MARZO-APRILE 1971 ANNO XXlll-N. 2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �. Pubblicazione bimestrale di servizio ROMA ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 1 9 7 1 ABBONAMENTI� ANNO � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � L. 7 .500 UN NUMERO SEPARATO � .. .. .. .. � � � � .. � � � � 1.300 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA e/e postale 1/40500 Stampato in Italia -Printed in TtaLy Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu~lio 1966 (1212173) Roma, 1971 -Istituto Poligrafico dello Stato P.V. / INDICE Parte prima: GIURl'5PRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (a cura dell'avv. Michele Savarese) pag. 21 3 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA SDIZIONE {a cura SU QUESTIONI DI GIURIde/ l'avv. Benedetto Baccari) � 251 Sezione terza: GIURISPRUDENZA tro de Francisci) CIVILE (a cura . . dell'avv. . . Pie. � 297 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/' avv. Ugo Gargiulo) . � � 339 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura degli avvocati Giuseppe Angelini -Rota e Carlo Bafile) � 345 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE (a cura de/l'avv. Franco Carusi) . . . � � 478 Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia di Be/monte) � 494 Parte seconda�: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO R,ASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. Luigi Mazzel/a) pag. 43 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv: Arturo Marzano) � � 46 CONSULTAZIONI ............. � 89 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI LA REDAZIONE, Sulla competenza territoriale degli uffici dell'Avvocatura dello Stato . . . . . . . . . . . . . . . I, pag.. 300 FA"."ARA .F:� .La prova per indizi e l'accertamento dei redditi imponibili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, ,. 345 ZAGARI G., Della titolarit� di una pretesa derivante da danni subiti ad opera di forze militari di occupazione . . . . . I, > 321 ZAGARI G., Una questione di Giurisdizione in materia di domande proposte contro l'Amministrazione Italiana della Somalia relativamente ad una concessione assentita dalla precedente amm�inistrazione coloniale . . . � . . . . . . . . . I, > 269 INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA APPALTO -Appalto di opere pubbliche -Obbligo della Stazione appaltante di assicurare all'appaltatore la giuridica possibilit� di compiere� i lavori affidategli -Sussiste -Applicazione ai casi di-illegittimit� della licenza edilizia, ove� sia necessaria per il compimento dei lavori appaltati -Possibilit� e oggetto della prova liberatoria, 478. APPROVIGIONAMENTI E CONSUMI -Frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti -Divieto di zuccheraggio Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 218. ARBITRATO -Appalto di opere pubbliche Appalto di opera militare -Composizione del Collegio arbitrale Qualit� di funzionario della P. A. -Incapacit� assoluta -Esclusione -Possibilit� di porre un problema a incapacit� (relativa) dell'arbitro" funzionario della P. A. solo alle condizioni previste per la ricusazione ai sensi degli artt. 815 e 51 c.p.c., 483. - Appalto di opere pubbliche Appalto di opere militari -Composizione del Collegio arbitrale Disposizione a cui all'ultimo comma dell'art. 52 r.d. 17 marzo 1932, n. 366 -Portata, 483. -Appalto di opere pubbliche -A:rbitr'ato fondato su norme di legge e regolamento -Composizione del Collegio arbitrale in modo difforme da quello previsto dal Capitolato generale statale -Nullit� del lodo -Sussiste -Necessit� della previa eccezione nel corso del giudizio arbitrale Esclusione, 487. ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE -In genere -Concorso di persone nel reato -Diff�erenza -Singoli delitti compiuti unificati dal vincolo della continuazione -Associazione per delinquer.e -Compatibilit�, 496. -In genere -Variazione dell� per::: sone nel corso del tempo. -Conoscenza tra tutti i membri -Concorso di tutti alla consumazione .di ogni delitto -Irrilevanza Fondamento, 496. AVVOCATURA DELLO STATO -Avvocatura Generale e Avvocature Distr�ettuali -Competenza territoriale dei .singoli uffici distrettuali .,. Violazione -Conseguenze -Nullit� assoluta degli atti processuali posti in essere, 299. ' � - Incarico ad avvocati dello Stato di rappresentar.e e difendere le Amministrazioni in cause che si svolgono fuori della circoscrizione del loro ufficio -Onere di presentare al giudice il documento col quale l'avvocato generale ha conferito l'incarico, 300. COMPETENZA E GIURISDIZIONE -Domanda giudiziale presupponente l'accertamento negativo sull'efficacia vincolante di un atto legislativo -Difetto assoluto di giurisdizione, con nota di G. ZAGARI, 269. -Elezioni -Controversie riguardanti l'ufficio di Consigliere regionale -Giurisdizione del Giudice ordinario, 251. RASSEGNA DELL'AVVO~ATURA DELLO STATO -Ferrovie -Trasporto di persone sulle Ferrovie dello Stato -Diritto al biglietto di abbonamento -Limiti -Effetti sulla giuri!�dizione, 266. -Industria e commercio -Importazione -Integrazione prezzo di importazione -Concessione -Decadenza -Per omesso deposito in termine della dichiarazione di accettazione dei contratti -Impugnativa -Giurisdizione del C.d.S., 342. -Sicilia -Consiglio di Giustizia amministrativa -Sentenze -Ricorso alle Sezioni unite della Corte di Cassazione -Ammissibilit� -Limiti, 251. CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA -Collegio deliberante della Sezione disciplinare -Possibilit� di �esclusione di magistrati di merito -Illegittimit� costituzionale, 230. -Sezione disciplinare -Mancata assistenza del difensore nella istruttoria -Dibattimento a por . te chiuse -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 230. CONTABILIT� GENERALE DELLO STATO -Contratti della P. A. -Alienazione beni immobili -Gara -Avviso d'asta -Pubblicit�-notizia Inosservanza dell'art. 18 r.d. n. 454 del 1909 -Illegittimit�, 343. . . CORTE COSTITUZIONALE -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Giudice " a quo � -Commissione elettorale mandamentale -Inammissibilit� 'della questione, 236. -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Giudice a quo � -Consiglio Superiore della Magistratura (Sezione disciplinare) -Ammissibilit� della questione, 230. -Giudizi di legittimit� costituzionali in via incidentale -Intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri -Termine di venti giorni dalla notifica del:l'ordinanza -Non computabilit� del tempo decorrente dalla notifica della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, 245. -Giudizi di legittimit� costituzio. nale in via incidentale � -Irrilevanza prima facie della questione -Inammissibilit�, 224. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Approvigionamenti e. consumi, Consiglio Superiore della Magistratura, Corte Costituzionale, Fallimento, Impiego pubblico, Imposte e tasse in genere, Lavoro, Matrimonio, Ordini professionali, Procedimento penale, Reati e pene, Reato. DANNI DI GUERRA -Contributo di ricostruzione -Domanda -Erronea interpretazione .come richiesta di indennizzo Fattispecie -Illegittimit�, 342. DEMANIO - Bellezze naturali -Distruzione o o deturpamento di bellezze naturali -Costruzione abusiva in zona soggetta a vincolo.paesaggistico -Reato permanente -Momento di cessazione della per\ manenza, 499. - Patrimonio artistico e storico Vincolo paesaggistico -Inclusione della localit� .tutelata nell'elenco della ~ammissione provinciale Sufficienza, 499. ELEZIONI AMM:INISTRATIVE E POLITICHE -Pretesa all'immissione ed al mantenimento in ufficio pubblico Diritto soggettivo riflesso -Concetto ed effetti, 251. INDICE VII ENTRATE PATRIMONIALI DELLO STATO / -Riscossione -Ingiunzione amministrativa -Presupposti, 314. ESPROiRIAZIONE PER P. U. -Concorso di pi� Enti nell'esecuzione dell'opera pubbli�a -Imputazione giuridica degli . effetti dell'attivit� compiuta, 306. -� �spropriazione a favore dell'Anas -Opposizione all'indennit� di espropri -Competenza per materia del Tribunale, 309. FALLIMENTO -Azione revocatoria -Riduzione del periodo sospetto a favore di Istituti esercenti di mediocredito -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 220. GUERRA -Forze militari di occupazione Danni arrecati a civili -Titolarit� della pretesa risarcitoria, con nota di G. ZAGARI, 320. '' IMPIEGO PUBBLICO -Assegni familiari per gli alimentandi -Requisito della convivenza a carico -Illegittimit�� costituzionale -Esclusione, 222. IMPOSTA DI REGISTRO - Agevolazioni �per la costruzione �di case di abitazione non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione -Normativa anteriore all'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960, 358. -Agevolazioni per la costruzione di case dj. abitazione non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione -Normativa di cui al d.l. n. 1150 del rn67 -Decorrenza, 358. -Agevolazioni per le opere �di interesse degli enti locali -Elenco delle opere ammesse -Art. 2 legge 3 agosto 1949, n. 589 -:E /'tassativo, 423. -Agevolazioni per le opere di interesse degli enti locali -Strade comunali -Opere di completamento -Cilindratura e bitumatura di strade esistenti -Non � compresa nel concetto di �completamento, 423. .-Aggiudicazione agli incanti Fondi rustici -Impossibilit� di applicazione del criterio automatico di valutazione -Arte 50 legge di registro -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza, 470. -Appalto -Vendita -Distinzione Criteri di cui alla legge 19 luglio 1941, n. 771, 413. -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti di crediti � favore di ditte commerciali o industriali -Aliquota dello 0,25 % di cui alla lettera e) dell'art. 4 tariffa all. A della legge di registro -Correlazione fra i due negozi -Criteri di determinazione, 361. -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a :finanziamenti concessi da aziende ed enti di credito a favore di djtte commerciali e 'industriali -Aliquota dello 0'50 % di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa all. A della legge di registro -Criteri di determinazione, 361. -Cessioni di credito verso la �PubbUca Amministrazione in� relazione a :finanziamenti concessi da aziende od enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota dello 0,50 % di cui alla lettera b) dell'art. 4 tariffa all. A della legge di registro -Criteri di determinazione, 362. -Compravendita di fondi rustici -~ Sistema di valutazione tabellare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Applicabilit� per la liquidazione della sola imposta complementare -Abrogazione dell'art. 43 legge di registro -Esclusione, . 470. - Concessione di pertinenza stradale per la costruzione di accesso a stazione di servizio automobili �Stico e distribuzione carburanti Concessione amministrativa Tassabilit� ex art" 1 tariffa all. A, 356. � -Concessione di pubblico servizio -Presupposti -Trasferimento al concessionario di poteri pubblici -Non � necessario, 377. -Forniture di merci alle pubbliche Amministrazioni -Aliquota del1' 1 % -Applicabilit� nel periodo compreso fra l'entrata in vigore della legge n. 261 del 1953 e della legge n. 603 del 1954, 352. -Occultamento di valore -Prova Accertamento della Polizia tributaria in sede di ispezione ai fini dell'l.G.E. -Legittimit�, 373. - Occultamento di valore -Prova dell'occultamento -Incensurabilit�, 373. -Societ� -Aumento di capitale Imputazione di riserve -Imposta proporzionale, 392. -Somministrazione di acqua, gas ed energia elettrica -Contratti esenti da registrazione a termine fisso -Natura -Estensione, 387. -Termine per la registrazione Verbale di aggiudicazione -Tiene luogo del contratto, 409. -Trasferimenti a titolo oneroso Prezzi e corrispettivi -Concessione ad aedificandum su suolo demaniale -Opere costruite dal concessionario che saranno trasferite al concedente al termine della concessione -Costituiscono corrispettivo, 417. -Usufrutto -Denuncia di riilnione -Acc�rtamento -Valore stabilito in atto di compravendita . dello stesso bene -Irrilevanza Determinazione di ufficio del valore ai fini della riunione -Illegittimit�, 429. -Valutazione automatica dei fondi rustici -Valore dichiarato superiore -Rilevanza ai fini della tassazione -Aggiudicazione agli incanti, 469. IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE -Esecuzione esattoriale -Opposizion� del cessionario di azienda Giurisdizione del giudice ordinario -Esclusione, 395. -Redditi di capitale -Esistenza del mutuo -Prova per presunzioni Am: i:nissibilit�, con nota di F. FAVARA, 345. -Responsabilit� del cessionario di azienda -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza, 395. -Responsabilit� del cessionario di azlenda -Riguarda anche le imposte dovute dal precedente affittuario, 394. -Spese e passivit� deducibili Imposta sulle societ� -Natura Deducibilit� -Esclusione, 443. - Spese e passivit� deducibili Imposta .sulle societ� -Natura Deducibilit� -Esclusione, 444. IMPOSTA GENERALE SULL'EN-. TRATA. -Appalto e V�endita -Criteri di distinzione -Legge 19 luglio 1941, n. 771 -Inapplicabilit� -Limiti, 380. . -Prodotti ortofrutticoli, uova, pollame e cacciagione -Trasferimenti anteriori all'immissione in consumo -Presuniione fiscale Sussiste -Onere della prova a carico del contribuente -Mezzi di prova ammessi, 405. IMPOSTA IPOTECARIA -Trascrizione di atti che trasferiscono diritti capaci di ipoteca Concessione ad aedificandum su suolo del demanio marittimo _., Tassabilit�, 417. INDICE IX IMPOSTA SULLE SOCIET� -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Commissione provinciale di Va ...:_ Questioni di legittimit� costitu lutazione �che risolve questioni zionale delle norme istitutive per pregiudiziali di di~tto -Incom contrasto con l'art. 653 Cost. petenza -Impugnazione al Tribu Manifesta infondatezza, 443. nale ex art. 29 terzo con:ima r .d., 7 agosto 1939, n. 1639 per difetto di calcolo e errore di apprezza'- mento -Annullamento della de IMPOSTE E TASSE IN GENERE cisione impugnata per incompetenza della Commissione -Ne- Esecuzione esattoriale � -Limitacessit�, 436.. zioni dell'opposizione di terzo sui -Imposte indirette -Controversie mobili pj.gnorati --Illegittimit� di valutazione -Decisi�ni della costituzionale -Esclusione, 234. Commissione provinciale -Di -Imposte Dirette -Legittimaziofetto di calcolo ed errore di apne -Adc;lizionali comunali e proprezzamento -Sindacato di legitvinciali -Riscossione con unico timit� del giudice ordinario -Inruolo unitamente alle imprese sufficienza dell'istruttoria -Non erar,iali -Azione di rimborso -giustifica il difetto di� calcolo Legittimazione dell'Amministra -Eccez.ionale'�valutazione senza ri zione Finanziaria dello Stato corso al calcolo -.Ammissibilit� Esclusione, 46,7. Condizioni -Impiego della co -Imposte indirette -Accertamen- mune esperienza -Esclusione, to -Nozione, 429. 401. -imposte indirette -Commissioni -Imposte indirette -Controversie delle imposte -Questioni di di di valutazione -Decisioni della' ritto e questione di valutazione Commissione provinciale -Di Ripartizione dei poteri -� que fetto di calcolo e errore di ap stione di competenza inderogabile prezzamento -Sindacato di le e non di giurisdizione, 436. gittimit� del giudice ordinario _:_ Imposte indirette :.. Competeiiza Natura -Estensione, 400. delle Comissioni -Controversie -Imposte indirette -Opposizione sulla natura agricola o edifica ad ingiunzione fiscale -Domanda toria di un terreno -� contro nuova in appel1o -Richiesta di versia di valut�zione -Compe divj:?rsa agevolazione -Ammissi tenza della Commissione di valu-� bilit� -Llmiti, 420. tazione -Questione preliminare sulla interpretazione di norme o -Imposte indirette -Riscossione di_ atti amministrativi o nego Ingiunzione -Opposizione -Posi ziali -� questione di diritto -1 zione processuale delle parti Rimessione alla Sezione speciale Azione riconvenzionale della Fi per la risoluzione della questiQne nanza -Non � necessaria, 420. pregiudiziale -Necessit�, 436. -Procedimento innanzi alle Com -Imposte indirette -Competenza missioni -Decisione della Com delle, Comissjoni -Controversie missione C~trale --Esame del agricola edifica sulla natura o controricorso -Reiezione impli toria di un terreno -Terreno at cita -E sufficiente, 409. tualmente agricolo ma destinato ad utilizzazione urbana per scopo -Prcrcedimento innanzi alle Comdiverso dalla edificazione -Stramissioni -Impugnazione della Fide, parchi, aree urbane non edinanza -Atto di impugnazione e ficabili -� que1;Jtione di diritto -comunicazione dei motivi al conCompetenza1della Sezione Spetribuente -Distinzione -Motivaciale della Commissione Provinzione contenuta nell'atto presen-�ciale, 436. tato nella segreteria della_ Com X RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO missione -Comunicazione sommaria al contribuente -� sufficiente, 409. LAVORO -Facolt� degli Ispettori del Lavoro di visitare cantieri, laboratori. ed opifici -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 226. MATRIMONIO -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Dispensabilit� dall'impedimento dell'affinit� in linea retta Diversit� di normativa rispetto al matrimonio civile -Violazione del principio� di eguaglianza Esclusione, 244. -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici -Violazione del divieto di istituire giudizi speciali Esclusione, 243. -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Trascrizione del matrimonio concordatario -Divieto di impugnahilit� per il nubente in stato di incapacit� naturale -Illegittimit� costituzionale, 244. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI ..---Locazione -Ritardata restituzione della cbsa locata -Responsabilit� contrattuale -Danni -Disciplina, 314. ORDINI PROFESSIONALI -Ordine dei giornalisti -Direzione qi giornali periodici di partifr,_ Limitazioni -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 215. POSTE E TELECOMUNICAZIONI -Telefoni e . telegrafi -Impiantiradi�elettrici completi -Detenzione con possibilit� di impiego Sussistenza del reato -Fattispecie relativa ad apparecchi forniti agli operai per l'eventuale uso �sul luogo di lavoro, 494. PREZZI -Industria e commercio -Importazione -Integrazione prezzo di importazione -Concessione -Decadenza -Per mancata tempestiva osservanza di una clausola Atto dovuto -Eccesso di potere Non sussiste, 342. -Industria e commercio -Importazione -Integrazione prezzo di importazione -Concessione -Dichiarazione di accettazione dei contratti -Termine per il deposito -Imposizione da parte del Comitato interminister.iale -Legittimit�, 342. \ PROCEDIMENTO CIVILE -Appello -Notifica -Vizi -Sanatoria, 317. -Appello -Remissione della causa 'al Collegio -Produzione di nuovi documenti -Preclusione -Limiti,. 297. -Cassazione -Ricorso incidentale -Questione non esaminata perch� assorbita -Inammissibilit� � del ricorso, 307. -Opposizione di terzo -Presupposti -Pregiudizio del terzo Fattispecie, con nota di G. ZA. GARI, 320. - Regolamento di competenza -Poteri della Corte di Cassazione, 309. PROCEDIMENTO PENALE -Contestazione suppletiva -Legittimit� costituzionale -Concessione dei termini' a difesa Limitazione 5 giorni -Illegittimit� costituzionale, 227. REATI E PENE -Minori degli anni 14 -Ricovero obbligatorio ed automatico in rl"." formatorio giudiziario -Illegittimit� costituzionale, 213. INDICE Xl REATO -Cospirazione poHt�ca -Compartecip. e �e concorrente -Differenze, 497. ' -Reati e pene -Delitto di rissa Aggravamento dell'uccisione o della lesione -Violazione del principio della personalit� della pena -Esclusione, 241. -Reati e pene -Delitti contro la moralit� e il buon costume -Errore sull'et� dell'off:eso -Violazione del principio della personalit� della pena -Esclusione, 239. -Reati e pene -Delitti contro la moralit� pubblica e il buon costume -Ignoranza dell'et� dell'offeso -Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 239. -Reati e pene -Furto aggravato - Abrnormit� dei massimi delitti Illegittimit� costituzionale -Esclusione, 242. -Reati e pene -Possesso di strumenti atti ad aprire -Riferimento alle condizioni soggettive del prevenuto -illegittimit� costitu j zionale, 236. -Reati e pene -Violazione degli obblighi e assistenza familiare Reciprocit� della partecipazione "<ilei coniugi agli oneri familiari Infondate: t;za della questione, 224. STATO 'CIVILE -Figlio adulterino -Riconoscimento -Diniego -Mancanza dell'impedimento ex art. 231 cod. civ. -Fattispecie -lllegftt�mit� del diniego, 341. - Figlio legittimo -Conseguimento dello status -Formazione dell'atto di nascita -Necessit� -Presunzione ex art. 231 cod. civ. Funzione, 340. TERREMOTI -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione -Attivit� vincolata -Conseguenza, 339. -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione -Inclusione di Comuni nell'elenco -Criteri-, 339. -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione -Inclusione o esclusione dei Comuni per tutto il territorio -Necessit� -Inclusione o esclusi<>ne solo di parte del territorio -Impossibilit�, 339. - Localit�. sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione -Poteri del Miniistro -Disciplina transitoria per gli edifici in itinere -Illegittimit�, 339. VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE E VALUTARIE -Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione -Interruzione -Verbale di accertamento di trasgressione Idoneit�, 426. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 20 gennaio 1971, n. 1 20 gennaio 1971, n. 2 20 gennaio 1971, n. 3 20 gennaio 1971, n. 4 20 gennaio 1971, n. 20 gennaio 1971, n. 2 febbraio 1971, 2 febbraio 1971, 2 febbraio 1971, 2 fubbraio 1971, 2 febbraio 1971, 17 febbraio 1971, 17 febbraio 1971, t 7 febbraio 1971, 17 febbraio 1971, 17 'febbraio 1971, 1 marzo 1971, n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. 5 6 10 11 12 13 14 17 19 20 21 22 30 1 marzo 1971, n. 31 1 marzo 1971, n. 32 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1855 . Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2160 Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2164 Sez. I, 7 nov�embre 1970, n. 2271 Sez. I, 16 novembre 1970, n. 2421 Sez. I, 7 dicembre 1970, n. 2580 Sez. I, 10 dicembre 1970, n. 2629 Sez. I, 7 gennaio 1971, n. 5 . . . Sez. I, 12 gennaio 1971, n. 34 . . Sez. I, 13 gennaio 1971, n. 42 . Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 89 Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 90 Sez. I, 18 gennaio 1971, n. 101 Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 111 Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 115 Sez: I, 25 gennaio 1971, n. 157 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 198 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 202 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 204 Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 207 pag. > � � � � > � > � � � � � � > > � pag. � � � � � � � � � � � � � 213 215 218 220 222 224 226 227 230 234 236 236 239 239 241 242 243 244 244 345 352 356 358 361 373 377 380 387 392 394 400 297 405 409 413 417 420.. 423 426 XIII INDICE '"299 Sez. I, 3 febbraio 1971, n. 241 pag. $ez. I, 5 febbraio 1971, n. 273 > 429 Sez. Un., 5 febbraio 1971, n. 290 436 � Sez. I, 12 febbraio 1971, n. 361 > 306 Sez. I, 18 febbraio 1971, n. 413 362 Sez. I, 25 febbraio 1971, n. 491 478 Sez. Un., 1 marzo 1971, n. 509 443 Sez. Un., 1 marzo 1971, n. �513 � 467 Sez. Un., 1 marzo 1971, n. 514 443 �sez. I, 2 marzo 1971, n. 524 . � '469 Sez. I, 4 marzo 1971, n. 562 309 )) Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 674 251 Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 676 � 266 Sez. I, 16 marzo 1971, n. 734 � 470 Sez. Un., 24 marzo 1971, n. 827 269 )) Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1059 � 317 Sez. I, 15 aprHe 1971, n. 1060 483 CORTE D'APPELLO Roma, 29 marzo 1969, n. 712 pag. 487 TRIBUNALE Roma, Sez. I, 28 novembre 1968; n. 9761 . . . . . . . . . . pag. 320 .. .GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSivLIO DI STATO Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 5 pag. 339 Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 16 > 340 Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 43 > 342 Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 48 342 Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 52 > 343 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 pag. 497 Sez. III, 28 f.ebbraio 1970, n. 10 494 Sez. III, 3 agosto 1970, n. 345 496 Sez. III, 3 agosto 1970, n. 417 . 499 SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA RASSEGNA DI DOTTR~NA FRENI A. -GIUGNI G., Lo statuto dei lavoratori, Commento alla legge 20 maggio 1970, n. 300, Milano, Giuffr�, 1971, . . . RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti (Segnalazioni) NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE -Norme dichiarate incostituzionali: codice penale, art. 164, quarto comma codice penale, art. 553 . . . . . . . codice di procedura penale, art. 28 . codice di procedura penale, art. 389, secondo comma . Codice penale militare di pace, art. 285, primo comma codice penale milita!'le di pace, art. 324, secondo comma codice penale militare di pace, art. 350, secondo comma r.d. 21 novembre 1923, n. 2480, art. 1, secondo comma legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 16 . . . . . r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 112,_ primo comma, art. 114, primo comma .......... . d.lg. 31 maggio 1946~ n. 561, art. 2, primo comma d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, art. 3 . . . d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032, articolo unico . . -Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale: codice di procedura civile, artt. 82-87 . . codice penale, art. 168, primo comma, n. 2 codice di procedura penale, art. 170 . . . codice di procedura penale, art. 304 bis e art. 304 ter e 304 quater� . . . . . . . . . . . . . . . . . codice di procedura penale, art. 366 . . . . . . . . codice penale militare di pace, art. 350, primo comma legge 27 maggio 1929, n. 810, art. 34, quarto, quinto e sesto comma . . �. . . . . . . . . . . . . legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7, ultimo comma r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 121 . legge 24 aprile 1935, n. 740, art. 5 . . r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 12 bis r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 21 . pag. 43 pag. 46 � 47 ,, 47 � 47 ,, 47 � 47 � 48 � 48 � 48 > 48 ,, 49 � 49 � 49 pag. 49 � 50 > 50 � ' 50 � 50 � 51 > 51 > 51 > 51 > 51 > ?>2 l} 52 ft xv RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 32, primo comma pag.~" 52 legge 9 gennaio 1951, n. 10, artt. 1, 2, nn. 1 e 3, e allegata tabella di �coefficienti . . . . . . � 52 d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 15, n. 7 . � 52 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 15, n. 7 � 52 d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342, art. 6 . . : > 53 p.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 83, sesto e settimo comma e, art. 112, primo comma 53 " legge 2 agosto 1967, n. 729, art. 3 . . . . . . . . . � 53 legge 5 dicembre 1969, n. 932, art. 3 . . . . . . . ' . � 53 legge 16 maggio 1970, n. 281, artt. 17 e 20, art. 20, terzo comma � 53 -Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . � 54 -Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale � stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit�, di manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al giudice di merito . . . . . . . . . . > 80 INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) Atti amministrativi . pag. 89 Imposta di ricchezza Bellezze artistiche e mobile pag. 94 naturali 89 Imposte dirette � 94 Circolazione stradale 89 Imposte e tasse � 94 Comuni e provincie . � 89 Imposte varie . > 95 Concessioni ammini- Infortuni sul lavoro � 95 strative > 90 Lavoro > 96 Concorsi � 90 Locazione di cose � 96 Contributi � 90 Mezzogiorno > 96 Costituzione > 90 Obbligazioni e con- Danni di guerra � 90 tratti � 96 Dazi doganali � 91 ,. Opere pubbliche > 97 Demanio 91 Piani regolatori 97 Edilizia economica e popolare > 91 Previdenza e assistenza � 97 Esecuzione fiscale � 91 Proc~dimento penale 97 > Espropriazione per p.u. � 91 Regioni > 98 Impiego pubblico � 92 Responsabilit� civile > 98 Imposta di consumo � 92 Trasporti 98 " Imposta di registro � 92 Turismo e sports � 98 GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE (*) � CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 1 -Pres. Branca -Rel. Capalozza -Pollanca (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri ,� (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Reati e pene -Minori degli anni 14 -Ricovero obbligatorio ed auto matico in riformatorio giudiziarfo -Illegittimit� costituzionale. � (Cost., art. 3; c.p. art. 224, comma secondo). � costituzionalmente iUegittimo, con riferimento al principio costituzionale di eguagiianza, l'art. 224, secondo comma, Codice penale, nena parte in cui rende obbiigatorio ed automatico per i minori de.gii anni 14, il ricovero, per almeno tre anni, in riformatorio giudiziario (1). (Omissis). -3. -Non � a parlarsi di violazione dell'art. 27 della Costituzione, il quale, per giurisprudenza costante e anche recente di questa Corte, attiene soltanto alle pene (vedi, per le misure di .prevenzione della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, le sentnze n. 23 del 1964 e n. 76 del 1970). �, del resto. da ricordare che, con le sentenze n. 19 del 1966 e n. 68 del 19�67, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 204, secondo comma, del codice penale -che comprende l'ipotesi dell'art. 224, secondo comma -ritenendo che non siano violate le disposizioni costituzionali degli artt. 13, 24, 2:7 e 3�2 e ravvisando una sufficiente garanzia nella motivazione del provvedimento (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. RAFFAELE CANANZI.1 (1) La questione era stata proposta con ordinanza 28 gennaio 1969 del 'Giudice di sorveglianza presso il Tribunale dei Minorenni di Genova (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). Sulla pericolosit� presunta la Corte si � pronunciata con 1e sentenze richiamate in motivazione 10 marzo 1966, n. 19 e 9 giugno 1967, n. 68 (rispettivamente in questa Rassegna, 1968, 276 e 1967, n. 496. In dottrina: RADAELLI, Centro di rieducazione, v. del Nuovissimo dige-� sto, �III, 110. 214 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e nella previsione della revoca della misura di sicurezza, dopo la trascorrenza di un determinato lasso di tempo, giustificato dalla necessit� di un controllo sulle condizioni psichiche e sanitarie del soggetto (art. 207 cod. pen., il quale statuisce, inoltre, che la revoca della misura di sicurezza possa essere anticipata con decreto del ministro della g.iustizia). Tali precedenti la .corte non ha ragione .di smentire, per ci� che attiene al principio generale e complessivo della pericolosit� presunta, entro i confini della pregressa prospettazione. che. in parte, corrisponde alla prospettazione attuale; non senza avvertire che, allora, non veniva direttamente in considerazione l'art. 224, secondo comma, cod. pen. Invero, il principio dell'applicazione obbligatoria di misure di sicurezza (detentive e non detentive: art. 2,15, cod. pen.) investe (o pu� investire) -oltrech� l'et� minore degli anni quattordici -altre svariate situazioni (et� tra gli anni quattordici e i diciotto; abitualit�. professionalri.t� e tendenza a delinquere; infermit� psichica, cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupe~acenti e sordomutismo; ubriachezza abituale di sostanze stupefacenti, ecc.). ~ 4. -Circa gli artt. 30 e 31, � stato obiettato che, proprio al fine di sostituire lo Stato alla famiglia e di conferh'gli la funzione educativa che i genitori non abbiano esplicato o non esplichino, la legge ha istituito centri di rieducazione per i minorenni, tra cui sono, appunto, i riformatori giudiziari. L'inidoneit� di questi centri (e di. questi riformatori) -� a causa della loro struttura e dell'ormai superato indirizzo pedagogico allo scopo per il quale sono stati predisposti riguarda la concreta organizzazione funzionale degli stessi ad opera della pubblica amministrazione e, in ultima analisi. postula l'intervento del legislatore. '5. -L'art. 3 della Costituzione appare, invece, per pi� versi vul nerato. In primo luogo, situazioni diverse sono riguardate in modo identico: ed � pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che l'art. 3 risulta violato non soltanto quando situazioni identiche vengono disciplinate in modo difforme dalla legge, bensi anche quando situazioni difformi ven gono disciplinate in modo eguale (sentenze 'n. 53 del 1958 e n. 22 del 1966). Non pu� negarsi davvero che diverso sia l'atteggiamento psichico, rispetto a una condotta qualsiasi (lecita o illecita o, pi� pertinentemente, rilevante dal punto di vista giuridico-penale), allorch� si tratti di un minore che si avvicini ai quattordici anni di et� (cio� sia in et� matrimoniale: art. 84. secondo comma, e.e.) e allorch� si tratti di un infante o di un bimbo in tenera et�. Con la disposizione impugnata, al limite, anche l'infante dovrebbe essere ristretto in riformatorio giudiziario, per pericolosit� presunta (il che, talvolta � avvenuto) : conseguenza, questa, tanto palesemente contraria a qualunque criterio di ragionevolezza, da .. costituire di per s� una condanna della norma da cui deriva. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 6. -Non v'� dqbbio che la severa misura di sicurezza sia obb1fgatoriamente comminata nel presupposto della pericolosit� sociale del minore. Senonch�, la presunzione di pericolosit�, c~e negli altri casi previsti dal �codice si basa sull'id quod plerumque accidit, non ha fondamento allorch� si tratti ~ella nort j.mputabilit� del minore di anni quattordici: . ch�, al contrario, pu� ben dirsi che qui, data la giovanissima et� del soggetto, la pericolosit� rappresenti l'eccezione, per cui l'obb1igatoriet� ed automaticit� del ric;overo in riformatorio giudiziario non ha giustificazione alcuna. Da tale premessa muove la relazione ministeriale al recente disegno di legge che sopprime la norma denunciata (Atti del Senato, 5a Leg. doc. n. 3151). 7. -La disposizione, dunque, va dichiarata illegittima per quanto concerne i minori degli anni quattordici. Superfluo ri.cordare che l'art. 2�24, .~econdo comma, � applicabile � anche a chi ha compiuto gli anni quattordici ma non ancora i diciotto, se egli sia riconosciuto non imputabile (terzo comma), e contin.er� ad essere applicato pur dopo la presente pronunzia di illegittimit� costituzionale: la questione relativa, essendo( estranea al giudizio a quo, non � stata sollevata, n� poteva esserlo, in questa sede. -� (Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 2 -Pres. Branca -Rel. Bonifacio� -Mignemi (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Cavalli). Ordini pr.ofessionali -Ordine dei giornalisti -Direzione di giornali per.iodici di partiti. -Limita~ioni -Illegittimit� costituzionale Esclusione. (Cost., art. 21, 3; legge 3 febbraio 1963, n. 69, art. 47, comma terzo). Non � fondata, sia con riferimento all'art. 21 �he aU'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale deWart. 47, terzo comma, della legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione. di giornalista, che pone limitazioni alla direzione di giornali periodici di partiti, o di movimenti politici o sindacali (1). (Omissis). -1. -Ai sensi del terzo comma dell'art. 4'7 della legge 3 febbraio 1963, n. 6�9 -nel testo quale risulta a seguito della dichiara (1) La questione era stata proposta con ordiri.anza 4 :liebbraio 1969 del Pretore di Catania (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). Le precedenti sentenze della Corte 10 luglio 1968, n. 98 e 23 marzo 216 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zione di parziale illegittimit� costituzionale pronunciata da questa Corte con sentenza n. 98 del 1968 -la legittimit� dell'affidamento della direzione di un giornale che sia organo di partiti o movimenti politici o di movimenti .sindacali a persona non iscritta nell'albo dei giornalisti e l'iscrizione provv�isoria del direttore nell'albo stesso vengono subordinate alla contemporanea nomina a vice direttore responsabile di un giornalista iscritto nell'elenco dei professionisti o dei pubblicisti. Questa disposizione, come risulta dalla complessa motivaziori.e dell'ordinanza di rimessione, viene denunziata dal pretore di Catania, in riferimento agli artt. 3 e 21 della Costituzione, non nella sua interezza, ma solo nella parte in cui essa si riferisce ad " una determinata categoria di periodici.�: pi� precisamente a quei periodici che n pretore definisce " a �Carattere ideologico � e che siano ed.iti e diretti dalla stessa persona. Proprio in relazione a siffatta categoria verrebbero meno, ad avviiso del giudice a quo, quelle ragioni di giustificazione della legge che la Corte mise in luce nelle sentenze nn. 11 e 98 del 1968, sicch� l'onere che la disposizione impugnata impone a chi vogHa dar vita ad un periodico del tipo descritto si risolverebbe in una illegittima menomazione del diritto di manifestare il proprio pensiero a mezzo della stampa (art. 21 Cost.) ed in una violazione del' principio di eguaglianza (.a!'lt. 3 Oost.) : dd. quest'ultimo, si precisa, sotto il profilo della discriminazione, che a causa del peso economico di quell'onere si determinerebbe fra i soggetti, secondo che �questi siano abbienti o non abbienti. 2. -Partendo dai principi enunciati dalla Corte nelle due precedenti decisioni -e che non vengono rimessi in discussione dall'attuale ordinanza, tutta motivata sulla peculiarit� del particolare tipo di periodico in relazione al quale la questione viene proposta e delimitata -si deve escludere che la disposizione in esame comprometta la libert� riconosciuta e garantita dall'art. 211 della Costituzione. Giova ricordare che nella sentenza n. 918 del 1968, in sede di valutazione della legittimit� dell'obbligo di nominare il direttore ed il vice direttore responsabile dei comuni quotidiani e periodici fra gli iscritti nell'albo, la Corte afferm� che la funzione dell'Ordine, gi� nella precedente decisione n. 11 riconosciuta positivamente apprezzabile proprio sul piano dell'art. 21 della Costituzione, sarebbe frustrata ove i poteri direttivi di un giornale potessero essere affidati ad un soggetto non iscritto in uno degli elenchi dei pubblicisti o dei professionisti. Ed � di particolare 1968 n. 11, sulla medesima legge, sono pubblicate in questa Rassegna, 1968, rispettiv;amente, 539 e 152, e note. Tali sentenze sono commentate, rispettivamente, da CHELI e da LEVI in Giur. costit., 1968, 332, e 1557. Si veda pure, Fors, Giornalisti (ordine dei), voce dell'E. dei dir., XVIII, 723. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 importanza che la qu'�stione, allora concernente l'art. 46 della� legge, venne esaminata non solo con riferimento alla libert� del giornalista, ma anche sotto il diverso profilo della � libert� di chi voglia dar vita ad un giornale�. Le stesse ragioni non possono non valere per l'art. 47 della legge -che stabilisce un regime di favore per una particolare categoria di giornali -e, pi� specificamente, per U caso ora prospettato dal pretore di Catania. Deve esser tenuto presente, anzitutto, che l'obbligo della registrazione e la preventiva nomina di un vice direttore responsabile riguardano esclusivamente i giornali quotidiani o periodici (legge 8 febbraio 1948, n. 47), sicch� la legge non pone ostacolo alcuno a che il soggetto manifesti il proprio pensiero con singoli stampati o con numeri unici. Ch� se, invece, l'interessato voglia dar vita ad un vero e proprio periodico, non � dato di vedere perch� questo, a causa di particolari caratteristiche, possa sottrarsi ad una disciplina che � stata riconosciuta costituzionalmente valida per ogni tipo di giornale. Essendo del tutto evidente che, ai fini che qui interessano, nessun rilievo possono avere il cosiddetto contenuto ideologico del periodico e la finalit� � di denuncia e di critica � che il soggetto si propone di perseguire, tutto si riduce a vedere se quando editore e direttore di uno dei giornali considerati dall'art. 47 si identificano nella stessa persona vengano a mancare quelle giustificazioni cost�tuziona1i che la Corte individu� nella precedente occasione. Ma a siffatto quesito deve darsi risposta negativa sulla base della considerazione che l'esigenza della vigilanza dell'Ordine sussiste anche quando l'editore assuma la direzione del giornale e, trattandosi di per.iodico di partito o movimento politico o sindacale, acquisti perci� titolo all'iscrizione provvisori� nell'albo: essendo in questo caso la responsabilit� sua limitata agli obblighi imposti dalle leggi civili e penali (art. 47, ultimo comma), occorre che egli sia affiancato da un giornalista che, .iscritto nell'elenco dei professionisti o dei pubblicisti, .risponda disciplinarmente � per eventuali comportamenti lesivi della dignit� sua e dei giornalisti che da lui dipendono ", (sent. n. 98 del 1968). Peraltro la �concentrazione nelle stesse mani del potere editoriale e del potere di direzione non vale ad escludere, certo, la necessit� della �vigilanza dell'Ordine, che non � predisposta, come mostra di ritenere d1 giudice a quo, a tutela della sola libert� dei singoli giornalisti, ma � strumento, sia pur mediato, di garanzia dell'interesse generale sottostante al diritto riconosciuto dall'art. 21 della Costituzione. 3. -La questione � infondata anche in ri_ferimento all'art. 3 della Costituzione. Conformemente ai principi desumibili dai precedenti giurisprudenziali di questa Corte, le norme che per lo svolgimento di determinate attivit� impongano oneri (direttamente o, come nel caso in esame, indi 218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rettamente) patrimoniali e che, nella loro applicazione, inevitabilmente � comportano un peso maggiore o minore sec.ondo le capacit� economiche dei singoli soggetti, sono costituzionalmente illegittime, ove incidano sull'esercizio di diritti costituzfonalmente protettL solo allorch� esse non siano rivolte alla tutela di interessi rilevanti sul piano costituzionale (tale, ad es., era il caso della c. d. cautio pro expensis, dichiarata <illegittima con sent. n. 67 del 1960). Ora. nella specie, le ragioni che giustificano la disposizione in riferimento all'art. 21 della �costituzione dimostrano che l'obbligo di nominare un vice direttore responsabile fra gli iscritti nell'albo -e la cui osservanza pu�, certo, comportare un aggravio di spese -� � strumento di salvaguardia di un interesse generale a rilievo costituzionale: di tal che. la legge, imponendolo a chiunque vog,lia dar vita ad un giornale. non pu� essere considerata fonte di discriminazioni non consentite dall'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 3 -Pres. Branca -ReZ. Rocchetti -Bra.cesco ed altr:i (n. s.) e PreSlidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Cavalli). Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com mercio dei mosti, vini e aceti -1 Divieto di zuccheraggio -Illegitti' mit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 76; d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76). Non � fondata Za questione di legittimit� costituzionale, relativa ad eccesso rispetto aZZa Zegge di delegazione, deU'art. 76 d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, suZ divieto di zuccheraggio dei vini, in relazione alla disposizione del Trattato S'Ulla comunit� economica europea (1). I (Omissis). ~La legge 6 ottobre 1964, n. 991, delegava il Governo ad emanare norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini e aceti e all'art. 2 stabiliva che, nell'emanare il decreto, si sarebbe dovuto "tener conto � della disciplina legislativa della materia negli Stati aderenti alla Comunit� economica europea e .delle norme riguardanti l'attuazione della politica agricola comune. (1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di merito. Sul medesimo testo unico, cfr. le precedenti sentenze della Corte 22 marzo 1967, nn. 31, 32, 33 e coeva ordinanza n. 34, in questa Rassegna, 1967, 217. Sui rapporti tra legislazione regionale e norme comunitarie cfr. 1a sentenza 8 luglio 1969, n. 120, in Giur. it., 196.9, I, 1824. " PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 Quanto alla legislazione degli Stati appartenenti alia CEE, l'obbligo di tener conto di tale legislazione non poteva certo significare. cosi come nelle ordinanze si sostiene, che le emanande disposizioni dovevano recepire in tutto, o anche soltanto in parte, la normativa in. essa contenuta, ma faceva soltanto carico al Governo di averla presente nel formulare quelle disposizioni. al pi� per prendere da essa isp�razione in quelle parti che sembravano attagliarsi alle necessit� di regolamentazione della produzione vinicola nazionale. Pertanto, se � vero che il decreto. allorch� ha sancito e .sanzionato il divieto del c.d. zuccheraggio, non si � uniformato su tale punto -che era poi uno soltanto di quelli da regolare -alla legislazfone di quegli Stati, che in casi determinati lo consente. ci� non contraddice alla legge delegante che, come si � visto, null'altro prescriveva se non che di quella legislazione fosse tenuto conto, e cio� che se ne avesse notizia e conoscenza ai fini delle decisioni da assumere in merito alla emanazione della legge delegata. Quanto alla legislazione comunitaria vera e propria, e cio� degli organi della Comunit� economica europea, cui pure nell'art. 2 della legge delegante si fa riferimento, il discorso potrebbe essere diverso, o almeno pi� complesso, stante l'obbligatoriet� dei relativi regolamenti in tutti gli Stati membri (art. 1�6�1. comma secondo del Trattato di Roma. reso esecutivo con la legge 14 ottobre 1957, n. 1.203). Ma tale discorso non pu� essere, nel caso, proseguito perch�, �alla data della legge delegante come di queila delegata, mancavano norme comunitarie di riferimento, in quanto non erano ancora stati emanati i due regolamenti CEE 28 apr:ile 1970, n. 816 e 817 che hanno regolato. sul piano tecnico, la materia di una disciplina comune del mercato vitivinicolo, sulla base di un anteriore regolamento del 4 aprile 196.2, che conteneva per� soltanto norme di carattere organizzativo. Peraltro, in tali regolamenti del 1970, bench� lo zuccheraggio sia, in casi determinati, consentito. si dispone �che esso pu� effettuarsi soltanto e nelle regioni viticole in cui tradizionalmente o eccezfonalmente prati cato, conformemente alla legislazione esistente alla data di entrata in vigore> del regolamento CEE n. 816 che tale disposizione contiene al l'articolo 19, n. 3. Il decreto quindi non solo non contrasta. n� lo poteva. con le norme comunitarie .in materia, perch� queste. alla data della sua pubblicazione, rion erano state ancora emanate. ma non contrasta nemmeno con quelle emanate successivamente, perch� queste rispettano, sul punto, le nor mative anteriori dei~ingoli Stati. membri della Comunit�. Alla stregua delle suesposte considerazioni deve perci� concludersi che sono infondate le censure contenute nelle ordinanze in epigrafe, perch� la legge delegata non ha sul punto disatteso i �criteri della legge delegante e l'art. 76 della Costituzione non risulta pertanto violato. 220 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Parimenti infondata � l'altra censura. relativa a un preteso -c'lmtrasto tra l'art. 76 del decreto e l'art. 2 della legge ~i delega. Si sostiene al riguardo nelle ordinanze che, mentre quest'ultima disposizione stabiliva che il decreto avrebbe dovuto indicare � le aggiunte e i trattamenti consentiti e quelli che potranno essere di volta in volta consentiti � nel corso della produzione�e conservazione dei vini, il decreto nulla avrebbe disposto, quanto meno in ordine ai trattamenti eventualmente da consentirsi in via eccezionale. Ma un tale assunto � chiaramente resistito dal testo stesso della normativa contenuta nel decreto. Dispone infatti in proposito l'art. 5 n. 2 del decreto che il Ministro per J.'agricoltura e foreste, di concerto, con quelli per l'industria e il commercio e per la sanit�, � autorizzato a consentire tutti gli altri trattamenti ed aggiunte di volta in volta riconosciuti rispondenti a criteri di razionale tecnica enologica ed a procedere � in relazione a nuove acquisizioni tecnico-scientifiche ed igienico-sanitarie, all'aggiornamento dei trattamenti e delle aggiunte prev-iste > nello stesso articolo. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 4 -Pres. Branca -) Rel. Oggioni -Fall. FEMI (avv. Satta) c. Istituto di Mediocredito I ! delle Venezie (avv. Guarino) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Albisinni). ~ Fallimento -Azione revocatoria -Riduzione del periodo sospetto a favore di Istituti esercenti il mediocredito --Illegittimit� costituzionale -Esclusione. I ! (Cost., artt. 3, 24; legge 30 luglio 1959, n. 623, art. 20). i Non � fondata, sia con riferimento al principio di eguaglianza che a I quello di dife�sa, La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 20 della legge 30 luglio 1959, n. 623, che riduce a dieci giorni ii periodo sospetto per la revocatoria faHimentare, a fav<Yre degli Istituti autorizzati ad esercitare il credito a medio termine (1). (Omissis). -3. -Per l'esame della proposta questione di legittimit� costituzionale, va premesso che l'Istituto de quo � stato autorizzato te (1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 novembre 1968 del Tribuna1e di Padova (Gazzetta Ufficiale 26 marzo 1969, n. 78). La sentenza 19 dicembre 1963, n. 166, citata in motivazione, leggesi in Giur. it., 1964, I, 260. In materia si v�eda Cass. 25 luglio 1966, n. 1337, Foro it., 1966, I, 2029, ~con nota. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 221 stualmente come " Ente di diritto pubblico �, ad esercitare i suoi c~mpiti statutari con decreto del Ministro del tesoro 24 maggio 1955 sulla base della legge 22 giugno 1950, n. 445, particolare alla materia. L'Istituto, i cui atti e le cui operazioni sono agevolati da esenzioni fiscali, a termini dell',art. 6 della legge ora citata e dell'art. 3 della legge n. 623 del 1959 (di cui fa parte l'art. 20 qui sottoposto a giudizio di legittimit�) ha finalit� cos� indicate nell'art. 1 di questa seconda legge: pro,. muovere lo sviluppo di attivit� produttive e valorizzare risorse econo1 miche e possibilit� di lavoro. Aggiungasi �Che con la legge di proroga 15 :febbraio 1967, n. 38, si � precisato, come altro motivo, quello di :favorire lo sviluppo tecnologico delle medie e piccole imprese industriali. Trattasi di un mezzo strumentale per l'attuazione di indirizzi di politica economica generale in tema di espansione e consolidamento della piccola e media industria, alla quale attuazione lo Stato concorre mediante contributo annuo in conto interessi (art. 4 stessa legge). L'Istituto appartiene all'ampia categoria di quegli enti di finanziamento che, vincolati a destinare il proprio � fondo di dotazione > al conseguimento di scopi .di �interesse generale, traggono, da quest'obbligo di destinazione, rilevanza pubblicistica al loro operare. Questi rilievi sono sufficienti per escludere l'esattezza di quanto si legge nell'ordinanza di rinvio che � gli istituti di finanziamento a medio termine svolgono attivit� sostanzialmente analoga a quella degli altri istituti di credito�. V'�, invero, uno scopo specifico che li distingue dagli altri: sicch� la questione di legittimit� posta dall'ordinanza in relazione al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione va riguardata tenendo conto degli elementi differenziali che caratterizzano il sistema. La norma dell'art. 20, che esclude l'incidenza dell'azione revocatoria fallimentare sugli atti di stipulazione di mutui a medio termine conclusi a favore delle piccole e medie industrie una volta che siano decorsi dieci giorni da detta stipulazione alla dichiarazione di fallimento, � assistita da motivi che i lavori preparatori (Commissioni parlamentare -Relazione ministeriale) pongono in evidenza, inquadrandoli tra i motivi generali della legge : :favor�ire al massimo l'incremento ed il funzionamento degli Istituti mutuanti mediante � incentivi � (� il titolo della legge) idonei a dilatare i settori d'investimento. La norma dell'art. 20 costituisce anch'essa una forma di incentiva zione, in quanto, concedendo una particolare garanzia, tende ad evitare ogni remora all'operare di Istituti, meritevoli di affidamento e tali da giustificare la riduzfone del cosiddetto � periodo sospetto ,, in relazione all'esercizio dell'azione revocatoria. Non si tratta di disposizione anomala e singolare, bens� rispondente a direttive riconosciute valide anche in settar.i analoghi, in considera zione della natura e posizione del soggeto mutuante. ,J 222 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Valga come esempio lo stesso art. 67 della legge fallimentare; il cui ultimo comma perviene ad eccettuare dalle condizioni temporali del l'azione revocatoria gli istituti di credito fondiario, riguardo ai quali fin dal testo unico del 1905 (r.d. n. 646) erano riconosciute valide le iscri zioni ipotecarie, purch� iscritte anch'esse almeno dieci giorni primo della pubblicazione della sentenza di fallimento. Questa Corte, con sentenza n. 166 del 1963 ha ritenuto legittima quest'ultima norma, escludendo trattarsi �H arbitraria discriminazione, contrastante con l'art. 3 della Costituzione, in danno di chi contrae mutui in genere, riconoscendo invece, alla norma una su a precisa e concreta giustifica.zione. Ad eguale conclusione deve addivenirsi nel caso in esame, trattandosi di normativa che regola una situazione differenziata, assistita, secondo l'apprezzamento del legislatore, dalla ragione di tutelare ed agevolare i~tituti, i cui interessi, per. la loro funzione economica-sociale, sono da considerarsi prevalenti, nella misura prevista e consentita, sugli interessi della massa fallimentare. 4. -L'ordinanza prospetta un altro motivo di illegittimit� in riferimento all'art. 24 della Costituzione, sotto il profilo dell'incongruit� del termine di dieci giorni, che sarebbe assolutamente insufficiente all'adempimento degli atti occorrenti per consumare l'iter procedurale dalla ~eclaratoria di fallimento al promovimento del giudizio in revocazione. La questione non � fondata. Come si � dndicato nel numero precedente e eome risulta dalla formulazione letterale dell'art. 20, il termine di dieci giorni � disposto in funzione di determinare il periodo di compimento degli atti di diritto sostanzale che possano essere dichiarati caducabili e non gi� il compimento degli atti di rito, preliminari e successivi, necP-ssari per esercitare l'azione revocato:r;ia, per i quali atti l'ordinario diritto di difesa non risulta n� eliminato n� ridotto. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 20 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Branca -Rel. Verzi -Barbieri (n. c.). ' Impiego pubblico -Assegni familiari per gli alimentandi -Requisito della convivenza a carico -Illegit1;imit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 4, 36, 38; d.1.1. 21 novembre 1945, n. 722, art. 2). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2 d.U. 21 novembre 1945 ,n. 722, che subordina la concessione deU'assegno � di famiglia per gli alimenti, a favore dei dipendenti di Enti pubblici \ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 223 -e diversamente da quanto � disposto per i dipendenti di Enti privati' alta convivenza a carico deU'impiegato (1). (Omissis). -La questione non � fondata. Fra i due ordinamenti del pubblico impiego e dell'impiego privato, esistono fondamentali differenze di organzizazi�ne, di struttura e di finalit�, per cui, i dipendenti� dell'uno e dell'altro vengono a trovarsi in condizioni differenti. E gi� con la sentenza n. 818, del 1963, questa Corte ha posto in rilievo che lo status inerente al�pubblico impiego, disciplinato da leggi che� regolano le assunzioni, ie promozioni, i trasferimenti, le �retribuzioni, ecc. non pu� essere posto sullo stesro piano di quello privato, dominato da norme prevalentemente economiche, sorrette dalla volont� dei GOntraenti. Dalla differente situazione di cui sopra, deriva la le.gittimit� della disciplina della aggiunta di famiglia, la quale si di:ffePenzia anche nel nome dagli assegni familiari spetanti ai lavoratori de_ll'i�npd.ego privato. La �c>onvivenza dei genitori sarebbe -secm;1do l'ordinanza -!irrile vante, dal momento che. quel che appare .essenziale � soltanto la circo stanza che allorquando sussistono le altre condizioni di legge, i genitori siano a r:arico del prestatore d'opera. Orbene, prescindendo dalla esattezza di tale osservazione, � sufficien te considerare che la necessit� o meno di un requisito per la concessione di un beneficio non � di per s� problema di (legittimit� costituzion~, quanto piuttosto di politica legislativa. � esatto che lo stesso legislatore non ha pi� richiesto la convivenza per lll concessione degli assegni familiari ai dipendenti dell'impiego privato (d.l.C.P.S. 16 settembre 1946, n. 479) modificando all'uopo g1i � artt. 6 e 7 del d.l.lgt. 9 novembre 1944, n. 307, secondo i quali la con vivenza era elemento di prova dell'essere a carico del prestatore d'opera, e si consideravano e conviventi i genitori quando gli stessi ed il lavora tore riE>ultano compresi nello stesso stato anagrafico di famiglia >. Ed � certo ~he U medesimo principio potrebbe essere adottato per i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, ma il non averlo adottato non contrasta di per s� con principi di razionalit�. (1) La �questione era stata proposta con ordinanza 3 marzo 1969 del Giudice conciliatore di Verona (Gazzetta Ufficiale 21 maggio 1969, n. 128). La sentenza 8 giugno 1963, n. 88, richiamata in motivazione � riportata su Foro it., 1963, I, 1093. Sui rapporti fra ordinamento del pubblico impiego e dell'4npiego privato si V<eda Corte cost. 13 gennaio 1966, n. 3 e 27 giugno 1968, n. 75 (in questa Rassegna, rispettivamente, 1966, 12 e 1968, 699). Sul pubblico impiego v. da ultimo Corte Cost. 6 novembre 1970, n. 152 e 2 dicembre 1970, n. 179. 224 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti, dn tal caso non pu� negarsi che il legislatore si sia informato ad intuibili esigenze della pubblica amministrazione, quale la necessit� di evitare possibili frodi tanto pi� pregiudizievoli in quanto si tratta di pubblico interesse, oppure abbia considerato che la perdita in rari casi della aggiunta di famiglfa sia compensata da tanti altri vantaggi e garanzi<:> di cui non godono i dipendenti dell'impiego privato. Non risultano violati neppure gli artt. 4, 36 e 38 della Costituzionei il primo in quanto il riconoscimento a tutti i cittadini di un diritto al lavoro contiene unicamente un'affermazione sul piano costituzionale dell'importanza sociale del lavoro; il secondo perch� la proporzionalit� fra quantit� e qualit� del lavoro prestato e la retribuzione, non � menomata da particolari presupposti per il diritto dell'aggiunta di famiglia; ed il terzo perch� il diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale riguarda il cittadino inabile al lavoro sprovvisto dei mezzi di sussistenza, ~entre nel caso dn esame is tratta di diritti di lavoro, che rientrano se mai nella disciplina dell'art. 36 della Costituzione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONLAE, 20 gennaio 1971, n. 6 -Pres. Branca -Rel. Trimarchi -Paudolfi (n. c.). C~rte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale -Irrilevanza� prima facie� della questione -Inammissibilit�. Reato -Reati e pene -Violazione degli obblighi e assistenza familiare Reciprocit� della partecipazione dei coniugi agli oneri familiari � Infondatezza della questione. (Cost., art. 3; c.p. art. 570). � inammissibile, per evidente difetto di rilevanza, la questrione di legittimit� costituzionale deUe norme del., codice di procedura civile (art. 707-708) rull'emanazione dei provvedimenti presidenziali in tema di separazione fra coniugi, comparsi senza l'assistenza di difensori, al lorch� tali provvedimenti siano stati gi� emanati ed ii giudice a quo debba solo verificarne l'applicazione (1). Non � f<?ndata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 170 codice penale essendo venuta meno ogni possibilit� di disparit� di trat (1) La questione era stata proposta con ordinanza 21 febbraio 1969 del Pretol'e di Bordighera (Gazzetta Ufficiale 18 giugno 1969, n. 152). Le sentenze n. 70 ,e n. 133 del 1970 richiamate in motivazione sono,_ riportate su Foro it., 1970, I, 1828 ,e 2047 con note di richiamo. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 225 tamento fra coniugi, per effetto della sentenza della Corte Costituzfimale n. 133 del 1970 (2). (Omissis). -Con l'ordinanza indicata in epigrafe il pretore di Bordighera denuncia, per violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione la norma per la quale nel procedimento di separazione personale dei coniugi il Presidente del tribunale pu� dare con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole (art. 708, terzo comma, c.p.c.) e nonostante che i coniugi debbano comparire davanti a lui senza ;;tssistenza di difensori (art. 707, primo comma, dello stesso codice). La questione, cos� prospettata, appare alla Corte priva di rilevanza. Non � ,consentito infatti di :ritenere, come fa il giudice a quo, che la decisione di essa potesse e possa influire nel processo penale nel corso del quale si � avuta l'ordinanza di rimessione, " posto che l'imputato � stato tratto a giudizio� per non avere versato alla moglie la somma fissata dal Presidente del tribunale a norma dell'art. 708, terzo comma, c.p.c. �. Codesta valutazione della rilevanza risulta chiaramente viziata e nell'impostazione e nel procedimento. Il pretore, chiamato a pronunciarsi sulla responsabilit� ex art. 570 del codice penale di un marito che non aveva corrisposto alla moglie l'assegno temporaneo concessole dal Presidente del tribunale a sensi del 'citato art. 708, terzo �comma, non avrebbe potuto, in funzione dell'accertamento del reato, sindacare la vaMdit~ e l'esecutivit� dell'ordinanza presidenziale e tanto meno revocarla o modificarla, dato che avrebbe dovuto assumere codesta ordinanza come puro e semplice elemento di fatto e quindi non operare alcuna indagine per la sua legittimit� costituzionale delle norme gi� applicate per la sua emissione. Della norma emergente dagM artt. 708, terzo comma, e 707, primo comma, � infatti prevista l'applicazione da parte del Presidente d�l tri bunale; e quindi a questi, essendo la sua competenza di natura giurisdi zionale, �e sempre che ritenga non soddisfatte le garanzie dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, spetta di sollevare la relativa que stione. E per ci� la Corte (che alla conclusione ora indicata � pervenuta anche �in precedente occasione, con sentenza n. 70 del 1970) non pu� :non constatare l'evidente difetto di rilevanza per la questione come sopra sollevata e dichiararne, conseguentemente e per tale ragione, l'inammis sibilit�. 2. -Il pretore di Bordighera ha ritenuto inoltre che si potesse dubitare circa la legittimit� costituzionale dell'art. 570 del codice penale in relazione all'art. 145 �C.c., sotto il profilo che, disponendo quest'ultima " norma che il marito ha un obbligo assoluto di provvedere al manteni 226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento della moglie e che la mogl.ie, invece, ha soltanto l'obblig(}'"di contribuire al mantenimento del marito, se questi non ha mezzi sufficienti, solo il marito -sotto il profilo della violazione degli obblighi di assistenza economico-finanziaria -potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto p. e p. dall'art. 570. E che per ci� si avrebbe una evidente ed ingiustificata disparit� di trattamento tra i coniugi a cagione della differente condizione personale che violerebbe l'art. 29 della Costituzione. La questione �cos� posta deve dirsi infondata. A parte il fatto che _� difficile vedere corr�e da quella premessa, e cio� dall'essere entrambi i coniugi reciprocamente tenuti, sia pure a �condizioni differenti, al_mantenimento, si potesse pervenire alla indicata conclusione, � preclusiva di ogni discorso circa l'opinione espressa dal giudice a quo, la circostanza che con sentenza n, 133 del 1970 di questa Corte, � stata dichiarata la parziale illegittimit� costitu2)ionale dell'art. 145 e.e. e ~he conseguentemente ogni coniuge � obbligato .a mantenere l'altro coniuge solo se questi non ha mezzi sufficienti. Risulta per ci� mancante la ragione che ii! pretore ha richiamato a � fondamento della sua denuncia. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2. febbraio 1971, n. 10 -Pres. Branca - Rel. Chiarelli -Patrizi (avv. !emolo) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Azzariti). Lavoro -Facolt� degli ispettori del lavoro di visitare cantieri, laboratori ed opifi.c~ -Illeiaittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 3, 14, 24; d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, art. 8, secondo comma). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 8, secondo comma, d.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, che autorizza gli ispettorati dei lavoro ad effettuare visite di controUo negli opifici, cantieri, stabilimenti sottoposti alla loro vigitanza (1). (1) La questione era .stata proposta con ordinanza 22 marzo 1969 del Pretore di Narni (Gazzetta Ufficiale 11 giugno 1969, n. 145). Sulla libert� di domicilio cfr. le sentenze n. 45 del 1963 (Giur. ital. 1963, I, 1, 1090) e n. 104 del 1969 (in questa Rassegna). Sui poteri dell'Ispettorato del lavoro si veda la sentenza n. 32 del 1965 (in questa Rassegna, 289). In dottrina: SIMI, L'Ispettorato del lavoro organo di attuazione della legislazione sociale, in Rass. dir. lav., 1962, 1938; ARISTODEMO, Ispettorati del: lavoro e aziende nella disciplina della prevenzione infortuni, Roma, 1963. ----'� l. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 227 CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 11 -Pres. Branca - Rel. Reale -Patrignani (n. c.). Procedimento penale -Contestazione suppletiva -Legittimit� costitu zionale -Concessione dei termini a difesa -Limitazione a 5 giorni Illegittimit� costituzionale. (Cost., artt. 24, 2; c.p.p. artt. 445, 446)._ Mentre non � fondata, con riferimento al diritto di difesa, la questione di legittimit� costituzionale dell'istituto della contestazione suppletiva prevista daWart. 445 Codice procedura penale, � fondata la questione relativa aWart. 446 dello stesso codice, nella parte in cui esclude che l'imputato possa chiedere, ed il giudice possa concedere, un termine maggiore di cinque giorni per preparare la difesa (1). (Omissis). -2. -La prima questione sulla costituzionalit� del'.' l'art. 445 non � fondata. L'istituto della contestazione suppletiva, come � noto, apporta un temperamento al priincipio della immutabilit� del-fatto dedotto nell'atto di imputazione, nei termini formalmente contestati a conclusione del procedimento istruttorio. � � Esso � volto ad armonizzare il diritto dell'imputato ad esercitare la difesa, nel rispetto del principio del contraddittorio, con le obiettive esigenze della giustizia penale. La contestazione in corso di dibatimento risponde, infatti, a finalit� di ordine processuale ispirate al criterio dell'economia dei giudizi (pur fondamentale nel sistema, come affermato da questa Corte con la sentenza n. 11 del 19�6�5~. nelle ipotesi in cui la connessione delle imputazioni induca a ravvisare, fra i diversi fatti contestati, una complementarit� di indagini e di accertamenti di merito, al fine della unit� e coerenza della decisione. Tale disciplina, in particolare, consente al giudice una pi� completa valutazione della fattispecie e, nel caso debba affermar.si la colpevolezza dell'imputato, un pi� probante giudizio della di lui capacit� a delinquere, ai fini della �irrogazione �oncreta della pena e delle eventuali altre misure. Va precisato che, nell'attuazione di questi principi, l'art. 445� pone espressamente limiti ben rigorosi. Per vero la nuova contestazione di (1) La questione era stata proposta con ordinanza 18 gennaio 1969 ,. della Corte di Appello di Venezia (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1969, n. 200). 3 228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO imputazioni, ammessa nel corso del dibattimento �di primo� �grado, � subordinata sia alla presenza dell'imputato all'udienza (o del suo difensore, nei soli �casi in cui � a questi consentito di rappresentarlo con mandato speciale, ai sensi dell'art. 125 c.p.p.), sia al fatto che la competenza per materia in ordine ai nuovi reati, o comunque ai nuovi fatti, non appartenga ad un � giudice superiore o speciale �. � ammessa pertanto solo \I.a possibilit� �he, per effetto della connessione delle imputazioni, si verif�cl,ii . attrazione, nella competenza del giudice procedente, della �cognizione di reati altrimenti spettante a giudici aventi competenza inferiore. E ci�� secondo un criterio che questa Corte, con riguardo alla disciplina della competenza per connessione di cui agli artt. 45 e 46 c.p.fP. (sentenza n. 130 del 1963), ha affermato non contrastante con ila garanzia del g.iudice naturale. Inoltre, come ~i � gi� ricordato, gli estremi di fatto del reato concorrente, della circostanza aggravante o delle ulteriori violazioni della legge penale configurabili nello schema della continuazione (art. 81, secondo comma, c.p.), debbono emergere dagli atti istruttor�i o dalle indagini dibattimentali. Il che ha'rilievo notevole ai fini dell'esercizio della difesa. N� vanno, infine, trascurati i limiti che, in ordine alla contestazione di reati concorrenti, sono stati precisati dalla giurisprudenza prevalente. Questa (a parte l'ipotesi assunta dalla dottrina nella figura del concorso formale di reati) inquadrando nel sistema la normativa in esame e in �considerazione appunto, �come si � accennato, delle esigenze del contraddittorio, ha affermato che, ai fini della contestazione dibattimentale, la nozione del reato concorrente comprende soltanto le fattispecie caratterizzate dalla connessione obiettiva, quale � indicata nell'art. 45 n. 2 del codice di procedura penale. In tali sensi l'ambito di simili contestazioni re.sta circoscritto cos� alle >ipotesi di connessione teleologica o conseguenziale (in riferimento alle quali ha particolare rilievo an.che l'applicazione dell'aggravante di cui all'att. 61 n. 2. c.p.), come a quelle in cui sussista, tra le fattispecie oggetto dell'accusa, un nesso di occasionalit�. In virt� di questo si richiede un rapporto obiettivo di carattere temporale e spaziale, per effetto ,del quale possa dir.si che l'un reato abbia dato pretesto ed opportunit� o costituisca circostanza di impulso e di agevolazione dell'altro. Donde la convenienza della contestualit� del procedimento e della unitaria ricostruzione critica delle prove. Dalle accennate nozfoni rimane, conseguentemente, esclusa la connessione meramente soggettiva, preveduta nei numeri 1 e 3, e quella di cui al n. 4 dell'art. 45 del codice di procedura penale. 3. -In vista di tale suo contenuto _la disposizione denunziata non pu� non ritenersi compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di difesa. Anche nella specie, infatti, deve affermarsi, secondo la costante. g.iurisprudenza di questa Corte, ehe il diritto in questione deve a:rmo/~ PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 229 nizzarsi con le particolari esigenze della giustizia penale, cui sono~~adattati i vari tipi di procedim~nto, i quali escludono talora pur la necessit� di una contestazione dell'imputazione in fase istruttoria. E ci� in quanto ,,..dall'applicazione deila norma stessa non pu� derivare effettiva menomazione o sacrificio all'esercizio della difesa. 4. -A giudizio di fondatezza conduce, inveGe; l'esame della seconda questione sollevata dalla Corte d'appello� di� Venezia, in merito all'articolo 446 del Codice di procedura penale, concernente appunto le modalit�. di esercizio della difesa nell'ipotesi superiormente considerata.' Questa norma stabilisce che, verificandosi la contestazione dn oggetto, eccetto il caso c:Q.e .essa riguardi la recidiva, il .presidente del tribunale o il pretore avvert� Fimputat'o , che, p~r preparare la difesa, pu� chiedere un termine non maggiore di cinque giorni e non prorog�abile.. Se vi � richiesta, il giudice � tenuto a concedere detto termine, in mi.sura che la .giurisprudenza ammette sia fissata discrezionalmente, e".l a �sospendere in <'.onseguenza n dibattimento. Orbene nella fattispecie in esame il� termine predetto, per quanto riguard,a la misura massima consentita,'non trova giustificaziotle n� nella .immediatezza degli elementi probatori, �che questa Corte ha ritenuto legittimare l'esclusione/di un termine a difesa per i reati commessi in udienza (ai sensi .dell'art. 435 c.p.p. -.sent. n. 92/1967), e nemmeno nella semplicit� e speditezza delle prove riguardanti reati perseguibili mediante procedimento direttissimo e per i quali � stata parimenti ritenuta legittima la facoltativit� della concessione del termine ai sensi dell'articolo 503, terzo comma, c.p.p. (sentenza sopra citata). Nel conferire, per cbntrei, al giudice una cosi Limitata discrezionalit� circa la misur� massima del termine predetto, per di pi� n,on prorogabile, la norma denunziata pu� risultare lesiva del diritto dell'imputato ad una difesa, il cui svolgimento sia congruamente adeguato alle effettive, essenziaM finalit� di giustizia. / E ci� in quanto l'art. 446, mentre d� al giudice la facolt� di tener conto della lieve entit� delle nuove contestazioni, cons�ntendo, non senza razionale fondamento, �he sia disposto il rinvio anche ad horas del dibattimento, non permette, invece, che costituiscano oggetto di conveniente valutazione le esigenze della difesa, allorch� per la gravit� delle imputazioni o per altre circostanze, 1si rendano necessarie pi� complesse e lunghe indagini per l� ricerca delle prove o per lo studio e prospettazione delle questioni. Per le esposte considerazioni l'art. 446., primo comma, del codice di pro�edura penale deve dichiararsi in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui determina in cinque giorni la misura massima del termine a difesa, precludendo al giudice di fissarlo ~� eventualmente in misura maggiore. 230 RASSEGNA�DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZi�>NALE, 2 febbraio 1971, n. 12 -Pres. Branca Rei. Bonifacio -Montev�~ride e Albar,tese. Corte Costituzionale -Giudizio di legittimit� costituzionale in via incidentale -Giudice � a quo� -Consiglio Superiore della Magistratura (Sezione disciplinare) -Ammissibilit� della questione. (Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). ' Consiglio Superiore della Magistratura -Collegio deliberante della Sezione disciplinare -Possibilit� di esclusione di magistrati di merito -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 104; 1. 18 dicembre '196'1, n. 1198, a11. I). Consiglio Superiore della Magistratura -Sezione disciplinare -Mancata assistenza del difensore nell'istruttoria -Dibattimento a porte chiuse -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., art. 24; r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, art. 34). � ammissibite la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale sollevata dalla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Iylagistratura, cui va riconosciuta natura giurisdizionale (1). � fondata, con riferimento al principio dell'autogoverno della magistratura, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 2.� comma primo, secondo, quarto in parte, e quinto, della legge 18 dicembre 1967, n. 1198, in quanto consentono la possibilit� che del Collegio giudicante della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura siano esclusi magistrati di Appello o di Tribunale (2). Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 34, secondo comma de�l r.d.l. 31 maggio 1946, n. 511, sulle guarentigie della Magistratura, relativamente alla mancata assistenza de�l difensore nell'istruttoria ed alla mancata pubblicit� del dibattimento� (3). (Omissis). -3. -In via preliminare si rende necessario accertare se le predette questioni siano state proposte, come richiede l'art. 1 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1, da � un giudice nel corso di un giudizio >. La Corte ritiene che questo presupposto sussista nel caso in esame. Ai limitati fini che qui interessano, � sufficiente la constatazione, non controvertibile, che il legislatore, con espresse ed univoche statuizioni, ha conferito carattere giurisdizionale alla funzione ora esercitata dalla Sezione disciplinare del Consiglio .superiore della magistratura. A tutela dell'indipendenza dei magistrati la legislazione vigente -riconfermando un principio che gi� aveva ricevuto applicazione nell'ordinamento de (1-3) La questione era stata proposta con due ordinanze del Consiglio ~� Superiore della Magistratura, Sezione disciplinare. PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 231 mocratico prefascista e che. ancor pi� valida giustificazione trova nella PoSizione che m.l'ordine giudiziario nel suo COlllrPlesso ed ad singoli suoi appartenenti riserva la Costituzione repubblicana -stabilisce che il . ' I � procedimento disciplinare� si svolga .nelle forme e nei modi che sono tipici dei ,processo, affinch� . al provvedimento destinato ad incidere sullo stato dell'interessato, adottato con un atto che la legge definisce csen -~ tenza � (cfr. la rubrica dell'art. 35 del r.d.l. n. 511 del 1946~ e contro il quale � ammesso il ricorso alle Sezioni unite della Cassazione (art. 17, ulti:rno comma, legge 24 marzo 195i8, n. 1915), si addivenga con le garanzie che sono proprie e tipich� della funzione giurisdizionale. E non � senza rilievo la circostanza.che il procedimento disciplinare a carico dei magistrati, a differenza dell'analogo procedimento a carico dei pubblici dipendenti, v;iene instaurato da un sbggetto (dal Ministro della giustizia, secottcif:o l!al't~ ltn, secondo comma. Cost.; anch,e d4;tl p~ocuratore generale .presso la .~Corte di �cassazione, in base all'art. 14 della legge 24 �marzo 1958, n. I95), rispetto al quale il Consigliosuperiore � collocato mposizione -di assoluta estraneit� ed indipendenza. I 4. -Pass�ndo all'esame della Pr~ma questione, fi deve ribadire (cfr. sent. n ..44 del 19�68) che il Consiglio superiore � stato voluto dalla Costituzione in diretta attuazione del principio secondo il quale e la magistratura costituisce� un ordine autonomo.ed indipendente da ogni altro po. tere � (art. 10'4) e che, in funzione di siffatta garanzia, ad esso � stato riservato (art. 1();5) ogni provvedimento concernente .ilo stato dei magistrati sicch� l'effetto proprio del conferimento di tali attribuzioni al Consiglio /� quello di escludere, in materia; la competenza di altri pubblici \11)0teri e di impe�lire che l'esercizia di esse (salvo H caso dell'azione dis�ipU11EU'e) possa esse~e condizionato ad iniziative-,este~ne (cfr. sent. n. 168. del 1963). Ma, rispettata tale ri!serva, la legge -alla quale � dema:n.data, nell'ambito delle indicazioni fondamentali contenute nell'art. ~O:~, la determinazione d.ella concreta struttura del Consiglio, ed �alll:l-~ua~e lo sj;esso art. 105 rinvia per la disciplina che deve presiedere all'eserciz:i� ~elle "funzioni ivi elencate -pu� legittimament� porre nor:.�e attinenti . all'organizzazione di quel consesso : e tali. sono., indub. biamente, quelle, che concernono l'istituzione di un'apposita sezione disciplinare� Dalle norme costituzionali di raffronto, m definitiva, non � data in al.cun modo la possibilit� di dedurre .che la Costituziqne abbia v~tuto che tutte le competenze/elencate nell'art. 105 siano esercitate dal Consiglio nel suo ptenum; ch�, invece, il largo spazio riservato al legislatore ordinario induce a negare l'esistenza di una siffatta diretiva. N� questa pu� Pi'cavarsi da un principio che, secondo la tesi sostenuta dalle parti, s�rebbe comune a tutti gli organi ai quali la� Costituzione direttamente attribuisce determinate competenze. principio del quale l'art. 72, terzo comma, darebbe indiretta conferma. Ed invero � da ritenere che ~ per quanto riguarda l'ordinamento di tali organi sia necessario tener \ RASSEGNA 'DELL'AVVOCATURA DELLO STATO conto, di volta in volta, della peculiarit� delle singole funzioni e del grado di maggiore o minore dettaglio col . quale. la Costituzione o leggi costituzionali ne abbiano disciplinato la struttura ed il funzionamento. E nella specie -come si � detto e come gi� fu messo in luce, ad altri effetti, nella sent. n. 16.S del 1963 -non c'� dubbio che gli artt. 104 e 105 Cost. abbiano affidato al legislatore ordinario un ampio potere di � organizzazione. Va peraltro aggiunto che, se nessun precetto costituzionale vieta l'articolazione del Consiglio .superiore in �sezioni, nel determinare la struttura di queste si deve rispetare l'autonomia del Consiglio, al quale va �demandata la scelta dei componenti, ed occorre necessariamente tener conto delle linee f9lldamentali secondo le quali, in conformit� dell'articolo 104 Cost., rishlta strutturato il consesso. Con quest'ultima affermazione si vuol dire che il legislatore non pu� istituire sezioni deliberanti nelle quali non siano presenti componenti eletti dal Parlamento o componenti appartenenti ad una delle categorie di magistrati che concorrono alla formazione del Consiglio: e ci� non perch� in questo si faccia luogo a rappresentanza di interessi di gruppo-' il che sarebbe del tutto incon . ciliabile con il carattere assolutamente generale degli interessi affidati alla cura di quell'organo -. ma in considerazione del fatto che le linee strutturali .segnate nell'art. 104 Cost., ispirate all'esigenza che all'esercizio dei de1icati coinpiti inerenti al governo della magistratura contribuiscono le diverse esperienze di cui le singole categorie sono portatrici, devono trovare ragionevole corrispondenza nelle singole sezioni, quando a queste siano commessi poteri deliberanti. '5. -Conforme ai prin�clpi ora enunciati � la struttura della Sezione disciplinare delineata-nell'art. 1 della legge impugnata, secondo il quale essa � �Composta dal vice presidente del Consiglio, �che la presiede di diritto, da cinque magistrati di cassazione (di cui due con ufficio direttivo), da tre magistrati di corte di appello, da� tre magistrati di tribunale e da tre componenti eletti dal Parlamento, tutti nominati per elezione dal Consiglio stesso. Risulta da ci� che tutte le categorie elettive che compongono il consesso unitario �concorrono -e, almeno, tendenzialmente, in modo proporzionale -a formare la Sezione, mentre, per quanto riguarda i membri di diritto, � da osservare �che il Presidente del Consiglio deve presiederla in alcuni casi ed in tutti gli altri ha facolt� di presiederla quando lo ritenga opportuno (art. 18 legge 24 marzo 1958, n. 195), e che l'esclusione del presidente e del procuratore generale della Corte di cassazione trova giustificazione, per il primo, nella circostanza che avverso le decisioni della Sezione � previsto il ricorso alle. Sezioni Unite dell'organo �che.egli presiede e, per il secondo, nell'attribuzione allo stesso della titolarit� dell'azione disciplinare, conferitagli dall'art. 14 della legge n. 195 del 19518' e della funzione requirente presso la Sezione stessa (art. 1, ultimo comma, legge n. 1198 del 1967). ,; PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 233 A diversa conclusione si deve invece pervenire per l'art. 2, secondo il quale, nell'ambito della sezione, il collegio �deliberante per il �singolo procedimento � composto, oltre che dal vice presid,ente, da due membri eletti dal Parlamento, da tre n:iagistrati di Cassazione (di cui uno con ufficio diretivo) e da tre magistrati di appello o di tribunale: tutti prescelti .col metodo del sorteggio fra i componenti della sezione. In base a quanto innanzi � stato precisato, la norma risulta viziata di illegittimit� costituzionale perch� consente che il singolo collegio possa risultare composto con l� totale esclusione dei magistrati di appello o dei magistrati di tribunale. Vero � che l'ultima parte del primo comma prevede che "almeno due� dei suddetti magistrati debbano appartenenre alla stessa categoria dell'incolpato e che il secondo comma stabilisce che, procedendosi nei confronti di un uditore o di un aggiunto, due dei componenti debbano essere magistrati di tribunale: ma � ovvio che anche in questi casi il meccanismo � tale da poter comportare l'�sclusione dal cellegio di tutti .i magistrati di appello o di tutti i magistrati di tribunale. E ri . suita con ci� violato l'art. 104 Cost.� perch�, nell'esercizio di una delle pi� delicate competenze del ConSiglio, non � assicurata la presenza di tutte le categorie che, in base �lla stessa legge, concorrono alla formazione del consesso unitario. La dichiarazione di illegittimit� costituzionale deve necessariamente colpire, oltre �che il primo ed il secondo comma, anche: a) il quarto comma che -sulla imprescindibile base della struttura organizzativa . delineata nel primo comma -stabilisce una particolare composizione del collegio nell'ipotesi in cui siano sottoposti a procedimento disciplinare il primo presidente, il presidente aggiunto, il procuratore generale della Corte di cassazione o il presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche: la dichiarazione di illegittimit� non riguarda, tuttavia, quella parte della disposizione che per le suddette ipotesi prevede che la Sezione sia presieduta dal Presidente d1 Consiglio; b) il quinto comma che, in diretta connessione col primo, stabilisce il metodo del sorteggio. 6. -In conseguenza delle statuizioni �indicate nel numero pr�ecedente, la Sezione disciplinare eserciter� le sue funzioni nella struttura precisata dalle disposizioni per le quali non interviene la dichiarazione di illegittimit� costituzionale. Il legislatore, tuttavia, dovr� p11ovvedere a dettare la disciplina per le supplenze che si rendessero necessarie ed a regolare il modo in cui, nei casi nei quali la presidenza viene assunta dal Presidente del Consiglio, debba farsi luogo all'esclusfone del collegio di uno dei tre componenti eletti dal Parlamento. 7. -La seconda questione � infondata. Entrambe le ordinanze, partendo dal.presupposto che sia preclusa l'assistenza del difensore durante l'istruttoria, impugnano l'art. 34, secondo comma, del r.d.1. 31 maggio 1946, n. 5�11. Ma tale artico!~ riguarda esclusivamente la fase dibattimentale, mentre quella .istruttoria trova la sua disciplina nell'art. 32 234 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO che, nel terzo �Comma. rinvia alle norme relative all'istruttorfa'nei procedimenti penali " in quanto compatibili >; di tal che il dubbio di illegittimit� costituzionale prospettato dalle ordinanze avrebbe dovuto investire questa disposizione, che invece non � stata oggetto di denunzia. 8. -Infondata � anche la questione concernente lo stesso ar:t. 3�4, secondo comma, nella parte in cui esso dispone che e la discussione ha luogo a porte chiuse �. Sebbene da nessuna delle singole norme costituzionali di raffronto indicante nell'ordinanza sia posta la regola della pubblicit� dei dibatti menti giudiziari, la Corte -ribadendo quanto fu gi� affermato nella sen tenza n. 2�5 del 19�65 -!itiene che essa sia coessenziale ai principi ai quali, in un ordinamento. democratico fondato sulla sovranit� popolare, deve conformarsi l'amministrazione della giusti~ia che in quella sovra nit� trova fondamento (art. 101, primo comma, Cost.). Questa regola, tuttavia. come la Corte riconobbe nella� precedente ricordata occasione, pu� subire eccezioni, in riferimento a determinati procedimenti, quando esse abbiano obiettiva e razionale giustificazione.' E va qui precisato che, mentre quando si tratta del processo penale (per il quale la pubblicit� del dibattimento ha un valore particolarmente rilevante) le deroghe possono essere disposte solo a garanzia di beni a rilevanza costituzionale, negli altri casi pi� ampio potere discrezionale �deve esser riconosciuto al legislatore nella valutazione degli interessi che possano giustificare la �Celebrazione del dibatti,mento a porte chiuse. Tanto � a dir.si, in particolare, per il procedimento qui in esame, al quale, come innanzi si � detto, � stato dato carattere giurisdi~ionale solo in funzione di una pi� rigorosa tutela dell'indipendenza del singolo magistrato, senza, quindi, l'assoluta necessit� che esso soggiaccia a tutte le regole che sono proprie del processo penale. Di tal che non risulta illegittimo che il legislatore, valutandone la convenienza in relazione a ragionevoli esigenze di rispetto di interessi che travalicano quello �del singolo magistrato, abbia disposto che la discussione si svolga a porte chiuse. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 13 -Pres. Branca - Rel. Oggioni -Abbaticola (n. c.). Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Limitazioni dell'op ~ posizione di terzo sui mobili pignorati -Illegittimit� costituzio nale -Esclusione. (Cost., art. 113, 42; d.P.R. 20 gennaio 1958, n. 645, art. 207, lett. a). Non � fondata, con riferimento sia al diritto di difesa contro ta P.A. che alla tutela del diritto di propriet�, la questione di legittimit� PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 235 .. costituzionaie deU'art. 207, iettera a testo unico suite imposte dtrette 29 gennaio 1958, n. 645, neLia parte in cui iimita t'opposizione dei terzo aU'esecuzione esattoriaie sui mobiii pignorati ne�iia casa di abitazione del contribuente (1). (Omissis). -2. -La questione non � fondata~ L'art. 207 lettera a del vigente testo unico sopra~dicato (uguale disposizione trovavasi inserita nel precedente testo unico per effetto dell'art. 18 della legge 16 giugno 1939, n. 242) risulta dettato, come spiega la relazione �ministeriale, da.Jla finalit� di salvaguardare i diritti dell'Erario, nella risc!lssione dei tributi, contro possibili frodi, facili ad attuarsi se all'aggiudicazione, in precedente asta esattoriale di beni pignorati, facciano...seguito, da parte del terzo aggiudicatario, atti di dispo.sizione dei beni stessi, che consentano al contribuente esecutato di continuare a possederli nella propria casa di abitazione. Perci� occorre che l'aggiudicatario, se vuol salvare a s� quei beni, li asporti dalla casa del debitore. I~ riferimento alla localizzazione del bene nella casa del debitore, di �cu( all'art. 207 Jettera a, s'inquadra, sia nel sistema generale del diritto comune (dove, in materia di privilegi su mobili, la localizzazione assume rilievo �Condizionante -artt. 2766-�27�60, 2761-217�64 e.e. -oltre che in materia di opposizione all'esecuzione da parte della moglie del debitore -art. 622 c.p.c.) sia nel sistema del diritto tributario (uguale posizione � indicata nella lettera b dello stesso art. 207 t.u.). Le ragioni, particolari e sistematiche, della disposizione conducono ad escluderne il denunciato contrasto con gli artt. 113 e 42 della Costituzione. 3. -L'art. 113 non � violato perch� il diritto a tutela giurisdizionale contro atti della pubblica Amministrazione non risulta eluso in conseguenza della prospettata situazione. Quanto dispone il testo unico attiene alla disciplina sostanziale del rapporto di imposta. Pertanto (come questa Corte ha ritenuto con sentenza n. 12;9 del 1968 in relazione alla lettera b dello stesso art. 207) se, allo scopo di garantire la realizzazione di un credito fiscale, la legge ha operaito sul diritto soggettivo relativo al obene sottoposto aid esecuzione esattoriale, non pu� essere invocata, per contrastarne la legittimit�, una tutela giurisdizionale che superi i limiti posti dal diritto. sostanziale. Nemmeno sussiste alcuna violazione dell'art. 42, se�condo e terzo comma, della Costituzione. (1) La question� era stata proposta con ordinanza 18 dicembre 1968 del Pretore di Nard� (Gazzetta Ufficiate 26 marzo 1969, n. 78). 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'ipotesi di una espropriazione per motivi di interesse gei:ierale, accompagnata ad indennizzo, � estrane~ a quella di una assicurata sottoposizione del bene ad esecuzione forzata, in relazione al sistema <!:elle garanzie patrimoniali dell'obbligazione tributaria (sentenze nn. 42 e 93 del 1964). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 2 febbraio 1971, n. 14 -Pres. Branca Rei. Capalozza -Monti (n. c.). Reato -Reati e pene -Possesso di strumenti atti ad aprire -Riferi mento alle condizioni soggettive del prevenuto -Illegittimit� co stituzionale. (Cost., art. 3; c.p. art. 707). � fondata la questione di le.gittimit� costituzionale d�ll'art. 707 Codice penale, limitatamente al~a parte in cui fa richiamo alle condizioni personali di condannato per mendicit�, di ammonito, di sottoposto a misura di1sicurezza personale o a cauzione di buona condotta (1). (1) La .questione era stat;;i proposta con varie ordinanze di giudici di merito. Per l'analoga dichiarazione di incostituzionalit� dell'art. 708 c.p., cfr. la sentenza della Corte, 2 luglio 1968, n. 110, in questa R'!ssegna, 1968, 889. CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 17 -Pres. Branca Rei. Mortati -Magini (n. c.). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionale in via inci dentale -Giudice� a quo� -Commissione elettorale mandamen tale -Inammissibilit� della questione. (Cost., art. 1.34; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). � inammissibile la questione di legittimit� costituzionale in via incidentale d.ella legge 25 novembre 1926, n. 2008, istitutiva del Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, proposta da una Commissione elettorale mandamentale, che non ha natura giurisdizionale (1). (1) La questione era stata p�roposta con ordinanza 7 giugno 19�69 della Commissione elettorale mandamentale di Recanati (Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1969, n. 200). , Per una rassegna di giurisprudenza e di dottrina sulla questione v. nota� I a questa �sentenza in Foro it., 1971, I, 531. l i I I PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 237 (Omissis). -1. -L'ordinanza emessa dalla CommiSsione elettorale mandamentale di Recanati, nel denunciare, per violazione degli artt. 3, 24, 25 e dell'intero titolo IV della Costituzione, la legge 25 novembre 1926, n. 2008, istitutiva del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, nonch� il r.d. 12 dicembre l9126, n. 2062, di attuazione.della precedente, ed il d.1.1. 5 ottobre 19�44, � n. 316, sulla revisione delle sentenze di condanna emesse da detto tribunale, si d� carico di mettere in rilievo gli � elementi dai quali si dovrebbe argomentare la natura di organo giurisdizionale rivestita dalla. Commissione, e quindi la �mmissibilit� ~iella proposizione della questione. 2. -L'esame compiuto pregiudizialmente in ordine a tale punto indu�e a far r.itenere non fondate le deduzioni dell'ordinanza (n� altre addotte da una parte della dottrina) circa il carattere di giurisdizione � speciale che si assume essere rivestita dalla Commissione allorch� pr�ov ���vede alla .decisione sui ricorsi relativi alle iscrizioni nelle liste elettorali; giurisdizione che, ai sensi della VI disposizione transitoria, non sarebbe contrastante con l'art. 102, dato che preesisteva alla entrata !in vigore della Costituzione (d.1.l. n. 247 de 1 1944, modificato con la legge 7 ottobre 1947, n. 10�5-S.) e non � stata sottoposta a revisione post-costituzionale. Risulta dagli artt. 16, 18 e 28 del t.u. n. 223 del 1967 che la Commissione elettorale comunale � propone ,. le iscrizioni e le cancellazioni negli elenchi predisposti in occasione della revisione semestrale delle 'liste' elettorali; invita poi chiunque intenda avanzare ricorso alla commissione mandamentale contro dette operazioni a farlo nei termini ivi stabiliti, ed infine, decorsi tali termini, trasmette tutti gli elenchi, i ricorsi e .i verbali delle operazioni a detta commissione. Quest'ultima, ai sensi del successivo art. 29, esamina tutte le opera~ ioni gi� compiute, cancella . d'ufficio dagli elenchi i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o la canceUazione, decide sulle dotnande nuove ad essa direttamente �indirizzate, ed infine pronuncia sui ricorsi avverso le ~ropost~. della Commi~sione comunale. Da tale normativa emerge chiaramente come le Commissioni mandamentali operino non gi� quali �organi di secondo grado, di controllo sui provvedimenti emessi da quelle comunali, bensl come i soli organi abilitati ad emettere decisioni sulla intera f�rmazione delle liste, provvedendo, oltre che sulle proposte, anche all'infuori di queste, di propria iniziativa, e tanto su denuncia ad essa pervenuta quanto su ricorso; decisioni che rivestono carattere definitivo e vincolano le Commissioni �comunali alla loro esecuzione. Deve quindi escludersi che la funzione della �commissione as~ suma una duplice natura, amministrativa o� giurisdizionale secondo che essa provveda senza impulso di parte o su ricorso, poich� in ogni ca:so esplica sempre attivit� provvedimentale, quale unico titolare del potere di formazione delle liste, .il ricorso costituendo solo una eccitazione pi� 238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO puntuale al buon esercizio del potere medesimo; N ori giova quindi invo:.. , � care in contrario l'esempio delle Giunte provinciali amministrative, poich�, a parte �la �considerazione �Che le funzioni a queste attribuite in sede amministrativa si esauriscono nel mero controllo rimanendo loro inibito ogni potere sostitutivo dell'amministrazione attiva, esse operano (o operavano) con composizione differente secondo la diversa indole dell'attivit� esercitata. Non vale neppure, a condurre a diversa conclusione, il rilievo secondo cui oggetto delle deliberazioni .in parola siano diritti soggettivi perch� provvedimenti in ordine a questi sono, in modo analogo, emessi normalmente tutte le volte che l'esercizio di un diritto � subordinato a forme varie di intervento della pubblica autorit�. Neppure probante � la considerazione desunta dalla definitivit� che le deliberazioni.stesse assumono allorch� siano decorsi i termini per la loro impugnativa, dato che analogo effetto si verifica per ogni specie di provvedimento amministrativo contro cui non sia stato tempestivamente prodotto il ricorso consentito contro di esso. Altrettanto deve dirsi dell'argomento desunto dalla proponibilit� del ricorso da parte di ogni cittadino, dato che, per potersi dare a tale iniziativa il �significato di azione popolare, occorrerebbe prima dimostrare ii.I carattere giurisdizionale dell'organo innanzi a cui si fa valere: ,sicch� vere azioni popolari devono ritenersi solo quelle proponibili alla Corte di appello, ai sensi dell'art. 42, da quisque de�populo. Che la vera fase giurisdizionale abbia inizio alloch� si adisce la Corte di appello risulta, oltre che dalla stessa lettera della legge che d� al titolo IV, riferentesi a tale fase, l'intitolazione � dei ricorsi giudiziari �, dalla prescrizione del citato art. 42, secondo la quale il ricorso alla Corte dev'essere notificato, a pena di nullit�, alla Commissione elettorale; il che contrasterebbe con i princlpi se al detto organo si attribuisse la veste di giudice di primo grado. � inoltre da mettere in rilievo come i ricorsi alla Corte di appello siano, secondo gi� si � rilevato, ammissibili anche quando non siano stati preceduti da reclami avanzati alla Commissione mandamentale, o quando contengano domande nuove rispetto a quelle prima dedotte, il che conferma che essa non pronuncia in sede di appello. Che poi la Corte in questo, come del resto in altri casi conosciuti dalla nostra legislazione, assuma la veste di giudice di primo ed unico grado non � in contrasto con la Costituzione, dato che questa non ha assunto fra i suoi principi quello del doppio grado di giurisdizione. Quanto alla allegata proponibilit� di ricorsi da parte del pubblico ministero, ex art. 44, � da osservare come tale intervento trovi logico fondamento nella considerazione che la regolare formazione delle liste elettorali giova a soddisfare non gi� solo ii1 diritto dei cittadini, in possesso dei richiesti requisiti all'iscrzione nelle medesime, ma altres� il �. pubblico interesse alla realizzazione delle condizioni per la regolare PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 239 espressione del voto popolare, considerato dalla Costituzione, oltre'"Che come diritto del cittadino, anche suo dovere, e posto a fondamento del regime democratico.. Infine l'improcedibilit� dei ricorsi alla Corte di appello direttamente avverso l'operato delle Commissione comunali discende non gi�, come ritenuto dall'ordinanza, dal fatto �che, se altrimenti fosse, si salterebbe un grado di giurisdizione, bensi dalla gi� rilevata natura dell'attivit� di dette commissioni, non decisoria ma meramente prep~ratoria, e perci� stesso insuscettibile di impugnativa in sede contenziosa. -(Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n:. 19 -Pres. Branca - Ret. Rossi -Dall'Argine (n. c.). Reato -Reati e pene -Delitti contro la moralit� pubblica e il buon costume -I~oranza dell'et� dell'offeso -Illegittimit� costituzio-. nale -Esclusione. (Cost., art. 3; c.p. art. 539). Non � fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimitd costituzianale deU'art. 539 codice penale S'Uita disparitd di tratamento tra chi viene (!-mmesso a provare l'ignoranza deU'etd deit'offeso e chi non pu� invocare tale ignoranza (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 20 -Pres. Branca Rei. Rossi .:. Pirrotti (n. c.). Reato -Reati e pene -Delitti contro la moralit� e il buon costume Errore sull'et� dell'otfeso -Violazione del principio della persolit� della pena -Esclusione. (Cost., art. 27; c.p. art. 539). Non � fondata, con riferimento al principio deUct personaiitd deUa pena, la questiooe di legittimitd costituzionale deit'art. 539 codice penate, nella parte in cui non scusa l'ignoranza deU'etd detla persona offesa (2). (1-2) Si tratta di due sentenze che dichiarano l'infondatezza della questione relativa alla medesima disposizione, prospettata con riferimento: a due diversi precetti della Costituzione. In dottrina, cfr. PANNAIN, Delitti contro la moralit� pubblica e il buon costume, 1952; ANToLISEI, Manuale diritto penale, parte speciale, 1960, I, 374, 240 RASSEGNA DEJ,L'AVVOCATURA DELLO STATO I (Omissis). -Viene denunciato per incostituzionalit� ai sensi dell'art. 3 della Costituzione l'art. 539 del codice penale in rapporto all'articolo 519 n. 1, 2, 3 stesso codice, sull'esclusivo rilievo �che non si giustificherebbe la disparit� di trattamento fra chi pu� venire ammesso a provare la ignoranza dell'et� o dell'inferiorit� fisica o psichica del soggetto passivo (art. 519 n. 2 e n. 3 del codice penale), e chi, invece, non pu� invocare a propria scusa l'ignoranza dell'et� dell'offeso (art. 519, n. 1). La questione � infondata. Il divieto d'invocare l'ignoranza dell'et� dell'offeso inferiore agli anni quattordici � stabilito dall~art. 539 del codice penale per tutte le 'ipotesi comprese nel titolo "dei delitti contro la moralit� pubblica e il buon costume>. Per il delitto previsto dall'art. 519 n. 2 l'et� limite �J .di anni sedici; per quello previsto al n. 1 dello stesso articolo � di anni quattordici. Una pi� rigorosa tutela � dovuta agli inferiori di anni quattordici, per i quali la legge penale presume l'incapacit� d'intendere e di volere (artt. 97 e 85 del codice penale). Tale presunzione non sussiste per coloro che sono d'et� fra i quattordici e i sedici anni. Quanto all'ipotesi prevista dall'art. 519, n. 3, del codice penale, � chiaro che, mentre l'et� inferiore agli anni quattordici � un dato positivo, il pi� delle volte valutabile anche esteriormente dai terzi, finferiorit� phichica o fisica talora non si pu� accertare che con indagini clinich~. Le previsioni dei nn. 1, 2, 3 dell'art. 519� del codice penale sono intrinsecamente diverse l'una dall'altra, e non pu� richiamarsi l'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). II (Omissis). -Questa Corte � chiamata a decidere se l'art. 539 del codice penale, secondo cui non scusa l'errore sull'et� della persona offesa dal reato minore degli anni quattordici nel compimento dei delitti contro la moralit� pubblica ed il buon costume, contrasti o meno con la norma ,costituzionale che sancisce il principio della personalit� della responsabilit� penale. La questione sollevata � stata gi� dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 107 del 1957 e con l'ord.iI�anza n. 22 del 1962. Il preteso contrasto, ora nuovamente denunciato, non sussiste. Occorre in primo luogo ricoD1oscere �che il soggetto attivo dei delitti contro la moralit� pubblica ed il buon costume ha realizzato una con dotta; materiale -nella specie ".congiunzione carnale> -. che, essendQ_ posta in essere volontariamente, � con certezza rifer.ibile all'autore .del PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 241 reato come fatto suo proprio. Pertanto, anche nell'ipotesi prospettata.. , il soggetto viene a rispondere sempre ed esclusivamente per fatto proprio, e la norma che questo prevede � conforme al principio costituzionale invocato. D'altro canto la disputa dottrinaria sulla diversa qualificazione giuridic~ da attribuirsi, nella teoria del reato, all'et� della persona offesa, non influendo sulla riconosciuta riferibilit� della condotta ip<;>tizzata all'autore del delitto, appare irrilevante ai fini della soluzione della questione di costituzionalit� �sollevata. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n. 21 -Pres. Branca Rei. Rossi -Pugliese (n. �C.) .e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Casamassima). Reato -Reati e pene-Delitto di rissa -Aggravamento dell'uccisione o della lesione -'Violazione del prhicipio della personalit� della pe na -Esclusion~. (Cost., art. 27; c.p. art. 588, secondo comma). Non � fondata, con riferimento ai principio detta personalit� delta pena, ta questione di legittimit� costituzionale dell'art. 588, secondo comma, codice penale, che prevede l'aggravamento della pena per i corrissanti qualora taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale (1). (Omissis). -La Corte deve esaminare se il capoverso dell'art. ~88 del codice penale contrasti o meno l'art. 27, primo comma, della Costituzione, per il dubbio che la responsabilit�-penale di ogni singolo corrissante in ordine alla fattispecie di rissa aggravata dalla circostanza uccisione o lesione costituisca un caso di responsabilit� per fatto altrui, o quanto meno :per fatto proprio, ma privo di ogni connotazione soggettiva in rapporto all'aggravante stessa. Il vizio denunciato non sussiste. � noto che secondo� la costante interpretazione della Corte costituzionale (sentenze n. 3 del 1936, n. 107 d�l 1957, n. 67 e 79 del 1963, n. 42 del 1965, n. 42: del 1966, n. 62 del 1967, n. 33 del 1970) l'art. 27, primo comma, della Costituzione, escludendo la responsabilit� penale per fatto altrui, esige che il soggetto risponda soltanto qel fatto proprio: occorre quindi accertare se anche nella fattispecie legislativa della rissa aggra .. vata venga rispettato tale principio. (1) La questione era stata proposta con varie ordinanze di giudici di merito. � In dottrina: R. PANNAIN, Rj,ssa, Voce del Nov.mo digesto, 1969. 242 RASSEQNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il legislatore. con la previsione del reato di rissa. ha inteso punire il comportamento di colui il quale volontariamente partecipa ad un reato collettivo. che si estrinseca per sua natura in una condotta violenta diretta ad offendere, oltre che a difendere. idonea quindi nel suo insieme 'a cagionare, eventualmente, anche lesioni personali o la morte. Legittimamente il legislatore. nell'eserdzio della �sua discrezionalit� politico-crimin�le, ha ravvisato una maggiO're gravit� nell'ipotesi in cui nella rissa taluno rimanga ucciso o riporti lesione personale. formulando una fattispecie di reato aggravato da tali circostanze. Il soggetto che partecipi volontariamente ad una rissa. non ignora di associarsi ad una condotta suscettibile di gravi sviluppi per l'incolumit� personale. Il singolo compartedpe alla rissa, non � che risponde, per ci� solo, degli eventuali concorrenti fatti-reato di lesioni o di omicidio d.ntervenuti nel corso della rissa (se non abbia egli stesso posto in essere anche una condotta oggettivamente e soggettivamente .idonea ad integrare tali figure criminose). Al contrario il sing.olo corrissante � chiamato a rispondere solo per la sua propria condotta, venendo ad assumere una responsabilit� per rissa s�mp1ice o aggravata, a seconda degld. effetti concreti della colluctatio, cui egli ha coscientemente e volontariamente partecipato. . Quanto osservato esclude quindi che la norma impugnata configuri una responsabilit� per fatto altrui o per fatto proprio incolpevole, cos� come supposto nelle ordinanze di remissione. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1971, n . 2,2 -Pres. Branca - Rel. ~aipalozza -Cortigiani (n. c.) �e Presidente del Consd.g1io dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Peronaci). Reato -Reati e pene -\Furto aggravato -Abnormit� dei massimi edittali -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. (Cost., artt. 3, 27; c.p. art. 624, 625). Non � fondata, con riferimento ai principi di eguaglianza e di rieducativitd della pena, La questione di legittimitd costituzionale relativa alla eccessiva gravitd d~i massimi edittali nel delitto di furto aggravato (1). (Omissis). -1. -Il presente giudizio di legittimit� costituzionale ha per oggetto gli artt. �624 e 6251 del codice penale, nella parte relativa ai massimi edittali della pena rispettivamente comminata; in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione. (1) La questione era stata proposta con ordinanza 27 maggio 1969 del Pretore di Siena (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1969, n. 172). Sulla misura edittale della pena v. Corte .Cost., 2 luglio 1968, n. 109, in questa Rassegna, 1968, 887. PARTE I, SEZ. I, G.IURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 243 2. -L'art. 3 della Costituzione non .� violato. � ben vero che la .severit� delle pene previste dal codice vigente per il furto -specie con aggravanti �speciali: art. 625 -� vivacemente criticata .i:i;i dottrina, ma la questione esula da un �qualsivoglia riscontro di costituzionalit�, poich� attiene a scelte di politica legislativa, sottratte al sind~cato di questa Corte. Pur se tali scelte, operate in altro clima storico e sociale, apparissero non pi� attuali rispetto alle conseguenze sanzionatorie delle violazioni di altri beni, la cui protezione assurge -a differenza -di quella della propriet� -a diritto. presidiato come primario e fondamentale della Costituzione, ci� postulerebbe e solleciterebbe l'dntervento del legislatore (il quale, per vero, nei vari prog.etti di riforma, che si sono succeduti in I � questo dopoguerra, ha prestato al problema la sua attenzione). 3. -Essendo rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore la determinazione della pena edittale (e a quella del giudice la irrogazione in concreto), sfugge al controllo di legittimit� l'indagine sulla sua e:ffi.�acia rieducativa. N� questa potrebbe, comunque, essere presa in considerazione rispetto a singoli reati o gruppi di reati, anzich� rispetto al soggetto attivo della violazione. Del resto. l'efficacia rieducativa, indicata come finalit� ultima (e non unica) della pena dall'art. 2�7, terz�o comma, della Costituzione, non dipende solo dalla� durata di essa, bensi, soprattutto, dal suo regime di esecuzione, per cui � pressante l'esigenza di ammodernamento del regolamento penitenziario: senza dire che soccorre l'istituto della liberazione condizionale (art. 176 c.p., modificato dall'art . 2 della legge 25 novembre 1962, n. 1634; e, per i minorenni, dall'art. 21 del r.d.l. 20 luglio 1934, n. 1404), e pi� dovrebbe soccorrere l'auspicata pi� ampia ' applicazione dell'istituto. Non � dunque, violato neppure l'art. 27 della Costituzione. ( Omissis). I CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 30 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Gualtieri (n. c.) �e Presidente del ConsigHo dei Ministri (.sost. avv. gen. dello Stato Agr� e Cavalli). ,, Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici -Violazione del divieto di istituire giudici speciali -Esclusione. (Cost., art. 102, secondo comma; legge 27 maggio 1929, n. 810). N<m � fondata, con riferimento al precetto costituzionale che vieta l'istituzione di giudici speciali, la questione di legittimit� costituzionale 4 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 244 delta legge 27 maggio 1929 n. 810, per la parte che ha immesso,m.eU'ordi,,. namento dello Stato l'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato fra la S. Sede e l'Italia sulla giurisdizione dei Tribunali ecciesiastici in materia matrimoniale (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 3,1 -Pres. Branca - Rel. Fragali -Ghisotti (n. c.) e Presidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr� e Cavalli). Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Dispensabilit� dall'impedimento dell'affinit� in linea retta -Diversit� di normativa rispetto al matrimonio civile -Violazione del principio di eguaglianza -Esclusione. . . (Cost., art. 3; legge 27 maggio 1929, n. 847, art. 7, ult. comma, cod. civ. art. 87, quarto comma). Non � fondata con riferimento al principio di eguaglianza, la questione di legittimit� costituzionale deU'art. 5, ultimo comma, della legge 27 maggio 1929 n. 847, applicatiVa del concordato tra la S. Sede e l'Italia, nella parte in cui non prevede l'opposizione alle pubblicazioni di matrimonio tra affini in linea retta, diversamente da quanto � previsto per il matrimonio civile, che non ammette dispensa all'impedimento (2). III CORTE COSTITUZIONALE, 1� marzo 1971, n. 32 -Pres. Branca - Rel. Mortati -Leporati (avv. Cassola e Nap.pi) e Pre�sidente del Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Agr�). Corte Costituzionale -Giudizi di legittimit� costituzionali in via incidentale -Intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri Termine di v:enti giorni dalla notifica dell'ordinanza -Non computabilit� del tempo decorrente. dalla notifica della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. (Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 25; Norme integrative, art. 3). (1-4) Le tre sentenze hanno :preso in esame, sotto vari riflessi, le leg.gi applicative del Concordato tra la S. Sede e l'Italia in materia matrimoniale; con due coeve ordinanze nn. 33 e 34, la Corte ha rinviato ai 'giudici di merito gli atti relativi alle questioni di nullit� del matrimonio ,concordatario, per nuovo esame sulla rilevanza, a seguito dell'intervento della legge 1� dicembre 1970, n. 898. Comune presupposto alle tre sentenze � l'affermazione espxessa~nte enunciata nella sentenza n. 30, della sindacabilit�, sotto il profilo costitu PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 245 Matrimonio -Concordato tra la S. Sede e l'Italia -Trascrizione"del matrimonio concordatario -Divieto di impugnabilit� .per il nu bente in stato di incapacit� naturale -Illegittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; legge' 27 maggio 1929, n. 847, art. 16), Nei giudizi di legittimit� costituzionale in via incidentale, ai fini ael computo del termine per l'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, non si tiene conto del tempo intercorrente tra ia notifica dell'ordinanza di remissione e la data di pubblicazione della medesima sulla Gazzetta Ufficiale (3). � costituzionalmente iUegittimo, con riferimento ai principio di eguaglianza, l'art. 16 della legge 27 mq.ggio 1929, n. 847, applicativo del Concordato tra ia S. Sede e l'Itatia, ne:iia parte in cui stabilisce che la trascrizione del matrimonio concordatario pu� essere impugnata solo per una detle cause menzionate nell'art. 12, e non pure perch� uno degli sposi fosse, al momento in cui si � determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria, in stato di incapacit� naturale (4) . .... I (Omissis). -2. -Nel merito la Corte osserva che la denuncia del pretore di Torino; per quanto diretta espressamente contro taluni commi dell'art. 34 del Concordato fra ~a Santa Sede e l'Italia, reso esecutivo con la legge 27 maggio 19!29, n. 810, deve rd.tenersi riferita a questa legge, nella sua relatio con le sopra indicate clausole ae1 Concordato. Infatti, nell'attuale �causa, il giudice a quo, nei motivi della s:ua ordinanza, richiama la predetta legge 27 maggio 19129, n. 810, che contiene disposizioni per l'applicazione del Concordato, di per s� estraneo all'ordinamento giuridico del1o Stato, come atto formato da due �soggetti di parii situazione sovrana e indipendente. I 3. -Le .menzionate disposizioni della. legge del 1929 sono state sottoposte al controllo di questa Corte soltanto con rifer�imento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, in quanto cio� i tribunali ecclesiastici ziona,.le, delle leggi interne di recezione del Concordato tra la S. S'ede e l'Italia; concordato, peraltro, �che, per effetto del richiamo contenuto nel l'art. 7 della Costituzione, e ha prodotto diritto"� Si tratta di una tesi intermedia fra quella della costituzionalizzazione piena delle norme del Concordato, non .soggetta quindi a sindacato di le gittimit� costituziona�le, e quella della costituzfonalizzazione del solo prin-.. ci.pio pattizio tra l'Italia e la S. Sede. 246� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO competenti a pronunziarsi sulla nullit� dei matrimoni concoFdatari sarebbero giudici speciali non previsti dalla Costituzione stessa. La questione riguarda la celebrazione del matrimonio, e il suo esame non � precluso, come invece opina l'Avvocatura dello Stato, dall'art. 7 della Costituzione. � � vero che questo articolo non sancisce solo un generico principio pattizio da valere nella disciplina dei rapporti :fra lo Stato e la Chiesa cattoHca, ma contiene altresi un preciso riferimento al Concordato in vigore e, in relazione al contenuto di questo, ha prodotto diritto; tuttavia, giacch� esso riconosce allo Stato e alla Chiesa cattolica una posizione reciproca di indipendenza e di sovranit�, non pu� avere forza di negare i principi supremi dell'ordinamento costituzionale dello Stato. Nondimeno, la questione promossa dal pretore di Torino, pur collocata nel quadro delle considerazioni su esposte, si prospetta infondata, perch� non � esatto che la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici abbia una natura speciale nel senso ~ndicato nella norma costituzionale che il p!l'etore invoca. Tale norma vuole assicurare l'uniit� della giurisdizione dello Stato; e il rapporto fra organi della giurisdiZione ordinaria e organi della giur:isdizione speciale deve ricercarsi nel quadro dell'ordinamento giuridico interl?-o, al quale i tribunali ecclesiastici sono del tutto estranei. Analoghi �concetti sono stati espressi nella sentenza 16 dicembre 196;5, n. 9�8, a proposito della Corte di giustizia delle comunit� europee, investita di giurisdizione su atti prodotti fuori dell'orbita giuridica dello Stato; che possono perci� �costituire, secondo la detta sentenza, soltanto materia di ulteriore qualificazione giuridica da parte dell'ordinamento statale, nei limiti 1in cui esista un obbligo di non disconoscerne gli effetti. -(Omissis). II (Omissis). -� incontestabile che, quanto all'impedimento dell'affinit� di primo grado, v'� quella differenza di regime fra celebrazione del matrimonio civile e celebrazione del matrimonio concordatario che il tribunale di Milano ha denunciato : l'impedimento infatti pu� formare oggetto di dispensa second9 l'ordinamento canonico, non secondo l'ord�- Sugli orientamenti della dottrina cfr. l'ampia nota alla sentenza n. 30 in Foro it., 1971, I, 525. Sulle questioni di cui alle sentenze nn. 31 e 32 cfr. Cass., 26 marzo 1964, n. 684, Foro it., 1964, I, 439 �con nota di rilevanza. In dottrina: JEMOLO, Matrimonio, 1961; MAGNI, Gli effetti civili del matrimonio canonico, 1965. ~ La terza massima costituisce, sul piano procedimentale, l'applicazione f del testuale disposto dell'art. 3 delle norme integrative per i giudizi da vanti alfa Corte Costituzionale. � PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 247 namento �civile (salvo il caso di cui alla seconda parte dell'art. 87, quarto comma). � parimenti esatto , come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che il matrimonio canonico � riconosciuto dall'art. 7 della Costituzione; ma questa Corte, con sentenza in pari data n. 30, ha giudicato che la predetta norma non preclude il controllo di costituzionalit� delle leggi che immisero nell'ordinamento interno le clausole dei patti lateranensi, potendosene valutare la conformit� o meno ai principi supremi dell'ordinamento .costituzionale. La normativa concernente il matrimonio concordatario ha �na sua giustificazi,�ne nell'�mbito del disposto del menzionato art. 7; per cui la semplice differenza di regime riscontrabile fra matrimonio civile e matrimonio concordatario, che non importi violazione degli altri precetti costituziona~i nel senso predetto, non integra di per s� una ilegittima disparit� di trattamento. La norma denunciata non ammette che, .per la ragione dell'.affinit� dei nubendi, possa promuoversi opposizione alle pubblicazioni richieste per il matrimonio concordatario, volendo rispettare le basi confessionali sulle quali si fonda la dispensa di diritto canonico relativa agli impedimenti al matrimonio. Basi diverse ha essenzialmente il sistema della dispensa agli impedimenti al matrimonio civile, informato, com'�, a valutazioni esclusivamente laiche, dalle quali possono razionalmente risultare difformit� di determinazioni normative. � � N� si vede come la celebrazione del matrimonio fra affini di primo grado, che il codice di diritto canonico consente, previa dispensa, possa ledere i princ�!Pi supremi dell'ordinamento �costituzionale dei quali si � fatta parola; -(Omissis). III (Omissis). -1. -In ordine all'eccezione di tardivit� dell'intervento del Presidente del Consiglio, sollevata nella memoria della parte privata perch� avven.ta oltre venti giorni dalla notifica, � da osservare come la Corte, gi� con la sentenza n. 47 del 19�57, ebbe a ritenere che, .alla stregua di quanto dispone l'art. 3 Norme integrative, non de'Qbono essere computati nel termine in questione i giorni compresi fra l'ultima notificazione e la pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta Ufficiale. E pertanto fintervento deve ritenersi �avvenuto in ter~ine. 2.. -La questione di merUo sollevata dall'ordinanza del tribunale di Milano investe l'art. 16 legge 27 maggio 1929, n. 847 pel fatto che questo, , se messo in relazione �con il� precedente art. 12, violerebbe il comma primo dell'art. 3 della Costituzione poich� pu� condurre a far escludere la possibilit� di impugnativa della avvenuta trascrizione del matrimonio concordatario che sia stato contratto da chi, pur "9'ersando in stato di infermit� mentale, non risulti tuttavia dichiarato interdetto. 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Deve essere preliminarmente presa dn esame la tesi prospettata dalla difesa del Leporati. secondo la quale si renderebbe possibile procedere ad un'interpretazione sistematica della norma denunciata, la quale, portando ad includere nella previsione del matrimonio contratto dall'interdetta anche quella del naturalmente incapace, farebbe cadere, se accolta, l'eccezione di incostituzionalit�. A ,contestare l'esattezza di tale interpretazione (ed a fare invece ritenere che il legislatore abbia considerato tassative le ipotesi indicate dall'art. 12 per le quali non si fa luogo a trascrizione), � da osservare 'Che il riferimento contenuto nell'art. 16 alle " cause � di impedimento alla trascrizione non pu� intendersi, secondo ritenuto dalla difesa, come se volesse riguardare i fattori determinanti i " casi ,, previsti dal precedente art. 12, cos� da consentire di comprendervi anche la semplice il!capacit� naturale, ,considerata quale presupposto dell'interdizione. Basta osservare che mentre il rinvio contenuto nl:)ll'art. 16, per la sua formulazione generica, dovrebbe riguardare tutte le fattispecie prima enunciate, appare in realt� appMcabile solo alla terza, non gi� alle prime due che si limitano a prevedere la esistenza di precedenti matrimoni "in qualunque :Jlorma celebrati~. Chiaro invece appare che la differenza di dizione fra i due articoli corrisponoe al diverso concetto voluto esprimere: il primo, riferendosi al divieto della trascrizione, � elencativo delle ipotesi in cui esso ricorre; il secondo, avendo riguardo alla impugnativa, fa riferimento alle causae petendi su cui si rende possibile fondarla. 3. -La censura d'incostituzionalit� dell'art. 16 appare fondata se venga valutata nei termini in cui risulta prospettata dall'ordinanza di rimessione, nel senso cio� che la questiorie sia da esaminare con riferimento non gi~ alla fase della celebrazione, bens� a quella dell'opzione effettuata in oi:dine alla forma del ritiro matrimoniale. Non � dubitabile che l'art. 34 del Concordato fra lo Stato italiano e la Santa Sede e la legge di attuazione 27 maggio 192:9, n. 847, impegnando lo Stato a conferir�"' effetti civili ai matrimoni disciplinati dal diritto canonico e riiservando ai tribunali ecclesiastici il giudizio sulle cause concernenti la nullit� dei matrimoni, abbia introdotto una differenziazione di trattamento giuridico per motivi di religione, in quanto ha permesso che la scelta fra i due riti sia consentita ,solo ai cittadini legittimati dal diritto canonico a procedere a matrimonio religioso. Tuttavia tale discriminazione non configura una violazione del principio di eguaglianza di cui al primo comma dell'art. 3 per,ch� la discriminazione stessa risulta, nei sensi indicati con la sentenza di pari data n. 30, espressamente consentita da altra norma costituzionale, e cio� dall'art. 7, secondo comma, che, per la disciplina dei rapporti fra Stato e Chiesa, rinvia ai Patti lateranensi dei quali il Concordato � parte integrante: � per� da agg,iungere che condizione necessaria per poter affermar: la validit� della rilevata eccezione al principio di eguaglianza deve con PAl'lTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 249 siderarsi il possesso della piena capacit� da parte di chi pr.ocede..alla scelta del rito. L'esame da compiere si accentra pertanto nello stabilire i � criteri in base ai quali siano da valutare ii requisiti di validit� della scelta medesin1a: criteri che non possono non desumersi, secondo i principi consacrati nell'art. 17 delle preleg~i. dal diritto statale dell'aspirante alle nozze. � canone indiscusso che l'assoggettamento di un cittadino ad un ordinamento diverso, in virt�. del rinvio a questo effettuato dalla legge statale, deve essere contenuto negli stretti ed invalicabili limiti del fatto o rapporto oggetto del rinvio. E poich� nel caso presente l'elementO che funziona come criterio di collegamento pel rinvio al diritto canonico, ai sensi dell'art. 5 legge n. 847 cui si richiama l'art. 8:2 del codice civile, � l'atto della celebrazione del matrimonio, appare chiaro che ogni altro atto diver~o da questo esorbita dall'ambito di applicazione del diritto canonico, riicadendo nel diritto dello Stato. Sicch�, ove si riesca a dimostrare che una persona, nel momento della scelta :llosse incapace di intendere o di volere, per qualsiasi causa anche se transitoria, verrebbe a mancare il fondamento della validit� della scelta del matrimonio canonico da lei contratto, con le necessarie conseguenze circa la trascrivibilit� di questo. 