per la �costituzione e gli aumenti.. 


PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 467 

di Cajpiitale .sono vere e proprie spese �strumentalmente destiriate quanto 
meno in. se!l!So lato -a rendere possibile la specifica attivit� 

-produttiva del :soggetto, la previsione espressa :sulla loro deducibilit� ha 
ClM'attere ambivalente. Potrebbe cio� indifferentemente significare deroga 
al pr.incipfo dell'inerenza, con ci� �co;nfermando la regola generale, oppure 
costituire in concreto una sua ,specificazione in ordine ad una 
spesa non agevolmente qualitficabi1e. 

Tanto neli'wno che nell'altro caso non ne restano minimamente 
scalfite le illustrate osservazioni contro la tesi� della detrad:bilit� e comunque 
l'argomento, appunto perch� equivoco, non potrebbe essere 
util!izzato validamente. -(Omissis). 

\,, 

CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n. 513 -Pres. Stella 
Rkhter -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. Montecaiti:pi-Edi


�son (avv. Uckmar e Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Foligno e Coronas). 
Imposte e tasse in genere .: Imposte dirette -Legittimazione -Addizionali 
comunali e provinciali -Riscossione con unico ruolo unitamente 
alle imposte erariali -Azione di rimborso -Legittimazione 
dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato -Esclusione. 

{t.u. 29 genl'laio 1958, n. 645, art. 275). 
I tributi di .enti diversi dallo Stato applicati con riferimento ad un 
reddito assoggettabile ad un'imposta diretta erariale c~presi in unico 
ruo.ZO mediante corrispondente aumento ��di aliquota sono accertati, li


, ' 

quidati e riscossi dallo Stato al quale deve riconoscersi la legittimazione 
passiva sulle relative controversie essendo l'ente locale estraneo al procedimento. 
Tuttavia quando si domandi il rimborso di un'addizionale, 
indebitamente percetta sotto forma� di ripetizione di indebito, legittimato 
passivo � l'accipiens cfo� l'ente che ha percepito il tributo non

, 
dovuto (1). 


(Omissis). -Nel pl'imo mqtivo del ricorso si deduce la 'violazione 
deH'art. 2175 t.u. 29 ,geThrulio 1'9,58, n. 645, �sulle imposte dirette e dei 
principi: generali circa l'accertamento delle addizionali provinciali e comunali, 
in. q:uanto la Corte di meri.io avrebbe �errato nell'escludere la 
legittimaz�one passiva dell'Amministrazione finanziaria dello Sitato ri~ 
spetto alfa domanda di rimborso delle addizionali corrisposte in pi�, 

(1) Massima esatta. Devesi infatti distinguere l'autentica domanda di 
ripetizione di indebito dall'ordinaria controversia d'imposta che, specie 
nei tributi diretti, spesso segue il pagamento del tributo. Quando si 
contesti la legittimit� dell'imposizione nei� modi ordinari del procedi-~� 
mento, spetta all'Amministrazione dello Stato contraddire alla domanda 
18 



468 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essendo stata pacificamente ammessa la detraibilit� dal reddito lordo � 
di categ. B dell'imposta sulle obbligazioni, con dl �conseguente diritto 
alla restituz!i.on� dell'imposta di R.M. corrisposta :in pi�, per effetto della 
mancata detrazione, e delle corrispondenti addizionali comunali �e provincialii. 


Non sarebbe sufficiente affermare, in astratto come fa la Corte di 
appello, che l'ente locale � titolare del credito d'imposta, per dedurne 
la 1sua legittimazion~ passiva rispetto alla domanda di restituzione dell'addizionale 
ad esso spettante, perch� al �contrario si dovrebbe dimostrare 
che esiiste in concreto un rapporto giuridko d'imposta fra l'ente 
destinatario delle addizionali medesime ed 1il contribuente. 

Questo rappol'lto non potrebbe essere ravvisato, perch� le addizionali 
oltre ad essere riscosse sono anche accertate dallo Stato, siicch� non 
sarebbe possibile configurare alcun vincolo obbligatorio fr.a contribu'ente 
ed ente locale. � 

Inoltre il carattere di accessoriet� delle addizionali, rispetto al tributo 
erariale, importerebbe un'unica legiittimazione passiva dello Stato 
ai fini della restituzione del tributo medesimo e delle� relative addizionali, 
anche perch� l'azione di condanna .deve essere proposta contro 
l'Amministrazione finanziaria, alla quale compete di disporre lo sgravio 
dai ruoli. 

Il motivo � destituito di fondamento. 

L'art. 275, secondo comma, t.u. n. 645. del 1958 .stabilisce che i tri


buti dli enti diversi dalfo Stato, applicati .con rifedmento ad un reddito 

assoggettabile ad imposta diretta er:aria1e, sono compresi in un unico 

ruolo mediante �corrispondente aumento dell'aliquota dell'imposta stessa. 

� quindi esatto ritenere che la riscossione delle addizionali, spettanti 
ad �enti dive:iisi dallo Stato, � inscindibilmente �conne,ssa con quella 
dell'imp�sta erariale, cui afferisce, e che l'ente locale deve considerarsi 
estraneo al p!rocedimento di accertamento e liquidazione del tributo. 

� Questi esatti rilievi della ricorrente possono giustificare la le.gitti


mazione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato in caso di contro


ver,s1ia cdncernente il procedimento di accertamento, liqUlidazione e ri


scossione del tributo principale e conseguentemente delle relative ad


dizionali, data l'accennata .inscindibilit�, ma non bastano certamente a 

sorreggere la medesima ,soluzione. in ordine ad una domanda di rim


bol'!so di un'addizionale indebitamente percepita. 

diretta a verificare la regolarit� dell'accertamento, della liquidazione e 
della riscossione deU'imposta, anche se nel frattempo abbia avuto luogo 
l'iscrizione a ruolo e il pagamento. Se invece, al di fuori dei normali mezzi 
del contenzioso tributario, si proponga una vera e propria azione di indebito1 
og.gettivo, l{l legittimazione passiva non pu� spettare che al sogg"�tto 
a favore del qua�e, direttamente o indire~tamente, il pagamento ha giovato. 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRU:QENZA TRIBUTARIA 

In tal caso infatti si profila la ripetizione di un .indebito oggettivo 
(art. 2033 e.e.), dipendente dalla mancanza di �causa del pagamento effettua.
to, �Clio� dal difetto originario o sopravvenuto di un rapporto obbligatorio 
(in questo caso di carattere tributario) fra il solvens e l'aocipiens. 
\ 

Legittimato passivo de�'azione di ripetizione � appunto l'accipiens, 
cio� colui che ha rkevuto l'indebito, indipendentemente dalle ragioni 
e circ�ostanze apparentemente g�iustificative del pagamento, per il solo 
fatto di aver ricevuto quanto non gli tS1Pettava.� 

I .pregressi rapporti fra gli interessati, una volta ac.eertata l'inesistenza 
di una valida causa o titolo del pagamento, appaiono del tutto 
Ii.rrilevanti, ai fini dell'individuazione dei �soggetti legittimati attivamente 
e passivamente. 

Come � noto, infatti, il .fondamen�to della ripetiziione di indebito va 
ricericato nell'ingiusto arricchimenito (malgrado la diiversit� delle due 
azioni di �Cui agli artt. 2033 e 2041 c..c.) di chi abbia ricevuto alcunch� 
senza averne diritto. 

Ed � appunto taJ.e arricchimenfo a determinare l'obbligo di restituzione 
�e conseguentemente la legittimazione passiva di fronte a �colui 
che 1a restituzione stessa abbia domandato. 

Questi principi: si attagliano perfettamente alla specd.e sottoposta 
all'esame del collegio, poich� le addizionali, corrisposte insieme con 
l'imposta erariale., sono di spettanza degli enti loca�li, ai quali devono 
essere ve:risate, dopo 1a riiscossione, ai sensi dell'art. 64 del t.u. 15 maggio 
1963, n. 858 sui servizi d'i riscos1sione delle imposte dirette. 

L'accipiens, dunque, tenuto alla restituzione, � l'ente che ha ricevuto, 
a titolo di addizionale, un importo non dovutogli, indd.fferente essendo, 
in sede di ripetizione, il complesso meccanismo, facente capo 
aU'Amministrazione finan.ziaria, in virt� del quale l'indebito pagamento 
venne effettuato. 

La denunziata .sentenza. quindi non merita censura .sul punto, anche 
se a suo sostegno ben pu� essere posta la div.ersa motivazione che precede. 
-(Omissis}. 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 marzo 1971, n. 524 -Pres. Malfitano 
-Est. De Biasi -P. M. Antoci (conf.) -Borghesi (avv. Brocchi) 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato C'avalli). 
Imposta di registro -Valutazione automatica dei fondi rustici -Valore 
dichiarato superiore -Rilevanza ai fini della tassazione -Aggiudicazione 
agli incanti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 43 e 50; legge 27 maggio 1959, n. 355). 

470 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposta di registro -Aggiudicazione agli incanti -Fondi rustici -Impossibilit� 
di applicazione del criterio automatico di valutazione Art. 
50 regge di registro -Illegittimit� costituzionale -Manifesta 
infondatezza. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50; legge 27 mag;gio 1959, n. 355). 
L'imposta d iregistro � commisurata a queUa delle due contropre,.. 
stazioni (prezzo dichiarato o valore accertato) che risulti di maggiore 
entit�; di CO?t$eguenza anche �nel caso di aggiudicazione agli incanti di 
fondi rustici, l'imposta sar� commisurata al prezzo di aggiudicazione 
anche se superiore a quello risultante dalia valutazione automatica (1). 

� manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale 
deU'art. 50 della legge di registro sul presupposto che esso� non 
consenta di liquidare l'imposta sul v�alore dei fondi rustici determinato 
secondo il criterio automatico della legge 27 maggio 1959, n. 355 (2). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1971, n. 734 -Pres. Stella 
Richter -Est. Bo.selli -P. M. Secco (conf.) -Cagnato (avv. Manfredonia 
e Brocchi) c. Min:iJste"l"o delle Finanz~ (avv. Stato Angelini 
Rota.). 

Imposta di registro -Compravendita di fondi rustici -Sistema di valutazione 
tabellare -Applicabilit� per la liquidazione della sola 
imposta com.~lementare -Abrogazione dell'art..43 legge di registro 
-Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43; legge 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 1; 
legge 27 maggio 1959, n. 355, art. .3; legge 22 novembre 1962, n. 1706, art. 1). 
Anche dopo l'entrata in vigore delle leggi, relative alla valutazione 
automatica tabellare (legge 20 ottobre 1954, n. 1044; legge 27 maggio 
1959, n. 355; legge 22 novembre 1962, n. 1706), l'imposta principale di 

(1-3) L'importanza del princJ:p10 affermato con le presenti .sentenze 
non ha bisogno di essere .sottolineata, essendo evidente che ila tesi freqt:tentemente 
sostenuta dai contribuenti e secc;mdo cui le norme suiJ.la valutazione 
automatica tabellare avrebbero abrogato, per i trasferimenti dei 
fondi rustici, la disposizione dell'art. 43 della legge di registro -tesi che 
talvolta aveva anche incontrato il favore dei .giudici di merito (App. Torino, 
29 aprile 1968, inedita) -avrebbe potuto rivoluzionare totalmente 
il sistema relativo alla tassazione di detti trasferimenti e scalfiggere ab imis 
gli stessi fondamenti dell'imposta di registro. 

La Suprema Corte ha esattamente ripudiato una simile tesi, rettament� 



'. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 4.71 

registro relativa agli atti di compravendita di fondi rustici continua a.d 
essere applicata sui corrispettivi pattuiti e la dichiarazione di valore 
idonea ad escludere l'applicazione del sistema tabeLlare per l'imposta 
complementare deve esse'l;'e effettuata in modo autonomo rispetto all'indicazione 
del prezzo contrattuale (3). 

(Omissis). -In ceI11Sura. di legittimit� dell'opposta tesi dei giudici 
di merito, il rkorrente sostanzialmente deduce che ile norme dettate dagli. 
ar.tt. 43 .e 50 del r.d. 30 dicembre '19213, n. 32-69, per la registrazione 
degli atti di trasferimento immobiliare, in :Sede c�onvenzionale od ese


9 ~ ,.A'f 

cutiva giudiziale, sono state hnplicitamente abrogate, quanto ai fondi 
rustici, d:alle leggi 20 ottobre 1954, n. � 1044 e 2�7 maiggio 1959, n. 355, 
le qu�J.i (nell'interpretazione autentica della �succes.siiva legge 2-0 �novembre 
1962, n. 1706), avrebbero imposto di .commisurare la tassa non pi� 
al prezzo risultante dai contratti di compravendita ovvero dai decretj 
di aggiudicazione, in 1sede di asta pubblica (come previsto dagli artt. 43 
e 50 legge registro), bens� al valore dei fondi rustici, quale risultante 
dall'applicazione del criterio censuario tabellare .dii cui .alle predette leggi 
del 1954 �e del 1959; e ci� anche quando il prezzo sia ,superiore al valore. 

La �censura e !'.assunto che la integra sono inattendibili. 

� certo principio generale che nei contr~tti di trasferimento, a titolo 
onero.so, di un bene, la taossa �di registro � com.misurata a quelle 
delle due contro:P�restazdoni negoziali .che risulti di ma;ggiore entit�; al 
prezzo o al valore del bene �tra!Sferito. 

Questi due termini dell'alternaiiva dovrebbero essere 1se.mpre tra 
loro e!guali iin quanto il primo (prezzo) costituisce economicamente la 
espressione monetaria del secondo, ma tale eguaglianza di solito non si 
riscontra nelle 1d.ichiaraz:ioni ne,goziali; ;prevalentemente perch� i contraenti, 
al fine di evadere parte della tassa, indicano un corrispettivo 
inferiore a quello .pattuito; a volte perch� detto corriispettivo, per componenti 
:Soggettiv-e dell'imo o dell'altro contraente, � pattuito realmente 
in misura maggiore o minore del ~lore reale del bene trasferiito. 

interpretando le norme sulla valutazione automatica dei fondi rustici. Tali 
norme, tendendo esclusivamente a rendere semplice il �pagamento della 
tassa :conseguente al!la procedura di stima � (Relazione TRABUCCHI alla legge 
del 1962, in Atti Senato, 3a legislatura, doc. n. 1030), .si inquadrano perfettamente 
nel sistema gene!rale di tassazione disciplinato dall'art~ 43 della 
legge di registro e non possono pertanto valere come abrogazione, per incompatibilit�, 
di tale disposizione. � noto, infatti, �che �perch� sussista 
�ncompatibilit� tra la nuova legge e la legge anteriore, occorr� che tra le 
due leggi si frapponga tale contraddizione da renderne impossibile l'applicazione 
contemporanea per cui, dall'applicazione o dall'osservanza dell'ultima 
deriverebbe la �disapplicazione o 1l'inosservanza dell'altra� (Cass., ~ 
17 giugno 1968, n. 1977, in Rep. Foro it., 1968, col. 1491, n. 27). E neUa 



472 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Di qui la facolt� dell'Amministrazione :finanziaria dello '"Stato di 
accertare il valor.e venale in comune commercio del bene tr.aisferito onde 
rapportare ad es:so, se superiore al prezzo d:ichiararto, la tassa da percepire. 


Analoga facolt� non. � concessa, invece, al contr:ibuente per l'ipotesi 
che il prezzo .sia inferiore al valore venale perch� dovendo la tassa 
di registro -come gi� detto..____ incidere sempr�e sulla controprestazione 
di maggiore entit�, ,concretante effettivo tr.asferimento di ricchezza dall'una 
all'altra parte, essa, pur nell'ipotesi o:r;a consliderata, andrebbe parimenti 
commisurata al maggior pil'ezzo e non al minore valore del bene 
trasferito. 

L'art. 16 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, indica, in li:nea generale, 
,i criteri da seguire per determinare il valore venale in comune commercio 
di o!gni ispecie di beni immobili, tali criteri 1sono stati modificati, 
per quanto riguarda i fondi rustici, dalla legge 27 maggio 1959, n. 355, 
la quale sostituendo (come gi� fattg,, per gli atti mortis causa d:alla precedente 
legge 20 ottobre 1954, n. 1044) �al criterio ,elastico mercantile 
della legge fondamentale di registro, un criterio di valutazione fisso ed 
automatko, ha �disposto che nei casi in essa eS!Pressamente iindicati (secondo 
l'interpretazione autentica della successiva legge 20 novembre 
1962, n. 1706) il valo["e venale dei fondi rustici deve �essere determinato 
esclusivamente in base alle tabelle censuarie compilate ed aggiornate, 
annualmente, dalla Commissione censuaria �centrale. 

Tale modifica, come � evidente, investe soltanto il sistema di valutazione 
dei benli trasfe.riti (fondi rustici) al fine di determinare il valore 
tassabile, ma non riguarda affatto, �e quindi non dilsici[p:lina iri modo 
diverso dal passato, il principio ,general�e, enunciato in premessa, del 
riferimento della tassa di registro, per la sua liquidazione, alla controprestazione 
di mag.giore entit� del negozio di trasferimento. , 

Correlativamente anche nel vigor:e d'ella nuova legge 3'55 del 1959, 

ove fu una compravendita di fondo rustico il prezzo indicato nel ne-

specie non solo non sussiste tale assoluta incompatibilit�, data la possibilit� 
astratta di una interpretazione delle leggi .sul'la valutazione automatica 
che, limitandone l'applicazione per la sola determinazione del valore dei 
fondi rustici, lasci immutata la possibilit� di tassazione del prezzo �Contrattuale 
ex art. 43 della legge di registro, ma .si ha anche che tale, e non 
altra, � l'esatta interpretazione di tali leggi. 

Sulla insuscettibilit� di accertamento, con .qualunque metodo, del prezzo ' 
risultante da vendita coatta dr. la sentenza della Corte Costituzionale 
28 aprile 1970, n. 59, in questa Rassegna, 1'970, I, 359 nonch� Cass., 25 ottobre 
1968, n. 3493, ivi, 1969, I, 1111. Poich� tale prezzo � sempre insuscettibile 
di accertamento di congruit�, anche quando 1sia inferiore al valore 
tabellare, la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 50 della legge 
di registro non pu� minimamente poo-si. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

gozio r:isulti superiore al valore di detto fondo determinato col cr�lerio 
autom~tico di valutazione censuaria per .coefficienti ovvero col criterio 
tradizionale della legge 1936 (nei caisi di 1sua perdurante applicazione), 
la tassa di registro ,continuer� ad essere commisurata .al prezzo, maggiore, 
e non al valore, minore, del fondo. 

Per quanto, poi, pi� particolarmente riguarda la specifica fattispecie 
di causa -aggiudicazione in procedura esecutiva immobiliare, per 
pubblici incanti -regolata dall'art. 50 della legge fondamentale dt 
registro, queista Corte Suprema ha gi� avuto pi� volte occasione di statuire 
(C�ss., 14 aprile 1969, n. 1187; 23 luglio 19618, n. 21654) �che il relativo 
neg�ozio di trasferimento � sottratto a qualsiaiSli pTocedura di accertamento 
del valore venale dell'immobile aggiudicato, ,sia esso costituito 
dal sistema tradizionale di valutazione, di cui all'art. 16 d.l. 7 agosto 
1936, n. 1639, che da quello automatico della legge 355/ rn59, resfan~o 
in ogn:i caso la tassa di registro commisurata esclusivamente al. prezzw 
risultante 1dal decreto di aggiudicazione donde l'irrilevanza di ogni argomento 
inteso a dedurre dalla (eisclusa) applicabilit� del criterio di 
valutazione automatica pecr coefficienti l'asserta rdferibilit� della tassa 
di regiistro al valore del fondo, espresso da tale valutazione, piuttosto 
�he al prezzo di aiggiudtcazione. 

Le considerazioni, peraltro, '�ilJilanzi espresse per i contratti di trasferimento 
di fondi rnstki in sede convenzionale, tolgono valore, rendendola 
manifestamente infondata, all'eccezione di :incostituzionalit� dell'art. 
50 della legge fondamentale di registro formulata, in linea .subor-� 
dinata, d:al ricorr:ente. 

Assume in proposito que.st'ultiimo che, a seguire l'interpretazione 
della norma predetta adottata daii giudici di mel'iito e confermata dalla 
Corte Suprema, per l'acquirente di un fondo rustico ai pubbli.ci incanti, 
in .sede esecutiva giudiziale, )Sarebbe esclusa la commisur:abilit� della 
tassa al valore minore del fondo risultante� da una v:alutazione automatica 
per� coefficienti, mentre per l'acquirente dello stesso fondo, in sede 
privata convenzionale, tale commisuraibilit� sarebbe ammessa con l'effetto 
incontestabile che U primo verserebbe una tassa maggiore perch� 
riferita al !Prezzo (maggiore) e non ,al valore del fondo (minore), mentre 
il secondo verserebbe una tassa minore p~ch� r:iferita al valore del 
fondo (minor�e) �e non al prezzo (mi.i;ggJiore): donde disparit� di trat.tamento 
fiscale tra contrJ.buenti in identiche situazioni di trasferimento 
di ricchezza e correlativa violazione degli ail'tt. 3, 53 e 44 della Costituzione. 


Ma � appunto la dedotta diversit� .dJi trattamento fiscale tra l'una 

e l'altra ipotesi ad es.sere insussistente perch�i -come gi� analitica


mente enunciato e dimos,trato nell'esposimone che !Precede -in en


trambe le ipotesi la tassa di registro � dovuta :Sul maggior prezzo di


chiarato e non sul minor valore del fondo rustico, oggetto del trasferi



474 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento �coattivo �o volontario, quale ;fi.sultante dal procedimento d� valutazione 
tradizionale od automatico. 

� pur ver6, per.;tltro, che men.tre l'acquirente in sede privata potr� 
evadere parte della tassa di registro dichiarando un prezzo minore del 
reale, tale possibiUt� di eva�sione (illegittima) non sussiste per l'acquirente 
in sed:e esecutiva giudiziale, ma � evidente ,come questa constatazione 
sia del tutto .irrilevante a sO!rreggere l'eccezione di incostituzionalit� 
dell'art. 50 legg& di registro, nei sensi innanzi prospettati. (
Omissis). 

II 

(Omissis). ~ I tre motivi dedotti dal Cagnato a sostegno del proprio 
ricorso, poich� si coordinano ad uno istesso fine -quello di dimostrare 
che, per effetto delle leggi n. 1044 del 1954, n. 355 del 1959 e 

n. 1706 del 196,2, �Sarebbe rimasta definitivamente abrogata la�� norma 
dell'art. 43 della legge organica di registro -pos1sono essere trattati 
congiuntamente. 
Denunziando violazione �e falsa aip;plicazione, in relazione agli articoli 
12 e 15 delle disposizioni ,sulla legge in generale, dell'art. 43 d'ella 

. 

. 

legge di registro, degli artt. 1 e segg. della leigge 20 0rttobre 1954, n. 1044, . 

degli artt. 1 �e segg. della legge 27 maggio 1959, n. 35,5, della. legge (in 

parte interpretativa, in parte innovativa) 22 novembre 1962, n. , 1706, 

e del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� motivazione insufficiente e 

contradittoria su punti decisivi de1la controversia, il tutto a sensi del


l'art. 360 nn.. 3 �e 5 c.,p.c.; il Cagnato censux:a la 1sentenza impugnata: 

a) per avere ritenuto .applicabile, siccome an,cora vigente, in tema 

di trasferimento di �fondi rustici�, l'art. 43 d'ella legge organica di 

registro, che doveva invece consider.a11si abrogato dalle citate leggi 

n. 1044 del 1954, n. 355 del 195.g .e n. 1706 del 1962, le quali avrebbero 
introdotto, per quel che concerne :il trattamento tributario dei negozi 
fra vivi o mortis causa relativa ai predetti fondi, uno jus singulare 
(1� motivo); 
b) per non avere cons!iderato che l'inciso, contenuto nell'arit. 1 
della legge n. 1706 del 1962 (� ... e indipendentemente dall'indicazione 
del prezzo contrattuale�) doveva esse:r:e inteso nel senso che il valore 
� elemento ed entit� che si diversifica e differenzia dal pl'ezzo e �che il 
prezzo, nella soggetta materia, � �neutro� (2� motivo); 

e) per avere erroneamente ritenuto che il ricorso alla valutazione 
automatica possa aver luogo, oltre che nel caso iI� ,cui il contribuente 
non abbia fatto_ dichiarazione di valore, anche in quello in cui 
abbia dichiarato un valore uguale o .addirittura superiore a quello risultante 
dalla valutazione tabellal'e; e .per avere infine tenuto in non 
cale gli argomenti ab inconvenienti addotti in contrariio da esso ricorrente 
(3� motivo). 

i 

I 


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Le censure sono infondate. 

:fu pacifico che, in materia di imposta di registro sui trasferimenti 
di beni od altri� diritti reali a titolo oneroso, l'art. 43 della legge organica 
di registro sancisce, ai fini della determinazione della base :imp�oniible, 
il cri.terio cosiddetto dell'alternativit� e reciproca prevalenza del 
corrispettivo pattuito e del valore venale accertato (.con �l'apposito procedimento 
di cui agli artt. l5 e segg. del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639)~ 
nel senso �che, se il corrispettivo pattuito rdisulti pi� elevato rispetto al 
valore del bene in comune �commer�io, l'imposta � ragguagliata al cords:
petrtivo medesimo o se, vicev,ersa, il valor.e venale delle cose .superi 
il corrispettivo .convenuto, l':tmposta � ragguagliata al primo. 

Si tratta di vedere se le dilsposizioni delle 1eg;gi oopravvenute (n. 1044 
del 1954 e n. 355 del 1959) abbiano -come :sosUene il ricorrente sovvertito 
il sistema tradizionale (ex art. 43 dt.), introducendo come 
unico crfterio di stima quello della v.alutazione automatica tabellare o 
se -,come ha ritenuto invece la sentenza impugnata -esse abbiano 
inteso incidere unkamente .sulla determinazione di uno degli elementi 

.. 
per fa ,stima d'ella base 1imponibi1e (quello d:el valore venale dei beni 
tra,s:feriti), ferma lasciando la validit� alternativa dell'altro (corrispet-� 
tivo pattuito). 

L'esame delle disposizioni di legge che qui particolarmente inte� 
res�sano, condotto alla stregua dei �criteri ermeneutici eh.e dal ricorrente 
si protestano vdolati, conduce alla soluzione adottata dalla Corte del 

1 

merito. 

Dispone l'art. 1 della �legge 20 ottobre 1954, n. 1044 (circa il sistema 
di accertamento degli imponibili ai .fini dell'~pplicazione dell'imposta 
di suc�cessione) che: �I fondli rustici, compresi in successioni ape11tesi 
dall'entrata in vigore della presente legge, non sono 'Soggetti ad a.ccerta,
u:iento cii valar~ qualora il . valor.e dichiarato non risulti inferiore al 

'' valore di. essi fondi calcolato in base alle itabelle compilate dalla Commissione 
censuaria centrale per l'applicazione dell'imposta progressiva 
straordinaria �sul patrimonio .aggiornato secondo il coefficiente che sar� 
determinato 01gni anno dalla Commissione .censuaria centrale ed approvato 
con decreto del Ministro per le finanze �. 
Tale disposizione sign.ifica che non s� fa luogo ad accertamento di 
valore (mediante la ,procedura di cui agli artt. 15 e 1segg. del dtato 

r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) quando il valore dichiarato dal contribuente 
(nella denuncia. di successione) non risulti inferdore (o.ssia risulti 
uguale o superiore) al valore �che 1i terreni hanno in base all'applicazione 
del calcolo tabellare. Ed � ev1dente che, in questo modo, sj 
� inteso agevolare, o per lo meno semplificare, la procedura di accertamento 
di valore in quanto se ne prescinde sia nel caso in cui la dichiarazione 
di valore del �contribuente cowisponde al valore tabellare, 

476 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sia -a fortiori -nel caso in cui il :valo11e dichiarato risulti ad:�frittura 
superiore. 

Trapiantata una tale dJisposizd:one, per .effetto dell'avt. 3 della legge 
27 ma.g;gfo 1959, n. 355 (recante modificaz<ioni in materia di imposta di 
registro sui trasferimenti immobiliari) nel campo dell'imposta di registro, 
e precisamente in que11o dei tras:feriI�enti per atto tra vivi, a titolo 
oneroso. o gratuito, dei �fondi rustici�, era naturale che la sua formula�� 
zione dovesse dar luogo a dubbi e perplessit�: sia a motivo .del :fatto che 
negli atti di trasferimento inter vivos (ed in ispecie negli atti di compravendita) 
solitamente non viene fatta un'autonoma denuncia del valore 
dei beni; .sia perch� in tali atti figura invece .(se a titolo oneroso) la 
determinazione del prezzo .o corrispettivo pattU!ito (che non figura, ovviamente, 
nelle denuncie di successione). 

Orbene, con la norma dell'art. 1 della legge 22 novembre 1962, 

n. 1706 (detta, proprio per questo, di � interpretazione autentica della 
legge 20 ottobre 1954, n.. 1044 �) il legislatore, d:iS1Pone:ndo che � le norme 
di cui .alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, e rispettivamente dii cui all'art. 
3 della legge 27 maggio 1959, n. 355, si osservano quando nella 
denuncia di succesSlione o nell'atto tra viv:i �soggetto a registrazione non 
sia dichiarato per i fondi xusti:ci valore alcuno agli effetti dell'applicazione 
dell'imposta di registro e indipendentemente dall'indicazione del 
prezzo cop.trattuale e qualora non sia espressamente dichiarato che i 
fondi stessi hanno un valore in:feriore a quello risultante dall'applicazione 
dell'art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044 �, ha inteso appunto 
disiSipare ogni ulteriore possibiliit� di dubbio, facendo presente 
(con l'inciso sopra sottolineato) che l'indicazione del prezzo pattuito non 
deve e.ssexe confusa e non equivale a dichia11a2'iione di valore. 
Il che 1signifi.ca che l'imposta !Principale �di registro riguardo agli 
atti di comprav.endita di fondi rustici contin.ua ad essere applicata sui 
corri.ispettivi pattuiti e che la dichiarazione di valore idonea ad escludere 
l'applicazione del .sistema tabe11are per l'imposta compll.ementare 
deve essere effettuata in modo autonomo rispetto all'indicazione del 
prezzo contrattuale. 

