ANNO XVIII -N. 2 MARZO-APRILE 1966 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO 

1966 




ABBONAMENTI 

ANNO � . � � . . . . . . � . . . . . . . . . . � . � . . . � . � . . L. 5.000 
UN NUMERO SEPARATO . .. .. .. .. .. .. .. .. � � 900 


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LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/40500 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(5212596) Roma, 1966 -Istituto Poligrafico dello Stato P. V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSHTUZIONAll.!E 1E INT1ERNAZIONAr[;
E . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 273 
Sezione seconda: GIURllSPIRiLJDENZA SU QU.ESTIONI DI GlrURISDl,ZIONE 
289 
Sezione terza: GIU1Rl6P>RUDENZA CIVN.JE 318 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA )) 369 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA TRlrBUTARIA 396 
Sezione sesta: GIURIS~UDENZA IN MATERIA DI ACQUE PUB81.:
ICHE, APPALTI E FORNlrTU~E . . . . . . . )) 450 
Sezione settima: GIURISPIRUDENZA PENAtE . . . . . . . . . )) 479 

Parte seconda: QUESTIONI -RASSEGNE -CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 

QUESTIONI 

pag. 39 
RASSEGNA DI DOHRINA )) 

77 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

)) 91 

CON:SULT AZIONI 

)) 114 

NOTl'ZIAIRIO )) 

132 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 

Le sezioni della parte prima sono curate, nell'ordine, dagH avvocati: 
Michele Savarese, Benedetto Baccari, Franco Carusi, Ugo Gargiulo, Mario Fanelli, 
Giuseppe IDel Greco, Antonino Terranova 


Le rassegne di dottrina e legfalazione dagli avvocati: 
luigi Mazzella e Arturo Marzano 




ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

QUARANTA A., Situazioni soggettive rispetto al potere autorizzativo 
della P.A. e problemi di giurisdizione . . I, 298 

SACCHETTO P., Privilegi marittimi e privilegi previsti dal codice 
civile o da leggi speciali . . . . . . . . . . . . . I, 322 

CARUSI F., In tema di ammissione al passivo fallimentare con 
riserva di presentazione di documenti . . . . . . . . . I, 340 

CARUSI F., Considerazioni su un caso di ritenuta responsabilit� 
della P.A. per decadenza incorsa dal privato, con essa contraente, 
da beneficio della registrazione a tassa fissa del 
contratto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 365 

BATISTONI FERRARA F., Perdita delle merci introdotte nei 
magazzini di temporanea custodia e legittimazione all'azione 
di risarcimento del danno . . . . . . . . . . . . . . I, 401 

ANGELINI ROTA G., Sulla proponibilit� di azioni ed opposizioni 
fondate sul concordato fallimentare del debitore d'imposte 
dirette . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 428 

MARZANO A., Nullit� insanabile dell'impugnazione e integrazione 
del contraddittorio . . I, 459 

COLETTA G., Osservazioni sull'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, 

n. 523 delle leggi sulle opere idrauliche . . . . . I, 469 
ALIBRANDI T., La sindacabilit� del provvedimento amministrativo 
nel processo penale . . . . . . . . . . . II, 39 



INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Opere idrauliche -Risarcimento 
dei danni -Proponibilit� della 
azione, con nota di G. CoLETTA, 

468. 
-Opposizione ad ingiunzione che 
investa la natura e la portata 
della pretesa amministrativa Competenza 
funzionale del Tribunale 
delle Acque -Prevalenza, 
con nota di A. MARZANO, 459. 

-Procedimento dinanzi ai Tribunali 
delle Acque -Accertamenti 
tecnici -Adempimento da parte 
di estranei all'organizzazione dei 
Tribunali -Ammissibilit� -Limiti, 
476. 

- 
Questioni sulla natura pubblica 

o privata delle acque -Premessa 
necessaria per la decisione della 
causa -Competenza, con nota di 
A. MARZANO, 459. 
-V. anche Imposta di registro. 
AMMINISTRAZIONE DELLO STATO 
E DEGLI ENTI PUBBLICI 

-Amministrazione dello Stato Erronea 
citazione in giudizio 
dell'organo rappresentativo di 
Amministrazione non legittimato 
alla causa -Eccezione di difetto 
di legitimazione passiva sollevata 
dall'Avvocatura dello Stato Assimilazione 
all'eccezione di difetto 
di legittimazione al processo 
dell'organo erroneamente 
evocato in giudizio -Onere dell'Avvocatura 
dello Stato di soll~
vare l'eccezione alla prima 
udienza con l'indicazione della 
Amministrazione legittimata alla 
causa -Concetto di prima udienza 
contemplato dalla 1. 25 marzo 
1958, n. 260 -Prima udienza di 
trattazione, 340. 

-Amministrazione dello Stato Erronea 
citazione dell'organo 
l'appresentativo di Amministrazione 
non legittimata alla causa 

2 

-Rinnovazione dell'atto -Ammissibilit�, 
339. 

-Notificazione della domanda arbitrale 
non eseguita presso l'Avvocatura 
dello Stato -Nullit� 
assoluta ed insanabile -Costituzione 
della Amministrazione Irrilevanza 
-Rinnovazione della 
notifica -Inammissibilit�, 477. 

-Procedimento innanzi ai Tribunali 
delle acque -Appello avverso 
fa sentenza del Tribunale 
regionale delle acque -Notifica 
presso l'Avvocatura distrettuale 
e non presso l'Avvocatura Generale 
dello Stato -Nullit�, 475. 

-V. anche Competenza e giurisdizione, 
Impugnazione. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche Appalto 
stipulato dalla Cassa del 
Mezzogiorno -Richiamo, ai sensi 
dell'art. 8 della legge istitutiva 
della Cassa, del Capitolato Generale 
LL.PP. -Sua natura normativa, 
con nota di L. TRACANNA, 

450. 
-Appalto di opere pubbliche Supplente 
-Unicit� dell'obbligazione 
dell'appaltatore e del supplente 
-Figura giuridica del 
supplente -Obbligato principale 
-Inadempimento -Danni Possibilit� 
di calcolarli nella 
somma dovuta dall'appaltatore 
alla P.A., con nota di L. TRACANNA, 
450. 

- 
Appalto di opere pubbliche Supplente 
-Volont� dichiarata 
di non voler subentrare aU'appaltatore 
-Procedimento, nei 
suoi confronti di risoluzione in 
danno -Inapplicabilit� -Possibilit� 
per la P. A. di rescindere 
il contratto -Sussiste, con nota 
di L. TRACANNA, 450. 

APPELLO 

- 
V. Procedimento civile. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

VI 

ARBITRATO 

-Notifica della domanda arbitrale 
presso l'Avvocatura dello Stato 
-Inderogabilit�, 476. 

-Sentenza arbitrale -Controllo 
della sussistenza della motivazione 
-Appartiene al giudice 
di merito competente a pronunciarsi 
sull'azione di nullit� del 
lodo e non alla Corte di Cassazione, 
334. 

ATTO AMMINISTRATIVO 

-Annullamento di ufficio -Contraddittoriet� 
col provvedimento 
annullato -Eccesso di potere Non 
� ipotizzabile, 384. 

-Competenza e giurisdizione -Atto 
adottato in base a norme dichiarate 
incostituzionali -Effetti 
ai fini della giurisdizione -Giurisdizione 
del Consiglio di Stato, 

389. 
-Contratto della P. A. -Scelta del 
privato contraente -Licitazione 
privata -Trattativa privata e 
cottimo fiduciario -Verbali delle 
operazioni -Interpretazione da 
parte del G.O. -Apprezzamento 
di fatto -Insindacabilit� in Cassazione, 
con nota di R. CARUSI, 

361. 
-Perfezione -Quando sussiste Pubblicazione 
-Formalit� estrinseca 
-Vizi della pubblicazione Rilevanza 
sulla validit� dell'atto 
-Esclusione, 377. 

- 
Silenzio -Situazione di fatto 
consolidatasi col tempo in esecuzione 
di atti divenuti impugnabili 
-Diffida a provvedere in 
modo diverso -Silenzio della 

P. A. -Impugnativa -Inammissibilit�, 
387. 
BELLEZZE NATURALI 

- 
V. Demanio. 

CACCIA E PESCA 

-Concessione di riserva di caccia 
-Presupposto -Fonte del diritto 
esclusivo da cacciare -Trasformazione 
in bene demaniale 

di parte dell'area assoggettata a 
riserva di caccia -Estensione 
dell'ambito della concessione Insussistenza 
-'.Diritto dell'Amministrazione 
ad un ulteriore 
canone -Esclusione, 358. 

CASSAZIONE 

-Legittimazione ad agire -Eccezione 
-Non dedotta nel giudizio. 
di merito -Deducibilit� in Cassazione 
-Limiti, con nota di R. 
SEMBIANTE, 437. 

-Nuove questioni di diritto -Ammissibilit� 
-Limiti, con nota di 

R. SEMBIANTE, 437. 
-V. anche Fallimento. 
CINEMATOGRAFIA 

-Film -Programmazione obbligatoria 
e assegnazione del premio. 
previsto dall'art. 14, 2<> comma, 
legge 31 luglio 1956, n. 897 Autonomia 
dei giudizi -Effetti,, 

384. 
COLLEGIO 

-Collegio amministrativo -Procedimento 
disciplinare -Commissione 
disciplina -Presidente Astensione 
-Sostituzione con il 
membro pi� anziano -Motiva-zione 
-Legittimit�, 395. 

COMPETENZA E GIURISDJ:ZlO-


NE 

-Autorizzazione amministrativa Licenza 
di temporanea importa-zione 
-Natura della situazione� 
soggettiva del titolare dell'autorizzazione 
-Diritto soggettivo Suo 
affievolimento per l'esercizio 
di poteri pubblici discrezio-nali 
-Fattispecie: esercizio di 
poteri di polizia fitosanitaria da. 
parte di Amministrazione diversa 
da quella autorizzante -Do-manda 
di risarcimento danni del 
privato -Improponibilit� per di-fetto 
di giurisdizione dell'A.G.O.,, 
con nota di A. QUARANTA, 297. 

-Conflitti di attribuzione -Legitimazione 
a sollevarli, 294. 


INDICE 
vn 

-.Distanze legali -Contiguit� a 
bene patrimoniale indisponibile 
-Diritto soggettivo del privato 
al rispetto delle distanze -Affievolimento 
del diritto -Limiti, 

313. 
-Espropriazione per p.u. -Giurisdizione 
ordinaria e amministrativa 
-Criteri -Concreta manifestazione 
del potere pubblico Affievolimento 
del diritto privato 
-Sussiste -Conseguenze giurisdizione 
del Consiglio di Stato 
-Fattispecie, 369. 

-Giurisdizione ordinaria e amministrativa 
-Enti pubblici economici 
-Impiego pubblico -Controversie 
-Giurisdizione ordinaria 
-Limiti, 295. 

-Impiego pubblico e privato Operai 
giornalieri -Inquadramento 
-Giurisdizione del Consiglio 
di Stato, 394. 

-Potere del giudice che pronuncia 
soltanto sulla giurisdizione 
di fissare principi e limiti per 
l'esercizio della giurisdizione 
stessa -Esclusione, 433. 

-Regolamento di giurisdizione Giudizio 
pendente davanti al 
Consiglio di Stato -Ammissibilit�, 
289. 

-Regolamento di giurisdizione Giudizio 
pendente davanti al 
Consiglio di Stato -Ammissibilit�, 
289. 

-Regolamento di giurisdizione Mancanza 
di motivi -Ammissibilit�, 
297. 

-Regolamento preventivo di giurisdizione 
-Preclusione, 296. 

-Regolamento di giurisdizione -Sospensione 
del giudizio di merito 
1 Inderogabilit�, 289. 

-Violazione delle norme sulle distanze 
da parte della P. A. Sentenze 
dichiarative -Ammissibilit�, 
313. 

- 
V. anche Atto amministrativo. 

CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

~ 
Istanze concorrenti ed incompatibili 
-Criterio di scelta -Fattispecie, 
381. 

-Personalit� ed intrasmissibilit� Portata 
-Cessione di azienda di 
fabbricazione di fiammiferi 
Consenso della P. A. -Mancanza 
-Effetti, 334. 

-Procedimento -Funivia e Funicolari 
-Parere -C.F.A.T. (Commissione 
Funicolari Aeree e Terrestri) 
-Legittimit�, 381. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


CONFLITTI DI ATTRIBUZIONI 

-V. Competenza e giurisdizione, 
Corte Costituzionale. 

CONTABILIT� GENERALE DELLO 
STATO 

-Contratto della P. A. -Procedimento 
di scelta del privato contraente 
-Licitazione privata Verbale 
di aggiudicazione -�Tiene 
luogo della stipulazione del 
contratto, con nota di F. CARusI, 

361. 
-Albi> nazionale dei costruttori Iscrizione 
-Criteri, 392. 

-Approvazione -Visto di esecutoriet� 
-Diniego -Fattispecie Legittimit�, 
392. 

- 
Licitazione privata -Aggiudica.,; 
zione -Procedimento,;. Continuit� 
delle operazioni della gara. 

393. 
-Licitazione privata -Offerta in 
aumento -Offerta di importo pari 
al valore base -Inammissibilit�, 
393. 

-Licitazione privata -Verbale di 
aggiudicazione -Impugnativa Competenza 
del Consiglio di Stato 
-Sussiste, 393. 

-V. anche Atto amministrativo, 
Responsabilit� civile. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflito di attribuzioni -Notificazione 
del ricorso ai controinteressati 
-Non � prescritto, 278. 



VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


COSA GIUDICATA 
lit� della 1. 27 luglio 1957, n. 8 
-Manifesta infondatezza, 390. 

-Cosa giudicata sostanziale -Effi


cacia -Limite -Identit� degli -Demanio storico e artistico -I 
elementi costitutivi delle azioni -Vincolo storico e artistico -Con


I

Riesame della stessa questione in tenuto e scopo del provvedimenun 
secondo giudizio non identito 
-Necesit� -Competenza del . 


.

co al primo -Diversit� della Ministro, 374. 
soluzione -Violazione del preceDemanio 
e artistico


-storico 


dente giudicato -Esclusione, con Vincolo storico e artistico -Monota 
di F. CARUSI, 362. 


tivazione -Necessit� -Fattispecie, 
375. 

I

-Giudicato amministrativo -Esecuzione 
-Ricorso ai sensi del-
V. anche Caccia e pesca, Compe


l'art. 27, n. 4 -Precedente contenza 
e giurisdizione.
danna generica della P. A. al risarcimento 
dei danni -Non preclude 
il ricorso -Ricorso ai sensi 


DOGANA 

dell'art. 27, n. 4 ed azione giudiziaria, 
nel caso di precedente -Merci in temporanea custodia condanna 
generica della p. a. -Limitazione di responsabilit� di 
Alternativit�, 391. cui all'art. 26 regol. doganale 


-Giudicato amministrativo -RieApplicabilit� 
all'Amministrazio


same e rinnovazione dell'atto anne 
-Esclusione, con nota di F. 
nullato -Impugnativa -Motivi -BATISTONI FERRARA, 401. 
Deducibili nel precedente giudi


-Merci in temporanea custodia 


zio e non dedotti -Inammissi


Obbligo di vigilanza dell'Ammi


bilit�, 384. 

nistrazione -Sottrazione resa 
-Giudicato sulla competenza possibile da violazione delle n!'~


Cosa giudicata formale -Giudime 
di comune prudenza e dilicato 
su questioni di merito -Cogenza 
-Responsabilit�, con nota 
sa giudicata sostanziale, 334. di F. BATISTONI FERRARA, 401. 


-Merci in temporanea custodia Sottrazione 
-Azione di risarci


COSTITUZIONE DELLA REPUB


mento del danno -Destinatario

BLICA 

del trasporto -Legittimazione, 
con nota di F. BATISTONI FERRA


-Principio di eguaglianza dei cit


RA, 401.

tadini -Riferimento solo alle 
persone fisiche -Esclusione, 281. -V. anche Competenza e giurisdizione.


-V. anche Demanio, Impiego pubblico, 
Misure di sicurezza, Mutilati 
e invalidi, Sicilia. 

EDILIZIA 

-Demolizioni di costruzioni non

DEMANIO E PARTRIMONIO 

autorizzate -Istanza dei privati 
al Sindaco -Silenzio rifiuto 


_:. Beni patrimoniali indisponibili 


Impugnativa con ricorso. al Co~


Regime -Vincoli di incommer


siglio di Stato -Successivo ordi


ciabilit� e di imprescrittibilit� 


ne di demolizione -Cessazione

Limiti, 313. 

della materia del contendere, 
-Demanio storico e artistico -388. 
Bellezze naturali -Provincia di 

-Demolizioni non autorizzate 


Bolzano -Demolizione e sospen


Istanza dei privati al Sindaco 


sione dei lavori, art. 8, 1. n. 8 

Sussistenza dell'interesse qualifi


del 1957 -Criteri, 390. 

cato -Obbligo di provvedere 


-Demanio storico e artistico Silenzio rifiuto -Impugnativa al 
Bellezze naturali -Provincia ri Consiglio di Stato -AmmissibiBolzano 
-. Pretesa incostituziona-lit�, 388. 



INDICE. 
IX 


EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Incis -Cessic>ne alloggi in propriet� 
-Determinazione del valore 
venale� ,.. Ricorso alla Commissione 
Regionale -Contraddittorio 
-Ammissibilit�, 379. 

-Incis -Riscatto di locali non destinati 
ad abitazione -Determinazione 
del valore venale -Ricorso. 
alla Commissione Regionale 
..: Ammissibilit�, 379. 

ELEZIONI AMMINISTRATIVE E 
POLITICHE 

-Manifestazione del voto -Princlpi 
-Volont� espressa in modo 
equivoco -Invalidit� -Fattispecie, 
372. 

ESECUZIONE FISCALE 

-v; Imposte e tasse in genere, Ingiunzione. 


ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

-Edifici scolastici -Pr.ogetti -Approvazione 
-Competenza del 
Provveditore alle 00. PP., 375. 

-Edifici scolastici -Scuole materne 
-Istituzioni -Nozione -Fattispecie, 
380. 

-Espropriazione per la costruzione 
di edifici popolari ai sensi della 
legge 9 agosto 1954, n. 640 -
Espropriazione di aree destinate 
alla costruzione di servizi Legittimit�, 
386. 

-Espropriazione -Scelta dell'area 
-Discrezionalit� -Sindacato di 
legittimit� -Esclusione, 376. 

-Impugnativa -Censure relative 
a un bene non coperto dalla dichiarazione 
di p. u. -Omesso impugnativa. 
del decreto di dichiarazione 
di p. u. -Irrilevanza, 385. 

-Impugnativa -Censure relative 
ai criteri tecnici seguiti per la 
redazione del progetto -Inammissibilit� 
-Censure relative ai 
criteri per l'applicazione della 
legge -Ammissibilit�, 385. 

-Impugnativa -Omessa presentazione 
delle osservazioni ai sensi 

dell'art. 18 della legge n. 2353 

del 1865 -Irrilevanza, 385. 

-Indennit� -Credito di liquidazione 
-Terreno edificatorio -Caratteri, 
475. 

-Interesse ad agire -Impugnazione 
da parte di proprietario di 
terreni rimasti estranei alla procedura 
espropriativa -Inammissibilit�, 
381. 

-Occupazione di urgenza -Elettrodotto 
-Autorizzazione provvisoria 
-Contenuto -Determinazione 
del percorso dall'elettrodotto 
-Riferimento a terreni non . 
compresi nel tracciato -Illegittimit�, 
376. 

-Occupazione d'urgenza relativa 
ad area per costruzione di opera 
dichiarata di pubblica utilit� Natura 
-:t atto conseguenzialerispetto alla dichiarazione di. p. 

u. -Effetti ai fini della impugnativa 
. giurisdizionale -Potere del 
Prefetto -Limiti, 375. 
-Pendenza del giudizio civile per 
illigittima occupazione del fondo 
-Espropriazione -Legittimit�, 
369. 

-Termini -Finalit� -Inosservanza 
-Effetti, 369. 

- 
V. anche Competenza e giurisdi-zione, 
Riforma fondiaria. 

FALLIMENTO 

-Ammissione al passivo con riserva 
di presentazione di documenti 
-Efficacia -� Condicio juris ~ 
della tempestiva opposizione allo 
stato passivo, con nota di F. CARUSI, 
348. 

-Ammissione di un credito con il 
relativo privilegio in sede di ve-rificazione 
dello stato passivo Preclusione 
di ogni successiva 
questione attinente alla graduazione 
dei privilegi -Non sussiste, 
con nota di P. SACCHETTO, 321. 

-Attivit� giurisdizionale del giudice 
delegato -Procedimento di 
verifica dei crediti, di insinuazione 
tardiva e di riparto finale Rispettive, 
autonome finalit�. con 
nota di F. CARUSI, 348. 



X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Decreto del Tribunale emesso su 
reclamo avverso il provvedimento 
del giudice delegato che rende 
esecutivo n piano di riparto 
-Ricorso per cassazione -Ammissibilit�, 
con nota di P. SACCHETTO, 
321. 

-V. anche Imposte e tasse in genere. 


GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Procedimento giurisdizionale 
avanti al Consiglio di Stato Costituzione 
in giudizio del resistente 
-Notifica del controricorso 
-Non necessaria -Deposito 
in segreteria della procura 
ad litem -Sufficienza, 373. 

-Procedimento giurisdizionale 
avanti al Consiglio di Stato Costituzione 
in giudizio del resistente 
-Termine perentorio di 
30 gg. -Inapplicabilit� -Notificazione 
del ricorso incidentale Termine 
perentorio �di 30 gg. Applicabilit�, 
373. 

-Ricorso al Consiglio di Stato Impugnativa 
di decisioni di ricorso 
gerarchico dichiarato inammissibile 
-Esame da .parte del 
Consiglio di Stato -Inammissibilit�, 
387. 

-Ricorso giurisdizionale -Legittimazione 
attiva -Esperimento 
del ricorso nell'interesse dei figli 
minori -Autorizzazione Giudice 
tutelare -Quando � necessaria, 

380. 
-Ricorso giurisdizionale al Consiglio 
di Stato -Motivi -Motivi 
non dedotti nel ricorso gerarchico 
-Inammissibilit�, 391. 

- 
Ricorso giurisdizionale -Motivi 
-Genericit� Inammissibilit�, 

381. 
-Ricorso giurisdizionale al Consiglio 
di Stato -Mutatio libelli Inammissibilit�, 
389. 

- 
V. anche Competenza e giwrisdizione, 
Contabilit�. di Stato, Edilizia. 


IMPIEGO PUBBLICO 

-Dipendenti della Camera di 
Commercio -Inquadramento Decorrenza 
-Limiti, 394. 

-Inquadramento -Questioni di 
legittimit� costituzionale dell'articolo 
370 t. u. 10 gennaio 1957, 

n. 3, sotto il profilo della viol�zione 
della delega prevista dall'art. 
2, n. 17, 1. 20 dicembre 1954, 
n. 1181 -Manifesta infondatezza, 
393. 
-Nomina alla qualifica di vicedirettore 
delle carriere speciali 
ai sensi dell'art. 31, 1. 7 luglio 
1959, n. 469 ~ Nomina effettuata 
in sede di prima applicazione 
della legge -Limiti, 382. 
-Procedimento disciplinare -Sospensione 
-Procedimento penale 
relativo a :fatti diversi -Sospensione 
-Inammissibilit�, 395. 


-Promozione per merito compa. 
rativo -Attribuzione di punteggio 
-Motivazione -Presupposti, 

383. 
-Promozione per merito comparativo 
-Autonomia dei giudizi Fattispecie, 
383. 
-Promozione a direttore generale 
-Promozione per merito comparativo 
-� Esclusione, 384. 


- 
Promozione per merito compa


rativo -Eccesso di potere -Disparit� 
di trattamento -Fattispecie, 
383. 

-V. anche Competenza e giurisdizione. 


IMPOSTA DI REGISTRO 

-Concessione di derivazione di 
acqua -Aumenti legali dei canoni 
-Tassabilit� -Esclusione, 

447. 
-Vendite di merci che nel commercio 
esercitato dal venditore 
sono destinate alla rivendita Registrazione 
in caso d'uso -Aliquota 
ridotta di cui all'art. 45 
tab. D della legge organica del 
registro -Applicabilit� anche 
agli atti, relativi alle dette vendite, 
redatti in forma pubblica o 
posti in essere con scrittura privata 
autenticata, e perci� in ogni 
caso soggetti a registrazione in 
termine fisso, 416. 

- 
Vendite di beni mobili e di merci, 
anche tra commercianti -Aliquote 
ordinarie di cui agli artt. 2 



���~


�


. 

INDICE 
XI 

e 3 lett. a) della tariffa allegato 
A alla legge organica del registro 
-Limiti di applicabilit�,

416. 
-V.anche Responsabilitd civile. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Determinazione dell'attivo imponibile 
-Maggiorazione per presunzione 
di esistenza, nell'asse 
eriditario, di gioielli, mobilia e 
denaro -Pronuncia di illegittimit� 
costituzionale, in relazione 
al diverso computo, della percentuale: 
sul valore lordo, per le 
aziende agricole, e sul valore 
netto, per le aziende industriali 
e commerciali -Estensione della 
pronuncia di illegittimit� all'intera 
norma sulla presunzione indicata 
-Esclusione, 442. 

-Determinazione dell'attivo�imponibile 
-Maggiorazione per presunzione 
di esistenza di gioielli 
mobilia e denaro -Inapplicabi~
lit� in caso di diverse risultanze 
di inventari -Condizioni -Limiti, 
442. 

-Imposta globale sull'asse ereditario 
netto e sulle donazioni e 
altre liberalit� -Addizionale di 
cui al r. d. 30 novembre 1937, 

n. 2145 -Applicabilit� in ogni 
caso in cui � dovuta l'impostaglobale, 422. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Monta taurina per conto terzi Compravendita 
di mangimi destinati 
all'alimentazione dei tori 
-Applicabilit� dell'imposta Limiti, 
con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 396. 

-Imposta generale sull'entrata Controversie 
di estimazione semplice 
non devolute alla cognizione 
delle Commissioni -Giurisdizione 
del giudice ordinario Sussiste, 
433. 

IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

-Imposta straordinaria progressiva 
-il imposta personale -Re


sidente (alla data normativa) in 
Trieste -Non vi sono soggetti,

411. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Concordato per la determinazione 
dell'imponibile -Natura, 421. 

-Domicilio fiscale -Determinazione 
con provvedimento dell'Amministrazione 
-Forme e condizioni, 
411. 

-Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto 
al momento in cui si verifica 
il presupposto di fatto dell'imposizione, 
411. 

-Esecuzione esattoriale -Concordato 
fallimentare -Azione diretta 
a farne riconoscere il carattere 
vincolante rispetto al credito 
chirografico di imposta -Opposizione 
all'esecuzione ed azione 
di accertamento -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Esclusione 
a limiti -con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 427. 

- 
Imposta addizionale istituita col 

r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 Natura, 
422. 
...,.... 
Prescrizione -Adesione del contribuente 
alla determinazione 
dell'imponibile -Idoneit� quale 
atto interruttivo della prescrizione 
-Estensione, 421. 

- 
V. anche Impiresa. 

IMPRESA 

..:_ 
Impresa agricola -Attivit� connesse 
-Concetto -Limiti, con 
nota di G. ANGELINI RoTA, 396. 

IMPUGNAZIONE 

-Causa inscindibile -Notificazione 
ad Amministrazione dello 
Stato -Nullit� -Irrilevanza Integrazione 
del contraddittorio, 
con nota di A. MARzANo, 458. 

INGIUNZIONE 

-Ingiunzione fiscale -Natura giuridica 
-Opposizione -Posizione 
processuale delle parti -Competenza 
giurisdizionale dell'autori



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

XII 


t� giudiziaria -Contenuto e li


miti, con nota di A. MARZANO, 

459. 
-V. anche Acque pubbliche. 
ISTITUZIONI PUBBLICHE DI ASSISTENZA 
E BENEFICENZA 

-Organi -Scioglimento -Discrezionalit� 
-Insindacabilit�, 390. 

-Organi -Scioglimento -� Invito 
agli amministratori -Omissione 
-Criteri, 390. 

LEGGI E DECRETI 

-Leggi transitorie -Efficacia-Limiti, 
382. 

-Leggi transitorie -Efficacia Natura 
-Interpretazione analogica 
-Inammissibilit�, 382. 

MISURE DI SICUREZZA 

-Presunzione di pericolosit� sociale 
-Violazione del principio 
della competenza dell'autorit� 
giudiziaria -Esclusione, 276. 

MUTILATO E INVALIDO 

-Composizione delle Commissione 
provinciali e della Commissione 
centrale per l'accertamento 
dell'invalidit� fisica -Inclusione 
di un medico della L.A.N.M.I.C. 
-Contrasto col principio dell'imparzialit� 
dell'azione amministrativa, 
282. 

-Corsi di addestramento istituiti 
dal Ministero del Lavoro -Trattamento 
differenziale e di favore 
riservato alla Libera Associazione 
Nazionale Mutilati e Invalidi Civili 
-Insussistenza, 281. 

NOTAIO 

-Consiglio Nazionale Notarile Elezioni 
-Elettorato attivo -Autorizzati 
all'esercizio temporaneo 
della funzione di notaio -Legittimazione 
al voto -Sussiste, 373. 

NOTIFICAZIONE 

-Notificazione a mezzo del servizio 
postale -. Momento del perfezionamento 
-Restituzione della 
ricevuta di ritorno, 477. 

OLTRAGGIO 

-Scriminante dell'arbitrariet� dell'atto 
del pubblico ufficiale -Consapevolezza 
dell'arbitrariet� da 
parte dell'agente, 479. 

OPERE PUBBLICHE 
-V. Acqua pubbliche, Appalto. 


PIANO REGOLATORE 

-Approvazione -Piani regolatori 
intercomunali -Autonomia Piano 
regolatore generale di un 
Comune con termine e sua approvazione 
precedente a quella 
del piano intercomunale -Legittimit�, 
377. 

-Approvazione Pubblicazione 
nella Gazzetta Ufjiciale -Annuncio 
per sunto o per estratto nella 
Gazzetta Ufjiciale -Sufficienza, 

377. 
-Interese a ricorrere -Proprietario 
di zone non contemplate 
nelle modifiche del piano -Carenza 
di interesse, 377. 
-Procedimento -Deposito degli 
atti nella casa comunale -Adempimenti, 
377. 
-Pubblicazione del progetto -Osservazione 
dei privati -Natura Reiezione 
-Obbligo di motivazione 
-Non sussiste, .378. 
-Vincoli -Verde agricolo e verde 
pubblico -Discrezionalit� nella 
scelta dell'uno e dell'altro -Insindacabilit�, 
378. 
-Vincoli -Verde agricolo e verde 
pubblico -Finalit� -Compatibilit� 
-Conseguenze, 377. 
-Vincoli -Verde agricolo -Possibilit� 
di indennizzo -Esclusione, 
378. 

PRESCRIZIONE 

-Atti interuttivi -Riconoscimento 
del debito -Mancanza di dichiarazione 
formale ed esplicita 
-Non esclude l'efficacia interruttiva, 
421. 

PREZZI 

-Disciplina dei prezzi -Energia 
elettrica -Riduzione dei prezzi 
-Istruttoria -Mancanza -Ille-gittimit�, 
388. 



INDICE 
XI 

e .3 lett. a) della tariffa allegato 
A alla legge organica del registro 
-Limiti di applicabilit�,
416. 
-V.anche Responsabilit� civile. 
IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Determinazione dell'attivo imponibile 
-Maggiorazione per presunzione 
di esistenza, nell'asse 
eriditario, di gioielli, mobilia e 
denaro -Pronuncia di illegittimit� 
costituzionale, in relazione 
al diverso computo, della percentuale: 
sul valore lordo, per le 
aziende agricole, e sul valore 
netto, per le aziende industriali 
e commerciali -Estensione della 
pronuncia di illegittimit� all'intera 
norma sulla presunzione indicata 
-Esclusione, 442. 

-Determinazione dell'attivo �imponibile 
-Maggiorazione per presunzione 
di esistenza di gioielli 
mobilia e denaro -Inapplicabi~
lit� in caso di diverse risultanze 
di inventari -Condizioni -Limi


ti, 
442. 

-Imposta globale sull'asse ereditario 
netto e sulle donazioni e 
altre liberalit� -Addizionale di 
cui al r. d. 30 novembre 1937, 

n. 2145 -Applicabilit� in ogni 
caso in cui � dovuta l'impostaglobale, 422. 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 


-Monta taurina per conto terzi Compravendita 
di mangimi destinati 
all'alimentazione dei tori 
-Applicabilit� dell'imposta Limiti, 
con nota di G. ANGELINI 
RoTA, 396. 

-Imposta generale sull'entrata Controversie 
di estimazione semplice 
non devolute alla cognizione 
delle Commissioni -Giurisdizione 
del giudice ordinario Sussiste, 
433. 

IMPOSTA STRAORDINARIA SUL 
PATRIMONIO 

-Imposta. straordinaria progressiva 
-� imposta personale -Re


sidente (alla data normativa) in 
Trieste Non vi sono soggetti,

411. 
IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Concordato per la determinazione 
dell'imponibile -Natura, 421. 

-Domicilio fiscale -Determinazione 
con provvedimento dell'Amministrazione 
-Forme e condizioni, 
411. 

-Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto 
al momento in cui si verifica 
il presupposto di fatto dell'imPosizione, 
411. 

-Esecuzione esattoriale -Concordato 
fallimentare -Azione diretta 
a farne riconoscere il carattere 
vincolante rispetto al credito 
chirografico di imposta -Opposizione 
all'esecuzione ed azione 
di accertamento -Giurisdizione 
del giudice ordinario -Esclusione 
a limiti -con nota di G. ANGELINI 
ROTA, 427. 

- 
Imposta addizionale istituita col 

r. d. 30 novembre 1937, n. 2145 Natura, 
422. 
..,--Prescrizione -Adesione del contribuente 
alla determinazione 
dell'imponibile -Idoneit� quale 
atto interruttivo della prescrizione 
-Estensione, 421. 

- 
V. anche Impresa. 

IMPRESA 

.::__ 
Impresa agricola -Attivit� connesse 
-Concetto -Limiti, con 
nota di G. ANGELINI ROTA, 396. 

IMPUGNAZIONE 

-Causa inscindibile -Notificazione 
ad Amministrazione dello 
Stato -Nullit� -Irrilevanza Integrazione 
del contraddittorio, 
con nota di A. MARZANO, 458. 

INGIUNZIONE 

-Ingiunzione fiscale -Natura giuridica 
.... Opposizione -Posizione 
processuale delle parti -Competenza 
giurisdizionale dell'autori




::nv RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fini istituzionali dell'Ente -Rife


ribilit� dell'evento dannoso alla 

P. A. -Sussiste, 344. 
--V. anche Acque Pubbliche, Appalto, 
Cosa giudicata, Dogana. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico -Competenza 
della autorit� adita -Cessazione 
del rapporto gerarchico 
successivamente alla proposizione 
del gravame -Irrilevanza, 

387. 
RIFORMA FONDIARIA 

-Espropriazione di terreni boschivi 
con piante cedue -Piante gi� 
mature per il taglio al momento 
dell'espropriazione -Indennit� 
aggiuntiva -Compravendita del 
ceduo e successiva espropriazione 
del suolo -Efficacia traslativa 
reale della compravendita Piante 
non ancora giunte a maturazione 
-Esclusione -Acquisto 
delle medesime da parte dell'espropriante 
-Sussiste -Conoscenza 
della vendita da parte 
dell'Ente espropriante -Inopponibilit� 
della medesima in mancanza 
di adesione dell'Ente, 330. 

:SARDEGNA 

-Controllo sugli atti degli Enti 
locali di competenza della Commissione 
Centrale Finanza Locale 
-Trasferimento all'Assessore 
regionale per gli Enti locali Esclusione, 
278. 

-Motivazione -Contradditoriet� 
della motivazione su un punto 
decisivo della controversia -Nozione, 
con nota di F. CARUSI, 

362. 
SENTENZA 

-Motivazoine -Contraddittoriet� 
della motivazione su un punto 
decisivo della controversia -Nozione, 
con nota di F. CARUSI, 362. 

-V. anche Arbitrato. 

SICILIA 

-Insegnanti elementari -Riconoscimento 
del servizio nelle scuole 
sussidiate -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 278. 

-Legge regionale recante benefici 
fiscali per le nuove costruzioni 
edilizie -Introduzione di tassa 
fissa -Illegittimit� costituzionale 
con riferimento agli artt. 17 e 36 
dello Statuto speciale per la Regione 
Siciliana, 279. 

SOCIETA 

-V. Tassa sulle concessioni governative. 


TASSA SULLE CONCESSIONI GOVERNATIVE 


-Societ� -Aumento di capitale 
mediante utilizzazione delle riserve 
-Applicabilit� dell'imposta 
graduale -Esclusione, 434. 



:xiv RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

'! 


fini istituzionali dell'Ente -Rife


ribilit� dell'evento dannoso alla 

P. A. -Sussiste, 344. 
--V. anche Acque Pubbliche, Appalto, 
Cosa giudicata, Dogana. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Ricorso gerarchico -Competenza 
della autorit� adita -Cessazione 
del rapporto gerarchico 
successivamente alla proposizione 
del gravame -Irrilevanza, 

387. 
RIFORMA FONDIARIA 

-Espropriazione di terreni boschivi 
con piante cedue -Piante gi� 
mature per il taglio al momento 
dell'espropriazione -Indennit� 
aggiuntiva -Compravendita del 
ceduo e successiva espropriazione 
del suolo -Efficacia traslativa 
reale della compravendita Piante 
non ancora giunte a maturazione 
-Esclusione -Acquisto 
delle medesime da parte dell'espropriante 
-Sussiste -Conoscenza 
della vendita da partedell'Ente espropriante -Inopponibilit� 
della medesima in mancanza 
di adesione dell'Ente, 330. 

SARDEGNA 

_..;.._ 
Controllo sugli atti degli Enti 
locali di competenza della Commissione 
Centrale Finanza Locale 
-Trasferimento all'Assessore 
regionale per gli Enti locali Esclusione, 
278. 

-Motivazione -Contradditoriet� 
della motivazione su un punto 
decisivo della controversia -Nozione, 
con nota di F. CARUSI, 

362. 
SENTENZA 


-Motivazoine -Contraddittoriet� 
della motivazione su un punto 
decisivo della controversia -Nozione, 
con nota di F. CARusx, 362. 

- 
V. anche Arbitrato. 

SICILIA 

-Insegnanti elementari -Riconoscimento 
del servizio nelle scuole 
sussidiate -Illegittimit� costituzionale 
-Esclusione, 278. 

-Legge regionale recante benefici 
fiscali per le nuove costruzioni 
edilizie -Introduzione di tassa 
fissa -Illegittimit� costituzionale 
con riferimento agli artt. 17 e 36 
dello Statuto speciale per la Regione 
Siciliana, 279. 


SOCIETA 

-V. Tassa sulle concessioni governative. 
~ 

TASSA SULLE CONCESSIONI GO


I

VERNATIVE 
-Societ� -Aumento di capitale 

I 

mediante utilizzazione delle riserve 
-Applicabilit� dell'imposta 


I 

graduale -Esclusione, 434. 

I 

I 

.:~ 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 335 , . � , pag. 416 
Sez. Un., 8 febbraio 1(}66, n. 406 297 
Sez. Un., 16 febbraio � 1966, n. 4'77 . 313 
Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 498 421 
Sez. I, 23 febbraio 1966, n. 566 (in nota a Cass., 5 .aprile 1966, 

n. 891) . . . . . . . . . . . 447 
i;ez. I~I, 21 febbraio 1966, n. 551 . . . . . . . . . . . . . � 344 
Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 626 . . . . . . . . . . . . . . . 427 
Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 627 (in nota a Sez. Un., 3 marzo 1966, 
n. 628). . . . . . . . . 433 
Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 628 > 431! 
Sez. I, 11 marzo 1966, n. 684 > 348 
Se:i:. I, 18 marzo 1966, n. 769 434 
Sei. I, 25 marzo 1966, n. 785 437 
Sez. I, 25 marzo 1966, n. 792 353 
Sez. I, 25 marzo 1966, n. 797 442. 
Sez. I, 28 marzo 1966, n. 816 361 
~ez. I, 5 aprile 1966, n. 891 . 447 
';ez. I, 5 aprile 1966, n. 892 (in nota a Cass., 5 aprile 1966, 
; 
n. 891) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 447 
~. I, 5 aprile 1966, n. 893 (in nota a Sez. Un., 29 dicembre 
\ 1965, n. 2478) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 411 

. 

lJNALE SUPERIORE DELLE ACQUE 

'uP.o 1965, n. 9 pag. 468 
\p 1966, n. 10 471) 
l 1966, n. 11 475 
ᥥ. 1966, n. 12 476 

\ 

~RALI 

1{>, n. 29 (Roma) . . . . . . . . . . . . . . . pag. 476 

\(URISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

lTATO 

�,: 
':. 


',bre 1965, n. 40 . pag. 369 
\p65, n. 743 . 372. 
\65, n. 744. 373 
,5, n. 747. 374 
~5, n. 923 375 



INDICE 

Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 949 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 954 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 956 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 959 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 962 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 965 
Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 967 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 994 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 999 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1001 . 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1004 . 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1007 . 
Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1008 . 
Sez. V, 3 dicembre 1965, n. 1085 . 
Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1108 . 
Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1130 . 
Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1133 . 
Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1136 . 
Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1138 . 
Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 905 . 
Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 912 . 
Sez. VI, 21 dicembre 1965, n. 940 . 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. III, 20 gennaio 1965, n. 98 
Sez. III, 25 gennaio 1965, n. 165 . 