4. -Le osservazioni che precedono condurrebbero a far ritenere che, a stretto rigore, l'art. 16, come l'intera legge n. 847, essendo indirizzato alla finalit� specifi�ca. sua propria di regolare esclusivamente gli effetti civili del matr.imonlio canonico, in attuazione deH'.airt. 34 del Conco~dato, non ha affatto disciplinato, n� l'avrebbe potuto, le situazioni preesistenti al matrimonio stesso, la cui regolamentazione sarebbe dovuta avvenire Jlecondo i principi generali dell'ordinamento statale. Tuttavia � da prendere atto che la giurisprudenza dominante ed una parte della dottrina hanno interpretato l'articolo in� esame nel senso che esso precluda ogni indagine sulle condizioni di capacit� del nubente prima della celebrazione, ed � a tale significato, assunto nelia vivente realt� giuridica, dall'articolo stesso, che occorre aver riguardo per la soluzione della questione in esame. L'argomento che si fa valere a fondamento della interpretazione dominante, del quale si � fatta eco l'Avvocatura dello Stato, si fonda sulla ass~rita impossibilit� di attribuire autonomia alla scelta del rito, in quanto tale momento non sarebbe isolabile da quello successivo della dichiarazione negoziale di volont� riivolta alla :formazione del vincolo. A tale ar.gomentazione la replica � facile. Infatti � vero che a volte l'atto di decisione a dar vita ad un negozio a preferenza di un altro non assume rHievo esterno, risolvendosi nell'adesione prestata a quello posto effettivamente in essere, e rimanendo perci� irrilevante quanto si era. svolto in precedenza, nel foro interno della coscienza, allorch� si dibatteva il dubbio circa la scelta da effettuare fra quel negozio o un'altro �� 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in alternativa al primo; tuttavia � anche vero che nella 1s:pecie"l~atto dL.. scelta del rito, mentre assume un'autonomia non solo concettuale ma anche tempoo:ale ed obiettivamente accertabile in quanto si concreta in propri atti o �Comportamenti, viene a rivestire anche uno specifico rilievo giuridico allorch�, come nella specie, i requisiti di capacit� richiesti per tali atti e comportamenti appaiono regolati secondo criteri propri di un dato ordinamento, divergenti da quelli invocabili �per la validit� del negozio successivamente stipulato. Ne deriva che la norma impugnata -che non trova giustificazione nell'art. 7 d�lla Costituzione, giacch� disciplina un atto di scelta logicamente anteriore alla celebrazione del matvimonio concordatario -� illegittima in base all'art. 3 della Costituzione in quanto consente che la persona naturalmente inc�pace subisca le conseguenze di una scelta non liberamente e coscientemente incapace subisca le conseguenze di 'una 1scelta non liberamente e coscientemente da lei adottata e sia assoggettata ad una disciplina chefi per le cose innanzi dette, trova giustificazione solo nella libera opzione fra matrimonio religioso trascrivibile e matrimonio civile. 5.. -Si conclude pertanto che, per effetto della dichiarazione di inco stituzionalit�, i requisiti di capacit� da richiedere per la validit� della scelta del rito sono da valutare alla stregua del diritto dello Stato e che la prova eventualmente fornita dell'incapacit� di intendere o di volere di chi l'abbia effettuata non pu� non rendere -inoperant~ l'efficacfa della stessa, e conseguentemente giustificare l'impug~ativa della trascrizione che fosse stata disposta. -(Omissis). I 1 I 1 I ' 'i . I SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 674 -Pres. F1ore Rei: La Farina -P. M. Di Majo (conf.) -Occhipinti (avv. Oriani) c. Presidente regione siciliana (avv. Stato Peronaci), Assemblea regione. siciliana e Mongelli (intimati). '�----�Competenza e giurisdizione -Sicilia -Consiglio di Giustizia amministrativa -Sentenze -Ricorso alle Sezioni unite della Corte di Cassazione -Ammissibilit� -Limiti. (Cost., art. 111; c.p.c., artt; 361 e 362; statuto reg. sic., art. 23; d.l. 6 maggio 1948, n. 654). Elezioni amministrative e politiche -Pretesa all'immissione ed al man tenimento in ufficio pubblico -Diritto soggettivo riflesso -Concetto ed effetti. Competenza e giurisdizione -Elezioni -Controversie riguardanti l'ufficio di Consigliere--regionale -Giurisdizione del Giudice ordinario. Le sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia sono equiparabili a quelle del Consiglio di Stato, di cui iZ detto Consiglio di Giustizia deve considerarsi una sezione, sia pure specializzata e decentrata, esercitandone tutte le attribuzioni nell'ambito del territO'f"io regionale: pertanto iZ ricoirso alle sezioni unite della Corte di Cassazione avverso le relative decisioni � ammissibile in quanto attiene alla giurisdizione (1). La pretesa del. candidato ad essere immesso e mantenuto in un ufficio pu'bbZico, sia politico che a;mministrativo, sulla base dell'esito delle elezioni costituisce uno di quei diritti tradizionalmente definiti quali riflessi ossia quali interessi formalmente configurati e nei congrui casi :tutelati come diritti soggettivi, pure se il fine ultimo e indiretto � quello di garantire cos� un pi� rigoroso rispetto del diritto vigente ed una migliore tutela dell'interesse pubblico (2). (1-2-3) La sentenza, di cui alla massima surriportata, appare interes-~ sante non solo per le statuizioni in materia di gittrisdizione sulle contro 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La pretesa del candidato ad assumere e conservare, a seguite deLle operazioni di elezione, l'ufficio di consigliere r�gionale, conforme alla sua intrinseca natura, deve considerarsi come un diritto soggettivo, tutelabile davanti all'Autorit� giudiziaria ordinaria dopo l'esaurimento della controversia davanti al Consiglio regionale in una prima fase che pu� definirsi amministrativa in senso lato n� pu� dirsi che la particolare ampiezza della potest� legislativa concessa all'assemblea regionale siciliana, nel quadro detla peculiare autonomia predisposta per la relativa regione, ne faccia un unicum che la distacchi intrinsecamente dalla generica cate�goria dei Consigli regionali delle altre regioni a statuto ordinario o speciale e che valga ad assimilarla essa sola per ci� che attiene a quelle prerogative alle assemblee parlamentari dello Stato (3). (Omissis). -Con ricorso notificato all'Assemblea Regionale Sici ' liana, in persona del suo Presidente, al Presidente della Regione e al prof. Giuseppe Mongelli, l'avv. Antonino Occhipinti chiedeva al Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia l'anm,1llamento del silen2lio- rifiuto, opposto ad esso ricorrente dall'Assemblea predetta, in .. ordine al reclamo da lui pr�oposto contro l'elezione a Deputato Regionale, nella �Circoscrizione di Caltanissetta, nella lista n. 2 (portante il contrassegno e Fiamma Tricolore su base trapezoide con la dicitura M.S.I. �), del predetto prof. Mongelli e contro la conseguente convalida dell'elezione dello stesso. A fondamento del ricorso, l'Occhipinti, primo dei candidati non eletti della stessa lista, deduceva la violazione dell'art. 8' 1.r. 20 marzo 19�51, n. 29, trovandosi il Mongelli, quale direttore .didattico in' servizio nella Regione, nelle condizioni d'ineleggibilit� previste dallo stesso articolo per i capi servizio degli uffici statali svolgenti attivit� o in congedo straordlinario all'atto dell'accettazione della candidatura, nonch� la. violazione dell'art. 62 della stessa legge, per non essere stato . il Mongelli dichiarato decaduto dalla carie.a di deputato regionale, in conformit� di quest'ultima norma, che, appunto, commina tale decadenza per i dipendenti dello Stato che non abbiano richiesto il collocamento in �congedo straordinario per tutta la durata del mandato. Successivamente, avendo avuto notizia che l'elezione del Mongelli sarebbe stata espressamente convalidata e che il suo reclamo sarebbe stato espressamente rigettato, l'avv. Occhipinti proponeva nuovo ricorso, versie relative alle �elezioni regionali, dato il carattere di novit�, ma per la ampia motivazione in base alla quale � perv.enuta alle conclusioni adot tate. Si ritiene pertalllto opportuna la integrale pubblicazione di detta sen tenza segnalandosi gli ampi richiami giurisprudenziali e legislativi in essa contenuti. Le sentenze della Corte Cosittuzionale 30 giugno 1964, n. 66, 17 aprile 1968, n. 24, 30 dicembre 1968, n. 143, e 22 gennaio 1970, n. 6, sono tra l'altro pubblicate con l�e relative note redazionali, rispettivamente,�. in questa Rassegna, 1964, I, 985, 1968, I, 176, 1968, I, 931 e 1970, I, 18. �-i PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 253 notificato pure all'Assemblea Regionale, al Presidente della Regione ed al prof. Mongelli, chiedendo l'annullamento di tali provvedimenti per le stesse ragioni fatte valere nella prima impugnazione. Si costituiva in giudizio, per il Presidente della Regione e per il Presidente dell'Assemblea Regionale, l'Avvocatura dello Stato, la quale, in via pregiudiziale, deduceva l'inammissibilit� dei ricorsi, conoscendo l'Assemblea Regionale in modo definitivo delle questioni concernenti la convalida deglii eletti ed i motivi di decadenza, come si ricavava dagli articoli 3 lettera a), 4 lettera a) e 5 lettera e) d.l.C.P.S. 2�5 marzo 1947, n. 204, contenente norme per l'attuazione dello Statuto della Regione Siciliana, nonch� dall'art. 3 dello Statuto Regionale -che � legge costituzionale -il quale dispone che i Deputati Regionali sono eletti e secondo la legge emanata dali'Assemblea Regionale in base a�i princip1 fissati dalla Costituzione in materia di elezioni politiche �, mentre, in attuazione di tale principio, l'art.� 61 della legge regionale 20 marzo _1951, n. 29, succitata, attvibuisce all'Assemblea Regionale il giudizio definitivo sulla convalida e su ogni contestazione. Con sentenza del 22 giugno 1967, n. 336, il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Sicilia dichiarava dnammissibili i due ricorsi riuniti. Rilevava, tra Yaltro, il Consiglio che la posizione soggettiva fatta valere nei due predetti ricorsi dall'Occhipinti, in contrasto con quella del Mongelli, rientrava tra le posizioni di diritto soggettivo, cio� tra quelle cosidette di diritto riflesso, e non anche tra quelle d'interesse legittimo; che, pertanto, anche nell'ipotesi in cui si :fosse voluta negare la competenza esclusiva dell'Assemblea regionale a provvedere sulla convalida o verifica dei poteri, con esclusione �di ogni controllo giurisdizionale esterno, la giurisdizione al riguardo avrebbe dovuto essere rfoonosciuta all'autorit� giudiziaria ordinaria, e non anche al Consiglio di Giustizia amministrativa. Contro tale sentenza del Consiglio di.Giustizia amministrativa per la Sicilia, l'Occhipinti ha proposto, con atto notificato d.l 6 ottobre 1967, vicorso alle Sezioni Unite di questa Corte per motivi attinenti alla giu risdizione. � Delle parti cui il ricorso � stato notificato, si � costituito il solo Presidente della Regione Siciliana, per resistere a mezzo dell'Avvocatura dello Stato. MOTIVI DELLA DECISIONE A sostegno della giurisdizfone del Consiglio che sarebbe stata erro neamente declinata, l'Occhipinti prospetta: a) che l'impugnata decisione avrebbe preso in esame il solo pro filo dell'ineleggibilit� del Mongelli, omettendo di considerare che la convalida dell'elezione era stata .impugnata anche sotto il profilo dell'in RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO compatibilit� a ricoprire la carica di parlamentare regionale;wper non�� avere il Mongelli chiesto di essere collocato in congedo straordinario dall'ufficio di direttore didattico della scuola statale di Niscemi (art. 62 legge Reg. sic. 20 marzo 1951, n. 29); b) che, oltre che per il provvedimento di �conv~lida, il Consiglio avrebbe avuto giurisdizione in ordine alle cause di ,ineleggibilit�, in quanto l'ineleggibilit� era stata fatta valere in relazione all'irregolare composizione dell'Assemblea Regio:qale; c) che sarebbe inesatto l'assunto secondo d.l quale, in ordine alle cause di ineleggibilit�, si verterebbe sempre in situazioni di diritto soggettivo � tutelabild. davanti al giudice ordinario, giacch� la tutela giudiziaria di tali diritti avrebbe carattere del tutto eccezionale e sarebbe ammessa solo in quanto prevista da una pr�ecisa norma di legge; previsione, questa, �che, per l'ordinamento regionale siciliano, esisterebbe soltanto riguardo alle elezioni degli amministratori comunali e.provinciali; �) che, ritenendo il proprio difetto di giurisdiZlione, il Consiglio avrebbe omesso di risolvere il dilemma o di dichiarare soggetti a sindacato giurisdizionale gli atti di convalida dei deputati regionali o di investire la Corte Costituzionale del giudizio di�costituzionalit� delle disposizioni di legge che prevedono l'esclusiva competenza� de�I'Assemblea Regionale sulla convalida dei propri deputati. Osserva, preliminarmente, il S.C. che l'impugnata sentenza del Con siglio di Giustizia amministrativa per la Sicilia, pur concludendosi, dal punto di vista formale, con un dispositivo d'inammissibilit� dei due ri corsi proposti dall'Occhipinti, si sostanzia, in realt�, e alternativamente, in una pronuncia declinatoria della giurisdizione di tale organo a favore dell'A.G.O., cui spetterebbe di giudicare della materia in controversia, ovvero in una pronuncia di difetto di giurisdizione per assoluta impro ponibilit� della domanda, in quanto la decisione della controversia me desima spetterebbe in unica e ultima istanza all'Assemblea Regionale Siciliana, con esclusione di ogni �controllo giurisdizionale esterno sui relativi atti dell'Assemblea. Ci� premesso, e considerata l'essenza dei motivi di r�icorso come sopra riassunti, il ricorso a queste Sezioni Unite risulta ammissibile, in quanto esso � contenuto entro quei motivi attinenti a~la giurisd�izione per i quali le decisioni del Consiglio di Giustizia am ministrativa possono essere� denunciate a questa Corte. Infatti, a questo riguardo, le �sentenze del Consiglio di Giustizia amministrativa sono equi parabili a quelle del Consiglio di Stato, di cui il Consiglio di Giustizia (sia che giudichi su atti dell'amministrazione regfonale, sia che giudichi su atti di organi statali esistenti nella Regione, e nonostante il diverso ordine delle impugnazioni nei due casi) deve considerarsi una sezione, sia pure specializzata e deaentrata, esercitandone tutte le attribuzioni nell'amblto del territorio regionale a norma dell'art. 23 dello Sta!uto della Regione siciliana e del d.l. 6 maggio 1948, n. �654 (vedi sent. 29 PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE �255 aprile 1969, n. 1377; sent. 17 maggio 1958, n. 1609; sent. 5 giugno 'i956, n. 1907; sent. 11 ottobre 1955, n. 299). � opportuno anche notare che, escluso che si tratti, comunque, di impugnativa di atti di organi statali, la decisione appare emessa in unica istanza, e, quindi, direttamente impugnabile .dinanzi a queste Seziioni Unite, cio� non si presenta la necessit� del previO appello al!'Assemblea plenaria del Consiglio di Stato, sia pure per motivi attinenti alla giurisdizione (confr. art. 5 comma terzo del ,citato decreto n. 65,4 del 1948); ad ogni modo, atteso il contenuto limitato della pronuncia, il ricorso si att.eggia anche a regolamento preventivo e diretto di giurisdizione. Ci� premesso, la sentenza del Consiglio merita di rimanere ferma, in quanto la controversia in oggetto esulava, .effettivamente e in ogni caso, dall'ambito dei poteri giurisdizionali di tale organo-. Se si considera, infatti, l'essenza della controversia (contestazione, da parte dell'avvocato Occhipinti, della legittimit� della nomina per elezione a deputato del!'~ssemblea Regionale del prof. Mong�elli, attesa una ragione di ineleggibilit�; pretesa sopravvenienza di una ragtone di decadenza da tale nomina, e, quindi, richiesta di essere eletto a deputato regio.ale in sostituzione dell'altro candidato, da dichiararsi ineleggibile o decaduto) chiaramente emerge che la controversia stessa verte in materia di diritti pubblici soggettivi, cio� di situazioni giuridiche direttamente protette, tale dovendo, secondo la dottrina, la giurisprudenza e il sistema di diritto positivo, essere considerata la pretesa del candidato ad essere immesso e mantenuto in un ufficio pubblico, sia politico che amministrativo, sulla base dell'esito delle elezioni. Trattasi' di uno di quei diritti che vengono tradizionalmen~e definiti dalil:a dottrina quali diritti riflessi, e, cio�, quali interessi formalmente configurati, e, nei congrui casi, tutelati, come diritti soggettivi, anche �se il fine ultimo e indiretto � quello di garantire, cos�, un pi� rigoroso rispetto del diritto vigente e una migliore tutela dell'interesse pubblico (v., per l'elettorato passivo politico, Cass., sent. 311 �luglio 1967, n. 2036; per l'elettorato passivo amministrativo, tra le altre, le sent.14 aprile 1969, n. 1180; 15 giugno 1967, n. 1387, 17 novembre 1966, n. 27751, 2;6 novembre 1962, n. 2802). Tale precisazione � sufficiente a fare affermare l'estraneit�, in ogni caso, della controversia all'ambito della giurdsdizione di legittimit� del ConsigUo di Giustizia, essendo questa istituzionalmente lill}itata, al pari di quella del Consiglio di Stato -di cui come si � gi� detto, il CQnsiglio di Giustizia costituisce una Sezione specializzata e decentrata -alla tutela delle posizioni di interesse legittimo (a parte i casi eccezionali di giurisdizione esclusiva -impiego pubblico, ecc. -manifestamente esulanti dalla specie); il che dispensa, almeno in questa prdma fase dell'indagine, dal precisare se sussistesse un altro fondamentale presupposto della giurisdizione amministrativa di annullamento in materia di interessi ~� legittimi, se, cio�, i contestati atti del!'Assemblea Regionale Siciliana RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO potessero considerarsi atti soggettivamente e oggettivamente amministrativi, vale a dire, atti dell'amministrazione regionale. ai sensi dell'art. 5, primo comma del citato d.l. 6 maggio 1948, n. 654. Ma, data anche l'impostazione del ricorso, il compito di queste Sezioni Unite non \ pu� limitarsi ad accertare l'estraneit� della controversia all'ambito della giurisdizione del C.orisi'glio, rientrando, invece, tra.le sue funzioni istituzionali di supremo organo regolatore di tutte le giurisdizioni, pronunciarsi,. con !'.efficacia �che � propria di tali pronunce, sulla configurabilit� o non configurabilit� di una tutela giudiziaria delle posizioni giuridiche dedotte in controversia, superando, cosi, l'alternativa posta e non risolta dalla denunciata sentenza. . Ora,' � noto che, per l'art. 66 della Costituzione � ciascuna Camera giudica dei titoli qi ammissione dei suoi componenti e delle cause sop~ aggiunte 'di ineleggibilit� e d'incompatibilit� �. Trattasi del c.d. giudizio di � verifica di poteri ", o di � conval:i.da " che affonda le� sue radici in una lun~a tradizione costituzionale, e che ha ij suo immediato precedente stor.ico nello Statuto albertino (art. 60; cfr. pure l'art. 62 del t.u. 5 :febbr:aio 1948, n. 26 -oggi art. 87 t.u. 30 marzo 1957, n: 361 -per l'elezione della Camera dei Deputati, applicabile, per l'art. 25 della legge 2�6 febbraio 1948, n. 29, anche all'elezione del Senato; norme, queste, dalle quali si desume altresi che, conforme a quelle� tradizioni, tale giudizio, oltre che ai titoli per l'amimssione e per il mantenimento nell'ufficio di deputato o senatore, si estende alla validit� e alla regolarit� di tutte le operazioni degli uffici elettorali). � noto anche che, .circa la natura dell'attivit� svolta dalle Camere legislative in sede di verifica dei poteri, sia a mezzo dell'apposito organo (Giunta delle elezioni), sia a mezzo del plenum, ove, secondo le leggi e gli ordinamenti interni, vi sia adito all'intervento di questo, varie e contrastanti appaiono le opinioni espresse in proposito dalla dottrina. Si � parlato di attivit� legislative in senso lato, ricomprendendo, in qualche modo, tra tali attivit� non soltanto. quella diretta alla formazione delle leggi, ma anche quelle che gli stessi organi legislativi svolgono per formarsi e organizzarsi; altri hanno ritenuto che si tratti di attivit� sostanzialmente e obiettivamente amministrativa, rilevando che essa non appare intrinsecamente diversa da quella �che, per principio generale, � attribuita a tutti i .collegi, allo scopo di accertare i titoli di ammissione di tutti i propri componenti; altri ancora, tenuto conto dell'espressione usata dall'art. 66 Cost. (e giudica �) e considerato che le deliberazioni emanate dalle Camere incidono, o possono inciQ.ere, su m.ateria inerente a diritti soggettivi pubblici di carattere politico, hanrio .classificato l'attivit� stessa �come intrinsecamente giurisdizionale; vi �, inoltre, chi distingue, nel senso di ritenere amministrativa la prima fase non contenziosa, riguardante il controllo prelimi-" nare e preventivo spettante alla Giunta delle elezioni, d'ufficio o a seguito di reclamo, e giurisdizionale la seconda fase, contenziosa svolgentesi�� PAI'tTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 257 davanti alla stessa Giunta delle elezioni, ed eventualmente dinanzi al pl~num, a seguito della deliberazio:r;ie della stessa Giunta di e contestare > l'elezione. Infine, � questa l'opinione pi� moderna e oggi predominante, si ritiene che tali attivit� sfuggano alla classificazione derivante dalla tradi-� .zionale ripartizione dei p�teri, trattandosi dell'esercizio di un peculiare potere di " controllo �Costituzionale ,. , proprio degli organi sovrani ed espressione della loro particolare autonomia, che si esplica anche' sul piano della loro costituzione ed organizzazione. \ , � questa, a ben guardare, l'opinione che meglio giustifica il dato sicuro, cio� di diritto positivo. derivante dallo spirito e dalla lettera della Costituzione e non contestato. dai seguaci di alcuna delle opinioni so;yrac~ cennate, secondo la quale tali attivit� deliber�tive vengono svolte in unica; .o, quanto meno, ultima istanza, ,interna alle Camere stesse, esclusiva, in qualsiasi forma, per qualsiasi riflesso e per qualsiasi scopo, di �ogni sindacato alternativo, .concorrente o successivo, da parte di qualsivoglia autQrit� giurisdizionale, ,ordinarfa o amministrat:iva (v., oltre la gi� citata sentenza n. 2036. del 1967 di questa Corte, la decisione del Consiglio di Stato, IV Sez., 20 settembre 1950, n. 504, �confermata dalla sentenza 25 settembre 1953, n: 306�2 di questa Corte); i;p.~ntre :nleno soddisfac�nte appare J.a concezione di una giurisdizione interna o.." domestica� ' / propria degli organi sovrani o dei centri autonomi di potere costituzionale, che rimarrebbe fuori dalla �disciplina generale costituzionaliizzata della giurisdizione, facente capo al controllo dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi da par.te del potere giudiziario, ordinario o amministrativo (articoli. 214, 111, 113 della Costituzione). Ad ogni ;modo, data la peculiarit� del feno~eno -avente portata prettamente c.ostituzionale -della sottrazione ad ogni giurisdizione esterna, intesa a permettere agli organi del potere legislativo �di agire, in ogni �caso. nella. pienezza . della loro autonomia e nella estrinsecazione dei loro poteri sovrani riconosciuti specificamente dalla Costituzione nonch� a prevenire, in vJ.a istiiuzional�, possibilit� di conflitti tra potere legislaitivo e po~re giudiziario (giurisdizionale); dato, anche, che esso rappresenta, pur sempre, una notevole restrizione della :tutela giurisdizionale per alcune sdrmne categorie di diritti pubblici soggettivi (o di 1interessi legittimi: controllo sulle operazioni elettorali), agevolmente si. comprendE! come, per 1opinione >assolutamente prevalente in dottrina, debba intendersi acquisito il �Carattere eccezionale. sia per quanto attiene ai soggetti �Che all'oggetto delle prerogative, delle norme legislative estrinsecantisi nell'insindacabilit� esterna in via giuriisdizionale del procedil�lento e delle. deliberazioni di verifica d:ei poteri; il che ne impedisce l'appliicazione, in via analogica, ad organi aventi diversit� di tipo e di essenza. L'attribuzione di simile prerogativa ad organi diversi dalle As-�~ semblee legislative nazionali non potrii.)bbe, quindi, nel silenzio serbato RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dalla Carta costituzionale nel titolo dedicato alle Regioni, anche se a statuto !spec:iale (articoli 114-133), emergere se non da chiar disposizioni legislative, ovvero, in via estensiva, da una intrinseca identit� di essenza di tali organi con le predette assemblee. Il problema � ~ffettivamente emerso, sotto entrambi i profili, fin dalla costituzione della Regione Siciliana, quando, anticipandosi, con il particolare Statuto, il pi� ampio regolamento costituzionale delle Regioni a Statuto ordinario o speciale, si attribu�, per la prima. volta, ad un organo qiverso dalle Camere legislative nazionali e da altri organi dello Stato. vale a dire all'Assemblea Regionale Siciliana, un potere legislativo pr:imario, alternativo o concorrente quello del Parlamento nazionale. cio� il potere di emettere provvedimenti aventi valore formale di legge. A prescindere da elementi marginali e nomina1i:stici, quali la denominazione di e Assemblea regionale " e di " deputati regionali � che pur sono stati messi in rilievo e contrapposti a quelle che sarebbero state le successive denominazioni di " Consiglio ,. e di e consiglieri regionali " rispetto alle altre regioni a statuto speciale ovvero ordinal'lio, vennero in considerazione, anzitutto, l'art. 3, primo comma dello Statuto re~ionale (r.d.I. 15 maggio 1946, n. 455), per il quale e lAssemblea regionale � costituita da novanta depu. tati eletti nella Regione a suffragio univ~sale diretto e 1se,greto, secondo la legge emanata dall'Assemblea regionale in base ai principi �fissati dalla Costituente in materia. di elezioni politiche �; nonch� gli articoli 3 . e 4 del q.l.C.P.S. 25 marzo 1947, n. 204 (Norme per l'attuazione dello Statuto della Regione Siciliana), che, rispettivamente recitano: e I'Assemblea nella prima adunanza proceder� a) alla convalida della elezione dei � proifri componenti; (omissis) e, e Fino a quando lAssemblea non avr� approvato il proprio regolamento interno saranno applicate le norme vigenti per l'assemblea costituente per la convalida degli eletti (omissis). Dopo l'approvazione, da parte dell'.Assemblea Regionale (sedute 17 marzo e 25 giugno 1950), del previsto regolamento interno (le cui norme, peraltr� -articoli 30 e 51 -~ul procedimento per la verifica di poteri nulla dicono, n� potrebbero utilmente dire, quanto al punto specifico), sopravvellllle la legge regionale n.-29 del 20 marzo 1951 (Elezione dei Deputati ali'Assemblea regiona{e siciliana), la quale, nell'art. 61, primo comma, stabilisce che � ali'Assemblea regionale � riservata la convalida dell'elezione dei proprii componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle �ontestazioni, le proteste, e, in gener�ale, su tutti i reclami presentati agli uffici delle sing�ole sezioni elettorali e all'ufficio centrale circoscrizionale durante la loro attivit� e posteriormente �. Ora, questa Corte non ignora che, dal complesso di tali disposizioni. cio� dal richiamo ai principi fissati dalla Costituente in inateria di elezioni politiche, dal richiamo o, addirittura, dalla testuale r�iproduzione delle norme vigenti per la convalida dei deputati dell'~ssemblea costituente, e, successivamente, dei componenti delle due Camere (l'art. 61 della legge regionale n. 29.. PARTE I, SEZ. II, GlURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 259 del 195il � sostanzialmente identico all'art. 65 del d.1.1. 10 marzo.. 1946, n. 74, cont~nente norme per l'elezione di un organo certamente sovrano, ql!'aile l'.A:Ssernblea Costituente, nonch� all'art. 62 -oggi art. 87 t.u. 30 marzo 1957, n. 361 -del t.u. �51 febbraio 1948. n. 26 per \l'elezione della Camera dei Deputati) � stata tratta autorevolmente l'opinione che sarebbe stato intenzionalmente escluso ogni sindacato giurisdizionale esterno, sulle deliberazioni attinenti alla �convalida; tale �, del resto, anche la tesi sostenuta dall'Avv�ocatura dello Stato dinanzi al Consiglio di Giustizia amministrativa (ma non anche nella discussione orale dinanzi a questa Corte, ove ha~ invece, ammesso la giurisdizione dell'A.G.0.). La Corte non ignora nemmeno che .contro quella normativa. interpretata, appunto, nel senso di esplicita esclusione del sindacato giurisdizionale, sono stati altrettanto autorevolmente sollevati gravd. dubbi di illegittimit� costituzionale, originaria o sopravvenuta, sotto il profilo che. data la natura sostanzialmente giurisdizionale del potere di convalida, questo non potrebbe essere conferito a soggetti estranei al potere giudiziario, tanto meno con leggi regionali, salva espressa statuizione �Contraria della Costituzione. I Tuttavia, questo S.C. non ritiene di riscontrare nelle citate norme ., qu~lla espressa esclusione. Il richiamo ai principi che sarebbero stat~ fissati dal costituente in materia di elezioni politiche sembrano attenere pi� al procedimento elettorale e alle condizioni generali dell'elettorato attivo e passivo, e sia pure alle forme del procedimento di convalida o di verifica dei� poteri, che alla peculiare preclusione del sindacato giurisdizionale esterno; n� diversa valutazione -richiamo limitato alla riproduzione delle forme del giudizio interno -potrebbe dare per quan~o attiene al l,'invio pi� �specifico alle norme di conv�alida dettate per le Assemblee nazionali. D'altra parte, ben scarsamente significativa si presenta la formula �Che riserva all'Assemblea Regionale il potere di convalida e il giudizio definitivo .sulle contestazioni, ove si consideri, da un lato, che, ~ome si � gi� detto, tale potere � naturalmente proprio di ogni organo pubblico collegialmente costituito; che, d'altra parte, analoga for~ula si riscontra in leggi relative ad altre Regioni a Statuto speciale, ovvero ordinario, che pur ammettono il pi� ampio controllo giurisdizionale (v., �per .tutte, l'art. 17 della legge nazionale 17 febbraio 1968, n. 108, su cui pi� oltre si ritorner�); che, infine, la norma attribuente .. carattere definitivo alle delibere att~nenti alle �contestazioni sulle operazioni elettorali pu� assumere significato ip.trinsecamente diverso da quello delle norme, relative al Parlamento, che pur formalmente riproduce, contrapponendosi soltanto al carattere evidentemente provvisorio e non definitivo delle decisioni adottate al riguardo dagli uffici elettorali. Arrivati a questo punto. pu� ritenersi accertato che nei testi legislativi fin qui esaminati, e attinenti alla Regione Siciliana. sussiste pi� �che altro un silenzio sulle possibilit� di ulterfore contestazione al di fuori RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dell'Assemblea; silenzio che sarebbe arbitrario considerare, .senz'altro,.. esclusione di un controllo esterno giurisdizionale; che ,altri criteri d:nterpretativi debbono soccorrere per avviare a soluzione il delicato problema; l'ulteriore indagine, deve, cio�, svolgersi nel senso di accertare S'e la successiva elaborazione delle leggi riguardanti le altre Regioni a Statuto speciale ovvero ordinario, convalidi o no l'opinione che assimila le Assemblee e i Consigli Regionali alle Assemblee Nazionali. quanto alla discussa prerogativa, e, nel caso di esito negativo di tale indagine, se l'Assemblea Regionale Siciliana costituisca intrinsecamente pur sempre un unicum, al quale solo la prerogativa si attagli. Esaminando� il quadro di tale legislazione, si presenta anzitutto, la Regione Sarda, rispetto al cui Consiglio Regionale, e alle correlative funzioni di verifi�a di poteri, si .riscontrano ana)Loghi, se non identici, riferimenti alle norme rdguardanti l'elezione delle Assemblee Nazionali, o riproduzioni delle norme medesime, nonch� analoghi silenzi circa la possibilit� di un ulteriore iter,�contenzioso e giurisdizionale, al di fuori del Consiglio (v. la Legge costituzionale 10 febbraio 1948, n. 3, che approva lo Statuto speciale per la Sardegna, specialmente g1i articoli 16 e 17; le norme di attuazione approvate con d.P.R. 27 maggio 1949, n. 2�50; il d.p. 12. d:Lcembre 1948, n. 1462, che, contenente norme per la prima elezione del Consiglio Regionale, � riserva " n~ll'art. 14 a tale Consiglio la convalida dei propri componenti, e, specialmente, l'art. 73 della legge Regionale 23 marzo 1961, n. 4, che, anch'esso, riproduce quasi testualmente, dn tema di conv. alida, l'art. 65 del d.l. 10marzlo�1946, n. 74 1sulrelezione�dell'AS1Semblea costituente, riguardanti le Camere legislative): nonch� le conformi e successive norme gi� �Citate. Anche in tal .caso, richiami, riproduzione di norme e silenzi sono stati interpretati, in base a motivazione che, come si � detto, questa Corte non condivide, come sufficienti a concretare l'esclusione espressa dal sindacato giurisdizione, salvo sempre il sospetto di illegittimit� costituzionale. Invece, per le altre Regdoni a statuto speciale, la legislazione, nazionale o regionale, affianca alla rituale previsione del giudizio riservato di convalida (ved., ad es. l'art. 15 del �decreto del Presidente della Repub~li~ 8 gennaio 1949, n. 2, che dettava norme.per la prima elezione del Consiglio Regionale della Valle d'Aosta, n'.onch� l'art. 19 della legge 3 agosto 1962, n. 1257, contenente norme per le elezioni del Consiglio della V.alle d'Alosta) una SiPecid�ca disciplina di ricorsi esterni, di carattere giurisdizionale, contru le deliberazioni dei Consigli, del;iberazioni .che, talvolta, vengono definite espressamente come adottate dai con:siglJi, d'ufficio o su ricol'lso; in sede amministraiti::va (art. 21 della predetta legge n. 12�57 del 1962 per la Valle d'Aosta). Tali rimedi giurisdizionali si concretano, salvo qualche variante di rito, in un ricorso alla Corte d'Appello, ove si. tratti di questioni di eleggibilit�, decadenza o incompatibilit�, cio� di diritti soggettivi, e in un ricorso al Consiglio di Stato ove si tratti di questioni attinenti alila regolarit� delle operazioni PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 261 elettorali (v. gli articoli 22, 23~ 27, 30 della citata legge n. 1257 deL:J,962 per la Valle d'Aosta; gli articoli 64~65 della legge regionale � 20 agosto 1952, n. 24, per la Regione del Trentino Alto Adige; gli articoli 3:3 e 11 della legge 23 febbraio 19�6�4, n. 3, per la Regione del Friuli-Venezia Giulia, richiamati dall'art. 47 della legge regionale 25 marzo 1966, n. 19). Da ultimo, rispetto a tutte le Regioni a stat.to ordinario, la legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per l'�lezione dei Consigli Regionali delle Regioni a statuto ordinario) prevede, mediante l'espresso richiamo (art. 1;9) delle nol'IIIle dettate dagJ.i articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della legge 26 dicembre 1966, n. 1145 (Modificazioni alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo), un completo e complesso sistema, con particolarit� di rito, per la tutela, in via giurisdizionale, contro le deliberazioni del Consiglio Regionale; tutela devoluta, secondo i criteri gi� accennati, ove trattisi di diritti soggettivi, cio� di provvedimenti in tema di eleggibilit�, incompatibilit� e decadenza, ai tribunali civili e successive istanze superiori secondo l'ordine ordinario dei gradi, e alla giurisdizione amministrativa, ove trattisi di regolarit� delle operazioni elettorali. � Il panor�ama legislativo sopra esposto mostra, come � ovvio, l'orientamento generale del legisl_atore a considerare, in via di principio, la pretesa del candidato ad assumere e a conservare, a seguito delle operazioni di elezione, l'ufficio di consigliere regionale,�conforme alla sua natura intrinseca, come un diritto soggettivo, tutelabile dinanzi all'A.G.O. dopo l'esaurimento della controversia dinanzi al Consiglio in una prima fase che pu� definirsi amministrativa in senso lato; non solo, ma alla cosi espHcita negazione di asserte prerogative sovrane dei Consigli in materia, pari a quelle degli organi legislativi nazionali, si accompagna una singolare ampiezza di poteri concessi anche al giudice ordinario, il quale pu� e deve sostituire direttamente, ai candidati illegalmente pro . clamati: coloro che hanno diritto di esserlo (v., ad esempio, da ultimo l'art. 4 della legge n. 1147 del 1966, in quanto richiamato dall'art. l9 della legge n. 108 del 1968). N�, sotto il secondo profilo gi� accennato, pu� dirsi che la particolare ampiezza della potest� legislativa concessa all'Assemblea Regionale Siciliana, nel quadro della peculiare autonomia predisposta per la relativa Regione, ne faccia una unicum, che la distacchi intrinsecamente dalla generale categoria dei Consigli Regionali dalle altre Regioni a statuto ordinario o speciale, e che valga ad assimilarla, essa sola, per ci� che attiene a quelle prerogative, alle assemblee parlamentari dello Stato. Soccorrono, a questo r.iguardo, le approfondite indagini, che, sull'esistenza, nelle Assemblee e Consigli Reg~onali, di prerogative sovrane diverse da quelle di cui qui si � discute, ma anche esse tradizionalmente proprie delle sole camere legislative nazionali, sono state svolte dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, con particolare considerazione dell'Assemblea Regionale Siciliana; filone giurisprudenziale tanto pi� � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO significativo, in quanto iniziatosi in un momento in cui gli o:rdillamenti .. regionali concretamente instaurati erano soltanto quelli speciali siciliano e sardo, e in cui l'intervento del legislatore che, modificando con la legge 11 novembre 1947, n. 137 l'art. 289 c.p., aveva accordato alle Assemblee l Regionali una tutela penale analoga a quella delle Assemblee legislative, aveva potuto fare opinare (ma a torto, giacch� lo stesso legislatore aveva avuto cura di tenere distinto, nell'intestazione, l'attentato contro tali Assemblee Regionali da quelli contro gli organi costituzionali) che da detta norma potesse argomentarsi un principio generale in base al quale fosse conferibile ai Consigli la posizione propria delle Camere parla:rpentari. Cos�, fu invocata, in via giudiziaria, l'estensione ai � Deputati � dell'Assemblea Regionale Siciliana dell'istituto dell'immunit� parlamentare, quale disciplinata, per i soli membri del Parlamento nazionale, dall'art. 68 secondo e terzo comma della Costituzione; e ci� nonostante il silenzio dello Statuto e delle norme d'attuazione, e, nonostante che, nel titolo dedicato alle Regioni, la Costituzione riproduca espressamente, per i consiglieri regionali (art. 122, quarto comma), soltanto la prescrizione del primo comma dell'art. 68 (per cui i membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni) e non anche quelle del secondo e terzo comma. Ma questa Corte Suprema, con decisione 10 .dicembre 1949, n. 70 delle Sezioni Unite Penali, ebbe ~ respingere l'estensione, oltre che in base ad argomenti di carattere esegetico (rd.produzione, nellio stesso art. 6 dello Statuto Regionale Siciliano, della sola disposizione contenuta nel primo comma, e non anche di quelle contenute nel secondo e terzo comma dell'art. 68 della Costituzione, mancata riproduzione, nel testo definitivo dello Statuto, di una norma sull'immun�it� prevista dall'art. 23 del progetto redatto da una Commissione dell'Assemblea costituente), anche in base a considerazioni di ordine pi� generale, attinenti all'impossibilit� di �stensione anal�ogica di un istituto eccezionale, dettato per gli organi sovrani, a componenti di consessi aventi bens� rilevanza costituzionale, ma non aventi l'essenza di organi sovrani, data la loro posizionedi subordinazione rispetto a quelli dello Stato, cui � attr0ibuita una podest� d'intervenire sulla loro attivit�). Occorre, poi, appena ricordare che una norma della legge Regionale 20 marzo 1951, n. 29 (art. 64), attributiva, appunto dell'immunit� parlamentare ai deputati regionali, venne dichiarata costituzionalmente illegittima dall'Alta Corte per la Sicilia con decisione 20 marzo 1951, n. 38, non spettando all'Assemblea Regionale di .statuire, iure proprio, in tema di funzione giurisdizionale e di esercizio dell'azione penale. Altra prerogativa delle Camere legislative naziona.U, di cui non � parola nella Costituzione, ma che deriva -oltre che da lunga tradizione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 storica e dal carattere soggettivamente non amministrativo delle re�ative attivit� -proprio dalla peculiare posizione costituzionale di tali ~rgani, � e dalla sua estrinsecazione nella facolt� di auto organizzarsi. anche con norme di regolamento interno, � quella che importa la sottrazione al controllo giurisdizionale esterno dei provvedimenti adottati da dette Assemblee per costituire e disciplinare i rapporti di impiego .nei confronti del personale dipendente (v. art. 14.S� del Regolamento della Camera dei Deputati); tali provvedimenti, ancorch� riguardanti pubblici impiegati in senso gener.ico. sono sottratti al sindacato giuris(iizionale del� Consiglio di Stato; Anche in questo campo, il tentativo di estensione di simile prerogativa ai rapporti di impiego dei dipendenti del!'Ass�mblea Regionale Sicil�ana, nel sense di sottrarre le relative controversie alla giurisdizione generale di legittimit� o �esclusiva del: Consiglio di Giustizia Amministrativa e a qualsiasi altro giudice. � stato disatteso da .queste Seziond Unite Civili, �Con sentenza 15 lugli:o 1963, n. 1933, nella quale, tra le altre persuasive argomentazioni. assume particolare rilievo, ai fini della presente controversia, la considerazione che -a parte lo speciale controllo costituzionale dell'attivit� legislativa in senso proprio esercitata dall'Assemblea -rispetto ai poteri dello Stato .e, soprattutto rispetto alla funzione giurisdizionale, che � funzione unicamente statale, la Regione Siciliana deve essere considerata unitariamente quale una pubblica amministrazione che agisce per il proseguimento di pubblici interessi, sicch�, la stessa esecuzione delle leggti regionali e l'organizzazione degli uffici regionali, compresi quelli ausiliari del!' Assemblea Regionale, son.10 c;ia considerarsi atti di amministrazione regionale. e. quindi, soggetti alla giurisdizione amministrativa. Tale sentenza di questa Corte indusse la Regione Siciliana ad elevare un conflitto di attribuzioni (tra potere legi slativo e potere giurisdizionale) di fronte alla Corte Costituzionale; conflitto risolto da quella Corte con sentenza 3-0 giugno 1964, n. 66, nel senso �Che alle autorit� giurisdizionali statali -genericamente intese si estende la potest� di giudicare sugli atti del!'Assemblea Regionale Siciliana relativi ai rapporti dei propri dipendenti. In tale sentenza viene ampiamente discussa la tesi della Regione, secondo la quale la posizione costituzionale della Assemblea Regionale sarebbe identica a quella delle due Camera del Parlamento, e, quindi, identiche dovrebbero esserne le prerogative, tutte le .prerogative; che, cio�, lAssemblea sarebbe un. corpo politico, al parti delle Camere, in quanto esplicherebbe un'attivit� politica, quale l'emanazione di atti legislativi aventi efficacia identica a quella de�i c�rrispondenti atti dello Stato; cosicch�, e correlativamente. in base a norma costituzionale (art. 4 Statuto), essa avrebbe lo stesso potere di regolamento. che comprenderebbe, . come � indiscusso per le Camere. non solo la potest� di organizzazione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle proprie funzioni e degli. uffici, ma anche il sindacato sugli atti che violino le norme poste nell'eserdzio di quel potere. La Corte, con qualche divergenza concettuale dalla sovra citata sentenza di queste Sez. Un., affermava che l'Assemblea Regionale Siciliana � non pu� essere configurata eome organo amministrativo, giacch� le sue attribuzdoni sono legislative e politiche, e nori mai amministrative; ma --ed � ci� che pi� interessa ai fini della presente controversia -osservava che da tale dato non derivava che l'Assemblea Regionale potesse essere parificata alle Camere, n� sotto il profilo dell'equivalenza degli atti�legislativi, n� sotto quello, pi� lato e comprensivo, della c.d. �attivii.t� di indirizzo politico. Rievocati, sotto il primo aspetto, i limiti e i controlli che :l'atti'\Tit� di legislazione regionale, anche c.d. esclusiva, incontra nel sistema costituzionale generale e speciale, tali da potersi definire la Regione, anche quella siciliana, come ente con fini predeterminati inderogabilmente fissati, la Corte i><;>neva in rilievo la differenza tra attivit~ legislativa regionale e quella statale, perch� solo questa ultima pu�, in linea generale, considerarsi libera nel :fine. Da ci�, l'impossibilit� dell'assimilazione delle funzioni dell'Assemblea a quelle sovrane del Parlamento, le prime essendo manifestazione di autonomia politica costitu ' zionalmente riconosciuta e delimitata, le seconde, invece, espressione del potere di indirizzo politico generale, al quale il Parlamento, anche attraverso la legislazione, partecipa,. e che la Costituzione, predisponendo il controllo. di merito sulla legislazione regionale, considera prevalente. Da ci�, anche, l'impossibilit� di attribuire alla potest� regolamentare dell'Assemblea Regionale la stessa ampia sfera di effetti propri della potest� regolamentare delle Camere quale prevista dall'art. 64 della Costituzione. La Corte si addentrava, poi, nell'esame di altre norme costituzionali, atte a dimostrare come al Parlamento vengano garantite forme di indipendenza e prerogative ben pi� ampie di quelle concesse ai Consigli Regionali e all'Assemblea Regionale, ponendo in particolare rilievo l'inesistenza, riguardo ai deputati o consiglieri regionali, di alcun principio o disposizione che riconosca la loro immunit� penale quale prevista dall'art. 68 della Costituzione per i membrii. del Parlamento; e considerava che, se l'immunit� � conferma dall'indipendenza dell'oi;gano nei confronti degli altri poteri, tale da rigettare Juce su tutto il complesso delle garanzie costituzionali accordate alle Camera, � � agevole dedurre dalla sua mancanza la dimostrazione che il sistema c9stituzionale non ha inteso attribuire all'Assemblea regionale quelle stesse prerogative che spettano al Parlamento"� Nello stesso quadro, la Corte rilevava espressamente il difetto di � una norma costituzionale che, come avviene per le Camere in base all'art. 66 della Costituzione, attribuisca ai Consigli Regiohali, anche di Regioni a statuto speciale, il giudizio definitivo dei titoli di ammissione dei loro. componenti e delle cause sovraggiunte '�l.i ineleggibilit� e di incompatibilit� ". PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 265 Concetti del tutto analoghi, a proposito di altre rivendicate assimilazioni, a�le Camere parlamentari o ad altri organi sovrani, da parte del1' Assemblea regionale skiliana o da parte di Consigli Regionali -assimilazioni disattese col diniego delle relative prerogative che ne sarebbero altrimenti derivate -la Corte Costituzionale ha avuto. occasione di ribadire, successivamente, nelle sentenze 17 aprile 1968, n. 24 (a proposito della dichiarata incostituzionalit� di una legge regionale siciliana che aveva esteso ai deputati r(;!gionali alcune esenzioni fiscali previste da una leg.ge nazionale a favore dei �componenti delle Camere) nonch� nella sentenza 30 dicembre 1968, n. i43, e, ultimamente, nella sentenza 22 gennafo 197�, n. 6. 'Una volta accettati tali principi, che sono interamente da condividere, quanto alla differenza, intrinseca o di grado, tra organi legislativi nazionali e organi leg.islativi regionali, resta agevolmente fugato il dubbio che l'ampio .sistema di controlli giurisdizionali specficamente predisposti, anche .se in via di leg,islazione ordinaria, per le regioni a statuto ordinario e per la maggioranza delle regioni. a statuto speciale, riguardo alle deliberazioni di verifica dei poteri adottate dai relativi organi legislativi, possa essere inficiabile per illegittimit� costituzionale; e, inversamente, non � pi� possibile, sulla base dei " silenzi ,, della legislazione attinente all'Assemblea regionale�siciliana (e analoga considerazione vale per il Consiglio Regionale Sardo), supporre e costruire una norma estensiva dell;:i prerogativa di cui il pi� volte citato art. 66 della Costituzione, norma .che creerebbe una evidente disarmonia nel sistema costituzionale, e che presenterebbe quei gravi vari asptti di incostituzionalit� che sono stati gi� addebita.t~ dalla dottrina, per difformit� da�i principi costituzionali volti a garantire la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legiWmi. E, in ultima analisi, la soluzione cui questa Corte aderisce si adegua anche all'ormai consolidato canone interpretativo, secondo il quale, ove una norma di legge sia suscettibile di pi� interpretazioni, .di cui una darebbe alla norma un �significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio � soltanto apparente e deve essere superato e risolto interpretando la norma in se!lso conforme alla Costituzione e alle leggi costituzionali. Devesi, per quanto sopra esposto, dichiarare l'appartenenza della �ontroversia in esame alla giurisdizione dell'Autorit� Giudiziaria -Or dinaria. Il ricorrente deve essere condannato alla perdita del deposito per soccombenza (art. 38.1). Quanto alle spese di questo grado di giudizio, reputasi opportuno dichiararle compensate, tra le ;parti costituite attesa la novit� della que stione, prima di ora mai sottoposta nei suoi specifici termini all'esame di . questa Corte (articoli 385, 92 c.p.c.). -(Omissis). 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 marzo 1971, n. 676 -Pr��s. Flore :.: Rel. De Sanctis -P. M. Di Maio (diff.) -Tabegna (avv. Garofani) c. Ministero dei Trasporti e dell'Aviazione Civile -Ferrovie dello Stato (avv. Stato Casamassima). Competenza e giurisdizione -Ferrovie -. Trasporto di p~rsone sulle Ferrovie dello Stato -Diritto al biglietto di abbonamento -Li miti -Effetti sulla giurisdizione. (Condizioni e Tariffe per il Trl;lsporto delle persone sulle Ferrovie dello Stato, di cui al r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1848, conv. in legge 4 aprile 1935, n. 911, e successive modifiche, art. 43, par. 10). Anche la posizione di chi chieda all'Amministrazione deUe Ferrovie dello Stato di concludere un particolare contratto di trasporto valido per un mese o pi� � normalmente di diritto soggettivo perfetto.; senonch� aU'Amministrazione stessa � attribuito il potere di negare al privato il rilascio del biglietto di abbonamento in determinati casi: l'esercizio di detto potere degrada il diritto soggettivo ad interesse legittimo e conseguentemente la giurisdizione sulle controversie attinenti ad ogni pretesa illegittimit� del provvedimento, con cui in concreto venga esercitato quel potere, spetta al giudice amministrativo.. onde solo dopo la eventuale pronuncia di annullamento da parte di tale giudice pu� proporsi l'azione risarcitoria davanti al giudice ordinario (1). (Omissis). -In via preliminare va rilevato che in un passo della motivazione della sentenza del tribunale, insieme con le considerazioni relative all'esistenza del potere della pubblica amministrazione, di negare, in determinate ipotesi, il rilascto di abbonamenti ferroviari ordinari, si esprime anche l'opinione che quel potere fu nella specie legittimamente esercitato. ; Malgrado ci� deve escludersi che il tribunale abbia adottato una decisione di merito, poich� la considerazione di cui sopra, del tutto super (1) La sentenza richiamata in quella di cui alla massima riportata trovasi pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 546 con nota di BACCARI, Sulla natura giuridica della pretesa al trasporto con l' Amminisi'l"azionie delle Ferrovie dello Stato. Nel caso di specie come si rilever� dai motivi della decisione che si pubblicano per esteso il difetto di giurisdizione del giudice ordinario non richi�edeva la soluzione di complesse questionL La difformit� delle conclusioni del P. M., che aveva chiesto la declaratoria di inammissibilit� del ricorso, � evidentemente da rapportarsi alla opinione espressa nella sentenza del Tribunale circa il legittimo esercizio del potere nella specie. Ci� che peraltro non ha indotto l�e sezioni unite della Corte di Cassazione a ritenere la sussistenza di una pronuncia di merito da parte del Tribunale mentre ha offerto ad esse l'occasione per ribadire talO:ni interessanti concetti in materia di regolamento di giurisdizione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 267 flua, non vale a� mutare n contenuto della sentenza, non essendbSi' in alcun modo tradotta nel dispositivo che, con la pronuncia di improponb bilit� della domanda, dimostra essersi il tribunale limitato a declinare la propria giurisdizione. Non sussiste sotto questo profilo dunque, ostacolo all'esame del rd.. corso per regolamento di giuvisdizione che, come � noto pu� essere pro posto anche quando sia stata pronunciata una sentenza di primo grado, purch� detta sentenza abbia risolto solo la questione di giurisdizione e non �bbia anche deciso nel merd.to. In tal caso, il ricorso per regolamento di giurisdizione assume so stanzialmente il contenuto di una impugnazione per saitum e pertanto incontra un limite insormontabile solo nel passaggio d.n giudicato della sentenza di primo grado. In caso diverso, e cio� se vi sia stata decisione di merito, la questione di giurisdizione pu� essere invece ;i:iproposta da chi vi abbia interesse, solo con i normali mezzi di impugnazione. Ci� premesso, nel merito si osserva che indubbiamente la posizione di chi, volendo fruire dei servd.zi ferroviari gestiti in regime di monopolio dalla Amministrazione dei Trasporti dello Stato chieda di concludere un contratto di trasporto, � quella del titolare di un diritto soggettivo per fetto. Infatti la Amministrazd.one non pu� sottrarsi,. normalmente, alla conclusione del contratto come fu gi� riconosciuto da questa stessa Corte, con la sentenza n. 1802 del 1965. La conclusione del .contratto deve inoltre avvenire secondo le norme stabilite in via geD:erale con i provvedimenti aventi forza di legge e cio� in base alle cosiddette " Condizioni e Tariffe ,, per i trasporti sulle fer rovie dello Stato. Dette Condizioni, che, per quanto riguarda i trasporti di persone furono approvate con r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1848, convertito in legge 4 aprile 1935, n. 911 e successivamente pi� volte modificato, prevedono e reg�olano espre.ssamente ed in via generale, anche il rilascio di biglietti di abbonamento ordinario (art. 42 e 43). Pertanto deve h�onoscersi che anche la posizione di chi� chieda all'Amministrazione il rilascio di un biglietto del genere, cio� chieda di concludere un: particolare contratto di' trasporto valido per un mese o pi�, �, normalm~nte, posizione di diritto soggettivo perfetto. Senonch� � ugualmente certo che alla Amministrazione delle Ferro vie dello Stato � attribuito il potere di negare al pTiv:ato il rilascio del biglietto di abbonamento, in determinati casi e precisamente quando il soggetto che ne fa richiesta sia in precedenza incorso pi� volte in sanzioni_ per avere esercitato il mestiere di venditore, di cantante, di suonatore e simili sui treni, in spregio del divieto posto dall'art. 6 comma 28 delle Condizioni e Tariffe. 268 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il potere suddetto della Amministrazione, gi� implicito iii"'base al disposto dell'art. 6 sopra richiamato, � stato espressamente conferito con il d.m. 30 luglio 19518, n; 934, che ha stabilito: " Chi si serve dell'abbonamento per esercitare il mestiere di venditore, cantante, suonatore e simili sui treni o nei recinti delle stazioni, � soggetto al ritiro del biglietto senza diritto ad alcun rimborso. In caso di recidiva lAmministrazione pu� rifiutare il rilascio dei biglietti di abbonamento �. Detta disposizione integra le altre relative al rilascio dei biglietti di abbonamento, tanto da essere ora riportata materialmente sotto il paragrafo 10 nell'art. 43 delle Condizioni e Tariffe, conformemente a quanto stabilito dal decreto ministeriale 30 luglio 1958. N� vi � dubbio che essa sia stata legittimamente emanat� dall'autorit� governativa. onde a torto il ricorrente sostiene il contrario. Invero con il r.d.l. 11 ottobre 193,4, n. 1948 -art. 3 -veniva tra l'altro stabilito: " Son�o . approvate dal Ministro per le Comunicazioni (ora Ministro per i Trasporti e per :l'Aviazione civile) a) J.e modificazioni alle condizioni di trasporto che non importano aggravio per ilpubblico o diminuzione di introito�. Nella disposizione del d.m. 30 luglio 1958, n. 934, non potrebbe in nessun caso ravvisarsi pi� di una modificazione alle condizioni di trasporto, che il Ministro ~ra competente ad introdurre in quanto che essa non importava n� un aggravio generale n� una diminuzione di introito. � Infine, poich� il rifiuto al rilascio dell'abbonamento avrebbe dovuto trovare giustificazione nell'attivit� illecita del soggetto, deve anche escludersi che per effetto della norma venissero introdotte illegittime dis.criminazioni tra cittadino e cittadino, come il ricorrente pure prospetta. Pertanto, allorch� con il provvedimento del 7 novembre 19'58, la Amministrazione delle Ferrovie disponeva che al Tabegna e ad altre ben determinate persone non venisse rilasciato il biglietto di abbonamento, a causa della precedente attivit� abusiva svolta sui treni, essa non faceva l che esercitare un potere che le spettava, in base a quanto innanzi esposto, ~I;. ~ con la conseguenza della degradazione del diritto s.oggettivo del Tabegna 1 medesimo ad :interesse legittimo. Ogni eventuale illegittimit� del provvedimento, con cui in concreto veniva esercitato un potere che in astratto certamente spettava alla auto I rit� ammini.strativa, non avrebbe potuto e non potrebbe eventualmente, e se ancora in tempo, essere dedotta che dinanzi al giudice amministra tivo. Solo dopo l'accoglimento della relativa azione e l'annullamento del l'atto amministrativo, ripristinata la sua posizione di diritto soggettivo perfetto, il Tabegna potrebbe far valere dinanzi all'autorit� giudiziaria ordinaria la sua pretesa risarcitoria. Non ha errato quindi il tribunale nel ritenere intanto improponibil~. la domanda, in tal modo declinando la sua giurisdizione. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 269 Il ricorso, in base a tutte le conSiderazioni svolte deve essere rlgettato, con la conseguente condanna del Tabegna alla perdita del deposito nonch� al rimborso delle spese in favore della .,Amministrazione resistente, che -si liquidano come in dispositivo, oltre lire 150.000 per onorario di difesa ed oltre le spese prenotate a debito, che saranno liquidate nei modi di legge. -� (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE,.Sez. Un., 24 marzo 1971, n. 827 -Pres..Flore Est. Leone -P. M. Di Maio -Ministero Affari Esteri e altri (avv. Stato Arias e Zagari) c. Soc. S.A.I.C.E.S. (avv. Sorrentino e Nicol�). Competenza e giurisdizione -Domanda giudiziale presupponente l'acc�rtamento negativo sull'efficacia vincolante di un atto legislativo Difetto assoluto di giurisdizione. Deve essere dichiarato l'assoluto difetto di giurisdizione deZZ'A.G.O. (e, conseguentemente, di un ColZegio arbitrale adito), relativamente ad una dornanda itJolta a stabilire che una norma di legge � priva �eZZ'efficacia vincolante propria dei precetti posti da tale fonte primaria di produzione giur,idica (1). (Omissis). -Con r.d. 7 ottobre 1937, n. 2513, veniva istituito l'Ente , per il Cotone dell'Afri<Ca Orientale italiana; un �successivo decreto 7 gen- Una -questione di giurisdizione in materia di domande proposte contro 1'Amministrazione Italiana della Somalia relativamente ad una concessione assentita dalla precedente amministrazione coloniale (1) La decisione in rassegna ha concluso in senso favorevole all'Amministrazione una annosa e importante vicenda :giudiziaria involgente delicate question.i di diritto internazionale e amministrativo e nel corso della quale il..Collegio Arbitrale e la Corte .d'Appello di Roma avevano ritenuto proponibili e meritevoli di accoglimento le domande proposte dalla soc. SAICES, gi� titolare di una concessione assentita dall'Amministrazione coloniale italiana della Somalia, tendente .ad ottenere il risarcimento di pretesi danni subiti a seguito di provvedimenti adottati dall'A.F.I.S. in regime di amministrazione fiduciaria. Le Sezioni Unite, per quanto concerne l'autonomia dell'ordinamento somalo rispetto a quello italiano nel periodo d'amministrazione fi.duciaria, hanno .confermato il loro precedente orientamento di �cui alla decisione 22 dicembre 1964 n. 2959 in causa Brahan� Fitantari Grerezghier v. Ministero Esteri (in Rass. Avv. Stato, 1965, I, 56, con nota di MATALONI)_ ma hanno ritenuto che in tema di domande �connesse ad un !l'�pporto di .concessione contratto costituito sotto il precedente regime coloniale nell'~mministrazione italiana, potessero coesistere accanto alla giurisdizione dell'ordinamento somalo elementi di collegamento tali da radicare anche la giurisdi-� zione italiana e sono pervenuti alla declaratoria di difetto assoluto di� giu-risdizione dell'A.G.O. (e del Collegio Arbitrale adito) solo in relazione al A , 270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO naio 1938, n. 445, prevedeva la possibilit� di costituzione di diSfretti cotonieri ad opera del Ministero dell'Africa Italiana. In particolare si stabiliva che con decreto ministeriale si sarebbe :fissata la delimitazione territoriale di �ogni distretto e si sarebbe provveduto a darne in concessione l'organizzazione e la gestione ad enti o societ� che avessero i necessari requisiti di attrezzatura tecnica di disponibilit� :finanziaria. I concessionari avrebbero avuto l'autorizzazione in esclusiva all'acquisto del cotone prodotto nelle imprese agrarie indigene, i produttori avrebbero avuto l'obbligo di vendere il cotOne ai �concessionari, i prezzi di vendita,in caso di mancato accordo tra le parti, sarebbero stati stabiliti dal Governo sentito il parere dell'Ente di cui al r.d. del 1937. In attuazione delle predette disposizioni legislative con d.m. 1� dicembre 1938 veniva costituito il distretto cotoniero del Basso Giuba e ne veniva accordata la concessione alla Societ� Anonima Industriale e Commerciale Etiopia Sud (SAICES). Con la convenzione stipulata tra la SACES e l'Amministrazi�one del1' Africa Italiana, annessa al d.m., la durata della concessione veniva stabilita �n venticinque anni; fu riconosciuto alla SAICES il diritto di esclusiva di eseguire coltivazioni direttamente o in compartecipazione con. gli indigeni e di acquistare il cotone dai coltivatori del distretto i quali erano itenuti a cedere alla societ� il ~accolto. contenuto delle domande proposte dalla SAICES, in quanto :P:resupponenti in accertamento (interdetto al giudice italiano rispetto ad un ordinamento straniero) di inefficacia di provvedimenti adottati dall'AFIS in forza del po tere legislativo ad essa spettante sul territorio somalo. Pur dovendoci compiacere dell'esito della controversia e della riaffermazione da parte della Corte Regolatrice di alcuni importanti principi in merito ai rappor.ti tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento somalo sotto il regime dell'Amministrazi<>ne Fiduciaria italiana di quel territorio, non possiamo non osservare �che la decisione sarebbe stata probabilmente pi� concluSiva, se anzich� accogliere un motivo di censura , in sostanza, di caratte~e subordinato, si fosse pi� a lungo raffermata sui principali mezzi di irkorso nei quali erano state illustrate le ragioni di fondo che convincevano del difetto di giurisdizione dell'A.G.O. Riteniamo opportuno riportare, a titolo di chiarimento, il passo della memoria difensiva depositata nel �giudizio di Cassazione nel quale vengono illustrati i due aspetti del primo motivo di ricorso. � Il primo motivo denuncia l'assoluto difetto di giurisdizione degli arbi tri come di qualsiasi autorit� giudiziaria italiana nella soggetta materia. L'evidenza di tale mezzo ne �Consente una semplice e chiara enuncia zione. Poich�, peraltro, l'assoluto difetto di giurisdizione di qualsiasi auto rit� italiana (e conseguentemente degli arbitri italiani) nella soggetta ma. teria si pu� prospettare sotto due distinti aspetti riteniamo opportuno articolare maggiormente l'enunciazione e l'e�sposizione di tali aspetti, trattandoli separatamente. .. I) La domanda di arbitrato e il loro arbitrale hanno avuto ad oggetto una attivit� compiuta dall'AFIS nei propri poteri di imperio nell'espleta J PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 271 Con apposita clausola l'art. 13, si stabiliva di deferire ad un colJ.~gio arbitrale, che si sarebbe riunito in Roma entro un mese dalla notificazione del ricorso di una delle parti al Presidente della Corte d'Appello di Roma. tutte le controversie sorte per l'interpretazione o l'applicazione della convenzione. Scoppiata la guerra, l'organizzazione della SAICES. che aveva iniziata la sua attiv.it� nel distretto assegnatole, fu pressocch� annientata. Dopo l'occupazione militare da parte 'della Gran Breta.gna all'Anuninistrazione inglese della Somaliia, subentrava lAmministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia, affidata all'Italia in bas~ all'Accordo di tutela di Ginevra del 27 gennaio 1950. Quando l'Italia torn� in Somalia in virt� del mandato affidatole, 1a. SAICES era nuovamente in funzione. In data 21marzo1952, l'AmminitStrazione (AFIS) emanava :un'ordinanza, la n. a,� che dettava nuove norme per la coltivazione del cotone in Somalia innovando rispetto �lla precedente disciplina. In particolare, veniva di:sposto che l'acquisto del cotone in blocco da agricoltori che avevano effettuato la coltivazione in economia 1dltretta :poteva essere effettuato solo da coloro �he erano in po.ssesiSO dell'autorizzazione all'esercizio del commercio all'ingrosso o gestivano sgranatoi o erano muniti d:ella licenza per la �Coltivazione del cotone in partecipazione e che la stipulazione di contratti per la coltivazione del cotone in compartecipazione poteva essere mento del mandato di organismo amministrativo fiduciario della Soma!lia. Poich� tale attivit� � stata esplicata nel quadro di un ordinamento (quello .somalo) autonomo. e distinto dall'ordinamento italiano, � sottratta �. aiUa giurisdizione italiana la cognizione di controversie che abbiano ad oggetto t�le attivit� juri imperli. Essendo, pertanto, il rapporto dedotto in giudizio dalla SAICES contro la AFIS e giudicato dal Collegio Arbitrale sottratto alla giurisdizione itali: ana (e conseguentemente a quella di Arbitri italiani) il lodo era viziato di nullit� e viziata 81,P'Pare altresl la sentenza della Corte di Appello oggetto della presente imtPugnativa ~he ha confermato il (I.odo. Per la dimostrazione dell'assunto � sufficiente il richiamo a quanto abbiamo gi� detto sulla natura dell'AFIS e qualche accenno su pochi punti che, in relazione alle osservazioni ,prospettate nel �Controricorso, appaiono richiedere un maggiore ch).arimento. Che l'oggetto del giudizio arbitraie riguardasse un'attivit� jure imperii dell'AFIS (e cio� una attivit� jure imperii riferibile ad un ordinamento straniero) non ha bisogno di particolare dimostrazione. Abbiamo gi� visto (supra, II, sub e ed) che nella domanda di arbitrato il fatto lesivo fu visto nell'emanazione dell'o~din,anza n. 3 del 1952 da parte dell'AFIS .e non � dubbio che avendo l'ordinanza .carattere legislativo (come riconosce lo stesso avversario) l'emanazione dell'ordinanza rientrasse nell'esercizio dei poteri pubblici (di sovranit�) affidati all'AFIS. , Ma anche �se, invece, si volesse asserire, �come fa la Corte d'Appello, � che la causa condamnandi del lodo non fu l'emanazione dell'or�dinanza leg~ slativa, ma 1a emanazione dei conseguenti provvedimenti da parte del-~ l'AFIS, la conclusione suesposta resterebbe identica, avere cio� il giudizio 272 RASS~GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effettuata �SOlO dalle societ� o da:gli enti o dai privati autorizzati ad � operare in una determin�ta parte del territorii;> con speciale lricenza. La SAICES, assumendo che l'applicazione delle nuove norme le impediva di esercitare la sua attivit� e le arrecava gravissimi danni, richiamata la clausola arbitrale (art. 13 della Convenzione), proponeva in data 23 settembre 19152 ricorso nei confronti dei Ministeri degli Affri Esteri, ~ dell'Africa Italiana nonch� dell'AFIS, nominando contestualmente il proprio arbitro. Con nota 1� dicembre 1952 il Ministero degli Affari Esteri nominava il suo arbitro ed il Presidente della Corte d'Appello di Roma, con decreto 12 maggio 19�55, nominava il terzo arbitro con funzioni� di Presidente. Al Collegio arbitrale, ~ostituitosi il 24 maggio 1955, veniva chiesto di determinare se l?AFIS avesse violato i diritti� della SAICES a11orch� aveva accordato licenze valevoli per il .Basso Giuba in virt� dell'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952, se comunque, l'ordinanza n. 3 fosse stata emanata nella forma e con il rispetto della procedura prescritta, se i/diritti-quesiti della SAICES potessero essere sacrificati da detta ordinanza senza il corrispondente indennizzo. se le amministrazioni convenute non dovessero risarcire i danni subiti dalla SAICES. Sin dal primo scambio di memorie, la difesa delle Amministrazioni. eccepiva il difetto assoluto di giurisdizione e l'incompetenza del Collegio arbitrale. arbitrale ad oggetto: attivit� jure imperii espletata dall'AFIS in ;forza dei poteri pubblicistici ad essa conferiti dal mandato del!l'ONU . . �Per maggior documentazione citiamo alcuni �passaggi illuminanti del lodo: e soltanto a seguito di tale ordinanza e non prima, ad avviso �.del Collegio, l'AFIS pose in .essere atti costituenti lesioni dei diritti soggettivi della SAICES " (p. 79); e per converso, si ebbe una chiara e inequivoca violazione contrattuale, .quando il Commissario Reg. al Basso Giuba, in pret~sa applicazione della pi� volte ricordata ordinanza... autorizz� in data 25 giugno 1952 una nuova Societ� ... ad esercitare... " (p. 91); �inoltre una pi� grave violazione contrattuale ci fu quando il Presidente di Margherita in data 15 settembre 1952 (ritenendo che l'ordinanza n. 3 del 1952 avesse soppresso i distretti cotonieri e con ci� le concessioni in itinere) restitui non vistati alla SAICES 12 contratti... : per la ragione che la SAICES nOIIl s'era munita della licenza pirescritta dall'art. 16 dell'ordinanza " (p.91). Tralasciando qualunque pur agevole notazione ironica sulla pretesa del Collegio di contestare;l'interpretazione che dell'ordinanza dettero gli organi dell'AFIS (che l'ordinanza stessa avevano emanato), a noi preme qui rilevare che quelli citati sono i fatti lesivi sui quali hanno giudicato gli Arbitri basandovi la propria decisione: orbene, non � dubbio che tali atti (autorizzazione ad altre Societ�, e rifiuto di approvazione di contratti per�ch� .contrastanti con disposizioni normative) costituiscono tipica attivit� jure imperii espletata nell'esercizio dei poteri pubblicistici affidati allo AFIS dall'ONU. . Se questo � vero ne consegue che tali atti erano sottratti alla cognizione dell'Autorit� Giudiziaria italiana, in forza del principio dell'esenzione dalla giurisdizione interna dell'attivit� jure imperii di autorit� di ordinamento ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 273 Il 9 settembre 1959 il Collegio emetteva un primo lodo parziafe�con il quale, ad unanimit� su tutte le questioni salvo che su quella concernente la risarcibilit� del danno per il periodo 2 dicembre 19�60-16 febbraio 1964, in ordine alla quale la decisione veniva presa a maggioranza, dichiarata la propria competenza a giudicare, affermava la responsabilit� civile delle Amministrazioni in giudizio a causa degli inadempimenti alla conven~ione 1� dicembre 1938 verificatisi ad opera dell'AFIS a decorrere . dal 25 giugno 1952 in poi e condannava le stesse al risarcimento del danno da liquidarsi in prosecuzione in giudizio. Con il lodo definitivo 27 settembre 1959 il Collegio, all'unaniinit�, condannava le Amministrazioni .e l'AFIS al pagamento della somma di lire 149.450.000 a titolo di risarcimento dei danni subiti daUa SAICES. Il Ministero degli Esteri. il Ministero del Tesoro (Sezione Africa) per il soppresso Ministero dell'Africa Italiana, e l'AFIS .impugnavano per nullit� i due lodi dinanzi alia Corte d'appello di Roma. . La causa veniva spedita a sentenza all'udienza del 30 marzo 1962 \ . ed in tale'�udienza l'Avvocatura dello Stato dichiarava che l'Amministrazione fiduciaria italiana della Somalia era cessata perch� soppressa � �con legge 28 giugno 1960, n. 643 e che all'AFIS dovevasi ritenere suc ceduto lo Stato somalo a partire dall'l luglio 1960. Il processo veniva .dichiarato interrotto. Con ricorso '2:7 agosto 1962 la causa veniva rias stranieri (Ofr.� OPPENHEIM -LAUTERPACHT,, InteTnationai Law, London, 1965, vol. I, 264 e segg.; QUADRI, La giurisdizione S'Ugli Stati stTanieTi, Milano 1941, pag. 97; MORELLI, Diritto� Processiuiie civile internazionale, UTET, 1960, p. 227, con ampia bibliografia; per un'approfondita disamina del problema; LALIVE, L'immu.nit� de ju.Tisdiction des Etats et des organisations inteTna. tionales, in e Recueil des Cours de la Haye � 1953, II, 209; STARKE, An intTodu. ction to Inte-rnationai Law, London, 1950, p. 169). Che tali principi siano applicabili non solo nei �confll'onti di organi auto ritativi di Stati sovrani, ma anche a quelli di territori sotto amministra zione fiduciaria non pu� essere contestato sol che si faccia riferimento alla ordinaria esperienza nel campo degli Organismi sovranazionali (cfll'. LALIVE, op. sopTa citata). , D'altra parte � evidente. che il motivo logico-giuridico che sta alla base di tale esenzione (e cio� il ;principio che paT in� paTem non habet impeT�'Um) vale ovviamente anche per quegli cmdinamenti che avviandosi a divenire Stati, hanno gi� uno statm internazionale riconosciuto dalla collettivit� internazionale. Tanto che la sovranit� sud(~ssi spetta, secondo un autorevolissima' dottrina (cfr. OPPENHEIM -LAUTERPACHT, OP� e ioc. cit., su.pTa II, su.,b a) all'ONU,. _ Nel caso poi dei rapporti tra giurisdizione interna italiana e autorit� dell'ordinamento somalo, il limite del potere di �giurisdizione non nasceva solo dal g~nerico principio di diritto internazionale sopra enunciato ma anche da uno specifico obbligo internazionale assunto dall'Italia con l'Ac cordo di tutela recepito anche nel nostro ordinamento interno con la legge di ratifica. ' � invero di ogni evidenza che 'se si sottoponessero alla nostra giurisdi 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sunta dai Ministeri degli Affari Esteri e del Tesoro. Il ricorso at�riassun..:., zione ed il decreto della Corte d'Appello che fissava l'udienza dell'8 maggio 1962� venivano notificati anche allo Stato somalo, il quale, peraltro, restituiva gli atti dichiarando che non intendeva prendere �nessuna iniziativa in ordine alla vicenda giudiZiaria in corso. Con la sentenza oggi denunziata la Corte d'Appello di Roma rigettava l'impugnazione cos� motivando per la parte che qui interessa: a) Le Ammindstrazioni appellanti eccepiscono il difetto assoluto di giurisdizione degli arbitri in ordine all~ controversia de qua. Esse muovono dalla considerazione che, dopo la cessazione della sovranit� italiana sulla Somalia a seguito del trattato di pace 10 febbraio 1947, il territorio non fu incorporato nelJ.'�ordinamento italiano con 1'Accordo di Tutela in quanto esso si lim~ta ad affidare all'Italia solo l'Amministrazione fiduciaria. Lo statuto della Somalia durante. l'Amministrazione ebbe carattere particolare, tanto che l'Assemblea N. U., nella SU.a riso.luzione del 27 novembre 1949, molto prima cio� del riconosc�:mento fo.rmale dell'indipendenza del nuovo Stato somalo, esprimeva l'avviso che la Somalia era gi� uno Stato di diritto se non di fatto. Ci� comportava che durante la Amministrazione :fiduciaria la Somalia era una comunit� territoriale che gli Stati interessati (lovevano considerare come se gi� costituisse uno Stato. zione organi e autorit� dell'ordinamento somalo nonch� gli atti autoritativi da essi emanati, resterebbe compromessa e travolta l'autonomia di quello ordinamento (1) che il nostro Paese � invece impegnato a rispettare sia per il .generico obbligo del rispetto dei principi di diritto internazionale (art. 10 Cost.) e sia per un preciso vincolo pattizio. Ci� dimostr.a e �onferma che nella subietta' materia era configurabile, e in via esclusiva, la rgiurisdizione dell'ordinamento somalo mentre difet tava radicalmente qualunque potere di �giurisdizione di qualsiasi autorit� giudiziaria italiana (nonch�, ovviamente in arbitri italiani). Vogliamo solo aggiungere qualche considerazione .su quest'ultimo aspet to della questione e cio� sull'esistenza, al tempo dell'Amministrazione fi duciaria, di .pa.dicolari vincoli pattizi dell'Italia anche per quanto concerne i raipporti tra le giurisdizione dei due ordinamenti (italiano e somalo) per i quali, come si � ricordato, vi sono precise norme interne che regolano la materia e che sono richiamate nella rubrica del presente mezzo. Invero, avendo la legge 4 novembre 1951, n. 1301, che ratifica l'accordo ,di tutela, previsto espressamente l'istituzione �di un oxdinamento giudiziario (1) Si pensi che, diversamente opinando, il Collegio Arbitrale � giunto non solo a dichiarare illegittimi (sic!) degli atti amministrativi di un ordinamento straniero, ma �ha svolto un analitico esame sulla conformit� di un provvedimento legislativo straniero ai principi costituzionali di quell'ordinamento: ed � solo da esser lieti che tale esame abbia avuto esito positivo, perch� altrimenti, avremmo avuto una dichiarazione di incostituzionalit� di una legge straniera (!), se non pure la sua... abrogazione da parte di Arbitri italiani. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE . 275 In particolaire l'Italia, tenendo presente �Che il regime internazionale del territorio somalo doveva essere collocato nel quadro del regime di tutela ed in qu&llo del protettorato, avrebbe dovuto considerar� il territorio come se gi� fosse" uno Stato ed ove ci� non fosse stato possibile, avrebbe dovuto comportarsi ricordando che tra dieci anni il territorio de quo sarebbe diventato uno Stato. L'esistenza dello Stato somalo, almeno in linea .di principio, sarebbe deducibile del resto dall'art. 1 dell'Accordo di Tutela con il quale si dichiarava che la sovranit� del territorio apparteneva alla popolazione dello stesso e che essa sarebbe l ' . . stata esercitata dall'Italia in nome del territorio. Da ci� poteva desumersi che il territorio aveva un ordinamento giuridiclo totalmente indipendente dall'ordinamento giuridico della potenza incaricata.dell'Amministrazione; , e ci� risultava anche dal fatto che il territorio aveva un� costituzione propria e che due articoli, uno dell'Accordo ed uno dell'Allegato, stabilivano che n� la Costituzione Italiana n� la legislazione italiana .erano I applicabili, in quantd tali, al territorio. Non va dimenticato, infine, sempre a conferma ,che l'ordinamento giur&dico del territorio er� ordinamento a s� stante, .che l'f\.CCOI."do e l'Allegato non si erano limitati a precisare che 1'Autorit� amministrativa agiva in nome d�l territorio, :ma avevano determihato, 1altresl, ;per parecchi tratti la struttur.a di tali poteri; l'ordiname! nto giuridico somalo risultava �cosi fornito di pro:Pri centri di per la Somalia del tutto autonome distinto da quello italiano, � evidente �che, iper ci� solo, il"giudice italiano (e, a fOTtiori, l'arbitro) non pu� invadere quelle competenze giurisdizionali che dall'ordinamento somalo vengano attribuite alla magistratura della. Somalia, iperch� ci� facendo verrebbe a violare la leige 4 novembre 1951, n. 1301 e pronuncerebbe su di -un rapporto e su di una materia �he per essere attribuiti alla �giurisdizione somala, restano contestualmente sottratti :alla giurisdizione italiana. In particolare � da ricordare che l'ordinamento giudiziario della Somalia fu regolato daipprima con l'ord. n. 7 del 12 aprile 1950 (che 1Pr.evedeva una fase �di primo gll'ado in SO:malia e una delega alla magistratura italiana per i giudizi di appello), e successivamente con l'.ordinanza legislativa n. 5 deil 2 gennaio 1956 che prevedeva una completa organizzazion� giudiziaria in Somalia. L'art. 12 l�tt. d) attribuiva la competenza in materia amministrativa, espropriazione per pubblica utilit� .e requisizioni � alla giurisdi~ zione esclusiva della Corte di Giustizia �, alla quale nelle anzidette materie spetta esclusivame;nte di decidere non �solo intorn'O alle questi<>:qi relative a interessi legittimi, ma anche a quelle relative a diritti (ult. comma art. 12). Inoltre l'art. 116 dell'ordinamento giudiziario (approvato con la �citata ordinanza) di~oneva che 1a magistratura italiana cui -in base alla pre �Cedente ordinanza -era stata delegata la giurisdiz;ione di appello delle ( cause intentate in Somalia dovessero essere trasferite alla competente ma-\. gistratura in Somalia. In relazione a ta:li principi � evidente che .gi� in base all'ordinanza n. 7 del 12 aprile 1950, le cause in primo grado dovevano essere portate dinanzi a magistrati in Somalia cosicch� l'A.G.O. italiana (e, a fortiori, gli ~� arbitri italiani) venivano a difettare di giurisdizione 'per quelle vertenze 6 276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO organizzazione e poteva �esplicare tutte le funziond giul'lidiche-�fondamentali. Onde gli organi dell'AFIS erano interamente �integrati nel. l'ordinamento giuridico somalo. � Da tutto quanto sopra si dedurrebbe 1ad avviso delle appellanti che gli atti giuridici posti in essere dagli organi dell'AFIS in nome del territorio appartenevano all'ordinamento somalo di cui rappresentavano una diretta manifestazione. Conseguirebbe che degli atti imputabili al territorio solo questo era responsabile e doveva sopportarne le conseguenze. Tra questi atti era certamente da ricomprendere l'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952 �che dava una nuova disciplina alla coltivazione cotoniera, ed agli atti riferentisi alla �concessione relativa alla SAICES. E poich� questi atti facevano parte ab origine dell'ordinamento giuridico� somalo; nessun problema nasceva dal fatto che nelle more si era costituito definitivamente lo Stato somalo :indipendente dn quanto la riferibilit� e la responsabilit� degli �stessi atti si estenderebbe aru.tomaticamente al nuovo stato portatore �dell'ordinamento gi� preesistente. Dell'Ordinanza de qua doveva r:ispondere isolo lo Stato :sOJmalo, con la �Conseguenza �che nei confronti di quegli atti 5USSlis:teva solo la ,giurusd:izione della Somalia con esclusione di quella dello Stato italiano; ergo, il Collegio arbitrale costituitosi nell'ambito dell'ordinamento it�liano difettava ded necessari poteri di giurisdizione. che avendo ad oggetto atti amministrativi dell'autorit� pubblica in Somalia, dovevano essere portati davanti ai giudici del'ordinamento somalo. E pertanto, �cos� come i cittadini somali non avrebbero potuto propt>rre I domanda eoritro l'AFIS dinanzi ai giudici italiani (cfr. la cit. decisione di ~ codesta Sez. Un. del 22 dicembre 1964, n. 2959), ugualmente tali domande t' non potevano essere proposte da cittadini italiani dinanzi a Giudici (o t Arbitri) italiani, ma soltanto nel quadro dell'ordinamento somalo utilizzando i rimedi giuridici previsti da quell'ordinamento. � .poi evidente che, in ogni caso, dalla data dell'ordinanza A.F.LS. 2 gennai� 1956 ehe approv:ava il nuovo ordinamento giudiziario per la Somalia e che prevedeva una competenza esclusiva della Coo-te di Giustizia somala su controversie aventi ad oggetto la materia delle eoncessioni amministrative, restava anche per questo verso ribadita l'assoluta esclusione di qualsiasi potere giurisdizionale dellA.G. italiana (e degli arbitri) nella. suddetta materia: con la conseguenza che, anche sotto tale aspetto, la pronuncia degli 1arbitri fu emanata e !l'esa esecutiva quando difettava al:lo A.G. italiana la giurisdizione sulla soggetta materia. N� vale opporre -come fa il controricorrente -che gli arbitri una volta che si ammettesse la loro �competenza al momento della c�stituzione I del r1apporto 1processua1e avrebbe mantenuto tale competenza per il principio della perpetuatio jurisdictionis. I A parte l'evidente (e assorbente) rilievo che tale competenza degli arbitri, al momento della costituzione del rapporto processuale non sussisteva nel modo pi� assoluto (cos� come, pi� in genere, la giurisdizione delt I l'A.G. italiana) per tutti le .considerazioni �che abbiano sopra 'svolto e per quelle ehe ii:omediatamente in seguito prospettei-emo, sta di fatto che tanto PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 277 b) Questa tesi delle Amministrazioni, osservava la Corte� d'Appello non pu� essere �condivisa. La vecchia concessione vedeva nella sovranit� l'esercizio di un diritto reale sul territorio; una successiva corrente di dottrina considera la sovranit� come l'espressione dell'esercizio, in senso esclusivo, della potest� di governo sopra una determinata comunit�, una terza corrente, mediatrice tra le altre sostiene, che la sovranit� si �estrinseca sia in un senso che nell'altro e che quando ricorre solo il secondo aspetto si ha sovranit� meno piena, mentre se gli aspetti ricorrono entrambi, si avr� una sovranit� piena. Orbene nella specie mentre il diritto reale sul territorio venne assegnato, dalla citata norma dell'Allegato, alla comunit� territoriale somala, l'altro aspetto della sovranit� venne attribuito alla potenza amministratrice. Del resto, comunque si voglia intendere il concetto di sovranit�, non v'� dubbio che proprio per effetto delle norme internazionali poste con l'accordo di Tutela inter�corso tra l'O.N.U. e l'Italia sono nati nello Stato amministrante degli obblighi con relativi poteri sulla comunit� amministrata ,che necessariamente comportavano una limitazione della sovranit� della comunit� stessa; e le limitazioni della sovranit� dell!:i. comunit� somala nell'ordine internazionale hanno avuto indubbie ripercussioni nell'ambito del diritto interno italiano. non � pertinente il rkhiamo ai principi della perpetuatio jurisdictionis, che, come abbiamo rlco:iidato nel ricorso dinnanzi a codeste sezioni Unite, in linea di fatto ed in adempimento di precise norme giuridiche, tutti i processi pendenti dinnanzi alla Magistratura italiana (per la giurisdizione di appello delegata .come si � detto, dall'ordinamento �Somalo) furono trasferiti ai competenti Giudici di appello della Somalia (cfr. pp. 46 e 47 del ricorso). � anzi da osservare che, per quanto detto, nel1a contestata :ipotesi si potesse ritenere che al momento della proposizione della domanda di arbi trato fosse ancora valida la clausola compromissoria, l'arbitrato avrebbe pur sempre dovuto svolgersi nel quadro dell'ordinamento somalo ed esser reso esecutivo a Mogadiscio, proprio perch� il rapporto pubblicistico og getto del giudizio era passato (a seguito della perdita della �sovranit� ita liana nella Somalia) in quell'ordinam~nto e il potere di conoscere e giu dicare quel rapporto concessivo non potrebbe spettare mai ad arbitri ita liani, ma, a tutto concedere ad arbitri �che agissero nel contesto dell'o:tidina mento che -avesse riconosciuto la �competenza arbitrale per il rapporto di cui trattasi. Possiamo pertanto concludere su tale particolare aspetto del problema che, fermi gli altri rilievi che dimostrano la nullit� per difetto �di giurisdi zione del lodo (e, conseguentemente i vizi della sentenza della Corte d'Appello), l'assenza di potere di giurisdizione nell'A.G. italiana e negli arbitri si fonda pure sulle disposizioni della legge n. 1301 del 1951 che ratificando l'accordo di tutela recepiva nel nostro ordinamento l'autonomia e indipendenza dell'ordinamento somalo da quello italiano ivi compresa la distinzione delle competenze tra gli ordinamenti giuridici, esclwdendo ~ quindi, per ci� solo, dalla giurisdizione italiana la cognizione di contro 278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le Amministrazioni si soffermano poi ad offrire una dimostrazione � dell'esistenza di un ordinamento giuridico somalo distinto da quello italiano, ma tralasciano di considerare i legami ed il rapporto con lo Stato italiano, dal punto di vista del suo diritto interno, ha intimamente allacciato �con l'ordinamento giuridico somalo. Non .si dimentichi, a questo proposito, che l'ordinamento somalo � sorto per un atto del diritto internazionale al quale ha partecipato l'Italia, che ad esse ha adeguato il suo diritto interno, e per effetto del quale detto ordinamento � posto �come dipendente d:all'ordiinamento ;italiano. Sulla scorta della legge 4 novembre 1951. autorizzante la rattif�ca dell'accordo di tutela e dei dd.ll. 9 dicembre 195�2, n. 2.35'7, 23'518 e 2359 deve ritenersi .che fra l'ordinamento italiano e quello somalo esisteva anzitutto una dipendenza formale (il procedimento legislativo consisteva in un atto dell'amministrazione avente la forma dell'ordinanza da emette11si previo pM"ere dlel Consiglio territoriaile �e, in ca>si eccezio.nali, del Consiglio Consultivo) ma soprattutto una dipendenza di tipo �organizzativo del secondo rispetto al primo. L'Amministratore era nominato dal Presidente della Repubblica Italiana, su proposta del Presidente del Consiglio di concerto; con il Ministro degli Esteri e dipendeva gerarchicamente dal Ministero degli Esteri; e ci� non pu� non. significare che esso era organo dello Stato italiano attingendo il titolo della sua legittima versie aventi ad oggetto atti di pubblici poteri somali sogg.etti ai rimedi previsti e consentiti in quell'ordinamento. Prima di passare all'esame del secondo aspetto del motivo concernente il difetto assoluto di giurisdizione dell'A.G. e degli arbitri nella soggetta materia, vorremmo osservare che le conclusioni rigorosamente giuridiche sopra prospettate cirea il primo aspetto del motivo trovano conforto anche in una diversa prospettazione della �questione, di carattere pi� intuitivo e, vorremmo dire, di buon senso. Se .ci � consentito di proporre un'ideale progressione esemplificativa, riteniamo che non si possa, in primo luogo, dubitare che qualunque degli ex territori coloniali assurti di recente all'indipendenza non si sentirebbe (e non sarebbe) vincolato d�a atti amministrativi a effetti continuati (come le concessioni di c()ltivazione, di commercio �e simili) assentite dalla prece dente autorit� coloniale. Tale tipo di concessione, come si � avuto gi� occasione di chiarire (dr. supra n. 12), hanno un particolare �contenuto strettamente connesso e inscindibilmente collegato con l'esercizio della sovranit� da parte della potenza dominante e sono quindi configurabili solo nel quadro di una am ministrazione coloniale. Cessato il regime coloniale e assurto il territorio ad una status di indi pendenza o, comunque, di autonomia, cessano pure i rapporti pubblicistici formatisi nell'ambito della precedente amministrazione, in quanto, da una parte, la �potenza dominante che ha dato la �oncessione avendo perduto la sovranit� sul territorio non ha pi� alcun potere in ordine al rapporto e, d'altro canto, non si pu� pensare che il nuovo ordinamento resti vincolatg da atti autoritativi compiuti dalla potenza dominante �e che trovavano il PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 279 zione dell'ordiname'i�to italiano ed inquadrato gerarchicamente negli organi dello stesso. L'Amministratore era. come si � visto, organo legislativo; alla funzione l~gislativa provvedevano, pertanto, in collaborazione organi dell'ordinamento italiano ed organi dell'ordinamento somalo. L'Amministratore era poi organo amministrativo senza collaborazione di ,organi somali, le funzioni amministrative erano~ pertanto, affidate esclusivamente allo Stato italiano. � dunque assolutamente incontestabile che tutte le funzionJ amministrative erano affidate all'amministrazione fi.du. ciaria e che questa, faceva parte integrale dell'ordinamento italiano per cui, sotto�questo profilo, la dipendenza dell'ordinamento somalo da quello italiano era completa. Consegue -che la responsabilit� cui potessero andare incontro gli organi italiani che detta attivit� ponevano in essere (l'ordinamento italiano aveva predisposto tutto l'apparato amministrativo riguardante la Somalia) risaliva direttamente �all'ordinamento del quale gli organi facevano parte, posto che non � possibile �concepire l'attribuzione ad un ordinamento dipenden.te di responsabilit� relative ad atti ai quali l'ordinamento dipendente non ha partecipato in alcun modo, (salvo, ovviamente, l'addossamento di detta responsabilit� all'ordinamento dipendente da parte dell'ordinamento superiore, che, peraltro, nella specie, non � mai stato effettuato da alcuna norma espressa, con la conseguenza che debbono loro . presuprp�sto nello status, di colonia del territorio ora pervenuto alla autonomia. E, ad es., lo Stato indonesiano non potrebbe in alcun modo considerarsi vincolato da concessioni assentite dalla iprecedente amministrazione coloniale oiandese. ' Analogamente non � dubbio che lo Stato della Somalia, ove fosse sorto immediatamente dopo la perdita da parte dell'Italia de:lLa sovranit� sul territorio somalo, non avrebbe 1POtuto in a:lcun modo �considerar.si vincolato da concessioni assentite dalla precedente amministrazione coloniale italiana. � � ' Ancora, analogamente, ove dopo la perdita delia sovranit� italiana sul territorio �somalo, l'Amministrazione fi.duciarda fosse stata affidata dall'ONU, ad es., all'URSS o alla Gran Bretagna, gli organismi incaricati dell'amministrazione fiduciaria non avrebbero potuto in' iai~un modo esser tenuti a considerare vigenti una concessione assentita dalla precedente amministrazione coloniale italiana. Concludendo tale gradatio, riteJ;liamo che, investita l'AFIS dell'Amministrazione fiduciaria del territorio somalo, non possa contest~si il �potere dell'AFIS di consid.�rare irrilevante nel nuovo ordinamento somalo la concessione assentita dalla precedente amministrazione coloniale it:Jaiiana. E, traendo da tale conclusione (che, per intanto, dimostra la piena legittimit� dell'azione dellAFIS) quell'elemento che qui interessa per la questione di giwrdsdizione ora in esame, � evidente che l'AFIS, nel compiere tale valutazione e nel compiere.tutti gli atti di disposizione pubbUca conseguenti a quella valutazione (quali l'autorizzazione data ad altra ditta e il ' diniego d'approvazione di contratti SAICES �sui quali ha giudicato �il Col 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicarsi i principi dell'imputazione degli atti all'ordinamento"' che li ha post~ in essere e della responsabilit� allo stesso ordinamento). In ordine all'eccezione subordinata di difetto di giurisdizione degli , arbitri dli ogni altra autorit� giudizi.aria italiana, per avere la SAICES impugnato l'ordinanza n. 3 del 21 marzo 19'52, che era una_vera e propria legge, non sindacabile in via diretta dall'autorit� giudiziaria, la Corte d'appello osservava che la SAICES non aveva impugnato in via diretta l'ordinanza ma aveva solo contestato che essa autorizzasse l'AFIS a porre nel nulla i diritti soggettivi della societ� costituiti con la convenzione 1� dicembre 193�8. La questione di legittimit� dell'ordinanza fu posta subordinatamente e di essa il Collegio arbitrale si 9ccup� in via ipotetica e subordinata. La Corte respingeva infine gli altri motivi di gravame relativi ad altri aspetti del difetto di giurisdizione, ad altre ragioni di incompetenz,a degli arbitri, a difetti di legittimazione passiva, a violazioni di legge nell'ammissione e nella valutazione delle prove, a contraddittoriet� del lodo. Contro la suddetta sentenza della Corte d'Appello hanno proposto ricor,so per cassazione il Ministero degli Esteri, anche nella qualit�, legio arbitrale), i'AFIS stessa esercitava i poteri sovrani spettanti all'ordinamento somalo e 'conseguentemente i suoi atti, svolti in forza di poteri 1 di imperio .spettante all'ordinamento somalo, non potevano ovviamente essere soggetti alla giurisdizione interna (tanto meno arbitrale) di uno altro Stato. N� la situazione pu� cambiare per il fatto puramente causale ed accidentale, che l'Amministratore Fiduciario fosse di nomina italiana o italiiano di nazionalit�: � infatti evidente che occorre aver presente la riferibilit� degli atti compiuti dall'Amministrazione e non l!a nazionalit� di questi. Ragionando diversamente, si arriverebbe a ritenere che un provvedimento emesso da un organo della CEE in cui titolare sia di nomina e nazionalit� italiana potrebbe essere impugnato... dinanzi al Consiglio di Stato italiano e non con i soli rimedi comunitari previsti dal Trattato istitutivo della CEE! Le constderazioni ,che abbiamo prospettato dimostrano la fallacia del I l'obiezione fatta dal nostro contraddittore il quale (p. 26 di controricorso) I l ~ afferma che, anche ad ammettere la riferibilit� 1allo Stato Somalo degli aitti compiuti dall'AFIS, non ,per questo ,verrebbe meno la giurisdizione italiana sul rapporto, la quale giurisdizione -ad avvi.so del controricorrente -potrebbe trovare fondamento: a) sul ,criterio di collegamento costituito dal luogo dove sorge l'obbligazione; b) sul fatto che parti nel giudizio arbitrale furono anche due ministeri-italiani; e) sulla �qualit� dell'AFIS di organo dell'.Amministrazione italiana. Ma � facile rilevare che questi (molto eterogenei) �criteri di (preteso) collegamento � non tengono conto della natura pubblicistica e jure imperii I degli atti di una autorit� di un ordinamento straniero i quali, solo per I questo, comportano l'immunit� dalla giurisdizione interna italiana di un soggetto giuridico ia rilevanza internazionale quale era l'AFIS. Pi� specificatamente � poi da osservare ,che, se per il criterio sub a) ' PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 281 peraltro contestata. di successore dell'AFIS ed il Ministero del Tesoro, servizio Africa. per il cessato Ministero dell'Africa Italiana. Al ricorso ha resistito la SAICES, che a sua volta ha proposto ricorso incidentale, sulla base d.i tre motivi, confutati 1con controricor�so dalle dette Amministrazioni. Le parti hanno presentato memorie. MOTIVI DELLA DECISIONE I due ricorsi concernenti la medesima sentenza debbono essere riuniti in appUcazione della disposizione dell'art. 335 _c.p.c. Esaminando il ricorso principale. si osserva che le Amministrazioni ricorrenti .sostengono il difetto assoluto di giurisdizione sotto aspetti diversi ma �coordinati e difficilmente �scindibili. prospettati in pi� motivi con uno sviluppo di essi, che, ai fini della pi� organica trattazione e valutazione, � il caso di esaminare congiuntamente. Le ricorrenti osservano che dall'epoca della debeU.atio o quanto meno dall'-entrata in vigore del trattato di pace. con il quale l'Italia ha rinunziato �a tutti i diritti e titoli sui possedimenti italiani in Africa, l'Italia non ha esercitato la propria sovranit� in Somalia, n� sovranit� le � mai spettata per il regime di amministrazione fiduciaria sulla Somalia. Sarebbe stato, infatti, affermato, sia nella Carta delle Nazioni � sufficiente richiamare quanto detto, per il "criterio> sub b) � da aggi.ungere che la ipresenza di due ministeri italiani in .giudizio non pu� mutare l'og.getto del giudizio arbitrale fondato 1su pretesi illeciti dell'AFIS e, cio�, .di un so~getto esercitante poteri di sovral1!it� su di un territorio straniero. La pronuncia del giudizio arbitrale nei confronti delle Amministrazioni dcl. Tesoro e degli Esteri era ovviamente del tutto " condizionata e subo~dinata � alla proponibilit� della domanda nei confronti dell'AFIS e e .quindi �soltanto riflessa>: a;>erch� il preteso titolo di responsabilit� delle due .Amministrazioni era iproprio quello di una responsabilit� dell'AFIS addebitabile ipoi anche alle Amministrazioni dello Stato italiano. Il Collegio Arbitrale, in tanto ha giudicato nei confronti delle Amministrazioni italiane in quanto ha ritenuto: a') riferibili a tali Amministrazioni gli atti delrAFIS b') sog.getto l'AFIS alla giurisdizione italiana e alla giurisdizione arbitrale. Ora (a ;prescindere dalla conclamata erroneit� del primo di tali presupposti), sta di fatto che la dimostrata �Car.enza di giurisdizione nei confronti dell'AFIS �comporta ineluttabilmente e �di necessit� (iprima logica che giuridica) che il giudizio fosse improponibile anche nei conrfronti deil:le Amministrazioni che solo di riflesso (per .atti deWAFIS e non per propri atti) venivano chiamate a rispondere. Il Collegio Arbitrale costituito per la risoluzione di una controversia relativa ad un rapporto .concessorio in cui (a dire degli attori) .nella posi~ mone di concedente eria l'AFIS (e cio� un organismo sottratto alla giurisdizione interna italiana) ha irrimediabilmente travalicato i limiti della � giurisdizione italiana emettendo una pronuncia che ha avuto ad� oggetto RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 282 Unite, sia in solenni dichiarazioni di principio degli .Stati, sia �a autorevole dottrina, �che l'assunzione di amministrazione fiduciaria non comporta acquisto di sovranit�: il che dov.rebbe dirsi particolarmente per .l'amministrazione fiduciaria dell'Italia in Somalia, dato che l'art. 1 del1' Accordo di tutela attribuiva la sovranit� alla " popolazione del Territorio somalo " e l'Italia, accettando l'amministrazione sul presupposto della sovranit� del Territorio, ha manifestato la sua, precisa volont� di amministrare senza estendere a tale Territorio la propria sovranit�, bensi con 1'esercit_are la sovranit� del popolo'somalo in nome dello. stesso. Comunque, aggiungono le ricorrenti, il problema centrale non � quello della spettanza della sovranit�, bensi l'altro della distinzione tra l'ordinamento giuridico somalo e quello italiano. E poich� l'ordinanza n. 3 del 21 marzo 19�52 dell'Amministratore dell'AFIS, avente l? scopo di disciplinare determinati rapporti giuridici di natura territoriale in Somalia in base ai principi dell'Accordo di tutela, fa parte della legislazione somala, qualunque questione relativa all'emanazione ed applicazione di ~ssa dev'essere portata dinanzi alla competente giurisdizione somala, non �dinnanzi all'autorit� giudiziaria italiana od al coHegfo a.rbitrale operante nell'ordinamento italiano, le cui competenze non sono state mai richiamate da disposizioni dell'Amministrazione fiduciaria della Somalia. Tale distinzione degli ordinamenti non � venuta meno per il un'1attivit� jure imperii delil'esercente i poteri di sovranit� di un'ordina mento straniero, che � stata emessa nei confronti dell'AFIS e, solo di ri flesso e condizionatamente, delle Amm�nistrazioni italiane. La pronuncia nei confronti delle Amministrazioni � accessoria, subor dinata, riflessa rispetto alla pronuncia nei confronti deWAFIS', naturale e principale parte in causa (secondo la do:rp.anda attrice) in un giudizio arbi trale basato su di un (preteso) rapporto concessionario in cui autorit� concedente (sempre secondo la tesi attrice) era l'AFIS e avente ad oggetto una attivit� (asseritamente) illecita dell'AFlS. ~on pu� pertanto dubitarsi �che il lodo ar.bitrale, che era 1radicalmente e irrimediabilmente viziato per assoluto difetto di giurisdizione ne:i confronti dell'AFIS, lo era anche per quanto attiene alla pronuncia, meramente riflessa, nei confronti delle Amministll'azioni che presupponeva ed era c�n dizionata dalla cognizione delil'attivit� jure imperii dell'AFIS. il appena il caso di aggiungere, d'altra parte, che la natura unitaria e inscindibile della pronuncia arbitrale fa s�, che in �ogni caso, il difetto di giurisdizione lllet confronti delJ.'AFIS travolge irrimediabilmente l'inte ro lodo. �Ne consegue che la sentenza della Corte d'Appello che non ha ricono sciuto il difetto di giurisdizione della pronuncia arbitrale �, a sua volta, insanabilmente viziata per violazione delle norme e dei principi sopra indicati. Resta da aggiunger~ qualche considerazione :per quanto concerne iJ preteso terzo criterio di collegamento che -a dire del nostro contraddit tore -radicherebbe la giurisdizione italiana anche ammettendo la riferi..r bilit� degli atti dell'AFIS all'ordinamento somalo e non a 'quello italiano. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 283 fatto che organi dello. Stato italiano hanno svolto attivit� per l'orgifuizzazione e la realizzazione dell'amministrazione fiduciaria, dato che in tale loro azione detti organi non hanno operato per contribuire alla attuazione dell'ordinamento giuridico italiano. per il popolo italiano. ma per dar vita ad un ordinamento nell'interesse esclusivo del popolo somalo, ordinamento avente propri organi giurisdizionali. Di conseguenza, un atto posto in essere dall'Amministratore per la Somalia in applicazione dei principi costituzionali vigenti in tale territorio, nell'interesse del PO!P,Olo somalo �e, per di pi�, nell'esercizio delil'attivdt� legislativa,, non pu� essere sot~ratto alla competenza delle autorit� giudiziarie stabilite dall'ordinamento della Somalia, quanto meno a partire dall'entrata in vi_gore dell'ordinamento giudiziario della Somalia (ord. n. 5 del 2 febbraio 1956), con tale ordinanza era attribuita a1la giurisdizione esclusiva della Corte di Gh~stizia la competenza in materia di concessioni anllninistrative: competenza esclusiva che comportava la non deferibilit� ad arbitri delle materie in essa rientranti. Criticando, infine, sulla base delle considerazioni suddette. l'affermazione della Corte d'Appello secondo cui i collegamenti esistenti tra l'ordinamento giuridico itali�no e quello per la. Somalia comportavano una stretta dipendenza di quest'ultimo dall'ordinamento italiano, le ricor- Tale criterio di coll�gamento viene indicato nella .pretesa natura del1' AFIS di organo italiano.� �In proposito dobbiamo� rilevare, anzitutto, che l'affermazione pi� volte (e compiaciutamente) ripetuta dail nostro contraddittore (cfr. pp. 24, 28 32 e 43 del controricorso) iSecondo cui noi avremmo mutato (sic!) la nostra opinione circa la natura dell'AFIS riconoscendolo quale prgano dello Stato italiano, � del tutto inesatta, in quanto, come abbiamo sempre sostenuto l'AFIS � organo dell'ardinamento somalo, anche se di nonrlrna italiana. Ci� posto � da aggiungere al :fine che qui interessa, che l'AFIS � stato evocato in giudizio quale autpre di atti compiuti carne organo dell'ord,inamento somalo e che quindi nessun elemento potrebbe ricavarsi dalla nazionalit� italiana o dalla nomina italiana dell'Amministratore fiduciario per individuare un criterio di �ollegamento con la giurisdizione italiana, che �, invece, da escludersi in radice per tutte le ragioni che abbiamo :fin qui esposte. Ragionando diversamente si dovrebbe conclude.re -come abbiamo gi� visto -che per il solo fatto del!la .cittadinanza italiana del titolare di un <mgano della CEE sussisterebbe la giurisdizione del nostro Stato intorno ai provvedimeriti comunitari emanati da un tale organo, e riteniamo che il nostro contraddittore non contester� l'assurdit� di tale, .pur conseguente e ineliminabile corollario della tesi ,sopra confutata. II) Poich� al momento della proposizione della domanda di arbitrato, il regime dei distretti cotonieri e delle conseguenti concessioni costituito dall'amministi-aZion� coloniade italiana era venuta meno per effetto della perdita delta sovranit� italiana sulla Somalia e �comunque, a tutto concedere, per lo meno per effetto dell'emanazione dell'aroinanza n. 3 del 1952 ~ con cui l'AFIS aveva posto in essere un nuovo sistema di coltivaziooe del RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 284 renti richiamano il diverso orientamento espresso dalla Corte "<li'Cassazione nella sentenza a Sezioni Unite n. 2'959 del 22 dicembre 1964. Queste tesi, svolte, nel primo motivo di ricorso, trovano uno sviluppo �conseguenziale nel terzo motivo, con il quale le ricorrenti denunziano il difetto assoluto di giurisdizione di qualsiasi autorit� giudiziaria italiana, relativamente all'impugnativa dell'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952 della AFIS (volazione degli artt. 134, 137 della Costituzione e dell'art. 23 legge 11 marzo 19�53., n. 8'7), in quanto tale ordinanza aveva natura di legge e non era sindacabile in via diretta e principale da alcun giudice italiano. Data questa sua natura, l'ordinanza ben poteva disporre anche dei diritti quesiti da privati e disciplinare diversamente i rapporti gi� esistenti: com'� avvenuto nella: fattispecie, con la conseguenza della cadu-. cazione (ben diversa dalla revoca) della concessione della SAICES. L'argomentazione della Corte d'Appello che tale ente non avrebbe impugnato l'ordinanza ma proposto una certa interpretazione della. medesima, a parere delle ricorrenti, � contraria alla realt� processuale, risultando dalla sostanza dei quesiti proiposti agli arbitri �che .fl loro giudizio doveva cotone, i titolari di concessioni rilasciate dalla �Precedente Amministrazione Coloniale non aveviano ailcuna posizione sostaintiva di diritto soggettivo nei confronti dell'AFIS o di chicchessia relativamente ad un rapporto giuridico travolto dagli eventi �sopra menzionati e non pi� riconosciuto nell'or~i-' namento�, soma:lo (n�, ancor meno, e comunque di riflesso, dall'or.dinamento itailiano). Le consideraziO!tli che abbiamo gi� svolte nella trattazione preliminare delle questioni controverse� consentono di ritenere dimostrate le singole articolazioni di questo secondo aspetto del .primo motivo di ricorso. , In particolare nella trattazione relativa alla vicenda della concessione (supra, II sub b) riteniamo di aver dimostvato che i decreti dell'ammini strazfone coloniale italiana che suddividevano H territorio somalo indistretti cotonieri, che costituivano il distretto del Basso Giuba e che assentivano tale distretto in concessione alla SAICES restarono travolti .con la per dita della sovranit� italiana in Somalia. Resta solo da aggiungere che -in ogni caso -non pu� dubitarsi che all'atto dell'assunzione da pal'te dell'AFIS dell'esercizio dei poteri di sovranit� nel territorio somalo, la precedente disciplina della coltivazione del cotone e dei distretti cotonieri e le precedenti con�essioni non vennero riconosciute (cfr. in proposito la parte narrativa del lodo arbitrale: pp. 16 22, specialmente da p. 18). Comunque, qualunque possibile contestazione non pu� non cadere per lomeno rper il periodo successivo all'entrata in vigore dell'ordinanza n. 3 del 21 marzo 1952 dell'AFIS. Con questa ordinanza, di carattere legislativo, fu data una .disciplina affatto nuova detla coltivazione del cotone nel territorio somalo creando un sistema del tutto incompatibile e in contrasto con quello a suo tempo isti tuito dalla precedente amministrazione coloniale italiana. Abbiamo gi� riportato il testo della iprotesta immediatamente (26 marzo ,; PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 285 investire in particolare l'illegittimit� dell'ordinanza legislativa suddetta. Le censure soprariferite� sono in buona parte fondate. Pu� condividersi l'affermazione che non interessa puntualizzare a chi, nella concreta disciplina dell'amministrazione fiduciaria dell'Italia in Somalia, sia spettata la sovranit� sul territorio somalo. Tuttavia il giudice 'che non deve proporsi ricerche di linee dogmatiche assolute in una materia che la stessa dottrina dichiara ampiame\lte opinabile, pu� limitarsi a constatare che nell'alleg�ato all'Accordo di amministrazione fiduciaria in S�malia � esplicitamente detto (art. 1) che e la sovranit� del Territorio appartiene alla popolazione di questo e sar� esercitata, in suo nome e alle condizio.ni qui di seguito esposte, da parte della Autorit� che la decisione delle Nazioni Uriite ha incaricato dell'amministrazione �. ' Dal quale concetto si ricava che i soggetti dell'Accordo concepirono la sovranit� come attributo del Popolo :Somailo, esercitato in concreto dalla Repubblica Italiana: nell'intento di sottolineare che il regime iniernazionale di amministrazione fiduciaria doveva ritenersi fondato� sul concetto che i diritti degli abitanti del Territorio erano insopprimibili e dovevano essere garantiti come limite dei poteri dell'Autorit� amministratrice, da questa liberamente riconosciuto pi� che accettato, e che i poteri stessi concessi a detta Autorit� avevano lo scopo di accelerare ilprocesso 1952) elevata. dalla SAICES all'AFIS (riporitata nella narrativa del lodo: pagg. 24 e seguenti). In tale protesta sono molto efficacemente illustrate le ragioni che dimostrano che l'ordinanza n. 3 del 1952 ha instaurato un sistema che presuppone la soppressione del precedente ordinamento costituito dall'Amministrazione coloniale con la caducazione dei rapporti .pubblicistici connessi a quell'ordinamento. Tali considerazioni, provenienti da avversa parte, non sono contestabili e dimostrano che, quanto meno dopo l'entrata in vigore della ordinanza n. 3 del 1952, era restato abrogato il r.d. 7 gennaio 1938 e tutti i provvedimenti a tale decreto connessi, ivi, compresi il d.m. di concessione con l'acclusa convenzione. � In tali condizioni� � evidente che ai titolari di antiche concessioni derivanti da atti della precedente amministrazione coloniale, almeno dopo l'entrata in vigore dell'ordinanza n. 3 del 1952 dell'AFIS, non era riconosciuto dall'ordinamento alcuna posizione giuridica di diritto soggettivo tutelata o tutelabile dinanzi all'autorit� giudiziaria� (e, conseguentemente, dinanzi a Collegi Arbitrali). Ne ,consegue l'assoluto difetto di giurisdizione dell'A.G.O. e degli m-bitri a conoscere di una posizione non riconosciJUta dall'ordinamento e pertanto sottratta alla giurisdizione che �presuppone -ovviamente -almeno l'astratta configurabilit� nella posizione fatta valere in giudizio di un diritto soggettivo (cfr. infra n. 31). Vero � che nel lodo arbitrale si sostiene che l'ordinanza AFIS n. 3 del 1952 avrebbe avuto efficacia solo per il futuro e non avrebbe inteso modificare le. concessioni gi� assentite dall'amministrazione coloniale e ancora �� in vigore. � 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di indipendenza del Popolo somalo, che gi� presentava strutture sociali e giuridiche di governo civile. Assume invece interesse primario la constatazione che, fin dal primo assetto della Somalia come colonia italiana. per tale territorio fl.1.! dall'Ita lia costituito un ordinamento apposito, con un particolare statuto per soriale dei soggetti, specificato in considerazione anche delle diverse re ligioni professate dagli stessi e con la costituzione di appositi organi giu diziari. Il che del resto � connotato comune e generico del diritto colo~ niale, ch'� rivolto appunto a costituire un ordinamento particolare :Per ciascun territorio coloniale, con carattere di autonomia e dli completezza organica, si �di& consentire anche il ricorso ai procedimenti di analogia : ordinamento distinto da quello metropolitano, pel'lch� relativo ciascuno a rapporti distinti1 e particolari e basato su concessioni costituzionali pro prie,, ma entrambl compresi nell'ordinamento gener:ale, quanto alle fun zioni essenziaJ.i e proprie, dello Stato metropolitano. L'ordinamento coloniale per la Somalia, gi� tempo prima dell'ultimo conflitto bellico, s'era evoluto in aderenza ai principi di civilt� e di progresso sociale osservati dall'Italia, con l'adozione del criterio di otte nere e sviluppare la collab�razione indigena nelle attivit� sociali, econo- Ma una interpretazione siffatta dell'ordinanza � manifestamente erro nea e contraria alla realt� giuridica e storica. Nel richia:rilatci a tutte le considerazioni svolte nei precedenti scritti per dimostrm:-e l'incompatibilit� della nuova disciplina emanata dall'AFIS con il precedente sistema costituito dall'amministrazione coloniale; nel richiamare le considerazioni della stessa SAICES che tale incompatibilit� chiaramente conclamano, non possiamo non rilevare che la semplice lettura dell'ordinanza dimostra all'evidenza che il nuovo sistema non poteva coesi. stere con quello �precedente e ne preSUJpponeva l'avvenuta soppressione. E come avrebbe potuto trovare applicazione la nuova disciplina se si foss~o dovuti considerare ancora in vigor�e e rispettare le precedenti con cessioni conferite dall'amministrazione coloniale? La verit� � che l'intero sistema di coltivazione del cotone stabilito dall'amministrazione coloniale, e con esso le concessioni rilasciate nel qua dro di quella disci.piria, erano gi� venute meno al cessare della sovranit� italiana, non erano mai state riconosciute dall'AFIS e, in ogni caso, sono da considerarsi soppresse per lo meno dall'entrata dn vigore dell'ordi~ nanza n. 3. E a ben gui.-dare lo stesso Collegio arbitrale, seppure afferma che l'ordinanza n. 3 del 1952 non poteva incidere sulle concessioni gi� assen tite (si, ma dall'amministrazione coloniale!), basa tale affermazione non tanto su una esegesi del testo, legislativo quanto su considerazioni mera mente deOIIltologiche, nel senso che si rileva che, ove l'ordinanza avesse compresso dei diritti dei concessionari, sarebbe stato necessario prevedere una indennit� a norma delle disposizioni costituzionali del territorio somalo e che non essendo nell'ordinanza prevista alcuna indennit� era da ritenere che non fossero state modificate le situazioni giuridiche esistenti. ~ Ma adducere inconveniens non est solvere argomentum e l'eventuale PARTE I, SEZ. II,. GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 287 miche e di governo: conseguendo cosi un carattere pi� accentuato di particolarit�. Dopo il transitorio periodo di stasi coincidente con l'amministrazione della Gran Bretagna quale Potenza occupante, nel 1950, restituiti all'Italia i poteri di amministrazione, il processo di completamento dello ordinamento giuridko somalo riprese e si acceler�, in base agli accordi internazionali di amministrazione fiduciaria, nella previsione della prossima costituzione del Territorio somalo in Stato indipendente, per l'impegno assunto dall'Italia di incoraggiare lo sviluppo di istituzioni politiche libere e di favorire l'evoluzione verso l'indipendenza del popolo somalo. Tale obbligo l'Italia adempi perfino con anticipo sui tempi previsti dall'accordo. L'Amministratore, infatti, ben presto si avvalse della facolt� di .costituire il C~nsiglio territoriale P<::r l'esercizio del potere legislativo, consiglio da lui nominato ma su designazioni a ba.se elettiva. La particolarit� dell'ordinamento giuridico somalo per q�anto at~eneva alla funzione legislativa fu messa in rilievo dalla circostanza che la funzione stessa era esercitata mediante atti dell'Amministratore, esclusa la vigenza automatica nel territorio �somalo delle leggi promulgate in Italia. Nel 1956, poi il Consiglio territoriale fu trasformato in Assemblea -contrasto dell'ordinanza Legislativa rigpetto alle disposizioni costituzionali somale non pu� costituire argomento esegetico al fine di mutare arbitra riamente il tenore e la portata dell'ordinanza legislativa .giungendo a negare il carattere profondamente innovativo del provvedimento. Si consideri, infine, lqst, not least!, che i �provvedimenti adottati dal 1'AFlS, a seguito e in forza dell.'oroinanza dimostrano quale fosse la portata del provvedimento nella mente della stessa autordt� che, con poteri legi slativi, aveva emanato l'oroinanza. Una tale considerazione appare veramente conclusiva se si pensa che essa si basa, in sostanza, su una interpretazione proveniente dallo stesso legislatore e che solo per evidente preteirmissjone dei criterd ermeneutici pi� elementari, ha potuto essere trascurata da un Collegio arbitrale che. si � arrogato il potere di contestare lo stesso or~ano legiferante di un ordinamento straniero. � . Possiamo pertanto concludere �che qualunque rapporto concessorio della precedente amministrazione coloniale sarebbe, in ogni caso, venuto meno per effetto della nuova disciplina delle coltivazioni del cotone instaurata dalla ordinanza n. 3 del 1952 avente valore legislativo nell'ordinamento somalo. Se ora, dopo quanto detto, teniamo conto che oggetto della domanda arbitrale e, oggetto della pronuncia arbitrale fu l'attivit� posta in essere dall'AFIS dopo ea seguito dell'ordinanza (1), si potr� ben concludere che. -a quel momento -nessun rapporto concessorio esisteva, nessuna posi7 zione giuridica era assicurata dall'ordinamento somalo (,e tanto meno dal l'ordinamento italiano) ai titolari di concessioni assentite dalla pr�cedente amministrazione coloniale e pertanto mancava il presupposto primo del l'esercizio dei poteri giurisdizionali: una posizione di vantaggio ricono sciuta, in astratto, dall'ordinamento. RASSEGNA DEL~'AVVOCATURA DELLO STATO 288 legislativa eletta a suffragio universale maschile, con il potere�i appro� vare leggi, che venivano poi sanzionate dall'Amministratore. . Per l'esercizio della funzione giurisdizionale, in base alle direttive stabilite nell'art. 7 dell'Accordo di tutela e nell'a�rt. 7 dell'allegato, il decreto del Presidente della Repubblica 9 dicembre 195�2, n.2:35'7, dispose (art. 14) che dovesse costituirsi un Ordinamento giudiziario della Somalia, con ordinanza dell'Amministratore, in armonia con i principi stabiliti nell'art. 7 della Dichiarazione annessa all'Accordo di tutela, stabilendo le linee fondamentali del nuovo ordinamento. In proposito I'Amminist �ratore gi� aveva disposto con ordinanza 1�2 aprile 1950, stabilendo un particolare ordine di competenze giurisdizionali, modificando p~i con l'ordinanza n. 5 del 2 febbraio 1956, emessa in attuazione dell'ordine contenuto nel cennato decreto P. R., che istitui. un nuovo, completo ordinamento giudiziario, anch'esso basato sul cr.iterio della giustizia differenziale (Cadi e Tribunale di Cadi per i musulmani, Giudice. regionale, Giudice d'appello, Corte d'assise, Corte d'assise <U appello, Corte di giustizia); ed alla Corte di giustizia, posta al vertice dell'ordine giudiziario, con giurisdizione su tutto il territorio somalo, furono assegnate competenze in buona p�rte rispondenti a quelle che nell'ordinamento italiano sono distinte competenze della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, della Corte di Cassazione. Invero, �come � fermo insegnam�nto di codesta Corte Regolatrice, in tanto sussiste il potere di giurisdizione dell'A.G. in quanto l'attore faccia valer.e in giudizio una posizione alla quale -almeno in astratto -l'Ordinamento !l"icolleghi la configurabilit� di un diritto soggettivo tutelabile dinnanzi all'A.G. (cfr. Corte di Ca:ss., Sez. Un., 12 -gennaio 1966, n. 207 -Pres. Scaripelli, Est. Tam.burrino. Finanze -SAIM, in Rass. Avvocatura Stato, 1966, I, 56 eon nota di CONTI). Nella specie, a '.seguito della perdita della sovranit� sul .territorio so malo, il rapporto di �concessione del distretto ��cotoniero del Basso Giuba rest� sottratto a qualunque ingerenza del nostro Stato e ai titolari di con cessfone� assentite dalla precedente amministrazione eoloniale non pu� spettare nel nostro ordinamento alcuna posizione di vantaggio tutelabile in vda giurisdizionale rispetto al predetto rapporto concessorio che pu� essere ormai valutato solo nel quadro dell'ordinamento somalo. Una tale situazione, di assenza radicale di una posizione tutelabile, configura, come �si � detto un caso tipico di difetto assoluto di giurisdizione e, pertanto, il lodo arbitrale, che ha pronunciato in una tale situazione � viziato, :per l'appunto,� per difetto idi giurdsdizione (nell'A.G.O. e negli arbitri) e la sentenza della �orte di App~llo -che tale nullit� non ha rile vato �, a .sua volta, inficiata dai vizi denunciati in rubrica e dow� essere cassata>. G. ZAGARI (1) e Soltanto a seguito di tale ordinanza (la n. 3 del 1952) e non prima, ad avviso del Collegio, l'Amministr�zione italia:iyi della Somalia �pose in essere "'8.tti costituenti lesione dei diritti soggettivi della SAICES > (lodo arbitrale, p. 89). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISD.lZIONE 289 L'ordinamento giuridico c:iella Somalia, infine, consegui completezza di strutture autonome e particolari con la istituzione del Governo della Somalia (195�6), costituito da Primo Ministro, che proponeva la nomina degli altri Ministri e con l'ordinamento delle amministrazioni municipali del territorio. Da questo sviluppo del processo di autonomia dell'ordinamento giuridico somalo rispetto a quello dell'Italia si recava che fin dai primi tempi dell'Amministrazione fiduciaria italiana in Somalia i due ordinamenti erano perfettamente differenziati e che il punto di interferenza rappresentato dall'ufficio dell'Amministrazione che nominato dall'Italia ed organo dell'Amministrazione italiana, pr�siec:ieva l'esercizio dei poteri pubblici in Somalia, s'era andato via via riducendo, avendo l'Amministratore a poco a poco dismesso (come doveva fare) gli ampi poteri iniziali, per mantenere solo funzioni di controllo, di sviluppo e di perfezionamento, di guida �e di consiglio rispetto agli organi propri dell'autonomo ordinam~nto giuridtco somalo: sicch� si giustifica l'afferma-� ziione, fatta da autorevole dottrina, 1che gi� nel 1955-56 costituzionalmente l'ordinamento somalo si presentava .separato da quello italiano, con carattere di ordinamento estero rispetto a quest'ultimo e diventavano pi� accentuati i problemi di '.collocazione degli atti giuridici nel~ l'uno e nell'altro ordinamento, ai fini della determinazione della disciplina appUcabile, anche agli effetti della giurisdizione. Se tutto ci� �avesse ponderatamente considerato, la Corte d'Appello non avrebbe potuto -come ha fatto nell'impugnat.a sentenza -centrare il ragionamento sui collegamenti tra i due ordinamenti, invece che sulla distinzione tra essi, di natura in certo senso istituzionale e tipica, accentuata dalle influenze delle situazioni di diritto internazionale esposte innanzi; e non avrebbe avuto motivo, di conseguenza, per criticare il rag.ionamento svolto nella sentenza di queste Sezioni Unite n. 2954 del 22� dicembre 1964, �che, sul fondamento della distinzione tra i due ordinamenti, �stabili spettare agli organi giurisdizionali della Somalia la competenza a conoscere della denunzia di illegittimit� di un provvedimento preso nel 1959 dall'Amministratore in Somalia .e relativo ad un rapporto di lavoro costituito dall'Amministrazione-fiduciaria ma per esigenze.amniinisreative del territorio somalo. Sentenza, questa ora detta; solo apparentemente in contrasto, nella formulazione delle massime giuriSJPrudenziali, con la precedente decisione, pure a Sezioni Unite, n. 2912 del 10 agosto 1954, con la qu.ale fu risolta la questione, profondamente �dive~ sa �e particolare, se l'Aillllliinistratore in Somalia potesse, con propria ordinanza legislativa, investire organi giudiziari italiani della competenza a �conoscere sugli appelli proposti contro sentenze pronunciate in Somalia e si dovettero quindi �esaminare :i poteri dell'Amministratore nelle relazio, ni non con organi propri d'el territorio somalo ma con quelli dell'ordinamento della Repubblica Italiana, dei quali venivano ampliati i compiti: 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sicch� venne ,in considerazione proprio l'appartenenza dell'Amministratore .all'uno ed all'altro ordinamento, come di connessione fra essi. Posto tutto �Ci�, pu� essere a'VViato a soluzione il problema delila giurisdizione in ordine alla controversia in esame, nella quale vengono .in considerazione il rapporto di concesSione amministrativa, del tipo concessione- contratto, e le situazioni giuridiche con tale atto costituite, relative, per�, ad utilizzazione particolare di detern�nate risorse economiche del territorio somalo, sul presupposto ed a mezz'o di vincoli autoritativamente imposti agli indigeni di detto territorio interessati in tale ramo di attivit�, vincoli disposti mediante provvedimenti normativi. Se' � vero, infatti, che tutte le concessioni, ed in particolare le concessioni- contratto, creano diritti �soggettivi a favore dei concessionari, ai quali esse attribuiscono facolt� concernenti l'utilizzazione dei beni pubblici o la gestione dei servizi, � vero del pari che l'autorit� concedente, a mezzo della concessione, tende a realizzare un concreto interesse pubblico, come tale tutelato nell'ambito dell'ordinamento giuridico positivo nel quale si colloca la concessione e nel quale opera l'autorit� conce 1 dente: interesse pubblico concreto �Che � fattore causale della concessione, sicch� questa non pu� mai essere in contrasto con !'