ANNO XXI -N. 2 MARZO -APRILE 1969 ANNO XXI -N. 2 MARZO -APRILE 1969 
RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1969 

-



ABBONAMENTI 

ANNO ................................ L. 7.500 


UN NUMERO SEPARATO ................. , � 1.300 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(18212680) Roma, 1969 -Istituto PO'Hgrl!Tico deHo Stato P. V. 



INDICE 


Parte prima: GIU.R0ISiPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E INTER-� 

NA~IONALE (a cura del/'avv. Michele Savarese) pag. I75 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdel/'
avv. Benedetto Saccari) � 230 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura 
tro de Francisc11 � � � , . . � . � 
dell'avv. 
� � 
Pie
� 245 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura del/'
avv. Ugo Gargiulo) . . . � 261 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura del/'avv. 
Giuseppe Angelini Rota e del/'avv. Carlo Bafi/e) � 268 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUBBLICHE, 
APPALTI E FORNITURE (a cura del/'avv. 
Franco Carusi) � � .� , � � � � . � � 347 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Antonino 
Terranova} . I � � 36 r 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOT0IZIARIO 

RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura dell'avv. luigi Mazzella} . . . pag. 43 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE (a cura dell'avv. Arturo Marzano) � 45 
CONSULTAZIONI � 46 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 

UGO GARGIULO 



ARTICOLI, NOTEt OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

BAFILE C., Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle 
cessioni di credito connesse con operazioni bancarie di finanziamento 
. . ...., . . . . . . ..... pag. 273 
BAFILE C., Considerazioni.� sull'interruzione della prescrizione 
delle imposte indirette . . . . . . . . . . 280 
LAPORTA. S., L'inapplicabilit� delle agevolazioni della legge 
n. 408 det 1949 aHa vendita isolata dei negozi . . . . . . 336 
PALATIELLo A., Il principio della !correlazione tra l'accusa e la 
sentenza, con particolare riguardo ai reati colposi . . 359 
DI TARSIA P., Il momento consumativo del reato di truffa e il 
reato continuato . . . . . . . . . . . . . . . . . 369 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Contratti 
di appalto stipulato 
dalla Cassa per il Mezzogiorno 

o dai suoi concessionari -Obbligo 
contrattualmente assunto 
dalle parti di uniformarsi alle 
disposizioni del capitolato generale 
della Cassa -Validit� limitata 
alle materie parallelamente 
disciplinate dal Cap. gen. 
00. PP. 1962 con norme di carattere 
dispositivo -Sussiste Prevalenza 
delle regole stabilite 
dal Cap. gen. 00. PP. 1962 con 
norme di carattere inderogabile 
-Sussiste -Applicazione in materia 
di controversie fra appaltatore 
e stazione appaltante, 
348. 
-Appalto di opere pubbliche Onere 
della riserva �immediata 
incombente sull'appaltatore 
Funzione -Portata generale in 
ordine a qualsiasi pretesa a maggiori 
somme di danaro da parte 
dell'appaltatore -Sussiste -Momento 
di operativit�, 350. 

-Arppalto di opere pubbliche Riserve 
dell'appaltatore -Esame 
in via amministrativa -Provvedimento 
generico di � rigetto 
delle riserve perch� infondate in 
fatto e in diritto � -Portata Rinunzia 
dell'Amministrazione 
committente ad avvalersi in giudizio 
dell'eccezione di decadenza 
delle riserve per intempestivit� 
delle medesime Esclusione, 

351. 
-Appalto di opere pubbliche Sospensione 
dei lavori disposta 
dall'Amministrazione committente 
-Pretese dell'appaltatore a 
maggiori compensi o indennizzi 
per il fatto della sospensione Necessit� 
della riserva immediata 
-Sussiste -Momento di 
operativit�, 350. 

-V. anch� Regioni. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

V. Imposta di registro, Procedimento 
civile, Reato, Tributi locali. 
ARBITRATO 

-Impugnazione per nullit� della 
sentenza arbitrale -Giudizio di 
impugnazione Ammissibilit� 
di impugnazioni incidentali 
Esclusione, 351. 

AUTORIZZAZIONE AMMINISTRATIVA 


V. Imposta di registro. 
CACCIA E PESCA 

-V. Sicilia. 

CASSAZIONE 

-V. Procedimento civile. 

CITAZIONE 

-V. Procedimento civile. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Impiego pubblico -Atto formale 
di nomina -Mancanza -Giurisdizione 
del giudice ordinario, 

240. 
Impiego pubblico -Elementi essenziali 
del rapporto -Atto formale 
di nomina, 236. 

Sequestro giudiziario di un bene 
che abbia formato oggetto di 
provvedimento amministrativo 
di rilascio -Ammissibilit�, 230. 



VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COMUNI E PROVINCIE 

-Vari.azioni alle circoscrizioni dei 
Comuni -Diritto di iniziativa 
spettante ai cittadini contribuenti 
-Illegittimit� costituzionale, 

226. 
- 
Variazioni alle circoscrizioni dei 
Comuni -Riserva di legge Inapplicabilit� 
al legislatore statale, 
226. 

CONFLITTO DI ATTRIBUZIONI 

-Sardegna -Ente di sviluppo dell'agricoltura 
in Sardegna -Approvazione 
del bilancio da parte 
del Ministero dell'agricoltura e 
foreste -Legittimit�, 179. 

-Sardegna -Ente di sviluppo 
dell'agricoltura in Sardegna Commissione 
d'indagine nominata 
dalla Regione -Illegittimit�, 
179. 

CONTRATTI .AJGRARI 

-Norme in materia di enfiteusi e 
prestazioni fondiarie perpetue -
Assoggettabilit� alla normativa 
anche dei rapporti conclusi successivamente 
al 28 ottobre 1941 

Illegittimit� costituzionale, 

212. 
- 
Norme in materia di enfiteusi e 
prestazioni fondiarie perpetue Illegittimit� 
costituzionale delle 
norme nel complesso relative a 
singole disposizioni -Esclusione, 

212. 
COSA GIUDICATA 

-V. Imposta di registro, Imposte 
e tasse in genere. 

COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 


-Decreti legge -Legge di convei:sione 
-Emendamenti -Efficacia 
-Legge di conversione 18 dicembre 
1964, n. 1350 -Emenda


�menti soppressivi -Efficacia �ex 
nunc � -Fattispecie in tema di 
disciplina fiscale di prodotti petroliferi, 
256. 

-V. anche Comuni e Provincie, 
Conflitto di attribuzioni, Contratti 
agrari, Fallimento, Filiazione, 
Imposta di registro, Nobilt�, 
Pensione, Previdenza e assistenza, 
Procedimento civile, Procedimento 
penale, Rapporto di lavoro, 
Reato, Sicilia, Sicurezza 
pubblica. 

DANNI DI GUERRA 

-Contributo di riparazione -In 
luogo di contributo di ricostruzione 
-Discrezionalit� -Insindacabilit�, 
267. � 

-C:ontributo di riparazione 
Provvedimento concessivo -Motivazione 
per relationem -Legittimit�, 
266. 

EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Case popolari per famiglie bisognose 
e senza tetto delle zone 
alluvionate in Calabria -Costruzioni 
effettuate dal Ministero 
dei Lavori Pubblici -Espropriazione 
-Indennit� -Criteri di 
determinazione -Legge di Napoli 
-Applicabilit�, 252. 

-Cessione in propriet� di alloggi 
costruiti con contributo statale Alloggi 
la cui concessione sia essenzialmente 
condizionata alla 
prestazione in loco di un determinato 
servizio presso pubbliche 
Amministrazioni Esclusione 
dalla cessione in '.Propriet� -Condizioni, 
230. 

ENFITEUSI 

- 
V. Contratti agrari. 

ENTE ECCLESIASTICO 

- 
V. Imposta di registro. 


IN!>ICB ' 

' VII 

ESl'ROPRIAZIONE PER P. U. 

-Indennit� -Legge reg,i.onale siciliana 
21 aprile 1953, n. 30 Determinazione 
-Criteri, 253. 

'.""'""V. anche Edilizia popolare ed 
economica. 

FALLIMENTO 

...,.... 
Obbligo del fallito di presentarsi 
personalmente al giudice delegato, 
al curatore o al comitato 
di creditori ... Contrasto con il 
;Principio d.ella libert� personale 
~ diquella di circ�lazione e soggiorno 
-Esclusione, 195. 

...;;.. V. �anche Imposta di registro. 

FILIAZIONE~ 

- 
Azione per riconoscimento di pa


. 
ternit� -Invalidazione dell'art. 
123 disp. att. codi.ce civile Termine 
anche per i nati prima 
del 1� luglio 1939 -Violazione 
del .principio di eguaglianza Esclusione, 
197. 

-Azione per riconoscimento di paternit� 
-Termine di decadenza Differenza 
di trattamento rispetto 
all'azione di riconoscimento 
di maternita -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 196. 

GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


-Legge regionale siciliana -Promulgazione 
e pubblicazione Processo 
di legittimit� in corso Dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale 
-Efficacia retroattiva, 
247. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Ricorso giurisdizional� -Rinunzia 
-Adempimenti necessari ad 
validitatem, 265. 

-Ricorso� giurisdizionale -Rinunzia 
-In udienza .,. Pu� essere 
fatta solo dal difensore ed alla 
presenza dei difensori delle altre 
parti, 265. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Procedimento disciplinare -Ac. 
certamenti preliminari -Convincimento 
di incolpevolezza dell'organo 
officiato di tali accertamenti 
-Non� preclude l'azione 
disciplinare, 264 . 

-�Procedimento disciplinare -Estinzione 
-Per decorrenza di 
termini -Non pu� verificarsi prima 
della contestazione degli addebiti 
-Fa~ispecie, 264. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Attitudine alla qualifica su.
periore -Punti 50 su 170 -Legittimit�, 
26~. 

- 
Promozione -Merito comparati


. vo -Criteri di massima -Periodo 
di tempo preso in considerazione 
nell'ambito dell'art. 62 

d. P. R. n. 686 del 1957 -Insindacabilit�, 
261. � 

-Promozione -Merito comparativo 
-Criteri di massima -Ripartizione 
in pi� voci di tutte le 
categorie di titoli -Non occorre, 
261. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Discrezionalit� del giudizio 
-Eccesso di potere -Limiti Disparit� 
di trattamento -Inconfigurabilit�, 
261. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Note di qualifica -Non sono 
i soli elementi di valutazione Disparit� 
di trattamento fra 
scrutinandi con massime qualifiche 
-Inconfigurabilit�, 261. 

-Promozione -Merito comparativo 
-Preparazione professionale Valutazione 
in voce autonoma Legittimit�, 
261. 

-Promozione -Rinnovazione dello 
scrutinio a seguito di annullamento 
in s. g, -Annullamento 
per illogicit� e disparit� di trattamento 
nell'attribuzione dei 
punti -Revisione solo dei punti 
del ricorrente -Insufficienza, 

266. . 
- 
Promozione -Rinnovazione dello 
scrutinio a seguito di annullamento 
fo s. g. -Rinnovazione 
solo a partire dall'ultimo atto valido 
-Rinnovazione di tutto il 
procedimento -Esclusione, 265. 

-



VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Promozione -Merito comparativo 
-Schede personali -Finalit� 
e criterio di compilazione, 

261. 
V. anche Competenza e giurisdizione. 
IMPOSTA DI REGISTRO 

-Agevolazioni per il trasferimento 
di case di abitazione non di lusso 
-Vendita isolata di negozi Inapplicabilit�, 
con nota di S. 
LAPORTA, 336. 

-Atti compiuti dal falsus procurator 
e non ratificati -Equiparazione 
agli atti nulli ed annullabili 
-Esclusione -Efficacia traslativa 
-Esclusione, con nota 
di R. SEMBIANTE, 300. 

-Atti soggetti ad approvazione 
ed omologazione -Autorizzazione 
all'acquisto degli enti ecclesiastici 
-Inapplicabilit� dell'art. 
81 della legge di registro, con 
nota di c. BAFILE, 287. 

-Atti soggetti ad autorizzazione 
governativa Decorrenza del 
termine per la registrazione Beni 
immobili e diritti reali immobiliari 
-Irrilevanza della distinzione, 
con nota di C. BAFILE, 

287. 
Cessione di crediti verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi da 
aziende ed enti di credito a favore 
di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota ridotta Correlazione 
fra i due negozi Estremi 
-Criteri di determinazione, 
272. 

Cessione di crediti verso la 
Pubblica Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi 
da aziende ed enti di credito a 
favore di ditte commerciali e industriali 
-Aliquota ridotta Correlazione 
fra i due negozi Estre-
mi -Criteri di determinazione 
-Fattispecie, 275. 

-Cessione di crediti verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi 
ad aziende ed enti di credito a 
favore di ditte commerciali e 

industriali -Aliquota ridotta Interpretazione 
dei negozi soggetti 
ad imposta -Apprezzamento 
del giudice di merito -Incensurabilit�, 
272. 

-Cessione di ere.diti verso la Pubblica 
Amministrazione in relazione 
a finanziamenti concessi da 
aziende ed enti di credito a favore 
di ditte commerciali ed industriali 
-Aliquota ridotta -Disposizioni 
necessariamente connesse 
e derivanti per intrinseca 
natura le une dalle altre -Deposito 
bancario collegato a finanziamento 
garantito da cessioni 
di credito -Applicabilit� 
dell'imposta a norma dell'art. 9 
capov. legge di registro -Esclusione, 
con nota di C. BAFILE, 278. 

Delegazioni di pagamento -Delegazioni 
sulle imposte di consumo 
ed estinzione dei mutui 
contratti dai Comuni -Agevolazioni 
di cui all'art. 18 1. 3 agosto 
1949, n. 583 -Estensione alle 
delegazioni -Applicabilit� anche 
nei confronti del soggetto 
delegato, 321. 

-Delegazioni di pagamento -Delegazioni 
sulle imposte di consumo 
ed estinzione dei mutui contratti 
dai Comuni -Natura giuridica 
-Intassabilit�, 321. 

Delegazioni di pagamento -Delegazioni 
sulle imposte di consumo 
ed estinzione dei mutui contratti 
dai Comuni -Tassazione 
autonoma -Esclusione, 321. 

-Fallimento -Atti del fallito Registrazione 
in termine fisso Pagamento 
dell'intero ammontare 
dell'imposta Violazione 
della � par condicio creditorum 
� e del principio di eguaglianza 
-Esclusione, 192. 

Sentenza dichiarativa dell'inefficacia 
dell'atto compiuto dal 
falsus procurator e non ratificato 
-Imposta di retrocessione Non 
� dovuta, con nota di R. 
SEMBLANTE, 300. 

Supplemento -Giudic~to formatosi 
su precedente ,supplemento Preclusione, 
309. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 



INDICE 
IX 

IMPOSTA' GENERALE SULL'ENTRATA 


-EF1.trata imponibile -Rimborso 
del costo dei libretti consegnati 
dall'l.N.A.M. agli assistiti 
Esclusione -Funzione accessoria 
ad attivit� esente da imposta, 

319. 
IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

.....:: V; anche Imposte e tasse in ge. 
nere~ 

IMPOSTA SULLE SOCIET� 

-Agevolazioni -Cooperative di 
.� consumo -Aecert�tnento dei preStipi;>
osti -Rilevanza esclusiva 
dell'attivit� svolta, 316. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Ingillnzione -Opposizione giudiziaria 
-Termine -Inosservan'" 
za -Decadenza, 335. 

-Liquidazione con ingiunzione a 
seguito di condanna generica al 
risarcimento del danno -Legittimit�, 
335. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE. 

-Accertamento -Imposta straordinaria 
sul patrimonio -Rettifica 
dell'accertamento da parte 
della Commissione distrettuale 
delle Imposte ex art. 48 t. u. 
9 maggio 1950, n. 203 -Abrogazione 
per effetto dell'art. 5 1. 
5 gennaio 1956, n. 1 -Sussistenza, 
.332. 

-Accertamento -Intestazione a 
perSt>na defunta -Nullit�, 306. 

-Aecertamento -Profitti di �ontingenza 
-Rettifica da parte della 
Commissione centrale -Difetto 
di potere, 333. 

-Accertamento -Requisiti -Fattispecie 
-Nullit� -Insussistenza, 

316. 
�~ 
Imposta di registro -Prescrizione 
-Notifica di seconda ingiunzione 
-Cumulo degli effetti interruttivi, 
268. 

-Imposte indirette -Prescrizione 
-Consolidazione del criterio di 
tassazione -Fattispecie, con nota 
di C. BAFILE, 280. 

-Imposte indirette -Prescrizione 
-Consolidazione del criterio 
di�tassazione -Interruzione -Ricorso 
alla Commissione -Effetti, 
con nota di C. BAFILE, 287. 

-Imposte indirette -Prescrizione 
-Interruzione -Avviso di accertamento 
di valore e concordato 
-Effetti, con nota di C. BAFILE, 
280. 

-Imposte indirette -Riscossione Ingiunzione 
fiscale -Natura Posizione 
processuale delle parti 
-Poteri dell'ente creditore di 
mutare il titolo della pretesa, 
261}. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Imposte indirette nei 
trasferimenti -Controversie di 
valutazione Decisioni della 
Commissione provinciale -Omissione 
di motivazione -Ricorso 
immediato in Cassazione, ai sensi 
dell'art. 111 della Costituzione 
-Ammissibilit�, 311. 

-Procedimento dinanzi alle Commissioni 
-Imposte indirette sui 
trasferimenti -Controversie di 
valutazione -Rogatoria alla commissione 
distrettuale �nel cui territorio 
si trovino i beni da valutare 
-Necessit� di ulteriore rogatoria 
da parte della commissione 
provinciale adita in sede di appello 
-Esclusione, 311. 

-Procedimento -Legittimazione 
attiva -Liquidatore di societ� Azione 
in proprio -Esclusione, 

332. 
- 
Quietanza -Valore probatorio Limiti, 
con nota di C. BAFILE, 

280. 
- 
Soggetti attivi e passivi della potest� 
tributaria -Stato -Enti 
pubblici minori -Regola dell'assoggettamento 
dello Stato alla 
pot�st� tributaria degli enti minori 
-Sussistenza, 298. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO 

-Solidariet� tributaria -Nozione Giudicato 
intervenuto nei confronti 
di alcuni dei coobbligati 
solidali -Opponibilit� agli altri 
-Esclusione, 293. 

IMPOSTE INDIRETTE 

-V. anche Imposte e t(L$se in genere. 


INGIUNZIONE 

-V. Imposte e tasse in genere, 
Procedimento civile. 

LEGGI, DECRETI E REGOLAMENTI 


-Dichiarazione di incostituzionalit� 
-Effetti -Influenza su altro 
giudizio pendente con deduzione 
di incostituzionalit� della 
norma applicata -Operativit� 
della sentenza di incostituzionalit� 
-Fattispecie, 264. 

-V. anche Comuni e Provincie, 
Costituzione della Repubblica, 
Giudizio di legittimitd costituzionale. 


MANDATO 

- 
V. Imposta di registro. 

MEZZOGIORNO 

- 
V. Appalto. 

NOBILT� 

Ordinamento araldico-nobiliare Declaratoria 
di illegittimit� costituzionale 
-Limite, 250. 

-Predicati nobiliari anteriori al 
28 ottobre 1922 riconosciuti prima 
della costituzione repubblicana 
-Accertamento -Proponibilit� 
della domanda -Legittimazione 
passiva -Pr�esidenza del 
Consiglio dei Ministri -Ufficio 
Araldico -Sussiste, 251. 

-Predicati nobiliari esistenti negli 
ordinamenti giuridici preunitari 
-Riconoscimento dopo l'emanazione 
della Costituzione repubblicana 
-Esclusione, 251. 

OPERE PUBBBLICHE 

- 
V. Appalto. 

PENSIONI 

- 
Trattenute per crediti dell'I.N.P. 

S. 
-Illegittimit� costituzionale, 
192. 
PRESCRIZIONE 

-V. Imposte e tasse in genere, 
Violazione delle leggi finanziarie. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Assicurazione obbligatoria contro 
le malattie -Misura dei contributi 
-Questioni infondate di 
costituz'ionalit�, 183. 

- 
V. anche Pensioni. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Atto di citazione -Sottoscrizione 
del difensore sull'originale e 
sulla copia notificata -Natura 
giuridica -Distinzione -Omissione 
-Effetti, 254. 

-Citazione -Soc~et� non aventi 
personalit� giuridica -Erronea 
od omessa indicazione dell'organo 
che ne ha la rappresentanza Nullit� 
della citazione -Limiti, 

245. 
~ 
Giudizio di rinvio -Sopravvenuta 
declaratoria di illegittimit� 
costituzionale -Principio .di diritto 
enunciato dalla Corte di 
Cassazione -Efficacia vincolante 
-Non sussiste, 250. 

�-Procedimento per ingiunzione Esecuzione 
provvisoria previa 
cauzione -Contrasto con il diritto 
di difesa ed il principio di 
eguaglianza -Esclusione, 175. 


INDICE XI 

-Ricorso per Cassazione -Ammi-� 
nistrazione dello Stato -Notificazione 
presso l'Avvocatura� Distrettuale 
dello Stato -Nullit� Rinnovazione 
della notifica -Sanatoria, 
249. 

-V. anche Arbitrato. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Revisione in materia contravvenzionale 
-Limitazione ai soli casi 
di abitualit� o professionalit� 
contravvenzionale -Illegittimit� 
costituzionale, 201. 

RAPPORTO DI LAVORO 

-Divieto di licenziamento per matrimonio 
delle lavoratrici -Presunzione 
di licenziamen'to per 
causa di matrimonio -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione,

197. . 
-Lavoro domestico -Ferie -Necessit� 
di un anno di ininterrotto 
servizio -Illegittimit� costituzionale, 
175. 

REATO 

-Abbandono collettivo di pubblici 
uffici o servizi -Violazione del 
diritto di sciopero -Illegittimit�costituzionale parziale, 204. 

-Contestazione dell'accusa � Relazione 
tra sentenza ed accusa 
contestata -Reato colposo -Ritenuto 
elemento di colpa non 
contestato in aggiunta ad altro 
contestato -Nullit� -Esclusione, 
con nota di A. PALATIELLO, 

359. 
. REGIONI 

-Regione Siciliana -Appalti di 
opere rpubblkhe ap,paltate dalla 
Regione -Capitolato generale 
per le opere pubbliche appaltate 
dallo Stato -Valore regolamentare 
-Esclusione -Necessit� 
di richiamo contrattuale -Sus-� 
siste -Applicabilit�, pur in man


canza di tale richiamo, delle norme 
processuali inderogabili e 
d'immediata applicazione del 
Cap. gen. 00. PiP. dello Stato 
aprprovato .con d. P. R. 16 ruglio 
1962, n. 1063 -Esclusione, 345. 


SARDEGNA 

-V. Conflitto di attribuzioni. 

SCIOPERO 

-V. Reato. 

SENTENZA 

-V. Arbitrato, Imposta di registro. 

SICILIA 

-Norme in materia di caccia Legge 
regionale 26 luglio 1968 Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 177. 

-Piattaforma continentale marittima 
-Permesso di ricerca e di 
coltivazione degli idrocarburi 
liquidi -Spettanza del relativo 
pot�re allo Stato, 204. 

-V. anche Espropriazione per pubblica 
utilit�, Giudizio di legittimit� 
costituzionale, Regioni. 

SICUREZZA PUBBLICA 

-Misure di prevenzione nei confronti 
di persone pericolose per 
la sicurezza e la pubblica moralit� 
-Discrezionalit� del questore 
-Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 210 . 

TRIBUTI LOCALI 

r 

-Soggezione dello Stato. ai tributi 
previsti dal t. u. della Finanza 
locale per i quali non sia espres\, 
samente disposta l'esenzione Sussiste 
-Soggezione all'imposta 

-



XII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di licenza -Spacci della gestione 
� La Provvida � -Sussiste, 

298. 
TRUFFA 

Danno e profitto attraverso atti 
necessari all'assunzione dell'obbligazione 
-� reato continuato, 
con nota di P. DI TARSIA, 369. 

-Momento consumativo -Esistenza 
di un danno concreto effetti


vo -Assunzione dell'obbligazione 
-Costituisce tentativo, con 
nota di P. DI TARSIA, .369. 

VIOLAZIONE DELLE LEGGI FINANZIARIE 
E VALUTARIE 

-Pena pecuniaria -Natura -Prescrizione 
-Norme applicabili Verbale 
di accertamento -Idoneit� 
quale atto interruttivo, 

335. 

INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZIONALE 

17 febbraio 1969, n. 16 pag. 175 
l 7 febbraio 1969, n. 17 175 
17 febbraio 1969, n. 18 177 
17 febbraio 1969, n. 19 179 
20 febbraio 1969, n. 21 183 
20 febbraio 1969, n. 22 192 
20 febbraio 1969, n. 23 192 
20 febbraio 1969, n. 24 195 
5 marzo 1969, n. 26 196 
5 marzo 1969, n. 27 197 
5 marzo 1969, n. 28 201 
5 marzo 1969, n. 29 204

.' 

17 marzo 1969, n. 31 204 
17 .marzo 1969, n. 32 210 
21 marzo 1969,. n. 37 212 
21 marzo 1969, n. 38 226 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE � 

Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2497 pag. 245 
Sez. I, 24 luglio 1968, n. 2673 . 268 
Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2750 . 275 
Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2752 . 278 
Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2866 . 272 
Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2871 . 247 
Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3509 . 280 
Sez. I, 29 ottobre 1968, n. 401 . . 249 
Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 3939 . 287 
Sez. Un., 20 gennaio 1969, n. 126 230 
Sez. I, 20 gennaio 1969, n. 135 . 293 
Sez. I, 6 marzo 1969, n. 710 . 345 
Sez. I, 6 marzo 1969, n. 725 . 298 
Sez. I, 8 marzo 1969, n. 754 . 300 
Sez. I, 12 marzo 1969, n. 781 306 
Sez. I, 12 marzo 1969, n. 782 . 309 
Sez. I, 15 marzo 1969, n. 825 . 311 
Sez. I, 15 marzo 196�9, n. 827 . 316 
Sez. I, 17 marzo 1969, n. 857 . 348 
Sez. I, 21 marzo 1969, n. 898 . 319 
�sez. Un., 24 marzo 1969, n. 933 . 321 
Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 937 251 
Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 938 . 250 



XIV 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLU STATO 

Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 939 . 
Sez. I, 25 marzo 1969, n. 959 . 
Sez. I, 28 marzo 1969, n. 997 . 
Sez. I, 28 marzo 1969, n. 1000 � 
Sez. I, 29 marzo 1969, n. 1033 . 
Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1136 . 
Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1139 . 
Sez. Un., 14 aprile 1969, n. 1178 . 
Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1186 . 
Sez. I, 14 aprile 1969, n., 1188 . 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 31 � 
Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 33 
Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 45 
Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 46 
Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 51 

GIURISDIZIONI PENALI 

Sez. IV, 18 febbraio 1967, n. 1883 
Sez. Un., 22 marzo 1969, n. 2 . . 

CORTE DI APPELLO 

Napoli, Sez. I, 23 novembre 1968, n. 2563 . 
Roma, Sez. I, 23 gennaio 1969, n. 113 . . 
Venezia, Sez. I, civ. 28 marzo' 1969, n. 189 � 

pag. 
236 
252 
332 
253 
333 
254 
332 
240 
335 
335 

pag. 
261 
263 
265 
265 

26.6 

pag. 
359 
369 

pag. 
336 
350 
256 


SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

F. 
A. RoVERsI MONACO, Gli Enti di Ges_tione, Giuffr� editore, 
Milano, 1967 . 00 
pag. 43 

C. VINCI, -E. ALTANA,.L;at~iv~ ~r~ditarlo n~Zl~ ~e~u~zia 0di. s~c-� 
cessione, L. di G. Pirola, Milano, 1969 . . . . . . . . . 
43 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche . pag. 46 

Espropriazione per

Agricoltura 

46 pubblica utilit� pag. 50

Amministrazione pub-Fallimento 

50

blica ..... Ferrovie'

46 50 
Antichit� e Belle Arti 47 Impiego pubbli 0 co 51 

Appalto 
Importazione ed E


.... 47 

sportazione

Atti amministrativi. 
51 

Circolazione stradale . 
47 In:iposta di regi~tro : : 51

48 

Imposta di ricchezza

Comunit� Economica 
~ 

mobile 

52

Europea 

48 Imposte e tasse 

52

Concessioni ammini-Locazione 

53

strative 48 Lotto e Lott~ri~ 53 
Concorsi Mezzogiorno

49 
54 

Contabilit� generale Obbligazioni e Contratti


dello Stato 
54

49 Opere p~bblich~

Contenzioso tributa- 
54

Regioni

rio 
54

49 

Ricostruzione 

54

Dazi doganali 

49 Successioni 

55 


-



1:1 
,_,,.-#"~'-'~'-'_"_,__M#W#��<7_, ,,_W~#,7 ,_/'"~"'7'#;;_,_,~_,_J


__,__,.,.,,,,,_,___ __ 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIU!lISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
.���������� ����� > B.INTERNAZIONALE*

"/����:� :::-.�������:-:.'.'. ��.:����><��.�.�.. �.��.�� .. 

. ...... .. . . . . ... . . 

CQBtt; COS~'l'llz1�NALE, 17 febbraio 1969, n. 


16 ."' Pres. Saridulli 
�.�.�� ~~Xftr~iIDilf~lit ~ Ttitdi (n.c.) c. D'Alessandro (ri'.c.) . 

... .-~-E:E~;i,;=:~unanno 


... �t��==~~l~~~~~ 


� . ;<o�tt~ setv�zio; :l)eT eon;verso,� � costituzicmale l'art. 10 deiia legge 2 
.� �in'iZe 1958~ ~�, 339/n quale riconosce, in una determinata propor
� zio'lte~ ii .diT�tfo alte j�tie anche prima del compimento deU'anno di 


servizio (1), 

(i) S�lJ!'argo.t.ento, in riferimento all'art. 2109 c. c., vedasi la sentenza 
.d.ell!l, �9rt.~ .coi;tit.zi0nale n.. 66 del 1963, Foro it., 1963, I, 834. 
�.�.�.. :La Ql.l~stio.e. i!. 5tata proposta con ordinanza emessa il 24 maggio 1967 
.~a(J:lret<>:t:.e Q:i N;:t];!ol~.(Gazzetta Ufficiale 2 settembre 1967, n. 221). 
COR'rl!: COS'!'lTtrZIONALE, 17 febbraio 1969, n. 17 -Pres. Sandulli -
ReZ. .Benedetti -Officine meccaniche di Cogoleto (n.c.) c. societ� 
ta:vol'a.Zi�ri� metalli di Cisterna Latina (n.c.) -Olivieri (n.c.) c. 
FetJ.'ari (n.c;), 

Pto�e~hnell,to �ivile -Procedimento per ingiunzione -Esecuzione provvispria 
.previa cauzione -Contrasto con il diritto di difesa ed il 
Pl."mCipio di uguaglianza -Esclusione. 

(Co$1:., a,1,'tt. 3; 24; c.p.c., art. 648�, secondo comma). 

Non .� fondata, in riferimento agii artt. 3 e .24 della Costituzione, 
la que.stione di legittimit� costituzionale dell'art. 648, secondo comma, 
del codice di procedura civile (1). 

(1) La questione � stata proposta con ordinanza 4 aprile 1967 del giu~ 
dice istruttore del tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 11 novembre 
(*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha 
collaborato anche Z'avv. RAFFAELE CANANZI. 

--� ~ 

, -%.. -� , ~---,_ --, 



176 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). __:_ Il giudice istruttore del tribunale di Genova nella 
sua ordinanza prospetta il dubbio che la cauzione possa dimostrarsi 
inidonea ad assicurare alla parte assoggettata alla �anticipata esecuzione 
del decreto ingiuntivo l'integrale risarcimento del danno che in 
ipotesi pu� derivarle dall'esecuzione stessa ed esprime inoltre il timore 
che il creditore possa avvalersi della norma denunciata per scopi vessatori 
ed emulativi. La risposta a tali rilievi � implicita nella motivazione 
della richiamata sentenza nella quale � stato posto in luce che 
la determinazione dell'importo della cauzione e del modo nel quale 
deve essere prestata � affidata al prudente apprezzamento del giudice. 
Se la valutazione delle ragioni di entrambe le parti sar� eseguita in 
modo giusto e scrupoloso, secondo le finalit� della disposizione, la 
cauzione ben potr� assolvere allo scopo di garanzia assegnatole dal 
legislatore per l'ammontare di eventuali restituzioni, spese e danni 
e richiamare altres� il creditore alla responsabilit� di fare un corretto 
uso della norma in esame e non di servirsene per fini vessatori ed 
emulativi che determinerebbero in ogni caso la responsabilit� aggravata 
prevista dall'art. 96 del codice di rito. 

3. -Del pari infondata � la eccezione di incostituzionalit� pr-0spettata 
sotto il nuovo profilo della pretesa violazione dell'art. 3 della 
Costituzione. 
Nel rapporto creditore-debitore si � gi� visto che la norma non 
comporta il disconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale del 
debitore e quindi diseguaglianza di �trattamento sotto questo aspetto, 
dato che la cauzione, posta a carico della parte che, sia pure in una 
fase sommaria del giudizio, ha .gi� sottoposto al vaglio del giudice la 
consistenza delle ragioni poste a base della sua pretesa, ha proprio la 
funzione di garantire il debitore dai danni eventualmente derivantigli 
dalla anticipata esecuzione del decreto. 

� altres� da escludere che la disposizione censurata abbia inteso 
fare' un trattamento diverso a cittadini trovantisi in identica situazione, 
in relazione alla diversit� delle loro condizioni economico-sociali, 
assicurando solo ai creditori abbienti l'utilizzazione di un particolare 
strumento processuale. Vero � per contro che, nella disciplina 
di tale strumento, il legislatore ha soprattutto preso in considerazione 
la particolare posizione processuale nella quale viene a trovarsi il debitore 
per effetto della richie~ta di immediata esecuzione del decreto 

1967, n. 282) e 29 settembre 1967 del pretore di Empoli (Gazzetta Ufficiale 
23 dicembre 1967, n. 321). 

La questione in riferimento all'art. 24 della Costituzione, � gi� stata 
esaminata e decisa dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 10 giugno 
1966, n. 62, in questa Rassegna, 1966, I, 755, con ampi richiami in dottrina 
e giurisprudenza. 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 177 

ed ha opportunamente condizionato l'accoglimento di tale richiesta 
alla prestazione di una cauzione per l'ammontare delle eventuali restituzioni, 
spese e danni. 

La previsione di quest'onere processuale per il creditore non 
viola perci� il principio di eguaglianza essendo fondata su presupposti 
evidentemente logici ed obbiettivi� che ne giustificano l'adozione 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 febbraio 1969, n. 18 -Pres. Sandulli -
Rel. Mortati -Commissario dello Stato per la Regione siciliana 
(sost. avv. gen. Stato Carafa) c. Presidente Regione siciliana (avvocato 
Silvestri). 

Sicilia -Norme in materia di caccia -Legge regionale 26 luglio 1968 


Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt.5, 97; St. spec. reg. sic., art. 12; l.r. 26 luglio 1968). 

In riferimento agli artt. 5 e 97 detta Costituzione e 12 deilo Statuto 
regionale siciliano, � infondata la questione di legittimit� costituzionale 
delta legge approvata dall'Assemblea regionale. siciliana il 
26 luglio 1968, recante norme suzia caccia, in quanto l'art. 1 di detta 
legge demanda all'assessore per l'agricoitura e le foreste il po,tere di 
emanare provvedimenti di natu1�a esclusivamente amministrativa ed 
in quanto l'art. 2 deUa stessa legge non ha fatJto altro che confermare 
quanto gi� risultava �aU'art. 2 della legge regionale 8 luglio 1948, numero 
35 (1). 

(Omissis). -1. -Per l'esatta interpretazione della legge regionale 
oggetto del presente giudizio � da mettere in rilievo come la competenza 
legislativa primaria in materia di caccia, attribuita alla Regione 
siciliana dall'art. 14 lettera l) dello Statuto, non � stata finora 
esercitata, sicch� nel territorio della medesima continuano a vigere, 
secon�lo i principi, le leggi statali. Invece sono state trasferite alla Regione 
con l'art. 1 del decreto legislativo presic!l.enziale 7 maggio 1948, 

n. 789, in conformit� al disposto dell'art. 20 dello Statuto, le attribuzioni 
di ,carattere amministrativo gi� spettanti nella materia dell'agricoltura 
all'omonimo Ministero, fra cui era compresa la caccia, mentre 
(1) Sul decentramento amministrativo in materia di caccia, vedansi 
le sentenze n. 11 del 1959, Giur. it., 1959, I, 815 e n. 101 del 1964 in questa 
Rassegna, 1964, I, 1004, con nota di richiami. 

178 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

con il successivo art. 2 tutti gli uffici periferici del Ministero stesso 
operanti nel territorio della Regione venivano dichiarati organi della 
Amministrazione regionale, e ad essa trasferiti con l'assegnazione a 
: questa anche dei compiti di vigilanza e tutela sugli enti ed istituti esistenti, 
compresi quelli consorziali. Con successiva legge regionale 8 
luglio 1948, n. 35, esecutiva delle predette norme di attuazione, ed 
intitolata all'ordinamento dei servizi dell'assessorato per l'agricoltura 
e le foreste, venjvano devolute a quest'ultimo tutte le attribuzioni del 
Ministero risultanti dall'ordinamento esistente alla data del regio decreto 
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (art. 1) e riprodotte testualmente 
le �disposizioni di cui alle lettere a) e b) delle norme citate (ar


ticoli 2 e 3). 

Considerata alla stregua della situazione normativa che si � deli


neata, non sembra fondata la interpretazione dell'art. 1 della legge in 

esame assunta a fondamento dell'impugnativa del Commissario del 

Governo, che fa leva sull'inciso dell'articolo medesimo con .cui si con


ferisce carattere temporaneo ai poteri dell'Assessore � fino a quando 

la materia non sar� regolata �con legge organica regionale �, per de


durne che si sia voluto consentire all'Assessore stesso di colmare le 

lacune derivanti dalla mancata emanazione di detta legge, dando vita 

ad atti normativi: o legislativi o regolamentari, e sostituendosi quindi 

all'Assemblea ed al Governo regionale, i soli forniti della competenza 

corrispondente a siffatti atti. Sembra per� che tale interpretazione 

si regga sull'equivoco di ritenere che la �materia �, che dovr� es


sere oggetto della futura legge ~egionale si identifichi con i � modi e 

le forme dell'esercizio della cacda � affidati all'Assessore. In realt� 

la mancanza di una legge regionale sulla caccia ha per effetto di man


tenere nella Regione la piena efficacia delle norme statali, in ogni loro 

parte, e pertanto i �provvedimenti � relativi all'esercizio della caccia 

non potranno (come la stessa dizione adoperata conferma) non rive


stire carattere meramente amministrativo e non normativo, n� avere 

oggetto e contenuto diversi da quelli che gi� competevano al Ministro 

per l'agricoltura, a tenore del testo unico sulla caccia, approvato col 

regio decreto 5 giugno 1939, n. 1016 e delle successive modificazioni 

apportate con la legge 2 agosto 1967, n. 799; e, si pu� aggiungere, 

non diversi da quelli presumibilmente esercitati finora dall'Assessore 

stesso durante tutto il ventennio decorso dal 1948. 

Proprio il carattere puramente riproduttivo della preesistente 

normazione rivestito dall'articolo in esame pu� avere alimentato i 

dubbi del Commissario dei Governo circa la violazione delle disposi


zioni costituzionali invocate. Ma � chiaro che nessuna violazione dello 

art. 97 della Costituzione � dato riscontrare, in quanto la specifica


zione delle modalit� dell'esercizio dei poteri assessoriali, richiesta da 

detto articolo, deve ritrovarsi nelle leggi statali richiamate, e nep




PA!ITE I, 

pure .dellla~t������12����deUo����.~tat~~ct�.��s(!Ufan()��..�d<Yvendo rin1ar1er1~�� 
che .i .� potery .~~~simf Mh possano, come si. � �. esorl:>it~1i'e 


camp(( ~ pr?~ved~entale �, e �quindi,�. oltre . �eh~. non avere 
gola*n~~~~ .. e tanto ;meno legislativo/ il~vono rimanere 
n~ll~ $tr~ttl) a~btt<> delle comp.etenze � defl\Uni$tro (0; degli 

:.;::I:~: 

������������������������ caccffi, che

<j AA#Ji>. ~~ $t~f!S.l <)l'~~rii di decentramento ...... (Omis&). 

17 febbraio 1969, n, 19 -Pres. Sandulli 
�ᥥ� i .Jk;i. )3t'a~c~ -Presidente Consiglio dei Ministri e Ministero Agri


�~olt�r~ e F<Jreste (sost. avv. gen. Stato Da1llari) c. Presidente Re
�.� . .~~~; $~~.(avv. Gasparri). 
i d~~llttt�c (l{ ttttribuzioni -Sardegna -Ente di sviluppo della agricoltuta. 
itl ~ardegna -Commissione d'indagine nominata dalla Regione 
� lllegittim.it�. 

(St'. sPeQ� ~eg. sarda, artt. 3, lett. a}, 6, 47). 

Conflitto di attribuzioni -Sardegna -Ente di sviluppo delPagricoltura 
in Sardegna -Approvazione del bilancio da parte del Ministero 
dell'agricoltura e foreste -Legittimit�. 

(St. spec. reg. sarda, artt. 3, lett.d), 4, lett. e}, 6; 1. 14 luglio 1965, n. 901; d.P.R. 
14 febbraio 1966, n. 257). 

Non rientra nei poteri deHa Regione sarda la nomina di una Commissione 
speciale di indagine sulla gestione e sui compiVi deH'ETFAS, 


180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

quando 'la detta Commissione � una vera Commissione d'inchiesta con 
poteri d'intervento all'interno deWETFAS (1). 

Non essendo stati delegati alla Regione sarda i pote1"i di vigilanza 
e di tutela sull'ETFAS, � legittimo il provvedimento di approvazione 
det bilancio di detto ente di sviluppo adottiato dal Ministro dell'agricoltura 
e delle foreste (2). 

(Omissis). -1. -Le due cause, avendo ad oggetto analoghe questioni, 
si decidono con unica sentenza. 

2. -Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha denunciato, per 
conflitto di attribuzione, il provvedimento con cui il Presidente del 
Consiglio regionale sardo, attuando una deliberazione di quest'ultimo, 
ha nominato una speciale e commissione consiliare di indagine >. Poich� 
essa ha il compito di indagare e riferire e sulla gestione e sui 
compiti > dell'ETFAS, ente statale (sentenza n. 37 del 1966), l'atto di 
nomina ha rilevanza esterna ed � idoneo a determinare un conflitto 
di attribuzione fra lo Stato e la Regione. Perci� non :pu� accogliersi 
l'eccezione di improponibilit� avanzata daUa difesa regionale. 
Il ricorso � fondato. 

�Se al compito di attingere notizie non si accompagnassero corrispondenti 
obblighi o soggezioni di organi, funzion�ri od agenti dell'ETFAS, 
il provvedimento impugnato sarebbe incensurabile. L'indagine 
della Commissione si arresterebbe alla soglia dell'ETFAS mentre, 
esercitandosi dall'esterno con la raccolta di informazioai su di ,esso, 
potrebbe giovare alla politica agraria della Sardegna; il Consiglio regionale 
ne trarrebbe orientamenti per la propria attivit� legislativa 
(art. 3, lettera d stat.) o per avanzare alle Camere voti e proposte (articolo 
51); n� i confini della compet�nza statale sarebbero varcati ch� 
l'ente di sviluppo non ha verso la Regione un diritto alla propria � riservatezza 
>. 

Ma la Commissione nominata dalla Presidenza del Consiglio regionale 
� una vera Commissione � d'inchiesta > con poteri d'intervento 

(1-2) Si tratta di due giudizi per conflitti di attribuzione promossi, 
rispettivamente, con ricorso del Presidente del Consiglio a seguito della 
nota 4 maggio 1968 della Regione sarda, relativa alla nomina, da parte 
del Consiglio regionale, di una Commissione speciale di indagine sulla 
gestione e sui compiti dell'ETF AS e con ricorso del Presidente della Regione 
sarda a seguito del provvedimento con cui il Ministero dell'agricoltura 
e delle foreste ha approvato il bilancio preventivo dell'ETFAS per l'esercizio 
1967. 

La sentenza 14 maggio 1966, n. 37, pi� volte richiamata in motivazione, 
� riportata, con ampia nota di richiami in giurisprudenza e dottrina, in 

questa Rassegna, 1966, I, 503. 



PARTE I, SEZ. I, GIURI$. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 181 

all'interno dell'ETFAS: lo si ricava dalla natura dei compiti che le 
sono stati assegnati, non potendosi indagare sulla situazione patrimoniale 
e sulla struttura concreta dell'ente senza l'esame di documenti 
interni e senza l'interrogazione di funzionari; lo si legge nelle premesse 
della deliberazione consiliare, che ricollega l'inchiesta all'inefficienza 
del � controllo � de� Presidente della Giunta regionale e alla 
necessit� di � avere un quadro �completo, aggiornato e diretto della 
situazione dell'ente �; lo si scorge nelle deduzioni della stessa Regione, 
che tra l'altro indivi~ nell'ETFAS � uno strumento della politica e 
dell'amministraZiorie regionale �. 

Sotto questo aspetto il provvedimento impugnato eccede la competenza 
regionale poich� presuppbne una potest� di vigilanza e di controllo 
consiliare su un ente di :Stato che svolge essenzialmente funzioni 
statali di riforma fondiaria ed agraria (citata sentenza 1966, 

n. 37); funzioni che non mutano natura se vengono delegate alla Regione. 
Che questa abbia ~ legislazione esclusiva in materia di agricoltura 
-e foreste -e che perci� I'ETFAS operi anche in un campo riservato 
alla Regione, � innegabile: tanto � vero che alla nomina del 
consiglio --d'amministrazione e del collegio sindacale partecipa l'esecutivo 
regionale (art. 2 della legge di delegazione n. 901 del 1965 e 
artt. 4, 7 della legge delegata n. 257 del 1966); ma l'interesse e l'azione 
propriamente regionale sono cosi amalgamati, nella struttura e nei 
compiti dell'ETF AS, con l'interesse e l'azione statale ,che il controllo 
giustificato da quelli non .pu� svolgersi senza incidere profondamente 
su questi: come dire che la Commissione inquirente, indagando nel 
nome della competenza regionale, colpirebbe necessariamente la potest� 
dello Stato; conseguenza del difetto d'un coordinamento che, richiesto 
dal sistema oltrech� �dalla legge di delegazione n. 901, non � 
stato ancora attuato (vedi anche sentenza citata della Corte, n. 37 
del. 1966). 
La Regione sarda ha osservato che l'art. 54 dello Statuto non potrebbe 
attuarsi se non si consentisse al suo Consiglio di raccogliere 
elementi per far voti e proposte alle Camere su materie che interessano 
la Sardegna; ma l'argomento prova troppo e, se fosse esatto, 
permetterebbe alla Regione di esercitare, a quello scopo, un controllo 
penetrante su tutti gli uffici e gli enti statali che operano nel suo territorio: 
l'art. 54, piuttosto, deve essere inteso nel senso che quegli 
elementi potranno essere raccolti dal Consiglio regionale solo nello 
esercizio di poteri derivantigli, sulle singole_ materie, da altre norme 
statutarie, come s'� detto che avverrebbe nel caso della semplice raccolta 
di notizie. 

� v:ro che la Regione, sotto la � vigilanza � dei suoi organi, pu� 
affidare all'ente di sviluppo altri compiti � nell'ambito della propria 
competenza� (art. 1, penultimo comma, del decreto �del Presidente 


182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 182 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
della Repubblica 1966, n. 257): in questo campo una Commissione 
consiliare d'inchiesta sarebbe legittima se il suo potere si limitasse al 
controllo dell'efficienza dell'ETFAS rispetto all'esplicazione di tali 
compiti; ma la deliherazfone del Consiglio regionale va tanto oltre 
quei limiti che non � possibile isolare, in seno ad essa e giudicandosi 
un conflitto di attribuzione, la parte da ritenere legittima: insomma 
il vizio gi� rilevato travolge necessariamente l'intero atto. 

3. -Quanto alla seconda causa, il c.ontrasto fra Stato e Regione 
si pone in questi termini: l'uno ritiene che col�decreto del Presidente 
della Repubblica 1966, n. 257 si siano delegate alla Regione solo le 
funzioni attribuite espressamente al Ministero dell'agricoltlira dalla 
precedente legge 1965, n. 901 (escluse quelle relative al personale); 
l'altra nel suo ricorso afferma che le siano state delegate tutte le funzioni 
amministrative spettanti al Ministero (escluse quelle relative al 
personale) e perci� comprese quelle di vigilanza e di tutela: poich� 
in �queste rientra l'approvazione del bilancio preventivo dell'ETFAS 
(art. 5 lettera c), il provvedimento con cui il MiniStro lo ha approvato 
per l'anno finanziario 1967 sarebbe illegittimo. 
Il ricorso � infondato. 

Nel testo dell'art. 1, comma quinto, del decreto del Presidente della 
Repubblica 1966, n. 257 ( � Sono delegate alla Regione sarda le funzioni 
amministrative che la legge 14 luglio 1965, n. 901 demanda al 
Ministero dell'agricoltura salvo eccetera �) la delegazione � limitata 
alle potest� attribuite al Ministero dalla legge precedente (escluse quelle 
relative al personale): potest� inerente a materie (piani di valorizzazione, 
studi e ricerche) delle quali non fa parte l'approvazione del 
bilancio (v. art. 3, ultimi due commi, e art. 6, penultimo comma, legge 
1965, n. 901). Il terzo comma dello stesso art. 1 sottopone gli enti di 
sviluppo alla vigilanza e alla tutela del Ministero dell'agricoltura : se 
l'esercizio di tali potest�, in cui rientra l'approvazione del bilancio, si 
fosse voluto delegare alla Regione, anche a questo terzo comma si 
sarebbe richiamato il successivo comma quinto, anzich� alla sola legge 

precedente. 

Del resto, che i poteri di vigilanza e di tutela non siano stati delegati 
alla Regione, si pu� dedurre anche dai lavori preparatori della 
legge 1965, n. 901: la proposta di delegare alla Sardegna l'esercizio 
di ampie potest� amministrative, presentata in ciascuno dei rami del 
Parlamento, fu immediatamente respinta e il Ministro dell'agricoltura 
osserv� che, dopo l'approvazione della legge, si sarebbe soltanto dato 

� corso ad una delega per alcuni compiti � (Atti parlamentari del Senato, 
IV legislatura, volume XV, pagine 14413, 14753, 14755 e della 
Camera, IV legislatura, volume XVII, pagine 16810, 16812): � per fo 
meno improbabile che poco dopo lo stesso Governo, col successivo de

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 183 

creto del Presidente della Repubblica, abbia concesso alla Regione 
proprio quanto aveva negato di poteTle attribuiria. 

L'approvazione del bilancio da parte del Ministero dell'agricoltura 
� perci� atto legittimato, �emanato da esso nell'esercizio di. propria potest�. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 21 -Pres. Sandulli 


� Rei. FOC'�g�li -Lmp. Rossi (avv. Balladore Pallieri, Ukmar, Gallarati 
Scotti) ~ . Soc. Etna trasporti (avv. Gismondi) c. l.N.A.M. (avv. 
Jemolo e Sorrentin.o) -E.T.F.A.S. (n.c.) c. E.N.P.D.E.P. (avv. Carbone) 
-interv. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Coronas). 

PreVidenza e assistenza -Assicurazione obbli~atoria contro le malat


tie -Misura dei contributi -Questioni infondate di costituzionalit�. 

(Cost., artt. 23, 32, 38, 76 e 89; 1. 14 aprile 1956, n. 307, art.1, secondo comma; 
.1. 28 luglio 1961, n. 830, art. 15, terzo comma; 1. 31 dicembre 1961, n. 1443, 
art. 5; d.P.R. 31 dicembre 1963, n. 2194). 

Non sono fondate Ze questioni dii Zegittimit� costituzionali concernenti: 


1) Z'art. 1 secondo comma legge 14 aprile .1956, n. 307, in riferimento 
agli ar'()t. 23 e 76 deUa Costituzione; 
2) l'art. 15 terzo �omma legge 28 luglio 1961, n. 830, in riferimento 
agli artt. 32 e 38 delZa Coistitmzione; 
3) l'art. 5 legge 31 dicembre 1961, n. 1443, in riferimento agli 
artt. 32 e 38 della Costituzione; 
4) l'art. 5 terzo e quarto comma della stessa legge 31 dicembre. 
1961, n. 1443, in riferimento agli artt. 23 e 76 deilla Costituzione; 

5) l'art. 1 de�Z decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 
1963, n. 2194, i!" riferimento agli artt. 32 e 38 della Costituzione; 
6) Zo ste�sso decreto del Presidente della Repubblica 31 dicem


bre 1963, n 2194, in riferimento all'art. 89 delLa Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -Le cause possono riunirsi perch� riguardano le 
medesime questioni o questioni collegate. 

(1) La sentenza ha deciso nei giudizi riuniti di legittimit� costituzionale 
degli articoli 1, secondo comma, della legge 14 aprile 1956, n. 307; 
5 della legge 31 dicembre 1961, n. 1443; 15, terzo comma, della legge 28 luglio 
1961, n. 830; e del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicem

184 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2. -Esse possono decidersi nel merito perch� non sono attendibili 
le pregiudiziali proposte dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro 
Ie malattie. 
Non � fondato infatti che le ordinanze dei giudici di merito mancano 
di motivazione o di congrua motivazione sulla non manifesta 
infondatezza della questione di legittimit� costituzionale. Esse invece 
hanno dato sufficiente ragione della convinzione conclusiva, per un 
verso, quando si sono limitate a negare che le norme denunciate pongano 
criteri o principi direttivi o comunque limiti di discrezionalit� 
all'organo chiamato .al compito di determinare i contributi assicurativi 
generali e l'addizionale pensionati, e, per un altro verso, quando hanno 
unicamente rilevato che il decreto relativo all'addizionale manca della 
controfirma del Presidente del Consiglio dei Ministri. 

Non � poi accoglibile l'assunto secondo il quale l'art. 1 secondo 
comma della legge 14 aprile 1956, n. 307, riguardante i contributi generali, 
non si sarebbe dovuto sottoporre al sindacato di costituzionalit� 
senza promuovere eguale controllo per le leggi cui rimanda, circa le 
forme e le modalit� di esercizio della potest� attribuita. Con tale rinvio 
la norma suddetta ha assunto le forme e le modalit� richieste dalle 
leggi precedenti, come oggetto di una propria normativa in via di 
relatio; essa ha perci� una propria autonomia e pu� essere assoggettata 
al sindacato di questa Corte come norma completa, indipendente dalle 
altre richiamate, che sono state recepite nella loro integralit�. 

3. -Non � giustificato l'assunto del tribunale di Como secondo 
cui l'onere finanziario dell'assicurazione malattia costituisce una spesa 
inerente ad un compito statale e deve gravare sulla totalit� dei cittadini, 
anzich� sui datori di lavoro e sui lavoratori. Esso � stato esposto 
con riferimento all'assicurazione dei pensionati, sulla quale soltanto si 
discusse innanzi a quel tribunale; ma ha una portata pi� ampia, per la 
bre 1963, n. 2194, concernenti la misura dei contributi dovuti per l'assicurazione 
obbligatoria �contro le malattie, promossi con le seguenti ordinanze: 

1) ordinanza emessa il 6 dicembre 1967 dal tribunale di Milano nel 
procedimento civile vertente tra Mangia Adriano, Orcesi Umberto e l'Istituto 
nazionale per l'assicurazione contro le malattie, iscritta al n. 16 del 
registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 
n. 50 del 24 febbraio 1968; 

2) ordinanza emessa il 29 novembre 1967 dal pretore di Milano nel 
procedimento penale a carico di Rossi Walter, iscritta al n. 20 del registro 
1Jrdinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 84 
del 30 marzo 1968; 

3) ordinanza emessa il 10 febbraio 1967 dal tribunale di Cagliari 

nel procedimento civile vertente tra l'Ente per la trasformazione fondiaria 

e agraria in Sardegna e l'Ente nazionale di previdenza per i dipendenti 


da enti di diritto pubblico, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 1968 e 


PARTE I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITUZlON.A.:t.E E l~TERNAZIONALE 1811 
sua idoneit� a riflettersi anche sul sistema di finanziamento dell'assicuPARTE 
I, SEZ. I, GIVRIS. COSTITUZlON.A.:t.E E l~TERNAZIONALE 1811 
sua idoneit� a riflettersi anche sul sistema di finanziamento dell'assicurazione 
malattfa dei lavoratori in attivit� di servizio.� E va perci� 
esaminata in tale pi� vasta prospettiva. 

Non giova per� al suo sostegno i1 richiamo dell'art. 32 della Costituzione; 
esso garantisce cure gratuite agli indigenti privi di qualsiasi 
altra ptoteaio))e sanitaria. Ma per i la'\1'oratori l'assistenza malattia � 
og~ttg del .sU()t::l1)iSsivo aJ:t� 38, secondo� comma; il quale. VU()ler �he lo 
$#\t9 ~49tii �~ ~iire neces$arie a� rendere effettiva l'assistenza stessa, 
s~za� :fol'fu.ulal'e .di~f$e s().1uzioni'. L'art. 38 quarto comma si limita a 
staJ:lntr~ �he �;i,i c()mpitf :i:'fativi Ptovvedano organi ed istituti predisposti 
6 integ:t'atl 4ell6 Stato, e l:lUlla dispone di categorico sul finanziamento 
Cl.i tilt <il'gffinf eCl:i tali istituti, :E pertanto legittimo che si impongan<> 
ii 4at~l'i!UlaV()i'Qe �ai �lavorat()ri,.� prestazioni .patrimoniali di copert4:
i:a �t;l:elbf$pesa di as$istenza malattia sul fondamento di meditate solu#'.
9tl:f(1L gfost!Zfa sociale e su questa linea � gi� la giurist;>rudenza di 
�..�q\�:~til Qorte, la�.q.a1e,. nelle sue .sentenze 6 dicembre �1960, n. 'i�, 20 
maggio, 19$~. n, 44;.ie a.aprile 1968, n �.23, ha deciso che l'art. 38 della 
.��� �q~tit1l:?:i9~E;) n()tl � E;)sCll:ld(;l che .possano farsi gravare su: sing.c>le categorie 
di s(i.ggettfg11. oneri flna.nziari inerenti ai compiti cui esso �si riferisce. 
4.. ,,. :t;e nol;m� denunciate si mantengono sulla linea dell'art. 38, 
q.a:rto C()mma,. della C9stituzione, per.eh� fanno proprio il sistema del 

. . ... . . . . . 

~1:1nz~atnento.� per� contributi caleolati suU~importo delle tetribuzioni 
dovute ai lawratodvsenza respingere l'obbligo integrativo dello Stato 
c:he, infatti, negli ultimi anni com'� noto, ha trovato pi� di una attuazione, 


La determinazione dei contributi, fino ai 18 maggio 1963, fu rimessa, 
per l'assicurazione dei lavoratori in attivit� di servizio, ad un 
decreto del Presidente �della Repubblica, emanato su� proposta del Mini-

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 del 20 aprile 
1968; � 

4) ordinanza emessa il 14 gennaio 1968 dal tribunale di Milano nel 
procedimento civile vertente tra la ditta Termotecnica Russo e l'INAM, 
iscritta al n; 75 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta 
Ufficiale della R�pubblica n. 139 del 1<> giugno 1968; � 

Il) ordinanza emessa il 5 marzo. 196ll dal tribunale di Como nel procedimento 
civile vertente tra la societ� SALVI e l'INAM, iscritta al n. 84 
del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 
n. 170 del 6 luglio 1968); 

6) ordinanza emessa il 10 gennaio 1968 dal tribunale di Milano nel 
procedimento civile vertente tra la Societ� gen�rale ..esercizi automobilistici 
e l'INAM, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella 
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968;. 

7) ordinanza emessa il 22 maggio 1968 dalla Corte d'appello di Caltanissetta 
nel procedimento. civile vertente tra la societ� Etna trasporti e 



186 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'O 

stro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con il Ministro 
per il tesoro, sentito l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le 
malattie e -le organizzazioni nazionali sindacali interessate (art. 1, secondo 
comma, legge 14 aprile 1956, n. 307, in relazione all'art. 1, terzo 
comma, del d.lg. 9 aprile 1946, n. 212, all'art. 1, secondo comma, del 
d.lg. 19 aprile 1946, n. 213, e all'art. 1 del d.lg. 31 ottobre 1947, n. 1304). 
Per l'assicurazione a favore dei pensionati, la determinazione stessa fu 
deferita ad un decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi 
entro il 31 dicembre 1963, su proposta pure del Ministro per il lavoro, 
di ,concerto con quello per il tesoro, sentiti soltanto i consigli di amministrazione 
degli enti gestori dell'assicurazione di malattia interessati 
(art. 5, quarto c~mma, legge 31 dicembre 1961, n. 1443); ,l'art. 15, legge 
28 luglio 1961, n. 830, concernente gli addetti ai pubblici servizi di 
trasporto, � denunciato unicamente ex artt. 32 e 38 della Costituzione, 
ed essendosi ritenuta non fondata la questione inerente a detti articoli, 
non viene pi� in esame. 

Le questioni proposte fanno tutte centro su un dubbio sorto innanzi 
ai giudici di merito, circa la natura della potest� attribuita dalle 
norme predette per la determinazione dei contributi principali e dell'addizionale, 
e circa l'osservanza dei predetti contenuti negli artt. 23 
e 76 della Costituzione per. ci� che concerne i limiti da segnare all'attivit�, 
rispettivamente legislativa o amministrativa, da tali articoli consentita 
al potere esecutivo o all'autorit� amministrativa. 

5. -� innegabile che, riguardo ai contributi principali, con l'art. 1, 
secondo comma, legge 14 aprile 1956, n. 307, si � posta in essere una 
delegazione legislativa. L'articolo rinvia, per la determinazione dei contributi, 
alle forme e alle modalit� previste nelle delegazioni risultanti 
dalla legislazione anteriore, e quindi a quelle indicate nei citati decreti 
legislativi 9 aprile 1946, n. 212, 19 aprile 1946, n. 213, e 31 ottobre 
l'INAM, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella 
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968; 

8) ordinanza emessa il 10 aprile 1968 dal tribunale di Imperia nel 
procedimento civile vertente tra la Compagnia impianti elettrici e l'INAM, 
iscritta al n. _140 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta 
Uffidale della Repubblica n. 222 del 31 agosto 1968; 

9) ordinanza emessa il 27 febbraio 1968 dal tribunale di Livorno nel 
procedimento civile vertente tra la Compagnia impianti elettrici e l'INAM, 
iscritta al n. 148 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta 
Ufficiale della Repubblica n. 2a5 del 14 settembre 1968; 

10) ordinanze emesse il 29 maggio 1968 dal tribunale di Varese nei 
procedimenti civi:li vertenti tra la Societ� Cromos e l'INAM, iscritte ai 
nn. 147 e 148 del registro ordinanze 1968 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale 
della Repubblica n. 235 del 14 settembre 1968; 

11) ordinanza emessa il 31 maggio 1968 dal pretore di Piacenza nel 
procedimento penale a carico di Vita Finzi Zalmann Emilio Dattolo, iscritta 


188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Parlamento al Governo, cosi staccando la forma del decreto presidenziale 
dal titolo di una delegazione. Ci� � confermato dal quarto comma 
dello stesso art. 5, ove si specifica che quelle forme doyevano consistere 
in un decreto del Presidente della Repubblica, senza alcun accenno a 
deliberazione del Consiglio dei Ministri, come invece era stato previsto 
nella legge del 1956, per l'indiretto richiamo all'art. 1, n. 3, della legge 
31 gennaio 1926, n. 100; non � concludente osservare che il comma 
contiene un termine entro cui il potere si sarebbe dovuto esercitare, 
perch� anche all'esercizio di una potest� amministrativa pu� assegnarsi 
un termine; che, nella specie, era acceleratore, dato che coincideva con 
la data in cui avrebbe iniziato il suo vigore un nuovo sistema di erogazione 
delle prestazioni assicurative. Che non vi sia delegazione legislativa 
� confermato poi dal fatto che l'iter formativo della legge si concluse 
il 31 dicembre 1961 con l'approvazione di essa, non da parte 
dell'Assemblea della Camera dei deputati, ma dalla sua XIII Commissione 
permanente (Camera dei deputati, Atti parlamentari, 1958-1963, 
Discussioni della XIII Commissione in sede legislativa, pagina 543) e 
quindi senza l'uso.del procedimento previsto dall'art. 72, quarto comma, 
della Costituzione per le leggi che delegano al Governo l'esercizio della 
funzione legislativa. Ben poteva quindi il decreto del Presidente della 
Repubblica 31 dicembre 1963, n. 2194, essere emesso senza la controfirma 
del Presidente del Consiglio dei Ministri, e senza la previa deliberazione 
del Consiglio stesso; epper� manca in esso la natura di atto 
avente forza di legge. :E un atto amministrativo riconducibile alla riserva 
di cui all'art. 23 della Costituzione, ritenuta da questa Corte di 
portata relativa fin dalla sua sentenza 16 gennaio 1957, n. 4, quindi 
tale da pe_rmettere una determinazione di aliquote mediante atto dell'amministrazione: 
il richiamo che vi si fa all'art. 87, comma quinto, 
della Costituzione attiene stavolta alla potest� presidenziale di emanare 
i regolamenti. 

6. -La delegazione legislativa per la�determinazione dei contributi 
generali non avrebbe potuto contenere pi� che l'indicazione di un modulo 
di misura dell'aliquota, in maniera da evitare ogni manifestazione 
di arbitrio; e l'attribuzione della potest� amministrativa di determinare 
l'addizionale per i pensionati non avrebbe potuto ricevere se non vincoli 
dipendenti da moduli di quel genere, escludenti qualsiasi discrezionalit�. 
Le norme sottoposte al controllo di questa Corte rispondono a 
tali criteri. 
Il contributo principale avrebbe dovuto essere determinato � in 
relazione alle esigenze della gestione � e l'addizionale � in relazione al 
fabbisogno dell'assistenza �; con ci� non si � per� prescritta, come si 
sostiene, una generica relazione tra entit� del contributo o dell'addizionale 
e imprecisate esigenze della gestione e dell'assistenza, ma si � 
portata l'assicurazione obbligatoria contro le malattie sotto il cosiddetto 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 189 

regime di ripartizione che, com'� noto, � una delle basi finanziarie 
che pu� sorreggere il rapporto di assicurazione, e che divide tra gli 
assicurati o tra gli obbligati al contributo; il costo della prestazione 
dell'assicuratore. Siffatto regime riceve netti contorni nella scienza e 
nella tecnica assicurativa; e nella specie implica l'esigenza di un rapporto 
matematico fra il costo globale dell'assistenza e la massa salariale 
imponibile, l'una e l'altra calcolate sulla base dei risultati ponderali 
delle gestioni precedenti e delle probabilit� di variazioni desunte da 
indici elaborati in modo obiettivo secondo precise regole attuariali, 
salve le contribuzioni integrative che lo Stato avesse ritenuto di disporre 
a favore dell'ente erogatore dell'assistenza e a sgravio dei soggetti 
obbligati ai contributi. In questo sistema, i coefficienti che concorrono 
a formare l'importo percentuale della prestazione dovuta si 
desumono da fattori demografici, economici, sanitari, organizzativi e 
simili, da rilevazioni e da giudizi formatisi in campo scientifico, quelli 
che si sogliono financo riassumere in vere e proprie formule algebriche. 
Onde la relazione ministeriale alla legge 14 aprile 1956, n. 307, poteva 
ben avvertire che l'ammontare del contributo doveva determinarsi 
mediante un procedimento di carattere squisitamente tecnico, dal quale 
avrebbero dovuto esulare apprezzamenti cli natura discrezionale e politica. 
La relazione che illustra la legge 4 agosto 1955, n. 692, istitutiva 
dell'assicurazione malattia per i pensionati, procede poi elaborando 
indici tratti financo dall'esperienza straniera, che hanno permesso altresl 
di ricavare il costo medio dell'assistenza per ciascun pensionato con 
carico di famiglia; e sullo stesso terreno si pone pure la relazione alla 
legge 31 dicembre 1961, n. 1443, oggetto delle odierne cause. L'assicurazione 
obbligatoria contro le malattie, all'entrata in vigore delle leggi 
denunziate, era gi� in attuazione da lungo tempo, e le norme in esame 
non potevano non essersi riferite pure ai computi attuariali che si 
sarebbero potuti elaborare sulla base �di tali esperienze. 

Si pu� pertanto ritenere voluto dalle leggi denunziate l'uso di parametri 
precisi, i quali, men che ridurre ogni possibilit� di apprezzamento 
libero da parte dell'organo designato alla funzione, la eliminavano; e 
la Corte che, fin dalla sua sentenza del 4 luglio 1957, n. 122, ha ritenuto 
legittima l'assegnazione ad organi amministrativi del compito di prefiggere 
elementi o presupposti di una prestazione imposta in applicazione 
di conoscenze tecniche, a fartiori deve ritenere che implichi principio 
o criterio direttivo per l'esercizio di una potest� delegata il rinvio 
a conoscenze del genere. 

Non � a dire che, nella specie, il costo della prestazione contributiva, 
dovendo inoltre tener conto di quello dell'organizzazione amministrativa, 
avrebbe potuto risultare dal calcolo di componenti arbitrariamente 
maggiorate attraverso una politica di gestione destituita di 

3 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

severit� o comunque indulgente alla spese. Le leggi in esame, rappor~ 
tandosi alle esigenze o al fabbisogno della gestione o dell'assistenza, 
hanno voluto che il contributo e l'addizionale si commisurassero ad 
un concetto di spesa che � in nesso di necessit� con lo scopo da perseguire; 
e da tale pro:(i.lo non si pu� ravvisare alcuna imprecisione df 
principi, di direttive, o di limiti. Le prestazioni dovute all'assicurazione 
sono tassativamente indicate dalle leggi rispettive, per tipo e per durata 
(art. 5 legge 11 gennaio 1943, n. 138, e art. 3 legge 4 agosto 1955, 

n. 692, modificato dall'art. 7 legge 31 dicembre 1961, n. 1443); che di 
costo di gestione si sarebbe potuto discorrere soltanto in ordine a ci� 
che fosse stato strettamente coordinato dalle finalit� assicurative � 
confermato dall'art. 31 n. 4 della citata legge 11 gennaio 1943, il quale 
proibisce all'Istituto di impiegare i capitali disponibili nell'acquisto di 
beni immobili non destinati all'esplicazione delle sue funzioni sociali; 
si pu� anche ricordare che il trattamento economico del personale dell'Istituto 
era regolato dal d.lg. 21 novembre 1945, n. 722 (oggi, rpi� 
precisamente, dalla legge 29 maggio 1967, n. 337), che non.dava margini 
di arbitrio; si pu� infine soggiungere che la stessa spesa del personale 
avrebbe dovuto essere portata a base dell'aliquota in quanto fosse stata 
giustificata dalle occorrenze di servizio, quindi da una dimensione organizzata 
a queste raggua.gliata. 
Non � esatto che i criteri stabiliti non erano suscettibili di controllo. 
A parte quello preventivo spettante ai ministri che dovevano 
assumere l'iniziativa dei decreti determinativi del contributo e dell'addizionale 
e a parte il controllo della Corte dei conti in sede di registrazione 
di tali decreti, si pu� rilevare che questi ultimi sono soggetti a 
controllo di legittimit�, pienamente esercitabile da parte dei competenti 
organi di giustizia, dato il carattere tecnico dei criteri di base prescritti 
dalle leggi impugnate, ai fini di verificare se essi effettivamente hanno 
superato quei criteri. Comunque si deve rileva~e �che n� si pu� giudicare 
la legittimit� delle leggi impugnate dal� modo come esse sono state 
attuate, n� � utile accertare se le leggi stesse contengono norme di 
garanzie per gli anni futuri, in quanto la competenza dalle medesime 
attribuita si � del tutto esaurita con l'emanazione dei decreti del Presidente 
della Repubblica del 6 agosto 1959, n. 870, e del 31 dicembre 
1963, n. 2194. Il vaglio di pericoli futuri si risolve nel sindacato 
sulla regolarit� della gestione I.N.A.M. che nulla ha da vedere con il 
controllo costituzionale cui sono state sottoposte le due leggi del 1956 
e del 1961: l'I.N.A.M. � stato assoggettato al riscontro della Corte dei 
conti con il decreto del Presidente della Repubblica 20 giugno 1961, 
e la giurisprudenza di detta Corte e le relazioni che essa ha presentato 

�al 
Parlamento sui consuntivi dell'Istituto d�nn,o il segno della puntualit� 
ed oculatezza con cui il riscontro stesso � stato esercitato. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 22 -Pres. Sandulli 
Rel. Reale -Cipriani (n.c.) c. I.N.P.S. (avv. Cannella). 

Pensioni -Trattenute per crediti dell'I.N.P.S. -Illegittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 38, secondo comma; r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 128, secondo 
comma). 

In riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, � 
illegittimo L'art. 128, secondo comma, del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, 
convertito neUa legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui attribuisce 
all'Istituto nazionale della previdenza sociale il diritto di trattenere 
sulle pensioni l'ammontare delle somme ad esso dovute in forza 
di provvedimenti dell'Autorit� giudiziaria (1). 

(1) Sul primo comma dello stesso art. 128, consacrante il principio della 
intangibilit� delle pensioni corrisposte dall'INPS in ordine alla cessione ed 
a procedure esecutive o cautelari, vedasi la sentenza 4 aprile 1960, n. 18, 
Giur. it., 1960, I, 1, 600. 
Sul primo comma dell'art. 38 Cost., la Corte si � pronunciata con le 
sentenze 2 aprile 1968, n. 29, in questa Rassegna, 1968, I, 349 e 14 aprile 1965, 

n. 27, ibidem, 1965, I, 283. 
Il giudizio � stato introdotto con ordinanza emessa il 15 giugno 1967 
dal Tribunale di Bari (Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1967, n. 271). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 23 -Pres. Sandulli -
Rel. Trimarchi -Fallimento Rossi (avv. Rescigno) c. Marchesi 
(n.c.) -interv. Presidente Consiglio Ministri (sost. avv. gen. Stato 
Tracanna). 

Imposta di registro -Fallimento -Atti del fallito -Registrazione in 
termine fisso -Pagamento dell'intero ammontare dell'imposta Violazione 
della � par condicio creditorum � e del principio di 
eguaglianza -Esclusione. 

(Cost., art. 3; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 91). 

L'art. 91 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3.269, che approva la legge 
del registro, imponendo al curatore del faLlimento, che voglia avvalersi 
in giudizio di scrititure private poste in essere dall'imprenditore commerciale 
non ancora dichiarato faHito e soggette a registrazione in 
termine fisso, l'obbligo di pagare l'intero ammontare dell'imposta, non 
contrasta con l'art. 3 della Costituzione, sia perch� al momento della 


INTERNAZIONALE 

{1) La questione � stata proposta con ordinanza 10 novembre 1966 dal 
Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1967, n. 102). 


_, 

194 

dASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gato a pagare per imposta di registro l'intero ammontare di essa con


temporaneamente alla registrazione della scz:ittura. Il fatto che il cura


tore -sia tenuto a pagare la intera imposta al momento della registra~ 

zione non � perci� connesso alla natura del debito (del fallito o meno), 

ma all'atto da lui posto in essere: la richiesta di registrazione � per 

il curatore un atto di gestione, la cui spesa non pu� che gravare sulla 

massa. 

Ma, pur dovendo il curatore provvedere all'integrale pagamento 
dell'imposta, tale debito, rientrando tra quelli del fallito, non cessa di 
rimanere tale. Il curatore, infatti, con la richiesta di registrazione della 
singola scrittura privata, si presenta, nei confronti dell'atto e dell'Amministrazione 
finanziaria dello Stato come portatore di un interesse 
autonomo, e sopra di lui non grava un obbligo di registrazione, sibbene 
un semplice onere. Viene, cosi, immediatamente realizzato l'interesse 
dell'ufficio fallimentare, a disporre per il giudizio della singola scrittura 
registrata; e ci� anche se ad ogni modo ricorre e del pari viene realizzato 
l'altro interesse dell'Amministrazione finanziaria dello Stato alla 
riscossione del tributo. 

3. -La cir�costanza che in relazione ad un debito del fallito, destinato 
a seguire la sorte degli altri debiti dello stesso fallito, il creditore 
(Amministrazione finanziaria dello Stato) possa pretendere ed ottenere 
il pagamento dell'intero non in sede di riparto delle somme ricavate 
dalla liquidazione dell'attivo ed a prescindere dalla legittima causa di 
prelazione (privilegio ex art. 97 legge registro), non significa che l'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, in quanto creditrice del fallito, 
si viene a trovare in una posizione di ingiustificato vantaggio nei confronti 
degli altri creditori dello stesso fallito, e non comporta che 
l'art. 91 della legge di registro violi l'art. 3 della Costituzione e non 
rispetti il principio della par condicio credito1�um. Sul terreno della 
ripartizione dell'attivo fallimentare, la posizione dell'Amministrazione 
finanziaria dello Stato, per il credito di imposta di registro, non viene 
alterata dagli effetti connessi al meccanismo e al fatto del pagamento 
della imposta; e rileva unicamente la partecipazione, con privilegio o 
pro quota, alla detta ripartizione. Di modo che, ragionandosi con riferimento 
a quel profilo, non entra in gioco l'art. 91 della legge di registro, 
oggetto della presente denuncia. 
Detto articolo si colloca invece sul terreno dell'esazione della imposta 
e contiene una regola che valutata in s� e� per s� non crea n� 
pu� creare posizioni di vantaggio in favore dell'Amministrazione finanziaria 
dello Stato ed anzi, ed � questo profilo che forse di pi� interessa, 
pone tutti i debitori d'imposta sullo stesso piano, conformandosi interamente 
al disposto dell'art. 3 della Costituzione. Con la conseguenza 
che il citato art. 91 non � destinato ad operare nell'ambito della procedura 
fallimentare, nella quale, invece, si -applicano unicamente le 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 195 

disposizioni del codice. civile e della legge fallimentare che prevedono 
i modi ed i tempi della ripartizione dell'attivo. 

Non si pu� dire, perci�, che l'art. 91 della legge di registro, per la 
previsione in esso contenuta e come sopra enucleata dal tribunale di 
Milano, sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto violi 
il principio di eguaglianza di fronte alla legge (fallimentare). La norma 
non � destinata ad operare entro i confini segnati dalle disposizioni 
relative alla ripartizione dell'attivo fallimentare, che presuppongono 
e rispettano la par condicio tra i creditori del fallito ma esclusivamente 
entro quelli posti dalle disposizioni relative alla riscossione del tributo 
di registro. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 20 febbraio 1969, n. 24 -Pres. Sandulli -
Rel. Crisafulli -Imp. Monticciolo (n.c.) -interv. Presidente Consiglio 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). 

Fallimento -Obbligo del fallito di presentarsi personalmente al giudice 
delegato, al curatore o al comitato di creditori -Contrasto con il 
principio della libert� personale e di quella di circolazione e �soggiorno 
-Esclusione. 

(Cost., artt. 13, 16; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 41 e 220). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, in riferimentJo 
agii artt. 13 e 16 della Costituzione, dell'art. 220 in relazione 
aH'art. 49 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in quanto l'obbligo di presentazione 
del fallito configura una prestazione personale giustificabile 
per la sua natura strumentale in ordine alla procedura fallimentare (1). 

(Omissis). -Gli obblighi di cui � questione nel presente giudizio 
configurano una ipotesi di prestazioni personali �che, a norma dell'art. 
23 della Costituzione, possono dalla legge essere validamente 
imposte per soddisfare interessi considerati meritevoli di particolare 
tutela, e costituzionalmente rilevanti, come sono, nella specie, gli interessi 
di giustizia inerenti alla procedura fallimentare, della quale il 

(1) La norma dell'art. 49 del r. d. 267/1942, nella parte in cm impone 
al fallito di non � allontanarsi dalla sua residenza � senza autorizzazione 
del giudice delegato aveva in precedenza formato oggetto di analoga questione 
di legittimit� costituzionale, in riferimento agli stessi articoli 13 e 16 
della Costituzione, dichiarata non fondata con la sentenza 8 marzo 1962, 
n. 20 (Foro it., 1962, I, 597). 
Il giudizio de quo .� stato introdotto con ordinanza del pretore di Saronno 
emessa il 10 marzo 1967 (Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1967, n. 132). 

S{ffffst1frttr1tffff~f1t1Ir:{~?r:t~~~{}tffr1fIrrtr:fff:?r:r:r:?f:fr:r:?fffI?Iff:fff@ffrtfI??f~~r:f:~t?~~{J~~fr:r:r:~?~~Jit~~~~r?~~W?t?r?~g~~t?JJ?~~~J~~~rrn~r~r~tr~rrrrnn~tr?rtt~ 


196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
fallito � il soggetto passivo ed alla base della quale si pone, comunque, 
un atto del giudice, qual'� appunto la sentenza dichiarativa di fallimento. 
Ed � a'Ppena il caso di rilevare che, avendo la presentazione 
del fallito carattere strumentale rispetto alle esigenze della procedura 
in corso, � dalla legge stessa che si ricavano, anche se implicitamente, 
i limiti della discrezionalit� degli organi del fallimento nel prescriverla 
di volta in volta quando sia necessaria, tanto � vero che, in caso di 
legittimo impedimento, il fallito pu� essere autorizzato dal giudice a 
farsi rappresentare da un mandatario speciale. Non � perci� violato il 
principio della riserva di legge posto a garanzia del cittadino dall'art. 23 
della Costituzione secondo l'interpretazione costantemente affermatane 

dalla giurisprudenza di questa Corte. 
Sotto il profilo ora accennato, l'obbligo di presentazione del fallito 
non ha natura diversa dal dovere, che grava su ogni cittadino, di prestare 
testimonianza in giudizio, o dagli obblighi che possono essere 
imposti nelle ipotesi di cui all'art. 652 del cod. pen. (in ordine ai quali 
questa Corte, con sentenza n. 49 del 9 luglio 1959, ebbe a dichiarare 
non fondata una questione di legittimit� costituzionale sollevata con 
riferimento all'art. 13), o dall'obbligo di presentarsi all'autorit� di pubblica 
sicurezza previsto dall'art. 15 del t.u. del 1931 (questo pure ritenuto, 
con sentenza 24 aprile 1967, n. 52, non contrastante con l'art. 13), 
od anche, sopra un piano diverso, da quelli autorizzati dall'art. 2 della 
legge 30 agosto 1868, n. 4613, giudicati a loro volta non incompatibili, 
tra l'altro, con gli artt. 13 e 16 della Costituzione (sentenza 15 marzo 
1960, n. 12). 
Ovviamente l'adempimento di obblighi siffatti implica come conseguenza 
la limitazione di attivit� che il soggetto cui sono imposti potrebbe 
altrimenti svolgere liberamente e a suo pieno arbitrio, poich� 
sempre e per definizione l'imposizione di prestazioni personali comporta 
-in fatto -conseguenze. del genere. Ma, come si � sopra rilevato, 
nel caso in esame tali limitazioni, mentre da un lato sono funzionalizzate 
ad una procedura giudiziaria e derivano ope legis dalla 
sentenza dichiarativa di fallimento, d'altro lato non incidono direttamente 
nell'ambito delle fattispecie tipiche garantite dagli artt. 13 e 16 
della Costituzione. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, n. 26 -Pres. Sandulli -
Rel. Mortati -Cantelli (avv. Giannini), Marsigli (avv. Allorio). 
Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit� -Termine di decadenza 
-Differenza di trattamento rispetto all'azione di riconoscimento 
di maternit� -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 30; e.e., art. 271). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 197 

Filiazione -Azione per riconoscimento di paternit� -Invalidazione 
dell'art. 123 disp. art. codice civile -Termine anche per i nati 
prima del 1� luglio 1939 -Violazione del principio di eguaglianza Esclusione. 