XVII 

pag. 376 
377 
379 
380 
381 
382 
383 
384 
384 
385 
387 
387 
388 
388 
389 
390 
391 
392 
393 
393 
394 
395 

pag. 479 
480 



SOMMARIO DELLA PARTE SECONDA 

QUESTIONI 

ALmRANDI T., La sindacabilit� deZ provvedimento amministrativo 
nei processo penate . . . . . . . . . . . . . . . pag. 39 

RASSEGNA DI DOTTRINA 

BATISTONI FERRARA F., La determinazione della base' imponibile 
neUe imposte indirette, Jovene, Napoli, 1964 (recensione) . pag. 77 
FOLIGNO D., L'attivit� Amministrativa, Giuffr�, Milano, 1966 (recensione) 
� . . . , . . . . . . . . . . . . . . �. . . . . 78 
RoDOT� S., Il problema della responsabilit� civile, Giuffr�, Milano, 
1964 (recensione) . . . . . . . . . . . . . . . . . 80 
Ross A., Diritto e Giustizia, Einaudi, Torino, 1965 (recensione) . 83 

SEGNALAZIONI 
CASTELLUCCI M., Carenza deUa funzione del Prefetto nella Regione 
della Valle d'Aosta, Comuni d'Italia, 1966, n. 2 ... pag. 84 
CATALANO N., Compatibilit� con la Costituzione Italiana della 
legge di ratifica del trattato C.E.C.A., Foro it., 1966, I, 8 . . > 85 
CRISCI G., Proponibilit� davanti al Consiglio di Stato di eccezioni 
di incostituzionalit� di leggi attributive di poteri discrezionali 
della P. A., Foro Amm., 1965, II, 225 . . . . . > 86 
G.ALIP� G., Le agevolazioni fiscali per l'industrializzazione del 
Mezzogiorno, Nuova Rivista Tributaria, Roma, 1966, pagg. 431 > 87 
GuicCIARDI E., Rinnovazione di provvedimento amministrativo 
e deduzione di motivi di impugnativa, Giur. it., 1965, III, 
167 ....................... . > 87 
PALADIN L., Un caso estremo neH'applicazione del principio di 
uguaglianza, Giur. Cost., 1966, I. 620 . � . . . . . . . . > 87 
SANDULLI A. M., Perdita di vigore di vincoli urbanistici in conseguenza 
di costruzione autorizzata in violazione di essi, 
Foro it., 1966, III, 76 . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 
SGROI V., Attribuzioni del Collegio arbitrale e del Ministro 
in ordine al compenso del dipendente inventore, Giust. 
civ., 1965, I, 2204 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88 
STOLFI G., Simulazione e Fisco, Riv. dir. comm., 1966, 1 e segg.. > 89 
TORREGROSSA G., Il problema della responsabilit� da atto lecito, 
Giuffr�, Milano, 1964, pagg, 212 . . . . . . . . . . . . 89 



INDICE XIX.� 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

DISEGNI E PROPOSTE DI LEGGE 

Disegno n. 1620 (Senato) -Modificazioni alle norme sul 
contenzioso eletorale amministrativo . . . . . pag. 91'. 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

-Norme dichiarate incostituzionali: 

~dice procedura penale, art. 398 . . . . . . . . . pag. 94 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 11 . . . . . . . 95. 

1. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 5, primo e quinto 
comma ................... . 95> 

1. 25 febbraio 1963, n. 327, artt. 4, 5, 7 e 8 . . . . 91> 

l. 15 settembre 1964, n. 756, art. 13, quinto comma . 95, 

1. reg. sic. approv. 15 giugno 1965, artt. 1, 2 e 4 . . 95' 

-Norme delle quali � stata dichiarata non fondata la questione 
ri legittimit� costituzionale: 


codice penale, art. 204, secondo comma . 90codice 
penale, art. 684 . . . . . . . . 96: 
codice di procedura penale, art. 164, n. 1 96codice 
di procedura penale, art. 506 96. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 . 9T 

r. d. l. 8 settembre 1932, n. 1390 9T 

1. 30 marzo 1933, n. 361 � . . . 97� 

r. d. 27 febbraio 1936, n. 501. . 9T 

I. 10 giugno 1940, n. 653, art. 32 . 97� 

d. I. lgt. 9 novembre 1945, n. 788, art. 16 . 97 

d. I. C. P. S. 28 novembre 1947, n. 1430, art. 1 . 98. 

I. 4 aprile 1962, n. 218, art. 23 . . . . . . . . 98' 

d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797, artt. 82 e 85. 98. 

I. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 4, secondo con:ima . 98.. 

I. 25 febbraio 1963, n. 327, artt. 1, 2 e 3 � 98.. 

I. reg. sarda approv. 15 gennaio 1954 98. 

I. reg, sarda approv. 15 gennaio 1954 99� 

1. reg. sic. approv. 3 giugno 1965 . . 98. 

-Norme delle quali � stato promosso giudizio di legittimit� 
costituzionale � . . . . . . . . . . . . . . . 99' 

-Norme delle quali il giudizio di legittimit� costituzionale 
� stato definito con pronunce di inammissibilit�, di 
manifesta infondatezza o di restituzione degli atti al 
giudice di merito � . . . . . . . . . . . . . . . . lO'Z'" 


:xx RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
.INDICE DELLE CONSULTAZIONI (secondo l'ordine di materia) 

Aeronautica e aeromoImportazioni 
-Esperta 
bili . pag. 114 


zioni pag. 122 
Imp_osta di registro . 123

Agricoltura e foreste . 114 
Imposta di successione 123

.Amministrazione pubblica 
114 Imposta generale sull'entrata 
124

.Amnistia e indulto . 114 

Imposta sul patrimonio 125

.Appalto 115 

Imposte e tasse 125

.Assicurazioni 115 

Invalidi di guerra 126 

:Borsa 115 

Locazioni 126 

Caccia e pesca 116 

Matrimonio 126 

<Comuni e province . 116 

Mezzogiorno 127 

.Contabilit� generale 

Monopoli 127 

dello Stato 116 

Obbligazioni e con


>Costituzione 117 

tratti 127 

.Dazi doganali > 117 

Pensioni 127 

Demanio > 118 

Polizia > 128 
.Edilizia economica e 

Porti 128 

popolare > 118 

Poste 128 

:Elettricit� 119 

Prescrizione 128 

.Esecuzione fiscale 119 

Prezzi > 129 
:Esecuzione forzata > 119 

Regioni > 129 
Esprapriazione per p.u. 120 

Responsabilit� civile > 130 
:Fallimento 120 

Spese giudiziali 130 
�Farmacia > 121 

Successioni 130 
Ferrovie > 121 Trattati e convenzioni 
Impiego pubblico . > 121 internazionali 131 

:NOTIZIARIO 

Convegno di studi . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 132 



PARTE PRIMA 




GIURISPRUDENZA 



1 

SEZIONE PRIMA 

I 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 
E INTERNAZIONALE 


CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 18 -Pres. Ambrosini -
Reb. Verzl -Spadolini (avv. Artelli), La Valle (avv. Vecchi) e 
Presidente. del Consiglio dei Ministri (sost..avv. gen. Stato Chiarotti). 


Procedimento penale -Divieto di pubblicazione di atti relativi all'istru


zione formale o sommaria -Contrasto coi principi di eguaglianza e 

di libert� di diffusione del pensiero -Esclusione. 

(Cost. artt. 3, 21; cod. proc. pen., art. 164, n. l; cod. pen., art. 684). 

Le disposizioni dell'art. 164, n. 1 cod. proc. pen., che vietano la 
pubblicazione di atti relativi all'istruzione formale o sommaria, e dell'art. 
684 cod. pen., che comminano sanzioni penali per l'inosservanza 
del precetto, non sono in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dato 
che esse si applicano a chiunque concorra alla pubblicazione; n� con 
l'art. 21 della Costituzione, dato che la tutela della manifestazione del 
pensiero quivi prevista trova un limite nell'esigenza di realizzazione 
di un fine di giustizia che vale a garantire ed assicurare l'esercizio di 
tutte le libert�, compresa quella in esame (1). 

(Omissis). -1. -Va dichiarata in primo luogo priva di fondamento 
la questione di legittimit� degli artt. 164, n. 1 del c.p.p. e 684 del 
cod. pen. in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione per altro 
sollevata, senza alcuna motivazione, soltanto con le due ordinanze del 
14 ottobre 1964. Ed invero l'art. 684 del cod. pen. non fa un trattamento 

(1) La questione era stata sollevata dal Tribunale di Bologna, con due 
ordinanze del 14 ottobre 1964 (Gazzetta Ufficiale 14 novembre 1964, n. 282 
e 28 novembre 1964, n. 295). 
L'art. 164 cod. proc. penale era gi� stata esaminato, dalla Cbrte Costituzionale, 
con la sentenza 14 aprile 1965, n. 25 (in questa Rassegna, 1965, 275) 
che aveva dichiarato la parziale illegittimit� costituzionale del n. 3 dell'articolo 
relativamente a talune particolari ipotesi di celebrazione del processo 
a porte chiuse. 

La sentenza in rassegna, invece, considera -conformemente ai limiti 



274 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diverso per chi esercita l'attivit� di stampa e di divulgazione, siccome 
si sostiene, dal momento che punisce chiunque pubblica atti istruttori; 
punisce cio� anche le parti private ed i testimoni i quali facciano o concorrano 
a fare pubblica divulgazione a mezzo della stampa di quelle 
notizie istruttorie, che possono pur riferire privatamente ad altri in 
quanto esonerati dall'obbligo del segreto istruttorio in virt� del disposto 
dell'art. 307 del c.p.p. 

2. -Priva di fondamento � altresl la questione di legittimit� costituzionale 
proposta nei confronti dei medesimi articoli sotto il profilo che 
le norme in essi contenute sarebbero in contrasto con la libert� di 
stampa, garantita dall'art. 21 della Costituzione, in quanto vietano la 
pubblicazione anche di notizie che potendo essere rivelate dalle parti 
private e dai testimoni non avrebbero carattere di segretezza.�Le norme 
impugnate verrebbero quindi a punire esclusivamente il fatto della 
pubblicazione. 
La Corte ritiene che dette norme, in considerazione della importanza 
nella vita sociale della stampa, che svolge un compito vasto ed 
interessante anche in materia di giustizia, disciplinano in modo autonomo 
i rapporti fra la stessa e la istruttoria penale indicando gli atti di 
cui � vietata la pubblicazione e la durata nel tempo del divieto. Indubbiamente 
le finalit� perseguite dalle ripetute norme coincidono in parte 
con quelle del segreto istruttorio, ed anche nella Relazione ministeriale 
si afferma che la stampa e rivelando ci� che interessa non venga propalato, 
mette sull'avviso i delinquenti e pu� frustrare l'azione della 
autorit� �. Tuttavia, non si pu� disconoscere che una differenziata disciplina 
fra il segreto istruttorio e la divulgazione di notizie a mezzo 
stampa si reride necessaria per il fatto che la rivelazione assume una 
diversa rilevanza giuridica a seconda del mezzo usato. Se attuata quasi 
:privatamente, da persona a persona, rimane circoscritta in un campo 

della ordinanza di remissione -il n. 1 dell'articolo, relativo alla pubblica


zione di atti concernenti l'istruttoria. 

In questo particolare settore, � maggiormente avvertibile l'esigenza di 
� mantenere la segretezza, almeno con riferimento ai mezzi di comunicazione 
xapida e generalizzata qual'� la stampa, degli atti in parola; sia al fine di 
,garantire il normale corso della giustizia, sia al fine di ev>itare al giudice 
ogni sollecitazione esterna, sia al fine di tutelare gli stessi inquisiti da una 
:.pubblicit� pregiudizievole. 

In generale, sull'argomento, si rinvia alla nota redazionale alla prece


dente sentenza, cui adde, ESPOSITO, La libert�. di manifestazione det pensiero 

nell'ordinamento italiano, Milano, 1958, pag. 39 segg.; TROTTA, Rapporto tra 

giustizia e stampa con particolare riguardo aUa tutela del cittadino impu


tato, Riv. pen., 1963, I, 732; FERRONE-CAPANO, La libert�. di stampa in ma


teria giudiziaria, Democrazia e Diritto, 1963, 320. 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 275 

limitato e con limitata possibilit� di effetti dannosi; se diffusa invece a 
mezzo� della stampa, con immediatezza e praticamente senza limiti di 
spazio, pu� apportare effetti ben pi� gravi sul corso delle indagini istruttorie, 
sulla raccolta delle prove e sulla ricerca della verit�. Infatti, gli 
interessati, venendo a conoscenza delle risultanze acquisite, sono posti 
in grado di opporre elementi artificiosi, e di rappresentare fatti non 
veri. Ed � ovvio che, allorquando la stampa produce effetti antigiuridici, 
finisce col non assolvere pi� la funzione sociale, che le � propria, di 
fornire cio� al pubblico informazioni obbiettive quando queste non 
siano pregiudizievoli per i suindicati interessi. 

Queste stesse ragioni spiegano per quale motivo la tutela del segreto 
istruttorio nei confronti della stampa � rafforzata, nel senso che il 
divieto di pubblicazione � totale (pubblicazione fatta da chiunque in 
qualsiasi modo) e non ammette eccezioni, n� esoneri, n� distinzioni fra 
atto ed atto. 

3. -Il divieto di pubblicazione degli atti istruttori del procedimento 
penale non � una novit� nell'ordinamento giuridico italiano. 
L'Editto del 26 marzo 1848 sulla libert� di stampa vietava � la pubblicazione 
degli atti d'istruttoria criminale � (art. II); l'art. 106 del c.p.c. 
del 1913 conteneva una norma analoga a quella dell'art. 164 dell'attuale 
Codice; e nella Convenzione europea per la salvaguardia dei 
diritti dell'uomo e delle libert� fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 
1950, si afferma che l'esercizio della libert� di espressione (comprendente 
la libert� di opinione e la libert� di ricevere o di comunicare 
le informazioni o le idee senza che possa esservi ingerenza di autorit� 
pubbliche), comportando dei doveri e delle responsabilit�, pu� essere 
sottoposto a certe formalit�, condizioni, restrizioni e sanzioni previste 
per legge, le quali costituiscono misure necessarie, in una societ� democratica, 
alla sicurezza nazionale, ..... alla prevenzione del delitto, ..... 
alla protezione della reputazione e dei diritti altrui ..... od a garantire 
l'autorit� e l'imparzialit� del potere giudiziario � (art. 10). Ed un richiamo 
espresso alla stampa � fatto dall'art. 6 della stessa Convenzione 
laddove, trattando della pubblicit� delle udienze, si prevede che pu� 
essere vietato alla stampa ed al pubblico l'accesso alla sala d'udienza, 
allorquando e la pubblicit� potrebbe pregiudicare gli interessi della 
giustizia�. 
La libert� di manifestazione del pensiero garantita dall'art. 21 della 
Costituzione trova, dunque, un limite in una esigenza fondamentale di 
giustizia. Ed il bene della realizzazione della giustizia, che, fra l'altro, 
vale a garantire ed assicurare l'esercizio di tutte le libert�, compresa 
quella in esame, � anche esso garantito, in via primaria, dalla Costituzione. 




�j 

276 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

. 4. -La Corte rileva inoltre che lo stesso bene viene tutelato dalle 
norme impugnate, anche sotto un ulteriore duplice aspetto: a) assicurare 
la serenit� e la indipendenza del giudice, proteggendolo da ogni 
influenza esterna di: stampa, che possa pregiudicare l'indirizzo delle 
indagini e le prime valutazioni delle risultanze; ed assicurare altresl 

la libert� del giudice vietando quei comportamenti estranei che possano 
ostacolare la formazione del libero convincimento; b) tutelare, 
nella fase istruttoria, la dignit� e la reputazione di tutti coloro che, 
sotto differenti vesti, partecipano al processo. � nella fase dibattimentale, 
infatti, che a tali interessi ne subentrano altri, di maggior rilevanza, 
quale la esigenza della pubblicit� a garanzia di sostanziale giustizia. 
Ed invero nei confronti dell'imputato la divulgazione a mezzo della 
stampa di notizie frammentarie, ancora incerte perch� non controllate, 
e per lo pi� lesive dell'onore, pu� essere considerata in contrasto col 
princ1p10, garantito dall'art. 27, secondo comma, della Costituzione, 
della non colpevolezza fino a quando non sia intervenuta sentenza di 
condanna. E le altre parti ed i testimoni hanno diritto alla protezione 
da qualsiasi offesa alla loro dignit� e da qualsiasi reazione, cui potrebbe 
dar luogo la immediata conoscenza del loro comportamento in istruttoria. 
-(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 19 -Pres. Ambrosini -
Rel. Fragali -Bregante (n.c.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(vice avv. gen. Stato Foligno). 

Misure di sicurezza -Presunzione di pericolosit� sociale -Violazione 

del principio della competenza dell'autorit� ~iudiziaria -Esclu


sione. 

(Cost., art. 1.3; cod. pen. art. 204, II comma). 

Non � fondata la questione di legittimit� costituzionale dell'art. 204, 
secondo comma, del codice penale, che pone delle presunzioni legali di 
pericolosit�, con riferimenti al principio costituzionale della esclusiva 
competenza del giudice nella applicazione dei provvedimenti restrittivi 
della libert� personale, in quanto, anche in presenza di detta presunzione, 
la quale si risolve neila utilizzazione di comuni esperienze, la 
restrizione della libert� personale � sempre disposta dall'autorit� giudiziaria 
(1). 

(1) Questione introdotta dalla Corte di Appello di Genova con ordinanza 
30 ottobre 1964, (Gazzetta Ufficiale, 13 febbraio 1965, n. 39). 
La presunzione di pericolosit� sociale di cui alla norma impugnata, oltre 
ad essere prevista per tassative ipotesi considerate dalla legge, trova anche 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 277 

(Omissis). -Come risulta dall'esposizione che precede, secondo 
la Corte di appello di Genova, l'art. 204, secondo comma, del c.p., in 
quanto stabilisce presunzioni legali di pericolosit�, non sarebbe compatibile 
con l'art. 13, secondo comma, della Costituzione, il quale vuole 
'Che ogni misura restrittiva della libert� personale sia disposta per atto 
motivato dal giudice e nei soli casi e modi previsti dalla legge. 

Per ritenere infondata la questione basta per� rilevare che la predetta 
presunziene si risolve nell'utilizzazione di comuni esperienze.. Lo 
:stato di mente della persona sottoposta al giudizio, la sua minore et�, 
la gravit� del reato commesso, alcune particolari qualifiche attribuite 
dal giudice (delinquente abituale, delinquente professionale, delinquente 
per tendenza) esprimono condizioni soggettive alle quali il codice d� 
il significato di far ritenere probabile o temibile un futuro comportamento 
criminale. 

La restrizione della libert� personale, nei casi predetti, � disposta 
con atto dell'autorit� giudiziaria, giustificato dalla sussistenza di condizioni 
stabilite dalla legge; e ci� soddisfa il precetto dell'art. 13 della 
Costituzione. Il quale determina bensl l'esclusiva competenza del giudice 
all'emanazione del provvedimento e la necessit� della sua motivazione 
ma, quanto ai presupposti, rinvia � ai soli casi e ai modi previsti dalla 
legge �; in modo che, per la norma costituzionale, spetta alla legge di 
indicare le circostanze che legittimano le singole misure restrittive 
della libert� personale. Nella specie la legge non esclude la necessit� 
di un concreto accertamento della pericolosit� nelle ipotesi che, data la 
variet� dei caratteri soggettivi, sfuggono ad una tipizzazione, com'� per 
gli artt. 204, primo e terzo comma, 224, primo comma, e 225, primo 
comma, del c.p.; ma, in confronto di condizioni che non esigono particolari 
accertamenti del giudice o che da lui sono state gi� accertate, e 
che comunque consentono una valutazione obiettiva ed uniforme ai fini 
dell'applicazione della misura di sicurezza, � ragionevole che la legge, 
anche per garantire una uguaglianza di trattamento, detti una regola 
di giudizio vincolante, in un significativo e proporzionato rapporto logico 
con il dato da apprezzare. Nella specie, in ordine alla razionalit� della 
valutazione legale influente sulle sue decisioni, la Corte di Genova non 
ha mosso osservazioni di sorta. -(Omissis). 

un limite temporale di applicazione, decorso il quale la presunzione ;perde 

ogni effetto, e la pericolosit� deve essere accertata � ex novo � dal giudice 

(cfr. Cass. 5 novembre 195�2, rie. Di Rienzo, Giust. pen., 1963, II, 873; Cass. 

2 luglio 1962, rie. Parisano, ivi, 1963, II, 460 e nota di CoDAGNONE, Della 

pericol'osit� sociale). 

In dottrina si pu� consultare anche, A. LEONE, Misure amministrative 

di sicurezza, in Enciclopedia Forense, Milano, 1959; MARuccI, Misure di 

sicurezza e misure di prevenzione, in Rass. St. penit., 1957, 589; IDEM, Il 

processo di prevenzione, ivi, 1958, 521. 

�..::@.""/fl/<'"�ff-:'i'/."'"@.if.:@.i:"�'!-Wff{/:fi!(&"/.//-:':"-:'W-"N�}.:'(-'//Z,�Y////H::fil':"#.-:':"/.-W.�W/.�W;w.��/.��'1f;o/.�=''-''.lf.=fJii.:r.1f...-.fff#ff:iJ.f@f//./ff.�i:ff'.1?P..fil%:W�.-:.=:-=@ 

-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

278 


CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 21 -Pres. Ambrosini Rei. 
Chiarelli -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. 
Stato Albisinni) c. Presidente Regione Sarda (avv. Gasparri). 

Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzioni -Notificazione del ricorso 
ai controinteressati -Non � prescritta. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 39). 
Sardegna -Controllo sugli atti degli Enti locali di competenza della 
Commissione centrale finanza locale -Trasferimento all'assessore 
regionale per gli Enti locali -Esclusione. 

(Statuto Regione Sarda, art. 56; 1. reg. 31 gennaio 1956, n. 36, art. 14; d. P. R. 
19 agosto 1954, n. 968, art. 7). 

Nel giudizio per conflitto di attribuzioni davanti aUa Corte Costituzionale 
non sono applicabili le norme del procedimento amministrativo 
relative alla notificazione del ricorso al controinteressato, data la 
particolare natura del processo costituzionale (1). 

Spetta aUo Stato (Commissione Centrale per la finanza locale), e 
non all'assessore regionale per gli Enti locali, il potere di controllo suite 
deliberazioni relative a riforme di organici adottate da Comuni aventi 
bilancio deficitario (2). 

(1) Il pl"incipio era stato gi� enunciato dalla Corte Costituzionale con 
ordinanza 30 maggio 1956 e con sentenza 19 gennaio 1957, n. 18 (Relazione 
Avvocatura Stato per gli anni 1956-60, vol. I, 534). In dottrina, conforme, 
CHIARELLI, Su la configurabilit� di un controinteressato nel conflitto di attribuzione 
davanti aUa Corte Costituzionale, in Giur. it., 1957, I, 1, 337. 
(2) In ordine al problema del controllo sugli atti degli Enti locali, di 
fronte all'ordinamento regionale, cfr. la precedente sentenza della Corte 
27 dicembre 1965, n. 94, in questa Rassegna 1965, 1113). 
In dottrina, oltre �gli autori citati in nota ivi, cfr. anche GRosso, I controlli 
di merito e l'art. 130 Cost., in Studi in onore di Zanobini, Milano, 
1965, vol. II, 93. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 1966, n. 22 -Pres. Ambrosini -
Rel. Castelli-Avolio -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana 
(sost. avv. gen. Stato Coronas) c. Presidente Regione Siciliana 
(avv. Virga). 

Sicilia -Insegnanti elementari -Riconoscimento del servizio nelle scuole 
sussidiate -Illegittimit� costituzionale -Esclusione. 
(Cost., artt. 3, 97; 1. reg. 3 giugno 1965). 

La legge regionale siciliana 3 giugno 1965 la quale concede il riconoscimento, 
ai soli effetti giuridici, a favore degli insegnanti elementari 
delle scuole sussidiarie soppresse, dell'intero servizio annuale, non si 


PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 279' 

pone in contrasto con il principio di eguaglianza, perch� tende di fatto,. 
e pe'r' m�tivi di evidente equit�, a ristabilire l'eguaglianza delle condizioni 
della categoria di insegnanti appartenenti alle scuole soppresserispetto 
a quelle conservate; n� si pone in contrasto con l'art. 97 Cost., 
perch� il riconoscimento del servizio prestato, dettato da uno scopo di. 
sostanziale giustizia, non pu� apparire, come tale, in contrasto con i fini, 
del buon funzionamento della P. A. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 marzo 196,6, n. 23 -Pres. Ambrosini -

Rel. Branca -Commissario dello Stato per la Regione Siciliana 

(sost. avv. gen. Stato Peronaci) c. Presidente Regione Siciliana 

(avv. Orlando Cascio). 

Sicilia -Legge regionale recante benefici fiscali per le nuove costruzioni 

edilizie -Introduzione di tassa fissa -Illegittimit� costituzionale 

con riferimento agli artt. 17 e 36 dello Statuto speciale per la Regio


ne Siciliana. 

(Stat. Spec. Regione siciliana, artt. 17 e 36; d. 1. statale 15 marzo 1965, n. 124 
conv. nella legge 13 maggio 1965, n. 431; 1. reg. 15 giugno 1965). 

� affetta da illegittimit� costituzionale, con riferimento agli artt. 17 
e 36 dello Statuto Speciale, la legge regionale siciliana 15 giugno 1965 
recante adeguamento di precedenti leggi regionali ai termini previsti 
della legislazione statale in materia di agevolazioni fiscali per l'edilizia, 
quando, tuttavia, in difformit� da detta legislazione, si introduca il 
sistema di tassazione in misura fissa o si stabiliscano sensibili differenze 
di aliquote di imposta, le quali si traducono in differenza qualitativa 
(1). 

(Omissis). -1. -L'art. 1 della legge impugnata proroga al 1968. 
le agevolazioni tributarie introdotte in materia di edilizia non di lusso 
dalle leggi regionali 1954, nn. 11 e 37 e successive proroghe e modifiche. 

(1) La decisione in rassegna � collegata con le precedenti pronuncie 
della Corte 22 dicembre 1965, n. 90 e 28 gennaio 1965, n. 2 (in questa 
Rassegna, 1965, rispettivamente, 1110 e 4). 
In dette sentenze era stata ribadita ila necessit� che il legislatore regionale 
si adeguasse ai limiti ed interessi generali posti dalla legislazione nazionale 
in materia di agevolazioni fiscali per l'edilizia ed, in ispecial modo, 
a quelli risultanti dal decreto-legge 15 marzo 1965, n. 124, convertito neilla 
legge 13 maggio 1965, n. 431. 

L'adeguamento a tali limiti e principi posto in essere dalla legge regionale 
oggetto della presente decisione, bench�, in talune parti, corrispon




:280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Queste leggi, uniformandosi alla legislazione dello Stato, avevano 
-esonerato per 25 anni i contribuenti della Regione dal pagamento dell'imposta 
e delle sovrimposte sui fabbricati e ridotto a misura fisa il 
tasso, normalmente variabile, di alcune imposte erariali (di registro, 
ipotecarie ecc.) e di ricchezza mobile. 

La denuncia, rivolta genericamente contro l'art. 1, si riferisce sia 
a quell'esonero sia a questa riduzione. 

Tuttavia, quanto all'esonero venticinquennale, prorogato dall'art. 1 
eol rinvio all'art. 5 della legge regionale n. 11 del 1954, l'impugnazione 
non � fondata rispetto agli edifici non destinati ad albergo: la legi:
s1azione dello Stato contiene una norma analoga (d.l. 15 marzo 1965, 

n. 124, art. 43; legge 1965, n. 431, art. 1) dimodoch� non pu� vedersi 
violazione dell'art. 36 dello Statuto siciliano. 
La riduzione delle altre imposte alla misura fissa contrasta invece 
col tipo di agevolazioni contenute nelle leggi dello Stato, cio� nel predetto 
d.l. 1965, n. 12�4 e nella legge 196�5, n. 431: queste leggi infatti 
:non prevedono agevolazioni relativamente ad alcune delle imposte, a 
�cui si riferisce la legge regionale, o prevedono semplici riduzioni di 
aliquote (imposte sui trasferimenti e sui conferimenti in societ�). Poi-
ch� il sistema di imposizione a tassa fissa, adottato dalla legge regio


nale, risponde a un tipo di tassazione diverso da quello tuttora vigente 
nelle leggi dello Stato, il contrasto con l'art. 36 dello Statuto siciliano 
risulta evidente. Questa Corte ha da �tempo fissato il principio che la 
.competenza legislativa in materia tributaria appartenga alla Regione 
:solo nei limiti del rispetto, per ogni singolo tributo, del tipo di tassa.
zione vigente nell'ordinamento dello Stato all'epoca dell'applicazione 
della legge regionale. 

2. -L'art. 2 della legge impugnata riduce l'imposta comunale di 
-consumo sui materiali da costruzione dell'85 % per il 1967 e dell'80 % 
per il 1968, mentre la riduzione prevista dal legislatore statale (d.l. 1965, 
dente ai principi enunciati dalla C'orte, se ne discostava in altre parti, l� 
dove, ad esempio, introduceva il beneficio della tassa fissa invece che sem:
plici riduzioni di aliquote, ovvero l� dove stabiliva la riduzione dell'80 % 
�dell'imposta comunale di consumo rispetto a quella del 20 % stabilita dalla 
legislazione statale. 

Riaf.ora, nella sentenza in rassegna, a questo proposito, la preoccupa'
Zione di salvaguardare l'eguaglianza di trattamento dei cittadini di una 
Regione rispetto a tutti gli altri (art. 3 Cost.), concetto che era gi� stato 
-enunciato dalla Corte con la precedente sentenza 14 aprile 1965, n. 27 (in 
-11uesta Rassegna, 1965, 283). 

In dottrina cfr. PAIJADIN, La potestd legislativa regionale, Padova, 1958, 
:LoMBARDI, Contributo all.o studio dei doveri costituzionali, Milano, 1964. 


PAR'rE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E INTERNAZIONALE 281 

n. 124, art. 45 e legge 1965, n. 431, art. 1) � limitata al 20 % . �Anche 
questa norma regionale contrasta con l'art. 36 dello Statuto siciliano. 
La Regione infatti pu� discostarsi, nella misura delle riduzioni d'imposta, 
dalla legislazione dello Stato, ma la differenza quantitativa tra 
le due legislazioni, quando � sensibile come � avvenuto in questo caso, 
si traduce in differenza qualitativa e pertanto in manifesto privilegio 
dei contribuenti d'una Regione rispetto a tutti gli altri. 
Dato ci�, nella presente occasione non occorre esaminare, bench� 
il problema meriti particolare attenzione, se una poteest� legislativa 
regionale, in materia di tributi locali, sia in generale compatibile con 
l'autonomia finanziaria e amministrativa attribuita ai Comuni e ai 
Consorzi dall'art. 15 dello Statuto siciliano. 

3. -La illegittimit� dell'art. 2 trascina con s� l'art. 4 che vi � strettamente 
collegato. 
4. -La denuncia di incostituzionalit� non colpisce, invece, l'art. 3 
della legge regionale n� l'art. 1 nella parte in cui proroga e modifica gli 
artt. 1 e 2 della legge regionale 1963, n. 4: infatti tali norme, stabilendo 
una certa proporzione fra i locali destinati a negozi o ad altri usi 
e l'intera superficie dell'imponibile, si discostano dalla legislazione dello 
Stato solo relativamente agli stabili situati in comuni con popolazione 
fino a 30.000 abitanti; e per di pi� non se ne discostano in maniera 
sensibile. -(Omissis). 
CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1966, n. 25 -Pres. Ambrosini -
Rel. Bonifacio -Salvatori (avv. Camerini, Guarino) e Presidente 
Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Stato Terranova). 

Costituzione della Repubblica -Principio di eguaglianza dei cittadini .. 
Riferimento solo alle persone fisiche -Esclusione. 
(Cost., art. 3). 

Mutilato e invalido -Corsi di addestramento istituiti dal Ministero del 
Lavoro -Trattamento differenziale di favore riservato alla Libera 
Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili -Insussistenza. 
(Cost., art. 3; I. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 4). 



282 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Mutilato e invalido -Composizione delle Commissioni Provinciali e 

della Commissione Centrale per l'accertamento dell'invalidit� fi


sica -Inclusione di un medico della L.A.N.M.I.C. -Contrasto col 

principio dell'imparzialit� dell'azione amministrativa. 

(Cost., art. 97; 1. 5 ottobre 1962, n. 1539, art. 5, commi primo e quinto). 

n principio di eguaglianza, enunciato neU'art. 3 deUa Costituzione, 
� norma di carattere generale che condiziona tutto l'ordinamento nella 
sua obbiettiva struttura; esso vieta, cio�, che la legge ponga in essere 
una disciplina che, direttamente o indirettamente, dia vita ad una non 
giustificata diversit� di trattamento deUe situazioni giuridiche, indipendentemente 
datla natura e dalla qualificazione dei soggetti ai quali 
queste vengono imputate (1). 

Non contrasta col principio costituzionale di eguaglianza l'art. 4 
delta legge 5 ottobre 1962, n. 1539 recante provvidenze a favore degli 
invalidi civili, poich� tale norma, nel prevedere l'avviamento degli 
invalidi a speciali corsi tenuti datia Libera Associazione Nazionale Mutilati 
e Invalidi Civili (L.A.N.M.I.C.) o da altri enti o associazioni. non 
� di per s� sufficiente a dare vita ad una non consentita disparit� di 
trattamento tra detta libera associazione e gli altri Enti (2). 

Sono costituzionalmente inegittimi, per contrasto col principio 
delta imparzialit� detl'azione amministrativa sancito netl'art. 97 Cost., 
i commi primo e quinto deU'art. 5 legge 5 ottobre 1962, n. 1539, che 
prevedono la partecipazione alte Commissioni provinciali ed alta Commissione 
centrale di un medico delta L.A.N.M.I.C. invece che di rappresentanti 
di tutte� le associazioni di categoria (3). 

(1) La questione era stata prospettata dal Pvetore di Bologna con ordinanza 
9 luglio 1964 (Gazzetta Ufficiale 14 novembre 1964, n. 282). 
� particolarmente importante questa massima perch� afferma per la 
prima volta il concetto che il principio di eguaglianza si applica non solo 
alle persone fisiche, bens� anche alle persone giuridiche, anzi, pi� esattamente, 
alle � situazioni giuvidich~ �. 

Nella Costituzione, infatti, la parola � cittadini � sembra porsi come 
antitetica rispetto alla parola � stranieri �, non a �persone giuridiche �. 
(cfr. in questo senso, PALADIN, Eguaglianza -(Diritto Costituzionale), Enciclopedia 
del diritto, Milano p. 530). 

D'altra parte, � la stessa natura oggettiva del principio di eguaglianza 
il quale dev'essere inteso, pi� che come singolo diritto, un parametro per 
la creazione e la disciplina dei diritti soggettivi, che induce ad accedere alla 
conclusione adottata dalla Oorte. 

(2-3) La decisione della Corte non sembra esente da riserva, in relazione 
alla ritenuta posizione del rappresentante dedla LANMIC in seno alle 
Commissioni. 

Non � dubbio che l'art. 97 della Costituzione postula una impar:z;ialit� 


�w �w 
PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZIONALE E� INTERNAZIONALE 283 

(Omissis). -1. -Dall'esame complessivo dell'ordinanza di rimessione 
risulta che il Pretore di Bologna collega vari vizi di legittimit� 
costituzionale delle disposizioni impugnate -art. 4, comma secondo, 
art. 5�, commi primo e quinto, legge 5 ottobre 1962, n. 1539 -ad una 
unica e comune premessa: le norme non assicurerebbero la necessaria 
parit� di trattamento delle varie associazioni operanti nel settore dell'assistenza 
dei mutilati ed invalidi civili, e dalla conseguente violazione 
dell'art. 3 della Costituzione discenderebbe l'ulteriore loro contrasto 
con altri precetti costituzionali. 

Va perci� anzitutto presa in esame l'eccezione formulata dall'Avvocatura 
dello Stato, secondo la quale il principio di eguaglianza 
andrebbe riferito soltanto alle persone fisiche e, di conseguenza, non 
potrebbe essere invocato come parametro di legittimit� di norme che, 
come nella specie, riguardino soggetti diversi da quelle. 

Tale tesi non pu� essere accolta. L'eguaglianza, infatti, � principio 
generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obbiettiva struttura: 
esso vieta, cio�, che la legge ponga in essere una disciplina che 
direttamente o indirettamente dia vita ad una non giustificata disparit� 
di trattamento delle situazioni giuridiche, indipendentemente dalla natura 
e dalla qualificazione dei soggetti ai quali queste vengano imputate. 
A siffatta conclusione non osta il rilievo che alcune delle discriminazioni 
esplicitamente vietate dall'art. 3, primo comma, della Costituzione 
non sono ipotizzabili se non in riferimento alla persona fisica, 
giacch� ci� significa solo che il principio di eguaglianza si atteggia, 
quanto al contenuto, diversamente secondo la variet� dei dati disciplinati 
dal legislatore, ma non comporta che esso diventi inoperante 
quando in via immediata vengano in considerazione soggetti diversi 
dall'uomo. E va infine rilevato che nel caso in esame una illegittima 

e obbiettivit� da condotta della p.a. Ma, a ben guardare, l'inclusione di 
rappresentanti di categorie nei vari organismi previsti dall'ordinamento 
amministrativo � in funzione non gi� di rappresentanza di associazioni, 
quanto di rappresentanza di soggetti. Le associazioni entrano in rilievo solo 
per il modo �di designazione dei rappresentanti; ma, una volta superato 
questo momento genetico, la funzione di rappresentanza viene estesa a tutti 
i singoli soggetti (iscritti e non) di cui l'associazione ha, per legge o per 
statuto, il compito di tutela. 

Di conseguenza, il principio della rappresentativit� di tutte le associazioni 
� ultroneo, a meno di non richiedere, al limite, una sorta di proporzionale 
di tutte le associazioni (e perch� non anche dei non iscritti, in virt� 
della libert� di e non associazione � espressamente enunciata dalila sentenza 
26 giugno 1962, n. 69 della �stessa Corte?). 

Sul ipiano amministrativo, per la legittimit� delle designazioni di rappresentanti 
delle categorie �pi� Iappresentative �, cfr. Cons. Stato 18 marzo 
1964, n. 238 (Foro it. 1964, III, 372). 

BJf.$7.$ffff:f:fXf4ff.V::@WN%ff:Yi$.WS#If@%%Wif�i%f.Ttfwtf.ff%#ffil$HCG&fiW'Z.@ITt�W$%-f4filf$@'fYCi.%8 


284 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disparit� fra le varie associazioni inevitabilmente si ripercuoterebbe 
sulla sfera giuridica degli iscritti e perci� si risolverebbe, sa pur mediatamente, 
-in una violazione dell'eguaglianza del cittadino. 

2. -L'art. 4 della legge impugnata prevede (comma secondo) che 
i mutilati ed invalidi civili, impossibilitati a frequentare i normali 
corsi di addestramento a causa di particolari menomazioni fisiche, possono 
essere avviati dal Ministero del lavoro a speciali corsi tstituiti 
presso i centri di rieducazione professionale dell'Istituto nazionale 
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, dell'Op~ra nazionale 
invalidi di guerra e � qella Libera associazione nazionale mutilati ed 
invalidi civili o di altri enti o associazioni �. 
La Corte ritiene che le censure mosse a questa norma non siano 
fondate. � sufficiente rilevare in proposito che le associazioni diverse 

I 

dalla L.A.N.M.I.C. non sono affatto escluse dal concorrere all'opera di 

IIrieducazione degli invalidi e mutilati civili, atteso che la legge consente 
al Ministero di avviare gli interessati non solo ai centri professionali 
della Libera associazione, ma anche a quelli istituiti eventualmente 
da altri enti o associazioni. Nessun privilegio vien fatto alla prima, 
giacch� il legislatore, con giudizio di merito sottratto al sindacato di 

~ 

questa Corte, si limita a prendere atto che presso quell'associazione f 
sono in funzione centri di rieducazione idonei allo svolgimento degli 
speciali corsi di addestramento: e non si pu� ritenere, come sostiene 

I 

I 
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la difesa della Salvatori, che la semplice circostanza che la legge espres


~~ 

samente menziona la L.A.N.M.I.C. sia per s� sufficiente a dar vita ad 
una non consentita disparit� di trattamento. 

3. -L'art. 5�, comma primo e quinto, regola la composizione di 
Commissioni provinciali e di una Commissione centrale, alle quali la 
legge affida delicate funzioni nel procedimento predisposto per l'avfil 
viamento al lavoro dei mutilati e invalidi civili e per la risoluzione del 
I

relativo rapporto. Le norme prevedono che delle une e dell'altra faccia 
parte � un medico o della Libera associazione nazionale mutilati e invalidi 
civili o di altri enti o associazioni pi� rappresentativi�. 

i

� evidente che le due disposizioni vanno interpretate nel senso 
che l'autorit� competente a costituire le commissioni (Prefetto per quelle 
provinciali, Ministro del lavoro per quella centrale) debba chiamare a 

I 

farne parte -oltre gli altri componenti tassativamente specificati dalla 
legge -un medico della L.A.N.M.I.C. ovvero, ove vi sia altra asso


I 

ciazione (o ente) pi� di quella rappresentativa, un medico di quest'ultima. 
Non appare perci� esatto quanto sostiene la difesa della Salvatori, 
secondo la quale a favore della L.A.N.M.I.C. verrebbe ad essere 
stabilita una presunzione di rappresentativit�, laddove sulle altre asso-~ 


~ 

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--~....~�.,.�� 



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. CO&TrI'.UZION"ALE B INTERNAZIONALE 285


ciazioni ricadrebbe l'onere di darne prova: la legge, infatti, lungi dall'attribuire 
alla Libera associazione una diretta legittimazione alla designazione 
di un componente delle commissioni, disciplina il potere 
del Prefetto e del Ministro, che sono tenuti ad accertare di volta in 
volta quale associazione o quale ente abbia, fra tutti, il maggior grado 
di rappresentativit�. La legge, in definitiva, collega la norma ad un 
criterio del tutto obbiettivo, in base al quale le varie associazioni del 
settore vengono poste in una posizione di parit�. 

L'esegesi delle disposizioni impugnate esclude la validit� del rilievo, 
pure prospettato dalla difesa privata, che la L.A.N.M.I.C., in quante> 
espressamente menzionata, venga in definitiva parificata agli enti pubblici 
che sono chiamati a concorrere alla composizione delle commissioni: 
ed infatti, mentre tassativamente � prescritta la nomina di un 
medico dell'I.N.P.S. e di un medico dell'O.N.I.G., per la Libera associazione 
si determina il concorso con le altre associazioni o enti, da 
risolversi, come si � detto, con l'applicazione del criterio della maggiore 
rappresentativit�. E per queste stesse ragioni � da escludere l'ipotesi 
che, o causa dell'espresso riferimento che la legge fa alla L.A.N.M.I.C.� 
possa essere prescelto il medico di questa anche dopo la eventuale 
perdita di ogni sua capacit� rappresentativa. 

4. -Nell'ambito delle questioni fin qui considerate non sussiste. 
pertanto, disparit� di trattamento tra la L.A.N.M.I.C. e le altre associazioni, 
e poich� il giudice a quo ricollega a tale ipotizzata disparit� 
la violazione non solo dell'aart. 3, ma anche degli artt. 2, 4 e 18 della 
Costituzione, vien meno la premessa che avrebbe reso necessario esaminare 
se la denunziata diseguaglianza comporti anche una lesione dei 
beni protetti da tali norme. 
Ma una questione pi� ampia, e sostanzial:tnente diversa, vien sollevata 
dall'ordinanza di rimessione allorch�, in sede di motivazione 
della violazione dell'art. 97 della Costituzione, si osserva che la presenza 
di un medico della L.A.N.M.I.C. nelle commissioni non costituisce 

�una sicura garan:i;ia di indipep.denza e di serenit� di giudizio ., atteso. 
che � se egli � medico della Libera associazione, dovr� di tale organismo 
tutelare e difendere i diritti�. � chiaro che la censura, anche se esemplificata 
con riferimento alla L.A.N.M.I.C., investe il sistema stesso. 
predisposto dalla legge: denunzia, cio�, il pericolo di parzialit� dell'azione 
amministrativa e la disparit� fra le varie associazioni determinati 
dal fatto che queste non concorrono nella designazione e che il 
medico di una sola di esse vien nominato componente delle com-missioni. 
La questione appare fondata. 


