ANNO XIX -N. 2 

MARZO -APRILE 1967 

RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1967 

-



ABBONAMENTI 

................................. L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO . � � . . . . . . . . . . . . . . . � 900 

ANNO 

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LIBRERIA DELLO STATO , PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in ItaUa � Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(6212787) Roma, 1967 � Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 

-



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

LA 
REDAZIONE, Dal Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 
a quello del 1962 . . . . . . . . . . . . . . . . . . II, 37 

GIARDINI U., Attivit� materiali della pubblica amministrazione 
e condanna ad un � facere � o ad un � non facere � . I, 232 

GIARDINI U., In tema di occupazione, preordinata alla espropriazione 
per p. u. protratta oltre il biennio e di inefficacia 
della dichiarazione di p. u. . . . . . . . . . . . . . I, 245 

DEL GRECO G., In tema di ri�serva per sospensione di lavori . I, 321 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Acque pubbliche -Acque del 
subalveo -Natura giuridica, 317. 

-Acque pubbliche -Norme di polizia 
-Acque sotterranee -Applicabilit� 
-Limiti, 314. 

AGRICOLTURA E FORESTE 

-Tutela dei boschi e terreni montani 
-Legge forestale che autorizza 
le Camere di commercio 
ad emanare prescrizioni di massima 
-Infondatezza della questione, 
219. 

AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Aziende dei mezzi meccanici e 
dei magazzini portuali -Natura 
di organo statale, 279. 

Contratti -Contratto d'appalto 
d'opera pubblica -Gara per licitazione 
privata -Momento perfezionativo 
del contratto -Approvazione 
dell'aggiudicazione Annullamento 
della aggiudicazione 
-Risarcimento dei danni Esclusione, 
243. 

-Notif�cazione ad Amministrazione 
statale di ricorso per cassazione 
non eseguita presso l'Avvocatura 
Generale dello Stato -Nullit� 
assoluta ed insanabile -Eclusione 
della inammissibilit� del ricorso 
in caso di litisconsorzio necessario 
e di rituale notifica del ricorso 
ad almeno uno dei litisconsorti, 
267. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Controlli 
preliminari di cui all'art. 
5 r. d. 25 maggio 1895, n. 350 
-Finalit� ed estensione, 328. 

-Appalto di opere pubbliche Eventi 
e situazioni che si manifestano 
per gradi -Tempo della 
riserva, 328. ' 

-Appalto di opere pubbliche Finalit� 
delle riserve -Assolutezza 
ed inderogabilit� dell'onere 
relativo, 328. 

-Appalto di opere pubbliche Sorpresa 
geologica -Fattispecie, 

328. 
-Appalto di opere pubbliche Sospensione 
dei lavori -Mancata 
riserva nel verbale di sospensione 
ed in quello di ripresa 
-Conseguente decadenza per 
eventuali danni, con nota di G. 
DEL GRECO, 320. 

- 
V. anche Amministrazione dello 
Stato, Case economiche e popolari. 


APPROVVIGIONAMENTI E CONSUMI 


-Frodi nella preparazione e nel 
commercio dei mosti, vini e aceti 
-Pubblicazione della sentenza 
di condanna -Violazione della 
legge di delega -Esclusione, 218. 

-Vendita di piante e semi senza 
l'autorizzazione prefettizia -Violazione 
del principio di libert� 
di iniziativa economica e della 
riserva di legge -Illegittimit� 
costituzionale della relativa norma 
-Esclusione, 208. 

CASE POPOLARI ED ECONOMICHE 


-Appalto stipulato da ente concessionario 
della Gestione INACasa 
-Richiamo di norme del 
capitolato generale per gli appalti 
delle opere dipendenti dal 
Ministero dei Lavori Pubblici Natura 
contrattuale -Sussiste, 

255. 
-



VI 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

COLLEGIO -Impiego pubblico -Ente pubblico 
in genere ed enti pubblici 

-Componente dei collegio -Posizione 
di componente del collegio 
e di titolare di organo individuale, 
coincidenti nella stessa 
persona fisica -Autonomia -Attivit� 
compiute nella qualit� di 
comP,onente e nella qualit� di 
titolare dell'organo -Autonomia, 

278. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Attivit� materiali della p. a. -Distinzi�
one -Condanna della p. a. 
ad un facere o ad un non facere Ammissibilit� 
-Limiti, con nota 
di U. GIARDINI, 231. 

-Atto amministrativo -Incompetenza 
relativa dell'organo -Inosservanza 
di forme dettate per 
l'esclusiva tutela dell'interesse 
pubblico -Vizi di legittimit� Giurisdizione 
del Giudice amministrativo, 
220. 

-Atto amministrativo Affievolimento 
dei diritti soggettivi -Controversie 
tra privati -Difetto di 
giurisdizione del Giudice ordinario, 
220. 

-Aziende di mezzi meccanici e dei 
magazzini portuali -Dipendenti 
e agenti contabili -Giurisdizione 
della Corte dei Conti in materia 
di responsabilit� (amministrativa 
e contabile) -Sussiste, 280. 

Competenza dell'A. G. in sede ordinaria 
e dei Tribunali regionali 
delle acque pubbliche -Criterio 
discriminatore -Oggetto della 
controversia -Controversie ex 
art. 140, lett. d, t. u. 11 dicembre 
1933, n. 1775 -Irrilevanza 
della circostanza che per l'esecuzione 
dell'opera pubblica vi sia 
stata occupazione senza titolo di 
immobile di propriet� privata, 

267. 
-Elezioni -Dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale delle norme 
attributive di funzioni giurisdizionali 
ai Consigli comunali Effetti, 
225. 

economici -Caratteri -Effetti, 

227. 
Impiego pubblico -Pretesa del 
dipendente all'alloggio gratuito Procedura 
per la riscossione delle 
entrate patrimoniali -Opposizione 
-Giurisdizione esclusiva 
del Giudice amministrativo, 238. 


-Pensioni -Pensioni di guerra Giurisdizione 
della Corte dei 
Conti -Estensione, 240. 

-Prigionieri di guerra italiani in 
mano americana -Accordo internazionale 
14 gennaio 1949 -Diritti 
soggettivi del cittadino verso 
lo Stato italiano -Esclusione Domanda 
di pagamento di (maggiori) 
compensi per il lavoro prestato 
in prigionia, proposta da 
cittadino italiano, ex prigioniero 
di guerra cooperatore negli 
U.S.A., contro lo Stato italiano Difetto 
di giurisdizione dell'A. G. 
per carenza .assoluta di diritto 
soggettivo -Sussiste, 270. 

-Regolamento di competenza 
Pluralit� di parti -Inscindibilit� 
processuale necessaria delle 
cause -Sussiste, 267. 

COMUNE 

-Municipalizzazione Servizio 
pubblico di alimentazione idrica 
-Procedura applicabile, 278. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Sindacato di legittimit� costituzionale 
in via incidentale -Prescrizioni 
di massima della Camera 
di commercio sulla tutela dei 
boschi e terreni montani -Natura 
regolamentare -Inammissibilit� 
della questione, 218. 

CORTE DEI CONTI 

-Poteri sindacatori -Presupposti, 

281. 

VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
IMPOSTA DI REGISTRO Disposizioni necessariamente conVIII 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
IMPOSTA DI REGISTRO Disposizioni necessariamente con-::: 


nesse e derivanti per intrinseca 
loro natura le une dalle altre 


Contratto per persona da nomi


Disposizioni autonomamente con


nare -Dichiarazione di nomina 

figurabili ma connesse per volon


della persona per la quale si � 

t� di legge -Applicabilit� del


contrattato -Applicabilit� della 

imposta a norma dell'art. 9 cpv. 

tassa fissa -Condizioni -Fatti


della legge di registro -Sussiste,

specie in tema di dichiarazione 

296. 
resa da procuratore legale aggiudicatario 
per persona da nomiPrescrizione 
-Ricorso del contrinare 
nel procedimento di esecubuente 
a sensi dell'art. 141 della 
zione forzata immobiliare, 283. legge organica -Effetti interrut


tivi e sospensivi della' prescri


Contratto per persona da nomi


zione, 289. 

nare -Dichiarazione di nomina 
della persona per la quale si � -Vendita -Vendita tra parenti contrattato 
-Applicabilit� della Presunzione di liberalit� in mantassa 
fissa -Condizioni -Tercanza 
di prova della provenienza 
mine di tre giorni previsto dele 
della destinazione del prezzo 
l'art. 58 della legge di registro --Nozione di prezzo pagato Aggiudicazione 
per persona da Identificazione col valore concornominare 
-Decorrenza del terdato 
-Esclusione -Liquidazione 
mine per la dichiarazione daldell'imposta 
sul maggior valore 
l'aggiudicazione provvisoria e non per un trasferimento che si predalla 
definitiva, 284. sume gratuito soltanto in parte 

-Applicazione delle aliquote dei

Delegazioni di pagamento -De


trasferimenti a titolo gratuito

legazioni sulle imposte di con


sulla sola corrispondente propor


sumo ad estinzione di mutui con


zfonale parte del maggior valore

tratti dai comuni -Connessione 

-Ammissibilit�, 291.

necessaria tra mutui e delegazioni, 
nei sensi previsti dall'art. 9 -Vendita -Vendita tra parenti cpv., 
della legge di registro -Presunzione di liberalit� -Prova 
Sussiste -Assunzione da parte contraria -Prova della provedegli 
esattori o tesorieri delegati nienza e della destinazione del 
dell'obbligo del non riscosso per prezzo -Sussistenza al momento 
riscosso -Irrilevanza, 297. della stipulazione -Necessit� 


Prova fornita per una parte sol


Delegazioni di pagamento -Ob


tanto del prezzo -Liquidazione

bligo assunto verso il comune, 

dell'imposta con le aliquote dei

dall'appaltatore delle imposte di 

trasferimenti a titolo oneroso,

consumo, di accettare delegazio


per la parte per la quale � data

ni a favore di terzi indeterminati 

la prova richiesta, e con quelle

e per importi da precisare -Non 

dei trasferimenti a titolo gratuito,

costituisce valida delegazione di 

per l'altra parte -Ammissibilit�,

pagamento Convenzione ag


291.
giuntiva per l'indicazione del 

creditore delegatario e dell'im


porto da pagare -Costituisce an


che ai fini tributari il negozio 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE

di delegazione, 298. 

Disposizioni necessariamente con-
Prescrizione -Interruzione per 
nesse e derivanti per intrinseca effetto di notifica di ingiunzione 
loro natura le une dalle altre --Giudizio di opposizione all'inApplicabilit� 
dell'imposta a norgiunzione 
-Estinzione di tale 
ma dell'art. 9 cpv., della legge giudizio -Nuovo termine di predel 
registro -Necessit� che si scrizione -Decorrenza dalla data 
tratti di disposizioni connesse di notifica dell'ingiunzione e non 
contenute in uno stesso atto -dalla data di estinzione del giu


Sussiste, 298. dizio di opposizione, 311. 

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INDICE 
IX 

IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

-Privilegio -Estensione alla sopratassa 
-Sussistenza, 305. 

IMPOSTA SULLE SOCIET� 

-Determinazione del reddito complessivo 
netto -Red,dito di fabbricati 
-Detrazione degli interessi 
passivi sui mutui contratti 
per l'acquisto degli immobili Ammissibilit�, 
290. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Privilegio -Imposta straordinaria 
sul patrimonio -Estensione 
del privilegio alla sopratassa Sussistenza, 
305. 

Sopratassa -Pene pecuniarie Natura 
-Differenze, 305. 

IMPUGNAZIONE 

-Legittimazione del terzo chiamato 
in garanzia ad impugnare la 
pronuncia di responsabilit� del 
garantito -Presupposto -Interdipendenza 
della causa principale 
e di quella di garanzia -Quando 
ricorre, 254. 

-Ricorso per cassazione incidentale 
condizionato dalla parte vittoriosa 
-Necessit� di esame dopo 
quello �del ricorso principale Sussiste 
-Eccezione -Ricorso 
incidentale condizionato adesivo, 

255. 
- 
Ricorso per cassazione -Potest� 
della Corte regolatrice di accertare 
la portata di norme contrattuali 
-Esclusioni, 255. 

LAVORO 

-Decreto legislativo che rende obbligatorio 
erga omnes il contratto 
colletivo nazionale per i 
dipendenti delle aziende di credito 
-Obbligo della previa segnalazione 
del lavoro straordinario 
-Illegittimit� costituzionale, 
213. 

MINIERE E CAVE 

-Possibilit� di concedere a terzi 
le miniere e le cave non sfruttate 
-Contrasto con la tutela del 
diritto di propriet� -Esclusione, 

193. 
OCCUPAZIONE 

-OccupazioEe d'urgenza d'immobile 
alieno da parte della P. A. 
per la costruzione di opera pubblica 
-Mancato perfezionamento 
nel biennio della procedura espropriativa 
-Illeceit� dell'ulteriore 
possesso del bene -Sussiste 
-Sopravvenienza del decret
�o di espropriazione -Cessazione 
dell'illegitimit� dell'abusiva 
occupazione, a decorrere dalla 
data di emanazione della pronuncia 
espropriativa -Sussiste, 
con nota di U. GIARDINI, 244. 

PENSIONI 
-V. Competenza e giurisdizione. 


PRESCRIZIONE 

-V. Imposta di successione, Imposta 
di regi!stro. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Estinzione -Giudice competente 
a dichiararla Eccezione di 
estinzione -Necessit� di formulazione 
espressa -Esclusione Necessit� 
di un provvedimento 
dichiarativo anche nel caso di 
estinzione non contestata -Esclusione, 
311. 

-Termini processuali -Sospensione 
durante il periodo estivo dei 
termini processuali stabiliti per 
il compimento di atti richiedenti 
l'opera di avvocato o di procuratore 
-Portata, 252. 

Termini processuali -Sospensione 
durante il periodo estivo dei 
termini processuali stabiliti per 
il compimento di atti richiedenti 
l'opera di avvocato o di procuratore 
-Decorrenza del periodo di 
sospensione dei termini processuali 
per il primo anno di applicazione 
della legge 14 luglio 1965, 

n. 
818, 254. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

X 

-Termini processuali -Sospensione 
durante il periodo estivo deitermini 
processuali stabiliti per 
il compimento di atti richiedenti 
l'opera di avvocato o di procuratore 
-Decorrenza del periodo 
di sospensione dei termini processuali 
per il primo anno di applicazione 
della legge 14 luglio 
1965, n. 818, 253. 

PREVIDENZA E ASSISTENZA 

-Assicurazione obbligatoria contro 
gli infortuni sul lavoro -Accertamento 
del reato in sede civile 
solo nell'ipotesi di estinzione 
del reato per morte del reo o 
per amnistia, e non pure per 
prescrizione Violazione del 
principio di eguaglianza, 198. 

-Assicurazione obbligatoria contro 
gli infortuni sul lavoro Esonero 
di responsabilit� del datore 
lavoro per il fatto dei dipendenti 
non preposti -Violazione 
del principio di eguagliana, 
198. 

-Assicurazione obbligatoria contro 
gli infortuni sul lavoro Limitazione 
del risarcimento alinfortunato 
rispetto ale norme 
generali -Violazione degli artt. 3, 
35, 38 Costituzione -Esclusione, 
198. 

REATO 

-Reati e pene -Vendita di generi 
alimentari senza indicazione del 
prezzo -Conciliazione amministrativa 
demandata al Prefetto Illegittimit� 
costituzionale 
Esclusione, 210. 

RELIGIONE 

-Offesa alla religione dello Stato 
mediante vilipendio di persone 
-Elemento psicologico del reato, 
con nota di D. SALVEMINI, 335. 

RESPONSABILITA CIVILE 

-Amministrazione dello Stato e 
degli enti pubblici -Lesione di 
interessi legittimi -Annullamento 
di atti amministrativi illegittimi 
-Diritto al risarcimento dei 
danni -Insussistenza, 243. 

Circolazione stradale -Comandante 
di autocolonna militare Non 
risponde dell'errata manovra 
del' conducente dell'automezzo 
che lo trasporta, 281. 

-Giudizi di responsabilit� -Azione 
del Procuratore Generale Danno 
erariale -Presupposto, 

281. 
- 
Lesione di interessi legittimi Risarcibilit� 
del danno -Esclusione 
-Improponibilit� della domanda, 
220. 

REVOCAZIONE 

-Revocazione della sentenza per 
rinvenimento di documenti decisivi 
-Accertamento della non 
colposit� della mancata produzione 
in giudizio del documento 
e della idoneit� di questo ultimo 
a determinare una diversa decisione 
della controversia -Apprezzamento 
di fatto, incensurabile 
in Cassazione, 266. 

-Revocazione della sentenza fondata 
su un fatto erroneamente 
supposto o escluso -Necessit� 
che l'errore di fatto, risultante 
dagli atti o documenti della causa, 
sia caduto su un punto determinante 
per la decisione contenuta 
nella sentenza impugnata 
-Sussiste, 266. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico improprio Poteri 
dell'Autorit� decidente Integrazione 
o sostituzione di 
elementi dell'atto impugnato Inammissibilit� 
-Fatispecie, 278. 

SENTENZA 

-Motivazione -Motivazione contradditoria 
-Nozione, 273. 


INDICE Xl 

SICILIA 

-Legge regionale recante interpretazione 
autentica di precedente 
legge concernente la trasformazione 
dell'ERAS in ESA -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione, 
206. 

SOCIET� 

-Societ� di persone -Societ� di 
fatto -Rappresentanza processuale 
-Legittimazione di ciascun 
socio -Sussiste -Presunzione 
semplice di esistenza di un mandato 
reciproco fra i soci ad aro-

ministrare e rappresentare la societ� 
-Sussiste, 252. 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 


-Diritti soggettivi dei cittadini 
verso lo stato italiano -Fonte 
-Necessit� di atti normativi interni 
-Sussiste, 269. 

VIOLAZIONI DI LEGGI FINANZIARIE 


-Sopratassa -Pene pecuniarie Natura 
-Differenze, 305. 

-V. Imposte e tasse in genere. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
CORTE COSTITUZIONALE 
9 marzo 1967, n. 20 . pag. 193 
9 marzo 1967, n. 22 . 198 
9 marzo 1967, n. 23 . 206 
9 marzo 1967, n. 24 . 208 
9 marzo .1967, n. 25 . 210 
9 marzo 1967, n. 26 . 213 
22 marzo 1967, n. 30 . 214 
22 marzo 1967, n. 31 . 217 
22 marzo 1967, n. 32 . 217 
22 marzo 1967, n. 33 . 217 
22 marzo 1967, n. 34 (ordinanza) 218 
4 aprile 1967, n. 37 . . . . . . 218 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1109 . pag. 243 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1344 . 283 
Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1349 . 284 
Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1593 (in nota a Sez. Un,, 25 febbraio 

1967, n. 429) . . . . . . . . 297 
Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986 . 244 
Sez. I, 10 agosto 1966, n. 2180 . . 252 
Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2422 220 
Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2426 225 
Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2781 227 
Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2809 230 
Sez. I, 15 dicembre 1966, n. 2945 289 
Sez. III, 16 dicembre 1966, n. 2952 254 
Sez. I, 5 gennaio 1967, n. 28 290 
Sez. I, 7 gennaio 1967, n. 65 291 
Sez. II, 7 gennaio -967, n. 74 253 
Sez. II, 18 gennaio 1967, n. 170 254 
Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 202 266 
Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 303 . 231 
Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 429 296 
Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 430 238 
Sez. I, lo marzo 1967, n. 446 . 305 
Sez. I, 10 marzo 1967, n. 447 (in nota a Cass., 1� marzo 1967, 

297 

Sez. I, 10 marzo 1967, n. 450 (in nota a Cass., 10 marzo 1967, 

n. 452) . . . . . 
n. 452) . . . . . . . 297 
Sez. I, lo marzo 1967, n. 452 . 297 !; 
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INDICE xm 

Sez. I, 17 marzo 1967, n. 593 . pag. 267 
Sez. I, 17 marzo 1967, n. 605 . 269 
Sez. Un., 21 marzo 1967, n. 631 269 
Sez. I, 22 marzo 1967, n. 642 . 311 
Sez. I, 22 marzo 1967, n. 651 . 273 
Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798 240 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

6 marzo 1967, n. 5 . pag. 317 
31 marzo 1967, n. 10 . 314 

TRIBUNALI 

Roma, 25 febraio 1967 . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 328 

LODI ARBITRALI 

17 marzo 1967, n. 18 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . pag. 320 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, Io febbraio 1967, n. 10 pag. 275 
Sez. IV, 10 febbraio 1967, n. 12 276 
Sez. IV, 15 febbrai'O 1967,, n. 34 276 
Sez. V, 13 gennaio 1967, n. 7 277 
Sez. V, 20 gennaio 1967, n. 25 . 277 
Sez. V, 31 gennaio 1967, n. 30 . 278 

CORTE DEI CONTI 

Sez. II, 4 giugno 1966, n. 12 . . pag. 279 
Sez. II, 4 giugno 1966, n. 13 . . 281 
Sez. II, 8 settembre 1966, n. 77 281 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 20 luglio 1966, n. 3 pag. 334 
Sez. III, 21 settembre 1966, n. 1799 335 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
QUESTIONI 
SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 
QUESTIONI 
LA 
REDAZIONE, Dal Capitolato Generale dei LL. PP. del 1895 
a quello del 1962 . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 37 

.;:, 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE, Atti di Ulna tavola rotonda, a cura 
di MARANINI, Vallecchi editore, .Firenze, 1966 . . . . pag. 42 
D'ORAZIO G., Aspetti dello status di giudice della Corte Costitu


zionale, Giuffr� editore, Milano, 1966 . . . . . . . . . 45 
PuGLIATTl S., Studi sulla Rappresentanza, Giuffr�, Milano, 1966 46 
LoPEs S., Repertorio delle norme dichiarate incostituzionali, 

Casa ed. Mondo giudiziario, Roma, 1967 . . . . . . . . 47 

SEGNALAZIONI 

BACHELET V., I ricorsi amministrativi nel sistema della giustizia 
amministrativa, Riv. Trim. di dir. pubblico . . . . . . . pag. 47 

BARILE P., Capacitd cont1�ibutiva e Imposte sulle Aree -Efficacia 

della sentenza della Corte Costituzionale sui rapporti pre


gressi, Giur. cost., 1966, 74465 . . . . . . . . . . . . 48 
BARTOLOMEI F., Espropriazione ope legis e limiti di ordine tecnologico, 
Giur. cost., 1966, 1179 . . . . . . . . . . . 49 
CAIANIELLO V., Problemi attuali della giustizia amministrativa, 
Foro It., 1967, V, 34 . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 
GALGANO F., � Pubblico � e � Privato � nella qualificazione della 
persona giuridica, Riv. Trim. di dir. pubblico, 1966, 279 . . 50 
PAGLL".RO A., La reisponsabilitd del partecipe per il reato diverso 
da quello voluto, Giuffr�, Milano, 1966 . . . . . . . . . 51 
SALVATORE P., Le autorizzazioni amministrative -struttura natura 
giuridica -revocabilitd, Cons. Stato, 1965, IV, 483 . . 51 
SPASARI M., Diritto penale e Costituzione, Giuffr�, Milano, 1966, 
pagg. 170 .................. . 52 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

LEGGI E DECRETI (segnalazioni) . 
. . pag. 53 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

Norme dichiarate incostituzionali: 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 terzo comma, quinto 
comma ....... . 54 
d. lgt. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1 . . . . . . . . . 54 
~j 

" 


INDICE xv 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715, art. unico . . . . . . pag. 54 
d. P. R. 2 gennai�o 1962, n. 934, art. unico . . . . . . 55 
d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, terzo e quinto 
comma . . . . . . . 55 
1. reg. sic. approv. 25 maggio 1966 55 
1. reg. sic. approv. 7 luglio 1966 . 55 
-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
di legittimit� costituzionale: 


codice penale, art. 11, primo comma . 56 
codice di procedura penale, art. 231 . 56 
codice di procedura penale, art. 398 . 56 

1. 13 giugno 1912, n. 555. art. 8, secondo comma . 56 
1. 30 settembre 1920, n. 1349, art. 13 56 
r. d. l. ll gennaio 1923, n. 138, art. 5 . . 57 
r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45 . 57 
r. d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 15, primo comma . 57 
1. 18 giugno 1931, n. 987, art. 1 . 57 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 primo e secondo 
comma . . . . . . . . . . 57 
r. d. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 40 . 57. 
d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203, art. 86 58 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, art. 93 . 58 
1. 3 febbraio 1965, n. 14 . . . . . . . 58 
d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 . . . . 52 
d. P:R. 12 febbraio 1965, n. 162, artt. 117 e 118 59 
1. reg. sic. approv. 18 marzo 1966 . 59 
1. reg. sic. approv. 4 maggio 1966 . . 59 
-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59 

Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di estinzione di inammissibilit�, 
di manifesta infondatezza o di restituzione degli 
atit al giudice di merito . . . . . . . . . . . . . . 64 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Acque pubbliche . pag. 78 Concessioni ammini-
Aereonautica e Aereo-strative . pag. 79 

mobili 78 Imposta di registro . . 86 
Affissioni 79 Imposta di successione 87 
Appalto 79 Imposta generale sul-
Assicurazione 79 l'entrata 87 
Bonifica 79 Imposte e tasse 88 

-



XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Lavoro pag. 88 
Lotto e lotteria . 88 
Navi 88 
Contrabbando 80 
Contributi 80 
Costituzione . 80 
Importazione ed esportazione 
Obbligazioni e contratti 
. 
Pensioni 
Piani regolatori 
Pignoramento 
pag. 85 
89 
89 
89 
89 
I 
XVI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Lavoro pag. 88 
Lotto e lotteria . 88 
Navi 88 
Contrabbando 80 
Contributi 80 
Costituzione . 80 
Importazione ed esportazione 
Obbligazioni e contratti 
. 
Pensioni 
Piani regolatori 
Pignoramento 
pag. 85 
89 
89 
89 
89 
I 
Danni di guerra . 
Dazi doganali 
Demanio e Patrimonio 
Difesa dello Stato . 
Donazione . 
Edilizia economica e 


popolare 
Elettricit� ed elettro


dotti 
Esecuzione forzata . 
Espropriazione per p.u. 
Farmacie 

81 

Prescrizione .

81 

Prezzi

82 

Reati finanziari

82 

Regioni.

82 

Responsabilit� civile 
Ricorsi amministrativi 

82 

Ricostruzione 
Riforma fondiaria 
83 

Riscossione coattiva 
83 

Societ� 
83 Spese giudiziali 
84 Transazioni 

90 
90 
90 
91 
91 
91 
91 
92 
92 
92 
93 
93 

Ferrovie � 84 
Impiego pubblico . 84 
Trattati e convenzioni 
internazionali 93 

PARTE PRIMA 


2 


GIURISPRUDENZA 



SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 20 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Barreca (avv. Mazzei) e Presidente Consiglio Ministri 
(Sost. avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). 

Miniere e cave -Possibilit� di concedere a terzi le miniere e le cave non 
sfruttate -Contrasto con la tutela del diritto di propriet� -Esclusione. 


(Cost., art. 42, comma terzo, e 43; r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, art. 45). 

La sottrazione delle cave alla disponibilit� privata, senza indennizzo, 
nelle ipotesi previste dall'art. 45 r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 
svolge il limite connesso al regime di quei beni come categoria, per la 
loro inerenza ad un interesse della Pubblica Amministrazione; rientra, 
cio�, tra le ipotesi per le quali la Costituzione non d� garanzia di indenizzo 
(1). 

(Omissis). -Che l'art. 45i, quarto comma, del r. d. 29 luglio 1927, 

n. 1443, non abbia illegittimamente negato l'indennit� reclamata innanzi 
al giudice a quo, pu� arguirsi dalla constatazione che il trattamento 
giuridico fatto alle cave e quello adottato per le miniere hanno una 
(1) La qu,~stione era stata proposta con ordinanza 10 luglio 1965 della 
Sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria (Gazzetta Ufficiale 
28 agosto 1965, n. 216). 
Il r. d. 29 luglio 1927, n. 1443, fu emanato in forza della delega concessa 
al Governo con legge 14 aprile 1927, n. 571, per unificare la legislazione 
italiana nelle miniere e sostituire le leggi degli antichi Stati ancora 
vigenti nelle varie provincie d'Italia. TTa i vari sistemi possibili (quello 
fondiario, quello negalistico, quello demaniale e quello industriale) fu 
attuato quello demaniale e fu cos� stabilita ,La necessit� dell'autorizzazione 
governativa per La ricerca minemria (art. 14) e della concessione per la 
coltivazione delle mini'ere (art. 14.); nessuna preferenza venne attribuita, 

. 


194. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
comune ispirazione, e che la coltivazione delle cave assolve a fini di 
utilit� generale come quella delle miniere; per cui, nel diritto accordato 
al proprietario del fondo sulla cava che vi affiora, si immedesima 
una destinazione che lo fa divendire mezzo di realizzazione di un interesse 
pubblico, e sostanzialmente lo affievolisce. 

Le cave formano, � vero, una categoria di beni distinta dalle miniere. 
Ma l'art. 2 del predetto r. d. 29 luglio 1927, n. 143,, le riunisce 
alle miniere sotto la denominazione di lavorazioni minerarie, delle 
quali le cave costituiscono la seconda classe. Tale unificazione trova conforto 
nella legge di delegazione 14 aprile 1927, n. 571, la quale autorizzava 
il Governo ad emanare norme aventi carattere legislativo per 
disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere, intendendo riferirsi 
anche all'assetto delle cave, e indusse a dare un comune fondo alla 
disciplina delle due categorie di beni: lo si rileva fin nel primo atto 
illustrativo dell'ordinamento vigente, la fondamentale relazione Fadda, 
ove il sistema della concessione proposto per le miniere lo si qualificava 
demaniale, e l'altro progettato per le cave, di disponibilit� privata limitata 
dal potere statale di concessione, lo si definiva di demanialit� attenuata 
o potenziale: si riteneva che implicasse una generale e preventiva 
concessione ope legis, la quale non escludesse un altro dominio 
dello Stato sul bene, e che attuasse una gradazione nel regime di pubblica 
utilit� cui era conveniente assoggettare la propriet� del suolo e 
del sottosuolo. La riducibilit� dei due regimi ad unit� fu ammessa anche 
da chi, all'indomani dell'emanazione della legge delegata, nel conte-

per l'ottenimento della concessione, al proprietario del suolo, la preferenza 
stessa venendo riconosciuta esclusivamente al ricercatore (art. 16); elemento 
essenziale per ottenere la concessione �, invece, la riconosciuta idoneit� 
tecnica ed economica del concessionario (art. 15). 

Il legislatore ritenne, peraltro, che il principio della demanialit�, cos� 
rigorosamente applicato per le miniere, potesse essere attenuato per Le cave 
e le torbiere. Ci� per due fondamentali ragioni: da un lato la minore 
importanza, in relazione alle esigenz�e economiche del paese, dei materiali 
che si estraggono dalle cave e torbiere, indicati all'art. 2; d'altro canto la 
maggiore facilit� dei lavori di estrazione, tale da far presumere che qualsiasi 
proprietario sia in possesso di capacit� tecniche ed economiche sufficienti 
alla adeguata coltivazione delle cave e delle torbiere che si trovano 
nel suo fondo. 

Si volle cosi stabilire, a favore dei proprietari dei fondi, una concessione 
ope legis alla coltivazione delle cave e torbiere; concessione anche 
questa perpetua, ma soggetta, per l'ipotesi di inadeguato sfruttamento, a 
decadenz'a con conseguente facolt� dell'Amrniniswazione di procedere alla 
concessione delle cave. 

Che questa fosse l'intenzione del legislatore appare evidente dall'esame 
degli atti parlamentari. La relazione della Commissione FADDA, riportata 
in allegato al progetto di legge MLCHELI, del quale l'art. 52 � pressoch� 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 195 

stare, per la prima volta, che le miniere e le cave fossero state inquadrate 
insieme nell'ambito della demanialit�, sostenne che tuttavia nessun 
inconveniente avrebbe potuto venire se si fosse parlato di sistema 
demaniale qualora, con ci�, si fosse inteso alludere ad un ordinamento 
che implicasse, rispetto a determinate cose, poteri della pubblica amministrazione, 
e addirittura il potere di essa di fare la cosa oggetto di 
concessione; e si soggiunse, in tale occasione, che il principio demaniale, 
nel senso proposto, dominava anche il trattamento approntato per le 
cave, trovando in esso una differenza di intensit�, per modo che la 
pubblica amministrazione, e non il privato, era costituita arbitra della 
ricerca e della coltivazione delle miniere e delle cave. S'intuiva cio�, 
fin d'allora, che un potere di concedere queste coltivazioni risultava 
attribuito allo Stato per entrambi i due beni, ma era esercitabile per 
le miniere subito dopo la scoperta, e, per le cave, era differito al tempo 
in cui si fosse accertato che il privato non imprimeva alla cosa quella 
destinazione all'utilit� generale che � nella sua essenza. 

Ancora oggi si pu� dire che la funzione economico-sociale delle 
cave, secondo la valutazione fattane dal'ordinamento giuiridico, si differenzia 
solo quantitativamente da, quella che svolgono le miniere; e 
che l'attribuzione al proprietario del fondo di un diritto sulla cava che 
vi esiste, fino a quando l'inter~sse della produzione cui essa specificatamente 
serve non ne renda opportuna la concessione a terzi, rispecchia 
la minore intensit� del vantaggio generale che le cave possono rendere, 
secondo la loro natura, essendosi ritenuta sproporzionata una sottrazione 
originaria del bene al proprietario del fondo, e viceversa congrua 

identico all'attuale art. 45 (Atti Parlamentari XXVI legislatura, Sessione 
1921, Doc. n. 718) cosi si esprime sul punto: 

�Chiarita in tal guisa la distinzione tra miniere e cave, la Commissione 
ha considerato che, se l'interesse della collettivit� richiede che le prime 
siano senz'altro sottratte alla propriet� privata, di guisa che la dichiarazione 
di demanialit� deve avere la sua pi� ampia applicazione, per le 
cave la demanialit� potrebbe essere, per dir cos�, attenuata, potenziale, nel 
senso cio�, che esse possano essere lasciate nella disponibilit� del proprietario 
della superficie, fino a che un interesse superiore dello Stato 
non richieda che la demanialit�, trasformandosi da potenziale in reale, si 
esplichi nella sua completa efficacia �. 

Dopo avere illustrato il contenuto della norma proposta la relazione 
cos� continua: � � stato osservato che potrebbe sorgere una contraddizione 
fra la dichiarazione ~enerica ed ampia di demanialit� per tutte le sostanze 
minerali, fatta dall'articolo 1 del progetto ed il trattamento speciale che 
si fa per le cave; ma tal:e pretesa contraddizione effettivamente non sussiste. 
Lo Stato ,infatti, che senza suo permesso non consente la ricerca della 
miniera e ne autorizza poi la coltivazione di volta in volta, per le cave, 
invece, fa una generale 'e preventiva concessione -ope legis -conservando 
per� sempre il suo alto dominio, che viene esercitato, quando se ne 



196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'assegnazione di un limite al diritto di quel proprietario. Cos� essendo, 

I

questo diritto risulta accordato per fare, dell'iniziativa privata, uno stru' 
mento d'attuazione del pubblico interesse, e perch� si � ravvisato che 
l'iniziativa privata avrebbe potuto ugualmente attendere alla realizza' 


' 

zione di questo interesse; e dovr� riconoscersi, in conseguenza, che quel 

I

.� 

diritto convive con un potere dell'amministrazione, tanto vero che 
la coltivazione delle cave � assoggettata alla sua vigilanza, e ad una 
vigilanza tendente a mantenere il rispetto delle esigenze pubbliche nel 
modo del suo svolgimento, quella stessa alla quale � soggetta la coltivazione 
della miniera (art. 2.9), perch� essa, dall'art. 45, ultimo comma, 
� estesa alla cava. Venuta meno la fiducia nell'iniziativa del proprietario 
del fondo, l'amministrazione pubblica provvede alla tutela dell'interesse 
generale senza il tramite del procedimento tipico di espropriazione 
per pubblico interesse, cos� come senza ricorrere a questo procedimento 
concede originariamente la miniera; in una guisa cio� che, se 
non toglie al proprietario del fondo garanzia di difesa, nell'ipotesi di 
atto illegittimo, si profila quale espressione di una relazione immediata 
con la cava. 

Non importa individuare la natura del diritto del privato sulla 
cava: la propriet�, l'usufrutto, o che altro .sia, sarebbero attribuiti con i 
limiti impressi dalla rilevanza pubblica del bene, e questi limiti si 
inseriscono nella struttura del diritto, comunque esso si qualifichi, 
caratterizzandolo nella sua giuridica essenza, vincolandolo indissolubilmente 
ad un esercizio che svolga quella funzione d'interesse generale 
cui la cava �, di per s�, destinata. 

manifesta la necessit�, quando, cio�, il proprietario con La sua inerzia possa 
danneggiare l'economia nazionale ". 

Gli stessi concetti vennero ripetuti nella relazione ministeriale al prog,
etto di legge n. 1 della XXVII legislatura presentato il 3 giugno 1924, che 
� del seguente tenore: 

�La disponibilit� delle cave e torbiere, data la natura e il carattere della 
loro coltivazione che si collega con la disponibilit� del soprassuolo, � lasciata 
ope legis al proprietario del terreno. Tuttavi,a, in considerazione dell'accennato 
principio della deman1alit�, ove il proprietario n� direttamente n� 
indirettamente intra!)['enda la coltivazione della cava o torbiera e non dia 
ad essa sufficiente sviluppo, quando ragioni di .pubblico interesse lo richiedano, 
il Governo pu� prefiggergli un termine per l'inizio o la ripresa o 
l'intensificazione dei lavori, e questo elasso infruttuosamente, ne pu� di'
sporre per concessione ad altri, salvo al proprietario stesso il risarcimento 
e gli eventuali rimborsi spettantigli per precedenti opere eseguite �. 

Tale espresso intendimento del legislatore venne poi fedelmente rispecchiato 
dalla lettera dell'art. 45 che la Corte, con la sentenza in esame, ha 
dichLarato costituzionalmente legittimo. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 197 

Nemmeno 'importa discutere, ai fini della questione da decidere, 
se la concessione della cava al terzo sulla base della disposizione denunciata 
sia un atto di carattere ablativo: l'atto incide sul diritto del 
privato per l'attivarsi del limite cui sottostava, il che basta a far ritenere 
che la fattispecie esula dal tenore del terzo comma dell'art. 42 
della Costituzione. Questo comma contempla l'ipotesi del sacrificio di 
una situazione patrimoniale per un interesse pubblico che essenzialmente 
sta fuori di essa e ad essa si sovrappone: se per� l'interesse 
pubblico � limite della situazione, la sua tutela preferenziale � sviluppo 
naturale o normale del rapporto da cui il diritto del privato trae origine 
e non induce acquisizione aliena di un valore. Infatti il diritto sacrificato, 
in tal caso, non contiene il valore di quello prevalso; e deve stimarsi 
avendo presente la coesistenza di un altro diritto capace di assorbirlo, 
quindi con detrazione del valore di questo. 

La fattispecie regolata dall'art. 838 c. c., cui la parte privata si � 
richiamata per dar maggior vigore alla sua denuncia di illegittimit�, 
� del tutto diversa da quella in e,same. In tale articolo si prevede un 
indennizzo per l'espropriazione di beni che interessano la produzione 
nazionale e che il proprietario usa in modo da nuocere alle esigenze 
della produzione stessa; si ha cio� riguardo ad un diritto su beni che 
sono utili alla produzione, non che sono ad essa necessari, come i prodotti 
delle cave, per loro natura insostituibili: in quel caso l'interesse 
generale � toccato di riflesso dal comportamento del privato, il diritto 
sul bene non essendo dato perch� con esso possa realizzarsi un interesse 
pubblico, come � invece per il diritto sulla cava. 

Questa Corte ha gi� osservato (sentenza 19 gennaio 1966, n. 6) che 
la legge pu� non disporre indennizzi quando segna modi e limiti che 
attengano al regime di appartenenza o a quello di godimento dei beni 
in generale o di intere categorie di beni, ovvero quando regoli la situazione 
.che i beni stessi abbiano, rispetto � a beni o ad interessi della 
pubblica amministrazione: � necessario, in tal caso, soltanto che la 
legge sia destinata alla generalit� dei soggetti i cui beni si trovino nelle 
accennate situazioni, vale a dire che l'imposizione di limiti abbia carattere 
obiettivo, quindi scaturisca da disposizioni che diano un certo carattere 
a determinate categorie di beni, identificabili a priori per contrassegni 
intrinseci. Da quanto si � esposto appare indiscutibile che la 
sottrazione delle cave alla disponibilit� privata ex art. 45 del r. d. 
29 luglio 1927, n. 1443, svolge il limite connesso al regime di quei beni 
come categoria, per la loro inerenza ad un interesse della pubblica 
amministrazione; rientra cio� fra le ipotesi genericamente ,. descritte 
dalla Corte, per le quali la Costituzione non d� garanzia d'indennizzo. 

Per le stesse ragioni � infondata la questione di legittimit� costi


tuzionale proposta in relazione all'art. 43 della Costituzione. -(Omissis). 



198 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 22 -Pres. Papaldo -Rel. 
Mortati -Pregnolato (avv. Smuraglia), Soc. Righini (avv. Gentile, 
Biamonti) e Presidente del Consiglio dei Ministri (Sost. avv. gen. 
Stato Albissini). 

Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni 
sul lavoro -Limitazione del risarcimento all'infortunato 
rispettto alle norme generali -Violazione degli artt. 3, 35, 38 
Cost. -Esclusione. 

(Cost., art. 3, 35, 38; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4 primo e secondo comma). 

"' 

Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni 
sul lavoro -Esonero di responsabilit� del datore di lavoro per il 
fatto dei dipendenti non preposti -Violazione del principio di 
eguaglianza. 

(Cost., art. 3; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, terzo comma; d. p. r. 30 giugno 
1965, n. 1124, art. 10). 

Previdenza e assistenza -Assicurazione obbligatoria contro gli infortuni 
sul lavoro -Accertamento del reato in sede civile solo nell'ipotesi 
di estinzione del reato per morte del reo o per amnistia, e non 
pure per prescrizione -Violazione del principio di eguaglianza. 

(Cost., art. 3; r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, art. 4, quinto comma; d. p. r. 30 giugno 
1965, n. 1124, art. 10). 

Non � fondata, con riferimento ai principi costituzionali di eguaglianza 
e di tutela del lavoro, la questione di le�gittimit� costituzionale 
delt'art. 4, primo e secondo comma, r. d. 17 agosto 1935, n. 1165, iimitativo 
dell'azione di risarcimento nei confronti del datore di lavoro, in 
quanto la posizione del lavoratore infortunato, nel complesso sistematico 
delle norme speciali assicurative, assume caratteri cos� peculiari 
da non renderla assimilabile a quella cui hanno riguardo le altre noirme 
di diritto privato (1). 

(1-3) La questione era stata proposta con ordinanza 25 marzo 1965 
del Tribunale di Milano (Gazzetta Ufficiale 10 luglio 1965, n. 171). 

Il principio della limitazione della responsabilit� civile del datore di 
lavoro aveva gi� da tempo trovato fonti critiche in dottrina (cfr. MARCHETTI, 
� ancora in vigore l'art. 4 r. d. 17 agosto 1935, n. 1165?, Riv. giur. lav., 
1950, 259), come derogativo ai doveri che l'art. 2087 c. c. pone a suo carico. 

Con la sentenza in rassegna la Corte ha escluso la soluzione pi� drastica, 
limitando la dichiarazione di incostituzionalit�, nel senso indicato nelle 
massime (2) e (3), alle ipotesi in cui effettivamente la sperequazione legislativa 
non avrebbe avuto alcuna razionale giustificazione. 

In generale, sui problemi pos~i dall'art. 4 del decreto del 1935 cfr. DE 
LITALA,, Assicurazioni sociali (Inf. sul lavoro e malattie professionali), Novis:.-
imo Digesto It., 1287 e segg.). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 199 

� fondata, con riferimento al principio di eguaglianza, Za questione 
di Zegittimitd costituzionale deU'art. 4, terzo comma, r. d. 17 agosto 1935, 

n. 1765, nena parte in cui limita Za responsabiZitd civile del datore di 
lavoro per infortunio derivante da reato aUe sole ipotesi di reato commesso 
dagli incaricati della direzione e sorveglianza del lavoro e non 
anche di tutti gli altri dipendenti, di cui iZ datore di lavoro debba rispondere 
secondo iZ codice civile (2). 
� fondata, con rifferimento al principio di eguaglianza, Za questione 
di Zegittimitd costituzionale deZZ'art. 4, quinto comma r. d. 17 agosto 
1935, n. 1765, in auanto consente che iZ aiudice civile :possa accertare 
che iZ fatto generatore dell'infortunio costituisca reato solo neZZe ipotesi 
di estinzione del reato per morte dell'imputato o per amnistia, e non 
anche per l'ipotesi di estinzione del reato per prescrizione (3). 

(Omissis). -1. Per potere apprezzare la fondatezza della censura di 
violazione del principio consacrato nell'art. 3, primo comma, che l'ordinanza 
rivolge contro l'art. 4 del r. d. 17 agosto 1935, n. 1765, occorre 
richiamarsi alle pronuncie con le quali la Corte ha costantemente ritetuto~ 
che il contrasto con il principio di eguaglianza � rilevabile dal 
giudice della legittimit� costituzionale, cui � precluso ogni apprezzamento 
di merito, solo quando la disparit� di trattamento risultante dal 
confronto fra le discipline adottate dal legislatore in ordine a pi� fattispecie 
relativamente omogenee sia tale da non trovare alcun ragionevole 
fondamento nella diversit� delle situazioni alle quali ognuna di 
esse ha inteso provvedere. Si rende pertanto necessario accertare se 
nella specie un siffatto fondamento, a giustificazione del contrasto che si 
allega fra il citato art. 4 del r. d. n. 1765 e gli artt. 2043, 2049 e 2054, 
terzo comma, del codice civile, non possa rinvenirsi nei principi che 
ispirano il sistema previdenziale-assicurativo in materia di infortuni 
sul lavoro, del quale l'art. 4 � parte integrante. 

Risulta che, in tale sistema, alla riduzione della misura del risar


cimento a danno dell'infortunato, rispetto a quello che spetterebbe nella 

generalit� dei casi in cui il danno sia stato cagionato dal fatto doloso o 

colposo altrui, sulla quale si appunta la censura del Tribunale, fa ri


scontro una serie di altre norme, anch'esse derogatorie del codice civile, 

le quali si risolvono in un sensibile beneficio per il lavoratore, sia sotto 

l'aspetto sostanziale, in quanto garantiscono a lui il risarcimento in ogni 

caso, pur quando l'infortunio sia occorso per caso fortuito o addirittura 

per sua colpa, sia sotto quello procedimentale, per l'automaticit� dela 

liquidazione dell'indennizzo, che giova a sottrarlo all'esigenza del pro


muovimento di apposita azione giudiziaria e della conseguente osser


vanza delle regole sull'onere della prova; mentre poi nessuna eccezione 

pi� si oppone all'impero del diritto comune allorch� l'infortunio risulti 

-



200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dovuto del Pertanto la200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dovuto del Pertanto la
a colpa grave datore, penalmente sanzionata. 

I m

posizione del lavoratore infortunato, quale deriva dal complesso siste


matico delle norme speciali relative al trattamento assicurativo, assume 

caratteri cosi peculiari da renderla non assimilabile a quella cui hanno .�: 

riguardo le altre norme di diritto privato in materia di responsabilit� 

civile; e di conseguenza non pu�, sotto questo aspetto, ritenersi che 

faccia difetto quel ragionevole motivo del trattamento differente da 

quello spettante agli altri cittadini, sufficiente a far considerare infon


data la censura di violazione dell'art. 3, primo comma. 
Una tale violazione non pu� riscontrarsi neanche se si prenda in 

considerazione la diversit� che viene a determinarsi nell'ambito della 
stessa categoria dei lavoq1tori, secondo le allegazioni della difesa del 
Pregnolato, dato che tale diversit� la legge fa discendere dalla differente 
gravit� delle lesioni prodotte dall'infortunio, e non � irragionevole 
assumere tale gravit� come criterio di differenziazione del trattamento 
praticato, tanto pi� quando si tenga presente che alla minore entit� 
del danno subito corrisponde anche una diminuzione dello scarto fra 
l'indenit� assicurativa e quella che si sarebbe potuta conseguire alla 
stregua delle norme comuni. 
2. -L'ordinanza prospetta il dubbio di incostituzionalit� anche 
sotto l'aspetto della violazione del secondo comma dell'articolo ora citato: 
dubbio che sembra voglia mettere in rilievo la particolare qualificazione 
che la riduzione del diritto al risarcimento assume allorch� 
sia disposto a carico di lavoratori, in quanto conduce ad aggravare la 
situazione di inferiorit� nella quale costoro si trovano, ponendosi cos� 
in contrasto con l'obbligo imposto dal comma predetto di rimuvere gli 
ostacoli che la determinano. � chiaro che l'apprezzamento del motivo di 
incostituzionalit�, cos� prospettato, deve effettuarsi non pi� -come 
prima si � fatto -in base al confronto con quanto � disposto in generale 
per gli altri cittadini, ma invece con riguardo alle parti dello stesso 
rapporto di lavoro, trattandosi di accertare se, tenuto conto delle particolari 
condizioni in cui si svolge il lavoro di fabbrica o quello ad esso 
equiparato, il trattamento infortunistico, quale risulta dal sistema assicurativo 
vigente, non sia tale da determinare una sperequazione a danno 
del lavoratore, contraddicendo cos� all'esigenza, fatta valere dal citato 
secondo comma, della speciale tutela spettante alla parte pi� debole 
del rapporto lavorativo. Ora � incontestabile che i danni da infortunio 
sul lavoro assumano caratteri peculiari, ed � appunto in relazione ad essi 
che appaiono privi di rilievo i richiami fatti dalla difesa dei resistenti 
alle varie disposizioni di legge le quali dispongono eccezioni alla normale 
determinazione e misura del contenuto del danno, come nel caso 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 201 

degli albergatori e simili (artt. 1784, 1796 c. c.), o dei vettori, o esercenti 
di trasporti marittimi o aerei (aritt. 412, 423, 943 cod. navig.) poich� dette 
norme si riferiscono a danni alle cose o anche alle persone, ma sempre 
occorsi in occasione di un rapporto precario di alloggio o di trasporto. 

Invece il lavoro di fabbrica, mentre assoggetta l'intera attivit� del 
lavoratore al potere organizzativo e di direzione dell'imprenditore, importa 
in larga misura l'impiego di macchine, al quale � fatalmente connesso 
il rischio di danno alla persona del lavoratore, anche senza che 
ricorra alcun comportamento colposo, per effetto di eventi del tutto 
fortuiti. E non pu� esser dubbio che (in virt� del principio secondo cui 
i particolari oneri inerenti all'esercizio di determinate attivit� sono da 
addossare al soggetto che dall'esercizio di tali attivit� ricava particolari 
vantaggi) debba gravare sul datore di lavoro la responsabilit� del risarcimento 
dei danni subiti dal lavoratore in occasione del lavoro prestato 
alle dipendenze di lui nel caso che i danni stessi provengano (oltrech�, 
com'� ovvio, dall'imperfetto adempimento dell'obbligo di predisporre 
ogni specie di misura idonea a prevenire gli infortuni) dal caso fortuito 

o dalla forza maggiore. E poich� gli eventi ora menzionati sembrano 
costituire i fattori determinanti gli infortuni sul lavoro pi� rilevanti, 
sia sotto l'aspetto numerico che sotto quello qualitativo, potrebbe sorgere 
un qualche dubbio sul punto se l'esonero dalla responsabilit� 
civile del datore, qual'� sancito in via generale dal primo comma dell'art. 
4 in esame, non determini nei suoi riguardi una posizione di maggior 
favore rispetto a quella in cui viene a trovarsi il lavoratore, costretto 
a subire in ogni caso una decurtazione dell'ammontare del risarcimento 
che gli sarebbe dovuto. Tuttavia una indagine su questo punto, 
allo scopo di accertare un'eventuale violazione dell'art. 3, richiederebbe 
una particolareggiata analisi delle varie componenti causali del rischio 
assicurato e della loro diversa incidenza media sugli infortuni, indagine 
che esula del tutto dai poteri della Corte. 
N� a differente avviso potrebbe condurre la considerazione, fatta 
valere dalla difesa del Pregnolato, secondo cui l'onere dei contributi 
assicurativi solo apparentemente grava sul datore, poich� in realt� viene 
trasferito sul lavoratore, che quindi dall'attuale assetto del congegno 
assicurativo verrebbe a sopportare, in definitiva, una riduzione di salario. 
Infatti, a parte il rilievo circa l'ostacolo opposto all'allegata traslazione 
dalla regolamentazione salariale risultante dai contratti collettivi 
di lavoro, � da osservare che l'eventuale suo verificarsi corrisponderebbe 
ad una situazione di fatto, non apprezzabile in questa sede. 

La difesa stessa ha anche invocato, a sostegno della censura di 
violazione dell'art. 3, la sentenza n. 1 del 1962 di questa Corte; ma deve 
escludersi che la questione allora decisa possa comunque assimilarsi 
alla presente, poich� la pronuncia di illegittimit� costituzionale allora 
emessa riguardava una legge che, in alcuni casi, escludeva nei confronti 


202 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di una categoria di cittadini ogni indennizzo per danni alla persona, 
derivanti da causa di servizio prestato a favore dello Stato, ed in altri 
casi, concedeva loro un indennizzo solo apparente. 

3. -Infondata deve ritenersi la questione di illegittimit� costituzionale 
prospettata anche se la si esamini con riguardo all'altro motivo, 
che l'ordinanza deduce dall'art. 35 della Costituzione. Infatti il principio 
da questo enunciato nel suo primo comma nulla aggiunge alle 
dichiarazioni risultanti dall'art. 1 �della Costituzione, nonch� dal secondo 
comma dall'art. 3 e dall'art. 4, primo comma, venendo piuttosto ad 
assumere, collocato.� com'� all'inizio del titolo II, solo una funzione 
introduttiva alle disposizioni che entrano a far parte di questo: cio� 
vuole, non gi� determinare i modi e le forme della tutela del lavoro, 
ma solo enunciare il criterio ispiratore comune alle disposizioni stesse, 
nelle quali ultime esclusivamente sono poi da ritrovare le specificazioni 
degli oggetti della tutela voluta accordare. 
4. -Pi� consistente potrebbe sembrare l'altra denuncia di incostituzionalit� 
che l'ordinanza ricava dall'art. 38, nella parte in cui 
questo garantisce ai lavoratori infortunati mezzi adeguati alle loro esigenze 
di vita. Ma tale non si rivela ad un pi� approfondito esame. � 
anzitutto da notare che �l citato articolo pone un principio generale, 
riguardante tutte le situazioni bisognevoli di prestazioni previdenziali, 
e pertanto non esclude che la legge disciplini variamente gli ordinamenti 
che meglio si adeguino in concreto alle particolarit� delle singole 
situa.zioni, predisponendo i mezzi finanziari all'uopo necessari. In particolare, 
per quanto riguarda le prestazioni dovute in conseguenza di infortuni 
sul lavoro, non si rende possibile la loro commisurazione alle 
esigenze di vita se non si proceda preventivamente alla determinazione 
dei criteri che debbano presiedervi. Una volta che si fossero ritenute 
inapplicabili le norme vigenti, per il loro asserito contrasto con l'art 38, 
il criterio che si ricerca non potrebbe rintracciarsi nelle disposizioni di 
diritto comune, alle quali l'ordinanza ha fatto richiamo, poich�, a tenore 
delle medesime, il risarcimento per danno da fatto illecito non � da 
commisurare sulla base delle esigenze di vita, bensi solo sul grado di 
riduzione dell'integrit� fisica. D'altra parte, l'affermazione che la riduzione 
dell'indennizzo, qual'� disposto dalla legge denunziata, sia tale 
da compromettere la soddisfazione delle esigenze di vita (che sono da 
determinare sulla base di valutazioni differenti dalle altre che riguardano 
il salario sufficiente, a termini dell'art. 36, secondo ha messo in 
rilievo la sentenza n. 67 del 1964 della Corte) non trova riscontro nella 

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legislazione vigente, poich� questa contempla una serie di provvidenze 
(come quelle che tengono conto del fattore familiare nella determina


! 

! 
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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 203 

zione di alcune prestazioni previdenziali, ai sensi degli artt. 77 e 85 
del t. u. n. 1124 del 1965, o le altre che dispongono la rivalutazione 
periodica delle rendite, cosi da farle variare in dipendenza dei mutamenti 
dei livelli salariali) le quali tendono appunto ad adeguare, almeno 
in una certa misura, l'entit� dell'indennizzo alle esigenze di vita del 
lavoratore. 

In conclusione, deve ritenersi che la norma denunciata non contrasta 
con l'art. 38, mentre l'integrale applicazione del precetto in esso 
contenuto esige la strutturazione su nuove basi dell'intero congegno 
previdenziale e del relativo sistema di finanziamento. 

5. -A soluzione diversa da quella prima adottata si deve giungere 
quando si esamini la conformit� con l'art. 3,, primo comma, del 
terzo comma dell'art. 4, che esonera dalla piena responsabilit� il datore 
di lavoro allorch� il danno alla persona del lavoratore sia stato cagionato 
da colpa grave, sanzionata con condanna penale, di uno dei suoi 
dipendenti, che non rivesta la qualifica .di incaricato della direzione o 
di sorvegliante dei lavori, anche se del fatto di lui egli dovrebbe rispondere 
secondo il codice civile. Tale limitazione all'esercizio dell'azione di 
risarcimento (limitazione che appare tanto pi� grave quando si tenga 
presente l'interpretazione restrittiva che la giurisprudenza ha dato della 
natura delle mansioni atte a qualificare l'incaricato o il sorvegliante, e 
dell'esigenza fatta valere dalla giurisprudenza stessa di una specifica 
investitura nell'incarico da parte dell'imprenditore) sembra sfornita di 
ogni anche minimo fondamento razionale, che valga a spiegare il contrasto 
in cui la medesima si pone, sia con la regola generale vigente in 
materia, sia con quelle risultanti dalla legislazione speciale. Secondo 
la prima, quale risulta consacrata nell'art. 2049 del codice civile, risale 
ai padroni ed ai committenti la responsabilit� per fatto illecito dei domestici 
e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono addetti, 
indipendentemente dalla prova di qualsiasi loro colpa, anche solo in 
eiigendo, e senza alcuna discriminazione derivabile dalla natura delle 
mansioni esplicate dai medesimi. Ma anche le leggi speciali equiparano 
sempre il fatto di tutti i dipendenti o preposti a quello del vettore o 
dell'esercente (cosi per esempio quelle dettate per l'esercizio della navigazione 
artt. 414, 942, 943, 944, cpv., 952, 96�5, 971 cod. nav.) ed anche 
nei casi in cui deve aversi riguardo al grado della colpa o all'intensit� 
del dolo, tale requisito � esteso, senza discriminazioni, alla colpa o al 
dolo dei dipendenti o preposti (artt. 943, 944 cpv., 952, 971). Non varrebbe 
obbiettare che le disposizioni per ultimo richiamate si riferiscono 
a danni recati a terzi, e che quindi non sono invocabili per coloro che 
beneficiano del regime assicurativo, poich� ci� pu� valere fin dove vale 
tale regime, mentre nei casi in cui questo faccia difetto, o quando si 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

superino i limiti entro cui il regime stesso opera, il dipendente colpito 
dal fatto illecito di altro dipendente (quando l'uno e l'altro agiscano 
nell'esercizio del lavoro loro commesso) viene ad assumere la posizione 
di terzo, ed a beneficiare delle norme di diritto comune. 

L'affermazione secondo cui la disposizione denunciata troverebbe 
fondamento nella considerazione che l'infortunio occorso ad un lavoratore 
pel fatto di altro dipendente dalla stessa impresa, allorch� questi 
non eserciti funzioni di direzione o di sorveglianza, rientra nel rischio 
specifico che l'industria comporta, non fornisce in r~alt� alcuna giustificazione, 
risolvendosi piuttosto in una pura e semplice constatazione 
di quanto disposto dal legislatore. Quello che sarebbe necessario accertare 
� se, una volta esclusi dal rischio professionale coperto dall'assicurazione 
gli infortuni provocati da colpa grave, configurabili come 
reati, e come tali accertati in una sentenza di condanna, risponda ad 
una qualche esigenza di ragione far dipendere la soddisfazione della 
pretesa all'integrale risarcimento dalla natura d'el1e mansioni espletate 
dal dipendente che abbia provocato il danno. 

Si � affermato che siffatta giustificazione possa ritrovarsi nel diverso 

grado di utilit� che proviene all'imprenditore dall'attivit� esplicata dai 

propri dipendenti, secondo la diversit� delle posizioni rivestite da que


sti. Ma, una volta ammesso che la responsabilit� pel fatto dei dipendenti 

si fonda sul principio cuius commoda eius incommoda, non si rende pos


sibile operare discriminazioni sulla base della entit� dei vantaggi con


seguiti, dato che tutti i dipendenti rivestono la stessa posizione di ele


menti dell'impresa o dell'azienda, e per tutti l'unica circostanza che, 

nella fattispecie considerata, pu� venire in considerazione, � la gravit� 

del reato commesso a danno dell'infortunato. Informato a questo prin


cipio � l'art. 19 della legge 31 dicembre 1963, n. 1860, sull'impiego 

pacifico dell'energia nucleare, che stabilis~e l'obbligo dell'esercente di 

risarcire il danno, senza alcuna limitazione, nel caso che questo sia 

derivato da reato commesso da lui o da coloro del cui operato esso 

risponde a norma del codice civile. 

Neppure varrebbe invocare il personale rapporto fidudiario, che 

lega il datore di lavoro ad alcuni e non ad altri dipendenti, perch� ci� 

condurrebbe ad introdurre nella figura della responsabilit� oggettiva, 

qual'� quella gravante sull'imprenditore, un elemento di culpa in eli


gendo che deve rimanere irrilevante. 

La deroga ai principi ed alle norme che si sono richiamate, qual'� 

apportata dal terzo comma dell'art. 4 in esame, viene a porsi in con


trasto con l'art. 3, per l'ingiustificata differenza di trattamento che im


porta a carico dei lavoratori colpiti dall'altrui fatto delittuoso, non solo 

in confronto con i comuni cittadini, ma anche con gli altri lavoratori 

che risultino danneggiati per effetto di un reato, secondo che questo sia 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 205 

addebitabile ad un incaricato o un sorvegliante o ad altro dipendente. 
Mentre nel caso prima considerato la diversit� del risarcimento spettante 
ai lavoratori danneggiati da un infortunio che consegua da un 
fatto delittuoso perseguibile d'ufficio rispetto a quello spettante agli altri 
lavoratori infortunati, poteva (sotto quest'ultimo aspetto della diversit� 
di disciplina dei lavoratori,fra di loro) trovare giustificazione nella differente 
entit� delle lesioni subite, analogo carattere di ragionevolezza 
non pu� riscontrarsi quando la diversit� si colleghi alla natura delle 
attribuzioni esercitate dal dipendente al quale risale l'evento dannoso 
perseguibile penalmente. 

6. -La difesa dell'attore ha, nella memoria, fatto altres� rilevare 
la incostituzionalit� del quinto comma dell'art. 4, in quanto questo, 
nello stabilire che spetta al giudice civile decidere circa la sussistenza 
della responsabilit�, a norma dei precedenti commi, per il fatto che 
avrebbe costituito reato, allorch� l'azione penale si sia estinta per morte 
dell'imputato o per amnistia, ha omesso di considerare il caso analogo 
dell'estinzione per effetto di intervenuta prescrizione. Tale questione 
non risulta formalmente proposta dall'ordinanza, ma pu� tuttavia ritenersi 
compresa nella generica denuncia di violazione dell'art. 3, in quanto 
fondata sull'asserito trattamento differenziale di fattispecie legali fra 
loro equivalenti. 
Le censura cos� formulata sembra fondata, in quanto la prescrizione 
dell'azione penale, per i casi presi in considerazione dall'art. 4, che sono 
procedibili solamente per azione pubblica, viene ad operare con la 
stessa efficacia degli altri eventi considerati nello stesso comma quinto. 
L'anomalia potrebbe venire superata anche in via di interpretazione 
sistematica, dato che questa conduce a far ritenere estensibile alla prescrizione 
la norma stabilita per la morte o per l'amnistia. Tuttavia, per 
meglio assicurare la certezza del diritto, si deve procedere ad un'espressa 
statuizione in questo senso. 

7. -In applicazione dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 si deve 
dichiarare anche l'illegittimit� costituzionale dell'art. 10 del d. p. r. 
30 giugno 1965, n. 1124, che, in esecuzione della legge di delegazione 
1'9 gennaio 1963, n. 15 ha emanato il t. u. delle leggi sugli infortuni, 
nella parte che riproduce testualmente le statuizioni dell'art. 4 ritenute 
affette da tale illegittimit�. 
Analoga applicazione non si rende necessaria in confronto all'art. 186 

t. u. n. 1124, che estende la disposizione dell'art. 10 anche ai casi di 
infortunio nell'agricoltura, dato che esso rinvia alla norma che si dichiara 
illegittima. -(Omissis). 
-



206 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

t

1CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 23 -Pres. Ambrosini -

ReL. Manca -Commissario Stato per la Regione Siciliana (Sost. 

avv. gen. Stato Guglielmi) e !>residente Regione Siciliana (avv. 

i

Virga). 

Sicilia -Legge regionale recante interpretazione autentica di precedente 
legge concernente la trasformazione dell'ERAS in ESA Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 25, 81; 1. reg. 18 marzo 1966; 1. reg. 10 agosto 1965, n. 21). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 
regionale siciliana 18 marzo 1966, recante interpretazione autentica 
della precedente legge regionale 10 agosto 1965, n. 21, concernente la 
trasformazione dell'ERAS in ESA, in quanto non risultano violati n� 
il principio costituzionale, relativo alla irretroattivit� delle leggi, valido 
solo per la materia penale; n� il principio della copertura finanziaria 
di nuove spese regionali, dato che la legge non comporta alcun onere 
finanziario attuale per la Regione (1). 

(Omissis). -1. � opportuno premettere che la censura mossa dal 
Commissario dello Stato con il primo motivo del ricorso, non riguarda 
la questione, sollevata dall'Avvocatura, se alla Regione sia consentito 

o meno emanare, anche nella sua competenza legislativa primaria, leggi 
con efficacia retroattiva. 
La censura invece si limita a dedurre che la legge impugnata, approvata 
dall'Assemblea regionale il 18 marzo 1966, anzich� interpreta


(1) La sentenza ha lasciato impregiudicata la questione, sollevata dalla 
Avvocatura nel corso del giudizio, se la Regione, sia pure a statuto speciale, 
sia tenuta a rispettare il limite del principio della legislazione statuale 
secondo cui, normalmente, la legge (ad eccezione di quella penale, per la 
quale l'avverbio non ha ragione d'essere) dispone solo per l'avvenire. 
� noto, che, mentre, almeno per la Regione Siciliana, l'e,sigenza del 
rispetto di tale limite viene negata da una parte della dottrina, riconoscendosi 
solo il limite delle leggi costituzionali dello Stato (VIRGA, La 
regione a statuto speciale, Palermo, 1955, 27; DE FINA, il.utonomia l.egislativa 
della Regione Siciliana, Milano 1957, 206), la maggioranza della dottrina 
ammette anche il .c. d. limite dei principi (MoRTATI, Ist. dir. pubb., Padova, 
1962, 778; PALADIN, La potest� legislativa regionale, Padova, 1958, 135; MAzZIOTTI, 
Potest� legislativa delle Regioni, Milano, 1961, 112). 

Per quanto riguarda il pi� recente orientamento della Corte Costituzionale 
in merito all'interpretazione dell'art. 81 Cost., si rinvia alla sentenza 
10 gennaio 1966, n. 1, ed alla nota redazionale in questa Rassegna, 
1966, 1, anche nei riflessi peculiari della legislazione regionale. 

!~ 

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-I, 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 207 

tiva (come indicata nell'intestazione), sarebbe innovativa rispetto all'art. 
28 della precedente 1. regionale n. 21 del 10 agosto 1965 (concernente 
la trasformazione dell'ERAS nell'ESA). Ci� perch�, per il 
trattamento del personale, non farebbe riferimento ai principi del 
rapporto di impiego dello Stato, come sarebbe prescritto dal detto art. 28. 

La censura peraltro non ha fondamento, in quanto, anche se la 
legge impugnata avesse il carattere sostenuto dal Commissario ricorrente, 
non ne risulterebbero violati alcuna norma o principio costitu~ 
zionale. 

Dati quindi i termini nei quali � stato formulato il motivo del 
ricorso, non pu� ritenersi richiamato a proposito l'art. 11 delle preleggi; 
a parte il rilievo che il principio della non retroattivit� della legge � 
stato, com'� noto, costituzionalizzato soltanto riguardo alla materia penale 
(art. 25 della Costituzione). 

2. � pure infondato il secondo motivo. Lo � se la censura si considera 
per se stessa, perch� non � dato riscontrare alcuna illegittimit� 
costituzionale nel fatto che una legge faccia riferimento anche ad atti 
o 
documenti di carattere amministrativo. 
Ci� potr� se mai rendere meno agevole l'interpretazione della 
legge stessa, ma non pone in essere questione di costituzionalit�. 
La censura, d'altra parte, appare altres� infondata, se la si collega 
col terzo motivo (che riguarda la violazione dell'art. 81 della Costituzione), 
in quanto cio� l'accennata formulazione, secondo l'assunto del 
ricorrente, non consentirebbe di accertare la rilevanza del maggior 
onere finanziario, che verr� eventualmente ad assumere direttamente 
l'Ente e indirettamente la Regione, per i contributi che deve erogare 
al riguardo. 

Tale censura infatti resta superata dal considerare che, nella legge 
impugnata, non si riscontra la violazione del citato art. 81. Non si contesta, 
infatti, che l'ESA (gi� ERAS) costituisca un ente pubblico, con 
amministrazione e bilancio distinti da quelli della Regione. La quale, 
come risulta dall'art. 33 della legge regionale n. 21 del 1965, non assume 
direttamente l'onere finanziario relativo all'attuazione dei compiti affidati 
all'Ente, ma vi contribuisce con erogazioni a carico del proprio 
bilancio, nei limiti e nei modi indicati dal predetto art. 33, e che qui 
non vengono in discusione. 

Ci� posto, se nella legge impugnata, come si assume nel terzo motivo 
del ricorso, non � preveduta alcuna copertura per la maggiore spesa 
eventualmente derivante dalle nuove disposizioni, ci� non importa illegittimit� 
costituzionale. La maggiore spesa, infatti, data l'autonomia 
del bilancio del nuovo Ente, graver� sul bilancio del medesimo; e sol


3 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tanto se tale maggior onere render� necessario un maggior contributo 
finanziario da parte della Regione, questa, con apposita legge, potr� 
provvedere all'aumento del contributo medesimo ed alla necessaria 
copertura. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 24 -Pres. Arribrosini -
Rel. Verz� -Actis (n. c.) e Presidente Consiglio dei Ministri (Sost. 
avv. gen. Stato Giorgio Azzariti). 

Approvvi~ionamenti e consumi -Vendita di piante e semi senza l'autorizzazione 
prefettizia -Violazione del principio di libert� di iniziativa 
economica e della riserva di le~~e -Ille~ittimit� costituzionale 
della relativa norma -Esclusione. 

(Cast., art. 41; 1. 18 giugno 1931, n. 987, art. 1). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 
della legge 18 giugno 1931 n. 987, che prescrive l'autorizzazione prefettizia 
per il commercio di piante e semi, con riferimento' all'art. 41 
della Costituzione, in quanto l'imposizione del predetto limite alla libera 
iniziativa privata � legittimata dalla sussistenza di particolari motivi 
di utilit� sociale, e, d'altra parte, � collegata con preventivi accertamenti 
tecnici che escludono l'esercizio assolutamente discrezionale del 
potere della P. A. (1). 

(Omissis). -L'art. 1 della 1. 18 giugno 1931, n. 987, che prescrive 
l'autorizzazione prefettizia per l'impianto di vivai e per il commercio 
di piante e di semi, violerebbe, secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 41 
della Costituzione, sia perch� siffatta autorizzazione dovrebbe verificare 
se l'iniziativa economica sia o meno contrastante con l'utilit� sociale o 
con gli altri interessi espressamente tutelati dal precetto costituzionale; 
sia perch�, in ogni caso, non sarebbe rispettata la riserva di legge per 
delimitare la discrezionalit� della pubblica amministrazione dal mo


(1) La questione era stata sollevata con ordinanza 27 luglio 1965 dal 
Pretore di Strambino (Gazzetta Ufficiale 25 settembre 1965, n. 242). 
In ordine al rispetto dei requisiti sostanziali e formali prescritti dall'art. 
41 per l'imposizione di limiti alla libert� di iniziativa economica, 
cfr. la precedente sentenza della Corte, richiamata in motivazione, 14 febbraio 
1962, n. 4, Giur. cost., 1962, 33, e nota di ESPOSITO, I tre commi dell'art. 
41 deHa Costituzione. 

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PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INi'ERNAZIONALE 209 

mento che la norma non stabilisce n� i criteri n� i requisiti occorrenti 
per il rilascio dell'autorizzazione. 

La Corte rileva che l'imposizione di limiti alla libera iniziativa privata, 
nel caso in esame, � legittimata dalla sussistenza di particolari 
motivi di utilit� sociale, i quali risultano dal complesso delle norme 
della legge impugnata, emanata allo scopo di difendere le piante ed i 
semi dalle � cause nemiche �. Nel caso in esame il legislatore ha adottato 
misure particolari perch� i vivai di piante ed i semi siano immuni 
da malattie e da parassiti diffusibili o pericolosi; ha vietato la vendita 
di prodotti ritenuti infetti, dei quali in taluni casi pu� essere ordinata 
la distruzione; e ha dettato norme speciali per il commercio e per la 
esportazione di tali prodotti. 

Per raggiungere questi scopi, i vivai e gli stabilimenti relativi vengono 
sottoposti alla vigilanza di speciali organi dipendenti dal Ministero 
dell'agricoltura, ed in relazione a tale controllo � prescritta la preventiva 
autorizzazione prefettizia di cui all'art. 1. Ed appare evidente che 
la protezione delle piante e dei semi contro le malattie e contro la diffusibilit� 
di esse risponde all'interesse generale dell'agricoltura, nei riflessi 
di un continuo miglioramento della produzione, dell'aumento del reddito, 
e del commercio all'interno ed all'estero. 