Bene adunqutl la Corte del merito ha ritenuto �che, anche nel vigore 
delle nuove leggi, l'imposta principale di reg1stro continua ad applicarsi 
in base ai prezzi risultanti dal contratto e, nel caso dn cui sia applicabile 
il sistema �di valutazione automatico tabellare, l'uJ.ter:iore imposta 
complementare � dovuta soJ:o quando i .risultati di tale valutazione 
superino quella iniziale base d.mponibile. 

A proposito poi delle cosiddette �conclusioni di rilievo costituzio


nale � proposte dal ricorrente in via condizionata, � agevole constatare: 

a) l'irrilevanza dell'ecce2'iione di il1egittimit� costituzionale che 
si riferisce all'art. 4 della legge n. 1706 del 1962, essendosi la contro-~ 
versia fra le pavti fondata non gi� sulla irripetibilit�. dell'imposta scon




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

taita dall'odierno ricorrente, bens� sui criteri di determinazion�"della 
base imponibile; 

. b) e la ll:nanifesta infondatezza dell'eccezione, pure di incostituzionalit�, 
che investe addirittura l'intera diisciplina relativa alla tassazione 
dei tras:tlerimenti dei fondi rustici, per difetto del.protestato contrasto 
con gli artt. 3, 44 e 53 della Costituzione: lP'erch�1 � conforme e 
non �contrari.o al principio di uguaglianza che anche i trasferimenti dei 
fondi rustici, al pari dei trasferimenti di o,gni altro bene, siano assoggettati 
allo stesso criterio d'imposizione sancito dall'art. 43 della legge 
di re~istro: perch��l'anzidetto criterio non infirma min:L:mamente il principio 
delJa progre,ssivit� cui deve informarsi l'intero sistema tributario, 
in' quanto attiene alla �de~erminazione della ba.se imponibile e non al 
tipo dell'aliquota da a;pp1ic.are; e perch� infine il 1criterio in parola non 

I 

� d'ostacolo alla formazione d:i quella .piccola o media propriet� agri
�cola che qui, peraltro, non vengono newure in questione, stante -l'entit� 

degli acquisti di cui si tratta. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2,5 febbraio 1971, n. 491 -Pres. Rossano 
-Est. GiuJ.iano -P. M. Cutrupia (diff.) -Civita (avv. Spagnuolo-
Vigorita V.) c. Gescal (avv. Stato Matalond.) e I.M.E.P. (avv. 
Giordano A.). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Obbligo della Stazione�appaltante 
di assicurare all'appaltatore la giuridica possibilit� di compiere 
i lavori affidatigli -Sussiste -Applicazione ai casi di illegittimit� 
della licenza edilizia, ove es~a sia necessaria per il compi~ 
mento dei lavori appaltati -Possibilit� e pggetto della prova liberatoria. 


(e.e., artt. 1218, 1655, 1667). 

-Tra le obbligazioni che nascono dal contratto di awaiito a cmric'O 
del committente vi � quella di assicurargli per tutta la durata del rapporto 
la giuridica possibilit� di compiere i lavori affidatigli, cosicch� la 
legittimit� della licenza edilizia, necessaria' per il compimento dei lavori 
aptpaltati, dev'essere garantita dal committente, il quale pu� liberarsi 
da responsabilit�, solo provando che le ragioni della sospensione 
e/o dell'annullamento del plfovvedimento siano deriva.te da cause da lui 
indipendenti ed imprevedibili al momento della stipula del contratto (1). 

(Omissis). -Con contratto d'appalto del 23 aprHe 1959 l'Istituto 
Meridionale di Edilizia Popolare (I.M.E.P.), che agiva come �stazione 

(1) Ma, beninteso, avverte la sentenza in rassegna, � in mancanza di 
un rpatto specifico che il rischio del �compimento dell'opera assunto dall'appaltatore 
a norma dell'art. 1655 e.e. non �Si �estende al di l� di quanto concerne 
l'esecuzione dell'opera a regola d'arte, ossia oltre il contenuto meramente 
tecnico. � opportuno, comunque, avvertire che, a norma dell'art. 29 
1. 17 agosto 1942, n. 1150, � compete al Ministro dei lavori pubblici 
accertare che le opere da eseguirsi da Amministrazioril statali non siano 
i.n �contrasto con le prescrizioni del piano regolatore e del regolamento 
edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono ,, , mentre~ 
il �successivo art. 31 stessa legge, quale sostituito dall'art. 10 1. 6 agosto 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 479 

appaltante� della Gestione Ina-Casa (a cui. poi subentr� la Gescal), 
affid� ad Arturo Civita la costruuone i:n Napoli di due fabbricati: il 
corrispettivo fui 'convenuto in lire 113.000.000 circa, di cui il.ire 96.000.000 

I 

_ per �lavori a forfait� e il resto per �lavori a misuria �. 
, I lavori furono iniziati. Il 29 luglio 1960 alcuni proprietari di immobili 
vicini impugnarono innanzi al Consiglio di Stato, nei confronti 
del Comune di Napoli e della Gestione �Ina-Casa, la licenza edilizia 
rifasciata dal primo alla seconda per quei lavori; e il 12 agosto 1960 
il Consiglio di Stato, su istanza dei �ricorrenti, nonostante l'opposizione 
del1a Gestione, sospese �:per ,gravi ragioni� l'�esecuzione deJ:la licenza. 
�,In conseguenza di <Ci�, il Comm.issario governativo del Comune di Napoli 
il 14 settembre 1960 intim� all'I.M.E.P. la sospensione immediata dei 
lavori; e il giorno appresso l'I.M.E.P. ordin� al Civita di sospenderli. 
Il Civita ottemper� all'ordine; ma successiV1amente e ripetutamente 
denunci� ail committente Istituto i danni che gli derivavano dalla sospensione; 
e, dopo aver invano sollecitato l'Istituto a prendere una decisione, 
iil 19 ottobre 1964, valendosi di uria -clausola compromissoria contenuta 
nel contratto di appalto, dichiar� di voler iniziare un giudizio 
arbitr:ale per ottenere la condanna solidale dell'I.M.E.P. e della Gescail 
al pagamento di lire 62.522.. 440 �e interessi, per diversi titoli, che sp�eoiifi.
c�, e che concernevano, da un lato, danno emergente e lucro cessante 
.per la �so::i1pensione dei lavori, d'altro �l!ato, danni derivati, a suo dire, 
da uno .specifico inadempimento dehl:'I.M.E.P., a cui egli imputav;a di 
avergli commesso la costruzione �di un muro di sostegno per la lunghezza 
di circa 62 metri, ma di avergliela lasciata compiere solo per . 
20 metri, bench� dei lavori per la �costruzione del muro non fosse stata 
ordinata la sospensione. 
L'I.M.E.P. e la Gescal opposero, pregh,idizialmente, che la domanda 
di arbitrato era imp�roponibile, perch� proposta prima del collaudo e. 

1967, n. 765, precisa che �per le opere da eseguirsi su terreni demaniali, 
compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla 
difesa nazionale, compete all'Amministrazione dei lavori rpubblici, d'intesa 
con le Amministrazioni interessate e sentito il Comune, accertare che le 
opere .stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore 
generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui 
esse ricadono. Per le opere da costruiTsi da privati su aree demaniali deve 
essere richiesta sempre la licenza del Sindaco �. 


Di obbligazione dell'amministrazione di assicurare all'appaltatore la 
giuridica possibilit� di �compiere .i lavori non � neppure il caso di parlare, 
in ordine alle remore che il secondo incontri nel I.Procedere alle -espropriazioni, 
che sr sia accollate in co.nformit� all'art. 324 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, �all. F. Circa l'applicabilit� ai pubblici appalti dei princip� di integrazione 
del contratto e della sua esecuzione di buona fede (artt. 1374 
e 1375 e.e.) v. Cass., Sez. Un., 7 luglio 1969, n. 2498, in questa Rassegna, 
1969, I, 750. 

480 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perch� non ;preceduta da tentativo di componimento ii.n via amministrativo; 
nel merito, chiesero fa :propriia assoluzione. 
Il Collegio arbitrale, con sentenza 8~11 marzo 1966, condann� il solo 

I.M.E.P. a pagare al Civita la somma di lire �53.790.940, con :gli interessi 
legal�i dalla domanda di arbitrato. 
B. lodo, reso esecutivo dal Pretore il 14 marzo 1966, fu tempestivamente 
impugnato per nullit� dall'I.M.E.P., nei confronti del Civita 
e della Gescal, innanzi alla Corte d'Appello di Napoli; l'lstiltuto, alle 
cui difese la Ge.scal .si associ�, si dol:se della reiezione delle proprie eccezioni 
pregiudiziali e di errori di diritto in judicando. H Civita resistette 
all'opposizione .e, per l'iipotesi �Che la Corte dichiarasse la nullit� 
del lodo, ripropose, nella loro inte,grit�, le domande che il Collegio 
arbitrale ave:va solo parzialmente accolte. 
La Corte napoletana, con la sentenza ora iimpugnata, dichiar� la 
nullit� del lodo e assolse l'LM.E.P. e la Gescal da 'tutte le domande 
del Civ,ita. Essa, dopo av�er respinto le :pregiudiziali eccezioni dell'I,stituto, 
�dichiar� sussistenti due erroTi in judicando dal medesimo denunciati 
a norma dell'art. 829, u.c., 1c.p.�c.: cio� violazione dei principi sulla 
re1s:pon:sabilit� per �colpa e violazione dell'art. 36 del Capitolato generale 
oo.\Pp., approvato .con decreta presidenziale � 16 '1.uglio 1962, numero 
1063, per quanto concerneva la decorreilZ'a degli interessi. 

Sul primo punto, la Corte oss�erv� che 1'ordine di soS(pensione dei� 

lavori non era stato emanato dall'I.M.E.P. come conseguenza di un 

fatto proprio o per la soddisfazione di propriie interne esigenze, essendo 

stato, in sostanza, � una modalit� di ~tra!SIDiissione .aill'appaltaltore di una 

disposizione imperativa, emessa, ;in esecuzione di analoga ordinanza della 

aJUtodt� giu1diziaria, dalla 1aUJto:r�t� �a:rnministr:ativa e che aveva per 

destinatari effettivi non solo l'ente appaltante, ma anche l'appaltatore�. 

Aggiunse, che, non versandosi in ipotesi di responsabilit� obiettiva, si 

sarebbe dovuto procedere alla �identificazione della colpa deJ. com


mittente�, ma che siffatta indagine era stata trascurata dal Collegio 

arbitrale; n�, per altro, il Civita aveva prospettato �aloon fatto da cui 

potesse esser desunta una colpa dell'Istituto. Infatti, la licenza ediliziia 

era stata chiesta e ottenuta �nei limiti della legalit�, la. zona prescelta 

per le costruzioni non risultava :.sottoposta a vincoli di inedificabilit�; 

�n� erano prospettate violazionii. di piano r~golatore o di regolamento 
edilizio � . 
D'altra parte, il CoI1Siglio di Stato, con ,senten2la 10 febbraio 1967, 

n. 105, aveva dichiarato inammissibili i rico~si proposti contro la licenza 
edilizia. N� all'I.M.E.P. poteva essere addebitata una colposa inerzia 
durante d1 lungo periodo di :sospensione dei lavori, poich� gli era impossibile 
rimuovere l'ostacolo che ne .impediva la continuazione. La.. 
Corte del merito afferm�, pertanto, �che la sitllazione, � determinata da 

PARTE I, SEZ. VI, .GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 481 

un provvedimento cogente di una pubblica autorit� �, integrava��� gli 
estremi del factum principis, esonerante da responsabilit��. 

Essa osserv�, infine, che il Civita aveva proposto so1tanto domande 
di ris:ar:cimento di danni; perci� dichiar� preclusa, per difetto di domanda, 
l'indagine su un suo ev�entuale diritto ad un equo compenso a 
norma dell'art. 1664 e.e. estensivamente interpretato. 

Queste considerazioni assorbivano l'aUro motivo di gravame addotto 
dall'Istituto, tuttavia la Corte napoletana reput� opportuno aggiungere 
�che il Collegio arbitrale avev:a errato nel faT decorrere dal d� 
della domanda di arbitrato gli interessi legali sulla �somma :liquidata: 
essi invece, in ipotesi, pokh� le somme erano state contestate e liquidate 
dai giudice, avrebbero �Cominciato a decorrere, secondo l'art. 36 
succitato, trenta .giorni dopo La data della registrazione preisso la Corte 
dei conti del decreto emesiso in esecuzione della decisione che aveva 
risOllto la controversia. 

Dichiarata, pertanto, la nullit� del lodo, la Corte esamin� il merito. 
Osserv� anzitutto che le considerazioni :svolte per chiarire gli errori 
di diritto in cui era incor.so il Oolle1gio arbitrale legittimavano la reiezione 
di tutte le domande proposte dal Civita con riferimento alfa 
sospensione dei lavori. 

Restava l'esame delle domande di risarcimento del danno emergente 
e del lucro cessante lamentati dal Civita come .conseguenza. di asserito 
inadempimento dell'I.M.E.P. al contratto �di appalto per la costrlllzione 
del muro di sostegno: la Corte fa respinse, perch� triasse dall'.e1same delle 
risultanze processuali il convincimento �che al Civita era :stata affidata 
soltanto la costruzione del muro per la lunghezza di 20 metri. 

Contro tale sentenza il Civita ha !Proposto un tempestivo e rituale 

ricorso per cassazione, con sette mezzi, nei confronti dell'I.M.E.P. e della 

Gescail, che hanno depositato .controricorsi. L'I.M.E.P. ha anche propostQ 

un ricorso incidE:lntale condizionato, con due mezzi, al quale il Civita ha 

opposto un contro-ricorso. Egli e l'I.M.E.P. hanno presentato memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 c.p.c., la Corte considera 
anzitutto, congiuntamente, i due primi mezzi del ricorso principale;-con 
i qual.i il Civita, .svolgendo, in. 1sostanza, un'unica censura, lamenta, da 
un lato, violazione e :falsa applicazione delle norme e dei principi di 
diritto sulla responsabilit� del committente, d'altro 1a:to, violazione e 
falsa applicazione dell'art. 1218 e.e. Egli sostiene che il commiittente 
deve �garantire, permanentemente e iper tutta la durata del contratto, 
fa realizzabilit� del�'opera sul piano giuridico-amministrativo� e che 
l'ordinanza di sospensione della esecuzione della licenza pronunciata dal 
Consiglio di Stato non poteva essere considerata factum principis, poi



RASSEGN'A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ch� essa era stata emessa � per il pericolo di grave pr�e.giudiz-ie ravvisato 
nell'utilizzazione della licenza da parte del suo titolare�: non aveva 
quindi i ca.ratteru di estraneit�, imprevedibilit� e inevitabilit� :propri 
del factum principis, ma �era stata provocata dal comportamento dello 
stesso �beneficiario dell'atto ,sospeso�. 

La censura � fondata. 

Invero, tra le obbligazioni che nascono dal contratto di appalto a 
carico d~ committente vi � quella di assicurargli, per tutta la durata 
del rapporto, la giuridica possibilit� di compier�e i lavori affidatigli: dagli 
artt. 1655-1667� e.e. �si evince che il rischio del compimento dell'opera, 
asS!Unto dall'iappalt~tore a norma dell'art. 1655 e.e., :non si 
estende, in difetto di un patto specifico, al di l� di quanto concernente 
l'esecuzione dell'opera a regola d'arte �e ha quindi un contenuto meramente 
tecnico. 

L� legittimit� della licenza edilizia, necessaria per il compimento 
dei lavori 1appaltati, dev'essere gar:antita dal �Cornmittenrte. N~ consegue 
che, ove la licenza sia impugnata innanzi al giudice amministrativo, 
siccome illegittima, e quel giudice ne sospenda l'esecuzione, la 
sospensione dei favori, �che � corollario di tale provvedimento, rappresenta, 
dal lato obiettivo, un inadempimento dell'indicata obbil:igazione 
del committente. Questi �, pertanto, per l'art. 1218 e.e., respon


' 

sabile verso l'appaltatore dei danni derivanti dalla sospensio:q,e, .se non 
fornisca la prova ltberatoria richiesta dalla norma. 

Egli non pu� scagionarsi allegando semj;>ilicemente la forma cogente 
del!l'ordinanza giudiziale di sospensione del!I'�esecuzione della liceI1Z1a 
edilizia. Questa � stata accorda�ta dal Comune in conformit� di una sua 
richiesta (nella stpecie, la richiesta era stata fatta dall'Ina-Gasa, ma allo 
scopo di far poi fruire della licenza l'I.M.E.P, che �se ne valeva :per far 
eseguire i lavorij talch� non �i possibile considerarlo estraneo alla illegittimit� 
che abbia provocato l'ordinanza di sospensione). 

Spetta a lui provare che le �gravi ragioni�, per le quaU il Consiglio 
di Stato abbia, a nocrma dell'art. 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, sospeso 
l'esecuzione .della licenza derd.vasser� da �cause da lui indipendenti 
e non normalmente prevedibili al.Io:reh� egli stipul� il contratto �di 
appalto. 

Al lume di queste considerazioni appare Yerrore della Corte del 
merito, che fece carico al Civita di additare eventuali illegittimit� della 
licenza edilizia : in questo modo fu violato il principio che, in tema di 
responsabilit� contrattuale, la colpa dell'inadempiente � presunta. N�, 
d'altro lato, la Corte del merito potev'a esser paga del fatto che il giudizio 
amministrativo si era1 �chiuso con una sentenza che aveva dichiarato 
l'inammis1sibilit� dei ricorsi. Essa doveva tener pr�e�sente l'autonomi�
a dell'ordinanza di .sospensione del provvedimento impugnato -pronunziata 
su una .specifica istanza e per 1specid:�che ragioni -rispetfo 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 483 

alla sentenza definitrice del giudizio; n� poteva trascurare la circt)sfanza 
eh.e il Oonsiglio di Stato, con la sentenza, non aveva dichiarato insussistenti 
le illegittimit� della licenza lamentate dai rico.rrenti, bens�, 
come � .stato concordemente illustrato dal Civita e dall'I.M.E.P. nelle 
memorie, aveva dichiarato inammissibili i ricorsi �per motivi .sopravvenuti, 
lasciando impregiudicato il merito. 

L'accoglimento dei primi due mezzi .del ricor,so principale assorbe 
il terzo mezzo del medesimo, col quale il Civita 1si duole che la Corte 
napoletana, violando principi � norme di diritto concernenti gli obblighi 
del committente creditore, non abbia considerato che il preteso factum 
principis non avrebbe, in ipotesi, esonerato l'Istituto dal dovere di collaborare 
con l'appaltatore, per rendergli possibile la prestazione o almeno 
contenere gli �oneri ,che gli derivassero dalla forzata sospensione 
dei lavori. Invero, se risultasse l'imputabilit� della .sospensione, non 
sarebbe necessario occuparsi di ci�. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1060 -Pres. Rossano 
-Est. Leone -P. M. Chir� (conf.) -Istituto Bancario Italiano 
(avv. Russo, Marone) c. Ministero Difesa (avv. Stato Agr�). 

Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opera militare Composizione 
del Collegio arbitrale -Qualit� di funzionario della 

P. A. -Incapacit� assoluta -Esclusione -Possibilit� di porre un 
problema di incapacit� (relativa) dell'arbitro funzionario della 
P. A. solo alle condizioni previste per la ricusazion~ ai sensi degli 
artt. 815 e 51 c. p. c. 
Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opera militare Composizione 
del Collegio arbitrale -Disposizione di cui all'ultimo 
comma dell'art. 52 r. d.17marzo1932, n. 366.;; Portata. 

� da escludere, sul piano degli interessi concreti, che il funzionario 
possa essere portatore degli stessi interessi detta P. A., s� che i 
provvedimenti giurisdizionali volti ad operare nei confronti di quest� 
ultima possano essere ritenuti incidenti anche suHe posizioni personali 
del primo; epper�, qualora la parte in un giudizio arbitrale non 
abbia ricusato l'arbitro funzionario della P. A. ai sensi dell'art. 815 c.p.c., 
per un presunto interesse indiretto del medesimo, idoneo ad ingenerare 
il dubbio sulla. sua indipendenza di giudizio, non � possibile impugnare 
il lodo di nullit� ai sensi dell'art. 829, n. 3, c.p.c., che si riferisce a casi 
tassativamente previsti dall'art. 812 c.p.c. 

(1-2) In generale, per fa distinzione fra motivi di ricusazione del giudice 
e motivi di nullit� della sentenza, v. Cass., 20 giugno 1968, n. 2040, 

19 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

484 

La norma regolamentare di cui all'art. 52, ult. comma, C�Yiid. gen. 
app. lav. G. M., appr. con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, non stabilisce casi 
di ricusazione e di astensione degli arbitri, ma solo ; abilita a dedurre 
nel giudizio arbitrale la violazione di un divieto di nomina di arbitro 
agli effetti dell'art. 829, n. 2, c.p.c. (2). 

(Omissis). -L'Istituto ricorrente assume, col primo motivo di ricorso, 
che sarebbe stato viola.to il principio generale secondo cui nessuno 
pu� essere giudice in causa p.ropria e sarebbe istata data falsa applicazione 
all'art. 815 c.p.c., dato che la Corte d'Appello, travisando il 
motiV'o di nullit� dedotto, avrebbe esaminato sotto il profilo della ricusazione 
del giudice la situazione di incapacit� del presidente del collegio 
arbitrale, per essere egli componente del ,consiglio Superiore delle 
FF.AA., mentre l'allegazione poneva la questione che detto arbitro dovesse 
essere considerato come la stessa A:rnministrazi,one parte �in causa. 

La tesi � infondata. 

Il motivo concernente l'asserita � incapacit� ad essere arbitro del 
preside}i.te del collegio arbitrale, in quanto il medesimo era componente 
del Consiglio Superiore delle Forze Armate� non poteva essere 
inteso nel senso ,che l'Istituto attualmente sostiene. Occorre poi rilevare 
che il principio nemo iudex in causam propriam, in qua~to non si. 
riferisce ad uno stato di incapacit� generale del soggetto investito della 
funzione giurisdizionale, bensi ad uno .stato caratterizzato da una situazione 
di interesse personale alla con'troversia, che normalmente pregiudica 
l'imparzialit� del giudice, � applicato nel codice vigente in modo 
relativo, affidando cio� allo stesso giudice (art. 51 c.p.c.) e a ciascuna 
delle parti in causa rispettivamente l'obbligo d.i �stenersi dal giudicare 
ed i,l potere di pro,porre la ricusazione ,del giudice,. dato che solo i soggetti 
del rapporto dedotto in �causa possono conoscere e valutare se il 
giudice abbia interesse personale� nella causa, sia pure in modo indi-

Giur. it., Mass., 1968, 730. Quanto al problema specifico, deve avvertirsi che 
la mera qualit� di funzionario della P. A. non pu�, certo, in s�, valere, non 
si dice come causa di nullit� del lodo per incapacit� assoluta dell'arbitro, 
ma neppure come motivo di ricusazione: il sistema dell'arbitrato nei pubblici 
appalti, cogente perch� fondato sulla legge e non sul compromesso o 
sulla clausola compromissoria (Cass., 24 luglio 1968, n. 2671, Giur. it., Mass., 
1968, 966, sub a; 22 dicembre 1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, 1182; 
Corte App. Roma, 29 marzo 1969, n. 712, Arb. e appalti, 1970, 228, nella 
motiv., nonch� infra, 487), � incardinato, appunto, sul principio della partecipazione 
necessaria di funzionari della P. A. ai Collegi arbitrali (per gli appalti 
militari, v. art. 52 r.d. 17 marzo 1932, n. 366; per gli appalti disciplinati 
dal cap. gen. oo.pp., v. airt. 45 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). E la sentenza 
in rassegna della C1orte di Cassazione, dettando un insegnamento, che 
dovrebbe valere in tutti i casi del genere (e quindi, pare, anche a proposito 
del penultimo comma dell'art. 45 Cap. gen. oo.pp. 1962), ha avvertito che 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 485 

retto ,,per e�ssere egli parte in altra causa vertente su identica questione 
di diritto. Con la conseguenza che, se la .situazione di personale intere:
sse del giudice non viene denunziata nei modi di legge ed il procedimento 
si conclude con .sentenza, le� parti non possono far valere, con 
l'impugnazione, l'asserita incapacit� relativa del giudice che la sentenza 
ha pronunciato: a meno che il giudice non abbia avuto nella causa un 
interesse cos� .personale da dover e.ssere considerato parte del processo, 
per essere la decisione destinata ad incid�re su una posizione propria 
del giudice stes!SO (Cass., 20 giugno �1968, n. 2040). 

Orbene, per quanto possa essere stretto il rapporto organico tra la 
Pubblica Amministrazione ed un suo funzionari-o (rapporto che, per�, � 
del tutto mediato rispetto ai funzionari componenti di un organo collegiale, 
dato che le opinioni espresse e le dichiarazioni di volont� di 
tali funzionari, prese singolarmente, non costituiscono rappresentazionj 
e volont� della P. A.), deve escludersi, .sul piano degli interessi concreti, 
che il funzionario possa essere portatore de.gli stessi interessi della 

P. A., s� che i provvedimenti giurisdizionali volti ad operare nei cpnfronti 
di quest'ultima possano essere ritenuti incidenti anche sulle posizfoni 
personali del funzionario agli effetti sopraindicati. Di conseguenza, 
deve respingersi la tesi che nella specie il presidente del �ollegio 
arbitrale si identificasse con l'Amministrazione e deve convalidarsi 
l'inquadramento delle situazioni allegate, fatto dalla Corte d'Appello, 
che ha ravvisato in esse delle semplici ragioni di astensione o 
di ricusazione. 
Ancora pi� semplice � la confutazione del secondo motivo di r'icorso, 
col quale si denuncia la violazione dell'art. 52 del r.d. 17 marzo 
1932, n. 366 e falsa applicazione dell'art. 815 c.p.c. e .si sostiene che 
l'arbitro nominato dall'Amministra~ione non aveva capacit�, per aver 
diretto l'ufficio dal quale dipendevano la progettazione, la direzione ed 
il controllo dei !'avori per i quali era sorta la controversia affidata al 


la di.sposizion� regolamentare di cui all'art. 52, ult. comma, r .d. n. 366 del 
1932 (beninteso in quanto esulante dalle ipotesi di cui all'art. 51 c.p.c.) 
non stabilisce casi di ricusazione o di astensione degli arbitri, abilitanti 
alla procedura ex art. 615 c.p.c., ma solo pone divieti di nomina di arbitri, 
la violazione dei quali deve essere dedotta nel giudizio arbitrale, per 
poter dare, quindi, luogo all'impugnativa del lodo ai sensi dell'art. 829, 

n. 2, c.p.�. A tale conclusione esplicitamente si contrappone, tuttavia, l'altro 
insegnamento della Suprema Corte regolatrice, secondo cui �la limitazione 
posta all'ammissibilit� dell'impugnazione del lodo a norma dell'art. 
829, primo comma, n. 2, c.p.c. non � applicabile all'arbitrato previsto 
dal Capitolato generale dei lavori pubblici, giacch�, essendo la nomina 
.. 
degli arbitri direttamente regolata, in modo vincolante, dal Capitolato 
stesso, le parti sono prive su tale punto di fa.colt� discrezionale enon .. 
possono consentire modificazioni dei modi di nomina degli arbitri � Cass., 24 
luglio 1968, n. 2671, Giur. it., Mass., 1968, 966 sub c). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudizio degli arbitri; perci� detto arbitro si trovava nella situazione di 
incompatibilit� assoluta prevista dall'art. 52 �citato innanzi, norma da 
qualificarsi pari negli effetti a quella dell'art. 812 c.p.c. 

Deve osservarsi in contrario che la norma sopraindicata, di indubbia 
natura regolamentare, disponendo che � con la firma del contratto 
resta convenuto che fa nomina degli arbitri �sar� fatta nel seguente 
modo... � e stabilendo in relazione al detto modo di nomina che �non.potranno 
essere nominati arbitri coloro �che abbiano partecipato alla 
compHazion.e dei progetti e alla direzione, sorv�eglianza e collaudazione 
delle opere su cui cadono le controversie, oppure che abbiano in qualsiasi 
modo par.tecipato all'esame della controversia stessa�, serve solamente 
ad inserire automaticamente nel contratto una condizione generale 
~che, per l'efficacia normativa del regolamento, deve ritenersi 
conosciuta agli effetti dell'art. 1341 e.e. -vincolante per le parti del 
contratto stesso. 

La disposizione, perci�, non vale a stabilire casi di ricusazione e 
di astensione degli arbitri che siano stati nominati in violazione della 
disposizione stessa; ma detta violazione contrattuale circa 'la nomina 
degli arbitri si sarebbe potuta denunciare a norma dell'art. 8�29, n. 2, 
c.p.c., sempre che per� la nullit� fosse stata dedotta nel giudizio i;irbitrale. 

Ora, da una parte, la censura proposta �Col motivo di ricorso in 
esame posa su tutt'altro piano (incapacit� dell'arbitro, stabilita da norma 
avente efficacia di fogge); dall'altra, non � .stato mai dedotto che nel 
giudizio arbitrale sia stata denunciata la violazione delle disposizioni 
contrattuali circa la nomina dell'arbitro, direttore dell'ufficio di progettazione 
e controllo dei lavori in appalto. 

Pertanto, sia pure correggendo la motivazione della sentenza impugnata 
sul punto in esame, la censura anzidetta dev'essere respinta. 

Privo di consi&tenza � anche il terzo motivo di dcorso, col quale si 
assume che la Corte d'Appello si sarebbe contraddetta, prima affermando 
che non esiste nel nostro ordinamento un sistema di cause di incapacit� 
innominate del giudice, inte.grativo di quello delle incapacit� nominate 
nell'art. 812 c.p.c., poi scendendo al:l'esame delle situazioni indicate come 
ipotesi di dette incapacit� innominate. Ma il ragionamento adottato dalla 
Corte d'Appello � pienamente cons�eguente, volto com'� a spiegare che 
le situazioni dedotte integravano non cause di incompatibilit� assolute, 
bens� cause di incapacit� relativa, da far valere cqn il mezzo della ricusazione. 
Nel che non si vede proprio che cosa vi sia di contraddittorio. 

Col quarto motivo il ricorrente insiste nel denunciare la violazione 
e falsa appHcazione dell'art. 815 c.p.c. e .sostiene che ha errato la Corte 
d'Appello, quando ha inquadrato nelle cause di ricusazfone dell'a<rbitro 
le situazioni dedotte, che non concernevano i casi di cui agli artt. 815 
e 51, n. 1 e 5, c.p.c., ma gravi ragioni di convenienza che, a norma dello 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 487 

stesso art. 51, danno luogo ad iniziativa del giudice (richiesta di astensione), 
non ad iniziativa della parte (ricusazione). 