:286 RASSEGNA J)ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Non vi � dubbio che, al fine di assicurare il buon andam�nto dei 
pubblici uffici, il legislatore pu� legittimamente disporre che determinati 
organi collegiali vengano composti anche con la partecipazione di 
membri che provengano da gruppi sociali operanti nel settore, e ci� 
.al fine di rendere possibile una pi� efficiente rilevazione degli interessi 
da soddisfare e di consentire l'apporto di concrete esperienze relative 
.alla materia sulla quale la pubblica amministrazione � chiamata a provvedere. 
Tuttavia, quando nella realt� sociale agisca un pluralit� di 
_gruppi, in contrapposizione o in concorrenza fra loro, la legge, ad 
-evitare che i componenti abbiano ad agire nell'interesse particolare del 
_gruppo di provenienza piuttosto che nell'interesse obbiettivo dell'amministrazione, 
deve predisporre un sistema che assicuri la parit� fra 
i gruppi stessi: questa, infatti, diventa condizione essenziale di una 
.organizzazione che, come l'art. 97 della Costituzione richiede, garantisca 
l'imparzialit� amministrativa. 

Nel caso in esame manca ogni concorso delle varie associazioni 
nella designazione del componente delle commissioni provinciali o centrale, 
la cui nomina deve essere effettuata, secondo quanto innanzi si 
� detto, esclusivamente in base al maggior grado di rappresentativit� 
-O.i una sola associazione rispetto a ciascuna delle altre : e ci� comporta 
la conseguenza che queste ultime vengono del tutto escluse dal procedimento 
di formazione dell'organo anche se, per ipotesi, fossero in 
_grado, mediante accordi, di offrire una designazione pi� ampiamente 
.rappresentativa; mentre, di contro, l'associazione relativamente pi� 
.rappresentativa viene in certa guisa riconosciuta come unico centro di 
.rappresentazione degli interessi dell'intero settore. Da ci� discende che 
il componente del collegio, scelto esclusivamente in virt� della sua 
.appartenenza ad una determinata associazione, non offre le necessarie 
_garanzie di imparzialit� e che, di conseguenza, l'organizzazione dell'ufficio 
non risponde al canone prescritto dall'art. 97, comma primo, 
della Costituzione. -(Omissis). 

�CORTE COSTITUZIONALE, 23 marzo 1966, n. 27 -Pres. Ambrosini Rei. 
Verzl -Pesaro (n.c.). 

:Procedimento penale -Giudizio per decreto -Mancato interrogatorio 

dell'imputato -Violazione del diritto di difesa -Non sussiste. 

(Cost. art. 24; c. p. p., art, 506). 

L'omissione deU'interrogatorio dell'imputato nel giudizio per de
�creto, previsto dagli artt. 506 e segg, c.p.p., non viola il diritto di difesa 
.garantito daU'art. 24 della Costituzione, trattandosi di un giudizio spe



PARTE I, SEZ. I, GIURIS. COSTITUZI�NALE E INTERNAZIONALE 287 

ciale, nel quale la volont� di difendersi, manifestata attraverso l'opposizione 
al decreto, ha l'immediato effetto di far perdere ogni efficacia 
giuridica alla condanna (1). 

(Omissis). -1. -L'omissione dell'interrogatorio dell'imputato nel 
giudizio per decreto, previsto dagli artt. 506 e seguenti del c.p.p., non 
viola il diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione. 

La questione proposta dal Pretore di Padova deve ritenersi sostanzialmente 
decisa dalla sentenza di questa Corte n. 170 del 23 dicembre 
1963, la quale ha ritenuto che, nel detto giudizio, il diritto di difesa 
viene realizzato in quanto, proponendo l'opposizione prevista dall'articolo 
507, primo e secondo comma, del c.p.p., l'opponente � in grado di 
svolgere le sue ragioni con ampia conoscenza non soltanto delle risultanze 
processuali, ma anche della valutazione fattane in precedenza dal 
giudice. Per dissentire da questa decisione l'ordinanza di rimesione 
adduce, fra l'altro, ragioni di opportunit�, le quali non possono costituire 
motivo di illegittimit� costituzionale, ma soltanto oggetto di valutazione 
discrezionale, nei singoli casi, da parte del Pretore, cui l'art. 5-06 

c.p.p. consente di procedere alle � investigazioni che reputa necessarie ., 
e quindi anche all'interrogatorio dell'imputato. 
2. -Il giudizio per decreto, collocato dal Codice di procedura penale 
fra i � Giudizi speciali �, viene adottato per ragioni di economia processuale, 
allo scopo di definire rapidamente sine strepitu et figura judicii 
quei procedimenti per i quali il Preteore, in seguito all'esame degli atti, 
ritiene superfluo il dibattimento. Ed � un procedimento che, appunto 
per la semplicit� della forma, che tuttavia non menoma le garanzie 
difensive, ha dato ottimi risultati, tanto che mentre nel Codice di procedura 
penale del 1913 era limitato alle contravvenzioni, dal legislatore 
del 1930 � stato esteso anche ai delitti perseguibili di ufficio, quando il 
Pretore ritenga di dovere infliggere soltanto la pena pecuniaria. Emesso 
(1) La questione era stata proposta con ordinanza 19 luglio 1965 dal 
Pretore di Padova (Gazzetta Ufficiale, 30 ottobre 1965, n. 273) 
Non essendovi stata costituzione di alcuna parte, essa � stata decisa 
con procedimento in Camera di Oonsiglio. 
Gli specifici precedenti, della medesima questione possono rinvenirsi 
nella sentenza della Corte Costituzionale 23 dicembre 1963, n. 170 (Giur. 
it. 1964, I, 1, 246) ricordata in motivazione nonch� nella precedente sentenza 
8 marzo 1957, n. 46 (ivi, 1957, I, 1, 497). In dottrina, cfr. VAssoLLI, Natura 
giuridica dell'opposizione al decreto penale di condanna, Giur. cost. 1957, 
587; TRONCHINA, Il procedimento per decreto penale e l'ord. 24 Cast., Riv. 
proc. pen. 1961, 516. 

4 



288 

.RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

qualora il giudicante preveda che l'imputato non abbia a lamentarsi del 
provvedimento, il decreto penale � una decisione di condanna sottoposta 
a condizione risolutiva dipendente dalla volont� dell'imputato. 

3. -In riferimento all'art. 24 della Costituzione, � da porre in rilievo 
che, nel caso in esame, trattasi di un giudizio speciale, e che, pertanto, 
ai fini della tutela del diritto di difesa, non va discusso se un singolo 
atto procesuale sia opportuno o necessario, ma va stabilito se gli strumenti 
apprestati dalla legge, con quella diversit� dipendente dall'adattamento 
alla struttura di ciascun procedimento, consentano ugualmente 
pieno esercizio di tale diritto. Orbene, secondo l'attuale disciplina, la 
difesa � garantita, sotto un duplice aspetto. In primo luogo, si concede 
all'imputato facolt� di scelta: accettare o meno la condanna; ed � evidente 
che l'accettazione non solo elimina di per se stessa qualsiasi questione 
difensiva, ma dimostra che l'imputato non ha motivo n� interesse 
di chiedere che si proceda all'esperimento del pubblico dibattimento. 
Il che si traduce molto spesso in un vantaggio per lo stesso interessato. 
In secondo luogo, la volont� di difendersi, manifestata attraverso l'opposizione 
al decreto, ha l'immediato effetto di far perdere ogni efficacia 
giuridica alla condanna, di metterla cio� nel nulla, come se non fosse 
stata mai pronunziata. Ed a seguito della opposizione, il processo prende 
il suo normale corso, mentre il decreto penale assume la funzione di 
contestazione dell'accusa e quindi costituisce la base della discussione 
dibattimentale. -(Omissis). 

SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


I 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 5 luglio 1965, n. 1401 -Pres. Mastropasqua 
-Est. Salerni -P. M. Di Maio (conf.) -Presidenza del 
Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa) c. ditta La Scala (avv. 
Naso). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Giudizio 
pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit�. 

(c. p. c., art. 41, primo comma). 
n regolamento preventivo di giurisdizione � esperibile anche quando 
il giudizio sia pendente davanti a giudici speciali e, quindi, anche davanti 
ai Consiglio di Stato (1). 

II 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 febbraio Ul65, n. 259 -Pres. 
Torrente -Est. Straniero -P. M. Pedote (conf.) -Cassa di risparmio 
della Marca trevigliana (avv. Jemolo) c. Pradella (avv. De Martino). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Giudizio 
pendente davanti al Consiglio di Stato -Ammissibilit�. 

(c. p. c., art. 41, primo comma). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Sospensione 
del giudizio di merito -Inderogabilit�. 

(c. p. c., artt. 41, primo comma, 48, secondo comma e 367, primo comma). 
n regolamento preventivo di giurisdizione trova applicazione anche 
riguardo ai giudizi pendenti davanti al Consiglio di Stato (1). 

(1) Le sezioni unite della Corte di Cassazione confermano con la 
unica massima de1Jla prima sentenza e con la prima massima della seconda 
sentenza la loro giur~sprudenza ormai costante: oltre alle sentenze ricor

290 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La sospensione del giudizio di merito in seguito alla proposizione 
del regolamento di giurisdizione opera ipso iure, senza che al Giudice 
sia consentito di derogarvi, ed, essendo il Giudice spogliato della potestas 
iudicandi fino alla pronuncia delle sezioni unite, la pronuncia da 
lui emessa malgrado tale spoliazione � nulla per mancanza di un requisito 
essenziale (2). 

(Omissis). -FATTO. -Con deliberazione 9 maggio 1963 la Cassa 
di risparmio della Marca trevigliana_dispens� dall'impiego, a seguito di 
procedimento disciplinare, il suo dipendente Ermenegildo Pradella e 
provvide, conseguentemente, alla liquidazione di �quanto dovutogli. 

Contro la deliberazione il Pradella propose ricorso al Consiglio di 
Stato in sede giurisdizionale, e, a sua volta, nelle more del giudizio, la 
cassa di risparmio propose istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, 
sostenendo, sulla base di un unico motivo, che, in dipendenza 
della sua natura di ente pubblico economico, la giurisdizione sulle questioni 
relative al rapporto di impiego dei dipendenti spetta al giudice 
ordinario secondo il rito del lavoro. 

Il Pradella, costituitosi in sede di regolamento, rilev�, invece, che 
nel caso concreto, la giurisdizione spettava al Consiglio di Stato perch� 
l'impugnazione era stata proposta contro un provedimento disciplinare 
di natura discrezionale. 

Il giudice amministrativo si � pronunciato malgrado la pendenza 
del regolamento e, con decisione�1s marzo 22 aprile 1964, ha dichiarato 
la propria giurisdizione e annullato il provvedimento impugnato. 

Contro la decisione del Consiglio di Stato la cassa di risparmio ha 
proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi di annullamento 
che illustra con memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE. -I ricorsi vanno riuniti perch� le parti 
sono identiche ed identica � anche la questione di giurisdizione che in 
entrambi viene prospettata. 

date nella surriportata motivazione v. Cass., Sez'. Un., 28 aprile 1964 n. 1016, 
ed in questa Rassegna, 1964, I, 473 la nota 1; in senso contrario la giurisprudenza 
altrettanto costante del Consiglio di Stato: v. C. d. S., Sez. VI, 22 aprile 
1964, n. 355, in Foro it., 1964, III, 483 ed ivi la nota 1 con ampi richiami 
giurisprudenziali e di dottrina. I termini della questione risultano chiaramente 
dalla surriportata motivazione e la soluzione accolta dalle sezioni 
unite della Corte di Cassazione � da condividersi per le ragioni gi� accennate 
nella richiamata nota pubblicata in questa Rassegna, loco cit. 

(2) I -principi contenuti nella seconda massima della seconda sentenza_ 
rappresentano la logica conseguenza della ritenuta ammissibiUt� del regola

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 291 

In relazione all'oggetto del regolamento preventivo ed al primo 
motivo del ricorso proposto dalla cassa, per violazione ed erronea applicazione 
dell'art. 367 c.p.c. in relazione all'art. 41 stesso codice, contro 
la decisione del Consiglio di Stato che ha esaminato la questione di giurisdizione 
malgrado la gi� avvenuta proposizione del regolamento, due 
questioni si propongono a questo Supremo collegio: l'una, con effetto 
eventualmente assorbente della seconda, in ordine all'ammissibilit�-del 
regolamento per i giudizi pendenti dinanzi alle sezioni giurisdizionali 
del Consiglio di Stato, l'altra, da risolversi soltanto nel caso di affermazione 
della ammissibilit�, in ordine alla sorte della decisione impugnata. 


Sulla prima questione il consiglio ha ribadito il suo costante orientamento 
negativo, attingendo sia a ragioni comuni a tutti i giudizi speciali 
sia ad altre peculiari al proprio ordinamento. 

Riflettono il primo aspetto, impostato sul richiamo alla limitata 
enunciazione dell'art. 37 c.p.c., sia il rilievo che il legislatore del 1942 
avrebbe dovuto dichiarare espressamente, se tale fosse stato effettivamente 
il suo pensiero, l'applicabilit� ai giudizi speciali di un istituto 
che la legge 31 marzo 1877, n. 3761 aveva previsto esclusivamente per 
le questioni di giurisdizione sorte dinanzi ai giudici ordinari e che comunque, 
in quanto postula necessariamente la devoluzione in via preventiva 
della questione di giurisdizione ad un giudice diverso, avrebbe 
nell'ordinamento vigente un carattere eccezionale, sia il corollario che 
l'art. 367 c.p.c., col prevedere la riassunzione del processo, dopo la pronuncia 
sul regolamento, esclusivamente per la dichiarazione della giurisdizione 
del giudice ordinario, dimostrerebbe, implicitamente, ma chiaramente, 
che il legislatore ha voluto limitare l'istituto alle controversie 
davanti a detto giudice. 

Riguardano, invece, il second9 aspetto due osservazioni: l'una, di 
carattere giuridico, impostata sulla premessa che il procedimento davanti 
al Consiglio di Stato, ha disciplina legislativa autonoma, consiste 

mento preventivo di giurisdizione per i giudizi pendenti davanti ai giudici 
speciali� Benvero, da un canto l'art. 367 c. p. c. non consente dubbi circa 
la sospensione del giudizio, rispetto a cui detto regolamento sia stato proposto, 
dall'altro, non pu� non ritenersi inficiata da difetto di giurisdizione, 
temporaneo se pur non assoluto, e per ci� solo annullabile, la pronuncia 
emessa nel giudizio -stesso, in pendenza del regolamento preventivo di giurisdizione: 
v. in questa Rassegna, loco cit. 

Sulla sospensione, di cui sopra, peraltro, si pu� osservare: 

1) la dizione del secondo comma dell'art. 367 c. p, c., laddove si prevede 
la riassunzione del processo sospeso � se la Corte di cassazione dichiara 
la giurisdizione del giudice ordinario >, non pu� essere un argomento contro 
la sospensione del processo pendente davanti al giudice speciale per lo 
stesso motivo per il quale non pu� esserlo contro l'ammissibilit� del rego� 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

292 

nel rilievo che, nei rapporti fra detta disciplina ed il sopravvenuto 
codice di procedura civile, deve trovare applicazione il principio secondo 
il quale la legge generale posteriore non pu� derogare tacitamente ad 
una preesistente legge speciale; l'altra � essenzialmente fondata sulla 
deduzione dell'inconveniente pratico che la sospensione del procedimento 
a norma dell'art. 367 priverebbe il giudice amministrativo del 
potere di sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato a norma dell'art. 39 
del t.u. n. 1054 del 1924. 

Gli argomenti suddetti furono, peraltro, gi� valutati negativamente, 
nella loro sostanza, da questo Supremo collegio in precedenti costanti 
decisioni (15 gennaio 1953, n. 108; 14 ottobre 1952, n. 3023; 21 giugno 
1952, n. 1825) e queste vanno ribadite alla stregua della premessa che, 
nel codice del 1942, l'istituto del regolamento preventivo � certamente 
configurato secondo uno schema pi� lato di quello consentito dalla legge 
del 1877, in quanto reso accessibile anche alle parti private e tale da 
contemplare il difetto di giurisdizione nei confronti tanto della pubblica 
amministrazione quanto del giudice speciale. 

Sotto il profilo pi� generale va, infatti, rilevato che la lettera dell'art. 
37 non ha valore indicativo di una volont� limitata dal legislatore, 
in quanto l'espressa previsione del solo giudice ordinario, ha una adeguata 
giustificazione logica nel profilo formale, rappresentato dalla collocazione 
della norma in un complesso di disposizioni che ha per unico 
fine la disciplina del procedimento davanti a detto giudice, e nella conseguente 
vis attractiva del complesso .medesimo; che, viceversa, il convincimento 
che la suddetta norma rappresenti una concreta specifica 
manifestazione di un principio di pi� ampia portata pu� trarre ausilio 
sicuro sia dalla posizione attribuita a queste sezioni unite dal legislatore 
del 1942 nel sistema della risoluzione dei problemi di giurisdizione,. con 
particolare riferimento alla estensione della sfera della funzione regolatrice 
a tutte le magistrature, ordinarie e speciali, e ad entrambi i 
possibili aspetti, affermativi o negativi, della pronuncia, sia dalla gene-

lamento preventivo di giurisdizione rispetto ai relativi giudizi, motivo 
quest'ultimo posto in luce dalla motivazione surriportata; 

2) la dizione del primo comma dell'art. 367 �c. p. c., laddove si prevede 
che il � giudice da:vanti a cui pende la causa �, rispetto alla quale � stato 
proposto il regolamento preventivo di giurisdizione, �sospende il processo 
con ordinanza non impugnabile �, non .costituisce argomento contro la operativit� 
ipso iure della sospensione, in quanto anzi �la forma di ordinanza 
non impugnabile, impressa al provvedimento di sospensione, induce a ritenere 
che il giudice non abbia il potere di risolvere eventuali contestazfoni 
sollevate dallle parti, ma debba limitarsi ad assodare se sia stato proposto 
il ricorso per regolamento � (ANDRIOLI, Commento al codice di procedura 
civile, Napoli, 1956, II, 540, il quale agg.iunge �che � ad es., non gli � con



PARTE I, ,SEZ; II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 293 

rale efficacia costitutiva delle statuizioni di designazione del giudice 
competente si che quest'ultimo, qualunque esso sia, ne resti irrevocabilmente 
investito con efficacia vincolante, preclusiva di qualsiasi riesame; 
che la posizione medesima, considerata anche in rapporto ai poteri 
di questa corte in tema di conflitti virtuali, non si pu� ritenere neces


sariamente collegata a decisioni gi� pronunciate e neppure, in certo 
senso, a procedimenti gi� pendenti, onde la sua estensione al regolamento 
preventivo ha una sua giustificazione logica, oltre che quella 
materiale insita nel richiamo dell'art. 41 c.p.c. agli artt. 364 e segg. 
stesso codice e, quindi, anche all'art. 382. 

Poste, d'altra parte, queste considerazioni (che non possono essere 
contrastate dal richiamo dell'art. 367, capov., in quanto questa norma, 
regolatrice soltanto del processo davanti al giudice ordinario, non poteva 
esprimersi diversamente), dimostrato, in altri termini, che il pensiero 
del legislatore emerge essenzialmente dal sistema e che questo ultimo 
rappresenta una innovazione sostanziale rispetto al precedente regime 
giuridico, degrada, di conseguenza, il valore attribuitivo della decisione 
impugnata all'argomento della preesistenza ed autonomia del procedimento 
davanti al Consiglio di Stato e degrada altresl il rilievo impostato 
sulla deroga al principio secondo il quale ogni giudice ha il potere, 
in relazione alla specifica controversia che gli viene sottoposta, di verificare 
i presupposti ed i limiti della propria competenza o giurisdizione. 
Ci�, dal momento che la deroga � stata voluta dal legislatore con l'art. 
382, primo comma, che le stesse ragioni di snellimento processuale e 
di rapida attuazione della giustizia sostanziale che giustificano la norma 
del codice di rito valgono anche per i procedimenti davanti ai giudici 
speciali, che non vi � motivo per individuare al riguardo una particolare 
posizione del Consiglio di Stato, che � pur sempre un giudice speciale, 
anche se l'ambito oggettivo del sindacato di questo Supremo collegio �, 
per esso, limitato alle questioni di giurisdizione, anzicch� esteso anche 

alle violazioni di legge. 

sentito di esimersi dal sospendere il processo se il regolamento sia stato 

proposto malgrado la gi� emessa pronuncia di merito�): del resto, gravi 

inconvenienti non dovrebbero prospettarsi se si ammette l'applicabilit�, 

anche per la sospensione derivante dal regolamento preventivo di giurisdi


zione, del disposto dell'art. 48 c. p. ,c., secondo comma (v. pure decr. Trib. 

Milano, 14 luglio 1964, Foro it.� 1964, I, 1911 ed ivi breve nota di richiami 

giurisprudenziali). 

Sulla situazione in cui si trova la sentenza pronunciata nel giudizio, 

rispetto al quale sia stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione 

ed in pendenza di questo, oltre alla sentenza ricordata nella motivazione 

surriportata v. C'ass., sez. un., 31 marzo 1950, n. 877 in senso alquanto dif


forme da quello poi accolto nella sentenza che qui si annota. 

W.f.l g{:ff.fW?.o/.4.�%r.%:::::W-:-t.r.fW.P.&:W:f:=W%~~r~r:::r.:v..:mr.4.f.f:f'Rif!:f:r.i%?".ff.ff..ff~&~4.f:ff%Zf:'.::=~xr.@:rr.r.:m 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

294 

Restano da ultimo da esaminare, sotto il profilo dell'art. 367, l'inconveniente 
pratico denunciato. e subordinatamente, il secondo problema 
inerente alla sorte della decisione impugnata. Il primo punto pu� essere 
superato richiamando l'osservazione, gi� fatta da questa corte, in ordine 
alla possibilit� della eventuale eliminazione del problema insita nella 
estensibilit� ai procedimenti davanti al Consiglio di Stato dell'art. 48, 
secondo comma, c.p.c. e del potere, da detto comma riconosciuto al 
giudice adito, di compiere, nella pendenza del procedimento, gli atti ritenuti 
urgenti. Quanto al secondo va, invece, rilevato che la soluzione 
discende dal principio che la sospensione del giudizio di merito, in seguito 
alla proposizione del regolamento di giurisdizione, opera ipso jure 
senza che al giudice sia consentito di derogarvi. 

Questa corte, ha, infatti, gi� precisato (sentenza 11 dicembre 1950, 

n. 2705) che, in dipendenza del principio suddetto, il giudice � spogliato 
della potestas iudicandi fino alla pronuncia delle sezioni unite, si che 
la pronuncia emessa malgrado tale spoliazione � nulla per mancanza 
di un req�isito essenziale. 
L'annullabilit� della decisione impugnata sotto questo ultimo profilo 
non assorbe tuttavia il secondo motivo del ricorso della cassa, in 
quanto tale, per il suo soggetto, da importare, se accolto, la cassazione 
senza rinvio per difetto assoluto, non gi� soltanto temporaneo, della 
giurisdizione nel giudice amministrativo dal Pradella adito. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III. 24 agosto, 1965, n. 1973 -Pres. 
Boccia -Est. Aliotta -P. M. Gentile (conf.) -Mineo (avv. Menichini) 
c. Scalese (avv. Di Majo). 

Competenza e giurisdizione -Conflitti di attribuzione -Legittimazione 
a sollevarli. 

(1. 11 marzo 1953, n. 87, art. 37). 
La legittimazione a sollevare conflitti di attribuzione � riservata 
agli organi definitivi depositari dei poteri che entrino eventualmente in 
conflitto: � da escludere, pertanto, qualsiasi legittimazione delle parti 
in causa a sollevare conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, sotto 
ii profilo che la Corte di Cassazione, ritenendo implicitamente recepito 
in una legge successiva un principio contenuto in precedenti leggi concernenti 
la stessa materia, avrebbe esercitato un potere demandato ad 
altri organi dello Stato (1). 

(1) Che le parti in causa, come tali, non possano sollevare i conflitti di 
attribuzione, sotto qualsiasi profilo, pare fuori di dubbio. Questione interessante 
�, invece, quella di determinare chi possa sollevarli e, seppur si 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 295 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 23 dicembre 1965, n. 2477 -Pres. 

Lonardo -Est. Felicetti -P. M. Criscuoli (conf.) -Banco di Napoli 

(avv. Piccardi) c. Guida (avv. Rinaldi). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria e amministra


tiva -Enti pubblici economici. -Impiego pubblico -Controversie 


Giurisdizione ordinaria -Limiti. 

(c. p. c., art. 429, n. 3). 
Anche a seguito della soppressione dell'ordinamento sindacale corporativo, 
che non ha determinato l'abrogazione� dell'art. 429, n. 3 c.p.c.,. 
spetta all'Autoritd Giudiziaria ordinaria la competenza a giudicare dellecontroversie 
di impiego dei dipendenti di enti pubblici i quali svolgonoun'attivitd 
economica in regime di libera concorrenza, con la sola esclusione 
del sindacato sugli atti emanati nell'esercizio del loro potere di 
organizzazione, di natura preminentemente pubblicistica e discrezi�nale, 
iZ cui sindacato appartiene aU'autoritd amministrativa, risultando i. 
diritti soggettivi dei dipendenti degradati ad interessi legittimi; tale� 
degradazione per� non ha luogo allorquando l'ente pubblico esercita il. 
proprio potere disciplinare sul dipendente, essendo il suo esercizio Zimi-tato 
da regolamentazione collettiva e contrattuale, sicch� i diritti dei 
dipendenti, nella cui sfera il provvedimento disciplinare incide, riman. 
gono integri (1). 

accetta di riservare tale legittimazione agli organi definitivi (ossia supremi} 
depositari dei poteri -in conflitto, resta da esaminare quali questi organi 
siano e quali i poteri. Per taluni particolari aspetti e per una. indicazione 
bibliografica orientativa sull'argomento v. B. BACCARI, Considerazioni sulla 
disposizione dell'm�t. 65 del t. u. 12 lugL'io 1934, n. 1214 (leggi sull'ordinamento 
della Corte dei conti) e sugli effetti della sentenza emessa in sede di regolamento 
di giurisdizione, in questa Rassegna, 1965, I, 650 ed ivi, pagg. 657658; 
cfr. pure Corte Costituzionale 22 dicembre 1965, n. 91 (ordinanza), in 
questa Rassegna, 1965, I, 1111 ed ivi la nota 1. 

(1) Nel senso della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dei: 
rapporti di impiego tra gli enti 1pubblici economici ed i propri dipendenti, 
sia pur nei limiti, di cui � cenno nella massima, la giurisprudenza della 
Corte di Cassazione pu� considerarsi ormai costante: v. da ultimo C:ass., 
sez. un., 17 febbraio 1965, n. 259, la quale, peraltro, pi� genericamente 
riconosce la possibilit� che � determinati aspetti o momenti del rapporto. 
di impiego o di lavoro con i propri �dipendenti siano nei singoli enti condizionati 
ad esigenze di pubblico interesse o comunque attuati, modificati 
ed estinti in funzione di dette esigenze � onde � in tali casi prevalend0> 
il profilo pubblicistico anche nel suo aspetto discrezionale, i diritti soggettivi 
degradano ad interessi legittimi e viene meno la giurisdizione del giudice 
ordinario, il quale deve limitarsi ad accertare n carattere discrezionale 
del provvedimento �. 
Sul concetto di ente pubblico economico v., da ultimo, Cass., sez. un.,. 
5 luglio 1965, n. 1407, secondo cui � un ente pubblico pu� qualificarsi eco




:296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

�CORTE 
DI CASSAZIONE, Sez. Un., 30 dicembre 1965, n. 2487 -Pres. 
Lonardo -Est. Sparvieri -P. M. Criscuoli (conf.) -Lupi (avv. 
D'Amelio) c. Federazione colombofila italiana (avv. Russo). 
Competenza e giurisdizione -Regolamento preventivo di giurisdizione Preclusione. 


(c. p. c., art. 41, primo comma). 
La proposizione del ricorso per regolamento preventivo di giuri.
sdizione � preclusa solo dalia decisione del giudice di primo grado nel 
�merito ovvero dal passaggio in cosa giudicata formate delta sentenza, 
-con la quale il giudice di primo grado abbia pronunciato sulla giurisdi.
zione affermandola o negandola (1). 

nomico, -solo se esso, agendo nel campo economico, esplichi come impren


ditore un'attivit� che non solo si trovi o possa trovarsi in concorrenza con 

analoga attivit� d� imprenditori privati, ma che soprattutto rappresenti non 

un mezzo necessario per la diretta ed immediata realizzazione di un fine 

_pubblico, ma un semplice mezzo per conseguire lucri partecipando alla vita 

degli affari � con la precisazione che � ad imprimere carattere economico 

ad un ente pubblico non � sufficiente che esso esplichi, verso il pagamento 

di un corrispettivo, attivit� accessorie costituenti un semplice mezzo per far 

fronte, insieme ad altre entrate, alle spese di esercizio, dovendosi H predetto 

<:aratter� d~sumere dall'attivit� principale ed essenziale, che costituisce il 

:fine istituzionale dell'ente stesso �. 

Con analoghi principi e con esemplificazioni v., pure, Cass., sez. un., 5 

luglio 1965, n. 1406 e Cass., sez. un., 7 giugno 1965, n. 1120, entrambe in 

Foro it., 1966, I, 126 ed ivi nota 1; cfr., altresl, sull'argomento, Relazione 

Avvocatura Stato, 1955-1960, III, 659 e segg., nonch� questa Rassegna, 1966, 

I, 32 ed ivi la nota 2: alile note citate si rimanda il lettore per altri richiami 

di gi�urisprudenza anche del Consiglio di Stato (difforme sulla questione di 

giurisdizione: v. da ultimo, O.d.S., VI, 22 aprile 1964, n. 355, in Foro it., 

1964, III, 483 ed ivi la nota 2) e per riferimenti in dottrina. 

Certo, talvolta, questi concetti, cosi chiaramente delineati, non rice


vono la conseguente applicazione: v., per esempio, a proposito dell'ente 

:autonomo mostra d'oltremare e del lavoro italiano nel mondo, Cass., sez. 

un., 17 febbraio 1964, n. 348, in questa Rassegna, 1964, I, 666, ed ivi nota 1-2. 

(1) Questa massima afferma un principio tanto pacifico quanto 
�ovvio. Delicato � lo stabilire quando si abbia decisione nel merito. Sul punto 
v . .ANnRIOLI, Commento al codice di procedura civile, I, Napoli, 1957, 
145 e cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 9 febbraio 1965, n. 206, e Cass. 22 maggio 
1963, n. 1355, secondo cui � decisione nel merito quella � che abbia 
pronunciato... sulla proponibilit� �. Interessante � pure ricordare che �a 
precludere la proponibilit� del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione... 
non � sufficiente la decisione della causa in camera di consiglio, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 297 
Il 
PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 297 
Il 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 maggio 1965, n. 789 -Pres. 
Lonardo -Est. Pratillo -P. M. Di Maio (conf.) -Comune di Alcamo 
(avv. Bertone) c. Raccuglia (avv. Virga). 

Competenza e giurisdizione -Regolamento di giurisdizione -Mancanza 
di motivi -Ammissibilit�. 

(c. p. c., artt. 41, primo comma, e 366). 
� ammissibile il regolamento di giurisdizione che contenga la sola 
esposizione dei fatti e non i motivi per i quali si ritenga che la potestas 
decidendi spetti a un organo piuttosto che ad un altro, non essendo esso 
considerato dalla legge processuale come un rimedio ordinario o straordinario 
di impugnazione, ma concretandosi piuttosto in una istanza 
diretta a far precisare il giudice, ordinario o no, chiamato a conoscere 
di una determinata controversia (2). 

ma occorre la pubblicazione di una sentenza di merito� (Cass., sez. un., 3 
febbraio 1965, n. 169). 

(2) Questa massima conferma un precedente orientamento delle stesse 
sezioni unite deilla Corte di Cassazione (Cass., sez. un., 7 ottobre 1964, 
n. 2548), il �qual�e, peraltro, non parrebbe conciliabile con l'espresso richiamo 
fatto nell'art. 41, primo comma, c.p.c. � degli articoli 364 e seguenti � 
dello �stesso codice. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 8 febbraio 19<66, n. 406 -Pres. 
Flore -Est. Ferrati -P. M. Tavolaro I. (conf.) -Ministero Finanze Ministero 
Agricoltura e Foreste -Ministero Commercio con l'Estero 
(avv. Stato Arias) c. Polidori (avv. Rizzo e Gamalero). 

Competenza e giurisdizione -Autorizzazione amministrativa -Licenza 
di temporanea importazione -Natura della situazione soggettiva 
del titolare dell'autorizzazione -Diritto soggettivo -Suo affievolimento 
per l'esercizio di poteri pubblici discrezionali -Fattispecie: 
esercizio di poteri di polizia fitosanitaria da parte di Amministrazione 
diversa da quella autorizzante -Domanda di risarcimento 
danni del privato -Improponibilit� per difetto di giurisdizione 
dell'A.G.O. 

(1. 20 marzo 1865 n. 2248 all. E, artt. 2 e 4; r. d. 1. 27 ottobre 1937, n. 2209, 
art. 1; 1. 18 giugno 1931, n. 987, artt. 8 e 9). 
Il rilascio di un'autorizzazione amministrativa (nella specie, licenza 
di importazione) non crea un nuovo diritto soggettivo del privato, ma 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

298 

rimuove .semplicemente l'ostacolo posto da una precedente norma al 
libero esercizio del diritto, determinando i limiti in cui esso pu� essere 
esplicato; il privato, inoltre, non pu� vantare un diritto ad ottenere 
l'autorizzazione, dato il potere discrezionale dell'Amministrazione di 
valutazione deU'interesse pubblico in vista del quale � stato introdotto 
il limite, e soltanto aUorch� quest'ultimo sia venuto meno per effetto 
dell'autorizzazione il preesistente diritto del privato diventa perfetto e 
tutelabile anche nei confronti della P.A., tranne che (come per le licenze 
di importazione) all'Amministrazione medesima sia attribuito il potere 
discrezionale di revocare l'atto autorizzativo ove vengan~ meno le ragioni 
di convenienza e di opportunit� che ne determinarono l'emanazione. 
Alla stregua di tali principi il diritto soggettivo del titolare di una 
licenza di importazione regolarmente rilasciata dalle competenti autorit� 
(Ministero delle finanze e Ministero del commercio con l'estero) si 
affievolisce nena sua consistenza e degrada ad interesse legittimo anche 
di fronte all'esercizio del potere discrezionale attribuito ad una diversa 
autorit� amministrativa (nella specie, Ministero dell'agricoltura e delle 
foreste) di vietare l'introduzione delle merci, oggetto della licenza, nel 
territorio nazionale per ragioni fitosanitarie ai sensi degli artt. 8 e 9 
della legge 18 giugno 1931, n. 987, non sussistendo alcuna incompatibilit� 
tra l'autorizzazione alla temporanea importazione di merci per 
ragioni di carattere economico e l'esercizio dei poteri di polizia fitosanitaria. 
Difetta, pertanto, di giurisdizione l'A.G.O. a conoscere una 
domanda di risarcimento di danni proposta dal titolare della licenza 
di temporanea importazione al quale, per ragioni fitosanitarie, sia stato 

impedito di introdurre in Italia le merci oggetto della licenza (1). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del loro ricorso le tre Amministrazioni 
denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 
legge 20 marzo 1865, n. 2258, ali. E, difetto di giurisdizione dell'autorit� 
giudiziaria ordinaria, violazione e falsa applicazione dell'art. 1 r.d.l. 
27 ottobre 1937, n. 2209 e degli artt. 8 e 9 legge 18 giugno 1931, n. 987, 
il tutto in relazione all'art. 360, n. 1 e 3 c.p.c. 

Le ricorrenti rilevano che nella specie sono intervenuti due distinti 
atti amministrativi: un'autorizzazione del Ministero del commercio 

(1) Situazioni soggettive rispetto al potere autorizzativo della p. A. e 
problemi di,'.)~iurisdizione. 
1) Premessa. -La sentenza che si annota affronta il problema della 
qualificazione della situazione �soggettiva nascente nella sfera giuridica del 
soggetto titolare di un'autorizzazione amministrativa nei confronti dell'esercizio 
del potere discrezionale spettante ad un'Amministrazione, diversa da 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 299 

estero con conseguente decreto di autorizzazione di temporanea importazione 
emanato dal Ministero delle finanze ai sensi dell'art. 1 r.d.l. 
27 ottobre 1937, n. 2209 ed il diniego del Ministero dell'agricoltura di 
consentire, per ragioni di carattere fitosanitario, l'importazione di pomodori 
essendo scaduto il� termine del 15 aprile e sostengono che si tratta 
di due atti amministrativi tipicamente discrezionali, nei confronti dei 
quali non sussiste, :n� pu� sussistere alcun diritto soggettivo del privato, 
ma soltanto interessi legittimi, poich� l'emanazione di tali atti � subordinata 
in modo precipuo alle esigenze di interesse pubblico. 

Esse aggiungono che si tratta di due distinti provvedimenti, di competenza 
di du� diverse Amministrazioni dello Stato, preposta l'una alla 
tutela della economia del paese, l'altra alla tutela della sanit� pubblica 
nel campo agricolo, cosicch� determinate operazioni di importazioneesportazione, 
autorizzate perch� ritenute utili all'economia nazionale, 
possono poi essere vietate in ogni tempo, qualora motivi sanitari lo 

quella che ha emanato l'atto autorizzativo, di incidere sulla situazione 
stessa. 

La Cassazione ha cosi affermato che il diritto soggettivo, la cui espansione 
� resa possibile dall'autorizzazione, si affievolisce e degrada ad interesse 
legittimo di fronte all'esercizio del potere discrezionale esercitato 
da un'autorit� amministrativa diversa da quella autorizzante, ed ha, di 
conseguenza, negato la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la 
domanda di risarcimento dei danni proposta dal privato. Nella specie, al 
titolare di una licenza di temporanea importazione di merci, rilasciata dalle 
competenti autorit� preposte alla disciplina del settore del commercio con 
l'estero, era stata vietata l'introduzione nel territorio nazionale delle merci 
oggetto della licenza da altra autorit� amministrativa e per ragioni di polizia 
fitosanitaria. La pronuncia della Cassazione offre lo spunto per passare 
brevemente in rassegna le varie situazioni soggettive di cui � titolare 
il privato prima e dopo il rilascio di un'autorizzazione amministrativa, 
con SPecifico riferimento all'incidenza del potere della p. A. di denegare 
l'autorizzazione o di revocarla; ci� al fine della identificazione del giudice 
competente, di volta in volta, a conoscere le controversie nascenti nella 

subiecta materia. 

2) La natura deHa posizione soggettiva del privato aspirante al rilascio 
dell'autorizzazione. -In tale indagine va in primo luogo esaminata la natura 
giuridica della situazione soggettiva del privato che aspira ad ottenere 
un'autorizzazione amministrativa. 

Sul pr.eslJlPPosto che l'atto autorlzzativo rimuova l'impedimento posto 
da una norma al libero esercizio di un diritto sog,gettivo o di run potere giuridico 
gi� spettanti al privato (1), costituisce ius receptum l'affermazione 

(1) RANELLETTI, Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. 
Facolt� da esse create, Riv. it. se. giur., 1897, 178 segg.; ZANOBINI, Corso di diritto 
amministrativo, I, Milano, 1954, 264; VITTA, Diritto amministrativo, I, Torino 1954, 
350 -Per il GASPARRi:, Autorizzazione (dir. amm.), Enc. del dir., voi. IV, Milano, Giuffr� 
pag. 509, l'autorizzazione si configura come �lemento integrativo della fattispecie 
complessa, gi� parz~almente realizzata, da cui il diritto o il potere deriva.

. 



300 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

esigano; a loro avviso, lungi dal costituire revoca del provvedimento 
del Ministero delle finanze, quello del Ministero dell'agricoltura integra 
l'esercizio di una autonoma potest� amministrativa, che rappresenta la 
condizione negativa per l'efficacia dell'autorizzazione gi� rilasciata. 

Ne deducono quindi l'assoluto difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario a conoscere dell'azione di danni proposta dal Polidori, poich� 
il provvedimento di diniego d'importazione del Ministero dell'agricoltura 
ha trovato di fronte, neutralizzandolo, l'interesse legittimo sorto per il 
Polidori per effetto dell'autorizzazione rilasciata dal Ministero delle 
finanze: anche ammettendo che quell'autorizzazione abbia dato vita ad 
un diritto soggettivo per il privato, il diritto stesso sarebbe stato poi 
affievolito e degradato ad interesse legittimo nei confronti del Ministero 

secondo la quale l'autorizzazione, a differenza della concessione amm1rustrativa, 
non amplia la sfera giuridica, bensi soltanto la sfera d'azione del 
privato, rendendo possibile l'esercizio di quei diritti che prima esistevano 
allo stato potenziale nel suo patrimonio giuridico. 

Tali diritti e poteri, secondo la qualificazione del SANDULLI (2) rientrano 
nella �categoria dei diritti condizionati e pi� precisamente in quella dei diritti 
fievoli o in attesa di espansione -Mediante l'atto autorizzativo la p. A. 
d� espansione al diritto soggettivo o al potere giuridico del privato rendendone 
possibile l'esercizio e determinandone l'ambito di operativit�. 
L'atto dell'Amministrazione ha, quindi, una funzione permissiva, cio� la 
:liunzione di �consentire -previe> riscontro della mancanza di ragioni di 
contrasto con le esigenze d'interesse pubblico di volta in volta prese in considerazione 
dai! Iegislatore -l'esercizio di determinate attivit� inerenti a 
preesistemf diritti soggettivi degli interessati (3). Da tali diritti o poteri, 
esistenti nella sfera giuridica del privato allo stato potenziale e sui quali 
l'autorizzazione opera rimuovendo il limite posto dall'ordinamento al loro 
esercizio, va tenuta distinta la situazione soggettiva del privato costituita 
dall'interesse ad ottenere il provvedimento autorizzativo. Essa, infatti, va 
inquadrata nella categoria degli interessi legittimi ed � logicamente successiva, 
o quanto meno coeva, a quella data dal diritto in attesa di espansione 
sul quale opera l'autorizzazione. Pu� anzi dirsi, a nostro avviso, che 
il diritto esistente nella sfera giuridica del privato allo stato potenziale 
prima dell'autorizzazione costituisce il necessario presupposto dell'interesse 
legittimo a richiedere e ad ottenere il provvedimento permissivo (4). 