La questione non � fondata neppure sotto il profilo del rispetto 
della riserva di legge, quando si tratti di limitare il diritto di libert� 
della iniziativa economica privata. Come ha gi� deciso questa Corte, 

� riferendosi i limiti di cui si tratta a diritti su mezzi. o su attivit� 
rivolte alla produzione economica, la riserva di legge di cui all'art. 41 
in parola non esige che l'intera disciplina dei rapporti venga regolata 
con atto normativo del Parlamento, dovendosi ritenere sufficiente che 
questo determini i criteri e le direttive atte a contenere in un ambito 
ben delineato l'esercizio tanto dell'attivit� normativa secondaria quanto 
di quella particolare e concreta di esecuzione affidata al Governo, evitando 
che esse si svolgano in modo assolutamente discrezionale � (sent. 
n. 4 del 1962). 
E la norma impugnata soddisfa a questa esigenza. Il provvedimento 
del Prefetto non soltanto deve essere circoscritto dai limiti segnati dagli 
scopi che la legge si prefigge e che costituiscono criteri precisi per dirigere 
l'attivit� della pubblica amministrazione; ma deve altres� essere 
emesso su parere favorevole del 'Commissario provinciale per le malattie 
delle piante. Questo parere, evidentemente di carattere tecnico, collegato 
con la segnalazione della concessione al Ministero dell'agricoltura 
per il successivo controllo, appare sufficiente a delimitare la sfera 
di discrezionalit� amministrativa in ordine ai requisiti che debbono 
essere tenuti presenti ai fini del rilascio o meno dell'autorizzazione. Ed 
� soltanto nell'ambito di siffatti criteri che la legge consente una limi



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

210 

tazione degli operato;i economici del settore, in funzione di un pi� efficiente 
controllo volto ad evitare preventivamente che siano posti in 
commercio piante e semi deteriorati. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 25 -Pres. Ambrosini Rei. 
Petrocelli -Rezzadore e D'Aprile (n. c.) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Reato -Reati e pene -Vendita di generi alimentari senza indicazione 

del prezzo -Conciliazione amministrativa demandata al Prefetto 


Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 

/ 

(Cost., art. 3, 102, 25; 1. 30 settembre 1920, n. 1.349 art. 13, mod. da ari. 5 r. d. 1. 
11 gennaio 1923, n. 138). 

Il potere attribuito al Prefetto di accogliere o respingere La domanda 
di conciliazione amministrativa in materia di vendita di generi alimentari 
senza indicazione del prezzo, a sensi dell'art. 13 della legge 30 settembre 
1920 n. 1349, nel testo modificato dall'art. 5 del r. d.L. 11 gennaio 
1923 n. 138, non contrasta coi principio costituzionale di eguaglianza, 

n� con queLlo di esclusivit� della funzione giurisdizionale, n� con quello 
del Giudice naturale precostituito per Legge (1). 

(Omissis). -La questione non ha fondamento. Non sussiste il primo 
dei presupposti da cui muove l'ordinanza del Pretor,e di Cortina d'Ampezzo, 
cio� che la norma impugnata attribuirebbe al Prefetto il potere 
discrezionale di accogliere o respingere la domanda di conciliazione amministrativa. 
La interpretazione che il Pretore assume essere data in 

(1) La questione era stata proposta con le ordinanze 8 settembre 1965 
del Pretore di Cortina d'Ampezzo (Gazzetta Uffec'iale, 27 novembre 1965, 
n. 297), e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (Gazzetta Ufficiale 
14 maggio 1966, n. 118). 
Si pu� ricordare la precedente sei;itenza della stessa Co!rte 13 novembre 
1963, n. 154 (Giur. cast., 1963, 1541) a proposito della facolt� conferita 
al Prefetto dall'art. 378, terzo comma, legge sui lavori pubblici 20 marzo 
1865, n. 2248, all. F, di � promuovere l'azione penale contro il trasgressore 
allorch� lo giudichi necessario ed opportuno .. 

In tale sentenza, la Corte, dato atto del significato non tecnico della. 
espressione usata dal legislatore, dichiarava non fondata la questione. 
Per quanto riguarda la fattispecie, data l'equiparabilit� piena della 
conciliazione amministrativa alla oblazione (MAZZANTI, Oblazione, Novissi



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 211 

tal senso dalla prassi non trova riscontro alcuno nel testo della norma; 
n� pu� aver valore il fatto che il decreto prefettizio abbia adoperata 
la formula: � considerato che non sussistono motivi per respingere 
l'istanza �. D'altra parte la potest� che si vorrebbe attribuita al Prefetto 
nemmeno � deducibile, come si assume, da un preteso � collegamento 
sistematico � fra la norma impugnata e quelle altre norme dell'ordinamento 
(art. 14 1. 7 gennaio 1929, n. 4; art. 41 t. u. delle leggi 
sulla pesca, ecc.) dalle quali, per i casi in esse regolati, una potest� siffatta 
� esplicitamente preveduta. E ci� perch� non sussiste alcun elemento 
che valga a costituire un legame idoneo, dal punto di vista logico 
e giuridico, a far estendere ad altre norme, come principio generale 
valido per tutte, una disposizione che si presenta invece, per speciali 
esigenze, come propria e particolare di qualcuna, e sulla cui legittimit� 
questa Corte non � attualmente chiamata a giudicare. Riconosciuta la 
inesistenza del preteso potere discrezionale del Prefetto di accogliere o 
respingere la domanda, rimane assorbita ogni considerazione circa gli 
effetti, di diritto sostanziale e processuale, che secondo l'ordinanza ne 
sarebbero seguiti (esistenza o inesistenza del reato subordinata alla 
decisione amministrativa di accoglimento o di rigetto; disuguaglianza 
nell'assoggettamento o meno dei cittadini alla giurisdizione penale; disparit� 
di trattamento fra i casi regolati dalla norma in questione e 
quelli che rientrano nella disciplina dell'art. 162 del c. p. ,ecc.), e circa 
i principi costituzionali di cui si � denunziata la violazione (artt. 112, 
25, 3, 102 della Costituzione). 

Egualmente infondato si ravvisa l'altro presupposto da cui muove 
l'ordinanza, cio� che al Prefetto spetterebbe il potere di stabilire discrezionalmente 
la somma da pagare � senza alcun limite, n� minimo n� 
massimo�. Nella norma impugnata il primo e il secondo comma, l'uno 
che determina il minimo e il massimo della pena pecuniaria, l'altro 

mo dig. it., 720 e segg., e giurisprudenza ivi citata), attraverso la rinunzia 
del, privato alla garanzia giurisdizionale e l'assoggettamento del medesimo 
al pagamento di una somma, si realizza la rinunzia dello Stato all'attuazione 
della pretesa punitiva. 

E ci� attraverso una duplice via: se l'intervento dell'autorit� amministrativa, 
per l'esercizio delle facolt� demandatele dalla legge di comporre 
in via amministrativa le infrazioni per le quali sia prevista la conciliazione, 
si esplica prima che l'autorit� giudiziaria promuova l'azione penale, si ha 
la riduzione dell'illecito penale ad illecito amministrativo; se tale intervento 
si esplica dopo che l'azione penale sia stata promossa si ha l'estinzione 
del reato. 

In entrambe le ipotesi, l'autorit� amministrativa � soggetta all'osservanza 
dei limiti posti dalla legge nella determinazione della somma da 
pagare. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che, immediatamente dopo, stabilisce la possibilit� della conciliazione 
amministrativa in base al pagamento della somma che, � a titolo di 
pena pecuniaria �, sar� fissata dal Prefetto, si presentano uniti in una 
correlazione testuale e logica cos� evidente da escludere che il secondo 
comma assuma tale funzione autonoma da autorizzare il Prefetto aprescindere 
dai limiti di penalit� fissati dal primo. Un tal potere, d'altra 
parte, non soltanto si presenterebbe senza alcuna ragionevole spiegazione, 
ma l'ammetterlo importerebbe accogliere l'assurdo di una legge 
che all'autorit� giurisdizionale, la quale dichiara l'illecito e le sue conseguenze 
con tutte le garanzie e le forme di un regolare procedimento, 
avrebbe imposto il limite minimo e massimo della pena da irrogare, 
mentre al Prefetto, a conclusione della sua sommaria delibazione amministrativa, 
avrebbe lasciata piena libert� di fissare la pena pecuniaria 
senza alcun limite n� minimo n� massimo. 

Nemmeno infine ha fondamento il terzo punto dela questione, cio� 
che il potere discrezionale del Prefetto di determinare la somma per 
la conciliazione importa che questa venga di fatto accordata a condizioni 
diverse in situazioni identiche (ordinanza del Pretore di Cortina d'Ampezzo), 
ovvero che il pagamento di somme diverse entro limiti discrezionali 
si traduce di fatto in trattamenti differenziali dei contravventori 
(ordinanza del Pretore di Fermo); e ci� con la violazione del principio 
di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. In tal mc;>do 
la censura scende dalla norma al particolare della sua applicazione 
concreta, con le valutazioni e decisioni singole che essa necessariamente 
comporta, e che non possono riguardare il giudizio di legittimit� 
costituzionale. Questo inderogabile processo di individuazione 
trova la sua peculiare manifestazione nel diritto penale, dove l'ordinamento, 
tranne casi eccezionali di penalit� fisse, non pu� realizzare 
una adeguata corrispondenza della sanzione al fatto illecito se non 
mediante la concreta valutazione del singolo caso, e con quella determinazione 
di pena che volta per volta, con regolata discrezionalit�, ne 
vien fatta dal giudice. Si assume che con ci�, in definitiva, casi in certo 
modo identici vengono a subire un trattamento diverso. Ma, anche a 
non voler obbiettare che nessun.a situazione concreta pu� dirsi propriamente 
identica ad un'altra, bisogna riconoscere che trattasi di inconvenienti 
che si pu� e si deve tendere a ridurre al minimo, ma che non 
possono essere eliminati, per la natura stessa del procedimento di applicazione 
delle norme. 

Non � il caso di soffermarsi, da ultimo, sul fugace accenno del 
Pretore di Fermo all'art. 25 della Costituzione e al divieto di sottrarre 
il cittadino ;:il giudice naturale precostituito per legge, in quanto, a 
giudizio della Corte, un tale profilo non presenta aicuna possibilit� di 
essere riferito al caso in esame. -(Omissis). 

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PARTE l, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 213 

CORTE COSTITUZIONALE, 9 marzo 1967, n. 2,6 -Pres. Ambrosini -
Ret. Cassandro -Taberini (avv. Moschella) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (Sost. avv. gen. Stato Chiarotti). 

Lavoro -Decreto legislativo che rende obbligatorio �erga omnes� il 

contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle aziende di cre


dito -Obbligo della previa segnalazione del lavoro straordinario 


Illegittimit�. costituzionale. 

(Cost., art. 76; 1. 14 luglio ,1959, n. 741, art. 1 e 8; d. p.r. 2 gennaio 1962, n. 934). 

il: costituzionaZmente illegittimo, per esorbitanza dai limiti oggettivi 
deita delega contenuta negti artt. _1 e 8 i. 14 luglio 1959, n. 741, il 

d. p. r. 2 gennaio 1962, n. 934, che rende appUcabiZe erga omnes l'art. 41 
del contratto collettivo nazionale dei dipendenti deUe aziende di credito, 
secondo it quale esse devono segnalare alle organizzazioni sindacali 
dei lavoratori il lavoro straordinario di q�alsiasi natura che intendano 
far svolgere ai propri dipendenti (1). 
(Omissis). -La questione � fondata. La Corte ha gi� avuto pi� 
volte occasione di definire il carattere eccezionale e transitorio della 
legge di delegazione 14 luglio 1959, n. 741, diretta a sostituire una 
tantum il procedimento previsto dalla Costituzione (art. 39), per estendere 
l'efficacia e la validit� della contrattazione collettiva erga omnes, 
e di affermare quali siano i limiti segnati al Governo nell'esercizio del 
potere legislativo delegato. Tali limiti si riassumono, essenzialmente, 
nella finalit� della legge di delegazione, che ha voluto fossero garantiti 
ai lavoratori, anche non iscritti alle associazioni sindacali, minimi inderogabili 
di trattamento economico e normativo. Ne consegue che restano 
fuori dell'ambito della delegazione non soltanto le clausole dei contratti 
collettivi contrarie a norme imperative di legge (art. 5), ma anche 
quelle che non siano necessarie ad assicurare al lavoratore un'esistenza 
corrispondente alla dignit� della persona umana o non attengano alla 
diretta disciplina dei rapporti di lavoro, o non si rivelino strettamente 
necessarie, pur nel loro carattere strumentale, al conseguimento dei 
fini che la legge ha voluto perseguire (sent. nri. 106 e 107 del 1962, 129 

(1) La questione era stata proposta con ordinanza 10 marzo 1965, dalla 
Corte Suprema di Cassazione, Sez. III penale (Gazzetta UjJ�ciale, 13 novembre 
1965, n. 284). 
Sui problemi connessi all'interpretazione ed applicazione della 1. 14 
luglio 1959, n. 741 (la c. d. erga ornnes), si rinvia al capitolo: La tutela giuridica 
della contrattazione coUettiva, nel volume I giudizi di costituzionalit�, 
1961-65, pag. 242. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

214 

del 1963, 56 del 1965, 8, 45 e 50 del 1966). Ora, non si pu� di-re che la 
norma impugnata rientri tra le clausole che il legislatore delegato era 
autorizzato a rendere efficaci erga omnes, limifandosi essa ad imporre 
alle aziende di credito l'obbligo di segnalare alle organizzazioni sindacali 
dei lavoratori �il lavoro straordinario di qualsiasi natura �, che 
le aziende stesse intendano far svolgere dai propri dipendenti. Anche 
nell'ipotesi, contestata del resto dalla parte privata, che la ratio della 
clausola sia quella di evitare lo sfruttamento fisico e psichico dei dipendenti 
delle aziende di credito, non si pu� dire che essa sia strettamente 
necessaria al raggiungimento di questo fine, che � certamente da porre 
tra quelli perseguiti dalla legge di delegazione mediante la garanzia dei 
minimi inderogabili di trattamento economico e normativo. Questo 

�dovere di avviso., come lo qualifica l'Avvocatura dello Stato, non si 
rivela, infatti, strettamente indispensabile a quel fine, che � invece 
direttamente raggiunto mediante le norme sostanziali contenute nel 
medesimo art. 41, le quali consentono il lavoro straordinario per le 
chiusure periodiche dei conti entro il limite massimo di 80 ore annuali, 
regolano le prestazioni di lavoro straordinarie nei giorni 24 e 31 dicembre 
e 1-0 gennaio, limitano a due ore giornaliere, e, comunque, vietano 
che superino le 12 ore settimanali, tutte le altre prestazioni di 
lavoro straordinario. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 30 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli -Dantonia (n. c.). 

Giunta Provinciale Amministrativa -Composizione della G. P. A. in 

sede giurisdizionale -Prevalenza di funzionari di prefettura -Ille


gittimit� costituzionale delle relative norme. 

(Cost., art. 101, 108; d. 1. 12 aprile 1945, n. 203, art. 1; d. 1. 4 aprile 1944, n. 111). 

� costituzionalmente illegittimo, in relazione agli artt. 101 e 108 
Cast., l'art. 1 del decreto legislativo 12 aprile 1945, n. 203, recante norme 
integrative del decreto legislativo 4 aprile 1944, n. 111 sulla composizione 
della G. P. A. in sede giurisdizionale e per la risoluzione dei 
ricorsi in materia di tributi locali, in quanto tale composizione, dando 
prevalenza ai funzionari di prefettura, non assicura l'indipendenza e 
l'imparzialitd del Collegio (1). 

(1) La questione era stata sollevata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con 
ordinanza 8 luglio 1966 (Gazzetta Ufficiale 29 ottobre 1966, n. 271). Essa � 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 215 

(Omissis) . .....,... 2. -Per quanto proposta in un giudizio in materia elettorale, 
e con riferimento alla competenza della Giunta provinciale 
amministrativa in tale materia, la questione rimessa a questa Corte 
riguarda la composizione della Giunta provinciale amministrativa in 
sede giurisdizionale, regolata dall'art. 1 del decreto legislativo 12 aprile 
194�5, n. 203, e comune a tutte le competenze giurisdizionali spettanti 
a tale organo nell'anzidetta composizione. 

3. -Il primo profilo sotto il quale la questione viene proposta � 
quello della mancanza di indipendenza e di imparzialit� del giudice 
-quindi del contrasto con gli artt. 101, comma secondo, e 108, comma 
secondo, .della Costituzione -pel fatto che tre dei cinque componenti 
della Giunta sono funzionari statali e non si trovano in condizioni di 
indipendenza dal Governo. 
Tali componenti sono, in base all'impugnato art. 1, il prefetto (o 
chi ne fa le veci), che presiede la Giunta, e due consiglieri di prefettura 
(ora, in base alle innovazioni introdotte dal t. u. sullo statuto degli 
impiegati civili dello Stato approvato con d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, 
due funzionari della carriera prefettizia -e cio� appartenenti alla carriera 
direttiva dell'Amministrazione dell'interno -aventi, di norma, 
la qualifica di direttori di sezione). Questi ultimi vengono designati al 
principio di ogni anno dal prefetto e vengono sostituiti, in caso di 
assenza o di impedimento, da un supplente designato tra gli stessi funzionari 
e allo stesso modo (art. 1 cit., comma secondo, e art. 9, comma 
secondo, d. lgsl. 4 aprile 1944, n. 111). 

Con la sentenza n. 55 del 1966 questa Corte ebbe gi� a constatare 
che, in base alla legislazione vigente, tanto il prefetto (o il suo vicario), 
quanto gli anzidetti funzionari di prefettura si trovano in posizione di 
dipendenza gerarchica dal potere esecutivo, il quale � anche competente 
ad adottare nei loro confronti� i provvedimenti relativi alla carriera, 
allo stato giuridico, ai trasferimenti; che i prefetti sono i principali 
strumenti operativi del Governo in sede locale e che il Governo 
dispone della possibilit� di collocarli a disposizione e a riposo con provvedimento 
pienamente discrezionale; che gli altri due funzionari di 
prefettura sono a loro volta dipendenti diretti del prefetto, il quale � 
altresi competente a redigerne i rapporti informativi. Tali constatazioni 
la Corte ebbe ad effettuare in una controversia nella quale si discuteva 

stata decisa con la procedura della Camera di Consiglio non essendovi 
stata costituzione alcuna di parti. 

La sentenza pu� dirsi gemella della precedente sentenza della stessa 
Corte pronunciata in materia di composizione dei Consigli di Prefettura 
(sent. 3 giugJno 1966,� n. 55, in questa Rassegna, 1966, 538 con nota). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

216 

della legittimit� costituzionale delle disposizioni relative alla composizione 
dei Consigli di prefettura in sede giurisdizionale, dei quali 
ugualmente facevano parte il prefetto (o il suo vicario) e due funzionari 
di prefettura dello stesso rango di quelli che entrano a far parte 
delle giunte provinciali amministrative. Dalla riferita constatazione, 
riguardante la posizione dei tre funzionari in questione, e dalle modalit�, 
assolutamente discrezionali, della destinazione di essi al consesso 
giurisdizionale e della loro sostituzione -affatto analoghe a quelle 
relative ai Consigli di prefettura e considerate nella ricordata sentenza 
-risulta chiaramente che i funzionari stessi -i quali costituiscono 
la maggioranza dei componenti della Giunta -non si trovano 
in posizione di indipendenza rispetto al Governo, e che, per di pi�, due 
di essi si trovano in posizione di stretta subordinazione rispetto al 
presidente del consesso. 

Ci� � sufficiente a far escludere che le Giunte provinciali amministrative 
(non diversamente da quanto la Corte ebbe ad affermare per 
i Consigli di prefettura) possano essere considerate organi giurisdizionali 
indipendenti. 

Il pericolo poi che la mancanza di indipendenza possa degenerare 
in mancanza di imparzialit� non � difficile a intuire, quando si considerino 
le materie spettanti alla giurisdizione di quest'organo, tra le 
quali rientrano le controversie sulle elezioni amministrative, i provvedimenti 
delle amministrazioni locali autonome, e persino provvedimenti 
dell'autorit� governativa locale. 

4. -Siccome le affermazioni che precedono sono sufficienti a far 
dichiarare l'illegittimit� dell'attuale composizione della Giunta provinciale 
amministrativa in sede giurisdizionale, quale risulta regolata dall'art. 
1 del d. lgsl. 12 aprile 1945, n. 203, pu� considerarsi assorbita 
ogni altra questione riguardante la composizione stessa. 
5. -Poich� le disposizioni riguardanti la competenza delle Giunte 
provinciali amministrative in sede giurisdizionale e quelle riguardanti 
la procedura davanti ad esse trovano applicazione anche per altre giurisdizioni 
-le prime per la Giunta giurisdizionale amministrativa per 
la Valle d'Aosta (art. 2 d. lgsl. 15 novembre 1946, n. 367), le altre per 
quest'ultima e per i tribunali regionali amministrativi di recente istituzione 
(rispettivamente, art. 5 d. lgsl. citato e art. 83/11 t. u. 16 maggio 
1960, n. 570, introdotto con l'art. 2 della legge 23 dicembre 1966, 
n. 1147) -la Corte ritiene di non dovere estendere anche ad esse la 
presente dichiarazione di illegittimit� costituzionale. Ci� vale per lo 
stesso terzo comma dell'art. 83 del t. u. 570 del 1960 impugnato in 
questa sede. -(Omissis). 

PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 217 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 31 -Pres. Ambrosini -
Rel. Papaldo -Livi (n. c.). 

Costituzione della Repubblica -Legge di delega al Governo -Disciplina 
organica della materia di repressione delle frodi nella preparazione 
ed il commercio dei vini -Richiamo a norme precedenti -Comminazione 
di pene accessorie -Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 76; I. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale ex art. 76 
Cost., per la violazione dei limiti della delega concessa al Governo dalla 
legge 9 ottobre 1964, n. 991, del d. P. R. 12 febraio 1965, n. 162, sulla 
repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, 
vini e aceti, in quanto disciplinare in via organica una determinata 
materia non esclude la compilazione di un corpo di norme che richiamino 
in parte norme precedenti; e la comminazione di pene accessorie 
risulta nei limiti della delega (1). 

II-III 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 32 e 33 -Pres. Ambrosini 
-Rel. Papaldo -Bertolli e Dragoni (n. c.). 

Costituzione della Repubblica -Legge di delega al Governo -Scadenza 
del � dies ad quem � -Ritardo nella pubblicazione -Illegittimit� 
costituzionale -Esclusione. 

(Cost., art. 76; I. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162, c. p. c., 
art. 155). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale, con riferimento 
agli artt. 76 e 73 della Costituzione, del d. P. R. 12 febbraio 
1965, n. 162 sulla repressione delle frodi nella preparazione e nel com


(1-3) Con le quattro decisioni in rassegna, la Corte Costituzionale 
riafferma l'infondatezza della questione di esorbitanza dalla delega del 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162, sotto diversi profili, confermando la precedente 
sentenza 9 febbraio 1967, n. 14 (pubblicata, unitamente alla coeva 
sentenza n. 13, su questa Rassegna, 1967, I, 22). 
Di nuovo, � da segnalare l'affermazione contenuta nelle sentenze nn. 32 
e 33, circa l'applicabilit� della regola sul computo dei termini anche per 

-



218 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mercio dei mosti, vini e aceti, per la pretesa scadenza del dies ad quem 
per l'esercizio del potere del<:{Jato alla data dell'll e non del 12 febbraio 
1965 in quanto, se � esatto che anche lo stesso giorno di entrata 
in vigore della legge .(12 novembre 1964) il Governo avrebbe potuto 
esercitare il potere delegato, ci� non impo1�ta che nel computo dei termini 
si possa� decampare dalla regola generale per cui dies a quo non 
computatur in termine (art. 155 c. p. c.) (2). 

IV 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 marzo 1967, n. 34 (ordinanza) -Pres. 
Ambrosini -Rel. Papaldo -Poletti (n. c.). 

Approvvigionamenti e consumi -Frodi nella preparazione e nel com


mercio dei mosti, vini e aceti -Pubblicazione della sentenza di con


danna -Violazione della legge di delega -Esclusione. 

(Cost., art. 76; 1. 9 ottobre 1964, n. 991; d. p. r. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 108). 

� manifestamente infondata, con riferimento all'art. 76 della Costituzione, 
la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 108 d. P. R. 
12 febbraio 1965, n. 162, che prevede la pubblicazione della sentenza 
di condanna per reati in materia di frodi nella preparazione e nel commercio 
dei mosti, vini e aceti, in quanto l'ordinanza di remissione non 
reca nessuna nuova o diversa argomentazione rispetto a quelle gi� esaminate 
e respinte con la precedente sentenza della Corte Costituzionale 
9 febbraio 1967, n. 14 (3). 

l'esercizio del potere di legislazione delegata da parte del Governo. Il che 
completa il panorama dell'interpretazione dell'art. 76 della� Costituzione, 
ricordata in nota alla sentenza n. 13. 

CORTE COSTITUZIONALE, 4 aprile 1967, n. 37 -Pres. Ambrosini -
Rel. Sandulli. 

Corte costituzionale -Sindacato di legittimit� costituzionale in via inci


dentale -Prescrizioni di massima della Camera di commercio 

sulla tutela dei boschi e terreni montani -Natura regolamentare 


Inammissibilit� della questione. 

(Cost.. art. 134). 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 219 

Agricoltura e foreste -Tutela dei boschi e terreni montani -Legge forestale 
che autorizza le Camere di commercio ad emanare prescrizioni 
di massima -Infondatezza della questione. 

(Cost., art. 25, 70, 77; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 artt. 10, 11; r. d. 1. 18 aprile 
1926, n. 731, art. 35). 

� inammissibiie, perch� proposta contro atti aventi natura regolamentare, 
la questione di legittimit� costituzionale delle prescrizioni di 
massima adottate dalle Camere di Commercio, subentrate ai Comitati 
forestali, per la tutela dei boschi e terreni montani (1). 

� manifestamente� infondata la questione di legittimit� costituzionale 
degli artt. 10 e 11 r. d. l. 30 dicembre 1923, n. 3267, perch� gi� 
decisa, nei medesimi termini, con la sentenza 23 marzo 1966, n. 26 (2). 

(1-2) La questione era stata proposta con varie ordinanze dal Pvetore 
di S. Stefano di Carnastra: 8 aprile 1966 (Gazzetta Ufficiale 25 giugno 1966, 

n. 156); 8 aprile 1966 (Gazzetta Ufficiale 9 luglio 1966, n. 168); 2 maggio 
1966 (Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1966, n. 213). 
Sulla prima massima, si pu� richiamare, in conformit�, Corte cost. 
19 novembre 1966, n. 102 (in questa Rassegna, 1966, 1195). 
Sulla seconda, v.eggasi la precedente sentenza della Corte in questa 
Rassegna, 1966, 489. 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
.SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2422 -Pres. 
Flore -Rel. D'Amico -P. M. Pedote (conf.) -Ferrazza (avv. Klitsche 
de la Grange) c. E.N.E.L. (avv. Guerra) e soc. p. az. romana 
finanziaria (n.c.). 

Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Affievolimento 
dei diritti soggettivi -Controversie tra privati -Difetto di giurisdizione 
del Giudice ordinario. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, artt. 2, 4 e 5). 
Energia elettrica -Elettrodotti -Espropriazione per p. u. -Servit� Facolt� 
dei proprietari dei fondi serventi. 

(t. u._ 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 116 e 122). 
Competenza e giurisdizione -Atto amministrativo -Incompetenza 
relativa dell'organo -Inosservanza di forme dettate per l'esclusiva 
tutela dell'interesse pubblico -Vizi di legittimit� -Giurisdizione 
del Giudice amministrativo. 

(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26). 
Responsabilit� civile -Lesione di interessi legittimi -Risarcibilit� del 
danno -Esclusione -Improponibilit� della domanda. 

(c. c., art. 2043). 
Quando un atto amministrativo incide sui diritti soggettivi, affievolendoli, 
anche nelle controversie tra privati l'oggetto della lite � 
rappresentato da un interesse legittimo, onde il Giudice ordinario difetta 
di giurisdizione (1). 

Per la costruzione di elettrodotti � consentita sia la espropriazione 
della propriet� del suolo, sia la costituzione, a base espropriativa, della 
servit� e solo in quest'ultimo caso i proprietari dei fondi attraversati 
dalle linee possono chiederne la rimozione o lo spostamento, nelle ipotesi 
e con le conseguenze previste dalle disposizioni relative (2). 

(1-4) La sentenza, di cui si tratta, appare di notevole importanza per 
taluni dei principi precisati o ribaditi. 
.In particolare con riferimento alla prima massima, tra le numerose sentenze 
richiama.te in motivazione, v. Cass., Sez. Un., 27 febbraio 1964, n. 437, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 221 

La incompetenza relativa dell'organo della pubblica Amministrazione, 
che ha emesso un provvedimento, e la inosservanza di forme 
dettate per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico possono essere 
fatti valere solo davanti al Giudice amministrativo, come vizi di legittimit� 
dell'atto (3). 

� improponibile la domanda di risarcimento dei danni per la 
lesione di un interesse legittimo (4). 

(Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti denunciano la violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2, 4, 5 della 1. 20 marzo 1865, 

n. 2248, all. E, 949 c. c. 102, 103, 113 della Costituzione, e sostengono 
che, svolgendosi la presente controversia fra privati e non nei confronti 
della Pubblica Arnrninistrazione, era richiesta una cognizione 
rnerarnente incidentale degli atti arnrninistrativi in discussione (decreto 
del Ministro dei Lavori Pubblici di autorizzazione, previa dichiarazione 
di pubblica utilit�, a costruire una linea elettrica e decreto di 
costituzione di servit� permanenti di elettrodotto sui loro terreni con 
parziale espropriazione di suolo per le fondazioni, emesse dal VicePrefetto 
di Roma), cosicch�, diversamente da quanto ha ritenuto la 
Corte di Appello, doveva essere affermata la giurisdizione del giudice 
or~inario. 

Precisano che da essi ricorrenti non era stato chiesto l'annullamento 
dei due decreti predetti rna soltanto l'accertamento della loro 
illegittimit� al fine di ottenere, in via principale, negata l'esistenza 
della servit�, la rimozione dai loro terreni dell'elettrodotto e, in via 
subordinata il risarcimento del danno. 

Il mezzo deve essere disatteso. 

� vero che con varie pronunce (tra le altre 27 gennaio 1959, n. 221, 
27 febbraio 1964, n. 437, 9 marzo 1964, n. 506, 3 febbraio 1965, n. 169) 
queste Sezioni Unite, mutando la precedente giurisprudenza (sentenze 

n. 184 e 186 del 1956; 1611 del 1958), hanno arnrnesso, in controversie 
fra privati, in terna di attivit� soggetta ad autorizzazione, la 
in questa Rassegna, 1964, I, 468, ed ivi, 470, nota 3; cfr. pure Cass., Sez. Un., 
19 luglio 1965, n. 1631, in questa Rassegna, 1966, I, 783 e ivi, nota 1, nonch� 
Cass., Sez. Un., 2 marzo 1966, n. 619, in questa Rassegna, 1966, I, 818 ed 
ivi 819, nota 1-2. 

Sulla seconda massima cfr. Cass., Sez. Un., 18 giugno 1962, n. 1530, in 

Massime, 1962, 461 e Cass., Sez. Un., 16 luglio 1959, n. 2350, in Acque, bonif. 

e costr., 1959, 388. In proposito va rilevato come nella prima di tali sentenze 

si afferma che �la legge attribuisce al Prefetto il potere di imporre, me


diante espropriazione, servit� perpetue ed inamovibili di elettrodotto �. 

La terza e la quarta massima riaffermano per la specie, quale risulta 

dalla motivazione, e sotto questo aspetto si possono rivelare interessanti, 

una giurisprudenza costante. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

222 

competenza giurisdizionale dell'autorit� giudiziaria ordinaria, purch� 
non fosse stato investito direttamente l'atto di autorizzazione (rispetto 
al quale non sono configurabili che interessi legittimi) chiedendosene 
l'annullamento. 

Queste decisioni, peraltro, riguardavano esclusivamente le situazioni 
che si determinano in conseguenza di atti autorizzativi (autorizzazioni, 
licenze, dispense, ecc.) e, pi� specificamente, i conflitti tra il 
privato autorizzato all'esercizio del suo diritto di propriet�, sotto l'aspetto 
del potere di costruire, ed il terzo che da questo esercizio si ritiene 
danneggiato. 

Le autorizzazioni -� stato ritenuto -se influiscono sull'esercizio 
del diritto del destinatario di esse, nel senso che lo legittimano davanti 
alla pubblica amministrazione, lasciano per contro sussistere intatto il 
diritto reale del terzo, tanto � vero che le autorizzazioni sono rilasciate 
con salvezza dei dlritti di questo terzo, la lesione dei quali, per di pi� 
non si consuma con l'autorizzazione, ma con l'esercizio dell'attivit� autorizzata, 
che non � mai imputabile all'amministrazione, ma al privato. 

Infine l'attivit� da autorizzare viene, in rapporto all'interesse pubblico, 
apprezzata soltanto da un punto di vista negativo, nel senso che 
non si palesi in contrasto con il detto interesse, per il quale � indifferente, 
di norma, se il privato eserciti poi il diritto o no. 

Talch�, anche da questo punto di vista, l'attivit� autorizzata rimane 
nella sfera del diritto privato. 

Questi sono i motivi che sorreggono la conclusione alla quale le 
Sezioni Unite sono pervenute: che, quando i privati contendano circa 
pretese lesioni di diritto che sarebbero causate dall'esercizio di attivit� 
autorizzate, le controversie relative concernono diritti soggettivi 
e sono devolute alla cognizione del giudice ordinario. 

Invece, in casi come quelli di specie, l'atto amministrativo non 
consiste nell'autorizzazione all'esercizio di un diritto, che lascia intatta 
nella sua struttura la posizione soggettiva, cio� il diritto del contrinteressato. 
Questo diritto, al contrario, mediante la dichiarazione di 
pubblica utilit�, si affievolisce ed assume la sostanziale consistenza di 
interesse legittimo; dopo di ch� il bene, che ne era oggetto, .viene trasferito 
o gravato di servit�. Pertanto chiedere -come hanno fatto 
i ricorrenti -la tutela del diritto di propriet� come se questo ancora 
esistesse nella sua pienezza, non si pu� senza annullare l'atto che lo 
ha affievolito: e ci� (a meno che l'autorit� amministrativa fosse priva 
del potere e che l'atto amministrativo sia inesistente) rientra esclusivamente 
nella giurisdizione del giudice amministrativo. N� ad evitare 
questa inevitabile conseguenza, vale convenire in giudi�zio soltanto il 
destinatario del trasferimento: non per questo muterebbe l'oggetto 
della lite, che � ormai un interesse legittimo. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 223 

Altrimenti, per aggirare i limiti fra le giurisdizioni, basterebbe eli


I

minare dal contraddittorio la pubblica amministrazione, non agendo 

' !

nei suoi confronti. 1 
Resta dunque da vedere se realmente l'amministrazione fosse priva ! 

l i 

del potere di affievolire il diritto o se la sua attivit� si sia svolta nell'assoluta 
mancanza di presupposti che n~ condizionano i poteri. 
Sotto un duplice profilo i ricorrenti deducono l'inesistenza del 
potere: 

I

1) la mancanza, nel testo unico predetto sulle acque e sugli impianti 
elettrici, di norme che consentano l'espropriazione di suoli per le 
costruzioni di elettrodotti e l'imposizione coattiva di elettrodotti inamovibili; 


2) il difetto assoluto di potere del Vice-Prefetto� di emettere il 
relativo decreto (peraltro pronunciato oltre i limiti consentiti dal 
decreto del Ministro dei Lavori Pubblici), in quanto il potere medesimo 
sarebbe affidato dalla legge esclusivamente al Prefetto. 

Senonch�, a norma dell'art. 116 del predetto testo unico � consentito 
agli interessati, dopo l'emanazione del decreto di autorizzazione 
alla linea elettrica con la dichiarazione di pubblica utilit� delle opere, 
di presentare i piani particolaregigati di quei tratti di linea interessanti 
la propriet� privata rispetto ai quali � necessario procedere ai termini 
della legge sull'esproprazione per pubblica utilit� 23 giugno 1865, 

n. 2359; il richiamo alla legge medesima rende evidente che � consentita 
l'espropriazione della propriet� del suolo e che ugualmente � consntita 
la costituzione a base espropriativa della servit� di elettrodotto. 
Ne consegue, tra l'altro, che diversamente da quanto mostrano di 
ritenere i ricorr~nti i proprietari dei fondi attraversati dagli elettrodotti 
non possono chiedere la rimozione e lo spostamento delle linee, 
ai sensi dell'art. 122 del t. u., che trova applicazione solo quando non 
vi sia perdita di propriet� del fondo servente. 

Questi sono i principi affermati, anche di recente, dalle Sezioni 
Unite (sentenze 16 luglio 1959, n. 2350 e 18 giugno 1962, n. 1530). 

Quanto all'asserita inesistenza del potere nell'organo prefettizio, 
che ha emesso il decreto richiesto dalle leggi richiamate in sede di 
presentazione dei piani particolareggiati dopo l'emissione del decreto 
del Ministro dei Lavori Pubblici. limitato, in conformit� del t. u. 

n. 1775 del 1933 alla dichiarazione di pubblica utilit� e alla autorizzazione 
dell'impianto e dell'esercizio della linea elettrica, � facile 
osservare che, se mai, si tratta di incompetenza relativa, la quale pu� 
essere fatta valere soltanto davanti al giudice amministrativo (Cass., 
Sez. Un., 3 luglio 1961, n. 1583). 
4 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

224 

Ugualmente attiene all'esclusiva inosservanza di forme dettate 
per l'esclusiva tutela dell'interesse pubblico e a vizio di illegittimit� 
del procedimento, che perci� esula dalla competenza giurisdizionale 
del giudice ordinario, il dedotto difetto di assenso del Ministero del


l'Industria, prima dell'emissione del decreto del Ministro dei Lavori 
Pubblici, peraltro soltanto accennato sia nel ricorso che nella memoria. 

Poich� il diritto soggettivo dei ricorrenti si � affievolito riducendosi 
ad interesse legittimo, e non pu� ritenersi consentito nella materia _;, 
oggetto della lite, come sopra si � detto, che la posizione giuridica di 
un soggetto si atteggi diversamente come diritto soggettivo e come interesse 
legittimo, a seconda del soggetto contro il quale la pretesa � 
fatta valere, deve ritenersi improponibile la domanda di risarcimento 
di danni profilata subordinatamente contro la convenuta societ� elet


trica, con il conseguente difetto di giurisdizione della autorit� giudiziaria 
ordinaria. La distinzione fra diritto ed interesse ha riflessi anche 
nel campo del diritto privato: non ogni privazione di vantaggi deve 
essere indennizzata ma soltanto quella di un vantaggio giuridico; il 
danno cio� presuppone necessariamente la lesione di un diritto soggettivo 
ed � perci� da escludere il risarcimento per la lesione di un interesse 
legittimo. Se poi l'azione di risarcimento di danni sia proponibile 
davanti al giudice ordinario dopo che sia stato ottenuto, nei confronti 
della Pubblica Amministrazione, l'annullamento dell'atto illegittimo 
nella competente sede giurisdizionale amministrativa, � problema che 
� estraneo al � thema decidendum � della causa presente. 

Col secondo mezzo i ricorrenti si dolgono che la Corte d'Appello, 
pur avendo negata la giurisdizione del giudice ordinario, abbia esaminato 
il merito della controversia, incorrendo cos� in un doppio errore, 
poich�, se difettava di giurisdizione, non doveva esaminare il merito, 
e se riconosceva la giurisdizione, doveva rimettere la causa al primo 
giudice. 

Il mezzo deve essere parimenti disatteso. � infatti evidente che la 

sentenza impugnata non contiene alcuna decisione di merito, essendo 

il dispositivo di conferma della sentenza di primo grado, che aveva 

emesso soltanto una pronuncia negativa sulla giurisdizione, e non 

avendo alcun riflesso sul dispositivo l'incidentale e fuggevole accenno 

all'insussistenza delle asserite irregolarit� dei provvedimenti ammini


strativi, peraltro immediatamente seguito dal completamento dell'esame 

del ben diverso problema, attinente sempre alla giurisdizione sotto il 

profilo dell'inesistenza o meno del potere, se fosse o no consentito 

imporre servit� inamovibili di elettrodotti e procedere all'espropria


zione delle propriet� dei terreni. -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 225 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 10 ottobre 1966, n. 2426 -Pres. 
Scarpello -Rel. Modigliani -P. M. Di Majo (parz. conf.) -De 
Focatis (avv. Jaccarino) c. Gammaldi (avv. Galdi) ed altri. 

Competenza e giurisdizione -Elezioni. -Dichiarazione di illegittimit� 
costituzionale delle norme attributive di funzioni giurisdizionali 
ai Consigli comunali -Effetti. 

(Cost., art. 136; t. u. 16 maggio 1960 n. 570, artt. 82 e 83). 

La dichiarazione di illegittimit� costituzionale delle norme che, 
in materia elettorale, attribuivano funzioni giurisdizionali ai Consigli 
comunali, facendo venir meno la giurisdizione di tali Consigli e quella 
della Giunta provinciale amministrativa e delle Corti di appello, quali 
Giudici delle impugnazioni, in detta materia, ripristina la giurisdizione 
dei Tribunali ordinari, come Giudici di primo grado, onde, esclusa la 
predusione al rilievo del difetto di giurisdizione prima che su questa 
si sia formato il giudicato, importa la nullit� dell'intero giudizio (svoltosi 
secondo le norme oggetto della pronunzia di illegittimit� costituzionale) 
e (pendendo il giudizio in Cassazione) la .-cassazione senza rinvio 
della sentenza della Corte di appello (1). 

(Omissis). -Pregiudiziale e assorbente, rispetto all'esame del 
motivo del ricorso � la questione, rilevabile d'ufficio, relativa alla 
giurisdizione del giudice adito. 

� noto che con la sentenza n. 93 del 27 dicembre 1965 la Corte 

-Costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale delle norme 
che, in materia di contenzioso elettorale amministrativo, attribuiscono 
funzioni giurisdizionali al consiglio comunale, considerandolo un giudice 
speciale, senza garantirne l'imparzialit�, in particolare per quanto 
concerne la costituzione del collegio, lo svolgimento del giudizio e l'obbligo 
di astensione, e pi� precisamente degli artt. 82, 83 D.P.R. 16 mag


(1) La sentenza, di cui si tratta, appare interessante per la statuizione 
in ordine agli effetti della pronuncia della Corte costituzionale, 27 dicembre 
1965, n. 93 (cfr. in questa Rassegna, 1965, I, 1112 ed ivi nota 1; per la motivazione 
v. Foro it., 1966, I, 17). La parziale difformit� delle conclusioni del 
P. M. consiste nel fatto che questo aveva richiesto la cassazione della sentenza 
impugnata con rinvio al Tribunale competente, di cui le sezioni unite 
della Corte di Cassazione si sono, invece, limitate ad affermare la giurisdizione, 
cassando la sentenza stessa senza rinvio. 
In marteria, peraltro, di recente � istata pubblicata la l. 23 dicembre 
1966, n. 1147 ( G. U. 31 dicembre 1966, n. 329), contenente appunto modificazioni 
alle norme sul contenzioso elettorale amministrativo. 



226 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STA'l'!> 
gio 1960; n. 570, 43 1. 23 marzo 1956, n: 136 .(artt. 74 e 75 d.P.R. 
5 aprile 1951, .n. 203), nelle parti che riguardano i consigli comunali, 
nonch� degli artt. 84 del predetto q.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 e 76 

d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, limitatamente alle parole � il consiglio 
comunale�. 
In proposito la Corte Costituzionale, dopo aver premesso che 
l'attivit� dei consigli comunali in materia di contenzioso elettorale � 
attivit� giurisdizi�;tiale e che anche in essa devono essere garantite 
l'indipendenZa e l'imparzialit� del giudicante, ha osservato che le 
n�rme impugnate di incostituzionalit� hanno tralasciato di regolare il 
J;>ro�edimentq che :si s"\t()lge davanti ai detti consigli e che ci� ha provot::
ato una lacuna, n(>ti; eliminabile con le altre norme relative ai procedimenti 
giUdizifil.t <;> amministrativi e cos� grave da non esserne assolutamente0 
gal:@tita l'bnparzialit� .del. giudicante. 

Per effetto di tal.e�� prcmuncia di incostituzfofialit� sono divenute 
inapplicabili le ndrirle � .. che,�� in materia di con.tenzioso .� elettorale amministrativo, 
attribuiscono funzioni giurisdizionali al Consiglio Comunal�, 
c�1lsiderandolo un gh:tdice speciale, e in conseguenza, � venuta meno 
allo stato attuale della legislazione, la giurisdizione del detto consiglio, 
quale giudice di primo grado nella soggetta materia. 

N� pu� ritenersi che permanga la giurisdizione della giunta provinciale 
amministrativa e della Corte di Appello, dato che a tali organi 
� demandata la cognizione delle controversie in parola solo in sede 
di impugnazione de�le decisioni, rispettivamente emesse dal consiglio 
comunale e dalla giunta provinciale amministrativa. 

� da aggiungere che si deve escludere la sussistenza di alcuna preclusione 
al rilievo, da parte di queste Sezioni Unite, del difetto di 
giurisdizione dei consigli �omunali .nelle controversie in discorso, essend~ 
noto che il difetto di giurisdizione, eccettuato il caso (non ricorrente 
n<'11la specie) di un giudicato che si sia formato sulla giurisdizicfne, 
� rilevabile anche di Ufficio in ogni stato e grado del giudizio 
(art. 37 c. p. c.). 

Rimane da stabilire quale sia, allo stato attuale della legislazione, 
il giudice cui spetta la giurisdizione a conoscere delle controversie 
in tema, (c.ome qu,ella ~n ..esame) di eleggibiUt� alla carica di consi


' 

gliere comunale. 

In proposito si osserva che la soppressione di un giudice speciale 
fa rivivere le ordinarie norme sulla giurisdizione, che la istituzione di 
quel giudice aveva modificato. Ond'� che, essendo le controversie in 
tema di eleggibilit� alla carica di consigliere comunale relative ad un 
diritto politico (qual � il diritto di accedere alle cariche elettive), deve 
ricevere applicazione il disposto dell'art. 2 della legge 20 marzo 1865, 

n. 2248 all. E, a tenore del quale tutte le materie nelle quali si faccia 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

questione di un diritto civile o politico sono attribuite alla cognizione 
dei tribunali ordinari. 

Consegue da quanto si � esposto che la denunziata sentenza deve 
essere cassata, senza rinvio, che deve essere dichiarato nullo l'intero 
giudizio e che deve �essere dichiarata la giurisdizione del Tribuna~e di 
Salerno (nella cui circoscrizione, si trova il Comune di Controne) a 
statuire, quale giudice di primo grado, sulla presente controversia. 


(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 novembre 1966, n. 2781 -Pres. 
Flore -Rel. Restaino -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Marchetti (avv. 
D'Abbiero) c. Istituto autonomo ca.se popolari ed economiche per 
i dipendenti del Comune di Roma (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Ente pubblico in 
genere ed enti pubblici economici -Caratteri -Effetti. 
,(t. u. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, primo comma, n. 1). 

Un ente deve essere considerato pubblico, ove l'attivit� da esso 
esplicata cost~tuisca una integrazione dei fini dello Stato caratterizzata 
dalla ricorrenza di elementi attinenti alla sua costituzione ai controlli 
sui propri atti ed alla potest� di imperio; in tale ambito gli enti pu:tJblici 
economici sono caratterizzati dallo svolgimento di un'attivit� produttiva 
di beni o servizi, analoga a quella dei comuni imprenditori 
privati e diretta, ancorch� strumentalmente collegata ai propri fini, 
al conseguimento di lucri, con la partecipazione alla vita degli affari, 
esercitata od esercitabile in regime di concorrenza: le controversie relative 
al rapporto di impiego tra gli enti pubblici non economici ed i 
propri dipendenti rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice 
amministrativo (1). 

(1) La sentenza, di cui si tratta, appare interessante non tanto per la 
qualificazione dell'Istituto in causa come ente pubblico non economico e 
per le conseguenze trattene agli effetti della statuizione sulla giurisdizione, 
quanto per la indicazione degli elementi, che caratterizzano gli enti pubblici 
in genere e gli enti pubblici economici in particolare. Cfr. con riferimento 
a questi ultimi e specialmente per ci� che riguarda le questioni di giurisdizione 
sulle controversie relative ai rapporti di impiego Cass., Sez. Un., 
27 giugno 1966, n. 1649, in questa Rassegna, 1966, I, 1222 ed ivi, 1223, nota 1, 
nonch� Cass., Sez. Un., 23 dicembre 1965, n. 2477, in questa Rassegna, 1966, 
I, 295, ed ivi, nota 1. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con il primo motivo di ricorso la Marchetti, conftiiando 
l'eccezione sollevata davanti alla Giunta provinciale amministrativa 
dall'Istituto autonomo per le case popolari ed economiche per 
i dipendenti del Comune di Roma, che aveva sostenuto la propria natura 
di persona giuridica privata, ribadisce il carattere pubblicistico 
dell'Ente desunto dal suo statuto, dallo scopo di interesse pubblico 
che l'Istituto persegue, dal controllo esercitato sulla sua attivit� dagli 
organi di governo, nonch� dal godimento di una potest� di imperio 
nei confronti sia dei dipendenti, sia degli assegnatari e locatari degli 
immobili. 

Il motivo � fondato. Per determinare il carattere pubblico o privato 
di un ente, ai fini della discriminazione della giurisdizione nelle 
controversie con i propri dipendenti, e cio� tra quella esclusiva del 
giudice amministrativo a norma dell'art. 29, n. 1 t. u. n. 1054 del 1924 
e quella dell'autorit� giudiziaria ordinaria, bisogna aver riguardo al.
l'attivit� esplicata dall'Ente e al rapporto in cui esso viene a trovarsi 
di fronte allo Stato. Ove tale attivit� costituisca una integrazione dei 
fini di interesse generale che lo Stato persegue e sia caratterizzata da 
elementi che, in relazione all'ente cui si rifriscono, attengono alla sua 
costituzione, all'esistenza di controlli dell'autorit� governativa e ad 
una potest� di imperio per attribuzione dello Stato, la natura pubblica 
dell'ente ne discende con evidenza. 

Di tali elementi non pu� disconoscersi che l'Ente in oggetto risulti 
fornito. Sorto con atto deliberativo nel Comune di Roma, che faceva 
propria l'iniziativa dei suoi dipendenti, e riconosciuto come ente morale 
con r. d. 6 settembre 1922, l'Istituto autonomo per le case popolari ed 
economiche per i dipendenti del Comune di Roma, per la sua costituzione 
statutaria e per le finalit� che persegue, pu� dirsi assimilato 
agli Istituti autonomi per le case popolari ed economiche previsti dall'art. 
16 del t. u. 28 aprile 1938, n. 1165. Esso infatti � retto non solo 
da uno statuto modellato sul tipo di quello stabilito per gli Istituti 
autonomi, approvato con r. d. 25 maggio 1936, n. 1049, ma benanche 
dalla legislazfone sull'edilizia popolare ed economica di cui al citato 
testo unico, che autorizza i Comuni, quando sia riconosciuto il bisogno 
di alloggi per le classi meno agiate, a concorrere nella dotazione di 
Istituti per case popolari (art. 21). 

Quanto allo scopo, non v'� dubbio che esso persegua un interesse 
pubblico di natura assistenziale, quale quello di costruire case di abitazione 
da destinare ai dipendenti del Comune di Roma in pianta stabile 

o in attivit� di servizio, scopo che, secondo le premesse indicate nel 
decreto di approvazione dello statuto, deve essere realizzato con l'osservanza 
delle norme sull'edilizia popolare ed economica e delle norme 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 229 

che disciplinano l'assunzione diretta di pubblici servizi, ai sensi dello 
art. 15 della 1. 15 ottobre 1925, n. 2578. 

La conferma del carattere pubblico dell'Ente � data peraltro dal 
controllo che sull'attivit� dell'Istituto esercitano rispettivamente il Ministero 
dei Lavori pubblici ed il Comune di Roma, ai quali deve 
essere rimesso nell'ottobre e nel maggio di ciascun anno il bilancio 
preventivo e il conto consuntivo. 

L'Istituto gode infine di una potest� di imperio sia nei confronti 
del personale, il cui rapporto di prestazione d'opera � disciplinato da 
un regolamento autoritativo anzich� da contratti collettivi, sia nei 
confronti degli assegnatari e dei locatari delle case, essendo all'Ente 
attribuiti tutti i poteri di cui fruiscono gli Istituti autonomi per le 
case popolari. 

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che, stante la sua 
assimilabilit� agli Istituti autonomi per le case popolari, l'Istituto in 
oggetto non potrebbe� essere considerato ente pubblico economico, non 
agendo in regime di concorrenza n� perseguendo finalit� di lucro, e 
pertanto la controversia in esame, non rientrando tra quelle previste 
dall'art. 429 n. 3 c. p. c., rimarrebbe sottratta alla cognizione del giudice 
ordinario. 

Anche sotto questo profilo, il rilievo � fondato. Sulla nozione di 
ente pubblico economico la giurisprudenza del Supremo Collegio � 
ormai pacifica nel senso che caratteristica di tale ente � lo svolgimento 
di un'attivit� produttiva di beni o servizi, la quale, ancorch� strumentalmente 
collegata con il fine dell'ente, sia diretta immediatamente al 
conseguimento di lucri, partecipando alla vita degli affari, e sia esercitata, 
o sia esercitabile, in regime di concorrenza con analoga attivit� 
di comuni imprenditori privati. 

Tali estremi non si riscontrano nell'attivit� degli Istituti autonomi 
per le case popolari, i quali non solo non agiscono in regime di concoorrenza 
rispetto agli altri costruttori, essendo tenuti alla rigorosa 
osservanza dei criteri stabiliti dal t. u. 28 aprile 1938, n. 1165, ma 
tengono a conseguire una finalit� eminentemente assistenziale, quale 
quella della costruzione e assegnazione di alloggi a determinate categorie 
di persone aventi determinati requisiti. In particolare, poi, il fine 
di lucro o di speculazione � espressamente escluso dallo statuto dell'Istituto 
in oggetto, il quale non solo dispone che nella determinazione 
dei canoni di affitto si tenga conto di tutte le entrate ed esigenze 
dell'Istituto in modo da assicurarne il pareggio del bilancio (art. 17), ma 
stabilisce, a proposito della costituzione del fondo di riserva, che gli 
utili residui debbano venir destinati esclusivamente al raggiungimento 
degli scopi dell'Istituto, vale a dire ad incrementare l'attivit� normale 



230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'ente (art. 20), disponendo infine, in caso di liquidazione la devoluzione 
del patrimonio all'Ente comunale di assistenza. 

Accertata dunque la finalit� prevalentemente assistenziale ed escluso 
lo scopo di lucro, di speculazione o di concorrenza, l'Istituto intimato 
rimane inquadrato tra gli enti pubblici non economici, con la conseguenza 
che le controversie relative al rapporto di impiego con i 
propri dipendenti rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 novembre 1966, n. 2809 -Pres. 
Scarpello -Rel. Mirabelli -P. M. Pedote (conf.) -Bazzoero ed altri 
(avvocati Cartoni e Malorni) c. Prefetto di Roma e Ministero Trasporti 
(avv. Stato Carbone) nonch� c. Soc. Romana Ferrovie Nord 
(avv. Lorenzoni e Sambiagio) e Soc. Imprese Centro Italia (avv. 
De Pompeis e Pallottino). 

Espropriazione per p. u. -Retrocessione -Mancata utilizzazione del 
bene espropriato -Distinzioni -Fattispecie. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 60-63). 
L'ipotesi in cui l'immobile espropriato per l'esecuzione di un'opera 
di pubblico interesse non venga usato perch� l'opera non sia stata eseguita 
e l'ipotesi in cui non venga usato perch� l'opera sia stata eseguita 
in luogo diverso (e pi� non tocchi quell'immobile) sono entrambe 
regolate dall'art. 63 della legge fondamentale sulle espropriazioni laddove 
gli artt. 60 e 61 della stessa legge prevedono l'ipotesi diversa, in 
cui dopo l'esecuzione dell'opera qualcuno degli immobili a tal fine 
espropriati non abbia ricevuto in tutto od in parte la prevista destinazione; 
n� tale principio subisce deroga allorch� sull'immobile espropriato 
e non pi� usato siano stati intrapresi alcuni lavori rimasti del 

tutto estranei all'opera eseguita poi altrove (1). 

(1) La decisione � stata adottata in conformit� della tesi sostenuta 
dall'Avvocatura Generale dello Stato. Su un piano pi� di principio in merito 
v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 4 marzo 1966, n. 634, Giust. civ., 1966, I, 
1786, con la quale � la differenza tra le due figure di retrocessione previste, 
rispettivamente, negli artt. 60-61 e nell'art. 63 della legge fondamentale 
sulle espropriazioni per pubblica utilit� � viene individuata � non nel carattere 
totale o parziale della retrocessione, ma nella causa della sopravvenuta 
inutilizzabilit� del bene espropriato ., Pi� precisamente nella ipotesi, di cui 
agli artt. 60 e 61 della legge citata, � la inutilizzabilit� consegue all'avvenuta 
esecuzione dell'opera pubblica e riguarda quel singolo bene o parte di esso 
che � colui a favore del quale venne pronunciata l'espropriazione � riconosce 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 231 

non pm occorrente all'esecuzione dell'opera stessa�, mentre nella ipotesi, 
di cui all'art. 63 della legge summenzionata, � l'inutilizzabilit� � anteriore 
all'esecuzione dell'opera e discende dall'impossibilit� giuridica di dare ai 
beni espropriati o ad alcuni di essi la prevista destinazione in seguito alla 
decadenza dalla dichlarazfone di pubblica utilit� per scadenza del termine 
o per fatti, i quali diano l'assoluta certezza che tutti i beni espropriati, o 
alcuni di essi, non possano pi� essere destinati al compimento dell'opera 
pubblica�. Con la stessa sentenza ora richiamata le sezioni unite della 
Corte di C:assazione hanno riconosciuto che � quando l'opera prevista nel 
decreto di espropriazione sia stata compiuta nel termine prescritto e, solo 
dopo la sua esecuzione, sia diventata non pi� idonea a servire all'uso pubblico, 
non pu� proporsi la domanda di retrocessione ai sensi del citato 
art. 63, bens� quella consentita dal citato art. 60, la quale per� � proponibile 
davanti all'Autorit� giudiziaria solo quando sia intervenuta la pronuncia 
della Autorit� amministrativa prevista nel successivo art. 61 � aggiungendo 
che �ai fini della proponibilit� della domanda di retrocessione del bene 
espropriato per sua mancata utilizzazione, non pu� ritenersi sufficiente il 
generico riconoscimento � da parte di colui a cui favore venne pronunciata 
l'espropriazione � di cessazione della destinazione all'uso pubblico dopo il 
compimento dell'opera � in quanto l'art. 61 citato prevede il compimento 
di precise formalit�, ... onde solo se queste siano state eseguite o, in mancanza, 
se sia stato emesso dal prefetto, al quale la parte interessata pu� 
ricorrere, il decreto indicato nel surrichiamato art. 61, � consentito esercitare, 
davanti all'Autorit� giudiziaria, il diritto alla retrocessione. 

Sull'argomento cfr. pure Cass., I Sez. civ., 7 maggio 1965, n. 836, in 
questa Rassegna, 1965, I, 940 ed ivi, 941, nota 1. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 febbraio 1967, n. 303 -Pres. 
Scarpello -Rel. Geri -P. M. Di Majo (conf.) -GESCAL (avv. Stato 
Colletta) c. Castiglione (avv. Greco e Romita). 

Competenza e ~iurisdizione -Attivit� materiali della p. a. -Distinzioni 
-Condanna della p. a. ad un <<facere� o ad un �non facere
� -Ammissibilit� -Limiti. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, art. 4). 
L'attivit� materiale della p. a. pu� essere conforme o difforme 
non soltanto ai fini istituzionali dell'ente, che agisce, ma anche agli 

_ 
atti amministrativi, che lo stesso abbia eventualmente emanati; in s� 
considerata non pu� qualificarsi come espressione di una pubblica funzione 
quando contrasti con i fini istituzionali dell'ente che agisce ed 
eventualmente con atti formali dello stesso o non sia. preceduta dall'emanazione 
di questi: l'ente, che agisce, in ispregio ai suoi limiti fun.
zionali, non pu� invocare la protezione (nella specie la inammissibilit� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

232 

delta condanna ad un � facere � e ad un � non facere �) che gli deriverebbe 
daH'espletamento sia pure viziato di pubbliche funzioni (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso la Gestione sostiene 
la violazione dell'art. 4 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E sul contenzioso 
amministrativo, degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 10 e 23 1. 28 febbraio 1949, 

n. 43; artt. 2, 7 e 42 d. P. R. 4 luglio 1949, n. 436; nonch� artt. 1, 3, 
4 e 5 1. 26 novembre 1955, n. 1148 in relazione all'art. 360, n. 1, 3 e 5 
c. p. c. 
sotto un duplice profilo: 
1) il giudice non pu� ordinare alla P. A. una prestazione consistente 
in un facere, quale l'abbattimento di sporti, la rimozione di servit� 
e la inibizione del passaggio, essendogli vietata la revoca o modificazione 
dell'atto amministrativo, tenuto com'� a conoscere soltanto 
degli effetti dell'attivit� amministrativa illegittima; 
2) erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la ricorrente Gestione 
abbia agito come. persona privata, postoch� non si discuteva degli 

effetti di un contratto di compravendita, bens� dell'attivit� di una p. a. 
(quale deve essere riconosciuta la Gestione) nell'ambito dei suoi fini 
istituzionali di carattere pubblico. 
La costruzione di palazzine costituisce appunto la realizzazione di 
detti fini istituzionali e la attivit� materiale per realizzarli rappresenta 
un pubblico atto. 
(1) Attivit� materiali della pubblica amministrazione e condanna ad un 
<cfacere� o ad un unon facere�. 
Il problema prospettato non � elementare, come potrebbe apparire, 
anche se non si tratta di un problema nuovo, in quanto il fatto da cui � 
scaturita la controversia non � infrequente. 
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso contro la sentenza di condanna 
pronunciata dal giudice di merito, superando la questione del difetto di 
giurisdizione. 
Prima, tuttavia, ed al fine di esaminare la conclusione, cui sono giunte 
le sezioni unite, � necessario inquadrare la complessa problematica in uno 
sfondo meno sfumato di quello descritto nella decisione. 
Sono ormai note le elaborazioni che sia la dottrina sia la giurisprudenza 
(1) hanno operato in merito alla c. d. � attivit� materiale.� della P. A. Qualora, 
cio�, in difetto di un atto amministrativo formale, la P. A. ponga in 
essere un comportamento, non dichiarando ma attuando la propria volont�, 
e quindi implicitamente manifestandola � per facta concludentia ., � stato 
da tempo positivamente risolto, in dottrina ed in giurisprudenza, il quesito 
se si possa configurare, nel � comportamento esecutivo � (che dovrebbe 
presupporre la esistenza di un provvedimento formale) della P. A., un atto 
amministrativo. 
(1) Cass., Sez. Un., 16 giugno 1958, n. 2072, in Giust. Civ. 1958, 1184; id., 16 
aprile 1957, n. 1310. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 233 

Oppone la resistente che, pacifico essendo il diritto soggettivo violato 
nel difetto da parte dell'Ente di ogni potere discrezionale al riguardo, 
neppure ricorre una ipotesi di atto amministrativo illegittimo, non 
suscettibile di annullamento o di revoca, poich� non esiste alcun atto 
del genere, avendo la ricorrente agito iure gestionis e non iure imperii. 

Aggiunge, altres�, nella memoria, che il � fatto materiale� dell'Ente 
in ordine alla creazione di servit� sul loro fondo, non pu� essere 
considerato quale espressione dei compiti pubblici affidati all'Ente medesimo, 
che avrebbe agito con violazione della legge in condizioni di 
uguaglianza e di parit� con i soggetti privati. 

Il ricorso � destituito di fondamento. 

Il criterio distintivo della giurisdizione non consiste soltanto nel 
verificare se si verta in materia di diritto o di interessi legittimi, ma 
anche di stabilire, in base al petitum sostanziale la natura della pronunzia 
invocata. 

Ed � noto, al riguardo, che la P. A., quand'anche si controverta 
intorno a diritti soggettivi perfetti, non pu� essere condannata ad un 
facere o ad un non facere, poich� ci� rappresenterebbe una inammissibile 
revoca o riforma dell'atto amministrativo. 

Con questa premessa, il problema centrale consiste a nostro avviso 
nell'esaminare se, nella fattispecie, il comportamento ~ateriale, posto i~ 
essere dalla Gestione INA-Casa, possa qualificarsi come atto amministrativo, 
sia pure viziato. In caso affermativo troverebbe piena applicazione l'art. 4 
della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, con tutte le implicazioni relative al 
divieto di pronunzia, da parte dell'a..g.o., di condanne ad un � facere � o ad 
un � non facere �. In caso contrario, in mancanza, cio�, di un atto amministrativo, 
ossia ... in presenza di un atto amministrativo ... inesistente (2), 
l'art. 4 cit. non sarebbe invocabile nel caso concreto per la mancanza del 
presupposto necessario alla sua applicazione. 

Per la risoluzione del problema prospettato � necessario compiere una 
indagine tendente a verificare, da un lato, se il comportamento materiale 
dell'amministrazione abbia esorbitato dalla sfera delle proprie attribuzioni 
di funzioni, dall'altro, se abbia in concreto ecceduto totalmente dai suoi 
fini istituzionali, per soddisfare interessi non pubblici ma meramente privati. 
La soluzione affermativa comporta ovviamente analoga soluzione al 
precedente quesito sulla configurabilit� o meno, nella fattispecie, di un 
atto amministrativo. 

La Cassazione non ha seguito, chiaramente, questa impostazione: ci� 

determina, a nostro avviso ed indipendentemente dalla conclusione, notevoli 

perplessit� sulle argomentazioni giustificative della decisione. 

(2) Sul problema della � inesistenza � dell'atto amministrativo, GIANNINI, Corso 
di diritto amministrativo, III, 1, L'attivit� amministrativa, par. 106, p. 125, Milano 
1967; id., Atto amministrativo, in Enciclopedia del diritto, p. 157, par. 34, Milano 1959; 
SATTA, Giurisdizione ordinaria e cognizione diretta del provvedimento amministrativo, 
in Riv. Trim. Dir. Proc. Ci1'. 1965. 567; SANDULLI, I limiti di esistenza dell'atto amministrativo
�, in Rass. Dir. Pubbl. 1949, 125. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

234 

Questi concetti si sogliono sintetizzare nello insegnamento che, 
escluse le sentenze dichiarative e quelle di condanna ad una prestazione 
di � dare ., tutte le altre non possono essere pronunziate nei 
confronti della P. A. 

Si aggiunge tuttavia, ed esattamente, che il divieto di cui all'art. 4 
della legge sul contenzioso amministrativo (1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E) non � operante quando l'Ente pubblico compie negozi di diritto 
privato in condizioni di uguaglianza con gli altri soggetti (sentenza 

n. 395 del 1965). 
Questo ulteriore criterio distintivo per�, mentre non presenta soverchi 
dubbi in relazione agli atti negoziali, che l'Ente stipuli al pari 
di ogni altra persona, d� luogo invece ad incertezze in ordine alle attivit� 
�materiali � della P. A., specialmente quando faccia difetto un 
atto amministrativo (legittimo o illegittimo), che sia espressione di pubblici 
poteri. 

Tali attivit�, dette anche � operazioni � in dottrina per distin


guerle dagli atti formali, consistono di solito nel compimento di quanto 
occorre per eseguire o preparare gli atti stessi oppure per la concreta 

Afferma, i~ proposito, la Cassazione che � le operazioni. della P. A. 

�possono essere conformi o difformi non soltanto ai fini istituzionali dell'Ente, 
ma anche agli atti amministrativi che lo stesso abbia eventualmente 
emanati�. Non comprendiamo la rilevanza., nel caso di specie, della diffor1 
mit� del comportamento materiale rispetto ad atti amministrativi ... eventualmente 
emanati. Ci� significa forse che le c. d. �operazioni., per con 
cretare un atto amministrativo, debbano necessariamente presuppore altri 

atti amministrativi formali? L'assunto importerebbe una restrizione della 
nozione di � comportamento esecutivo � -atto amministrativo, in contrasto 
anche con precedenti orientamenti della Suprema Corte (3). 
Ma v'� di pi�: insistiamo su questo punto, perch� ci sembra sia stato 
determinante della conclusione della sentenza. Che l'attivit� materiale, 
posta in essere dalla Gestione INA-Casa si 
legge nella decisione si 
sia 
esplicata al di fuori dell'ambito dei fini istituzionali dell'Ente, appare evidente 
allorch� si consi"deri che, nella fattispecie, � mancato del tutto un atto 
amministrativo � in esecuzione o preparazione del quale le attivit� materiali� 
avrebbero dovuto essere compiute. L'affermazione � grave, perch�, 
se non fraintendiamo il pensiero della Oorte, essa induce alla conclusione 
che proprio la carenza di un precedente atto amministrativo formale (che 
dovrebbe fungere da presupposto del successivo comportamento materiale) 
costituirebbe ... la prova dell'impossibilit� di ricondurre il comportament� 
stesso nell'ambito dei poteri pubblici dell'Ente. I 
(3) Cass., Sez. Un., 29 luglio 1966, n. 2094; id., 28 luglio 1964, n. 2125, in questa 
Rassegna, 1964, 863; id., 5 dicembre 1963, n. 3090, id., 23 marzo 1963, n. 739, in 
Foro it., 1963, I, 906; id., 28 luglio 1962, n. 2211, id., 22 aprile 1960, n. 905, Trib. 
Lecce 30 dicembre 1958, in Giust. Civ., 1959, 947. 
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Vedasi anche Relazione Avvocatura Stato 1956-60, II, 117, Roma 1961. ~?: 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

235 

esplicazione di un servizio o per le necessit� di un adempimento qualsiasi. 


Esse dunque possono essere conformi o difformi non soltanto ai 
fini istituzionali dell'Ente, ma anche agli atti amministrativi, che lo 
stesso abbia eventualmente emanati. 

Se conformi l'obbligo imposto dal giudice ordinario alla P. A. di 
adottare un diverso comportamento si risolverebbe, necessariamente, 
in una revoca o riforma dell'atto amministrativo, anche se questo si 
ponga, illegittimamente, in violazione di un diritto. 

Se difformi (nella specie tali vanno considerate poich� mai s'� 
parlato in causa di atti formali lesivi del diritto dominicale dei ricorrenti) 
esse si pongono del tutto fuori dell'ambito sia dei fini istituzionali, 
sia dei poteri conferiti all'Ente e non possono quindi, per intima contraddizione, 
essere ricondotte nella sfera delle sue pubbliche funzioni. 


Il ragionamento non convince. La circostanza, infatti, della non esistenza 
di un precedente o susseguente atto amministrativo formale � del 
tutto irrilevante, se non si esclude, come non � da dubitarsi, la possibilit� 
di configurare un atto amministrativo non formale anche in presenza di 
un mero comportamento materiale della P. A.: ed � appunto questo che 
occorre dimostrare nella fattispecie. 

Che la Gestione INA-Casa abbia natura di P. A. non pu� certo dubitarsi: 
ci� emerge, in primo luogo, e con tutta evidenza, dalle norme 
istitutive dell'Ente (1. 28 febbraio 1949, n. 43), dalle norme contenute nel 
regolamento di esecuzione (d.P.R. 4 luglio 1949, n. 436) e da quelle di 
proroga della sua durata (1. 26 novembre 1955, n. 1148); in secondo luogo, 
dagli scopi di utilit� pubblica assegnati dalla legge alla Gestione, dalla 
ingerenza penetrante del controllo governativo, dalla costituzione degli 
organi e dai modi di nomina dei funzionari ad essi preposti, nonch�, infine, 
dall'intervento finanziario dello Stato nell'attuazione dei compiti affidati 
all'Ente (4). N� alcun dubbio sussiste sul fatto che la Gestione, in quanto 
costruisce case per lavoratori, le amministra e ne cura la manutenzione, 
esercita un'attivit� pubblicistica ed un pubblico servizio (5). 

Tali verit� non sono state contestate, sul piano teorico, dalla Cassazione 
e non serve quindi insistere su di esse, essendo invece in discussione 
la relazione giuridica tra le c. d. � operazioni � compiute dalla Gestione 
e� le finalit� pubbliche dell'Ente. Afferma, al riguardo, la S. C. che, se la 
lesione lamentata dai privati �avesse risposto effettivamente ad esigenze 
di pubblica utilit�, l'INA-Casa avrebbe ben potuto ricorrere allo strumento 

(4) .Anche il Cons. di Stato (Sez. IV, 1� giugno 1954, n. 387, in Foro amm., 
1954, I, 1, 310) ha riconosciuto alla Gestione INA-Casa la qualifica di Ente pubblico. 
(5) App. Roma, 22 luglio 1964, in Foro it., 1964, I, 1860; Nrnao, L'edificio popolare 
come servizio pubblico, in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 1957, 118; FERINI, Assegnazione 
di alloggi popolari, Padova 1957; id., Edilizia economica e popolare, in Novissimo 
Digesto, VI, 388, Torino 1960. 

236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Ci� appare ancor pi� conseguente laddove manchi del tutto un 
atto amministrativo, in esecuzione o preparazione del quale le attivit� 
materiali dovrebbero �essere compiute. 
In caso di difformit� dunque vien meno il presupposto di applicazione 
del divieto di cui all'art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo, 
cio� l'esplicazione di un pubblico potere in adempimento di 
fini di interesse generale. 
Infatti siffatte attivit� materiali, peraltro poste palesemente in 
236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Ci� appare ancor pi� conseguente laddove manchi del tutto un 
atto amministrativo, in esecuzione o preparazione del quale le attivit� 
materiali dovrebbero �essere compiute. 
In caso di difformit� dunque vien meno il presupposto di applicazione 
del divieto di cui all'art. 4 della legge sul contenzioso amministrativo, 
cio� l'esplicazione di un pubblico potere in adempimento di 
fini di interesse generale. 
Infatti siffatte attivit� materiali, peraltro poste palesemente in 
violazione di diritti soggettivi, non si differenziano da quelle che potrebbero 
essere compiute da qualsiasi soggetto privato in danno altrui 
e, come tali, sono soggette alla cognizione piena del giudice ordinario. 

Quindi anche alle sanzioni consistenti in prestazioni di facere e di 
non facere. 

dell'espropriazione e non, di fatto, confiscare a proprio favore diritti reali 
altrui �. (Nella specie, erano state costruite alcune palazzine per lavoratori, 
con violazione delle norme relative alle distanze legali, con la apertura di 
vedute sul fondo confinante e con abusiva creazione di servit� di acquedotto 
e di passaggio). Si torna, come si vede, al punto di partenza: mancando 
un atto amministrativo formale, l'attivit� materiale esplicata non potrebbe 
essere ricondotta nell'ambito dei fini di pubblica utilit� dell'Ente. 

Con ci�, sia pur implicitamente, si disconosce che il carattere pubblico 

dell'attiva della P. A. non deve necessariamente essere ricollegato ad un 

atto amministrativo formale, poich� l'elemento che discrimina il compor


tamento di diritto pubblico da quello di diritto privato � il fine cui � 

ispirata l'attivit� materiale (vale a dire il soddisfacimento di un interesse 

pubblico oppure di un interesse economico privato), ovvero l'eccesso o meno 

dalla sfera delle attribuzioni. 