In effetti la' ricusazione del giudice � possibile nei casi in cui � fatto 
�obbligo� al giudice di astenersi, sicch� non � proponibile la ricusazione 
nei casi in cui, in presenza di gravi ragioni di convenienza, il 
giudice pu� richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi 
(art. 51, ultimo comma, in relazione all'art. 52 c.p.,c.). Ma questo comporta 
che, viste le situazioni dedotte dall'Istituto Bancario quali gravi 
ragioni di convenienza perch� il giudice-arbitro si astenesse, dovrebbe 
dirsi ancor pi� convalidata l'affermazione che le situazioni medesime 
non possono essere considera.te cause di incapacit� de.ll'arbitro. 

Peraltro � stato .spiegato innanzi come le situazioni per.son.ali dell'arbitro 
prese in c'Onsiderazione nell'art. 52 del t.d. 17 marzo 1932, 

n. 36G avrebbero avuto una rilevanza ben diversa da quella ora detta, 
se fossero state denunciate come prescritto nell'art. 829 c.p.c. -(Omissis). 
CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. I, 29 maTzo 1969, n. 712 -Pres. 
Ciaccio -Est. Minniti -Consorzio di bonifica delI'Ufita (avv. Compagno) 
c. Impresa Delle Monache (avv. Messina G.). 

Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Arbitrato fondato su norme 
di legge e regolamento -Composizione del Collegio arbitrale in 
modo difforme da quello previsto dal Capitolato generale statale Nullit� 
del lodo -Sussiste -Impugnazione -Necessit� della previa 
eccezione nel corso del giudizio arbitrale -Esclusione. 
(c.p.c., artt. 158 e 829, n. 2). 

Trattandosi di appalto di opera pubblica, disciplinato con efficacia 
normativa e non meramente contrattuale dal Capitolato generale statale, 
il lodo m�bitrale pronunciato da un Collegio costituito in mo�do difforme 
da quello previsto dal predetto Capitolato � affetto da nullit� insanabile, 
senza che sussista la limitazione alla relativa impugnazione posta dall'art. 
829, n. 2, c.p.c. (1). 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con contratto di cottimo fiduciario del 19 ottobre 1956, reg. in 
Grottaminarda. il 7 novembre successivo, il Consorzio di �bonifica del


(1) L'art. 349 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F dispone che �nei 
Capitolati di appalto potr� prestabilirsi che la questione tra l'amministrazione 
e gli appaltatori siano decise da arbitri�. E, secondo il successivo 

488 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'Ufi.ta affidava all'Impresa Danilo Delle Monache l'appalto dei lavorl 
di sistemazione idraulico-agraria del baci:no dell'Ufi.ta nei Comuni di 
Zungoli e Vi11anova del Battista. 

Con atto del 7 febbraio 1963 il Delle Monache, �loiendosi di varie 
inadempienze dell'Ente appaltante, promuoveva un gi.dizio arbitrale, 
formulando vari quesiti e chiedendo la condanna del Consorzio al pagamento 
di diverse somme. 

Il Collegio arbitrale, con lodo 19 novembre-9 dicembre 1963, reso 
esecutivo il� 16 dicembre dello stesso anno dal Pretore di Napoli, condannava 
il Consorzio al pagamento di L. 12.477 .084, con gli interessi 
legali. 

Il Consorzio impugnava la sentenza arbitrale davanti aUa Corte di 
appello di Napoli, d�ducendo varie violazioni di legge.� 

Il Del'le Monache resisteva alla impugnazione, conte,standone, in 
via preliminare, l'ammissibilit�, a norma� del combinato disposto degli 
artt. 829, ultimo comma, c.p.c. e 49 del Capitolato ~enerale per gli appalti 
deU:e oo.pp., approvato con d.m. 28 maggio 1895, sul riflesso che 

.il Consorzio aveva dedotto solo errores in iudicando, mentre nel contratto 
19 ottobre 1956 le parti avevano fatto espresso richiamo al citato 
art. 49 del Capitolato, che, nell'escludere l'assoggettabilit� della sentenza 
arbitrale all'appello ed alla cassazione, ne consentiva l'impugnazione 
solo per errores in procedendo. Nel merito deduceva l'infondatezza 
del gravame e, in via incidentale �Condizionata, impugnava a sua 
volta il lodo per le parti nelle quali talune sue domande non erano 
state accolte. 

art. 364 della stessa legge, � un regolamento determina le norme e la 
procedura... per la risoluzione delle contestazioni che insorgessero colla 
impresa �. Alla stregua di tali norme, mentre il regolamento per la direzione,
� contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato approvato con 

r.d. 25 maggio 1895, n. 350 provvede alla disciplina della risoluzione di 
tah_contestazioni in via amministrativa (artt. 22, 23 e 109), il Capitolato 
generale OOJpp., avente anch'esso natura 'regolamentare (v., per tutte, 
Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959 ed ivi 
nota 1 di ulteriori riferimenti), nel ribadire che le � domande � ed i 
� rredami � dell'Impresa debbono essere presentati ed iscritti nei documenti 
contabili n�ei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal predetto regolamento 
(artt. 41 Cap. gen. 1895 e 42 Cap. gen. 1962), dispone, a sua 
volta, �che tutte le controversie tra l'Amministrazione e ,l'appaltatore; quale 
che ~ia la loro natura, tecnica, amministrativa o giuridica, che non si 
siano �potute definire in via amministrativa a norma degli artt. 22, 23 e 109 
r.d. n. 350 del 1895 sopracitato, vanno deferite al giudizio di cin,que arbitri 
(artt. 42 Caip. gen. 1895 e 43 Cap. gen. 1962), e 1precisamente, secondo il 
vigente Cap. gen. 1962, ad un Collegio composto da un magistrato del 
Consiglio di Stato che lo presiede, nominato dal Presidente del Consiglio 
stesso; da un magistrato giudicante della Corte di appello di Roma, nominato 
dal primo Presidente d~lla Corte stessa; da un componente tecnico 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 489 

I 

La Corte, con sentenza 20 novembre 1964-18 marzo 1965, dichiarava 
inammissibile l'impugnaz~one principale e .assorbita quella incidentale 
condizionata. Rigettava altres� la domanda del Consorzio diretta 
ad ottenere la declaratoria di nullit� del lodo per vizio nella cQmposizione 
del Collegio arbitrale, costituito, anzich� da cinque, da soli tre 
arbitri. 

Avverso tale sentenza proponeva in termini ricorso per cassazione 
il Consorzio, deducendo__ cinque mezzi d'annullamento. La Corte di Cassazione, 
con sentenza 17 gennaio-6 �aprile 1966, reSipinto il secondo, accoglieva 
il terzo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri e annullava 
la sentenza della Corte di Napoli, rinviando la causa, per nuovo 
esame, a questa Corte, delegata a provvedere anche sulle spese del giudizio 
di Cassazione ed enunciando il seiguente principio di diritto: � Le 
norme del nuovo capitolato generale di appalto per le opere di competenza 
del Ministero dei LL,.PP.., approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, 

n. 1063, regolanti il modus procedendi dell'arbitrato, previsto dagli 
artt. 42 e segg. del Capitolato stesso (impugnabilit� del lodo};' sono 
norme processuali d'immediata applicazione anche rispetto a rapporti 
sorti anteriormente all_? data (1� settembre 1962) della lor~ entrata in vigore. 
Pertanto, il lodo arbitrale, pronunciato dopo la data predetta, in 
ordine a .rapport1i .sorti nel vtgore del precedente Capitolato generale, di 
cui al d.m. 28 maggio 1895, � soggetto, quanto all'impugnazione, alle 
norme dell'art. 51 del n.uovo Capitolato, abrogativ�e dei limiti .d'impugnabilit� 
di tale lodo posti dal menzionato Capitolato ministeriale�. 
Con atto notifi.cato il 24 marzo 1967 il Consorzio riassumeva la 
causa davanti a questa Corte, riproponendo i motivi di nullit� gi� dedotti 
davanti alla Corte di Napoli, in numero di 4, attinenti alla deci


del Consiglio superiore dei ll.pp., nominato dal Presidente del Consiglio 
stesso; da un funzionario della carriera direttiva, amministrativa o tecnica 
del Ministero dei lavori pubblici o da un avvocato dello Stato, nominato 
dal Ministro per i lavori pubblici o da un suo delegato; da un libero 
professionista, iscritto nel relativo albo professionale, nominato dall'appaltatore 
(art. 45 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Il vigente Capitolato generale 
oo.pp. iprevede; peraltro, la facolt� delle parti di escludere la competenza 
ar�bitrale, optando per quella del giudice competente a norma delle 
disposizioni del codi.ce di procedura civile e del testo unico 30 ottobre 
1933, n. 1611 (art. 47 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Ci� non toglie, tuttavia, 
che si tratti pur sempre di arbitrato obbligatorio (Cass., 24 luglio 
1968, n. 2671), nel senso, cio�, che esso, in virt� della legge n. 2248 all. F 
del 1865, non deriva da una clausola compromissoria, ma da .una norma 
regolamentare: la competenza arbitrale � ha, dunque, diretto fondamento 
nella legge� (Cass., 22 dicembre 1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, 
. 1182) e la scelta .prevista dall'art. 47 cit. Oap. gen. 1962 non presuppone o 
comporta il potere di modificare un patto contrattuale, ma � un atto meramente 
processuale, � essendo processuale, appunto, e fondata direttamente 
sulla legge la competenza alternativa e facoltativa dell'uno o dell'altro 



490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sione arbitrale in ordine al 1�, 2� e 4� quesito, nonch� alla costituzione 
dello stesso Colle.gio arbitrale. 

Si cosfituiva ritualmente il Delle Monache, contestando la fondatezza 
dell'impugnazione nel merito, riproponendo l'appello incidentale 
condizionato e chiedendo l'accoglimento di tutte le domande formulate 
davanti al Collegio arbitrale. 

Le parti precisavano quindi le conclusioni, come in epigrafe trascritte, 
ed all'udienza del 31 gennaio 1969 la causa era posta in decisione. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

L'impugnazione proposta dal Consorzio � fondata e va perci� di


chiarata la nulli.t� del lodo. 

Preliminare rispetto ad ogni altro � il motivo riguardante l'irregolare 
costituzione del C-0llegio arbitrale, motivo che venne proposto dal 
Consorzio davanti alla Corte di Napoli solo nella comparsa conclusionale. 
Quella Corte ebbe a disattenderlo sotto due aspetti, e cio� sia perch� 
tardivamente proposto, sia perch�, ritenendolo attinente all'ipotesi 
di nullit� prevista dall'art. 829, n. 2, c.p..c., rilev� c_he non era stato dedotto 
nel giudizio arbitrale. 

La Corte di Cassazione, affermato in linea di principio che le norme 

del Capitolato del �!962, riguardanti il modus proce�dendi dell'arbitrato, 

hanno carattere processuale e sono quindi di immediata applicazione, 

sicch� il lodo arbitrale pronunciato, come quello in specie, dopo il 

1� settembre 1962 � soggetto, quanto all'impugnazione, alle norme del


l'art. 51 del nuovo Capitolato, dichiar� assorbita in tale decisione la 

censura che il Consorzio aveva e.spressamente-rivolto contro la statu�


giudke " (Cass., 22 dicembre 1969, n. 4022 sopra cit.). Fermo restando, 
adunque, in via di principio, che i Capitolati generali statali ( e �Cos� anche 
le Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio militare arprpr. 
con �r,d. 17 marzo 1932, .n. 366, nonch� quelle del Capitolato generale amministrativo 
FF.SS., appr. con id.O.A. 9 aprile 1909 e mod con d.C.A. 17 
novembre 1921, con d.C.A. 14 luglio 1922 e con D.M. 20 giugno 1945, 
n. 1937, del Capitolato per la esecuzione dei lavori e forniture per conto 
delle stesse FF.SS., appr. con d.C.A. 3 maggio e 14 luglio 1922, mod. 
con D.M. 13 ottobre 1931, n. 740, D.M. 20 giugno 1945, n. 1937, D.M. 11 
gennaio 1950, n. 2906 e con D.M. 30 luglio 1958, n. 720) hanno natura regolamentare 
(Cass., 15 aprile 1971, n. 1060, supra, 483; 23 luglio 1969, n. 2766, 
in questa Rassegna, 1969, I, 762; 30 giugno 1969, n. 2393, ivi, 586, nella 
motiv.), pu� afferma!rsi che, in tutti gli appalti di opere pubbliche normativamente 
disciplinati da essi, l'arbitrato (anche se � unilateralmente 
facoltativo " come si dice per gli appalti delle FF.SS., su cui v. Cass., 
Sez. Un., 19 febbraio 1946, n. 171, Foro it., 1946, 453 e segg.) non trae fondamento 
da una clausola contrattuale, ma da una norma di diritto obiettivo. 
Tornando, aMora, a considerare gli appalti disdplinati dal Capitolato generale 
oo.pp. (ora d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), pu� skuramente affer




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI. ECC. 491 

zione della Corte di Napoli, che aveva respinto l'anzidetto motivo di 
nullit�. Tale motivo � stato riproposto con l'atto di riassunzione davanti 
a questa Corte e attiene al fatto che il Collegio arbitrale, che, a sensi 
tanto del Capitolato del 1895, che di quello del 1962, avrebbe dovuto 
esser composto da cinque arbitri, � stato invece costituito con soli tre 
membri. 

Il motivo appare fondato e va perci� accolto. � opportuno ,premettere 
che, essendosi costituito il Collegio arbitrale il 4 ma,ggio 1963, il 
numero degli arbitri, la forma ed n� modo della loro nomina soggiacevano 
alle disposizioni �di cui all'art. 45 del Capitolato del 1962, e ci� 
proprio in ossequio al principio di diritto enunciato dalla Suprema 
Corte con la sentenza di rinvio, sicch� il Collegio avrebbe dovuto esser 
composto da cinque membri, di .cui uno magistrato del Consiglio di 
Stato, nominato dal Presidente del Consiglio stesso; uno magist:r~ato della 
Corte d'appello di Roma, nominato dal Primo Presidente della� stessa 
Corte; uno componente del Consiglio Superiore dei LL.PP., nominato 
dal Presidente del Consiglio stesso; uno funzionario del Ministero dei 
LL.PP., o avvocato dello Stato, nominati dal Ministro dei LL.PP.; uno, 
infine, libero professionista, nominato dall'a.ppaltatore. 

� pacifico che il Collegio arbitrale che pronunci� il lodo in questione 
fu composto con soli tre membri, nominati in modo del tutto diverso 
da quello previsto dal Capitolato del 1962, e ci� per l'erronea opinione 
di entrambe le parti che fosse applicabile il Capitolato generale 
della Cassa per il Mezzogiorno (v. domanda d'arbitrato e atto di nomina 
d'a11bitro del Consorzio). 

marsi che, in proposito, la volont� delle parti, a differenza che nell'arbitrato 
volontario, non si esprime liberamente n� nella stipulazione di un 
compromesso o della clausola �compromissoria, n� nell'atto di nomina dell'arbitro, 
�essendo tale nomina � direttamente regolata, in modo vincolante, 
dal Capitolato gene�rale �, di guisa che �le parti �sono prive su fa;le punto 
di facolt� discrezionale e non possono consentire mod.ificazioni nei modi 
di nomina degli arbitri� (Cass., 24 luglio 1968, n. 2671, cit. Giur. it., Mass., 
1968, 967). � chiaro, invero, che, non rientrando le norme di Capitolato 
generale sull'arbitrato fra quelle di carattere dispositivo, esse non possono 
essere, comunque, derogate neppure dalle eventuali disposizioni di Capitolato 
gene�rale pred&sposte da altri Enti, agli appalti dei quali pur si ap-� 
plichi il Capitolato generale statale in virt� di richiamo ope legis (cfr. 
Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842; Lodo 
3 novembre 1969, n. 61, Roma, id., 1970, I, 161, ed ivi nota 1 di ulteriori 
riferimenti). Da qui l'esattezza della perspicua sentenza in rassegna (vedila 
pubblicata anche in Arb. e appalti, 1970, 224 e segg. Sulla questione, 
v., anche, CoNTI, Applicabilit� dell'art. 45, lett. d, del Capitolato generale 
LL.PP. ecc., in questa Rassegna, 1966, I, 725 e segg., nonch� Lodo 3 novembre 
1969, n. 61, Roma, sopra cit., �in questa Rassegna, 1970, I, 161, ed 
ivi nota 2 di riferimenti). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

492 

Ci� premesso, non sembra potersi dubitare che il lodo sia� viziato 
dalla nullit� assoluta ed insanabile .prevista dall'art. 158 c.p..c. o che 
comunque ricorra l'ipotesi di" nullit� prevista dall'art. 829, n. 2, c.p.c. 

Invero il Collegio arbitrale, composto da soli tre membri, anzich� 
da cinque, non si � validamente costituito e la relativa nullit�, proprio 
perch� di car.attere assolUto ed insanabile, poteva essere rilevata d'ufficio, 
.sicch� non ha alcuna rilevanza lo .stabilire se la proposizione del 
relativo motivo da parte del Consorzio, davanti al1a Corte d'appello di 
Napoli, avvenuta solo nella �comparsa �conclusionale, sia stata o me:r;io 
tempestiva. In ogni caso, poi, non va trascu:vato di porre in rilievo che 
il contraddittorio in ordine a tale motivo � stato pacificamente e senza 
alcuna eccezione accettato da controparte, che si � difesa nel merito. 
N� .pu� condividersi l'opinione espressa daHa Corte d'appello di Napoli, 
secondo la quale, rientrando la nullit� nell"ipotesi prevista dall'art. 829, 

n. 2, c.p.c. e non essendo stata dedotta davanti al Collegio arbitrale, 
l'impugnazione non sarebbe ammessa. 
Va osservato, anzitutto, che la nullit� rilevata, attenendo pi� che 
alle forme ed al modo di nomina degli arbitri, alla regolare �costituzione 
del Giudice, non rientrerebbe nello schema del n. 2 dell'art. 829 c.p.c., 
avendo carattere pi� ampio e generale, in quanto investe il potere del 
Collegio� di esercitare la funzione di Giudice ed ha, perci�, quale conseguenza, 
pi� che la nullit�, l'inesistenza del lodo, che, .secondo la pi� 
perspicua dottrip.a, sarebbe rilevabile in qualsiasi momento ed anche 
mediante un mezzo diverso dall'impugnazione per nullit�. 

Comunque, anche a voler ricondurre detta nullit� nelle previsioni 
del n. 2 dell'art. 829 c.p.c., del pari dovrebbe pervenirsi alla conclusione 
dell'inesistenza della necessit� di previa deduzione davanti allo stesso 
Collegio arbitrale, e ci� in considerazione della particolare natura dell'arbitrato 
previsto dal Capitolato per le 0ipere pubbliche dello Stato. 

Giova al riguardo� osservare che la limitazione posta all'ammissibilit� 
dell'impugnazione per nullit� del lodo per il motivo di cui �al 
cennato n.� 2 dell'art. 829 c.p.c., limitazione consistente nella necessit� 
che la nullit� sia .stata dedotta davanti agli arbitri, trova la sua ragione 
d'essere nel fatto che, nell'arbitrato ordinario, rientra nel potere dispositivo 
delle parti lo stabilire il numero ed il modo di nomina degli arbitri, 
all'atto della stipula del compromesso o della clau,sola compromissoria, 
e ci� a sensi dell'art. 809 .c.p.c .. e con l'unko limite che gli 
arbitri �Siano in numero dispari. Sicch�, come le .stesse parti possono 
liberamente modifi.care consensualmente i patti stipulati al riguardo, 
del pari �i affidato alla loro valutazione discrezionale il decid�ere se far 
valere o meno la ragione di nullit� in questione. 

Pertanto_ la necessit� �Che l'eccezione sia tempestivamente proposta 
davanti al Collegio arbitrale deriva proprio dal fatto che si vuol evi-, 
tare che la parte, la quale, astenendosi dal proporre l'eccezione imme




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 493 

di,atamente, abbia dafo segno di ritenere che la violazione delle forme 
e modi di nomina degli arbitri non lede alcun suo interesse effettivo, 
possa, .poi, in i~elazione .al rfaultato del lodo, addurre quella causa di 
nullit�, che lei stessa .aveva manifestato di ritenere irrilevante. 

Ma la situazione � del tutto divers,a: nell'arbitrato disciplinato dal 
Capitolato generale per le opere pubbliche, ove modi e forme di nomina 
degli arbitri sono regolate direttamente dalla legge e dove difetta 
un qualsiasi potere dispositivo delle parti, vincolate ai comportamenti 
prescritti dagli 'artt. 45 e ,segg. L'obbligatoriet� della composizione del 
Collegio arbitrale, delle forme e dei modi di nomina degli arbitri, prevista 
al fine di garantire la loro correttezza, imparzialit� e competenza, 
escludendo, come rilevato, qualsiasi potere dispositivo delle parti, fa 
venir meno, perci�, il presupposto �cui � ,coUegata la limitazione posta 
nel n. 2 dell'art. 829 c.p.c. 

Perci� -in ogni caso -il. fatto �che il motivo di nullit� non sia 
stato dedotto davanti a.gli arbitri non preclude l'impugnazione davanti 
al Giudice ordinario. -(Omissis). 



SEZIONE SJ!:TTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 febbraio 1970, n. 10 -Pres. 
D'Amario -Rel. Muscolo -P. M. Marucci (conf.) -Rie. P. M. in 
proc. Gelfi. 

Poste e telecomunicazioni -Telefoni e telegrafi -Impianti radioelettrici-
completi -Detenzione con possibilit� d'impiego -Sussistenza 
del reato -Fattispecie relativa ad apparecchi forniti agli' operai 
per l'eventuale uso sul luogo di lavoro. 

La detenzione con possibilit� d'impiego di appar�cchi radioelettrici 
completi, che siano forniti, in rilevante numero, a squadre di operai per 
i'eventuale uso in caso di necessit� sul luogo del lavoro, rientra nella 
previsione no1�mativa dell'art. 178 codice postale, il quale punisce lo 
stabilimento, cio� l'allestimento di un impianto telegrafico, telefonico 

o radioelettrico senza concessione, quale appunto deve ritenersi il collegamento 
di pi� persone mediante �apparecchiature idonee a rendere 
efficiente un servizio di comunicazione; pertanto integra la fattispecie 
la semplice predisposi:zione degli apparecchi, potenzialmente adibiti per 
l'utilizzazione (1). 
(Omissis). -Gelfi Francesco, amministratore della Soc. S.I.R.T.I., 
veniva tratto al giudizio del Pretore di Milano per rispondere di esercizio 
abusivo di impianto radioelettrico (art. 178 codice postale) e di 
detenzione di apparecchiature radioelettriche senza la relativa denunzia 
(art. 3 legge 14 marzo 1952, n. 196), essendo risultato che la detta societ� 
disponeva di 14 radio ricetrasmittenti portatili che aveva spostato 
in varie localit� d'Italia dove aveva compiuto lavori per impianti di 
telecomunicazioni, dandoli in dotazione ai propri dipendenti. Il prevenuto 
ammetteva il possesso di detti apparecchi sostenendo, per�, che 
gli stessi non erano stati utilizzati in quanto non si erano mai verificate 
quelle situazioni di emergenza per cui erano .stati consegnati agli operai. 

(1) La decisione � ineccepibile: l'art. 178 del codice po~tale prevede 
infatti un'ipotesi di reato di pericolo nella prima delle due ipotesi astrat-� 
tamente previste. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

E il Pretore, pur affermando la sua responsabilit� in ordine alla contravvenzione 
all'art. 3 della legge del 1952 e condannandolo a L. 60.000 
di ammenda, lo� assolveva per insufficienza di prove dall'altro reato. 
Avverso tale decisione proponevano appello il P. M. e l'imputato, e il 
Tribunale, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di cui all'art. 3 
predetto, confermava nel resto l'impugnata pronunzia. 

Ricorre ora per cassazione il Procuratore Generale deducendo la 
violazione degli artt. 475 n. 3 e 524 n. 3 c.p.p. In sostanza il ricorrente, 
sotto l'unica censura di mancanza di motivazione, si duole e della lacunosa 
valutazione delle risultanze processuali circa l'effettiva utilizzazione 
del materiale arbitrariamente detenuto e dell'erronea interpretazione 
dell'art. 178 codice postale circa il concetto d'uso delle apparecchiature 
in questione. 

E la doglianza merita accoglimento perch� non � tanto fondata la 
censura di difetto di motivazione circa l'uso concreto degli apparecchi 
radioelettrici forniti dal prevenuto ai suoi dipendenti, motivazione la 
quale potrebbe ritenersi basata su un discrezionale apprezzamento di 
fatto, quanto invece � fondata la censura di erronea interpretazione del 
disposto dell'art. 178 codice postale. 

Tale articolo di legge persegue, invero, � �chiunque .stabilisce o esercita 
un qualsiasi impianto telegrafico, telefonico, radioelettrico, senza 
aver prima ottenuto la relativa concessione � e la formula adottata non 
lascia il minimo dubbio che, se la semplice detenzione, �senza una potenziale 
possibilit� di uso immediato, di apparecchiatur~ radioelettriche 
non � sufficiente per l'appUcazione delle sanzioni in�detto art. 178 previste, 
in quanto di ci� si occupa l'art. 3 dell~ legge 14 marzo 1952, 

n. 196, la detenzione con possibilit� d'impiego degli apparecchi completi 
che, come nella �S:Pecie, siano forniti, in rilevante numero, a squadre 
di operai per l'eventuale uso in caso di necessit� sul luogo del lavoro, 
realizza invece una situazione che rientra proprio nella previsione normativa 
d�ll'art. 178 codice postale, il quale punisce perfino lo .stabilimento, 
cio� l'allestimento, di un impianto telegrafico, telefonico o radioelettrico 
senza concessione, quale appunto deve ritener.si il collegamento 
di pi� persone mediante apparecchiature idonee a rendere efficiente 
un servizio di comunicazione. � suffidente, infatti, la semplice 
predisposizione degli apparecchi in questione, potenzialmente ai:l.ibiti per 
l'utilizzazione, onde integrare la fattispecie in esame. 
A tale interpretazione non osta il disposto dell'ultimo comma dell'art. 
178, che sancisce l'applicaz.ione di una sopratassa pari a venti volte 
la tassa corrispondente alle comunicazioni abusivamente effettuate, perch� 
anzi tale norma dimostra l'intento della legge di colpire pi� severamente 
i trasgressori che abbiano effettuato abusive comuniicazioni 
rispetto a quelli che si siano limitati a stabilire l'impianto senza utilizzarlo. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

496 

N� tale interpretazione pu� ritenersi resistita dalla tesi della difesa, 
secondo la quale la disposizione dell'art. 178 codice postale .sarebbe applicabile 
e�scluslvamente agli impianti fissi. Tale concezione, invero, non 
� suffragata da elementi letterali della norma, n� � conciliabile con la 
nozione di impianto radioelettrico, che, ad esclusione dei grandi impiantii 
� caratterizzato da apparecchiature portatili. 

N�, nella specie, un ostacolo potrebbe derivar�e dal fatto che risulta 
contestato all'imputato � l'esercizio � abusivo di impianto e non il. semplice 
� stabilimento � di impianto,� giacch� l'ipotesi pi� grave � �manifestamente 
comp;rensiva di quella meno ,grave, dal momento che la legge 
pone entrambe sullo ste,sso piano giuridico e sanzionatorio. 

� evidente, pertanto, l'errore in cui sono incorsi i giudici di merito 
nel ritener�e necessaria la concreta utilizzazione pratica dell'impianto 
radioelettrico quale requisito per l'integrazione del reato di cui all'articolo 
178 codice postale e, di conseguenza, la sentenza impugnata deve 
essere annullata -con rinvio per nuovo esame. -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 agosto 1970, n. 345 -Pres. Strani~
ro; Rel. Siotto -P. M. Lombardi (conf.) -Rie. Cerrato ed altri. 

Reato -Associazione per delinquere -In genere -Concorso d.i persone 
nel reato -Differenza -Singoli delitti compiuti unificati dal vincolo 
della continuazione -Associazione per delinquere -Compatibilit�. 

Reato -Associazione per delinquere -In genere -Variazione delle persone 
nel corso del tempo -Conoscenza tra tutti i membri-Concorso 
di tutti alla consumazione di ogni delitto -Irrilevanza Fondamento. 


La diffe1�enza fra l'associazione per delinquere pirevista dall'articolo 
416 c.p., e la compartecipazione criminosa, disciplinata degli articoli 
110 e seguenti dello.stesso codice, va ravvisata nel fatto. che, mentre 
in questa l'accordo, il quale pu� anche intervenire fra dul'! sole persone, 
� circoscritto alla realizzazione di uno o pi� reati singolarmente individuati 
e si esaurisce dopo che questi sono stati commessi, nella prima 
l'accordo, che deve intervenire fra almeno tre persone ed avere carattere 
generale e continuativo, ha per oggetto l'attuazione di un programma 
criminoso e precede l'accordo particolare relativo ad o�gnuno dei 
delitti genericamente compresi n.el programma ed ai mezzi ed alle mo-~ 
dalit� della sua esecuzione, dopo la quale, di regola, non viene meno, �� 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 497 

ma continua a sussistere per l'ulte1-iore utilizzazione del programma 
stesso. E poich� quest'accordo, di carattere generale e continuativo, ma 
non necessariamente indeterminato nel tempo, � punito indipendentemente 
dall'esecuzione, consumata o tentata, dei delitti inclusi nel programma 
,il reato de quo pu� ben sussistere anche quando i singoli de-. 
Zitti compiuti possano, per effetto del concreto disegno criminoso che 
ha presieduto alla loro esecuzione, essere giuridicamente unificati nella 
forma del 1�eato continua_to (1). 

Per la sussistenza del delitto di associazione per delinquere a nulla 
rileva che ad un'associazione inizialmente costituita fra determinate persone, 
altra persona si aggreghi nel corso del tempo, o taluna nel corso 
del tempo da essa receda, prima o dopo che alcuno <;lei deLitti del programma 
venga commesso, ovvero che tutti i membri di essa si conoscano 
personalrri:.ente, o tutti concor'tano alla -consumazione di ogni singolo 
delitto ed agiscano nello stesso luogo�, atteso che, essendo ciascuno 
punito �per il solo fatto di partecipare all'associazione�, la quale concreta 
un reato di natura permanente, ci� che � essenziale � che l'associazione 
rimanga sempre formata da un minimo di tre persone e che 
ciascuna, qualunque sia il momento della sua volontaria aggregazione, 
sia consapevole di. far parte di un tale sodalizio. 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 -Pres. Colli � 
Rel. Vigorita -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Muther, Franz ed altri. 