.interesse per la realizzazione del quale fu disposta. In questa prospettiva di carattere generale, non pare dubbio che la concessione per cui � causa, disposta in applicazione del r.d. 7 gennaio 1938, disciplinante l'istituzione di distretti cotonieri nell'Africa Orientale lti:i.liana ed emanato in virt� della legge 11 .gennaio 19�37, n. 28'5, sull'qrdinamento e l'amministrazione dell'A.0.1., decreto dettato dalla considerazione � -espressa nel preambolo -che la cotonicoltura era destinata ad assumere una grande importanza nei territori delle colonie dell'A.O.I., sicch� conveniva diffondere tale coltura, valendosi anche degli agricoltori indigeni, non par dubbio, si ripete, che la concessione della SAICES si sia posta fin dall'inizio come atto "destinato ad operare nell'ordinamento giuridico particolare dell� colonia somala, appositamente istituito dallo Stato itali.ano per detto territorio. Consegue, quanto ai profili relativi alla giurisdizione, che fattori di collegamento possono essere ravvisati sia con la giurisdizione italiana, sia con quella dell'ordinamento somalo: con la prima per quanto attiene ai rapporti tra Amministrazione concedente e societ� concessionaria, en trambi soggetti giuridici dell'ordinamento italiano, limitatamente alle controversie sorte dalla concessione -sulla base di una convenzione stipulata in Italia -che non toccassero l'esercizio dei poteri pubblici dell'Amministrazione; con la seconda, oltre che per i rapporti tra con cedente, concessionaria e persone del territorio coloniale i;tssoggettate ai poteri di quest'ultima, conferitile per l'attuazione del rapporto di con cessione, �anche per le controversie tra Amministrazione concedente !l societ� concessionaria, che riguardassero la concreta esplicazione dei po PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU .QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 291 teri pubblici, realizzati con la concessione, nel territorio della colonia, in applicazione di norme proprie dell'ordinamento giuridico coloniale: e ci� per la naturale, intrinseca aderenza della funzione giurisdizionale al concreto ordinamento giuridico, rivolta, com'�, a determinare la volont� di legge specificamente applicabile al caso particolare, anche nei confronti dell'azione amministrativa dell'Autorit� pubblica. Pu� ritenersi che questa pluralit� di fattori di collegamento giurisdizionale sia rimasta anche dopo che, sia per effetto della diversa posizione �ssunta dall'Italia, con lAccordo di amministrazione fiduciaria, rispetto al territorio dell'ex colonia, sia in considerazione degli specifici principi costituzionali, prestabiliti per l'esercizio dei poteri pubblici quale Potenza Amministratrice, vincolanti per l'Italia sul piano internazionale e da essa rigorosamente rispettati, sia in conseguenza della concreta attuazione dell'impegno di amministrazione fiduciaria, in Somalia � stata costituita una struttura statale completa, �Organica, distinta da� quella dello Stato amministratore, con un proprio ordinamento giudiziario, tanto particolare ed autonomo rispetto all'ordinamento giudiziario italiano, da imporre che gli atti dei giudici somali dovessero essere considerati atti esteri ai fini della loro effioacia. in Italia. Tale permanenza di fattori di collegamento pu� ritenersi, perch� l'autonomia dell'ordinamento giuridico somalo, stabilita dallo Stato italiano in virt� del suo potere di sovranit� e poi nell'esercizio dei poteri di Potenza amministratice del Territorio somalo, non comporta certo l'esclusivit� della giurisdizione somala e la rinuncia dell'Italia all'esercizio della giurisdizione concorrente �sulla propria Amministrazione nei rapporti con cittadini e con enti italiani, che possano essere di competenza della giurisdizione ordinaria in vista dei normali criteri di collegamento. Se, dunque, la questione di giurisdizione si ponesse in modo relativo, con riguardo cio� al giudice che potesse conoscere della domanda in s� proponibile, dovrebbe affermarsi la giurisdizione del .giudice italiano, quanto meno per le controversie attinenti agli aspetti privatistici del rapporto di concessione e di conseguenza la competenza arbitrale. Ma a questo l'indagine va estesa alla censura contenuta nel terzo motivo del ricorso principale, secondo cui la controversia sottoposta al giudizio degli arbitri investiva direttamente l'uso dei poteri statali nel territorio somalo, in particolare l'esercizio della funzione legi.slativa, da parte dell'amministratore italiano in Somalia, eserdzio che la societ� attrice qualificava illegittimo nella forma e nella sostanza e nei suoi riguardi, illecito. All'uopo giova riportare la testuale formulazione dei primi tre que siti posti agli arbitri: 1) Dicano gli arbitri se l'Amministrazione italiana, accordando licenze ai sensi dell'ordinanza n. 3 in data 21 marzo 1952, valevoli per , il distretto del Basso Giuba, non abbia violato i diritti assicurati alla 292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO SAICES con la convenzione 1 � dicembre 1938 e con il d.m. di pari data, rimasti operanti non ostante� l'ordinanza stessa, procedendo implicitamente alla revoca della concessione. 2) Subordinatamente alla reiezione del quesito precedente, dicano gli arbitri se l'ordinanza n. 3 sia stata emanata nelle forme e con la procedura prescritta e se, comunque, essa, volendo incidere su diritti quesiti, poteva sacrificarli senza il corrispondente indennizzo. 3) Nell'una e .nell'altra ipotesi affermino gli arbitri il dovere dell'Amministrazione di risarcire i danni sub�ti dalla SAICES, provvedendo alla relativa liquidazione. � appena il caso di chiarire che lAmministrazione italiana di cui si parla nei quesiti � e.sclusivamente lAmministrazione fiduciaria italiana in Somalia e che l'ordinanza richiamata ha natu~a di provvedimento legislativo (come le parti concordemente riconoscono), essenda stata emanata dall'Amministratore � ritenuta la necessit� di emanare nuov.e norme dirette a disciplinare nel Territorio le attivit� relative alla produzione, alla lavorazione ed alla vendita del cotone .,,, nell'esercizio cio� della f:unzione legisla,tiva, che lAllegato all'Accordo di amministrazione fiduciaria, attribuiva all'Amministratore. Nel preambolo della cennata ordinanza ;n. 3 del 1952 veniva spiegato che la nuova disciplina �tendeva ad eliminare gli inconvenienti dscontrati I I ~1 nelle precedenti campagne cotoniere e ad attuare i principi e le finalit� dell'Accordo di tutela in aderenza alle condizioni ed alla nuova situazione de~ Territorio, il che richiedeva necessariamente doversi dichiarare nulle tutte le dispqsizioni che non rispondevano a tale necessit�. In effetti, l'art. 34 dell'ordin,anza dichiarava abrogate le norme e disposizioni in I contrasto o non aderenti a quelle contenute nell'ordinanza medesima. ~ � apprezzamento pacifico, sia delle parti, sia degli arbitri, sia della I Corte d'Appello che la disciplina della coltivazione, lavorazione e vendita I I del cotone, introdotta con l'ordinanza in .esame, fosse incompatibile ril spetto a quella .~tabilita con i regi decreti del 1937 e 1938 ed alla stregua della quale era stata disposta la concessione alla SAICES; la vecchia disciplina era ispirata a criteri monopolistici, mentre l'ordinanza del 1952 intese adeguarsi alle prescrizioni fatte nell'Accordo di ammini strazione fiduciaria, secondo cui le attivit� di carattere economico do vevano essere consentite per tutti coloro . che fossero in possesso dei requisiti morali, tecnici e finanziari per contribuire al progresso econo mico del Territorio. Ritornando, dopo questi chiarimenti, all'esame dei quesiti proposti agli arbitri, evidente risalta il carattere particolare ed autonomo della domanda relativa alla declaratoria di incostituzionalit� dell'ordinanza n. 3 del 19152, che costituisce il contenuto unico del secondo quesito. Tale autonomia del quesito appare essere non semplice'�nente formal~ ma rispondente ad un'acuta impostazione della controversia, nella pro PARTE I, SEZ�. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 spettazione che la dichiarazione di incostituzionalit� della disciplina normativa della cotonicoltura, introdotta con la cennata ordinanza, potesse essere portata ad effetti diversi, maggiori. e pi� pertinenti rispetto a quello, tanto problematico da apparire addirittura pretestuoso, del risarcimento del danno, indicato nel terzo quesito. Ottenuta nei confronti dell'Autorit� investita dell'Amministrazione fiduciaria in Somalia, la dichiarazione di incostituzionalit� della normativa, disposta ed applicata dall'Autorit� stessa, avrebbe importato l'obbligo dell'Amministrazione di annullare le licenze rilasciate ai sensi dell'ordinanza incostituzionale e di adeguare la sua azione amministrativa all'ordinamento preesistente alla pubblicazione dell'ordinanza medesima: il che poi era il vero scopo perseguito dalla SAICES. Giova a questo punto ricordare che la societ� attrice aveva pi� volte dedotto,.nei suoi scritti difensivi che esso � contro l'ordinanza aveva elevato subito protesta� con raccomandata 26 marzo 1952, denunciando che con tale provvedimento era stato implicitamente abrogato il r.d. 7 gennaio 1938, ma che ci� non poteva avere influenza sulla validit� del decreto ministeriale 1� dicembre 1938 e della convenzione di pari data, perch� le obbligazioni reciproche con tali atti costituite tra la SAICES e I'Amministrazione non potevano essere risolte dalla volont� unilaterale dell'Amministrazione, a meno che quest'ultima non fosse idisiposta ad indennizzare la societ� per i danni arrecatile con detta unilaterale determinazione. Questa tesi si ritrova sostanzialmente ripetuta nei primi tre quesiti agli arbitri, riportati innanzi, e. perci� la realt� della contestazone risulta imperniata sulla pretesa della SAICES che I'Amministrazione fiduciaria in Somalia neppure a mezzo dell'esercizio del potere legislativo e :per la necessit� di valutare gli interessi collettivi della popolazione somala �alla stregua dei (nuovi) principi stabiliti nell'Accordo di tutela potesse togliere efficacia alla vecchia concessione del 1938, ma questa dovesse rispettare fino alla scadenza, incorrendo altrimenti nella responsabilit� per danni. Senza entrare nel merito di questa pretesa, i cui eccessi pur tanto palesi sono sfuggiti agli arbitri, � sufficiente l'enunciazione d:i.essa per puntualizzare che la SAICES contestava anzitutto, in via diretta,'-I'esercizio del potere legislativo attuato con la pubblicazione dell'ordinanza, ritenuto fatto antigiuridico, eliminabile con la necessaria dichiarazione di incostituzionalit� e con il conseguenziale ripristino dell'ordinamento giuridico precedente, sia pure limitatamente alla disciplina del rapporto di connessione tra l'Amministrazione e la SAICES. A .velare questa concreta realt� di tutela giuridica richiesta, non vale l'accorgimento tecnico della subordinazione del secondo quesito al primo, nel quale il fatto lesivo era indicato nella applicazione che l'Amministrazione aveva dato all'ordinanza anche al territorio del Basso Giuba, nel quale doveva mantenere efficacia la concessione fatta alla SAICES nel 1938. Anzitutto la subordinazione � meramente formale, data la rilevata portata �autonoma della domanda contenuta nel secondo 294 � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quesito, in effetti semplicemente coordinata a quella proposta nel primo quesito e, come questa, diretta a far salva, sotto qualsiasi aspetto, la concessione della SAICES. In secondo luogo, dato il carattere pregiudiziale e la rilevabilit� anche di ufficio della questione dell'efficacia della legge, rispetto a quelle della sua interpretazione ed applicazione, il cennato accorgimento non vincolava gli arbitri, ten�ti anzitutto ad accertare che !"ordinanza legislativa fosse vincolante: tanto pi� che tale efficacia veniva contestata non solo per contrasto intrinseco con i principi costituzionali, ma anche per illegalit� del procedimento di formazione dell'ordinanza medesima (dicano .gli arbitri se l'ordinanza sia stata emanata nella forma e con la procedura prescritte). Del pari non vale a negare la cennata realt� della tutela pretesa dalla SAICES la considerazione che il Collegio �arbitrale ha deciso la controversia alla stregua del criterio che l'ordinanza non si applicasse al territorio del Basso Giuba, in presenza della concessione a favore della SAICES. La competenza degli arbitri non pu� essere valutata a posteriori, ai collegamenti ed all'ordine logico da essi ravvisati tra i quesiti stessi, m~ dev'essere stabilita in relazione alle domande come proposte, rispettata la sequenza risultante obbiettivamente dall'ordine logico delle questioni che l'arbitro debba anche di ufficio risolvere per provvedere sulle domande stesse. E nella specie la domanda proposta �co� �secondo quesito, mentre poneva una questione pregiudiziale a quella relativa all'interpretazione ed applicazione dell'ordinanza, era autonoma, a s� stante, sia nella formu1a.zione letterale, sia nella considerazione finalistica della tutela giurisdizionale invocata : considerazione che fu espressa proprio dalla SAICES allorch�, nella memoria difensiva del 31 luglio 195�5, afferm� conclusivamente �che l'ordinanza, se ha voluto distruggere il distretto e porre nel nulla il contratto, � palesemente incostituzionale e quindi inapplicabile �. Del resto lo stesso Collegio arbitrale non. ha potuto esimersi dal l'affrontare la questione dell'efficaci~ dell'ordinanza legislativa, impu gnata dalla SAlCES. Ha affermato il Collegio 1che in effetti l'oirdinanza nel suo testo letterale poteva essere in contrasto con il principio costituzio nale, compreso tra quelli fissati per l'ordinamento somalo dall'Accordo di tutela, relativo all'esi~nza di garantire in modo particolare il diritto di propriet�; garanzia che gli arbitri hanno ritenuto doversi estendere ad ogni diritto patrimoniale, con la conseguenza di dichiarare che sarebbe stata incostituzionale l'ordinanza che avesse sacrificato le concessioni vigenti, senza indennizzo. Ma poi gli arbitri, con palese deviazione logica, invece di stabilire il contenuto obiettivo della ordinanza per confron tarlo con i precetti costituzionali, trassero dall'accennata incostituziona lit� di essa intesa nel suo significato letterale e logico l'argomento deci s~vo per dare dell'ordinanza un'interpretazione che la trasse fuori dal:. l'accusa di illegittimit� costituzionale; fu cosi che, nonostante il chiaro PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 preambolo esplicativo, nonostante la riconosciuta incompatibilit� della disciplina ,con essa introdotta rispetto a quella precedente, nonostante i principi" fondamentali diversi, anzi opposti, delle due normative, nonostante il non discutibile principio giur:isprudenziale e dottrinaJ.e sul punto che l'art. 11 delle disposizioni sulla le'gge in generale, per il quale le leggi non hanno effetto retroattivo, non pu� essere invocato quando una chiara ed esplicita disposizione di una nuova legge si sostituisce alla disposizione della legge precedente e toglie valore ai diritti che in base a questa possono essere conseguiti, gli arbitri affermarono che l'ordinanza non toccava le ,concessioni in corso, perch� l'osservanza del detto precetto costituzionale avrebbe imposto al legislatore l'esigenza di provvedere espressamente circa le concessioni vigenti, ove avesse voluto sopprimere i distretti cotonieri: sicch� la mancanza di espressa previsione stava �a significare che il legislatore non aveva voluto pregiudicare le concessioni in itinere. Questo Supremo Collegio non � chiamato a verificare la validit� giuridica e la conciudenza di questo singolare ragiona:r;n.ento degli arbitri. Ne fa quindi cenno solo per dimostrare che gli arbitri hanno avvertito -e non poteva essere diversamente data la loro alta qualificazione professionale -che la tutela chiesta dalla SAICES investiva anzitutto l'esercizio del potere legislativo quale fatto produttivo di pregiudizio giuridico per la detta societ� ma hanno ritenuto di superare la improponibilit� di. tale domanda, �energicamente eccepita dalla Amministrazione convenuta, con l'adozione di un ragionamento 'che potesse essere inteso rivolto a risolvere una questione di diritto relativo al merito (in un lodo dichiarato non impugnabile). Ristabilita la realt� processuale, si ricava che gli arbitri hanno su perato i limiti, oltre che della loro competenza, della stessa giurisdizione civile, che non pu�, negli ordinamenti giuridici fondati sui principi della divisione dei poteri per l'attuazione dello Stato di diritto, essere esplicata in via di�'etta e principale per accertare se una legge "sia stata emanata nelle forme e con la procedura prescritte e se, comunque, essa, volendo incidere sui diritti quesiti, poteva sacrificarli senza il corrispondente indennizzo � � Non si tratta, infatti, in tal caso di accertare una volont� di legge concreta, atta a comporre un conflitto attuale di interessi giuridicamente tutelati, mediante l'applicazione del diritto obiettivo, ma di stabilire in linea astratta che una norma di legge � priva dell'efficacia vincolante propria dei precetti posti da tale fonte primaria di produzione giuridica. Se una tale declaratoria fosse ammessa, ai giudici verrebbe attribuito un potere di invalidazione delle leggi, capace di rendere vana l'intera fun zione legislativ�a e di paralizzare ogni altro potere statale. � perci� che nel nostro ordinamento giuridico vigente il controllo della legittimit� costituzionale delle leggi � considerato tra le garanzie RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO costituzionali ed � ammesso solo nel corso di un giudizio, in via incidentale (art. 13�4 Cost." art. 1� 1. cost. 9 febbraio 1948 n. 1) e sempre. �che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione ~ della questione di legittimit� costituzionale (art. 23 legge 11 marzo 19'53, n. 87). Conclusivamente, dunque, dev�e ~:ffiermar.si l'assoluta .improponibilit� della domanda e la conseguente nullit� del lodo a norma degli artt. 8'29 n. 1. 806 c.p.c. e dei principi costituzionali sulla giurisdizione. Tale pronuncia assorbe ovviamente tutte le altre questioni proposte con gli altri motivi del ricorso principale. Ed assorbe in parte anche le censure mosse dalla SAICES con il ricorso incidentale, dato che il primo ed il. terzo motivo concernono errores in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte d'Appello. che non avrebbe rispettato i limiti dell'azione di nullit� del lodo arbitrale inappellabile ed avrebbe omesso di provvedere su un'eccezione. Qualche cenno a .parte richiede il secondo motivo di detto ricorso incidentale, col quale la SAICES deduce �che. oSe si ritiene che all'AFIS o.rgano dello Stato italiano � succeduto lo Stato somalo, il giudizio di appello dovrebbe essere dichiarato estinto: verificatasi la s.uccessione per effetto della legge 218' giugno 1960. n. 643 e dichiarato l'eve?to interruttivo dall'Avvocatura dello Stato il 20 novembre 1961, la .riassunzione sarebbe avvenuta dopo il decorso del termine semestrale previsto dalla legge. Il motivo, come s'� detto condizionato, viene esaminato perch� � stato espresso innanzi il concetto che l'ordinamento giuridLco della Somalia, particolare e distinto da quello italiano, � stato tuttavia prod~zione dello Stato italiano. fino a quando � stato costituito lo Stato somalo indipendente. Una questione di successione tra Ammi.J:?.istrazione italiana in So malia e Stato somalo, perci�, pu� porsi, come caso di successione fra Stati, relativamente ad un territorio che da coloniale � divenuto elemento di Stato sovrano. / Tuttavia un problema di successione nel processo non sussiste, avendo la SAICES insistito nel precisare che la sua domanda concerneva esclusivamente la responsabilit� dello Stato italiano, per fatti che, se condo la SAICES, s'erano verificati ed erano produttivi di effetti nel l'ordinamento giuridico italiano. Il motivo, perci�, va respinto. In ~efinitiva, quindi, deve accogliersi il ricorso principale e cassare la sentenza impugnata per improponibilit� assolut_a della domanda su cui gli arbitri hanno provveduto; la cassazione deve essere disposta senza rinvio nessun giudice potendo provvedere sulla domanda ora detta (art. 382, 3� comma, c.p.�c.). -(Omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI C�SSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1971, n. 101 -Pres. Pece Est. Mirabelli -Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Salto) -c. Capponi (avv. Monti). Procedimento civile -Appello -Remissione della causa al collegio Produzione di nuovi documenti -Preclusione -Limiti. (c.p.c. artt. 184, .345, 395, n. 3). In deroga alla regola che divieta la produzione di nuovi documenti dopo che la causa sia stata rimessa al Collegio, esigenze di giustizia sostanziale oltre che di economia dei giudizi impongono che qualora sussistano i presupposti richiesti dal n. 3 deU'art. 395 c.p.c. per la proponibilit� dell'impugnazione per revocazione, l'interessato debba essere ritenuto abititato ad esibire il documento scoperto (1). (Omissis). -Con il primo motivo, peraltro, l'Amministrazione ricorrente, denunciando la violazion� dell'art. 395, il difetto di motivazione, e nuovamente la violazione dell'art. 345, 2� comma, in relazione all'articolo 3,55 c.p.c. sostiene, �sotto altro aspetto, che la Corte del merito avrebbe dovuto. riconoscere di avere il potere di ammettere l'esibizione dei documenti. Essa assume, infatti, che tali documenti avrebbero valore decisivo per la soluzione della controversia e sarebbero venuti fortuita (1) La sentenza delle S. U. 4 mag.gio 1963, n. 1104, menzionaia in motivazione, si legge in Giur. it., 1963, I, 715. In senso conforme cfr. altres� TribUnale Catania 3 febbraio 1945, in Giur. compl., Cass. civ. XvIII, 336 con nota. In dottriina cfr. ANDRIOLI, Commento, 1960, II, 629 nel senso appunto che la esigenza di economia dei giudizi deve prevalere sulla stretta applicazione dell'art. 184 c.p.c. e pertanto, ove sussistano gli estremi pr,evisti da�l n. 3 dell'art. 395 c.p.c. per la impugnativa in revocazione, all'interessato � data facolt� di esibire il documento. Pi� in generale, cfr. altres� Cass. 18 novembre 1961 n. 2708, 8 ottobre 1960 n. 2609 ecc. per le quali, sebbene dopo la rimessione della causa al collegio non sia com.sentita la produzione di ulteriori documenti, tuttavia una simile irregolarit� non � rilevabile di ufficio e rimane sanata qualora la parte, che ha inter.esse ad opporsi non sollevi fa relativa eccezione. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAro mente a sua conoscenza successivamente all'udienza di precisazione delle .. conclusioni, e prospetta la tesi che l'esibizione avrebbe potuto essere ammessa, in osservanza del principio generale dell'economia dei giudizi, in quanto sulla base degli stessi avrebbe potuto essere promosso, subito dopo l'emanazione della sentenza. un giudizio di revocazione. e quindi, quanto meno, allo scopq di accertare se sussistessero i presupposti per la proponibilit� di una domanda di revocazione, salvo ad esaminarli succes sivamente in relazione al merito. Tale tesi si ispira all'opinione espressa autorevolmente in dottrina e ad un precedente giudicato delle Sezioni Unite di questa Corte, favorevolmente accolto dalla dottrina, e sempre, invero. meritevole di essere condivisa. Era stato, infatti, rilevato in generale che l'esigenza dell'economia dei giudizi non pu� non prevalere sulla stretta applicazione dell'art. 184, nel senso appunto, che, se sussistano gli estremi previsti nel n. 3 dell'art. 39�5, l'interessato debba essere ritenuto abilitato ad esibire il documento scoperto dopo la rimessione della causa al collegio. Su tale rilievo le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza 4 maggio 1963, n. 1104, hanno fondato la soluzione adottata per una situazione non identica. ma simile a quella che qui si presenta, quale � quella che �concerne l'ammissibilit� di nuovi documenti nel giudizio di rinvio. Il ~iudizio di rinvio, infatti, � un giudizio ad istruttoria chiusa, nel quale non possono essere introdotti nuovi elementi di contestazione, che non siano gi� stati ritualmente inseriti nel procedimento di appello ossia prospettati anteriormente alla rimessione della causa al collegio in tale giudizio, salvo il caso che l'ampliamento della materia del contendere derivi dalla impostazione data alla.. controversia dalla sentenza di �cassazione (tra le altre, Cass. �23 maggio 1962, n. 1192; 15 dkembre 1962, n. '3365); anche il giudizio di rinvio resta limitato, quindi, dallo stato della causa anteriore alla rimessione al collegio nel giudizio di appello, cosl-.come � la decisione dello stesso giudice di appello; tuttavia la suindicata sentenza ha ammesso che nel giudizio di rinvio possano essere esibiti documenti decisivi, che si assuma essere stati scoperti successivamente alla rimessione al collegio nel giudizio di appello. se sussistano i presupposti previsti nel citato n. 3 dell'art. 395 per la proponibilit� dell'impugnazione per revocazione, cosl argomentando : � La legge considera prevalente, rispetto all'esigenza della certezza del diritto che indurrebbe a mantenere ferme le decisioni di merito non !Pi� censurabili, l'interesse al ripristino della .giustizia sostanziale che sia stata violata senza colpa della parte soccombente. Lo stesso principio deve indurre, a maggior ragione, ad ammettere che, qualora una violazione della giustizia sostanziale stia per essere consumata per effetto di una preclusione nella quale la parte sia incorsa senza sua colpa, la preclusione medesima non pqssa operare. La preclusione alla produzione di nuovi documenti � imposta PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE dall'esigenza di evitare un intralcio nel corso del processo che ne ~impedisca la normale. sollecita definizione. Questa esigenza � meno imperiosa di quella della certezza del diritto e quindi non pu� non essere sacrificata, come lo � quest'ultima con l'impugnazione per revocazione, al fine di evitare una decisione ingiusta, quando la parte interessata sia immune da colpa>, Queste considerazioni appaiono, invero, decisive e si estendono ad ogni ipotesi in cui una preclusione processuale sia posta dalla legge; :dpugn�, infatti, non soltanto all'esigenza di economia dei giudizi, ma anche, e soprattutto, all'esigenza dell'attuazione della giustizia sostanziale, che venga emessa una decisione della quale sia gi� stata prospettata �con fondamento -la non rispondenza alla realt� della situazione controversa e la rispondenza alla realt� della situazione controversa e la non imputabilit� di tale anomalia a comportamento intenzionale od a difetto �di diligenza della parte interessata. Da una adeguata interpretazione dei principi che sono a fondamento dell'ordinamento processuale deve essere tratta, dunque, l'affermazione che alla regola secondo la quale dopo che il giudice abbia rimesso la causa al collegio non � ammessa la produzione di nuovi documenti si deve derogare quando si tratti di documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre nelle precedenti fasi del giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario. In applicazione di tale principio il collegio al quale sia stata proposta richiesta di esibizione dei documenti, � tenuto �a prendere in esame la dupHce questione della decisivit� dei documenti in relazione alla soluzione della controversia e della non imputabilit��della omissione di produzione alla parte interessata o, qualora non ritenga acquisiti sufficienti elementi di valutazione su tali punti. deve rimettere la causa all'istruttore, perch� si apra il contraddittorio in merito all'accertamento di tali circostanze. -(Omissis). --.. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 febbraio 1971, n. 241 -Pres. Pece - Rel. Giuliano -P. M. De Marco (conf.) -Ente di Sviluppo in Puglia, Lucania e Molise (avv. Stato Albisinni) c. Liuzzi (avv. C. Nicol� e A. Ricco). Avvocatura dello Stato -Avvocatura Generale e Avvocature Distrettuali -Competenza territoriale dei singoli uffici distrettuali Violazione -Conseguenze -Nullit� assoluta degli atti processuali posti in essere. (t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1 e 19, 4� comma; r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, artt. 1 e 2). 300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Avvocatura dello Stato -Incarico ad avvocati dello Stato di rappresentare e difendere le Amministrazioni in cause che si svolgono fuori della circoscrizione del loro ufficio -Onere di presentare al giudice il documento col quale l'Avvocato generale ha conferito l'incarico. (r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, art. 3, 30 comma). Ai si'rigoZi Uffici den'Avvocatura deHo Stato lo jus postulandi � attribuito limitatamente ai giudizi che si svolgono nelle sedi giudiziarie comprese neU'ambito delle rispettive circoscrizioni. L'attivit� processuale svolta al di fuori di tale ambito � colpita, pertanto, da nullit� assoluta (1). L'incarico ecceziona7,mente,.conferito ad un avvocato dello Stato di provvedere alla rappresentanza e difesa dene� Amministrazioni in cause che si svolgo~o fuori della circoscrizione del suo ufficio si riflette direttamente sullo jus postulandi e dev'essere, pertanto, dimostrato mediante la produzione in giudizio del documento col quale l'incarico stesso � stato affidato (<2). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO � (Omissis). -In una causa. promossa dall'Ente,di Sviluppo in Puglia, Lucania e Molise patrocinato dall'Avvocatura dello Stato a norma dell'art. 43 del r. d. 30 �ottobre 1933, n. 1611 e d":ll'art. 9 1della legge 9 luglio 1957, n. 600, contro Michele Liuzzi, nella quale costui aveva chiamato Matteo Mendaia e Raimondo De Bartolomeis, il Tribunale di Matera, con sentenza 17 giugno-3 settembre 1962, convalid� un sequestro giudiziario eseguito dall'Ente nei confronti del Liuzzi, condann� il Liuzzi a pagare all'Ente lire 2.709.798 e rigett� domande proposte dal Liuzzi e dall'Ente contro il Mendaia e il De Bartolomei. .Su appello del Liuzzi, la Corte di Potenza, con sentenza ora impugnata, accogliendo un'obiezione del Liuzzi, dichiar� nulli tutti gli atti (1-2) Sulla competenza territoriale degli uffici dell'Avvocatura dello _Stato. I principi affermati da1la sentenza .in rassegna appaiono inesatti e fondati su presupposti in radicale �Contrasto �Con la struttura stessa e la configurazione giuridica dell'Avvocatura dello Stato. Del tutto errata �, anzitutto, l'inespressa, ma logicamente necessaria, premessa di tutto il ragionamento della Corte: l'equiparazione, cio�, del limite territoriale della competenza di ogni Avvocatura distrettuale con il divieto, sancito per i procuratori legali del libero foro, di esercitare la professione al di fuori del distretto in cui � compreso il Tribunale al quale sono a$Segnati �(art. 5 r.d. 27 novembre 1933, n. 1578). Com'� noto, per costante giurisprudenza, gli atti processuali co~iuti da un procura!ore non abilitato al patrocinio nel distretto cui appartiene il giudice adito ven PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 301 processuali compiuti per l'Ente, in quant{) il medesimo era stato rappresentato in primo grado dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, anzich� da quella di Potenza, a cui tale rappresentanza spettava pe:r; l'art. 2 del r.d. 30 settembre 1933, n. 1612: la Corte del merito reput� trattarsi di un difetto -di jus postulandi, che inficiava in radice tutta la procedura. Contro tale sentenza ha presentato tempestivo ricorso l'Ente, proponen~ o un solo mezzo di cassazione, nei 'Confronti di tutte le altre parti. Si � costituito il solo Liuzzi, con un rituale controricorso. L'Ente e il Liuzzi hanno depositato memorie. gono ritenuti affetti da invalidit� assoluta ed insanabile (si parla anche di inesistenza: v., per tutte, Cass., 11 dicembre 1968, n. 3947, in Foro it., 1969, I, 1568). La stessa soluzione, a quanto � dato comprendere dalla pi� che sintetica motivazione, � stata, ora, ritenuta applicabile anche al caso di un'attivit� processuale svolta da un'Avvocatura distrettuale territorialmente incompetente. Ma, in realt�, la radkale differenza fra le due ipotesi non pu� non apparire chiara. Fra l'Avvocatura dello Stato e gli organi amministrativi non esiste, com'� evidente, alcun rapporto di � rappresentanza � o, comunque, alcun rapporto " intersoggettivo �, in qualche modo �ssimilabile al rapporto che si instaura fra le parti private ed i loro difensori sulla base della procura alle liti. Non � certo revocabile in dubbio che l'Avvocatura � un organo dello Stato e che, quindi, i suoi rapporti con altri organi, ugualmente immedesimati nella complessa organizzazione .statale, cos� come i rapporti fra i singoli Uffici dell'Avvocatura, devono correttamente concepirsi come rapporti di -separazione e di coordinamento di competenze, nell'eserdzio di attivit� sempre riferibili allo Stato nell'unit� della sua personalit� giuridica, e non mai come rapporti di incarico, di mandato o di rappresentanza, quali possono solamente concepirsi fra soggetti distinti. Ci� chiarisce, al di l� di ogni equivoco determinato da apparenti sim metrie, come necessariamente assumano significati e funzioni ben diverse, da un lato, la norma che stabilisce il limite entro il quale pu� valere l'abi litazione del procuratore legale ad assumere la rappresentanza in giudizio di altri �soggetti e, dall'altro, la norma che individua gli organi attra verso i quali lo Stato (sempre uguale a se stesso) pu� agire in giudizio. Per il procuratore legale si tratta di stabilfoe entro quali limiti egli sia titolare del potere di compiere attivit� rprocessuali nell'interesse di altri. Per gli uffici dell'Avvocatura si tratta, invece, di delimitare �e coordinare la loro competenza rispetto all'eserdzio di un potere, la cui titolarit� non pu� che farsi risalire a quell'unica persona giuridica (lo Stato), nella quale essi si immedesimano. Per lo Stato, insomma (sia �che agisca a difesa dei �propri diritti ed interessi, �sia eh~ assuma la tutela dei diritti e degli interessi degli Enti di cui all'art. 43 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611) vale, in deroga alle norme ordinarie, il �principio fondamentale che lo abilita a stare sempre in giu )dizlo " di persona �. Il problema dell'individuazione dell'organo attraverso il quale concretamente si attua questo poter-e dello Stato di stare personalmente in giudizio e di svolgere attivit� processuale si pone, perci�, su � un piano evtdentemente e radicalmente diverso da quello su -cui si pone 302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorrente, dolendosi di violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 43 e 45 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 e degli artt. 1, 4 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1612, sostiene che l'art. 1 del decr~to n. 1611, cio� del t.u. sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato, sancendo che �gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tut�te le giurisdizioni e in qualunque sede � attribuisce a qualsiasi ufficio dell'Avvocatura stessa lo jus postulandi per tutto il territorio dello Stato, mentre l'art. 2 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 16�12, che contiene il regolamento per l'esecuzione del predetto t.u., pur stabilendo che le ~vvocature distrettuali dello il problema dei limiti del potere del procuratore legale di agire in giudizio per altre persone. Non � necessario, in questa sede, approfondire la questione :se all'Avvocatura competa la veste di organo deputato a �stare in giudizio ,. per lo Stato o se debba, invece, distinguersi fra competenza a stare in giudizio (spettante agli organi amministrativi) e �competenza a compiere e ricevere gli atti del processo (spettante all'Avvocatura). Anche seguendo la seconda alternativa (che corrisponde all'opinione tradizionale: cfr., per�, gli interessanti rilievi di ANDRIOLI, Legittimazione processuale della pubblica Amministrazione e notificazione, in Foro it., 1957, IV, 217), non sembra possa contestarsi che le stesse regole e gli stessi principi debbano necessariamente valere sia in tema di competenza �a stare in giudizio� che in tema di competenza e a postulare �. Orbene, � ben noto che la giurisprudenza in tema di competenza a stare in giudizio ha da tempo affermato il principio -ormai del tutto pacifico e incontroverso -per cui la ripartizione delle competenze fra i vari organi dello �Stato impone soltanto ai terzi l'onere della �precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione nei cui confronti dev'essere instaurato il rapporto processuale, ma non si ritorce in un corrispondente onere per lo Stato, nel caso assuma l'iniziativa di un processo, di "stare in giudizio,. per mezzo di uno �piuttosto che di un'altro dei suoi organi (v., per tutte, Cass., 24 luglio 1964, n. 2019). Perch� mai lo stesso principio non debba valere anche rispetto alla competenza a compiere ed a ricevere gli atti del processo (anche ammesso �Che si tratti davvero, nel caso dello Stato, di figura giuridica diversa dalla competenza a �stare in giudizio), non si vede proprio. � innegabile che, in ogni .caso, sia per la legittimazione processuale che per lo jus postulandi (di cui � sempre e solo titolare lo Stato nella sua unit�), le norme di competenza hanno riguardo esclusivamente all'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'azione statale, �senza che sia minimamente preso in considerazione l'interesse delle altre� parti o anche l'interesse obiettivo alla regolarit� del rapporto processuale (gi� sufficientemente garantito attraverso l'abilitazione dello Stato a stare in giudizio � di persona �). Si tratta, do�, di norme,. per s�, � estranee � alla disciplina del processo, sul quale influiscono solo indirettamente attraverso l'imposizione alle sole parti private dell'onere di individuare esattamente l'organo da citare in giudizio e l'Ufficio dell'Avvocatura cui devono indirizzarsi gli atti processuali. �� Accade, cio�, in questa materia (e non potrebbe essere altrimenti), ci� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 303. Stato provvedono alla� rappresentanza e difesa delle Amministrazioni nelle rispettive circoscrizioni, ha esclusiv�amente e riflessi ed efficacia interna �, A suo avviso, l'eventuale violazione di tal norma non pu� essere " rilevata all'esterno �, per mancanza d'interesse. Aggiunge che, per l'art. 3 ultimo comma del regolamento medesimo, l'avvocato generale dello Stato pu�, ove lo ravvisi opportuno, incaricare, eccezionalmente, gli avvocati dello Stato e gli aggiunti di procura addetti a un'avvocatura distrettuaie di rappresentare e difendere amministrazioni in cause che si svolgono fuori della circoscrizione del loro ufficio; e afferma che nella specie l'Avvocatura generale aveva appunto autorizzato l'Avvocatura ... ..-" che accade in tutti gli altri casi in cui lo Stato si trovi impegnato con altri soggetti in rapporti di diritto .comune. Le norme che attribuiscono alla competenza di un organo o dell'altro l'attivit� da svolgere nell'ambito di questi rapporti non incidono mai sulla struttura og.gettiva dei iraipporti stessi, ma restano su un piano diverso e possono esser invocate 1soltant� a vantaggio dell'Amministrazione, -consentendo ad essa (e solo ad essa) di provocare l'eliminazione degli effetti di attivit� poste in essere da organi incompetenti (cfr., per i rapporti di diritto privato, Cass., 9 ottobre 1961, n. 2058, in Giust. civ., 1961, I, 1992). In questo .senso, pu� ben parlarsi, a proposito delle norme di com petenza poste in relazione con i rapporti di diritto comune, di carattere interno delle norme stesse. Non si nega, ovviamente, che si tratti di vere e proprie norme di diritto oggettivo, inserite nell'ordinamento generale, ma si vuole, semplicemente, porre in risalto la foro caratteristi0ca di disposizioni non incidenti 1sulla struttura oggettiva del rapporto preso in considera zione, ma solo sullo � statuto soggettivo > del ,soggetto-Stato e, quindi, solo da quest'ultimO invocabili in caso di violazione. Ben si comprende, d'altro canto, .che questo discorso, come abbiamo sottolineato, pu� valere soltanto rispetto ai ra:pporti di diritto comune, e non �PU�, -certo, ripetersi per i rap porti di diritto pubblico, nei quali una netta distinzione fra struttura og gettiva del rapporto e statuto soggettivo dell'Ente :pubblico non �, ovvia mente, .concepibile. L'affermazione di cui alla prima massima della sentenza in rassegna dovrebbe, perci�, �Secondo il nostro fermo convincimento, esattamente rove sciarsi. L'eventuale violazione delle norme sulla competenza dei vari or gani dello Stato 1cui spetta l'eserdzio del potere di �stare in giudizio,. o di compiere e ricevere gli atti del processo non pu� mai incidere �sulla istruttura e sulla regolarit� oggettiva del rapporto processuale. Essa, perci�, non pu� essere rilevata d'ufficio n� eccepita dalla parte privata: pu� solo essere opposta dall'Amministrazione ove sia imputabile alla controparte. Quanto, poi, alla seconda massima, essa appare ancor pi� gravemente� errata. � necessario prendere le mosse dal ben noto principio sancito dal secondo comma dell'art. 1 del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611: � Gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le .norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualit��, Frutto di un palese equivoco � l'affermazione � contenuta nella sentenza annotata, secondo cui questa norma e definisce 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO distrettuale di Bari, e, quindi, tutti gli avvocati e procuratori di Stato in servizio presso tale Avvocatura, a rappresentare esso Ente innanzi ad autorit� giudiziarie sedenti fuorri della circoscrizione della Corte d'Appello di Bari, poich� in questa �c�itt� esso aveva la�sede. A quest'ultimo riguardo la Corte del merito osserv� che l'indicata deroga eccezionale all'art. 2 del regolamento avrebbe dovuto essere � portata a conoscenza dell'altra parte � affinch� il�rappor.to processuale fosse regolarmente costituito e quindi si instaurasse un legittimo contraddittorio; ,, Il ricorso � infondato. semplicemente il compito istituzionale dell'Avvo�atura dello Stato"� In realt� il compito istituzionale dell'Avvocatura (intesa �come �Complesso di organi- uffici) � definitodal primo �Comma dell'art, 1 ( � J.a rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, anche se organizzate ad ordinamento autonomo, spettano all'Avvocatura dello Stato �), mentre il secondo comma, ora in esame, attiene al ben diverso tema della posizione, rispetto ai terzi, delle persone (gli avvocati dello Stato) chiamate ad impersonare gli uffici dell'Avvocatura nei rapporti esterni. Il contenuto dell'art. 1 epv., visto in questa pi� esatta prospettiva, � chiarissimo, pur nella sua complessit�. Anzitutto, la norma significa che ogni avvocato dello Stato, in virt� della sua qualifica, � senz'altro abilitato ad impersonare, all'esterno, l'organo-ufficio (Avvocatura generale o distrettuale) eui � addetto. I provvedimenti con i quali viene distribuito il lavoro fra i vari avvocati hanno, perci�, carattere veramente interno, e non possono mai assumere alcuna rilevanza rispetto ai terzi. In secondo luogo, la sancita esclusione della necessit� di qualunque �mandato" per l'esercizio delle funzioni degli avvocati dello Stato vale, da un lato, a ribadire e �confermare il rapporto organico (e non intersoggettivo) che lega l'Avvocatura all'Amministrazione, e, dall'altro, ad evidenziare l'assoluta irrilevanza, per i terzi, dei procedimenti attraverso i quali vengono attuate, di volta in volta, le opportune intese fra l'Avvocatura e �gli organi amministrati'vi per la definizione della linea da seguire in ogni singolo affare. Infine (ed � questo il punto che maggiormente interessa in questa sede), l'art. 1 .cpv. sancisce chiaramente l'irrilevanza, per i terzi, 8:nche deg i\ atti con i quali i singoli avvocati dello Stato vengono investiti dell,e loro funzioni e vengono assegnati all'uno o all'altro dei vari uffici dell'Avvocatura. In ogni caso, � sufficiente, per il valido ed efficace esercizio delle funzioni degli avvocati dello Stato, � cl're consti della loro qualit� �, intendendosi per �qualit�" sia l'investitura generica nelle funzioni, sia l'assegnazione ad un determinato ufficio. � del tutto ovvio, perci�, (e assolutamente .pacifico) che gli avvocati dello Stato nori. devono mai presentare in giudizio (ai fini del controllo �sulla regolare instaurazione del rapporto processuale) gli atti di nomina o quelli di assegnazione all'ufficio territorialmente competente. � Orbene, � da chiedersi perch� mai lo stesso principio non debba valere anche per il provvedimento con il quale l'Avvocato generale, ai sensi dell'art. 3, terzo eomma, del Regolamento 30 ottobre 1933, n. 1612, con.. ferisce ad un avvocato dello Stato l'incarico di provvedere alla difesa PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 305 Invero, l'art. 1 del t.u., allorch� stabilisce che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni e in qualunque sede, definisce semplicemente il compito istituzionale dell'Avvocatura dello Stato. Ma lo stesso t.u., con l'ultimo comma dell'art. 19, dispone che e le attribuzioni dell'Avvocatura generale dello Stato e quelle delle Avvocature distrettuali sono. determinate dal regolamento�. A questo, pertanto, � stata devoluta la concreta determinazione dei compiti specifici dei singoli uffici, elencati nell'art. 18 del t.u. E poich� tali compiti (o dell'Amministrazione in cause che si svolgon9 fuori della circoscrizione del suo ufficio. Sembrerebbe che la sentenza in rassegna abbia inteso attribuire a questo provvedimento l'effetto di modificare l'ordine delle competenze fra i vari uffici dell'Avvocatura. Appunto perci�, per evitare l'app,licazione del preteso principio relativo. alla nullit� degli atti !Processuali compiuti da un'Avvocatura incompetente, il provvedimento .ex art. 3 dovrebbe esser sempre prodotto in giudizio. Ma, in realt�, anche a prescindere dalla gi� rilevata erroneit� della tesi di principio ac.colta dalla Suprema Corte, sembra evidente .che l'inca rico di servizio di cui all'art. 3 del Regolamento non incide affatto sulla competenza dei vari uffici distrettuali, ma si risolve nella pura e semplice utilizzazione, per lo svolgimento di alcune delle funzioni di competenza di un ufficio, di un avvocato normalmente addetto ad un ufficio diverso. Siamo, �Cio�, di fronte ad un provvedimento della stessa, identica natura dei trasferimenti e delle missioni, come questi inteso a risolvere un sem plice problema di utilizzazione del personale e non �certo a modificare le competenze degli uffici. Con il trasferimento �si attua la destinazione defi nitiva dell'avvocato ad un certo ufficio; con la mi�ssione si attua una de stinazione temporanea; con il provvedimento ex art. 3 si attua una desti nazione, non solo temporanea, ma anche funzionalmente liniitata ad uno o pi� affari determinati. Appare chiara, per.ci�, l'omogeneit� dei tre tipi di atti, per ognuno dei quali � ugualmente impensabile (in presenza del principio di cui all'art. 1, secondo comma, del t.u. n. 1611) un onere di produzione in' giudizio, a pena di nullit� dell'attivit� svolta. Lo svolgimento dell'attivit� difensiva cui �si riferisce l'incarico ex art. 3 va sempre imputato all'Avvocatura distrettuale territorialmente competente. La legge, infatti, si limita a preveder�e l'incarico di �servizio .conferito all'avvocato e non contiene il bench� minimo accenno ad un ampliamento della competenza dell'intero ufficio cui l'avvocato appartiene. Non c'� dubbio, perci�, che, ad es., destinataria della notifica di tutti gli atti giudiziari resti sempre l'Avvocatura territorialmente competente. Tutto ci� �comporta che, quand'anche fosse esatto (ed esatto non �) che l'incompetenza territoriale dell'Avvocatura agente determini la nullit� del rapporto processuale, dovrebbe pur sempre escludersi che abbia la minima attinenza �con il tema della �competenza il provvedimento di cui all'art. 3 del Regolamento. Dovrebbe, perci�, in ogni caso negarsi qualunque onere di produzione in giudizio del provvedimento d'incarico: onere altrettanto inconcepibile rispetto a quest'atto, quanto rispetto ad un trasferimento o ad un provvedimento di invio in missione. LA REDAZIONE 306 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � attriibuzioni �) conststono, per l'ru-t. 1 del t.u., nella �rappresentanza, patrocinio e assistenza in giudizio �, non � esatto affermare che l'art. 2 del regolamento abbia mera efficacia interna: esso, invece, come-gli artt. 1, 3 e 4 del regolamento medesimo, disciplina lo jus postuiandi dei singoli uffici dell'Avvocatura. Il ricorrente contrappone il t.u. al suo regolamento, del quale accentua il carattere di subordinazione rispetto al primo; ma siffatta subordinazione non potrebbe avere altro effetto che rendere illegittima una norma regolamentare che contrastasse con una disposizione del t.u. o che esulasse dall'ambito dell'esecuzione dello stesso, ipotesi che non ricorrono nella specie. N� giova alla tesi del ricorrente la deroga all'art. 2� del regolamento posta dall'ultimo comma dell'art. 3. Trattasi, in verit�, di un potere discrezionale conferito all"avvocato generale dello Stato, talch� il suo esercizio non po�trebbe essere sindacato dal giudice odinartio: esso, per altro, s� riflette direttamente sullo jus postulandi. Ne consegue che l'avvocato dello Stato incaricato eccezionalmente (o con indicazione personale o tramite la generica indicazione dell'ufficio distrettuale a cui egli appartiene) dal patrocinio in una sede giudiziaria posta fuori del suo distretto, ha l'onere di presentare al giudice il documento col quale l'avvocato generale gli ha conferito l'incarico. Questo non potrebbe essere affidato verbalmente, appunto per la necessit� della sua produzione. Detta produzione, invero, � indispensabile .per l'accertamento della legittimit� della costituzione del rapporto processuale. La Corte del merito reput� necessario che la deroga foss~ portata a conoscenza dell'altra parte; ma, in realt�, necessaria � l'acquisizione agli atti del processo, per il pr.egiudiziale accertamento suindicato, che � compito precipuo del giudice. Quella affermazione della Corte d'Appello deve essere corretta, a norma dell'art. 384 c.p.c.; ma deve restar ferma la decisione. Il 'ricorso, pertanto, � rigettato; ma per la novit� della questione, � giusto compensare tra l'Ente e il Liuzzi le spese di questo giudizio. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I. 12 febbraio 1971, n. 3-61 -Pres. Giannattasio -Est. Granata -P. M. Caccioppoli (conf.) -Comune di Palermo (avv. Sanfrancesco) c. Ministero dei LL.PP. (avv. Stato Albissinni) e Prampolini (avv. Sangiorgi). Espropriazione per p. u. -Concorso di pi� Enti nell'esecuzione dell'opera pubblica -Imputazione giuridica degli effetti dell'attivit�compiuta,. (d.1. 10 aprile 1947, n. 261, art. 58}. . J PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 307 Procedimento civile -Cassazione -Ricorso incidentale -Questione non esaminata perch� assorbita -Inammissibilit� del ricorso. (c.p.c., art. 371). Allorquando alla realizzazione dell'opera pubblica concorrano pi� Enti, la legittimazione attiva e passiva nei rapporti con i terzi spetta a quello che, sulla base della qualit� e quantit� dei poteri 'conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo, abbia assunto in concreto la iniziativa della relativa attivit�. Qualora pertanto il Ministero dei LL.PP. siasi sostituito al Comune interessato nell'attuazione dei piani di ricostruzione, ai sensi dell'art. 58 d.l. 10 aprile 1947, n. 261, ed abbia assunto l'iniziativa dei relativi procedimenti di espropriazione, il pagamento delle �maggior somme liquidate a titolo di indennit� fa capo al primo (1). � inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale con il quale si denunzia ii mancato accoglimento {li istanze non esaminate dal giudice di m:erito perch� assorbite dall'accoglimento di una tesi principale in quanto, nell'ipotes� di cassazione della sentenza, esse possono essere riproposte al giudice di rinvio (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, deducendosi violazione e falsa applicazione dell'art. 58 del d.l. 10 aprile 1947, n. 261, si sostiene, da parte del Comune di Palermo, che erroneamente la Corte del merito, in base alla sola considerazione che l'espropriazione era stata pronunziata in favore di esso ricorrente, ha posto a suo carico l'obbligo �," (1) La sentenza conferma un orientamento ormai accolto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 31 gennaio 1968 n. 313 in questa Rassegna, 1968, I, 419; 14 aprile 1969, n. 1212, in Foro it., 1969, I, 1749. La identificazione del meccanismo giuridico mediante il quale lo Stato e gli altri enti pubblici concorrono alla realizzazione di opere pubbliche, indicato di volta in volta nella concessione dell'esecuzion� dei lavori; nel loro e affidamento > ovvero in una " delega > ad altri enti pubblici, se costi tuisce oggetto di viva disputa in dottrina, non sembra che abbia conse guenze di rilievo nella soluzione delle singol~ controversie, nelle quali si disputi intorno all'imput�zione degld eff,etti giuridici nei rapporti con ii terzi. La gurisprudenza; indipendentemente dall'inquadramento nell'una o nell'altra delle cennate categorie, :Ila discendere le �conseguenze giuridiche dalla posizione reale dell'Ente in rapporto a11'.aittivit� assunta. In dottrdna: GARRI, In tema di delega, concessione e affidamento ad enti pubblici della progettazione ed esecuzione di opere pubbliche, in Riv. Trim. � dir. pubb., 1967; 384; SATTA, Deleghe e affidamenti dello Stato a Enti pubblici, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1970, 1428. (2) Giurisprudenza pacifica: cfr. Cass. 10 aprile 1970, n. 975, in Riv.. ,. l'eg. fiscale, 1970, 1255; 21 marzo 1968, n. 888; 3 ottobre 1966, n. 2399 ecc. 8 308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di corrispondere (per la parte eccedente l'ammontare del deposito a suo tempo effettuato) la indennit� dovu~a alla Prampolini. ' Si afferma. in particolare, che essendosi la Amministrazione .Statale dei Lavori Pubblici sostituita ad esso ricorrente nell'attuazione del piano .. di ricostruzione della citt�, ai sensi della sue.citata disposizione di legge, ed avendo essa promosso, in forza della disposta sostituzione, la procedura di esproprio, dovevano essere posti ad esclusivo �carico della stessa tutti i relativi oneri, in base ai principi che regolano la responsabilit� dell'azione amministrativa. La censura � fondata. Invero, come questa Corte ha gi� rilevato con recenti pronunzie (cfr. sentenze 31 gennaio 1968, n. 313 e 13 luglio 1968, n. 2496), nelle ipotesi in cui si verifica il fenomeno della concorrenza di pi� enti pubblici nell'attuazione di opere ;pubbliche (delegazione amministrativa intersoggettiva, affidamento, sostituzione) il problema dell'identificazione del soggetto che assume la posizione di parte nei rapporti con i terzi interessati, attivamente o passivamente, alle relative attivit� deve essere risolto in base alla qualit� e quantit� di poteri che a ciascuno degli enti pubblici sono conferiti dalla legge o dall'atto amministrativo che determina la concorrenza delle attivit�. Non pu� essere, dunque, stabilito in astratto in base ai principi genera�i deli'ordinamento amministrativo n� in base al criterio enun�iato, per le espropriazioni, dalla Corte del merito quale sia la posizione che ciascuno degli enti assume nei rapporti con i terzi e su chi debbano ricadere le .conseguenze degli atti che di volta in volta vengono compiuti; l'accertamento, invece, va effettuato, in relazione alle singole ipotesi, con riferimento alle norme che prevedono il concorso delle attivit� e alla stregua dt>gli atti amministrativi con cui sono stati �conferiti o sono stati asrnnti i relativi poteri. . Orbene, poich� in base agli artt. 58 e 59 della legge 10 aprile 1947, n. 261 e 15 della legge 27 ottobre 1951, n. 1402, l'Amministrazione dei Lavori Pubblici aveva la facolt� (ma non l'obbligo) di promuovere i procedincnt� di espropriazione, la questione dibattuta' tra le parti doveva essere risolta mediante la identificazione dell'ente che in concreto aveva assunto la iniziativa del procedimento di esproprio. E giacch� la stessa Corte del merito ha accertato che nella specie l'iniziativa� del procedimento fu assunta dall'Ammin!strazione dei Lavori Pubblici (la quale provvide, fra l'altro, alla formazione dello stato di consistenza e al deposito della indennit� presso la Cassa DD. e PP.) deve riconoscersi che, alla stregua dei principi suesposti, il pagamento delle maggiori somme liquidate a titolo di indennit� doveva essere posto, come il ricorrente deduce, a carico della detta Amministrazione. Sl deve, invece, di�hiarare l'inammissibilit� del ricorso incidentale della Prampolini, diretto ad ottenere che nel caso (in concreto verifica-�� PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 309 tosi) di accoglimento del ricorso del Comune, si addivenga, per l'obbligazione di cui trattasi, alla condanna del Ministero dei Lavori Pubblici. Invero, come questa Corte ha pi� volte rilevato e recentemente ribadito (sent. 10 apr'ile 19'70, n. 975), non � ammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale �con il quale si denuncia il mancato accoglimento di istanze che il giudice di merito non �ha esaminato perch� assorbite dall'accoglimento di una tesi principale, non sfavorevole al ricorrente, e che, in ipotesi di cassazione della decisione impugnata, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 4 marzo 1971, n. 562 -Pres. Caporaso Est. Brancaccio -P. M. Pedace (conf.) -Panichi (avv. Vigliane) c. Azienda Nazionale delle Strade -Anas (avv. Stato Gargiulo) -Regolamento di competenza. Procedimento civile -Re~olamento di competenza -Poteri della Corte di Cassazione. (c.p.c. art. 42). Espropriazione per p. u. -Espropriazione a favore dell'Anas -Opposizione all'indennit� di esproprio -Competenza per materia del Tribunale. (legge 7 febbraio 1961, n. 59, art. 34; legge 25 giugno 1865, n. 2395, art. 51). In sede di regolamento di� competenza la Corte di Cassazione pu� liberamente ed in via autonoma valutare la situazione processuale e ri 1 levare anche di llfjicio le ragioni che determinano il criterio di compe tenza, ancorch� non siano state dedotte dalle parti o nella sentenza im pugnata (1). Anche l'opposizione alla stima dei beni effettuati dagli organi tecnici dell'Anas, per l'espropriazione a favore di quest'ultima, al pari di quella disciplinata in via generale dalla legge fondamentale sull'espropriazione per p.u. va proposta dinanzi al Tribunale qualunque sia il valore contro verso, non contenendo deroghe al riguardo la norma di cui all'art. 34 della legge 7 febbraio 1961, n. 59, sul riordinamento dell'Anas, che ri chiama il procedimento stabilito dall'art. 51 della legge organica 1865, n. 2359 (2). (Omissis). -Quanto al motivo per il quale il P.M. chiede il rigetto .dell'istanza di regolamento di competenza, va anzitutto rilevato che esso (1) Giurisprudenza pacifica, cfr. Cass. 5 maggio 1969, n. 1524; 30 gennaio 1969, n. 272; 6 marzo 1968, n. 942, ecc. In dottrina cfr. SATTA, Commentario, 1966, I, 197 il quale sottolinea 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contiene isolq un accenno al silenzio mantenuto in quella istanza in ordine alla incompetenza per valore del giudice adito, ma non la deduzione di . una ragione di inammissibilit� del. controllo, in questa sede, delle ragioni che hanno condotto a dichiarare tale incompetenza, come effetto di quel silenzio. Ed in realt� una questione di inammissibilit� non si pone, in quanto � pacifico, in conformit� della convalidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, che quest'ultima, in sede di regolamento di competenza, pu� liberamente ed autonomamente valutare la situazione e rilevare, anche d'ufficio, le ragioni �che determinano il� criterio di competenza e che non sono state dedotte dalle parti (cfr. da ultimo Sez. II, sent. n. 942 del 6 marzo 196'8, in Mass. Giust. civ., 1968, p. 472). Per il merito delle deduzioni del P.M. va rilevato .che non pu� essere .seguita la loro impostazione, secondo la quale nella specie i motivi del ricorso sarebbero superati, perch� in ogni caso la decisione del Pretore sarebbe giusta per ragioni di competenza per valore. Nei compiti. istituzionali di questa Suprema Corte non � soltanto q�e~lo di garantire la sostanziale giustizia della decisione, ma� an�che / quello di assicurare l'osservanza della legge nell'iter logico con cui a tale osservanza si previene. Consegue che, per il retto svolgimento di quest'ultima funzione, non � .consentito, nell'affermare o negare la com petenza di giudici sottordinati, fare ricorso a ragionamenti ipotetici del tipo di quello suggerito dal P .M. in questa causa; mentre � doveroso individuare l'esatta ragione di quell~ affermazione o negazione. � �i� posto non si pu� prescindere, nella specie, dall'esame della questione di competenza per materia, sollevata dalle ricorrenti, con le censure rivolte alla decisione del Pr�etore sul punto in cui questo ha dichiarato la propria incompetenza e ha affermato quella del Tribunale di Ancona ratione materiae. Il Pretore, per quanto riguarda la domanda rivolta ad ottenere una nuova stima del bene espropriato, ha in quel punto esattamente indi.cato la ragione della sua decisione, anche se con motivazione che va parzialmente rettificata. La competenza .per materia del Tribunale risulta nella specie dell'art. 34 u.�c. della legge 7 febbraio 1961, n. 59 (sul riordinamento della A.N.A.S.), che, nel disciplinare il procedimento di opposi- gli amplissimi poteri riconosciuti alla Corte di Cassazione in vista della particolarit� del compito demandato oltre �che della natura di errori in procedendo costituente l'oggetto del giudizio. (2) Cfr. Cass. 11 febbraio 1960, n. 205; 28 marzo 1953, n. 814, in Foro it., 1953, I, 631; 17 aprile 1928, Soc. Ferrovie merid. sarde c. Nieddu, in Foro it., 1928, I, 984. In dottrina RossANO, Espropriazione per p. u. Torino, 1964; I, 295; CARUGNO, Espropriazione per p. u. Milano 1958, 293; contra SABATINI, Commento alle leggi sull'espropriazione per p. u., TC>Tino 1891, II, 83 e segg:; ZANOBINI, Corso di diritto Amministrativo, Milano, 1958, vol. IV, 213. - PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 3U zione alla stima dei beni espropriati in favore dell'A.N.A.S., effettuata dagli uffici tecnici di quest'ultima, prevede che l'opposizione pu� essere proposta " aventi l'autorit� giudiziaria, con le modalit� e nei termini stabiliti dall'art. 51 della legge 2�5 giugno 1865, n. 2359 �. Dal testo di questa norma appare chiaro che il legislatore ha inteso regolare questo procedimento a simiglianza di quello contemplato nell'art. 51 della legge fondamentale sull'espropriazione per pubblica utilit�, e ci� ha inteso fare per ogni sua parte � quirrdi anche per quanto riguarda il giudice competente, che, come � giurisprudenza consolidata di questa Corte (cfr. le fondamentali sentenze delle S.U. 24 novembre 1927 e dalla Sez. II 28 marzo 1953, n. 814), � ratione materiae il Tribunale. Questo intento si desume inequivocabilmente dalla lettera dell'art. 34, che il rinvio alle modalit� e ai termini dell'art. 51 della legge del 196�5, esaurisce sostanzialmente tutta la disciplina speciale del procedimento di OPiPOSizione, compresa quella relativa alla indicazione del giudice competente, �indicazione che pu� ritenersi inclusa nel termine e modalit� �. Esso inoltre appare conforme a una tradizione legislativa, che presenta due caratteri. sti�che; in generale una certa uniformit� di disciplina dello istituto dell'espropriazione per pubblica utilit� sulla base dei principi della legge del 186�5; in particolare, per quanto riguarda il procedimento di opposizione avverso la stima dei beni espropriati, il riferimento a criteri di competenza per materia e non per valore. Sotto il primo aspetto va posto in evidenza che le leggi che regolano speciali procedimenti espropriativi si richiamano esplicitamente o implicitamente alla legge del 18'65, la quale, pertanto, � comunemente considerata come la legge fondamentale in .tema di espropriazione; per tale sua caratteristica essa fornisce un modello di disciplina, che, se non � espressamente derogato da leggi speciali, deve ritenersi appHcabile ad ogni tipo di espropriazione. Sotto il secondo aspetto si osserva chEt anche se il numero eccezionalmente elevato di leggi relative alle espropriazioni per pubblica utilit� non consent� un'iri.dagine completa e quindi un'affermazione in termini assoluti, l'esame della legislazione di pi� frequente applicazione evidenzia una duplice tendenza: o il rinvio puro e semplice alle norme della legge del 1865, �comprese quelle concernenti il procedimento di opposizione alla stima dei beni espropriati, e quindi anche quella sulla competenza per materia prevista al riguardo (v. per es. l'art. 46 t.u. 2i8 aprile 1938, n. 1165, per le espropriazioni interessanti l'edilizia economica e popolare e l'art. 3�7 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, sull'urbanistica), o la previsione per tale opposizione della competenza di organi di giurisdizione speciale (dr. per es., il d.l. 27 febbraio 1919, n. 219, che demanda ad una speciale Giunta arbitrale le questioni relative alle indennit� di espropriazione, per le opere di pubblica utilit� eseguite nel Comune di Napoli, e il r.d.l. 6 luglio 1931, n. 981, che all'art. 11 prevede la competenza di un organo analogo per la determinazione definitiva della in 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dennit� dovuta per le espropriazioni disposte per l'attuazione del piano regolatore della citt� di Roma). Non si hanno, invece, elementi per .ritenere che -con queste due tendenze ne coesista una terza, che utilizzi i criteri della competenza per valore. Le obiezioni che muovono le ricorrenti all'interpretazione che qui si accoglie dell'art. 3-4 non convincono. Non � esatto che, poich� nell'art. 34 della legge del 1961, si dice che l'opposizione pu� essere proposta innanzi all'autorit� giudiziaria e non si riproduce l'espressione " dinanzi ai Tribunali,, che si legge nel l'art. 51 della legge del 1865, risulterebbe per implicito che la norma abbia stabilito che debbano essere applicati i criteri della competenza per valore. Questo argomento non � decisivo. Anche l'art. M della legge del 19�65, si esprime in termini analoghi all'art. 34 della legge del 1961 stabilendo che l'opposizione pu� proporsi � avanti l'autorit� giudiziaria competente ,, e solo nel terzo cqmma menziona il " reclamo dinanzi ai Tribunali '� e tuttavia la prima espressione che con l'aggiunta del ter mine � competente � � forse anche pi� impegnativa di quella che si legge nell'art. 34, non ha impedito di interpretare la norma nel senso che si � visto quanto alla designazione del Tribunale come unico giudice com petente per materia in tema di opposizione alla stima. Non si vede il motivo per cui la stessa conclusione non si possa raggiungere nell'inter pretare quell'espressione nell'art. 34, tanto pi� che questa conclusione ben pu� essere giustificata, ravvisando �come ragione dell'uso dell'espres sione generica � autorit� giudiziaria � quella di porre l'accento sulla sta tuizione, per le cause di opposizione alla stima, della giurisdizione del giudice ordinario rispetto a quella, di altro giudice; amministrativo o speciale. Quanto all'osservazione delle ricorrenti, secondo cui, poich� la stima dei beni espropriati a favore dell'ANAS � fatto da tecnici di questa azienda, non sussisterebbe la ragione principale per la quale l'art. 51 della l�gge del 1865 ha previsto la competenza del Tribunale, e cio� che questi � competente anche per la nomina dei periti che procedono alla stima oggetto di opposizione, esso non � pertinente. Nel collegare l'art. 34 della legg� del 19<61 all'art. 51 della legge del 1865, l'individuazione di questa ragione della seconda norma, anche se � la pi� importante di quelle che l'hanno ispirata, non assume un rilievo determinante. Occorre tener presente che la sfera di applicazione di una norma giuridica � formalmente indipendente dalla sua giustificazione, di guisa che la norma, una volta entrata nel sistema, � suscettibile di applicazioni che possono andare anche oltre l'ambito dei motivi che ne hanno suggerito la emana zio~e. Ci� pu� verificarsi, soprattutto, quando, come nella specie1 l'ap plicazione di una norma �'conseguenza del rinvio che ad essa opera altra norma. In questo caso invero, per giudicare dei limiti dell'appli.. cazione, non importa tanto stabilire la ratio della norma richiamata, PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE quanto e soprattutto quella della norma di rinvio. Ci� posto, � vero che non si pu� giustificare l'estensione del rinvio, �che l'art. 34 della legge del 1961 fa all'art. 51 della legge del 1865, alla statuizione contenuta in quest'ultimo articolo in ordine alla competenza per materia, invocando il principale motivo che qui ha ispirato il legislatore; ma una tale estensione pu� prescindere da questo motivo e avere ragione sufficiente nel- 1'-esigenza di assicurare uniformit� al sistema dei gfu.dizi di opposizione alla stima dei beni espropriati. Questa esigenza si ricollega a particolari criteri garantisti, .che, almeno come tendenza, sono stati sempre seguiti dal legislatore. Trattasi dii criteri per i quali -in considera~ione della delicatezza delle questioni che il rapporto espropriativo implica per quanto riguarda la stima dei beni espropriati -si � voluto rimettere il giudizio relativo ad organi della pi� alta giurisdiziene di primo grado o comunqu� collegiali. Gi� in altre occasioni il legislatore ha dimostrato di recepire la stessa esigenza e di non fare alcun conto, nello stabilire la competenza per la opposizione, della sostituzion.e del procedimento di nomina dei periti da parte del Tribunale con altro per il quale la stima dei beni .espropriati venga effettuata da uffici, tecnki dell'ente espropriante. Al riguardo si pu� ricordare, a titolo esemplificativo, l'art. 1 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2119, concernente la semplificazione del procedimento espropriativo per le opere interessanti le Ferrovie dello Stato: questa norma, dopo di aver attribuito agli uffici tecnici dell'Amministrazione ferroviaria i compiti di stima che la legge del 1865 demand~ ai periti nominati dal Tribunale, espressamente stabilisce che qu~st'ultima legge " per tutto il resto rimane ferma ed invariata ", effettuando �cosi un rinvio che implicitamente si riferisce anche alle norme sulla competenza per materia di cui all'art. 51 della stessa legge. Questo esempio sembra particolarmente significativo, perch� fornisce un sicuro argomento sistematico. Invero la legge �sull'A.N.A.S. del 1961 riproduce una situazione del tutto analoga a quella prevista nel decreto n. 2.119 del 1923.,� sicch� non vi sarebbe motivo per una diversa intepretazione dei limiti del rinvio 'bhe le due norme operano alla legge del 1865 con riguardo alla competenza per il giudizio di opposizione alla stima. L'argomento �che le ricorrenti vorrebbero trarre dalla legge 2.0 marzo 1968, n. 3191 � inconsistente. Con esso, in sostanza, si tende a dimostrare che l'art. 51 della legge del 1865 non potrebbe pi� essere intrepretato nel senso dell'attribuzione al Tribunale della competenza per materia nelle controversie di opposizione alla stima dei beni espropriati, perch� per effetto della legge n. 391 del 1968 i periti potrebbero essere nominati anche dal Pretore, il quale, pertanto, per quelle controversie sarebbe investito di competenza in alternativa .col Tribunale, secondo il loro valore. Va osservato, come � stato fatto dalla. sentenza impugnata, che la legge del 1968 si limita ad ampliare i poteri del Pretore e del ~ribunale ~ nella procedura di svincolo o di pagamento diretto dell'indennit� .di J 314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO espropriazione e non fa nessun riferimento diretto o indiretto al procedimento di nomina dei periti per la stima e l'eventuale conseguente opposizione a questa. Del tutto arbitraria � la tesi delle ricorrenti secondo cui un tale riferimento risulta dall'attribuzione al Pretore del potere di liquidare ie spese di perizia; trattasi di un potere i cui limiti emergono chiaramente dalla lettera�della norma e che trova giustificazione in esigenze di sempli~ f�cazion~, delle quali non si pu� tener conto oltre quei limiti, per attribuire a quel giudice altri poteri che il legislatore, come risulta anche dal silenzio, in proposito, che si riscontra nei lavori preparatori della legge, non mostra di aver voluto a lui conferire. -(-Omissis). CORTE DI .CASSAZIONE ,Sez. I, 16 marzo 1971, n. 736 -Pres. Stella Richter --Est. Valore -P. M. Secco (conf.) -Bonf�gli (avv. Sacc�) c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (avv. Stato Angelini Rota). Obbligazioni e contratti -Locazione -Ritardata restituzione della cosa locata -Responsabilit� contrattuale -Danni -Disciplina. (e.e., art. 1591). Entrate patrimoniali dello Stato -Riscossione -Ingiunzio~e amministrativa -Presupposti. (r.d. 14 aprile 1910, n. 639, art. 1). L'obbligo del conduttore d{ restituire la cosa iocata al termine� del contratto, per scadenza o risoluzione, ha natura contrattuale onde in caso di inadempimento � responsabile dei danni sofferti dal locatore per la ritardata restituzione ove non provi che ci� sia dovuto a causa a lui non imputabile. Qualora il locatore non fornisca la prova di aver subito un maggior danno per l'abusivo perdurare dell'occupazione, l'entit� del risarcimento � determinata dall'art. 1591 e.e. nella misura del canone convenuto (1). . (1)-Giurisprudenza pacifica -La sentenza della Corte di Cassazione 25 luglio 1964, n. 2061, si legge in Giust. civ., 1965, I, 83; cfr. altres� Cass. 27 marzo 1958, n. 1019, in Giur. it., 1958, I, 1, 1267. La norma di cui all'art. 1591 c. c.,in deroga al principio (artt. 1223 2697 c. c.) per il quale in ogni caso occorre che sia fornita la prova del danno ed a simiglianza della peculiare disciplina prevista per i debiti pecu niari (art. 1224 c. c.), prevede che il danno da ritavdata restituzione della� cosa locata sia determinato, salva la prova di un maggior danno, nella PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 315 n concetto di "entrata patrimoniale� di cui all'art. 1 t.u. 14 aprile 1910, n. 639, ha portata amplissima sicch� lo Stato e gli al.tri enti pubblici ivi previsti possono avvalersi dello speciale procedimento di riscos~ ione cos� per le entrate di diritto pubblico che per quelle di diritto privato, ove si tratti di crediti certi, liquidi ed esigibili. L'obbligazi�ne risarcitoria, nei limiti minimi stabiliti dall'art. 1591 .e.e. contiene gli elementi necessari e sufficienti a l~gittimare il potere di autoaccertamento della P. A. che, pertanto, -� abilitata ad avvalersi del procedimento ingiunzionale previsto dal t.u. 1910, n. 639, per la riscos sione del relativo credito (2). (Omissis). -Con il primo mezzo il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata in relazio:fie alle risultanze processuali ed alle richieste delle parti (art. 360 n. �5 c.p.c.). Sostiene, in particolare, che la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che l'ingiunzione fiscale aveva quale sua causa i danni per la ritardata consegna del �campo di aviazione, anzich� il canone per la occupazione del campo stesso per l'annata agraria 1957-1958 e che, comunque, il fondamento dell'obbliga zione risarcitoria avrebbe dovuto� essere provato dall'Amministrazione . intimante, avendo esso opponente contestato l'occupazione per l'annata in questione. La -doglianza � priva di consistenza. Occorre anzitutto precisare che il Bonfigli, contrariamente a quij1lto assume nel ricorso, non ha mai contestato il fatto della ritardata restitu zione del fondo alla scadenza del rapporto, deducendo solo la riferibilit� di tale inadempimento a fatto di terzi, che avrebbero occupato il fondo stesso. Pertanto, poich�, 'finita la locazione per scadenza o per risoluzione, il conduttore ha l'obbligo, derivante dal contratto, di restituire la cosa avuta in godimento temporaneo, e nella ipQ~esi di ritardato adempimento, di risarcire il locatore del pregiudizio sofferto, ai sensi dell'art. 1591 e.e., e, poich~, come concordement.e affermato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte e dalla pi�, autorevole dottrina, l'obbligazione suddetta ha carattere contrattuale, incombeva all'opponente, per liberarsi della stessa misura del corrispettivo pattuito considerato appunto, al pari degli interessi, come frutto civile della cosa. Contro: BARBERO, Sistema -Istit. dir. priv. ital., Torino 1958, II. 354. (2) Cfr. Cass. 16 luglio 1963, n. 1950, in Foro it., 1963, I, 1900; 26 agosto 1963, n. 1729; 4 lugHo 1969, n. 2462; ecc. Sulla natura dell'ingiiunzione amministrativa disciplinata dal t. � u. 1910, n. 639, cfr. Cass. 16 luglio 1965, n. 1574, in questa Rassegn<11, 1965, I, 712�, 16 maggio 1966, n. 1232, ivi, 1966, I, 620; 21 giugno 1969, n. 2234, per la quale la efficacia esecutiva dell'atto prescinde dal visto del Pretore che costituisce solo condictio i_uris per farsi luogo all'esecuzione nei modi � ordinari. 316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relativa responsabilit�, provare che la mancata �tempestiva restituzione era stata determinata da causa a lui non imputabile (Cass. 9 marzo 1967, n. 569; 10 agosto 1964, n. 2282; 25 luglio 1954, n. 2061). Ogni questione in proposito � da ritenersi, per�, superata, non avendo il rkorrente sollevato, nell'impugnare la sentenza, doglianza alcuna su tale punto. Ci� premesso, priva .di rilievo appare l'obiezione che l'ingiunzione fiscale aveva quale sua causa " il canone per la occupazione del campo di aviazione Marina Palmense di Fermo_ per l'annata agraria 19'57-1958 > e non, .come ritenuto dalla Corte di merito, i danni per la !l"itardata riconsegna di detto immobile, in quanto, scaduta la locazione e non osservato dal Bonfigli l'obbligo della restituzione, l'Amministrazione si � limitata a chiedere la corresponsione del canone convenuto, che costituisce, ai s�nsi dell'art. 15,91, la misura minima del danno derivante ~dal fatto dell'abusiva occupazione. Codesta determinazione legale del danno predisposta dalla legge esime il locatore dall'onere di provare il danno medesimo, salva, ben si intende, la richiesta di ristoro di un pregiudizio pi� notevole, nel qual caso deve essere fornita una p;rova precisa e rigorosa. Quanto fin qui osservato � sufficiente per disattendere il secondo mezzo, col quale, molto succintamente, il ricorrente lamenta l'erronea applicazione al caso di specie del dtato art. 1591, dato che mancherebbe la prova dei fatti, dai quali la norma in questione fa discendere l'obbligazione del pagamento del corrispettivo. Invero, essendo pacifico in causa che l_a locazione era scaduta e che l'immobile non �era stato restituito, l'Amministra.zione non aveva alcun altro onere probatorio, onde correttamente l'art. 1591 � stato indicato come titolo giuridico dell'obbligazione controversa. Con il terzo mezzo, infine, il Bonfigli deduce la falsa ed errata ap plicazione delle norme che governano la legittimit� dell'ingiunzione fi scale, assumendo che, nella specie, si verte in rapporto di natura priva tistica, �nel quale l'ingiunzione fiscale non trova applicazione, e che, comunque, la �:pretesa creditoria � sfornita di qualsiasi fondamento di certezza, liquidit� ed esigibilit�. La censura � infondata sotto entrambi i profili. Attesa l'amplissima portata della norma di cui all'art. 1 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, per quanto riguarda la natura dei crediti tutelati, questa Suprema Corte ha pi� volte ribadito che lo Stato e gli altri enti pubblici possono avvalersi dello speciale procedimento ingiunzionale non solo per le entrate strettamente di diritto pubblico, ma anche per quelle di diritto privato, avendo il concetto di � entrata patrimoniale � un'acce zione molto va~ta che si estende ai proventi del demanio pubblico e dei pubblici servizi. Quanto al secondo profilo, va rilevato che il potere di autoaccerta-� mento della P. A., che si realizza coll'emissione dell'ingiunzione, non PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 317 pu� estendersi alle ipotesi di crediti risarcitori verso terzi, in quanto tali crediti mancano dei requisiti della certezza, della liquidit� e dell'esigibilit�, e sia la causa giuridica, che la prova della sussistenza e dell'ammontare dei crediti stessi, sono completamente ai di fuori della sfera di determinazione dell'Amministrazione (Cass., 16 luglio 19�63, n. 1950; 26 giugno 1963, n. 1729). Conseguentemente, � stato escluso che la P. A. possa avvalersi dello speciale procedimento ingiunzionale in questione che concilia in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, nella ipotesi di risarcimento del danno per fatto illecito (Cass., 4 luglio 1969, n. 2462). Ma codesti principi non possono provare applicazione nel caso in esame, attesa la sussistenza degli elementi necessari e sufficienti a legittimare il potere di autoaccertamento del credito da� parte della P. A. e la conseguente richiesta di pagamento dello stesso a mezzo di ingiunzione. Invero di credito, nei limiti entro i quali � stato richiesto, doveva considerarsi certo, indipendentemente da ogni accerta~ento giudiziale, per il verificarsi obiettivo del fatto costitutivo dell'obbligazione (mancata restituzi~ne dell'immobile alla scadenza della locazione), liquido, essendo l'importo determinato dal contratto e dalla legge, ed esigibile, perch� scaduto. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I~ 15 aprile 1971, n. 1059 -Pres. Favara Est. Leone -P. M. Minetti (conf.) -Ministero dei LL. PP. (avv. Stato Conti) c. Pizzarello (avv. Turano). Procedimento civile -Appello -Notifica -Vizi -Sanatoria. (c.p.c., art. 330). La notificazione dell'appello al pmcuratore costituito in giudizio anzich� alla parte destinataria, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata nell'atto di notificazione della sentenza impugnata, non determina inesistenza giuridica dell'atto ma solo nullit� di notifica sanabile, con effetti ex tunc, con la costituzione in giudizio dell'intimato ovvero con la rinno1'azione della notifica disposta dal giudice ai sensi dell'art. 291 c.p.c. (1). (Omissis). -L'Amministrazione ricorrente denunzia la v:iolazicine dell'art. 330 c.p.c. ed osserva �che la locuzione usata nella relazione di (1) Giurisprudenza pacifica -cfr. Cass. 10 giugno 1968, n. 1815; 25 luglio 1967, n. 1965, in Giust. civ., 1967, ~. 1989; 4 aprile 1962, n. 700; ecc. Nel senso che la nu1lit� della notificazione, derivante dalla inosser 318 RASSEGNA DELL AVVOCATURA DELLO STATO notificazione della sentenza del Tribunale, secondo cui la notifica era stata chiesta dai Pizzarello "residenti e domiciliati in Scilla " non era idonea ad indicare con esattezza la residenza ed il domicilio degli stessi e non poteva comunque produrre alcun effetto, in quanto Scilla � compreso nel circondario di tribunale diverso da quello che ha pronunciata la sentenza �oggetto della notificazione. Col secondo motivo, l'Amministrazione denunzia altres� la violazione dell'art. 156, terzo �Comma, c.p.c. e rileva che, se sussistesse l'addetto vizio della notificazione, esso non comporterebbe l'inesistenza della stessa, ma una nullit� sanabile ed in effetti sanata con la comparizione degli appellati: tale sanatoria avrebbe effetto ex tunc. I due motivi del ricorso sono complementari, ma all'economia della decisione appare sufficiente l'esame del, secondo mezzo, relativo all'efficacia dell'evento sanante, dato il suo carattere preliminare ed assorbente che � fondato. La Corte d'Appello � infatti caduta in errore quando ha richiamato la nozione d~ll'atto inesistente, con riferimento ad una notificazione che sarebbe stata eseguita in luogo diverso da quelli indicati dalla legge. � inesistente l'atto processuale se presenta elementi e ~trutture tali da non consentire la sua classificazione in alcuna delle figure tipiche di atti processuali, perci� non pu� dirsi inesistente la notificazione di una sentenza civile, fatta, su richiesta della parte vittoriosa, alla parte soccombente, da1l'uffici:iale giudiziario comP'etente, che abbia consegnata copia della sentenza al procuratore della parte destinataria, costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto della. notificazione ed abbia redatto la relativa relazione di notifica. Nell'attivit� cos� svolta dalla parte istante e dall'ufficiale giudiziario si ritrovano infatti tutti gli elementi sostanziali e formali del mezzo tipico disciplinato negli artt. 137 e seguenti c.p.c., per ritenere la 1conoscibilit� del documento da parte del soggetto interessato, che � appunto la notificazione. Nel concorso, anzi di determinati presupposti, l'attivit� ora detta risponde, allo schema norma vanza dell'art. 330 c.p ..c. sia in -ogni caso sanabile, allorquando vi sia la prova che l'atto abbia raggiunto il suo scopo (cfr. Cass. 28 marzo 1969, n. 1020; 5 1luglio 1966, n. 1741; 16 marzo 1964, n. 595; ecc. Ofr. altres� CasSI. 27. giugno 1967, n. 1600, per la quale la dichiarazione di !residenza o l'elezione di domicilio, �Che impongono di notificare l'atto di impugnazione alla parte peTsonalmente, sono quelle che consentono di identificare con esattezza il luogo ove la notificazione deve essere eseguita e cio� che contengono l'indicazione del Comune di residenza; della strada e del numero civico. Sicch�, ove difetti una di tali indicazioni, la dichiarazione � priva di validit� e non produce gli effetti di cui all'art. 330 c.p.c. In dottrina cfr. � .ANnRIOLI, Commento, 1960, Il, 338; SATTA, Commentario, 1966, III, 59. I i ~ l � --~ 319 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE tivo della notificazione (alla parte presso il procuratore costituito), che in tale caso � pienamente produttiva di effetti. Se uno di tali presupposti difetta, la notificazione al procuratore costituito � viziata ma non � certo inesistente, data la presenza degli altri elementi costitutivi della fattispecie tipica dell'anzidetto (merb) atto giuridico (Cass., 13� ottobre 1969, n. 3292; 31 luglio 19�6'9, n. 2731). Ora, l'atto processuale esistente, ma viziato, pu� essere rite...uto sanato se risulta che esso ha raggiunto lo scopo a cui � destinato (art. 156, comma terzo, �C.p.c.) e, nel caso di notifkazione viziata di atto di citazione, tale dimostrazione � insita riel fatto che si sia costituita in giudizio la parte a cui la notificazione � stata diretta. Trattasi di un caso di non rilevanza della nullit� (l'art. 156 cit. porta appunto la rubrica � rilevanza della nullit�), non rilevanza che non trova nella norma alcuna limitazione, sicch� l'atto che ha raggiunto lo scopo deve ritenersi valida a tutti gli effetti suoi propri. Del resto l'art. 291 c.p.c. dispone, in caso di contumacia del convenuto, che-il giudice, se rileva un vizio che importi nullit� della notificazione della citazione, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovarla ed aggiunge che � la rinnovazione impedisce ogni decadenza �; � ovvio, perci� che vale ad impedire ogni decadenza l'evento sanante che renda superflua la esigenza di rinnovazione della notifica; il legislatore cio� ha escluso ponderatamente qualsiasi pregiudizio all'interesse giuridicamente tutelato della parte istante, allorquando questa abbia compiuto, nel termine stabilito a pena di decadenza, l'atto tipico di esercizio del diritto (citazione valida e rkhiesta di notificazione da eseguirsi entro il termine), anche se poi l'attivit� formale di notificazione sia svolta in modo viziato, purch� tale attivit� sia rinnovata validamente nel termine assegnato dal giudice o sia sanata con la costituzione del convenuto. Tale disciplina dell'efficacia sanante ex tunc, attribuita alla costi tuzione della parte convenuta rispetto ai vizi della notificazione della citazione~ risalta ancor pi�, se si considera la disciplina opposta stabilita nell'art. 164 c.p.c. circa gli effetti della nullit� della citazione, che � . . sanata anche .essa dalla costituzione del convenuto, ma restano salvi i diritti anteriormente quesiti nei casi richiamati nel primo comma del medesimo articolo; e ci� perch� la nullit� della citazione, atto di parte, esclude che si possano produrre gli effetti sostanziali della .citazione me desima prima del fatto sanante, mentre la nullit� � in ogni caso riferi bile direttamente alla parte che ha redatto la citazione. ~ella sentenza impugnata, che ha completamente ignorato i conso lidati risultati della giurisprudenza sul punto in esame, non � neppure accennato qualsiasi argomento contrario, se si prescinde da quello, erro neo ed inaccettabile, dall'inesistenza della notificazione fatta alla parte presso il procuratore invece che alla parte nella residenza (malamente) . dichiarata. ,__ (Omissis). 320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE DI ROMA, Sez. I, 28 novembre 1968, n. 9�761 -Pres. est. De Martino -Ministero Affari Esteri (avv. Stato Zagari) c. Federici (avv. Giuffr�, Dessy e Giuliano). Guerra -Forze militari di occupazione -Danni arrecati a civili -Titolarit� della pretesa.. risarcitoria. Procedimento civile -Opposizione di terzo -Presupposti -Pregiudizio del terzo -Fattispecie. (art. 404 c.p.c.). L'attivit� degli Stati beUigeranti � regolata dal diritto internazionale (di guerra); pertanto la titolarit� -di una pretesa riSnrcitoria fondata su danni sub�ti ad opera di forze mmtari di occupazione spetta ano Stato di appartenenza del danneggiato nei confronti dello Stato <;>ffensore (1). La sentenza che accoglie la domanda di un cittadino contro uno Stato estero per danni arrecati da forze militari di occupazione viene a pregiudicare il diritto delfo Stato di appartenenza del danneggiato di richiedere, sul piano internazionale e nei confronti deUo Stato offensore la riparazione deU'illecito internazionale: sussiste pertanto, rispetto a tale sentenza, la legitimazione dello Stato offeso a proporre opposizione di terzo (2). (Omissis). -Va premesso che con la sentenza impugnata questo I I !, Tribunale, su istanza di Giacomo Federici, condann� lo Stato del Giappone (rimasto contumace anche in quel giudizio) al pagamento, in favore i .... (1-2) Data la novit� e l'importanza delle questioni �trattate pubblichiamo la sentenza in rassegna che � ora passata in giudicato a seguito dell'ordinanza 20 aprile 1971 dalla Corte di Appello di Roma con cui si dichiara estinto, per :rinuncia, il giudizio di appello promosso dal Federici avverso la sentenza stessa. Si chiude cosi definitivamente la vertenza Federici idi cui si era data notizia in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione a Sez. Un. 30 "settembre 1968, n. 3029 (in Rass. Avv. Stato, 1968, I, 638) con la quale era stato dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice dell'esecuzione rispetto ad atti esecutivi sui beni dello Stato del Giappone intrapresi dal Federici in base ad una sentenza passata in giudicato ma senza la preven:tiva autorizzazione del Ministro per la Grazia e Giustizia. Contestu,almente alla questione di giurisdizione sollevata dal Prefetto ex M't. 41, II comma, c.p.c., l'Avvocatura dello Stato a nome del Ministero degli Esteri proponeva dinanzi al Tribunale di Roma azione di opposizione di terzo ex art. 404, I comma, c.p.c. avverso la sentenza con cui quel Tribunale aveva condannato lo Stato del Giappone nei confronti del Federici, in quanto tale sentenza era venuta a �costituire un ostacolo, non altrimenti' superabile, alla trattativa pendente tra i due Paesi per la definizione dei PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 321 del primo, del controvalore in lira italiana, al cambio ufficiale del giorno del pagamento, dell.a somma di dollari USA 63'8.050, con interessi legali . dal giorno della domanda. Avverso tale decisione passata in cosa giudicata, ha proposto opposizione il Ministero degli Esteri, sostenendo che essa pregiudica gravemente i suoi diritti. Il convenuto Federici Giacomo ha prospettato numerose eccezioni preliminari tendenti a dimostrare la improponibilit� o la inammissibilit� della opposizione di terzo. Secondo l'ordine logico, la prima di tali eccezioni concerne la decadenza che si sarebbe verificata (ai sensi dell'art. 327 c.p.c.) per effetto danni subiti da cittadini italiani nell'ultimo conflitto mondiale in territori occupati da forze armate giapponesi. Come risulta dalla sentenza, la controversia involgeva varie questioni di diritto sostanziale e processuale di notevole rilievo e di particolare delicatezza. � Riteniamo interessante, per meglio illustrare il thema -decidendnm, dportare il passo dalla comparsa �conclusionale relativo al problema : Della titolarit� di una pretesa derivante da danni subiti ad opera di forze militari di occupazione Il rilievo fondamentale da �Cui occorre prender le :mosse � che l'azione del sig. Federici fatta valere nel giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Roma ebbe ad oggetto il risarcimento dei danni subiti dall'at tore a causa di misure adottate nei :suoi confronti dalle autorit� militari giapponesi occupanti il territorio della Cina all'epoca dell'ultimo con flitto mondiale. � Si trattava in altre parole della stessa pretesa gi� fatta valere dal Go verso Italiano e facente parte dei � claims > avanzati nell'esercizio del potere di intervento diplomatico, nei confronti dello Stato giapponese (anche se, a fondamento della sua pretesa l'attore poneva un documento nel q_uale -a suo dire -era contenuto un riconoscimento di debito da parte dello Stato giapponese relativamente al rapporto dedotto in giudizio). La sentenza accolse la domanda del sig. Federici .e condann� lo Stato del Giappone, rimasto contumace nel giudizio, a pagare la som:ma richiesta. In proposito, si deve osservare che -l'attivit� �di .guerra degli Stati bel ligeranti � attivit� di carattere internazionale �ed � regolata dal Diritto Internazionale di Guerra (cfr. MONACO, Manuale di Diritto Internazionale Pubblico. UTET, 1960, pagg. 426 e segg.; BALLADORE-PALLIERI, Diritto bellico, CEDAM, 1954, con ampi riferimenti di dottrina e di giurisprudenza inter nazionale; 0PPENHEIM-LAUTERPACHT, International Law, London, 1965, II, pp. 201 e ss.). � La liceit� o meno delle azioni di guerra e degli atti emanati dalle autorit� militari di uno Stato belligerante sono valutabHi nel quadro del Diritto Internazionale di Guerra che, con norme consuetudinarie e con disposizioni convenzionali, stabilisce -con minuta casistica -quali com portamenti siano consentiti e quali siano da considerare illeciti. L'attivit� .di guerra e gli atti emanati da autorit� di uno Stato bellige-' rante in teTritori occupati s�no da valutare solo in base alle norme del Di 322 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO del decorso di oltre un anno dalla pubblicazione della decisione impugnata. Si sostiene che la norma, IPUr riferendosi esplicitamente alle sole ipotesi del ricorso per cassazione e della revocazione per ta~uni dei motivi di cui all'art. 3915 sarebbe la espressione di un principio generale applicabile a tutte le impugnazioni, e quindi, anche al caso in esame. La eccezione � infondata. La chiara portata della norma esclude che possa estend~rsi alla opposizione di terzo una causa di decadenza non solo prevista per altre impugnazioni, ma anche rigorosamente delimitata proprio con riferimento all'ambito di applicazione della sancita preclusione. ritto Internazionale e le eventuali violazioni di tali norme determinano esclusivamente una responsabilit� internazionale dello Stato. ~ Si tratta di concetti elementari e faremmo un torto ai nostri�contrad dittori se insistessimo troppo su tali nozioni (1). Ove le autorit� militari di uno Stato belligerante compiano atti di trasgressione di norme del diritto internazionale di guerra il privato straniero danneggiato da tali atti non ha autonoma azione n� contro i materiali esecutori degli atti �Che lo hanno danneggiato, n� contro lo Stato belligerante, e lo Stato offensore pu� essere tenuto responsabile solo nei confronti dello Stato di appa:r>tenenia del danneggiato. Ci� � di manifesta evidenza nei casi in cui il privato danneggiato sia cittadino di uno Stato nemico dello Stato offensore. Affermare il contrario equivarrebbe a ritenere che, ove un bombar damento di guenra danneggi un edificio civile nemico in violazione di norme internazionali, il proprietario dell'edificic;> potrebbe agire (dinanzi a quale Tribunale?) per citare in giudizio l'aviatore che ha sgancibto le bombe. ovvero lo Stato di appartenenza dell'aviatore per chiedere il risar cimento dei danni. Lo stesso per gli eredi dei civili uccisi in azioni di guerra non consen tite dal diritto di guerra, ovvero iper .i proprietaxi di beni, requisiti, sac cheggiati, bruciati in analoghe circostanze. La� semplice enunciazione delle conseguenze della tesi contraria, giunge ad una �efficace reductio ad absurdum di essa, e conferma la validit� del principio prima enunciato: l'attivit� di guerra � attivit� internazionale e di essa fo stato belligerante risponde soJa internazionalmente e nei confronti dello stato di appartenenza del danneggiato. Nessuna pretesa diretta � data al danneggiato nei �confronti dello Stato �belligerante: n� sul piano del diritto internazionale (dov~ il privato non � soggetto di diritto), n� nell'ordinamento dello Stato offensore (dove non pu� trovar sindacato l'attivit� bellica), n� nell'ordinamento dello Stato offeso (do.ve pure, per il principio dell'immunit� giurisdizionale degli Stati (1) � appena il caso di osservare che le rarissime (e quasi singolari) normE1 che prevedono, in casi eccezionali, una prestazione diretta degli Stati ,belligeranti verso privati (cfr. Balladore-Pallieri, op. cit.) fanno, anch'esse, parte del Diritto Internazionale di guerra cosi che gli obblighi nascenti da esse o dalla violazione di esse possono esser fatti valere, in via esclusiva, da soggetti di diritto internazionafe e cio�, nella specie, dallo Stato di appartenenza del privato interessato. I I I i I l ' ~ I r 323 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE � d'altronde, principio pacifico che non � consentita. in questa" materia, interpretazione analogica, per cui deve ritenersi -come peraltro ha gi� affermato la Corte Suprema con la sentenza n. 2636 del 18 luglio 1958 -che la opposizione di terzo contemplata dal primo comma dell'art. 404 c.p.c. (che � quella sperimentat.a nella specie in decisione) non � sottoposta a nessun termine processuale. Sempre in linea pr�eliminare il convenuto assume che altro motivo di inammissibilit� deriverebbe dal contenuto della domanda, essendosi chiesto l'annullamento e non la semplice inefficacia della sentenza impugnata. Anche tale eccezione � destituita di fondamento. esteri per atti compiuti nei poteri d'imperio, non pu� trovare ingresso un'azione diretta dal ;privato danneggiato). Ci� d'altronde corrisponde alla comune �esperienza iPer la quale ben sappiamo che delle offese belliche solo gli Stati sovrani possono trattare, sul piano internazionale, mentre � escluso che con tale azione possa interferire una tutela �diretta dallo straniero danneggiato nei confronti dello Stato offensore la quale mancherebbe -oltre tutto -di una norma sostanziale su cui possa fondarsi in quanto -�come si � detto -fa normativa che disdplina l'attivit� bellica � tutta di diritto internazionale ed ha come soggetti gli Stati e non i privati individui. L'azione di guerra dello Stato bemg.erante e gli atti compiuti dalle autorit� di occupazione, se illecite, sono tali perch� violano una norma di diritto internazionale, con la �conseguenza che titolare,dei diritto al risarcimento pu� essere �solo il soggetto giuridico del diritto internazionale e, cio�, (per lo meno, ai fini che qui interessano) uno Stato. � interessante osservare che il BALLADORE-PALLIERI (Diritto bellico, cit. pag. 361) sostiene che a str�etto rigore, anche tra gli Stati belligeranti l'attivit� bellica iUecita non comporta un vero e proprio diritto al risarcimento, e che solo con una imposizione di carattere politico lo Stato offeso (sempre che abbia vinta la guerra) pu� conseguire il ristoro dei dannj sofferti. E della profonda verit� di tale affermazione, ne abbiamo avuto recenti conferme in occasione degli ultimi conflitti mondiali. I privati che le vicende della guerra tragicamente danneggia e fa soccombere, non possono in alcun ordinamento interno far valere 1a loro pretesa verso gli Stati offensori. Solo lo Stato sovrano pu� (e nei limiti dei rapporti di forza internazionale) interloquire e far valere la sua auto noma e 1propria domanda di indennizzo nei .confronti dello Stato offensore. La guerra � un fatto tra Stati e solo gli Stati hanno il potere di valu tare e di trarre le .giuridiche conseguenze della cieca .e violenta azione bellica: solo lo S.tato di app.artenenza del danneggiato ha il diritto di reclamare la sanzione per l'azione di gue!T'a o l'atto dell'autorit� militare di uno stato belligerante che abbia ingiustamenite danneggiato beni, diriW e/o interessi .stranieri. Tali principi valgono non solo nei rapporti tra Stato belligerante e cittadini di Stati nemici, ma anche per quanto rigua:Nla i danni che l'attivit� bellica provoca ai privati appartenenti a Stati neutrali (o, comunque, non � belligeranti) che si trovano in territorio di occupazione �soggetti ai poteri 9 324 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � esatto, in linea di massima, che gli effetti della pronunciarichiesta�� con l� opposizione di terzo devono avere la sola finalit� di evitare il pregiudizio che possa derivare allo opponente dal giudicato formatosi 'inter alias, e che tali effetti non distruggono n� annullano, di regola, il giudicato tra le parti dell'originario processo, ma � salva la ipotesi che il rapporto nei riguardi del terzo risulti assolutamente incompatibile ed .inconciliabile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione (in tali sensi Cass., 2'8 gennaio 1955, n. 213 e 20 luglio 1960, n. 2.oao). Non � quindi escluso dal sistema, attese le particolari finalit� della opposizione di terzo, che possa il giudice della opposizione estendere gli dell'autorit� militare (c:fr. OPPENHEIM-LAUTERPACHT, op. Cit., vol. II, .pa gine 271-2). Ricorda l'Autore citato che dal tempo in cui il Diritto 1nternazionale si � formato fino ai nostri giorni, nessuna differenza � stata fatta dai belli geranti tra il trattamento accordato ai cittadini dello Stato nemico e i cittadini di Stati neutrali residenti in territori nemici. Invero, gi� il GRoz10 (De Jure Belli ac Paeis, 1625, III, c. 4, ��, 6, 7) insegna che gli stranieri debbono dividere il destino della popolazione che vive in territorio nemico e BYNKERSHOEK (Quaestiones Juris Publiei, I, c. 3, in fine) conferma eS1Pressamente che gli stranieri residenti in territorio nemico, sono considerati come nemici. E la pratica internazionale (per Gran Bretagna e Stati Uniti cfr. le referenze indicate nel passo citato) dimostra che gli stranieri, sia sudditi di uno Stato bellige!I'ante �sia sudditi di uno Stato neutra!le, acquistano (sia pure solo a certi effetti) carattere di nemici per il fatto della loro residenza, poich� essi si sono uniti ad una popolazione nemica e contribuiscono, pa gando tasse e simili, allo sforzo del Governo nemico. Per .questo tutte le misure che possono essere legittimamente prese nei confronti della popolazione �Civile del territorio nemico, posson~ egual mente essere �prese nei loro confronti, a meno che essi si allontanino volon tariamente o vengano espulsi da quel territorio. Precisa il LAUTERPACHT (op. cit.); � Such of them as are subjects of neutral States do not, �therefore, lose the protection of their home State against arbitrary treatment inconsisten with the Laws of war; and such of ~hem as are subjects of the other bellig&ent are handed over to the pro tection of the embassy of a neutral Power � (1). Ci� dimostra che solo sul piano internazionale pu� essere valutata, con testata e sanzionata l'attivit� di guerra di uno Stato belligerante verso un suddito di uno Stato neutrale, non essendo neppure configurabile una pre tesa diretta e un'azione individuale -dello straniero danneggiato Vell'SO lo stato offensore. (1) �Quelli tra di essi che sono sudditi di Stati neutrali non perdono, perci�, la protezione del loro Stato contro un trattamento arbitrario, contrario alle leggi di guerra; e quelli che sono sudditi di altri Stati belligeranti sono affidati alla protezione dell'ambasciata di una Potenza neutrale�. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 3?5 effetti dell'annullamento della decisione impugnata alle parti del �pfimo giudizio, qualora la peculiarit� del dedotto pregiudizio si presenti tale da non poter trovare tutela se non attraverso l'annullamento totale della decisione. Sqstiene inoltre, il convenuto che difetterebbe -.-comunque -il requisito dell'interesse alla proposta impugnazione, non intendendo egli far valere in alcun modo la pronuncia nei confronti del Ministero degli Affari Esteri. La infondatezza di questa ulteriore eccezione � dimostrata dalla considerazione che, in tema di opposizione di terzo, non va tenuta pre- Aggiunge poi l'Autore citato: "However that ~ay be, they are not exempt from requisitions and contributions, from the restrictions which an occupant iI:Q.-poses upon ihe population in the interest of the safety of bis troops and "the succes of bis military operations; from punishement foir hostile acts committed againts the occupant; or from being taken into captivity, if ex�ceptionally p.ecessary. This treatment of foreign .resident on occupied enemy territory is gnerally recognised as legitimate by theory and practice � (1). , Sembrano sufficienti queste �considerazioni per �concludere che lo Stato belligerante ri:sponde della propria attivit� di, guerra solo sul piano dell'ordinamento internazionale, nel quadro del diritto internazionale di guerra e nei confronti degli altri �stati e che, pertanto, se l'attivit� di guerra e gli atti dell'autorit� militare di occupazione hanno arrecato danni a cittadini stranieri, l'unico titolare del diritto all'indennizzo nei confronti dello Stato offensore � lo stato di appartenenza del daneggiato, il quale ultimo non ha una pretesa diretta nei confronti dello Stato offensore ma potr� chiedere al proprio Stato nel quadro dell'ordinamento interno un indennizzo, e . ci� in relazione all'esito dell'azione piromossa sul piano internazionale dal governo. Le considerazioni che precedono gi� ci consentirebbero di dimostrare la sussistenza delle �Condizioni di ammissibilit� e �di fond�tezza dell'opposi zione proposta. Completezza di trattazione ci induce, peraltro, a rilevare �come� le con clusioni cui siamo giunti non muterebbero anche .se fosse vera la pretesa da cui parte la difesa del convenuto, e secondo �Cui, nel caso di danno ad uno straniero provocato da atto di imperio da uno Stato belligerante anche il danneggiato vanterebbe un'autonoma pretesa di indennizzo direttamente nei confronti dello Stato offensore. Abbiamo vi�sto che tale tesi � \radicalmente infondata nel �caso che ne occupa, di danni -cio� -derivati dall'attivit� di guerra e da atti della autorit� militare di occupazione di uno Stato belligerante. � Vogliamo, peralt\l"o, aggiungere che se -in contestata ipotesi -po (1) �In ogni modo, essi non sono esenti da requisizioni e contribuzioni; dalle restrizioni che l'occupante impone sulla pcpolazione nell'interesse della salvezza delle sue truppe e del successo delle operazioni militari, dalla punizione di atti ostili contro l'occupante o dall'essere internato, se eccezionalmente necessario. Questo trattamento dello straniero residente in territorio nemico occupato � generalmente riconosciuto legittimo sia dalla dottrina che dalla pratica internazionale >. 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sente, ai fini della sussistenza dell'interesse alla impugnazione; l'even..:." tualit� di un'esecuzione della pronuncia impugnata nei confronti dell'opponente (ipotesi che non pu� giammai verificarsi, costituendo tale pronuncia res inter alios) ma unicamente il pregiudizio che la pronunzia stessa 1comporta per il diritto del terzo, sostanziandosi nella eliminazione dli tale pregiudizio l'interesse ad agire dell'opponente. Sarebbe ancora di ostac�lo alla ammissibilit� della opposizi�ne l'acquiescenza, da parte del Mini.stero .degli Esteri, alla sentenza impugnata, per essel'!si adoperato al fine di ottenere dallo Stato del Giappone l'adempimento della obbligazione verso il Federici. tesse configurarsi, nel caso esp0$to, un diritto all'indennizzo del danneggiato nei confronti dello Stato offensor�e, anche in tali ipotesi, una volta intervenuto diplomaticamente lo Stato di appartenenza del danneggiato,, qualunque pretesa del privato resterebbe assorbita e ricompresa nel reclamo avanzato dallo Stato nell'esercizio della protezione diplomatica e, di .conseguenza, solo lo Stato potrebbe van'tar�e nei -confronti dello Stato offensore il �diritto all'indennizzo e il privato potrebbe rivolgersi solo al proprio Stato per ottenere un indennizzo in relazione all'esito dell'azione diplomatica. Per dimostrare ci� sar� sufficiente richiamare due principi fonda mentali del dirftto internazionale. . In primo luogo si deve ricordare il principio di diritto internazionale generamente riconosciuto, e accolto quindi nel nostro ordinamento per effetto del di�sposto dell'art. 10 Costituzione, per cui, allorquando uno Stato interviene in via diplomatica a favore di un proprio cittadino nei confronti di uno Stato straniero, il rapporto relativo alle conseguenze giuridiche di atti svolti nei poteri di imp�rio'a.allo Stato offensore viene a concernere esclusivamente i due Stati e che conseguentemente il privato non pu� pi� far valere in via diretta la propria pretesa nel piano degli ordinamenti interni, n� del!lo Stato offensore, n� di quello reclamante. Una volta proposto dallo Stato, il cui cittadino � stato danneggiato da misure adottate da un altro Stato, un intervento diplomatico, solo lo Stato pu� agire (e sul piano internazionale) nei �Confronti dello Stato offensore, n� il privato pu� pi� <riproporre la questione nel quadro degli ordinamenti interni. Si tratta di nozione istituzionale ed � sufficiente in proposito richiamare le parole del QUADRI (Diritto Internazionale Pubblico, 1960, p. 349 ss.). L'illustre Autore cos� si esprime (ivi, pag. 352): " Si tratta, in altri temnini, esclusivametne di un a:ffiare da Stato a Stato, nel quale l'individuo non viene in rilievo che come "oggetto" di un interesse nazionale �e per la coincidenza che viene a determinarsi in virt� della situazione di sudditanza tra l'interesse "materialmente" 1Protetto dallo Stato... ,. (cfr. autori e giurisprudenza internazionale ivi citati; vedi, in particolare, GoEBEL, in � American Journa�l of International Law �, 1914, 814: � This duty... is to injured State, and not to the injured individua!. In fact, as we have seen, the injured individuai may not receive any part of the indennity... the indennity is .part of a relation between state and state ,. (1); nel senso (1) �Tale obbligo... � nei confronti dello Stato offeso e non nei confronti dell'individuo offeso. Invero, come si � visto, l'individuo offeso pu� anche non PARTE I, .SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 327 Esattamente ha rilevato la difesa dell'attore che l'attivit� esplieata dal Ministero, sul piano diplomatico, prima e dopo l'emanazione della sentenza predetta, non �, a prescindere da ogni considerazione sulla natura riservata ed insindacabile dell'attivit� stessa, contrastante con la volont� di avvalersi delle impugnazioni previste dalla legge. I passi compiuti dall'Amministrazione degli .esteri nei sensi indica.ti erano, invero, diretti ad eliminare le ragioni di contrasto che la decisione impugnata aveva determinato nei rapporti tra i due� Stati ed il loro compimento conferma, �se mai, che l'amministrazione aveva interesse a ristabilire i normali rapporti nell'ambito delle trattative in corso sul che gli indennizzi spettino allo �Stato nazionale.,, e non all'individuo. v. ANZILLOTTI in � Rev. g�n�rale de droit int. pub. ,,, 1906, 814; adde: STARKE, An introduction to Interrvational Law, London, 1959, 210 ss., in particolare il passo seguente: � Inasmucl:i as a State has a rfght to �protect its citizens abroad, it is entitled to intervene diplomaticaUy or to lodge a claim for satisfaction before an international arbitral tribunal if one of its subjects has sustained unlawful injury for which another State is responsible. The claimant State is deemed to be injured throught subjects, and once the intervention is made or the claim is laid, the matter becomes one that concerns the two states alone. The injured subject's only right is to claim through his State against the State responsible" (2), v. pure riferimenti ivi contenuti; per una approfondita indagine critica del problema dr. BARILE, I diritti assoluti nell'ordinamento internazionale, Milano 1951; cfr., oltre le referenze indicaJe, la decisione della Corte Permamente di Giustizia Internazionale, n. 2 del 30 agosto 1924, Affaire des Concessions Mavromatis en Palestine, Publications de la Coux, serie A, fase. 2, pag. 12 cit. dal BARILE, p. 330: � En prenant fait et cause par l'un des siens nationaux (l�s�s par del actes �contraires au droit international commis par un autre Etat), en mettant en mouveinet � sa faveur l'action diplomatique ou l'action judiciaire internationale, cet Etat fait, � vrai dire, valoir son droit propre, le droit qu'il a de faire respecter, en la personne da ses ressortissants, le droit international ". Altro principio di diritto internazionale pacificamente riconosciuto, e recepito nel nostro ordinamento per il richiamo dell'art. 10 Costituzione, � quello della immunit� ,degli Stati dalla gimisdizione interna di altri Stati per quello che concerne attivit� di diritto pubblico, ossia svolte in forza di poteri di imperio e in :funzione della propria sovranit� (cfr. OPPENHEIMLAUTERPACHT, International Law, London 1963, vol. I, 264 ss.; QUADRI, La ricevere alcuna parte dell'indennizzo... l'indennizzo � parte di un rapporto tra Stato e Stato �. (2) " In quanto uno Stato ha il diritto di proteggere i suoi cittadini all'estero, esso � legittimato a intervenire in via diplomatica o a presentare una domanda di riparazione dinnanzi ad un tribunale arbitrale internazionale, se uno dei suoi cittadini ha subito un torto del quale un altro Stato � responsabile. Lo Stato reclamante � considerato offeso attraverso i propri cittadini e, una volta che sia avvenuto l'intervento diplomatico ovvero che sia stata posta la domanda, l'affare viene a concernere solanto i due stati. Il solo diritto dell'individuo offeso � di reclamare � attraverso il proprio Stato contro lo Stato responsabile>. ,. 328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO piano generale con il .governo giapponese e che, fallito il tentativo di mediazione sopra specificato, non le restava eh.e l'azione davanti al magistrato. Non ricorrono, quindi, nel caso gli estremi di applicabilit� dell'articolo 329 c.p.c., non potendosi attribuire all'attivit� del Ministero carattere di acquiscenza alla sentenza in esame. Si deduce, infine, da parte del Federici Giacomo, che la giurisdizione affermata dal Tribunale non potrebbe gi�mmai essere posta nuovamente in discussione, concretando la contestazione su tale punto una specie di regolamento di giurisdizione, sottratto alla competenza di questo collegio, e comunque, non pi� possibile, ai sensi dell'art. 41 cpv. c.p.c. giurisdizione sugli Stati stranieri, Milano 1941, p. 97; MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, Padova 1954, 189; MONACO, Manuale di diritto internazionale, UTET, 1960, p. 227 con ampia bibliografi.a; per una approfondita disamina del problema, LAVIVE, L'immunit� de jurisdiction des Etats et des orgianisations internationales, in " Recueils des Cours de la Haye >, 1953, II, 209; adde: STARKE, An introduction to International Law, London 1950, 169 :� � The rule is that foreign States and Heads of foreign States may sue in the territorial Court, but cannot, as a rule, be sued there, unle~ they volontarity submit to the jurisdiction of that Court either ad hoc, or genel'lally by a treaty � {l); (in giurisprudenza interna, cfr. per tutte, Cass. 10 febbraio 1949, n. 216 in Foro itl., 1949, I, 334: � ��� gli ordini delle autorit� occupanti in tempo di guerra �costituiscono un'esplicazione di potest� sovrana che si estende al territorio occupato e si sovrappone ai poteri dello Stato nazionale, e per tale loro natura sfuggono al sindacato di legittimit� dell'autorit� giudiziaria, principio quasi unanimemente condiviso dalla pi� autorevole dottrina �). Sono d'altra parte evidenti le ragioni che hanno determinato il formarsi di tale principio. Nel campo dei rapporti internazionali, nel quale non esiste un'autorit� super partes, l'esereizio di una pretesa nei confronti di uno Stato sovrano non pu� essere lasciata alla valutazione e alla discrezione di un privato in quanto� siffatte iniziative -in mancanza di un �sistema di accertamento giudiziale indipendente dalla volont� degli Stati -.possono comportare gvavi conseguenze nei rapporti tra gli Stati stessi, cosicch� appare fuor di ogni proporzione che l'esigenza di tutela di un'privato possa in definitiva, giungere a compromettere i rapporti tra due collettivit� nazionali e, nei casi pi� gravi, a porre in pericolo gli interessi pi� vitali di tali collettivit�. � questa latente esigenza di fondo che ha portato alla formazione del .principio dell'immunit�, degli Stati dalla giurisdizione interna con il richiamo del BROCCARDO: par in parem non habet imperium (per le giustificazioni giuridiche del principio cfr. autor:i cit. e, ivi, rif.; cfr. pure Cass., 12 giugno 1925, in Foro it., 1925, I, 830; id., 13 marzo 1962, in Foro it., 1926, I, 584; (1) �La regola � che gli Stati stranieri e i Capi di Stato stranieri possono agire in giudizio nei tribunali interni, ma non possono -di regola -essere convenuti, a meno che essi si sottomettano volontariamente alla giurisdizione di quel tribunale o per quel caso speciale, o, in via generale, con un trattato �. PARTE I,. SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 329 Ritiene il collegio che il riferimento a tale norma non sia confeFente nel caso di specie. .