Ora non v'ha dubbio che la Gestione, quando ha edificato le case per 

lavoratori nel modo lamentato dai controricorrenti, abbia agito come P. A. 

nell'ambito dei propri fini istituzionali e nell'esercizio dei suoi poteri: e 

ci� quanto basta, in quanto, se poi l'attivit� materiale posta in essere dalla 

Gestione si sia concretizzata in un atto amministrativo viziato, seguiranno 

l� normali conseguenze connesse ad un provvedimento amministrativo ille


gittimo, fermo restando il disposto di cui all'art. 4 della 1. n. 2248, all. E, 

del 1865 (6). (Nella specie, i giudici del merito, invece, hanno condannato 

la Gestione a rimuovere la servit� di veduta, ordinandone la chiusura a pieno 

muro, a rimuovere la servit� di acquedotto e ad abbattere gli sporti della 

costruzione, a non esercitare l'abusivo passaggio). 

Comunque, dovendosi escludere che si possa affermare � a priori � 

trattarsi di attivit� jure privatorum sol perch� � carente un atto ammini


strativo formale, sarebbe stato necessario procedere ad una accurata inda


gine (7) tendente ad accertare se l'attivit� posta in essere fosse o meno 

(6) GIANNINI, La giustizia amministrativa, p. 116-117, Roma 1964. 
(�) Nelle questioni di giurisdizione la Corte di Cassazione � anche giudice 
dei fatti sulla base dei quali In giurisdizione stessa si determina: Cass., Sez. Un., 
6 aprile 1966, n. 900, in questa Rassegna, 1966, I, 566. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 237 

Peraltro I'� attivit� materiale ., per se stessa, non pu� qualificarsi 
come espressione di una pubblica funzione, quando _contrasti con i fini 
istituzionali dell'Ente ed eventualmente con gli atti formali di quest'ultimo, 
o non sia preceduta dalla emanazione degli stessi. 

Il soggetto pubblico che la pone in essere non serve, in tal caso, 
a conferirle il � crisma ., proprio degli atti amministrativi, promanante 
dalla presenza di una pubblica potest�. 

Nella specie l'INA-Casa pose in essere, come hanno accertato i 
giudici di merito, la violazione del diritto soggettivo della Castiglione, 
operando del tutto al di fuori dei suoi poteri e delle sue attribuzioni. 

N� vale opporre che la costruzione di case per i lavoratori era del 
tutto conforme ai suoi fini istituzionali, perch� tale verit� non giustifica 
l'intangibilit� della lesione lamentata. Se questa ultima avesse risposto 
effettivamente ad esigenze di pubblica utilit� l'INA-Casa avrebbe ben 
potuto ricorrere allo strumento dell'espropriazione, e non, di fatto, 
confiscare a proprio favore diritti reali altrui. 

In queste condizioni, che trovano peraltro riscontro su conforme 
giurisprudenza in tema di azioni possessorie contro la P. A. (sentenza 

n. 603 del 1954), l'Ente non pu� invocare, in spregio ai suoi limiti funzionali, 
la protezione che gli deriverebbe dall'espletamento, sia pur 
viziato, di pubbliche funzioni. -(Omissis). 
ispirata e diretta al conseguimento degli scopi generici e specifici di pubblica 
utilit� propri dell'Ente. 
Si osserva, al riguardo, che il �-comportamento esecutivo� della Gestione 
non pu� essere considerato una manifestazione di viis privata, che la 

P. A. pu� anche sacrificare -indipendentemente da un formale procedimento 
amministrativo -i diritti dei singoli, ove ci� sia ritenuto necessario 
in vista di un superiore interesse di carattere generale e che ogni attivit�, 
anche materiale, esplicata dalla P. A. in relazione al proprio patrimonio 
indisponibile, assume carattere indiscutibilmente pubblicistico. Dev'essere, 
peraltro, ancora osservato infine .che, nelle ipotesi dubbie, la suddetta indagine 
dovrebbe condurre alla conclusione dell'esercizio di pubbliche funzioni, 
in quanto la P. A. agisce, normalmente, jure pubblico. 
Non sembra, tuttavia, che la S. C. si sia addentrata nella parte centrale 

del problema, in quanto si � limitata sostanzialmente a constatare la ca


renza, nella fattispecie, di atti amministrativi formali. 

La decisione rappresenta forse un mutamento dell'orientamento prece


dente della Corte? Confrontando precedenti pronunzie, non ci sembra che 

la sentenza sia tale da portare maggiore chiarezza in una materia gi� cosi 

intricata (8). 

UMBERTO GIARDINI 

(8) Da ultimo, in materia di violazione, da parte della p. a., delle norme sulle 
distanze: Cass., Sez. Un., 16 febbraio 1966, n. 477, in questa Rassegna, 1966, I, 313. 

238 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 febbraio 1967, n. 430 -Pres. 

Flore -Rel. Modigliani -P. M. Di Majo (conf.) -Ministero Finanze 

(avv. Stato Gargiulo) c. Notaro (avv. Ingangi). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico -Pretesa del dipendente 
all'alloggio gratuito -Procedura per la riscossione delle 
entrate patrimoniali -Opposizione -Giurisdizione esclusiva del 
Giudice amministrativo. 

(t. u. 14 aprile 1910 n. 639, art. 3; t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, artt. 29, 
primo comma n. 1 e 30, primo comma). 
La pretesa del pubblico impiegato di godere dell'alloggio gratuito, 
in considerazione delle mansioni affidategli, deriva direttamente dal 
rapporto di impiego, onde sussiste in proposito la giurisdizione esclusiva 
del Giudice amminstrativo; n� la controversia si sottrae a tale 
giurisdizione allorquando la pretesa dell'Amministrazione per il canone 
� fatta valere con lo speciale procedimento di riscossione delle entrate 
patrimoniali e quella del dipendente in via di opposizione (1). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento l'Amministrazione 
ricorrente, nel denunziare la violazione degli artt. 29 e 30 del t. u. 26 
giugno 1924, n. 1054 e degli artt. 3 e 4 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 
all. E sul contenzioso amministrativo, lamenta che la Corte di Appello 
abbia affermato la propria giurisdizione a statuire sulla controversia 
in oggetto, nonostante che questa vertesse in materia di pubblico 
impiego e appartenesse quindi alla competenza giurisdizionale esclusiva 
del giudice amministrativo. 

La doglianza � fondata. 

Come � giurisprudenza costante di queste Sezioni Unite (cfr., tra 

le altre, le sentenze nn. 2230 e 1852 del 1962), sussiste la giurisdi


zione esclusiva del giudice amministrativo tutte le volte che la con


troversia concerna diritti immediatamente derivanti dal rapporto di 

pubblico impiego obiettivamente considerato, di tal che si contenda, 

con la pubblica amministrazione, sulla sussistenza o sulla estensione di 

tali diritti. Esula invece detta giurisdizione esclusiva, allorch� la pre


tesa dedotta in giudizio trovi nel rapporto di impiego soltanto la sua 

occasione. 

Orbene una controversia, che, come quella di cui si discute, abbia 

per oggetto l'accertamento della fondatezza della pretesa di un pub


(1) I principi, di cui alla massima, rispondono pienamente alle tesi 
sostenute nel ricorso dell'Avvocatura Generale dello Stato e vanno segnalati, 
specie in quanto riguarda la seconda parte, per il loro interesse. 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 239 

blico impiegato di godere, in considerazione delle mansioni affidategli, 
di un alloggio gratuito, deriva direttamente dal rapporto di pubblico 

impiego, in quanto la posizione soggettiva relativa all'alloggio fa parte 
integrante del detto rapporto e, per statuire sulla controversia, occorre 
compiere una indagine sul contenuto, nell'estensione e negli effetti, 
del rapporto medesimo. 

N� la controversia si sottrae alla giurisdizione del giudice amministrativo, 
allorch� la pretesa dell'amministrazione di ottenere dal pubblico 
dipendente il canone, che asserisce esserle dovuto per il godimento dell'alloggio 
demaniale, sia stata fatta valere (come si �, P!'!r l'appunto, verificato 
nella fattispecie in esame) con il procedimento coattivo speciale disciplinato 
dal testo unico sulla riscossione delle entrate patrimoniali, pubblicato 
con il r. d. 14 aprile 1910, n. 639. Infatti vero � che nell'art. 3 
del predetto t. u. � disposto che le opposizioni avverso le ingiunzioni di 
pagamento relative a entrate patrimoniali si propongono dinanzi al 
conciliatore, al pretore o al tribunale, secondo la rispettiva competenza. 
Tuttavia ( a parte che sarebbe in ogni caso da escludere che con tale 
disposizione si fosse stabilita una deroga alla competenza giurisdizionale 
esclusiva del Consiglio di Stato in materia di pubblico impiego, dato che 
detta competenza giurisdizionale esclusiva � stata introdotta nel nostro 
ordinamento col r. d. 26 giugno 1924, n. 1054 e quindi successivamente 
alla pubblicazione del pi� volte menzionato t. u. n. 639 del 1910) la 
disposizione in parola non ha affatto inteso derogare alle norme regolatrici 
della giurisdizione nel nostro ordinamento giuridico, giacch� ha 
preso in considerazione solo le situazioni pi� frequenti, essendo noto 
che, di regola, le entrate patrimoniali hanno per base un titolo di 
diritto privato e le eccezioni sollevate nei riguardi delle pretese in 
discorso hanno la stessa natura (cfr., in tal senso, per riferimento, la 
sentenza di queste Sezioni Unite n. 2028 del 15 giugno 1938). In applicazione 
del principio della prevalenza dell'effettiva volont� della legge 
su ci� che dal suo contesto si dovrebbe desumere, anche nel procedimento 
ingiunzionale previsto nel pi� volte citato t. u. il giudizio sull'opposizione 
deve, dunque, svolgersi entro i limiti segnati dal nostro ordinamento 
alla giurisdizione dell'autorit� giudiziaria. Pertanto non pu� 
essere proposta dinanzi al magistrato ordinario l'opposizione a un'ingiunzione 
per la riscossione di entrate patrimoniali, quando l'opponente 
deduca in giudizio (come � avvenuto nel caso di cui si discute) una 

pretesa che trovi il suo titolo necessario in un rapporto di pubblico 
impiego. 

Dalle svolte considerazioni discende che il ricorso deve essere accolto 
e che, essendosi riconosciuto il difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario a emettere la pronuncia, la denunziata sentenza deve essere 
cassata senza rinvio. -(Omissis). 

5 



240 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 aprile 1967, n. 798 -Pres. 
Scarpello -Rel. Pratillo -P. M. Pedote (conf.) -Formichi (avv. Burlando) 
c. Ministero Tesoro (avv. Stato Tavassi). 

Competenza e giurisdizione -Pensioni -Pensioni di guerra -Giuris


}: 

dizione della Corte dei Conti -Estensione. 

(r. d. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 62 e 68: I. 10 agosto 1950, n. 648, artt. 51 
e 114-116; I. 10 aprile 1954, n. 113, artt. 36 e 37, primo, secondo e terzo comma). 
Dana giurisdizione della Corte dei Conti sono escluse le questioni 

� successive � alla liquidazione del trattamento pensionistico, ma tra 
queste non pu� essere annoverata quella relativa all'inizio della corresponsione 
del trattamento stesso (1). 
(Omissis). -Si sostiene che la Corte de' Conti si sarebbe dovuta 
limitare a correggere l'errore di fatto che le era stato denunciato con 
il ricorso in revocazione, cio� la data del collocamento del Formichi 
nella riserva, e non riesaminare la questione, gi� precedentemente 
decisa, della decorrenza della pensione, statuendo il divieto di .cumulo 
tra due trattamenti economici: quello pensionistico di guerra e l'altro 
di attivit� di servizio con la sospensione del primo per la durata trimestrale 
del secondo: cumulo che, invece, sarebbe possibile. In tal modo 
la Corte de' Conti avrebbe invaso la sfera d'attribuzioni spettanti ad 
altri organi giurisdizionali o amministrativi, in quanto la giurisdizione 
generale ed esclusiva della Corte dei. conti in materia di pensioni 
avrebbe ad oggetto soltanto le questioni relative all'esistenza del diritto 
di pensione, alla sua misura e decorrenza, e non si estenderebbe a 
questioni successive, come la sospensione del relativo trattamento economico, 
che, pur incidendo sul rapporto pensionistico, lascino inalterato 
il diritto a pensione nella misura riconosciuta. 

Il �ricorso � infondato. Per l'art. 62 del r. d. n. 1214 del 12 luglio 
1934 la Corte dei conti ha competenza giurisdizionale piena ed esclusiva 
a decidere sui ricorsi contro provvedimenti definitivi di liquidazione 
di pensioni a carico totale o parziale dello Stato e, pertanto, a stabilire, 
con sentenza costitutiva, se spetti o no il diritto soggettivo a pensione 
e quale ne debba essere l'ammontare: cosi per le pensioni di guerra in 
riferimento anche agli artt. 114-116 della 1. n. 648 del 10 agosto 1950. 
� evidente che, in caso d'accertamento positivo dell'an debeatur, la 

(1) La affermazione di princ1p10, di cui alla massima trae origme da 
un caso peculiare, che risulta chiaramente delineato nei suoi estremi dalla 
motivazione della. sentenza e che � stato deciso in conformit� a quanto 
sostenuto dall'Avvocatura Generale dello Stato, controricorrente. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 241 

decisione della Cprte dei conti deve precisare anche la data di decorrenza 
della pensione, altrimenti la pronuncia sarebbe incompleta, trattandosi 
di elemento di fatto essenziale all'affermata esistenza del diritto: 
il che, peraltro, il ricorrente non contesta. 

L'art. 51 della citata I. n. 648 del 1950 -in relazione anche,_ per 
quanto riguarda gli uffi.ciali dell'esercito, della marina e dell'aeronautica, 
agli artt. 36 e 37 comma 1� della I. n. 113 del 10 aprile l954 (che hanno 
sostituito, senza tuttavia mutarne la sostanza, gli artt. 32 e 33 della 

1. n. 369 dell'8 maggio 1940) -precisa da quando debba decorrere la 
pensione di guerra per i militari nelle varie ipotesi in cui ne sia stato 
accertato il diritto. Ma, al riguardo, deve tenersi presente, per il caso 
di specie, l'art. 37, commi 2� e 3�, della citata I. n. 113 del 1954 il quale 
stabilisce che all'ufficiale, dalla data del suo collocamento nella riserva 
o in congedo assoluto, � e per un periodo di tre mesi sono corrisposti 
gli interi assegni spettanti al pari grado del servizio permanente ., e 
che � tali assegni non sono cumulabili con quelli di quiescenza ., anche 
se il collocamento nella riserva o in congedo assoluto dipenda � ... � da 
infermit�... riportate o aggravate per causa di servizio di guerra od 
attinente alla guerra �;ipotesi, tra le altre; prevista dall'art. 36 comma 20 
della 1. n. 113 del 1954. 
Nel caso concreto, la Corte dei conti con la decisione del 10 gennaio 
1962 aveva stabilito che il trattamento pensionistico privilegiato 
di guerra dovesse decorrere per il Formichi dal 19 maggio 1951, nell'errata 
supposizione che questa fosse la data del collocamento nella 
riserva dell'ufficiale; mentre, a seguito del giudizio di revocazione promosso 
dal Formichi a sensi dell'art. 68 del r. d. n. 1214 del 1934, ha 
accertato e riconosciuto che, come gi� risultava dagli atti, il collocamento 
nella riserva dell'ufficiale era avvenuto il 9 giugno 1947. Senonch� 
la Corte dei conti nello stesso giudizio ha anche accertato in fatto 
(e al riguardo non v'� contestazione) �che il Formichi, in ottemperanza 
al preciso disposto del citato art. 37, commi 2� e 3�, della I. n. 113 del 1954, 
nei tre mesi successivi al 9 giugno 1947 aveva regolarmente riscossi 
gli interi assegni spettanti al pari grado del servizio permanente e, 
pertanto, ha stabilito che, in effetti, il trattamento pensionistico privilegiato 
di guerra doveva decorrere dal 9 settembre 1947. 

Orbene, se � esatto che sono escluse dalla competenza giurisdizionale 
della Corte dei conti le questioni � successive � alla liquidazione 
del trattamento pensionistico, tuttavia tra queste non pu� essere certo 
annoverata quella relativa all'inizio della corresponsione del trattamento 
stesso stabilito in conformit� a una precisa norma di legge, poich� trattasi 
non di un caso di sospensione del trattamento, come afferma il 
ricorrente, ma di decorrenza di esso, in quanto il diritto a pensione 
nasce con la sentenza della Corte dei conti che lo costituisce, fissandone 


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242 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'ammontare e, appunto, la data da cui decorre. Ed a quest'ultimo riguardo 
l'art. 37 commi 20 e 3� della 1. n. 113 del 1954, modifica per gli 
ufficiali, la norma generale dell'art. 51 della 1. n. 648 del 1950, in quanto 
sposta la data di effettiva decorrenza della corresponsione del trattamento 
pensionistico a tre mesi dopo il collocamento dell'ufficiale nella 
riserva o in congedo assoluto. 

Pertanto, poich� con il .suo ricorso per revocazione il Formi<;hi 
aveva denunciato un errore di fatto in cui era incorsa la Corte dei conti 
circa la decorrenza del suo trattamento pensionistico privilegiato di 
guerra, a seguito del relativo giudizio risorgeva nella sua pienezza la 
competenza giurisdizionale della Corte stessa al riguardo e, una volta 
riconosciuto l'errore di fatto, il potere di sostituire la data errata con 
quella ritenuta esatta: l'applicazione del citato art. :}7, commi 2� e 3�, 

era conseguenza immediata, diretta e necessaria del potere di correzione. 

N� la Corte dei conti ha, cos�, risolta una questione successiva alla 
costituzione del diritto a pensione perch�, come deduce ancora il ricorrente, 
riguardante il divieto di un eventuale cumulo tra assegni di 
servizio e di quiescenza. Invero la questione � risolta espressamente 
dalla legge contrariamente all'assunto del Formichi, come si � gi� detto, 
proprio per i tre mesi successivi alla data di collocamento dell'ufficiale 
nella riserva o in congedo assoluto, ai quali soltanto la Corte dei conti 
ha limitata la sua pronuncia, e in stretto riferimento alla data d'inizio 
della corresponsione del trattamento pensionistico. -(Omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 maggio 1966, n. 1109 -Pres. 
Lonardo -Est. D'Amico -P. M. Criscuoli (conf.). -Letizia (avv. 
Rocco) c. Comune di Candela (avv. Kuntze). 

Responsabilit� civile -Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici 
-Lesione di interessi legittimi -Annullamento di atti amministrativi 
illegittimi -Diritto al risarcimento dei danni -Insussistenza. 


(1. 20 marzo, 1865, n. 2248, all. E, art. 2; c. c., art. 2043). 
Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Contratti -Contratto 
d'appalto d'opera pubblica -Gara per licitazione privata -Momento 
perfezionativo del contratto -Approvazione dell'aggiudicazione 
-Annullamento dell'aggiudicazione -Risarcimento dei 
danni -Esclusione. 

(1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 2; r. d. 18 novembre 1923, n. 2440. 
artt. 16, 19). 
Per la proponibilit� dell'azione di risarcimento dei danni contro 
la P. A. non � sufficiente che il Giudice Amministrativo abbia annullato 
un atto della P. A., ma � necessario che l'atto annullato abbia inciso su 
originarie posizioni di diritto soggettivo del privato (1). 

Il contratto d'appalto stipulato a mezzo di licitazione privata si perfeziona 
soltanto con l'atto amministrativo di aggiudicazione debitamente 
approvato, epper�, annullata dal Consiglio di Stato l'aggiudicazione, 
l'altro concorrente, mancato aggiudicatario, non ha azione di 
risarcimento dei danni contro la P. A. (2). 

(1) Giur. costante: conf., per tutte, C'ass., Sez. Un., 12 ~rile 1965, 
n. 657, in questa Rassegna, 1965, I, 318, ed ivi nota sub l (319) di riferimenti. 
(2) Sulla prima parte della massima v. Cass., 28 marzo 1966, n. 816, 
in questa Rassegna, 1966, I, 361, sub l; 30 gennaio 1964, n. 263, id., 1964, I, 
489, sub 1, con nota di F. CARUSI. 
Sulla seconda .parte della massima v. citata nota, nonch� Cass., Sez. 
Un., 25 giugno 1953, n. 1950, Foro it., Rep., 1953, voce Amministrazione dello 
Stato, n. 83. 

La motivazione della sentenza in rassegna � pubblicata in Foro it., 
1967, I, 339. 


244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986 -Pres. Flore 
-Est. Pratillo -P. M. Di Majo (conf.). Abbat ed altri (avv. Martino, 
Melazzo, Vitarelli) c. Amministrazione delle Ferrovie dello Stato 
(Avv. Stato Cavalli). 

Occupazione -Occupazione d'urgenza d'immobile alieno da parte della 

P. A. per la costruzione di opera pubblica -Mancato perfezionamento 
nel biennio della procedura espropriativa -Illiceit� dell'ulteriore 
possesso del bene -Sussiste -Sopravvenienza del decr�to 
di espropriazione -Cessazione dell'illegittimit� dell'abusiva occupazione, 
a decorrere dalla data di emanazione della pronuncia 
espropriativa -Sussiste. 
(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 71, comma primo, parte seconda, 73). 
Espropriazione per p. u. -Dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera Inefficacia 
-Necessit� dell'inutile decorso di entrambi i termini, 
di compimento dell'espropriazione e dell'opera -Sussiste. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 1.3). 
Espropriazione per p. u. -Indennit� -Determinazione -Suolo edificatorio 
-Nozione. 

(1. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.). 
Quando un immobile sia stato occupato d'urgenza dalla P. A. e sia 
decorso il termine di due anni previsto dall'art. 73 l. n. 2359 del 1865 
senza che il Prefetto abbia pronunciato l'espropriazione per pubblica 
utilit� del bene stesso, l'illegittimit� dell'abusiva occupazione ultrabiennale 
del bene cessa, s.e sopravvenga il decreto di espropriazione, poich�, 
avverandosi dal giorno di emanazione di tale decreto il trapasso del bene 
all'occupante, l'attivit� della P. A. da tale data diviene lecita (1). 

L'inefj�cacia della dichiarazione di pubblica utilit� dell'opera consegue 
non gi� all'inutile decorso del solo termine fissato per il compimento 
deUe operazioni di esproprio, ma richiede altres� L'inutile scadenza 
dell'altro termine fissato per il compimento dell'opera, in mancanza 
di che ben pu� La P. A. emanare legittimo decreto di espropriazione 
(2). 

(1) Giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., 13 febbraio 1965, n. 223, 
in questa Rassegna, 1965, I, 337, sub 1 e 2, ed ivi ulteriori riferimenti; 21 ottobre 
1965, n. 2173, ibidem, 1189, nella motivazione. 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 26 giugno 1957, n. 2481, Giust. civ., 1957. I, 
1682 e segg., (1683): � fino a quando non sia trascorso il termine ultimo 
per il compimento dell'opera, e cio� fino a quando la dichiarazione di 

PJl.~TE .I, SEZ. IU, GIURlSPl,tt.TJ)ENZA CIVILE PJl.~TE .I, SEZ. IU, GIURlSPl,tt.TJ)ENZA CIVILE 
n carattere edificatorio di un suolo, ai fini della determinazione 
den'indennit� d.i espropriazione, st pu� desumere o, diretamente, dal 

fatto che esso risulti comp1eso in un piano regolatore particolareggiato 
(non .essendo sufficiente a tctle scop� che esso sia inserito in una zona 
definita come nucleo edilizio dal piano regolatore), ovvero (nonostante 
la sua attuale; dVforme destinazione) in via indiretta, da un complesso 
dt qualit�. ()bigtti1Je ed ineqt,1,ivoche, intrinseche all'immobile, le quali 
.dttestino�ii,'i'.Uti $W;t (tttuale e concreta edificabilit�, e che possono consistere 
nella 'facititd: di accesso, net�a esistenza di vie pubbliche e di collegamenti 
con Ja citt�: v�e�na, in un'edificazione gi� iniziata nella zona, nella 
J>T�$�p.zq; d� �servizi pubblici necessari al vivere civile (acqua, luce, fo


gfut,t~r(�';/e�c;f (3). 

�>. �.�....�� .. (Om,issis). -I primi quattro mezzi di ricorso, per la loro evidente 
' ci:>W:i�sst<:me logico-giuridica, debbono formare oggetto di esame congiunto 
e vanno rigettati. 
Innanzi al Tribunale la Calabr� sostenne, in sede di conclusioni 
definitive, l'inapplicabilit� alla specie, per la liquidazione delle indennit� 
di esproprio, della legge speciale per il risanamento della Citt� di 
Napoli (n. 2892 del 25 gennaio 1885, artt. 12 e 13, richiamati dalla 1. 

p. u. conserva la sua efficacia, permane integro nel titolare il diritto di 
procedere a quelle operazioni che sono previste come necessarie per il 
compimento dell'opera e, quindi, anche alle espropriazioni, anche se il termine 
particolare, per le stesse fissato, sia inutilmente decorso. Tale principio 
ha valore di norma generale �; v. anche, ivi, nota 1. Contrariamente alla 
sentenza in rassegna (v. in motivazione), avverte Cass., 11 maggio 1964, 
n. 1123, Giust. it., Mass., 1964, 362, che � la norma dell'art. 13 1. n. 23�59 del 
1965... � diretta a regolare l'attivit� della P. A. in vista dell'interesse pubblico 
da perseguire (norma d'azione)... pertanto per la violazione di tale 
norma... il cittadino pu� agire a tutela del suo interesse non d~nanzi al G. O., 
ma dinanzi al Giudice amministrativo e nei limiti in cui l'interesse privato 
coincida con quello pubblico �. 
(3) Cfr. Cass., 30 marzo 1965, n. 557, in questa Rassegna, 1965, I, 1139, 
sub 
5 (1141) ed ivi (1146) riferimenti. 
Segue annotazione di U. GIARDINI: 


(1-3) In tema di occupazione, preordinata all'espropriazione per p. u .. 
protratta oltre il biennio e di inefficacia della dichiarazione di p. u. 

1. -I ricorrenti avevano sostenuto, durante il giudizio di primo grado 
di opposizione alle stime delle indennit� (che nei decreti di espropriazione 
erano state liquidate in base alla 1. 25 gennaio 1885, n. 2892, sul risanamento 
della citt� di Napoli), che le indennit� a loro favore dovevano essere calcolate 
appUcando la 1. generale n. 2359 del 25 giugno 1865, essendo i decreti 
espropriativi sopravvenuti dopo lo spirare del biennio dell'occupazione 
legittima. In grado di appello, gli stessi ricorrenti, intendendo � soltanto � 
precisare meglio la �causa petendi �,avevano espressamente chiesto che ve

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

246 

n. 429 del 7 luglio 1907 sull'ordinamento delle ferrovie dello Stato non 
concesse ad imprese private) e la applicabilit� di quella n. 2359 del 
25 giugno 1865, poich� i decreti prefettizi di esproprio erano sopravvenuti, 
in violazione dell'art. 73 della 1. n. 2359 del 1865, oltre il biennio 
stabilito da quelli di occupazione temporanea e urgente dei terreni 
da espropriare: salvi, s'intende, l'indennit� per occupazione temporanea 
lecita e i danni per quella abusiva. 
Invece nell'atto d'appello gli espropriati, facendo leva (sebbene 
male interpretandolo, come poi si dir�) sull'art. 13 della 1. n. 2359 del 
1865, chiesero che si dichiarasse l'illegittimit� dei decreti di espropriazione, 
perch� emessi quando la declaratoria di pubblica utilit� era divenuta 
inefficace, per essere decorso il termine previsto, per il compimento 
delle operazioni d'esproprio, dai dd. mm. del 12 novembre 1948 e del 
26 aprile 1950, che avevano, appunto, approvato i lavori di elettrificazione 
della linea ferroviaria Messina-Barcellona, cosicch�, in tanto le 
espropriazioni sopravvenute sarebbero state legittime, in quanto la P. A. 
si fosse munita di una nuova dichiarazione di pubblica utilit�. In conseguenza, 
chiesero il pagamento del valore venale dei terreni espropriati 
e somme varie per gli anni di loro occupazione. 

nisse accertata e dichiarata l'illegitt~mit� dei decreti di espropriazione, per 
essere questi ultimi intervenuti posteriormente al decorso del termine stabilito 
per il compimento delle operazioni espropriative, circostanza che avrebbe 
determinato, ad opinione dei ricorrenti, la decadenza della dichiarazione di 
pubblica utilit�, e, conseguentemente, avrebbe giustificato l'adeguamento 
delle indennit�. 

La S.C. ha ritenuto applicabile l'art. 345 c. p. c., ravvisando mutamento, 
in ap.pello, ,sia del � petitum � che della � causa petendi �. L'asserita illegittimit� 
dei decreti prefettizi in rapporto all'eventuale inefficacia della dichiarazione 
di pubblica utilit� costituisce una pretesa non riconducibile all:a 
domanda originaria. Peraltro l'indennizzo derivante dall'eventuale accertamento 
dell'illegittimit� dedotta in grado di appello si sarebbe concretato 
nell'� integrale riparazione del pregiudizio economico sofferto� dall'espropriato, 
con riguardo anche alla svalutazione monetaria; mentre l'indennit� 
di cui alla 1. n. 2359 del 1865 � non consiste in un ristoro complet'O del 
danno pa.trimoniale subito dall'espropriato, in quanto non si commisura a 
questo �, dovendosi fare riferimento, per la determinazione del valore, alla 
data del decreto di espropriazione, � senza tener conto delle eventuali possibilit� 
di incrementi o perdite di valore del bene espropriato �. 

Sul concetto di domanda nuova: Cass., Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1405, 

Giust. civ., 1965, I, 1763; 25 giugno 1965, n. 1335, ibidem, 1532; Sez. II, 

5 maggio 1965, n. 806, ibidem, 1598. 

2. -Per quanto concerne la cessazione di" efficacia della dichiarazione di 
pubblica utilit�, la S.C., respingendo le tesi dei ricorrenti, ritiene, interpretando 
l'art. 13 1. n. 2359 del 1865, che il presupposto per la cessazione 
stessa sia costituito dall'inutile decorso sia del termine fissato per il compimento 
delle operazioni espropriative che di quello stabilito per l'esecuzione 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 247 

Orbene, come esattamente ha rilevato, sul punto, la Corte d'appello, 
gli espropriati non avevano in tal modo semplicemente precisata, in 
secondo grado, la causa petendi, ma l'avevano del tutto modificata, e 
cos� anche il petitum. 

Invero, in riferimento alla domanda proposta avanti al Tribunale, 
questa Suprema Corte ha gi� precisato (sentenze n. 753 del 18 aprile 
1962; n. 1987 del 23 luglio 1964; n. 2173 del 21 ottobre 1965) che, 
quando un immobile sia stato occupato d'urgenza e temporaneamente 
dalJ.a P. A. e sia decorso il termine di due anni previsto dall'art. 73 
della I. n. 235,9 del 1865, senza che il Prefetto abbia pronunciato 
l'espropriazione per pubblica utilit� del bene stesso, tuttavia l'illegittimit� 
dell'abusiva, ulteriore occupazione di questo da parte della P. A. 
cessa, se sopravvenga il decreto di espropriazione, po1ich�, avverandosi 
dal giorno di emanazione del detto decreto il trapasso del bene allo 
occupante, l'attivit� amministrativa, da tale giorno, diviene legittima. 
Soltanto che, in tale ipotesi, al proprietario del bene e,spropriato spettano: 
a) l'indennit� per l'occupazione temporanea legittima; b) l'indennit� 
di espropriazione nella misura stabilita dal relativo decreto o, in 
caso d'opposizione, in quella determinata dagli organi giurisdizionali 
competenti secondo la legge sull'espropriazione per pubblica utilit�; c) 

dell'opera. Anteriormente alla scadenza di quest'ultimo termine, l'emanazione 
del decreto di esproprio � pienamente legittima, ch� anzi tale 
decreto, sia pure di data posteriore alla scadenza del biennio ex art. 73 

I. n. 2359 del 1865, determina la cessazione dell'illegittima, ulteriore (dopo 
il biennio) occupazione da parte della P. A., la cui attiviE1 divicene legittima 
dal giorno di emissione del decreto prefettizio. Ricorda la Cassazione che, 
in tale ipotesi, a'l soggetto espropriato spettano l'indennit� per l'occupazione 
temporanea nel biennio, l'indennit� di esproprio, ed il risarcimento del 
danno per il periodo di occupazione intercorrente tra la scadenza del biennio 
ed il sopravvenuto decreto espropriativo. 
Sull'interpretazione dell'art. 13 I. 25 giugno 1865, n. 2359, cfr. Cass., 

Sez. Un., 26 giugno 1957, n. 2481, in Giust. civ., 1957, I, 1682. 

Sulle possibilit� di emanare. decreti di espropriazione dopo il decorso 

del biennio dell'occupazione temporanea ed urgente e sulla cessazione della 

illegittimit� dell'occupazione: Cass., Sez. I, 21 ottobre 1965, n. 21173, 

Foro Amm., 1965, I, 1, 629; Sez. Un., 17 lugUo 1965, n. 1591, ivi, 512, Cass., 

Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, id., 1964, I, 1, 554; Cons. Stato, Sez. IV, 

27 maggio 1964, n. 621, ivi, I, 2, 596; 13 novembre 1963, n. 758, Mass. Amm., 

1963, II, 484; Cass., Sez. I, 18 aprile 1962, n. 753, Giust. civ., 1962, I, 1013; 

Cons. Stato, Sez. IV, 5 luglio 1961, n. 387, Foro amm., 1961, I, 1392; Cass., 

Sez. I, 19 aprile 1961, n. 862, ivi, II, 368; Sez. Un., 22 luglio 1960, n. 2087, 

ivi, II, 6. 

In dottrina, cfr. V1TARELLI, Decreto di espropriazione successivo ad occu


pazione divenuta illegittima, in Giur. Sic., 1963, 626; CARUGNO, L'espropria


zione per pubblica utilit�, Milano. 1958. 

Sui diritti patrimoniali degli espropriati ed in particolare sul diritto 
al risarcimento del danno per l'occupazione ultra-biennale: Cass., S'ez. I, 



.RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il risarcimento del danno per il periodo corrente dalla scadenza del 
biennio di legittima occupazione alla data di emanazione del decreto 
di esproprio, nel valore corrispondente alla privazione del godimento 
del bene illegittimamente ed irreparabilmente subita dagli espropriati. 

Ed � quanto agli attuali ricorrenti hanno riconosciuto i giudici del 
merito. 
Invece, con la domanda proposta in appello, gli espropriati chiedevano 
ben altro. 

�, al riguardo, da premettere che l'inefficacia della dichiarazione di 
pubblica utilit� consegue non gi� (come ritengono i ricorrenti) soltanto, 
all'inutile decorso del termine fissato per d.l compimento delle operazioni 
di esproprio, sibbene anche alla scadenza dell'altro termine fissato 
per il compimento dell'opera. Cosicch�, dovendosi questo ritenere nella 
specie non scaduto, non avendo ci� gli espropriati mai affermato, ben 
poteva ancora la P. A. emanare legittimi decreti di espropriazione (cfr. 
Cass., sent. n. 2481 del 26 giugno 1957), con la conseguenza che, in concreto, 
la liquidazione dell'indennit� non sarebbe potuta avvenire in 
modo diverso da quello seguito. 

Comunque, con la domanda cosi come prospettata in appello, gli 

espropriati hanno proprio tentato di far valere una pretesa non ricon


21 ottobre 1965, n. 2173, Foro amm., 1965, I, 1, 629; Sez. I, 22 luglio 1965, 

n. 1715, i�vi, 544; Sez. Un., 17 luglio 1965, n. 1591, ivi, 512; Sez. I, 14 aprile 
1965, n. 685, ivi, 276; 20 marzo 1965, n. 463, ivi, 187; 13 febbraio 1965, n. 223, 
ivi, 85; 22 gennaio 1965, n. 119, ivi, 49; Sez. Un., 7 dicembre 1964, n. 2858, 
ivi, 14; Sez. I, 28 luglio 1964, n. 2142, id., 1964, I, 1, 554; 29 maggio 1964, 
n. 1352, ivi, 415; 21 aprile 1964, n. 945, ivi, 312; Sez. Un., 2 marzo 1964, 
n. 471, ivi, 187; Sez. I, 30 marzo 1963, n. 800, id., 1963, II, 451; 30 gennaio 
1963, n. 154, ivi, 231; 24 novembre 1962, n. 3184, ivi, 275; 10 ottobre 1962, 
n. 2919, id., 1963, I, 1110; 29 maggio 1962, n. 1282, Giust. civ., 1963, I, 147; 
16 maggio 1962, n. 1105, .Poro amm., 1962, II, 295; 14 dicembre 1960, n. 3249, 
Giust. civ., 1961, I, 1265; Sez. Un., 24 ottobre 1960, n. 2892, Foro it., 
1961, I, 61. 
In dottrina, oltre all'opera citata del CARUGNO, cfr. SANDULLI, Sull'occupazione 
� sine titulo � da parte dell'Amministrazione di immobili privati 
destinati ad opere pubbliche, Giust. civ., 1961, I, 1264; Lo Coco, Sulla 
responsabilit� della Pubblica Amministrazione per occupazione oltre il biennio, 
Giur. sic., 1957, 549; LANDI, Indennit� di occupazione e risarcimento del 
danno, Foro amm., 1964, II, 15. � 


3. -La questione concernente la giurisdizione viene affrontata soltanto 
incidentalmente, per correggere una contraria affermazione contenuta nella 
sentenza di appello. Tuttavia la controversia sul punto non � di facile soluzione, 
come sta ad indicare il contrario, costante avviso del Consiglio di 
Stato. Ad avviso della S.C., l'inefficacia della dichiarazione di pubblica utilit�, 
e cio� del presupposto per l'esercizio del potere di cui all'art. 834 c. c., 
importa la � riesp,ansione del diritto gi� affievolito �: nel caso in cui si 
chieda l'accertamento dell'illegittimit� dell'espropriazione in rapporto alla 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 249 

ducibile alla domanda originaria, perch�, intanto, introducevano un 
nuovo tema d'indagine, fondato su una situazione radicalmente diversa 
da quella delimitata in primo grado, che comportava la necessit� di 
nuove indagini e accertamenti, in effetti richiesti: il che costituisce gi� 
domanda nuova (dr. Cass., sent. n. 1335 del 25 giugno 1965). Infatti, 
come si � sopra detto, la situazione in appello venne prospettata non 
come in primo grado, quale illegittimit� dei decreti espropriativi in 
rapporto a quelli precedenti d'occupazione temporanea e urgente (quindi, 
senza contestare il potere espropriativo della P. A., cosicch� la competenza 
giurisdiz[onale a decidere su tale illegittimit� in s� sarebbe spettata 
al giudice amministrativo: cfr. Cass., sent. n. 255 del 16 febbraio 
196�5), sibbene l'illegittimit� suddetta venne prospettata in rapporto al 
contenuto dei dd. mm. costitutivi della declaratoria di pubblica utilit�, 
situazione mai dedotta in primo grado, negandosi, quindi, il potere di 
esproprio della P. A., con la conseguenza che, come hanno ben compreso 
i ricorrenti (non cosi la Corte del merito, come si dir�), la giurisdizione 
a decidere su tale illegittimit� sarebbe spettata al giudice ordinario. 
Ma la domanda proposta in appello comportava anche, almeno in linea 
di principio, conseguenze patrimoniali, a favore degli espropriati, ben 

inefficacia della dichiarazione di pubblic� utilit�, si viene a negare il potere 
di esproprio, per cui la giurisdizione sulla relativa questione spetta all'A.G.0. 
Il Consiglio di Stato ha egpresso diversa opinione (Ad. Plen., 4 dicembre 
1964, n. 24, Foro amm., 1964, I, 2, 1387): � ... il giudizio sulla competenza 
deve essere fondato sulla qualificazione del rapporto tra il potere pubblico 
ed il diritto soggettivo; avendo la cognizione della competenza carattere 
pregiudiziale, va fatta con riferimento al momento in cui quel rapporto si 
stabilisce. Una volta che il potere si � in concreto manifestato in presenza 
dei presupposti che determinano l'affievolimento del diritto soggettivo, la 
competenza a giudicar.e spetta al giudice amministrativo, anche se si affermi 
che il potere � stato esercitato oltre il termine stabilito dalla legge. Gli 
atti emessi successivamente dall'Amministrazione rappresentano lo svolgimento 
del rapporto, che si � ormai stabilito, e attengono all'esercizio del 
potere pubblico. Se l'autorit� amministrativa ha valicato il limite temporale 
posto dalla legge per l'esecuzione dell'opera, questa circostanza costituisce 
un vizio dell'atto amministrativo, che pu� essere riconosciuto soltanto dal 
giudice di legittimit� �. 

Sulla questione, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 29 settembre 1966, n. 600, 
Foro amm., 1966, I, 2, 1313; Cass., Sez. Un., 20 febbraio 1965, n. 255, id., 
1965, I, 1, 157; 19 maggio 1964, n. 1223, id., 1964, I, 1, 404: Cons. Stato, Sez. 
IV, 25 ottobre 1961, n. 482, id., 1962, I, 108; 5 luglio 1961, n. 395, id., 1961, 
I, 1383; Cass., Sez. Un., 3 luglio HJ61, n. 1583, ivi, II, 447; 28 febbraio 1961, 

n. 419, Mass. amm., 1961, II, 65; 22 luglio 1960, n. 2087, Foro amm., 
1961, II, 6. 
Si vedano anche le note di LASCHENA (in Foro amm., 1962,. I, 108) e di 
SANDULLI (in Giust. civ., 1960, I, 881). 

UMBERTO GIARDINI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

250 

diverse da quelle che si sono sopra elencate per l'ipotesi prevista dall'art. 
73 della 1. n. 2359 del 1865. 

Infatti, non essendo pi� possibile la retrocessione degli immobili, 
sarebbe spettato agli attuali ricorrenti il pieno risarcimento dei danni, 
atto a reintegrare il loro patrimonio del reale pregiudizio sofferto, attraverso 
il corrispettivo pecuniario. Reintegrazione non solo inattuabile 
con i criteri fissati per la determinazione dell'indennit� di esproprio 
dalla legge per il risanamento della Citt� di Napoli (date le particolari 
finalit� che con detta legge si intesero perseguire), ma neppure con 
quelli stabiliti per l'indennizzo dalla legge fondamentale n. 2359 del 
1865, sia perch� neppure tale indennizzo consiste in un ristoro completo 
del danno patrimoniale subito dall'espropriato, in quanto non si commisura 
a questo, sia perch�, siccome il diritto espropriato passa all'espropriante 
nel giorno in cui � emesso il decreto d'esp;ropriazione, a tale 
momento bisogna rifarsi per la determinazione del valore di scambio 
del diritto stesso, senza tener conto delle eventuali possibilit� d'incrementi 
o perdite di valore del bene espropriato. Invece, dovendo il risarcimento 
del danno consistere nell'integrale riparazione del pregiudizio 
economico sofferto dal creditore, il danno si deve valutare, quale in tutta 
la sua estensione si presenta al momento della sentenza; e poich� trattasi 
di debito di valore si deve anche tener conto dell'eventuale svalutazione 
monetaria sopravvenuta dal momento della produzione del danno 
a quello della sua liquidazione giudiziale (cfr. Cass., sent. n. 2052 del 
28 settembre 1965; n. 296 del 24 gennaio 1966). Onde, effettivamente, 

si � avuta in appello immutazione sia della causa petendi che del 

petitum. 

Rimane da precisare che � e:rirata l'affermazione, contenuta nella 

sentenza impugnata, secondo cui la domanda degli appellanti, se non 

nuova, sarebbe sfuggita alla giurisdizione della magistratura ordinaria, 

in quanto, affermandosi da quelli essere causa dell'asserita illegittimit� 

dei decreti di espropriazione, la decadenza della dichiarazione di pub


blica utilit�, se questa fosse avvenuta, sarebbe venuto meno il presup


posto per l'esercizio del potere previsto dall'art. 834 c. c. a tutela del 

diritto di propriet�. 

Il venir meno del presupposto avrebbe importato la riiespansione del 

diritto, gi� affievolito, con la conseguenza che l'azione sarebbe stata 

sempre devoluta al giudice ordinario e, quindi, come si � sopra gi� 

accennato, la giurisdizione sarebbe stata del giudice ordinario (cfr. Cass., 

sent. n. 1583 del 3 luglio 1961; n. 255 del 16 febbraio 1965). 

Infondata per� la censura, secondo cui i giudici di merito avrebbero 

dovuto, d'ufficio, esaminare la questione della asserita illegittimit� del 

decreto di espropriazione. t~ 

Essa si basa, espressamente, su un princ1p10 altra volta affermato fl 

da questo Supremo Collegio (sent. n. 2481 del 26 giugno 1957), in base ~:: 

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ii; 

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251

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

al quale, ove si invochi innanzi al giudice ordinario un atto amministrativo, 
per trarne determinate conseguenze giuridiche a proprio favore, 
il giudice ha il potere-dovere di indagare e accertare se il provvedimento 
amministrativo invocato esista giuridicamente e corrisponda a 
legge. Senonch�, nella specie, gli espropriati contestavano,. invece, la 
legittimit� dei decreti di espropriazione; ed allora spettava ad essi 
l'onere di allegazione dei vizi dell'atto e soprattutto di esibizione dell'atto. 
Del resto, si � gi� detto che, cos� come formulata, la pretesa caducazione 
della dichiarazione di pubblica utilit�, collegata con lo spirare 
del termine per le espropriazioni, � infondata, perch�, si ripete, occorre 
che spiri anche il termine per l'esecuzione dell'opera pubblica (1). 

Infondati sono anche il quinto e il sesto motivo, rivolti contro 
apprezzamenti di fatto della Corte del merito, che, contrariamente 
all'assunto dei ricorrenti, sono motivati adeguatamente e senza vizi di 
logica ed e11rori di diritto; quindi insindacabili in sede di legittimit�. 

Invero � da avvertire (circa la ritenuta qualit� agricola dei terreni 
espropriati) che il carattere edificatorio di un suolo si pu� desumere 
o direttamente, dal fatto che esso � compreso in un piano regolatore 
particolareggiato, non essendo sufficiente che sia inserito in una 
zona definita come nucleo edilizio dal piano regolatore; ovvero -nonostante 
la sua attuale, concreta destinazione agricola -in via indiretta, 
da un complesso di qualit� obiettive e inequivoche, intrinseche all'immobile 
stesso, le quali attestino una sua attuale e concreta edificabilit�, 
e che possono consistere nella facilit� di accesso, nella esistenza di vie 
pubbliche e di collegamenti con la citt� vicina, in un'edificazione gi� 
iniziata nella zona, nella presenza di servizi pubblici necessari al vivere 
civdle: acqua, luce, fognature... (cfr. Cass., sent. n. 1213 del 18 giugno 
1964; n. 2229 del 25 ottobre 1965). Ora esclude la sentenza impugnata 
che i terreni in questione fossero, al momento dell'espropriazione, inclusi 
nel piano regolatore particolareggiato della citt� di Messina; mentre 
esattamente la Corte del merito ha negato valore alla circostanza che 
siano stati, poi, inseriti in un progetto di nuovo piano regolatore, di 
realizzazione non attuale e concreta, ma futura e problematica. 

D'altra parte, i giudici del merito, di primo e di secondo grado, 
hanno anche escluso che gli immobili degli espropriati fossero in possesso 
degli elementi sopra accenooti, atti ad attribuir loro natura edificatoria: 
non solo per la loro attuale e concreta destinazione agricola, 
ma anche perch� a distanza dalla via consolare Valeria �Messina-Catania 
�, perch� non prospettanti su strade pubbliche, mal serviti da due 
strade del tutto inadeguate, senz,a trasporti pubblici e idonei servizi 
igienici e di elettricit� e perch� ~i insistono pochi e distanziati edifici 
sorti ad opera di enti per case popolari (che non perseguono fini speculativi): 
in conclusione perch� trattasi di terreni ancora inidonei ad 
essere oggetto di vero e proprio sfruttamento edilizio. Per ultimo la 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

252 

Corte del merito non ha mancato di rilevare che, tranne I'Abbat, tutti 
gli altri espropriati, negli atti d'opposizione, non avevano neppure contestata 
la qualit� agricola attribuita, ai loro terreni dai decreti espropriativi. 


E in tal modo i giudici del merito hanno anche adempiuto al loro 
dovere di dimostrare il loro dissenso dal consulente tecnico d'ufficio, 
che aveva, invece, affermato la qualit� edificatoria dei terreni in questione. 
-(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 agosto 19>66, n. 2180 -Pres. Pece Est. 
D'Armiento -P. M. Toro (conf.) -Mazzoni (avv. Vestri) c. 
Fallimento Magnelli (avv. Bechi, Merlini). 

Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione durante il 
periodo estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento 
di atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Portata. 

(I. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). 
Societ� -Societ� di persone -Societ� di fatto -Rappresentanza processuale 
-Legittimazione di ciascun socio -Sussiste -Presunzione 
semplice di esistenza di un mandato reciproco fra i soci ad amministrare 
e rappresentare la societ� -Sussiste. 

(C. C., artt. 2257, 2266, 2297). 
L'art. 1 l. 14 luglio 1965, n. 818 non ha prorogato al 16 settembre 
di ogni anno. tutti i termini che vengano a scadere entro tale data, ma 
ha disposto che per i quarantacinque giorni di ferie estive, dal 1� agosto 
al 15 settembre, i termini processuali che scadrebbero in tale periodo 
restino sospesi. E sospensione significa frattura del termine per il periodo 
che entra nella sospensione, che non si calcola, cos� come avviene 
in materia di prescrizione a norma degli artt. 2941 e seg. c. c., salvo 
a riprendere a decorrere subito dopo ed a ricongiungersi con la parte 
decorsa anteriormente alla sospensione (1). 

(1) Dispone, infatti, l'art. 1 1. 14 luglio 1965, n. 818 che � il corso dei 
termini processuali stabiiiti per il compimento di atti i quali richiedono 
l'opera di avvocato o di procuratore, scadenti tra il lo agosto e il 15 settembre, 
� sospeso di diritto fino a quest'ultima data �. 

� GIURISl?l'll1:0ENZA CIVIJ:..E 253 � GIURISl?l'll1:0ENZA CIVIJ:..E 253 
Netle societ� di fatto ciascun socio pu� stare i-n, giudizio per la 
societ� \con effetto anche per gli altri soci, sia come attore che come 
convenuto, presumendosi fra i soci, fino a prova contraria, l'esistenza 
di un reciproco mandato ad amministrare e rappresentare la societ� (2). 


II 

CO:$.':['E DI CASSAZIONE, Sez. II, 7 gennaio 1967, n.. 74 -Pres. Gion< 
':f~ida P. -Est. '.Pratis -P. M. Raja (conf.). -Fascia (avv. Carbone) 
�, �Fascia (avv. Fazzalari). 

// (>������ :��~~t>t:eclhlneinto civile -Termini processuali -Sospensione durante ilperiodo 
estivo dei terniini processuali stabiliti per il compimento di 
atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza 
del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo 
anno di applicazione dell� 1. 14 lu~lio 1965, n. 818. 

(I. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). 
Anclie per il primo anno di applicazione della l. 14 luglio 1965, 

n. 818 l'effetto deila sospensione dei term.ini processuali si deve far 
decorrere dal 1� agosto, non avendo l'art. 1 della citata legge operato 
alcuna esclusione per l'anno 1965 e dovendo, perci�, ritenersi sussistente 
in proposito una implicita volont� del legislatore di fare eccezione al 
principio generale enunciato -q.ell'art. 11 preleggi (3). 
(2) Cfr. Cass., Sez. Un., 3 ottobre 1964, n. 2494, Giust. civ., Mass., 1964, 
1161-1162, sub 3, ed ivi riferimenti; Cass., 27 gennaio 1960, n. 94, id., Mass., 
1960, 38-39, sub 2 (sull'apparenza della societ� di fatto, ivi, sub 1). 
(3) Avverte, infatti, la sentenza -la motivazione della quale si legge 
in Foro it., 1967, I, 241 -che, a prescindere dalle leggi punitive, per le 
quali il principio della irretroattivit� risulta costituzionalizzato, il legislatore 
non � vincolato dal J?rincipio stesso e ben �pu� dettare disposizioni 
ad esso contrarie � sia pure per implicito �, facendo riferimento a Cass., 
12 maggio 1965, n. 905, Foro it., Rep., 1965, voce Legge, n. 34 (v. anche, 
sul potere del legislatore civile di derogare al principio generale della 
irretroattivit� delle leggi, Cass., 7 maggio 1965, n. 836, in questa Rassegna, 
19�65, I, 940, sub 2, ed ivi nota di riferimenti). In senso contrario alla 
massima sopra enunciata v., invece, Cass., 18 gennaio 1967, n. 170, qui 
sopra massimata sub III, nonch� nota seguente. 

254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

III 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. II, 18 gennaio 1967, n. 170 -Pres. Danzi 
-Est. Iannitti Piromallo -P. M. Gentile (conf.). -Liverotti (avv. 
Tornassi) c. Fabrizi (avv. Mancini). 

Procedimento civile -Termini processuali -Sospensione durante il periodo 
estivo dei termini processuali stabiliti per il compimento di 
atti richiedenti l'opera di avvocato o di procuratore -Decorrenza 
del periodo di sospensione dei termini processuali per il primo 
anno di applicazione della 1. 14 luglio 1965, n. 818. 

(1. 14 luglio 1965, n. 818, art. 1). 
Poich� la l. 14 luglio 1965 n. 818 deve ritenersi, in mancanza di 
diversa sua norma, entrata in vigore quindici giorni dopo la sua pubblicazione, 
avvenuta nella Gazzetta Ufficiale del 20 luglio 1965, il periodo 
di sospensione dei termini processuali da essa disposto deve, per 
il primo anno di appLicazione, farsi decorrere dal 4 agosto (4). 

(4) Per l'esclusione della retroattivit� della 1. 14 luglio 1965, n. 818, 
v. gi� Cass., 13 luglio 1966, n. 1869, in questa Rassegna, 1966, I, 1027. La 
sentenza sopra massimata -la motivazione della quale, per quanto di 
ragione, si legge in Foro it., 1967, I, 240 -ritiene di potere inferire la 
esclusione di tale retroattivit� (viceversa affermata da Cass., 7 gennaio 
1967, n. 74, qui sopra massimata sub II, sul rilievo della portata indiscriminata 
e perentoria dell'art. 1 1. n. 818 del 1965), argomentando dalla circostanza 
che, in sede di elaborazione della legge, non fu accolta la proposta 
(on. Cacciatore) di introdurre una norma cosi concepita: �la presente legge 
entrer� in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella 
Gazzetta Ufficiale � (avvenuta nella G.U. del 20 luglio 1965, n. 180). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 16 dicembre 1966, n. 2.952 -Pres. 
Cannizzaro -Est. De Saqtis -P. M. Caldarera (difl'.) -I.N.P.S. 
(avv. Ca11acciolo, Bosco, Pizzicannella) e Gescal (avv. Stato Del 
Greco) c. Impresa Barello (avv. Sequi, Galante Garrone). 

Impugnazione -Legittimazione del terzo chiamato in garanzia ad impugnare 
la pronuncia di responsabilit� del garantito -Presupposto 
-Interdipendenza della causa principale e di quella di garanzia Quando 
ricorre. 

(c. p. c., artt. 106, 323). 
-



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 255 

Impugnazione -Ricorso per cassazione incidentale condizionato della 
parte vittoriosa -Necessit� di esame dopo quello del ricorso principale 
-Sussiste -Eccezione -Ricorso incidentale condizionato 
adesivo. 

(c. p. c., artt. 333, 371). 
Impugnazione -Ricorso per cassazione -Potest� della Corte regolatrice 
di accertare la p~rtata di norme contrattuali -Esclusione. 

(c. p. c., artt. 360 e segg,). 
Case popolari ed economiche -Appalto stipulato da ente concessionario 
della Gestione INA-Casa -Richiamo di norme del capitolato generale 
per gli appalti delle opere dipendenti dal Ministero dei Lavori 
Pubblici -Natura contrattuale -Sussiste. 

Quando iL terzo chiamato in garanzia non si limiti a contestare 
di essere tenuto a prestarla, ma neghi altresi la responsabilit� del convenuto 
principale, che ha chiesto di essere da lui rilevato, la interdipendenza 
che si determina tra le due cause, quella principale e quella 
di garanzia, legittima il terzo ad investire con la sua impugnazione 
anche le statuizioni della pronuncia relative al rapporto principale, 
dalle quali dipende o dovrebbe dipendere la sua condanna (1). 

(1) Insegna, Cass., 6 maggio 1966, n. 1165 -Giiir. it., Mass., 1966, 517518 
-che �l'interesse del chiamato in garanzia ad interloquire nella causa 
principale pu� derivare dall'atteggiamento difensivo del convenuto (che, 
ad esempio, abbia sostenuto essere imputabile al chiamato il fatto generatore 
del danno). In tal caso, il convenuto ni;lla causa di garanzia assume 
anche la veste di parte accessoria nel rapporto processuale relativo alla 
parte principale. Ne discendono le conseguenze relative all'ipotesi di unico 
giudizio con pluralit� di parti, con l'effetto che la notificazione della sentenza 
eseguita ad istanza di una sola di esse vale a far decorrere, per il 
notificato, il termine di impugnazione anche nei confronti delle altre parti �; 
Cass., 14 settembre 1963, n. 2522 -Giust. civ., 1964, I, 139 -avverte, cosi, 
che � quando il convenuto principale ha chiamato nel processo il terzo, non 
solo ai :fini di una eventuale rivalsa in caso di soccombenza, ma anche per 
la necessit� della trattazione della causa o per la sua stessa difesa, essendo 
unicamente imputabile al terzo il fatto generatore dell'inadempimento e 
della _conseguente responsabilit� di entrambi, si verifica tra le due cause, 
principale e di garanzia, una stretta connessione, per cui il terzo ha interesse 
e legittimazione ad impugnare la condanna del convenuto (garantito), cio� 
ad investire con l'impugnazione il rapporto principale e nel giudizio relativo 
� applicabile l'axt. 331 c. p. c. �. Sul concetto di causa inscindibile in fase di 
impugnazione, costituente presupposto per l'ammissibilit� dell'impugnazione 
incidentale tardiva ex art. 334 c. p. c., v. Cass., 21 ottobre 1965, n. 2173, in 
questa Rassegna, 1966, I, 1180, sub 8 (1185) ed ivi riferimenti; 12 novembre 
1965, n. 2360, ibidem, 1200. 
6 



256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Quando la parte vittoriosa ha proposto ricorso incidentale condizionato, 
questo, anche se abbia ad oggetto una questione preliminare, 
deve essere esaminato dopo il ricorso principale. Il principio, tuttavia, 
patisce eccezione nel caso di ricorso incidentale adesivo, il quale, anche 
se condizionato, va esaminato congiuntamente. a quello principale (2). 

� compito del giudice di merito stabilire la portata di norme contrattuali 
(3). 

� Se negli appalti dei lavori dipendenti dal Ministero del Lavori 
Pubblici le norme del Capitolato del 1895, come di quello che ora lo 
ha sostituito (d. P. R. 10 luglio 1962, n. 1063), hanno forza di legge, 
negli appalti stipulati da aitri enti o da privati, in cui quelle norme 
siano richiamate, e cosi in quelli stipulati da ente concessionario della 
Gescal, la loro efficacia, traendo origine dalla volont� delle parti, � solo 
quella di norme contrattuali (4). 

(2) Ma avverte la stessa III sezione della Corte regolatrice, nella sentenza 
2 aprile 1966, n. 857, Giur. it., Mass., 1966, 376-377, che �l'impugnazione 
incidentale, anche se proposta iri. via condizionata, presuppone sempre 
un interesse ed � quindi configurabile solo nel caso di parziale soccombenza 
� e, nella sentenza 3 ottobre 1966, n. 2399, ibidem, 1069, ribadisce che 
� � inammissibile il ricorso incidentale condizionato, con cui si ripropongono 
le questioni e le difese gi� prospettate al giudice di appello e rimaste superate 
o assorbite dalla motivazione della sentenza dello stesso, proveniente 
dalla parte iI'imasta pienamente vittoriosa in secondo grado, alla quale non 
pu� essere riconosciuto un interesse alla cassazione della sentenza impugnata, 
dato che la stessa non contiene alcuna statuizione ad essa sfavorevole: 
dette questioni rimangono, tuttavia, impregiudicate, nell'ipotesi di 
accoglimento del ricorso principale, e dovranno essere esaminate dal giudice 
di rinvio�; v. anche, in senso conforme, Cass., 5 settembre 1966, n. 2318, 
ibidem, 1040; 12 marzo 1966, n. 711, ibidem, 310-311. In senso conforme alla 
prima parte della massima, v., invece, Cass., 13 luglio 1963, n. 1857, in 
questa Rassegna, 1964, I, 727, sub 1, secondo cui �la parte totalmente vittoriosa 
pu� proporre ricorso incidentale per cassazione su questioni preliminari 
o pregiudiziali, condizionandolo all'accoglimento del ricorso principale. 
In tal caso l'esame del ricorso principale deve precedere quello del 
ricorso indicentale, al fine di stabilire se sussista o meno l'interesse del 
ricorrente incidentale all'annullamento della sentenza impugnata�. 
(3) Conf. Cass., 13 luglio 1966, n. 1872, Giur. it., Mass., 1966, 827, ed 
ivi riferimenti. Quanto alla incensurabilit� in Cassazione della interpretazione 
dei contratti effettuata dai giudici di merito, purch� condotta con 
l'osservanza dei canoni ermeneutici legali e sorretta da motivazione adeguata, 
v. giurisprudenza citata in nota sub 3 a Cass., 5 maggio 1965, n. 819, 
in questa Rassegna, 1965, I, 554, ed in nota sub 2 a Cass., 25 maggio 1965, 
n. 1005, in questa Rassegna, 1966, I, 75. 
(4) Conf. Oass., 10 agosto 1966, n. 2176, Giur. it., Mass., 1966, 966-967. 
Ma, per quanto riguarda la questione che qui interessa, v., tuttavia, Cass., 
15 luglio 1965, n. 1557, Giust. civ., 1965, I, 1737, secondo cui il richiamo del 
capitolato della Gestione, uniformato a quello generale per le opere di 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 257 

(Omissis). -L'eccezione di inammissibilit� del ricorso incidentale 
della Gescal � basata su duplice ordine di ragioni. La societ� 

impresa Barello sosUene, cio�, in primo luogo, che, non avendo essa 
proposto alcuna domanda contro la Gestione INA-Casa, non possa 
l'ente, che a questa � succeduto, proporre una impugnazione nei suoi 
confronti, ma soltanto aderire alla impugnazione dell'I.N.P.S., per superare 
la domanda di garanzia, che questo ha svolto contro -di essa. 

Inoltre la societ� Barello sostiene che le censure della Gescal sono 
tutte dirette contro apprezzamenti di fatto. La suddetta societ� aveva 
anche dedotto che il l'licorso incidentale non fosse ricevibile, mancando 
in esso ogni esposizione dei fatti; a questo ultimo rilievo, contenuto 
nella memoria difensiva, si � per� rinunziato nella discussione orale, 
riconoscendosi che nel controricorso della Gescal � invece integralmente 
trascritta la sentenza impugnata, con la completa esposizione 
dei fatti. 

Le ragioni di pretesa inammissibilit� del ricorso incidentale, dipendenti 
dalla natura delle censure, in cui esso si sostanzia, saranno prese 
in esame e risulteranno confutate, quando tali censure saranno vagliate. 

Qui va subito rilevato che infondatamente si nega alla Gescal la 
legittimazione a proporre una propria impugnazione, per contestare 
la legittimit� della decisione di accoglimento della domanda principale 
della societ� Barello. 

Invero, quando il terzo chiamato in garanzia non si limiti a contestare 
di essere tenuto alla garanzia stessa, ma, come � accaduto nella 
specie, neghi altresi la responsabilit� del conv~nuto principale, che ha 
chiesto di essere da lui rilevato, l'interdipendenza che si determina 
tra le due cause, quella principale e quella di garanzia, legittima il 
terzo ad investire, con la sua impugnazione, anche il rapporto principale, 
al fine di far rimuovere la pronuncia, da cui dtipende, o dovrebbe 
dipendere, la sua condanna. 

N� varrebbe obiettare che nel caso in esame la Gestione INA-Casa 
� stata assolta dalla domanda di garanzia, seppure l'I.N.P.S. ha subito 
condanna, in accoglimento della domanda principale. 

conto del Ministero dei lavori pubblici, non ha carattere contrattuale, ma 
legale ed inderogabile, e �concerne anche gli appalti stipulati con i terzi 
dagli enti concessionari dalla Gestione, e ci� a sensi dell'art. 6 d. P. R. 9 
aprile 1956, n. 1265 (v. anche art. 36 1. 14 febbraio 1963, n. 60). In argomento, 
v. DEL GRECO, Sulla natura giuridica del Capitolato di appalto della 
Gestione Case per lavoratori ecc., in questa Rassegna, 1964, I, 603 e segg.; 
CARUSI, Spunti in tema di efficacia regolamentare ecc., id., 1965, I, 225 

(segnatamente, 232 e seg.). 



258 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'I.N.P.S. ha, invero, impugnato la decisione della Corte di merito, 
investendo, con le sue denunzie di illegittimit�, sia la pronuncia di 
accoglimento della domanda della societ� impresa Barello, sia la pronuncia 
di rigetto della sua domanda di garanzia, sicch� entrambi i 
rapporti, tra loro interdipendenti, come si � gi� detto, vengono ancora 
in discussione, con il conseguente interesse della Gescal a sostenere e 
dedurre la illegittimit� della condanna subita dall'I.N.P.S., prima ancora 
che la legittimit� della decisione di rigetto della domanda di garanzia, 
gi� adottata in suo 'favore. 

Del resto, la stessa societ� impresa Barello riconosce alla Gescal 
la possibilit� di aderire alla impugnazione dell'I.N.P.S. nei suoi con.
fronti. 

Ed il ricorso incidentale della Gescal � in realt� adesivo rispetto 

a quello dell'I.N.P.S. N� si pu� dubitare che l'adesione al ricorso 

principale dovesse necessariamente svolgersi nella forma di un ricorso 

incidentale, consistendo essa pure in denunzia di illegittimit� della 

decisione impugnata, in concorso con la denunzia contenuta nel ricorso 

principale. 

La necessit� del ricorso incidentale appare ancora pi� chiara, ove 

I 

si consideri che i motivi in esso dedotti sono pi� ampi di quelli che ~ 
delimitano la impugnazione principale, circostanza questa che non 
toglie nondimeno al ricorso incidentale il carattere di ricorso adesivo, 


I '

I

siccome volto a far rimuovere, mediante l'annullamento, la stessa deci


sione impugnata con il ricorso principale ed in favore della stessa parte 

che ha proposto quest'ultimo. 

La situazione innanzi delineata, oltre che rendere manifesta la 

ammissibilit� del ricorso incidentale, determina altresl che non possa 

I 

essere ritenuta operante la subordinazione od il condizionamento del 

ricorso medesimo all'esito della impugnazione proposta dall'I.N.P.S. nei 

confronti della Gescal. 

Se � vero, infatti, che, quando la parte vittoriosa ha proposto ricorso 

condizionato, que,sto, anche se abbia per oggetto una questione di carat


tere preliminare, deve essere esaminato dopo il ricorso principale, 

avendo la parte stessa mandfestato che solo in caso che quest'ultimo 

risulti fondato ha essa interesse a :fiar risolvere la causa sulla base delle 

questioni preliminari o pregiudiziali che prospetta, tuttavia questa solu


zione non pu� essere adottata nel caso di specie, che � del tutto par


ticolare. 

Il ricorso incidentale della Gescal, in quanto adesivo a quello pro


posto dell'I.N.P.S., non pu� essere esaminato se non congiuntamente 

con esso: d'altro canto, secondo ordine logico, che � quello proposto 

dalla parte, l'esame dei motivi del ricorso principale, rivolti contro la 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 259 

decisione di condanna dell'I.N.P.S., deve precedere l'esame del terzo 
motivo, rivolto contro la decisione di rigetto della domanda di garanzia. 

Ci� premesso, si osserva che i primi due motivi del ricorso principale 
e quello del ricorso incidentale sono tra loro intimamente connessi 
e pertanto appare opportuno esaminarli insieme. 

Con il primo mezzo dedotto dall'I.N.P.S. si denunzia la violazione e 
la falsa applicazione dell'art. 1372 c. c. e conseguentemente degli artt. 8, 
14, 83, 84, 1�'1 del Capitolato generale per gli appalti delle opere pubbliche 
eseguite per conto della Gestione INA-Casa e dell'art. 14 del 
Capitolato generale del 1895, per gli appalti delle opere dipendenti 
dal Ministero dei Lavori Pubblici. 

Con il secondo mezzo si denuncia la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 1453 e 1454 e segg. c. c. 

A fondamento di tali censure si sostiene che non era possibile far 
ricorso all'art. 14 del Capitolato generale per gli appalti delle opere 
dipendenti dal Ministero dei Lavori Pubblici, onde desumerne che la 
consegna dei lavori doveva nella specie aver luogo nel termine d~ tre 
mesi. Invero, la materia era regolata dall'art. 83 del Capitolato della 
Gestione INA-Casa e pertanto risultava inoperante il rinvio all'altro 
Capitolato, disposto dall'art. 101 solo per quanto non previsto e non 
stabilito nel Capitolato stesso (della Gestione INA-Casa) e nel contratto 
di appalto. 

Si sostiene inoltre che l'I.N.P.S., anteriormente alla proposizione 

della domanda, aveva comunque purgato la mora in cui era incorso, 

offrendo la consegna dei lavori; che la lettera del . 3 aprile 1958 non 

conteneva una diffida ad adempiere, intesa nel senso voluto dal


l'art. 1454 c. c.; che il termine in essa prefissato non era congruo; che la 

inadempienza in cui l'I.N.P.S. era incorso (anche a ritenere che si fosse 

verificata) non era grave; che il contratto non poteva pertanto essere 

risolto a norma degli artt. 1453 e segg. c. c. 

Il ricorso incidentale della Gescal, che si articola in un solo mezzo, 

denunzia anch'esso la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1453 

e 1454, in relazione agli artt. 1219 e 1363 c. c. nonch� agli artt. 14 

Capitolato generale per i lavori pubblici del 1895 e 101 Capitolato 

generale della Gestione INA-Casa. 

La Gescal deduce inoltre omissione, insufficienza e contraddittoriet� 

di motivazione, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c. p. c. 

A fondamento della denunzia di errori giuridici e di vizi di moti


vazione, con analitica esposizione, si sostiene quanto appresso: 

a) anche ad ammettere che la consegna dei lavori dovesse aver 
luogo nel termine di tre mesi, decorrenti dalla ratifica della aggiudicazione 
da parte della Gestione INA-Casa, nella specie tale termine 



260 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

non sarebbe neppure cominciato a decorrere, al momento della introduzione 
della lite, in quanto che la Gestione INA-Casa aveva ratificato 
l'aggiudicazione con riserva, che era venuta meno solo dopo l'acquisto 
dell'area, su cui il costruendo edificio doveva sorgere; 

b) il termine di tre mesi, stabilito dall'art. 14 Capitolato generale 
lavori pubblici per la consegna dei lavori, non � essenziale, n�, � dopo 
il decorso di esso, � consentito all'appaltatore assegnarne altro per 
conseguire la risoluzione automatica del rapporto. 

La stessa Corte di merito ha riconosciuto ci�, ma subito dopo, contraddicendosi, 
ha ammesso la possibilit� di rivolgere all'Amministrazione 
Pubblica una diffida ad adempiere, con gli effetti stabiliti dall'art. 
1454 c. c.; 

c) era al contrario possibile solo promuovere la risoluzione giudiziale 
del contratto, ma, nel1a specie, neppure questa poteva essere 
pronunciata, stante la intervenuta purgazione della mora; 

d) l'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 1453 c. c. non poteva 
essere ostacolata da intervenuta onerosit� dell'appalto, a seguito di 
aumenti dei costi di costruzione, sia perch� questo non � stabilito da 
alcuna norma, sia perch� tale situazione non si era verificata, sia perch� 
infine ad essa si sarebbe potuto rimediare, eventualmente, con la revisione 
dei prezzi; 

e) infine, la lettera del 3 aprile 1q5s non aveva i caratteri di una 
diffida ad adempiere. 

Su tutti i punti innanzi esposti, la Gescal lamenta anche, come si 
� visto, difetto od insufficienza o contraddittoriet� di motivazione. 

Per la migliore comprensione delle censure sopra riassunte ed 
al fine che risultino, altres�, ben chiare le ragioni che ne impongono 
il parziale accoglimento, entro i limiti, cio�, che risulteranno dalla 
esposizione seguente, appare opportuno spiegare che la Corte di Torino, 
postasi in primo luogo a ricercare se vi era un termine entro il quale 
l'I.N.P.S. fosse tenuto a consegnare i lavori alla societ� appaltatrice, 
ha ritenuto di dover dare a tale quesito una risposta affermativa ed ha 
quindi affermato che il termine era quello di tre mesi stabilito dall'art. 14 
Capitolato generale per gli appalti dei lavori pubblici del 1895, che 
doveva intendersi applicabile, per effetto del richiamo contenuto nell'art. 
101 del Capitolato della Gestione INA-Casa. 

Poich� il termine suddetto, secondo il disposto dell'art. H citato, 
decorre dalla approvazione del contratto, la Corte ha spiegato che, nel 
caso di appalto per conto della Gestione INA-Casa, non essendo necessaria 
una approvazione del contratto, il termine doveva intendersi invece 
decorrente dalla ratifica della aggiudicazione ed ha escluso che, per 
effetto dell'art. 83 del Capitolato della Gestione INA-Casa, che disciplina 


segna dei lavori doveva essere calcolato con decorrenza almeno dalla 
data di conclusione del contratto di appalto e cio� dal 25 settembre 
1957 e da ci� derivava una palese gravit� della inadempienza .per l'intervenuto 
aumento dei prezzi, con la conseguenza che il costo della 
costruzione si era fatto pi� oneroso, fino ad annullare e forse superare 
il guadagno che l'appaltatore '.:l.vrebbe dovuto ricavarne. 

-�--}~ 


262 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La precedente esposizione, che di proposito � stata particolarmente 
minuziosa, rende da sola evidenti i gravi difetti della sentenza, riconducibile 
nell'ambito delle censure che ad essa si muovono dai ricorrenti 
e che ne impongono l'annullamento. 

Come si � visto, la risoluzione della presente controversia imponeva 
innanzi tutto di stabilire se la consegna dei lavori da parte dell'ente 
all'appaltatore doveva o meno avvenire in un termine prefissato. 
La soluzione di tale questione adottata dalla Corte di merito, sorretta 
da motivazione tutt'altro che soddisfacente, non si sottrae ad una parte 
delle censure che contro di esse sono rivolte dai ricorrenti. 