(2) SANDVLLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1962, pagg. 73, 74). 
(3) SANDVLLI, Manuale, cit. pag. 317; SANDVLLI, Notazioni in tema di provvedimenti 
autorizzativi, Riv. trim. dir. pub., 1957, pag. 784. 
(4) Secondo l'opinione del CANNADA -BARTOLI (La tutela giudiziaria det cittadino 
verso la pubblica amministrazione, Milano 1964, 61 e segg.) la situazione e diritto 
soggettivo �� obbiettivamente considerata come fatto, costituisce il presupposto di 
qualificazione dell'interesse legittimo il quale, quindi, si pone come interesse alla 
legittimit� degli atti amministrativi sul presupposto di una situazione di diritto soggettivo; 
ci� in quanto al fondo dell'interesse legittimo vi sarebbe sempre una utilit� 
privata del cittadino. Alcune fattispecie di collegamento tra diritto soggettivo ed interesse 
legittimo sono poste in rilievo dal SANDVLLI, Collegamenti e conseguenziatit� 
tra diritti ed interessi e relativa Titevanza ai fini detla competenza giurisdizionale, 
Giust. civ. 1958, I, 211. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 301 

dell'agricoltura per i provvedimenti che questo pu� adottare nella sfera 
di sua competenza. 

Il ricorso merita accoglimento anche se non si pu� condividere nei 
termini generali in cui � stato enunciato -l'assunto principale delle 
ricorrenti che il privato, cui � stata rilasciata una licenza di importazione, 
non sia mai titolare di diritti subbiettivi. 

Invero la licenza di importazione rientra nella categoria delle auto-� 
rizzazioni amministrative ed � noto che l'autorizzazione si configura come 
la rimozione di un limite all'esercizio di un diritto o di un potere che 
appartiene al privato (sent. 20 giugno 1960,n. 1675): proprio in tema 
di licenza di importazione si � affermato (sent. 28 luglio 1958, n. 2721) 
che il rilascio della medesima non crea un nuovo diritto soggettivo del 
privato, ma rimuove semplicemente l'ostacolo posto da una precedente 
norma al libero esercizio .del diritto, determinando i limiti entro i quali 
tale diritto pu� essere esplicato. 

Non v'� dubbio che il privato non possa vantare alcun diritto ad 
ottenere l'autorizzazione, giacch� questa � data dall'Amministrazione nell'esercizio 
del suo potere discrezionale di valu.tazione dell'interesse pub-

Trattasi di un presupposto di legittimazione di tale interesse nel senso 
che in tanto sorge e ,pu� essere fatto valere l'interesse legittimo a che la 

p. A. operi correttamente nell'esercizio della potest� autorizzativa, in quanto� 
il privato richiedente sia titolare di un'utilit� sostanziale, vale a dire di un 
diritto soggettivo o di un potere giuridico che per potersi esplicare abbianC> 
bisogno dell'intervento in funzione permissiva dell'autorit� amministrativa. 
Duplice �, pertanto, la situazione soggettiva di cui � titolare il privato 
che aspira ad ottenere una autC>rizzazione ammiinstrativa: il diritto soggettivo 
C> il \)(}tere giuridico allo stato potenziale che possono trovare esplicazione 
soltanto attraverso l'intervento dell'Amministrazione in funzione permissiva, 
e l'interesse legittimo alla rimozione del limite posto dalla norma 
al libero esercizio del diritto o del potere. Il nesso di collegamento tra le 
due indicate situazioni soggettive � dato dalla circostanza che l'interesse 
alla legittima esplicazione della potest� autorizzativa trova il suo fattore 
di legittimazione nella preesistenza della situazione di diritto in attesa di 
espansione o di potere giuridico di cui � titolare il privato che richiede l'autorizzazione 
amministrativa. 

Posto che l'esistenza del diritto fievole rappresenta soltanto il necessario 
presupposto perch� sorga e riceva tutela l'interesse legittimo alla rimozione 
del limite al libero esercizio del diritto stesso mediante il provvedimento 
autorizzativo, appare evidente che il diniego dell'autorizzazione 
viene ad incidere in via immediata e diretta sull'interesse legittimo al corretto 
esercizio della potest� autorizzativa e soltanto in via mediata e riflessa 
sul sottostante diritto fievole che costituisce l'indispensabile presupposto di 
legittimazione dell'interesse, e che non ha trovato espansione . Di conseguenza, 
la eventuale illegittimit� del diniego del provvedimento autorizzativo 
pu� essere denunciata unicamente dinnanzi agli organi della giurisdizione 
amministrativa, e, nell'ipotesi �n cui sia riconosciuta l'illegittimit� 
stessa tanto.per ragioni formali quanto per ragioni sostanziali, essa non co




:302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~blico, in vista del quale � stato introdotto il limite, ma, caduto il limite, 
:per l'effetto espansivo che gli � proprio, il preesistente diritto del privato 
diventa perfetto e tutelabile anche nei confronti della stessa Pubblica 
.Amministrazione: questo, beninteso, quando il diritto non sia pi� soggetto 
ad ulteriori valutazioni del pubblico interesse. Gli � che la revoca 
con effetto ex tunc da parte della Pubblica Amministrazione di un atto 
emanato nell'esercizio di un potere discrezionale � lecita soltanto quando 
.all'Amministrazione sia dato il potere di controllare che sussistano sem.
Pre le ragioni di convenienza e di opportunit� che hanno determinato 
la emanazione dell'atto e nel caso appunto della licenza di importazione 
si � ritenuto che tale atto autorizzativo faccia sorgere nel privato un 
diritto condizionato, in quanto tutto lo svolgimento del rapporto rimane 
.sempre subordinato alla coincidenza con l'interesse pubblico, la cui 
valutazione discrezionale spetta alla Pubblica Amministrazione (sent. 

26 aprile 1961, n. 932). 
� tuttavia superfluo indugiarsi su questo punto, poich� dopo gli atti 

di loro competenza, posti in essere rispettivamente il 7 ed il 20 aprile 
1956, i Ministeri del commercio estero e delle finanze non hanno pi� 
:Svolto attivit� alcuna, onde � da escludere che l'importazione non abbia 
potuto essere effettuata in conseguenza di una nuova valutazione delJ'interesse 
economico generale del paese, fatta ne�l'esercizio del potere 
loro spettante, da quelle medesime Amministrazioni, che avevano rila;
gciato la licenza d'importazione: esula completamente dalla fattispecie 

:stituisce titolo sufficiente per proporre dinnanzi al giudice ordinario un'azione 
di risarcimento danni sotto il profilo della lesione del diritto soggettivo 
.che non ha potuto trovare espansione. L'atto amministrativo di diniego, 
infatti, soltanto di riflesso viene ad incidere sulla situazione soggettiva di 
&ritto in attesa di espansione giacch� essa colpisce invece, come si � preci;
sato, in modo rilevante per il diritto, unicamente l'interesse legittimo del 
:privato al corretto esercizio della potest� pubblica autorizzativa. In tal 
modo colui al quale sia stata illegittimamente negata una licenza di com:
mercio o l'autorizzazione alla temporanea importazione di merci, dopo la 
:Pronuncia di annullamento dell'atto da parte dei competenti organi di giuTisdizione 
amministrativa, non pu� proporre, per difetto assoluto di giurisdizione, 
dinnanzi al giudice ordinario un'azione per ottenere la condanna 
�della p. A. al rirSarcimento dei danni deducendo la lesione del suo diritto 
.soggettivo ad esercitare l'attivit� che non ha potuto trovare esplicazione 
per l'illegittimo diniego dell'atto permissivo da parte dell'Amministrazione; 
-cosi, per indicare un'esempio tra i pi� frequenti, difetta di giurisdizione 
'il giudice ordinario in relazione alla domanda di risarcimento di danni 
.avanzata dal proprietario al quale illegittimamente sia stata negata la 
licenza edilizia sotto il �profilo della lesione del ius aedificandi che non ha 
�potuto trovare espansione per l'illegittimit� del diniego, in quanto in via 
.diretta ed immediata l'Amministrazione con il provvedimento di diniego 
viola soltanto l'interesse 1legitttmo del proprietario ad ottenere l'autorizza;
zione, mentre non rileva sul piano giuridico la circostanza che questi abbia 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 303 

l'ipotesi della revoca, di cui v'� qualche accenno sia nella sentenza impugnata 
come negli scritti difensivi, e difatti le doglianze del privato non 
si appuntano contro atti delle Amministrazioni del commercio estero e 
delle finanze, uniche titolari del potere di revoca. 

La controversia si � invece imperniata esclusivamente sul diniego 
di importazione opposto prima dagli uffici periferici del Ministero del1'
Agricoltura e poi confermato dal Ministero stesso. 

Ora si deve considerare che l'art. 8 della legge 18 giugno 1931, 

n. 987, dettata per la difesa delle piante coltivate e dei prodotti agricoli, 
attribuisce al Ministro per l'agricoltura il potere di sospendere l'importazione 
e il transito, nel territotio dello Stato, di piante, parti di piante 
e semi ritenuti infetti, di fissare le stazioni di confine e i posti per i quali 
soltanto pu� avere luogo l'importazione e di dettare norme e modalit� da 
osservarsi per le importazioni: il successivo art. 9 elenca poi le facolt� 
attribuite ai delegati del Ministero dell'agricoltura addetti al servizio di 
risentito un danno patrimoniale per non avere potuto esercitare il suo ius 
aedificandi (5). Trattasi, in effetti, di danni non e giuridici� ma soltanto 
e economici�, intendendosi per danni �giuridici� quelli derivanti da lesioni 
di diritti soggettivi perfetti e per danni e economici � quelli conseguenti a 

(5) Il SANDULLI (Manuale, cit. 73-74) esattamente afferma che i diritti in attesa 
di espansione, come in generale i diritti condizionati, non possono essere considerati 
COine figure intermedie tra il diritto e l'interesse legittimo ed ammette che in essi 
ricorrono due posizioni soggettive distinte, l'una di diritto soggettivo e l'altra di 
interesse legittimo, specificando in particolare che nei diritti in attesa di espansione 
la posizione giuridica di interesse legittimo � quella che il soggetto ha in ordine alla 
rimozione del limite all'esercizio del diritto che l'ordinamento gli riconosce. 
Da tale esatta premessa ci sembra che possa trarsi la conclusione, da noi indicata, 
dell'improponibilit�, per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, della 
domanda di risarcimento danni per illegittimo rifiuto di un'autorizzazione. Senonch� 
il SANDULLI (Manuale, cit. 591) tmttando della rilevanza della lesione dei diritti 
condizionati afferma che anche quando e l'illegittimit� dell'azione amministrativa 
abbia luogo entro l'ambito del potere dell'Amministrazione di sacrificare il diritto 
soggettivo o di non consentirne l'espansione (e cio� nell'ambito della fievolezza del 
diritto), essa si risolve pur sempre nella lesione illegittima di un diritto � e conclude 
che e � del pari certo che abbia diritto al risarcimento del danno, ad esempio, il 
proprietario al quale sia stata illegittimamente negata la licenza edilizia �, sempre 
per� dopo che il giudice amministrativo abbia dichiarato l'illegittimit� dell'atto 
amministrativo e lo abbia annullato. Ci sembra che si possa rilevare un contrasto tra 
ci� che l'Autore afferma in generale trattando della natura della situazione soggettiva 
di colui che aspira ad ottenere una autorizzazione amministrativa e ci� che afferma, 
invece, trattando del diniego illegittimo dell'autorizzazione, in quanto dall'esatta premessa 
dell'esistenza di una duplice situazione soggettiva del privato prima di ottenere 
il provvedimento autorizzativo e particolarmente dal fatto che il privato medesima 
� titolare oltre che del diritto fievole (che pur sempre partecipa della natura di 
diritto soggettivo) anche di uno specifico interesse legittimo e in ordine alla rimozione 
del limite all'esercizio del diritto che l'ordinamento gli conferisce � deve dedursi che 

l'eventuale diniego illegittimo dell'autorizzazione viene ad incidere in via diretta ed 
immediata unicamente su tale interesse legittimo e soltanto di riflesso, ed in modo 
non rilevante per il diritto, sul diritto fievole. In giurisprudenza, per ci� che concerne 
l'ammissibilit� del risarcimento dei danni da illegittimo diniego di licenza edilizia, 



304. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
vigilanza nelle stazioni di confine e nei porti, contemplando espressamente 
quella di � vietare l'introduzione nello Stato e il transito di piante, 
parti di piante che ritenessero infetti o portanti germi di malattie �' 
parassiti�. 

Senza dubbio simili facolt� sono conferite all'Amministrazione in 
vista di un superiore interesse pubblico e di fronte ad esse il diritt0o 
subiettivo del privato si affievolisc;e nella sua consistenza e degrada a 
interesse legittimo: se ne ha una testuale riprova nell'ultimo comma 
del medesimo art. 9, che nega qualsiasi indennit� agli interessati per� 

le distruzioni, le disinfezioni e le restrizioni (e questo termine comprendeevidentemente 
il divieto d'introduzione e di transito) che siano state 
disposte dai delegati del Ministero dell'agricoltura nell'esercizio delleloro 
facolt�. 

Si tratta quindi di esaminare se detti poteri possano essere esercitati 
anche nei confronti del privato che si presenti titolare di una licenza 
d'importazione, legittimamente rilasciata dalle competenti Amministrazioni, 
se, cio�, il rilascio della licenza faccia assurgere a diritto subbiet-. 

lesioni di meri interessi legittimi che, per consolidata giurisprudenza (6),. 
non determinano alcuna responsabilit� risarcitoria della p. A. � 

3) Natura e consistenza delle situazioni soggettive nascenti dall'autorizzazione 
-Incidenz(l sulle stesse del potere dell'Amministrazione. -Occorre� 
esaminare ora la natura e la .consistenza della posizione giuridica di colui 
che ha ottenuto un'autorizzazione amministrativa. 

Al riguardo vi � concordia di opinioni nel senso che in conseguenza. 

della rimozione del limite operata dal provvedimento amministrativo il privato 
ha un v�ero e proprio diritto soggettivo perfetto allo svolgimento, 
dell'attivit� autorizzata. 

una decisa soluzione negatva � adottata da: Sez. Un., 20 febbraio 1965, n. 283, in. 
Mass. Giu.st. civ. 1965, 127; Cass. 9 febbraio 1963, n. 252, Riv. giu.r. ed. 1963, I, 225 
con nota di D'ANGELO, Spunti in tema di risarcibilit� del danno derivante da diniego. 
di licenza edilizia. La soluzione positiva, invece, � stata adottata da Cass. 8 giugno. 
1961, n. 1324, Giu.st. civ. 1964, I, 64; Cass. 30 marzo 1963, n. 800, Giu.r. it. 1963, I, 1, 
1103 con nota di GuiccIARDI, Risarcibilit� di interessi legittimi; Trib. Palermo 29 feb.'.. 

I

braio 1964, Riv. giu.r. ed. 1965, I, 380 con nota di VELA, La risarcibilit� dei danni 
cagionati da illegittimo diniego di licenza edilizia, ivi, 1965, II, 39 contenente una 
rassegna critica della giurisprudenza. 

(6) Cass. S. U. 20 febbraio 1965, n. 283, Mass. Giu.st. civ. 1965, 127; Cass. S. U. 
6 agosto 1962, n. 2418, Mass. Giu.st. civ. 1962, 1152 -In dottrina sulla que-stione: 
ScoGNAMIGLio, In tema di risarcibiiit� di danni derivanti da lesione di interessi: 
legittimi da parte della p. A., Riv. dir. civ. 1965, 55 segg.; MlcHELI, Sentenza di annullamento 
di un atto giuridico e risarcimento del danno patrimoniale derivato da.lesione 
di interessi legittimi, Riv. dir. proc. 1964, 396 segg.; MIELE, Risarcibilit� deft 
danni derivanti da ingiu.sta lesione di interessi legittimi ad opera della p. A., Foro it. 
1963, IV, 23 segg.; FOLIGNO, La pretesa responsabilit� della p. A. per lesione di interessi 
legittimi, Milano, 1963. 

PARTE I, SEZ. II; GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 305 

tivo perfetto la posizione del titolare di essa in rapporto all'Amministrazione 
dell'agricoltura. 
La sentenza impugnata ha risposto affermativamente al quesito, 
ponendo a base del suo ragionamento l'art. 1 del r.d.l. 27 ottobre 1937, 

n. 2209. 
Dispone detta norma che in casi eccezionali, alle ditte che ne fanno 
richiesta, il Ministero per le finanze, di concerto con il Sottosegretario 
di Stato per gli scambi e valute (ora Ministero del commercio con l'estero) 
e sentito il comitato consultivo di cui al r.d. 14 agosto 1936, n. 1825, 
potr� consentire con proprio decreto la temporanea importazione ed 
esportazione di merci non previste dalle concessioni in vigore quando 
ne sia dimostrata la necessit� per il ricorrere di circostanze speciali e 
semprech� il provvedimento possa tornare utile all'economia del paese. 

Ad avviso della Corte d'appello con quella norma si � affermata, 
nella soggetta materia, la competenza assoluta ed esclusiva del Ministero 
delle finanze, pi� precisamente si � inteso e concentrare nel Ministero 
delle finanze ed in quello del comm�rcio con l'estero tutti i poteri, 
anche quelli pertinenti ad altri Ministeri �, giacch� � stata eliminata 
ogni previa intesa con il Ministero per l'industria ed il commercio o 
con quello dell'agricoltura, gi� contemplata dal precedente r.d.l. 14 giu-

Il suo diritto fievole, �per effetto dell'atto autorizzativo, acquista espansione 
e pu� essere esercitato sia pure nei limiti posti dall'atto stesso. 

La posizione soggettiva di diritto del privato titolare dell'autorizzazione 
va vista, per�, sotto due prospettive diverse a seconda che la si esamini 
nei rapporti con la p. A. e nei rapporti con gli altri privati. 

Non vi � alcun dubbio, infatti, che nei confronti degli altri privati 
itl. titolare dell'autorizzazione abbia un vero e proprio diritto soggettivo tutelabile, 
al pari degli altri diritti soggettivi, dinnanzi all'A.G.O. In eventuali 
controversie tra privati sorgenti dalla attivit� autorizzata, come ad 
es. nel caso in cui taluno ritenga tale attivit� lesiva dei propri diritti, il 
giudice ordinario potr�, sia pure incidentalmente, pronunciarsi sulla legittimit� 
del provvedimento autorizzativo disapplicandolo, in forza dell'articolo 
5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo, ove lo riscontri 
illegittimo, �senza peraltro poterlo annullare per il divieto di repressione 
degli atti amministrativi (art. 4 della legge sul contenzioso). 

Pu�, pertanto, affermarsi in tesi generale che il privato titolare dell'autorizzazione 
ha un diritto soggettivo pieno ed incondizionato nei confronti 
di altri privati a svolgere l'attivit� autorizzata e pu� servirsi di tutti 
i mezzi giuridici che l'ordinamento predispone a tutela delle posizioni soggettive 
di diritto perfetto. 

Diverso discorso deve farsi per ci� che .concerne la natura e la consistenza 
di tale situazione �soggettiva esaminata nei confronti della p. A. 

Va, intanto, rilevato che sussistono numerose fattispecie di autorizzazioni 
amministrative per le quali alla p. A. � preclusa ogni ulteriore possibilit� 
di intervento nell'attivit� autorizzata ed ogni ulteriore controllo sullo ' 
svolgimento della stessa: in siffatta ipotesi il privato ha un diritto soggettivo 
perfetto anche nei confronti della p. A. autorizzante, tutelabile in modo 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO ST,ATO

306 

gno 1923, n. 1313 (art. 1) ed � stato soltanto imposto l'obbligo di sentire 
il comitato consultivo interministeriale, di cui fa parte, tra gli altri, 
un funzionario del Ministero dell'agricoltura: donde la conclusione che 
e le esigenze di ogni ministero interessato vengono denunciate in seno 
al comitato consultivo e dallo stesso vagliate, per cui deve escludersi 
una possibilit� di riesame della materia da parte di ogni altro ministero 
che si senta leso dalla decisione emessa prima dal Comitato consultivo 
e poi dai Ministeri del commercio estero e delle finanze >. 

Anzi secondo la Corte, siccome l'autorizzazione all'importazione � 
prevista soltanto per � casi eccezionali �, sarebbe stato sempre interdetto 
al Ministero dell'agricoltura l'esercizio delle facolt� attribuitegli dalla 
legge 18 giugno 1931, n. 987 anche prima dell'entrata in vigore del 

r.d.l. n. 2209, quando la licenza veniva accordata con decreto reale su 
proposta del ministro interessato. 
Giustamente le ricorrenti denunciano l'erroneit� della tesi enunciata 
dalla Corte d'appello. 
Questa, in sostanza, ha ravvisato una incompatibilit� tra le norme 
dettate ai fini della polizia fitosanitaria e le norme che disciplinano 
le temporanee importazioni ed ha ritenuto che quelle non possano trovar 
applicazione laddove sono operanti le seconde: in tal modo essa non 

pieno ed incondizionato dinnanzi al giudice ordinario. Trattasi per lo pi� 
delle autorizzazioni ail compimento di atti giiuridici come, ad es., per l'acquisto 
di beni immobili o per l'accettazone di eredit� da parte di persone 
giuridiche (art. 17 c. c.). Con la ema:nazone del provvedimento autorizzativo 
la p. A. esaurisce il suo potere e non ha pi� alcuna potest� per un ulteriore 
intervento discrezionale in materia, sicch� � da escludere che in tali ipotesi 
possa �essere esercitata la potest� di revoca dell'autorizzazione (7). 

Anche, per�, in siffatte ipotesi non resta precluso alla p. A. l'esercizio 
del .potere di annullamento di ufficio ove l'atto autorizzativo venga riconosciuto 
illegittimo, �Con la conseguenza che, .per effetto della forza distruttiva 
dell'ani.uullamento e della sua efficacia ex tunc, viene meno la situazione 
soggettiva di diritto perfetto sorta in base ail provv�edimento autorizzativo 
ed al privato � dato soltanto di far valere il suo interesse legittimo al 
corretto esercizio della potest� di annullamento della p. A. dinnanzi agli 
organi di tutela giurisdizionale amministrativa. 

Un problema di risarcibiUt� del danno subito dal privato, per il.e autorizzazioni 
amministrative che non ammettono di essere revocate da parte 
della p. A. �per l'esaurimento del potere amministrativo, pu� quindi porsi, 
a nostro avviso, soltanto quando, nonostante l'ordinamento non consenta n� 
in modo �espresso n� in modo implicito alla p. A. la potest� di revoca, questa 
sia egualmente esercitata per reali o presunte ragioni di pubblico interesse. 
In tal caso, mancando in radice il potere dell'Amministrazione di interve


(7) Sul problema della revocabilit� delle autorizzazioni e dei limiti all'esercizio 
della potest� di revoca in tale materia vedasi SALVATORE, Le autorizzazi=i ammin<j. 
strative -Struttura, natura giuridica e distinzioni -Revocabilit�, in C011.Sigtio di Stato 
1965, II, 483. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 307 

ha considerato che si tratta di disposizioni dettate a tutela di interessi 

diversi e destinate ad esplicare effetti su piani diversi. 

La licenza d'importazione per merci non previste dalle concessioni 
in vigore viene infatti accordata in considerazione di particolari esigenze 
di carattere economico, in vista, cio�, dell'utilit� dell'economia nazionale 
e ben si spiega come il provvedimento debba essere preceduto dal 
p�rere di un comitato consultivo, in cui sono rappresentate diverse amministrazioni 
statali e varie organizzazioni economiche: in tal modo .� 
dato a ciascuno degli enti rappresentati il mezzo di far presente i motivi 
di opportunit� e di convenienza che, nell'ambito del rispettivo settore, 
militano a favore o contro la richiesta del privato. 

.Attraverso la sua partecipazione al comitato il Ministero dell'agricoltura 
pu� quindi esplicare la sua funzione istituzionale di tutela dell'interesse 
agricolo e pertanto esprimere il proprio avviso circa l'inopportunit� 
di consentire l'importazione di prodotti agricoli, di cui esistano 
gi� sul mercato quantitativi sufficienti al bisogno ovvero di cui si preveda 
prossima una abbondante produzione nazionale; si pu� anche ammettere 
che pure in quella sede venga esercitata la tutela fitosanitaria, 
giacch�, ad esempio, il Ministero dell'agricoltura pu�.opporsi all'importazioni 
di vegetali da localit�, in cui sia nota l'esistenza di malattie 
suscettibili di diffusione, al fine di impedire contagi idonei a provocare 

nire nell'ambito dell'attivit� autorizzata dopo l'emanazione del provvedimento 
permissivo, pu� ritenersi proponibile innanzi al giudice ordinario 
una azione di risardmento dei danni sotto il profilo della lesione del diritto 
soggettivo perfetto del privato allo svolgimento dell'attivit� autorizzata e 
dell'assoluta mancanza nell'Amministrazione del potere di revocare il 
provvedimento emanato. Al di fuori delle ipotesi di cui innanzi, nelle quali 
con l'emanazione dell'atto autorizzativo si esaurisce il potere della p. A. di 
intervento nell'attivit� autorizzata, all'autorit� amministrativa � dato di 
incidere sullo svolgimento dell'attivit� stessa mediante l'esercizio del potere 
di autotutela della p. A. sotto il profilo della revoca degli atti divenuti inopportuni 
per il pubblico interesse. 

Cosi di fronte al potere discrezionale dell'Amministrazione di procedere 
alla revoca delle autorizzazioni quando siano venute meno le ragioni di 
convenienza e di opportunit� che determinarono l'emanazion� del provvedimeno 
permissivo ormai non pi� rispondente al pubblico interesse, non 
pu� ritenersi sussistente un diritto soggettivo perfetto del privato tutelabile 
innanzi al giudice ordinario. 

Anche in queste ipotesi, peraltro, quando cio� l'ordinamento accorda 
in modo espresso o implicito alla Amministrazione la potest� di revoca ovvero 
quando l'Amministrazione conserva la potest� di provvedere discrezionalmente 
nella materia, potendosi ritenere che nella generica potest� di 
provvedere rientri anche la specifica facolt� di revocare il precedente provvedimento, 
pu� ritenersi che duplice sia la situazione soggettiva di cui � 
titolare il privato: una situazione soggettiva di diritto sottoposto ad affievolimento 
ed una di interesse legittimo al corretto uso della potest� di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

308 

infezioni sul territorio nazionale: dal verbale della seduta del 10 marzo 
1956 risulta appunto che il rinvio della decisione sulle istanze delle ditte 
Noberasco e Polidori fu disposto su istanza del rappresentante del Ministero 
dell'agricoltura per sentire il parere del competente servizio sanitario, 
dato il pericolo di diffusione di malattie dopo la data del 31 marzo. 

Ma � chiaro che il parere dato in sede di comitato consultivo non 
pu� che avere un carattere di generalit� e di astrattezza: quindi anche 
il parere favorevole all'importazione espresso dal Ministero dell'agricoltura 
non fa venir meno la necessit� di ulteriori controlli diretti sulla 
merce all'atto dell'effettiva importazione, perch� permane l'esigenza a 
soddisfare la quale sono conferiti al Ministero dell'agricoltura i poteri 
previsti dagli artt. 8 e 9 della legge n. 987 del 1931 -di impedire 
l'ingresso in Italia di vegetali infetti, portatori di germi costituenti veicolo 
di diffusione di malattie per i corrispondenti vegetali esistenti in 
Italia: in altri termini, per restare aderenti alla fattispecie, si pu� 
consentire l'importazione di pomodori dalla Spagna e vietare poi l'intro


revoca, la prima delle quali in funzione di presupposto di legittimazione 
della �seconda. 

Si riproduce in sostanza lo stesso fenomeno prima esaminato in via 
generale in relazione alla posizione soggettiva di colui che aspira ad ottenere 
un'autorizzazione amministrativa. Qui, infatti, il diritto sog.gettivo che 
ha trovato espansione mediante il provvedimento autorizzativo costituisce 
il presupposto indispensabile per l'interesse legittimo a conservare l'autorizzazione, 
l'interesse cio� al corretto �esercizio della potest� di revoca spettante 
all'Amministrazione (8). Cosi pure tale diritto pu� costituire l'indispensabile 
presupposto di legittimazione dell'interesse ad ottenere un altro 
e diverso provvedimento autorizzativo da parte di una diversa autorit.�. 
� appunto questo il caso esaminato dalla sentenza annotata: il diritto soggettivo 
dell'importatore alla introduzione in Italia delle merci oggetto della 
licenza di temporanea importazione costituisce il presupposto per il sorgere 
e l'articolarsi dell'interesse legittimo ad ottenere anche l'autorizzazione 
alla introduzione delle merci in relazione al!l'esercizio del potere di polizia 
fitosanitaria. 

Trattasi anche qui dell'interesse legittimo al corretto esercizio del potere 
amministrativo di polizia fitosanitaria, interesse che trova, il suo presupposto 
di legittimazione nel diritto soggettivo scaturente dal precedente provvedimento 
autorizzativo emesso da un'altra autorit�. In entrambe le ipotesi 
esaminate, quella cio� della revoca dell'autorizzazione da parte della stessa 
autorit� e del diniego di un altro atto permissivo di competenza di una diversa 
autorit�, si perviene alle stesse conclusioni sul problema della identificazione 
del giudice competente a conoscere le eventuali controversie 
sorgenti nella subiecta materia. 

Invero per la prima ipotesi la revoca, ancorch� illegittima, dell'autorizzazione 
viene ad incidere in via diretta ed immediata sull'interesse legittimo 
del privato autorizzato a che l'autorit� correttamente eserciti la 
potest� di revoca, mentre incide soltanto in maniera indiretta e riflessa 

(8) SALVATORE, op. cit., 501. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 309 

duzione di una determinata, specifica partita di pomodori spagnoli perch� 
infetti. 

Ci� pone in evidenza come non sussista affatto quella incompatibilit� 
affermata dalla sentenza impugnata e come invece il Ministero 
dell'agricoltura possa benissimo esercitare i poteri demandatigli dalla 
legge anche in cospetto di merce di cui � stata autorizzata la temporanea 
importazione secondo la procedura tracciata dal r.d.l. n. 2209 del 1937: 
ne consegue che di fronte all'Amministrazione dell'agricoltura la posi;
zione del titolare della licenza � una posizione di interesse legittimo, 
quanto egli non pu� pretendere di esercitare il suo diritto all'importazione 
in contrasto con disposizioni che quell'Amministrazione emani in 
forza della summenzionata legge del 1931. 

La Corte d'appello osserva infine che � lAmministrazione dell'agricoltura 
nel rifiutarsi, nella specie, di dar libero corso alla importazione 

sul diritto soggettivo che ha trovato espansione mediante l'atto autorizzativo 
e che quindi si affievolisce nella sua consistenza (9). In tali termini deve 
essere inteso, a nostro avviso, il fenomeno dell'affievolimento dei diritti, 
cio� nel senso che per effetto dell'esercizio del potere discrezionale da parte 
della p. A., il diritto del privato entra in. una fase di quiescenza e accanto 
ad esso, e sul presupposto della sua esistenza, sorge un interesse legittimo 
del privato a che venga correttamente esercitato il potere discrezionale. 
� frequente l'affermazione che l'esercizio di siffatto potere affievolisce 

taluni diritti soggettivi degradandoli ad interessi legittimi. 

Tale affermazione non pu� essere condivisa in quanto riteniamo che 

non avvenga, n� :possa �logicamente avvenire, alcuna trasfo11mazione dei di


ritti in interessi, data l'inconciliabilit� dei due termini e la �strutturale dif


ferenza tra le due categorie di posizioni soggettive. In realt� il fenomeno 

dell'affievolimento, a nostro avviso, .comporta senz'altro che il diritto entra 

in una fase di fievolezza per cui risulta compresso dal potere discrezionale 

e talvolta persino soppresso (come nel caso dell'espropriazione), ma per 

effetto dell'esercizio del potere pubblico, sul presupposto dell'utilit� sostan


ziale sulla quale opera il potere dell'Amministrazione, sorge un interesse 

legittimo del privato a che il'autorit� amminiistrativa correttamente eserciti 

il potere pubblico e legittimamente comprima la situazione soggettiva spet


tante al privato. 

In tali termini riteniamo che debba essere intesa l'espressione, adope


rata anche nella sentenza che si annota e divenuta ormai di uso comune, 

secondo la quale �il diritto degrada ad interesse legittimo�; essa in sostanza 

(9) L'ALESSI (La responsabilit� della pubblica Amministrazione, Milano 1955, 
247; La revoca degli atti amministrativi, Milano 1956, 149) ritiene, invece, che in caso 
di revoca illegittima dell'autorizzazione, una volta che la revoca sia stata annullata 
dagli organi della giurisdizione amministrativa, si deve ammettere la possibilit� di 
un'azione di danno avanti al giudice ordinario sotto il profilo della violazione del 
diritto soggettivo perfetto sorto sulla base dell'atto autorizzativo. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

310 

autorizzata dal '.Ministero per il commercio estero e da quello delle 
finanze, non ha dichiarato, n� comunque inteso di avvalersi di un potere 
concessole dalla legge a tutela di esigenze diverse e indipendenti da 
quelle gi� prese in considerazione dalle autorit� competenti all'atto in 
cui era stata concessa l'autorizzazione, bensi addusse l'ostacolo di precedenti 
proprie disposizioni generali che vietano l'importazione di pomodoro 
oltre il termine del 15 aprile �: il rilievo non � per nulla risolutivo 
ai fini dell'insorta questione di giurisdizione, anche se pone in luce il 
comportamento, indubbiamente singolare, tenuto nel caso concreto dal1'
Amministrazione dell'agricoltura. 

Si � in presenza infatti di una licenza di importazione, che fin dal 
momento della sua concessione, non era utilizzabiue perch� rilasciata 
cinque giorni dopo la scadenza del termine entro il quale, per ragioni 
fitosanitarie, avrebbe dovuto avenire l'importazione, e questo pone in 
evidenza un grave difetto di coordinamento tra le varie branche del1'
Amministrazione dello Stato: per di pi�, secondo quanto risulta dagli 

significa, a nostro avviso, che accanto al diritto affievolito dall'esercizio 
del potere discrezionale, e proprio a causa dell'affievolimento, sorge e riceve 
tutela innanzi agli organi di giurisdizione amministrativa un interesse legittimo 
al corretto uso del potere discrezionale e non gi� che il diritto soggettivo 
cessa di essere tale e si trasforma strutturalmente in interesse legittimo. 


Da ci� naturab:nente consegue che con l'impugnativa in sede amministrativa 
dell'atto con il quale il potere pubblico viene esercitato, il privato 
denuncia la lesione di tale interesse e non gi� quella del diritto che ha 
subito l'affievolimento. 

Ci sembra, pertanto, che da tali premesse possa agevolmente rkavarsi 
la soluzione del problema della risarcibilit� dei danni conseguenti alla revoca 
illegittima dell'autorizzazione amministrativa. 

Anche dopo l'annullamento dell'atto di revoca nella competente sede, 
non pu� ritenersi proponibile davanti al giudice ordinario, per mancanza 
della necessaria � causa petendi ., l'azione di risarcimento dei danni che il 
privato assuma di aver subito �per tl'illegittimo affievolimento del suo diritto 
all'esercizio della potest� di revoca: ci� in quanto l'esercizio della potest� 
di revoca ha leso esclusivamente, in maniera rilevante per il diritto, l'interesse 
legittimo alla conservazione dell'autorizzazione ed al corretto esercizio 
della potest� di revoca (10). 

Alle medesime conclusioni si perviene per la seconda ipotesi concer


nente il diniego, ancorch� illegittimo, di una seconda autorizzazione al pri


(10) Ha ritenuto improponibile per difetto di giurisdizione la domanda di risarcimento 
di danni in conseguenza della revoca di una licenza edilizia la Cass. Sez. Un., 
4 marzo 1965, n. 789, in Giust. civ. 1965, I, 2080, con richiami di dottrina e di giurisprudenza. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI Dl GIURISDIZIONE 3U 

atti, i delegati del Ministero dell'agricoltura si rifiutarono di visitare i: 
pomodori giunti alla stazione di confine solo perch� era scaduto il termine 
del 15 aprile, onde il diniego all'importazione � dipeso esclusivamente 
da quell'elemento temporale, non da difetti o da malattia, da cui 
fosse realmente affetta quella determinata partita di pomodori. 

� lecito il dubbio sulla correttezza di siffatto comportamento, ma 
non � questa la sede idonea per denunciarla e per trarne conseguenze 
sul piano giuridico. 

Invero nel rifiuto di esaminare la merce, a parte le eventuali responsabilit� 
di natura penale a carico dei funzionari preposti al servizio, 
si pu� ravvisare l'omissione dell'esercizio del potere conferito all'Amministrazione, 
ma tale omissione non lede alcun diritto subiettivo del 
privato: la norma che attribuisce quel potere all'Amministrazione � 
una norma d'azione che prescrive un determinato comportamento in 
funzione dei fini pubblici perseguiti dall'Ammiistrazione stessa, mentre 
per l'esistenza del diritto subbiettivo occorre che la norma, la quale 

vato gi� titolare di un precedente atto autorizzativo e quindi portatore di 
un diritto soggettivo allo svolgimento dell'attivit� oggetto della prima autorizzazione. 


Si pensi, ad es. oltre al caso di cui alla sentenza che si annota, al diniego 
della cosiddetta licenza di agibilit� di competenza dell'autorit� di pubblica 
sicurezza, e per ragioni appunto inerenti alla sicurezza ipubblica, a 
chi sia gi� titolare del nulla-osta, emesso dalle competenti autorit� preposte 
alla cura del settore dello spettacolo, all'apertura di una sa!la cinematografica. 


In siffatta ipotesi il diniego del secondo provvedimento autorizzativo 
soltanto di riflesso incide sul diritto che ha trovato espansione in base al 
primo atto autorizzativo emanato da altra autorit�, giacch� esso lede in via 
diretta unicamente l'interesse legittimo, il quale sorge sul .presupposto d� 
legittimazione del :preesistente diritto soggettivo, al corretto uso del potere 
discrezionale da parte dell'autorit� amministrativa preposta alla cura del 
settore inerente all'attivit� per la quale occorre l'autorizzazione del:la p. A. 

Anche in questi casi, quindi, dopo l'accertamento in sede di giurisdizione 
amministrativa dell'illegittimit� dell'atto di diniego ed il suo 
annullamento, non � proponbile dinnanzi al giudice ordinario, per difetto 
d giurisdizione, un'azione per il risarcimento dei danni che il privato assuma 
di aver subito in conseguenza dell'illegittimit� del provvedimento amministrativo 
di diniego. 

4) Conclusioni. -Tirando le fila delle precedenti brevi osservazioni, in 
relazione al problema di giurisdizione che ci eravamo proposti, e cio� della 
identificazione dei giudici competenti a pronunciarsi nella subiecta materia, 
possono trarsi le seguenti conclusioni. 

Sul presupposto che la situazione soggettiva del privato, tanto prima 
quanto dopo il rilascio di un'autorizzazione amministrativa, � caratterizzata 
dalla concorrenza di una posizione soggettiva di diritto e di una correlativa 
posizione di interesse legittimo, interesse il cui presupposto di legittima




312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

impone all'Amministrazione un obbligo o prescrive un determinato com


portamento senza alcun margine di discrezionalit�, sia posta nell'inteTesse 
diretto del privato, a tutela diretta ed immediata della sua posizione 
giuridica. 

Dall'esercizio dei poteri di polizia fitosanitaria trae vantaggio anche 

il singolo in quanto � pure suo interesse a che non vengano introdotte 
nello Stato piante infette, ma questo non � sufficiente per configurare 
un diritto subbiettivo all'esercizio di quei poteri. 

L'esercizio concreto di detti poteri � condizione affinch�. il titolare 
della licenza d'importazione avente per oggetto prodotti agricoli possa 
usufruirne, ma la sua � una posizione di interesse legittimo, cosicch� 
del difettoso come del mancato esercizio di quei poteri egli potr�, se 
del caso, dolersi davanti al giudice degli interessi e non davanti al giudice 
ordinario. 

� chiaro adunque il difetto di giurisdizione dell'Autorit� giudiziaria 
ordinaria a conoscere dell'azione di danni, che il Polidori ha proposto 
lamentando che l'Amministrazione dell'agricoltura gli abbia impedito di 
introdurre in Italia i pomodori, oggetto della licenza di temporanea 
importazione. 

Il ricorso va quindi accolto, annullandosi senza rinvio la sentenza 
impugnata. -(Omissis). 

zione � costituito dalla utilit� sostanziale nella quale si compendia il diritto 
.soggettivo, pu� ritenersi che sia improponibile per difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario una domanda di risarcimento di danni proposta dal 
privato sotto il profilo del diniego illegittimo dell'autorizzazione ovvero 
sotto quello della revoca illegittima del provvedimento permissivo, giacch� 
l'unica lesione rilevante in tali ipotesi � quella concernente non gi� il diritto 
11.evole o quello sottoposto ad affievolimento, bensi l'interesse legittimo al 

�corretto esercizio da parte della p. A. dei propri poteri pubblici, tutelabile 
.soltanto con i rimedi amministrativi e di giurisdizione amministrativa. 

Non danno, pertanto, diritto ad ottenere il ristoro di eventuali danni 
le seguenti ipotesi: 1) il diniego, sia pure illegittimo, dell'autorizzazione; 
2) l'annullamento, sia pure illegittimo, dell'atto autorizzativo; 3) :la revoca, 
:sia pure illegittima, dell'autorizzazione, quando il �potere di revoca sia in 
astratto esercitabile dall'Amministrazione; 4) il diniego, sia pure illegittimo, 
di altra autorizzazione richesta sul presupposto di un precedente atto permissivo. 


L'unico caso che pu� radicare la giurisdizione del giudice ordinario � fil 
�quello della revoca di un'autorizzazione amministrativa per la quale l'ordi~ 
namento non consente, n� in modo espresso n� in modo implicito, all'Amministrazione 
l'esercizio di tale potest�, giacch� in siffatta ipotesi non sus~ 
siste in radice un potere discrezionale dell'Ammiinstrazione e la situazione 
soggettiva del privato lesa dal provvedimento di revoca � quella di diritto 
soggettivo perfetto azioriabile dinnanzi al giudice ordinario. 

l

ALFONSO QUARANTA ~ 

�1 

~ 

�~��Ami -~Mli~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 313 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 16 febbraio 1966, n. 477 -Pres. 
Flore -Est. Sparvieri -P. M. Tavolaro (conf.) -Ministero DifesaEsercito 
(avv. Stato Colletta) c. D'Addio (avv.ti D'Audino, Dolia, 
Piras). 

Competenza e giurisdizione -Distanze legali -Contiguit� a bene patri


moniale indisponibile -Diritto soggettivo del privato al rispetto 

delle distanze -Affievolimento del diritto -Limiti. 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 2: c. c. , artt. 873 e 877). 
Competenza e giurisdizione -Violazione delle norme sulle distanze da 
parte della p. A. -Sentenze dichiarative -Ammissibilit�. 

(L. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, art. 4). 
Demanio e patrimonio -Beni patrimoniali indisponibili -Regime Vincoli 
di incommerciabilit� e di imprescrittibilit� -Limiti. 

(C. c., artt. 826 e 828). 
Propriet� -Distanze legali -Costruzioni it1 aderenza -Nozione. 