(Cost., art. 3; e.e., disp. att., art. 123). 

Non � fondata, cow riferimento all'art. 3 ed all'art. 30 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale delt'art. 271 Codice 
civile, l� dove prescrive un termine di decadenza per l'azione di 
riconoscimento di paternit�, con differenziazione rispetto all'analoga 
azione di riconoscimento di maternit� (1). 

Non � fondata, con riferimenfJo all'art. 3 della Costituzione, la 
questione di legittimit� costituzionale dell'art. 123 disp. attuaz. cod. 
civile, anche dopo la sentenza 61 febbraio 1963, n. 7 deUa CoTte Costituzionale, 
peTch� l'efficacia di tale sentenza si estende anche ai nati 
prima del 10 luglio 1939, salvo che nel frattempo non siano intervenuti 
eventi che li abbiano sottratti ad ogni possibilit� di muta


~enti (2). 

~) Le questioni erano state proposte dalla Corte di Appello di Bo' 
ordinanza 18 novembre 1966 (Gazzetta Ufficiale 22 aprile 1967, 

'1mza si ricollega alle precedenti decisioni della Corte 16 feb. 
7 (Giur. Cast. 1963, 64 e nota di PALADIN, Eguaglianza davanti 
'\vilegi odiosi verso i figli naturali), e 5 maggio 1967, n. 58 

�((na, 1967, 360, e .nota di richiami). 


>i:ALE, 5 marzo 1969, n. 27 -Pres. Sandulli '
taneo ed altri (n.p.) c. Presidente Consiglio 

�' 
,, avv. gen. dello Stato Agr�). 

1�voro -Divieto di licenziamento per matrimonio delle 
..-atrici -Presunzione di licenziamento per causa di matri..
nonio -Illegittimit� costituzionale -Esclusione � 
(Cost., art. 41; 1. 9 gennaio 1963, n. 7, art. 1). 

Non � fondata, con riferimento al principio della libert� di iniziativa 
economica stabilito dall'art. 41 della Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 9 gennaio 1963, 

n. 7, sul divieto di licenziamento per causa di matTimonio delle donne 

198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lavoratrici, in quanto, con la presunzione ivi prevista, la libert� del 
datore di lavoro � limitata, ma non compromessa (1). 

(Omissis). -3. -Dai lavori preparatori -ed in particolare dalla 

relazione del Governo e dal .parere espresso dal Consiglio nazionale 

dell'economia e del lavoro nella seduta del 24 maggio 1962 -risulta 

che prima dell'emanazione della legge impugnata era diffusa la prassi 

dei licenziamenti delle donne in caso di matrimonio e che tale feno


meno aveva assunto dimensioni ancora pi� gravi a seguito dell'entrata 

in vigore della legge 26 agosto 1950, n. 860 sulla tutela fisica ed eco


nomica delle lavoratrici madri ed a causa dei disagi ed oneri che que


sta aveva imposto agli imprenditori. � tale situazione di fatto -con


validata dalla comune esperienza e confermata dai frequenti dibattiti 

sindacali e dottrinali, da studi condotti dallo stesso CNEL, da inda


gini disposte dal Governo e da varie proposte legislative di iniziativa 

parlamentare -che ha indotto il legislatore a valutare l'interesse 

delle lavoratrici alla conservazione del posto di lavoro ed il contrap


p�sto interesse dei datori di lavoro e ad introdurre una disciplina 

idonea a dirimere il conflitto. nel senso ritenuto pi� rispondente alle 

esigenze della societ�: finalit�, giova rilevarlo, che la legge ha perse


guito non solo con le disposizioni relative ai licenziamenti, ma anche 

attraverso una pi� ampia mutualizz�azione degli oneri finanziari deri


vanti dal trattamento concernente le lavoratrici madri (cfr. articoli 

3 e segg.). 

Nel quadro di questa premessa la tutela accordata alle lavoratrici 
che contraggono matrimonio trova legittimo fondamento in una 
pluralit� di principi costituzionali che concorrono a giustificare misure 
legislative che, in definitiva, perseguono lo scopo di sollevare la 
donna dal dilemma di dover sacrificare il posto di lavoro per salva. 
guardare la propria libert� di dar vita ad una nuova famiglia o, viceversa, 
di dover rinunziare a questo suo fondamentale diritto per evi


tare la disoccupazione. 

Gi� nella sentenza n. 45 del 1965 questa Corte afferm� che nel 

principio formulato dall'art. 4 della Costituzione � contenuta una di


(1) La questione era stata proposta con ordinanza 9 gennaio 1967 del 
Tribunale di Como (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157), e con ordinanza 
14 maggio 1968 del Tribunale di Genova (Gazzetta Ufficiale 28 settembre 
1968, n. 248). � 
La sentenza � collegata, nella sostanza, con la� precedente sentenza 
della Corte 9 giugno 1965, n. 45 (in questa Rassegna, 1965, 862) sul divieto 
di licenziamento ad nutum, del lavoratore in genere. Essa, d'altra parte, 
� anche in linea con la successiva legge 15 luglio 1966, n. 604 sulla � giusta 
causa � nei licenziamenti. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 199 

rettiva in forza della quale il legislatore � abilitato a circondare � di 
doverose garanzie e di opportuni temperamenti� le ipotesi di licenziamento. 
I motivi allora esposti valgono a pi� forte ragione quando, 
come nel caso attuale, l'incombente minaccia di licenziamento pu� 
comportare il sacrificio di un altro interesse parimenti tutelato dalla 
Costituzione: dall'art. 2, che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, 
fra i quali non pu� non essere compresa la libert� di contrarre ma\. 
trimonio; dall'art. 3, secondo comma, che impone di rimuovere ogni 
\ ostacolo, anche di fatto, che impedisca il pieno sviluppo della persona 
'�vnana; dall'art. 31, che affida alla Repubblica il compito di agevolare 
\.formazione della famiglia e, quindi, di intervenire l� dove questa 
\'\nche indirettamente ostacolata; e dall'art.' 37, che stabilendo che 
-,\dizioni di lavoro devono consentire alla donna l'�dempimento 
\~ funzione familiare non pu� non presupporre, in primo luogo, 
'\ assicurata la libert� di diventare sposa e madre. Dal con\~
rincipio espresso dall'art. 4 e dalla garanzia della libert� 
-\llle citate norme costituzionali deriva -che la legge in 
\e, nel settore in essa considerato, l'attuazione di quel 
<,la del lavoro -�rt. 35, primo comma -che la Co\
mza con l'art. 1, colloca in testa al titolo terzo rela


,_ 


\.omici; e si pu� concludere che le restrizioni apV.
cenziamento appaiono giustificate dal fenomeno 
\~;1uto far fronte e dall:a esigenza di salvaguar._,
i_t� umana dei soggetti in favore dei quali la 
'\~.. . t 
' l 


\<:p.zioni hanno un peso determinante nella 
'',Qne sottoposta a questa Corte. 
\i~_sposizione impugnata, in quanto pre"
.ori dei casi tass~tivamente previsti) 1 

I

\~nziamento non � stato disposto a 

I 

--,,~a presunzione stabilita nel terzo 
�-'t_o temporaneo di licenziamento 
'a quelle elencate nell'ultimo 
,d pu� non essere valutato nella 

,,,oiettivi perseguiti dal legislatore. La I 
..gge, peraltro limitata ad un ben definito 

lI

;rdina con il principio della nullit� del licenmatrimonio, 
perch� esonera la lavoratrice dal difdi 
provare che il matrimonio o la promessa di maI 
{

.stato l'unico motivo del recesso del datore di lavoro. E 

! 

....abbio che, una volta posta la presunzione, il legislatore do:
1 
Je necessariamente stabilire i casi nei quali la controparte pu� ! 

j

provare l'esistenza di una legittima causa di licenziamento e delimi-
J 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tarli in modo tale da evitare frodi e da consentirne il controllo giurisdizionale. 


Risulta chiaro, :perci�, che le �ragioni illustrate nel paragrafo precedente 
giustificano costituzionalmente i mezzi scelti dal legislatore 
per rendere effettivamente operante il divieto di licenziamento a 
causa di matrimonio: da un lato la particolare situazione delle donne 
lavoratrici cui si � voluto far fronte legittima il trattamento ad esse 
riservato nei confronti degli altri lavoratori; dall'altro la tutela della 
loro dignit� e libert� realizza una disciplina dell'esercizio dell'iniziativa 
economica rispettosa dei limiti previsti dall'art. 41 della Costituzione. 
N� pu� dirsi che la violazione di questa norma costituzionale 
e del principio di eguaglianza discenda dalla circostanza che la disposizione 
impugnata, tassativamente indicando i casi nei quali, nel periodo 
predetto, la presunzione pu� essere vinta dalla prova offerta 
dal datore di lavoro, impedisce il recesso in ogni altra ipotesi. Come 
innanzi si � detto, la legge considera legittimo il licenziamento se la 
lavoratrice incorra in colpa costituente giusta causa per la risoluzione 
del rapporto, se cessa l'attivit� della azienda cui essa era addetta, se 
� ultimata la prestazione per la quale era stata disposta l'assunzione 

o se � sopraggiunto il termine per il quale il rapporto era stato stipulato. 
Come risulta da questa elencazione (che � stabilita con il rinvio 
a quella dei casi nei quali, in forza del secondo comma dell'art. 3 
della legge 26 agosto 1950, n. 860, si fa eccezione al divieto di licenziare 
le lavoratrici durante,. la gestazione e fino al termine massimo 
di un anno dal parto), la libert� del datore di lavoro �, certo, limitata, 
ma non � affatto compromessa come suppongono le ordinanze di rimessione. 
Vero � che dalle ipotesi contemplate dalla legge � esclusa 
quella concernente la riduzione del personale: ma anche in questo 
caso l'imprenditore resta libero di valutare le esigenze connesse al 
ridimensionamento della sua azienda ed � solo vincolato a non includere 
fra i dipendenti sacrificati la donna che s� trovi nella situazione 
prevista dalla legge. E questa particolare protezione accordata alla lavoratrice 
nubenda o sposata da meno di un anno -protezione, dunque, 
ben limitata nel tempo -non costituisce un ingiustificato privilegio 
nei confronti degli altri lavoratori coinvolti nelle vicende della 
azienda. Il legislatore, infatti, pu� ben stabilire, nell'esercizio della 
sua valutazione politica, un !regime preferenziale di garanzia di conservazione 
del lavoro in favore di determinate categorie tutte le volte 
in cui sussistano motivi che lo giustifichino: e nel caso in esame, per 
tutto quanto si � detto innanzi, la legge � sorretta da ragioni che trovano 
valido riscontro nella realt� sociale e nella Costituzione (
Omissis). 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 201 
CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, 
Rel. Reale -Tiozzo Alberto (n.c.). 
n. 28 -Pres. Sandulli � 
Procedimento penale -Revisione in materia contravvenzionale Limitazione 
ai soli casi di abitualit� o professionalit� contravvenzionale 
-Ille~ittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3; c.p.p., art. 553, n. 2). 
� costituzionalmente itiegittimo, per violazione del principio di 
eguaglianza, l'art. 553 n. 2 del codice di procedura penale, nella parte 
in cui limita il diritto di chiedere la revisione di condanna ;Per contravvenzione 
al solo caso che, in. conseguenza di essa, il condannato sia 
stato dichiarato contravventore abituale o professionale (1)...: 
(Omissis). -La questione � fondata. 
L'istituto della revisione si pone nel sistema delle impugnazioni 
penali quale mezzo straordinario di difesa del condannato ed � preordinato 
alla riparazione degli errori giudiziari, mediante l'annullamento 
di sentenze di condanna, che siano riconosciute ingiuste posteriormente 
alla formazione del giudicato. 
Esso risponde all'esigenza, di altissimo valore etico e sociale, di 
assicurare, senza limiti di tempo ed anche quando la pena sia stata 
espiata o sia estinta, la tutela dell'innocente, nell'ambito della pi� generale 
garanzia, di espresso rilievo costituzionale, accordata ai diritti 
inviolabili della personalit�. 
La revisione � necessariamente subordinata a condizioni, limitazioni 
e cautele, nell'intento di contemperarne le finalit� con l'interesse, 
fondamentale in ogni ordinamento, alla certezza e stabilit� delle situazioni 
giuridiche ed alla intangibilit� delle pronunzie giurisdizionali di 
condanna, che siano passate in giudicato. 
Ma l'evoluzione della nostra legislazione positiva dimostra una 
graduale estensione delle categorie dei soggetti in favore dei quali la 
revisione dei giudicati penali � stata ammessa, sul riflesso di un sempre 
pi� accentuato favor per la tutela degli interessi materiali e morali 
di chi sia stato a torto condannato. 
Il d~tto rimedio, previsto come eccezionale nel codice di rito del 
1865, acquist�, nel codice di procedura penale del 1913, la figura di 
mezzo di impugnazione, ancorch� straordinario, di tutte le sentenze di 
condanna irrevocabili per delitto. 
li 
li 
Iji 
. I 
I 
(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 7 dicembre 1967 
della Corte Suprema di Cassazione (Gazzetta Ufficiale 30 marzo 1968, n. 84). 



202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E soltanto il legislatore del 1930 ne estese l'ambito di applicazione 
ai condannati a titolo contravvenzionale, nei limiti sopra ricordati. 

Dai lavori preparatori risulta che tali limiti erano intesi a non 
provocare giudizi di revisione per reati lievissimi, non importanti alcuna 
menomazione morale, mentre ad altri pregiudizi avrebbe potuto sopperire 
la concessione della grazia. 

L'estensione dell'istituto, a favore dei condannati dichiarati contravventori 
abituali o professionali, venne spiegata, d'altra parte, con 
la gravit� di tale dichiarazione, per gli effetti ad essa conseguenti. 

Dopo l'entrata in vigore della Costituzione (a parte la legge 23 
maggio 1960, n. 504 che ha dettato nuove norme solo in materia di 
riparazione degli errori giudiziari accertati in sede di �revisione), l'istituto 
ha subito modifiche per effetto della legge 18 giugno 1955, n. 517 
e della sul�cessiva legge 14 maggio 1965, n. 481, che, fra l'altro, ha 
ampliato il numero dei casi di revisione e i limiti di essa (artt. 554 e 555). 

Ma le innovazioni non hanno riguardato l'art. 553 n. 2 e quindi, 
� rimasta ferma l'esclusione, dal dkitto all'accertamento dell'errore 
giudiziario, di coloro che siano stati condannati per contravvenzione 
e non siano stati dichiarati, .in �onseguenza, contravventori abituali o 

professionali. 

Orbene tale esclusione appare in evidente violazione del principio 
di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.). 

Se infatti p�r una esigenza di giustizia sostanziale (che ha riflesso 
nei principi enunciati nell'art. 24, quarto comma, Cost.) l'istituto della 
revisione � stato positivamente preordinato anche a tutela di coloro 
che siano stati ingiustamente condannati per contravvenz.ioni, la restri~ 
zione contenuta nella norma impugnata, in danno della parte pi� numerosa 
dei condannati predetti, appare evidentemente non sorretta da 
motivi razionali e logicamente Tispondenti ad una obiettiva diversit� 
di situazioni. 

� appena il caso di ricordare che il legislatore, �di fronte alle difficolt� 
di stabilire un criterio sostanziale di differenziazione fra delitti 
e contravvenzioni, ritenne opportuno adottare il criterio meramente 
estrinseco e formale della diversa specie di pena principale stabilita 
per ciascuna delle due categorie (art. 39 cod. pen.): l'arresto e l'ammenda 
per le contravvenzioni. 

Tali sanzioni possono, in concreto, risultare di notevole gravit�, 
ove se ne considerino la natura e i limiti quantitativi nonch� le altre 
conseguenze previste dall:a legge penale. 

Con l'arresto, la restrizione della libert� personale del condannato 
pu� giungere sino ad un massimo di tre anni, aumentabili sino a cinque 
e a sei anni, se concorrono, rispettivamente, pi� circostanze aggravanti 

o pi� reati. 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 203 

D'altra parte l'ammenda (convertibile in arresto fino ad un massimo 
di due anni e, in caso di concorso di reati, di tre anni), pu� ascendere 
alla somma di lire 400.000, aumentabile fino al triplo per le condizioni 
economiche del reo e pu� non essere limitata nelle ipotesi di 
determinazione proporzionale del suo ammontare, mentre dei massimi 
molto elevati risultano preveduti anc,he da leggi speciali. 

La condanna per contravvenzione pu� importare pene accessorie, 
le quali incidono gravemente sulla sfera soggettiva del condannato, 
come la sospensione dall'esercizio da una professione o da un'arte e la 
pubblicazione della sentenza di condanna nonch�, in casi determinati, 
altre che sono proprie dei delitti. 

E pu�, altresi, avere effetti sul giudizio circa la capacit� dell'imputato 
a commettere ulteriori infrazioni, nei casi di recidiva, o per 
l'applicazione di una misura di sicurezza, come la libert� vigilata, che, 
talora, � comminata indipendentemente dalla declaratoria di abitualit� 

o professionalit� nel reato. 
Detta condanna � inoltre soggetta, salvo alcuni temperamenti, ad 
iscrizione nel casellario giudiziale e comporta, con l'obbligo delle spese 
processuali, anche quello (enunciato nell'art. 185 cod. pen.) delle restituzioni 
e del risarcimento del danno, nei casi in cui il fatto accertato 
ne abbia arrecato a terzi. 

Le situazioni, conseguenti all'applicazione delle norme sopra menzionate, 
dimostrano come in molti casi, diversi da quelli contemplati 
dal legislatore nell'art. 553 n. 2 cod. proc. pen., la condanna per contravvenzione 
possa caus;:ire serio pregiudizio non solo alla libert� e al 
patrimonio, ma anche alla onorabilit� e alla dignit� morale e so�iale 
dei soggetti. 

Beni morali che devono essere tutelati di fronte alla riprovazione 
sociale, la quale, anche indipendentemente dalla specie e dalla misura 
della pena inflitta, accompagna la dichiarazione giudiziale di colpevolezza 
in ordine a taluni reati contravv.enzionali. 

Tale riprovazione � determinata da valutazioni etico-sociali della 
condotta dei soggetti, in quanto ritenuta lesiva di principi fondamentali 
della civile convivenza, quali ad esempio la pubblica .fede, la 
incolumit� individuale, la pubblica salute e il buon costume, che risultano 
salvaguardati anche nei confronti di mere situazioni di pericolo 
e per fini di prevenzione, da norme ipotizzanti reati contravvenzionali, 
contenute nel codice penale e in leggi speciali. 

Dalle considerazioni che precedono emerge che la discriminazione 
operata dal legislatore in danno di alcune categorie di condannati per 
contravvenzione, come eccezione all'esercizio del diritto di veder riconosciuta 
la propria innocenza, anche avverso le risultanze di un giudicato 
e quale che sia il reato per cui � intervenuta condanna, lede il 
principio di eguaglianza, in quanto non ha alcuna apprezzabile rispon


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204 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denza alla realt� e non � basata su presupposti logici ed obiettivi, che 
valgano a giustificarne l'adozione. 

Pertanto la norma dell'art. 553 n. 2 cod. proc. pen. va dichiarata 
costituzionalmente illegittima, nena parte in cui limita il diritto di 
chiedere la revisione di condanna per contravvenzione al solo caso che, 
in conseguenza di essa, il condannato sia stato dichiarato contravventore 
abituale o professionale. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 marzo 1969, n. 29 -Pres. Sandulli -
Rel. Fragali -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
dello Stato Casamassima) c. Presidente Regione Siciliana (avvocato 
Villari). 

Sicilia -Piattaforma continentale marittima -Permesso di ricerca e 
di coltivazione degli idrocarburi liquidi -Spettanza del relativo 
potere allo Stato. 
(St. Reg. Sic., art. 14, lett. h). 

Spetta allo Stato, e non alla Regione siciliana, il potere di accordare 
permessi di ricerca mineraria sulla piattafCYl'ma continentale 
adiacente alle isole di Lampedusa e di Lampione (1). 

(1) La �sentenza si riallaccia al1a precedente sentenza della Corte 
17 aprile 1968, n. 21, che dichiarava non fondata la questione di legittimit� 
costituzionale della legge 21 luglio 1967, n. 613 (in questa Rassegna, 1968, 
163 e nota di richiami). 
La presente decisione, poi, nell'ultima parte della sua motivazione, fa 
salve le esigenze di coordinamento fra potere statale sulla piattaforma 
continentale e potere regionale sugli adunamenti della terraferma. 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 1969, n. 31 -P1�es. Sandulli -
Rel. Mortati -Agostinelli ed altri (avv. De Leon�, Martuscelli, 
Summa, Ventura, Giannini, Bussi). 

Reato -Abbandono collettivo di pubblici uffici o servizi -Violazione 
del diritto di sciopero -Illegittimit� costituzionale parziale. 
(Cost., art. 40; c.p. art. .330, comma primo e secondo).* 

� fondata, con riferimento aWart. 40 deUa Costituzione, la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 330, primo e secondo comma, 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 205 

cod. pen., limitatamente alla perseguibilit� dello sciopero economico 
che non comprometta funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere 
di preminente interesse generale ai sensi della Costituzione (1). 

(Omissis). -1. -L'ordinanza del giudice istruttore denuncia l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 330 del cod. pen., per violazione, 
oltre che dell'art. 40 della Costituzione, gi� preso in esame dalla precedente 
sentenza n. 123 del 1962, anche dell'art. 39, mentre le due del 
pretore aggiungono a queste la violazione dell'art. 3. 

Si rende opportuno, prima di procedere all'esame delle censure 
riferite, prendere in considerazione il motivo, fatto valere pi� particolarmente 
dalla difesa di parte, che, se vero, sarebbe assorbente, secondo 
cui, avendo l'art. 330 recepito in ogni sua parte (con in pi� l'aggravamento 
delle pene) l'art. 19 della legge 3 aprile 1926, n. 563, sulla 
disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro, ed essendo perci� 
permeato dell'ideologia corporativa della quale quella legge fu tipica 
espressione, non se ne pu� ammettel'e la permanenza in un ordinamento 
come quello ora vigente poggiante su concezioni con essa contrastanti. 
Sicch�, anche a non volerne dichiarare l'avvenuta abrogazione (come 
la Corte ebbe a ritenere nei confronti dell'art. 502, con la sentenza 
29 del 1960), sia da statuire l'illegittimit� dell'intera disciplina ivi 
contenuta. 

Il richiamo all'art. 502 � per� inconferente perch� questo puniva 
lo sciopero effettuato per motivi contrattuali, contrastante con l'ordine 
del layoro e rubricato fra i delitti contro l'economia pubblica, 
sicch�, strettamente �collegato com'era ad un insieme di istituti creati 
per la composizione in via giurisdizionale dei conflitti fra le classi 
addette alla produzione, non rpot� sopra-VVivere alla loro caduta. Differente 
� invece la valutazione da fare dell'art. 330, riguardante un 
reato irriducibile all'altro per la diversit� dei soggetti e degli interessi 
coinvolti nell'abbandono del� servizio. Infatti il codice lo fa rientrare 
fra .i reati contro la pubblica amministrazione, considerando suoi soggetti 
attivi, oltre ai lavoratori dipendenti, anche alcune categorie di 
lavoratori autonomi e persino soggetti, quali i pubblici funzionari, del 

(1) La questione era ,stata proposta con ordinanza 21 luglio 1966 dei 
G. I. presso il Tribunale di Roma (Gazzetta Ufficiale 24 giugno 1967, n. 157); 
con ordinanza 2 marzo 1968 del Pretore di Roma (Gazzetta Ufficiale 15 giugno 
1968, n. 152); e con ordinanza 7 marzo 1968 del Pretore di Roma 
(Gazzetta Ufficiale 10 agosto 1968, n. 203). 
Non vi � stato intervento in causa del Presidente del Consiglio dei 
Ministri. 
Sul diritto di sciopero nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, 
si rinvia al volume 1 giudizi di Costituzionalit�, 1961-65, 234 segg. 

4 

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206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tutto estranei ai rapporti di lavoro cui si riferiva l'ordinamento corporativo. 


Si pu� aggiungere che nei confronti di questi ultimi anche il codice 
penale prefascista del 1889, puniva all'art. 181 l'indebito allontanamento 
dall'ufficio effettuato previo concerto in numero di tre o pi� 
persone. Allontanamento che, secondo le concezioni del tempo, era 
considerato � indebito � pur quando fosse stato promosso dall'intento 
di ottenere mutamenti delle norme regolanti rapporti di lavoro con 
lo Stato o con altri enti pubblici (come pu� desumersi anche dal confronto 
con .n disposto dell'art. 166, dettato per i rapporti disciplinati 
da convenzioni di diritto privato, rispetto ai quali perseguito penalmente 
era l'abbandono del lavoro solo se promosso o accompagnato 
da violenza o da minacce). 

Se una correlazione � datoc riscontrare fra l'art. 330 e l'assetto politico 
vigente al tempo della sua emanazione, essa non attiene alla 
disciplina giuridica dei rapporti di lavoro o di servizio ivi considerati, 
ma piuttosto alla generale concezione autoritaria della posizione dello 
Stato nei rapporti con i cittadini che ispirava il regime dell'epoca e 
condu~eva a ridurre la tutela dei diritti pubblici soggettivi di costoro, 
quando non anche a nega,rne il riconoscimento; concezione che trova 
un riflesso, per quanto riguarda l'articolo in .esame, nella gravit� 
delle sanzioni penali dal medesimo comminate (tanto pi� evidente 
quando si pongano a con:llronto con quelle prima disposte dall'articolo 
181, fatte consistere solo .nella multa e nell'interdizione temporanea 
dall'ufficio). Ma, a parere della Corte, tale circostanza non � 
sufficiente a far ritenere caducato l'articolo, n� per la parte precettiva, 
n� per quella sanzionatoria. 

Che l'art. 330 non possa in nessun caso venir m~no nella sua totalit� 
emerge poi anche dall'altro rilievo che la genericit� della sua 
formulazione lo rende applicabile a fatti di abbandono collettivo del 
lavoro i quali non abbiano finalit� rivendicative degli interessi economici 
di coloro che l'effettuano, sicch� verrebbe a conservare una 
sua propria ragione d'essere (contrariamente a quanto si sostiene, e 
senza considerare il precedente rilievo sull'incongruenza della pena) 
anche se dovesse venire affermata l'incostituzionalit� della particolare 
fattispecie criminosa costituita dallo sciopero in senso tecnico. N� 
vale a far ritenere diversamente l'argomento desunto dall'intitolazione 
data all'articolo in esame poich�, se pure essa corrispondeva 
all'intenzione del legislatore dell'epoca di considerare lo sciopero 
come fattispecie tipica del crimine voluto reprimere, non esclude la 
possibilit� di far rientrare nell'ampia sua formulazione anche ipotesi 
differenti da quella tipica. Pu� aggiungersi che l'ordinamento antecedente 
.prevedeva come reato a s� stante l'abbandono dell'ufficio da 
parte di un singolo pubblico ufficiale (art. 181, secondo comma), dal 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 207 

che pu� argomentarsi che la pluralit� degli agenti era considerata 
costitutiva di un reato a s� stante, differenziabile quindi da quello cui 
d� luogo la comune figura del concorso di pi� persone in uno stesso 
reato. Il che sembra sufficiente a contestare l'esattezza della tesi �enunciata 
dalla difesa di parte, secondo cui la caduta dell'art. 330 non determinerebbe 
�alcuna lacuna riguardo alla repressione dell'abbandono 
collettivo dell'attivit�, per il fatto che vi si potrebbe provvedere ricorrendo 
all'applicazione dell'art. 333 del codice penale. La diversit� 
delle due ipotesi appare comprovata dal fatto che, mentre questo 
ultimo articolo condiziona la punibilit� alla ;prova del dolo specifico 
(abbandono al fine di turbare la continuit� o regolarit� del serviz.io), 
l'altro ne prescinde, nella presunzione che tale turbamento si accompagni 
necessariamente all'abbandono effettuato da un gruppo di persone 
d'accordo fra loro. 

Pi� persuasivo dei precedenti non � neppure un ultimo argomento 
che si ritiene di poter trarre dall'aggravamento di pena sancito 
dal n. 2 del secondo comma dell'art. 330 pel caso che l'abbandono 
abbia determinato dimostrazioni o tumulti, poich�, comprendendo la 
disposizione, come si � detto, ogni specie di astensione dal lavoro, -non 
$i sarebbe potuto non considerare l'ipotesi che i fin.i perseguiti da 
qualcuna di esse o le modalit� del suo svolgimento inducessero a fatti 
di violenza o di turbamento dell'ordine pubblico. 

2. -Passando ora a considerare le censure dedotte dall'art. 40, 
con riferimento allo sciopero ivi considerato, caratterizzato (secondo 
l'origine e la funzione attribuita al termine nell'attuale fase storica) 
dalla sospensione dell'attivit� di lavoro da parte di lavoratori dipendenti, 
strumentale pel conseguimento dei beni economico-sociali che 
il sistema costituzionale collega alle esigenze di tutela e di sviluppo 
della loro personalit�, la Corte deve riconfermare l'interpretazione 
data nella precedente sentenza n. 123 del 1962 �Circa l'ambito da assegnare 
ai limiti che l'articolo stesso connette all'esercizio del diritto 
di sciopero. 
Si � in contrario pregiudizialmente sostenuto che, avendo l'articolo 
40 assegnato alla legge la determinazione di siffatti limiti, l'interprete 
non potrebbe sostituirsi ad essa senza violare la riserva disposta 
a suo favore. � agevole replicare che la libert� del legislatore 
in materia non pu� esercitarsi in misura tale da riuscire lesiva di altri 
principi costituzionali, indirizzati alla tutela o di beni di singoli, pari 
ordinati rispetto a quelli affidati all'autotutela di categoria, oppure 
delle esigenze necessarie ad assicurare la vita stessa della comunit� 
e dello Stato. E non pu� esser dubbio che competa alla Corte costituzionale 
la funzione di accertare se limiti di tal genere si desumano 
dal sistema, procedendo nell'affermativa alla loro determinazione, allorch� 
ci� si renda necessario, come avviene nella specie, per potere 

-



208 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decidere della loro applicabilit� alla legge denunciata. Ove si ritenesse 
diversamente risulterebbe violata non gi� la riserva di legge, ma 
l'altra riserva che l'art. 134 dispone� nei confronti della Corte quando 
le affida il compito di giudicare della legittimit� costituzionale delle 
leggi. L'ampia discrezionalit� spettante al legislatore per l'assolvimento 
del compito conferitogli dall'art. 40 non potrebbe mai esercitarsi 
in modo da pregiudicare gli interessi fondamentali dello Stato 
previsti e protetti dalla Costituzione. N� pu� ammettersi che l'intervento 
della Corte si renda possibile solo dopo che il potere predetto 
sar� stato esercitato ed in confronto alla legg.e a tale scopo emanata, 
perch�, a parte l'assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un 
tempo indeterminato all'infuori �di ogni limite, il vincolo a carico del 
legislatore, proveniente da una fonte sopraordinata, com'� la Costituzione, 
precede e condiziona la sua attivit�. 

La tesi enunciata dalle ordinanze secondo cui l'art. 40, prevedendo 
solo limitazioni all'esercizio del diritto, non tollera che esse si 
estendano alla sua titolarit�, si dimostra inesatta sulla base dell'osservazione 
che queste ultime sono necessariamente collegate alle prime. 
Infatti, una volta ammesso, com'� indubbio, che la libert� di sciopero, 
per rimanere nell'ambito corrispondente al suo oggetto, di libert� �di 
non fare, deve �svolgersi in modo da non ledere altre libert� costitu: 
zionalmente garantite, com'� quella consentita a quanti non aderi


. scono allo sciopero, di conttnuare nel loro lavoro, o altri diritti ugualmente 
protetti, quale quello di poter continuare a fruire dei beni 
patrimoniali privati o di appartenenza pubblica senza che essi siano 
esposti al pericolo di danneggiamenti o ad occupazioni abusive, se ne 
deve dedurre che, gi� pur sotto questo circoscritto punto �di vista, non 
sia contestabile l'esigenza di limitare il diritto in parola per coloro 
cui siano demandati compiti rivolti ad assicurare il rispetto degli interessi 
che potrebbero riuscire compromessi da scioperanti indotti a 
sostenere le proprie ragioni con intimidazioni o violenze, e rispetto 
a cui si r.ende indispensabile l'impiego di congrui mezzi di preven


. zione o di repressione. Rilievo ancora maggiore assumono le prospettate 
esigenze .. garantiste quando si abbia riguardo ai valori fondamentali 
legati all'integrit� della vita e della personalit� dei singoli, 
la cui salvaguardia, insieme a quella della sicurezza verso l'esterno, 
costituisce la prima ed essenziale ragion d'essere dello Stato. 

Si potrebbe ritenere che la soddisfazione di tali finalit� non richieda 
necessariamente e sempre l'esclusione dall'esercizio del diritto 
per tutti i preposti ai compiti di protezione di cui si � parlato, potendo 
risultare sufficiente, almeno per alcuni di essi, consentire l'esercizio 
stesso in una misura tale da assicurare almeno un minimo di prestazioni 
che attengano ai servizi essenziali. Ma � chiaro che la disciplina 
di un siffatto uso parziale non potrebbe essere consentita altrimenti 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE-. 209 

che con apposita legge, cui competerebbe fissarne i casi di ammissi� 
bilit�, nonch� le condizioni ed i modi necessari ad assicurare la effi. 
cienza e la continuit� dei servizi stessi. 

Le conclusioni alle quali si � pervenuto nell'interpretazione del, 
l'art. 40 non sono in nessun modo influenzate dal richiamo che le ordinanze 
fanno all'art. 3, dato che l'eguaglianza nel godimento dei 
diritti pu� farsi valere fino a quando sussista parit� di situazioni, e 
tale presupposto non si verifica per i preposti ad organi e per gli appartenenti 
a corpi che importano l'assoggettamento dei medesimi a 
quei particolari doveri ai quali � legato il conseguimento delle finalit� 
prima menzionate. 

Parimenti non decisivo deve ritenersi il richiamo all'art. 39 poich�, 
anche ad ammettere che la libert� di associazione di categoria 
per coloro il cui rapporto di lavoro non sia regolato dalla contrattazione 
collettiva trovi fondamento in detta norma, e non debba piuttosto 
farsi discendere dal principio consacrato nell'art. 18, e pur tenendo 
presente quanto la Corte ha statuito con le due sentenze n. 29 
del 1960 e n. 141 del 1967, secondo cui la libert� di organizzazione 
sindacale trova il suo necessario corollario nella libert� di azione, 
noli pu� senz'altro farsene discendere in ogni caso una sua indiscriminata 
pienezza di esercizio, una volta dimostrato, come si � fatto, 
che la libert� stessa, considerata in s� e nel sistema, non pu� non 
risultare limitata. Ed � chiaro che anche l'art. 81 lettera e della legge 
delegata n. 3 del 1957, sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, 
invocato dalla difesa di :parte, deve essere interpretato alla stregua 
del criterio delineato. Naturalmente competer� poi al legislatore stabilire 
i mezzi di azione sindacale per la difesa degli interessi di categoria 
dei funzionari, per i quali il limite in parola fosse fatto valere. 

Discende dalle precedenti considerazioni che per i soggetti non 
addetti alle menzionate funzioni essenziale debba riconoscersi pienezza 
di esercizio del diritto di sciopero, salva sempre la potest� del 
legislatore di regolarne le modalit�. 

3. -Il compito affidato alla Corte non pu� spingersi al di l� 
della determinazione del criterio generale, qual'� desumibile dalla 
interpretazione sistematica dell'art. 40 della Costituzione. Compete al 
giudice di merito procedere alla applicazione del criterio stesso ai 
casi concreti, che dovr� effettuarsi in base alla valutazione di tutti gli 
elementi che, nelle singole situazioni, concorrono a far decidere circa 
l'appartenenza a categorie per le quali il riconoscimento del diritto 
all'astensione .collettiva dal lavoro rischi di compromettere fu;izioni 
o servizi da considerare essenziali pel loro carattere di preminente 
interesse generale, ai sensi della Costituzione. 
Non � esatto quanto asserito in qualcuna delle ordinanze, che 
cio� sfugga al potere del giudice la valutazione comparativa degli in




210 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

teressi, quale si rende necessada per la risoluzione delle controversie 
in materia, poich� a valutazioni siffatte l'organo giudicante necessariamente 
deve procedere tutte le volte che la formulazione delle 
norme da applicare le richieda -(Omissis). 


CORTE COSTITUZIONALE, 17 marzo 1969, n. 32 -Pres. Sandulli -
Rel. De Marco -Cecconi ed altri (n.c.) c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. dello Stato Soprano). 

Sicurezza pubblica -Misure di prevenzione nei confronti di persone 

pericolose per la sicurezza e la pubblica moralit� -Discrezionalit� 

del questore -Ille~ittimit� costituzionale -Esclusione. 

(Cost., artt. 3, 13; 1. 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2). 

La facolt� attribuita al Questore dagli artt. 1 e 2 della legge 27 
dicembre 1956, n. 1423, di diffidare le persone pericolose per la sicurezza 
e la pubblica moralit�, non � in contrasto con gli artt. 3 e 13 
della Costituzione, in quanto l'appartenenza del soggetto a quella categoria 
� condizione necessaria ma non sufficiente per la sottoposizione 
a misure di prevenzione, occorrendo anche un particolare comportamento 
che dimostri come la pericolosit� sia effettiva e attuale e non 
meramente potenziale (1). 

(Omissis). -Anzitutto la discrezionalit� non implica arbitrio: 
anche nell'esercizio del potere discrezionale l'autorit� amministrativa 
non � libera nelle sue determinazioni; comunque �essa deve aver sempre 
di mira il conseguimento �dei fini ad essa assegnati, e non pu� discostarsene, 
e deve operare ponderando adeguatamente e imparzialmente 
i diversi interessi, pubblici e.privati, implicati nella fattispecie. 

Nel caso presente vi � qualche cosa di pi�, in quanto nel testo 

stesso dell'art. 1 impugnato, risulta chiaramente che anche il criterio 

� notevolmente limitato, dato che il potere si risolve nell'accertamento 

di �una specifica maggiore pericolosit� di persone, che gi�, in potenza, 

I

(1) La questione era stata proposta con ordinanze: 20 luglio 1967 del 
II 

Pretore di Firenze (Gazz. Uff. 28 ottobre 1967, n. 271); 1� febbraio 1968 

del Pretore di Genova (Gazz. Uff. 20 aprile 1968, n. 102); 13 febbraio 1968 

del Pretore di Sestri Ponente (Gazz. Uff. lo maggio 1968, n. 127); 28 marzo I 

1968 del Pretore di Lentini (Gazz. Uff. 31 agosto 1968). I 

Le precedenti sentenze della Corte sulla stessa legge, 28 marzo 1964, I 

I

n. 23 e 30 giugno 1964, n. 68 sono pubblicate in questa Rassegna, 1964, rispetI 


tivamente, 257 e 821. I 

I

I 

I 

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I 
I 

I

I 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 211 

sono da considerare pericolose per la sicurezza e per la pubblica 
moralit�. 

Riconosciuta, infatti (come :risulta dalle citate sentenze di questa 
Corte), la legittimit� costituzionale del provvedimento di identificazione 
concreta di coloro che vanno compresi nelle categorie di persone 
pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralit�, non si pu� 
disconoscere che tale elencazione �, bensi, tassativa, ma non anche 
vincolante, nel senso che il solo fatto di essere compresi in una di 
quelle categorie renda obbligatoria, nei confronti di tutti coloro che 
vi appartengono, l'adozione di misure di prevenzione. 

L'appartenenza a quelle categorie � invero condizione necessaria, 
ma non sufficiente per la sottoposizione a misure di .prevenzione: perch� 
in concreto tali misure possano essere adottate, occorre, infatti, 
anche un particolare comportamento che dimostri come la pericolosit� 
sia effettiva ed attuale e non meramente potenziale. 

L'accertamento di questa specifica pericolosit� -la quale tra 
l'altro realizza una differenza tra le persone comprese nelle categorie 
genericamente ritenute pericolose --si raggiunge necessariamente attraverso 
un apprezzamento di merito. 

Che, poi, come in sostanza � stato ritenuto con le citate sentenze 
di questa Corte, in ogni apprezzamento di merito, diretto ad accertare 
la sussistenza degli estremi per l'applicazione di una norma di legge, 
vi � sempre un certo margine affidato alla discrezionalit�, non per 
questo, chiarita quale sia la natura funzionale dell'accertamento affidato 
al questore, si pu� parlare di violazione del principio di eguaglianza, 
tanto pi� che in ogni caso l'esercizio del potere discrezionale 
� soggetto al controllo del giudice, il quale sicuramente si estende alla 
irrazionalit�, alla imparzialit�, alla parit� di trattamento. 

Si deve, quindi, concludere che sotto questo primo profilo la sollevata 
questione risulta infondata. 

4. -Per le stesse ragioni deve essere dichiarata infondata la questione 
di legittimit� costituzionale dell'art. 2 della stessa legge n. 1423 
del 1956, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata con le 
due ordinanze, entrambe in data 1� febbraio 1968, del pretore di Genova 
e con ordinanza 13 febbraio 1968 del pretore di Sestri Ponente, 
sempre sotto il profilo che la discrezionalit� conferita al questore con 
la dizione � Il Questore pu� rimandarvele � sia suscettibile a creare 
una disparit� di trattamento nei confronti di persone che ugualmente 
si trovino nelle condizioni da detto art. 2 prevedute. 
5. -Comune a tutti i giudizi, tranne quello instaurato per effetto 
dell'ordinanza 13 febbraio 1968 del pretore di Sestri Ponente, �, infine, 
la questione di illegittimit� tanto dell'art. 1 quanto dell'art. 2 
della citata legge, in riferimento all'art. 13, secondo comma, della 
Costituzione. 

212 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Come s1 e posto in rilievo in narrativa, tale questione poggia sul 

pre~upposto della arbitrariet� dei poteri attribuiti al questore con le 
norme suddette. 

Poich� questo presupposto, dato quanto precede, viene a mancare, 
anche sotto il profilo del contrasto con l'art. ,13, secondo comma, della 
Costituzione, la questione di legittimit� dei ripetuti artt. 1 e 2 risulta 
infondata -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 21 marzo 1969, n. 37 -Pres. Sandulli -
Rel. Oggioni -Mantucci ed altri (avv. Orlando Cascio ed altri) e 
Presidente Consiglio dei Ministri, (sost, avv. gen. Stato Agr�). 

Contratti agrari -Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie 
perpetue -Illegittimit� costituzionale delle norme nel complesso 
relative a singole disposizioni -Esclusione. 

(Cost., artt. 2, 3, 24; 1. 22 luglio 1966, n. 607, nel suo complesso e artt. 1, 2, 8, 
13, 15, 18). 


Contratti agrari -Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie 
perpetue -Assoggettabilit� alla normativa anche dei rapporti 
conclusi successivamente al 28 ottobre 1941 -Illegittimit� costituzionale. 


(Cost., art. 42, terzo comma; 1. 22 luglio 1966, n. 607, art. 1). 

La legge 22 luglio 1966, n. 607, che detta nuove norme in materia 
di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue -non applicabile alle 
enfiteusi urbane ed a quelle ad aedificandum -non contrasta, sia nel 
suo complesso, sia nelle sue disposizioni particolari, con i principi della 
Costituzione (1). 

� costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge 29 luglio 1966, 

n. 607 che detta norma in materia di enfiteusi e di prestazioni fondiarie 
perpetue, limitatamente alla parte di cui comprende nella normativa 
anche i rapporti che formano oggetto della legge, conclusi successivamente 
alla data del 28 ottobre 1941, in quanto pu� dar luogo a dissociazione 
profonda e incolmabile tra. momento dell'incidenza dell'indennizzo 
e momento di rife1�imento del calcolo dello stesso, con violazione 
dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione (2). 
(1-2) La questione era stata sollevata con numerose ordinanze di giudici 
di merito, investiti d~ll'applicazione della legge, e prospettata sotto molteplici 
profili, tutti esaminati nella motivazione della sentenza della Corte. 

Per la dottrina che si � occupata, sotto il profilo della costituzionalit�, 
della legge in questione, cfr. TRIBULATO, Alcune norme deila legge sull'enfiteusi 
al vaglio della Corte Costituzionale, Giustizia Civile, 1967, III, 213; 
MERCOGLIANO, Tramonto dell'enfiteusi ed espropriazione senza indennizzo 
dei diritti del corilc;edente, Riv. giur. edilizia, 1966, II, 179. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 213 

(Omissis). -2. -Le questioni sottoposte all'esame della Corte 
concernono motivi, in parte comuni, in parte proposti soltanto in alcune 
ordinanze: nonch� motivi, alcuni relativi alla dichiarazione di illegittimit� 
della intera legge ed altri limitati a parte delle norme che la 
compongono. 


La Corte procede, nell'ordine logico, anzitutto all'esame delle que' 
�he riguardano globalmente l'intera leg~e e poi all'esame delle 
��'O.e la riguardano parzialmente. 


;I primo ordine di motivi, si pone in discussione la costi.
�ll'intero sistema normativo di cui alla legge suindicata, 
sarebbe viziato da eccesso di potere legislativo per disar/
precedente sistema favorevole all'istituto dell'enfiteusi, per 
/con i fini di utilit� sociale della propriet� privata e perch� 
/dato luogo ad una sostanziale espropriazione dei beni dei coni, 
dissimulata sotto l'apparenza pretestuosa di una aggiornata 
.amentazione dell'istituto, risolventesi in una sua graduale sop


kione. 
La questione non � fondata. 
Si pu� osservare, anzitutto, che, a smentire un deliberato intento 


)li procedere all'eliminazione dell'istituto dell'enfiteusi, sta l'emanazione 
�di altra legge coeva a quella in esame (legge 22 luglio 1966, n. 606) 
con la quale (art. 1) si dispone che ogni affitto a conduttori non colti-i

!

vatori diretti debba cedere di fronte ad una concessione in enfiteusi 
del fondo a coltivatori diretti. 
Comunque, l'ipotizzabilit� stessa di un vizio di eccesso di potere f 
legislativo, rilevabile dalla Corte, deve escludersi. I 

Si pu� ricordare che, secondo giurisprudenza (sentenze 24 feb' 
braio 1964, n. 14; 8 aprile 1965, n. 30; 1� giugno 1966, n. 65; 22 giugno 
1966, n. 95) dal sindacato spettante alla Corte esula ogni possibilit� 

I

f

di controllo sulle scelte politiche, in senso lato operate dal legislatore, I 
sotto la sua responsabilit�. Onde, il controllo della Corte deve inten-I 
dersi circoscritto alla verifica se il provvedimento legislativo sia inficiato 
da carenza assoluta di motivi logici e coerenti o da. contraddizione 

I 

I

palese sui presupposti, in modo da incidere negativamente nel campo 
di altri diritti costituzionalmente garantiti (sul punto sono particolarl 
mente da tenere presenti le citate sentenze n. 14 del 1964 e n. 65 l 
del 1966). l 

Con riferimento alla specifica situazione in esame, attiene alle 

li

scelte politiche, insindacabili in questa sede, il criterio che ha orientato 
il legislatore verso un riassetto dei rapporti enfiteutici agrari. Questo 


! 

criterio � palese: correggere n vetusto apparato dell'istituto, confor-' 

I ~ 

mando il nuovo assetto alla tendenza, espressa nell'art. 44 della Costituzione, 
di incentivare lo sfruttamento della terra, riconducendo ad .; 
equa socialit� i rapporti che ineriscono alla propriet� terriera: nella l 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

214 


specie, i rapporti tra chi si limita a concedere la terra perch� sia lavorata 
da altri e rimane, poi, assenteista, e chi vi appresta invece diuturne 
forze di lavoro. (L'ipotesi di fatto che enfiteuti o coloni eventualmente 
non siano personalmente coltivatori diretti, � ipotesi solo marginale ed 
occasionale, che lascia intatta la regola generale che non distingue l'un 
caso dall'altro). 

Accertare, sul terreno storico-politico, la sopraggiunta esigenza di 
un ridimensionamento dell'istituto � e deve restare prerogativa del 
Parlamento, esente da controlli al riguardo: salvo, come si � detto, il 
controllo sulla carenza assoluta di motivi, che qui va ovviamente 
esclusa, ed il controllo sulla costituzionalit� di alcune norme particolari, 
assunte come mezzo al fine: controllo, quest'ultimo, che esula dal profilo 
qui considerato. 

4. -Altra questione, che riguarda l'incostituzionalit� della legge 
nel suo complesso, viene proposta, nel senso che il sistema adottato, 
pel favore mostrato verso la categoria degli enfiteuti, vulnererebbe i 
diritti inviolabili dell'uomo garantiti, ai fini di solidariet� economicosociale, 
dall'art. 2 della Costituzione. 
Questa Corte ha gi� ritenuto (sentenze 19 giugno 1956; n. 11 e 22 
marzo 1962, n. 29) che l'art. 2 enuncia, solo in via generale, la tutela� 
bilit� di quei diritti di base, che formano il patrimonio irretrattabile 
della persona umana, mentre � nelle norme successive che quei diritti 
sono poi, singolarmente presi in considerazione e, come tali, in vario 
modo e misura, garantiti, tutelati e tutelabili. 

Dato il profilo sotto cui � proposta la questione, rapportandola 
sommariamente, nell'ambito dell'art. 2, senza collegamento, immediato 
e diretto, con una denuncia di specifiche violazioni di diritti umani, 
la questione stessa va disattesa. 

5. -Tra i motivi, frequentemente ripetuti nelle ol'dinanze, v'� 
quello che la legge in esame, dando luogo, mediante gli artt. 1 e 13 
ad uniformit� di normativa, anche per rapporti differenziati dai rapporti 
enfiteutici tipici, contrasterebbe col fondamentale principio di cui 
all'art. 3 della Costituzione. 
Nel novero dei rapporti, assimilati nel trattamento, e sempre sul 
presupposto, comune a tutti gli istituti, della loro natura reale, figurano 
le prestazioni fondiarie perpetue, i rapporti a miglioria in uso nelle 
provincie del Lazio e in altre parti del territorio nazionale, i contratti 
agrari atipici, nella loro multiforme variet�: ai quali rapporti, elencati 
testualmente negli artt. 1 e 13 si assume che dovrebbero aggiungersi, 
ritenendoli implicitamente regolati dalla legge, i rapporti aventi per 
oggetto enfiteusi urbane ed enfiteusi ad aedificandum, mentre ogni loro 
assimilabilit� nelle conseguenze, alle enfiteusi rustiche sarebbe, per 
diversit� di contenuto e di caratteristiche, illegittima. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 

Per quanto concerne le enfiteusi Ul'bane e quelle ad aedij�candum, 
considerate le prime come aventi generalmente per oggetto terreni gi� 
coperti da edifici da conservare e migliorare e le seconde, come aventi 
per oggetto terreni concessi in enfiteusi per essere migliorati mediante 
la costruzione di edifici, la Corte ritiene che il sistema della legge, 
desunto dalla sua coordinazione, comporti la esclusione di esse dalla 
previsione legislativa. 

L� dove la legge (art. 1) usa i termini di enfiteusi e di canoni 
enfiteutici parrebbe riferirsi comprensivamente a tutti i tipi di enfiteusi, 
nessuno escluso. 

Ma, un esame di dettaglio fa ritenere che l'oggetto della legge 
riguarda soltanto le enfiteusi di fondi rustici a fini di miglioramento 
agrario, cio� quelle che prevalgono di gran lunga, per tradizione e 
diffusione, e che qui sono state considerate nel quadro generale di 
attuazione di riforme agrarie. 

Il calcolo prescritto per ottenere una corrispondenza tra canoni in 
danaro e canoni in derrate (art. 1); la ricorribilit� contro l'ordinanza 
di affranco alla Sezione speciale del tribunale per i contratti agrari 
(art. 5); le agevolazioni agli affrancanti coltivatori diretti in relazione 
alle disposizioni sulla propriet� contadina (artt. 11 e 12); il riferimento 
della misura dei canoni e delle prestazioni all'annata agraria (art. 15): 
sono tutte disposizioni che, non accompagnate da altre relative a fondi 
non rustici, denotano l'ambito esclusivo della legge. 

Vero che, nelle discussioni in sede parlamentare, � sembrata prevalere 
la tendenza a considerare onnicomprensiva la formula dell'art. 1. 

Ma le tutt'altro che univoche opinioni soggettive in tale senso 
manifestate, non valgono a sovrapporsi al senso naturale e logico che 
risulta dal testo della legge, sistematicamente considerato; con la conseguenza 
che il giudizio della Corte va circoscritto, a tutti gli effetti 
normativi, generali e particolari, entro l'ambito segnato dall'oggetto 
della legge, delimitato, come ora si � detto. 

Circa la prestazioni fondiarie perpetue (art. 1 della legge) alle 
quali sono proprie le regole sulla redimibilit� delle ,rendite perpetue 
(artt. 1865 e 1869 cod. civ.) l'applicazione ad esse delle stesse regole 
dell'enfiteusi � concetto consolidato per antica tradizione, che va dalla 
legge 24 gennaio 1864, n. 1636 in poi (legge 11 giugno 1925, n. 998 


r.d. 7 febbraio 1926, n. 426 -d.lg. del Capo provvisorio dello Stato 
4 dicembre 1946, n. 671). Soltanto la legge 1'0 luglio 1952, n. 701, non 
ha compreso le rendite fondiarie perpetue nella revisione dei canoni, 
ma dall'iter formativo della legge risulta che la esclusione fu dovuta 
non al disconoscimento di un principio equiparativo, bens� a considerazioni 
di mera opportunit� contingente. 

Per quanto concerne i rapporti a miglioria in uso 
del Lazio, va tenuto presente che l'art. 13 lettera a) 

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nelle province 
della legge in 'i 

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216 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esame, nell'annoverarli, non si limita ad un richiamo generico, ma 
testualmente li identifica e, nel contempo:, li circoscrive a quelli precisati 
negli artt. 1 e 2 della legge 25 febbraio 1963, n. 327: cio� a quei 
rapporti che, dichiarati perpetui, vi s�no definiti (art. 1) come quelli 
nei quali il coltivatore (possessore ultratrentennale) abbia migliorato 
il fondo con impianto di colture arboree o arbustive, od abbia pagato 
~ migliorie esistenti all'atto dell'ingresso nel fondo al proprietario 
concedente o al miglioratario nel luogo del quale subentri, secondo 
convenzione od uso locale (condizione, questa ultima, anche per il 
cumulo del periodo di durata, secondo l'art. 2). Solo al verificarsi di 
queste condizioni, da accertarsi in fatto dal giudice ordinario competente, 
� sottoposta l'applicabilit� delle norme generali sull'enfiteusi e 
di quelle, speciali e successive, sull'affrancazione. 

Questa Corte ha gi� sottoposto ad esame di costituzionalit� i .citati 
artt. 1 e 2 della legge del 1963, riconoscendo legittimi con sentenza 
20 marzo 1966, n. 30 l'assimilazione, negli effetti, all'enfiteusi dei rapporti 
a miglioria laziali purch� aventi i dati caratteristici precisati 
nell'art. 1 ed il loro assoggettamento ad una stessa disciplina normativa. 

Appunto da questa premessa, la Corte ha fatto derivare l'illegittimit� 
dei seguenti artt. 4 e 5, riguardanti l'applicazione a detti rapporti 
di peculiari norme di procedura sulla determinazione dell'equo canone 
di affitto di fondi rustici, ritenute estranee alla materia (enfiteusi e 
rapporti assimilati) cui avrebbero dovuto essere applicati. 

Con la stessa sentenza, la Corte, nel delineare l'ambito di assimilazione 
di istituti nei loro effetti, ha, poi, messo in evidenza che detti 
effetti vanno esclusi ove si tratti di rapporti di colonie parziarie con 
clausola migliorataria (art. 2164 cod. civ.) nelle quali � prevalente il 
carattere associativo. 

La Corte, nel determinare il contenuto del citato art. 13 lettera a) 
per valutare se l'equiparazione si risolva in un inammissibile trattamento 
imposto in modo eguale per situazioni disuguali, non pu� che 
adeguarsi alla propria succitata sentenza posto che in contrario non � 
profilato alcun nuovo argomento decisivo. Valido argomento contrario 
non � quello, ultimamente prospettato, che ogni assimilazione dovrebbe 
escludersi pel� fatto solo che i rapporti a miglioria in uso nelle province 
laziali sono caratterizzati generalmente dalla limitazione dei 
diritti-doveri del miglioratario al soprassuolo, a differenza dei rapporti 
enfiteutici. Questo particolare rilievo, da considerarsi soprattutto sotto 
il riflesso della estensione e misura dell'esercizio del diritto di affranco, 
non � tale da sovrapporsi a tutti gli altri criteri di accostamento tra i 
due rapporti: una volta ammesso che, anche per le colonie miglioratarie 
del tipo in esame, sussiste il diritto pieno all'affrancazione, riconosciuto 
testualmente per esse fin dalla legge 11 gennaio 1925, n. 998, la con



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 

seguenzialit� degli effetti di questa � inerente alla natura dell'atto e 
ne discende, senza pi� consentire distinzioni tra soprassuolo e sottosuolo. 

Alla stessa conclusione deve coerentemente addivenirsi per quanto 
riguarda i rapporti a miglioria relativi a fondi rustici situati in altre 
parti del territorio nazionale ed analoghi, per contenuto e caratteristiche, 
a quelli delle province del Lazio (art. 13, lettera b ed ultimo 
comma) salvo al giudice di merito verificare, caso per caso, la sussistenza 
di tutte le condizioni di analogia. 

Infine, va escluso alcun motivo di incostituzionalit� per quanto 
riguarda la estensione della normativa ai rapporti costituiti in base a 
contratti agrari atipici (art. 13, lettera c). Questa categoria a contenuto 
variabile con la variet� di situazioni locali, � stata espressamente 
considerata dall'art. 13 della legge 15 settembre 1964, n. 756, sui contratti 
agrari, al fine di favorire la conversione ope legis di questi nella 
sfera dei contratti tipici, in dipendenza del premesso divieto di stipulare 
per l'avvenire contratti agrari di concessione di fondi rustici non appartenenti 
ad alcuno dei tipi di contratti conosciuti e nominati dalle leggi. 
L'art. 13 lettera e) condizionando l'equiparazione di trattamento all'accertamento 
che si tratti di contratti in cui siano prevalenti gli elementi 
del rapporto enfiteutico, si mantiene nel solco della suaccennata direzione 
normativa. 

In conclusione, anche sul punto riguardante la situazione dei rapporti 
elencati alle lettere a), b) e e) dell'art. 13 deve ritenersi la non 
fondatezza della questione di legittimit� sollevata con riferimento 
all'art. 3 della Costituzione. 

6. -Viene sollevata, come questione d'ordine generale, quella di 
legittimit� costituzionale degli artt. 2 e seguenti, in quanto il sistema 
procedurale per addivenire all'affrancazione violerebbe, nella sua fase 
davanti al pretore, la garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo 
comma, Cost.). 
Si assume che l'ordinanza del pretore che dispone l'affrancazione 
del fondo viene emessa senza che delle osservazioni, riserve ed eccezioni 
delle parti sia fatto un esame ,che vada al di l� di una loro sommaria 
presa d'atto (art. 4, quarto comma), mentre l'esame di tutta la 
possibile materia del contendere, a cominciare dal diritto stesso all'affrancazione, 
viene condizionato al futuro ed eventuale ricorso da proporsi 
alla Sezione speciale dei contratti agrari presso il tribunale competente 
(art. 5, quinto comma). Per cui si darebbe luogo all'anomala 
conseguenza che basta la notifica della predetta ordinanza a produrre 
l'estinzione dell'enfiteusi (art. 5, quarto comma) ed a costituire titolo 
per la sua trascrizione (art. 4, sesto comma). 

La questione non � fondata. 
� indubbio che l'attivit� del pretore, nella fase di cui ai succitati 
articoli, dia luogo a un procedimento giurisdizionale. La procedura si 


218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

apre con la presentazione di una � domanda giudiziale � (art. 2): si 
svolge attraverso �udienze� (artt. 3, 4) nella prima delle quali, disposta 
con decreto la � comparizione personale delle parti �, il pretore ha 
l'obbligo di �cercarne la conciliazione ai sensi dell'art. 185 del cod. 
proc. civ. � tentando, cio�, quella composizione della lite che inerisce 
alla fase iniziale dei giudizi civili: e la procedura si conclude con un 
provvedimento designato col nome di ordinanza, che, anch'esso, � proprio 
del giudizio. Manca solo al provvedimento il carattere della definitivit� 
nel senso che, essendo assegnato ai controinteressati un termine 
per adire il tribunale, la definitivit� verr� a derivare o dall'acquiescenza 
o dalla ~entenza con la quale il tribunale perverr� a � decidere 
definitivamente � la controversia (art. 5, sesto comma). 

Ci� premesso sulla natura degli atti, va esclusa la supposta menomazione 
del diritto di difesa. 

Da una parte, va considerato che l'affrancazione � subordinata alla 
produzione e deposito di tutti i numerosi atti probatori elencati nell'art. 
2 e controllabili da tutte le parti e anche dai loro patroni, poich�, 
trattandosi di fase giudiziaria, � regola che le parti siano rappresentate 
e assistite da procuratori e da difensori (art. 82, cod. proc. civ.) ai 
quali sono riconosciuti i diritti e gli onorari (art. 10 cpv). La produzione 
di atti di notoriet� � soltanto un surrogato di atti la cui mancanza 
dovr� essere ovviamente giustificata. 

D'altra parte, � riservata al pretore cognizione ampia su tutti i 
presupposti della domanda, sia mediante l'estensione dell'intervento 
alla procedura di altri interessati, risultanti � da notizie e dalla documentazione., 
sia mediante i contatti diretti con le parti (e loro difensori) 
ai sensi dell'art. 185 cod. proc. civ., sia mediante l'ausilio di consulente 
tecnico (art. 4), sia mediante la determinazione del capitale � 
d'affranco ed il controllo sul suo deposito preventivo (art. 4, secondo e 
terzo comma). Il provvedimento del pretore deve poi essere �motivato 
� e non pu� darsi motivazione senza che la situazione da regolare 
sia tenuta presente dal giudicante per lo meno nelle sue linee essenziali, 
scaturenti dagli elementi probatori acquisiti. 

Vero che il citato art. 4 dispone che, nello stesso provvedimento, 
il pretore deve dare � sommariamente � atto delle osservazioni, delle 
riserve e delle eccezioni delle parti. Ma tutto ci�, se vale a conservarne 
traccia scritta da servire per l'eventuale giudizio da svolgersi in seguito 
davanti al tribunale, non basta per far ritenere che il pretore debba 
rimanere del tutto passivo, quale semplice registrato�re di deduzioni 
difensive, senza delibarne la portata. 

Trattasi, in conclusione, di un procedimento sommario, volto ad 
operare, in vista del risultato sociale che la legge ha di mira ed anche 
in considerazione che il diritto all'affranco spetta all'enfiteuta come 
diritto primario di natura potestativa, l'immediata estinzione del diritto 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 

del concedente e l'affermazione del pieno diritto dell'ex enfiteuta sul 
fondo: salvo e riservato a tutte le parti il diritto a conseguire in fase 
successiva una pi� piena tutela giurisdizionale. 

Si prospettano in contrario le conseguenze che potrebbero derivare 
dal fatto che la trascrizione dell'ordinanza del pretore (imposta dall'art. 
4, ultimo comma) porrebbe a libito dell'affrancante il mezzo di 
disporre del bene prima della � sentenza definitiva sulla controversia �. 
Ma la facolt� accordata al pretore di ordinare l'iscrizione di ipoteca 
giudiziale a favore del concedente per l'ammontare che riterr� opportuno 
(art. 4, quinto comma), e, ancor pi�, la pubblicazione mediante 
trascrizione degli atti inerenti al fondo, a cominciare dalla trascrizione 
della domanda di affranco (art. 2643, n. 7, cod. civ.) escludono la possibilit� 
di conseguenze irreparabili in danno del proprietario. 

7. -Compiuto l'esame delle questioni di costituzionalit� che riguardano 
la legge considerata nei suoi aspetti pi� generali, occorre procedere 
all'esame di particolari questioni che pi� da vicino investono, pur 
nel quadro generale del sistema, determinate norme. 
La prima e pi� rilevante questione concerne l'art. 1 che, per la 
fissazione dei canoni, innova alle norme del codice civile, prescrivendo 
(primo comma) che per essi debbasi far riferimento al reddito dominicale 
calcolato, a norma della legge 29 giugno 1939, n. 976, oltre la 
rivalutazione disposta con il d.lg. 12 maggio 1947, n. 356, precisandosi 
per di pi� (ultimo comma) che tale reddito va riferito alla qualifica 
catastale risultante al 30 giugno 1939. Seguono nello stesso articolo le 
disposizioni sul capitale d'affranco calcolato in una somma corrispondente 
a quindici volte H valore dei canoni come sopra determinato. 

Si assume che la imposizione in via generale di un canone unico, 
diverso da quello pattizio, comprimerebbe l'autonomia contrattuale, 
contra~tando con la libert� d'iniziativa economica privata (art. 41, 
Cost.) e, con l'abbassare notevolmente il livello dei valori, sovvertirebbe, 
a danno del concedente e della utilit� sociale, l'equilibrio del 
rapporto e darebbe luogo ad un'affrancazione che di questa perde i 
caratteri per assumere quelli di una espropriazione, indennizzata in 
misura irrisoria, con violazione dell'art. 42 della Costituzione. 

La Corte, procedendo anzitutto all'esame della prima parte dell'art. 
1 (determinazione del canone) osserva che l'autonomia contrattuale 
(gi� subordinata dall'art. 1322, cod. civ. ai � limiti imposti dalla 
legge� e derogata dal seguente art. 1339 per quanto riguarda la sostituzione 
di diritto alla clausole pattizie ed ai prezzi di beni e servizi, 
di clausole imposte dalla legge) non riceve dalla Costituzione una tutela 
diretta. Essa la riceve bensi indirettamente da quelle norme della Carta 
fondamentale, che, come gli artt. 41 e 42 -riguardanti rispettivamente 
l'iniziativa economica e il diritto di pr~priet� -, si riferiscono ai possibili 
oggetti di quella autonomia. Comunque, la giurisprudenza della 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte, in casi riguardanti riduzioni �di canoni d'affitto dei fondi rustici, 
rimunerazione del lavoro colonico, fissazione �di prezzi minimi di prodotti 
terrieri, diritti del mezzadro sul valore delle scorte vive da riconsegnare 
(sent�nze 20 febbraio 1962, n. 7; 13 maggio 1964, n. 40; 8 
aprile 1965, n. 30; 2 luglio 1967, n. 118), ha ritenuto che, in materia, 
l'autonomia contrattuale deve cedere di fronte a motivi d'ordine supe.;
riore, economico e sociale, considerati rilevanti dalla Costituzione. 

N� vale obbiettare che i fini sociali r.imangono, nel caso, incerti 
perch� non tradotti in programmi definiti,' ai sensi dell'art. 41, terzo 
comma, della Costituzione. A parte ogni rilievo circa l'invocabilit� di 
quest'ultimo precetto fuori �del campo dell'attivit� d'impresa, va ricordato 
ancora una volta che il disegno che il legislatore si � proposto con 
la legge in esam� � sufficientemente motivato ed evidenziato nell'ambito 
dell'esel'cizio di insindacabili scelte politiche. 

8. -Premessa la legittimit� di un intervento in materia del legislatore, 
va ora esaminato se altrettanto possa dirsi del sistema adottato 
al fine di determinare il canone. 
Il riferimento al reddito dominicale, costituito, come � noto, dalla 
somma del reddito prodotto in modo specifico dalla terra secondo la 
sua fertilit� (rendita fondiaria propriamente detta) con l'interesse dei 
capitali stabilmente investiti e incorporati nel suolo, costituisce un parametro 
di applicazione gi� adottato in casi analoghi. Va ricordata, particolarmente, 
la legge 15 febbraio 1958, n. 74 (art. 1) riguardante i 
canoni livellari veneti, ai quali canoni l'art. 13, quarto comma, della 
legge attuale estende le proprie norme, ad eccezione di quella dell'art. 
1 gi� regolata dalla legge sui livelli nel senso che, anche agli 
effetti del prezzo di affrancazione, per i canoni costituiti prima del 
codice del 1865 � fissata la misura massima nel triplo del reddito 
dominicale del fondo sul quale gravano, determinato secondo il d.l. 4 
aprile 1939, n. 589, convertito in legge 29 giugno 1939, n. 976. 

Quest'ultimo sistema di riferimento e di calcolo � stato sottoposto 

al controllo di costituzionalit� da parte di questa Corte che, con sen


tenza 9 luglio 1959, n. 46, lo riconosceva legittimo in s� e nella con


gruit� dell'ammontare, anche se in taluni casi questo ammontare sarebbe 

venuto a risultare notevolmente basso. 

Vero che sussistono alcune differenze particolari tra le due leggi 

(quella sui livelli veneti e quella attuale) poich� la prima � limitata ai 

rapporti costituiti prima del codice del 1865 e fissa al triplo del reddito 

dominicale il limite massimo di canoni, e in pi� non comprende la 

rivalutazione di cui al decreto 12 maggio 1947, n. 3, e non fa riferimento 

esclusivo alla qualifica catastale risultante al 30 giugno 1939. 

Ma, agli effetti del punto in esame, la ragione allora adottata per 
decidere, conserva la sua validit�. 


9. -Altra questione, che si .irirtesta sit ~l.l.~$ta premessa, � quella 
riguardante in. c,onc:reto1 in relazione alla partfo<>l;u>it� del rapPOrti regolati 
dalla legge, l� misura d.el ca:none, �quale deriva dal ealcolo legalmente 
imposto, anche in, considerazione '.dei riflessi diretti sull'affranco 
e sulla determinazione del capitale� d'affranco; J.;e due prospettive, attenendo 
l'una co1lte l'altra al d.iritt<> di p~opriet�, ai suoi . limiti; alla 
r~pportl:l ti-a le� pa,11tl 11elcorsodella sua��dutata ed�al mom~to della 
�sua eV'entuale . ce$$azi<>ne. . � �� 
�.. I.,a re~zion.e. del Ministei-() dell'agrieoltura, oft;re alcunl dati con


c;reti..� ~eientem~t~ orientfltivi . ed .ausiliari. , . 
. � ..�.�...�.�. In prop0$ito;la valut;.i()ne deidati tmmiti dal Ministero e comvosti 
da e}ementi.indicativi $Peci6cio mediamente pre'\'alenti, consente 
uri� pl'ittl,a conclusione:' che il divario tra �canone in danaro pattizio e 


C80.ol1e leg.ale, �, in< via generale, per quanto riguarda i rapporti di 
antici;I, .clilstit~zio11e* di. 1$ln�ita>ta entit�, tale da non raggiungere, nella 
generl;ll,i~�>def ca.si~ quel punto di rottura che renderebbe il canone 
Purapl:en.te app�rente :e' sitilbolic<>. Trattasi. di canoni che, sin dall'origh1e 
1011tan� ~� n()il9$ta~t~l Jn.94erati l�it():cchi accordati legislativa


... lX1entT neteottso, ~della l()ro ~*t.enz~�. ha~o. conservato la portata di 
una misura es!g�la, fu molti c�Si ;s�prav'Vissuta quasi .per forza di inerzia, 
�.tra l'i1lcliif~e11za dei concedenti. 

La ~~1lsldetazi9ne di. ~uest? sqstrat1t dl �f~tto .. � solo un elemento, 
�d~ec~l~~f0~~fiDriamel:lte~ ma $enzit ~$;l#ltirla,l�. proposta questione 

Vi sono altri elementi che, pi� intrinsecamente e ;pi� da vicino, 
riguardano la tipologia originaria dei rapporti di antica costituzione: 
particolarmente l'elemento .della immutabilit� del canone . 

. Il principio della revisione del canone, a seconda dell'aumentato 

o diminuito valore d�l fondo �e notevolmente condizionato secondo 
l'art. 962 secondo comma �del cod. civ.; � stato introdotto soltanto con 
5 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

222 

il Libro della propriet�, approvato con r.d. 30 gennaio 1941, n. 15, 
entrato in vigore dal 28 ottobre 1941, trasfuso nel testo del cod. civ. 
approvato con r.d. 16 marzo 1942, n. 262 e reso esecutivo dal 21 
aprile 1942. E per le enfiteusi costituite anteriormente al 28 ottobre 
1941 l'art. 144 delle disposizioni transitorie al cod. �iv. ha bens� consentito 
la presentazione della relativa domanda, ma solo a decorrere 
dal 28 ottobre 1944 ed in pi� per la prima revisione, con limitati effetti 
sulla nuova misura del canone. 

Il diritto a chiedere la revisione del canone, riconosciuto al concedente 
e all'enfiteuta ha conferito al contratto un nuovo elemento di 
rilievo, rispetto al tipo tradizionale: ma, per quanto riguarda le vecchie 
enfiteusi, con operativit� alquanto ddotta. 

Da qui, un fondamento di ragione, nelle norme del primo e ultimo 
comma dell'art. 1 che, riferendo le valutazioni alla data del 30 giugno 
1939 in rapporto alla qualifica catastale e ricavandone un reddito dominicale 
rivalutato per legge, a cui adeguare il canone, realizzano, in tal 
modo, una soluzione intermedia tra quella originaria e quella rprevista 
dal codice del 1942. Un simile risultato, del resto, non rivela sproporzioni 
tali da fare considerare ridotto a misura irrisoria, rispetto a 
quello iniziale, il compenso alla propriet� sacrificata: in qualche caso 
perfino, come attesta la Relazione ministeriale, maggiorandolo, _rispetto 
al risultato ottenibile con la calcolazione di cui all'art. 971, ultimo 
comma, del cod. civ. 

Lo stesso, conseguentemente, deve dirsi per quanto riguarda il 
capitale di affranco (quarto comma dell'art. 1) ricavato moltiplicando 
per quindici volte il valore dei canoni. 

La Corte �ritiene che la conclusione sia valida anche per i canoni 
e le altre prestazioni in natura, sempre nell'ambito dei rapporti di 
origine antica. L'art. 1 della legge in esame (secondo comma), sia per 
i versamenti in quantit� fissa di derrate, sia per quelli in quota di 
derrate, li riduce, previa calcolazione dell'equivalente in danaro, al 
limite della stessa somma corrispondente al reddito dominicale di cui 
al primo comma. 

Per quanto concerne la predetta calcolazione dell'equivalente in 
danaro, l'art. 1 ha, ai fini dell'affranco, in parte seguito il criterio adot~ 
tato dall'art. 3 comma secondo della,legge 1� luglio 1952, n. 701, aggiornando 
tuttavia la rilevazione dei prezzi: soltanto la successiva riduzione 
al limite suindicato costituisce una particolarit� inerente al nuovo 
sistema. 

Il divario che ne risulta, secondo dati indicativi allegati alla Relazione 
del Ministero dell'agricoltura, � certo, almeno in molti casi, maggiore 
di quanto non sia il divario tra i canoni in danaro. 

Ma, data la natura e le origini dei remoti rappm:ti in questione e 
i fattori ai quali si collega il mutare dei prezzi dei prodotti agricoli, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 223 

questo divario � tale da correggere ma non vanificare la sostanza economica 
del rapport�. Il divisamento del legislatore di unificare, nella 
regolamentazione, forme diverse dello stesso istituto, trova, nel ;riferimento 
comune al reddito dominicale, un suo coerente punto d'incontro. 

10. -Gli argomenti che si sono finora prospettati, trovano, tuttavia, 
la loro giustificazione, solo se riferiti alle enfiteusi ed istituti equiparati, 
di antica costituzione: non per quelli di pi� recente formazione. 
La data dell'entrata in vigore del Libro della propriet� (28 ottobre 
1941) segna, a giudizio della Corte, runa importante demarcazione. 
Da una parte, l'accadimento di imponenti fa:tti storici ed economici ha 
inciso in profondit� e progressivamente sui valori dei beni talvolta 
anche per effetto di una modifica di destinazione e la svalutazione della 
moneta ne � stata, ad un tempo, causa ed effetto, pi� o meno permanente. 
Dall'altra parte, i rapporti �costituiti, in tempi, luoghi e situazioni 
diversi, dopo la data suindicata, hanno risentito della strutturazione, 
in parte nuova, che la legge civile ha loro assegnato. Particolarmente, 
l'assegiiazione di un diritto alla revisione del canone �in 
relazione al valore attuale � (art. 962 cod. civ.) ha� segnato il passaggio 
da una concezione statica del rapporto ad una concezione dinamica: 

.ed i nuovi rapporti sono sorti -ab initio -e si sono svolti, sotto la 
garanzia della possibile operativit� di quel diritto. 

Il riferimento alla qualifica catastale del 1939 viene quindi ad 

assumere, per �i rapporti ora in esame, un aspetto inadeguato, anacro


nistico, e tale da creare ingiuste sperequazioni, sia se considerato in 

relazione a quei beni che abbiano avuto -medio tempore -inc�re


menti di valore, per cause obbiettive di trasformazione, anche indipen


denti dagli apporti dei concessionari ed, eventualmente, degli stessi 

concedenti, sia, ed a maggior ragione, se considerato in relazione a 

rapporti aventi per oggetto terreni che gi�, al momento della conces


sione, si trovavano per .qualit� e quantit� di colture ed in genere, per 

i loro pregi intrinseci ed estrinseci, in condizione di redditivit� ben 

diversa e maggiore� di quella esistente nel lontano anno 1939. 

Il sistema della legge di procedere, per il calcolo, a ritroso nel 

tempo, viene cos� a creare (e la Relazione del Ministero dell'agricoltura 

contribuisce coi suoi dati di confronto ad evidenziare la situazione) 

quella dissociazione tra il momento dell'incidenza indennizzabile sul 

diritto colpito e il momento cui va riferito il calcolo del valore di 

quest'ultimo, che questa Corte, con sentenza n. 22 del 5 aprile 1965 

riguardante la legge 18 aprile 1962, n. 167, e gi� prima con la sen


tenza 2.2 dicembre 1959, n. 67, ha dichiarato illegittima. 

Nel caso in esame, la dissociazione � profonda od incolmabile e 
conseguentemente ne resta viziato, limitatamente ai rapporti temporali 
in esame, il congegno della legge, sia per quanto riguarda la misura 
dei canoni sia, correlativamente, per quanto riguarda i capitali d'af




224 RASSEGNA DELL'AVVO.CATURA DELLO STATO 

franco, gli uni e gli altri resi suscettibili di scendere al di sotto del 
livello di un'equa valutazione, tra diritto colpito e corrispettivo, in 
violazione dell'art. 42 terzo comma della Costituzione. 

In questo senso, e dentro questi limiti, va dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale dell'art. 1. 

11. -Nell'ordine delle norme, singolarmente sottoposte al controllo 
di costituzionalit�, si presenta la norma dell'art. 8 e, correlativamente, 
quella dell'art. 9, che concernono l'abrogazione del divieto, stabilito 
dall'art. 972, ultimo comma, del cod. civ., di ammettere l'affrancazione 
qualora intervenga una domanda giudiziale di devoluzione per deterioramento 
del fondo o non adempimento dell'obbligo di migliorarlo. 
La Corte osserva anzitutto che la finalit� abrogativa manifestata 
dalle norme in esame rientra nell'ambito dei poteri del legislatore, non 
sindacabili in questa sede per le ragioni di principio dianzi gi� indicate. 

Non si tratta di una immotivata e immotivabile direttiva, carente 
in modo assoluto di razionalit�: bensi si tratta di far entrare nell'alveo 
del principio della prevalenza dell'affrancazione sulla devoluzione (principio 
conclamato in termini accentuati anche nella Relazione ministeriale 
al codice) ogni ipotesi di fatto, senza alcuna eccezione. D'altra 
parte, l'eccezione di cui all'art. 972 del cod. civ. non era dallo stesso 
articolo condotta in ogni �caso a rigorosa conseguenzialit�, dappoich� 
si era ritenuto sufficiente (art. 972, ultima parte dell'ultimo comma), 
l'intervento di una sentenza soltanto di primo, grado che avesse ammesso, 
pur senza costituire giudicato, l'affrancazi�ne, per impedire la 
domanda di devoluzione. 

Trattasi, pertanto, di una eccezione marginale alla regola primaria 
dell'affrancabilit�, eccezione sovente (e la norma da ultimo ricordata 
lo conferma) sollevata come�tar:divo rimedio ad uno stato di inerzia 
precedente. ' 

L'abrogazione operata con l'art. 8, non pu� dar luogo a rilievi di 
incostituzionalit�. 

12. -Viene sollevata questione di costituzionalit� dell'art. 15 della 
legge che, nel dare decorrenza retroattiva alla misura dei canoni e 
deile altre prestazioni dell'annata agraria 1962-1963, ha fatto salvi i 
casi in cui il relativo versamento sia stato gi� effettuato. 
'Si assume che con questa norma sia stata creata una disparit� di 
conseguenze tra i partecipi del rapporto, dando luogo ad una situazione 
irreversibile, potenzialmente dannosa solo e proprio nei casi in cui 
gli obblighi di versamento dei canoni siano stati puntualmente gi� 
adempiuti. 

La questione, che viene posta in relazione all'art. 3 della Costituzione, 
non � fondata. 
Per quanto riguarda gli effetti retroattivi, l'art. 25 secondo comma 
della Costituzione ne segna il divieto limitatamente alle norme pun�


-



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 225 

tive: conseguentemente, questa Corte ha gi� escluso l'esistenza di un 
principio generale di irretToattivit� delle leggi (sentenze 15 maggio 
1957, n. 71, e 2 luglio 1957, n. 118). 

Per quanto riguarda gli effetti dello ius superseniens sui rapporti 
anteatti, va considerato che l'art. 15 non d� luogo ad una disparit� di 
trattamento da valutare secondo l'art. 3 della Costituzione. Ma si uniforma 
al principio, riconosciuto largamente in tema di successione di 
leggi, secondo cui la legge nuova non incide sui fatti esauriti, in tutto 

o in parte, sotto il vigore di quella precedente: ci� anche per favorire 
l'utilit� sociale e della certezza dei rapporti preteriti � posta in evidenza 
nell'ora citat� sentenza 2 luglio 1957, n. 118. 
13. -Va esaminata, da ultimo, la questione di costituzionalit� relativa 
all'art. 18 della legge, che dispone 1'1].brogazione dell'art. 962 del 
cod. civ. sulla revisione dei canoni relativi ad enfiteusi rustiche. 
Si assume che, una volta pretermesso il motivo di questa norma, 
diretta a conservare attraverso la fluttuazione dei valori,. un equilibrio 
tra ammontare dei canoni, e valore del fondo, si darebbe luogo a conseguenze 
antieconomiche, socialmente dannose, tali da snaturare � 
rapporto e da incidere gravemente, in relazione all'art. 42, terzo comma, 
della Costituzione, sulla quantificazione dei diritti di propriet�. 