Il termine di tre mesi per la consegna dei lavori, stabilito dall'art. 14 

Capitolato generale per i lavoTi pubblici del 1895, decorre dalla approvazione 
del contratto di appalto. La Corte di Torino, riconoscendo che 
tale approvazione non � richiesta per i contratti di appalto della Gestione 
INA-Casa, ha ritenuto, come si � visto, doversi sostituire alla 
approvazione suddetta la ratifi:ca della aggiudicazione provvisoria da 
parte della Gestione INA-Casa. 

Non ha per� spiegato, limitandosi a questa affermazione, in qual 
modo possa avere inizio il decorso di un termine per la consegna dei 
lavori, prima che il contratto di appalto sia addiTittura stipulato, sfuggendole 
la circostanza, per altro evidente e saliente, che la aggiudicazione 
provvisoria deve precedere ed � distinta dalla conclusione del 
contratto, prima della quale la Amministrazione Pubblica non pu� 
assumere obbligazioni, quanto meno di natura contrattuale. 

La Corte di Torino ha inoltre messo in rilievo, in altra parte della 
sua sentenza, che, a norma dell'art. 83 Capitolato Gestione INA-Casa, 
il ritardo nella consegna dell'area non attribuisce all'appaltatore altro 
diritto che quello di una proroga per la ultimazione dei lavori, malgrado 
ci� confermando i.a gi� espressa opinione, che il ritardo nella 
consegna dei lavori possa invece determinare la risoluzione del contratto, 
senza per� soffermarsi a spiegare come possa essere ritardata 
la consegna dell'area, senza che il ritardo riguardi anche .la consegna 
dei lavori, e cio� come possano questi essere consegnati, senza consegnare 
altresi l'area su cui la costruzione deve sorgere. 

Solo se alla motivazione insufficiente ed erronea potesse esserne 
sostituita altra convincente e valida, a confortare la opinione, che anche 
negli appalti conclusi da altri enti per conto della Gestione INA-Casa 
pu� svolgere efficacia il termine di tre mesi per la consegna dei lavori, 
stabilito dal Capitolato del 1895, potrebbe ritenersi operante al riguardo 
il generico richiamo delle norme di tale Capitolato, cont�enuto nell'art. 
101 di quello per gli appalti della Gestione INA-Casa. 

In mancanza, invece, si dovrebbe ritenere che la introduzione del 

termine � arbitraria e volta a regolare il rapporto in difformit� da 

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263 

c:i'i.ll�l1tOJV()li}to �.e:�Jtjtp�1!la1;o daUe parti, con violazione delle norme che 
contratti (art. 1372 c. c.). 
In tali limiti debbono essere accolte le censure dei ricorrenti sul 
puntOJ .esamJnat~i mentre per ogni altra parte esse vanno disattese. 

.o/oil si pl.lg, invero, procedere in questa sede ad una esatta delirn;
itazion� d(':lJl� portata delle norme dei Capitolati sopra menzionati, 
�~~ q.i Vetl.:AJ9n(l:in discussione (art. 83 e 101 Capitolato Generale INA


.� � 
eya~a.1:1 l~ (t~pltOilato 11. pp. del 1895), poich� � compito del giudice di 
l):t~itc:> ~#~~illre la portata di norme contrattuali, e nella presente con-
tro:V:�rsfl:tt)a stessa norma dell'art. 14 Capitolato 11. pp. del 1895, se 

( 
... )/ ~:PP�J~~ijiJ~,� non avrebb� altra natura ed altra efficacia che quelle di 

I :�Iilll~?u=~�::~~:i~::t~:::~�:;~!:;{~~~~..~:~~~: 
? h~hh~. forza di legge, negli appalti stipulati da altri enti o da privati, 
..� ����. < i:tl. cui esse siano eventualmente richiamate, la loro efficacia, traendo 
origine dalla volont� delle parti, � solo quella di norme contrattuali. 
Tanto meno si pu�, portando la indagine su elementi di mero fatto, 
come la Gescal vorrebbe, esaminare se da parte della sua dante causa 
vi fu o meno la ratifica d~ella aggiudicazione provvisoria. 
Sebbene l'esito della intera controversia possa dipendere eventualmente 
anche dalla sola decisione, che H giudice di rinvio riterr� di adottare 
sul punto sin qui esaminato, appare necessario proseguire nel rilevare 
alcuni altri salientissimi eNori, in cui la Corte di merito � incorsa, 
affinch�, comunque, essi siano evitati nell'ulteriore svolgimento del 
giudizio. 
Questi errori consistono nell'aver ritenuto possibile per l'appaltatore, 
dopo la scadenza del termine non essenziale di mesi tre, di intimare 
una diffida ad adempiere con la prefissione di un nuovo termine 
per fa consegna dei lavori, decorso il quale, senza che l'adempimento 
sia avvenuto, il contratto sia risoluto di diritto, ai sensi dell'art. 1454 
c., e ci� dopo avere affermato che, decorso il termine di tre mesi sta}?
Uito dall'art. 14 Capitolato 11. pp., solo alla stazione appaltante � con$
entito di prefiggere un nuovo termine onde conseguire la risoluzione 
fil diritto del contratto, mentre l'appaltatore, in caso di persistente inadempienza, 
ha meramente la possibilit� di ottenere la risoluzione 
giudiZiale. 
La Corte di Torino non si era neppure limitata a questa affermazione, 
ma aveva gpiegato le ragioni del differente trattamento riservato 

� alle due parti, consistenti nella div.ersa natura degU interessi, di cui 
ciascuna � portatrice, ma ometteva poi di considerare che in realt� nessuna 
differenza sussisterebbe, se l'appaltatore potesse anch'egli conse-'-~ 
.~'7 


264 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
guire la risoluzione di diritto del contratto, facendo ricorso alla diffida 
ad adempiere. 
Nell'ulteriore disamina delle questioni propostele dalle parti, la 
Corte di merito esprimeva peraltro il concetto che anche dopo la scadenza 
del termine fissato nella diffida dalla impresa Barello, ma prima 
della domanda di risoluzione, sarebbe stato possibile all'I.N.P.S. di adempiere 
la sua obbligazione, a norma dell'art. 1453, u. p., c. c., se avesse 
per� anche offerto di rimuovere ogni effetto dannoso della mora, in 
cui era precedentemente incorso, in tal modo esC'ludendo che con il 
decorso del termine assegnato si fosse verificata la risoluzione di diritto 
del contratto. 
Appare quindi impossibile, a causa delle molteplid, ricorrenti contraddizioni, 
di stabilire quale sia stata la vera ragione del decidere e, 
nel tempo stesso, risultano applicati frammistamente i principi che disciplinano 
la risoluzione giudiziale dei contratti e quelli che regolano la 
risoluzione di diritto, con conseguente violazione e falsa appliC'azione sia 
dell'art. 1453 sia dell'art. 1454 c. c. 
A superare i rilievi e le considerazioni innanzi esposti non giova 
opporre, come si fa con la memoria difensiva depositata per la societ� 
Barello, �che l'I.N.P.S. non ha impugnato la statuizione dei giudici torinesi, 
secondo cui, anche in mancanza dell'applicazione dell'art. 14, si 
riconosceva il diritto al privato cittadino di risolvere il contratto per 
inadempimento e mancata consegna entro un termine congruo; pertanto 
questa statuizione � ormai definitiva e sorregge autonomamente la 
decisione�. 
Con queste proposizioni la parte resistente manifesta che, a suo 
avviso, debba rimaner ferma almeno la decisione di risoluzione giudiziale 
del contratto. 
Senonch� � incerto, come si � visto, che una tale pronuncia possa 
rinvenirsi nella sentenza impugnata; � inoltre inesatta la affermazione 
che essa non sia stata investita dalle impugnazioni delle altre parti, 
dato che queste hanno entrambe denunciato la violazione dell'art. 1453 
oltre che dell'art. 1454 c. c. e, per quanto attiene alle Gescal, anche 
vizi di motivazione sul punto. 
Le deduzioni della resistente servono anzi a controllare la esattezza 
dei rilievi gi� esposti, circa le contraddizioni e violazioni di legge, 
in cui la sentenza impugnata � incorsa. 
La risoluzione giudiziale avrebbe potuto cio� essere pronunciata, 
come la stessa societ� Barello riconosce, solo se, indipendentemente 
dal termine fissato dalla parte, il giudice avesse ritenuto che il ritardo 
nell'adempiere da parte dell'I.N.P.S. si fosse protratto oltre i limiti del 
tollerabile. Ma la Corte di Torino non ha detto ci� e non si � neppure 
l!l 
r.: 
mi: 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 265 

fermata a considerare se il termine fissato nella diffida ad adempiere 
era congruo, cosa che, stante la contestazione dell'interessato, era necessario 
accertare, anche ai fini della pronuncia meramente dichiarativa 
di una risoluzione verificatasi de jure. 

Sempre nell'ambito delle censure mosse dai ricorrenti, si deve 
ancora osservare che � indubbiamente compito dei giudici di merito 
stabi:live se una richiesta di adempimento costituisca una formale diffida 
ad adempiere e se una inadempienza rivesta carattere di gravit� 
tale da giustificare la risoluzione di un contratto: valutazioni siffatte 
non possono essere perci� compiute in questa sede, come sembra che i 
ricorrenti tra l'altro richiedano. Tuttavia deve rilevarsi, in ci� accogliendo 
la relativa censura della Gescal, che non � esente da vizi neppure 
su tali punti la motivazione della sentenza impugnata. Si � infatti 
riconosciuto esservi stata diffida ad adempiere mediante la lettera 
3 aprile 1958, in quanto che questa conteneva bens� una richiesta di 
revisione dei prezzi, ma anche, in via principale, la intimazione di consegna 
dei lavori nel termine perentorio assegnato. Successivamente, 
per�, occupandosi della possibilit� di adempiere da parte dell'I.N.P.S., 
effettuando la consegna dei lavori nell'intervallo tra la scadenza del 
termine assegnato dalla societ� impresa Barello e la citazione introduttiva 
del presente giudizio, tale possibilit� la Corte ha escluso, a causa 
della intervenuta, maggiove onerosit� del contratto per l'appaltatore, 
mostrando in tal modo di ritenere che la richiesta di consegna dei 
lavori e quella di revisione dei prezzi non fossero tra loro indipendenti 
e distinte, come prima si era lasciato intendere, ma tra loro intimamente 
connesse. 

Infine, sul punto della gravit� della inadempienza, l'affermazione 
che il ritardo nella consegna dei lavori doveva computarsi con decorrenza 
dalla data di stipulazione del contratto contraddice quella precedente 
che, per la consegna dei lavori, a favore di entrambe le parti, 
fosse stabilito un termine di tre mesi, neppure essenziale. 

Non si intende infatti come possa essere ritenuta in mora la parte, 
mentre non � ancora decorso il termine stabilito in contratto per adempiere 
la propria obbligazione. 

Poich� le considerazioni innanzi svolte impongono l'accoglimento 
dei ricorsi proposti dall'I.N.P.S. e dalla Gescal contro la societ� in nome 
collettivo impresa Barello, nei limiti che dalle considerazioni medesime 
emergono, resta assorbito il motivo di ricorso proposto dall'I.N.P.S. 
contro la Gescal: ogni questione sulla fondatezza della domanda di 
garanzia � infatti subordinata alla nuova decisione che dovr� essere 
adottata sulla domanda principale. 

Annullandosi, in relazione alle censure accolte, la sentenza impugnata, 
la causa deve essere rinviata per nuovo esame ad altra sezione 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della Corte di appello di Torino, che, nel deciderla, si atterr� ai principi 
risultanti dalla esposizione che precede e dar� pi� completa ed 
esatta motivazione nei sensi che sono pure stati innanzi precisati. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 202 -Pres. Vistoso 
-Est. D'Armiento -P. M. Colonnese (conf.). -Delfino (avv. De Villa, 
Andrioli) c. Ministero Difesa-Marina (avv. Stato Carafa). 

Revocazione -Revocazione della sentenza per rinvenimento di documenti 
decisivi -Accertamento della non colposit� della mancata 
produzione in giudizio del documento e della idoneit� di quest'ultimo 
a determinare una diversa decisione della controversia Apprezzamento 
di fatto, incensurabile in Cassazione. 

(c. p. c., art. 395, n. 3). 
Revocazione -Revocazione della sentenza fondata su un fatto erroneamente 
supposto o escluso -Necessit� che l'errore di fatto, risultante 
dagli atti o documenti della causa, sia caduto su un punto 
determinante per la decisione contenuta nella sentenza impugnata Sussiste. 


(c. p. c., art. 395, n. 4). 
NeU'ipotesi di revocazione della sentenza pel successivo rinvenimento 
di uno o pi� documenti decisivi, che la parte non aveva potuto 
produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario, 
l'accertamento da parte del giudice, sia della non colposit� 
della mancata produzione in giudizio del documento (recuperato), che 
della sua idoneit� a determinare una diversa decisione della controversia, 
costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione (1). 

La domanda di revocazione della sentenza, che si assuma viziata da 
un errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa, pu� essere 
accolta solo quando la pronuncia impugnata abbia posto a proprio fon


(1) Giurisprudenza consolidata: cfr. Cass., 19 luglio 1965, n. 1624, 
Foro it., Mass., 1965, 478. Beninteso � l'ipotesi di revocazione di cui al n. 3 
dell'art. 395 c. rp. c. presuppone che il documento dec1sivo, che la parte non 
ha potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario, 
preesista alla decisione impugnata � : Cass., 14 dicembre 1966, 
n .2930, Giur. it., Mass., 1966, 1277. 

267

P�RTl!l I:.� $EZ. � III, QIVRISPRUDENZA CIVILE 

damento il fatto �rroneamente supposto o escluso, ma non anche quando 

sia accertato che Z'error� di fatto, bench� sussistente, non sia caduto 

su un punto determinante per la decisione della controversia (2). 

(2) GilJ;:ioisprudenza l)arimenti consolidata: cfr. Cass., 24 giugno 1965, 
n. 1324, Ifofo it., Mass., 1965, 384-385; 14 aprile 1965, n. 687, ibidem, 195. 
Ql;ti;lsta volta � ilcas() di avvertire che � concorrendo le altre condizioni di 
l�ige~ �)itrore ((i. fatto pu� assurgere a motivo di revocazione soltanto se il 
fa~ici(Q:ht:fne � ()ggetto non abbia formato materia di contestazione fra le 
p~];'ti, J:l.11! ~spressam.ente, n� implicitamente, giacch� in caso contrario la divergetij:
a fra la pronuncia del giudice �e la realt� processuale si risolverebbe 
..�.. . . n� J;:>ii'.i ih 1lri e:rrore di percezione degli atti, cio� in una semplice svista, 
< ma in un errore di apprezzamento�: Cass., 13 dicembre 1966, n. 2923, Giur. 
�t., lY.tiijs., 1sea, 1215. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 593 -Pres. Favara 
-Est. Pascasio -P. M. Antod (conf.) -Mo11ini (avv. Gentili, Nicolussi) 
c. Societ� S.I.C.E.M. (avv. Dosi, Ba�ssi) e Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Carbone). 

Amministrazione dello Stato e degli enti pubblici -Notificazione ad 
Amministrazione statale di ricorso per cassazione non eseguita 
presso l'Avvocatura Generale dello Stato -Nullit� assoluta ed insanabile 
-Esclusione della inammissibilit� del ricorso in caso di 
litisconsorzio necessario e di rituale notifica del ricorso ad almeno 
uno dei litisconsorti. 

(t. u. 30 ottobre i.933, n. 1611, art. 11; 1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1; c. p. c., 
art. 331). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di competenza -Pluralit� di 
parti -Inscindibilit� processuale necessaria delle cause -Sussiste. 

<q. p. c., art. 47). 
Competenza e giurisdizione -Competenza dell'A.G. IN SEDE ORDINARIA 
e dei Tribunali regionali delle acque pubbliche -Criterio 
discriminatore -Oggetto della controversia -Controversie ex art. 
140, lett. d., t. u. 11 dicembre 1933, n.1775. -Irrilevanza della circostanza 
che per l'esecuzione dell'opera pubblica vi sia stata occupazione 
senza titolo di immobile di propriet� privata. 

(t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
Anche dopo L'entrata in vigore della l. 25 marzo 1958, n. 260, che 
ha modificato le norme sulla rappresentanza in giudizio dello Stato, i 
ricorsi per cassazione devono essere notificati presso l'Avvocatura Ge




268 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nerale e non gi� presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato che ha 
difeso la P. A. nei precedenti gradi del giudizio. L'inosservanza di tale 
norma determina, ai sensi dell'art. 11 r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, la 
nullit� della notificazione, rilevabile anche d'ufficio e non sanabile 
neppure con la costituzione in giudizio dell'Amministrazione convenuta. 

La norma, per�, non � appicabile e l'inammissibilit� del ricorso non sussiste, 
allorch� tra i soggetti del processo vi sia litisconsorzio necessario 
ed il ricorso sia stato ritualmente notificato, nei termini, ad almeno uno 
dei litisconsorti. In tal caso, incombe al giudice di ordinare, a norma 
dell'art. 331 c. p. c., La rinnovazione deUa notifica alla P. A.; ma tale rin


Inovazione � superflua, aHorch� l'Amministrazione si sia gi� costituita in 
giudizio (1). 

n regolamento di competenza d� sempre luogo, sotto l'aspetto processuale, 
ad una causa inscindibile, dovendo la competenza essere determinata 
in modo uniforme tra i vari soggetti del rapporto (2). 

Il criterio discriminatore deHa competenza tra l'A. G. in sede ordinaria 
ed i Tribunali regionali delle acque pubbliche � determinato dalla 
legge con riguardo all'oggetto della controversia, in quanto, secondo che 
la lite involga o meno interessi pubblici in ordine al regime delle acque, 
la cognizione della controversia � devoluta all'uno o all'altro giudice. 
Nel concetto di � controversie di qualunque natura riguardanti la occupazione 
totale o parziale, permanente o temporanea di fondi ... in conseguenza 
dell'esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e 
derivazione e utilizzazione deHe acque ., di cui all'art. 140, lett. d, t. u. 
11 dicembre 1933, n. 177 5, rientrano anche quelle relative ad occupazioni 
senza titolo (3). 

(1) Cfr. Cass., 12 marzo 1965, n. 415, in questa Rassegna, 1965, I, 346, 
sub 2 (v. anche, ivi, sub 1, circa la manifesta infondatezza della questione di 
legittimit� costituzionale dell'art. 11 t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611); 19 aprile 
1966, n. 983, Giur. it., Mass., 1966, 436-437; ma v., Cass., Sez. III, ordinanza 
24 novembre 1965, Giur. cast., 1966, 1307; 20 aprile 1966, n. 138, Foro it., 
Mass., 1966, 350; Trib. Salerno, ordinanza 25 novembre 1966, Gazzetta Ufficiale 
(edizione speciale) 29 aprile 1967, n. 109, 2280 e seg. Sulla seconda 
parte della massima v. Cass., 10 gennaio 1966, n. 178, in questa Rassegna, 
1966, I, 458, sub. 1, con nota critica di MARZANO, a cui si rimanda il lettore. 
(2) Cfr. REDENTI, Diritto processuale civile, vol. II, p. I, Milano, 1949, 
70; ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, vol. I, Napoli, 1954, 
172. Sull'inapplicabilit� dell'art. 332 c. p. c. al procedimento promosso a 
norma dell'art. 47 c. p. c., v. anche GARBAGNATI, Sul ricorso per regolamento 
di competenza in un processo con pluralit� di parti, Foro pad., 1951, I, 15-16. 
(3) Cfr. Cass., 20 maggio 1966, n. 1293, in questa Rassegna, 1966, I, 848, 
sub 1 ed ivi riferimenti. Sulla seconda parte della massima v., in senso 
conforme, Cass., 8 febbraio 1966, n. 410, Giust. civ., Mass., 1966, 222; 17 gennaio 
1966, n. 232, ibidem, 120, sub 3, ed ivi ulteriori riferimenti. 
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PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 269 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 marzo 1967, n. 605 -Pres. Rossano 
-Est. Pascasio -P. M. Tuttolomondo (conf.). -Bottari (avv. 
Lumia, Brancati) c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Gargiulo) 
e Comune di Taormina (avv. Vacirca). 

Espropriazione per p. u. -Opposizione giudiziaria alla stima dell'indennit� 
espropriativa -Giudizio sulla sussistenza o meno del carattere 
di edificabilit� del terreno espropriato -Apprezzamento di 
fatto del Giudice di merito, insindacabile in Cassazione. 

(I. 25 giugno 1865, n. 2359, artt. 39 e segg.). 
La valutazione di circostanze (qua Li la mancanza di sistemazione 
delle strade, della rete idrica, deH'iUuminazione, delle fognature, nonch� 
della ubicazione del fondo espropriato, in forte pendio e nei pressi 
di un cimitero), siccome determinanti rispetto ad altre (l'esistenza di 
due case popolari e di una palazzina INA-Casa alquanto vicine al fondo 
medesimo e l'avvenuta emanazione di alcuni decreti di espropriazione 
di aree, prossime a quelle edificate, per la costruzione di altri alloggi 
popolari), al fine di escludere il carattere edificatorio di un terreno, 
espropriato per l'ampliamento di un cimitero, costituisce apprezzamento 
di fatto del giudice di merito, come tale insindacabile in Cassazione (1). 

(1) Seoondo l'insegnamento della Corte di Cassazione, il giudice di 
merito pu� desumere il carattere edificatorio di un terreno, al fine della 
determinazione della giusta indennit� espropriativa, anche in via indiretta, 
da un complesso di elementi e circostanze, di natura certa ed obiettiva: 
Cass., 18 maggio 1964, n. 1213, in questa Rassegna, 1964, I, 719, sub 2, nonch� 
ampi riferimenti in nota sub 1 a Trib. Sup. AA, PP., 12 ottobre 1965, n. 21, 
id., 1966, I, 211; v. anche Cass., S'ez. Un., 22 luglio 1966, n. 1986 id., 1967, I, 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 21 marzo 1967, n. 631 -Pres. Tavolaro 
-Est. Geri -P. M. Criscuoli (conf.) -Lovati (avv. Prandi, 
Calvosa) c. Ministeri Difesa-Esercito e Tesoro (avv. Stato Graziano). 


Trattati e convenzioni internazionali -Diritti soggettivi dei cittadini 
verso lo Stato italiano -Fonte -Necessit� di atti normativi interni Sussiste. 


-



270 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giurisdizione -Prigionieri di guerra italiani in mano 
americana -Accordo internazionale 14 gennaio 1949 -Diritti soggettivi 
del cittadino verso lo Stato italiano -Esclusione -Domanda 
di pagamento di (maggiori) compensi per il lavoro prestato in prigionia, 
proposta da cittadino italiano, ex prigioniero di guerra cooperatore 
negli U. S. A., contro lo Stato italiano -Difetto di giurisdizione 
dell'A. G. per carenza assoluta di diritto soggettivo -Sussiste. 

Le ragioni spettanti ai cittadini verso lo Stato italiano hanno la 
loro fonte esclusiva in atti normativi dell'ordinamento interno e non gi� 
nei trattati o accordi internazionali, i quali, stipulati dagli Stati, sono 
diretti soltanto a regolare i loro rapporti internazionali, onde la spontanea 
esecuzione degli stessi da parte del Governo di uno degli Stati 
contraenti non vale di per s� a creare diritti soggettivi a favore dei 
privati, quando manchi la relativa norma deLl'ordinamento interno (1). 

In mancanza di apposito provvedimento legislativo interno, dall'accordo 
stipulato il 14 gennaio 1949 fra gli Stati Uniti d'America e 
l'Italia, al fine di definire la materia della liquidazione dei crediti da 
lavoro degli ex prigionieri di guerra italiani cooperatori negli U.S.A., 

non scaturisce alcun diritto soggettivo perfetto del cittadino reduce 
verso lo Stato italiano, epper� sussiste il difetto assoluto di giurisdizione 
del Giudice italiano a conoscere della domanda proposta dal privato 
contro lo Stato italiano, per ottenere la condanna del medesimo 
al pagamento del saldo delle retribuzioni pel lavoro prestato durante la 
prigionia in mano americana (2). 

(Omissis). -I due ricorsi, quello principale e quello incidentale, 
ai quali sono stati imposti diversi numeri, devono essere riuniti. 
In via di precedenza logica occorre esaminare il ricorso incidentale, 
perch� relativo all'eccepito difetto di giurisdizione, quale conse


(1) Conf. C'ass., Sez. Un., 5 agosto 1958, n. 2872, Foro it., 1958, I, 1246. 
Ha avvertito la Corte costituzionale, nella sentenza 10 marzo 1966, n. 20, 
in questa R,assegna, 1966, I, 486-487 (nella motivazione) che: a) i trattati 
internazionali a termini del vigente ordinamento italiano non sono di per 
s� e direttamente produttivi di effetti all'interno dello Stato, ma tale efficacia 
� vengono ad acquistare attraverso l'uso dei mezzi all'uopo idonei, 
fra cui quello di pi� frequente impiego costituito dall'ordine di esecuzione 
disposto con legge �; b) allorch� determinati trattati, resi esecutivi nelle 
debite forme, risultino in tutto o in parte lesivi di situazioni giuridiche tutelate 
dalla Costituzione e sottratte quindi alla disciplina da parte del legislatore 
ordinario, � spetta alla Corte costituzionale la competenza a conoscere 
della legittimit� costituzionale delle norme immesse�. Con la predetta 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 271 

guenza della improponibilit� della domanda, per carenza assoluta del 
diritto. 

Esso � fondato e merita accoglimento. Occorre in breve premettere 
che l'accordo internazionale U.S.A.-Italia (cosidetto accordo Pella-Dunn) 
del 14 gennaio 1949, che fu l'atto conclusivo di una serie di intese fra 
il Governo italiano e quello degli Stati Uniti a far tempo dal trattato di 
pace 10 febbraio 1947, pur avendo avuto pratica attuazione nei limiti 
della posizione debitoria della potenza detentrice, non fu seguito da 
alcun provvedimento legislativo di carattere interno. 

� infatti pacifico che soltanto due decreti legislativi furono emanati 
in attuazione di corrispondenti atti internazionali, riguardanti questa 
materia, precisamente il d. lg. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430, con il 
quale venne ratificato il trattato di pace, e dii d. �lg. C. P. S. 31 dioembre 
1947, n. 1747, che dava esecuzione agli accordi U.S.A.-Italia 14 agosto 
1947, detti anche � Lombardo-Lovett �, dal nome dei negoziatori. 

Ci� posto, la domanda del Lovati trova il suo naturale fondamento 
proprio nell'accordo 14 gennaio 1949, con il quale, secondo la tesi del 
ricorrente, il Governo italiano avrebbe assunto l'obbligo, sotto forma 

pronunzia, la Corte costituzionale ha escluso che la rinuncia da parte dello 

Stato italiano, di cui all'art. 76, n. 5, del Trattato di pace del 191:1:7, reso ese


cutivo in Italia con l'art. 1 d. lg. 28 novembre 1947, n. 1430, ai propri diritti 

scaturenti dall'art. 34 della Convenzione di Ginevra del 27 luglio 1929 ed 

aventi ad oggetto le retribuzioni dei prigionieri di guerra, sia in contrasto 

con gli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione. Ma non si � mancato di opinare, 

in dottrina, che la questione di legittimit� costituzionale della norma di 

adattamento all'ordinamento interno dell'art. 76, n. 5, del Trattato di pace 

fosse addirittura improponibile, anzitutto, perch� mancherebbe � tanto il 

diritto soggettivo che si asserisce violato, quanto la pretesa norma viola


trice. N� poi la censura di incostituzionalit� potrebbe riguardare lo stesso 

atto di consenso prestato dall'Italia a livello internazionale in accettazione 

dell'art. 76, n. 5, non potendo pensarsi, ad �es., ad una applicazione retroat


tiva dell'art. 80 Cost. �: BERNARDINI, Inesistenza del diritto soggettivo asser


tivamente violato e controllo di costituzionalit� di una supposta norma di 

adattamento ad accordo internazionale, in Giur. cast., 1966, 209. 

Peraltro, sulla portata dell'art. 10 Cost., v. Corte costituzionale, sent. 
12 maggio 1960, n. 32, Giur. cast., 1960, 537, (che, nella motivazione, 555556, 
avverte che � �esso si riferisce alle norme del diritto internazionale generalmente 
riconosciute e non ai singoli impegni assunti in campo internazionale 
dallo Stato�), con nota, adesiva sul punto, del MoRTATI, ivi, 547. 
Sulla necessit� di una norma interna italiana per la sussistenza di un diritto 
soggettivo del cittadino verso lo Stato italiano assuntore di obblighi 
internazionali, v. anche CANSACCHI, Confisca di beni italiani all'estero ed 
azione di indennizzo in Italia, Giur. it., 1953, I, 1, 123. 

(2) La sentenza cassata senza rinvio leggesi in questa Rassegna, 1964, 
I, 513 e segg .. 
7 



272 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di un accollo, di soddisfare in favore dei prigionieri italiani i debiti di 
quello americano. 

Se cos� fosse, non vi sarebbe dubbio sulla suss~stenza di un diritto 
soggettivo perfetto del Lovati nei confronti dello Stato, tenuto, quale 
accoUante, verso di lui in luogo dell'originario debitore -l'accollato e 
cio� degli Stati Undti d'America. 

Senonch�, anche ammesso che il contenuto dell'accordo, di carattere 
interx;i.azionale, possa di per s� configurarsi alla stregua di un istituto 
eminentemente privatistico, quale � appunto l'accollo, a tanto non 
sarebbe possibile, in ogni caso, pervenire senza un provvedimento legislativo 
interno, che consenta il trasferimento dell'obbligazione dall'uno 
all'altro debitore, rendendolo valido ed operante anche a favore del 
creditore privato. 

Non v'� dubbio infatti che le ragioni spettanti ai cittadini italiani 
verso lo Stato hanno la loro fonte esclusiva in atti normativi interni 
e non gi� nei trattati o accordi, i quali, stipulati al livello degli Stati, 
sono diretti soltanto a regolare i loro rapporti internazionali. 

N� rileva, ai fini della sussistenza del preteso diritto, la circostanza 
storica che il Governo italiano, proprio in esecuzione dell'accordo 14 gennaio 
1949, abbia soddisfatto, in concreto, le ragioni creditizie dei prigionieri 
gi� internati in America, erogando loro le somme all'uopo 
ricevute dagH Stati Uniti, perch� la spontanea esecuzione di un trattato 
internazionale non vale di per s� a creare un diritto soggettivo a favore 
del privato, quando manchi la relativa norma nell'ordinamento interno. 

Ricorre dunque un caso di difetto di giurisdizione per improponibilit� 
della domanda nell'assoluta carenza di un diritto soggettivo azionabile. 


Invoca tuttavia il ricorrente la convenzione di Ginevra del 27 settembre 
1929, che gli Stati Uniti avrebbero violato, fissando unilateralmente 
il compenso per i prigionieri, in spregio alle disposizioni 
dell'art. 34, e chiede, con l'applicazione di detta norma, anche quella 
dell'art. 36 della Costdtuzione e, occorrendo, dell'art. 2099 c. c. 

Senonch� tutto ci� presuppone la sussistenza di un diritto, del quale 
sia necessario determinare il quantum, mentr�e al contrario nessuna 
pretesa direttamente tutelata � sorta, come s'� detto, a favore del 
ricorrente. 

Si ritiene, per verit�, che dalla convenzione ginevrina, in quanto 
recepita negli ordinamenti interni, sorga in favore del privato un diritto 
soggettivo perfetto. Ci� tuttavia si sarebbe verificato, nell'ipotesi che 
si potesse ritenere la sussistenza della dedotta violazione, nei confronti 
degli Stati Uniti d'America e non gi� dello Stato italiano, il quale, in 
ogni caso, non ha assunto, sempre a livello internazionale, obbligazioni 
maggiori di quelle contenute nell'accordo 14 gennaio 1949. 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Si deduce altres� un non meglio precisato obbligo di risarcire, che 
sarebbe derivato allo Stato italiano dalla illegittima rinunzia, contenuta 
nel trattato di pace, ai diritti dei prigionieni di guerra verso le potenze 
detentrici. 

A parte che detta rinunzia � stata invece considerata necessaria e 
non illegittima, non ne potrebbe comunque derivare, per il cittadino, un 
diritto soggettivo, neppur nella forma di una pretesa risarcitoria, vertendosi 
pur sempre in materia di accordi e trattati internazionali, operanti 
soltanto al livello degli Starti contraenti. 

Contro l'eccepito difetto di giurisc}izione invoca il ricorrente una 
non recente decisione di questa Suprema Corte (Sez. I, 20 ottobre 1956, 

n. 3778, in causa Vfoentini c. Min~steri Difesa e T1esoro), la quale, in 
un caso analogo, avrebbe deciso nel merito. 

Il riferimento non � calzante. 

Infatti, nella predetta sentenza non soltanto non v'� cenno alcuno 
ad una questione di giurisdizione, relativamente alla domanda proposta 
da un prigioniero degli inglesi di veder soddisfatte le proprie 
ragioni in sterline o comunque ad un cambio diverso da quello adottato 
nei suoi confronti, ma si d� per pacifica, come presupposto indeclinabile 
di tale domanda, la sussistenza dell'accettazione da parte dello 
Stato italiano di una delegazione di pagamento in luogo del Governo 
inglese. 

Dev�esi, dunque, di>Chiarare il diretto di giurisdizione per improponibilit� 
assoluta della domanda, in accoglimento del ricorso incidentale. 
Quello principale resta completamente assorbito. 

La sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, con condanna 
del ricorrente alla perdita del deposito. 
Ricorrono giusti motivi per una totale compensazione delle spese. (
Omisis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 22 marzo 1967, n. 651 -Pres. Rossano 
-Est. D'Armiento -P. M. Chir� (conf.) -Assessorato LL. PP. Regione 
Siciliana (avv. Stato Peronaci) c. Baiamonte (intimato). 

Sentenza -Motivazione -Motivazione contraddittoria -Nozione. 

(c. p. c., artt. 132, n. 4, 276, ult. comma, 360, n. 5; disp. att. c. p. c., artt. 118, 119). 
Il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza sussiste quando 
le argomentazioni enunciate dal giudice a sostegno della propria 


\ 

274 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

decisione siano insanabilmente contrastanti tra loro, in modo da elidersi 
reciprocamente e da non consentire, quindi, la identificazione della 

ratio decidendi (1). 

(1) Cfr. Cass., 19 ottobre 1966, n. 2535, Giur. it., Mass., 1966, 1122, sub c: 
� la contraddittoriet� della motivazione, prevista dall'art. 360, n. 5, c. p. c., in 
tanto pu� ritenersi sussistente, in quanto le argomentazioni addotte siano 
tra loro inconciliabili, cosi da elidersi a vicenda e da rendere impossibile 
la identificazione dell'iter logico posto a base della decisfone e cio� incomprensibile 
la ratio decidendi. Detto vizio non pu�, quindi, consistere in 
apprezzamenti dei fatti e delle prove difformi da quelli pretesi dalla parte, 
perch� spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio 
convincimento ed all'uopo valutare le prove, controllarne l'attendibilit� e 
la concludenza, scegliere fra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee 
a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione, dare prevalenZia 
all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti 
dalla legge, stabilire se sussistano fatti idonei a dare fondamento a presunzioni 
semplici, tutto ci� rientrando nel suo potere discrezionale a norma 
dell'art. 116 c. p. c .�; ed infatti � i vizi di motivazione della sentenza, deducibili 
ai sensi dell'art. 360, n. 5, c. p. c. come motivo di ricorso per cassazione 
sono sofo auelti attinenti all'accertamento ed alla vatutazione dei fatti 
rilev~nti ai fini della decisione della causa e non anche quelli che si riferiscono 
alla soluzione di questioni di puro diritto � : Cass., 5 novembre 1966, 
n. 2727, in questa Rassegna, 1966, I, 1281, sub 3, ed ivi riferimenti; benvero, 
perch� sussista il vizio ex art. 360, n. 5, c. p. c., � � necessario che esso incida 
su punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili 
d'ufficio.: Cass., 17 ottobre 1966, n. 2478, Giur. it., Mass., 1966,, 1101. 
In senso conforme alla sentenza in rassegna v. anche Cass., 24 gennaio 
1966, n. 274, Giust. civ., Mass., 1966, 144, sub 1; 4 gennaio 1966, n. 62, ibidem, 
35, sub 1. 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� febbraio 1967, n. 10 -Pres. Polistina 
-Est. Daniele -Santarini (avv.ti Menghini e Tedeschi) c. 
Prefetto di Grosseto, Ministeri LL.PP., Interno e Turismo e Spettacolo 
(avv. Stato Ciardulli) e Comune di Grosseto (avv. Gelso). 

Espropriazione per p. u. -Campi sportivi -Previsione di zona sportiva 
nel piano regolatore generale -Non influisce sull'applicazione della 
legislazione speciale. 

La previsione nel piano regolatore di un vincolo a zona sportiva 
ai sensi degli artt. 13 e segg., i. 17 agosto 1942, n. 1150, in base aUa 
quale pu� essere disposta la espropriazione deHe aree, si pone su un 
piano diverso e distinto daHa espropriazione che pu� essere disposta 
ai sensi del r. d. 2 febbraio 1939, n. 302, per la costruzione di campi 
sportivi; legittimamente, pertanto, la p. a. si avvale di quest'ultima 
espropriazione, liquidando la indennit� prevista dalla legge n. 302, 
anche laddove esiste un vincolo secondo il piano regolatore (1). 

(1) La massima appare esatta. 
Nella specie era stato compilato un piano particolareggiato che destinava 
una zona a impianti sportivi ai sensi degli artt. 13 e segg. della 
legge urbanistica, la quale, come � noto (art. 17), prevede che l'approvazione 
dei piani equivale a dichiarazione di pubblica utilit� delle relative 
opere e attribuisce ai Comuni la facolt� di espropriare, entro certi limiti, 
le aree secondo la destinazione disposta nei piani stessi (art. 18). 

In relazione alla particolare natura delle opere da costruire (opere 
sportive) il Comune poteva avvalersi di un'altra legge (I. 2 febbraio 1939, 

n. 302), la quale prevede l'espropriazione per la costruzione di campi 
sportivi, rinviando per la determinazione dell'indennit� alla legge 15 gennaio 
1895, n. 2892. Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo l'operato 
del Comune che si � avvalso della legge speciale n. 302, e non della 
legge generale urbanistica. 
Per un'ipotesi di concorso di sue leggi speciali (piano regolatore 

r. d. n. 302 del 1939) cfr. Sez. IV, 28 luglio 1943, n. 286, Foro amm., 
1944, I, 1, 41); per un'ipotesi di concorso della legge urbanistica con la 
citata legge n. 302, e per. la irrilevanza dei vizi inerenti al piano regolatore 
sulla procedura espropriativa adottata ai sensi della legge n. 302, 
cfr. Sez. IV, 27 dicembre 1963, n. 951, Riv. giur. ed., 1964, I, 242 con nota. 

276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> febbraio 1967, n. 12 -Pres. Polistina 
276 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> febbraio 1967, n. 12 -Pres. Polistina 
-Est. Risi -Modeo (avv.ti Barra Caracciolo e Orlando) c. Comune 
di Sezze (avv.ti Sauzzi e Gaeta). 


Impiego pubblico -Dimissioni volontarie -Domanda -Sottoposta a condizione 
sospensiva -Ammissibilit� -Mancato avverarsi della condizione 
-Effetti. 

� legittima la domanda di dimissioni volontarie qualora sia sottoposta 
a condizione; ed � perci� illegittimo il provvedimento di accoglimento 
della domanda stessa qualora la condizione non si sia verificata 
(1). 

(1) La giurisprudenza � costante nel ritenere legittima la domanda 
di collocamento a riposo o di dimissione volontaria se � sottoposta a 
condizione sospensiva: cfr. Sez. VI, 7 novembre 1959, n. 797, Il Consiglio 
di Stato, 1959, I, 1543; Sez. V, 2 dicembre 1950, n. 1229, ivi 1950, 774. 
Pertanto il provvedimento di accoglimento che risolve il rapporto non 
pu� essere emesso se la condizione non si � verificata. 
I(
~i 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 febbraio 1967, n. 34 -Pres. Poli-

II

stina -Est. Battara -Pezzoli (avv. Andreicich) c. Ministero Tesoro 
(avv. Stato Peronaci). 


Danni di guerra -Beni perduti all'estero per trattato di pace -Jugoslavia 
-L. 29 ottobre 1954, n. 1050 e d. P. R. 8 agosto 1955, J 

n. 946 -Contrasto con gli artt. 43 e 42, terzo comma, Cost. I 
I0

Manifesta infondatezza. 

I cittadini che hanno perduto beni all'estero per effetto del trattato 
di pace sono titolari di un interesse legittimo e non di diritto sog-
;

!I-~

gettivo all'indennizzo del danno subito, e il diverso trattamento loro , -: 
riservato risponde a un interesse pubblico che trova un limite nelle 
possibilit� finanziarie dello Stato; pertanto � manifestamente infondata 
l'eccezione di incostituzionalit� per preteso contrasto con l'art. 3 e con ro


ill 

l'art. 42 CoSt., per ci� che concerne il criterio di indennizzo dei beni 
italiani situati nel vecchio territorio iugoslavo (1). i!


~:: 

t !.: 

(1) La giurisprudenza in tal senso � pacifica: cfr., Sez. IV, 30 luglio r ~:: 
1965, n. 537, in qu.,ta Ra�,.gna, 1965, I, 985, eon nota. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 277 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 13 gennaio 1967, n. 7 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. Cesareo -Bardelli (avv. Sodi) c. Medico Provinciale 
Milano (avv. Stato Carafa), Comune di Milano (avv. Consolini 
e Sartago) ed altri. 

Edilizia -Licenza di abitabilit� -Irregolarit� preesistenti o sopravvenute 
-Provvedimento di. revoca -Legittimit�. 

Il potere del Sindaco per la salvaguardia dell'igiene � continuo ed 
~mmanente e non si esaurisce con la dichiarazione di abitabilit�, la 
quale ha valore in quanto i requisiti igienici voluti dalle norme di 
legge e di regolamento sussistano effettivamente. al momento del rilascio 
della dichiarazione e perdurino anche in prosieguo di tempo; pertanto 
� da ritenere legittimo il successivo provvedimento del Sindaco inteso a 
rimuovere le irregolarit�, siano esse sopravvenute o preesistenti, della 
dichiarazione di abitabilit� (1). 

(1) Sul punto che il rilascio della licenza di abitabilit� non � elemento 
sufficiente a dimostrare la regolarit� della �costruzione cfr. Cons. Stato, 
Sez. V, 6 dicembre 1963, n. 1032, Riv. giur. edil., 1964, I, 209, la quale ha 
precisato che in tal caso �1 Sindaco pu� esercitare i poteri repressivi di cui 
all'art. 32 della I. n. 1150 del 1942. 
In genere circa la natura autorizzativa della licenza di abitabilit� v. 
Cons. Stato, Sez. V, 19 dicembre 1958, n. 1108, Riv. giur. edil., 1959, I, 116, 
ed, in dottrina, VIRGA, La potest� di polizia, Milano, 1954, 128; MENGOLI, 
Urbanistica e costruzioni edilizie, Milano, 1959, 299. 

Sulle esig�enze che il Sindaco dev�e tutelare con il ril!ascio della licenza 
di abitabilit�, dr. TESTA, Legittimit� del diniego della licenza di abitabilit�, 
L'amm. ital., 1957, I segg. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 20 gennaio 1967, n. 25 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. Bartolotta -Soc. Pia Antica Marcia (avv. Sorrentino, 
Andrioli e Conte), c. Ministero Interno (avv. Stato Coronas), 
Comune di Roma (avv. Bozi e Colamartino) e A.e.E.A. (n. c). 

Giustizia amministrativa -Deliberazione comunale di municipalizzazione 
di servizio pubblico -Impugnabilit� immediata. 

Giustizia amministrativa -Provvedimento messo in esecuzione su difetto 
della prescritta autorizzazione -Impugnabilit� immediata. 



278 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Comune -Municipalizzazione -Servizio pubblico di alimentazione 
idrica -Procedura applicabile. 

La deliberazione del Consiglio comunale con La quale si decide di 
assumere il servizio di distribuzione di tutte Le acque a mezzo della 
Locale Azienda comunale non ha carattere preparatorio, ed � pertanto 
immediatamente impugnabile in sede giurisdizionale (1). 

Non pu� ritenersi inefficace, ed � pertanto immediatamente impugnabile 
in sede giurisdizionale, il provvedimento ai quale manchi La 
prescritta approvazione deHa competente Autorit� se L'Amministrazione 
che io ha emanato abbia dato ad esso esecuzione ed abbia dimostrato 
con il suo comportamento di considerare chiuso il procedimento 
deHa sua formazione e di non ritenere necessario o comunque di non 
volere provocare L'intervento deH'Autorit� di controllo (2). 

La procedura prevista daHe disposizioni contenute nei t. u. 15 ottobre 
1925, n. 2578 e nei regolamento approvato con r. d. 10 marzo 1904, 
n..108 per L'assunzione diretta ex novo di un pubblico servizio ovvero 
per il riscatto di una concessione gi� esistente va osservata daHe Amministrazioni 
comunali anche nell'ipotesi di estensione della municipalizzazione 
ai servizio di alimentazione idrica per mezzo deU'Azienda municipalizzata 
gi� esistente (3). 

(1) Nello stesso senso implicitamente cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26 gennaio 
1963, n. 25, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 39. 
(2) In termini, Cons. Stato, Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1097, Il Consiglio 
di Stato, 1965, I, 2160. 
(3) Per qualche precedente cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 20 ottobre 1964, 
n. 1016, l!'oro amm., 1964, I, 2, 1084. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 31 gennaio 1967, n. 30 -Pres. BarraCaracciolo 
-Est. Carelli -Klotz (avv. Florio) c. Giunta Provinciale 
di Bolzano (avv. Piccardi). 

Ricorsi amministrativi -Ricorso gerarchico improprio -Poteri del!'
Autorit� decidente -Integrazione o sostituzione di elementi 
dell'atto impugnato -Inammissibilit� -Fattispecie. 

Collegio -Componente del collegio -Posizione di componente del 
colle~io e di titolare di organo individuale, anche se coincidenti 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 279 

nella stessa persona fisica -Autonomia -Attivit� compiute nella 
qualit� di componente e nella qualit� di titolare dell'organo Autonomia, 


L'Autorit� che decide un ricorso gerarchico deve pronunciarsi nei 
limiti delle questioni proposte e nei limiti dell'oggetto dedotto, con riferimento 
all'atto impugnato, di cui non pu� sostituire n� un elemento 
(ad esempio motivazione), n� un atto preliminare, che ne costituisce il 
presupposto (1). 

Le funzioni che_ una stessa autorit� amministrativa svolge in seno 
al collegio, nella qualit� di componente e come titolare di un organo 
cui � preposto, sono tra di loro indipendenti ed autonome, con la conseguenza 
che la stessa autorit�, neUa sua posizione di titolare deU'organo, 
non � vincolata daU'attivit� collegiale, e viceversa (specie relativa alle 
funzioni attribuite in materia ediiizia al Presidente della Giunta provinciale 
di Bolzano in tale sua quaLit� di organo individuale e nella 
qualit� di Presidente dell'organo collegiale, in sede di ricorso gerarchico 
improprio (2). 

(1) L'orientamento della giurisprudenza e della dottrina in tal senso 
pu� ritenersi pacifica: l'autorit� che decide un ricorso gerarchico, proprio 
o improprio, non pu� sostituire gli elementi costitutivi dell'atto impugnato 
(ad es. la motivazione), n� pu� sostituire un elemento preparatorio dell'atto 
stesso, perch� in tal caso emanerebbe un atto diverso, esplicando 
cosi poteri di amministrazione-attiva e non poteri decisori; ma dev�e invece 
pronunciarsi, con riferimento all'atto impugnato, sulle questioni proposte 
col ricorso. 
(2) Non vi � dubbio che la posizione di componente di un ufficio 
collegiale e la posizione di titolare di un organo, anche se si identificano 
nella stessa persona, sono autonome; e perci� anche le attivit� che la stessa 
persona svolge nell'una o nell'altra qualit� sono distinte e indipendenti. 
Infatti le attribuzioni che il componente svolge in seno all'uffido collegiale 
rientrano nella sfera di competenza del collegio e ne costituiscono 
esercizio, venendo imputate al collegio direttamente. Le attribuzioni che 
egli invece svolge allorch� agisce come titolare dell'ufficio individuale, 
rientrano nella sfera di competenza di tale ufficio cui l'attivit� viene imputata. 
Di conseguenza le deliberazioni collegiali non vincolano n� gli 
uffici che sono rappresentati in seno al collegio, n� i relativi titolari allorch� 
agiscono nell'esercizio delle funzioni di competenza di tali uffici: pi� 
ampiamente su tale punto, cfr. GARGIULO, I collegi amministrativi, 130 e segg. 
CORTE DEI CONTI, Sez. II, 4 giugno 1966, n. 12 -Pres. Palla -Est. 
Raus -P. G. Pietranera -P. G. c. Macis e altri. 

Amministrazione dello Stato -Aziende dei mezzi meccanici e dei magazzini 
portuali -Natura di organo statale. 



280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Competenza e giuridsizione -Aziende di mezzi meccanici e dei magazzini 
portuali -Dipen,denti e agenti contabili -Giurisdizione 
della Corte dei Conti in materia di responsabilit� (amministrativa 
e contabile) -Sussiste. 

La natura di organo dello Stato delle Aziende dei mezzi meccanici 
e dei magazzini portuali non pu� essere messa in dubbio ove si 
ponga mente al fatto: che esse sono costituite presso Uffici dipendenti 
dal Ministero della Marina Mercantile per il conseguimento di interessi 
ist�tuzionali dello Stato (gestione dei beni demaniali portuali, potenziamento 
del lavoro portuale), e che allo Stato si riportano i risultati 
della loro gestione mediante il miglioramento e il potenziamento delle 
attrezzature portuali (1). 

I dipendenti e gli agenti contabili dell'Azienda dei mezzi meccanici 
del porto di Cagliari sono soggetti alla giurisdizione della Corte 
dei Conti in materia di responsabilit� amministrativa e contabile (2). 

(1) La soluzione data alla questione, di cui alla prima massima, costituisce 
il presupposto dell'affermata giurisdizione della Corte dei Conti 
nel caso di specie (seconda massima). 
L'argomento ha rilevanza anche sotto altri vari profili, in particolare 
sotto quello delle norme sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato 
(legitimatio ad processum che spetta all'Amministrazione della Marina 
Mercantile in persona del suo Ministro in cadca; notificazione delle citazioni 
e in genere degli atti istitutivi di giudizi, che deve avvenire presso 
l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato competente per territorio; foro dello 
Stato). 

La parte della decisione relativa alla prima massima trovasi pubblicata 
in Foro amm., 1966, I, 3, 279. Contiene una rapida rassegna delle 
varie disposizioni relative ai mezzi meccanici e ai magazzini portuali 
(Regolamento dei porti, spiagge e fari approvato con R. D. 26 novembre 
1904, n. 713, art. 122 e art. 123; R. D. 9 gennaio 1941, n. 541, circa la 
facolt� del Ministro della Marin11 Mercantile di costituire le Aziende in 
parola presso le Capitanerie o altri uffici dipendenti; art. 29 del codice 
della navigazione, sulle pertinenze del demanio marittimo) e del conseguente 
regime di detti beni. Ad integrazione appare opportuno ricordare 
che particolari situazioni sussistono in alcuni porti, cui sono preposti enti 
portuali i quali, a differenza delle Aziende dei mezzi meccanici, sono 
forniti di propria personalit� giuridica (pubblica) distinta da quella 
dello Stato. 

I precedenti giurisprudenziali editi, sulla natura delle Aziende predette, 
sono scarsi e tutti -a quanto risulta -nel senso della decisione 
all'esame: Trib. La Spezia, 24 aprile 1950, in questa Rassegna, 1951, 170 
con nota redazionale, nonch� in Riv. dir. nav., 1952, II, 79 con nota di 
CRISCI; Trib. Firenze, 3 luglio 1963, in Foro it., 1964, I, 454. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 281 

CORTE DEI CONTI, Sez. II, 4 giugno 1966, n. 13 -Pres. Palla -Est. 
Lettieri -P. G. D'Acunzo -P.G. c. S.A.U.R.A. 

Responsabilit� civile -Giudizi di responsabilit� -Azione del Procuratore 
Generale -Danno erariale -Presupposto. 

Corte dei Conti -Poteri sindacatori -Presupposti. 

Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti, nel giudizio 
speciale di responsabilit�, ha ampi poteri non vincolati dai pareri deduzioni 
e simili dell'Amministrazione interessata, ma istituzionalmente 
volti a provocare l'attuazione della legge quando siano da tutelare 
interessi patrimoniali dell'erario. Detti ampi poteri hanno peraltro 
un limite al loro esercizio, costituito da un elemento che si pone quale 
presupposto essenziale per la proponibilit� dell'azione: il danno erariale, 
che deve essere effettivo, attuale e concretamente determinato o 
determinabile (1). 

In mancanza del danno erariale, n� i poteri sindacatori riconosciuti 
al Giudice contabile, n� i ricordati ampi poteri del Procuratore 
Generale, possono risolversi in una forma di sindacato generale sugli 
atti della Pubblica Amministrazione, non prevista dalla normativa in 
vigore (2). 

(1-2) Giurisprudenza costante. Si vedano: Corte dei conti, II, 12 giugno 
1962, n. 17, Riv. Corte dei conti, 1962, II, 152; Corte dei conti, II, 
6 giugno 1964, n. 132, Foro amm., 1965, I, 3, 87. 

In dottrina: BORZELLINO, n Procuratore generale presso la Corte dei 
Conti nella funzione del pubblico ministero e la tutela del danaro pubblico, 
Riv. amm., 1966, I, 437. 

Cfr. Corte dei conti, Sez. Un., 6 giugno 1961, Giur. it., 1962, III, 130. 
In dottrina, aut. e op. cit. 

Nel testo della stessa decisione (pubblicata in Foro amm., 1966, I, 
3, 226) si accenna che il danno erariale non deve essere necessariamente 
diretto, ma pu� essere anche indiretto. 

In proposito: Corte dei conti, Sez. Giur. reg. sic., 3 maggio 1961, 

n. 657, Rep. gen. giust. civ., 1962, 970, n. 58. 
CORTE DEI CONTI, Sez. II, 8 settembre 1966, n. 77 -Pres. f. f. Tempesta 
-Est. Valori -P. G. Aliqu� -P. G. c. Mariani. 

Responsabilit� Civile -Circolazione stradale -Comandante di autocolonna 
militare -Non risponde dell'errata manovra del conducente 
dell'automezzo che lo trasporta. 

Il Comandante di un'autocolonna militare, con compiti disciplinari 
relativi al contegno degli equipaggi, e con mansioni tecniche riguardanti 
la marcia della colonna, la scelta delle strade da percorrere, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

282 

la vefocit� da tenere, la distanza fra l'uno e l'altro veicolo e simili e 
non riguardanti invece la condotta materiale di un singolo veicolo, 
non pu� ssere considerato � addetto aHa conduzione di autoveicoli�, ai 
sensi e per gli effetti della legge n. 1833 del 1962. Egli pertanto non 
risponde dei danni provocati da manovra imprudente o irregolare 
compiuta, sia pure dietro suo consiglio, dal conducente dell'automezzo 
che lo trasporta (1). 

(1) Con l'entrata in vigore della legge 31 dicembre 1962, n. 1833 
(ma si veda anche il precedente Statuto degli impiegati civili dello 
Stato -d. P. R. n. 3 del 1957 -all'art. 22, limitato peraltro a tali 
impiegati) ha acquistato rilevanza il problema della determinazione della 
sfera di applicabilit� della speciale disciplina circa la responsabilit� patrimoniale 
dei dipendenti dello Stato, adibiti alla conduzione di autoveicoli 
o altri mezzi meccanici. 
La decisione all'esame (il testo pu� leggersi in Foro amm., 1966, I, 3, 
309), che si � soffermata sulla figura del � Comandante di autocolonna 
militare �, rientra appunto fra quelle della Corte dei Conti che hanno 
affrontato il detto problema e delle quali ricordiamo ancora: Sez. II, 
23 novembre 1963, n. 18, .in questa Rassegna, 1965, I, 178, e (particolarmente 
importante) Sez. II, 20 maggio 1964, n. 131, sempre in questa 
Rassegna, 1965, I, 182. Sull'argomento rinviamo poi genericamente alle 
massime contenute in Rep. gen. giust. civ., 1965, s. v. � Impiegati dello 
Stato ., dal n. 411 al n. 430 (pag. 1511 e segg.). 

In dottrina si veda GARRI, La responsabilit� dei dipendenti dello 
Stato per danni derivanti dalla circolazione dei veicoli statali, Riv. circ. 
trwsp., 1964, 518. 



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 2,5 maggio 1966, n. 1344 -Pres. Vistoso 
-Est. Perrone Capano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze 
(~vv. Stato Peronaci) c. Marzocchi (avv. Tornabuoni). 

Imposta di registro -Contratto per persona da nominare .-Dichiarazione 
di nomina della persona per la quale si � contrattato -Applicabilit� 
della tassa fissa -Condizioni -Fattispecie in tema di dichiarazion~ 
resa da procuratore legale aggiudicatario per persona 
da nominare nel procedimento di esecuzione forzata immobiliare. 

(c. c., art. l<J,01 ss.; c. p. c., art. 583; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 58; 
id., tariffa ali. A, art. 93). 
Ai sensi degLi artt. 58 della legge del registro e 93 della tariffa aU. A, 
la dichiarazione di nomina della persona per la quale si � contrattato � 
soggetta aHa tassa fissa soltanto se, ricorrendo anche le altre richieste 
condizioni, sia fatta entro il termine di tre giorni con atto pubblico, ovvero 
con scrittura privata registrata entro il detto termine. La dichiarazione 
di nomina dell'acquirente, da parte del procuratore legale rimasto 
aggiudicatario per persona da nominare in un procedimento di espropriazione 
forzata immobiliare, deve considerarsi resa con atto pubblico 
-(e perci� anche per gli effetti di cui alle disposizioni tributarie sulle 
dichiarazioni di comando) -allorch� il cancelliere, al quale � presentata, 
non si limiti a certificarne il deposito, ma vi esplichi un concorso attivo 
ed efficiente, con la sua presenza e la sua attestazione, cos� conferendole 
le caratteris'tiche dell'atto pubblico, non soltanto in ordine alla data, 
ma anche in ordine alla provenienza del documento ed alle dichiarazioni 
in esso contenute (1). 

(1-2) Sulla perentoriet� del termine di tre giorni previsto dall'aTt. 58 
della legge di registro, sulla sua autonoma funzione e sulla conseguente 
irrilevanza, ai fini tributari, del maggior termine che possa essere stabilito 
dalle parti ai sensi dell'art. 1402 c. c., la giurisprudenza � consolidata: cfr. 
Cass. 28 aprile 1958, n. 1391, Riv. leg. fisc., 1958, 1484, Cass. 27 febbraio 1963, 

n. 482; Cass. 24 febbraio 1965, n. 309, Foro it., 1965, I, 1267 (quest'ultima 

284 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELL� STATO 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 maggio 1966, n. 1349 -Pres. Pece 
Est. Onnis -P. M. Pedate (conf.) -Gualdi (avv. De Crescienzo) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Correale). 

Imposta di registro -Contratto per persona da nominare -Dichiara


zione di nomina della persona per la quale si � contrattato -Appli


cabilit� della tassa fissa -Condizioni -Termine di tre giorni pre


visto dall'art. 58 della legge di registro -Aggiudicazione per per


sona da nominare -Decorrenza de.I termip.e per la dichiarazione 

dall'aggiudicazione provvisoria e non dalla definitiva. 

(c. c., art. 1401 ss.; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 50, 58; id., tariffa 
all. A, art. 93; r. d. 27 maggio 1924; n. 827, artt. 65, 84). 
Ai senzi degli artt. 58 della legge del registro e 93 della tariffa all. 
A, la dichiarazione di nomina della persona per la quale si � stipulato 
un contratto � soggetta alla sola tassa fissa, soltanto se � fatta entro i, 
tre giorni successivi alla data del contratto, anche se questo sia sottoposto 
a condizione o soggetto ad approvazione od omologazione. Pertanto, 
se la dichiarazione riguardi un'aggiudicazione ai pubblici incanti, la cui 
efficacia sia condizionata all'esito del successivo esperimento per rincaro 

o ribasso, il termine dei tre giorni, ai fini dell'applicabilit� della tassa 
fissa, decorre dall'aggiudicazione provvisoria, e non gi� da quella definitiva 
(2). 
I 

(Omissis). ,..-Con i due motivi di ricorso, che riguar�l.ano essenzialmente 
un'unica questione, e che � opportuno esaminare congiuntamente, 
l'Amministrazione delle finanze si duole che nella specie sia stata ravvisata 
l'esistenza di un atto pubblico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 58 
della legge di registro. 

La doglianza � infondata. 

da segnalare anche per l'affermazione dell'esigenza dell'assoluta conformit� 
della dichiarazione alla riserva, ai fini dell'applicabilit� della tassa 
fissa, esclusa perci� nel caso di dichiarazione di avere acquistato per s� 
fatta da chi aveva contrattato per persona da nominare). 

Sulla prorogabilit� o meno al .giorno successivo del tennine scadente 
in giorno festivo, cfr. Relaz. Avv. Stato, 1961-65, II, 479 e giurisprudenza 
ivi citata, cui adde: per la non prorogabilit�, Trib. Napoli, 11 maggio 1964, 
Riv. dir. prat. trib., 1965, II, 418, con nota di T. ToMASICCHIO. La regol'a del 
� giorno ultimo festivo non computatur in termine � e l'art. 58 della legge 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 285 

In questa sede i Marzocchi non contestano (cosi come contestarono 
nel 5"iudizio di merito) che l'art. 58 della legge di registro sia applicabile 
in tutti i negozi per persona da nominare, e cio� non solo in ordine ai 
contratti previsti dagli artt. 1401 e ss., c. c., ma anche in ordine alle 
aggiudicazioni per persona da nominare, pronunciate nei procedimenti 
di esecuzione forzata immobiliare. � ormai pacifico, quindi, che la dichiarazione 
di nomina della persona per la quale il procuratore legale 
� rimasto aggiudicatario, resa ai sensi dell'art. 583 c. p. c. (cosiddetta 
dichiarazione di mandato o di comando), deve essere .sottoposta alla 
registrazione prescritta dal citato art. 58, al pari delle dichiarazioni di 
nomina delle persone per le quali si � fatto un acquisto od ~ltro contratto, 
ai sensi degli artt. 1401 e ss. del codice civile. 

La questione da risolvere � quella relativa all'imposta da applicare, 
se quella fissa o quella proporzionale (in aggiunta all'imposta proporzionale 
gi� regolarmente corrisposta per il trasferimento operato con 
l'aggiudicazione definitiva). Ai sensi dell'art. 58, infatti, le dichiarazioni 
di mandato o di comando (cio� le dichiarazioni pure e semplici di aver 
agito nell'interesse di altri) sono soggette all'imposta fissa stabilita dall'art. 
93 della tariffa allegato A, anzich� all'imposta proporzionale o 
graduale (secondo la natura dell'atto o contratto cui si riferiscono), soltanto 
se ricorrono determinate condizioni, fra cui quella che la dichiarazione 
di nomina sia fatta, entro il termine di tre giorni, o mediante 
atto pubblico, o mediante scrittura privata presentata al registro nel 
detto termine di tre giorni. La ragione di questa disposizione � nota. 
Essa mira a far rispettare il termine perentorio di tre giorni, concesso 
per la dichiarazione di nomina del contraente o aggiudicatario definitivo, 
e cio� tende ad impedire che la dichiarazione di nomina sia fatta, in 
realt�, dopo i tre giorni concessi all'uopo dalla legge, con possibilit� 
che nel frattempo avvengano ulteriori trasferimenti. Sono queste le ragioni 
per le quali l'art. 58 della legge del registro dichiara applicabile 
l'imposta fissa, anzich� quella proporzionale o graduale, soltanto quando 

dei registro, ed App. Napoli, 11 febbraio 1966, Giust. civ., 1966, I, 1625; 

per la prorogabilit�, invece, App. Napoli, 30 giugno 1966, Temi nap., 

1966, I, 195. 

Merita di essere segnalato, poi, il principio enunciato con la seconda 

delle sentenze in rassegna, secondo cui negli acquisti ai pubblici incanti, 

con aggiudicazione provvisoria, dalla data di questa, e non dalla data del


l'aggiudicazione definitiva, decorre il termine di tre giorni entro H quale, 

ai fini dell'applicabilit� della tassa fissa, deve essere resa la c. d. dichia


razione di comando. 

A tale conclusione la Corte Suprema sembra essere pervenuta con par


ticolare riferimento al disposto dell'art. 93 della tariffa A allegata alla legge 

del registro (secondo il quale la dichiarazione di nomina va fatta nei 

tre giorni dal contratto, anche se questo sia sottoposto a condizione sospen




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(ricorrendo le altre condizioni) la dichiarazione di nomina sia stata 
fatta a mezzo di atto pubblico o di scrittura privata presentata al registro 
nel predetto termine di tre giorni. 

. L,a nozione di atto pubblico, anche ai fini delle leggi tributarie, non 
pu� essere che quella risultante dall'art. 2699 c. c., secondo cui l'atto 
pubblico � il documento redatto, con le richieste formalit�, da un notaio 

o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede 
nel luogo dove l'atto � formato. Tra i pubblici ufficiali previsti da tale 
disposizione rientrano senza dubbio i cancellieri, ai quali la legge (art. 57 
c. p. c.) conferisce funzioni giurisdizionali di documentazione, in relazione 
alle attivit� delle parti. Cosicch� anche gli atti redatti dal 
cancelliere, o formati col concorso del cancelliere, nell'ambito delle 
funzioni a questi attribuite e con l'osservanza delle formalit� prescritte 
dalla legge, sono indubbiamente atti pubblici, ai sensi dei citati artt. 2699 
c. c. e 58 della legge di registro. Sono atti pubblici, di conseguenza, i 
verbali redatti dal cancelliere per ricevere la dichiarazione prevista dall'art. 
583 c. p. c., e cio� la dichiarazione (di mandato o di comando) del 
procuratore legale che sia rimasto aggiudicatario per persona da 
nominare. 
:i�J esatto che a tal fine non � sufficiente una dichiarazione predisposta 
interamente dal procuratore legale e semplicemente depositata in cancelleria. 
In siffatta ipotesi, �come a ragione osserva la ricorrente, non 
sarebbe possibile ravvisare gli estremi di un atto pubblico, mancando la 
partecipazione del pubblico ufficiale alla formazione dell'atto. Nella 
fattispecie, per�, risulta dalla denunciata sentenza che non si ebbe un 
semplice depositp di un dichiarazione anteriormente predisposta dal 
procuratore legale avv. Mario Marzocchi. Si ebbe invece, un concorso 
attivo ed efficiente del cancelliere, il quale, � con la sua presenza ed 
attestazione�, conferi alla dichiarazione scritta dell'avv. Marzocchi (che 
originariamente aveva natura di scrittura privata) il carattere e gli 
estremi dell'atto pubblico, non solo in ordine alla data (il che � pacifico), 

siva o soggetto ad approvazione od omologazione: e, sul punto, cfr. Cass. 
10 febbraio 1931, Carrarese-Finanze, Riv. leg. fisc., 1931, 258), ed all'uopo 
considerando che l'aggiudicazione provvisoria integri, appunto, un contratto 
sospensivamente condizionato. Ma ha pure osservato che dowebbe 
pervenirsi alla stessa conclusione, di inapplicabilit� della tass.a fissa in mancanza 
di dichiarazione resa nei tre giorni dall'aggiudicazione provvisoria, anche 
quando quest'ultima dovesse considerarsi come sottoposta a condizione 
risolutiva, questa essendo in ogni caso irrilevante ai fini tributari (Per la 
dottrina, sul punto, cfr. INGRosso, Diritto finanziario, Napoli, 1954, 37; 
RoEHRSSEN G. I contratti della pubblica amministrazione, 1959, 221; P1cozz1, 
La contabilit� di Stato, 1960, 185; e per il profilo tributario in questione: 
UcKMAR, La l'egge del registro, Padova, 1958, II, 432; !AMMARINO, Commento 
alla legge di registro, 1961, I, 595; RASTELLO, Il tributo di registro, 649). 


287 

ol'l'iit1i>:a1.�1a provenienza del documento e alle dichiarazioni 
sostanza, i giudici di merito (sia quelli di primo 
s~condo grado) hanno incensurabilmente accertato che 
.:lJ;JU.SpOSl:O n,,.,,,....,.�.. 583 C. p. C. venne osservato non solo nel SUO con(
regolare dichiarazione d� nomina nel termine pre


. � ᥥ����\ 't�ii~ld~&t~~��.Qli~Ca::~:.i:s~~u~e~:iP'.~rescrizioni formali, ci�l� mediante un atto

��.� definitivi) che era� giUl'idicamente equi
������ᥥ���.:fuli~~biJ:e,i~q;: :ig[v:~r:oa:te redatto dal cancelliere, �dato che~ cosi leggesi 
#~11~~k9l~~~'pl(:;1~ta sentenza -dichiarazione di parte e certificazione del 
in definitiva a concretare l'atto richiesto dalsenza 
dubbio natura ed effetti di atto 

II 

-Con l'unico mezzo, il ricorrente denuncia violazione 

applicazione degli articoli 1, 50, 58 e 93 della Tariffa ali. A I. r. 
in relazione agli articoli 65,84, 87 del Regolamento sulla Contabilit� 
dello Stato r. d. 23 maggio 1924 n. 827 e 1321, 14'70 c. c. 

Premette che, nel primo incanto, aggiudicatario dell'immobile messo 
in vendita dal Pio Istituto di Santo Spirito, risult� -come da verbale 
24 gennaio 1948, notaro Cardelli -certo L�igi Strogato. Pubblicata 
la �eseguita aggiudicazione� e determinati �i fatali� esso ricorrente, 
per persona da nominare, il 23 febbraio 1948 present� offerta 
di aumento di 1/20, a seguito della quale il Presidente del Pio Istituto, 
con verbale di pari data, notaro Cardelli, diede atto, in sua assenza, 
dell'avvenuta offerta e lo dichiar� aggiudicatario provvisorio, riservandosi 
di pubblicare altro avviso di asta per il nuovo incanto. Questo ebbe 
ll.logo il 22 marzo 1948 e, non essendosi presentati altri offerenti, rimase 
aggiudicatario definitivo . 

. . / Ci� premesso, il Gualdi sostiene che, nel verbale 22 marzo 1948, 
if~ jfijltro da lui non sottoscritto si sia parlato impropriamente di aggiu


. 
<'ti~li.Zione provvisoria, comportando l'offerta in� aumento soltanto la ftssaZlotle 
Cli un nuovo incanto e, di conseguenza, la Corte del merito abbia 
eif<lit�anie.nte ravvisato in quel verbale il momento della nascita del 
vl'ntt~la ~ontrattuale condizionato. 

J:l motivo, cosi prospettato, � inammissibile. 
Sfa il giudizio di primo che quello di secondo grado, si svolsero 
sul concorde presupposto delle parti' che, a favore del Gualdi, vi fosse 
stata una aggiudicazione provvisoria a norma dell'art. 84 del Regolamento 
di contabilit� dello Stato, mediante il verbale 23 febbraio 1948 
-notaro Cardelli -ed una aggiudicazione definitiva a norma del 
successivo art. 87 mediante il verbale 22 marzo 1948, stesso notaro 
Cardelli. 

8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

288 

In questa sede il Gualdi, deducendo, invece, la irregolarit� della 
aggiudicazione provvisoria, assume che debba farsi esclusivo riferimento 
alla aggiudicazione definitiva, con applicazione dei principi di cui agli 
articoli 50 secondo comma 1. r. e 1 della annessa tariffa A. 

In tal modo, per�, il Gualdi non prospetta sui fatti accertati un 
nuovo profilo di difesa, n� chiede l'applicazione di norme trascurate 
dai giudici del merito, in attuazione del sindacato di legittimit� sulla 
sentenza impugnata, demandato a questa Corte Suprema, sibbene prospetta 
profili diversi sulla base di fatti diversi da quelli accertati e 
non prima dedotti. 

Ci� � inammissibile alla stregua del principio pi� volte affermato 
da questo Collegio Supremo secondo il quale, nel vigente sistema processuale,' 
� inibito alla parte di prospettare con il ricorso per cassazione 
una situazione di fatto diversa da quella esaminata dal giudice d'appello 
(da ultimo Cass., 18 marzo 1964, n. 617). 

Per altro verso, il motivo � infondato perch�, sulla base dei fatti 
da essa accertati, la denunciata sentenza non si ravvisa meritevole di 
censura, essendo da ritenere che il termine di tre giorni per la dichiarazione 
di comando debba farsi decorrere dalla aggiudicazione provvisoria 
e non da quella definitiva. 

L'art. 58 della 1. r. stabilisce che il contratto per persona da nominare 
� soggetto alla tassa fissa prevista dall'articolo 93 della tariffa 
ali. A solo quando la dichiarazione della persona per la quale si acquista 
venga fatta entro i tre giorni successivi alla data del contratto, e ci� 
anche quando quest'ultimo � sottoposto a condizione sospensiva o ad 
approvazione od omologazione. 

Orbene, quando il contratto di compravendita ha luogo con la procedura 
dell'asta pubblica (incanto con aggiudicazione provvisoria, successivo 
incanto per il rincaro o ribasso con aggiudicazione definitiva ai 
sensi degli articoli 65 e 84 del Regolamento sulla contabilit� di Stato) 
la aggiudicazione provvisoria segna il momento dell'incontro dei consensi 
(dichiarazione di volont� del privato, dichiarazione di volont� dell'Ente) 
e, quindi, il momento della nascita del vincolo contrattuale, con effetti 
obbligatori immediati per entrambi i contraenti. Rispetto a tale vincolo, 
il secondo incanto opera come condizione alla quale � subordinata la 
efficacia del rapporto nel senso che se vi saranno ulteriori offerte, l'aggiudicazione 
provvisoria perder� effetto, mentre, se ulteriori offerte non 
vi saranno, l'aggiudicazione precedente rimarr� definitiva. 

La conclusione non multa ove nei risultati dello esperimento di miglioramento 
si volesse ravvisare tina condizione risolutiva. 