Reato -Cospirazione politica -Compartecipe e concorrente -Differenze. 

L'appartenente o il partecipe all'assoc~azione, quale deriva dalla 
triplice tipologia di cui ai commi dell'art. 305 c.p., � l'accolito del soda


(1) La prima massima � conforme ad una giurisprudenza ormai pacifica: 
v. Cass. I Sez. 9 marzo 1966, in Massimario Ufficiale, 1966, n. 1242, 
m. 102.671; I Sez. 6 novembre 1967 in Cass. Pen. Massimario Annotato 
1968, p. 881, m. 1338; 20 giugno 1967 ivi, p. 508, m. 768 con ampia nota di 
richiami. Ed invero il criterio distintivo era facilmente reperibile, fra associazione 
a delinquere e concorso di persone nel reato, sia che il concorso 
concerna !Pi� reati indipendenti, sia che concerna reati coHegati dal vincolo 
della continuazione, siano questi realizzati o siano soltanto previsti come 
programma da realizzare: l'indeterminatezza del programma criminoso � 
infatti tipico dell'associazione mentre il suo �contrario, cio� l'individuazione 
dei reati da commettere, caratterizza il concorso di pi� persone. Il prob~ema 
� invece indubbiamente delicato in fatto, richiedendo spesso la ricerca 
della volont� effettiva una deMcata indagine. In dottrina v. BoscARELLI. 
Associazione per delinquere, in Enciclopedia del diritto. 

~98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lizio, coiui, cio�, che, conoscendone l'esistenza e gli scopi, vi aderisce e 
ne diviene, con carettere di stabilit�, membro e parte attiva, rimanendo 
sempre al corr�nte dell'interna organizzazione, dei particolari e concreti 
progetti, del nmnero dei consoci, detle azioni effettivamente attuate o da 
attuarsi, sottoponendosi alla disciplina delle gerarchie ed al succedersi 
dei ruoli; il partecipante �vuole tutto il fenomeno associativo nella sua 
intierezza � . .4. fianco di questa figura pu� ben collocarsi quella di �con.corrente
�: l'art. 307 c.p., in relazione specifica all'art. 305 (come pure, 
del resto, l'art. 418 c.p. in relazione all'art. 416 c,p.) p1�evede esplicitamente 
la possibilit� del concorso nel reato de quo, inserendola in una 
specie di gerarchia quantitativ�a, che, avendo al suo vertice l'ipotesi pura 
deU'art. 305 c.p., si snoda attraverso le ipotesi minori del concorso, del 
favoreggiamento, dell'assistenza. 

Ora, la figura del concorrente, per quel che comporta la f!-OZione del 
concorso e 7Jer quelli che sono nella specie i cownotati differen~iali da 

(2) Profili delicati e complessi presenta anche il problema del concorso 
di ;persone nel reato di associazione, sia in diritto sia in fatto. Una 
prima difficolt� � rappresentata dalla natura del reato ,in esame che, come 
� noto, � reato plurisoggettivo, una fattispecie cio� di concorso necessario 
di :persone, sicch�, prima facie, sembrerebbe impossibile rparlare di applicabilit� 
all'associazione a delinquere della norma di cui all'art. 110 c.p. che 
prevede un'ipotesi di concorso eventuale. Parrebbe contraddittorio infatti 
prevedere un concorso eventuale in un'tpotesi di concorso necessario, tant'� 
che parte della dottrina (GRISPI4NI, Diritto penale it�liano, 1950, II, p. 281 
ritiene non applicabili le nocme di cui agli artt. 110 e ss. c.p. ai reati plurisoggettivi. 
La dottrina e la giurisprudenza dominanti sono per� di contrario 
avviso ed in effetti l'applicabilit� di queste norme discende e dalla considerazione 
che esse sono norme di carattere generale (.ANTOLISEI, Manuate dir. 
pen., 1963, I, p. 438) e dalla impossibilit� di prevedere la disciplina di casi 
identici a quelli regolati d�alle .disposizioni sul concorso di persone (es. per 
decidere. circa la comunicabilit� o meno delle circostanze: v. PANNAIN, 
Manuale dir. pen., 1950, I, p. 622). La peculiarit� ;poi della fattispecie tipica, 
� fale che il concorso nell'associazione �si diversifica dalla vera e 
propria partecipazione per forme cos� tenui, da rendere estremamente difficile 
la distinzione. Nei reati materiali invero (o di evento) la netta distin2lione 
fra condotta ed evento consente di individuaTe agevolmente la 
ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. (nella sua forma, che qui interessa, di 
compartectpazione secondaria: complicit� e istigazione) in quella condotta 
che si inserisce �con efficacia causale nella serie degli antecedenti senza 
investire direttamente l'evento e �senza divenire quindi conforme a quella 
descritta nel modello astratto, mentre il dolo deve riguarda�re, come rappresentazione 
e volont�, il fatto-reato nella sua interezza. Nei reati formali 
invece (o di pura condotta, o senza evento che dir si voglia) i�l discorso 
diventa pi� difficile, poich� qui non vi � pi� il comodo termine di confronto 
dell'� evento � con cui stabilire la conformit� della condotta al 
ti-po descritto, sicch� nell'associazione per delinquere, o nella cospirazione 
politica, che sono tipici reati formaili, concorrente e associato devono voler'entrambi 
il fenomeno associativo nella -sua interezza, devono entrambi 

499

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

tutte quelle figure affini, � agevolmente individuabile nell'attivit� ai chi 
-pur non essendo membro del sodalizio, cio� non aderendo ad esso 
nella piena accettq,zione dell'organizzazione, dei mezzi e dei fini contribuisce 
all'associazione merc� un apprezzabile fattivo apporto personale, 
agevolandone l.'affermarsi e facilitandone l'operare, conoscendone 
l'esistenza e le finalit�, ed avendo coscienza del nesso causale del suo 
contributo (fornitura di armi ed esplosivi ai congiurati, atisilio a costoro 
in sporadici episodi di terrorismo, diffusione di mezzi di propaganda, 
e simili, e sempre che questi atti, -per il concorrere di altre pertinenti 
circostanze, non significhino addirittura adesione all'associazione). Dunque, 
il concorrente � l'occasionale collabomtore di quella org�anizzazione 
cospirativa, dall'esterno (2). 

recare un contributo causale alla realizzazfone del fatto �Criminoso. Detto 
ci�, come si vede, il reato nelle sue componenti (elemento oggettivo e 
elemento sog~ettivo) � realizzato e resta ben poco aU'indagine discriminatrice 
fra concorrente e associato, che pur tuttavia non pu� �Che far riferimento 
all'elemento materiale della .condotta. E questa sar� :per l'associato 
comprensiva di tutti gli elementi essenziali del fenomeno associativo 
(durata, attivit�, scopi ,organizzazione, strumenti) mentre il concorrente 
arrecher� una collaborazione meramente occasionale ed esterna: la 
distinzione sul piano concettuale esiste, anche se in concreto � estremamente 
difficile distinguere l'indagine sulla condotta da quella sul dolo. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 agosto 1970; n. 417 -Pres. Frisoli 
-Rel. Tripepi -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. P. M. in proc. 
Cefal�. 

Demanio -Patrimonio artistico e storico -Vincolo paesaggistico Inclusione 
deUa localit� tutelata nell'elenco della 'commissione 
provinciale -Sufficienza. 

Demanio -Bellezze naturali -Distruzione o deturpamento di bellezze 
naturali -Costruzione abusiva in zona soggetta a vincolo paesaggistico 
-Reato permanente -Momento di cessazione della per 
manenza. ~ 

Il vincolo paesaggistico a protezione delle bellezze naturali s01�ge 
con l'indusione della localit� tutelata negli elenchi approvati daLla competente 
commissione provinciale; dopo la quale inclusione � vietata, 
quindi, ogni costruzione senza la prei,ia autorizzazione del Soprinten-~ 
dente competente, a nulla rilevando che ancora non sia intervenuta l'ap


20 



500 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

provazione definitiva dell'elenco da parte del Ministero della Pu;bblica 
Istruzione (1). 
La cessazione della permanenza del reato di cui all'art. 734 c.p., 
non pu� non coincidere con la cessazione dell'attivit� dannosa dell'agente 

�e devesi pertanto identificare, nel caso della costruzione non autorizzata 
in zona soggetta a vincolo paesaggistico, nel compimento, o neLla sospensione, 
dell'attivit� edilizia, mentre l'eventuale sopravvivenza dell'opera 
abusiva e dannosa costituisce un effetto permanente del reato (2). 

(1-2) Sulla natura del reato di distruzione o deturpamento di bellezze 
naturali la giurisprudenza della Suprema Corte oscilla fra affermazioni 
contrastanti: in un primo tempo era stato ritenuto che esso fosse reato 
permanente e che [a permanenza cessasse solo con la sentenza di condanna 
di primo grado (Cass., Sez. III, 25 maggio 1957, in Giust. pen., 1957, II, 

p. 901, m. 998), mentre recentemente � stato sostenuto il .principio poi 
confermato con la sentenza che si annota (v. Cass. Sez. VI, 28 ottobre 
1967 in Cass. pen., Massimario Annotato, 1968, n. 1368, m. 2199). Il �problema 
merita indubbiamente maggiore attenzione, apparendo insoddisfacente 
'l'una e l;altra affermazione, se si tien conto �che caratteristica essenziale 
del reato permanente � la dipendenza del !P�rotrarsi della situazione 
antigiuridica dalla �Condotta volontaria del soggetto che � sempre in grado 
di far cessare, o no, fo stato .continuativo iposto in essere: alla luce di 
questa affermazione, � difficile comprendere e la cessazione della permanenza 
all'ultimazione dell'opera (che � e resta illecita e quindi antigiuridica) 
e la cessazione della permanenza all'emanazione della sentenza dl, 
I grado. " 
... 




PARTE SECONDA 



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RASSEGNA DI DOTTRlNA 


ANTONINO, FRENI ,_ GINO GIUGNI, Lo statuto dei lavoratori -Commento alla 
legge 20 maggio 1970, n. 300, Milano, Giufr�, 1971. 

Si tratta di un commento � articolo per articolo � della legge 20 maggio 
1970, n. 300, che individua neMa maniera pi� minuta ed analitica possibile 
(e con esemplare chiarezza) le questioni ed i dubbi che possono 
sorgere nell'interpretazione delle �varie disposizioni, indicandone la soluzione 
secondo una chiara prospettiva sistematica. Un'opera simile assume 
evidentemente un valore ed un'importanza pratica, che non occorre certo 
sottolineare, nell'attuale. fase di prima applicazione dello � statuto dei lavoratori
� (giustamente definito dagli Autori �il pi� notevole atto innovativo, 
dopo l'emanazione della Costituziione, in tema di diritto sindacale 
e del lavoro >). L'effettiva incidenza sulla realt� socia1le di un testo legislativo 
cos� radicalmente � nupvo � (e perci� stesso cos� ricco, fra l'altro, 
di disposizipni espresse in termini estremamente ampi e generici, idonei a 
riflettere una multiforme realt� non ancora � tipizzata � se.condo rigorosi 
schemi tecnici: basti pensare all'art. 28 relativo alla repressione delila condotta 
antisindacale) non pu� non dipendere, in larga parte, dal concreto 
atteggiamento che sar� assunto dagli operatori del diritto (e, in primo luogo, 
dai giudici), dai quali � lecito attendersi che sappiano far proprio lo 
spil"ito animatore dello-� statuto � e sviilupparne la potenzia>lit� liberatrici, 
senza soccomber� sotto il peso di vecchi schemi interpretativi e senza, peraltro, 
neppur cedere ad ingenue impazienze eversive dell'intero sistema 
del diritto del lavoro elaborato nel ve.ntennio trascorso a partire dalla 
Costitu2lione. L'utilit� di questo agile manuale, il cui primo intento (; 
proprio quello di forni'l'e una puntuale guida alla corretta lettura delle 
nuove disposizioni ed al loro inquadramento sistematico, risulta, perci�, 
evidente; ed il favore che esso ha immediatamente incontrato fra i pratici 
ne costituisce la migliore riprova. 

L'impostazione strettamente esegetica non risponde, del resto, soiJ.tanto 
a fini di ,utilit� pratica, ma discende necessariamente dalla chiara consapevolezza 
degli Autori (resa esplicita neHa � Presentazione �) che lo statuto 
dei favoratori non potr� non costituire la premessa per un'opera collettiva 
di radicale rielaborazione sistematica dell'intero diritto ,del lavoro. 
Presumere di poter giungere immediatamente a posizioni definitive, in tale 
situazione, sarebbe stato evidentemente assurdo. Solo un lungo dibattito 
dottrinale ed una approfondita esperienza giurisprudenziale potranno condurre 
a nuove, appaganti, sistemazioni. Attualmente, ile proposte interpretative 
e gli spunti di integrazione sistematica della nuova legge non possono 
non assumere un responsabile carattere � aperto �, atteggiandosi come 
prjme battute di un dialogo destinato ad un lungo sviluppo (che speriamo 
di veder registrato ed ulteriormente promosso dalle successive edizioni 
dell'opera), piuttosto che come asserzioni fornite di pretese di definitivit�. 
Nell'attenersi a questa impostazione aperta e spregiudicata gli Autori 
dimostrano, quindi, una probit� scientifica che va segnafata (tanto pi� che 
la disponibiiJ.it� ad una radicale revisione critica non pu� non investire . 
anche quella sistemazione teorica -fra le pi� notevoli della recente 
dottrina lavoristica -che � stata definita dell'� ordinamento intersiinda




44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cale ~ ed alla quale uno degli Autori ha dato, �Com'� ben noto, un decisivo 
contributo). 

Non � evidentemente possibile offrire, qui, una completa rassegna 
delle proposte interpretative avanzate dal Freni e dal Giugni. Ci limitiamo, 
perci�, a dar conto della .posizione da loro assunta rispetto ai �problemi che, 
in questa :prima fase, hanno suscitato i �pi� accesi dibattiti. 

Cominciando dalla reintegrazione nel posto di lavoro dei lavoratori 
col.piti da licenziamenti illegittimi (art. 18), ci sembra ineccepibile la ricostruzione 
unitaria della diso1p'1ina legislativa, che, ormai, in ogni ipotesi 
di licenziamento invalido postula la :continuazione del rapporto di lavoro 
e la qualificazione come illecito del comportamento del datore di lavoro 
concretatosi ne rifiuto della prestazione. La sanzione di questo illecito 
� sempre il risarcimento del danno: tale, infatti, � il titolo anche del debito 
della retribuzione durante il periodo intercorrente fra .Ja sentenza e l'effettiva 
reintegrazione del lavoratore. � 

A proposito dell'art. 19 della legge (che prevede la istituzione delle 
�rappresentanze sindacali aziendali ., destinatarie delle norme di. particolare 
.favore contenute nel tit. III, esclusivamente nell'ambito delle associazioni 
affiliate alle Confederazioni nazionali, ovvero di quelle che siano 
firmatarie di contratti �collettivi nazionali o provinciali applicati nella 
azienda) � stata sollevata, com'� noto, una delicata questione di legittimit� 
costituzionale, in relazione ai princ1pi di uguaglianza e di libert� sindacale. 
L'opinione, in proposito, del Freni e del Giugni � nel senso dell'infondatezza 
della questione di costltuzi�nalit�; e le ragioni succintamente 
esposte ci sembrano del tutto convincenti. L'art. 19, infatti, non pu� intendersi 
(per il necessario coordinamento con l'art. 14) nel senso di negare 
a qualunque sindacato il potere di costituire rappresentanze aziendali. Solo 
alcune di queste rappresentanze (quelle, appunto, dell'art. 19) sono, per�, 
destinatarie di particolari norme agevolative; e tale limitazione ben si spiega 
in �considerazione dei limiti e degli oneri imposti al datore di lavoro: limiti 
e oneri che, evidentemente, possono giustificarsi soltanto in presenza di 
organismi dotati di effettiva rappresentativit� dei lavoratori. 

Quanto, poi, alla concreta individuazione delle �rappresentanze sindacali 
aziendali, appare esattissima la loro identificazione con tutti i possibili 
tipi di organizzazioni attraverso le quali il sindacato attua la sua 
presenta �nell'azienda, s� da poter comprendere anche (in e.erti casi) quello 

che � forse il fenomeno pi� importante emerso dalle esperienze pi� recenti 
del sindacalismo italiano: i c.d. delegati aziendali. 

Un cenno va, poi, fatto alla trattazione che .gli AA. dedicano all'art. 28 
(procedura per la repressione dei comportamenti antisinda.cali del datore 
di lavoro), che ha gi� trovato una vasta applicazione pratica. La questione 
;pi� importante finora emersa appare esser quella della possibile concorrenza 
del rimedio dell'art. 28 (affidato all'iniziativa dei sindacati) con 
quello dell'art. 18 (affidato all'iniziativa del singolo lavoratore), di fronte 
ad un licenziamento posto in essere in ragione dell'attivit� ,sindacale del 
lavorratore. La soluzione positiva, che sembra prevalere nettamente nella 
giurisprudenza pretorile, � condivisa dal Freni e dal Giugni, i quali fanno 
leva sulla differenza fra interesse individuale tutelato dalla procedura 
ex art. 18 e interesse collettivo tutelato dal sindacato attraverso il ricorso 
ex art. 28. Ci sembra, peraltro, che, da un lato, �l'espressa previsione, nell'art. 
18, dei licenziamenti dei dirigenti sindacali (�per i quali � :prevista � 
una legittimazione congiunta del sindacato e del singolo lavoratore a richiedere 
l'ordinanza di reintegrazione: con il che sembra che il legislatore 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

abbia manifestato un indirizzo contrario a forme di tutela separaia . .,degli 
interessi individuali e di quelli collettivi in tema di licenzamenti) e, 
dall'altro, le netevoli difficolt� di ricostruzione degli eff�tti del provvedimento 
ex art. 28 sul rapporto di lavoro estinto �On U licenziamento, 
inducano a ritenere che il problema meriti ulteriore approfondimento. 

Segnaliamo, infine, per quanto concerne la materia che pi� direttamente 
pu� riguardare l'attivit� dell'Avvocatura, il commento all'art. 37 
(applicabilit� dello statuto ai dipendenti da enti pubblici), nel quale limpidamente 
si dimostra l'estraneit� alla materia contemplata nella ,legge 
n..300 del rapporto d'impiego dei :dipendenti dello Stato (nonch� degli 
altri enti che abbiano uniformato '1a disciplina del proprio personale a 
quella del personale statale). � � 

Segnalare lacune, in un'opera come questa, che programmaticamente 
si propone soltanto di aprire un dialogo destinato a svilupparsi nel tempo, 
sarebbe del tutto fuori luogo. Ci -sembra, tuttavia, che sarebbe stata desiderabile, 
da parte degli AA., una pi� decisa utilizzazione, in funzione interpretativa 
della nuova legge, della concezione dell'impresa quale � formazione 
sociale� (nel senso dell'art. 3 Cost.). In questa prospettiva, se 
non andiamo errati, pu� forse pervenirsi ad una pi� piena comprensione 
di tutte quelle norme contenute nello statuto, che non incidono sullo svolgimento 
del rapporto di lavoro, ma riguardano attivit� dei lavoratori svolte 
al di fuori dell'orario di lavoro (ad es.: l'assemblea di �cui alla prima ipotesi 
dell'art. 20), ovvero disciplinano strutture organizzative istituite a lato 
dell'organizzazione produttiva vera e propria (cos�, ad es., l'art. 11, relativo 
alle attivit� culturali, ricreative e assistenziali: norma della quale 
ci sembra sia sfuggita l'importanza di prin,cipio, nella prospettiva di un 
progressivo integrarsi del diritto del rapporto di lavoro in una pi� vasta 
normativa delle relazioni sociali all'interno dell'impresa). 

MARCELLO CONTI 

,/. 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI (*) 

D.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 -Modifica ed aggiorna, in attuazione 
della delega conferita con la le�gge 23 g.ennaio 1968, n. 29, le disposizioni 
legislative in materia doganale (suppl. ordin. alla G. U. 2 marzo 
1971, n. 54). 
legge 25 febbraio 1971, n. 11O -Interpreta l'art. 15 della fogge 9 
ottobre 1957, n. 976, precisando a quali tributi devono intendersi riferite 
le esenzioni fiscali previste per il �territorio di Assisi (G. U. 31 
marzo 1971, n. 80). � 

legge 18 marzo 1971, n. 62 -Converte in legge, con modificazioni, il 

d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, concernente modifiche degli� artt. 124, 225, 
304 bis, 304 quater e 317 del codice di procedura penale (G. U. 23 
marzo 1971, n. 72). 
NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE (**) 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice penale, art. 164 (Limiti contro i quali � amme�ssa la sospensione 
condizionate della pena), quarto comma, nella parte in cui esclude 
che possa concedersi una seconda sospensione c001dizionale nel caso 
di nuova condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, 
cumulata con quella gi� 'Sospesa, non. superi i limiti per l'applicabilit� 
del beneficio. 

Sentenza 5 aprile 1971, n. 73, G. U. 7 aprile 1971, n. 87 (48). 
Ordinanza di rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Milano, 

G. U. 4 marzo 1970, n. 57. 
(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 

(**) Tra J?arentisi gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono 

state proposte d decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(48) Il secondo comma, n. 1 dell'art. 164 del codice penale � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, sulla parte in cui dispone cQ.e 
il giudice non possa esercitare il potere di . concedere o negare, per la pena da 
comminare, il beneficio della sospensione condizionale. 

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"Pl\RTE Ir, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 47 

codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione) 
(49). 

Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

Ordinanze di rimessione 1� aprile 1969 del tribunale di Viterbo 

(G. U. 23 luglio 1969, :n. 186) e 5 maggio 1970 del pr�etore di Roma 
(G. U~ 16 settembre 1970, n. 235). 
codice di procedura penale, art. 28 (Autorit� del giudicato penale 
in altri giudizi civiii o amministrat~vi), nella parte in cui dispone che 
nel giudizio civile o amministrativo l'accertamento dei fatti mater]ftli 
che furono oggetto di un giudizio penale 'sia vincolante anche nei confronti 
di coloro che rimasero ad esso estranei perch� non posti in condizione 
di intervenirvi. 

Sentenza 22 marzo 1971, n. 55, G. U . .24 marzo 1971, n. 74. 

Ordinanza di rimessione 9 aprile 1969 del tribunale di Bologna, 

G. U. 1� luglio 1970, n. 163. 
codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede, con is.struzione 
sommaria), second�o comma, nei limiti in cui, nel testo anteriore 
alla riforma introdotta con la legge 7 novembre 1969, n. 780, esclude 
la sindacabilit�, nel corso del processo, della .valutazione compiuta 
dal pubblico ministero sul punto che l'imputato ha confessato e non 
appaiono necessari ulteriori at.U di istruzione (50). 

Sentenza 4 marzo 1971, n. 40, q. U. 10 marzo 1971, Ii. 62. 
Ordinanza �di rimessione 27 ottobr�e 1969 del tribunale di Napoli, 

G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 285, 
primo comma, nella parte relativa alle pacrole � di servizio �. 

Sentenza 26 aprile 1971, n. 82, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
Ordinanza di rimessione 30 aprile 1969 del tribunale militare terdtoriale 
di Padova, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 

codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 324, 
secondo comma (51). 

Sentenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
(Ordinanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare 
terri~oriale di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165). 

(49) La questione di legittimit� costituzionale. dell'art. 553 del codice penale 
era stata dichiarata invece non fondata con sentenza 19 febbraio 1865, n. 9. 
(50) L'art. 389, terzo comma, del codice di procedura� penale � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei termini in cui escludeva 
(nel testo anteriore alla riforma introdotta con la legge 7 nove.mbre 1969, n. 780) la 
sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero 
�sulla evidenza della prova. 

(51) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 
marzo 1953, n. 87. 

48 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303�art. 350, � 
secondo comma. 

_Senrtenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 (52). 
Ordinanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare territoriale 
di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 

r.d. 21 novembre 1923, n. 2480 (Nuove disposizioni sulle pensioni 
normali per il pe1�sonale dell'amministrazione dello Stato), art. 1, se� 
condo c:omma; nella parte in cui consente che il provvedimento di collocamento 
a riposo o di dispensa dall'impiego, per l'impiegato civile o 
'per il militare collocato in pensione o comunque dispensato dall'impiego, 
ma tr.attenuto di. fatto in servizio, possa, ai fini della decorrenza 
del tr.attamento di quiescenza, � av�ere effetto da data anteriore 
a quella dell'anzidetto provvedimento. 
Sentenza 16 marzo 1971, n. 4~, G. U, 24 ma:rz�o 1971, n: 74. 
Ordinanza di rimessiooe 9 dicembre 1968 della quarta sezione 
della Corte dei conti, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. 

legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizione per l'applicazione del 
Concordato dell'll fe�bbraio 1929 tra la Santa Sede e l'It.alia, nella 
parte relativa al matrimonio), art. 16, nella parte in cui stabilisce che 
la trascriziooe del matrimonio pu� esser.e impugnafa solo per una 
delle cause menzionate nell'ari. 12 �e non anche perch� uno degli sposi 
fosse, al momento in cui si � determinato a contrarre il matrimonio in 
forma concordataria, in stato di incapacit� naturale. 

Sentenza 1� marzo 1971, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 

Ordinanza di rimessione 10 aprile 1968 del tribunale di .Milano, 

G. U. 28 settembre 1968, n. 248. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 112, primo comma, limitatamente alle parole �a impedire la 
procreazione�; art. 114, prim�o comma, limitatamente alle parole �a 
impedire la procrea.zione � (53). 
Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

Ordinanza di rimessione 1� �aprile 1969 del tribunale di Viterbo, 

G. U. 23 luglio 1969, n. 186. 
(52) Con la stessa sentenza � stato dichiarato non fondata, in riferimento allo 
art. 25, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 350, primo comma, nella parte relativa al � caso in cui la prova appare 
evidente�, 
(53) La illegittimit� costituzionale dell'art. 114, primo comma, � stata dichiarata 
ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

49

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.lg. 31 maggio 1946, n. 561 (Norme sul sequestro dei giornali � delle 
altre pubblicazioni), art. 2, primo comma, limitatamente alle pamle � a 
impedire la procreazione � (54). 

Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
(Ordinanze di rimessione 1� aprile 1969 del tribunale di Viterbo, 

G. U. 23 luglio 1969, n. 186, e 5 maggio 1970 del pretol"e di Roma, 
G. U. 16 settembre 1970, J:.1. 235). 
d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione e di coordinamento 
della legge 18 giugno 1955, n. 517 contenente modificazioni al codice 
di procedura penale), art. 3, nella parte in cui prescrive che il decreto 
di irreperibilit� emesso nel giudizio di primo g.rado cessa di avere efficacia 
solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per il 
giudizio di appello e non con la pronuncia del giudfoe di primo grado. 
Sentenza 22 marzo 1971, n. 54, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. (55). 
Ordinanza di rimessione 9 marzo 1970 del pretore di Livorno, 

G. U. 20 maggio 1970, n. 125. 
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed �affini), artic�olo unico, nella parte in �cui rende obbligatori erga 
omnes gli artt. 6, terzo comma, ed 11 del contratto collettivo di lavoro 
30 settembre 1959 per gli operai edili ed affini della provincia di 
Teramo (56). 
Sentenza 4 marzo 1971, n. 42, G. U. 10 marzo 1971, n. 6.2. 
Ordinanza 18 marzo 1969 del pretore di Teramo, G. U. 7 gennaio 
1970, n. 5. 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

Codice di procedura civile, art+. 82-87 (Dei difensori) (art. 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 16 marzo 1971, n. 47, G. U. 24 marzo 1!!)71, n. 74. 
Ordinanza .di rimessione 10 gennaio 1969 del tribuna1e di Busto 
Arsizio, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

(54) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 
11 marzo 1853, n. 87. 
(55) Con la stessa sentenza � st�ta dichiarata non fondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 170 del codice di procedura penale, prospettata nel. 
sopra indicati termini. . 
(56) Per altre declaratorie di illegittimit� costituzionale v. in questa Rassegna, 
1969, II, 103, nota 68. 

50 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


codice penale, art. 168 (Revoca della sospensione), primo comma, n. 2 
�nei sensi di cui in motivaz.ione � (art, 3 primo comma, della Costituzione) 
(57). � 

Sentenza 5 aprile 1971, n. 73, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

Ordinanza di .rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Milano, 

G. U. 4 marzo 1970, n. 57. 
c�odice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irr�eperibile) 
(art. 24, secondo comma, della Costttuzio!lle). 

Sentenza 22 marzo 1971, n. 54, G. U. 24 marzo 1971, n. 74 (58). 
Ordinanze di rimessiooe 21 marzo 1969 del pretore di Sail1nicandro 
�Garganico (G. U. 18 giugno 1969, n. 152), 19 dic�embre 1969 e 9 marzo 
1970 del pretore di Livorno (G. U. 25 novembre 1970, n. 299 e 20 maggio 
1970, n. 125), 5 febb:1~aio 1970 del giudfoe istruttoTe del tribunale 
di Milano (G. U. 1� aprile 1970, n. 82), ,e 6 aprile 1970 (due),. 3 gennaio 
1970 ~ 17 luglio 1970 del pretore di Volte,rra (G. U. 7 ottobre 1970, 

n. 254 e 21 ottobre 1970, n. 267). 
codice di procedurl?I penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), art. 304 ter (Avviso ai difensori) e art. 304 quater (Deposito 
degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori, Diritti del ,difensore 
deU'imputato), �nella parte indicata nella motivazione � (artt. 3 
e 24 della Costituzioo�e) (59). 

Sentenza 30 ma�rzo 19711 n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanza di rimessione 21 marzo 1969 del pretore di Camposampiero, 
G. U. 13 agosto 1969, n. 207. 

codice di procedura penale, art. 366 (Preliminari dell'interrogatorio), 
secondo co-..ma, � nella parte indicata in motivazione � (aTtt. 3 e 24 della 
Costituzione). 

Sentenza 30 marzo 1971, n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanza di rimessione 21 marzo 1969 del pretore di Camposampiero, 
G. U. 13 agosto 1969, n. 207. 