La questione non � fondata. 

La disposizione dell'art. 962 ha costituito una innovazione non solo 
e non tanto in relazione all'immediato precedente legislativo del codice 
del 1865, quanto in relazione alla secolare caratterizzazione dell'istituto, 
data dalla inalterabilit� del canone. 

Con l'art. 962 si � ritenuto di apportare un correttivo (ne fa fede 
la Relazione ministeriale) ad una situazione che sembrava conducente 

� a far cadere in desuetudine l'istituto � : correttivo, tuttavia, poi non 
condiviso da autdrevole corrente di giuristi ed economisti, i quali, al 
contrario, hanno ritenuto che proprio l'inalterabilit� del canone costituiva 
il presidio per mantenere l'originalit� dell'istituto, specie a vantaggio 
dei lavoratori della terra. 
,Ne consegue che l'abrogazione ora disposta dal legislatore con 
l'effetto del ritorno alla tradizione, appartiene ad una valutazione discrezionale 
dei motivi, che non pu� formare oggetto di sindacato da 
parte di questa Corte. 

14. -Poich� le enfiteusi urbane e quelle ad aedij�candum sono, 
come si � gi� detto, da considerarsi escluse dall'ambito della legge in 
esame, l'abrogazione del diritto alla rivedibillt� va qui considerata in 
funzione della materia, propria ed esclusiva, dell'enfiteusi sui fondi 
rustici. 
Ogni altra questione che possa riguardare l'estensione ovvero la 
non estensione dell'ambito dell'abrogazione ad altre ipotesi al di fuori 



226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della normativa in esame, vengono ad incidere negativamente, escludendolo, 
sul riconoscimento �di una loro rilevanza in questo giudizio. 

15. -Lo stesso art. 18 della legge contiene l'abrogazione degli 
artt. da 142 a 149 delle disposizioni transitorie al cod. civ. 
Per quanto riguarda la costituzionalit� dell'abrogazione degli articoli 
142, 144, 147 e 149 riguardanti rapporti costituiti sotto le leggi 
anteriori al codice, ai fini della revisione, affrancazione e devoluzione 
(e che solamente qui interessano in derivazione delle ordinanze di 
rinvio) la questione stessa, prospettata di scorcio in alcune ordinanze 
e "difese, viene ad inserirsi direttamente nel quadro dei motivi gi� 
esposti per le antiche enfiteusi con la conseguenza del riconoscimento 
della loro legittimit� costituzionale. 

16. -In conclusione, la Corte perviene alla decisione di illegittimit� 
costituzionale, concentrandola nel solo punto in cui l'art. 1 della 
legge in esame consente di estendere l'applicazione delle relative norme 
anche alle enfiteusi e rapporti analoghi conclusi successivamente al 
28 ottobre 1941. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 21 marzo 1969, n. 38 -Pres. Sandulli -
Rel. Benedetti -Comune di Sorianello (avv. Stoppani), Comune 
di Soriano Calabro (avv. D'Audino) c. Presidente Consiglio dei 
Ministri (sost. avv. gen. Stato Azzariti). 

Comuni e Provincie -Variazioni alle circoscrizioni dei Comuni Riserva 
di legge -Inapplicabilit� al legislatore statale. 
(Cost., artt. 117, 13,3; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35). 

Comuni e Provincie -Variazioni alle circoscrizioni dei Comuni -Diritto 
di iniziativa spettante ai cittadini contribuenti -Illegittimit� 
costituzionale. 

(Cost., art. 3; r.d. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 33, 34 e 35). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 33, 
34, e 35 del vigente t.u. della legge comunale e provinciale, in quanto 
la rise1�va di legge, prevista dagli artt. 117 e 133 della Costituzione per 
le variazioni delle circoscrizioni terriboriali dei Comuni riguarda solo 
il legislat01�e regionale, non anche lo Stato, il quale -fino aU'entrata 
in vigore dell'ordinamento regionale -legittimamente continua ad 
esercitare le sue funzioni in materia nelle forme e nei limiti della 
disciplina vigente (1). 

(1-2) La questione era stata proposta con ordinanza 5 novembre 1966 
dal Consiglio di Stato -V Sezione -(Gazzetta Ufficiale 25 febbraio 1967, 

n. 51). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 227 

Sono costituzicmalmente illegittimi, con riferimento al principio di 
eguaglianza, gli artt. 33, 34 e 35 del vigente t.u. deLla legge comunale 
e provinciale, limitatamente alle parti in cui riconoscono il diritto di 
iniziativa e di opposizione nel procedimento di modificazione delle 
circoscrizioni territoriali comunali ai cittadini che rappresentino la 
maggioranza numerica dei contribuenti delle borgate o frazioni, anzich� 
della maggioranza dei cittadini elettori (2). 

(Omissis). -Col primo motivo di incostituzionalit� viene denun


ciato un contrasto tra gli artt. 33, 34 e 35 del t.u. della legge comunale 

e provinciale, approvato con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, nella parte in 

cui 
stabiliscono che le variazioni alle circoscrizioni dei comuni sono 

disposte con decreto" del Capo dello ,Stato e gli artt. 117 e 133, comma 

secondo, della Costituzione i quali dispongono che alle suddette varia


zioni si provvede con legge regionale. La ordinanza non nega che, nelle 

mm:e dell'attuazione dell'ordinamento regionale, lo Stato possa conti


nuare ad esercitare la sua potest� in materia, ma, basandosi sulla riserva 

di legge contenuta nei citati precetti costituzionali, sostiene che le mo


dificazioni delle �ircoscrizioni territoriali previste dalle norme censurate 

debbano essere disposte con atto legislativo e non gi� con atto ammi


n:istrativo. 

La censura � fondata. Nel proporla l'ordinanza muove dall'inesatta 

premessa che la riserva di legge si riferisca anche al legislatore 

nazionale. 

Il testo degli artt. 117 e 133 della Costituzione non lascia, per 
contro, dubbi di sorta che c~ si trovi in presenza di una l'iserva di 
legge esclusivamente regionale, destinata quindi ad operare solo nel 
momento in cui gli organi legislativi della Regione verranno creati ed 
�inizieranno a funzionare. Con le norme in esame il costituente ha 
inteso sottrarre alla competenza dello Stato e trasferire al nuovo ente 
regione, innegabilmente pi� idoneo ad avvertire ed apprezzare la volont� 
e gli 'interessi locali dei cittadini, la materia concernente l'istituzione 

Sulla prima massima, si pu� ricordare che il Consiglio di Stato, Sez. V, 
con decisione 26 settembre 1952, n. 1105 (Il Cons. di Stato, 1952, 1252) 
aveva ritenuto che l'a riserva di legge posta dall'art. 133 Cost. � una riserva 
di legge regionale, che postula l'esistenza della Regione e del suo ordinamento. 
Cosi � poi stato riaffermato dallo ,stesso consesso con le successive 
decisioni 29 dicembre 1956, n. 1173 (ivi, 1956, 1475) e 13 giugno 1959, 

n. 
337 (ivi, 1959, 845). 
Anche la Corte Suprema di Cassazione, con fa sentenza 15 novembre 
1960, n. 30~8 (Foro it., 1961, I, 262) aveva espresso i medesimi principi. 
Con la seconda massima, si riafferma l'illegittimit� di qualsiasi parametro 
che non sia fondato sulla comune qualit� di cittadino, ma, come nella 
specie, sia fondato sul ,censo. 



228 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di nuovi comuni e le modifiche delle loro circoscrizioni e denominazioni. 
A garanzia delle autonomie locali e per assicurare la necessaria 
tutela del diritto alla integrit� territoriale dei comuni, il costituente 
ha inoltre disposto che la potest� attribuita in materia alla Regione si 
manifesti sotto la forma di leggi e previa audizione delle popolazioni 
interessate. 

Ora, poich� questa � l'esatta portata dei precetti costituzionali in 
esame, ne discende ovvia la conseguenza che essi non hanno immediata 
applicazione, rivolgendosi unicamente ad organi di un nuovo ente territorfale 
non ancora concretamente istituito. Durante l'attuale periodo 
transitorio ben potr� quindi lo Stato -nei cui riguardi i ripetuti 
precetti non hanno alcuna operativit� -continuare ad esercitare le 
sue funzioni in materia nelle forme e nei limiti stabiliti dalla preesistente 
disciplina. 

La seconda censura di incostituzionalit� sollevata d'ufficio dal giudice 
a quo riguarda quelle parti degli artt. 33 e 34 del t.u. della legge 
comunale e provinciale nelle quali viene disposto che alle modifiche 
delle circoscrizioni territoriali previste da detti articoli pu� farsi luogo 
quando ne sia fatta domanda da un numero di cittadirti che rappresentino 
la maggioranza numerica delle borgate o frazioni e sostengano 
almenu la met� dei tributi locali in esse applicati. La censura � stata 
proposta in riferimento agli artt. 133, comma secondo, e 3 della Costituzione 
tra loro coordinati perch� l'intervento nel procedimento della 
maggioranza dei soli cittadini contribuenti non soddisferebbe all'obbligo 
della preventiva audizione delle popolazioni interessate e violerebbe 
nel contempo il principio di eguaglianza di tutti i cittadini 
davanti alla legge. 

La Corte non ritiene per� che la questione di legittimit� possa 
porsi in rifer�imento a quella parte dell'art. 133, comma secondo, della � 
Costituzione nella quale � sancito l'obbligo di sentire le popolazioni 
interessate. E ci� perch�, come � gi� stato posto in rilievo, le disposizioni 
contenute .nel secondo comma e cio� tanto la riserva di legge, 
quanto l'obbligo di sentire le popolazioni interessate, si riferiscono 
esclusivamente alla Regione. 

La questione di legittimit� � invece fondata in quanto posta in 
riferimento all'art. 3 della Costituzione. 

Nei precedenti testi legislativi disciplinanti la materia (legge 20 
marzo 1865, n. 2288 allegato A art. 15; legge 30 dicembre 1888, n. 5865, 
art. 3; r.d. 4 maggio 1898, n. 164, art. 115; r.d. 21 maggio 1908, n. 229, 
art. 115 e r.d. 4 febbraio 1915, n. 148, art. 120) l'iniziativa del procedimento 
di modificazione delle circoscrizioni comunali era stata sempre 
riconosciuta alla maggfo.ranza degli elettori e tale criterio di individuazione 
dei soggetti interessati a tali modifiche, abbandonato dal t.u. della 
legge comunale e provinciale del 1934, � stato ripristinato, dopo l'en




PARTE I, SEZ. I, GlURl.S�.COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 22Q 

trata in vigore della Costituzione, con la legge 15 febbraio 1953, n. 71 

sulla ricostUuzione dei comuni �soppressi in regime fascista. Nel sistema 

delle fonti normative perci� la previsione d�gli articoli impugnati, che 

considera sufficiente l'intervento della maggioranza dei soli contribuenti, 

� del tutto eccezionale. 

Ora rt()n � pu� di$Conoscersi �che tale previsione, comportando una 

ingiustificapi.le re.strizlont:\ .della nozione dei soggetti interessatiai PJ:'oV� 

vedimenti relatiyi alle yari~lzioni delle c;:ircoscr.izioni comunalij sia in 

contt'astc> c9J. Princ.il)~o <i~ocratico.. dell'u~aglianza�dei cltta~ini.� da


vai;i# �. all~ .legge. ~~mza .(l~stfuz�ione. di COndiz�Ol!i peJ:'SQl).ali .e.. sociali. 

I . provvedh~enti, . previsti dagli articoli i�mpugnati, riguardanti la 
costittj~i�hei<:li �a 'f)()rgata .o� frazione �.in comune �distinto o il distacco 
�da)����~lrit.Ul,.. c\li..� �ai>,t:ti~ne�.�e���1'al5s'iegaziorie ��ad�.�\ln.� �comune.��cont~rmine; 
int�r~S$ailo �. iridiibl>iameht~ tutti �.. i �. c.ittadi.ni.. resid.enti.... nella b<J-rgata o . 
ftizton� � perci�, ne�fa \raliit�zione della �. convenienza ed. ()~p<)rtunit� 
df)iifatti: I>fovv�djmerl'U, l'eleniento da prendere irt�.�onsideraz!C).ne � 
la v.olont� dei frazionisti. A Q.\lesfa esigenza non sono certo con:fi>rmi

1: <JisJ?QS[zic,tni ce~s~r~te 1: quali, anzich� attr-ib~ire. l'iniziativa.. del 
prl:iceam:i�n.to �agli elettori�~ <!he sono poi tutti i Cittadini magg.iorenni 
residetttirielle bt'.irgat� K ftazfoni ~la riconosce ai contribuenti e per 
di pi� solo a guelli che sono iscritti nei ruoli dei tributi locali applicati 
nelle dette borgate o frazioni. Si determ�ina cosi una disparit� di trattamento 
.:fra i cittadini interessati ai provvedimenti in questione basata 
sul censo e quindi evidente � la violazione dell'art. 3 della Costitu~ione. 
Deve .. essere � cooseguentemente dichiarata l'incostituzionalit� degli 
artt. 33 e 34 nelle parti in cui attribuis�ono l'inlziativa delle modificazioni 
terr.itoriali alla maggioranza dei. contribuenti anzich� alla maggioranza 
dei cittadini elettori residenti nelle borgate o frazioni. 
Ai sensi dell'art. 27, seconda parte, della legge 11 marzo 1953, 


n. 8.7, contenente �Norme sulla costituzione e sul funzionamento della 
.Corte Costituzionale> deve essere altres� dichiarata l'incostituzionalit� 
dell'art. 35 nella parte in cui attribuisce a qualsiasi contribuente, anzich� 
a qualsiasi elettore, la facolt� di fare opposizione alle deliberazioni 
dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni. 
-(Omissis) . 

.' 

-�--~ 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 gennaio 1969, n. 126 -Pres. 
Scarpello -Rei. Iannuzzi -P. M. Di Majo (conf.). -Amministrazione 
Finanze (avv. Stato Tracanna) c. Delfino ed altri (avv. Mazzullo 
e Nonnis). 

Edilizia economica e popolare -Cessione in propriet� di alloggi costruiti 
con contributo statale -Alloggi la cui concessione sia eventuahnente 
condizionata alla prestazione in loco di un determinato 
servizio presso pubbliche Amministrazioni -Esclusione dalla � 
cessione in propriet� -Condizioni. 

(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 2, lett. b). 
Competenza e giurisdizione -Sequestro giudiziario di un bene che 
abbia formato oggetto di provvedimento amministrativo di rilascio 
-Ammissibilit�. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 4). 
La r�lazione fra la concessione dell'alloggio ed il servizio -che 
� coindizione ostativa alla cessione in propriet� dell'alloggio medesimo 
ai sensi deil'art. 2 lett. b del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 -deve essere 
e essenziale �, nel senso che l'alloggio deve esser stato concesso, non 
nella semplice e generica considerazione della qualit� di dipendente 
dello Stato deU'assegnatario, ma intuitu ministerii, con specifico riguardo 
alle funzioni da lui esercitate ed al fine di agevolarne lo svolgimento 
(1). 

Il sequestro giudiziario, diretto ad assicurare la custodia di un 
bene di cui sia controversa la propriet� o il possesso, non � incompatibile 
con l'attuazione degli effetti di un provvedimento amministrativo 
di rilascio del bene stesso, emesso nei confronti di colui che lo occupa 
per qualsiasi titolo (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo l'Amministrazione ricorrente 
denuncia la violazione e la falsa applicazione del d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2 -in particolare degli artt. 1 e 2 lett. b), -dell'art. 116 
c.ip.c., degli artt. 2699 e segg. e.e., delle norme e de! principi in materia 

(1) Conf.: Cass. 15 giugno 1965, n.' 1244, in Foro it., 1965, I, 1689. 
(2) La decisione non sembra esatta. 
In essa si riafferma espressamente il principio secondo cui il giudice 
ordinario non pu� emettere alcun provvedimento diretto a modificare, 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 231 

di concessione de,i beni del patri:p:ionio dello Stato e con;nesse facolt� 
discrezionali della Amministrazione, anche sotto il profilo del difetto 
di giurisdizione, della legge 27 giugno 1949, n. 329, degli artt. 1362 
e segg. e.e., del d.1.c.p.s. 10 aprile 1947, :ri. 261 e della legge 15. giugno 
1949, n, 409, nonch� difetto di motivazione ai sensi dell'art. 360, n. 5 

c.p.c. Sostiene che la Corte d'appello ha errato nel ritenere che, per 
valuta:re 11i; � �oncreta applicazione delle norme sulla cessione in propriet� 
degli alloggi. di tipo popolare ed economico (d.P.R. 17 gennaio 
1959, n, 2 e legge 27 aprile 1962, n. 231), sia necessari? rifarsi alla 
situazfone delle assegnazioni quale risulta al momento dell'entrata in 
vigore delle norme stesse, e non al momento nel quale tali norme 
de'\Totio .essere concretamente.applicate: �ia prima delle due leggi stabiUva 
i l:!�4Uisiti con riferimento alla data della pubblicazione dei .singoli 
batl,(ti <I.Il parte degli enti interessati (artt. 4 e 10 d.P.R. 17 .gennaio 
~9$9~ n. 2)~ mentre �a seconda (art. 3) si applica, per questa parte, a 
partite c;l1i;Ua sua entrata in vigore, e quindi nessuna delle due leggi 
flssa. i l'~Uisiti con riferimento alla situazione degli atti esistenti al 
lt19Jn.�:tito <fell'e.trata ih vigore della prima legge. Pertanto .,..-prosegue 
la�. l'ifol'rente � -, essendo stata .la richiesta di cessione in propriet� 
de~li alloggi a.vanzata per la prima volta con l'atto di citazione del 
7 gennaio 1964, a tale data, ed in bp;se ;;1:lla normativ;;1: allora vigente, 
avrebbe dovuto valutarsi la situazione delle assegnazioni quale risultava 
dagli. atti reiativi, e non da quelli precedenti, che non potevano spiegare 
alcuna rilevanza. Ora dalla .situazione degli atti di concessione a 
quella data risultava� la sussistenza del�a condizione di esclusione stabilita 
dall'art. 2 lett. b) d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, trattandosi di alloggi 
concessi essenzialmente per la prestazione in loco di un servizio presso 
pubbliche amministrazioni. 
Assume, poi, la ricorrente che, quanto al preteso errato uso di 
moduli di concessione predisposti pei" l'assegnazione di alloggi ai soli 

a revocare o comunque ad incidere sugli effetti di un atto amministrativo 

esecutorio, anche se ritenuto illegittimo. � 

Nel fare applicazione di tale princtpio alla fattispecie, ha, per�, rite


nuto che il sequestro giudiziario non incidesse sugli effetti del provvedi


mento amministrativo, che aveva disposto il rilascio del bene da parte 

dei possessori. 

�sembra evidente, invece, che il sequestro ha privato temporaneamente 

l'atto amministrativo dell'a sua esecutoriet�, impedendo che l'Amministra


zione riacquistasse la disponibilit� del bene. ' 

Proprio in considerazione di ci�, in una fattispecie analoga l'ammissi


bilit� del sequestro giudiziario fu negata da Cass., S. U., 4 maggio 1948, 

n. 785, in Giur. Ca,ss. Civ., 1948, II, 144 (con nota adesiva di R. ALEss1). 
Cfr., anche, Cass. S. U., 31 maggio 1961, n. 1289, in Sett. Cass., 1961, 968; 
id., 21 maggio 1964, n. 1257, in Giust. civ., 1964, I, 1768. Per l'esclusione del 
sequestro giudiziario di beni demaniali: Cass. S. U., 9 apri:le 1954, n. 1135, 
in Giur. it., 1954, I, 1, 800. 

232 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dipendenti dell'amministrazione delle finanze in applicazione della 
legge 27 giugno 1949, n. 329, quand'anche l'assegnazione degli alloggi 
non fosse avvenuta in base a tale legge e fosse invece avvenuta in base 
all'art. 11 legge 25 giugno 1949, n. 409 (concernente la costruzione di 
alloggi per i senza tetto da assegnare, tra gli altri, � ai funzionari dello 
Stato che prestano servizio nei centri gravemente danneggiati e che 
non abbiano altre possibilit� di alloggio per s� e per la propria famiglia 
� ), ugualmente l'amministrazione avrebbe potuto legittimamente 
porre le clau~ole circa la revoca della assegnazione in caso di trasferimento 
o di cessazione dal servizio, le quali clausole, nel caso di assegnazione 
ex art. 10 legge 25 giugno 1949, n. 409, dovevano ritenersi 
implicite nello stesso sistema delle assegnazioni. 

Infine la ricorrente lamenta che la Corte di merito ha erroneamente 
negato che l'amministrazione potesse disporre anche discrezionalmente, 
nelle concessioni di alloggi, limitazioni alle concessioni stesse, 
violando cos�, oltre alla legge n. 409 del 1949, anche il potere discrezionale 
della P.A. di porre limitazioni in ordine all'uso dei propri beni. 
Infatti l'art. 2 lett. b) d.P.R. n. 2 del 1959 non contempla una ragione 
ostativa consistente in destinazioni scaturenti esclusivamente da disposizioni 
di legge, ma si riferisce anche a quegli alloggi che, anche dopo 
l'entrata in vigore della legge, siano stati concessi in uso con singoli 
atti amministrativi, subordinatamente alla prestazione in loco del servizio 
presso pubbliche amministrazioni; e, nella specie, queste concrete 
determinazioni amministrative esistevano negli atti, che erano stati 
liberamente sottoscritti e non impugnati dagli interessati. 

La Corte di Cassazione osserva che ai giudici del merito era stata 
proposta la seguente questione: di esaminare se ricorresse nella specie 
l'ipotesi di esclusione dalla cessione in propriet� degli alloggi, stabilita 
nell'art. 2 lett. b) del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, in quanto si trattasse 
di � alloggi, la cui concessione sia essenzialmente condizionata 
alla prestazione in loco di un determinato servizio presso pubbliche 
amministrazioni �. 

La Corte d'appello ha dato risposta negativa al quesito -e quindi 
ha riconosciuto il diritto alla cessione degli alloggi a favore degli 
istanti -per due ordini di .considerazioni: a) che nella specie gli atti 
di assegnazione degli alloggi non avevano avuto la natura di concessioni 
amministrative per soddisfare ad un pubblico servizio, bens� di 
negozi di diritto privato identificabili in contratti di locazione; b) che 
inoltre l'assegnazione degli alloggi non risultava essenzialmente condizionata 
alla prestazione in loco di un determinato servizio presso la P.A. 

L'Amministrazione ricorrente muove le suesposte censure alle considerazioni 
della sentenza impugnata, ma questa Corte Suprema non 
ritiene che le censure stesse siano fondate. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 233 
Invero la Corte di appello ha esaminato gli atti di assegnazione 
PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 233 
Invero la Corte di appello ha esaminato gli atti di assegnazione 
degli alloggi anteriori al gennaio 1959, ed ha osservato che si trattava 
di scritture private aventi per oggetto la concessione in � affitto �, con 
la pattuizione di un �corrispettivo~ e che non era stata affatto contemplata 
in tali atti la funzione esercitata in concreto dall'assegnatario 
dell'alloggio. Conseguentemente la Corte ha ritenuto che gli atti di 
atttjb~io:Il'~ (.'le~ ~()cl~ll1e11to degli alloggi non potevano qualificarsi come 
cdnee$$16:M ~iliilib�iStratlve e eomunque mancavano elementi idonei a 
:faJ:"���Hten.ere t~esist�hza di �un rapporto di natura pubblicistica, come 
sosteneva����l'AmmiriiStrazione. 

. ... .. .. . ... . ......... . .. . 


La l'i�o*-�:rlte rileva che la . Corte d'appello non avrebbe potuto 

~~l'� .iriX~a<fJ,~J~i predetti c()ntratti (peraltro esibiti solo da alcuni degli 
.istan#) ai Jini della . qualificazione del :rapp�rto e neanche� ai fini di 
'l'i$C!�fftl'al'e J.'eslstenza . delle condizioni di riscatto, dovendo, . invece, 

aY~~ :rig;J.a:r<l(> alla situazi�ne esistente.� al� momento dell'appUcazione 
4~l~�!l� 9:!1 ~9~~1 n< ~ eq.indi al momento della proposizione� della 
d�)iliari�fa �dJ cessfone. �in propriet� degli alloggi. . Ma questa Corte Suprema<
non. ritiene che �rindagine potesse prescindere dal momentp 
delfa (lostittliiorie del rapporto ira la P.A. e l'assegnatario dell'alloggio 
e>q~:dn<U Q'ell'�same� degli� atti iniziali di attribuzione del godimento 
. degli alloggi stessi agli istanti. � vero che ci� non esimeva dalla ricerca 
se, in proSieguo; il fapporto originl'lrio fosse stato modificato in base 
agli atti suc(lessivi che nei casi in esame erano stati prodotti e che 
l'Anl:tninistrazione invocava per sostenere la sua tesi; ma neanche tale 
indagine � stata trascurata dalla Corte di merito, la quale � pervenuta 
ad una. conclusione� �pposta a quella prospettata dalla ricorrente. 

La Corte� d'appello ha osservato che gli atti successivi al 1959 
erano stati redatti su moduli predisposti per. l'assegnazione di alloggi 
ai dipendenti <lell'Am.ministrazione delle finanze in applicazione della 
legge 27 giugno 1949, n. 329, emanata per provvedere a particolari 
necessit� dell'amministrazione stessa; che, per�, l'Uso dei predetti moduli 
~che prevedevano; fra l'altro, la revocabilit� dell'assegnazione 
nel. case> .di . cessazione dal s�rvizio o di trasferimento . ad altra� sede era 
stato del tutto occasionale e non era rivelatore di una volont� negoziale 
diretta a sottra;re gli alloggi gi� oecupati all'applicazione del 

d.p. n. ~ Ael 1959, percn� altri atti relativi ad alloggi compresi negli 
stessi edifici erano stati redatti su moduli diversi; nei quali� non risultavano 
n� l'intestazione � concessione in uso di alloggio di servizio � , 
n� la �Clausola di revoca, ma erano stati espressamente qualificati come 
� scrittura privata >. Ulteriore argomento a conferma della persistente 
qualificazione del rapporto nell'ambito del diritto privato, anche dopo 
l'entrata in vigore del suddetto decreto presidenziale, la Corte d'appello 
ha tratto dal contenuto di una lettera scritta dall' Am.minis.trazione 
in risposta ad una nota del 9 ottobre 1963, nella quale si comunicava 
-�--,17 



RASSEGNA.DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

al Ministero dei lavori pubblici che gli alloggi dello stabile di via 
Pompeo Litta n. 8 erano stati � assegnati � in locazione � a dipendenti 
statali di vari uffici di Milano ai sensi dell'art. 10 della legge 25 
giugno 1949, n. 409, la quale norma non poneva la condizione di revocabilit� 
dell'assegnazione per i casi di cessazione dal servizio o di 
trasferimento. 

Replica l'Amministrazione che, quand'anche le assegnazioni fossero 
avvenute ai sensi della citata legge n. 409 del 1949, ci� non avrebbe 
importato l'esclusione dalla facolt�, da parte della P.A., di porre la 
clausola di revoca per le predette ipotesi del trasferimento e della 
cessazione dal servizio dell'assegnatario dipendente d�llo Stato, e che 
comunque la facolt� stessa non si pu� disconoscere a favore della P.A. 
perch� attiene ad un suo potere discrezionale di porre la clausola di 
revoca nelle concessioni di beni o servizi. Ma la Corte d'appello non 
ha negato la predetta facolt� dell'amministrazione, in via generale o 
in relazione ai casi concreti; la Corte, ha, invece, negato che la clausola 

di revoca, nei casi in cui era stata apposta, fosse operante ed efficace, 
avendo ritenuto, con apprezzamento incensurabile in questa sede perch� 
congruamente motivato, che l'uso dei moduli contenenti la clausola 
stessa fu meramente occasionale e perci� non rivelatore di una volont� 
della P.A. diretta a disporre la revoca. 

Attiene ugualmente ad un apprezzamento di merito il convincimento 
della Corte d'appello, fondato sulle premesse di fatto sopra indicate, 
circa l'inesistenza di un rapporto di correlazione necessaria fra 
l'assegnazione degli alloggi e l'espletamento di un pubblico servizio da 
parte degli istanti. La Corte ha osservato che da nessuno degli atti 
d'assegnazione -qualificati, come si � detto, contratti di locazione risultava 
che fosse stato tenuto presente l'espletamento del servizio 
pubblico da parte del fun~ionario, ma, invece, nei contratti anteriori 
al 1959 noo era stata neanche indicata la qualifica degli assegnatari. 
P�ertanto la Corte h� concluso che nei casi in esame si poteva ammettere 
soltant� che la concessione dell'alloggio fosse avvenuta per la considerazione 
della qualit� di funzionario dello Stato di ciascun assegnatario, 
e non, invece, con specifico riferimento alle speciali funzioni di 
cui ciascuno di essi era investito, ed al fine di r~ndere possibile o agevolare 
la prestazione del servizio in loco. 

Ora tale ragionamento risulta ispirato ad un esatto principio .giuridico, 
poich�, come ha gi� deciso questa Corte Suprema (sent. n. 1244 
del 15 giugno 1965), la relazione fra la concessione dell'alloggio ed il 
servizio -che � condizione ostativa alla cessione in propriet� dell'alloggio 
medesimo ai sensi dell'art. 2 lett. b) del d. pres. 17 gennaio 1959, 

n. 2 -dev'essere � essenziale., nel senso, cio�, che l'alloggio sia stato 
concesso non nella semplice e generica considerazione della qualit� di 
dipendente dello Stato dell'assegnatario, ma intuitu ministerii, con spe

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. S.U QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

cifico riguardo alle funzioni da lui esercitate ed a fine di agevolarne 
lo svolgimento. -(Omissis). 

(Omissis). -Con il terzo motivo, l'Amministrazione ricorrente, 
denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 670 c.p.c. e 
del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, nonch� il difetto di giurisdizione del 
giudic� ordinario ai sensi (iegli. artt. 2. e 4 legge 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E;; sostiene che il sequestro giudiziario non poteva essere convalidato. 
Osserv:a che m<incavano le condizioni richieste dall'art. 670, n. 1, 
c.p.c.: a) mancava una controversia sulla propriet�, essendo essa indiS(
lutil:>ilme:nte .cl�ll'~minist;t'.azione finanziaria, .dalla quale non poteva, 
in�� ii;>o~esi, pa$~re ~gli a.ttorise n<:>nprevia verifica di tutte le e.on.dizioni 
previ$te. dalla. legge .e par:U�olarmente di quelle. del pagamen,to integrale 
del !)rezzo (art. 15 d.1?.R.17 gennaio ;J.959, n. 2; b) non poteva 
esservi c()I!.trpversja sul p~esso,.. potendo l'Amministrazione, verificatesi 
. le conciizipni dell!atto di concessjpne, cons�guire la disponibilit� 
degli allogg{ mediante le niisure di autotutela, espressamente previste 
negli attl di concessione; c) non susSisteva nei confronti della P.A. 
l'astratta ipottzzabilit� di una valutazione circa l'opportunit� di una 
custodia o di t.�nagesti-0:ne.temporanea, e ci� in .relazione sia alla qualit� 
dell' A;rnministrazione pubblica proprietaria che alla natura del bene. 
Denuncia, ipoi,. il difetto di giurisdizione perch� la disposta convalida 
influisce sulla dest~na.zione dei beni della P.A., in funzione sostitutiva 
della volont� e dell'attivit� di quest'ultima. 

La Corte di Cassazione osserva che, secondo quanto innanzi si � 
detto, gli. alloggi dovevano :i:-eputarsi come appartenenti al patrimonio 
disponiblle dello Stato ed avevano formato oggetto di un rapporto di 
locazione. Inver�, la nuova disciplina legislativa che consentiva .la cessione 
in propriet� degli alloggi a richiesta degli assegnatari importava 
che venisse meno il vincolo d'indi~ponibilit� e che essi passassero nel 
patrimonio disponibile,. conformemente alla nuova destinazione voluta 
dal legislatore. Quanto, poi, alla natura del �rapporto costituito relativamente 
agli alloggi di cui trattasi, la sentenza impugnata ha ritenuto 
che non si trattasse di concessione per ragione di servizio, bensi di una 
locazione e su tale punto le censure dell'Amministrazione si sono rivelate 
infondate. � 

Ci� posto, non si pu� contestare l'ammissibilit� della tutela cautela.
re relativamente ad un bene disponibile della P.A. che abbia formato 
oggetto di un negozio di diritto privato. Peraltro, una volta che non si 
contesta la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere, in sede di 
cognizione, della controversia inerente alla cessione in propriet� di 
alloggi ai sensi del citato d. pres. n. 2 del 1959 -la quale giurisdizione 
� stata gi� affermata da questa Corte Suprema con le sentenze n. 2832 
del 5 dicembre 1966 e n. 2442 del 13 ottobre 1967 -, si deve parimenti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

236 

ammettere la possibilit� della tutela cautelare che concreta uno dei 
modi di esercizio della funzione giurisdizionale del giudice ordinario. 
Si doveva inversamente negare, nella situazione sopra delineata, 

.~

.,

che la P.A.. potesse emettere un ordine di rilascio in danno di coloro ��: 
che avevano il legittimo possesso di alloggi in virt� di un rapporto di 
godimento che trovava giustificazione in un negozio di diritto privato. 

Pertanto l'ordine amministrativo di rilascio doveva considerarsi 
illegittimo; ci� poteva riconoscere il giudice ordinario ai sensi dello 
art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, ma non poteva emettere un 
provvedimento diretto a modificare, a revocare o comunque ad incidere 
sugli ,effetti dell'atto illegittimo. Ora l'Amministrazione deduce 
che il sequestro giudiziario avrebbe influito negativamente sulla destinazione 
degli alloggi della P.A. ed importato una sostituzione nella 
sua volont� discrezionalmente determinatasi. Senonch� il sequestro 
giudiziario diretto ad assicurare la custodia di un bene di �cui sia controversa 
la propriet� o il possesso non � tncompatibile con l'attuazione 
degli effetti di un provvedimento amministrativo di rilascio del bene 
stesso emesso nei confronti di colui che lo occupa per qualsiasi titolo. 

�Il provvedimento -definito di revoca della concessione degli alloggi 
-adottato dall'Intendente di finanza di Milano nei confronti 
di alcuni assegnatari importava che essi fossero privati dal godimento, 
il quale doveva passare nella disponibilit� della P.A. Ma ci� non veniva 
affatto negato in virt� del sequestro giudiziario, che assicurava 
la conservazione degli alloggi durante il tempo necessario a dirimere 
la controversia circa il diritto di cessione in propriet�; n� voleva che 
fossero stati nominati custodi gli stessi assegnatari colpiti dall'ordine 
di rilascio, poich� la loro ulteriore permanenza negli alloggi era giustificata 
dalla nuova qualifica e poteva venir meno in qualsiasi momento 
in virt� di un provvedimento di sostituzione del custode. Le 
altre deduzioni inerenti all'esistenza delle condizioni per potersi� disporre 
il sequestro attengono ad apprezzamenti di merito. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 939 -Pres. 
Scaripello -Est. Aliotta -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero della 
Pubblica Istruzione (Avv. Stato Zagari) c. De Benedictis (avv. 
Troccoli). 


Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Elementi essenziali 
del rapporto -Atto formale di nomina. 


(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). 
Costituiscono elementi essenziali del rapporto di pubblico impiego, 
la cui cognizione � devoluta alla giurisdizione esclusiva del giu



PARTE I, SEZ. II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 237 PARTE I, SEZ. II, GIURIS, SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 237 
dice amministrativo, la natura di ente pubblico del datore di lavoro, 
l'inerenza deUe attribuzioni del dipendente agli scopi itituzionali dell'ente, 
la continuit� della prestazione, la sua esclusivit� o, quanto 
meno, la sua prevalenza rispetto alla capacit� lavorativa del dipendente, 
la determinazione dello stipendio o de�l salario, la subordinazione 
gerarchica, l'esistenza di un atto formale di nomina (1). 

L'atto formale di nomina, indispensabile per la costituzione di 
un rapporto di impiego pubblico, ben pu� essere ravvisato nella scrittura 
costibutiva del rapporto., purch� questa contenga tutti gli altri 
elementi pe1� tale qualificazione, anche se sia stata data al rapporto 
stesso una diversa ed errata denominazione giuridica (2). 

L'atto di nomina pu� anche desumersi da successivi atti posti in 
essere dalla pubbUca Amministrazione, dai quali risulti chiaramente 
it conferimento delle relative funzioni e l'assunzione del dipendente 
nell'ambito del personale impiegatizio dell'ente pubblico (3). 

(Omissis). -Con l'unico motivo il ricorrente Ministero, denunziando, 
ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c. la violazione degli artt. 103 
della Costituzione, 29 n. 1 del t.u. sul Consiglio di Stato, approvato 
con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, nonch� delle disposizioni contenute 
nel d.P.R. 10 gennaio 1057, n. 3 e nella 1. 26 febbraio 1952, n. 67, deduce 
il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato a conoscere della 
presente controversia, in quanto il rapporto de quo, intercorso tra la 
Soprintendenza ai monumenti e gallerie delle Pugile e della Lucania 
e il De Benedictis: a) non era inquadrabile nell'ambito della locatio 
operarum e non poteva quindi assumere natura di rapporto di pubblico 
impiego, integrando invece gli estremi di un appalto di servizi 
(locatio operis, sotto forma di una cosiddetta �assuntoria di custodia 
� ); b) che non poteva comunque essersi costituito un rapporto di 

(1) Giurisprudenza costante: V., per tutte, Cass., Sez. Un., 23 luglio 
1966, n. 2007, in Giust. civ., 1966, I, 1459; id., 29 maggio 1963, n. 1423, ivi, 
1964, I, 672. 
(2) Le necessit� dell'atto formale di nomina per la costituzione di un 
rapporto di impiego pubblico costituisce ormai, com'� noto, ius receptum. 
Cfr., ad es., Cass., Sez. Un., 9 ottobre 1967, n. 2345, in Giust. civ., 1968, I, 54; 
id., 10 ottobre 1967, n. 2357; id. 4 marzo 1966, n. 638, in questa Rassegna, 
1966, I, 555, con nota redazionale contraria; v. anche Sez. Un. i4 aprile 1969, 
ti. 1178, ultra, 240. 
Per l'irrilevanza della qualificazione giuridica contenuta nell'atto di 
nomina: Cass., Sez. Un., 18 aprile 1968, n. 1157; id., 23 luglio 1966, n. 2007, 
cit. alla nota preced.; id., 27 ottobre 1959, n. 3125. 

(3) Questa nomina riduce notevolmente la portata della massima precedente, 
finendo quasi col fare dell'atto formale di nomina un semplice 
elemento di prova dell'esistenza di un rapporto di impiego pubblico, desumibile, 
peraltro, anche aliunde. 
6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

238 

dipendenza da essa Amministrazione ricorrente senza l'osservanza 
delle norme previste nei citati d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3 e 1. 26 febbraio 
1952, n. 67; c) che non era configurabile un rapporto d'impiego 
pubblico, mancando l'elemento essenziale di un formale atto di nomina. 

Il ricorso � infondato. Costituiscono, infatti, com'� ius receptum, 
elementi essenziali ael rapporto di pubblico impiego: a) la natura di 
ente pubblico del datore di lavoro; b) la prestazione di un'attivit� lavorativa 
che sia in diretto collegamento con le finalit� pubbliche proprie 
dell'ente; c) il carattere di continuit� della prestazione, anche se 
limitata nel tempo; d) la esclusivit� o quanto meno la .prevalenza della 
prestazione in favore dell'ente pubblico; e) la determinazione dello 
stipendio o del salario; f) l'esistenza di un vincolo di subordinazione 
gerarchica; g) un atto formale dinomina. Costituiscono invece elementi 
caratteristici dell'appalto, che rientra nell'ambito della categoria della 
locatio operis, (art. 1655 e.e.): a) l'obbligo assunto dall'appaltatore nei 
confronti del committente, in cambio di un compenso in denaro, della 
prestazione di un determinato risultato (opera o servizio); b) l'autonomia 
di gestione dell'impresa; c) l'assunzione del relativo rischio. Orbene, 
posto che nella specie non � controversa l'esistenza del primo 
elemento, deve del pari ritenersi che sussistono tutti gli altri elementi 
atti a qualificare il rapporto de quo quale impiego pubblico. Infatti � 
anzitutto evidente che l'incarico di vigilanza e pulizia del lato NordEst 
del castello Svevo di Bari implichi un'�ttivit� lavorativa che � in 
diretto collegamento con il fine istituzionale dello Stato, volto alla tutela 
del patrimonio storico ed artistico nazionale, che rientra nell'ambito 
della competenza del Ministero della Pubblica istruzione e per 
esso della Soprintendenza ai monumenti e gallerie delle Puglie e della 
Calabria, organo locale dello stesso. 

Come del pari � �chiaro che tale prestazione lavorativa, che trova 
il suo corrispettivo in una retribuzione mensile determinata fin dallo 
inizio del rapporto, ha carattere continuativo, essendo stata inizialmente 
prevista per un anno e rinnovata annualmente, ed ha altres� 
carattere di prevalenza, impegnando il De Benedictis a prestare otto 
ore lavorative al giorno. N� pu� poi dubitarsi della sussistenza di un 
vincolo di dipendenza gerarchica, come si desume dal contenuto stesso 
dell'atto di assunzione, nel quale sono indicate le mansioni che il De 
Benedictis era tenuto a svolgere personalmente e le relative modalit�, 
secondo un orario da stabilirsi con apposito � ordine di servizio � 
e �con obbligo per lo stesso di attenersi a tutte le disposizioni che il 
Soprintendente, nell'interesse del servizio, avesse ritenuto opportuno 
emanare, sia per iscritto che verbalmente. Il che ha trovato attuazione 
nei vari � disciplinari � ed � ordini di servizio� emessi in data 19 ottobre 
1957, 26 e 31 agosto 1960, 6 giugno e 1� luglio 1961, nei quali si 
dettano parti.colareggiate e precise disposizioni circa le modalit� del 


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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

240 

inquadrare, secondo le diverse mansioni, le varie categorie di impiegati 
e salariati pubbHci e a regolare il reclutamento, previsto normalmente 
con il sistema del concorso pubblico; ma nessun ,elemento decisivo 
se ne pu� trarre al fine di escludere la sussistenza, nel caso in 
esame, di un rapporto di impiego pubblico, non attinendo il sistema 
di assunzione alla qualificazione del rapporto, ma s� mai alla validit� 
dello stesso, ed essendo del tutto indifferente l'inquadramento in una 

o nell'altra categoria di pubblici dipendenti ai fini della risoluzione 
della questione di giurisdizione. 
Ne consegue che, trattandosi di un �rapporto di impiego pubblico, 
esattamente il Consiglio di Stato ha ritenuto la sussistenza della propria 
giurisdizione ai sensi dell'art. 29 n. 1 del t.u. 26 giugno 1924, 

n. 1054. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 14 aprile 1969, n. 1178 -Pres. Tavolaro 
-Est. Ferrati -P. M. Criscuoli (conf.) -Pugliese (avv. D'Abbiero) 
c. Ministero Difesa (Avv. Stato Giorgio Azzariti). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Atto formale di nomina 
-Mancanza -Giurisdizione del giudice ordinario. 

(t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29). 
Qualsiasi rapporto di pubblico impiego � caratterizzato, oltre che 
daZla natura di en'be pubblico del datore di lavoro e daZl'attivitd spiegata 
dal dipendente in diretta correlazione con i fini istituzionali dell'ente, 
anche dall'esistenza di un atto formale di nomina da parte dell'organo 
amministrativo competente. In difetto di tale atto, l'attivitd 
spiegata dal singolo neti'ambito dei fini propri dell'ente non pu� dar 
luogo che ad un rappoTto di natura privatistica, che potrd, secondo le 
sue concrete modalitd di attuazione, concretare un vero e proprio rapporto 
di impiego privato, ovvero un contratto di prestazione autonoma 
di opera professionale (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, denunciando violazione degl~ 
artt. 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, della legge 15 giugno 1956, 

n. 612, degli a�rtt. 12 preleggi, e 1362 cod. civ. in relazione all'art. 360 
nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta che il Consiglio di 
Stato abbia affermato l'inesistenza dell'atto formale di assunzione tra(
1) Cfr. la nota 2 alla sentenza precedente. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 241 

visando il contenuto dell'atto 6 settembre 1954, esibito in giudizio e 
perfettamente conforme agli atti posti in essere negli anni precedenti 
e successivi; ad avviso del ricorrente detto atto contiene il provvedimento 
dispositivo dell'incarico, vale a dire la nomina, e il Consd.glio di 
Stato ha errato nell'affermare che il rapporto era stato instaurato con 
la �Convenzione del 1<> settembre stesso anno, poich� al �contrario deve 
ritenersi che con la convenzione sia stato semplicemente stabiltto il 
trattamento economico e che il rapporto d'impiego sia stato instaurato 
con il successivo atto del 6 settembre. 

Si aggiunge che l'atto in questione �� redatto in forma quasi 
identica a quella usata dai presidi per conferire le supplenze negli 
istituti di istruzione media � �ed appare � emesso dall'organo competente 
�che � il direttore della scuola �. 

Con il secondo motivo, denunciandosi nuovamente violazione dell'art. 
29 t.u. 26 giugno 1954, n. 1024 e degli artt. 1362, 2129 e 2222 
cod. civ. in relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., si sostiene 
che il rapporto di pubblico impiego doveva intendersi instaurato anche 
se si fosse presa in considerazione soltanto la convenzione denominata 
locatio operis perch� il contenuto dellll: convenzione aveva dato vita 
ad un rapporto di lavo�ro subordinato, non ad una prestazione d'opera 
autonoma. 

Si precisa al riguardo che la convenzione, indipendentemente dal 
nomen iuris, � un atto che esprime la volont� dell'Amministrazione 
di assumere, quali incaricati, gli insegnanti per le scuole CEMM, il 
che implica la conversione della convenzione in atto amministrativo 
suscettibile di dar vita ad un rapporto di pubblico impiego, dai momento 
che�essa promana da un organo competente e in essa � previsto 
un rapporto di lavoro subordinato e si pone in evidenza che le mansioni 
affidate al ricorrente, quali eme�rgono dalla convenzione, sono 
del tutto identiche a quelle previste per un qualunque insegnante di 
una qualunque scuola pubblica o privata, che sono mansioni svolte 
con vincqlo di subordinazione, senza alcuna autonomia, retribuite uniformemente 
ad ora, secondo i medesimi criteri adottati per gli insegnanti 
non di ruolo delle scuole statali dipendenti dal Ministero della 
Pubblica Istruzione. 

Si lamenta quindi l'assoluto difetto di motivazione sul punto da 
parte del giudice amministrativo. 

Con il terzo motivo infine, denunciando violazione degli artt. 28, 
29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, e dell'art. 112 cod. proc. civ. in 
relazione all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ., il ricorrente si duole 
che il Consiglio di Stato abbia del tutto omesso di esaminare il valore 
giuridico delle convenzioni ai fini della qualifi�cazione del rapporto di 
pubblico impiego dedotto in giudizio trascurando la deduzione di illegittimit� 
e di inefficacia delle convenzioni annuali. 

-



PARTE I, SEZ. II, GIVRIS. su QUES'rIONI DI GXUR:tl!W�lzXoNlll 243 
Le convenzioni, di cui la resistente ha esibito gli esemplari relativi 
a diversi �titii, appafotio intatti stipulate tra il Pugliese e il Comando 
del Gruppo Scuole CEMM rappresentato da un Capitano di 
Vascello che contrae su ordine della Direzione Generale del Corpo 
Equipaggi. della M,M., dal che. si evince come� il potere rappresentativo 
dell' �.ti\miflistrazione spettasse .solo a. quell'ufficiale e non aU'uffl.<�iale 
di gradi:), Jl'.\iedort:iv ehe h� sotto$critt() il doc~mento... esiblfo . dai ri,PARTE 
I, SEZ. II, GIVRIS. su QUES'rIONI DI GXUR:tl!W�lzXoNlll 243 
Le convenzioni, di cui la resistente ha esibito gli esemplari relativi 
a diversi �titii, appafotio intatti stipulate tra il Pugliese e il Comando 
del Gruppo Scuole CEMM rappresentato da un Capitano di 
Vascello che contrae su ordine della Direzione Generale del Corpo 
Equipaggi. della M,M., dal che. si evince come� il potere rappresentativo 
dell' �.ti\miflistrazione spettasse .solo a. quell'ufficiale e non aU'uffl.<�iale 
di gradi:), Jl'.\iedort:iv ehe h� sotto$critt() il doc~mento... esiblfo . dai ri,� 
sia �arel1t�l di fu.(rtivazio!le ��at rig.atdo: tiella . pr()ti.ncia. ��bnpugnata 
SQll() fn:tattlp()s.tfJn eyi9enza gli elementi es11~nz)aU di taU..co~yepzfoni 
e��. sfpre(!is�f che in cfasctma di esse � identificata l� prestazfone .richiesta 
.�l. ric.�l're~te, . la. ~etribuzione spettante per. dascuna .ora .efl:ettiva 
di J~zl()ne illl.tJarlita e sono inserite �lcune clausole di'. indubbia � 
rilevan~a ai:fi1�. d&lll,'I qualificazione del rapporto quali la .:facolt� dell'insegnante 
di !aJ,"si sostituire da persona di sua fiducia nell'assolvime:
nt(} dell'mca:dco, la :facolt� di recedere dal contratto e l'assunzione 
de� r1$c1� e< delle relative responsabilit� connessi alla prestazione dell'opef.
a. 

Ora p.i,l anche convenirsi che la semplice denominazione impieg9;
ta per)~ qP,all~ti�iz�one del rapporto non sia dfper s� decisiva, quanttinqufi' 
riol) �sti>oss� disconoscerne la rilevanza a�l fine della individuazione 
della vol�nt� dei soggetti ed in particolare di quella dell'Amministr9;
zi�rte: .$1 � infatti ritenuto (sent. 18 aprile 1968, n. 1157) che 
la ~91'1t)t'll~ :rt<>:t:rli!la, da parte dell'ente pubblico,. tiece~~l,'11,"ia perch� un 


� deteritithato ~pporto possa essere qualificato come pubblico impiego 
ben pu� essere ravvisata nell'atto che, pur enunciando l'intenzione dell'ente 
di voler attuare un rapporto di prestazione professionale e non 
di impiego, sia in realt� diretto alla utilizzazione da parte dell'ente 
delle .prestazioni di lavoro subordinato del professionista inserendo 
nella organizzazione dell'ente medesimo. 

Nel caso concreto, tuttavia, non � possibile utilmente invocare 
siffatto indirizzo, giacch� talune clausole della convenzione contrastano 


~ 



e 
istruzione media: � chiaro infatti che ogni fattispecie va giudicata in 
relazione agli elementi costitutivi che la caratterizzano e nel caso concreto 
la questione di giurisdizione deve essere risolta in base alla con-� 
venzione, che ha disciplinato il rapporto e che non presenta elementi 
idonei a qualificarlo di pubblico impiego. 
Quanto alle questioni prospettaite con l'ultimo motivo � sufficiente 
il rilievo che esse attengono al merito della lite onde non dovevano 
essere prese in esame dal giudice amministrativo, carente di giurisdizione 
sulla controversia. -(Omissis). 
e 
istruzione media: � chiaro infatti che ogni fattispecie va giudicata in 
relazione agli elementi costitutivi che la caratterizzano e nel caso concreto 
la questione di giurisdizione deve essere risolta in base alla con-� 
venzione, che ha disciplinato il rapporto e che non presenta elementi 
idonei a qualificarlo di pubblico impiego. 
Quanto alle questioni prospettaite con l'ultimo motivo � sufficiente 
il rilievo che esse attengono al merito della lite onde non dovevano 
essere prese in esame dal giudice amministrativo, carente di giurisdizione 
sulla controversia. -(Omissis). 
244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nettamente con le caratteristiche essenziali del rapporto d'impiego: 
all'insegnante invero non solo � data facolt� di recedere liberamente 
con un brevissimo preavviso, ma gli � consentito addirittura di farsi 
sostituire temporaneamente da elemento di sua scelta, ferma permanendo 
la sua responsabilit� per il regolare svolgimento dell'incarico: 
e q~esta circostanza dimostra chiaramente come la convenzione non importasse 
l'inserimento qell'insegnante nell'organizzazione dell'ente, cosicch� 
deve escludersi che per effetto della convenzione si sia dato 
vita in realt�, nonostante la diversa denominazione usata, ad un rapporto 
di impiego pubblico. 

Di fronte a simili accertamenti perdono rilievo e consistenza le 
considerazioni prospettate dal ricorrente circa �l'analogia tra la posizione 
sua quella dei supplenti nominati dai presidi degli istituti di 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 luglio 1968, n. 2497 -Pres. Stella 
Richter -Est. Mazzacane -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Zagari) c. Impresa Cidonio. 

Procedimento civile -Citazione -Societ� non aventi personalit� ~iu


ridica -Erronea od omessa indicazione dell'organo che ne ha la 

rappresentanza -Nullit� della citazione -Limiti. 

(c.p.c., artt. 163, 164). 

Al pari deHa vocatio in ius delle societ� munite di personaLit� 
giuridica anche per queUa di persone � irrilevante la erronea od omessa 
indicazione deU'organo che le rappresenta, qualora dal complesso dell'atto 
di citazione l'ente risulti individuato in maniera tale da escludere 
ogni incertezza (1). 

(Omissis). -La Corte deve, preliminarmente, dichiarare inammissibile 
il controricorso dell'ing. Giuseppe Cidonio. Questi si � costituito 
�in proprio ., ma in tale veste l'ing. Cidonio non � legittimato 
a resistere in giudizio, n� vi ha giuridico interesse, poich� l'Amministrazione 
delle Finanze non ha ,proposto ricorso nei suoi confronti, bensi 
n~i confronti di un soggetto diverso, cio� l'Impresa Cidonio, soc. in 
nome collettivo, in persona del suo rappresentante ing. �Giuseppe Ci


(1) Cfr. Cass. 5 agosto 1964, n. 2238; 17 giugno 1959, n. 1883. La sentenza 
� �conforme ad un orientamento ormai consolidato, secondo cui la 
omissione delle indicazioni prescritte dall'art. 163 n. 2 c. p. c., dirette alla 
identificazione delle parti, non hanno rilev�nza se la individuazione dell'ente 
non dia luogo ad assoluta incertezza (cfr. Cass. 18 ottobre 1966, 
n. 2502; 28 aprile 1966, n. 1075; 31 gennaio 1966, n. 358 ecc.). Alla omissione 
� stata equiparata l'ipotesi di erronea indicazione (Cass. 28 aprile 1966, 
n. 1076; 18 marzo 1959, n. 810, in Giust. It., 1959, I, 1, 1045; 23 marzo 1959, 
n. 874). . 
Incertezza assoluta sussiste allorch� l'ente o l'or,gano 'o l'ufficio siano 
denominati in maniera tale da fare ragionevolmente ritenere che si sia 
inteso evocare in giudizio un ente diverso da quello al quale la citazione 

---� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DE.LLO STATO

246 

donio. Consegue da ci� che non pu� tenersi conto alcuno delle ragioni 
esposte dall'ing. Cidonio nel controricorso e nella memoria illustrativa. 

L'Amministrazione della Finanza, con l'unico motivo di ricorso, 
denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 342, 163, 164 
c.p.c., nonch� degli artt. 2298, 2266 (in quanto richiamato dall'art. 2293) 
e.e., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c. Essa sostiene che, contrariamente 
a quanto ritenuto dalla Corte di merito, anche per le societ� non 
aventi personalit� giuridica � sufficiente, per la vacatio in jus, l'indicazione 
della ragione sociale, e che la erronea od anche mancata indicazione 
della persona che ne ha la rappresentanza non produce la 
nullit� dell'atto di cita:done quando l'ente sia stato esattamente individuato. 


La censura � fondata. 

Le indicazioni previste dall'art. 163, n. 2 c.p.c. sono dirette alla 

" 

identificazione delle parti. A tal fine � richiesta, per le persone giurijj 


~ 

diche, solo l'indicaziOne dell'or:gano o dell'ufficio che ne ha le rappre~; 
< 
sentanza; � quindi irrilevante la mancata indicazione della persona 

~~ 

~

fisica investita della rappresen~anza. � del pari irrilevante, secondo il 

w 

~:

consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. civ. 28 aprile 

t~

1966, n. 1076), l'indicazione erronea dell'organo, o perfino l'omessa 

~== 

:;::: 

indicazione, quando l'individuazione dell'ente risulti sicura, cio� quando 
la persona giuridica possa essere ben individuata dal complesso dell'atto, 
senza alcuna incertezza in ordine ad essa. � vero che l'art. 163, 

n. 2 c.p.c. parla di persone giuridiche, associazioni e comitati senza 
considerare le societ� che non hanno personalit� giuridica, ma � vero 
altresi che esso parla anche di ditta, termine che non pu� essere riferito 
agli enti considerati (cfr. art. 2563 e.e.). Non pu� pertanto dubitarsi, 
nonostante la formula imperfetta della norma, che, per estensione, 
le regole dettate per le persone giuridiche si applichino ad ogni tipo 
di societ�, anche a quelle non aventi personalit� giuridica, le quali 
possono essere citate in persona dell'amministratore che le rappresenta ~~~ 
f;,

(cfr. art. 2298 e.e.). Ci� posto, anche per tali enti vale il principio per 

I 00cui l'atto di citazione ha come destinataria la societ� e questa sta in 

ru 

� stata notificata (Cass. 8 settembre 1962, n. 27527; 7 dicembre 1962, n. 330). 

Siffatto accertamento coinvolge una indagine di fatto, come tale incen


surabile in Cassazione ove sia immune da vizi logici e giuridici (Cass. 

I 
~~ 10 maggio 1967, n. 943; 3 luglio 1964, n. 1734; 27 novembre 1964, n. 2826). 

In conseguenza del principio che la nullit� si verifica solo allorch� 

vi � assoluta incertezza della persona evocata in giudizio, il vizio inficia 

non la sostanza dell'atto ma la notificazione ed � sanato, con effetto ex 

tunc, mediante la costituzione del convenuto (Cass. 19 aprile 1961, n. 854; 

25 marzo 1954, n. 848; 19 febbraio 1952, n. 438). 

In dottrina S'ATTA, Commentario, Milano 1966, Vol. II, pagg. 19 e segg.; 

ANDRIOLI, Commento, Napoli 1960, vol. II, p. 6. 

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PARTE :i;, SEZ~ UI, GIURI$1?llUbl�lNZA CIVILE 247 

giudizio in .persona dell'organo che la rappresenta; ed anche per tali 

enti vale l'ulteri�r� principio suenunciato per cui le prescrizioni del


l'art. 163, n. 2 c.p.c. hanno come loro fine precipuo la identificazione 

delle parti: <Con la conseguenza .che la indicazione dell'organo pu� 

essere un. elemen,to di questa identificazione, ma non indispensabile; 

se ess;;i, J!t~Mlti l!ll~tU:l:c1e.. Appuflto in .�applicazione di tali principi questo 

Supre.:l9 (;9!legi~ �l'\.~tat,.it<>~ infattispt:icie ~versa ma analoga a quella 

in e~'tlie, �h:~ ia. wan.cata indicazione della persona del ra�ppr�Sentante 

d�. tjr{�!l~ ~oiietilv~ d��� luogo ad inammissibilit� del ricorso ��per cas


saaj.94e, s(J1q ll.tlal1M pi;()Cfuca .. incertezza assoluta sulla identit� della 

P~tt~ i-i�ql'fillte (Q�s$. �iv. 15 febbraio 1967, n. 390). Pertanto, appare 

e\?'id~~t~ :t'etr~p~ 4~1 gi.(f.lce �del medto H . quale ha ritenuto che, nel 

�l~ (lt)~<!:r:i:�tP; Ui;>tl .$i. tl'attava. dl a�cettare se sussistesse o meno incer


t~iia $u1' illiltviduazi�ne .della pa~te convenuta in giudizio, poich� 

lfajt.Q: tfU' a~~ell9 ~#a ~~()l.tamente nullo essendo stata evocata in giu


d~*i<> .~~ $~ci~t~. l;lriva... di pe:r.s<>nalit� giuridica mediante la citazione 

di ~:ha :1'~tsQl'la :fl$fca (Pietro Cidoni�) �che non aveva mai avuto la 

J'ClJlp?ese11t~.1lza c:l�Ua societ� stessa, . ed era per di pi� deceduta, e quindi 

di uria p~rsoria. divEl'rSli d� (;IU�lla che era stata parte nel procedimento 

f:Jt pritll,9 gt;�c{o. Per co:ntto, pok:h�, per� 1e ragioni esposte, la disciplina 

<Jella �.(lC>C!!itio���in 3us�� dell~ societ� di persone non � diversa da .quella 

4~11~ <~()-f:~~t~ :PEl'l'sQne. giuridiche, la Corte del merito avrebbe dovuto 

J;)r'<><:M~rlil' al ne~~ssario accettamento (al quale invece si � sottr�tta, 

partendo da erronee premesse) in ordine alla sussistenza o meno del


l'incertezza assolqta sugli elementi che, a norma degli artt. 163 e 164 

c.p.c:., sP!fo indispensabili per la identi.ticazione delle parti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2871 -Presidente 
Stella Richter -Est. Gambogi -P.M. Silocchi (conf.) -Coaarma. 
(avv.ti Restivo e Morelli) c. Ministero delle Finanze (Avv. 
Stat�iPeronaci). 

Giudizi.o di legJttinilt� costituzionale -Legge regionale siciliana -
Promlllg�zfone � pubblicazione -Processo di legittimit� in corso -
Dichiarazfone di illegittimit� costituzionale -Efficacia retroattiva. 
(C:ost., artt. 127, ;136; i. reg. sic. 23 aprile 1958, n. 13; St. reg. sic., artt. 28, 29). 

La dichiarazione di illegittimit� costituzionale di una legge regionale 
siciLiana, che sia stata promulgata e pubblicata in pendenza di ricorso 
di illegittimit� costituzi01iale da parte del Commissario dello 
Stato, opera retroattivamente, facendo caducare tutti gli effetti medio, 



248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 248 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
tempore prodotti, in appiicazione del concetto di controllo preventivo 
di legittimit� costituzionale (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo del suo ricorso la COSARMA, denunziando 
la violazione e falsa applicazione della legge regionale siciliana 
n. 13 del 1958, degli artt. 28 e 29 dello Statuto Regionale Siciliano, 
degli artt. 127 e 136 della Costituzione e dell'art. 7 della legge 
di Registro, formula due censure contro la sentenza impugnata, sostenendo: 
a) che la legge regionale siciliana, una volta che sia promulgata 
e pubblicata ai sensi dell'art. 29 dello statuto regionale, anche in 

pendenza del giudizio di impugnazione costituzionale, produce medio 
tempore i suoi effetti anche se poi venga dichiarata costituzionalmente 
illegittima; b) che comunque nella specie non poteva essere richiesto 
il pagamento di imposta suppletiva, perch� tale pagamento, ai sensi 
dell'art. 7 della legge di Registro, pu� ess�re imposto solo nel caso di 
errore od omissione da parte dell'Ufficio all'atto della registrazione, 
errore ed omissione che non erano stati commessi quando si er_a registrato 
a tassa fissa, secondo la legge regionale allora vigente, l'atto 
de quo. 
Entrambe le censure sono infondate. Secondo la giurisprudenza 
della Corte Costituzionale (sentenze n. 9 dell'll marzo 1958 e n. 60 
del 24 novembre 1958) la dichiarazione di illegittimit� �Costituzionale 
della legge regionale siciliana promulgat~ e pubblicata in pendenza di 
ricorso di incostituzionalit� da parte del commissario dello Stato, ai 
sensi dell'art. 29 dello statuto regionale, opera giuridicamente, nella 
pienezza dei suoi effetti, del tutto identici a quelli che si avrebbero se 
non fossero avvenute la promulgazione e la pubblicazione; cosicch� la 
pronunzia della Corte Costituzionale pone nel nulla e travolge tutti 
gli effetti che la legge regionale medio tempo1�e ipossa aver prodotto. 
Pertanto in conformit� di questi precedenti, che costituiscono esatta 
applicazione, . del concetto del controllo preventivo di legittimit� costituzionale, 
deve ritenersi che se una differenza esiste tra le conseguenze 
di tale controllo preventivo e quelle del giudizio incidentale di 
costituzionalit�, essa consiste nel fatto che, mentre sulla efficacia retroattiva 
della dichiarazione di illegittimit� costituzionale emessa in 
(1) Cfr. in senso conforme Cort. Cost. 11 marzo 1958, n. 9, Giuris. Cost. 
1958, 68 e 24 novembre 1958, n. 60 ivi, 1958, 903. Diversamente da quanto 
pu� ritenersi per la efficacia della mancata convalida, da parte del Parlamento, 
di decreti legge, non vi � dubbio che la dichiarazione di illegittimit� 
di leggi regionali, anche se promulgate e pubblicate, opera retroattivamente, 
come se la promulgazione e la �pubblicazione non avessero mai 
avuto luogo. Sulla efficacia retroattiva degli emendamenti approvati in 
sede di conversione di decreti-legge, cfr. Appello Venezia, 28 marzo 1969, 
n. 189, ultra 256. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRU])~ZA CIVILE 249 PARTE I, SEZ. III, GIURISPRU])~ZA CIVILE 249 
via app�nto incidentale ai sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1 si pu� discutere e si �, difatti, discusso, nessun 
ragionevole dubbio pu� sorgere circa la efficacia: retroattiva assoluta 
della dich.iarazione di illegittimit� costituzionale. a seguito di controllo 
preventivo, ~�e detto controllo non sarebbe preventivo ma successivo 
se . op~a$~e ~<>P<>la effettiva entrata in vigore della legge . regio


:t~;J;~[hfei111lii�a1: ~~e>j~~lodist!f~:~f!Jf;:o,.�P:!~t!~T::e,1~v~~!!~ 
tementel<!�l ~o~Si~ilit� di emanazione�.di u~ pr~vvedimento.legi~lativo 

�<>tf ci�� si <.mt:>st~a anche,, la .�lfondate~a. della�.. sec.onda . censura 
dtliltn,zzo{cQncemente la pretesa inapplicabilit� nella specie della� im~
Q~a s~PJ;>leti.yg, ~a registtazione.. a tassa fissa, .infatti, fu inizialmente 
c�rices$~ su.i falso E!d errato presupposto �che esistesse una legge che 
1ale � ageyolaziori.e concedeva; pe>ich� la legge stessa deve considerarsi 
i#v�~~ J:�l~i esistna per effetto della dichiarazione di illegittimit� costit�lzionale 
in ~de di controllo preventivo, ce>n ci� stesso si viene a 
q�ri.fij'1~are, $ia p�ure �per effetto della :fl,ctis iuris in cui si sostanzia la 
rett7oattivi.t�, l' errrore e la omissione iniziale da parte della Ftnanza. 


(Qmi8'~). 

COR'l'E I>l C4-SSAZIONE, Sez. I, 29 ottobre 19.68, n. 401 (ordinanza). 
PTes~ :Jravat� -Est. Falce>ne -P.M. Ttfto (conf.) -Sacca! (avv. Felici) 
C:. Ministero Finanze (Avv. Stato Salvatori). 

Procedimento civile -Ricorso per Cassazione -Amministrazione dello 
<~tato -Notificazione presso l'Avvocat.:nl :oistrettuale dello Stato :
IS'ullit� -Rinnovazione della notifica -S�ll�toria. 

(c.p.c., art. 291; t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11). 

A seguito deUa declaratoria di itiegittimit� costituzionale del 30 
comma deU'art. 11 r.d. 30 otilobre 1933, n. 1611 del t.u. delLe leggi 
sulla rappresentanza e difesa in giudizio deZlo Stato, la nunit� di notifica 
del ricorso per Cassazione eseguita presso l'Avvocatura Distrettuale 
invece che presso l'Avvocatura Generale dello Stato, pu� essere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sanata attraverso la rinnovazione delta notifica del ricorso disposta 
ai sensi dell'art. 291 comma 1� c.p.c. (1). 

(1) L'ordinanza � pubblicata in Foro pad., 1969, I, 263. Per effetto della 
declaratoria di incostituzionalit� dell'ultimo comma dell'art. 11 r. d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, a mente del quale la nullit� per la irregolare notificazione 
degli atti menzionati nei primi due commi era insanabile, tale cio� 
da non potersi ad essa ovviare n� con la costituzione dell'Amministrazione 
convenuta n� con la rinnovazione della notifi.ca (Cass. 23 novembre 1965, 
n. 2402), in quanto ritenuta risolversi nella violazione dei principi di ordine 
pubblico relativo, alla distribuzione delle competenze tra i vari Uffici 
dell'Avvocatura dello Stato (Cass. 20 gennaio 1962, n. 89 Fo1�0 amm., 
1962, II, 79), la peculiare disciplina dettata per le Amministrazioni dello 
Stato � stata ricondotta nell'ambito della generale regolamentazione sulla 
sanatoria dei vizi di notifica, sicch� ove gli atti siano stati notificati direttamente 
all'Amministrazione o ad Avvocatura incompetente, la relativa 
nullit� � sanabile con effetti ex tunc mediante la costituzione in giudizio 
dell'Amministrazione (Cass. 5 febbraio 1969, n. 366, Foro Padano, 1969, I, 
260; 28 gennaio 1968, n. 254 in questa Rassegna 1968, I 417) ovvero attraverso 
la eseguita rinnovazione della notifica stessa, nel termine perentorio 
assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 291 c. p. c., applicabile anche al 
ricorso per Cassazione. 
In dottrina cfr. ToMAs1ccH10 in Dir. e prat. Tributaria, 1967, II, 1005. 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 24 marzo 1969, n. 938 -Pres. Scarpello 
-Est. Gambogi -P. M. Di Majo (conf.) -Presidenza Consiglio 
Ministri (Avv. Stato Pentinaca e Vitaliani) c. Gabrielli (avv. Morelli 
e Andrioli). 

Procedimento civile -Giudizio di rinvio -Sopravvenuta declaratoria 
di ille~ittimit� costituzionale -Principio di diritto enunciato dalla 
Corte di Cassazione -Efficacia vincolante -Non sussiste. 

(c.p.c., art. 384). 

Nobilt� -Ordinamento araldico-nobiliare -Declaratoria di ille~ittimit� 
costituzionale -Limite. 

(r.d. 21 gennaio 1929, n. 61, art. 3; r.d; 7 giugno 1943, n. 657, artt. 2, 72). 
Nel giudizio di rinvio l'efficacia vincolante del precetto di diritto 
enunciato dalla Corte di Cassazione presuppone il permanere della disciplina 
giuridica del tempo in cui la sentenza fu emanata; onde, ove 
sia sopravvenuta la declaratoria di megittimit� costituzionale della 

nonna Il giudice di 'invio, eorl eome ne! ""o di iuo �upe..venien�, 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 251 

dovr� invece decidere sulla scort� della normazione in vigore-aU'atto 
della sua pronunzia (1). 

La declaratoria di illegittimit� costituzionale dei vigenti testi legislativi 
in materia araldico nobiiiare, pronunziata con sentenza 8 lugtio 
1967, n. 101, non si estende alle norme che avevano abrogate le 
disposizioni. degli stati pre-unitari (2). 


II 

CORTE Dl CASSAZIONE, �Sez. Un., 24 marzo 1969, n. 937 -Presi<
l:ente $ca~elto � Est. Gambogi -p, M. Di Majo (con:f.) -Presidenza 

... CP-n,sigliodeiJVJ:inistri (Avv. Stato Peniinaea� e Vitaliani) c. D'Avalos 
(avv. Ussani, Del Balzo e. De Martini) e Ufficiale dello Stato 
Ci'.vile del Comune di Napoli. 

Nobilt�.-Predf.�:<J;ti nol:>ili!ild antedod al� 28 ottobre 1922 riconosciuti 
pdn:.a<t:~lfl. .. Costf~ione repubblicfl.lla -Accertamento -PropoU.
t'bilit�, della d�ll\arida -Legittinulzione passiva -Presidenza del 
Consiglio dei Mfuistri -Ufficio Araldico -Sussiste. 

Nobitt�. -Predicati nobili.ari esistenti negli ordinamenti giuridici preu.
litfl.d -RicOl:lO!!>Cfn)ento dopo l'emanazione della Costituzione 
rep.bblican,a. -Esclusione. 

(Cost,, disp; traiu;;. XIV;� r.d. 21 gennaio 1929, n.� 61, art. 3; r.d. 7 giugno 1943, 

n. 657, artt�. 2, 72). 
Legifit�mati passivi nel giudizio di cognomizzazione dei predicati 

e:x: nobiliari debitamente riconosciuti anteriormente ai 28 ottobre 1922 
e tutt'ora tutelabili ai sensi della disposizione XIV delia Costituzione, 
(1) Cfr. Cass. 5 giugno 1967, n. 1226 in Foro It. Mass. 348; sui rapporti. 
del princ$pio di diritto enunciato dalla Oorte di Cassazione e successiva sentenza 
della Corte Costituzionale, nonch� sulla rilevanza dello ius superveniens 
in sede di giudizio di rinvio cfr. altresl la giurisprudenza indicata 
in Foro lt.~ 1969,,I, 833 in nota a sentenza 1969, n. 938. 
La efficacia vincolante del giudizio della Cassazione, sia in sede di 

,rinvio 
(art. 384 c. p. c.) che in caso di estinzione del processo (art. 393), 
esaminata con particolare riguardo allo ius superveniens, � limitata, secondo 
la prevalente opinione, al permanere della disciplina giuridica, nel senso 
cio� che per la natura meramente processuale (o pan processuale ove 
esorbiti dal processo in atto -cfr. SATTA -Commentario 1966, II, 275) 
di siffatta pronunzia, il giudice di rinvio od il nuovo g.fudice dovr� applicare 
la nuova legge, ancorch� meramente interpretativa, nella more sopravvenuta, 
senza che il principio di diritto enunciato. costituisca vincolo alcuno, 
cos� come dovrebbe verificarsi qualora alla pronunzia della Corte di Cassa




252 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono in� via principale i privati interessati ed il competente Ufficiale 
dello Stato civile ed in via secondaria L'Ufficio StJralcio della Consulta 
Araldica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per i riflessi 
in materia araldico-nobiliare delLa sentenza dichiarativa del cognome 
(3). 

La declaratoria di illegittimit� costituzionale di tutti i decreti in 
maveria araldica-nobiliare, nei Limiti indicati dalla sentenza della Corte 
Costituzionale n. 101 dell'8 luglio 1967, mantiene in vigore siffatte 
norme per la parte in cui, in armonia con il principio costituzionale 
della abolizione dei titoli nobiliari, avevano abrogato o limivato le disposizioni 
degli ordinamenti giuridici pre-unitari, sulle quali pervanto 
non pu� pi� essere fondato alcun giudizio di accertamento per il rtconoscimento 
degli antichi titoli nobiliari, ancorch� in via incidentale in 
sede di tutela del diritto al nome (4). 

zione fosse da attribuirsi carattere sostanziale, sul medesimo cio� piano 
della cosa giudicata. 

In dottrina cfr. ANDRIOLI, Commento 1960, II, 580 ed autori citati per 
talune distinzioni sull'effettiva portata della sentenza di rinvio della 
Corte di Cassazione cfr. SATTA, op. e loc. cit. 

(2-4) Con le sentenze su riportate, conformi alle altre in pari data 
nn. 935 e 936, pu� ben dil'si ormai portata a termine la lunga e laboriosa 
evoluzione giurisprudenziale in materia di cognomizzazione dei titoli nobiliari 
e ricondotta nell'ambito della Costituzione repubblicana la complessa 
disciplina giuridica emanata. a partire dagli albori dell'unit� patria. 

Sui precedenti giurisprudenziali cfr. Corte Costituzionale 8 luglio 1967, 

n. 101 in questa Rassegna 1967, i, 701 con nota di riferimento; Cass. 20 maggio 
1965, n. 987 in questa Rassegna 1965, I, 516; 18 dicembre 1963, n. 3189 
in questa Rassegna 1964, I, 294 con richiami e nota �critica di CARUSI. 
Cfr. altres�, sulle funzioni dell'Ufficio araldico Cass. 6 aprile 1964, n. 751 
in Giust. civ., 1964, I, 277. 
In dottrina ~r. CoTsACCHI, Predicato e titoli nobiliari, in Nuovissimo 
Digesto, XIII pagg. 588 e segg. 
Per un'ampia nota critica alla sentenza della Corte Costituzionale, cfr. 
PEZZANA in Rivista Araldica 1967, 215 e segg. � 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1969, n. 959 -Pres. Favara 
-Est. Pascasio -P.M. Chir� (conf.) Ministero dei Lavori 
Pubblici (avv. Stato Cavalli) c. Massa(l"a (avv. M. S. Giannini e 
Zimatore). 

Edilizia popolare ed economica -Case popolari per famiglie bisognose 
e senza tetto delle zone alluvionate in Calabria -Costruzioni effet



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 253 

tuate dal Ministero dei Lavori Pubblici -Espropriazione -Indennit� 
-Criteri di determinazione -Legge di Napoli -Applicabilit�. 

(t.u. 28 aprile 1938, n. 1165, artt. 16 e 46; I. 2 luglio 1949, n. 408, art. 21; 
I. 27 dicembre 1953, n. 9.38, artt. 1 e 4). 
La indennit� di espropriazione per la costruzione di case a carattere 
economico e popolare eseguite direttamente dal Ministero dei 
LL.PP. per le famiglie bisognose e senza tetto delle zone alluvionate 
della Calabria, va determinata in base ai criteri stabiliti dagli artt. 12 
e 13 della legge 15 gennaio 1885 sul risanamenvo della citt� di Napoli, 
richiamati dall'art. 46 del t.u. 1938, n. 1165 sull'edilizia popolare 
ed economica (1). � 

(1) Non risultano precedenti in termini. La sentenza costituisce peraltro 
corretta applicazione delle disposizioni contenute negli artt. 16 e 46 del 
t. u. 1938, n. 1165 in relazione all'art. 21 della legge 2 luglio 1949, n. 408, 
che ha esteso i benefici disposti con il quarto comma del successivo art. 46 
a tutti gli Enti indicati dall'art. 16 del t. u. e dei quali il Ministero dei 
LL.PP. ha facolt� di avvalersi o meno rper siffatte costruzioni (art. 4 
legge 27 dicembre 1953, n. 938). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1969, n. 1000 -Pres. Favara 
-Est. Elia -P.M. Cutrupia (conf.) -Assessorato ai Lavori 
P:ubblici della Regione Siciliana (Avv. Stato Del Greco) c. Mangano 
(avv. Moschella e Crisafulli) e Comune di Messina. 

Espropriazione per p. u. -Indennit� -Legge regionale siciliana 21 aprile 
1953, n. 30 -Determinazione -Criteri. 

(1. reg. sic. 21 aprile 1953, n. 30, artt. 10, 26 e 29; I. 25 giugno 1865, n. 2359, 
artt. 39, 50). 
Stante il rinvio fatto dal.l'art. 29 della legge regionale siciliana 
1953, n. 30 alle disposizioni della legge nazionale 25 giugno 1865, numero 
2359 in ordine alla misura della indennit� di espropriazione, 
questa va riferita al valore venale dell'immobile al momento dello 
esproprio, facendosi tuttavia astrazione per il calcolo di siffatto valore, 
giusto il disposto dell'art. 10 della legge regionale, degli incrementi 
attribuibili ai programmi di cui all'art. 3 della stessa legge regionale, 
nonch� alle previsioni dei progetti ed alla esecuzione delle opere ivi 
previste (1). 

(1) Giurisprudenza costante. Cfr. Cass. 8 novembre 1968, n. 3702 in 
questa Rassegna 1968, I, 986 con nota di riferimento. 
7 

-



254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1136 -Pres. Favara 


Est. Falcone -P. M. Cutrupia (conf.) -Saccal (avv. Filippi) c. Mi


nistero delle Finanze (avv. Stato Salvatori). 

Procedimento civile -Atto di citazione -Sottoscrizione del difensore 
sull'originale e sulla copia notificata -Natura giuridica -Distinzione 
-Omissione -Effetti -Fattispecie in tema di omessa sottoscrizione 
della copia dell'atto di appello. 
(c.p.c., artt. 125, 163, 342). 

La sottoscrizione del difensore costituisce un elemento essenziale 

dell'originale delt'atto di citazione, diretto a soddisfare la esigenza di 

documentazione scritta delle dichiarazioni ivi contenute, la cui omis


sione ne determina la inesistenza giuridica, come tale non suscettibile 

di sanatoria. 

La sottoscrizione della copia notificata ha valore invece di mero 

requisito formale dell'atto inteso a certificare la provenienza, onde la 

sua omissione � motivo di nullit�, sanabile ex nunc con la costituzione 

del convenuto, le quante volte dalla copia stessa non sia dato desu


merne in altro modo ed in maniera certa, la provenienza. (Fattispecie 

in tema di omessa sottoscrizione della copia �notificata dell'atto di ap


pello, in cui la provenienza dal difensoll'e munito di procura � stata 

tuttavia desunta dalla firma apposta in calce alla trascrizione della 

procura alle liti, riportata a margine, pe1� certificarne la confoirmit� a 

quella esistente sull'originale dell'atto). (1) 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione
� degli artt. 125 e 156 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 
dello stesso codice, per avere la Corte di merito dichiarato inammissibile 
l'appello per mancanza della sottoscrizione del difensore in calce 
alla copia dell'atto di impugnazione, sulla base dell'erronea considera


(1) Giurisprudenza costante; oltre alle decisioni citate in motivazione 
cfr. Cass. 15 febbraio 1958, n. 481; 30 luglio 1958, n. 2780. 

In dottrina la questione � tutt'ora dibattuta. 

Cfr. ANDRIOL:t, Commento, 1961, vol. I, pag. 356 e segg. per il quale 

appunto, in considerazione della necessit� della forma scritta per tali atti, 

la sottoscrizione ha natura di requisito essenziale in quanto, a termine 

dell'art. 2702 c. c., costituisce l'elemento di identificazione della scrittura e 

quindi della provenienza delle dichiarazioni da chi ha firmato l'atto. 

In senso contrario cfr. SATTA, Commentario, 1966, vol. I, pagg. 482 e 
segg., secondo cui il difetto di sottoscrizione darebbe luogo a mera irregolarit�, 
ovviabile con la sottoscrizione dell'atto in qualunque momento, in 
quanto l'art. 125 c. p. c. si limiterebbe a riprodurre, estendendolo alla citazione, 
la norma di cui all'art. 50 del codice abrogato, che non sanciva, al 


! 

pari del resto di quello vigente, nullit� alcuna. 

i 

l

I 

I 

l 

-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 255 

zione che la nullit� di tale atto pu� considerarsi esclusa dalla sottoscrizione 
del difensore apposta di seguito alla trascrizione della procura 
sulla copia notificata, soltanto quando detta trascrizione risulti stilata 
in calce alla copia stessa; valendo unicamente in questo caso a stabilire 
il nesso di provenienza dell'atto di impugnazione del difensore. 