In tal caso, troverebbe applicazione il principio generale stabilito 
dall'articolo 12 della legge di registro, secondo il quale, nei contratti 
soggetti a condizione risolutiva, l'imposta � dovuta ab origine e non ha 

f~ 

~~~ 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 289 

rilevanza, ai fini della imposizione tributaria, il verificarsi o meno 
della condizione. 

In contrario, non rileva la disposizione dell'articolo 50 1. r. alla 
stregua della quale, nelle vendite di beni mobili o immobili ai pubblici 
incanti, per il pagamento della tassa proporzionale si ha riguardo alla 
aggiudicazione definitiva. 

Tale disposizione � relativa alla ipotesi di acquisto in proprio, mentre 
le ipotesi di acquisto per persona da nominare rientrano nella disciplina 
per esse espressamente prevista. 

La diversa disciplina � giustificata dalle ragioni fiscali ispiratrici 
di essa; 

Come questa Corte Suprema ha avuto occasione di affermare (Cass., 
28 aprile 1958, n. 1391), il termine perentorio di tre giorni stabilito dall'articolo 
58 1. r. ha una propria specifica funzione determinata da 
esigenze tributarie; e queste sussistono anche nel caso di aggiudicazione 
provvisoria perch� la ratio del detto art. 58 e dell'art. 93 della tariffa 
non � l'effetto immediatamente traslativo del contratto, ma il fatto che 
colui il quale contratta per persona da nominare assume impegni contrattuali 
dai quali possono prendere vita trapassi o cessioni intermedi 
che potrebbero sfuggire alla loro naturale regolamentazione fiscale. Nel 
che, appunto, sta la ragione giustificatrice delle perentoriet� del termine 
e della deroga alla disciplina degli atti condizionati. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 dicembre 1966, n. 2945 -Pres. 
Pec,e -Est. MirabeUi -P. M. Cutrupia (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Zagari) c. Bartolini (avv. Di Segni). 

Imposta di registro -Prescrizione -Ricorso del contribuente a sensi 
dell'art. 141 della legge organica -Effetti interruttivi e sospensivi 
della prescrizione. 

{r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 141). 
Il ricorso proposto dal contribuente ai sensi dell'art. 141 della legge 
del registro, in opposizione a richiesta o per rimborso di imposte, determina 
non soltanto l'interruzione della prescrizione, ma anche la sospensione 
di questa, fino alla notifica della decisione sul ricorso stesso (1). 

(1) Massima di indubbia esattezza. Per la generalit� del principio, 
secondo cui � nel rapporto tributario la domanda del debitore, cosi in via 
amministrativa che in via giudiziaria, interrompe la prescrizione a favore 
di entrambe le parti, e il nuovo periodo di prescrizione ricomincia a decorrere 
dalla data della definzione del procedimento amministrativo o di quello 
giudiziario�, cfr., da ultimo, Cass. 28 maggio 1966, n. 1396, in questa Rassegna, 
1966, I, 693. Per il caso di estinzione del giudizio ordinario di opposizione, 
e per i riflessi dell'estinzione medesima in ordine al computo del 
nuovo termine prescrizionale, cfr. Cass. 22 marzo 1967, n. 642, ultra, 311. 

290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, con il primo motivo, 
290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
(Omissis). -L'Amministrazione ricorrente, con il primo motivo, 
immobili, deve essere depurato anche di tali passivit� (1). 
(1) L'orientamento della giurisprudenza in tal senso pu� ritenersi 
ormai costante (cfr. Cass. 4 febbraio 1965, n. 178, in questa Rassegna, 
1965, I, 545. 
denuncia la violazione e falsa applicaziione dell'art. 141 della legge 
sull'imposta di vegistro, nonch� difetto di motivazione sopra un punto 
decisivo, deducendo che la Corte di appello ha omesso di rilevare che, 
a' sensi dello stesso art. 141, primo comma, la proposizione del ricorso, 
ivi prevista, geneva, oltre l'interruzione della prescrizione, anche la 
sospensione della prescrizione stessa, per �tutto il periodo che corre 
tra la data del ricorso e ila data in cui l'Amministrazione notifica al 
ricorrente la propria dedsione, ed ha, quindi, erroneamente ritenuto 
maturato il termine di prescrizione, bench� tale notificazione non abbia 
avuto luogo. 

La censura � fondata. 

Nell"art. 141 ora indicato, infatti, non soltanto � sancito �che la 
domanda del contribuente, diretta ad opporsi alla richiesta di tassa, 
interrompe la prescrizione, ma, altres�, che � la p11escrizione rimane 
sospesa fino a che l'amministrazione finanziaria non abbia notificato al 
ricorrente la propria decisione � . 

T1ale eccezionale effetto 1sospensivo dell'atto di interruzione della 
prescrizione non � stato rilevato dalla Corte del merito, la quale, pertanto, 
erroneamente ha ritenuto completato il periodo di prescrizione, 
senza accertare se e quando la sospensione fosse venuta a cessare. (
Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 gennaio 1967, n. 28 -Pres. Vistoso Est. 
Onnis -P. M. Toro (conf.) -Soc. Immobiliare Romagnola, (avv. 
De Luca) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo). 

Imposta sulle societ� -Determinazione del reddito complessivo 
netto -Redditi di fabbricati -Detrazione del;Ui interessi passivi 
sui mutui contratti per l'acquisto degli immobili -Ammissibilil�. 


(1. 6 agosto 1954, n. 603, art. 5; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 148). 
Ai fini della determinazione del reddito complessivo per l'imposta 
sulle societ�, iL reddito dei fabbricati, che si assume nella misura determinata 
per l'applicazione dell'imposta fondiaria, e cio� al netto dei soli 
oneri detraibili ai fini detl'imposta stessa, tra i quali non sono compresi 
gli interessi passivi sulle somme prese a mutuo per l'acquisto degli 


PAJ;tTE I, SEZ.< V, .ClIUBISPRUDENZA TRIBUTARIA 291 

CORT:E DI CASSAZI()J;�l'E,�Sez; I, 7 gennaio 1967, n. 65 -Pres. Rossano 

� Est. Roperti -P. M. Di Maio (conf.) -Mortini Dominici Piccini 
(avv. Cascino) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cerocchi). 
Imposta di J:'e~i!Jtro .; Vendita -Vendita tra parenti -Presunzione di 
liberalit� i. Prova c.o�ltrarla -Prova della provenienza e della destinl;):
z~()J:l{;j (;!~l p~~o -Sussistenza al momento della stipulazione NEj.
�~~~h~:L~ ~f�va fornita per una parte soltanto del prezzo -Liq.~~
JJqJl~ 4ell'imposta con le aliquote dei trasferimenti a titolo 
PIJ-!tHIJO,. per la parte per la quale � data la prova richiesta, e con 

> 9':J#~l~ <Jei trasferimenti a titolo gratuito, per l'altra parte -Am#
jf~iiilbilit�. 

((J:�.1. a marzo 1945, n. 90, art. 5). 
-::: 
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.. JJ::6i:H'>sta di registro -Vendita -Vendita tra parenti -Presunzione di 
liberalit� in mancanza�di prova della provenienza e della destinazione 
del prezzo -Nozione di prezzo �pagato� -Identificazione col 
valore concordato -Esclusione -Liquidazione dell'imposta sul 
maggior valore per un trasferimento che si presume gratuito soltanto 
in parte -Applicazione delle aliquote dei trasferimenti a 
titolo gratuito sulla sola corrispondente proporzionale parte del 
maggior valore -Ammissibilit�. 

(d. I. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5; d. I. 7 agosto 1936, n. 1639, artt. 15 ss.). 
La prova detia provenienza e della destinazione del prezzo, idonea 
a vincere la presunzione di liberalitd nei trasferimenti immobiliari tra 

-Parenti entro il terzo grado (d. l. 8 marzo 1945, n. 90, art. 5) deve sussistere 
al momento della stipulazione, poich� l'ufficio, in sede di registrazione, 
� chiamato ad applicare la detta presunzione con riferimento agli 
e~ementi contenuti nell''!-tto. Pertanto, nel caso di vendita con prezzo 
in parte pagato contestualmente ed in parte dilazionato, non ha rilevanza 
tale di$tinzione, ai fini tributari, bens� l'altra, tra parte del prezzo, per la 
quale fo prova della provenienza e destinazione sussista al momento della 
stipidazio.ne e sia data in sede di registrazione, e parte per la quale tale 
dimos~taz~.one non sia fornita, restando applicabili a ciascuna parte le 
aliquote rispettivamente previste per i trasferimenti a titolo oneroso e 
per quelli a titolo gratuito (1). 

(1) Gi� in precedenza la Corte Suprema aveva sottolineato che � la 
disponibilit� del prezzo deve risalire, in base a titoli di data certa., a 
momento anteriore a quello del pagamento del prezzo stesso � (Cass. 2 
ottobre 1956, n. 3309, Foro it., 1956, I, 1794), chiarendo, in ordine alla 
certezza della data, e con riferimento ad � epoca anteriore all'istrumento 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per prezzo pagato -della cui provenienza e dei cui impiego deve 
essere data ia dimostrazione per iL superamento della presunzione di HberaHt� 
dei trasferimenti tra parenti entro ii terzo grado ~ deve inten~ 
dersi ia somma pattuita tra ie parti, e cio�, fino a prova contraria, quella 
risuitante dall'atto, e non gi� ia somma corrispondente ai maggior vafore 
eventuaimente concordato a seguito di accertamento notificato dall'ufficio. 
Nei caso, per�, che ia prova contraria aUa presunzione sia fornita 
soitanto per una parte dei prezzo pagato, con conseguente appiicabiiit� 
delle aiiquote dei trasferimenti a titoio oneroso per ia detta parte, e di 
quelle dei trasferimenti a titoio gratuito per ia differenza dei prezzo 
stesso, anaiogamente ie distinte aiiquote devono appiicarsi sulle corrispondenti 
proporzionaii parti dei maggior vafore definitivamente accertato 
a seguito della procedura di vaiutazione (2). 

(Omissis). -Con l'unico mezzo i ricorrenti prospettano due distinte 
censure: una principale, l'altra subordinata. 

Con la prima, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione 
degli articoli 5 del d. 1. 8 marzo 1945, n. 90, 7 all. B al r. d. 2,6 settembre 
1935, n. 1749, e 1 tariffa all. A alla legge di registro, in relazione 
all'art. 360 n. 3 c. p. c., investono l'impugnata decisione per avere 
ritenuto che la dimostrazione della provenienza e destinazione dell'intero 
prezzo convenuto per la compravendita debba essere fornita contestualmente 
alla stipulazione dell'atto pubblico, laddove tale dimostrazione 
concerne il solo prezzo pagato, sicch� fino a quando non avviene il 
pagamento la presunzione di liberalit� non pu� operare; che, nella specie, 
per la differenza di lire 2.235.890 la dimostrazione fu effettuata al momento 
del saldo, avvenuto il 16 .gennaio 1960, onde anche per tale 
residuo la presunzione doveva ritenersi vinta. 

Con la seconda censura i ricorrenti addebitano alla Commissione 

Centrale l'errore di avere ritenuto applicabile l'aliquota per le dona-

di compuavendita immobiliare., che essa deve sussistere �sia in relazione 
alla disponibilit� della somma necessaria all'acquisto... sia al versamento 
della ,somma stessa alla parte venditrice, a titolo di pagamento di prezzo � 
(Cass. 25 novembre 1963, n. 3031, Foro it., 1964, I, 892). 

In merito al collegamento, ai fini della richiesta prova, tra una alienazione 
di titoli, posta. in essere per realizzare la disponibilit� della somma, 
e l'effettivo impiego di questa nel pagamento del prezzo, cfr., oltre le due 
citate sentenze della C:assazione, Comm. centr. 26 ottobre 1961, n. 82215, 
Foro it., 1962, III, 408; Comm. centr. 12 giugno 1963, n. 100465 e 9 maggio 
1963, n. 98931, Foro it., rep., 1964, voce Registro, nn. 494, 495; per la nozione 
di titolo avente data certa, cfr. giurs. cit., nonch� App. Napoli, 6 aprile 1959, 
Banca, borsa, 1960, II, 56, che esclude la certezza della data per le certificazioi;
ii bancarie in genere. 

(2) In relazione a questa massima, pu� osservarsi che la citata Cass. 
2 ottobre 1956, n. 3309, richiamata in motivazione, aveva gi� affermato 
che il prezzo, ai fini della prova contraria di cui all'art. 5 del d. 1. 8 mar

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 293 

zioni su tutto il maggior valore concordato, mentre invece le due tassa-� 
zfoni con aliquote differenziate andavano fatte sul detto valore nella 
stessa proporzione in cui erano state praticate per il prezzo dichiarato. 

La prima censura � priva di fondamento. 

L'art. 5 del d. 1. 8 marzo 1945, n. 90 dispone che le trasmissioni 
di immobili a titolo oneroso tra parenti entro il terzo grado si presumono 
liberalit�, e come tali sono soggette all'imposta relativa, quando la 
provenienza del prezzo pagato non viene dimostrata in base a titoli 
aventi data certa ai sensi del codice civile, e sempre che l'imposta di 
trasferimento a titolo oneroso risulti inferiore ~ quella stabilita per i 
trasferimenti a titolo gratuito. 

La Commissione Centrale ha ritenuto dimostrata la provenienza e 
la destit:iazi<me del prezzo di acquisto dei fondi, oggetto della compravendta 
per notar Nannarone, solo relativamente ad una parte di esso 
(lire 11.764.110) mentre per il residuo (lire 2.235.890) ha considerato 
ri�n raggiunta la dimostrazione �, quindi, per detta s.omma non ha 
ritenuto vinta la presunzione di liberalit� stabilita dal citato articolo. 

Cos� decidendo, la Commissione centrale ha fatto corretta applicazione 
della disposizione in esame, dalla quale agevolmente si evince che 
la pre.$unzione di liberalit�, in essa. prevista, ha soltanto lo scopo di 
f1;1r pagare, sopra determinati trasferimenti, la imposta di donazione 
anzich� quella di trasferimento a titolo oneroso, se la prima risulti pi� 
gravosa della seconda, ma non anche quello di trasformare la natura 
del negozio giuridico, da negozio a titolo oneroso in liberalit�. 

Ci� significa �che la disposizione prende in considerazione anche il 
negozio mixtum cum donatione, consentendo di applicare ad ognuna 
delle diverse parti del rapporto la relativa aliquota, posto che non 
esiste una concettuale impossibilit� a che un atto sia tassato in parte 
come a titolo oneroso e in parte come a titolo gratuito. 

zo 1945, n. 90, � non pu� essere identificato con il maggior valore eventualmente 
attribuito all'immobile dagli uffici finanziari, in sede di valutazione 
agli effetti fiscali � ma aveva anche rilevato che nemmeno pu� 
esserlo con quello � dichiarato dai contraenti nell'atto di vendita, e che 
potrebbe artatamente essere anche iroci-isorio ., dovendo invece ritenersi 
che la norma abbia avuto riguardo al pr.ezzo �effettivamente concordato 
e dovuto ., e cio� al � prezzo effettivamente pattuito tra le parti > : con l� 
precisazione che, in caso di contestazione, non � � sufficiente... ch� venga 
provato dal compratore � che egli aveva la disponibilit� di una somma 
corrispondente solo al prezzo dichiarato nell'atto, senza che venga data la 
prova della .coincidenza tra il prezzo dichiarato nell'atto ed il p't'ezzo 
effettivamente pattuito., e con il rilievo che �un eventuale distacco tra 
il prezzo dichiarato dalle parti ed il valore successivamente accertato in via 
definitiva (e cio� anche a seguito delle contestazioni, agli effetti fiscali, da 
parte del debitore dell'imposta) potr� essere valorizzato dal giudice del 
merito � sia pure � solo quale elemento di prova, per accertare, ai fini 



294 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non regge l'assunto dei ricorrenti, secondo cui per la parte residua 
del prezzo, della quale era stato differito il pagamento, non occorresse 
dare la dimostrazione della provenienza e destinazione della somma 
contestualmente alla stipula dell'atto, potendo essere fornita anche 
successivamente al momento del saldo. 

Invero, la Commissione Centrale non ha posto a fondamento della 
propria decisione la distinzione tra parte del prezzo pagato al momento 
della stipulazione del contratto e parte del detto prezzo da effettuarsi 
con pagamento dilazionato, bensi l'altra, che era stata fatta in sede di 
registrazione, tra parte del prezzo, della quale era stata data la prova 
della provenienza e destinazione, e parte del prezzo, della quale tale 
dimostrazione non era stata data. 

N� la Commissione poteva tenere conto della prima distinzione perch�, 
al fine di vincere la presunzione di liberalit�, l'art. 5 ammette la 
prova della provenienza e, quindi, della sua disponibilit� e destinazione, 
soltanto per il prezzo pagato e non pure per quello promesso o dilazionato. 


E poich� il prezzo pagato non pu� essere -fino a prova co.ntraria ~
be quello risultante dall'atto, la dimostrazione dell::i '"''""'"'mienza del 
prezzo stesso deve esistere al momento della stipulazione, dato che l'ufficio, 
in sede di registrazione, � chiamato ad applicare la presuzione di liberalit� 
con riferimento agli elementi contenuti nell'atto stesso. 

Non � probante il richiamo, fatto dai ricorrenti, all'art. 7 all. B al 

r. d. 29 settembre 1935, n. 1749�, ora abrogato, che si riferiva al corrispettivo 
soltanto promesso o dilazionato, perch� tale riferimento era fatto 
appunto per escludere, in tali casi, la prova della provenienza e della 
dell'art. 5 del d. 1. n. 90 del 1945, l'importo del prezzo effettivamente 

pattuito�. 

D'altra parte, e con riferimento al princi�pio di cui alla seconda parte 
della prima massima, secondo cui l'imposta deve applicarsi con le aliquote 
previste per i trasferimenti onerosi e con quelle stabilite per i trasferimenti 
gratuiti, rispettivamente per la parte del prezzo per la quale sia fornita 
la richiesta prova contraria, e per la differenza, pu� rilevarsi che l'applicazione 
del principio stesso (ed anche per le conseguenze in ordine alla 
liquidazione dell'imposta, con gli stessi criteri, e proporzionalmente, sul 
maggior valore: cfr. seconda parte della seconda massima) si risolverebbe 
in un disfavor.e per i contribuenti che dichiarino un prezzo pi� rispondente 
al valore venale, ma non siano poi in grado di dimostrarne, o di dimostrarne 
per l'intero, la provenienza, laddove altri, dichiarando un prezzo 
irrisorio, per il quale quella prova potrebbe agevolmente darsi per la 

II

totalit�, riuscirebbero ad evitare, ed anche per tutto il maggior valore, 
l'applicazione delle pi� elevate aliquote dei trasferimenti a titolo gratuito. 
E ci si pu� domandare, allora, se -coordinando il principio accennato 
(alla cui enunciazione la Cassazione � pervenuta nel rilievo che la dispo


I,.

sizione dell'art. 5 in esame � prende in considerazione anche il negozio 



la cii:'costanza, che la vigente legge 8 marzo 1945 n. 90 all'art. 5 
rio# h� pi� riprodotto qu~lla disposizione, sta a significare -come pre


�t~#~�:l:'~l:>"tiefo {#c~rrenti -che per il prezzo promesso o dilazionato sia 
(l:t'i. c0n~en.dta di fotnire la prova della provenienza in un tempo succe.s13.
i}i:(l ~l~li\ ~t~ll~l~iqJ:le dell'atto di trasferimento oneroso. 
. 
? Jfi'.Y.�##. ~~~i:;Uendo il citato art. 5 che per vincere la presunzione di 
lfb~i~ntl 6~~h#e dimostrare la provenienza del prezzo pagato, tale 
es1#~$~~~he;, thl�ramente indicativa del fatto che deve trattarsi di prezzo 
~~~t.)~~t~tA>pagato al momento della stipulazione per quel negozio sog


1111111! 1r~~~~~~~~~;~;::~~~~;:.~::;.� �. 18 presunzione di liberalit�, non pu� essere identificato �Con il maggior 
valore accertato per concordato tributario, ma con il prezzo effettivamente 
pagato, risultante, fino a prova contraria, dal rogito presentato 
per la registrazione, in quanto l'art. 5 della 1. n. 90 del 1945, i.spirato 
da motivi esclusivamente fiscali, �non opera affatto -come si � gi� 
accennato .,..-una conversione del negozio giuridico, che, sabbene tassato 
con l'imposta dovuta per i trasferimenti a titolo gratuito, limitatamente 
al prezzo pagato, rimane sempre quello di conpravendita. 
E, di fronte alla rilevata dizione della norma, quanto mai precisa 
c.ol riferimento al prezzo pagato, non pu� la provenienza di esso riferirsi, 
$enza contraddire alla volont� della legge, all'importo del maggiore 
�. valore quale concordato a seguito della procedura di valutazione esperita 

.m~:#mw cum d.onatione >), con l'altro relativo alla nozione di prezzo, da 
� j!itel�dWe come il �prezzo pattuito� (ma secondo i chiarimenti della citata 

� Pi~fll:; 33()9 del 1956), e considerando che tale prezzo potrebbe essere 
modtisto proprio perch�, per i rapporti di stretta, parentela tra le parti, 
l'alienante abbia V�OlUtO fare una liberalit� almeno parziale -non sia 
pi,l:l#()~ti) dll ritenere che la legge abbia inteso escludere la presunzione 
.solt~#t� neJ!. lifuiti Il.ei quali la prova contraria sia raggiunta: nel senso, 
cio�, cbe 11 negozio, in principio da presumere e da tassare come gratuito 
per l'intero imponibile, cio� per l'intero valore definitivamente accertato 
dei beni trasferiti, sia sempre come tale da considerare, tranne per la 
parte per la quale si dimostri, nei modi previsti, che un corrispettivo 
sia stato pattuito ed effettivamente erogato dall'acquirente, restando per la 
differenza (tra l'importo dell'inter� imponibile e quello del prezzo sborsato) 
ferma la presunzione, la quale, del resto, � da ritenere tanto pi� valida, 
almeno come presunzione di parziale liberalit�, per quanto maggiore risulti 
il distacco tra il prezzo ed il valore venale. � 


296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dall'ufficio, perch�, in tal caso, si introdurrebbe un elemento soprav296 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
dall'ufficio, perch�, in tal caso, si introdurrebbe un elemento sopravvenuto 
alla registrazione (valore concordato), mentre la legge esige che 
la dimostrazione sia contestuale alla stipulazione del contratto. E ci� 
senza considerare che il valore venale costituisce una entit� giuridicamente 
diversa dal prezzo, sia sotto il profilo generale, sia sotto il profilo 
particolare, per quanto concerne la 1. 8 marzo 1945, n. 90. 

Questa Suprema Corte, che ha avuto occasione di occuparsi della 
questione, ha escluso che il prezzo, del cui ammontare deve essere provata 
la provenienza per vincere la presunzione di liberalit� di cui al 
citato art. 5, sia quello fissato con l'accertamento di maggior valore 
eseguito dall'Ufficio finanziario (sent. n. 3309 del 1956), e da tale indirizzo 
non � il caso discostarsi, non avendo l'Amministrazione resistente 
fomito nuovi e validi elementi. 

Del resto, lo stesso Ministero delle Finanze ha reiteramente riconosciuto 
che per l'applicazione della detta presunzione non possa farsi 
riferimento al maggior valore concordato dall'ufficio in un secondo tempo 
(risoluzione n. 166955 del 28 agosto 1953 e n. 110934 del 9 aprile 1959). 

Dovendosi, quindi, applicare al maggior valore l'aliquota prevista 

per i trasferimenti a titolo oneroso, e tenuto presente che nella specie il 
rogito Nannarone � stato considerato, come si � visto, compravendita per 
lire 11.764.110 e donazione per il residuo prezzo di lire 2.235.890, � di 
intuitiva evidenza che le due tassazioni devono essere fatte proporzionalmente 
sull'aumento di valore, nel senso che detto maggiore valore deve 
scOllltare in parte l'aliquota dei trasferimenti onerosi ed in parte quella 
delle donazioni, nella stessa proporzione in cui la tassazione fu praticata 
per il prezzo dichiarato nell'atto. -(Omissis). 
I 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. 25 febbraio 1967, n. 429 -Pres. Flore 
-Est. Maltifano -P. M. Pedote (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Cavalli) c. Citt� di Torino (avv. Astuti, Giusiana) e Istituto 
Bancario San Paolo di Torino (avv. De Cocci, Capello). 
Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per intrinseca loro natura le une dalle altre -Disposizioni 
autonomamente configurabili ma connesse per volont� di legge -
Applicabilit� dell'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge di 
registro -Sussiste. 
(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 
Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Delegazioni sulle 
imposte di consumo ad estinzione di mutui contratti dai comuni 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 297 
Connessione necessaria tra mutui e delegazioni, nei sensi previsti 

dall'art. 9 cpv. della legge di registro -Sussiste -Assunzione da 
parte degli esattori o tesorieri delegati dell'obbligo del non riscosso 
per riscosso -Irrilevanza. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9; r. d. 14 settembre 1931, n. 1175, art. 94 
e succ. modiff.; r. d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 299). 
La connessione necessaria tra pi� disposizioni, richiesta dall'art. 9 
cpv. della legge del registro ai fini dell'imponibilit� della sola disposizione 
che d� luogo all'imposta pi� grave, non � soltanto quella derivante dall'intrinseca 
natura delle disposizioni stesse, ma anche quella voluta dalla 
legge (1). 

Poich� i comuni non possono assumere mutui se non garantendone 

l'ammortamento e determinando i mezzi per provvedervi (t. u. 3 marzo 
1934, n. 383, art. 299), e poich� tra tali mezzi � espressamente previsto 
quello del rilascio di delegazioni di pagamento (t. u. 14 settembre 1931, 

n. 1175, art. 94 succ. modif.), le delegazioni stesse devono ritenersi 
strumento di attuazione di una precisa norma di legge e, pertanto, ai 
fini dell'applicabilit� dell'imposta di registro secondo il disposto dell'art. 
9 cpv. della legge organica, va riconosciuta la Loro necessaria connessione 
con i mutui cui si riferiscono. � irrilevante, poi, nel caso di 
delegazioni a carico di esattori o tesorieri comunali, che tali delegati si 
obblighino a rispondere del non riscosso per riscosso, derivando anche 
un tale obbligo direttamente dalla legge, ed essendo da escludere che 
esso concreti un'obbligazione indipendente dei delegati, e su di loro 
gravame in proprio, sia verso i comuni che verso i mutuanti (2). 
II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 1� marzo 1967, n. 452 -Pres. Rossano Est. 
Gambogi -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Comune di Massa (avv. Clarizia). 

Imposta di registro -Disposizioni necessariamente connesse e derivanti 
per intrinseca loro natura le une dalle altre -Applicabilit� del


(1-4) Negli stessi sensi di cui alla sentenza in rassegna delle Sezioni 
Unite, cfr. gi� Cass. Sez. I, 22 giugno 1966, n. 1593, che pu� leggersi in 
Riv. leg. fisc., 1966, 1894. 

In tutto conformi all'altra sentenza (n. 452/67) qui pubblicata sono 
le coeve Cass., 1� marzo 1967, nn.447 e 450. 
Sul principio di cui alla prima massima, nella sua formulazione generale, 
secondo cui la connessione necessaria tra pi� disposizioni, per l'appli



298 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge del registro -Necessit� 
che si tratti di disposizioni connesse contenute in uno stesso 
atto -Sussiste. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 9). 
Imposta di registro -Delegazioni di pagamento -Obbligo assunto verso 
il comune, dall'appaltatore delle imposte di consumo, di accettare 
delegazioni a favore di terzi indeterminati e per importi da precisare 
-Non costituisce valida delegazione di pagamento -Convenzione 
aggiuntiva per l'indicazione del creditore delegatario e dell'importo 
da pagare -Costituisce anche ai fini tributari il negozio 
�delegazione�. 

(c. c., art. 1346; r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, artt. 30, 31). 
La norma deH'art. 9 cpv. della legge del registro, secondo cui le 
disposizioni connesse, derivanti per intrinseca loro natura le une dalle 
altre, sono imponibili per la soia disposizione che dd luogo all'imposta 
pi� grave, trova applicazione nel solo caso che le dette disposizioni siano 
contenute in uno stesso atto (3). 

L'obbligazione assunta in via generica, col contratto di appalto, 
dall'appaltatore delle imposte di consumo, di accettare delegazioni da 
rilasciarsi dal comune in favore di terzi non ancora determinati e per 
importi da precisare, non integra un valido negozio di delegazione, che 
viene posto in essere, invece, ed allora va considerato anche ai fini 
dell'imposta di registro, quando con successivo atto sia indicato il creditore 
delegatario verso il quale il delegato si obblighi, e sia specificato 

l'importo(4). 

I 

(Omisssi). -Con i due motivi del ricorso, strettamente connessi, 
denunziandosi la violazione degli articoli 9 della 1. di registro 30 dicembre 
1923, n. 3,269, 30 della tariffa allegato A della legge medesima e 5 

cabilit� dell'imposta a norma dell'art. 9 cpv. della legge del registro, non 
� soltanto Quella derivante dall'intrinseca natura delle disposizioni stesse, 
bensi anche queHa voluta dalla legge, andrebbero confermate le riserve 
espresse in nota a Cass., 28 gennaio 1966, n. 3132, in questa Rassegna, 1966, 
I, 179, con la quale peraltro la stessa Corte Suprema avvertiva l'esigenza, 
al fine, � che per legge vi sia, tra la pluralit� dei negozi giuridici posti 
in essere, un collegamento necessario � tale che essi possano � essere tutti 
riassorbiti, per la loro intrinseca natura, nell'unico rapporto tassabile �. 
Le riserve, tuttavia, potrebbero non doversi estendere all'applicazione 
che di quel principio si � ora fatta in tema di delegazioni di pagamento 

299 

14111\ .n:()!JcMJl. difetto di motivazione di cui 
si cen.sut� i� sentenza impugnata per aver riteautonoma 
g~lle d�legazioni di pagamento 
�9~~sumo rilasciate dal l:9mul'.le di Torino all'Istituto S . 
..,,._..,,.,.,......~ J'1;1p~j.;Q.91),ta1~e del mutuo con qll:esfo contratto, sul riflesso che 
>>li<lJ;JLd.�SJ)(.)~#~;Q:tjg~:c>s:se:r�o necessariamente connesse _�con il negozio di mu


"'"'"���~�-""-''""'"'"'t+n all'applicazione del1'impl;)$ta di �registro. 

deduce che l'art. 9 delle� legge/ di � t~Mro esclude 
soltanto quelle disposizioni che per la loro 
sono necessariamente connesse al negozio tassabile, 
possono ritenersi comprese nella previsione della inorma 
accessorie, che, come le delegazioni di pagamento 
J#tP:<~ste di consumo, costituiscono .garanzie prescritte dalla legge 
propri del negozio. al quale accedono, ma per esigenze di 

amministrativa. 
aggiunge che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto che il 
"'-��nuu:ul., di Torino fosse obbligato a garantire l'ammortamento del mutuo 

le delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo e che l'Esattore 
comunale, nei confronti del quale le delegazioni furono emesse, fosse� 
tenuto ad assumere l'obbligo del non riscosso per riscosso, sia perch� 
l'art. 299 della I. comunale e provinciale impone ai comuni di garantire 
l'ammortamento dei mutui determinando i mezzi per provvedervi, ma 
lascerebbe ad essi la facolt� di scegliere tali mezzi, sia perch� l'obbligo 
del . non riscosso per riscosso, non essendo le imposte di consumo riscuotibili 
in base a ruoli predeterminati, sarebbe stato assunto dal Tesoriere 
C<>munale non per imposizione di una norma di legge, ma come volont~
da. prestazione di garanzia. 

���:: :.;::�..:��.:::;�;�:.:.::.:::.;;;.:;;.:_:.-. La �censura � �infondata. 
�� :..��.��.:�.�.�_�:�:.:: �;.t,.'art.. 9, secondo comma della I. di registro 30 dicembre 19213, 

...........


n:� ~~$9 stabilisce che � un atto il quale comprende pi� disposizioni 
Pi~~~~atiamente connesse _e derivanti, per l'intrinseca natura, le une 
.� >9~ll~ altre, � considerato, quanto alla tassa di registro, come ~e compren


.. ~~$Ile la sola disposizione che d� luogo alla tassa pi� grave�. 

��.�:-:..-.:�:-��.��.� .��. . 

............... 


Hl~~~jllf.t~ dai �omuni, quando si possa sostanzialmente considerare, come 
s�ll:il:ltii ~itenuto dalla sentenza in rassegna, che il rilascio delle delegazioni rientri riel paradigma normale dei contratti di mutuo dei comuni, coS� 
configurandosi per tali contratti uno schema legale proprio ed inscindibile 
(mutuo pi� delegazione), diverso da quello tipico di diritto comune dei 
distinti negozi di mutuo e di delegazione. E deve rilevarsi, ad ogni modo, 
che la pronuncia delle Sezioni Unite nei sensi di cui alla seconda massima 
-sul trattamento tributario delle delegazioni rilasciate dai comuni 
a norma dell'art. 94 del t. u. sulla finanza locale, in connessione a mutui 
da essi contratti, ed anche per ci� che attiene all'irrilevanza, ai fini di 
una diversa soluzione, dell'obbligo che i delegati assumano del non riscosso 



300 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Ora, questa Corte Suprema ha pi� volte affermato (v. sent. 1971 del 
1943, 912 del 1947, 3087 e 3106 del 1958) che la connessione necessaria 
che rende tassabile la sola disposizione soggetta alla tassa maggiore � 
non solo quella derivante dalla intrinseca natura delle disposizioni, ma 
.anche quella derivante da norme di legge, e tale indirizzo, conforme 
alla interpretazione della dottrina, va mantenuto, non sussistendo alcun 
motivo per mutarlo. 
Alla stregua di questa interpretazione la Corte di merito ha correttamente 
ritenuto che l'atto comprendente il contratto di mutuo stipulato 
tra il Comune di Torino e l'Istituto S. Paolo e le disposizioni relative 
alle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo fosse soggetto 
soltanto alla applicazione dell'imposta prevista per il mutuo, perch� tra 
quello e le delegazioni di pagamento sussisteva una connessione necessaria 
derivante da specifiche norme di legge. 
Invero, l'art. 299, n. 3, della leg.ge comunale e provinciale pone tra 
le condizioni, alle quali i comuni e le provincie possono contrarre mutui, 
l'obbligo di �garantirne l'ammortamento determinando i mezzi per 
provvedervi, nonch� i mezzi per il pagamento degli interessi�, e l'art. 94 
del t. u. sulla finanza locale, modificato dall'art. 11 della legge 18 dicembre 
1959 n. 1079, stabilisce: � I Comuni, in mancanza di altri cespiti delegabili 
per legge, possono rilasciare delegazioni sulle imposte di consumo 
a garanzia di debiti .assunti o da assumere, purch� la riscossione sia .data 
in carico all'appaltatore delle dette imposte e, nel caso di gestione 
diretta, all'esattore delle imposte dirette o al tesoriere comunale, con le 
condizioni stabilite dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette, e 
il Prefetto dia il benestare con riferimento ai quattro quinti del cespite 
netto, tenuto conto di tutti .gli altri vincoli su esso imposti. Qualora, in 
qualsiasi momento del periodo di ammortamento del debito, la riscossione 
del cespite risultasse insufficiente, il Comune debitore dovr� rilasciare 
delegazioni suppletive su altri cespiti comunali, ammissibili per 
legge, da darsi in riscossione con le forme e con le condizioni del presente 
.articolo�. 
Ora, da queste norme si desume chiaramente che tra il negozio di 
mutuo e le delegazioni di pagamento rilasciate dal Comune per garanper 
riscosso -viene a consolidare un orientamento giurisprudenziale che 
gi� si era venuto a formare in materia (cfr. Cass., 22 giugno 1966, n. 1593, 
cit.. che confermava App. Torino, 11 novembre 1963, in questa Rassegna, 
1963, 199). 
Resta chiaro, per�, che l'unicit� di imposizione, ai sensi dell'art. 9 
cpv. della legge del registro, presuppone che la delegazione sia stipulata 
con lo stesso atto di mutuo (cfr. terza massima, che esprime un principio 
gi� altre volte de plano affermato: Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in questa 
Rassegna, 1965, I, 781, in motivazione); ed � anche evidente, a parte l'ovvia 
esigenza di riferire ogni indagine al negozio di delegazione che in concreto 
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sia posto in essere (cfr. quarta massima), che la connessione pu� ritenersi !j 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 301 

tirne l'ammortamento esisteva quella connessione ex lege che esclude 
la possibilit� di ritenere che il Tesoriere comunale, nell'accettare le 
delegazioni, abbia assunto una obbligazione autonoma, in proprio, suscettibile 
di tassazione separata da quella del mutuo. 

Invero, senza il rilascio delle delegazioni di pagamento, soggette al 
preventivo benestare del Prefetto, il Comune non avrebbe potuto contrarre 
il mutuo, la relativa deliberazione non avrebbe potuto essere 
approvata dalla Giunta provinciale amministrativa, e il contratto di 
mutuo non avrebbe potuto essere dichiarato esecutivo dal Prefetto. 

Il rilascio delle delegazioni di pagamento -che, in rapporto agli 
altri soggetti non contemplati dalle norme in esame, potrebbe certo 
ritenersi liberamente convenuto -nella specie si presenta, invece, come 
strumento di attuazione di una precisa norma di leg.ge e, pertanto, non 
pu� ragionevolmente disconoscersi che esso sia �Connesso al mutuo anche 
ai fini della disposizione di cui al secondo comma dell'art. 9 della 1. di 
registro. 

N� pu� affermarsi che il rilascio delle delegazioni sulle imposte di 
consumo fu un mezzo liberamente scelto dal Comune di Torino per garantire 
l'ammortamento del mutuo, perch� la Corte di merito ha incensurabilmente 
accertato che tale rilascio fu determinato dal fatto che il 
Comune non aveva altri mezzi di garanzia. 

Comunque, poich� le delegazioni sulle imposte di consumo sono 
possibili soltanto se manchino altri cespiti delegabili, e in quanto il 
Prefetto constati tale mancanza e autorizzi il vincolo sulle imposte di 
consumo (art. 32 d. P. R. 4 febbraio 1955, n. 72), il rilascio di esse non 
rientra nella libera scelta del Comune, ma � imposto dalla legge. Neppure 
pu� sostenersi che, non essendo le imposte di consumo riscuotibili 
mediante ruoli predeterminati, l'obbligo del non riscosso per riscosso fu 
assunto dal Tesoriere comunale come volontaria prestazione di garanzia 
e non in adempimento di una disposizione di legge. Invero, a norma dell'art. 
94 del t. u. sulla finale locale, il Tesoriere comunale aveva l'obbligo 
di provvedere al pagamento delle delegazioni � con le condizioni stabilite 
dalla legge sulla riscossione delle imposte dirette�, tra le quali vi � 
l'obbligo del non riscosso per riscosso. E che questo obbligo riguardi 

sussistente tra la delegazione ed il mutuo, e non gi� tra la delegazione ed 
il contratto di appalto o di riscossione delle imposte il cui ricavato formi 
oggetto della delegazione stessa, rispetto alla quale, invero, quel contratto 
si pone come mero presupposto di provvista. 

Per altra questione in tema di delegazioni di pagamento dei comuni, 
in ordine all'applicabilit� alle stesse, secondo il noto indirizzo finalistico 
adottato dalla giurisprudenza, di agevolazioni che siano previste per i 
mutui cui si riferiscono, cfr. la citata Cass., 12 marzo 1965, n. 416, in 
questa Rassegna, 1965, I, 781, con nota di L. OoRREALE, e Cass., :25 ottobre 
1965, n. 2238, ivi, 1276, entrambe concernenti delegazioni stipulate in rela




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

302 

anche le imposte di consumo, oltre che i tributi riscuotibili mediante 
ruoli, risulta in modo certo dall'art. 9 dei capitoli normali per l'esercizio 
delle ricevitorie ed �esattorie delle imposte dirette di cui al d. m. 18 settembre 
1923, le cui disposizioni, emanate in virt� dell'art. 4 del t. u. 

n. 1401 del 1922, hanno natura di norme esecutive e integrative della 
legge e del regolamento di riscossione, Tale articolo, infatti, stabilisce 
che l'esattore o il ricevitore provinciale sono tenuti a firmare le delegazioni 
emesse dai Comuni o dalla Provincia sulle rispettive, sovrimposte 
ed a versare l'importo a ogni scadenza, con l'obbligo del non riscosso 
per riscosso, nelle casse dell'Erario, della Cassa Depositi e Prestiti e 
degli enti morali e istituti a favore dei quali fossero state emesse le 
delegazioni, e che �lo stesso obbligo � applicabile per le delegazioni sui 
proventi del dazio consumo e delle tasse comunali, emesse a garanzia di 
prestiti che si fanno dalla Cassa Depositi e Prestiti e da altri istituti�. 
D'altra parte l'obbligo del non riscosso per riscosso non pu� mai 
esporre il tesoriere comunale o l'appaltatore della riscossione delle 
imposte a un rischio in proprio perch�, come si � rilevato innanzi, 
l'art. 94 del t. u. sulla finanza locale stabilisce che qualora, in qualsiasi 
momento del periodo di ammortamento del debito, la riscossione del 
cespite dato in garanzia risultasse insufficiente, il comune debitore dovr� 
rilasciare delegazioni suppletive su altri cespiti comunali. 

Ci�, evidentemente, esclude che l'assunzione dell'obbligo del non 
riscosso per riscosso da parte del tesoriere comunale possa configurarsi 
come assunzione di una obbligazione indipendente sia verso il comune, 
sia verso l'ente che ha concesso il mutuo e, come tale gravare in proprio 
su di lui. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Col primo mezzo del ricorso l'Amministrazione, denunziando 
la violazione degli artt. 1 e 9 della legge organica di registro 
e dell'art. 360 n. 3 e 5 c. p. c., lamenta che la sentenza impugnata, pur 

zione a mutui contratti per l'esecuzione di opere pubbliche, per i quali sia 
applicabile il trattamento tributario previsto dall'art. 18 della 1. 3 agosto 
1949, n. 589: trattamento che si concreta, per�, non in una oggettiva esenzione, 
bensi nell'assimilazione degli atti dei comuni a quelli dello Stato, 
e che, pertanto, applicato alle delegazioni, dovrebbe soltanto comportare 
l'esclusione dell'onere tributario per i comuni, e non anche per i delegati, 
poich� per gli atti dello Stato relativi ad obbligazioni l'imposta � dovuta 

(art. 94 della legge del registro) dalle parti debitrici, quali i delegati sono, 
appunto, da qualificare. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

avendo riconosciuto che il contratto di appalto � sottoposto a tassa di 
concessione mentre la delegazione di pagamento � gravata di imposta 
di registro, non abbia da ci� dedotto la impossibilit� di applicare alla 
fattispecie il capoverso dell'art. 9 1. o. r. suddetto, relativo alle disposizioni 
necessariamente connesse e derivanti le une dalle altre, e si sia, 
in definitiva, contraddetta rispetto alla premessa col negare la tassazione 
del secondo atto perch� la obbligazione in esso contenuta era compresa 
nella obbligazione prevista dal primo. 

Queste censur�e sono infondate perch� attribuiscono alla sentenza 
impugnata un contenuto che essa non ha, limitandosi poi a criticare tale 
immaginario contenuto. La Corte di Appello, infatti, a parte la considerazione 
che nella pronuncia impugnata nessun accenno esista all'art. 9 
della I. di registro, nemmeno sostanzialmente ha ritenuto che il secondo 
atto intervenuto tra il Comune di Massa e la Langione andasse esente 
da imposta perch� contenesse una obbligazione dipendente o derivante 
necessariamente da una di quelle contenute nel contratto di appalto; 
essa invece � partita dal ben diverso presupposto che il secondo atto non 
d.esse origine a nessuna obbligazione, n� autonoma n� connessa, ma 
semplicemente specificasse delle modalit� di esecuzione e fornisse delle 
precisazioni necessarie per il funzionamento degli obblighi accessori 
assunti con l'apporto. Tale interpretazione dell'atto in esame, potr�, 
come tale, nei limiti consentiti dal giudizio di legittimit�, esser criticata, 
ma non con riferimento a disposizioni di legge che non la riguardano; 
e pertanto, pur essendo scontato che il capoverso dell'art. 9 della I. organica 
di registro si applichi solo nel caso di diverse disposizioni dello 
stesso atto, il mezzo di ricorso deve essere rigettato perch� tale norma 
di legge non concerne la fattispecie. 

Col secondo mezzo l'Amministrazione delle Finanze, denunziando 
la violazione dell'art. 94 del t. u. per la finanza focale, dell'art. 9 del 
capitolato di norme per l'appalto delle imposte di consumo e dell'art. 360, 

n. 3 e 5, c. p. c., sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla 
sentenza impugnata, la obbligazione �delegazione�, anche se prevista in 
via generica ed eventuale dal contratto di appalto, � sorta nella specie 
solo con il successivo atto del 1950, che concreta il negozio, ne fissa il 
contenuto e le modalit� e gli d� vita, rendendolo quindi tassabile ai 
sensi degli articoli 28, 30 e 31 della tabella allegato A alla 1. di registro. 
Questa censura � fondata, anche se il suo fondamento giuridico 
deve ricercarsi in disposizioni di legge diverse da quelle delle quali 
lAmministrazione ricorrente deduce la violazione, e precisamente nell'art. 
1346 c. c., che stabilisce che l'oggetto del contratto deve essere 
determinabile, e nel principio fondamentale della legge di registro, per 
cui presupposto di tale imposta � l'esistenza di un atto che, considerato 
in s� e per s�, sia idoneo a produrre una obbligazione o ad attuare un 


304 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trasferimento di beni (in questo senso: sentenza n. 263 del 1964 e 

n. 2446 del 1954). 
Nella specie, infatti, la Corte d'appello ha ritenuto che la delegazione 
di pagamento si fosse perfezionata col contratto di appalto, anzi col capitolato 
a questo annesso, e che la convenzione aggiuntiva, avendo solo 
specificato l'Ente mutuante, delegatario del pagamento, e � l'importo dei 
mutui per la cui estinzione venivano emesse dal Comune le corrispondenti 
delegazioni di pagamento�, non desse vita, cosi, ad alcuna autonoma 
obbligazione. Tale configurazione giuridica � inesatta, perch� una 
delegazione di pagamento, della quale non si conosca l'importo n� la 
persona del delegatario, che dovranno solo successivamente e con autonoma 
pattuizione essere designati, non pu� considerarsi un valido contratto 
per mancanza di oggetto determinato. Vero � che la legge consente 
che l'oggetto stesso sia semplicemente determinabile; ma � � ius 
receptum � che tale determinabilit� debba risultare dallo stesso contratto, 
dal quale si possano desumere, sia pure implicitamente, elementi 
idonei per la determinazione dell'oggetto (in tal senso: sentenze n. 3451 
del 1958, n. 1101 del 1957, n. 2854 del 1956), e ci�, ripetesi, non � 
avvenuto nella specie, deve, secondo lo stesso assunto della sentenza 
impugnata, solo con la convenzione aggiuntiva sono stati stabiliti gli 
elementi, evidentemente essenziali per individuare la delegazione, delle 
persone dei delegatari e dell'importo del pagamento. 

Giustamente, quindi, l'Ufficio del Registro non ha preteso il pagamento 
delle imposte di cui agli articoli 30 e 31 della tariffa sul contratto 
di appalto, dal quale risultava solo un generico impegno da parte 
del Comune delegante e della Langione delegata, e non risultava, invece, 
il consenso del delegatario, ancora ignoto, n�, l'importo della delegazione; 
ed ha invece richiesto dette imposte quando, con l'atto aggiuntivo, precisati 
anche detti elementi, l'obbligazione � sorta, completa in tutte le 
sue parti essenziali. 

Una riprova della esattezza di questo modus proced.end.i la si ritrova, 
del resto, nel fatto che la tariffa di registro tassa distintamente, come si � 
premesso, la accettazione della delegazione da parte del creditore (art. 30) 
e la accettazione da parte del debitore (art. 31). Per quanto concerne 
questa seconda accettazione da parte della delegata Langione, la 
sentenza impugnata afferma che l'accettazione stessa veniva data col 
contratto di appalto, per tutto l'importo dovuto dall'appaltatore al Comune 
per riscossione della imposta; e, pertanto, da questo punto di vista, 
si potrebbe effettivamente affermare che dal contratto di appalto stesso 
emergevano gi� elementi sufficienti per esigere l'imposta; ma lo stesso 
non pu�, evidentemente, dirsi per la accettazione da parte del creditore 
delegatario, che nell'appalto non era indicato, come non era indicato 
l'importo della delegazione dallo stesso delegatario accettata, venendo 

,, �: 
ili 

f.' 


TRIBUTARIA 305 

/:tllt~tl@i~l'$ q:.l!l;~'Eiss1en:tiale Plt~:l;�p!p�l1sto per l'applicazione di una 
che � costituito dall'im.appunto; 
proporzionata. l'imposta. Anche da 
cio� dal punto.divista della pratica possibilit� 
liquidazione della :imposta, giusta rivelasi, 
Amministrazione' finanziaria. di sottoporre a 

JS.i>sa~d()ii~ 1~�a.t�t1i "'�'"'"",�--~'"'-�-del 1950. -<Omissis). 

Sez. I, 1� marzo 1967, n. 446 -Pres. Pece -. 

P. M. Cutrupia (conf.) De Herra (avv. Villani) 
Mihi~~tex�o Finanze (avv. Stato Gargiulo). 
Iftil):tlistilf � 
tasse in genere -Violazioni di le~gi finanziarie -Sopra-
Pena pecuniaria -Natura -Differenze. 

Imposte e tasse in genere -Imposta straordinaria sul patrimonio Privilegio 
-Estensione alla sopratassa -Sussiste. 

(t. u. 9 maggio 1950, n. 203, artt. 58, 65). 
Mentre la pena pecuniaria, per la sua componente di carattere 
punitivo, ha natura di vera e propria sanzioine per l'inadempimento 
dell'obbligo tributario, la sopratassa, per il carattere prevalentemente 
satisfattivo e compensativo, che le � attribuito nel sistema, e per la sua 
fit1nzione accessoria rispetto all'obbligazione d'imposta, ha la medesima 
rtatura di questa, ne costituisce una prestazione integrativa, e ne segue 

.�. t~f.sorti (1)� 
.�� ....� In materia di imposta straordinaria sul patrimonio, il privilegio 
vt~'IJisto dall'art. 65 del t. u. 9 maggio 1950, n. 203 per � l'intero ami 
#$'11,tare del tributo� deve ritenersi esteso anche alla sopratassa, che 

< <6ij i1f stessa natura deil'imposta e ne costituisce un accessorio (2). 

<. 0.-2) . Sentenza di particolare interesse, che trova un precedente, che 
pijj9 9~itsi.specifico anche per ci� che attiene al principio di cui alla' seconda 
tijii~im�!�; ~l� Cass. 17 ottobre 1963, n. 2772, Foro it., 1964, I, 297, con nota. 
Gi� tidmij, peraltro, la C1orte Suprema, in materia analoga, aveva affermato 
che ifpajl.V,ilegio accordato ai crediti dello Stato per tributi diretti si estende 
al cre(l~tq, dell'esattore per l'indennit� di mora, sotto il profilo che questa 
costittiise� Un accessorio del tributo ed ha la stessa natura pubblicistica 
(Cass. 20 ottobre 1956, n. 3782, Foro it. 1957, I, 238; Cass. 30 luglio 1958, 

n. 2788, id, 1959, I, 257). 
La tesi accolta dalla Cassazione era stata gi� espressa dall'Avvocatura 
in sede consultiva (v. SALERNI, Le imposte straordinarie sul patrimonio, 
596, in nota) e sostenuta in dottrina (GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto 

tributario, Milano, 1965, 301). 



306 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -Con l'unico mezzo di annullamento proposto ricor11enti 
denunciano la violazione e l'errata applicazione degli articoli 65 
e 58 t. u. 9 maggio 1950, n. 203, anche in relazione ai principi generali 
posti in tema d'interpretazione della legge e agli articoli 2745, 2749, 
2750, 2771 e 2910 c. 'c. 

In particolare, lamentano che la Corte di Genova, erroneamente 
equiparando, sulla base di una pretesa identit� di causa e di struttura 
giuridica, la sopratassa per omessa denuncia, di cui all'art. 58 surrichiamato, 
al � tributo � vero e proprio, abbia ritenuto applicabile anche 
alla prima il privilegio speciale stabilito dall'art. 65 unicamente per 
questo ultimo, dando in tal modo valore decisivo e determinante,c ai 
fini dell'indagine da compiere, ad elementi che viceversa tale valore 
non avevano affatto, e violando nel contempo, d'altra parte, il .principio 
generale che vieta di applicare oltre i casi tassativamente indicati 
dalla legge gli istituti aventi, come il privilegio, manifesto carattere 
eccezionale. 

Sul rilievo che le norme che disciplinano i privilegi non sono 
suscettibili d'interpretazione analogica, i ricorrenti sostengono pertanto 
che dalla �esp11essione �intero ammontare del tributo � usata 
dall'art. 65 devesi ritenere esclusa la sopratassa, giacch� questa costituisce 
un'entit� autonoma e distinta che, a differenza dell'imposta, 
avente natura obbligatoria e gravante proporzionalmente su tutti i beni 
posseduti dal contribuente alla data del 29 marzo 1947, ha carattere 
squisitamente punitivo, risolvendosi in sostanza in una vera e propria 
sanzione che, in quanto destinata a colpire unicamente co,lui che ha 

omesso la denunc!ia, e cio� il soggetto passivo della imposizione tributaria, 
non pu� tn alcun �caso, neppure per via indiretta, ricadere su chi 
a tale omissione sia rimasto del tutto estraneo. E dopo aver rilevato 
che l'art. 2749 c. c., estendendo il privilegio �aecordato al credito alle 
spese ordinarie per l'intervento nel processo di esecuzione e agli interessi 
dovuti per J'anno in corso alla data del pignoramento e per 
quelli dell'anno precedente, ha implicitamente escluso che si possa far 
luogo ad ulteriori estensioni, aggiungono che il fatto stesso che in alcune 
leggi finanriarie sia stato esplicitamente accordato alla sopratassa, agli 
effetti del privilegio, il medesimo trattamento riservato alla imposta, 

I 


sta a dimostrare ancora una volta che nel dettare l'art. 65 della citata 
legge n. 203 del 1950 il legislatore, lungi dal dire minus quam voluit, 
intese in effetti limitare il privilegio, in tema d'imposta straordinaria 
sul patrimonio, al solo � ammontare del tributo �, vale a dire alla somma 
risultante dovuta sulla base delle aliquote indicate nel precedente 
articolo 31. 

La censura va per� disattesa stante l'inconsistenza giuridica degli 
argomenti su curi poggia. 


308 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

divieto posto dall'art. 14 delle Preleggi, laddove con l'interpretazione 
logico-estensiva si tende unicamente a stabilire che la legge minus dixit 
quam voluit, a ricercare cio� e a diohiairare il pensiero del legislato;re 
espresso in modo improprio e incongruo in una disposizione troppo 
oscura o soverchiamente ristretta. 

Mette conto, al contrario, porre in evidenza la natura giuridica 
della ,sopratassa ed il rapporto di connessione esistente tra questa e 
l'imposta principale, .gfacch� valgono a giustificare la ritenuta estensibilit� 
del privilegio. 

In proposito, s'insiste dai ricorrenti nel sottolineare la natura 
punitiva della sopratassa in contrapposizione a quella impositiva della 
imposta; e, sul rilievo che la�causale della sopratassa � una � trasgressione 
� fondata sulla negligenza del contribuente o su una colposa 

o dolosa infedele dichiarazione, mentre quella dell'imposta � un �determinato 
prelievo sul patrimonio �, si sostiene che, stante la diversit� 
di causa esistente tra l'imposta e la sopratassa, non � assolutamente 
possibile estendere a quest'ultima il privilegio accordato alla prima. 
Ma tali argomenti non sono da accogliere. 

Che la sopratassa abbia natura punitiva differenziandosi cosi dal 
tributo, che ha natura impositiva, � infatti contraddetto dalla legge 
7 gennaio 1929, n. 4 che, al fine di eliminare le troppe incertezze 
manifestatesi in precedenza sulla natura giuridica delle sanzioni previste 
nelle diverse leggi tributarie, ha nettamente distinto le �sanzioni 
penali� da quelle �civili., comprendendo tra le prime -mutuate 
dal codice penale e 1destinate a colpire le trasgressioni considerate 
rispettivamente delitti o contravvenzioni -la reclusione e la 
multa nonch� l'arresto e l'ammenda (art. 2), e tra le seconde la pena 
pecuniaria (art. 3 e 4) e la sopratassa (art. 5). 

Per quanto definite entrambe � sanzioni ciyili �, diverse come si 
� detto da quelle penali -(e ci� sia perch� irrogate dall'autorit� 
amministrativa nella esplicazione di una funzione amministrativa, invece 
che dal giudice penale o da un organo amministrativo investito 
di una funzione giurisdizionale, sia perch� non convertibili come quelle 
penali in pena restrittiva della libert� personale in caso d'insolvibilit� 
del condannato, sia perch� generatrici di una obbligazione solidale a 
carico di tutti i concorrenti nella medesima violazione della legge 
tributaria, estinguibile, come tale, rispetto a tutti, col pagamento effettuato 
da uno di essi, sia infine perch� le obbligazioni ad esse corrispondenti 
si trasmettono agli eredi del trasgressore) -, � tuttavia innegabile 
che la pena pecuniaria e la sopratassa differiscono notevolmente, sotto 
pi� aspetti, tra loro, al punto da far seriamente dubitare della esattezza, 
sottC? il profilo sostanziale e sistematico, del criterio seguito dal 
legislatore nell'accomunarle in un medesimo ordine. 


309 

elementi che influenzano l'istitu1:
0; a"lrvicir1at1d<>lo:�t<ecl:sa:mE:mte, nonostante la diversa qualifica datagli 
e propria �sanzione di natura penale, laddove 
di tali elementi evidenzia il carattere 
compensativo che a tale singolare tipo 
nonch� l'appartenenza di questa, come 

........�.��.�ᥥ .::Jttat'�lr~~l~ ac<,:~1~$9'l'iPf{~1n~obbliga:01:�one tributaria. 
prevede invero un minimo ed un masessere 
applicata, in relazione aJ.la gravit� della 

personalit� del colpevole desunta dai precedenti 
'1iJe:i1u1J,l<i���iit�ti~�lati, ed in genere dalla condotta di questi, la sopratassa 
dalla legge in misura fissa ed inderogabile, 

all'ammontare del tributo, ovvero ad una frazione o 
n;i:1111t1p10 di questo. 

occorrente per la prescriche 
� di cinque anni, a decorrere dal giorno della commessa 
v~,_,,......,,.,_,,..,"" per la pena pecuniaria, mentre per la sopratassa � eguale 

a quello stabilito per la prescrizione del tributo. 

E non � infine privo di rilevanza giuridica, ai fini della dimostrazione 
della differenza esistente tra l'una e l'altra obbligazione, il fatto 
che dalla legge sia stata espressamente preveduta la possibilit� di 

applicare la sopratassa in aggiunta alle sanzioni penali e alla pena 
pecuniaria, in vista, evidentemente, della diversa finalit� cui queste 
ultime tendono rispetto alla prima. 

Le rilevate differenze -(alle quali pu� essere aggiunta ancora 
quella data dal fatto che l'applicazione della sopratassa segue al semplice 
verificarsi della situazione oggettiva prevista dalla legge, indipendentemente 
da qualsiasi indagine sulla colpevolezza del trasgressore 
e sull'esistenza e sull'entit� del danno derivato all'Erario, o in 
. ~.:i.nere all'Ente impositore, dalla mancata o ritardata percezione del 
J#J:>uto) -consentono pertanto di ravvisare nella sopratassa una 

.................. 


. . � 
pf~tazione integrativa del tributo, una maggiorazione cio� di questo, 
~Y'ell:te. il duplice scopo di stimolare, da una parte, il contribuente ad 
tjpj. i>#r scrupolosa e solledta osservanza dell'obbligo tributario, e di 
H$a,f<Cii~~ daUialtra, il danno cagionato con l'inosservanza di tale 

obbli1go, .�.. 
Trattasi, in sostanza, di un'obbligazione avente la medesima natura 
dell'obbligazione tributaria, tanto � che -(a parte che la stessa denominazione 
datale dalla legge attesta tale identit� di natura giuridica) deve 
essere pagata unitamente all'imposta, della quale segue le sorti e 
alla quale resta indissolubilmente legata nella fase esecutiva, e che 
molte delle disposizioni relative al credito d'imposta -(come, tra le 



310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
altre, quelle concernenti la distinzione in imposte complementari e sup


pletive e, prima che ne fosse dichiarata l'illegittimit� costituzionale, ~ 

I 
. 
quella del soive et repete) -trovano anche rispetto ad essa piena 

I

applicazione. 

L'interpretazione sostenuta dai ricorrenti in ordine alla esatta 
portata della norma che stabilisce il privilegio in tema d'imposta 
straordinaria sul patrimonio appare pertanto ingiustificatamente restrittiva. 
Ed inaccettabile deve essere, di conseguenza, dichiarata la tesi 
secondo cui con l'espr�essione � intero ammonta�re del tributo � l'art. 65 
della citata legge n. 205 del 1950 avrebbe, in deroga al principio accolto 
negli articoli 2771 e 2772 c. c., inteso soltanto assk:urare il privilegio 
anche alla .porzione d'imposta non afferente all'immobile su cui il 
privilegio stesso venga fatto valere. 

Detto artic!Jlo -che riproduce l'avverbio causale � per � usato nel 
codice ( � per ogni tributo �; artt. 2752, 2758, 2771 e 2772) -lascia 
infatti chiaramente capire attraverso l'ampiezza della sua dizione che 
dello speciale privilegio -(che comporta, come si sa, l'esercizio del 
cosidetto diritto di seguito) -gode non soltanto il tributo in s� considerato, 
come contenuto cio� dell'obbligazlione tributaria principale, 
ma tutto ci� che in dipendenza di esso pu� essere dovuto, avendo tale 
ulteriore obbligazione la medesima natura, la stessa struttuTa giuridica 
e, quindi, in relazione all'art. 2745 c. c., la medesima causa debendi costituita 
dalle esigenze finanziarie dello Stato e degli altri Enti pubblici 
espressamente previsti nelle singole leggi -dell'obbligazione tributaria 
principale. 

E non giova opporre di contro, come i ricorrenti fanno, che, 
quando � stata voluta, l'attribuzione della qualifica di credito privilegiato 
alla sopratassa � stata espressamente disposta, e citare a sostegno 
di tale rilievo le norme contenute nell'art. 2754 del codice ed in talune 
leggi finanziarie. Ch� a tale obiezione � facile rispondere, da una par�te, 
che i contributi assicurativi di cui al citato articolo del codice costituiscono 
un'entit� che col tributo non ha nulla a che vedere e che, 
data la natura di vere e proprie pene, che le � somme supplementari � 
ivi menzionate indubbiamente hanno, ben si comprende come sia stata 
avvertita la necessit� di disporre con una esplicita norma l'estensione 
ad esse di un privilegio di cui non avrebbero potuto altrimenti godere 
e, dall'altra, che l'avere talune leggi finanziarie usato, .per quanto attiene 
al privilegio, il medesimo trattamento al tributo ed alla sopratassa 
� circos~anza che a nulla rileva non potendosi affatto escludere che (
come gi� altra volta da questa Corte osservato: cit. sent. n. 2772 del 
1963) -nonostante la sua specifica fo;rmulazione la legge pi� antica 
siasi ispirata alle medesime intenzioni rivelate espressamente da!.le 
leggi pi� recenti, e dovendosi inoltre tener presente che, al di l� di 



312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di opposizione. Peraitro, ove tale giudizio si estingua, il nuovo termine 
prescrizionale va computato dalla data di notifica dell'ingiunzione e 
non dalla data di estinzione del processo di opposizione (2). 

(Omissis). -Col primo motivo si denuncia la violazione dello 
art. 307 c . .p. c. e contraddittoriet� di motivazione, per avere la Corte 
rilevato la superfluit� di un provvedimento dichiarativo dell'estinzione 
del .processo, mentr�e alla stessa non poteva essere attribuita efficacia 
senza che fosse stata eccepita dalla parte prima di ogni altra difesa. 

La censura non � fonda.ta. 

� stato infatti gi� ritenuto da questa Corte Suprema che l'estinzione 
del processo per mancata riassunzione nei termini stabiliti dalla� 
legge pu� e deve essere dichiarata non soltanto dallo stesso giudice, 
davanti al quale il processo avrebbe dovuto essere tempestivamente 
riassunto, ma anche, in via pregiudiziale ovvero incidentale, da un 
giudice diverso, innanzi al quale la causa sia stata proposta ex novo 
(sent. 24 giugno 1965, n. 1327). 

N� occorre che la relativa istanza di estinzione sia proposta in 
modo espresso, essendo sufficiente che essa sia proposta implicitamente 
nella contestazione insorta fra le parti (sent. 28 luglio 1965, n. 1793). 

Nel caso in esame la Dani aveva sollevato l'eccezione di prescrizione 
sostenendo che il periodo di prescrizione previsto dalla legge 
si era compiuto in conseguenza della estinzione del processo e, quindi, 
aveva ritualmente proposto anche l'eccezione di estinzione, senza la 
quale la prescrizione stessa non si sarebbe potuta compiere. Inoltre, 
che l'estinzione si fosse verificata costituiva dato non �controverso fra 
le parti, avendo l'Amministrazione finanziaria sostenuto che il decorso 
della prescirizione dovesse calcolarsi non dal giorno della notifi


(2) In generale, sugli effetti permanenti dell'interruzione della prescrizione 
in connessione alla pendenza dei ricorsi proposti dal contribuente, 
cosi in via amministrativa come in via giudiziaria, cfr. Cass. 28 maggio 1966, 
n. 1396, in questa Rassegna, 1966, I, 693; e, per riferimenti, v. Cass. 15 dicembre 
1966, n. 2945, retro 289. La massima in esame riguarda l'ipotesi 
di estinzione del giudizio di opposizione, in relazi�one alla quale la Cassazione 
ha sostanzialmente ritenuto applicabile la regola dell'art. 2945 c. c., 
sul venir meno, a seguito dell'estinzione del processo, degli effetti interruttivi 
permanenti prodotti dalla domanda giudiziale. E sembra potersi osservare, 
per�, che a diversa conclusione si debba pervenire, e pur gi� in base 
ai comuni principi, nel caso di estinzione di un giudizio promosso in opposizione 
ad ingiunzione di pagamento di imposte liquidate in via suppletiva, 
considerandosi, al fine, che l'opposizione sospende l'obbligo del contribuente 
di adempiere, e perci�, insieme, il diritto dell'Amministrazione di far valere 
la propria pretesa (art. 145 legge organica del registro; art. 93 legge tributaria 
sulle successioni). 
r111r1mr1;1rrr11m11&11111tliifffEwr1e1rr1t1l1rtr111w�r�-'''"

�~.:�AllSa.~,����y~~�:':":�~:

in$itip:zfone ma da quelfo . . del processo, 
un41u~1c che perci� riconosceva si era verificata, anche se non dichia~ 
la non necessit� di un provvedimento dichiarativo, quando le 


abbiano attirilesso che l'estinzione si � verificata, � stata anche 
da qU.~:$t.a,: Corte, con sentenza 27 maggio 1960, n. 1377. 
s~()#4.9 fuc>tlvo l'Amministvazione d�n'tjri<:ia la viofazione del


89 4~11~ J~~ie sulle successioni riproponendo la questione, disat


c:la� j$t,i~Fc:ti merito, secondo la quale, interrotto il, corso della 
pr�scd#i'.)#~ $,�diante la notifica dell'ingiunzione, il nuovo termine 
d�co#'~~~'t>'f:i:~ (ialla data di estinzione del processo invece che da quella 
in eP.� ii !�riftc� l'atto interruttivo. 

. . ~~ ~~~~. si fonda sulla norma del se�ondo comma del citato art. 89, 
~i. ~j:t~l� gli effetti della interruzione permangono anche se l'ingiun~~
l'J#~ 4Wenta inefficace per perenzione (ora estinzione) del processo. 
: j $.a/tesi, disattesa dal Tribunale e dalla Corte di appello, non pu� 
�$$E!<~� condivisa nemmeno da questa Corte Suprema. Infatti, l'espres


�.�..�.�.�.�.�.�.��.�.�.�.�.��.�.�.�.�.�.�.�.�.�� 

��� �.��. 
$i�ne ��gli effetti deUa interruzione permangono � altro non significa 
che ove l'ingiunzione sia divenuta (come nella specie) ineffi'cace per 
estinzione del proc�esso, permane tuttavia l'effetto interruttivo (ossia 
di far decorrere un nuovo periodo di prescrizione restando senza valore 
il tempo gi� decorso), determinato dalla notifica della stessa. E poich� 
tale effetto si � determinato dal giorno di detta notifica, � da tal giomo 
e non da quello in cui si � verificata l'estinzione che la prescr.izione 
interrotta comincia nuovamente a decorrere. 

Scopo dell'ingiunzione fiscale � la vealizzazione della pretesa tributaria 
mediante lo speciale procedimento che con essa si instaura; e 
sei per effetto della estinzione, gli effetti di tale procedimento vengono 
t(ieno; ci� che resta, in virt� della norma in esame che lo fa salvo, � 
}'�ifetto sostanziale della notificazione quale atto interruttivo del corso 

.c'l~l~ .prescrizione, effetto che decorre dalla data della medesima e non 
.,1;).9 .~$~ere protratto per la durata del processo �estinto il quale dal.
l'Ei$#!l'l.zione � stato posto nel nulla e, peritanto, non � idoneo a spiegare 

1'e~i#a�ia sospensiva pretesa dall'Amministrazione. -(Omissis). 


SEZIONE SESTA SEZIONE SESTA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 31 marzo 1967, n. 10 -Pres. Reale -
Est. Tozzi -Iacono (avv. Sorrentino) c. Assessorato LL. PP. Reg. 
Siciliana (avv. Stato Carbone). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Acque pubbliche -Norme di polizia -
Acque sotterranee Applicabilit� 
Limiti. 
(t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 92, 216, 217, 224; t. u., 25 luglio 1904, 
n. 52.3, artt. 2, 93 e segg.). 
Poich� le norme di polizia delle acque pubbliche sono dirette a prevenire 
e reprimere i danni che alcuni' atti o alcune opere possono arrecare 
al regime delle acque pubbliche, esse sono applicabili a tutte le 
acque pubbliche, sia superficiali, sia sotterranee; e pertanto la speciale 
disciplina, prevista per queste ultime (t. u. n. 1775, artt. 92 e segg.), non 
esclude l'applicabilit� delle norme generali di polizia, previste dal t. u. 
n. 523 artt. 2, 93 e segg. e dal t. u. n. 1775, artt. 216, 217, 224 (1). 
(Omissis). -Deduce la ricorrente con il primo motivo la violazione 
dell'art. 106 del t. u. del 1933, n. 1775, in quanto detto articolo, 
per le zone non soggette a tutela ai sensi del precedente art. 94, ammette 
l'intervento del Genio civile nella disciplina delle acque sotterranee 
soltanto per regolare la erogazione dei pozzi salienti a getto continuo. 
Nella specie, assume la ricorrente, trovandosi il pozzo scavato in una 
zona non soggetta a tutela, non avrebbe potuto il Genio civile adottare 
il provvedimento impugnato, che sarebbe legittimo soltanto se il pozzo 
si trovasse in una zona soggetta a tutela; n� detto provvedimento pu� 
esser fondato, contrariamente a quanto ritenuto dal Provveditore alle 
Opere Pubbliche, sugli artt. 2 e 96, lett. k) del t. u. sulle opere idrauliche 
25 luglio 1904, n. 523, in quanto le norme di polizia delle acque pub(
1) Massima esatta: le norme speciali di polizia, pr�eviste dall'art. 105 
t. u. n. 1775 per le acque sotterranee, non escludono che a queste ultime 
siano applicabili le norme g�enerali previste dallo stesso t. u. e, in particolare, 
dal t. u. n. 523 del J904. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 315 

bliche (fra le quali i detti articoli sono compresi) non possono trovare 
applicazione per le acque sotterranee, la cui disciplina � totalmente contenuta 
nel t. u. sulle acque del 1933. 

Ritiene il Collegio che la tesi della ricorrente sia infondata. 

Caratteristica essenziale delle norme di polizia delle acque pubbliche 
� lo scopo di prevenire o repri~ere ogni attivit� dei privati che possa 
nuocere al regime delle acque pubbliche e detto scopo si attua o vietando 
il compimento di dati atti od opere, ritenuti dal legislatore dannosi al 
regime delle acque pubbliche in via assoluta o previa una valutazione 
dell'Amministrazione (artt. 93, 95, 96, 97 e 98 del t. u. del 1904; 216, 217 
e 234 del t. u. del 1933), o concedendo all'Amministrazione in via generale 
un potere di intervento su tutti gli altri atti ed opere non espressamente 
previsti, che siano riconosciuti dannosi al regime delle acque 
pubbliche (art. 2 del t. u. del 1904). 

Del tutto diversa � la natura e la portata dell'art. 105 del t. u. del 
1933, il quale conferisce al Genio civile, nelle zone soggette a tutela, 
un potere di vigilanza sulle eduzioni ed utilizzazioni di tutte le acque 
sotterranee � siano o no iscritte negli elenchi delle acque pubbliche �. 
Detto potere, per la parte che ha per oggetto l'adozione di provvedimenti 
idonei ad evitare danni al regime delle acque pubbliche, � sicuramente 
lo stesso potere di polizia previsto dall'art. 2 del t. u. del 19-04, ma per 
il resto ha contenuto diverso iI1 quanto, a differenza di ci� che accade 
per le acque superficiali, nelle zone soggette a tutela l'Amministrazione 
ha facolt� di adottare tutti i provvedimenti che siano ritenuti idonei 
alla tutela degli interessi generali e del regime idraulico della regione, 
anche se gli atti e le opere non siano dannose al regime delle acque 
pubbliche, e pu� persino sospendere la esecuzione delle ricerche, della 
estrazione e delle utilizzazioni e revocare le autorizzazioni e concessioni 
accordate. 

Ora, dal fatto che nell'art. 105 siano previsti, nelle zone soggette a 
tutela, anche provvedimenti di polizia delle acque, non si pu� certamente 
dedurre che nei confronti delle acque sotterranee il legislatore abbia 
voluto adottare un sistema diverso di norme di polizia, abrogando implicitamente 
le norme di polizia delle acque contenute nel t. u. del 1904 e 
nel t. u. del 1933. 