(57) L'art. 168 del codice pena!~ � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 
10 giugno 1970, n. 86, nella parte in cui dispone che il giudice debba revocare 
di diritto la sospensione gi� concessa quando il secondo reato si lega con il vincolo 
della continuit� a quello punito con pena sospesa, e nella parte in cui, per l'ipotesi 
di successiva irrogazione di pena pecuniaria, non conferire al giudice il potere di 
subordinare la revoca della sospensione della pena dententiva al mancato pagamento 
della pena pecuniaria. 
(58) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� 
costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, nella parte in cui 
prescrive che il decreto di irreperibilit� emesso nel giudizio di primo grado cessa 
di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per i1 
giudizio di appello e non con la pronun�ia del giudice di primo grado. 
(52) L'art. 304 bis del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva 

51

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice penale militare di pace (r.d. 20 febbmio 1941, n. 303), art; 350, 
.primo comma, nella parte relativa al � caso in cui la prova appare evidente 
� nei seqsi di cui in motivazione (art. 25, primo comma, della 
Cosstituzioo1e). 


Sentenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 (60). 
Ordililanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare territoriale 
di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. 


legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del Trattato, dei" quattro 
allegati annessi e del Concordato, sottoS1critti in Roma tra la Santa 
Sede e l'Italia l'll febbraio 1929), per la parte che ha .immesso. nell'ordilila.
mento dello Stato l'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del 
Concordato fr:a La Santa Sede e l'Italia (arl. 102, secondo comma, 
della Costituzione). 


Sentenza 1� marzo 1971, n. 30, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1969 del pretore di Torino, 

G: U. 11 giugno 1969, n. 145. 
legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del 
Concordato deH'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella 
parte relativa al matrimonio), art. 7, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 


. Sentenza 1� marzo 1971, n. 31, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanza di rimessione 23 ottobre 1968 del tribunale di Milano, 


G. U. 26 marzo 1969, n. 78. 
r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testso unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 121 (art. 4, primo comma, della Costituzione) (6l). 
Sentenza 4 marzo 1971, n. 41, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanza di rimessio.ne 12 febbraio 1969 del tribunale di Venezia, 
G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 


legge 24 aprile 1935, n. 740 (Costituzione del �Parco nazionale dello 
Stelvio �, art. 5 (art. 42 della Costi.tuzione). 


Sentenza 26 aprile 1971, n. 79, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
Ordinanze di rimessione 14 luglio � 1969 del pretore di Tirano 

(G. U. 22 ottobre 1969, n. 269) e 29 febbraio 1970 gel pretore di Si' 
landro (G. U. 11 novembre 1970, n. 286). 
il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio, � stato sostituito 
con d.1. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971, 


n. 62. 
(60) Con la stessa sentenza � stata dichiarata l'illegittimit� del secondo comma 
della disposizione. 
(61) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata di� ,. 
chiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957. n. 33. 
/� 



52 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 5 giugno 1939; n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione 
della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 12 bis, aggiunto con 
l'art. 3 della legge 2 agosto 1967, n. 799 (aift. 25, secondo comma, 
della Costituzione). 
Sentenza 5 aprile 1971, n. 69, G. U. 7 aprile 1970, n. 87. 

Ordinanze di rimessione 30 giugno 1969 e 4 febbraio 1970 (cinque) 
del pretore di ConegUano, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269 e 10 
giugno 1970, n. 143. 

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 21, nella 
parte in cui prevede la gratuit� dell'ufficio di giudice conciliatoire e 
di vice conciliatore (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). 
Sentenza ,5 aprile 1971," n. 70, G. U. 7 aprile 1971, n~ 87. 
Ordinanza di riimessione 8 luglio 1969 del tribunale di Genova, 


G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. 
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giud.iziario), art. 32, primo 
comma, nella parte in cui prevede la nomina a vice pretori onorari 
di procuratori esercenti (art. 101, secondo comma, della Costituzione). 
Sentenza 5 aprile 1971, n. 71, G. U. 7 aprile 1971, ~� 87. 
Ordinanza di rimessione 13 maggio 1969 del tribunale di Trieste, 

G. U. 6 agosto 1969, n. 200. 
legge 9 gennaio 1951, n. 10 (Norme in materia di indennizzi per 
danni arrecati con azioni non di combattimento e per requisizioni disposte 
dalle Forze armate alleate), artt. 1, 2, -;.n, 1 e 3, e allegata tabella 
dei coefficienti (artt. 2 e 3 della Costituzione). 

Sentenza 16 mairzo 1971, n. 46, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
Ordinanza di rimessione 5 novembre 1968 della teTza sezione della 
Corte di cassazione, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. 


d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203 (Approvazione de'l Testo Unico delle 
leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni 
comunali), art. 15, n. 7 (artt. 3 e 51 della Costituzion�). 
Sentenza 4 marzo 1971, n. 38, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
(Ordinanza di rimessione 7 marzo 1962 del tribunale di Ancona, 

G. U. 18 giugno 1969, n. 152). 
d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico per la composizione e la 
elezione d�gli organi delle amministrazioni comunali), art. 15, n. 7 
(artt. 3 e 51 della Costituzione). 
Sentenza 4 marzo 1971, n. 38, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanza di rimessione 7 marzo 1969 del tribunale di Ancona,,.. 

G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 

53

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative della legge �73 dicembre 
1962, n. 1643 e norme relative al coordinamento e all'esercizio 
delle attivit� elettriche esercitate da enti ed imprese, diversi dall'Ente 
Nazionale per l'Energia Elettrica), art. 6 (art. 77, primo comma, della 
Costituzione). 
Sentenza 22 marzo 1971, n. 56, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
Ordinanza di rimessione 11 maTzo 1970 deilla corte di appello di 
Napoli, . G. U. 10 .giugno 1970, n. 143. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Tes"to unico delle disposizioni per l'assicurazione 
obbligatoria contro gli info1�tuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 83, sesto e settimo c:omma, e, � nei limiti di cui in 
motivazione �, art. .112, primo c:omma (art. 38, secondo comma, della 
Costituzione) (62). 
Sooternza 26 aprile 1971, n. 80, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
Ordinanza di rimessione 21 maggio 1969 de-1 tribunale di Pistoia, 

G. U. 22 ottobr:e 1969, n. 269. � 
legge 2 agosto 1967, n. 729 (Modifiche al testo unico delle norme 

per la protezione della selvaggina e per l'es~rcizio della caccia approvato 
con r.d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 3, che aggiunge l'art. 12 bis 
al r.d. 5 giugno 1939, n. 1016 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). 


Sentenza 5 aprile 1971, n. 69, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

Ordmanze cli rimessione 30 giugno 1969 e 4 febbraio 1970 (cinque) 
del pretore di Conegliano, G. U. 22 ottobre 1969, n~ 269 e 10 giugno 
1970, n. 1143. 

legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni al codice di procedura 
penale in merito alle indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso 
di procedimento ed alla nomina del difensore), art. 3, nella parte 
indicata in motivazione (art. 24 della Costituzione). 

Sentenza 30 marzo 1971, n.. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanza di rimessione 9 febbr~io 1970 del pretore di Roma, 

G. U. 25 ma.rzo 1970, n. 76. 
legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione 
della Regioni a statuto ordinario), artt. 17 e 20 (artt. 115, 117, 
118, 119 e 123 della Costituzione); e, � nei sensi e nei limiti di cui in 
motivazione '" art. 20, terzo c:omma (artt. 115, 117 e 119 della Costituzione). 


Sentenza 4 marzo 1971, n. 39, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 

Ricorsi della Regione lombarda, della Regione veneta, e della Regione 
abruzzese, depositati rispettivamente il 5 ed il 9 settembre 1970 
ed il 10 ottobre 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286. 

(62) L'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 � stato dichiarato 
incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. 
\ 




54 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUpIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


Codice civile, art. 539 (Riserva a favore di figLi naturali), in quanto 
riserva ai figli naturiali quote ereditarie minori di quelle stabiliti per 
i figli legittimi anche per la ipotesi in cui manchino figli legittimi 
(artt. 3 �e 30, terzo comma, della Costituzione) (63). 

Tcribuna1e di Sanremo, ordinanza l 0 dkembre 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

codice civile, art. 2054 (Circoiazione di veicoli), in quanto condiziona 
1a prescrizione di colpa reciproca al1a ~eciprocit� dei danni (articolo 
3 della Costituzione) (64). 

Pretore di Roma, ordinanza 9 gemiaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, 
n.~9.. � 

codice civile, art. 2736 (Specie del giuramento), n. 2, in quanto 
preclude ogni possibilit� di ulteriore di:lles.a alla parte alla quale non 
sia riferito il giuramento suppletorio (artt. 3 e 24 della Costituzione) 
(65). 

Pretore di Roma, ordinan7"a 4 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, 

n. 106. 
codice-di procedura civile, art. 93 (Distrazione delle spese), in quanto 
consente di privar.e l'avente diritto, in favore del suo procuratore e 
sulla base delle sole dichiarazioni di questi, dal rimborso delle spese 
Cl.e! giudizio, senza che gli sfa consentito di far valere eventuali sue 
ragioni nei confronti del procULratore e senza che abbia nemmeno la 
possibilit� di venire a conosc�enza della domanda di distrazione in 
tempo utile per proporre le sue difese (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Tribunale di Bolzano, ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 

codice di procedura civile, art. 480 (Forma dei precetto), terzo comma, 

in quanto consente al solo creditore prec�ettante di predeterm.illlarsi, 
attraverso la elezione di domicilio (cui � corr.e1ata . la individuazione 

(63) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzional~ 
nella sentenza 11 aprile 1969, n. 79. 
(64) Questione gi� proposta dal pretore di Lucca (ordinanza 23 novembre 1970, 
G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). 
(65) Questione gi� proposta dal tribunale di Torino (ordinanza 5 dicembre~ 
1969, G. U. 2 settembre 1970, n. 222). 

55

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

del forum executionis), il giudice competente per il giudizio di opposiz~
one (airtt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, terza sezione civile, ordinanza 15 aprile 1970, 

G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
codic~ di procedura civile, art. 700 (Condizioni per la concessione), 
in quanto, �in velazione agli artt. 10 del codice civile ,e 96 e 97 della 
1egg,e 22 aprile 1941, n. 633, consente di iinibi11e l'uso dell'immagine 
anche quando questa, per essere p.ella disponibilit� di una impresa 
giornalistica, deve ritenersi destinata alla pubblicazione a mezzo, stampa 
(art. 21 della CostituziOillie) (66). 

P1vetore di Roma, ovdinanze 10 novembrie 1970 (G. U. 10 maxzo 
1971, n. 62) e 20 dicembre 1970 (G. U. 28 aprile 1971, n. 106). 

codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle 
�parti), primo comma, in quanto ,esclude l'assistenza del difensoo-e nella 
comparazione di �Coniugi dinanzi al pvesidente Gart. 24, secondo comm�, 
della Costituzione) (67). 

Pretore di Pal'lffia, ordinanza 16 ottobre 1970, G. U. 24 �ma!zo 
1971, n. 74. 

codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle 
parti), e art. 708 (Tentativo di conciiiazione, provvedimenti del presidente), 
in quanto escludono l'assistenza dei difensori anche nella fase 
successiva al tentativo di conciliazione dei coniugi (1art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

R:vesidente del tribunale di V:avese, ordinanza 22 dicembre 1970, 

G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
codice penale, art. 23 (Reclusione), in quanto non consente di applicai"
e la pena detentiva in mtsura inferiore ai quindici giorni di reclusione 
(artt. 3, prima pade, e 27, secondo comma, della Costituzione). 

P,retore �di Vittoria, oirdinanza 9 dicembre 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo 
comma, in quanto limita la possibilit� di concedeve la sospensioo:ie condizi001a1e 
�della pena alla ipotesi di condanna a pena detentiva per un 

(66) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 luglio 1970, n. 122. 
(67) Questione dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza (in quanto 
sollevata rispettivamente dal giudice istruttore e dal pretore, e non dal presidente), 
con sentenze 28 aprile 1970, n. 60 e 20 gennaio 1971, n. 6, e gi� proposta anche dal 
presidente del tribunale di Milano (ordinanza 16 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 
1971, n. 22). 
, I 
21 



56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tempo non superiore ad un anno (art. 27, terzo comma, dell�"Costi' 


.

tuzione) (68). 

'.�

Tribtmale di Torino, ordinanza 27 dicembr:e 1970, G. U. 21 aprile i 

'I. 
1971, n. 99. I 

c�odice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di 
sicurezza), in comb. disp. con l'art. 301 d'el codice di procedura penale, in 
quanto nOlll prevede il termine massimo per la du~ata della custodia 
preventiva o quantomeno il termine' massimo per il riesame della 
pericolosit� (art. 13, quirnrto comma, della Costituzione). 

Giudice istruttorie del tribU111:ale di Tolmezzo, ordinanza 9 gelllllaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice penale, art. 341 (Ol'braggio), in quanto punisce l'oltraggio 
con pene pi� sev,ere di quelle �stabilite per la diffamazione di pubblico 
uffi,ciale ~artt. 1 e 3 della Costi~~zione). ~69). � 

Pretol'le di Massa, ordinanza 20 nov,emb:r:e 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 


codice penale, art. 523 (Ratto a fini di libidine), .primo comma, limitiatamenite 
all'inciso� ovvero una donna maggfore di et� �, e secondo 

I 

comma, limitatamente all'inciso e ovvero di ,una donna coniugata �, in 
quanto prevede per l'aurtoce �di un ratto, a fini di libidine, di una dollllla 
maggiore di et� o cociugata un trattamento diverso .e pi� favm�'evole 
di quello cui sarebbe 1sottoposto l'agente, a norma dell'art. 605 del 
codice pernia1e, nel caso in cui lo stesso fatto fosse� commesiso in danno 
di un uomo (art. 3 della Costituzione) (70). 

Tribunale di Camerino, ordinanza 19 novembre 1970, G. U. 24 
marzo 1971, 111. 74. 


I

' 

codice penale, art. 542 (Querela dell'offeso), terzo comma, in ri:l�erimento 
all'art. 530 del codic:e penale, in quanto prescrive la procedibilit� 
d'uffi,cio per il reato di corruzione di minorenni ~he sia con


,� 

(68) Questione dichiarata� manifestamente infondata con sentenza 30 marzo 
1971, n. 64, Cfr. sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte 
costituzionale. 
(69) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 341 del codice penale 
(prospettata con riguardo alla tutela del prestigio del pubblico ufficiale maggiore 
di quella riconosciuta agli altri cittadini) � stata dichiarata non fondata, in riferimento 
agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, ed 
� stata gi� nuovamente proposta, in riferimento anche agli artt. 28, 54, 97 e 98 
della Costituzione, dal pretore di Montebelluna (ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 
10 luglio 1970, n. 163), dal pretore di Caltanissetta (ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 
1� luglio 1970, n. 163), e dal pretore di Carr� (ordinanza 11 luglio 1970, G. U. 11 novembre 
1970, n. 286). 
(70) La stessa questione � stata gi� proposta per l'art. 522 del codice penale 
dal pretore di Ottaviano (ordinanza 18 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). 

57

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

nesso con altro delitto perseguibile d'ufficio (art. 3, primo �comma, 
della Cosrt:ituzion~). 

� Piretoo-e di P001rtedera, ordinanza 9 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. � 

codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione), 
in quanto punisce la propaganda di mezzi anticoncezionali 
(art. 25, $ecoodo comma, della CostituziOOl!e) (71). 

P.retore �di Padova, ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 

codice' penale, art. 570 (V.ioZazione degli obblighi di assistJenza famigliare), 
primo comm�. in quanto prevede la procedibilit� di ufficio 
per il rveato di violazione; �degli obblighi di assistenza. fami.gliare, oltiretqtto 
ravvi.sabile sec<mdb valutazioni sommariamie�nte soggetti'~�e e 
variabili '(ar.tt. 2, 3 e 29, primo e secoodo comma, della Costitu~
e) (72).. 

P.retor:e di Boo-go a Mozzano, ordinanza 31 ottobre 1970, G. U. 
21 aprHe 1971, n. 99. 

codice pe.nale, art. 572 (Ma.ltra'btamenti in famiglia o . verso fanciu.
lli), in comb. disp. con l'art. 235 del codice cli procedlura penale, in 

1 

quanto, per l\enti~ della pena di cui �all'art. 572 del codJice penale 
e la g~erica fOirmulaziooe dell'ail"i. 235 del codice di procedwra penale, 
iinpo!Il:e J.'airresto anche di chi sia colto nella flagranza di un 
�singolo 1eplsodio i!�l qual.e noo sia .oonf�gurapi1e reato passibile di 
arresto in flagranza o che non costituisc~ ia�ddiritt~a reato (ari. 13 
della Costirtuziooe). 

Giudice istruttore del tribunale di Oristano; ordinanza 11 dicembre 
1970, G. U. 10 mail'zo 1971, n. 62. 


codice penale, art. 588 (.Rissa), secondo comma, in quanto prevede 
l'imputazione degli eventi aggipavanti e p�T il sol.o� fatto della Pa.rte�cipiizione 
'alla Tissa." (art. 27, primo c�mma, deilla. Cosiituzioo.e) (73). 


Tribunale� di .Milano, oa."dinanza 8 maggio, 1970, G. U. 21 aprile 

'' 

1971, n. � 99. 

(71) L'art. 553 del. codice penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 
16 marzo 1971, n. 49. La relativa questione di legittimit� Cl,i>Stituzionale era 
stata invece dichiarata' non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9. 
(72) Questione dichiarata non fondata, in riferimento al solo art. 29 deU:a 
Costituzione, con sentenza 23 marzo 1970, n. 46. ~ltre questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. 570 del codice penale sono state dichiarate non fondate con 
sentenze 11 dicembre 1964, n. 107 (artt. 29, secondo comma, 13, primo comma, e 
16, primo comma, dell~ postituzione) e 20 genn11-io 1971, n. 6 (art. 3 della Costituzione). 
Questione sotto alcuni aspetti diversa � stata proposta dal pretore di Ragliano 
(ordinanza 10 l~lio 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299). 
(73) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbra~o 1971, .. 21. 

68 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


codice penale, art. 596 (Esclusione della prova Uberato'firt)�, terzo 
comma, n. 3, in quanto condiziona alla discrezi0ltla1e .iiniziativa della 
parte lesa La possibile operativit� di una causa estintiva o anche preclusiva 
della pundbilit� (M"tt. 3 e 24 della Costituzione) (74). 

Pretorie �di Lecco, ordinanza 26 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 
1971, !Il. 106. . 

codice penale, art. 624 (Furto), in quanto impotnJe l'applicazione 
congiunta della pena detentiva .e della pena pecuniaria (artt. 3, prima 
parte e 27, secondo comma, della Costituzic:iine), con sanzioni sproporzionate, 
illloltre, alla gravit� del fatto da puniTe ~art. 42, primo capov
�erso, della Costituzione) (75). 

Pretorie di Vittocr:-ia, oridinanza 9 dkembre 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

codice penale, art. 625 (tircostanze aggravanti), ultimo comma, in 
quanto commina pene sproporzionate all'�entit� del fatto punito (art. 27, 
terzo comma, della Costituzione) (76). 

Tribunale di Tovino, ov�lina:nza 17 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 
1971, IO. 99. 

codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva 
di scritti o disegni), secondo comma, in q'1llanto punisce l'affi.ssione non 
preventivamente autorizzata �di scritti o disegni (art. 21 della Costituzione) 
(77). 

P:rietoo::e df Rec�anati, ordinanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 
1971, n.. 99. 

codice di procedura penale, art. 23 (Eserc.izio deli'azione civile nel 
procedimento penale), ultima. parte, in quanto �esclude che il giudice 
penale possa decidere sull'azdone civile quando il procedimento si 
chiude con dec1a:riatoria di improcedibilit� o sentenza di proscioglimento 
per qua1sia�si. c�usa (art. 111, secondo comma, della Co~tituzione) 
(78). 

Corte di �cassazione, ordiinanze 16 .e 19 dicembre 1970, G. U. 28 
aprile 1971, n. 106 �e 21 aprile 1971, n. 99. 

(74) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 596 del codice 
penale � stata proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 1970, 1� giugno 
1970 (due) e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, 
n. 329 e 7 ottobre 1970, n. 254). 
(75) Questione dichiarata non fondata, sotto il secondo profilo prospettato, ed 
in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, con sentenza 17 febbraio 1971, 
n. 22. 
(76) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. 
(77) Differente questione lii legittimit� costituzionale dell'art. 66.3 del codice 
penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, 
con sentenza 13 luglio 1970, n. 129. 
(78) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale 
nella sentenza 22 gennaio 1970, n. 1. 

59

PARTE: II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

codice di pl'ocedura penale, art. 106 (Esercizio dell'az.ione Civile e 
obbligo della testimonianza), in quanto obbliga. 1a parte civile a dep~
e sotto giUYamento (art. 3 della Costituzion�e) (79). 

" 

Tiribunale di Bergamo, ordinanz�a 4 .dicembr:e 1970, G. U. 7 ap!rile 
1971, :n. 87. 

codice di .proced-ura penale, art. 152 (Obbligo deU'immediata declaratoria 
di determinate cause di non punibilit�), iin quanto impedisce 
al giudice ogni ulteriorie attivit� .Processuale diretta all'acquisizione 
di �elementi utili ad un proscioglimento dell'imputato con formula pi� 
favorevole dli. quella derivante dall'appliicazione dell'amnistia � (art. 24 
della Costituzi01ne) (80). 

P:l'leto1re di Roma, ordin�nza 29 ottobre 1970, G. U. 24 mail'Zo 1971, 

n. 74. 
codice di procedura penale, art~ 169 (Prima notificazione all'imputato 
non detenuto), in quanto consente la �C:O!lltSegna al pomeire dell'atto 
da :notificare senza imporrie l'obbligo di coinsegnaiVe l'atto in 
busta chiusa (artt. 2, 15 e 27 della Costituzione) (81). 

P11etore dli. Milano, o.rdinanza 3 mairzo 1970, G. U. 28 aprile 1971, 

n. 106. 
codice di procedura penale, art�. 225 (Sommarie infoirmazioni), nel 
testo di cui all'art. 3 della legge 5 dfoembire 1969, n. 9�32, quarto comma, 
in quanto �esclude il dmtto dei difensoil'.i delle pa�rti di assisrtiere, previo 
avviso nelle forme di cui al prdmo comma deU'art. 304-ter, ai necessari 
rilievi, alle sommarie :infonnazicmi testimoniali, al somma.rio inter.
rogatorio dell'mdizia�to, alle isipeziooi �e ai confronti; ultimo comma, 

i:n quanto �esclude l'obbligo per il pubblico miindsitero o per il pretoire, 
ai quali gli atti :Stessi sono immediatamernte trasmessi ai sensi de:ll'art. 
227, di depositare i processi verbali dei rilievi eseguiti, delle 
' 
so~marie infomnazioru testimoniali e di confronti (arl. 24, Siecondo 
comma, :della Costituzio111Je) (82).'

. 
. 

Giudice� :i:sit.ruttore del tribunale di Pesairo, oirdinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 8'�. 

(79) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 d�lla Costituzione, 
dal pretore di Mogoro (ordinanza 15 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235). 
(80) Questione gi� proposta, anche per l'art. 592 del codice di procedura penale 
ed in riferimento anche all'art. 3 delia Costituzione, �dallo st�sso pretore di 
Roma (ordinanza 16 giugno 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), dal pretore di 
Padova (ordinanza 29 luglio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e, in data successiva, 
dal pretore di Pietrasanta (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35) 
(81) Questione proposta, in riferimento al solo art. 15 della Costituzione, anche 
dal tribunale di Torino (ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170}. Altre 
questioni di legittimit� �costituzionale della disposizione sono state proposte dal pretore 
di Trieste (ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e dal tribunale 
di Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). 
(82) Gli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale, dichiarati incostituzionali, 
con sentenza 5 luglio 1968, n. 86, nella parte in cui rendevano possibile, 

60 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di proc~dura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), 
nel testo modificato con l'art. 4 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, 
e art. 232 (Atti di po�Lizia g�iudiziaria de! procuratore deUa Repubblica), 
nel "testo modificato con l'airt. 5 della legg.e 5 dieembre 1969, 11'.l. 932, 
in quanto escludono il diritto dei difensori delle parti di assistere, 
previo avviso, agli atti di polizia giudiziaria compiuti dal pretore o 
dal procuratore della Repubblica direttamoote o per mezzo �di ufficiali 
di polizia giudiziiaria e l'obbligo per il pretore o per il procuratore 
della Repubblica di depositail"e i proc�essi verbali degli atti di polizia 
giudiziairia (art. 24, �secondo comma, della Costituzion,e) (82) (83). 

Giudice istruttore del tribunale cli Pesaro, ordinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. ~7. 

codice di procedura penale, art. 235 (Arresvo obbligatorio, in 'flagranza), 
�in quanto c01I1Sente all'autorit� �di pubblica Sjicuirezza, con 
il solo rif.er:iimento alla pena �edittale pr.evista per il reato che .si presume 
commesso, �e senza indicare per.ci� � tass.ativamente ,, i � casi 
eocezion�ii di necessit� e di urgenza � nei quali solamente � consentito 
di ["estring;ere la libert� personale senza motivato provvedimento 
deJ.l'�autorit� giudiziaria, di pvoc�ederie all'acrresto in flagranza (art. �-13 
della Costituzione) (84). 

Giudice istruttore del �tribUJnale di Oristano, ordinanza 11 dicembre 
1970, G. U. 10 ma.Tzo 1971, n. 62. 

codice di procedura penale, art. 235 (Arresto obbligatorio in 'flagranza), 
in comb. disp. con l'art. 572 del c�od'ice penale, in quain<to, per 
l'entit� della pena di �cui all'art. 572 del codice penale e la g�enerica 
formulazione dell'.ar:t. 235 del codice di ��procedura penale, impone 
l'arresto anche �di chi sia colto nella flagrall'.lza di Ull'.l singolo episodio 
nel quale non �Sia configurabile reato passibile di arresto in flagranza 

o che non �costituisca �addirittura reato (.art. 13 della Costituzione). 
Giudice .istruttore del tribunale �di Oriistano, oridinanza 11 dfoembre 
1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 

nelle indagini di polizia giudiziaria, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione 
degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, sono stati 
modificati con legge 5 dicembre 1969, n. 932. L'art. 225 � stato inoltre sostituito 
con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971, 

n. 62. Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 5 dicembre 
1969, n. 932 � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della 
Costituzione, con sentenza 30 marzo 1971, n. 62. 
(83) L'art. 231, primo comma, del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148, nella parte in cui escludeva 
che gli atti di polizia giudiziaria compiuti o disp~sti dal pretore si applicassero gli 
artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, � stato modificato 
con legge 5 novembre 1969, n. 932. 
(84) Questione gi� proposta per l'art. 236 del codice di procedura penale dallo 
stesso magistrato, quale pretore di Mogoro (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 27 g~nnaio 
1971, n. 22) e dal pretore di Pisa (ordinanza 11 novembre 1970, G. U. 17 febbraio 
1971, n. 42). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ' (jJ 

codice di �procedura penale, art. 246 (Provvedimenti del procuratore 
deLla Repubblic.a e del pretore relativi alla Ubert� personale deWarrestato), 
iin qua1I1.to consente di �COIIl.valid.a.re l'a1rresto m fliagil"anza con 
provv.edimento non motivato (art. 13 della Costituzione) (85). 

Giudice istruttor.e del tribunale d:i Ori,stano, ordinanza 11 dicembre 
1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 

codice di' procedura penale, art. 246 (Provvedimenti del procuratore 
deila Repubblica e del pretore relativi aUa libert� personale dell'arrestato), 
e art. 249 (Liberazione di arrestato per errore di persona), 
in quan,to cornis1entono, m caso di arr.esto in fiagira.nza, il pr.otr.arsi della 
carcer:azi01I1e p11eventiva o la concessione della Mbert� provvisoria senza 
motivato provv,ed:imento dell'autorit� giudiziaria (art. 13, 24, 111 e 
3 della Costituzione) (85). 

Giudice istruttore del tribunale di Oristano, ordinanza 11 dfoembr.
e 1970, G. U. 10 marzo 1971, .n. 62. 

codice di procedura penale, art. 275 (Divieto di scarceriazione dopo 
condanna a pena detentiva), primo comma, se ed in quanto non consente 
la scaTc�erazione dopo �condanna a pena detentiva anche in ipotesi 
di detenzione or:iginariamente illegittima (�~rtt. 3 e 13 della Costituzione) 
(86). 

Pretove �di Vail"ese, ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, 

n. 87.
,,., 

codice di procedura penale, art. 301 . (Applicazione provvisoria di 
pene accessorie o di misuse di sicurezza), in quanto esclude il :r:eclamo 
avverso il provvedimento con il quale viene applicata in via provvisoria 
la misura di sicurezza (art. 111 della Costituzione); secondo comma, 
in quanto cornisente .l'applicazione provvisoria delle misUil"e di sicurezza 
anche prima dell'dnterrogatorio dell'imputato o dell"emissione di un 
mandato. [art. 24, secondo comma, della Costituzione). ' 

Giudtc�e istruttore del tribunale di Tolmezzo, ordinanza 9 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice di pr'ocedura penale, art. 301 (Applicazione provvisoria di 
pene accessorie o di misure di sicurezza), in comb. disp. con l'art. 206 
del codice penale, in quanto non prevede il termine massimo per la 
durata della custodia preventiva o quantomeno il termiue ma�ssimo 

(85) Questione gi� proposta dallo stesso magistrato; quale �pretore di Mogoro 
(ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 2.2). 
(86) Questione dichiarata inammissibile, per difetto, nella specie, di rilevanza, , 
con sentenza 14 maggio 1966, n. 43. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per il riesame della pericolosit� (art. 13, quarto �comma, della Co-' 
stituziocne). 

Giudice �struttooe del tribunale di Tolmezzo, ordinanza 9 geil!J11aio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

~odice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubbiico ministero), 
in quanto coinsente al solo pubblico ministero di assisteire all'interrogatorio 
dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (87). 

TTibuna1e di Milano, o�rdinanza 8 maggio 1970, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 

codice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubblico mJinistero), 
in quanto co1t1senrte al �solo pubblico ministero di as,sristere alle prove 
testimoniali (airtt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Giudice istruttor-e del tribunale di Pisa, ordilI1anza 18. g�ernnaio 
1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 (88). 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), primo comma, in quanto esclude il d�dtto dei dif.ecnsori 
delle parti di assistere all'interrogatorio dell'imputato, ai ,sequestri, 
alle ispezioltli, alle perquisizioni peirsonali, ai co111iro111ti ed agli es:ami 
testimoniali (acr:-t. 24, secondo comma, della Costituzione) (89). 