~ Essa, infatti, riguarda e regola il diverso istituto processuale del regolamento di giurisdizione, stabilendo che la pubblica amministrazione che non � parte in causa pu� chiedere, in ogni stato e grado del processo, che sia dichiarato dalle sezioni ulllite della corte cdli cassazione il difetto di giurisdizione del giudke ordinario a �Ca'll!sa dei poteri attribuiti dalla legge all'amministrazione stessa, finch� la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato. �� Questa speciale facolt�, con la limitazione contemplata nell'ultima parte della disposi2lione richiamata, non costituisce peraltro ostacolo, ove id., 18 gennaio 1933, in Giur. it., 1933, I, 1, 274; id., 12 maggio 1947, n. 740, in Foro it., 1948, I, 855; id., 21 settembre 1948, n. 1631 in Foro it., 1943, I, 460; id., 10 febbraio 1949, n. 21, in Foro it., 1949, I, 334). Richiamati i due princtpi sopra enunciati, appare evidente .che � affatto incontestabile che nel caso di danni subiti da un privato per misure d'imperio adottate da uno Stato estero (e fermo quanto abbiamo detto al paragrafo 11 per l'attivit� di 1guerra di uno Stato belligerante), ove il Governo di appartenenza del danneggiato assuma in .proprio la tutela del cittadino e proponga allo stato offensore un reclamo per indennizzo ,esso diventa l'unico titolare del potere di far valere la pretesa di indennizzo nei confronti dello Stato offensore. Ci� vale a dire che gli organi giudiziari dello Stato reclamante non possono esercitare la propria giurisdizione sul rapporto di cui trattasi, perch� verrebbero ad interferire nella sfera di attribuzioni del Governo a ne intralcerebbero o, addirittura (come �, poi, avvenuto nella specie) ne paralizzer�ebbero l'azione diplomatica. Tali principi appaiono forniti di una tanto manifesta evidenza che non riterremmo di tediare il Collegio 1per ulteriormente illustrarli. Ma non possiamo non tener conto che questo invece, � il punto che � apparso incomprensibile ai nostri illustri contraddittori che, con dovizia di argomentazioni hanno radicalmente contestato non solo l'evidenza ma anche la �fondatezza sia delle nostre premesse che delle nostre conclusioni. In sostanzia la difesa del convenuto �contesta che nell'ipotesi che a_bbiamo formulato, il Governo dello Stato reclamante .sia l'esclusivo portatore del potere di far valere �rispetto allo Stato offensore la pretesa derivante dai danni subiti dal proprio cittadino. I nostri contraddittori ritengono una tale tesi sprovveduta e, per cos� dire, ingenua, in quanto nascerebbe da una inescusabile <!onfusione tra lo ordinamento internazionale e gli ordinamenti interni dello Stato recl�amante e dello Stato offensore. Assumono i nostri contraddittori che l'esercizio da parte dello Stato reclamante della tutela diplomatica sul piano internazionale nessuna con / seguenza avrebbe, n� potrebbe avere, sulla legittimazione del danneggiato a far valere, in proprio, la pretes�a di un indennizzo e ci� sia nel quadro dell'ordinamento dello Stato offensore e sia nell'interno dell'ordinamento dello Stato reclamante. La migliore dimostrazione di tale ininfluenza della pendenza e delle ,. vicende della controversia internazionale sulla pretesa del danneggiato sa: 330 RASSEGNA DELL'AVVOCA~URA DELLO STATO ne ricorrano i presup,.posti, all'esercizio, da parte deU'amministPazione, del diritto di impugnazione di cui all'art. 404, primo comma c.p.c., anche se il giudice della opposizione debba riesaminare, ai fini della indagine sul fondamento della domanda, la sussistenza o meno della giurisdizione affermata nel precedente giudizio. Il rimedio. processuale apprestato al terzo dall'art. 404 citato non pu�, in mancanza di una espressa disposizione limitativa in tali sensi, ritenersi precluso .soltanto perch� l'impugnazione fa sorgere anche un problema di giurisdizione. Nei casi in cui si deduce un pregiudizio dipendente dell'affermazione della potest� giurisdizionale in ordine ad un rapporto che ne era, invece, rebbe desumibile (oltre che dal principio della indipendenza dell'ordina mento internazionale e degli ordinamenti interni degli Stati) dalla regola che presuppone, per l'esercizio della tutela diplomatica, il previo esauri mento dei rimedi forniti dall'ordinamento interno, dovendosi ritenere che tale regola si riferisce non solo e non tanto ai rimedi offerti dall'ordina mento dello Stato offensore, ma anche, e -a quanto sembrerebbe -prin cipalmente, a quelli offerti dall'ordinamento dello Stato di appartenenza del danneggiato {cfr. comparsa di risposta, p. 29). La definitiva .conferma della tesi avversaria deriverebbe, poi, proprio dal principio secondo il quale pu� risultare diverso l'ammontare dell'in dennizzo dovuto dallo Stato offensore allo Stato reclamante, rispetto a quello dovuto al danneggiato. Di qui i nostri contraddittori pensano di trarre argomenti conclusivi a favore della loro tesi, che cio� il torto compiuto da uno Stato nei confronti di un cittadino straniero violi due norme diverse e appartenenti a diversi Ordinamenti: una norma dell'ordinamento internazionale e le norme degli ordinamenti interni degli Stati. Quindi, due essendo le violazioni, due sarebbero le pretese di indenf I nizzo: una dello Stato di appartenenza del danneggiato esercitabile sul piano internazionale nei �confronti dello Stato offensore, l'altra, del danneggiato, esercitabile sul piano degli ordin~menti interni dello Stato offensore e dello Stato di appartenenza del colpito. Tali pretese, procedenti da differenti presupposti, avrebbero esistenza autonoma e correrebbero su diversi piani (una, sul piano dell'ordinamento internazionale, l'altra su quello degli ordinamenti interni) e pertanto le vicende dell'una non potrebbero influenzare il corso dell'altra. Da tali premesse sarebbe agevole trarre la conclusione che � affatto infondata e inesatta la te.si dell'esistenza di un potere del Governo dello Stato offeso di esercitare in via �sclusiva la tutela del rapporto derivante dal torto subito da un cittadino a causa di misure adottate nei poteri di imperio da uno Stato estero. Di qui il corollario che mancherebbe il primo presupposto di una opposizione di terzo ex art. 404 �cod. proc. civ., in quanto mancherebbe in radice la posizione di diritto dell'Amministrazione che possa considerarsi pregiudicata dalla sentenza opposta. Abbiamo voluto esporre con la massima obiettivit� la sostanza delle argomentazioni della parte convenuta ma, riteniamo di potere affermare,. con tranquilla .sicurezza che gli enunciati teorici che sono alla base dalle PARTE I,. SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 331 escluso, la limitazione predetta comporterebbe un inevitabile sacrifi'Ciu del diritto che si assume pregiudicato, sacrificio non contemplato dal sistema, e perci� non consentito in danno del terzo opponente. Non sembra, pertanto, al collegio che la pubblica amministrazione, non essendosi avvalsa della speciale facolt� concessuale dell'art. 41, sia in ogni caso soggetta alla preclusione ivi sancita e che non possa, conseguentemente, far valere con il diverso rimedio della opposizione di terzo (e sempre che di questa forma di impugnazione sussistano gli estremi) un conflitto di attribuzione tra il potere esecutivo e la autorit� giudiziaria ordinaria, con correlativa istanza di pronuncia del difetto di giurisdizione del magistrato ordinari�. argomentazioni sopra esposte non appaiono idonei neppure a scalfire il fondamento della opposizione di terzo proposta .nel presente giudiz.io dal Ministero concludente. L'errore di fondo in eui incorrono i nostri contraddittori consiste nel non aver tenuto conto delle considerazioni che sopra abbiamo svolto drca il carattere esclusivo della pretesa dello Stato .sul caso di danni eonseguiti ai propri cittadini a causa di attivit� di guerra e di atti dell'autorit� militare di occup�zione di uno Stato bellig�erante in tempo �di guerra. Dobbiamo per� aggiungere che, pur se -per comodit� di discussione si ritenesse che anche il privato potesse avere autonoma azione per danni subiti a causa dell'attivit� di �guerra di uno Stato, anche in ital �caso la tesi avversaria sarebbe rp.anifestamente infondata in �quanto in patente contrasto con i principi" dell'istituto della protezione diplomatica. Non � certo questa la sede per discutere �criticamente le varie dottrine che hanno tentato di ricostruire giuridicamente la natura e la .portata di tale istituto (cfr., MONACO, Diritto Internaziooole Pubblico, p. 365; v., inoltre, per una recente analitica esposizione dello stato della dottrina e della giurisprudenza internazionale, BATTAGLINI, La protezione diplomatica delle Societ�, Padova, 1957, con ampi riferimenti). Possiamo peraltro rilevar�e che, pur nella �complessit� e variet� di teorie, di opinioni e di impostazioni, prospettate dai diversi Autori, non si � mai dubitato �he allorquando il Governo di uno Stato interviene diplomaticamente a favore di un cittadino, esso fa, � vero, valere una propria pretesa nascente dalla violazione di norme del diritto internazionale, ma �che tale pretesa comprende, e� fa propria quella del cittadino e che, se lo Stato fa valere un proprio diritto, si tratta per� di un diritto che ricomprende, ed assorbe la pretesa vantata dal privato danneggiato (cfr. Autori citati nel precedente paragrafo 10; adde: SPERDUTI, L'individuo nel diritto internazionale, Milano 1950, 93 ss., 99; e autori richiamati in BAT'l~AGLINI, cfr. cit.). Infatti, se � vero che (come noi stessi abbiamo rilevato nell'atto di cita zione, e non inavvertitamente, ci consentano i nostri interlocutori!) l'inden nizzo dovuto dallo Stato offensore allo Stato reclamante pu� risultare di ammontare diverso o superiore a quello che sarebbe stato dovuto al dan neggiato (1), � tuttavia pacifico che lo Stato offensore per il torto inferto (1) Cfr., ad es. decisione della Corte Permanente di Giustizia Internazionale nel caso Chirzow Foctory (cit. in STARKE, op. cit., p. 212) �. � The damage suffered 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La limitazione di cui all'art. 41 (fi.nch� la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato) non pu� infatti essere automaticamente estesa a tutto il sistema dei mezzi di impugnazione, in Qrdine ai quali devono invece applicarsi soltanto i principi e le regole per ciascuno di essi stabilito, o comuni a tutti per effetto di specifica disposizione di rinvio o per disposizione di �Carattere generale che riguarda appunto tutti i mezzi di impugnazione. Va al riguardo precisato che la speciale norma dell'art. 41 collocata sotto il titolo I (degli organi giudiziari) sezione VI (regolamento di giurisdizione) non ha, quanto alla preclusione di cui al capoverso, quella portata generale che il convenuto le attribuisce e non � quindi applica- ad un cittadino stranierQ un solo indennizzo pagher� e non due (come, invece sembrerebbe doversi .desumere dalle argomentazioni della parte convenuta). Invero la tesi prospettata dai nostri contraddittori, portata alle naturali conseguenze, dovrebbe condurre a ritenere che, esercitata da uno Stato la tutela diplomatica di un proprio cittadino nei confronti di uno Stato estero e risoluta la questione o mediante un accordo o mediante una deci sione arbitrale, lo Stato offensore resterebbe ancora. esposto alle pretese del privato danneggiato il quale avrebbe ancora diritto ad ottenere il suo indennizzo, diverso da quello ottenuto (in ipotesi) dallo Stato di apparte nenza del danneggiato. Orbene tale tesi � manifestamente assurda. La du.plicit� della violazione che il torto compiuto da uno Stato verso uno straniero pu� determinare (nell'ordinamento internazionale e nell'ordi namento interno) e la distinzione tra l'ordinamento internazionale e gli ordinamenti interni non escludono in alcun modo che l'assunzione da parte dello Stato di appartenenza del danneggiato della tutela d~plomatica di r questo abbia delle .conseguenze sulla posizione sostanziale del danneggiato r r nel senso �che 1gli effetti dell'intervento esperito vengono a riguardare anche la pretesa del iprivato all'indenizzo. E infatti, ove, in ipotesi, a seguirto dell'intervento diplomatico dello Stato offeso si deferisca la vertenza ad Un arbitrato internazionale � evi dente che la decisione, se � vero che � emanata nel quadro dell'ordinamento int~rnazionale e nei confronti--dei due Stati, non � peraltro men vero che, tale decisione, avr� effetto anche sulla pr�tesa del privato all'indennizzo, nel senso che se, ad esempio, fa decisione arbitrale avr� dichiarato non dovuto alcun indennizzo da parte dello Stato offensore, nessuna ulteriore azione nessun diritto sussister� pi� in capo al dannegg~ato nei confronti di quello Stato. E, analogamente, se la decisione arbitrale avr� imposto allo Stato offensore il pagamento a favore dello Stato reclam:ante di un indennizzo, determinandone l'ammontare, � di intuitiva evidenza che tale decisione, pur by an individual is never... identical in kind with that which is suffered by the State; it can only azird a convenient scale for the calculation of the reparation due to the State � (il danno soff~rto da un individuo non � mai... di natura identica a quello che pu� essere sopportato dallo Stato e pu� solo costituire un opportuno parli~ metro di calcolo per la riparazione dovuta ad uni Stato). 333 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE bile all'istituto dell'opposizione di terzo, che � regolato sotto il titolo III (delle impugnazioni) capo V, ed � quindi sottratto, anche in osservanza del principio interpretati".'o fondato sulla sede materiale, a quella particolare limitazione che il legislatore ha imposto alla facolt� attribuita all'amministrazione di sollevare, pur ,essendo estranea al processo, conflitto di attribuzione e di chiedere regolamento di giurisdizione alle sezioni unite della Cassazione. Alla stregua delle esposte considerazioni, deve il collegio procedere con ampi poteri, su ogni aspetto o punto della vertenza decisa con la sentenza impugnata, all'indagine diretta a stabilire se ricorrono in con- se adottata nel quadro dell'ordinamento internazionale e nei confronti degli Stati, avr� effetti diretti e immediati anc4e sulla posizione sostanziale e sulla pretesa del danneggiato, perch� appare al di fuori di ogni possibile dubbio che quando lo Stato offensore� avr� �corrisposto allo Stato. recla mante l'indennizzo stabilito nell'arbitrato, nulla pi� dovr�, a nessun titolo e nel quadro di nessun ordinamento, allo straniero danneggiato. Ma se si riconosce che gli effetti di un arbitrato internazionale in �Cui abbia trovato definizione l'intervento diplomatico dello Stato di apparte nenza del danneggiato incide direttamente sul rapporto tra danneggiato e Stato offensore, nel senso che tale rapporto resta anch'esso definito con la definizione del rapporto tra gli Stati, si dovr� altresi riconoscere che la stessa situazione si verificher� nei �Casi in cui l'intervento diplomatico dello Stato offeso abbia trovato definizione non in una decisione arbitrale, ma in un accordo tra i due Governi. � Anche in tali .casi, infatti, 'la definizione della pretesa internazionale dello Stato offeso risolve e definisce anche la pretesa del danneggiato e alla� definizione del rapporto tra Stati corrisponde la definizione del rapporto tra danneggiato e Stato offensore. �, anzi, da ricordare �Che lo Stato di appartenenza del danneggiato ha i pi� ampi, penetranti ed insindacabili poteri di disposizione del diritto fatto valere nei confronti dello Stato offensore e �cosi lo Stato pu� rinunciare, transiger.e, definire in maniera forfettaria, senza che il danneggiato possa obiettare� e sempre con la conseguenza che le vicende del rapporto tra stati si ripercuotono immediatamente nel rapporto tra danneggiato e Stato of fensore. lVIa, a ben considerare, la spiegazione logico-giuridica della rilevanza che la definizione del rapporto tra i Governi viene ad avere sul rapporto tra il danneggiato e lo Stato offensore � da ricercare proprio nel concetto stesso di protezione diplomatica e di intervento dello Stato sul piano inter nazionale nei confronti dello Stato offensore. Invero, se � esatto che mediante tale intervento lo Stato fa valere una propria pretesa nascente dalla lesione di una �propria posizione soggettiva garantita dall'ordinamento internazionale, � vero altresi che la lesione lamentata � pur sempre in relazione al danno patito dal �cittadino a seguito di misure adottate nel potere d'imperio dello Stato offensore. � quindi evidente che, seppure la pretesa di indennizzo dello Stato non si risolve esclusivamente nella pretesa del cittadino danneggiato, ma contiene un quid pluris, tuttavia appare incontestabile che la pretesa � del cittadino danneggiato nei .confronti dello Stato offensore � fatta valere, 334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO creto i requisiti prescritti per l'accoglimento della proposta opposizione di terzo. La domanda � fondata sul presupposto della erronea affermazione, da parte di questo Tribunale, della giurisdizione ordinaria in ordine alla pretesa fatta valere dal Federici nel procedimento conclusivo con la sentenza impugnata, e sul conseguente pregiudizio che da tale affermazione � derivata al diritto autonomo ed esclusivo dello Stato italiano di procedere alla regolamentazione del rapporto sul piano internazionale e tramite le opportune iniziative diplomatiche. Sul primo punto va considerato che nel suddetto procedimento il Federici Giacomo aveva fatto esplicito richiamo, per quanto atteneva alla causa petendi, al fatto illecito della requisizione di beni e merci disposta in suo danno dalle truppe giapponesi operanti in Shangai nel settembre 1943. A sostegno della richiesta di risarcimento del danno esibi una dichiarazione rilasciatagli il 17 gennaio 1947 dall'Ufficio giapponese di collegamento con la commissione per il regolamento delle propriet� delle e resta assorbita, nella pretesa che, nei confronti dello Stato offensore propone lo Stato di appartenenza del danneggiato. Quindi gli effetti che la definizione del rapporto tra Stati comporta sul rapporto tra privato danneggiato ,e Stato offensore ipostulano e presuppongono �che con l'intervento diplomatico dello Stato di appartenenza del danneggiato nei confronti dello Stato offensore, il Governo dello Stato di appartenenza del colpito fa valere una pretesa di indennizzo che ricomprende e assorbe anche la pretesa che il danneggiato aveva verso lo Stato offensore. Gli effetti dell'intervento diplomatico sulla pretesa d'indennizzo che il danneggiato aveva nei confronti dello Stato offensore non hanno quindi una l i . . . natura di carattere solo procedimentale (nel senso di precludere un'ulteriore azione del danneggiato verso lo Stato offensore), ma hanno invece carattere sostanziale nel senso, cio�, �che il reclamo di indennizzo proposto in sede internazionale dallo Stato offeso comprende ed assorbe la pretesa di indennizzo 'fatta valere dal privato danneggiato cos� che viene meno qualsiasi autonoma posizione soggettiva del danneggiato nei confronti dello Stato offensore e il danneggiato stesso potr� solo rivolgersi al proprio Governo per sollecitarne la protezione e per ottenere poi, nel quadro del-. l'ordinamento interno, un indennizzo. . D'altra parte, tale conclusione appare evidente anche perch�, una volta che lo Stato di appartenenza del danneggiato ha proposto reclamo per indennizzo, in nessun ordinamento potrebbe pi� avere rilievo la pretesa del danneggiato nei confronti dello Stato offensore. Non, ovviamente, sul piano dell'ordinamento internazionale, nel quale il privato offeso non � (almeno ai fini che qui ci interessano) soggetto di diritto. Non, nel .quadro dell'ordinamento dello Stato offensore, il quale, dopo la proposizione del reclamo sul piano internazionale, riconosce solo allo Stato reclamante la legittimazione a far valere la pretesa per il dannO"subito dal privato: ubi maior minor cessat. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 Nazioni Unite, con le quali si dava atto che merci e beni del Fed�rici erano stati effettivamente requisiti dalle truppe giapponesi e che il governo giapponese doveva ritenersi responsabile dei relativi danni. Ritenne il Tribunale che tale dichiarazione costituisse riconoscimento di debito, cio� del diritto del Federici di ottenere il pagamento dei 63'8.050 dollari USA, al controvalore in lire italiane, e che la stessa fosse . sufficiente a conferire natura privatistica al rapporto in contestazione; con conseguente competenza giurisdizionale del magistrato ordinario e conoscere della causa, in applicazione dei criteri di collegamento previsti dall'art. 4 del Codice di rito. La predetta dichiarazione di debito fu qualificata negozio di accertameno, sul rilievo che le parti avessero avuto l'intenzione di accertare il rapporto giuridico con l'effetto _di rendere incontestabile il credito del Federici Giacomo. E, infine, nemmeno all'interno dell'Ordinamento dello Stato reclamante pu� essere riconosciuta l'esistenza di un rapporto giuridico diretto tra danneggiato e Stato offensore in relazione agli effetti della misura di imperio dello Stato offensore per il quale il Governo ha proposto in sede internazionale domanda di indennizzo. Tale ultima conclusione rientra �e si deduce dal pi� generale principio dell'immunit� degli Stati dalla giurisdizione di altri Stati per atti compiuti nei poteri d'imperio. Invero tale principio non � da interpretare in senso meramente processualistico (e cio� quale limitazione all'esercizio del potere giudiziario di uno Stato nei confronti di uno Stato estero), ma ha natura e carattere sostanziale, nel senso che gli O::ridinamenti interni non possono conoscere la .sussistenza di diritti risa.r:citori per atti di imperio compiuti da Stati stranieri nell'esercizio dei loro poteri sovrani, per la buona e conclusiva ragione che gli Organi giudiziari d'un Paese non .possono sindacare e valutare gli atti emanati da altri Stati nell'esercizio della sovranit�: par in parem non habet imperium. E l'esistenza di tale principio nel nostro Oroinamento � stata esattamente riconosciuta dalla Suprema Corte nella sentenza gi� citata 10 febbraio 1949, n. 216 (in Foro it., 1943, I, 334) nella �quale .si afferma che sono sottratte al sindacato di legittimit� dell'autorit� giudiziaria gli atti che costituiscono esplicazione di potest� sovrana di autorit� (nella specie militari) di uno Stato estero. Queste considerazioni confermano le conclusioni del paragrafo precedente, in quanto dimostrano che una volta proposto dallo Stato di appartenenza del danneggiato reclamo .contro lo Stato offensore, viene meno qualsiasi pretesa diretta del danneggiato nei confronti dello Stato offensore eil danneggiato potr� avere soddisfazione delle sue ragioni in relazione all'esito dell'intervento del Governo del suo Stato di appartenenza. Ci� -come si � detto ...;__ � confermato dalla constatazione che, dopo l'intervento diplomatico dello Stato offeso, in nessun ordinamento potrebbe trovar riconoscimento una pretesa diretta del danneggiato nei confronti dello Stato offensore. -(Omissis). G. ZAGARl RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La statuizione non � fondata su criteri giuridici esatti. � noto che fa natura pubblicistica o privatistica dell'obbligazione dedotta in giudizio va desunta dal titolo giuridico di essa e da ogni altro elemento che valga ad individuare se i soggetti del rapporto abbiano compiuto un'attivit� negoziale, e se comunque si profili una responsabilit� operante nel settore privatistico, ovvero, se il rapporto stesso trovi fondamento in atti od attivit� che, per il loro carattere esulino dalla sfera di tale responsabilit� e siano diversamente disciplinati. Nel caso in esame non pu� non rilevarsi che la promessa di pagamento e la ricognizione .di debito di cui all'art. 1988 e.e. sono istituti giuridici che esplicano la loro .efficacia principalmente sul terreno della prova, nel senso che dispensano coloro �che ~e �siano titolari, dal lato attivo, di dimostrare l'obbligazione e la causa, ma non es-eludono, anzi presuppongono, un rapporto fondamentale sottostante, ehe pu� essere contestato quanto alla sua esistenza, dal debitore (Cass., 12 luglio 1965, n. 1447). Anche nella cosiddetta promessa di pagamento titolata (contenente, cio�, la indicazione della causa debendi) il promittente pu� dimostrare la inesistenza della causa� della obbligazione (Cass., 18 maggio 1966, n. 1275). Discende dai principi enunciati che ia� ric~ognizione o il riconoscimento del debito non avrebbe potuto assumere> nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, efficacia diversa da quella di esonerare i1 Giacomo Federici dall'obbligo di fornire la prova del suo credito e del rapporto fondamentale, ma tutto ci� sarebbe potuto avvenire se non fosse stato enunciato dallo stesso attore un tito.lo giuridico (responsabilit� per atti compiuti da truppe di Stato estero nella esplicazione di poteri di sovranit�), incompatibile con la natura privatistica, attribuita al rapporto ai fini della giurisdizione rispetto allo straniero. Il riconoscimento di cui alla dichiarazione dell'ufficio giapponese non poteva certo essere considerato idoneo a trasformare la natura (peraltro risultante dalla .stessa dichiarazione) del :rapporto che si era instaurato per effetto delle requisizioni operate in Shangai nel 1943, trasferendo il rapporto stesso dal campo strettamente pubblicistico, che gli era proprio, a quello privatistico. Il titolo giuridico della pretesa era e rimaneva immutato, pur se con la dichiarazione di cui avanti veniva riconosciuta l'esattezza di quanto aveva asserito il Federici. Non avrebbe, quindi, potuto il Tribunale �considerare la ricognizione di debito dello Stato del Giappone avulsa dal rapporto fondamentale (che era stato esplicitamente enunciato) e come tale ritenerla riferentesi ad attivit� privatistica del detto Stato, con il conseguente assoggettamento del rapporto alla potest� giurisdizionale del magistrato italiano. PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE N� diversi effetti possono essere attribuiti al richiamo, pure 'contenuto nella sentenza impugnata, alla fattispecie del negozio di accertamento. � noto che questo tipo di negoz�o, ammesso dal nostro �ordinamento (pur non essendo espressamente disciplinato) presuppone la incertezza di una situazione giuridica preesistente che si intende eliminare mediante la conferma o la convalida del preesistente rapp�rto giuridico, in modo da preservare e rafforzare il vigore, senza per� alterarne il contenuto, giacch�, ove la eliminazione della incertezza si concretasse in un accertamento dlifforme dall'effettivo �contenuto e dell'�eff.ettiva portata del negozio accertato, 'la nuova situazione importerebbe la costituzione di un nuovo negozio giuridico del tutto autonomo, da inquadrarsi nello schema della transazione, e non gi� un negozio di accertamento~ il quale non costituisce un rapporto ad un altro, ma riveste di certezza quella parte del preesistente negozio che� costituiva per i contraenti una raglione di dubbio oggettivamente apprezzabile in tali sensi (Cass., 26 settembre 1964, n. 2413). Anche quindi, a ritenere possibile che nel caso fosse configurabile un negozio di accertamento (che pu� bene essere strutturato sotto forma unilaterale: Cass., 11 maggio 1967; n. 969), restava -ai fini dell'affermazione della giurisdizione rispetto allo Stato del Giappone .__ l'ostacolo derivante dal principio che esso non poteva valere ad alterare la natura, e quindi il titolo giuridico della pretesa del Federici, � ed a trasformare in negozio di diritto privato quello che si presentava come tipica e.spressione di un rapporto pubblicistico corrente, peraltro, come si vedr� in seguito, tra Stati, e neppure tra Stato estero e cittadino. � Le considerazioni che precedono valgono a dimostrare l'esistenza del presupposto suJ. quale il Ministero degli Esteri ha fondato la istanza in questa sede, e cio�. l'estraneit� del rapporto deciso con la sentenza impugnata alla sfera di competenza dall'autorit� giudiziaria, conclusione questa, pienamente conforme all'orientamento giurisprudenziale in materia (Cass., ~4 luglio 1960, n. 1919 e 29 aprile 1.961, n. 1001), secondo il quale l'immunit� giurisdizionale degli Stati esteri, che il nostro ordinamento � .tenuto a riconoscere per l'ar. 10 della Costituzione, � esclusa soltanto quando lo Stato, indipendentemente dal suo potere sovrano, svolge una attivit� meramente privatistica alla stregua di un privato cittadino, diventando cos� soggetto all'ordinamento dello Stato del foro. Deve ora accertarsi se esiste anche l'estremo del pregiudizio per un diritto autonomo dell'opponente che dipenda dalla suddetta sentenza. Non pu� disconoscersi che alla stregua delle norme di diritto inter, nazionale generalmente riconosciute, alle quali il nostro ordinamento � tenuto a �confermarsi ai sensi del citato art. 10 della Costituzione, i rapporti nascenti da atti d'imperio compiuti dagli Stati nella esplicazione della loro sovranit� (ed a maggiore ragione quelli connessi ad attivit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO delle truppe durante operazioni belliche) si instaurano solamente e dif'et.:: tamente tra gli Stati, quali soggetti di diritto internazionale, anche se tali rapporti riguardano danni arrecati a cittadini e non gi� allo Stato. La regolamentazione di essi avviene sul piano internazionale e delle tratta�ve_ diplomatiche, come � d'altronde dimostrato da quanto si � concretamente verificato nell'ultimo dopoguerra. La tutela dell'interesse del privato cittadino � in questi casi assunta ed assorbita dalla tutela �che lo Stato attua, nei modi consentiti dalle norme internazionali, nei confronti di altro Stato. Trattasi, come ha esattamente rilevato la difesa della opponente, di rapporto intersoggettivo tra Stati, oper�nte sul piano internazionale e concernente diritti esclusivi degli Stati e non . gi� i dei cittadini danneg-� giati, i quali ultimi non hanno la possibilit� di far valere direttamente le loro pretese nei confronti di un soggetto investito di sovranit� e che abbia agito nell'esplicazione di tale sovranit� (cfr. Cass., 27 luglio 1964, n. 2093). Ne discende che ogni qualvolta il cittadino concretamente danneggiato si sostituisce al proprio Stato nell'invocare tute1a nei confronti del danneggiante, invade con ci� la sfera dei diritti e dei poteri riservati unicamente allo Stato, con conseguente pregiudizio dei diritti e poteri medesimi. Il pregiudizio sussiste non solo in relazione alla pretesa del singolo cittadino (pretesa che appartiene allo Stato, pur se in definitiva � destinata a beneficio del privato), ma anche in relazione alle pretese simili di altri cittadini, che possono essere compromesse, sul terreno delle trattative internazionali dall'azione intrapresa isolatamente. Nella specie in esame, il pregiudizio di cui si discute certamente, sussiste, in quanto il Federici Giacomo, convenendo davanti al giudice ordinario lo Stato del Giappone, ha non solo azionato una pretesa la cui tutela era gi� in corso in campo internazionale mediante le trattative tra lo Stato italiano e quello giapponese (vedi al riguardo, nota telespresso n. 015�694 del Ministero degli Esteri in data 11 novembre 19�67) ma ha frapposto un serio ostacolo al buon esito delle trattative per gli altri � daims � italiani �danneggiati da azioni commesse dalle truppe giapponesi. In conclusione, la sentenza impugnata contrasta con i principi di diritto in tema di immunit� degli Stati dalla giurisdizione per l'attivit� esplicata jure imperii, ed � pregiudizievole per :H diritto soggettivo internazionale dello Stato italiano (e per esso dal Ministero degli Esteri), inteso nei sensi sopra precisati. . Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata potendo derivare solo da ci� la eliminazione del pregiudizio lamentato~dal-� l'opponente. -(Omissis). SEZIONE QUARTA* GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Potenza Est. De Roberto -Comune di Leonforte (avv. Sangiorgi) c. Mini. stero Lavori Pubblici e Interni (avv. Stato Carafa). Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 -Applicazione -Inclusione di Comuni nell'elenco -Criteri. Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 -Applicazione -Inclusione o esclusione dei Comuni per tutto il territorio -Necessit� -Inclusione o esclusione solo di parte del territorio -: _Impossibilit�. Terremoti -�Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 -Applicazione -Attivit� vincolata -Conseguenza. / Terremoti -Localit� sismiche -Elenco dei Comuni -L. n. 1684 del 1962 Applicazione -Poteri del Ministro -Disciplina transitoria per gli edifici in itinere -Illegittimit�. La legge 25 novembre 1962 n. 1684, che prevede l'inclusione di territori comunali nell'elenco deUe localit� sismiche, facendo riferimento ai Comuni soggetti ad �intensi movimenti sismici�, non ha riguardo soltanto a quelle localit� che, per precedenti episodi teUurici, abbiano riportato gravi danni, ma demanda alle valutazioni tecnico-discrezionali dell'Amministrazione l'individuazione dei dati ed elementi -non necessariamente collegati -a prrecedenti dannosi -capaci di rivelare l'esposi� zione del Comune ad �intensi movimenti sismici�; pertanto, � legittimo il provvedimento che include un Comune nell'elenco predetto tenendo. conto non soltanto dei danni (pur se di lieve entit�) causati da precedenti terremoti, ma anche delle condizioni generali, della costituzione geologica dei terreni delia Regione, delle anomalie geofisiche del basso Tirreno, ecc. (1). (*) Alla redazione delle massime e delle note di questa Sezione ha collaborato anche l'avv. FRANCESCO MARIUZZO. (1-4) Cfr., per i precedenti; Sez. IV, 30 giugno 1970, n. 477, Il Consiglio di Stato, 1970, I, 920. 10 .; 340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La legge 25 novembre 1962 n. 1684 non attribuisce,,al MiniStro per i lavori pubblici il potere di frazionare il territorio comunale, distinguendo tra parti di esso esposte a.d intensi movimenti teilurici (e perci�, da includere nell'elenco) e parti che non presentino tale carattere, essendo all' Ammi.nistrazione consentita una scelta tra due soluzioni, quella dell'inclusione dell'intero t.erritorio comunale nell'elenco o quella della su� completa esclusione; pertanto, legittimamente viene assoggettato alle prescrizioni ed ai vincoli antisismici l'intero territorio di un Comune, anche se solo una parte di esso risulti esposta a fenomeni di intensi movimenti tenurici (2). L'attivitd amministrativa, riguardante l'inclusione del territorio di un Comune n�gli elenchi dei Comuni soggetti alla normativa antisismica ha carattere vincolato, essendo il Ministro senz'altro tenuto -una volta accertata la sussistenza del ;presupposto richiesto (esposizione della zona a � intensi movimenti tellurici �) -senza margine di discrezionalitd, a procedere alla prescritta inclusione del Comune nell'elenco; pertanto, la circostanza che siano in corso� iniziative per la modifica della disciplina legislativa regolante la materia non pu� in alc'lin modo ritardare l'emanazione di detto provvedimento (3). La legge 25 novembre 1962, '11.. 1684 non attribuisce al Ministro per i lavori pubblici -in occasione della formazione degli elenchi dei Comuni -il potere di dettare norme di carattere transitorio rivoUe a disciplinare gli edifici in itinere, essendo a detto organo solo consentito di procedere all'inclusione del Comune nell'elenco, determinando cos� ma nei riguardi della sofo edificazione a venire -l'operativit� nel territorio comunale della disciplina antisismica; pertanto, � illegittimo il provvedimento che, nell'includere un Comune nel detto elenco, assoggetta al nuovo regime non soltanto i futuri edifici, ma anche le costruzioni i'n corso di realizzazione al momento della emanazione del provvedimento stesso (4). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 12 gennaio 1971, n. 16 -Pres. Potenza -Est. Catallozzi -Bertini (avv. Bertolino e Pier:ro) c. Mini1stero d.i Grazia e Giustizia (avv. S~ato Mataloni). Stato civile -Figlio legittimo -Conseguimento dello status -Formazione dell'atto di nascita -Necessit� -Presunzione ex art. 231 Cod. civ. -Funzione. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 341 Stato civile -Figlio adulterino -Riconoscimento -Diniego -Mancanza �fell'impedimento ex a:rt. 231 Cod. civ. -Fattispecie -Illegittimit� del diniego. La posizione soggettiva di figlio legittimo si consegue non in maniera automatica, per effetto dell'esisternza deUe condizioni stabiiite dall'ordinamento giuridico (vincolo coniugale �tra i genitori, parto� deUa moglie, concepimento ad opera del marito in costanza di matrimonio), ma unicamente mediante la formazione dell'atto di nascita detl'individuo, da cui risultino il nome deUa madre e la sua qualit� di donna coniugata, o, in via sussidiaria, qualora manchi detto titofo, attraverso l'originaria instaurazione del possesso di statoi, desunto da una. serie di fatti precisi e concordanti (nomen, tractatus, fama); pertanto., la presunzione contemplata dall'art. 231 e.e. (in base al quale �il marito � padre del figlio concepito durante il matrimonio ,, ) avendo. l'esclusiva funzione di integrare l'atto di nasc.ita, attributivo deUo status di figlio legittimo, .in relazione ad un elemento non suscettibile� di idonea documentazione, � operante solo se l'atto stesso sia stato foT'mato con le indicazioni innanzi SrPecificate (1). Nel caso che nell'atto di nascita manchi l'indicazione della madre, unita in matrimonio (per esse.re stato l'individuo denunciato dal dichiarante come 'Qllto dali'unione n�turale di esso dichiarante, celibe, cittadino italiano, con donna non coniugata, non parente n� affine� con lui, nei gradi che ostano al ricom.oscimento1), la presunzione legale di paternit� contemplata dall'art. 231 e.e. (in base al quale �il marito � padre del figlio concepito� durante il matrimonio >) non esplica i suoi effetti nei confronti dei marito della donna all'epoca del concepimento, a nulla rilevando l'errone1a qualificazione di e noi)'!.. coniugata � attribuita, nel predetto titolo-, a.ila stessa; pertanto, in tale ipotesi � illegittima la reiezione dell'istanza, .prodotta dalla madre, di ammissione nei propri riguardi del riconoscimento, per decreto de.I Presidente delZa Repubblica, del figlio adulterino nato dalla sua uniol)'l..e con persona diversa dal coniuge, ove, alla data di emanaziol)'l..e del provvedimento, non sussista l'impedime.nto previsto dall'art. 253 e.e., per avere� il figlio lo stato non di figlio legittimo� de�lla donna e del suo coniuge (all'epoca deceduto), ma unicamente quello diverso e pi� ridotto di figlio naturale, riconosciuto dal so.io padre (2). (1-2) Cfr., per i precedenti, Cass., S-ez. Un., 19 aprile 1963, n. 967, Giust. Cic., 1963, I, 129�; Cass., Sez. I, 15 luglio 1963, n. 1925, ivi, 1963, n. 2018; id. 23 febbraio 1965, n. 301, ivi, 1965, n. 1405; Cass. Pen., Sez.. Un. 30 maggio 1959 (dc. Marchi ed altri) e 15 marzo 1960 (rie. Cesarini), Giust. Civ., 1959, I, 1999 e 1960, I, 1686; Cons. Stato, Sez. II, 13 febbraio 19681 ~ n. 77, Foro amm., 1968, I, 20, 1600). 342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 43 -Pres.'Gl'anito Est. Bernardinetti -Trento (avv. Perli:ni) c. Ministero Tesoro (avv. ' Stato Terranova). Danni di guerra�-Contributo di ricostruzione -Domanda -Erronea interpretazione come richiesta di indennizzo -Fattispecie -Illegittimit�. Nel caso in cui il proprietario di uno stabilimento distrutto dagli eventi bellici abbia chiesto il contributo dello Stato per la ricostruzione, ai Se'ltSi della legge 27 dicembre 1953, n. 958, ed abbia effettivamente proceduto aria ricostruzione, dev_e ritenersi validamente manifestata la volont� di ottenere il detto contributq, a nulla rilevando che nella dichiarazione successivamente resa ai sensi deli'art. 7 legge cit. sia stato adoperato il termine �indennizzo� in luogo di quello di �contributo�, specie se detto t.ermine risulti gi� incorporato nel modulo preparato dalla Intendenza di finanza; pertanto, illegittimamente l'Intendente di finanza (ed il Ministro per il tesoro, in sede di decisione del ricorso gerarchico proposto contro il provvedimento deWAutorit� periferica), ritenendo in detta dichiarazione concretata la volont� di innovare alle precedenti istanze, provvede a liquidare l'indennit�, anzich� il chiesto contributo, per danni di guerra. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 geillilaio 1971, n. 48 -Pres. Mezzanotte -Est. Vicenzio -Soc. Compagnia agricola industriale gomma .e oli:banum (avv. Clarizia) c. Ministero agricoltura e foreste (avv. Stato Albisinni). Competenza e giurisdizione -Industria e commercio -Importazione Integrazione prezzo di importazione -Concessione -Decadenza Per omesso deposito in termine della dichiarazione di accettazione dei contratti -Impugnativa -Giurisdizione del C. d. S. Prezzi -Industria e commercio -Importa~ione -Integrazione prezzo di im:t;>ortazione -Concessione -Dichiarazione di accettazione dei contratti -�Termine per il deposito -Imposizione da parte del Comitato interministeriale -Legittimit�. Prezzi -Industria e commercio -Importazione -Integrazione prezzo , di importazione -Concessione -Decadenza -Per mancata tempestiva osservanza di una clausola -Atto dovuto -Eccesso di po tere -Non sussiste. Nel caso in cui la Societ� richiedente la concessione dell'integra-:. I' zione ,del prezzo di importazione di un dato quantitativo di merce non --~ PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 343 abbia ottemperato alla clausola che imponeva il deposito, entro un termine perentorio prefissato decorrente dalla comunicazione dell'esito favorevole della gara, della dichiarazione di accettazione dei contratti di acquisto della merce stessa, la d.ecadenza dalla dettJa concessione si verifica nell'ultimo stadio formativo del rapporto in corso di instaurazione tra la P. A. e l'interessata, ed ha anzi precisamente la funzione di impedire la formazione di tale rapporto; pertanto, incidendo il provvedimento di decadenza non su un diritto soggettivo perfetto, ma soltanto nell'inte-� resse legittimo delia societ� richiedente al definitivo perfezionamento del rapporto, la relativa controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. L'imposizione d.i un termine di decadenza per il deposito della dichiarazione di accettazione de( contratto di acquisto della merce, ai fini della concessione della integrazione del prezzo di importazione, di un dato quantitativo del prodotpo, rientra nel potere discrezionale del Comitato interministeriale per il prezzo dello Zucchero di importazione, il quale ha il potere di disciplinare le modalit� di importazione della merce ai fini dell'ammissione delle singole operazioni alla integrazione di prezzo della Cassa conguaglio, nonch� di stabilire le condizioni alle quali l'integrazione stessa era subordinata ai sensi dell'art. 1 primo comma d.l. 25 maggio 1963. Nel caso in cui l'Amministrazione -in presenza di una precisa clausola di decadenza della ditta richiedente la concessione dell'integrazione del prezzo di importazione di un prodotto, per l'inademtpimento di una specifica condizione nel termine perentorio stabilito -non possa esimersi, anche per il principio della par candido dei concorrenti, dal dichiarare la decadenza della ditta stessa dalla concessione in parola per il solo fatto obiettivo dell'inosservanza del termine perentorio,. considerando in conseguenza ininfluenti le ragioni addotte dalla ditta a giustificazione di tale inosservanza, non pu� configurarsi nel comportamento dell'Amministrazione il vizio di eccesso di potere, in manoonza di una facolt� della stessa di valutare discrezionalmente se far luogo, o men�, alla pronuncia di decadenza. CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 26 gennaio 1971, n. 52 -Pres. Granito -Est. Viv�nzio -P.ierron (avv. Perlini) c. Intendenza di Finanza di Frosi~one (avv. Stato Terranova) e Casa di cura Madonna delle Grazie di Anagni (avv. Colafranc-eschi). Contabilit� generale dello Stato -Contratti della p. a. -Alienazione beni immobili -Gara -Avviso d'asta -Pubblicit�-notizia -Inosservanza dell'art. 18 r. d. n. 454 del 1909-Illegittimit�. Ai sensi dell'art. 18 r.d. 17 giugno 1909, n. 454 (che configura una � particolare forma di pubblicit�-notizia, avente lo scopo di portare l'av 344 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viso di asta a conoscenza deHe generalit�), l'affissione dell'avviso nei luoghi prescritti deve essere rinnovata per tre volte consecutiv.e nell'am~ bito di un mese, plf'eferibilmente in giorni festivi, nel senso che ciascuna affissione deve essere distinta dalla precedente e che, di conseguenza, deve intercorrere un certo tempo tra ciascuna di esse, purch� tutte e tre abbiano luogo nell'ambito di un mese; pertanto, dovendosi l'affissione, durata in modo continuativo per oltre un mese, ritenere quanto meno equipollente a tre distinte affissioni nell'arco del mese stesso, per essere stata rispettata la ratio che ispira la richiamata norma (ed a nuUa �rilevando che nei periodi intermedi l'avviso non sia stato asporta.to dai luoghi prescritti), illegittimamente l'Intendente di Finanza annuLla il verbale di aggiudicazione, di un terreno venduto all'asta ed il pT'oprio decreto di approvazione di detto verbale, in�considerazione del fatto che l'affissione dell'avviso d'asta, perdurata in modo continuativo per oltre un mese, non era stata rinnovata per tre volte. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 ottobre 1970, n. 1855 -Pres. Gianniaittasio -Est. Per:r:on.e Capano -P. M. Antoci (conf.) -S.p.A. V.io... bella (avv. Gr:assi) 'c. Milllistero delle Finanze (avv. Staito Masi). Imposta di ricchezza mobile -Redditi di capitale -Esistenza del mu tuo -Prova per presunzioni -Ammissibilit�. (legge 8 giugno 1936, n. 1231, art. 20; t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, art. 50). Ai fini deUa .imposizione sui redditi di� capitale, non soltanto ia fruttuositd ma anche l.'esistenza di un mutuo (e in g�nere di un finanziamento) pu� essere provata mediante presunzioni. CMrettamente pu� presumersi l'esistenza di uno o pi� mutui nel caso di acquisto da parte di una sociietd di beni di valore notevolmente superiore alle somme di denaro, conferite dai soci (e in ge.nere alle attiv:itd sociali risultanti dal bilancio). Inoltre, corretta.mente pu� desumersi chei il valore �di un immobile concordato dal contribuente ai fri,ni dell'imposizione sui trasferimenti coincida con il valo'l"e di mercato dell'immobile stesso, e che a questo coincida anche il prezzo effettiviamente COIJ"'risposto dall'acquirente a titolo oneroso (1). (Omissis). -�Col secondo motivo si censura l'impugnata sentenza ne11a .par.te in cui ha xitenuto 1che � legittimamente l'ufficio delle im (1) La presente sentenza � esattamente conforme all'altra 8 ottobre 1970, n. 1854 fra le stesse parti, la prima �parte della quale � stata pubblicata in questa Rassegna, 1970, I, 1092, �Con nota. La prova per indizi e l'accertamento dei redditi imponibili. Con la decisione in rassegna e con altra in pari data n. 1854, la Corte di Cassazione conferma che �noi;i solamente la 'fruttuosit�, ma anche l'esistenza di un mutuo e in genere di un credito pu� essere provata sulla base di elementi indiziari, mediante la �prova indir�etta critica. Lo stesso orientamento, peraltro, era gi� implidto nelle sentenze 3 ottobre 1968, n. 3075 (in Riv. leg. fisc., 1969, 345), 15 luglio 1966, n. 1891 (in Riv. leg. fisc., 1966, 2030) e 24 gennaio 1947, n. 69 (in Riv. leg. fisc., 1947, 114). Un cenno in senso �contrario era invece contenuto nella sentenza 1'6 giugno 1941 n. 1794 .. (in Riv. leg. fisc., 1941, 618). 346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO poste accert�, in base a presunzioni giravi, precise e concorda;riJff, l'esi �,/ stenza di due mutui a favore defila societ� ". Si deduce che non esistevano :liatti noti, stodcamente provati, da cui poter de1sumerie, come conseguenza uni.ca e 111ecesisaria, l'esistenza di 1altri fatti; e si addebita ai giudici di merito di avere attribuito ,efficacia probatoria a presun- La dottrina pi� recente, 1Pur avendo pi� volte commentato le norme confluite nell'art. 86 del testo unico del 1958, ha dedicato alla specifica questione solo brevi cenni: ZAPPAL� e LANZA, L'imposta sui redditi mo-biliari, 1964, 240, A.LLORIO, Diritto processwale tributario, 1962, 367 (in nota 200}, S'ANTONASTAso, L'art. 66 del testo unico 29 gennaio 1958, n. 645, in Riv. dir. fisc., 1968, I, 459. Ampliamehte invece ne ha trattato il QUARTA (Commento alla legg� sull'imposta di ricchezza mobile, II edizione, 1903, vol. II, 22), il quale ha esattamente osservato come l'art. 21 del t.u. 2~ agosto 1877, n. 4021 �intende a niente altro, fuorch� a significare che, quando vi siano titoli, dai quali .risulti l'esistenza di redditi in forma definita, al 1 lora questi redditi debbano essere dichiarati al lordo, nelle 1somme che figurano nei titoli medesimi, senza che possano diminuirsi per ca~coli presuntivi e prudenziali �che siano per farsi; la qual cosa � affatto estranea al modo, onde l'esistenza dei redditi .stessi debba essere dimostrata, e non toglie (n� l'articolo in una maniera qualunque lo esclude) che, ove i titoli ( non vi �siano, l'esistenza ne possa essere in altra maniera dimostrata ed accertata"� �La obiezione -ha anche rilevato il QUARTA -che, nel difetto di titoli, l'iscrizione di siffatti redditi �si fonderebbe solo sopra una semplice arbitraria presunzione della loro esistenza, prova nulla perch� ' prova troppo; essendo evidente che, se valesse, dovrebbero i titoli richieJ dersi per l'accertamento di tutti gli altri redditi ancor se variabili ed eventuali, .poich� riguardo a tutti codesti l'esistenza non poggia che sovra una presunzione ". Ed invero l'art. 8 della legge 11 agosto 1870, n. 5784, all. N, trasfuso poi nel testo unico del 1877 al .comma secondo dell'art. 50, seguito dal secondo .comma dell'art. 77 del regolamento 11 luglio 1907, n. 5'60, e ora infine trasfuso nel secondo comma dell'art. 86 del testo unico del 1958, lungi dall'avere introdotto una disciplina speciale e derogatoria per l'accertame. nto e l'imposizione dei redditi di capitale, ha soltanto confermato l'operare, anche per tali redditi, di alcuni principi generali. Ha cos� confermato: a) che fatto dlevante agli effetti dell'imposizione mobiliare � l'acquisizione, di un reddito da parte di un soggetto, e che perci� l'attivit� di accertamento deve essere portata �SU questo fatto, rimanendo solo incidentale e anche eventuale la conoscenza di altri fatti che si collocano per cos� dire "a monte,, del fatto anzidetto (quale, ad �sempio, la stipulazione di un contratto avente un particolare contenuto); b) che il fatto dell'acquisizione di un reddito pu� essere accertato, tanto dall'amministrazione finanziaria quanto dalle commissioni tributarie, mediante la prova indiretta critica, desunta da elementi indiziari; e e) che i documenti formati dal contribuente o che il medesimo ha concorso a formare, �costituiscono �elemento di prova soltanto dei �fatti sfavorevoli,, (arg. ex art. 2730 e.e.) al contribuente, e non possono essere da costui invocati e fatti valere come prova a proprio favore (salvo l'ope-,. rare di un criterio desumibile dall'art; 2734 e.e.). 347 PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ziorni non aventi i �l"equisiti di .�egge, di aver desunto presunzfoiii da presunzioni, di non aver �coordinato e valutato nel loro compJ.esso tutte le >Circostanze note, e di non aver �esalcinato gli elementi di fatto che contrastavano con quelli .utilizzati ai fini della decisione. Nessuna di �tali censure � fondata. L'ultimo di questi tre princ1p1 poggia su una esigenza logica persino ovvia. Esso impedisce che il contribuente possa invocare il contenuto pattizio di documenti contrattuali da lui stesso redatti (o la cui redazione egli ha determinato) .per escludere l'esistenza di un reddito o per determinarne l'entit�: su questo punto, peraltro, si torner� nel seguito di questo scritto. E.sso, inoltre, impedisce che possa essere condivisa l'affermazione secondo cui i bilanci delle societ� sarebbero �assistiti� da una mitica �presunzione di verit�� in qualche modo operante nei confronti dell'Amministrazione finanziaria. Questa affermazione � pervenuta alla sentenza in rassegna da precedenti pronuncie, alcune delle quali ormai lontane nel tempo, senza per� che mai essa abbia formato oggetto di una verifica critica e di un adeguato approfondimento. Anzi, chi ripercorra la strada fatta dalla giurisprudenza, finisce con il trarre il �convincimento che l'affermazione anzidetta .sia il risultato di una serie di mutuazioni alquanto inconsapevoli di un'i:dea oTiginaria da essa nettamente diversa. . Ed invero, in una sentenza 25 aprile 1879 (in causa Credito Fondiario c. Finanza), la Corte di Cassazione romana, interpretando l'art. 25 del testo unko del 1877, chiaramente affermava che la "finanza sar� sempre in diritto di verificare, contradire e correggere i risultati erronei di quei bilanci, i quali non possono essere misura e regola all'applicazione dell'imposta, se non in quanto .siano conformi alla leg;ge ed alla verit� �. Successivamente la stessa Corte, nella sentenza 12 gennaio 1912 (in causa Soc. Oerlikon c. Finanza, in Giur. it., 1912, I, 132) a�ttribuiva al bilancio di una societ� anonima il valore di una � presunzione � nel contesto del brano che si .riporta: �Nessun dubbio che i bilanci delle societ� anonime costituiscono la base normale dell'accertamento del reddito .sul quale deve essere determinata la tassa di rkchezza mobile, che cio� .costituiscono una vera e �propria presunzione iuris tantum; ma questa presunzione pu� essere �combattuta e invanita dall'agente delle imposte con tutti i mezzi specialmente indicati nell'art. 37 della legge e nell'art.� 78 del regolamento. fra cui le indagini di fatto sull'entit� dei redditi"� La stessa sentenza, in un brano successivo, chiarisce: �l'agente valut� il montare delle forniture, la grande quant~t� degli affari nella cospicua somma di L. 671.444; stim� un utile del 5 % , che fu poi prudentemente ridotto dalle commissioni amministrative; tenne conto di tutti gli altri elementi di fatto, che confortavano il �suo apprezzamento; e tutte queste ricerche e valutazioni entrano nell'ampia sfera della norma dell'art. 78 del :regolamento �. J.?i "presunzione di verit�� si parla nella sentenza della Cassazione romana 11 maggio 1912 (in Giur. it., 1912, I, 637): �Il reddito �che risulta dal bilancio � presunzione di verit�, come dall'art. 25 di detta legge, ma la presunzione � iuris tantum, perch� ammette la prova del contrario, come s'inferisce dagli artt. 37 e 50 della legge .stessa, del che non si � mai dubitato, cOine non si dubita da alcuna delle parti nella presente controver. sia �. Tuttavia, la stessa sentenza determina il significato di questao/ affermazione, quando aggiunge: �La prova, che deve pur fornire l'Aro� 348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Er:a acquisita (ed addirittwria pacifica) una serie di fatti .certi, documentalme: rute prova1ti e di dlevanza decisiva, quali i seguenti: a) che il capitale soieiale ammontava ad appena lire un milione; b), che, ci� nooiostan.te, la societ� acquist� immobili per un prezzo dichiarato di lire sette milioni; e) che il valO're .effettivo di tali immobili, ai fini del ministrazione per smontare la presunzione di verit� del bilancio, non tralascia di essere una rprova della .specie di quelle, di cui agli artt. 37 e 50 della legge, che � a base d'informazioni e di congetture, su cui deve basare il convincimento insindacabile delle commissioni amministrative; � una prova, senza forme determinate, e per sua indole sfugge alla critica ed al controllo da parte dell'autorit� giudiziaria, il cui compito � circoscritto alle �sole questioni giuridiche �. � In seguito, la giurisprudenza ha ripetuto piuttosto tralaticiamente espressioni similari, non solo omettendo di esaminare la validit� .e il significato ma persino alterando il contesto originario delle espressioni stesse. Cos�, ventiquattro anni dopo, nella 1sentenza 24 luglio 1936, n. 2721 (in Foro it., 1936, I, 1191), � :possibile trovare gi� formulate enunciazioni testualmente identiche a quelle contenute nella sentenza in rassegna (parimenti, nelle sentenze 14 agosto 1959, n. 2526, in Riv. leg. fisc., 1960, 235, e 7 gennaio 1965, n. 14, in Riv. leg. fisc., 1965, 808, queste due per� rese in materia di imposta di famiglia). In realt�, l'asserto �secondo .cui i bilanci delle 1societ� sarebbero � assistiti � da una �presunzione di verit�� � privo di validit�. L'unico valore probatorio attribuibile ai bilanci � quello in senso lato confessorio, di cui sopra si � detto (sull'argomento, cfr. anche MEssmEo, Valore giuridico delle poste di bilancio di societd per azioni, in Foro it., 1938, I, 1427). Del �resto, d� � confermato dalla considerazione �che la deliberazione assembleare che approva un bilancio non rispondente all'effettiva situazione della �societ� � affetta da nullit� assoluta, e quindi nulla aggiunge, in termini di rilevanza, al bilancio falso (Cass., 13 febbraio 1969, n. 484, in Giust. civ., 1969, I, 587, con richiami di pr:ecedenti e nota di GrANNATTASIO). A ben vedere, il bilancio � �soltanto un allegato alla dichiarazione del contribuente, ed ha un valore probatorio identico a �quello riconosciuto a tale dichiarazione (sul punto, da ultimo, CHrcco, Valore probatorio della dichiarazione dei redditi, in questa Rassegna, 1967, 1062, e Russo P., Na tura ed effetti giuridiCi della dichiarazione tributaria, in Riv. dir. fin., 1966, I, 231). Rimosso l'equivoco della cosiddetta �presunzione di verit�� dei bi lanci, si .pu� passare al commento del principio sopra indicato con la let te.ra b). L'utilizzazione degli indizi per l'accertamento dei redditi imponi bili �, �com'� noto, ampiamente riconosciuta da disposizioni .legislative. Cos�, per i soggetti tassabili in base a bilancio, gli artt. 119 e 120 del testo unico del 1958 (i quali sostanzialmente riproducono norme precedenti) dispongono, il primo, che per il GOntrollo del bilancio e delle altre scrit ture contabili � ammesso il ricorso " agli elementi e dati concreti rac colti d'uffido � e che l'integrazione o correzione delle impostazioni di bi I lancio mancanti o inesatte pu� essere operata "anche induttivamente� l i (ossia in forza di elementi indiziari); e, il secondo, che l'a!:'certamento sintetico � fatto "in base alla �situazione economica dell'azienda desunta' dagli elementi e dati comunque !raccolti,., I PA�tTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 349 l'imposta di ir.egistro sull'atto di compravendita, fu cottlCoil"dato in"lire 38.375.000; d) �che dal� bilancio risultava un veriSamento da parte dei soci per l'importo di liire 5.500.000, ia titolo di aumento di capitale, I mentre nessun aumento di �capitale fu deliberato fino alla da.ta del: J.'.accer:tamento fiscale, avvenuto dopo drica quarttro anni. La sentenza in rassegna ha esattamente rilevato che mediante indizi possono essere accertate sia la posta di bilancio integrativa o correttiva di quelle mancanti o inesatte, sia l� incompletezza o inesattezza del bilancio e la .conseguente sua inattendibilit�. E, invero, l'art. 7 del r.d.l. 13 gennaio 1936, n. 120 (poi confluito negli artt. 119 e 120 del testo unico del 1958), nel sostituire l'art. 20 del r.d.l. 24 ottobre 1935, n. 1887, ha meglio pre:visto la disciplina della funzione amministrativa di accertamento e, quindi, dell'iter logico da seguire nell'attivit� di accertamento, mentre non ha introdotto alcuna modifica alla disciplina della prova (cfr. la sentenza n. 2721 del 1936 sopra .citata). L'accertamento dell'inattendibilit� del bilancio �, in sostanza, solo un momento di un'unica valutazione che si conclude �con l'integrazione o correzione �delle impostazioni di bilancio, oppure, nei casi 1pi� gravi (art. 120 lett. e), �con �l'accertamento sintetico; e gli stessi elementi probatori possono essere utilizzati per i vari momenti di tale valutazione. Non pu� .quindi essere condiviso l'asserto �Secondo cui �il reddito accertato sinteticamente ossia con metodo presuntivo e induttivo � ... un reddito diverso da quello risultante analiticamente" Gcosi ALLoRIO, Diritto processuale tributario, 1962, 364, nota 194). Invero, 1come si � osservato, il ricorso a presunzioni o indizi � ammesso (ed � normale) anche per la correzione o integrazione delle impostazioni di bilancio mancanti o inesatte, e non discrimina l'accertamento sintetico da quello analitico, modalit� queste diverse di una medesima funzione. V'� di pi�. Tra disciplina della prova e configurazione del procedimento nel quale la prova stessa � utilizzata esiste un collegamento tanto pi� stretto quanto pi� tale procedimento ha carattere inquisitorio. Ora, com'� noto (cfr. per tutti ALLoRro, op. cit., 320, �e MrcHELI, L'onere della prova, 19.66, ristampa, 291), il procedimento contenzioso dinanzi alle commissioni tributarie ha un sictJ.ro carattere inqui�sitorio: si pensi all'art. 27 del r .d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, ove si parla di giudizio � in base alla obbiettiva considerazione dei fatti delle ci11costanze e degli elementi tutti di apprezzamento di cui siano a �conoscenza "; e all'art. 25 comma primo del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516 che attribuisce alle commissioni le facolt� di indagine conferite agli uffici dell'amministrazione. In un .siffatto procedimento, alle facolt� di acquisizione del materiale probatorio iper iniziativa dello stesso organo �chiamato poi a decidere e alla ;possibilit� di utilizzare persino i fatti di cui questo �Sia comunque a conoscenza, non pu� non far seguito una ampia libert� di valutare il materiale �probatorio acquisito e in genere le cognizioni disponibili, e quindi anche di valorizzaTe, pur con la doverosa cautela, i meri indizi (sul collegamento tra processo inquisitorio e prova per indizi, BERLIRI A., n processo tributario amministrativo, 1940, II, 161, e, con diverso orientamento, .ALLORIO, op. cit., 363, nota 190). Cosa questa gi� rilevata dalla giurisprudenza la quale ha avuto modo di affermare .. (Cass. SS. UU., 9 giugno 1941 n. 1695, in Riv. leg. fisc., 1941, 612) che e le ~ fonti della prova del processo ordinario (confessione, testimonianza, scrit 350 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Sul!la base di codesti fatti certi, valutati inOlll gi� isolatamente, ma nel foro coo~dinafo compJ:e.sso, i giudici di merito ha!Ilno rilevato che , J.eg1ttimo era stato l'operato dell'amministrazione filn.anziaria, ila quale aveva ritenuto l'esistenza di due mutui a favo!I"e della sociieit�, uno da parte dei soci ,e l'a~tro da parte di terzi non identificati. Senza un ture, presunzioni) soggiacciono nel processo tributario, a notevole trasformazione, per la soppressione delle forme e per la dispensa, di regola, dalla motivazione in fatto e quindi dall'enunciazione della prova, in modo che potrebbe la prova ridursi alle fonti meno controllabili, quali la presunzione o la informazione (testimonianza informe non partecipata), o addirittura scomparire nella stessa convinzione del giudicante ~. In proposito va sottolineato -sia pure per inciso -come proprio la necessit� per le controversie in materia di estimazione degli imponibili, di un procedimento a carattere inquisitorio e di una .particolare disciplina delle prove, abbia costituito la �Pi� cocente delle ragioni .politiche della sottrazione di dette controversie alla giurisdizione ordinaria. Tale necessit� sussiste oggi �come nel 1865, e non va sottovalutata, come lo � da coloro che, sensibili unicamente all'attuazione dei principi di unicit� della giurisdizione e di pienezza della tutela giurisdizionale, sono portati �a ridurre a ordinarie �controversie �civili le controversie tributarie, e ad estendere a queste, con un automaUsmo quanto meno sospetto, le regole civilistkhe in materia di prove. Un esempio di estensione non ade.guatamente meditata di dette regole � rinvenibile nella sentenza in rassegna, laddo"\'e si asserisce che anche nelle controversie tributarie le presunzioni possono essere utilizzate � purch� abbiano i caratteri della gravit� precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 e.e. �. Affermazione questa 0che !ascia non poco perplessi: � ben vero che un uso non corretto e non misurato del materiale indiziario pu� condurre ad illazioni arbitrarie e deve quindi essere evitato; � per� anche vero che immediatezza (art. 2727 e.e.) gravit�, precisione e concordanza (art. 2729 e.e.) degli indizi, seppure sono richieste per la prova civile, dominata dal principio dell'onere per le parti di fornire (e quindi di precostituire) la prova, non sono logicamente necessarie per formulare presunzioni caratterizzate da un accettabile grado di razionalit�, e in genere per un corr�etto e cauto giudicare. In particolare, merita osservare che un solo elemento indiziario, ad esempio l'entit� dei ricavi lordi di una impresa, pu� costituire (e frequentemente costituisce) sufficiente supporto di un accertamento sintetico dei redditi conseguiti dalla impresa stessa, in assenza di prove idonee a privare il significato di detto indizio o a renderlo gravemente equivoto (sulla sufficienza di un solo indizio, LEONE, Trattato di diritto processuale penale, 1961, vol. II, 165). Del resto, la necessit� di .una pluralit� di indizi concordanti � �superata dalle disposizioni che impongono alla commissione tributaria di Ticercare il materiale probatorio, senza adagiarsi in una 1passiva applicazione della regola di giudizio posta dall'art. 2697 e.e. Cosa questa che conduce a formulare �criteri di convenienza� quale �quello secondo il quale il giudice pu� pretendere dal contribuente la prova dei fatti che egli � in grado di conoscere meglio � (MICHELI, op. cit., 293), e quindi pu�, in relazione al comportamento inerte del contribuente, valorizzare un' indizio risultante dagli atti, facendone la base logica di �una presunzione. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 351 finanziamento, iiniatti, la societ� non avr,ebbe potuto acquis:tar~��(col suo caipitall:e di lire UJn. milicme) g1i immobile che invece ,a,cquist�. Ed i.ingiustificato era da ritenersi, ,secondo l'implicito apprezzamento dei giudici ,di merito, J.',assunto della societ�, secondo c:ui essa, avendo una composizicme ,strettamente familiaire, aveva acqui,stato quegli immo- Considerazioni analoghe possono condurre ad escludere l'operare, nella materia di che trattasi, nel noto ditterio praesumptio de praesumtione non admittitur. L'argomento meriterebbe un esame pi� ampio, non .consentito in questa sede. � tuttavia possibile respingere le facili trasposizioni delle regole disciplinatrici della prova �civile alle controversie in tema ,di determinazione dell'imponibile, ,e contrastare la tendenza a vedere tali controversie crune una specie delle controversie civili, per ,cos� dire, ingiustamente esiliata. A questo punto, appare palese che -come affermato dalla Corte di� Cassazione -il ,secondo ,comma dell'art. 86 del testo unico del 1958 e le disposizioni che l'hanno preceduto, lungi dall'avere introdotto una disciplina speciale per l'accertamento dei redditi di capitale, ha soltanto confermato fa possibilit� di accertare mediante elementi indiziari tanto la .fruttuosit� quanto l'esistenza di un :mutuo e in genere di un credito. E �ci� anche quando il contribuente produce documenti contrattuali ( o altro materiale probatorio equivalente) dai quali non �appare,., o addirittura � contrastata, l'esi,stenza oppure la fruttuosit� del credito, l'una e l'altra rilevabili invece induttiv�amente (sul significato del termine "titolo�;, cfr. BERLmI A. Il testo unico delle impo.ste dirette, 1960, 195, �, SANTONASTAso, op. cit., 473). � stato scritto che la disposizione in esame sarebbe .stata introdotta, nel 1870, per porre l'amministrazione finanziaria al riparo dai facili artifizi delle parti private .� senz'uopo di ricorrer� all'impugnativa di simulazione per vie giudiziali del titolo" (PESTALOZZA, Simulazione, in Enciclopedia giuridica italiana, vol. XV, 1925, 868, e DISTAso, La simulazione dei negozi giuridici, 1960, 711). In tal modo, si � �collocata la disposizione stessa �sul territorio della disciplina della simulazione. Cosa questa �Che � accettat.le nella misura in cui conferma, per altra via, la possibilit� "senza limiti,., per un ,soggetto terzo, di provare anche mediante presunzioni la :realt� dei fatti (art. 1417 e.e.), e la impossibilit�, per coloro 1che hanno p_osto in essere una �situazione apparente (ad esempio, redigendo un documento), di invocare e utilizzare tale situazione a .proiprio favore contro un soggetto terzo; ma che non � pi� accettabile quando, per essere irimasti troppo lungamente sul terreno della disciplina della simulazione, si rperde di vista che il fatto rilevante ai fini dell'imposizione mobiliare � non tanto la V'eridicit� o meno di ci� che � appare � da un " titolo "" quanto invece la acquisizione o meno di un reddito. ' Con il sottolineare l'affermazione di principio ,sopra indicata con la lettera a), si � appunto inteso rettificare la distorsione di visuale conseguente dall'attribuzione di un rilievo immediato ed eccessivo alle vicende contrattuali e alle entit� documentali ad esse relative. F. FAVARA J 252 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO bili (da uno dei soci) per un prezzo notevolmente iinferior�e ~r"quello giuis,to (ma pur sempre superiore al capitale sociale). La motivazione della i:mipugnata sentenza � del itutto esauriente, � sorrretta da argotmentazioni logiche, oltre che immuni da erirori di diritto, ed � perci� m.sindacabile in questa sede. I vizi deillunciati dalla ricoll"lr�ente non sussistono, ne � esatto che la prova dei due mutui sia stata desun,ta, :in via presuntiva, unicamen1te dail valore attribuito ai smndicat:i immobili in �sede tributaria, ai fini dell'imposta di registro sul contratto di compravendita. Questo, come innanzi si � visto, fu uno degli �elementi utilizzati dall'amministrazione finanziaria, J.a quale fond� i suoi apprezzamenti (condivisi dai giudici di medito) su tutti i fatti oinnan.zi menzionati, ed in parlicolaire su � quello della modesta entit� del oapii1:a1e Sociale, che non consentiva le operazioni in realt� compiute. D'altra parte, esattamein.te la Corte d'appello ha oss1ervato che "il c01D.cor:dato stipulato dal contribuente 1ari fin.i dell'imposta di registro � pienamente attendibile agli ,effetti della determinazione del valore di mercato del bene, sia perch� � preceduto da perizia tecnica, sia pevch� non � <ragionevoli.e che il contribuente accetti di concoirdare per un valore 1che superi in misura apprezzabile quello reale; ed anzi si deve f001datamente presumere, sec001do la comune �esperienza, che il prezzo eff�ettivo di vendi.ta corrisponda a quello di mercato, salvo casi eccezicmaili, che nella specie non ricorrono�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottob11e 1970, n. 2160 -Pres. Roosano -Esv. Geri -P. M. Gentile (conf.) -Minist&o delle Finanze (avv. Stato F.reni) c. Societ� �a.s. Orlando ~illlchi e figlio (avv. Ferii). Imposta di registro -Forniture di merci alle pubbliche Atn.nlinistrazioni -Aliquota dell'l per cento -Applicabilit� nel periodo compreso fra l'entrata in vigore della legge n. 261 del 1953 e della legge n. 603 del 1954. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 52; legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 4; legge 6 agosto 1954, n. 603, art. 33}. Per le forniture di me11ci alle pubbliche Amministrazioni, 'la riduzione dell'aliquota den'imposta di registro dal 2 ali'1 % stabilita con 'la legge 6 agosto 1954, n. 603, era applicabile fin dali'entrata in vigor~ delia precedente legge 4 aprile 1953, n. 261, che l'aveva gid disposta 353 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA per i contratti di appalto e quindi per le forniture in gemere .c1ie a quelli sono pa.rificate (1). (Omissis). -'I due mortivi del ricO�l'So, data l'intima foro connessiOIIle, possono essa-e tmttarti congiuntamente. Si du0t1e 1nel primo 1'Amministrazione delle Finanze che sia stata ritenuta applicabile l'aliquota dell'l % anche ai contra.tti di fornitura stipulati con lo Stato nel periodo intercorrente :lira l'entrata in vigo!l.'e della legge n. 261 del 1953 e l'entrata in vigore della legg,e n. 603 del 1954, che previde la dduzione a11'1 % per le forniture alle pubbliche amm:itrristraz.iom. A ita.nto non awebbe dovuto pervenire la Corte di merito, poiich� i contria.tti di cui si discute avil"ebbero sempre avuta un:a aut01I1oma disciplina, �Come dov.rebbe desumersi dai p,rec.eden:ti legiis1a.tivi, in virrt� dei quali il'aliquorta del 2 % stabilita dalla legg,e n. 283 del 23 ma.rzo 1940 fu modificata soltanto con la ilegge n. 603 del 19�54 �e noo gi� con quella n. 261 del 1953. In og,ni �caso 1a legge n. 261 del 1953, !dguairdante soltanito gli appalti, poteva comprendere 1al massimo ile fornitUtl"e-aippaiLto e non le fo:rniiturre vendita che non saxebbero equipail'abili, anche escludendosi l'autonomia della disciplina fis�cale sostenuta nel primo motivo (II mezzo). Malgrado rtainti acuti ed interessanti J."ilievi della Amministrazione ricorr:ente sulla .esegesi dei 1numerosi provvedimenti leg:isilartivi, succe�dutisi nel tempo in questa materia ed a1ppun.to a causa della non facile loro cooodinazione, 'suscettibile di ccm1Jrastalllrti orientamenti, :ritiene questa Corte di nOlll doiversi discosrtare dalla giurrisp(["Udenza orma.i corisoH. data iatrttl"av1erso numerose pronunzie tutte uni:liormi ID.e! rseniso :resistito dalla A.romimstraziOllle fi.na:nziaxia (Cass. in. 1691 deil 4 giugno 1968, n. 2922 del 1962, n. 2001 del 18 luglio 1960 e altre ll"ecentissime in cOO\s� di pubblicazione). Di :eronte alle notevoli sperequaziom nel ;trattamento fiscale di rappooti �nolrto simili fra loco, .stabilito nella \legge organica di reg.istro (aliquota del 4 % �per �le vendite di cose mobiili, dell'l % poc J.:e vendite di merci, del 2 % per gli ap;palti e gratuita quando il tributo doveva �essere coorisposto dallo Stato� ed amm:iin:i:strazioni equipara.te) si ~mzi� fiJn daJ. 1930 co111 la legge 3 luglio n. 940, un proc�e.sso di semplificazione �ed unificazione. (1) Nella Relazione Avv. Stato 1961-65 (n. 152) � irkordata la giurisprudenza della Corte di Cassazione relativa all'argomento richiamata nella sentenza in esame e sono �esposte le ragioni per cui l'Avvocatura non vi aveva prestato acquiescenza. Con la presente e con altre numerose sentenze dello stesso periodo , (nn. 2136, 2137, 2138, 2139, 2215) nonch� �con la precedente del 4 giugno 354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Infatti tale legge paTific� agli appaiLti ai fini del .trattamento tributa. rio e �Con l'imposta a carico dei fornitor-i, i c0011tratti di fOINl.�!tura allo Stato ed amministrazioni assimilate di merci, derrate od altre cose mobili �non individuate�. La .successiva 1egge 23 maTzo 1940, n. 283, lungi dal prevedere una autOinoma ed umfmme disciplina di tutta la materia tanto da consentire il profilarsi idi una idi.stinta "Categoria .di� atti con proprio sipeiei:fico e indipendente triattamento fiscale (come V01'1I'�ebbe l'Amministrazirnn:e dcon:-ente), contribui U!lteriomiente all'unificazione di 1cui sopra patrific1a; ndo nell'aliquota anche le V�~diite di cose mobiU �individuate� ch� erano rimaste fuori del prov~edimento legislativo del 1930, conservando la maggioil.' tariffa del 4 % ; tale seconda legge oper� dunque nel solco de11a prima, �estendendo 1sempliicemente la ,sfera di unificazione 1egiisl.a.tiva, sempre ai fir�i tribu�M'.i, anche per �evitare l'i.nsorgen2la di sottili diistinzicmi dvca la natura degli atti dia sottopo["re al- l'imposizione. , L'art. 52 tar. ali. A rimase sempre applfoabile, salvo 1e vaTie modi: fkazioni �di aliquota, a tutti i contratti di appatlto nonch� 1agli a.tti ad essi parificati, in virt� del!le .ricordate leggi del 1930 e 1940, sicch� iLa dduzion.e dal 2 all'l % operata dalla legge 4 aprile 1953, n. 261, trova applicazi0111e anche relativamente ai cootratti di for:niitura �di me:r:cd. aUe pubbliche amministrazioni. Ritenere che questi U!ltimi dovessero aS1Solv.ere la pi� alta aliquota del 2 % , rispetto a tutti gli altri -a pa.rte 1'1ncongmienza di un risultato pi� gravoso proprio per gli atti stipulati con la P. A. da assoggetta.ere, secondo una �diffusa opinione, ad un. trattamento di favore �e quarnto meno, ugua,le; rrion certo peggior-e, a quello di itutti gli altri atti assimilati ed unificati -si troverebbe in troppo �stridente c0tI1tl'laisto con :fil processo legislativo di unificazfone e semplificazione sopro illustrato. N� �iil COintrairio vale oppo(['lre l'inutilit� della legge 6 agosto 1954, n. 603 la quale appol'lt� espr.essamente la riduzione de11a aliquota al1' 1 % per i cOillt.ratti con lo Stato, qualol'!a gli stessi avessero gi� godwto de11a tariffa minore �:in viTft� della ,legge n. 261 del 1953, perch� proprio d. dubbi e le perplessit� esegetiche tanto acutamente evidenziate dalla difesa dell'Amministrazione, circa il processo evolutivo del!la legislazione, nella soggetta materia, stanno a .dimostrare che J.a legge 1968, n. 1691 (in Riv. leg. fisc., 1968, 2353) la Suprema Corte ha riesaminato � il problema e, pur dando :riipetutamente atto dello estremo interesse delle tesi ,svolte dall'Amministrazione, ha tenuto ferma la propria precedente giurisprudenza. Mentre tale indirizzo pu� ormai ritenersi 1consolidato, deve anche rilevarsi che la gestione, per il �periodo di tempo trascorso, � destinata a perdere concreta rilev~nza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 355 n. 603 del 1954 era invece necessairia per ribadire ancora una VMta il principio di unificazione di oui �sopra.. Questo anzi ,spiega il p~ch�, malg.:r:ado ~e notevoli incertezze di caraittere sistematico e letterale, p!1ecedenti pronunzie di questa Suprema Corte abbiano attribuito alla legg.e .predetta del 1954 Ullla portata meramente i�nterpretativa e di chiarificazione delle precedenti norme, tutt'altro che limpide nella loro formulazione e nel foro reciproco coordh11amento . . Perai1tro una vol.ta escluso il carattere di autonomia �;della disciplina tributaria per i cootratti con fo Staito� �secondo la legge n. 283 del 1940, quella successiva n. 603 del 1954, ;.on aveva alcuna ::neC'essiit� di fa.ire esp:r:esso .riferimento alla legge n. 261 del 1953, la quale eri.asi limitata a .riduNe l'aliquota, ma soltanto �ai1a precedente del 1940 sul piano della interpretazione 1autentka. E se pure si dovesse dubitare di siffatta soluzione, data .la formulazione della legge, non � neppurie possibile escludere, in astratto, 1a sussistenza di una ripetizione (ta.lvolota. �chi.airificatrke, altre volte fonte di dispute e dubbi) da patr.te del J.egislaitor.e. Infatti � :lirutto .so1ta111Jto di mera .teoria, :fil pl'in-� ctpio secondo il quale il legislatore non si ripete. La .realt� contrasta talvolta con tale affer.mazione specialmente in un .settore (come quello tributario) nel qua-le neH'arco di oltre quaranta anni si sono susseguite una .lunga .serie di leggi ispirate, assai spesso a contingenti esigenze del momento, �talvolta :lira loro contriastainti. ' ' In ogni modo la diverisa portata attr.ibuita dalla .ricorrente aUa l:egg.e del 1954 non � tal.e da in:iportare da sola, quella div.erisit� ed autonomia di disciplina tributa.ria dei contratti di appalto ed a�ssimifat,i con le pubbliche amministrazioni, che � stata sopra negata con riferimento alla legge n. 283 del 1940. Potrebbe, a~ massimo, costituire un �semplfoe elemento indicativo, nel senso .sostenuto dailla ricoo:irente, �Con �carattere, per di .pj�, tutt'altro che uruvoco. Le osservazioni di �cui �S<>tP�ra valgono anche in ordine al secondo motivo del �r.iicorso, oorpra brevemente riassunto, il cui presupposto consiste ~sempre neH'afferunarto prin~ipio di autonoma norma.tiva dei contratti con lo Stato ai fini tributari. Una volta esclusa questa di�stinita disciplina ed affermata l'unificazione e semplificazione, attraveriso un processo leg.islativo d'indole unitaria, nop. ha ragione d'esser.e la diverisificazione fra foirnitureiappailti e fOI"D.oiture-ve~te, pel'ch� contTaisterebbe con la gi� illustrata equiparazione delle va.rie ipotesi di negozi giuridici soggetti al tributo in questo particolare �Settore. Il �ricorso va dunque Tigettato. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese di questo grado. -(Omissis). li 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 ottobre 1970, n. 2164 -Pifes: Gian nattasio -Est. Granata -P. M. Pascalino (conf.) -Ministell"o delle Finanze (avv. Stato Ciardulli) c. Societ� A.P.I. (avv. Andviani). Imposta di registro -Concessione di pertinenza stradale per accesso a stazione di servizio automobilistico e distribuzione carburanti Concessione amministrativa -Tassabilit� ex art. 1 tariffa all. A. (�r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 1). L'atto col quale la Pubblica Amministrazione consente al privato l'apertura di accessi suita strada pubblica, in raccordo, ad u~ stazione di servizio per la distribuzione di carburanti coLlocata in zona adiacente, ha natura di concessione amministrativa.� e con.creta la attribuzione di un uso eccezionale del bene demal/'l,iale. �I diritti cos� conc:essi hanno consistenza reale, onde al rapporto deve applicarsi l'im.posta proporzionale prevista dall'art. 1 della tariffa all. A legge di registro (1). (Omissis). -Con l'unico motivo di dcocso, deducendosi violazione dell'art. 1 della Tariffa all. A Legge di registro e dei principi di diritto amministrativo relativi all'uso dei beni demaniali, si sostiene, da parte dell'Ammilnistll"azione delle Finanze, che erroneamente la Corte del mocito ha �Vitenuto 1che l'apertuxa dei dru.e accessi sulla pubblica strada� determinasse soltanto un �uso speciale del bene pubblico, rapportabile a una mell"a autocizzazione personaile, ,,e che perlanto non fosse applicabile, in ordine al detto rapporto, l'imposta proporzionale prevista dall'art. 1 della <richiamata tariffa. E si deduce che il rapporto de quo doveva necessar:iamente confi.gumrs~ come una conc,essfone amrninistll"ativa, che, ,costituendo in .favoce del privato diritti reali, :Sia pure condizionati al prevalente interesse pubblico, imponeva l'applkazione del suincUcato tributo. (1) Con la sentenza in esame la Suprema Corte, richiamandosi ai principi gi� affermati dalle Sezioni Unite in ordine alla natura degli atti di concessione di pell"tinenze stradali per la costruzione di accessi a stazioni di distribuzione carb�ranti (sent. 31 ottobre 1958, n. 3584, in Foro it., 1959, I, 236), ha risolto in senso affermativo la controversia relativa alla tassabilit� di tali atti ,con la aliquota dei trasferimenti immobiliari stabilita dall'art. 1 della tariffa all. A legge di registro. Deve ricordarsi in \I)ro:posito che il diverso princiipio affermato nella presente controversia dalla Corte di. Appello di Firenze (sent. 19 maggio 1967, in Riv. giur. idrocarburi, 1967, 284) era stato condiviso dalla Corte di Appello pi Genova con sentenza 8 marzo 1968 (in Rass. petrolifera, 1968, 226), ma ~ra stato disatteso dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza 30 dicembre 1967 (ivi, 1968, 218). Dato tale contrasto di opinioni dei giudici di merito la presente pronuncia della Corte di Cassazione assume un rilievo ed una importanza del tutto par:; Hcolari. PARTE I, SEZ. V., GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 357 Il .ricoriso � fondato. Invero, va considerato previamente, in linea gene.raie, �che l'uso dei beni demaniali pu� essere normale, speciale o eccezionale e che, 1 ��s~condo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ult. sent. 29 luglio 1964, n. 2154 e 6 giugno 1968, in. 1711), si � in presenza di un uso �eccezionale ql,lanido il bene pubblico venga attxibuito in godimento a un soggetto determinato, pereh� vi eserciti wna attivit� che non c<'nir:isponde aHa normale destinazione de�l bene stesso, an corch� si risolva in un vantaggio per la collerttivit�. La costituzione di tali diritti a favore di privati �richiede necessia .riamente un a:tto di concessione, in quanto i beni demaniali, essendo destinati istiotuzioil1lalmente a realizzare fini di inter.esse generale, non . possono essere utilizzati per scopi diversi, salvo che l'ente pubblico al 0 quale appartengono �e che � J.'unico in ~ado di valu,tare la possibiilit� 1 o la convenienza di una div�ersa utilizzazione, compa.tibile con le esigenze pubbliche, ritenga di potere costituire didtti pa�rticofa.ri�a favo\l"e di terzi. Questi dm'itti, poi, hanno consistenza reale,� in quanto il potere attributto al concessionario si �estri�IlJSeca di�rettamente sulla cosa che ne forma oggetto e pu� esse\l"e fatto valere erga pmnes, per quanto nei limiti imposti da11a natura del poteire e dalla destinazione primaria del bene. Tale caratteristica non contrasta COlll l'inalienabilit� dei beni de maniali, giacch� la demanialit� comporta bensl l'impossibi1itt� di costi tuire, a favore di terzi, d.irltti reali secondo la disciplina del codice civile, ma non esclude che ll'ammini�strazione possa stabilire sui detti beni diritti dei privati aventi consistenza (l'eale, con gli effetti e le limitazfoini che riflettono le esigenze proprie del di�ri.itto pubblico, cosi da rendere rtali diritti condizionati alle �esigenze medesime. Sulla base di tali principi, questa Suprema Corte ha gi� sancito (c~r. Sez. Un. 31 ottobre 1958, n.. 35.S4) ,che l'atto c�111 il quale si con sente aJ. privato l'aper:tma �di accessi sulla .strada pubbJfoa, in raccordo ad una stazione di sea:vizio per distribuzione di carburanti, collocata �in zona ad essa adiae�ente, ha natura �di concessione ,amministrativa e conoreta J.'attribuzione di un uso eceezionale. Tale indirizzo deve essere cOlllfermaito nella p;resenite controversia, non .sussistendo alcun valido motivo che giustifichi un cambiamento di opinioni. Si deve, infatti, considerare' che con J.a faco\Lt� concessa, nel1a specie, alla Soc. A.P.I. si � costituito un particolare rapporto tra l'impianto �di distribuzione di benzina e la strada, della quale il tito lare dell'impianto usufruisce non come un qualsiasi altro utente, ma �per uno �Scopo specifico che gli attribuisce un particolare beneficio. 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Ln relazione al par:ticola.re .interesse della societ� di util1z'Za1re l� stra-da per una finalit� che si discosta, senza peraltro contr.asta-rvi, dail.la normai.e destinazoione di essa, e in <riferimento alla attribuzione di uno specifico beneficio, deve .riconosce11si che tra l'impianto di distribuzione e la istrada stessa � sorto in coinereto un �rapporto di sogge � zione, con costituzione di �diritti �che, pur �con le limitazioni suenunciate, han.no �consiistenza �reale. Non pu� attribuimsi, per contro, apprezzabile valore alla coo1!siderazione, fatta dalla Corte �di merito, che l'art. 4 del �r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, prevede iii �rilascio di � licenza ,, per l'apertura d.i nuovi accessi �dalla .strada ai fondi o fabbricati la�terali, gfa.cich� tale norma si riferisce agli accessi che comportano l'attribuzione di un uso speciale, mentre ,l'attribuzione degli usi eec.ezionali � .regolata, mediante l'emissione di atti di concessione, dal �succ.essivo art. 6 dello �stesso decireto. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, S.ez. I, 7 novembre 1970, n. 2271 -P1�es. Pece -Est. Sposato -P. M. Chir� (�conf.). -Societ� a. s. Calzaturifido Pupa (avv. Pontini e Giglia) c. Mini�stero deil.le Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione Normativa di cui al d. 1. n. 1150 del 1967 -Decorrenza. (legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20; dl. 11 novembre 1967, n. 1150~ art. 6}. Imposta di registro -Agevolazioni per la costruzione di case di abitazione non di lusso -Decadenza -Imposta ordinaria -Prescrizione Normativa anteriore all'entrata in vigore della legge n. 35 del 1960. (legge 2 luglio 1949, n. 408, artt. 14 e 20; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; e.e. artt. 2935 e 2941, n. 8). In base al d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (convertito nella legge n. 26 del 1968) il termine di prescrizione delle imposte liquidate in misura ordinaria per effetto �i decadenza dalle agevolazioni fiscali di cui p,lla legge 2 luglio 1949, n. 408, � di tre anni e comincia a decorrere dalla data �i presentazione della denunzia che i contribuenti, provvisorriamente ammessi alle agevolazioni 1Jributarie, sono tenuti a presentare, dell'avvenuta ultimazione dei lavori o della intervenuta decadenza dai benefici entro un anno dal verificarsi di tali eventi (1). i (1-2) La prima massima .costituisce esatta descrizione del sistema intro-. <:iotto con il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150. l l 359 PARTE I, SEZ. V, GJ;URISPRUDENZA TRIBUTARIA. Nel caso di decadenza verificatasi prima dell'entrata :in 'Vigore della legge n. 35 del 1960, il diritto della Finanza alla riscossione delle imposte dovute in 'misura ordinaria si prescrive� nei termine di tre anni di cui all'art. 136 della legge di regist'l'o, decorrente dal giorno in cui si � verificata la decadenza, salva, ove ne ricorra il caso, l'applicazione dell'art. 2941 n. 8 cod. civ. (2). (Omissis). -Il ricorso --con il quatl:e i Lricor.renti sostengono che, contrarfamente a quanto ha ritenuto la Corite di merito, il termine della prescrizione non �, nel caso in esame, quello ordinal"io di dieci anni stabilito dall'art. 2946 e.e. deve esser.e accolto: ancorch� all'accoglimento debba pervenivs:i attravevso argomentazioni del tutto diverse \da quelle prospettate dai ricorrenti e ponendo delle distinzi-01J1i che essi -invocando a :sostegno del proprio asisunto le J.eggi n. 35 del 1960 e n. 1493 del 1962 e senza curarsi dei limiti di vigore nel tempo di .codeste e d:i aJ.tre norme�-hanno del tutto trascurato. � :noto �che la ma.teda di �Che trattasi � stata, da.ppr:irna, regolata, con particolari norme, dalla legge 5 febbraio 1960, n. 35, che stabiliva in cinque anni, decoNenti daUa data di registrazione dell'atto provvisoriamente ammesso ai behefici fiscali, il termine della pLre1s1c.rizione. �on 1a successiva legge 6 ottobre 1962, n. 1493, il detto termine veniva aumentato a sette anni, decorrenti dalla !l'egi�strazione, e veniva imposto ai ,contribuenti l'obbligo di determinate denunzie, intese a salvagua�rd�re il dkitto deUa Finanza contro il malizioso 1silenzio dei contribuenti incorsi nella decadenza dai benefici. Ma risultando tale sistema inidoneo allo scopo, con il d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 (convertito nella legge n. 26 del 1968) s:i � stabilito che 11 tell'mine della pTe�sorizione � quello di �tre anni ~ che esso comincia a decorrere dalla da>ta di presentazione della denunzia, che i contribuenti, pirovvisOiriamente ammessi alle agevolazioni tributarie sono tenuti a presentare, deH'avvenuta ultimazione dei lavori o della intervenuta decadenza dai benefi.d, entro un anno dal verifical"s:i di tali eventi. Con norma di di.ritto :transitor.fo, la nuova legge stabiHsce, inoltre, che le sue disposizioni si applicano anche agli atti stipulati, cio� regtstrati, ed alle decadenze verificatesi dopo l'entrata in vigore deHa legge n. 35 del La seconda massima si adegua, invece, per la disctplina dei ra:pporti anteriori all'entrata in.vi.gore della legge n. 35 del 1960, a quanto affermato dalle Sez. Un..con la sentenza 27 giugno 1969, n. 2311, in questa Rassegna, 1969, 1, 567. Di notevole interesse in proposito, oltre alla confermata operativit� del principio di cui all'art. 2935 c,c., � la affermazione relativa alla applicabilit� in materia anche dell'art. 2941, n. 8 c:c. concernente la sospensione della prescrizione per occultamento doloso del vincolo da parte del~ debitore. 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1960 e successive modificazioni. Pertanto nella materia di che"trattasi, la prescrizione del diritto della Finanza alla riscossione delle imposte in mi.sura ordinaTia dai contribuenti decaduti dai benefid, ove le decadenze sia.nsi avverate prima dell'entrata in vigore della citata J.e.gge del 1960, continua ad essere regolata dalla normativa. vigente prima dell'entvata in vigore di detta legge. Dopo .taluni contrasti nella giurisprudenza di questa Suprema Corte a sezione semplke, le S. U. hanno, con sentenza 27 giugno 1969, n. 2311, affermato che in materia, la normativa vigente anteriormente all'entrata in vigorre della legge del 1960 � da identificare in quella dettata dalla legge organica di .registro per la .riscossione dei supplementi d'imposta. � stato, difatti, osservato che la detta legge organica, contenendo norme che fissano i termini della� presc1rizione rela�tivamente a tutte le possibili ipotesi di dscossione delle imposte, non presenta lacune che debbano essere colmate mediante.il ricorso atlle norme generali del codi.ce civile. � stato, altres�, messo in �rHievo cbe sebbene l'ar.t. 136 della legge organica di �registro parr:li di � 1supplemento � di taissa �, codesta locuzfone � da .intendere non nel senso di � �tasisa suppletiva � precisato dall'art. 7, ma nell'ampio senso �di ta:ssa integrativa di quella pagata al momento della .registrazione dell'atto, come � fatto .pa}ese dall'ultimo comma dell'art. 47 .sempre della medesima legge organi.ca, il quale, �regolando, in armonia �con la regola dell'a,rt. 136, un caso pa.r.tfoo.lare di prescrizione, indica come � supplemento di tassa ,, quella che, secondo la da�ssifi.cazione detll'a.rt. 7, � un'imposta complementare. Perd� anche le imposte dovute in caso di decadenza dal �diritto al trattamento fiscale di favore 1sono da dmsidera1re supplementi di tasse, ed il diritto a ris�cuoterle si prescrive nel termine triennale ,stabilito, per la riscossione dei 1supplemen.ti, daJ.l'a1rt. 136. D'altra pa�rte, � da �rHevare -ed � stato rilevato dalla �ricorrdata sentenza .delle S. U. -�che la disciplina della presc�rizione, compiutamente dettata dalla L.O.R. per quanto riguarda i.I tempo necessario a prescrivere, presuppone i principi logico-giuridici :sui quaLi l'istituto della prescrizione �S:� fonda, e fra questi il principio che a.etio nondiim nata non praescribitur. Significativa, 'anche a questo proposUo, � la gi� ricordata ([lO'rma deH'art. 47 che pu:r essendo una particolare applicazione della �regola dettata dall'art. 136 .secondo il quale la presc1rizione comincia a decorrere dalla data deHa registrazione, stabilisce nel caso in esso considerato, la decorrenza non daHa data della registrazione dell'atto per il qu~le � Stata �riscossa l'imposta principale, ma dalla data dell'ultimo contratto in conseguenza del quale sor~e il diritto alla riscossione del supplemento. Pertanto, ove si tratti del diritto della Finanza a.Ila riscossione delle imposte dovute, in misura oll'dinairia, da coloro �che sono decaduti dal diritto a godere di determinate agevola-~ zioni fiscali, e la decadenza �siasi verificata .prima dell'entrata in vigore PARTE I, .SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 361 �della legge n. 35 del 1960, quel diritto �Si prescrive in tre anni~ .decorrenti da�l momento in cui esso pu� esser fatto valere, ossia dal momento in cui si � verificata la decadenza, salva ove ne ricorra il caso, l'applicazione dell'art. 2941 n. 8 e.e. In 1consegueinza di quanto si � detto, fil giudice di �rinvio al quale -cassata la denunziata sentenza -la causa deve �essere rimessa per ' nuovo esame -dovir� stabilire se, nella fatti:specie, nonostante le varie leggi di proroga, sia.si avverata la decadenza dai benefici kibutari provvisoriamente �Concessi ai contribuenti, �e se nel caso positivo, essa 1siasi avverata prima e dopo l'entrata in vigore della� legge del 1960, ed applicare l'una o l'altra delle due diverse normative che iregolano, con rigua\l"do al tempo, il � termine, e la decorrenza del termiille, della prescrizione del didtto della Finan~a. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 novembre 1970, n. 2421 -Pres. Rossa.no�.-Est. Bos�lli -P. M. Gentile (di:ff.) -Soc. S.I.E.T.T.E. (avv. Barile) c. Ministero del<le Finanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti di credito a favore di ditte commerciali o industriali -Aliquota dello 0,25 per cento di cui alla lettera c) dell'art. 4 della tariffa ali. A della legge di registro -Correlazione fra i due negozi -Criteri di determinazione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. c) e nota aggiunta, art. 28 lett. c); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblica Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti di credito a favore di ditte �ommerciali e industriali -Aliq�ota dello 0,50 per cento di cui alla lettera b) dell'art. 4 della tariffa ali. A della le~~e .di re~istro -Oriteri di determinazione. /(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. b) e nota aggiunta, art. 28 lett. b); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). L'agevolazi.one dell'aliquota ridottissima dello 0,25 % di cui all'art. 4 lett. e) della tariffa A allegata alla Legge di registro non pu� esser~ a,pplicata all'atto di cessione di credito che consenta, anche solo potenzia,lmente, di utilizwre i proventi della cessione per garantire o estinguere operazioni di finanziam�nto diverse da quelle contemplate;~ 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale possibilit� sussiste quando nell'atto si preveda la facolt� ��insindacabile della Banca di effettuare sovvenzioni in misura infe1�io1re al limite convenuto e di revocare il finanziamento fermi res1Jando gli effetti della cessione e quando il finanziamento sotto forma di apertura di cr~dito in conto corrente consenta ripetuti utilizzi della somma finanziata e non siano pattuite clausole Umi1Jatrici obiettivamente idonee ad impe1dire l'impiego della somma ceduta per l'estinzione di altri debiti (1). L'agevolazione demaliquota media dello 0,50 % di cui all'art. 4 lett. b) della tariffa A allegata alla legge di registro � applicabile in relazione al requisito soggettivo che l'operazione finanziaria coperta dalla cessione interven.g,a tra aziende o enti di credito contemplati nel r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e una ditta comrrierciale o industriale; conseguentemente la poss.ibilit� eh~ la cessione sia estesa a operazioni diverse da quelle contemplate neli'atto diventa rilevante per escludere l'agevolazione solo quando sia tale da consentire l'impie,go delia somma ceduta a vantaggio di operazioni bancarie non aventi il carattere soggettivo considerato dall'aTt. 28 lett. b) come requisito sufficiente per fruire dell'agevolazione (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1971, n. 413 -Pres. Rossano -Est. Be.rariducci -P. M. Cutrupia (.conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Vitaliani) c. Impresa Costruzioni Malvezzi e Comelli (avv. D'Angelantonio). Imposta di registro -Cessioni di credito verso la Pubblic~ Amministrazione in relazione a finanziamenti concessi da aziende od enti di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota dello 0,50 per cento di cui alla lettera b) dell'art. 4 tariffa all. A della legge di registro -Criterio di determinazione; (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa all. A, art. 4 lett. b) e nota aggiunta, art. 28 lett. b); legge 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). L'agevolazione dell'aliquota media dello 0,50 % di cui all'art. 4 lett. b della tariffa A allegata alla legg� di registro sulle cessioni di (1-3) La prima massima riconferma in termini precisi l'orientamento dominante seguito, anche di recente, nelle decisioni 3 aprile 1970, n. 881 in questa Rassegna, 1970, I, 467 e 12 dicembre 1970, n. 2633, ivi, 1971, I, 152; dovrebbero con ci� essere definitivamente eliminati quei dubbi suscitati con qualche pronuncia che ha avallato discordanti orientamenti dei giudici diw merito (19 dicembre 1969, n. 4007, ivi, 1969, I, 1175). ! I t I PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA '363 credito presuppone una c01�relazione con un'operazibne di f�ffa1iziamento tale da impedire che i proventi della cessione siano destinati a garantire e estinguere debiti del cedente dipendenti ad operazioni diverse da quella enunciata neil'atto; tuttavia la necessaria connessione delle due operazioni non esige che sia esciusa la po�ssibHit� che l'ammontare del finanziamento si accresca oltre la somma originariamente concessa e Ghe la cessione garantisca l'ulte1�iore debito del cedente (3). I (Omissis). -Col primo motivo del ricol'so la soc. SIETTE denuncia violazione dell'art. 4 lett. c) e deU'~. 28 lett. c) deUa Ta:riffa all. A alla Legge di Registro (nel testo modifica.to dagli acrtt. 1 e 2 deJla leg,ge 4 aprile 1953, n. 261) e censura le prlnc1pali aTgomentazioni sul.le quali la Corte del merito ha fondato il prop�rio convincimento cii:ica J:a insussistenza, nella specie, dei reqruis:iti richiesti dalla legge perch� il contratto :lir.uisse del.la aliquota agevolata dello 0,25 % , rilevando -in particofa.re -che n� il meccanismo tecnico adottato per l'utilizzo del finanziamento ad essa ricorrente concesso dal Banco di Sicilia (apertura di credito in conto corirente), n� la cii:icos.tanza che l'importo del, finanziamento medesimo potesse essere inferiore a queJlo previJSito, n� il fatto che l'istituto finanziato\re si fosse riservato il diritto di ree.edere dal contratto anche prima del compimento dei lavoo-i per i quali era stato concesso il finanziamen.to, costi.tuivano data la disposizione !�imitativa contenuta nell'art. 2 del contratto -elementi idonei a consentire l'eistensione della garanzia anche ad � altre operazioni ". Il motivo � infondato. Ristabiliti, per�, i giusti limiti della massima agevolazione (aliquota dello 0,25 % ), si apre un nuovo .capitolo sull'applicazione dell'aliquota media (0,50 %) della lettera b) dell'art. 4 della tariffa A. Le due. decisioni sopra riportate sono alquanto discordi sull'argomento. Giova ricordare che la sentenza 22 dicembre 1964, n. 2948 (Foro it., 1965, I, 824) ricordata nella prima delle decisioni, � rimasta per lunghi anni iso lata; sebbene non sia stata mai contraddetta in modo del tutto esplicito, nelle numerosissime controversie che sono state decise nel lungo periodo suc.cessivo con un particolare approfondimento del problema, non si � mai fatta alcuna differenziazione fra le due aliquote, riconoscendosi che i requisiti richiesti dalla nota aggiunta si riferissero indistintamente alle ipotesi delle lettere a) e b) dell'art. 4. La prima delle decisioni in rassegna afferma che, in definitiva, il�requisito per l'appUcazione dell'aliquota dello 0,50 % alle cessioni di credito si riduce alla sola qualit� dei soggetti (azienda di credito autorizzata da una �� parte e ditta industriale o commerciale dall'altra) in quanto le �altre ope 364 RASSEGNA. DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � stato gi� posto in evidenza che la legge fiscale del� 4-"aiprile ~953, n. 261, innovando sul sistema precedente (r.d.1. 9 maggio 1935, n. 606 e (['..d.l. 19 dicembre 1936, n. 2170) che concedeva l'aliquota di favore dello 0,50 % (in luogo di quella ordina.ria dell'l,50 % ) per tutte indiscriminatamente le cessioni di crediti verso pubbliche ammtnistrazioni fatte a garanzia di finanziamenti da chiunque concessi al cedente, ha d1sti:nto, ai :fini del trattamento agevofato: 1) !'-ipotesi delle cessioni " di annuaUt� o ,contributi governativi e di enti pubblici nonch� di 'c�rediti verso pubbliche amministrazioni � stipulate a gararnzia di finanziamenti in genere concessi daille aziende od �enti di oredito contemplati dal r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 e successiv �e modificazioni a favore di ditte comme:Dciali od industriali in relazione alle suddette ragioni di credito ve:Dso pubbliche amministrazioni, vale a dire in relazione a crediti derivanti dalla esecuzione di opere o forrnitu1:1e pubbliche: per le quali ha prevtsto J.'aliQ;uota di favore dello 0,25 % (art. 1, lett. e); 2) dalla ipotesi delle cessioni di creiditi in genere a g,aranzia di �aperture di credito, anticipazioni e finanziamenti� eseguiti dalle aziende ed enti di credito predetti a favore di ditte commerciali ed industriali: per le quali ha inv.ece previsto l'.ail.iquota di :l�a.vore dello 0,50 % (art. 1, lett. b); esigendo -per la concessiorne dei benefici anzidetti. -oltre al rico:Dso dei pr�.supposti ,sostanziali e proplri dei due tipi di operazioni ora descritti, l'osservanza -in entrambe le ipotesi di speciali requi1siti forma.li, .e precisamente: a) �Che nell'atto di cessione siano .specificamente indicate le operazioni di finanziamento garantite dalla cessione� medesima; b) e che l'efficacia della ceissione non sia estesa anche ad " altre operazioni �. razioni � alle quali, secondo la nota aggiunta, gli effetti della cessione non debbono mai estendersi sono non gi� le operazioni diverse da quelle richiamate nell'atto ma le operazioni diverse da quelle dell'art. 28 lett. b); in sostanza quando sussistono i requisiti soggettivi, la nota aggiunta non I avrebbe alcuna pratica rilevanza. Questa affermazione non -�sembra esatta. L'agevolazione sulla cessione di credito non � concessa dall'art. 4 in vista della qualit� dei soggetti, ma solo in quanto sia strumentalmente connessa ad una determinata operazione di finanziamento; ma tale connessione deve risultare nei modi stabi- I )iti nella nota. � un punto incontrovertibile che la -cessione di credito pura e semplice, anche se intercorsa tra due soggetti qualificati, � soggetta alla aliquota normale e che ai1a stessa aliquota �sar� soggetta la cessione che, non adeguatamente asservita ad un'operazione di finanziamento, conservi una sua, totale o parziale, autonomia. � quindi necessaria una stretta connessione tra cessione e finanziamento che, come dispone la nota allo art. 4, non deve essere apparente o pretestuosa, ma deve assicura;re UPlegame strumentale effettivo tra i due .atti. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 365 Ci� premesso, e poich� -come questa Suprema Corte a Sezioni Unite ha gi� avuto occasione di affermiJre (sentenza n. 139,7 del 6 giugno 1964) e come risulta dai lavori parlamentari -la ratio della prescrizione relativa ai 1suddetti requisiti (.contenuta neli1a � Nota � alla Ta,ri:ffa aggiornata) � stata quella di ev.itare l'elUJSione fiscale� che nella pratica si verific�ava per il fatto che � gli istituti finanziatori, favoriti dalla generica formula della leg.ge precedente, non si erano mostrati alieni daUo utilizzare le cession,i di .credito per proprie esposizioni non collegate al finanziamento �C()!IlJcesso per la reaHzzazione �di quelle .opere e forniture pubbliche ,,, la pi� .recente giurisprudenza di questo Supremo' Col.legio -intendendo la espressione ~ altre operazioni -nel senso di operazioni diver.se da quelle 1specifkatamente indicate nell'atto -ha ripetutamente enuncia.to il prfo.dpio �che, per fruiire. dell'a1liquota di ma1ggior favore. (0,25 % ) .di cui agli artt. 4 e 28 lettera e) e nota aggiunta della Tariffa all. A. alla Legge di Registro, nel testo come innanzi modificato, l'atto di ce1ssione deve essere conc.ei:)itQ e congegnato in modo da escludere in parrtenz�a che possa comunque servire ad operazioni diverse da quelle determinate e previste nell'atto stesso. Non solo,. ma ha .ritenuto altresi (in armonia con la regola ermeneutka di cui all'art. 8 della stessa legge di �re.g.i:stro) che, in tale esame l'indagine del giudice di merito,} pi� che dkiger1si a ricostruire la volont� delle pa.rti dalle v�a>rie c.lauso�e �contrattuali, deve avere rig.ua�r.do al valore obiettivo e �strumentale dell'atto, nel �senso che nessuna de1le clausole medesime, considerate sia isolatamente che nel loro complesso, sia suscettibile di diventare un varco a1;traverso il quale .l'operazione possa, durante il suo 1svolgi.mento, deviare dalla sua originaria ed ~:pparente destinazione per allargarsi a nuove operazioni che sfuggi�rebbero in fa.1 modo al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebitamente da;l trattamento tributa.rio agevolato. Assai diversa �, invece, la seconda decisione che, pur ammettendo per l'ipote�si della lettera b) dell'art. 4 una meno riguardosa esclusivit�, ha ritenuto necessario che l'atto, e ;precipuamente le -clausole che hanno riferimento alla ultrattivit� della cessione e al mantenimento presso la banca del sopravanzo del credito ceduto, non devono rivelarsi � suscettibili di diventare un varco attraverso il .quale l'operazione �possa, durante il suo svolgimento; deviare dalla sua originaria e apparente destinazione ed allargarsi a nuove diverse operazioni �. In .sostanza questa pronuncia ritiene compatibile con l'agevolazione della lettera b) l'eventualit� �che il finanziamento convenuto sia suscettibile di accrescersi oltre la somma inizialmente concessa (rotativit�), ma esclude tuttavia la possibilit� di estensione ad altre operazioni diverse da quella enunciata, fra le quali possono inserirsi operazioni escluse dalla previsione della lettera b) dell'art. 28 (come, ad esempio, obbligazioni f�dejussorie, emissioni di assegni a vuoto, ecc.). A questo punto il discorso si restringe: po1ch� esistono, anche se il � campo � pi� limitato, operazioni di finanziamento non rientranti nella 366 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In sintesi tale giuri�sprudenza � ferma �nel ritenere che, a sottrarre l'atto alla p.revi�sione normativa di cui si tratta (artt. 4 e 28, lettera c), sia sufficiente la obiettiva p��ssibilit� di un siffatto ampliamento, indipendentemente dagli effetti pratici, apparentemente od effettivamente, perseguiti dalle parti contraenti (Cas�s. 2 agosto 1969, n. 2755; id. 23 maggio 1967, n. 1125). Orbene, nella specie la Corte del merito si � rigorosamente atte;. nuta a�l criterio e�rmeneutico ora rifro"ito, in quanto ha escluso che il'atto in questione potesse fruire della aliquota dello 0,25 % , . conside. rando appunfo che -nonostante la correlazione formalmente enunciata (all'art. 2 della �scTittura) fra la cessione �tei crediti vantati dalla SIETTE nei confronti dello Stato per 1a esecuzione dei lavori assunti in appalto dal Ministero delle Poste e Te1iecomurucazioni ed il finanziamento concesso dal Banco perr la .esecuzione dei lavori medesimi l'atto risultava nondimen.to congegnato in modo tale da non escludere la obiettiva possibilit� di una estensione della gia1ranzia prestata anche ad operazioni diverse da quelle in esso ,s,pedficate (finanziamento dei lavori assunti in appailto). E ci� non solo per:ch� e.rasi attribuita al Banco la facolt� insindacabile di effettuare sovvenzioni anche in misura inferfore al limite convenuto di 40 milioni di lire e quella inoltre di revoca�re il finanziamento anche prima del compimento dell'opera appaltata, ma anche e sopratutto: -peTtch� i1l finanziamento ecr:"a stato �concesso nella fo.rma dell'apertuva di credito in conto col'lrente, ossia in una forma idonea a consentire alla SIETTE, sia pure potenzialmente, di usare (valendosi della :facolt� di cui all'art. 1843 e.e.) delle disponibiUt� del conto anche per l'estinzione di debiti diversi da quelli incontrati per l'ese�cuzione deU'orpera pubblica, senza che fo1slSero state convenute .clausole limitatrici, obiettivamente idonee ad impediire una tale utilizzazione; definizione dell'art. 28 lett. b), ogni volta che la cessione, per la sua insufficiente concatenazione con un'operazione bancaria determinata, sia potenzialmente capace di estendersi ad operazioni comunque diverse da quella contemplata, va esclusa l'aprplicazion~ anche dell'aliquota della lettera b); non � infatti possibile determinare le caratteristiche di operazioni che restano indeterminabili. E cos� anche per l'aliquota dello 0,50 % si ripresenta l'identico problema della cessione, �che, per i suoi normali effetti, non pu� consideratrsi limitata a una determinata funzione, fino a che con rigorose clausole quegli effetti non vengano circoscritti fino a legare la cessione, sia nel tempo che nell'ammontare, alla ste�ssa sorte dell'operazione di finanziamento. I concetti ormai affinati �con riferimento alla aliquota dello 0,25 % soccorrono ancora, .perch� l'estensione potenziale d�gli effetti della cessione ad operazioni bancarie diverse da quelle a cui � riferibile l'art. 28 lett. b), � sempre possibile, anche se meno probabile; quando le � altre operazioni � restano indeterminabili. --f PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA -e pwch�, nonostante l'anzidetta previsione di �riduzione o di revoca del finanziamento da parte del Ba,nco, risultava pattuito che, anche in tali ev.enienze, sarebbe rimasta �ferma in ogni suo effetto 1a cessione dei crediti �: il che, sia pure in .linea di mera eventualit�, lasciava aperto l'adito all'utilizzo della cessione per ila copertura di esposizioni della 1societ� sovv�enuta diverse da quelle derivanti dalla esecuzione dei lavori assunti iin appalto. Obiettare -come fa oggi la societ� <ricorrente -che, in caso di utilizzo frazionato del credito da parte dell'accreditato, l'eventuale ripristino della disponibilit� non � possibile (a norma del citato articolo 1843 e.e.) se non a seguito di successivi � V�e11Samenti � da parie 1 dello stesso ac.c�redi.tato, non significa escludere l'astratta possibilit� -in ispecie quando l'operazione sia regolata -in conto corrente che le pairti operino in modo (�comunque avvenga il ripristino de11a diisponibiUt�) da consenti.re a.I correnti'Sta un utilizzo parziale� della steSISla per altri fini, fermo l"iestando (apparentemente) l'acc�redito nel limite del pa.ttutto finanziamento. Ed, egualmente, obiettare che la facolt� della banca di concedere una utilizzazione inferiore a quella rprev.ista o addiTittura di disdettare il contr:atto prima del termine dell'opel'la, ferma restando la garanzia della cessione, non costituiva se non e:;;erdzio, da pal'lte dell'Istituto finanziatore, di un � controllo � sull'effettivo impiego delle 1somme per il conseguimento dello scopo previsto, se .pu� seirviire .a porre in evidenza il (presumibile) intento pratico perseguito dalle parti n.ella stipulazione di detta clausola, non vale certamente ad escludere che la stessa 1s.i ip:r:estasse "buttavia a e-on.sentire, sia pure potenzialmente, l'estensione della garanzia ad operazioni diverse da quelle espressamente indicate nell'atto. Poich�, pertanto, il convincimento della Corte del merito, oltre che diffUJSamente motivato, risulta esente da vizi logici e .giuridici, il irelativo giudizio -su questo primo punto d'indagine -si 1sottrae al sindacato di ll.egittimit� di questo Supr.emo Collegfo ed il motivo in esame deve essere rigettato. Diversa e .pi� favorevole valutazione deve essere invee.e espressa in ordine al secondo motivo del ricorso col quale la soc. SIETTE denunzialllido violazione dell'art. 4 lett. b) e 28 lett. b) della Tariffa nel testo 1come innanzi� modificato -assume �Che l'atto in questione avL11ebbe dovuto, quanto meno, :liruire dell'aliquota di minor favo!l'e (dello 0,50 % ) prevista dalla lett. b) dei citati articoli di tariffa e Lamenta che la Corte del merito, inopinatamente discostandosi dalla interpretazione data alla predetta norma dalla sentenza n. 2948 del 21 dicembre 1964 di questa Suprema Corte, inon abbia accolto la sua conforme subor.dinata istanza. LI motivo � fondato. 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Va preliminarmente ri.tlevato che l'eccezione di inammissibilit� di questa subordinata domanda, nuovamente sollevata in questa sede da:ll' AmministraziO!Ile r�sistente sul riflesso (ex art. 345 c.:p.�c.) dell'asserita � novit� � .della stessa, bene, e con motivazione giuddicamente inecc.epibile, � stata ,disattesa dalla Corte deJ.� merito. Hanno ossell'Vato quei giudid che, avendo la soc. SIETTE nel giudizio �di �primo g:riado concluso per la dichiarazione di iillegittimit� dell'opposta ingiunzione, sia pure a cagione della asser'ta applicabilit� all'atto de1l'a1iquot� �di maggfor fu.vore dello 0,25 % (in luogo di quella dell'l,50 % 1conc.retamente app.Ucata daU'Uffido), nesrSU!ll sostanziale mutamento del petitum .poteva nella specie . produrre il fatto che, in g�rado d'aippelJ.o, una tale illegittimit� fos~e .stata -in Une di mero subo!lldine -sostenuta anche in base 1alla asserta applicabilit� aH'atto dell'a11iquota di minorr favore dello 0,50 % . ":�ale mutamento �concerne invero 1a ?ausa petendi e ad � esso per costante e nota giurisprudenza di questa Suprema Cotte -non pu� �ritenel"si ostativa .J.a eccepita preclusione �di cui 1'all'art. 345 c.p.c. allorquando -come appunto nella specie -il mutamento sia fon dato su dati di fatto gi� acquisiti al processo, sikch� l'elemento della novit� si riduca a.d una divel"sa qua1lificazione giuridica di tali ele menti di :l�atto (Cass., 12 giugno 1969, n. 2074). Esaminando, dopo ci�, il merito della d�gU.anza,� si �ossocva che i .rilievi esposti in relazione al primo motivo del ricorso, se sono valsi a porre in evidenza l'obiettiva idoneit� della cessione stipulata fra le par.ti a .copri�re operazioni diverse da quelle in essa sipecificate, epper� l'ina.pplicabi11it� all'atto dell'aliquota dello 0,25 % , non autorizzano I anche a. concludere che -perr ci� ~olo -l'atto medesimo non possa ~ fruire neppure dell'aliquota di minor favore prevista dalla lett. b) degli artt. 4 e 28 della tariffa. P�rocedendo ad una acuta e 1penetrante analisi del contenuto della ~ �Nota,, �aggiunta all'art. 4 della T�aTiffa modificata, questa Suprema " Corte (con la oifa.ta sentenza n. 2948 del 21 di�cembre 1964), pur rico � I'( I j noscendo che la disposizione in parola ha ug;uale riferimento tanto alla previsione deHa lett. e) quanto a quella della lett. b) dell'articolo, ha tuttavia �ritenuto che ;l'interpretazione ed ideinitifi.cazione dei requisiti cosiddetti � foTmaJ.i � �r:Lschiesti per I.a concessimile dell'aliquota di � favoTe non pu� -al lume della ratio i1sipiratrice della Nota medesima -essere identka in entrambe le ipoteisi; nel senso che, mentre in .r.elazione all'aliquota di maggior favoire (0,25 % ) l'espressione � altre operazioni � contenuta nel testo della nota bene pu� e deve essere intesa nel significato di � operazioni diverse da quelle specificatamente indicate nell'iatto �, ui1a identica interpretazione diverrebbe invece_ d~J tutto illogica e priva di qualsiasi addentelilato con la ratio legis a suo PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA luogo accennata, se riferita anche al diverso caso contemplato dalla lett. b) degli artt. 1 e 2 della l�gge n. 261 del 1953. E ci� per la rag-ione che, mentre nel ca1so del beneficio :fiseale di cui alla lett. e) � lecito affermare che il finanziamento non specificato, appunto e sol .perch� tale, pu� essere non destinato a rend&e possibHe fa fo.:mitura o l'ope1ra pubblica ed esse1re qtJ.indi veicolo di quella :l�rode fisciale che ili ilegislatore ha inteso prevenire, nel caso invece idi cui alla lett. b) non vale lo stesso argomento, dato che l'aliquota di medio favore (0,50 % ) ivi prevista s.petta aUa cessione di credito che copra qualsiasi genere di finanziamento, a qualsiasi scopo destinato, ptm"Ch� intervenuto fra i soggetti de1signati daUa legge; sicch� :la mancata specM�cazione dello scopo .del finanziamento� non potrebbe -in detta ipotesi -cosUtuire queJ �varco� attraverso il quale l'operazione possa estendersi ad altre non previste, se � la stessa legge a concedere genericamente l'aliquota di favore alle ce!S>Sioni di cll'edito a garanzia dei :&nanziamenti bancari alle -imprese industriali e crnn:mericiali. In base a-tali considerazioni, questa Corte Suprema, con la sentenza dianzi citata, riterine che l'espressione � altre operazioni � -nella seconda delle ipotesi contemplate -non potesse .pe1roi� essere logicamente intesa se non nel senso (diverso da quello assunto in relazione all'ipotesi di cui alla lett. e) di " operazioni diverse da quelle p�reviste dall'art. 4 del-la Tariffa modificata � cui �si riferisce la no�ta, ed, ancor pi� precisamente, nel seniso di " operazioni che rp.ais1sano non rientrare fra quelle indicate inegli aritt. 4 e 28 della T�ariffa �. E pervenne cos� alla conclusione che, per co>n�edere all'atto di cessione :il trattamento di minor favore (cositituito dall'aliqu-0ta deH.o 0,50 % ), non occo:rire che la �~�essione �Concerna � annualit� o contributi governativi e di enti pubblici, �nonch� c:rediti verso pubbliche amministrazioni " e sia in relazione con � aper1ture di credito, anticipazioni e finanziamenti concessi dalle banche proprio in vista delle fairniture od opere pubbliche donde derivano i �crediti ceduti, ma basta che sj tratti 1di cessioni �di cTedito verso chiunque, purch� siano a ga~anzfa " di " aperture di credito, anticipazioni di somme e finanziamenti " concessi dalle � azieinde od enti di cTedito contemplati dal �r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375 " a �ditte commerciali od industriali �. Si ritenne, insomma, che al criterio .prevalentemente obiettivo di cui aUa lett. e) 1si sostitui�sca, nel caso di cui aUa lett. b) quello prevalentemente soggettivo dehle 1peI'lsone fra le quali si svol.gono le operazioni finanzia.rie coperte dalla cessione: la quale viene a bene ficiare dell'aliquota di registro dello 0,50 % qualunque sia lo scopo del finanziamento, purch� questo sia concesso dalle banche indicate , dalla -legge ad una ditta commerdale od industriale. 370 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Orbene, questp Supremo Collegio non trovia motivo per discostar. si, nella specie,� da cois� meditato e motivato indirizzo, anche perch� il �Contrasto di interpretazione rilevato fr:a la sentenza ora accennata e i-iassunta nelle sue linee essenzi:ali (in. 2948 del 1964) e le sentenze pronunciate in ar.gomento da que�sta steissa Cor1te in epoca anteriore o 1successiva, contra.sto che ha indotto i giudici d'appello ad applicalt'e anche aH'ipo,tesi di cui alla lett. b) dell'art. 4 della tariffa l'interpretazione .restrittiva della "Nota � aggiunta, ormai concor. demente �accolta iper l'ipotesi di cui alla lett. e) in realt� non susstste affatto, dal momento �che tali pronuncie (peraltro neippure indicate dalla Corte del merito) non �Che �risolto, non hanno neppure affcr:ontato ex professo il ,problema interipretativo della �Nota� con 1sipecH�co e ~eparato riguarrido anche all'ipotesi idi cui aJ:1a lett. b) dei .citati a:rtt. 4 e 28 della Tariffa modificata (cfr.� per tutte, Cass., 5 1settembre 1968, n. 2866). In accoglimento, ipertanto, del secondo motivo del ll'icor:so, la sentenza impugnata deve �essere 1cassafa e la caiusa rinviata�. per nuovo esame ad altra Corte perch�, alla luce del criterio interpretativo dianzi enunciato, stab1Usca se l'atto di cessione di cui si tratta possa o meno prestarisi a garantire oiperazioni diverise da quelle previst� dalla lett. b) degli :artt. 4 e 28 della Tariffa modificata, all. A alla legge .fil registro, ossia operazioni diverse da �aperture di oredito, anticipazioni di somme e finanziamenti in genere, �Concessi dalle aziende od entf di credito contemplati .dal .r.d.l. 12 ma,rzo 1936, n. 375 e successive modificazioni a favore di ditte industriali o comme:r:cia:li � ed, in �conseguenza, decida �Se alla cessione medesima spetti o meno, agli effetti della registrazione, l'aliquota ridotta dello 0,50 % . -(Omissis). II t (Omissis). -Con il primo motivo la xicorirente Amministrazione finanzia-da denuncia violazion~ e falsa applicazfone 'degli arrtt. 4 lett. e) e nota, 28 lett. e), della Tariffa all. A, della legge di registro 30 di I ! � cembre 1923, n. 3269, nel testo modificato con gli ar�tt. 1 e 2 deilla legge 4 aprile 1953, n. 261, nonch� omessa ed insufficiente motivazione, e, premesso che per l'aippUcabilit�, alle cessioni di crediti, dell'aliquota �ridotta dello 0,50 % � prescritta l'es1stenza di una necessada ed esclusiva correlazione :tra cessione e finanziamento, e che tale coTrelazione sussiste tutte le volte che, con clausole particolari, sia I evitato .che gli effetti della cessione possano essere in tutto od in parte aissoirbiti, �o, in genere, utilizzati per altre operazioni distinte da quelle I specificamente indicate, censura la sentenza denunciata per non aver I rilevato che fa ultrattivit� della cessione rispetto alla �revoca del finan-. ziamento, prevista �dall'atto Olivares, con la contemporanea facoU� ~ ,l PARTE r, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIB�TARIA 371 della Banca di mantenere le somme .riscosse a disposizione deT ce dente, era chiaramente indicativa del fatto che, nell'e,conomia ne~o ziale, ,gli effetti della cessione ;potevano esseJ:"e colJegati non soilo alla specifica operazione bancaria, ma ,a.nche ad altre oper.azioni non enun ciate, ed era, altresi, 1chiaramente indicativa che ~ 1cessione veniva sottratta sia alla funzione solutoria sia a quella di garanzfa perch�~ avvenuto il rientro delle esposizioni, il manteniment~ de11a �Cessione consentiva alla Banca una. disponibilit� di fondi de,l cedente ;p.er fini non preciisati, ma divel1!si .dall'l()perazione. 1suddetita. Con il: secondo motivo, ,che per ragioni di connessione ,si esamina cong.tuntamen.te, 1'Amministrazione r:Leorir�nte denuncia violazione -e falsa appli�aziOltle dell'art. 8, primo c~mma, � d�l:la legge di registro, in .relazi0ne ,all'art.. 4 lett, e) e relativa n~ta .speciale della Tariffa all. A, iairt. 28 nel testo modificato dall'art. 1 1de1la legge 4 aiprfil.e 1953, n. 261, nonch� difetto di motivazione, ed assume .che Ja Corte del merit�, nel ;ritenere Q'he �fosse da escludere la possibilit� di estendere �l'efficacia della cessione ad altre operazioni,� in quanto ltllll'obbligazione della Banpa 'di rinnovare il finanziamento non era .stata dalla Banca �medesima assunta nell'atto in questione, non ha considerato che l'imposta di :Pegiistro, iper �effetto de11'acrt. 8 1s0lptl'la citato, c.o1pisce �gli effetti potenziali de11'a,tto e non sofa.Ihente .quelli appairentemen.te o anche r-ea~ente voluti dalle l])arti, e 1che, :pertanto, neil caso di specie occor. reva esaminaire se le clausole contra.ttuali non si prestassero a :far destina�re il 'Credito ceduto a scopo diverso da quello della estinzione del finanziamento specificato ne1l'atto. Il ricOIJ!ISo � fondato, anche se ndn pu� condividersi l'opinione, insita in.alfa tesi �.della ri,corrente, second(> cui, per eff�etto della nota aggrunta all'airt. 4 della Tariffa all. A alla il~g.ge di registro, ~on compete l'agevolazione .tl'ibutar'ia iprevista nella lett. b) di detto articolo, . { nell'ipotesi in 1cui ida11J'att� soggetto a tributo ris!Ullti la poSSlibilit� che il cTedito-�ceduto 1che .residua dopo l'estmzi.O!Ile del :fin:anziament0: enunciato nell'atto medesimo, 'sia utiliizato per garantire od e.stinguere '"< I ' altri ,debi,ti de1: cedente dipendenti .dall'ampliamento dell'originario \fin�nziapiento. � ' Devesi, inlla.tti, rilev;tre che la d.i�spOJSizione contenuta nel�l'anzi detta nota; irifedta :alla norma della J.ett. b) del citato art. 4, ha l'evi dente scopo di evitare che si usufruisca dell'agevofazione tributaria per �cessioni di crediti che, oltre .ehe-a garantire o ad estinguere le situazioni debitorie del ,cedente dipendenti dalle operazidni bancarie considerate da detta norma, dipendenti �cio� da apertw:'e di credito, anticipazioni di somme e' finanzfamenti in genere, concessi da.gli isti tuti finanziatori al ,cedente il credito, servano anche a .gairantire o ad estinguere �situazioni debitol-ie de� cedente dipendenti da operazioni diveii.se da quelle innanzi specificate, quali ad esempio, le situazioni 372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO debitorie diipendenti da obbligazioni fideiussorie, emissioni di a'ssegni a vuoto, e �cosi via. Ci� implica 1che con tale �Scopo non contrasta -e Tientra, quindi, nella .previsione della norma in esame -l'ipotesi in cui nell'atto soggetto a tributo, l'operazione .di finanziamento sia enunciata come suscettibile di ulte:riocr:i �Svi.IUppi, nel senso che l'ammontare de1l finanziamento pu� accrescersi oltre la somma ini~almente concessa, e sia; quindi prevista la ,possibilit� di estende�re l'efficacia della cessione al conseguente ulteriore debito del cedente, sempre che, dallo �stesso atto non 1risuilti la p0is1Sibilit� che. la �cessione sia utHizzata anche per garantire od estinguere altri debiti del �cedente dipendenti da altre operazioni del tutto diverse da quella �come sopra enunciata nell'atto. Anche nell'anzidetta ipotesi, invero, sussiste quel necessario ed esclusivo collegamento tr:a cessione e finanziamento richiesto daUa nota in questione, ed anche in tale ipotesi compete, quindi, l'agevolazione tributaria analogamente a quanto accade nell'ipotesi in cui il residuo ciredito ceduto, dopo l'estinzione del finanziamento venga restituito al titolare e venga da questo fatto og.getto di una nuova cessione in relazione ad altro finanziamento. Le due .ipotesi sono, infatti, analoghe, .giaicch�, sia nell'una che nell'altra, la �cessione � strettamente collegata ad un'operazione (finanziamento) in considerazione della quale la il.egge ammette la cessione medesima al trattamento tributarrio di favore. Altro .principio che necessita qui ricordare -�anche perch� forrma oggetto del secondo motivo di ricorso -� quello relativo aJ. criterio interpretativo degli atti soggetti a 1regi1strazione ai fini dell'applica zione dell'agevolazione �tributa.ria in questione. Deve.si dlev:a.re che, in linea .generale, per effetto deHa norma dell'art. 8 della legge di l"egistro, le tasse sono applicate .secondo l'in trinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasferimenti, anche se non vi �COiirisponda il titolo o la forma apparente. In conformit� del l'anzidetta nonna questo Supremo Collegio ha, quindi, ripetutamente, affermato il principio -che va qui ribadit� -secondo cui, ai fini iparticola.ri dell'accertamento della sussistenza delle .condizioni richie ste dalla nota all'art. 4 della Tariffa all. A alla legge di �registro, per godere delle arg.evolazioni idi crui alle lett. b) e e) �di -detto airti<:olo, 1 l'indagine del giudice di merito non deve essere diretta a ricercare; se<:ondo le norme di ermeneuti.ca contrattuale�, la comune intenzione delle parti e la .pi� attendibile interpretazione delle singole clausole del negozio, ma deve essere diretta a ricer�care il valore obiettivo e strumentale dell'atto, nel senso che nessuna delle cfausole medesime, individualmente considerate o nel loro �Comp:lesso, isia �suscettibile di diventare un varco attraverso H quale l'operazione possa, duira111te i1 suo svolgimento, deviare dalla �sua o.dginaria ed apparente destina PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 373 zione, ed a.Uatl'gavsi a nuove diverse operazioni, le quali s:fluggirebbe;ro, in tal modo, al controllo del fisco e si avvantaggerebbero indebita~ mente del txattamente tributario di :favore. Ora, posti gli anzidetti .principi di di.ritto, non pu� che ritenensd er.rooeamente impostata e non meno erro:q.eamente motivata la sentenza denunciata, in cui 1a Corte del merito si � atta(l'ldata ad esaminare se avesse o meno valore .giuri.dico la mera possibilit� della Banca di rimiovare il finanziamento -il che era in-ilevante ai fini del decidere stante il iprincipio secondo cui la iprevi�sione dell'estensione dell'efficacia della cessione idi credito all'amipliamento del finanziamento, non .rompe il nesso di intel'ldipendenza :flra i due negozi -mentte ha omesso del tutto di esaminare �ed accertare se le altre �clausole isc�ritte :nell':atto, tra cui, preciipuamente, quelle che iprevedevano la ultrattivlt� della cessione ed il mantenimento del sopravanzo del credifo ceduto .presso la Banca a disposizione del cedente, offrissero omeno la .possibilit� di destinare detto 1sopravanzo a .garantiire o ad �stinguere debiti del1o stesso cedente dipendenti da oiperazioni dive�rse, nel senso innanzi :precisato, da quella enunciata nell'atto. Per queste 1considerazioni la sentenza denunciata deve essere �cassata, con .rinvio della causa ad altro giudice di merito, che, sulla scol'lta dei prii:icipi .sopra enunciati, dovr� ;procedere al cr:iesame dell'atto in questione, ai fini dell'anzidetto accertamento, e decidere, in conseguenza, la lite. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 dicembre 1970, n. 2580 -Pres. Favara -Est. MUa:no -'R� M. Cutrupia (coof.) -Soc. p. az. Calza-� tuxificio di Varese (avv. Al1orio) c. Ministero deHe Finanze� (avv. Sta'lo VitaUani). Imposta di registro -Occultamento di valore -Prova -Accertamento della Polizia tributaria in sede di ispezione ai fini dell'i.g.e. -Legittimit�. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 105). Imposta'di registro -Occultamento di valore -Prova dell'occultamento -Incensurabilit�. I Qualora la Finanza, nel legittimo esercizio dei suoi poteri e senza alcuna violazione dei Umiti in cui l'esercizio stesso � consentito, accerti che � stata commessa l'infrazione sanzionata dall'art. 105 della � legge di registro, non pu� esserle negato il diritto di utilizzare la 374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO prova in val modo acquisita per l'�applicazione della detta sanzione. (NeLla specie la prova dell'occultamento di vaiore era stata rinvenuta in sede di ispezione eseguita dalla P. T. ai fini dell'accertamento di violazioni aLl'i.g.e.) (1). L'accertamento del giudice di merito sull'idoneit� della prova dell'occultamento di valore fornita dall'Amministrazione � incensurabile in Cassazione (2). (Omissis). -, La societ� ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione degli artt. 105, 18, 29, 31, 62, 65, 66, 67, 72, 133 e 134 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 32169; 11 �(\el regolamento aipprovato con d.m: 16 luglio 1926; in relazione al .r.d. 3 gennaio 1926, n. 63; 14 delle ~posizioni preliminari al �codice .civile, con riferimento all'art. 360 n. 3 1c..p.c. e censura la deciJSione impugnata per avere er�roneamente ritenuto la legittimit� dell'a�ccertamento eseiuito dalla ;polizia tributaria. Ln ipa1rticolare si 1sostiene dalla valorosa difesa della societ� ricorrente che la tassazione per imp01Sta di registro pu� essere effettuata soltanto a seguito �di iniziativa della parte (presentazi001e spontanea dell'atto), o quando i documenti entrino "nel legittimo .possesso dell'amministrazione finanziaria, ovvero -in ipotesi tassativamente previste -� in.dipendentemente dalla presentaziqne spontanea, od a .seguito �di ispezioni e verifiche. Da questa premessa si fa discendere la conseguenza che, non ricorrendo nella fattispecie in esame nessuna delle indkate condizioni, la Fmanza non era legittimata ad attingere 1a 1prova del :preteso parziale occultamento del canone dei cointratti di locazione da controdtchiarazioni e autofatture, delle quali era venuta a conoscenza solo per effetto idi ispezione della polizia tributaria eseguita a fini �diversi, e cio� per il controllo di regolare 1corresponsione de11'I.G.E. e dell'i:rpposta di bollo. Ag.giunge la. societ� ricorrente che, in ogni modo, essa non aveva la possibilit� di iimped:h-e ,che la .polizia -ai fi,~ avanti specificati procedesse all'esame di tutti i libri e i documenti contabili, :lira i quali erano comprese le controdichiai-azioni e le cosiddette �autofatture � utilizzate poi pe,r il diveriso scopo dell'applicazione deH'imposta di registro ,sulla parte ,di valore (dei contratti di locazione) ritenuta occultata. 1-2) Gi� con la sentenza 23 ottobre 1969, n. 3535 (in questa Rassegna, 1969, 1, 1150) la Corte di Ca,ssazione� aveva ritenuto la idoneit� della prqya dell'occultamento di valore tratta aliunde rispetto all'atto tassato. Con la sentenza in esame tale principio trova conferma ed utile applicazione nel / 375 PARTE I, SEZ, V, GI�RISPRUDENZA TRIBUTARIA La censura � priva di fondamento. Il .riferimento al .princi!Pio generale della spontaneit� deHa presentazione dell'atto ai fini della registrazione, ed all'altro (affermato $lnche da questa C011�te Suprema con sentenza n. 1352 del 22 maggio 1963) secondo il quale in materia d'imposta di :registro nessuna disposizione di leg.ge autorizza J.'Amministrazione finanziaTia a compiere ispezioni �e verifiche presso .il contribuente -ad eccezione dei casi in cui ispezioni e controlli .sono tassativ�amente previ1sti dalla leg.ge non 1cootituisee valida dimostrazione della illegittimit�, neHa fattiispecie in decisione, dell'operato dellJ.a Finanza. Il .problema consiste nello stabilire se, allo scopo di accertare le violazioni prevista dall'.airt. 105 della legge di regiistro, e di appUcare le relative �sanzioni (ove in un atto pubblico o in una scrittura privata ovvero nella denuncia di contratto verbale risulti occultato par.te del va.Jore convenuto), l'Amministrazione finanziaria possa avvaler.si, secondo il principio della libert� della prova, anche �di elementi emersi durante un procedimento di i1spezioine eseguito a fini �diversi. La risposta al quesito non 1pu� �che essere affermativa. Qualora la Finanza, nel legittimo esercizio dei suoi poteri, e senza alcuna violazione dei Umi.ti' in c:ui J.'esercizio stesso � coni:;entito, accerti 1che � :stata commessq un'infrazione al citato art. 105 della legge di reg.iistro, non pu� esserle ~egato il diritto di utilizzall"e la prova in tal modo acquisita per reprimere le violazioni alla legge di registro, ai sensi del ricordato arrt. 105 della leg.ge mede1sima. Ln siffatta ipotesi, non pu� con.testarsi infatti 1che la prova � entrata ormai legittimamente nel.la disponibilit� dell'Ammini�strazione, la quale pu� ben valersene per dimostrare l'esiistenza in concreto dei presuipposti della fatUspecie legale di cui aH'a<rt. 105, e per trarne le relaitive �conseguenze. Nel cruso in esame la stessa ricorrente ammette che la polizia tributada aveva ~I potere di esaminare tutti i documenti contabili dell'azienda (fra i quali erano compresi quelli assunti a prova del l'infrazione conteistata alla societ�), in quanto l'tspezione fu eseguita ai fini della regolarit� fiscale dE7ll'l.G.E. e dell'imposta di �bollo, cui i predetti documenti erano tutti soggetti. Poich� la polizia tributaria non valic� i limiti del suo potere di indagine, e non� s'impossess� neppure di alcuno dei documenti esa caso di frequente attuazione in cui la prova dell'occultamento di valore sia rinvenuta in occasione di ispezione eseguita dalla Polizia tributaria ai fini dell'accertamento della evasione di altre imposte (nella specie l'LG.E.) per le quali essa � consentita. La seconda massima � di evidente esattezza. 376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO minati per sottoporlo a registrazione, sarebbe inconcepibile ravvisare l'illegittimit� del comportamento isolo nel fatto che non sia rimasta inerte di fronte alla scoperta dell'infrazione alla legge di <registro, e che si sia avvalsa degli elementi acquiisiti per fornire la rprova di tale infr:azione. � poi .pure il caso �di aggiungere che questa conclusione non contrasta con il principio affermato con .la citata sentenza di questa Corte Suprema ipevch� in quella fattisrpecie la guardia di finanza, durante un'ispezione eseguita ai fini dell'I.G.E., �si era i.mposseSJSat� di una scrittura privata .contenente l'effettivo prezzo di una vendita immobiliare, e l'aveva assog.gettata a registrazione d'ufficio. La diversit� tra J.e due ]potesi � evidente, ove si considerino la natm:-:a dell'atto seque1strato dalla polizia (e, cio�, u1na scrittura privata), e la non appartenenza dell'atto stesiso a quelli in ordine ai quaU SUiSSiJSteva il potere di controllo della Finanza. Con il secondo motivo la societ� dcorrente denuncia la violazione dell'a�rt. 105 della legge di .registro, per totale carenza di (presupposti e travisamento delle risultanze processuali, nonch� per difetto di motivazione su punti decisivi della controvernia (art. 360 n. 5 c.1p.c.). Anche tale censura � infondata. La tesi secondo la quale la prova del parziale occultamento dell'ammonta �re dei 1canoru dei contratti di locazione non poteva essere fo:rinita dall'Amministrazione soJ.tanto sulla base delle cosiddette � autofatture ~ (che la polizia tributaria aveva esaminato durante l'ispezione), non pu� essere di1scussa in questa sede di legittimit�, per i noti limiti che l'indagine della Corte Suprema deve dspetta�re in ordine al convincimento del �giudice di merito. .Fermo, infatti, l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di fornire la prova dei fatti posti a baise della :pretesa de�rivante dall'applicazione .delle sanzioni fiscali previste dall'art. 105 della legge di registro, va rilevato che la valutazione dell'esistenza in conc-reto della prova dell'occultamento del valore � �rimessa incensurabi.1mente al gJudice �di merito, se il convincimento � sorretto da motivazione corretta e suffidente, immun.e da errori di fogica o di �diTitto. Poich� inon � consentito in questa sede il riesame della documentazione e degli elementi di fatto offerti dalla Finanza iper dimostrare la vio.lazione dell'art. 105 Lr. il controllo di legittimit� non pu� che svolgersi sulla motivazione della decisione impugnata, la quale anche se in maniera �succinta -ha offerto .sufficiente .ra1gione del convincimento ;posto a base di essa; senza alcun vizio che possa ..inficiare l'iter logico al riguardo seguito. -(Omissis). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 377 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 dicembre 1970, n. 2629 -Pres. Favara -Est. BoseUi -P. M. Cutrupia (conf.) -Impr. Minieri (avv. Venditti) c. Ministero delle Jrinanze (avv. Stato Cavalli). Imposta di registro -Concessione di pubblico servizio -Presupposti Trasferimento al concessionario di poteri pubblici -Non � necessario. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 56). La concessione di pubblico servizio non richiede che al privato concessionario siano conferiti poteri pubblici propri dell'Amministrazione concedente, essendo sufficiente che, in conseguenza de'l rapporto, al privato sia cooisentito di esercitare attivit�, anche semplicemente materiali, che altrimenti gli sarebbero del tutto precluse; il servizio pubbl.ico infatti concerne attivit� eminententente materiali e tecniche che assumono carattere pubblico non in quanto involgono l'esercizio di poteri di supremazia, ma perch�, interessando la collettivit�, richiedono di essere svolte con criteri di tutela dell'interesse pubblico, sia che vengano gestite dallo stesso ente pubblico, sia che vengano affidate in concessione a privati (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricol'lso l'Impresa Minieri denunzia violazione deigli artt. 8, 54 e 56 della legge di �registro; 1 e segg. del d.1. 16 ottobre 1937, n. 1924; 1371, 1592, 1615, 1620 e 1627 e.e., con :riferimento agli artt. 2082 e segg. stesso codice ed all'a. r,t. 360 nn. 2 e 3 c . .p.c. e censura l'impugnata rsentenza peT avere negato al negozio dedotto in .giudizio la qualifica di " aff�..tto di azienda ,, , attribuendogli el'lron~armente quella di ",subconcessione per l'impianto e l'esercizio di un pubblico servizio�, 1 Tale errore sarebbe dipeso dal non avere la Corte considerato che, per 1a soluzione del problema, ben pi� che al profilo esterno, (1) Perch� possano trasferir,si al rconcessionario di servizi pubblici i poteri pubblici propri dell'ente conce.dente � necessaria una norma che ammetta e disciplini tale trasferimento (SILVESTRI, Concessione Amministrativa, in Enciclopedia del diritto, VIII, 381); di conseguenza 1a possibilit� di una, concessione di servizio non accompagnata da trasmissione di poteri � piuttosto la norma �Che� l'eccezione. � bens� necessario (Cass. 9 aprile 1954, n. 1136, Riv. leg. fisc., 1954, 843) per aversi concessione di serviZio pubblico, che venga accresciuta la sfera delle attribuzioni del privato al quale debbono venir �consentite attivit� che gli sarebbero altrimenti precluse (si ha invece autorizzazione amministrativa quando vengono rimossi �ostacoli imposti da ragioni di pub-' blico interesse al libero esercizio di diritti che sono gi� di spettanza del 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATUR~ DELLO STATO occorreva avere riguardo alla ragione e funzione, ossia all'aspetto interno (consistente nella �gestione� del complesso idrotermale) del negozio stesso; dall'avere ino1'tre omeS1So di �considerare che, in tanto pu� .par1avsi di �concessione di .pubbU.co se�rvizio � in quanto si attribuisca al concessionario l'adempimento di compiti e funzioni proprie della P. A., tendenti al soddisfadmento di bi1sogni della collettivit�; e nell'avere ritenuto -tnvocando fuor di proposito l'art. 8 della legge di reg1stro -che l'impresa concessionaria, oltre all'~seroizio di un'attivit� economica per fini di lucro, si proponesse anche l'attuazione di 1un � fine pubblico � in sostituzione degli Enti concedenti. Il motivo � infondato. Di�spone l'art. 8 d�lla leg.ge organtca di re.gtstro che, al fine di stabilire l'aliquota di tassazione di un determinato contratto, deve aversi .rigua�rdo al .contenuto tntrionseco ed a1gli effetti del :rapporto quali emergono dall'atto medesimo, anche se non vi corrispondano n titolo e la forma apparenti. Ed � costante giurisprudenza di questa Suprema Corte che spetta al giudice di merito identificare un tale obiettivo contenuto con apprezzamento �che, �se sorretto da motivazione cong�rua ed immune da vizi logici o giuridki, sfugge al sindacato di legittimit� della ca�ssazione (Cass., 9 ottobre 1968, n. 3170). Orbene, nel ritenere che �costituisce atto di �subconcessione di pubbHco servizio e non affittn d'azienda quello �Col quale i Comuni di Telese e di S. Salvatore Telesino, concessionari �di fonti termali dello Stato, conce�ssero a loro volta il servizio .pubblico dei ~ bagni idrotermali e delle cure 1dropiniche in gestione �all'impresa Minieri, nella sua organica unit� e con tutti gli oneri ed i .poteri .gi� loro attribuiti, la Corte del merito ha comipiuto aippunto un'affermazione di questo genere che resta pertanto sottratta al sindacato di questo Supremo Collegio perch� sorretta da motivazione assolutamente immune dai vizi logici e giuridici che sono stati denunziati dall'impresa ricorrente. privato); � stata anche affermata la necessit� del trasferimento al privato almeno della gran parte dei poteri propri dell'Amministrazione, si che si versa nell'ipotesi dell'appalto e non della concessione quando si conferisce al privato l'incarico di espletare limitate attivit� materiali che non esauriscono nell'interezza un servizio pubblico ('Cass. 2 luglio 1957, n. 2557, ivi, 1957, 1723; 25 maggio 1966, n. 1354, ivi 1966, 1825); tuttavia i poteri propri dell'Amministrazione che si trasferiscono al privato possono riguarda,re anche esclusivamente attivit� materiali e tecniiche ('si pensi al servizio di illuminazione pubblica, dei trasporti. di persone, della distribuzione dell'acqua potabile); il servizio pubblico � cio� caratterizzato dall'interesse che esso riveste per la collettivit� non dalla necessit� che per il suo esercizia l'Amministrazione si avvalga di poteri di supremazia. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 379 Nell'espressione di tale giudizio, fondato eminentemente sull'interpretazione del �contratto e del.l'intento pratico delle parti, la Corte del merito, avvalendosi coNettamente delle comuni regole di ermeneutica, ha ritenuto che il godimento delle fonti e del complesso termale �di cui si tratta fosse stato conferito all'Impresa Minieri non con atto di diritto rprivato_ (locazione od altro analogo) ma con atto di concessione amministrativa, considerando �che fine del negozio non fosse tanto quello di lrucro o di s:llruttamento economico del bene, bens� la sua utilizzazione per una immediata finalit� di carattere pubblico (:potenziamento del complesso idrotermale attraverso costose opere di ammodernamento e rinnovamento degli impianti e conseguente valorizzazione della zona a fini .turistici). Sotto tale profilo la decisione si �colloca nel isolco del.la �giuri.S!p!l"Udenza delle Sezioni Unite di questa Suprema Corte �che hanno avuto ripetute occasioni .per lumeggiare l'aspetto pubblidstico dei rapporti posti in essere dalla Pubblica Amminfatrazione con i privati in materia di utilizzazione di beni del patrimonio indisponibile dello Sta.to e dei Comuni, ;precisando �che, per tali beni, la funzione di pubblico servizio da assolvere vale ad imprimere un particolare cairattere ai rappooti in questione ed a far :s� che l'attivit� della P. A. debba considerarsi in ogni caso svolta in funzione dell'interesse .generale e, comunque, in linea di suboirdinazione a tale interesse (Cass., Sez. Un., 22 marzo 1958, n. 957; id., 21 aprile 1955, n. 1128). N� ha consi�stenza, al lume della :pi� recente dottrina giusipub blicistica, la cenisrU!ra di maggior rilievo .che, sotto l'aspetto propria mente giuridko, viene mossa al superiore giudizio; ossia quella della inesistenza, nella specie, del trasferimento al privato di poteri propri degli Enti PubbHci concedenti. Invero, secondo l'accezione maggiormente accreditata in dottrina e giurisprudenza, la �concessione di pubblico servizio si caratterizza sorprattutto per l'accrescimento della� sfera d�l �-possibile giuridico � del privato; accrescimento per la cui �realizzazione non � e�ssenziale che al pcrivato vengano c�onferiti poteri pubblici, sufficiente essendo che, in �conseguenza del rapporto 1s:peciale con la P. A., gli sia consen tito di esercitare attivit�, anche semplicemente materiali, che altri menti �gli sarebbero del tutto precluse (Cass., 15 gennaio 1947, n. 34). Il servizio .pubblico concerne invero attivit� eminentemente ma teria.ii e tecniche, �che assumono carattere pubblico non in quanto. in volgano per s�, l'esercizio di poteri di 1supremazia, ma perch�, inte ressando la collettivit�, rkhiedono di essere svolte con criteri di tutela dell'interesse .pubblico, sia che vengano gestite diTettamente dallo stesso ente pubblico, sia che vengano -come nella specie -affidate in concessione acl imprese private. -(Omissis). 3SO RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1971, n. 5 -Pres. Capo. raso -Est. Brancac'Cio -P. M. T�rotta (conf.) -Cappellari (avv. Biasi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). Imposta generale sull'entrata -Appalto e vendita -Criteri di distin zione -Legge19 luglio 1941, n. 771 -Inapplicabilit� -Limiti. (legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 3 lett. b; legge 19 luglio 1941, n. 771, art. 1). Ai fini dell'imposta generale sull'entrata, la qualificazione dell'atto economico come appalto o come vendita va effettuata secondo i principi comuni del diritto civile, in quanto i criteri particolari stabiliti nell'art. 1 deHa legge 19 luglio 1941, n. 771 sono riferibili soltanto a'ii'imposta di registro (1). (Omissis). -Come unico motivo del �ricorso, il Cappellari ha dedotto la violazione dell'a.rt. 14 delle disposizioni 1sulla �legge in generale e l'errata interpretazione e applicazione della legge 19 luglio 1941, n. 771, in relazione ai dee.reti luogotenenziaH 7 .giugno 1945, n. 322 e. 26 marzo 1946, n. 221. Assume il ricorrente che la Corte di a.ppello, nel ritenere che, per definire un contratto appalto o vendita, anche agli effetti della esenzione dall'I.G.E. concessa con d.1gsl. 7 giugno 1945, n. 322 e 23 ma.rzo 194-6, n. 221, si deve far ricorso ai criteri di distinzione stabiliti dalla legge 19 luglio 1941, n. 771, ha fatto un'illegittima applicazione analogica di questa norma, la quale rappresenta un jus singuLare con un ambito di riferimento espressamente limitato � agli effetti della legge di �registro �. Esc1UJSa la legittimit� di una tale applicazione, la Corte avrebbe dovuto qualificare il contratto de quo in base ai principi dettati dal codice civile per distinguere l'appalto dalla vendita e, riconosciuto in essa un appalto, avrebbe dovuto affermare che il corrispettivo �ad esso 'relativo era esente dall'I.G.E., cos� �come di1spongono i citati decreti luogotenenziali del 1945 e del 1946. (1) L� sentenze 8 giugno 1965, n. 1147 e 24 luglfo 1958, n. 2679, �citate nel testo, sono riportate in Riv. leg. fisc., 1965, 1856 e 1958, 1758. Va per� notato che con tali sentenze non era stato esaminato l'argoment� tratto dal coordinamento dell'art. 3 lett. b) della legge 19 giugno 1940, n. 762, con l'art. 1 della legge 19 luglio 1941, n. 771, ed � proprio a tali fini che la questione era stata r1proposta all'esame della Suprema Corte. I > Affrontando ora tale problema la Cassazione l'ha risolto in modo che sembra ispirato ad un formalismo contrario agli scopi della stessa legge n. 771 del 1941. t Appare evidente, difatti, che la formula usata dall'art. 3 lett. b) della i r PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 381 Il ricorso � fondato. Secondo le norme del codice ,civile ,che disc:Lplinano i contratti di vendita e di appalto, questi due istituti si differenziano iper la prevalenza che nel primo � data all'elemento fornitura della materia, cio� aU'obbHgazione ,di dare, e nel secondo all'elemento lavoro o elaborazione della materia, in vista �di un certo risultato, cio� all'obbligazione di fare rivolta al raggiungimento di questo riisiul.tato: la prevalenza � stabilita ip base all'intenzione dei contraenti, vale a dire al mag.gior rilievo dato dalle parti al trasferimento della materia . o al processo .produttivo (conf. Sez. I, 24 lugUo 1958, n. 2679). A questo criterio deroga l'arl. 1 della legge 19 luglio 1941, n. 771, il quale, fra l'altro, prevede che �' agli effetti dell'imposta di cregistro " si deve considerare 1Sempre appalto il ~ontratto nel quale � 11 prezzo o valoire delle materie, merci e prodotti ,non costituisce la parte prevalente ~el prezzo o valore globale ". Stante questa deroga, si pone la. questione, che si dibatte nella presente causa, del se essa sia limitata esclusivamente all'ambito di applicazione dell'iID!PO:Sta di 1regiistro o si estenda oltre quest'ambito, per investi.re in .p�:rtiicolacre quello :relativo all'applicazione dell'imposta 1generale sull'entrata. La questione non � nuova. Questa stessa Sezione della Corte Suprema, con ,sentenza del 24 luglio 1958, n. 2679, decidendo un caso analogo a quello in esame, ha escluso l'estensione. Specificamente ed esplicitamente essa ha stabilito che ai fini dell'esenzione dell'I.G.E., concessa dal � d.1g. 26 marzo 1946, n. 221, nei casi di appal�o, aventi ad og,getto ricostruzioni o -riparazioni �di opere o impianti, distrutti o danneg.giati 1per eventi bellici, J.a figum dell'appalto deve essere determinata :secondo le norme del codice �civile e non secondo l'art. 1 della legge n. 771 del 1941, la quale raippresenta uno jus singulare, con efficada limitata all'imposta di registro. Il priincipio �1 'stato ribadito dalla sentenza della medesima Sezi�ne, 8 giugno 1965, n. 1147. Fin dal 1.960 l'Amministrazione finanziaria lo ha fatto proprio, inserendolo nella c~rcolare 27 dicembre 1960, n. 58/65240, che da allora in .poi ha semrpre regolato il suo comportamento conc,reto. Nella 1sentenza impugnata ,si afferma che la communis opinio della giurisprudenza�� :sarebbe contraria alla tesi del ricorrente. L'afferma- legge n. 762 del 1940 � corrispetfivi per.cetti per gli appalti in genere e per le somministrazioni di materie, merci, derrate e prodotti parifkate agli appalti ai fini dell'impo.sta di registro� ha lo scopo di assoggettare ad I.G.E. i corrispettivi dei contratti di appalto e simili �Che come tali .sono tassati ai fini dell'imposta di 'registro, in tal modo utilizzando, anche per la applicazione della nuova imposta, i ri,sultati raggiunti per la tassazione di registro dei suddetti �contratti. In proposito, peraltro, deve ricordarsi che l'art. 3 lett. b) della legge organica i.g.e. � stato modificato dalla legge 31 ottobre 1961 n. 1196. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 382 zione, che � in manifesto contrasto coi precedenti ora citati;o'� priva di qualsiasi !riferimento di fonti. Il silenzio al rigua~do mantenuto dai primi giudici pu� essere interpretato nel senso di un implicito richiamo alla .giurispr�denza indicata nelle sue difese dall'Amministrazione �convenuta, �che ha creduto di leggere in numerose sentenze di questa Corte i:1 iprindpio secondo il quale l'art. 1 della leg.ge n. 771 del 1941 1conter.rebbe un 1criterio di definizione del contratto di appalto applicabile in generale a tutta la materia fiscale .e. i,n .particolaTe, a quella relativa all'I.G.E., e ha, citato .}e 1s:entenze n. 1332 del 24 aprile 1954, n. 1578 del 14 maggio 1956 (S.U.), n. 1105 del 30 marzo 1957, ,n. 317 del 14 febbraio 1,961 e n. 1036 del 25 ma1g.gio 1965. Ma un esame, anche sommario, �di queste sentenze rivela anzitutto che esse concernono un.a questione dive:risa da quella che qui interessa, e cio� la qvestione se il criteTio della fogge del 1941 sfa invocabile soltanto quando si tratti di applicare l'imposta di re�giistro . o anche quando si di�scuta di un'esenzione da questa imposta prevista da leggj speciali e specifkamente dai citati decreti luogotenenziali del 1945 e del 1946; e che attrave11so finte:r.pretazione logica dell'espressione usata dalla norma � agli effetti dell'imposta di registro�, si � scelta la seconda alternativa. Inoltre esso evidenzia che, nessuna di quelle sentenze ha aff!l'ontato direttamente o indirettamente il problema dell'ulteriore estensione del:la sfera di rifertmento di quella di1sposizione all'l.G.E. o ad altre imposte. � Il iprincipio affermato con le sentenze nn. 2679 del 1958 e 1147 del 1965 va mantenuto fe11mo. � certo che il criterio dettato dall'art. 1 della le�g�ge 771 non pu� apparire direttamente applicabile all'l.G.E. per effetto di interpretazione logieo-sistematica. La tesi contraria � stata sostenuta dall'Amministrazione resistente sotto due diversi profili. Sotto un 1.rimo profilo si � osservato che la volont� del legislatore di una di1sciplina unitaria dei criteri di determinazione dell'appalto agli effetti sia dell'imposta del registro sia dell'imposta generale sull'entrata risulta -oltre che dai lavori preparatori della legge del 1941, dove espressamente � detto che si intendeva 1 con l'art. 1 offri.re criteri di porta.fa generale -dall'ar.t. 3 della legge istitutiva della imp�sta gen~rale 'sull'entrata (legge 19 giugno 1940, n. 762), che, sta-� bilendo che " costituiscono del 1pari entrata... b) i cnrrispettivi percetti per gli appalti �in .genere e per le sommtnistrazioni di materie, merci, derrate e prodotti parificate agli appalti ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro �, contiene � un vero e proprio �rinvio alle regole d1ell'imposta di registro �. � appena il caso di obiettare che nessuna rilevanza pu� essere assegnata ai lavori preparatori della legge del 1941, posto che questa PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA con l'espressione " agli effetti dell'imposta di registro � ha univocamente indicato il suo ambito di applicazione: non si vede la :ragione per cui, qualora si fosse voluta esprimere una pi� lata intenzione, tale intenzione non :si sarebbe dovuta far risultare integrando il testo con le parole come �agli effetti tributa.ri in genere � o altre simili. Il coordinamento fra l'art. 3 della legge �sull'I.G.E. e l'art. 1 della legge n. 771 del 1941 � operato, poi, in modo errato. Il termine � somministrazione �, usato dalla prima norma, ha un 1significato tecnico, che richiama quello stabilito per il contratto di .somministrazione dall'art. 1559 e.e. e che non si pu� ritenere -senza ade.guata spiegazione -volutamente ignorato dal legislatore. Inoltre, la norma va correlata non col 1�, ma �col 3� comma della. legge del 1941, il quale pa.rifica agli appalti in determinati casi ��le somministrazioni pe-riodiche �. Per effetto di questo ��collegamento �si deve ammettere che esiste una ba.se comune fra imposta di :registro e I.G.E. pe:r quanto riguarda la qualificazione di certi contratti come appalti, ma questa ba.se �, per �chiaro dettato del.la legge, limitata a queste "somministrazioni periodiche�, perch� �sono solo queste le somministrazioni che, come prevede il citato 3� comma dell'art. 1, �Sono parificate agli appalti ai .fini dell'applicazione dell'imposta di registro. Cosi inteso il rapporto .fra le due norme, l'art. 3 non solo non for:ni�sce un argomento in favore della tesi dell'Ammin.i�strazione resistente, ma bene pu� essere richiamato, per desume:rne un argomento contrario in base alla nota :regola enunciata con la formula inclusio unius, exclusio alterius. Sotto un secondo profilo, il criterio posto dall'art. 1 della legge del 1941 � paI'ISo applicabile alla-�specie per un impli.cito diretto richiamo che ad esso farebbero i decreti di esenzione n. 322 del 1945 e 2.21 del 1946. Questi due decreti, disciplinando unitadamente i benefici fi�sca.Ji relativi all'imposta di registro e all'l.G.E., avrebbero voluto anche la definizione unitaria degli atti a cui i tributi si rifedscono, fondando questa unitariet�, per quanto riguarda il riconoscimento del contratto di appalto, sulla legge del 1941. L'airgom.ento non �convince. I dec:reti del.. 1945 e del 1946, per la parte che qui interessa, si limitano a stabilire che l'imposta di registro sui contratti occorrenti per le .ricostruzioni e riparazioni di edifici danneg.giati per eventi bellici � dovuta in misura fissa; mentre i corrispettivi degli appalti sono esenti dall'I.G.E.: in essi non vi � nessun riferimento letterale diretto o indiretto a.i criteri di qualificazione .degli atti cui si applicano i benefici fiscali. Un tale �riferimento non � adeguatamente giustificato sul piano logico da un'esigenza� di coerenza del si�stema dei �benefici fiscali, esigenza per la quale si rtchiederebbe la applicazione uniforme di questi 384 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO in dipendenza dell'uniformit� della definizione dei contratti 1che concorrono a costituire le fattispecie presupposte. Va; infatti, osservato che se una tale esigenza di coerenza avesse un valore inderogabd:le, essa dovrebbe es1Sere soddisfatta con riguardo non solo ai benefici, ma anche all'imposizione. Orbene, in questa prospettazione della questione, si conviene che ci� non accade, perch� in tesi si ritiene che � solo nei decreti di esenzione che 1Si affermerebbe l'uniformit� dei criteri di confi.gurazione dell'appalto. A parte questo rilievo, non sembra dubbio 1che l'esigenza di coerenza, che si invoca, non assume un carattere di inderogabilit� tale da indurre a dilatare il significato di quei decreti a�l di l� deUa loro lettera. Occocre anzitutto non lasciarsi ~eviare dalla ipreoccupazione formalistica che la definizione di appalto, da darsi ad un cootratto secondo le noo:me� del 1codice 1civile, possa essere in contrasto �con altra definizione che .del medesimo cont!l"atto imponga la legge d�l 1941. In linea di principio questa preoccupazione certamente� non ha avuto il legislatore quando ha dettato. questa legge, ammettendo che nell'ordinamento uno stesso atto possa essere suscettibile di diverrsa qualificazione giuridica a �seconda che venga in considerazione ;per l'imposta �di 1regiis:tro o ad altri effetti; ma neppure deve averJ.a l'interprete quando deve stabilire, come nella specie, l'ambito di applicazione di un'�senzione. Ci� che interessa noo � conservare la coe.renza formale del sistema attraverso l'uniformit� di qualificazioni; ma cogliere la disciplina concreta �di un istituto: le qualificazioni hanno �n senso e i limiti che questa disciplina sugigerisce. L'approfondimento del senso e della iporlata dei decreti del 1945 e del 1946 pone in evidenza �Che questi furono ispkati da un intento di massimo favore per il contribuente. Se si ha presente questo intento, risulta evidente l'impossibilit� di .ritenere che il legislatore abbia voluto 1che il contrratto di appalto a �cui esso si riferiisce per 'concedere l'esenzione daU'I.G.E. sia quello definito dalla �legge del 1941, che in proposito stabilisce un criterio semplificatO!l'e, il quale � troppo rigido, perch� .gli interessi del. cont!l"ibuente si possano considerare adeguatamente tutelati, ~ pu� .risolvel'ISi in grave danno del medesimo. Questo �rilievo pu� giustificare l'aipparente incoerenza di un �sistema di doppia. qualificazione �di uno stesso contratto pur nell'ambito di una stessa materia: nel disciplinare benefici applicabili all'imposta �di iregistro e all'I.G.E. non si � creduto, nel riferimento fatto all'appalto, da una parte, .pe�r quelli relativi al primo tributo, di ritornare ai principi del codice ieivile, dall'altra, per quelli relativi al secondo, di allontanarsi da questi principi iper richiamare i criteri stabiliti agli effetti dell'imposta di regi�stro. L'art. 1 �della leg.ge n. 771 del 1941 non solo non � applicabile di,. rettamente, per definire agli effetti della esenzione dall'I.G.E. il con PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA ~85 tratto di appalto, ma non lo � neppure in via di interpretaziOne analogica. In sintesi, si sostiene che questa interpretazione � qui giustificata da esigenze di coerenza e di unifoiimit� del sistema tributario, le quali fanno assurgere il �criterio dettato da quella norma a �principio generale di questo si�stema. L'assunto � in contrasto con l'art. 12 delle Disposizioni srulla legge in generale 11 quale prevede il ricorso all'inter:pretazione analogica solo nel 1caso in cui manclli una predsa disposizione di legge che consenta la soluzione. della controversia. Nena specie queista disposizione esiste. Invero l� soluzione della controvel'ISia dipende dal significato da attribuire al termine � aippalto � usato per definire i contratti ai cui coTrispettivi si awlica l'esenzione stabHita dai decreti del 1945 e del 1946. Questo si.gnificato -una volta che si � escluso per le considerazioni che precedono che possa essere accertato applicando direttamente l'art. 1 della legge n. 771 del 1941 -risrulta chiaramente indicato dalle norme del .codice civile che regolano i�l contratto di appalto. Poich� da queste norme si ricava una-precisa disposizione che consente la �soluzione della controveiisia, manca la condizione essenziale pereh� �~i possa procedere all'a1p.plicazione analogica di altra norma. Peraltro, anche a volere ammettere -per una ipotesi che in tesi si respinge -che nella specie si debba far ricorso al procedimento di interpretazione analogica, i cdteri da applicare per defink� l'appalto risulterebbero .pur �sempre queHi indicati �dal codice civile e non mai quello dettato dall'art. 1 �deHa leg.ge 1941 perch� solo i primi, e� non il secondo, sono suscettibili di dar vita ad una disposizione o principio di, portata generale, �conformemente a quanto richiesto dall'adozione di quel procedimento. L'osi;;ervazione che quei criteri �non si �estentl.ono alla materia tri butaria, in quanto questa ha eslgenze .sue proprie che sono alla base di un sistema di principi ad essa peculiare, fra i quali vanno in ,genere incluse molte disposizioni �delle leg�gi sull'imposta di cregistl"o e in particolare quella che qui interessa, �~on � fondata. 11 riconoscimento di esigenze proprie della mate.ria tributa.ria, di pcrincipi di carattere .generale esclusivi ad essa e anche della possi bilit� di rinvenire molti di questi principi nelle <jlisposizioni delle leggi sul \l."egistro -che pertanto assumono una estension� che va al di l� dell'ambito di applicazione dell'imposta di registro -non � su:(ficiente per dedurne che l'a�rt. 1 della ~egge del 1941 .contenga Wl principio generale estensibile anche all'l.G.E., limitativo aJ.le dispo sizioni del �codice civile. Una �siffatta affermazione comporta la dimo-_ strazione che questa norma corrisponda ad esigenze di carattere gene RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 386 rale, che �superino l'ambito dei casi per cui � stata espressamente dettata. Ma questa dimostrazione non pu� essere data. Il detto art. 1 -.prevedendo una semplificazione .nella definizione del .contratto di appalto agli effetti dell'imposta di registro -risponde soprattutto alla necessit� di rendere ;pi� agevole e ipronto il calcolo di .questa imposta. Tale necessit� � specificamente avvertita per questo tipo di imposta. Come � noto, l'imposta di registro viene riscossa �l momento della .registrazione, la quale deve essere di re-gola �compiuta entro un determinato termine e pu� avere importanti effetti .giuridici pe:r � i soggetti interessati all'atto a cui � collegata; onde sarebbe estremamente inopportuno qualsiasi .ritardo dovuto ad evitabili controversie sulla natura giuridica dell'atto da registrare. Ci� d� una ragione sufficiente alla nonna come disposizione del particolare ti;po di impoista per cui � stata dettata. Se si aggiunge �quanto gi� osservato a proposito della. limitazione che, iper effetto di essa, il contribuente� subisce nella tutela dei 1suoi interessi e anche del danno che a lui pu� derivare, si hanno si�curi elementi per conclude:re che isi � in presenza di una di�sposizione che costituisce uno jus singulare, come tale insuscettibile di diventare principio generale di un �sistema, e, per questa qualit�, da una parte, limitare l'applicazione degli altri princirpi e norme dell'ordinamento .giuridico, 1nella specie quelli del codice civile da cui si desume la definizione del contratto di appalto, dall'altra, essere a.p; plicato in via analogica. Per �contestare questa conclusione non valgono i rilievi relativi ad ~igenze di coerenza e uniformit� di applicazione del sistema tribu. tario. Questi rilievi sono sostanzialmente gli stessi� invocati ipecr: sostenere l'applicazione diretta della norma. Si � ,gi� visto come essi non possano essere �condivisi; qui si aggiunge che, per quanto riguarda l'I.G.E., in ogni �caso, non sussistono le �ragioni �di facilitazione e di speditezza del calcolo dell'imposta, che sono state posi~ in evidenza come quelle che giustificano la semplificazione del criterio di defi nizione dell'appalto agli effetti dell'imposta di registro. Alla stregua delle considerazioni che precedono, risulta evidente l'eI"I'ore in cui � incorsa la Corte �di appello di Trento, allorch�, nel negare che il .contratto a cui si �riferiva l'I.G.E. corrisposta dal Caip; pellar:i �costituisca appalto, ha applicato l'art. 1 della legge n. 771 del 1941 e non le norme del codice civile che definiscono questo tipo di contratto. Pertanto il ricorso va accfJl.to, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata ad altra Corte di appello, che si indica in quella di Venezia, ,e che proceder� ad una nuova valutazione di quel contratto applicande .il seguente principio di diritto: � ai fini delle esenzioni .previste per l'imposta sull'entrata .nei decreti 1egi-;: slativi luogotenenziali 7 giugno 1945, n. 322 e 26 marzo 1946, n. 221 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 387 le 1caratteriistiche proprie del �contratto di aippaito vanno determinate alla stregua delle norme del codice civile che d.isciiplinano questo tipo �~ di 1contratto e non dell'art. 1 della leg.ge 19 Jiuglio 1941, n.. 771, che a tali norme deroga agli effetti dell'imposta di registro � �. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 gennaio 1971, n. 34 -Pres. Ca;poraso -Est. Geri -P. M. Pa�scalilno (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Co:ronas) c. E.N.EL. (avv. Sadar). Imposta di registro -Somministrazione di a.equa, gas ed energia elet trica -Contratti esenti da registrazione a termine fisso -Natura Estensione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa D, art. 46). I contratti di somministrazione di &equa, gas ed energia elettrica esenti dalla registrazione a termine fisso a noTma deU'art. 46 della tariffa D aUegata alla legge di registro, sono tutti que-ili che oggettivamente riguardano l'utiiizzazione dei sud.detti beni essenziali alla vita, non essendo ammissibile una limitazione� soggettiva nel senso che debba considerarsi �utente" soltanto il diretto consumatore. Sono soggetti quindi al regime di esenzione non solo i contratti di fornitura di gross.i quantitativi destinati alla produzione industriale, ma anche quelli fra produttori e distributori (1). (Omissis). -Nell'unico complesso motivo l'Amministrazione ir�coNente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 46 tab. D allegata alla leg.ge origanica di registro, in relazione agli artt. 2 e 52 (1) Occorre prendere atto della decisione che ha escluso la possibilit� di una revisione critica di un orientamento da tempo consoli.dato. Bisogna per� rilevare che non tutti gli a!'lgomenti esposti appaiono convincenti. Dei concetti di � utente ,. e di e esercente " si potr� dare una definizione ampia senza tuttavia ridurre il loro significato a quello di parti contraenti, negando qualunque rilevanza .soggettiva; sarebbe stato altrimenti sufficiente��Che l.a norma dell'art. 46 della tariffa D avesse semplicemente elencato fra gli atti esenti da re.gistrazione a termine fisso" i contratti di abbonamento e di .somministrazione di acqua, gas e energia elettrica �; sar� pur necessario dare un valore a tutte le altre non poche parole usate dal legislatore. Utente potr� essere colui 1che consuma o utilizza un determinato bene della vita, in grandi o piccole quantit� per i pi� diversi fini, ed anche quindi il grande . consumatore che utilizza l'energia iper scopi industriali. Diverso � per� il 13 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tariffa all. A e art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. ed un difetto di motivazione, sostenendo che, contrariamente alla stessa antica .giurisprudenza di questa Suprema Corte, una accurata esegesi storico-legislativa consentirebbe di attribui.re la qualificazione di " utenti " od " abbonati �, ai sensi dell'qrt. 46 all. D, soltanto ai consumatori diretti di acqua, gas ed energia eletkica e non gi� agli impresari-distributori, secondo una rilevanza soggettiva dei contraenti. Questo �consentirebbe l'esonero dalla registrazione in termine fitSSo, cio� da un �re.gime fi..scale pi� gravoso, soltanto ai minuti contratti degli utenti rprivati, �con esclusione di quello int.wcorso fra la S.F.E. e la Soc. elettrica Carna.ppo, anche se fosse qualifieato come vendita, che � soggetta, essa pure, alla stessa aliquota del 2 % a norma dell'art. 2 tar. All. A, anafogamente a. quanto l'art. 52 tar. A prevedeva per .gli appalti. Il dcorso non merita accoglimento. Non 1si nasconde il Collegio il rpeso di alcuni �rilievi della Finanza. Ci� mal.grado gli stessi, lungi dal consentire una sicura soluzione nel senso indicato dalla dcorTente, valgono soltanto per evidenziare l'insufficienza ed a!flbiguit� deHa norma nell'orientare con certezza l'interrprete, ma non giustificano il capovolgimento di �una giurisprudenza ultra trentennale fino ad ora pacificamente accettata dall'amministrazione. � Il rproblema esegetico di fondo oscilla fra gli opposti .poli di dare rilevanza esclusivamente soggettiva o soltanto rilevanza oggettiva alla noTma di cui all'art. 46 Tab. D .allegata alla legge organica di registro. Tale disposizione �esonera dalla registrazione in termine fisso -salvo che si tratti �di �appalto per H quale torna applicabile l'art. 52 della tariffa all. A -� e li sottorpone a registrazione in �caso d'uso con ta I riffa minima, "i contratti di abbonamento o di somministrazione di I acqua, gas ed energia elettri.ca fatti da chiunque abbia l'esercizio di acquedotti o �Stabilimenti di produzione o distribuzione di gas ed j energia elettrica per forza motrice, riscaldamento e luce, risultanti da rapporto tra produzione e distribuzione nel quale non pu� non considerarsi stridente la configurazione del distributore come un utente che impiega l'energia per la produzione di servizi consistenti per l'appunto nella distribuzione della stessa energia. La norma contrappone, �come parti contraenti, chi abbia l'esercizio di stabilimenti per produzione e distribuzione all'utente o abbonato; quando contraenti .sono due �soggetti che ha:q.no ambedue lo esercizio di stabilimenti per produzione e distribuzione, il �Contratto (che per lo pi� contiene pattuizioni diverse dalla consueta utenza, grande o piccola, e che non ha la forma della polizza o della domanda di fornitura) non rientra pi� nella previsione dell'art. 46. Non sembra infine che possano accettarsi come mezzo di interpretazione della norma tributaria le considerazioni sulla traslazione dell'imposta a danno del piccolo consumatore, in base alle quali ogni forma di tassazione diventerebbe negativa. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA H89 scrittura 1privata o polizza o domanda sottoscritta dall'utente o da:� �un suo Incaricato, anche se abbonata o utente 1sia la P. A. �, Mentre i1 .titolo del predetto articolo mostra con chiara evidenza la volont� legislativa di favorire la produzione ed il consumo dei prodotti essenziali pex la vita quali sono l'acqua, il ga's e l'energia elettrica nella moderna societ�, non pu� con pari certezza affermarsi clie nel testo della norma siasi voluto porre� l'accento sulla contrapp01sizione fra consumatore diretto di tali beni ed imprese di produzione e distribuzione. Anche limitando l'indagine ad una mera interpretazione letterale, che. pi� d'ogni altra sembrerebbe avvicinar�si ai motivi del .ricorso, non si pu� non rilevaTe come 1a parola � utente � non sia stata posta, nel testo legislativo, per individuare � l'altro contraente � riospetto al produttore o distributore, ma sia stata usata semplicemente per indicare colui che ha i.sottoscritto la scrittura privata, la rpolizza o _la domanda di abbonamento o di somministrazione, indipendentemente dalla sua qualifkazione di imprenditore nella distribuzione, di imprenditore in altra qualsiasi attivit� industriale o commerciale oppure di \ semplice cittadino che richieda la fornitura per uso esclusivament� familiare. Se davvero fra tante ;possibili distinzioni di � utenti � il legislatore avesse voluto operare una scelta ben determinata ci� avrebbe potuto faTe con non equivoche espressioni letterali, capaci di sicwra indiscutibile selezione. La stessa parola � utente �, anche-a prescindere daJ.la ocr ora l'ilevata sua 1mancata contrapposizione -nel testo -all'altro contraente individuato nelle imprese di produzione e distribuzione, non ha certo l'unico significato di " consumato\l'e diretto � attribuitogli da:i.rAmministrazione Ticorrente. � lnfa.tti sia nel linguag.gio comune .che in quello .giuridico l'utente (da utor) non � .soltanto �colui che .gode o fruisce (da fruor) di un de terminato bene della vita, consumandolo di.rettamente e personalmente, ma anche colui che lo "utiiizza � do� che ne trae nei modi pi� sva riati un utile qualsiasi. Neppur l'imprenditore di una industria, capace di assorbire in genti quantitativi di energia elettrica per azionare strumenti e mac chine o .di gas per forni di fusione o di cottura, consuma direttamente tali beni essenziali, ma li � utilizza � inediati:i'i:nente, onde assicurarsi la produzione e in definitiva il 1profitto. Sarebbe va1:10 <per� cogliere nella norma una distinzione fra queste divet\Se categorie di � utiliz zatori � od � .Utenti � ed il consumatore diretto ai fi�ni dell'immediata soddisfazione di bisogni personali :propri e della propria famiglia. Tutto d� dimostra che il concetto di utilizzazione( od utenza) � un " genere �, del quale il consumo :dfretto costituisce una � specie �, ' 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA~O e che pertanto voler costruire sulla espressione--l�tterale di.. �utente �" una esegesi selettiva del contratto agevolato aippaire sicuramente fallace.� Peraltro, tenuto conto della illustrata struttura del testo J.egislativo, l'interprete sail'ebbe davvero assai imbarazzato qualoira, attribuita prevalente od esclusiva rilevanza ai soggetti contraenti anzitch� al contenuto intrinseco ed oggettivo del contratto, dovesse riocerca�re di costoro quello favorito fra tanti diversamente qualificabili e non qualificati nella norma. Torna pi� opportuno ricordare ancora le f.requenti utenze degli imprenditori, che-utilizzano l'ene~gia per cragioni della locro industria in quantitativi bene spesso pi� cospicui di quelli degli stessi distributori: sarebbe vano al riguardo ricercare nella legge una diversificazfone del loro trattamento riSpetto a quello del privato consumatoire :familiare. Analoga � per� la posizione del distributore, il quale non: utilizza ~ per 1produrre merci (in ci� 1sta la sola differenza) ma �servizi, a nulla rilevando che 1si tratti �di un servizio 1concernente proprio la distribuzione dell'energia. Anche J.a ratio, non meno della lettera della legge, trovasi in contrasto con la tesi dell'Amministraziooe. Infatti, giusta quanto s'� detto a proposito delle possibili distinzioni dei 1contraenti nelle pi� varie categorie, sarebbe contraddittorio, in b�se alla qualifica �di � utente �, ritenere da un lato ,.favorito (secondo la pretesa ratio della norma)-soltanto il piccolo consumatore diretto per s� e per la famiglia, e dover ammettere dall'altro che "utenti" sono pure 1gli imprenditori, i quali utilizzano 1'ene~gia non certo a soddisfazione di bisogni familiairi e personali, ma a scopo mediato di produzione �di me~ci e servizi. La ratio della norma non va dunque rintracciata nella � 1pfocola utenza �' apena di inconciliabili contrasti, bens� nella natura del pro dotto .�ommerciato, cio� nel carattere di beni essenziali per fa vita , attribuibile all'acqua, al �gas ed alla ener.gia elettrica. Favorire il loro scambio e qualsiasi loro utilizzazione significa conseritire ad l!n ;pi� alto tenore di vita ed al tempo stesso agevolare l'incremento della loro produzione �e diffusione, sostenendo cos� lo sviluppo delle :relative industrie. L'inte~re'!:aziotne logica, 1che 1cootiene in s� anche quella finali stica e scolpisce :lo 1srpirito della legge, si accoo.'da pienamente con l'oTientamento, che d� :rilevanza al contenuto og.gettivo del contratto, si pone invece in conkasto con quello, che attribuisce rilevanza alla qualit� dei soggetti contraenti. N� maggior pregio pu� essere attribuito all'aecurato diligente, sforzo ,della difesa dell'Amministrazione di fornire una spiegazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 391 storico-sistematica alla norma nel seI11So di cui al ricorso, mediante il rriferimento all'art. 5 �r.d.1. 24 novembre 1919, n. 2163 All. C, trasfuso poi con J.'espressione � privati utenti � nell'art. 8 legge n. 3268 del 1923 sul bollo, per un triplice ordine di ragioni. Anzitutto rperch� tali parole furono verosimilmente usate in contrapposizione a P.A. e non .gi� ai produttori e distributori, che, sipeciialmente iin quell'epoca, erano tutti privati; in secondo luo.g.o per l'ampio significato gi� sopra illustrato della espressione � utente � non riferibile soiltanto al consumatore diretto; in terzo luo.go -pur volendo prescindere dal fatto che l'accennato iter legislativo riguar.da la legge sul bollo -pwch� l'oggettivazione "privato� non � ;riprodotta nell'art. 46 tabella D, es�c1udendo anche sotto questo profilo che la stessa potesse avere il significato, univoco, e la po:rtata attribuj. tagli dalla Finanza. Altre considerazioni di contorno confortano l'adottata sol�zoione. Una :riguarda il ["apporto col'il'ente fra l'art. 45 e l'art. 46 aella tabella D �allegata alla leg:ge di registro. 0 Se alla seconda norma debba essere data prevalente rilevanza soggettiva, una ben scarsa .giustificazione pu� essere attribuita allo 1specifico trattamento dell'acqua, gas ed ener.gia elettrica (a.rt. 46) rispetto a quello deHe merci in genere, delle macchine e degli altri prodotti industriali (~rt. 45). Infatti fa pur ingente massa dei consumatori diretti, alla quale �soli.tanto dovrebbe essere limitato il beneficio �di cui all'art. 46, costituisce malgrado tutto il settore economicamente e produttivisticamente pi� modesto rispetto alle grandi utilizzazioni industrriali, che assor.bendo quantita�tivi di energia, pi� delle altre � utenze ,. sarebbero suscettibili di assicurare lo scopo per:seguito dalla legge. Peraltro, anche volendo orientare la nornia in senso soggettivo, limitato conseguenzialmente alle piccole utenze, sca:r~so sarebbe il vantaggio a . fa:vore del piccolo � utente privato �, iperch� la pi� .gravosa ta.ssazione gravante �sul distributore si riveraerebbe rpur sempre, alla lunga, a ca.rico del consumatore in base al principio del trasferimento dei costi sul prezzo. N� in �contrario si pu� opporre la sussistenza di un prezzo di imperio dei :predetti beni essenziali, .perch� l'aumento del costo, sia pur dovuto agli oneri tributari, prima o poi andrebbe ad incidere sulla determinazione �imperativa del prezzo medesimo. Ulteriore dimostrazione questa della fallacia ed a�rbitrariet�, nel silenzio della leigge, di adottare una limitazione soggettiva che la legge stessa non prevede. La senten.za �di secondo grado, adeguatamente e correttamente motivata, non merita dunque le censure rivoltele. Il ricorso va quindi �rigettato. -(Omissis). 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO COR'.l'E DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1971, 111. 42 -Pres. Caporaso -Est. Gambogi -P. M. Trotta ~conf.) -Soc. Itaisider (avv. Uckmar) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Albisinni). Imposta di registro -Societ� -Aumento di capitale -Imputazione di riserve -Imposta proporzionale. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 4 e tariffa A, art. 85). La imputazione delle riserve fCl!coltative della societ� ad� aumento di capitale � soggetta aH-'imposta' proporzionale dell'art. 85 ta1�iffa A della legge di registro (1). (Omiss�is). -Con l'unico motivo del r.icorso la Italsider denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 85 fa-riffa all. A al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, in relazione agli artt. 4 e 8 di tal.e lr.d. e 81 della stessa tariffa, sostenendo che la Commissione Centrale ha errato nel dichiarare sottoposto alla imposta proporzionale di Registro l'aumento di capitale eseguito mediante la imputazione della pa.rte disponibile delle riserve ai sensi dell'art. 2442 e.e., dato che in tal caso nessun trasferimento di beni da sog.getto a sog.getto si verifica pereh� sia le riserve �che il capitale costitui1scono elementi del patrimonio sociale. Il .rkorso � infondato, anzitutto, per la ragione -gi� addotta dalla sentenza n. 769 del 1966 di questa Corte Suprema �che, esaminando incidentalmente la questione o.ggi riprospettata dalla Italsider, per affermare e spiegare la diversit� di re~ime fra tassa sulle concessioni governq.tive (arrt. 114 della tabella A annessa al t.u. 20 marzo 1953, n. 112) ed imposta di registro .relativamente agli aumenti di capitale eseguiti mediante la imputazione di riserve, rilev� che� l'art. 85 della legge di Registro, Tariffa all. A, � commisurato agli effetti giuridici dell'atto, mentre la tassa di concessione governativa, secondo la nota all'art. 114 del t.u. rsopra menz.ionato, si rioferisce, rper espressa vofont� specifica del legislatore, agli effetti economici sostanziali della del.ibera sociale. Posta cosi la questione :non si vede come si possa invocare, a favore della tesi sostenuta dalla ricorrente, l'art. 8 della legge di (1) La sent. 18 marzo 1966, n. 769, ripetutamente citata, � pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 434. Sul regime fiscale delle riserve pi� in generale e sulla analoga questione della distribuzione delle riserve ai soci v. A. Ross1. Cenni sulla tassazione dello scioglimento delle riserve disponibili a favore dei soci, nota a Cass., 17 dicembre 1969, n. 3993, in questa: Rassegna, 1970, I, 109. \ 393 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Registro, secondo il quale, agli effetti della imposta relativa, bisogna tener presenti " l'intrinseca natura e gli effetti degli atti o dei trasfe rimenti �. Che l'aumento di �capitale eseguito mediante la imputazione di riserve sia un aumento di caipitale intrinsecamente valido, perfetto, produttivo di tutti gli effetti ;giuridici -ed anche sostanziali, del re sto -che la concezione e la qualit� di capitale attribuita al cespite comportano non si pu� .certo mettere in dubbio; e pertanto, dal punto di vista dell'art. 8 della legge di Registro, la questione si potrebbe anche risolvere ,col semplice richiamo al. principio in claris non fit interpretatio. Un ostacolo ipi� consistente, .se mai, 1pu� apparire, almeno a prima vista, quello costituito dal terzo comma dell'art. 4 della stessa legge di Registro, che riserva la taissa iproporzionaie, appunto prevista dall'art. 85 della. Tariffa aU, A, alle trasmissioni di beni, dovendosi riconoscere -e la sentenza n. 769 del 1966 questo non nega dal� punto di vista dell'art. 114 della tabella A della tassa di concessione governativa -che nella imputazione delle riserve a capitale non si verifica un nuovo apporto di denaro dai 1soci alla 1societ�, dato che le riserve, 0 sia pure facoltative, ,gi� si trovano nel patrimonio di questa. Si deve, iJ::).fatti, .respingere la vecchia concezione di quella fictio iuris per la quale l'aumento di capitale mediante la� utilizzazione delle .riserve facoltative �s! �configurava come un doppio ;passaggio .costituito� dalla distribuzione delle riserve ai 1soci e dal contemporaneo conferim,ento, da parte di questi, dell'1mporto relativo: siffatta concezione, possibile sotto l'impero del Codice di Commercio abrogato, che non .conteneva espressa �di�sposizione in proposito, appare inconciliabile con :la lettera dell'art. 2442 e.e. che, non .parlando di trasferimento o di passa.ggio, ma di � imputazione � delle riserve a capitale, e cio� di una operazione . intrinsecamente unica ed inscindibile, non consente divagazioni inter pretative del tipo di quella �ricordata. Ci� 'posto, ammesso cio� che la imputazione delle riserve a capi tale non costituisce nuovo aipporto di denaro dai ,soci alla societ�, va per� cricordato che l'art. 4 della legge di Registro riserva la tassa pro porzionale non isolo alle trasmissioni di propriet�; ma anche ai mutp menti di " uso e godimento di beni mobili �; e sotto questa lata espres sione, interpretata non .gi� analogicamente :ma nel suo pieno e com pleto significato, non pu� non comprendevsi, dal punto �di v.ista econo mico oltre che .giuridico, quel .passaggio e quei mutamenti sostanziali di regime che �si verificano per il cespite trasferito nella imputazione delle .riserve a caipitale. Le riserve facoltative, invero, .sono <pratica mente nella disponibilit� della massa dei soci che, con una semplice deliberazione assembleare, pu� procedere alla distribuzione di esse; mentre il caipitale, pur appartenendo� in definitiva all'aziona.riato, � , un cespite isottoiposto a limitazioni e vincoli tali che la .sua monetiz-. 394 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zazione � concepibile solamente nell'ipotesi di scioglimento della so ciet� od in quella, affine, della iriduzione del capitale esuberante ex art. 2445 e.e. La istituzione di questo fondamentale vincolo economico g.iuri�dico non costituisce, come si rilev� con la sentenza n. 769 del 1966, un �confedmento, ma certo rientra. nel concetto di variazione nell'uso o godimento che all'azionista � attribuito sui vari cespiti del patrimonio sociale; e tanto ba�sta perch� essa rientri nell'ambito del l'art. 4 della legge di Registro secondo quanto sostanzialmente questa Corte ritenne con la .sentenza n. 755 del 1936, che appunto afferm� specificamente l'applicabilit� dell'art. 85 della Tariffa all. A legge di Reg�istro all'aumento di capitale effettuato mediante l'utilizzo delle ri serve. Da tale originaria giurisprudenza e d~lle sentenze successive che, sia pure in forma solo incidentale, riaffermarono il principio (n. 2146 del 1937, n.. 3411 del 1959, n. 769 del 1966) non v'� quindi ragione di discostarsi. ~on si pu� negare per ver~ �che la diversit� di �regime fiscale cosi posta in es�sere per la imposta di Registro e per la tassa sulle concessioni .governative rispetto ad un identico fenomeno giuri�di.co appaia disarmonica; n� questo rilievo certo appare diminuito dalla considerazione che proprio il tributo sulle concessioni .governative che � vera e ipropria tassa sul servizio di �certificazione governativa dell'aumento di .capitale sia ragguagliato all'effetto economico e non soltanto a quello .gi~idico dell'atto, mentre il contrario avviene per la imposta �proporzionale di Registro che, almeno in linea di principio, � , imposta sui trasferimenti di ricchezza.; ma la inte:ripretazione sistematica �trova i suoi limiti nel disposto letterale di legge, e nella specie la diversit� di formulazione tra l'art. 4 �della legge di Registro, al quale dev'e essere rag.guagliato l'art. 85 della relativa Tariffa all. A e la Nota apposta all'art. 111 della Tabella all. A al t.u. delle tasse sulle concessioni .governative impone la �diversit� ,fil interpretazione nei due casi. -(Omissis). CORTE DI CASSAZION~, Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 89 -Pres. Stella Rkhter -Est. Berarducci -P. M,, Tavola.ro (cornf.) -Sodet� a. s. Macellerie Milanesi (avv. Di Stefano) �C. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota) e Esattoria civica di Milano (avv. Citi). Imposta di 'ricchezza mobile -Responsabilit� del cessionario di azienda -Ri~uarda anche le imposte dovute dal precedente affittuario. . (t.u. 29 gennaio 1958 .n. 645, art. 197). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 395 Imposta di ricchezza mobile -Responsabilit� del cessionario di azienda -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 197; Cost., artt. 24 e 76). Imposta di ricchezza mobile -Esecuzione esattoriale -Opposizione del cessionario di azienda -Giurisdizione del giudice ordinario Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 208 e 209). La nOTma dell'art. 197 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, allorquando afferma la responsabiUt� del cessionario di azienda in Olf'dine alle imposte dovute dai " precedenti titolari �, n9n intende riferirsi unicamente ai soggetti che, nei periodi di imposta considerati, abbiano avuto la titolarit� deU'azienda quali proprietari, ma, genericamente, ai soggetti che, in detti periodi, abbiano avuto tale titolarit� quali imprenditori, ossia ai soggetti che, in quei periodi, abbiano gestito in proprio, a qualsiasi titolo, l'azienda e, come tali, siano debito1�i delle anzidette� imposte (1). � manifestamente infondata la questione di iHegittimit� costituzionale dell'art. 197 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, sia sotto il profilo della contrariet� all'art. 24 della Costituzione, sia sotto il profilo dell'eccesso di delega legislativa (2). Dal. combinato disposto degli artt. 208 e 209 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645 si .evince che le opposizioni regolate dagli artt. da 615 a 618 del codice di p1�ocedura civile non sono consentite, innanzi al giudice ordinario, al contribuente ed ai suoi obbligati, tra i quali, per effetto dell'art. 197, � il cessionario di azienda. Costoro, nel corso� della procedura esecutiva esattoriale, non hanno altra facolt� che quella di (1) Massima di evidente rilievo e di indubbia e.sattezza perch�, sia dalla lettera (imposte sui redditi dell'esercizio, situazi�ne tributaria della azienda) .come dagli scopi della noxma dell'art. 197 del t.u. n. 645 del 1958, interrpretata anche �con riferimento ai .suoi precedenti, si evince che essa non ha riferimento alla propriet� dell'azienda trasferita, bens� all'esercizio della relativa impresa, onde colui che subentra in tale esercizio attraverso l'acquisto dell'azienda � responsabile del pagamento delle relative imposte anche se facenti carico a precedente affittuario della az�enda stessa. (2) La prima delle eccezioni di illegittimit� costituzionale dell'art. 197 del .t.u. n. 645 del 1958, che la Suprema Cort~ ha dichiarato manifestamente infondate con la massima in esame, traeva motivo dalla pretesa natura processuale della solidariet� che assiste la responsabilit� del cessionario di azienda, e la sua manifesta infondatezza � stata facilmente dimo-" strata in base alla evidente natura sostanzile, e �Cio� ordinaria, di tale solidariet�. La motivazione della pronuncia relativa alla decisione della seconda 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ricorrere aH'Intendente di finanza, mentre solo dopo il coiriPimento dell'esecuzione hanno il diritto di .adire l'autorit� giudiziaria ordinaria, ma unicamente ai fini del risarcimento dei danni (3). (Omissis). -Devesi esaminare, ,preliminarmente, la questione posta con il secondo motiyo di ricorso, la soluzione della quale focide sulla questione della proponibilit�, o no, innanzi al giudice ordinal'io, della opposizione proposta dalla Soc. Macellerie Milanesi avverso l'esecuzione contro di essa promossa dalla Esattoria Civica di Milano, e suUa questione della sussiistenza, o no, dell'obbligazione tributaria di detta societ�, non~h�, ai fini della loro rilevanza nel :presente girudizjo, sulle questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 197 del t.u. delle leg.gi sulle imposte dirette di cui al d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, sollevate con il quinto ed il 1sesto motivo dello stesso ricorso. Si assume, con il 1secondo� motivo, che la norma dell'art. 197 del t.u. 1so:pra citato, nello statuire .fa responsabilit� del cessi�nario di azienda in ordine al pagamento delle imposte di ricchezza mobile dovute dai precedenti titolari, per il rpetj.odo di imposta in corso alla data della cessione e per il 1periodo precedente, si riferisce alle imposte dovute dal cedente, ossia dal precedente .proprietario del:la az.ienda ceduta, e che, .pertanto, detta responsabilit� non sussiste nella .iipotesi in cui, come nel caso di specie, le imposte siano dovute dal �soggetto che, nei detti periodi, abbia .gestito l'azienda quale a:ffirttuario della stessa. Si sostiene che ci� dsulta dalla formulazione letterale della norma in questione, che non pu� essere interpretata se non nel senso che la responsabilit� degli acquirenti si estende alle. imposte dovute non da tutti 1coloro che in qualche modo hanno .sfruttato i beni aziendali. ma solo da coloro che siano stati titolari di un� diritto reale .sull'azienda. Il� motivo � destituito di fondamento. Ritengono queste Sezioni Unite che, per risolvere la questione sottoposta al loro esame -se cio� la responsabilit� del cessionario d'azienda, .prevista dalla norma dell'art. 197 del t.u. del 1958, n. 645, riguardi unkamente il debito di imposta fac~te carico al .precedente proprietario dell'azienda ceduta, che abbia .gestito questa nel periodo di imposta in co11so alla data della cessione e in quello preeedente, oppure il debito del �Soggetto che, in� detti p~riodi, abbia, a qualsiasi eccezione per preteso eccesso di delega legislativa � quanto mai esauriente ed ineccepibile. (3) Il principio affermato nella massima corrisponde alla giurisprudenza ormai costante delle Sezioni Unite (cfr. sent. 21 aprile 1969, n. 1264, in questa Rassegna, 1969, I, 513) ed il suo particolare interesse ,consiste nellaw relativa applicazione anche nei confronti del cessionario idi azienda. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA titolo, gestito l'azienda medesima -sia sufficiente considerare 'qual'� l'oggetto delle imposte in questione e, quindi, qual'� il 1soggetto che, per la natura di tali imposte, o per espressa disposizione di legge, � tenuto al pagamento delle imposte medesime. Tali imposte, sono, invero, quelle sui redditi dell'esercizio dell'azienda e quella sui redditi di categoria C/2, ed � noto che, mentre le prime, per la loro stessa natura, in quanto hanno ad oggetto il reddito ,di carpitale �e lavoro, derivante dall'esercizio dell'azienda, sono dovute dal soggetto 1che, di :l�ronte al fisco, figura avere avuto detto esercizio, sia esso proprietario, usufruttuario, od affittuario dell'azienda, la seconda, pur avendo ad oggetto il reddito �di lavoro dei prestatori d'opera alle dipendenze dell'azienda, � dovuta, per effetto della norma dell'art. 127 dello ~tesso t.u., con obbligo di rivalsa, dallo imprenditore che ha gestito l'azienda ed ha .corrisposto la retribuzione ai prestatori d'opera alle sue dipendenze. Nell'uno e nell'altro caso si tratta, quindi, di imposte il� cui pagamento, sebbene in forza di cause diverse, fa carico allo stesso soggetto, cio� a colui che ha avuto l'esercizio dell'azienda. Ci� posto, appare sin troppo ovvio che la no.rma dell'art. 197, allorquando afferma la .responsabilit� del cessionario in ol"dine alle imposte dovute dai �precedenti titolari�, non intende Tiferirsi unicamente ai soggetti che, nei due periodi di imposta considerati, abbiano avuto la titolarit� dell'azienda quali proprieta.ri, ma, genericamente, ai soggetti che, in detti periodi, abbiano avuto tale titoladt� quali imprenditori, ossia ai soggetti che, in quei periodi, abbiano gestito in proprio-, a qualsiasi titolo l'azienda e, �cnme tali, siano debitori delle anzidette imposte. Ci�, d'altra parte, trova conforto nella considerazione che la titolarit� dell'azienda sta a designare, non l'intestatario della 1ditta che contraddistingue l'azienda, ma il soggetto che ha titolo per gode~e dell'azienda, ed � noto che il godimento dell'azienda, se a titolo� originario appartiene al proprietario, a titolo derivativo (contratto di affitto), appartiene anche all'affittuario. dell'azienda medesima. N� giova opporre che la norma del secondo comma dell'art. 197, laddove parla di � reddito del cedente ,, , rrisulta formulata in modo da limitare la responsabilit� del cessionario al debito di imposta del proprieta1ri� dell'azienda, giacch� riesce agevole replicare �che tale norma � dettata allo scopo di Hmitare la responsabilit� del cessionario al pagamento unicamente del debito di imposta afferente l'azienda c�duta, nella ipotesi in cui il debito di imposta sia relativo al a:-eddito di pi� aziende, e non pu�, ;pertanto, dalla� sua, no:h certo feHce, formulazione, inferiI\si che .il legislatore abbia inteso limitare la 1portata della norma del primo comma d,_ello s_tesso articolo; tanto pi�, poi,. considerando che l'esattezza della tesi qui accolta, trova ulteriore con-. forto e nello scopo della norma in questione, che, essendo quello di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 398 garentire al fisco il pagamento delle imposte che afferiscono,call'esercizio :dell'azienda, non consente, in difetto di una qualsiasi giustificazione, di ritenere esclusa dalla previsione della nonna medesima, la ipotesi del debito di imposta -gravante sul soggetto che, nei periodi considerati, abbia gestito l'azienda quale affittua1rio, anzich� quale .pro-� prietario, e nei precedenti legislativi dell'art. 197 in questione, costituiti dalla disposizione dell'art. 63 del r.d. 24 agosto 1877, n. 4021, e dalla disposizione dell'art. 36 della leg,ge 8 giugno 1936, n. 1231, le quali, per conseguire lo stesso SCO$)O della norma in. esame -che non ha, pertanto, n.el punto in questione, carattere innovativo -stabilivano, con una formula letterale s�emplice e chiara, che la Tesponsabilit� del nuovo esericente l'azienda irigua:r:~va le imposte �dovute dai " precedenti esercenti �, senza alcuna di�stinzione tra esercenti-proprie tari ed esercenti ad altro titolo. Accertato, dunque, che la norma �dell'art. 197 �del t.u. del 1958, n. 645, � applicabile anche all'ipotesi in cui il debito di imposta fa carico al soggetto che, nel periodo di imposta .precedente e in quello in corso all'atto della cessione dell'azienda, abbia gestito questa come affittu�JA"io, acquistano -rilevanza, ai fini della decisione della lite, le questioni di J.egittimit� costituzionale sollevate in ordine a detta norma, con il quinto ed il sesto motivo di xico:tso; i quali vanno esaminati con precedenza rispetto al primo ed al terzo mot.ivo, atteso che l'accertamento dell'applicabilit�, o meno, della norma la cui legittimit� costituzionale � contestata, � indispensabile rper decidere della proponibilit�, o meno, innanzi al giudice ordinario, dell'orprposizione alla esecuzione proposta dalla Soc. Macellerie Milanesi. Si sostiene, con il quinto motivo, �che l'art. 197 del t.u. del 1958, n. 645, � in contrasto con la norma del primo comma dell'art. 24 della Costituzione, in quanto detto articolo, interpretato nel senso che esso consente di pel'!seguire il cessionario d'azienda in base ad accertamenti ed iscrizioni ri.guardanti il cedente, co:ri:serva il fenomeno della solidariet� �processuale, che gi� dalla Corte Costituzionale � stato riconosciuto in contrasto con il primo comma dell'art. 24 della Cq�stituzione, che garantisce ad ogni cittadino la tutela dei propri diritti. La questione � manifestament-e infondata. Come � stato riconosciuto anche dalla Cort�e Costituzionale, in . cidentalmente, nella .sentenza n. 138 del 1968 (con cui � �stata dichiarata infondata .la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 209, secondo comma, del t.u. del 1958, n. 645, proposta in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione), la norma dell'art. 197 del detto t.u. � di diritto sostanziale -in quanto include, -tra gli effetti della cessione d'azienda, l'obbligo del cessionario� di paga:r;e i debiti �di imposta inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, in analogia a quanto dispone < l'art. 2560 e.e. per i debiti, in ,genere, !relativi a detto eserCizio -� e, PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA come tale, non viola l'art. 24 della Carta costituzionale, clJ:e ��~�renUsce i diritti soggettivi nella configurazione e nei limiti che ad essi derivano dal diritto sostanziale �. Bel pari manifestamente infondata � la questione di legittimit� costituzionale sollevata con il sesto motivo, con il qual� si assume che l'anzidetta noxma dell'art. 197, disponendo .che i cessionari di azienda sono responsabili del pagamento delle imposte di r.m. dovute dai precedenti .titolairi, per il periodo in co:Nm e per quello precedente la cessione, "1sulla base della dichiarazione o degli accertamenti dell'Ufficio �, ha innovato all'art. 36 della legge del 1936, n. 1231, che subordinava la respoitlSabilit� solidale del cessionario d'azienda alla iscrizione a ruolo delle imposte o alla notifica dell'avviso di accertamento prima dell'avvenuta cessione, ed ha, pertanto, violato i limiti della delega legislativa che, in virt� dell'art. 76 delJ.a Costituzione, era stata conferita al Governo .con l'art. 63 della le�g.ge n. 1 del 1956. Devesi, infatti, rileva1.re che la delega legislativa conferita al Governo 1con l'art. 63 della legge n. 1 del 1956, comprendeva, oltre l'autodzzazione ad emanare testi unici concernenti le diverse imposte dirette, le disposizioni ,generali e le norme sulla riscossione delJ.e ,stesse imposte, anche l'autorizzazione ad eliminare le disposizioni in contrasto con i principi contenuti nella legge 11 .gennaio 1951, n. 25, e ad apportare, .fra l'altro, le e modif�c-he utili per un migliore coordinamento �, ovviamente con .gli anzidetti principi. Ora,' poich� tra i principi contenuti nella legge 11 gennaio 1951, n. 25, vi era quello ci:-elativo al sistema di tassazione per conguaglio o per consuntivo, dal legislatore del 1951 adottato in sostituzione del precedente sistema di tassazione .preventiva, la legge delegata non poteva non tener conto �di �detto nuovo sistema di tassazione e coordinarvi la disposizione dell'art. 197. Invero, l'adozione del sistema di tassazione per conguaglio o per consuntivo, consistente nell'applicazione dell'imposta -dovuta per un annc;> (1periodo di imposta) al :reddito effettivamente prodotto in quell'anno, comporta la provvisori-et� delle iscrizioni a ruolo (cfr. �art. 176 del t.u. del 1958) delle imposte relative all'anno in �corso e a quello precedente la cessione d'azienda, con la conseguente incertezza ci(["ca !'�effettivo ammontare ,di tali imposte. Donde la necessit� di far rifeirimento, nella norma dell'art. 197, al fine idi non pregiudicare alcuna delle due parti (fisco e cessionario d'azienda), non pi� alle imposte gi� iscritte a molo per il periodo in corso e per quello prec�edente la cessione, le quali potrebbero risultare inferiori o superiori a quelle effettivamente dovute, bensl alle imposte dovute, per detti periodi, sulla base della dichiarazione del contribuente o degli accertamenti dell'ufficio, ossia, pra.Ucamente, alle imposte ancora da definire, sulla base del .reddito effettivamente prodotto. 40) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il rigetto dei motivi innanzi esamin"ati importa, come conseguenza, anche l'infondatezza e, quindi, il rigetto del primo e del terzo motivo di ricorso. Non v'ha dubbio, infatti, che, con tali motivi, la soc. Macellerie Milanesi miri a con.testare la jacultas agendi dell'Esattoria, ossia il titolo in base al quale l'Esattoria ha agito in esecuzione, in quanto, mentre con il primo motivo deduce la nullit� dell'iscrizione a ruolo dell'obbligazione principale, effettuat� a nom� della Soc. Sag~ ma, alla quale la notificazione dell'accerla,mento sarebbe stata fatta in modo non :rituale, e sostiene che l'art. 188 del t.u. del 1958, n. 645, � stato interpretato erroneamente dalla Corte, perch� il rimedio dell'impug. nazione �del ruolo, in sede amministrativa, � previsto per il contribuente principale, non per il �coobbligato, che pu� adire direttamente l'autorit� giudiziaria, con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 197, tM'imo comma, e 208, primo comma. del citato t.u. e assume che l'esattore non pu� agire esecutivamente contro il. cessionario d'azienda in forza del titolo esecutivo intestato al cedente. Si tratta, in altri termini, di motivi che hanno per oggetto domande che, essendo dirette ad ottenere la dichiarazione di illegittimit� della procedura esecutiva promossa dall'Esattoria di Milano, concretano una tipica OPIPOsizione all'esecuzione. Ed � noto �che l'opposizione all'esecuzione promossa dall'esattore, non � consentita, innanzi al giudice ordinario, al contriibuente ed ai suoi coobbligati, tra i quali, per effetto dell'art. 197, � il cessionario d'azienda, oltre che agli altri soggetti indicati nell'art. 208 del t.u. del 1958, n. 645. Dal combinato disposto di detto ultimo articolo e del successivo a:rt. 209 (il quale, pi� volte, dalla Corte Costituzionale, con le sentenze 1ri. 87 del 1962 e n. 138 del 1968, � stato riconosciuto costituzionalmente legittimo) si evince, infatti, che le opposizioni �regolate dagli artt. da 615 a 618 del codice di procedura civile, non sono consentite ai soggettl. innanzi nominati, i quali, nel corno della procedura esecutiva, non hanno altra facolt� che quella di ricorrere all'Intendente di Finanza, 'mentre solo dopo il compimento dell'esecuzione hanno il diritto di adire l'autorit� giudiziada ordinaria, ma unicamente ai fini del risarcimento dei danni. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 gennaio 1971, n. 90 -Pres. Flore -Est. Gambogi -P. M. Di Majo (.diff.) '.:. Ministero delle Finanze (avv. Stato Salto) c. Vassallo (avv. ,Melazzo). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette �-Controversie di valutazione -Decisioni della Commissione provinciale -Difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Sindacato di legittimit� del giudice ordinario -Natura -Estensione. (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Controversie divalutazione -Decisioni della Commissione provinciale -Difetto di calcolo e errore di apprezzamento -Sindacato di legittimit� del giudice ordinario -Insufficienza dell'istruttoria -Non giustifica il difetto di calcolo -Eccezionale valutazione senza ricorso al calcolo -Ammissibilit� -Condizioni -Impiego della comune esperienza -Esclusione. (d.l. 7 agosto 19.39, n. 1639, art. 29; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, artt. 24 e 41). Il sindacato di legittimit� attribuito al giudice ordinario sulle decisioni del"La Commissione provinciale delle imposte� non ha. per oggetto il controllo della sufficienza delia motivazione pre�scritta dail'art. 42 del d.l. 8 luglio 1937, n. 1516, ma l'assai pi�� penetrante ed esteso controllo deila esistenza e sufficienza del calcolp e della mancanza di gru.vi ed evidenti errori di apprezzamento, cio� la .verifica della adeguatezza di una motivazione qualificata, basata su calcoli artmetici; ii potere del giudice ordinario� sulle decisioni �delle commissioni provinciali � quindi assai pi� ampio di quello deUa Corte di Cassazione sulle sentenze di merito e giunge addirittura, sia pure nei limiti della manifesta evidenza, ad incidere sul merito deW.apprezzamento fatto dalla Commissione, pur rimanendo nei limiti di un controilo di legittimit� (1). Non pu� addursi a giustificazione della insufficienza del calcolo la mancata raccolta da parte deil'Ufficio di dati e�d elementi di valutazione, perch� la Commissione, anche di appeilo, ha ampi p�teri istruttori (artt. 25 e 41 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516); mentre ove la particolarit� del caso non consenta una raccolta di elementi di calcolo sar� neces saria una adeguata motivazione che giustifichi l'impiego di criteri sus sidiari di valutazione. Il giudice ordinario non pu� ricorrere aUa co mune esperienza, per supplire alLa mancanza o erroneit� del calcolo (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso, peraltro :lirazionabile in. tre distinte .censure, �la finanza, denunziando la violazione e falsa (1-2) Decisione di grande interesse e alquanto innovativa. Si d� .ora una definizione ben vrecisa dell'ampiezza del sindacato del giudice ordinario in materia. Precedentemente tale ampiezza spaziata dal � merito della valutazione� (Sez. Un., 1� agosto 1968, n. 2737, citata nel testo, in questa Rassegna, 1968, I, 1005; Sez. I, 10 aprile 1968, n. 1082, Foro it., 1968, I, 1671) alla mera legittimit� (giurisprudenza prevalente). Si chiarisce ora che l'impugnazione ex art. 29 � di sola legittimit�, e quindi limitata al solo iudicium rescindens, ma di legittimit� � qualificata � che incide sul merito dell'apprezzamento fatto dalla Commissione, sia pure nei limiti della manifesta evidenza e non consiste soltanto nel semplice accertamento della esistenza di una motivazione logica e coerente; il controllo che il giudice ordinario � chiamato a compiere � cos� penetrante, specie su un piano tecnico, da ,. diventare � un controllo concettualmente di merito che viene consid�rato 402 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO applicazione degli~ artt. 111 della Costituzione, 15, 16 e 29 1tel r.d.1. ��� 7 agosto 1936, n. 1639, 42 del r.d. 8 luglio 1'937, n. 1516, in relazione all'art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c., lamenta �he la Corte di Aiprpello: a) non abbia .rilevato la mancanza di .sufficiente motivazione ai sensi del predetto art. 42 r.d. n. 1516 del 1937; b) non abbia rilevato che la Commissione Provinciale non ha eseguito calcolo alcuno per determinare il valore dei beni; c) abbia errato nell'affermare e motiva�re la inesistenza di grave ed evidente errore di apiprezzamento in ba1se soltanto ai dati della comune esperienza, ed abbia essa stessa commesso codesto gr:ave ed evidente errore di apprezzamento nel rifar� la valutazione. Nel resistere al ricorso le eredi Vassallo deducono ;preliminarmente il difetto di 1giurisdizione del giudice ordinario �di :fronte alla cen�SU!l'a di difetto di motivazione �ex airt. 42 del r.d. n. 1516 del 1937, per essere invece, in proposito, giurisdizionalmente competente la Commissione Centrale. Il ricorso �della finanza � fondato e �deve essere accolto, pur ;proceden: dosi alle necessarie precisazioni in �diritto _richieste dal1a materia in esame che, �nonostante l'abbondanza dei precedenti giurisprudenziali, non sembra ancora aver trovato definitivamente sistem�zione. Come hanno recentemente affermato queste Sezioni Unite (sentenza n. 2737 del 1968) la violazione dell'art. 42 del r.d. n. 1516 del l 1937 non pu� essere dedotta dinanzi al giudice ordinario di prima j istanza ai sensi dell'art. 29 del r.d.1. n. 1639 del 1936, che stabilisce un l tipo tutto parlicola!t"e di controllo da parte di detto .giudice sulla decisione della Commissione Provinciale. Il difetto di motivazione ex artit colo 42 potr� invece essere fatto valere col ricorso diretto a questa r Corte Suprema ex art. 111 della Costituzione contro tale decisione, i I ricorso nel quale, ovviamente, nemmeno pu� convertirsi il ricorso or dinario, che investe la pronunzia del giudice ordinario di secondo grado e non la stessa pronunzia della Commissione Provinciale. Pertanto in .questa sede (anche se non sia pertinente la eccezione di difetto di .giurisdizione basata sull'art. 6 _della legge abolitiva del e trattato dalla legge e dalla giurisprudenza come un controllo di le gi ttirr� t� > � Sulla ammissibilit� di criteri di stima :diversi da quelli rprescritti dal l'art. 16 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, quando del loro impiego .sia data adeguata motivazione, cfr. Cass., 26 ottobre 1968, n. 3568, in questa Ras segna, 1968, I, 831; 25 marzo� 1969, n. 958, Riv. leg. fi,sc., 1969, 15:63; 3 di cembre 1969, n. 3860, ivi, 1970, 672. Sui poteri della Corte di Cassazione di censurare l'a.pprez~amento del giudice di merito sulla adeguatezza del metodo di .stima, anche in relazione a �criteri di �Comune esperienza impie gati o non impiegati cfr., oltre la sent. 10 aprile 1968, n. 1082 cit., 28 marzo 1966, n. 819, in questa Rassegna, 1966, I, 912; 7 gennaio 1967, n. 58, Riv�. leg, fisc., 1967, 1099; 19 giugno 1968, n. 2030, ivi, 1968, 2428. PARTE' I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 403 .f contenzioso amministrativo perch� la non impugnabilit� delle decisioni della Commissione Pirovinciale, Sezione di valutazione, dinanzi al giu.., dice �ordinario, anche per questi()IIli di legittimit� :come quella l'elativa al difetto di motivazione, � dovuta non al disposto di detta norma ma al~a definitivit� �della decision~ ai sensi dell'art. 29 del r.d.1. n. 1639 del 1936) non si pu� discutere se la Commissione Provinciale abbia o meno adempiuto .genericamente al precetto di motivazione sancito, genericamente appunto, dall'art. 42 del r.d. del 1937. L'mdagine, infatti, in sede di iriconso ordinario, deve essere circoscritta nei limiti, anzi, pi� esattamente, estesa fino all'ampiezza � del contz:ollo affidato al giudice ordinario dall'art. 29; controllo che � assai pi� penetrante di quello che possa essere il semplice accertamento sull'esistenza di un� motivazione,' purch� in s� logica e coerente. L'art. 2Q del r.�d.l. del 19ll6 .presuppone, infatti, che la'. motivazion. e addotta �dalla C�mmissione Provinciale �di valutazione a s~stegno della sv.a .definitiv�a decisione sia una motiva:z;ione qualificata, e cio� bas�ta su di un calcolo di dati aritmetici, ovviamente desunti dai parametri fissati. ne1J'a.rt. 16 dello stesso r.d.1.; ''.come, ad esempio, la .capitalizzapone .del reddito dell'immobile da valutare, la ricer�a comparativa del prezzo locale �dell'IUfllit� di misura delle aree,� e simili. Ma ci� l}ncora :non basta a circoscrivere l'inda1gine affidata al �giudice ordinarlo circa_ la congruit� della motivazione, de qua; detto giudice, infatti, �oltre che 1cOO.trollare� �che la. motivazione esdsta e che si estrinsechi in un calcolo matematico e non in �semplici generiche asserzioni, dovr� ailltChe accertare che detto calcolO'._ e la raccolta dei dati o ter. mini relativi non siano aff.etti da .gravi ed evidenti errori di appr'ez-, zamento; compiere,, cio�, un controllo .cosi penetrante da incidere addirittura, sia pt.Jre nei limiti della manifesta evidenza, sul merito dell'apprezzamento fatto dalla Commissione; �diversamente a quanto avviene, ad esempio, per il controllo della motiva~ione delle sentenze da pa.rte 'di questo Supremo Collegio che non pu�, :per .pacifica giurisprudenza, rilevare nemmeno .il tr:avisamento dei fatti. Da ques.to punto di vista si comprende perch� la .gi� citata sentenza n. 2'737 del 1968 di queste Sezioni Unite abbia affermato che il sindacato d�l .giudi�e previsto dall'art. 29 del r.�d.1. del 1936 attiene al merito della valutazione; �ci� non significa che il controllo de quo non sia un controllo di legittimit�, secondo quanto questa C-Olrle su.. prema ha sempre ritenuto col considerare pacifico che il giudice ordinario, se accoglie la domanda, deve rinviare alla Commissione ipeJ,' il nuovo .giudizio -di merito e non decidere esso �stesso sulla valutazione ,(ci�, che, veramente questa volta, violerebbe il. principio ;posto dall'art. 6 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo), ma vruo~ semplicemente dire che, in questo caso, la legge fa assurgere a requisito �di legittimit�, attraverso l'eliminazione di un computo ~ 404 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO grossolanamente e manifestamente errato, quello che conc�tf�almente � sarebbe .un giudizio, sia .pure aberrante, di mea:-ito. Se questi criteri si applicano alla fattispecie, evidente appare la gi� rilevata fondatezza delle doglianze della Finanza. Per quanto attiene alla mancanza del calcolo, infatti, la Corte di Appello -che non poteva, del ~esto, fare diversamente -la ammette, giustificandola, per�, 'col rilievo che nella specie l'Ufficio non aveva posto a disposizione delfa Commissione i dati necessail'i. Siffatta giustificazione norn sembra prevista dall'art. 29 della legge; ma se anche con essa si volesse qui riaiprire la questione dell'onea:-e della ;prova nel processo fiscale, per affermare che a tale onere su di esso gravante �l'Ufficio non si � sottoposto, con conseguenze dirimenti sulla sua pr:etesa, sar� facile :rispondere �he l'art..42 del d.l. n. 1516 del 1987 consente a:nche alle Commissioni Pirovinciali le amplissime facolt� istruttorie gi� previste per le Commissioni Distrettuali dall'art. 25; e che pertanto, di froote alla motivazione priva di calcoli estimativi, non basta l'apodittica affermazione da parte del .giudice del controllo in ordine ad una presunta inerzia istr:uttorfa dell'Ufficio pea:-far divenire regolare la motivazione �stessa; massime se della giustificazione norn trovasi itraccia nella decisione stessa �della Commissione. Non si pu� escludere che, nella variet� delle fattispecie, caipiti una valutazione di immobili per la q.ale sia veramente impossibile la raccolta di elementi di �calcolo; ma in tal caso sar� questa obbiettiva .impossibilit� e la ragionata adozione di criteri sussidiari di valutazione che dovranno emergere dalla sia pur succinta motivazione della decisione della Commissione. Sotto questo ;profilo, quindi, la sentenza impugnata � incorsa sia in errore di diritto che in omessa motivazione. Ma anche sul punto del ,g.rave ed evidente errore di apprezza I' mento la Corte �di Appello ha �giudicato e motivato in maniera del tutto inadeguata. Ln proposito la giurisprudenza di questa Corte Suprema (a sezione semplice) non appare :del tutto univoca circa la estensione del controllo .di le.gittimit� spettante alla Cassazione sul controllo anche, esso di legittimit� eseguito dal .giudice o:r:dinario, essendosi, ad esempio, ritenuto, con sent�nza n. 1082 del 1968, la possibilit� .di riesamina. re nel merito in questa :sede di legittimit� il �giudizio di evidenza e g:ravit� dell'errore come errar in procedendo, ed essendosi invece affermato, con sentenza n. 2030 del 1968, che l'apprezzamento del �giudice di merito d.~ca la �esistenza idi detti ;presupposti � incensurabile in sede idi legittimit� se sorretto da motivazione esauriente �ed immune da vizi logici o giuridici; affermazione che fol'lSe non tien conto del fatto che l'errore �di apprezzamento � presupposto della stessa giuri; sdizione del .giudice ordinario. . PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 405 Questa sfasatura di precedenti, evidentemente dovuta al gi� ~rilevato fenomeno per cui un �Controllo concettualmente di merito viene considerato e trattato dalla leg.ge e .dalla �giurisprudenza come un controllo di legittimit�, non pu� comunque giovare a.ne resistenti, perch� nella specie, anche se ~i adotta il pi�� ristretto criterio della sindacabilit� :della sola motivazi001e della sentenza impugnata entro i limiti del n. 5 deJJ.'arl. 360 c.p.c., non pu� essere dubbio che detta sentenza impugnata debba qui esser cassata anche per quanto c001cen;ie il giudizio di inesistenza del grave ed evidente errore di ?Pprezzamento. In :proposito, infatti, la Corte di Appello ha respinto la valutazione proposta dall'Ufficio ;per dimostrare la sussistenza di detto errore in.ella �decisione �della Commissione semplicemepte rilevando che tale valutazione era fondata e su dati �di comparazione insufficienti e non sicuri ,. e �che " alla luce della comunE:~�esrperienza > era pi� congrua la valutazione fatta dalla Commissione. Ora questa motiv;:i.zione della s_entenza impugnata � puramente apparente e viziata in diritto, come quella che desume la prova del proprio assunto da una apodittica confutaziOOle �del calcolo proposto dalla finanza e da un erronea applicaziOOle del .capovel'ISo dell'art. 115 c.p.c. Per quanto grande si voglia cOOlsiderar� l'ambito delle nozioni di fatto desunte dalla comune esperienza quali legittime fonti di c001vincimento del giudice, non si pu� certo ritenere che detto ambito comprenda anche il prezzo corrente degli immobili in una �determinata localit�. In materia si :potr� �considera.re massima di esperienza clie l'immobile che si trova nel centtro di una citt� valga, in �genere, ;pi� che un immobile di ;periferia, ma la sentenza impugnata non si � limitata a questo rilievo (ammissibile ma in~iente) per escludere la esistenza del grave ed evidente 0l'll"Ore di apprezzamento, perch� � giunta, sempre �al lume della comune esperienza ,. , ad affermare che fa valutazione e in blocco ,. con fa quale la Commissione Provinciale aveva attribuito agli immobiU. de quibus il valore di 12 milioni di m-e era la _Pi� rispondente al vero. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1971, n. 111 -Pres. Gianinattasio -Est. Mirabelli -P. M. Caccioppoli (diff.) -Felisatti (avv. Garuti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Zoboli). Imposta generale sull'entrata -Prodotti ortofrutticoli, uova, pollame e cacciagione -Trasferimenti anteriori all'immissione in consumo -Presunzione fiscale -Sussiste -Onere della prova a ca-� rico del contribuente -Mez~i di prova ammessi. (legge 19 giugno 1940, n. 762, art. 27; d.m. 23 dicembre 1948, art. 22). n regime partico�i're per ia corresponsione de:ll'imposta suli'entrata su prodotti ortofrutticoli, uova, pollame e ccicciag.ione stabilito RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO neWart. 22 del D.M. 23 dicembre 1948 non comporta un'esenztone p�r gli atti di trasferimento precedenti a quello della immissione in consumo, ma semplicemente la concentrazione del pre1lievo tributario in occasione dell'ultimo atto. Ne consegue che ai fini dell"art. 27 ult.. comma della legge 19 giugno 1940, n. 762, spetta sempre al contribuente dare la prova di aver adempiuto a quanto la legge dispone, anche se, non essendo nel caso prescritta ia tenuta delle fatture o dei tronchi delle matrici delle ~arche doppie, la prova pu� essere dava con 01gni mezzo (1). (Omissis). -I ricor:renti denunciano la sentenza impug.nata per falsa applicazione dell'art. 27 della legge 9 gennaio 1940, n. 2 istitutiva dell'imposta rg�enerale �sull'entrata e per violazione e falsa applicazione dell'art. 22 del d.m. 23 dkembre 1948, contenente �speciali modalit� di ipagamento dell'imposta iper alcune categoll"ie di entrate, e sostengono �che �erroneamente la Corte di app�llo ha �ritenuto. aipplicabile la prima delle norme indicate alla fattispecie in esame, che dentra nell'ambito .di apiplicazione della seconda, in quant�, a foro avviso, quest'ultima aw;ebbe statuito un regime di imposizione incompatibile con le .regole contenute in quella. La .censura, per�, � priva di fondamento. Il citato d.m. 23 dicembre 1948 � stato emanato, invero, in attua zione della previ�sione contenuta nell'art. 13 del d.1. 3 maggio 1948, n. 799, con il quale al Ministero delle Finanze � stata attribuita la farcolt� di adottare i particolari regimi �di imposizione, previsti dal1' a.rt. 10 del d.l. 19 ottobre 1944, n. 348, anche per ile entrate derivanti dal commercio di uova, pollame, conigli e caccfa.gione; quest'ultima norma prevedeva, tra .l'altro, che il Ministro potesse disporre che la imposta fosse rcorrlsposta mediante l'applicazione di aliquote o quote condensate in .rapporto al presunto numero degli atti economici imponibili, �e con il citato art. 22 rdel Decreto suddetto il Ministro ha appunto adottato, per varie entrate tra cui sono comprese quelle di cui si tratta, il regime della corresponsione una volta tanto all'atto del. l'immissione in consumo dei ;prodotti. Con tale regime non ha luogo l'esenzione da imposizione rper gli atti di .trasferimento �precedenti a quello dell'immissione in consumo, (1) Decisione esattissima. I commercianti devono �ssere sempre in grado di dimostrare, agli effetti .dell'ultimo comma dell'art. 27 della legge istitutiva dell'I.G.E., di aver adempiuto a:gli obblighi fiscali :su quelle merci che risultano acquistate e non giacenti nei magazzini, anche rse per tali merci non deve corrispondersi nessuna imposta al momento dell'uscita; in questo caso naturalmente la prova potr� esser.e data con mezzi diversi dalla fattura o dai tronchi delle marche doppie. In sede di verifica deve rsempre potersi determinare la quadratura tra le merci entrate e la somma dellemerci giacenti e di quelle legittimamente uscite. \ J PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA come erroneamente sostengono i ricorrenti, ma l'imp�sta dovuta"per tali atti viene conglobata in quella dovuta. iper l'ultimo atto e viene corrisposta� al momento in cui questo si veri.fica. La deroga che tali disposizioni apportano alla normativa contenuta nella legge 9 gennaio 1940, n. 2 non concerne, dunque, l'essenza dell'imposizione, ma riguarda soltanto i modi di corresponsione dell'imposta, si che non ha apportato alterazione dei prindpi e delle regole :generali contenute nella legge, ma rende solo necessario un adeguamento dell'applicazione 1 di quei principi e di quelle regole alla particolare situazione che viene a verificarsi nell'attuazione delle nc:irme speciali. Tale adeguamento deve essere adottato, come esattamente ha affermato la sentenza impugnata, anche in .relazione alle disposizioni contenute nel citato art. 27 della legge, ed in particolare a quella posta nell'ultimo :Comma, che sancisce la rC.d. presunzione fiscale. Con ,tale norma, infatti, � stata sancita una limitazione del,la prova liberatoria a 1carico del contribuente, nel senso che come tale viene ammessa soltanto l'esibizione delle fatture o dei tronchi delle matrici delle mar.che doppie, da cui risulta l'avvenuta corresponsione dell'imposta; la disposizione risulta 1direttamente applicabile, quindi, soltanto nelle ipotesi in cui sia richiesta dalla legge l'e:rnissi001e di fatture o l'uso delle doppie marche. Il principio, per�, cui la norma � ispirata � che mentre spetta all'Amministrazione finanziaria l'accertamento degli elementi da cui risulti che atti di trasferimento abbiano avuto luo.go, � a carico del contribuente l'onere di provare che egli ha compiuto in relazione a tali atti, quanto la legge stessa �dispone. Tale principio, insito nel sistema della legge, non viene alterato da disposizioni speciali che, prevedendo un �diverso mod� di corresponsione dell'imposta, esonerano il contribuente dalla fOiJ1llazione delle fatture o dall'uso delle doppie m.arche. Nelle ipotesi previste da tali norme deve dtenersi che venga meno la limitazione �dei mez.zi di prova, ,di cui si � detto, ma non che venga invertito il criterio di ripartizione dell'onere .della prova, nel senso che sia posta a carico dell'Amministrazione la prova dell'omissione del contribuente. Di fronte all'accertamento, compiuto dall'Amministrazione, della cir.costanza che atti di trasferimento hanno avuto luogo, sp~tta al con tribuente o:ff.rire prova che si tratti di atti per i quali non sussiste l'ob bligo di con-esponsione a suo carico; tale p:rova egli potr� da:re non soltanto con fatture, come incidentalmente si trova enunciato nella sentenza impugnata, ma con �.gni mezzo adeguato, dal quale risultino i rsin.goli atti compiuti e gli elementi per valutare se tali atti siano com presi tra quelli ,per i quali non � prevista la diretta correspo�nsione dell'imposta, e, qualora1 la prova stessa non sia fornita, non pu� il 408 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO contribuente sottral'ISi alla c.d. presunzione, ossia al giudizio-oehe gU atti da lui compiuti non sono da comprendere .tra quelli per i quali l'obbligo �di corresponsione non .grava a suo carico, �e sono, ~nvece, da considerare compiuti in evasione dall'imposta. A questa interpretazione della normativa vigente i ricorrenti hanno opposto due argomentazioni, che appare opportuno esaminare, per completezza di valutazione. Essi hanno fatto presente che con risoluzione n. 9350 del 14 agosto 19�63 il Min:Lstero delle Finanze ha disposto che nel caso di grossisti di prodotti ortofrutticoli, al cui regime � stato assimilato quello del pollame e della cacciagione, che promiscuamente vendano ad altri grossisti e a dettaglianti, spetta agli organi di controllo �raggiungere la prova delle violazioni eventualmente commesse, basandosi su docu:.ienti esibiti o rinvenuti o su dichiarazioni del trasgreSLSore o su altri validi eleme~ti, �e che con circoli.are n. 75167 del 23 ottobre 1948 dello stesso Ministero, � stata prevista, in irelazione a tale ipotesi di attivit� commerciale promiscua, l'istituzione di registri di carico e scarico; da tali atti essi ritengono �di ;potere trarre elementi di interpretazione nel senso che la stessa Amministrazione finanziacr:ia avrebbe inteso che, nelJ.'ipotesi di cui si tratta, nessun onere di� prova gravi sull'opecr:atore commerciale. Essi aggiungono, poi, che, qualora si ponga a carico del grossista, che affermi senza ;provarlo, di avere venduto ad altro �grossista, l'imposta che la legge prevede sia corrisposta al momep.to del .trasferimento al dettagliante, :si verrebbe a verific:are una duplicazione di imposizione, in quanto l'imposta sarebbe di nuovo corrisposta all'atto dell'ulteriore trasferimento. Entrambe le argomentazioni sono, per�, erJ:"onee. I citati atti dell'Amministrazione non possono essere affatto intesi come l'espressione del convincimento che a carico dei grossisti non gravi l'onere di dare la prova della natura degli atti di commercio compiuti; �ed infatti, richiamando .gli organi �di controllo al dovere di accertare l'esistenza di attivit� da cui nasca l'obbligo di �orrispondere l'imposta, l'Amministrazione. ha, invece, mostrato di ritenere che non fosse sufficienie la mera affermazione del compimento di attivit� esent� per esonerare l'operatoil'e dall'obbligo tributario e che, invece, dovesse essere ricercata l'esistenza di atti di commercio ricadenti nell'ambito di applicazione del tributo, salvo l'accertamento del ;regime da applicare agli stessi; ed inoltre, prevedendo J.'istituzione di un registro di carico e scadco, si � appunto offerta all'operatore la possibilit� di offrire una prova della natura degli atti di commercio da lui compiuti, e si �, �cosi, confermato che devono consideraTsi ammessi mezzi di prova diversi dt quelli previsti dalla norma :generale, ma che tuttavia a carico dell'operatore rimane J.'onere di offrire la prova liberatoria. La .prospettata eventualit� �di una doppia imposizione, poi, non sussiste in concreto, �ed anzi l'argomentazione addotta vale a dimo: PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 strare l'esattezza della soluzione accolta, sul piano .pratico. � proprio, infatti, l'omissione del grossista nel fornire i dati del trasferimento da lui compiuto che viene ad impedire che l'imposta sia corrisposta all'atto dell'im.miissione in �consumo, in quanto non permette la rilevazione, ad ogni effetto, dei �successivi atti economici il'efativi alla meil'ce da lui trasferita, e quindi anche l'eventuale assog1gettamento di tali atti all'imposta prescritta. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 g�ennaio 1971, n. 115 -Pres. Pece -Est: Pascasio ".: P. M. Sciaraffia (conf.) -Ditta S.I.L.L. (avv. Silvestri) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Avella). Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Decisione della Commissione Centrale -Esame del controricorso Reiezione implicita -� sufficiente. Imposte e tasse in genere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Impugnazione della Finanza -Atto di impugnazione e comunicazione dei motivi al contribuente -Distinzione -Motivazione contenuta nell'atto presentato nella segreteria della Com.missione Comunicazione sommaria al contribuente -� sufficiente. (r.d. 7 agosto 1937, n. 1316, artt. 35, 38 e 45). Imposta di registro~ Termine per la registrazione -Verbale di aggiudicazione -~iene luogo del contratto.. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80 e 110; r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16). La decisione della Commissione Centraie � immune da vizi ove risuiti, anch~ impiicitamente, che abbia preso in e�same ii controricorso pur senza c<Ynfutario specificamemte (1). L'impugnazione deUa Finatnza � vaiidamente prorpo�sta COIJ'l. ia pres. entazione presso ia segreteria de.iia Commissione di atto adeguatamente motivato, anche se nena com:u.niicazione deU'impugnazione contenuta ne.no stesso avviso di notificazione de:Ua decisione impugnata sia esposta una motivazione pi� sommaria (2). (1-3) La decisione della Commissione Centrale � nulla,' per violazione del principio del contradittorio, se pronunciata senza prendere cognizione del controricorso e del ricorso incidentale (Cass. 25 maggio 1966, n. 1336, in questa Rassegna, 1966, I, 1299; 30 giugno 1966, n. 1685, Riv. leg. fisc., 1966, 2022); deve per� trattarsi di totale difetto di esame accertabile documentalmente, come nel caso che il controricorso presentato all'Ufficio non 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO n verbale di aggiudicazione nei procedimenti di asta ptibblica e di licitazione privata indetti da enti pubbiici tiene luogo ad ogni effetto del contratto, anche quando sia prevista, e in concreto sia. avvenuta, la successiva stipulazione del contratto. Conseguentemente il termine per la regis1Yrazione deco!Tre da'lla .data dell'aggiudicazione e non dalla data del successivo contratto (3). (Omissis). -Col rprimo motivo, denunciando la violazione degli ar,tt. 47, 48 e 45 del r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, in relazione all'art. 111 della Costituzione ed all'art. 360 n. 5 c.;p.c., si lamenta che la Commissione centrale abbia :pronunciato sul �gravame senza prender�e in esame il corntroricorso. La censura non � fondata. La Commirssion�e centrale infatti, nell'esaminare il 1gravame ad essa proposto dall'Amministrazione delle finanze e nell'esporre le ragioni della ritenuta fondatezza de'l medesimo, ha impUcitamen:te confutate e .respinte le contrarie iragioni esposte nel controricorso. Risulta per�ltro che la Commissione tenne presente il controricorso proposto dalla Societ� rperch� su istanza di questa e non dell'Amministrazione fiss� l'udienza per la trattazione dei due contrapposti .gravami, talch� l'aocogUmento dell'uno non poteva :non significare anche la xeiezione dell'altro. � Col secondo motivo, deducendo la violazione dell'art. 46 del r.d. 8 luglio 1'937, n. 1516, la Societ� ricorrente censura la decisione im pugnata per non avere rilevato che l'appello era inammissibile perch� 1 proposto senza alcuna esposizione dei motivi, enunciati soltanto con atto� successivo, redatto quando la facolt� di impugnazione era stata ormai consumata. Infatti, a noll'ma degli artt. 45, 35 e 38 del citato r.d. del luglio 1937, le �decisioni delle Commissioni provinciali debbono essere noti- sia stato trasmesso alla Commissione (21 ottobre 1967, n. 2574, ivi 1968, 262; 13 ottobre 1970, n. 1966, ivi, 1971, 378) o la decisione sia stata pronunciata prima della scadenza�del termine per la presentazione del ricorso inciden tale ( 4 marzo 1967, n. 516, ivt 1967, 1217), cosa che non ipu� dedursi dal semplice fatto che nella motivazione il controricorso non risulta specifica mente confutato (25 ottobre 1966, n. 2582, ivi, 1967, 399). � stato ormai definitivamente chiarito 1che l'impugnazione dell'Ammi nistrazione � prO{Posta 1con atto motivato che. deve pervenire alla :segreteria della Commissione del termine di trenta giorni dalla notifica della decisione; entro lo stesso termine deve essere data �comunicazione al contribuente dell'impugnazione e dei motivi; ma ci� pu� gi� essere avvenuto, ed � anzi il -caso pi� frequente, con l'avviso di notifica della decisione (il mod. 108). Il vero atto di impugnazione � quindi que11o presentato nella segreteria della Commissione, mentre l'atto portato a conoscenza del contribuente ne PARTE I, SEZ. V, Gil!RISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 ficate, a cura dell'Ufficio, entro 60 giorni dalla data di ricevimento da Ptlrte del medesimo e l'Ufficio che non intende accettare la decisione delle Commissioni anzidette pu� impugnarle con atto che deve giungere alla Commissione centrale entro trenta giorni dall'avvenuta notificazione al contribuente. Ora, nella specie, risulta che l'Ufficio, cricevuta la decisione della Commissione provinciale il 10 maggio 1966, provvide a notificarla alla Societ� il 4 luglio 1966 e cio� entro i. predetti sessantl'.l giorni, con avviso contenente la dichiarazione di appello e l'indicazione generica di motivi �che provvide poi a specificare con nota pervenuta alla Commissione centrale il 16 luglio 1966, ossia entro �e non oltre i trenta giorni prefissi per ricoITere. Per tal modo,� quella facolt� .di impugnativa che era �esercitabile entro tutto il termine sopra ind,icato (di .giol'ni trenta) l'isulta svolta tempestivamente per.ch�, quana'anche il gravame non fosse stato validamente proposto con il'atto del 4 luglio 1966, non � dubbio. che l'atto del 16 dello stesso mese era idoneo ed efficace a pro.porlo. N� peraltro, il diritto di impugnativa spettante ad una delle parti, pu� �dirsi �esaurito mediante atto insufficiente, ben :potendo il g.ravame essere validamente proposto con atto :succe�ssivo purch� questo sia intervenuto entro il termine di decadenza all'uopo prefisso. In altre parole, la dichiaraziooe di appello fatta dall'Amministrazione mediante l'avviso del 4 luglio senza la specificazione dei motivi, non pu� consideratrsi preclusiva del .successivo ma tempestivo atto del 16 dello stesso mese che ripeteva la dichiarazione .di .gravame completa della prescritta specifica enunciazione dei motivi. � noto infatti che, come ~ dato ricavare, argomentando a contrario dagli artt. 358 e 387 c.p.c., l'effetto di �consumare � l'impugnazione, cio� di precludere l'esercizio del potere (.di azione) �di impugnativa consegue solo alla ,pronuncia sul gravame, che dichiari l'inammissi � solo una ;riassuntiva comunicazione (3 ottobre 1968, n. 3065, in questa Rassegna, 1968, I, 816; 30 gennaio 1970, 212, ivi, 1970, I, 287; 7 ottobre 1968, n. 3124, Foro it., 1969, I, 387), tanto che l'avvenuta notifica al contribuente non dispensa l'Amministrazione dall'osser'vanza del termine di trenta giorru per il deposito del vero e proprio ricorso (25 giugno 1966, n. 1623, in questa Rassegna, 1967, I, 632). L'atto di impugnazione e la comunicazione di esso possono riunirsi in unico atto (tl :rnod. 108) �quando, con la notifica della deci'sione, sia comunkata al �Contribuente una sufficiente motivazione del ricorso e rsi provveda IPOi a depositare questo atto nella segreteria nel termine di trenta giorni (13 ottobre 1970, n. 1973, ivi, 1970, I, 1100). Ci� chiarito risulta evidente che proprio �con il ricorso presentato nella segl'eteria si espone la motivazione di cui .si � gi� data o si dovr� dare una comunicazione riassuntiva al contribuente. Non � dunque a parlarsi. di due atti di impugnazione e della possibilit� di una seconda impugna 412 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO �� bilit� o l'imp~ocedibilit� d.el medesimo, anche se non contenrga una pr001uncia di merito. Ne deriva che l'impugnazione non ;pu� �essere riproposta, anche se pendono ancora i termini, qualora siano intervenute le cennate pronuncie, mentre pu� esserlo (sempre nell'ambito dei t~ini) qualrnra -come nel ca~o in esame -non siano state ancora dichiarate l'inammissibilit� o l'improcedibilit� medesime, a nulla rilevando che siano state eccepite. Col terzo motivo la Societ� ricorrente censura la decisione della Commissione centrale per avere ritenuto che i.I .contratto di appalto andava �sottoposto alla tassa proporzionale e non a quella fissa, perch� la registrazione era avvenuta oltre il termine .di venti giorni da quello in cui fu redatto il verbale di .aggiudicazione dell'appalto, deducendo la violazione degli a.rtt. 17 e 110 del t.u. 30 dic�mbre 192�3, n. 3269 nonch� dell'a.rt. 44 della tabella all. B alla ;predetta legge. Ci� perch� il verbale di aggiudicazione non dava �esistenza .giuridica al .rapporto di appalto il quale si sarebbe invece .concretizzato soltanto col successivo contratto del 13 giugno 1964, per cui non si era verificata la ritenuta deca�denza �dal beneficio fiscale. Anche questa censura non � fondata. � stato altra volta osservato (sent. 2. aprile 1965, n. 567) che, ai sensi dell'art. 16 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, nelle aggiudicazioni pubbliche o a licitazione privata (come quella in esame) il vincolo contrattuale sorge dal verbale di aggiudicazione, non occorrendo ulteriori formalit� intese ad accertare gli elementi essenziali del negozio, e ci� anche quando sia prevista ed in effetti �segua una succ�essiva stipulazione del contratto. Consegue che la decadenza dai benefici fi..scali previis:ta dall'art. 110 della legge di registro (che concerne ogni sgravio, anche quello consistente nell'assoggettamento dell'atto ad una tassa meno gravosa quale zione proposta prima che la precedente sia dichiarata inammissibi�le o improcedibile. Bisogna solo osservare �Che al .contribuente deve sempre essere data co:m;unicazione dei motivi o con l'avviso di notifica della decisione o successivamente �enko il termine di trenta giorni; questa comunicazione, anche se pu� J:'iassumere i motivi del ricorso, deve tuttavia porre il contribuente nella condizione di �Conoscere le ragioni della impugnazione. Su1la terza massima la .giurisprudenza � costante (30 gennaio ~964, ri. 263 in questa Rassegna, 1964, I, 489; 28 marzo 1966, n. 816, ivi, 1966, I, 361; 3 febbraio 1968, n. 349, Riv. leg. fisc., 1968, 1146; 2 dicembre 1969, n. 3850, ivi 1970, 655). Bisogna per� :eonsiderare che gli atti di aggiudicazione, in quanto contratti degli enti pubblici, sono di norma soggetti alla approvazione (art. 19 dell�i legge di contabilit� di 'stato, art. 296 legge comunale e provinciale); in tal .caso il termine per .Ja registrazione, pur riferibile agli atti di aggiudicazione, decorrer� a norma dell'art. 81 della legge di registro. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 la tassa fissa in luogo di quella proporzionale) � pertanto applicabile � -com.e in altro caso � sfato da questa Corte suprema ritenuto (sent. 3 febbraio 1968, n. 349) -alla tardiva registrazione del verbale di a.ggiudicazione di un appalto indetto da ente pubblico; e, ,per la stessa ragione, alla registrazione del contratto suec�essivamente stipulatosenza avere tempestivamente assoggettato a �registrazione il verbale anzidetto, com.e si � verificato nel '.caso esaminato.; La decisione impugnata che tale decadenza ha affermato non merita dunque la� mossa censura. -�-(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 gennaio 197!, n. 157 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Antoci (conf.) -De Micheli (avv. Giordano) c. Mini,stero delle :finanze (avv. Stato Soprano). Imposta di registro -Appalto -Vendita -Distinzione -Criteri di cui alla legge 19 luglio 1941, n. 771. (legge 19 luglio 1941, n. 771, art. 1, comma quinto). Deve qualificarsi come 'Pendita il contratto col quale una ditta si obbliga di cons�gnare cosa costituente� l'oggetto della' sua oroinaria produzione, anche JJe s.i tratti di cosa composta che debba essere montata ed adattata ad un im~obile; rientra quindi neila nozione di vendita anche il cootratto per l'installazione in 'U/n immobile dell'impianto di riscaldamento costituito da elementi fabbricati dalla ditta neU'ambito della sua ordinaria produzione (1). (Omissis). -La Societ� ricor:rente censura la� sentenza, lamentando la violazione dj:!'l comma quinto dell'art. 1 della legge 19 luglio (1) Suscita notevole perplessit� l'eccessivo peso formale attribuito aJ quinto comma del:l'art. !della legge 19 luglio 1941, n. 771, �considerato come norma assolutamente separata dal primo comma :e dai concetti g.enerali. Il terzo ed il quinto comma "dell'art. 1 �contengono criteri sussidiari e correttivi a quello fondamentale enunciato nEJl comma 1 (Cass. 26 ottobre 1970, n. 2156 e 18 dicembre 1970, n. 2708, in questa Rassegna, 1970, I, 1131 e 1971, I; 183). Ci� significa �che questi due criteri non .possono assumere valore esclusivo e determinante. Perch� possa farsi ricorso a detti �criteri sussidiari deve potel"si escludere che il negozio sia indi,scutibiilmente definibile come vendita o come appalto �secondo i iPrincipi generali e :i;l 1criterio .fissato nel primo comma; altrimenti, seguendo il ragionamento della sentenz�a in rassegna, dovrebbe dirsi �che anche la 1costruzione di un ponte o di una diga sia una vendita se il costruttore, con la sua o:vdinaria produzione, gi��� dispone di cemento, ferro1 ,sabbia, ecc. ilJ ovvio per� .che l'intera legge n. 771 414 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DE:LLO STATO ' 1941, n. 771, per avere la Corte d'.Appello qualificato a'Ppalti i contratti per la costruzione di impianti di riscaldamento, pur avendo riconosciutor �che l'or.ganizzazione dell'impresa De Micheli comprendeva tali impianti come oggetto di sua ordinaria produzione: disapplicando cos� il criterio, stabilito nella norma ora richiamata e pi� volte chiarito da sentenze di questa Suprema Corte, che devono considerarsi vendite, agli effetti della legge di registro, i contratti con cui una ditta si obbliga di consegnare cose costituenti l'o.g.getto della sua ordinaria produzione: cose che ben possono essere impianti completi di ;dscaldamento. La censura � fondata. La Corte di Trieste, che pure ha richiamato nella sentenza impu ' gnata la decisione di questo Supremo Collegio n. 2502 del 1966, condividendo l'interpretazione con essa data all'art. 1 della leg.ge 19 luglio 1941, n. 771, con l'adottare poi l'interpretazione diametralmente opposta, mostra di non aver ben compreso, in definitiva, n� il contenuto di tale norma, n� la spiegazione datane con la richiamata decisione di questa Corte e con altre successive, una delle quali ;riguardava specificamente la fornitura e messa in opera di un impianto di riscaldamento da parte della ditta produttrice (Cass., 21 ottobre 1967, n. 2572). Deve, quindi, iripeter:si, dopo attento riesame della questione, che la distinzione tra appalto e vendita, piuttosto chiarita nelle nozioni che �di tali contratti sono contenute nel codice civile, perde molto della sua efficacia nei casi in cui la realizzazione dell'interesse del committente, scopo del regolamento contrattuale, comporta un risultato di lavoro su cose dell'altro contraente, �che debbano essere particolarmente lavor�te, adattate e sistemate nella messa in orpe�ra. Nell'intento di dettare criteri :pi� precisi per �discdminare ai fini fiscali .gli appalti dalle vendite �e dalle forniture in genere, eliminando riguar.da le cose mobi<li (materie, merci, prodotti e prestazioni di opera) e in particolare il quinto comma � cese che �si consegnano > rientranti nella ordinaria produzione; gi� questo dovrebbe bastare per escludere che un contratto� relativo ad opus costruito in loco e inicorporato in un immobile, quale un impianto completo di riscaldamento, possa mai concepirsi come , vendita. Per di .pi� l'oggetto dell'ordinaria produzione di cui al quinto comma � da riferire alla cosa da consegnare completa e funzionante non ai singoli materiali che la compongono; � cio� l'impianto di riscaldamento e non i singoli pezzi (tubi, radiatori, caldaia ecc.), che deve rientrare nell'ordinfll'ia produzio,ne. E non � a pa~larsi di cosa composta che pu� essere oggetto di ordinaria produzione industriale di elementi prefabbricati in serie, anche se dovr� essere montata e adattata all'immobile cui accede; � un ragionamento tropipo generico : anche un edificio � una cosa 1COill(postll e anche i mattoni sono .prefabbricati in serie, ma la costruzione dell'edificio ' PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 difficolt� di qualificazione in un campo, come quello tributario in genere e dell'applicazione dell'imposta di registro in pa�rticolare, che richiede certezia, unifo;rmit� e speditezza �di determinazioni, la legge 19 luglio 1941, n. 771 � partita dal criterio, adottato del resto gi� nell'interpretazione del diritto: comune, della prevalenza del lavoro (appalto) o della materia fornita ed impiegata (vendita); ma, per la determinazione della preva1enza, s'� riferita esclusivamente al rapporto dei valori dei detti due coefficienti col valore globale della prestazione di fare e ,di dare: s:Lcch� considera appalto, �gli effetti dell'imposta di registro, il contratto comprendente, oltre alla prestazione di opera, anche la fornitfil'a di materie, merci o prodotti, ove il prezzo o valore delle materie, merci o prodotti non costituisca la parte prevalente del prezzo o valore globale. Ha ,stabilito, poi, con piena aderenza alla realt� economka, c~e. prescindendosi dal 1cennato rapporto di valore tra materia e lavoro, debbano considerami vendite �i contratti 1con i quali una ditta si obbliga di consegnare cose costituenti l'oggetto della �sua ordinaria produzione, tale definendo la produzione dell'ordinaria organizzazione industriale o attrezzatura tecnica della ditta produttrice, ancorch� i prodotti subiscano nella fabbricazione variazioni o adattamenti su richiesta o ord,inazione dell'acquirente (art. 1, comma quinto e sesto). Tale contenuto letterale e logico delle disposizioni in esame, lo scopo che esse tendono a realizzare nello specifico campo di applicazione per l'esigenza della considerazione unitaria �del rapporto negoziale ai fini della registrazione, il fatto che il criterio distintivo adottato dalla legge speciale �, in sostanza, quello stesso utilizzato dal �codice civile ma con adattamenti 1sempli:ficativi, inducono a ritenere che le disposizioni stesse si riferiscono a tutte le ipotesi in cui sia dovuta una prestazione di fare e di dare, av�ente per oggetto cose �che 1si presentino come concreti !risultati .dell'impiego, espressamente considerato nel contratto, �di materiali e �di lavoro: in e dei suoi relativi impianti � qualcosa di pi� del montaggio in loco di una cosa oggetto di ordinaria produzione. Se ila vendita resta tale quando oggetti (mobili) vengono �semplicemente montati e allestiti pr�esso il �C-O:mpratore, cosa diversa � .per� la costruzione di un impianto incoriporato ne�l'immobile che si crea in loco e �che non esiiste concettualmente come cosa che si produce tutt'intera in modo industdale. Non �bisogna arrivare a confondere la produzione industriale di " mer.ci, materie e ,prodotti ,. con l'opera costruttiva di un'impresa specializzata; l'impresa specializzata ipu� anche non aver bisogno di �creare, in vista dell'opera com.messale, una speciale organizzazione provvedendosi di attrezzature particolari, ma ci� non basta per far diventare vendita la costruzione di un'opera individua, che si crea essenzialmente con un facere, e che non esiste nella sua interezza come prodotto industriale, meno 1che mai se l'opera � una cosa immobile o fa parte di essa. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tali ipotesi, cio�, il criterio qualificativo non � xiposito nella considerazione, come oggetto della prestazione, dell'opus perfectum ottenuto con l'organizzazione produttiva dell'appaltare (appalto) oppure di cose che conservino inalterata la loro indivi�qualit� strutturale (vendita, somministrazione, fornitura), bensi consiste nel rapporto di rprevalenza del valore dei materiali o di quello della :prestazione d'opera rispetto al valore globale della prestazione: con l'impm�tante deroga che, per�, qualunque sia il valore delle materie, merci o prodotti impiegati nella lavorazione, si considerano vendite ai fini tributari i contratti con i quali una ditta si obbliga di conseg,fiare cose che costituiscano l'oggetto della sua ordinaria produzione. La Corte �di Trieste ha fatto leva sulla locuzione �si obbU.ga di consegnare � per affermare che fuori del il'apporto di scambio o di consegna la configurabilit� .della vendita a norma del criterio della legge speciale non ha motivo di sussistere: con la consegna del prodotto finito, ha spiegato, si conclude il fatto economico di scambio considerato dalla legg,e del 1941 e l'ulteriore evolversi (?) del rapporto stesso nell'attivit� dell'imprenditore diretta, oltr� allo scambio ed a mezzo dello scambio dei suoi prodotti, alla creazione ,di un opus diVeil'so qualificabile come impianto di (["is�aldamento d� vita �ad,. un nuovo xaipporto in cui il dare del prodotto finito pu� av�ere una o altra qualificazione ma in cui il facere� viene ad esame per la prima volta. Per la qualificazione ai fini tributari di detto ultimo rapporto il criterio della consegna �di cose �costituenti l'ordinaria ;produzione della ditta contraente non servirebbe pi� e potrebbe farsi .applicazione solo �del�� criterio riferibile alla proporzione tra prezzi e valori della materia e del facere, in rapporto al valore globale dell'opera. Questa dicotomia piuttosto oscura (per esprimerla sono state uti lizzate locuzioni testuali della sentenza impugnata) non ha fonda mento. Un impianto di <riiscaldamento �, in senso �giuridico, una cosa composta (corpus quod ex pluribus inter se cohaerentibus constat), oggetto possibile ,di un negozio di scambio, ed il fatto che esso debba essere adattato all'immobile cui 'accede non contrasta con l'ossexva zione che l'impianto medesimo viene a constare di elementi prefab bricati in serie dalla �ditta venditrice e che sono oggetto dell'o<rdinaria produzione di questa, a prescinder~ �da specifiche o\J.'ldinaziooi. In quanto cosa composta da un ,complesso ,di elementi che costituiscono oggetto di ordinaria produzione della 1ditta, l'impianto stesso pu� qualificarsi anch'esso oggetto �di tale ordinaria ;produzione, essendo la composi~ zione solo un fatto tecnico di adattamento delle gi� esistenti strutture costitutive dell'impianto. Del <resto questa �, in linea generale, la considerazione che del l'impianto di riscaldamento fanno le parti contraenti del negozio ir.e lativo alla costruzione dello stesso, allorch� �stabiliscono un prezzo .. 417 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA globale per la consegna dell'imipianto installato e :liurnzionante, come corpus unitarrio, negozio nel quale assume un rilievo prevalente appunto J.a qualit� degli elementi costitutivi, come normale produzione di urna ditta che abbia acquistato in tale ramo di attivit� economica buona notoriet� per la qualit� dei materiali e delle applicazioni tecllliche utilizzate nella costruzione degli impianti di riscaldamento. Mentre, dunque, un obbligo di consegna di cose di ordinaria produzione � ravvisabile anche a carico della ditta che a;bbia assunto la costruzione 1dell'imipianto, si prospetta contraria alla realt� economica e negoziale la distinzione, nell'unico rapporto giuri.dico, di una prima fase integrante la vendita dei soli elementi costruttivi r .di una fase successiva, relativa alla composizione di tali elementi in un impianto funzionante. Di conseguenza non ha consistenza il profilo giuridico in ba�se al quale la, Corte di _Trieste, pur avendo ritenuto che J.a �soc. De Micheli aveva provato essere gli impianti di riscaldamento og�getto della sua o:niin:aria produzione, ha escluso l'applicabilit� del criterio stabilito nel quinto comma dell'art. 1 della legge l9 luglio 1941, n. 771. ( Omissis). ' CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 .gennaio 1971, n. 198 -Pres. Ca; poo-a.so -Est. Pascasio -P. M. Trotta (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Coronas) c. Soc. Gas Metano� Genova (avv. Uckma:r). Imposta di registro -Trasferimenti a titolo oneroso -Prezzi e corrispettivi -., su suolo demaniale Concessfone � ad aediftcanduJ:ll� Opere costruite dal concessionario che saranno trasferite al concedente al termine della concessione -Costituiscono corrispettivo. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43). Imposta ipotecaria -Trascrizione di atti che trasferiscono diritti ca paci di ipoteca -Concessione� ad aediftcandum� su suolo del de manio marittimo -Tassabilit�. (legge 25 giugno 1943, n. 540, art. 1; cod. nav., art. 41). Agli effetti deU'a.rt. 43 della legge di registro, va ccmsiderato come corrispettivo del cpntratto di concessione ad redi.ficandum su suolo �� demaniale anche il valore delle opere da edifica.re da parte del con 418 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cessionario che al termine della concessione saranno trasferite al concedente (1). L'imposta �ipotecaria per le trascrizioni di atti che trasferiscono . f diritti capaci di ipoteca (art. 1 legge 25 giugno 1943, n. 540) � dovuta sugli atti di concessio1J-e del diritto ad oodificandum sul suolo del demanio marittimo, in quanto ii concessionario pu� costituire ipoteca sulle opere da esso costruite a norma dell'art. 41 cod. nav. (2). (Omissis). -Col primo motivo, denunciando: la violazione dell'art. 43 della legge di registro, dell'art. 1 della Tariffa all. A alla stessa leg.ge e dell'art. 49 del codice della navigazione, in relazione all'art. 360 n. ,3 c.ip.�c., lAmministrazione :ricorrente sostiene che la Corte d'appello ha ~r:roneamente. escluso dal computo del coo-rispettivo il .costo delle opere che .la Societ� concessionaria dell'area demaniale marittima si � obbligata a �costruire e, al termine della coneessione, a trasferire all'Ammini�strazione concedente. I La �censura � fondata. i Il problema giuridico p:rospettato con questo motivo consiste nello stabilire se il valore della �ostruzione superficiaria, eretta dal titolare di concessione ad ~dificandum su bene appartenente al demanio marittimo, �sia da ricondur.re alla nozione di �corrispettivo � �cui fa riferimento il primo comma ,del �citato art. 43 della legge d,i re~stro, al fine ,fil determinare la base imponibile dell'imposta proporzionale prevista per i trasferimenti a titolo oneroso dall'art. 1 della Tariffa all. A alla stessa legge. A tale !Problema questa Corte S'Uprem~ ha dato. gi� soluzione affermativa .in casi .del tutto analoghi a quello oggetto del rpresente giudizio� (sent. n. 3806 e 3805 del 22 novembre 1969; 2764 del 22 lu glio dello stesso anno), 1rilevan:do che l'acquisizione della costruzione alla scadenza della concessione non rpu� non incidere sull'equilibrio economico delle prestazioni corri:spettive che tra~gono origine dalla concessione .contratto, E la relativa utilit� per il concedente (impli citamente ma necessariamente valutata dalle parti) rientra nell'ampio concetto di quegli altri �corrispettivi � indicati dall'a:rt. 43 �della legge di registro. La .diversa soluzione adottata dalla Corte di merito pog.gia sui seguenti argomenti: 1) nell'atto di concessione � indicato �come cor !l'ispettivo soltanto il canone e non anche il costo delle opere; 2) la societ� non ha assunto n� poteva assumere l'obbligo della costruzione (1-2) Decisione esattissima. In senso conforme cfr. Cass., 22 novembre 1969, n. 3805, Riv. leg. f�sc., 1970; 634; 22 luglio 1969, n. 2764, ivi, 165; v. anche per un caso pi� specifico 11 novembre 1969, n. 3664, ivi, 573. 419 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA delle opere che gi� aveva costruite in precedenza, in seguito ad"autorlzz~ zione provvisoria; 3) l'acquisizione delle opere al demanio � stata prevista altermitivamente con la facolt� di chiederne la demolizione; 4) la pattuizione di un compenso iper l'acquisizione delle opere prima della scadenza del termine finale della �concessione. Nessuno ,di tali argomenti �giustifica la decisione. Il primo, infatti, non � risolutivo perch�, se anche i �Contraenti non hanno qualificato come �corrispettivo la devoluzione delle opere, essa tuttavia costituisce una utilit� che �di fatto � stata attribuita ad una delle parti e la cui qualifkazione giuTidica � compito del giudice. Neppure risolutivo � il secondo argomento perch�, .se le opere erano gi� costruite allorquando venne stipulata la concessione �contratto, ci� non toglie all'obbligo di trasferirle, assunto dalla societ� �concessionaria, il carattere suo� �proprio di .prestaziorne corrispettiva che trae origine da detta concessione. L'incidenza di tale prestazione sull'equiUbrio eco:r:iomico contrattuale non � esclusa, del pari, dalla :prevista facolt� dell'Amministrazione �di chiedere l'abbattimento delle oipere, perch� questo implica un calcolo di �convenienza rimesso dalle :stesse parti alla valutazione �di una di esse, con ca:rattere di assoluta discrezionalit�, che I non a�sso!l'be n� elimina l'onere della prestazione assunto dalla societ� coneessi001aria, anzi l'aggrava della ulteriore ~pesa occo:rirente :per la demolizione �delle opere e l'asporto dei materiali �di risulta. Infine, la pattuizione di un indennizzo per l'acquisizione delle opere lp!l'ima della scadenza 1della concessione vale a proporzionare, non gi� ad eliminare, nel tempo, l'onere della prestazione assunta dalla Societ�, per cui la stessa conserva integro il suo carattere di corrisipettivit� �derivante dalla concessione-contratto. Col secondo motivo l'Amministrazione,, denunciando la violazione degli artt. 2643 e 2645 �e.e. ed 1 della legge 25 giugno 1943, n. 540 sulle imposte ipotecarie, ha dedotto che la Corte d'appello ha erroneamente considerato �che gli atti di cui all'art. 2645 e.e. debbono essere tra.iscritti soltanto se :produttivi degli stessi effetti di quelli indicati dall'art. 2643, mentre � sufficiente che si verifi�chi trluno di detti effetti. Ha inoltre dedotto lAmministrazione che l'imposta ipotecaria � dovuta per la trasc.rizione di atti che trasferiscono diritti capaci di ipoteca e che la Corte non ha considerato che il concessionario di beni appartenenti al demanio marittimo pu� costitu}re ipoteca sulle opere da lui �costruite, a norma dell'art. 41 del codice della navigazione. A �dimostrare la fondatezza del motivo � sufficiente osservare che, in realt�, l'art. 41 del codice della navigazione dichiara che il con cessionaTio di beni appartenenti al demanio marittimo (come quelli di cui trattasi nel caso in esame) �pu� costituke ipoteca sulle orpere da lui costruite. E, rpoich� l'art. 1, terzo ,comma, della citata legge � 420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1 25 giugno 1943, assogg�etta i beni e diritti carpaci di ipoteca all'im~� posta ipotecaria proporzionale, � m,anifesto che la Corte d'appello, trascurando l'esame di tali norme, ha erroneamente escluso che l'atto fosse sog,getto a trascrizione e fosse perci� soggetto alla tassa legittimament� 1pretesa dall'Amministrazione finanziaria. Questa osservazione � per s� sola decisiva ed assorbente e dispensa la Corte dall'esaminare l'altra censura mossa col terzo motivo. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 202 -Pres. Pece -Est. Mazzacane -P. M. Caristo (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Ma'Si) �C. Comune di Torino (avv. Borda). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione -Opposizione -'Posizione processuale delle par.ti -Azione riconvenzionale della Finanza -Non � necessaria. Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Opposizione ad ingiunzione fiscale -Domanda nuova in appello -Richiesta di diversa agevolazione -Ammissibilit� -Limiti. La Finanza, che nel giudizio di opposizione ali'ingiunzio1J1,e fiscale assume la posizione processuale di convenuto, se chiede� che l'atto di trasferimento sia dichiarato soggetto ai normali tributi non propo'lte una domanda riconvenzionale, ma si mantiene� nei limiti di una mera difesa; si ha infatti domanda riconvenzionale� soia quando il com.venuto, traendo ocoa.sio'lte dalia domanda contro di lui proposta, opponga una contro-domamda, chiedendo un provvedimento positivo sfavoirevole all'attoire che va oltre il rigetto della domanda principale (1). Il contribuente attore nel giudizio �di opposizione all'ingiunzione fiscale pu� domandare in appello l'applicazione di un'agevolazion.e diversa da quella chiesta in pr.ima istanza ove il mutamento� della causa ipetendi non involga trasformazione obiettiva del contenuto della domanda originariamente proposta e non introduca nuovi elementi di fatto, ma si limiti ad una diversa qualificazioine giuridica del rapporto. Il giudice� di appeHo deve pertanto pronuncia1�e su una tale domanda quando la documentazione necessaria per l'applicazione della nuova agevolazione domandata risulti acquiisita in prima istanza (2). (Omissis). -Con l'unico mezzo del ricorso principa.Je l'Amministrazione denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345, (1-2) La prima massima � esattissima e opportunamente chiarisce che la Finanza non ipropone un'azione riconvenzionale quando contesta la��do PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARJ;,A .421 184, 99, 167, 36 c.-p.c. e dell'articolo unico della leg.ge 28 giugno f943, n. 666. L'Amministrazione sostiene che essa, chie.dendo che l'atto fosse dichiarato soggetto ai normali tributi, non propose una domanda riconvenzionale, ma intese soltanto paralizzare la pretesa fatta valere dall'opponente (attore nel giudizio di opposizione ad ingiunzione fiscale); ,che pertanto la Corte .ciel merito non poteva ,prendere in esame fa deduzione del Comune concernente la spettanza dei benefici previsti ai sensi della legg,e n. 666 del 1943, poich� con tale deduzione il Comune non aveva .proposto una mera eccezione contro J.'inesi�stente domanda riconvenzionale deWAmministrazione, bensi una domanda nuova, ini'immiissibile nel giudizio di appello. Le argomentazioni svolte dall'Amministrazione ricorrente sono, in ;parte, esatte, ma non possono tuttavia portare alla cassazione della sentenza impug.nata, poich� � sufficiente correggere la motivazione di essa, essendo il dispositivo conforme al diritto (art. 384 c.p.�.). L'Amministrazione, che nel .giudizio d.i opposizione ad ingiunzione fiscale assume la posizione processuale di parte convenuta, .chiedendo �he la compravendita de qua fosse dichiarata soggetta ai normali tributi, con il conseguente :rigetto dell'opposizione, non propose una domanda rkonvenzionale, ma si mantenne nei limiti di una mera difesa rispetto alla domanda dell'opponente (attore nel giudizio predetto). Infatti ricorre l'lpotesi della domanda riconvenzionale quando il convenuto, tra�ndo occasione dalla domanda contro di lui proposta, opponga un'altra contrp-domanda, chieda, cio�, un provvedimento positivo, sfavorevole all'attore, che va oltre il rigetto della domanda ;principale. Quando, invece, il convenuto si limita a far valere il suo diritto al solo scopo di escludere l'efficacia giuridica dei fatti o titoli dedotti dall'attore al fine �di ottenere il .rigetto della domanda, si rimane nell'ambito dell'ecc-ezione. manda del contribuente; numerose inesatte affermazioni in senso contrario possono riscontrarsi in varie decisioni (cfr. BAFILE, Note sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzioine fiscale, in questa Rassegna, 1969, I, 527 e Ancora sull'azione riconvenzionale della Finanza nel giudizio di opposizione all'ingiunzione fiscale, ivi, 916). La seconda massima � esatta nella sua enunciazione ma non lo � al� � trettanto nell'appltcazione al caso deciso. In appello � ammissibile la sola deduzione, che non diventa domanda, tendente a dare una diversa qualificazione giuridica del rapporto ai fini dell'applicazione �di altra norma (cosa che ovviamente possono fare sia il contribuen~e che la Finanza), ma che si basi sull'identico presuipposto di fatto; 1Si ha .cio� mutamento della sola causa petendi quando vengono mutate soltanto le ragioni giuridiche senza 'che la nuova deduzione � introduca nuovi elementi di fatto � rispetto alla domanda originaxia. Altra .cosa � per� l'allegazione di un fatto nuovo anche se documen 422 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Orbene, nella specie, la domanda .dell'opponente-attore fi.rdiretta ad ottenete i �benefici fiscali .della leg.ge n. 589 o n. 408 del 1949, poich�, come si � detto, i benefici fiscali della legge n. 666 del 1943 furono invocati solo in compal'!Sa conclusionale, nel giudizio dinanzi al Tribunale. Pertanto 1'Amministrazione con l~ richiesta di dkhiarare l'atto soggetto ai normali tributi non ampli� l'oggetto del �giudizio oltre i limiti della domanda proposta �contro �di essa, n� chiese un provvedimento positivo che andasse oltre i limiti della domanda dell'attore, ma� intese rporre, soltanto, la logica premessa della conseguenziale richiesta .di rigetto della domanda stessa. Consegue che J.a deduzione deJ. Comune per l'applicabilit� dei benefici .concessi dalla leg.ge n. 666 del 1943 non poteva essere configurata come eccezione diretta a paralizzare un'inesistente domanda riconvenzionale, bens� com� domanda nuorva, .per diverisit�' di causa petendi. Infatti, il Comune, invocando la leg.ge n. 666 del 1943, chiese l'agevolazione fiscale, per l'atto de quo, in base ad una norma diversa da quelle indicate nel giudizio di :primo grado. E la Corte ben poteva esaminare il merito della deduzione �stessa -pur configurata come domanda nuova -rpoich� il solo mutamento della causa petendi non � precluso nel giudizio di appello, ove esso non involga trasformazione obiettiva del contenuto della domanda proposta in primo grado e purch� non alteri o sposti l'ambito originario della controversia introducendo nuovi elementi di fatto, ma si limita ad una diver~a qua . J.ifi.cazione giuridica del rapporto od a sollecitare l'applicazione di norme div�erse. Nella specie l'indagine �dire.tta degli atti -consentita in sede di legittimit� essendo stato denunciato un error in procedendo -rivela 1che la documentazione'\ necessaria .per l'applicazione della legge n. 666 del 1943 (atto di �compravendita, deliberazione consiliare, allegata ad esso, estratto del .piano regolatore del Comune di tato firi dall'origine; non basta �Che �sia esclusa la �necessit� di nuove indagini,., ma occorre che il presUJPposto di fatto sia stato dedotto in giudizio in Primo grado. Quando in prima i�stanza si � domandata l'agevolazione sull'atto di acquisto di un terreno in quanto destinato alla �costruzione edilizia (legge 2 luglio 1949, n. 408) ovvero alla costruzione di opere pubbHche di interesse degli enti locali (legge 3 agosto 1949, n. 589), il chiedere l'agevolazione in quanto il terreno � �Stato acquisito per �l'esecuzione del piano regolatore (legge 28 giugno 1943, n. 666) significa allegare un fatto totalmente div�rso .sul cui accertamento � mancato un grado di giurisdizione .e l'Amministrazione convenuta non ha potuto esercitare alcun controllo ai fini della sua difesa. E non ha rilevanza che fossero acquisiti fin dall'origine documenti sui quali non era impostata �alcuna domanda; il divieto della domanda nuova in appello non attiene all'istruttoria (che anzi nuovi documenti possono essere esibiti) bensi alla necessit� dell'unico petitum. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 t Torino) era 1stata acqliisita al processo fin dal giudizio di primo grado di �guiJ&t che il mutamento della caitsa peten�i non importava alcuna esigenza di miove indagini, ma soltanto, l'applicazione di una diversa norma giuridica aid una situazione di fatto preesistente, gi� acclarata, e nori alterava l'ambito originario della controversia (applicazione dei benefici fiscali all'atto de� quo). Pertanto, �cosi corretta la motivazione della sentenza, il ricorso deve essere rigettato, non essendo stata prOjpos:ta alcuna censura quanto . ' all'affermata sussistenza, in concT'eto, delle condizioni necessarie per l'applicazione all'atto de quo dei benefici rprevisti dalla legge n. 666 del. 1943. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 204. -Pres. Pece -Est. Leone -P. M. Caristo (conf.) -Comune �di Torre d'Isola (avv. Vitale) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Savarese). Imposta di registro -Agevolazioni per le opere d'interesse degli enti locali -Strade comunali -Opere di completamento -Cilindratura e bitumatura di strade esistenti -Non � compresa nel concetto di completamento. (legge 3 agosto 1949, n. 589, art. 2, nn. 1 e 3; legge 15 febbraio 1953, 111. 184, art. 2). Imposta di registro -Agevolazioni per le opere d'interesse degli enti locali -Elenco delle opere ammesse -Art. 2 legge 3 agosto 1949, n. 589 -� tassativo. (legge 3 agosto 1949, n. 589, art. 2; legge 15 febbraio 1953, n. 184, art. 2). .. Fra i �wori di e completamento � delle strade comunali esterne ' 589 nel testo agli abitati di cui all'art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. sostituito con 'la legge 15 febbraio 1953, n. 184, n()lfl, rientrava 'la cilindratura e bitumatura, prevista invece per 'la e� sistemazione" delle strade interne a.gl.i abitati (1). L'elencazione delle categorie di opere amirn..esse a contributo di cui aU'aTb. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 589 nel testo sostituito con 'la legge 15 febbraio 1953, n. 184 � 1:fLssativa (2). (1-2) La 1prima parte della decisione � esattissima e approfonditamente motivata; in senso nettamente contrario la recente pronunzia 3 dicembre 1970, n. 2532, in questa Rassegna, 1971, I, 121, con annotazione nella quale si antidpavano alcune delle, considerazioni ora riprese nella sentenza sopra~ ripoTtata. La .seconda massima � da 'condividere pienamente. ) 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -Il Comune cricorrente censura la �sentenza impugnata, lameptando la violazione dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, in quanto la Corte d',A.ppello si sarebbe attenuta ad un'errata interpretazione restrittiva di detta norma, allorch� ha escluso che cilindratura e bitumatura di una strad� integrino il concetto di completamento di essa. L'agevolazione fiscale, invece, dovrebbe intendersi diretta a favorire le attivit� di miglioramento viario in genere, con rigua11do maggiore alle opere �~ pi� ,grande i~portanza economica e pratica, che sarebbero tutte comprese nella previsione della norma in esame. La 1censura � infondata. Non � pertinente il rkhiamo, fatto dal Comune l'licorrente, al principio, 'Pi� volte affermato da questo Supremo Collegio, 'circa la legittimit� dell'interpretazione estensiva delle disposizioni che stabiUscono esenzioni tributarie, in modo da comprendere nella� disciplina normativa tutti i casi considerati dal legislatore. Non � pertinente perch� la legge stessa in esame pone discriminazioni per limitare la portata delle agevolazioni tribu~arie, ,sfoch� un'interpretazione che non tenesse conto di tali -esplicite limitazioni sarebbe palesemente ille . ' gittima. � Deve rilevarsi, poi, che l'a.rt. 2 della legge 3 a.gosto 1949, n. 589, nel testo sostituito con la leg.ge 15 febbraio 1953, n. 184, distingue le strade comunali esterne (operanti specifici allacciamenti di .pa.rticolare. interesse pubblico), dalle ,strade 1comunali interne agli abitati. Per la costruzione o il completamento delle strade esterne relati.ve . a tali allacciamenti concede un contributo statale, sulla spesa occo!I'rente, del 4,50 % per trentacinque anni, mentre .per le strade interne stabilisce il contributo del 3,50 % , per la detta durata, 'sulla spesa per la sistemazione straordinaria, anche con cilindratura e bitumatura. .In tale disciplina normativa, dunque, � testuale la distinzione tra costruzione e completamento delle strade, da una parte, e sistemazione �str.aordinaria delle strade, dall'altra, sistemazione ovviamente distinta dalla manutenzione ordinaria, distinzione cui corrisponde la variazione dell'importo dei contributi statali previsti per le diverse categorie di lavori. L'interprete non pu�, quindi, affermare, come vorrebbe il Comune dcorrente, che trattasi di distinzioni <Capziose, non riflettenti alcuna 1precisa operazione effettuale, ma deve ricercare il contenuto delle no:zioni espresse con i detti termini di costruzione, completamento e sistemazione straordinaria di strade. In tale ricerca non sembra che .giovi la considerazione, su cui fa eccessivo affidamento la sentenza impugnata, che le fonti legislative in esame, a .proposito della sistemazione straordinaria delle strade �� specificano che tale �sistemazione pu� consistere anche nella cilindratura e nella bitumatura. In relazione alle normaU esigenze del traf PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA fico moderno, �svolto in modo quasi assoluto con veicoli a motoxe di notevole velocit�, la tecnica applicata nella costruzione di nuove strade, ancorch� di refativa importanza quali le strade comunali esterne negli specifici allacciamenti previsti dalle leggi irt esame, comporta la cilindratura e la bitumatura delle strade medesime, come elementi costitutivi di queste: e di conseguenza non pu� escludersi che le dette due operazioni possano rientrare anche nella nozione di completamento delle strade, sia essa intesa come .prolungamento del traccia,to stradale, sia riferita all'aggiunta di strutture complementari alla strada, mantenuta nello sviluppo planimetrico originario. Pu� essere utile, invece, il rilievo che in altre� fonti legislative concernenti le strade, i lavori a queste relativi �sono riferiti alla costruzione, sistemazione e mantenimento delle strade, senza menzione del com~letamento (artt. 23, 371 39 della legge 20 marzo 1865_, n. 2248, all. F, art. 14 della legge 12 febbraio 1958, n. 126) e che nelle leggi n. 589 del 1949 e n. 184 del 1953 la costr.uzione ed il completamento delle strade sono considerati alla medesima stregua, quanto alla mi� sura del contributo �Statale, concesso in misura maggiore che per la sistemazione stTaordinaria. Tutto ,i� considerato, questo Supremo Collegio � dell'avviso� che nell'art. 2 della legge 3 agosto 1949, n. 589, il cui testo �. stato sostituito con l'art. 2 della legge 15 febbraio 19�53, n. 184, la locuzione e �Completamento� (delle strade), avvicinata a quella di �costruzione� e �fruente del medesimo trattamento di agevolazione, sta ad indicare la .fase ultima e posticipata della costruzione, quando i tempi di questa siano tenuti distinti ai fini del finanziamento delle opere relative. Nei piani di finanziamento di opere pubbliche, che debbono tener conto dei mezzi disponibili e delle ipriorit� delle esigenze -specie se la spesa � a carico degli enti lo�ali, che di solito, non di!Sipongono di mezzi finanziari sufficienti -i tempi della costruzione e del completamento delle opere possono essere tenuti di�stinti, come se i relativi lavori costituissexo oggett0 di un ~iverso opus limitato; in tali casi, deve-ritenersi che l'opera pubblica � costruita quando � in conc �reto destinata al soddisfacimento delle esigenze per le quali � stata disposta, anche se non perfetta nelle sue strutture; � completata quando, con l'aggiunta delle strutture mancanti, essa consegue l'interezza del suo normale modo di essere, secondo la tecnica che la riguarda. Questa interpretazione risponde anche al signifi.cato lessicale dei termini usati dalla legge, dei quali completamento sta ad indicare l'attivit� volta ad aggiungere ci� che manca ad una cosa per renderla completa, intera nelle sue parti, mentre sistemare esprime l'ordinare, il mettere bene a iposto cose gi� esistenti nella loro essenza individua: sicch� sistemazione straor.dinaria di una strada significa metterla in . or.dine, Tiparandone i .guasti e le deficienze anche notevoli che ne RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pregiudicano la funzionalit�, in relazione alle esigenze .del traffico che su ,fil essa 1Si svolge determinandone l'usura ed ai quali non possa provvedersi� con la manutenzione ordinaria. Nella specie, con accertamento incensurabile, i giudici del merito hanno �stabilito che le strade, sulle quali il Comune di Torre d'Isola ha eseguito i lavori esisteva.I;lo, nel loro completo sviluppo planimetrico, �gi� da tempo: il che significa �che per esse non s'� posta come possibile ed attuale la quesitone della diversit� di fasi e �di tempi della �costruzione, nel senso ed agli effetti 1spiegati innanzi. Di conseguenza deve escludersi che per tali lavori 1si possa parlare di completamento delle �strade e resta confermata la qualificazione ad essi . 1 data dai giudici. di merito, allorch� hanno ritenuto che detti lavori di cilindratura e �di bitumatura debbano rientrare nella nozione di sistemazione straordinaria delle strade: qualificazfone del resto eS1Plicitamente dichiarata �dalla '.stessa Amministrazione comunale nel ro.: gito notarile �di mutuo per cui � causa. Col secondo motivo il Comune ricorrente assume che sarebbe stato violato e falsamente applicato l'art. 2 della citata legge del 1949 -modi�ficato ed integrato con la legge 15 febbraio 1953, n. 184 in quanto sarebbe stata considerata tassativa l'elencazione dei lavori stradali in detta norma contenut�, m~ntre !"elenco avrebbe carattere e8emplificativo, isicch� nei �lavori previsti dovrebbero rientrare anche le opere per cui � causa. La censura non tiene conto del fatto che la norma in esame, intendendo stabilire contributi statali diversi sulle spese per specifiche categorie �di o.pere :pubbliche, tali categorie ha indicato in base a caratteri tipici obiettivi: sicch� l'elenco delle categorie di opere ammesse a contributo ha indubbio carattere tassativo, sul quale non spiega mfl.uenza il fatto che, in relazione alle concrete fattiS!Pecie si pone l'esigenza di stabilire se il� lavori rientrino o meno nelle categorie � previste ed in quale ,fil esse, data la relativa ampiezza delle categorie medesime. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 gennaio 1971, n. 207 -Pres. Favara -Est. Mazzacane -P. M. Trotta (conf.) -Soc. Capuano (avv. Declich) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Angelini-Rota). Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Na t.ura -.Prescrizione -Interruzione -Verbale di accertamento di trasgressione -Idoneit�. (legge 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3 e 17). Poich� la pena pecuniaria prevista dalla legge 7 gennaio 192.9, n. 4 ha carattere civile, sono ad essa appticabiii le regole della pre J 427 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZ� TRIBUTARIA s.crizione civile ( quinquennale'j; di conseguenza la prescrizione pu� esse.re interrotta senza limiti da ogni \atto idoneo� secondo i principt generali e quindi anche dal verbale di accertamento della polizia tributaria nel quale si esprima in modo non equivoco la vololfl,td dell'Amministrazione c:e<'J,itrice di esigere la pena_ pecuniaria che sard successivamente. determinata (1). � (Omissis), -Con il primo mezzo la societ� Capuano denunzia (per quanto conce~e le statuizioni �contenute nelia sentenza non de finitiva del 23 luglio 1964) la violazione degli artt. 2 e 3 del r.d.1. 5 dicembre 193�8, n. 1928, e degli artt. 3 e 17 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in !l'elazione _all'a.rt. 360 n. 3 c.rp.c. La ric-or:rente sostiene che la pena .pecuniaria comminata in ap plicazione �della �legge 7 gennaio 1929, n. 4 e del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928 ha natura sanzionatoria e non civile, che pertanto ad essa � applicabile la ,prescrizione penale prevista dall'art. 158 c.p. la quale pu� essere validamente interrotta soltanto da atti emanati dall'autorit� preposta all'esercizio della potest� punitiva dello Stato (nella specie: il Ministero del Tesoro titolare del potere di irrogare la pena pecuniaria) e non anche da atti :provenienti da organi diversi (nella specie: il verbale di polizia tributa:ria);. che inoltre nessuna causa di sospensione della prescrizione (penale) era intervenuta riel caso � in esame. La ricorrente aggiunge, subordinatamente, che, anche a voler ammettere la natura civilistica della pena pecuniaria, la Corte ha erroneamente applicato i principi propri della prescrizione anzich� quelli della decadenza -non soggetta ad interruzione -e, ancocra subordinatamente, che un verbale di polizia tributaria non � atto idoneo a interrompere la prescrizione. .La cenJSura � infondata. Questa Corte ha pi� volte affermato che l"obbligazione al pa.gamento di una �somma a titolo di pena pecuniaria, in applicazione della (1) � stata ormai con molta chiarezza definita la nozione di pena pe. cuniaria. Essa, rpur avendo natura di vera e propria sanzione, non ha alcun carattere penale ed � irrogata dall'Autorit� amministrativa che ne determina la misura discrezibnalmente entro i limiti minimi e massimi stabiliti dalla leg.ge (15 dicembre 1968, n. 3983, in qu~ta Rassegna, 1968, I, 1099); la pena pecuniaria ha natura di obbligazione civile, � soggetta ali.a pre':"' scrizione quinquennale, indipendentemente dalla rprescrizione stabilita ;per l'imposta cui accede, e non � assi.stita di norma da privilegio; essa segue le regole dell:a obbligazione civile quanto al!la interruzione della prescrizione e non � influenzata dall'am.ll:iistia (15 giugno 1967, n. 1399; ivi, 1967, I, 880; 17 maggio i969, n. 1692; ivi, 1969, I, 707; 14 aprile 1969, n. 1186, ivi, 335). La determinazione della pena pecuniaria non �Costituisce esercizio ~� di attivit� giurisdizionale ed � quindi manifestamente infondata la questione 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 7 gennaio 1929 n. 4 e del r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, ha carattere civile ed � quindi regolata dalle norme di diritto civile' anche quanto alla prescrizione (sent. nn. 1962/1969, 34/1968, 1399/1967, 241/1964). Da tale costante orientamento non vi � motivo di discostarsi: a) la natura civile della �pena pecuniaria,, risulta chiaramente dall'art. 3 cpv. della legge 7 �gennaio 1929, li. 4 (1' � obbligazione ha carattere civile �) ed � confermata da altre disposizioni della predetta legge (ad esempio l'art. 11, relativo alla solidariet� pas:Siva tra pi� responsabili della medesima violazione); b) la natura prescrizionale del termine di cui all'art. 17 della legge n. 4/1929 (richiamato dall'art. 3 r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928) � desunta dal rilievo che esso � relativo all'esercizio di un diritto, non alla osservanza di un onere i�mposto per l'attuazione di una facolt�, ed � confermata dalla dizione letterale della� 'norma (�Il di~itto dello Stato... si prescrive... ). Questa Corte, poi, con le menzionate sentenze ha anche affermato che ai ve:rbali di accertamento (di trasgressione) di polizia tributaria pu� riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione purch� in essi si esprima in modo inequivoco ed esplicito� 1a volont� della Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio ''Credito ed esigere la pena pecuniaria che successivamente sar� determinata dal Ministro del Tesoro. Infatti vale ad interrompere la prescrizione .Un atto proveniente da soggetto (polizia tributa.ria) che legittimamente agisce nell'interesse del .titolare; n� � necessario, affinch� di effetto interruttivo si possa parlare, che l'atto stesso indkhi la misura del credito e che questo sia gi� liquidato nel suo preciso ammontare. Ora, che, nella specie, la manifestazione di volont� risultasse in modo esplicito dal verbale di polizia .giudiziaria � stato afferm~to dalla Corte di merito la quale ha rilevato che nel verbale del 16 luglio 1952 era contenuta una precisa manifestazione di volont� dell'Ammi di i1legittimit� costituzionale dell'art; 55 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, per contrasto 'con gli artt. 101 e 108 Cost. (Sez. Un., 18 settembre 1970, n. 1557; ivi, 1~70, I, 895). � stato poi �statuito dalla Corte Costituzionale che non contrasta con gli artt. 3, 24 e 113 Cost. il principio della formazione in sede amministrativa di un titolo esecutivo per la riscossione della rpena pecuniaria (sent. 23 marzo 1970, n. 44, ivi, 1970, I, 211) e che sono egualmente legittime le norme che 'rimettono a1la valutazione discrezionale dell'Autorit� amministrativa, sottratta al controllo giurisdizionale, la determinazione della misura della sanzione entro i limiti minimi e massimi stab11iti dalla legge (sent. 4 marzo 1970, n. 32, ivi, 1970, I, 189). Deve invece ritenersi impugnabile innanzi all'A1G.O. il provvedimento amministrativo che determina la pena pecuniaria oltre il limite massimo di legge. Sulla idoneit� del verbale di acceirtamento come iitto interruttivo v. lasent. gi� citata 17 maggio 1969, n. 1692. PARTE I, SEZ, v; GIURISPRUDENZA TRI~UTARIA 429' nistrazione di accertare e �c�nservare il diritto dello Stato alla irrogazione della ,pena J;>ecuniaria, rendendo edotta la parte debitrice della pretesa creditoria .sorta in dipendenza �della infrazione e determin~ndo la previs!one d�lla pena pecuniaria, nei limiti stabiliti dall'art. 2 del 1 r.d.l. 5 dicembre .1938, n. 1928. Da ci� la Corte ha tratto la esatta conclusione che, per effetto della interruzione, �dalla data del 16 luglio 1952 ebbe i.pizio la decorrenza di un .nuovo termine quinquennale che non �~ era ancora compiuto il 24 maggio 1957 quando fu notificato il decreto del Ministro del Tesoro �che determinava 'la somma dovuta e ne intimava il ipa.gamento. �� La valutazione della Corte sulla idoneit� del predetto atto ad in-" terrompere validamente la pl'escrizione, in quanto sorretta da congr.a motivazione, ed immune da vizi logico-giuridici, � perci� sottratta ,al ~indacat~ di legittimit�. -(Omissis). 'CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 febbraio 1971, n. 273 -Pres. Caiporaso -Est. Perrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Rizzo (avv. LombaTldi Comite) c. Ministero delle Finanze?' (avv. Stato Sava 1 rese). , Imposte e tasse :bi rgenere -Impo~te indirette -Accertamento -N~zione. , (d.l. 7 agosto 1936, n. 1639; artt. 20 � 21). Imposta di registro -Usufrutto -Denuncia. di rb:mione -Accertamento -Valore stabilito in atto di c~mpravendita dello stesso' bene Irrilevanza -Determinazione di ufficio d~l valore ai fini della riunipne -Illegittimit�. (r.d.~O dicembre 1923, n. 3269, artt. 21 e 79; ct:l. 7 agosto 1936, n.. 1639, artt. 17, 20 e 21). , , ' L'avviso di �accertamento ~votge unh funzione di provocatio ad opponendum, dato ;che la definitivit� detl'accertamein.to deriva dalla accettazione del conltribuein.te (es,plicita o imptiCita nE!i fatto di non aver presentato ricorso), ovvero datia decisione definitiva detle �Commissioni tributarie o dal concordato 1(1). (1-2) La .prima massima � seriamente criticabile e, i>ur essendo conforme alla sent. 6 novembre 1968, n. 3663 (in questa Rassegna, 1968, I, 1024), � in contrasto con la giurisprudenza dominante. Non � esatto che l'accertamento abbia la mera funzione iprocessuale ~ di stimolare un comportamento del contribuente ed ,ancor meno che la 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO A seguito de-Ha presentazione della denuncia di riunione deU'usufrutto aita nuda propriet� l'Ufficio che non ritenga congrui i valori deve notificare l'avviso di accertamento, ma non pu� definitivamente attribuire al bene oggetto di denuncia lo stesso valore, dichiarato e ritenuto congruo ai fini di altro negozio di trasferimento dello stesso� bene; quest'ultimo valore potr� servire come elemento di valutazione, ma non come dichiarazione vincolante (2). (Omissis). -Con �rogito De Santis del 19 luglio 1952, registrato il 24 �successivo in Spezzano della Sila, i fratelli Francesco, Giovanni e Luigi Rizzo acquistarono dal dott. L;uLgi Chidichimo, per il prezzo di lire 16 milioni, un fondo rustico in contrada Bruscata di Cassano Ionio. Giovanni Rizzo acquist� solo la met� dell'usuhtto, mentre i Fratelli Francesco e Luigi acguistarono, in .parti uguali, l'altra met� dell'usufrutto e l'intera nuda propriet�. Dopo circa dieci anni, con rogito Marini del 15 marzo 1962, i tre fratelli Rizzo vendettero l'intero fondo, in piena propriet� e per il prezzo complessivo di li.re 112 milioni, ana Societ� Immobiliare Augusto di Milano. Ed in, data 2 marzo 1964, su sollecitazione dell'ufficio del registro di Spezzano della Sila, essi denunciarono allo stesso ufficio la riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, attribuendo alla met� indivisa dell'intero fondo, sulla quale era stato costituito l'usufrutto a favocre di Giovanni. Rizzo, il valore di lire 18 milioni. Il 3 marzo 1965 l'ufficio del registro notific� ai Rizzo un avviso � di accertamento di valore e liquidazione d'imposta �, col quale: a) dichiaT'�, ai fini dell'imposta di consolidazione del suindicato usu; frutto, che il 1prezzo di lire 112 milioni, risultante dal rogito Marini del 15 marzo 1962, corrispondeva al valore venale dell'intero fondo in piena propriet�, valore gi� accettato come congruo dall'ufficio del registro di Castrovillari, .presso cui quel rogito era stato registrato; determinazione del valore e dei presupposti dell'imposizione si ottenga soltanto, su un piano negoziale paritetico, con l'accettazione impUcita o esplicita del contribuente o, in caso di conflitto, con la decisione delle Commissioni. � noto invece che l'accertamento � un vero e :proprio atto amministrativo, ed in quanto tale esecutorio ed assistito dalla presunzione di legittimit�, nel quale si esprime la potest� amministrativa di stabilire d'autorit� la pretesa tributaria; se al contribuente sono assicurati mezzi di impugnazione deH'atto amministrativo, ci� non significa che la sua partecipazione sia essenziale alla definizione dell'obbligazione tributaria. Alla attivit� amministrativa dell'ente impo.sitore si contrappone l'impugnazione a carattere giurisdizionale del contribuente; ma Ǐ assolutamente fuori della realt� e si muove nel campo metagiuridko l'opinione che in questa attivit� del contribuente, specie se successiva ad una dichiarazione da lui presentata circa l'imponibilit� tassabile, disattesa dall'Amministrazione fi-<' nanziaria, si possa ravvisare una forma di �collaborazione del cittadino PARTE I, S'.EZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 b) specific� che tale valore non era. sU1Scettibile di riduzione, appunto perch� dichiarato dalle parti ed accettato dall'amministrazione finanziaria; e) determin� in lire 56 milioni il valore in piena propriet� di una met� del fondo (sulla quale �era stato costituito l'usufrutto) ed in lire 38 milioni la differenza da tassare, tenuto conto che l'imposta di consolidazione era gi� stata applicata sul valore di 18 milioni, dichiarato nella denunzia del 2 marzo 1964; d) e liquid� in complessive lire 6.043.900 l'imposta complementare ancora dovuta, ai sensi dell'art. 21 della legge ,del registro. Successivamente, con ingiunzione 10 ma:rzo 1966, vidimata e resa ese,cutoria dal Pretore di Spezzano della Sila, ordin� ai fratelli Rizzo di pagare la predetta somm� di lire 6.043.900 ed ac,cessori. I fratelli Rizzo .presentarono ricorso alle Commissioni tributarie di Cosenza, sia a quella distrettuale che a quella provinciale. Ed inoltre, con atto notificato il 5 aprile i966 al Ministero delle finanze, proposero opposizione davanti al Tdbunale di Catanzaro, deducendo -fra l'altro -che nella specie mancavano i pre�upposti della pretesa tributaria, dato che sul valore imponibile, oggetto di contestazione e di formale impugnativa da ,parte di essi opponenti, non era stato eseguito un ,regolare accertamento, n� comunque era ihtervenuta alcuna decisione delle competenti commissioni tributarie. Chiesero, pertanto, che fosse dichiarata la nullit� ed illegittimit� dell'ingiunzione, con le relative conseguenze. Il Tribunale, con sentenza 21 giugno-31 ottobre 1967, rigett� l'opposizione, ritenendola infondata. Ed in secondo ,grado la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza 28 �gennaio-21 febbraio 1969, :rigett� il ,gravame proposto dai Rizzo, confermando la decisione dei primi� giudici. Contro la sentenza della Corte d'appello; notificata il .10 marzo 1969, iricorrono per �cassazione i fratelli Rizzo, con atto 5 maggio dello all'attivit� amministrativa di accertamento � (Sez. Un., 20 giugno 1969, n. 2175, ivi, 1969, I, 538)., Per questa ragione i redditi accertati e �Contestati possono essere is�ritti provyisoriamente a ruolo (Cass., 16 giugno 1968, n. 1948, Riv. leg. fisc., 1968, 1112), in qlianto l'accertamento realizza li.a fondamentale e ineliminabile esigenza del:lo Stato di garantire, col regolare svolgimento dell'attivit� :finanziaria, l'assolvimento dei compiti di premi.:. nente interesse pubblico (Corte Cost., 4 febbraio 1970, n. 13 e 23 marzo 1970, n. 44, in questa Rassegna, 1970, I, 30 e 211), s� che sono costituzionalmente legittime le norme del t.u. sulle imposte dirette che consentono l'iscrizione a ruolo delle imposte sui redditi 'contestati (9 giugno 1967, n. 72 e 3 luglio 1967, n. 77, ivi, 1967, I, 499 e 503). L'accertamento quindi non ha il :solo valore processuale di provocatio ad opponendum, ma, al contrario, contenuto ,sostanziale di atto amministrativo 'col quale .si verifica in concreto il concorso dei presUJpposti per l'ap;pUcazione del tributo V e si determina in cifra il valore imponibile, atto che, sebbene impugnabile, 432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO stesso anno, ,sulla base di due motivi, illustrati con memoda:� Resiste 1'Amministrazione delle Finanze mediante controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo motivo di ricorso, col quale si denuncia � omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia"� � inscindibilmente collegato col secondo motivo, nel quale rimane assorbito. La questione, infatti, sulla qua.le la Corte d'appello ha omesso di motivare, non � una questione di fatto, ma una questione di diritto, in 011dine alla quale il difetto di motivazione non potrebbe, di per s� solo, determinare la cassazione dell'impugnata sentenza, ove questa fosse :giuridicamente esatta. Come non � soggetta a cass�zione la sentenza erroneamente motivata in diritto, quando il dispositivo � conforme a legge, nel qual caso la Corte Suprema si limita a correggere la motivazione (arl. 384 c,;p.c.), cos� non � soggetta a ,cassazione la sen~enza che, pur eS1Sendo priva di motivazione su questioni di �diritto, sia tuttavia �sorretta da valide ragioni di carattere giuridico, che la Corte Suprema pu� direttamente ~ilevare e spiegare; in tal modo integ �rando, in punto di diritto, la motivazione della decisione impugnata. Se questa, invece, � giuridicamente erronea, � l'errore di diritto, e non il semplice difetto di motivazione, che pu� determinare la ca.ssazione. Ora, con riferimento al ricorso in esame, l'unico motivo da esaminar. e � il secondo, col quale si denun'Cia la violazione e falsa appli..: cazione degli arlt. 21, 79 e 86 della legge del registro (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e successive modif�caiioni), nonch�J degli artt. 17, 20, 21 e 29 1del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, in crelazione agli artt. 33,34 e 144 della legge �di registro. Si dolgono in primo J.uogo i ricorrenti (doglianza alla quale si ricollega il difetto di motivazione denunciato col primo motivo) che � da solo idoneo a determinare nei :suoi elementi fondamentali l'obbliga zione tributaria (Cass., 3 ottobre 1968,' n. 3068, ivi, 1968, 1023; 20 dicembre 1968, n. 4030, Riv. leg. fisc., 1969, 1169). E per queste ragioni, come � ormai assolutamente pacifico, il concordato non ha alcun contenuto negoziale o comunque bilaterale su un piano pariteUco, ma � anch'esso un a:tto ammi ni:strativo col quale autoritariamente, anche se con l'af!.esione del �Contri buente, 1l'Amministrazione determina unilatexalmente la quantit� imponi bile (Cass., 12 mag�gio 1969, n. 1625, in questa Rassegna, 1969, I, 697; 19 gennaio 1970, n. 103, ivi, 1970, I, 278; 3 luglio 1968, n. 2220, Riv. leg. fisc., 1969, 242. ' La seconda massima, cos� come � enunciata, !PU� ritenersi esatta, salvo a stabilire se l'atto di determinazione del valore e liquidazione dell'imposta possa valere come avviso di ac.certamento per il quale non sono stabilite forme particolari. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 non sia stata accolta l'eccezione. di illegittimit� della pretesa trlbu ,taria, per non essere stata la liquidazione dell'imposta :preceduta dall'accertamento di valore della base im:Ponibile e dalla notificazione del relativo avviso. Riproponendo la questione gi� prospettata (ancorch� sommariamente) in entrambi i gradi del giudizio di merito, i ricorrenti deducono che l'atto ad essi notificato il 3 marzo 1965, intitolato � avviso di accertamento di valore e liquidazione d'imposta �, non conteneva, in realt�, un avviso di accertamento di valore (come la stessa Corte d'appello ha riconosciuto); ma l'accettazione, da parte dell'ufficio del registro, del valore risultante dal rogito Marini del 15 marzo 1962 (col quale l'immobile fu rivenduto a terzi) e la conseguente liquidazione dell'imposta in questione, dovuta per la -riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�. La liquida;lione in tal modo operata -aggiungono j ricorrenti -non fu preceduta da un formale e regolare accertamento di valore, in quanto l'accertamento dell'im. ponibile, anzich� essere effettuato con !riferimento alla denunzia di riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, fu riferito ad un atto estraneo alla fattispecie ctogito Marini), che. non .costituiva titolo, ma solo .prova del consolidamento .dell'usufrutto con la nuda propriet�. Erroneamente, quindi, quell'accertamento fu considerato definitivo, siccome corrispondente al valore dichiarato dalle rparti tenute al pagamento dell'imposta. In subordine, si deduce 1che l'avviso di accertamento era giuridicamente inesistente, in quanto mancante di un elemento costitutivo, e cio� dell'avvertimento prescritto dall'art. 21 del �decreto n. 1639 del 1936, il quale dispone che l'amministrazione finanziaria, nell'indlcare il maggior valore che reputa doversi attribuire ai beni soggetti a tassazione, deve avvertire il .contribuente che, ove non intenda �adeirire alla determinazione di valore fatta dall'ufficio, deve presentare ricorso alla commissione distrettuale delle imposte nel termine all'�opo stabilito.. In ulteriore subordine, infine, si deduce che l'azione esecutiva era inammissibile per difetto di titolo, in quanto i contribuenti avevano adito le .competenti commis.sioni tributarie, le quali non si erano ancora pronunciate sulla determinazione del valore, a norma dell'art. 29 �del decreto del 1936. Il rico~so � fondato, ma solo per i motivi e nei limiti di cui ora s~ dir�. � noto che l'imposta di registro sui trasferimenti di beni _immobili e diritti reali immobiliari viene liquidata (come imposta principale) in base al valore, o prezzo o corrispettivo, risultanti �dall'atto, dal contratto o dalla denunzia delle rparti, e, in mancanza, in base all'apposita dichiarazione estimativa, ovvero, mancando anche questa, in base alla determinazione fatta d'ufficio. A norma, per�, degli artt. 33 e 34 della legge di registro (�r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269) e degli RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO artt. 20 e 21 del r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, convertito nena legge " 7 .giugno 1937, n. 1016, i prezzi, i corrispettivi ed i valori !risultanti dalle .stipulazioni o dalle dichiarazioni delle parti (nonch� quelli determinati d'ufficio) sono soggetti a revisione, allo scopo di indagarne la congruit�, in relazione al v:alore effettivo dei beni trasferiti. Quando l'a.:rr.ninistrazione finanziaria ritiene, in base agli elementi di valutazione in suo posseS1So, che i prezzi, i corrispettivi ed i valori .stipulati o dichiarati dalle parti (o determinati d'uffkio) siano inferiori al valore venale .che i beni avevano in comune cornmercio alla .data del trasferimento, notifica al �contribuente un avv;iso di ~ecertamento, indicando il valore che essa reputa doversi at~ibuire ai beni medesimi, ai fini .della tassazione. Tale accertamento non � definitivo, essendo attri.buito ai contribuenti il potere di contestarlo, presentando ricorso alle �competenti com;m.issioni tributarie. A tal fine, come questa Suprema Corte ha .gi� ritenuto con sentenza 6 novembre 1968, n. 3663, l'avviso �qi accertamento svolge una funzione di prov.ocaiio ad opponendum, dato che la definitivit� deli'acc~rtamento deriva dall'accettazione del contribuente (esplicita, o implicita nel fatto di non aver presentato ricorso), ovv�ero dalla decisione definitiva delle commissioni tributarie, salvo concordato. Ora, nel caso in esame, � certo che in data 2 ma!rzo 1964 fu presentata, ai sensi dell'art. 79 della legge di registro, denunzi.a di riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, in relazibne al rogito De Santis del 19 luglio 1952,. costitutivo dell'usufrutto. In tale denunzia fu attribuito alla met� indivisa del fondo, sulla quale era stato costituito il diritto di usufrutto a favore �di Giovanni Rizzo, il valore di lire 18 milioni in piena propriet�. L'ufficio del registro di Spezzano della Sila procedette alla revisione prescritta dalla legge, ma, rpur non accettando il valore dichiarato dalle parti (18 milioni), omise di eseg.ire l'accertamento di maggior valore. Si limit� a rilevare che col rogito Marini del 15 marzo 1962 il predetto fondo era stato venduto alla societ� Augusto per il prezzo di l~re 112 mili�ni, prezzo che era stato ritenuto congruo dall'ufficio di Castrovillari, ai fini della !regi 1 strazione di quel rogito, e perci� non sottoposto ad accertamento di maggior valore. Sulla base di tali rilievi, ritenne che nella specie ricorresse una ipotesi di_ valo!re dichiarato dalle parti ed accettato dall'amministrazione finanziaria, perci� definitivo ed irriducibile, tale da legittimare la liquidazione dell'imposta e l'ingiunzione di pagamento. Tutto ci� risulta dalla denunciata sentenza, nella quale � speci ficato che " il contenuto obiettivo d~ll'atto (notificato ai fratelli Rizzo il 3 marzo 1965) � costituito dall'accettazione, da parte dell'ufficio de] registro �di Spezzano della Sila, del valore di lire 112 milioni, at~ri buito dalle parti al negozio traslativo della propriet� dell'immobile in PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 favore della societ� acquirente, ed altresl dalla liquidazione dell'im. posta di consolidamento ". L'illegittimit� di siffatta liquidazione, dedotta dagli opponenti fra telli Rizzo, � ~tata esclusa dai giudici di merito, la cui decisione, per�, non pu� essere condivisa per le seguenti !ragioni. La dichiarazione di valore fatta dalle parti, che l'ufficio pu� rite nere congrua (accettare) e iporre a base di una liquidazione definitiva, � quella che si riferisce all'imposta da liquidare, o meglio all'atto o fatto .giuridico che determina l'obbligazione tributaria. Nel caso di riunione dell'usufrutto alla nuda :proipriet�, il valore dichiarato dalle parti, ai fini della tassazione, � quello indtcato nella denunzia di con solidazione, fatta a norma degli artt. 79 e 86 della legge di registro. � questo il valore che l'ufficio pu� ritenere congruo, ai fini della liqui dazion� definitiva, ovvero ritenere inadeguato, rispetto al valore venale che reputi doversi attribuire ai beni, nel qual caso deve .procedere ad ac�certamento di maggior valore con l'osservanza delle prescrizioni di leg.ge. Il mag.gidr valore, rii.spetto a quello indicato nella denunzia di consolidazione, che risulti da un atto di vendita dello stesso irrtmd bile, stipulato dopo la riunione dell'usufrutto con la nuda propriet�, pu� legittimare, ai sensi dell'art. 30 della legge di registro, una deter minazione di maggiore imponibile, ai fini dell'imposta sulla consoli dazione dell'usufrutto, ma non pu�, evidentemente, essere considerato come valol'e dichial'ato dalle parti ai :fini di tale imposta. Non � .sul l'atto di vendita, infatti, che incide l'imposta dovuta per !"anteriore riu nione dell'usufrutto alla nuda propriet�. L'atto di vendita, anzi, � del tutto estraneo alla tassazione �concernente il trasferimento dell'usufrutto, anteriormente avvenuto, e non pu� cont~nere una dichiarazione di valore in ordine a tale trasferimento, tanto pi� quando la denunzia di consolidazione indichi un valore diverso, come � avvenuto nel caso in �esame_. Tutto ci� dimostra che l'eccezione di illegittimit� prorposta dagli opponenti fratelli Rizzo, rigettata dai giudici di merito, era invece fondata, :giacch� nella �specie l'ufficio del registro non procedette ad accertamento di m'a.ggior valore, ai sensi e con rorsservanza, delle disposizioni di leg.ge che regolano il procedimento di valutazione, ma addivenne ad una liquidazione definitiva (dallo stesso ufficio quali.. ftcata insuscettibile di riduzi{>ne) sull'erroneo presupposto che il valore imponibile dichiarato� dalle parti non fosse quello �di lire 18 milioni, indicato nella denunzia di riunione dell'usufrutto alla nuda propriet�, sibbene quello �di lire 56 milioni (una met� �di 112 milioni), risultante da un atto estraneo alla tassazione �di �cui trattasi, quale il rogito Ma :r;ini del 15 marzo 1962, stipulato -secondo il non impugnato apprez zamento della Corte d'appello -dopo �la �consolidazione dell'usufrutto. 16 436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Il ricorso, rpertanto, � fondato e deve essere . accolto, rper r motivi e nei limiti finora spiegati, che importano l'assorbimento di tutte le deduzioni sub<>rdinate innanzi riassunte. -. (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 febbraio 1971, n. 290 -Pres. Marletta -Est. La Farina -P. M. Secco (d.iff.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano) c. Riccobene (avv. Bonacina). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Comn�ssioni delleimposte -Questioni di diritto e questioni di valutazione -Ripartizione dei poteri -� questione di competenza interogabile e non di giurisdizione. (r.d. 7 agosto 1936, n'. 1639, artt. 29 e 30). . Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delie Commissioni -Controversia sulla natura agricola o edificatoria di un terreno -� controversia di valutazione -ComJ>etenza della Commissione di valutazione -Questione preliminare sulla interpretazione di norme o di atti amministrativi o negoziali -� questione di diritto -Rime~sione alla sezione speciale per la risoluzione della questione pregiudiziale -Necessit�. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 29 e 30; legge 20 ottobre� 1954, n. 1044; legge 27 maggio 1959, n. 355). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza delle Commissioni -Controversia sulla natura agricola o edificatoria di un terreno -Terreno attualmente agricolo ma destinato ad utilizzazione urbana per scopo diverso dalla edificazione -Strade, parchi, aree urbane non edificabili -� questione di diritto -Competenza della sezione speciale della Commissione Provinciale. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 29 e 30). Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Competenza e giurisdizione -Decisione della Comn�ssione provinciale di valutazione che risolve questioni pregiudiziali di diritto -Incompetenza \ Impugnazione al Tribunale ex art. 29 terzo comma r. d. 7 agosto 1936, n. 1639 per difetto di calcolo o errore di apprezzamento Annullamento della decisione impugnata per incompetenza della Comn�ssione. -Necessit�. (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). La ripartizione dei poteri decisori fra le diverse sezioni delle Commissioni ,delle imposte non d� luogo a questione di giurisdizione bens� a que�stione di competenza (fra sezioni con diversa specializzazione nel PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 l'ambito delle funzioni attribuite alla 'stessa Commissione) che per� � inderogabile e di rilevanza esterna (1). Di norma l;accertare se un terreno abbia natura di fondo rustico agli effetti delle Leggi 20 ottobre 1954, n. 1044 e 27 maggio 1959, n. 355 per �l'applicazione dei criteri di valutazione automatica, � questiorne di mero fatto, rimessa alla competenza delle Commissioni di valutazione in quarntJo non esiste una definizione legislativa del fondo rustico e quindi i caratteri del terreno oggetto di valutazione vanno determinati, caso per caso, secondo la nozione di linguaggio comune. Tuttavia quando per accertare se il fondo � agricolo , o diversamente utilizzabile si debbono riso.Zvere preliminarmente q�estioni attinenti alla interpretazione o all'applicazione di norme di legge e di negozi giuridici �o all'esistenza di decreti, di vincoU impo~i da servit�, da rapportJi di vicinato o da norme edilizie, la determnazone de�Z valore imp,onibite, cthe non implica soltanto operaziorni meramente teeniche, non pu� essere fatta dalla Commissione di val~tazione se preliminarmente non si sia pro!J'.l,unciata sull� questioni .di diritto: la sezione speciale della Commissione provincial� alla quale gli �atti vanno rimessi , I sospendendosi il giudizio di valutazione (2). � controversia di diritto; rime�ssa alla Sezione speciale della Commissione provinciale, io stabilire se pe.r i terreni di carattere ag�ricolo per la destinazione attm.ale, ma urbarni per la loro destinazione e .utilizzazione nell'ambito cittadino a scopo che, pur essendo estraneo all'agricoltura, esclude la pi� intensa utilizzazione edificatoria (aree. destinate a strade, parchi, luoghi di divertimento), sia da applicare il criterio di valu'bazione automatica s'babilito dalle leggi 2() otto�bre 1954, n. 1044 e 27 maggio 1959, n. 355 o il criterio normale di valutazione economica di cui all'art. 15 del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639 (3). Il giudice ordinario adito in sede di impugnazione 'ex art. 29 terzo comma del r.d. 7 agosto-�1936, n. 1639 dev�e dichiarare anche di ufficio _,_ l'incompetenza d<:;lla Commissione di valutazione che ha pronunciato (1-4) Sulla prima massima l'orientamento della S.C. non � concorde (Sez. Un., 22 .settembre 1970, n. 1658, in questa Rassegna, 1970, I 929 e 24 aprile 19?'0, n. 1182, ivi 620 e precedenti citati). Sulla seconda e. terza massima la giurisprudenza � ormai pacifica sia sul punto che di ['egola la determinazione della natura agricola del fondo � �di puro fatto, e quindi di competenza della Commissione di valutazione, sia sul punto che in casi partiColari pu� profilarsi una questione pr.egiudiziale di diritto da rimettere alla sezione speciale della Commissione :p:rrovinciale (v. sentenze g.i� citate nonch� Sez. Un., 14 ottobre 1970, n. 2001, ivi, 1970, I, 1103). Notevole perplessit� suscita l'ultima massima. L'impugnazione ex artieolo 29 terzo comma idei r.d. 7 �agosto 1986, n. 1639 ha un oggetto limitato e non estensibile, attesa l'eccezionalit� �di questo :mezzo di impugnaz~one ~� esperito innanzi ad un organo che di norma esel"'cita la sua potest� giu 438 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la decisione impugnata ove questa abbia deciso questioni pregiudiziali di diritto riservate alla competenza della sezione speciale deila Commiss. ione provinciaie. La sentenza del giudice di merito che non abbia rilevato .l'incompetenza della Commissione pu� �ssere annullata anche di ufficio dalla Corte di Cassazione (4). (Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso, l'Amministrazione denuncia la\ violazione e falsa applicazione dell'irt. 14 delle preleggi; degli artt. 15 e 16 del d.l. 7 agostq 1936, n. 1639; � 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044, e 3 della legge 27 maggio 1959, n. 355; 1 della legge 22 novembre 1962, n. 1706 e 1 legge 17 ottobre 1957, n. 983. Lamenta, a questo .riguardo, l'Amministrazione, .che la Corte abbia Titenuto come fondo rustico, ai fini della valutazione automatica del valore, un fondo compreso nel piano regolatore comunale nella zona destinata a verde pubblico 1�on vincolo di inedificabilit�. Rileva, in proposito, che fondi rustici �sono soltanto i fondi agricoli, cio� que111 unicamente utilizzabili per la coltivazione e la produzione del suolo, con esclusione di tutti quelli che, a prescindere dalla loro edificabilit�, non si presentano destinati in via normale ed ordinaria alla produzione del suolo. Ne consegue che i fondi, non edificabili, ma neppure agricoli in senso stretto, debbono essere valutati non gi� con il sistema automa tico, ma alla stregua della regola generale posta dall'art. 15 del d.l. n. 1639 del 1936. Posto, cio�, che la valutazione automatica � prevista solo per i fondi agricoli, il.'esidualmente ogni altra valutazione va compiuta mediante stima �diretta. Avrebbe errato, pertanto, la sentenza denunziata nell'interpretare la leg.ge n. 1044 del 1954, richiamata dalla legge n. 355 del 1959, nel senso che la valutazione automatica debba essere applicata a tutti i terreni che non possono essere considerati quali aree edificabili. Osserva la S.C. eh~, prima ancora di scendere ad una qualsiasi indagine sul merito del motivo come sopra prospetta~o, la Corte stessa deve darsi carico, d'ufficio, del problema se J.a decisione emanata 1'11 risdizionale in via autonoma; non esistendo una subordinazione della �giurisdizione delle Commissioni alla giurisdizione ordinaria non sembra che possa riconoscersi all'A.G.O. il potere di dichiarare, di ufficio o su ricorso di parte, l'incompetenza della Commissione, anche �se il Tribunale sia :stato investito in sede di impugnazione, ma limitatamente al difetto di calcolo o errore di apprezzamento. Se � vero che per un principio generale l'incompetenza per materia deve essere Tilevata di ufficio in ogni .stato e grado ,del processo, � anche vero che <Ci� presuppone un'impugnazione non limitata, innanzi all'organo che ha normale competenza in grado di impugnazione. L'incompetenza � un errore, in procedendo deducibile nei confronti di una sentenza defi.nf.:.. tiva, quale � quella della Commissione provinciale di valutazione, soltanto �� PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 marzo 1964 dalla Commissione Provinciale delle. Imposte di Palermo -Sezione Valutazione -sia stata pr0nunciata da or.gano competente. � noto infafti, .che l'art. 29 del d.1. n. 1639 del 1936, sulla riforma degli ordinamenti tributari, stabilisce che, nell'ambito delle Commissioni chiamate a pronunciarsi in materia di imposte indirette sui trasferimenti d:i ricchezza, le controversie aventi per oggetto la determinazione del valore sono decise, in prima istanza, dalle Commissioni distrettuali, e, in seconda istanza, dalle Commissioni provinciali, men . tre le controverisie relatiive all'interpretazione e applicazione della legge, e che non si riferiscono alla semplice determinazione del valore, sono decise in primo 1grado dalle Commissioni Provinciali, in seno alle quali � istituita un'apposita Sezione avente una particolare composizione (art. 30 del decreto del 1936), e, in secondo grado, dalla Commissione Centrale. E, rpur � ~on potendosi dubitare che l'attribuzione �di dette questioni . alla, sezione controversie di diritto� n�n ha dato luogo alla costituzione di un autonomo nuovo organo di giurisdizione -� -trattandosi, invece, di un .particolare organo della stessa Commissione Provinciale, specializzato nell'ambito delle funzioni giu~ risdizionali attribuite alla Commissione stessa -�, d'altra parte, certo che la ripartizione di funzioni tra le sezioni con 'rattribuzione alla sezione di diritto delle controversie �relative all'apiplicaZione della legge, ha rilevanza giuridica esterna in quanto � prevista, come si � detto, una diversa composizione e U.n ordine processuale specMico anche per quanto attiene all'iter delle impugnazioni; trattasi, cio�, di un fenomeno di ripartizione di competenza per materia, la cui violazione � causa di nullit� della pronuncia emessa dall'uno anzich� dall'altro ol'lgano giurisdizionale, sia pure nell'ambito della stessa Commi�ssione Provinciale (v., da ultimo, Cass. sent. 1�5 dicembre 1970, n. 2687; s1ent. 5 dicembre 1970, n. '2596; sent. 25 novembre 1969, n. 3820; sent. 23 novembre 1968, n. 3813). Tale diverso ambito di corli.petenza per ma' teria rim�ne, inoltre, fermo ancpe quando la questione di diritto si pre. senti come ipregiudiziale rispetto alla questione concernente la deter con il rfcorso�per �ca8sazione; e se non ~embra potersi ammettere u:na impugnazione per incompetenza o per altra violazione di legge innanzi al Tribunale (Cass., 9 aprile 1969, n. � 1138, Riv. leg. fisc., .1969, 1588) dovrebbe anche es�lud�rsi che iJ. Tribunale adito ex art. 29 'PO~ pronunciare l'incompetenza di uff�ci-0. Va anche .considerato 'che quando la decisione definitiva della Commissione provinciale non viene impugnata c1on r'icorso per Cassazione nel termine di sessanta giorni si forma il giudicato sul:la competenza, s� che la �successiva impugnazione ex art. 29, iproponibile entro sei mesi, non pu� riguardare altro che il difetto di calcolo e l'errore di apprezzamento, una questione cio� attinente soltanto alla valutazione e che presuppone la competenza della Commissione che ha emesso la decisione impugnata. 440 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO minazione del valore ed importi un accertamento di carattere incidentale. In tal cas�, � necessario che l'apposita sezione istituita in seno alla Commissione Provinciale si pronunci ipreliminarmente sulla questione di diritto che sia stata �sollevata e che si presenti come un :presupposto necessario per la risoluzione della <I,Uestione di valutazione; cosicch� la controversia sul valore, da sospendersi medio tempore, pu� :proseguire nella propria sede �soltanto dopo che sulla medesima questione sia stata raggiunta, nell'apposita �distinta sede, una decisione definitiva (oltre le sentenze sopra citate, da ultimo, Cass. sent. 14 dicembre 1970, n. 2665). Ci� premesso, occorre ricordare che, quanto alla qualificazione di un fondo trasferito, come rustico o edificabile, la legge 20 ottobre 1954, n. 1044, alla quale fa riferim~nto l'art. 3 della legge 27 maggio 1959, contenente modificazioni in tema di miposte di registro, nel dettare un proprio sistema di valutazione automatica o tabellare ai fini dell'imposta di successione (o di registro, per l'estensione portata dalla seconda delle �due leggi) dei fondi :rustici formanti og.getti del trasferimento, non fornisce una propria definizione legislativa del concetto di fondo rustico e data questa carenze di definizione le.gi:slativa, si comprende come, nell'applicazione delle predette leggi, �siasi profilato, anche nella giurisprudenza di questo S. C. il :problema se la qualificazione controversa nei 'Singoli casi, del fondo come rustico, o, invece, edificabile, rappresenti una questione di semplice valutazione, o, al contrario, una questione ;pregiudiziale di �diritto, cio� una questione d'interpretazione e applicazione della leg.ge, distinta da quella di semplice valutazione, e devoluta come tale, e sefondo l'ordine giurisprudenziale gi� indicato, alla competenza per materia della Commissione Provinciale -Sezione di di�ritto. Dopo alcune oscillazioni (v., ad es., la sentenza 19 settembre 1967, n. 2182 dalla quale sembra desumersi il �Crit�rio di massima �che in ogni caso l'accertamento se un f~ndo abbia o non abbia natura agricola integra un'operazione giuridica d'interpretazione della legge, e non una mera operazione tecnica di accertamento �di valore), appare ormai consolidato l'orientamento secondo il quale, nel difetto di una definizione legislativa e di precise regole legislative che indichino a�strattamente i criteri di distinzione tra la categoria dei fondi rustici e quella dei non rustici, la nozione di fondo rustico non � di per s� di'Vel'ISa da qu.ella del linguaggio comune; cosicch�, la discriminazione va fatta caso per caso, tenendo conto dello �stato dei terreni; inda�gine, questa, che implica accertamenti di fatto ed eminentemente tecnici ed economici, sull'obiettiva consistenza qualitativa e quantitativa dei terreni medesimi e che non importa, quindi, di per s�, la risoluzione di quesiti di carattere giu-::. ti.dico, in quanto, con l'identificazione delle caratteristiche dei beni PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA da valutare, che � operazione indubbiamente tecnica, e con il"Con. seguente inquadramento nell'una o nell'altra categoria, Testa senz'altro individuato il eriterio di tassazione, e non vi � luogo ad operazioni 9i carattere giuridico (da ultimo, Cass., sent. 7 ottobre 1970, n. 1839; sent. 2'6 marzo 1970, n. 824; sent. 17 marzo 1970, n. 700; sent. 20 febbraio 1970, n. 392; .sent. 15 marzo 1969, n. 823). Tuttavia, il �coordinamento di tale principio con il sisteID:a generale porta a precisare che, nell'ipotesi in cui, per accertare se il fondo � agricolo o edificabile, si debbano risolvere questioni. attinenti all'interpretazione o aipplicazione di norme legislative, regolamentari o negoziali, ovvero alla esistenza e determinazione degli effetti .di divieti, di vincoli imposti da servit�, da rapporti di vicinato, da rapporti basati su norme di edilizia, �Che ipossano in�idere �sulla concreta utilizzabilit� del terreno e, conseguentemente, sul suo valore venale, in tali �Casi, la iscelta del criterio di valutazione e la determinazione del valor~ imponibile non implicano solo operazioni meramente tecniche o economiche,. e si im-� pone, 1pertanto, la decisione, in via pregiudiziale, da parte dell'ocgano esclusivamente competente, delle Telative questioni giuridiche dedotte o ~evabili d'ufficio, prima che si .po;sa procedere alla valutazione tlei beni trasferiti (Cass., sent. 15 dicembre 1970, n. 2687; sent. 9 dicembre 1970, n. 2596; sent. 1� agosto 1968, n. 2737; sent. 6 ,giugno 1967, n. 1241). Orbene, uno di tali casi �Si profilava, effettivamente, nella ispecie; infatti gi� rielle fasi della. controversia di valutazione svoltasi dinanzi 1 alle Com:.iissioni, non soltanto si era discusso se i lotti in. questione -la cui utilizzazione, in atto, a scopo agricolo era pacifica -fossero compresi nel piano regolatore regionale della citt� di Palermo e vincolati ad una determinata destinazione (0cio� .a� verde pubblico), ma anche se simili destinazioni e simili vincoli, derivanti da norme di piano regolatore, implic~ssero l'esistenza di un tertium gen.us di fondi, e di situazioni intermedie, relative a fondi di carattere rustico .per la loro utilizzazione attuale, e urbani per la loro destinazione e prevista utilizzazione, nell'ambito cittadino, a scopo di<Verso da quello puramente agricolo, ma escludente la pi� piena utilizzazione edificatoria (abitazioni, industrie, ecc.) e importante .soltanto la possibilit� di utilizzazioni mru:-ginali e complementari (come strade, parchi, luoghi di "' divertimento) correlativamente, ,gi� in quelle sedi di giurisdizione amministrativa, si profilavano le questioni r1proposte in questa �sede di legittimit� dall'Amministrazione cir.ca l'applicabilit� a tali situazio:p.i del sistema di valutazione automati.Ca o tabellare, o, invece del criterio .generale di stima diretta previsto dall'art. 15 del decreto n. 16"39 del 1936. Ne consegue �Che la Commissione provinciale, 1sezione valutazione, avTebbe .dovuto, per quanto gi� .preci.sato, dichiarare d'ufficio la pro 442 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pria incompetenza per materia rispetto. a tali questioni pregiiidiziali, devolvendone la cognizione, in primo .grado, alla sezione di diritto; non avendo essa ci� operato, l'ordine delle competenze, nell'ambito della giurisdizione amminist!lativa dev.e �essere d'ufficio dichiarato e restaurato da questa S. C., come avrebbero dovuto gi� provvedere in tal senso, il Tribunale prima e suc�cessivamente la Corte d'Appello di Palermo, la cui sentenza deve, conseguentemente, essere annullata, rimanendone travolta anche la sentenza del Tribunale. N� rileva che, nella specie in esame, la questione si profili d'ufficio a seguito dei.: l'impugnativa di sentenza dell'A.G.O. chiamata a pronunciarsi sulla azione di annullamento delle .pronunce delle Commissioni e�x art. 29 decreto n. 1639 �del 1936, mentre, in altri casi decisi da questa Corte, la questione le era stata devoluta, ex art. 111 Cost., a seguito di specifica e diretta impugnazione, 1per vizio di incompetenza per materia, di pronunce delle Commissioni !Provinciali, 1sezio!lie V!alUtaziolb.e. Infatti, sia il ristretto ambito dell'azione �giudiziaria di nullit� (oggi in alternativa col ricorso per cassazione ex art. 111 Cost.) per vizi di legittimit�, prevista dal citato art. 29, cio� la limitata configurazione legislativa dei vizi deducibili con l'azione �giudiziaria (su cui cfr. da ultimo, Cass., sent. 3 dicembre 1969, n. 3860), sia la ritenuta autonomia funzionale della giurisdizione delle Commissioni di fronte alla successiva giurisdizione d'impugnazione dinanzi all'A.G.O. non �possono importa�re deroga al precetto che l'incompetenza per materia, quale difetto di un presupposto ;processuale primario e fondamentale, pu� e deve essere rilevata d'uffi.do in ogni grado e stadio del processo, e, quindi, anche nei vari .gradi in cui si articola l'azione giudiziaria stessa, fi.nch�, naturalmente, non siasi formata, secondo i principi .generali, la cosa .giudicata, implicita o esplicita, sulla competenza (cfr. le gi� citate sentenze n. 2596 del 1970 e n. 2737 del 1968). Per. quanto gi� esposto, e a seguito dell'annullamento sia delle sentenze dell'A.G.9. ordinaria di pripio grado e di appello, sia dalla decisione della Commissione prpvinciale, sezione valutazione, la controversia pregiudiziale rimane attr.ibuita alla sezione di diritto della stessa Commissione provinciale, dovendosi, tuttavia, rinviare la causa alla �Stessa Commissione provinciale delle Imposte di Palermo, sezione valutazione, che rimane il .giudice competente a provvedere sulla questione di valutazione nel suo complesso; quest'ultima sezione dovr� provvedere, peraltro, a sospendere la decisione della controversia, potendo questa interivenire soltanto dopo che sulla cennata questione di diritto sar� �divenuta definitiva la pronuncia della sezione competente, anche, ove occorra, a seguito di impugnazione presso il .giudice superiore (Commissione centrale delle imposte) secondo l'apposito gi� accennato ordine di giurisdizione. -(Omissis). / 443 PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA I CORTE DI CA'SSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n ..509 -Pres. Stella-Richter -Est. Gambogi -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Foltgno e Coronas) c. Soc. Cafimport (avv. Uckmar). Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� deducibili -Imposta sulle societ� -Natura -Deducibilit� -Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg. e 145 e segg.). L'imposta sulle societ� � un tributo organicamente unico (essendo le due componenti, patrimonio e redditJo, soltanto gli strumenti di commisurazione), personale, che non colpisce soUanto il re,ddito, ma che � dovuto dalia societ� di .capitali o daU'ente assimilato per il solo fatto di esistere come titolare di un patrimonio o di un reddito. Tuttavia la somma pagata a titolo di im.posta sulle societ� non � detraibiZe, nemmeno per la parte commisurata al patrimonio, dal reddito di ricchezza mobile perch� non costituisce pe.rdita, mancando in� essa l'elemento dell'.imprevedibiiit� e involontariet�, e perch� non pu� considerarsi spesa inerente alla produzione .del reddito (1). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n. 514 -Pres. Stella-Richter -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. STET (avv. Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato F<;>ligno e Coron�s). Imposta sulle societ� -Questione di le~ittimit� costituzionale delle norme istitutive per contrasto con l'art. 53 Cost. -Manifesta infondatezza. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 145 e segg.; Cost., art. 53). (1-3) Nello stesso senso della iprima sentenza sono le altre in pari data ntJ.. 508 e 507 e conformi alla seconda sono le alt:r:e coeve nn. 511 e 513; di quest'ultima viene pubblicato a parte uno stralcio che riguarda altra questione. Viene confermata, con imponente approfondimento di motivazione, la pronunzia delle Sez. Un., 12 gennaio 1967, n. 125 (in questa Rassegna, 1~67, I, 644). Sull'argomento si erano precedentemente pronunziati vari giudki di merito e gi� si era delineata con prevalenza la stessa tesi oggi confer-� 444 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di ricchezza mobile -Spese e passivit� deducibili -Imposta sulle societ� -Natura -Deducibilit� -Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 91 e segg. e 145 e segg.). � matnifestamente infondata la questione di illegittimitd costitu zionale delle norme regolatrici deil'imposta sulle societ� ( artt. 145 e ss. del t.u. suite imposte dirette) per con"brasto con l'art. 53 Cost. (2). L'imposta sulle societ� � un tributo unico, non scindibile in due distinte componenti prive di propria autonomia, a fondamentale carattere soggettivo, derivante dalla mera esistenza del soggetto che � tassabile perch� fonte di ricchezza potenzialmente produttiva. Conseguentemente non pu� nemmeno porsi il problema della deducibilit�, dal reddito di ricchezza mobile della parte deit'imposta sulle societ� cammisurava al patrimonio. Inpltre la deducibilit� � da es.eludere perch� la somma pagata a titolo di imposta sulle soc.iet� non costituisce perdita, non concretandosi in una distruzione o diminuzione di beni -o crediti di caratte"re involontario e non pu� essere considerata una spesa di produzione, per la mancanza di una contropartita produttiva e comunque perch� mancante del requisito dell'inerenza alla produ zione del reddito (3). I (Omissis). -Con l'unico motivo del suo ricorso l'Amministrazione delle Finanze dello Stato denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art..91 del t.u. delle leggi sulle imposte dirette approvato con d.P. 29 gennaio 1958, n. 645 in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, l 5, 6, 7, della legge 6 a.gosto 1954, n. 603, ora artt. 145, 146, 147, 148, mata (cfr. App. Firenze, 18 febbraio 1966, n. 163, ivi, 1966, I, 1113 con ampia nota di F. FAVARA.). La prima sentenza d� un apporto decisivo alla definizione della natura dell'imposta sulle societ�, fissando quei �caratteri dai quali discende necessariamente la conseguenza �della indeducibilit� de1la somma pagata a questo titolo dal reddito tassabile con l'imposta di ricchezza mobile. La pronunzia � inoltre ricchissima d� affermazioni di grande rilevanza� e di portata generale e costituir� certamente un punto di riferimento autorevolissimo non solo sul tema specifico. Si devono segnalare in particolare la lucidissima delimitazione del problema metodologico della rilevanza dei lavori preparatori nell'interpretazione della norma, la precisa definizione del concetto di perdita che implica un elemento di imprevedibilit� e involontariet�, e l'approfondimento del concetto di inerenza, con riferimento a quello della causalit�, basato sulla connessione �specifica fra spesa e produzione, oltre, naturalmente, alla sistemazione �pressoch� definitiva del problema centrala della natura e dei caratteri dell'imposta sulla societ�. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 149, 150 dello stesso t.u. ,sostenendo: a) che il credito 'per imposta sulle societ� nasce dopo la produzione del reddito e quindi non pu� coD1Siderar.si inerente alla produzione di questo; b) che comunque � dubbio che il pagamento di un'imposta possa costituire spesa a questi effetti; c) che la giurisprudenza ha sempre considerato ~ndetraibili agli effetti della ricchezza mobile gli oneri fiscali afferenti il� soggetto produttore del reddito; d) che l'imposta sulle societ� non � scindibile in due componenti ma � esclusivamente un'imposta sul reddito cosi come affermato non solo nella relazione ministeriale ma anche nella relazione Parlamentare di maggioranza; e) che comunque, anche se si potesse distinguere tra componente reddito e componente patrimonio, nemmeno quanto pagato per la seconda potrebbe considerarsi detraibile, perch� tratterebbesi sempre di imposta personale che si risolve in erogazione di un reddito ,gi� prodotto. Queste censure debbono essere valutate mediante un completo riesame della �controversa questione, prendendo organicamente in considerazione non soltanto le censure stesse ma anche tutti .gli altri argomenti che, a favore dell'una e dell'altra tesi, sono stati prospettati in questa e nelle cause analoghe oggi passate in decisione in questa sede di legittimit�. Si dpro.pone cos� dinanzi a queste Sezioni Unite la questione che gi� dalle stesse fu risolta in senso favorevole alla tesi sostenuta dalla Finanza con sentenza n. 125 del 12 gennaio 1967. Il riesame di tale questione per�, anche se condotto con pi� approfondita e particolareggiata indagine, quale consiglia la delicatezza e l'importanza della materia dal punto di vista sia giuridico ,che economico, non pu� og.gi portare a diversa soluzione n� per quanto concerne la decisione finale, n� per quanto attiene all'iter della motivazione gi� addotta, almeno in nuce, da questa Corte Suprema. La seconda pronunzia, partendo dalla �stessa definizione dell'imposta sulle societ�, supera facilmente l'eccezione di illegittimit� costituzionale deHe norme che istituiscono questa imposta e aggiunge ancora altre considerazioni sulla indetraibilit� assai utili anche all'approfondimento di concetti generali sulle imposte dirette. Il pagamento dell'imposta sulle societ� non pu� configurarsi n� come una perdita �Che presuppone la distruzione o diminuzione non volontaria di beni o di crediti, n� ,come una spesa che richiede la commutazione dell'esborso di danaro con l'acquisto di un bene economicamente valutabHe, cosa che pu� ammettersi solo per determinate imposte; ammettendo comunque la deducibilit� di una spesa improduttiva, l'imposta sulle societ� si presenta �come legata al reddito da un vincolo vago e generico che esclude quella connessione specifica in cui si sostanzia il concetto di inerenza; a questo riguardo assai acuta � l'osservazione che l'inerenza presuppone l'anteriorit� della 19Pesa rispetto al reddito prodotto, cosa che non pu� riscontrarsi nel tributo sulle societ� �che si risolve nella � erogazione di .un reddito gi�_ prodotto. 446 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO L'indagine deve prendere le mosse dall'eccezione principale, e potrebbesi dire .pregiudiziale, che la Finanza insiste ad opporre alla pretesa delle societ� contribuenti di detrarre dall'imponibile agli effetti della ricchezza mobile quanto pagato per imposta sulle societ�, ,, almeno per quanto concerne la �-.componente patrimonio �, e cio� per quella quota d'imposta che, ai sensi dell'art. 146 del t.u.� �sulle imposte dirette approvato con d.P. 29 ,gennaio 1958, n. 645, � dovuta �in ragione "' del 7 ,50 %o del patrimonio imponibile. Tale eccezione parte dal presupposto, c.onfortato da alcune espressioni della Relazione del Ministro delle Finanze al Senato e della relazione parlamenta-re di ma.g.gioranza, che l'imposta sulle Societ� sia, anche �per la parte " dovuta in ragione " del patrimonio, un'imposta s4l reddito; e da questo presupposto .giunge alla conseguenza della indeducibilit� d�ll'importo pagato dall'imponibile di ricchezza attraverso l'applicazione del principio logico-giuridico apparentemente incontestato per cui non� � pos .sibile considerarsi n� come spesa inerente alla produzione di un reddito, n� come perdita da computarsi nel calcolo di questo, qualcosa che, logicamente e nel tempo, viene dopo tale produzione, costituendo una erogazione di parte del reddito p:uodotto. Si pone .cos� subito il problema centrale, quello cio� dalla cui soluzioni ogni altra dipende: il .problema della natura giuridico-economica dell'imposta sulle societ�. E per definire tale natura non si pu� -ci� deve essere subito affermato -prescindere dall'esame dei lavori preparatori, �costituiti, nella specie, principalmente dalle relazioni sopra Ticordate, che sono veramente esaurienti e perspicue anche dal ;punto di vista .giuridico. In proposito bisogna ricordare qualche principio di carattere generale, dato che tutte le difese delle rparti private che nella presente e nelle analoghe cause che oggi vengono in decisione avanti queste Sezioni �Unite contestano che ai lavori preparatori de quibus possa darsi, a.gli effetti interi];)retatiivi, la .primaria importanza che ad essi la difesa della Finanza attribuisce per convalidare la tesi della natura d'imposta sul. reddito dell'imposta societaria. � noto che il principale arg�mento che si adduce dalla dottrina della ermeneutica per diminuire, od addirittura minimizza�re la rileva- nza delle relazioni, osservazioni, opinioni che vanno sotto la convenzionale espressione di lavori preparatori � costituito dalla distinzione tra le volont� cosi espresse dai vari organi o persone fisiche ./ che hanno contribuito all'iter formativo di una� legge e la � volont� del legislatore � intesa come �ggettivazione e personalizzazione della fogge stessa, quasi che questa, una volta uscita dalle menti di coloro che l'abbiano emanata, cominci a vivere di vita propria e ad espri-,. mere un'auton�ma '\rolont�. / PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Da questo concetto, che � scientificamente esatto e dal quale sail'ebbe, oltretto, anacronistico distaccarsi in tempi di reclamata interpretazione progressiva del diritto, queste Sezioni Unite non intendono prescindere; ma �all'uopo sono necessarie due precisazioni. Anzitutto va ricordato che di autonomia e di distinzione 'tra volont� della legge nel senso sopra veduto e volont� dei singoli partecipanti al processo legislativo si pu� tanto pi� giustificatamente parlare quanto pi� nel tempo l'espressione della volont� normativa si allontana dal momento dell'inter.pretazione e dell'applicazione della legge e quanto rpi� sia mutato o stia mutando il contesto politico, sociale, economico rispetto a quello del tempo in cui la leg.ge fu promulgata; cosicch� quando codesti tempi e codesti contesti siano prossimi o simili, od addirittura . ' ' . siano gli stessi, il distacco dell'interprete dalla volont� del legislatore attuale e concreto si �risolve in arbitrio. In secondo luogo deve farsi distinzione tra la concezione generale degli istituti posti in essere dalla legge e le singole pai;ticola:rit� di questi; mentre per talui.a di dette particolarit� bene � ammissibile che l'estensore di una relazione ministeriale o parlamentare non si renda conto appieno delle� conseguenze pratiche o dogmatiche cui deve� correttamente portare, sul piano interpretativo, la no-vatio legis considerata nel suo complesso e dia quindi .:un'interpretazione errata da questo punto gi vista, un simile errore � inconcepibile nella delineazione generale delle esigenze cui il legislatore intende ovvhjtre con la emanazione della legge, e cio� della ratio legis intesa nel suo sens� proprio; e codesta delineazione ,generale, ove risulti con univoca chiarezza dai lavori rpreparatori ed ove non sia stata travolta dal mutare d~i tempi e delle conpizioni nel senso, sopra veduto, deve essere quindi fatta propria, sulla base dei lavori preparatori �stessi ove occor.ra, dall'interprete. Se di questi �due or.dilli di concetti si fa applicazione al caso del l'imposta sulle Societ� si dovr� giungere alle seguenti due conclu sioni: a) che le considerazioni contenute nelle ampie relazioni del Ministro delle Finanze e dei relatori di maggioranza al Senato sono og:gi <;ome al momento in cui furono esposte pienamente attuali e co stituiscono quindi str:umento obbligatorio per l'interprete; b) che la ricostruzione della mens legis che da tali �relazioni, nel loro complesso, ' chiail'amente emer.ge non consente in alcun modo di ritenere che l'imposta sulle so,ciet� sia un'imposta sul reddito, ancorch� qualche isolata affermazione �dei relatori possa ingenerare in proposito perplessit�. I ' Per quanto, infatti, concerp:e l'elemento temporale, l'attualit� dei lavori P;reparatori de quibus emel'lge non solo dalla data recente di essi (1954) ma anche dal fatto che la leg.ge istitutiva dell'imposta si trov�a ancora, nonostante 1gli anni decorsi dalla sua entrata in vigore, ~ in periodo di prima applicazione, se non di, �rodaggio �, come di~ 448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mostra l'esistenza stessa e il perdurare della presente controversia, attinente all'inquadramento dell'imposta �societaria nel nostro sistema tributario.' E p�r quanto attiene poi al contesto politko-.sociaJ.e, quello attuale, se si differenzia da quello del 1954, se ne differenzia solamente, nel campo tributario, per una pi� ~stesa ed approfondita esigenza di perequazione fiscale; esigenza che appunto informa, come si vedr�, la mens legis risultante dai lavori ,prep,aratori della legge in esame. Da questi punti di vista, quindi, l'utilizzazione di detti lavori :preparatori � imposta dall'ultima parte del priino comma di quell'art. 12 delle disposizioni ,sulla legge in generale dal quale i sostenitori della tesi favorevole alle societ� contribuenti vorrebbero trarre ar.gomento in senso contrario. Ci� :posto dal punto di vista della necessit� di valersi dei lavori prepa,ratori, resta da dimostrar~ l'assunto sub b), che concerne il come ed il quanto d1 tale utilizzazione sotto il profilo sop.r.a indicato. Ed all'uopo devesi subito rilevare che �la tesi della Finanza per cui l'imposta societaria sarebbe una " imposta ordinaria sul reddito ", sebbene .risulti da una testuale affermazione della :relazione del Ministro, contrasta col titolo del paragrafo 6 .della relazione parlamentare �di maggioranza (La novit� del sistema: contempo!I'anea imposizione sul capitale e sul reddito) e, principalmente, con la ratio legis e con la 'configurazione generale ,dell'istituto tributario che emergono dal complesso dei due lavori preparatori. L'isolata frase della relazione ministeriale II'appresenta soltanto un'incidentale erroneo inquadramento dogmatico che non pu�, come tale, qualificare la vera natu! l"a del tributo. In proposito resta quindi solo da osservare che non � esatto nemmeno quanto si afferma dalla Finanza in una delle sue ! difese, che cio� la natura d'imposta sul reddito sia confermata anche nella relazione parlamentare, laddove questa rileva che l'imposta so cietaria e ha carattere pel'ISonale e non reale; colpisce i sog.getti e non i beni ~; tale rilievo (che si �concilia perfettamente, come si vedr�, con l'opinione di questo Supremo Collegio) non implica affatto che l'imposta abbia natura �di imposta sul reddito. Si gimge 1cosi al punto focale della questione: e cio� alla determinazione positiva della natura giuridica del tributo in esame. E tale natura giuridica deve essere ricercata e definita attravel'ISo due successive indagini, da eseguirsi, ripetesi ancora, sulle relazioni preipairatoci~ non meno che sul testo legislativo; e cio�: a) ricerca della ratio legis nel senso preciso di scopo perseguito dal legislatore attra� ver1so l'istituzione del tributo; b) esame del meccanismo tributario per mezzo del quale detto scopo � stato perseguito. La ratio� legis � espressamente e diffusamente delineata nelle due relazioni e trova piena conferma in nozioni di fatto di comune espe-" rienza. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La Relazione Ministeriale parte dalla constatazione che nel nostro ordinamento le societ� di capitali godono, rispetto alle imprese individuali ed alle societ� a base personale, di un trattamento fiscale particolarmente favorevole, sia rperch� tale trattamento sia previsto e voluto dalla legge, sia perch� questa consenta facili evasioni fiscali cui si perviene col ricorrere alla costituzione di societ� di comodo. Dal primo punto�di vista, infatti, si osserva che i trasferimenti di titoli azionari non ~ono sottoposti ad imposta di regi�stro, mentre i trasferimenti di aziende individuali o di parti di esse lo sono; ed �anche per i trasferimenti a titolo gratuito di beni immobiii, a titolo di :successone e di donazione, i possessori azionari riescono, anche �senza � ricorrere a forme di vera 'e propria evasione, a sottrarsi in forma legale al tributo. A tali inconvenienti si era parzialmente ovviato mediante la imposta di negoziazione, ave:tite funzione surrogatoria della imposta di registro; ma nessun rimedio per ora esisteva per il secondo �ordine di sperequazioni, quelle collegate� ad evasioni fiscali vere e proprie, evasioni poste in essere, ad esempio, col mascherare la vera capacit� . ' contributiiva del ,singolo agli effetti della imposta complementare mediante la mancata distribuzione dei redditi della societ� .di .capitali. Da tutto ci� � derivata -prosegue sempre la Relazione Ministeriale la pericolosa tendenza a costituire societ� destinate solamente a gestire patrimoni mobiliari od immobiliari di carattere familiare che, in assenza del fattore fiscale non avrebbero alcuna ragion d'essere. Ed allora, per ristabilire una situazione di equilibrio, si � voluto � incidere su questo fenomeno, ponendo sulle societ� .di capitali un onere addizionale destinato, nel suo coonplesso, a compensare i vantaggi fiscali di cui esse .godono, in prima linea in materia di imposte sui trasferimenti onerosi ed a titolo gratuito e di imposta progressiva sul reddito. e Cosa, questa, che si sarebbe potuta fare .con l'aumento della aliquota di Ricchezza Mobile rper le societ�; ma che, invece, si � fatta mediante� e una autonoma imposizione sulle societ� ,, . Tutte queste ragioni per la istituzione dell'imposta �sono ribadite, con ;pi� particolareg.giata descrizione, dalla Relazione Parlamentare di maggioranza. Ivi. si precisa, secondo quanto risulta dai titoli stessi dei paragrafi e sottorparagrafi, che la imposta sulle societ� " ha la stessa funzione dell'imposta complem~ntare ", che essa vuole colpire la " speciale .capacit� contributiva " propria del� soggetto societ� di capitali, che essa ha carattere " surrogatofio > dei tributi sui trasferimenti della ricchezza �e sul reddito non dovuti od evasi; che essa, infine, vuole essere " una remora alle societ� di comodo ". Alla. ratio legis cos� nettamente individuata le Relazioni prepa�ratorie fanno seguire la descrizione del meccanismo. tributario della nuova imposizione progettata, dimostrando l'attitudine di tale mecca-� nismo a raggiungere �gli scopi prefissi dal legislatore. Il sistema risulta RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dall'art. 6 della legge istitutiva n. 603 del 1954, trasfuso nell'art. 146 del t.u. �sulle Imposte Dirette, che ha migliorato la dizione del primo testo: " L'iini.Posta � dovuta in ragione del 7,50 %o del patrimonio imponibile e del 15 % della parte del reddito �complessivo eccedente il . 6 % del detto patrimonio >. Spiegano le due Relazioni che tale formula nuova di " contemporanea imposizione sul capitale e sul reddito> ben risponde all'intento di scoraggiare la societ� contribuente sia dal tenere artificialmente basso il �capitale sociale mediante la costituziooe di riserve oc�culte, sia dal ��gonfiare� artificialmente detto capitale. E si .pu� aggiungere, tra parentesi, che il sistema aippare preor.dinato a colpire con perequazione anche in parte.nza �i due tipi di societ� normalmente usati per scopi di comodo: e .cio� la societ� im:r;nobiliare, avente basso reddito ma ing~nte patrimonio, e la societ� a responsabilit� limitata, che .pu� avere basso capitale ed elev�ato reddito. Date queste premesse veramente difficile arppare seguire la tesi della finanza ed attribill!re,. sulla base della isolata espressione colta nella Relazione Ministeriale, natura idi e imposta ordinaria sul reddito > al tributo de quo. Evidente appare, invece, che, secondo la espressione del paragrafo 7 della .Relazione Parlamentare, �si tratta di un tributo del tutto nuovo "; e la definitiva formulazione del testo legislativo nell'art. 145 del d.P. 29 gennaio 1958, n. 645, per cui � presupposto dell'imposta � il possesso di un patrimonio o di un reddito da parte di �soggetti tassabili in base al bilancio �, se posta �a raffronto con l'art. 81 dello stesso t.u. che nel definire la tipica imposta sul reddito, il tributo �di Ricchezza Mobile, considera presupposto della imposta e la produzione di un reddito netto ,. , costituisce dimostrazione testuale -di questi assunti. Basta, all'uopo, rpor mente alla alternativa :llra il posses>So di un patrimonio o di un reddito iper dover concludere che� la esistenza stessa di tal~ alternativa pone in seconda linea dal punto di vista concettuale quegli elementi economici che, se pure ovviamente siano essenziali, costituiscono per� �Solo lo strumento per la quantificazione del tributo, come appare dal successivo art. 146; ben diversamente da quanto accade per la e prod�zione del �reddito netto � di Ricchezza Mobile, che � si anche parametro di misura della imposta relativa, ma principalmente � motivo legislativo, ratio legis del tributo. Vero � che si potrebbe osseware, precorrendo quello che si dir� in seguito, che ancora pi� esatto da un punto di vista dogmatico sarebbe stato definire come presupposto della imposta 1societaria la esistenza stessa del sog.getto tassabile in base a bilancio (e cio�, secondo l'art. 8 del t.u. 645/958, dell~ societ� ,fil capitali o ente assimilato); ma la espressione sarebbe stata poco �tecnica per una imposta che, ess~ndo compresa tra i tributi diretti, colpisce anch'essa quella manifestazione PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 451 i immediata di capacit� contributiva che pu� esprimersi solamente in termini di patrimonio o di reddito. Giunto il discorso a questo punto, dimostrato, cio�, quello che la imposta sulle societ� non �, occorre ora fornire una precisa �definizione positiva della natura .giuridica della imposta stessa. � Ma tale definizione gi� emerge da quanto sin qui si � detto. Prima conclusione cui devesi .giungere � quella che la imposta sulle societ� � un tributo organicamente unico, essendo le cosiddette due � �componenti �, .patrimonio e r�ddito, soltanto gli strumenti di commisurazione della imposta che colpisce la capacit� contributiva potenziale delle societ� di capitali. Ed anche come criteri o �ragioni� di accertamento i due elementi economici suddetti sono in realt� un solo meccaniJSmo, essendo stabiliti l'uno in funzione dell'altro, per compensare automaticamente il cal~re di una base di imposizione col crescere dell'altra. Non ha senso, quindi, configurare la detraibilit� della sola �componente patrimonio,. come una ipotesi che trag:ga peso dall'abbandono della tesi ;della detraibilit� totale e dal confronto t-ra le due " componenti ,. . � Questa imposta � poi una .imposva personale, come rileva ancora il paragr�fo 7 della :j:telazione Parlamentare; ma tale definizione deve essere intesa non nel �senso ,di tributo che colpisce il soggetto quale produttore del reddito e non il \Patrimonio, cos� come fa la difesa della finanza, �ben~� nel senso di " imposta che si rivolge direttamente ed in primo luogo alla ;persona del contribuente, il cui reddito complessivo serve a determinare l'altezza del tributo � (Rel. Parlamentare, loc. cit.). Da questo punto di vista pu� .essere accettata la definizione di � complementare delle societ� �; e si rpu� .giungere anche ad accogliere la pittoresca �Configurazione di "testatico�, prospettata da qualche �difensore delle contribuenti. L'imposta � dovuta dalla societ� di capitali e �dall'ente assimilato per il solo fatto di esistere (come titolare di t�n patrimonio o di un reddito beninteso) �in quella particolare formi giuridica che d� i vantaggi, fiscali o meno, leciti, ai confini del lecito od illeciti �Che sono a tutti noti e 1che determinano una particolare capacit� <contributiva. Ed a ben guardare il tributo appare istituito non semplicemente per gli 1SCorpi di 1perequazione fiscale/di cui si � detto, e cio� come imposta 1surrogato:ria di tributi non dovuti od evasi. Il parag:rafo 5 della Relazione Parlamentare, che manifesta la intenzione di� rporre, come si dice nel titolo, � una remora alle societ� di comodo �, riconosce che lo scopo di evasione fiscale � lo stimolo pi� importante al " fenomeno patologico � del moltiplicarsi di dette societ� di comodo, ma non � ii solo : e questa � la verit� di coo:nune esperienza. � noto, infatti, che era abitudine, ad esempio, di costituire societ� immobiliari �~ allo .scop� di favorire al di l� dei limiti della �riserva i figli maschi o 17 452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO qualche estraneo nella �succ�essione ereditaria; di rendersi nullatenente per non p~gare l'assegno di mantenimento al coniuge separato, di superare le-limitazioni imposte a certe categorie di persone in ordine all'esercizio di imprese, e cos� via; ed uno dei fenomeni �patologici� pi� cospicui del dopoguerra � stato, nel campo commerciale, il moltiplicarsi delle insolvenze e dei dissesti delle societ� a responsabilit� limitata con 50.000 lire di capitale attraverso le quali poco scrupolosi o sprovved�ti individui, fidando ne.Ila tetragona �resistenza opposta da questa Corte Suprema ai tentativi fatti in dottrina e 4ai giudici inferiori di risalire dalla responsabilit� sociale a quella individuale (socio, occulto, so�io "tiranno'" societ� di fatto �tra societ� e .persona fisica), nonch� nella notoria difficolt� ed inefficienza delle azioni .sociali di responsabilit�, contraevano debiti del tutto sproporzionati a.Ile risorse sociali �sottraendo ipoi la rp~opria persona alle conseguenze del dissesto in~vitabile se non voluto. � Ora il legislatore, introducendo la imposta sulle societ�, ha certa 1 mente anche voluto tentare di 'moralizzare qu~sti .settori della vita nazionale. La Relazione Parlamentare lo dice chiaramente quando, ripe-. tesi, rileva che il fenomeno �delle 'societ� di comodo � determinato �in buona .parte ,, dal diverso trattamento tributario, e principalmente quando esprime la intenzione del legislatore di ;porre � una remora " a tali societ�; se ci si fosse preoccupati soltanto del recupero in via surrogatoria di tributi non dovuti od evasi nel senso veduto, non si vede perch� lo Stato avrebbe cercato di scoraggiare la costituzione di � enti comunque destinati ad impinguare le sue entrate fiscali. Vero � che il ;passo in esame della Relazione vede questa moralizzazione del settore non .come una forma voluta di �sanzione contro le societ� di comodo ma come una conseguenza del provvedimento di carattere tributario, dal quale deriverebbe il " .guadagno ,, ;per la chiarezza della nostra vita economica,,: ma la conseguenza, comunque, c'�, � prevista dal legislatore, e costituisce anch'essa lineamento caratteristico di questo veramente peculiare tributo. .Del quale, infine, non si dovr�� qui dimenticare l'altra particolarit�, sancita dall'art. 149 del t.u.: quella di essere l'imposta dovuta, sia rpure in misura ridotta, anche quando la societ� abbia chiuso il bilancio in deficit. Nessuna acrobazia .interpretativa pu� veramente conciliare la concezione di imposta ordinaria sul reddito, respinta dalla sentenza impugnata, col fatto dell'obbligo di assolvere il tributo anche quando, non ;per errore di accertamento ma ;per previsione legislativa, il reddito non c'� stato: ed anche questo, quindi, � un ultimo ma conclusivo argomento testuale a favore della concezione del � testatico ", e cio� della imposta dovuta dal soggetto imposto per il solo fatto della sua esistenza giuridica. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Rimosso cos� l'ostacolo preliminare opposto dalla :finanza alla tesi della ,detraibilit� dall'imponi�bile di Ricchezza Mobile di quanto pagato per imposta sulle societ�, componente :patrimonio o reddito che sia, deve passarsi all'esame della tesi stessa, ripetesi, dal punto di vista ;positivo, ovvio essendo che spetta al �contribuente di dimostrare, in 'diritto 'pri~a che in fatto, la esistenza di spese, ;passivit�, ;perdite che, ai sensi degli artt. 91 e seguenti del t.u., possono essere detratte dal reddito agli effetti della determinazione dell'imponibile netto, sottoposto al tributo mobiliare. In �proposito le societ� contribuenti ip:r:ospettano due tesi gradate; sostengono cfo� che l'importo pagato per imposta sulle Societ� deve essere detratto da detto imponibile: a) perch� esso importo costituirebbe spesa o passivit� inerente alla produzione del reddito. di Ricchezza Mobile, ai sensi dell'art. 91 del t.u.; b) :perch�, in ipotesi, esso costituisce una perdita /" ai sensi �dell'art. 99. Questi assunti� debbono essere esaminati alla luce dei concetti sopra diffusamente esposti circa la natura giuridka della imposta societaria. Cominciando dalla tesi sub b), che si presenta di pi� facile ~oluzione, in senso negativo naturalmente, va osservato che di ;perdita �nel senso ,che qui interessa si pu� parlare so:lo con riferimento all'ultima previsione dell'art. 99 e cio� alla perdita inerente � all'attivit� produttiva del reddito ,, . Si pu� anche ammettere che con tale espressione il legislatore, distinguendo tra � attivit� produttiva " e � ;produzione del reddito�, abbia voluto 'dare alla �inerenza� una portata pi� ampia di quella di cui all'art. 91; ma quello che � impossibile ritenere � che, secondo il senso comune delle parole, posta l� alternativa tra i concetbi di spesa e di JPerdita, il pagamento di una imposta possa rientrare nel secondo concetto ad esclusione del primo. Se la legge parlasse soltanto di perdite, con tale :parola, intesa in senso contabile, �si d�esignerebbero �ovviamente anche le spese; ma poich�, invece, vi � la distinzione, il .concetto d'i perdita deve restringersi, .ripetesi, al senso lessicale della parola, che implica s�mpre un elemento di imprevedibilit� e di inv:olontariet�, essendo palese che se la esistenza .generica di perdite nella gestione della impresa � sicuramente prevedibile, lo stesso non pu� dirsi per le singole perdite (exempli gra.tia per le insolvenze dei deibitori). Nel �concetto di spe:sa vi � invece sempre l'elemento della volontariet�, anche se in materia fiscale codesta volontariet� sia quella del tamen coa.ctus volui. La tesi �che vede nel pagamento della imposta societaria una 1perdita nel senso qui considerato � quindi senz'altro da respingersi in base al primo criterio interpretativo posto dall'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale. .&ssai pi� degna di considerazione � la tesi della � spesa " inerente alla produzione del reddito. Il ragionamento delle societ� contri RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO buenti ha, in propolSito, l'apparente irresistibilit� degli argomenti semplici, che vanno, come suol d.irsi, al sodo: se le societ�, si dice, vo.gliono gestire la loro impresa ed avere, quindi, un reddito esse debbono porre in bilancio la spesa relativa alla imposta societaria, che quindi � collegata come �Conditio sina qua non alla produzione del reddito stesso. Oppure, �con pi� specificit� riducendo la pretesa di detrazione alla sola "componente" patrimoniale: il patrimonio della societ� � lo strumento primo, quello anzi che tutti gli altri strumenti riassume e comprende, per la produzione del reddito; la imposta societaria � una spesa necessaria che �grava, sia pure come parametro contributivo, il patrimonio e quindi inerisce :per questa via alla .produzione del reddito. A queste argomentazioni la finanza, prima ancora di accettare la discussione sulla inerenza, obbietta che il pagamento della imposta sulle 1societ� non costituisce.una rspesa agli effetti dell'art. 91; ed a sostegno di tale ec.cezione cita una rispettabile ma vetusta dottrina ed una altrettanto remota, oltre che isolata, pr:onunzia di qu�sto Supremo Collegio (n. 3672 del rn,27). A parte codesti richiami di scarso peso, pi� consistenza se mai pu� avere l'argomento tratto dalla considerazione �che nello stesso t.u. delle Imposte Dirette, in tema di oner~ detraibili dalla somma dei redditi imponibili agli effetti della Complementa~ e (art. 136) e di determinazione del �reddito agli effetti della Imposta Societaria (art. 136) 1si fa distinzione, con separati alinea, tra imposte detraibili �da un� parte e � s:pese e paslSivit� " dall'altra. Tale argomento ha �sollevato perplessit� come quello che potrebbe indicare un criterio terminologico valevole per .tutta la materia regolata dal t.u.: ma anch'esso deve essere respinto perch� in verit� prova troppo. Con l'adozione di questo criterio interpretativo si dovrebbe, infatti, giungere alla �Conseguenza che nessun pa.gamento d'imposta �costituirebbe spesa detraibile ai sensi dell'art. 91 del t.u.; cosa, questa, che nessuno mai ha sostenuto in relazione, ad esempio, alle imposte di Registro, di bollo, di concessione governativa ed a.gli altri infiniti tributi di ogni genere cui giornalmente l'imprenditore, singolo o societ� che �Sia, assolve, non come cittadino ma, a:ppunto, co111e imprenditore. Pe:r tali �erogazioni si potr� fare questione di inerenza e ritenere quindi, ad esempio, che l'imprenditore privato possa detrarre dal suo imponibile �di Rfochezza Mobile quanto pagato per la registrazione del contratto di affitto dell'immobile in cui gestisce il suo opificio e non, invece, il corrispondente importo .per la locazione della sua casa di abitazione, perch� in questo secondo ca.so trattasi di erogazione del red �dito prodotto e non di spesa di produzione: ma la ragione .di tale indetraibilit� risiede nella non inerenza, in questo caso evidente, non nella natura tributaria della spesa. Anche questa eccezione della finanza deve essere quindi !l'espinta. 455 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Si giunge cos�, finalmente, rper eliminazione di tutte le altre questioni logicamente preliminari, alla ultima linea di difesa della tesi del fisco: quella della non inerenza della spesa per imposta societaria, nemmeno per quanto concerne la � componente'� patrimonio, alla produzione .del reddito d'impresa della societ�. Ma tale linea di difesa regge anche di fronte ai nuovi assalti delle ag.guerrite difese delle societ� contribuenti, perch� queste Sezioni Unite, dopo avere riesaminato il .problema funditus con la forse anche trqppo vasta indagine :sin qui condotta, non trovano ragione di mutare, in proposito, J.'avv.iso gi� in precedenza �espresso con pi� scarsa motivazione. La sentenza n. 125 del 1967, infatti, rilev� ch� se fosse con~iderato onere detraibile ai noti effetti la imposizione tributaria posta a carico di una peI'ISona fisica o ,giuridicq per il �solo fatto di essere tale, e cio� di, esistere, si condurrebbe ad una estensione assurda ed inammissibile � il concetto di "inerenza� .della spesa alla .produzione del reddito, anche se tale concetto non possa limitarsi a cqmprendere solamente quelle spese �che appaion~ legate alla produzione stessa da un rnpporto materiale, immediato e diretto, come ad esempio le spese per mano d'opera e materie prime, lna debba essere ragionevolmente ampliato ad altre erogazi,oni meno immediate strumentali per la impresa eppure necessarie per la 1pro.fi.cua gestione di questa. Questa affermazione occorre oggi rlpetere. Quando si � escluso che la imposta,.societaria nelle sue ~due componenti, possa definirsi una imposta sul reddito, si � implicitamente inteso affermare che l'onere relativo si trova, come oggi suol dirsi, "'a monte,, del .reddito stesso, del quale non costituisce parziale erogazione: ma tale collocazione � a monte � � troppo remota e generica pel'ich� il post hoc possa trasformarsi in un propter hoc, perch� l'antecedente lbgico e tempocale possa divenire causa efficiente. Ed � proprio quella concezione. del � testatico " cos� abilmente sostenuta dalla difesa delle societ� �Contribuenti che; porta a conseguenze negative per la tesi dalle stess~ .prospettata. Basta infatti riconsiderare la genesi legislativa del tributo e la ratio legis sopra ricostruite attraverso la esegesi del testo legislativo e dei lavori preparatori per escludere con sicurezza non solo che il le. gislatore abbia voluto .colpi:r:e il reddito, ma anche che si sia inteso tassare la potenziale capacit� della societ� �di produrre il reddito stesso: la societ� viene sottoiposta al " testatico,, non perch� sia un imprenditore che mira al profitto ed agisce per conseguirlo, ma perch� si trova, rispetto agli~ altri soggetti dell'ordinamento, in una .posizione di vantaggio fiscale ed � suscettibile di 1strumentaWizzazioni pi� o meno lecite in ordine alle quali la imposta assume �'perfino, per ammissione w dei lavori preparatori, un carattere di "remora,, se non di sanzione; 456 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO talch� <per quanto concerne le societ� di comodo la imposta stessa appare predisposta pro.prio allo scopo di reprimere il fenomeno patolo. gico rdella soci�t� destinata non alla funzione istituzionale d�lle societ� di capitali, e cio� la produzione di un reddito, bens� a fini traversi ed ! anormali, se non addirittura contrari alla legge; non, quindi, almeno in questo caso, tributo .sulla ca'Pacit� di <produrre reddito, bens� sulla incapacit� reale di produrlo.� Ma, ,si obbietter� a questo punto, anche ammesso che il legisla tore non abbia inteso sottoporre' a tributo le soi�iet� di capitali come strumenti per la produzione di reddito, la situazione della societ� come impresa non ,cambia: sta di fatto che la societ� stessa, se non p~ga il tributo in questione, non pu� eser:citare la sua impresa e non pu� quindi produrre reddito; quale che sia stata la intenzione del legisla tore, sul pian� obbiettivo la i.iposta viene a colpire proprio lo stru mento col quale il reddito si produce, e cio�, almeno per la �compo nente patrimoniale, il .patrimonio che, ,come gi� si � detto,� indubbia mente riassume, riunisce e :determina tutti i singoli mezzi materiali di produzione del reddito sociale. In proposito devesi anzitutto ripetere che, data la unicit� con cettuale della imposta, proprio inerente alla natura di " testatico �, non � lecito ridurre la tesi alla �ipotesi gradata per meglio dimostrare, restringendo all'elemento materiale e tangibile del patrimonio l'oggetto della imposta stessa, detta ipotesi: Ma la obbiezione pu� valere anche considerando .come oggetto unitario del tributo la forma sociale, che � anch~ essa, sia pure in .senso pi� figurato, lo strumento attraverso il quale i soci, dalle cui tasche, in definitiva, esee il denaro per pagare la imrposta, conseguono il reddito d'impresa. Ebbene, anche sotto questo profilo obbiettivo il requisito di legge della � inerenza � viene ad esulare per la gi� rilevata impoasibilit� di estenderne la portata a presupposti causali atipici e troppo lontani da.Ila produzione del �reddito. A questi effetti si,. pu� mutuare da altro ramo del diritto (e ci� � possibile perch� trattasi di categorie logiche e non giuridiche in �s�) la distinzione tra '� concetti della conditio sine qua non e della ,causalit� tipica od adeguata, per ricordare che nella serie in.finita degli antecedenti causali del fenomeno qui in considerazione, la produzione del reddito, l'interprete deve eseguire un.a cernita per scegliere quelli che ragionevolmente adeguatamente, tipicamente il le.gislatore abbia voluto considerare come inerenti alla produzione del reddito agli effetti fiscali. Ora il criterio pi� sicuro per eseguire detta scelta non pu� essere che quello di confrontare la situazione dell'imprenditore persona giuridica con quella dell'imprenditore persona fisica, pacifico essendo che l'art. 91 del t.u. delle Imposte Dirette non fa, in proposito, distinzioni per quanto concerne la inerenza della spesa al reddito. Ed allora de PARTE I, SEZ. �V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 457 vesi giungere alla conclusione che, come l'imprenditore indiv1Cluale -non pu� detra.rre dal suo imponibile di Ricchezza Mobile le sipese di imposta ed altro eh~ rendono possibile la esistenza stessa della sua persona e del_ �suo patrimonio, elementi indispensabili ~ qualsiasi im-. presa individuale, cosl la societ� di capitali non ;pu� d�llo stesso imponibile detrarre l'importo di quella imposta so;.cietaria che/ ripetesi ancora una volta, � stata iistituita soltanto per compensare certi vantaggi fiscali e per reprimere o limitare �certi. inconvenienti che la esistenza stessa della societ� �di capitali comporta. Poich� brevis iter per exempla giover� trarre proprio dal sistema fiscale il ,p~radigma �di una imposta individuale alla cui definizione di spesa inerente al reddito ai noti effetti si ;potrebbe .giungere, :per fare uguale trattamento a tutti gli imprenditori se si ritenesse che le imposte aventi carattere personale ma non .gravanti sul reddito potessero essere detratte dall'impo�libile di Ricchezza Mobile. Tale esempio potr� essm:e fatto non in relazione alla Complementare, che_ lo stesso legislatore definisce imposta sul reddito, pereh� come tale detta imposta � sarebbe comunque i!ndetraibile; bensl con -riferimento alla imposta .(U fami.glia (.poco -rilevando a questi effetti che trattisi d.!-un tributo locale) che (l"a,ppresenta forse, nel nostro ordinamento fiscale, il tributo di importanza ,pi� vicino alla c()ncezione del testatico, gravando esso su ciascun capofamiglia che abbia dimora abituale nel comune ed essendo destinato a colpire �l'agiatezza,. delfa famiglia, che �, ovvi�mente, qualcosa che trascende il concetto di reddito. Orbene, � �chiaro �che se l'imprenditore individuale non pagasse codesto .personalissimo tributo egli 'si porrebbe fuori dell'ordinamento fiscale e non potrebbe quindi praticamente continuare a .gestire la su~ impresa; ma certo no-n si � mai sentito dire -che quanto :pagato per imposta di famiglia .possa essere detratto, oltre che dall'imponibile agli effetti della Complementare, anche dall'imponibile, di Ricchezza Mo. bile. E del-resto, portando alle estreme conseguenze il�ragionamento fondato sulla conditio-sine qua non, si dovrebbe .giungere addirittura a considerare defa�aibiU dal reddito di Ricchezza Mobile dell'imprenditore individuale le spese che costui sostiene per il proprio mantenimento, essendo lapalissiano che .per gestire _una impresa occorre anzitutto vivere e che per vivere � necessari~ sostentarsi. La verit�, quindi, � che nel caso della imposta societaria manca quel minimo -di connessione s.pecific~ fra spesa e produzione del reddito che la precedente sentenza di queste Sezioni Unite afferm� essere sempre ne.cessarla .agli effetti de quibus. Ci� .si ritiene di aver dimostrato con la pi� ampia motivazione oggi dedicata alla questione; motivazione che peraltro deve essere completata -con .l'esame degli ultimi due argomenti di contorno addotti dalle societ� contribuenti, non sul piano della configurazione teorica della natura ;giuddica del~ 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tributo, ma su quello del diverso trattamento fiscale che sareboe stato fatto in precedenza o sarebbe o.ggi fatto a spese fiscali di natura analoga a quella della imposta societaria; vale a dire la imposta di negoziazione abolita dall'art. 26 della legge n. 603 del 1954 e la imposta di registro 1sugli aumenti �di capitale, tributi questi dei quali sarebbe stata e sarebbe �;pacifica la detraibilit� dall'imponibile di Ricchezza Mobile. Anche �queste deduzioni sono irrilevanti a.gli effetti del decidere. Per quanto concerne la soppressa imposta di negoziazione, basta d�re uno sguardo ai lavori preparatori per constatare che il legislatore, considerando del tutto insufficiente ed inefficace dettQ tributo, surrogatorio dell'imposta �di registrti> sui trasferimenti dei titoli sociali, non ha inteso ampliarlo in altra imposta della stessa natura ma pi� onerosa, bens� ha voluto sorpprimerlo per creare un tributo del tutto nuovo, non avente il limitato scopo �di surrogazione del ibollo e del registro, bens� i fini generali, fiscali ed extrafiscali dei quali si .� sopra fatto ampio discorso. All'imposta di negoziazione quindi nori si poteva attribuire alcun carattere di �testatico�; e la spesa rel'ativa, �strettamente inerente allo istrumento di produzione costituito dal capitale azionario, non poteva non essere detraibile dall'imponibile di ricchezza mobile. E 1o stesso deve dirsi, nel diritto vigente, per le spese relative agli aumenti �di capitale sociale. Tali aumenti, con i quali .la societ� si procaccia nuovi mezzi di investimento, sono del tutto analoghi, almeno sul piano economico, agli atti con i quali l'imprenditore individuale persegue lo stesso scopo, ad esempio contraendo mutui e fina:t;lziamenti �con le banche. Nell'uno e nell'altro caso le �sipes� necessarie per conseguire lo scopo dell'ampliamento o del risanamento �dell'impresa attraverso un aumento del reddito si trovano con la produzione di questo in un rapporto cos� stretto, tipico ed immediato, che l'argomentazione serve �selo a �dimostrare " a contrario � come un rapporto di ugual natura non sussiste tra imposta societaria e produzione del reddito. Il ricorso dell'Amministrazione delle Finanze �deve essere quindi accolto, riaffermandosi il principio di .diritto .per cui � la spesa rela tiva al pagamento dell'imposta sulle societ� prevista dagli artt. 145 e seguenti del t.u. delle leg.gi sulle imposte dirette approvato con d.P. 29 gennaio 1958, n. 645 non � detraibile, nemmeno parzialmente, dall'imponibile di ricchezza mobile delle .societ� e deile associazioni tenute al pagamento stesso �. -(Omissis). II (Omissis). -� opportuno esaminare preliminarmente il terzo motivo del ricorso con il quale si prospetta la illegittimit� costituzionale PARTE I, SEZ;"'V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 459 delle norme regolatrici dell'imposta sulle societ� (art. 14�5 e segu�nti t.u. 29 gennaio 195'8, n. 645, sulle imposte dirette) per contrasto con l'art. 53 della � Costituzione, qualora si adotti l'interpretazione deUa Corte d'appello. In particolare sii lamenta che questa abbia dichiarato irrilevante, nel caso d:i specie, tale questione gi� sollevata in sede di merito. Sostiene la ricorrente �che ne!gare alla imposta su11.e soc.iet� i:l carattere di � spesa inerente alla produzione d# reddito � determinerebbe un contrasto con �i principi cui il sistema tributario deve ispirarsi s�condo l'art. 53 della Costituzione�, .poich� l'imposta, essendo ragguagliata al patrimonio, colpirebbe i redditi inferiori al 6 % �in. misura fortemente progressiva quanto pi� diminuiscono, fino ad arrivare alla loro falcidia per i redditi minori, se non addirittura ad incidere sul patrimonio negli aI.li in cui non si han;no redditi. Relativamente alla irrilevanza la Corte di .merito ha osservato che, nella specie, essendosi rivelate ampiamente positive le quattro ;g.estioni assoggettate all'accertamento fiscale, doveva ritenersi escluso il p.ericolo affermato dalla contribuente e cio� �che fa �componente patrimoniale dell'imposta sulle societ� potesse imfllortare, per redditi via via decrescenti, la loro falcidia o .ad'diI_"ittura una incidenza sul patrimonio. V.erroneit� di questo ragionamento, ai fini della irrilevanza della sollevata quest1one, � evidente 1sol: che si �considerino le conseguenze, alle quali si dovrebbe necessariamente pervenire qualora fosse dichiarata illeg.ittima l'istituzione della imposta sulle societ� nelle forme e nei modi di cui alla legge n. 603 del: .1954 ed agli artt.. 145 e �~eguenti del vigente t.u. 29 ;gennaio 1958, n. 645, sulle :imposte dirette. In detta ipotesi infatti� la contribuente risulterebbe 1sollevata da una �imposizione tributaria,. ritenuta in contrasto con fa Carta costituzionale, indipendentemente dalle risultanze attive o passive dei propri bilanci, e do� anche in quei caisi nei quali il reddito fosse stato uguale o superiore al 6 % del patrimonio ai sensi dell'art. 146 del predetto t.u. Ci� non soltanto signifi.ca ehe la sollevata questione doveva esisere ritenuta rilevante, ma �che la costituzJionalit� o meno della legge avrebbe dovuto essere riguardata in' te�rmini generali, cio� Ihl'.'escindendo dalle contingenti e mutevoli risultanze dei bilanci. La questione di legittimit� �costituzionale � dunque rilevante; essa peraltro si dimostra manifestamente in:Jlond!ata. L'imposta sulle societ� venne istituita con la legge 6 agosto 1954, n. 603, �le �Cui nor,me sono �state trasfuse negli artt. 145-155 del vigente t.u. n. 645 del 1958, onde evitare, eo:me si �esprime la relazione ministeriale, una ~perequazione tributaria a favore delle societ� di capitali in danno delle imprese individuali e delle pel'lsone fisiche. Questo squiliibrio prendeva origine da un lato, .dal fatto di non .essere le prime sog-.. gette alle imposte di trasferimento inter vivos e successione mortis 460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEL~O STATO causa in ordine ai titoli azionari rappresentativi del l�ro capitale:�~8ociale (�l nuovo tributo avrebbe sostituito a tal fine l'abrogata imposta di negoziazione 0sui pr�detti titoli, la quale aveva ovviato .a questo primo aspetto della sperequazione di �cui sopra) e derivava, dall'altro, dalla inesiistenza di una imposta complementare, gravante invece sulle persoll!e fisiche, relativamente a quella parte di utili che non viene distribuita, ma accantonata sotto la voce di riserve ordinarie .e <Straordinarie o di utili riportati a nuovo. E fu appunto per ristabilire una situazione di equilib~io �che l'imposta sulle societ� venne cmwepita, nel momento di formazione della relativa legge istitutiva, come un onere addizionale, de1stinato complessivamente a �compensare i vantaggi fiscali goduti dalle societ� di capitali in materia di� imposte sui trasferimenti 0onerosi ed a titolo gratuito e d.ii imposta :progressiva sul reddito. Questa ratio ispiratrice determin� la .struttura dell'imposta, ad indubbio carattere personale o soggettivo, riferendola al duplice presupposto del possesso di un patrimonio �o di un reddito o di ambe.due (art. 145 t.u.) e �commisurandola ad una aliquota rispe.Uivamente relativa al .patrimonio (7,50 per mille) ed alla parte di reddito complessivo eccedente il 6 % del patrimonio .stesso (15 % ). � anche .fl caso di rilevare che l'art. 149 del t.u. stabilisce, in caso di perdita, una sensibile riduzione dell'imposta, vietando per�, finch� un patrimonio sussista, che detta riduzione possa :superare il 90 % del- l'imposta istessa. ' L'accennata strutturazione � diretta a scoraggiare l'evasione �dal tributo mediante l'eliminazione dell'interesse del contr�ibuente a falsare !'�equilibrio del bilancio con spostamento di reddito a capitale o di capitale a reddito. �i� si raggiunge appunto attraverso la duplice tassazione sul patrimonio e sul redq.ito eccedente d.l 6 % del patrimonio stesso, in modo da assicurare una uguale incidenza del tributo, indipendentem: ente dia �eventuali manifestazioni sulla voce � patrimonio � e su quella � reddito� ed in base alle conseguenti loro r~c;i.proche influenze ed interferenze di vasi comunicanti. Mentre dunque� la struttura dell'imposta e lo spirito informatore della sua legge istitutiva dimostrano, in modo non dubbio, che il legi slatore era ben lungi dall'intento di prelevare una porzione di ricchezza laddove non fossero sussistiti i presuppostii dell'imposizione (cio� fosse mancata qua1siasi forma di ricchezza), �confermano altres� come il tri buto sia stato rigorosamente subordinato alla capacit� �contrii:butiva del soggetto, evitando che la sua misura potesse ,superare la ha-se imponibile considerata. A nulla rileva, contrariamente a quanto asserisce ila ricorrente, che lo stesso t:l~ibuto, quando manchi UJil reddito, incida direttamente su! patrimonio. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Infatti -�a parte la piena legittimit� delle cosidette imposte �patrimoniali � dettate ,generalmente da esigenze particolari di prelievo di certe porzioni della ricchezza dei .singoli .soggetti tassabili indipendentemente dalla produzione -la predetta incidenza ha carattere prevalentemente funzionale e .strumentale contro l'occultamento del reddito e, quanto .alla misura, � contenuta nei limiti assai lontani da quelli c}Je la porrebbero in contrasto .con la norma di �cui all'art. 53 del1a Costituzione. Non va peraltro dimenticato che secondo tale disposizione costituzionale la capacit� contributiva, ai fini di una legittima imposizfone, condiziona soltanto la misura mas1sima del tri:buto nel senso di contenerla constantemente nell'ambito di un livello mai .superiore .alla �capacit� dimostrata dall'atto o fatto economico, che costitu1sce il presupposto dell'imposizione (Corte Cost. sentenza n. 89 del 6 luglio 1966). Entro questi limiti e col rispetto dei cniteri di progressivit�,. richiamati nella norma, il legislatore non 1ncontra ostacoli all'attuazione del suo potere impositivo, sia che lo stesso colpisca il reddito, sia che colpisca un'altra qualsiasi manifestazione della ricchezza. N� v'� dubbio alcuno che l'esistenza di un patrimonio -c0rstituito peraltro, ai sensi dell'art. 14�7 del t. u., dal capitale sottoscritto e dalle riserve di qualsiasi natura e quindi potenzialmente capace di reddito ed al tempo stesso inequivoca manifestazione di ricchezza -possa rappresentare una :legittima base di imposizione tributaria �con aliquota infinitamente inferiO!l'�e al livello predetto e, per di pi�, ulteriormente e s�nsibilmente riducibile nel caso di perdite (art. 149 t.u.). -(Omissis). Co.s� superate le que�stioni di carattere preliminare, occorre p!i:'ocedere all'esame del .secondo motivo, im;pern�ato sul problema di fondo concernente la detrad.bilit� o men� dell'imposta :sulle ,societ�, limitatamente alla .sua competente patrim�niale, dal reddito di categoria B, ai .fini della sua ta.ssabilit� con l'imposta 'di R. M. Si sostiene in esso la violazione dell'art. 32 t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, delle leggi sull'imposta. di R. M., poicb� la Corte d'appello avrebbe errato, ai fini della indeducibilit�, .a negare il carattere di inerenza, alla produzione del reddito, dell'imposta. sulle societ�, tenuto conto della naturale progressiva dilatazione via via raggiunta dal concetto dell'inerenza stessa. Anche questo secondo motivo del ricorso � destituito di fondamento e deve es1sere rigettato. Sulla genesi, la struttura e le fondamentali �caratteristiche dell'imposta sulle societ�, che costituisce un tributo assolutamente nuovo non facilmente inquadrabile nella sistematica del no'Stro ordinamento tributario, come riconosce la stessa relazione di maggioranza al Senato sul , progetto della legge istitutiva, non vi � nulla da aggiungere oltre 462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO quanto � stato gi� SQ!Pra esposto a ;proposito della questione di legitti mit� costituzionale. Appare tuttavia opportuno porre l'accento sul meccanismo adort tato, attraverso il duplice p!resupposto del patrimonio e del reddito e le rispettive aliquote, in ordine all'accennata esigenza di 1scoraggiare l'eva sione fiscale e .sui .suoi naturali effetti circa il concetto unitario po.sto a base della nuova imposizione. Infatti .l'interdipendenza, la .complementariet� e la reciproca �apa cit� integrativa dei presupposti d'imposta sta chi�ramente a dimostrare l'unicit� del tributo, la sua naturale inscindibilit� in due distinte com ponenti, prive del tutto di una propria autonomia, i1 1suo fondamentale carattere soggettivo, deriv:ante dalla mera esistenza, in un determinato modo, del sog.getto, �ch'� tassabile perch� fonte di ricchezza potenzial mente produttiva. La globalit� dell'imposizione, facilmente riscontrabhl.e negli artt. 147 e 14.S del t.u., i quali determinano .1a base imponibile mediante una sommator1ia degli elementi patrimoniali attivi (art. 14-7) e dei vari redditi nett~, depurati altre.s� delle relative imposte (art. 148), avvicina .sensi bilmente questo nuovo tributo all'imposta complementare progressiva (non detraibile per disposizione espres1sa), pur non identificandolo in . essa per la diversit� di alcuni tratti tipici dell'uno e dell'altro. Ci� deriva soiprattuto dal rilievo, gi� implicito nelle illustrate os servazioni, secondo cui .la cosidetta com(ponente patrimoniale ha la fun zione prevalentemente .strumentale o mediata di evitare .in tutto o in parte l'occultamento del reddito mobiliare. Cos� fissati i tratti caratteristici essenziali �dell'istituto, indubbia mente utili ai fini di una migliore soluzione del problema posto 'al collegio, si potrebbe ri�solvere quest'ultmo ricorrendo al carattere di uni taria inscindibilit� dell'imposta per escluderne la detrazione dal reddito lordo di R. M. di categ. B. Infatti .se non � deducibile la componente sul reddito (ci� che sem bra pacifico fra le parti) non si vede �come potrebbe esserlo quella patrimoniale :ch'� par.te integrante ed inscindibile della prima. Poich� tuttavia la possibilit�, in concreto, di una scissione risulta quanto mai controvema �e viene anzi comunemente posta a base pres soch� di tutti i procedimenti �del genere sia davanti alle Commission:i tributarie sia davanti all'autorit� giudiziaria, ritiene dl collegio di proce dere ad una breve ind:agine degli ulteriori !PLr'oblemi nascenti, nella sogg�tta matexia, dai cr.iteri giuridici preposti alla determinazione, me diante il sistema �della detrazione del Llordo, delle b.asi imponibili nette. In tema di reddito di R. M. ca:teg. B provvedeva al riguardo l'art. 32 del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021, corrispondente agli artt. 88, 91 e 96 del~ t.u. n. 645 del 1958 sulle imposte dirette. 463 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'art. 81 del �secondo recente t.u. del 1958 parla di �reddito netto� quale presupposto dell'impos.ta di R. M. L'art. 91 me prevede la determinazione mediante la differenza fra l'ammontare dei ricavi lordi e quello delle 1spese e 1Paissivit� � inerenti alla produzione del reddito �. T~a le :passivit� sono da annoverarsi .quelle bancal'�ie (art. 93) e gli interessi ,passivi (art. 92). Notevole� rilievo riveste, come si vedr� pi� oltre, l'art. 96, il quale stabilisce che le spese generali delle imprese comm~rdali �1sono detraibili nei limiti delLa quota imputabile alle attivit� produttive dei redditi soggetti .~ all'imposta�. Fra le spese detraibili nei dnque esercizi .successivi a quello in cui sono state 1sostenute, l'art. 97 annovera quelle r:elativ�e alla costituzione ed all'aumento di capitale delle.societ�. Infine, ai sensi dell'art. 99, sono detraibili le perdite per la �distruzione totale o parziale dei beni relaitvi .all'impresa� (o per la. loro realizzazione ad un prezzo inferiore al costo non ammortizzato), nonch� le perdite �su crediti e le altre perdite inerenti all'attivit� rproduttiva del reddito�. In base a queste norme fondamentali, applicabili per .effetto dell'art. 10:5 del t.u. vigente ai redditi dei �Soggetti tassabili in base a bilancio, occorre :stabilire se l'imposta sulle 1societ� (sia 1PUre per la com: pOitlente patrimoniale soltanto) rientri in taluna delle indlicate voci e sia quindi o meno detraibile. Il carattere distintiv10 ed autonomo di ogni imposta, come onere triibutario non evitabile, sembrerebbe �esciudere, ad un primo affrettato esame, il pagamento del :tributo sulle societ� dal novero delle voci detraibili, anche perch� la legge stabilisce (art. 136�, lett. b) e 14J8, II comma lett. b) in quali caisi .gli. oneri tribiitari possono essere detratti ai fini della det'erminazd:one della base imponibile �di altri tributi. Fuori di questi casi, si potrebbe pensare, tali oneri, avendo caratteri propri che li differenziano sia dalle ~ese che dalle perdite ed altre pas:sivit�, non. possono :essere considerati detraibili senza una espressa disposizione di legge. Non si :pu� tuttavia negare che certe impoiste (e tasse) vengono sopportate dai contribuenti (persone giuridi<che 10 fisiche) proprio in fun~ zione della IJ1"0duzione di un reddito, .come ad esempio quelle di registro oppure di trascrizione ed ipotecarie :su atti compiuti nell'.esercizio di attivit� industriali o commerciali soggette alla tassazione mobiliare. Escluderne, in detti casi, la deducibilit� urterebbe �con il !Principio del � reddi'to netto�, inteso quale unica base imponibile sulla quale ~� soltanto l'imposizione � legittima. ,J 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Non 1si pu� dunque costantemente attribuire all'onere &cale caratteri distintivi propri tantO spfocati ed incisivi da im!Pedirne qualsiasi classificazione in altre categ1orie di �elementi deducibili. Escluso che l'imp~sta costituisca una passivit� nel 1senso tecnico usato dal leg:Lslatore per ammetterne la detrazione, come ad esempio quelle bancarie (art. 93) o gli interessi passivi (art. 92), non resta che � c1ais1sif�carla fra le spese o fra le perdite. Le prime ;si sogliono qualificare quali erogaz1oni volontarie per conseguire un vantaggio, per soddisfare 'un bisogno, o per assicurare un .servizio. Le seconde invece consistono, di regola, ,in una �distruzione, involontaria, di beni o del loro valore O�P�PUre di �crediti od altre utilit� (art. 99). Queste due categorie, riferite alla. produzione del reddito, danno luogo .al concetto di inerenz13:, sicch� risultano dedlucibili soltanto le spese e le perdite �che ineriscono all'attivit� iPI"Oduttiva, que11e cio� legate a tale produzion~ da un vincolo idi destinazione e di strumentalit�. L'inerenza consiste in una relazione o connessione �Ch'� � speci'f�ca � quanto occorre per distinguere, nell'ampio campo delle pi� varie forme di spese e perdite, quelle relath~e ad una determinata attivit� cio� alla produzione del reddito considerato e non a :finalit� div.erse. Che l'imposta sulle societ� possa esseile qualificata come perdita, in senso giuridico-tributario, deve ess,ere senz'altro escluso, sia perch�, I\ ' pur r:BfP'presentando u~a erogazione di ricchezza .senza contropartita (almeno aipparente), non deriva n� da distruzione di beni o di crediti n� dalla loro diminuzione di valore, sia perch� rientra pur sempre nello schema dell'obbligazione, a COll:lliPOrre la quale concorrono -indipendlentemente dal titolo convenzionale od obbligatorio -� l'attivit� e la volont� dei soggetti interessati (contribuente ed ente impositore). Ritenuta l'irrilevanza ,della nozione economica, in senso lato, .di perdita, alla quale so1tanto potrebbe forse esseve assimilato un qualsiasi onere privo di contropartita (e sotto certi aspetti, apprunt~ economici, anche una spesa sterile di risultati), dal punto di viista strettamente giuridico, alla cui osservanza � tenuto il collegio, detta assimilazione deve essere del tutto eisclusa. Non resterebbe dunque che collocare il pagamento del tributo nella cate,goria del1e spese, co:me quella di maggiore ampiezza pi� confacente e comprensiva di qualsiasi elemento passivo, non identificabile come perdita, �di ogni attivit�. Un primo ostacolo per� consiste proprio nella nozione di spesa in gen1ere, la quale � concepita, giusta i' fatti rilievi, come una acquisizione di utilit�, cio� di :fattori produttivi in luogo dello esbor!So di denaro o di. altre cose eiconomicamente valutabili. La spesa infatti si risolve in un fenomeno peymutativo, .che consente, specialmente qua.nido � destinata alla produzione di un reddito (e non gi� al soddisfacimento di un bi 465 PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . �sogno) la sostituzione di un bene (materie prime, macch:iine, servizi, energia, diritti, �ecc.) ad tl.n altro consistente generalmente nel denaro. In ci� sta appunto la difficolt� di comprende~e fu-a le spese il pagamento di un imposta, quand'essa non �costituisca un .onere necessario per l'acquisizione d'una qualsiasi utilit� (ad .esempio opponibilit� ai terzi di un atto registrato), ma :sia del tutto priva di qualunque contropartita. Sotto l'd.llustxato profilo neppure sarebbe nieceissario il requisito delJ.' inerenza, ove si dovesse escludere che. l'imposta �sulle societ�, data la sua ac�C�ennata autonoma natura globale e soggettiva, non partecipa di alcuna delle �categorie di oneri deducibili senza previsione espressa. Se tuttavia la si voless~ cons�derar.e alla ,stregua di una spesa improduttiva, ma necessaria per la vita della 1societ� colpita,, se ne dovrebbe allora verificare l'inerenza alfa produzione del reddito di R. M. cate:g~ 'B, poich� tale requisito costituisce :il .criterio fondamentale~ per la sua deducibilit� ai fini della determinazlione della base imponibile (reddito netto). .Per quanto la noiZione di inerenza abbia subito nel tempo una progressiva dilatazione J.egislativa e giuri.gprudenziiale � pur sempl'e necessaria la sussistenza di una connesision~ specifica, come queste stess.e Sezioni Unite hanno avuto altra volta modo di affermare (sent. n. 125 del 1967). La specificit� consiste nel vinco~o di 1strumentalit� e di destinazione della spesa ~ produrre quel determinato reddito preso in considerazione, ed � necessaria per poter distinguere gli �es:borisi deducibili da quelli non dedU!cibi1i. Se�il. �conc�etto di inerenza venisse tanto dilatato da COID[pirendere ogni spesa del sogge�tto, in quanto tale e per il solo fatto -d'i esiJStere, la nozione stessa di foerenza ne risulterebbe distrutta. ' Infatti ogni onere, di qualsiasi genere anche voluttuario o rivolto veiiso fi1;1alit� del tutto ~verse da quelle produttive, andrebbe dedotto per il so�o fatto d'.essere stato :Sopportato dal soggetto. Ma..ci� si porrebbe ih �contrasto insanabile con la lettera e lo spJ.rito della legg�e, manifestamente orientati nel senso di porre appunto il limite linv.;alicabile dell'inerenza alla indiscriminata deducibilit� di ogni onere passivo. L'imposta sulla 1societ�, rispondente agli ill'uistrati caratteri di globalit�, addizionalit� e personalit�, .assimilabile a .quella complementare progressiva, non � inerente al reddito ma �soltanto al .sog,getto tassabile in base a bilancio, non �/ preordinata funzionalmente alla produzione, ma piuttosto Ja segue, non �costituisce una spesa di carattere produttivo, ma piuttosto una sjpesa appena legata al reddito da un vincolo di connes~ sione vago e generico e non gi� .strumentale e specifico. L'art. 96 del�� t.u., come gi� s'� detto, stabilisce la detra�ilbilit� delle ~� spese generali �nei limiti della quota imputabile alle attivit� produttive RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dei r~dditi s0:ggetti all'imposta � cos� ribadendo, .con inci~iva 1espressione,' l'esigenza che La spesa deducibile sia 1soltanto quella specifica .del reddito preso in coiiisiderazione do� quella ad esso e soltanto ad esso inerente. Nell'ine+enza peraltro � contenuto un 1concetto di � anteniorit� � nel senso che una spesa pu� considerar:si� strumentalmente destinata alla produzione del reddito, 1s.oltanto se quest'ultimo non sia 1stato ancora prodotto. Il contrario non avrebbe senso. Nulla del genere si ravvisa invece nel pagamento dell'imposta iSUlle societ�, fa quale 1costituisce viceversa un posterius rispetto alla produzione del reddito; come si evince -dall'art. 148 del t.u. Tale disposizione detta i criter�i per La formazione del reddito complessivo imponibile ai fini dell'imposta 1sul1e societ�, �comprendendo in esso -ovviamente per ogni .periodo di imposta costituiito dlall"esercizio sociale ai .sensi dell'art. 3 del t.u. -la .somma di 1tutti :i redditi netti cio� �di quelli gi� depurati dai relativi oneri passivi, iv.i 1compT�ese le rispettiv;e .imposte �011dinarie (Il �comma, lett. b). Ci� ha un duplice significato: anzitutto induce a ritenere .che il discusso tributo !S� risolva in una erogazione di reddito gi� prodotto e non gi� in uno .strwnento per iPirOdurlo, non potendo il relativo onere essere riferito all"esercizio successivo, po1ch� ad� ogni periodo di imposta corrisponde una obbligazion~ tributaria autonoma (art. 3 t.u.); in secondo luog.o che il reddito di R.M. cat. B previsto nella norma � gi� al netto, cio� gi� costituisce la base imponibile dell'imposta mobiliar�e, / onde non pu� ulteriormente essere depur:ato dii un tributo �non ordi nario� ad esso estraneo, quale � appunto quello sulle societ�, alla cui liquidazione anzi direttam�ente .contribuisce. Le illustrate osservazioni che peraltro sarebbero ugualmente valide se pul'le l'imposta sulle 1societ� si volesse qualificare come perdita, per ch� anche le p&odite, per essere detr.a.iibili, debbono avere il carattere d'.ell'ineretnza all'attivit� produttiva �del reddito, 1sono 1Suffi1cienrt:i per rigettare il ricoriso. Infatti sca'l'!s.o pJ.'l~gio deve attribuil'ISi agli argomenti ac�cessori ri guardanti rispettivamente la dilatazione del concetto di inerenza, la gi� ammessa deducibilit� della .abrogata imposta di negoziazione e quella delle .spese di costituzione ;ed aumento del capitale sociale (art. 97). Sul primo punto � gi� stata posta in rilievo l'insuperabile esigenza di un minimo dli .connessione 1specifica, se non si vuol d.i:struggel'le il .concetto stesso di inerenza. Sul secondo basta rilevare la profonda d'.iver.sd.t� delle strutture e �rispettive basi imponibili della imposta di rnegozfazione �e di quella sulle 1societ�, �come gi� s'� osservato, per dedurne l'inconsistenza giurklica dell'assimilazione e �quindi dell'argomento. Sul te.rzo il rilievo � tutt'altro che univoco. Infatti, a parte. la generale considerazione che gli esborsi per la �costituzione e gli aumenti.. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 467 di Cajpiitale .sono vere e proprie spese �strumentalmente destiriate quanto meno in. se!l!So lato -a rendere possibile la specifica attivit� -produttiva del :soggetto, la previsione espressa :sulla loro deducibilit� ha ClM'attere ambivalente. Potrebbe cio� indifferentemente significare deroga al pr.incipfo dell'inerenza, con ci� �co;nfermando la regola generale, oppure costituire in concreto una sua ,specificazione in ordine ad una spesa non agevolmente qualitficabi1e. Tanto neli'wno che nell'altro caso non ne restano minimamente scalfite le illustrate osservazioni contro la tesi� della detrad:bilit� e comunque l'argomento, appunto perch� equivoco, non potrebbe essere util!izzato validamente. -(Omissis). \,, CORTE Dl CASSAZIONE, Sez. Un., 1� marzo 1971, n. 513 -Pres. Stella Rkhter -Est. Geri -P. M. Tavolaro (conf.) -Soc. Montecaiti:pi-Edi �son (avv. Uckmar e Sorrentino) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Foligno e Coronas). Imposte e tasse in genere .: Imposte dirette -Legittimazione -Addizionali comunali e provinciali -Riscossione con unico ruolo unitamente alle imposte erariali -Azione di rimborso -Legittimazione dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato -Esclusione. {t.u. 29 genl'laio 1958, n. 645, art. 275). I tributi di .enti diversi dallo Stato applicati con riferimento ad un reddito assoggettabile ad un'imposta diretta erariale c~presi in unico ruo.ZO mediante corrispondente aumento ��di aliquota sono accertati, li , ' quidati e riscossi dallo Stato al quale deve riconoscersi la legittimazione passiva sulle relative controversie essendo l'ente locale estraneo al procedimento. Tuttavia quando si domandi il rimborso di un'addizionale, indebitamente percetta sotto forma� di ripetizione di indebito, legittimato passivo � l'accipiens cfo� l'ente che ha percepito il tributo non , dovuto (1). (Omissis). -Nel pl'imo mqtivo del ricorso si deduce la 'violazione deH'art. 2175 t.u. 29 ,geThrulio 1'9,58, n. 645, �sulle imposte dirette e dei principi: generali circa l'accertamento delle addizionali provinciali e comunali, in. q:uanto la Corte di meri.io avrebbe �errato nell'escludere la legittimaz�one passiva dell'Amministrazione finanziaria dello Sitato ri~ spetto alfa domanda di rimborso delle addizionali corrisposte in pi�, (1) Massima esatta. Devesi infatti distinguere l'autentica domanda di ripetizione di indebito dall'ordinaria controversia d'imposta che, specie nei tributi diretti, spesso segue il pagamento del tributo. Quando si contesti la legittimit� dell'imposizione nei� modi ordinari del procedi-~� mento, spetta all'Amministrazione dello Stato contraddire alla domanda 18 468 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essendo stata pacificamente ammessa la detraibilit� dal reddito lordo � di categ. B dell'imposta sulle obbligazioni, con dl �conseguente diritto alla restituz!i.on� dell'imposta di R.M. corrisposta :in pi�, per effetto della mancata detrazione, e delle corrispondenti addizionali comunali �e provincialii. Non sarebbe sufficiente affermare, in astratto come fa la Corte di appello, che l'ente locale � titolare del credito d'imposta, per dedurne la 1sua legittimazion~ passiva rispetto alla domanda di restituzione dell'addizionale ad esso spettante, perch� al �contrario si dovrebbe dimostrare che esiiste in concreto un rapporto giuridko d'imposta fra l'ente destinatario delle addizionali medesime ed 1il contribuente. Questo rappol'lto non potrebbe essere ravvisato, perch� le addizionali oltre ad essere riscosse sono anche accertate dallo Stato, siicch� non sarebbe possibile configurare alcun vincolo obbligatorio fr.a contribu'ente ed ente locale. � Inoltre il carattere di accessoriet� delle addizionali, rispetto al tributo erariale, importerebbe un'unica legiittimazione passiva dello Stato ai fini della restituzione del tributo medesimo e delle� relative addizionali, anche perch� l'azione di condanna .deve essere proposta contro l'Amministrazione finanziaria, alla quale compete di disporre lo sgravio dai ruoli. Il motivo � destituito di fondamento. L'art. 275, secondo comma, t.u. n. 645. del 1958 .stabilisce che i tri buti dli enti diversi dalfo Stato, applicati .con rifedmento ad un reddito assoggettabile ad imposta diretta er:aria1e, sono compresi in un unico ruolo mediante �corrispondente aumento dell'aliquota dell'imposta stessa. � quindi esatto ritenere che la riscossione delle addizionali, spettanti ad �enti dive:iisi dallo Stato, � inscindibilmente �conne,ssa con quella dell'imp�sta erariale, cui afferisce, e che l'ente locale deve considerarsi estraneo al p!rocedimento di accertamento e liquidazione del tributo. � Questi esatti rilievi della ricorrente possono giustificare la le.gitti mazione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato in caso di contro ver,s1ia cdncernente il procedimento di accertamento, liqUlidazione e ri scossione del tributo principale e conseguentemente delle relative ad dizionali, data l'accennata .inscindibilit�, ma non bastano certamente a sorreggere la medesima ,soluzione. in ordine ad una domanda di rim bol'!so di un'addizionale indebitamente percepita. diretta a verificare la regolarit� dell'accertamento, della liquidazione e della riscossione deU'imposta, anche se nel frattempo abbia avuto luogo l'iscrizione a ruolo e il pagamento. Se invece, al di fuori dei normali mezzi del contenzioso tributario, si proponga una vera e propria azione di indebito1 og.gettivo, l{l legittimazione passiva non pu� spettare che al sogg"�tto a favore del qua�e, direttamente o indire~tamente, il pagamento ha giovato. PARTE I, SEZ, V, GIURISPRU:QENZA TRIBUTARIA In tal caso infatti si profila la ripetizione di un .indebito oggettivo (art. 2033 e.e.), dipendente dalla mancanza di �causa del pagamento effettua. to, �Clio� dal difetto originario o sopravvenuto di un rapporto obbligatorio (in questo caso di carattere tributario) fra il solvens e l'aocipiens. \ Legittimato passivo de�'azione di ripetizione � appunto l'accipiens, cio� colui che ha rkevuto l'indebito, indipendentemente dalle ragioni e circ�ostanze apparentemente g�iustificative del pagamento, per il solo fatto di aver ricevuto quanto non gli tS1Pettava.� I .pregressi rapporti fra gli interessati, una volta ac.eertata l'inesistenza di una valida causa o titolo del pagamento, appaiono del tutto Ii.rrilevanti, ai fini dell'individuazione dei �soggetti legittimati attivamente e passivamente. Come � noto, infatti, il .fondamen�to della ripetiziione di indebito va ricericato nell'ingiusto arricchimenito (malgrado la diiversit� delle due azioni di �Cui agli artt. 2033 e 2041 c..c.) di chi abbia ricevuto alcunch� senza averne diritto. Ed � appunto taJ.e arricchimenfo a determinare l'obbligo di restituzione �e conseguentemente la legittimazione passiva di fronte a �colui che 1a restituzione stessa abbia domandato. Questi principi: si attagliano perfettamente alla specd.e sottoposta all'esame del collegio, poich� le addizionali, corrisposte insieme con l'imposta erariale., sono di spettanza degli enti loca�li, ai quali devono essere ve:risate, dopo 1a riiscossione, ai sensi dell'art. 64 del t.u. 15 maggio 1963, n. 858 sui servizi d'i riscos1sione delle imposte dirette. L'accipiens, dunque, tenuto alla restituzione, � l'ente che ha ricevuto, a titolo di addizionale, un importo non dovutogli, indd.fferente essendo, in sede di ripetizione, il complesso meccanismo, facente capo aU'Amministrazione finan.ziaria, in virt� del quale l'indebito pagamento venne effettuato. La denunziata .sentenza. quindi non merita censura .sul punto, anche se a suo sostegno ben pu� essere posta la div.ersa motivazione che precede. -(Omissis}. I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 marzo 1971, n. 524 -Pres. Malfitano -Est. De Biasi -P. M. Antoci (conf.) -Borghesi (avv. Brocchi) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato C'avalli). Imposta di registro -Valutazione automatica dei fondi rustici -Valore dichiarato superiore -Rilevanza ai fini della tassazione -Aggiudicazione agli incanti. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 43 e 50; legge 27 maggio 1959, n. 355). 470 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposta di registro -Aggiudicazione agli incanti -Fondi rustici -Impossibilit� di applicazione del criterio automatico di valutazione Art. 50 regge di registro -Illegittimit� costituzionale -Manifesta infondatezza. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 50; legge 27 mag;gio 1959, n. 355). L'imposta d iregistro � commisurata a queUa delle due contropre,.. stazioni (prezzo dichiarato o valore accertato) che risulti di maggiore entit�; di CO?t$eguenza anche �nel caso di aggiudicazione agli incanti di fondi rustici, l'imposta sar� commisurata al prezzo di aggiudicazione anche se superiore a quello risultante dalia valutazione automatica (1). � manifestamente infondata la questione di illegittimit� costituzionale deU'art. 50 della legge di registro sul presupposto che esso� non consenta di liquidare l'imposta sul v�alore dei fondi rustici determinato secondo il criterio automatico della legge 27 maggio 1959, n. 355 (2). II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 16 marzo 1971, n. 734 -Pres. Stella Richter -Est. Bo.selli -P. M. Secco (conf.) -Cagnato (avv. Manfredonia e Brocchi) c. Min:iJste"l"o delle Finanz~ (avv. Stato Angelini Rota.). Imposta di registro -Compravendita di fondi rustici -Sistema di valutazione tabellare -Applicabilit� per la liquidazione della sola imposta com.~lementare -Abrogazione dell'art..43 legge di registro -Esclusione. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 43; legge 20 ottobre 1954, n. 1044, art. 1; legge 27 maggio 1959, n. 355, art. .3; legge 22 novembre 1962, n. 1706, art. 1). Anche dopo l'entrata in vigore delle leggi, relative alla valutazione automatica tabellare (legge 20 ottobre 1954, n. 1044; legge 27 maggio 1959, n. 355; legge 22 novembre 1962, n. 1706), l'imposta principale di (1-3) L'importanza del princJ:p10 affermato con le presenti .sentenze non ha bisogno di essere .sottolineata, essendo evidente che ila tesi freqt:tentemente sostenuta dai contribuenti e secc;mdo cui le norme suiJ.la valutazione automatica tabellare avrebbero abrogato, per i trasferimenti dei fondi rustici, la disposizione dell'art. 43 della legge di registro -tesi che talvolta aveva anche incontrato il favore dei .giudici di merito (App. Torino, 29 aprile 1968, inedita) -avrebbe potuto rivoluzionare totalmente il sistema relativo alla tassazione di detti trasferimenti e scalfiggere ab imis gli stessi fondamenti dell'imposta di registro. La Suprema Corte ha esattamente ripudiato una simile tesi, rettament� '. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 4.71 registro relativa agli atti di compravendita di fondi rustici continua a.d essere applicata sui corrispettivi pattuiti e la dichiarazione di valore idonea ad escludere l'applicazione del sistema tabeLlare per l'imposta complementare deve esse'l;'e effettuata in modo autonomo rispetto all'indicazione del prezzo contrattuale (3). (Omissis). -In ceI11Sura. di legittimit� dell'opposta tesi dei giudici di merito, il rkorrente sostanzialmente deduce che ile norme dettate dagli. ar.tt. 43 .e 50 del r.d. 30 dicembre '19213, n. 32-69, per la registrazione degli atti di trasferimento immobiliare, in :Sede c�onvenzionale od ese 9 ~ ,.A'f cutiva giudiziale, sono state hnplicitamente abrogate, quanto ai fondi rustici, d:alle leggi 20 ottobre 1954, n. � 1044 e 2�7 maiggio 1959, n. 355, le qu�J.i (nell'interpretazione autentica della �succes.siiva legge 2-0 �novembre 1962, n. 1706), avrebbero imposto di .commisurare la tassa non pi� al prezzo risultante dai contratti di compravendita ovvero dai decretj di aggiudicazione, in 1sede di asta pubblica (come previsto dagli artt. 43 e 50 legge registro), bens� al valore dei fondi rustici, quale risultante dall'applicazione del criterio censuario tabellare .dii cui .alle predette leggi del 1954 �e del 1959; e ci� anche quando il prezzo sia ,superiore al valore. La �censura e !'.assunto che la integra sono inattendibili. � certo principio generale che nei contr~tti di trasferimento, a titolo onero.so, di un bene, la taossa �di registro � com.misurata a quelle delle due contro:P�restazdoni negoziali .che risulti di ma;ggiore entit�; al prezzo o al valore del bene �tra!Sferito. Questi due termini dell'alternaiiva dovrebbero essere 1se.mpre tra loro e!guali iin quanto il primo (prezzo) costituisce economicamente la espressione monetaria del secondo, ma tale eguaglianza di solito non si riscontra nelle 1d.ichiaraz:ioni ne,goziali; ;prevalentemente perch� i contraenti, al fine di evadere parte della tassa, indicano un corrispettivo inferiore a quello .pattuito; a volte perch� detto corriispettivo, per componenti :Soggettiv-e dell'imo o dell'altro contraente, � pattuito realmente in misura maggiore o minore del ~lore reale del bene trasferiito. interpretando le norme sulla valutazione automatica dei fondi rustici. Tali norme, tendendo esclusivamente a rendere semplice il �pagamento della tassa :conseguente al!la procedura di stima � (Relazione TRABUCCHI alla legge del 1962, in Atti Senato, 3a legislatura, doc. n. 1030), .si inquadrano perfettamente nel sistema gene!rale di tassazione disciplinato dall'art~ 43 della legge di registro e non possono pertanto valere come abrogazione, per incompatibilit�, di tale disposizione. � noto, infatti, �che �perch� sussista �ncompatibilit� tra la nuova legge e la legge anteriore, occorr� che tra le due leggi si frapponga tale contraddizione da renderne impossibile l'applicazione contemporanea per cui, dall'applicazione o dall'osservanza dell'ultima deriverebbe la �disapplicazione o 1l'inosservanza dell'altra� (Cass., ~ 17 giugno 1968, n. 1977, in Rep. Foro it., 1968, col. 1491, n. 27). E neUa 472 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Di qui la facolt� dell'Amministrazione :finanziaria dello '"Stato di accertare il valor.e venale in comune commercio del bene tr.aisferito onde rapportare ad es:so, se superiore al prezzo d:ichiararto, la tassa da percepire. Analoga facolt� non. � concessa, invece, al contr:ibuente per l'ipotesi che il prezzo .sia inferiore al valore venale perch� dovendo la tassa di registro -come gi� detto..____ incidere sempr�e sulla controprestazione di maggiore entit�, ,concretante effettivo tr.asferimento di ricchezza dall'una all'altra parte, essa, pur nell'ipotesi o:r;a consliderata, andrebbe parimenti commisurata al maggior pil'ezzo e non al minore valore del bene trasferito. L'art. 16 del d.1. 7 agosto 1936, n. 1639, indica, in li:nea generale, ,i criteri da seguire per determinare il valore venale in comune commercio di o!gni ispecie di beni immobili, tali criteri 1sono stati modificati, per quanto riguarda i fondi rustici, dalla legge 27 maggio 1959, n. 355, la quale sostituendo (come gi� fattg,, per gli atti mortis causa d:alla precedente legge 20 ottobre 1954, n. 1044) �al criterio ,elastico mercantile della legge fondamentale di registro, un criterio di valutazione fisso ed automatko, ha �disposto che nei casi in essa eS!Pressamente iindicati (secondo l'interpretazione autentica della successiva legge 20 novembre 1962, n. 1706) il valo["e venale dei fondi rustici deve �essere determinato esclusivamente in base alle tabelle censuarie compilate ed aggiornate, annualmente, dalla Commissione censuaria �centrale. Tale modifica, come � evidente, investe soltanto il sistema di valutazione dei benli trasfe.riti (fondi rustici) al fine di determinare il valore tassabile, ma non riguarda affatto, �e quindi non dilsici[p:lina iri modo diverso dal passato, il principio ,general�e, enunciato in premessa, del riferimento della tassa di registro, per la sua liquidazione, alla controprestazione di mag.giore entit� del negozio di trasferimento. , Correlativamente anche nel vigor:e d'ella nuova legge 3'55 del 1959, ove fu una compravendita di fondo rustico il prezzo indicato nel ne- specie non solo non sussiste tale assoluta incompatibilit�, data la possibilit� astratta di una interpretazione delle leggi .sul'la valutazione automatica che, limitandone l'applicazione per la sola determinazione del valore dei fondi rustici, lasci immutata la possibilit� di tassazione del prezzo �Contrattuale ex art. 43 della legge di registro, ma .si ha anche che tale, e non altra, � l'esatta interpretazione di tali leggi. Sulla insuscettibilit� di accertamento, con .qualunque metodo, del prezzo ' risultante da vendita coatta dr. la sentenza della Corte Costituzionale 28 aprile 1970, n. 59, in questa Rassegna, 1'970, I, 359 nonch� Cass., 25 ottobre 1968, n. 3493, ivi, 1969, I, 1111. Poich� tale prezzo � sempre insuscettibile di accertamento di congruit�, anche quando 1sia inferiore al valore tabellare, la questione di illegittimit� costituzionale dell'art. 50 della legge di registro non pu� minimamente poo-si. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA gozio r:isulti superiore al valore di detto fondo determinato col cr�lerio autom~tico di valutazione censuaria per .coefficienti ovvero col criterio tradizionale della legge 1936 (nei caisi di 1sua perdurante applicazione), la tassa di registro ,continuer� ad essere commisurata .al prezzo, maggiore, e non al valore, minore, del fondo. Per quanto, poi, pi� particolarmente riguarda la specifica fattispecie di causa -aggiudicazione in procedura esecutiva immobiliare, per pubblici incanti -regolata dall'art. 50 della legge fondamentale dt registro, queista Corte Suprema ha gi� avuto pi� volte occasione di statuire (C�ss., 14 aprile 1969, n. 1187; 23 luglio 19618, n. 21654) �che il relativo neg�ozio di trasferimento � sottratto a qualsiaiSli pTocedura di accertamento del valore venale dell'immobile aggiudicato, ,sia esso costituito dal sistema tradizionale di valutazione, di cui all'art. 16 d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, che da quello automatico della legge 355/ rn59, resfan~o in ogn:i caso la tassa di registro commisurata esclusivamente al. prezzw risultante 1dal decreto di aggiudicazione donde l'irrilevanza di ogni argomento inteso a dedurre dalla (eisclusa) applicabilit� del criterio di valutazione automatica pecr coefficienti l'asserta rdferibilit� della tassa di regiistro al valore del fondo, espresso da tale valutazione, piuttosto �he al prezzo di aiggiudtcazione. Le considerazioni, peraltro, '�ilJilanzi espresse per i contratti di trasferimento di fondi rnstki in sede convenzionale, tolgono valore, rendendola manifestamente infondata, all'eccezione di :incostituzionalit� dell'art. 50 della legge fondamentale di registro formulata, in linea .subor-� dinata, d:al ricorr:ente. Assume in proposito que.st'ultiimo che, a seguire l'interpretazione della norma predetta adottata daii giudici di mel'iito e confermata dalla Corte Suprema, per l'acquirente di un fondo rustico ai pubbli.ci incanti, in .sede esecutiva giudiziale, )Sarebbe esclusa la commisur:abilit� della tassa al valore minore del fondo risultante� da una v:alutazione automatica per� coefficienti, mentre per l'acquirente dello stesso fondo, in sede privata convenzionale, tale commisuraibilit� sarebbe ammessa con l'effetto incontestabile che U primo verserebbe una tassa maggiore perch� riferita al !Prezzo (maggiore) e non ,al valore del fondo (minore), mentre il secondo verserebbe una tassa minore p~ch� r:iferita al valore del fondo (minor�e) �e non al prezzo (mi.i;ggJiore): donde disparit� di trat.tamento fiscale tra contrJ.buenti in identiche situazioni di trasferimento di ricchezza e correlativa violazione degli ail'tt. 3, 53 e 44 della Costituzione. Ma � appunto la dedotta diversit� .dJi trattamento fiscale tra l'una e l'altra ipotesi ad es.sere insussistente perch�i -come gi� analitica mente enunciato e dimos,trato nell'esposimone che !Precede -in en trambe le ipotesi la tassa di registro � dovuta :Sul maggior prezzo di chiarato e non sul minor valore del fondo rustico, oggetto del trasferi 474 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mento �coattivo �o volontario, quale ;fi.sultante dal procedimento d� valutazione tradizionale od automatico. � pur ver6, per.;tltro, che men.tre l'acquirente in sede privata potr� evadere parte della tassa di registro dichiarando un prezzo minore del reale, tale possibiUt� di eva�sione (illegittima) non sussiste per l'acquirente in sed:e esecutiva giudiziale, ma � evidente ,come questa constatazione sia del tutto .irrilevante a sO!rreggere l'eccezione di incostituzionalit� dell'art. 50 legg& di registro, nei sensi innanzi prospettati. ( Omissis). II (Omissis). ~ I tre motivi dedotti dal Cagnato a sostegno del proprio ricorso, poich� si coordinano ad uno istesso fine -quello di dimostrare che, per effetto delle leggi n. 1044 del 1954, n. 355 del 1959 e n. 1706 del 196,2, �Sarebbe rimasta definitivamente abrogata la�� norma dell'art. 43 della legge organica di registro -pos1sono essere trattati congiuntamente. Denunziando violazione �e falsa aip;plicazione, in relazione agli articoli 12 e 15 delle disposizioni ,sulla legge in generale, dell'art. 43 d'ella . . legge di registro, degli artt. 1 e segg. della leigge 20 0rttobre 1954, n. 1044, . degli artt. 1 �e segg. della legge 27 maggio 1959, n. 35,5, della. legge (in parte interpretativa, in parte innovativa) 22 novembre 1962, n. , 1706, e del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, nonch� motivazione insufficiente e contradittoria su punti decisivi de1la controversia, il tutto a sensi del l'art. 360 nn.. 3 �e 5 c.,p.c.; il Cagnato censux:a la 1sentenza impugnata: a) per avere ritenuto .applicabile, siccome an,cora vigente, in tema di trasferimento di �fondi rustici�, l'art. 43 d'ella legge organica di registro, che doveva invece consider.a11si abrogato dalle citate leggi n. 1044 del 1954, n. 355 del 195.g .e n. 1706 del 1962, le quali avrebbero introdotto, per quel che concerne :il trattamento tributario dei negozi fra vivi o mortis causa relativa ai predetti fondi, uno jus singulare (1� motivo); b) per non avere cons!iderato che l'inciso, contenuto nell'arit. 1 della legge n. 1706 del 1962 (� ... e indipendentemente dall'indicazione del prezzo contrattuale�) doveva esse:r:e inteso nel senso che il valore � elemento ed entit� che si diversifica e differenzia dal pl'ezzo e �che il prezzo, nella soggetta materia, � �neutro� (2� motivo); e) per avere erroneamente ritenuto che il ricorso alla valutazione automatica possa aver luogo, oltre che nel caso iI� ,cui il contribuente non abbia fatto_ dichiarazione di valore, anche in quello in cui abbia dichiarato un valore uguale o .addirittura superiore a quello risultante dalla valutazione tabellal'e; e .per avere infine tenuto in non cale gli argomenti ab inconvenienti addotti in contrariio da esso ricorrente (3� motivo). i I I . I ! PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Le censure sono infondate. :fu pacifico che, in materia di imposta di registro sui trasferimenti di beni od altri� diritti reali a titolo oneroso, l'art. 43 della legge organica di registro sancisce, ai fini della determinazione della base :imp�oniible, il cri.terio cosiddetto dell'alternativit� e reciproca prevalenza del corrispettivo pattuito e del valore venale accertato (.con �l'apposito procedimento di cui agli artt. l5 e segg. del d.l. 7 agosto 1936, n. 1639)~ nel senso �che, se il corrispettivo pattuito rdisulti pi� elevato rispetto al valore del bene in comune �commer�io, l'imposta � ragguagliata al cords: petrtivo medesimo o se, vicev,ersa, il valor.e venale delle cose .superi il corrispettivo .convenuto, l':tmposta � ragguagliata al primo. Si tratta di vedere se le dilsposizioni delle 1eg;gi oopravvenute (n. 1044 del 1954 e n. 355 del 1959) abbiano -come :sosUene il ricorrente sovvertito il sistema tradizionale (ex art. 43 dt.), introducendo come unico crfterio di stima quello della v.alutazione automatica tabellare o se -,come ha ritenuto invece la sentenza impugnata -esse abbiano inteso incidere unkamente .sulla determinazione di uno degli elementi .. per fa ,stima d'ella base 1imponibi1e (quello d:el valore venale dei beni tra,s:feriti), ferma lasciando la validit� alternativa dell'altro (corrispet-� tivo pattuito). L'esame delle disposizioni di legge che qui particolarmente inte� res�sano, condotto alla stregua dei �criteri ermeneutici eh.e dal ricorrente si protestano vdolati, conduce alla soluzione adottata dalla Corte del 1 merito. Dispone l'art. 1 della �legge 20 ottobre 1954, n. 1044 (circa il sistema di accertamento degli imponibili ai .fini dell'~pplicazione dell'imposta di suc�cessione) che: �I fondli rustici, compresi in successioni ape11tesi dall'entrata in vigore della presente legge, non sono 'Soggetti ad a.ccerta, u:iento cii valar~ qualora il . valor.e dichiarato non risulti inferiore al '' valore di. essi fondi calcolato in base alle itabelle compilate dalla Commissione censuaria centrale per l'applicazione dell'imposta progressiva straordinaria �sul patrimonio .aggiornato secondo il coefficiente che sar� determinato 01gni anno dalla Commissione .censuaria centrale ed approvato con decreto del Ministro per le finanze �. Tale disposizione sign.ifica che non s� fa luogo ad accertamento di valore (mediante la ,procedura di cui agli artt. 15 e 1segg. del dtato r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) quando il valore dichiarato dal contribuente (nella denuncia. di successione) non risulti inferdore (o.ssia risulti uguale o superiore) al valore �che 1i terreni hanno in base all'applicazione del calcolo tabellare. Ed � ev1dente che, in questo modo, sj � inteso agevolare, o per lo meno semplificare, la procedura di accertamento di valore in quanto se ne prescinde sia nel caso in cui la dichiarazione di valore del �contribuente cowisponde al valore tabellare, 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sia -a fortiori -nel caso in cui il :valo11e dichiarato risulti ad:�frittura superiore. Trapiantata una tale dJisposizd:one, per .effetto dell'avt. 3 della legge 27 ma.g;gfo 1959, n. 355 (recante modificaz<ioni in materia di imposta di registro sui trasferimenti immobiliari) nel campo dell'imposta di registro, e precisamente in que11o dei tras:feriI�enti per atto tra vivi, a titolo oneroso. o gratuito, dei �fondi rustici�, era naturale che la sua formula�� zione dovesse dar luogo a dubbi e perplessit�: sia a motivo .del :fatto che negli atti di trasferimento inter vivos (ed in ispecie negli atti di compravendita) solitamente non viene fatta un'autonoma denuncia del valore dei beni; .sia perch� in tali atti figura invece .(se a titolo oneroso) la determinazione del prezzo .o corrispettivo pattU!ito (che non figura, ovviamente, nelle denuncie di successione). Orbene, con la norma dell'art. 1 della legge 22 novembre 1962, n. 1706 (detta, proprio per questo, di � interpretazione autentica della legge 20 ottobre 1954, n.. 1044 �) il legislatore, d:iS1Pone:ndo che � le norme di cui .alla legge 20 ottobre 1954, n. 1044, e rispettivamente dii cui all'art. 3 della legge 27 maggio 1959, n. 355, si osservano quando nella denuncia di succesSlione o nell'atto tra viv:i �soggetto a registrazione non sia dichiarato per i fondi xusti:ci valore alcuno agli effetti dell'applicazione dell'imposta di registro e indipendentemente dall'indicazione del prezzo cop.trattuale e qualora non sia espressamente dichiarato che i fondi stessi hanno un valore in:feriore a quello risultante dall'applicazione dell'art. 1 della legge 20 ottobre 1954, n. 1044 �, ha inteso appunto disiSipare ogni ulteriore possibiliit� di dubbio, facendo presente (con l'inciso sopra sottolineato) che l'indicazione del prezzo pattuito non deve e.ssexe confusa e non equivale a dichia11a2'iione di valore. Il che 1signifi.ca che l'imposta !Principale �di registro riguardo agli atti di comprav.endita di fondi rustici contin.ua ad essere applicata sui corri.ispettivi pattuiti e che la dichiarazione di valore idonea ad escludere l'applicazione del .sistema tabe11are per l'imposta compll.ementare deve essere effettuata in modo autonomo rispetto all'indicazione del prezzo contrattuale. Bene adunqutl la Corte del merito ha ritenuto �che, anche nel vigore delle nuove leggi, l'imposta principale di reg1stro continua ad applicarsi in base ai prezzi risultanti dal contratto e, nel caso dn cui sia applicabile il sistema �di valutazione automatico tabellare, l'uJ.ter:iore imposta complementare � dovuta soJ:o quando i .risultati di tale valutazione superino quella iniziale base d.mponibile. A proposito poi delle cosiddette �conclusioni di rilievo costituzio nale � proposte dal ricorrente in via condizionata, � agevole constatare: a) l'irrilevanza dell'ecce2'iione di il1egittimit� costituzionale che si riferisce all'art. 4 della legge n. 1706 del 1962, essendosi la contro-~ versia fra le pavti fondata non gi� sulla irripetibilit�. dell'imposta scon PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA taita dall'odierno ricorrente, bens� sui criteri di determinazion�"della base imponibile; . b) e la ll:nanifesta infondatezza dell'eccezione, pure di incostituzionalit�, che investe addirittura l'intera diisciplina relativa alla tassazione dei tras:tlerimenti dei fondi rustici, per difetto del.protestato contrasto con gli artt. 3, 44 e 53 della Costituzione: lP'erch�1 � conforme e non �contrari.o al principio di uguaglianza che anche i trasferimenti dei fondi rustici, al pari dei trasferimenti di o,gni altro bene, siano assoggettati allo stesso criterio d'imposizione sancito dall'art. 43 della legge di re~istro: perch��l'anzidetto criterio non infirma min:L:mamente il principio delJa progre,ssivit� cui deve informarsi l'intero sistema tributario, in' quanto attiene alla �de~erminazione della ba.se imponibile e non al tipo dell'aliquota da a;pp1ic.are; e perch� infine il 1criterio in parola non I � d'ostacolo alla formazione d:i quella .piccola o media propriet� agri �cola che qui, peraltro, non vengono newure in questione, stante -l'entit� degli acquisti di cui si tratta. -(Omissis). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2,5 febbraio 1971, n. 491 -Pres. Rossano -Est. GiuJ.iano -P. M. Cutrupia (diff.) -Civita (avv. Spagnuolo- Vigorita V.) c. Gescal (avv. Stato Matalond.) e I.M.E.P. (avv. Giordano A.). Appalto -Appalto di opere pubbliche -Obbligo della Stazione�appaltante di assicurare all'appaltatore la giuridica possibilit� di compiere i lavori affidatigli -Sussiste -Applicazione ai casi di illegittimit� della licenza edilizia, ove es~a sia necessaria per il compi~ mento dei lavori appaltati -Possibilit� e pggetto della prova liberatoria. (e.e., artt. 1218, 1655, 1667). -Tra le obbligazioni che nascono dal contratto di awaiito a cmric'O del committente vi � quella di assicurargli per tutta la durata del rapporto la giuridica possibilit� di compiere i lavori affidatigli, cosicch� la legittimit� della licenza edilizia, necessaria' per il compimento dei lavori aptpaltati, dev'essere garantita dal committente, il quale pu� liberarsi da responsabilit�, solo provando che le ragioni della sospensione e/o dell'annullamento del plfovvedimento siano deriva.te da cause da lui indipendenti ed imprevedibili al momento della stipula del contratto (1). (Omissis). -Con contratto d'appalto del 23 aprHe 1959 l'Istituto Meridionale di Edilizia Popolare (I.M.E.P.), che agiva come �stazione (1) Ma, beninteso, avverte la sentenza in rassegna, � in mancanza di un rpatto specifico che il rischio del �compimento dell'opera assunto dall'appaltatore a norma dell'art. 1655 e.e. non �Si �estende al di l� di quanto concerne l'esecuzione dell'opera a regola d'arte, ossia oltre il contenuto meramente tecnico. � opportuno, comunque, avvertire che, a norma dell'art. 29 1. 17 agosto 1942, n. 1150, � compete al Ministro dei lavori pubblici accertare che le opere da eseguirsi da Amministrazioril statali non siano i.n �contrasto con le prescrizioni del piano regolatore e del regolamento edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono ,, , mentre~ il �successivo art. 31 stessa legge, quale sostituito dall'art. 10 1. 6 agosto PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 479 appaltante� della Gestione Ina-Casa (a cui. poi subentr� la Gescal), affid� ad Arturo Civita la costruuone i:n Napoli di due fabbricati: il corrispettivo fui 'convenuto in lire 113.000.000 circa, di cui il.ire 96.000.000 I _ per �lavori a forfait� e il resto per �lavori a misuria �. , I lavori furono iniziati. Il 29 luglio 1960 alcuni proprietari di immobili vicini impugnarono innanzi al Consiglio di Stato, nei confronti del Comune di Napoli e della Gestione �Ina-Casa, la licenza edilizia rifasciata dal primo alla seconda per quei lavori; e il 12 agosto 1960 il Consiglio di Stato, su istanza dei �ricorrenti, nonostante l'opposizione del1a Gestione, sospese �:per ,gravi ragioni� l'�esecuzione deJ:la licenza. �,In conseguenza di <Ci�, il Comm.issario governativo del Comune di Napoli il 14 settembre 1960 intim� all'I.M.E.P. la sospensione immediata dei lavori; e il giorno appresso l'I.M.E.P. ordin� al Civita di sospenderli. Il Civita ottemper� all'ordine; ma successiV1amente e ripetutamente denunci� ail committente Istituto i danni che gli derivavano dalla sospensione; e, dopo aver invano sollecitato l'Istituto a prendere una decisione, iil 19 ottobre 1964, valendosi di uria -clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto, dichiar� di voler iniziare un giudizio arbitr:ale per ottenere la condanna solidale dell'I.M.E.P. e della Gescail al pagamento di lire 62.522.. 440 �e interessi, per diversi titoli, che sp�eoiifi. c�, e che concernevano, da un lato, danno emergente e lucro cessante .per la �so::i1pensione dei lavori, d'altro �l!ato, danni derivati, a suo dire, da uno .specifico inadempimento dehl:'I.M.E.P., a cui egli imputav;a di avergli commesso la costruzione �di un muro di sostegno per la lunghezza di circa 62 metri, ma di avergliela lasciata compiere solo per . 20 metri, bench� dei lavori per la �costruzione del muro non fosse stata ordinata la sospensione. L'I.M.E.P. e la Gescal opposero, pregh,idizialmente, che la domanda di arbitrato era imp�roponibile, perch� proposta prima del collaudo e. 1967, n. 765, precisa che �per le opere da eseguirsi su terreni demaniali, compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all'Amministrazione dei lavori rpubblici, d'intesa con le Amministrazioni interessate e sentito il Comune, accertare che le opere .stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono. Per le opere da costruiTsi da privati su aree demaniali deve essere richiesta sempre la licenza del Sindaco �. Di obbligazione dell'amministrazione di assicurare all'appaltatore la giuridica possibilit� di �compiere .i lavori non � neppure il caso di parlare, in ordine alle remore che il secondo incontri nel I.Procedere alle -espropriazioni, che sr sia accollate in co.nformit� all'art. 324 1. 20 marzo 1865, n. 2248, �all. F. Circa l'applicabilit� ai pubblici appalti dei princip� di integrazione del contratto e della sua esecuzione di buona fede (artt. 1374 e 1375 e.e.) v. Cass., Sez. Un., 7 luglio 1969, n. 2498, in questa Rassegna, 1969, I, 750. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO perch� non ;preceduta da tentativo di componimento ii.n via amministrativo; nel merito, chiesero fa :propriia assoluzione. Il Collegio arbitrale, con sentenza 8~11 marzo 1966, condann� il solo I.M.E.P. a pagare al Civita la somma di lire �53.790.940, con :gli interessi legal�i dalla domanda di arbitrato. B. lodo, reso esecutivo dal Pretore il 14 marzo 1966, fu tempestivamente impugnato per nullit� dall'I.M.E.P., nei confronti del Civita e della Gescal, innanzi alla Corte d'Appello di Napoli; l'lstiltuto, alle cui difese la Ge.scal .si associ�, si dol:se della reiezione delle proprie eccezioni pregiudiziali e di errori di diritto in judicando. H Civita resistette all'opposizione .e, per l'iipotesi �Che la Corte dichiarasse la nullit� del lodo, ripropose, nella loro inte,grit�, le domande che il Collegio arbitrale ave:va solo parzialmente accolte. La Corte napoletana, con la sentenza ora iimpugnata, dichiar� la nullit� del lodo e assolse l'LM.E.P. e la Gescal da 'tutte le domande del Civ,ita. Essa, dopo av�er respinto le :pregiudiziali eccezioni dell'I,stituto, �dichiar� sussistenti due erroTi in judicando dal medesimo denunciati a norma dell'art. 829, u.c., 1c.p.�c.: cio� violazione dei principi sulla re1s:pon:sabilit� per �colpa e violazione dell'art. 36 del Capitolato generale oo.\Pp., approvato .con decreta presidenziale � 16 '1.uglio 1962, numero 1063, per quanto concerneva la decorreilZ'a degli interessi. Sul primo punto, la Corte oss�erv� che 1'ordine di soS(pensione dei� lavori non era stato emanato dall'I.M.E.P. come conseguenza di un fatto proprio o per la soddisfazione di propriie interne esigenze, essendo stato, in sostanza, � una modalit� di ~tra!SIDiissione .aill'appaltaltore di una disposizione imperativa, emessa, ;in esecuzione di analoga ordinanza della aJUtodt� giu1diziaria, dalla 1aUJto:r�t� �a:rnministr:ativa e che aveva per destinatari effettivi non solo l'ente appaltante, ma anche l'appaltatore�. Aggiunse, che, non versandosi in ipotesi di responsabilit� obiettiva, si sarebbe dovuto procedere alla �identificazione della colpa deJ. com mittente�, ma che siffatta indagine era stata trascurata dal Collegio arbitrale; n�, per altro, il Civita aveva prospettato �aloon fatto da cui potesse esser desunta una colpa dell'Istituto. Infatti, la licenza ediliziia era stata chiesta e ottenuta �nei limiti della legalit�, la. zona prescelta per le costruzioni non risultava :.sottoposta a vincoli di inedificabilit�; �n� erano prospettate violazionii. di piano r~golatore o di regolamento edilizio � . D'altra parte, il CoI1Siglio di Stato, con ,senten2la 10 febbraio 1967, n. 105, aveva dichiarato inammissibili i rico~si proposti contro la licenza edilizia. N� all'I.M.E.P. poteva essere addebitata una colposa inerzia durante d1 lungo periodo di :sospensione dei lavori, poich� gli era impossibile rimuovere l'ostacolo che ne .impediva la continuazione. La.. Corte del merito afferm�, pertanto, �che la sitllazione, � determinata da PARTE I, SEZ. VI, .GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 481 un provvedimento cogente di una pubblica autorit� �, integrava��� gli estremi del factum principis, esonerante da responsabilit��. Essa osserv�, infine, che il Civita aveva proposto so1tanto domande di ris:ar:cimento di danni; perci� dichiar� preclusa, per difetto di domanda, l'indagine su un suo ev�entuale diritto ad un equo compenso a norma dell'art. 1664 e.e. estensivamente interpretato. Queste considerazioni assorbivano l'aUro motivo di gravame addotto dall'Istituto, tuttavia la Corte napoletana reput� opportuno aggiungere �che il Collegio arbitrale avev:a errato nel faT decorrere dal d� della domanda di arbitrato gli interessi legali sulla �somma :liquidata: essi invece, in ipotesi, pokh� le somme erano state contestate e liquidate dai giudice, avrebbero �Cominciato a decorrere, secondo l'art. 36 succitato, trenta .giorni dopo La data della registrazione preisso la Corte dei conti del decreto emesiso in esecuzione della decisione che aveva risOllto la controversia. Dichiarata, pertanto, la nullit� del lodo, la Corte esamin� il merito. Osserv� anzitutto che le considerazioni :svolte per chiarire gli errori di diritto in cui era incor.so il Oolle1gio arbitrale legittimavano la reiezione di tutte le domande proposte dal Civita con riferimento alfa sospensione dei lavori. Restava l'esame delle domande di risarcimento del danno emergente e del lucro cessante lamentati dal Civita come .conseguenza. di asserito inadempimento dell'I.M.E.P. al contratto �di appalto per la costrlllzione del muro di sostegno: la Corte fa respinse, perch� triasse dall'.e1same delle risultanze processuali il convincimento �che al Civita era :stata affidata soltanto la costruzione del muro per la lunghezza di 20 metri. Contro tale sentenza il Civita ha !Proposto un tempestivo e rituale ricorso per cassazione, con sette mezzi, nei confronti dell'I.M.E.P. e della Gescail, che hanno depositato .controricorsi. L'I.M.E.P. ha anche propostQ un ricorso incidE:lntale condizionato, con due mezzi, al quale il Civita ha opposto un contro-ricorso. Egli e l'I.M.E.P. hanno presentato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 c.p.c., la Corte considera anzitutto, congiuntamente, i due primi mezzi del ricorso principale;-con i qual.i il Civita, .svolgendo, in. 1sostanza, un'unica censura, lamenta, da un lato, violazione e :falsa applicazione delle norme e dei principi di diritto sulla responsabilit� del committente, d'altro 1a:to, violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 e.e. Egli sostiene che il commiittente deve �garantire, permanentemente e iper tutta la durata del contratto, fa realizzabilit� del�'opera sul piano giuridico-amministrativo� e che l'ordinanza di sospensione della esecuzione della licenza pronunciata dal Consiglio di Stato non poteva essere considerata factum principis, poi RASSEGN'A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ch� essa era stata emessa � per il pericolo di grave pr�e.giudiz-ie ravvisato nell'utilizzazione della licenza da parte del suo titolare�: non aveva quindi i ca.ratteru di estraneit�, imprevedibilit� e inevitabilit� :propri del factum principis, ma �era stata provocata dal comportamento dello stesso �beneficiario dell'atto ,sospeso�. La censura � fondata. Invero, tra le obbligazioni che nascono dal contratto di appalto a carico d~ committente vi � quella di assicurargli, per tutta la durata del rapporto, la giuridica possibilit� di compier�e i lavori affidatigli: dagli artt. 1655-1667� e.e. �si evince che il rischio del compimento dell'opera, asS!Unto dall'iappalt~tore a norma dell'art. 1655 e.e., :non si estende, in difetto di un patto specifico, al di l� di quanto concernente l'esecuzione dell'opera a regola d'arte �e ha quindi un contenuto meramente tecnico. L� legittimit� della licenza edilizia, necessaria per il compimento dei lavori 1appaltati, dev'essere gar:antita dal �Cornmittenrte. N~ consegue che, ove la licenza sia impugnata innanzi al giudice amministrativo, siccome illegittima, e quel giudice ne sospenda l'esecuzione, la sospensione dei favori, �che � corollario di tale provvedimento, rappresenta, dal lato obiettivo, un inadempimento dell'indicata obbil:igazione del committente. Questi �, pertanto, per l'art. 1218 e.e., respon ' sabile verso l'appaltatore dei danni derivanti dalla sospensio:q,e, .se non fornisca la prova ltberatoria richiesta dalla norma. Egli non pu� scagionarsi allegando semj;>ilicemente la forma cogente del!l'ordinanza giudiziale di sospensione del!I'�esecuzione della liceI1Z1a edilizia. Questa � stata accorda�ta dal Comune in conformit� di una sua richiesta (nella stpecie, la richiesta era stata fatta dall'Ina-Gasa, ma allo scopo di far poi fruire della licenza l'I.M.E.P, che �se ne valeva :per far eseguire i lavorij talch� non �i possibile considerarlo estraneo alla illegittimit� che abbia provocato l'ordinanza di sospensione). Spetta a lui provare che le �gravi ragioni�, per le quaU il Consiglio di Stato abbia, a nocrma dell'art. 39 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, sospeso l'esecuzione .della licenza derd.vasser� da �cause da lui indipendenti e non normalmente prevedibili al.Io:reh� egli stipul� il contratto �di appalto. Al lume di queste considerazioni appare Yerrore della Corte del merito, che fece carico al Civita di additare eventuali illegittimit� della licenza edilizia : in questo modo fu violato il principio che, in tema di responsabilit� contrattuale, la colpa dell'inadempiente � presunta. N�, d'altro lato, la Corte del merito potev'a esser paga del fatto che il giudizio amministrativo si era1 �chiuso con una sentenza che aveva dichiarato l'inammis1sibilit� dei ricorsi. Essa doveva tener pr�e�sente l'autonomi� a dell'ordinanza di .sospensione del provvedimento impugnato -pronunziata su una .specifica istanza e per 1specid:�che ragioni -rispetfo PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 483 alla sentenza definitrice del giudizio; n� poteva trascurare la circt)sfanza eh.e il Oonsiglio di Stato, con la sentenza, non aveva dichiarato insussistenti le illegittimit� della licenza lamentate dai rico.rrenti, bens�, come � .stato concordemente illustrato dal Civita e dall'I.M.E.P. nelle memorie, aveva dichiarato inammissibili i ricorsi �per motivi .sopravvenuti, lasciando impregiudicato il merito. L'accoglimento dei primi due mezzi .del ricor,so principale assorbe il terzo mezzo del medesimo, col quale il Civita 1si duole che la Corte napoletana, violando principi � norme di diritto concernenti gli obblighi del committente creditore, non abbia considerato che il preteso factum principis non avrebbe, in ipotesi, esonerato l'Istituto dal dovere di collaborare con l'appaltatore, per rendergli possibile la prestazione o almeno contenere gli �oneri ,che gli derivassero dalla forzata sospensione dei lavori. Invero, se risultasse l'imputabilit� della .sospensione, non sarebbe necessario occuparsi di ci�. -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 aprile 1971, n. 1060 -Pres. Rossano -Est. Leone -P. M. Chir� (conf.) -Istituto Bancario Italiano (avv. Russo, Marone) c. Ministero Difesa (avv. Stato Agr�). Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opera militare Composizione del Collegio arbitrale -Qualit� di funzionario della P. A. -Incapacit� assoluta -Esclusione -Possibilit� di porre un problema di incapacit� (relativa) dell'arbitro funzionario della P. A. solo alle condizioni previste per la ricusazion~ ai sensi degli artt. 815 e 51 c. p. c. Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Appalto di opera militare Composizione del Collegio arbitrale -Disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 52 r. d.17marzo1932, n. 366.;; Portata. � da escludere, sul piano degli interessi concreti, che il funzionario possa essere portatore degli stessi interessi detta P. A., s� che i provvedimenti giurisdizionali volti ad operare nei confronti di quest� ultima possano essere ritenuti incidenti anche suHe posizioni personali del primo; epper�, qualora la parte in un giudizio arbitrale non abbia ricusato l'arbitro funzionario della P. A. ai sensi dell'art. 815 c.p.c., per un presunto interesse indiretto del medesimo, idoneo ad ingenerare il dubbio sulla. sua indipendenza di giudizio, non � possibile impugnare il lodo di nullit� ai sensi dell'art. 829, n. 3, c.p.c., che si riferisce a casi tassativamente previsti dall'art. 812 c.p.c. (1-2) In generale, per fa distinzione fra motivi di ricusazione del giudice e motivi di nullit� della sentenza, v. Cass., 20 giugno 1968, n. 2040, 19 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 484 La norma regolamentare di cui all'art. 52, ult. comma, C�Yiid. gen. app. lav. G. M., appr. con r.d. 17 marzo 1932, n. 366, non stabilisce casi di ricusazione e di astensione degli arbitri, ma solo ; abilita a dedurre nel giudizio arbitrale la violazione di un divieto di nomina di arbitro agli effetti dell'art. 829, n. 2, c.p.c. (2). (Omissis). -L'Istituto ricorrente assume, col primo motivo di ricorso, che sarebbe stato viola.to il principio generale secondo cui nessuno pu� essere giudice in causa p.ropria e sarebbe istata data falsa applicazione all'art. 815 c.p.c., dato che la Corte d'Appello, travisando il motiV'o di nullit� dedotto, avrebbe esaminato sotto il profilo della ricusazione del giudice la situazione di incapacit� del presidente del collegio arbitrale, per essere egli componente del ,consiglio Superiore delle FF.AA., mentre l'allegazione poneva la questione che detto arbitro dovesse essere considerato come la stessa A:rnministrazi,one parte �in causa. La tesi � infondata. Il motivo concernente l'asserita � incapacit� ad essere arbitro del preside}i.te del collegio arbitrale, in quanto il medesimo era componente del Consiglio Superiore delle Forze Armate� non poteva essere inteso nel senso ,che l'Istituto attualmente sostiene. Occorre poi rilevare che il principio nemo iudex in causam propriam, in qua~to non si. riferisce ad uno stato di incapacit� generale del soggetto investito della funzione giurisdizionale, bensi ad uno .stato caratterizzato da una situazione di interesse personale alla con'troversia, che normalmente pregiudica l'imparzialit� del giudice, � applicato nel codice vigente in modo relativo, affidando cio� allo stesso giudice (art. 51 c.p.c.) e a ciascuna delle parti in causa rispettivamente l'obbligo d.i �stenersi dal giudicare ed i,l potere di pro,porre la ricusazione ,del giudice,. dato che solo i soggetti del rapporto dedotto in �causa possono conoscere e valutare se il giudice abbia interesse personale� nella causa, sia pure in modo indi- Giur. it., Mass., 1968, 730. Quanto al problema specifico, deve avvertirsi che la mera qualit� di funzionario della P. A. non pu�, certo, in s�, valere, non si dice come causa di nullit� del lodo per incapacit� assoluta dell'arbitro, ma neppure come motivo di ricusazione: il sistema dell'arbitrato nei pubblici appalti, cogente perch� fondato sulla legge e non sul compromesso o sulla clausola compromissoria (Cass., 24 luglio 1968, n. 2671, Giur. it., Mass., 1968, 966, sub a; 22 dicembre 1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, 1182; Corte App. Roma, 29 marzo 1969, n. 712, Arb. e appalti, 1970, 228, nella motiv., nonch� infra, 487), � incardinato, appunto, sul principio della partecipazione necessaria di funzionari della P. A. ai Collegi arbitrali (per gli appalti militari, v. art. 52 r.d. 17 marzo 1932, n. 366; per gli appalti disciplinati dal cap. gen. oo.pp., v. airt. 45 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). E la sentenza in rassegna della C1orte di Cassazione, dettando un insegnamento, che dovrebbe valere in tutti i casi del genere (e quindi, pare, anche a proposito del penultimo comma dell'art. 45 Cap. gen. oo.pp. 1962), ha avvertito che PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 485 retto ,,per e�ssere egli parte in altra causa vertente su identica questione di diritto. Con la conseguenza che, se la .situazione di personale intere: sse del giudice non viene denunziata nei modi di legge ed il procedimento si conclude con .sentenza, le� parti non possono far valere, con l'impugnazione, l'asserita incapacit� relativa del giudice che la sentenza ha pronunciato: a meno che il giudice non abbia avuto nella causa un interesse cos� .personale da dover e.ssere considerato parte del processo, per essere la decisione destinata ad incid�re su una posizione propria del giudice stes!SO (Cass., 20 giugno �1968, n. 2040). Orbene, per quanto possa essere stretto il rapporto organico tra la Pubblica Amministrazione ed un suo funzionari-o (rapporto che, per�, � del tutto mediato rispetto ai funzionari componenti di un organo collegiale, dato che le opinioni espresse e le dichiarazioni di volont� di tali funzionari, prese singolarmente, non costituiscono rappresentazionj e volont� della P. A.), deve escludersi, .sul piano degli interessi concreti, che il funzionario possa essere portatore de.gli stessi interessi della P. A., s� che i provvedimenti giurisdizionali volti ad operare nei cpnfronti di quest'ultima possano essere ritenuti incidenti anche sulle posizfoni personali del funzionario agli effetti sopraindicati. Di conseguenza, deve respingersi la tesi che nella specie il presidente del �ollegio arbitrale si identificasse con l'Amministrazione e deve convalidarsi l'inquadramento delle situazioni allegate, fatto dalla Corte d'Appello, che ha ravvisato in esse delle semplici ragioni di astensione o di ricusazione. Ancora pi� semplice � la confutazione del secondo motivo di r'icorso, col quale si denuncia la violazione dell'art. 52 del r.d. 17 marzo 1932, n. 366 e falsa applicazione dell'art. 815 c.p.c. e .si sostiene che l'arbitro nominato dall'Amministra~ione non aveva capacit�, per aver diretto l'ufficio dal quale dipendevano la progettazione, la direzione ed il controllo dei !'avori per i quali era sorta la controversia affidata al la di.sposizion� regolamentare di cui all'art. 52, ult. comma, r .d. n. 366 del 1932 (beninteso in quanto esulante dalle ipotesi di cui all'art. 51 c.p.c.) non stabilisce casi di ricusazione o di astensione degli arbitri, abilitanti alla procedura ex art. 615 c.p.c., ma solo pone divieti di nomina di arbitri, la violazione dei quali deve essere dedotta nel giudizio arbitrale, per poter dare, quindi, luogo all'impugnativa del lodo ai sensi dell'art. 829, n. 2, c.p.�. A tale conclusione esplicitamente si contrappone, tuttavia, l'altro insegnamento della Suprema Corte regolatrice, secondo cui �la limitazione posta all'ammissibilit� dell'impugnazione del lodo a norma dell'art. 829, primo comma, n. 2, c.p.c. non � applicabile all'arbitrato previsto dal Capitolato generale dei lavori pubblici, giacch�, essendo la nomina .. degli arbitri direttamente regolata, in modo vincolante, dal Capitolato stesso, le parti sono prive su tale punto di fa.colt� discrezionale enon .. possono consentire modificazioni dei modi di nomina degli arbitri � Cass., 24 luglio 1968, n. 2671, Giur. it., Mass., 1968, 966 sub c). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO giudizio degli arbitri; perci� detto arbitro si trovava nella situazione di incompatibilit� assoluta prevista dall'art. 52 �citato innanzi, norma da qualificarsi pari negli effetti a quella dell'art. 812 c.p.c. Deve osservarsi in contrario che la norma sopraindicata, di indubbia natura regolamentare, disponendo che � con la firma del contratto resta convenuto che fa nomina degli arbitri �sar� fatta nel seguente modo... � e stabilendo in relazione al detto modo di nomina che �non.potranno essere nominati arbitri coloro �che abbiano partecipato alla compHazion.e dei progetti e alla direzione, sorv�eglianza e collaudazione delle opere su cui cadono le controversie, oppure che abbiano in qualsiasi modo par.tecipato all'esame della controversia stessa�, serve solamente ad inserire automaticamente nel contratto una condizione generale ~che, per l'efficacia normativa del regolamento, deve ritenersi conosciuta agli effetti dell'art. 1341 e.e. -vincolante per le parti del contratto stesso. La disposizione, perci�, non vale a stabilire casi di ricusazione e di astensione degli arbitri che siano stati nominati in violazione della disposizione stessa; ma detta violazione contrattuale circa 'la nomina degli arbitri si sarebbe potuta denunciare a norma dell'art. 8�29, n. 2, c.p.c., sempre che per� la nullit� fosse stata dedotta nel giudizio i;irbitrale. Ora, da una parte, la censura proposta �Col motivo di ricorso in esame posa su tutt'altro piano (incapacit� dell'arbitro, stabilita da norma avente efficacia di fogge); dall'altra, non � .stato mai dedotto che nel giudizio arbitrale sia stata denunciata la violazione delle disposizioni contrattuali circa la nomina dell'arbitro, direttore dell'ufficio di progettazione e controllo dei lavori in appalto. Pertanto, sia pure correggendo la motivazione della sentenza impugnata sul punto in esame, la censura anzidetta dev'essere respinta. Privo di consi&tenza � anche il terzo motivo di dcorso, col quale si assume che la Corte d'Appello si sarebbe contraddetta, prima affermando che non esiste nel nostro ordinamento un sistema di cause di incapacit� innominate del giudice, inte.grativo di quello delle incapacit� nominate nell'art. 812 c.p.c., poi scendendo al:l'esame delle situazioni indicate come ipotesi di dette incapacit� innominate. Ma il ragionamento adottato dalla Corte d'Appello � pienamente cons�eguente, volto com'� a spiegare che le situazioni dedotte integravano non cause di incompatibilit� assolute, bens� cause di incapacit� relativa, da far valere cqn il mezzo della ricusazione. Nel che non si vede proprio che cosa vi sia di contraddittorio. Col quarto motivo il ricorrente insiste nel denunciare la violazione e falsa appHcazione dell'art. 815 c.p.c. e .sostiene che ha errato la Corte d'Appello, quando ha inquadrato nelle cause di ricusazfone dell'a<rbitro le situazioni dedotte, che non concernevano i casi di cui agli artt. 815 e 51, n. 1 e 5, c.p.c., ma gravi ragioni di convenienza che, a norma dello PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 487 stesso art. 51, danno luogo ad iniziativa del giudice (richiesta di astensione), non ad iniziativa della parte (ricusazione). In effetti la' ricusazione del giudice � possibile nei casi in cui � fatto �obbligo� al giudice di astenersi, sicch� non � proponibile la ricusazione nei casi in cui, in presenza di gravi ragioni di convenienza, il giudice pu� richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi (art. 51, ultimo comma, in relazione all'art. 52 c.p.,c.). Ma questo comporta che, viste le situazioni dedotte dall'Istituto Bancario quali gravi ragioni di convenienza perch� il giudice-arbitro si astenesse, dovrebbe dirsi ancor pi� convalidata l'affermazione che le situazioni medesime non possono essere considera.te cause di incapacit� de.ll'arbitro. Peraltro � stato .spiegato innanzi come le situazioni per.son.ali dell'arbitro prese in c'Onsiderazione nell'art. 52 del t.d. 17 marzo 1932, n. 36G avrebbero avuto una rilevanza ben diversa da quella ora detta, se fossero state denunciate come prescritto nell'art. 829 c.p.c. -(Omissis). CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. I, 29 maTzo 1969, n. 712 -Pres. Ciaccio -Est. Minniti -Consorzio di bonifica delI'Ufita (avv. Compagno) c. Impresa Delle Monache (avv. Messina G.). Arbitrato -Appalto di opere pubbliche -Arbitrato fondato su norme di legge e regolamento -Composizione del Collegio arbitrale in modo difforme da quello previsto dal Capitolato generale statale Nullit� del lodo -Sussiste -Impugnazione -Necessit� della previa eccezione nel corso del giudizio arbitrale -Esclusione. (c.p.c., artt. 158 e 829, n. 2). Trattandosi di appalto di opera pubblica, disciplinato con efficacia normativa e non meramente contrattuale dal Capitolato generale statale, il lodo m�bitrale pronunciato da un Collegio costituito in mo�do difforme da quello previsto dal predetto Capitolato � affetto da nullit� insanabile, senza che sussista la limitazione alla relativa impugnazione posta dall'art. 829, n. 2, c.p.c. (1). SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con contratto di cottimo fiduciario del 19 ottobre 1956, reg. in Grottaminarda. il 7 novembre successivo, il Consorzio di �bonifica del (1) L'art. 349 legge 20 marzo 1865, n. 2248 all. F dispone che �nei Capitolati di appalto potr� prestabilirsi che la questione tra l'amministrazione e gli appaltatori siano decise da arbitri�. E, secondo il successivo 488 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'Ufi.ta affidava all'Impresa Danilo Delle Monache l'appalto dei lavorl di sistemazione idraulico-agraria del baci:no dell'Ufi.ta nei Comuni di Zungoli e Vi11anova del Battista. Con atto del 7 febbraio 1963 il Delle Monache, �loiendosi di varie inadempienze dell'Ente appaltante, promuoveva un gi.dizio arbitrale, formulando vari quesiti e chiedendo la condanna del Consorzio al pagamento di diverse somme. Il Collegio arbitrale, con lodo 19 novembre-9 dicembre 1963, reso esecutivo il� 16 dicembre dello stesso anno dal Pretore di Napoli, condannava il Consorzio al pagamento di L. 12.477 .084, con gli interessi legali. Il Consorzio impugnava la sentenza arbitrale davanti aUa Corte di appello di Napoli, d�ducendo varie violazioni di legge.� Il Del'le Monache resisteva alla impugnazione, conte,standone, in via preliminare, l'ammissibilit�, a norma� del combinato disposto degli artt. 829, ultimo comma, c.p.c. e 49 del Capitolato ~enerale per gli appalti deU:e oo.pp., approvato con d.m. 28 maggio 1895, sul riflesso che .il Consorzio aveva dedotto solo errores in iudicando, mentre nel contratto 19 ottobre 1956 le parti avevano fatto espresso richiamo al citato art. 49 del Capitolato, che, nell'escludere l'assoggettabilit� della sentenza arbitrale all'appello ed alla cassazione, ne consentiva l'impugnazione solo per errores in procedendo. Nel merito deduceva l'infondatezza del gravame e, in via incidentale �Condizionata, impugnava a sua volta il lodo per le parti nelle quali talune sue domande non erano state accolte. art. 364 della stessa legge, � un regolamento determina le norme e la procedura... per la risoluzione delle contestazioni che insorgessero colla impresa �. Alla stregua di tali norme, mentre il regolamento per la direzione, � contabilit� e collaudazione dei lavori dello Stato approvato con r.d. 25 maggio 1895, n. 350 provvede alla disciplina della risoluzione di tah_contestazioni in via amministrativa (artt. 22, 23 e 109), il Capitolato generale OOJpp., avente anch'esso natura 'regolamentare (v., per tutte, Cass., 7 settembre 1970, n. 1274, in questa Rassegna, 1970, I, 959 ed ivi nota 1 di ulteriori riferimenti), nel ribadire che le � domande � ed i � rredami � dell'Impresa debbono essere presentati ed iscritti nei documenti contabili n�ei modi e nei termini tassativamente stabiliti dal predetto regolamento (artt. 41 Cap. gen. 1895 e 42 Cap. gen. 1962), dispone, a sua volta, �che tutte le controversie tra l'Amministrazione e ,l'appaltatore; quale che ~ia la loro natura, tecnica, amministrativa o giuridica, che non si siano �potute definire in via amministrativa a norma degli artt. 22, 23 e 109 r.d. n. 350 del 1895 sopracitato, vanno deferite al giudizio di cin,que arbitri (artt. 42 Caip. gen. 1895 e 43 Cap. gen. 1962), e 1precisamente, secondo il vigente Cap. gen. 1962, ad un Collegio composto da un magistrato del Consiglio di Stato che lo presiede, nominato dal Presidente del Consiglio stesso; da un magistrato giudicante della Corte di appello di Roma, nominato dal primo Presidente d~lla Corte stessa; da un componente tecnico PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 489 I La Corte, con sentenza 20 novembre 1964-18 marzo 1965, dichiarava inammissibile l'impugnaz~one principale e .assorbita quella incidentale condizionata. Rigettava altres� la domanda del Consorzio diretta ad ottenere la declaratoria di nullit� del lodo per vizio nella cQmposizione del Collegio arbitrale, costituito, anzich� da cinque, da soli tre arbitri. Avverso tale sentenza proponeva in termini ricorso per cassazione il Consorzio, deducendo__ cinque mezzi d'annullamento. La Corte di Cassazione, con sentenza 17 gennaio-6 �aprile 1966, reSipinto il secondo, accoglieva il terzo motivo di ricorso, dichiarando assorbiti gli altri e annullava la sentenza della Corte di Napoli, rinviando la causa, per nuovo esame, a questa Corte, delegata a provvedere anche sulle spese del giudizio di Cassazione ed enunciando il seiguente principio di diritto: � Le norme del nuovo capitolato generale di appalto per le opere di competenza del Ministero dei LL,.PP.., approvato con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, regolanti il modus procedendi dell'arbitrato, previsto dagli artt. 42 e segg. del Capitolato stesso (impugnabilit� del lodo};' sono norme processuali d'immediata applicazione anche rispetto a rapporti sorti anteriormente all_? data (1� settembre 1962) della lor~ entrata in vigore. Pertanto, il lodo arbitrale, pronunciato dopo la data predetta, in ordine a .rapport1i .sorti nel vtgore del precedente Capitolato generale, di cui al d.m. 28 maggio 1895, � soggetto, quanto all'impugnazione, alle norme dell'art. 51 del n.uovo Capitolato, abrogativ�e dei limiti .d'impugnabilit� di tale lodo posti dal menzionato Capitolato ministeriale�. Con atto notifi.cato il 24 marzo 1967 il Consorzio riassumeva la causa davanti a questa Corte, riproponendo i motivi di nullit� gi� dedotti davanti alla Corte di Napoli, in numero di 4, attinenti alla deci del Consiglio superiore dei ll.pp., nominato dal Presidente del Consiglio stesso; da un funzionario della carriera direttiva, amministrativa o tecnica del Ministero dei lavori pubblici o da un avvocato dello Stato, nominato dal Ministro per i lavori pubblici o da un suo delegato; da un libero professionista, iscritto nel relativo albo professionale, nominato dall'appaltatore (art. 45 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Il vigente Capitolato generale oo.pp. iprevede; peraltro, la facolt� delle parti di escludere la competenza ar�bitrale, optando per quella del giudice competente a norma delle disposizioni del codi.ce di procedura civile e del testo unico 30 ottobre 1933, n. 1611 (art. 47 d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). Ci� non toglie, tuttavia, che si tratti pur sempre di arbitrato obbligatorio (Cass., 24 luglio 1968, n. 2671), nel senso, cio�, che esso, in virt� della legge n. 2248 all. F del 1865, non deriva da una clausola compromissoria, ma da .una norma regolamentare: la competenza arbitrale � ha, dunque, diretto fondamento nella legge� (Cass., 22 dicembre 1969, n. 4022, in questa Rassegna, 1969, I, . 1182) e la scelta .prevista dall'art. 47 cit. Oap. gen. 1962 non presuppone o comporta il potere di modificare un patto contrattuale, ma � un atto meramente processuale, � essendo processuale, appunto, e fondata direttamente sulla legge la competenza alternativa e facoltativa dell'uno o dell'altro 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sione arbitrale in ordine al 1�, 2� e 4� quesito, nonch� alla costituzione dello stesso Colle.gio arbitrale. Si cosfituiva ritualmente il Delle Monache, contestando la fondatezza dell'impugnazione nel merito, riproponendo l'appello incidentale condizionato e chiedendo l'accoglimento di tutte le domande formulate davanti al Collegio arbitrale. Le parti precisavano quindi le conclusioni, come in epigrafe trascritte, ed all'udienza del 31 gennaio 1969 la causa era posta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE L'impugnazione proposta dal Consorzio � fondata e va perci� di chiarata la nulli.t� del lodo. Preliminare rispetto ad ogni altro � il motivo riguardante l'irregolare costituzione del C-0llegio arbitrale, motivo che venne proposto dal Consorzio davanti alla Corte di Napoli solo nella comparsa conclusionale. Quella Corte ebbe a disattenderlo sotto due aspetti, e cio� sia perch� tardivamente proposto, sia perch�, ritenendolo attinente all'ipotesi di nullit� prevista dall'art. 829, n. 2, c.p..c., rilev� c_he non era stato dedotto nel giudizio arbitrale. La Corte di Cassazione, affermato in linea di principio che le norme del Capitolato del �!962, riguardanti il modus proce�dendi dell'arbitrato, hanno carattere processuale e sono quindi di immediata applicazione, sicch� il lodo arbitrale pronunciato, come quello in specie, dopo il 1� settembre 1962 � soggetto, quanto all'impugnazione, alle norme del l'art. 51 del nuovo Capitolato, dichiar� assorbita in tale decisione la censura che il Consorzio aveva e.spressamente-rivolto contro la statu� giudke " (Cass., 22 dicembre 1969, n. 4022 sopra cit.). Fermo restando, adunque, in via di principio, che i Capitolati generali statali ( e �Cos� anche le Condizioni generali per l'appalto dei lavori del Genio militare arprpr. con �r,d. 17 marzo 1932, .n. 366, nonch� quelle del Capitolato generale amministrativo FF.SS., appr. con id.O.A. 9 aprile 1909 e mod con d.C.A. 17 novembre 1921, con d.C.A. 14 luglio 1922 e con D.M. 20 giugno 1945, n. 1937, del Capitolato per la esecuzione dei lavori e forniture per conto delle stesse FF.SS., appr. con d.C.A. 3 maggio e 14 luglio 1922, mod. con D.M. 13 ottobre 1931, n. 740, D.M. 20 giugno 1945, n. 1937, D.M. 11 gennaio 1950, n. 2906 e con D.M. 30 luglio 1958, n. 720) hanno natura regolamentare (Cass., 15 aprile 1971, n. 1060, supra, 483; 23 luglio 1969, n. 2766, in questa Rassegna, 1969, I, 762; 30 giugno 1969, n. 2393, ivi, 586, nella motiv.), pu� afferma!rsi che, in tutti gli appalti di opere pubbliche normativamente disciplinati da essi, l'arbitrato (anche se � unilateralmente facoltativo " come si dice per gli appalti delle FF.SS., su cui v. Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1946, n. 171, Foro it., 1946, 453 e segg.) non trae fondamento da una clausola contrattuale, ma da una norma di diritto obiettivo. Tornando, aMora, a considerare gli appalti disdplinati dal Capitolato generale oo.pp. (ora d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), pu� skuramente affer PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI. ECC. 491 zione della Corte di Napoli, che aveva respinto l'anzidetto motivo di nullit�. Tale motivo � stato riproposto con l'atto di riassunzione davanti a questa Corte e attiene al fatto che il Collegio arbitrale, che, a sensi tanto del Capitolato del 1895, che di quello del 1962, avrebbe dovuto esser composto da cinque arbitri, � stato invece costituito con soli tre membri. Il motivo appare fondato e va perci� accolto. � opportuno ,premettere che, essendosi costituito il Collegio arbitrale il 4 ma,ggio 1963, il numero degli arbitri, la forma ed n� modo della loro nomina soggiacevano alle disposizioni �di cui all'art. 45 del Capitolato del 1962, e ci� proprio in ossequio al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte con la sentenza di rinvio, sicch� il Collegio avrebbe dovuto esser composto da cinque membri, di .cui uno magistrato del Consiglio di Stato, nominato dal Presidente del Consiglio stesso; uno magist:r~ato della Corte d'appello di Roma, nominato dal Primo Presidente della� stessa Corte; uno componente del Consiglio Superiore dei LL.PP., nominato dal Presidente del Consiglio stesso; uno funzionario del Ministero dei LL.PP., o avvocato dello Stato, nominati dal Ministro dei LL.PP.; uno, infine, libero professionista, nominato dall'a.ppaltatore. � pacifico che il Collegio arbitrale che pronunci� il lodo in questione fu composto con soli tre membri, nominati in modo del tutto diverso da quello previsto dal Capitolato del 1962, e ci� per l'erronea opinione di entrambe le parti che fosse applicabile il Capitolato generale della Cassa per il Mezzogiorno (v. domanda d'arbitrato e atto di nomina d'a11bitro del Consorzio). marsi che, in proposito, la volont� delle parti, a differenza che nell'arbitrato volontario, non si esprime liberamente n� nella stipulazione di un compromesso o della clausola �compromissoria, n� nell'atto di nomina dell'arbitro, �essendo tale nomina � direttamente regolata, in modo vincolante, dal Capitolato gene�rale �, di guisa che �le parti �sono prive su fa;le punto di facolt� discrezionale e non possono consentire mod.ificazioni nei modi di nomina degli arbitri� (Cass., 24 luglio 1968, n. 2671, cit. Giur. it., Mass., 1968, 967). � chiaro, invero, che, non rientrando le norme di Capitolato generale sull'arbitrato fra quelle di carattere dispositivo, esse non possono essere, comunque, derogate neppure dalle eventuali disposizioni di Capitolato gene�rale pred&sposte da altri Enti, agli appalti dei quali pur si ap-� plichi il Capitolato generale statale in virt� di richiamo ope legis (cfr. Cass., 6 settembre 1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842; Lodo 3 novembre 1969, n. 61, Roma, id., 1970, I, 161, ed ivi nota 1 di ulteriori riferimenti). Da qui l'esattezza della perspicua sentenza in rassegna (vedila pubblicata anche in Arb. e appalti, 1970, 224 e segg. Sulla questione, v., anche, CoNTI, Applicabilit� dell'art. 45, lett. d, del Capitolato generale LL.PP. ecc., in questa Rassegna, 1966, I, 725 e segg., nonch� Lodo 3 novembre 1969, n. 61, Roma, sopra cit., �in questa Rassegna, 1970, I, 161, ed ivi nota 2 di riferimenti). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 492 Ci� premesso, non sembra potersi dubitare che il lodo sia� viziato dalla nullit� assoluta ed insanabile .prevista dall'art. 158 c.p..c. o che comunque ricorra l'ipotesi di" nullit� prevista dall'art. 829, n. 2, c.p.c. Invero il Collegio arbitrale, composto da soli tre membri, anzich� da cinque, non si � validamente costituito e la relativa nullit�, proprio perch� di car.attere assolUto ed insanabile, poteva essere rilevata d'ufficio, .sicch� non ha alcuna rilevanza lo .stabilire se la proposizione del relativo motivo da parte del Consorzio, davanti al1a Corte d'appello di Napoli, avvenuta solo nella �comparsa �conclusionale, sia stata o me:r;io tempestiva. In ogni caso, poi, non va trascu:vato di porre in rilievo che il contraddittorio in ordine a tale motivo � stato pacificamente e senza alcuna eccezione accettato da controparte, che si � difesa nel merito. N� .pu� condividersi l'opinione espressa daHa Corte d'appello di Napoli, secondo la quale, rientrando la nullit� nell"ipotesi prevista dall'art. 829, n. 2, c.p.c. e non essendo stata dedotta davanti al Collegio arbitrale, l'impugnazione non sarebbe ammessa. Va osservato, anzitutto, che la nullit� rilevata, attenendo pi� che alle forme ed al modo di nomina degli arbitri, alla regolare �costituzione del Giudice, non rientrerebbe nello schema del n. 2 dell'art. 829 c.p.c., avendo carattere pi� ampio e generale, in quanto investe il potere del Collegio� di esercitare la funzione di Giudice ed ha, perci�, quale conseguenza, pi� che la nullit�, l'inesistenza del lodo, che, .secondo la pi� perspicua dottrip.a, sarebbe rilevabile in qualsiasi momento ed anche mediante un mezzo diverso dall'impugnazione per nullit�. Comunque, anche a voler ricondurre detta nullit� nelle previsioni del n. 2 dell'art. 829 c.p.c., del pari dovrebbe pervenirsi alla conclusione dell'inesistenza della necessit� di previa deduzione davanti allo stesso Collegio arbitrale, e ci� in considerazione della particolare natura dell'arbitrato previsto dal Capitolato per le 0ipere pubbliche dello Stato. Giova al riguardo� osservare che la limitazione posta all'ammissibilit� dell'impugnazione per nullit� del lodo per il motivo di cui �al cennato n.� 2 dell'art. 829 c.p.c., limitazione consistente nella necessit� che la nullit� sia .stata dedotta davanti agli arbitri, trova la sua ragione d'essere nel fatto che, nell'arbitrato ordinario, rientra nel potere dispositivo delle parti lo stabilire il numero ed il modo di nomina degli arbitri, all'atto della stipula del compromesso o della clau,sola compromissoria, e ci� a sensi dell'art. 809 .c.p.c .. e con l'unko limite che gli arbitri �Siano in numero dispari. Sicch�, come le .stesse parti possono liberamente modifi.care consensualmente i patti stipulati al riguardo, del pari �i affidato alla loro valutazione discrezionale il decid�ere se far valere o meno la ragione di nullit� in questione. Pertanto_ la necessit� �Che l'eccezione sia tempestivamente proposta davanti al Collegio arbitrale deriva proprio dal fatto che si vuol evi-, tare che la parte, la quale, astenendosi dal proporre l'eccezione imme PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 493 di,atamente, abbia dafo segno di ritenere che la violazione delle forme e modi di nomina degli arbitri non lede alcun suo interesse effettivo, possa, .poi, in i~elazione .al rfaultato del lodo, addurre quella causa di nullit�, che lei stessa .aveva manifestato di ritenere irrilevante. Ma la situazione � del tutto divers,a: nell'arbitrato disciplinato dal Capitolato generale per le opere pubbliche, ove modi e forme di nomina degli arbitri sono regolate direttamente dalla legge e dove difetta un qualsiasi potere dispositivo delle parti, vincolate ai comportamenti prescritti dagli 'artt. 45 e ,segg. L'obbligatoriet� della composizione del Collegio arbitrale, delle forme e dei modi di nomina degli arbitri, prevista al fine di garantire la loro correttezza, imparzialit� e competenza, escludendo, come rilevato, qualsiasi potere dispositivo delle parti, fa venir meno, perci�, il presupposto �cui � ,coUegata la limitazione posta nel n. 2 dell'art. 829 c.p.c. Perci� -in ogni caso -il. fatto �che il motivo di nullit� non sia stato dedotto davanti a.gli arbitri non preclude l'impugnazione davanti al Giudice ordinario. -(Omissis). SEZIONE SJ!:TTIMA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 28 febbraio 1970, n. 10 -Pres. D'Amario -Rel. Muscolo -P. M. Marucci (conf.) -Rie. P. M. in proc. Gelfi. Poste e telecomunicazioni -Telefoni e telegrafi -Impianti radioelettrici- completi -Detenzione con possibilit� d'impiego -Sussistenza del reato -Fattispecie relativa ad apparecchi forniti agli' operai per l'eventuale uso sul luogo di lavoro. La detenzione con possibilit� d'impiego di appar�cchi radioelettrici completi, che siano forniti, in rilevante numero, a squadre di operai per i'eventuale uso in caso di necessit� sul luogo del lavoro, rientra nella previsione no1�mativa dell'art. 178 codice postale, il quale punisce lo stabilimento, cio� l'allestimento di un impianto telegrafico, telefonico o radioelettrico senza concessione, quale appunto deve ritenersi il collegamento di pi� persone mediante �apparecchiature idonee a rendere efficiente un servizio di comunicazione; pertanto integra la fattispecie la semplice predisposi:zione degli apparecchi, potenzialmente adibiti per l'utilizzazione (1). (Omissis). -Gelfi Francesco, amministratore della Soc. S.I.R.T.I., veniva tratto al giudizio del Pretore di Milano per rispondere di esercizio abusivo di impianto radioelettrico (art. 178 codice postale) e di detenzione di apparecchiature radioelettriche senza la relativa denunzia (art. 3 legge 14 marzo 1952, n. 196), essendo risultato che la detta societ� disponeva di 14 radio ricetrasmittenti portatili che aveva spostato in varie localit� d'Italia dove aveva compiuto lavori per impianti di telecomunicazioni, dandoli in dotazione ai propri dipendenti. Il prevenuto ammetteva il possesso di detti apparecchi sostenendo, per�, che gli stessi non erano stati utilizzati in quanto non si erano mai verificate quelle situazioni di emergenza per cui erano .stati consegnati agli operai. (1) La decisione � ineccepibile: l'art. 178 del codice po~tale prevede infatti un'ipotesi di reato di pericolo nella prima delle due ipotesi astrat-� tamente previste. PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE E il Pretore, pur affermando la sua responsabilit� in ordine alla contravvenzione all'art. 3 della legge del 1952 e condannandolo a L. 60.000 di ammenda, lo� assolveva per insufficienza di prove dall'altro reato. Avverso tale decisione proponevano appello il P. M. e l'imputato, e il Tribunale, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di cui all'art. 3 predetto, confermava nel resto l'impugnata pronunzia. Ricorre ora per cassazione il Procuratore Generale deducendo la violazione degli artt. 475 n. 3 e 524 n. 3 c.p.p. In sostanza il ricorrente, sotto l'unica censura di mancanza di motivazione, si duole e della lacunosa valutazione delle risultanze processuali circa l'effettiva utilizzazione del materiale arbitrariamente detenuto e dell'erronea interpretazione dell'art. 178 codice postale circa il concetto d'uso delle apparecchiature in questione. E la doglianza merita accoglimento perch� non � tanto fondata la censura di difetto di motivazione circa l'uso concreto degli apparecchi radioelettrici forniti dal prevenuto ai suoi dipendenti, motivazione la quale potrebbe ritenersi basata su un discrezionale apprezzamento di fatto, quanto invece � fondata la censura di erronea interpretazione del disposto dell'art. 178 codice postale. Tale articolo di legge persegue, invero, � �chiunque .stabilisce o esercita un qualsiasi impianto telegrafico, telefonico, radioelettrico, senza aver prima ottenuto la relativa concessione � e la formula adottata non lascia il minimo dubbio che, se la semplice detenzione, �senza una potenziale possibilit� di uso immediato, di apparecchiatur~ radioelettriche non � sufficiente per l'appUcazione delle sanzioni in�detto art. 178 previste, in quanto di ci� si occupa l'art. 3 dell~ legge 14 marzo 1952, n. 196, la detenzione con possibilit� d'impiego degli apparecchi completi che, come nella �S:Pecie, siano forniti, in rilevante numero, a squadre di operai per l'eventuale uso in caso di necessit� sul luogo del lavoro, realizza invece una situazione che rientra proprio nella previsione normativa d�ll'art. 178 codice postale, il quale punisce perfino lo .stabilimento, cio� l'allestimento, di un impianto telegrafico, telefonico o radioelettrico senza concessione, quale appunto deve ritener.si il collegamento di pi� persone mediante apparecchiature idonee a rendere efficiente un servizio di comunicazione. � suffidente, infatti, la semplice predisposizione degli apparecchi in questione, potenzialmente ai:l.ibiti per l'utilizzazione, onde integrare la fattispecie in esame. A tale interpretazione non osta il disposto dell'ultimo comma dell'art. 178, che sancisce l'applicaz.ione di una sopratassa pari a venti volte la tassa corrispondente alle comunicazioni abusivamente effettuate, perch� anzi tale norma dimostra l'intento della legge di colpire pi� severamente i trasgressori che abbiano effettuato abusive comuniicazioni rispetto a quelli che si siano limitati a stabilire l'impianto senza utilizzarlo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 496 N� tale interpretazione pu� ritenersi resistita dalla tesi della difesa, secondo la quale la disposizione dell'art. 178 codice postale .sarebbe applicabile e�scluslvamente agli impianti fissi. Tale concezione, invero, non � suffragata da elementi letterali della norma, n� � conciliabile con la nozione di impianto radioelettrico, che, ad esclusione dei grandi impiantii � caratterizzato da apparecchiature portatili. N�, nella specie, un ostacolo potrebbe derivar�e dal fatto che risulta contestato all'imputato � l'esercizio � abusivo di impianto e non il. semplice � stabilimento � di impianto,� giacch� l'ipotesi pi� grave � �manifestamente comp;rensiva di quella meno ,grave, dal momento che la legge pone entrambe sullo ste,sso piano giuridico e sanzionatorio. � evidente, pertanto, l'errore in cui sono incorsi i giudici di merito nel ritener�e necessaria la concreta utilizzazione pratica dell'impianto radioelettrico quale requisito per l'integrazione del reato di cui all'articolo 178 codice postale e, di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata -con rinvio per nuovo esame. -(Omissis). I CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 agosto 1970, n. 345 -Pres. Strani~ ro; Rel. Siotto -P. M. Lombardi (conf.) -Rie. Cerrato ed altri. Reato -Associazione per delinquere -In genere -Concorso d.i persone nel reato -Differenza -Singoli delitti compiuti unificati dal vincolo della continuazione -Associazione per delinquere -Compatibilit�. Reato -Associazione per delinquere -In genere -Variazione delle persone nel corso del tempo -Conoscenza tra tutti i membri-Concorso di tutti alla consumazione di ogni delitto -Irrilevanza Fondamento. La diffe1�enza fra l'associazione per delinquere pirevista dall'articolo 416 c.p., e la compartecipazione criminosa, disciplinata degli articoli 110 e seguenti dello.stesso codice, va ravvisata nel fatto. che, mentre in questa l'accordo, il quale pu� anche intervenire fra dul'! sole persone, � circoscritto alla realizzazione di uno o pi� reati singolarmente individuati e si esaurisce dopo che questi sono stati commessi, nella prima l'accordo, che deve intervenire fra almeno tre persone ed avere carattere generale e continuativo, ha per oggetto l'attuazione di un programma criminoso e precede l'accordo particolare relativo ad o�gnuno dei delitti genericamente compresi n.el programma ed ai mezzi ed alle mo-~ dalit� della sua esecuzione, dopo la quale, di regola, non viene meno, �� PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 497 ma continua a sussistere per l'ulte1-iore utilizzazione del programma stesso. E poich� quest'accordo, di carattere generale e continuativo, ma non necessariamente indeterminato nel tempo, � punito indipendentemente dall'esecuzione, consumata o tentata, dei delitti inclusi nel programma ,il reato de quo pu� ben sussistere anche quando i singoli de-. Zitti compiuti possano, per effetto del concreto disegno criminoso che ha presieduto alla loro esecuzione, essere giuridicamente unificati nella forma del 1�eato continua_to (1). Per la sussistenza del delitto di associazione per delinquere a nulla rileva che ad un'associazione inizialmente costituita fra determinate persone, altra persona si aggreghi nel corso del tempo, o taluna nel corso del tempo da essa receda, prima o dopo che alcuno <;lei deLitti del programma venga commesso, ovvero che tutti i membri di essa si conoscano personalrri:.ente, o tutti concor'tano alla -consumazione di ogni singolo delitto ed agiscano nello stesso luogo�, atteso che, essendo ciascuno punito �per il solo fatto di partecipare all'associazione�, la quale concreta un reato di natura permanente, ci� che � essenziale � che l'associazione rimanga sempre formata da un minimo di tre persone e che ciascuna, qualunque sia il momento della sua volontaria aggregazione, sia consapevole di. far parte di un tale sodalizio. II CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 27 maggio 1969, n. 1569 -Pres. Colli � Rel. Vigorita -P. M. Sullo (conf.) -Rie. Muther, Franz ed altri. Reato -Cospirazione politica -Compartecipe e concorrente -Differenze. L'appartenente o il partecipe all'assoc~azione, quale deriva dalla triplice tipologia di cui ai commi dell'art. 305 c.p., � l'accolito del soda (1) La prima massima � conforme ad una giurisprudenza ormai pacifica: v. Cass. I Sez. 9 marzo 1966, in Massimario Ufficiale, 1966, n. 1242, m. 102.671; I Sez. 6 novembre 1967 in Cass. Pen. Massimario Annotato 1968, p. 881, m. 1338; 20 giugno 1967 ivi, p. 508, m. 768 con ampia nota di richiami. Ed invero il criterio distintivo era facilmente reperibile, fra associazione a delinquere e concorso di persone nel reato, sia che il concorso concerna !Pi� reati indipendenti, sia che concerna reati coHegati dal vincolo della continuazione, siano questi realizzati o siano soltanto previsti come programma da realizzare: l'indeterminatezza del programma criminoso � infatti tipico dell'associazione mentre il suo �contrario, cio� l'individuazione dei reati da commettere, caratterizza il concorso di pi� persone. Il prob~ema � invece indubbiamente delicato in fatto, richiedendo spesso la ricerca della volont� effettiva una deMcata indagine. In dottrina v. BoscARELLI. Associazione per delinquere, in Enciclopedia del diritto. ~98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lizio, coiui, cio�, che, conoscendone l'esistenza e gli scopi, vi aderisce e ne diviene, con carettere di stabilit�, membro e parte attiva, rimanendo sempre al corr�nte dell'interna organizzazione, dei particolari e concreti progetti, del nmnero dei consoci, detle azioni effettivamente attuate o da attuarsi, sottoponendosi alla disciplina delle gerarchie ed al succedersi dei ruoli; il partecipante �vuole tutto il fenomeno associativo nella sua intierezza � . .4. fianco di questa figura pu� ben collocarsi quella di �con.corrente �: l'art. 307 c.p., in relazione specifica all'art. 305 (come pure, del resto, l'art. 418 c.p. in relazione all'art. 416 c,p.) p1�evede esplicitamente la possibilit� del concorso nel reato de quo, inserendola in una specie di gerarchia quantitativ�a, che, avendo al suo vertice l'ipotesi pura deU'art. 305 c.p., si snoda attraverso le ipotesi minori del concorso, del favoreggiamento, dell'assistenza. Ora, la figura del concorrente, per quel che comporta la f!-OZione del concorso e 7Jer quelli che sono nella specie i cownotati differen~iali da (2) Profili delicati e complessi presenta anche il problema del concorso di ;persone nel reato di associazione, sia in diritto sia in fatto. Una prima difficolt� � rappresentata dalla natura del reato ,in esame che, come � noto, � reato plurisoggettivo, una fattispecie cio� di concorso necessario di :persone, sicch�, prima facie, sembrerebbe impossibile rparlare di applicabilit� all'associazione a delinquere della norma di cui all'art. 110 c.p. che prevede un'ipotesi di concorso eventuale. Parrebbe contraddittorio infatti prevedere un concorso eventuale in un'tpotesi di concorso necessario, tant'� che parte della dottrina (GRISPI4NI, Diritto penale it�liano, 1950, II, p. 281 ritiene non applicabili le nocme di cui agli artt. 110 e ss. c.p. ai reati plurisoggettivi. La dottrina e la giurisprudenza dominanti sono per� di contrario avviso ed in effetti l'applicabilit� di queste norme discende e dalla considerazione che esse sono norme di carattere generale (.ANTOLISEI, Manuate dir. pen., 1963, I, p. 438) e dalla impossibilit� di prevedere la disciplina di casi identici a quelli regolati d�alle .disposizioni sul concorso di persone (es. per decidere. circa la comunicabilit� o meno delle circostanze: v. PANNAIN, Manuale dir. pen., 1950, I, p. 622). La peculiarit� ;poi della fattispecie tipica, � fale che il concorso nell'associazione �si diversifica dalla vera e propria partecipazione per forme cos� tenui, da rendere estremamente difficile la distinzione. Nei reati materiali invero (o di evento) la netta distin2lione fra condotta ed evento consente di individuaTe agevolmente la ipotesi di concorso ex art. 110 c.p. (nella sua forma, che qui interessa, di compartectpazione secondaria: complicit� e istigazione) in quella condotta che si inserisce �con efficacia causale nella serie degli antecedenti senza investire direttamente l'evento e �senza divenire quindi conforme a quella descritta nel modello astratto, mentre il dolo deve riguarda�re, come rappresentazione e volont�, il fatto-reato nella sua interezza. Nei reati formali invece (o di pura condotta, o senza evento che dir si voglia) i�l discorso diventa pi� difficile, poich� qui non vi � pi� il comodo termine di confronto dell'� evento � con cui stabilire la conformit� della condotta al ti-po descritto, sicch� nell'associazione per delinquere, o nella cospirazione politica, che sono tipici reati formaili, concorrente e associato devono voler'entrambi il fenomeno associativo nella -sua interezza, devono entrambi 499 PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE tutte quelle figure affini, � agevolmente individuabile nell'attivit� ai chi -pur non essendo membro del sodalizio, cio� non aderendo ad esso nella piena accettq,zione dell'organizzazione, dei mezzi e dei fini contribuisce all'associazione merc� un apprezzabile fattivo apporto personale, agevolandone l.'affermarsi e facilitandone l'operare, conoscendone l'esistenza e le finalit�, ed avendo coscienza del nesso causale del suo contributo (fornitura di armi ed esplosivi ai congiurati, atisilio a costoro in sporadici episodi di terrorismo, diffusione di mezzi di propaganda, e simili, e sempre che questi atti, -per il concorrere di altre pertinenti circostanze, non significhino addirittura adesione all'associazione). Dunque, il concorrente � l'occasionale collabomtore di quella org�anizzazione cospirativa, dall'esterno (2). recare un contributo causale alla realizzazfone del fatto �Criminoso. Detto ci�, come si vede, il reato nelle sue componenti (elemento oggettivo e elemento sog~ettivo) � realizzato e resta ben poco aU'indagine discriminatrice fra concorrente e associato, che pur tuttavia non pu� �Che far riferimento all'elemento materiale della .condotta. E questa sar� :per l'associato comprensiva di tutti gli elementi essenziali del fenomeno associativo (durata, attivit�, scopi ,organizzazione, strumenti) mentre il concorrente arrecher� una collaborazione meramente occasionale ed esterna: la distinzione sul piano concettuale esiste, anche se in concreto � estremamente difficile distinguere l'indagine sulla condotta da quella sul dolo. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 3 agosto 1970; n. 417 -Pres. Frisoli -Rel. Tripepi -P. M. De Sanctis (conf.) -Rie. P. M. in proc. Cefal�. Demanio -Patrimonio artistico e storico -Vincolo paesaggistico Inclusione deUa localit� tutelata nell'elenco della 'commissione provinciale -Sufficienza. Demanio -Bellezze naturali -Distruzione o deturpamento di bellezze naturali -Costruzione abusiva in zona soggetta a vincolo paesaggistico -Reato permanente -Momento di cessazione della per manenza. ~ Il vincolo paesaggistico a protezione delle bellezze naturali s01�ge con l'indusione della localit� tutelata negli elenchi approvati daLla competente commissione provinciale; dopo la quale inclusione � vietata, quindi, ogni costruzione senza la prei,ia autorizzazione del Soprinten-~ dente competente, a nulla rilevando che ancora non sia intervenuta l'ap 20 500 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO provazione definitiva dell'elenco da parte del Ministero della Pu;bblica Istruzione (1). La cessazione della permanenza del reato di cui all'art. 734 c.p., non pu� non coincidere con la cessazione dell'attivit� dannosa dell'agente �e devesi pertanto identificare, nel caso della costruzione non autorizzata in zona soggetta a vincolo paesaggistico, nel compimento, o neLla sospensione, dell'attivit� edilizia, mentre l'eventuale sopravvivenza dell'opera abusiva e dannosa costituisce un effetto permanente del reato (2). (1-2) Sulla natura del reato di distruzione o deturpamento di bellezze naturali la giurisprudenza della Suprema Corte oscilla fra affermazioni contrastanti: in un primo tempo era stato ritenuto che esso fosse reato permanente e che [a permanenza cessasse solo con la sentenza di condanna di primo grado (Cass., Sez. III, 25 maggio 1957, in Giust. pen., 1957, II, p. 901, m. 998), mentre recentemente � stato sostenuto il .principio poi confermato con la sentenza che si annota (v. Cass. Sez. VI, 28 ottobre 1967 in Cass. pen., Massimario Annotato, 1968, n. 1368, m. 2199). Il �problema merita indubbiamente maggiore attenzione, apparendo insoddisfacente 'l'una e l;altra affermazione, se si tien conto �che caratteristica essenziale del reato permanente � la dipendenza del !P�rotrarsi della situazione antigiuridica dalla �Condotta volontaria del soggetto che � sempre in grado di far cessare, o no, fo stato .continuativo iposto in essere: alla luce di questa affermazione, � difficile comprendere e la cessazione della permanenza all'ultimazione dell'opera (che � e resta illecita e quindi antigiuridica) e la cessazione della permanenza all'emanazione della sentenza dl, I grado. " ... PARTE SECONDA ~ '' RASSEGNA DI DOTTRlNA ANTONINO, FRENI ,_ GINO GIUGNI, Lo statuto dei lavoratori -Commento alla legge 20 maggio 1970, n. 300, Milano, Giufr�, 1971. Si tratta di un commento � articolo per articolo � della legge 20 maggio 1970, n. 300, che individua neMa maniera pi� minuta ed analitica possibile (e con esemplare chiarezza) le questioni ed i dubbi che possono sorgere nell'interpretazione delle �varie disposizioni, indicandone la soluzione secondo una chiara prospettiva sistematica. Un'opera simile assume evidentemente un valore ed un'importanza pratica, che non occorre certo sottolineare, nell'attuale. fase di prima applicazione dello � statuto dei lavoratori � (giustamente definito dagli Autori �il pi� notevole atto innovativo, dopo l'emanazione della Costituziione, in tema di diritto sindacale e del lavoro >). L'effettiva incidenza sulla realt� socia1le di un testo legislativo cos� radicalmente � nupvo � (e perci� stesso cos� ricco, fra l'altro, di disposizipni espresse in termini estremamente ampi e generici, idonei a riflettere una multiforme realt� non ancora � tipizzata � se.condo rigorosi schemi tecnici: basti pensare all'art. 28 relativo alla repressione delila condotta antisindacale) non pu� non dipendere, in larga parte, dal concreto atteggiamento che sar� assunto dagli operatori del diritto (e, in primo luogo, dai giudici), dai quali � lecito attendersi che sappiano far proprio lo spil"ito animatore dello-� statuto � e sviilupparne la potenzia>lit� liberatrici, senza soccomber� sotto il peso di vecchi schemi interpretativi e senza, peraltro, neppur cedere ad ingenue impazienze eversive dell'intero sistema del diritto del lavoro elaborato nel ve.ntennio trascorso a partire dalla Costitu2lione. L'utilit� di questo agile manuale, il cui primo intento (; proprio quello di forni'l'e una puntuale guida alla corretta lettura delle nuove disposizioni ed al loro inquadramento sistematico, risulta, perci�, evidente; ed il favore che esso ha immediatamente incontrato fra i pratici ne costituisce la migliore riprova. L'impostazione strettamente esegetica non risponde, del resto, soiJ.tanto a fini di ,utilit� pratica, ma discende necessariamente dalla chiara consapevolezza degli Autori (resa esplicita neHa � Presentazione �) che lo statuto dei favoratori non potr� non costituire la premessa per un'opera collettiva di radicale rielaborazione sistematica dell'intero diritto ,del lavoro. Presumere di poter giungere immediatamente a posizioni definitive, in tale situazione, sarebbe stato evidentemente assurdo. Solo un lungo dibattito dottrinale ed una approfondita esperienza giurisprudenziale potranno condurre a nuove, appaganti, sistemazioni. Attualmente, ile proposte interpretative e gli spunti di integrazione sistematica della nuova legge non possono non assumere un responsabile carattere � aperto �, atteggiandosi come prjme battute di un dialogo destinato ad un lungo sviluppo (che speriamo di veder registrato ed ulteriormente promosso dalle successive edizioni dell'opera), piuttosto che come asserzioni fornite di pretese di definitivit�. Nell'attenersi a questa impostazione aperta e spregiudicata gli Autori dimostrano, quindi, una probit� scientifica che va segnafata (tanto pi� che la disponibiiJ.it� ad una radicale revisione critica non pu� non investire . anche quella sistemazione teorica -fra le pi� notevoli della recente dottrina lavoristica -che � stata definita dell'� ordinamento intersiinda 44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cale ~ ed alla quale uno degli Autori ha dato, �Com'� ben noto, un decisivo contributo). Non � evidentemente possibile offrire, qui, una completa rassegna delle proposte interpretative avanzate dal Freni e dal Giugni. Ci limitiamo, perci�, a dar conto della .posizione da loro assunta rispetto ai �problemi che, in questa :prima fase, hanno suscitato i �pi� accesi dibattiti. Cominciando dalla reintegrazione nel posto di lavoro dei lavoratori col.piti da licenziamenti illegittimi (art. 18), ci sembra ineccepibile la ricostruzione unitaria della diso1p'1ina legislativa, che, ormai, in ogni ipotesi di licenziamento invalido postula la :continuazione del rapporto di lavoro e la qualificazione come illecito del comportamento del datore di lavoro concretatosi ne rifiuto della prestazione. La sanzione di questo illecito � sempre il risarcimento del danno: tale, infatti, � il titolo anche del debito della retribuzione durante il periodo intercorrente fra .Ja sentenza e l'effettiva reintegrazione del lavoratore. � A proposito dell'art. 19 della legge (che prevede la istituzione delle �rappresentanze sindacali aziendali ., destinatarie delle norme di. particolare .favore contenute nel tit. III, esclusivamente nell'ambito delle associazioni affiliate alle Confederazioni nazionali, ovvero di quelle che siano firmatarie di contratti �collettivi nazionali o provinciali applicati nella azienda) � stata sollevata, com'� noto, una delicata questione di legittimit� costituzionale, in relazione ai princ1pi di uguaglianza e di libert� sindacale. L'opinione, in proposito, del Freni e del Giugni � nel senso dell'infondatezza della questione di costltuzi�nalit�; e le ragioni succintamente esposte ci sembrano del tutto convincenti. L'art. 19, infatti, non pu� intendersi (per il necessario coordinamento con l'art. 14) nel senso di negare a qualunque sindacato il potere di costituire rappresentanze aziendali. Solo alcune di queste rappresentanze (quelle, appunto, dell'art. 19) sono, per�, destinatarie di particolari norme agevolative; e tale limitazione ben si spiega in �considerazione dei limiti e degli oneri imposti al datore di lavoro: limiti e oneri che, evidentemente, possono giustificarsi soltanto in presenza di organismi dotati di effettiva rappresentativit� dei lavoratori. Quanto, poi, alla concreta individuazione delle �rappresentanze sindacali aziendali, appare esattissima la loro identificazione con tutti i possibili tipi di organizzazioni attraverso le quali il sindacato attua la sua presenta �nell'azienda, s� da poter comprendere anche (in e.erti casi) quello che � forse il fenomeno pi� importante emerso dalle esperienze pi� recenti del sindacalismo italiano: i c.d. delegati aziendali. Un cenno va, poi, fatto alla trattazione che .gli AA. dedicano all'art. 28 (procedura per la repressione dei comportamenti antisinda.cali del datore di lavoro), che ha gi� trovato una vasta applicazione pratica. La questione ;pi� importante finora emersa appare esser quella della possibile concorrenza del rimedio dell'art. 28 (affidato all'iniziativa dei sindacati) con quello dell'art. 18 (affidato all'iniziativa del singolo lavoratore), di fronte ad un licenziamento posto in essere in ragione dell'attivit� ,sindacale del lavorratore. La soluzione positiva, che sembra prevalere nettamente nella giurisprudenza pretorile, � condivisa dal Freni e dal Giugni, i quali fanno leva sulla differenza fra interesse individuale tutelato dalla procedura ex art. 18 e interesse collettivo tutelato dal sindacato attraverso il ricorso ex art. 28. Ci sembra, peraltro, che, da un lato, �l'espressa previsione, nell'art. 18, dei licenziamenti dei dirigenti sindacali (�per i quali � :prevista � una legittimazione congiunta del sindacato e del singolo lavoratore a richiedere l'ordinanza di reintegrazione: con il che sembra che il legislatore PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA abbia manifestato un indirizzo contrario a forme di tutela separaia . .,degli interessi individuali e di quelli collettivi in tema di licenzamenti) e, dall'altro, le netevoli difficolt� di ricostruzione degli eff�tti del provvedimento ex art. 28 sul rapporto di lavoro estinto �On U licenziamento, inducano a ritenere che il problema meriti ulteriore approfondimento. Segnaliamo, infine, per quanto concerne la materia che pi� direttamente pu� riguardare l'attivit� dell'Avvocatura, il commento all'art. 37 (applicabilit� dello statuto ai dipendenti da enti pubblici), nel quale limpidamente si dimostra l'estraneit� alla materia contemplata nella ,legge n..300 del rapporto d'impiego dei :dipendenti dello Stato (nonch� degli altri enti che abbiano uniformato '1a disciplina del proprio personale a quella del personale statale). � � Segnalare lacune, in un'opera come questa, che programmaticamente si propone soltanto di aprire un dialogo destinato a svilupparsi nel tempo, sarebbe del tutto fuori luogo. Ci -sembra, tuttavia, che sarebbe stata desiderabile, da parte degli AA., una pi� decisa utilizzazione, in funzione interpretativa della nuova legge, della concezione dell'impresa quale � formazione sociale� (nel senso dell'art. 3 Cost.). In questa prospettiva, se non andiamo errati, pu� forse pervenirsi ad una pi� piena comprensione di tutte quelle norme contenute nello statuto, che non incidono sullo svolgimento del rapporto di lavoro, ma riguardano attivit� dei lavoratori svolte al di fuori dell'orario di lavoro (ad es.: l'assemblea di �cui alla prima ipotesi dell'art. 20), ovvero disciplinano strutture organizzative istituite a lato dell'organizzazione produttiva vera e propria (cos�, ad es., l'art. 11, relativo alle attivit� culturali, ricreative e assistenziali: norma della quale ci sembra sia sfuggita l'importanza di prin,cipio, nella prospettiva di un progressivo integrarsi del diritto del rapporto di lavoro in una pi� vasta normativa delle relazioni sociali all'interno dell'impresa). MARCELLO CONTI ,/. RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) D.P.R. 18 febbraio 1971, n. 18 -Modifica ed aggiorna, in attuazione della delega conferita con la le�gge 23 g.ennaio 1968, n. 29, le disposizioni legislative in materia doganale (suppl. ordin. alla G. U. 2 marzo 1971, n. 54). legge 25 febbraio 1971, n. 11O -Interpreta l'art. 15 della fogge 9 ottobre 1957, n. 976, precisando a quali tributi devono intendersi riferite le esenzioni fiscali previste per il �territorio di Assisi (G. U. 31 marzo 1971, n. 80). � legge 18 marzo 1971, n. 62 -Converte in legge, con modificazioni, il d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, concernente modifiche degli� artt. 124, 225, 304 bis, 304 quater e 317 del codice di procedura penale (G. U. 23 marzo 1971, n. 72). NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE (**) NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice penale, art. 164 (Limiti contro i quali � amme�ssa la sospensione condizionate della pena), quarto comma, nella parte in cui esclude che possa concedersi una seconda sospensione c001dizionale nel caso di nuova condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata con quella gi� 'Sospesa, non. superi i limiti per l'applicabilit� del beneficio. Sentenza 5 aprile 1971, n. 73, G. U. 7 aprile 1971, n. 87 (48). Ordinanza di rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Milano, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. (*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. (**) Tra J?arentisi gli articoli della Costituzione in riferimento ai quali sono state proposte d decise le questioni di legittimit� costituzionale. (48) Il secondo comma, n. 1 dell'art. 164 del codice penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, sulla parte in cui dispone cQ.e il giudice non possa esercitare il potere di . concedere o negare, per la pena da comminare, il beneficio della sospensione condizionale. J "Pl\RTE Ir, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 47 codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione) (49). Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanze di rimessione 1� aprile 1969 del tribunale di Viterbo (G. U. 23 luglio 1969, :n. 186) e 5 maggio 1970 del pr�etore di Roma (G. U~ 16 settembre 1970, n. 235). codice di procedura penale, art. 28 (Autorit� del giudicato penale in altri giudizi civiii o amministrat~vi), nella parte in cui dispone che nel giudizio civile o amministrativo l'accertamento dei fatti mater]ftli che furono oggetto di un giudizio penale 'sia vincolante anche nei confronti di coloro che rimasero ad esso estranei perch� non posti in condizione di intervenirvi. Sentenza 22 marzo 1971, n. 55, G. U . .24 marzo 1971, n. 74. Ordinanza di rimessione 9 aprile 1969 del tribunale di Bologna, G. U. 1� luglio 1970, n. 163. codice di procedura penale, art. 389 (Casi in cui si procede, con is.struzione sommaria), second�o comma, nei limiti in cui, nel testo anteriore alla riforma introdotta con la legge 7 novembre 1969, n. 780, esclude la sindacabilit�, nel corso del processo, della .valutazione compiuta dal pubblico ministero sul punto che l'imputato ha confessato e non appaiono necessari ulteriori at.U di istruzione (50). Sentenza 4 marzo 1971, n. 40, q. U. 10 marzo 1971, Ii. 62. Ordinanza �di rimessione 27 ottobr�e 1969 del tribunale di Napoli, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 285, primo comma, nella parte relativa alle pacrole � di servizio �. Sentenza 26 aprile 1971, n. 82, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. Ordinanza di rimessione 30 aprile 1969 del tribunale militare terdtoriale di Padova, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303), art. 324, secondo comma (51). Sentenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. (Ordinanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare terri~oriale di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165). (49) La questione di legittimit� costituzionale. dell'art. 553 del codice penale era stata dichiarata invece non fondata con sentenza 19 febbraio 1865, n. 9. (50) L'art. 389, terzo comma, del codice di procedura� penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 28 novembre 1968, n. 117, nei termini in cui escludeva (nel testo anteriore alla riforma introdotta con la legge 7 nove.mbre 1969, n. 780) la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero �sulla evidenza della prova. (51) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 48 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale militare di pace (r.d. 20 febbraio 1941, n. 303�art. 350, � secondo comma. _Senrtenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 (52). Ordinanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare territoriale di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. r.d. 21 novembre 1923, n. 2480 (Nuove disposizioni sulle pensioni normali per il pe1�sonale dell'amministrazione dello Stato), art. 1, se� condo c:omma; nella parte in cui consente che il provvedimento di collocamento a riposo o di dispensa dall'impiego, per l'impiegato civile o 'per il militare collocato in pensione o comunque dispensato dall'impiego, ma tr.attenuto di. fatto in servizio, possa, ai fini della decorrenza del tr.attamento di quiescenza, � av�ere effetto da data anteriore a quella dell'anzidetto provvedimento. Sentenza 16 marzo 1971, n. 4~, G. U, 24 ma:rz�o 1971, n: 74. Ordinanza di rimessiooe 9 dicembre 1968 della quarta sezione della Corte dei conti, G. U. 9 luglio 1969, n. 172. legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizione per l'applicazione del Concordato dell'll fe�bbraio 1929 tra la Santa Sede e l'It.alia, nella parte relativa al matrimonio), art. 16, nella parte in cui stabilisce che la trascriziooe del matrimonio pu� esser.e impugnafa solo per una delle cause menzionate nell'ari. 12 �e non anche perch� uno degli sposi fosse, al momento in cui si � determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria, in stato di incapacit� naturale. Sentenza 1� marzo 1971, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessione 10 aprile 1968 del tribunale di .Milano, G. U. 28 settembre 1968, n. 248. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 112, primo comma, limitatamente alle parole �a impedire la procreazione�; art. 114, prim�o comma, limitatamente alle parole �a impedire la procrea.zione � (53). Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanza di rimessione 1� �aprile 1969 del tribunale di Viterbo, G. U. 23 luglio 1969, n. 186. (52) Con la stessa sentenza � stato dichiarato non fondata, in riferimento allo art. 25, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 350, primo comma, nella parte relativa al � caso in cui la prova appare evidente�, (53) La illegittimit� costituzionale dell'art. 114, primo comma, � stata dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 49 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.lg. 31 maggio 1946, n. 561 (Norme sul sequestro dei giornali � delle altre pubblicazioni), art. 2, primo comma, limitatamente alle pamle � a impedire la procreazione � (54). Sentenza 16 marzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. (Ordinanze di rimessione 1� aprile 1969 del tribunale di Viterbo, G. U. 23 luglio 1969, n. 186, e 5 maggio 1970 del pretol"e di Roma, G. U. 16 settembre 1970, J:.1. 235). d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666 (Norme di attuazione e di coordinamento della legge 18 giugno 1955, n. 517 contenente modificazioni al codice di procedura penale), art. 3, nella parte in cui prescrive che il decreto di irreperibilit� emesso nel giudizio di primo g.rado cessa di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per il giudizio di appello e non con la pronuncia del giudfoe di primo grado. Sentenza 22 marzo 1971, n. 54, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. (55). Ordinanza di rimessione 9 marzo 1970 del pretore di Livorno, G. U. 20 maggio 1970, n. 125. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed �affini), artic�olo unico, nella parte in �cui rende obbligatori erga omnes gli artt. 6, terzo comma, ed 11 del contratto collettivo di lavoro 30 settembre 1959 per gli operai edili ed affini della provincia di Teramo (56). Sentenza 4 marzo 1971, n. 42, G. U. 10 marzo 1971, n. 6.2. Ordinanza 18 marzo 1969 del pretore di Teramo, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice di procedura civile, art+. 82-87 (Dei difensori) (art. 24 della Costituzione). Sentenza 16 marzo 1971, n. 47, G. U. 24 marzo 1!!)71, n. 74. Ordinanza .di rimessione 10 gennaio 1969 del tribuna1e di Busto Arsizio, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. (54) Illegittimit� costituzionale dichiarata ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1853, n. 87. (55) Con la stessa sentenza � st�ta dichiarata non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 170 del codice di procedura penale, prospettata nel. sopra indicati termini. . (56) Per altre declaratorie di illegittimit� costituzionale v. in questa Rassegna, 1969, II, 103, nota 68. 50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 168 (Revoca della sospensione), primo comma, n. 2 �nei sensi di cui in motivaz.ione � (art, 3 primo comma, della Costituzione) (57). � Sentenza 5 aprile 1971, n. 73, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di .rimessione 10 luglio 1969 del tribunale di Milano, G. U. 4 marzo 1970, n. 57. c�odice di procedura penale, art. 170 (Notificazioni all'imputato irr�eperibile) (art. 24, secondo comma, della Costttuzio!lle). Sentenza 22 marzo 1971, n. 54, G. U. 24 marzo 1971, n. 74 (58). Ordinanze di rimessiooe 21 marzo 1969 del pretore di Sail1nicandro �Garganico (G. U. 18 giugno 1969, n. 152), 19 dic�embre 1969 e 9 marzo 1970 del pretore di Livorno (G. U. 25 novembre 1970, n. 299 e 20 maggio 1970, n. 125), 5 febb:1~aio 1970 del giudfoe istruttoTe del tribunale di Milano (G. U. 1� aprile 1970, n. 82), ,e 6 aprile 1970 (due),. 3 gennaio 1970 ~ 17 luglio 1970 del pretore di Volte,rra (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254 e 21 ottobre 1970, n. 267). codice di procedurl?I penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), art. 304 ter (Avviso ai difensori) e art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori, Diritti del ,difensore deU'imputato), �nella parte indicata nella motivazione � (artt. 3 e 24 della Costituzioo�e) (59). Sentenza 30 ma�rzo 19711 n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di rimessione 21 marzo 1969 del pretore di Camposampiero, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. codice di procedura penale, art. 366 (Preliminari dell'interrogatorio), secondo co-..ma, � nella parte indicata in motivazione � (aTtt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 30 marzo 1971, n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di rimessione 21 marzo 1969 del pretore di Camposampiero, G. U. 13 agosto 1969, n. 207. (57) L'art. 168 del codice pena!~ � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 10 giugno 1970, n. 86, nella parte in cui dispone che il giudice debba revocare di diritto la sospensione gi� concessa quando il secondo reato si lega con il vincolo della continuit� a quello punito con pena sospesa, e nella parte in cui, per l'ipotesi di successiva irrogazione di pena pecuniaria, non conferire al giudice il potere di subordinare la revoca della sospensione della pena dententiva al mancato pagamento della pena pecuniaria. (58) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666, nella parte in cui prescrive che il decreto di irreperibilit� emesso nel giudizio di primo grado cessa di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice competente per i1 giudizio di appello e non con la pronun�ia del giudice di primo grado. (52) L'art. 304 bis del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, con sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva 51 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice penale militare di pace (r.d. 20 febbmio 1941, n. 303), art; 350, .primo comma, nella parte relativa al � caso in cui la prova appare evidente � nei seqsi di cui in motivazione (art. 25, primo comma, della Cosstituzioo1e). Sentenza 26 aprile 1971, n. 83, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 (60). Ordililanza di rimessione 7 maggio 1969 del tribunale militare territoriale di Bari, G. U. 2 luglio 1969, n. 165. legge 27 maggio 1929, n. 810 (Esecuzione del Trattato, dei" quattro allegati annessi e del Concordato, sottoS1critti in Roma tra la Santa Sede e l'Italia l'll febbraio 1929), per la parte che ha .immesso. nell'ordilila. mento dello Stato l'art. 34, quarto, quinto e sesto comma, del Concordato fr:a La Santa Sede e l'Italia (arl. 102, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 1� marzo 1971, n. 30, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessione 22 febbraio 1969 del pretore di Torino, G: U. 11 giugno 1969, n. 145. legge 27 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'applicazione del Concordato deH'll febbraio 1929 tra la Santa Sede e l'Italia, nella parte relativa al matrimonio), art. 7, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). . Sentenza 1� marzo 1971, n. 31, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessione 23 ottobre 1968 del tribunale di Milano, G. U. 26 marzo 1969, n. 78. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testso unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 121 (art. 4, primo comma, della Costituzione) (6l). Sentenza 4 marzo 1971, n. 41, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessio.ne 12 febbraio 1969 del tribunale di Venezia, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge 24 aprile 1935, n. 740 (Costituzione del �Parco nazionale dello Stelvio �, art. 5 (art. 42 della Costi.tuzione). Sentenza 26 aprile 1971, n. 79, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. Ordinanze di rimessione 14 luglio � 1969 del pretore di Tirano (G. U. 22 ottobre 1969, n. 269) e 29 febbraio 1970 gel pretore di Si' landro (G. U. 11 novembre 1970, n. 286). il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio, � stato sostituito con d.1. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971, n. 62. (60) Con la stessa sentenza � stata dichiarata l'illegittimit� del secondo comma della disposizione. (61) Altra questione di legittimit� costituzionale della disposizione � stata di� ,. chiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957. n. 33. /� 52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO r.d. 5 giugno 1939; n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 12 bis, aggiunto con l'art. 3 della legge 2 agosto 1967, n. 799 (aift. 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 5 aprile 1971, n. 69, G. U. 7 aprile 1970, n. 87. Ordinanze di rimessione 30 giugno 1969 e 4 febbraio 1970 (cinque) del pretore di ConegUano, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269 e 10 giugno 1970, n. 143. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 21, nella parte in cui prevede la gratuit� dell'ufficio di giudice conciliatoire e di vice conciliatore (artt. 3 e 36, primo comma, della Costituzione). Sentenza ,5 aprile 1971," n. 70, G. U. 7 aprile 1971, n~ 87. Ordinanza di riimessione 8 luglio 1969 del tribunale di Genova, G. U. 22 ottobre 1969, n. 269. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giud.iziario), art. 32, primo comma, nella parte in cui prevede la nomina a vice pretori onorari di procuratori esercenti (art. 101, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 5 aprile 1971, n. 71, G. U. 7 aprile 1971, ~� 87. Ordinanza di rimessione 13 maggio 1969 del tribunale di Trieste, G. U. 6 agosto 1969, n. 200. legge 9 gennaio 1951, n. 10 (Norme in materia di indennizzi per danni arrecati con azioni non di combattimento e per requisizioni disposte dalle Forze armate alleate), artt. 1, 2, -;.n, 1 e 3, e allegata tabella dei coefficienti (artt. 2 e 3 della Costituzione). Sentenza 16 mairzo 1971, n. 46, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanza di rimessione 5 novembre 1968 della teTza sezione della Corte di cassazione, G. U. 9 aprile 1969, n. 91. d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203 (Approvazione de'l Testo Unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), art. 15, n. 7 (artt. 3 e 51 della Costituzion�). Sentenza 4 marzo 1971, n. 38, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. (Ordinanza di rimessione 7 marzo 1962 del tribunale di Ancona, G. U. 18 giugno 1969, n. 152). d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico per la composizione e la elezione d�gli organi delle amministrazioni comunali), art. 15, n. 7 (artt. 3 e 51 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1971, n. 38, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessione 7 marzo 1969 del tribunale di Ancona,,.. G. U. 18 giugno 1969, n. 152. 53 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R. 18 marzo 1965, n. 342 (Norme integrative della legge �73 dicembre 1962, n. 1643 e norme relative al coordinamento e all'esercizio delle attivit� elettriche esercitate da enti ed imprese, diversi dall'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica), art. 6 (art. 77, primo comma, della Costituzione). Sentenza 22 marzo 1971, n. 56, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanza di rimessione 11 maTzo 1970 deilla corte di appello di Napoli, . G. U. 10 .giugno 1970, n. 143. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Tes"to unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli info1�tuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 83, sesto e settimo c:omma, e, � nei limiti di cui in motivazione �, art. .112, primo c:omma (art. 38, secondo comma, della Costituzione) (62). Sooternza 26 aprile 1971, n. 80, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. Ordinanza di rimessione 21 maggio 1969 de-1 tribunale di Pistoia, G. U. 22 ottobr:e 1969, n. 269. � legge 2 agosto 1967, n. 729 (Modifiche al testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l'es~rcizio della caccia approvato con r.d. 5 giugno 1939, n. 1016), art. 3, che aggiunge l'art. 12 bis al r.d. 5 giugno 1939, n. 1016 (art. 25, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 5 aprile 1971, n. 69, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordmanze cli rimessione 30 giugno 1969 e 4 febbraio 1970 (cinque) del pretore di Conegliano, G. U. 22 ottobre 1969, n~ 269 e 10 giugno 1970, n. 1143. legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni al codice di procedura penale in merito alle indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di procedimento ed alla nomina del difensore), art. 3, nella parte indicata in motivazione (art. 24 della Costituzione). Sentenza 30 marzo 1971, n.. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di rimessione 9 febbr~io 1970 del pretore di Roma, G. U. 25 ma.rzo 1970, n. 76. legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanziari per l'attuazione della Regioni a statuto ordinario), artt. 17 e 20 (artt. 115, 117, 118, 119 e 123 della Costituzione); e, � nei sensi e nei limiti di cui in motivazione '" art. 20, terzo c:omma (artt. 115, 117 e 119 della Costituzione). Sentenza 4 marzo 1971, n. 39, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ricorsi della Regione lombarda, della Regione veneta, e della Regione abruzzese, depositati rispettivamente il 5 ed il 9 settembre 1970 ed il 10 ottobre 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286. (62) L'art. 112, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 8 luglio 1969, n. 116. \ 54 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO GIUpIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE Codice civile, art. 539 (Riserva a favore di figLi naturali), in quanto riserva ai figli naturiali quote ereditarie minori di quelle stabiliti per i figli legittimi anche per la ipotesi in cui manchino figli legittimi (artt. 3 �e 30, terzo comma, della Costituzione) (63). Tcribuna1e di Sanremo, ordinanza l 0 dkembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. codice civile, art. 2054 (Circoiazione di veicoli), in quanto condiziona 1a prescrizione di colpa reciproca al1a ~eciprocit� dei danni (articolo 3 della Costituzione) (64). Pretore di Roma, ordinanza 9 gemiaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n.~9.. � codice civile, art. 2736 (Specie del giuramento), n. 2, in quanto preclude ogni possibilit� di ulteriore di:lles.a alla parte alla quale non sia riferito il giuramento suppletorio (artt. 3 e 24 della Costituzione) (65). Pretore di Roma, ordinan7"a 4 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. codice-di procedura civile, art. 93 (Distrazione delle spese), in quanto consente di privar.e l'avente diritto, in favore del suo procuratore e sulla base delle sole dichiarazioni di questi, dal rimborso delle spese Cl.e! giudizio, senza che gli sfa consentito di far valere eventuali sue ragioni nei confronti del procULratore e senza che abbia nemmeno la possibilit� di venire a conosc�enza della domanda di distrazione in tempo utile per proporre le sue difese (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Bolzano, ordinanza 15 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. codice di procedura civile, art. 480 (Forma dei precetto), terzo comma, in quanto consente al solo creditore prec�ettante di predeterm.illlarsi, attraverso la elezione di domicilio (cui � corr.e1ata . la individuazione (63) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzional~ nella sentenza 11 aprile 1969, n. 79. (64) Questione gi� proposta dal pretore di Lucca (ordinanza 23 novembre 1970, G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). (65) Questione gi� proposta dal tribunale di Torino (ordinanza 5 dicembre~ 1969, G. U. 2 settembre 1970, n. 222). 55 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE del forum executionis), il giudice competente per il giudizio di opposiz~ one (airtt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, terza sezione civile, ordinanza 15 aprile 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. codic~ di procedura civile, art. 700 (Condizioni per la concessione), in quanto, �in velazione agli artt. 10 del codice civile ,e 96 e 97 della 1egg,e 22 aprile 1941, n. 633, consente di iinibi11e l'uso dell'immagine anche quando questa, per essere p.ella disponibilit� di una impresa giornalistica, deve ritenersi destinata alla pubblicazione a mezzo, stampa (art. 21 della CostituziOillie) (66). P1vetore di Roma, ovdinanze 10 novembrie 1970 (G. U. 10 maxzo 1971, n. 62) e 20 dicembre 1970 (G. U. 28 aprile 1971, n. 106). codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle �parti), primo comma, in quanto ,esclude l'assistenza del difensoo-e nella comparazione di �Coniugi dinanzi al pvesidente Gart. 24, secondo comm�, della Costituzione) (67). Pretore di Pal'lffia, ordinanza 16 ottobre 1970, G. U. 24 �ma!zo 1971, n. 74. codice di procedura civile, art. 707 (Comparizione personale delle parti), e art. 708 (Tentativo di conciiiazione, provvedimenti del presidente), in quanto escludono l'assistenza dei difensori anche nella fase successiva al tentativo di conciliazione dei coniugi (1art. 24, secondo comma, della Costituzione). R:vesidente del tribunale di V:avese, ordinanza 22 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. codice penale, art. 23 (Reclusione), in quanto non consente di applicai" e la pena detentiva in mtsura inferiore ai quindici giorni di reclusione (artt. 3, prima pade, e 27, secondo comma, della Costituzione). P,retore �di Vittoria, oirdinanza 9 dicembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo comma, in quanto limita la possibilit� di concedeve la sospensioo:ie condizi001a1e �della pena alla ipotesi di condanna a pena detentiva per un (66) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 luglio 1970, n. 122. (67) Questione dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza (in quanto sollevata rispettivamente dal giudice istruttore e dal pretore, e non dal presidente), con sentenze 28 aprile 1970, n. 60 e 20 gennaio 1971, n. 6, e gi� proposta anche dal presidente del tribunale di Milano (ordinanza 16 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). , I 21 56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tempo non superiore ad un anno (art. 27, terzo comma, dell�"Costi' . tuzione) (68). '.� Tribtmale di Torino, ordinanza 27 dicembr:e 1970, G. U. 21 aprile i 'I. 1971, n. 99. I c�odice penale, art. 206 (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), in comb. disp. con l'art. 301 d'el codice di procedura penale, in quanto nOlll prevede il termine massimo per la du~ata della custodia preventiva o quantomeno il termine' massimo per il riesame della pericolosit� (art. 13, quirnrto comma, della Costituzione). Giudice istruttorie del tribU111:ale di Tolmezzo, ordinanza 9 gelllllaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice penale, art. 341 (Ol'braggio), in quanto punisce l'oltraggio con pene pi� sev,ere di quelle �stabilite per la diffamazione di pubblico uffi,ciale ~artt. 1 e 3 della Costi~~zione). ~69). � Pretol'le di Massa, ordinanza 20 nov,emb:r:e 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. codice penale, art. 523 (Ratto a fini di libidine), .primo comma, limitiatamenite all'inciso� ovvero una donna maggfore di et� �, e secondo I comma, limitatamente all'inciso e ovvero di ,una donna coniugata �, in quanto prevede per l'aurtoce �di un ratto, a fini di libidine, di una dollllla maggiore di et� o cociugata un trattamento diverso .e pi� favm�'evole di quello cui sarebbe 1sottoposto l'agente, a norma dell'art. 605 del codice pernia1e, nel caso in cui lo stesso fatto fosse� commesiso in danno di un uomo (art. 3 della Costituzione) (70). Tribunale di Camerino, ordinanza 19 novembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, 111. 74. I ' codice penale, art. 542 (Querela dell'offeso), terzo comma, in ri:l�erimento all'art. 530 del codic:e penale, in quanto prescrive la procedibilit� d'uffi,cio per il reato di corruzione di minorenni ~he sia con ,� (68) Questione dichiarata� manifestamente infondata con sentenza 30 marzo 1971, n. 64, Cfr. sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte costituzionale. (69) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 341 del codice penale (prospettata con riguardo alla tutela del prestigio del pubblico ufficiale maggiore di quella riconosciuta agli altri cittadini) � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 1 e 3 della Costituzione, con sentenza 19 luglio 1968, n. 109, ed � stata gi� nuovamente proposta, in riferimento anche agli artt. 28, 54, 97 e 98 della Costituzione, dal pretore di Montebelluna (ordinanza 24 febbraio 1970, G. U. 10 luglio 1970, n. 163), dal pretore di Caltanissetta (ordinanza 13 marzo 1970, G. U. 1� luglio 1970, n. 163), e dal pretore di Carr� (ordinanza 11 luglio 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286). (70) La stessa questione � stata gi� proposta per l'art. 522 del codice penale dal pretore di Ottaviano (ordinanza 18 febbraio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). 57 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE nesso con altro delitto perseguibile d'ufficio (art. 3, primo �comma, della Cosrt:ituzion~). � Piretoo-e di P001rtedera, ordinanza 9 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. � codice penale, art. 553 (Incitamento a pratiche contro la procreazione), in quanto punisce la propaganda di mezzi anticoncezionali (art. 25, $ecoodo comma, della CostituziOOl!e) (71). P.retore �di Padova, ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. codice' penale, art. 570 (V.ioZazione degli obblighi di assistJenza famigliare), primo comm�. in quanto prevede la procedibilit� di ufficio per il rveato di violazione; �degli obblighi di assistenza. fami.gliare, oltiretqtto ravvi.sabile sec<mdb valutazioni sommariamie�nte soggetti'~�e e variabili '(ar.tt. 2, 3 e 29, primo e secoodo comma, della Costitu~ e) (72).. P.retor:e di Boo-go a Mozzano, ordinanza 31 ottobre 1970, G. U. 21 aprHe 1971, n. 99. codice pe.nale, art. 572 (Ma.ltra'btamenti in famiglia o . verso fanciu. lli), in comb. disp. con l'art. 235 del codice cli procedlura penale, in 1 quanto, per l\enti~ della pena di cui �all'art. 572 del codJice penale e la g~erica fOirmulaziooe dell'ail"i. 235 del codice di procedwra penale, iinpo!Il:e J.'airresto anche di chi sia colto nella flagranza di un �singolo 1eplsodio i!�l qual.e noo sia .oonf�gurapi1e reato passibile di arresto in flagranza o che non costituisc~ ia�ddiritt~a reato (ari. 13 della Costirtuziooe). Giudice istruttore del tribunale di Oristano; ordinanza 11 dicembre 1970, G. U. 10 mail'zo 1971, n. 62. codice penale, art. 588 (.Rissa), secondo comma, in quanto prevede l'imputazione degli eventi aggipavanti e p�T il sol.o� fatto della Pa.rte�cipiizione 'alla Tissa." (art. 27, primo c�mma, deilla. Cosiituzioo.e) (73). Tribunale� di .Milano, oa."dinanza 8 maggio, 1970, G. U. 21 aprile '' 1971, n. � 99. (71) L'art. 553 del. codice penale � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 16 marzo 1971, n. 49. La relativa questione di legittimit� Cl,i>Stituzionale era stata invece dichiarata' non fondata con sentenza 19 febbraio 1965, n. 9. (72) Questione dichiarata non fondata, in riferimento al solo art. 29 deU:a Costituzione, con sentenza 23 marzo 1970, n. 46. ~ltre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 570 del codice penale sono state dichiarate non fondate con sentenze 11 dicembre 1964, n. 107 (artt. 29, secondo comma, 13, primo comma, e 16, primo comma, dell~ postituzione) e 20 genn11-io 1971, n. 6 (art. 3 della Costituzione). Questione sotto alcuni aspetti diversa � stata proposta dal pretore di Ragliano (ordinanza 10 l~lio 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299). (73) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbra~o 1971, .. 21. 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 596 (Esclusione della prova Uberato'firt)�, terzo comma, n. 3, in quanto condiziona alla discrezi0ltla1e .iiniziativa della parte lesa La possibile operativit� di una causa estintiva o anche preclusiva della pundbilit� (M"tt. 3 e 24 della Costituzione) (74). Pretorie �di Lecco, ordinanza 26 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, !Il. 106. . codice penale, art. 624 (Furto), in quanto impotnJe l'applicazione congiunta della pena detentiva .e della pena pecuniaria (artt. 3, prima parte e 27, secondo comma, della Costituzic:iine), con sanzioni sproporzionate, illloltre, alla gravit� del fatto da puniTe ~art. 42, primo capov �erso, della Costituzione) (75). Pretorie di Vittocr:-ia, oridinanza 9 dkembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. codice penale, art. 625 (tircostanze aggravanti), ultimo comma, in quanto commina pene sproporzionate all'�entit� del fatto punito (art. 27, terzo comma, della Costituzione) (76). Tribunale di Tovino, ov�lina:nza 17 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, IO. 99. codice penale, art. 663 (Vendita, distribuzione e affissione abusiva di scritti o disegni), secondo comma, in q'1llanto punisce l'affi.ssione non preventivamente autorizzata �di scritti o disegni (art. 21 della Costituzione) (77). P:rietoo::e df Rec�anati, ordinanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n.. 99. codice di procedura penale, art. 23 (Eserc.izio deli'azione civile nel procedimento penale), ultima. parte, in quanto �esclude che il giudice penale possa decidere sull'azdone civile quando il procedimento si chiude con dec1a:riatoria di improcedibilit� o sentenza di proscioglimento per qua1sia�si. c�usa (art. 111, secondo comma, della Co~tituzione) (78). Corte di �cassazione, ordiinanze 16 .e 19 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 �e 21 aprile 1971, n. 99. (74) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 596 del codice penale � stata proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 1970, 1� giugno 1970 (due) e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 dicembre 1970, n. 329 e 7 ottobre 1970, n. 254). (75) Questione dichiarata non fondata, sotto il secondo profilo prospettato, ed in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. (76) Questione dichiarata non fondata con sentenza 17 febbraio 1971, n. 22. (77) Differente questione lii legittimit� costituzionale dell'art. 66.3 del codice penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 21 della Costituzione, con sentenza 13 luglio 1970, n. 129. (78) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza 22 gennaio 1970, n. 1. 59 PARTE: II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE codice di pl'ocedura penale, art. 106 (Esercizio dell'az.ione Civile e obbligo della testimonianza), in quanto obbliga. 1a parte civile a dep~ e sotto giUYamento (art. 3 della Costituzion�e) (79). " Tiribunale di Bergamo, ordinanz�a 4 .dicembr:e 1970, G. U. 7 ap!rile 1971, :n. 87. codice di .proced-ura penale, art. 152 (Obbligo deU'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilit�), iin quanto impedisce al giudice ogni ulteriorie attivit� .Processuale diretta all'acquisizione di �elementi utili ad un proscioglimento dell'imputato con formula pi� favorevole dli. quella derivante dall'appliicazione dell'amnistia � (art. 24 della Costituzi01ne) (80). P:l'leto1re di Roma, ordin�nza 29 ottobre 1970, G. U. 24 mail'Zo 1971, n. 74. codice di procedura penale, art~ 169 (Prima notificazione all'imputato non detenuto), in quanto consente la �C:O!lltSegna al pomeire dell'atto da :notificare senza imporrie l'obbligo di coinsegnaiVe l'atto in busta chiusa (artt. 2, 15 e 27 della Costituzione) (81). P11etore dli. Milano, o.rdinanza 3 mairzo 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. codice di procedura penale, art�. 225 (Sommarie infoirmazioni), nel testo di cui all'art. 3 della legge 5 dfoembire 1969, n. 9�32, quarto comma, in quanto �esclude il dmtto dei difensoil'.i delle pa�rti di assisrtiere, previo avviso nelle forme di cui al prdmo comma deU'art. 304-ter, ai necessari rilievi, alle sommarie :infonnazicmi testimoniali, al somma.rio inter. rogatorio dell'mdizia�to, alle isipeziooi �e ai confronti; ultimo comma, i:n quanto �esclude l'obbligo per il pubblico miindsitero o per il pretoire, ai quali gli atti :Stessi sono immediatamernte trasmessi ai sensi de:ll'art. 227, di depositare i processi verbali dei rilievi eseguiti, delle ' so~marie infomnazioru testimoniali e di confronti (arl. 24, Siecondo comma, :della Costituzio111Je) (82).' . . Giudice� :i:sit.ruttore del tribunale di Pesairo, oirdinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 8'�. (79) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 24 d�lla Costituzione, dal pretore di Mogoro (ordinanza 15 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235). (80) Questione gi� proposta, anche per l'art. 592 del codice di procedura penale ed in riferimento anche all'art. 3 delia Costituzione, �dallo st�sso pretore di Roma (ordinanza 16 giugno 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311), dal pretore di Padova (ordinanza 29 luglio 1970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e, in data successiva, dal pretore di Pietrasanta (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35) (81) Questione proposta, in riferimento al solo art. 15 della Costituzione, anche dal tribunale di Torino (ordinanza 12 marzo 1970, G. U. 8 luglio 1970, n. 170}. Altre questioni di legittimit� �costituzionale della disposizione sono state proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 29 aprile 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e dal tribunale di Sondrio (ordinanza 23 maggio 1970, G. U. 3 giugno 1970, n. 136). (82) Gli artt. 225 e 232 del codice di procedura penale, dichiarati incostituzionali, con sentenza 5 luglio 1968, n. 86, nella parte in cui rendevano possibile, 60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice di proc~dura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), nel testo modificato con l'art. 4 della legge 5 dicembre 1969, n. 932, e art. 232 (Atti di po�Lizia g�iudiziaria de! procuratore deUa Repubblica), nel "testo modificato con l'airt. 5 della legg.e 5 dieembre 1969, 11'.l. 932, in quanto escludono il diritto dei difensori delle parti di assistere, previo avviso, agli atti di polizia giudiziaria compiuti dal pretore o dal procuratore della Repubblica direttamoote o per mezzo �di ufficiali di polizia giudiziiaria e l'obbligo per il pretore o per il procuratore della Repubblica di depositail"e i proc�essi verbali degli atti di polizia giudiziairia (art. 24, �secondo comma, della Costituzion,e) (82) (83). Giudice istruttore del tribunale cli Pesaro, ordinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. ~7. codice di procedura penale, art. 235 (Arresvo obbligatorio, in 'flagranza), �in quanto c01I1Sente all'autorit� �di pubblica Sjicuirezza, con il solo rif.er:iimento alla pena �edittale pr.evista per il reato che .si presume commesso, �e senza indicare per.ci� � tass.ativamente ,, i � casi eocezion�ii di necessit� e di urgenza � nei quali solamente � consentito di ["estring;ere la libert� personale senza motivato provvedimento deJ.l'�autorit� giudiziaria, di pvoc�ederie all'acrresto in flagranza (art. �-13 della Costituzione) (84). Giudice istruttore del �tribUJnale di Oristano, ordinanza 11 dicembre 1970, G. U. 10 ma.Tzo 1971, n. 62. codice di procedura penale, art. 235 (Arresto obbligatorio in 'flagranza), in comb. disp. con l'art. 572 del c�od'ice penale, in quain<to, per l'entit� della pena di �cui all'art. 572 del codice penale e la g�enerica formulazione dell'.ar:t. 235 del codice di ��procedura penale, impone l'arresto anche �di chi sia colto nella flagrall'.lza di Ull'.l singolo episodio nel quale non �Sia configurabile reato passibile di arresto in flagranza o che non �costituisca �addirittura reato (.art. 13 della Costituzione). Giudice .istruttore del tribunale �di Oriistano, oridinanza 11 dfoembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. nelle indagini di polizia giudiziaria, il compimento di atti istruttori senza l'applicazione degli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, sono stati modificati con legge 5 dicembre 1969, n. 932. L'art. 225 � stato inoltre sostituito con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971, n. 62. Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. 3 della legge 5 dicembre 1969, n. 932 � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 30 marzo 1971, n. 62. (83) L'art. 231, primo comma, del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale, con sentenza 3 dicembre 1969, n. 148, nella parte in cui escludeva che gli atti di polizia giudiziaria compiuti o disp~sti dal pretore si applicassero gli artt. 390, 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale, � stato modificato con legge 5 novembre 1969, n. 932. (84) Questione gi� proposta per l'art. 236 del codice di procedura penale dallo stesso magistrato, quale pretore di Mogoro (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 27 g~nnaio 1971, n. 22) e dal pretore di Pisa (ordinanza 11 novembre 1970, G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ' (jJ codice di �procedura penale, art. 246 (Provvedimenti del procuratore deLla Repubblic.a e del pretore relativi alla Ubert� personale deWarrestato), iin qua1I1.to consente di �COIIl.valid.a.re l'a1rresto m fliagil"anza con provv.edimento non motivato (art. 13 della Costituzione) (85). Giudice istruttor.e del tribunale d:i Ori,stano, ordinanza 11 dicembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. codice di' procedura penale, art. 246 (Provvedimenti del procuratore deila Repubblica e del pretore relativi aUa libert� personale dell'arrestato), e art. 249 (Liberazione di arrestato per errore di persona), in quan,to cornis1entono, m caso di arr.esto in fiagira.nza, il pr.otr.arsi della carcer:azi01I1e p11eventiva o la concessione della Mbert� provvisoria senza motivato provv,ed:imento dell'autorit� giudiziaria (art. 13, 24, 111 e 3 della Costituzione) (85). Giudice istruttore del tribunale di Oristano, ordinanza 11 dfoembr. e 1970, G. U. 10 marzo 1971, .n. 62. codice di procedura penale, art. 275 (Divieto di scarceriazione dopo condanna a pena detentiva), primo comma, se ed in quanto non consente la scaTc�erazione dopo �condanna a pena detentiva anche in ipotesi di detenzione or:iginariamente illegittima (�~rtt. 3 e 13 della Costituzione) (86). Pretove �di Vail"ese, ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. ,,., codice di procedura penale, art. 301 . (Applicazione provvisoria di pene accessorie o di misuse di sicurezza), in quanto esclude il :r:eclamo avverso il provvedimento con il quale viene applicata in via provvisoria la misura di sicurezza (art. 111 della Costituzione); secondo comma, in quanto cornisente .l'applicazione provvisoria delle misUil"e di sicurezza anche prima dell'dnterrogatorio dell'imputato o dell"emissione di un mandato. [art. 24, secondo comma, della Costituzione). ' Giudtc�e istruttore del tribunale di Tolmezzo, ordinanza 9 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice di pr'ocedura penale, art. 301 (Applicazione provvisoria di pene accessorie o di misure di sicurezza), in comb. disp. con l'art. 206 del codice penale, in quanto non prevede il termine massimo per la durata della custodia preventiva o quantomeno il termiue ma�ssimo (85) Questione gi� proposta dallo stesso magistrato; quale �pretore di Mogoro (ordinanza 30 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 2.2). (86) Questione dichiarata inammissibile, per difetto, nella specie, di rilevanza, , con sentenza 14 maggio 1966, n. 43. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per il riesame della pericolosit� (art. 13, quarto �comma, della Co-' stituziocne). Giudice �struttooe del tribunale di Tolmezzo, ordinanza 9 geil!J11aio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. ~odice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubbiico ministero), in quanto coinsente al solo pubblico ministero di assisteire all'interrogatorio dell'imputato (art. 24, secondo comma, della Costituzione) (87). TTibuna1e di Milano, o�rdinanza 8 maggio 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. codice di procedura penale, art. 303 (Facolt� del pubblico mJinistero), in quanto co1t1senrte al �solo pubblico ministero di as,sristere alle prove testimoniali (airtt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttor-e del tribunale di Pisa, ordilI1anza 18. g�ernnaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 (88). codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto esclude il d�dtto dei dif.ecnsori delle parti di assistere all'interrogatorio dell'imputato, ai ,sequestri, alle ispezioltli, alle perquisizioni peirsonali, ai co111iro111ti ed agli es:ami testimoniali (acr:-t. 24, secondo comma, della Costituzione) (89). Giudic.e istruttore del tribwnale di Pesaro, Oird�nanza 4 � gennaio 1971, G. U. 7 apr:ile 1971, n. 87. codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, in quanto non co!Il!sernte al difensoir'e di a.ssister �e alle prov�e testimoniali (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione) (89). Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 18 geninaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. Giud:ice istruttoire del rtribU111ale �d� Matera, onlinanza' 19 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. (87) Questione dichiarata non fondata con sentenza 16 dicembre 1970, n. 175. Con sentenza 16 dicen1bre 1970, n. 190, peraltro, l'art. 304 bis del codice di procedura penale (modificato poi con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2) � stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui escludeva il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio. 188) Con la stessa ordinanza � stata ritenuta non manifestamente infondata, ma nella specie irrilevante, 1a questione di legittimit� costituzionale dell'art. 369 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede per il pubblico ministero lo stesso regime di decadenza stabilito, per il difensore dell'imputato, dagli artt. 372 e 377: questione gi� proposta, peraltro, per gli artt. 304 quater e 320 del codice di procedura penale, dal giudice istruttore del tribunale di Pesaro (ordinanza 4 gennaio .1971, G. U. 7 aprile 1971 n. 87). (89) L'art. .304 bis del codice di procedura penale, dichiarato incostituzionale"; con sentenza 16 novembre 1970, n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 63 codice di procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono� ass�stere i difensori) (89), art. 304 ter (Avviso ai. difensori), e art. 304 quater (Depositi degli .atti a cui hanno diritto di assistere i difensoiri. Diritti del difensore deH'imputato) (90),' in quanto p\Vevedono come fiaco1tativa, e :non come obbligatoria, l'assistenza dei difensori agli atti iindicati nel primo comma dell'art. 304 bis (airtt. 3 e 24, siecondo comma, della Costituziooe) (91). Giudice istruttore del tribunale di Pesaro, ordinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice d'i procedura penale, art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori), primo comma, art. 225 (Sommarie informazioni) (82), e. art. 366 (Preliminari deU'interrogatorio), sec:�ondo comma, in quanto non consentono� al difenso['Je di assistere all'.in>terrogatorio dell'imputato (art. 24 della Costituzione) (92). P1retore di PontedeTa, o\Vd:inanza 9 dic.embre 1970, G. U. 24 �marzo 1971, in. 74. codice di procedura penale, comb. disp. art. 304 bis. (Atti" a cui possono assistere i difensori) (89), art. 304 ter (Avviso ai difensori), art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto dii assistere i difensori. Diritti de�l difensore dell'imputato) (90), art. 348 (Testimoni da esaminare e dovere dei testimoni), art. 349 (Rego1le per l'esame testimoniale) (93), art. 364 (Confronti), art. 367 (Interrogatorio nel merito), art. 389 (Casi in cui si procede con istruzione sommar.ia) (94) il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio, � stato modificato con d.1. 25 gennaio 1971, n. 2, convertito, con modificazioni, in legge 18 marzo 1971,. n. 62. (90) Differente questione di legittimit� costituzionale dell'art. �304 quater del codice di procedura penale � stata proposta dal giudice istruttore del tribunale di Roma (ordinanza 18. luglio i970, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254). L'art. 304 quater del codice di procedura penale � stato sostituito con d.l. 23 gennaio 1971, n. 2, convertito, con rtio.dificazioni, in legge 18 marzo 1971, n. 62. (91) Questione gi� proposta dal pretore di Campqsampiero (ordinanza 21 marzo 1969, G. U. 13 agosto 1969, n. 207). (92) Altra questione di legittimit� cost.ituzionale dell'art. 366 �del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con sentenza 30 marzo 1971, n. 62. Ulteriore questione � stata proposta dal pretore di Mogoro (ordinanza 15 maggio 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235). . ' (93) Altre questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 349 del codice di procedura penale sono state dichiarate non fondate con sentenze )!8 novembre 1968, n. 114 (artt. 109 e 3 della Costituzione) e 2 dicembre 1970, n. 175 (artt. 3 e 24. secondo comma, della Costituzione). (94) L'art. 389, terzo e secondo comma del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale nei limiti in cui, nel testo anteriore alla riforma introdotta con la legge 7 novembre 1969, n. 780, escludeva la sindacabilit�, nel corso del processo, della valutazione compiuta dal pubblico ministero rispettivamente sulla evidenza della prova (sentenza 28 novembre 1968, n. 117) e sul punto che l'imputato ha confermato e non appaiono necessari ulteriori atti di istruzione (sentenza 4 marzo. 1971, n. 40). 64 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione deH'istruzicme� sommaria) (95), in quallllto noo coosentono al di:llensore di 1assistere a tutti gli atti istruttori (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Pr:etore di Cagliari, ordinanza 28 novembre 1970,. G. U. 10 marzo 1971, n. 62. codice di procedura penale, comb. disp. art. 304 bis (Atti a cui possono assistere i difensori) (89), art. 304 quater (Deposito degli atti a cui hanno diritto di .assistere i difensori. Diritti del difensore dell'imputato) (90), art. 37�2 (Deposito in cancelleria e facolt� dei difensori) (96), art. 389 (Casi i-n cui si procede con istruzione sommaria) (94), art. 392 (Forme, avocazione e trasformazione dell'istruzione sommaria) (95), e art. 397 .(Provvedimenti conseguenti alla richiesta di citazione a giudizio), in quanto non coo�sentono al �di:flensOII'le di prendere visione, in fase istruttoria, di tutti gli atti del procedimento (airt. 24, secondo comma, della Costituzione). Pretor:e di Cagliari, ordinanza 28 novembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, In. 62. codice di procedura penale, art. 304 ter (Avviso ai difensCYri), secondo comma, in quanto consente al giudice, nell'ipotesi in cui i difensori non �compao:-iscan.o, di procedere 1senza il loro illl:tervento agli artti ai quali essi hanno diritto di assistere; ultimo comma, in quarnto co1111sente al gi.udic�e, nei oasi di assoluta urgenza, di procedere agli atti ai quali i difensori hanno diritto di assistere anche senza darne loro avviso, o prima del termine fissato (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice isto:-uttore del tribunale dli Peswo, ordinanza 4 g�ennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice di procedura penale, art. 304 quater (Depositi degli atti a cui hanno diritto di assistere i difensori. Diritti del difensore deU'imputato), primo, secondo, terzo e quarto comma, in quanto esclude l'obbligo del deposito in cancelleria dei processi verbali dei confronti e �degli esami testimomali ed .tn quanto stabilisce termini entro i quali i difensori hanno facolt� di esaminare ed estrarre copia dei cosi detti atti (95) Il primo comma dell'art. 392 del codice di procedura penale � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 giugno 1965, n. 52, nella parte in cui, con l'inciso � in quanto applicabili �, rendeva possibile .non applicare all'istruzione sommaria le disposizioni degli artt. 304 bis, ter e quater del codice di procedura penale. Il terzo comma, ultima parte dello stesso articolo � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 2 aprile 1964, n . .32. Altre queStioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono state dichiarate non fondate con sentenze 29 dicembre 1966, n. 127 e 4 febbraio 1970, n. 16 (artt. 3 e 24 della Costituzione). (96) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 372 del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24 � della Costituzione, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 16. !-'ARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 ostensibili, chiedere proroghe e presentare istanze c01D.cernentr tali , �atti (a:rrt. 24, secondo comma, della Costituzione) (90). Giudice 1sti'iUtto.re del tribunale di Pesaro, 01rdinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice di procedura penale, art. 317 bis (Perizia urgente), in quanto cOIIlJSlente al giudice, lll!ei casi di .assoluta mg�enza, di procedere all'espletamento della perizia anche senza da.me avviso ai difensori o prima del termine fissato; secondo comma,. in quanto consenrte al giudice .. di disporre con ordinanza di uffici� o su richiesta del pubblico mi.llliiStero, . che il perito inizi o prosegua le opooaziOIIli per.Ltali anche senza l'intervento dei difensod; ultimo comma (art. 24, 1seccmdo comma, -della Costituzione). Giudice istruttore del tribunale di Pesaro, ordinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. ~7. codice di procedura penale, art. 320 (Compimento della �perizia), �secondo comma, in quanto stabilisc�e un tero:niine entro il quale :i difensori haihno :facolt� di prendere cognizione �e copia in .� canceller.La della, perizia e degli a1tti a questa allegaiti (all"t. 24, secondo comma, della Costituzione). Giudice istruttoire del tribunale di P�esaro, ordinanza 4 gennaio 1Q71, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codice di procedur.a penale, art. 372 (Deposito in cancelleria e facolt� di difensori), primo c-omma, in quanto �esclude che gli atti ed i documenti del processo vengano depositati in O'gni stato dell'istruzione (.all"t. 24, secondo comma, della Costituzione) (96). Giudic�e iistruttore del 1trd.bunale di Pesaro, o:vdinainza 4 gennaio ,1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. codic'e di procedura .penale, art. 509 (Procedimento relativo all'opposizione), hl quanto condiziOOl!e l'ammissibilit� dell'opposizione alla espressa richiesta di diibattimenito ed alla specifica dindicazione dei motivi (art. 24 della Costituzione) (97). Pretore di Varl'lallo, oir-dinainza 10 aprile 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. codice di procedura penale, art. 510 (Giudizio conseguente all'opposizione), p'rimo comma, in quanto II'icollega alla mancata com.pari (97) Sul giudizio 'per decreto v. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1963, n. 170, 23 marzo 1966, n. 27, 15 dicembre 1967, n. 136, 26 marzo 1969, n. 48 e 8 luglio ~� 1969, n. 119 della �Corte costituzionale. 66 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO zion.e dell'oppoine111te la esecutivit� del decreto ed esclude il giudizio in contumacia (a.rtt. 24 e 3 della Costituzione) (98). Preto:r:e di 'Cagliacri, Oirdinanza 16 dicembre 1969, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. codice di procedura penale, ari. 604 (Provvedimenti da iscriversi nel casellario), in quanto imp0tne l'iscrizione della sentenza di corndaiI11I1a anche se annullata per successiva declall'atoria di estinzione del. reaito per amnistia (artt. 3 e 27 della Costituzione). Tribunale di Genov1a, oJ.'dinanza 21 dfoembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99 . . codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1193 (Inosservanza delle disposizioni sui documenti di bordo), in quatllito punisc�e �chi naviga senza aver�e con se i documenti di boll'do con pena qual?'i codncidente con quella stabilita dall'art. 1216 per chi naviga senza aver ottenuto i pvescritti documenti di bordo, secondo or1terio diverso da quello adottato dal codiee della strada per i.a coll'rispondente ipotesi di circolazione di veicoli e senza ol,tretutto distdnguere tra navi maggiori ,e navi miinori, che pur sono assogg�etta:te a diffeirente disciplina (airt. 3 della Costituzione). Pretore di Nicotera, ordinanza 1-5 ottobre 1970 integrata con orrunanza 16 dieembr.e 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. r.d.I. 19 ottobre 1923, n. 2328 (Disposizione per la formaziqne degli orm�i e� dei turni di servizio del personale addetto ai pubblici servizi di trasporti in concessione), convertito con legge 17 aprile 1925, n. 473, art. 21, modificato dal �r.d.l. 2 dicembre 1923, n. 2682, 1n quanto pa:-evede .il diritto del lavoratore al :riposo secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale (art. 36, terzo comma, della Cositituzione) (99). Pretore di Parma, ordinarnze 30 ottohr,e 1970 (due), G. U. 7 ap1rile 1971, n. 87. Bretore di Tocri:no, O!Ildiinanz,e -,4 gell!naio ~971 (sei). �e 5 g,ennaio 1971 (quattro), G. U. 7 aprile 1971, n. 87. r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 (Testo unico delle leggi sul gratuito patrocinio), art. 11, nn. 3 e 4, 1n quanto non pone a carico dello Stato (98) In argomento, cfr. sentenze 8 marzo 1957, n. 46, 23 dicembre 1970, 26 marzo 1969, n. 48 e 9 luglio 1969, �n. 119 della Corte costituzionale. (99) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 24 maggio 1969, G. U. 5 novembre 1969, n. 280, e 8 ottobre 1969, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37). L'analoga disposizione dell'art. 16 � stata dichiarata incostituzionale con sentenza 15 di-�� cembre 1967, n. 150. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 67 l'obbligo di antic;ipare anche le somme spettanti ai consulenti a'"tito1o di compenso per l'opera presta.ta (iar:tt. 3, secondo comma, e 24, terzo comma, della Costituzione) (100). Giudice istruttore del tribunale di Pisa, ordinanza 22 dkembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Riordinamento degli usi civici), artt. 27, primo ed ultimo ~omma, e 29, second�o comma, in relazione al primo, in quanto �consentono al commissario regwn:ale degli usi civ.Lei di promID.ciare, in sede g.iurisdizionale, sulla legtttimit� dei suoi stessi provvedimenti (airtt. 108, secondo comma, e 25 della Cos�tituzione) (101). Cor.te di appello �di Palermo, ordinanza 6 dicembre 1969, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. r.d.I. 29 luglio 1927, n. 1509 (Provve�imenti per l'ordinamento del credito agrario), art. 11, in quanto consente all"iJstiituto di cl'ledifo di otteneve il se<.J.uestr:o e la vendita �di beni sottoposti� a privilegio speciale senza prevedere gall"anzia alcUIIla dei dwitti del debitore (artt. 3, primo comma, 44, primo comma, ultima parte, 47, secondo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). Pretove di Orvieto, ordinanza 15 dicembl'le 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. legge 7 gennaio 1929, n. 4 (Norme generali per la reipressi�ne delle violazioni delle le�ggi finanziarie), artt. 30, 31, 32 e 33, in quanto consentono alla polizia itributaria di effettua.re 1ac.certamenti e perqui�sizioni domiciliavi senza garan1::iirie 1n alcU!Il modo i di1r~tti deHa difesa (a�rt. 24 del1a Costituzione). Preto!l'e di Livo(('lll'o, ovdinanza 30 ottobrie 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. r.d. � gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti coUettivi del lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione), -ai:+. 10, lll!el testo an-- teriore alle modifiche appo(('ltate con legge 24 lugl:io 1957, n. 633, in quanto condiziona 1a proponibilit� dell'azione giudiziaria al preventivo (100) Per l'art. 18 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3282 v. sentenza 16 giugno 1970, n. 97 della Corte costituzionale. (101) Questione dichiarata non fondata, per gli artt. 27, primo comma, e 29 secondo comma, con sentenza 25 maggio 1970, n. 73. Per l'ultimo comma dell'art. 27 la stessa sentenza ha restituito gli atti al giudice di merito (commissario reg~onale per la liquidazione degli usi civici di Roma) per un nuovo giudizio sulla rilevan~a. 68 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ireclamo in via geraT>chica (artt. 36, te1rzo comma, e 24, primo comma, della Costituzione) (102). Pl"etO!l'e di Parrma, ordinanze 30 ottobre 1970 (due), G. U. 7 aprile 1971, n. 87. r,d. 8 gennaio 1931, n. 148 (Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rappoirti collettivi di lavoro con quelli sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tramvie, e linee di navig.azione interna in re,gime di concessione), art. 46, ultimo comma, del regolamento allegato A, in quanto condiziona il d:iiritto all'indennizzo di quanto perduto per effetto della sospensione a predeterminaite formule di proscioglimento ,e con criterio diverso da quello adottato per gli impieg,a.ti dello Stato (artt. 3 e 27 della Costituzione). ) Tribuinale di Ravenna, ordinanza 18 novembre 1970, G. U. 21 ap1rile 1971, n. 99. r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 68, 1n quanto fa diviieto �di dare feste da ballo in luogo aperto al pubblico sienza la licenza del questoTe (ar:t. 17 deUa Costituzioo: e) (103). Pr,etrnre di Fondi, ordinanza 18 novembre 1970, G. U. 28 apdle 1971, n. 106. r.d. 13 agosto 1933, n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi .innanzi alla coirte dei conti), art. 1. secondo comma, in qua!lllto non consente che i ricorsi proposti in tema di pensioni privilegiate ordinarie nell'interesse dell'infermo di mente siano sottoscritti da uno dei g,enitOO'i, con disciplina diversa da quel1Ja stabilita con l'art. 109, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313, in materia di pensioni di guerra (aritt. 3 e 24 della Costituzione). Corte dei conti, O!l'dinarnza 24 settembre 1969, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. (102) Questione dichiarata non fondata, ma con riferimento al testo modificato con la legge 24 luglio 1957, n. 633, con sentenze 21 marzo 1969, n. 39 (art. 36 della Costituzione) e 1,3 luglio 1970, n. 130 (artt. 3, 24, primo comma, e 35, primo comma, della Costituzione), e riproposta per l'affermata applicabilit� del testo originario ai rapporti costituiti in epoca anteriore alla data di entrata in vigore della legge 24 lu~ glio 1957, n. 633. (103) L'art. 68 del r.d. 18 giug.no 1931, n. 773 � stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui vieta di dare feste da ballo in luogo esposto al pubblico senza la licenza del questore (sentenza 12 dicembre 1967, n. 142), e nella parte in cui prescrive che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico, e non indetti nell'esercizio di attivit� imprenditoriali, occorra la licenza del questore (sentenza 15 aprile uno, n. 56). 69 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE r.d. 11 dicembre_ 1933, n. 1775 (Testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti e-lettrici), art. 123, :in quanto dispone, in ,aderienza ad una antica trad:i.zi-01ne gi� peraltro superata con il vigenite codice civile e con criterio diverro da quello .stabilito dagli airtt. 39 e 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2-359, n � soprappi� del quinto � nella detelrminazi- One del valore dell'ii.mmobile aisserv,iito (airtt. 3 e 42, terzo comma, della Costituziotn:e ). Corte di appello di Roma, Ol"dinainza 17 inovembrie 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106 (art. 42, �terzo-comma, della Costituzione). Tribwnale di Latina, ordina:rlZie 19 dicembre 1970 e 7 genna1o 1971, G. U. 24 marzo 1971, n. 74 (artt. 3 e 42 della Costituzione). legge 22 febbraio 1934. n. 370 (Riposo domenicale e settimanale), art. 1, secondo comma, n. 9, in quanto esclude dalla normativa il personale dipendenrte dalle azii�mde eserc�enti ferirov.ie e .tmmVi�e pubbliche, il cui diritto al riposo settimanale rimarl"ebbe senza regolam0llltatlone qualOil"a l'art. 21 del r.:d.l. 19 ottoblre� �1923, n. 2328 venisse (Uchial"ato incQstituziona1e (iartt. 3 e 36, terzo comma della Costituzione) (104). Pretore di Tci.mo, �ordirumze 4 gennaio 1971 (sei) e 5 gennaio 1971 (quattro), G. U. 7 apl"ile 1971, n. 87. legge 22 febbraio 1934, n. 370 (Riposo domenicale e settimana.le) e successive modifiche, artt. 13 e '14, in quanrto� .d:isciplinaino il riposo settimanale degli addetti alle aziende giornalistiche in modo da impe, dilie la pubblicazione di giornali e quotidiani nel pomeriggio della domenica e nella mattinata. del hmed� (a!l"tt. 21, primo e secondo comma, 2, 3 e 41 della Costiituziooe); artt. 22, 23, 24, 25 e 26, :in �quanto impediscono la pubb1icazfone, a mezzo di quotidiani, di notizie e commenti non spor:tivi nella maittillla.ta di 1UJned�, c-01r1sentiita mvece alle imprese di trasmissioni (["adiofoniche, itelev:isive ed alle ag,enz:ie ANSA ed ITALIA (ia:ritt. 3 �e 41 de1la Costd.tuzione); art. 28, secondo e terz� comma, m quarnto COil1Selllite il sequestro di pubblicazioini anche illl ipotesi diverse da quelle stabilite dalla Costituzione (arl. 21, terz~ comma, della Costituzione) (105). Pretore di Bari, ordinanza 31 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. r.d.I. 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni), art. 13, primo comma, m quan:to esclude la (104) L'art. 1, secondo comma, n. 6 della legge 22 febbraio 1934, �n. 370 � stato dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 76. (105) Questioni gi� proposte dal pretore di Trieste (ordinanza 30 novembre 1970, G. U. 17 febbraio 1971, n. 42). 70 RASS�GNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO istruttoll'ia .con il rito formale per i reati di competen2la del tribunale per i miinorenni ~artt. 3 e 25, p:r:imo comma, della Costituzione) (106). Tribunale per i minoremii di Roma, ordinanza 17 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e deUe malatt.ie pro�fessionali), art. 45, iJil quaI11to consente di compensare 1a .rendita dovuta al lavoratore infortunato �Con le spese giudiziali dovuta all'I.N.A.I.L. (art. 38, secor:ido comma, della Costituzione). P�retor.e di Messina, ordinanza 21 novembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. � r.d.I. 7 agosto 1936, n. 1639 (Riforma degli OIJ"dinamenti tributari), art. 29, terzo comma, in quanto sottrae alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria or:dm~ia le cOIIlltroversie irela:tive alla determiinazione del va1or�e iimponibile (arit. 113 della Costituzione) (107)'. Tribunale di Napoli, ordinanza 11 novembre 1970, G. U. 28 a,prile 1971, n. 28. r.d.I. 21 febbraio 1938, n. 246 (Disciplina degli a.bbonamenti alle radioaudizioni), �Conv.ertiJto con legge 4 giugno 1938, n. 880, art. 19, in quanto punisce con �sanzione penale la detenzione di apparecchi :riadioricev� enti �O televisivi ,senza aver �corr.isposto il canone di abbonamento, mentre 1a detenzione abusiva di appavecchi radioriceventi installatj a bor:do di autoveicolo o autoscafo � or.a punita, ai sensi dell'airt. 8 della Jiegge 15 dicembre 1967, n. 1235, �con 1a sola pena pecuniaria (a1"t. 3, primo comma della Costituzione) (108). Pubblico m:in:istero presso il itribunale di Milano, ordinanza 10 dicembr� 1970, G. U. 10 marzo 19'71, :n. 62. legge 25 settembre 1940, n. 1424 (Legge doganale), art. 114, primo comma, m qu:anto ricollega alla dichiarazione di abitualit� in contrabbando gli stessi �effetti ccm.seguenti alla dichiarazione di abitualit� prescritta, nella ricorJ:>enza di diver.se condizioni, dall'art. 102 del co�lice (106) Questione sotto alcuni aspetti analoga � stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 23 marzo 1964, n. 25. (107) Questione gi� proposta da varie autorit� giudiziarie. V. in questa Rassegna, 1970, II, 168 e 136, nota 25. (108) Questione gi� proposta dal giudice istruttore del tribunale di Civitavecchia (ordinanza 28 settembre 1970, G. U. 9 dicembre 1970, n. 311). 71 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE penale ,(�rtt. 3, primo comma, e 25, terzo comma, della Costituzione) (109). Giudice di sorvegliairwa 'Presso il tribuna.le di Firenz�e, ordinanza 9 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. legge 23 gennaio 1941, n. 166 (Norme integrative della disciplina delle pubbliche affissioni), cirt. 3, in quanrt;o rimett�e alla discreziolllale valutazione dell'autorit� amiru:n.istm:t;iva �di autorizza(l"e o no l'affissione di manifesti di propagainda politica (art. 21 �della Costituzione). � Preto.r.e di Recanati, ordinanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 1971, tll. 99. ' r.d. 30 gennai�o 1941, n. 12 (Ordinamento g�udiziario), art. 4~ relati;. .vamente all'espressione " di ogni grado �, art. 31, limitatamente alla espressione e in sottordine ,., art. 34, e art, 39, primo comma, �in quaLt)'tO distiinguono i mag.istra.ti �delle pl'leture secondo criterio gerarchico (articoli 101, 107, terzo 1oomma, e 25 deJ.la Cc;iistituzi001e) (110). Prietore di Milano, ordinanza 11 marrzo 1969, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. �� legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti .con.nessi ia.l suo esercizio), art. 161, in relamcme agli M:tt. 10 del codice civile, .e 96, 97, 156 e l68 della stessa legge 22 aprile 1941, n. 633, m quanto cons�nte il sequestro della fotografia e del relativo materiale .coosiderati oggetti idonei a costituirre mezzo per la violazione del dillitito iall'immagine, anche qualllJdo, per essere nella disponibillit� di una :impresa giornalistica, siano d~ ritenere .dJe8tilllati alla pubblicazione a mezzo stampa (ar>t. 21 de11a Costituzione) (111). Pretor:e di Roma, ord:ilniarize 10 nov,embre 1970 (G. U. 10 marzo 1971, n. 62) e 20 dicembre 1970 (G. U. 28 aprile 1971, n. 106). r.d. 16 �marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, detl'amministmzione controllatJa e detla liquidazione coatta amministrativa), art. 98, primo comma, in (l"elazione all'art. 97, secondo comma, din quainto fa decorriere �il itermtne per proporrre opposizione allo stato passivo dal deposito dello �stato passivo in cancelleria, di cui l'interessato, per la natura ordinatoria di termini stabiliti all'art. 96, (109) Questione gi� proposta dalla stes(a auto;it� giudiziaria (ordinanze 22 luglio 1970 (tre), G. U. 25 novembre 19:70, n. ;99). (110) Questione dichiarata non fondata con sentenza 3 giugno 1970, n. 80. (111) Cfr. sentenza 9 luglio 1970, n. 122 della Corte costituzionale. 22 72 RASSEG~A DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pu� avere in concreto tardiva conoscenza (,a,rt. 24 della CosHtuzione) (112). Tribunale di Milano, ordinanza 30 aprile 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, dei concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), art. 147, primo comma, in quanto fa cons:egui.ire automaticamente alla dichiarazione di fallim:ento della societ� la diichtarazione di fallimenito dei soci illimitatamente responsabili, senza che vengano peraooalmente sentiti o comunque previamenite avv,ertiti (articolo 24, secondo comma, della Costituzione) (113). Tribunale di Milano, ordinanza 23 aprile 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. legge 8 febbraio 1948, �n. 47 (Disposizioni sulla stampa), art. 10, se� cond~ e terzo comma, in quanto pone l'obbligo, penalmeinse sanzionato, di dare avviso de1l'affi.ssio!O!e all'autorit� di pubblica sicurezza (arl. 21 della Cos.tituzione) (114). Pretore di Recanati, 01~dilllanza 18 febbraio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione delta XII disposizione transitoria e finale [comma primo] della Costituzione), in quanto modifica, sen:lla che sia ,stata seguita la prescritta procedura speciale, 1a legge costituzionale 3 �dicembre 1947, n. 1546 (art. 138 della Costituzione) (115); art. 8, in quanto consente iJ. sequesto prevoortivo in ipotesi diverise da quelle! stabilite dalla Costituzione (art. 21, teirzo comma, della Costituzione). Tribunale di Vairese, ovdinanza 21 gennaio 1971, G. U. 28 aprile� 1971, n. 106. (112) Questione gi� proposta dalla corte di appello di Roma (ordinanza 17 ottobre 1969, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24). (113) Il secondo comma dell'art. 147 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 16 luglio 1970, n. 142, nella parte in cui non consente ai soci illimitatamente responsabili l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura del procedimento di camera di consiglio prescritto per la dichiarazione di fallimento, e nella parte in cui nega al creditore interessato la legittimazione a proporre istanza di dichiarazione di fallimento di altri soci illimitatamente responsabili nelle forme dell'art. 6 del r.d. predetto. (114) Analoga questione � stata proposta dallo stesso giudice per l'art. 1, primo e terzo comma, della legge 2 febbraio 1939, n. 374/ (ordinanza 7 ottobre 1970, G. U. ~ 9 dicembre 1970, n. 311). (115) Questione dichiarata non fondata con sentenza 26 gennaio 1957, n. 1. PA:STE II, RASSEGNA .DI LEGISLAZIONE 73 d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamenvo della professione di ragioniere e perito commerciale), art. 31, n. 5, in quanto r.imet.te ad a1tre future disposizioni �legis1ativ�e la disciplina del termi!Il.e e della modalit� per il conseguimento dell'abilitazione all'esercizio della prof.e.ssione, con lac.unosa attuazione della delega conf.erita con Ja legge 28 dicembre 1952, n. 3060 (aritt. 76 �e 77 della Costituzione). T�ribunaJ.e di Novara, ordinanza 19 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio e detl'impiego degLi stupefacenti), artt. 3 e 6, in quanto prevedono pene pi� g�ravi di quelle stabilite, pe�r gli stessd. reati, dall'articolo 446 del codice penale (art. 3 della Costituzione) (116). Tribunale di Novara, ordinanza 9 ottobre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Giudic-e istruttore del tribunale di Skacusa, oa:"d.inanza 27 gennaio � 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina deUa produzione, del commercio e dell'impiego deg�li stupefacenti), arti. 3 e 6 in quatUito rimet 1 tono all'autorit� amministrativa di determinare il contenuto del precetto penale (a.rtt. 25 e 76 della Costituzione) (117). Giudice ctsstruttore del tribunale di Milano, ordinanza 14 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produzione, del commercio e dell'impiego degli stupefacenti), art. 6, quarto comma, in quanto punisce con la stessa pena l'eati sostanzialmente differenti (�ar.t. 3 della Costituzione) (116) (118). Tribunal.e di Roma, ordinanza 16 gennaio 1971, G. U. 28 apdle 1971, n. 106. (116) Questione gi� proposta dal giudice ii;;truttore del tribunale di Milano (ordinanza 10 settembre 1970, G. U. 25 novembre 1970, n. 299). Altra questione � stata dichiarata non fondata con sentenza 19 maggio 1964, n. 36. Altra questione di legittimit� costituzionale degli artt. 6, primo e quarto comma, e 25 della legge 22 ottobre 1954, n. 1041 � stata proposta dal tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). (117) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 19 maggiq 1964, n. 36. Per altre questioni v. nota precedente. (118) Questione gi� proposta, ancbe per il primo comma della disposizione, dal tribunale di Venezia (ordinanza 28 ottobre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). 74 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 22 ottobre 1954, n. 1041 (Disciplina della produz.ione, del commercio e dell'impiego degli stttpefacenti), art. 25, in quanto prevede l'emissione, obbligatoria del mandato di .cattu(t'la, non imposta invece, per gli stessi reati, dall'art. 446 del codice penale (ar.t. 3, primo comma, de1la Costituzione) (116). Giudice istruttore del tribunale d.i Siracusa, or:dinanza 27 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 19 gennaio 1955, n. 25 (Disciplina dell'apprendistato), art. 23, i.n quanto, imponendo l'applicazione dell'ammenda con riferimento al numero degli ~.ppr.end:isti asswniti senza il ibl".amite dell'ufficio di. collo~ � camento, non �consente di applicair:e l'�art. 81, ultimo �Comma, del codice penale (art. 3 della Costituzione) (119). Pretore di S. Giovanni Rotondo, ordinanza 25 gennaio 19_71, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge reg. Valle d'Aosta 8 novembre 1956, n. 6 (Norme per la protezione della 'flora spO'ntanea nel territorio della Vaiie d'Aosta), art. 12, iin quanto l"lende applicabili le .sanzioni stabilite dall'.air:t. 734 del codice penale ad ipotesi con differente contenwto precettivo (artt. 3, 5 e 25, s�econdo comma, della Costituzione). Pretore di Aosta, ordinanze 27 novembre 1970 (quattro), G. U. 7 aprile 1971, n. 87. legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Norme di prevenzione nei confronti deUe persone pericolose per ia sicurezza e pe.r la pubblica moT'alit�), art. 2, m quanto C01111Sente all'autorit� amministrativa di p(t'legiuc:Jd.ca;re indefinitamente, con reiterati pr.ovv�edimenti di �rimpatrio e �di inibizione dal ritornare, la libert� di circolazione e di soggiorno (artt. 13, secondo comma, e 16 della Costituzione) (120). Pretore di F�e:rirara, ordirnianza 22 settembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, primo comma, 1n quanto. impone al terzo di proporre l'opposizione prevista dall'art. 619 del .codice di'. proc,edura civ.ile, e qu:irndi anche iso1talllito di deposi.tare il ricor.so in .cancelleria, prima '\. (119) La stessa questione � stata proposta, dallo stesso giudice, anche per l'art. 8 della legge 14 luglio 1959, n. 741 (ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106). (120) Altre questioni di legittimit� costituzionale della disposizione sono stat� dichiarate non fondate con sentenze 30 giugno 1960, n. 45, 28 settembre 1962, n. 12'6, 30 giugno 1964, n. 68, 17 marzo 1969, n. 32, e 25 maggio 1970, n. 76. 75 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE / della data fissata per U prdmo incanto (ar.t. 24, primo comm:i-a:;��'della Costituzicme) (121). Pretore di Roma, ordinanze 10 e 16 novembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), art. 207, lett. a, in quanto impedisce di proporre opposizioni anche al cterzo che sia rimamo aggiudiiciaitardo di beni m occasione di precedente vendita iesattoda1e (1a:rt. 113 della Costituzione) (121). Tribunale di Milano, ordinanza 8 gennaio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. legge 14 luglio 1959, n. 741 �(Norme trans�it01rie per parametri minimi di tratt;amento� economico e normativo ai lavorntoll'i), art. 8, in quanto, imponendo l'applicazione dell'1ammenda con /riferimento al �numero dei dipendenti ai quali sia stafo corrisposto un tiracttamenfo economico inferiore a quello minimo prescritto, non colllisente di applicare l'articolo 81, secondo e terzo comma, del ceodicce Pt!nale (art. 3 della Costituzione) (122). Preto:re di S. Giovanni Rotondo, ordinanza 10 dicembre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040 (Norme sul trattamento economico e normativo dei dipendenti degli Istituti di cura privati), articol�o unico, nella parte in cui rende obbligator:io erga omnes l'�ar:t~ 49 del contratto collettivo nazionale di lavoro� 24 :m�aggio 1956 per i dipendenti degli isti.tuti di, cura privatd, che consente il deco:rso del termine di decadenza stabilito per i �reclami del lavoratore durante il rapporto di lavoro (ar:t. 36 della Costituzione). Corte di appello di Napoli, o!fdinanze 29 settemhr:~e 1970 (due), G. U. 1_0 ma.rzo 1971, 111. 62 (123). (121) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 207, lett. a del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 � stata dichiarata non fondata con sentenza 2 febbraio 1971, n. 13 (artt. 113 e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione) e quella relativa all'art. 207, lett. .b con sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione), 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione), 20 dicembre 1968, n. 129 (art. 113 della Costituzione), e 26 giugno 1969, n. 107 (artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione). (122) La stessa questione � stata proposta, dallo stesso giudice, anche per l'art. 23 della legge 19 gennaio 1955, n. 23 (ordinanza 25 gennaio 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99). (123) Nell'ordinanza di rimessione la questione, proposta con richiamo alla sentenza 10 giugno 1966, n. 33 della Corte costituzionale, risulta proposta diretta-~ mente per l'art. 49 del contratto collett~vo nazionale di lavoro 24 maggio 1956. 76 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioniu'jjer l'as.;. sicurazione obbligatoria contro gLi infortuni sul lavoro e le malattie p1�ofessfonali), art. 11, in qu~mto consente il r,egresso delll.N.A.I.L. nei confr0I1ti del dator.e di lavoro, pur ,essendo diventato del tutto trascur: abile, a seg.�d:to della ,sentenza 9 mal"zo 1967, n. 22 della Corte c.ostitu~ ionale, l'esonero dalla (['e1Sp001JSabiHt� civile del datore di lavoro per ' l'asskuraziorne obbligatoria (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Bresda, ordinanza 25 novembre 1970, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. , d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'a.ssicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), art. 51, in quanto l'obbligo di rimborsa,re anche le prestazioni liquidate dall'dstituto 'q'ssicuratore assume ,div1ersa portata e contenuto a seconda che si siano o no verificati infortuni e che siano stati di maggiore o minore ~ravit�, con d;ispaxit� -di ,trat1tamenito per datori di lavoro egualmente inadempienti e sanzione svincolata dalla effottiv,a ,capac-it� contributiva (airtt. 3 e 53 della Costitumone) (124). Tribunale di Bad, ordinanza 12 noV'embre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina deHa pesca marittima), arti� colo 26, lett. -b, 1n quanto, prescrivendo per il pescatore colpevole di rea-ti previtSti dalla legge 1sulla pesca 1a interdizione ad esercitare la pesca ma�rittima :1n qualunque forma e anche alla dipendenza a1trui, impedisce al pescatore condannato qualsiasi concreta possibilit� di lavoro (ia:vtt. 1, primo comma, 4 e 27 della Costituzione). Pvetore di Massa, ordinanza 13 novembre 1970, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. legge 26 luglio 1965, n. 965 (Miglioramenti ai trattamenti di qu.iescenza delle Casse per le pensioni ai dipendent,i degli Enti locali e agli insegnanbi, modifiche�. agli ordinamenti deUa Cassa pensioni facenti parte degli Istituti di presidenza presso il Ministero del tesoro), art. 27, in quainto prevede il diritto a pensi001e solo per gli orfani maggioreruii di sesso. femminile (avt. 3 della Costituzione) (125). Corte dei c0I1Jti, terza sezi001e giurisdizionale, ordinanza 23 giugno 1970, G. U. 24 marzo 1970, n. 74. (124) Questione proposta anche dal tribunale di Savona (ordinanza 5 dicembre 1970, G. U. 24 febbraio 1971, n. 49). \125) Analoga questione � stata proposta dalla stessa autorit� giudiziaria (or~ dinanza 25 giugno 1970, G. U. 10 febbraio 1971, n. 35); anche per gli artt. 12 e 18. della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ordinanze 21 gennaio 1969, G. U. 20 maggio 1'970, n. 125, e 25 novembre 1969, G. U. 4 marzo 1970, n. 57). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 4 agosto 1965, n. 1103 (Regolamentazione giuridica de!t'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica), art. 12, in qua1I1to ,suboodiina alla iscriz.i01I1e nell'albo provinciale di cui all'art. 14 l'effettivo ese11cizio dell'arte 1auisilia.iria sanitaria di tecnico di ,radiologia medica anche per il perisonale dipendente da enti pubblici 1ai quali � vietato di svolgere tale attivit� al di fuori dell'ente (a;r.tt. 3 e 18 della Costituzione). p,retore �di Modena, ordinanza 19 gennad:o 1971, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 15 luglio 1966, n. 604 (Norme sui licenziamenti individuali), art. 1O, ��!Il quanto non compr.e1I1de fra i destina.tari delle norme sui licenziamenti individuali i prestatori di lavoro che rivestono la qualifica di dipendenti (1a�rrt. 3 della Costituzi01I1e) (126). Pretore di Milano, ordi.nanza 1� ,agosto 1970, G. U. 7 apr:ile 1971, n. 87. legge 5 febbraio 1968, n. 85 (Miglioramenti ai trattamenti di quiescenza della cassa pensioni facenti parte degLi istituti di previdenza coo speciale riguardo alle pensioni a carico della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli entli locali e della Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole ele.mentari parificate e modifk:he ai rispettivi ordinamenti), art. 8, in quanto non r.iconosC'e agli orfani maggiorenni di 1sesso m1a1schile il diiritto a peiliSI�on:e �Con eff�-cacia iretroaittiva della da.ta di entrata :m vigore della legge 26 luglio 1965, n. 965 .(art. 3 della Costituzione) (127). Corte dei conti, terza sezione giurisdizi01I1ale, � oodmanza 23 giugno 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74: legge 18 marzo 1968, n. 431 (Provvidenze per l',assistenza psichiatrica), art. 4, .se ed :in quanto noin conisenta al presunto aliooato di :far C"essare l'internamento volontairio (arit. 13 della �Costituzione) (128). T�ribuna.le di Fer:ria1ra, ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 24 marzo 1971, in. 74. (123) L'art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604 � stata dichiarato incostituzionale, con sentenza 4 febbraio 1970, n. 14, nella parte in cui non comprende gli apprendisti tra i beneficiari dell'indennit� dovuta ai sensi dell'art. 9 della stessa legge. (127) Analoga questione � stata proposta dalla stessa autorit� giudiziaria con ordinanza 25 giugno 1970 JG. U. 10 febbraio 1971, n. 35). V. supra., nota 28. (128) Questione proposta con richiamo ai principi affermati dalla Corte costi-� tuzionale nella sentenza 27 giugno 1968, n 74. 78 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. sic. 2 luglio 1969, n. 20 (Applicazione in Sicilia della legge nazionale 22 luglio 1966, n. 607, recante: norme in materiia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue), ed in particolare art+. 1, 2 e 7, in qua111to contemplano disciplina di rapporti privati non c001Se111tita al1a legislazione Tegionale (al'lt. 14, lettera a dello statuto della regione siciliana) (129). T.ribunale di Caltanissetta, ordinanze 27 maggio 1970 (�sette), G. U. 24 marzo 1971, n. 74. legge reg. sic. 30 luglio 1969, n. 29 (Proroga e coordinamento delle dis�posizioni � agevolative in materia di costruzioni e�diiizie), art. 7, in quanto, con criterio diverso da quello adottato dall'art. 6, quarto comma, del d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150, non limita 1a efficac.iia �retroattiva delle nuove disposizioni agli aitti stipulati dopo l'�entrata .iin vigore del1a legg.e 2 febbmio 1960, n. 3,5 �ed alle decadenze dopo tale data verifica. tesi (artt. 17 e 36 dello statuto della �r~gione .siciliana). T�ribll!tl:ale di CaltamS1Setta, ordjnanza 2 luglio 1970, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni al codice di procedura penale in merito �alLe indagini preliminari, al diritto di difesa, all'avviso di procedimento ed a.lla nomina del difensorre), art. 3, che modifka l'art. 22:5 del codice di proc.eduria � penale, quarto comma, in quanto esclude il diriitto dei difensorri delle parti di assistere; previo avviso nelle forme di cui al prrimo comma dell'art. 304 bis? ai necessari rilievi, alle sommarie informazioni testimoniali, al sammario interrogatorio dell'indiziato, alle ispezioini e ai confronti; ultimo comma, in quanto esclude f obbligo per il pubblico ministero o per il pretore, ai quali gli atti stessi sono immediaitamente .trasmessi ai sensi dell'articoJ. o 227, di depositare i proeessi verbali dei rilievi eseguiti, delle sommaTie informazioni testimoniali e dei confr01I1ti (art. 24, secondo comma, della Costiituzione) (130). Giudice istruttoTe del tribunale di Pesacr:-o, mdinanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. S.7. legge 5 dicembre 1969, n. 932 (Modificazioni a:l cod,ice di procedura penale in merito alle indagini preliminari, ai diritto di difesa, ali'avviso di procedimento ed alla nomina del difensore), art+. 4 e 5, che (129) Questione gi� proposta dal tribunale di Palermo (ordinanze 17 gennaio 1970, G. U. 11 marzo 1970, n. 64 e 10 aprile 1970 [tre], G. U. 21 ottobre 1970), del tribunale di Agrig�nto (ordinanza 21 marzo 1970, G. U. 8 luglio ;t.970), del pretore di Lentini (ordinanza 25 marzo 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235) e dal yretore di Caltanissetta (ordinanza 5 maggfo 1970, G. U. 15 luglio 1970, n. 177). ~ (1.30) V. retro; nota 82. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 79 modificano gli ar.tt. 231 e 232 deJ. codice di procedura penale, iil'.� (lUalllto escludOlllo il di.ritto ded. difensori delle parti di assistere, previo avviso, agli atti di polizia giudiziaria compiuti dal pretore o dal procuratore della Repubblica diriettarn�ente o per mezzo cli ufficiali di polizia giudiziaria e l'obbligo per il pretore o per il procuratOl.l."e della Re�pubhlica �di deposd.tarre i processi verbali degli atti di polizia giudiziaria (art. 24, secondo comma, della Costituzlioine) (1311). Giudic1e istruttore del tribunale di Pesaro, o;rdimanza 4 gennaio 1971, G. U. 7 aprile 1971, n. 87.. legge 24 dicembre 1969, n. 991 (Adeguamento delle pensioni degli avvocati e dei procuratori), art. 9, in q:U!ail1to impone una ~estazi()[le solo in danno del contravventore �che per qualsiasi raglone, anche invol< mta1ria, rita!rdi il pa~amein1to della somma dovuta per 1a vioJ.azione (art. 3 .dell!a Costi�tuziorn:e�) ed in favore .fil tina caitego.r.iia di pro: fessionisti il cui int�rvento non � nemmeno� :ipotizzato (airt. 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 18 dicembre 1970, G. U. 21 aprile 1971, n. 99. legge 20 maggi�o 1970, n. 300 (Norme surta tutela della libert� e dignit� de.i lavoratori, della libert� sindacale e dell'attivit� sindacale nei}uoghi di lavoro e norme sul collocamento), art. 19, lett. a, in quanto attribuisce la possibilit� di costituire rappreseintanz�e sindacali aziendali soltanto alle associazioni adereiniti alle confederazioni maggiormente rappr�esentatdv.e sul pi1a!llo nazionale (airt. 39 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 14 inovembr.e 1970, G. U. 24 marzo 1971,n. 74. 1 legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libert� e dignit�, dei lavoratori, della libert� s.indacale e deU'attivit� sine�Lcale nei ����. luo�ghi di Lavoro e norrme sul collocamento), art. 15, in quanto impone al da1tore .di lavoro �di mantenere in vita il <rapporto d� lavoro� o comunque di astenersi dal tenere una condotta discriminatoria o recare altrimenti pr~giudizio al dipendente che abbia sciope�rafo senza specificare ,l'ambito entro il quale lo sciopero possa essere� esercitato (articoli 40, 1, 48, 49, 50, 54, p5 e seguenti, 10, 2, 3, 4, 35, 41 e 24 della Costituzionie); art. 28, in quanto impone� al giudice .di 01rdin:are la ces , sazione del comportament_? illegittimo e la il'"imozioine degli effetti nel ca.si iin cui si,a stata tenuta Wl!a condotta discriminatorie e pr1egiudi.zievole ne:i con:iironti del lavoratore che abbia scioperato (ail'tt. 54, 134, 136 e 101 della Costituzione). Pretore di Mirandola, ordinanza 23 dicembre 1970, G. U. 21 �aprile 1971, n. 99. � (131) V. retro, nota 83. .80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d � .-.R. 22 maggio 1970, n. 283 (Concessione di amnistia e di 'indulto), art. 5, lett. d~ in quanito, {!oncedendo ramniistia per il reato di diffamazi0111e a mezzo stampa isolo nei �casi iin cui n0111 �Sia stata fa.ta :fla.colt� di prova, condiziona l'applicazione del provvedimento di clemenza alla discrezio~ale volont� del querelante (art. 3 della Costituzione) (132). Tribunale di Bologna, or:dinanza 1� ottobre 1970, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. d.I. 26 ottobre 1970, n. 745 (Provvedimenti stra01rdinari per la 1�ipresa economica), art. 56, terzo comma, in quanto cor.rela la possibile prosecuzione del rapporto di locazione in regime di proroga legale al reddito iscritto ai fini . dell'imposta complementare, attribuendo a dsultanze amministrative, oltrietu~to suscettibili di variare �e comunque �estr:ainee al processo, r:ilevanza probatoria determinante e preclusiva (ar:t. 3, 24, primo �comma, 2 e 25 della Cosstituzione). P�retor:e di Milano, or:diinanz�a 29 gen,naio 1971, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina deU'affitto dei fondi rustici), artt. 2, 6, 11, 13, 14 e 23 (artt. 4 e 11 dello statuto speciale rper il T.rentino-.Mto Adige). Regione del Tr:entino-Alto Aodige, dcwso depositato il 1� aprile 1971, G. U. 21 1aprile 1971, n. 29. NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE � STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI INAMMISSIBILIT�, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO Codice civile, art. 149 (Scioglimento del matrimonio) -Restituzione per una n.uova valutazione della rilev:anza. Ordiinanza 1� marzo 1971, n. 33, G. U. 10 marzo 1971, n. 62 . � Or:dinanza .di rimessione 16 settembre 1969 del tribunale di Coseni; a, G. U. 11 febbraio 1970, n. 37. (132) Questione gi� proposta dal tribunale di Milano (ordinanze 27 maggio 1970, 1� giugno 1970 (due), e 26 giugno 1970, G. U. 16 settembre 1970, n. 235, 30 di-� cembre 1970, n. 329, e 7 ottobre 1970, n. 254). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 81 c:odic._ c:ivile, art. 1751 (Indennit� per lo sciogiimento del coiitr�tto), primo c:omma {1arlit. 3 e 36 della Costituzione) -ManiJesta infondatezza (133). Ordinanza 22 marzo 1971, in. 58, G. U. 24 marzo 1971, n .. 74. Ordmanze di rimessi.0tn.e 21 nov.embre 1969 della :eor.te di appello di Oagliairi (G. U. 16 settembre 1970, n. 235), e 3 aprile 1970 del tribunale di Pailermo (G. U. 21 ottobrie 1970, n. 267). codice di procedura c:ivile, art. 514 (Cose mobili assolutamente impignorabili) {1arrtt. 2, 29 e 30 dell� Costituzione) -Mainiifesta infondatezza. Ordiinanza 22 ma.rzo 1971, n. 60, G. U. 25 maTzo 1971, n. 74. Orditnanza di rimessione 26 luglio 1969 del pretoo:-e di Borgo Vai! di Taro (G. U. 5 dicembre 1969, n. 280). c:odice penale, art. 8 (Delitto poLitico commesso all'estero), :primo e secondo comma (a.rtt. 3 �e 112 della CostituZlione) -Manifesta inammissibilit�. Ordinanza 30' marzo 1971, n. 65, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Or:dinarwa di rimessione 5 1Iuglio 1969 della corte di appello di Venezia, G. U. 24 dicemb:rie 1969, n. 324. , codice penale, art. 163 (Sospensione condizionale della pena), primo c:�omma (�air:t. 27, terzo comma, della Cost:iituz:ione) -Mainifesta infondatezza (134). Ordinanza 30 marzo 1971, n. 64, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Oi'idIDa.nza di rimessione 17 luglio 1969 del tribunale di Milano, , G. U. 22 ottob:1~e 196�9, n. 269. c:odice penale, art. 625 (Circostanze aggravanti), ultimo comma (aTticolo 27, terzo com.ma, della Costituzione) -manifesta infondatezza (135). � Orid:iinanza 30 marzo 1971, n. 64, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordi:iinanza di rimessi0tn.e 11'7 luglio 1969 del tribunail�e di Milano, G. U. 22 ottobre 1969., n. 269. codice penale, art. 635 (Danneggiamento), sec:ondo c:omma, n. 2 Manifesta infondatezza (136). Or:diinanm 1� mafl"zo 1971, n. 36, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. O~diinarnza di rimessione 11 dfoem.bre 1969 del pretore di Milano, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. (133) Questione dichiarata non fondata, in riferimento anche all'art. 4 della costituzionale, con sentenza 25 maggio 1970, n. 75. (134) Cfr. sentenze 10 giugno 1970, n. 86 e 5 aprile 1971, n. 73 della Corte costituzionale. (135) Cfr. sentenza 17 febbraio 1971, n. 22 della Corte costituzionale. (136) Disposizione gi� dichiarata incostituzionale, con sentenza 6 luglio 1970, ~ n. 119, nella parte in cui�prevede come circostanza aggravante e come causa di pro 82 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 725 (Commercio di scritti, disegni o aitTi"'bggetti contrari aUa pubbiica decenza) (art. 21 de.Ha Costituzione) -Manifesta infondatezza (137). Ordinanza 22 mM"zo 1971, n. 61, G. U. 24 ma.rzo 1971, n. 74. Ord1n�nze di r1messione 14 maggio 1970 (tre) e 25 maggio 1970 (due) del tribunale di Spoleto, G. U. 21 ottobre 1970, n. 267. codice di procedura penale, art. 93 (Dichiarazione costitutiva di part.e civ.ile), secondo comma, art. 94 (Formalit� deHa costituzione di parte civile), e art. 468 (Discussione finaie), primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzi001e) -Manifesta infondaitezza (138). Ordinanza 4 mall"zo 1971, n. 44, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordin:anza �di rimeS1Sione 30 giugno 1970 del tribunale di Bus,to Arisi~io, G. U. 7 ottobre 1970, n. 254. codice di proced'ura penale, art. 175 (Notificazione ad altre persone), ultima parte -Restituzione degli atti per un nuovo esame della rilevarr, tz�a (139). 01idinanza 2(; aprile 1971, n. 85, G. U. 28 aprile 1971, n. 106. Ordinanze ,di rimessione 31 marzo 1969 del itribrunale di Torino (G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e 6 agosto 1969 del tribunale di Genova (G. U. 26 ng:vembr:e 1969, n. 299). codice di procedura penale, art. 281 (Facolt� d'impugnazione delle ordinanze suUa libert� provvisoria) -Restituzione degli atti per una nuova valutazione della rilevanza (140). Ordinanza 4 marzo 1971, in. 43, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ord.inanza di rimessione 19 agosto 1970 al giudice istruttore del tribunale di R~a, G. U. 11 novembr:e 1970, n. 286. codice di pl'ocedura penale, art. 304 bis (Atti a cui �possono assistere i difensori), primo comma -Man4festa infondatezza (141). cedibilit� d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale reato sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o� da datori di lavoro in occasione di serrata. (137) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 novembre 1970, n. 159. (138) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 26 giugno 1970, n. 108. Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 94 del codice di procedura penale � stata dichiarata non fondata, in riferimento l;l.ll'art. 24 della Costituzione, con sentenza ,28 dicembre 1968, n. 136. (139) Diversa questione � stata proposta dal pretore di Bologna (ordinanza 9 novembre 1970, G. U. 27 gennaio 1971, n. 22). (140) Disposizione modificata con legge 5 novembre 1970, n. 824. (141) Disposizione dichiarata incostituzionale, con sentenza 16 dicembre 1970, n. 190, limitatamente alla parte in cui escludeva il diritto del difensore dell'imputato di assistere all'interrogatorio, e sostituito poi con d.1. 23 gennaio 1971, n. -2, convertito, con modificazioni, con legge 18 marzo 1971, n. 62. 83 PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Sentenza 30 marzo 1971, n. 62, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanze di rimessione 21 mairzo 1969 del p:r:etooe di Camposampiero (G. U. 13 agosto 1969, n. 207) e 9 febbraio 1970 del pretore di Roma (G. U. 25 marzo 1970, n. 76). codice della navigazione (r.d. 30 marzo 1942, n. 327), art. 1238 (Competenza per le coniravvenzioni), art. 1239 (Oblazione nelle contravvenzioni marittime), art. 1240 (Competenza per territorio), art. 1242 (Decreto di �condanna), art. 1243 (D.iChiarazione di opposizione e d'impugnazione), art. 1245 (Letture permesse di disposizioni testimoniali), e art. 1247 (Conve1rsione deUe pene pecuniarie) -Manifesta inf<IDdatezza (142). Ordinam.za 16 mairzo 1971, n. 52, G. U. 24 marzo 1971, 1ri. 74. Ordiinrunze di irimessione 23 febbraio 1970 della term sezione penale della Corte di cassazione (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), e 3. aprile 1970 del tribuna.le di Roma (G. U. 25 novembre 1970, rn. '299). legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (Risanamento della citt� di N apo�li), art. 15 (aI"tt. 70-76, 3 �e 42 della Cosstituzione) -Inammissibilit�. Serntenza 5 aprile 1971, n. 74, G. U. 7 1aprile 1971, n. 87. Ordinanza di ..rimessione 15 aprile 1969 del tribunaJe di Locri, G. U. 18 giJu.glilo 1969, n. 152. r.d. 24 settembre 1923, n. 2119 (Semplificazione al procedimento di espropriazione per le opere interessanti le ferrovie deilo Stato), art. 2 (airtt. 70-76, 3 e 42 della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza ,5 �aprile 1971, n. 74, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Or:dinanza di rimessione 1"5 aprile 1969 del tribunale di Locri, G. U. 18 giugno 1969, n. 152. legge 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani), artt. 26 e 29 a�rt. 24 della Costituzione) -Manifesta infondatezza. Or:clinaa:iza 30 mairzo 1971, n. 67, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Or:dinall2le di rlmessicme 28 aprile 1969 �dei pretore di Tortorici (G. U. 27 geillllaio 1971, n. 22) e 26 settembre 1969 del pretore di Bronte (G. U. 4 ma�rzo 1970, n. 57). legge 27 maggio 1929, n. 81 O (Esecuzione del Trattato, dei quattro annessi e del Concordato sottoscritti in Roma tra la Santa Sede e (142) Gli artt. 12.38, 1242, 1243, 1246 e 1247 del codice della navigazione sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza 9 luglio 1970, n. 121. 84 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO l'Italia l'll febbraio 1929), art. 34, quarto, quinto e sesto comma Restituzione per una nuova valutazione della rilevanza (143). Ordinanza 1� mairzo 1971, n. 34, G. U. 10 malfzo 1971, n. 62. Or.diinanza rdi �rimessione 31 ottobre 1969 della corte di appello di Bologna, G. U. 6 maggio 1970, n. 113. legge 21 maggio 1929, n. 847 (Disposizioni per l'a.pplicazione del Concordato dell'll febbraio 1929 tJra la Santa Sede e l'Italia, nella pa1�te relativa al matrimonio), art. 17 -Restituzione degli atti per una nuova valutazione delila rUevanza. Ordinanza 1� marrzo 1971, n. 34, G. U. 10 mairzo 1971, n. 62. Ord:iinanza di rimessione 31 ottobre 1969 della �Corte di appello di Bologllla, G. U. 6 maggio 1970, lii. 113. accordo economico collettivo 30 giugno 1938 (Disciplina del rapporto di agenzia e r.appresentanza commerciale), art. 8 (airt. 36 della Costituzione) -Manifesta inammi'SISiibilit�. Ordinanza 22 mair:w 1971, n. 58, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ovdinanza di trimessione 21 nov�embre 1969 della cmte di appello di Cag.Ma�ri, G. U. 16 settembre 1970, n. 235. c�ontratto collettivo nazionale 3 gennaio 1939 (Disciplina del trattamento di malattia di operai dell'industria), richiamato dall'aoct. 1 del d.lg.lgt. 18 aprile 1946, n. 213, art. 19, le++. a (a�rt. 38, secondo comma, della Costituzione) -Inammissibilit�. Sentenza 5 aprile 1971, n. 72, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanz1a di rimessione 6 giugno 1969 del tribunale di Reggio Emilia, G. U. 24 settembre 1969, n. 243. r.d. 25 agosto 1940, n. 1411 (Testo unico delle disposizioni legislative in ma,teria di brevetti per modelli industriali), art. 1o. secondo comma, lettera a (artt. 76 e 77 della Costituzione) -Manifesta imo1I1Jdatez21a. Or.dinanza 5 .ap:r:i1e 1971, n. 77, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di !rimessione 27 marzo 1969 della commissione dei rkor.si in materia di brevetti, G. U. 11 marzo 1970, n. 64. r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta (143) Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, con sentenza 1� marzo 1971, n. 30. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 85 amministrativa), artt. 15, 18, primo comma, e 217 -Manife~.ta infon datezza (144). Ordinanza 22 ma;rzo 1971, n. 49, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanza di rimes.sione 26 giugno 1969 .del tribunale di Milano (arrt. 15; G. U. 11 novembre 1970, n. 286), 2 aprile 1970 del pretore di Brescia (airtt. 15 e 18; G. U. 16 .settembre 1970, n. 235), e 29 aprile 1970 (artt. 15, 18 .e 217; G. U. 16 settembre 1970, n. 23�5). d.lg. 11 febbraio 1948, n. 50 (Sanzioni per omessa denuncia di stranieri o apolidi), art. 2 (art. 3 della Costituzione) -Manifesita inf9ndatezza (145). Ordinanza 5 apr:file 1971, n. 76, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinianza di Timessione 22 novembre 1969, G. U. 4 mairzo 1970, n. 57. / legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni -per le locazioni e subfooazioni di immobiU urbani), art. 37 -ResUtuziorne degli a.tti per un nuovo esame ,sulla rilev�anza. Ordinaa:iza 16 marzo 1971, in. 50, G. U. 24 maJ.'zo 1971, n. 74. 01dinanza di J.'imessione 2.6 marzo 1969 del pl'ietwe di Via-reggia, G. U. 18 giugno 1969, :n. 152. ordinanza 30 maggio 1951 dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanit� (Sanzioni relative al trasporto di carni), art. 2 (art. 25, s.ecoindo comma, della Costituziorne) -Manifesta inammissibilit�. Ordina~a 5 aprile 1971, n. 7�5, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. OJ.'.dinainza di rimessiOIIle 5 febbraio 1970 del pretore di Monfalcone, G. U. �1� aprile 1971, n. 82. d'.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (Testo unico delle leggi sulle imposte dirette), artt. 84, 136, secondo comma, 143, 175, e 176 -Manifesta inammissibilit� (146) (147). Ovdirnanza 16 marzo 1971, n. 53, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Ordinanze di rimessiorne 18 dicembre 1968 della commissione distrettuale delle imposte di Napoli (artt. 175 e 176; G. U. 16 settembre (144) L'art. 15 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 � stato dichiarato incostituzionale, con sentertza 16 luglio 1970, n. 141, nella parte in cui non prevedeva l'obbligo del tribunale di disporre la comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio per l'esercizio del diritto di difesa nei limiti compatibili con la natura di tale procedimento. Le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. 18 e 217 sono state dichiarate non fondate rispettivamente con sentenze 22 novembre 1962, n. 93 e 26 luglio 1970, n. 141. (145) Cfr. sentenze 26 giugno 1970, n. 109 e 26 giugno 1969, n. 104 della Corte costituzionale. (146) In quanto questioni proposte da .organi non giurisdizionali. (147) Questioni dichiarate non fondate con sentenza 4 luglio 1963, n. 114 per l'art. 175, e con sentenza 3 luglio 1967, n. 77 per l'art. 176. L'art. 136, lett. b, del 86 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 1970, n. 235), 30 ottobre 1969 della commissione distrettuale de�le imposte di PeSM"o (airt. 143; G. U. 25 novembre 1970, n. 299), 16 marzo 1970 (quattro) della commissione provinciale delle imposte di Bologna (art. 84; G. U. 11 novembre 1970, n. 286), e 18 marzo 1970 della commissione distrettuale delle impOISlte di Lecce (art. 136, secondo comma; G. U. 9 dicembre 1970, n. 311). d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 '(Testo unico deUe leggi suUe imposte dirette), art. 207, lett. b, (artt. 3, 24,. 29, primo comma, 30, ipr:imo comma, 42, 47 .e 113 della Costituzione) -Manifesta� infondatezza (148). Ordinanza 16 marzo 1971, n. 51, G. U. 24 marzo 1971, n. 74. Oridinainz.e di rimessione 30 luglio 1969 del pretore di San Giova1rmi in Fiore (G. U. 10 .dicembre 1969, n. 311) e 11 marzo 1970 del pretore di Siena (G. U. 22 aprile 1970, n. 102). d.P.R. 14 lugli-o 1960, n. 1011 �(Norme sui licenziamenti individuali dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali) (aJ:!t. 39 della Costituzione) -Miani:llesta inf001daitezza (149). Ordinanza 30 marzo 1971, n. 63, G. U. 7 aprile 1971, n. 87. Ordinanza di rimessione 22 maggio 1967 del tribU!llale di Napoli, G. U. 24 1settembre 1969, n. 243. d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e normativo degli opern,i e degli impiegati addetti alle industrie edilizie ed affini), articolo unico, nella parte iin cui rende efficaci erga omnes gli artt. 34 .e 62 del contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959 per gU addetti all'�edilizia -Manifesta infondatezza (150). Sentenza 4 ma1r.zo 1971, n. 42, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Or�d:inanz,a di rimessione 18 marzo 1969 del pretore di Teramo, G. U. 2 luglio 1969, 1969, n. 165. d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 � stato dichiarato incostituzionale con sentenze 15 dicembre 1967, n. 135 e 18 novembre 1970, n. 160. (148) Questione dichiarata non fondata con .sentenze 16 giugno 1964, n. 42 (artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione), 26 novembre 1964, n. 93 (artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione), 20 dicembre 1968, n. 129 (art. 113 della Costituzione), e 26 giugno 1969, n. 107 (artt. 3., primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, primo comma, e 42, secondo comma, della c"ostituzione). Analoga questione � stata dichiarata non fondata, con sentenza 2 febbraio 1971, n. 13, anche per la lett. a dell'art. 207. (149) Questione dichiarata non fondata con sentenza 8 luglio 1967, n. 98. Il d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011 � stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 26 maggio 1966, n. 50, per la sola parte in cui disciplina l'intervento di conciliazione delle organizzazioni di categ.oria. Con la stessa sentenza � stata dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 76, 77 e 102 della Costituzione, la questione di legittimit� dell'articolo unico del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1011 in quanto rende obbligatorio erga omnes l'accordo interconfederale del 18 ottobre 1950 nella parte in cui definisce la cognizione della controversia a Collegi di conciliazione e di arbitrato. (150) Nella parte sopra indicata l'articolo unico del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato gi� dichiarato incostituzionale con sentenza 13 luglio 1963, n. 129. Per le PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 87 d.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481 (Norme sul trrattamento econoffilco e normativo dei dipendenti da imprese commerciali), nella �parte in cui rende obbligatoirie erga omnes le �disposiziom dell'accordo nazionale 29 aprile 1957 sulla scala mobile nel settore del comm:er:cio (arlt. 23 e 70 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (1'51). Ordinanza 1� marzo 1971, n. 35, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanza di rimessione 29 maggio 1969 del pretoce di Modica, G. U. 24 settembre. l969, n. 243. legge 2 marzo 1963, n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi 1 alle Sezioni specializzate agrarie), artt. 3, quarto comma, e 4, .primo comma (all'ltt. 52, 102, 104 �e 108 della Costituzione) -Manifesta infondatezza (152). Ordinanza 1� mall'zo 1971, .n. 37, G. U. 10 'Inarzo 1971, n. 62. Ordinanze 15 gennaio� 1970 (due) de1la sezione .spec1alizz�ata agraria del :tribunale di Grosseto, G. U. 7 ot.tobr:e 1970, .n. 254. d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione deUe frodi nella preparazioine e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 76, primo comma (all'lt. 76 della Costituzione) -Mani:t�esta irifondaitezza (153). Or:dinanza 4 mall"zo 1971, n. 45, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ordinanze di rimessione 6 maggio 1970 del tribunale di Treviso (G. U. 2 settemb!L"e 1970, n. 222), 22 giugno 1970 �del tribunale �di Macerata (G. U. 7 ottobre 1970, n. 254), 21 settembre 1970 della corle di appello di Bologna (G. U. 25 nov�embre 1970, n. 299) e 26 orttobre 1970 del tribunale idi BoJzano (G. U. 23 dicembre 1970, n. 324). legge 31 maggio 1965, n. 575 (Dispos.izioni contro la mafia), art. 6 (art. 3 deUa Costituzione) -Manifesta infondatezza. Ordinanza 30 mall'zo 1971, n. 66, G. U. 7 agosto 1971, in. 87. Ordinanza di ll'lln~one 25 ottobr.e 1969 �del pretoire di Cernfo, G. U. 7 gennaio 1970, n. 5. legge 20 marzo 1968, n. 304 (Modifica degli artt. 64 e 65 del regolamento di polizia, sicurezza e regolarit� dell'esercizio deUe strade fer altre declaratorie di illegittimit� costituzionale della disposizione v. in questa Rassegna, 1969, II, 103, nota 68, oltre la stessa sentenza 4 marzo 1971, n. 42. (151) Altra questione di legittimit� costituzionale del d.P.R. ,2 gennaio 1962, n. 481 � stata dichiarata non fondata con sentenza 20 marzo 1970, n. 41. (152) Questione dichiarata non fondata, in riferimento agli artt. 104, 105 e 108 della Costituzione, con sentenza 2 aprile 1970, n. as. ~ (153) Questione dichiarata non fondata con sentenza 20 gennaiO 1971, n. 3. 23 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rate, approvavo con regio decreto 31 ottobre 1873, n. 1687)�, articolo unico (a-r:t. 25, secondo �Comma della Costituzione) -Manifesta infonda. tez:zia. � Ordiinanza 26 aprile 1971, n. 84, G. U. 28 aprile 1971, n. 10.6. Ordinanza di rimessione 31 ottobre 1969 del pretore di Recanati, G. U. 28 gennaio 1970, n. 24. legge 16 maggio 1970, n. 281 (Provvedimenti finanzia1�i per l'attuazione delle Regioni �a statuto ordinario), art. 1�7, ne11a .pall'!te in cui pil"evede iil dcorso alla delegazione legis1a1tiv>a per il tra,sferimento delle funzioni -� Inamm1ssibilit�. Sentenza 4 ma1rzo 1971, n. 39, G. U. 10 marzo 1971, n. 62. Ricovso della Regione veneta, depositato il 9 settembre 1970, G. U. 11 novembre 1970, n. 286. ��CONSULTAZIONI ATTI AMMINISTRATIVI Vizi di notifica -Rilevanza -.Limiti. Se i vizi di notifica di un provvedimento amministrativo incidano sulla . legittimit� deli'atto ovvero solo sulla decorrenza del termine utile per il ricorso (n. 23). BELLEZZE ..ARTISTICHE E NATl:JRALI Legge 29 giugno 1939, n. 1497 -�Ordini di ripristino -Efficacia nei confronti dei successivi 'P'cquirenti del bene. � Se il decreto ministeriale che dispone la demolizione o la. reductio in pri~inum di un fabbricato, costruito o modificato 1n violazione di un vincolo apposto ai .sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, possa considerarsi efficace ancbe nei .confronti dei successivi acquirenti che ignorano la violazione, e se questi, conseguentemente, siano tenuti a darvi esecuzione (n. 21). ( Licenza di abitabilit� a costruzioni abusive. ! Se l'autorizzazione all'abitabilit~ possa essere negata per ragioni di carattere strettamente edilizio,�urbanistico e �paesistico (n. 22). Se il p�tere di ordinare la demolizione, ai .�sensi della legge urbanistica, possa essere esercitato in relazione a costruzioni eseguite in violazione alla legge 25 giugno 1939, n. 1497 sulla tutela '.delle bellezze naturali (n. 22).. CIRCOL�ZIONE STRADALE Recupero delle s~nzioni pecuniarie previste dalla legge n. 317 del �1967. Se l'ordinanza previ-sta dall'art. 9 della legge n. 317 del 1967 conservi efficacia anche dapo il decorso di novanta giorni dalla notifica (n. 24). COMUNI E PROVINCIE Contributi dello Stato per ope1�e di interesse di enti locali. Se, ai .fini delle integrazioni dei contributi, possa valutarsi a posteriori l'ammissibilit� in linea tecnica di maggiori spese, anche per compensi revisionali, o di opere ag.giuntive (n. 137). ' Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a ~� conhibu~o la spesa per �compensi revisionali 'relativi ad opere del Comune di Roma originariamente non assistite dal contributo me.4esimo (n. 137). 90 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CONCESSIONI AMMINISTRATIVE Attivit� sciatoria -Esercizio di impianti di risalita Manutenzione delle piste di discesa. Se i concessionari di impianti di risalita siano tenuti a provvedere alla manutenzione ed alla battitura delle piste di discesa e se l'esercizio dell'attivit� a� cui la concessione si riferisce non debba ipoter essere consentito, se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, ove del caso, anche con l'imposizione, come determinazione accessoria della concessione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 101). CONCORSI Riserve di posti -Legge 2 aprile 1966, n. 482 -Concorsi a posti di ostetrica condotta. Se l'art. 12 della legge 2 aprile 1.968, n. 482 possa applicarsi ed in quali limiti anche al concorso a posti di ostetrica condotta (n. 17). CONTRIBUTI Contributi dello Stato per opere di interesse di enti loca~i. Se, ai fini delle integrazioni dei contributi, possa valutarsi a posteriori l'ammissibilit� in linea tecnica di maggiori spese, anche per compensi revisionali, o di opere aggiuntive (n. 91). , Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a contributo l'opera per compensi revisionali relativi ad opere del Comune di Roma originariamente non assistite dal contdbuto medesimo (n. 91). Versamento di contrib'ltti agli Uffici del Tesoro -Ritardo -Imputabilit� Interessi. Se siano dovuti gli interessi sui contributi versati tardivamente in occasione di chiusura degli Uffici del Tesoro per agitazioni sindacali (n. 92). COSTITUZIONE Oanoni demaniali -Adeguamento -Legge 21 dicembre 1961, n. 1501. Se debba ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 4 della legge 21 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento dei canoni demaniali, in riferimento all'art. 23 della Costituzione (n. 55 ). � . DANNI DI GUERRA Differimento del pagamento delle rate di indennizzo in pendenza di ricorsi. Se l'Amministrazione del Tesoro, analogamente a quanto stabilito dall'art. 3 della legge 11 febbraio 1958, n. 89 per fipotesi di ricorso al Mi-��� PARTE II, CONSULTAZIONI nistro avverso il provvedimento intendentizio di liquidazione, possa differire i pagamenti anche nel caso di proposizione di ricorsi giurisdizionali o di ricorsi al Capo dello Stato o in pendenza dei relativi termini (n. 140). DAZI DOGANALI Interessi -Legge 26 gennaio 1961, n. 29. Se le disposizioni .sugli interessi, di �CUi alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, si applichino, ed eventualmente in quali limiti, per le imposte diverse da quelle indirette sugli affari (n. 50)."" .Quali siano le imposte indi!l'ette-sugli affari a �cui .si a�pplicano le disposizioni della legge 26 gennaio 19�61, n. 29, sugli interessi (n. 50). DEMANIO Canoni demaniali -Adeguamento -Legge 21 dicembre 1961, n. 1501. Se debbp. ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimit� �costituzionale dell'art. 4 della legge 21 dicembre 1961, n. 1501 sull'adeguamento dei canoni demaniali, in riferimento all'art. 23 della Costituzione (n. 234). EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE Legge 30 dicembre 1960, n. 1676 -Assegnazione di alloggi a lavoratori agricoli. � Se l'art. 8 d.P.R. 23 maggio 1964, n. 655 debba interpretarsi nel senso che il computo dell'anzianit� di iscrizione dei lavoratori agricoli, aspiranti assegnatari di alloggi popolari ed economici, negli elenchi anagrafici di cui all'art. 24 del d.P.R. 14 febbraio 1962, n. 128 (regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1960, n. 1676) debba essere effettuato senza tenere conto de.gli anni di iscrizione precedenti ad eventuali interruzioni e, dunque, limitatamente al periodo successivo all'�ltima interruzione (n. 225). ESECUZIONE FISCALE Recupero delle sanzioni pecuniarie previste dalba legge n. 317 del 1967. Se l'ordinanza prevista dall'art. 9 della legge n. 317 del 1967 conservi efficacia anche dopo il decorso di novanta giorni dalla notifica (n. 78). ESPROPRIAZIONE PER P.U. Espropriazione per p:u. nella Regione Trent,ino-Alto Adige. Se appaia in contrasto con la Costituzione H criterio di indennizzo fissato nella legge della Regione Trentino-Alto Adige del 17 febbraio 1966, n. 5 sulla base del criterio di stima della c.d. legge di Napoli (n. 296�). 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPIEGO PUBBLICO� Giurisdizione in tema di danni cagionati all'Amministrazione da un .cara. biniere ausiliario. Se il carabiniere ausiliario, il quale iibbia cagionato danno a1l'Amministrazione dello Stat�, ai sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1833, sia sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilit� amministrativa (n. 714). Inquadramento -Qualifiche. Se sia applicabi.Ie al rappo:rto d'impiego dei dtpendenti di enti pubblici la norma dell'art. 2103 del codice civile (rigua'l."dante le mansioni dei dipendenti) dopo la modifica dispostane dall'art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavoratori) (n. 715). Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori). Se le disposizioni alla legge 20 maggio 1970, n. 300 (statuto dei lavo ratori) siano applicabili ai rapporti di lavoro del personale di un ente pubblico il cui statuto 'prevede l'emanazione, peraltro non ancora avvenuta, di no'l."me speciali riguardanti il personale (n. 715). IMPOSTA DI CONSUMO Imposta erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla Cassa per il Mezzogiotno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della legge 29 luglio 1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento (n. 19). Se, conseguentemente, l'energia elettrka fornita alla Cassa. per il Mezzogiorno �sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo (n. 19). IMPOSTA DI REGISTRO Agevolazioni -Limiti generali dell'interpretazione c.d. finalistica -Convenzioni per il servizio di tesoreria previste d:alla legge 24 novembre 1961, n. 1283. Se la norma a.gevolativa di cui all'art. 1, secondo comma, della legge 24 novembre 1961, n. 1283, riguardante le convenzioni per il servizio di tesoreria stipulate con le aziende di credito dagli Istituti indicati nel primo comma del medesimo articolo, ricomprenda anche la pattuizione relativa all'anticip~zione di somme da parte del tesoriere e, in ogni caso, se l'agevolazione stessa .possa ritenersi applicabile in via di interpretazione estensiva, in corrsiderazione del rapporto di strumentalit� tra Ia pattuizione suddetta .e la convenzione disciplinante il servizio di tesoreria (n. 338). PARTE II, CONSULTAZIONI 93 Agevolazioni per il trasferimento di fondi. rustici. Se il beneficio della tassa fissa, previsto dall'art. 4 della legge 29 novembre 1962, n. 1680, si applichi anche al trasferimento della nuda pro-' priet� di part� indivisa o determinata di fondi rustici, provenienti dalla stessa eredit~ di agricoltore diretto, posto in essere a favore di erede parimenti agricoltore coltivatore diretto .(n. 339). Agevolazioni per l'edilizia -Ter~ini di costruzione -Leggi nazionali e leggi regionali siciliane. Se l'art. 5 della legge r,egionale siciliana 30 luglio 1969, n. 29 importi proroga dei termini ivi richiamati per l'ultimazione della costruzione, anche con riferimento ai trasferimenti iprevisti dalla legge. reg. 14 giugno 1965, n. 14 e, in .caso affermativo, se importi anche proroga del termine per la presentazione del certificato di abit�bilit� previsto dalla detta legge reg. 14/1965 (n. 340). � Se la legge reg. sic. 30 luglio 1969, 11. 29, importi solo proroga�dei termini per l'u.ltimazione del fabbricato previsti dalle leggi .regionali ivi richiamate o importi in generale proroga deHa legge reg. sic. 18 ottobre 1954, n. 37 (n. 340). Se, dopo l'entrata in vigore della legge reg. 30 luglio 1969, n. 29, possano continuare a sostenersi� le pretese fiscali per decadenza dai benefici per l'edilizia, gi� verificatesi e determinate da mancata osservanza dei termini (n. 340). Se l'inosservanza dell'obbligo di denunzia dell'ultimazione dei lavori entro un anno dalla stessa (o entro un anno dall'entrata in vigore del d.l.) previsto dall'art. 6 d.l. 11 dicembre 1967, n. 1150 -comporti la decadenza dai benefici (n. 340). S'e l'inosservanza de1l'obbligo di denunzia dell'ultimazione dei lavori entro un anno �dall'ultimazione stessa (o entro un anno dall'entrata in vigore .della legge) di �cui all'art. 7 legge reg. sic. 30 luglio 1969, n. 29, �Comporti decadenza dai benefici (n. 340). Bonifica d~ell'agro romano -Agevolazioni. Se il beneficio della tassa fissa di registro ed 1potecaria possa applicarsi agli atti di donazione posti in essere ai fini della bonifica dell'agro romano, prima dell'entrata in vigore della legge n. 1271 del 1964 (n. 341). Se detti atti siano soggetti all'imposta sul valore globale (n. 341). Concessioni ad redificandum -Accertamento di valore. Se il valore da attribuire alle singole concessioni ad redificandum per l'imposta di registro debba accertarsi in modo autonomo rispetto al valore del trasferimento della propriet� dell'area (n. 342). Contratti dello Stato -Termine registrazione -Decorrenza. Se, per la decorrenza del termine d� registrazione dei contratti dello Stato, occorrano, in ogni caso, l'emanazione e la comunicazione del decreto di approvazione del verbale di aggiudicazione o del contratto formale (n. 343). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STAT� Enfiteusi -Accertamento di valore. Se sia ammissibile l'accertamento di� valore ai fini dell'imposta di registro per i contratti relativi all'enfiteusi (n. 344). Legge 27 settembre 1963, n. 1317 -Aliquote -Atti stipulati prima dell'ent1 �ata in vigore della legge 27 settembre 1963, n. 1317 e registrati posteriormente. Se l'art. 150 della legge di registro enunci un princ:iipio di ordine generale applicabile quindi alla legge n. 1317 del 1963 (n. 345). Trasferimento del dominio utile di un'area edificabile -Agevolazioni fiscali. Se nel caso di trasferime:nto del dominio utile relativo ad area fabbricabiiJ. e, l'acquirente, impegnandosi a costruire su detta area una �Casa d1 civile abitazione non di lusso, possa chiedere le agevolazioni fiscali di cui alla legge 2 luglio 1949, n. 408 (n. 346). IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE Legge n. 1316 del 1960, art. 199 bis. -Decorrenza di applicazione dell'indennit�. Se l'indennit� per ritardato sgravio di imposte pagate, di cui all'articolo 199 bis della legge 1316 del 1960, sia dovuta unicamente per i rimborsi da eseguirsi con riferimento ai ruoli, per i quali �l'ultima rata venga a scadere dopo il 1� gennaio 1961, data di entrata in vigore della suddetta legge, ovvero anche con riferim�nto ai ruoli di scadenza anteriore (n. 48). Opposizione avverso i ruoli. Se l'opposizione avverso i ruoli delle imposte dirette vada proposta con ricorso all'ufficio previsto dall'art. 188 t.u. imposte dirette, o sia ammesso in sua vece ricorso gerarchico all'Intendente di finanza (n. 49). IMPOSTE DIRE'fTE Opposizione avverso i ruoli. Se l'opposizione avverso i ruoli delle imposte dirette vada proposta con ricorso all'ufficio previsto dall'art. 188 t.u. imposte dirette, o sia ammesso in sua vece ricorso gerarchico all'Intendente di finanza (n. 1). IMPOSTE E TASSE Interessi -Legge 26 gennaio 1961, n. 29. Se le disposizioni sugli interessi, di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, si applichino, ed .eventualmente .in quali limiti, per le imposte diverse da quelle indirette sugli affari (n. 537). Quali siano le imposte indirette sugli affari a cui si applicano le disposizioni della legge 26 gennaio 1961, n. 29, sugli interessi (n. 537). PARTE II, CONSULTAZIONI Legge �n. 1316 del 1960, art. 199 bis -Decorrenza di applicazione dell'indennit�. Se l'indennit� pe:r ritardato sgravio di imposte pagate, di cui all'articolo 199 bis della legge 1316 del 1960, sia dovuta unicamente per i rimborsi da eseguirsi con riferimento ai_ ruoli, per i quali <l'ultima rata venga a scadere dopo� il 1� gennaio 1961, data di entrata in vigore della suddetta legge, ovvero anche con riferimento ai ruoli di scadenza anteriore (n. 538). IMPOSTE VARIE Impost.a erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla Cassa per il Mezzogiorno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della legge 29 luglio 1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento (n. 46). Se, conseguentemente, l'energia elettrica fornita alla Cassa per il Mezzogiorno sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo (n. 46). �Interessi -Legge 26 gennaio 1_961. n. 29. Se le disposizioni sugli interessi, di �cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29, si applichino, ed eventualmente in quali limiti, per le imposte diverse da quelle indirette sugli affari (n. 47). Quali siano le imposte indirette �sugli affari a cui si applicano le dispdsizioni della legge 26 gennaio 1961, n. 29, sugli interessi (n. 47) . . INFORTUNI SUL LAVORO Comitato nazionale per l'energia nucleare.-Ispezioni congiunte e separate previste dall'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 -Potere di diffida. Se, nel caso delle ispezioni congiunte (J.sp. Lav. e Isp. CNEN), di cui al iprimo comma dell'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, all'esercizio della facolt� di diffida da parte dell'Ispettore del Lavoro sia subordinato ogni obbligo di denuncia del reato accertato da parte dell'Ispettore del CNEN (n. 51). S'e, nel caso di ispezione �Separata, ai sensi del secondo comma dell'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, debba escludersi che all'Ispettore del CNEN competa la facolt� della diffida e ritenersi invece che spetti piuttosto l'obbligo di riferire preventivamente all'Ispettorato del Lavoro,..adottati i necessari provvedimenti, salvo J.'obbligo di provvedere alla denuncia nelle materie di sua esclusiva competenza (n. 51). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LAVORO Servizi di facchinaggio -Appalto. Se sia consentito ricorrere all'appalto per i servizi di facchinaggio (n. 60). Se sia consentito appaltare detti �Servizi ad imprese diverse dalle cooperative o carovane di facchini liberi esercenti (n. 60). Servizio di pulizia -Uffici locali �e agenzie postali. Se le pattuizioni concluse oralmente e ,senza indicazione deHe ore lavorative per l'assunzione delle persone addette alla pulizia dei sopraindicati uffici o agenzie, ingeneri a carico dell'Amministrazione l'obbligo di provvedere al versamento dei contributi assic~ativi per le persone che effettuano il .servizio di pulizia negli uffici locali e agenzie postali (n. 61). LOCAZIONE DI COSE Clausola di risoluzione anticipata di contratti di locazioni passive dello Stato. Se l'assenso del Ministero alla stipulazione di �un nuovo contratto di locazione sia di per .s� idoneo a 1.rendere operativa la clausola di risoluzione anticipata, " nelfinteresse del pubblico servizio �, dei contratti di locazione passiva dello Stato, nel caso in cui dal procedimento del nuovo contratto assentito non risultino obbiettive ragioni che giustifichino la cessazione del contratto originario (n. 141). Se sia possibile invocare come causa dii risoluzione e nell'interesse del servizio �, la mag.giore convenienza di un nuovo contratto (n. 141). MEZZOGIORNO Imposta erariale di consumo sull'energia elettrica -Cassa per il Mezzogiorno. Se l'imposta erariale di consumo, sull'energia elettrica fornita alla Cassa per il Mezzogiorno, rientri tra i tributi indicati nell'art. 26 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (richiamato dall'art. 31 della leg.ge 29 luglio 1957, n. 634), per i quali la Cassa stessa corrisponde la quota di abbonamento (n. 47). Se, conseguentemente, l'energia elettrica fornita-alla Cassa per il Mezzogiorno sia assoggettabile al pagamento dell'imposta erariale di consumo (n. 47). OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Versamento di contributi agli Uffici del Tesoro -Ritardo -Imputabilit� Interessi. Se siano dovuti gli interessi sui contributi versati tardivamente fn occasione di chiusura degli Uffici del Tesoro per agitazioni sindacali (n. 49). PARTE II, CONSULTAZIONI 97 OPERE PUBBLICHE Contributi dello Stato per opere di interesse di enti locali. Se, ai fini delle integrazioni dei eontributi, possa valutarsi a posteriori l'ammissibilit� in linea tecnica di maggior spese, anche per compensi revisionali, o di opere aggiuntive (n. 89). Se, ai sensi della legge 25 novembre 1964, n. 1280, sia ammissibile a �ontributo la spesa per compensi revi,sionali relativi ad opere del Comune di Roma originariamente non assistite dal contributo medesimo (n. 89). PIANI REGOLATORI Licenza di abitabilit� a costruzioni abusive. Se l'autorizzazione all'abitabilit� possa essere negata per ragioni di carattere �strettamente edilizio, urbanistico e paesistico (n. 22). � Se il potere di ordinare la demolizione, ai sensi deHa Ieg�ge urbanistica, possa essere eserdtato in relazione a eostruzioni eseguite in violazione alla legge 25 giugno 1939, n. 1497 sulla tutela dell.e bellezze naturali (n. 22). PREVIDENZA E ASSISTENZA Servizio di pulizia -Uffici locali e agenzie postali. Se le pattuizioni concluse oralmente e :senza indicazione delle ore lavorative per l'assunzione delle persone addette a1la pulizia dei sopraindicati uffici o agenzie, ingeneri a carico dell'Amminlstrazione l'obbligo di provvedere al versamento dei contributi assicurativi per le persone che effettuano il servizio di pulizia negli uffici locali e agenzie postali (n. 78). PROCEDIMENTO PENALE Comitato nazionale per l'energia nucleare -Ispezioni congiunte e separate previste dall'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 -Potere di diffida. Se nel caso delle ispezioni congiunte (Isp. Lav. e Isp. CNEN), di cui al primo comma dell'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, all'eser cizio della facolt� di diffida da �parte dell'Ispettore del Lavoro sia subor dinato ogni obbligo di denuncia del reato accertato da parte dell'Ispettore del CNEN (n. 13). Se nel caso di ispezione separata, ai sensi del secondo comma del l'art. 14 del d.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185, debba escludersi che all'Ispet tore del CNEN competa la facolt� della diffida e ritenersi invece che spettj piuttosto l'obbligo di riferire preventivamente all'Ispettorato del Lavoro, adottati i necessari provvedimenti, salvo l'obbligo di provvedere alla de nuncia nelle materie di sua esclusiva eompetenza (n. 13). 98 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO REGIONI Espropriazione per p.u. nella Regione Trentino-Aito Adige. Se appaia in contrasto con la Costituzione il criterio di indennizzo fissato nella _legge della Regione Trentino-Alto Adige del 17 febbraio 1966, n. 5 sulla base del criterio di stima de1la c.d .. legge di Napoli (n. 181). RESPONSABILIT� CIVILE Giurisdizione in tema di danni cagionati all'Amministrazione da un carabiniere ausiliario. Se il carabiniere ausiliario, il quale abbia cagionato danno all'Amministrazione dello Stato, ai sensi della J.egge 31 dicembre 196�2, n. 1833, sia sottoposto allp giurisdizione della Corte dei Conti ip. materia di responsabilit� amministrativa (n. 254). TRASPORTI Attivit� sciatoria -Esercizio di impianti di risalita -Manutenzione delle piste di discesa. ' Se i concessionari di impianti di risalita siano tenuti a provvedere alla manutenzione ed alla battitura delle piste di discesa e se l'esercizio dell'attivit� a cui la concessione si riferisce non debba poter essere c0nsent�to, se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, ove del caso, anche con � l'i.rriposizione, come determinazione accessoda della concesi;;ione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 73). TURISMO E SPORTS Attivit� �sciatoria -Esercizio di impianti di risalita -Manutenzione delle piste di discesa. Se i concessionari di impianti di risalita �siano tenuti a prov~�dere alla manutenzione ed alla battitura delle piste 'di discesa e se l'esercizio dell'attivit� a cui la concessione si riferisce non debba. poter essere consentito, se non subordinatamente alla praticabilit� delle piste, da assicurare, ove del caso, anche con l'imposizione, come determinazione accessoria della concessione, di un obbligo nei sensi sopra indicati (n. 21).