La censura � fondata. 
I giudici di merito hanno distinto esattamente l'ipotesi della mancanza 
di sottoscrizione nell'originale della citazione, di primo grado 

o di appello, da quella della mancanza di sottoscrizione nella copia 
notificata, affermando che nel secondo caso, di cui si discuteva nella 
specie, non ricorre alcuna nullit� quando sia possibile accertare la provenienza 
dell'atto dal difensore munito di procura. 
Essi, peraltro, hanno finito con il contraddire il corretto principio 

I 

enunciato quando, nel farne applicazione, hanno affermato che alla sottoscrizione 
del difensore di seguito alla trascrizione d�Ha procura sulla 
copia notificata pu� essere attribuito il valore di fatto determinativo 
della certezza circa la provenienza dell'atto dallo stesso difensore, sol


I

tanto nel caso che detta trascrizione risul!i effettuata in calce all'atto, 

!

richiedendo, cosi, in sostanza, anche per la copia una sottoscrizione l 
legittimatrice della paternit� dell'atto, come per l'originale. i 

Questa inesatta conclusione dimostra come non sia stata bene in� 
tesa la vera funzione che la sottoscrizione del difensore sulla copia 
notificata � destinata ad assolvere. 

I 

Mentre, infatti, la sottoscrizione dell'originale costituisce un elemento 
essenziafo dell'atto, poich� l'esigenza di documentazione scritta 

l 

della dichiarazione non pu� ritenersi soddisfatta se non risulti attra


verso la sottoscrizione l'assunzione della paternit� di essa da parte del 

l 

suo autore, la sottoscrizione della copia ha, invece, il valore di una 

semplice certificazione con la finalit� di dar conto al convenuto della 

!

provenienza dell'atto. 

Questa diversit� di funzioni importa, come necessaria conseguenza, 

una profonda differenza negli effetti che discendono dall'omissione della 

sottoscrizione nelle due ipotesi considerate. 

Nel primo caso, infatti, trattandosi della mancanza di un requisito 

essenziale, si determina, secondo i principi generali che regolano gli 

I 

atti giuridici, e senza che possa farsi ricorso ad equipollenti, l'inesistenza 
della citazione (di primo grado o di appello), con la conseguente J. 
impossibilit� di applicazione dell'istituto della sanatoria per raggiungiI 
mento dello scopo, il quale s� riferisce solo agli atti nulli, supposti I 
esistenti, ma �non anche agli atti inesistenti (Cass. 23 luglio 1964, I I 

n. 1979). 
Nel secondo caso, invece, trattandosi della mancanza di un requil 
? 
sito meramente formale, si verifica, sempre per� che dalla stessa copia '(; 
non risulti comunque certa la provenienza dell'atto, una semplice nul-! 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

256 

lit� (art. 156, 2�0 c. c.p.c.), sanabile con la costituzione del convenuto, 
salvi i diritti sostanziali e processuali anteriormente questiti (art. 164, 

u.c. c.p.c.). 
E se � cosi, non pu� farsi distinzione, in questa ultima ipotesi, 
come hanno erroneamente ritenuto i giudici di merito, secondo che la 
trascrizione della procura al difensore, seguita dalla sottoscrizione di 
lui, sia stata vergata in calce o a margine della copia notificata, per 
riconoscere nella prima eventualit� e negare nella seconda la sussistenza 
dell'accennata nullit�, perch� l'anzidetta sottoscrizione, pur se 
diretta ad attestare la conformit� della rtrascrizione alla procura esistente 
sull'originale, � sufficiente in entrambi i casi a certificare anche la 
.paternit� dell'atto, bastando ad eliminare ogni dubbio sulla provenienza 
di esso dal difensore munito di procura (Cass. 28 gennaio 1964, 

n. 216; Cass. 11 maggio 1967, n. 980). -(Omissis). 
CORTE DI APPELLO di Venezia, Sez. I, civ., 28 marzo 1969, n. 189 -
Pres. Di Oreste -Est. Benfenati -Ministero delle Finanze (Avv. 
Stato Saltmei) c. S.rp.az. Vetrocoke (avv. Cargnani). 

Costituzione della Repubblica -Decreti legge -Legge di conversione Emendamenti 
-Efficacia -Legge di conversione 18 dicembre 1964, 

n. 1350 -Emendamenti soppressivi -Efficacia �ex nunc � -Fattispecie 
in tema di disciplina fiscale di prodotti petroliferi. 
(Cost., art. 77; I. 18 dicembre 1964, n. 1350). 
Neil'ambito dei poteri costituziO'nali spettanti al Parlamento, di 
attribuire o meno efficacia retroatf:iiva agli emendamenti approvati in 
sede di conversione dei decreti legge, con la legge 18 dicembre 1964, 

n. 1350 che ha convertito il d.i. 23 ottobre 1964, n. 989 recante modifiche 
alla disciplina fiscale dei prodotti _petroliferi, � stata abrogata 
con efficacia ex nunc la disposizione di cui alla lettera c) terzo comma 
dell'art. 1 di tale decreto, la quale pertanto conserva effetti giuridici 
nel periodo antecedente la norma abrogativa (1). 
(Omissis). -La tesi dell'Amministrazione appellante, articolata 
in distinti motivi, si compendia nell'assunto che la legge 18 dicembre 
1964, n. 1350 oper� la conversione integrale del �� d.l. 23 ottobre 1964, 

' 

(1) La questione, correttamente risolta dalla sentenza, va inquadrata 
alla luce dei principi che, nel vigente sistema, presiedono alla conversione 
dei provvedimenti con forza di legge cui � dato al Governo di far ricorso 
in via provvisoria, e l'ambito dei quali appare delineato nei precisi termini 
-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 257 

n. 989 introducendo modificazioni operanti solo per l'avvenire, con la 
conseguenza che, rispetto al periodo intercorso fra l'entrata in vigore 
del decreto-legge e quella della legge di conversione, restando operanti 
nella loro integrit� le norme del decreto convertito. 
L'assunto � fondato e merita accoglimento. Dispone l'art. 77 della 
Costituzione che quando, in casi straordinari di necessit� e d'urgenza, 
il Governo adotta, sotto la sua responsabilit�, provvedimenti provvisori 
con forza di legge, deve il giorno stesso presenta.do per la conversione 
alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate 
e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti perdono efficacia 
si.n dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni 
dalla loro pubblicazione. ' 

Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici 
sorti sulla base dei decreti non convertiti. La norma non pone, dunque, 
limiti specifici ai poteri del Parlamento, cui deve perci� manifestamente 
riconoscersi tanto la possibilit� della conversione parziale, con 
conseguente caducazione ex nunc delle parti del decreto non convertite, 
quanto la possibilit� della conversione totale, con contestuale 
modificazione o abrogazione di� norme destinate ad operare soltanto 
per l'avvenire, ci� significa che, in astratto, entrambe le alternative 
dibattute nella presente lite sono egualmente ammissibili. La controversia 
deve pertanto essere risolta interpretando la volont� manifestata 
nel testo normativo, secondo i canoni ermenautici stabiliti nello 
art. 12 c. 1� delle disposizioni sulla legge in generale. 

dal legislatore stesso, con l'applicazione fattane mer�� le norme di cui alla 
legge di conversione 1964, n. 1350. �� 

La interpretazione di queste ultime nel senso evidenziato della Corte 
di Venezia, oltre a desumersi in base ai comuni canoni di ermeneutica, 
discende in particolare dai lavori parlamentari in sentenza richiamati, 
nei quali si sottolinea, facendo anche riferimento ad una prassi parlamentare, 
la efficacia ex nunc degli emendamenti soppressivi, apportati in sede 
di conversione dei decreti legge con il conseguente permanere in vigore, 
nel periodo intercorrente tra l'emanazione di questi ultimi e la leg.ge 
di conversione contenente gli emendamenti, della disciplina giuridica con 
i primi adottata. 

L'intervento del Parlamento, con le modalit� che la Costituzione ha 
sancito nell'art. 77 per circondare di severe cautele la emanazione dei 
decreti legge, ,che importano grave deviazione alla fondamentale struttura 
dello Stato basata sulla separazione dei poteri (cfr. CERETI, Diritto Cost., 
Torino 1966, 506), � diretto infatti in maniera preminente al controllo di 
quei motivi di necessit� ed urgenza che solo valgono a consentire un tale 
provvedimento governativo ed al tempo stesso, in caso di giudizio positivo, 
ad esonerare il Governo dalla responsabilit� politica per l'atto emanato 

(cfr. MoRTATI, Ist. Dir. pubbl., Padova, 1967, vol. II, 596). 

Dal che consegue che l'esame in sede di conversione, per tal profilo j 

almeno, riflette unicamente il provvedimento come tale, cio� l'atto nel suo 

n. "J'. .. :-"//. :--: ...{.Y/..:..:--:-:.-..x-:.-..-..-..-..:-:-:w. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

258 

Un'indicazione non equivoca emerge al riguardo dai lavori prepa


ratori. Dal resoconto stenografico della 220� seduta d'assemblea del Senato 
della Repubblica, svoltasi 1'11 dicembre 1964 sotto la presidenza 
del vice-presidente Sen. Zelioli-Lanzini, risulta che, dopo ch'era stata 

approvata la sorppressione dell'art. 1 c. 3<> lett. C) del decreto legge, 
vennero in esame emendamenti intesi alla soppressione degli artt. 7 
ed 8. Il sottosegretario di Stato per le Finanze, on. Valsecchi, cosi testualmente 
si espresse: " Il Governo pregherebbe gli onorevoli proponenti 
di ritirare il loro emendamento all'al't. 7, come anche l'altro 
presentato all'art. 8. Gli artt. 7 ed 8 infatti dettano una disciplina che 
� stata creata con l'entrata in vigore del decreto-legge. Ora, il decretolegge 
esplica la sua efficacia dal momento della pubblicazione sulla 
Gazzetta Ufficiale, e attualmente � in vigore. Noi possiamo pure abolire 
la lettera C, ma l'aboliamo da oggi in avanti; tutta questa regolamentazione 
si riferisce a situazi�ni che dal decreto sono state poste 
in essere anche nei riguardi di ci� che dettava la soppressa lettera C. 
� peraltro prassi che le modifiche dei decreti-legge,� apportate in sede 
di conversione, operino ex niinc. Qualunque sia la situazione che ne 
rimane, se voi chiedete questa abolizione praticamente veni,te ad abolfre 
la documentazione, tanto nei riguardi d~gli interessati, quanto 
nei riguardi del Governo. Ed abolite anche l'imposta pagata; il che non 
�, ripeto, nelle consuetudini delle ratifiche, chiaro essendo, al riguardo 
l'atteggiamento assunto anche recentemente in sede di conversione del 
decreto e di approvazione della legge sull'IGE �. 

insieme, mediante il quale il Governo, superando la divisione dei poteri, 
ha esercitato la potest� legislativa, ed ove il Parlamento ravvisi quei 
presupposti indicati dalla Costituzione per giustificare una tale deviazione, 
con la legge di conversione, che ne incorpora il contenuto, riporta l'atto 
nell'ambito del potere legislativo e vi d� efficacia stabilizzatrice sia per il 
passato che per il futuro (cfr. PERGOLESI, Diritto 'cast., Padova, 1965, 312). 

Oggetto della conversione, in altri termini, non sono le singole disposizioni 
nel decreto contenute (cfr. ESPOSITO, Decreto legge, in Enciclopedia 
del diritto) rispetto alle quali l'intervento del Parlamento, ancorch� si estrinsechi 
con la medesima legge di conversione, si pone invece su di un piano 
del tutto distinto che riposa sulla normale sua funzione legislativa, per la 
quale adotta le statuizioni ritenute pi� opportune, attraverso emendamenti 
modificativi o soppressivi, innovando alla disciplina giuridica posta in 
essere con il decreto legge, resa non pi� caducabile dalla effettuata conversione. 


Per ci� stesso per�, in base ai principi generali in materia, gli emendamenti 
al testo del decreto, siano essi semplicemente modificativi o soppressivi 
di qualcuna delle sue disposizioni, valgono normalmente dal momento 
dell'entrata in vigore della legge, e non � dato quindi intendere 
la distinzione che a questo effetto si vorrel;>be operare, per attribuir efficacia 
ex tunc agli emendamenti soppressivi, ove si consideri che per entrambe 
le categorie sussiste una medesima ragione. 

If 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 259 


In seguito a tali precisazioni del Governo, gli emendamenti furono 
ritirati, e la legge di conversione fu approvata nel testo oggi 
vigente. 

L'importanza decisiva del passo surriportato deriva dal fatto che 
l'intenzione ivi espressa non rest� circoscritta alla sfera psichica dei :~ 
partecipanti alla seduta, ma si tradusse in realt� normativa. La legge 

I

di conversione infatti, soppresse bensl la lett. C del comma 30 dell'articolo 
1, ma converti e lasci� in vigore gli artt. 7 ed 8 del decretolegge. 
Entrambi hanno esclusiva attinenza ai prodotti di cui alla sop


I 
pressa lettera C e concernono, l'art. 7 il termine e le modalit� di denuncia 
dei prodotti, l'imposizione del tributo e l'indennit� di mora, 
e l'art. 8 la pena pecuniaria comminata per il caso di denuncia omessa, 
inesatta o tardiva. Esse dunque non avrebbero ragion d'essere nella 
ipotesi di caducazione retroattiva della norma di cui all'art. 1, c. 30 
lett. C, m_entre trovano possibilit� d'applicazione nel caso di soppressione 
non retroattiva di tale norma, giacch� continuano, in tal caso, 
a regolare i rapporti giuridici venuti in essere nel breve tempo in cui 
la stessa fu vigente, vale a dire dall'entrata in vigore del decreto-legge 
all'entrata in vigore della legge convertitrice e modificatrice. Ed infatti, 
come l'Amministrazione osserva, nel caso di speeie l'indennit� di 
mora venne a maturazione in tempo successivo all'entrata in vigore 
della legge di conversione. 

Il Tribunale ha ritenuto priva di rilievo la conservazione degli artt. 7 
ed 8, osservando trattarsi di disposizioni accessorie a quella caducata, e 
perci� implicitamente travolte con essa. Ma affermar ci� significa at


L'opinione infatti che tali emendamenti produrrebbero gli stessi effetti 
della mancata conversione (cfr. MoRTATI, op. cit., 597) non appare sostenibile 
alla luce delle considerazioni innanzi svolte, circa l'oggetto della 
conversione costituito, come si conviene prevalentemente, dal decreto e 
non dalle sue singole disposizioni. 

D'altra parte, allorquando in sede di valutazione il Parlamento riconosce 
lo stato di necessit� e di urgenza, il decreto legge costituisce un atto 
con una propria legittimit� costituzionale dalla quale, come logico corollario, 
consegue non solo il discarico di responsabilit� politica del Governo 
ma, agli effetti generali, il permanere della sua efficacia di legge a far tempo 
dalla sua emanazione fino alla sua conversione in legge sicch�, quale che 
possa essere la eventuale successiva disciplina, valgono al riguardo delle 
singole disposizioni per esso emanate i principi che presiedono la successione 
delle leggi nel tempo (cfr. PALADIN, In tema di decreti l'egge, Riv. 
Trim. dir. pubb., 1958, 533). 

La mancata conversione invece, col porre il provvedimento governativo 
al di fuori dei rigorosi limiti costituzionali per una tare straordinaria 
assunzione di potest� legislativa da parte del Governo, priva fin dall'origine 
il decreto della peculiare efficacia di legge. onde la prevista eventualit� 

(art. 77 u. p. Cost.). di regolare con legge l'ordine giuridico per tal modo 

turbato. 


260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 260 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
tribuire, implicitamente, al Legislatore un errore tecnico, o quanto 
meno una dimenticanza, giacch� la legge 18 dicembre 1964, n. 1350 
avrebbe, secondo la tesi dal Tribunale accolta, da un lato cancellata 
la norma principale (art. 1 c. 30 lett. C), e dall'altro non solo lasciato 
sussistere, ma convertito in legge le disposizioni accessorie che trovano, 
in quella, il necessario presupposto. Siffatto avviso non pu� 
essere accolto, essendo in palese contrasto con l'intenzione chiaramente 
enunciata nel corso dell'approvazione del testo legislativo. 

Conseguente il tributo de quo � legittimamente preteso dall'Amministrazione 
Finanziaria, la quale fondamente ha disposto l'incameramento 
della cauzione, ed ha diritto all'ulteriore corresponsione oggetto 
di domanda riconvenzionale. Sull'ammontare delle singole cifre 
non � sorta contestazione. -(Omissis). 

:?: 



SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 31 -Pres. Chiofalo 
-Est. Giura -Bartolini (avv.ti C. e N. Sciacca) c. Ministero 
della Difesa (Avv. Stato Terranova). 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Preparazione 
professionale -Valutazione in voce autonoma -Legittimit�. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Criteri di 
massima -Periodo di tempo preso in considerazione nell'ambito 
dell'art. 62 d. P. R. n. 686 del 1957 -Insindacabilit�. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Attitudine alla 
qualifica superiore -Punti 50 su 170 -Legittimit�. 

Impiego pubblico -Promozione ,,. Merito comparativo -Criteri di 
massima -Ripartizione in pi� voci di tutte le categorie di titoli Non 
occorre. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Schede personali 
-Finalit� e criterio di compilazione. 

Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Note di qualifica 
-Non sono i soli elementi di valutazione -Disparit� di trattamento 
fra scrutinandi con massime qualifiche -lnconf�gurabilit�. 


Impiego pubblico -Promozione -Merito comparativo -Discrezionalit� 
del giudizio -Eccesso di potere -Limiti -Disparit� di trattamento 
-Inconf�gurabilit�. 

In sede di precisazione dei criteri di massima relativi allo scrutinio 
di promozione per merito comparativo, non � incompatibile con le 
disposizioni dell'art. 169 t.u. 10 gennaio .1957, n. 3, la determinazione 
che, abbinando la voce � cultura� con quell.a � requisiti intellettuali � 
preveda una valutazione autonoma per la � preparazione professionale 
�, essendo oppo?�tuno it raggruppamento delle due prime voci 
-le quali, riferendosi ad elementi di giudizio che si integrano reciprocamente, 
ben si prestano ad una valutazione unitaria -con una 


262 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


valutazione a parte rella �preparazione professionale�, allorch� si 
tratti di promozione nell'ambito di una carriera spiccatamente tecnica 
e, in genere, in tutti i casi in cui i requisiti di preparazione professionali 
assumano particolare importJanza (1). 

Una volta che, nella formazione dei criteri di massima relativi 
allo scrutinio di promozione per merito comparativo:, risultino osservate 
le disposizioni delt'art. 62 d.P.R. 3 m.aggio 1957, n. 686 e, in particolare, 
quella del secondo comma del citato articolo (ai sensi del 
quale il periodo di tempo al quale devono riferirsi alcuni titoli non 
pu� essere di regola inferiore a cinque anni), l'affermazione che si sarebbe 
in tal modo fatta distinzione fra titoli della stessa categoria, secondo 
che si riferiscano al periodo in cui lo scrutinando rivestiva la 
qualifica immediatamente inferiore a quella da conferire oppure al 
periodo precedente, attfone alla valutazione� che in concreto � stata 
fatta della quaut� del servizio prestato e costituisce �na questione di 
merito, inammissibile in sede di legittimit� (2). 

In sede di scrutinio di promozione per merito comparativo., il 
punteggio relativo alla voce .� attitudine alle funzioni della qualifica 
da conferire � implica una valutazione complessiva della personalit� 
dell'impiegato censurabile in sede di legittimit� solo in caso di vizio 
logico, per l'esistenza del quale si richiede che sia stato attribuito ad 
una categoria di titoli un punteggio tanto elevato (nella generalit� dei 
casi superiore al 30 % del to�tale dei punti disponibili), da rendere praticamente 
ininfluenti gli aitr.i elementi di �giudizio; non �, quindi, illegittima 
l'attribuzione alla' voce �attitudinale di punti 50 su un totale 
di 170 a disposizione del Consiglio di amministrazione (3). 

Il principio in base al quale� nelle promozioni per merito comparativo, 
i criteri di massima vanno predeterminati in modo adegua�� 
tamente specifico non importa necessariamente che tutte le categorie 
di titoli debbano articolarsi in pi� voci e che, correlativamente, debba 
essere ripartito in punteggi parziali il co�fficiente numerico previsto 
per ciascuna di dette categorie (4). 

Negli scrutini di promozione per merito comparativo le schede 

personali ed il quaderno di scrutinio sono rispettivamente destinati, 

le prime a rappresentare in forma sintetica la posizione di ciascuno 

scrutinando e il secondo, a dare, di tutti gli�scrutinabili, una visione 

quanto pi� possibile esauriente e completa, in modo da rendere age


vole la formazione della graduatoria; pertanto, le schede personali 

devono considerarsi legittimamente formate, quando contengano tutti 

gli elementi presi a base del giudizio, in applicazione degli artt. 62 e 

64 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, e quando dal verbale del Consiglio 

(1) Cfr. Ad. plen. 25 ottobre 1968 n. 28, Il Consiglio di Stato 1968, 
I, 1419. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 263 

di amministrazione risuiti che questo, dopo aver desunto daH'apposito 
elenco redatto dali'Ufficio del personale i titoli di cui ciascun candidato 
� in possesso ed averli distribuiti nelle categorie fissate nei criteri 
di massima, li abbia sinteticamente riportati nelle schede medesime, 
unitamente agli altri dati, desunti dai rapporti informativi per ciascuno 
degli anni compresi nel periodo considerato, e che servono a 
mettere in luce la personalit� dell'impiegato meglio delle sintetiche 
notazioni (come � molto �, e moltissimo ., oppure � spiccato �) delle 
note di qualifica annuali (5). 

Nel procedimento di promozione per merito comparativo, le qualifiche 
annuali riportate dagli scrutinandi non costituiscono i soli elementi 
del giudizio espresso con punteggio assegnato per le singole 
categorie, dovendovi essere aggiunti gli ulteriori elementi tratti dai 
rapporti annuali e senza i quali non sarebbe, in molti casi, possibile 
districarsi da serie e spesso numerose classifiche ex aequo e pervenire 
aita formazione della graduatoria, che costituisce l'operazione finale 
necessaria ed indeclinabile, di uno scrutinio per merito comparativo; 
pertanto, in relazione a tale procedimento, non � configurabile la disparit� 
di trattamenf!o (di cui pu� parlarsi solo quando una potest� 
venga dalla p.a. esercitata in maniera diversa rispetto a situazioni 
obiettivamente e subiettivamente identiche) per il solo fatto che tutti 
gli scrutinandi abbiano riportato le massime qualifiche annuali (6). 

Nel procedimento di promozione per merito comparativo, l'attribuzione 
del punteggio a ciascun candidato per le singole categorie 
di titoli rientra nell'ampio potere discrezionale della p.a. insindacabile 
in sede di legittimit�, tranne che per manifesta arbitrariet� dovuta ad 
erronea presupposizione di fatti, o per illogicit� di valutazioni; pertanto, 
in mancanza di tale vizio, la diversit� del punteggio assegnato 
agli scrutinandi esclude l'identit� di situazioni in senso obiettivo e subiettivo, 
epper� la configurabilit� del vizio di eccesso di potere per 
disparit� di trattamento (7). 

(2-7) Giurisprudenza costante, cfr. fra le tante, sez. IV 30 novembre 
1966 n. 887 e Ad. plen. 25 ottobre 1968 n. 28, ivi, 1966, I, 2079 e 
1968, I, 1419; sulla quarta massima v. in particolare, Sez. VI, 27 settembre 
1966 n. 685, ivi 1966, I, 1548. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 5 febbraio 1969, n. 33 -Pres. Potenza 
-Est. Fortunato -Tornei (avv. Brusca S.A.) c. Ministero 
Grazia e Giustizia (Avv. Stato Carafa). 

Leggi e decreti -Dichiarazione di incostituzionalit� -Jj:ffetti -Influenza 

i

su altro giudizio pendente con deduzione di incostituzionalit� della ' 

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264 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

norma applicata -Operativit� della sentenza di incostituzionalit� 
-Fattispecie. 

Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Accertamenti preliminari 
-Convincimento di incolpevolezza dell'organo officiato 
di tali accertamenti -Non preclude l'azione disciplinare. 

Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Estinzione -Per decorrenza 
di termini -Non pu� verificarsi prima della contestazione 
degli addebiti -Fattispecie. 

La sopravvenuta pronuncia di illegittimit� costituzionale dell'articolo 
17 l. 31 luglio 1956, n. 991 (secondo cui i cancellieri e i segretari 
degli Uffici giudiziari sono responsabili deil'osservanza deLla disposizione 
dello ste8so articolo che vieta che siano ricevuti dai competenti 
uffici gli atti per i quali non siano stati corrisposti contributi di previdenza), 
per contrasto con l'art. 24 Cost., bench� resa in re1lazione ad 
altro giudizio, � idonea a reagire sulla legittimit� del provvedimento 
disciplinare che ne ha fatto applicazione anteriormente alla pronuncia 
medesima, ove il provvedimento applicativo sia stato tempestivamente 
impugnato proprio per il vizio inerente alla incostituzionalit� della 
norma applicata; pertanto, in tale ipotesi, � illegittimo il provvedimento 
disciplinare irrogato ad un .cancelliere per � grave negligenza 
in servizio � configurata nell'inosservanza del precetto dell'art. 17 

l. n. 991 del 1956 civ. (1). 
Un eventuale convincimento di incolpevolezza dell'organo officiato 
degli accertamenti preliminari non � idoneo a precludere il promovimento 
del procedimento disciplinare da parte dell'organo titolare 
della potest� di formale contestazione dell'addebito; pertanto, un canceUiere 
� legittimamente sottoposto al giudi.zio della Commissione distrettuale 
di disciplina, quand'anche il Presidente del tribunale, officiato 
degli accertamenti preliminari, abbia escluso la responsabilit� 
disciplinare del funzionario (2). 

Con riguardo ad una determinata infrazione, nessuna estinzione 
del procedimento disciplinare pu� verificarsi prima che il procedimento 
stesso abbia avuto inizio con la contestazione del relativo addebito; 
pertanto, il termine previsto dall'art. 147 l. 23 ottobre 1960, 

n. 1196 (secondo cui il procedimento disciplinare a carico del personale 
deLle Cancellerie e Segreterie giudiziarie si estingue decorsi 90 
giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto), 
si riferisce agli atti ulteriori del procedimento, e non all'atto di 
contestazione di un nuovo addebito (3). 
(1-3) In dottrina, per riferimenti in generale sul potere disciplinare 
e sulle fasi del relativo procedimento, cfr. N. SPERANZA, Considerazioni sul 
potere disciplinare della P. A., Nuova rassegna 1966, 2862. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 265 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 45 -Pres. Potenza 
-Est. Granito -Santamaria (avv. Ca:ssola) c. Ministero dell'Interno, 
Questore di Roma e Commissario di P.S. � S. Lorenzo� 
di Roma (Avv. Stato Lancia). 
Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Rinunzia -Adem



I

pimenti necessari ad validitatem. 

Giustizia amministrativa� -Ricorso giurisdizionale -Rinunzia -In I 
udienza -Pu� essere fatta solo dal difensore ed alla presenza dei 
difensori delle altre parti. 

I 

l

La rinunzia al ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato, per 
essere valida, deve essere: a) firmata dall'a_vvocato munito di mandato 
speciale, o dallo stesso ricorrente (la cui firma deve essere per� autenticata 
quanto meno dal suo difensore, analogamente a quanto preI 
scritto per la procura ad litein); b) notificata all'Amministrazione ed 
alle altre parti, ovvero controfirmata da esse per presa conoscenza, 

I 

non occorrendo che venga anche accettata; e) depositata in Segreteria., 
prima dell'udienza, o esibita dal difensore all'udienza, prima che la I 

l

causa passi in decisione. 
La rinunzia al ricorso giurisdizionale pu� anche farsi oralmente 

I 

in udienza; peraltro, non essendo consentito alle parti di intervenire t 
personalmente alla trattazione orale della causa (ai sensi dell'art. 41 I 
primo comma t.u. 26 giugno 1934, n. 1054), essa pu� essere verba


~ 

lizzata solo se fatta dal difensore munito di mandato speciale, e sempre 
che siano presenti anche i difensori dell'Amministrazione e dei 

l 

resistenti (1). 

(1) Giurisprudenza costante; Sez. VI, 23 novembre 1960, n. 989, Il Consiglio 
di Stato, 1960, I, 2153. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 46 -Pres. Stumpo 
-Est. Granito -Riggio (avv. Piccardi) c. Ministero Grazia e 
Giustizia (Avv. Stato Giorgio Azzariiti), Tartara ed altri (n.c.). 

Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito 
di annullamento in s. g. -Rinnovazione solo a partire dall'ultimo 
atto valido -Rinnovazione di tutto il procedimento Esclusione. 
1

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266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Impiego pubblico -Promozione -Rinnovazione dello scrutinio a seguito 
di annullamento in s. g. -Annullamento per illogicit� e disparit� 
di trattamento nell'attribuzione dei punti -Revisione solo 
dei punti del ricorrente -Insufficienza. 

In caso di annullamento di un concorso o scrutinio di promozione 
in sede giurisdizionale, per illegittimit� di una fase o di un atto del 
procedimento, le operazioni relative vanno rinnovate a partire� dall'ultimo 
atto validamente posto in essere; pertanto, in caso di annullamento 
di uno scrutinio di p1�omozione ed ad aitri scrutinati promossi �' 
per un dato titolo, il Consiglio di amministrazione, nel rinnovare il 
procedimento in esecuzione del giudicato, non � tenuto n� a riesaminare 
ed (eventualmente) modificare i criteri di massima; n� a compilare 
nuovi elenchi di titoli e nuove schede personali per ciascun impiegato; 
dovendo solo procedere ad una nuova attribuzione in con:::
o 

" 

creto del punteggio prestabilito per quel titolo, fermi restando i cri,
teri ed i coefficienti a suo tempo fissati e le valutazioni in precedenza '

I

effettuate delle altre categorie di titoli (1). 
Una volta che, in sede di annullamento di uno scrutinio di promozione 
per merito comparativo., il giudice amministrativo� abbia ri, 


I 
Iti' 

scontrato un vizio di illogicit� e di disparit� di trattamento nell'attribuzione 
del punteggio relativo� ad una data categoria di titoli fra i 
vari candidati (per essere stati usati criteri di larga benevolenza nei e 
confronti di alcuni degli impiegati, e viceversa criteri pi� restrittivi 

lii

nei confronti dell'impiegato ricorrente), illegit~imamente l'Ammini


~:::

straziane, ne�l rinnovare la valutazione, si limita a rivedere il punteg


m 

gio attribuito al ricorrente stesso (aumentandolo), ferme restando le 

l !i,

valutazioni effettuate nel precedente scrutinio nei confronti degli altri 

]

scrutinandi, in tal modo violando uno dei principi essenziali dello scru


. 

tinio per merito comparativo, il quale esige una vq,lutazione individuale 
e comparativa dei titoli e del merito de.i singoli scrutinandi (2). ' 


:::o 

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{

(1-2) Cfr. Sez. IV, 21 aprile 1965 n. 344, Il Consiglio di Stato, 1965, 

la

I, 658; Sez. VI, 28 gennaio 1966 n. 67, ivi, 1966, I, 122. :~ 

i 
i 
�X ~ 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 28 febbraio 1969, n. 51 -Pres. Pa$.~ 


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paldo -Est. Bruno -Soc.p.az. Riunione adriatica di sicurt� (avv. 

fil 

Stoppani) c. Ministero dei lavori pubblici (Avv. Stato Ciardulli). 

Danni di guerra -Contributo di riparazione -Provvedimento concessivo 
-Motivazione per relationem -Legittimit�. 


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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 267 

Danni di guerra -Contributo di riparazione '." In luogo di contributo 
di ricostruzione -Discrezionalit� -Insindacabilit�. 

Il provvedimento di concessione di un contributo statale per Za 
riparazione di un fabbricato danneggiato dagU eventi benici, ai sensi 
deZZ'art. 5 pximo comma Z. 17 dicembre 1951, n. 1233, � congruamente 
motivato, in ordine aZ criterio adottato daffAmministrazione per Za 
Liquidazione del danno betiico, coZ rinvio aUe note deH'Ufficio deZ 
Genio Civile e del Provveditorato regionale azze opere pubbliche, che 
di tale criterio danno ragione. 

Legittimamente l'Amministrazione concede un contributo di riparazione 
per un fabbricato danneggiato daZZa guerra, ai sensi del primo 
comma dell'art. 5 Z. 17 dicembre 1951, n. 1238, e non gi� un contributo 
di ricostruzione, ai sensi del secondo comma dell'art. 5 cit., ove, 
suZZa base di un discrezionale apprezzamento (non sindacabile in sede 
di legittimit�, tranne che per vizi logici), risulti l'esistenza di elementi 
sufficienti per la valutazione obiettiva del danno stesso. 

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I 


I 

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SEZIONE QUINTA 
-:~ 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 24 luglio 1968, n. 2673 -Pres. Pece -
Est. Milano -P. M. Pedote (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Savarese) c. Carrozza (avv. Barlieri). 
Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Riscossione -Ingiunzione 
fiscale -Natura -Opposizione Posizione 
processuale delle 
parti Poteri 
dell'ente creditore di mutare il titolo della pretesa. 
(t.u. 13 aprile 1910, n. 639). 
Imposte e tasse in genere -Imposta di registro -Prescrizione -Notifica 
di seconda ingiunzione -Cumulo degli effetti interruttivi. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 140). 
L'ingiunzione fiscaie � un atto amministrativo sui generis che si 
distingue sia dal titolo esecutivo che dal precetto dell'ordinario procedimento, 
pur cumulandone in s� le caratteristiche di forma e di efficacia, 
sicch� la domanda introduttiva del giudizio di cognizione non 
� l'ingiunzione ma l'opposizione del debitore intimato in quanto voita 
a contestare l'esistenza del credito della P.A. o la procedura seguita. 
Poich� La posizione delle parti � invertita, assumendo l'ente creditore 
sotto ogni riguardo la posizione processuale e sostanziale di convenuto 
e il debitore quella di attore, l'allegazione di una diversa ragione a 
fondamento della pretesa creditoria da parte della Finanza si concreta 
in una semplice eccezione difensiva, sempre proponibile dal convenuto, 
e non in un mutamento della causa petendi implicante sostituzione 
del titolo (applicazione in tema di presCTizione ai fini di escludere 
che l'allegazione di una diversa ragione a fondamento deUa pretesa 
tributaria comporti rinuncia all'originario titolo ed ai suoi effetti interrutt!
ivi) (1). 
L'intimazione di una seconda ingiunzione per il pagamento della 
ste'Ssa imposta fondata su di una diversa ragione si riconnette alla 
prima ingiunzione ai fini della continuit� dell'interruzione della prescrizione, 
essendo unico il diritto fatto valere (2). 
::: 
00 
(1-2) Sulla natura dell'ingiunzione amministrativa e sulla pos1z1one 
delle parti nel giudizio di opposizione la giurisprudenza pu� dirsi ormai 

,I!t 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 269 

(Omissis). -Il ricorso �principale e quello incidentale, essendo 
diretti contro la stessa sentenza, devono, a norma dell'art. 355 c.p.c., 
essere riuniti sotto il numero di ruolo pi� antko e formare oggetto 
di unica decisione. 

Con il primo mezzo del ricorso principale, l'Amministrazione finanziaria, 
denunciando la violazione degli avtt. 140 legge di registro, 184 
c.p.c., 2943 e 2945 e.e., in relazione all'a�rt. 360, n. 3 c.ip.c., lamenta che la 
Corte di merito, dalla premessa della ritenuta ammissibilit� del mutamento 
della causa petendi operata da essa Amministrazione, abbia tratto 
l'erronea conseguenza che tale mutamento importava rinuncia alla 
prima ingiunzione ed estinzione degli effetti interruttivi ad essa con


I

nessi. Si sostiene che, essendo, pur dopo l'asserito mutamento della 
causa petendi, proseguito l'unico originario giudizio, la Corte avrebbe 
dovuto applicare l'art. 150 legge di registro, alla stregua del quale 

l 

all'effetto interruttivo dell'ingiunzione, seguita da opposizione, si accompagna 
un effetto sospensivo sino al passaggio in giudicato della 

I

sentenza che decide sull'opposizione. Con il secondo mezzo, poi, denun


I 

ciando la violazione degli artt. 144, 145 legge di registro, 3, 5 e 31 t.u. 
14 aprile 1910, n. 630, l'Amministrazione ricorrente sostiene che, costiI 
tuendo l'atto di opposizione ad ingi�nzione fiscale fa domanda introI 
duttiva di un ordinario processo di �cognizione, � inesatto parlare di 

l 

mutamento della causa petendi, trattandosi invece solo di un adegual 
mento della condotta . difensiva dell'Amministrazione di fronte alla I 
produzione, da par.te dell'attore Carrozza, della certificazione ministeriale, 
racchiudente in s�, in forza della nuova legge sopravvenuta, la J 
possibilit� di sanare la decadenza nella quale l'attore stesso era certa, 
mente incorso. 


I due mezzi, che possono essere esaminati congiuntamente per la 
loro stretta interdipendenza, a giudizio di questa Corte; sono fondati. 

concorde: Cass. 10 gennaio 1966 n. 178, in questa Rassegna, 1966, I, 458; 
12 novembre 1965, n. 2356, ivi, 1965, I, 1196 con annotazione di L. MAZZELLA; 
16 luglio 1965 n. 1574, ivi, 1965, I, 712; 9 ottobre 1967, n. 2339, ivi, 1968, I, 
90, con nota di DI TARsIA; 30 marzo 1968, n. 975, ivi, I, 271. La sentema sopra 
pubblicata fa un'ulteriore importante applicazione del principio sul punto 
della prescrizione del diritto alla pretesa tributaria; la Finanza, quale 
convenuta, nel dedurre nuove ragioni a fondamento dell'imposta non 
muta n� U petitum n� la causa petendi ma semplicemente svolge un'eccezione 
difensiva che non pu� mai incontrare preclusionl. Nel caso di 
specie la Finanza aveva preteso il pagamento dell'imposta normale di 
registro dopo che il contribuente era decaduto dall'agevolazione ex 

I. 14 dicembre 1947 n. 1598 sull'industrializzazione del Mezzogiorno per 
non aver presentato entro il termine la certificazione ministeriale sulla 
realizzazione del fine industriale; sopravvenuta la 1. 5 ottobre 1962 
n. 1492 che ammetteva una sanatoTia per la mancata osservanza del 
termine, l'Ufficio eccepl che l'opificio realizzato non poteva qualificarsi 
8 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

270 

Sono principi ormai pacifici, pi� volte affermati da questo Supremo 
Collegio, che l'ingiunzione fiscale, a differenza di quella ordinaria che 
ha na,tura giudiziale, � un atto amministrativo sui generis caratteristico 
del procedimento di riscossione delle imposte e, in via generale, di 
tutte le entrate patrimoniali dello Stato e ripete la sua efficacia direttamente 
dal potere dell'ente pubblico di realizzare in via coattiva le 
sue pretese. 

Come tale, essa si distingue sia dal titolo esecutivo che dal precetto 
dell'ordinario procedimento, regolato dal codice di rito, pur cumulandone 
in s� le caratteristiche di forma e di efficacia, sicch� la domanda 
introduttiva del giudizio di cognizione non � l'ingiunzione, ma la opposizione 
del debitore� intimato, in quanto volta a contestare l'esistenza 
del credito della pubblica amministrazione e la procedura eseguita. Dal 
che deriva che la posizione processuale delle parti � invertita, assumendo 
l'ente creditore, sotto ogni riguardo, la posizione processuale 
e sostanziale di convenuto, mentre il debitore riveste quella di attore. 

Sulla base di tali principi si deve riconoscere che la Corte di me


rito ha errato nel ritenere che 1'Amministrazione finanziaria aveva 

operato un mutamento della causa petendi, con conseguente implicita 

rinuncia alla prima ingiunzione ed agli effetti interruttivi e sospensivi 

ad essa connaturati, per aver contestato l'esistenza delle condizioni 

stabilite dalla legge per la concessione dell'invocato beneficio fiscale 

con il dedurre, in un primo tempo, l'intervenuta decadenza e succes


sivamente l'illegittimit� della predetta attestazione ministeriale. 

Ed invero, assumendo l'Amministrazione finanziaria, in sede di 

opposizione ad ingiunzione fiscale, la posizione, non soltanto proces


suale, ma anche sostanziale di convenuta, deve, fondatamente, ritenersi 

legittimata a dedurre tutte le ragioni che giustificano la pretesa tribu


taria fatta valere con la ingiunzione opposta, ragioni che si concretano 

industriale ai fini della norma di agevolazione. Non vi � preclusione a 

danno della Finanza (anche se la seconda pi� assorbente ragione poteva 

essere dedotta fin dall'origine) a indicare un nuovo fondamento della sua 

pretesa, perch� la difesa del convenuto non pu� incontrare limiti. 

La seconda massima � esatta: la notifica di una seconda ingiunzione 

per il pagamento della stessa imposta fondata su una diversa ragione, 

non solo non comporta rinuncia agli effetti, anche interruttivi, della prima 

ingiunzione, ma si inserisce nell'azione amministrativa diretta alla rea


lizzazione dell'unico diritto e si giova quindi dei precedenti atti compiuti. 

� infatti un principio generale che ogni atto idoneo ad interrompere la 

prescrizione in materia di imposte indirette c.onsente di rimettere in 

discussione tutta la materia tassabile e quindi non solo di cambiare il 

fondamento dell'imposta gi� domandata nei limiti della stessa somma, ma 

anche di avanzare nuove e maggiori pretese, anche verso altri soggetti 

partecipi dello stesso atto, purch� nei limiti dello stesso tributo. Sull'argo


mento cfr. C. BAFILE, Considerazioni sull'interruzione della prescrizione 

delle imposte indirette, nota a Cass. 25 ottobre 1968, n. 3509, ultra, pag. 280. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 271 

sostanzialmente e processualmente in mere eccezioni dirette natural


mente a contrastare, anche per motivi diversi da quelli indicati nell'atto 
di accertamento del tributo, la domanda tendente alla declaratoria di 
illegittimit� di tale ~tto, e che essendo eccezioni ritualmente proposte, 
a norma dell'art. 184 c.p.c., innanzi al giudice istruttore, non possono, 
quindi, trovare alcuna preclusione alla loro ammissibilit�. 

Nella specie l'attuale resistente, nell'atto di opposizione, impugn� 
il credito dell'Amministrazione, assumendo di aver diritto alla agevolazione 
tributaria di cui alla legge n. 1598 del 1947 per aver gi� inoltrato 
al competente Ministero la domanda intesa ad ottenere il certificato 
attestante l'avvenuta realizzazione dell'impianto industriale, e 
soltanto nel corso del giudizio, avvalendosi della sopravvenuta legge 
sanatoria del 1962 e presentando all'Ufficio del Registro l'attestato del 
Ministero dell'Industria nel previsto termine di tre mesi, invoc� l'effetto 
certificante di detto documento. 

Di fronte a tale variazione del motivo posto a fondamento dell'opposizione 
-variazione giustificata dalla legge sopravvenuta che introduceva 
una nuova regolamentazione giuridica del rapporto controverso 
-non soltanto non era interdetto all'Amministrazione di contestare 
le risultanze della prodotta certificazione ministeriale, negando che la 
medesima fosse idonea, per il suo contenuto intrinseco, a giustificare la 
richiesta agevolazione, ma tale contestazione, concretante una mera 
eccezione destinata a giustificare, per altra via, l'inapplicabilit� alla 

specie dell'invocato beneficio fiscale e, quindi, la richiesta del tributo 
ordinario, non importava certo, come si � ritenuto dalla denunciata 
sentenza, implicita rinuncia all'ingiunzione e, di conseguenza, agli 
effetti interruttivi permanenti ad essa connessi. 

Vero � che l'Amministrazione, oltre a far valere innanzi al giudice 
istruttore la nuova ragione che giustificava l'esclusione dell'invocato 
beneficio fiscale, intim� al Carrozza altra ingiunzione per il pagamento 
del medesimo tributo, ma tale nuova ingiunzione, che non form� oggetto 
di opposizione da parte del Carrozza, si rilegava strettamente all'accertamento 
tributario contenuto nella precedente e non diede luogo 
all'insorgenza di un nuovo �giudizio di cognizione al posto di quello 
in corso. 

Ed al riguardo del tutto fuori di luogo � il richiamo fatto dalla 
denunciata sentenza al principio ripetutamente affermato da questa 
Corte secondo cui gli effetti interruttivi vanno circoscritti, sotto il 
profilo oggettivo, al diritto che � fatto valere in giudizio, perch� � 
chiaro come, nella specie, la pretesa che costituiva la materia del rapporto 
dedotto in giudizio sia rimasta invariata anche dopo che l'Amministrazione, 
intimata la seconda ingiunzione, ebbe ad eccepire altra 
ragione giustificatrice dell'inapplicabilit� dell'invocato beneficio fiscale. 

-(Omissis). 


272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 settembre 1968, n. 2866 -Pres. 
Stella Richter -Est. Mazzacane -P. M. Toro (conf.). -Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Masi) c. Panarello. 

Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti 
di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione. 


(r.d., 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, 
art. 28, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 

Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti 
di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Interpretazione dei negozi soggetti ad imposta -Apprezzamento 
del giudice di merito -Incensurabilit�. 

Secondo la nota aggiunta all'art. 4 lettera c) della tariffa A della 
legge di registro (nel testo modificato dail'.art. 1 della legge 4 aprile 
1953, n. 261), nel caso di cessioni pro-soluto o pro-solvendo di annuaLit� 
o contributi governativi o di enti pubblici ovvero di crediti verso 
Pubbliche Amministrazioni, stipulate in relazione alle operazioni di 
finanziamento, di cui all'art. 28 lett. c) della medesima tariffa (modificato 
dall'art. 2 della citata legge n. 261 del 1953), tanto alle� cessioni 
di credito che agli atti di finanziamento si applica la minore aliquota 
dello 0,25 % , purch� nell'atto di cessione siano specificamente indicate 
le operazioni in relazione alle quali esso � stipulato e l'efficacia della 
cessione stessa non sia estesa ad altre operazioni. Essendo richiesto, ai 
fini dell'agevolazione, un rapporto di strumentalit� necessario ed esclusiva 
tra cessione e finanziamento, occorre che il negozio sia concepito 
in modo tale da escludere ab origine che esso possa comunque servire 
ad operazioni diverse da quelle specificate nell'atto di cessione. A tal 
fine l'indagine del giudice di merito deve essere condotta in conformit� 
del disposto dell'art. 8, comma I, 'della legge di registro, prendendo 
in considerazione l'intrinseco contenuto dell'atto e gli effetti che 
esso possa ,comunque determinare, indipendentemente dalla comune 
intenzione dei contraenti, per accertare se, oggettivamente, il potenziale 
valore strumentale dell'atto escluda che le sue clausole considerate 
individualmente o nel loro complesso, possano aprire un varco attraverso 
il quale il negozio, nel corso dello svolgimento del rapporto, 
devii dalla sua originaria ed apparente destinazione, estendendosi ad 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 273 

alPre operazioni che verrebbero ad usufruire indebitamente del trattamento 
tributario di favore. Pertanto,. in caso di ecc.edenza della cessione 
rispetto alla sovvenzione, occorre che l'atto contenga clausole limitative 
del normale effetto della cessione dei crediti, le quaU escludono 
che il credito ceduto possa essere destinato dal cessionario a scopo 
diverso da quello deLl'estinzione del finanziamento (1). 


(1-4) Nuove considerazioni sul trattamento fiscale delle cessioni di credito 
connesse con operazioni bancarie di finanziamento. 


Con un folto gruppo di sentenze del 1966 la S. C. spian� la via per 

la risoluzione delle numerosissime controversie sull'applicazione delle 

aliquote di favore degli artt. 4 e 28 tabella A della legge di registro (nel 

testo modificato con gli artt. 1 e 2 della 1. 4 aprile 1953, n. 261); in una 

nota pubblicata in questa Rassegna, 1966, I, 1308 (Considerazioni sul trat


tamento fiscale. delle cessioni di credito connesse con operazioni bancarie 

di finanziamento) tentai di riassumere gli aspetti pi� discussi del pro


blema e di tracciare una linea dei prevedibili sviluppi che l'affermazione in 

assoluto dei principi poteva avere nell'applicazione concreta innanzi ai 

giudici di merito, anche in relazione alle varie modificazioni che si anda


vano proponendo ai tipi dei contratti bancari. . 

La questione � tornata pi� volte all'esame della S. C. nel tempo pi� 

recente, sicch� sembra oggi opportuno riprendere l'argomento per veri


ficare se lo stato della giurisprudenza abbia subito deviazioni. 

In tutte le -decisioni la S. C. ha dovuto porsi il problema dei limiti del 

suo sindacato sull'interpretazione data all'atto tassato dal giudice di 

merito; ed � sempre su questo punto che si � creata una certa disugua. 
glianza di giudizi. 

Le decisioni del 1966 affrontarono con notevole ampiezza di oriz


zonte l'intero problema, scendendo a considerare in modo specifico e 

minuzioso singole clausole contrattuali; era del resto indispensabile un 

tale metodo per non rimanere al di qua della soglia del vero problema. 

Segue questo stesso metodo la decisione 1� marzo 1967, n. 451 (in questa 

Rassegna 1967, I, 447). 

Ma subito dopo la S. C. si � trincerata rigorosamente dietro la bar


riera dell'incensurabilit�, rifiutando di esaminare da vicino gli stessi pro


blemi altre volte dibattuti (23 maggio 1967, n. 1125, Foro It., 1967, I, 2067) 

ovvero esaminando con maggiore ampiezza il caso concreto ma solo per 

ritener immune da vizi la motivazione della decisione impugnata (12 lu


glio 1967, n. 1223, ivi, loc. cit., nonch� 11 novembre 1967, n. 2723, Riv. leg. 

'{isc., 1968, 700 e 27 aprile 1968, n. 1301, ivi, 1968, 1969); ritorna invece 

all'orientamento del 1966 l'altra decisione 27 gennaio 1968 n. 271 (ivi, 1968, 

1138). Fra le sentenze sopra pubblicate, quelle n. 2750 e 2752 verificano 

con criterio restrittivo la rispondenza della fattispecie ai presupposti di 

legge, mentre quella n. 2866, pur riconfermando in astratto i noti 

principi, si arresta dinanzi all'apprezzamento del giudice di merito. 

I 

Si � cosi ricreata una notevole incertezza, che le decisioni del 1966 avevano 
invece dissolto, sulla concreta e pratica attuazione nelle singole fatti


I

specie di principi che, pur rimanendo immutati, danno luogo a pronunce l 
contrastanti; e mentre l'orientamento delle Corti di Appello � eterogeneo, 

l 

non sempre l'intervento della S.C. produce l'effetto unificatore che sarebbe 

l i 

desiderabile. Si evidenziano cosi contrasti notevoli: tra le decisioni della 

S.C. che non sono che il riflesso dei contrasti non eliminati fra le diverse 
j 

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274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� incensurabile in Cassazione la decisione del giudice di merito 
che, con motivazione adeguata, ha interpretato le clausole del contratto 
al fine di accertare la rispcmdenza di esso ai requisiti voluti dalla 
legge tributaria di agevolazione (2). 


Corti di Appello; questi contrasti vengono poi esaltati quando si massimano 

o si commentano le sentenze senza tener conto di quanto il pensiero della 
S.C. sia determinato dall'impossibilit� di censurare l'apprezzamento di 
merito. 
Le sentenze gi� citate 1723-67, 2723-67, 1301-68 ed anche, sia pure 
in modo meno esplicito, quella 2866-68 qui pubblicata, hanno ritenuto 
non contrastanti con le condizioni dettate dalla legge di agevolazione: 
a) la clausola con la quale la banca � abilitata a soddisfare con la riscossione 
del credito ceduto ogni suo credito verso il cliente in dipendenza dei 
lavori cui il finanziamento si riferisce; b) la clausola con cui la banca si 
riserva il diritt� di chiedere direttamente al clienteil rimborso delle somme 
finanziate senza aver richiesto o atteso il pagamento del credito ceduto; 
e) la clausola che prevede la rinnovabilit� delle cambiali; d) la clausola 
che accorda alla banca la facolt� di revoca del finanziamento senza una 
espressa previsione 'Per tale ipotesi di contemporanea cessazione degli 
effetti della cessione. 


Sembrerebbe che le numerose limitazioni ritenute in via astratta necessarie 
siano ora soddisfatte con la semplice clausola (o meglio, mera dichiarazione 
descrittiva) che collega la cessione con l'operazione di finanziamento 
( � la cessione � stipulata allo scopo di garantire ed estinguere il finanziamento 
pattuito�); con questa clausola sarebbe escluso che la cessione possa 
utilizzarsi per operazioni diverse e si � anzi precisato che in questo 
modo la cessione, sebbene di ammontare grandemente superiore, resta 
limitata nei suoi effetti, come voluto della legge, e pu� garantir� soltanto 


� la somma sovvenuta, i crediti per relativi interessi e il credito di rimborso 
delle spese giudiziarie e stragiudiziali anche irripetibili ., mentre non pu� 
conservare efficacia oltre la copertura del finanziamento; poste queste 
limitazioni, _che deriverebbero tutte dalla semplice dichiarazione di connessione, 
non sarebbe di ostacolo all'agevolazione n� la facolt� della . 
banca di chiedere direttamente al cliente la copertura delle somme finanziate, 
n� la rotativit� attuata col rinnovo delle cambiali, n� la facolt� di 
revoca del finanziamento. Tutto si risolverebbe insomma col dichiarare 
� il nesso teologico, quasi che la nota aggiunta all'art. 4 della tab�lla A non 
:iggiungesse nulla a quanto � gi� stabilito nella lettera c). 

Poich� una pura e semplice dichiarazione di conessione � sempre 
stata contenuta in tutti gli atti, si dovrebbe dire che tutto quell'approfondimento 
giurisprudenziale del 1966, cui si fa ancora ossequio, sia 
stato messo completamente da parte, perch� tutte quelle limitazioni affer$ 
mate e ribadite sono solo una parvenza che si scioglie con una semplice 

Iill

formuletta che non costa nulla a nessuno e che si trova, e si � sempre 
trovata, in qualunque atto. Bisognerebbe cosi ammettere che le numerosissime 
pronuncie della S. C. con cui tante sentenze di merito furono 
cassate sono state inutili; ma si dovrebbe anche constatare che le pi� 
recenti sentenze sono nel loro contenuto gravemente contraddittorie in 
quanto enunciano in tesi un complesso di condizioni e di limiti cui l'agevolazione 
� subordinata, ma nell'applicare i principi ritengono estensibile 
l'agevolazione a qualunque atto. 


I 

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I. 
~=�: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 275 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2750 -Pres. Stella 
Richter -Est. D'Armiento -P. M. Chir� (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Savarese) c. Banca Nazionale del Lavoro (avv. 
Del Nunzio). 

Imposta di registro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti 
di credito a favore di ditte commerciali e industriali -Aliquota 
ridotta -Correlazione fra i due negozi -Estremi -Criteri di determinazione 
-Fattispecie. 

(r.d., 30 dicembre 1923, n. 2369, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, 
art. 28, lett. e; 1. 4 aprile 1953, n. 261, art. 1 e 2). 

L'applicabilitd delle aliquote ridotte previste dall'art. 4 lett. c) e 
dall'art. 28 lett. e) deUa tabella A allegata alla legge di registro (nel 

Ma questa conclusione non pu� essere esatta. Basta ad escluderlo la 
considerazione che altre recenti pronunce sono di ben diverso contenuto. 
La sentenza 271-68 chiaramente afferma che, nonostante esista una norma 
contrattuale con la quale le parti dichiarano che la cessione non garantisce 
altri crediti oltre quello indicato nello stesso atto, la facolt� di revoca 

o sospensionej del finanziamento e l'obbligo del cliente di coprire direttamente 
l'esposizione, consen_tono alla cessione che sopravvive di acquistare 
una sua autonomia, se non altro in base all'art. 1853 c. c.; questa sentenza 
ha precisato che di fronte ad un'evidente sproporzione fra gli importi 
dei due negozi sono necessarie clausole particolari che limitino i poteri 
delle parti contraenti (non mere dichiarazioni di propositi) tali da escludere 
in modo assoluto la possibilit� di utilizzare l'eccedenza per diverse 
operazioni, anche attraverso compensazioni. La sentenza 2750-68, sopra 
riportata, ha statuito che la Corte di merito non avrebbe dovuto ritenere 
compatibile con i principi a cui si ispira l'agevolazione la clausola con 
la quale si riserva alla banca la facolt� di �porre in tutto o in parte� 
a libera disposizione del cliente, senza pregiudizio della validit� della cessione, 
le somme riscosse in dipendenza della cessione stessa, perch� in 
tal modo la cessione acquista una connessione eventuale e non esclusiva 
col finanziamento; la stessa decisione aggiunge che � del pari inconciliabile 
con l'agevolazione l'altra clausola che consente di pr,esentare per lo 
sconto altri effetti, genericamente considerati, perch� in tal modo con la 
cessione si vengono a garantire altri crediti della banca generici e indeterminati 
non necessariamente connessi con l'operazione diretta a finanziare 
il contratto del cliente con la pubblica amministrazione. Infine la 
sentenza 2752-68 qui pubblicata, richiamandosi al giudicato commentato 
nel mio precedente scritto (sentenza 1560-66), ha ritenuto che la costituzione 
di un terzo rapporto, oltre i due fondamentali, avente per oggetto 
il deposito delle somme incassate dalla banca per effetto della cessione 
e non utilizzate per estinguere il finanziamento concesso, non d� luogo ad 
una connessione necessaria tale da giustificare l'applicazione dell'art. 9 
capoverso nella legge di registro ed � quindi soggetta a separata tassazione, 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

276 

testo modifi�ato con gU artt. 1 e 2 deUa legge 4 aprile 1953, n. 261) 

richiede un collegamento diretto ed immediato fra i due rapporti negoziali, 
finanziamento e cessione di credito, ed � da escludere quando il 
concesso finanziamento sia anche potenzialmente utiilizzabile per operazioni 
diverse da quelle inizialmente previste. Non spetta l'agevolazione 
quando nell'atto sia inserita una clausola con cui la banca si 


ma ha riconfermato che nel sistema dell'agevolazione degli art. 4 e 28 
della tabella A � insito, come necessit� ineliminabile imposta dalla legge, 


l'obbligo della banca di restituire senza altra utilizzazione i proventi della 
cessione eccedenti sul finanziamento. 


L'esposizione fin qui fatta degli orientamenti della pi� recente giurisprudenza 
metterebbe in luce dei contrasti veramente profondi, a volte 
sorprendenti (come ad esempio tra le due sentenz�e ora in rassegna 


n. 2686 e 2750 emesse a breve intervallo di tempo dalla I Sezione retta 
dallo stesso Presidente), e rivelerebbe una certa tendenza a far diventare 
inutili nella pratica, pur senza ripudiarli, tutti i principi teorici ormai 
consolidati sul carattere dell'agevolazione. 
Ma, come si � accennato, questo � solo il riflesso della insindacabilit� 
dei difformi orientamenti dei giudici di merito: nelle varie sentenze esaminate 
l'apprezzamento del giudice di merito a volte � rispettato integralmente 
senza un esame approfondito delle singole questioni (sentenza 
112�i-66 e 2866-68), a volte � egualmente rispettato ma con una 
motivazione pi� ampia che sembra condividere la decisione impugnata 
ma che � invece esposta soltanto per escludere la esistenza di vizi logici 


o di errori giuridici della motivazione (sentenza 1723-67, 2723-67 e 
1301-68), altre volte invece, come gi� nelle pil). remote decisioni, � forzato 
per ricercare una completa rispondenza dei ;principi al caso concreto 
(sentenza 271-68 e 1750-68). Il problema quindi si sposta dal campo 
specifico dell'interpretazione delle norme tributarie a quello pi� vasto 
def limiti del sindacato consentito alla Corte regolatrice. � su questo punto 
che occorre meditare pi� a fondo per superare le incertezze �che si sono 
illustrate e che sono causa di grave disagio in sede di merito. 
Dovrebbe essere superfluo dimostrare che la pi� corretta definizione 
della portata dell'agevolazione � quella, del resto mai smentita, affermata 
anche dalle Sezioni Unite nel 1966, mentre le apparenti, tiepide e contrastate 
deviazioni che oggi si possono riscontrare non meritano fortuna. 
Ho gi� nel precedente scritto dimostrato che i tentativi per eludere i 
rigori della giurisprudenza dominante, anche se attuati attraverso modifiche 
non sostanziali del testo dei contratti tipo, non potranno aver successo 
fino a che non muti radicalmente il meccanismo dell'operazione bancaria 
e gli istituti di credito non rinuncino ad alcune facolt�, che ritengono 
invece irrinunciabili. .::, 

Mi limiter� quindi ad esporre alcune brevi considerazioni su quelle 

ffi 

sentenze che, convalidando con troppa indulgenza le decisioni impugnate, f:: 

~=

hanno dato a molti l'impressione (e la speranza) di un netto mutamento 
dell'orientamento giurisprudenziale dominante. !i Come si � detto nulla � mutato rispetto al 1966 riguardo alle defini


1 

zioni fondamentali dell'agevolazione; la sentenza 2866-68, sopra riportata, 
riassume, come si legge nella massima, un concetto ormai assai i:: 
noto e ripetuto. Questa chiara e veramente consolidata enunciazione non i::. 
dovrebbe dar luogo ad incertezze in sede di merito. 

1 

11 

I. 

. . I 
:~ 
. 
: 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 277 

riserva la facolt� di porre in tutto in parte a libera disposizione del 
cliente, senza pregiudizio della validit� della cessione, le somme riscosse 
in dipendenza della cessione stessa, ovvero l'altra clausola che preveda 
la facolt� per il soggetto finanziato di presentare alio sconto in tempo 
successivo effetti cambiari genericamente considerati da garantire con 
la cessione (3). 

Ho gi� messo in luce nel precedente mio scritto come l'insufficiente 
correlazione tra cessione e finanziamento e l'ultrattivit� della cessione 
si ritrovano quasi sempre, anche quando ci si sforza di mascherarle, ogni 
volta che sussiste una forte sproporzione ,fra gli importi dei due negozi 
che vada oltre quel ragionevole margine destinabile a coprire maggiori 
interessi, spese e risarcimenti. In sostanza, pu� dirsi in forma assai riassuntiva, 
se sull'intero importo della cessione si accetta di pagare l'imposta, 
non si pu� facilmente presumere che per una larga parte la cessione 
resti priva di effetti, che cio� le somme eccedenti sul, finanziamento vengano 
pacificamente restituite dalla banca al cliente senza una utilizzazione, 
nell'interesse comune, per un'altra operazione bancaria; inoltr,e la banca, 
che in ogni caso conserva verso il terzo ceduto il potere di esigere , il 
credito, pu�, anche contro la volont� del cliente, compensare gli importi 
eccedenti con altri conti aperti per diverso titolo sia a norma dell'art. 1853 

c. c. sia in forza delle condizioni generali che ogni istituto di credito 
impone in tutte le operazioni. 
Per rispettare le condizioni dell'agevolazione � quindi necessario pattuire 
l'obbligo (non la facolt�) della banca di restituire al cliente gli avanzi 
della cessione, anche se altri conti dello stesso cliente siano gravemente 
scoperti, senza alcuna possibilit� di storno, ritenzione o compensazione; 
in definitiva deve essere osservata senza deviazioni la norma dell'art. 1844 

c. c. secondo la quale i mezzi di garanzia devono mantenere un andamento 
rigidamente parallelo all'operazione garantita. 
Nel valutare la portata dell'atto da tassare non deve dimenticarsi 
che banca e cliente hanno un comune interesse ad impiegare i proventi 
della cessione agevolata per diverse operazioni (ed in vista di questo fine 
possono inserirsi nell'atto, anche in un momento successivo, dichiarazioni 
separate che sfuggono al controllo della finanza) mentre la banca si 
riserva sempre una massa di poteri verso il cliente, rper lo pi� inerme, 
che assicurano la possibilit� di creare vasi comunicanti tra l'operazione 
agevolata e tutte le altre passate e future, ed a tal fine la banca pu� 
perfino mantenere il finanziamento garantito dalla cessione entro ristretti 
limiti in ragione dell'esposizi�ne del cliente in altri rapporti. 

Queste considerazioni dovrebbero costituire il criterio orientativo 
sostanziale e pratico da tener sempre presente quando si affrontano i 
problemi, spesso troppo formali, che si pongono di volta in volta. 

Non .pu� quindi persuadere l'affermazione che con una clausola intesa 
semplicemente a dichiarare, senza implicare reciproche obbligazioni, che 
la cessione ha lo scopo di garantire l'operazione di finanziamento contemplata 
(senza per� perentoriamente escludere che possa comunque garantire 
altre operazioni o spiegare i suoi normali effetti) sia sufficiente a far 
rientrare l'atto nella previsione della norma di agevolazione, come se una 
tale dichiarazione escluda l'ultrattivit� e l'autonomia della cessione ed 
impedisca alla prevista rotativit� di operare in modo da rompere la connessione 
esclusiva :fra i due atti. La connessione fra cessione e finanzia




278 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2 agosto 1968, n. 2752 -Pres. Stella 
Richter -Est. Geri -P. M. De Marco (diff.) -Cassa di risparmio 
di Genova (avv. Villani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 

Varvesi). 

Imposta di re~istro -Cessione di crediti verso la Pubblica Amministrazione 
in relazione a finanziamenti concessi da aziende ed enti 
di credito a favore di ditte commerciali ed industriali -Aliquota 
ridotta -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti per 
intrinseca natura le une dalle altre -Deposito bancario collegato 
a finanziamento garantito da cessioni di credito -Applicabilit� 
dell'imposta a norma dell'art. 9 capov. legge di registro -Esclusione. 


(r.d., 30 dicembre 1923, n. 2369, tariffa A, art. 4, lett. e, e nota aggiunta, 

,, 

art. 28, lett. e; I. 4 aprile 195\3, n. 251, art. 1 e 2). ~=� 

rn 

I ~= 

Allorch� nell'atto di finanziamento bancario garantito da cessione f 
di crediti sia prevista anche ia .creazione di un terzo negozio di deposito 
destinato a ricevere i proventi deLta cessione eccedenti suita coper


rf~ 

mento non deve essere soltanto dichiarata, ma deve sussistere in concreto 
in relazione agli effetti, anche meramente potenziali, propri dell'atto !Il 
considerato nel suo complesso e interpretato con i criteri dell'art. 8. Se 1~:; 
quindi la cessione non contiene una specifica ed espressa limitazione dei 
suoi normali effetti (limitazione che tra l'altro, escludendo ogni facolt� 
di storno, ritenzione o coill(pensazione, deve �contenere il patto contrario 
all'art. 1853 c. c.), essa potr� sempre essere utilizzata per altre ope


I

razioni nonostante la dichiarazione di servire a garantire una deter~'-' 
minata operazione (ma non quella soltanto); non potrebbe infatti seriamente 
affermarsi che per effetto di una tale dichiarazione la cessione 
si estingua (in nessun caso per� perde efficacia verso il terzo ceduto) r

&

'~

non appena il finanziamento venga coperto e che la banca, venuta in 

lh .

possesso delle somme riscosse dal terzo debba ineluttabilmente restituire 

.

al cliente tutte le eccedenze. Se esiste fin dall'inizio un'eccedenza dell'importo 
della cessione su quello del finanziamento, ovvero tale divario ::5 
si crea o si accentua perch� il finanziamento viene mantenuto dalla banca 
con i suoi discrezionali poteri entro bassi limiti o viene sospeso o revocato 

1

oppure coperto con pagamenti diretti del cliente, deve essere stabilito 
con espresse clausole quale sorte deve avere questa eccedenza che il I 
pi� delle volte � vistosissima. 

Ritornano perci� in questione tutti i rilievi tante volte fatti dalla S. C. 

I

~:::i

riguardo ad atti, che certamente contenevano urta dichiarazione di con


f:~

nessione pi� o meno priva di effetti vincolanti, ma che nel loro complesso, f.: 
e almeno in modo potenziale, consentivano una dilatazione della funzione r?: 
della cessione. 

Di fronte poi all'espressa facolt� di revoca o sospensione del finan!!
li 
ziamento (prevista peraltro dall'art. 1845 c. c. per i rapporti a tempo inde


t.ij~

terminato) non accompagnata dall'espressa dichiarazione di perdita di 
efficacia della cessione, � veramente arduo escludere l'ultrattivit� della 