Posto infatti che le norme di polizia delle acque pubbliche sono 
dirette a prevenire e reprimere i danni che alcuni atti e alcune opere 
possono arrecare al regime delle acque pubbliche (art. 2 t. u. dl 1904), 
� evidente che con esso si vogliono tutelare tutte le acque publiche, 
siano esse sotterranee o superficiali, e perci� non ha senso l'affermazione 
che, avendo il legislatore dettato una particolare e compiuta disciplina 
per le acque sotterranee, si deve ritenere che per dette acque siano state 
dettate anche norme speciali di polizia. Detta affermazione potrebbe aver 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

316 

valore solo se le norme di polizia contenute in altre leggi si riferissero 
esclusivamente alle acque sotterranee, mentre, come si � detto, si riferiscono 
a tutte le acque pubbliche, sicch� non si pu� ritenere che con 
lo stabilire alcune norme di polizia nel dettare la disciplina delle acque 
sotterranee, il legislatore abbia voluto anche modificare le norme di 
polizia vigenti per le acque pubbliche superficiali. La tesi della ricorrente, 
infatti, porterebbe alla st~ana conseguenza che le norme di polizia 
delle acque pubbliche contenute nel t. u. del 1904 e in altre leggi non 
si potrebbero pi� applicare in nessun caso e si dovrebbero ritenere 

. abrogate non soltanto per le acque sotterranee, :rp.a per tutte le acque 
publiche. E invero, se si considera che in ogni parte del territorio dello 
Stato esistono acque sotterranee, e che pertanto tutto il territorio dello 
Stato si divide, per la disciplina delle acque sotterranee, in zone soggette 
a tutela e in zone non soggette a tutela, la tesi della ricorrente 
porta fatalmente alla conseguenza che in ogni caso le norme di polizia 
generali non sarebbero pi� applicabili, dovendo invece ritenersi che 
nelle zone soggette a tutela l'Amministrazione conserverebbe il generale 
potere di polizia concesso dall'art. 105 del t. u. del 1933, mentre 
nelle zone non soggette a tutela ogni potere di polizia sarebbe negato. 
Di qui l'ulteriore osservazione che il potere di polizia, concesso per 
la tutela di tutte le acque pubbliche, sarebbe stato limitato o addirittura 
negato anche nei confronti delle acque superficiali, senza alcuna ragione 
logica e senza pi� tener conto dell'esigenza di tutela delle acque pubbliche. 
Tutto ci� dimostra che il richiamo, contenuto nell'art. 105, a 
norme di polizia ha soltanto il limitato valore di chiarire l'estensione 
dei poteri di vigilanza accordati all'Amministrazione nelle zone soggette 
a tutela per le acque sotterranee e che gli artt. 105 e 108 non 
hanno in alcun modo sostituito o abrogato tutte le norme di polizia 
delle acque contenute nel t. u. del 1904, nel t. u. del 1933 e in altre 
leggi. Bene pevtanto l'Amministrazione n.ella specie ha applicato l'art. 2 
e l'art. 96, lett. k) del t. u. del 1904, che vieta in maniera assoluta l'apertura 
di pozzi a distanza dai fiumi, torrenti e canali pubblici minore di 
quella riconosciuta necessaria per evitare il pericolo di diversioni e 
indebite sottrazioni di acque. 

Con il secondo motivo la ricorrente deduce che gli utenti delle 
acque del Vallone Dichiara e della sorgente Canalicchi, il consorzio di 
utilizzazione delle acque del fiume Dirillo e in genere tutti coloro che 
si sono opposti alla utilizzazione delle acque del pozzo scavato dalla 
Iacono, non avendo il diritto di utilizzare le acque, non potevano ottenere 
il provvedimento impugnato. Ma � facile osservare che detto provvedimento 
non soltanto poteva, ma doveva essere emanato d'ufficio, 
perch� l'art. 96, lett. k) impone un divieto assoluto, che nemmeno l'Amministrazione 
potrebbe �eliminare, sicch� la opposizione presentata ha sol



\ 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 317 

tanto il valore di una denuncia e non pu� nemmeno dirsi che l'Amministrazione 
abbia usato del suo potere per favorire l'interesse dei 
privati, in quanto la legge � tassativa e presume, senza possibilit� di 
prova in contrario, che lo scavo del pozzo, effettuata a distanza minore 
da quella necessaria per evitare il pericolo di diversioni o sottrazioni 
di acque pubbliche, sia in ogni caso dannoso al regime delle acque 
pubbliche. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 6 marzo 1967, n. 5 -Pres. Reale Est. 
Giannattasio -Chirico (avv. Magrone) c. Consorzio Utenti 
Acque ditta Vianisi (avv. Moschella) e Assessorato LL. PP. Reg. 
Siciliana (avv. Stato Carbone). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acque pubbliche -Acque del subalveo 


Natura ~iuridioa. 

(I. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, tit. I). 
Le acque subalvee di un corso di acqua pubblica hanno la stessa 
natura giuridica del corso d'acqua cui appartengono, concorrendo a 
formarne la complessa esistenza, e pertanto rientrano nel regime giuridico 
del titolo I, t. u. n. 1775 del 1933, che contiene le norme sulle 
derivazioni e utilizzazioni delle acque pubbliche (1). 

(Omissis). -Il Tribunale regionale ha fatto proprio il contenuto 
della relazione, redatta, come si � detto, sulla falsariga del verbale 
d'ispezione, per cui si � attenuto, sostanzialmente, a detto verbale, e non 
� neppure esatto che abbia pedissequamente seguito le conclusioni del 
tecnico, perch�, invece, le ha accettate dopo averle sottoposte ad esame 
critico. La natura demaniale dell'acqua non � apoditticamente affermata, 
ma � il risultato di un'analisi del verbale d'ispezione giudiziale, 
dal quale emerge che: 1) il pozzo Mangano, sito alla destra del torrente 
San Filippo, dista dall'argine metri 7,40 e che il piano su cui esso poggia 
� costituito da materiale alluvionale di ciottoli e sabbia; 2) il fondo del 
pozzo si trova a metri 22.29 al disotto del piano dell'alveo del torrente, 
in corrispondenza della sua parte centrale; 3) il detto torrente, in corrispondenza 
del pozzo Mangano, � arginato da due muri di conteni


(1) Massima esatta: non vi � dubbio che le acque subalvee concorrono, 
insieme con l!a acque superficiali, a formare, in un unico complesso, 
il corso d'acqua. E pertanto sono sottoposte alle stesse norme che disciplinano 
il corso stesso. 

318 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento e il suo alveo, nello stesso tratto, resta compreso tra due colline, 
delle quali quella di destra dista, con le sue pendici, rispettivamente 
metri 74 dall'argine destro e metri 67 dal pozzo Mangano. In base a 
questi elementi, non contrastati, � da approvarsi la conclusione alla 
quale � pervenuto il tecnico del Tribunale e cio� che le aque del pozzo 
Mangano provengono dalla massa alluvionale permeabile, che costituisce 
per uno spessore di notevole entit� il sottosuolo di tutta la zona 
pianeggiante compresa fra le colline site alla destra e alla sinistra dell'alveo 
propriamente detto. E se si considera, inoltre, che in epoca imprecisabile 
le zone pianeggianti laterali all'attuale alveo del torrente 
costituivano relitti alveari, l'indubbia esistenza in tutta la zona di una 
massa alluvionale permeabile, che determina la falda acquifera sotterranea, 
nonch� l'ubicazione del pozzo in zona molto prossima all'argine 
del torrente, fanno ritenere che le acque emunte col detto pozzo provengono 
dalla anzidetta falda acquifera, mentre deve escludersi che 
esso sia alimentato da una vena d'acqua indipendente dalle acque 
subalveari del torrente. 

Queste conclusioni sono sufficienti ad indicare la natura pubblica 
dell'acqua e a giustificare la sua iscrizione dell'elenco (comunque non 
impugnato nel termine perentorio di cui all'art. 2 del r. d. 14 agosto 1920, 

n. 1285 e all'art. 1, ultimo comma, t. u. 11 dicembre 1933, n. 1775), perch� 
le acque subalvee di un corso d'acqua pubblica hanno la stessa natura 
del co�rso d'acqua e rientrano nel regime giuridico del titolo I del t. u. 
n. 1775 del 1933, che contiene le norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni 
delle acque pubbliche. Tali acque, come acque superficiali, non 
possono essere considerate avulse dal corso d'acqua a cui appartengono 
e concorrono a formarne la complessa esistenza. 
Il Tribunale regionale ha confutato tutti i rilievi critici che erano 
stati avanzati dal Chirico, ma poich� quei rilievi, unitamente ad altri, 
sono riproposti in grado d'appello, per sostenere che l'acqua del pozzo 
Mangano abbia natura privata, occorre prenderli partitan,iente in esame. 

Devesi, innanzi tutto, escludere che atti e documenti relativi a 
rapporti tra privati nella disposizione delle acque (che, fra� l'altro, sono 
tutti anteriori all'iscrizione del torrente Fiumana S. Filippo nell'elenco 
suppletivo del 1922, non impugnato e non pi� impugnabile) possano 
valere a distruggere la natura pubblica del corso d'acqua accertata in 
sede di indagine tecnica. Trattasi di considerazione ovvia, che non ha 
bisogno di essere dimostrata: basti considerare che, diversamente opinando, 
sarebbe facilissimo, con una semplice scrittura privata intervenuta 
tra interessati, sottrarre un corso d'acqua all'uso genera.le. N� 
sono idonei a modificare la natura dell'acqua il provvedimento prefettizio 
16 settembre 1903 ed il disciplinare del Genio civile 23 agosto 1903, 
che autorizzavano la costruzione di una conduttura: da quei documenti 


l'ARTJil I, SEZ; VI:; GlVl'tIS. IN MATERIA DX ACQVE, APPALTI ECC. 319 l'ARTJil I, SEZ; VI:; GlVl'tIS. IN MATERIA DX ACQVE, APPALTI ECC. 319 
si tiesume l'autorizzazione ad un attraversamento, ma non il riconoscim�nto 
d'utenza e tanto meno la declaratoria del carattere privato dell'~
cqua. E ciuand'anche la pubblica autorit�, in quell'occasione, avesse 

in�identalmente fatta 'J!.lropria la qualifica di acqua privata, addotta dal 
Mangano nella sua istanza, si tratterebbe di una qualificazione immo' 
tivata e co:r;riilli:que erronea, in ogni caso insufficiente a dare al corso 
d'acqua una natura diversa da quella che effettivamente gli appartiene, 


per l'attittj(iJ.riE! ad uso di pubblico, generale interesse. 

N� td:o'*a il richiamo di autorevoli voci dottrinali, che, in realt�, 

si Iimjfa#o .ad affermare la natura privata dei pozzi, nell'ovvio pre


supp()$tg ~he l'acqua da essi estratta sia privata. Se, invece, �l'acqua 

ha t:i#~. te caratteristiche per farla divenire pubblica, non sar� certo 

l;�st~~~i6J:l~ a mezzo di pozzo che possa renderla privata. 

Sl)�sserva, per�, dall'appellante che l'acqua in questione, prima 

.ij <lti-vet1tare subalveare in sede torrentizia, � di natu~a collinare. � age


v()le obiettare che, in realt�, l'a�qua proviene da una falda imbrifera 

sotterranea, dovuta alla permeabilit� ,della massa alluvionale da cui � 

�ostituito l'alveo e il subalveo del torrente S. Filippo. Ma anche ammesso 

che l'acqua provenga dalla collina, questa servir� ad aumentare la por


tata del pozzo, ma si tratter� sempre di acqua che, in prossimit� del 

torrente, � pubblica, � perch� acquista attitudine ad uso pubblico. 

N� vale obiettare che l'acqua sgorga in un solo punto dell'anello 

filtrante, onde non sarebbe raccolta per emungimento, ma per inter


cettazione di una vena idrica indipendente dalle acque subalvee. Tale 

obiezione non ha fondamento, perch�, oltre a poggiare, come ha gi� 

osservato il Tribunale regionale, sulla errata interpretazione di un ele


mento di fatto, in quanto dal verbale dell'ispezione giudiziale risulta 

che l'afflusso di acqua nel pozzo, pur essendo maggiore del lato sud,est, 

in corr.ispondenza del tassello, � tuttavia presente, anche se in graduale 

tiiminuzione, su tutta la base dell'anello filtrante, non ha. in� ogni caso 

valore decisivo, potendosi la circostanza agevolmente spiegare consi


derando che la funzione del tassello praticato nella base dell'anello 

filtrc:tnte, � proprio quella di convogliare in unica direzione le acque 

affi()~llnti dietro la intera superficie del rivestimento. 

�Quanto si � detto a proposito dell'irrilevanza di atti e di scritture 

intervenute tra p:rivati, vale anche a proposito di alcune prohunce 

giudiziarie relative a condanna al pagamento di canoni. L'autorit� 

giudiziaria, in quei casi, intervenendo a sanare i conflitti nascenti dal


l'applicazione di scritture intercorse tra privati, ha tratto le dovute 

conseguenze, ma non si � dato carico, perch� non era il giudice com


petente e pevch� non era stata investita dalle parti della questione, di 

esaminare la natura delle acque del pozzo Mangano. 

lO 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

320 

Infine, il comportamento delle parti e le eventuali loro ammissioni 
non possono evidentemente influire sulla classificazione del corso d'acqua. 

N� maggior fondamento ha la tesi subordinata dell'appellante Chirico. 
La natura demaniale dell'acqua del pozzo Mangano porta necessariamente 
alla nulHt� delle convenzioni formate sul presupposto che le 
acque fossero private, comprese quindi le concessioni enfiteutiche concernenti 
il diritto sulle acque. Per principio generale (art. 823 c. c.) i beni 
demaniali non sono suscettibili di negozi di diritto privato, perch� non 
� concepibile una utilizzazione del bene demaniale che impedisca o limiti 
la funzione di uso pubblico alla quale il bene stesso � per sua natura 
destinato. 

E neppure si comprende come sia possibile �che gli eventuali contratti 
di concessione tra privati, stipulati nell'erroneo presupposto che 
le acque fossero private, possano tramutarsi in concessioni di utenza. 
Al!la concessione di derivazione e di utilizzazione di acque pubbliche 
(art. 2, n. 3, t. u. del 1933) si �perviene a seguito di dettagliata istruttoria 
(artt. 7 e segg. del t. u.), che � promossa con la presentazione, da parte 
dell'interessato, della relativa domanda al Ministro dei LL. PP., si svolge 
attr.averso il deposito di una somma, forme tassative di pubblicit� e la 
redazione di un disciplinare, per terminare con il provvedimento di 
concessione di uso dell'acqua pubblica. N� � consentito, a tale riguardo, 
far riferimento al provvedimento prefettizio e al disciplinare del Genio 
civile del 1903, perch� quegli atti, come � gi� stato sottolineato, erano 
diretti all'autorizzazione alla costruzione di una conduttura e non gi� 
alla concessione d'utenza d'acqua, ad aversi la quale occorre uno specifico 
intervento, di forma e di sostanza, della Pubblica Amministrazione. 

Con ci� resta escluso altresl che la concessione d'utenza .possa ricavarsi 
da sentenze pronunciate fra privati, in giudizi ai quali non partecip� 
l'Amministrazione. -(Omissis). 

LODO ARBITRALE, 17 marzo 1967, n. 18 (Roma) -Pres. Bavtolotta Est. 
Mancuso -Impresa Mellucci (avv. Pistolese) c. Ministero 
LL. PP. (avv. Stato Zagari). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sospensione dei lavori -Mancata 
riserva nel verbale di sospensione ed in quello di ripresa -Conse guente 
decadenza per eventuali danni. 

(r. d. 25 maggio 1895 n. 350, artt. 16 ed 89). 
In caso di sospensione dei lavori, se l'appaltatore intende far valere 
pretese per i danni che afferma subiti a causa di tale circostanza, � 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 321 

tenuto a formulare immediatamente apposita riserva nel verbale di 
sospensione ed in ogni caso in quello di ripresa dei lavori; riserva da 
richiamare nel registro di contabilit� in occasione della prima registrazione 
successiva alla ripresa (1). 

(Omissis). -Come gi� riferito, in. data 22 settembre 19,59, il Direttore 
dei lavori ne disponeva l'immediata sospensione, nella considerazione 
che essi non potessero proced_ere utilmente e a regola d'arte, 
trovandosi � in corso di compilazione una perizia di variante da sottoporre 
all'approvazione degli organi �ompetenti �. 

Compiuta detta perizia (16 novembre 1960), approvata dal competente 
Comitato Tecnico Amministrativo (23 novembre 1960), stipulato 
il conseguente atto di sottomissione da parte dell'Impresa (18 luglio 
1961), approvato l'uno e l'altra dall'autorit� ministeriale (22 agosto 1961), 
la ripresa dei lavori -da ultimarsi nel termine prorogato dal 15 dicemb:
re 1961 -veniva disposta in data 25 settembre 1961. 

N� nel verbale di sospensione, n� in quello di ripresa dei lavori, 
il Mellucci iscriveva riserve o domande concernenti pretese di ordine 
patrimoniale, derivanti dalla sospens.ione medesima, e, anzi, nell'uno 
e nell'altro atto � raccolta la di lui dichiarazione di non trovar � nulla 
da osservare in merito �. 

Egualmente, nessuna riserva dell'Impresa risulta inserita nell'atto 

di sottomissione (18 luglio 1961), riguardante i lavori di cui alla perizia 

suppletiva, la cui pendenza aveva determinato la sospensione dei lavori, 

e il cui completamento procedimentale aveva autorizzato la ripresa dei 

lavori medesimi. Infine, nessuna riserva o domanda risulta iscritta nel 

registro di contabilit� alla prima presentazione di esso successiva alla 

(1) In tema di riserva per sospensione dei lavori. 
1. -Il lodo riprende e lucidamente conferma i concetti espressi nella 
sentenza 19 aprile 1966 della Corte di app�ello di Roma (in questa Rassegna, 
1966, I, 712), cui va il merito di aver colto e puntualizzato le linee direttive 
del sistema �in vigore, in relazione al tocmentato problema del1a tempestivit� 
delle riserve. Anche la giurisprudenza arbitrale, in tal modo, 
fermamente ancorandosi a principi lungamente trascurati o disconosciuti, 
ha avvertito la necessit� di una impostazione sistematica del problema, senza 
la quale � negato all'interprete ogni esatto orientamento. Infatti, il rimprovero 
pi� grave e giustificato da muovere alla giurisprudenza suadetta, 
� di essersi fermata nel passato alla casistica, rifiutando la ricerca e 
l'approfondimento dei clt'iteri di base della materia. Cosi si � avuta la 
conseguenza di motivazioni diverse e spesso contraddittorie, dalle quali 
era impossibile trarre un filo conduttore che servisse di guida nelle varie 
fattispecie. 
Il cardine del sistema � stato ora saldamente ed esattamente identificato 
nella funzione assegnata dalla legge all'onere dell'iscrizione della 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

322 

ripresa (presentazione avvenuta il 2,8 dicembre 1961), giacch� tale 
sezione dell'atto veniva sottoscritta puramente e semplicemente dal 
Mellucci. 

Resistendo all'avversaria eccezione di preclusione della domanda 
ai sensi del combinato disposto degli artt. 16 ed 89 del r. d. 25 mag


gio 1895, n. 350, costui ne sostiene, invece, la formale ammissibilit�, 
secondo un criterio di irrilevanza della non iscrizione delle 
riserve nei documenti anzidetti, quando esse si riferiscano, come nella 
specie, ad indennizzi da sospensione per fatto imputabile alla stazione 
appaltante. 

Sembra al Collegio che siffatto argomento impinga, con i suoi vari 
profili, in un triplice ordine successivo di ragioni contrarie, ciascuna 
delle quali sar-ebbe autonomamente bastevole a determinarne il rigetto 
e che, tuttavia:, si delibera di esaurire gradatamente, onde consti che la 
insormontabilit� del dedotto ostacolo formale sussiste comunque, anche 
prescindendo dalla particolare visione che si abbia del sistema legale 
in materia. 

Invero, ove si acceda al recente indirizzo giurisprudenziale, che 
concepisce la iscrizione delle riserve come onere di carattere generale, 
.�ertamente desumibile dal sistema normativo in materia (artt. 20, 21, 
22, 23, 36, 37 Reg. 2'5 maggio 1895�, n. 350; 343, 345� legge 2,0 marzo 18'65, 

n. 2248, all. F), l'effetto preclusivo della mancata iscrizione nel verbale 
di ripresa delle riserve riguardanti indennizzi per maggiori spese da 
sospensione disposta dall'Amministrazione, nasce come conseguenza necessaria 
ed ineliminabile dalla stessa postulazione di principio. 
Questa muove dalla considerazione che l'anzidetto sistema autorizza 
la deduzione che lo scopo fondamentale delle disposizioni riguar


danti la contabilizzazione dei lavori � costitutto dall'esigenza � di 
permettere all'Amministrazione committente di esplicare un continuo 

riserva: una volta riconosciuto che questa funzione si esprime nella esigenza 
di � apprestare in favore della stazione appaltante uno strumento 
continuamente operante atto a controllare in modo permanente l'andamento 
della spesa �, non pu� non conseguirne -come acutamente rileva 
il lodo -sia il carattere generale di tale onere, e sia la necessit� di 
immediata riserva in tutte le situazioni che risultino fonte 'di un danno 
ontologicamente apprezzabile. Per questa strada non � difficile rendersi 
conto come, nel c�aso della sospensione dei lavori, l'appaltatore abbia 
l'obbligo di formulare subito le eventuali proteste e riserve di proprio 
interesse. 

La sospensione costituisce un fatto eccezionale e di estrema gravit�, 
perch� interrompe la prestazione e sconvolge le previsioni tecniche ed 
economiche dell'imprenditore. Quindi egli ha l'immediata percezione del 
danno che gli viene provocato, e per le ragtoni dette non pu� sottrarsi �_�:, 
all'onere di immediatamente dichiarare se intende dolersene. ~ 

f:i 
I fil 


323 

,ApPl)nto nel quadro di questa volont� 
registrazione analitica e tempestiva 
per la P. A. committente un onere finanpubblica, 
trova la sua collocazione 
dell'appaltatore di tradurre iri spetormulate 
le sue pretese a compensi 
// >~1'11\.g~i�t~io 'Cl!cl~~~~lc$i )fJ~L qtJJ,e~lli riconosciutigli in contabilit�, in relazione 
via via eseguite �. E �poich� � il sistema di 
del compenso globale dovuto. all'appai


unit� di lavoro, rimane fuori del sistema la 
i;;urull~l:>�"�"'n" ragioni di compenso che a quell'onere siano 
evidente che tanto le questioni cosi dette di intercontratto 
quanto quelle cosi dette generali si riverbesi 
esauricono, a guisa di un fenomeno di riflessione delsulle 
pi� facce di un prisma, nelle singole unit� di 

costo di questo 
vengono a determinare l'onere economico complessivo sopportato dal-
l'appaltatore per l'esecuzione. dell'opera. 

� N� alla regola si sottraggono le ragioni di compenso che l'appaltatore 
fa valere quando chiede un indennizzo per maggiori spese sopportate 
in dipendenza del prolungamento dei lavori dovuto a fatto 
dell'Amministrazione oltre il termine contrattuale: invero, le voci che 
in tal caso vengono in gioco (costo della mano d'opera e dei materiali,_, 
ammortamento degli impianti e del macchinario, spese di custodia e di 
manutenzione del cantiere, ulteriori spese generali) non hanno nel 
sistema di determinazione del .compenso contrattuale una rilevanza 
.� 
. 2. -Accanto alle ragioni d'indole sistematica e generale, il lodo ha 
st.tP:�to individuare le specifiche disposizioni che rendono comunque evid:~
te. l'obbligo della immediata riserva. Tali disposizioni sono contenute 
#e~li artt. 16 ed 89 del Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, e l'interpre~
a#:o111e che la decisione ne d� � ineccepibile . 
.���� \A conforto di essa non inutilmente � stato anche richiamato il principiodi:ll,1" <i: .(!()()~nazione documentale � e della � immediatezza temporale � posto: 
dagU illrtt. 53 e 54 del Regolamento citato, cosi II"ettifi.candosi l'opinione 
che queste norme riguardino i soli documenti contabiH. Infatti, a prescinde.
ve dal rilievo che l'espressione non va intesa in senso meramente ragioneristico, 
poich� � � oggetto della contabilit� l'accertamento e la registrazione 
di tutti i fatti producenti spesa per l'esecuzione dell'opera � (art. 36, 
cit. Reg.), l'Ultimo comma dello stesso art. 89 espressamente rinvia alle 
norme ripetute, la cui applicabilit� � perci� confermata per tutti i documenti 
che comunque debbano essere firmati dall'appaltatore. Tra questi documenti 
sono i verbali di �sospensione e ripresa dei lavori, come chiaramente 
dispone l'art. 16 del Regolamento pi� volte detto. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

324 

autonoma, ma si riflettono anche esse sui prezzi calcolati o pattuiti 
per le singole unit~ di lavoro �. 

E, pertanto, � l'onere della riserva diventa attuale al momento in 
cui si rende manifesta la rilevanza causale del fatto generatore della 
situazione dannosa, secondo una valutazione condotta con media diligenza 
e buona fede � (cfr. Corte Appello Roma, 10 marzo 1966, n. 666, 
Ministero LL.PP. c. Impresa Labate, in Rassegna Avv. Stato, 1966, 
I, 712). 

Secondo l'indirizzo soprariassunto -il quale indirettamente consegue 
anche dalla giusta finalit� di sollevare l'Amministrazione, non 
solo dal rischio di sottostare a possibili conseguenze di contestazioni 
ingiustificabilmente tardive, ma anche da1!la stessa necessit� di combatterle 
giudiziariamente dalla scoperta posizione in cui la porrebbe 
la problematicit� della ricostruzione a posteriori di situazioni di fatto 
praticamente esaurite -la finalit� essenziale dell'onere della riserva 
nasce dalla esigenza di apprestare, in favore della stazione appaltante, 
uno strumento continuamente operante atto a controllare in modo permanente 
l'andamento della spesa, onde contenerla nell'ambito della 
previsione o comunque non spingerla oltre i limiti di una giusta corrispettivit� 
e congruit�. 

Ora, attribuendosi all'iscrizione delle riserve siffatta funzione essenziale, 
non v'ha dubbio che ad essa non possa negarsi, per logica 
conseguenzialit�, il carattere di onere generale, suscettibile solo di 
adempimento immediato, rispetto a quelle situazioni che gi� si palesino 
come generatrfoi di un danno ontologicamente apprezzabi,le, e quindi, 
senz'altro denunciabile. 

Del resto, affermazioni in tal senso non mancano neppure in pronuncie 
arbitrali anteriori, nelle quali trovasi formulato il principio, che 
si verifica decadenza quando l'appaltatore � pur avendo avuta piena 

3 .-� interessante osserV1are che in tema di sospensione il capitolato 
generale del 1962 ha profondamente innovato, rispetto alla precedente disciplina. 
Di fronte alla previsione del tutto generica dell'art. 35 del capitolato 
genevale del 1895, quello !in vigore ha nettamente distinto la sospensione 
causata da ragioni obiettive (art. 30, 1� comma), da quella determinata 
da motivi di �pubblico interesse o necessit�� discrezionalmente 
apprezzabili dall'Amministrazione (2o comma, art. cit.). La prima ha luogo 
per � causa di forza maggiore, condizioni climatologiche od altre simili 
drcostanze speciali �che impediscano in via temporanea che i lavori procedano 
utilmente a regola d'arte � : la indicazione � esemplificativa e non 
tassativa, ma rende evidente che la norma rigua!'da esclusivamente situazioni 
obiettive, del tutto estranee alla volont� delle parti (cfr., anche, Relazione 
ministeriale al d. p. r. 16 luglio 1962, n. 1063, capo III). 

La seconda ipotesi risponde, come si � detto, ad una valutazione discre


zionale della stazione appaltante, al verificarsi di esigenze che rendano 

opportuna la sospensione. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 325 

conoscenza di tutti gli elementi per concretare le proprie richieste � 
abbia lasciato decorrere il termine di cui all'art. 54 del Reg. cit. (lodo 
arbitrale 29 maggio 1939, Impresa Pagliarini Pierangeli c. Ministero 
LL. PP., in Giurisprudenza 00. PP., 1940, I, 241), o abbia iscritto 
riserve in tempo considerevolmente posteriore a quello di compimento 
della situazione cui essa si riferiva (lodo arbitrale 1 luglio 1935, Impresa 
Zapponi c. Ministero Agricoltura e Foreste, in Giurisprudenza 00.PP., 
1936, I, 234). 

La stessa sospensione dei lavori, adunque, quando concreti -come 
nella specie -una situazione dannosa, riconoscibile ed apprezzabile 
nel tempo stesso della interruzione, � da ritenere soggetta, ove si accolga 
il criterio cui ora ci si riferisce, all'onere della riserva, quanto meno 
in sede di verbale di ripresa, giacch� tale adempimento formale interviene 
quando il pregiudizio economico, ricadente sull'impresa, � gi� 
manifesto nei suoi elementi causali e determinativi essenziali. 

L'accettazione di tale criterio, e la riconducibUit� della specie nell'ambito 
del puntuale sistema di prescrizione che esso postula, apprestano, 
quindi, una prima base sistematica all'accoglimento della eccezione 
di decadenza della domanda di ristoro, contenuta nel primo 
quesito. Peraltro, pur sembrando al Collegio che essa possa ritenersi 
risolutiva ai fini della tesi della inammissibilit� della domanda, torna 
opportuno, come gi� detto, osservare ulteriormente che anche una 
diversa e meno rigorosa visione del sistema porta a ritenere egualmente 
necessario, in casi del genere, la iscrizione della riserva nel 
verbale di ripresa, e, quindi ad identica soluzione negativa della questione 
di ammissibilit�. 

Invero, sebbene la _legge non consideri espressamente la ipotesi 
che l'appaltatore firmi il verbale di ripresa senza riserva, � tuttavia 
da escludere che tale fatto rimanga senza effetto ai fini della possibilit� 
di far successivamente valere pretese patrimoniali derivanti dalla 
sospensione dei lavori. 

Quanto alle conseguenze economiche, nel primo caso all'appaltatore non 
spettano compensi o indennizzi, qualunque sia la durata della sospensione. 
Non spettano compensi o indennizzi pure nella seconda ipotesi, se la sosp,ensione 
resta limitata ad un periodo non maggiore di un quarto del termine 
contrattuale, e comunque non eccedente un semestre (art. cit., 3<> comma). 
Se questi termini vengono superati, l'appaltatore pu� chiedere la risoluzione 
del contratto, senza indennit�: qualora l'Amministrazione la rifiuti, egli ha 

� diritto alla rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della 
sospensione oltre i termini suddetti� (art. cit., 2<> comma). 
Le considerazioni che da tale regolamentazione facilmente si traggono 
sono le seguenti. In primo luogo, non pu� esservi dubbio sull'inderog�abile 
obbligo dell'appaltatore di inserire nello stesso verbale di sospensione le 
eventuali riservie. Data la dive1rsa disciplina delle due ipotesi, la sospensione 
dovr� essere esplicitamente motivata; ed alla mancata contestazione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

326 


In base al sistema facente capo a,l combinato disposto dagl{artt. 16 
e 89 del Reg. cit., l'appaltatore dovr�: a) normalmente, sottoscrivere i 
verbali di sospensione e di ripresa dei lavori; b) in caso ricusi la sottoscrizione, 
essere invitato a farlo in un perentorio termine, comminandosi, 
per la ipotesi di inottemperanza, la insuperabile presunz!i.one di 
corrispondenza dei fatti aJ.le registrazioni non sottoscritte; c) in caso di 
sottoscrizione con riserva, ripetere la riserva nel registro di contabilit� 
nei modi e nei termini di cui agli artt. 53 e 54 dello stesso Reg., comminandosi, 
per la ipotesi di inottemperanza, la radicale inefficacia delle 
riserve non ripetute. 

Ci� posto, non sembra contestabile, come � stato osservato, che � la 
dichiarata perentoriet� del termine da assegnarsi all'appaltatore, nel 
caso di mancato intervento alla firma (dei verbali) e la sanzione della 
inefficacia, espressamente comminata per le eccezioni e le domande proposte 
con rituale riserva (nei verbali stessi) ma non riproposte nei 
registri di contabilit�, nei modi e nei termini (previsti dagli artt. 53 e 
54 del Reg.), ben valgono a giustificare l'affermazione che la firma senza 
riserva dei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori preclude -al 
pari dell'inutile decorso del cennato termine di grazia -la facolt� 
dell'~ppaltatore di proporre utilmente. eccezioni e domande comunque 
afferenti alla legittimit� della sosp~nsione e ailla sua durata; essendo 
ovvio che a eccezioni e domande non proposte con rituale e tempestiva 
riserva debba negarsi -a fortiori -quella efficacia che il Regolamento 
nega a eccezioni e domande proposte con rituale e tempestiva riserva, 
ma non ripetute ritualmente e tempestivamente nel registro di contabilit� 
� (cfr. lodo arbitrale 19 dicembre 1962, Fallimento Impresa 
Strovaggi c. Istituto Autonomo Case Popolari di Messina, in Arbitrati 
e Appalti, 1963, 201). 

della motivazione, non potr� negarsi valore di acquiescenza alla situazione 
dedotta in verbale. 

Inoltre una controvevsia, in sede di ripresa dei lavori o addirittura 
alla fine dell'appalto sulle ragioni della sospensione, non avrebbe ragione 
d'essere; poich� pure nella seconda ipotesi l'appaltatore non ha diritto a 
compensi o indenn�zzi per i p:rimi sei mesi di sospensione. Decorsi i quali, 
se non avr� usato 4el diritto di recesso che la legge gli ricOnosoe, continuer� 
a non avere doglianze da proporre. Infatti, il capitolato generale prev,
ede l'obbligo dell'Amm!i.nistrazione di rimborsave i maggiori oneri, derivanti 
dal prolungamento della sospensione oltre il semestre, solo quando la 
stessa si oppon~a ,alla domandata risoluzione: pertanto, nel caso, il diritto 
dell'appaltatore alla risoluzione si configura come una condizione risolutiva 
potestativa. 

Se il titolare non la fa valere, evidentemente rinuncia alle conseguenze 
favorevoli che ne deriverebbero; e non pu�, conseguentemente, pretendere 
di essere compensato degli oneri che, con l'esercizio del relativo diritto, 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN M.,_TERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 327 

Si ricorder� che, nella specie, l'Impresa, non solamente si astenne 
dall'introdurre riserve nei verbali di sospensione e di ripresa dei lavori, 
ma lasci� anche ivi constatare di non trovare � nulla .da osservare � in 
ordine all'una e all'altra. 

Ben s'intende, pertanto, come, anche seguendo. questo secondo 
crite;rio d'interpretazione del sistema normativo sorreggente la materia 
delle riserve, debba pervenirsi ancora all'affermazione della inammissibilit� 
della domanda, siccome preclusa per effetto della omessa iscrizione 
della relativa riserva nel verbale di ripresa dei lavori. 

N� diversa sar� la conclusione quando -esaurendo il triplice 
ordine successivo delle preannunciate ragioni di preclusione della domanda 
-si avr� chiaro che tale preclusione sussiste, quanto meno, 
per effetto della mancata iscrizione della riserva in parola alla prima 
presentazione dei registro di contabilit�, successiva alla ripresa dei 
lavori; sussiste, cio�, anche secondo la visione giuridica meno rigorosa 
del sistema in esame (cfr. lodo arbitrale 27 dicembre 19,5,5, Impresa 
Fabbri c. Comune di Grosseto, in Giurisprudenza 00. PP., 1955, I, 15'8). 

Invero, l'ultimo comma del pi� volte cit. art. 89 Reg. 1895 -cui 
rinvia il precedente art. 16, che dispone, tra l'altro, sugli oneri formali 
connessi alla sospensione dei lavori -dispone che le riserve e domande, 
eventualmente inserite in altri documenti, devono dall'appaltatore essere 
ripetute nel registro di contabilit� nei termini e nei modi indicati dai 
successivi artt. 53 e 54. Questi prevedono, a loro volta, che sia le 
domande sia le riserve debbono essere inserite nel registro di contabilit� 
� immediatamente di seguito � alle iscrizioni amministrative cui 
esse si riferiscono e sottoscritte nel giorno stesso della presentazione 

' 

del registro medesimo. 
Il principio che da tale sistema si trae sopperisce, senza dubbio, nell'assenza 
di una disposizione espressa, anche per la decisione della specie 

avrebbe evitato. Tra le due situazioni sussiste una ovvia incompatibilit� 
logica t' giuridica: se l'appaltatore era in grado di sottrarsi al pregiudizio 
economico derivante dalla sospensione oltre il semestre, esercitando una 
facolt� dalla quale conseguiva la fine del vincolo contrattuale, evidentemente 
non pu� poi pvetendere di essere risarcito del pregiudizio istesso, 
se ha preferito mantenere in vita l'appalto. 

Per concludere, sembra appena il caso di dire, che anche quando l'Amministrazione 
mantenga la sospensione oltre i sei mesi e rifiuti la risoluzione 
chiesta dall'appaltatove, gli oneri da rimborsare sono solo quelli verificatesi 
dopo il semest1�e. Ci� .si desume dalla logica del sistema, che lascia all'Amministrazione 
la facolt� �di sospendere ,senza indennizzo per un seme�stre; 
ed � confermato espressamente dalla stessa norma, che fa riferimento alla 

� rifusione dei maggiori oneri derivanti dal prolungamento della sospensione 
oltre i termini suddetti �. 
DEL GRECO 



328 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in esame, che (agli anzidetti fini di completezza) ora si pone nella 
prospettiva di questo ulteriore angolo visuale. 

Detto principio, infatti, � pafosemente informato al duplice criterio 
della � coordinazione documentale � tra accertamento della situazione 
dannosa e denuncia, e della � immediatezza temporale � della medesima, 
traducentesi, per l'appaltatore, nell'onere di formulare le proprie 
rj.serve in occasione della prima sottoscrizione del registro di contabilit�, 
successiva al ritlevamento del fatto che le d� causa. In definitiva, 
anche non condividendo nessuno dei due sopraesposti argomenti di 
ordine sistematico pi� generale, deponenti, come si � visto, per la necessit� 
della iscrizione delle riserve da sospensione nel verbale relativo o 
in quello di ripresa, quando la ragione del pregiudizio sia gi� definita, 
non sembra, tuttavia, possibile sottrarsi, in forza della meno rigida 
considerazione da ultimo fatta, alla conclusione che la suddetta necessit� 
di iscrizione sussiste, nella ipotesi anzidetta, quanto meno, per quel 
che riguarda il registro di contabilit� alla prima sottoscrizione di esso, 
successiva all'obiettivarsi della relazione causale tra la sospensione e 
il pregiudizio. 

Discende dall'anzidetta triplice equivalente alternativa che la rag-

I

gera delle possibili irpotesi interpretative della normativa in esame, 

r 

11'

manda di cui al primo quesito per intervenuta decadenza; e respinge, 

.

con ciascuna delle formulazioni, che si son qui venute esponendo secondo 
, 
la graduazione di estensione del rispettivo criterio informatore, la con' 
traria opinione prospettata dalla parte, la quale, in definitiva, appare, 
perci�, effettivamente non giustificabile, come gi� detto, dalla mera 1/ 

lf

assenza di una espressa disposizione di legge in materia. -(Omissis). 

.

. 

' 

~,

ffi 
. 

I 
~:~ 

TRIBUNALE DI ROMA, 25 febbraio 1967 -Pres. Maccarone -Est. r 
Virgilio -Impresa Mambrini (avv. Ambrosio) c. A.N.A.S. (avv. 
Stato Pentinaca). 

I 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Finalit� delle riserve -Assolutezza 
ed inderogabilit� dell'onere relativo. 

I 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Eventi e situazioni che si mani-

I

festano per gradi -Tempo della riserva. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Sorpresa geologica -Fattispecie. 

I 
I
iii 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Controlli preliminari di cui f~ 
all'art. 5., r. d. 25 maggio 1895, n. 350 -Finalit� ed estensione. 


I

L'onere della immediata denuncia del fatto o della situazione og-;�:: 

getto di � riserva � ha carattere di assolutezza ed inderogabilit�. Tanto i~~: 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 32!) 

risulta da tutta la normativ.a del Regolamento 25 maggio 1895 n. 350, 
improntata all'essenziale finalit� che gli organi dell'Amministrazione 
siano prontamente informati, nel corso dello svolgimento del rapporto, 
di tutte le pretese atte a turbare l'equilibrio economico del contratto. 
Ci� sia per poterle esaminare e fronteggiare con adeguati provvedimenti, 
e sia allo scopo di conservare in ogni momento, la possibilit� di 
valutare la convenienza ed opportunit� dell'opera pubbLica, e di esercitare 
eventualmente la facolt� di risoluzione di. cui all'art. 345 della 
legge 20 marzo 1865 sui lavori pubblici (1). 

Nello svolgimento del rapporto di appalto, eventi e situazioni 
speciali possono manifestarsi istantaneamente e con immediatezza, 
mentre altre volte la loro manifestazione pu� avvenire per gradi ed a 
tratti successivi. Quando tale manifestazione assume carattere di certezza, 
diviene operante l'onere della riserva (2). 

La pattuizione secondo cui il prezzo di scavo riguarda lo scavo di 
sbancamento di materie di qualsiasi natura e consistenza, asciutte o 
bagnate, compresa la roccia da mina, denota chiaramente la volont� 
di comprendere nella previsione tutte le possibili ipotesi in ordine alle 
caratteristiche della massa da sbancare. L'espressione esprime il concetto 
che ogni tipo di roccia, senza a~cun limite percentuale, rientra 
tra le componenti aleatorie dell'esecuzione dell'opera, e pertanto deve 
escludersi la sorpresa geologica per difetto di imprevisione dell'evento 
(3). 

(1-2) Sulla linea tracciata dalle decisioni ricordate nella nota al lodo 
che precede, continua da parte della giurisprudenza pi� avvertita il 
processo di definizione d�i princ�pi direttivi in tema di riserve. La sentenza 
non si pronuncia ex professo sulle note tesi dei � fatti continuativi 

o accertabili in ogni tempo � e delle � contestazioni d'ordine generale �, 
data la loro non conferenza ai fini della lite. Ma, con la riaffermazione 
degli scopi peculiari all'istituto e con il fermo richiamo ai concetti della 
assolutezza ed inderogabilit� dell'onere della riserva, implicitamente mostra 
di ritenere infondate queste tesi. Per altro, non sembra inutile aggiungere 
che l'Impresa si era riferita alle tesi ripetute, per essersi frequentemente 
giunti in sede arbitrale a qualificare quale � fatto continuativo � la fattispecie 
in controversi�, sotto il profilo della continuit� dell'onere. Invece, 
deve essere chiaro che la continuit� non va riguardata in relazione al perdurare 
dell'onere nel tempo, ma alla stregua della evidenza nel tempo 
della situazione dalla quale l'onere � causato. 
L'identificazione del momento in cui l'obbligo della riserva diventa 
attuale, in presenza di circostanze che manifestino la loro incidenza sulla 
corrispettivit� del contratto in stadi successivi, � precisata con adeguato 
criterio, tenendo conto delle esatte precisazioni risultanti dalla sentenza 
della Corte di Appello di Roma 19 aprile 1966 (in questa Rassegna, 
1966, I, 723). 

(3) Massima del tutto esatta. In alcune aberranti decisioni arbitrali, 
la voce contrattuale � stata addirittura definita di stile perch� normal

330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'art. 5, r. d. 25 maggio 1895, n. 350 pone una norma di condotta 
nei confronti degli organi amministrativi. Essa non � idonea a determinare 
nell'appaltatore un affidamento in ordine all'entit� ed esattezza 
delle operazioni previste, e l'eventuale violazione della norma non pu� 
essere dedotta al fine di desumerne una autonoma fo"l,te di responsabiLit� 
a carico dell'Amministrazione (4). 

(Omissis). -Ha carattere preliminare l'esame dell'eccezione di 
inammissibilit� della domanda a causa della dedotta ta11divit� delle 
riserve espresse dall'impresa nel registro di contabilit� dell'appalto. 

Al riguardo l'Amministrazione si riporta al combinato disposto 
degli artt. 53, 54, 64 e �89 del r. d. 25 maggio 1895, n. 350, secondo 
il quale l'impresa ha l'onere -sotto comminatoria di inefficacia della 
richiesta -di iscrivere tempestivamente nel r:egistro di contabilit� le 
domande relative ad indennit� o compensi � cui crede di aver diritto �. 

Il fondamento razionale del sistema predetto consiste, come � 
noto, nell'esigenza che gli organi dell'Amministrazione siano prontamente 
informati, nel corso dello svolgimento del rapporto, di tutte 
le pretese atte a turbare l'equilibrio economico del contratto, sia per 
poterle esaminare e fronteggiare con adeguati provvedimenti, e sia al 
fine di conservare in ogni momento J.a possibilit� di compiere quelle 
valutazioni di convenienza e di opportunit� dell'opera pubblica, volute 
dalla legge (anche sotto il profilo della spesa che essa comporta), e di 
esercitare eventualmente la facolt� di risolvere l'appalto nei modi previsti 
dall'art. 345 della 1. 20 marzo 1965, n. 2248, sui lavori pubblici. 

mente usata nei capitolati speciali. In altre, con evidentissima esasperazione 
terminologica, si � voluto distinguere tra materia e terreno di scavo, 
riferendo la prima espressione unicamente a suoli sciolti e non compatti. 
La sentenza fa giustizia di questi bizantinismi, e giustamente rileva che 
proprio nella genericit� dell'espressione � la sua comprensivit� di ogni 
ipotesi, relativamente alla natura e compattezza della massa da scavare. 
Conseguentemente il riferimento all'art. 1664, 2� comma, c. c., � impossibile. 


(4) La massima � di grande 'interesse. L'art. 5 del Regolamento 25 maggio 
1895, n. 350 (come le norme del regolamento approvato con decreto 
ministeriale 29 maggio 1895 per la compilazione dei progetti), pongono 
disposizioni di cui � destinataria la sola Amministrazione, e sono dirette 
a regolarne l'attivit� nella fase precontrattuale. In quanto tali sono prive 
di rilevanza esterna, e perci� inidonee ad offrire un sia pur generico 
affidamento all'appaltatore (per ulteriori profili, circa l'estraneit� al conI 
iltratto di ogni documento preparatorio del capitolato speciale, cfr. in 
questa Rassegna, 1964, I, 606, nota 2). Giustamente, infine, nella sentenza 
viene rilevato, che qualunque presunta difformit� tra progetto e condizioni 
locali di esecuzione, soggiace all'onere dell'immediata riserva, ai 
sensi dell'art. 11 del Regolamento pi� volte detto. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 331 

Considerato nell'ambito della enunciata essenziale finalit�, e con 
riferimento inoltre a tutta la normativa del citato' r. d. n. 350 del 
1895 (improntata a criteri di vigile controllo da parte degli organi 
dell'Amministrazione rispetto ad ogni evento del rapporto), l'onere di 
i:m,mediata denuncia del fatto o della situazione oggetto di �riserva � 
presenta i caratteri dell'assolutezza e della inderogabilit�, come risulta 
chiaramente dai menzionati artt. 54, 64, e 89 del regolamento del 1895. 

Peraltro, la giurisprudenza arbitrale ha frequentemente ritenuto 
che i fatti accertabili in ogni tempo e le contestazioni d'ordine generale 
devono ritenersi svincolati per loro natura dalla osservanza dell'onere 
di riserva immediata. 

Il richiamo a tale principio non � conferente nel caso di specie perch�, 
anche a ritenere ammissibile la indicata distinzione e la correlativa 
diversa disciplina giuridica, la circostanza dedotta dall'attrice a 
fondamento della pretesa non potrebbe giammai essere qualificata e 
considerata come fatto continuativo, nel senso suindicato (accertabile 
cio� in ogni momento) ovvero come contestazione d'ordine generale. 

Per il denunciato fenomeno di elevata percentualit� di roccia da 
mina riscontrata durante i lavori sorge. solo il diverso problema di 
stabilire il momento in .cui il fenomeno stesso possa ritenersi sufficientemente 
evidenziato ai fini della tempestivit� della riserva. 

Al riguardo va considerato che nello svolgimento del� rapporto di 
appalto eventi e situazioni speciali possono a volte verificarsi istantaneamente 
e con immediatezza, mentre altre volte la loro manifestazione 
pu� avvenire per gradi, a tratti successivi, assumendo solo ad 
un dato momento carattere di certezza. 

� � evidente che prima di tale momento il fatto o la situazione non 
esiste .come realt� fenomenale, nel senso .che qui interessa, e conseguentemente 
non sorge l'onere della denuncia da parte dell'impresa. Da ci� 
la necessit� che l'interprete stabilisca caso per caso, rispetto alle fattispecie 
concrete, l'epoca in cui debba ritenersi ragionevolmente acquisita 
la indicata certezza, dalla quale in definitiva dipende l'operativit� 
dell'onere di tempestiva riserva. 

L'applicazione degli enunciati principi al caso in decisione comporta 
che l'impresa Mambrini � decaduta da ogni diritto relativo ai pretesi � 
maggiori oneri per lo sbancamento di roccia eseguito in epoca anteriore 
alla riserva iscritta nel registro di contabilit� in data 7 febbraio 
1962. 

Risulta dagli atti che prima di tale riserva l'impresa aveva sotto-� 
scritto se?za alcuna contestazione il detto registro il 10 luglio 1961, 
il 30 settembre 1961 e il 10 gennaio 1962, per le partite -rispettivamente 
-di metri cubi 29.700, 27.000 e 15.500. 

Ove si consideri che al terzo stadio del lavoro di sbancamento, 
e cio� alla data del 10 gennaio 1962, risultavano conteggiati 72.200 



332 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

metri cubi su un volume complessivo di 86.753, ne consegue che l'onere 
della riserva pu� considerarsi adempiuto soltanto per la differenza tra 
i due indicati quantitativi perch� limitatamente ad essa l'impresa 
esercit� tempestivamente la facolt� di richiesta di maggior compenso. 

Il fenomeno in contestazione � infatti certamente classificabile tra 
quelli che, almeno di regola, richiedono -per il loro concreto manifestarsi 
-un certo lasso di tempo ed un'adeguata sperimentazione; ma 
questa considerazione, esatta in linea di principio, non pu� nella specie 
escludere, nei limiti precisati la tardivit� della riserva. 

All'epoca della sottoscrizione del terzo stadio di avanzamento 
(10 gennaio 1962) il lavoro era quasi ultimato e le intrinseche caratteristiche 
della collina si erano gi� prima abbondantemente evidenziate, 
per cui l'impresa deve addebitare a s� stessa se non ritenne di iscrivere 
alcuna riserva per i quantitativi gi� conteggiati. 

Ci� premesso e ritenuto, il merito della vertenza va esaminato 
limitatamente alla contestazione sul quantitativo di roccia compreso 
nella riserva del 7 febbraio 1962. 

Sostiene l'attrice che il fatto denunciato presenta il carattere della 
sorpresa geologica, e che pertanto, le compete U:n maggior compenso 
per la pi� gravosa prestazione eseguita. 

Ha esattamente obiettato a tale assunto l'Amministrazione convenuta 
che il tenore dell'art. 1 dell'elenco dei prezzi annesso al contratto, 
posto in relazione con talune clausole particolari, (e specialmente con 
gli articoli 16 e 18 del contratto stesso che disciplinavano i lavori di 
sbancamento e l'uso delle mine), esclude che l'evento dedotto dall'impresa 
a fondamento della domanda possa qualificarsi imprevedibile, e 
quindi estraneo alla pattuizione intercorsa tra le parti. 

L'ampia ed esauriente formulazione del citato art. 1 ( � scavo di 
sbancamento di materie di qualsiasi natura e consistenza, asciutte o 
bagnate, compresa 1a roccia da mina, per qualsiasi lavoro ecc. � ), denota 
chiaramente l'intento di comprendere nella previsione contrattuale; per 
il prezzo stabilito, tutte le possibili ipotesi in ordine alle caratteristiche 
della massa da sbancare. 

In particolare, l'espressione letterale � compresa la roccia da 
mina � esprime il concetto che anche tale tipo di roccia, senza alcun 
limite percentuale, rientrava tra le componenti aleatorie dell'esecuzione 
dell'opera. 

Esula, quindi, nel caso concreto la fattispecie della sorpresa geologica, 
della quale difetta quanto meno l'estremo della imprevedibilit� 
dell'evento nel quadro della disciplina del contratto. 

A fondamento della domanda l'attrice deduce, inoltre, che l'Am


ministrazione avrebbe comunque violato l'obbligo di diligenza im


postole dall'art. 5 del r. d. 25 maggio 1895, n. 350 e che ci� sarebbe 

sufficiente a conferire giuridica consistenza alla pretesa. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQU':l!l, APPALTI ECC. 333 

La norma invocata, come si evince dalla sua intestazione e dal 
suo oggetto, attiene alle operazioni pre:Jjminari che la pubblica amministrazione 
deve compiere nella fase che precede gli esperimenti 
d'asta, le licitazioni o le trattative private, al fine precipuo di evitare 
intralci e ritardi nella realizzazione delle successive fasi e, principalmente, 
nella consegna dei lavori. 

Trattasi evidentemente di norma di condotta degli organi amministrativi, 
della quale il futuro contraente nel rapporto di appalto non 
pu� dedurre la violazione al fine di farla assurgere a fonte autonoma 
di responsabilit� a carico dell'ente. 

Ma anche a ritenere che per effetto del rinvio dell'art. 5 contenuto 
nell'art. 11 (il quale ultimo disciplina specificamente le ipotesi 
di differenze riscontrate tra progetto e condizioni locali all'atto della 
consegna dei lavori) la predetta disposizione sia idonea a determinare 
nell'appaltatore. un affidamento in ordine �ai controlli preliminari di 
competenza dell'Amministrazione, dovrebbe in ogni caso ritenersi sussistente 
l'intervenuta decadenza anche sotto il profifo dell'onere della 
riserva, al quale .l'art. 11 subor.dina fin dal momento �della consegna 
tutte le eventuali pretese dell'impresa. 

Va aggiunto, con riferimento al caso concreto, che le operazioni 
preliminari di cui all'art. 5 non avrebbero peraltro giammai potuto 
comprendere un'analisi del sottosuolo cosi penetrante da mettere in 
rilievo perfino la percentuale di roccia da mina della massa da sbancare. 

Non si pu� quindi addebitare all'Amministrazione di avere calcolato 
in L. 750 al mq. secondo i prezzi correnti nella zona, il costo 
di sbancamento. -(Omissis). 



SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 luglio 1966, n. 3 -Pres. Giannantonio 
-Rel. Mosiillo -P. M. Parlatore (conf.) -Mariano. 

Furto -Navigazione -Estrazione abusiva ed asportazione di sabbia 
dal lido �del mare -Concorso di reati. 

(c. p., artt. 15, 81, 624; c. nav., art. 1162). 
Colui che, dopo avere estratto, senza L'autorizzazione dell'autorit� 
competente, sabbia dal lido del mare, se ne impossessa trasportandola 
aitrove, commette non solo la contravvenzione di abusiva estrazione di 
cui all'art. 1162 c. nav., ma anche ii delitto di. furto. Invero il delitto 
di furto non � assorbito dalla contravvenzione, perc.h�, a prescindere 
che una contravvenzione non pu� assorbire un delitto, si versa in tema 
di reati distinti, del tutto estranei alZ'ipotesi della specialit� di cui all'art. 
15 c. p., in quanto, mentre oggetto e materia del reato contravvenzionale 
� l'estrazione della sabbia dal lido del mare, oggetto del delitto 
di furto � l'ulteriore azione di impossessamento della sabbia stessa al 
fine di trarne _profitto (1). 

(Omissis). -Come ha pi� volte deciso questo Supremo Collegio, 
anche a Sezioni Unite (V. Sez. Un. 31 marzo 1962 (Sulas), e tra le altre 
delle Sezioni semplici, per ultimo, quella della Sez. II, 5 febbraio 1965 
(Russo), colui che dopo avere estratto, senza l'autorizzazione delle auto


rit� competenti, s�bbia al lido del mare, se ne impossessa trasportandola 
altrove, commette non solo la contravvenzione di abusiva estrazione di 
cui all'art. 1162 cod. navig. ma anche il delitto di furto. 

In particolar modo, il delitto di furto non � assorbito daUa contravvenzione, 
per�h� a prescindere che una contravvenzior;te non pu� 

(1) Giurisprudenza ormai costante sulla possibilit� del concorso formale 
del reato di furto con quello contravvenzionale di cui all'art. 1162 c. nav. 
Vedi da ultimo Cass. Sez. II, 5 febbraio 1965, n. 611, Giust. pen. �965, 
parte II, col. 426; Cass. S'ez. II, 12 febbraio 1964, Giust. pen., 1964, parte II, 
667, nonch� Cass. Sez. II, 22 giugno 1964, n. 1384 in questa Rassegna 1965, 
Sez. VI, I, 246, con nota di richiami anche per l'esclusione dell'aggra"V'ante 
ex art. 625, n. 7 cfr. pure su tale esclusione Cass. Sez. II, 23 giugno 1964, 

n. 1392, ivi, 248 e da ultimo cass. 24 settembre 1966, n. 621. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 335 

assorbire un delitto, � certo che versasi m tema di reati distinti, del 
tutto estranei all'ipotesi della specialit� di cui all'art. 15 del c. p., in 
quanto mentre oggetto e materia del reato contravvenzionale � l'estra~
ione della sabbia da�l lido del mare, oggetto del delitto di ful'to � 
l'ulteriore azione di impossessamento della sabbia stessa al fine di trarne 
profitto. 

N� fondamente si oppone che trattasi di fatti inscindibili, per�h� 
l'inscindibilit� non vale a deteminare l'assorbimento e, comunque, essa 
non sussiste, in quanto si pu� benissimo estrarre la sabbia senza trasportarla, 
come nel caso di colui ohe ci� faccia per rendere, ad esempio pi� 
agevole un sentiero che meni ad una sua abitazione, e si pu� per converso, 
sottrarre sabbia senza averla estratta, come nel caso in cui taluno 
prelevi e porti via sabbia gi� estratta ed ammucchiata da altri. 

Del resto, non � a tacel.'si che la esclusione, nella specie, della 
ricorrenza del concorso apparente di norme � avvalorata dalla considerazione 
che, laddove tale concorso si � profifato, il legislatore, nel codice 
della navigazione ha provveduto positivamente mediante l'uso della 
clausola di sussidiariet�, come ha fatto a proposito della norma dell'art. 
1161 c. n. (articolo, si badi immediatamente antecedente al 1162 
relativo aUa estrazione di arena), in cui ha enunciato la riserva che il 
fatto contravvenzionale dell'arbi-traria ocourpazione di un luogo demaniale 
possa costituire la pi� grave figura del delitto di usurpazione, come 
� esplicitamente spiegato sub. n. 758 della relazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 settembre 1966, n. 1799 -Pres. 
Vinci Orlando -Rei. Giorgioni -P. M. Pace -Grasso. 

Religione -Offesa alla religione dello Stato mediante vilipendio di 
persone -Elemento psicologico del reato. 

(c. p., art. 403). 
A norma dell'art. 403 c. p. vilipendere il ministro del culto cattolico 
come tale equiv.ale a recare offesa alla religione dello Stato. Consegue 
che il dolo di offendere il ministro del culto cattolico nell'esercizio dei 
suoi poteri non � diverso da quello di. recare offesa alla religione dello 
Stato, e non � necessario il dolo specifico, poich� la religione dello� Stato 
si identifica anche nel ministro del culto cattolico ed il vilipendio di 
costui equivale ad offesa alla religione (1). 

Osservazioni in tema di vilipendio della religione dello Stato 

(1) La Corte di cassazione, nel:la sentenza in rassegna ha ravvisato gli 
estremi del delitto di cui all'art. 403 c. p. (offesa alla religione de[lo Stato 
mediante vilipendio di persone), nel fatto che in occasione di una mani11 


-



336 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -In occasione della Festa dell'Unit�, il 13 settembre 
1959 in Ariano Irpino venne esposto al pubblico dalla Sezione del 

P.C.I. un pannel!lo che, sotto il titolo �per la abolizione dei censi ., 
raffigurava in maniera caricaturale un sacerdote nell'atto di ricevere il 
canone da un contadino. Alcuni giorni dopo, e mentre la P. S. indagava 
per identificare l'autore del pannelfo, tale Gaetano Grasso esponeba 
nella bacheca del P .C.I., situata in zona centrale della citt� e destinata 
ad accogliere manifesti e stampe del partito, un foglio dattiloscritto col 
quale egli rivendicava a s� la paternit� del pannello, attaccava i metodi 
della polizia e accusava il Commissario di P. S. Verruzio e l'agente 
Schettino di veri e propri arbitri. 
Rinviato a giudizio per rispondere dei reati di offesa alla religione 
dello Stato mediante vilipendio di persone (art. 403 c. p.) e oltraggio in 
danno di ;pubblici ufficiali (art. 341 c. p.), il Tribunale di Ariano Irpino, 
con sentenza 12 ottobre 1960, lo assolveva dalla prima imputazione 
perch� il fatto non costituisce reato; in ordirie alla seconda, dichiarava 
che essa integra gli estremi del delitto di diffamazione anzich� di quello 
di oltraggio, e dichiarava di non doversi procedere nei confronti dell'imputato 
perch� l'azione .penale non avrebbe potuto essere iniziata per 
mancanza di querela. 

A �seguito di appello proposto dal P. M. per Cassazione, riproponendo 
in questa sede le doglianze gi� invano dedotte in grado di appello, 
circa la sussistenza -erroneamente negata dai giudici del merito di 
entrambi i delitti originariamente ascritti all'imputato. 

festazione politica, venne pubblicamente esposto, un panenllo in cui, sotto 
il titolo � per la abolizione dei censi �, era raffi.guarto in maniera caricaturale 
un sacerdote nell'atto di ricevere il canone da un contadino. Non � 
possibile esaminare, trattandosi di questione di fatto, se sussistessero o 
meno gli estremi del vilipendio, ma, anche ammettendo che il vilipendio 
sussistesse, si ritiene tuttavia di non potere concordare nella decisione della 
Corte di cassazione. Sembra, infatti, che la fattispecie in esame, non sia 
riconducibile nell'ambito di cui all'art. 403, ma eventualmente, in quello 
pi� generico di cui all'art. 402 del codice penale. Il capoverso dell'art. 403 
(applicato dallo S. C.), reca la seguente dizione: � Si applica la reclusione 
da uno a tre anni a chi offende la religione dello Stato, mediante vilipendio 
di un ministro del culto cattolico�. 

Sembra chiaro che tale norma tuteli un duplice interesse: quello della 
per.sona che riveste la qualit� di ministro del culto, e quello della religione 
(tale duplicit� degli interessi protetti giustifica la maggiore gravit� della 
pena prevista dall'art. 403 rispetto a quella di cui all'art. 402 c. p.). Ne 
deriva che, ove, come nella .fattispecie in esame, il fatto di vilipendio 
riguardi tutti i ministri del culto cattolico, ma nessuno di essi in particolare, 
non pu� sussistere tale reato, ma sempre che ne ricorrano gli estremi, il pi� 
lieve reato di cui all'art. 402. In sostanza, come � stato pi� volte ritenuto 
in dottrina ed in giurisprudenza, mentre la norma dell'art. 402 c. p. � 
diretta a reprimere, con disposizione di carattere generico, il vilipendio 



PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 337 

La censura � fondata per ci� che attiene al delitto di vilipendio. 
L'errore nel qua�le sono incorsi i giudici del merito, giustamente rilevato 
dal ricorrente, consiste nel non aver tenuto presente che -nel caso 
di specie -l'offesa rappresentata dalla figurazione pesantemente caricatura! 
non ha investito la persona del sacerdote per ragioni e motivi 
personali (nella quale ipotesi il delitto sarebbe stato punibile ai sensi 
dell'art. 594 del c. p.) ma :il ministro del culto in genere e, attraverso 
la sua persona, la religione da questi professata. Tale offesa si � concretata 
in una manifestazione di dileggio e di dispregio insieme, attraverso 
l'atteggiamento simbolizzato del sacerdote che palesa l'intenzione 
di colpire il contadino nell'atto in cui egli sta per consegnare i�l grano 
a titolo di censo, se tale grano non sia della qualit� migliore. L'art. 403 
del c. p. considera l'offesa alla religione non autonomamente, ma come 
conseguenza del fatto di vilipendio, onde non occorre che si abbia un 
fatto direttamente offensivo della religione stessa. Consegue che, per� la 
sussistenza di tale reato, il dispregio del ministro del culto si pu� avere 
in qualunque forma, anche in ordine ad una attivit� estranea al culto, 
purch� inerente alla funzione. E poich� la riscossione del censo, che 
attiene al beneficio del ministro del culto, fa parte della funzione, qualunque 
vilipendio, anche con riferimento al beneficio parrocchiale, colpisce 
la fanzione stessa ed indirettamente la religione professata dal 
ministro del culto. 

Altro palese errore della sentenza impugnata � quello consistente 
nel ravvisare la necessit� di una specifico dolo di offesa alla religione 

della religione dello Stato, considerata in se stessa, l'art. 403 invece � diretto 
a reprimere il vilipendio contro persone fisiche determinate dal quale 
deriva, giusta l'intendimento dell'agente, l'offesa della religione esercitata 
dal vilipeso (Cass., 24 febbraio 1964, Mass. pen. 1964, 379; Cass., 29 dicembre 
1949, Giurisprudenza penale 1950, II, 199; MANZINI, Trattato, IV 
edizione, Vol. VI, 30). 

Esclusa cosi l'applicabilit� dell'art. 403 c. p. � necessario esaminare 
se nel caso in questione sussistevano, comunque, gli estremi per l'applicabilit� 
dell'art. 402 secondo il quale: � chiunque pubblicamente vilipende la 
religione dello Stato � punito con la reclusione fino ad un anno �. 

Si tratta in sostanza di stabilire se il vilipendio sussista soltanto allorch� 
l'offesa sia diretta alla religione considerata nelle sue credenze 
fondamentali, quali l'idea di Dio, i Dogmi della Chiesa, i suoi Sacramenti 
e i suoi riti, ovvero, se detto il delitto sussista anche quando vengono offesi 
i ministri del culto, sia pure in ordine ad attivit� estranea al culto stesso. 

Una corretta soluzione di tale problema, sul quale l'opinione della 
giurisprudenza appare assai divisa, sembra debba tener conto, da un lato 
delle norme di diritto canonico, dall'altro, del fatto che l'incriminazione 
� posta a protezione del sentimento religioso della maggioranza (o quasi 
totalit�) dei cittadi_ni. 

Sotto il primo profilo, si osserva che l'ordinamento canonico non fa 
distinzioni, in materia di fede, tra d<?ttrina teologica e morale da un lato 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dello Stato per la sussistenza di tale delitto. In proposito questa C. S. 
ha gi� affermato il principio che a norma dell'art. 403 del c. p. vilipendere 
il ministro del culto cattolico come tale equivale a recare offesa 
alla religione dello Stato. Consegue che il dolo di offendere iJ. ministro 
del culto cattolico nell'esercizio dei suoi poteri non � diverso da quello 
di recare offesa alla religione dello Stato, e non � necessario porsi al 
riguardo la questione se il dolo debba �ssere specifico, poich� la religione 
dello Stato si identifica anche nel ministro del culto cattolico ed 
il viHpendio di costui equivale ad offesa alla religione. 

Per questa parte della sentenza il ricorso del P. M. deve perci� 
essere accolto; ma poich� tale reato risulta obbiettivamente e subbiettivamente 
compreso nelle previsione della amnistia di cui al d. P. 24 gennaio 
1963, n. 5, esso deve essere dichiarato estinto, previo annullamento 
senza rinvio di tale parte della sentenza. 

Non � invece fondata la censura circa il ritenuto reato di diffamazione, 
posto che la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza nelfa 
specie del delitto di oltraggio in corretta ed ortodossa applicazione dei 
principi costantemente affermati in materia dalla giurisprudenza di 
questa C. S. -(Omissis). 

ed organizzazione ecclesiastica dall'altro; leggesi al canone 119 del Codex: 

� Omnes fideles debent clericis pro diversis gradibus et muneribus reverentiam... 
� il che comporta che essendo i cattolici tenuti a rispettare oltre 
che i dogmi, i sacramenti ecc. della Chiesa, anche la gerarchia ecclesiastica, 
il vilipendio ad uno qualsiasi di questi aspetti della religione cattolica, 
concreta la violazione -dell'art. 402 c. p. D'altronde, non pu� negarsi che 
il vilipendere i sacerdoti in quanto tali (e cio� non per ragioni private) 
sia pure in materia non direttamente connessa con il culto, concreti nell'opiI).
ione dell'uomo comune, i cui sentimenti si intendono proteggere, 
offesa alla religione (conf. Class. 20 ottobre 1959, Giust. pen. 1960, II, 422; 
Cass. 22 ottobre 1954, Giust. pen. 1955, II, 198; Cass. 12 febbraio 1960, Giust. 
pen. 1960, II, 686; contra Ca:ss. 8 novembre 1950, Giust. pen. 1951, II, 645; 
Cass. 1 dicembre 1958, Giust. pen. 1959, II, 452; Cass. 29 dicembre 1959, 
Giust. pen. 1950, II, 199). 
Cos� impostando la questione viene anche a superarsi, come leggesi 
nella sentenza in rassegna, il dibattutissimo problema circa la necessit� 

o meno del dolo specifico, posto che lo scopo di offendere i ministri del 
culto nel loro insieme equivale ad offendere la religione dello Stato. 
D. SALVEMINI 
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PARTE SECONDA 


12 

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QUESTIONI 


DAL CAPITOLATO GENERALE DEI LL. PP. DEL 1895 
A QUELLO DEL 1962 


Sono ben noti i peculiari aspetti della materia dei pubblici appalti ed 
i correlativi delicati problemi �che si pongono in sede di regolamentazione 
giuridfoa. 

L'esigenza, anzitutto, di un rigoroso controllo della spesa e della puntuale 
e costante rispondenza dell'impegno del publico denaro ai fin� d'interesse 
generale cui tendono i lavori pubblici; i gravi problemi di politica 
economica connessi all"esecuzione delle grandi opere pubbliche; Le esigenze 
tecniche della materia: sono soltanto alcuni degli elementi problematid 
che la � natura delle cose � impone al legislatore. 

Non intendiamo, qui, ripercowere tutta la vicenda della normativa in 
materia, ma vogliamo considerarne un asp�etto fra i pi� significativi e delicati: 
quello della disciplina del contenzioso fra l'Amministrazione e gli 
appaltatori. 

�Fu gi� avvertito -si legge nel Proemio alla Relazione dell'Avvocato 
General�e Erariale per dl biennio 1899-1900 -che fra 11e materie pi� importanti 
affidate al nostro patrocinio si doveva dare un posto distinto alle 
di:liese �ed alle pronuncie in tema di opere pubbliche..... ; che le Avvocature 
non devono ristare da ogni sforzo per impedire che �appalti conclusi a prezzo 
fatto si trasformassm-o in appalti a prezzi da fare...; dal propugnare tutte 
quelle preparazioni, ordini e difese che valgano per impedire uno fra i pi� 
lamentati sperperi del denaro pubblico per appagare le cupidigie di pochi .. 
A ben vedere, il problema del contenzioso dei pubblici appalti � tutto 
qui, nell'esigenza di creare un sistema che assicuri la coerente applicazione 
della rigorosa normativa sostanziale, eliminando, per quanto umanamente 
possibile, il pericolo �Che il giudizio sulle �controversie fra l'Amministrazione 
e l'appaltatore si apra ad esiti completamente aleatori, taili da sconvolgere 
le previsioni di spesa, trasfo:rmando, appunto, un appalto a prezzo 
fatto in un appalto a prezzo da fare. E che il pericolo sia reale e grav1e sa 
bene chiunque abbia dimestichezza con la materia. 

Il degenerare del giudizio sull'esecuzione del contratto in procedimento 
per l'integrazione del contratto steisso pu� 1aver causa, in �astratto, o in 
un ordinamento processuale che, nella scelta del giudic.e e nella disciplina 
delle impugnazioni, non dia garanzia di una esatta ed obiettiva applicazione 
del diritto vigente, consentendo il sovrapporsi di considerazioni ispi11ate a 
mutevoli e soggettivi criteri di equit�; ovvero in una insufficiente considerazione 
dell'elemento tecnico della materia, che, per un'adegua1Ja valutazione 
dei fatti, richiede spesso particolari cognizioni e attitudini tecniche. 

La seconda preoccupazione &a decisamente predominante 'all'epoca dell'elaborazione 
dell'abrogato Capitolato Generale del 1895, quando il problema 
.si prospett� per la prima volta, con l'urg,enza determinata dallo straordinario 
incremento delle opere pubbliche nei primi decenni dell'unit�. 

Ben presto ci si avvi� sulla via della dausola compromissoria e dell'arbitrato, 
non ritenendosi del tutto appaganti le consulenze dei periti di 
cui potevano disporre i Tribunali ordinari. E l'Avvocatura, che -com'� 
naturale -ha sempre dedicato a questi problemi un impegno del tutto 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

adeguato della loro importanza -ritenne che il miglior partito fosse quello 
di deferire agli arbitri tutte le controversie dipendenti dal contratto, sia 
tecniche che giuridiche. 

Al Consiglio di Stato sembr�, invece, pi� opportuno che il Capitolato 
Generale si limitasse a ,gtabilil"e �l'arbitrato per le �sole controversie d'indole 
tecnica. 

Il problema pi� graV'e �era, ovviamente, quello della composizione del 
Collegio arbitrale: � perch� -come si legge nella Relazione dell'Avvocato 
Generale Erariale per il periodo 1886-1898 (pag. 72) -qui si concentrava 
tutto l'impegno e l'intel"esse delle Amministrazioni a non aV'ere sviati o malintesi 
i suoi criteri tecnici, messi a riscontro del fine uLtimo dei servizi 
pubblici cui provvedeva coi c�ntratti �. 

L'Avvocatura, coerentemente all'estensione che reputaV'a opportuno dare 
alla clausola compromissoria, propugn� un collegio misto, formato da 
membri del Consiglio superiore dei lavori pubblici e da magistrati del Consiglio 
di Stato. Il Consiglio di Stato, invece, sugger�, in un primo tempo, 
di attribuire 'Le funzioni di Collegio arbitrale allo stesso Consiglio Superiore 
dei Lavori Pubblici; 1successivamente, ritenne pi� opportuna la costituzione 
di un Collegio ad hoc, formato dai sette membri effettivi pi� anzi�ani cyel 
Consiglio Superiore. 

E quest'ultima fu la soluzione adottata dal Capitolato generale del 14 
giugno 1889; mentr:e il Capitolato del 28 maggio 1895 accolse, com'� noto, 
il princiipo del deferimento agli arbitri di tutte le controversie dipendenti 
dal �contl"atto, s.iia tecniche che giuridiche, e, conseguentemente, modific� 
la composizione del Collegio, chiamando a farne parte due �oom1iglieri di 
Stato, due membr.i del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed un consigliere 
di appello. 

* * * 

Il sistema cos� introdotto ha funzionato per quasi settant'anni. Alla luce 
di questa lunga .esper.iienza, pu� darsene un meditato giudizio, che non riten.
iamo possa essere positivo. 

E, infatti, il mezzo prescelto per 1assicurare la competenza e, potrebbe 
dirsi, la �sensibilit� �tecnica del giudice dei pubblici appalti � andaito ben al 
di l� deUo scopo, finendo col rimettere la decisione delle controversie a 
un vero e .proprio arbitraggio � di equit� �. Decisiva, in questo senso, � stata 
la norma (art. 49 Oap. Gen. '95) che sottraeva il lodo 1all'appello ed al 
ricorso per cassazione; norma che, �entrato in v.igore il nuovo codice di procedura, 
fu ritenuta p~eclusiva dell'impugnazione per nullit� fondata sulla 
violazione di regole �di diritto. 

Fatalmente, malgriado che l'art. 48 pres~ivesse tassativamente agli arbitr.
i di giudicare secondo 1diritto, la certezza di esser sottratta ad ogni sindacato 
indusse la ~urisprudenza arbitrale a svincolarsi daUa rigorosa normativa 
sostanziale, �e ad elaborare massime di decisione che, consolidandosi, 
diedero vita ad un vero e proprio diritto onorario, ben diverso dal 
sistema ricavabile dalle fonti scritte. E non si pu� non notare come a questo 
risultato si pervenne in virt� di un pieno fraintendimento dello spirito 
del diritto vigente, e ci� proprio da parte di quei collegi arbitrali che 
avrebbero dovuto essere -secondo le vedute originarie -gli interpreti 
pi� sensibili delle specifiche necessit� ed esigenze della complessa materia 
dei pubblici appalti. 