(C. c., art. 877). 
La norma dell'art. 877 e.e. salvaguarda un diritto soggettivo perfetto 
del privato e taie diritto non si affivolisce in seguito alla destinazione 
del fondo contiguo a sede di un bene patrimoniale indisponibile 
(1). 

La sentenza, con la quale si affermi tenuta la P.A. a demolire un 
muro costruito in violazione delle norme, di cui agli artt. 873 e 877 e.e., 
� meramente dichiarativa e non va assimilata a quelle che portino 
condanna ad un obbligo di fare (2). 

I beni patrimoniali indisponibili dello Stato e degli enti pubblici 

minori non possono essere sottratti alla loro destinazit;me se non nei 

modi all'uopo stabiliti e sono soggetti ai vincoli della incommercia


bilit� e della imprescrittibilit� non in senso assoluto, come � disposto 

per i beni demaniali, ma solo relativamente a quei fatti giuridici che 

siano incompatibili con la loro destinazione (3). 

(1-3) Il princ1p10 affermato con la prima massima in tanto � accet


tabile in quanto si precisi che la Corte di Cassazione ha implicitamente rite


nuto il diritto soggettivo, di cui si tratta, nella specie non incompatibile con 

la destinazione data al bene patrimoniale indisponibile (mensa degli uffi


ciali del presidio). 

Il principio affermato con la terza massima, sebbene come tale accetta


bile, va attentamente applicato; per quanto attiene al cosiddetto vincolo di 

imprescrittibilit� sembra doversi intendere con tale espressione che i beni 



314 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Onde si verifichi l'ipotesi di una costruzione in aderenza, � necessario 
che ia nuova opera e queUa preesistente, pur essendo autonome 
dal punto di vista strutt�rale (nel senso che il perimento o la 
demolizione deU'una non possa incidere suU'integrit� dell'altra), combacino 
perfettamente da uno dei lati, in modo da oon lasciare tra 
i due muri, nemmeno per breve tratto o ad intervalli, uno spazio 
vuoto, sebbene totalmente chiuso, che lasci scoperte, per qt1-anto parzialmente, 
le relative facciate (4). 

(Omissis). -Con il primo mezzo l'Amministrazione ricorrente denuncia 
la violazione degli artt. 2 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 
alleg. E sul contenzioso amministrativo, 826 ed 828 del e.e. in relazione 
all'art. 360 nn. 1, 3 e 5 del c.p.c., assumendo che la Corte del merito 

patrimonialiindisponibili non siano suscettibili di un possesso ad usucapionem 
incompatibile con la loro destinazione. 
Sui beni patrimoniali indisponibili in genere cfr. Relazione Avvocatura 
Stato, 1956-1960, vol. II, n. 96. 

Per quanto riguarda la seconda massima si deve rilevare come la 
Corte di Cassazione, di fronte alla sentenza del giudice di merito che 
dichiarava l'Amministrazione tenuta ad abbattere un mmo ed alla censura 
mossavi con il rilievo che la p. A. non pu� essere condannata 
ad un facere, ha rigettato il ricorso, interpretando per� quella sentenza 
in modo da inquadrarla nei principi generali: il giudice di merito, cio�, 
non avrebbe condannato l'Amministrazione ad un fac-ere, ma avrebbe soltanto 
dichiarato l'illegittimit� di un comportamento della ip. A. nella situazione 
di cui si tratta. Resta cosi all'Amministrazione la possibilit� di scelta 
tra i mezzi idonei per sostituire ad una situazione ritenuta illegittima una 
situazione legittima (cos� essa potrebbe, forse, lasciare il muro come � 
e costruirne un altro in aderenza a quello del privato, in modo che l'intercapedine 
rimanga tutta sul suo fondo, o ispessire il muro fino a portarlo 
in aderenza con l'altro). Comunque, � auspicabile che si inducano i giudici 
di merito alla maggiore chiarezza possibile s� da non ingenerare equivoci 
forieri di nuove vertenze, magari in sede di esecuzione, per l'interpretazione 
delle loro decisioni, quando non si debba incomodare la Corte di 
Cassazione per far precisare principi, alquanto ovvi, che formule poco 
chiare p�trebbero lasciar, non senza fondamento, ritenere violati. 

Sulla proponibilit� di talune domande nei confronti della P. A., che 
dovrebbe pur sempre costituire oggetto di indagine preliminare, v. Ret. 
cit. n. 36-37. 

(4) La massima trova un precedente nella sentenza 18 febbraio 1961, 
n. 357; in argomento .cfr. Cassazione 7 agosto 1952, n. 2554; 5 agosto 1960, 
n. 
849; 21 gennaio 1964, n. 181. 
Nel caso in questione, in sostanza, piuttosto che di una intercapedine nel 
0 

senso comune del termine, si trattava di una camera d'aria, del tutto 
asciutta e igienica, in quanto totalmente chiusa, senza possibilit� di accesso � 


i:
per l'uomo n� di penetrazione per aria, luce o pioggia. 

Ci� posto, non si vede la ragione del rigore dei giudici. La n?rma del!~ 
l'art. 877 costituisce una novit� del codice civile attuale e fu chiaramente 
destinata a favorire le costruzioni. Ed allora perch� imporre al costruttore, 

j
I 


~....~.._.,,,.,~ 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 315 

erroneamente avrebbe disatteso la eccezione, proposta dal Ministero 
appellato, di difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Ad avviso 
della ricorrente, la Corte di Appello, pur avendo rilevato che l'edificio 
ricostruito dal Comando Militare era adibito a mensa degli Ufficiali 
del Presidio, avrebbe omesso di considerare che la destinazione dello 
stabile ad un pubblico servizio escludesse la configurabilit� di un 
diritto soggettivo del D'Addio ad ottenere, come avrebbe chiesto in 
citazione, ia demolizione, sia pure parziale, di una costruzione facente 
parte del patrimonio indisponibile dello Stato. 

Con il secondo mezzo, che pu� essere esaminato congiuntamento 
al primo, si deduce la violazione dell'art. 4 della gi� citata legge 

n. 2248, del 1865, ali. E, in relazione all'art. 360, nn. 1, 3 e 5 del c. p. c., 
sull'assunto che la Corte del merito, condannando il Ministero alla 
demolizione parziale di un edificio destinato a pubblico servizio, avrebbe 
omesso di rilevare la carenza di giuridisdizione del giudice ordinario 
ad ordinare alla pubblica amministrazione l'adempimento di 
un obbligo consistente in un facere. 
Le censure sono infondate. Sia nell'atto istitutivo del giudizio che 
nell'atto di appello, il D'Addio aveva assunto che lAmministrazione 
Militare, nel procedere alla ricostruzione di un proprio stabile sul confine 
e a monte del fabbricato di propriet� di esso istante, non aveva 
ottemperato alla disposizione dell'art. 877 del e.e., concernente le costruzioni 
in aderenza, in quanto tra i muri opposti e contigui dei 
due edifici aveva lasciato una intercapedine di circa 80 centimetri. 
In tale posizione dedotta in giudizio dal D'Addio, con riferimento ad 

che ne apprezza il beneficio, degli oneri che la norma non prevede esplici


tamente? Forse l'esigenza che i muri delle costruzioni aderenti combacino 

per tutte le due superfici corrispondenti � fatta risiedere in ragioni di 

igiene o in possibilit� di deterioramenti: ma la moderna tecnka delle 

costruzioni potrebbe tener conto sia delle necessit� igieniche che di quella 

della salvaguardia delle strutture; e, infatti, nel caso concreto, ne tenne 

conto. Forse quell'esigenza � vista in funzione dell'eventualit� che il vicino 

abbatta la sua costruzione per effettuarne una nuova; ed allora la rien


tranza dell'edificio contiguo potrebbe autorizzare il proprietario di questo 

ultimo a pretendere il rispetto delle distanze in corrispondenza della parte 

rientrante. 

Ma in una ipotesi del genere lo stesso proprietario che, [per ade


guarsi all'insegnamento della Suprema Corte, avesse evitato la camera di 

aria in corrispondenza del �Confine costruendo una fascia in materiale leg


gero per determinare l'aderenza nel modo desiderato dal magistrato, .potreb


be procedere ad una rapida demolizione della fascia stessa e creare ugual


mente lo stato di fatto e di diritto ipotizzato. 

La norma dell'art. 877 si adegua ad esigenze moderne. Ed allora.sareb


be preferibile interpretarla nel senso che tenga conto delle nuoive tecniche 

costruttive. Tempo fa, un muro era una stuttura portante, era qualcosa di 

realmente definitivo. Attualmente �Con il termine muro si designa una sem




316 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

una specifica norma del codice civile, non pu� revocarsi in dubbio la 
configurabilit� in astratto della lesione di un diritto soggettivo perfetto. 
Il quale non pu� considerarsi degradato ad interesse legittimo 
dalla destinazione, pacifica in causa, dell'edificio dell'Amministrazione 
Militare ad un pubblico servizio e dal carattere pubblicistico, e non 
privato, dell'attivit� svolta dalla pubblica amministrazione in ordine 
a beni del patrimonio indisponibile dello Stato. Il regime giuridico 
di tali beni, per vero, � quello tracciato dall'art. 828 del e.e.: essi sono 
soggetti alle regole particolari, che li concernano, e, in quanto non 
sia -come nel caso che ne occupa -diversamente disposto alle regole 
del codice civile, con le limitazioni derivanti dal precetto che 
i beni medesimi non possono essere sottratti alla loro destinazione, 
se non nei modi all'uopo stabiliti. Il che importa che i beni patrimoniali 
indisponibili dello Stato o degli enti minori di diritto pubblico 
sono soggetti al vincolo della incommerciabilt� e della imprescrittibilit�, 
non in senso assoluto com'� stabilito per i beni demaniali, ma 
solo relativamente a quei fatti giuridici che siano incompatibili con 
la loro destinazione: incompatibilit� che, nella specie, non ricorre. 
Tuttavia, nella specie, non occorre neanche occuparsi della questione 
prospettata, se, cio�, la sentenza abbia in qualche modo inciso sulla 
destinazione del bene a mensa degli ufficiali, pe,reh� non sussiste la 
premessa del problema, cio� la condanna alla demolizione. 

La Corte del merito, invero, sebbene in motivazione abbia affermato 
di ravvisare fondata la pretesa del D'Addio di ottenere la demolizione 
del muro de quo, con il dispositivo, accogliendo la domanda 
del privato negli stessi termini nei quali era stata proposta sia con la 
citazione originaria, sia con l'atto di appello, ha soltanto dichiarato 
tenuto il Ministero a demolire il muro perimetrale dello stabile costruito 
in vicinanza del preesistente stabile del D'Addio a distanza 
minore di quella stabilita dall'art. 873 del e.e. La denunciata sentenza 
non contiene la condanna dell'Amministrazione Militare a demolire e, 

plice parete che pu� essere effettuata in strutture molto leggere e modificata 
con grande rapidit�. In questo ordine di idee, appaiono pi� persuasive le 
altre due sentenze della stessa Corte di Cassazione rese nel 1963 con 
riferimento all'art. 873 del c. c.: 23 luglio, n. 2040 e 24 luglio, n. 2061. 
Secondo la pri:rna, � il disposto del citato art. 873 c. c. va... interpretato 
in funzione della sua ratio, la quale consiste nell'evitare che fra edifici 
posti su fondi limitrofi. sussistono strette intercapedini, nocive per l'igiene, 
la salubrit� e la sicurezza degli edifici stessi, e non � quindi applicabile 

I qualora l'entit�, l'ubicazione e le caratteristiche strutturali delle opere 
realizzate e da realizzare nei due fondi risultino obiettivamente tali da 
non essere in contrasto con la detta finalit��, Non vi � nessuna ragione per 
non tener conto degli stessi principi nell'interpretazione dell'art. 877 c. c. 

I

(Ettore Guerra). 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 317 

mancando il comando del giudice in tal senso, la sentenza stessa non 
pu� avere che il valore di una pronuncia dichiarativa della illegittimit� 
del comportamento della pubblica Amministrazione per avere 
costruito in vicinanza dello stabile del D'Addio, il muro perimetrale 
di un proprio edificio a distanza illegale. 

Con il terzo ed ultimo mezzo l'Amministrazione ricorrente deduce 
la violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 8'77 del e.e. in relazione 
all'art. 360 nn. 3 e 5 del c.p.c. assumendo che la Corte del 
merito erroneamente avrebbe escluso che lo stabile di essa ricorrente 
si potesse considerare costruito in aderenza al preesistente fabbricat0> 
del D'Addio. In presenza di una situazione, nella quale i due muri,. 
pur essendo aderenti in tutte le linee terminali -anteriore, posteriore, 
inferiore e superiore -cosi da impedire infiltrazioni di qualsiasi genere, 
si distaccherebbero tra loro nella parte centrale, costituendo una 
camera d'aria del tutto asciutta ed igienica, non si sarebbe potuta 
affermare, secondo la ricorrente stessa, la esistenza di una intercape-,. 
dine, per la totale mancanza di uno spazio libero tra i due fabbricati. 

Anche tale censura � priva di fondamento. 

La Corte del merito ha accertato che lo stabile dell'Amministrazione 
Militare � sorretto da cinque pilastri, dei quali i due estremi 
combaciano con il muro perimetrale del fabbricato del D'Addio, mentre 
i tre pilastri centrali se ne distaccano per circa 50 (cinquanta} 
centimetri: che il muro perimetrale della nuova costruzione segue 
l'andamento della linea dei pilastri e che, perci�, tra i muri delle due 
costruzioni � rimasto un vuoto, il quale � stato chiuso in alto mediante 
un solaio in calcestruzzo, che lateralmente combacia con i due muri 
perimetrali. 

Premessi questi accertamenti di fatto, la Corte del merito ne ha 
dedotto che la esistenza, tra i muri perimetrali dei due stabili vicini, 
di una intercapedine di larghezza minore della distanza legale di tre 
metri non consentiva di ritenere che l'Amministrazione Militare avesse. 
costruito in aderenza, a nulla rilevando in contrario che la intercapedine 
stessa, fosse stata totalmente chiusa in modo che n� l'uomo. 
potesse accedervi, n� potessero penetrarvi aria e luce n� potesser0o 
cadervi pioggia od altro. Con il che la denunciata sentenza non si � 
discostata dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui, affinch� si 
verifichi la ipotesi di costruzione in aderenza, � necessario che la. 
nuova opera e quella preesistente -pur essendo autonome dal punt0o 
di vista strumentale, nel senso che il perimento o la demolizione 
dell'una non possa incidere sulla integrit� dell'altra -combacino perfettamente 
da uno dei lati, in modo che non rimanga tra i due muri,. 
nemmeno per breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto, ancorch�totalmente 
chiuso, che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate 
(da �ultimo: Cass. 18 febbraio 1961, n. 357). -(Omissis). 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 8 ottobre 1965, n. 2108 -Pres. Giansiracusa 
-Est. Abenavoli -P. M. Raja (conf.) -Ministero Difesa 
Aeronautica (avv. Stato Correale) c. De Amici e Pozzi (avv. Uras, 
Zonchelli, Frau). 

Responsabilit� Civile -Danni futuri -Valutazione equitativa da parte 
del Giudice -Legittimit�. 

(c. c., art. 2056). 
.Responsabilit� civile -Danni relativi a rapporti economico-contrattuali 
con persona colposamente uccisa da un terzo -Risarcibilit�. 

(c. c., art. 2043). 
Quando si verta in ipotesi di danni che si proiettano net futuro, it 
.criterio detta liquidazione equitativa � sempre Legittimo, giacch� i danni 
juturi non possono, per ta toro stessa natura, essere determinati nei 

toro preciso ammontare (1). 

n decesso di uno dei soci che esercitano una comune attivit� com
�.merciate, provocato da cotpa di un terzo, Legittima i soci superstiti a 
�chiedere it risarcimento det danno -corrispondente ai mancato ap_
porto det defunto -nei confronti del terzo stesso (2). 

(Omissis). -Passando quindi al ricorso proposto dal Ministero 
della Difesa Aeronautica, col primo motivo si denuncia violazione del.
l'art. 2043 e.e. in relazione all'art. 433 stesso codice; dell'art. 2056 in 
.relazione agli artt. 1223, 1226, 1227 stesso codice; degli artt. 100 e 

(1) Giurisprudenza costante: cfr. da ultimo Cass., 3 marzo 1965, n. 362, 
in Giust. civ., Mass., 1965, 169, e Cass., 16 febbraio 1965, n. 250, in questa 
Rassegna, 1965, 339, sub 8 ed ivi ulteriori richiami. 
(2) La questione, che la sentenza annotata ha ritenuto -pur senza 
.affrontarla ex professo -doversi risolvere affermativamente, ha formato 
-ogg.etto di lungo e vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza. 
Infatti, secondo l'opinione tradizionale, :L'art. 2043 c. c. trova appli, 
cazione soltanto in caso di violazione di diritti assoluti, e quindi -come 
� stato recentemente puntualizzato in dottrina -�la legittimazione alllazione 
nei confronti del soggetto responsabile del danno spetta ai titolari 
-O.i un diritto pubblicistico indisponibile, opponibile perci� anche ai terzi � 
<(GENTILE, Danno alte persone, in Enciclopedia del dir., XI, 673). 

E dall'accoglimento di tale criterio di discriminazione deriva, per 

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319

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

115 c.p.c.; tutti ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., 
e si deduce che il diritto al risarcimento del danno per la morte di un 
congiunto, dovuta a fatto illecito altrui, non � in funzione di una 
mera eventualit� connessa ad un semplice interesse alla vita dello 
stesso, ma occorre la certezza o quanto meno un rilevante grado di 
probabilit�, che ad essa si avvicini, della insorgenza del danno. Che, 
nel caso particolare, i giudici di merito hanno liquidato i danni patrimoniali 
anche a favore della sorella del defunto, De Amici Enrica, per 
la considerazione che, con la morte del fratello, sarebbe venuta meno 
quell'aspettativa degli alimenti cui avrebbe avuto diritto, senza tuttavia 
tener conto che la somministrazione degli alimenti da parte del 
fratello non rappresentava una certezza e neppure una probabilit�, 
ma soltanto una lontana eventualit�, perch�, essendo nel frattempo la 
donna passata a nozze, la sua aspettativa era subordinata alla vana 
esenzione di ben cinque categorie poziori. 

In ordine a tale motivo la Corte, pur senza disconoscere l'esattezza 
dei principi enunciati, rileva che l'aspettativa del diritto agli 
alimenti costituisce solo una ragione complementare e secondaria della 
decisione impugnata. La ragione sostanziale, per cui la Corte di Appello 
ha riconosciuto alla De Amici Enrica il diritto al risarcimento dei danni 
patrimoniali, consiste invece nel fatto, non contestato, che costei conviveva 
col fratello e coi genitori e tutti lavoravano e collaboravano al 
buon andamento dell'azienda commerciale, dalla quale tutti traevano 
sussistenza e profitto. Ond'� che il declino che l'azienda ha subito, secondo 
l'accertamento insindacabile dei giudici di merito, per la improvvisa 
scomparsa dell'Arialdo, che di essa, in sostanza, appariva l'effettivo 
amministratore, � danno che si ripercuote su tutti i compartecipi dell'azienda, 
compresa la sorella Enrica. Questa � la ragione effettiva del 
risarcimento accordato a quest'ultima, mentre quella degli alimenti � 
soltanto una ragione marginale. 

Il primo motivo, pertanto, deve essere respinto. 

converso, l'esclusione della risarcibilit� dei diritti di credito, che non 
verrebbero direttamente lesi dal fatto dannoso. 
In questo senso si pronunci�, fra le altre, la sent. 4 luglio 1953, n. 2085 
(in Resp. civ. prev., 1953, 321), relativa al noto disastro di Superga. 

E successivamente la Suprema Corte ha ribadito in numerose sentenze 
tali principi (v. da ultimo sent. 17 marzo 1964, n. 614, Giur. it., Mass., 
1964, 189, sub c ed ivi nota 2 di ulteriori riferimenti). 

Non sono mancate per altro, negli ultimi anni, pronunce in cui � stata 
riconosciuta la tutela aquiliana dei diritti di credito: cfr. Sez. Un., 3 marzo 
1964, n. 476 (in Giust. civ., 1964, I, 965) nonch� Appello Napoli, 2 luglio 1965, 
ivi, 1965, I, 411, con ampia nota di richiami relativi alle opposte tesi.. 

In particolare, il diritto al risarcimento dei danni per la morte di un 
socio era stato escluso in linea di principio dalla Suprema Corte con sentenza 
17 luglio 1940, n. 2411 (in Resp. civ. P1'ev., 1941, 176), che, per altro, 

6 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

320 

Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione 
degli artt. 2043, 2056 e.e. in relazione agli artt. 1223, 1225, 1227 stesso 
codice; dell'art. 115 c.p.c., ai sensi e per gli effetti dell'art. 360, nn. 3 e 5, 
c.p.c.; e si deduce che i giudici di merito hanno liquidato il danno 
patrimoniale a norma dell'art. 1226 e.e. in via equitativa, sull'unico 
sostanziale rilievo che, trattandosi di danno che si proietta nel futuro, 
lo stesso non era suscettibile di preciso accertamento, senza tuttavia 
tener conto che l'art. 1226 ha carattere eccezionale e pu� essere applicato 
solo quando sia effettivamente impossibile accertare il preciso 
ammontare del danno. Non solo, ma neppure hanno tenuto conto che, 
in ogni caso, la liquidazione presuppone la certezza dell'esistenza del 
danno, che dai giudici di merito � stata invece ritenuta attraverso una 
motivazione incongrua e senza esaminare la prova negativa fornita dal 
Ministero; 

Ma anche questo motivo ~ infondato. 

Per quanto riguarda la prima censura, baster� richiamarsi ai principi 
pi� volte ribaditi da questa Suprema Corte e cio� che la impossibilit� 
di fornire la prova del preciso ammontare del danno, ai fini di 
liquidarlo equitativamente, va intesa in senso relativo e non assoluto. 
E in particolare, poi, quando si avvert in ipotesi di danrti che si proiettano 
nel futuro, il criterio della liquidazione equitativa � sempre legittimo, 
giacch� i danni futuri non possono, per la loro stessa natura, 
essere determinati nel loro preciso ammontare (Cass., 11 settembre 19613, 

n. 2476; id, 17 settembre 1962, n. 2549). 
Peraltro la Corte di merito, succintamente ma esaurientemente, 
ha spiegato le ragioni per le quali non appariva possibile dar la prova 
dell'entit� dei danni subiti dall'azienda e di quelli che avrebbe potuto 
subire negli anni futuri, per il mancato apporto dell'attivit� di uno dei 
suoi membri. Trattasi di accertamento di fatto, sorretto da congrua 
motivazione, e quindi non censurabile in sede di legittimit�. -(Omissis). 

nella specie, aveva ritenuto spettare un risarcimento, dato che il defunto 

era fratello del socio superstite ed esplicava un'attivit� ritenuta indi


spensabile. 

Ed analogamente � stato escluso in passato che siano titolari di un di


ritto al risarcimento -oltre ai soci -i datori di lavoro e gli istituti reli


giosi per la morte di un confratello, trattandosi, apl:)unto, di titolari di un 

diritto relativo (cfr. GENTILe, Principi fond. sul risarcimento del danno nei 

casi di morte, in Resp. civ. prev., 1963, 3213, ed ivi richiami). 

La sentenza in esame si inquadra, perci�, nella tendenza ad estendere 

la risarcibilit� del danno anche a favore dei titolari di diritti relativi, in 

conformit� di pi� moderne costruzioni dottrinali (cfr. nota alla sentenza 

App. Napoli,27 luglio 1965, cit.): tendenza che, .per altro, se corrisponde 

in qualche caso ad ovvie ragioni equitative, non ha trovato sinora una 

adeguata giustificazione sotto il profilo teoretico. 

P. SACCHETTO 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 321 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 ottobre 1965, n. 2156 -Pres. Pece Est. 
Scanzano -P. M. Toro (diff.) -Cassa Naz. Previdenza Marinara 
(avv. Pizzicanella, Nardone, Pierini) e Agenzia Marittima Tuillier 
(avv. Carbone, Sarfatti) c. Fall. S.p.A. Navigazione Triestina (intimato) 
e Ministero del Tesoro (avv. Stato Soprano). 

Fallimento -Decreto del Tribunale emesso su reclamo avverso il 
provvedimento del giudice delegato che rende esecutivo il piano 
di riparto -Ricorso per cassazione -Ammissibilit�. 

(Cost., art. 111; r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 26, 110, 117). 

Fallhnento -Ammissione di un credito con il relativo privilegio in 
sede di verificazione dello stato passivo -Preclusione di ogni 
successiva questione attinente alla graduazione dei privilegi Non 
sussiste 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 95-97). 
Privilegi -Privilegi marittimi -Privilegi a garanzia di mutui alle 
imprese industriali di Trieste previsti dall'ordine G.M.A. 16 novembre 
1948, n. 380 -Priorit� dei privilegi marittimi. 

(c. c., artt. 2750 e 2782; c. nav.� artt. 548 e 552). 
Il decreto emesso dal Tribunale fallimentare a seguito di reclamo 
ex art. 26 l. f. avverso il provvedimento, con il quale il giudice delegato 
approva il piano di riparto dell'attivo fallimentare, ha carattere 
decisorio e definitivo e pertanto � impugnabile mediante ricorso per 
cassazione ex art. 111 Cost. (1). 

Il decreto, con il quale il giudice delegato approva e rende esecutivo 
lo stato passivo, se non impugnato, preclude, neH'ambito del procedimento 
fallimentare, ogni questione relativa all'esistenza del credito 
ammesso ed alla sua entit�, all'efficacia del titolo da cui esso deriva 
ed all'esistenza delle cause di prelazione riconosciute, ma non anche 

(1) Su tale questione, la giurisprudenza della Suprema Corte � da 
ritenersi ormai consolidata. 
Nel medesimo senso, vedansi le sentenze (richiamate da quella in esame) 
19 febbraio 1964, n. 368, Giust. civ., 1964, I, 1004, e 30 maggio 1963, 

n. 1461, id., 1963, 2058, ed ivi ulteriori richiami di giurisprudenza e di 
dottrina. 

322 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


le questioni di graduazione dei privilegi ed in gene1�e quelle concernenti 
la collocazione di un credito rispetto agli altri (2). 

Poiche i p1�ivilegi marittimi, giusta la specifica, testuale distinzione 
dell'art. 2750 c. c., costituiscono corpo a s� e sono esclusivamente regolati 
dalla legge propria, con la conseguente priorit� assoluta di grado che 
loro deriva dall'art. 548 c. nav., essi prevalgono anche sul privilegio previsto 
a garanzia di mutui industriali dall'art. 13 dell'ordine 16 novembre 
1948, n. 380 del G. M. A., trattandosi di privilegio previsto da legge speciale 
e che pertanto incide soltanto sull'ordine dettato dall'art. 2778 c. c., 
attuando una modifica, alla quale, invece, il codice della navigazione � 
insensibile (3). 

(Omissis). -Va anzitutto disposta la riunione dei due ricorsi, che 
investono lo stesso decreto, e va esaminata la questione della loro ammissibilit� 
ex art. 11 Cost., requisito posto in discussione dall'Amministrazione 
controricorrente, la quale, mentre non contesta il carattere 
decisorio del decreto emesso dal Tribunale fallimentare in sede di recla


(2) Per qualche cenno in dottrina, al riguardo, cfr. PROVINCIALI, Man. di 
dir. fall., 1964, II, 1143. 
In giurisprudenza, sui limiti della preclusione derivante dall'ammissione 
allo stato passivo -reso esecutivo -di un credito con il relativo 
privilegio, v. Cass., 14 settembre 1963, n. 2522, Giust. civ., Mass., 1963, 
1183; cfr. altres� Trib. Savona, 21 dicembre 1961, con nota di PINTOR, 
in questa Rassegna, 1963, 52; recentemente, v. Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286, 
Foro it., 1966, I, 673 (con nota di L. MAGRONE-FURLOTTI), secondo cui il provvedimento, 
con cui il giudice delegato, ritenuta l'inesigibilit� del credito 
d'imposta diretta per non essere ancora avvenuta la pubblicazione dei ruoli, 
lo esclude dallo stato passivo, non concerne l'esistenza oggettiva del credito, 
ma unicamente la sua esigibilit� attuale, onde, sopravvenuta la pubblicazione 
dei ruoli, l'esattore pu� farlo valere con domanda di insinuazione 
tardiva. 

L'affermazione deHa Suprema Corte -contenuta nella sentenza annotata 
-che l'avvenuta definitiva ammissione di un credito con il competente 
privilegio non pu� impedire, in sede di riparto, la graduazione di 
tutti i privilegi su di una piano comparativo appare conforme ad una coerente 
applicazione del sistema della legge. 

(3) Privilegi marittimi e privilegi previsti dal codice civile o da leggi 
speciali. 
Prima di esaminare i rapporti tra privilegi marittimi, invocati dalle 
ricorrenti, ed il privilegio previsto dall'�ordine� 16 novembre 1948, n. 380 del 
G.M.A., invocato dal Ministero del Tesoro, la Suprema Corte, nella sen



PARTE I, SEZ. iII, GIURISPRUDENZA CIVILE 323 

mo dal provvedimento con cui il giudice delegato approva il progetto di 
ripartizione dell'attivo fallimentare, ne pone in dubbio il carattere definitivo. 


La questione non � nuova nella giurisprudenza di questa Suprema 
Corte che, nell'affermare la impugnabilit� con ricorso per cassazione del 
decreto in parola (v. sent. 19 febbraio 1964, n. 368; 30 maggio 1963, 

n. 1461), ne ha sottolineato, con il carattere decisorio, quello definitivo 
(sent. 4 aprile 1962, n. 703), desumendolo dalla lettera dell'art. 23 1. 
fall. e dalla mancanza, nell'ordinamento, di altri mezzi di tutela dei 
diritti deducibili in quella sede. 
Non vi sono valide ragioni per discostarsi da tale indirizzo, n� il 
controricorrente ne prospetta. Anzi, nella ipotesi (quale quella esaminata 
dal Tribunale di Trieste) in cui la contestazione concerne la graduazione 
di privilegi esercitabili sui beni il cui ricavato � oggetto del 
riparto, concorre ad evidenziare i cennati caratteri la considerazione 
che la sede del riparto � quella esclusiva in cui possa avere concreta 
rilevanza una questione di prelazione fra pi� creditori concorrenti. 

I ricorsi sono, pertanto, ammissibili. 

Con il primo motivo la ricorrente Agenzia marittima Tuillier, denunziando 
la violazione degli artt. 97, 98, 100, 101 e 102 1. fall., in relazione 
all'art. 2909 c. c. e 360, n. 3, c. p. c., lamenta che il Tribunale 
abbia ritenuto preclusa, in conseguenza dell'approvazione dello stato 
passivo, ogni questione anche relativa al grado dei privilegi.. 

La censura � fondata. La preclusione che il decreto di cui all'art. 96 

1. fall. determina ha limiti oggettivi, che vanno desunti dall'oggetto del 
tenza in rassegna, ha osservato essere precluso l'esame della question� attinente 
alla efficacia di tale atto normativo per l'ordinamento giuridico italiano 
(e ci� in quanto, con l'approvazione dello stato passivo, il privilegio 
come tale, e con esso la efficacia dell'ordine de quo, nella specie, dovevano 
considerarsi definitivamente riconosciuti). 

La rilevata preclusione, quindi, non ha consentito alla Suprema Corte 
di riesaminare la delicata e controversa questione dell'efficacia, per il 
nostro ordinamento, dei poteri normativi del G. M. A. 

Al riguardo, infatti, la Corte di Cassazione -dopo essersi pronunciata 
in un primo tempo in senso affermativo: cfr. Sez. Un., 31 luglio 1952, 

n. 2451, Foro pad., 1952, I, 1292 -ha successivamente escluso che gli 
ordini del G. M. A. avessero efficacia rispetto all'ordinamento giuridico italiano 
(Sez. Un., 12 ottobre 1956, n. 3543, Foro it., 1957, 53). 
Peraltro, la prevalente dottrina era ed � tuttora orientata nel primo 
senso: cfr. VOLLI, I poteri normativi del G. M. A. di Trieste, Foro pad., 1952, 
loc. cit., e SEVERINI, Foro it., 1957, loc. cit., in nota alle sentenze indicate, 
nonch�, da ultimo, CAPoTORTI, Ancora suUo e status� giuridico di Trieste, 
Foro it., 1962, IV, 113, ed ivi estesi richiami. 

Neppure la Corte Costituzionale, d'altra parte, ha avuto occasione di 
esaminare funditus il problema della sovranit� italiana su Trieste, pur 



324 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

procedimento di verificazione dello stato passivo e dal modo con cui 
esso � ordinato nell'ambito del pi� ampio procedimento fallimentare. 
La verificazione di cui all'articolo citato � l'attivit� con cui il giudice 
delegato accerta l'esistenza e la misura del diritto dei singoli creditori 

al concorso fallimentare e contemporaneamente acquisisce un dato 
fondamentale relativo all'entit� del dissesto, ai fini della liquidazione 
delle attivit� o dell'eventuale concordato. 

Vero � che egli � tenuto ad esaminare anche l'esistenza delle cause 
di prelazione. Trattasi per� di un accertamento assoluto e non comparativo: 
e ci� si evince dalla lettera dell'art. 95 1. fall. (secondo cui il 
giudice, nell'indicare i crediti che ritiene di ammettere, specifica � se 
sono muniti � di privilegio, pegno o ipoteca) e dal sistema della legge, 
che predispone una fase ulteriore (quella del riparto: v. art. 1111. fall.). 
per la graduazione dei crediti. 

La quale, d'altronde, non sarebbe neppure possibile in sede di 
varificazione, perch� il relativo procedimento non esaurisce la identificazione 
dei soggetti legittimati al concorso: l'approvazione dello stato 
passivo, infatti, lascia salva la possibilit� di partecipazione al concorso 
stesso attraverso la insinuazione tardiva. 

Il decreto di cui all'art. 96 1. fall., dunque, se non impugnato, preclude, 
nell'ambito del procedimento fallimentare, ogni questione relativa 
all'esistenza del credito ammesso ed alla sua entit�, all'efficacia del titolo 
da cui esso deriva ed all'esistenza delle cause di prelazione riconosciute, 
ma non anche le questioni di graduazione dei privilegi ed in genere 
quelle concernenti la collocazione dell'un credito rispetto agli altri. 

avendone prospettato i termini essenziali con la sent. 23 giugno 1964, n. 53 

(in questa Rassegna, 1964, 658). 

Incontestata, perci�, nella specie, l'attribuzione al Ministero del Te


soro del privilegio di cui trattasi, la Suprema Corte ha per altro ritenuto 

che su di esso abbiano prevalenza i privilegi marittimi. 

Ma le argomentazioni, a cui sono affidate tali conclusioni, lasciano assai 

perplessi. 

Com'� noto, l'art. 2750 c. c. stabilisce che �i privilegi sulla nave, sul 

nolo e sulle cose caricate e i privilegi sull'aeromobile, sul nolo e sulle cose 

caricate sono regolati dal codice della navigazione �. 

Mentre il capoverso del medesimo articolo soggiunge che � ai privilegi 

previsti da leggi speciali si applicano le norme di questo capo, se non � 

diversamente disposto �. 

Nella specie, i privilegi vantati dalle ricorrenti erano PI"evisti appunto 

dall'art. 552 c. nav. (dal quale sono ora regolati anche i privilegi delle 

casse marittime: cfr. GAETA, Casse marittime, i�n Enc. del dir., VI, 456); 

mentre il privilegio vantato dal Ministero del Tesoro era previsto da un 

ordine de1 G. M. A., da considerarsi quindi legge speciale. 

Da ci�, la sentenza in esame ha ritenuto di poter arguire che que


st'ultimo privilegio potesse modificare soltanto l'ordine dei privilegi stabi


lito dalle norme comuni del codice civile, ma non potesse incidere sulla 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 325 
Con il secondo motivo lo stesso ricorrente Tuillier, denunziando 

violazione e falsa applicazione degli artt. 552, n. 1 e 2, e 548 c. nav., 
della convenzione di Bruxelles sulle ipoteche e i privilegi marittimi e 
del Regolamento dell'Aja del 1899 e del 1907, in relazione all'art. 360, 

n. 3, c. p. c., sostiene che gli ordini del Governo Militare Alleato, 
istitutivi dei mutui F.R.I.E. (Fondo Rotazione Iniziative Economiche) e 
del relativo privilegio, sono nulli ed inesistenti, in quanto emanati da 
un'Autorit� priva, nel caso, del potere di modificare l'ordinamento 
giuridico italiano. 
Assume, in proposito, che la Potenza occupante militarmente un 
determinato territorio � tenuta a rispettare l'ordinamento ivi esistente, 
salvo il caso che tale rispetto risulti impedito in modo assoluto, il che 
nella specie non ricorreva. 

La censura va disattesa, perch� la questione che essa pone � preclusa 
: e concorrono a dimostrarlo alcune delle considerazioni svolte 
nell'esame del primo .mezzo. 

Poich� i crediti del Ministero del Tesoro sono stati ammessi al 
passivo con il privilegio nascente dagli ordini del Governo Alleato 380 
{lei 1948, 41 del 1950 e 184 del 1951, � preclusa, agli effetti che qui 
interessano, ogni contestazione relativa alla validit� e all'efficace inserimento 
degli ordini in parola nell'ordinamento giuridico, dal momento 
che il decreto pronunziato dal G. D. a norma dell'art. 96 1. fall. non � 
stato impugnato sul punto della esistenza del privilegio. � stato, infatti, 
innanzi osservato che tale punto costituisce -e nella specie costitu� materia 
della cognizione propria della fase di verificazione dei crediti, 
mentre non � contestato che il decreto del Tribunale, oggi denunziato, 
appartenga al procedimento fallimentare entro cui la preclusione in 
parola opera. 

posizione di priorit� assoluta derivante ai privilegi marittimi dal codice 
della navigazione, unica foro fonte regolatrice. 

Ora, '� bens� vero che i privilegi marittimi hanno particolari caratteristiche 
(v., per tutti, LEFEVBRE -PESCATORE, Man. dir. nav., n. 587 segg.: 
GAETA, I privilegi marittimi ed aeronavali nel sistema dei privilegi di diritto 
comune, in Riv. dir. nav., 1953, I, 123 segg.; ScoTTI, Privilegi marittimi ed 
aeronautici, in Enc. forense, V, 919; nonch� Cass., 3 marzo 1965, n. 347, Giust. 
civ., Mass., 1965, 160) e rappresentano un corpus a s� stante, ispirato a principi 
propri. 

Ma, per tal modo, le norme ed i principi che regolano il sistema dei 
privilegi marittimi prevarranno sulle norme di diritto comune solo nell'ambito 
del sistema stesso, in quanto l'ordine dei privilegi marittimi ed 
i rapporti tra di essi sono stabiliti fondamentalmente dal codice della navigazione 
(nel silenzio del quale, per altro, si applicano anche a detti 
privilegi le norme comuni: cfr. ANDRIOLI, Dei Privilegi, in Comm.rio al 

c. c. a cura di ScIALOJA e BRANCA, sub art. 2750, 99): ed in questi termini 
sembra 
doversi circoscrivere la portata dell'art. 2750, I comma, c. c. 
A!llorquando, invece, i privilegi marittimi concorrano con i privilegi 



326 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Con il terzo motivo, comune alla Cassa nazionale per la Previdenza 
Marinara, l'Agenzia Tuillier, denunziando la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 13, Sez. I, dell'ordine 184 G. M. A. del 7 dicembre 1952, 
in relazione agli artt. 548 c. nav. e 360, n. 4, c. p. c., sostiene, subordinatamente, 
che al privilegio vantato dal Ministero del Tesoro compete 
un grado posteriore rispetto a quello del privilegio che assiste il proprio 
credito e che � fondato sull'art. 552 c. nav. 

Lo stesso assunto � oggetto dell'unico motivo di ricorso (che va 
perci� esaminato congiuntamente) della Cassa per la Previdenza marinara, 
che, parimenti, sostiene non potere l'ordine del G. M. A. derogare 
all'art. 548 c. nav. (secondo cui i privilegi sulla nave, indicati nel 
successivo art. 552, sono anteposti ad ogni altro). 

Le censure sono fondate. 

L'art. 13 dell'ordine G. M. A. 380 del 16 novembre 1948, come 
modificato dall'ordine 184 del 7 dicembre 1951, stabilisce che i mutui 
concessi in esecuzione delle sue disposizioni sono assistiti da privilegio 
su tutti i beni del mutuatario, con preferenza rispetto a qualsiasi altro 
credito, ad eccezione: a) dei crediti per spese di gfostizia di cui agli 
artt. 2755 e 2770 c. c.; b) dei crediti per le retribuzioni ed indennit� 
di cui all'art. 2751, n. 4, c. c.; e) di quelli garantiti da qualsiasi iscrizione 
anteriore alla data di concessione del mutuo. 

Per risolvere il problema nel senso del decreto denunziato non 
� sufficiente il tenore letterale della norma, cio� l'affermazione generale 
di priorit� che essa fa a favore del privilegio da essa previsto, 
poich� la stessa affermazione, ed in termini pi� assoluti e perentori, 
� contenuta nel codice della navigazione a favore dei privilegi sulla 
nave, quali sono quelli vantati dai due ricorrenti. 

previsti sia da norme comuni che da altre leggi speciali -ed il rapporto 
tra i due tipi di privilegi non sia espressamente preso in considerazione dal 
Legislatore -la prevalenza dei primi o dei secondi non potr� essere determinata 
che in base ai principi generali che regolano l'interpretazione delle 
norme ed i rapporti tra pi� fonti giuridiche. 

Infatti, H rapporto tra pi� leggi si verifica sul piano dell'ordinamento 
normativo generale e le singole leggi si pongono -su tale piano -in posizioni 
parallele e formalmente equivalenti: il coordinamento e le definizioni 
dei rapporti tra di esse non potr� derivare dai principi propri a 
ciascuna di esse (che operano all'interno del rispettivo sistema e non possono 
imporsi di per s� all'infuori di esso), ma soltanto da principi che s'impongano 
a tutt'e due con la medesima efficacia. 

Se cos� �, non sembra giustificato che i privilegi previsti dal codice 
navale prevalgano indiscriminatamente, sol perch� si tratta di un corpo 
speciale di norme di particolare importanza e ampiezza, su qualsiasi diverso 
privilegio previsto da ogni altra norma generale o speciale, anteriore 

o posteriore. 
Il rapporto di prevalenza dovrebbe, anche in questo caso, risolversi 

327

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Dispone, infatti, l'art. 548 c. nav.: � I privilegi stabiliti nel presente 
capo sono preferiti a ogni altro' privilegio generale o speciale �. 

Concorrendo, quindi, sul ricavato delle navi, oggetto del riparto, 
crediti assistiti da privilegio speciale marittimo e crediti assistiti dal 
privilegio istituito dall'ordine G. M. A. (che per essere generale pu� 
esercitarsi, come su ogni altro bene del debitore fallito, cosi sulle navi), 
l'argomento letterale si rivela, in s�, del tutto insufficiente alla soluzione 
della questione della graduazione. dei privilegi sopra menzionati. 