r 


~~~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 279 

tura del finanziamento, non si verifica rispetto al deposito nessuna 
connessione necessaria che giustifichi 1l'applicazione del cpv. dell'art. 9 
della legge di registro, perch� l'obbligo che la legge tributaria impone 
per fruire dell'agevolazione degli artt. 4 lett. c) e 28 letit. c) della tariffa 
A � costituito soltanto dalia necessit� di restituire al correntista 
le somme riscosse per effetto della cessione che superano il pareggiamento 
del finanziamento (4). 

cessione come necessaria conseguenza della sopravvivenza dei normali 
effetti di essa. 

Infine quanto alla rotativit� del finnaziamento (per la ammissibilit� 
della quale si richiedono, oltre che limitazioni concrete agli effetti normali 
della cessione, precisazioni adeguate delle modalit� di funzionamento dell'operazione 
di finanziamento), � ancor pi� evidente che non pu� bastare 
una semplice dichiarazione di propositi ad evitare che essa si trasformi 
in un comune rapporto bancario privo di ogni qualificazione; in particolare 
il rinnovo delle cambiali, Tilasciante dopo la sottoscrizione dell'atto, 
e quindi in esso n� trascritte n� richiamate, necessariamente si risolve 

(come mette in luce la sentenza 2750-58) nella copertura, con i proventi 
della cessione, di crediti generici e non qualificabili portati in cambiali di 
cui la banca sia in qualunque modo in possesso. 

Si pu� quindi agevolmente concludere che queste affermazioni che 
sembrano allontanarsi dall'orientamento cpi� costante non possono convincere 
e che nel contrasto, se contrasto vi �, meritano maggior credito 
le altre decisioni che seguono un criterio pi� restrittivo e pi� aderente 
alle definizioni generali. 

Ma in questo contrasto, soltanto apparente, deve intervenire una 
chiarificazione che, come si � visto, deve operarsi in ordine al limite dell'incensurabilit� 
dell'apprezzamento di merito. 

Numerose volte, giustamente, la S. C. non ha esitato a cassare le 
sentenze di merito censurandone la motivazione anche sulla rispondenza 
dell'atto tassato ai presupposti di legge. Non sembra che ci� travalichi 
i limiti del sindacato di legittimit�. Dopo avere enunciato dettagliatamente 
le numerose Umitazioni a cui l'agevolazione � subordinata ed aver ribadito 
i criteri da seguire per l'interpretazfone dell'atto ai fini tributari, non 
pu� certo dirsi immune da vizi logici e da errori giuridici la decisione 
di merito che dichiara conforme ai presupposti di legge un atto 
che tale assolutamente non �; pi� specificamente non pu� non censurarsi 
una sentenza che dando importanza decisiva ad una isolata mera dichiarazione 
di propositi, trascura di considerare tutti gli altri effetti che 
l'atto nel suo complesso produce. Infine non pu� non sorprendere il fatto 
che il medesimo contratto tipo dello stesso istituto di credito sia diversamente 
valutato ai fini fiscali dalle varie Corti di appello. 

� quindi auspicabile che la S. C. riconsiderando a fondo il problema, 
senza troppa timidezza verso il giudicato di merito, elimini ogni incertezza 
e risolva tutte le disparit� di giudizio, ritornando a quella ferma 
e chiara posizione che si era raggiunta nel 1966; la preoccupazione di invadere 
il merito, che non ha ragione di sussistere, non deve dar causa a 
contrasti che possono riportare ad un preocupante fermento una materia 
che ha gi� avuto una definitiva elaborazione. 

C. BAFILE 

280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL<' STATO 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL<' STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 ottobre 1968, n. 3509 -Pres. Stella 
Richter -Est. Boselli -P. M. Trotta (conf.) -Campagna (avv. 
Diambrini) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Agr�). 

Imposte e tasse in genere -Quietanza -Valore probatorio -Limiti. 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Prescrizione -Interruzione 
-Avviso di accertamento di valore e concordato -Effetti. 

(r.a. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 140, 141; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, 
artt. 89, 90). I 
Imposte e tasse in genere Imposte 
indirette Prescrizione 
Consolidazione 
del criterio di tassazione -Fattispecie. 
(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 136; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 86). 
La quietanza � un atto unilaterale certificativo del fatto materiale 
di un pagamento e fa prova soltanto dell'avvenuta percezione della 
somma e non anche della veridicit� dell� causale enunciata come titolo 
del pagamento (1). 
(1-3) Considerazioni sull'interruzione della prescriziane delle imposte 
indirette. 
I. La sentenza surriportata, pur decidendo correttamente la controversia 
specifica, ha rimesso in discussione concetti che avevano avuto una 
divers�i sistemazione in numerosi precedenti gforisprudenziali della S. C. 
Sembra quindi opportuno tentare una chiarificazione del tema dell'interruzione 
della prescrizione delle imposte indirette che suscita ancora molte 
incertezze. Lo stato della questione dibattuta pu� riassumersi nei seguenti 
termini. 
In merito agli artt. 141 della legge di registro e 90 della legge sulle 
successioni � prevalsa, si legge nella sentenza annotata, l'interpretazione 
restrittiva che riconosce effetto interruttivo della prescrizione per ambedue 
le parti solo alla domanda in via amministrativa, mentre per gli altri 
atti interruttivi (compresa la domanda giudiziale) vale il principio fissato 
negli artt. 140 e 89 secondo i quali l'interruzione si verifica solo a vantaggio 
del soggetto nel cui interesse opera l'atto; la decisione che si commenta, 
per confermare la tesi affermata, ha anche inteso in un modo 
piuttosto unilaterale il precedente delle Sezioni Unite 18 febbraio 1963, 
n. 393 (Foro lt., 1963, I, 710). 
Numerose pronunce della S. C. hanno invece con chiarezza elaborato 
il principio che sia il ricorso amministrativo, sia il ricorso alle Commissioni, 
sia la domanda giudiziale interrompono la prescrizione in favore 
di ambedue le parti non soltanto in relazione all'og�getto specifico controverso 
ma rispetto a tutta la materia tassabile (18 settembre 1962, n. 2768 
in questa Rassegna, 1963, 87; 28 maggio 1966, n. 1396, ivi, 1966, 693, 18 feb

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 281 

La notificazione dell'avviso di m.aggior valore e la sottoscrizione 
del concordato interrompono la prescrizione soltanto a favore della 

braio 1963, n. 393, cit.; 28 giugno 1963, n. 1769, Riv. leg. fisc. 1963, 2010; 

le prime due sentenze hanno anche attribuito al principio affermato por


tata generale e ne hanno fatto applicazione per l'I.G.E.). Si contesta tut


tavia vivacemente che nell'ambito dell'art. 141 che, con riferimento alla 

legislazione del tempo, fa menzione soltanto della domanda in via ammi


nistrativa, possa ricondursi anche l'azione ordinaria, atteso che quest'ul


tima � nominata nell'art. 140 che si riporta agli effetti normali dell'atto 

interruttivo. � stato anche affermato (Cass. 16 gennaio 1962, n. 67, Riv. 

leg. fisic., 1962, 1028) che anche il ricorso alle Commissioni, in quanto a 

carattere giurisdizionale, produce l'interruzione solo a favore del ricor


rente, dovendosi intendere limitata la portata dell'art. 141 ai soli ricorsi 

amministrativi veri e propri (ricorso gerarchico e opposizione); col che 

l'art. 141 sarebbe ridotto ad un rudere. 

Quest'ultimo orientamento specialmente restrittivo � per� quasi universalmente 
ripudiato. Anche la prevalente dottrina e la meno recente giurisprudenza 
della Commissione Centrale sono dell'avviso che con la soppressione 
dell'art. 143 della legge di registro i ricorsi alle Commissioni 
.abbiano preso il posto dei ricorsi amministrativi nel costrutto dell'art. 141. 
La S. C. � andata oltre, ponendo sullo stesso piano i ricorsi amministrativi 
veri e propri, i ricorsi alle Commissioni e la domanda giudiziale, considerando 
che il fondamento della norma sta nella impossibilit� per l'Amm.ne 
di compiere attivit� dirette all'attuazione del diritto controverso mentre 
� pendente il procedimento di opposizione alla fondatezza della pretesa 
tributaria, ragione questa che vale anche, e a maggior ragione, per l'oppo


sizione giudiziale. 

Questa conclusione, che � certamente la pi� corretta, incontra un osta


colo non privo di rilevanza nell'inclusione della domanda giudiziale nel 

testo dell'art. 140, sul quale si appuntano le tesi contrarie tuttora 

sostenute. 

Ancor pi� aperto � il contrasto sul punto se gli atti tendenti alla 

determinazione del valore (avviso di accertamento e ricorso contro di 

esso) siano capaci di interrompere la prescrizione riguardo alle questioni 

di imponibilit�. 

Infine quanto nelle varie direzioni viene affermato in generale sulla 

interruzione della prescrizione, spesso non si concilia con le conclusioni 

raggiunte sul principio della consolidazione del criterio di tassazione. 

Allo stato delle cose non pu� dunque dirsi risolto con chiarezza il 

problema, di grande rilevanza pratica, della inter<ruzione della prescri


zione delle imposte indirette. Di fronte alle constatate incertezze, sembra 

necessario impostare diversamente la questione dell'interpretazione degli 

artt. 140 e 141. 

II. L'art. 140 non contiene altro che delle definizioni generali, che 
ricalcano le norme del cod. civ.: esso indica gli atti idonei ad interrompere 
la prescrizione, disciplina l'effetto interruttivo e ad un tempo sospensivo 
della domanda giudiziale e della ingiunzione seguita da opposizione, 
prevede l'ipotesi del giudizio perento e regola la decorrenza del nuovo 
I 
Il i 

I 


I 

I 

I 

-



282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Finanza; esclusivamente la domanda del contribuente in via amministrativa 
e il 1�icorso alle Commissioni tributarie per rimborso di tassa 

termine dopo l'interruzione. In sostanza questa norma non fa che ripetere 
gli artt. 2943 e 2945 c. c. (con delle differenze spiegabili con la diversa 
data dei due testi legislativi); ma le norme del cod. civ., direttamente 
applicabili nel diritto tributario, hanno integrato e modificato l'art. 140. 
Non si dubita infatti, secondo la pi� attendibile giurisprudenza, che la 
prescrizione possa essere interrotta anche con atti diversi da quelli 
enumerati nell'art. 140 idonei secondo il cod. civ.; ed � del pari pacifico 
che il terzo comma dell'art. 140, relativo alla perenzione, sia stato modificato 
dall'art. 2945. Si pu� quindi ritenere che, attesa l'indiscussa portata 
generale delle norme del cod. civ., l'art. 140, in quanto nulla dispone in 
senso derogativo, sia oggi nella sua interezza pleonastico. 

L'art. 141, invece, disciplina un principio specifico e differenziale delle 
imposte indirette; occorre quindi definire, nell'ambito del sistema tributario, 
la portata dell'art. 141 senza porlo in contrapposizione con l'art. 140 
e senza poter cercare in quest'ultimo sussidi od ostacoli. 

La speciale interruzione della prescrizione ha un chiaro fondamento 
nella natura legale e pubblicistica dell'obbligazione tributaria: ogni atto 
postula, secondo la sua obiettivit�, l'applicazione dell'imposta stabilita dalla 
legge, mentre l'attivit� che l'Amministrazione finanziaria � chiamata a 
svolgere per la realizzazione dell'obbligazione tributaria, in ogni caso 
indisponibile, non pu� mai pregiudicare l'applicazione pi� corretta della 
norma obiettiva; l'azione dell'Amministrazione � cio� sempre perfettibile 
(di qui l'istituto del supplemento), ed i poteri di essa sono sempre 
anche doveri; e poich� il sistema, improntato al criterio dell'unicit� del 
rapporto, non ammette che l'obbligazione possa rimanere parzialmente 
insoddisfatta, fintanto che � aperta la discussione, sia per fatto dell'Amministrazione 
sia per iniziativa del contribuente, su un qualunque punto 
dell'imposizione, � sempre possibile, anzi doveroso riconsiderare nella 
sua unit� inscindibile tutta la materia tassabile (Cass. 21 ottobre 1967 

n. 2565, in questa Rassegna, 1967, I, 1057). 
Su tale presupposto l'interruzione della prescrizione tributaria assume 
un particolare carattere che si pu� definire con due manifestazioni 
diver!!e anche se strettamente connesse: a) un effetto di natura obiettiva 
e di applicazione generale si concreta nel principio che ogni atto interruttivo 
� idoneo a rimettere in discussione tutta la materia tassabile, 
oltre i limiti dell'atto che l'interruzione ha prodotto, sia riguardo ad un 
diverso fondamento dell'imposta (causa petendi) sia riguardo ad una 
diversa e maggiore pretesa (petitum), anche nei confronti di soggetti 
diversi partecipi dell'atto, purch� nei limiti dello stesso tributo; di questo 
carattere della interruzione non si rinviene una esplicita definizione legislativa, 
ma esso risulta chiaro dal sistema ed � pacificamente ammesso; 
b) altro particolare .effetto di applicazione pi� ristretta � che taluni atti 
interruttivi giovano ad ambedue le parti; quando ci� avviene l'interruzione 
� anche del tipo descritto nella precedente lettera. 

Questa enunciazione presuppone la risoluzione di due particolari questioni: 
se l'effetto sub a) si verifichi a vantaggio della sola Amministra



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 283 

o per opposizione a richiesta di tassa complementare e suppletiva interrompono 
la pr�~crizione a favore di ambedue le parti (2). 
zione o anche del contribuente e se l'effetto sub b) sia proprio di tutti o 
soltanto di alcuni degli atti introduttivi. 

Sul primo punto deve darsi risposta affermativa; non pu� infatti 
contestarsi con valide ragioni che l'interruzione proveniente dal contribuente 
consenta di rimettere in discussione tutta la materia tassabile. In 
realt� la natura legale e pubblicistica dell'obbligazione di imposta e la 
sua unicit� condizionano anche la posizione del contribuente, che in un 
certo modo collabora in quella attivit� perfettibile tendente a far coincidere 
l'obbligazione concretamente attuata al suo paradigma legale. D'altra 
parte gli atti interruttivi del contribuente sono prevalentemente diretti 
a contestare i presupposti (di imponibilit� e di valutazione) sui cui si 
basa la pretesa dell'ufficio; manca di solito una domanda concretata in 
quantit� o in cifre, mentre nell'ambito della contestazione dei presupposti � 
materialmente difficile individuare i limiti obiettivi del controverso; � 
poi sempre possibile un mutamento della qualificazione giuridica dei 
presupposti, ed in genere per il principio dell'unicit� dell'obbligazione 
l'affermazione di un determinato criterio di tassazione si estende alla 
parte del rapporto non controverso; ben difficilmente quindi potrebbe 
applicarsi a danno del contribuente il principio a quantitate ad qualitatem 
non jit interruptio. 

Si ammette infatti concordemente che il contribuente possa, anche 
innanzi al giudice ordinario, ampliare l'oggetto di un ricorso validamente 
proposto o sostenere una domanda da cui discendano conseguenze pi� 
favorevoli (salva ovviamente la preclusione di giudicato) e si ammette, 
come si vedr�, che il ricorso in materia di valutazione interrompa la prescrizione, 
anche per il contribuente, per le questioni di imponibilit�. 
D'altronde la maggior parte degli atti interruttivi del contribuente producono 
il particolare effetto bilaterale dell'art. 141, consentono cio� alla 
Finanza di rimettere in discussione tutta la materia tassabile; sarebbe 
quindi difficoltoso ammettere che un atto del contribuente possa interrompere 
la prescrizione a favore della Finanza in tutta l'ampiezza del 
rapporto ed invece a favore del suo autore nei limiti oggettivi del petitum. 

Si deve quindi ritenere in via generale che anche per il contribuente 
l'interruzione della prescrizione abbia un'efficacia che si estende a tutto 
il rapporto tributario. 

Tuttavia si deve anche riconoscere che esistono talune limitazioni e 
che la posizione del contribuente non � perfettamente coincidente con 
quella della Finanza. Una prima differenza si pu� cogliere nell'estensione 
soggettiva dell'atto interruttivo: mentre per la Finanza l'interruzione 
ha sempre effetto verso tutti i soggetti partecipi dello stesso atto, � assai 
dubbio che l'interruzione prodotta dal contribuente possa giovare al soggetto 
di un'altra convenzione contenuta in uno stesso atto plurimo. A 
volte, poi, l'ampliamento dell'effetto interruttivo pu� essere ostacolato 
dalla decadenza, come quando contro l'accertamento si propone ricorso per 
contestare soltanto alcuni dei valori. Altre situazioni possono configurarsi 
in cui l'effetto dell'interruzione della prescrizione � per il contribuente 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

284 

Quando un cespite per sua natura non soggetto ad accertamento 
di valore (nella specie titoli di Stato) viene colplto definitivamente 

meno esteso che per la Finanza; ma queste particolari eccezioni non 
infirmano la regola generale. . 

La seconda questione concerne l'estensione della portata dell'art. 141, 
portata che sebbene variamente ampliata nelle diverse interpretazioni, non 
abbraccia tutti gli atti interruttivi. Come si � visto la questione pi� controversa 
� quella della assimilabilit� della domanda giudiziale ai ricorsi 
amministrativi per gli effetti d.ell'art. 141. In favore della tesi estensiva 
si adduce che non si saprebbe trovare una ragione per escludere la 
domanda giudiziale dall'effetto interruttivo bilaterale in relazione al fondamento 
di tale effetto; ed abbiamo gi� dimostrato che non � adducibile 
come argomento contrario il fatto che Ia domanda giudiziale si trovi 
menzionata nell'art. 140 che nulla dispone sulla speciale prescrizione 
tributaria. Tuttavia una spiegazione, sia pur soltanto formale, della 
ristretta espressione dell'art. 141 sarebbe quanto meno desiderabile. 

Un tale spiegazione pu� trovarsi nella stessa inutilit� dell'espressa 
inclusione della domanda giudiziale fra quelle previste nell'art. 141. Ed 
infatti, trascurando l'ipotesi in cui la domanda giudiziale segua un ricorso 
amministrativo nel qual (frequentissimo) caso la questione non si pone, 
l'azione ordinaria pu� presentarsi o come una opposizione contro l'ingiunzione 
o come una domanda di accertamento negativo sotto forma di rimborso 
di imposta o di opposizione contro una pretesa manifestata dall'Ufficio 
in modo non formale. Nel primo caso non vi � ragione di ricorrere 
all'art; 141, perch� l'ingiunzione conserva i suoi effetti interruttivi per 
tutta la pendenza del giudizio di opposizione e quindi esiste un atto della 
Finanza che -interrompe autonomamente la prescrizione in suo favore e 
che si aggiunge alla domanda del contribuente a sua volta interruttiva 
per �n suo autore. Nel caso di domanda di accertamento negativo � del 
pari evidente che l'Amministrazione (sostanzialmente e formalmente convenuta 
in giudizio) possa con piena libert� contestare, anche in via riconvenzionale, 
la domanda del contribuente attore e che non si possa verific,
are la prescrizione mentr~ si controverte sul titolo dedotto in giudizio. 
Ih ogni modo la rarit� delle ipotesi di domanda di accertamento negativo 
proposta al giudice ordinario senza antecedente ricorso amministrativo e 
prima della notifica dell'ingiunzione (domanda della cui ammissibilit� 
molto si � discusso e che solo in tempo di molto sucessivo all'emanazione 
della legge di registro si � fatta strada -cfr. Relazione Avv. Stato, 1956-60, 
II, 366) pu� ben spiegare la pkcola lacuna dell'art. 141 che ha ritenuto 
superfluo menzionare le domande giudiziali per le quali non era necessario 
parlare in modo espresso dell'effetto interruttivo bilaterale. 

Si pu� quindi concludere che il particolare effetto dell'interruzione 

dell'art. 14.l. sia da attribuire, in conformit� dell'ultima giurisprudenza 

della S. C., a tutte le domande del contribuente in sede amministrativa 

vera e propria, innanzi alle Commissioni ed innanzi all'A.G.O. � appena il 

caso di precisare che la interruzione cos� prodotta consente ad ambedue le 

parti di rimettere in discussione tutta la materia tassabile, essendo questa, 

come si � visto, una propriet� di tutti gli atti interruttivi. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 285 

con l'imposta principale, si consolida il criterio di tassazione col decorso 

della prescrizione triennale decorrente dal pagamento di detta imposta, 

Dottrina e giurisprudenza concordemente escludono che possa darsi � 
effetto interruttivo bilaterale a vantaggio del contribuente per un atto 
proveniente dall'Amministrazione. Ed invero la norma dell'art. 141 non si 
presta in alcun modo per sostenere la possibilit� che il particolare effetto 
interruttivo si estenda ad atti che non siano quelli provenienti dal contribuente. 
Una ragione di tale limitazione va peraltro ':ricercata non solo 
nell'evidente necessit� di assistere pi� largamente il preminente interesse 
generale e pubblico dell'Amministrazione, ma anche nel fatto che mentre 
la domanda del contribuente pone sempre in contestazione il fondamento 
dell'obbligazione tributaria e stimola quindi, anche a danno del reclamante, 
un completo riesame della rispondenza della pretesa tributaria alla norma, 
ratto proveniente dall'Amministrazione (ingiunzione, atti del procedimento 
coattivo, avvisi di liquidazione, ecc.) prevalentemente, anche se non sempre, 
tende alla riscossione di un'imposta �gi� determinata; sarebbe quindi irragionevole 
che l'atto emanato per ottenere l'adempimento co.attivo della 
obbligazione favorisse il debitore moroso. 

Molto si � invece discusso sul punto se il particolare effetto dell'art. 141 
si estenda dalla materia della valutazione a quella della imponibilit�. La 
dottrina meno recente e la giurisprudenza della Commissione Centrale 
erano decisamente in favore della tesi negativa sul presupposto che gli 
atti inerenti alla valutazione perseguono uno scopo nettamente separato e 
che non mira a contrastare l'obbligazione� tributaria ma, se mai, la presuppone; 
si riteneva quindi che l'accertamento di valore, per l'Amministrazione, 
e il ricorso del contribuente alla Commissione di valutazione, per 
ambedue le parti, non fossero idonee ad interrompere la prescrizione su 
questioni di imponibilit�. 

Il recente orientamento della S. C. � per� diverso: la domanda del 
contribuente, come � intesa nell'art. 141, � anche quella diretta a contestare 
il valore accertato, sicch� in pendenza del procedimento di valutazione ambedue 
le parti possono rimettere in discussione tutta la materia tassabile 
(Cass. 18 febbraio 1963, n. 393 cit.); in senso analogo � stato anche affermato 
che la notifica dell'accertamento di valore, non seguito da ricorso del 
contribuente, interrompe la prescrizione anche per le questioni di imponibilit�, 
ma soltanto a vantaggio dell'Amministrazione (Cass. 11 maggio 
1967, n. 962, Giust. civ., 1967, I, 853). Il principio affermato dalla S. C. si 
rivela il pi� corretto, perch� se d'un canto non par dubbio che l'accertamento 
di valore, secondo i principi generali enunciati nel cod. civ. che 
integrano l'art. 140, sia idoneo ad interrompere la prescrizione, d'altro canto, 
secondo la lettera dell'art. 141, la domanda del contribuente in via amministrativa 
per opposizione a richiesta di tassa complementare comprende 
anche il ricorso contro l'accertamento di valore. 

Chiarita la portata degli artt. 140 e 141 sorge l'opportunit� di verificare 
la conciliabilit� delle conclusioni esposte con il principio della consolidazione 
dei criteri di tassazione, fondato anch'esso sull'istituto della prescrizione. 

In vero � dato di rilevare una certa contraddizione tra quanto si afferma 
sul principio di consolidazione e quanto pi� in generale si sostiene 
in merito alla interruzione della prescrizione. 

9 



286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

indipendentemente dal fatto che per altri cespiti compresi neUo stesso 
atto tassabile abbia avuto luogo l'accertamento di maggior valore e la 
richiesta di impost� complementare (3). 

Esattamente si afferma che estinto per prescr1z10ne (decorrente dalla 
data della registrazione o comunque dal pagamento dell'imposta principale) 
il diritto del contribuente di ripetere le somme che ritiene indebitamente 
pagate e, correlativamente, il diritto dell'Amministrazione di pretendere 
una maggiore imposta che si sarebbe dovuto liquidare, il criterio seguito 
per la determinazione dell'imposta principale diventa incontestabile e va 
quindi applicato, anche in considerazione dell'unit� dell'obbligazione tributaria, 
ai fini di ulteriori liquidazioni di imposta dovuta sullo stesso atto 

(Cass. 15 luglio 1963, n. 1931, Giust. civ., 1964, I, 199; 30 ottobre 1963, 

n. 2915, Riv. leg. fisc., 1964, 193). 
Ma sembra inaccettabile l'ulteriore passo che compiono altre decisioni 
secondo le quali la consolidazione del criterio di tassazione si verifica 
egualmente quando sia decorso il triennio dal pagamento de�la imposta 
principale senza l'intervento di atti diretti a contestare l'imponibilit�, non 
ostante che entro il triennio sia stato contestato il valore imponibile, con 

I

la conseguenza che il tributo complementare debba rispettare rigidamente 
lo stesso criterio fissato per quello principale (Cass. 19 luglio 1965, n. 1615, 
Giust. civ., 1965, I, 1540; 3 luglio 1967, n. 1625 in questa Rassegna 1967, I, 
1041). In questo modo si nega decisamente che l'aecertamento di valore 

I

(a vantaggio della Amministrazione) e il ricorso del contribuente alla Commissione 
di valutazione (a vantaggio di ambedue le parti) consentano di ~ 
rimettere in discussione tutta la materia tassabile, come invece giustamente 
afferma Cass. 11 dicembre 1968, n. 3939 ultra, pag. 287. 


Non pu� quindi condividersi �1a tesi che, ponendosi in contrasto sul 

punto della consolidazione con i pi� generali concetti, esclude che le con


testazioni sulla valutazione siano influenti sulla prescrizione dei diritti 

inerenti all'imponibilit�. Ne consegue che, dovendo l'accertamento di 

valore intervenire entro un anno dal pagamento dell'imposta principale 

(art. 21 d. 1. 7 agosto 1936, n. 1639), la consolidazione rispetto all'imposta 

complementare pu� avere una portata assai limitata. Soltanto se l'accerta


mento di valore non viene opposto_ o � seguito da concordato, la prescri


zione non � interrotta a vantaggio del contribuente e quindi per esso sia 

l'imposta principale sia quella complementare diventano incontestabili col 

decorso del triennio dal pagamento del tributo principale; se invece inter


viene ricorso contro l'accertamento, questo interrompe la prescrizione anche 

ai fini dell'imponibilit� e impedisce la consolidazione; la notifica dell'ac


certamento impedisce a sua volta la consolidazione a danno della Finanza. 

Quanto detto sinora deve intendersi estensibile a tutte le imposte indi


rette, chiara essendo la portata generale delle norme commentate della 

legge di registro e di successione. 

III. Con riferimento pi� specifico alla sentenza in rassegna possono 
essere chiarite alcune questioni pi� specifiche. 
Si � gi� vista l'esattezza dell'affermazione che l'avviso di accertamento, 
quale atto proveniente dall'Amministrazione, non interrompe la prescrizione 
a vantaggio del contribuente. Riguardo al conc�rdato si � pure precisato 
che esso se presuppone il ricorso a:lla Commissione di valutazione segna 
il termine finale dell'effetto interruttivo prodotto per ambedue le parti 
dal ricorso; se invece il concordato non � stato preceduto dal ricorso esso 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 287 

segna il termine della interruzione a favore dell'Amministrazione prodotta 
dalla notifica dell'avviso di accertamento, e ci� in quanto questo atto ha 
lo scopo di provocare entro un termine di decadenza una specifica reazione 
del contribuente che l'Ufficio ha il dovere di attendere, sicch� l'effetto 
interruttivo dell'accertamento si prolunga oltre la data della notifica fino 
alla data dell'eventuale concordato o della decorrenza del termine di trenta 
giorni. 

Degna di nota � la decisione sull'ultimo punto: il criterio di imposizione 
stabilito relativamente a beni non soggetti ad accertamento di valore 
(nella specie titoli di Stato) la cui imposta sia stata liquidata in via principale, 
si consolida con il decorso del triennio dal pagamento, anche se vi 
sia stato accertamento per altri cespiti compresi nello stesso atto tassabile 
dato che in tale ipotesi l'accertamento non pu� riguardare i beni per i 
quali non pu� darsi percezione di imposta complementare. L'affermazione, 
esatta nel caso di specie, lascia perplessi se intesa in senso assoluto; data 
l'unicit� dell'imposta, se la prescrizione � stata interrotta in uno dei modi 
validi (e quindi, anche per il contribuente, con il ricorso contro l'accertamento 
di valore pur se riferito ad altri beni) tutta la materia tassabile pu� 
essere rimessa in discussione; se la prescrizione non � stata interrotta, 
tutto ci� che � stato compromesso con la liquidazione dell'imposta principale 
resta incontestabile. 

C. BAFILE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 dicembre 1968, n. 3939 -Pres. 
Mirabelli -Est. Geri -P. M. Trotta (conf.). -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Foligno) c. Provincia Padovana Frati Minori (avv. 
Prosperetti). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette -Prescrizione -Consolidazione 
del criterio di tassazione -Interruzione -Ricorso alla 
Commissione -Effetti. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141; r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 90). 
Imposta di registro -Atti soggetti ad autorizzazione governativa :
pecorrenza del termine per la registrazione -Beni immobili� e diritti 
reali immobiliari -Irrilevanza della distinzione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 81; cod. civ., art. 813). 
Imposta di registro -Atti soggetti ad approvazione ed omologazione Autorizzazione 
all'acquisto degli enti ecclesiastici -Inapplicabilit� 
dell'art. 81 della legge di registro. 

(r.d. 30 dicembre 192.3, n. 3269, art. 81; 1. 27 maggio 1929, n. 848, art. 9; 
cod. civ., art. 17). 
Il ricorso aiza Commissione contro l'avviso di accertamento di 
valore interrompe ia prescrizione a favore di ambedue le parti ed im




288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pedisce "la conso�lidazione del crite1�io di tassazione seguito nella Liqui


dazione dell'imposta principaie, anche in ordine a contestazioni non 

direttamente sollevate col ricorso ~a in esso implicitamente conte


nute (1). 

Agli effetti deU'applicazione deU'art. 81 della legge di registro 

(secondo il quale il termine della registrazione decorre dal momento 

in cui interviene il provvedimento di app1'0vazione od omologazione o 

in cui l'atto diventa altrimenti eseguibile), e coo riferimento all'auto


rizzazione governativa per l'acquisto da parte degli enti ecclesiastici, 

non ha rilevanza la distinzione tra beni immobili ed altri diritti reali 
-su beni immobili perch�, in mancanza di diverse disposizioni, deve 
applicarsi anche in questa materia il principio generale stabilito nell'art. 
813 cod. civ. (2). 

L'art. 81 della legge di registro, rigorosamente limitato agli atti 

non eseguibiii perch� soggetti ad approvazione, omologazione o termine 

di legge, non si applica a queUi eseguibili ancorch� soggetti all'auto


rizzazione dell'autorit� ai sensi dell'art. 9 della legge 27 maggio 1929, 

n. 848 e 17 cod. civ. (3). 
(Omissis). -I due ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti 

perch� diretti contro la stessa sentenza. 

L'amministrazione finanziaria si duole (con il primo mezzo, della 

violazione degli artt. 42 e 29 r.d:l. 7 agosto 1936, n. 1639 in relazione 

all'art. 7 della legge organica di regiJstro e di falsa applicazione del


l'art. 81 della stessa legge), perch� si doveva ritener rilevante l'ecce


pita prescrizione del criterio di tassazione, la cui inoppugnabilit� non 

consentirebbe pi� di discutere sul diritto della finanza a percepire l'im


(1-3) Sulla prima massima la sentenza segue l'orientamento prevalente 
e pi� attendibile della recente giurisprudenza: il ricorso del contribuente 
anche per la sola valutazione interrompe la prescrizione, a favore di ambe. 
due le parti, su tutta la materia tassabile e quindi anche sulle questioni 
di imponibilit�; sull'argomento si rinvia alla nota di C. BAFILE, Considerazioni 
sull'interruzione della prescrizione nelle imposte indirette, retro, 

pag. 280. 

Sulla seconda massima non risultano precedenti specifici; v. in senso 

conforme F. FERRARA, Le persone giuridiche, Torino, 1938, 244. 

La terza massima involge un interessante problema che la sentenza ha 
esattamente risolto con assai efficace argomentazione. Sull'art. 81 della legge 
di registro si era gi� affermato che l'espressione � atti soggetti ad approvazione 
� va interpretata in senso tecnico, con riferimento ai -contratti pubblici 
soggetti ad approvazione amministrativa (v. Relazione Avv. Stato, 1956-60, 
II, 531 e 1961-65, II, 475). Permaneva tuttavia una notevole confusione sul 
punto se le autorizzazioni amministrative per l'acquisto dei corpi morali 
fossero da equiparare all'approvazione agli �effetti dell'art. 81 (in favore 


v. DE BoNo, La legge del registro, Milano, 1961, I, 463; PEPE, Rassegna di 
giurisprudenza sull'imposta di registro, Milano, 1959, I, 66; contra BERLIRI, 
I 
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 289 

posta proporzionale sul maggior valore, giusta l'applicazione che ne 
era stata fatta all'origine. Conseguirebbe a tale impostazione l'inapplicabilit� 
dell'art. 81 d<;lla legge di registro. 

Sul punto la Corte di merito ritenne irrilevante la proposta eccezione, 
poich� essendo la stessa dipendente dalla questione di merito 
circa la qualificazione degli atti, non avrebbe potuto precludere l'esame 
di quest'ultima, tenuto conto che la qualificazione dell'Ufficio e del 
Tribunale furono conformi. 

Sebbene il ragionamento del giudice di merito sia tutt'altro che 
convincente, in quanto ove fosse ritenuta l'inoppugnabilit� del criterio 
di tassazione, l'imposta sul maggior val9re conseguirebbe � de iure �, 
senza necessit� di ulteriori indagini sulla natura giuridica degli atti 
colpiti, la soluzione adottata merita ugualmente conferma. 

Infatti il periodo prescrizionale deve considerarsi ripetutamente 
interrotto, come ben avevano accertato i primi giudizi, poich� sia il 
ricorso della Provincia padovana alla Commissione provinciale di prima 
ed al tribunale poi, sia quello della finanza alla Commissione Centrale 
ed il suo successivo appello contro la sentenza del Tribunale avevano 
rispettivamente interrotto, per entrambe le parti, il corso della prescrizione. 


N� in contrario vale il rilievo secondo cui l'atto con il quale per 
,la prima volta -erasi impugnato il criterio di tassazione portava 
la data del 15 ottobre 1959, posteriore di tre anni alla registrazione, 
perch� i ricorsi predetti, involgendo questioni di fondo circa la natura 
giuridica degli atti, incidevano necessariamente, come conseguenza non 
superabile, anche sui rispettivi criteri di tassazione. 

Le leggi di registro, Milano, 1947, 45); anche la giurisprudenza remota 
della S. C. aveva ritenuto che l'autorizzazione governativa per l'acquisto 
da parte dei corpi morali influisse soltanto sull'efficacia dell'atto di per 
s� valido e, con riferimento all'imposta di successione, aveva ritenuto applicabile 
l'art. 16 considerando la necessit� dell'autorizzazione come una 
condizione sospensiva dell'efficacia (Cass. 11 luglio 1942, n. 1964, Foro It., 
1943, I, 334). La sentenza in rassegna, con riferimento ai contratti di acquisto 
di beni immobili soggetti all'imposta di registro ha pi� acutamente approfondito 
l'indagine; essa ha chiarito che la portata dell'art. 81 � limitata 
agli atti soggetti ad approvazione od omologazione successive alla stipulazione 
e che in tale .categoria non possono rientrare gli atti che richiedono 
autorizzazioni preventive, precisando peraltro che le due espressioni successive 
e preventive vanno intese non in senso meramente cronologico 
(potendo le autorizzazioni preventive intervenire successivamente in forma 
di ratifica) bensi nel senso sostanziale: sono cio� successive le approvazioni 
che aggiungono ad un atto gi� formato e in s� perfetto una condizione 
(iuris) di efficacia senza la quale l'atto, pur immune da vizi, resta in uno 
stato di pendenza; sono invece preventive le autorizzazioni ch,e influiscono 
sulla validit� dell'atto in quanto incidono su uno degli elementi costitutivi 
e la cui mancanza, mentre vizia l'atto, non impedisce che l'atto stesso pro




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

290 


Essendo quest'ultimi .dipendenti, infatti, dalla contestata 9ualificazione 
del rapporto, i relativi ricorsi ed impugnazioni racchiudevano 
in s�, implicitamente ma non equivocamente, anche la contestazione 
di tali criteri, e quindi una indubbia capacit� interruttiva della prescrizione 
in relazione ad ogni aspetto della controversia. 

Il secondo e terzo mezzo possono essere trattati in modo congiunto, 
data l'intima loro connessione. 

Si sostiene in essi che erroneamente la Corte di merito avrebbe 
parificato, ai fini dell'esigenza della autorizzazione governativa, gli 
immobili ed i diritti reali immobiliari; che il difetto di detta autorizzazione 
non doveva essere considerato quale una condicio iuris, bensl 
come un requsito di validit� degli atti, la cui conseguente nullit� avrebbe 
dovuto essere giudizialmente accertata col diritto -medio tempore della 
Finanza di esigere l'imposta proporzionale, anche sul maggior 
valore accertato (II mezzo); che l'art. 81 della legge organica di registro 
troverebbe applicazione esclusivamente nel caso di atti di approvazione' 
ed omologazione successivi alla conclusione del contratto, a nulla rilevando 
che una autorizzazione, per sua natura preventiva, venga viceversa 
concessa ex-post (III mezzo). 

Questi mezzi sono meritevoli di accogHmento, per quanto di ra~
ione, cio� nel senso e nei limiti di cui appresso. 

� anzitutto il caso di rilevare l'inconsistenza della tesi secondo cui 
si dovrebbe escludere la parificazione fra immobili e diritti reali immobiliari, 
poich� tale opinione � contrastata dalla lettera stessa della 
legge. 

Quest'ultma infatti, all'art. 813 cod. civ., espressamente stabilisce 
che, salvo diverse disposizioni, le norme concernenti i beni immobili 

duca i suoi effetti, almeno fino a quando l'invalidit� non venga dichiarata 
(sulla nozione di autorizzazione cfr. Cass. 18 maggio 1967, n. 1071 in questa 
Rassegna, 1967, I, 975, con ampia nota di richiami). 

Questa esattissima premessa, conforme alla pi� accreditata dottrina, 
applicata all'art. 81 della legge di registro porta necessariamente ad escludere 
che l'atto mancante della autorizazzione, indubbiamente preventiva, 
richiesta dall'art. 17 cod. civ. e dall'art. 9 della I. 27 maggio 1929, n. 848, 
si trovi in uno stato di sospensione dell'efficacia, dato che tale attoj per 
quanto invalido (e non era da affrontare in questa sede l'ardua questione 
di quale tipo di invalidit� comporti il vizio di difetto di autorizzazione) � 
certamente efficace fino a quando l'invalidit� non venga dichiarata. In favore 
dell'interpretazione dell'art. 81 nel senso tecnico e restrittivo, cio� 
con diretto riferimento all'art. 19 della legge di contabilit� di Stato e, 
per gli enti locali, all'art. 296 della legge Com. e Prov., si pu� addurre 
oltre la ragione sostanziale che la sospensione della decorrenza del termine 
per la registrazione � in funzione della temporanea inefficacia e non della 
durevole, anche se sanabile, invalidit�, la ragione formale che il capov. 
dell'art. 81 nel menzionare i � funzionari preposti al servizio interessato 
all'approvazione dei contratti � si riferisce in un senso tecnico e specifico 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 291 

si applicano anche ai diritti reali ed alle relative azioni immobiliari. 

L'Amministrazione ricorrente non ha indicato in base a quale regola 

detta parificazione dovrebbe essere esclusa, nel caso di specie, appunto 

perch� il principio generale non trova alcun ostacolo alla sua appli


cazione. 

Le altre censure contenute nel secondo mezzo sono pressoch� pola


rizzate sulla contestata distinzione, a proposito dell'autorizza.zione gover


nativa, fra il carattere ad essa attribuito di condiCio iuris, incapace 

d'incidere direttamente sulla va'lidit� dell'atto, la cui efficacia rimar


rebbe, invece, sospesa fino �l verificarsi della condizione, e quello risul


tante, a dire della ricorrente, dalla leg�~e n. 848 del 1929, secondo la 

quale.si -tratterebbe di un requisito di validit�, la cui mancanza rende


rebbe nullo l'atto fin dall'origine. 

A parte ogni considerazione sulla esattezza della distinzione e sulla 
puntuale sua applicazione nella fattispecie,. � il caso di osservare che 
la stessa ha una sua prevalente ragion d'essere nei rapporti diretti fra 
�i contraenti, interessati al perfezionamento del contratto da loro con


cluso, ma non nei confronti dei terzi -come � appunto la Finanza 


il cui interesse all'atto � meramente riflesso e strumentale. 

Che l'atto sia nullo, come vorrebbe l'art. 10 legge 27 maggio 1929, 

n. 848, qualora faccia difetto l'autorizzazione all'ente ecclesiastico di 
acquistare immobili o accettare donazioni, oppure sia senza effetto o 
inefficace, come parrebbe ai sensi dell'art. 17 cod. civ., od infine che sia 
annullabile oppure semplicemente condizionato, � questione pressocch� 
irrHevante e superflua, ai limitati fini del quesito proposto. 
Infatti il problema sottopo�sto all'esame del collegio ben pu� prescindere 
dalla soluzione delle accennate questioni poich� consiste per 

ad un concetto ben chiaro di approvazione .che non si presta per un am


pliamento ad ogni sorta di controllo; e meno che mai il cenno ai funzionari 

preposti che debbono partecipare con �lettera raccomandata l'intervenuta 

approvazione, pu� far pensare all'autorizzazione all'acquisto degli enti 

ecclesiastici che si pronuncia con decreto del Presidente della Repubblica 

da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale. 

Il principio affermato nel caso in specie deve essere ovviamente appli


cato a tutte le ipotesi di autorizzazione preventiva che comunque condi


zionino la validit� dell'atto senza influire sulla sua efficacia. Specificamente 

riguardo ai contratti degli enti pubblici sono di norma sempre richieste 

sia le autorizzazioni preventive che l'approvazione successiva; ma mentre 

le autorizzazioni preventive che debbono intervenire nel procedimento am


ministrativo di formazione del contratto e che influiscono negativamente 

sulla validit� del negozio (annullabilit� relativa deducibile solo dall'ente 

pubblico) non ne vulnerano l'efficacia e quindi non esonerano dall'obbligo 

della registrazione nel termine, l'approvazione e il visto di esecutoriet� 

del Prefetto condizionano l'efficacia del contratto e quindi mantengono 

sospesa la decorrenza del termine per la registrazione. 

C. BAFILE 
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292 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

intero nell'accertamento della applicabilit�, o meno, agli atti intorno 
ai quali si controverte, dell'art. 81 della legge di registro. Ora se � 
vero che detta applicabilit� pu� essere esclusa dalla nullit� originaria 
derivante da mancanza di autorizzazione, non � detto che al contrario 
debba essere necessariamente ammessa in ogni altro caso di inefficacia 

o pendenza del rapporto giuridico considerato. 
Con specifico riferimento al caso di specie l'art. 81 della legge di 
registro non trova adeguata applicazione, quand'anche l'autorizzazione 
si dovesse considerare alla stregua di una condicio iuris, perch� la 
norma riguarda l'approvazione od omologazione successiva alla stipulazione 
dell'atto colpito e non gi� l'autorizzazione preventiva a concluderlo 
rilasciata all'organo o all'ente. 

Sebbene i contrasti intorno alla natura di codesti controlli non 
siano del tutto sopiti, si pu� tuttavia considerare l'approvazione come 
un pi� rigoroso legame per .l'ente, tenuto ad ottenerla, di quanto sia 
l'autorizzazione. Infatti mentre quest'ultima, come gi� s'� detto, � concessa 
all'ente in ordine ad una rsua ancor generica intenzione di contrarre 
ed ha perci� carattere preventivo per linee generali, anche se 
comporti ratifica successiva, l'altra, intervenendo a negozio concluso 
con espresso riferimento alle sue stesse clausole, comporta un controllo 
assai pi� penetrante e specifico sopra ogni aspetto della convenzione. 

Malgrado questa indubbia diversit� dei due atti anche l'approvazione 
si suole comprendere fra i controlli preventivi, nel senso che si 
esercita bensl sopra un atto gi� formato, ma prima che lo stesso sia 
diventato eseguibile. 

A questa particolare situazione � appunto ispirato l'art. 81 della 
legge di registro, in quanto gli atti in esso previsti sono soltanto quelli 

� non eseguibili � o perch� ancora soggetti ad approvazione od omologazione 
oppure perch� soggetti, prima d'essere eseguiti ad un termine 
legale. E poich�, finch� l'atto non divenga eseguibile, neppure pu� 
ravvisarsi in esso quella manifestazione di ricchezza, che la legge ha 
voluto colpire, cos� il termine di 20 giorni per la registrazione e la 
relativa corresponsione dell'imposta, decorre dal giorno nel quale l'atto 
� divenuto comunque eseguibile. 
Alla medesima ratio � ispirato <l'art. 17 della legge organica laddove 
stabilisce che il tributo sui trasferimenti vincolati a condizione 
sospensiva � dovuto quando la condizione si verifica o quando l'atto o 
il trasferimento ha effetto prima che la condizione si avveri. 

Diversa � la situazione cui d� luogo il difetto di autorizzazione, 
appunto in vista della diversit� dei due istituti, pur tanto affini fra 
loro, postoch� l'atto � immediatamente eseguibile, comporta subito un 
trasferimento di beni e la relativa manifestazione di ricchezza, che la 
legge vuol colpire, e giustifica quindi la normale applicazione del 
tributo sul valore dichiarato e su quello, eventualmente maggiore, accer


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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
tato dall'Ufficio. Ci� si verifica tanto per l'ipotesi di nullit� dell'atto -� 
PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 
tato dall'Ufficio. Ci� si verifica tanto per l'ipotesi di nullit� dell'atto -� 
(ove l'autorizzazione sia considerata quale un requisito di validit�) -finch� 
detta nullit� non sia stata riconosciuta e dichiarata, in quanto il 
contraente interessato potrebbe non farla valere; quanto per l'ipotesi 
di inefficacia, postoch� anch'essa non impedisce finch� non sia stata 
accertata, che l'atto -medio tempore -consegna i suoi naturali effetti. 

N� in �ontrario � possibile parificare l'autorizzazione tardiva alla 
approvazione, onde estendere all'atto .soggetto. alla.. prima la . disci:plina 
di cui all'art. 81 legge di registro. Infatti l'autorizzazione tardiva si 
configurava come una specie di � ratifica �, capace di integrare o perfezionare 
ex-:post la capacit� contrattuale dell'ente, non suscettibile 
per� dfli:npedire che, frattanto, l'atto produca f suoi effetti, se nessuno 
degli t~tE!ressati ..ne faccia valere ed accertare� i vizi. 

l\itE!ntre dunque l'approvazione, fl'.nch� non sia intervenuta, funziona 
coi:n� uni;! condizione sospensiva, non essendo� l'l:ltto da approvare ancora 
eseguibile, il ditetto di. autorizzazione funzicm;;i. piuttosto come condizione 
risolutiva, poich� l'atto, finch� non se ne fa�ciano valere ed accertare 
I.e ragioni d'invalidit� o di ine:fficaci�, che lo affliggevano, � subito 
suscettibile d'esecuzione. 

Ecco perch� l'applicazione dell'art. 81, ohe peraltro, dato il suo 
carattere tributario, � di stretta interpretazione, deve essere esclusa 
nella fattispecie. 

Ne deriva l'accoglimento, per quanto di ragione, del Ir e III mezzo, 
la cassazione della d�nunciata sentenza ed il� rinvio ad altra Corte. 

Quest'ultima, riesaminando il contesto in quelle parti che non 
siano precluse n� coperte da giudicato, si atterr� al seguente principio 
di diritto: 

� L'art. 81 della legge di registro, rigorosamente limitato agli atti 
non eseguibi.Ii perch� soggetti ad approvazione, omologazipne o termine 
di legge, non si applica a quelli eseguibili, ancorch� soggetti all'autorizzazione 
dell'autorit� ai sensi degli artt. 9 legge 27 maggio 1929, 
n. 848 e 17 cod. civile �. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 gennaio 1969, n. 135 -Pres. D'Armiento 
-Est. Scanzano -P. M. Pandolfelli (conf.) -Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Foligno) c. Scaduto (avv. Scaduto). 

Imposte e tasse in genere -Solidariet� tributaria -Nozione -Giudicato 
intervenuto nei confronti di alcuni dei coobbligati solidali -Opponibilit� 
agli altri -Esclusione. 

La solidariet� assume nel sistema tributario un valore di principio 
non diverso da quello che le � proprio nel diritJto privato. Essa non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

294 

si sottrae atza norma dell'art. 1306 primo comma e.e. e pertanto il giudicato 
inter'Dento fra l'Amministrazione finanziaria ed un condebitore 
� inopponibile a.gli altri condebitori solidali (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso l'Amministra~ione delle 
Finanze, denunciando violazione dell'art. 93 t.u. 30 dicembre 1923, 

n. 3269 in relazione ai principi che regolano l'efficacia del giudicato 
(art. 2909 e.e.), lamenta che la Corte di merito abbia, a torto, ritenuto 
inopponibile agli Scaduto Scardina il giudicato che accertava nei confronti 
del coobbligato solidale Comune di Bagheria il debito d'imposta. 
Sostiene, in rproposito, che, data la unit� e la inscindibilit� 
dell'obbiigazione tributaria, la solidariet� fra pi� condebitori-della 
stessa imposta realizza un vincolo particolarmente intenso, che estende 
i suoi effetti al campo processuale e d� luogo alla mutua rappresentanza 
fra essi, con la conseguenza che la pronuncia che accerta il rapporto 
tributario nei confronti di uno � efficace anche nei confronti dei 
condebitori che siano rimasti estranei al relativo giudizio. 
La censura si riallaccia ad un orientamento consolidato di questa 
Suprema Corte, contestato da gran parte della dottrina. Ma un meditato 
riesame della questione non consente di mantenere fermo quell'indirizzo. 

Nella solidariet� tributaria (che la sentenza 8 giugno 1957, n. 2138 
considera come un aspetto immedesimato nel sistema) questa Suprema 
Corte ha ravvisato caratteristiche peculiari che la sottrarrebbero alla 
disciplina dell'analogo istituto di diritto privato; e ne ha individuato 
le ragioni nell'asserita unit� ed inscindibilit� del debito d'imposta originato 
da un determinato rappm'to: unit� ed inscindibilit�, a loro 
volta desunte dalla natura pubblicistica dell'obbligazione tributaria 
che, come tale, non potrebbe essere o non essere se non identicamente 
nei confronti di tutti i pretesi coobbligati. Venuti, pertanto, ad esistenza 
i suoi presupposti (spesso derivanti dalle volont� convergenti 
di questi ultimi), sorgerebbe fra gli stessi un vincolo� che li collegherebbe 
in una sorta di consorzio originario, con la conseguenza della 
mutua rappresentanza nella fase di acc�ertamento, (ed anche in sede 

(1) Con la presente sentenza la Corte di Cassazione ha riesaminato 
per la prima volta, dopo la sentenza 16 maggio 1968, n. 48 della Corte 
Costituzionale (in questa Rassegna 1968, I, 859). il problema relativo alla 
natura della solidariet� tributaria e, modificando la propria costante giurisprudenza 
(cfr. Relaz. Avv. Stato 1961-65, vol. II, p, 310), ha affermato 
che, non essendo l'obbligazione tributaria una obbligazione indivisibile, 
essa � soggetta ai normali principi di diritto comune relativi alle obbligazioni 
solidali. 
Tale affermazione appare, oggi, da condividersi, pur con tutte le 
riserve che �la rielaborazione della materia, tanto recentemente iniziata, 
impone di adottare e pur facendo fin d'ora salva la esatta precisazione 
delle singole e diverse applicazioni concrete del principio ora affermato. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 295 

contenziosa, al punto da estendere a tutti l'efficacia del giudizio formatosi 
nei confronti di uno di essi) e non consentirebbe in definitiva, 
anche in relazione ad esigenze di opportunit� pratica, decisioni e trattamenti 
difformi. 

Di queste enunciazioni che, senza variazioni sostanziali, sono alla 
base del precedente indirizzo giurisprudenziale (v. sentenze n, 2800 
del 1962, n. 1554 dello stesso anno, n. 3228 del 1958, n. 616 del 1946 
e la citata n. 2138 del 1957) la .sentenza n. 2717 del 1955 individua il 
:fondamento positivo negli artt. 30 e 79 della legge di registro (r.d. 30 
dicembre 1923, n. 3269), 55 legge tributaria sulle successioni (r.d. 30 
dicembre 1923, n. 3270), 18 della legge sulla riforma idegli ordinamenti 
tributari (r.d. 7 agosto 1936, n. 1639), osservando anche che contrasterebbe 
col sistema un accertamento condotto in base ad una possibile 
pluralit� di notifiche con decorrenza di termini indipendenti. 

Orbene, ribadita, con tale sentenza, l'esigenza di ancorare al dato 
normativo la soluzione del problema, sembra al collegio che la legislazione 
tributaria, pur estendendola ad ipotesi che in diritto privato sono 
regolate diversamente (v., ad esempio, l'art. 16 t.u. 29 gennaio 1958, 

n. 645 concernente la responsabilit� degli eredi del contribuente) non 
consenta di costruire la solidariet� come una figura diversa da quella 
disciplinata in via generale dal codice civile (secondo cui alla base dell'istituto 
vi � una pluralit� �di obbligazioni di identico contenuto e rette 
da causa unica), n� giustifichi quella mutua rappresentanza P�rocessuale 
che estenderebbe l'efficacia del giudicato oltre i limiti fissati dall'art. 
2909 e.e. 
J

In proposito, giova anzitutto rilevare che, di fronte alla presunzione 
stabilita dall'art. 1294 e.e., la solidariet� assume, nel sistema 

I

tributario, un valore di principio non diverso da quello che gli � 
proprio nel diritto privato. 

I

L'esame, poi, delle disposizioni che sanciscono la� solidariet� del 
debito d'imposta, non suffraga la tesi dell'unit� ed inscindibilit� della I 
relativa obbligazione, limitandosi esse sostanzialmente a stabilire che i� 
condebitori sono solidali nel �pa�gamento: cosi l'art. 93 della leg�ge di 
registro -che pi� direttamente interessa -e, tra le altre, l'art. 66 

r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 e l'art. 12 d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90 in 
tema di imposta sulle successioni, l'art. 43 legge 19 giugno 1940, n. 762 
e successive modificazioni in �tema di imposta generale sull'entrata, e, 
in tema di imposte dirette, gli artt. 16, 50, 70, 191, 231 e 197 t.u. 29 
gennaio 1958, n. 645, l'ultimo dei quali trova, peraltro, sostanziale 
riscontro nell'art. 2560 e.e.. Sicch�, anche nel caso (che tuttavia 
nella specie non ricorre) in cui l'obbligazione tributaria sorge dalle 
volont� convergenti e dalla pari cooperazione causale di pi� soggetti 
(sottolineate dalla citata sentenza, n. 2138 del 1957), di unitariet� di 
essa non pu� parlarsi come non se ne pu� nell'analogo caso in cui nel 

296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritto privato, pi� soggetti si obbligano identicamente ed in solido, 
ed in cui si ha una pluralit� di obbligazioni rette da un'unica causa. 
Una deroga a tale principio non pu� derivare dalla sola natura pubblicistica 
dell'obbligazione tributaria: tale natura pu� certamente giustificare 
una diversa particolare disciplina rispetto alle obbligazioni di 
diritto privato (come in realt� accade, ad esempio, in tema di riscossione, 
di interessi, di privilegi) e pu� spiegare come la legge che autorizza 
il diverso trattamento giuridico non violi il principio costituzionale 
dell'eguaglianza, ma non vale ad escludere che la diversit� di 
trattamento trovi la sua fonte in una disposizione di legge. 

N�, dell'obbligazione in argomento, � dato rinvenire il fondamento 
positivo della asserita inscindibilit�. Ove, infatti, tale concetto non si 
identifichi con quello della � unit� � (nel qual caso sono sufficienti le 
considerazioni che precedono) e si voglia ricondurre in quello che � a 
base delle obbligazioni indivisi.bili, l'assunto dell'Amministrazione ricorrente 
� chiaramente resistito dalla legge. 

A parte, infatti, la natura divisibile di ogni prestazione che ha 
ad oggetto una somma di denaro, depongono contro l'assunto predetto 
il fatto che il pagamento rateale costituisce il sistema normale in tema 
di imposte dirette, e pu� essere consentito in tema di imposte indirette 

(v. art. 12 legge di registro, art. 65 legge tributaria sulle successioni, 
art. 10 r.d. 22 maggio 1960, n. 316), il fatto che l'art. 24 t.u. 17 ottobre 
1922, n. 1401 (secondo cui ciascuna partita del ruolo fa carico per 
intero agli eredi a norma dell'art. 1205, n. 3 cod. clv. 1865) � stato 
abrogato (v. art. 288 t.u. 1958, n. 645) e sostituito con l'art. 16 t.u. cit. 
(secondo cui gli eredi del contribuente dspondono in solido), ed il fatto 
che, in deroga a quanto dispone l'art. 1181 e.e., il debitore di imposta 
diretta ha facolt� di estinguere parzialmente l'obbligazione (art. 195 
t.u. 
citato). 
Per quanto concerne, poi, le disposizioni che la citata sentenza 
n. 2717 del 1955 indica come rivelatrici di una diversa struttura della 
solidariet� tributaria (a:Dtt.. 30 e 79 legge di ,registro, art. 55 legge 
tributaria sulle successioni, art. 18 r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639) la 
Corte ritiene che esse siano inidonee ad esprimere un principio di 
ordine generale nel senso sostenuto dall',Amministrazione ricorrente, 
sia per la possibilit� di dare ad esse -in s� considerate -una diversa 
interpretazione, anche in relazione al sopravvenuto t.u. 29 gennaio 1958 � 
n. 645, sia per la coesistenza, nell'ordinamento, di disposizioni capaci 
di giustificare un principio opposto. 
Gli articoli citati consentono all'amministrazione finanziaria di 
compiere atti di accertamento in base alla dichiarazione di uno dei 
coobbligati. 

Alla possibilit� di ricondurre le dichiarazioni in parola nello schema 
della confessione e della ricongiunzione di. debito (ci� che sarebbe 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 297 

necessario per poter ravvisare nelle predette disposizioni una disciplina 
parallela e difforme rispetto a quella dettata dall'art. 1309 e.e. 
e conseguentemente desumere una diversa struttura della solidariet� 
tributaria) osta la funzione delle dichiarazioni stesse, le quali, rese in 
adempimento di obblighi generalmente sanzionati, ed inidonee a costituire 
direttamente ed ex se la fonte o la prova dell'obbligazione tributaria, 
sono espressione di quel dovere di cooperazione che la legge 
impone ai soggetti passivi dell'imposta, chiamati appunto a fornire gli 
elementi per l'accer.tamento e la determinazione quantitativa del relativo 
rapporto. 

In relazione a tale precipua funzione, le disposizioni in esame 
vanno interpretate n'el senso che la dichiarazione di uno dei coobbligati 
esonera gli altri dall'analogo adempimento, come con pi� precisazione 
espressamente stabilisce l'art. 17 t.u. 1958, n. 645, e che a tale 
effetto esse prevedono che la dichiarazione o l'invito a presentarla 
possono essere fatti rispettivamente da o ad una sola delle parti. 

Una div~rsa irtterpretazione, inoltre, non riuscirebbe a spiegare la 
presenza, nel sistema, di una di'lliposizione come quella dell'art. 16 u.c. 
del citato testo unico del 1958 che, con riferimento all'ipotesi di procedure 
che debbano proseguire in confronto dei coeredi (solidali) del 
contribuente, estende a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di essi 
(ci� che, peraltro, trova un riscontro analogico nella notificazione collettiva 
ed impersonale consentita anche dall'art. 303 cod. proc. civ.) 
soltanto nel caso in cui gli eredi abbiamo omesso di comunicare all'ufficio 
le loro generalit�, e comunque fino a sei mesi dalla morte del 
contribuente; dal che si evince che, ove l'onere di comunicazione sia 
stato dagli eredi adempiuto, sono necessarie distinte notificazioni, con 
la conseguente possibilit� di autonome decorrenze di termini. 

Tale disposizione (che trova un precedente nell'art. 42 r.d.l. 7 

j 


agosto 1936, n. 1639) concorre a giustificare l'affermazione che il principio 
della mutua rappresentanza processuale (1sicuramente estraneo 
al sistema del processo civile, ove la inscindibiltt� del �rapporto dedotto 
in giudizio impone la integrazione del contraddittorio nei confronti di 
tutti i soggetti che ne sono partecipi, artt. 102 e 331 c.p.c.) � estraneo 
anche al sistema tributario. E la conclusione � ormai incontrovertibile 
dopo che alla tesi dell'amministrazione ricorrente � venuto, comunque, 
a mancare il conforto degli artt. 20 e 21 r.d.l. 7 agosto 1936 cit. 
che, con sentenza n. 48 del 16 maggio 1968 della Corte costituzionale 

(.pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 18 maggio 1968, n. 127) �sono 
stati dichiarati costituzionalmente illegittimi nella � pavte per la quale, 
dalla contestazione dell'accertamento di maggior imponibile nei con-� 
fronti di uno solo dei coobbligati, decorrono i termini per l'impugnazione 
giurisdizionale anche nei confronti degli altri �. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

298 

Deve, quindi, conclusivamente affermarsi che la solidariet� tributaria 
non si .sottrae alla norma dettata dall'art. 1306, 1� comma e.e., e 
pertanto non merita censura la impugnata sentenza che, in applicazione 
di tale noll.'ma, ha ritenuto i1J1opponibile agli Scaduto Scardina il 
giudicato intervenuto fra l'amministrazione e il loro condebitore comune 
di Bagheria. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1969, n. 725 -Pres. Favara Est. 
Iannuzzi -P. M. Pedote (diff.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Peronaci) c. Comune di Terni. 

Imposte e tasse in genere -Soggetti attivi e passivi della potest� tributarla 
-Stato -Enti pubblici minori -Regola dell'assoggettamento 
dello Stato alla potest� tributaria degli enti minori -Sussistenza. 

Tributi locali -Soggezione dello Stato ai tributi previsti dal t. u. della 
Finanza locale per i quali non sia� espressamente disposta l'esenzione 
-Sussiste -Soggezione all'imposta di licenza -Spacci della 
gestione� La Provvida� -Sussiste. 

(t.u. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 183; I. 2 luglio 1952, n. 703; r.d. 5 marzo 
1925, n. 342, art. 1 e 2; d.1.1. 15 marzo 1945 n. 160, art. 1, 2, 3, 4, 5 e 6). 
Salvo che la legge non disponga altrimenti, io Stato � tenuto al 
pagamento dei tributi degli enti pubblici minori quando svolga attivit� 
soggetta alla relativa imposizione, in quanto il potere d'imposta deriva 
al Comune ed agli altri enti dalla legge fiscale, alla quale le Amministrazioni 
dello Stato devono intendersi vincolate, come sono vincolate 
aile altre leggi dell'ordinamento giuridico, in ci� concretandosi il concetto 
di stato di diritto (1). 

(1-2) La giurisprudenza costantemente riaffermatasi durante l'ultimo 
trentennio ha sempre ritenuto che lo Stato, soggetto attivo primario della 
pretesa tributaria, non possa essere soggetto passivo della medesima potest�, 
nemmeno nei confronti di altri enti investiti di una potest� deriv�ta e 
secondaria; di conseguenza lo. stato, in via generale, non � soggetto alle 
imposizioni che gli enti non statali sono abilitati a pretendere per una 
delegazione del potere tributario. Solo in conseguenza di espressa autolimitazione, 
risultante dalla legge, lo Stato pu� eccezionalmente assoggettarsi 
all'imposizione di determinati tributi (dr. da ultimo Cass., Sez. Un., 
8 maggio 1967, n. 902 e Sez. 1, 5_ giugno 1967, n. 1221, in questa Rassegna, 
1967, I, 673; per una assai ampia trattazione del problema nei suoi sviluppi 
storici v. G. ScocA, Stato ed altri enti impositori di fronte al dovere di 
prestazione tributaria, Dir. e prat. trib., 1968, I, 145, nonch� MERCATAfiI, 
Lo Stato come soggetto passivo di imposta, in questa Rassegna, 1967, I, 676; 

v. anche Relazioni Avv. Stato, 1961-65, II, 371 e 1956-60, II, 423). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 299 

Sono soggetti aU'imposta di licenza di ,cui all'art. 183 del t.u. 14 
settembre 1931, n. 1175 della finanza locale i distributori di.viveri �La 


. Provvida� deU;Amministrazione delle Ferrovie dello Stato, in quanto 
essi, mediante atti di intermediazione e di scambio, realizzano un reddito 
di monopolio frutto di un'attivit� di impresa a termini dell'art. 2093 
e.e., nulla rilevando che i detti distributori non hanno l'obbligo di 
munirsi di autorizzazione di polizia e costitJuiscono un'organizzazione 
pubblicistica senza scopo di lucro, con finalit� di assistenza al personale 
ferroviario (2). 


Fermo il principio della normale non assoggettabilit� dello Stato alla 
imposizione di altri enti e dell'eccezionale sottoposizione per effetto di autolimitazione, 
si � discusso dell'ampiezza di tali eccezioni e, con riferimento 
al t. u. della finanza locale, argomentando che molte norme specificamente 
escludono lo Stato dalla contribuzione per determinati tributi, si � affermato, 
non sempre in modo persuasivo, che sussiste la soggezione dello 
Stato ai tributi locali quando l'esenzione non sia espressamente dichiarata. 
Si � cosi ritenuta soggetta l'Amministrazione dello Stato alla tassa per la 
raccolta dei rifiuti solidi urbani (v. le sentenze citate della S. C.), alla tassa 
di occupazione di suolo pubblico (Comm. centrale, 29 marzo 1946; n, 81765, 
Riv. leg. fisc., 1946, 579) ed anche all'imposta di licenza (id. 12 luglio 1963, 


n. 
74499, ivi, 1965, 1217). 
La sentenza ora intervenuta ha invece senza esitazione rovesciato i 
termini del problema, scavalcando una assai ferma giurisprudenza riaffer


i

mata di recente anche dalle Sez. unite. L'assoggettamento dello Stato alla 
potest� tributaria degli enti minori sarebbe, cio�, la regola generale applicabile 
ove non sia diversamente disposto, dato che lo Stato deve intendersi 


l

vmcolato alla legge fiscale, da cui deriva il potere di imposizione degli enti 

!

minori, come ad ogni altra norma dell'ordinamento giuridico secondo il ! 
principio fondamentale dello Stato di diritto. l 

In verit� sembra che il principio� dello Stato di diritto sia stato scomodato 
inutilmente: la questione discussa non si � mai posta nei termini di uno 
stato legibus solutus n�, all'inverso, si � mai pensato che per il principio 
dello Stato di diritto le Amministrazioni statali debbano necessariamente 
essere soggette anche alle imposte erariali. Il problema si pone su di un 
diverso piano e non pu� essere disinvoltamente liquidato, come con l'uovo 
di Colombo, ricorrendo al concetto di Stato di diritto. Ma, in definitiva 
questa pronuncia approfondisc� ben poco il tema generale della capacit� 
dello Stato di essere soggetto passivo di imposta e possiamo quindi ritenere 
che su questo punto la giurisprudenza da considerare ~ncora -dominante 
sia quella dell� menzionate recenti decisioni n. 902 e 1221 del 1967, 
le cui salde motivazioni non sono scalfite dall'odierna decisione. 


Sul punto� pi� specifico, riallacciandosi ai precedenti citati che individuano 
nel t. u. della finanza locale un implicito autoassoggettamento dello 
Stato all'imposizione degli enti locali tutte le volte che l'esenzione non � 


"' 
esplicitamente dichiarata, la pronunzia in rassegna ha esteso all'imposta 
di licenza il concetto gi� affermato per la tassa per la raccolta dei rifiuti 
urbani e per l'occupazione di suolo pubblico. Su questa interpretazione, 
non del tutto persuasiva, del t. u. della finanza locale l'orientamento giurisprudenziale 
pu� dirsi ormai costante. 

-



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

necessario per poter ravvisare nelle rpredette disposizioni una disci


plina parallela e difforme rispetto a quella dettata dall'art. 1309 e.e. 

e conseguentemente desumere una diversa struttura della solidariet� 

tributaria) osta la funzione delle dichiarazioni stesse, le quali, rese in 

adempimento di obblighi generalmente sanzionati, ed inidonee a costi


tuire direttamente ed ex se la fonte o la prova dell'obbligazione tribu


taria, sono espressione di quel dovere di cooperazione che la legge 

impone ai soggetti passivi dell'imposta, chiamati appunto a fornire gli 

elementi per l'accertamento e la determinazione quantitativa del rela


tivo rapporto. 

In relazione a tale precipua funzione, le disposizioni in esame 

vanno interpretate n�el senso che la dichiarazione di uno dei coobbli


gati esonera gli altri dall'analogo ad�mpimento, come con pi� precisa


zione espressamente stabilisce l'art. 17 t.u. 1958, n. 645, e che a tale 

effetto esse prevedono che la dichiarazione o l'invito a presentarla 

possono essere fatti rispettivamente da o ad una sola delle parti. 

Una diversa interpretazione, inoltre, non riuscirebbe a spiegare la 
presenza, nel sistema, di una disposizione come quella dell'art. 16 u.c. 
del citato testo unico del 1958 che, con riferimento all'ipotesi di procedure 
che debbano proseguire in confronto dei coeredi (solidaU) del 
contribuente, estende a tutti l'efficacia di atti notificati ad uno di essi 
(ci� che, peraltro, trova un riscontro analogico nella notificazione collettiva 
ed impersonale consentita anche dall'art. 303 cod. proc. civ.) 
soltanto nel caso in cui gli eredi abbiano omesso di comunicare all'ufficio 
le loro generalit�, e comunque fino a sei mesi dalla morte del 
contribuente; dal che si evince che, ove l'onere di comunicazione sia 
stato dagli eredi adempiuto, sono necessarie distinte notificazioni, con 
la conseguente possibilit� di autonome decorrenze di termini. 

Tale disposizione (che trova un precedente nell'art. 42 r.d.l. 7 
agosto 1936, n. 1639) concorre a giustificare l'affermazione che il principio 
della mutua rappresentanza processuale (sicuramente estraneo 
al sistema del processo civile, ove la inscindibiUt� del �rapporto dedotto 
in giudizio impone la integrazione del contraddittorio nei confronti di 
tutti i soggetti che ne sono partecipi, artt. 102 e 331 c.p.c.) � estraneo 
anche al sistema tributario. E la conclusione � ormai incontrovertibile 
dopo che alla tesi dell'amministrazione ricorrente � venuto, comunque, 
a mancare il conforto degli aTtt. 20 e 21 r.d.l. 7 agosto 1936 cit. 
che, con sentenza n. 48 del 16 maggio 1968 della Corte costituzionale 
(pubblicata nell!;l Gazzetta ufficiale del 18 maggio 1968, n. 127) �sono 
stati dichiarati costituzionalmente illegittimi nella � parte per la quale, 
dalla contestazione dell'accertamento di maggior imponibile nei con-� 
fronti di uno solo dei coobbligati, decorrono i termini per l'impugnazione 
giurisdizionale anche nei confronti degli altri �. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 301 

riori istanze da lui formulate all'udienza: di rimessione della causa al 
Tribuna�le, sarebbe inesatta; che in realt�, si sarebbe trattato non di 
domande nuove, e quindi inammissibili, ma di eccezioni ed anzi, di 
semplici nuovi motivi di difesa, e che in ogni modo, J.'Amministra


zione convenuta prima di eccepirne ola tardivit� nella comparsa conclusionale, 
nulla avendo opposto in proposito nell'udienza in cui le 
nuove istanze erano state formulate, aveva accettato il contraddittorio 
anche su di esse. Svolge, poi, il ricorrente nel :secondo motivo la duplice 
tesi che soggette alla cosiddetta imposta di retrocessione :sarebbero 
soltanto le sentenze dichiarative di inefficacia di negozi gi� originariamente 
�efficaci, escluse, pertanto, anche quelle che dichiarino la 
nullit� di atti sottoposti ad imposta non ripetibile; e che anche in 
quell'unico caso; la cosidetta retrocessione non sarebbe, in effetti, se 
non una attribuzione di diritti, come tale tassabile con imposta graduale 
e non proporzionale. Infine, con il terzo motivo, il ricorrente 
critica l'argomentazione della Corte di merito che, sia pure ai semplici 
effetti fiscali, riconduce gli atti inefficaci nella stessa categoria degli 
atti annullabili e degli atti nulli soggetti ad imposta non ripetibile. os:. 
serva in proposito che la legge di registro, con il particolare trattamento 
che riserva agli atti ed ai trasferimenti sospensivamente condh. 
zionati ed a quelli soggetti ad approvazione, mostra ben chiaramente 

I

Infatti mentre alcuni autor.i (MEssINEo, Dottrina gen. del cont., pag. 

160; SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, pag. 239 

ediz. 1957) ritengono che il contratto concluso dal falsus procurator sia semJ 


plicemente inefficace e ne presuppongono pertanto la validit� nonch� l'integrit�, 
altri ravvisano nell� fattispecie un'ipotesi di imperfezione dell'atto 
per difetto di procura (Russo DE CERAME, Sulla natura giuridica del negozio 
posto in essere dal falsus procurator, in Dir. e giur., 1950, 458 e segg.). 
Altri ancora propendono per l'invalidit� del negozio ritene11dolo annullabile 
o, addirittura, nullo secondo che, nel primo caso, ravvisino un vizio 
nella comunicazione della procura (MINERVIN:r:, Eccesso di procura del rappresentante 
e re8ponsabilit� del dominus, in Foro it., 1947, I, 380 e segg.) 
o, nel �secondo, equiparino il difetto di procura alla mancanza di un elemento 
essenziale del negozio (DE MARTINI, Recesso unilaterale dal contratto 
concluso col rappresentante senza potere, in Riv. dir. comm., 1955, II, 266 
e segg.) oppure, facendo leva sulla formulazione dell'art. 1398 cod. civ. 
che parla di incolpevole affidamento nella validit� dell'atto e sul difetto di 
uno specifico rimedio a favore del dominus, deducano che tale � invalidit� 
non ha bisogno di esser stabilita con una pronuncia, ma inficia radicalmente 
l'atto, � si che pu� esser dichiarata in ogni momento ~ (MmABELLI, 
Dei contratti in generale, commento agli artt. 1398-1399 c. c. in Commen


tario del cod. civ., UTET, 1958, pag. 308). 
Anche per quanto riguarda la ratifica si rinvengono divergenze: le 

ipotesi avanzate sono sostanzialmente due: alcuni, infatti, la considerano 

come un equipollente della procura, altri, invece, la definiscono come atto 

autonomo d'appropriazione retroattiva degli effetti del negozio che darebbe 

luogo ad una fattispecie negoziale complessa (SANTORO PASSARELLI, op. cit., 

10 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

302 

di accogliere la distinzione che secondo la sentenza impugnata essa, 
invece, negherebbe. Non diversamente dagli atti sottoposti a condizione 
sospensiva o a condicio iuris, anche il contratto posto in essere dal 
rappresentante senza poteri od oltre i limiti dei poteri conferitigli, � 
inefficace e, quindi, inidoneo a produrre il suo effetto traslativo fino a 

quando non venga completato con la ratifica del dominus. Se questa 
non interviene e sino a quando non intervenga,. esso � piuttosto un 
non-atto, improduttivo perci� del suo effetto negoziale, e la dichiarazione 
giudiziale della sua inefficacia non comporta certamente l'eliminazione 
di quell'effetto che, non essendosi prodotto, neppure deve essere 
eliminato. 

L'esame dell'ultimo motivo deve precedere quello dei primi due. 

Evidente �, infatti, che tutte le questioni prospettate nei primi 
due -tutte mediatamente o immediatamente concernenti la sussistenza 
dell'obbligo di pagare l'imposta di retrocessione richiesta con 
l'atto ingiuntivo -perdono ogni rilevanza se il detto obbligo viene 

I ::

escluso. E deve, in effetti, essere escluso. 

Questa Corte Suprema ha affermato pi� volte (sentenze 16 gennaio 
1956, n. 97; 17 ottobre 1961, n. 2191; 28 novembre 1958, n. 3808; 
29 ottobre 1967, n. 2668) che il negozio rappresentativo compiuto dal 
falsus procurator o -che � lo stesso -da chi abbia sorpassato i li-

I

.�. 

pagg. 195 e 239). 

La giurisprudenza della Corte Suprema, come d'altronde � ricordato 
dalla stessa sentenza annotata, dopo passate incertezze, � da tempo orientata 
nel senso di considerare l'atto posto in essere dal falsus procurator come �.p 
un negozio in itinere, a formazione successiva, soggettivamente complesso :i 

(Cass. 28 novembre 1958, n. 3808, in Rep. Foro it., 1958, voce mandato n. 58; , 
15 giugno 1959, n. 1831, in Foro it., 1960, I, 1794; 17 ottobre 1961, n. !2191, in 
Foro it., 1962, I, 723; 6 febbraio 1963, n. 190; 8 gennaio 1964, n. 25, in Foro 

. 

it., 1964, I, 797; 29 ottobre 1967, n. 2668, in Riv. leg fisc., 1968, 280). 

' 

. 

Peraltro, anche se il prevalente orientamento � nel senso che tale negozio 
sia, in attesa della ratifica, non invalido ma inefficace, non mancano .

lI

pronuncie che, invece, escludono anche questa ultima, sul presupposto, sia 
pure implicito, che, appunto perch� il negozio � in itinere e cio� non ancora 
perfezionato, non possa parlarsi nemmeno di inefficacia la quale si ' 
ricollega pur sempre ad un contratto completo di tutti i suoi elementi, 
esente da vizi, ma privo di effetti per l'esistenza di un ostacolo esterno 
(Cass. 28 novembre 1958, n. 3808, e 17 ottobre 1961, n. 2191, dianzi citate; 

I

17 agosto 1966, n. 2941, in Rep. Foro it., voce obbl. e cont. n. 432; 26 novembre 
1964; n. 2807, in Giust. civ., 1965, I, 499). 
Quanto al problema della natura giuridica della ratifica la maggior 

Ii

parte delle sentenze si limitano a descriverne gli effetti attribuendo ad essa 

IF

la funzione di condicio iuris (Cass. 6 febbraio 1963, n. 190; 29 ottobre 1967, 

n. 2668, dianzi citate) o, addirittura, di vera e propria condizione sospensiva 
(Cass. 15 giugno 1959, n. 1831, citata). Solo alcune decisioni hanno affrontato 
la questione della sua natura intrinseca definendola come � un negozio 
diretto ad immettere con effetto retroattivo nella sfera giuridica dell'inte. 
~ 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 303 

miti delle facolt� conferitegli dal dominus, � un negozio soggettivamente 
complesso, a formazione successiva, idoneo a produrre i suoi 
effetti subordinatamente al verificarsi della condicio iuris della ratifica. 
Come tale -ossia come negozio in itinere o in stato di pendenza che 
pu�, per�, essere perfezionato in un secondo momento attraverso la 
ratifica del dominus -esso non � nullo e neppure annullabile: posto 
che ci� che � nullo � privo di ogni potenzialit� di perfezionamento, e 
posto che il negozio annullabile spiega i suoi effetti sin dal suo sorgere 
e li mantiene sino a quando non intervenga, eventualmente, la 
pronuncia che .Io .annulli e quegli effetti rimuova. Al contrario, 11� 
ratifica, come manifestazione del consenso del dominus necessaria ad 
integrare il negozio, � un evento positivo senza del quale codesto negozio, 
anco.ra in fieri, rimane improduttivo di effetti. Riaffermata in 
tali termini la �giuridica essenza del contratto della cui specie si tratta, 
la pi� recente delle sentenze sopra citate, ne ha fatto coerente applicazione 
nel campo del diritto tributario, :stattiendo che la pronuncia 
giudiziale dell'inefficacia del contratto concluso dal falsus procuratar 

(o dal rappresentante oltre i limiti dei suoi poteri) e non ratificato 
dal dominus, � sog.getta all'imposta fissa di registro, e non all'imposta 
proporzionale stabilita per le sentenze che comportino trasmissioni o 
retrocessioni della propriet�. 

ressato il risultato dell'attivit� compiuta dal rappresentante senza poteri � 
(Cass. 17 ottobre 1961, n. 2191, citata), oppure (8 gennaio 1964, n. 25, citata) 
attribuendole funzioni di completamento della f�ttispecie negoziale in via 
di formazione. 

Ora, se si costruisse la fattispecie, come la giurisprudenza �della Suprema 
Oorte ha pi� volte affermato, ricorrendo al criterio del negozio in itinere, 
il richiamo ai concetti di inefficacia e di condicio iuris non ha ragione di 
essere; posto che ambedue, come si � detto, presuppongono non �solo la 
validit� ma anche l'integrit� dell'atto. 

Da un lato, infatti, non si vede come possa parlarsi di inefficacia o, 
che � lo stesso, di efficacia sospesa in relazione ad una fattispecie negoziale 
non ancora completa dei suoi elementi costitutivi, dall'altro non 
sembra corretto scambiare un fatto od un atto estrinseco al negozio, al 
cui verificarsi � subordinata la produzione dei i>uoi effetti, con un elemento 
costitutivo del negozio medesimo. 

Non � qui il caso di affrontare e risolvere il problema se sia possibile 
ricondurre entro un medesimo schema giuridico sia la condizione di fatto 
sia la condizione legale o se, piuttosto, non debbano distinguersi nettamente 
i due fenomeni vuoi sotto il profilo della loro essenza, vuoi sotto quello 
della loro disciplina giuridica, tanto pi� che le divergenze .dottrinali 
investono la questione stessa dei limiti concettuali della condizione legale 
e del modo in cui reagisce rispetto al negozio cui si riferisce. 

Preme per� rilevare che secondo l'opinione pi� accreditata la condicio 
iuris non � certamente elemento del contratto ma � costituisce non soltanto 
una concausa della efficacia, bens� anche un elemento arbitrario ed accidentale 
rispetto alla categoria in cui rientra il tipo singolo di atto condi


-



304 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ora, sebbene nella discussione orale sia stato affacciato qualche 
dubbio. in proposito, da parte del difensore dell'Amministrazione Finanziaria, 
la sentenza della cui registrazione si tratta ebbe, per l'appunto, 
a dichiarare l'inefficacia dell'atto di concentrazione in quanto 
Antonio Castigliani, che lo pose in essere in nome della societ� in 
nome collettivo, aveva agito sorpassando i limiti dei poteri rappresentativi 
conferitigli dalla legge e dallo statuto sociale. 

Ci� risulta spiegato nella maniera pi� chiara dalla motivazione, 
sicch� l'endiadi, impropriamente adoperata nel dispositivo -che dichiara 
l'atto di concentrazione � nullo e privo di e~etti � -non �, in 
realt�, un'endiadi. Quell'atto venne ritenuto !Privo di effetti non peroh� 
nullo e, quindi, inefficace per tale ragione, ma inefficace per la diversa 
ragione, inequivocabilmente puntualizzata nella parte motiva, della 
carenza dei necessari poteri di rappresentanza in uno dei contraenti 
e della mancata ratifica da parte della societ� in nome collettivo. 
D'altFo canto le disposfzioni ulteriori della� sentenza relative alla condanna 
dei convenuti a determinati adempimenti e della societ� per 
azioni alla riconsegna dei beni di cui all'atto di concentrazione, non 
s�no ricollegabili ad un trapasso di propriet�, trapasso che la sentenza 
esclude, sibbene al fatto che la detta societ� era entrata in P.Ossesso 
di quei beni senza alcun titolo giustificativo, non essendosene, per lo 

zionato: un elemento cio� che pu� venire soppresso dal quadro della 
fattispecie, senza che con ci� risulti compromessa la esistenza e la efficacia 
del negozio� (FALZEA, Ld costituzione e gli elementi dell'atto giuridico, 
pag. 118, ed. 1941). 

Pertanto, proprio perch� la ratifica, in quanto diretta ad influire non 
sull'effetto negoziale, e cio� sul � vincolo irrevocabile che nasce con la 
concl�sione del contratto �, ma sull'effetto finale, vale a dire � sull'assetto 
definitivo degli interessi quale si compir� in conseguenza del negozio� 
(RESCIGNO, Condizione dir. vig., in Enciclopedia del diritto), si colloca 
nell'ambito delle condicione.s iuris in quanto � l'effetto finale voluto dalle 
parti consiste nell'attribuzione di un diritto ad un terzo estraneo al 
negozio. donde la necessit� di un atto di adesione del terzo che dichiari 
di voler profittare o accettare o ratificare (RESCIGNO, op. Zoe. cit.), non pu� 
condividersi la tesi del negozio in itinere eleborata dalla Corte Suprema 
a meno che non si rin.nci a distinguere tra elementi costitutivi della 
fattispecie negoziale ed elementi a questa estranei ed aventi la sola 
funzione di attribuirle efficacia nei confronti di determinati terzi. 

Tuttavia � giocoforza ammettere che, anche ripudiando il principio 
del negozio in itinere, la collocazione della ratifica nell'ambito della categoria 
delle condizioni legali conduce, agli effetti dell'imposta di registro, 
alle medesime conclusioni cui � pervenuta la sentenza in esame e prima 
di essa quella, dianzi citata, del 29 ottobre 1967, n. 2668 (in Riv. leg. fiscale 
1968, 280; conf. Comm. �cent. 10 marzo 1958, n. 2829, ivi, 1958, 1146). 

Ci� perch� l'art. 17 della legge di registro, sancendo esplicitamente 
che �il pagamento della tassa progressiva, proporzionale o graduale per 
gli atti di. trasferimento vincolati a condizione sospensiva � dovuto quando 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 305 