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PARTE II, QUESTIONI 39 

Accadde cos� che si scambi� per cieco rigore quanto nella legge era 
dettato per sopperire all'esigenza fondamentale di assicurare, nell'interesse 
pubblico, un costante ed oculato �controllo del costo dell'opera appaltata e 
della sua piena e attuale rispondenza al fine perseguito dall'Amministrazione 


Gli esempi potrebbero facilmente moltiplicarsi. � sufficiente, tuttavia, 
richiamaire le ben 1note affermazioni delLa giurisprudenza arbitrale, secondo 
cui l'onere dell'immediata iscrizione delle riserve dell'appaltatore nei documenti 
,contabili non ricorrerebbe in ,tutta una ,serie di casi (contestazioni 

�di carattere generale., �fatti continuativi., fatti accertabili iin ogni tempo, 
ecc.), che hanno finito col costituire la regola, rendendosi, in tal modo, 
praticamente inoperanti le rigorose decadenze sancite daUa legge. 
Il risultato ultimo dell'applicazione del sistema di risoluzione delle controversie 
dettato daI vecchio Capitolato fu, dunque, veramente imprevisto: 
alla normativa dettata dalla legge fini col sovrapporsi una giurisprudenza 
pretoria ispirata �a �criteri v,alutativi del tutto estranei al diritto formalmente 
vigente ed an:zii incompatibili con lo spirito delle norme scritte. L'esatto 
rovesciamento, .cio�, di quello che all'origine ci 1si proponeva, con la creazione 
dii un arbitrato che avrebbe dovuto assicurare un giudizio strettamente 
aderente ai peculiari principi ed alle particolarit� tecniche della materia. 

* * * 

Si spiega bene, in tal modo, il movimento di riesame che si determin� 
in tempi recenti. L'Avvocatura non manc�, com'� noto, di offrire il suo contributo 
all'elaborazione di .na opportuna riforma del Capitolato Generale 
e, fin dal principio, propugn� l'abolizione pura e semplice della norma sul 
deferimento delle controversie agli arbitri (cfr.: Rassegna Avvocatura Stato, 
1955, 177 e�segg.), suggerendo, altres�, l'attribuzione della competenza in 
materi�a a .sezioni specializzate da dstituirsi presso gli organi giudiziari ordinari 
o, meglio 'ancora, ai Trbunali delle acque, che tanto buona prova hanno 
fatto dalla loro istituzione ad oggi (cfr.: I giudizi di. costituzionalitd e il 
contenzioso dello Stato negli anni 1956-1960, vol. I, pag. XXXII e seg.). 

Per il caso, poi, :che non si volesse arrivare a questa vadicale soluzione, 
si sostenne la necessit� che la scelta del giudizio arbitrale fosse rimessa 
alla concorde volont� delle parti e che, quindi, si attribuisse, in ogni caso, 
all'attore la facolt� di �adil'e il giudice ordinario in luogo degli arbitri ed 
al convenuto la facolt� di ,escludere la competenza degli arbitri eventualmente 
aditi dall'attore. 

E si fece, altresi, valere l'assoluta necessit�, in ossequio ai principi della 
nuova Costituzione (art. 111), �di un'altra importante riforma, che rendesse 
esperibile contro la sentenza �arbitrale il rimedio dell'impugnazione per violazion� 
delle regole di dirdtto. 

Le vicende che portarono, al1a fine, all'approvazione del nuovo Capitolato 
(d.P.R. 16 lugldo 1962, n. 1063) sono note: lo schema, pl'edisposto da 
un'apposita Commissione �e successivamente modificato conformemente ai 
suggerimenti del Consiglio �di Stato, conteneva ancora la disposiizone sul 
deferimento obbligatorio delle controvevsie agli ,arbitri e sull'inimpugnabi-! 
1it� del lodo. Ma, sottoposto al controllo della Corte dei Conti il decreto I 
ministeriale di approvazione (del 3 maggdo 1956), venne rifiutata la registra! 
zione, sia perch� la Corte ritenne, contrariamente all'avviso �spresso dal i 
Consiglio di Stato e in accovdo con la consolidata giurisprudenza della Cas1 
sazione, che il Capitolato ~vesse natura regolamentare e dovesse, quindi, l 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

40 

essere approvato �con decreto presidenziale; sia perch� fu dalla Corte riconosciuta 
l'illegittimit� dell'arbitrato obbligatorio e dell'inoppugnabilit� del 
lodo. Il Governo ritenne di doversi adeguare ai rilievi della Corte dei 
Conti e cos�, nel testo definitivo, fu sancito il carattere facoltativo dell'arbitrato 
(art. 47) e fu assoggettato il lodo a tutte le impugnazioni previste 
dal codice di procedura civile (art. 51, 3� comma). 

* * * 

Sono quasi cinque anni che la nuova disciplina del contenzioso dei pubblici 
appalti (giustamente riconosciuta di immed~ata applicazione: cfr. Cass. 
9 aprile 1965, n. 623) � stata sottoposta al vaglio dell'esperienza; ed i :rdsultati, 
come fu gi� rileviato in questa Rassegna (1965, II, 113), sono senz'altro 
da giudicarsi soddisfacenti. 

Il � diritto onorario � elaborato dai collegi arbitrali va, pian piano, riassorbendosi, 
col ripristino del pieno vigore della normativa dettata dalla 
l�egge. 

� stato, cos�, riconosciuto che l'onere fondamentale dell'iscrizione delle 
riserve non pu� non valere 1in ogni caso, per permettere all'Amministra.
zione un continuo ed .efficiente controllo della spesa (App. Roma, 19 aprile 
1966, in questa Rassegna, 1966, I, 712); � stato ribadito il carattere di 
imprescindibile presupposto iprocessuale del preventivo procedimento amministrativo 
di risoluzione delle controversie (Cass. 22 dicembre 1964, n. 2968, 

ivi, 1965, I, 222); ecc. 

Ma, oltre a questo fondamentale risultato, consistente nell'eliminaz.i.one 
di ogni inammissibile crite:rdo extralegale nena soluzione delle controversie, 
il nuovo sistema processuale ha altresi conseguito innegabili vantaggi p!l'atici, 
che ogni giorno diventano pi� chiari ed evidenti. 

Il carattere facoltativo dell'arbitrato ha finito col ricondurre l'istituto 

ai suoi limiti naturali, �Che .si identificano con Le controversie di natura 

tecnica. E a ci� si � giunti non solo attrave!l'so l'esercizio della facolt� 

di declinatoria da pavte dell'Amministrazione, ma anche attraverso la 

libera scelta del giudizio ordinario da pa'1:"te degli appaltatori nei casi in 

cui la natura della controversia non giustificava il ricorso all'arbitrato. 

Complessivamente, negli ultimi due anni, �si .sono avuti circa cento giudizi 

in materia di appalti disciplinati dal Capitolato dei LL. PP.: il 30 per cento 

dei quali si sono svolti in sede arbitrale ed il resto in sede ordinaria, pre


valentemente in .seguito .a scelta degli appaltatori, che direttamente hanno 

adito i Tribunali, senza formulare domande di arbitrato (sono circa 35 i 

giudizi in tal modo instaurati). 

Le lunghe polemiche contro l'abbandono dell'arbitrato obbligatorio si 
rivelano, �cos�, inconsistenti di fronte alla priatica esperieTI2la; gli stessi appaltatori, 
specialmente quelli che QPerano alla periferia, hanno dimostrato di 
aver apprezzato i vantaggi �di un sistema che consente lo svolgimento del 
giudizio nel luogo in cui si sono svolti i lavori, che non richiede il gravoso 
carico di .spese dei gliudizi arbitrali, e che, d'altro canto, non � affatto 
-come si � dovuto far credere -pi� lento del procedimento arbitrale. 

Un ritorno al passato sarebbe, perci�, oltre che inammissibile per ra


gioni di diritto pi� volte illustrate, del tutto inopportuno anche dal punto 

di vista pvatico. 

Fermo il dato ineliminabile dell'impugnabilit� del lodo per violazione 

di legge, non potrebbe assolutamente reggersi un sistema che imponesse, 


PARTE II, QUESTIONI 

in ogni .oaso, lo svolgimento del giudizfo di primo grado davanti agli arbitri. 

Per le vertenze che involgono questioni di diritto (e che sono la grande 
maggioranza) un simile sistema si risolverebbe, in definitiv.a, nel concentramento 
di tutte le verten.re in primo grado dinanzi ad un unico giudice per 
tutto il territorio nazionale; ne11a rinuncia ,alle garanzie che indubbiamente 
offre il giudice togato, istituzionalmente competente ad applicare la legge, 
di fronte al collegio arbitrale a composizione mista; in un notevole aggravio 
di spese per 1e parti. 

Non � certo necessario illustrare i vantaggi, sia per le parti che per i 
loro patrocinatori, del decentramento territoriale del giudizio di primo 
grado, attua.to da tutte le leg�.slazioni Pi!'Ocessuali moderne. E non si scocge 
davvero motivo sufficiente per rinunciare a tali vantaggi nella materia dei 
pubblici appalti. 

Del pari, assolutamente ingiustificabile sarebbe sottrarre in primo gredo 
al giudice ordinario, istituzionalmente competente, la cognizione di quelle 
questioni di di!l"itto che, comunque, ad esso spetta pur sempre risolvere 
in sede di impugnativa del lodo. 

E si aggiunga che l'accoglimento dell'azione di nullit� del lodo per un 
errore di dir.itto anche marginale comporta, com'� ben noto, la rescissione 
totale de11a decisione e la necessit� di riprendere interamente il giudizio 
da capo, il che non avviene dinanzi la giurisdizione ordinaria, potendo la 
sentenza di primo grado essere solo parzialmente riformata. L'iter iprocessuale 
del giudizio arbitrale, con il seguito dell'azione di nullit�, finirebbe, 
quindi, con l'essere molto pi� lungo e faticoso di quello del giudizio ordinario, 
ogni volta che la lite involga questioni di carattere giuridico. 

Soltanto per le vertenze che comportino 1a soluzione di questioni esclusivamente 
di fatto e di carattere tecnico, il giudizio arbitrale pu�, in realt�, 
presentarsi utile. 

Il sistema del Capitolato Generale del '62. ha, appunto, il grande pregio 
di aver ricondotto l'ambito del giudizio arbitrale ai suoi naturali e ben 
circoscritti confini. Ogni ritorno al passato non potrebbe trovare alcuna 
valida giustificazione e si 11isolverebbe, indubbiamente, in un sicuro danno 
per la retta e sollecita applicazione della legge in questa delicata materia. 

LA REDAZIONE 

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RASSEGNA DI DOTTRINA 


LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE, Atti cli una tavola rotonda, a cura di G. MARANINI, 
Vallecchi editore, Firenze, 1966, pagg, 444. 

Nel dicembre del 1965, presso l'Istituto di Diritto Pubblico Comparato 
della facolt� di Scienze Politiche � C. Alfieri � di Firenze, si svolse 
una tavola rotonda sulla giustizia costituzionale in Italia con l'intervento 
di cinque giudici costituzionali italiani, due giudici costituzionali 
della Corte di Karlsruhe e quattordici giuristi. 

Il libro in rassegna raccoglie gli �atti di quell'interessantissimo convegno 
e rappresenta un notevole contributo agli studi costituzionalistici 
italiani, pubblicato proprio in occasione del primo decennale di attivit� 
della Corte. 

Occorre dire subito che nel panorama dell'attuale letteratura giuridica 
si scorgono forse pochi libri di cosi vivo interesse e di tanta 
attualit� come questa raccolta del M. La lettura � veramente stimolante 
si�a per la spregiudicatezza, il coraggio, la sincerit� con cui i vari AA. 
hanno affrontato gli argomenti, anche i pi� delicati, e sia per l'inter.esse 
sempre crescente che essa suscita per i problemi connessi alla giustizia 
costituzionale. Il discorso che viene fuori dalla lettura delle varie relazioni 
e dei molteplici interventi risulta un discorso franco, aperto, volto 
sempre �ad individuare sotto il velo delle argomentazioni in apparenza 
tecniche e formali le pi� profonde ispirazioni ed implicazioni di carattere 
politico-sociale; un discorso, quindi, politicamente interessante anche se 
sempre rigorosamente scientifico. 

I temi trattati sono tanti; troppi, forse, per consentire una sintesi, 
sia pure sommaria, di tutti gli interventi. Rinviando il lettore ad un diretto 
esame del testo per gli argomenti di pi� specifico interesse, si far� in 
questa sede un sintetico accenno solo a quei temi che per essere ricorrenti 
nella maggior parte dei contributi hanno in un certo senso caratterizzato 
il Convegno. 

Importanza veramente primaria negli atti della tavola rotonda assume 
il tema dei rapporti tra Corte Costituzionale ed Autorit� Giudiziaria 
Ordinaria. 

Il BoNtFACIO, cui si deve la relazione sul delicato argomento, prospetta, 
come necessaria premessa al tema, il problema dell'individuazione 
delle posizioni rispettive della Corte e dell'A. G. nel nostro ordinamento 
costituzionale. 

Indagando, in primo luogo, sul grado di omogeneit� ravvisabile tra le 
funzioni proprie della Corte Costituzionale e quelle riservate al giudice 
ordinario ed, in secondo luogo, sulla qualificazione soggettiva degli organi 
che rispettivamente ne sono titolari, egli esprime l'avviso, quanto al 
primo punto, che le funzioni della Corte -pur svolgendosi con metodo 
e strumenti tipicamente giurisdizionali -non possono essere riportate 
nell'alveo della funzione giurisdizionale (che la Costituzi'One, all'art. 102, 
comma 1�, espressamente riserva all'A. G.) cosi come non sono assimilabili 
a quelle legislative o amministrative e, quanto al secondo aspetto, che 


43

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

organo costituzionale � solo la Corte, non potendo competere tali.e qualifica 
all'A.G. Come conseguenza di quest'ultima affermazione, l'A. sostiene 
che i rapporti tra Corte e A.G. debbono valutarsi come rapporti che intercorrono 
tra due poteri delio Stato reciprocamente ind:ipendent!i. e che 
i collegamenti tra Le due funzioni attinenti a d<iistinte sfere di attribuzioni 
sono stabiliti dall'o:r;d:inamento costituzionale. 

Particolare attenzione il B. dedica, nel suo scritto, al potere di iniziativa 
del processo incidental�e di legittimit� costituzionale attribuito al giudice. 
Egli affronta essenzialmente il problema dei limiti che il giudice 
a quo deve incontrare nell'accertamento della manifesta infondatezza della 
questione a causa del pericolo che il potere riconosciuto al giudice non 
abbia a tradursi in una violazione delle competenze attribuite alla Corte: 
il che potrebbe accadere non solo quando il giudice a quo dichiarasse 
manifestamente infondata la questione all'unico scopo di sottrarne la cognizione 
alla Corte, ma anche quando la deliberazione sulla non manifesta 
infondatezza dovesse sostanzialmente tradursi in un vero e proprio giudizio 
di infondatezza, certamente al di fuori dei poteri conferiti all'A. G. 

Le ipotesi denunciate giustificano -a giudizio dell'A. -il preoccupato 
allarme sull'idoneit� dell'attuale sistema a garantire efficacemente 
il controllo di legittimit� costituzionale ed imporrebbero la necessit� di 
una riforma ove si dovessero moltiplicare i casi di uso abnorme del potere 
di precludere il processo costituzionale attraverso la dichiarazione di 
manifesta infondatezza �ed -ove, nel vigente ordinamento, non dovessero 
rinvenirsi gli strumenti idonei a farvi fronte. Un possibile rimedio giuridico 
viene ravvisato dal B. nel sindacato sulla giurisdizione che in ogni 
caso spetta alla Corte di Cassazione (art. 111 Cost.), in quanto l'uso 
abnorme del potere da parte del giudice si tradurrebbe in un difetto 
assoluto di giurisdizi-one sufficiente a dar luogo ad un provvedimento di 
cassazione. 

In termini chiaramente problematici l'A. si chiede pure se non possa 
porsi la questione -nei casi esaminati -della configurabilit� di un vero 
e proprio conflitto costituzionale di attribuzioni. Farebbe propendere per 
la soluzione affermativa, e quindi per la possibilit� di un sindacato della 
Corte, l'inclusione dell'A.G. tra i poteri dello Stato. Indurrebbe, invece, a 
qualche dubbio la considerazione che, ammettendosi la possibilit� del 
sindacato, la Corte verrebbe ad essere nello stesso tempo giudice e parte 
dell'insorto conflitto. In ogni caso l'A. rileva che la soluzione negativa 
porterebbe allo strano risultato che, in un sistema generale di garanzie 
costituzionali estese anche ai rapporti tra i vari poteri dello Stato, solo 
la Corte Costituzionale sarebbe esposta a lesioni o addirittura ad invasi'Oni 
di competenza insuscettibili di rimedi giuridici. 

Sempre nel pi� ampio tema dei rapporti tra Corte Costituzionale ed 

A. G. si colloca l'esauriente relazione del MARANINI che ha per titolo: La 
posizione della Corte e dell'A. G. in confronto aU'indirizzo poiitico di 
regime (o costituzionale) ed all'indirizzo politico di maggioranza. 
Particolarmente vicino alla pi� moderna dottrina anglosassone �e scandinava 
e quindi fermamente convinto che il giudice ordinario in maggiore 

o minore misura � pur sempre produttore di diritto, l'A. sottolinea, al fine 
di garantirne la libert�, l'importanza dell'orientamento politico del giudice, 
in quanto, a suo giudizio, tale orientam�ento non pu� non entrare, come 
vera e propria componente biologica, nella sua attivit� giurisdizionale. 
Il tema, gi� trattato dall'A. nella Relazione a suo tempo presentata 
al Congresso dell'Associazione Nazionale dei Magistrati a Gardone Riviera 

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44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(relazione che ebbe vasta eco nella stampa, e non solo giuridica, e che fu 
oggetto di vivaci critiche da parte di giuristi di mentalit� giuridica continentale) 
viene in questa sede sviluppato 'in varie direzioni e particoliarmente 
sotto il profilo dell'indipendenza che il giudice deve necessariamente avere 
:nell'esplicazione delle sue funzioni giurisdizionali. 

I maggiorri peiricoli per tale indipendenza vengono individuati dal M. 
nel dominio del potere esecutivo e nella struttura piramidale dell'o'l'dinamento 
giudiziario. Secondo l'A., l'esecutivo, dominando il giudice, pu� 
aggiungere in suo favore un'illegittima ed occulta possibilit� di produzione 
del diritto ai modi legittimi e pubblici con cui la Costituzione gli consente 
di contribuire a tale attivit�; la struttura piramidale dell'ordinamento 
giudiziario, d'altro canto, favorendo al vertice la formazione di 
interessi e di vedute castali, sovrappone al legittimo orientamento politico 
della coscienza individuale del giudice l'illegittimo indirizzo politico di 
una gerarchia ed eventualmente di una casta giudiziaria. 

Il M. vede nella carriera giudiziaria di tipo tradizionale, intesa come 
espressione di una gerarchia di giudici (da non confondersi con la necessaria 
gerarchia dei tribunali) il pi� grave pericolo per la libert� di 
coscienza e per l'indipendenza del giudice. 

Con una penetrante analisi storico-politica, l'A. dimostra che il nostro 
potere esecutivo � stato sempre indotto, prima e dopo il fascismo, a cercare 
una falsa soluzione dei suoi problemi nella subordinazione del potere 
giudiziario ed ha sempre opposto una tenace, paternalistica resistenza 
all'attuazione dell'indipendenza della magistratura nei suoi confronti; indipendenza 
pur esplicitamente affermata dal dettato costituzionale. 

Dopo una serrata critica agli argomenti c. d. tecnici che si opporrebbero 
all'eliminazione del sistema piramidale nella carriera giudiziaria, il 

M. auspica che ogni singolo giudice possa essere restituito alla pienezza 
della sua libert� morale nei confronti degli altri giudici e dell'esecutivo 
e che il problema della posizione del potere giudiziario possa essere proposto 
in termini obbiettivi e moderni e risolto conformemente alla struttura 
di uno Stato democratico e non autoritario. 
Altro tema particolarmente interessante per i sU'oi molteplici riflessi 
e meritevole di una segnalazione particolare ci sembra quello relativo 
all'introduzione del dissent nelle pronunce della Corte Costituzionale 
Italiana. Esso � stato affrontato in un'ampia relazione dal MoRTATI, che si 
� dichiarato contrario alle rigorose misure predisposte dal nostro sistema 
per garantire il pi� assoluto segreto in ordine alle eventuali divergenze 
delle opinioni verificatesi in seno alla Corte al momento della decisione. 

L'A. rileva che il motivo ispiratore delle norme sulla segr.etezza � stato 
quello di accentuare al massimo il principio della collegialit� per conferire 
ad ogni sentenza della Corte l'aspetto di un blocco monolitico, compatto 
ed armonico in ogni sua parte, senza incrinature e senza lacune, quasi 
che alla sua formazione i quindici membri del collegio avessero cooperato 
nella stessa maniera ed animati dallo stesso impulso, rigettando ogni 
influsso proveniente dalla personalit� di ciascuno, abdicando a convinzioni 
e ad ideali che non riescano a trovare consonanza in tutti gli altri, 
ma aggiunge subito dopo che tali obbiettivi sono da considerare illusori e 
che il sistema opera in pratica in senso contrario a quello atteso. Dopo 
aver considerato il problema nelle sue linee generali, l'A osserva che nel 
nostro sistema positivo non solo non si riscontrano norme o princ�pi che 
facciano ostacolo all'introduzione del dissent nei giudizi affidati alla 
Corte Costituzionale ma si rinvengono, anzi, elementi che aprono la via 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

al suo accoglimento o addirittura sembrano sollecitarlo. A tal proposito l'A. 
accenna all'art. 5 della legge cost. n. 1 del 1953 che sancisce l'esclusione 
di ogni sindacato o perseguibilit� dei giudici per le opinioni da essi 
espresse e per i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni. 

Non si possono chiudere queste brevi note sul volume curato dal M. 
senza ricordare, sia pure di sfuggita, altri interventi interessanti almeno 
quanto quelli fin qui ricordati. 

11 BRANCA, ad esempio, con 1a consueta chiarezza ed incisivit�, ha trattato 
il tema della illegittimit� parziale nelle sentenze della Corte Costituzionale; 
il SANDULLI quello dell'indipendenza della Corte. Tra gli altri 
argomenti particolarmente inte!'essanti ci sono sembrati quelli tmttati dal 
CRISAFULLI, dal CHIARELLI e dal D'ALBERGO. Vivace e ricca di spunti per ulteriore 
approfondimel!lto dei temi dibattuti �ci � parsa infine, la lettura dei testi 
degli interventi nella discussione seguita nelle due giornate del convegno. 
In conclusione, nel sottoporre questo libro all'attenzione dei lettori, riteniamo 
di segnalare un'opera viva ed attuale che certamente costituir� un 
proficuo spunto di meditazione non solo per il giurista ma anche per 
l'uomo di cultura sensibile ai problemi della societ� del suo tempo e 
desideroso di vedere sottoposti a dibattiti aperti e franchi gli aspetti, 
anche i pi� delicati, dell'ordinamento costituzionale dello Stato in cui vive. 

L. MAZZELLA 
D'ORAZIO G., Aspetti dello status di giudice della Corte Costituzionale, 
Giuffr� editore, Milano, 1966, pagg, 387. 

La complessa problematica relativa sia alla posizione della Corte 
Costituzionale nel nostro ordinamento e sia all'esercizio delle funzioni 
dell'organo � stata oggetto di particolare attenzione da parte della dottrina 
giuspubblicistica, sicch� pu� dirsi che la letteratura in argomento � 
ricca ed offre notevole materiale di indagine agli studiosi. 

Non altrettanto � accaduto, invece, per la problematica relativa all'ordine 
organizzatorio interno, sia strutturale che funzionale, della Corte, 
in verit� piuttosto trascurata in dottrina e mai fatta oggetto di uno studio 
sistematico ed approfondito. 

Usando un'espressione di gergo, possiamo dire che il libro in rassegna 
colma una lacuna. Qui l'esame dello status dei membri del nuovo organo, 
in ci� che di pi� originale esso presenta rispetto a quello dei titolari di 
altri organi costituzionali, � esaurientemente approfondito. In particolare, 
l'A. si � proposto di pervenire ad una pi� esatta determinazione del contenuto 
e delle implicazioni delle situazione soggettive che in tale status 
si ricomprendono, anche al. fine di valutare se la soluzione accolta dal 
legislatore sia la pi� idonea ad assicurare, strumentalmente, quelle garanzie 
di indipendenza e di imparzialit� volute dal Costituente. 

Il D'O. scarta ogni indagine sui presupposti dogmatici o di teoria 
generale in ordine al concetto di status e punta immediatamente, entrando 
cos� senza preamboli nel vivo del tema, alla determinazione concreta dello 
status medesimo sulla base dell'interpretazione delle disposizioni -legislative 
fondamentali e della prassi seguita, sul piano applicativo, in un 
decennio di funzionamento della Corte. 

-



46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Passando dall'esame di fattispecie prospettate in via astratta e generale 
a fini interpretativi o di ricostruzione sistematica alla analisi di situazioni 
e vicende concretamente verificatesi nel funzionamento dell'organo 

I 

costituzionale, l'A affronta una serie di interessanti problemi tra i quali 
ricordiamo in questa sede quelli relativi ai casi di rimozione e sospensione t 

.

dei giudici, quello circa il contenuto del divieto di svolgere attivit� poli


. 

tica, quello sull'insindacabilit� delle opinioni e dei voti espllessi e quello, 
infine, recentemente dibattuto in modo ampio, relativo alla prorogatio 
dei membri dell'organo costituzionale. 

l

L. M. 
PuGLIATTI S., Studi sulla Rappresentanza, Giuffr�, Milano, 1966, pagg. 536. 

Questo volume, r�ecentemente pubblicato, raccoglie gli studi dell'A. 
in materia di rappresentanza, gi� apparsi in riviste e periodici. In una 
lucida appendice aggiunta agli scritti sopra indicati, il P. traccia un 
bilancio consuntivo dell'opera, dandoci una sintesi di esemplare chiarezza 
dell'intero tema della rappresentanza in diritto privato. 

Caratteristica ricorrente in tutti gli scritti contenuti nel volume � 
una decisa presa di posizione dell'A. contro quelle tendenze formalistiche, 
manifestatesi, in argomento, agli inizi del secolo, sotto l'influenza della 
legislazione e della dottrina tedesca. Opponendosi ad una trasposizione 
pura e semplice di tradizioni e culture di altri paesi e mantenendosi 
aderente alla tradizione nazionale, il P. impernia tutti i suoi scritti su di 
una idea centrale -quella della rilevanza del rapporto di gestione dimostrandone 
la sua validit� alla luc�e della vigente legislazione e la 
sua utilit� ai fini della soluzione dei molteplici problemi pratici che in 
tema di rappresentanza si presentano agli studiosi. 

Il volume contiene anche due note dell'A. in materia tributaria. 
La prima di tali note intitolata Contratto per persona da nominare e 
tassa di registro, enuncia per� una tesi ormai definitivamente superata 
dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale ha espressamente 
statuito (V. Sez. Un., 23 gennaio 1956, Relaz. Avv. St., anni 56-60, 
II, 474) che l'originario stipulante, nei contratti per persona da nominare, 
� da considerare, ai fini della solidariet� nel debito di imposta, parte 
contraente e come tale tenuto al pagamento del tributo. La statuizione 
si riallaccia ad una costante ed ormai definitivamente consolidata giurisprudenza, 
secondo cui la qualifica di parte contraente va attribuita non 
solo alla parte in senso sostanziale ma anche a quella in senso formale 

(e cio� a chi partecipa all'atto per conto di altri: rappresentante e originario 
stipulante nel contratto per persona da nominare). La nota dell'A. 
-che peraltro risale al 1940 -non porta alcun argomento diverso da 
quelli a suo tempo sottoposti al vaglio della Suprema Corte e da questa 
irrimediabilmente disattesi. 

La seconda nota riguarda, invece, i limiti della c. d. interposizione 
processuale nell'esecuzione tributaria. 

Il volume � corredato da un'utile tavola di raffronto tra le disposizioni 
del cod. civ. 1865 �e quelle del codice civile vigente, ricordate nei vari 
scritti. 

L. M. 

47

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

LoPES S., Repertorio delle norme dichiarate incostituzionali, Casa Ed. 
Mondo giudiziario, Roma, 1967, pagg. 78. 

In questo piccolo volumetto di formato tascabile sono state raccolte 
tutte le norme (circa cinquecento) dichiarate incostituzionali nel primo 
decennio di attivit� della Corte Costituzionale (giugno 1956-giugno 1966). 

Per indice cronologico, prima, e per indice analitico-alfabetico, poi, 
risultano passate in rassegna le leggi dello Stato e quelle delle Regioni a 
Statuto speciale dal 1865 al 1965. Nel primo dei due indici sono indicati 
gli estremi della legge, il titolo della stessa, gli articoli, i commi o le parti 
(con l'eventuale specificazione) dichiarati incostituzionali, gli articoli della 
Costituzione o degli Statuti regionali in riferimento ai quali � stata accertata 
l'incostituzionalit� e le indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale. 
Nell'indice analitico-alfabetico � indicata invece in primo luogo 
la materia e poi gli estremi della legge delibata dalla Corte Costituzionale 
e le voci specifiche della materia stessa. 

Una breve appendice enumera, infine, gli articoli della Costituzione e 
delle leggi costituzionali violati nonch� le norme che hanno operato la 
violazione. 

Il volumetto risulta di indubbia utilit� �e di agevole consultazione. 
Esso sar� certamente apprezzato oltre che dagli operatori pratici del diritto 
anche da parte di tutti coloro che diuturnamente hanno necessit� di operare 
con l'ausilio della legislazione vigente. 

Nelle sucessive edizioni del Repertorio sarebbe opportuno integrare 
l'appendice relativa agli articoli della Costituzione e delle leggi costituzionali 
violate con l'indicazione delle nuove leggi emanate in sostituzione 
delle norme incostituzionali abrogate. 

L. M. 
SEGNALAZIONI (*) 

BACHELET V., I ricorsi amministrativi nel sistema della giustizia amministrativa, 
Riv. Trim. di dir. pubblico, 1966, 245. 

La tesi ,sostenuta dall'A. � che l'istituto del ricorso amministrativo ha 
sub�to, nel cOTso di un secolo della sua istituzione, ed a seguito del variare 
del sistema di giustizia amministrativa iin cui � inserito, una modifica 
talmente profonda da snaturarne l'essenza �e renderne consigliabHe la 
soppressione. 

Nota l'A. che il ~�icorso ammini�stvativo, instaurato con la legge 
20 marzo 1865 n. 2248 Ali. E, trovava una sua logica spiegazione nella 
rigida concezione che all'epoca si av�eva del principio della divisione dei 
poteri; principio da cui si faceva derivare che unici strumenti per fa 
tutela degli interessi legittimi potevano essere dei ricorsi affidati ad una 
autorit� radicata presso il potere amministrativo. Tale sistema venne profondamente, 
anche se non del tutto conscientemente, modificato con le 
riforme degli anni 89 e 90, mediante la creazione di un ricorso giurisdizionale 
per la tutela degli interessi. 

(*) A cura degli avv.ti L. MAZZELLA, M. DIPACE, D. SALVEMINI, A TALLARIDA. 

-



48 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Al momento attuale, ad avviso dell'A., data la semplicissima tutela 
giurisdizionale sancita dalla Costituzione nei confronti degli atti amministrativi, 
il ricorso gerarchico non � pi� configurabile quale strumento di 
tutela del privato, ma quale strurneitlto per il buon andamento dell'Amministrazione. 
Cosi configurato esso e gli altri ricorsi amministmtivi si presentierebbero 
di scarsa utilit� e sarebbero vantaggiosamente sostituibili 
con altri pi� semplici strumenti. (D. S.) 

BARILE P., Capacit� contributiva ed imposte sulle a7�ee -Efficacia della 
sentenza della Corte costituzionale sui rapporti pregressi, in Gd.ur. cost. 
1966, 74465. 

L'A., annotando favor1evolmente la sentenza della Corte costitu2!ionale 
(4-23/5/1966 n. 44) sull'imposta sugli incrementi di valore delle aree 
fabbricabili (1. n. 246 del 1963), reca un autorevole contributo al problema 
giuridico costituzionale in essa esaminato ed alla vessata questione dei limiti 
dell'efficacia della norma dichiarata incostituzionale. Trattando il problema 
di merito affrontato dalla Corte le cio� la illeg�ttimit� costituzionale della 
norma tributaria retroattiva in relazione alla caipacit� contributiva del 
contribuente ex art. 53 Cost.) il B., rilevato che i �Sintomi di tale decisione 
erano gi� insim nelle ultime sentenze della Corte e che parte della dottrina 
(WERTHMULLER, MIELE, BARILE, contra MORTATI) 1aveva gi� proposto il medesimo 
indirizzo, �critica l'affermazione della Corte secondo la quail.e una Legge 
tributaria retroattiva non viola il principio della capacit� contributiva, 
ritenendo che la regola che si desume dall'art. 53 della Costituzione sia 
quella di una generale presunzione di illegittimit� costituzionale della 
legge tributaria retroattiva salvo che in concreto non si debba ragionevolmente 
pensare che La .capacit� �contributiva passata sia sicuramente, e nella 
generalit� dei casi, tuttora esiistente e ql\lindi legittimamente su di essa 
possa incidere il tributo retroattivo. 

P�assando all'esame degli effetti pa:atici della dichiarazione di incostituzionalit� 
della norma giuridica (in relazione cio� ai rapporti giuridici che 
possono ancora esserne influenzati) l'A. so,stiene la tesi della nullit� origi-� 
naria deJJa legge incostituzionale. Secondo il B. la nullit� pu� non inve�stirre 
l'atto dal momento della sua nascita pur con i temperamenti derivanti 
dalle presunzioni processuali (giudicato o transazione) o sostanziali (prescrizione) 
che nel nostro ordinamento pwalizzano l'irretroattivit� dei diritti 
e dei poteri, sopprimendone la fonte. 

Applicando tale principto, per rapporti giuridici esauriti si dovrebbero 
intendere solo quelli che non sono suscettibili di essere modificati od 
estinti per effetto dell'invocazione in giudizio della decisione della Corte�. 

Nella specd�e mentre �sarebbero da coosiderarsi esauriti i rappoirti tra 
Stato e contribuente definiti con ,sentenza passata in giudicato, tali non 
sarebbero quelli chiusi con il concordato fiscale, o con semplice accettazione 
della dichiarazione del contribuente, potendosi esperire contro gli stessi 
l'azione di ripetizione dell'iitldebito se l'imposta � stata pagata, oppure 
l'azione di accertamento negativo del debito d'imposta, purch� nei termini 
prescrizioitlali. 

In senso nettamente contrario v. D. FOLIGNO, Effetti della dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale, in que.sta Rassegna 1966, II, 181 con ampi 
richiami di dottrina e giurisprudenza. (M. D.) 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

BARTOLOMEI F., Espropriazione ope legis e limiti di ordine tecnologico, in 
Giur. cost. 1966, 1179. 

Le questioni che la Corte costituzionale ha dovuto affrontare e risolvere 
nella sentenza n. 95 dell'll luglio 1966 relative all'interpr,etazi01IJ.e dell'art. 
15 1. reg. sic. 27 dicembre 1950, n. 104, e specialmente del 2� comma 
(risoluzione ope legis dei diritti di usufrutto uso ed abitazione) erano 
strettamente collegate l'una all'altra. La prima era: � se la norma impugnata 
regoli un caso di espropriazione oppure configuri un caso di caduoazione 
automatica deil diritto di usufrutto�. L'altra, � se, ammesso che si 
verta in materia di espropriazione di usufrutto (uso ed abitazione) abbia 
luogo la tutela stabilita nell'art. 42 della Costituzione �. 

La Corte, come � noto, ha de.ciso in modo affermativo le due questioni. 

L'A. dichiara di non condividere l'impostazione della Corte poich� 
il pil'oblema dell'estinzione ope legis dei diritti di usufrutto uso e abitazione 
di �cui all'art. 15 deilla legge succitata troverebbe, a suo giudizio, la propria 
normativa costituzionale nell'art. 44 della Costituzione e non nell'art. 42, 
3� comma. 

L'espropriazione ope legis, continua l'A., ha le sue fonti costituzionali 
nell'art. 43 per determinate imprese o categorie di imprese e nell'art. 44 
per la propriet� fondiaria; il fatto che la Corte abbia deciso nel senso che 
!l'art. 42, 3� comma, \POSsa interpretarsi nel ,~enso1 di configurare una 
espropriazione ope legis della propriet� privata, pone una serie di problemi, 
primo :fra tutti quello dei limiti int11iinseci ed estrinseci cui � sottoposto 
un siffatto potere nel nostro ordinamento. 

Di tali limiti alcuni sono di ordine economico-patrimoniale (l'indennizzo 
e la sua applicazione mediante il principio di azionabilit�) altri di 
ordine tecnologico (i motivi di interesse generale) altri 'ancora di ordine 
giurisdizionale (impugnativa e sindacabilit� degli atti normativi-espropriativi. 
La Corte si � occupata solo di queJ.li di ordine tecnologico (esistenza 
di un sufficiente interesse generale per l'1espcropriazione) ed ha risolto il 
problema col criterio della �ragionevolezza della norma� che tale espropriabilit� 
prevede. 

Tale criterio viene criticato dal B. il quale sostiene che, ove si 
ammetta che l'espropriazione ope legis possa avere luogo in rel,azdone al 
terzo comma dell'art. 42 Cost., i motivi di interesse generale che possono 
consentire al legislatore Oll'dinario l'adozione ,di atti normativi espropdativi 

o di norme espropriative debbono gi� trovare una precisa indicazione nel 
testo della costituzione, s� da vincolare la discrezionalit� del legislatore 
ordinario nel procedere all'espropriazione ope legis. 
Da ci� la conseguenza della possibilit� di una distinzione nell'ambito 
stesso dell'art. 42 tra l'espropriazione ope legis e l'espropriazione a mezzo 
di provvedimento amministrativo per la diversa individuazione dell'elemento 
teleologico, neil senso che non sarebbe rimessa alla libera discrezionalit� 
del legislatore la indicazione delle ragioni per le quali si pu� far 
luogo all'espropriazione, dovendo dette ragioll1i trovare la loro base nella 
nocrmativia costituzionale. (M. D.) 

CAIANIELLO V., Problemi attuali della giustizia amministrativa, in Foro it. 
1967, V, 34. 

Premesso che con la dichiarazione di incostituzionalit� della norme 
sulla composizione della g. p. a. in sede giurisdizionale e di contenzioso 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tributario � pu� dirsi conclusa tutta un'epoca della storia della nostra giustizia 
amministrativa., l'A. passa a tracciare un breve ma efficace panorama 
della giustizia amministrativa successivamente alle sentenze concernenti i 
consigli comunali, i consigli di prefettura e le giunte provinciali amministrative. 


Individuato nella completa indipendenza funzionale e ge.rarchica rispetto 
al governo ed all'apparato dell'Amministrazione, il carattere essen


ziale della composizione dei collegii. giurisdizionali, I'A. sottopone a seve!I"a 
critica la legge 23 dicembre 1966, n. 1147, istitutiva dei tribunali elettorali, 
additando ben otto motivi di incostituzionalit� (con Ol'dinanza n. 219 del 
7 aprile 1967 la quinta Sezione del Consiglio di Stato ha sollevato la questione 
di incostituzionalit� di detta normativa). 

Dopo av,er osservato che in seguito alla !I'ecente sentenza n. 30 de,I 
1967 de1la Corte Costituzionale deve ritenersi caducato l'intero sistema 
delle g. p. a. in sede giurisdizionale e di contenzioso tributario (e non la 
mera composizione), l'A. si occupa del c. d. vuoto giurisdizionale che sarebbe 
conseguito alle surrichiamate sentenze, per rilevare il contrasto 
insorto tra il Consiglio di Stato e la Oaissazione (a proposito della attribuzione 
della giurisdizione sulle controversie elettorali) schierandosi in 
favore della soluzione adottata dal Consesso Amministrativo anche negli 

I 

altri casi di caducazione delle giurisdizioni speciali. 
Nel concludere, l'A. esamina le difficolt� e i pericoli insiti nena isti


I 

tuzione dei tribunali previsti dall'art. 125, 20 comma, Cost. auspicando che 
le riforme siano veramente idonee a sottrarre gli strumenti della giustizia 

I 

amministrativ;a alle eventuali sugg,estioni del potere politico. (A. T.) 

I

GALGANO F., � Pubblico� e �Privato � neHa qualif�.cazione deHa persona 
giuridica, in Riv. Trim. di diritto pubblico, 1966, 279. 

Ii 

Lo studio del!'A. parte da due dati di base: quello della � detipicizzazione 
� delle persone giuridiche pubbliche, per cui non esistono discipline 
degli Enti pubblici in quanto tali, ma solo discipline di specie, e 

II11quello della trasformazione del diritto privato in diritto comune a pubblici 
e privati operatori. 

Sulla 'base di tali premesse l'A. critica i vari tentativi che si sono 
fatti nella ricerca di una nozione suscettibile di comprendere l'intero 
genere degli enti pubblici ed arriva alla conclusione che siffatta nozione 
pu� �essere, sulla base dell'art. 11 del �codioe civile, soltanto negativa, nel 
senso che � persona giuridica pubblica soltanto quella sottratta alla disciplina 
prevista dal codice civile e sottoposta ad uno speciale regime creato 
per essa. 

i

Pure escludendosi, tuttavia, l'applicazione diretta delle norme riguardanti 
le singole figure di persone giuridiche previste nel codice civile 11=~ 
(ma ammettendosene l'applicazione analogica), si ritengono immediatamente 
applicabili quelle norme di diritto civile, inteso come diritto co


' f-" 

mune, riguardanti l'intero genere delle persone giuridiche. (D. S.) 

PAGLIARO A., La responsabilit� del partecipe per il reato diverso da queHo 
voluto, Giuffr�, Milano, 1966, pp. 181. ~ 

f:::: 

% 

li tema centrale ,del '\lolume in rassegna � l'interpretazione dell'art. 116 Vi'. 

c. p. al fine di dellneruce la natu'" giuridica della re'"o"'abllit� del .parte-
I 

. .. . w 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

cipe per il reato diverso da quello voluto. Di notevole interesse risulta 
il problema esaminato nell'ultimo capitolo del libro relativamente alla 
sentenza 13 maggio 1965 della Corte Costituzionale che, com'� noto, ha 
ritenuto la legittimit� costituzionale del cit. art. 116 c. p. 

Trattandosi di una sentenza interpretativa di .rigetto, n P. si chiede 
quale validit� abbia l'individuazione da parte della Corte di un significato 
che sarebbe p;roprio dell'art. 116 c. p. �e la correlativa -implicita dichiarazione 
di incostituzionalit� di una disciplina della responsabilit� del partecipe 
la quale prescinde dalla prevedibilit� di un evento diverso. Pur condividendo 
l'impostazione data dalla Corte alla questione, l'A. auspica una novazione 
legislativa che elimiru ogni dubbio in proposito. (L. M.) 

SALVATORE P., Le autorizzazioni amministrative-struttura, natura giuridica 
e distinzioni-revocabitit�, in Cons. Stato 1965, IV, 483. 

Rilevata la confusione terminologica conseguita alla larga diffusione 
dei provvedimenti autorizzatori, la cui caratteristica � da individuarsi 
nella realizzazione in concreto dell'equilibrio tra autorit� e libert�, l'A. 
passa in rassegna le principali teorie sull'autorizzazione (RANELLETTI, GASPARRI, 
M. s. GIANNINI, A. M. SANDULLI) dichiarando di aderire, con le dovute 
precisazioni, a quella tradizionale che definisce l'autorizzazione come 

�un provvedimento che, aderendo ad una preesistente situazione giuridica 
attiva, determina la rimozione di un limite all'esercizio di un potere�. 
Distinte quindi le autorizzazioni vere e proprie dagli atti di assenso (quali 
la c. d. autorizzazione agli acquisti dei corpi morali) l'A. aderisce anche 
all'opinione che classifica tali provvedimenti tra i presupposti dell'atto 
da emanare (elementi di validit�) e sostiene l'ammissibilit� delle autorizzazioni 
in sanatoria. 
Nella seconda parte dello scritto, l'A. viene a trattare della revoca 
delle autorizzazioni distinguendola dall'annullamento di ufficfo e definendola 
come ritiro di �atti viziati da inopportunit�, con efficacia ex nunc. 

Essa costituivebbe un atto di amministrazione attiva (cos�, di recente, 
Cass. S. U. 28 ottobre 1966, n. 2963, in Rass. Avv. Stato, 1966, 1230) e si 
ricollegherebbe allo stesso potere di cui � applicazione il provvedimento da 
revocare. Di qui il verificarsi di una normale coincidenza di limiti, nel 
senso che l'ampiezza della potest� di revocare deve commisurarsi a quella 
di denegare l'emanazione del provvedimento originario. In proposito l'A. 
contesta che il potere di revoca incontri un limite nella intangibilit� dei 
diritti quesiti in quanto ogni volta che l'ordinamento accorda alla P. A. 
siffatta potest� di fronte ad essa non vi possono eS1Sere che diritti soggettivi 
suscettibili di affievolimento. 

In concreto secondo il S. tale ampio PD'tere di revoca trova sempre i 
suoi naturali limiti nelle norrme che lo attribuiscono e nella disponibiilit� 
degli .effetti scaturenti dal p;rovvedimenot antecedente (sotto questo profilo 
non sa11ebbe�:m revocabili le autorizzazioni al compimento di atti giuridici, 
una volta avvenuto, e le autorizzazioni tacite). 

Distinte infine quattro figure di revoca (revoca-pentimento, risoluzione, 
rimozione, sanzione), l'A. passa ad esaminare l'applicazione dell'istituto ad 
alcuni tipi di autorizzazione, e in particolare, a quelle di polizia, licenze 
edilizi-e, di comme11cio e del!l'apertura di istituti di credito e di sportelli 
bancari. (A. T.) 

13 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 

SPASARI M., Diritto penale e Costituzione, Giuffr�, Milano, 1966, rpagg. 170. 

In questa breve monografia lo S. affronta tre importanti questioni 
connesse con l'interpretazione degli artt. 25 e 27 della Costituzione. 

In relazione al primo dei due articoli citati,� l'A., nell'ambito della 
vasta problematica del principio di legalit� nel diritto penale, si propone 
lo scopo precipuo di puntualizzare il legame esistente tra l'ordinamento 
penale e la riserva di legge, disciplinata dall'art. 25, comma 2�, 
della Costituzione, al fine di enucleare la nozione di riserva di legge 
penale. Egli si prefigge, altresi, lo scopo di approfondire il tema della 
rilevanza costituzionale del divieto di analogia nonch� quello dei rapporti 
esistenti tra la citata norma dell'art. 25, comma 2�, della Costituzione e 
l'art. 2, comma 3�, del Codice Penale circa la retroattivit� della legge 
penale. 

L'art. 27 della Costituzione, inv,ece, vi:ene esaminato, quanto al suo 
primo comma, sotto l'aspetto dell'esigenza di pervenire ad una definizione 
sostanziale e non meramente formale della responsabilit� penale; quanto 
al suo terzo comma, sotto l'aspetto dell'esigenza di giungere ad un'esatta 
e convincente individuazione della funzione della pena nel nostro ordinamento 
positivo. 

Il volume � ricco di note che offrono un vasto panorama della dotrrina 
penalistica e costituzionalistica sugli argomenti trattati. (L. M.) 


RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 



LEGGI E DECRETI* 


d. P. R, 30 agosto 1966, n. 1340. -Approva il regolamento di esecuzioue 
della legge 9 febbraio 1963, n. 82, per la revisione delle tasse e 
dei 4iJ:itti marittimi (G. U. 8 marzo 1967, n. 60). 
legge 27 febbraio 1967, n. 48. -Modifica la denominazione del Minis�efafdeI 
bilancio in Ministero del bilancio e della programmazione economica 
(di cui prevede le attribuzioni e disciplina l'ordinamento), ed 
istituisce il Comitato interministeriale per la programmazione economica 
e l'Istituto di studi per la programmazione economica (I.S.P.E.) (G. U. 
2 marzo 1967, n. 55). 

legge 28 febbraio 1967, n. 105. -Conferma la competenza dei Comuni 
con popolazione non superiore a ventimHa abitanti per tutti gli adempimenti 
relativi ai servizi urbani comunque interferenti con i tratti 
di strade provinciali che attraversano l'abitato (G. U. 23 marzo 1967, 

n. 74). 
legge 3 marzo 1967, n. 69. -Modifica l'articolo 45 del regio decreto 
30 dicembre 1923, n. 3270 (Legge tributaria sulle successioni), nel 
testo integrato dall'articolo 4 della legge 12 maggio 1949, n. 206, inserendo 
una nuova disposizione tra il settimo e l'ottavo comma (G. U. 
14 marzo 1967, n. 66). 

d. P. R. 20 marzo 1967, n. 223. -Approva il testo unico delle leggi per 
la disciplina dell'elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle 
liste elettorali (G. U. 28 aprile 1967, n. 106). 
legge 21 aprile 1967, n. 209. -Converte in legge, con modificazion�, 
il decreto-legge 21 febbraio 1967, n. 22, con nuove disposizioni in 
materia di ritenuta d'acconto o di imposta sugli utili distribuiti dalle 
societ� (G. U. 22 aprile 1967, n. 101). 

(*) Si segnalano i provvedimenti ritenuti di maggiore interesse. 

-


. ... .. ... . .... --�-� .. ... . 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

54 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE * 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbUgatoria 
degU infortuni sul lavoro e deHe malattie professionali), art. 4, 
terzo comma, nella parte in cui limita la responsabilit� civile del datore 
di lavoro per infortunio sul lavoro derivante da reato, all'ipotesi in 
cui questo sia stato commesso dagli incaricati della direzione o sorveglianza 
del lavoro e non anche dagli altri dipendenti, del cui fatto 
debba rispondere secondo il Codice civile; quinto comma, in quanto 
consente che il giudice civile possa accertare che il fatto che ha provocato 
l'infortunio costituisca reato soltanto nelle ipotesi di estinzione 
dell'azione penale per morte dell'imputato o per amnistia, senza menzionare 
l'ipotesi di prescrizione del reato (1). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 22, G. U. 11 marzo 1967, n. 64 (2). 
Ordinanza di rimessione 25 marzo 1966 del Tribunale di Milano, 

G. U. 10 luglio 1965, n. 171, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. 
d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (Norme integrative del decreto Legislativo 
luogotenenziale 4 aprile 1944, n. 111, per quanto riguarda la 
composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale 
e per la risoluzione dei ricorsi in materia di tributi locali), 
art. 1. 

Sentenza 22 marzo 1967, n. 30, G U. 25 marzo 1967, n. 77. 

Ordinanza di rimessione 8 luglio 1966 del Consiglio di Stato, quinta 
sezione giurisdizionale, G. U. 29 ottobre 1966, n. 271, e in questa Rassegna, 
1966, II, 255. 

d. P. R. 9 maggio 1961, .n. 715 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), artic�olo unico, nella 
parte in cui rende obbligatorie erga omnes le clausole contenute nell'art. 
11 del contratto collettivo di lavoro 2 ottobre 1959, integrativo del 
contratto collettivo nazionale di lavoro 24 luglio 1959, da valere per i 
lavoratori dipendenti dalle imprese edili ed affini della provincia di 
(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 

(1) Le disposizioni sono riprodotte all'art. 10, terzo e quinto comma, del d. P. R. 
30 giugno 1965, n. 1124, dichiarate incostituzionali, con la stessa sentenza e negli 
stessi limiti, a norma dell'art. 27, ultima parte, della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
(2) Con la stessa sentenza la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata 
la questione di legittimit� costituzionale del primo e del secondo comma della 
disposizione. 

55

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

La Spezia, nonch� nell'accordo collettivo provinciale 30 settembre 1959, 
costitutivo della Cassa edile spezzina di mutualit� e di assistenza, e 
nell'accordo provinciale 2 ottobre 1959 per la costituzione della Cassa 
edile e per la redazione dello statuto e del regolamento della Cassa 
medesima (art. 76 della Costituzione). 

Sentenza 4 aprile 1967, n. 41, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 

Ordinanza di rimessione 25 ottobre 1965 del Tribunale di La Spezia, 

G. U. 30 aprile 1966, n. 105, e in questa Rassegna, 1966, II, 106. 
d. P. R. 2 gennaio 1962, n. 934 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli impiegati, dei commessi e del personale ausiliario delle 
aziende di credito con pi� di cento dipendenti), articolo unico, nelle parti 
in cui rende obbligatorio erga omnes il nono comma dell'art. 41 del 
contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle aziende di credito 
1� agosto 1955. 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 26, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ordinanza di rimessione 10 marzo 1965 della Corte di cassazione, 
terza sezione penale, G. U. 13 novembre 1965, n. 284, e 'in questa 
Rassegna, 1965, II, 174. 

d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per 
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie 
professionali), art. 10, terzo e quinto comma, nella parte in cui riproducono 
le norme di cui al terzo e quinto comma dell'art. 4 del r. d. 17 agosto 
1935, n. 1765, dichiarate incostituzionali nei limiti indicati nella 
sentenza 9 marzo 1967, n. 22 (3). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 22, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza 25 marzo 1965 del Tribunale di Milano, G. U. 10 luglio 
1965, n. 171, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. 

legge reg. sie. approv. 25 maggio 1966 (Nuovi provvedimenti a favore 
del grano duro). 

Sentenza 24 aprile 1967, n. 49, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 10 giugno 1966; G. U. 25 giugno 1966, n. 156, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 165. 

legge reg. sie. approv. 7 luglio 1966 (Norme relative al personale 
direttivo, di segreteria e di servizio della scuola magistrale ortofrenica 
regionale di Catania, istituita con legge regionale 4 aprile 1955, n. 33 e 
successivo decreto del Presidente della Regione 1� dicembre 1959, n. 10). 

Sentenza 18 aprile 1967, n. 47, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 21 luglio 1966, G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 212. 

(3) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27, ultima parte, 
della legge 11 marzo 1953, n. 87. 

56 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


codiot:e penale, art. 11 (Rinnovamento del giudizio); primo comma 
(art. 10 della Costituzione). 

Sentenza 18 aprile 1967, n. 48, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

Ordinanza di rimessione 5 novembre 1965 della Corte di assise di 
La Spezia, G. U. 15 gennaio 1966, n. 12, e in questa Rassegna, 1966, 
II,21. 

codice di procedura penale, art. 231 (Atti e informative del pretore), 
nella parte in cui attribuisce al Pretore la facolt� di emettere il decreto 
di citazione per il giudizio, senza compiere atti di istruzione sommaria 
(art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 18 aprile 1967, n. 46, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
Ordinanza di rimessione 13 maggio 1966 del Pretore di Venezia, 

G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, II, 202. 
codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), nella ;parte in cui non pr�vede l'obbligo 
della contestazione del fatto, qualora non si proceda al compimento di 
atti di istruzione sommaria (art. 24, secondo comma, della Costituzione) 
(4). 

Sentenza 18 aprile 1967, n. 46, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
Ordinanze di rimessione 13 ma.ggio 1966 del Pretore di Venezia 

(G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna 1966, II, 202), 
13 giugno 1966 del Pretore di Avezzano (G. U. 24 settembre 1966, n. 239, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 248), e 16 giugno 1966 del Pretore di 
Gonzaga (G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 28.6). 
legge 13 giugno 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), art. a. 
secondo comma (art. 52 della Costituzione). 

Sentenza 24 aprile 1967, n. 53, G. U. 29 aprile 1967, n. Hl9. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1965 del Tribunale militare di 
Padova, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 23. 

legge 30 settembre 1920, n. 1349 (Disposizioni relative al commercio 
e provvedimenti contro gli aumenti eccessivi~ dei prezzi), art. 13, nel 
testo modificato con l'art. 5 del r. d. I. 11 gennaio 1923, n. 138 (artt. 3, 
25, primo e secondo comma, 102 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1967, n. 25, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

(4) Dalle ordinanze di rimessione la questione risultava proposta anche in 
riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 57 

Ordinanze di rimessione 8 settembre 1965 del Pretore di Cortina 
d'Ampezzo (G. U. 27 novembre 1965, n. 297, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 173) e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (G. U. 14 maggio 1966, 

n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 156). 
r. d. I. 11 gennaio 1923, n. 138 (Abrogazione e modificazioni di vari 
provvedimenti in materia di approvvigionamenti e consumi alimentari), 
art. 5, che modifica l'art. 13 della legge 30 settembre 1920, n. 1349 
(artt. 3, 25, primo e secondo comma, 102 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1967, n. 25, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ordinanze di rimessione 8 settembre 1965 del Pretore di Cortina 
d'Ampezzo (G. U. 27 novembre 1965, n. 297, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 173) e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (G. U. 14 maggio 1966, 

n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 156). � 
r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme per disciplinare la ricerca e la 
coltivazione delle miniere), art. 45 (artt. 42, terzo comma e 43, della 
Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 20, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ordinanza di rimessione 1" luglio 1965 della Corte di appello di 
Reggio Calabria, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 
1965, II, 108. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 15, .primo comma (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 24 aprile 1967, n. 52, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
Ordinanza di rimessione 31 maggio 1965 del Tribunale di Ascoli 
Piceno, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e in questa Rassegna, 1966, II, 23. 

legge 18 giugno 1931, n. 987 (Disposizioni per la difesa delle piante 
coltivate e dei prodotti agrari dalle cause nemiche e sui relativi servizi), 

art. 1 (art.. 41 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1967, n. 24, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 27 luglio 1965 del Pretore di Strambino, 

G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 144. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 
primo e secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della 
Costituzione) (5). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 22, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 25 marzo 1965 del Tribunale di Milano, 

G. U. 10 luglio 1965, n. 171, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. 
(5) Il terzo ed il quinto comma della disposizione --ed i corrispondenti commi 
dell'art. 10 del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 che li riproducono -sono stati 
dichiarati incostituzionali, entro determinati limiti, con la stessa sentenza 9 marzo 
1967, n. 22. 
-



58 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione 
della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 40. 
Sentenza 24 aprile 1967, n. 50, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
Ordinanza di rimessione 29 settembre 1965 del Pretore di Verona, 

G. U. 31 dicembre 1965, n. 326, e in questa Rassegna, 1965, II, 173. 
d. P. R. 5 aprile 1951, n. 203 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), art. 86 
(art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 18 aprile 1967, n. 45, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

Ordinanze di rimessione 28 marzo 1966 (cinque) del Tribunale di 
Caltanissetta, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa Rassegna, 
1966, II, 255. 

d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e .la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 93 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 18 aprile 1967, n. 45, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
Ordinanze di rimessione 22 novembre 1965 e 6 dicembre 1966 del 
Pretore di Caltanissetta (G. U. 15 gennaio 1966, n. 12 e 12 febbraio 1966, 

n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 24). 
d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio 
nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica), art. 1, lettera b (art. 52 
della Costituzione). 
Sentenza 24 aprile 1967, n. 53, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
Ordinanza di rimessione 3 dicembre 1965 del Tribunale militare di 
Padova, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 24. 

legge 3 febbraio 1965, n. 14 (Regolamentazione delle assuntorie nelle 
ferrotranvie esercitate in regime di concessione) (artt. 35, primo comma, 
36, 38, e 41, secondo comma, della Costituzione). 

Sentenza 24 aprile 1967, n. 51, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
Ordinanza di rimessione 9 giugno 1965 del Pretore di Napoli, G.U. 
27 novembre 1965, n. 297, e in questa Rassegna, 1965, II, 176. 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) (art. 76 della 
Costituzione) (6). 
Sentenze 22 marzo 1967, n. 32 e n. 33, G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 

Ordinanze di rimessione 20 ottobre 1966 del Tribunale di Casale 
Monferrato (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 20) e 16 novembre 
1966 del Tribunale di Acqui Terme (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, 
e retro, II, 20). 

(6) Questione gi� dichiarata non fondata, sotto analogo profilo e in riferimento 
anche all'art. 73 della Costituzione, con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 57 

Ordinanze di rimessione 8 settembre 1965 del Pretore di Cortina 
d'Ampezzo (G. U. 27 novembre 1965, n. 297, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 173) e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (G. U. 14 maggio 1966, 

n. 118, e in questa Rassegna, 1966, I�, 156). 
r. d. I. 11 gennaio 1923, n. 138 (Abrogazione e modificazioni di vari 
provvedimenti in materia di approvvigionamenti e consumi alimentari), 
art. 5, che modifica l'art. 13 della legge 30 settembre 1920, n. 1349 
(artt. 3, 25, primo e secondo comma, 102 e 112 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1967, n. 25, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ordinanze di rimessione 8 settembre 1965 del Pretore di Cortina 
d'Ampezzo (G. U. 27 novembre 1965, n. 297, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 173) e 23 febbraio 1966 del Pretore di Fermo (G. U. 14 maggio 1966, 

n. 118, e in questa Rassegna, 1966, II, 156). � 
r. d. 29 luglio 1927, n. 1443 (Norme per disciplinare la ricerca e la 
coltivazione delle miniere), art. 45 (artt. 42, terzo comma e 43, della 
Costituzione). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 20, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ordinanza di rimessione 1� luglio 1965 della Corte di appello di 
Reggio Calabria, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 
1965, II, 108. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 15, .primo comma (art. 13 della Costituzione). 
Sentenza 24 aprile 1967, n. 52, G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
Ordinanza di rimessione 31 � maggio 1965 del Tribunale di Ascoli 
Piceno, G. U. 29 gennaio 1966, n. 25, e in questa Rassegna, 1966, II, 23. 

legge 18 giugno 1931, n. 987 (Disposizioni per la difesa delle piante 
coltivate e dei prodotti agrari daUe cause nemiche e sui relativi servizi), 
art. 1 (art.. 41 della Costituzione). 

Sentenza 9 marzo 1967, n. 24, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 27 luglio 1965 del Pretore di Strambino, 

G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 144. 
r. d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria 
degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), art. 4, 
primo e secondo comma (artt. 3, primo e secondo comma, 35 e 38 della 
Costituzione) (5). 
Sentenza 9 marzo 1967, n. 22, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 25 marzo 1965 del Tribunale di Milano, 

G. U. 10 luglio 1965, n. 171, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. 
(5) Il terzo ed il quinto comma della disposizione --ed i corrispondenti commi 
dell'art. 10 del d. P. R. 30 giugno 1965, n. 1124 che li riproducono -sono stati 
dichiarati incostituzionali, entro determinati limiti, con la stessa sentenza 9 marzo 
1967, n. 22. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice civile, disposizioni transitorie, art. 123, terzo c�omma, per il richiamo 
al termine stabilito dell'art. 271 del codice civile (art. 3 della Costituzione) 
(9). 
Corte di appello di Bologna, ordinanze 18 novembre 1966 (due), 
G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
codice di procedura civile, comb. disp. art. 301 (Morte o impedimento 
del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in 
quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel 
termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di 
cancellazione del procuratore dagli albi professionali, in cui H termine 
decorre da una data che pu� senza colpa rimanere ignota alle parti 
(art. 24 della Costituzione) (10). 
Corte di appello di Bologna, ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 
22 aprile 1967, n. 102. 
codice .penale, art. 26 (Ammenda), secondo comma, in quanto� 1egittima 
un aggravamento della sanzione penale in ragione delle sole condizioni 
economiche del reo (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Iseo, ordinanza 8 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 1967, 
n. 51. 
codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto, 
con formulazione attualmente inadeguata, prevede per il delitto di 
oltraggio sanzioni la cui maggiore gravit� rispetto a quelle previste, 
per comportamenti identici o simili, dagli articoli 594 e 612 del codice 
penale -se pur stabilita in funzione della difesa dell'ulteriore bene 
pubblico riguardante il prestigio ed il funzionamento della pubblica 
Amministrazione -appare sproporzionata, di per se stessa, ed in rapporto 
all'evoluzione della coscienza comune (artt. 1 e 3 della Costituzione). 
Pretore di Francavilla al Mare, ordinanze 28 novembre 1966 (due), 
G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 
codice di procedura penale, art. 231 (Atti ed informativi del pretore), 
in quanto, con l'inciso � che reputa necessari �, consente al pretore di 
emettere decreto di citazione a giudizio senza preventiva istruzione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) (11). 
(9) Il primo ed il secondo comma della disposizione sono stati dichiarati incostituzionali 
con sentenza 16 febbraio 1963, n. 7. 
(10) Questione gi� proposta, con riguardo alle ipotesi espressamente previste 
dall'art. 301 del codice di procedura civile (morte, radiazione e sospensione del procuratore), 
dal Tribunale di Catania, con ordinanza 17 gennaio 1966 (G. U. 12 marzo 
1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 100), dalla Corte di cassazione, con 
ordinanza 16 febbraio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 201), e dal Tribunale di Roma, con ordinanza 10 novembre 1966 (G. U. 28 gennaio 
1967, n. 25, e retro, II, 15). 
(11) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. !:: 
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60 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice civile, disposizioni transitorie, art. 123, terzo c�omma, per il richiamo 
al termine stabilito dell'art. 271 del codice civile (art. 3 della Costituzione) 
(9). 

Corte di appello di Bologna, ordinanze 18 novembre 1966 (due), 

G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
codice di procedura civile, comb. disp. art. 301 (Morte o impedimento 
del procuratore) e art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione), in 
quanto prevede l'estinzione del processo per mancata riassunzione nel 
termine perentorio di sei mesi dall'interruzione anche per l'ipotesi di 
cancellazione del procuratore dagli albi professionali, in cui il termine 
decorre da una data che pu� senza colpa rimanere ignota alle parti 
(art. 24 della Costituzione) (10). 

Corte di appello di Bologna, ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 
22 aprile 1967, n. 102. 

codice .penale, art. 26 (Ammenda), secondo comma, in quanto legittima 
un aggravamento della sanzione penale in ragione delle sole condizioni 
economiche del reo (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Iseo, ordinanza 8 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 1967, 

n. 51. 
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codice penale, art. 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), in quanto, 
con formulazione attualmente inadeguata, prevede per il delitto di 
oltraggio sanzioni la cui maggiore gravit� rispetto a quelle previste, 
per comportamenti identici o simili, dagli articoli 594 e 612 del codice 

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penale -se pur stabilita in funzione della difesa dell'ulteriore bene 
pubblico riguardante il prestigio ed il funzionamento della pubblica 
Amministrazione -appare sproporzionata, di per se stessa, ed in rapporto 
all'evoluzione della coscienza comune (artt. 1 e 3 della Costituzione). 


Pretore di Francavilla al Mare, ordinanze 28 novembre 1966 (due), 

G. U. 25 marzo 1967, n. 77. '= 
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codice di procedura penale, art. 231 (Atti ed informativi del pretore), 
in quanto, con l'inciso � che reputa necessari ., consente al pretore di 
emettere decreto di citazione a giudizio senza preventiva istruzione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione) (11). 

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(9) Il primo ed il secondo comma della disposizione sono stati dichi�rati inco@ 
stituzionali con sentenza 16 febbraio 1963, n. 7. 
(10) Questione gi� proposta, con riguardo alle ipotesi espressamente previste 
i 

dall'art. 301 del codice di procedura civile (morte, radiazione e sospensione del prolli


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curatore), dal Tribunale di Catania, con ordinanza 17 gennaio 1966 (G. U. 12 mar


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ordinanza 16 febbraio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 1966, 

II, 201), e dal Tribunale di Roma, con ordinanza 10 novembre 1966 (G. U. 28 gen


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naio 1967, n. 25, e retro, II, 15). 

(11) Questione dichiarata non fondata con sentenza 18 aprile 1967, n. 46. 
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62 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e 
poteri del pretore), in quanto consente al Pretore di pronunciare condanna 
con decreto in procedimenti in cui siano stati compiuti atti 
istruttori, omettendo l'interrogatorio dell'imputato e gli adempimenti 
di cui agli articoli 304-bis, 304-ter, 304-quate1�, e 320 del codice di 
procedura penale (artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione) (15). 

Pretore di Padova, ordinanza 28 gennaio 1967, G. U. 22 aprile 1967, 

n. 102. 
codice di procedura penale, art. 571 (Riparazione degli errori giudiziari), 
primo comma, nel testo modificato dall'art. 1 della legge 23 maggio 
1960, n. 504 -e disposizioni conseguenti -in quanto limita il diritto 
alla riparazione alla sola ipotesi di errore giudiziario commesso con 
sentenza irrevocabile di condanna e riconosciuto in sede di revisione, 
implicitamente E;!scludendolo per le altre .possibili ipotesi di errore giudiziario 
(art. 24, quarto comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 15 dicembre 1966, G. U. 11 marzo 
1967, n. 64. 

legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F (Legge sui lavori pubblici), 
art. 317, secondo comma, prima parte, in quanto consente al Governo, 
senza indicazione di principi e criteri direttivi, di emanare norme penali 
nell'esercizio della potest� regolamentare (art. 25, secondo comma, 
della Costituzione), con sanzioni che, per effetto dell'art. 1, n. 3 del 

r. d. 28 maggio 1931, n. 601, possono risultare in concreto anche di 
natura detentiva (artt. 13, secondo comma, e 25, secondo comma, della 
Costituzione) (16). 
Rassegna, 1966, II, 154), dal Pretore di Milano (ordinanza 28 marzo 1966, G. U. 23 
luglio 1966, n. 182, e in questa Rassegna, 1966, II, 203), e in riferimento anche all'art. 
3 della Costituzione dal Tribunale di Belluno (ordinanza 10 dicembre 1965, 

G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in questa Rassegna, 1966, II, 23) e dal Tribunale 
di Bari (ordinanze 1� giugno 1966 e 15 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 249, e 8 giugno 1966, G. U. 12 novembre 1966, n. 284, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 286). 
(15) Questione gi� proposta dal Pretoa-e di Todi, con ordinanza 11 novembre 
1966 (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 16). La questione di legittimit� 
costituzionale dell'art. 506 del codice di procedura penale, � neita parte in cui d� 
facoit� ai Pretore di pronunciare condanna per decreto penaie senza aver prima 
interrogato i'imputato od enunciato ii fatto in un mandato rimasto senza effetto � . � 
stata dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con sentenza 
23 marzo 1966, n. 27. Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 506. 
in quanto consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, � stata 
dichiarata non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. 
(16) Questioni di legittimit� costituzionale dell'art. 317 della legge 20 marzo 
1865, n. 2248, all. F sono state� gi� proposte dal Pretore di Borgo San Lorenzo, in 
riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione (ordinanza 23 giugno 1965, 
G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 107), dal Pretore di Caltanissetta, 
in riferimento agli artt. l, secondo. comma, 70, 76, 77 e 25, secondo comma, 
della Costituzione (ordinanza 6 dicembre 1965, G. U. 12 febbraio 1966, n. 38, e in 
questa Rassegna, 1966, II, 2,3), e dal Pretore di Priverno, in riferimento agli artt. 2, 
13, 16, e 41 della Costituzione (ordinanza 7 giugno 1966, G. U. 10 settembre 1966, 
n. 226, e in questa Rassegna, 1966, II, 249). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 63 

Pretore di Pavia, ordinanza 13 gennaio 1967, G. U. 8 aprile 1967, 

n. 89 (17). 
Pretore di Borgo San Lorenzo, ordinanza 9 febbraio 1967, G. U. 
22 aprile 1967, n. 102 (18). 

r. d. 11 dicembre 1887, n. 1550 (recte: n. 5138) (che chiama la Consulta 
Araldica a dar pareri al Governo in materia di titoli e distinzioni nobiliari, 
di stemmi ed altre pubbliche onorificenze e ne stabilisce le norme), 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. 
trans. XIV della Costituzione) (19). 

Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. 2 luglio 1896, n. 313 (Nuovo ordinamento per la Consulta Araldica), 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e 
disp. trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. 5 luglio 1896, n. 314 (Regolamento per la Consulta Araldica), in 
quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. 
XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 5~. 

legge 13 giugn�o 1912, n. 555 (Sulla cittadinanza italiana), art. 8, ultimo 
comma, in quanto impone l'adempimento del servizio militare anche a 
persone che non siano attualmente cittadini italiani (art. 52 della Costituzione) 
(20). 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 dicembre 1966, G. U. 
25 febbraio 1967, n. 51. 

r. d. I. 15 marzo 1923, n. 692 (Limitazioni all'orario di lavoro per gli 
operai e gli impiegati delle aziende industriali o commerciali di qua(
17) Con la stessa ordinanza il Pretore di Pavia ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale del r. d. 31 ottobre 1873, n. 1687, 
proposta in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione. 
(18) Con questa ordinanza -che nel richiamare la motivazione della precedente 
ordinanza del 23 giugno 1965 propone la questione di legittimit� costituzionale 
salo in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione -il Pretore di 
Borgo San Lorenzo ha rimesso nuovamente la questione alla Corte costituzionale, 
che, con ordinanza n. 126 del 19 dicembre 1966, aveva disposto la restituzione degli 
atti per un nuovo giudizio sulla rilevanza. 
(19) Questione gi� proposta dallo stesso Tribunale di Roma con quattro ordinanze 
del 13 dicembre 1965 (G. U. 14 maggio 1966, n. 118, e in questa Rassegna 1966, 
II, 155 e seguenti) e dal Tribunale di BoJogna con ordinanza del 18 giugno 1966, 
(G. U. 12 novembre 1966, n. 284, e in questa Rassegna, 1966, II, 286 e seguenti). 
(20) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 aprile 1967, n. 53. 

64 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lunque natura), art. 4, in quanto, in relazione agli articoli 8 del r. d. 
10 settembre 1923, n. 1955, e r del r. d. 10 settembre 1923, n. 1957, e 
alla disposizione di cui al n. 25 della Tabella approvata con il r. d. 
10 settembre 1923, n. 1957, autorizza la concessione del riposo al lavol'atore 
secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale 
(art. 36, ultimo comma, delfa Costituzion~) (21). 