Giudic.e istruttore del tribwnale di Pesaro, Oird�nanza 4 � gennaio 
1971, G. U. 7 apr:ile 1971, n. 87. 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), primo comma, in quanto non co!Il!sernte al difensoir'e di a.ssister
�e alle prov�e testimoniali (artt. 3 e 24, secondo comma, della 
Costituzione) (89). 

Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 18 geninaio 
1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. 
Giud:ice istruttoire del rtribU111ale �d� Matera, onlinanza' 19 gennaio 
1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 


(87) Questione dichiarata non fondata con sentenza 16 dicembre 1970, n. 175. 
Con sentenza 16 dicen1bre 1970, n. 190, peraltro, l'art. 304 bis del codice di procedura 
penale (modificato poi con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2) � stato dichiarato incostituzionale 
nella parte in cui escludeva il diritto del difensore dell'imputato di assistere 
all'interrogatorio. 
188) Con la stessa ordinanza � stata ritenuta non manifestamente infondata, 
ma nella specie irrilevante, 1a questione di legittimit� costituzionale dell'art. 369 
del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede per il pubblico ministero 
lo stesso regime di decadenza stabilito, per il difensore dell'imputato, dagli 
artt. 372 e 377: questione gi� proposta, peraltro, per gli artt. 304 quater e 320 del 
codice di procedura penale, dal giudice istruttore del tribunale di Pesaro (ordinanza 
4 gennaio .1971, G. U. 7 aprile 1971 n. 87). 

(89) L'art. .304 bis del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale"; 
con sentenza 16 novembre 1970, n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 63 

codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono� ass�stere 
i difensori) (89), art. 304 ter (Avviso ai. difensori), e art. 304 quater 
(Depositi degli .atti a cui hanno diritto di assistere i difensoiri. Diritti 
del difensore deH'imputato) (90),' in quanto p\Vevedono come fiaco1tativa, 
e :non come obbligatoria, l'assistenza dei difensori agli atti iindicati 
nel primo comma dell'art. 304 bis (airtt. 3 e 24, siecondo comma, 
della Costituziooe) (91). 

Giudice istruttore del tribunale di Pesaro, ordinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice d'i procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere 
i difensori), primo comma, art. 225 (Sommarie informazioni) (82), e. 
art. 366 (Preliminari deU'interrogatorio), sec:�ondo comma, in quanto non 
consentono� al difenso['Je di assistere all'.in>terrogatorio dell'imputato 
(art. 24 della Costituzione) (92). 

P1retore di PontedeTa, o\Vd:inanza 9 dic.embre 1970, G. U. 24 �marzo 
1971, in. 74. 

codice di procedura penale, comb. disp. art. 304 bis. (Atti" a cui possono 
assistere i difensori) (89), art. 304 ter (Avviso ai difensori), 
art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto dii assistere i 
difensori. Diritti de�l difensore dell'imputato) (90), art. 348 (Testimoni 
da esaminare e dovere dei testimoni), art. 349 (Rego1le per l'esame 
testimoniale) (93), art. 364 (Confronti), art. 367 (Interrogatorio nel 
merito), art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommar.ia) (94) 

il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio, � stato modificato 
con d.1. 25 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 
1971,. n. 62. 

(90) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. �304 quater del 
codice di procedura penale � stata proposta dal giudice istruttore del tribunale di 
Roma (ordinanza 18. luglio i970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). L'art. 304 quater del 
codice di procedura penale � stato sostituito con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, 
con rtio.dificazioni, in legge 18 marzo 1971, n. 62. 
(91) Questione gi� proposta dal pretore di Campqsampiero (ordinanza 21 marzo 
1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207). 
(92) Altra questione di legittimit� cost.ituzionale dell'art. 366 �del codice di 
procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 
della Costituzione, con sentenza 30 marzo 1971, n. 62. Ulteriore questione � stata 
proposta dal pretore di Mogoro (ordinanza 15 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, 
n. 235). . 
' (93) Altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 349 del codice di 
procedura penale sono state dichiarate non fondate con sentenze )!8 novembre 1968, 


n. 114 (artt. 109 e 3 della Costituzione) e 2 dicembre 1970, n. 175 (artt. 3 e 24. 
secondo comma, della Costituzione). 
(94) L'art. 389, terzo e secondo comma del codice di procedura penale � stato 
dichiarato incostituzionale nei limiti in cui, nel testo anteriore alla riforma introdotta 
con la legge 7 novembre 1969, n. 780, escludeva la sindacabilit�, nel corso del 
processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero rispettivamente sulla 
evidenza della prova (sentenza 28 novembre 1968, n. 117) e sul punto che l'imputato 
ha confermato e non appaiono necessari ulteriori atti di istruzione (sentenza 4 
marzo. 1971, n. 40). 

64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


e art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione deH'istruzicme� sommaria) 
(95), in quallllto noo coosentono al di:llensore di 1assistere a tutti 
gli atti istruttori (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pr:etore di Cagliari, ordinanza 28 novembre 1970,. G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

codice di procedura penale, comb. disp. art. 304 bis (Atti a cui possono 
assistere i difensori) (89), art. 304 quater (Deposito degli atti a 
cui hanno diritto di .assistere i difensori. Diritti del difensore dell'imputato) 
(90), art. 37�2 (Deposito in cancelleria e facolt� dei difensori) 
(96), art. 389 (Casi i-n cui si procede con istruzione sommaria) 
(94), art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione 
sommaria) (95), e art. 397 .(Provvedimenti conseguenti alla richiesta di 
citazione a giudizio), in quanto non coo�sentono al �di:flensOII'le di prendere 
visione, in fase istruttoria, di tutti gli atti del procedimento 
(airt. 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretor:e di Cagliari, ordinanza 28 novembre 1970, G. U. 10 marzo 
1971, In. 62. 

codice di procedura penale, art. 304 ter (Avviso ai difensCYri), secondo 
comma, in quanto consente al giudice, nell'ipotesi in cui i difensori 
non �compao:-iscan.o, di procedere 1senza il loro illl:tervento agli artti ai 
quali essi hanno diritto di assistere; ultimo comma, in quarnto co1111sente 
al gi.udic�e, nei oasi di assoluta urgenza, di procedere agli atti ai quali 
i difensori hanno diritto di assistere anche senza darne loro avviso, 

o prima del termine fissato (art. 24, secondo comma, della Costituzione). 
Giudice 
isto:-uttore del tribunale dli Peswo, ordinanza 4 g�ennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice di procedura penale, art. 304 quater (Depositi degli atti a cui 
hanno diritto di assistere i difensori. Diritti del difensore deU'imputato), 
primo, secondo, terzo e quarto comma, in quanto esclude l'obbligo 
del deposito in cancelleria dei processi verbali dei confronti e �degli 
esami testimomali ed .tn quanto stabilisce termini entro i quali i difensori 
hanno facolt� di esaminare ed estrarre copia dei cosi detti atti 

(95) Il primo comma dell'art. 392 del codice di procedura penale � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 26 giugno 1965, n. 52, nella parte in cui, con 
l'inciso � in quanto applicabili �, rendeva possibile .non applicare all'istruzione sommaria 
le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. 
Il terzo comma, ultima parte dello stesso articolo � stato dichiarato incostituzionale 
con sentenza 2 aprile 1964, n . .32. Altre queStioni di legittimit� costituzionale della 
disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 
e 4 febbraio 1970, n. 16 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
(96) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 372 del codice di 
procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 � 
della Costituzione, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 16. 

!-'ARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 

ostensibili, chiedere proroghe e presentare istanze c01D.cernentr tali 
, �atti (a:rrt. 24, secondo comma, della Costituzione) (90). 

Giudice 1sti'iUtto.re del tribunale di Pesaro, 01rdinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice di procedura penale, art. 317 bis (Perizia urgente), in quanto 
cOIIlJSlente al giudice, lll!ei casi di .assoluta mg�enza, di procedere all'espletamento 
della perizia anche senza da.me avviso ai difensori o prima 
del termine fissato; secondo comma,. in quanto consenrte al giudice .. di 
disporre con ordinanza di uffici� o su richiesta del pubblico mi.llliiStero, . 
che il perito inizi o prosegua le opooaziOIIli per.Ltali anche senza l'intervento 
dei difensod; ultimo comma (art. 24, 1seccmdo comma, -della 
Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Pesaro, ordinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. ~7. 

codice di procedura penale, art. 320 (Compimento della �perizia), 

�secondo comma, in quanto stabilisc�e un tero:niine entro il quale :i difensori 
haihno :facolt� di prendere cognizione �e copia in .� canceller.La della, 
perizia e degli a1tti a questa allegaiti (all"t. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 

Giudice istruttoire del tribunale di P�esaro, ordinanza 4 gennaio 
1Q71, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codice di procedur.a penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facolt� 
di difensori), primo c-omma, in quanto �esclude che gli atti ed i 
documenti del processo vengano depositati in O'gni stato dell'istruzione 
(.all"t. 24, secondo comma, della Costituzione) (96). 

Giudic�e iistruttore del 1trd.bunale di Pesaro, o:vdinainza 4 gennaio 
,1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

codic'e di procedura .penale, art. 509 (Procedimento relativo all'opposizione), 
hl quanto condiziOOl!e l'ammissibilit� dell'opposizione alla 
espressa richiesta di diibattimenito ed alla specifica dindicazione dei 
motivi (art. 24 della Costituzione) (97). 

Pretore di Varl'lallo, oir-dinainza 10 aprile 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), 
p'rimo comma, in quanto II'icollega alla mancata com.pari


(97) Sul giudizio 'per decreto v. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, 
n. 170, 23 marzo 1966, n. 27, 15 dicembre 1967, n. 136, 26 marzo 1969, n. 48 e 8 luglio ~� 
1969, n. 119 della �Corte costituzionale. 

66 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


zion.e dell'oppoine111te la esecutivit� del decreto ed esclude il giudizio 
in contumacia (a.rtt. 24 e 3 della Costituzione) (98). 

Preto:r:e di 'Cagliacri, Oirdinanza 16 dicembre 1969, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

codice di procedura penale, ari. 604 (Provvedimenti da iscriversi 
nel casellario), in quanto imp0tne l'iscrizione della sentenza di corndaiI11I1a 
anche se annullata per successiva declall'atoria di estinzione 
del. reaito per amnistia (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Tribunale di Genov1a, oJ.'dinanza 21 dfoembre 1970, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99 . 

. 

codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1193 
(Inosservanza delle disposizioni sui documenti di bordo), in quatllito 
punisc�e �chi naviga senza aver�e con se i documenti di boll'do con pena 
qual?'i codncidente con quella stabilita dall'art. 1216 per chi naviga 
senza aver ottenuto i pvescritti documenti di bordo, secondo or1terio 
diverso da quello adottato dal codiee della strada per i.a coll'rispondente 
ipotesi di circolazione di veicoli e senza ol,tretutto distdnguere 
tra navi maggiori ,e navi miinori, che pur sono assogg�etta:te a diffeirente 
disciplina (airt. 3 della Costituzione). 

Pretore di Nicotera, ordinanza 1-5 ottobre 1970 integrata con orrunanza 
16 dieembr.e 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 

r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizione per la formaziqne degli 
orm�i e� dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi 
di trasporti in concessione), convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473, 
art. 21, modificato dal �r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, 1n quanto pa:-evede 
.il diritto del lavoratore al :riposo secondo un criterio che prescinde 
dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Cositituzione) 
(99). 
Pretore di Parma, ordinarnze 30 ottohr,e 1970 (due), G. U. 7 ap1rile 
1971, n. 87. 
Bretore di Tocri:no, O!Ildiinanz,e -,4 gell!naio ~971 (sei). �e 5 g,ennaio 
1971 (quattro), G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 


r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sul gratuito 
patrocinio), art. 11, nn. 3 e 4, 1n quanto non pone a carico dello Stato 
(98) In argomento, cfr. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1970, 26 
marzo 1969, n. 48 e 9 luglio 1969, �n. 119 della Corte costituzionale. 
(99) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 24 maggio 1969, 
G. U. 5 novembre 1969, n. 280, e 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37). L'analoga 
disposizione dell'art. 16 � stata dichiarata incostituzionale con sentenza 15 di-�� 
cembre 1967, n. 150. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
67 

l'obbligo di antic;ipare anche le somme spettanti ai consulenti a'"tito1o 
di compenso per l'opera presta.ta (iar:tt. 3, secondo comma, e 24, terzo 
comma, della Costituzione) (100). 

Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 22 dkembre 
1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. 

legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Riordinamento degli usi civici), 
artt. 27, primo ed ultimo ~omma, e 29, second�o comma, in relazione al 
primo, in quanto �consentono al commissario regwn:ale degli usi civ.Lei 
di promID.ciare, in sede g.iurisdizionale, sulla legtttimit� dei suoi stessi 
provvedimenti (airtt. 108, secondo comma, e 25 della Cos�tituzione) (101). 

Cor.te di appello �di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 
10 marzo 1971, n. 62. 

r.d.I. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provve�imenti per l'ordinamento del 
credito agrario), art. 11, in quanto consente all"iJstiituto di cl'ledifo di 
otteneve il se<.J.uestr:o e la vendita �di beni sottoposti� a privilegio speciale 
senza prevedere gall"anzia alcUIIla dei dwitti del debitore (artt. 3, 
primo comma, 44, primo comma, ultima parte, 47, secondo comma, 
e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). 
Pretove di Orvieto, ordinanza 15 dicembl'le 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la reipressi�ne delle 
violazioni delle le�ggi finanziarie), artt. 30, 31, 32 e 33, in quanto consentono 
alla polizia itributaria di effettua.re 1ac.certamenti e perqui�sizioni 
domiciliavi senza garan1::iirie 1n alcU!Il modo i di1r~tti deHa difesa 
(a�rt. 24 del1a Costituzione). 

Preto!l'e di Livo(('lll'o, ovdinanza 30 ottobrie 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

r.d. � gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina 
giuridica dei rapporti coUettivi del lavoro con quelle sul trattamento 
giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee 
di navigazione interna in regime di concessione), -ai:+. 10, lll!el testo an-- 
teriore alle modifiche appo(('ltate con legge 24 lugl:io 1957, n. 633, in 
quanto condiziona 1a proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo 

(100) Per l'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 v. sentenza 16 giugno 
1970, n. 97 della Corte costituzionale. 
(101) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 27, primo comma, e 29 
secondo comma, con sentenza 25 maggio 1970, n. 73. Per l'ultimo comma dell'art. 27 
la stessa sentenza ha restituito gli atti al giudice di merito (commissario reg~onale 
per la liquidazione degli usi civici di Roma) per un nuovo giudizio sulla rilevan~a. 

68 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


ireclamo in via geraT>chica (artt. 36, te1rzo comma, e 24, primo comma, 
della Costituzione) (102). 

Pl"etO!l'e di Parrma, ordinanze 30 ottobre 1970 (due), G. U. 7 aprile 
1971, n. 87. 

r,d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina 
giuridica dei rappoirti collettivi di lavoro con quelli sul trattamento 
giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie, e linee 
di navig.azione interna in re,gime di concessione), art. 46, ultimo 
comma, del regolamento allegato A, in quanto condiziona il d:iiritto all'indennizzo 
di quanto perduto per effetto della sospensione a predeterminaite 
formule di proscioglimento ,e con criterio diverso da quello 
adottato per gli impieg,a.ti dello Stato (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

) 

Tribuinale di Ravenna, ordinanza 18 novembre 1970, G. U. 21 ap1rile 
1971, n. 99. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 68, 1n quanto fa diviieto �di dare feste da ballo in luogo 
aperto al pubblico sienza la licenza del questoTe (ar:t. 17 deUa Costituzioo:
e) (103). 
Pr,etrnre di Fondi, ordinanza 18 novembre 1970, G. U. 28 apdle 
1971, n. 106. 

r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura 
per i giudizi .innanzi alla coirte dei conti), art. 1. secondo comma, 
in qua!lllto non consente che i ricorsi proposti in tema di pensioni privilegiate 
ordinarie nell'interesse dell'infermo di mente siano sottoscritti 
da uno dei g,enitOO'i, con disciplina diversa da quel1Ja stabilita 
con l'art. 109, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, in 
materia di pensioni di guerra (aritt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte dei conti, O!l'dinarnza 24 settembre 1969, G. U. 21 aprile 1971, 

n. 99. 
(102) Questione dichiarata non fondata, ma con riferimento al testo modificato 
con la legge 24 luglio 1957, n. 633, con sentenze 21 marzo 1969, n. 39 (art. 36 della 
Costituzione) e 1,3 luglio 1970, n. 130 (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, 
della Costituzione), e riproposta per l'affermata applicabilit� del testo originario ai 
rapporti costituiti in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge 24 lu~ 
glio 1957, n. 633. 
(103) L'art. 68 del r.d. 18 giug.no 1931, n. 773 � stato dichiarato incostituzionale 
nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico 
senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in 
cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non 
indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, occorra la licenza del questore (sentenza 
15 aprile uno, n. 56). 

69

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r.d. 11 dicembre_ 1933, n. 1775 (Testo unico delle leggi sulle acque e 
sugli impianti e-lettrici), art. 123, :in quanto dispone, in ,aderienza ad 
una antica trad:i.zi-01ne gi� peraltro superata con il vigenite codice civile 
e con criterio diverro da quello .stabilito dagli airtt. 39 e 40 della legge 
25 giugno 1865, n. 2-359, n � soprappi� del quinto � nella detelrminazi-
One del valore dell'ii.mmobile aisserv,iito (airtt. 3 e 42, terzo comma, 
della Costituziotn:e ). 
Corte di appello di Roma, Ol"dinainza 17 inovembrie 1970, G. U. 28 
aprile 1971, n. 106 (art. 42, �terzo-comma, della Costituzione). 
Tribwnale di Latina, ordina:rlZie 19 dicembre 1970 e 7 genna1o 1971, 

G. U. 24 marzo 1971, n. 74 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
legge 22 febbraio 1934. n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), 
art. 1, secondo comma, n. 9, in quanto esclude dalla normativa il personale 
dipendenrte dalle azii�mde eserc�enti ferirov.ie e .tmmVi�e pubbliche, 
il cui diritto al riposo settimanale rimarl"ebbe senza regolam0llltatlone 
qualOil"a l'art. 21 del r.:d.l. 19 ottoblre� �1923, n. 2328 venisse (Uchial"ato 
incQstituziona1e (iartt. 3 e 36, terzo comma della Costituzione) (104). 

Pretore di Tci.mo, �ordirumze 4 gennaio 1971 (sei) e 5 gennaio 
1971 (quattro), G. U. 7 apl"ile 1971, n. 87. 

legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimana.le) 
e successive modifiche, artt. 13 e '14, in quanrto� .d:isciplinaino il riposo settimanale 
degli addetti alle aziende giornalistiche in modo da impe, 
dilie la pubblicazione di giornali e quotidiani nel pomeriggio della 
domenica e nella mattinata. del hmed� (a!l"tt. 21, primo e secondo 
comma, 2, 3 e 41 della Costiituziooe); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, :in �quanto 
impediscono la pubb1icazfone, a mezzo di quotidiani, di notizie e commenti 
non spor:tivi nella maittillla.ta di 1UJned�, c-01r1sentiita mvece alle 
imprese di trasmissioni (["adiofoniche, itelev:isive ed alle ag,enz:ie ANSA 
ed ITALIA (ia:ritt. 3 �e 41 de1la Costd.tuzione); art. 28, secondo e terz� 
comma, m quarnto COil1Selllite il sequestro di pubblicazioini anche illl ipotesi 
diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (arl. 21, terz~ comma, 
della Costituzione) (105). 

Pretore di Bari, ordinanza 31 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, 

n. 99. 
r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale 
per i minorenni), art. 13, primo comma, m quan:to esclude la 
(104) L'art. 1, secondo comma, n. 6 della legge 22 febbraio 1934, �n. 370 � stato 
dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 76. 
(105) Questioni gi� proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 
1970, G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). 

70 

RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

istruttoll'ia .con il rito formale per i reati di competen2la del tribunale 
per i miinorenni ~artt. 3 e 25, p:r:imo comma, della Costituzione) (106). 

Tribunale per i minoremii di Roma, ordinanza 17 dicembre 1970, 

G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e deUe malatt.ie pro�fessionali), art. 45, 
iJil quaI11to consente di compensare 1a .rendita dovuta al lavoratore infortunato 
�Con le spese giudiziali dovuta all'I.N.A.I.L. (art. 38, secor:ido 
comma, della Costituzione). 
P�retor.e di Messina, ordinanza 21 novembre 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

� r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli OIJ"dinamenti tributari), 
art. 29, terzo comma, in quanto sottrae alla giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria or:dm~ia le cOIIlltroversie irela:tive alla determiinazione del 
va1or�e iimponibile (arit. 113 della Costituzione) (107)'. 

Tribunale di Napoli, ordinanza 11 novembre 1970, G. U. 28 a,prile 
1971, n. 28. 

r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli a.bbonamenti alle 
radioaudizioni), �Conv.ertiJto con legge 4 giugno 1938, n. 880, art. 19, in 
quanto punisce con �sanzione penale la detenzione di apparecchi :riadioricev�
enti �O televisivi ,senza aver �corr.isposto il canone di abbonamento, 
mentre 1a detenzione abusiva di appavecchi radioriceventi installatj 
a bor:do di autoveicolo o autoscafo � or.a punita, ai sensi dell'airt. 8 
della Jiegge 15 dicembre 1967, n. 1235, �con 1a sola pena pecuniaria 
(a1"t. 3, primo comma della Costituzione) (108). 
Pubblico m:in:istero presso il itribunale di Milano, ordinanza 10 
dicembr� 1970, G. U. 10 marzo 19'71, :n. 62. 

legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 114, primo 
comma, m qu:anto ricollega alla dichiarazione di abitualit� in contrabbando 
gli stessi �effetti ccm.seguenti alla dichiarazione di abitualit� prescritta, 
nella ricorJ:>enza di diver.se condizioni, dall'art. 102 del co�lice 

(106) Questione sotto alcuni aspetti analoga � stata dichiarata non fondata, 
in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 23 marzo 
1964, n. 25. 
(107) Questione gi� proposta da varie autorit� giudiziarie. V. in questa Rassegna, 
1970, II, 168 e 136, nota 25. 
(108) Questione gi� proposta dal giudice istruttore del tribunale di Civitavecchia 
(ordinanza 28 settembre 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311). 

71

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

penale ,(�rtt. 3, primo comma, e 25, terzo comma, della Costituzione) 
(109). 

Giudice di sorvegliairwa 'Presso il tribuna.le di Firenz�e, ordinanza 
9 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina 
delle pubbliche affissioni), cirt. 3, in quanrt;o rimett�e alla discreziolllale 
valutazione dell'autorit� amiru:n.istm:t;iva �di autorizza(l"e o no l'affissione 
di manifesti di propagainda politica (art. 21 �della Costituzione). � 

Preto.r.e di Recanati, ordinanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 
1971, tll. 99. ' 

r.d. 30 gennai�o 1941, n. 12 (Ordinamento g�udiziario), art. 4~ relati;. 
.vamente all'espressione " di ogni grado �, art. 31, limitatamente alla 
espressione e in sottordine ,., art. 34, e art, 39, primo comma, �in quaLt)'tO 
distiinguono i mag.istra.ti �delle pl'leture secondo criterio gerarchico (articoli 
101, 107, terzo 1oomma, e 25 deJ.la Cc;iistituzi001e) (110). 

Prietore di Milano, ordinanza 11 marrzo 1969, G. U. 28 aprile 1971, 

n. 106. �� 
legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri 
diritti .con.nessi ia.l suo esercizio), art. 161, in relamcme agli M:tt. 10 del 
codice civile, .e 96, 97, 156 e l68 della stessa legge 22 aprile 1941, 

n. 633, m quanto cons�nte il sequestro della fotografia e del relativo 
materiale .coosiderati oggetti idonei a costituirre mezzo per la violazione 
del dillitito iall'immagine, anche qualllJdo, per essere nella disponibillit� 
di una :impresa giornalistica, siano d~ ritenere .dJe8tilllati alla 
pubblicazione a mezzo stampa (ar>t. 21 de11a Costituzione) (111). 
Pretor:e di Roma, ord:ilniarize 10 nov,embre 1970 (G. U. 10 marzo 
1971, n. 62) e 20 dicembre 1970 (G. U. 28 aprile 1971, n. 106). 

r.d. 16 �marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, detl'amministmzione controllatJa e detla liquidazione coatta 
amministrativa), art. 98, primo comma, in (l"elazione all'art. 97, secondo 
comma, din quainto fa decorriere �il itermtne per proporrre opposizione 
allo stato passivo dal deposito dello �stato passivo in cancelleria, di cui 
l'interessato, per la natura ordinatoria di termini stabiliti all'art. 96, 
(109) Questione gi� proposta dalla stes(a auto;it� giudiziaria (ordinanze 22 luglio 
1970 (tre), G. U. 25 novembre 19:70, n. ;99). 
(110) Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 giugno 1970, n. 80. 
(111) Cfr. sentenza 9 luglio 1970, n. 122 della Corte costituzionale. 
22 



72 

RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pu� avere in concreto tardiva conoscenza (,a,rt. 24 della CosHtuzione) 
(112). 

Tribunale di Milano, ordinanza 30 aprile 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, dei concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
amministrativa), art. 147, primo comma, in quanto fa cons:egui.ire automaticamente 
alla dichiarazione di fallim:ento della societ� la diichtarazione 
di fallimenito dei soci illimitatamente responsabili, senza che 
vengano peraooalmente sentiti o comunque previamenite avv,ertiti (articolo 
24, secondo comma, della Costituzione) (113). 
Tribunale di Milano, ordinanza 23 aprile 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

legge 8 febbraio 1948, �n. 47 (Disposizioni sulla stampa), art. 10, se� 
cond~ e terzo comma, in quanto pone l'obbligo, penalmeinse sanzionato, 
di dare avviso de1l'affi.ssio!O!e all'autorit� di pubblica sicurezza (arl. 21 
della Cos.tituzione) (114). 

Pretore di Recanati, 01~dilllanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 


legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione delta XII disposizione 
transitoria e finale [comma primo] della Costituzione), in quanto 
modifica, sen:lla che sia ,stata seguita la prescritta procedura speciale, 
1a legge costituzionale 3 �dicembre 1947, n. 1546 (art. 138 della Costituzione) 
(115); art. 8, in quanto consente iJ. sequesto prevoortivo in 
ipotesi diverise da quelle! stabilite dalla Costituzione (art. 21, teirzo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Vairese, ovdinanza 21 gennaio 1971, G. U. 28 aprile� 
1971, n. 106. 


(112) Questione gi� proposta dalla corte di appello di Roma (ordinanza 17 ottobre 
1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). 
(113) Il secondo comma dell'art. 147 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stato dichiarato 
incostituzionale, con sentenza 16 luglio 1970, n. 142, nella parte in cui non 
consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei limiti 
compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto 
per la dichiarazione di fallimento, e nella parte in cui nega al creditore interessato 
la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione di fallimento di altri soci illimitatamente 
responsabili nelle forme dell'art. 6 del r.d. predetto. 
(114) Analoga questione � stata proposta dallo stesso giudice per l'art. 1, primo 
e terzo comma, della legge 2 febbraio 1939, n. 374/ (ordinanza 7 ottobre 1970, G. U. ~ 
9 dicembre 1970, n. 311). 
(115) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 1. 

PA:STE II, RASSEGNA .DI LEGISLAZIONE 

73 

d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamenvo della professione di ragioniere 
e perito commerciale), art. 31, n. 5, in quanto r.imet.te ad a1tre 
future disposizioni �legis1ativ�e la disciplina del termi!Il.e e della modalit� 
per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio della prof.e.ssione, 
con lac.unosa attuazione della delega conf.erita con Ja legge 28 
dicembre 1952, n. 3060 (aritt. 76 �e 77 della Costituzione). 
T�ribunaJ.e di Novara, ordinanza 19 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio 
e detl'impiego degLi stupefacenti), artt. 3 e 6, in quanto prevedono 
pene pi� g�ravi di quelle stabilite, pe�r gli stessd. reati, dall'articolo 
446 del codice penale (art. 3 della Costituzione) (116). 

Tribunale di Novara, ordinanza 9 ottobre 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 
Giudic-e istruttore del tribunale di Skacusa, oa:"d.inanza 27 gennaio
� 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina deUa produzione, del commercio 
e dell'impiego deg�li stupefacenti), arti. 3 e 6 in quatUito rimet


1 

tono all'autorit� amministrativa di determinare il contenuto del precetto 
penale (a.rtt. 25 e 76 della Costituzione) (117). 

Giudice ctsstruttore del tribunale di Milano, ordinanza 14 dicembre 
1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio 
e dell'impiego degli stupefacenti), art. 6, quarto comma, in quanto 
punisce con la stessa pena l'eati sostanzialmente differenti (�ar.t. 3 della 
Costituzione) (116) (118). 

Tribunal.e di Roma, ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 28 apdle 
1971, n. 106. 

(116) Questione gi� proposta dal giudice ii;;truttore del tribunale di Milano 
(ordinanza 10 settembre 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299). Altra questione � 
stata dichiarata non fondata con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. Altra questione di 
legittimit� costituzionale degli artt. 6, primo e quarto comma, e 25 della legge 22 
ottobre 1954, n. 1041 � stata proposta dal tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 
1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). 
(117) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, 
della Costituzione, con sentenza 19 maggiq 1964, n. 36. Per altre questioni v. nota 
precedente. 
(118) Questione gi� proposta, ancbe per il primo comma della disposizione, dal 
tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). 

74 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produz.ione, del commercio 
e dell'impiego degli stttpefacenti), art. 25, in quanto prevede 
l'emissione, obbligatoria del mandato di .cattu(t'la, non imposta invece, 
per gli stessi reati, dall'art. 446 del codice penale (ar.t. 3, primo comma, 
de1la Costituzione) (116). 