appunto, con l'atto di concentrazione, effettuato alcun trapasso. Pertanto, 
estranea rimanendo al tema della presente controversia, nella 
quale si discute della legittimit� dell'assoggettamento ad imposta proporzionale 
di retrocessione di una sentenza che ha negato efficacia traslativa 
ad un atto di concentrazione di aziende, la diversa questione 
se le cennate pronuncie di condanna siano da registrare con altra imposta 
che quella fissa (gi� pagata) e quella proporzionale (della quale, 
a titolo d'imposta di retrocessione, l'Ufficio del Registro di Busto Arsizio 
ha ingiunto il pagamento), l'unico principio che deve essere riaf


. 
fermato nella specie � che n� la legge comune riconosce, n� la legge 
tributaria fittiziamente attribuisce, efficada traslativa agli atti stipulati 
dal falsus procurator o da procuratore che esorbiti dai limiti del 
suo mandato. 

L'enunciato principio -il quale altro non esprime che la stessa 
giuridica essenza del negozio rappresentativo stipulato senza i necessari 
poteri di rappresentanza, come atto in .itinere che attende di 
essere completato -�, difatti, valido anche nell'ambito della legge tributaria, 
nonostante che questa a volte, e per ben note esigenze, si discosti 
dalla legge comune. Ma l'equiparazione che essa f.� agli atti validi, di 
una certa categoria di atti nulli (di quegli atti nulli per i quali non 

. ammette la ripetibilit� dell'imposta) �non � argomento suffidente per 
estendere l'equiparazione agli atti che, per non essersi ancora formati, 

la condizione si verifica� e precisando che tra gli atti sottoposti a condizione 
sospensiva sono compresi anche quelli soggetti ad approvazione, 
che non pu� confondersi con l'approvazione amministrativa prevista dal 
successivo art. 81 (!AMMARINO, Commento alla legge. sulle imposte �di registro, 
par. 64), ma che indica ogni atto con cui un terzo conferisce efficacia 
al contratto concluso tra le parti, dimostra chiaramente di distinguere 
tra atti nulli soggetti ad imposta irripetibile (art. 11 della legge di 
registro), in relazione ai quali la dichiarazione di nullit� da luogo al feno


.meno della� retrocessio:qe tassabile, ed atti inefficaci soggetti a tassa fissa 
a norma dell'art..79 tariffa all. A rispetto ai quali, non essendo configurabile 
un trasferimento, non � nemmeno concepibile la retrocessione. 

Sembra, pertanto, inevitabile che la sentenza con cui si dichiari l'inefficacia 
del negozio concluso dal falsus procurator e non ratificato, non 
importando un ritrasferimento di beni, debba necessariamente essere 
soggetta alla sola tassa fissa prevista dall'art. 114, lett. a della tariffa all. A. 

� invece del tutto estranea al problema trattato la disposizione dell'art. 
32 della legge di registro, citata anch'essa dalla sentenza annotata 
a sostegno della decisione adottata, perch� la tassazione provvisoria ivi 
prevista non � in funzione dell'efficacia sospesa del contratto, ma dell'impossibilit� 
di determinare, all'atto della registrazione, la base imponibile 
nella sua interezza. Atteso, quindi, il diverso ambito di operativit� della 
norma contenuta nell'art. 32 � chiaro che essa non pu� essere invocata 
per dimostrare l'inesistenza della discussa retrocessione. 

R. SEMBIANTE 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

306 

rimangono fuori della dicotomia basafa sul criterio della validit� giuridica. 
Al contrario, che l'obbligo tributario non gravi sugli atti ancora 
incompleti nella loro stessa essenziale struttura negoziale, ,� reso evidente 
da quelle norme della legge organica di registro per le quali 
persino fa semplice mancanza di un requisito di eseguibilit� (condizione 
sospensiva, approvazione) o la semplice mancanza di determinatezza 
o di liquidit� del corrispettivo del contratto, comportano il rinvio 
della tassazione sino al momento in cui il requisito di eseguibilit� venga 
all'esistenza (art. 17) o la riscossione dell'imposta in via provvisoria, 
in attesa che il detto corrispettivo sia determinato o liquidato (articolo 
32). -(Omissis). � , 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1969, n. 781 -Pres. Rossano 
-Est. Geri -P. M. Trotta (conf.) -De Santis (avv. Ingaramo) 

c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Soprano). 
Imposte e tasse in ~enere -Accertamento -Intestazione a persona 
defunta -Nullit�. 

f 

E' nuHo l'accertamento tributario intestato a persona defunta, 
anche se notificato all'e1�ede che ne abbia dedottJa la nullit�, (1). 

(Omissis). -Nel terzo mezzo del ricorso si sostiene la nullit� della 
notifica eseguita a Teresa Goduti quale cognata del � De Santis Vincenzo 
ed altri �, in quanto incerta la persona del destinatario, postoch� il De 
Santis Vincenzo era morto gi� da tempo (precisamente il 30 giugno 
1959 secondo le non contraddette affermazioni dei ricorrenti). 

(1) L'affermazione della nullit� dell'accertamento intestato a persona 
defunta sembra troppo assoluta. Bisogna innanzi tutto tener conto 
della norma dell'art. 16 del t. u. 29 gennaio 1958 n. 645 e, per le imposte 
reali, dell'art. 51. Non spetta solo all'Amministrazione aggiornarsi sullo 
status personale dei contribuenti, ma anche a questi di collaborare per 
mettere gli uffici nella condizione di conoscere, cosa non sempre agevole, 
le modificazioni soggettive del rapporto. In difetto delle dichiarazioni 
a cui sono tenuti i contribuenti, non si pu� con troppa franchezza proclamare 
la nullit� degli atti dell'Amministarzione. � questo un grosso 
problema, che non pu� essere affrontato in questa sede, su cui molto 
occorrerebbe meditare. 
La accennata correlazione tra onere del contribuente e obbligo dell'Amministrazione 
appare rilevante anche sotto un altro profilo. La 
decisione in rassegna ha dichiarato la nullit� dell'accertamento senza 
preoccuparsi di verificare, nell'ambito del procedimento, il legame che esso 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 

Tale nullit� non poteva considerarsi sanata, poich� i ricorrenti 
stessi avevano avuto conoscenza dell'accertamento soltanto in seguito 
alla notifica delle cartelle esattoriali, eseguita mediante affissione, nell'albo 
comunale. 

Questa censura, dato il suo carattere preliminare, deve essere 
esaminata per prima, poich� se fondata, sarebbe suscettibile di assorbire 
tutte le altre, ivi compresa quella fondamentale relativa ai nuovi 
orientamenti contro la sussistenza di una solidariet� tributaria di natl:
lra �processuale. 

Essa � pienamente fondata. 

Un antico orientamento giurisprudenziale ha costantemente affermato 
l'invalidit� dell'accertamento tributario intestato a persona defunta, 
per mancanza del soggetto destinatario della imposizione. 
Uguale vizio inficia l'avviso di siffatto accertamento anche se pervenuto 
all'erede, che ne abbia dedotta la nullit�. 

Non ha rilevanza, nella fattispecie, stabilire se si tratta di una 
nullit� assoluta 'o relativa, sanabile o insanabile, che debba essere eccepita 
o possa essere rilevata d'ufficio, perch� il vizio � stato costantemente 
opposto dai contribuenti, ai quali peraltro non pervenne alcun 
avviso di accertamento o di rettifica. 

Inesattamente l'Amministrazione finanziaria sostiene che la no


tifica venne eseguita alla Goduti Teresa, �nella sua qualit� di moglie 

convivente del dichiarante De Santis Oreste, perch� in realt� l'atto, 

che porta la data del 13 dicembre 1963 fu notificato � alla cognata del 

De S'antis Vincenzo ed altri � senza altra indicazione oltre la sotto


scrizione della Teresa Goduti. 

Essendo il De Santis Vincenzo, in detta epoca, morto gi� da tempo, 
la generica qualit� di � cognata � attribuita alla consegnataria dell'atto 

doveva avere con l'atto del contribuente (denuncia annuale dei �redditi). 

Nel caso di specie un solo contribuente aveva denunciato ai fini del


l'imposta, sui fabbricati un immobile di propriet� di parecchie persone; 

l'accertamento � stato dichiarato nullo perch� non regolarmente notifi


cato agli eredi di alcuni dei comproprietari non denunzianti. Sembra evi


dente che coloro che non hanno presentato la denuncia non possono pre


tendere tanta diligenza dell'Ufficio in sede di accertamento; denuncia ed 

accertamento sono due atti dello stesso procedimento che ha i medesimi 

soggetti, sicch� o si ritiene valido l'accertamento notificato al solo denun


ziante, ovvero deve ammettersi che assieme all'accertamento sia inficiata 

di nullit� anche la denuncia. E qui si innesta un altro problema sul quale 

ancora molto occorre riflettere: quello della solidariet� che, comunque 

la si voglia intendere, non potr� sussistere se a vantaggio e non sussistere 

se a danno del contribuente. 

Nel caso discusso affiorava un'ulteriore questione esattamente messa 

a punto della Commissione centrale e disattesa dalla S. C. Per le �ditte 

-



308 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non valeva certo ad individuare alcuno dei contribuenti destinatari 
dell'accertamento, per assoluto difetto della indicazione di costoro 
oltre il nome del defunto. 

Venne cfunque a crearsi una situazione di incertezza sulla individuazione 
della persona o delle persone, alle quali doveva essere notificato 
l'avviso e questo basta per determinarne la nullit�. 


Tanto. ci� � vero che l'instaurazione della presente controversia 
ebbe inizio in base alla notifica delle cartelle esattoriali, ad avvenuta 
iscrizione a ruolo, confermando cosi da� un Iato, l'inidoneit� dell'atto 
a raggiungere il suo scopo e quindi la sua nullit� e dall'altro, la carenza 
di. ogni sanatoria. 

Quest'ultima infatti ha quale necessario suo presuppossto, il rag


giungimento dello scopo cui l'atto � destinato. 

Non pu� per� considerarsi raggiunto detto scopo da parte di un 

atto di accertamento tributario il quale, non essendo mai pervenuto 

al destinatario, ha lasciata tuttora aperta la fase dell'accertamento 

medesimo, rendendo cosi invalida ed illegittima la 'successiva iscri


zione a ruolo. 

Pertanto, quand'~nche si dovesse considerare ancor valida -con


tro il generale presente orientamento -la configurazione di una soli


dariet� tributaria di carattere processuale, la rilevata nullit� sarebbe 

pur sempre, da �sola, idonea a travolgere l'eseguito accertamento e la 

conseguente iscrizione. 

Essendo quest'ultima rimasta ferma, per effetto della denunziata 

decisione, devesi procedere alla cassazione della decisione medesima 

con rinvio alla stessa Commissione Centrale, affinch� uniformandosi 

ai principi sopra illustrati provveda ad eliminare l'illegittima iscri


zione predetta. 

Ogni altro motivo �, come si � premesso, assorbito. -(Omissis). 

collettive non tassabili in base a bilancio, quale � la cpmpropriet� di 
fabbricati, esiste una capacit� giuridica di diritto tributario (art. 8 I comma 
e 11 del t. u.) in forza della quale e in modo unitario ed autonomo � il 
procedimento si svolge nei confronti della ditta collettiva (� essa soggetto 
passivo dell'imposta e non i singoli comproprietari) attraverso le 
persone fisiche che ne hanno l'amministrazione di fatto (che hanno cio� 
presentato la denuncia per la ditta); la ditta collettiva ha un suo domicilio 
fiscale, che pu� essere diverso da quello dei contitolari, ed una sua 
unitaria soggettivit� che d� luogo (o almeno pu� dar luogo) ad una sola 


I 

denuncia e conseguentemente ad un solo accertamento. Esiste quindi una 

�

� rappresentanza � della ditta collettiva che si manifesta attraverso la 
I 
! 
i

persona che presenta la denuncia. Non si pone quindi il problema generale 1 

della solidariet� fra condebitori di imposta, ma l'altro ben diverso della 

r. 
rappresentanza di quei particolari soggetti passivi del rapporto tributario 

che .non .sono n� persone fisiche n� persone giuridiche. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 309 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 marzo 1969, n. 782 -Pres. Pece 
-Est. Pascasio -P. M. Raja (conf.) -Mip.istero delle Finanze 
(Avv. Stato Castiglione Morelli) c. S.p.A. Nava�Imeccanica (avvocato 
Turco). 

Imposta di registro -Supplemento -Giudicato formatosi su precedente 
supplemento -Preclusione. 

n giudica1Jo formatosi su di una prima pretesa di supplemento, 
in quanto copre il dedotto e il deducibile, preclude la possibilit� di. 
elevare ulteriori supplemooti sullo stesso� atto (1). 

(Omissis). __.:. Con l'unico motivo si sostiene che eNoneamente sia 
stato negato l'effetto interruttivo della prima ingiunzione 13 febbr�io 
1957 sul presupposto che la differente qualifica data all'atto sottoposto 
a registrazione desse luogo ad una pretesa fiscale diversa da quella 
iniziale, mentre si trattava della stessa pretesa derivante dall'unico diritto 
dell'Amministrazione alla percezione della imposta. 

Erroneamente inoltre sarebbe stata negata la efficacia interruttiva 
del ricorso proposto dalla Societ� contribuente alla Commissione provinciale. 


(1) L'affermazione contenuta nella sentenza non pu� essere condivisa. 
Il giudicato intervento sul primo supplemento sarebbe di ostacolo 
ad ogni altra pretesa di imposta inerente allo stesso atto; e data l'assolutezza 
dell'affermazione, sussisterebbe la preclusione anche se il nuovo 
supplemento riguardasse altra convenzione COI\tenuta nello stesso atto plurimo 
�che potrebbe avere un soggetto diverso da quella in confronto della 
quale si � formato il giudicato. 
� � invece evidente che il giudicato, secondo i concetti generali, spiega 
efficacia sul rapporto dedotto in giudizio e non su altri; il dedotto e il 
deducibile vanno intesi in relazione a tutte le possibili ragioni influenti 
sull'oggetto del supplemento controverso ma non in relazione a supplementi 
diversi, anche se connessi, per l'oggetto e per il titolo. Con il 
supplemento tributario si esercita non gi� ogni possibile pretesa nascente 
dall'atto registrato, ma una specifica pretesa concretantesi nel pagamento 
di una certa somma e per una determinata ragione; nulla esclude che i 
supplementi siano molteplici e tutti diversi tra loro. Nel caso di specie 
un contratto originariamente registrato come locazione aveva dato luogo 
ad un primo supplemento per la somma di L. 3.032.560 fondato sull'esistenza 
di un contratto di appalto e ad un secon.do supplemento per la 
somma di L. 16.462.810 che si basava sulla costituzione di un diritto reale. 
Evidentemente il giudicato intervenuto sul primo supplemento non preclude 
all'Amministrazione di pretendere il secondo. Gli effetti del giudicato 
possono estendersi soltanto all'oggetto ed al titolo del primo sup




310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le censure sono resistite dall'accertamento compiuto dalla Corte 
d'�ppello circa il giudicato formatosi a seguito della precedente sentenza 
30 settembre 1961 della stessa Corte, che, definendo il ,giudizio 
di opposizione .Proposto avverso l'ingiunzione 13 febbraio 1957, incontrastabilmente 
accert� quale fosse il diritto dell'Amministrazione alla 
percezion~ dell'imposta relativa all'atto di concessione registrato il 27 
marzo 1956 identificando ad un tempo i presupposti, il contenuto ed 
i limiti del diritto medesimo. 

La sentenza impugnata, con apprezzamento che, concernendo la 
formazione di un giudicato esterno ed essendo congruamente e logicamente 
motivato, si sottrae alla possibilit� di censura in questa sede, 
ha ritenuto che la questione allora decisa rimase circoscritta nei precisi 
limiti della pretesa azionata dalla Finanza con la predetta ingiunzione, 
a fondamento della quale stava la diversa qualificazione di 
appalto data all'atto di concessione dapprima assoggettato ad imposta 
come semplice locazione. 

Col rigetto di una simile pretesa e per l'effetto proprio del' giudicato 
che copre sia il dedotto sia il deducibile, rest� precluso -in 
relazione al diritto all'imposta dedotto in giudizio -l'esperimento di 
ogni altra richiesta che gi� in quella sede I'Amministrazione te1~t� di 
proporre in quanto (come nota l'impugnata sentenza) domand� per la 
prima volta nella comparsa conclusionale che ,l'atto registrato fosse 

plemento, cio� ad ogni possibile pretesa di imposta di L. 3.032.560 fondata 
su un contratto di appalto o altro simile rapporto personale. 

� noto che l'obbligazione tributaria nasce dalla legge, e non dall'atto 
dell'ufficio che ha liquidato l'imposta, e deve ottenere la sua attuazione 
in conformit� al paradigma legale con l'eliminazione degli errori che possono 
aver creato un divario tra l'obbligazione, quale � ex lege, e la pretesa 
in �oncreto vantata dall'Ufficio �(Cass. 21 ottobre 1967, n. 2565 in 
questa Rassegna, 1967, 1057). Su questo presupposto il giudicato non pu� 
essere inteso nel senso che con la prima pretesa di supplemento si consumi 
definitivamente relativamente a quell'atto il potere dell'Amm.ne di 
correggere gli errori commessi nella liquidazione dell'imposta principale. 

Altro problema � quello, discusso avanti ai giudici di merito, della 

prescrizione del diritto al supplemento. 

L'effetto interruttivo determinato dal primo supplemento (ingiunzione 

opposta), che consente di rimettere in discussione tutta la materia tas


sabile (artt. 140 e 141 legge di registro), rimane in vita finch� dura il giu


dizio e cessa quando interviene il giudicato. Sotto ,questo riguardo il giu


dicato sul primo supplemento, non preclusivo per l'effetto suo proprio, pu� 

far venir meno il potere di elevare un secondo supplemento iperch� con 

esso � cessato l'effetto interruttivo e pu� quindi nuovamente maturarsi 

la prescrizione. Ma se il potere dell'Amministrazione non � prescritto, 

il giudicato non pu� spiegare alcuna efficacia preclusiva che non sia 

quella sua propria circoscritta all'oggetto ed al titolo dedotti in giudizio. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 311 

qualificato come costitutivo di diritti reali. La domanda fu allora considerata 
non soltanto inammissibile� in rito perch� tardivamente proposta 
ma fu anche ritenuta improponibile affermandosi essere inibito 
al giudice ordinario, investito di un controllo di mera legittimit� della 
pretesa tributaria nell'ambito del rapporto costituito in base ad uno 
specifico titolo, di variare quest'ultimo attribuendo all'atto una qualifica 
diversa da quella attribuitagli al momento della instaurazione 
del rapporto di imposizione. 

< 

Sicch� la pretesa di un supplemento di imposta -sia essa da 
considerare la stessa come sostiene I'Amministrazione ricorrente, sia 
essa da considerare diversa come ha ritenuto la sentenza impugnata trova 
insormontabile ostacolo nella formazione del giudicato che ha 
negato il diritto dell'Amministrazione alla percezione del supplemento 
in quanto� questa in ogni caso si fonda sulla questione relativa alla 
qualificazione dell'atto come costitutivo di diritti reali, questione preclusa 
dal giudicato che definitivamente ha liberato la societ� dalla 
pretesa di supplemento per l'atto di concessione sottoposto a registrazione. 


Pertanto, l'azione della finanza, che si era esaurita con la definizione 
del giudizio seguito alla ingiunzione 13 febbraio 1957, nell'ambito 
del quale l'interruzione della prescrizione dalla ingiunzione operata 
ed anche l'altra interruzione che si pretende fosse derivata dal 
ricorso in data 8 marzo 1957 presentato dalla Navalmeccanica alla 
Commissione provinciale, avevano del pari esauriti i loro effetti, non 
poteva essere riproposta, a titolo diverso, con l'ingiunzione 9 giugno 
1962 che ha dato luogo al giudizio presente, quando gi� la sentenza 
30 ottobre 1961 aveva, passando in cosa giudicata, reso incontrovertibile 
il rapporto tributario sorto daHa registrazione dell'atto in discussione. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 marzo 1969, n. 825 -Pres. Stella 
Richter -Est. Leone -P. M. De Marco (conf.) -Gioggi (avv. Manfredonia) 
c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Savarese). 

Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Imposte 
indirette sui trasferimenti -Controversie di valutazione Ro~
atoria alla commissione distrettuale nel cui territorio si trovano 
i beni da valutare -Necessit� di ulteriore ro~atoria da parte 
della commissione provinciale adita in sede di appello -Esclusione. 

(r.d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 31). 
Imposte e tasse in ~enere -Procedimento dinanzi alle Commissioni Imposte 
indirette su trasferimenti -Controversie di valutazione 


! 
1 

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312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Decisioni della commissione provinciale -Omissione di motivazione 
-Ricorso immediato in Cassazione, ai sensi dell'art. 111 
della Costituzione -Ammissibilit�. 

(Cost. art. 111; r.d. 8 luglio 1937, n. 1516, art. 42). 

Quale mezzo istruttorio, la valutazione in sede di rogato1Tia della 
Commissione, distrettruale nel cui territorio si trovano gli alt'Ti beni, 
dovr� essere rinnovata, anche in appello, solo in caso di nunit� formale 
della valutazione medesima, che implichi mancanza del mezzo 
istruttorio richiesto obbligato'Tiamente dalla legge. Fuori di questo 
caso la valutazione della Commissione in sede di rogato1Tia ha contenuto 
ed efficacia di elemento pro,batolfio che deve essere tenuto p'Tesente 
neUa decisione della commissione competente a p1Tovvedere sul 
reclamo ed � asso1Tbita in questa, a tutti gli effetJti, anche per quanto 
attiene ai mezzi di impugnazione (1). 

(1) La Cassazione ha affrontato per la prima volta, a quanto consta, 
la questione della natura giuridica dalla pronuncia emessa, in sede di 
rogatoria, dalla Commissione distrettuale nel cui territorio si trovino alcuni 
dei beni oggetto della controversia di valutazione e l'ha risolta, accogliendo 
le tesi dell'Avvocatura, con perfetta aderenza al dettato legislativo. 
Detta rogatoria non � che un mezzo istruttorio, imperativamente richiamato 
dalla legge (art. 31 r. d. l. 7 agosto 1936 n. 1639), equiparabile 
alla perizia (conf. BERLLRI, Il processo tributario amministrativo, vol. II, 
pag. 170). La stessa norma, dichiarando espressamente che la valutazione 
effettuata per rogatoria non � soggetta a gravame, esclude che la pronuncia 
della commissione rogata abbia natura giurisdizionale ed implicitamente 
ammette che essa venga considerata dall'organo rogante come dato� istruttorio 
soggetto a libera valutazione al pari di qualsiasi altro mezzo di prova. 

Da ci� discende che, laddove la rogatoria sia stata legittimamente 
reclinata e regolarmente espletata, essa viene acquisita al processo tributario 
in via definitiva e deve essere tenuta presente dall'organo giudicante, 
come qualsiasi altro elemento dell'istruttoria, sia in primo grado 
che in grado di appello. 

Le censure rivolte contro la decisione della Commissione distrettuale 
non importano, quindi, l'obbligo della Commissione di appello di rinnovare 
il mezzo istruttorio legittimamente acquisito, ma semplicemente di 
riesaminare la pronuncia dei primi giudizi in relazione all'intero materiale 
probatorio raccolto in prime cure e, pertanto, anche ad essa rogatoria. 
Questo evidentemente � il senso della sentenza annotata laddove 
afferma che la rogatoria � assorbita nella decisione della commissione 
competente a provvedere sul reclamo, anche per quanto attiene ai mezzi 
di impugnazione. 

In altre parole, non avendo natura giurisdizionale autonoma, la pronuncia 
emessa in sede di rogatoria non pu� formare oggetto di impugnazione 
autonoma, onde l'esclusione della necessit� che essa venga rinnovata 
dalla commissione di appello il cui compito, in merito, si esaurisce 
nella valutazione della fondatezza dei vizi denunciati dalle parti con~ro 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 313 

L'inosservanza dell'obbligo della motivazione della decisione, che 
discende dai principi generati del processo e dall'art. 111, comma 
primo, della Costituzione ed � ribadito specificamente in tema di decisioni 
delle Commissioni tributarie dall'art. 42 r.d. 8 luglio' 1937, numero 
1516, concreta violazione di legge, ai fini dell'ammissibilitd del 
ricorso per cassazione ex art. 111, secondo comma, della Costituziione 
(2). 

(Omissis). -Col primo motivo i ricorrenti deducono che la legge 

n. 1639 del 1936 nel prescrivere che, nelle controversie di determinazione 
di .valore dei trasferimenti, la competenza delle Commissioni 
distrettuali � determinata dalla sede dell'ufficio che ha proceduto allo 
accertamento e nel soggiungere che, allorquando nell'accertamento 
siano compresi beni situati in altre province, il Presidente della Commissione 
adita deve rinviare rogatoria di revisione e di determinazione 
del valore al Presidente della Commissione distrettuale nel cui territorio 
si trovano gli altri beni, ha posto una regola di competenza territoriale 
inderogabile, valevole anche per le.Commissioni provinciali 
di appello, sicch� nella specie si doveva rinnovare la rogatoria alla 
Commissione distrettuale di Roma, stabilendo all'occorrenza i criteri 
di stima ed i nuovi elementi ai quali la Commissione Provincia'.le 
avrebbe dovuto� attenersi nella nuova valutazione richiesta con la rogatoria.
� 
La tesi non trova fondamento nella legge, la quale espressamente 
spiega che la valutazione fatta, in esecuzione della rogatoria, dalla 
Commissione distrettuale � non � soggetta a gravame ed _ha efficacia 
di mezzo istruttorio per la Commissione competente alla quale spetta 
di decidere sul complessivo accertamento �. 

L'oggetto della rogatoria, dunque, � un semplice giudizio tecnico, 
relativo alla valutazione dei beni secondo la consistenza che la Commissione 
del luogo in cui essi sono posti pu� direttamente constatare 

la decisione impugnata anche per quanto attiene a quella parte di <essa 
che si fonda sui risultati della rogatoria espletata in primo grado. 

(2) Poich� l'obbligo della motivazione � sancito, come esattamente 
rilevato dalla sentenza annotata, in via generale, per tutti i provvedimenti 
giurisdizionali, dall'art. 111, primo comma, della Costituzione, e specificamente 
dall'art. 42 del r. d. 8 luglio 1937 n. 1516, il vizio di omessa motivazione 
si traduce in una violazione di legge che autorizza, ai sensi del 
secondo comma art. 111 costituz. citata, il ricorso immedi�to alla Suprema 
Corte di Cassazione avverso le decisioni delle commissioni provinciali 
delle imposte in tema di valutazione (cfr. Cass. S. U. 19 settembre 1967, 
n. 2184, in questa Rassegna 1967, I, 1053; 24 gennaio 1967, n. 211, ivi, 1967, 
I, 154; e soprattutto 7 ottobre 1965, n. 2087, ivi, 1965, I, 1256 con ulteriori 
richiami; cfr. anche Relaz. Avv. Stato, 1960-65, vol. II, pag. 310). 

314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


e secondo i parametri di stima applicabili in loco: giudizio tecnico liberamente 
apprezzabile dalle parti e dalla Commissione territorialmente 
competente a provvedere sul ricorso avverso l'accertamento. 

Quale mezzo istruttorio, la valutazione in sede di rogatoria della 
Commissione distrettuale nel cui territorio si trovano gli altri beni 
dovr� essere rinnovata, anche in appello, solo in caso di nullit� formale 
della valutazione medesima, che implichi mancanza del mezzo istruttorio 
richiesto obbligatoriamente dalla legge. Fuori di questo caso la 
valutazione della Commissione in sede di rogatoria ha contenuto ed 
efficacia di elemento probatorio che deve essere tenuto presente nella 
decisione della Commissione competente a provvedere su�l reclamo ed 
� assorbita in questa, a tutti gli effetti, anche per quanto attiene ai 
mezzi di impugnazione. 

Quindi la necessit� della rinnovazione della rogatoria per valutazione 
della Commissione distrettuale . nel cui territorio si trovino 
altri beni, lungi dall'essere imposta dalla legge, � respinta dalla coerenza 
del sistema processuale dalla legge stessa stabilito e nel quale 
la valutazione suddetta si presenta quale mezzo istruttorio obbligatorio 
che, una volta assunto, deve va'lere per tutte le fasi ed i gradi del 
giudizio. 

Sono fondati invece gli altri motivi di ricorso, che deducono difetti 
di motivazione su punti decisivi della controversia, in particolare 
in ordine alla rettifica di valore della propria quota fatta dal 
Gioggi, con l'in�licazione del pi� ridotto importo di lire 35 milioni, in 
ordine alla determinazione del valore complessivo dei beni in lire 157 
milioni, superiore a quello determinato dalla Commissione distrettuale 
di Roma e L'Aquila, in ordine alle ragioni per le quali � stato ritenuto 
inattendibile il giudizio estimativo richiesto, con rogatoria, alla 
Commissione distrettuale delle Imposte di Roma. 

Le dette censure sono ammissibili in questa sede di legittimit�, 
contrariamente a quanto eccepisce l'Amministrazione, perch� �.nnosservanza 
dell'obbligo della motivazione della decisione, che discende 
dai princ�pi generali del processo e dall'art. 111, comma 1�, della 
Costituzione� ed � ribadito specificamente in tema di decisione delle 
Commissioni Tributarie dall'art. 42 r.d. 8 luglio 1937, n. ~516, concreta 
violazione di legge, ai fini dell'ammissibilit� del ricorso per cassazione 
ex art. 111, II comma della Costituzione. 

Le censure stesse sono poi fondate perch� la �ommissione Provinciale 
nella decisione impugnata s'� limitata ad osservare che, mentre 
i contribuenti avevano indicato quote di importo diverso per complessive 
lire 113 milioni, la Commissione distrettuale aveva stabilito 
quote eguali, ciascuna di lire 44 milioni, per complessivi 132 milioni 
di lire; l'accertamento dell'ufficio invece stabiliva per le tre quote di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 

immobili se a fitto bloccato valori di .Jire 64 milioni, 43 milioni e 50 
milioni. 

Dalle indicazioni dei contribuenti la Commissione ha dedotto la 
convinzione che le quote dovessero essere non eguali. Dopo di che, 
applicati gli importi valutati dell'ufficio tecnico erariale di Roma, 
la Commissione, senza alcun'altra argomentazione, ha� stabilito il valore 
degli immobili in lire 157 milioni e quello delle quote in lire 
63 milioni, 43 milioni, 50 milioni di lire. 

Ora � esatto che in materia di valutazione ai fini delle imposte 
sui trasferimenti della ricchezza la legge richiede una sommaria motivazione 
dalla quale risultino gli elementi di fatto tenuti a calcolo 
nella determinazione dei valori imponibHi, ma proprio perci� la motivazione 
relativa ad una determinazione di valori non � tale se non 
consente di individuare i dati in base ai quali si � proceduto al calcolo 
dei valori da considerare. 

Nella specie la Comm,issione provinciale non solo non ha risposto 
affatto a precise deduzioni dei contribuenti' in ordine aHe valutazioni 
da farsi, ma .s'� riferita puramente e semplicemente alla determinazione 
di valore fatta dall'Ufficio tecnico erariale senza considerare che 
tale valutazione era stata disattesa sia dalla Commissione distrettuale 
di Roma investita con rogatoria, sia dalla Commissione Distrettuale di 
L'Aquila in sede di decisione sui reclami dei contribuenti e bisognava 
accennare quanto meno alle ragioni che consigliavano di modificare 
nel senso prospettato dall'Ufficio tale giudizio della Commissione di 
primo grado, impugnata non solo dall'Ufficio, ma anche dai contribuenti. 


Invero se in linea generale il giudice pu� riferirsi alle risultanze 

della consulenza tecnica senza bisogno di apposita motivazione quando 

ritenga di condividere le determinazioni del tecnico, deve considerarsi 

che l'Ufficio tecnico erariale non ha, nell'ambito dell'organizzazione 

statuale, posizione di indipendenza che ne garantisca l'imparzialit�, 

posizione necessaria perch� si abbia la figura del consulente tecnico 

quale ausiliare del giudice e perci� non pu� la. sua attivit� di valuta


zione essere considerata quale consulenza tecnica rituale; deve ag


giungersi, comunque, che anche nel rito ordinario il principio giuri


sprudenziale richiamato innanzi non trova applicazione nei processi 

di impugnazione, quando siano contestati i criteri adottati dal consu


lente, fatti propri dal giudice di primo grado. In tal caso il giudice 

dell'impugnazione non pu� esimersi dal verificare l'esattezza e la le


gittimit� dei criteri adottati nella decisione impugnata e, mediata


mente, dei cr�teri applicati nelle sue indagini dal consulente tecnico. 

Nella specie invano si cercherebbe di capire perch�, nella deci


sione impugnata, la Commissione provinciale abbia attribuito alla va


lutazione dell'U.T.E. quella rispondenza a realt� che era stata esclusa 

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318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
perflua in quella sede dato che -come gi� detto il contribuente 
deve essere posto in condizioni solo di conoscere la pretesa fiscale in 
tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di una efficace contestazione 
sull'an e sul quantum. 

Si denunzia col secondo motivo la violazione dell'art, 31, n. 1 

I. 6 agosto 1954, n.603; 2511-2539 cod. civ., 23 -13 -22 d.l. 14 dicembre 
1947, n. 1577; sostenendo che trovandosi la societ� cooperativa 
ricorrente (CIAM) nel possesso di tutti i requisiti, richiesti dalla 
legge per essere considerata cooperativa di consumo, e, trovandosi, 
altresi, quale cooperativa di consumo iscritta negli appositi registri 
della Prefettura, lAmministrazione finanziaria non poteva negarle 
detta qualifica, atteso il valore costitutivo della particolare iscrizione 
e l'efficacia della stessa erga omnes. 
Comunque -cos� prosegue l'argomentazione della ricorrente ammesso 
e non concesso che l'Amministrazione finanziaria potesse 
riesaminare la natura dell'attivit� svolta dalla Cooperativa, anche in 
tale caso l'impugnata decisione risulterebbe viziata, non essendo affatto 
incompatibile -come erroneamente ritenuto -con la natura 
di cooperativa � di consumo il fatto che di essa facevano parte come 
socie altre cooperative di consumo. 

Ma il mezzo ora riassunto non contiene, ad avviso di questo Collegio, 
censure che siano giustificate. 

Ed invero, correttamente la Commissione Centrale ha ritenuto 
che � la circostanza che la Cooperativa OIAM fosse iscritta fra le 
Cooperative di consumo nel registro della Prefettura, non poteva impedire 
agli Uffici tributari e conseguentemente alle Commissioni delle 
imposte, di accertare che di fatto la Cooperativa svolgesse attivit� di 
diversa natura, da quella che avrebbe dovuto svolgere quale cooperativa 
di consumo > e quindi non 'le competesse la esenzione dall'imposta 
sulle societ�. 

� d'intuitiva evidenza, infatti, che avendo la legge riservata la. 
esenzione alle � cooperative di consumo � (art. 3 I. 31 agosto 1954, 

n. 603) la qualificazione di una cooperativa come appartenente o non 
appartenente a detta categoria non pu� essere che giuridica, ossia dipendere 
non solo e non tanto dalla denominazione sociale e dal con-� 
testo dell'atto costitutivo e dello statuto, quanto e principalmente dall'attivit� 
concreta ed effettiva svolta dalla Cooperativa. E deve, invece, 
escludersi che la iscrizione di una Cooperativa nell'apposito Registro 
della Prefettura valga a qualificarla come di consumo, agli effetti 
della norma in parola, anche quando (caso di specie) l'attivit� 
svolta di fatto porti indubbiamente a negarle tale qualifica. 
Ci� detto, osserva inoltre il Collegio che non pu� sindacarsi in 
questa sede la valutazione di merito con cui le Commissioni tributarie� 
prima e la Commissione Centrale dopo hanno ritenuto che la Coope




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 

a fitto bloccato valori di lire 64 milioni, 43 milioni e 50 

tdicazioni dei contribuenti la Commissione ha dedotto la 
che le quote dovessero essere non eguali. Dopo di che, 

importi valutati-dell'ufficio tecnico erariale di Roma, 
one, senza alcun'altra argomentazione, ha" stabilito il vanmobili 
in lire 157 milioni e quello delle quote in lire 
~3 milioni, 50 milioni di lire. 
'satto che in materia di valutazione ai fini delle imposte 
tenti della ricchezza la legge richiede una sommaria molla 
quale risultino ,gli elementi di fatto tenuti a calcolo 
1inazione dei valori imponibili, ma proprio perci� la .moativa 
ad una determinazione di valori non � tale se non 
individuare i dati in base ai quali si � proceduto al cal>
ri da considerare. 
,ecie la Com~issione provinciale non solo non ha risposto 
dse deduzioni dei contribuentf in ordine alle valutazioni 

.s'� riferita puramente e semplicemente alla determina1re 
fatta dall'Ufficio tecnico erariale senza considerare che 
one era stata disattesa sia dalla Commissione distrettuale 
estita con rogatoria, sia dalla Commissione Distrettuale di 
sede di decisione sui reclami dei contdbuenti e bisognava 
1anto meno alle ragioni che consigliavano di modificare 
�ospettato dall'Ufficio tale giudizio della Commissione di 

impugnata non solo dall'Ufficio, ma anche dai con-

e in linea generale il giudice pu� riferirsi aHe risultanze 
nza tecnica senza bisogno di apposita motivazione quando 
ndividere le determinazioni del tecnico, deve considerarsi 
tem:iico erariale non ha, nell'ambito dell'organizzazione 
izione di indipendenza che ne garantisca l'imparzialit�, 
!essaria perch� si abbia la figura del consulente tecnico 
re del giudice e perci� non pu� la. sua attivit� di valuta-
considerata quale consulenza tecnica rituale; deve agmunque, 
che anche nel rito ordinario il principio ,giuririchiamato 
innanzi non trova applicazione nei processi 
one, quando siano contestati i criteri adottati dal consuropri 
dal giudice di primo grado. In tal caso il giudice 
:ione non pu� esimersi dal verificare l'esattezza e la le-

criteri adottati nella decisione impugnata e, mediata�teri 
applicati nelle sue indagini dal consulente tecnico. 
~cie invano si cercherebbe di capire perch�, nella deciata, 
la Commissione provinciale abbia attribuito alla va.'
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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 315 

immobili se a fitto bloccato valori di lire 64 milioni, 43 milioni e 50 
milioni. 

Dalle indicazioni dei contribuenti la Commissione ha dedotto la 
convinzione che le quote dovessero essere non eguali. Dopo di che, 
applicati gli importi valutati� dell'ufficio tecnico erariale di Roma, 
la Commissione, senza alcun'altra argomentazione, ha� stabilito il valore 
degli immobili in lire 157 milioni e quello delle quote in lire 
63 milioni, 43 milioni, 50 milioni di lire. 

Ora � esatto che in materia di valutazione ai fini delle imposte 
sui trasferimenti della ricchezza la legge richiede una sommaria motivazione 
dalla quale risultino ,gli elementi di fatto tenuti a calcolo 
nella determinazione dei valori imponibili, ma proprio perci� la motivazione 
relativa ad una determinazione di valori non � tale se non 
consente di individuare i dati in base ai quali si � proceduto al calcolo 
dei valori da considerare. 

Nella specie la Com~issione provinciale non solo non ha risposto 
affatto a precise deduzioni dei contribuenti' in ordine aHe valutazioni 
da farsi, ma .s'� riferita puramente e semplicemente alla determinazione 
di valore fatta dall'Ufficio tecnico erariale senza considerare che 
tale valutazione era stata disattesa sia dalla Commissione distrettuale 
di Roma investita con rogatoria, sia dalla Commissione Distrettuale di 
L'Aquila in sede di decisione sui reclami dei contribuenti e bisognava 
accennare quanto meno alle ragioni che consigliavano di modificare 
nel senso prospettato dall'Ufficio tale giudizio della Commissione di 
primo grado, impugnata non solo dall'Ufficio, ma anche dai contribuenti. 


Invero se in linea generale il giudice pu� riferirsi aHe risultanze 

della consulenza tecnica senza bisogno di apposita motivazione quando 

ritenga di �Condividere le determinazioni del tecnico, deve considerarsi 

che l'Ufficio tecnico erariale non ha, nell'ambito dell'organizzazione 

statuale, posizione di indipendenza che ne garantisca l'imparzialit�, 

posizione necessaria perch� si abbia la figura del consulente tecnico 

quale ausiliare del giudice e perci� non pu� la. sua attivit� di valuta


zione essere considerata quale consulenza tecnica rituale; deve ag


giungersi, comunque, che anche nel rito ordinario il principio .giuri


sprudenziale richiamato innanzi non trova applicazione nei processi 

di impugnazione, quando siano contestati i criteri adottati dal consu


lente, fatti propri dal giudice di primo grado. In tal caso il giudice 

dell'impugnazione non pu� esimersi dal verificare l'esattezza e la le


gittimit� dei criteri adottati nella decisione impugnata e, mediata


mente, dei criteri applicati nelle sue indagini dal consulente tecnico. 

Nella specie invano si cercherebbe di capire perch�, nella deci


sione impugnata, la Commissione provinciale abbia attribuito alla va


lutazione dell'U.T.E. quella rispondenza a realt� che era stata esclusa 



316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dalla Commissione distrettuale e che ancora veniva contestata dai 

contribuenti. 

Ricorre dunque il vizio di violazione di legge per omessa motiva


zione della determinazione di valore adottata: per il che la decisione 

impugnata dev'essere cassata, con rinvio della causa per il riesame 

alla medesima Commissione Provinciale. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 marzo 1969, n. 827 -Pres. Pece 
-Est. D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Coop. Industrie Alimentari 
Modenesi (avv. Gaeta) c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato 
Foligno). 

Imposte e tasse in genere -Accertamento -Req.isiti -Fattispecie Nullit� 
-Insussistenza. 

(1. 5 gennaio 1956, n. 1, art. 1). 
Impo$ta sulle societ� -Agevolazioni -Cooperative di consumo -Accertamento 
dei presupposti -Rilevanza esclusiva dell'attivit� 
svolta. 

(1. 1� giugno 1954, n. 603, art. 31, n. 1). 
L'avviso di accertamento deve contenere elementi sufficienti per 

porre il contribuente nella condizione di conoscere, fin dal primo atto, 

in che cosa si sostanzi la pretesa deU'Amministrazione in tutti i suoi 

elementi essenziali ~ di poter opporre le proprie ragioni per una effi


cace contestazione sull'an e sul quantum. Non � quindi richiesta nella 

motivazione dell'avviso di accertamento la specificazione delle ragioni 

per le quali non s.i ritiene di conceder�e una agevolazione, essendo la 

esclusione del beneficio contenuta impticitamente nella pretesa tribu


taria che si fa valere (1). 

Agli effetti dell'agevolazione deU'art. 31, n. 1 della legge 1 giu


gno 1954, n._ 603, per stabilire se una cooperativa sia b no esclusiva


mente di consumo, non ha rilevanza la costituzione formale dell'ente 

e la sua. iscrizione nel relativo registro tenuto dalla PrefeUura, ma � 

invece influente l'effettiva attivit� svolta (2). 

(Omissis). -Si denunzia con il primo mezzo la violazione del. 
l'art. 1 legge 15 gennaio 1956, n. 1, sostenendosi che erroneamente 
la decisione impugnata non ha ritenuto e dichiarato nullo per difetto 

(1-2) Massime cli evidente esattezza da condividere pienamente. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 317 

di motivazione .l'avviso di accertamento, notificato ad essa Cooperativa. 
Detto avviso -si argomenta -non poteva sfuggire alla eccepita 
nullit�, in quanto non conteneva alcuna spiegazione sul punto 
essenziale, e cio� su quello concernente la esenzione dal tributo, peraltro, 
richiesta ed-arbitrariamente non concessa. 

Si aggiunge, inoltre, dalla ricorrente Cooperativa che l'obbligo 
delle motivazioni, per gli avvisi di accertamento, non � limitato alla 
sola giustificazione del quantum dell'imposta -come sembra abbia 
ritenuto la Commissione Centra�le nell'impugnata decisione -ma deve 
riguardare, anzitutto, se l'imposta stessa sia o non sia dovuta. 

Ritiene il Collegio che la censura non abbia consistenza, proprio 
per le ragioni indicate nelle decisioni della Commissione provinciale 
e della Commissione Centrale, le quali hanno posto bene: in luce che 
l'avviso di accertamento de quo, precisando la natura dell'imposta richiesta 
e l'imponibile, ai fini della liquidazione del quantum, poneva 
il contribuente nelle condizioni di contestare, cos� come ha fatto, la 
pretesa fiscale con perfetta cognizione di causa. 

Ora, ci� soddisfa in pieno il precetto di legge (art. 1 legge 5 ottobre 
1956, n. 1) che mira appunto a tutelare l'interesse del contribuente 
� poter conoscere, fin dal primo atto, in che cosa si sostanzi la 
pretesa fatta valere dall'Amministrazione finanziaria, cos� da poter 
subito opporre le proprie ragioni a difesa, per una contestazione totale 

o 
parz~ale. 
Fuori di questo limite e oltre la salvaguardia di tale esigenza, 
l'obbligo di motivazione dell'avviso di accertamento non si comprende, 
e un maggiore rigore formale si risolve in un vuoto formaUsmo a 
danno della sostanza. 
Ci� premesso, deve riconoscersi che il giudizio delle Commissioni 
di merito sull'idoneit� dell'avviso di accertamento de quo a soddisfare 
il precetto di legge, risulta corretto; � stato ben rilevato, infatti, che 
per quanto riguarda il patrimonio imponibile, la somma accertata corrisponde 
esattamente a quella dichiarata; per quanto riguarda poi, il 
reddito imponibile, esso � calcolato sulla base del reddito netto di 

ricchezza mobile cat. B (e su tale reddito la Cooperativa non ha sollevato 
alcuna specifica contestazione). 

Osserva da ultimo il Collegio che nessun pregio pu� attribuirsi 
alla tesi, sostenuta daUa ricorrente societ� cooperativa, secondo cui la 
nullit� dell'avviso di accertamento deriverebbe dalla mancata precisazione, 
in esso, delle ragioni per le quali l'Amministrazione finanziaria 
non aveva ritenuto di consentire l'esenzione della Cooperativa dalla 
imposta, siccome Cooperativa di consumo a carattere non industriale. 
E' sufficiente considerare, invero, che la esclusione del beneficio fiscale 
risulta in re ipsa ossia dalla stessa pretesa che si fa valere con 

l'avviso di accertamento, e che ogni altra precisazione appariva su


11 



318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

perflua in qu�lla sede dato che -come gi� detto -il contribuente 
deve essere posto in condizioni solo di conoscere la pretesa fiscale in 
tutti i suoi elementi essenziali, ai fini di una efficace contestazione 
sull'an e sul quantum. 

Si denunzia col secondo motivo la violazione dell'art, 31, n. 1 

1. 6 agosto 1954, n.603; 2511 -2539 cod. civ., 23 -13 -22 d.1. 14 dicembre 
1947, n. 1577; sostenendo che trovandosi la societ� cooperativa 
ricorrente (CIAM) nel possesso di tutti i requisiti, richiesti dalla 
legge per essere considerata cooperativa di consumo, e, trovandosi, 
altres�, quale cooperativa di consumo iscritta negli appositi registri 
della Prefettura, l'Amministrazione finanziaria non poteva negarle 
detta qualifica, atteso il valore costitutivo della particolare iscrizione 
e l'efficacia della stessa erga omnes~ 
Comunque -cosi prosegue l'argomentazione della ricorrente ammesso 
e non concesso che l'Amministrazione finanziaria potesse 
riesaminare la natura dell'attivit� svolta dalla Cooperativa, anche in 
tale caso l'impugnata decisione risulterebbe viziata, non essendo affatto 
incompatibile -come erroneamente ritenuto -con la natura 
di cooperativa � di consumo il fatto che di essa facevano parte come 
socie altre cooperative di consumo. 

Ma il mezzo ora riassunto non contiene, ad avviso di questo Col


legio, censure che siano giustificate. 

Ed invero, correttamente la Commissione Centrale ha ritenuto 

che � la circostanza che la Cooperativa OIAM fosse iscritta fra le 

Cooperative di consumo nel registro della Pr�fettura, non poteva im


pedire agli Uffici tributari e conseguentemente alle Commissioni delle 

imposte, di accertare che di fatto la Cooperativa svolgesse attivit� di 

diversa natura, da quella che avrebbe dovuto svolgere quale coope


rativa di consumo � e quindi non 'le competesse la esenzione dall'im


posta sulle societ�. 

� d'intuitiva evidenza, infatti, che avendo la legge riservata la 
esenzione alle � cooperative di consumo � (art. 3 1. 31 agosto 1954, 


n. 603) la qualificazione di una cooperativa come appartenente o non 
appartenente a detta categoria non pu� essere che giuridica, ossia dipendere 
non solo e non tanto dalla denominazione sociale e dal con-� 
testo dell'atto costitutivo e dello statuto, quanto e principalmente dall'attivit� 
concreta ed effettiva svolta dalla Cooperativa. E deve, invece, 
escludersi che la iscrizione di una Cooperativa nell'apposito Registro 
della Prefettura valga a qualificarla come di consumo, agli effetti 
della norma in parola, anche quando (caso di specie) l'attivit� 
svolta di fatto porti indubbiamente a negarle tale qualifica. 
Ci� detto, osserva inoltre il Collegio che non pu� sindacarsi in 
questa sede la valutazione di merito con cui le Commissioni ttibutarie 
prima e la Commissione Centrale dopo hanno ritenuto che la Coope-i 

l 

I 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 

rativa di cui si discute abbia svolto un'attivit� che rientra nel campo 
della produzione e del commercio dei salami in libera concorrenza, 
come qualsiasi altra societ� similare. N� vale opporre, per inficiare 
tale giudizio, che il giudizio stesso sia derivato dall'erroneo concetto, 
espresso nella decisione impugnata, che la Cooperativa non potesse 
qualificarsi di consumo in quanto di essa facevano parte come soci 
altre cooperative. '. 

Anche ammesso, infatti, che detto criterio possa essere errato, 

e non sembra errato, giacch� i � Consorzi � che sono ammessi a 
fruire del beneficio dell'esenzione dall'imposta sulle societ� ai sensi 
dell'art. 31 I. 6 agosto 1954, n. 603 concernono quelli fra societ� cooperative 
di p~�oduzione e di lavoro, e non quelli fra societ� cooperative 
di consumo -la decisione impugnata, lungi dall'essere fondata su 
detto unico criterio, risulta che si � basata, per giungere alla conclusione 
che non trattavasi di societ� cooperativa di consumo, ma di 
una societ� a carattere industriale e commerciale comune,, su di un 
altro elemento d'indiscusso valore probatorio (e peraltro non contestato), 
il quale si ricava dalla vendita di salumi in provincia di Modena 
e fuori provincia, effettuata dalla CIAM in libero commercio 
e senza alcuna discriminazione. 

Orbene, reggendosi la decisione impugnata su tale unica corretta 
considerazione, trovando in essa la sua mtio decidendi, la censura 
mossa dalla ricorrente non pu� inficiarla. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 marzo 1969, n. 898 -Pres. Favara 
-Est. Iannuzzi -P. M. Pedate (conf.) -Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato Freni) c. INAM (avv. Casaburi). 

Imposta generale sull'entrata -Entrata imponibile -Rimborso del 
costo dei libretti consegnati dall'I.N.A.M. agli assistiti -Esclusione 
-Funzione accessoria ad attivit� esente da imposta. 

(1., 19 giugno 1940, n. 762, art. 1 Iett. e). 

Non costituisce entrata imponibile il pagamento eseguito in favore 
dell'INAM a titoio di rimborso del costo dei libretti di iscrizione rilasciati 
agli assistiti, e ci� anche perch� l'emissione dei librett.i ha una 
funzione strumentale ed accessoria rispetto al ve1�samento dei contributi 
esente da imposta a norma dell'art. 1 lettera c) della legge 19' 
�giugno 1940, n. 762 (1). 

(1) La decisione sopra riportata risolve piuttosto con buon senso che 
con rigore logico una questione che assai frequentemente si presenta. Il 
-



320 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rimborso del costo di oggetti o strumenti accessori all'attivit� istituzionale 
di un soggetto determina o no un'entrata imponibile? Molte volte si tratta 
si poche lire rimborsate per costo di stampati, altre volte di ragguardevoli 
somme pagate per valore di materiali impiegati; nella maggior parte dei 
casi la somma rimborsata, arrotondata per eccesso, supera il valore reale 
dell'oggetto o almeno il costo di esso sicch� nel complesso l'operazione 

costituisce una voce attiva di bilancio. Di qu� l'importanza del problema 
assai rilevante nel suo aspetto quantitativo, rispetto al quale si pone una 
quasi istintiva tendenza (testimoniata dalla decisione in rassegna) a non 
complicare con la percezione dell'I.G.E. le minute prestazioni in cui si 
frazione un'attivit� che nel suo complesso non sempre � modesta. 

Non dovrebbe nascer dubbio sul concetto di entrata imponibile come 
corrispettivo, in senso ampio di cessioni di beni o di prestazioni di servizi 
intesi indipendentemente da uno scambio a carattere commutativo in senso 
stretto o di natura speculativa (Cass. 17 marzo 1967, n. 602 in questa Rassegna, 
1967, I, 866 e precedenti ivi citati). � quindi irrilevante che i beni 
ceduti non siano tali in senso economico (non commerciabili) e che la 

prestazione non sia economicamente valutabile; se vi � una ragione di 

l~ scambio, ampiamente intesa nel senso che la somma pagata costituisce cor


ro 

rispettivo di un valore (bene o servizio) offerto, vi sar� un'entrata im


.

ponibile. Quindi anche la somma che si paga come corrispettivo del costo . 

(valore) di uno stampato costituisce entrata, anche se l'operazione non ha 
carattere commutativo e non d� luogo ad una speculazione (che non pu� 

j ' 
tuttavia escludersi) ed anche se l'oggetto (stampato), che ha un costo ed 
un valore di cui si pretende il corrispettivo, non � un bene cedibile o 
commerciabile. 

Sono numerosissimi nella pratica gli esempi di organizzazione di 

::: servizi di vario genere .con l'inserimento (per lo pi� facoltativo) di 
una gestione di economato per la fornitura di mezzi e strumenti con 
l'onere di rimborso a carico del richiedente. In questi casi il soggetto 

I

preposto ad un servizio assume anche una diversa veste di imprenditore 
in un� diverso settore e spesse volte questa accessoria attivit� pu� as


jsumere anche dimensioni 'cospicue e diventare oggetto di speculazione; 
ad esempio negli allacciamenti di utenze di energia elettrica il soggetto 
preposto al servizio di distribuzione pu� diventare un'impresa per il commercio 
di materiali elettrici di cui si provvede all'ingrosso, o addirittura 
producendoli da se stesso, e che :riv:ende al minuto (sotto forma di rimborso 
del costo) ai privati utenti ai prezzi correnti sul mercato di distrii' 
buzione o anche a prezzi superiori. Non sembra dubbio che una tale attivit� 
dia luogo ad entrate imponibili. Talvolta, infatti, operazioni del genere 

.,

I

vengono compiute da un soggetto diverso, magari collegato col gestore 
del servizio, che svolge una vera e propria attivit� speculativa (il richiedente 
del servizio deve fornire in natura determinati oggetti -una certa ' 
quantit� di conduttori elettrici o di stampati ecc. -acquistandoli da 
privati commercianti). Quando, in modo esclusivo o facoltativo, lo stesso 

~. ' 

soggetto preposto al servizio organizza la fornitura degli strumenti pretendendo 
il rimborso del costo, per lo pi� maggiorato o arrotondato 
rispetto al prezzo corrente, esercita un'attivit� accessoria in via autonoma 
soggetta all'I.G.E. 

Ovviamente non ha importanza ai fini dell'imposizione il collegamento 
con cui l'attivit� accessoria si pone rispetto a qqella principale; che il 
pagamento dei contributi previdenizali sia esente dall'imposizione (art. 1 
lettera c della legge istitutiva) non ha alcuna rilevanza sulla diversa 

I

attivit� di approntamento degli stampati, che liberamente l'ente orga



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 321 

nizza al di fuori della sua competenza istituzionale; l'ente potrebbe addirittura 
diventare produttore in proprio dei materiali da distribuire a pagamento 
(ed in regime di monopolio) ed assumere una funzione di imprenditore 
privato nettamente separata da quella di soggetto pubblico preposto 
al servizio assistenziale. 

La modestia del gettito (che non � sempre tale e che comunque nel 
complesso dell'organizzazione pu� assumere dimensioni rilevanti) ed il 
meccanismo, solo apparente, del rimborso di spese non debbono trarre in 
inganno; nell'attivit� di fornitura di oggetti o strumenti che sono comunque 
�beni�, aventi un valore, che si ��cedono� ad un prezzo � Bempre 
insita un'operazione, spesse volte anche lucrativa, costituente entrata 
imponibile. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 24 marzo 1969, n. 933 -
Pres. Tavolaro -Est. Malfitano -P. M. Di Maio (conf.) -Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Coronas) c. Comune di Foligno 
(avv. Leonelli). 

Imposta di registro -DelegaziOni di pagamento -Delegazioni sulle 
imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Tassazione 
autonoma -Esclusione. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. l, 8, 9 e 13, tariffa all. A artt. 28, 30, 31 e 79). ' 
Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle 
imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Natura 
giuridica -Intassabilit�. 

(t.u. 3 marzo 1934, n. 383, art. 299; r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94; d.m. 
18 settembre 1923, art. 9). 
Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle 
imposte di consumo ad estinzione dei mutui contratti dai Comuni Agevolazioni 
di cui all'art. 18 1. 3 agosto 1949, n. 589 -Estensione 
alle delegazioni -Applicabilit� anche nei confronti del soggetto 
delegato. 

(l. 3 agosto 1939, n. 589, art. 18; I. 6 febbraio 1951, n. 126, art. 1; r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, art. 94). 
Le delegazioni di pagamento rilasciate dai Comuni sulle imposte 
di consumo ad estinzione de,i mutui da essi contratti, ancorch� consacrate 
in atti distinti da queUi di mutuo, costituiscono convenzioni strumentalmente 
connesse ex lege con i mutui, e non sono pertanto tassabili 
in via autonoma rispetto a questii (1). 

(1-3) L'estremo interesse della presente i;;entenza � evidente. 
Le Sezioni Unite della Cassazione, riesaminata l'intera materia relativa 
alla tassazione di registro degli atti di rilascio ed accettazione delle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

322 

La accettazione di dette delegazioni si presenta sempre, nei confronti 
del Comune, come modalit� di esecuzione degli obblighi ricadenti 
sul delegato in conseguenza del rapporto di appalto per la gestione 
delle imposte di consumo o del rapporto di semplice tesoreria o del 
rapporto di esattora-tesoreria e, nei confronti dell'ente mutuante, come 
assunzione di obbligazione non in nome proprio, ma per conto del 
Comune, onde il soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni 
di pagamento assume la veste di semplice adiectus solutionis causa. 
Pertanto l'atto di rilascio di dette delegazioni e la relativa accettazione 
non sono tassabiLi n� com{! delegazfoni ai sensi degli artt. 30 e 
31 della tariffa all. A, n� con l'imposta d'obbligo di cui al precedente 
art. 28 (2). 

Il beneficio fiscale di cui al combinato disposto degli artt. 18 legge 
3 agosto 1949, n. 589 e 94 l. di registro si estende anche agli atti 
che si trovano in rapporto strumentale c.;on lo scopo previsto dalla 
legge di favore e quindi anche agli atti di riLascio e di accettazione 
delle delegazioni emesse per la estinzione dei mutui agevolati; esso 
giova altres� anche al soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni 
il quale non riveste, nei confronti dell'ente mutuante, la qualifica 
di obbligato diretto o di coobbligato con il Comune, ma quella 
di sempLice delegato al pagamento in nome e per conto del Comune 
(3). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso l'Amministrazione 
delle Finanze censura la sentenza della Corte di Appello di Perugia 
sotto il profilo della. violazione ed errata applicazione degli artt. 1, 4, 
terzo .comma, ed 8 della legge organica di registro (r.d. 30 dicembre 

delegagioni sulle imposte di consumo emesse dai Comuni per la estinzione 
dei mutui da essi contratti, in parte confermando ed in parte modificando 
la precedente giurisprudenza dettagliatamente richiamata in motivazione, 
hanno sostanzialmente ritenuto che, in ogni caso, i detti atti non possono 
essere assoggettati ad autonoma tassazione. 

Per la verit� non tutte le argomentazioni ed affermazioni contenute 
nella sentenza in esame possono essere condivise. Cos� non sembra dubitabile 
che l'art. 9 della legge di registro riguardi le convenzioni, indipendenti 
o connesse, contenute in uno stesso atto, e non possa pertanto 
essere utilizzato per la disciplina di convenzioni contenute in atti diversi. 
Ugualmente � a dirsi per quanto riguarda la natura di semplici indicazioni 
di pagamento attribuita alle delegazioni in esame, dato che non si 
riesce a comprendere come, in tal modo, esse possano assumere quella 
funzione di � garanzia di debiti assunti o da assumere � espressamente indicata 
nell'art. 94 del T.U.F.L. 

Ciononostante, non � dato prevedere che i principi affermati con la 
sentenza in esame possano essere disconosciuti da ulteriori pronuncie della 
Suprema Corte.. 


PARTE I, SEZ. V, GI�RISPRUDENZA TRIBUTARIA 323 

1923, n. 3269), in relazione all'art. 28 della tariffa all. A alla predetta 

I 
legge, nonch� al:l'art. 94 del t.u. per la Finanza locale (r..d. 14 settembre 
1931, n. 1175), all'art. 5 del t.u. sulla riscossione delle imposte 1 

j 

dirette di cui al r.d. 17 ottobre 1922, n. 1401, e all'art. 9 del d.m. 19 

,J 

' 

settembre 1923 contenente i capitoli normali per l'esercizio delle Esati 


i 
torie delle imposte dirette. l 

I I

In particolare l'Amministrazione ricorrente ha posto in evidenza 
la distinzione cronologica e di contenuto tra l'atto del 20 maggio 1957 
(contenente� il rilascio delle delegazi�ni di pagamento e della cui tas


l

sazione si discute) e l'atto 10 luglio 1957 (contenente la stipulazione 
del mutuo tra.il Comune di Foligno e rn.N.A.). 

I 

Sul presupposto della enunciata separazione tra i due atti, l'Ami 
ministrazione ha proposto varie censure che possono essere riassunte ,j 
come segue: j 

a) con l'atto 20 maggio 1957 non venne conferito alla Cassa di I 
Risparmio di Foligno, esattore-tesoriere del Comune di Foligno, anche ! 

!

il servizio di esazione delle imposte di consumo, cosi come prescritto 

' 
dall'art. 94 del t.u. sulla finanza locale. In conseguenza di tale situaI 
zione deve ritenersi che la predetta Cassa di Risparmio assunse in via 
diretta ed autonoma l'obbligo di pagare all'I.N.A. (Ente mutuante) 
l'importo delle delegazioni emesse dal Comune a favore dell'I.N.A. 

I 

j

per la estinzione del mutuo; 
b) il carattere. autonomo dell'obbligazione della Cassa di Risparl 
mio � ribadito dalla clausola del non riscosso per riscosso, contenuta � 

j

nell'atto di rilascio delle delegazioni. Poich� il gettito delle imposte di 1 
consumo non � predeterminato in base a ruoli, la clausola di cui sopra j 
esponeva la Cassa di Risparmio a pagare all'I.N.A. anche la eventuale 
differenza tra l'importo delle delegazioni e l'eventuale minore gettito 

I 

delle imposte delegate; 

c) l'obbligo per gli esattori, derivante dall'art. 9 del d.m. 19 
settembre 1923 (contenente i capitoli normativi per l'esercizio delle 
Esattorie delle imposte diTette e richiamato dalla Corte d'appello), di 

I

accettare le delegazioni di pagamento rilasciate dai Comuni sui pro


l i 

venti delle imposte di consumo non esclude la necessit� di una succes


siva e specifica manifestazione di volont� d�ll'esattore per accettare 

le predette delegazioni, cosi come si � verificato nella specie proprio 

I

con l'atto 20 maggio 1957. Ed � tale nuova. manifestazione di volont� 

I \ 

che d� vita ad una obbligazione autonoma (tassabile a s�, rispetto al 
contratto di mutuo), in base all'art. 28 della tariffa all. A della legge di 
registro, il quale ultimo sarebbe in ogni caso applicabile quand'anche 
si potesse parlare di un atto meramente ricognitivo di un'obbligazione ! 
ex lege; 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

324 

d) il terzo comma dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, 
testimonia ulteriormente il carattere autonomo e convenzionale del 
rilascio e dell'accettazione (da parte dell'appaltatore delle imposte o 
dell'esattore tesoriere) dell� delegazioni di pagamento; 

e) l'art. 14 del d.1.1. 8 marzo 1945, n. 62, richiamato dalla Corte 
d'appello ad ulteriore giustificazione della propria decisione, limita 
l'obbl,igo di soddisfare le delegazioni di pagamento intra vires del riscosso 
solamente se la gestione delle imposte di consumo � data in 
appalto e se le delegazioni sono state emesse da un Comune danneggiato 
gravemente dalla guerra. L'argomentazione che, ragionando a 
contrariis, la Corte d'appello ha ricavato da tale disposizione, per 
dedurne che in tutti gli altri casi anche l'obbligo del non riscosso 
per riscosso deriva ex lege, � inesatta. Infatti, la norma dell'art. 14 
del d.1.1. n. 62 del 1945 � norma del tutto eccezionale e non pu� valere 
per la risoluzione del problema generale, tanto pi� -per quel che 
riguarda la specie in esame -che il Comune di Foligno non � un 
comune gravemente danneggiato dalla guerra ed aveva ed ha la gestione 
diretta delle imposte di consumo. 

Le prime quattro censure non sono fondate; la quinta non � 
rilevante. 

L'Amministrazione ripropone a queste Sezioni Unite la tesi della 
tassabilit� in via autonoma (questa volta in base all'art. 28 della tariffa 
all. A alla legge �di registro) del rilascio delle delegazioni di pagamento 
sulle imposte di consumo o su altri cespiti delegabili per legge, effettuato 
da un comune al fine della regolare estinzione di un mutuo da 
esso contratto per la esecuzione di opere pubbliche. 

La questione ha formato oggetto di non sempre concordi pronunzie 
di questa Corte Suprema. 

Con sentenza n. 1132 del 1936, con sentenza 18 luglio 1941 (in 
Giur. Imp. Registro, 1943, I, 1) e con sentenza 20 maggio 1946 (in 
stessa rivista 1946, I, 176) questa Corte statui che il� rilascio delle 
delegazioni di pagamento, costituendo un semplice strumento di pagamento 
per la restituzione della somma mutuata al Comune, non � 
tassabile in via autonoma. 

Con le sentenze n. 450 e n. 452 del 1967 il rilascio delle delegazioni 
di pagamento venne ritenuto tassabile in via autonoma ai sensi 
degli artt. 30 e 31 della tariffa all. A alla legge di registro. 

Con le sentenze n. 1200 e n. 1451 del 1968 � stata affermata la 
tassabilit� autonoma, ai sensi dell'art. 28 della tariffa all. A (e cio� 
come dichiarazione, quanto meno ricognitiva, della obbligazione di 
una somma di denaro), del rilascio delle delegazioni contenute in atto 
separato da quello del mutuo. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 325 

Con la sentenza n. 1526 del 1968 � stato escluso che il rilascio 
delle delegazioni di pagamento possa rientrare nel concetto del <'.ontratto 
di esattoria da registrarsi gratuitamente ai sensi dell'art. 12 
della tabella c della legge di registro. 

Con altro gruppo di pronunzie (sentenz� n. 1593 del 1966; sentenze 
n. 1151 e n. 1629 del 1967; sentenza n. 1278 del 1968) � stato 
invece ritenuto che il rilascio delle delegazioni di pagamento non � 
tassabile in via autonoma, perch� � inscindibilmente connesso ex lege 
con l'atto di mutuo cui accede. 

Con le sentenze n. 416 e n. 2238 del 1965 il problema � stato 
invece esaminato, e risolto positivamente, sotto il profilo della applicabilit� 
del beneficio fiscale (registrazione gratuita come per gli atti 
dello Stato) ai sensi dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589. 

Con la sentenza n. 429 del 1967 queste Sezioni Unite, esaminando 
il caso in cui il rilascio delle delegazioni � contenuto nello stesso atto 
del mutuo, hanno escluso la tassabilit� delle delegazioni. 

Ci� premesso, va anzitutto precisato che non ha influenza, contrariamente 
a quanto dedotto dalla ricorrente Amministrazione a presupposto 
delle ulteriori censure, il particolare che, nella specie, il rilascio 
delle delegazioni di pagamento e il rapporto di mutuo si trovino 
consacrati in due atti separati (rispettivamente, in data 20 ma�ggio e 
10 luglio 1957). � pacifico che nell'atto di rilascio delle delegazioni vi 
� la esplicita affermazione del carattere strumentale di tali delegazioni 
rispetto al mutuo da contrarsi dal Comune. 

Consegue che, in ogni caso, la efficacia delle delegazioni restava 
necessariamente e sospensivamente condizionata, anche ai fini fiscali e 
in base all'art. 17 della legge di registro, alla futura stipulazione del 
mutuo. 

E poich� detta stipulazione del mutuo non dipendeva dalla mera 
ed esclusiva volont� del Comune di Foligno, ma anche dal consenso 
dell'ente mutuante e dalle necessarie approvazioni dell'autorit� tutoria, 
non sarebbe stata possibile, in ogni caso, tassazione diversa dalla imposta 
fissa in base al combinato disposto del menzionato art. 17 della 
legge organica di registro e dell'art. 79 della tariffa all. A della predetta 
legge. 

D'altra parte � pure pacifico che l'atto di mutuo conteneva il 
richiamo esplicito al precedente atto di rilascio delle delegazioni, tanto 
che era stata allegata, all'atto di mutuo, la copia della approvazione 
del Prefetto al rilascio delle delegazioni. In definitiva i due atti (rilascio 
delle delegazioni e stipulazione del mutuo) si integravano necessariamente 
e vicendevolmente, sia per il reciproco richiamo dell'uno 
all'altro, sia per il loro contenuto obiettivo; e dettero vita, in tal modo, 
ad un unico rapporto complesso, che � quello che va tenuto presente 
ai fini della. tassazione. 



326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 326 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Infatti, in via generale va rilevato che � vero che la tassa dl 
registro � tassa di atto, ma � anche vero che l'art. 9 della legge di 
registro, statuendo che ogni negozio giuridico sconta la propria tassa 
anche se pi� negozi risultano consacrati in un unico atto in senso 
materiale, ha voluto evitare eventuali frodi fiscali e precludere alle 
parti la possibilit� di eludere, attraverso l'espediente della unicit� del 
documento, la tassazione per ciascun distinto negozio. Se, al contrario, 
in un unico documento sono consacrati pi� negozi giuridici (in tal 
senso, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema:, va intesa 
la espressione e disposizioni � dell'art. 9 in esame) inscindibilmente 
connessi, per volont� di legge o per la loro� intrinseca natura, in tal 
caso ci si trova di fronte ad una fattispecie di negozio complesso ovvero 
di negozio misto, e, sempre in virt� del menzionato art. 9, la tassazione 
� unica. Da ci� si desume che la unicit� o la molteplicit� della tassazione 
� conseguente rispettivamente alla unicit� del negozio o alla 
molteplicit� di negozi che non siano -per� -tra essi inscindibilmente 
connessi in virt� di legge o per la loro intrinseca .natura. 

E, se anche gli elementi del negozio unico o dei negozi inscindibilmente 
connessi risultino, come nella specie, consacrati in pi� scritture 
che si iptegrano a vicenda, in tal caso alla unicit� del negozio 
(semplice o complesso) deve corrispondere unicit� di tassazione, atteso 
-da un lato -il principio generale per cui uno stesso negozio non 
pu� ai fini della legge del registro essere tassato che una volta sola 
(sentenze n. 2590 del 1949; n. 397 del 1944; n. 1865 del 1928) e, dall'altro, 
il principio costantemente affermato da questa Corte Suprema 
secondo cui, in base all'art. 8 della legge di registro, la tassazione va 
fatta in relazione al contenuto degli atti sottoposti a registrazione, 
previa la identificazione dei loro effetti anche potenziali. 

Va, poi, rilevato che � lo stesso art. 94 del t.u. sulla finanza locale 
a disciplinare in modo uniforme il rilascio delle delegazioni, sia se 
queste tendano alla estinzione di debiti assunti dal Comune, sia se 
tendano alla estinzione di debiti da assumere dallo stesso. 

Alla stregua delle suesposte considerazioni la situazione in cui il 
rilascio delle delegazioni ed il mutuo risultano da atti separati si presenta, 
ai fini della questione relativa alla tassabilit� o meno delle 
delegazioni in via autonoma, uguale alla situazione, gi� esaminata e 
decisa da queste Sezioni Unite con la menzionata sentenza n. 429 del 
1967, in cui il rilascio delle delegazioni ed il rapporto di mutuo risultano 
da un unico atto. 

Queste Sezioni Unite, con la menzionata sentenza n. 4~9 del 1967 
hanno precisato �Che: a) ai sensi dell'art. 9, comma secondo, della legge 
di registro, la connessione necessaria che legittima la unicit� della tassazione 
pu� derivare anche da nol'lllle di legge; b) che il contratto di 
mutuo tra il Comune e l'Ente mutuante � inscindibilmente connesso ex 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 327 

lege con il rilascio delle delegazioni di pagamento sulle imposte di 
consumo destinate alla estinzione del predetto mutuo. 
Ora, tali conclusioni vanno tenute ferme nonostante i rilievi critici 
enunciati nelle censure del ricorso in esame. 

Va, anzitutto, tenuto fermo il concetto centrale di cui alla menzionata 
sentenza n. 429 del 1967, secondo cui il rilascio delle delegazioni 
di pagamento sulle imposte di consumo o su altri cespiti delegabili 
�, in virt� di legge, inscindibilmente connesso con il mutuo per il quale 
le delegazioni sono state rilasciate e che di tale mutuo costituiscono 
il necessario presupposto di legittimit� e il no:rnnale mezzo di pagamento. 
Ci� si ricava dal n. 3 dell'art. 299 della legge Comunale e 
Provinciale (che impone ai Comuni, perch� possano contrarre un mutuo, 
di predeterminare i mezzi per la estinzione) e dall'art. 94 del t.u. sulla 
finanza local~, come modificato dall'art. 11 della legge 18 dicembre 
1959, n. 1079 (secondo cui, se non sussistono altri cespiti delegabili per 
legge, i Comuni sono tenuti a rilasciare delegazioni sulle imposte di 
consumo, onde procedere alla estinzione del mutuo, purch� fa riscossione 
delle predette imposte sia data in carico all'appaltatore di esse, 
e, nel caso di gestione diretta, all'esattore delle imposte dirette o al 
tesoriere comullJlle, con le condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione 
delle imposte dirette, e il Prefetto dia il benestare con riferimento 
ai quattro quinti del cespite netto, tenuto conto di tutti gli altri vincoli 
gi� gravanti su detto cespite). Dalla strumentabilit� ex lege tra il 
mutuo e le delegazioni di pagamento, la sentenza n. 429 del 1967 �di 
queste Sezioni Un~te ha desunto, come si � detto, che il rilascio delle 
delegazioni di pagamento .non � tassabile in via autonoma rispetto 
al mutuo. 

Le censure del ricorso in esame mirano a contrastare su un piano 
generale e con riferimento al caso di specie, il principio di cui sopra. 

Come si � rilevato l'Amministrazione ricorrente ha posto in evidenza 
che, nella specie, l'atto del 20 maggio 1957 non contiene l'affidamento 
alla Cassa di Risparmio (che svolgeva le funzioni di esattoretesoriere 
del Comune) anche del servizio di riscossione delle imposte 
di consumo. L'Amministrazione ne deduce che mancherebbe un presupposto 
richiesto dall'art. 94 del t.u. sulla finanza locale e che, di 
conseguenza, la Cassa di Risparmio, accettando le delegazioni, assunse 
una separata obbligazione in proprio verso l'Ente che avrebbe, poi, 
eseguito il mutuo al Comune. La censura non � fondata perch� non 
sussiste la dedotta violazione dell'art. 94 del t.u. sulla finanza locale. 

� pacifico che il Comune di Foligno si avvale, per le imposte di 
consumo, del sistema della gestione diretta. Ora, tale gestione '� disciplinata 
da precise norme di legge (art. 20 del t.u. sulla finanza locale; 
artt. 248 a 257 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138). 



328 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Tale particolare disciplina esclude la possibilit� che al tesoriere 
comunale possano venire demandate quelle funzioni di riscossione diretta 
delle imposte di consumo, che sono invece devolute (artt. 253 e 
254 del menzionato r.d. n. 1138 del 1936) ad un corpo speciale di 
impiegati e di agenti di vigilanza, nominati e dipendenti del Comune, 
muniti di apposita patente, nonch� di apposita uniforme o particolare 
distintivo. Infatti, dette funzioni di riscossione presuppongono, p:er le 
imposte di consumo, l'accertamento, la liquidazione e la. percezione 
dell'imposta. Tali operazioni sono devolute all'appaltatore ad hoc nella 
ipotesi di gestione per appalto (art. 284 e seguenti del r.d. n. 1138 
del 1936) ma, nella i-potesi di gestione diretta da parte del Comune, 
non possono essere svolte, logicamente, dal tesoriere comunale. A quest'ultimo, 
invece, come � dettato dagli artt. 264 e 282 del r.d. n. 1138 
del 1936, lo speciale personale adibito alla riscossione delle imposte 
di consumo deve versare gli introiti delle predette imposte. 

Da ci� consegue che quando l'art. 94 del t.u. sulla finanza locale 
richiede che, nel caso di gestione diretta, la riscossione sia data in 
carico al tesoriere, intende necessariamente ed esclusivamente significare 
che il tesoriere deve avere la disponibilit� del gettito delle imposte 
di consumo e, quindi, la possibilit� di versare l'introito, nei limiti delle 
delegazioni, e in nome e per conto del Comune, direttamente all'ente 
che ha effettuato il mutuo al Comune stesso. 

L'Amministrazione ricorrente ha posto in rilievo che le imposte 
di consumo non presuppongono i ruoli dei debitori, come invece si 
verifica �per le imposte dirette, e ne deduce che la clausola del non 
riscosso per riscosso a carico dell'esattore delle imposte dirette, al 
quale venga affidata anche la riscossione delle imposte di consumo, o 
a carico del tesoriere comunale (per la ipotesi, in entrambi i casi, di 
gestione diretta del Comune per le imposte di consumo) ovvero a carico 
dell'appaltatore (nella ipotesi di gestione delle imposte di consumo 
mediante appalto) d� vita ad una obbligazione diretta e separata dal 
mutuo, in quanto espone i soggetti sopra menzionati (a seconda delle 
varie modalit� con le quali si svolgono la gestione e riscossione delle 
imposte di consumo) al rischio di dovere anticipare all'ente mutuante 
l'eventuale differenza tra il maggiore importo delle delegazioni e l'eventuale 
minore importo effettivo delle imposte delegate. 

L'Amministrazione ricorrente ravvisa quindi una conferma della 
obbligazione diretta dei soggetti, sui quali sono state rilasciate le delegazioni 
di pagamento, nel fatto che i predetti soggetti, pur essendovi 
tenuti in virt� di norma espressa (art. 9 del d.m. 19 settembre 1923, 
emesso in adempimento dell'art. 4 del t.u. 17 ottobre 1922, n. 1401), 
debbono tuttavia compiere un.a specifica manifestazione di volont� per 
accettare, di volta in volta, le delegazioni rilasciate dal Comune. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 329 

L'Amministrazione ricorrente ha ulteriormente sottolineato che il 

terzo comma dell'art. 4 del d.P.R. 30 giugno 1955, n. 1544, prevede 

che, per le delegazioni di pagamento, l'obbligo del non riscosso per 

riscosso risulti da apposita clausola a carattere convenzionale, purch� 

inserita nel contr�atto di appalto per la ris.cossione delle imposte di 

consumo, oppure in apposita aggiunta al predetto contratto o, anche,� 

in una convenzione autonoma. 

Nessuno dei rilievi di cui sopra ha carattere decisivo. Nessuno di 

essi, infatti, vale a superare l'argomentazione centrale di cui alla men


zionata sentenza di queste Sezioni Unite n. 429 del 1967, in quanto 

l'obbligazione. assunta dal soggetto sul quale vengono rilasciate le dele


gazioni. di pagamento resta pur sempre imposta dalla legge per la sua 

necessaria funzione strumentale rispetto alla legittimit� di assunzione 

del mutuo ed alla estinzione di esso e, quindi, con quest'ultimo resta 

inscindibilmente connessa in virt� dei menzionati art. 299 della legge 

Comunale e Provinciale e art. 94 del t.u. sulla finanza locale. 

E di ci� si ha conferma nello s�tesso art. 4 del d.P.R. 30 giugno 

1955, n. 1544, (richiamato dalla ricorrente Amministrazione), il quale 

esplicitamente riconduce entro l'ambito dell'art. 94 del t.u. sulla finan


za locale tutte le elencate diverse modalit� di assunzione deH'obbligo 

del n�n riscosso per riscosso in relazione alle delegazioni di pagamento. 

In definitiva, nella J;>revisione legislativa, quale si ricava dal combi


nato disposto delle norme citate, l'obbligazione del soggetto sul quale 

vengono rilasciate le delegazioni di pagamento non riveste carattere 

autonomo n� nei confronti del Comune delegante, ne nei confronti 

dell'Ente mutuante. 

Giova, per chiarezza di trattazione, ricordare che l'art. 96 del t.u. 

sulla legge comunale e provinciale (t.u. 3 marzo 1934, n. 383), dopo 
� di avere prescritto che ogni Comune ha un servizio di tesoreria, precisa 
-al secondo comma -che tale servizio pu� essere affidato dal 
Comune ad un � tesoriere speciale � (e cio� ad un soggetto, che normalmente 
� un Istituto di credito, delegato appositamente dal Comune 
solo per le funzioni di tesoreria) mentre, se il Comune non procede 
alla nomina del tesoriere speciale, il servizio (di tesoreria) deve essere 
assunto dall'esattore delle imposte dirette a norma del1a legge sulla 

riscossione di tali imposte (e cio� a norma di quanto prescritto, per � 

l'ufficio di tesoreria del Comune, dall'art. 93 del t.u. 17 ottobre 1922, 

n. 1401). 
Ci� premesso, � chiaro che nei confronti del Comune l'accettazione 
delle delegazioni, pur necessitando della idonea manifestazione 
di volont� da parte del soggetto delegato, si presenta pur sempre, sul 
piano giuridico, come modalit� di esecuzione degli obblighi ricadenti 
sul predetto soggetto in conseguenza o del rapporto di appalto per la 
gestione delle imposte di consumo (art. 76 e 94 del t.u. finanza locale) 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

330 

o del rapporto di semplice tesoreria (art. 96 del t.u. della legge comunale 
e provinciale 3 marzo 1934 e art. 94 del t.u. sulla finanza locale) 
o del rapporto di esattoria-tesoreria (citato art. 96 del t.u. della legge 
comunale e provinciale). 
Nei confronti, invece, dell'Ente mutuante, il soggetto che accetta 
le delegazioni non assume una obbligazione in proprio nome, ma sempre 
come delegato del Comune e per conto di quest'ultimo, dato che 
le delegazioni di pagamento di presentano quale mezzo normale di 
estinzione del mutuo e rientrano nella predeterminazione, imposta ai 
Comuni dalla legge, dei mezzi di estinzione del mutuo stesso. Pertanto, 
sia nei confronti del Comune, sia nei confronti dell'Ente mutuante, 
il soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni di pagamento 
assume la veste di semplice adiectus solutionis causa. 

Tali conclusioni non possono restare infirmate dal particolare (in 
realt� del tutto marginale, stanti le cautele imposte dall'art. 94 del 

t.u. sulla finanza locale e il rilascio obbUgatorio di delegazioni suppletive 
su altri cespiti) che, ove il gettito delle imposte di consumo delegate 
risulti concretamente insufficiente, il soggetto delegato si trova 
esposto ad anticipare all'Ente mutuante l'eventuale differenza tra l'ammontare 
delle delega~ioni ed il gettito inferiore del cespiste delegato, 
salvo, poi ad esserne rimborsato dal Comune. Infatti, anche il versamento 
di tale eventuale differenza verrebbe fatto all'Ente mutuante 
sempre in attuazione del rapporto di appalto della gestione delle imposte 
di consumo ovvero di esattoria ovvero di tesoreria, nel contenuto 
che per ciascuno dei menzionati rapporti � dettato, relativamente 
alle delegazioni di pagamento, direttamente dalle richiamate norme 
di legge. 
Le esposte considerazioni non solo confermano che (come gi� 

precisato con la sentenza n. 429 del 1967 di queste Sezioni Unite) le 

delegazioni di pagamento di cui all'art. 94 del t.u. sulla finanza locale 

non possono essere ricondotte nello schema delle normali delegazioni 

di pagamento di cui all'art. 1269 e.e. e, agli effetti fiscali, degli artt. 3(} 
e 31 della tariffa ali. A alla legge di registro, ma valgono anche a 
sottrarre l'atto di rilascio ed accettazione delle delegazioni all'imposta 
d'obbligo di cui all'art. 28 della tariffa ali. A, sulla quale particolar, 
mente ha insistito la ricorrente Amministrazione nel ricorso �in esame. 

Infatti, l'obbligazione di somma in tanto � passibile della tassazione 
autonoma di cui al predetto art. 28 tariffa all. A, in quanto trovi 
il proprio titolo (originario o ricognitivo, ma sempre autosufficiente) 
nella dichiarazione che la consacra e non quando, al contrario, da 
quella stessa dichiarazione risulta, come nella fattispecie, che quella 
obbligazione costituisce, invece, attuazione di una prestazione dovuta 
in conseguenza di un diverso titolo previsto in modo autonomo, ai 
fini fiscali, dalla legge di registro o dalle tarJffe a questa allegate. In 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 331 
quest'utima ipotesi, infatti, quello che � soggetto a tassazione ai fini 