E non basta a conferirgli carattere risolutivo il fatto che l'ordine 

G. M. A. sia posteriore al codice della navigazione. 
Posto in questi termini, il problema va risolto con i criteri relativi 
alla abrogazione delle leggi: ed escluso che ricorra una ipotesi di abrogazione 
espressa, o che l'ordine in parola regoli la intera materia dei 
privilegi, compresi quelli marittimi (assunto che neppure il controricorrente 
sostiente), l'accoglimento della tesi di quest'ultimo postula la 
dimostrazione della incompatibilit� fra le due norme in esame (art. 15 
disp. sulla legge in generale). Senonch�, � agevole, come si vedr�, la 
dimostrazione del contrario. 

A sorreggere la tesi accolta dal denunziato decreto non vale, infine, 
porre l'accento sull'interesse pubblico del progresso dell'economia triestina 
perseguito dal Legislatore Alleato con l'istituzione dei mutui 

F.R.I.E. e del relativo privilegio. 
Benvero, anche a rion voler considerare che lo stesso interesse � 
immanente nella tutela dei crediti assistiti da privilegio marittimo, essendo 
le attivit� da cui essi derivano tra gli aspetti fondamentali di quella 
economia, l'argomentazione non giova nel caso concreto alla tesi del 
controricorrente. Essa, infatti, non d� ragione del perch� il Legislatore 
Alleato abbia anteposto al privilegio da mutui F.R.I.E. (con sacrificio, 

secondo i principi interpretativi generali: ed alla stre.gua di questi, la soluzione 
cui � pervenuta la Suprema Corte non sembra soddisfacente. 
Infatti, ove si abbia riguardo alla formulazione delle norme di cui trattasi, 
se � vero che -ai sensi dell'art. 548 c. nav. -i privilegi marittimi 

�sono preferiti ad ogni altro privilegio generale o speciale�, � altrettanto 
vero che espressione del tutto analoga � contenuta nell'ail't. 13 dell'ordine 
16 novembre 1948 del G. M. A. n� le tre eccezioni ivi tassativamente previste 
a tale prevalenza (e corrispondenti ad ipotesi tenute sempre dal Legislatore 
in particolarissima considerazione) tolgono alcunch�, proprio per la 
loro tassativit�, alla portata generale ed assoluta della sancita priorit� 
dei privilegi per i mutui alle imprese industriali di Trieste e non consentono 
di affermare -come ha fatto la Suprema Corte -che l'affermazione generale 
di poziorit� a favore dei privilegi marittimi � � in termini pi� assoluti 
e perentori �. 
Del resto, in passato -e specialmente per le leggi tributarie -il Legislatore 
qualificava frequentemente alcuni crediti come �preferiti ad ogni 
altro credito � (cfr. Ruis1, Codice delle cause di prelazione, 1960, 52): e si 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

328 

quindi, dell'interesse ad essi connesso) quello relativo ai crediti di cui 
all'art. 2751, n. 4, c. c. e non abbia contemplato quello di cui all'art. 552 

c. nav., che pu� avere un contenuto men� ampio e che, pure, assiste 
crediti di identica natura. 
Questa osservazione gi� autorizza a ritenere che il legislatore triestino, 
pure avendo tenuto presente, ovviamente, la esistenza del codice 
della navigazione e la eventualit� che il privilegio generale da esso 
istituito vada ad esercitarsi su una nave (dal che, la prevista formalit� 
della iscrizione nel registro navale), non ha inteso interferire nella disciplina 
che tale codice detta in tema di privilegio. 

Sulla quale disciplina � necessario un accenno di carattere generale 
ai fini della corretta impostazione e soluzione del problema. 

I privilegi marittimi, limitati, come sono, a crediti che generalmente 
traggono origine da attivit� essenziali alla vita e all'esercizio della nave, 
assolvono ad esigenze cui tradizionalmente � stata data la pi� ampia 
tutela. Ed � canone accolto dalla miglior dottrina e da questa Suprema 
Corte con recente pronunzia (sent. n. 347 del 3 marzo 1965) che essi 
conferiscono al creditore un diritto che ha i caratteri della realit�, evidenziati 
dal diritto di seguito riconosciuto dall'art. 557 c. nav. 

Deriva dalla considerazione di tali particolari aspetti la norma dell'art. 
2750 c. c., che offre l'argomento decisivo per la soluzione del 
problema. 

Dopo avere premesso le disposizioni generali relative ai privilegi, 
il codice civile, con la norma in parola, contempla separatamente i 
privilegi marittimi (e con essi quelli aeronautici) e i privilegi previsti 
da leggi speciali e, mentre assoggetta questi ultimi (in mancanza di 
espresse disposizioni in contrario) alle norme comuni, dispone che i primi 
sono regolati dal codice della navigazione. L'ordinamento prevede, cos�, 
una disciplina di carattere generale, applicabile per norma anche ai 

tratta di qualificazione cos� univoca, da non lasciare adito a dubbi sull'effet


tivo intento di priorit� assoluta che si voleva raggiungere in tutti i casi in 

cui veniva usata. 

Esclusa, pertanto, la possibilit� di stabilire la prevalenza dell'uno o 

dell'altro privilegio in base al confronto della formulazione letterale delle 

rispettive norme, occorre ricercare ulteriori elementi interpretativi nella 

ratio a cui tali norme sono p;reordinate e nella posizione che, in conseguen


za, esse reciprocamente assumono: e, sotto questo profilo, appare determi


nante il rilievo che sia la norma del codice della navigazione come quella 

dell'atto normativo del G. M. A. hanno natura di leggi speciali e pertanto 

occorre determinare la natura degli interessi da esse irispettivamente tute


lati e l'ambito delle corrispondenti sfere di operativit�. 

Ora, � bens� vero che i privilegi marittimi fanno parte di un diritto 

speciale, rispetto alle norme comuni, ma sono tuttavia diretti a tutelare 

interessi di portata pi� generale e di natura pi� comune rispetto all'in


teresse perseguito dalla norma del G. M. A.: interesse rappresentato dalla 



329

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

privilegi previsti da leggi speciali, ed una particolare, applicabile ai 
privilegi marittimi, sancendo, cos�, di questi ultimi, il carattere di 
materia speciale, assicurandone la autonomia e riconoscendone la fonte 
esclusiva di regolamento al codice della navigazione (ed ovviamente ad 
altra successiva legge che disciplini la medesima materia). Tutto ci�, in 
omaggio alla natura di diritto speciale, che � generalmente riconosciuta 
al diritto della navigazione, e della quale � espressione l'art. 1 c. nav., 
secondo cui � nel corpo di tale diritto che vanno anzitutto ricercate le 
norme da applicare in via analogica. 

Ora, l'ordine G. M. A., legge speciale che certamente non regola 
la materia marittima, perch� ha come oggetto la concessione di mutui 
all'industria in genere, d� luogo ad una ipotesi di privilegio da legge 
speciale ai sensi dell'art. 2750, 2� comma, c. c. 

Poich�, per�, come gi� detto e giusta la specifica testuale distinzione 
dell'art. 2750 c. c., i privilegi marittimi rimangono come corpo 
a s�, esclusivamente regolati dalla legge propria, con la conseguente 
priorit� �assoluta di grado, che ad essi deriva dall'art. 548 c. nav., la 
efficacia di detto art. 548 non � influenzata dall'art. 13 dell'ordine G. 

M. A. 380/1948 e successive modifiche (che adotta termini analoghi 
per conferire priorit� di grado al privilegio F.R.I.E.), trattandosi di 
norme che operano i campi diversi. Infatti, la seconda (art. 13 cit. ordine 
G. M. A) riflette un privilegio che si inquadra in quelli contemplati dal 
codice civile ed incide, quindi, esclusivamente sull'ordine dettato da quenecessit� 
di favorire -in una situazione politica ed economica del tutto 

eccezionale ed in un determinato ambito territoriale -la ripresa dell'in


dustria triestina. 

Sembra, pertanto, che la norma del G. M. A. -avendo oggetto e 

finalit� cosi circoscritti -si ponga in un rapporto di specialit� rispetto a 

tutto l'ordinamento normativo preesistente (del quale anche il codice della 

navigazione fa parte) e comporti correlativamente una pi� intensa tutela 

rispetto ad ogni altra norma avente finalit� pi� ampie. 

Da ci�, la conseguenza che anche la priorit� accordata, nel nostro 

ordinamento, ai privilegi marittimi incontra un limite di fronte alla norma 

esaminata del G. M. A. 

Che, se, per altro, non volesse condividersi l'opinione secondo cui 


per tal modo -il privilegio previsto da tali norme prevale anche sui pri


vigeli marittimi, dovrebbe derivarne, se mai, non gi� la prevalenza dei pri


vilegi marittimi, ma -nel presupposto che nell'uno e nell'altro caso si 

tratta di crediti tutelati da norme speciali con pari intensit� -il ricono


scimento che essi concorrono tra di loro in proporzione del relativo importo, 

in base al criterio generalmente sancito dall'art. 2782, capoverso, c. c., per il 

concorso, appunto, tra � pi� crediti privilegiati ai quali le leggi speciali 

attribuiscono genericamente una prelazione su ogni altro credito �. 

P. S!ACCHETTO 

330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sto nell'art. 2778, attuando una modifica, cui il codice della navigazione 
� insensibile, cos� come lo sarebbe rispetto a qualunque nuova norma 
del codice civile, che venisse a modificare l'ordine dei privilegi da quest'ultimo 
contemplati. Rimane, perci�, salva la priorit� che la seconda 
delle norme in esame, cio� l'art. 548 c. nav., attribuisce ai privilegi 
marittimi, non avendo l'ordine G. M. A. innovato (il che avrebbe dovuto 
essere fatto in maniera ben specifica) al rapporto. tra privilegi marittimi 
e privilegi da leggi speciali, fissato dal menzionato art. 2750 c. c., 

Va accolto, dunque, il ricorso della Cassa nazionale per la previdenza 
marinara e, per quanto di ragione, quello dell'Agenzia marittima 
Tuillier, correlativamente cassandosi il denunziato decreto, con rinvio 
allo stesso Tribunale fallimentare di Trieste. 

Questo si uniformer� al principio della prevalenza dei privilegi 
di cui all'art. 552 c. nav. rispetto a quello di cui all'art. 13 dell'ordine 

G. M. A. n. 380/1948 e successive modifiche. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1966, n. 149 � Pres. Favara 
-Est. Spagnoletti -P. M. Trotta (conf.) -D'Aloja (avv. La 
Pera, Sorrentino) c. Opera per la valorizzazione della Sila (avv. 

I 

Stato Agr�). 

i 

I w 

Riforma fondiaria -Espropriazione di terreni boschivi con piante cedue 
-Piante gi� mature per il taglio al momento dell'espropriazione 
-Indennit� aggiuntiva -Compravendita del ceduo e successiva 
espropriazione del suolo -Efficacia traslativa reale della com


I 
I
ID 

pravendita -Piante non ancora giunte a maturazione -Esclusione Acquisto 
delle medesime da parte dell'espropriante -Sussiste Conoscenza 
della vendita da parte dell'Ente espropriante -Inopponibilit� 
della medesima in mancanza di adesione dell'Ente. 


(c. c. 1865, artt. 410, 411, 444; c. c., artt. 820, 821; 1. 12 maggio 1950, n. 230, artt. 
2 e segg.). 
Secondo il codice civile abrogato la pianta cedua era un bene immobilim
�e natumlmente incorporato al suolo, ma la immobilizzazione della 
quale poteva cessm�e con l'atterramento fatto dal proprietario del suolo 

o con la vendita del ceduo fatta in previsione del taglio. Tuttavia tale 
anticipata t1�asformazione negoziale operava esclusivamente inter partes 
e nei confronti dei lo1�0 aventi causa, rimanendo, invece, per i terzi, 
le piante cedue immobili pe1� incorporazione. Di conseguenza, ove in 
forza della legge Sila 12 maggio 1950, n. 230 l'ente abbia proceduto 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 331 

all'espropriazione di un terreno boschivo con piante cedue, il provvedimento 
espropriativo non pu� che colpire l'intero terreno, nello stato 
in cui trovasi, con esclusione, per�, degli alberi gi� maturi per ii taglio 
al momento della espropriazione, per i quali � dovuto al proprietario 

o ai suoi aventi causa, che ne siano stati indebitamente privati, un compenso 
ulteriore, in aggiunta all'indennit� dovuta per il fondo. Dalla 
premessa che nessun effetto traslativo reale si produce, in caso di compravendita, 
per le piante non ancora giunte a maturazione, scaturisce 
la conseguenza che, se altri (e a maggior ragione l'Ente Riforma a causa 
del pubblico interesse) abbia, intanto, acquistato la propriet� del fondo 
(nella fattispecie in virt� dell'esproprio), al quale siano ancora aderenti 
i frutti (alberi, ecc.), questi ne diventa proprietario, come di cose, 
le quali, pi� che una accessione del fondo (non avendo mai avuto una 
precedente individualit� distinta dalla cosa principale), sono una pars 
iundi, una cosa stessa con il fondo. N�, .ad impedire tale conseguenza, 
basta il fatto che l'acquirente del fondo (Ente Riforma) abbia avuto 
conoscenza della vendita gi� fatta ad altri dei frutti pendenti, essendo 
altresi necessario che vi abbia aderito (1). 
(Omissis). -Il thema decidendum concerne la opponibilit� o 
meno all'Ente espropriante (Opera per la valorizzazione della Sila) di 
un contratto di vendita di piante boschive da taglio, stipulato sotto 
l'impero del codice civile abrogato (artt. 410 e 411) e con scadenza 
11 luglio 1959, oltre un periodo di proroga di tre anni. 

La questione controversa � permeata da due aspetti: pubblicistico 
e privatistico, il primo dei quali, implicante esigenze di prevalente 
interesse pubblico, giustamente � ,stato messo in evidenza daUa impugnata 
sentenza e dalla Avvocatura dello Stato. 

(1) Sulla prima parte della massima v., in senso conforme, Cass. 12 
luglio 1943, n. 1785, Foro it., Rep., 1943-1945, voce Vendita, col. 1662, 
nn. 90-:92, la quale avverte che � tale anticipata �trasformazione negoziale 
opera inter partes restando le piante cedue, per il terzo, immobili per 
incorporazione �. � 
Sulla seconda parte della massima v., in senso conforme, Cass., Sez. 
Un., 5 aprile 1963, n. 883, Giust. civ., Mass., 1963, 412; Cass., 14 luglio 
1962, n. 1880, ivi, 1962; 929. Sull'ultima parte della massima v., infine, in 
senso conforme, Cass., 30 luglio 1937, n. 2_931, Foro it., Mass., 1937, c. 635-636. 

Sulla distinzione tra fru:tti pendenti e� frutti separati, giusta gli artt. 820 
e 821 c. c. vigente, v. Cass., 11 luglio 1964, n. 1852, in questa Rassegna, 
1964, I, 1088. (nella motivazione: 1091); v. anche, sul concetto di frutti naturali 
e sull'acquisto dei medesimi al momento della separazione, e in quanto 
prima di tale momento essi ancora non esistono nella loro individualit� 
giuridica ., Cass., 14 febbraio 1966, n. 439, in questa Rassegna, 1966, '.t, 121 
(nella motivazione). 



382 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La Corte di appello di Catanzaro, dopo aver sottolineato che, in 
virt� dell'art. 9 della legge per la Sila del 12 maggio 1950, n. 230, i 
diritti dei terzi (senza limitazioni) sono trasferiti, ad ogni effetto, sulla 
indennit� di espropriazione, ha osservato che, anche ammesso che il 
contratto di compravendita delle piante, stipulato nel 1938, avesse avuto 
effetto reale, come sostenuto dai D'Aloja, le conseguenze sarebbero 
state le stesse, in quanto che tale effetto reale deve intendersi limitato 
alle piante giunte a maturazione al momento del decreto di esproprio. 

Con l'unico mezzo dedotto a sostegno della impugnazione i ricorrenti 
sostengono che le piante cedue vendute nel 1938 non potevano 
fare parte dell'immobile espropriato perch� gi� mobilizzate e censurano 
l'impugnata sentenza con un duplice ordine di argomentazioni: 

a) per falsa applicazione degli artt. 410 e 411 codice civile abrogato, 
nonch� dell'art. 9 della legge n. 230 del 1950 (art. 360, n. 2, c.p.c.), 
per avere la sentenza stessa erroneamente ritenuto che il diritto di 
propriet� acquistato sulla piantagione non ancora tagliata si sarebbe, 
in ogni caso, convertito per il predetto art. 9 in un diritto alla indennit� 
per l'espropriazione del suolo; 

b) perch� erroneamente la sentenza avrebbe negato che essi 
ricorrenti avessero acquistato la propriet� degli alberi non ancora 
tagliati al momento della vendita, configurando tale vendita come una 
emptio rei speratae con effetti obbligatori ed equiparando i detti alberi 
a frutti pendenti non ancora maturati. 

Osserva il S. C. che le censure svolte a sostegno del ricorso sono 

prive di giuridico fondamento. � 

Come questo S. C. ebbe a rilevare con la sentenza n. 178'5 del 

17 luglio, 1943, seguita da altre, secondo il codice civile abrogato la 

pianta cedua era un bene immobiliare naturalmente incorporato al 

suolo, ma la cui immobilizzazione poteva cessare con l'atterramento 

fatto del proprietario del suolo, o con la vendita del ceduo in previ


sione del taglio. Tuttavia, tale anticipata trasformazione negoziale ope


rava esclusivamente inter partes e nei confronti dei loro aventi causa, 

rimanendo, invece, per i terzi le piante cedue immobili per incorpora


zione. Di conseguenza, ove in forza della legge Sila 12 maggio 1950, 

n. 230 l'Ente abbia proceduto all'espropriazione di un terreno boschivo 
con piante cedue, il provvedimento espropriativo non pu� che colpire 
l'intero terreno, nello stato in cui trovasi, con esclusione per� degli 
alberi gi� maturi per il taglio al momento della espropriazione, per i 
quali � dovuto perci� al proprietario o ai suoi aventi causa, che ne 
sono stati indebitamente privati, un compenso ulteriore in aggiunta 
alla indennit� dovuta per il fondo (su questo secondo punto cfr. Sez .. 
Un., 5 aprile 1963, n. 883; Cass., 14 luglio 1962�, n. 1880, ecc.). 
Orbene, nella fattispecie in esame, la Corte di merito, lungi dal 



PARTE Ii SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 333 

contraddir� ai predetti principi, ha esattament� affermato che l'effetto 
reale, e non�.� meramente obbligatorio, del �ontratto �.di compravendita 
delle piante stipulato� nel 1938 andava circoscritto agli alberi che erano 
gi� maturi per il taglio al momento del decreto di esproprio, mentre 
per tutte le altre piante in corso di maturazione non restava che la 
rivalsa sulla indennit� di espropriazione. 

.. :L.tmitati. co~.i te:rminl.� dellai �ontr:oversia, restii va . da ..accertare se 
i D'Aloja-Pirro avessero utilizzato o .no.n le piante mature, 

SU tale punto la Corte non ha esitato ad affermare che i D'AlojaPiri'o 
sicuramente �bb�ro ad abbattere>ed asportare dal fondo gli alberi 
gi� m11turi .per iltaglio al momento dell'esproprio, �con �accertamento 
di fatto che non � stato oggetto di impugnazione. 

. . D'altra parte, la distinzione delle piante giunte. gi� a maturazione 
dalle altre, con la conseguente diversit� di effetti giuridici del contratto 
di. compravelldita, .� tr~va piena . giustificazione nell'interesse pubblicopo�fo � l:fas� della legge di espropriO. . .� 

�. 1Jalfa premessa che �. nessun��� effetto trasfativ�> �reale� si produce per 
le pfaht��� non ancora giunt��� a:� maturazione, scaturisce la conseguenza 
che, se altri (e a maggior ragione l'Ente Rifdrma a causa del pubblico 
interesse) abbia intanto acquistato la propriet� del fondo (nella fattispecie 
in virt� dell'�sproprio); al quale siano ancora aderenti � frutti 
(alberi, ecc.), questi ne diventa proprietariO, come di cose, le quali, pi� 
che un'accessione del�. fondo �. (non.�� avendo�. ma:i avuto una precedente 
indi'Vidualit� distinta dalla cosa principale); sono una pars fundi, una 
cosa stessa: con.��n�fondo. 

. N� ad unpedire tale conseguenza -e qui si risponde ad un ril�evo 

fatfo dai riCorrenti -basta il fatto che l'acquirehte del fondo (Ente 

Rif�rma) abbia avuto conoscenza dell~ vendita, gi� fatta ad altri, dei 

frutti pendenti, essendo altresl necessario che vi abbia aderito (Cass., 

30 luglio 1937, n. 2931), il che nella specie non si � verificato, come � 

stato accertato e come, del resto, � pacifico fra le parti. 

Contrar.iamente a quanto assume. il patrono dei ricorrenti, non � 

dato riscontrare contraddizione : �. . .. tra l'iter ..��logico-giuridico.�.� . sovra . accen


��.��... .. �.� .� �. .. .. . . 

nato e l'insegnamento della sentenza delle Sez. Un., 5 aprile 1963, n. 883, 

secondo il quale i irutti del bene espropriato seguono in ogni caso la 

cosa-madre,�. ma � dovuto . un compenso per quelli che al momento del 

decreto � di� esproprio si.ano. giunti a maturazione. 

11 principio vale anche nei confronti dell'acquirente del bosco, a 

meno che, come si � visto, il successore a titolo� particolare (nella specie 

l'ente di riforma) del proprietario del suolo sia a conoscenza della pre


corsa vendita delle piante da taglio e abbia dato la sua adesione. 

Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere 

rigettato con ogni pronunzia conseguenziale. -(Omissis). 



334 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 182 -Pres. Favara 

-Est. Montanari Visco -P. M. Cutrupia (conf.) -Tomaselli (avv. 
Vecchione, Giudiceandrea) c. Societ� Unione Fiammiferi (avv. 
Guerra G. e P.). 

Cosa giudicata -Giudicato sulla competenza -Cosa giudicata formale Giudicato 
su questioni di merito -Cosa giudicata sostanziale. 

(c. p. c., artt. 44, 324; c. c., art. 2909). 
Concessioni amministrative -Personalit� ed intrasmissibilit� -Portata 
-Cessione di azienda di fabbricazione di fiammiferi -Consenso 
della P. A. -Mancanza -Effetti. 

(d. lg.vo 11 marzo 1923, n. 560, artt. 1 e segg.; d. 1. 5 aprile 1925, n. 396, artt. 1 .�' 
e segg.; d. 1. 18 gennaio 1932, n. 14, All.: art. 4). 
Arbitrato -Sentenza arbitrale -Controllo della sussistenza della motivazione 
-Appartiene al giudice di merito competente a pronunciarsi 
sull'azione di nullit� del lodo e non alla Corte di Cassazione. 

(c. p. c., artt. 823, 827, 828, 829, n. 5). 
Salvo quanto stabilito per le decisioni della Corte di Cassazione in 
sede di regolamento, le sentenze che statuiscono sulla competenza non 
sono mai suscettibili di passare in cosa giudicata nel senso sostanziale. 
Invero la decisione sulla questione di competenza emessa dal giudice di 
merito con sentenza non pi� impugnabile dd luogo soltanto al giudicato 
formale e ci� a differenza delle sentenze su questioni di merito, le quali 
spiegano i loro effetti fuori del processo e sono vincolanti per tutti i 
futuri giudizi, essendo appunto la cosa giudicata sostanziale diretta ad 
impedire che, riproponendosi la lite, possa essere nuovamente valutato 
e modificato il rapporto sostanziale definito (1). 

(1) Cfr. Cass., 2 febbraio 1962, n. 202, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 94, 
sub 1, con richiami. Per vero, decisione di merito � � la decisione sulla 
pretesa fatta valere e cio� sulle condizioni della singola concreta azione proposta, 
mentre non � di merito la decisione sui presupposti processuali, ivi 
compresa la competenza�: ZANZUCCHI, Dir. proc. civ., vol. I, Milano, 1948, 
45. Sul contrapposto fra preclusione, che si ha normalmente quando il 
giudice e giudica del .processo� e autorit� della cosa giudicata (sostanziale), 
ehe si ha quando egli e giudica della causa�, cio� della materia del contendere, 
v. ZANZUCCHI, op., vol. citt., 68; LIEBMAN, Corso di diritto processuale 
.civile, I, Milano, 1952, 238. Peraltro, sul concetto di efficacia panprocessuale 
del giudicato. relativo alla competenza e regolata � dalla Cassazione, v. RE1JENTI, 
Il giudicato sul punto di diritto, Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, 
vol. II, Padova, 1950, 695 e segg. A proposito del giudicato sulla 
giurisdizione, v. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 1964, n. 128, in questa Rassegna, 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 335 

La legge non vieta in modo assoluto ii trasferimento di aziende, 
l'esercizio delle quali sia soggetto a concessione amministrativa, ma 
intende soltanto impedire che della concessione usufruisca chi non ne 
sia titolare, mediante convenzioni le quali violino le regole deLla personalit� 
e dell'intrasmissibilit� delle concessioni amministrative. Epper�, 
in mancanza dell'autorizzazione ministeriale, le cessioni delle fabbriche 

o deZZe assegnazioni di fiammiferi non sono efficaci nei confronti deUa 
P.A., mentre esplicano piena� validit� nei rapporti tra le parti private 
contraenti, avendo per oggetto diritti per loro natura disponibili (2). 
n valutare se la sentenza arbitrale difetti o meno di motivazione 
rientra nei poteri insindacabili del giudice di merito, mentre il controllo 
di legittimit�. della Corte di Cassazione pu� esercitarsi non gi�, direttamente, 
sulla motivazione del lodo, ma su quella della sentenza del 
giudice ordinario, che abbia pronunciato sull'azione di nullit� del medesimo 
(3). 

(Omiss.is) � .__ Con il primo motivo di ricorso il Tomaselli afferma 
che la Corte d'Appello ha errato nel ritenere che si era formato il giudicato 
sulla validit� della clausola compromissoria contenuta nel 
contratto del 24 aprile 1934. La censura risulta sotto questo aspetto 
esatta, giacch�, avendo il Tribunale di Roma dichiarato la propria incompetenza 
ed avendo esso esaminata la questione della validit� della 
clausola compromissoria solamente incidentalmente, la sentenza negativa 
di competenza emessa non poteva fare stato nel giudizio arbitrale, 
bench� passata in cosa giudicata formale. Le sentenze, infatti, che statuiscono 
sulla competenza, salvo quanto stabilito per le decisioni della 
Corte Suprema di Cassazione in sede di regolamento, non sono mai 
suscettibili di passare in cosa giudicata nel senso sostanziale (cfr. sent. 

n. 202 del 1962 di questa Suprema Corte). Invero, la decisione sulla 
1964, I, 698, sub 1, ed ivi nota di riferimenti di dottrina e giurisprudenza; 
25 luglio 1964, n. 2059, ibidem, 1039, sub 1, ed ivi nota di ulteriori riferimenti 
di giurisprudenza. 

(2) Cfr. Cass., 17 settembre 1963, n. 2536, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 
1190, sub 1, con riferimenti di giurisprudenza e dottrina; ma v. nota (sub 1) 
a Oass., 29 gennaio 1964, n. 233, in questa Rassegna, 1964, I, 328. 
Sul concetto di monopolio indiretto,� com'� quello dei fiammiferi, esercitato, 
�io�, a mezzo di ;concessionari (accanto al monopolio indiretto v'� 
un'imposta di fabbricazione, applicata alle fabbriche concessionarie e, 
quindi, trasferita sul consumatore), v. ALEssI, voce Fiammiferi (Imposta 
sui), Novissimo Digesto Italiano, vol. VII, Torino, 1961, 267. 

(3) Cfr. Cass., 5 dicembre 1960, n. 3181, Giust. civ., Mass. Cass., 1960, 
1240, sub 2, con riferimenti; 24 aprile 1962, n. 819, ivi, 1962, 408, sub 1, con 
riferimenti; 28 febbraio 1964, n. 446, Foro pad., 1964, I, 1379; 15 luglio 1964, 
n. 1908, Foro it., Mass., 1964, 494. 
7 



336 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non 
pi� impugnabile, d� luogo soltanto al giudicato formale, ci� a differenza 
delle sentenze su questioni di merito, le quali spiegano i loro effetti 
fuori del processo e sono vincolanti per tutti i futuri giudizi, essendo 
appunto la cosa giudicata sostanziale diretta ad impedire che, riproponendosi 
la lite, possa essere nuovamente valutato e modificato il 
rapporto sostanziale definito. 

Riconosciuta per� la mancanza dell'autorit� di cosa giudicata sostanziale 
nei riguardi della sentenza di incompetenza emessa dal Tribunale 
di Roma, devesi ora, da parte di questa Corte, esaminare la questione 
della nullit� o meno della clausola compromissoria ai fini della risoluzione 
della questione della competenza arbitrale, questione per la quale 
questa Suprema Corte � anche, si intende, giudice di fatto. Al riguardo 
si deve, anzitutto, osservare che pertinente ed esatta � l'osservazione, 
riportata nella sentenza impugnata, secondo cui, non figurando pi� 
all'epoca della conclusione del contratto del 30 aprile 1934 il Tomaselli 
fra i fabbricanti di fiammiferi consorziati, nei suoi riguardi nessun 
valore poteva avere il divieto di cessione previsto dall'art. 4 delle 
norme allegate al r.d.d. 18 gennaio 1932, n. 14, disposizione che faceva 
esplicitamente riferimento alle sole. fabbriche �consorziate. A ci� si deve 
aggiungere un rilievo ancora pi� generale e cio� che la disposizione 
citata di cui all'art. 4 non richiedeva che una forma di autorizzazione 
preventiva per i trasferimenti delle fabbriche di fiammiferi e per le 

I

cessioni delle assegnazioni, ma non stabiliva affatto una sanzione di 
nullit� assoluta per i trasferimenti e le cessioni eseguite senza il preI 
ventivo nulla-osta ministeriale. 

N� si ravvisa una qualsiasi ragione o finalit� di interesse pubblico 
che imponga, per la natura delle fabbriche in questione e per il genere 
dei relativi prodotti, all'interprete di dedurre una tale nullit�, in cor


IIrispondenza di un divieto da qualificarsi di ordine pubblico. Al contrario, 
fra le parti, i diritti in esame debbono considerarsi pienamente 
disponibili e trasmissibili, in conformit� di quanto � stato ritenuto dalla 
giurisprudenza di questo Supremo Collegio per altri tipi di aziende e 
in tema di concessioni amministrative. Il fatto che la validit� della 
cessione sia subordinata al consenso dell'amministrazione -ha ritenuto 
gi� questa Suprema Corte con sentenza del 17 settembre 1963, n. 2536 dimostra 
che la legge non vieta in modo assoluto il trasferimento di 
aziende, il cui esercizio sia soggetto a concessione, ma intende soltanto 
impedire che della concessione usufruisca chi non ne sia titolare, mediante 
convenzioni le quali violino le regole della personalit� e della 
intrasmissibilit� delle concessioni amministrative. 

In mancanza, quindi, dell'autorizzazione ministeriale, le cessioni 
delle fabbriche o delle assegnazioni di fiammiferi, ai sensi dell'art. 4 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

337 

delle norme annesse al r.d.l. 18 gennaio 1932, n. 14, non sono efficaci 
nei confronti della P .A., mentre esplicano piena validit� nei rapporti 
tra le parti private contraenti, avendo per oggetto diritti per loro natura 
disponibili. 

Da quanto esposto consegue l'impossibilt� di dichiarare nulla la 
clausola compromissoria in esame e consegue, quindi, altres�, che il 
Collegio arbitrale era competente a decidere la controversia promossa 
dal Tomaselli contro l'Unione Fiammiferi. Il primo mezzo di ricorso 
deve essere perci� respinto. 

Il secondo motivo di ricorso lamenta l'illegale nomina di due dei 
tre arbitri del Collegio. Quanto all'arbitro che ha esercitato le funzioni 
di presidente, va rilevato che la clausola compromissoria prevedeva che 
tale arbitro dovesse essere la persona del direttore generale del Consorzio 
Industrie Fiammiferi di Milano, in carica al momento della 
costituzione del Collegio arbitrale. Il ricorrente assume che tale arbitro 
avrebbe dovuto essere nominato dal Presidente del Tribunale a causa 
dell'inesistenza di un Consorzio Industrie Fiammiferi in Milano. In 
realt� dalla documentazione in atti risulta che unico � stato sempre il 
Consorzio Industrie Fiammiferi. La sede legale del predetto Consorzio 
era in Roma, ma si deve precisare che con deliberazione consiliare in 
data 11 aprile 1932 era stato disposto il trasferimento da Roma a Milano 
della Direzione Generale del Consorzio medesimo (la stessa Direzione 
fu poi nuovamente trasferita a Roma con delibera 21 gennaio 1941). 
Pertanto le parti contraenti, nello stipulare la clausola compromissoria, 
non poterono riferirsi che al direttore generale di quell'unico Consorzio 
per la produzione e la vendita dei ammiferi, Consorzio che, per avere 
in quel tempo la direzione generale nella citt� di Milano, fu indicato, 
mediante un'espressione sia pure impropria ma univoca, con un riferimento 
alla sede degli uffici della direzione generale, anzich� alla sede 
in senso proprio. Quanto al dubbio, pure prospettato, che potessero essere 
esistiti due Consorzi anzich� uno, va osservato che, bench� il Consorzio 
fra le fabbriche di fiammiferi fosse stato gi� costituito con la disposizione 
di cui all'art. 3 del r.d. 11 marzo 1923, n. 560, si dovette tuttavia 
addivenire, in data 26 marzo 1963, a un rogito notarile (rogito Venuti) 
e ci� perch�, come si desume dai documenti esibiti, i consorziati ebbero 
necessit� di approvare uno Statuto, allo scopo di disciplinare il funzionamento 
del Consorzio, la sua rappresentanza legale, gli organi sociali 
e dell'amministrazione, il rendiconto annuale della gestione ecc. Ma il 
nuovo atto non import� certamente una duplicazione di enti. 

Quanto, poi, all'altra censura, secondo la quale la motivazione della 
sentenza impugnata sarebbe deficiente per quanto riguarda la pronuncia 
su un ricorso per ricusazione del predetto terzo arbitro, presentato a 
suo tempo dal Tomaselli al Presidente del Tribunale di Roma, deve 

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338 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

osservarsi che non pu� il ricorrente fondatamente addebitare alla sentenza 
alcun vizio di omessa pronuncia, giacch� la relativa questione 
non fu proposta alla Corte d'Appello: infatti, nei motivi di nullit� terzo 
e quarto dedotti davanti al giudice dell'impugnazione e attinenti alla 
nomina degli arbitri nonch� ai pretesi vizi della composizione del collegio 
arbitrale, nessun accenno venne effettuato a motivo di ricusazione 
alcuno. 

Infondata appare altresl la censura riguardante la nomina dell'arbitro 
la cui designazione era affidata all'Unione Fiammiferi. Il ricorrente 
lamenta che non sia stato rispettato il termine contrattuale di 15 
giorni. Tuttavia la Corte d'Appello ha ritenuto pienamente efficace la 
nomina sia pure tardivamente (ma entro il ventesimo giorno) intervenuta, 
per il motivo -che questa Corte ritiene di condividere, esaminato 
il contratto e avuto riguardo all'intenzione delle parti -che 
alla fissazione di tale termine i contraenti non vollero attribuire alcun 
carattere di perentoriet� e di indifferibilit�. E con logico argomento la 
Corte d'Appello ha dato rilievo, in proposito, alla circostanza, che, men


I 
~ 

tre per un diverso patto del medesimo contratto le parti stabilirono 
espressamente una decadenza, altrettanto non ritennero di convenire in 

ordine al termine in questione. 

Anche il secondo mezzo di ricorso deve essere perci� rigettato. 

I 

In ordine, infine, al terzo e al quarto motivo di ricorso, che per ~ 
opportunit� si ritiene di esaminare congiuntamente e con i quali si f, 
denunciano illogicit� varie della sentenza impugnata ovvero il difetto ! 
di motivazione, nonch� la violazione di specifiche norme di diritto, queE: 
sta Suprema Corte rileva anzitutto che la sentenza della Corte d'Appello 
ha esaminato esaurientemente e con logiche argomentazioni i diversi 
punti prospettati dal Tomaselli. Costui aveva dedotto il difetto di motivazione 
della decisione arbitrale, ma, in effetti, la Corte d'Appello ha 

I 

I ('.

dimostrato, con analitica valutazione, sorretta da adeguata motivazione, 
che la sentenza arbitrale aveva trattato tutti i punti della lite, n� era 
incorsa in alcuna contraddizzione, tale da non rivelare la ratio decidendi 

I 

seguita e quindi da rendere praticamente inesistente la motivazione del 
lodo. Per quanto concerne in particolare il punto della cessione dei 

I

diritti di fabbricazione del Tomaselli, nessuna contraddizione � utilmente 
rilevabile in questa sede, giacch� la sentenza impugnata ha messo 

I

in rilievo come gli arbitri avessero spiegato chiaramente che, unitamente 
alla cessione delle macchine e degli attrezzi della fabbrica, nel 1924 il 

I I

Tomaselli aveva ceduto anche i suoi diritti di fabbricazione, tanto da 
venire estraniato dal Consorzio Industrie Fiammiferi e tanto che con 
la successiva convenzione del 1934 il medesimo riconobbe espressamente 
che la transazione che poneva in essere non modificava o limitava i 
diritti gi� acquisiti dall'altra parte contraente, anche di fronte ai terzi, 



339

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

� in rapporto all'assegnazione dei fiammiferi �. Pertanto era conforme 
a logica il ritenere che la convenzione del 1934 costituisse unicamente 
il regolamento transattivo del corrispettivo di una cessione gi� perfezionata 
e che le parti non intendevano pi� porre in discussione. 

Relativamente, poi, alle doglianze del ricorrente, concernenti la 
ipotizzate violazioni delle norme giuridiche regolanti, fra l'altro, la 
decadenza (con riguardo al preteso invalido esercizio della facolt� di 
riscatto da parte della Soc. Unione Fiammiferi) e la risoluzione per 
eccessiva operosit�, osserva questo Supremo Collegio che nella specie 
gli arbitri erano stati autorizzati a decidere secondo equit� e che perci� 
le denunciate violazioni di principi di diritto non erano rilevabili dalla 
Corte di Appello in sede di impugnazione del lodo per nullit�. La motivazione 
del lodo � stata ritenuta adeguata dalla Corte di Appello, con 
una disamina, che risulta, come si � detto sopra, esauriente ed immune 
da vizi logici. 

Ed � noto che, come questa Suprema Corte ha pi� volte stabilito 
(cfr., fra le altre, le sentenze nn. 3181/60, 819/62, 446/64), il valutare 
se la sentenza arbitrale difetti o meno di motivazione rientra nei poteri 
insindacabili del giudice di merito e il controllo di legittimit� della 
Corte di Cassazione pu� esercitarsi soltanto sulla motivazione della 
sentenza del giudice ordinario, che abbia pronunciato sull'azione di 
nullit� e non gi� direttamente sulla motivazione del lodo. 

Anche i mezzi di gravame sopra esaminati debbono essere perci� 
respinti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 187 -Pres. Fibbi Est. 
Scanzano -P. M. De Marco (conf.) -Sforza (avv. Forte) c. 
Ministero Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Amministrazione 
dello Stato -Erronea citazione in giudizio dell'organo rappresentativo 
di Amministrazione non legittimata alla causa -Rinnovazione 
dell'atto -Ammissibilit�. 

(I. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Amministrazione 
dello Stato -Erronea citazione in giudizio dell'organo rappresentativo 
di Amministrazione non legittimato alla causa -Eccezione di 
difetto di legittimazione passiva sollevata dall'Avvocatura dello 
Stato -Assimilazione all'eccezione di difetto di legittimazione al 
processo dell'organo erroneamente evocato in giudizio -Onere 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'Avvocatura dello Stato di sollevare l'eccezione alla prima . 
udienza con l'indicazione dell'Amministrazione legittimata alla 
causa -Concetto di prima udienza contemplato dalla 1. 25 marzo 
1958, n. 260 -Prima udienza di trattazione. 


(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4; c. p. c., 'art. 183). 
La normativa dell'art. 4 i. 25 marzo 1958, n. 260 si riferisce non solo 
all'errore di identificazione deit'organo legittimato al processo, ma altres� 
a quello di identificazione dell'Amministrazione statale legittimata alla 
causa, avendo il legislatore avuto riguardo, al fine di eliminarne le conseguenze 
sfavorevoli per il privato, anche alle diff�coitd concernenti 
l'identificazione della competenza amministrativa rispetto all'affare 
dedotto in giudizio, ossia il collegamento fra detto affare e l'amministrazione 
cui esso appartiene: dijJicoltd, che, spesso, � pur essa notevole 
ed � suscettibile di aumentare, man mano che nuove esigenze consiglino 
riunione o separazione di ministeri con relativa ripartizione di attribuzioni, 
o creazione di nuovi rami autonomi di amministrazione, o comunque 
trasferimento di competenze (1). 

Ad ovviare all'inconveniente che il giudizio si svolga ritualmente 
nei confronti di un'amministrazione estmnea all'affare che ne � oggetto, 
la l. 25 marzo 1958, n. 260 predispone lo stesso rimedio previsto pel caso 
di erronea citazione in giudizio di organo non legittimato al processo, 
facendo, cio�, onere all'Avvocatura dello Stato di eccepire alla prima 
udienza il difetto di legittimazione passiva. A tal fine, va ritenuto che, 
cos� come in tema di intervento, la prima udienza sia quella della effettiva 
prima trattazione, per cui, rinviata l'udienza di prima comparizione 
a norma dell'art. 181, prima parte, c.p.c., � tempestiva l'eccezione di 
difetto di legittimazione, sollevata dall'Avvocatura dello Stato all'udienza 
successiva (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione 
e falsa applicazione degli artt. 1387 e 1388 e.e. nonch� omissione 
e contraddittoriet� di motivazione su punto decisivo, sostiene che, pur 
appartenendo il credito oggetto della ingiunzione opposta. all'Amministrazione 
del Tesoro, la legittimazione del Ministero delle Finanze 

(1) V., in senso conforme, Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, in questa Rassegna, 
1964, I, 488, con nota di rilievi critici; contra e nel senso che ai terzi 
incombe l'onere della precisa individuazione del ramo dell'Amministrazione 
che deve essere chiamato in giudizio, v. Cass., 24 luglio 1964, n. 2019, in 
questa Rassegna, 1964, I, 731, sub 2-3, ed ivi ulteriori riferimenti. 
(2) Come gi� si osserv�, in nota (sub 1) a Cass., 6 agosto 1963, n. 2211, 
citata nella nota precedente, l'assimilazione dell'errore d'identificazione del' 


I'

�:: 

341

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

deriva dal fatto che a quest'ultimo appartiene per legge il potere di 
riscossione. Lamenta che la Corte del merito, pur riconoscendo la fondatezza 
di tale principio per quanto concerne i giudizi riguardanti irregolarit� 
formali del procedimento di riscossione, abbia omesso di farne 
applicazione nel caso concreto per non aver considerato che con la 
opposizione erano stati dedotti anche vizi di forma della ingiunzione. 