Giudice istruttore del tribunale d.i Siracusa, or:dinanza 27 gennaio 
1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. 

legge 19 gennaio 1955, n. 25 (Disciplina dell'apprendistato), art. 23, 

i.n quanto, imponendo l'applicazione dell'ammenda con riferimento al 
numero degli ~.ppr.end:isti asswniti senza il ibl".amite dell'ufficio di. collo~ 
� camento, non �consente di applicair:e l'�art. 81, ultimo �Comma, del codice 
penale (art. 3 della Costituzione) (119). 

Pretore di S. Giovanni Rotondo, ordinanza 25 gennaio 19_71, G. U. 
21 aprile 1971, n. 99. 

legge reg. Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6 (Norme per la protezione 
della 'flora spO'ntanea nel territorio della Vaiie d'Aosta), art. 12, 
iin quanto l"lende applicabili le .sanzioni stabilite dall'.air:t. 734 del codice 
penale ad ipotesi con differente contenwto precettivo (artt. 3, 5 e 25, 
s�econdo comma, della Costituzione). 

Pretore di Aosta, ordinanze 27 novembre 1970 (quattro), G. U. 
7 aprile 1971, n. 87. 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti 
deUe persone pericolose per ia sicurezza e pe.r la pubblica moT'alit�), 
art. 2, m quanto C01111Sente all'autorit� amministrativa di p(t'legiuc:Jd.ca;re 
indefinitamente, con reiterati pr.ovv�edimenti di �rimpatrio e �di inibizione 
dal ritornare, la libert� di circolazione e di soggiorno (artt. 13, 
secondo comma, e 16 della Costituzione) (120). 

Pretore di F�e:rirara, ordirnianza 22 settembre 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, primo comma, 1n quanto. impone al terzo di proporre 
l'opposizione prevista dall'art. 619 del .codice di'. proc,edura civ.ile, e 
qu:irndi anche iso1talllito di deposi.tare il ricor.so in .cancelleria, prima 
'\. 

(119) La stessa questione � stata proposta, dallo stesso giudice, anche per 
l'art. 8 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106). 
(120) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono stat� 
dichiarate non fondate con sentenze 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 12'6, 
30 giugno 1964, n. 68, 17 marzo 1969, n. 32, e 25 maggio 1970, n. 76. 

75

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

/ 

della data fissata per U prdmo incanto (ar.t. 24, primo comm:i-a:;��'della 
Costituzicme) (121). 

Pretore di Roma, ordinanze 10 e 16 novembre 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106.


d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), art. 207, lett. a, in quanto impedisce di proporre opposizioni 
anche al cterzo che sia rimamo aggiudiiciaitardo di beni m occasione di 
precedente vendita iesattoda1e (1a:rt. 113 della Costituzione) (121). 
Tribunale di Milano, ordinanza 8 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

legge 14 luglio 1959, n. 741 �(Norme trans�it01rie per parametri minimi 
di tratt;amento� economico e normativo ai lavorntoll'i), art. 8, in quanto, 
imponendo l'applicazione dell'1ammenda con /riferimento al �numero 
dei dipendenti ai quali sia stafo corrisposto un tiracttamenfo economico 
inferiore a quello minimo prescritto, non colllisente di applicare l'articolo 
81, secondo e terzo comma, del ceodicce Pt!nale (art. 3 della Costituzione) 
(122). 

Preto:re di S. Giovanni Rotondo, ordinanza 10 dicembre 1970, 

G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040 (Norme sul trattamento economico e 
normativo dei dipendenti degli Istituti di cura privati), articol�o unico, 
nella parte in cui rende obbligator:io erga omnes l'�ar:t~ 49 del contratto 
collettivo nazionale di lavoro� 24 :m�aggio 1956 per i dipendenti degli 
isti.tuti di, cura privatd, che consente il deco:rso del termine di decadenza 
stabilito per i �reclami del lavoratore durante il rapporto di lavoro 
(ar:t. 36 della Costituzione). 
Corte di appello di Napoli, o!fdinanze 29 settemhr:~e 1970 (due), 

G. U. 1_0 ma.rzo 1971, 111. 62 (123). 
(121) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 207, lett. a del d.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645 � stata dichiarata non fondata con sentenza 2 febbraio 1971, 
n. 13 (artt. 113 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) e quella relativa 
all'art. 207, lett. .b con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, 
secondo comma, della Costituzione), 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3, 24, primo 
comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione), 20 dicembre 1968, n. 129 
(art. 113 della Costituzione), e 26 giugno 1969, n. 107 (artt. 3, primo comma, 24, 
primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 42, secondo comma, della 
Costituzione). 

(122) La stessa questione � stata proposta, dallo stesso giudice, anche per 
l'art. 23 della legge 19 gennaio 1955, n. 23 (ordinanza 25 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99). 
(123) Nell'ordinanza di rimessione la questione, proposta con richiamo alla 
sentenza 10 giugno 1966, n. 33 della Corte costituzionale, risulta proposta diretta-~ 
mente per l'art. 49 del contratto collett~vo nazionale di lavoro 24 maggio 1956. 

76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioniu'jjer l'as.;. 
sicurazione obbligatoria contro gLi infortuni sul lavoro e le malattie 
p1�ofessfonali), art. 11, in qu~mto consente il r,egresso delll.N.A.I.L. nei 
confr0I1ti del dator.e di lavoro, pur ,essendo diventato del tutto trascur:
abile, a seg.�d:to della ,sentenza 9 mal"zo 1967, n. 22 della Corte c.ostitu~
ionale, l'esonero dalla (['e1Sp001JSabiHt� civile del datore di lavoro per
'


l'asskuraziorne obbligatoria (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Bresda, ordinanza 25 novembre 1970, G. U. 7 aprile 
1971, n. 87. , 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'a.ssicurazione 
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 51, in quanto l'obbligo di rimborsa,re anche le prestazioni 
liquidate dall'dstituto 'q'ssicuratore assume ,div1ersa portata e 
contenuto a seconda che si siano o no verificati infortuni e che siano 
stati di maggiore o minore ~ravit�, con d;ispaxit� -di ,trat1tamenito per 
datori di lavoro egualmente inadempienti e sanzione svincolata dalla 
effottiv,a ,capac-it� contributiva (airtt. 3 e 53 della Costitumone) (124). 
Tribunale di Bad, ordinanza 12 noV'embre 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina deHa pesca marittima), arti� 
colo 26, lett. -b, 1n quanto, prescrivendo per il pescatore colpevole di 
rea-ti previtSti dalla legge 1sulla pesca 1a interdizione ad esercitare la 
pesca ma�rittima :1n qualunque forma e anche alla dipendenza a1trui, 
impedisce al pescatore condannato qualsiasi concreta possibilit� di lavoro 
(ia:vtt. 1, primo comma, 4 e 27 della Costituzione). 

Pvetore di Massa, ordinanza 13 novembre 1970, G. U. 10 marzo 
1971, n. 62. 

legge 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di qu.iescenza 
delle Casse per le pensioni ai dipendent,i degli Enti locali e 
agli insegnanbi, modifiche�. agli ordinamenti deUa Cassa pensioni facenti 
parte degli Istituti di presidenza presso il Ministero del tesoro), 
art. 27, in quainto prevede il diritto a pensi001e solo per gli orfani maggioreruii 
di sesso. femminile (avt. 3 della Costituzione) (125). 

Corte dei c0I1Jti, terza sezi001e giurisdizionale, ordinanza 23 giugno 
1970, G. U. 24 marzo 1970, n. 74. 

(124) Questione proposta anche dal tribunale di Savona (ordinanza 5 dicembre 
1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). 
\125) Analoga questione � stata proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (or~ 
dinanza 25 giugno 1970, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35); anche per gli artt. 12 e 18. 
della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ordinanze 21 gennaio 1969, G. U. 20 maggio 1'970, 

n. 125, e 25 novembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 4 agosto 1965, n. 1103 (Regolamentazione giuridica de!t'esercizio 
dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica), 
art. 12, in qua1I1to ,suboodiina alla iscriz.i01I1e nell'albo provinciale di cui 
all'art. 14 l'effettivo ese11cizio dell'arte 1auisilia.iria sanitaria di tecnico 
di ,radiologia medica anche per il perisonale dipendente da enti pubblici 
1ai quali � vietato di svolgere tale attivit� al di fuori dell'ente 
(a;r.tt. 3 e 18 della Costituzione). 

p,retore �di Modena, ordinanza 19 gennad:o 1971, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 

legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), 
art. 1O, ��!Il quanto non compr.e1I1de fra i destina.tari delle norme sui licenziamenti 
individuali i prestatori di lavoro che rivestono la qualifica 
di dipendenti (1a�rrt. 3 della Costituzi01I1e) (126). 

Pretore di Milano, ordi.nanza 1� ,agosto 1970, G. U. 7 apr:ile 1971, 

n. 87. 
legge 5 febbraio 1968, n. 85 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza 
della cassa pensioni facenti parte degLi istituti di previdenza 
coo speciale riguardo alle pensioni a carico della Cassa per le pensioni 
ai dipendenti degli entli locali e della Cassa per le pensioni agli insegnanti 
di asilo e di scuole ele.mentari parificate e modifk:he ai rispettivi 
ordinamenti), art. 8, in quanto non r.iconosC'e agli orfani maggiorenni 
di 1sesso m1a1schile il diiritto a peiliSI�on:e �Con eff�-cacia iretroaittiva 
della da.ta di entrata :m vigore della legge 26 luglio 1965, n. 965 .(art. 3 
della Costituzione) (127). 

Corte dei conti, terza sezione giurisdizi01I1ale, � oodmanza 23 giugno 
1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74: 

legge 18 marzo 1968, n. 431 (Provvidenze per l',assistenza psichiatrica), 
art. 4, .se ed :in quanto noin conisenta al presunto aliooato di :far 
C"essare l'internamento volontairio (arit. 13 della �Costituzione) (128). 

T�ribuna.le di Fer:ria1ra, ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 
1971, in. 74. 

(123) L'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 � stata dichiarato incostituzionale, 
con sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, nella parte in cui non comprende gli 
apprendisti tra i beneficiari dell'indennit� dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa 
legge. 
(127) Analoga questione � stata proposta dalla stessa autorit� giudiziaria con 
ordinanza 25 giugno 1970 JG. U. 10 febbraio 1971, n. 35). V. supra., nota 28. 
(128) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costi-� 
tuzionale nella sentenza 27 giugno 1968, n 74. 

78 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. sic. 2 luglio 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia della legge 
nazionale 22 luglio 1966, n. 607, recante: norme in materiia di enfiteusi 
e prestazioni fondiarie perpetue), ed in particolare art+. 1, 2 e 7, 
in qua111to contemplano disciplina di rapporti privati non c001Se111tita 
al1a legislazione Tegionale (al'lt. 14, lettera a dello statuto della regione 
siciliana) (129). 

T.ribunale di Caltanissetta, ordinanze 27 maggio 1970 (�sette), G. U. 
24 marzo 1971, n. 74. 

legge reg. sic. 30 luglio 1969, n. 29 (Proroga e coordinamento delle 
dis�posizioni � agevolative in materia di costruzioni e�diiizie), art. 7, in 
quanto, con criterio diverso da quello adottato dall'art. 6, quarto comma, 
del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, non limita 1a efficac.iia �retroattiva 
delle nuove disposizioni agli aitti stipulati dopo l'�entrata .iin vigore 
del1a legg.e 2 febbmio 1960, n. 3,5 �ed alle decadenze dopo tale data verifica.
tesi (artt. 17 e 36 dello statuto della �r~gione .siciliana). 

T�ribll!tl:ale di CaltamS1Setta, ordjnanza 2 luglio 1970, G. U. 24 marzo 
1971, n. 74. 

legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni al codice di procedura 
penale in merito �alLe indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso 
di procedimento ed a.lla nomina del difensorre), art. 3, che modifka 
l'art. 22:5 del codice di proc.eduria � penale, quarto comma, in quanto 
esclude il diriitto dei difensorri delle parti di assistere; previo avviso 
nelle forme di cui al prrimo comma dell'art. 304 bis? ai necessari rilievi, 
alle sommarie informazioni testimoniali, al sammario interrogatorio 
dell'indiziato, alle ispezioini e ai confronti; ultimo comma, in 
quanto esclude f obbligo per il pubblico ministero o per il pretore, ai 
quali gli atti stessi sono immediaitamente .trasmessi ai sensi dell'articoJ.
o 227, di depositare i proeessi verbali dei rilievi eseguiti, delle 
sommaTie informazioni testimoniali e dei confr01I1ti (art. 24, secondo 
comma, della Costiituzione) (130). 

Giudice istruttoTe del tribunale di Pesacr:-o, mdinanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. S.7. 

legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni a:l cod,ice di procedura 
penale in merito alle indagini preliminari, ai diritto di difesa, ali'avviso 
di procedimento ed alla nomina del difensore), art+. 4 e 5, che 

(129) Questione gi� proposta dal tribunale di Palermo (ordinanze 17 gennaio 
1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 10 aprile 1970 [tre], G. U. 21 ottobre 1970), del 
tribunale di Agrig�nto (ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 8 luglio ;t.970), del pretore 
di Lentini (ordinanza 25 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e dal yretore 
di Caltanissetta (ordinanza 5 maggfo 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177). ~ 
(1.30) V. retro; nota 82. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 79 

modificano gli ar.tt. 231 e 232 deJ. codice di procedura penale, iil'.� (lUalllto 
escludOlllo il di.ritto ded. difensori delle parti di assistere, previo avviso, 
agli atti di polizia giudiziaria compiuti dal pretore o dal procuratore 
della Repubblica diriettarn�ente o per mezzo cli ufficiali di polizia 
giudiziaria e l'obbligo per il pretore o per il procuratOl.l."e della Re�pubhlica 
�di deposd.tarre i processi verbali degli atti di polizia giudiziaria 
(art. 24, secondo comma, della Costituzlioine) (1311). 

Giudic1e istruttore del tribunale di Pesaro, o;rdimanza 4 gennaio 
1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87.. 

legge 24 dicembre 1969, n. 991 (Adeguamento delle pensioni degli 
avvocati e dei procuratori), art. 9, in q:U!ail1to impone una ~estazi()[le 
solo in danno del contravventore �che per qualsiasi raglone, anche invol<
mta1ria, rita!rdi il pa~amein1to della somma dovuta per 1a vioJ.azione 
(art. 3 .dell!a Costi�tuziorn:e�) ed in favore .fil tina caitego.r.iia di pro:
fessionisti il cui int�rvento non � nemmeno� :ipotizzato (airt. 53 della 
Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 18 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 
1971, n. 99. 

legge 20 maggi�o 1970, n. 300 (Norme surta tutela della libert� e dignit� 
de.i lavoratori, della libert� sindacale e dell'attivit� sindacale 
nei}uoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 19, lett. a, in quanto 
attribuisce la possibilit� di costituire rappreseintanz�e sindacali aziendali 
soltanto alle associazioni adereiniti alle confederazioni maggiormente 
rappr�esentatdv.e sul pi1a!llo nazionale (airt. 39 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 14 inovembr.e 1970, G. U. 24 marzo 
1971,n. 74. 

1 

legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libert� e dignit�, 
dei lavoratori, della libert� s.indacale e deU'attivit� sine�Lcale nei 
����. luo�ghi di Lavoro e norrme sul collocamento), art. 15, in quanto impone 
al da1tore .di lavoro �di mantenere in vita il <rapporto d� lavoro� o comunque 
di astenersi dal tenere una condotta discriminatoria o recare 
altrimenti pr~giudizio al dipendente che abbia sciope�rafo senza specificare 
,l'ambito entro il quale lo sciopero possa essere� esercitato (articoli 
40, 1, 48, 49, 50, 54, p5 e seguenti, 10, 2, 3, 4, 35, 41 e 24 della 
Costituzionie); art. 28, in quanto impone� al giudice .di 01rdin:are la ces


, sazione del comportament_? illegittimo e la il'"imozioine degli effetti nel 
ca.si iin cui si,a stata tenuta Wl!a condotta discriminatorie e pr1egiudi.zievole 
ne:i con:iironti del lavoratore che abbia scioperato (ail'tt. 54, 134, 
136 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Mirandola, ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 21 �aprile 
1971, n. 99. � 

(131) V. retro, nota 83. 

.80 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d � .-.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di 'indulto), 
art. 5, lett. d~ in quanito, {!oncedendo ramniistia per il reato di diffamazi0111e 
a mezzo stampa isolo nei �casi iin cui n0111 �Sia stata fa.ta :fla.colt� 
di prova, condiziona l'applicazione del provvedimento di clemenza 
alla discrezio~ale volont� del querelante (art. 3 della Costituzione) (132). 

Tribunale di Bologna, or:dinanza 1� ottobre 1970, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti stra01rdinari per la 1�ipresa 
economica), art. 56, terzo comma, in quanto cor.rela la possibile 
prosecuzione del rapporto di locazione in regime di proroga legale 
al reddito iscritto ai fini . dell'imposta complementare, attribuendo a 
dsultanze amministrative, oltrietu~to suscettibili di variare �e comunque 
�estr:ainee al processo, r:ilevanza probatoria determinante e preclusiva 
(ar:t. 3, 24, primo �comma, 2 e 25 della Cosstituzione). 
P�retor:e di Milano, or:diinanz�a 29 gen,naio 1971, G. U. 28 aprile 
1971, n. 106. 

legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina deU'affitto dei fondi 
rustici), artt. 2, 6, 11, 13, 14 e 23 (artt. 4 e 11 dello statuto speciale rper 
il T.rentino-.Mto Adige). 

Regione del Tr:entino-Alto Aodige, dcwso depositato il 1� aprile 
1971, G. U. 21 1aprile 1971, n. 29. 

NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILIT�, 
DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE 
DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 


Codice civile, art. 149 (Scioglimento del matrimonio) -Restituzione 
per una n.uova valutazione della rilev:anza. 


Ordiinanza 1� marzo 1971, n. 33, G. U. 10 marzo 1971, n. 62 . 

�

Or:dinanza .di rimessione 16 settembre 1969 del tribunale di Coseni;
a, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. 


(132) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 
1970, 1� giugno 1970 (due), e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 di-� 
cembre 1970, n. 329, e 7 ottobre 1970, n. 254). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 81 

c:odic._ c:ivile, art. 1751 (Indennit� per lo sciogiimento del coiitr�tto), 
primo c:omma {1arlit. 3 e 36 della Costituzione) -ManiJesta infondatezza 
(133). 


Ordinanza 22 marzo 1971, in. 58, G. U. 24 marzo 1971, n .. 74. 

Ordmanze di rimessi.0tn.e 21 nov.embre 1969 della :eor.te di appello 
di Oagliairi (G. U. 16 settembre 1970, n. 235), e 3 aprile 1970 del 
tribunale di Pailermo (G. U. 21 ottobrie 1970, n. 267). 

codice di procedura c:ivile, art. 514 (Cose mobili assolutamente impignorabili) 
{1arrtt. 2, 29 e 30 dell� Costituzione) -Mainiifesta infondatezza. 


Ordiinanza 22 ma.rzo 1971, n. 60, G. U. 25 maTzo 1971, n. 74. 
Orditnanza di rimessione 26 luglio 1969 del pretoo:-e di Borgo Vai! 
di Taro (G. U. 5 dicembre 1969, n. 280). 

c:odice penale, art. 8 (Delitto poLitico commesso all'estero), :primo e 
secondo comma (a.rtt. 3 �e 112 della CostituZlione) -Manifesta inammissibilit�. 


Ordinanza 30' marzo 1971, n. 65, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Or:dinarwa di rimessione 5 1Iuglio 1969 della corte di appello di 
Venezia, G. U. 24 dicemb:rie 1969, n. 324. , 

codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo 
c:�omma (�air:t. 27, terzo comma, della Cost:iituz:ione) -Mainifesta infondatezza 
(134). 

Ordinanza 30 marzo 1971, n. 64, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Oi'idIDa.nza di rimessione 17 luglio 1969 del tribunale di Milano, 
, G. U. 22 ottob:1~e 196�9, n. 269. 

c:odice penale, art. 625 (Circostanze aggravanti), ultimo comma (aTticolo 
27, terzo com.ma, della Costituzione) -manifesta infondatezza 
(135). 

� Orid:iinanza 30 marzo 1971, n. 64, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordi:iinanza di rimessi0tn.e 11'7 luglio 1969 del tribunail�e di Milano, 

G. U. 22 ottobre 1969., n. 269. 
codice penale, art. 635 (Danneggiamento), sec:ondo c:omma, n. 2 

Manifesta infondatezza (136). 

Or:diinanm 1� mafl"zo 1971, n. 36, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
O~diinarnza di rimessione 11 dfoem.bre 1969 del pretore di Milano, 

G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. 
(133) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della 
costituzionale, con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. 
(134) Cfr. sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte 
costituzionale. 
(135) Cfr. sentenza 17 febbraio 1971, n. 22 della Corte costituzionale. 
(136) Disposizione gi� dichiarata incostituzionale, con sentenza 6 luglio 1970, ~ 
n. 119, nella parte in cui�prevede come circostanza aggravante e come causa di pro

82 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 725 (Commercio di scritti, disegni o aitTi"'bggetti 
contrari aUa pubbiica decenza) (art. 21 de.Ha Costituzione) -Manifesta 
infondatezza (137). 

Ordinanza 22 mM"zo 1971, n. 61, G. U. 24 ma.rzo 1971, n. 74. 
Ord1n�nze di r1messione 14 maggio 1970 (tre) e 25 maggio 1970 
(due) del tribunale di Spoleto, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. 

codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di part.e 
civ.ile), secondo comma, art. 94 (Formalit� deHa costituzione di parte 
civile), e art. 468 (Discussione finaie), primo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzi001e) -Manifesta infondaitezza (138). 

Ordinanza 4 mall"zo 1971, n. 44, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordin:anza �di rimeS1Sione 30 giugno 1970 del tribunale di Bus,to 
Arisi~io, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. 

codice di proced'ura penale, art. 175 (Notificazione ad altre persone), 
ultima parte -Restituzione degli atti per un nuovo esame della rilevarr,
tz�a (139). 

01idinanza 2(; aprile 1971, n. 85, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. 
Ordinanze ,di rimessione 31 marzo 1969 del itribrunale di Torino 

(G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e 6 agosto 1969 del tribunale di Genova 
(G. U. 26 ng:vembr:e 1969, n. 299). 
codice di procedura penale, art. 281 (Facolt� d'impugnazione delle 
ordinanze suUa libert� provvisoria) -Restituzione degli atti per una 
nuova valutazione della rilevanza (140). 

Ordinanza 4 marzo 1971, in. 43, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ord.inanza di rimessione 19 agosto 1970 al giudice istruttore del 
tribunale di R~a, G. U. 11 novembr:e 1970, n. 286. 

codice di pl'ocedura penale, art. 304 bis (Atti a cui �possono assistere 
i difensori), primo comma -Man4festa infondatezza (141). 

cedibilit� d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale reato sia commesso 
da lavoratori in occasione di uno sciopero o� da datori di lavoro in occasione di 
serrata. 

(137) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 novembre 1970, n. 159. 
(138) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 26 giugno 1970, n. 108. 
Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94 del codice di procedura penale 
� stata dichiarata non fondata, in riferimento l;l.ll'art. 24 della Costituzione, con 
sentenza ,28 dicembre 1968, n. 136. 
(139) Diversa questione � stata proposta dal pretore di Bologna (ordinanza 
9 novembre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). 
(140) Disposizione modificata con legge 5 novembre 1970, n. 824. 
(141) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 16 dicembre 1970, 
n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva il diritto del difensore dell'imputato 
di assistere all'interrogatorio, e sostituito poi con d.1. 23 gennaio 1971, n. -2, 
convertito, con modificazioni, con legge 18 marzo 1971, n. 62. 

83

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Sentenza 30 marzo 1971, n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 

Ordinanze di rimessione 21 mairzo 1969 del p:r:etooe di Camposampiero 
(G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e 9 febbraio 1970 del pretore di 
Roma (G. U. 25 marzo 1970, n. 76). 

codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza 
per le coniravvenzioni), art. 1239 (Oblazione nelle contravvenzioni 
marittime), art. 1240 (Competenza per territorio), art. 1242 
(Decreto di �condanna), art. 1243 (D.iChiarazione di opposizione e d'impugnazione), 
art. 1245 (Letture permesse di disposizioni testimoniali), 
e art. 1247 (Conve1rsione deUe pene pecuniarie) -Manifesta inf<IDdatezza 
(142). 

Ordinam.za 16 mairzo 1971, n. 52, G. U. 24 marzo 1971, 1ri. 74. 

Ordiinrunze di irimessione 23 febbraio 1970 della term sezione penale 
della Corte di cassazione (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 3. aprile 
1970 del tribuna.le di Roma (G. U. 25 novembre 1970, rn. '299). 

legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (Risanamento della citt� di N apo�li), 
art. 15 (aI"tt. 70-76, 3 �e 42 della Cosstituzione) -Inammissibilit�. 

Serntenza 5 aprile 1971, n. 74, G. U. 7 1aprile 1971, n. 87. 

Ordinanza di ..rimessione 15 aprile 1969 del tribunaJe di Locri, 

G. U. 18 giJu.glilo 1969, n. 152. 
r.d. 24 settembre 1923, n. 2119 (Semplificazione al procedimento di 
espropriazione per le opere interessanti le ferrovie deilo Stato), art. 2 
(airtt. 70-76, 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit�. 
Sentenza ,5 �aprile 1971, n. 74, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Or:dinanza di rimessione 1"5 aprile 1969 del tribunale di Locri, G. U. 
18 giugno 1969, n. 152. 

legge 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della 
legislazione in materia di boschi e di terreni montani), artt. 26 e 29 
a�rt. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza. 

Or:clinaa:iza 30 mairzo 1971, n. 67, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Or:dinall2le di rlmessicme 28 aprile 1969 �dei pretore di Tortorici 

(G. U. 27 geillllaio 1971, n. 22) e 26 settembre 1969 del pretore di Bronte 
(G. U. 4 ma�rzo 1970, n. 57). 
legge 27 maggio 1929, n. 81 O (Esecuzione del Trattato, dei quattro 
annessi e del Concordato sottoscritti in Roma tra la Santa Sede e 

(142) Gli artt. 12.38, 1242, 1243, 1246 e 1247 del codice della navigazione sono 
stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 luglio 1970, n. 121. 

84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'Italia l'll febbraio 1929), art. 34, quarto, quinto e sesto comma Restituzione 
per una nuova valutazione della rilevanza (143). 

Ordinanza 1� mairzo 1971, n. 34, G. U. 10 malfzo 1971, n. 62. 
Or.diinanza rdi �rimessione 31 ottobre 1969 della corte di appello di 
Bologna, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. 

legge 21 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'a.pplicazione del 
Concordato dell'll febbraio 1929 tJra la Santa Sede e l'Italia, nella 
pa1�te relativa al matrimonio), art. 17 -Restituzione degli atti per 
una nuova valutazione delila rUevanza. 

Ordinanza 1� marrzo 1971, n. 34, G. U. 10 mairzo 1971, n. 62. 
Ord:iinanza di rimessione 31 ottobre 1969 della �Corte di appello 
di Bologllla, G. U. 6 maggio 1970, lii. 113. 

accordo economico collettivo 30 giugno 1938 (Disciplina del rapporto 
di agenzia e r.appresentanza commerciale), art. 8 (airt. 36 della Costituzione) 
-Manifesta inammi'SISiibilit�. 

Ordinanza 22 mair:w 1971, n. 58, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
Ovdinanza di trimessione 21 nov�embre 1969 della cmte di appello 
di Cag.Ma�ri, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. 

c�ontratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (Disciplina del trattamento 
di malattia di operai dell'industria), richiamato dall'aoct. 1 del 
d.lg.lgt. 18 aprile 1946, n. 213, art. 19, le++. a (a�rt. 38, secondo comma, 
della Costituzione) -Inammissibilit�. 

Sentenza 5 aprile 1971, n. 72, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanz1a di rimessione 6 giugno 1969 del tribunale di Reggio 
Emilia, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. 

r.d. 25 agosto 1940, n. 1411 (Testo unico delle disposizioni legislative 
in ma,teria di brevetti per modelli industriali), art. 1o. secondo comma, 
lettera a (artt. 76 e 77 della Costituzione) -Manifesta imo1I1Jdatez21a. 
Or.dinanza 5 .ap:r:i1e 1971, n. 77, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanza di !rimessione 27 marzo 1969 della commissione dei 
rkor.si in materia di brevetti, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato 
preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta 
(143) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 102, secondo 
comma, della Costituzione, con sentenza 1� marzo 1971, n. 30. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 

amministrativa), artt. 15, 18, primo comma, e 217 -Manife~.ta infon


datezza (144). 

Ordinanza 22 ma;rzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

Ordinanza di rimes.sione 26 giugno 1969 .del tribunale di Milano 
(arrt. 15; G. U. 11 novembre 1970, n. 286), 2 aprile 1970 del pretore di 
Brescia (airtt. 15 e 18; G. U. 16 .settembre 1970, n. 235), e 29 aprile 
1970 (artt. 15, 18 .e 217; G. U. 16 settembre 1970, n. 23�5). 

d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denuncia di stranieri 
o apolidi), art. 2 (art. 3 della Costituzione) -Manifesita inf9ndatezza 
(145). 

Ordinanza 5 apr:file 1971, n. 76, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinianza di Timessione 22 novembre 1969, G. U. 4 mairzo 1970, 

n. 57. 
/ 

legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni -per le locazioni e subfooazioni 
di immobiU urbani), art. 37 -ResUtuziorne degli a.tti per un 
nuovo esame ,sulla rilev�anza. 

Ordinaa:iza 16 marzo 1971, in. 50, G. U. 24 maJ.'zo 1971, n. 74. 

01dinanza di J.'imessione 2.6 marzo 1969 del pl'ietwe di Via-reggia, 

G. U. 18 giugno 1969, :n. 152. 
ordinanza 30 maggio 1951 dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanit� 
(Sanzioni relative al trasporto di carni), art. 2 (art. 25, s.ecoindo comma, 
della Costituziorne) -Manifesta inammissibilit�. 

Ordina~a 5 aprile 1971, n. 7�5, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
OJ.'.dinainza di rimessiOIIle 5 febbraio 1970 del pretore di Monfalcone, 
G. U. �1� aprile 1971, n. 82. 

d'.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte 
dirette), artt. 84, 136, secondo comma, 143, 175, e 176 -Manifesta inammissibilit� 
(146) (147). 