della legge di registro, � il rapporto nel quale l'obbligazione di somma 
trova la propria dichiarata causale. Se alla tassazione di tale rapporto 
secondo la legge di registro si aggiungesse l'altra in base all'art. 28 
della tariffa all. A alla predetta legge, in tal caso si violerebbe il menzionato 
principio che vieta, per lo stesso negozio, una duplicit� di 
tassazione agli effetti della legge di registro. E, nella specie, si � gi� 
detto come, in virt� di legge, il rilascio e l'accettazione delle delegazioni 
si presentino, nei rapporti tra il Comune ed il soggetto delegato, 
quale esecuzione o del rapporto di appalto per la gestione delle imposte 
di consumo o del rapporto di esattoria-tesoreria o del rapporto di sola 
tesoreria. Nei confronti, invece, dell'ente mutuante, l'obbligo -da 
parte del soggetto delegato -di pagamento delle delegazioni si presenta 
come. semplice modalit� per la estinzione del mutuo in nome e 
per conto del Comune. Ne consegue che il regime delle delega~ioni di 
pagamento ai fini dell'imposta di registro resta assorbito, da un lato, 
dalla tassazione del contratto di gestione in appalto delle imposte di 
consumo o del contratto di esattoria-tesoreria o del contratto di semplice 
tesoreria e, dall'altro, dal regdme di tassazione che � proprio del 
m.tuo tra il Comune e l'Ente mutuante. 

Per quanto concerne il caso di specie, pu�, poi, aggiungersi che il 
Comune di Foligno, come � pacifico, contrasse il mutuo per l'esecuzione 
di opere pubbliche, tanto che il relativo atto venne, senza ulteriorii 
contestazioni, registrato a tassa fissa in virt� del combinato disposto 
dell'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, dell'art. 1 della legge 
6 febbraio 1951, n. 126, e dell'art. 94 della legge di registro. Dello stesso 
beneficio fiscale, come esattamente rilevato dal resistente Comune, dovrebbe, 
in ogni caso, godere anche l'atto di rilascio e di accettazione 
delle delegazioni di pagamento della cui tassazione si discute. �, infatti, 
giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (sentenze n. 2238 e 

n. 416 del 1965; sentenza n. 1379 del 1963) che il regime fiscale di 
favore previsto dall'art. 18 della legge 3 agosto 1949, n. 589, si estende 
anche agli atti che si trovino in rapporto strumentale con lo scopo previsto 
dalla legge di favore. D'altra parte, poich� �-come s,i � dett.o le 
delegazioni di pagamento costituiscono la modal1t� nol'male, prevista 
dalla legge, per estinguere i mutui contratti dai Comuni, non v'� dub., 
bio che, ai fini dell'art. 94 della legge del registro (richiamato, per gli 
enti locali, dall'art. 1 della legge 6 febbraio 1951, n. 126) la qualifica 
di debitore che il Comune ha verso l'Ente mutuante, � rilevante anche 
nei� confronti della Cassa di Risparmio di Foligno che, attesa la sua 
veste di esattore-tesoriere, non riveste, nei confronti dell'Ente mutuante, 
la qualifica di obbligato diretto o di coobbligato diretto con il 
Comune, ma quella di semplice delegato al pagamento in nome e per 
conto del Comune. Consegue che resta ulteriormente conformata, anche 

332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sotto l'accennato profilo della tassazione di favore, l'esattezza della 
decisione della Corte d'appello. 

Va, infatti, rilevato che la questione sull'applicabilit� del regime 
fiscale di favore di cui alla menzionata legge n. 589 del 1949 non costituisce, 
contrariamente a quanto ha eccepito l'Amministrazione ricorrente 
nella memoria, questione nuova non proponibile in questa sede. 
Invero, mentre la .situazione di fatto risulta gi� acquisita in sede di 
merito, in quella stessa sede, come risulta dagli atti processuali, la 
questione predetta form� oggetto di discussione tra le parti in entrambi 
i gradi del giudizio e, soltanto, fu rd.tenuta assorbita dalla impugnata 
decisione: sicch� legittimamente il Comune di Foligno ha potuto riproporla 
in questa .sede senza che fosse necessario il ricorso incidentale. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1969, n. 997 -Pres. Jannuzzi 
-Est. Mirabelli -P. M. Sciaraffia (conf.) -D'Acunzo (avv. 
Laviani) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Soprano). 

Imposte e tasse in genere -Procedimento -Legittimazione attiva 


Liquidatore di societ� -Azione in proprio -Esclusione. 

(e.p.e., art. 99 e 100; e.e., art. 2456). 

Il liquidatore deLla societ� non � legittimato ad agire in proprio 
per far valere l'insussistenza di un debito di imposta deLla societ�, 
nemmeno sul presupposto che egli pu� essere soggetto passivo di pretese 
recuperatorie da parte dei soci o dei terzi a norma deLl'art. 2456 e.e. (1). 

(1) La massima � evidentemente esatta. L'amministratore o il liquidatore 
della societ� non pu� mai agire in proprio per tutelare un interesse 
della societ�; il presupposto di eventuali risponsabilit� connesse al 
dovere di diligenza non pu� giustificare una deroga al principio generale, 
anche perch� il dovere di amministrare diligentemente deve appunto esplicarsi 
nell'azione che il preposto compie come tale a nome della societ�. 
I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 aprile 1969, n. 1139 -Pres. Stella 
Richter -Est. Geri -P. M. Gedda (diff.) -Boeri (avv. Mosca) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Cavalli). 

Imposte e tasse in genere -Accertamento -Imposta straordinaria sul 
patrimonio -Rettifica dell'accertamento da parte della Commis



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 333 

sione distrettuale delle Imposte ex art. 48 t. u. 9 maggio 1950, 

n. 203 -Abrogazione per effetto dell'art. 5 1. 5 gennaio 1956, n. 1 Sussistenza. 
(t.u. 9 maggio 1950, n. 203, art. 48; 1. 5 gennaio 1956, n. l, art. 5). 
La soppressione, stabiiita con l'art. 5, ultimo comma, delta legge 5 
gennaio 1956, n. 1, delta facoitd concessa alle Commissioni distrettuali 
delle imposte di aumentare i redditi accertati dagU uffici e di accertare 
quem omessi, si riferisce a tutte le imposte dirette e quindi anche ait'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio. Di conseguenza � affetto 
da nuUitd assoluta ed insanabile l'accertamento di cespiti omessi eseguito 
dalla Commissione delle imposte dopo l'entrata in vigore della 
legge 5 gennaio 1956, n. 1 (1). 


II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 marzo 1969, n. 1033 -Pres. Rossano 
-Est. Boselli -P. M. Tuttolomondo (diff.) -Romualdi c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Cascino). 


Imposte e tasse in genere -Accertamento -Profitti di contingenza Rettifica
� da part~ della Commissione centrale -Difetto di potere. 
(t.u., 24 agosto 1877, n. 4021, art. 43; 1. 27 maggio 1946, n. 436, art. 21; I. 5 gennaio 
1956, n. 1, art. 5). 


Solo alla Commissione di prima istanza � attribuito il potere ex 
art. 43 del t.u. 24 agosto 1877, n 4021 di aumentare i redditi proposti 
. dall'ufficio e di accertare i cespiti omessi, n� bale potere poteva rite


(1-2) Sul punto dell'abrogazione delle norme che abilitavano le Com


.. missioni di prima istanza a rettificare gli accertamenti dell'Ufficio e ad 
accertare i cespiti omessi, la� giurisprudenza � stata alquanto oscillante 
riguardo alle imposte straordinarie. Dopo aver adottato la soluzione favorevole 
alla soppressione (24 febbraio 1964, n. 404 e 15 febbraio 1965, n. 235 
in questa Rassegna, 1964, I, 756 e 1965, I, 210 con ampie note critiche), 
le Sezioni Unite con la sentenza 2 marzo 1964, n. 465 (ivi, 1964, I, 465) si 
pronunziarono invece, con riferimento ai profitti di regime, per la sopravvivenza 
del potere delle Commissioni, affermando. che la norma abrogativa 
della legge n. 1 del 1956 era estensibile solo alle imposte disciplinate nel 

t. u. 29 gennaio 1958 n. 645. Ed infatti la successiva sentenza 15 luglio 1965 
n. 1551 (ivi, 1965, I, 801) si adegu� al responso delle Sez. Un. e ritenne 
escluso dall'abrogazione anche l'art. 48 del t. u. sulle imposte straordinarie 
sul patrimonio che defini � di carattere speciale rispetto alla normativa 
generale del contenzioso tributario �. Sembrava cosi risolta la controversia, 
senonch� con la sent. 10 agosto 1966 n. 2178 (Riv. leg. fisc., 1966, 
2455), la S. C. ritenne che solo per i profitti di regime, aventi carattere 
sanzionatorio, poteva rinvenirsi una specialit� differenziante, mentre anche 
12 

! 

-



334 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nersi esteso per i profitti di contingenza ,aria Commissione centrale che 
in forza deU'art. 21 del d.l. 27 maggio 1946~ n. 436 ha competenza di 
merito. La facolt� attribuita aLla Commissione di prima istanza � comunque 
venuta meno per effetto dell'art. 5, ultimo comma, deUa legge 
5 gennaio 1956, n. 1 anche relativamente ai profitti di contingenza. 
Conseguentemente la Commissione centrale che abbia annullato l'.accertamento 
notificato ad un soggetto quale socio di una societ� di fatto 
ritenuta inesistente, non pu� dichiarare valido per una parte lo stesso 
accertamento contro la medesima persona quale singolo contribuente, 
perch� in tal modo compie un nuovo accertamento senza averne ii 
potere (2). 

l'imposta straordinaria sul patrimonio doveva ricomprendersi nell'ordinario 
contenzioso tributario modificato con la 1. 5 gennaio 1956 n. 1. Questo 
ultimo orientamente si � consolidato nel tempo pi� recente (6 settembre 
1966 n. 2321, Bol. trib. inform., 1966, 2569; 25 gennaio 1968, n. 226, 
Riv. leg. fisc., 1968, 1214; 12 novembre 1968, n. 3716, in .questa Rassegna, 
1968, I, 1060). Anche la ben nota recente decisione della Corte 
Costituzionale 10 febbraio 1969, n. 10 (Giur. it., 1969, I, 1, 580) che 
ha individuato nella facolt� della Commissioni di aumentare i redditi 
proposti dall'Ufficio una delle ragioni per escludere la natura giurisdizionale 
di tali organi, lia ritenuto tuttora sussistente il cennato potere 
soltanto per le imposte indirette sui trasferimenti della ricchezza. 

La seconda sentenza conclude alla stessa maniera anche per i profitti 
di contingenza per i quali il carattere speciale e sanzionatorio del 
prelievo fiscale avrebbe potuto giustificare la diversa soluzione che si � 
adottata per i profitti di regime. 

Nelle sentenze gi� citate � stata sempre riaffermata la nullit� assoluta, 
insanabile e rilevabile d'ufficio dell'accertamento eseguito dall'organo 
carante di potere. Invero � stato sottolineato che uno dei motivi che 
giustificano la estensione della soppressione disposta con l'art. 5 della 

1. n. 1 del 1956 a tutte le imposte dirette anche straordinarie � da 
individuare nella separazione tra i poteri amministrativi degli uffici e i 
poteri giurisdizionali delle Commissioni e nell'intento della norma abrogatrice 
di eliminare l'ingerenza di organi giurisdizionali nella fase di accertamento 
riservato all'Amministrazione attiva; di qui la evidente nullit� 
dell'atto di natura amministrativa pronunciato da un organo giurisdizionale 
non specificamente abilitato. Ma se proprio la facolt� di accertamento 
da parte delle Commissioni si assume come una delle ragioni per 
affermare la natura amministrativa delle Commissioni medesime, sia 
il problema dell'estensione della norma di soppressione sia quello della 
nullit� insanabile degli accertamenti eseguiti dalle Commissioni si ripropongono 
su basi nuove. 
Resta comunque ancora aperta la questione se l'accertamento nullo 
eseguito dalla Commissione sul presupposto erroneo dell'attuale vigenza 
della norma che attribuiva tale potere, possa convertirsi nel rinvio 
all'Ufficio per integrazione dell'accertamento, facolt� questa tuttora attribuita 
alle Commissioni dall'art. 5 I comma della 1: 5 gennaio 1956 n. 1 
e dall'art. 36 del t. u. delle imposte dirette in sostituzione della soppressa 
facolt� di accertamento diretto. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 335 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1186 -Pres. Rossano 
-Est. Arienzo -P. M. De Marco (conf.) -Del Vicario (avv. 
Del Vecchio) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Carafa). 

Violazione delle leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Natura 
-Prescrizione -Norme applicabili -Verbale di accertamento Idoneit� 
quale atto interruttivo. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 17; r.d. 5 dicembre 1938, n, 1928, art. 3; r.d. 12 
maggio 1938, n. 794, art. 3; e.e., art. 2943). 
La pena pecuniaria comminata per la vioiazione di norme in materia 
valutaria ha natura di obbligazicme civile e quindi, quanto alla 
prescrizione, � soggetta alle norme de�l cod. civ. Di conseguenza il corrso 
delia presc1�izione � interrotto �con la notifica del verbale di accertamento 
dell'infrazione, anche se esso non contiene la liquidazione della 
somma costituente la sanzione, e con gli atti successivi del procedimento 
amministrativo, nulia rilevando che questi atti promanino da 
organi (Polizia tributaria, Ufficio italiano dei cambi) diversi da quello 
(Ministero del Tesoro) titolare della pretes-a (1). 

(1) Massima esattissima e conforme a costante giurisprudenza: 29 gennaio 
1964_ n. 241 in questa Rassegna, 1964, I, 367 con nota di L. CoRREALE; 
15 luglio 1967, n. 1399, ivi, 1967, I, 880; 8 gennaio 1968, ri. 34, ivi, 1968, 
I, 102; v. anche 10 febrbaio 1967 n. 292 in Dir. e prat. trib., 1968, II, 575 
con nota di A. VACCARO. . 
Notevole la precisazione, implicita nelle precedenti pronunce, che gli 
organi che agiscono legittimamente nell'interesse del titolare, anche se 
non facenti parte dell'Amministrazione dello Stato, possono con i loro 
atti interrompere la prescrizione del credito. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 aprile 1969, n. 1188 -Pres. Pece Est. 
Jannuzzi -P. M. Sciaraffia (conf.) -Zanarotti (avv. Stoia) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Castiglione Morelli). 

Imposte doganali �-Ingiunzione -Opposizione giudiziaria -Termine Inosservanza 
-Decadenza. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 24). 
Imposte doganali -Liquidazione con ingiunzione a seguito di condanna 
generica al risarcimento del danno -Legittimit�. 

Il termine stabilito nell'art. 24 della legge 25 settembre .1940, 

n. 1424 per l'opposizione contro l'ingiunzione per il pagamento dei 
-



336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diritti doganali � di decadenza ed il suo decorso preclude al cointri.
buente la possibilit� di cointestare la pretesa tributaria; ci� vale anche 
quando la menzionata legge non sia richiamata nell'ingiunzione, purch� 
l'atto nel suo complesso riv~li 1che la pretesa tributaria abbia per oggetto 

diritti doganali (1). 

Quando l'Amministrazione Finanziaria, costituitasi parte civile nel 
giudizio penale di cointrabbando abbia ottenuto la coindanna generica 
del contribuente al risarcimento del �danno consistente nell'evasioine 
del tributo, pu� procedere alla liquidazioine del tributo stesso mediante 
ingiunzione amministrativa senza dover promuovere il giudizio di liquidazioine 
innanzi al giudice civile (2). 

(1-2) Per giurisprudenza costante il termine di quindici giorni stabilito 
nell'art. 24 della 1. 25 settembre 1940 n. 1424 � di decadenza (Cass. 
23 gennaio 1964 n. 164, citata nel testo, in questa Rassegna, 1964, I, 358). 
� poi evidente che la natura dell'imposta pretesa deve risultare dal complesso 
dell'atto e non necessariamente dalla menzione di una norma 
di legge. 

Esattissima appare la seconda massima. L'Amministrazione pu� sempre 
procedere alla liquidazione dell'imposta anche se esiste gi�, sotto forma 
di condanna generica al risarcimento del danno pronunciata dal Giudice 
penale, un giudicato sulla sussistenza dell'obbligazione tributaria; � anzi 
dubbio che la liquidazione dell'imposta possa essere pronunciata dal 
giudice civile nel giudizio sul quantum debeatur, essendo questa un'attivit� 
amministrativa sottratta al potere dell'A.G.0., a cui spetta soltanto di 
controllare la legittimit� dei presupposti di imposta. 

CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, 23 novembre 1968, n. 2563 -Pres. 
Rossi -Est. Sandulli -Ministero delle Finanze (Avv. Gen. Stato) 

c. Ricciardiello (avv. Pascucci). 
Imposta di registro -Agevolazioni per il trasferimento di case di abitazione 
non di lusso -Vendita isolata di negozi -Inapplicabilit�. 

(1. 2 luglio 1949, n. 408, art. 17; 1. 6 ottobre 1962, n. 1493, art. 1; 1. 2 dicembre 
1967, n. 1212, art. 1). � 
Le leggi 6 ottobre 196.2, n. 1493 e 2 dicembre 1967, n. 1212, aventi 
natura interpretativa, non hanno modificato il regime tributario delineato, 
dal se�coindo e terzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, 

n. 408, per la vencUtla isolata di negozi che resta, pertanto, soggetta 
!

alle normali imposte di trasferimento (1). !

! 

! 

(1) L'inapplicabilit� delle agevolazioni della legge n. 408 del 1949 alla 
1

vendita isolata di negozi. 
Con la sentenza in rassegna, le .cui affermazioni devono condividersi I 
pienamente. la Corte di appello di Napoli, affrontando una questione gi� 

I 


I 


i 


PARTE I, SEZ. V. GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 337 

(Omissis). -� incontroverso tra le parti che nel caso di vendita 
isolata -non contestuale cio� con quella dell'intero fabbricato -di 
negozi costituenti undt� economiche a s� stanti (caso con il quale si 
identifica la fattispecie in esame) non competono, ai sensi dell'art. 17 
secondo e terzo comma, della legge 2 luglio 1949, n. 408, le agevolat 
zioni fiscali, quali la riduzione alla met� della imposta di registro e 
quella al quarto dell'.imposta ipotecaria, previste dal primo comma del 

I 

suddetto articolo. 
� vivamente controvel'l$o invece se il suddetto requisito della con


I 

testualit� -presupposto sicuro per la citata legge al fine d~lle sudl 
dette agevolazioni -in vendite del genere, sia stato mantenuto o 

I 

meno fermo dalla legge successiva del 6 ottobre 1962, n. 1493, la quale, 
all'art. 1, ha previsto l'applicabilit� delle agevolazionii fiscali di cui �l 
godono le case di abitazioni non di lusso a norma della citata legge 

n. 408 del 1949 e delle successive (legge 16 aprile 1954, n. 111; legge 
27 gennaio 1955, n. 22; legge 15 marzo 1956, n. 166; legge 27 dicembre 
1956, n. 1416 e legge 10 dicembre 1957, n. 1218), � anche ai locali 
destinati ad ufficd e negozi, quando a questi uitimi sia destinata una ! 
superficie non eccedente il quarto di quella totale nei p~ani sopra i
J!

terra�. 
Il contribuente, come anche i primi giudici, sono per la tesi posil 
tiva, nel senso cio� che il requdsito in parola -come gi� nella legge 

I

2 febbraio 1960, n. 35, con la stessa previsione di quella n. 1493 del 

lI

1962, ma in riferimento alla esenzione dell'imposta sui redditi dei fabbricati 
-sarebbe stato soppresso in sede di regolamentazdone ex novo 
dei requisiti richiesti per il godimento delle previste agevolazioni fiscali, j

l

1 

esaminata e in vario modo risolta cosi dalle Commissioni� tributarie come 

l 

dai giudici ordinari, � pervenuta alla conclusione che la legge 6 ottobre 
1962 n. 1493, di natura meramente interpretativa, nulla ha innovato in 
ordine al regime tributario della vendita isolata di negozi, che resta sog


I

getta, a norma del secondo e te,rzo comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 
1949, n. 408, alle normali imposte di trasferimento. 
Com'� noto, la materia della controversia � disciplinata dalla legge 

n. 408 del 1949 agli articoli 13, 14 e 17, essendosi le leggi successive 
limitate a prorogare i termini originariamente previsti per l'applicazione 
dei relativi benefici fiscali. � noto, altres�, che con la legge 6 ottobre 1962, 
n. 1493 si � inteso precipuamente dirimere le molteplici incertezze e perplessit� 
manifestatesi nella applicazione della normativa in materia e 
l 

riguardanti l'applicabilit� o meno delle agevolazioni fiscali alle case di l 
abitazione non di lusso, comprendenti uffici e negozi. I 
� Il criterio adottato dal legislatore per risolvere le accennate perplessit� 
� stato ricalcato dalla legge 2 febbraio 1960, n. 35, che gi� aveva 

I 

introdotto, ai fini della esenzione dalla imposta fabbricati, il criterio della I!
prevalenza delle superfici destinate ad abitazioni. j 
Fatte tali brevi premesse, deve rilevarsi come la sentenza in esame 

I

abbia esattamente disatteso la tesi, secondo cui l'art. 1 della legge 6 otto




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

338 

con la conseguenza che la legge in parola, e cio� la citata n. 1493 
del 1962, sarebbe essen~ialmente innovativa sul punto: conclusione 
questa che, ad avviso del contribuente, troverebbe la pi� ampia convalida 
nella recente legge 2 dicembre 1967, n. 1212, che con peculiare 
chiarezza avrebbe tassativamente indicati i necessari requisiti al 
noto fine. 

L'Amministrazione finanziaria � per la tesi assolutamente opposta 
in una posizione perfettamente antitetica a quella di controparte e del 
tribunale, nel rilievo che la legge in parola si sarebbe limitata a dirimere 
i contrasti sorti sui limiti di proporzione tra la superficie destinata 
ad uffici e negozi e quella destinata ad abitazioni, attraverso una determinazione 
precisa del rapporto di accessoriet� tra quelli e queste, con 
la conseguenza, nettamente diversa, che la successiva legge, de qua 
agitur, sarebbe mevamente interpretativa. 

Ad avviso della Corte la tesi della Finanza � indubbiamente la 
pi� attendibile, ispirata com'� alla ratio intima della legge n. 1493 
del 1962 ed in quanto � pi� aderente ai canoni di ermeneutica legislativa 
sulla base della formulazione delle norme, mentre la recente legge 

. del 1967 non ha alcun valore decisivo per una diversa soluzione. 
Ben vero, subito dopo la emanazione della legge 2 luglio 1949, 

n. 408 -nota con la denominazione � legge Tupini � dal nome del suo 
presentatore -sorse vivacissimo in pratica, nell'attuazione della legge, 
in relazione ai vari avvisi del fisco, il contrasto sulla interpretazione 
dell'inciso -di cui all'art. 13 della citata legge n. 408 nel titolo II, 
ad oggetto le agevolazioni fiscali e tributarie -con il quale si faceva 
riferimento agli uffici e negozi compresi nelle case di abitazione. E 
soprattutto il contrasto sorse sui limiti di proporzione tra queste e 
bre 1962, n. 1493 avrebbe innovato la materia in esame, sopprimendo le 
limitazioni previste dai commi secondo e terzo dell'art. 17 della legge 
2 luglio 1949, n. 408. 

Ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, l'abrogazione 
di una norma di legge pu� avvenire per dichiarazione espressa 
del legislatore, ovvero per incompatibilit� tra le nuove disposizioni e le 
precedenti ovvero, infine, perch� la nuova legge regola interamente la 
materia gi� regolata dalla legge anteriore. 

Ora, escluso evidentemente che nella specie ricorra la prima deile 
ipotesi contemplate dal citato art. 15 (abrogazione espressa), si tratta di 
vedere se possa parlarsi di abrogazione implicita per incompatibilit� o 
per nuova regolamentazione dell'intera materia. E per�, senza alcuna 
incertezza, da afferm�rsi che tale seconda ipotesi (terza nell'ordine dell'articolo 
15 disp. sulla legge in generale) va esclusa, al pari di quella dell'abrogazione 
espressa, dal momento che la legge 6 ottobre 1962, n. 1493 (la quale per 
ipotesi -dovrebbe essere la legge abrogativa) � significativamente 
intitolata � Modifiche ed interpretazioni di norme legislative in materia 
di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia � : dunque, se soltanto 
di modifiche (ed interpretazioni) si tratta (com'� confermato, d'altra 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 339 

quelli in ordine al criterio adottabile per la determinazione precisa del 
rapporto di accessoriet� tra gli stessi nella logica ed intuitiva considerazione 
che, riguardando la legge, e quindi le agevolazioni fiscali e 
tributarie relative, esclusivamente le case di abitazione che non avessero 
caratteri di lusso, il riferimento all'altro genere di costruzioni che 
gi� di per s� conferiva un tono pi� elevato al fabbricato, e che il 
legislatore, nonostante ci�, non disconoscendo le sentite esigenze dei 
nuovi tempi, anzi, nella pi� chiara maniera, sensibile a queste, ravvis� 
compatibile con la finalit� e con il genere di costruzioni previste, in 
linea primaria dal carattere quasi popolare -fosse da ritenersi come 
fatto per un ambito di pi� circoscritta attuazione, in una necessaria 
determinazione di limiti al fine di evitare che, nella prevalenza del 
genere non primario, eccezionalmente � compreso ., sull'altro principale, 
venisse frustrata la finalit� della legge di incrementare le costruzioni 
edilizie dando la possibilit� ai lavoratori di procurarsi una casa 
propria. 

E cos�, in tale contrasto, fu merito della giurisprudenza della C.S. che, 
cogliendo lo spirito della norma, fiss� di questa il giusto ambito 
e gli esatti Hmiti in ordine al punto de quo -la determinazione del 
principio, per il predetto vivamente sen~ito, che la estensione delle 
agevolazioni fiscali agli uffici ed ai negozi, incorporati in case di abitazioni 
non di lusso, costruite nei termini di legge, restava condizionata 
alla circostanza che la incoxiporazione non fosse di tale entit� da snaturare 
la fondamentale natura e destinazione deHa �costruzione, ossia che 
la parte di edificio destinata ad uso di uffici e negozi non raggiungesse 

parte, dalle norme contenute nella legge), � pacifico c_he non si � di fronte 
ad una nuova regolamentazione della intera materia. 

Resta l'ipotesi dell'abrogazione implicita per incompatibilit� tra vecchie 
e nuove disposizioni, ma anche questa pu� agevolmente escludersi per 
pi� ordini di motivi. 

Anzitutto, perch� possa parlarsi di abrogazione del secondo e terzo 
comma dell'art. 17 della legge 2 luglio 1949, n. 408, l'incompatibilit� dovrebbe 
sussistere tra tali disposizioni e quelle di cui all'art. 1 della legge 
del 1962. E dovrebbe, com'� chiaro, trattarsi di uno stridente contrasto 
di norme, tale da determinare una inconciliabilit� assoluta di. disposizioni 
per cui l'una non possa coesistere con l'altra. 

Orbene, questo stridente contrasto, questa assoluta inconciliabilit� non 
sussistono davvero se l'art. 1 citato esordisce richiamando in blocco tutta 
la precedente normativa in materia (ivi compresa, e prima fra tutta, 
la legge 2 luglio 1949, n. 408) per dichiararla subito dopo applicabile, a 
determinate condizioni, anche ai locali destinati ad uffici e negozi. 

Inoltre, mentre il secondo e il terzo comma dell'art. 17 della legge 
2 luglio 1949, n. 408, disciplinano specificamente il regime tributario del 
trasferimento isolato di negozi costituenti entit� economiche a s� stanti, 
l'art. 1 della legge 6 ottobre 1962, n. 1493 ha una portata pi� generale e 
nient'affatto specifica, sicch�, anche avendo riguardo a tale profilo, 

-



340 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e tanto meno superasse la parte destinata ad abitazione (Cass. Sez. Un., 
23 novembre 1963, n. 3023). 

Ma, un tale principio oltre il quale l'interiprete non poteva andare, 
non essendogli consentite determinazioni concrete di limiti, essendo 
questo compito del legislatore, non sopi i contrasti, sentendosi viva la 
necessit� di una tale determinazione in una maniera formale attraverso 
la legge. Indi venne emanata la legge in parola, quella del 6 ottobre 
1962, n. 1493, la quale, come si � innanzi evidenziato, con il richiamo 
testuale della disposizione, all'art. 1 ebbe a determin.are in concreto i 
limiti di proporzione tra la superficie destinata a negozi e quella destinata 
ad abitazioni. 

Ora se questo � stato l'iter logico della legge in parola, il quale 
iter ne denunzia la ratio in maniera chiara .ed evidente, � fuor di 
dubbio che, con la citata disposizione, la legge abbia inteso soltanto, 
allo scopo di dirimere gli insorti dubbi interpretativi, dare una concreta 
regolamentazione sul punto, con una esatta precisa determinazione del 
criterio di prevalenza, che era gi� nella legge precedente n. 408 del 
1949, e solo difettava di concretezza, tanto necessaria, come la pratica 
dimostr�, e che quindi in ci� fare non abbia inteso modificare il.sistema 
della legge precedente suddetta, con particolare riguardo ai requisiti 
richiesti per il godimento delle previste agevolazioni fiscali : tra i quali, 
primario, quello, della contestualit� nella vendita dei negozi. 

Ed una tale conclusione che si coglie in maniera evidente attraverso 
un esame penetrante della norma in base alla sua intima ratio, 

parlare di abrogazione implicita per incompatibilit� appare �veramente 
arduo. 
Ma c'� dell'altro. Si � ricordato, pi� sopra, il titolo della legge: 

� Modifiche ed interpretazioni ecc. �. Ora, posto che dei tre articoli di 
cui si compone la legge il secondo e il terzo modificano, rispettivamente, 
l'art. 4 legge 2 febbraio 1960, n. 35 e l'art. 4 legge 18 luglio 1961, n. 651, 
� di intuitiva evidenza che la norma interpretativa, preannunciata nel 
titolo della legge, � quella contenuta nell'art. 1. Il che � confermato, del 
resto, �dal secondo comma della disposizione in parola che fa salvi gli 
accertamenti gi� divenuti definitivi ed esclude la ripetibilit� dell'imposta 
gi� pagata, contro il c. d. principio della retroattivit� della norma interpretativa. 
Ed una volta accertata la natura della disposizione in esame, 
continuare a parlare di incompatibilit� tra due norme, di cui l'una � 
destinata ad interpretare l'altra, sarebbe un non senso, un vero e proprio 
assurdo, essendo per definizione (istituzionalmente, potrebbe dirsi) la 
norma interpretativa destinata a confermare la efficacia ed imperativit� 
della norma interpretata. Ben altro, dunque, della inconciliabilit� assoluta 
e della impossibilit� di coesistenza cui pi� sopra si � accennato. 
Ma dalla rilevata natura interpretativa (sottolineata anche nella 
relazione al progetto di legge: cfr. Atti del Senato, 1683) dell'art. 1 della 
legge n. 1493 del 1962 pu� desumersi, anche per altro verso, l'erroneit� 
della tesi accolta dai giudici di primo grado e nitidamente confutata 

! 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 341 

trova la conferma pi� valida in quello che � per cosi dire l'aspetto 
formale della legge, in riferimento ai criteri di tecnica legislativa. 

Invero, e ci� in primo luogo, il legislatore se avesse inteso derogare 
cos� profondamente al sistema precedente, sovvertendolo nel suo 
rigore in riferimento ad uno dei pi� importanti requisiti -certo che 
la vendita contestuale del negozio unitamente al fabbricato si pone 
come circostanza significativa della subordinazione di q);lello a questo 
nel quadro della finalit� della legge, laddove la vendita isolata di tale 
genere di costruzione costituente, come nella specie, unit� economica a 
s� stante, vale a denunziarne la sua autonoma destinazione, nella pi� 
assoluta indipendenza dal complesso edificato -lo avrebbe espressamente 
detto o comunque avrebbe fatto ricorso ad espressioni adeguate 
dalle quali sarebbe stato possibile cogliere lo spirito innovativo della 
norma. E ci� tanto pi� era necessario in quanto . -nella esclusione 
quindi della tesi di una abrogazione tacita e pertanto implicita per il 
contrasto tra norma successiva e norma precedente -la nuova regolamentazione, 
diretta a quel fine innanzi delineato, e cio� di una concreta 
determinazione del ra�pporto di prevalenza, non si poneva in 
contrasto con quella precedente, ben .potendo� con questa logicamente 
coesistere in un organico completamento del sistema, certo che le esclusioni 
previste dalla legge nel secondo e terzo comma dell'art. 17 non 
contrastavano con la suddetta determinazione in concreto, ricollegabile 
ad un principio di prevalenza gi� insito nella legge precedente. Ed in 
relazione a ci�, a conferma, torna vieppi� attuale, siccome _pertinente, 

dalla sentenza della Corte. Secondo tale tesi il legislatore, allo scopo di 
dirimere i dubbi interpretativi ed il contrasto giurisprudenziale delineatosi 
in materia, avrebbe sostanzialmente tagliato la testa al toro estendendo 
anche alla vendita, con atto separato, di negozi le agevolazioni gi� accordate 
al trasferimento di case di abitazione. 

� agevole, per�, replicare che le perplessit� che si � inteso superare 
non riguardavano tale particolare punto, nitidamente disciplinato dal 
secondo e terzo comma dell'art. 17 della legge n. 408 .del 1949, essendo 
viceversa alimentate dall'ambiguo riferimento fatto ai trasferimenti di 
case di abitazione non di lusso � anche se comprendenti uffici o negozi �. 
Ed � per l'appunto allo scopo di chiarire tale espressione che si � fatto 
ricorso ad un criterio di prevalenza di superfici che non avrebbe avuto 
senso ove la reale intenzione del legislatore fosse stata -come si pretende 
da taluno -quella di agevolare anche il trasferimento isolato di 
negozi. Il problema interpretativo, in sostanza, si poneva -ed � stato 
risolto -solo con rig.ardo ad un intero fabbricato comprendente case 
di abitazione e locali destinati ad uffici e negozi: � con riguardo a tale 
fattispecie che poteva dubitarsi del limite di accessoriet� oltre il quale 
le finalit� del legislatore del 1949 rischiavano di venir travisate. 

Potrebbe, a tal punto, opporsi, sul rilievo che nella specie si � di 
fronte ad un atto di interpretazione autentica, che l'accertata natura 
della disposizione in esame non esclude, di per s�, la possibilit� di annet




342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il richiamo del ricordato insegnamento della Corte Suprema nel quale, 
in motiviazione, si precisa proprio che i predetti commi dell'art. 17, 
nei quali � prevista la esclusione in parola, non escludono bens� confermano 
quella interpretazione innanzi delineata e data dalla stessa 
Corte, in ordine al ra1pporto di prevalenza, � perch� precisano che il 
legislatore ha inteso accordare la riduzione dell'imposta a tutti gli_ 
elementi della costruzione in caso di vendita dell'intero fabbricato con 
un unico atto� nel primo quadriennio ed escluderla nel caso di vendite 
isolate di negozi costituenti autonome unit� economiche�. E se i predetti 
commi della norma confermano quella interpretazione, che proviene 
dal giudice, parimenti non possono non confermare la interpretazione, 
fatta dal legislatore, che si divaria dall'altra solo perch� quantifica, 
in un rapporto di concretezza, il principio. 

In secondo luogo non pu� non tenersi presente che la legge in 
parola porta nella sua intestazione una duplice indicazione che ne 
qualifica e determina il contenuto, precisamente limitato e cio� � modifiche 
� ed altres� �interpretazioni � di nol'me legislative in mater.ia 
di agevolazioni tributarie nel settore dell'edilizia. E se si tien presente 
che la legge in parola, che si 1compone di soli tre ar.ticoli, in due di 
essi, e precisamente il secondo ed il terzo, attua precise � modifiche� 
di precedenti nol'me e propriamente dell'art. 4 della legge 2 febbraio 
1960, n. 35 (su ricordata perch� ha in comune con la legge de qua la 
determinazione in concreto del rapporto di prevalenza in riferimento 
ad altra imposta) e dello stesso articolo della legge 19 luglio 1961, 

tere alla norma una portata sostanzialmente abrogatrice delle precedenti 
disposizioni; interpretazione (autentica) ed abrogazione, in altre 
parole, non sarebbero due termini antitetici e tali che l'uno escluda 
necessariamente l'atto, potendo configurarsi una interpretatio abrogans, 
vale a dire una estensione (o, eventualmente, riduzione) della portata di 
una disposizione per effetto della interpretazione autentica fornitane con 
la norma successiva. 

L'obiezione,. peraltro, avrebbe il torto di perdere di vista il punto 

focale dell'indagine, consistente nello stabilire se sussista incompatibilit� 

tale tra le nuove e le precedenti disposizioni da escludere ogni possibilit� 

di una loro coesistenza. � 

Ora � chiaro che per parlare di incompatibilit� occorre'preliminarmente 
verificare quale sia la materia delle due disposizioni, potendo darsi abrogazione 
tacita solo in presenza di una perfetta identit� di materia tra 
vecchia e nuova norma. E tale identit� di materia non sussiste tra l'art. 17, 
secondo e terzo comma, legge 2 luglio 1949, n. 408 e l'art. 1, primo comma, 
legge 6 ottobre 1962, n. 1493. La precedente disposizione, invero, parla 
di � vendita di negozi � con una terminologia che non figura nella norma 
nuova, la .quale si limita a far parola di � locali destinati ad uffici e 
negozi ., senza alcun specifico riferimento alla compravendita di questi 
ultimi. Da una parte, si esclude dalle agevolazioni tributarie la vendita 
separata di negozi; dall'altra, si estendono i benefici ai locali destinati ad 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 343 

n. 659, dei quali articoli si sanziona la � sostituzione ., se ne deriva, 
non potendosi negare valore alle chiare parole del legislatore ed escludere 
che questi non le abbia usate nel loro giusto senso tecnico, che 
le � interpretazioni � non possono che riflettere l'art. 1 in esame, con 
la determinazione in concreto del r.a1pporto di prevalenza. In tal modo 
la natura interpretativa della legge sul punto in parola trova nella 
parola della stessa legge la pi� autorevole conferma. 

Ci� detto di nessun valore si palesa l'argomento che l'appellato 
contribuente ritiene di poter trarre -ed a suo avviso in maniera 
decisiva -dalla legge del 2 dicembre 19'67, n. 1212, che suonerebbe 
come esplicita conferma alla tesi sostenuta che il requisito della contestualit� 
� da ritenersi dalle leggi successive alla n. 408 del 1949 ormai 
superato, nella sola limitazione della proporzione, di prevalenza, in 
conc!'eto determinata. Invero, tale nuova legge, nella intestazione si 
definisce, come nel contenuto si presenta, quale legge squisitamente 
di � interpretazione autentica � dell'art. 1 della legge n. 1493 in parola: 
e se il contenuto di questa � nei sensi innanzi indicati, la legge del 
1967, dal limitato valore interpretativo, non 1pu� tale contenuto alterare 

o modificare, potendo ci� fare solo una legge di ben diverso valore. 
Aggiungasi comunque che la nuova legge sul punto, sia pure nella 
premessa di espressioni non improntate a quel necessario rigore dl 
tecnica legislativa, di cui non devono difettare le norme, si limita a 
ricalcare puramente e semplicemente �quel rapporto di proporzione 
quantificato dalla legge precedente. D'altra parte non manca la ragione 
1Iuffici e negozi; l�, il legislatore ha avuto presente un quid iuris (contratti 
aventi particolare oggetto); qua, invece, la norma ha riferimento ad un 
quid facti, ad un dato spaziale (locali). Sembra, dunque, di poter dire 
che la precedente disposizione, non che usare solo una terminologia diversa, 
ha un contenuto precettivo speciale ignoto alla nuova, che si pone 
su un piano diverso. 

Agli argomenti addotti dalla sentenza a sostegno della decisione pu�, 
infine, aggiungersi una ulteriore considerazione. L'art. 1 della legge del 
1962 richiama tutti i precedenti provvedimenti legislativi, ad eccezione 
della legge 2 febbraio 1960, n. 35 che, all'art. 3, ulteriormente prorogava 
fino al 31 dicembre 1967 le agevolazioni tributarie in discorso. 

Dunque, se la legge del 1962 avesse portata innovativa troverebbe 
applicazione soltanto alla vendita isolata di negozi incorporati in fabbricati 
costruiti fino a tutto il 31 dicembre 1959, che � il termine fissato 
dall'ultima legge (10 dicembre 1957), n. 1218) richiamata dall'art. 1 della 
legge n. 1493, ed a quelle sole, di dette vendite, fatte entro lo stesso 
termine: cosa evidentemente assurda non potendo spiegarsi perch� il 
legislatore avrebbe ampliato la portata dei benefici soltanto per un periodo 
del passato, e l'avrebbe confermato nella ristrettezza originaria per 
il tempo successivo. 

Ove, invece, si consideri che la legge 2 febbraio 1960, n. 35 aveva, 
all'art. 1, gi� introdotto -ai soli fini della esenzione dalla imposta sui 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 marzo 1969, n. 710 -Pres. Stella 
Richter -Est. Tafuri -P. M. Pedace (conf.) -Assessorato LL. PP. 
della Regione siciliana (avv. Stato Del Greco) c. Impresa Mustica 

�(avv. Pasquale). 

Regioni -Regione Siciliana -Opere pubbliche appaltate dalla Regione Capitolato 
generale per le opere pubblich~ appaltate dallo Stato 
-Valore regolamentare per gli appalti della Regione -Esclusione Necessit� 
di richiamo contrattuale -Sussiste -Applicabilit�, pur 
in mancanza di tale richiamo, delle norme processuali inderogabili 
e d'immediata applicazione del Cap. ge:q. 00.PP. dello Stato 
approvato con D. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -Esclusione. 

(1. reg. sic. 1� luglio 1947, n ..3, art. 1; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 
H Capitolato generale per le opere pubbliche appaltate dallo Stato 
(una volta d.m..28 maggio 1895, oggi d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063) 
ha valore normativo interno solo per lo Stato e non anche per. la Regione 
siciliana, la quale, al pari degli altri enti pubblici, pu� assumerlo, 
solo .contrattualmente a regolamento dei suoi appalti (1). 

(Omissis). -Con il primo mezzo, l'Assessorato siciliano per i 11.pp., 
denunziando sia la violazione e falsa applicazione del d.P.R. 16 luglio 

(1) Nonostante la motivata resistenza dell'Avvocatura, la giurisprudenza 
della Corte di Cassazione ripete acriticamente un insegnamento di 
massima (v. Cass. 7 marzo 1967, n. 528; in questa Rassegna, 1967, I, 580 
con nota critica di AzzARITI .(GIORGIO) frutto di equivoco e fonte di contraddizione. 
La sentenza in rassegna assume, infatti, come presupposto del suo ragionamento 
la natura � interna � delle norme del Cap. Gen. oo. pp. In questo 
stesso fascicolo della Rassegna viene riportata, qui di seguito (pag. 348, in 
part. 350, nella motiv.), la sentenza 17 marzo 1969, n. 857 della stessa I Sezione 
Civile della Corte di Cassazione, la quale, diversamente, ribadisce altra 
prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui il Cap. 
Gen. oo. pp. si articola in norme regolamentari dotate dell'a � imperativitd 
esterna che � propria delle norme di diritto obiettivo � (cfr. Cass., 12 gen




346 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

1962, n. 1063, in relazione al�'art. 1 della legge regionale siciliana 1~ 
luglio 1947, n. 3, 14 (lett. g) e 20 Statuto regione siciliana, approvato 
con r.d.1. 15 maggio 1946, n. 455, convertito nella legge costituzionale 
26 febbraio 1948, n. 2, sia l'omessa motivazione su di un punto decisivo 
della controversia, sostiene che, in virt� del d.P.R.. 30 luglio 1950, 

n. 878, la Regione siciliana� svolge nell'ambito del proprio territorio 
le attribuzioni del Ministero dei lavori pubblici,� previste dall'art. 20 
dello Statuto regionale, e si avvale del Provveditorato e degli uffici del 
genio civile statali funzionanti nel suo territorio. Essendosi stabilito un 
rapporto di successione tra enti, la normativa in materi~ di opere 
pubbliche sarebbe vincolante per l'ente successore. 
In particolare il tribunale avrebbe omesso di esaminare la legge 
regfonale 10 luglio 1947, n. 3, che proroga, fino a quando l'Assemblea 
regionale non abbia diversamente disposto, l'applicazione, nelle materie 
attribuite alla competenza regionale, della legislazione dello Stato fin 
allora in vigore. In conseguenza, il Capitolato generale dello Stato 
approvato con d.m. 28 maggio 1895 avrebbe per la Regione la stessa 
forza normativa che ha per lo Stato. E, poich� le forme e i modi di 
risoluzione delle controversie con gli appaltatori, attenendo alla materia 
processuale, sono inderogabili e d'immediata applicazione, l'art. 47 
del nuovo Capitolato generale di cui al d.P.R. 16 luglio 1_962, consentendo 
di declinare la competenza arbitrale, legittimerebbe la facolt� 
esercitata dall'Amministrazione regionale nei confronti del Mustica. 

La censura � priva di fondamento. 

Anzitutto l'argomento, che l'Avvocatura dello Stato vuo,l desumere 
dalla successione tra enti, si dimostra inconferente: atteso che 
la Regione siciliana, soggetto di diritto pubblico, con capacit� di diritto 

naio 1956, n. 27, Giur. it., 1957, I, 1, 1048-1050; 14 giugno 1962, n. 1478, 
Il foro amm., 1963, II, 83-84; per il Cap. gen. 1962, v. C:ass., 23 luglio 1964, 

n. 1989, in questa Rassegna, 1964, I, 96�9-971) ed in armonia con tale concetto 
sono ad es. comprese tra le � norme vigenti per l'esecuzione delle opere 
pubbliche di competenza del Ministero Lavori Pubblici ., a cui rinvia 
per la disciplina degli appalti della Cassa per il Mezzogiorno o suoi 
concessionari l'art. 8 1. 10 agosto 1950 n. 646, anche le disposizioni del 
Cap. Gen. oo. pp. del 1895 (Cass., 23 giugno 1958, n. 2219, Foro it., 1958, 
I, 1450; 19 gennaio 1963, n. 67, Giur. it., Mass., 1963, 20) e del Cap. Gen. 
oo. pp. del 1962 (Cass., 6 aprile 1963, n. 909, in questa Rassegna, 1966, 
I, 843; 6 settembre 1968, n. 2878, ivi, 1968, 842). 
Ed allora? Con quanta coerenza pu� continuare ad affermarsi che, 
invece, fra le norme della legislazione � materiale � dello Stato richiamate 
dall'ampia dizione dell'art. 1 1. reg. sic. 1� luglio 1947, n. 3 non sono da 
comprendere le disposizioni del Cap. Gen. oo. pp., perch� queste sarebbero 
proprie di un regolamento � interno � �statale, con d�, per di pi�, obliterandosi 
che il rapporto fra stazione apipaltante ed appaltatore di opera 
pubblica � un rapporto intersoggettivo, rilevante per l'ordinamento giu




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 347 

distinta da quello dello Stato, nell'ambito della propria competenza, 
detemiinafa dalle leggi istitutive, gode delle relative potest� e le 
esplica in via primaria ed autonoma. E non pu� revocarsi in dubbio 
che ci� valga in ispecie quanto all'attivit� sostanzi-almente contrattuale 
che esplica nell'esercizio delle funzioni ad essa attribuite. Il richiamo 
alla successione avrebbe rilevanza ,soltanto se il contratto de quo fosse 
stato concluso con lo Stato e, solo in un secondo momento, la Regione 
fosse subentrata nella relativa posizione contrattuale. 

Quanto poi all'invocata disposizione di rinvio, di cui all'art. 1 della 
legge regionale 1� luglio 1947, n. 3, questo Supremo Collegio si � 
ripetutamente prenunciato nel senso che il Capitolato generale per le 
opere pubbliche appaltate dello Stato (una volta d.m. 28 maggio 1895 
oggi d.P. 16 luglio 1962, n. 1063) ha valore normativo interno, solo 
per lo Stato e non anche 1per la Regione siciliana, la quale, al pari 
degli altri enti pubblici, pu� assumerlo solo contrattualmente a regolamento 
dei suoi appalti (Cass. 7 marzo 1967, n. 528; 17 aprile 1968, 

n. 1143). 
E anzi, quando la Regione ha ritenuto, con la legge 25 settembre 
1957, n. 54, di provvedere in materia, la Corte costituzionale, con 
sentenza 2 maggio 1958, n. 35, ha dichiarato l'illegittimit�, costituzionale 
dell'art. 8 di detta legge, osservando che � la potest� di emanare 
norme materiali per disciplinare certi rapporti giuridici, come quelli 
relativi al compimento delle opere pubbliche, non com'Prende certamente 
anche il potere di regolare preventivamente, mediante norme 
strumentali ben differenti per funzione o per struttura, perfino le 
forme e i modi del giudizio sulle controversie concernenti quei rapporti, 
sottraendolo alla giurisdizione competente per deferirlo, invece, 

ridico generale, che, per altro verso, non si dubita sia regolato da norme 
di diritto obiettivo, come sono quelle della legge sui lavori pubblici, 
della legge di contabilit� generale dello Stato, quelle sulla revisione dei 
prezzi, ecc. 

Problema diverso era quello dei limiti di legittimit� costituzionale del 
rinvio legislativo regionale, nella materia considerata, alla legislazione 
statale (v. Corte Cost., sent. 2 maggio 1958, n. 35, Giur. cost., 1958, 481, 
con nota di ESPOSITO). 

Rispetto al quale, a prescindere dal caso di specie, pu� ben avvertirsi 
che una legge regionale, che, per la disciplina degli appalti oo. pp. stipulati 
dalla Regione siciliana o suoi concessionari, dichiarasse applicabili 
le norme del Cap. Gen. oo. pp. appr. con d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
non potrebbe, comunque, incorrere nelle censure di cui alla citata sentenza 
della Corte Costituzionale, poich� il Cap. Gen. statale del 1962, con le 
norme che ,qui interessano, non sottrae controversie alla sfera di competenza 
dell'A. G., sibbene concede alle parti una facolt� di scelta fra due, 
giudici, cfr. Corte Arpp. Roma, 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 
1969, I, 151. 



348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
ed in via obbligatoria, a soggetti o ad organi diversi �. � Altra cosa � 
348 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
ed in via obbligatoria, a soggetti o ad organi diversi �. � Altra cosa � 
esercitare, rispetto ad una o anche a pi� controversie determinate o 
determinabili, un potere di disposizione, che � strettamente collegato 
al potere di azione, seppure non ne � addirittura un aspetto o uno 
svolgimento, di guisa che � concepibile che la Regione ne sia titolare; 
altra cosa dettare una norma legislativa, diretta a vincolare non soltanto 
la Regione, ma anche i terzi e per di pi� a sottrarre preventivamente 
ed in via generale tutte le controversie concernenti i rapporti 
in certe materie alla sfera di competenza delle autorit� giurisdizionali�. 


Con il secondo motivo, sotto altro profilo, si denunzia la violazione 
del d.P.R. n. 1063 del 1962, perch� non sarebbe pi� possibile I.a 
costituzione dei Collegi arbitrali nei modi previsti dal, Capitolato del 
1895, non potendo l'attivit� degli organi statali essere spiegata j::he nel 
rigoroso rispetto delle attribuzioni previste dalle leggi istituzionali. 

Anche sul punto questo Supremo Collegio ha sottolineato che la 
legge non ostacola, ma favorisce in generale che la nomina degli arbitri 
abbia luogo ad opera della pubblica autorit�. 

E se, in astratto, pu� prospettarsi che questa, non vincolata da 
norma apposita, si rifiuti di procedere alla nomina, rpu� sopperire il 
criterio sussidiario, previsto dall'art. 810 c.p.c., valido anche se la 
clausola compromissoria nulla disponga a riguardo o predisponga un 
sistema comunque non funzionale. 

Con il terzo motivo l'Assessorato Regionale denuncia la nullit� 
della clausola compromissoria perch� non approvata, in forma specifica, 
per iscritto dal Mustica. 

Anche quest'ultimo motivo � infondato. Invero, qualora fosse in 
tesi raffigurabile il contratto per adesione, l'Amministrazione che ha 
predisposto il testo non potrebbe addurre l'inefficacia, atteso che la 
sanzione pu� essere fatta valere esclusivamente dal contraente ;pi� 
debole nel cui interesse la protezione � apprestata (Cass., 13 febbraio 
1968, n. 495); se non che, nella specie, la clausola compromissoria, 
essendo propriamente contenuta nell'atto predisposto da un terzo, al 
quale le pariti si sono concordemente richiamate, concreta l'ipotesi di 
formazione del contratto per relatione�m perfectum, per cui non � applicabile 
l'art. 1341 c.p.c. (Cass., 12 febbraio 1968, n. 470). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1969, n. 857 -Pres. Pece 
-Est. Virgilio -P. M. Antoci (conf.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(Avv. Stato Angelini Rota) c. D'Agostino (avv. Fortuna). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Contratti di appalto stipulati 
dalla Cassa per il Mezzo~iorno o dai suoi concessionari -Obbli~o 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 349 

contrattualmente assunto dalle parti di uniformarsi alle. disposizioni 
del Capitolato generale della Cassa -Validit� limitata alle 
materie parallelamente disciplinate dal Cap. gen. oo.pp. 1962 con 
norme di carattere dispositivo -Sussiste -Prevalenza delle regole 
stabilite dal Cap. gen. oo.pp. 1962 con norme di carattere inderogabile 
-Sussiste -Applicazione in materia di controversie 
fra appaltatore e stazione appaltante. 


(1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063). 
In virt.� del richiamo operato dall'art. 8 l. 10 agosto 1950, n. 646 
alla disciplina legale e regolamentare degli appalti delle opere dipen


I 

denti dat Ministero dei Lavori Pubbiici, gli appalti di opere pubbliche 
stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno o da suoi concessionari pos


I 

sono essere pattiziamente assoggettati aiza disciplina del Capitolato 
generale della Cassa soUanto per quanto concerne regole dispositive 

l 

del Cap. gen. oo.pp., ma non anche per quelle aventi carattere inckrogabile, 
fra cui sono da annoverare le norme relative al contenzioso 

l

fra l'.appaltatore e la stazione appaltante (1). 

l 

(Omissis). -Con unico motivo la Q'icorrente deduce che l'art. 39 
del Ca1pitolato generale approvato dalla Cassa per il Mezzogiorno nella 

l

seduta del 6 luglio 1954 (in base ai poteri previsti dell'art. 45 del Regolamento 
23 maggio 1924, n. 827, per l'esecuzione della legge sulla I 
contabilit� generale dello Stato) riserva soltanto alla parte convenuta 
la facolt� di escludere unilateralmente la competenza arbitrale stabi


J

lita dall'art. 43 dello stesso capitolato e ne trae la conseguenza che 
tale normativa -espressamente richiamata nel contratto di. appalto 

l 

stipulato con l'impresa D'Agostino -avrebbe dovuto indurre il Tri


I 

bunale ad escludere che anche l'impresa potesse declinare la competenza 
arbitrale, optando per quella ordinaria. 

Aggiunge la ricorrente che non contrasta con la indicata conclusione 
la disposizione dell'art. 8 della legge 10 agosto 1950, n. 646 (istitutiva 
della Cassa per il Mezzogiorno), in quanto detta norma si limita 
a stabilire che solo � in quanto applicabili� si osservano le disposizioni 
vigenti per l'esecuzione delle opere di pertinenza del Ministero 
dei Lavori Pubblici, per cui la normativa speciale contenuta nel Capitolato 
della Cassa deve prevalere rispetto a quella generale del Capitolato 
generale approvato con d.p. 16 luglio 1962, n. 1063, secondo 
il quale (art. 47) � consentito ad entrambe le parti di escludfile la competenza 
arbitrale. 

(1) Giurisprudenza consolidata: cfr. da, ultimo, Cass., 6 settembre 
1968, n. 2878, in questa Rassegna, 1968, I, 842 ed ivi ulteriori riferimenti 
sub 1-2 (v. ora il C:ap. gen. app. appr. dal Cons. d'amm. della Cassa per 
il Mezzogiorno con del. 20 gennaio 1965 e mod. con del. 7 giugno 1968). 
13 



350 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La tesi non ha fondamento. 

Questa Corte Suprema ha pi� volte avuto occasione di affermare, 
con specifico riferimento alle opere da eseguirsi dalla Cassa per il 
Mezzogiorno, che a termini dell'art. 8 della citata legge n. 646 del 1950 
gli appalti stipulati da tale ente sono considerati alla stessa stregua 
di quelli sttpulati dallo Stato, e che ad essi debbono applicarsi le disposizioni 
contenute nei Capitolati generali per le opere pubbliche 
dello Stato, che hanno natura regolamentare, e quindi l'imperativit� 
esterna che � propria delle norme di diritto obbiettivo. 

Ha, inoltre, affermato questa Corte che l'obbligo, assunto eventualmente 
dalle parti, di uniformarsi alle. diverse disposizioni del Capitolato 
della Cassa pu� valere soltanto nell'ambito delle regole 
del Capitolato delle opere pubbliche aventi carattere dispositivo, tra 
le quali -tuttavia -non possono annoverarsi quelle sulla disciplina 
dell'arbitrato, che sono al contrario inderogabili. 

" Alia stregua del consolidato orientamento della giurisprudenza 
di questo Supremo Collegio nei sensi indicati (14 ,giugno 1965, n. 1193; 
28 marzo e 6 aprile 1966, nn. 815 e 909; 13 maggio 1968, n. 1493), il 
Tribunale di Roma ritenne la propria competenza in ordine alla controversia 
insorta tra il D'Agostino e la Cassa per il Mezzogiorno. 

Il ricorso di questa, non sussistendo validi argomenti per discostarsi 
dal menzionato orientamento giurisprudenziale, deve essere rigetta,
to. -(Omissis). 

CORTE DI APPELLO DI ROMA, Sez. I, 23 gennaio 1969, n. 113 -
Pres. De Rosa -Est. Bonelli -Comune di Roma (avv. Precone) 

c. Societ� Costruzioni Industriali e lavori pubblici (avv. Petraccia). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Onere della riserva immediata 
incombente sull'appaltatore -Funzione -Portata generale in ordine 
a qualsiasi pretesa a maggiori somme di danaro da parte dell'appaltatore 
-Sussiste -Momento di operativit�. 

( I. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, artt. 343 e 345; r.d. 25 maggio 1895, n. 350, 
artt. 11, 16, 20, 21, 22, 23, 36, 37, 53, 54, 64 e 89; d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, 
art. 42). 
Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori disposta 
dall'Amministrazione committente -Pretese dell'appaltatore a 
maggiori compensi o indennizzi per il fatto della sospensione Necessit� 
della riserva immediata -Sussiste -Momento di operativit�. 


(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 16 e 89). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 351 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Riserve dell'appaltatore -Esame 
in via amministrativa -Provvedimento generico di � rigetto 
delle riserve perch� infondate in fatto e in diritto� -Portata Rinunzia 
dell'Amministrazione committente ad avvalersi in giudizio 
dell'eccezione di decadenza delle riserve per intempestivit� 
delle medesime -Esclusione. 

(r.d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 109; d.m. 28 maggio 1895, art. 41; d.P.R. 16 
luglio 1962, n. 1063, art. 42). 
Arbitrato -Impugnazione per nullit� della sentenza arbitrale -Giudizio 

d'impugnazione -Ammissibilit� di impugnazioni incidentali 


Esclusione. 

(<f.p.c., artt. 829, 830). 

In relazione aila sua funzione di apprestare aU'Amministrazione 
committente un mezzo idoneo ai cos'l!ante controUo dei costo deU'o'J)era, 
L'onere imposto ati'appaitatore di opera pubblica di tradurre in specifiche 
riserve, tempestivamente formuiate, ie sue pretese a compensi 
maggiori o diversi da quem riconosciutigli in contabilit�, sotto pena 
di decadenza, ha portata generaie e non ammette aicuna dero,ga, neppure 
per le pretese che traggano titolo da c.d. fatti continuativi o 
questioni generali e d'interpretazione del contratto, che sempre si riverberano 
tutte e si esauriscono neUe singoie unit� di lavoro e, quindi, 
incidono sui costo deti'opera. In tali casi, l'onere della riseirva diventa 
attuale nei momento in cui si rende manifesta la riievanza causale del 
fatto generatore deHa situazione dannosa secondo una vaiutazione 
condotta con media diligenza e buona fede (1). 

La stessa sospensione dei lavori, quando concreti una situazione 
dannosa riconoscibiie e vaiutabiie nei tempo stesso deila interruzione, 
� soggetta aH'one1�e della riserva, quanto meno in sede di verbaie di 
ripresa dei lavori, giacch� tale adempimento formale interviene quando 
ii pregiudizio economico ricadente suti'impresa � gi� manifesto nei 
suoi elementi causali e determinativi essenziali (2). 

NeHa generica espressione di rigetto per infondatezza, usata nei 
provvedimento amministrativo di esame deHe riserve, non pu� ravvisarsi 
una rinunzia deH'Amministrazione ad avvaiersi in giudizio deUa 

(1) In senso conforme v. Corte Appello Roma, 28 settembre 1968, 
n. 2301, in questa Rass.egna, 1968, I, 1110, sub 1); Corte Appello Roma, 
30 novembre 1968, n. 2790, ivi, 1111, sub 4); Corte Appello Roma, 19 aprile 
1966, n. 666, in questa Rassegna, 1966, I, 712. � 
(2) In senso conforme, v. �Corte Appello Roma, 28 settembre 1968, 
n. 2301, in questa Rassegna, 1968, I, 1110, sub 2) ed ivi nota di ulteriori 
riferimenti di giurisprudenza e dottrina. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

352 

decadenza, in cui sia incorso l'appaltatore per effetto della tardivit� 

deUe riserve medesime, poich� La rinunzia non si presume e, se pu� 

essere implicita, deve tuttavia emergere da elementi certi, che non 

sono desumibili da quella dizione (3). 

Non � prevista dalla legge la possibilit� di un'impugnazione inci


dentale nel �giudizio di impugnazione del lodo arbitrale (4). 

(Omissis). -� preliminare l'indagine sull'eccezione avanzata dal 

Comune di Roma (primo motivo di impugnazione) relativa a1la tardi


vit� delle riserve sulle quali la Societ� CILP ha fondato tutte le sue 

domande 1per maggiori compensi, come enunciato in narrativa. 

In linea di fatto non � oggetto di contestazione che le riserve di 
cui trattasi non furono inserite dalla Societ� appaltatrice in Sede di 
verbale di sospensione e di ripresa dei lavori e che neppure furono 
inserite nel registro di contabilit�, in sede di registrazione degli stati 
di avanzamento successivi ai vari fatti denunciati e che le stesse furono 
invece inserite nel registro di Contabilit� solo in data 17 maggio 
1961 e cio� circa otto mesi dopo il compimento dei lavori, terminati 
il 3 ottobre 1960, in dipendenza della proroga derivante dalle due sospensioni 
(la prima dal 2 novembre 1958 al 7 gennaio 1959, in \l'apporto 
al reperimento sul terreno e alla successiva asportazione di un 
cavo elettrico ad alta tensione e la seconda, in rapporto al reperimento 

(3) Sulla rinunzia come negozio giuridico, v. Cass., 29 ottobre 1968, 
n. 3616, Giur. it., Mass., 1968, 1305. Peraltro, una stessa rinunzia � implicita., 
in via di massima ammessa dalla sentenza in rassegna, non 
potrebbe esser configurata nei confronti della P. A., essendo fondamentale 
principio di diritto che la volont� della P. A. non pu� ricavarsi per 
implicito da atti o fatti dell'Amministrazione stessa, ma deve essere manifestata, 
nei modi e nelle forme di legge, per iscritto (Cass., Sez. Un., 
6 luglio 1963, n. 1817, in �questa Rassegna, 1963, 135). 
(4) In senso conforme, v. gi� la sentenza 15 febbraio 1949 della stessa 
I Sez. della Corte di Appello di Roma, in Arch. rie. giur., 1950, 288, nonch�, 
in dottrina, VECCHIONE, L'arbitrato nel sistema del processo civile, 
Napoli, 1953, 394. Tuttavia, la stessa Corte d'Appello romana, altra volta, 
ha riconosciuto che anche l'arbitrato d� luogo ad un procedimento di 
cognizione, culminante in una pronuncia, che, una volta resa esecutiva, 
� una vera e propria sentenza, cosicch� esso � soggiace per quanto non 
sia espressamente escluso dalle norme che lo disciplinano o non sia in 
aperto contrasto con la sua essenza alle norme ordinarie sui procedimenti 
di cognizione � (sent. 18 febbraio 1969, n. 336, in questa Rassegna, 
1969, I, 151); non mancando, per di pi�, di sottolineare �la natura di 
impugnazione nel senso tecnico-processuale del termine � di quella ex 
art. 829 c. p. c. Il che rafforza il fondamento delle critiche che all'insegnamento 
sopra in rassegna risultano gi� mosse in dottrina (v. TAMBURRINO, 
in nota alla citata sentenza 15 febbraio 1949 della Corte di Appello romana, 
Arch. rie. giur., 1950, 291 e seg.), 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MA'rERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 353 

di, varie caverne nello stesso terreno e all'esigenza di <predisporre una 
perizia suppletiva per nuove modalit� dei lavori di fondazione). 

Quanto innanzi del resto risulta chiaramente dalla prodotta documentazione. 
In altre parole non si fa qui questione se le riserve relative 
a tutte le domande, poi avanzate in sede arbitrale,, siano o meno 
tardive, non essendovi alcun dubbio che le stesse avrebbero potuto 
e dovuto essere inserite nel registro di contabilit� tempestivamente 
(e ci� vale sia per le riserve relative alle pretes drivanti dalla protrazione 
dei lavori a causa delle sospensioni degli stessi, sia per ile altre 
riserve come � gi� stato specificato). Tuttavia la Societ� appalfatrice 
pure ammetten:do che le riserve non furono tempestive a norma dello 
art. 54 del r.d. 25 maggio 1895, n. 350, sostiene -camme ebbe .gi� a 
sostenere in sede arbitrale -che tale ritardo non implica la decadenza 
dalle relative pretese: quanto sopra sull'assunto che la necessit� delle 
riserve non sussiste per i cosidetti fatti continuativi, accertabili in ogni 
tempo, per i fatti che rientrano nell'economia generale del contratto 
e che non si riferiscono a partite specifiche (fatti generali), per i fatti 
non contestati posti a base della pretesa e per le questioni irelative all'interpretazione 
delle clausole contrattuali: ci� in quanto la funzione 
della riserva sarebbe esclusirvamente quella di porre in grado l'Amministrazione 
di controllare ed accertare i fatti posti a base delle maggiori 
pretese (allo scopo di evitare una maggiore difficolt� e talvolta 
una impossibilit� di controllo rispetto a fatti lontani ormai esauriti o 
dei quali la traccia pu� essere divenuta assai labile mentre non vi sarebbe 
la necessit� di una tempestiva riserva di fronte a fatti, per loro 
natura, sempre accertabili). Questa Coirte ha gi� avuto occasione di 
affermare che tale giurisprudenza non si palesa fondata (sentenza del 
19 aprile 1966 Ministero dei LL.PP. contro l'Abbate e successivamente 
sentenza del 28 settembre 1968; Comune di Roma contro Impresa Costruzioni 
ArioH) e non ritiene di doversi discostacre da tale recente indirizzo 
per gli argomenti gi� posti in evidenza nelle precedenti decisioni 
di cui sopra, ai quali occorre richiamarsi. 

Invero mentre dalle norme positive dettate dal Regolamento sulla 
direzione, contabilit� e collaudazione delle Opere pubbliche (r.d. numero 
350 del 1895) si ricava l'esistenza per l'appaltatore di un onere 
generale di denunzia del fatto o deilla situazione giuridica da cui egli 
ritenga di essere gravato e che risulti suscettibile di produrre, in suo 
danno, conseguenze patrimoniali sfavorevoli, la possibilit� di qualsiasi 
deroga rimane esclusa ove si consideri, come devesi, che la vera e comunque 
principale e determinante ratio della normativa sta non tanto, 
come sostiene la Societ� appaltante, nella necessit� di esercitare un 
immediato controllo sul fatto posto a base dei maggiori compensi 
richiesti, quanto, nella esigenza di dare all'Amministrazione un mezzo 
idoneo per controllare costantemente il costo dell'opera, allo scopo di 



354 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mantenerlo nel previsto limite di spesa e comunque di approntare 
tempestivamente le misure atte ad evitare scoperti finanziari. Particolarmente 
significa<tivi al riguardo appaiono gli artt. 36 e 37 del 
regolamento citato, il primo dei quali identifica l'oggetto della contabilit� 
nell'accertamento e nella registrazione � di tutti i fatti produttivi 
di spesa per l'esecuzione dell'opera �, mentre il secondo aggiunge 
che l'accertamento e la registrazione di tali fatti � devono procedere 
di pari passo al loro avvenimento., allo scopo di assicurare tra l'altro 
che � i rimanenti lavori � siano eseguiti � entro i limiti delle somme 
autorizzate ., nonch� di mettere l'Ammi:nJstrazione committente in 
grado di � promuovere senza ritardo gli opportuni provvedi.menti in 
caso di deficienza di fondi�. Ne danno inoltre conferma il divieto di 
introdurre, in corso di appa1to, senza preventiva autorizzazione, varianti 
o aggiunte � che diano luogo ad alterazioni di prezzo � (art. 343 
legge 20 marzo 1865, n. 2248, aJ.leg. F, sui lavori pubblici), il divieto 
di mutare � il tracciato, la forma, le dimensioni, la qualit� dei lavori � 
(art. 20 del Reg. n. 350 del 1895); la :responsabilit� personale dei funzionari 
nel caso di varianti o aggiunte prive d'autorizzazione (norma: 
citata, ultimo comma), le modalit� per la determinazione dei prezzi 
per categorie di lavoro e materiaU non previsti (artt. 21 e 22 del Regolamento 
citato), l'obbligo di denuncia immediata delle contestazioni 
circa la pretesa difformit� tra prescrizioni della dirigenza e i patti contrattuali, 
la cui risoluzione possa portare un onere a carico dell'Amministrazione 
(art. 23 del regolamento citato). 

.Appunto nel quadro di questa volont� ,Jegislativa volta, ad assicurare 
il controllo analitico e tempestivo di ogni fatto dal quale derivi 
un nuovo onere finanziario, trova la sua collocazione funzionale l'onere 
posto a carico dell'appaltatore (art. 54 dello stesso regolamento), di 
tradurre in specifiche riserve, tempestivamente formulate le sue pretese 
a compensi maggiori o diversi da quelli riconosciutigli, in contabilit�, 
in relazione alle singole unit� di lavori, via via eseguite, sotto 
pena di decadenza delle pretese stesse. 

Poich� il sistema di misurazione e di determinazione del compenso 
globale si risolve nella misurazione e determinazione dei prezzi. convenuti 
per le singole unit� di lavoro, dmane fuori del sistema la possibilit� 
di configurare ragioni di compenso che a quell'onere siano 
sottratte, tenuto conto della ratio sopra enunciata. A 1parte invero i 
cosidetti fatti continuativi, rispetto ai quali l'asserita accertabilit� in 
ogni tempo rimane ininfluente di fronte a taJ.e preminente mtio legis, 
sembra evidente che tanto le questioni c.d. generali, quanto quelle di 
interpretazione del contratto, si riverberano tutte e si esauriscono, a 
guisa �~i un fenomeno di riflessione dell'unica immagine sulle pi� facce 
del prisma, nelle singole uni1t� di lavoro, sicch�, attraverso la loro 
incidenza sul costo di queste, vengono a determinare l'onere econo




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 355 

mico complessivo sopportato dall'appaltatore per l'esecuzione della 
opera. N� alla regola si sottraggono in particolare le ragioni di compenso 
che l'appaltatore fa valere quando chiede un indennizzo per 
maggiori spese so,pportate in dipendenza del prolungamento dei lavori 
do:vuto a fatto dell'Amministrazione oltre il termine contrattuale: 
invero le voci che in tal caso vengono in gioco ('costo della mano 
d'opera e dei materiali; ammortamento degli impianti e del macchinario; 
spese di custodia e di manutenzione del cantiere; ulteriori spese 
generali) non hanno, nel sistema di determinazione del compenso contrattuale, 
una rilevanza aurtonoma, ma si ri ettono anche esse sui prezzi 
caledati o pattuiti per le singole unit� di lavoro. Pertanto l'onere delJ.a 
riserva diventa attuale al momento in cui si rende manifesta la rilevanza 
causale del fatto generatore della situazione dannosa secondo 
una valutazione condotta con media diligenza e buona fede. Ora attribuendosi 
alla iscrizione delle riserve siffatta funzione essenziale, come 
devesi per gli al'gomenti di cui sopra, non vi � dubbio che ad essa non 
possa negarsi, per logica conseguenzialit�, il carattere di onere ,generale 
suscettibile solo di adempimento immediato rispetto a quelle situazioni 
che gi� si palesino come generatrici di un danno apprezzabile 
e quindi senz'altro denunciabile. La stessa sospensione dei lavori dunque, 
quando concreti come nella specie una situazione dannosa riconoscibiJ.
e e valutabile nel tempo stesso della interruzione � da ritenere 
soggetta all'onere della riserva, quanto meno, ' in sede di verbale di 
ripresa; giacch� tale adempimento formale interviene quando tale pregiudizio 
economico ricadente sull'impresa � gi� manifesto nei suoi elementi 
causali e determinativi essenziali. L'accettazione di tale criterio 
che, del resto, riceve la sua conferma dall'art. 54 precitato che non 
consente distinzioni ai fini della decadenza in rapporto alle riserve 
tardive, � gi� per se stesso risolutivo circa la pronuncia di inammissibilit� 
delle doonande di cui trattasi; sia di quelle derivanti dal ritardo 
dei lavori, sia, sotto un profilo pi� generale, delle altre domande che 
sono in rapporto rpur sempre a fatti continuativi o generali o non contestati 
a interpretazione di clausola contrattuali (tariffa dei prezzi). 

Per aUro per compiutezza di motivazione � opportuno aggiungere 
che, per quanto concerne le pretese derivanti dalla protrazione dei lavori 
per la duplice sospensione, sussistono anche ulteriori argomenti 
per dimostrare la necessit� di una tempestiva riserva, quanto meno 
nel verbale di ripresa dei lavori stessi come sostiene il Comune di 
Roma con il secondo motivo. 

Invero sebbene la legge non consideri espressamente l'ipotesi che 
l'arppaltatore firmi il verbale di ripresa senza riserva, � tuttavia da 
escludere che. tale fatto rimanga senza effetto, ai fini della possibilit� 
di fare successivamente valere pretese patrimoniali derivanti dalla 
so8pensione dei lavori. Per il combinato disposto degli al'tt.. 16 e 89 



356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del Regolamento gi� citato n. 350 del 1895 l'appaltatore deve: a) normalmente 
sottoscrivere i verbali di sospensione e di ripresa dei lavori; 
b) in caso ricusi la sottoscrizione, essere invitato a farlo, in termine 
perentorio, con la conseguenza che, in caso di non ottemperanza, i 
fatti si presumono corrispondenti alle registrazioni non sottoscritte; 
e) in caso di sottoscrizione, con riserva, ripetere la ri,serva nel registro 
di contabilit� nei modi e nei termini di cui agli artt. 53 e 54 dehlo 
stesso regolamento, com.minandosi per la ipotesi di non ottemperanza 
l'inefficacia delleriserve non ripetute. 

Ci� posto, non sembra contestabile che la dichiarata perentoriet� 
del termine da assegnarsi all'appaltatore nel caso di mancato intervento 
alla firma, dei verbali e la sanzione della inefficacia comminata 
per le domande proposte con rituale riserva nei verbali stessi, 
ma. non riproposte nei registri di contabilit� nei modi e nei termini 
previsti dagli artt. 53 e 54 del regolamento anzidetto, ben valgono 
a giustificare l'affermazione che la firma senza riserva dei verbali di 
sospensione e di ripresa dei lavori preclude -al pari dell'inutile decorso 
dell'accennato termine -la facolt� dell'appaltatore di proporre 
utilmente domande in rapporto alla sospensione dei lavod; essendo 
ovvio 1che a domande non propost� con tempestiva riserva debba negarsi 
a fortiori quella efficacia che il regolamento nega a domande 
proposte con tempestiva riserva, ma non ripetute tempestivamente 
nel registro di contabilit�. 

Resta con ci� dimostrato che tutte le riserve (e tanto pi� quelle 
relative alle maggiori pretese della Societ� appaltatrice per la proroga 
dei lavori derivanti dalla duplice sospensione, per fatto della Amministrazione) 
sono tardive e che il Collegio Arbitrale ha errato in diritto 
non riconoscendo che si era con ci� verificata la decadenza dell'Impresa 
CILP in ordine a tutte le domande fatte valere in sede arbitrale 
le quali traevano origine e fondamento dai fatti denunciati di cui alle 
riserve tardive. 

Sotto altro profilo l'Impresa CILP sostiene che, pure essendosi 
verificata la decadenza in ordine a tutte le domande, il 'comune non 
pu� eccepirla per avere rinunciato ad avvalersi della :decadenza: e al 
riguardo la stessa Societ� trae argomento dal fatto che il consiglio 
comunale nel rigettare le domande di cui alle riserve (delibera del 
23 maggio 1965) specific� che tali pretese erano infondate. Ma � appena 
il caso di affermare -e non � il caso d'indugiare al �riguardo 
tanto la cosa � evidente -che in tale generica espressione non pu� 
certo rinvenirsi una rinuncia ad avvalersi in giudizio della decadenza 
gi� verificatasi, tenuto conto che la rinuncia non si presume e che, se 
la stessa pu� essere anche implicita, nondimeno deve em.erge,re, sia 
pure indirettamente, da eJ.ementi certi, che invero non possono desu




PAR.TE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 357 

mevsi da quella dizione usata con la quale si � inteso rion accogliere 
le proteste poi fatte valere nel giudizio arbitrale. 

Da quanto innanzi consegue che dichiarati assorbiti .gli altri motivi 
di impugnazione, la Corte deve dichiarare la nullit� della sentenza 
arbitrale per vizio in iudicando (errore d'interpretazione deil.le 
norme sulla contabilit� in ordine all'effetto preclusivo delle pretese 
in rapporto a riserve tardive). A tale pronuncia in sede di giudizio 
rescindens pu� senz'altro seguire la pronuncia in sede di giudizio 
rescissorium, tenuto conto che, nella specie, non necessita ulteriore attivit� 
istruttoria. Infatti gli stessi argomenti che hanno condotto a pronunciare 
l'annu1lamento della sentenza arbitrale ben valgono .anche a 
dichiarare inammissibili tutte le domande proposte dalla Societ� CILP 
nei confronti del Comune di Roma, in quanto non precedute da tempestiva 
riserva. 

Quanto all'impugnazione incidentale condizionata avanzata in questa 
sede dalla Societ� CILP, la stessa deve 'Poi riteners iinammissibile, 
poich� non solo la legge non prevede al riguardo la possibilit� di una 
impugnazione incidentale nel ,giudizio instaurato a norma dell'art. 828 
del Codice di procedura civile, ma anche perch� sussiste un ostacolo 
di carattere logico: in quanto chi promuove l'impugnazione incidentale 
in sostanza tende ad ottenere, sia pure per divevsi motivi, la stessa 
pronuncia di nullit� del lodo che � oggetto della impugnazione principa,
le relativa al .giudizio rescindeus; mentre in sede di giudizio rescissorium 
l'altra parte ben pu� far valere le sue ragioni indipendentemente 
da una impugnazione .per nullit�, non dovendosi pi� tener conto 
della sentenza arbitrale ormai travolta. In tal senso del resto gi� ha 
avuto occasione di pronunciare questa Corte (12 maggio 1949 -Rep. 
Foro It. 1949 -Voce Arbitramento, n. 112). Solo per compiutezza � 
infine opportuno aggiungere che nella fattispecie i motivi dell'impugnazione 
incidentale (attraverso i quali la Societ� appaltatrice reclama 
maggiori compensi) sarebbero assorbiti dalla stessa pronuncia con la 
quale tutte le domande dalla medesima proposte, in sede arbitrale, 
sono state dichiarate inammissibili. 

Ai fini poi della pronuncia sulle spese (sia in sede arbitrale sia 
in questa sede) la Corte reputa conforme a giustizia che si debba tener 
conto del recente mutamento di giurisprudenza in una materia 
particolarmente delicata e complessa. � quindi il caso di porre a carico 
di entrambe le parti, in ragione della met� per ciascuna, con vincolo 
solidale salvo rivalsa, le spese per il funzionamento del Collegio arbitrale 
(ivi compreso anche il compenso per gli arbitri, nella misura 
come gi� fissata in sede arbitrale, e di dichiarare interamente compensate 
tra le stesse parti le ulteriori spese processuali del giudizio 
arbitrale, sia le spese del presente giudizio di impugnazione. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

358 

P.Q.M. 
La Corte, cosi provvede sulla impugnazione per nullit� del J.odo 
arbitrale pronunciato il 6 giugno 1966 e sottoscritto in data 11 luglio 
successivo dal Collegio Arbitrale costituito con verbale del 18 ottobre 

1965; impugnazione avanzata dal Comune di Roma nei confronti della J' 
Societ� a r..I. Costruzioni Industriali e Lavori Pubblici (CILP), con citazione 
notificata il 5 luglio 1967; nonch� sull'impugnazione incidentale 
condizionata avanzata dalla predetta Societ� nei confronti del Co


I

mune 
di Roma, con comparsa di risposta del 15 novembre 1967: 
1) dichiara la nullit� del Lodo sopra indicato; 
2) dichiara inammissibili le domande tutte come sopra proposte 

in sede arbi�trale dalla Societ� CILP nei confronti del Comune di Roma, 
con atto notificato il 21 agosto 1964; 

3) dichiara inammissibile l'impugnazione incidentale condizionata 
avverso la detta sentenza arbitrale come sopra proposta dalla 
Societ� CILP; 

4) pone a carico di ambedue le parti, in ragione della met� 
per ciascuna, con vincolo solidale, salvo rivalsa, le spese per il funzionamento 
del giudizio arbitrale in oggetto (ivi compreso il compenso 
per gli arbitri), nella misura come gi� fissata in sede arbitrale; 

5) dichiara interamente compensate tra le parti le ulteriori spese 
processuali del giudizio arbitrale, nonch� le spese del presente 
giudizio di. impugnazione. (Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA PENALE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. IV, 18 febbraio 1967, n. 1883 
Duni -Rel. Zema -P. M. Barone (conf.) -Rie. Fossi. 
-Pres. 
Reato -Contestazione dell'accusa -Relazione tra sentenza ed accusa 
contestata -Reato colposo -Ritenuto elemento di colpa non 
contestato in aggiunta ad altro contestato -Nullit� Esclusione. 
(c.p.p., art. 43; c.p.p., art. 477). 
In ordine ai delitti colposi, non vi � nullit� della sentenza per immutazione 
del fatto, quando il giudice abbia ritenuto che la causa dell'evento 
sia da ricercarsi, oltre che nell'elemento di colpa contestato, 
anche in altro elemento non contestato (1). 
(1) Il principio della correlazione tra l'accusa e la sentenza, con particolare 
riguardo ai reati colposi. 
1. La contestazione dell'accusa quale presupposto processuale. -2. Il bene giuridico 
tutelato dalla norma di cui all'art. 477 c.p.c. -3. La posizione della dottrina e 
della giurisprudenza in ordine alla esatta portata del principio � sententia debet 
esse conformis libello �� -4. La posizione della giurisprudenza, in specie, 
in ordine alla contestazione della colpa. -5. La conseguenza della violazione 
dell'art. 477. -Le varie fattispecie possibili in tema di contestazione della 
colpa rispetto alla condanna per reato colposo. 
1. -Attraverso la contestazione il rapporto giuridico processuale si 
puntualizza, e l'imputazione passa, dalla fluidit� caratteristica della fase 
istruttoria, ad uno stadio di cristallizzazione che segna, da un lato, gli 
esatti limiti del thema decidendum, dall'altro, il preciso ambito dei poteri 
e dei doveri delle parti del rapporto stesso (1). Mediante la detta cristallizzazione, 
il giudice acquista, in tutta la sua pienezza, il potere-dovere 
di giudicare la fattispecie portata al suo esame (2): fattispecie che � delimitata 
dalla contestazione in duplice senso, negativo e \POSitivo: negativo, perch� 
il giudice non pu� esercitare la sua funzione in ordine a fatti che 
non siano ricompresi nella contestazione, che, cio�, non costituiscano l'oggetto 
della imputazione; positivo, perch� il giudice ha il dovere, oltrech� 
(1) Cfr. LEONE G., Trattato di diritto processuale penale, 1965, II, 160. 
C2) Cfr. LEONE F., SuZZa correlazione tra accusa e sentenza, in nota a Tribunale 
Mistretta 9 dicembre 1958, Giur. It., 1959, II, 129. Per la impostazione del problema 
dei rapporti tra accusa e sentenza non esclusivamente in termini di salvaguardia 
dei diritti della difesa, cfr. pure FosCHINI, Sistema del diritto processuale 
penale, 1956, I, 42; PISAPIA, In tema di correlazione tra sentenza ed accusa contestata, 
in Atti de! Congresso di diritto penale di Trieste, 8-11 aprile 1953; SABATINI G., 
Correlazione tra sentenza e accusa contestata nei delitti colposi, in Atti ecc., cit.; e 
NUVOLONE, Contributo alla teoria della sentenza istruttoria penale, 1943, 80. 
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360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
il potere, di giudicare su tutta la fattispecie contenuta nella contestazion�, 
nessun aspetto e nessuna parte escluse. Perci� la contestazione che 
� la traduzione, nei termini dialettici del contraddittorio, della imputazione, 
con la quale il P. M. attribuisce a taluno un determinato fatto 
rispondente alla specie legale del reato -funziona da presupposto processuale: 
essa fa nascere, per il giudice, il potere-dovere di emettere la 
decisione, ma limitatamente all'oggetto in essa contenuto. Perci� la contestazione 
non sembra avere l'unico scopo di porre l'imputato nella possibilit� 
di utilmente spiegare le sue difese (3), ma funziona anche, nel 
quadro del processo come rapporto, quale elemento attributivo della 
legitimatio iudicandi e dei poteri che spettano al giudice quale parte 
del rapporto giuridico processuale; per l'inverso, essa rappresenta lo 
strumento di misura della investitura del giudice in ordine ad una certa 
fattispecie. La contestazione, cos� inserita nel pi� ampio quadro del 
contraddittorio e della dialetticit� del rapporto processuale, viene ad 
impingere � in una norma pi� generale, che appartiene alla logica stessa 
del processo � ( 4) che � actus trium personarum in ordine ad un determinato 
thema decidendum. 

Per questo la correlazione tra l'accusa e la sentenza -principio 
fissato nell'art. 477 c. p. p. che riproduce in sostanza la norma di cui 
all'art. 417 del codice di rito precedente -non tocca solo il problema 
del rispetto dell'inviolabile diritto della difesa,_ ma attiene alla logica 
stessa del procedimento, incardinandosi, quale presupposto processuale, nel 

principio del contraddittorio e dei rapporti che legano, in una antinomia 
dialettica, le parti tra di loro, attraverso una serie di diritti, obblighi, 
poteri e doveri che confluiscono verso l'accertamento della verit� e la 
res iudicata. 
Per questo mi pare che l'importante princ1p10 della correlazione tra 
accusa e sentenza, in quanto attinenti alla logica intima del sistema, non 
debba essere studiato solo alla luce della difesa dell'imputato e dei suoi 
inviolabili diritti, ma anche rispetto alla posizione del giudice e del P. M.: 
insomma, nel quadro del processo come actus trium personarum. Da qui 