Tribunale di Terni, ordinanze 27 settembre 1966 (quattordici), 

G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
r. d. 10 settembre 1923, n. 1955 (Regolamento sulle limitazioni dell'orario 
di lavoro per gli operai e gli impiegati delle aziende industriali 
o commerciali di qualunque natura), art. 8, in quanto, in relazione agli 
articoli 4 del r. d. 1. 15 marzo 1923, n. 692, e 1 del r. d. 10 settembre 1923, 
n. 1957 ed alla disposizione di cui al n. 25 della Tabella approvata con 
il r. d. 10 settembre 1923, n. 1957, autorizza la concessione del riposo 
al lavoratore secondo un criterio che prescinde dalla cadenza settimanale 
(art. 36, ultimo comma, della Costituzione) (21). 
Tribunale di Terni, ordinanze 27 settembre 1966 (quattordici), 

G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
r. d. 10 settembre 1923, n. 1957 (Approvazione della Tabella indicante 
le industrie e le lavorazioni per le quali � consentita la facoltd di superare 
le otto ore giornaliere o le quarantotto settimanali di lavoro), art. 1 
e n. 25 della Tabella, in quanto, in relazione agli articoli 4 del r. d. l. 
15 marzo 1923, n. 692, e 8 del r. d. 10 settembre 1923, n. 1955, autorizza 
la concessione del riposo al lavoratore secondo un criterio che prescinde 
dalla cadenza settimanale (art. 36, ultimo comma della Costituzione) (18). 
Tribunale di Terni, ordinanze 27 settembre 1966 (quattordici), 

G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
r. d. 6 dicembre 1923, n. 2657 (Approvazione della Tabella indicante 
le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa 
o custodia alle quali non � applicabile la limitazione dell'orario sancita 
dalZ'art. 1 del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692), articolo unico, in 
quanto n�m prevede limitazioni di orario per le prestazioni dei lavoratori 
indicati nell'annessa tabella (art. 36, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 gennaio 1967, G. U. 22 aprile 1967, 

n. 102. 
r. d. 30, dio:embre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 91, in quanto, 
disponendo che il pagamento dell'imposta deve essere contemporaneo 
alla presentazione dell'atto, costringe il curatore che deve far valere 
(21) Analoga questione � stata prop�sta, per l'art. 16 delle disposi.Zioni annesse 
al r. d. 1. 19 ottobre 1923, n. 2328 (nel testo modificato dall'art. 16 delle 
disposizioni annesse al r. d. 1. 2 dicembre 1923, n. 2682), dal Tribunale di Trento 
(ordinanza 30 giugno 1966, G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 16). 



PARTE XX, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 65 

in giudizio un atto stipulato dal fallito prima della dichiarazione di 
fallimento a versare l'intero ammontare del tributo, con disparit� di 
trattamento tra l'Amministrazione finanziaria e gli altri creditori del 
fallito (art. 3, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 10 novembre 1966, G. U. 22 aprile 
1967, n. 102. 

r. cl. I. 20 nJarzo 1924, n. 442 (Disposizioni per disciplinare l'uso di 
titoli od attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli 
nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
196.7, n. 51. 

r.cl.i, 23 dicembre 1924, n. 2337 (Modificazioni al r. d. i. 20 marzo 1.924, 

n. 442, contenente norme per disciplinare l'uso di titoli ed attributi 
n&bili'.afi), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (avt. 3 
e disp~ trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

legge 17 aprile 1925, n. 473 (Conversione in legge, con approvazione 
complessiva, di decreti luogotenenziali e regi aventi per oggetto argomenti 
diversi, emanati sino al 23 maggio 1924), per la parte in cui 
converte in legge il r. d. I. 20 marzo 1924, n. 442, con disposizioni relative 
al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV deLla � 
Costituzione) (19). 

Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. 16 agosto 1926, n. 1489 (Statuto delle successioni ai titoli e agli 
attributi nobiliari), in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari
� (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U, 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita 
degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Aut�mobilistico 
presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto c:omma, 
in quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore 
opponente non documenti alla �prima udienza l'avvenuto pagamento 
delle somme dovute (art. 3, 24 e 113 della Costituzione) (22). 
Pretore di Roma, ordinanza 2 febbraio 1967, G. U. 8 aprile 1967, 

n. 89. 
(22) Questione gi� proposta, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, 
dal Pretore di Catania con ordinanze 14 gennaio 1966 (G. U. 26 marzo 1966, n. 76, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 103) e 25 gennaio 1966 (G. U. 12 marzo 1966, n. 64, 
e in questa Rassegna, 1966, II, 103). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA .DELLO STATO

66 

r. d. 21 gennaio 1929, n. 61 (Approvazione deH'ordinamento dello 
stato nobiliare italiano), in quanto relativo al riconoscimento di titoli 
nobiliari (art. 3 e disp. trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 11 O, primo comma, in quanto sostanzialmente rimette all'Autorit� 
amministrativa l'integrazione del contenuto del precetto penale 
(art. 25, secondo comma, della Costituzione) (23). 
Pretore di Imola, ordinanza 23 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Testo unico delle leggi e delle norme 
giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento 
dell'avvocatura dello Stato), art. 11, terzo comma, in quanto 
commina, secondo la consolidata interpretazione, la nullit� delle notificazioni 
non sanabile neppure con la rituale costituzione dell'Amministrazione 
intimata (artt. 3 e 24 della Costituzione) (24). 
Tribunale di Salerno, ordinanza 25 novembre 1966, G. U. 29 aprile 
1967, n. 109. 

r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico della legge comunale e provinciale), 
artt. 33, 34 e 35, nella parte in cui dispongono che le variazioni 
delle circoscrizioni territoriali debbano essere disposte con decreto del 
Presidente della Repubblica (artt. 117 e 133 della Costituzione), ed in 
quanto non prevedono che per tali provvedimenti debbano essere preventivamente 
sentite le popolazioni (artt. 3 e 133 della Costituzione). 
Consiglio di Stato, quinta sezione, ordinanza 5 novembre 1966, 

G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. 
r. d. I. 5 marzo 1942, n. 186 (Provvedimenti vari in materia di valutazione 
agli effetti dell'applicazione delle imposte indirette sui trasferimenti 
della ricchezza), art. 4, se~ondo comma, in quanto, in relazione alla 
prima parte della disposizione, impone il pagamento delle imposte dovute 
in base ai valori determinati con la decisione della Commissione 
distrettuale anche quando la decisione di primo grado sia impugnata, 
(23) Il terzo, il quarto ed il quinto comma della disposizione, nella parte in 
cui fanno divieto di concedere licenze per l'uso, nei luoghi pubblici o aperti al 
pubblico, di apparecchi o di congegni automatici di puro trattamento, senza cio� 
alcuna possibilit� di dar luogo a giuoco o a scommesse, sono stati dichiarati incostituzionali, 
in riferimento all'art. 41 della Costituzione, con sentenza 9 luglio 1963, 
n. 125. 
(24) Questione gi� proposta dalla Corte di cassazione con ordinanza 24 novembre 
1965 (G. U. 25 giugno 1966, n. 156, e in questa Rassegna, 1966, Il, 159). 
-



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 67 

prevedendo, per il caso di mancato pagamento nel termine stabilito, 
l'applicazione della sopratassa del dieci per cento (25). 

Commissione provinciale delle imposte di Milano, ordinanze 18 ottobre 
1966 (due), G. U. 22 aprile 1967, n. 109. 

r. d.� 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l'attuazione del codice 
civile e disposizioni transitorie), art. 123, terzo comma, per il richiamo 
al termine stabilito dall'art. 271 del codice civile (art. 3 della Costituzione) 
(26). 
Corte di appello di Bologna, ordinanze 18 novembre 1966 (due), 

G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
r. d. 7 giug110 1943, n. 651 (Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano), 
in quanto relativo al riconoscimento di titoli nobiliari (art. 3 e disp. 
trans. XIV della Costituzione) (19). 
Tribunale di Roma, ordinanza 7 novembre. 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (Norme integrative del decreto legislativo 
luogotenenziale 4 aprile 1944, n. �111, per quanto riguarda la 
composizione della Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale 
e per la risoluzione dei ricorsi in materia di tributi locali), art. 1, 
in quanto prevede una composizione della Giunta provinciale amministrativa 
in sede giurisdizionale non idonea ad assicurare la indipendenza 
dei giudici e la imparzialit� delle decisioni (artt. 25, primo comma, e 
108, secondo comma, della Costituzione) (27). 

Giunta provinciale amministrativa di Torino, ordinanza 25 novembre 
1966, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
Giunta provinciale amministrativa di Milano, ordinanza 12 dicembre 
1966, G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 

d. lg. C. P. S. 15 novembre 1946, n. 367 (Istituzione della Giunta giurisdizionale 
amministrativa della Valle d'Aosta), modificato con legge 
1� marzo 1949, n. 76, e in particolare art. 1, secondo comma, nn. 2 e 3, in 
quanto la nomina dei componenti funzionari statali � affidata indirettamente 
al Governo (artt. 101, secondo comma, e 108, secondo comma, 
della Costituzione) (28). 
(25) Questione gi� dichiarata non fondata, con riferimento agli att. 3, 24 e 113 
della Costituzione, con sentenza 6 dicembre 1965, n. 76. Il terzo comma della disposizione 
� stato dichiarato incostituzionale con sentenza 7 luglio 1962, n. 75. 
(26) Il primo ed il secondo comma della disposizione sono stati dichiarati 
incostituzionali con sentenza 16 febbraio 1963, n. 7. 
(27) La disposizione, sotto il denunciato profilo, � stata dichiarata incostituzionale 
con sentenza 22 marzo 1967, n. 30. 
(28) Sotto analogo profilo, ed in riferimento alle stesse disposizioni della Costituzione, 
la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit� costituzionale dell'art. 
1 del d. lg. lgt. 12 aprile 1945, n. 203 (sentenza 22 marzo 1967, n. 30). 
14 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Giunta giurisdizionale amministrativa della Valle d'Aosta, ordinanze 
10 dicembre 1966 (G. U. 25 febbraio 1967, n. 51), 20 dicembre 1966 

(G. U. 25 marzo 1967, n. 77) e 27 gennaio 1967 (G. U. 8 aprile 1967, 
n. 89). 
d. lg. C. P. S. 16 luglio 1947, n. 708 (Disposizioni concernenti l'Ente 
nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo), 
ort. 2, nel testo modificato dall'articolo unico del.la legge di ratifica 
29 novembre 1952, n. 2388, in quanto stabilisce la competenza del Foro 
di Roma per tutte le controversie relative all'E.N.P.A.L.S. (artt. 24 e 3 

della Costituzione). 

Corte di appello di Roma, ordinanza 4 gennaio 1967, G. U. 8 aprile 
1967, n. 89. 

legge 2 luglio 1952, n. 703 (Disposizioni in materia di finanza locale), 
art. 47, in quanto non prevede criteri o limiti per la scelta dei compo


I 

nenti della Commissione per i tributi locali e rimette all'Amministrazione 
comunale la designazione di due terzi dei componenti della Commissione; 
art. 51, in quanto attribuisce alla Giunta municipale, senza 

I 

indicazione di criteri direttivi, la potest� discrezionale di rendere prov


I

visoriamente e parzialmente esecutorie le decisioni di primo grado f:'f, 
(artt. 3, 24, 53, 102, 104 e 108 della Costituzione). 

. 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 7 novembre 1966, G. U. 11 marzo 
1967, n. 64. 

legge 29 novembre 1952, n. 2388 (Ratifica, con modificazioni, del fl 

~ ::: 
. 

decreto legislativo 16 lugli� 1947, n. 708, concernente disposizioni sul. 
l'Ente nazione di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spetta' 


colo), articolo unic�o, che modifica l'art. 2 del d. lg. 16 luglio 1947, n. 708, 
in quanto stabilisce la competenza del Foro di Roma per tutte le contro


00

versie relative all'E.N.P.A.L.S. (artt. 24 e 3 della Costituzione). 

m 

I ~

Corte di appello di Roma, ordinanza 4 gennaio 1967, G. U. 8 apriI' 
. 
le 1967, n. 89 (29). 

legge 31 marzo 1956, n. 294 (Provvedimenti per la salvaguardia dei ~ 
carattere lagunare e monumentale di Venezia attraverso opere di risa


i m 

m 

namento civico e di interesse turistico),art. 4, quarto comma, secondo inciso, 
nel testo di cui all'art. 6 della legge 5 luglio 1966, n. 526, per la disparit� 
di trattamento che la disposizione determina per i titolari di licenze 
edilizie rilasciate prima dell'entrata in vigore del piano regolatore ed 
in contrasto con la nuova disciplina -e rispettivamente per i diritti 
di vicinato dei proprietari dei fondi limitrofi -a seconda che siano li 


;!! 

(29) Con la stessa ordinanza, la Corte di appello di Roma ha ritenuto manifer::: 
stamente infondata la questione di legittimit� costituzionale della legge 29 novem!:;


bre 1952, n. 2.388, per contrasto con l'art. 25 della Costituzione. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 69 

state o meno eseguite o iniziate le costruzioni e a seconda delle zone 
del territorio comuna�e alle quali si riferiscono le licenze ediUzie (art. 3 
della Costituzione). 

Corte di appello di Venezia, ordinanza 17 novembre 1966, G. U. 
25 febbraio 1967, n. 51. 

legge 23 maggio 1960, n. 504 (Modificazioni agli artt. 571 e seguenti 
del Codice di procedura penale), art. 1, che modifica l'art. 571 del codice 
di procedura penale, in quanto limita il diritto alla riparazione alla sola 
ipotesi di errore giudiziario commesso con sentenza irrevocabile di 
condanna e riconosciuto in sede di revisione, implicitamente escludendolo 
per le altre possibili ipotesi di errore giudiziario (art. 24, quarto 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 15 dicembre 1966, G. U. 11 marzo 
1967, n. 64. 

legge 28 luglio 1961, n. 828 (Modifiche al regime tributario dei contratti 
di appalto e delle concessioni di pubblico servizio agli effetti 
dell'imposta di registro), art. 3, quinto c:omma, in quanto impone di calcolare 
il valore del materiale incorporato, ai fini della determinazione del 
valore imponibile dell'appalto, anche quando iJ. materiale viene fornito 
dal committente (art. 53, primo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Torino, ordinanza 13 gennaio 1967, G. U. 8 aprile 1967, 

n. 89. 
legge 31 dicembre 1962, n. 1859 (Istituzione e ordinamento della scuola 
media statale), art. 8, in quanto prevede l'indiscriminata applicazione 
di sanzioni penali per tutti gH inadempienti all'obbligo dell'istruzione 
media, senza che la leg,ge garantisca una situazione paritaria a tutti gli 
obbligati e senza che sia garantito praticamente a tutti l'accesso alla 
scuola (artt. 3 e 34 della Costituzione). 

Pretore di Larino, ordinanza 25 ottobre 1966, G. U. 25 febbraio 1967, 

n. 51. 
d. P. R. 14 febbraio 1964, n. 237 (Leva e reclutamento obbligatorio 
nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica), art. 1, lettera b, in quanto, 
per il richiamo alle leggi vigenti in materia di cittadinanza e quindi 
anche all'art. 8, ultimo comma, della legge 13 giugno 1912, n. 555, 
impone l'adempimento del servizio militare anche a persone che non 
siano attualmente ciittadini italiani (art. 52 della Costituzione) (30). 
Tribunale militare di Padova, ordinanza 6 dicembre 1966, G. U. 
25 febbraio 1967, n. 51. 

(30) Questione dichiarata non fondata con sentenza 24 aprile 1967, n. 53. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

70 

legge reg. sic:. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), 
in quanto disciplina rapporti di dil'itto privato senza che rkorrano gli 
estremi della temporaneit� e della eccezionalit� (art. 116 della Costituzione 
e art. 14 dello Statuto della Regione siciliana) e invadendo il 
campo di attivit� delle organizzazioni sindacali (art. 39 della Costituzione); 
in subordine, art. 4, ultima parte, in quanto prevede una disciplina 
uniforme per situazioni che possono risultare diverse (art. 3 della 
Costituzione) (31). 

Pretore di Lentini, ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 8 aprile 1967, 

n. 89. 
legge reg. sic:. 16 marzo 1964, n. 4 (Ripartizione dei prodotti agricoli), 
mantenuta in vigore, .pur essendo intervenuta la legge nazionale 15 settembre 
1964, n. 756, dalla legge regionale 3 giugno 1966, n. 13, in 
quanto disciplina rapporti di diritto privato senza che ricorrano gli 
estremi della temporaneit� e della eccezionalit� e senza delega della 
legislazione nazionale, prevedendo una ripartizione dei prodotti agricoli 
diversa da quella stabilita della legge nazionale 15 settembre 1964, 

n. 756 (art. 14, lett. a) dello Statuto della Regione siciliana, e artt. 41 
e 42 della Costituzione, o art. 117, ultimo comma della Costituzione) (31). 
Pretore di Mazara del Vallo, ordinanze 16 gennaio 1967 (tre), G. U. 
25 febbraio 1967, n. 51. 

legge 15 settembre 1964, n. 756 (Norme in materia d(contratti agrari), 
art. 14, in quanto, prorogando a tempo indeterminato i contratti agrari 
(considerati dall'articolo 1 della stessa legge come � forme contrattuali 
non adeguate o non rispondenti aLle esigenze di armonico sviluppo dell'economia 
agricola del Paese � ), sopprime la libert� di concludere negozi 
giuridici (art. 41 della Costituzione), limita il diritto di propriet� del 
concedente senza la ricorrenza di motivi di interesse generale (art. 42 
della Costituzione), impone obblighi e vincoli alla pr�priet� terriera 
privata in contrasto con l'utilit� sociale (art. 44 della Costituzione) (32), 
disciplina ;rapporti giuridici ad esclusivo beneficio di una delle parti 
{art. 3 della Costituzione), pregiudica il diritto al lavoro dei l�voratori 
agricoli che non abbiano' stipulato contratti agrari in data anteriore 
al 23 settembre 1964 (artt. 4 e 3 della Costituzione), e vincola i concedenti 
alla prosecuzione, �a tempo indeterminato, di rapporti voluti e 
costituiti come temporanei (art. 2 della Costituzione). 

Tribunale di Siracusa, Sezione agraria, ordinanza 27 gennaio 1967, 

G. U. 22 aprile 1967, n. 102., 
(31) Questioni gi� proposte, in riferimento agli artt. 3, 41, 39 e 117 della 
Costituzione, dal Pretore di Noto (ordinanza 27 ottobre 1966, G. U. 28 gennaio 1967, 
n. 25, e retro, II 19). 
(32) Questione gi� proposta dalla Sezione agraria del Tribunale di Firenze, 
con ordinanza 23 febbraio 1966 (G. U. 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 
1966, II, 212). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
71 

d. P. R. 12 febbrai�o 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel �ommercio dei mosti, vini ed aceti), per eccesso 
dai limiti temporali della delega conferita con legge 9 ottobre 1964, 
n. 991 
(artt. 73 e 76 della Costituzione) (33). 
Pretore di Casale Monferrato, ordinanze 7 dicembre 1966 (due), 
G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. 
Pretore di Fermo, ordinanza 7 dicembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. � 
Pretore di Sampierdarena, ordinanza 24 gennaio 1967, G. U. 22 aprile 
1967, n. 102. 

legge 5 luglio 1965, n. 798 (Modifiche alle leggi 8 gennaio 1952, n. 6 
e 25 febbraio 1963, n. 289, riguardanti la previdenza e assistenza forense 
e istituzione deil'assistenza sanitaria a favore degli avvocati e procuratori 
legali), art. 3, in quanto impone al proprietario espropriato che 
richiede il provvedimento di svincolo dell'indennit� il pagamento di un 
contributo in danaro in favore della Cassa degli avvocati (artt. 3, 23, 24, 
42 e 53 della Costituzione) (34). 

Pretore di Avezzano, ordinanza 25 gennaio 1967, G. U. 25 marzo 
1967, n. 77. 

legge 5 luglio 1965, n..798 (Modifiche alle leggi 8 gennaio 1952, n. 6 
e 25 febbraio 1963, n. 289, riguardanti la previdenza e assisten?a forense 
e istituzione deil'assistenza sanitaria a favore degli avvocati e procuratori 
legali), crrt. 4, in quanto impone al cittadino che richiede un certificato 
penale il pagamento di un contributo in danaro in favore della 
Cassa degli avvocati (art. 53 della Costituzione). 

Tribunale di Aosta, ordinanza 22 novembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

legge reg. sic. 3 giugno 1966, n. 13 (Ripartizione dei prodotti agricoli), 
in quanto mantiene in vigore (pur essendo intervenuta la legge nazionale 
15 settembre 1964, n. 756) le norme contenute nella legge regionale 
16 marzo 1964, n. 4, che disciplinano rapporti di diritto privato senza 
che ricorrano gli estremi della temporaneit� e della eccezionalit� 
(art. 116 della Costituzione e art. 14 dello Statuto della Regione siciliana), 
invadendo il campo di attivit� delle organizzazioni sindacali 
(art. 39 della Costituzione), ~ prevedendo, in particolare (art. 4, ultima 
parte), una disciplina uniforme per situazioni che possono risultare 
diverse (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Lentini, ordinanza 28 novembre 1966, G. U. 8 aprile 1967, 

n. 89. 
(33) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. 
(34) Questione gi� proposta, in riferimento agli artt. 3, 38, 23 e 53 della Costituzione, 
con ordinanza 15 febbraio 1966 del Pretore di Varese (G. U. 25 giugno 1966, 
n. 156, e in questa Rassegna, 1966, II, 163). L'art. 3 della legge 5 luglio 1965, n. 798, 
nelle parole � della Corte costituzionale � � stato dichiarato �illegittimo con sentenza 
6 dicembre 1965, n. 75. 

.RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. sic. 3 giugno 1966, n. 13 (Ripartizione dei prodotti agricoli), 
art. 1, in quanto, pur essendo intervenuta la legge nazionale 15 settembre 
1964, n. 756, mantiene in vigore, senza delega della legislazione 
nazionale, la legge regionale 16 marzo 1964, n. 4, che prevede una 
ripartizione di prodotti agricoli diversa da quel.la stabilita dalla legge 
nazinale 15 ,settembre 1964, n. 756 (art. 14, lett. a) dello Statuto della 
Regione siciliana, e artt. 41 e 42 della Costituzione, o art. 117, ultimo 
comma, del!a Costituzione). 

Pretore di Mazara del Vallo, ordinanza 16 gennaio 1967 (tre), 

G. U. 25 febbraio 1967, n. 51. 
legge 5 lugUo 1966, n. 526 (Modifiche alla legge 31 marzo 1956, n. 294 
e nuove norme concernenti provvedimenti per la salvaguardia del carattere 
lagunare e monumentale della citt� di Venezia), art. 6, che sostituisce 
l'art. 4 della legge 31 marzo 1956, n. 294, per la disparit� di 
trattamento che l'attuale formula dell'art. 4, quarto comma, secondo 
inciso, della legge 31 marzo 1956, n. 294, determina per (titolari di 
licenze edilizie rilasciate prima dell'entrata in vigore del piano regofatore 
ed in contrasto con la nuova disciplina -e rispettivamente per i 
diritti di vicinato dei proprietari dei fondi limitrofi -a seconda che 
siano state o meno eseguite o iniziate le costruzioni e a seconda delle 
zone del territorio comunale alle quali si riferiscono le licenze edilizie 

, (art. 3 della Costituzione). 

Corte di appello di Venezia, ordinanza 17 novembre 1966, G. U. 
25 febbraio 1967, n. 51. 

legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), in quanto, con il livellamento della rivaluta-. 
zione dei canoni enfiteutici, prevede una disciplina unitaria per situazioni 
obiettivamente diverse (art. 3 della Costituzione); in particolare, 
art. 1, in quanto. prevede, per la determinazione dell'ammontare del 
canone enfiteutico e del corrispettivo dell'affrancazione, un criterio che 
prescinde dal contenuto concreto dei singoli rapporti (art. 41 della 
Costituzione) e la cui applicazione si risolve in un disconoscimento del 
diritto di propriet� privata (art. 42 della Costituzione). 

Pretore di Vitulano, ordinanza 9 febbraio 1967, G. U. 22 aprile 1967, 

n. 102. 
legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), artt. 4, 5, 6 e 7, in quanto, con disparit� di 
trattamento tra gli enfiteusi e i coloni, da una parte, e i proprietari 
concedenti dall'altra (art. 3, primo comma, della Costituzione), prevede 
per l'esercizio del diritto di affrancazione dei canoni enfiteutici ed equiparati 
un procedimento sommario che non consente ai proprietari 
concedenti la difesa giudiziale dei propri diritti (art. 24, primo e secondo 
comma, della Costituzione); art. 4, quarto comma, in quanto definisce 
� ordinanza � il provvedimento del Pretore, di efficacia costitutiva e 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 73 

natura sostanziale di sentenza (art. 111, secondo comma, della Costituzione). 


Pretore di Civita Castellana, ordinanze 23 dicembre 1966 (sei), 

G. U. 25 marzo 1967, n. 77 (35). 
legge 22 luglio 1966, n. 607. (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni 
fondiarie perpetue), art. 8, in quanto abroga il secondo ed il terzo 
periodo dell'art. 972 del codice civile, che non ammetteva l'affrancazione 
in caso di deterioramento del fondo enfiteutico o di inadempimento di 
considerevole gravit� dell'obbligo dei miglioramenti, e disponeva la 
prevalenza, nelle indicate ipotesi, della domanda giudiziale di devoluzione 
su quella di affrancazione (artt. 42, secondo comma, e 44 della 
Costituzione). 

Pretore di Spoleto, ordinanza 15 dicembre 1966, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51 (36). 

legge reg. Friuli-Venezia Giulia 16 novembre 1966, riapprov. 17 gennaio 
1967 (Estensione deLla competenza territoriale deLla Sezione di Credito 
fondiario della Cassa di Risparmio di Gorizia a tutto il territorio deLla 
Regione Friuli-Venezia Giulia) (art. 127 della Costituzione). 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, G. U. 25 febbraio 
1967, n. 51. 

legge reg. sic. approv. 1�2 febbraio 1967 (Provvedimenti di carattere 
finanziario per l'anno 1967). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 11 marzo 1967, n. 64., 
legge reg. sic. approv. 9 marzo 1967 (Istituzione deLl'Ente per i palazzi 
e le ville di Sicilia). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
legge reg. si�:. approv. 21 marzo 1967 (Istituzione del ruolo del personale 
salariato di 4a categoria addetto aiza pulizia). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 
legge reg. sic. a.pprov. 30 marzo 1967 (Integrazione del ruolo unico 
ad esaurimento per i servizi periferici deU'Amministrazione regionale, 
istituito con legge 20 agosto 1962, n. 23). 

Ricor,so del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
(35) Nelle stesse ordinanze il Pretw-e ha ritenuto manifestamente infondate 
le questioni di legittimit� costituzionale degli artt. l, 2, 3 e 13 della legge 22 luglio 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

74 

legge reg. sic. approv. 31 marzo 1967 (Istituzione di una cattedra convenzionata 
con l'Universitd di Messina per l'insegnamento dell� stor,ia 
moderna). 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
legge reg. sic. approv. 31 marzo 1967 (Istituzione di una cattedra di 
terapia medica-sistematica presso la Facoltd di medicina e chirurgia 
dell'Universitd di Catania). 

Ricorso al Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
legge reg. sic. approv. 31 marzo 1967 (Concessione di un assegno 
vitalizio alle famiglie dei dirigenti sindacali e politici caduti nella lotta 
per il lavoro, la libertd e il progresso della Sicilia). 

Ricorso al Commissario dello Stato per la Regione siciliana, 

G. U. 29 aprile 1967, n. 109. 
NORME DELLE QUALI IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 
� STATO DEFINITO CON PRONUNCE DI ESTINZIONE, 
DI INAMMISSIBILITA, DI MANIFESTA INFONDATEZZA O DI 
RESTITUZIONE DEGLI ATTI AL GIUDICE DI MERITO 
r. d. I. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione 
in materia di boschi e di terreni montani), artt. 10 e 11 -manifesta 
infondatezza (37). 
Sentenza 4 aprile 1967, n. 37, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
Ordinanza di rimessione 2 maggio 1966 del Pretore di Santo Stefano 
di Camastra (G. U. 27 agosto 1966, n. ;?13, e in questa Rassegna, 1966, 
II, 203). 
legge 2 aprile 1958, n. 377 (Norme sul riordinamento del fondo di 
previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e ricevitorie delle 
1966, n. 607 (sollevate in riferimento agl artt. 42, terzo comma, e 3, prmo comma, 
della Costituzione) e irrilevanti, ai fini della decisione della causa, quelle proposte 
per gli artt. 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17 e 18 della stessa legge. 
(36) Nella stessa ordinanza il Pretore di Spoleto ha ritenuto manifestamente 
infondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 1 della legge 22 luglio 
1966, n. 607. 
(37) L'art. 11 del r. d. 1. 30 dicembre 1923, n. 3267 � stato dichiarato. incostituzionale, 
in riferimento agli artt. 3, 25 e 70 della Costituzione, con sentenza 23 
marzo 1966, n. 26; con la stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha dichiarato 
non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 10, sollevata in riferimento 
alle stesse norme della Costituzione. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 75 

imposte), art. 18, primo comma restituzione degli atti per un nuovo 
giudizio sulla rilevanza. 

Ordinanza 9 marzo 1967, n. 27, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 29 gennaio 1965 del Tribunale di Napoli, 

G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, Il, 80). 
d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga 
omnes l'art. 46 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1� agosto 1959 
per gli impiegati addetti all'industria edilizia ed affini -manifesta 
infondatezza �per sopraggiunta inefficacia della norma ai sensi della 
sentenza n. 9 del 1� febbraio 1961 � (pubblicata il 4 febbraio 1967) (38). 
Ordinanza 4 aprile 1967, n. 42, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
Ordinanza di rimessione 13 ottobre 1966 del Tribunale di Trento, 

G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 113.. 
d. P. Reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico delle leggi per l'elezione 
dei consigli comunali nella Regione siciliana), art. 70 -inammissibilit�. 
Sentenza 18 aprile 1967, n. 45, G. U. 22 aprile 1967, n. 102. 

Ordinanze di rimessione 28 marzo 1966 (cinque) del Tribunale di 
Caltanissetta, G. U. 10 settembre 1926, n. 226, e in questa Rassegna, 
1966, II, 258. 

legge 5 marzo 1963, n. 246 (Istituzione di un'imposta sugli incrementi 
di valore delle aree fabbricabili; modificazioni ai testo unico per 
la finanza locale 14 settembre 1931, n. 1115 e ai r. d. 28 novembre 1938, 

n. 2000, convertito nella legge 2 giugno 1939, n. 139), art. 25, primo, 
seconda e terzo comma -manifesta infondatezza (artt. 3, 23 e 53 della 
Costituzione) (39). 
Ordinanza 4 aprile 1967, n. 43, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 
Ordinanza di rimessione 30 novembre 1965 del Tribunale di Livorno, 
G. U. 12 marzo 1966, n. 64, e in questa Rassegna, 1966, II, 107. 

(38) IJ d. P. R. 14 luglio 1960, n. 1032 � stato dichiarato incostituzionale _per 
la parte in cui rende obbligatorie erga omnes le seguenti disposizioni del contratto 
collettivo di lavoro 24 luglio 1959, relativo al trattamento economico e norinativo 
degli operai addetti alle industrie edilizie ed affini: art. 34, per il riferimento alle 
Casse edili di cui alla fine del terz'ultimo comma (sentenza 13 luglio 1963, n. 129), 
art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 56 (sentenza 23 maggio 1966, n. 45), 
art. 61 (sentenza 9 giugno 1965, n. 43), e art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). 
(39) Con sentenza 23 maggio 1966, n. 44, la Corte costituzionale ha dichiarato 
illegittimi il secondo comma dell'art. 25, il primo ed il secondo comma dell'art. 27, 
e n terzo comma dell'art. 43 e non fondate le questioni di legittimit� costituzionale 
della legge 5 marzo 1963, n. 246 (art. -99 della Costituzione) e in particolare degli 
artt. 1, 2, 3, 5, 6, 13, 21, 25, primo, terzo, quarto e quinto comma, e 42 (artt. 3, 23, 
41, 42, 53 e 70 della Costituzione). 

76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti) -manifesta 
infondatezza (art. 73 della Costituzione) (40). 
Sentenze 22 marzo 1967, n. 32 e n. 33, G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 

Ordinanze di rimessione 20 ottobre 1966 del Tribunale di Casale 
Monferrato (G. U. 28 gennaio 1967, n. 25, e retro, II, 20) e 16 novembre 
1966 del Tribunale di Acqui Terme (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, 
e retro, II, 20). 

d. P. R. 12 febbraio 1965, n. 162 (Norme per la repressione delle frodi 
nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti), art. 108 
Clett. b e cl -manifesta infondatezza (41). 
Sentenza 22 marzo 1967, n. 31 e ordinanza 22 marzo 1967, n. 34, 

G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 
Ordinanze di rimessione 31 ottobre 1966 del Pretore di Pistoia 
(G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 21) e 26 ottobre 1966 del 
Pretore di Imola (G. U. 14 gennaio 1967, n. 12, e retro, II, 21). 
legge reg. sic. approv. 14 luglio 1966 (Provvidenze regionali per l'assistenza 
sanitaria generica agli artigiani) -estinzione per rinuncia. 

Ol'dinanza 9 marzo 1967, n. 28, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ricorso del Commissario dello Stato per le Regione siciliana depositato 
il 30 luglio 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 261. 

legge reg. sic. approv. 14 lugli�o 1966 (Finanziamento di un programma 
di interventi produttivi prioritari) -estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 9 marzo 1967, n. 29, G. U. 11 marzo 1967, n. 64. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana depositato 
il 30 luglio 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 261. 

legge reg. sic. approv. 20 luglio 1966 (Provvedimenti per la celebrazione 
in Sicilia del ventesimo anniversario dell'autonomia siciliana) 

estinzione per rinuncia. 

Ordinanza 22 marzo 1967, n. 36, G. U. 25 marzo 1967, n. 77. 

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione sicilia:O:a depositato 
il 5 agosto 1966, G. U. 10 settembre 1966, n. 226, e in questa 
Rassegna, 1966, II, 261. 

(40) Questione dichiarata non fondata con sentenza 9 febbraio 1967, n. 13. 
(41). Questione dichiarata non fondata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, 
con sentenza 9 febbraio 1967, n. 14. 


77

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Pres�i:rizioni di massima e di polizia forestale per la provincia di Messina, 
artt. 2, 27, primo comma, 28, .primo comma, 30, primo, secondo e sesto comma, 
e 79 -inammissibilit� (42). 

Sentenza 4 aprile 1967, n. 37, G. U. 8 aprile 1967, n. 89. 

Ordinanze di rimessione 8 aprile 1966 (tre) e 2 maggio 1966 del 
Pretore di Santo Stefano di Camastra (G. U. 25 giugno 1966, n. 156; 
9 luglio 1966, n. 168, e 27 agosto 1966, n. 213, e in questa Rassegna, 
1966, II, 157, nota 24, e 203, nota 15). 

(42) Per analoga pronuncia cfr. sentenza 19 novembre 1966, n. 102. 
I 



CONSULTAZIONI 


ACQUE PUBBLICHE 

Concessione di acque sotterranee npn ancora iscritte -Diritti dello scopritore. 


Se l'Amministrazione possa accordare la concessione di derivare ed 
utilizzare acque sotterranee scoperte a seguito di ricerche e ritenute 
pubbliche in quanto rispondenti al requisito di cui all'art. 1 t. u. 11 'dicembre 
1933, n. 1775, sebbene le stesse non siano ancora iscritte nell'elenco 
delle acque pubbliche (n. 90). 

Se il rimborso spese e l'adeguato compenso previsti dall'art. 103 t. u. 
11 dicembre 1933, n. 1775 a� favore dello scopritore di acque pubbliche 
debbano essere corrisposti dal concessionario delle stesse in ogni caso 
ovvero solo nel caso in cui lo scopritore abbia avanzato domanda di concessione 
ma questa non sia stata accolta, per essere stato preferito altro 
richiedente (n. 90). 

Contributi per costruzione di serbatoi e di laghi artificiali. 

Se, ai fini della liquidazione del contributo concesso ex art. 75 t. u. 
sulle acque, sia determinante, nel sistema della legge, il. collaudo (n. 91). 

Se l'incollaudabilit� dell'opera a qualunque causa dovuta (e quindi 
anche per eventi naturali straordinari), oltre a dimostrare la mancata 
realizzazione di quegli specifici fini di pubblico interesse concretamente 
collegati all'opera, ed in considerazione esclusiva dei quali era stato concesso 
un contributo nella spesa di costruzione di, questa, impedisca altresl 
la valutazione della rispondenza dell'opera, risultata di diversa e ridotta 
idoneit� per fatti naturali, ad altre pubbliche esigenze e comporti di 
necessit� la ripetibilit� del contributo concesso (n. 91). 

Scarico di materiali entro gli alvei. 

Se costituisce illecito penale ex art: 93 e 96 lett. H del t. u. 25 luglio 
1904, n. 523 lo scarico di materiali entro gli alvei dei corsi d'acqua 
pubblici (n. 92). 

AERONAUTICA E AEROMOBILI 

Esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica a gestore 
di aeroporto. � 

Se l'estensione� dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica 

, 
di cui all'art. 1 d. 1. 26 aprile 1945, n. 223, all. 4, possa riconoscersi al 
gestore di un aeroporto limitatamente all'energia destinata all'alimentazione 
dei dispositivi di segnalazione od invece anche a quella necessaria 
per tutto il complesso recintato (n. 19). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 79 

AFFISSIONI 

Obbligo dei Comuni. 

Se i Comuni possano astenersi dal provvedere al servizio di affissione 
di manifesti per il reclutamento di personale per le FF. AA. o se possano 
quanto meno rifiutarsi dal provvedere al detto servizio di affissione se non 
venga lero corrisposto il compenso anticipato della prestazione (n. 2). 

APPALTO 

Lavori di ricostruzione di Stazione Ferroviaria. 

Se nella ipotesi di lavori il cui svolgimento sia previsto in fasi successive 
per un lungo periodo di tempo, l'anormale ed imprevedibile protrazione 
dei lavori stessi (causata da esigen:lle dell'Azienda ferroviaria) 
che interessi le varie fasi dell'appalto, con aggravio delle spese generali 
possa essere fatta valere al termine dei lavori, ovvero debba es,sere necessariamente 
denunciata dall'appaltatore, a pena di decadenza, nei termini 
previsti dal Capitol�to L. e F. (n. 304). 

ASSICURAZIONE 

Dipendenti di compagnie in liquidazione -Contratto collettivo -Inapplicabilit�. 


Se al personale assunto ex novo dalla Gestione liquidatoria dell� Compagnia 
Assicurativa � Mediterranea � in liquidazione, debba essere applicato 
il contratto collettivo per le imprese di assicurazione (n. 73). 

BONIFICA 

Cassa del Mezzogiorno -Canalette comiziali. 

Se le canalette � comiziali � di irrigazione interne alla propriet� privata, 
attuate dalla Cassa per il Mezzogiorno in esecuzione di un piano di 
bonifica, abbiano natura di opera pubblica di bonifica (n. 4). 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

Concessione di acque sotterranee non ancora iscritte -Diritti dello scopritore. 


Se l'Amministrazione possa accordare la concessione di derivare ed 
utilizzare acque sotterranee scoperte a seguito di ricerche e ritenute pubbliche 
in quanto rispondenti al requisito di cui all'art. 1 t. u. 11 dicembre 
1933, n. 1775, sebbene le stesse non siano ancora iscritte nell'elenco delle 
acque pubbliche (n. 80). 



80 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se il rimborso spese e l'adeguato compenso previsti dall'art. 103 t. u. 
11 dicembre 1933, n. 1775 a favore dello scopritore di acque pubbliche debbano 
essere corrisposti dal concessionario delle stesse in ogni caso ovvero 
solo nel caso in cui lo scopritore abbia avanzato domanda di concessione 
ma questa non sia stata accolta, per essere stato preferito altro richiedente 
(n. 80). 

CONTRABBANDO 

Definizione in via amministrativa -Amnistia -Rapporti. 

Se l'Amministrazione possa trattenere i versamenti parziali effettuati 
a titolo di definizione in via amministrativa del reato di contrabbando e 
accettati in conto deposito in attesa del saldo definitivo, qualora, dopo la 
scadenza del termine per la definizione in via amministrativa senza che 
sia stato effettuato il saldo, sia intervenuto provvedimento di amnistia 

(n. 
39). 
Se nell'ipotesi di cui sopra occorra apposita istanza di restituzione dell'interessato 
ovvero si possa provvedere d'ufficio (n. 39). 
Se possa ugualmente essere ammesso alla definizione in via amministrativa 
il denunciato che abbia pagato l'intera somma della penale oltre 
il termine prefissogli dall'Intendente di Finanza, ma tuttavia entro quello 
massimo di 90 giorni stabilito dall'art. 11, 1� cpv~ I. 3 gennaio 1951, n. 27 

(n. 
39). 
CONTRIBUTI 

Mutui dell'I.C.S. a favore delle Universit�. 

Se i mutui concessi dall'Istituto per il credito sportivo, previsti dall'art. 
3 I. 24 dicembre 1957, n. 1295 a favore di enti pubblici locali e di 
altri enti pubblici che intendono costruire, ampliare, attrezzare e migliorare 
impianti sportivi possano estendersi a favore delle Universit� degli 
studi per le esigenze degli Istituti superiori di educazione fisica, collegati 

o incorporati, e anche direttamente agli stessi istituti (n. 64). 
COSTITUZIONE 

�Art. 117 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269. 

Se la sentenza n. 80 in data 7 luglio 1966 della Corte Costituzionale 
abbia dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 117 primo comma del 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 solo limitatamente al rilascio, da parte 
dei cancellieri, di copie o estratti di sentenze che debbano essere depositati 
in un giudizio di appello (n. 40). 
Azione giudiziaria subordinata alla pubblicazione del ruolo. Eccezioni di 
illegittimit� costitujZionale. 

Se debba considerarsi costituzionale l'art. 53 t. u. n. 4021 del 1877 
secondo cui il diritto di ricorso all'autorit� giudiziaria sar�, per qualsivoglia 
questione riguardante il debito di imposta, prescritto nel termine 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

di sei mesi dal giorno della pubblicazione del ruolo o dalla applicazione 
della ritenuta (n. 41). 
Se debba considerarsi costituzionale l'art. 6 della 1. 20 agosto 1865, 

n. 2248 all. E e l'art. 22 quarto comma r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639, in 
quanto dette norme subordinano l'azione giudiziaria all'iscrizione a ruolo 
ed alla pubblicazione del ruolo (n. 41). 
Costituzionalit� della l. 4 febbraio 1963, n. 58. 

Se siano da considerarsi costituzionali le disposizioni degli artt. 714 
e �segg. del codice della navigazione sostitmte con la l. 4 febbraio 1963, n. 58, 
che stabiliscono limitazioni senza indennizzo alle costruzioni ed impianti 
nelle zone circostanti gli aeroporti (n. 42). 

Questione di legittimit� dell'art. 175 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645. 

Se possa ritenersi fondata la questione di legittimit� costituzionale 
dell'art. 175 t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (nonch� del precedente art. 109 

r. d. 11 luglio 1907, n. 560) in relazione all'art. 3 Cost., sotto il profilo dell'analogia 
con l'art. 2, terzo comma, 1. 30 luglio 1959, n. 559 dichiarato 
costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 85 del 1965 (n. 43). 
Sentenza n. 66 del 1963 e n. 63 del 1966. 

Se, a seguito della sentenza n. 66 del 1963 con cui si dichiarava la 
incostituzionalit� della norma che escludeva il diritto alle ferie per il 
primo anno di servizio, gli impiegati abbiano diritto ad usufruire delle 
ferie maturate e non godute per il periodo di tempo precedente alla pubblicazione 
della citata sentenza (n. 44). 

Se a ,seguito della sentenza 1 giugno 1966, n. 63 con cui si dicMarava 
la non decorrenza della prescrizione del diritto alla retribuzione durante 
il rapporto di lavoro possa essere richiesto il pagamento dei!la retribuzdone 
sostitutiva delle ferie non godute (n. 44). 

DANNI DI GUERRA 

Cessione dei crediti. 

Se nel caso di cessione dei crediti per danni di guerra e successiva 
intestazione del decreto di liquidazione in capo al cessionario, tale cessione 
si debba considerare implicitamente accettata dall'Amministrazione e quindi 
questa non possa opporre in compensazione un proprio credito verso il 
cedente (n. 125). 

Se possa considerarsi credito sorto anteriormente alla notifica della 

cessione, quello assunto in 'carico all'esattore anteriormente alla no.tifica, 

ma solo successivamente tornato in carico alla Finanza (n. 125). 

DAZI DOGANALI 

Restituzione alla esportazione in caso di incorporazione di materiali in T. I. 

Se le restituzioni dei diritti doganali e delle imposizioni indirette 
diverse dall'I.G.E. previste dall'art. 3 1. 5 luglio 1964, n. 639 nell'ipotesi 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

82 

in cui.vengano esportati prodotti nei quali siano stati incorporati materiali 
esteri in temporanea importazione, possano estendersi anche al caso in 
cui il prodotto esportato sia costituito dalla sola materia prima estera in 
temporanea importazione (n. 37). 

DEMANIO E PATRIMONIO 

Demanio marittimo -Piano regolatore di un porto. 

Se le norme dei piani regolatori dei porti siano norme di azione o di 
relazione (n. 216). 
Se il P.R. del porto di Palermo possa, allo stato attuale, avere efficacia 
nei confronti degli estranei alla P.A. (n. 216). 

Se l'eventuale inclusione nel P.R. di un porto di un'opera che comporti 
l'acquisizione al demanio di un teITeno non attualmente tale, non pu� 
di per s� fare acquistare carattere demaniale a :tale tecreno (n. 216). 

Trasferimento di uffici statali alla Regione. 

Se in base all'art. 32 d. P. R. 26 ,agosto 1965, n. 1116, secondo cui il 
trasf,erimento di uffici statali alla Regione Friuli-Venezia Giuli:a � comporta 
la successione della Regione allo Stato nei diritti ed obblighi inerenti 
agli immobili sede degli uffici stessi, nonch� al relativo arredamento�, la 
Regione acquisti la propri-et� degli immobili, ove essi appartengano allo 
Stato, o se invece essa acquisti unicamente il diritto di utilizzare gli edifici 
e i terreni appartenenti allo Stato, coririspondendo a questo il irelativo 
canone di locazione (n. 217). 

DIFESA DELLO STATO 

Richiesta di patrocinio di Enti diversi -Necessit� di autorizzazione. 

Se possa l'Avvocatura dello Stato assumere il patrocinio di Ente non 
statale in assenza di provvedimento autorizzativo emesso nelle forme di 
cui all'art. 43 t. u. 30 ottobre 1933, n. 1611, modificato con 1. 16 novembre 
1939, n. 1889 (n. 4). 

DONAZIONE 

Atto rogato in forma pubblica amministrativa -Nullit�. 

Se sia vcalido l'atto di cessione gratuita rogato in forma pubblica amministrativa 
(n. 37). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Abitazioni per lavoratori agricoli dipendenti. 

Se il diritto di assegnazione dell'alloggio costruito con il concorso o 
con il contributo dello Stato sia trasmissibile agli aredi legittimi dell'assegnatario, 
subordinatamente al possesso da parte di questi dei medesimi 
requisiti del loro dante causa (n. 191). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 
83 

ELETTRICIT� ED ELETTRODOTTI 

Esenzione dall'imposta erariale sul consumo al gesto�re di aeroporto. 

Se l'esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica 
di cui all'art. 1 d. 1. 26 aprile 1945, n. 223, all. 4, possa riconoscersi al 
gestore di un Aeroporto limitatamente all'energia destinata all'alimentazione 
dei dispositivi di segnalazione od invece anche a quella necessaria 
per tutto il complesso recintato (n. 32). 

ESECUZIONE FORZATA 

Alloggio assegnato in propriet� con ipoteca legale. 

Se possa essere avocato alla massa fallimentare un alloggio assegnato 
in propriet� dalla GESCAL con iscrizione di ipoteca legale (n. 41). 

ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Avviamento commerciale. 

Se ai sensi della 1. 27 gennaio 1963, n. 19 l'espropriante sia tenuto a 
corrispondere all'espropriato l'indennizzo relativo al valore dell'avviamento 
commerciale (n. 233). 

Espropriazione parziale: determinazione dell'indennizzo. 

Se nel caso di espropriazione parziale siano indennizzabili separatamente 
ai sensi dell'art. 46 legge di espropriazione per p. u., i danni permanenti 
causati dall'esecuzione dell'opeva -secondo la previsione del 
progetto -sul resto del fondo non occupato, ovvero tali danni debbano 
intendersi ricompresi nella determinazione dell'indennit� di espropriazione 
effettuata secondo i criteri degli artt. 40 e 41 della stessa legge 

(n. 
234). 
Se siano indennizzabili a sensi dell'art. 46 legge espropriazione per 
p. u.; i danni permanenti verificatisi nella parte residua del fondo, dopo 
la chiusura del procedimento di espropriazione e prima non prevedibile 
(n. 234). 
Se, divenuta illegittima l'occupazione temporanea per il decorso del 
biennio di cui all'art. 83 legge espropriazione per p. u., competa al proprietario 
del fondo il risarcimento del danno (n. 234). 

Indennit� di esproprio. 

Se nella determinazione dell'indennit� di esproprio l'autorit� giudiziaria 
ordinaria possa prescindere dall'esistenza di precedente vincolo 
archeologico sul bene espropriato, imposto con provvedimento amministrativo 
divenuto definitivo per mancata opposizione nei termini, sotto il 
profilo della illegittimit� del provvedimento stesso per incompetenza 

(n. 235). 
15 



84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

FARMACIE 

Termine per l'alienazione di farmacia. 

Se il termine posto ai sensi dell'art. 68 del regolamento per il servizio ~r-. 

I ~:farmaceutico, cio� due anni dal trapasso di propdet�, possa essere fatto 
decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di morte 
presunta, ovvero dalla data in cui tale sentenza sia divenuta esecutiva a 
seguito dell'annotazione di cui all'art. 729 c. p. c. (n. 14). 

FERROVIE 

Cessione di alloggi in propriet� -Decesso dell'aspirante-cessionario. 

Se, in tema di cessione in propriet� di alloggi FF.SS., in caso di paga


Imento del prezzo in unica soluzione anteriormente alla stipulazione del 
contratto, la propriet� debba intendersi trasferita al momento della numerazione 
del prezzo, a sensi dell'art. 15 d.P.R. n. 2 del 1959, ovvero se, in 
relazione anche all'art. 2 dello schema di contratto, alla legg�e delega n. 447 

I

del 1958 ed ai principi generali del diritto, il trapasso si verifichi al momento 
della stipulazione e sia quindi legittima la percezione dei canoni ~ 
nelle more (n. 377). 

I

Se, in caso di morte dell'aspirante cessionario avvenuta dopo il pagamento 
del prezzo ma prima de11a stipulazione, la situazione sia regolata 

II 
Idalle norme ordinarie sulla successione ovvero da quella prevista dall'art. 
7, 4� cpv. 1. 27 aprile 1962, n. 231 (n. 377). 

Trasporto ferroviario -Prescrizione -Atti interruttivi. 

Se la notifica di atti di costituzione in mora a sensi dell'art. 2943 
ultimo comma c. c., avvenuta dopo la presentazione e la ricezione del 
reclamo in via amministrativa (o anche indipendentemente da questo) 
costituisca una attivit� valida ai fini della interruzione della prescrizione 
annuale di cui all'art. 66 paragr. 1 della C:.T. approvata con r. d.1. 25 gen


~ 

naio 1940, n. 9 (ora art. 60 paragr. 1 della C.T. approvata con d.P.R. 30 

. 

marzo 1961, n. 197) (n. 378). 

' 

.

I 

~ 

IMPIEGO PUBBLICO 

Indennit� di profilassi antitubercolare. 

Se al personale addetto agli ambulatori istituiti presso le direzioni 
provinciali dell'Opera Nazionale per gli invalidi di guerra debba .essere 
corrisposta l'indennit� di profilassi antitubercolare in base alla 1. 9 aprile 
1953, n. 310 (n. 647). 

Interessi sugli stipendi corrisposti a seguito di revoca della sospensione 
cautelare. 

Se nel caso di revoca di un provvedimento di sospensione cautelare 
debbono corrispondersi gli interessi dal momento della scadenza degli stipendi 
a quello della corresponsione dei conguagli (n. 648). 

. ,.. . li 


85 
assicurazione di crediti all'esportazione per i 
stata concessa con deliberazione del Comitato 
1953, n. 955 in data 7 aprile 1961, divenuta 
legge citata il 23 aprile 1961, possa appli1961, 
n. 635, il quale stabilisce che resta a 
ogni rischio, e per ogni singola rata del credito 
~nwli~~JtlJli. j~u1.~tc~;~hr~almeno al 15 %, o se invece debba applicarsit; 1953, n. 955 ,modificato dall'art. 3 della 1. 
il quale stabilisce che, per ogni singolo rischio, 
i. (>gni caso a carico dell'.esportatore (assicurato) una 
valore complessivo del credito (n. 47). 
consentire, all'atto della imm1ss1one nello Stato in 
~po1J:~~~!i :lr+\l>'briiJ1Zic::me del cacao in grani alla importazione diretta e 
parte della merce che dalla lavorazione del prodotto 
</� ""'''/00: 0 �00�stt:r~l$f1:>ri:ne1r� in polvere di cacao (n. 48). 

J~a1~cclta proroga o annullamento del certificato -Effetti. 

Se la mancata presentazione della domanda di proroga o di annul


� 
lamento del certificato di importazione, rilasciato dal Ministero Commercio 
Estero ai sensi dell'art. 8 d.1. 30 luglio 1962, n. 955 '(conv. in 1. 28 settembre 
1962, n. 1433), prima della scadenza del termine di validit� dello 
stesso, precluda alla ditta importatrice ogni possibilit� di far valere la 
causa di forza maggior�e addotta a giustificazione della non avvenuta im


. ;portazione (n. 49). � > > S� l'avaria generale della nave avvenuta prima del caricamento della � riierce costituisca causa di forza maggiore che giustifica la mancata impor


tazione nel termine (n. 49). 
Se in tutti i casi di forza maggiore, l'importatore abbia un vero e 
proprio diritto soggettivo alternativo alla proroga del termine di validit� 
del certificato o all'annullamento di esso (n. 49). 

Provvedimenti C.I.P. -Importazioni di zucchero. 

Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 
che dispose a favore degli importatori di zucchero una integrazione di 



86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

prezzo pari alla differenza fra mercato internazionale e mercato interno, 
la determinazione della P. A. di partecipare finanziariamente alla singola 
operazione di importazione possa essere legittimamente presa solo prima 
del compimento dell'operazione stessa, e se quindi il compimento dell'operazione 
da parte del privato prima della deliberazione della p. a. significhi 
rinuncia alla partecipazione finanziaria dell'Amministrazione (n. 68). 

Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1036 del 7 agosto 1963, 
relativo al nulla osta alla concessione del beneficio conseguente alla comunicazione 
di disponibilit� dello zucchero sdoganato, possa tale nulla osta 
essere concesso quando la comunicazione di disponibilit� da parte delle 
ditte sia successiva alla immissione in consumo (n. 68). 

IMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali per l'acquisto di terreni sottoposti a bonifica. 

Se il Ministero dell'Agricoltura e Foreste, nel rilasciare il certificato 
previsto dall'art. 41 r. d. 22 gennaio 1911, n. 248 per poter fruire del beneficio 
fiscale disposto dall'art. 8 1. 17 luglio 1910, n. 491 a favore degli acquirenti 
di terreni da sottoporre ad opere di bonifica siti in agro romano, 
possa ridurre il termine quinquennale previsto nell'art. 8 della citata legge 
per il compimento delle opere di bonifica (n. 242). � 

Agevolazioni nel settore dell'edilizia -Legge 2 luglio 1949, n. 408. 

Se la 1. 6 ottobre 1962, n. 1493 in materia di agevolazioni tributarie nel 
settore dell'edilizia abbia implicitamente abrogato le disposizioni riguardanti 
i negozi, contenute nell'art. 17 della 1. 2 luglio 1949, n. 408 (n. 243). 

Art. 117 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3629. 

Se la sentenza n. 80 in data 7 lugilio 1966 della Corte Costituzionale 
abbia dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 117, primo comma 
dle r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 solo limitatamente al rila.scio, da parte 
dei cancellieri, di copie o estratti di sentenze che debbano essere depositati 
in un giudizio di appello (n. 244). 

Associazione in partecipazione -Agevolazione. 

Se l'agevolazione fiscale della registrazione a tassa fissa prevista dall'art. 
38 lett. d) 1. 29 luglio 1957, n. 634 relativamente agli atti di concentrazione 
di ditte possa estendersi alla ipotesi di associazione in partecipazione 
(n. 245). 

Contratti di credito agrario -Benefici -Applicabilit�. 

Se la 1. 6 dicembre 1965, n. 1381, che fa comprendere nel trattamento 
tributario di favore previsto dall'art. 21 del d.1. 29 luglio 1927, n. 1509 
tutti gli atti e contratti relativi alle operazioni di credito agrario, anche 
se contengono clausole inerenti alla decadenza dal beneficio del termine 



PARTE II, CONSULTAZIONI 87 

ed alla pattuizione di interessi moratori, comporti l'applicabilit� del beneficio 
anche ai contratti posti in essere anteriormente alla sua entrata in 
vigore (n. 246). 

Contratto di mutuo. 

Se, in tema di contratto di mutuo, la tassazione di registro debba limitarsi 
alla somma nominale per la quale si � contratto il mutuo (capitale 
mutuato) ovvero debba estendersi anche all'ammontare degli interessi di 
cui il mutuatario abbia assunto l'obbligo del pagamento nei confronti del 
mutuante (n. 247). 

Edifici scolastici, Ospedali, Collegi, Asili ecc. 

Se la legge 19 luglio 1961, n. 659 -che estende ai fabbricati destinati 
ad alloggiare collettivit� (scuole, ospedali, collegi, case di cura, orfanatrofi) 
i benefici fiscali gi� previsti dalla I. 2 febbraio 1949, n. 408 per gli 
immobili destinati ad abitazione dei nuclei familiari -debba ritenersi 
innovativa (sia pure con espresso effetto parzialmente retroattivo) ovvero 
meramente interpretativa (n. 248). 

Pagamento effettuato in modo diverso da quanto stabilito dalla legge di 
registro. 

Se possa attribuirsi efficacia liberatoria �ad un pagamento effettuato 
in modo difforme da quello stabilito dalla legge di registro e, con riguardo 
alla prova dell'avvenuto pagamento, se questa possa essere data con un 
mezzo diverso dalla quietanza di cui all'art. 96 legge registro (n. 249). 

Transazioni con la P.A. -Registrazione. 

Se la registrazione di un �atto di transazione fra la P.A. e l'A.N.M.I. 
sia inderogabilmente disciplinata dall'art. 94 della legge di registro (n. 250). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Rateizzabilit� degli interessi moratori. 

Se siano rateizzabili gli interessi moratori stabiliti dalla I. 26 luglio 
1961, n. 29, in caso di rateizzazione delle imposte complementari di successione 
da cui gli interessi stessi derivano (n. 50). 

IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

Vendita merci negti spacci aziendali. 

Se in relazione alle vendite di merci di propria produzione effettuata 
da ditte fabbricanti al personale da esse dipendente attraverso spacci 
aziendali o di fabbrica, sia esente dall'I.G.E. solo il trasferimento delle 
merci da tali spacci al consumatore oppure anche il passaggio delle stesse 
dal fabbricante agli spacci (n. 115). 

li1r�11J11r1111t1:1111111111�JJt�11111ia1Jt�11~1t 



88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE E TASSE 

Contenzioso tributario. 

Se la sola enunciazione degli articoli di legge di cui si denuncia la 
violazione soddisfi il precetto dell'art. 46 r. d. 8 luglio 1937, n. 1516 (n. 435). 

Esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica a gestore 
di aeroporto. 

Se l'esenzione dall'imposta erariale sul consumo dell'energia elettrica 
di cui all'art. 1 d. 1. 26 aprile 1945, n. 223, all. 4, possa riconoscersi al 
gestore di un Aeroporto limitatamente all'energia destinata all'<alimentazione 
dei dispositivi di segnalazione od invece anche a quell� necessaria 
per tutto il complesso recintato (n. 436). 

LAVORO 

Servizio custodia arloggi militari -Natura. 

Se il servizio di custodia dei fabbricati destinati ad alloggi militari 
abbia natura di rapporto di diritto pubblico ovvero di diritto privato 

(n. 45). 
Se la necessit� per l'amministrazione di assicura!re dive!rsamente il 
servizio di custodia di cui sopra possa costituire giusta causa di licenzia-' 
mento ai sensi dell'art. 3 1. 15 luglio 1966, n. 604 (n. 45). 

LOTTO E LOTTERIA 

Decadenza datla vincita. 

Se debba ritenersi la decadenza dalla vincita al lotto nel caso in cui 
la bolletta vincente sia stata presentata alla ricevitoria entro il termine 
di 30 giorni successivi alla data dell'estraziOOl!e, come prescritto dagli artt. 39 
e 40 r. d. 20 luglio 1940, n. 1077, ma inoltrata all'Intendenza di Finanza, 
per il pagamento, ai sensi dell'art. 45 r. d. citato, oltre il detto termine 

(n. 28). 
NAVI 

Contributo per la costruzione di navi. 

Se il contributo per la costruzione di navi previsto dall'art. 3 della 

1. 9 gennaio 1962, n. 2 debba essere commisurato alle caratteristiche effettive 
delle navi costruite quand'anche il progetto originario prevedesse la 
costruzione di navi di stazza superiore e si sia provveduto alla demolizione 
del naviglio vetusto per un maggiore tonnellaggio (n. 117). 
Propriet� navale. 

Se la Capitaneria di porto su richiesta dell'ultimo acquirente di una 
nave la quale non possa vantare a proprio favore una serie continua di 
trascrizioni sia tenuta a rilasciare l'atto di nazionalit� o la lfoenza (n. 118). 

-



PARTE II, CONSULTAZIONI 89 

Rilascio delle spedizioni in caso di sequ~stro conservativo. 

Se possa farsi luogo al rilascio delle �spedizioni� (art. 179 C.N.} a 
favore di nave nazionale. o straniera assoggettata ad istanza di un privato 
creditore, a sequestro conservativo disposto daWautorit� giudiziaria e notificato 
alla Capitaneria di porto competente al rilascio (n. 119). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Cessioni di crediti per dani di guerra. 

Se nel caso di cessione di crediti per danni di guerra e successiva 
intestazione del decreto di liquidazione in capo al cesionario, tale cessione 
si debba considerare implicitamente accettata dall'Amministrazione 
e quindi questa non possa opporre in compensazione un proprio credito 
verso il cedente (n. 47). 

Se possa considerarsi crf:!dito sorto anteriormente alla notifica della 
cessione, quello assunto in carico all'esattore anteriormente .alla notifica, 
ma solo �successivamente tornato in carico alla Finanza (n. 47). 

PENSIONI 

Adozione -Legittimazione per subsequens matrimonium. 

Se la legittimazione per subsequens matrimonium di persona adottata 
da altri, poi defunta, e fruente, per effetto di tale decesso, di pensione di 
reversibilit�, faccia cessare la condizione adottiva o comunque incida sul 
diritto di godimento alla pensione (n. 114}. 

PIANI REGOLATORI 

Demanio marittimo -Piano regolatore di un porto. 

Se le norme dei piani regolatori dei porti siano norme di azione o di 
relazione (n. 17}. 
Se il P.R. del porto di Palermo possa, allo stato attuale, avere efficacia 
nei confronti degli estranei alla P.A. (n. 17). 

Se l'eventuale inclusione del P.R. di un porto di un'opera che comporti 
l'acquisizione al demanio di un terreno non attualmente tale, non 
pu� di per s� fare acquistare carattere demaniale a tale terr-eno (n. 17). 

PIGNORAMENTO 

Pignoramento presso terzi di stipendi -Luogo di notifica. 

Se l'art. 3 t. u. 5 gennaio 1950, n. 180, secondo cui i pignoramenti di 
stipendi spettanti ad impie.gati delle Amministrazioni dello Stato vanno 
eseguiti presso il Ministero del Tesoro, debba ritenersi abrogato dall'art. 1 

1. 25 marzo 1958, n. 260 (n. 11). 
-Se lo notifica dei detti pignoramenti possa effettuarsi presso le Avvocature 
Distrettuali o debba necessar�amente esse!I'e fatta IM"esso l'Avvocatura 
Generale dello Stato (n. 11). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

90 

PRESCRIZIONE 

Compartecipazione proventi contravvenzionali. 

Se le attribuzioni di quote di partecipazione, derivando da legge, siano 

o meno soggette a prescrizione e, in caso affermativo, quale sia la durata 
del termine prescrizionale (n. 62). 
Se le percentuali sui proventi delle dette contravvenzioni, debbano 
calcolarsi sulle intere somme recuperate dal'Erario (n. 62). 

Legge di guerra (r. d. 1938, n. 1415) -Titoli di risparmio postale. 

Se, ai fini del computo della prescrizione di titoli di risparmio postale 
intestati ed appartenenti alle forze armate, si debba tener conto, oltre che 
della sospensione generale disposta dal r. d.l. 3 gennaio 1944, n. 1 e dal 

d. 1.1. 24 dicembre 1944, n. 392, anche del disposto di cui all'art. 130 r. d. 
1938, n. 1415 (n. 63). 
Se la sospensione dei termini di cui al citato art. 130 si riferisca solo 
ai corsi prescrizionali i cui termini finali vengono a scadere durante l'applicazione 
della legge di guerra ovvero anche agli altri periodi con scadenza 
in periodo diverso (n. 63). 

PREZZI 

Provvedimenti C.I.P. -Importazioni di zucchero. 

Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 
che dispose a favore degli importatori di zucchero una integrazione di 
prezzo pari alla differenza fra mercato internazionale e mercato interno, 
la determinazione della P.A. di partecipare finanziariamente alla singola 
operazione di importazione possa essere legittimamente presa solo prima 
del compimento dell'operazione stessa, e se quindi il compimento dell'operazione 
da parte del privato prima della deliberazione della P.A. significhi 
rinuncia alla partecipazione finanziaria dell'Amministrazione (n. 68). 

Se, in relazione al provvedimento C.I.P. n. 1036 , del 7 agosto 1963, 
relativo al nulla osta alla concessione del beneficio conseguente alla comunicazione 
di disponibilit� dello zucchero sdoganato, possa tale nulla osta 
essere concesso quando la comuncazione di dispowbilit� da parte delle 
ditte sia successiva alla immissione in consumo (n. 68). 

REATI FINANZIARI 

Fraudolento procacciamento di buoni agevola�i -Obbligazioni civili. 

Se l'autore del reato di cui all'art. 12 bis 1. 2 luglio 1957, n. 474 pur 
non essendo soggetto passivo di obbligazione tributaria, possa essere convenuto 
civilmente per la rifusione di somma pari a quella del tributo non 
percepito dalla Finanza in relazione all'agevolazione sul prezzo del carburante 
(n. 2). 



PARTE II, CONSULTAZIONI fil 

REGIONI 

Esecuzione Opere pubbliche -Regione Siciliana. 

Se sussista la facolt� della Regione Siciliana di avvalersi di altri enti 
(mediante atti di concessione) anche per quanto attiene l'esecuzione dei 
lavori di determinate, opere pubbliche di propria competenza oltre che 
per quanto attiene alla progettazione, direzione e contabilizzazione dei 
laV'Ori stessi (n. 145). 

Trasferimento di uffici statali alla Regione. 

Se, in base all'art. 32 d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, secondo cui il 
trasferimento di uffici statali alla Regione Friuli-Venezia Giulia � comporta 
la successione della Regione allo Stato nei diritti ed obblighi inerenti 
agli immobili, sede degli uffici stessi, nonch� al relativo arredamento 
., la Regione acquisti la propriet� degli immobili, ove essi appartengano 
allo Stato, o se, invece, essa acquisti unicamente il diritto di utilizzare 
gli edifici e i terreni appartenenti allo Stato, corrispondendo a 
questo il relativo canone di locazione (n. 146). 

RESPONSABILIT� CIVILE 

Art. 2053 c. c. -Segnaletica stradale. 

Se la presunzione di responsabilit� di cui all'art. 2053 c. c. si applichi 
anche alla P.A. (n. 236). 
Se l'esistenza di un divieto di sosta nella zona in cui si � verificato 
il crollo elida la responsabilit� (n. 236). 

Danni prodotti da aviogetti. 

Se l'Amministrazione possa ritenersi responsabile e quindi tenuta al 
risarcimento per i danni prodotti da aviogetti militari in occasione del 
superamento della barriera del suono (n. 237). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Ricorso gerarchico -Riserva di sosta. 

Se sia ammisisbile il ricorso gerarchico avverso il provvedimento amministrativo 
che rifiuta di riservare una parte di suolo pubblico alla sosta 
dei veicoli di cittadini investiti di una pubblica funzione (n. 13). 

RICOSTRUZIONE 

INFIR -Operazioni fi,nanziablli con il ricavato dello sconto cartelle. 

Se le somme ricavate dall'INFIR mediante emissione di serie speciali 
di cartelle a sensi della 1. 5 gennaio 1953, n. 1 e 27 dicembre 1953, n. 968 
possano essere utilizzate soltanto per operazioni di mutuo e sconto relative 

16 



92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

alla ricostruzione o riparazione di edifici distrutti o danneggiati da eventi 
bellici, ovvero possano essere utilizzate anche per le altre operazioni di 
mutuo e sconto previste dalla citata legge 5 gennaio 1953 e richiamata 
dalla 1. 13 luglio 1966, n. 610 (n. 15). 

RIFORMA FONDIARIA 

Azione di reistituzione per illegittimit� costituzionale decreti P.R. 

Se l'azione dell'espropriazione tesa alla retrocessione dei terreni o in 
difetto al risarcimento dei danni sul presupposto della illegittimit� dei 
decreti di esproprio per riforma fondiaria emanati in base alla 1. 21 ottobre 
1950, n. 841 sia di rivendicazione ovvero di annullamento e soggetta 
quindi a prescrizione (n. 10). 

RISCOSSIONE COATTIVA 

Competenza dei messi di conciliazione. 

Se la competenza, attribuita ai messi di conciliazione dall'art. 6 t. u. 
14 aprile 1910, n. 639, ad eseguire il pignoramento mobiliare nella procedura 
esecutiva per la ris~ossione delle entrate patrimoniali debba ritenersi 
venuta meno per ,effetto dell'art. 17 1. 24 maggio 1921, n. 298 che esclude 
la competenza dei messi di conciliazione a procedere agli atti per l'esecuzione 
delle sentenze dei conciliatori e dei verbali di conciliazione aventi 
forza esecutiva (n. 3). 

Riscossione esattoriale -Responsabilit� degli eredi dell'esattore defunto. 

Se, quando al momento del decesso del titolare di una esattoria ci 
siano eredi capaci ed eredi minori non emancipati, il periodo di continuazione 
d'obbligo della gestione esattoriale debba essere considerato per i 
secondi limitato all'anno della morte oppure debba il detto periodo essere 
considerato unitariamente decorrente per tutti gli eredi fino ai termini 
stabiliti dall'art. 93, c. 2, t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 (n. 4). 

Se il periodo di continuazione extra-obbligo di una gestione esattoriale, 
nel caso che l'erede autorizzato o sub condicione alla continuazione 
non consegua l'idoneit� nel primo esame per la iscrizione all'albo bandito 
successivamente al decesso del titolare possa configurarsi, sotto il profilo 
della responsabilit� dell'erede, come una estensione del periodo d'obbligo 

(n. 4). 
SOCIET� 

Societ� anonima di comodo -Responsabilit� per le obbligazioni del socio. 

Se una societ� anonima di comodo risponde delle obbligazioni del 
socio, che ne � esclusivo proprietario (n. 115). 


I! 
~ 


93

PARTE II, CONSULTAZIONI 

SPESE GIUDIZIALI 

Procedimento di riscossione. 

Se sia applicabile per analogia, nel procedimento di riscossione delle 
spese di giustizia, la norma di cui all'art. 227, del t. u. 29 gennaio 1958, 

n. 645 (n. 20). 
TRANSAZIONI 

Transazioni con la P.A. -Registrazione. 

Se la J:"egistrazione di un atto di transazione fra la P. A. e l'ANMI 
sia inderogabilmente disciplinata dall'art. 94 della legge di registro (n. 16). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Convenzione di Londra 19 giugno 1951. 

Se all'indennit� ex gratia prevista dal par. 6 dell'art. VIII della convenzione 
di Londra per i danni causati, nello Stato di soggiorno, indipendentemente 
dal servizio, da civili o militari, appartenenti alle forze 
armate !li uno degli Stati aderenti al trattato del Nord Atlantico, debba 
sostituirsi l'integrale risarcimento dei danni ai sensi del precedente par. 5, 
allorch� sussista la � legale responsabilit�� di detti civili o militari nel 
senso che l'attivit� posta in essere dai medesimi sia comunque riferibile 
al servizio o occasionata da questo (n. 32). 

Se nel caso prospettato �e, in particolare, per i danni causati dalla 
circolazione di autoveicoli o altri mezzi motorizzati la responsabilit� dello 
Stato proprietario di essi sussista per presunzione di l:egge (art. 2054 c. c.) 

o debba essere provata dal danneggiamento (n. 32). 
Incidenti stradali causati da militari della NATO. 

Se l'incidente causato da un militare della NATO mentre faceva ritorno 
alla propria abitazione con una autovettura di sua propriet� possa ritenersi 
cagionato nell'esecuzione di un servizio (n. 33). 



NOTIZIARIO 


Il giorno 25 aprile 1967, dinanzi ai numerosi avvocati e procuratori 
dello Stato intervenuti alla cerimonia, l'Avvocato Generale S. E. Giovanni 
Zappal�, ha rivolto sentite parole di commiato aJ. vice avvocato g.enerale 

S. E. Giorgio Maoioti, ed ai sostituti avvocati generali prof. Carmelo Carbone 
ed avv. Carmelo Ferruggia, collocati a riposo, il primo per raggiunti 
limiti di et�, gli altri due a domanda. 
Alle parole dell'Avvocato Generale � seguito il commosso ringraziamento 
dei festeggiati. 

S. E. Macioti �entr� a far parte dell'Avvocatura Erariale come aggiunto 
di procura il 25 febbraio 1924 e fu destinato a Roma: Nominato sostituto 
avvocato nel 1930, fu trasferito presso l'Avvocatura Distrettuale dell'Aquila, 
donde fece ;ritorno a Roma nel 1937. Il 20 dicembre 1962 S. E. Macioti fu 
promosso Vice Avvocato Generale. 
Il prof. Carbone, fu nominato sostituto avvocato e destinato alla sede 
di Milano il 6 luglio 1948. Egli p;roveniva dai ruoli della Wiustizia militare 
e dal 1950 prestava servizio presso l'Avvocatura Generale. Fu nominato 
sostituto avvocato generale il 23 febbraio 1950. 

Anche l'avvocato Ferruggia entr� nell'Istituto come sostituto avvocato 
il 6 luglio 1948. Egli proveniva, per�, dalla magi�stratura ordinaria ed ebbe 
come prima destinazione la se�e di Me�ssina. Dalla promozione a Sostituto 
Avvocato Generale, avvenuta il 25 aprile 1963, l'avv. Ferruggia prestava 
servizio presso l'Avvocatura Generale. 

ERRATA CORRIGE AL I FASCICOLO 1967 

La notizia del convegno di studi sulla riforma del processo penale, 
tenutosi a Palermo nei giorni 19-20 novembre 1966, va Tettificata nel senso 
che tra i f�rmata!ri della mozione finale deve ricomprendersi anche il nostro 
co1foga prof. avv. BENEDETTO PELLINGRA.