Ovdirnanza 16 marzo 1971, n. 53, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 
Ordinanze di rimessiorne 18 dicembre 1968 della commissione distrettuale 
delle imposte di Napoli (artt. 175 e 176; G. U. 16 settembre 

(144) L'art. 15 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stato dichiarato incostituzionale, 
con sentertza 16 luglio 1970, n. 141, nella parte in cui non prevedeva l'obbligo 
del tribunale di disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio 
per l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura di tale procedimento. 
Le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 18 e 217 sono state 
dichiarate non fondate rispettivamente con sentenze 22 novembre 1962, n. 93 e 
26 luglio 1970, n. 141. 
(145) Cfr. sentenze 26 giugno 1970, n. 109 e 26 giugno 1969, n. 104 della Corte 
costituzionale. 
(146) In quanto questioni proposte da .organi non giurisdizionali. 
(147) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 4 luglio 1963, n. 114 per 
l'art. 175, e con sentenza 3 luglio 1967, n. 77 per l'art. 176. L'art. 136, lett. b, del 

86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1970, n. 235), 30 ottobre 1969 della commissione distrettuale de�le imposte 
di PeSM"o (airt. 143; G. U. 25 novembre 1970, n. 299), 16 marzo 
1970 (quattro) della commissione provinciale delle imposte di Bologna 
(art. 84; G. U. 11 novembre 1970, n. 286), e 18 marzo 1970 della commissione 
distrettuale delle impOISlte di Lecce (art. 136, secondo comma; 

G. U. 9 dicembre 1970, n. 311). 
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 '(Testo unico deUe leggi suUe imposte 
dirette), art. 207, lett. b, (artt. 3, 24,. 29, primo comma, 30, ipr:imo comma, 
42, 47 .e 113 della Costituzione) -Manifesta� infondatezza (148). 
Ordinanza 16 marzo 1971, n. 51, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. 

Oridinainz.e di rimessione 30 luglio 1969 del pretore di San Giova1rmi 
in Fiore (G. U. 10 .dicembre 1969, n. 311) e 11 marzo 1970 del 
pretore di Siena (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). 

d.P.R. 14 lugli-o 1960, n. 1011 �(Norme sui licenziamenti individuali 
dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali) (aJ:!t. 39 della Costituzione) 
-Miani:llesta inf001daitezza (149). 
Ordinanza 30 marzo 1971, n. 63, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. 
Ordinanza di rimessione 22 maggio 1967 del tribU!llale di Napoli, 

G. U. 24 1settembre 1969, n. 243. 
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli opern,i e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, nella parte iin cui rende efficaci erga omnes 
gli artt. 34 .e 62 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 
1959 per gU addetti all'�edilizia -Manifesta infondatezza (150). 
Sentenza 4 ma1r.zo 1971, n. 42, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Or�d:inanz,a di rimessione 18 marzo 1969 del pretore di Teramo, 

G. U. 2 luglio 1969, 1969, n. 165. 
d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 � stato dichiarato incostituzionale con sentenze 15 dicembre 
1967, n. 135 e 18 novembre 1970, n. 160. 
(148) Questione dichiarata non fondata con .sentenze 16 giugno 1964, n. 42 
(artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione), 26 novembre 1964, 
n. 93 (artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione), 
20 dicembre 1968, n. 129 (art. 113 della Costituzione), e 26 giugno 1969, n. 107 
(artt. 3., primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 
42, secondo comma, della c"ostituzione). Analoga questione � stata dichiarata non 
fondata, con sentenza 2 febbraio 1971, n. 13, anche per la lett. a dell'art. 207. 
(149) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1967, n. 98. Il 
d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 
maggio 1966, n. 50, per la sola parte in cui disciplina l'intervento di conciliazione 
delle organizzazioni di categ.oria. Con la stessa sentenza � stata dichiarata non fondata, 
in riferimento agli artt. 76, 77 e 102 della Costituzione, la questione di legittimit� 
dell'articolo unico del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011 in quanto rende obbligatorio 
erga omnes l'accordo interconfederale del 18 ottobre 1950 nella parte in cui 
definisce la cognizione della controversia a Collegi di conciliazione e di arbitrato. 
(150) Nella parte sopra indicata l'articolo unico del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 
� stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per le 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 

d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481 (Norme sul trrattamento econoffilco e 
normativo dei dipendenti da imprese commerciali), nella �parte in cui 
rende obbligatoirie erga omnes le �disposiziom dell'accordo nazionale 
29 aprile 1957 sulla scala mobile nel settore del comm:er:cio (arlt. 23 
e 70 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (1'51). 
Ordinanza 1� marzo 1971, n. 35, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanza di rimessione 29 maggio 1969 del pretoce di Modica, 

G. U. 24 settembre. l969, n. 243. 
legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi 

1 alle Sezioni specializzate agrarie), artt. 3, quarto comma, e 4, .primo comma 
(all'ltt. 52, 102, 104 �e 108 della Costituzione) -Manifesta infondatezza 
(152). 

Ordinanza 1� mall'zo 1971, .n. 37, G. U. 10 'Inarzo 1971, n. 62. 
Ordinanze 15 gennaio� 1970 (due) de1la sezione .spec1alizz�ata agraria 
del :tribunale di Grosseto, G. U. 7 ot.tobr:e 1970, .n. 254. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe frodi 
nella preparazioine e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, 
primo comma (all'lt. 76 della Costituzione) -Mani:t�esta irifondaitezza (153). 
Or:dinanza 4 mall"zo 1971, n. 45, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ordinanze di rimessione 6 maggio 1970 del tribunale di Treviso 

(G. U. 2 settemb!L"e 1970, n. 222), 22 giugno 1970 �del tribunale �di Macerata 
(G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), 21 settembre 1970 della corle di 
appello di Bologna (G. U. 25 nov�embre 1970, n. 299) e 26 orttobre 1970 
del tribunale idi BoJzano (G. U. 23 dicembre 1970, n. 324). 
legge 31 maggio 1965, n. 575 (Dispos.izioni contro la mafia), art. 6 
(art. 3 deUa Costituzione) -Manifesta infondatezza. 

Ordinanza 30 mall'zo 1971, n. 66, G. U. 7 agosto 1971, in. 87. 
Ordinanza di ll'lln~one 25 ottobr.e 1969 �del pretoire di Cernfo, 

G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. 
legge 20 marzo 1968, n. 304 (Modifica degli artt. 64 e 65 del regolamento 
di polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio deUe strade fer


altre declaratorie di illegittimit� costituzionale della disposizione v. in questa Rassegna, 
1969, II, 103, nota 68, oltre la stessa sentenza 4 marzo 1971, n. 42. 

(151) Altra questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. ,2 gennaio 1962, 
n. 481 � stata dichiarata non fondata con sentenza 20 marzo 1970, n. 41. 
(152) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 104, 105 e 108 
della Costituzione, con sentenza 2 aprile 1970, n. as. ~ 
(153) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaiO 1971, n. 3. 
23 



88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rate, approvavo con regio decreto 31 ottobre 1873, n. 1687)�, articolo 
unico (a-r:t. 25, secondo �Comma della Costituzione) -Manifesta infonda.
tez:zia. � 

Ordiinanza 26 aprile 1971, n. 84, G. U. 28 aprile 1971, n. 10.6. 
Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1969 del pretore di Recanati, 

G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. 
legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanzia1�i per l'attuazione 
delle Regioni �a statuto ordinario), art. 1�7, ne11a .pall'!te in cui pil"evede 
iil dcorso alla delegazione legis1a1tiv>a per il tra,sferimento delle 
funzioni -� Inamm1ssibilit�. 

Sentenza 4 ma1rzo 1971, n. 39, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. 
Ricovso della Regione veneta, depositato il 9 settembre 1970, 

G. U. 11 novembre 1970, n. 286. 

��CONSULTAZIONI 



ATTI AMMINISTRATIVI 

Vizi di notifica -Rilevanza -.Limiti. 

Se i vizi di notifica di un provvedimento amministrativo incidano sulla 
. legittimit� deli'atto ovvero solo sulla decorrenza del termine utile per il 
ricorso (n. 23). 

BELLEZZE ..ARTISTICHE E NATl:JRALI 

Legge 29 giugno 1939, n. 1497 -�Ordini di ripristino -Efficacia nei confronti 
dei successivi 'P'cquirenti del bene. � 

Se il decreto ministeriale che dispone la demolizione o la. reductio in 
pri~inum di un fabbricato, costruito o modificato 1n violazione di un vincolo 
apposto ai .sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, possa considerarsi 
efficace ancbe nei .confronti dei successivi acquirenti che ignorano la violazione, 
e se questi, conseguentemente, siano tenuti a darvi esecuzione 

(n. 21). 
(

Licenza di abitabilit� a costruzioni abusive. 
! 

Se l'autorizzazione all'abitabilit~ possa essere negata per ragioni di 
carattere strettamente edilizio,�urbanistico e �paesistico (n. 22). 

Se il p�tere di ordinare la demolizione, ai .�sensi della legge urbanistica, 
possa essere esercitato in relazione a costruzioni eseguite in violazione 
alla legge 25 giugno 1939, n. 1497 sulla tutela '.delle bellezze naturali 

(n. 22).. 
CIRCOL�ZIONE STRADALE 

Recupero delle s~nzioni pecuniarie previste dalla legge n. 317 del �1967. 

Se l'ordinanza previ-sta dall'art. 9 della legge n. 317 del 1967 conservi 
efficacia anche dapo il decorso di novanta giorni dalla notifica (n. 24). 

COMUNI E PROVINCIE 

Contributi dello Stato per ope1�e di interesse di enti locali. 

Se, ai .fini delle integrazioni dei contributi, possa valutarsi a posteriori 
l'ammissibilit� in linea tecnica di maggiori spese, anche per compensi revisionali, 
o di opere ag.giuntive (n. 137). ' 

Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a ~� 
conhibu~o la spesa per �compensi revisionali 'relativi ad opere del Comune 
di Roma originariamente non assistite dal contributo me.4esimo (n. 137). 



90 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Attivit� sciatoria -Esercizio di impianti di risalita Manutenzione delle 
piste di discesa. 

Se i concessionari di impianti di risalita siano tenuti a provvedere 
alla manutenzione ed alla battitura delle piste di discesa e se l'esercizio 
dell'attivit� a� cui la concessione si riferisce non debba ipoter essere consentito, 
se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, 
ove del caso, anche con l'imposizione, come determinazione accessoria 
della concessione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 101). 

CONCORSI 

Riserve di posti -Legge 2 aprile 1966, n. 482 -Concorsi a posti di ostetrica 
condotta. 

Se l'art. 12 della legge 2 aprile 1.968, n. 482 possa applicarsi ed in quali 
limiti anche al concorso a posti di ostetrica condotta (n. 17). 

CONTRIBUTI 

Contributi dello Stato per opere di interesse di enti loca~i. 

Se, ai fini delle integrazioni dei contributi, possa valutarsi a posteriori 
l'ammissibilit� in linea tecnica di maggiori spese, anche per compensi revisionali, 
o di opere aggiuntive (n. 91). , 

Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a 
contributo l'opera per compensi revisionali relativi ad opere del Comune 
di Roma originariamente non assistite dal contdbuto medesimo (n. 91). 

Versamento di contrib'ltti agli Uffici del Tesoro -Ritardo -Imputabilit� Interessi. 


Se siano dovuti gli interessi sui contributi versati tardivamente in 
occasione di chiusura degli Uffici del Tesoro per agitazioni sindacali (n. 92). 

COSTITUZIONE 

Oanoni demaniali -Adeguamento -Legge 21 dicembre 1961, n. 1501. 

Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 4 della legge 21 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento 
dei canoni demaniali, in riferimento all'art. 23 della Costituzione 
(n. 55 ). � . 

DANNI DI GUERRA 

Differimento del pagamento delle rate di indennizzo in pendenza di ricorsi. 

Se l'Amministrazione del Tesoro, analogamente a quanto stabilito dall'art. 
3 della legge 11 febbraio 1958, n. 89 per fipotesi di ricorso al Mi-��� 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

nistro avverso il provvedimento intendentizio di liquidazione, possa differire 
i pagamenti anche nel caso di proposizione di ricorsi giurisdizionali 

o di ricorsi al Capo dello Stato o in pendenza dei relativi termini (n. 140). 
DAZI DOGANALI 

Interessi -Legge 26 gennaio 1961, n. 29. 

Se le disposizioni .sugli interessi, di �CUi alla legge 26 gennaio 1961, 

n. 29, si applichino, ed eventualmente in quali limiti, per le imposte diverse 
da quelle indirette sugli affari (n. 50)."" 
.Quali siano le imposte indi!l'ette-sugli affari a �cui .si a�pplicano le disposizioni 
della legge 26 gennaio 19�61, n. 29, sugli interessi (n. 50). 

DEMANIO 

Canoni demaniali -Adeguamento -Legge 21 dicembre 1961, n. 1501. 

Se debbp. ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� 
�costituzionale dell'art. 4 della legge 21 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento 
dei canoni demaniali, in riferimento all'art. 23 della Costituzione 
(n. 234). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Legge 30 dicembre 1960, n. 1676 -Assegnazione di alloggi a lavoratori 
agricoli. � 

Se l'art. 8 d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 debba interpretarsi nel senso 
che il computo dell'anzianit� di iscrizione dei lavoratori agricoli, aspiranti 
assegnatari di alloggi popolari ed economici, negli elenchi anagrafici di cui 
all'art. 24 del d.P.R. 14 febbraio 1962, n. 128 (regolamento di esecuzione 
della legge 30 dicembre 1960, n. 1676) debba essere effettuato senza tenere 
conto de.gli anni di iscrizione precedenti ad eventuali interruzioni e, dunque, 
limitatamente al periodo successivo all'�ltima interruzione (n. 225). 

ESECUZIONE FISCALE 

Recupero delle sanzioni pecuniarie previste dalba legge n. 317 del 1967. 

Se l'ordinanza prevista dall'art. 9 della legge n. 317 del 1967 conservi 
efficacia anche dopo il decorso di novanta giorni dalla notifica (n. 78). 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

Espropriazione per p:u. nella Regione Trent,ino-Alto Adige. 

Se appaia in contrasto con la Costituzione H criterio di indennizzo 
fissato nella legge della Regione Trentino-Alto Adige del 17 febbraio 1966, 

n. 5 sulla base del criterio di stima della c.d. legge di Napoli (n. 296�). 

92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


IMPIEGO PUBBLICO� 

Giurisdizione in tema di danni cagionati all'Amministrazione da un .cara. 
biniere ausiliario. 

Se il carabiniere ausiliario, il quale iibbia cagionato danno a1l'Amministrazione 
dello Stat�, ai sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1833, sia 
sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilit� 
amministrativa (n. 714). 

Inquadramento -Qualifiche. 

Se sia applicabi.Ie al rappo:rto d'impiego dei dtpendenti di enti pubblici 
la norma dell'art. 2103 del codice civile (rigua'l."dante le mansioni dei 
dipendenti) dopo la modifica dispostane dall'art. 13 della legge 20 maggio 
1970, n. 300 (statuto dei lavoratori) (n. 715). 

Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori). 

Se le disposizioni alla legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavo


ratori) siano applicabili ai rapporti di lavoro del personale di un ente 
pubblico il cui statuto 'prevede l'emanazione, peraltro non ancora avvenuta, 
di no'l."me speciali riguardanti il personale (n. 715). 

IMPOSTA DI CONSUMO 

Imposta erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. 


Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla 
Cassa per il Mezzogiotno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della 
legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della legge 29 luglio 
1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento 
(n. 19). 

Se, conseguentemente, l'energia elettrka fornita alla Cassa. per il Mezzogiorno 
�sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo 

(n. 19). 
IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni -Limiti generali dell'interpretazione c.d. finalistica -Convenzioni 
per il servizio di tesoreria previste d:alla legge 24 novembre 

1961, n. 1283. 

Se la norma a.gevolativa di cui all'art. 1, secondo comma, della legge 
24 novembre 1961, n. 1283, riguardante le convenzioni per il servizio di 
tesoreria stipulate con le aziende di credito dagli Istituti indicati nel primo 
comma del medesimo articolo, ricomprenda anche la pattuizione relativa 
all'anticip~zione di somme da parte del tesoriere e, in ogni caso, se l'agevolazione 
stessa .possa ritenersi applicabile in via di interpretazione estensiva, 
in corrsiderazione del rapporto di strumentalit� tra Ia pattuizione 
suddetta .e la convenzione disciplinante il servizio di tesoreria (n. 338). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 93 

Agevolazioni per il trasferimento di fondi. rustici. 

Se il beneficio della tassa fissa, previsto dall'art. 4 della legge 29 novembre 
1962, n. 1680, si applichi anche al trasferimento della nuda pro-' 
priet� di part� indivisa o determinata di fondi rustici, provenienti dalla 
stessa eredit~ di agricoltore diretto, posto in essere a favore di erede parimenti 
agricoltore coltivatore diretto .(n. 339). 

Agevolazioni per l'edilizia -Ter~ini di costruzione -Leggi nazionali e 
leggi regionali siciliane. 

Se l'art. 5 della legge r,egionale siciliana 30 luglio 1969, n. 29 importi 
proroga dei termini ivi richiamati per l'ultimazione della costruzione, anche 
con riferimento ai trasferimenti iprevisti dalla legge. reg. 14 giugno 
1965, n. 14 e, in .caso affermativo, se importi anche proroga del termine 
per la presentazione del certificato di abit�bilit� previsto dalla detta legge 
reg. 14/1965 (n. 340). � 

Se la legge reg. sic. 30 luglio 1969, 11. 29, importi solo proroga�dei termini 
per l'u.ltimazione del fabbricato previsti dalle leggi .regionali ivi richiamate 
o importi in generale proroga deHa legge reg. sic. 18 ottobre 
1954, n. 37 (n. 340). 

Se, dopo l'entrata in vigore della legge reg. 30 luglio 1969, n. 29, possano 
continuare a sostenersi� le pretese fiscali per decadenza dai benefici 
per l'edilizia, gi� verificatesi e determinate da mancata osservanza dei 
termini (n. 340). 

Se l'inosservanza dell'obbligo di denunzia dell'ultimazione dei lavori 
entro un anno dalla stessa (o entro un anno dall'entrata in vigore del d.l.) 
previsto dall'art. 6 d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 -comporti la decadenza 
dai benefici (n. 340). 

S'e l'inosservanza de1l'obbligo di denunzia dell'ultimazione dei lavori 
entro un anno �dall'ultimazione stessa (o entro un anno dall'entrata in vigore 
.della legge) di �cui all'art. 7 legge reg. sic. 30 luglio 1969, n. 29, �Comporti 
decadenza dai benefici (n. 340). 

Bonifica d~ell'agro romano -Agevolazioni. 

Se il beneficio della tassa fissa di registro ed 1potecaria possa applicarsi 
agli atti di donazione posti in essere ai fini della bonifica dell'agro 
romano, prima dell'entrata in vigore della legge n. 1271 del 1964 (n. 341). 

Se detti atti siano soggetti all'imposta sul valore globale (n. 341). 

Concessioni ad redificandum -Accertamento di valore. 

Se il valore da attribuire alle singole concessioni ad redificandum per 
l'imposta di registro debba accertarsi in modo autonomo rispetto al valore 
del trasferimento della propriet� dell'area (n. 342). 

Contratti dello Stato -Termine registrazione -Decorrenza. 

Se, per la decorrenza del termine d� registrazione dei contratti dello 
Stato, occorrano, in ogni caso, l'emanazione e la comunicazione del decreto 
di approvazione del verbale di aggiudicazione o del contratto formale 


(n. 343). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT� 

Enfiteusi -Accertamento di valore. 

Se sia ammissibile l'accertamento di� valore ai fini dell'imposta di registro 
per i contratti relativi all'enfiteusi (n. 344). 

Legge 27 settembre 1963, n. 1317 -Aliquote -Atti stipulati prima dell'ent1
�ata in vigore della legge 27 settembre 1963, n. 1317 e registrati posteriormente. 


Se l'art. 150 della legge di registro enunci un princ:iipio di ordine generale 
applicabile quindi alla legge n. 1317 del 1963 (n. 345). 

Trasferimento del dominio utile di un'area edificabile -Agevolazioni fiscali. 

Se nel caso di trasferime:nto del dominio utile relativo ad area fabbricabiiJ.
e, l'acquirente, impegnandosi a costruire su detta area una �Casa d1 
civile abitazione non di lusso, possa chiedere le agevolazioni fiscali di cui 
alla legge 2 luglio 1949, n. 408 (n. 346). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Legge n. 1316 del 1960, art. 199 bis. -Decorrenza di applicazione dell'indennit�. 


Se l'indennit� per ritardato sgravio di imposte pagate, di cui all'articolo 
199 bis della legge 1316 del 1960, sia dovuta unicamente per i rimborsi 
da eseguirsi con riferimento ai ruoli, per i quali �l'ultima rata venga 
a scadere dopo il 1� gennaio 1961, data di entrata in vigore della suddetta 
legge, ovvero anche con riferim�nto ai ruoli di scadenza anteriore (n. 48). 

Opposizione avverso i ruoli. 

Se l'opposizione avverso i ruoli delle imposte dirette vada proposta 
con ricorso all'ufficio previsto dall'art. 188 t.u. imposte dirette, o sia ammesso 
in sua vece ricorso gerarchico all'Intendente di finanza (n. 49). 

IMPOSTE DIRE'fTE 

Opposizione avverso i ruoli. 

Se l'opposizione avverso i ruoli delle imposte dirette vada proposta 
con ricorso all'ufficio previsto dall'art. 188 t.u. imposte dirette, o sia ammesso 
in sua vece ricorso gerarchico all'Intendente di finanza (n. 1). 

IMPOSTE E TASSE 

Interessi -Legge 26 gennaio 1961, n. 29. 

Se le disposizioni sugli interessi, di cui alla legge 26 gennaio 1961, 

n. 29, si applichino, ed .eventualmente .in quali limiti, per le imposte diverse 
da quelle indirette sugli affari (n. 537). 
Quali siano le imposte indirette sugli affari a cui si applicano le disposizioni 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29, sugli interessi (n. 537). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Legge �n. 1316 del 1960, art. 199 bis -Decorrenza di applicazione dell'indennit�. 


Se l'indennit� pe:r ritardato sgravio di imposte pagate, di cui all'articolo 
199 bis della legge 1316 del 1960, sia dovuta unicamente per i rimborsi 
da eseguirsi con riferimento ai_ ruoli, per i quali <l'ultima rata venga 
a scadere dopo� il 1� gennaio 1961, data di entrata in vigore della suddetta 
legge, ovvero anche con riferimento ai ruoli di scadenza anteriore (n. 538). 

IMPOSTE VARIE 

Impost.a erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. 


Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla 
Cassa per il Mezzogiorno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della 
legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della legge 29 luglio 
1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento 
(n. 46). 

Se, conseguentemente, l'energia elettrica fornita alla Cassa per il Mezzogiorno 
sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo 

(n. 46). 
�Interessi -Legge 26 gennaio 1_961. n. 29. 

Se le disposizioni sugli interessi, di �cui alla legge 26 gennaio 1961, 

n. 29, si applichino, ed eventualmente in quali limiti, per le imposte diverse 
da quelle indirette sugli affari (n. 47). 
Quali siano le imposte indirette �sugli affari a cui si applicano le dispdsizioni 
della legge 26 gennaio 1961, n. 29, sugli interessi (n. 47) . 

. 

INFORTUNI SUL LAVORO 

Comitato nazionale per l'energia nucleare.-Ispezioni congiunte e separate 
previste dall'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 -Potere di 
diffida. 

Se, nel caso delle ispezioni congiunte (J.sp. Lav. e Isp. CNEN), di cui 
al iprimo comma dell'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, all'esercizio 
della facolt� di diffida da parte dell'Ispettore del Lavoro sia subordinato 
ogni obbligo di denuncia del reato accertato da parte dell'Ispettore del 
CNEN (n. 51). 

S'e, nel caso di ispezione �Separata, ai sensi del secondo comma dell'art. 
14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, debba escludersi che all'Ispettore 
del CNEN competa la facolt� della diffida e ritenersi invece che spetti 
piuttosto l'obbligo di riferire preventivamente all'Ispettorato del Lavoro,..adottati 
i necessari provvedimenti, salvo J.'obbligo di provvedere alla denuncia 
nelle materie di sua esclusiva competenza (n. 51). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

LAVORO 

Servizi di facchinaggio -Appalto. 

Se sia consentito ricorrere all'appalto per i servizi di facchinaggio 

(n. 60). 
Se sia consentito appaltare detti �Servizi ad imprese diverse dalle cooperative 
o carovane di facchini liberi esercenti (n. 60). 

Servizio di pulizia -Uffici locali �e agenzie postali. 

Se le pattuizioni concluse oralmente e ,senza indicazione deHe ore 
lavorative per l'assunzione delle persone addette alla pulizia dei sopraindicati 
uffici o agenzie, ingeneri a carico dell'Amministrazione l'obbligo di 
provvedere al versamento dei contributi assic~ativi per le persone che 
effettuano il .servizio di pulizia negli uffici locali e agenzie postali (n. 61). 

LOCAZIONE DI COSE 

Clausola di risoluzione anticipata di contratti di locazioni passive dello 
Stato. 

Se l'assenso del Ministero alla stipulazione di �un nuovo contratto di 
locazione sia di per .s� idoneo a 1.rendere operativa la clausola di risoluzione 
anticipata, " nelfinteresse del pubblico servizio �, dei contratti di 
locazione passiva dello Stato, nel caso in cui dal procedimento del nuovo 
contratto assentito non risultino obbiettive ragioni che giustifichino la cessazione 
del contratto originario (n. 141). 

Se sia possibile invocare come causa dii risoluzione e nell'interesse del 
servizio �, la mag.giore convenienza di un nuovo contratto (n. 141). 

MEZZOGIORNO 

Imposta erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. 


Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla 
Cassa per il Mezzogiorno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della 
legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della leg.ge 29 luglio 
1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento 
(n. 47). 

Se, conseguentemente, l'energia elettrica fornita-alla Cassa per il Mezzogiorno 
sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo 

(n. 47). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Versamento di contributi agli Uffici del Tesoro -Ritardo -Imputabilit� Interessi. 


Se siano dovuti gli interessi sui contributi versati tardivamente fn 
occasione di chiusura degli Uffici del Tesoro per agitazioni sindacali (n. 49). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 97 

OPERE PUBBLICHE 

Contributi dello Stato per opere di interesse di enti locali. 

Se, ai fini delle integrazioni dei eontributi, possa valutarsi a posteriori 
l'ammissibilit� in linea tecnica di maggior spese, anche per compensi revisionali, 
o di opere aggiuntive (n. 89). 

Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a 
�ontributo la spesa per compensi revi,sionali relativi ad opere del Comune 
di Roma originariamente non assistite dal contributo medesimo (n. 89). 

PIANI REGOLATORI 

Licenza di abitabilit� a costruzioni abusive. 

Se l'autorizzazione all'abitabilit� possa essere negata per ragioni di 
carattere �strettamente edilizio, urbanistico e paesistico (n. 22). � 

Se il potere di ordinare la demolizione, ai sensi deHa Ieg�ge urbanistica, 
possa essere eserdtato in relazione a eostruzioni eseguite in violazione 
alla legge 25 giugno 1939, n. 1497 sulla tutela dell.e bellezze naturali 

(n. 22). 
PREVIDENZA E ASSISTENZA 

Servizio di pulizia -Uffici locali e agenzie postali. 

Se le pattuizioni concluse oralmente e :senza indicazione delle ore 
lavorative per l'assunzione delle persone addette a1la pulizia dei sopraindicati 
uffici o agenzie, ingeneri a carico dell'Amminlstrazione l'obbligo 
di provvedere al versamento dei contributi assicurativi per le persone 
che effettuano il servizio di pulizia negli uffici locali e agenzie postali 

(n. 78). 
PROCEDIMENTO PENALE 

Comitato nazionale per l'energia nucleare -Ispezioni congiunte e separate 
previste dall'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 -Potere di 
diffida. 

Se nel caso delle ispezioni congiunte (Isp. Lav. e Isp. CNEN), di cui 

al primo comma dell'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, all'eser


cizio della facolt� di diffida da �parte dell'Ispettore del Lavoro sia subor


dinato ogni obbligo di denuncia del reato accertato da parte dell'Ispettore 

del CNEN (n. 13). 

Se nel caso di ispezione separata, ai sensi del secondo comma del


l'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, debba escludersi che all'Ispet


tore del CNEN competa la facolt� della diffida e ritenersi invece che spettj 

piuttosto l'obbligo di riferire preventivamente all'Ispettorato del Lavoro, 

adottati i necessari provvedimenti, salvo l'obbligo di provvedere alla de


nuncia nelle materie di sua esclusiva eompetenza (n. 13). 



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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

REGIONI 

Espropriazione per p.u. nella Regione Trentino-Aito Adige. 

Se appaia in contrasto con la Costituzione il criterio di indennizzo 
fissato nella _legge della Regione Trentino-Alto Adige del 17 febbraio 1966, 

n. 5 sulla base del criterio di stima de1la c.d .. legge di Napoli (n. 181). 
RESPONSABILIT� CIVILE 

Giurisdizione in tema di danni cagionati all'Amministrazione da un carabiniere 
ausiliario. 

Se il carabiniere ausiliario, il quale abbia cagionato danno all'Amministrazione 
dello Stato, ai sensi della J.egge 31 dicembre 196�2, n. 1833, sia 
sottoposto allp giurisdizione della Corte dei Conti ip. materia di responsabilit� 
amministrativa (n. 254). 

TRASPORTI 

Attivit� sciatoria -Esercizio di impianti di risalita -Manutenzione delle 
piste di discesa. ' 

Se i concessionari di impianti di risalita siano tenuti a provvedere 
alla manutenzione ed alla battitura delle piste di discesa e se l'esercizio 
dell'attivit� a cui la concessione si riferisce non debba poter essere c0nsent�to, 
se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, 
ove del caso, anche con � l'i.rriposizione, come determinazione accessoda 
della concesi;;ione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 73). 

TURISMO E SPORTS 

Attivit� �sciatoria -Esercizio di impianti di risalita -Manutenzione delle 
piste di discesa. 

Se i concessionari di impianti di risalita �siano tenuti a prov~�dere 
alla manutenzione ed alla battitura delle piste 'di discesa e se l'esercizio 
dell'attivit� a cui la concessione si riferisce non debba. poter essere consentito, 
se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, 
ove del caso, anche con l'imposizione, come determinazione accessoria della 
concessione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 21).