(3) Tuttavia � questa l'opinione dominante in dottrina e consolidata in giurisprudenza 
: cfr., in dottrina: LEONE, Trattato di diritto processuale penale, Ioc. cit.; 
MANzrNr, Trattato di diritto processuaie penale italiano, 1956, IV, 316; RANIERI, Manuale 
di diritto processuale penale, 1965, 369; SANTORO, Manuale di diritto. processuale 
penale, 1960, 293; CARNELUTTI, Rapporto della decisione penale con la imputazione, 
Riv. dir. proc., 1960, 161; FoscHINI, Giurisprudenza degli interessi e relazione 
della sentenza con l'accusa, in Riv. it. dir. pen., 1951, 220 (ma cfr. dello stesso A., 
Sistema ecc., cit. pag. 42); SOMMA, Circostanze attenuanti, diritto all'amnistia e diritti 
della difesa, Riv. it. dir. proc. pen., 1963, 1299 segg.; CORBI, In tema di procedibilitd 
per contravvenzione stradale, con particolare riguardo alla modificazione 
dell'accusa contestata, in nota a Cass. 14 giugno 1967, Giur. It., 1968, II, 102. 
Per la giurisprudenza, cfr. A. lANNITTI PIROMALLO, Esposizione critica della 
giurisprudenza sul Codice di Procedura Penale nella sua completa attuazione dal 
1930 ad oggi, 1956, Il, pag. 1144 segg.; inoltre, tra le pi� recenti: Cass. 19 gennaio 
1966, Cass. pen., Mass., 1967, 644 m. 1042; 28 novembre 1966, ivi 1967, 896 m. 1387; 
9 febbraio 1966, ivi 1966, 1126 m. 1740, oltre le altre citate nel corso del presente 
scritto: si tenga comunque conto che l'orientamento giurisprudenziale � consolidato. 
Tuttavia la Cass. 5 maggio 1952 Ist. St. Leg. 1952, II, 213, ha ritenuto che �la sentenza 
di rinvio a giudizio nell'istruzione formale -come la richiesta e il conseguente 
decreto di citazione in quella sommaria -limita e circoscrive il rapporto 
processuale alle contestazioni in essa contenute �. 
(4) NUVOLONE, op. e Zoe., cit.; LEONE F., cit., col. 130. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 361 

occorrerebbe dedurre che il criterio della violazione del diritto di difesa 
non pu� essere sussunto a metro di valutazione o �di interpretazione della 
norma citata (5), n� si pu� sostenere che la violazione del principio di 
correlazione si verifichi solo quando il mutamento di una determinata 
circostanza abbia determinato la violazione del diritto di difesa, n�, viceversa, 
sostenere che la mutatio libelli �, in fondo, irrilevante e gioca il 
ruelo di una semplice emendatio, quando l'imputato, malgrado il mutamento, 
si sia egualmente difeso e pertanto non abbia interesse a rilevare 
la violazione, pur esistente sotto il profilo, per cosi dire, ontologico (6). 

A me pare che il problema della correlazione non possa essere impostato 
in termini di interesse della parte privata a far rilevare la violazione 
della norma, perch� ci� postulerebbe da un lato, che l'unico oggetto 
giuridico protetto dall'art. 477 c. p. p. sia il diritto alla difesa dell'imputato, 
e dall'altro che la difesa non sia un bene di si alto livello sociale 
q�ale essa � voluta dal legislatore, ma sia tutelata da norme di carattere 
dispositivo, azionabili solo sul presupposto di legittimazione dell'interesse 
individuale: mi sembra, invece, che il sistema positivo abbia tanto 
in considerazione la difesa dell'imputato, da non consentire neanche in 
nome di un indimostrabile principio di economia processuale che l'imputato 
possa disporre del detto diritto pur solo in termini di rinuncia per 
difetto dell'interesse: ,l'imputato non ha poteri dispositivi in ordine alla 
difesa, che � irrinunciabile in ogni stato e fase del processo, a pena di 
nullit� assoluta: e le norme che tale tutela assicurano devono essere 

(5) Rileva esattamente il LEONE F., da ult. cit., che la necessit� di salvaguardare 
il diritto alla difesa rappresenta e la politica legislativa... ma non � e non pu� 
essere il criterio di interpretazione della norma stessa, il criterio da seguire per 
giudicare se sussista o meno l'ipotesi di applicazione dell'art. 477 �; altrimenti occorrerebbe 
fare l'analisi del diritto alla difesa nel suo concreto esercizio, prima 
ancora di esaminare la corrispondenza tra l'accusa e la sentenza. Tuttavia, mi pare 
che possa considerarsi la violazione del diritto della difesa, se non un criterio ermeneutico, 
almeno un indice sintomatico della violazione dell'art. 477 nei casi in 
cui sia dubbia la rilevanza di una certa cmendatio: potr� quindi desumersi, una 
volta accertata la non corrispondenza tra l'accusa e la sentenza, se essa sia rilevante 


o puramente marginale assumendo, quale indice, il concreto atteggi�rsi del diritto 
alla dife11<1. 
(6) Rileva il MAssARI, Le dottrine generali del Processo Penale, 1931, 731, che, 
per accertare se si sia in concreto violato il principio sancito dall'art. 477 occorre 
far ricorso. a due criteri: e ...al criterio dell'identit� dell'azione e dell'omissione e al 
criterio dell'interesse ad agire. Allorch� si suole negare che vi sia mutamento del 
fatto se il giudice, da una imputazione ricollegata ad un processo esecutivo pi� 
complesso, passi a ritenere un processo esecutivo pi� semplice, si enuncia un concetto 
inesatto, poich� l'esclusione di uno o pi� atti dell'iter criminis, dal tronco 
dell'azione esecutiva, conferisce, dal punto di vista prasseologico, una insopprimibile 
diversit� alla struttura fisica del reato, e alla fattispecie in imputazione. Senonch� 
ove... la (nuova) fattispecie... non vulneri in alcun modo l'esercizio dell'accusa o 
della difesa, manca un reale interesse delle parti a comprimere in troppo rigidi 
concetti la cognizione del giudice e ad invocare ritorni dilatori ed ingombranti a 
superate fasi del procedimento �. Mi pare che il criterio dell'interesse, anche ammesso. 
che potesse avere una certa logica negli 'anni in cui il MAssARI scrisse quanto 
precede, oggi non sia in nessun modo invocabile, perch� in regime di nullit� assoluta 
-quale dovrebbe essere quella determinata dalla violazione dell'art. 477 c.p.c. 
quando la norma venga ricondotta nel novero di quelle disposizioni che garantiscono 
la difesa dell'imputato -il criterio. dell'interesse non gioca alcun ruolo : la nullit� 
assoluta � rilevata e d'ufficio � in ogni stato e grado di procedimento (art. 185, 
comma a.irgiunto con 1. 18 giugno 1955, n. 517). 
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rispettate senza la considerazione di ci� che in concreto -malgrado la 
loro violazione -sia �vvenuto del diritto alla difesa: la violazione del 
diritto alla difesa � in re ipsa, nell'atto della violazione alla norma che 
lo assicura. 

362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
2. -D'altra parte, che il diritto alla difesa non sia il bene giuridico 
tutelato dalla norma, ma, al pi�, il criterio che ha ispirato il legislatore 
nella opzione della formula di cui all'art. 477, mi pare possa arguirsi .da 
una circostanza molto importante: il giudice pu� dare al fatto una 
definizione giuridica diversa da quella enunciata nella sentenza di rinvio 
a giudizio (art. 374), nella richiesta (art. 396) o nel decreto di citazione 
(art. 405 segg.), infliggere le pene corrispondenti quantunque pi� gravi 
e applicare le misure di sicurezza, con l'unico limite che deriva dalla 
competenza o dalla giurisdizione. Orbene, poich� l'art. 185 n. 3 c. p. p. 
assicura, a pena di nullit� assoluta, l'� assistenza� dell'imputato in ogni 
fase e grado del giudizio e poich�, d'altro lato, a nessuno pu� sfuggire 
quanto, in pratica, sia importante, nello sviluppo di una tesi difensiva, 
tener conto anche dell'aspetto tecnico-giuridico del reato contestato, si 
dovrebbe dedurre che l'art. 477 contenga una norma contraddittoria 
rispetto a quella di cui al citato art. 185, tale da menomare gravemente 
de facto et de iure il concreto esplicarsi della difesa stessa, ben potendo, 
ad esempio, il giudice condannare per altro titolo di reato, dopo che il 
difensore dell'imputato si sia battuto per dimostrare l'assenza giuridica 
degli elementi caratterizzanti il reato contestato (7): tale incongruenza 
dell'art. 477 rispetto all'art. 185 n. 3 potrebbe addirittura risolversi in una 
difformit� dal precetto costituzionale (art. 24 capv.). Ma tale contraddizione 
e tale sospetto di incostituzionalit� scompaiono allorch� si 
consideri che il bene protetto dall'art. 477, mediante il principio della 
correlazione tra l'accusa e la sentenza, non � tanto la difesa dell'imputato, 
quanto l'armonia del processo, sotto il profilo dell'investitura e della 
legittimazione del giudice nonch� dei poteri e dei diritti dei soggetti del 
rapporto in ordine ad un determinato thema decidendum: thema, che, 
cristallizzato e puntualizzato attraverso la contestazione, funziona da 
vero e proprio presupposto processuale, nel senso -positivo e negativo -
sopra rammentato. La diversa qualificazione giuridica del fatto, dunque, 
� consentita non perch� qualificare in termini giuridici un certo fatto in 
maniera diversa sia indifferente alla difesa dell'imputato, per lo meno 
sotto l'aspetto tecnico della medesima, ma perch� la diversa qualificazione 
giuridica � irrilevante rispetto al sistema del contraddittorio e, in specie, 
in ordine alla potestas iudicandi: con la diversa qualificazione giuridica 
non si fuoriesce dai binari del rapporto giuridico, segnato da un determinato 
oggetto materiale -il fatto -a meno che il fatto stesso e con 
esso il rapporto, che su di esso si fonda, non venga sussunto dalla norma 
come reato di competenza di altro giudice. 
3. -Le incertezze che hanno travagliato la giurisprudenza nella esatta 
applicazione dell'art. 477 sono il frutto della errata riconduzione del 
principio della correlazione unicamente negli schemi del rispetto del 
(7) Non pare che l'argomento sia stato posto dalla dottrina nella debita luce: 
un accenno � in ScuccEs Muccro, Considerazioni sui principio di correlazione sancito 
neU'art. 477 c.p.c., in Giur. it., 1961, II, 244, il quale si limita a rilevare �he e il 
difensore... dovrebbe poter apprestare l'apparato tecnico giuridico della difesa stessa 
in relazione, appunto, alla possibilit� di diversificazione del nomen iuris �, ed auspica, 
de iure condendo, che venga in qualche modo temperato il disposto dell'art. 477, 
I, c.p.c. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 363 

diritto alla difesa, e cio�, nell'aver riguardato il menzionato principio 
unilateralmente, sotto un unico profilo. 

Perci� si � adottato in giurisprudenza un criterio di valutazione 
empirico, che ha disorientato la dottrina, sp~sso inducendola verso posizioni 
agnostiche o verso la rinunciataria soluzione del � caso per caso � (8); 
d'altro lato, attraverso l'evitata elaborazione di un criterio di massima, 
si � spesso rischiato, come si rischia, di adottare, per le stesse fattispecie, 
soluzioni diverse. Si invoca, infatti, il principio della difesa e dell'interesse 
'come criteri ermeneutici. dell'art. 477 (9) e si sostiene che la correlazione 
esiste quando non sia violato il diritto della difesa e, comunque, 
quando, attraverso la mutatio, non sia peggiorata la difesa dell'imputato 
(10): la giustificazione del �criterio del caso per caso � fondata, in 
giurisprudenza, sulla circostanza che, come � promana da tutto il sistema..., 
il processo penale non ha scopi gnoseologici ma essenzialmente 
pratici. Il giudice penale non mira ad accertare ci� che avrebbe potuto 
configurarsi nel fatto commesso, ma �, invece, strettamente vincolato, per 
le necessit� difensive, alla contestazione proposta nel cui ambito la sentenza 
penale deve dare l'accertamento di un fatto e la definizione giuridica 
del fatto stesso � (11). Certamente, l'aspetto prasseologico del pro":" 
cedimento penale si pone su di un piano ben pi� alto dell'aspetto gnoseologico: 
tuttavia non �pu� dimenticarsi che lo stato di diritto coltiva il 
bene della certezza delle norme quale strumento di garanzia dell'assetto 
democratico e delle civili libert�: e la certezza del diritto -che postula 
la previa conoscenza della valutazione giuridica di ogni comportamento non 
� certo garantita dalla massima -empirica e quindi pericolosa -del 
caso per caso. 

4. -Ma fin dai primi anni della entrata in vigore dell'attuale codice 
di procedura, la giurisprudenza si � orientata nel senso suddetto, in genere 
e in specie per la .valutazione della colpa. Per esempio, in tema di 
(8) La dottrina si � . chiesta se sia possibile rinvenire un criterio certo per 
stabilire quali mutamenti della contestazione realizzino, in concreto, la violazione 
del principio della correlazione tra l'accusa e la sentenza. Gi� il FISHER, Das Problem 
der Identit�it und Neueheit, 189�2, 83, avvertiva che, non essendo possibile 
pervenire alla identit� assoluta, � aristotelica �, di cui alla formula a=a, non si pu� 
elaborare una regola generale, ma occorre compiere una indagine caso per caso. 
Alla stessa conclusione pervenne DENOTARISTEFANI, Commento al Codice di Procedura 
Penale, 1914, 688, mentre, a soluzione opposta, e cio� a sostenere la necessit� 
di un criterio rigoroso e preciso, giunse il GREGORI, Individuazione ed identificaZione 
tra accusa e sentenza, 1935, 265. Recentemente, anche il DE MAasrco, Diritto Prosuale 
Penale, 1966, 275, ha sostenuto che e � di volta in volta che l'innocuit� o meno 
di questo o quell'elemento del fatto pu� essere apprezzata e che si pu� ritenere o 
meno contenuta nella imputazione originaria quella rispondente ai nuovi risultati 
del dibattimento �. 
Si oppone al criterio del caso per caso, tra i pi� recenti, il LEONE F., Sulla 
correlazione ecc., cit., osserV'ando che il detto criterio pu� risolversi nell'arbitrio: 
secondo l'Autore, il criterio certo e preciso da adottare pu� essere questo: � ... non 
c'� mutazione solo quando da un maior si passi a un minor gi� compreso nella 
contestazione �. 

(9) Cfr. ad esempio CARNELUTTI F., Principi del Processo Penale, 1960, 128. 
che ritiene che la chiave di volta dell'art. 477 sia il favor innocentiae. 
(10) Cosi ritenne Cass. 26 marzo 1941, Giust. pen., 1942, IV, 21.3, in una fattispecie 
in cui si contest� all'imputato di aver provocato la morte di un uomo per 
una erronea manovra di retromarcia, ma si condann� per la imprudenza riscontrata 
nella frenata improvvisa. 
(11) Cosi si legge in Cass. 5 febbraio 1965, in Giur. it., 1965, II, 305. 

364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
omicidio colposo, fu ritenuto che non ci fosse la violazione del principio di 
cuf all'art. 477 c. p. c. allorch�, contestata la causazione dell'evento nella 
errata manovra di retromarcia, la condanna fosse avvenuta per l'attribuzione 
di colpa nella frenata improvvisa: si motiv� infatti con la 
circostanza che il .giudice di merito non aveva peggiorato, ma migliorato 
la posizione processuale dell'imputato, avendo, peraltro, solo precisato 
un particolare momento del fatto (12). � 

In altre decisioni si sostenne che non si verifica la violazione dell'art. 
477 quando nel capo di imputazione si parli di colpa per imprudenza, 
ma negli interrogatorii siano state precisate altre modalit� del fatto, 
perch� non viene violato il diritto alla difesa dell'imputato (13). 

In altre ancora si � detto che, in materia di colpa penale, ben pu� il 
giudice. aggungere ai titoli di colpa contestati altri non contestati, purch� 
risultanti dal dibattimento, essendo in sostanza la colpa penale costituita 
da un illecito comportamento che deve essere valutato in tutti i suoi 
elementi (14). 

Nessuna delle tre motivazioni, che pure sono molto frequenti, sembra 
potersi approvare: la prima, infatti, degenera in un empirismo deleterio 
che, addirittura, supera quel po' di nucleo solido costituito dal rispetto 
del diritto alla difesa, correndo il rischio di condurre a facili abusi. La 
seconda pone l'accento sul diritto alla difesa, e, pur presentandosi con 
una migliore caratterizzazione, si appalesa, sotto il profilo scientifico, 
insufficiente, per quanto si � detto in ordine al bene protetto dall'art. 477 
e alla conseguente impossibilit� di interpretare la norma tutta in chiave 
di diritto inviolabile alla difesa; d'altra parte, come � stato esattamente 
osservato, � non solo manca un criterio per sapere quando � che si 
debba ritenere violato il diritto di difesa, ma... a ben vedere � proprio 
la illegittima variazione della fattispecie il presupposto della lesione del 
diritto di difesa, e non viceversa � (15): e d'altronde, il criterio della 
difesa � � una specie di fisarmonica che pu� essere allargata all'infinito 
� (16). 

La terza motivazione -quella fondata sulla unitariet� giuridica 
della colpa penale -� ininfluente: � vero che la colpa giuridica rappresenti 
un concetto unitario, e che sia sempre costituita da un illecito 
comportamento, che deve essere valutato in ogni suo aspetto, ma � [pur 
vero che -psicologicamente ed ontologicamente -sono innumerevoli 
gli aspetti della condotta che il diritto qualifica come � colposa � : l'art. 477 
pretende proprio che il thema decidendum venga fissato con riguardo a 
quello o a quell'altro comportamento particolare, storico, concreto, che 
il diritto sussume sotto la nozione unitaria di colpa: il ragionamento che 
qui si critica comporta una tale vaghezza da vanificare -praticamente 
-gli stessi principi della imputazione e della contestazione. 

Pi� sobriamente, altre decisioni, tra le quali quella che si annota, 
hanno ritenuto che, sempre in ordine ai delitti colposi, non vi sia nullit� 
della sentenza per immutazione del fatto, quando il giudice abbia ritenuto 
che la causa dell'evento sia da ricercarsi, oltre che nell'elemento di colpa 

(12) Cass. 26 marzo 1941, cit. 
(13) Cass. 28 novembre 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 390; 16 giugno 1950 ivi 
XXXI; 7 novembre 1950 ivi; 16 ottobre 1950 ivi; 11 maggio 1951 ivi; 21 maggio 
1951 ivi. 
(14) Cass. 21 novembre 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 521. 
(15) FoscHINI, Sistema ecc., cit., 42. 
(16) PISAPIA, In tema di correlazione ecc., cit. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 365 

contestato, anche in altro elemento non contestato: in questa ipotesi, 
infatti, la condanna rimane fondata sull'elemento di colpa gi� contestato 

(17). L'argomento appare esatto, perch� in. questi casi non si determina 
una modificazione del rapporto processuale, che si ripercuota sulla legitimatio 
decidenti o sulla posizione giuridica delle altre parti: c'� correlazione 
tra il thema fissato nella contestazione e la sentenza: e dire che gli 
elementi contestati sarebbero stati di per s� sufficienti a fondare la 
identica condanna, significa sostenere che gli ulteriori elementi non contestati 
aggiungono un quid pluris che nulla toglie o aggiunge al rapporto 
processuale: si tratta, in fqndo, di un quid pluris che non vitiat. 

Anche esatto appare ritenere che ben pu� il giudice condannare per 
una ipotesi specifica di colpa (ad esempio, per imprudenza) laddove, nella 
contestazione, il medesimo comportamento sia stato qualificato come altra 
ipotesi specifica di colpa (ad esempio per negligenza) (18): infatti, come 
mi sembra, la qualificazione di un certo comportamento come imprudenza, 
imperizia, negligenza ecc. attiene solo alla definizione giuridica 
del medesimo fatto, la quale, come gi� accennato, pu� variare: naturalmente 
� essenziale che il fatto -qualificato come colposo in sede di contestazione 
e in sede di condanna -sia esattamente il medesimo. 

5. -Come si � osservato, la ,giurisprudenza insiste nell'adottare a 
criterio ermeneutico dell'art. 477 il principio del diritto di difesa dell'imputato; 
ma, con palese contraddizione (cfr. art. 185 capv. c. p. p.), la 
stessa giurisprudenza osserva che la nullit�, che si determina attraverso 
la violazione alla citata norma, � di carattere relativo, onde si sana 
se non viene dedotta in appello (19). 
Pi� esattamente, invece, quella parte della dottrina che fonda il 
divieto della mutatio libelli nel principio della difesa, sostiene che la 

(17) Ad es.: Cass. 23 marzo 1966, Mass. pen., 1966, 431 m. 757; 4 febbraio 1964 
ivi citata; 24 gennaio 1966, Giust. pen., 1967, III, 43, n. 51; 7 luglio 1966, in Mass. 
pen., .1966, 914, m. 1592. 
(18) Cfr. Cass. 25 maggio 1960, Giu,st. pen., 1960, III, 163; 12 giugno 1951 ivi, 
1951, III, 707; 11 marzo 1966 ivi, 1967, III, 836;� n. 1050. Occorre, comunque, che 
ricorrano gli estremi materiali della condotta attribuita con la contestazione, e ci� 
che pu� essere mutato � solo il nome iuris, cio�, appunto, la definizione giuridica 
di quel comportamento, sussunto, nella decisione, sotto una diversa specie di colpa, 
� stato in proposito esattamente ritenuto, da Cass. 20 maggio 1961, Giur. it., 1962, 
Il, 77, che �mentre l'art. ;376 parla di fatto costituente oggetto della imputazione, 
gli artt. 384 e 396 parlano di enunciazione del fatto e del titolo di reato, delle circostanze 
aggravanti, e di quelle che possono importare l'applicazione di misure di 
sicurezza; vale a dire, tali norme si riferiscono al contenuto della imputazione, che, 
secondo le norme stesse, consiste nella affermazione di una o pi� fattispecie penali 
e di uno o pi� fatti conformi a tali fattispecie. Se ne deduce quindi che l'art. 376 
c.p.c. ha per oggetto la contestazione del fatto storico, che ha realizzato la fattispecie 
astratta, e non la contestazione dell'imputazione che comprende anche la 
qualifica giuridica del fatto �. 
Pertanto, mi pare che, contestata una certa condotta colposa, .ben possa il giudice 
condannare valutandola in sentenza come, ad es., violazione di norme, malgrado, 
in contestazione, sia stata definita come imprudenza o negligenza, ecc. Di conseguenza 
non pu� affermarsi, sic et simpliciter, che � quando si contesta una ipotesi 
diversa si ha violazione dell'art. 477 c.p.p. � (Cass. 25 gennaio 1966, Mass. pen., 
1967, 110). 

(19) Da ult.: Cass. 17 febbraio 1967, Giur. It., 1968, II, 109. Il principio � consolidato: 
cfr. Cass. 23 giugno 1966, Cass. Pen. Mass., 1967, 641, m. 997; 19 gennaio� 
1966 ivi, 1967, 644, m. 1002; 25 marzo 1966 ivi, 1967, 645 m. 1003; 28 febbraio 1967, 
Giur. it., 1968, II, 242. Tuttavia la Cassazione a Sezioni Unite afferm� che la nullit� 
14 

-



366 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nullit� che si determina ha carattere assoluto (20). A mio avviso, muovendo 
dalla considerazione della contestazione quale presupposto processuale 
e quale elemento della legitimatio iudicandi in ordine ad una 
determinata fattispecie, si dovrebbe concludere che il difetto della immutatio 
libelli sia, addirittura, sanzionabile con la giuridica inesistenza 
della sentenza dibattimentale (21): il giudice non ha il potere -e correlativamente 
non ha il dovere -di emettere la decisione; l'imputato non 
� :pi� tale rispetto al fatto non contestato; il P. M. non ha alcuna veste 
di rappresentare la pubblica accusa, perch�, attraverso la mutatio, le parti 
si trovano di fronte ad una fattispecie rispetto alla quale non � stata 
promossa l'azione penale: il fatto diverso legittima unicamente il giudice 
a trasmettere gli atti al pubblico ministero, affinch� questi promuova la 
azione penale (salvo i casi in cui rpossa farsi ricorso alla c. d. contestazione 
suppletiva: art. 445). 

Ci� pu� anche avvenire nella ipotesi del reato colposo: per esempio, 
se viene contestato all'imputato di aver cagionato la morte di un uomo 
per aver mantenuto, alla guida del proprio autoveicolo, una velocit� eccessiva 
e non aver fatto uso delle segnalazioni acustiche, mentre la sentenza 
condanna non �per l'una n� per l'altra specie di colpa, ma per aver compiuto 
una erronea sterzata a destra, c'� violazione del principio di cui 
all'art. 477, e la sentenza � inesistente (22): il giudice, nel difetto della 
contestazione di quel determinato comportamento (erronea sterzata) non 
ha la legitimatio, il P. M. non ha alcun potere, il condannato non � 
mai stato imputato: il thema decidendum, rispetto al quale il Magistrato 
era giudice, il P. M. ;promotore dell'azione, la persona imputato, era un 
altro: dunque, altra era l'azione penale, altro il rapporto processuale. 

Valida, tuttavia, sotto il profilo del rapporto processuale, quantunque 
irregolare, dovrebbe ritenersi la contestazione della generica condotta 
colposa, quando, puntualizzata nel dibattimento, essa sia qualificata in sentenza 
sotto profili specifici, compresi, implicitamente, in contestazione, 
sotto la generica denominazione di colpa. Tuttavia, una simile contestazione, 
purtroppo abbastanza frequente (23), pur non urtando contro il divieto dell'art. 
477, rende egualmente i~valida la sentenza, perch� determina una 
violazione dei principi della difesa, e, correlativamente, dell'accusa (arti


in questione � di carattere assoluto: 7 dicembre 1963, Mass. pen., 1964, 428 m. 713, 
ma l'insegnamento, come risulta dalle citazioni che precedono, � rimasto lettera 
morta. 

(20) Ad es.: CARULLI, Il diritto di difesa dell'imputato, 1967, 2'57 segg.; CAVALLARI, 
Contraddittorio (dir. proc. pen.), in Enciclopedia dei diritto, vol. IX, 1961, 733; 
CORDERO, Considerazioni sui principio di identit� dei fatto, Riv. it. dir. e proc. pen., 
1958, 943; GIARDA, in nota a Cass. 17 febbraio 1967, Giur. it., 1968, II, 109. Contra: 
MARuccr, Contestazione deU'imputazione e nuitit� assoiuta, Riv. it. dir. e proc. pen., 
1964, 1220 segg. 
(21) Cosi ha ritenuto anche il SANS�, La correiazione tra imputazione contestata 
e sentenza, 1953, 331. 
(22) La fattispecie � stata esaminata da Cass. 27 marzo 1953, Giust. Pen. 1953, 
III, 515, ma � stata risolta, in conformit� con il gi� rammentato indirizzo, quale 
ipotesi di nullit� relativa. 
(23) Cfr. Cass. 25 maggio 1960, Giust. pen., 1960, III, 163; 19 febbraio 1959, 
Giust. pen., 1959, III, 731; 17 gennaio 1959, Giust. pen., 1959, III, 587; 14 giugno 
1967, Giur. it., 1968, II, 102; 24 giugno 1953, Ist. St. Leg. 1953, III, 231; 29 aprile 
1953 ivi, 1953, II, 247, dove si afferma che �il giudice pu� tener conto di elementi 
di colpa non specificamente indicati nella imputazione, ma in questa compresi sotto 
la generica contestazione della colpa �. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 367 

colo 185 nn. 2 e 3): l'imputato non conosce esattamente i fatti dei quali 
dovr� rispondere nel dibattimento n�, d'altro lato, il suo difensore (e 
il P. M.) conos�ono gli esatti limiti della propria funzione tecnica: qui si 
ha una nullit� assoluta, non tanto per la violazione dell'art. 477, ma per 
quella dell'art. 185 nn. 2 e 3: infatti la nullit� qui non si determina 
sotto il profilo della mancata correlazione tra la contestazione e la sentenza, 
ma rispetto alla contestazione di per s�, che � -a parte quello che sar� 
la sentenza -insufficiente a mettere l'imputato nella possibilit� di difendersi 
concretamente. 

6. -Mi pare che, con particolare riguardo alla correlazione dell'accusa 
con la sentenza nell'ambito dei reati colposi, possano enuclearsi cinque 
situazioni, giuridicamente valutabili cosl come segue: 
a) l'accusa contiene la contestazione di una specifica condotta colposa 
(ad esempio, la omessa segnalazione acustica), mentre la sentenza 
condanna l'imputato per una ipotesi specifica diversa (ad esempio, per la 
brusca sterzata a destra) (24): in questo caso c'� violazione dell'art. 477 
per difetto di un presupposto processuale (la contestazione del fatto sul 
quale si basa la condanna): di conseguenza, la-sentenza � giuridicamente 
inesistente; 

b) l'accusa contiene la contestazione di pi� specifici comportamenti 
colposi (ad esempio, la omessa segnalazione acustica e la brusca sterzata} 
mentre la sentenza fonda la condanna su una soltanto delle ipotesi specifiche 
contestate (25): � di immediata evidenza che la decisione � perfettamente 
valida, e ci� anche quando nel dibattimento o nella motiva


(24) Cfr. Cass. 27 marzo 1953, Giust. pen., 1953, III, 515, che, come si � rammentato 
affronta la fattispecie suddetta; in altra sentenza la Cass. 6 settembre 1958 
ivi 1959, III, 180, ritenne la violazione dell'art. 477 in un caso in cui fu fondata la 
condanna sulla considerazione dell'eccessiva velocit�, mentre si era contestata la 
omissione delle segnalazioni acustiche. Viceversa, si � �ritenuto che sia valida la 
condanna fondata sulla violazione dell'art. 106, VII Cod. Str. (sorpasso vietato) mentre 
si sia cont�stata la violazione dell'art. 107, I Cod. Str. (mancato rispetto della 
distanza di sicurezza): Cass. 13 giugno 1964, Mass. pen., 1965, 326 m. 567; o la condanna 
fondata sulla mancanza dell'autorizzazione ad esercitarsi, laddove era stata 
contestata la guida senza il possesso della patente: Cass. 19 giugno 1962, Giust. pen., 
1963, III, 287 m. 342; o la condanna basata sulla contravvenzione di cui all'art. 102 
Cod. Str., a seguito della contestata velocit� eccessiva: Cass. 24 febbraio 1961, Giust. 
pen., 1962, III, 56 m. 113. In altra fattispecie � stato ritenuto che non violi il precetto 
dell'art. 477 la sentenza che condanni sulla scorta della mancata assicurazione 
che la visibilit� fosse sufficiente per il sorpasso, mentre era stata contestata la mancanza 
di un adeguato spazio per il sorpasso medesimo : Cass. 11 marzo 1966, Giust. 
pen., 1967, III, 836 m. 1050; � stato anche ritenuto che non � violato il detto precetto 
quando, contestata la errata manovra di retrom�rcia, si condanni per imprudenza 
nella brusca frenata: Cass. 26 marzo 1941, Giust. pen., 1942, IV, 213; mentre, 
viceversa, si � ritenuta la violazione del menzionato articolo in una ipotesi in cui 
si era contestata la marcia fuori� mano, e si era fondata la condanna sulla eccessiva 
velocit�: Cass. 11 aprile 1951, Giust. p11n., 1952, m, 110; ed in altra ipotesi in cui 
si era contestato di aver adibito un ragazzo a lavori � pesanti > (che ne avevano 
indebolito il fisico, determinandone la caduta da un carro e quindi le lesioni), mentre 
si era condannato per aver adibito la vittima a lavori � non adatti � : Cass. 17 -gennaio 
1951, Giust. pen., 1951, III, 444. 
� (25) La sentenza potr� essere irregolare sotto il profilo del mancato adempimento 
del giudice all'obbligo della motivazione su ogni aspetto del thema decidendum: 
ma non mi pare che detta irregolarit� possa dar luogo alla invalidit� della 
sentenza. 
-



368 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

zione non si sia discusso del comportamento colposo non determinante 

la condanna; 

e) nella contestazione non � contenuta una ipotesi specifica di colpa, 

e la sentenza fonda la condanna, oltre che su detta ipotesi, anche su altra 

non contestata: la sentenza � valida quando l'ipotesi contestata sarebbe 

da sola idonea a fondare la condanna (26); viceversa, se il giudice ha 

condannato per la considerazione globale del comportamento, risultante 

dalla combinazione tra le due ipotesi specifiche (la ipotesi contestata e 

quella non contestata) e si ricava dalla motivazione che l'ipotesi conte


stata non sarebbe stata, da sola, sufficiente a determinare la condanna, si 

versa nella ipotesi esaminata sub a); 

d) nella contestazione � contenuta una specifica ipotesi di comporta


mento colposo, valutata in un certo modo (per esempio: la omessa segna


lazione acustica valutata come imprudenza); la sentenza si fonda sulla 

detta fattispecie, ma la qualifica� in modo diverso (ad esempio, come viola


zione di norme giuridiche) (27): l� sentenza � perfettamente valida, perch� 

il mutamento suddetto � solo una diversa rubricazione giuridica della 

medesima condotta, espressamente consentita dal. cit. art. 477; 

e) la contestazione menziona, vagamente, un comportamento colposo 

(imprudente, negligente, ecc). senza specificare in quale azione od omis


sione si sia puntualizzata la colpa (28); qui � nulla in modo assoluto la 

contestazione, in particolare ex art. 185 n. 3 c. p. p., onde non sorge 

problema di rapporti tra accusa e sentenza: questa ultima � nulla per 

la violazione del diritto di difesa, non per la indebita mutatio libelli. 

ANTONIO PALATIELLO 

(26) Infatti, come gi� osservato, �la condanna rimane fondata ,sull'elemento di 
colpa gi� contestato � : Cass. 23 marzo 1966, Mass. pen., 1966, 431 m. 757; 4 febbraio 
. 1964 
ivi cit.; 24 gennaio 1966, Giust. pen., 1967, III, 43 n. 51; 7 luglio 1966, Mass. 
pen., 1966, 914 m. 1592. Contra, tuttavia, G. $ABATINI, Correlazione tra sentenza ed 
accusa ecc., cit. L'Autore osserva che la contestazione � necessaria per ogni elemento 
di fatto che possa dar luogo all'una o all'altra forma di qualificazione della 
colpa. A me pare che questo sia eccessivo, per i motivi sopra esposti. 

(27) Cosi � stato, ad esempio, deciso che non c'� violazione del principio della 
correlazione quando, in tema di lesioni colpose, si sia contestata l'imprudenza, mentre 
la condanna si sia avuta per inosservanza di legge, in ordine al medesimo comportamento: 
Cass. 12 giugno 1951, Giust. pen., 1951, III, 707; o quando, contestato 
il comportamento imprudente, si sia fondata la sentenza sul~a violazione di un regolamento: 
Cass. 21 gennaio 1951, Ist. St. Leg., 1951, III, 521: cfr. anche, negli 
stessi termini, Cass. 11 dicembre 1950, Giust. pen., 1951, III, 423; 10 luglio 1950, 
sit. St. Leg., 1950, II, 448; 5 maggio 1952 ivi 1952, II, 292. 
(28) Contra: Cass. 25 maggio 1960, Giust. pen., 1960, III, 163; 19 febbraio 1959 
ivi 1959, III, 731; 17 gennaio 1959 ivi 1959, III, 587, in un caso in cui un medico 
era stato condannato per non aver prestato cura all'emorragia seguente l'aborto di 
una paziente, senza che in contestazione fosse stato precisato cosa egli avrebbe 
dovuto esattamente fare in que1la occasione; 14 giugno 1967, Giur. it., 1968, II, 102; 
24' giugno 1953, Ist. St. Leg., 1953, m, 231; 29 aprile 1953 ivi 1953, II, 247; 24 marzo 
1952, Ist. St. Leg., 1952, I, 389 (nella specie fu ritenuto che, nella larga formulazione 
della colpa, determinata nell'avere il direttore di un opera di sterro fatto 
procedere ai lavori di escavazione di un terreno � non a regola d'arte ., fosse compresa 
anche la mancata segnalazione, con gli opportuni mezzi, del pericolo di frane); 
21 maggio 1951, Ist. St. Leg., 1951, II, 280 (si era nella specie contestata la � colpa., 
e la condanna si fond� sull'accertata omissione di speciali cautele nella manovra 
dell'automezzo); 6 luglio 1951, Arch. pen., 1952, II, 74, con la motivazione che �tutte 
le ipotesi della colpa debbono ritenersi implicitamente intimate in base alla formazione 
generica dell'accusa�: 11 maggio 1951, Giust. pen., 1951, III, 649. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 3&9 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 marzo 1969, n. 2 -Pres. Lattanzi 
-Rel. Guadagno -P. M. Di Gennaro (conf.) -Rie. P. M. 

c. Carrara e Toffanin. 
Truffa -Momento consumativo -Esistenza di un danno concreto 
effettivo -Assunzione dell'obbligazione -Costituisce tentativo. 

Truffa -Danno e profitto attraverso atti successivi all'assunzione dell'obbligazione 
-� reato continuato. 

Il reato di truffa si perfeziona q'l!-ando l'agente consegue la materiale 
disponibiLit� del fine con l'effettivo altrui danno, mentre quelle 
situazioni in cui il soggetto passivo pone a disposizione il fine, ma 
questo non ancora pervenga nella materiale disponibilit� dell'agente, 
costituiscono atti intermedi dell'iter criminis, che possono dar luogo 
soltanto alla figura del tentativo. 

I 

Nel caso in cui il profitto e il comreto danno si verificano attra


I

verso successivi atti (nella specie, riscossione di ratei di pensione successivi 
al primo), si realizza un'ipotesi di reato continuato poich� ogni 
riscossione di ratei pone in essere altret1Ja_nti atti esecutivi dello stesso 

I 
disegno criminoso, ravvisandosi l'iniziale proposito fraudolento attraverso 
le successive condotte, sia mantenendo il silenzio nella iili


I

ceitd della situazione, sia manifestando un comportamento idoneo al 

If. 

persistere dell'erro1�e in cui era caduta la Pubblica Amministrazione 
(1). 

)

I 

I

Fatto e diritto 

j 

Il giudice istruttore del Tribunale di Roma aveva ordinato il rinvio 
a giudizio di Carraro Italo e Toffanin Alfredo per rispondere, tra 
l'altro, ciascuno di truffa aggravata (art. 640 cpv. n. 1, 61 n. 9 cod. 
Pen.) per essersi, mediante falsificazione dei certificati medici ed inducendo 
in errore la Commissione medica, procurato l'ingiusto pro


I 

fitto, a danno dello Stato, di una pensione vitalizia di prima categoria 

i 

non dovuta, che veniva loro corrisposta a seguito del d. m. n. 1083 
del 15 luglio 1955. 

(1) Il momento consumativo del reato di truffa e il reato continuato. 
La sentenza delle Sezioni Unite, risolvendo il contrasto fra le sezioni 
singole (v. in senso conforme alla decisione che si annota: Cass., 29 gennaio 
1962, in Cass. pen., 1962, 452, n. 791; Cass. 8 maggio 1962, ivi, 1102, 



370 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il Tribunale, con sentenza del 23 giugno 1967, dichiarava non doversi 
procedere a carico dei due imputati perch� estinti i reati di 
truffa per prescdzione, ritenendo che il momento consumativo di detti 
reati si era verificato all'atto della emissione del provvedimento di 
concessione della pensione. E la Corte di Appello, su impugnazione 
del P. M. e degli imputati confermava la decisione impugnata, osservando 
che ai fini della mozione di � danno � occorreva avere riguardo 
al complesso dei rapporti giuridici che attengono ad un persona 
o ad un ente, senza che fosse necessario la concreta diminuzione 
del patrimonio del soggetto passivo. 

n. 2052; Cass. 5 giugno 1962, ivi, 1963, 713 n. 1260; Cass. 5 settembre 1962, 
ivi, p. 67, n. 60; Cass. 15 gennaio 1963, ivi, 901, n. 1647; Cass. 19 luglio 
1963, ivi, 1964, 163, n. 228; Cass. 12 marzo 1964, ivi, 1965, p. 73, n. 82; 
Cass. 11 febrbaio 1965, ivi, 377, n. 674; Cass. 7 febbraio 1966, iv.i, 1966, 1243, 
n. 1936; Cass., 17 febbraio 1965, ivi, 406 n. 595; Cass. 8 luglio 1966, in 
Mass. Uff,, 1966, n. 101.995: v. in senso contrario: Cass. 31 luglio 1967, 
n. 1580 (105-116); 9 maggio 1967 n. 850 (106.132); 8 settembre 1967, n. 670 
(105.257), ha risolto nel senso sostenuto dall'Avvocatura, il problema del 
momento consumativo della truffa. 
� noto che si sostengono in proposito tesi contrastanti: taluni ritengono 
che la truffa si consumi nel momento in cui sorge l'obbligazione 
truffaldinamente estorta come conseguenza degli artifizi e raggiri posti 
in essere dal reo e che i successivi eventi relativi alla materiale percezione 
del profitto -atti esecutivi dell'obbligazione -;-siano fatti penalmente 
irrilevanti, costituenti utilizzazione, anche frazionata in successivi atti e 
momenti, dell'evento (costituito quindi solamente dall'atto di disposizione 
patrimoniale che integra sia il profitto che il danno). 

Chi sostiene questa tesi, si rif� sostanzialmente alla definizione civilistica 
di patrimonio, inteso come complesso dei rapporti giuridici attivi e 
passivi facenti capo ad una persona e che � quindi leso dal mero atto di 
disposizione patrimoniale, senza che ad esso faccia seguito alcun atto esecutivo. 


Altri viceversa, tenendo presente la funzione tipica di tutela della 
norma penale, assumono del patrimonio tina definizione economica e di 
fatto ritenendolo come un complesso di situazioni possessorie che gravitano 
attorno a valori economici e sostengono quindi che i concetti di danno e 
di profitto non possono essere oggetto di una considerazione puramente 
formale e che non possono quindi ritenersi realizzati gi� nel momento della 
costituzione del rapporto obbligatorio, ma che vadano pi� realisticamente 
colti nel momento in cui tale rapporto produce i suoi effetti concreti, risol-. 
vendosi solo in questo momento come effettiva, quella che prima era una 
mera possibilit� di profitto e di danno patrimoniale. 

Secondo queste tesi il delitto di truffa si perfeziona pertanto solo con 
l'effettivo conseguimento materiale -del bene economico e la correlativa 
perdita di esso da parte del soggetto passivo, onde ogni momento intermedio 
fa parte dell'iter criminis e rappresenta un tentativo. 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 371 

Ricorre per Cassazione il procuratore generale della Corte di Appello 
che denunzia la violazione dell'art. 524 n. 1 c. p. p. in relazione 
all'art. 640 c. p. perch� occorreva ritenere che il reato di truffa si per-� 
feziona con l'effettivo verificarsi del danno patrimoniale, correla�vamente 
al conseguimento dell'ingiusto profitto da parte dell'agente. 

Osservasi che tra l� due tesi in contrasto, quella secondo cui il 
delitto di truffa si consuma nel momento in cui il soggetto passivo assume, 
per effetto di artifizi e raggiri, l'obbligazione e l'altra, che non 
ritiene sufficiente la sola drcolazion'e giuridica dei beni, ma richiede 
la loro circolazione economica e quindi l'esistenza di un danno con-

Questa seconda tesi accolta ora dalla Suprema Corte, � la pi� persuasiva, 
anche se � in dottrina molti .sostengono la prima soluzione (PETTENATI, 
in Riv. it. dir. proc. pen., 1962, 525; con ampi richiami, contra v. BETTIOL, 
Concetto penalistico di patrimonio e momento consumativo della truffa in 
Giur,. it., 1947, IV, e G e ss.). 

La Corte di Cassazione, nella esemplare e lapidaria sentenza annotata, 
ha ritenuto che accogliere l'una tesi piuttosto che l'altra non importa 
disconoscere il carattere unitario del patrimonio, e che pu� invece parlarsi 
di diversit� di aspetti che il patrimonio assume nella configurazione dei 
singoli illec� ti. 

, Invero non c'� dubbio che punto determinante per la soluzione del 
problema � quale nozione di patrimonio si voglia assumere. 

Al patrimonio sono necessariamente riferiti i termini di danno e di 
profitto che si leggono nella norma int:riminatrice (art. 640 c. p.) e d'altronde 
quest'ultima � inserita nel capo II � Dei delitti contro il patrimonio 
mediante frode � del titolo XIII � Dei delitti contro il patrimonio � del 
libro II del codice penale. Da questa collocazione sistematica della norma, 
tutt'altro che irrilevante, gi� si possono trarre argomenti per accettare l'una 

o l'altra definizione, astrattamente possibile, di � patrimonio �. 
Se � vero infatti che il reato di truffa � un delitto plurioffensivo, essendo 
il bene protetto non solo il patrimonio, ma anche la libert� contrattuale 
-che � poi in fondo niente altro che un aspetto della libert� morale � 
altrettanto vero che il legislatore con quella collocazione, ha voluto denunciare 
la necessit� di tutelare, sopratutto e particolarmente, il patrimonio: 
ch� altrimenti, avrebbe ben potuto collocare la norma nel titolo dei delitti 
contro la persona, capo dei delitti contro la libert� morale. 

Non v'� dubbio perci� che la sistemazione della norma nel titolo dei 
delitti contro il patrimonio fa propendere per la conclusione che la legge 
penale assume di questo una definizione materialistica e possessuale, attagliandosi 
ben di pi� al riferimento alla persona -e quindi a una diversa 
collocazione della norma -la definizione di patrimonio come complesso 
di rapporti, che non quella contraria, di patrimonio come complesso di 
situazioni effettive e possessorie. 

Ma il vago e pur indicativo criterio che questa osservazione suggerisce 
� rafforzato da altre considerazioni: � proprio del diritto penale infatti, per 
l'esigenza di tutela sostanziale de! bene protetto, e per la gravit� delle 
sanzioni che lo caratterizzano, rifuggire dalle definizioni formalistiche ed 



372 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

creto ed effettivo del patrimonio, questa �orte, accogliendo la seconda 
delle dette tesi, ritiene che il reato di truffa si perfeziona quando 
l'agente consegue la materiale disponibilit� del bene con l'effettivo 
altrui danno, consistente nella perdita in modo definitivo del bene 
stesso da parte del soggetto passivo. � 

'Futte quelle situazioni in cui il soggetto passivo pone a disposizione 
il bene, ma questo non ancora pervenga nella materiale disponibilit� 
dell'agente, costituiscono a�tti intermedi dell'iter criminoso, 
che possono dar luogo soltanto alla figura del tentativo. 

Partendo infatti dalla premessa che il momento consumativo del 
reato coincide con quello in cui si realizza l'evento, ed esaminando la 
stessa fattispecie legale (art. 640 c. p.) si evince che l'evento del delitto 
di truffa consiste nel conseguimento del profitto con il danno 

astratte care ad altri rami del diritto e delle quali avverte viceversa l'insufficienza. 
Si pensi ai concetti di appartenenza, di i)Ossesso, di detenzione, 
di altruit� della cosa, che in dottrina e in giurisprudenza sono stati elabo


rati, con sensibili scostamenti dal significato che quei termini hanno nel 
diritto civile, dal quale per mera comodit� venivano mutuati e che hanno 
ricevuto un contenuto nettamente diverso. Ebbene, c'� un minimo comune 
denominatore che unifica quegli sforzi interpretativi: la necessit� di giungere 
a definizioni effettive e concrete. Cos� per il possesso, indicato come 
il potere di disposizione della cosa al di fuori dell'altrui sfera di vigilanza, 
cos� per l'appartenenza, nei reati di peculato o malversazione, ravvisata 
nella disponibilit� del bene per le esigenze funzionali. dell'Ente (non quindi 
nel diritto di .propriet� o altro diritto reale sul bene, ch� sarebbe stata 
nozione insufficiente). 

Sarebbe quindi veramente curioso e ingiustificato che proprio per il 
concetto fondamentale di patrimonio che, insieme, riassume e presuppone 
tutti gli altri, si seguisse la strada contraria: quella del trapianto, sic et 
simpliciter, della nozione civilistica. 

D'altronde, anche quegli autori che accettano la definizione civilistica 
di patrimonio, lo fanno con temperamenti tali da consentire l'utilizzazione 
efficiente in diritto penale (v. .ANTOLISEI, Manuale 1954, parte speciale, 
I, 180). 

Argomenti ancor pi� puntuali offre il confronto con altre disposizioni 
del codice penale, il quale, quando ha voluto far riferimento a rapporti, 
anzich� a situazioni (alla costruzione giuridica cio�, anzich� ar fatto reale) 
lo ha esplicitamente previsto: l'assunzione dell'obbligazione nell'insolvenza 
fraudolenta tanto che secondo la costante giurisprudenza, l'adempimento 
(id est: situazione effettiva) � elemento essenziale del reato (641 c. p.), l'atto 
che importi qualsiasi effetto giuridico, nella circonvenzione d'incapaci 

(643 c. p.), la promessa di una prestazione di interessi usurarii nell'usura 

(644 c. p.) fanno appunto preciso riferimento a stati di dover essere anzich� 
di essere, a imperativi e obblighi giuridici. Altrettanto non avviene invece 
nella descrizione legislativa del reato di truffa, ove si parla meramente 
di procurato ingiusto profitto con altrui danno, mentre sarebbe stato semplice 
al legislatore parlare, anche qui, di � dare o promettere � di � obbligazione� 
o di �effetto giuridico�. 

' 


PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 373 

altrui, elementi questi che sono collegati tra loro in modo da costituire 
i due aspetti di un'unica realt� fisica e concettuale. 

N� ci� importa disconoscere il carattere unitario del patrimonio. 

Pu� invece parlarsi di diversit� di aspetti che iJ patrimonio assume 
nella configurazione dei singoli illeciti e ci� in rapporto alla variet� 
dei mezzi con cui esso. viene aggredito da parte dei singoli ed 
alle esig~nze proprie della tutela dei diversi interessi. Pi� utile risulta 
la cop.siderazione ci~ca il carattere di reato di danno, che � in istretto 
rapporto con l'evento di danno che caratterizza l'art. 640, a differenza 
di altre ipotesi criminose, che pure offendono il patrimonio, per le 
quali basta una situazione di pericolo. � perci� richiesta una modificazione 
realmente sul bene cui si riferisce l'interesse che f�rma oggetto 
della tutela, a differenza del reato di pericolo per cui � suffi-

Del resto, come puntualmente osserva la sentenza delle Sezioni Unite, 
il reato di truffa � reato di danno e danno non si ha se non con la effettiva 
traditio rei. Gli stessi autori d'altronde che seguono la contraria opinione, 
indagando sull'atto di disposizione patrimoniale, finiscono col concludere 
che questi -nel negozio nullo o annullabile perch� viziato per errore non 
possono essere che quelli materiali di esecuzione (v. PETTENATI, op 
loc. cit.). � 

Pertanto nella truffa negoziale, l'assunzione dell'obbligazione e il sorgere 
in genere del negozio giuridico, cui il soggetto passivo � stato determinato 
con gli artifici o i raggiri, costituir� mero tentativo di truffa. Non 
v'� dubbio che in tal caso si ampliano le ipotesi di truffa tentata e diminuiscono 
quelle di truffa consumata, ma ci� non appare in contrasto con il 
sistema. � proprio infatti della norma penale punire con la pi� grave delle 
sanzioni�previste dall'ordinamento -la pena -i comportamenti che pi� 
gravemente contrastano il bene comune e non v'� dubbio che � ben pi� 
nocivo l'aver subito il danno �che non il doverlo subire in virt� di un 
negozio annullabile. L'ordinamento giuridico non lascia infatti senza rimedi 
il negozio viziato da errore, n� senza sanzione il responsabile: a parte 
infatti la pena per il reato tentato, v'� l'annullab�it� del negozio, che rende 
quanto meno incerto� l'adempimento dell'obbligazione o paralizza l'eventuale 
azione del creditore-reo. Sembra verani'ente eccessivo che il diritto 
penale, estrema barriera difensiva, debba intervenire in questa fase con 
la massima delle sanzioni (quella appunto per il reato consumato) lasciando 
magari impuniti -come appresso si vedr� -fatti successivi molto 
pi� gravi, magari in ossequio al coi:icettualismo del postfatto non punibile; 
senz'altro pi� equilibrata appare quindi la decisione delle Sezioni Unite. 

La Suprema Corte, per quanto non investita esplicitamente della questione, 
ha affrontato in motivazione un altro problema estremamente importante. 


Accettata la tesi che il reato di truffa si consuma nel momento della 
percezione materiale del profitto, occorre infatti stabilire come possano 
configurarsi giuridicamente i ripetuti e costanti episodi di riscossione di 
somme successive alla prima nelle ipotesi in cui ci� accada: � del tutto 
\"!Vidente che questi non possano essere considerati dei fatti penalmente 
irrilevanti, n� dei fatti dai quali esuli ogni condotta del reo. In materia di 



374 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ciente la sola possibilit�, anche se rilevante, del verificarsi del danno. 
Proprio in virt� del carattere di evento di danno dell'art. 640 c. p., 
mentre il requisito del profitto ingiusto, elemento materiale ed insieme 
finalistico della fattispecie, pu� comprendere in s� qualsiasi utilit� 
anche a carattere non strettamente economica, l'elemento del danno 
deve necessariamente avere contenuto patrimoniale, dovendo consistere 
in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia lo 
effetto di produrre la perdita definitiva del bene da parte del soggetto 
passivo. 

L'induzione in errore, pure rappresentando il momento in cui si 
determina il vizio del consenso e si ha l'incidente degli artifizi ~ raggiri, 
se guardata avulsa dal successivo svolgersi dell'iter criminoso e 
dall'evento di danno nel senso come sopra precisato, � di per s� im


pensioni di guerra, che � il caso esaminato della cassazione, dopo la 
concessione della pensione, il pagamento dei ratei mensili avviene attraverso 
l'invio all'interessato di un assegno di conto corrente speciale 
postale, sulla faccia del quale sono ipdicati il numero dell'assegno, il numero 
di iscrizione, l'importo, { numeri dell'Ufficio pagatore e del capitolo nonch� 
cognome e indirizzo del reo; sul retro dell'assegno vi � una serie successiva 
di diciture sotto una delle quali, corrispondente alla situazione concreta, 
il destinatario dell'assegno espone la firma di quietanza. Il destinatario si 
presenta quindi all'ufficio postale per richiedere il pagamento munito di 
documenti che -solo apparentemente in quanto frutto di una attivit� 
truffaldina -lo legittimano alla riscossione: l'assegno e il libretto di pen-� 
sione sul quale ad ogni singola riscossione di rateo, viene apposta una 
vidimazione dall'ufficio: riscossa la somma, il reo a1ppone nello spazio sul 
retro dell'assegno che si addice alla situazione in cui si trova, la propria 
firma per quietanza. 

� evidente che, cosi facendo, l'imputato pone in essere tutta una serie 
di comportamenti validi, attraverso l'apparente legittimazione � trarre 
ulteriormente in inganno l'Amministrazione che paga e che, pagando, subisce 
un ulteriore danno. Nell'economia dell'azione delittuosa la periodica 
riscossione dei ratei mensili�di pensione integra un sempre maggiore profitto 
per il reo e un sempre maggior danno per il soggetto p�ssivo, onde � 
del tutto evidente che in siffatta ipotesi questi fatti non possono considerarsi 
successivi al fatto descritto dalla norma fncriminatrice e privi di rilevanza 
giuridica, in quanto � proprio attraverso essi che profitto e danno 
si vanno progressivamente conseguendo e realizzando. Non pu� dirsi, in 
questi casi, con il MANZINI (Trattato, 1964, vol. IX, pag. 693) che, � conseguito 
il profitto e verificatosi il danno correlativo i fatti successivi, ancorch� 
immediati, sono privi di rilevanza giuridica, per ci� che concerne la 
consumazione della truffa �: infatti, qui, danno e profitto sono in itinere. 

D'altronde, il reato di truffa non pu� considerarsi reato permanente, 

n� in astratto n� in concreto nella fattispecie esaminata. Esso non � reato 

permanente n� essenzialmente n� eventualmente, non consentendo una 

protrazione ininterrotta dell'attivit� dell'agente, con la costituzione di uno 

stato oggettivo e soggettivo giuridico duraturo. I vari episodi, che integrano 

rispettivamente. danno e profitto, sono periodici e non vi � fra l'uno e l'altro 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 375 

produttiva degli effetti proprii richiesti per la realizzazione della fattispecie 
dell'art. 640 c. p .. Alla stregua dei suaccennati principi, questa 
Corte a Sezioni Unite ritiene che il reato di truffa sia perfezionato soltanto 
con l'effettivo conseguimento del bene economico o di altro bene 
che sia idoneo ad una valutazione patrimoniale, con la definitiva perdita 
di esso da parte del soggetto passivo. 

Osserva poi la Corte che nella situazione particolare in cui il 
profitto e il danno si verificano attraverso successivi atti non pu� parla;
rsi n� di conseguenza dell'inganno iniziale, n� di utilizzazione di un 
unico evento. Eliminata la ipotesi di una consumazione che si protrae 
nel tempo, mancando un comportamento omissivo capace di realizzare 
una condotta antigiuridica e quella di una fase successiv.a e conseguente 
alla consumazione, occorre riferirsi alla forma del reato continuato. 
Una volta ritenuto che l'evento del reato di truffa scatta nel 

quella continuit� di attivit� del reo, che costituisce presupposto essenziale 
del reato permanente. � 

I successivi episodi, per�, sono sicuramente collegati tra di loro da 
una identit� di disegno criminoso, ognuno di essi contiene gli elementi del 
profitto ingiusto e del danno, in ognuno di essi si realizza compiutamente 
una condotta del reo che integra gli estremi dell'artifizio o del raggiro. 

Quanto agli artifizi e raggiri infatti, esiste tutta una consolidata traccia 
giurisprudenziale che non solo ravvisa questi nella mera menzogna (Cass. 
2 luglio 1963, in Cass. pen., 1963, 984, n. 1803; Cass. 18 febbraio 1963, ivi, 
618, n. 1060; Cass. 3 dicembre 1965, ivi, 1966, 1405, n. 1510) ma che afferma 
che il silenzio pu� concretare artifizio integratore di truffa, quando la condotta 
dell'agente si esplica in un contegno capace di ingenerare errore per 
effetto di simulati atteggiamenti o di equivoche manifestazioni suggerite 
dal pravo intento di secondare l'errore altrui -comunque generato e 
di sfruttarne le conseguenze. In siffatti casi -afferma la giurisprudenza non 
v'� dubbio che non si profitta solo passivamente di tale errore, ma lo 
si crea meditatamente con preordinato inganno (Cass. 29 maggio 1962, in 
Cass. pen., 1962, 1102, n. 2050; 8 maggio 1961, ivi, 1961, 921, n. 1905; Cass. 
6 aprile 1962, in Riv. pen. 1962, II, 995; Cass. 22 marzo 1965, in Cass. pen., 
1966, 270, n. 355). 

A maggior ragione quindi nel caso di specie, in cui v'era nel comportamento 
dei rei molto pi� che una mera reticenza, doveva ravvisarsi il reato 
di truffa in ogni singola riscossione. Se truffa continuata � stata ravvisata 
in ipotesi di una unica riscossione di una somma, cui il soggetto passivo 
era stato indotto attraverso esibizioni periodiche di false ricette mediche 

(Cass. 18 agosto 1965, in Cass. pen., 1966, 405, n. 594) in ipotesi cio� in cui 
il danno derivante da pi� azioni si verific� in una sola volta, tanto pi� la 
truffa continuata -cio� vari reati di truffa collegati dal vincolo dell'identico 
disegno criminoso -va ravvisata in ipotesi in cui vi sia una pluralit� 
di azioni, cui corrisponde una pluralit� di danni. 

Cos� statuendo, le Sezioni Unite hanno correttamente deciso, confermando 
la validit� di un'op~nione che in questa Rassegna (1967, I, 1074) 
si era gi� espressa. 

PAOLO DI TARSIA 



376 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
momento in cui l'agente consegue la materiale disponibilit� del bene 

economico, nella $pecie ogni qualvolta gli imputati effottuavano la riscossione 
dei ll"atei della pensione ponevano in essere altrettanti atti 
esecutivi dello stesso disegno criminoso, ravvisandosi l'iniziale proposito 
fraudolento attraverso le successive condotte, sia mantenendo il 
silenzio sulla illiceit� della situazione, ,sia manifestando un comportamento 
idoneo al persistere dell'errore in cui era caduta la pubblica 
amministrazione. 

Perfezionandosi il reato di truffa nella riscossione del primo rateo 
di pensione, non essendo stata contestata la continuazione del reato, 
non si era ancora verificata la causa estintiva della pre$crizione che 
ai sensi dell'art. 157 n. 4 c. p. si verifica invece al 30 novembre 1972. 



PAR TE SE CO ND:A 




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II 


RASSEGNA DI DOTTRINA 


F. 
A. RovERSI MONACO, Gli Enti di gestione, Giuffr� editore, Milano, 1967, 
pagg. 427. 
Questo libro sulla struttura, sulle funzioni e sui limiti degli Enti di 
gestione segue un altro scritto dell'A. sull'argomento (Osservazioni sulla 
natura pubblica degli enti di gestione deHe partecipazioni statali, Diritto 
ed Economia, 1965, 299 sgg.) e si aggiunge ai contributi del CASSESE (Partecipazioni 
statali ed Enti di gestione, Milano, 1962) e del D'ALBERGO (Sistema 
positi'l{o degli enti pubblici nell'ordinamento italiano, Milano, 1965) nella 
materia. 

L'A. parte dal presupposto della natura pubblica degli enti di gestione 
e della non irrilevanza di tale qualifica, per delineare la posizione degli enti 
di gestione nella generale categoria degli enti pubblici e per fissare i caratteri 
tipici ed il contenuto della loro pubblicit�. Lo studio si sviluppa attraverso 
un esame della tipologia degli enti di gestione ed un'analisi dell'autonomia 
di tali enti, inteso il termine in senso atecnico e particolare. 
Notevole interesse presenta il capitolo dei rapporti tra Stato ed Ente di 
gestione perch� in esso vengono individuati i complessi modi di manifestazione 
del rapporto di direzione e di supremazia dello Stato, specie in 
relazione alla nomina dei titolari degli organi direttivi. A giudizio dell'A. 
l'Ente di gestione dev'essere riguardato come impresa holding, coesistendo in 
tale tipo di Ente sia la natura pubblica che la struttura di impresa, come 
organismo economico. 

Dopo brevi cenni generali sull'attivit� privatistica della Pubblica Amministrazione, 
il R. M. esamina i caratteri dell'attivit� degli enti di gestione, 
sottolineando la mancanza di una normazione precisa al riguardo ed individuando 
un problema di fondo nella necessit� di trovare un adeguato collegamento 
fra natura dell'attivit� e natura del soggetto. 

Secondo l'A., nel sistema delle partecipazioni statali si sarebbe in presenza 
di una formula organizzatoria i cui elementi caratteristici sarebbero 
dati dalla direttiva e dalla natura neutra (non autoritativa) degli enti di 
gestione: formalmente l'attivit� si svolgerebbe esclusivamente iure privato 
ma sostanzialmente non si avrebbe una posizione di autonomia privata. 
Il fine dell'ente sarebbe, comunque, prefissato ed il pubblico interesse 
verrebbe soddisfatto dall'� esecuzione� di determinate scelte imprenditoriali. 
Un ultimo capitolo � dedicato all'analisi della capacit� di diritto 
privato degli enti di gestione e dei suoi limiti. 

Il libro, affrontando un tema di rilevante interesse e di estrema attualit�, 
deve essere segnalato a tutti coloro che si occupano del delicato settore 
del diritto dell'economia. 

L. M. 
C. 
VINCI -E. ALTANA, L'attivo ereditario nella denunzia di successione, L. 
di G. Pirola, Milano, 1969, pagg, 310. 
Il volume in rassegna si propone il fine di fornire una guida pratica 
e sicura per la compilazione della denunzia di successione ed anche l'esame 



44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
piuttosto dettagliato, dei fattori che compongono l'attivo ereditario � fatto 
in funzione di suggerire criteri per una corretta denunzia. 
44 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
piuttosto dettagliato, dei fattori che compongono l'attivo ereditario � fatto 
in funzione di suggerire criteri per una corretta denunzia. 
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Dei numerosi problemi relativi all'imposizione tributaria successiva 
vengono presi in considerazione dagli AA. soltanto quelli relativi all'attivo 
ereditario. 

Il volume � corredato da un'appendice-contenente i testi legislativi sulla 
materia, le tavole di liquidazione, un indice cronologico di decisioni giudiziarie 
ed amministrative ed un indice analitico-alfabetico. 



CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Distanze dai corsi di acqua -Norme regolamentari per l'accertamento di 
contravvenzioni in tema di polizia idraulica. 

Se la distanza di mt. 10 stabilita per le costruzioni lungo i corsi di 
acqua riguardi anche le costruzioni prospicienti corsi d'acqua secondari e 
quelli le cui sponde siano difese da opere in muratura (n. 100). 

Se per l'accertamento delle contravvenzioni in tema di polizia idraulica 
possano seguirsi le norme regolamentari approvate con r. d. 9 dicembre 
1937, n. 2669, anche se relative ad opere non classificate nella la e 2a categoria 
di quelle idrauliche o non di bonifica (n. 100). 

AGRICOLTURA 

Indennizzi per giacenza di olive e tardivit� della denuncia. 

Se possa farsi luogo alla concessione dell'indennizzo previsto dal D. L. 
9 novembre W66, n. 912 per le giacenze di olio superiori a 5 q. quando 
l'UTIF non sia stato in grado di compiere i necessari accertamenti entro il 
16 novembre 1966 a causa del ritardo con cui sono pervenute le prescritte 
denuncie, inviate tramite il servizio postale (n. 61). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

Aziende autonome. 

Se la gestione governativa delle linee di navigazione sui laghi Maggiore, 
di Garda e di Como, istituita dalla legge 18 luglio 1957, debba considerarsi 
come azienda autonoma. 

Se l'amministrazione e la vendita 4ei beni facenti parte del patrimonio 
dell'azienda autonoma siano di competenza della azienda medesima 

(n. 34). 
Ente Italiano Zolfi -Decorrenza del termine per la presentazione delle 
domande di riconoscimento� crediti. 

Se il termine di sessanta giorni per la presentazione delle domande di 
riconoscimento dei crediti nei confronti dell'Ente Zolfi Italiani, posto in 
liquidazione con legge n. 411 del 1968, debba decorrere dalla data di entrata 
in vigore di detta legge (n. 342). 

r'��: 



PARTE II, CONSULTAZIONI 47 

ANTICHIT� E BELLE ARTI 

Sovvenzioni Liriche. 

Se i requisiti di prestazione di pregevole attivit� nel settore lirico per 
un minimo di sei anni e di beneficio negli ultimi sei anni di sovvenzioni per 
attivit� lirica debbano riferirsi all'impresa e non alla persona fisica del 
titolare attuale (n. 63). 

APPALTO 

Trattamento di favore. 

Se i contratti per le somministrazioni e l'appalto dei servizi negli Istituti 
di prevenzione e pena debbano considerarsi come contratti per il mantenimento 
di persone, di cui all'art. 42 Tariffa alleg. A alla legge di registro 
R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (n. 327). 

ATTI AMMINISTRATIVI 

Atti dovuti -Pronunce su istanze ��i iscrizione agli albi nazionali degli 
esportatori di prodotti ortofrutticoli ed agrumari. 

Se l'Istituto Nazionale per il commercio estero (ICE) debba deliberare 
entro 90 giorni dalla ricezione delle istanze avanzate da privati dirette ad 
ottenere l'autorizzazione allo svolgimento dell'attivit� di esportazione di 
prodotti agrumari (n. 17). 

Se detto termine possa essere prorogato in relazione ap'esigenza di 
disporre un supplemento di istruttoria (n. 14). 

Autorizzazione governativa agli acquisti a titolo di liberalit�. 

Se l'alienazione di immobili da parte di enti pubblici (nella specie 
l'Istituto Siciliano dei mutilati ed invalidi di guerra) sia soggetta all'autorizzazione 
governativa istituita dal d. lgt. 19 ottobre 1916, n. 1442 (n. 18). 

Provvedimenti di ritiro della patente doganale di competenza dell'Intendente 
di Finanza. 

Se legittimamente l'Intendente di Finanza possa sospendere dall'esercizio 
delle loro funzioni mediante ritiro della patente gli spedizionieri doganali 
denunciati all'autorit� giudiziaria per pene gravi (art. 39 R. D. 13 febbraio 
1896, n. 65) (n. 19). 

Retroattivit�. 

Se gli atti amministrativi che introducono per i soggetti destinatari di 
disposizioni meno favorevoli di quelle precedentemente in vigore abbiano 
efficacia retroattiva (n. 20). 

�15 

48 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se le rette di degenza di un ente ospedaliero vadano deliberate in sede 
di bilancio preventivo o nel corso dell'anno (n. 20). 

Se in base a quanto sopra l'Amministrazione del Tesoro possa legittimamente 
contestare di essere tenuta, nei confronti di Amministrazioni 
provinciali, al rimborso degli aumenti di spedalit�, deliberati in violazione 
del termine sopraindicato (n. 20). ' 

CIRCOLAZIONE STRADALE 

Art. 57, 60 comma c. d. s. -Sanzioni. 

� Se alle infrazioni al sesto comma dell'art. 57 del Codice della strada 
commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge 9 luglio 1967, 

n. 572 possa applicarsi retroattivamente la sanzione amministrativa della 
sospensione della carta di circolazione (n. 16). 
COMUNIT� ECONOMICA EUROPEA 

Causa di forza maggiore ed incameramento di cauzione. 

Quali siano e come debbano essere determinate le cause atipiche di 
forza maggiore che ai sensi dell'art. 9, n. 4 del Regolamento della CEE 
evitano l'incameramento della cauzione in caso di mancata importazione 
nel termine fissato nel certimport (n. 3). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione di accesso agli impianti di �distributori di carburante lungo le 
strade comunali -Canone di licenza di accesso e tassa di occupazione 
di suolo pubblico. 

Se per la installazione di distributore di carburante su fondo privato 
per il cui accesso alla via sono effettuate opere visibili e permanenti, sia 
dovuto, oltre alla tassa di occupazione per il �passo carrabile nella misura 
prevista dall'art. 195 t. u. modificato dalla legge 18 aprile 1962, n. 208, anche 
il canone di licenza di accesso imposto ex art. 8, 2<> comma t. u., n. 1 
1740/1933 (n. 90). 

Vertenze di risarcimento danni tra Aziende Concessionarie di pubblici 
servizi di trasporto e dipendenti -Poteri della Direzione Compartimentale 
M. T. C. 

Se ai sensi dell'art. 38, all. A) r. d. 8 gennaio 1931, n. 148 (come 
modificato con legge 3 novembre 1952, n. 1982) l'intervent� deliberativo 
della Direzione Comp. M.C.T,c. nelle vertenze tra Aziende concessionarie 
di pubblici servizi di trasporto e i propri dipendenti, sia sempre necessario: 
a) quando l'entit� complessiva del risarcimento danni superi le lire 5.000; 
b) ovvero solo quando la trattenuta mensile sullo stipendio sia superiore 
a tale cifra (n. 91). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 49 

Se la determinazione amministrativa della misura del risarcimento del 
danno debba tener conto anche della situazione personale del dipendente 
(personalit�, precedenti, ecc.) (n. 91). 

' ~ 
j 

CONCORSI 

I 
! 

Concorso per titoli -Valutazione. 

Se il candidato in un concorso per titoli (conferimento della gestione I 
di una tabaccheria) fornito di due titoli di una categoria ritenuta preva! 
lente rispetto ad altra sia legittimamente preferito a colui che � in possesso ! 
! 
di un solo titolo appartenente alla stessa categoria del vincitore e di altro ! 
! 
titolo appartenente alla categoria inferiore (cfr. art. 50 Regolamento appro! 


I! 

vato con R. D. 24 ottobre 1958, n. 1074) (n. 14). 

I 

! 

CONTABILIT� GENERAl..E DELLO STATO 

I

Aziende autonome. 

i 

i 

Se la gestione governativa delle linee di navigazione sui laghi MagI 
giore, di Garda e di Com�, istituita dalla legge 18 luglio 1957 debba consii 


j 

I I

derarsi come azienda autonoma (n. 233). 
Se la amministrazione e la vendita dei beni facenti parte del patrimonio 
dell'azienda autonoma siano di competenza della azienda medesima 

(n. 233). l 
j 
j
<;; 

I 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO 

Sopratassa. 

Se per il caso di continuate infrazioni alla stessa norma tributaria, sanzionate 
come sopratas!la, possa applicarsi la disciplina dell'art. 8 della 
legge 7 gennaio 1929, n. 4 relativa alle ipotesi di violazioni continuate 

(n. 5). . 
Se la disciplina prevista dall'art. 8 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 
possa applicarsi alle sopratasse dichiarate non riducibili di cui all'art. 5 
della legge 29 dicembre 1962, n. 1744. 

DAZI DOGANALI 

Contravvenzione. 

Se la importazione di merce denunciata come specie di carne suina 
pancetta, e per tale riconosciuta alla visita doganale, e in sede di verifica 
della polizia tributaria risultata come suina, sia passibile della contravvenzione 
di cui all'art. 118 della legge doganale, ovvero ipotizzabile come reato 
di contrabbando ex art. 107 legge (n. 42). 




50 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� 

Artt.1 e 3 l. 20 marzo 1968, n. 391 in relazione agli artt. 25 e 30 l. 25 giugno 
1965, n. 2359. 

Se, ai sensi dell'art. 30 1. 25 giugno 1865, n. 2359 come modificato 
dall'art. 1 legge 20 marzo 1968, n. 391, sia necessaria, in ogni caso, la preventiva 
accettazione dell'indennit� determinata per l'espropriazione da 
parte dell'espropriato, per ordinare il deposito dell'indennit� stessa presso 
la Cassa depositi e prestiti (n. 273). 

Consorzi per l'area di sviluppo industJriale -Art. 147 del t. u. n. 1523 del 
30 giugno 1967. 

Se il Prefetto nel pronunciare l'esproprio, ai sensi del 40 comma dell'art. 
147 del t. u'. n. 1523 del 30 giugno 1967 che prevede la pronuncia di 
esproprio in favore dei Consorzi per lo sviluppo industriale, indipendentemente 
dall'effettivo deposito Q.ell'indennit�, debba assicurarsi dell'avvenuto 
finanziamento del Consorzio da parte della Cassa per il Mezzogiorno 

(n. 274). 
Svincolo della cauzione durante il giudizio di opposizione alla stima. 

Se l'Autorit� Giudiziaria, mentre � in corso il processo di opposizione 
alla stima, possa emettere, su richiesta dell'espropriato, il provvedimento 
di svincolo della indennit� di espropriazione depositata presso la Cassa 
DD.PP. quando il Prefetto certifichi che l'unica opposizione notificata � 
appunto quella dell'espropriato (n. 275). 

FALLIMENTO 

Annullamento contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno. 

Se nei confronti di imprese dichiarate fallite debba procedersi all'annullamento 
� ex tunc � dei contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno 
in base alla legge 29 luglio 1957, n. 634 �d alla legge 25 giugno 1965, 

n. 717 (n. 116). 
Compenso al curatore in caso di mancanza di attivo. 

Se il Tribunale possa legittimamente liquidare il compenso al curatore 
di un fallimento, che non presenti alcun attivo, disponendo che la 
somma relativa sia anticipata dall'Erario (cfr. art. 91 L. F. e D. M. 16 luglio 
1965) (n. 117). 

FERROVIE 

Alienazione ex art. 64 legge 27 luglio 1967, n. 668 e nulla osta. 

Se per le alienazioni in base all'art. 46 legge 27 luglio 1967, n. 668 da 
parte dell'Azienda Autonoma F.S. dei beni ricevuti in dotazione e di 



PARTE II, CONSULTAZIONI 
51 

quelli acquisiti durante la sua gestione, occorra il nulla osta dell'Amministrazione 
Finanziaria previsto dal D. L. 7 maggio 1948, n. 598, e se tali alienazioni 
possano e�ffettuarsi in favore di altre Amministrazioni a prezzo di 
mercato (n. 404). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Pensionati dello Stato assunti in servizio presso enti pubblici che perseguano 
finalit� di lucro. Assegni accessori di quiescenza. 

Se il divieto, posto dall'art. 4 del R.D.L. 15 ottobre 1936, n. 1870, di 
corrispondere assegni accessori di quiescenza ai pensionati dello Stato 
riassunti in servizio presso altri enti, sussista allorch� si tratti di enti 
pubblici che perseguano finalit� di lucro (n. 69). 

Se i Monti di credito su pegno di prima categoria, assumendo carattere 
prevalente di istituti di credito (R. D. 25 aprile 1929, n. 967) siano 
enti pubbli�i economici, in quanto compiono una vera e propria attivit� imprenditoriale, 
diretta all'immediata realizzazione di profitti, anche se tali 
profitti vengono poi destinati, per la parte disponibile, ad erogazioni di 
assistenza, beneficenza e pubblica utilit� (n. 690). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Importazione e produzione di saccarina, dulcina ed altri edulcoranti sintetici 
assimilabili a dette sostanze. 

Se l'importazione della saccarina, della dulcina e delle altre sostanze 
a questa assimilabili sia permessa dalla legge (n. 53). 
Se la produzione della saccarina possa essere da �parte di ditte tecnicamente 
attrezzate al solo scopo di cedere il prodotto stesso allo Stato 

(n. 
53). 
Se l'Amministrazione possa legittimamente concedere i permessi di 
importazione delle sostanze suddette a terzi (n. 53). 
Se possa legittimamente determinarne il prezzo di vendita, attesa la 
natura tributaria della determinazione stessa (n. 53). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Applicabilit� dei benefici fiscali all'appalto .di lavori di completamento 
del fabbricato alienato -Tassabilit� autonoma della clausola contenente 
la nomina di un supplente. 

Se siano applicabili le agevolazioni fiscali, previste dall'art. 14 1. 2 luglio 
1949, n. 408 all'appalto dei lavori di completamento del fabbricato 
alienato (n. 301). 

Se la clausola contrattuale contenente la nomina di un supplente che 
si assume l'obbligo di proseguire e completare i lavori in luogo dell'ap:
r;>altatore, in caso di impedimento o di inadempienza, sia suscettibile di 
tassazione autonoma (n. 301). 

53 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 
51 

quelli acquisiti durante la sua gestione, occorra il nulla osta dell'Amministrazione 
Finanziaria previsto dal D. L. 7 maggio 1948, n. 598, e se tali alienazioni 
possano effettuarsi in favore di altre Amministrazioni a prezzo di 
mercato (n. 404). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Pensionati dello Stato assunti in servizio presso enti pubblici che perseguano 
finalit� di lucro. Assegni accessori di quiescenza. 

Se il divieto, posto dall'art. 4 del R.D.L. 15 ottobre 1936, n. 1870, di 
corrispondere assegni accessori di quiescenza ai pensionati dello Stato 
riassunti in servizio presso altri enti, sussista allorch� si tratti di enti 
pubblici che perseguano finalit� di lucro (n. 69). 

Se i Monti di credito su pegno di prima categoria, assumendo carattere 
prevalente di istituti di credito (R. D. 25 aprile 1929, n. 967) siano 
enti pubbli�i economici, in quanto compiono una vera e propria attivit� imprenditoriale, 
diretta all'immediata realizzazione di profitti, anche se tali 
profitti vengono poi destinati, per la parte disponibile, ad erogazioni di 
assistenza, beneficenza e pubblica utilit� (n. 690). 

IMPORTAZIONE ED ESPORTAZIONE 

Importazione e produzione di saccarina, dulcina ed altri edulcoranti sintetici 
assimilabili a dette sostanze. 

Se l'importazione della saccarina, della dulcina e delle altre sostanze 
a questa assimilabili sia permessa dalla legge (n. 53). 
Se la produzione della saccarina possa essere da parte di ditte tecnicamente 
attrezzate al solo scopo di cedere il prodotto stesso allo Stato 

(n. 
53). � 
Se l'Amministrazione possa legittimamente concedere i permessi di 
importazione delle sostanze suddette a terzi (n. 53). 
Se possa legittimamente determinarne il prezzo di vendita, attesa la 
natura tributaria della determinazione stessa (n. 53). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Applicabilit� dei benefici fiscali all'appalto .di lavori di completamento 
del fabbricato alienato -Tassabilit� autonoma della clausola contenente 
la nomina di un supplente. 

Se siano applicabili le agevolazioni fiscali, previste dall'art. 14 1. 2 luglio 
1949, n. 408 all'appalto dei lavori di completamento del fabbricato 
alienato (n. 301). 

Se la clausola contrattuale contenente la nomina di un supplente che 

si assume l'obbligo di proseguire e completare i lavori in luogo dell'ap


paltatore, in caso di impedimento o di inadempienza, sia suscettibile di 

tassazione autonoma (n. 301). 

--. ~-



52 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Conseguenze della dichiarazione incostituzionafit� della solidariet� processuale. 


Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 1968, 

n. 48 (incostituzionalit� degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 1639 che fanno 
decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla notifica 
dell'accertamento anche ad uno solo), sia estensibile al caso delle notifiche 
delle cartelle esattoriali alle societ� irregolari e di fatto (n. 302). 
Criteri per la valutazione dell'usofrutto trasferito a titolo oneroso. 

Se, ai fini della determinazione del valore dell'usufrutto costituito o 
trasferito a titolo oneroso, debba applicarsi l'art. 15 cod. proc. civ. ovvero 
debbano seguirsi i criteri indicati nella circolare ministeriale 19 ottobre 
1968, n. 61 (n. 303). 

Trattamento di favore. 

Se i contratti per le somministrazioni e l'appalto dei servizi negli Istituti 
di prevenzione e pena debbano considerarsi come contratti per il mantenimento 
di persone, di cui all'art. 42 Tariffa all. A alla legge di registro 

R. D. 30 dicembre 1923, n. 3269 (n. 304). 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Conseguenze della dichiarazione di incostituzionalit� della solidariet� processuale. 


Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 1968, 

n. 48 (incostituzionalit� degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 16S9 che fanno 
decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla notifica 
dell'accertamento anche uno solo), sia estensibile al caso delle notifiche 
delle cartelle esattoriali alle societ� irregolari e di fatto (n. 45). 
IMPOSTE E TASSE 

Agevolazioni fiscali -Rapporto tra D. L. 15 marzo 1965, n. 124 e l. 3 agosto 
1949, n. 589. 

Se ai contratti di mutuo per opere di urbanizzazione intervenute tra 
Cassa DD.PP. e i comuni, in base al D. L. 15 marzo 1965, n. 124 (conv. con 

1. 13 maggio 1965, n. 431), siano applicabili i benefici fiscali previsti dall'art. 
18 legge 3 agosto 1949, n. 589 (n. 496). 
Capacit� contrib'utiva -Legittimit� costituzionale della Legge sulla imposta 
di fabbricazione sugli oli d'oliva. 

Se il sistema della pluralit� delle imposizioni, quale risulta dall'art. 2~ 
della Cost. comporti l'autonomia di ciascuna di esse e se, in conseguenza, 



PARTE II, CONSULTAZIONI 153 

il princ1p10 della proporzionalit� rispetto alla capacit� contributiva valga 
con riferimento agli indici specifici di ciascun tributo e non gi� rispetto 
ad imposte diverse (n. 497). 

Se risponda ai principi costituzionali posti dall'art. 23 Cost. il fatto 
che la legge chiami a collaborare all'accertamento di un tributo alcune 
categorie di persone, in relazione all'attivit� da esse svolta che si ricollega 
alla nascita del rapporto tributario (n. 497). 

Conseguenze della dichiarazione di incostituzionalitd della solidarietd processuale. 


Se il principio stabilito dalla sentenza della Corte Cost. 30 aprile 
1968, n. 48 (incostituzionalit� degli artt. 20 e 21 D. L. 1936, n. 1639 che 
fanno decorrere i termini per l'impugnativa per tutti i coobligati dalla 
notifica dell'accertamento anche ad uno solo), sia estensibile al caso delle 
notifiche delle cartelle esattoriali alle societ� irregolari e di fatto (n. 498). 

Imposta complementare sul reddito dovuta dagli eredi del de cuius. 

Se l'imposta complementare sul reddito sia dovuta fino al giorno 
della morte del de cuius, mentre per il restante periodo dell'anno solare 
gli eredi possano ottenere lo sgravio (n. 499). 

Se gli eredi del contribuente defunto debbano presentare dichiarazione 
dei redditi del defunto nell'anno successivo alla morte e per il periodo 
che va dal lo gennaio al giorno della morte (n. 499). 

LOCAZIONE 

Locazione di immobili urbani -Blocco dei canoni (0.N.1.G.). 

Se i canoni delle locazioni di immobili urbani nei quali si eserciti 
da parte del conduttore un'attivit� assistenziale e che ,siano in corso alla 
data del 10 novembre 1964 e non siano soggetti a regime vincolistico, 
possano essere aumentati a decorrere dalla data suddetta fino al 31 dicembre 
1968 (cfr. art. 5 D. L. 23 dicembre 1964, n. 135, art. 7 D. L. 27 giugno, 
n. 460) (n. 135). 

LOTTO E LOTTERIE 

Giocate a prezzo multiplo. 

Se il premio massimo cui pu� dar luogo ogni bolletta vincente nel 
gioco del lotto possa eccedere la somma di L. 20.000.000 (n. 33). 

Se tale limitazione si applichi nel caso previsto dall'art. 16 della 
vigente legge sul lotto di giocata effettuata a mezzo prezzo multiplo di 
una bolletta, se questo sia rappresentato da du� o pi� bollette (n. 33). 



54 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MEZZOGIORNO 

Contributi concessi alle imprese dichiarate fallite. 

Se nei confronti di imprese dichiarate fallite debba procedersi all'annullamento 
� ex tunc � dei contributi concessi dalla Cassa per il Mezzogiorno 
in base alla legge 29 luglio 1957, n. 634 ed alla legge 25 giugno 1965, 

n. 717 (n. 46). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Obbligazioni pecuniarie -Svalutazione della moneta. 

Se l'art. 1820 c. c. possa trovare applicazione nei casi in cui non possa 
desumersi dalla interpretazione del contratto la volont� delle parti di far 
riferimento al contenuto metallico di una moneta (n. 48). 

Se in tal caso, pertanto, legittimamente l'Amministrazione possa rifiutare 
il pagamento di una somma maggiore di quella pattuita in epoca 
anteriore a quella della svalutazione della moneta in questione (n. 48). 

OPERE PUBBLICHE 

Applicabilit� del Capitolato Generale-Conseguenze del ritardo nella stipulaozione 
del contratto da parte della P. A. 

Se le norme del Capitolato Generale del 1962, n. 1063, siano applicabili 
anche agli appalti di opere pubbliche realizzate da enti pubblici 
diversi dallo Stato, ma con il concorso di questo (n. 82). 

Se nel caso di ritardo nella stipulazione del contratto da parte dell'Amm.
ne, dopo l'aggiudicazione, sia applicabile l'art. _10 del Capitolato 
Generale, relativo al ritardo nella consegna dei lavori (n. 82). 

REGIONI 

Regioni a statuto spetoiale -Intervento sostitutivo del Governo -Espropriazione. 


Se sia legittimo l'intervento sostitutivo del Governo nel caso che il 
Presidente della Regione della Valle d'Aosta, stante la dichiarazione ministeriale 
di indifferibilit� ed urgenza dei lavori, ometta di pronunziare il 
conseguente decreto di occupazione, ai sensi dell'art. 71 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359 (n. 168). 

RICOSTRUZIONE 

Legge 13 luglio 1966 n. 610 -Applicabilit� alla ricostruzione di fabbricati 
rurali. 

Se le norme di cui agli artt. 5, 10 e 11 della legge 13 luglio 1966, 

n. 610 siano da ritenere applicabili alla ricostruzione di fabbricati rurali 

PARTE II, CONSULTAZIONI 55 

(oltre che alla ricostruzione di fabbricati di c1v1ca abitazione siti in 
ambienti urbani) malgrado che non siano richiamate dall'art. 6 della legge 
stessa (nn. 19). 

SUCCESSIONI 

Identificazione della disciplina normativa. 

Se il testamento redatto all'estero da un cittadino italiano sia regolato 
per quanto attiene al suo contenuto dalla legge italiana e relativamente 
alla sua forma dalla legge del luogo in cui � stato redatto (n. 80). 

Se il testamento olografo congiuntivo redatto all'estero dal cittadino 
produca effetti nell'ordinamento italiano (n. 80). 

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