Con il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli 
artt. 344 e 269 c.p.c. e, premesso che in appello egli aveva censurato il 
rifiuto del primo giudice di concedere un termine per la chiamata in 
causa del Ministero del Tesoro, il ricorrente lamenta che la Corte del 
merito, indulgendo a considerazioni del tutto estranee, quali quelle 
relative all'intervento del terzo in appello, abbia omesso di prendere 
in esame la censura predetta e di rinviare la causa al primo giudice, 
come avrebbe dovuto, se di quella censura avesse valutato l'esatto significato 
e se non avesse apoditticamente escluso l'ipotesi del litisconsorzio 
necessario esistente fra le due amministrazioni. 

Il ricorso � fondato nei sensi e limiti di che appresso. 

� preliminare l'esame del secondo motivo: benvero, l'errore di 
identificazione dell'organo legittimato (che la denunziata sentenza 
attribuisce all'opponente e che � argomento del primo motivo) non 
sarebbe rilevante, a tenore della 1. 25 marzo 1958, n. 260, di cui si 
vedr� la applicabilit� nella specie, se non sussistessero le condizioni 
da cui dipendeva l'obbligo di disporre la notificazione nei confronti 
del Ministero del Tesoro (di cui si discuter� nel secondo motivo). 

La citata legge n. 260, modificando le norme sulla rappresentanza 
in giudizio dello Stato, dispone, all'art. 4, che l'errore di identificazione 
della persona, cui l'atto introduttivo doveva essere notificato, importa, 

l'Anuninistrazione statale passivamente legittimata alla causa all'errore di 
identificazione dell'organo legittimato al processo non sembra prevista dalla 
ratio della 1. n. 260 del 1958, che agli artt. 1 e 3 conferma l'onere della notificazione 
delle citazioni, ricorsi ecc. � alle Amministrazioni dello Stato �. 
E l'art. 4 1. n. 260 del 1958, fermo tale onere, prevede -soltanto e l'errore 
di identificazione della persona alla quale l'atto introduttivo del giudizio 
ed ogni altro atto doveva essere notificato �, con ci� presupponendo, appunto, 
come criterio indispensabile, per stabilire se vi sia stato o meno tale errore 
(di identificazione dell'organo legittimato al processo), l'esigenza del rispetto 
della fondamentale regola della legittimazione alla causa e cio�, nella 
specie, quella della legittimazione a contraddire e dell'officialit� del relativo 
contro1ilo. In ordine all'ultima parte della massima ed in tema di intervento, 
v. Cass., 22 dicembre 1964, n. 2969, Foro it., Mass., 1964, 780; 
21marzo1962, n. 577, Giust. civ., Mass. Cass., 1962, 275, sub 1. Parla, invece, 
a proposito dell'art. 4 1. n. 260 del 1958, di � prima udienza di comparizione� 
Cass., 18 maggio 1965, n. 967, in questa Rassegna, 1965, I, 513 (nella 
motivazione: 515-516). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

342 

se eccepito dall'Avvocatura dello Stato alla prima udienza con la contemporanea 
indicazione dell'organo legittimato, l'assegnazione di un 
termine per la rinnovazione� dell'atto. 

Respingendo la interpretazione rigorosamente restrittiva data da 
una parte della dottrina sulla base dei lavori preparatori, questa Suprema 
Corte ha gi� avuto modo di affermare che la disciplina predetta 
si applica anche nella ipotesi in cui la notificazione venga fatta ad un 
ministro invece che ad un altro (sent. 22.U/63; 2520/61; 2294/60). 

Il principio va riaffermato, siccome aderente allo spirito della 
norma, che una diversa interpretazione svuoterebbe davvero di significato 
pratico. 

Vero � che la legge in parola � sorta dalla esigenza, da tempo 
reclamata, di agevolare la identificazione dell'organo titolare della legitimatio 
ad processum (identificazione che era sommamente difficile in 
base alle norme organiche richiamate dall'art. 11 r.d. 30 ottobre 1933, 

n. 1611). Ma, una volta stabilito -come stabilisce l'art. 1 legge 1958, 
n. 260 -che detto organo si identifica in ogni caso nel ministro, quella 
esigenza poteva ben ritenersi soddisfatta, dal momento che ad ogni 
amministrazione � sempre preposto un solo ministro. 
La normativa dell'art. 4 dimostra, invece, che il legislatore ha avuto 
riguardo (ed ha inteso parimenti eliminare le conseguenze sfavorevoli 
per il privato) anche alla difficolt� concernente l'identificazione della 
competenza amministrativa rispetto all'affare dedotto in giudizio, cio� 
il collegamento fra detto affare e l'amministrazione cui esso appartiene: 
difficolt� che, spesso, � pur essa notevole e che � suscettibile di aumentare, 
man mano che nuove esigenze consiglino riunione di ministeri, o 
separazione di essi, con relativa ripartizione di attribuzioni, o creazione 
di nuovi rami autonomi di amministrazione, o comunque trasferimento 
di competenze (e la materia oggetto della causa sottoposta ai giudici di 
merito potrebbe costituire un esempio, in quanto � appunto pervenuta 
nella competenza del Ministero del Tesoro proprio in seguito ad una 
serie di norme di questo genere). 

N� ha serio fondamento l'obiezione che l'interpretazion~ qui accolta 
potrebbe condurre a ritenere rituale un giudizio nei confronti di una 
amministrazione estranea all'affare che ne � oggetto: tratterebbesi, infatti, 
di un inconveniente, ad ovviare il quale la stessa norma predispone 
il mezzo idoneo, imponendo all'Avvocatura dello Stato l'obbligo 
di eccepire prontamente il difetto di legittimazione. 

Tanto premesso, la Corte osserva che, nella specie concreta, sussistevano 
le condizioni per l'applicabilit� del citato art. 4, essendo stata 
sollevata la predetta eccezione, che va ritenuta tempestiva anche se 
proposta all'udienza cui la causa era stata rinviata a norma dell'art. 181, 
prima parte, c.p.c. 


343

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Considerato, infatti, lo spirito della norma in esame, che � quello 
di assicurare lo svolgimento del giudizio nei confronti del vero legittimato, 
e considerato che ci�, in definitiva, �corrisponde anche all'interesse 
dell'attore, cui nessun pregiudizio deriva dalla rinnovazione della 
notificazione, il concetto di prima udienza va inteso non gi� con criterio 
meramente cronologico, ma con criterio sostanziale, che sia aderente 
allo svolgimento concreto del rapporto processuale. Va quindi, ritenuto, 
analogamente a quanto questa Suprema Corte ha affermato in tema 
di intervento (v. sent. 2969/64; 577 /62), che la prima udienza contemplata 
nella disposizione in esame � quella della effettiva prima trattazione, 
per cui, rinviata la udienza di prima comparizione a norma dell'art. 
181, prima parte, c.p.c. -come nella specie -� tempestiva la 
eccezione di difetto di legittimazione sollevata dall'Avvocatura dello 
Stato all'udienza successiva. 

Accertato, cos�, che ricorrevano le condizioni per l'applicabilit� dell'art. 
4 legge 1958, n. 260, appare fondata la censura con cui si lamenta 
che non sia stato provveduto sulla istanza di chiamata in causa del 
Ministero del Tesoro; istanza che la Corte del merito avrebbe dovuto, 
appunto, prendere in esame sotto il profilo della citata norma. 

N� rileva che la violazione della legge 1958, n. 260 non sia stata 
denunciata dal ricorrente. Premesso, infatti, che la censura va individuata 
in base al concreto contenuto della doglianza, senza che abbia 
rilevanza la omessa od erronea indicazione delle norme di diritto trascurate 
o violate dai giudici di merito, la decisione di questa Corte 
costituisce la definizione del profilo giuridico, che ben pu� essere fatta 
di ufficio dal giudice di legittimit�, quando ci� non importi indagini di 
fatto vietate : e vietate non sono quelle che concernono le attivit� svolte 
dal giudice e dalle parti nel processo. 

In ordine al primo motivo � sufficiente osservare che, a norma dell'art. 
7 d.1.1. 5 settembre 1944, n. 202, le Intendenze di Finanza, pur 
dipendendo organicamente dal Ministero delle Finanze, sono alle dipendenze 
del Ministero del Tesoro per i servizi che fanno capo a quest'ultimo. 
E, poich� non � contestato che appartenga al Ministero del 
Tesoro la determinazione delle pene pecuniarie in materia valutaria, 
ogni altra questione rimane assorbita, essendo comunque imputabile al 
Ministero stesso l'attivit� dell'organo predetto anche per ci� che concerne 
gli aspetti formali del procedimento di riscossione. 

Parimenti assorbita �� la questione che forma oggetto del motivo 
terzo, con cui si censura la decisione relativa alle spese del giudizio di 
merito. 

Accogliendosi nei sensi di cui innanzi il ricorso e cassandosi correlativamente 
la sentenza impugnata, va disposto, a norma dell'art. 383, 
ultimo comma, c.p.c., il rinvio della causa al primo giudice (v. Cass. 



344 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6 agosto 1963, n. 2211), il quale si uniformer� ai seguenti principi: 

� l'art. 4 I. 25 marzo 1958, n. 260 � applicabile anche nella ipotesi di 
notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ad un ministro anzich� 
ad un altro; � tempestiva la eccezione, concernente l'errore di identificazione 
di cui al citato art. 4, proposta dall'Avvocatura dello Stato alla 
udienza cui la causa sia. stata rinviata a norma dell'art. 181, prima parte, 
c.p.c. �. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 21 febbraio 1966, n. 551 -Pres. 
Scarpello -Est. Poggi -P. M. Chir� (conf.) -Ministero Difesa Esercito 
(avv. Stato Ciardulli) c. Societ� Reale Mutua di Assicurazioni 
e Istituto Italiano di Previdenza (avv. Scarpa, Cassola). 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della P. A. per danni arrecati a 
terzi dai propri dipendenti -Responsabilit� diretta -Criteri e limiti 
dell'imputazione -Nesso di occasionalit� necessaria tra l'attivit� 
del dipendente e le incombenze ad esso affidate -Abuso di poteri 
strumentalmente connesso con i fini istituzionali dell'Ente -
Riferibilit� dell'evento dannoso alla P. A. -Sussiste. 

(Cost., art. 28; t. u. appr. con d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 22; c. c., 
art. 2043). 

� principio pi� volte affermato da questa Corte di Cassazione che 
il rapporto organico, in forza del quale la P. A. � chiamata a rispondere 
direttamente dei danni arrecati a terzi, con dolo o con colpa, dai propri 
dipendenti, deve ritenersi interrotto, quando l'attivit� di questi ultimi 
sia stata rivolta a fini propri e non gi� alla realizzazione dei fini istituzionali 
deU'Ente. Per apprezzare, tuttavia, l'esatta. portata di questo 
principio, occorre considerare che ogni attivit� diretta al conseguimento 
di un determinato scopo si articola normalmente in una serie di operazioni, 
concettualmente isolabili in vista delle rispettive finalit� di carattere 
intermedio, ma tuttavia riconducibili, per la loro funzione strumentale, 
alla finalit� terminale, cui tende l'attivit� nel suo complesso. � appunto 
a quest'ultima finalit� che occorre fare riferimento, quando si tratti 
di stabilire il nesso di occasionalit� necessaria tra l'attivit� del dipendente 
e le incombenze ad esso affidate e la conseguente riferibilit� dell'evento 
dannoso alla P. A.; n� tale nesso rimane escluso, per il solo fatto che, 
nel corso delle operazioni intermedie, il dipendente commetta abuso di 


345

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

poteri, alZorch� tale abuso, anche se determinato da esigenze puramente 
egoistiche, appaia strumentalmente connesso, pur in maniera anomala, 
con i fini istituzionali dell'Ente (1). 

(Omissis). -Col primo motivo (violazione e falsa applicazione 
dell'art. 2043 e.e. e dei principi relativi alla responsabilit� della P. A. 
per fatto illecito dei propri dipendenti; contraddittoriet� della motivazione: 
art. 360, �n. 3 e 5, c.p.c.) I'Amministrazione ricorrente lamenta 
che la Corte di merito abbia ritenuto che il fatto illecito del carabiniere 
Valentino fosse riferibile alla P. A., sotto il duplice profilo che, all'atto 
dell'incidente, il militare stava esplicando una mansione di servizio 
e che l'impiego della bicicletta era di uso normale, senza considerare 
che il servizio affidato al detto militare, consistendo nella pura e semplice 
consegna di un plico all'ufficiale, alla cui persona era addetto, si 
sostanziava in una attivit� del tutto diversa da quella che aveva dato 
luogo all'illecito, che era consistita nella circolazione di un veicolo privato. 
D'altra parte -si osserva -anche volendo ravvisare tra la 
circolazione del veicolo e l'atto di ufficio demandato al dipendente 
della P. A. un certo collegamento, si tratterebbe di un rapporto del 
tutto indiretto ed accidentale e non gi� conseguenziale e necessario 
per l'adempimento del servizio, in quanto l'uso del veicolo suddetto non 
trovava riscontro in una espressa previsione regolamentare od amministrativa, 
ma costituiva la conseguenza di una libera determinazione 
dell'incaricato ed era rivolto a soddisfare, non gi� l'interesse pubblico, 
bens� quello individuale di colui che dello speciale mezzo di trasporto 
si serviva. 

La sentenza impugnata sarebbe, inoltre, incorsa in contraddizione 
colle premesse dalle quali era partita, ammettendo che il carabiniere 
si era servito della bicicletta per suo comodo personale e non per disposizione 
di servizio e nondimeno affermando la riferibilit� dell'incidente 
alla P. A. 

(1) Cfr. Oass., 29 gennaio 1964, n. 233, Foro it., 1964, I, 1006; 4 gennaio 
1964, n. 3, Giur. it., 1964, I, 1, 1186. Sull'ultima parte della massima, v. 
Cass., 30 novembre 1963, n. 3069, in questa Rassegna, 1964, I. 102, sub 7, 
ed ivi (106-107) nota di riferimenti e di osservazioni critiche (specie in 
ordine all'applicazione, nel campo della responsabilit� diretta, del criterio 
dell'occasionalit� necessaria, proprio, invece, della responsabilit� indiretta); 
per la critica della distinzione tra intenzione e movente dell'agente, assunta 
dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione a base dell'insegnamento di 
cui alla surriferita massima della sentenza qui in rassegna, v. nota sub 3 
a Cass., Sez. Un., 4 gennaio 1964, n. 3, ibidem, 317-318. � da rifiutare, in 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

346 

Col secondo motivo (violazione dell'art. 115 c.p.c.; difetto di moti


vazione: art. 360, n. 3 e 5, c.p.c.) si lamenta che la Corte di merito 
abbia affermato, senza indicare le fonti del proprio convincimento e 
senza base negli atti, che la bicicletta costituisce un ordinario mezzo 

di locomozione per i piantoni: assunto del tutto infondato, perch� i 
piantoni sono adibiti soltanto a servizi sedentari, n�, comunque, l'Amministrazione 
militare pu� consentire, a scopo di servizio, l'uso di mezzi 
di trasporto diversi da quelli espressamente predisp�sti. 

Nessuna di queste censure appare fondata. 

1) � principio pi� volte affermato da questa Suprema Corte 
(cfr., da ultimo, le sentenze n. 3 e 233 del 1964) che il rapporto organico, 
in forza del quale la P. A. � chiamata a rispondere direttamente 
dei danni arrecati a terzi, con dolo o con colpa, dai propri dipendenti, 
deve ritenersi interrotto, quando l'attivit� di questi ultimi sia stata 
rivolta a fini propri e non gi� alla realizzazione dei fini istituzionali 
dell'ente. Per apprezzare, tuttavia, la esatta portata di questo principio, 
occorre considerare che ogni attivit� diretta al conseguimento di un 
determinato scopo si articola normalmente in una serie di operazioni, 
concettualmente �isolabili in vista delle rispettive finalit� di carattere 

intermedio, ma tuttavia riconducibili, per la loro funzione strumentale, 
alla finalit� terminale, cui tende l'attivit� nel suo complesso. � appunto 
a questa ultima finalit� che occorre richiamarsi, quando si tratti di stabilire 
il nesso di occasionalit� necessaria tra l'attivit� del dipendente e 
le incombenze ad esso affidate e la conseguente riferibilit� dell'evento 
dannoso alla P. A.; n� tale nesso rimane escluso per il solo fatto che, 
nel corso delle operazioni intermedie, il dipendente commetta abuso di 
poteri (cfr. la sentenza di questa Suprema Corte n. 3069 del 1963), 
allorch� tale abuso (determinato, magari, da esigenze puramente egoistiche) 
appaia strumentalmente connesso, anche in maniera anomala, con 
i fini istituzionali dell'ente. 

Per quanto riguarda la fattispecie, non vale quindi distinguere tra 
la consegna del plico, come attivit� nell'interesse della P. A., e l'uso 

I 

ispecie, la nozione di un abuso di poteri � determinato da esigenze puramente 
egoistiche � e nondimeno � strumentalmente connesso con i fini 
istituzionali dell'Ente �. Anche siffatto con~etto mal si concilia con la 
premessa, pacifica nell'insegnamento della Corte di Cassazione, che la responsabilit� 
della P. A. sia diretta, per fatto proprio (cfr. art. 22 d. P. R. 
10 gennaio 1957, n. 3). Ed infatti, non � concepibile che sia l'ente stesso 
ad agii-e, per perseguire i suoi fini istituzionali, allorch� tale azione si so




347

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

della bicicletta, come attivit� diretta al soddisfacimento di una comodit� 
personale dell'incaricato. Anche ad ammettere, infatti, che l'impiego 
della bicicletta costituisse un abuso, e che, ricorrendo a quel 
mezzo di trasporto, il militare soddisfacesse una esigenza puramente 
egoistica, ci� non esclude che quella attivit� fosse diretta, in via strumentale, 
e sia pure con modalit� anomale, alla consegna del plico, 
all'adempimento cio� di quella incombenza (finalit� terminale), che al 
militare era ,stata affidata nell'ambito del servizio. 

Di questi principi la Corte di merito ha fatto corretta applicazione; 
n� la motivazione appare affatto contraddittoria, perch�, in base alle 
precedenti considerazioni, ben poteva la Corte ritenere che il carabiniere 
Valentino avesse usata la bicicletta per sua comodit� personale, 
senza escludere per questo la riferibilit� alla P. A. dell'evento dannoso 
verificatosi nel corso di un'attivit� di servizio. 

2) L'Amministra:i;ione ricorrente -mai avendo contestato che 
il carabiniere Valentino fosse stato incaricato della consegna del plico; 
che tale incarico implicasse necessariamente lo spostamento del militare 
dalla caserma all'abitazione dell'ufficiale destinatario; che tale attivit� 
(in s� considerata e a parte l'impiego dello speciale mezzo di 
trasporto) tendesse alla realizzazione di fini propri della P. A. -non 
pu� muovere fondatamente censura alla sentenza impugnata, per non 
avere considerato (pretesa insufficienza di motivazione) che il Valentino, 
nella sua qualit� di piantone, era addetto esclusivamente a servizi 
sedentari. 

D'altra parte, essendosi gi� chiarito che la responsabilit� della P. A. 
non potrebbe escludersi nemmeno quando risultasse che l'impiego della 
bicicletta da parte del militare incaricato del recapito del plico si fosse 
risolta in un abuso, appare del tutto irrilevante la censura, che si muove 
alla sentenza impugnata, di non avere indicato le fonti del proprio 
convincimento, circa la �normalit�� dell'uso di quel mezzo di trasporto. 
-(Omissis). 

stanzi in un abuso di poteri, a cui il proprio dipendente sia stato determinato 
�da esigenze puramente egoistiche�. Per i casi eccezionali di assunzione 
di responsabilit� da parte della P. A. per il fatto doloso del proprio 
dipendente v. VITTA, Dir. amm.vo, vol. II, Torino, 1950, 729. Su tutta la 
questione della riferibilit� alla P. A. del fatto del proprio dipendente v. 
Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, voi. I, Roma, 
1961, 147 e segg. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 marzo 1966, n. 684 -Pres. Pece Est. 
Scanzano -P. M. Tuttolomondo (conf.) -Ministero Finanze 

j

(avv. Stato Soprano) c. Fallimento Bonetti (intimato). 

. 

Fallimento -Attivit� giurisdizionale del giudice delegato -Procedimenti 
di verifica dei crediti, di insinuazione tardiva e di riparto finale Rispettive, 
autonome finalit�. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 92-98, 101, 117). 
Fallimento -Ammissione al passivo con riserva di presentazione di 
documenti -Efficacia -�Condicio juris � della tempestiva opposizione 
allo stato passivo. 

(r. d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 95, comma secondo, 97, 98). 
In tema di accertamento del passivo, l'attivit� giurisdizionale del 
giudice delegato si esaurisce con l'approvazione dello stato passivo, 
dopo di che non pu� alt1�imenti esercitarsi che in sede di insinuazioni 
tardive. Questo secondo procedimento, avendo ad oggetto e dichiarazioni 
tardive di crediti �, � il mezzo, dato, per la partecipazione al concorso, 
ai creditori che fin'allora vi erano rimasti estranei ed � del tutto autonomo, 
per modo e termini di proposizione e per svolgimento, rispetto 
al procedimento di verifica. A sua volta, il riparto finale, lungi dall'esse1
�e una sorta di appendice di questo procedimento, � istituzionalmente 
destinato alla graduazione dei crediti e le funzioni giurisdizionali che 
il giudice delegato vi esercita non possono estendersi al di l� delle 
questioni che attengono alla collocazione e graduazione dei crediti, oltre, 
ovviamente, a quelle che ne costituiscono il presupposto e che riguardano 
l'acce1�tamento dell'avvenuta ammissione del credito al passivo 
fallimentare (1). 

(1) Sull'efficacia dei provvedimenti del giudice delegato, v. Cass., 24 
aprile 1964, n. 1004, Dir. faUim., 1964, II, 385: �i provvedimenti del giudice 
delegato sui crediti insinuati al passivo del fallimento spiegano la loro 
efficacia ed i loro effetti solo nell'ambito della procedura fallimentare, di 
guisa che essi, ove non diano luogo ad un giudizio di opposizione, di accertamento 
in sede contenziosa, non acquistano autorit� di cosa giudicata e non 
precludono al creditore, che sia stato escluso in tutto o in parte dall'ammissione 
al passivo, di far valere le sue ragioni, quando ci� sia possibile, 
in sede ordinaria ed al di fuori del fallimento �; in senso analogo cfr. Cass., 
14 settembre 1963, n. 2522, Giust. civ., Mass. Cass., 1963, 1183, sub 2; 6 ottobre 
1962, n. 2841, ivi, 1962, 1338, sub 2; 20 giugno 1960, n. 1630, ivi, 1960, 
i,

605, sub 3; di recente v. anche Cass., 20 ottobre 1965, n. 2156, in Foro it.; 
1966, I, 286, con nota di MARTINELLI ed in questa Rasegna, 1966, I, 321. 
Deve, peraltro, avvertirsi che la giurisprudenza della Corte o Cassazione 

I

esclude che, nell'ambito del procedimento fallimentare, derivi preclusione 
da un provvedimento del giudice� delegato, che, ritenuta la ine-I !; 


, 

. 

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349 

��� "' 
4i presentazione di 
.huo stato passivo,
i scioglimento della 

iedimento di ammis


/va; come pel difetto 
::;jatti, condizionata ab 
kione e con l'accogli


,, 
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i essere �ancora avvenuta 
bsto rifiutata rammissione 
phe, sopravvenuta la pubJso 
in. via ta,rdiva su istanzal For() it., 1966, I, 673 (con 
,l-ando, peraltro, di conside,
fum. delle Finanze; quella, 
j .tardiva, era dell'Esattore) 
~gnato, il .provvedimento di 
fo. stessa natura, efficacia � pretstenza 
del credito �; concer


ie... � 
''nt.o. d.i.v.erifica..z.io�n.e e d.i quello


sopracitata; secondo cui: � il 

nto dichiara esecutivo lo stafa�
ambito della procedura fallihza 
del credito ammesso ed alla 

isso deriva ed alla esistenza delle 
,anche le questioni. di graduazione 
~nti la collocazione dell'un credito 

~a l'opinione tradizionale, che nega 
i e alfa esclusione dei crediti nello 
i~ulZ'e:l]icacia del provvedimento del 

L

[943, II; 137 e segg,, secondo cui il 
Jvo fallimentare da parte del giudice 
,.tione; DE MARTINI, Natura ed effetti 
/telegato in sede di verificazione dello 
pl. Cass. civ., 1945, I, 130 e segg.; m. rSATTA, Istituzioni di diritto :fallimen


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isima v. Oass., 19 gennaio 1961, n. 75, 
/favorevole di BIANCHI D1ESPINOSA ed in 
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~I passivo fallimentare con riserva di pre


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brio con il curatore e con i creditori �non 

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56-1960 Pe:nde:nt 

' VoJ. I 'b e V, 
' �<l.OlJ:la, 




350 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -� preliminare l'esame del quarto motivo con cui si 
investe in radice il principio che � a base dell'impugnata pronuncia e 
che concerne, in generale, la posizione del creditore ammesso con riserva 
nel passivo fallimentare. 

L'Amministrazione ricorrente denunzia la violazione degli artt. 95, 
96, 98, 113 e 117 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 e, contestando l'orientamento 
espresso da questa Suprema Corte con sentenza n. 75 del 18 gennaio 
1961 ed accolto nell'impugnato decreto, sostiene che il creditore 
ammesso con riserva non ha l'onere di proporre opposizione a termini 
dell'art. 98 legge fallimentare. 

Rileva, in proposito, che, in mancanza di una apposita norma ed 
in presenza anzi dell'art. 117 legge citata, che prevede l'accantonamento 
nell'analogo caso dei crediti ammessi sotto condizione, non pu� l'inerzia 
del creditore produrre la conversione di un provvedimento di ammissione 
in provvedimento di rigetto. 

La censura � infondata. 

La questione che essa ripropone vede divisa la dottrina, pur dopo 
la pronuncia su citata di questa Suprema Corte: vi � infatti chi condivide 
il principio ivi enunciato e ritiene perci� necessaria la opposizione 
allo stato passivo perch� i creditori ammessi con riserva possano 
conservare gli effetti della ammissione; chi ritiene che tali creditori 
possano in ogni tempo, prima del riparto finale, esibire al giudice delegato 
i documenti giustificativi del credito; chi, infine, indica nel procedimento 
di insinuazione tardiva il mezzo per ottenere lo scioglimento 
della riserva cui l'ammissione era stata sottoposta. 

Questa Corte ritiene tuttora valido l'orientamento espresso con la 
sentenza sopra indicata. 

Limitando l'esame a quanto richiesto dalla economia della decisione, 
cio� alla ipotesi del credito ammesso con riserva di esibizione di 
documenti, la Corte osserva che un primo argomento a favore della tesi 
qui accolta pu� essere ricavato dall'art. 97, u. c., 1. fall., che fa obbligo 
al curatore, in via generale ed assoluta, di dare notizia del provvedi-

dei creditori non pot� esercitarsi che sulle ,enunciazioni dell'istante � (ma 
non manca in dottrina chi, sulla premessa che la riserva non possa essere 
adottata dal giudice, se non nei casi in cui essa attenga � ad una mera 
presentazione di documenti gi� identificati, determinati e valutati anche 
nella loro idoneit� probatoria ., ossia allorch� l'accertamento in contraddittorio 
col curatore e con i creditori della esistenza e della idoneit� del 
credito a concorrere �abbia gi� dato esito positivo e manchi soltanto la 
materiale produzione di predeterminati documenti., afferma che lo scioglimento 
della riserva �non postula un successivo accertamento del tipo di 
quello effettuato in sede di verifica, bens� solo una constatazione, una 
ricognizione sommaria, che pu� benissimo avvenire senza il contraddittorio 
dei creditori, ad opera dello stesso giudice delegato, in sede di riparto, o 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 351 

mento emesso dal giudice delegato ai creditori le cui domande non 
sono state in tutto o in parte accolte e a quelli ammessi con riserva. 
Ora � certo che tale notizia � in funzione della eventuale opposizione, 
rispetto alla quale, poi, le due categorie di creditori sono accomunate 
nella possibilit� e, correlativamente, nell'onere di proporla nel termine 
di legge. 

A favore della tesi che la Corte accoglie concorrono poi ragioni di 
sistema, che attingono il loro fondamento alla natura del procedimento 
fallimentare, alla distribuzione delle competenze nell'ambito di esso, e 
all'ordinamento specifico del procedimento di verificazione del passivo. 

La natura universale del procedimento fallimentare e la par condicio 
che esso tende ad assicurare importano, oltre all'esigenza .che 
l'intero patrimonio del dissestato sia� assoggettato all'esecuzione (con 
le sole eccezioni previste nell'art, 46 1. fall.), l'altra che al concorso siano 
chiamati tutti i creditori del fallito e che in concreto vi partecipi. il 
maggior numero possibile .di essi. Tale ragione, che giustifica come il 
concorso sia aperto .anche ai creditori condizionali e a quelli il cui credito 
non sia ancora scaduto (art. 55, terzo e secondo comma, I. fall.), 
spiega anche perch� il legislatore, accogliendo una prassi gi� invalsa, 
abbia consentito (anche per la brevit� del termine fissato per la formazione 
e verifica dello stato passivo) che a tale fase partecipino pure 
creditori. non ancora in grado di esibire la necessaria documentazione. 

Ma le finalit� di ordine pubblico connesse al fallimento e la natura 
concorsuale del relativo procedimento esigono, d'altro canto, che al concorso 
partecipino creditori veri e reali e che il loro diritto venga accertato, 
oltre che con la sollecitudine che la legge impone a tutto il predetto 
procedimento, con la possibilit� del contraddittorio di tutti i creditori. 

Alla luce di tali principi va riguardata la posizione del creditore 
ammesso con riserva, che, mentre pu� ottenere tale ammissione limitandosi 
ad indicare il credito, il titolo da cui esso deriva e i documenti 
giustificativi (v. artt. 93 e 95 I. fall.), ha, per contro, gi� attualmente, 
una posizione di notevole rilievo. 

anche fuori di questa�, avvertendo che, se poi, in pratica, l'istituto si risolve 
� in un rinvio dell'indagine probatoria sull'esistenza del credito al di fuori 
della verifica, si da sottrarla al contraddittorio dei creditori � , questo Inconveniente 
viene a dipendere, in definitiva, proprio dall'inerzia dei creditori, 
nel contestare .o nell'impugnare, in virt� dell'art. 100 1. fall., il provvedimento 
del giudice, che non ha limitato la riserva alla sola presentazione 
di documenti �gi� predeterminati anche, sia pur in astratto, nella 
loro idoneit� probatoria �; cosi DE MARTINI, Sulla � ammissione con riserva � 
al passivo del fallimento, Riv. trim. dir. proc. civ., 1962, 1182-1184). Potr�, 
ancora, convenirsi con !'.affermazione della sentenza -che si inquadra nella 
consolidata nozione giurisprudenziale della procedura fallimentare come 
processo esecutivo concorsuale, con parallela attribuzione alle attivit� di 

8 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

352 

Egli, infatti, ha diritto di veder trattenute e depositate le quote 
a lui assegnate in sede di ripartizioni parziali (art. 113, n. 2, 1. fall.) 
ed ha diritto di voto nel concordato (art. 127 I. fall.), con possibilit� 
quindi di determinare la formazione della maggioranza (ed in maniera 
definitiva, data la norma dell'art. 128, u. c., 1. fall.). 

Ora, con tali presupposti e nel quadro di una tale normativa, la 
posizione del creditore ammesso con riserva apparrebbe di ingiustificato 
favore, se egli fosse anche libero di esibire i documenti giustificativi 
se e quando voglia (si pensi all'ipotesi del concordato in cui non opererebbe 
neppure il termine ultimo del riparto finale) e non avesse, 
invece, l'onere di coltivare e vivificare la sua pretesa col mezzo della 
tempestiva opposizione. La quale va qui intesa come il naturale sviluppo 
.del procedimento di verifica ed ha la funzione di stimolare la 
produzione dei titoli (con quella prontezza che era nel voto del legislatore, 
che aveva riguardo al tipo di procedimento caratterizzato dalla 
immediatezza, concentrazione e preclusioni proprie del codice di rito� 
del 1942) e di permetterne l'esame nel contraddittorio possibile di tutti 
i creditori (art. 98, u. c., 1. fall.) : contraddittorio che non pot� avere 
nessun concreto significato nella fase di verifica (ove l'esame dei creditori 
non pot� esercitarsi che sulle enunciazioni dell'istante) e che non 
potrebbe mai pi� seriamente verificarsi, se fosse consentito a quest'ultimo 
di esibire, nel tempo che creda ed in via cosidetta amministrativa e 
non contenziosa, i documenti al giudice delegato, con libert� di forme 
e di termini davvero inconcepibili in un sistema in cui l'accertamento. 
del passivo � regolato da precise, rigorose norme. 

Ma tale ultima possibilit� � esclusa anche da altro ordine di ragioni~ 

Premesso, infatti, che l'esame della documentazione � materia di 
squisita cognfaione giurisdizionale, � rilevante considerare che in tema 
di accertamento del passivo l'attivit� giurisdizionale del giudice delegato 
come tale si esaurisce con l'approvazione dello stato passivo; dopo 
di che non pu� altrimenti esercitarsi che in sede di insinuazioni tardive. 

Ci� � motivo per escludere anche che sede idonea allo scioglimento 
della riserva possa essere il riparto finale, che, lungi dall'essere 


contenuto decisorio del giudice delegato del carattere di giurisdizione di cognizione 
(cfr. DE MARTINI, op. cit., 1186) -secondo la quale �<l'esame della 
documentazione � materia di squisita cognizione giurisdizionale �. Ci� che 
non riesce, in verit�, a convincere � perch�, nel silenzio della legge fallimen-� 
tare in ordine alla disciplina delle modalit� di scioglimento della riserva in 
parola, l'esigenza del rispetto del contraddittorio, tanto avvertita dalla� 
Corte di Cassazione, possa essere assicurata solo a patto di ritenere che la 
richiesta di scioglimento della riserva debba dal creditore essere ;presentata� 
non pi� al giudice delegato, ma al Tribunale, in sede di opposizione ex 
art. 98 I. fall., la quale, pur nella sua macchinosit�, dovrebbe essere conce-pita 
� come il naturale sviluppo del procedimento di verifica �, con la fun--� 



PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 353 

una sorta di appendice del procedimento di verifica, � istituzionalmente 
destinato alla graduazione dei crediti; e, poich� tale istituzionale 
finalit� determina la misura della competenza del giudice, che � preposto 
a provvedervi, le funzioni giurisdizionali che il giudice delegato 
esercita in tale sede non possono estendersi al di l� delle questioni 
(rilevabili anche dai creditori a termini dell'art. 110, u.c., 1. fall.), che 
attengono alla collocazione e graduazione dei crediti, oltre, ovviamente, 
a quelle che ne costituiscono il presupposto e che riguardano l'accertamento 
della avvenuta ammissione del credito nel passivo. 

� parimenti da escludere che allo scioglimento della riserva possa 
essere volto il procedimento di insinuazione tardiva. 

Va, anzitutto, considerato che una siffatta soluzione del problema, 
mentre sarebbe conforme alle esigenze della competenza e del contraddittorio, 
non risponde alle altre esigenze, pur notevoli, innanzi contemplate, 
ed implica la diversione di un procedimento ben determinato 
a finalit� che non gli appartengono : il che non � consentito 
all'interprete. Benvero, il procedimento in parola, avendo -come 
ha -ad oggetto � dichiarazioni tardive di crediti � (cos� la rubrica 
dell'art. 101), � il mezzo, dato, per la partecipazione al concorso, ai 
creditori, che fin'allora vi erano rimasti estranei ed � del tutto autonomo, 
per modo e termini di proposizione e per svolgimento, rispetto 
al procedimento di verificazione di cui agli articoli precedenti. 

La possibilit� di impiegarlo per la finalit� qui considerata implica 

invece la necessit� di concepirlo come una possibile prosecuzione del 

procedimento di verifica: implica cio� la necessit� di un collegamento, 

che permetta di unificarlo con quest'ultimo, a guisa di un rapporto unico, 

e che � invece del tutto estraneo al sistema della legge. Caratteristica, 

zione � di stimolare la produzione dei titoli ... e di permetterne l'esame nel 

contraddittorio possibile di tutti i creditori �. 

In tal modo, l'assoggettamento del creditore all'onere di un giudizio con


tenzioso, culminante in una pronuncia suscettibile dell'autorit� della cosa 

giudicata, e ci� nel breve termine previsto dall'art. 98 1. fall., sembra in 

pratica un rimedio che va oltre il segno, finendo per vanificare lo stesso 

istituto (essendo praticamente di irrilevante portata una riserva, che con


senta al creditore, che non sia stato in grado di presentare i documenti prima 

dell'approvazione dello stato passivo, una dilazione di soli quindici giorni 

dal deposito del medesimo in cancelleria: cfr. SALVATORE, In tema di ammis


sione di credito al passivo fallimentare con riserva di produzione della 

documentazione, Giur., it., 1961, I, 1, 1297). 

A sommesso avviso di chi scrive, non .pare che il surriferito insegna


mento della Corte di Cassazione tenga nel giusto conto un dato fondamen


tale, positivamente assunto proprio dalla legge fallimentare: se, cio�, di 

contro all'art. 93, comma terzo, della legge, � il combinato disposto degli 

artt. 95, comma secondo, e 113, n. 2, della medesima a consentire al giudice 

delegato di comprendere �con riserva�, fra i crediti ammessi, quelli condi


zionali e quelli � per i quali non sono stati ancora presentati i documenti 



354 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

anzi, del collegamento di pi� fasi processuali � la esistenza di termini 
imposti a pena di decadenza per la riattivazione della fase successiva: 
e sarebbe davvero strano che assoluta libert� di termini vi fosse proprio 
in sede di fallimento, ove il rigore dei termini � particolarmente 
accentuato. 

L'opposizione allo stato passivo appare, dunque, il mezzo necessario 
ed unico per conseguire lo scioglimento della riserva e il creditore 
ammesso con riserva di presentazione di documenti ha l'onere 
di sperimentarlo, al fine di conservare gli effetti favorevoli del provvedimento 
di ammissione, che, in mancanza, perde il suo effetto positivo, 
come per difetto di una condicio iuris. 

Non � dunque che la mancanza di opposizione converta un provvedimento 
di ammissione in provvedimento di rigetto; si �, invece, 
che l'ammissione si intende ab origine condizionata alla proposizione 
della tempestiva opposizione e con l'accoglimento di questa diventa 
definitiva. 

In ordine, poi, al richiamo, fatto dal ricorrente, all'art. 117 legge 
fall., concernente l'accantonamento a favore dei creditori condizionali, 
� agevole rilevare come nessun argomento analogico possa trarsene. 

Quali che siano la posizione e gli oneri del creditore ammesso 
sub condicione, � errato in radice istituire una analogia in base ad una 
norma, la quale muove da un presupposto, che � l'esclusivo della situazione 
del credito condizionale; che cio� la condizione possa non essersi 
ancora verificata al momento in cui il fallimento va a chiudersi. 

Passando all'esame degli altri mezzi del ricorso, va rilevato che 
con il primo motivo l'Amministrazione delle Finanze, denunziando violazione 
degli artt. 360, n. 4, c.p.c., 98, 113 e 117 e segg. c.p.c., lamenta 
che il Tribunale abbia omesso di motivare sull'assunto che la riserva 
cui era stata sottoposta l'ammissione del suo credito non concerneva 
la produzione di documenti, ma era di carattere atipico, dipendente 

giustificativi� e, dopo il decreto di esecutivit� dello stato passivo ex art. 97, 
di assegnare, accantonandole, quote di riparto parziale � ai creditori ammessi 
con riserva di presentazione del titolo� (la norma non dice anche che deve 
trattarsi di creditori ammessi con riserva, che abbiano necessariamente 
proposto opposizione allo stato passivo a norma dell'art. 98 1. fall., epper� 
una siffatta limitazione non troverebbe alcuna obiettiva giustificazione de 
jure condito), ci� vuol dire che, in mancanza di qualsiasi altra norma, che 
sottragga al giudice delegato la potest� di sciogliere la riserva, la stessa 
legge fallimentare conserva al giudice delegato, anche dopo l'emissione del 
decreto ex art. 97, tate potest�, cos� come gli ha attribuito quetla di formularla, 
differendo ad un momento successivo il definitivo provvedimento, in 
ordine alla concreta idoneit� del credito alia partecipazione al concorso. 

E non si dica che, secondo la legge, compete al Tribunale, dopo la 
emissione da parte del giudice delegato del decreto di esecutivit� dello 
stato passivo, � il riesame � delle contestazioni sugli stessi crediti (BIANCHI 



355

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dalla pendenza di un procedimento penale, la cui definizione influiva 
sulla domanda di ammissione. 

In base a tale presupposto poi l'Amministrazione sostiene, con il 
secondo motivo, che non sarebbe applicabile nella specie -anche a 
ritenerlo fondato -il principio innanzi esaminato, secondo cui il creditore 
ammesso con riserva ha l'onere di proporre opposizione. Nella 
specie -soggiunge -mancherebbe la possibilit� di deferire al giudice 
della opposizione la cognizione della materia � riservata ., avendo 
il giudice delegato riconosciuto, in merito ad essa, la competenza di 
un giudice diverso da quello fallimentare (cio� la competenza del 
giudice penale). 

Denuncia, pertanto, violazione degli artt. 110, 90 e segg. 1. fall. 

I due motivi vanno trattati congiuntamente, dando la precedenza 
al secondo, la cui definizione � idonea a determinare l'assorbimento del 
primo. 

In tale esame questa Corte pu� interpretare il provvedimento 
emesso dal giudice delegato in sede di approvazione dello stato passivo, 
dovendosi in base alla sua natura giudicare se la mancata opposizione 
del creditore abbia determinato la preclusione che il Tribunale 
ha ravvisato. 

Il giudice delegato, nel presupposto della pendenza di un procedimento 
penale e del carattere pregiudiziale della materia che ne era 
oggetto, non potendo -ovviamente -sospendere l'approvazione dello 
stato passivo (dovendo il relativo decreto emanarsi in un termine prestabilito 
e contemplare tutte le domande presentate), n� potendo, puramente 
e semplicemente, ammettere od escludere il credito, doveva, 
come ha fatto, ammettere con riserva. Di tale riserva il Tribunale 
ha esattamente individuato il contenuto nell'esame del documento giustificativo 
(a prodursi), che, nella specie, era appunto costituito dalla 
sentenza del giudice penale in ordine alla pregiudiziale. 

n'EsPINOSA, Ammissione con riserva di docum.entazione ecc., Giust. civ., 1961, 

I, 192). Qui, infatti, non si tratterebbe di riesaminare un provvedimento 

del giudice delegato, ma di sostituirsi al medesimo nell'emissione del prov


vedimento riservato (analogamente, v. SALVATORE, op. cit., 1301) e nessuna 

norma della legge fallimentare, si ripete, autorizza l'interprete a trasfor


mare la riserva di �provvedimento in una declinatoria di competenza a 

provvedere su una parte della domanda e l'opposizione ex art. 98 1. fall. 

in una sorta di riassunzione d'istanza. 

E cos� la soluzione, adottata dalla sentenza in rassegna, sulle orme della 

precedente sentenza n. 75 del 1961, come quella dichiarata la pi� conforme 

alle esigenze del sistema, finisce per accreditare: a) la nozione di una 

potest� di �riserva., che... non riserva niente al giudice che la formula; 

b) la nozione di una � opposizione �, che dovr,ebbe esser proposta dal cre


�itore non gi� per far modificare quella parte del provvedimento, che abbia 

subordinato l'effettiva partecipazione del credito a:l riparto al favorevole 



356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ricorreva, quindi, come il Tribunale ha ritenuto, la ipotesi in cui, 
a tenore del principio riaffermato a proposito del motivo quarto, il 
creditore ha l'onere di proporre opposizione allo stato passivo e non 
una pretesa ipotesi atipica, in cui l'eventuale opposizione sarebbe stata 
carente di oggetto deducibile, per la riconosciuta incompetenza del 
giudice fallimentare. 

Benvero, non � esatto che -come il ricorrente ritiene -in tale 
situazione la materia � riservata � coincidesse con quella attribuita al 
giudice penale, per la evidente ragione che a questo era deferita la 
cognizione di un reato e al giudice fallimentare la cognizione di un 
diritto di credito, rispetto al quale l'esistenza del reato costituiva una 
pregiudiziale. 

� di tutta evidenza, quindi, che il giudice delegato in sede di approvazione 
dello stato passivo e cosi il Tribunale, col riconoscere la competenza 
del magistrato penale in ordine alla pregiudiziale, non negavano 
affatto -neppure implicitamente -la compentenza degli organi fallimentari, 
la cui cognizione (indeclinabile per la partecipazione al concorso) 
avrebbe avuto ad oggetto -nel contraddittorio aperto a tutti 
i creditori -oltre all'accertamento dell'esistenza della sentenza penale, 
quello relativo alla effettiva influenza dei fatti in essa accertati sulla 
esistenza e la quantit� del credito. 

Tale, appunto, l'esame, che avrebbe dovuto essere deferito, col mezzo 

dell'opposizione, al tribunale fallimentare, salva la eventualit� di sospen


dere il relativo procedimento fino alla definizione di quello penale. 

Tali considerazioni determinano l'assorbimento del primo motivo, 

non potendo condurre all'annullamento l'omessa motivazione su un 

punto prospettato al Supremo Collegio e da questo direttamente esa


minato e disatteso. 

Con il terzo motivo l'Amministrazione delle Finanze, deducendo la 

violazione dell'art. 24 I. fall. e della I. 24 gennaio 1929, n. 4, denun


zia come erronea l'affermazione del Tribunale, secondo cui devono 

accertarsi in sede fallimentare tutti i crediti anche dell'Amministrazione 

assolvimento di un onere di prova documentale (com'� appunto la funzione 
dell'opposizione prevista dal primo comma dell'art. 98: cfr. SALVATORE, 


I 

op. cit., 1298, ed ivi citazioni di dottrina; secondo BIANCHI n'EsPINOSA, op. ~ 
cit., la norma anzidetta avrebbe riferimento solo alla riserva riguardante 
i crediti condizionali di cui all'art. 55), ma proprio per eseguire tale prov


I 

vedimento, mentre � pur giurisprudenza della Suprema Corte regolatrice 

che l'opposizione prevista dall'art. 98 l. fall., �mm diversamente da ogni 

altro mezzo d'impugnazione �, ha per presupposto � l'ingiustizia... della 

I

sfavorevole decisione del giudice delegato � (Cass., 28 ottobre 1965, n. 2286, 
Foro it., 1966, I, 673 e segg.). 
La tesi difensiva dell'Avvocatura invocava, invece, l'applicazione ana


i 

logica della normativa (art. 101) prevista dalla le�gge fallimentare per le 

insinuazioni tardive (per le citazioni della �conforme dottrina v. SALV'.ATORE, 

I

i 

I 


357

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

finanziaria. Sostiene, in proposito, che la vis attractiva del fallimento 
non opera rispetto alle questioni di competenza dei giudici speciali e 
non operava certamente nella specie, in cui la questione in discussione 
era pendente in sede penale. 

La censura non � fondata. 

Il Tribunale era chiamato -nel riesame del decreto di approvazione 
del progetto di riparto finale -ad interpretare il decreto di 
approvazione dello stato passivo, per stabilire se l'odierno ricorrente 
dovesse oppur no proporre opposizione ex art. 98 1. fall. Nel risolvere 
affermativamente tale ultimo quesito, il 'fribunale ha esattamente 
individuato la materia dell'opposizione nell'esame dei documenti giustificativi, 
ma con ci� non ha affatto affermato che la vis attractiva si 
estendesse alle questioni di competenza del giudice penale. 

Ha fatto poi riferimento al procedimento pendente avanti al Tribunale 
civile di Brescia (avente ad oggetto la opposizione alla ingiunzione 
fiscale emessa dall'Amministrazione finanziaria dopo che -approvatosi 
ormai da tempo lo stato passivo -era divenuta definitiva la 
sentenza penale), per chiarire che la pendenza di tale procedimento 
non poteva costituire un valido surrogato della opposizione a stato passivo, 
perch� l'onere di proporre quest'ultima era soggetto ad un termine 
di decadenza ormai verificatasi. 

Infine, per confortare maggiormente tale affermazione e quindi 
ad abundantiam, ha affermato il principio, che il ricorrente contesta. 
Ma tale affermazione, a parte la sua funzione meramente collaterale, 
� indubbiamente esatta per quanto nella specie rileva e cio� con riferimento 
alla controversia pendente avanti al Tribunale di Brescia: 
poich�, infatti, non si discuteva che in ordine ad essa fosse competente 
il giudice civile ordinario, non vi � dubbio che rispetto ad esso operasse 
la vis attractiva del foro fallimentare. 

Con il quinto motivo la ricorrente Amministrazione, denunziando 
violazione degli artt. 5 1. 7 gennaio 1929, n. 4, 32 r. d. 9 gennaio 1940, 

�op. cit., 1296), quale mezzo di disciplina delle modalit� di presentazione dei 
documenti e di scioglimento della riserva da parte del giudice delegato con 
l'auspicato rispetto del contraddittorio. L'analogia appariva ed appare mani.
festa, in quanto, ricorresse una nuova domanda di ammissione o parte 
.residua di una domanda gi� proposta, si trattava pur sempre di esercizio 
della stessa potest� giurisdizionale cognitoria del giudice delegato: quella 
di verificare la sussistenza e la concreta idoneit� dei crediti a partecipare 
al concorso. 

E non pare, per la verit�, che le obiezioni mosse a tale tesi dalla sentenza 
in rassegna abbiano, effettivamente, tanto intrinseco pregio, da 
indurre a ritenere preferibile la soluzione da questa adottata, sulla bont� 
della quale sembra lecito formulare, dopo quanto s'� detto, le pi� am:
Pie riserve. 

F. CARUSI 

358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

n. 2 e 101 I. fall., lamenta che il Tribunale abbia esteso agli interessi 
e alla sopratassa la preclusione affermata relativamente al credito di 
imposta. Sostiene, in proposito, che, rispetto a quest'ultimo, il credito 
della sopratassa � autonomo, per cui non poteva operare una preclusione, 
che non si fosse formata nel processo ad esso relativo. 
La censura non merita accoglimento. 

�, infatti, assorbente considerare che, come si evince dall'impugnato 
decreto, il credito per sopratassa ed interessi era oggetto di 
domanda tardiva presentata a norma dell'art. 101 I. fall. e che il 
relativo� giudizio era ancora pendente per le contestazioni mosse dal 
curatore. Pertanto, alla sua inclusione nel progetto di riparto finale 
ostava l'evidente ragione che non si trattava di un credito ammesso 
al passivo, n�, comunque, di credito da accantonare. 

Ci� avrebbe dovuto considerare il Tribunale nell'impugnato decreto, 
la cui motivazione sul punto va, quindi, in tali sensi rettificata. 
Altra questione � -ma � estranea al ricorso -se la pendenza di un 
�~ 
procedimento di insinuazione tardiva consenta le operazioni di chiusura 
del fallimento. 

Va omessa la pronunzia sulle spese di questo giudizio di Cassazione, 
non essendosi costituito il curatore. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 792 -Pres. Favara 
-Est. Mirabelli -P. M. Gedda (conf.) -Ministero Finanze 

I

(avv. Stato Colletta) c. De Dottori e Societ� Immobiliare Agricola 
Friulana (avv. L.zzatto-Guerrini, Montesano G.). I

I 

Caccia e pesca -Concessione di riserva di caccia -Presupposto -Fonte 
del diritto esclusivo da cacciare -Trasformazione in bene dema


I

niale di parte dell'area assoggetata a riserva di caccia. -Estensione 

Ifil

dell'ambito della concessione -Insussistenza -Diritto dell'Ammi


nistrazione ad un ulteriore canone -Esclusione. 

~ 

(t. u. 5 giugno 1939, n. 1016, artt. 43 e segg.). 
Per quanto la p1�opriet� o quanto meno il possesso dei terreni formanti 
la riserva di caccia sia il presupposto necessario per ottenere la 
relativa concessione, tuttavia il diritto esclusivo del concessionario a 
cacciare non deriva n� dalla propriet�, n� dal possesso e meno ancora 
da un diritto reale sui selvatici della riserva, ma promana solo dalla 
concessione amministrativa, che � ispirata all'interesse pubblico di tutela 
dell'incremento della selvaggina, cui l'interesse del concessionario 
� subordinato. Da ci� discende che, qualora, per effetto di alienazione 
od esp1�opriazione, una porzione dei terreni di propriet� del concessionario 
venga trasformata in bene demaniale, come ad esempio in argini 


PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 359 

di demanio idrico, nessun maggior diritto di caccia' si viene a formare 
a favore del concessionario e nessuna nuova posizione soggettiva egli 
viene ad assumere nei confronti dei terreni divenuti demaniali, in 
quanto essi gi� erano compresi neZZa concessione a lui attribuita. Ne 
consegue che nessun nuovo canone o sovracanone � dovuto dal concessionario 
per l'esercizio deZZa caccia su tali terreni, in quanto ii 
canone cui egli � stato assoggettato con l'atto di concessione gid 
comprendeva la considerazione dell'esercizio deZZa caccia sui terreni 
medesimi (1). 

(Omissis). -Esattamente la sentenza impugnata ha negato che sia 
dovuto un nuovo canone per l'esercizio della caccia sull'area di cui � 
causa, per. le seguenti considerazioni. 

Per quanto la propriet�, o quanto meno il possesso, dei terreni 
formanti la riserva di caccia sia infatti il presupposto necessario per 
ottenere la concessione di una riserva, ai sensi del citato art. 43 del 

t.u. per l'esercizio della caccia, tuttavia il diritto esclusivo del concessionario 
a cacciare non deriva n� dalla propriet�, n� dal possesso, e 
meno ancora da un diritto reale sui selvatici della riserva, ma promana 
solo dalla concessione amministrativa, che � inspirata all'interesse pubblico 
di tutela dell'incremento della selvaggina, cui l'interesse del concessionario 
� secondario e subordinato. 
Da ci� discende che, qualora, per effetto di alienazione od espropriazione, 
una porzione dei terreni di propriet� del concessionario venga 
ad essere demaniale, per la sua trasformazione in argini od altro, nessun 
maggiore diritto di caccia si viene a formare a favore del concessionario 

(1) Precisano Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1960, n. 2687, in questa Rassegna, 
1961, 18, che: � il diritto del concessionario di una riserva di caccia, anche 
quando questa sia organizzata industrialmente, non consiste in una potest� 
immediata sulila cosa, tutelata di fronte a terzi, n� promana dal diritto di 
propriet�, neppure nel caso che il concessionario sia proprietario del terreno, 
ma deriva dalla concessione amministrativa e consiste nell'esclusiva di 
esercitare la caccia nella riserva con conseguente ius prohibendi nei confronti 
dei terzi. Il concessionario non ha un diritto di propriet� sulla selvaggina 
vagante nella riserva, giacch� gli animali vaganti, anche se immessi 
dal concessionario a scopo di ripopolamento, costituiscono 1�es nullius, delle 
quali si acquista la propriet� soltanto con l'occupazione �; per la distinzione 
fra gli animali �selvatici., che sono res nuHius, e quelli � mansuefatti �, 
che appartengono al proprietario d.el fondo, in quanto hanno l'abitudine 
di abire e redire, ovvero sono mantenuti in luogo chiuso, v. App. Roma, 
16 marzo 1960, Arch. pen., 1960, II, 599. La Corte Costituzionale, con sentenza 
6 luglio 1965, n. 59, in questa Rassegna, 1965, I, 615, sub 2, ha avvertito 
che � il nostro ordinamento non riconosce al proprietario terriero un diritto 
alla selvaggina come pertinenza o frutto del fondo, n� un diritto all'esclusivo 
esercizio della caccia sul fondo stesso: la facoltd di esercitare la caccia 
non �, quindi, insita nel diritto di propriet� fondiaria, ma � un aspetto 

.360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
-e nessuna nuova posizione soggettiva egli viene ad assumere nei confronti 
dei terreni, divenuti demaniali, in quanto tali terreni gi� erano 
.compresi nella concessione, a lui attribuita. 
Ne consegue che nessun nuovo canone o sovracanone � dovuto dal 
-concessionario per l'esercizio della caccia su tali terreni, in quanto il 
canone, cui egli � stato assoggettato con l'atto di concessione, gi� com.
360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
-e nessuna nuova posizione soggettiva egli viene ad assumere nei confronti 
dei terreni, divenuti demaniali, in quanto tali terreni gi� erano 
.compresi nella concessione, a lui attribuita. 
Ne consegue che nessun nuovo canone o sovracanone � dovuto dal 
-concessionario per l'esercizio della caccia su tali terreni, in quanto il 
canone, cui egli � stato assoggettato con l'atto di concessione, gi� comprendeva 
la considerazione dell'esercizio della caccia sui terreni medesimi. 


Questi rilievi trovano conferma appunto nella disposizione contenuta 
nell'ottavo comma dell'art. 43 del t.u. citato, cui l'Amministrazione 
ricorrente fa riferimento. Poich�, infatti, ivi � sancito che � considerato 
esercizio di caccia o di uccellagione in bandita o in riserva anche 
quello che si eserciti lungo le vie di comunicazione, le linee ferroviarie, 
i canali, gli argini ecc., anche se di pubblico uso, che attraversino ban-
0.ite o riserve, ne deriva che le facolt� derivanti dalla concessione di 
:riserva si esercitano in tali terreni in forza della concessione stessa e 

-�~ 

del diritto di libert� �. Sulle nozioni di caccia, di uccellagione, di selvaggina 
e sul contenuto del diritto di c�ccia (da non confondere con quello di � riserva>), 
v. ALEssI, voce Caccia, in Enciclopedia del diritto, vol. V, Milano, 
1959, 748 e segg, In dottrina si riconosce che nella categoria delle 
�concessioni costitutive vanno comprese anche le concessioni di riserva di 
caccia, in virt� delle quali � il proprietario di un fondo acquista il diritto 
esclusivo di caccia, che altrimenti spetterebbe a chiunque intendesse cacdare 
nel fondo stesso �: VITTA, Diritto amministrativo, vol. I, Torino, 1949, 

250. Sulle condizioni e sulla forma delle concessioni di riserva di caccia, 
nonch� sui diritti e gli obblighi del concessionario v. EULA e ARIENZO, Caccia, 
in Novissimo Digesto Italiano, vol. II, Torino, 1958, 636 e segg., in part. 
651 e segg. Quanto alla sottoposizione della concessione di riserva di caccia 
a tassa di concessione governativa, v. artt. 59 e 61 r. d. 5 giugno 1939, n. 1016; 
art. 57 Tabella All. A al d. 1. 30 maggio 1947, n. 604; art. 52, Tabella All. A 
.al d. P. R. 1 marzo 1961, n. 121. Sul concetto di tasse sulle concessioni 

I 

governative v. GIANNINI A. D., Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1951, 
486 e segg., nonch� Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 19561960, 
vol. II, Roma, 1961, 780 e segg. Nel caso di specie, non si trattava, 
per�, come ritenuto dalla sentenza in rassegna, di un �nuovo canone o 
.sovracanone � richiesto dall'Amm.ne, ma di �canone per l'inclusione di 
terreni demaniali nella riserva di caccia �, per la quale veniva gi� corri


Isposta la tassa di concessione governativa, a norma di legge. � evidente, 
pertanto, l'equivoco della sentenza, la quale non ha considerato che il canone 
di cui trattasi era richiesto, per la prima volta, per la specifica circostanza 
che la concessione di riserva veniva ad esercitarsi anche su beni 
demaniali, assoggettandoli, cos�, ad un uso speciale in favore del riservista. 

IEd � ben noto che l'imposizione di un canone � normale, appunto, � nelle 
concessioni di uso sovra beni sottratti alla privata propriet��: VITTA, op. 
cit., vol. cit., 351. A riprova dell'esattezza di quanto precede, v. i'art. 1 

d.l. 25 febbraio 1924, n. 456, richiamato dall'art. 1 d. lg, 7 gennaio 1947, 
n. 24 (e succ. disp. lg.), a norma del quale di canone, nella materia considerata, 
si parla solo come provento di beni di demanio pubblico. 

361

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 

non di una diversa attribuzione e che, a maggior ragione, qualora le 
aree adibite a tali funzioni di pubblico interesse siano state gi� comprese 
nel territorio della riserva, prima che divenissero demaniali, le 
.facolt� di riserva si esercitano in esse in forza della precedente concessione 
e non di una nuova attribuzione. 

La trasformazione di un'area assoggettata a riserva di caccia in area 
demaniale, adibita ad argine, non modifica, quindi, la posizione soggettiv 
del concessionario della riserva nei confronti di tali beni n� attribuisce 
allo Stato il diritto ad un ulteriore canone, a carico del riservista. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 marzo 1966,, n. 816 -Pres. Lonardo 
-Est. Roperti -P. M. Pedace (parz. diff.) -Ministero Lavori Pubblici 
(avv. Stato Azzariti Giorgio) c. Ramazzotti (avv. Longo). 

Contabilit� generale dello Stato -Contratti della P. A. -Procedimento 
di scelta del privato contraente -Licitazione privata -Verbale di 
aggiudicazione -Tiene luogo della stipulazione del contratto. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 16, comma quarto). 
Atti amministrativi -Contratti della P. A. -Scelta del privato contraente 
-Licitazione privata -Trattativa privata e cottimo fiduciario Verbali 
delle operazioni -Interpretazione da parte del G. O. -Apprezzamento 
di fatto -Insindacabilit� in Cassazione. 

(r. d. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 3, 6, 16, 17; r. d. 23 maggio 1924, n. 827, 
artt. 89, 92; r. d. 25 maggio 1895, n. 350, art. 67, comma terzo, 74). 
Responsabilit� civile -Contratti della P. A. -Appalti di opere pubbliche 
-Cottimo fiduciario -Svolgimento di gara e verbalizzazione 
dell'aggiudicazione -Obbligo dell'Ingegnere Capo dell'Ufficio del 
Genio civile di sottoporre a tempestiva registrazione il verbale di 
aggiudicazione mediante licitazione privata -Omessa registrazione 
nel termine -Decadenza del privato contraente da beneficio 
della registrazione a tassa fissa a norma di legge speciale -Diritto 
al risarcimento del danno -Responsabilit� della P. A. -Sussiste. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 80, n. 4, 110; d. I. 9 giugno 1945, n. 305, 
art. 64, comma secondo; c. c., art. 2043; Cost., art. 28; d. I. 1 gennaio 1956, 
n. 17, art. 12; d. P. R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 22). 
Responsabilit� civile -Danni evitabili dal creditore -Esclusione del 
risarcimento -Presupposti .. Idoneit� del comportamento ad evitare 
con certezza il danno -Omissione della ordinaria diligenza Esclusione 
dei presupposti -Fattispecie. 

(c. c., art. 1227, comma secondo). 

362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sentenza -Motivazione -Contraddittoriet� della motivazione su un 
punto decisivo della controversia -Nozione. 

(c. p. c., artt. 132, n. 4 e 360, n. 5; disp. att. c. p. c., art. 188). 
Cosa giudicata -Cosa giudicata sostanziale -Efficacia -Limite -Identit� 
degli elementi costitutivi delle azioni -Riesame della stessa 
questione in un secondo giudizio non identico al primo. Diversit� 
della soluzione -Violazione del precedente giudicato -Esclusione. 

(c. c., art. 2909). 
Nelle contrattazioni della P. A. a mezzo di licitazione privata il verbale 
di aggiudicazione equivale ad ogni effetto al contratto stipulato 
fra Amministrazione e privato (1). 

In materia di contrattazioni della P.A., lo stabilire attraverso l'interpretazione 
del verbale redatto dal pubblico funzionario delegato a presiede1
�e ad una gara, se l'atto rappresenti il risultato di un procedimento 
per licitazione privata, posto in essere dall'Amministrazione anche per 
i contratti di cottimo fiduciario, o se, invece, esso sia stato redatto per 
conoscere i risultati di una gara ufficiosa, svolta per la ricerca del contraente, 
col quale stipulare un contratto a trattativa privata, � apprezzamento 
di fatto, che spetta in via esclusiva al giudice di merito e si 
sottrae al sindacato in sede di legittimitd, quando sia logicamente motivato 
(2). 

Qualora al cottimo fiduciario si addivenga non gid a seguito 

di -~ 
gara ufficiosa, ma mediante licitazione privata, sussiste l'obbligo del solo 
Ingegnere capo dell'Ufficio del Genio Civile e non anche dell'appaltato


(1) �Nei contratti stipulati dalla P. A. nelle forme dell'asta pubblica O� 
della licitazione privata, il verbale di aggiudicazione non � un atto preparatorio, 
ma l'atto conclusivo del procedimento e, per espressa disposiIIzione 
di legge (art. 16, comma quarto, r. d. 18 novembre 1923, n. 2440),, 
equivale per ogni effetto giuridico al contratto, non occorrendo ulteriori 
formalit� intese ad attuare gli elementi essenziali del negozio � : Cass., 
30 gennaio 1964, n. 263, in questa Rassegna, 1964, I, 489, sub 1 (con nota 
di F. CARUSI) ed ivi ulteriori riferimenti di giurisprudenza; v. anche 
Relazione dell'Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, 
Roma, 1961, 94. 

(2) Sull'interpretazione dell'atto amministrativo da parte del G. O. 
e sulla sua normale incensurabilit� in Cassazione v. Cass., 19 luglio 1965,. 
n. 1608, in questa Rassegna, 1965, I, 1142, sub 8 ed ivi nota di riferimenti di 
dottrina e giurisprudenza; v. anche Relazione cit., vol. II, Roma, 1961, 100. 
e segg. (v., in particolare, avvertenze a pagg. 108 e segg., in ordine al necessario 
carattere � testuale � di tale interpretazione). Nel caso di specie, � 
da sottolineare che la sentenza in rassegna ha esplicitamente avvertito che il 
sindacato della Corte di Cassazione sull'interpretazione dei giudici di merito 
si sarebbe potuto esplicare, in ipotesi, sotto il profilo dell'omessa o insufficiente 
motivazione della sentenza denunciata, sul punto dell'attribu-� 
zione all'atto amministrativo di un dato contenuto, piuttosto che un altro

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 363 

Te, pur spettando a costui la veste di debitore d'imposta, di provvedere 
a far registrare i1 verbale di aggiudicazione e, di conseguenza, la P.A. 
risponde del danno sofferto dall'appaltatore per l'incorsa decadenza dal 
beneficio della registrazione a tassa fissa, altrimenti spettante a norma 
di legge speciale (3). 

(3) Sulla questione della natura della contrattazione di cottimo fiduciario, 
che. ad avvi�so della prevalente dottrina, giusta la vigente legislazione, 
corrisponde ad una figura particolare di trattativa privata, mentre, secondo 
la prassi amministrativa, non condivisa dal Consiglio di Stato, viene a 
tradursi in vere e proprie forme di licitazione privata, v. RoEHRSSEN, I contratti 
della Pubblica Amministrazione, Bologna, 1961, 276 e segg. ed ivi 
citazioni; In., I lavori pubblici, Bologna, 1956, 153 e segg. Sulla necessit� 
dell'approvazione dei contratti dello Stato �in qualsiasi forma conclusi� v. 
Relazione dell"Avvocatura dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. III, Roma, 
1961, 101. Sugli artt. 80, n. 4 e 110 1. trib. registro appr. con r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, v. UcKMAR, La legge del registro, vol. III, Padova, 1958, 
37 (ove si avverte che �gli obblighi dei notai e pubblici ufficiali, di cui agli 
art. 80 e seg., sono stabiliti unicamente nei riguardi dell'Amministrazione 
e tendono ad evitare eventuali evasioni�), 41 e seg. e 226 e segg.; GuGLIELMI 
e AzZARITI (GioRGio), Le imposte di registro, Torino, 1959, 60 e segg. e 176, 
ove si avverte che i notai ed i funzionari indicati nell'art. 80 1. r. �che non 
abbiano presentato per la registrazione, nei termini stabiliti dalla legge, 
i loro atti incorrono in proprio e per ogni atto in una sopratassa... non 
hanno azione di regresso per le sopratasse, se non quando il ritardo sia 
dipeso dalla mancata somministrazione dei fondi per il pagamento dell'imposta... 
inoltre possono essere tenuti a risarcire le parti del danno loro 
cagionato, sia per la decadenza da eventuali benefici, sia per eventuali 
aumenti di aliquote�. Sulla responsabilit� civile strettamente personale di 
alcuni pubblici funzionari v. VITTA, Diritto amministrativo, vol. II, Torino, 
1950, 275; ZANOBINI, Corso di dir. amministrativo, vol. I, Milano, 1958, 345. 
Sull'art. 110 1. trib. registro v., segnatamente, la Relazione dell'Avvocatura 
dello Stato per gli anni 1956-1960, vol. II, Roma, 1961, 602 e seg., ove si 
sottolinea l'applicabilit� deLla norma anche alla tassa fissa. In giurisprudenza 
� stato avvertito Che � per i contratti soggetti ad approvazione od 
omologazione, i quali siano per legge ammessi a fruire della registrazione 
con tassa fissa, la decorrenza del termine di venti giorni stabilito dall'art. 80 
della legge di registro pu� anche precedere il verificarsi della detta condicio 
juris, se in un momento a questo anteriore abbia avuto inizio l'esecuzione 
del contratto�: Cass., 9 ottobre 1957, n. 3694, Foro it., Rep., 1957, 
voce Registro, c. 2147, n. 480, onde e l'ente pubblico soggetto alla tutela e 
vigilanza dello Stato, che, commesso un appalto, proceda alla consegna dei 
lavori all'appaltatore, ai sensi dell'art. 337 della legge sui lavori pubblici, 
senza attendere la prescritta approvazione ministeriale del contratto d'appalto, 
decade dal privilegio della riduzione della tassa di registro sul contratto 
stesso, di cui all'art. 110 della legge del registro, nel caso di registrazione 
a tassa fissa, e viene assoggettato alle normali tasse e sopratasse di registro, 
qualora non denunzi all'ufficio del registro il contratto entro il termine di 
venti giorni dall'effettuata consegna dei lavori, ai sensi dell'ultima parte 
della ipotesi prevista dall'art. 81 della legge stessa, bensi entro il termine 
di venti giorni dall'approvazione del contratto da parte dell'autorit� tutoria.: 
Cass., 8 ottobre 1957, n. 3648, Foro it., Mass., 1957, 715. Ritiene di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

364 

L'esonero daZZ'obbligo del risarcimento in ordine ai danni evitabili 
dal creditore presuppone la certezza che il danno si sarebbe potuto ovviare 
con un comportamento adeguato, corrispondente all'uso di una 
ordinaria diligenza. Pertanto, il mancato, tempestivo esercizio di un. 
diritto d'impugnazione, non essendo certo l'accoglimento deZZa medesima, 
non pu� considerarsi omissione di un comportamento idoneo ad 

evitare il danno con l'uso deZZa ordinaria diligenza di cui al capoverso 
dell'art. 1227 e.e. (4). 

IZ vizio di contraddittoriet�, di motivazione della sentenza su un 
punto decisivo deZZa controversia ricorre, a norma dell'art. 360, n. 5, 
c.p.c., solo quando le ragioni esposte dal giudice per l'accoglimento o 
il <rigetto della pretesa fatta valere dalla parte siano inconciliabili fra 
loro, al punto da elidersi vicendevolmente e da rendere impossibile 
l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base deZlq; 
decisione (5). 

IZ limite dezt'ejficacia del giudicato sostanziale si individua in base 
aZZ'identitd degli elementi costitutivi delle azioni, per cui solo aZZorquando 
nei due giudizi ricorra identit�, dei soggetti, del petitum e 
della causa petendi � inibito nel secondo giudizio il riesame della questione 
gid decisa nel primo. Non si ha, quindi, violazione del giudicato, .�' 

allorch� il riesame della questione e la diversa soluzione della medesima 
avvengano in un secondo giudizio, non identico al primo per quanto 
concerne taluno dei tre menzionati elementi (6). 

(Omissis). -Col secondo mezzo si censura la sentenza impugnata 
per contradditoriet� della motivazione su un punto decisivo della controversia 
e per violazione e falsa applicazione dell'art. 2909� e.e. Il vizio 
consisterebbe -secondo la ricorrente -nel fatto che, mentre la 
Commissione centrale, con decisione passata in giudicato per non essere 
stata tempestivamente impugnata, aveva affermato che l'Amministrazione 
dei lavori pubblici aveva stipulato con il Ramazzotti contratti di 
cottimo fiduciario a seguito di gara ufficiosa, onde dovevano essere registrati 
i contratti verbali, la Corte d'Appello ha affermato che i contratti 

escludere che il cottimo fiduciario, nella configurazione ad essa propriamente 
attribuita dal Regolamento 25 maggio 1895, n. 350, debba essere assoggettato 
ad approvazione il RoEHRSSEN, I contrati ecc., cit., 280 e seg.; ID. I lavori 
pubblici cit., 158 e segg. 

(4) Sul secondo comma dell'art. 1227 c. c. v., di recente, Cass., 5 gennaio 
1966, n. 93, in questa Rassegna, 1966, I, 106, sub 2 ed ivi nota di riferimenti. 
(5) Cfr. Cass., Sez. Un., 2 aprile 1965, n. 567, in questa Rassegna, 1965, 
I, 686, sub 1 ed ivi nota di riferimenti. 
(6) Cfr. Cass., 22 gennaio 1966, n. 268, in questa Rassegna, 1966, I, 115, 
sub 3 ed ivi nota di riferimenti. 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 365


stipulati con il Ramazzotti erano appalti a licitazione privata e che 
dovevano essere registrati dal :funzionario i verbali di gara. 

Posto che il vizio di contraddittoriet� della motivazione su un punto� 
decisivo della controversia ricorre, a norma dell'art. 360, n. 5, c. p. c., 
solo quando le ragioni esposte dal giudice nella sentenza, per l'accoglimento 
o il rigetto della pretesa fatta valere in giudizio, siano inconciliabili 
fra loro, al punto da elidersi vicendevolmente e da rendere impossibile 
la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a 
base della decisione, � da escludere che la Corte di merito sia incorsa 
nel dedotto vizio, giacch� la decisioni'! adottata � il risultato di coerenti 
e logiche argomentazioni. Essa, infatti, � pervenuta all'affermazione 
della responsabilit� dell'Amministrazione dei lavori pubblici dopo avere 
accertato che vi era stato un procedimento per licitazione privata, i cui 
verbali dovevano essere registrati in termine dal funzionario che aveva 
presenziato alla gara. 

(3) Considerazioni su un caso di ritenuta responsabilit� della P. A. per 
decadenza incorsa dal privato con essa, contraente, da beneficio della re~
istrazione a tassa fissa del contratto. 
La sentenza del Tribunale, ritenuto che le opposizioni del R. alle ingiunzioni 
di pagamento delle normali imposte di registro su tre contratti 
di cottimo fiduciario, gi� erroneamente ammessi alla registrazione a tassa 
fissa a norma dell'art. 93 d. I. 10 aprile 1947, n. 261, dovevano considerarsi 
ammissibili in rito, le aveva rigettate come infondate, perch� con esse �si 
vorrebbe far valere l'inesistenza del debito d'imposta, ormai definitivamente 
accertato� in seguito a decisioni delle Commissioni Provinciale e 
Centrale delle Imposte, contro le quali ultime nessuna azione giudiziaria'. 
era stata proposta dall'interessato nei termini di legge. 

Aveva accolto, per�, la subordinata domanda di riva1sa del R. contro 
l'Amm. LL.PP., affermando che i predetti debiti erano sorti a carico del R.. 
per decadenza dal beneficio fiscale ex art. 93 d. I. 10 aprile 1947, n. 261, 
imputabile esclusivamente all'Amministrazione. Infatti, secondo il Tribunale, 
essendo lecito indagare � quali atti dovevano essere sottoposti a 
registrazione, perch� venisse conservato il diritto di beneficiare della tassa� 
fissa, previsto dall'art. 93 d. I. n. 261 dell'anno 1947, che riproduce rart. 64 d. 

1. 9 giugno 1945, n. 305 �, doveva ritenersi che essi fossero i verbaili di aggiudicazione, 
equivalenti al contratto a norma dell'art. 16 r. d.18 novembre 
dicazione, equivalenti al contratto a norma dell'art. 16 r. d. 18 novembre 
1923, n. 2440 e tali atti, non soggetti ad approvazione come che integranti 
dei contratti di cottimo fiduciario, dovevano, a norma dell'art. 80, n. 4, 
1. trib. registro appr. con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, essere sottoposti a.. 
registrazione nel termine di venti giorni dalla chiusura di ciascuna gara, 
a cura dell'ingegnere capo dell'Ufficio del Genio Civile, che aveva proceduto� 
alle aggiudicazioni. Di tale omissione doveva rispondere l'Amministrazione,. 
da cui il funzionario dipendeva. 
La C:orte di Appello conferm� � in ogni sua parte � tale pronuncia, ritenendo 
che esattamente il Tribunale aveva affermato essere i debiti fiscali 
sorti per colpa dell'Ingegnere capo del Genio Civile di Lucca, che aveva 
sottoscritto i verbali, onde, cumulasse egli o meno in s� anche la veste di. 



366 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Se, poi, la contraddittoriet� la si vuole ravvisare nel fatto di avere 
la impugnata sentenza affermato la responsabilit� della ricorrente senza 
tenere conto della decisione della Commissione centrale, � evidente che 
essa non rientra nella previsione dell'art. 360, n. 5, c.p.c. 

N� sussiste la violazione dell'art. 2909 e.e., in quanto la decisione 
della Commissione centrale nella controversia con l'Amministrazione 
finanziaria non pu� avere efficacia di giudicato nella presente causa 
con l'Amministrazione dei lavori pubblici. 

Il limite dell'efficacia del giudicato sostanziale si individua in base 
all'identit� degli elementi costitutivi delle azioni, per cui solo allor


ufficiale rogante (sulla distinzione v. art. 16 I. cont. gen. stato appr. con r. d. 
18 novembre 1923, n. 2440), aveva, comunque, l'obbligo della registrazione 
di tali atti come rappresentante dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 80, 

n. 4, I. r., �obbligo nel quale non avrebbe potuto sostituirlo, neanche se 
l'avesse voluto, il R. �. Dell'omissione doveva riSPondere la P. A. � secondo 
il principio genera�le oggi sancito dall'art. 28 della Clostituzione �. 
La Corte di Cassazione ha convalidato la sentenza della Corte di Appello, 
pervenendo agli insegnamenti di massima sopra formulati. 

Prescindendo dall'esame delle altre, pur importanti questioni coinvolte 
dal caso di .specie, qui sembra opportuno svolgere qualche breve considerazione 
sul governo fatto dai giudici dell'art. 80, n. 4, I. trib. registro, 
appr. con r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e sulle conseguenze trattene, con 
l'affermazione della responsabilit� della P. A. nei confronti del privato 
contraente per la decadenza da beneficio fiscale della registrazione a tassa 
fissa dei contratti. 

Si ricorda, cos�, anzitutto, che in una precedente e, per vero, non reeente 
pronunzia la Suprema Corte regolatrice ebbe ad affermare che � l'obbligo 
da parte del pubblico funzionario di curare la registrazione degli 
.atti interceduti fra la Pubblica Amministrazione ed il privato non esclude 
il consimile obbligo da parte del privato, al quale devono far carico le conseguenze 
dell'omissione�: l'insegnamento, per�, fu formulato in relazione 
.ad atti di sottomissione, � atti contenenti esclusivamente la dichiarazione di 
accettazione da parte della ditta, partenti da questa� e che perci� la ditta 
avrebbe potuto tempestivamente sottoporre a registrazione �prima di depositarli 
presso la pubblica amministrazione � (cosi Cass., 17 giugno 1933, 

n. 2234, Riv. leg. fisc., 1933, 589, in part. 591). Si osserva, poi, che, comunque, 
gli obblighi dei notai e pubblici ufficiali di cui agli artt. 80 e seg. I. 
trib. registro, posti al fine di evitare evasioni, sono personali e distinti da 
quelli delle parti indicate nell'art. 93 (cfr. GuGLIELMI e AzzARITI, Le imposte 
di registro. Torino, 1959, 62; v. anche UcKMAR, La legge del registro, voi. 
III, Padova, 1958, 37, 41, 42) e di ci� si trae conferma dagli artt. 93, comma 
primo, e 95 I. r. Peraltro, non v'� un obbligo de1le Amministrazioni dello 
Stato di pagare l'imposta di registro (artt. 94 I. r. ed 1 tabella All. C). Trattandosi, 
adunque, di contratti dello Stato, l'adempimento dell'obbligo � di 
richiedere la registrazione degli atti e di provvedere al pagamento della 
tassa� non pu� concepirsi n� come atto della p. A., n� come atto fatto per 
conto (cfr. GUGLIELMI e AzzARITI, op. cit., 63) della P.A., ma solo per conto 
delle parti private. Questo rilievo pu� valere a confermare che, secondo 
il non equivoco disposto dell'art. 80, n. 4, I. r., il predetto obbligo � messo 
.a carico di funzionari considerati personalmente ed in contrapposto alle 

PARTE I, SEZ. III, GIURISPRUDENZA CIVILE 367 

quando nei due giudizi ricorra identit� dei soggetti, del petitum e 
della causa petendi � inibito nel secondo giudizio il riesame della questione 
gi� decisa nel primo. Non si ha, perci�, violazione del giudicato, 
allorch� il riesame della stessa questione avvenga in un secondo giudizio 
non identico al primo per quanto concerne taluno dei tre menzionati 
elementi. In tal caso � consentito il riesame della questione e la soluzione 
pu� essere diversa da quella decisa nel primo giudizio. 

Ci� si ricava agevolmente dal tenore dell'art. 2909 e.e., secondo il 
quale l'efficacia vincolante del giudicato riflette le statuizioni riguardanti 
le parti e non si estende alle parti rimaste estranee al processo 
nel quale il giudicato stesso si � formato. 

;Stesse Amministrazioni di appartenenza (v. Cass., 23 febbraio 1943, n. 450, 
Foro it., 1943, I, 576: � quando viene delegato un funzionario per ricevere 
i contratti a termini degli art. 16 �I. cont. gen. Stato t.u. 18 novembre 1923, 

n. 2440 e 95 del Reg. 23 maggio 1924, n. 827, quel tale funzionario assume 
una posizione autonoma e non gi� di dipendenza gerarchica dalla P. A. 
-cui appartiene, per cui nell'adempimento del suo dovere di p.u. rogante 
non rimane legato a vincoli di subordinazione verso l'Amministrazione 
.stessa, mentre � soltanto tenuto alla osservanza delle leggi e dei regolamenti 
che lo riguardano come rogante�; v. anche l'art. 102 reg. cont. 
gen. Stato, che conferma l'esclusione di ogni possibilit� di inframmettenza 
della P. A.), onde il suo inadempimento resta, comunque, un fatto 
altrui, di cui la P. A. non pu� essere chiamata a rispondere in via diretta, 
.come solo le � connaturale (sembra quasi superfluo avvertire, poi, che 
una ipotetica responsabilit� �contrattuale� della P. A. presupporrebbe, 
.comunque. l'avvenuta approvazione del contratto). 
Diverso avviso indusse i giudici di merito a configurare una responsabilit� 
diretta della P. A. e la Corte di Cassazione, nella sentenza in rassegna, 
ha ritenuto corretta la decisione deHa Corte di merito, escludendo, 
peraltro, non solo la violazione del giudicato, ma anche la contradditto:
riet� della motivazione su punto decisivo della controversia. 

Si rileva, per�, che, se �vi � contraddittoriet� di motivazione, quando 

il ragionamento seguito dal giudice si concreta in apprezzamenti antitetici 

sullo stesso oggetto considerato sotto lo stesso profilo e le ragioni esposte 

-a sostegno della decisione, tra loro inconciliabili, si elidono a vicenda � 

(Cass., 11 gennaio 1964, n. 70, Giur. it., Mass., 1964, 23; v. anche massima sub 
5 della sentenza qui in rassegna), non sembra che, nella specie, fosse age. 
vole disattendere anche tale mezzo di censura, addotto dalla difesa dell'Amm. 
LL. PP. Ed invero, come si � avvertito, le opposizioni del R. erano 
state rigettate dai giudici di merito per la ritenuta incontestabilit� dei 
rapporti tributari, quali definitivamente accertati in seguito alle decisioni 
della Commissione Centrale, a cui il contribuente aveva prestato acquiescenza. 
La Commissione C1entrale, avendo rilevato che i tre contratti di 
.cottimo fiduciario erano stati redatti, in forma di scritture private, in data 
posteriore alla consegna ed all'inizio dell'esecuzione dei lavori, aveva affermato 
che non si sarebbe potuta effettuare alcuna consegna di lavori, se 
non vi fosse stata almeno una convenzione verbale di appalto, onde, � non 
.avendo la parte adempiuto all'obbligo della presentazione della denunzia 
-della convenzione verbale nei modi e nel termine, stabilito dall'art. 2, com




368 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie il giudicato formatosi sulla decisione della Commissione 
centrale delle imposte, emessa nei rapporti Ramazzotti-Amministrazione 
finanziaria, � stato pienamente rispettato dal Tribunale, il 
quale, in applicazione dell'art. 146 della legge di registro, ha respinto 
la contestazione del debito d'imposta avanzata dal Ramazzotti nei con-fronti 
di detta Amministrazione; ma nei rapporti Ramazzotti-Amministrazione 
lavori pubblici, soggetti del presente giudizio, il difetto di 
identit� degli elementi anzidetti (per la diversit� dei soggetti e del 
petitum) rende inopponibile nello stesso giudizio la decisione della. 
Commissione centrale e, quindi, legittimamente la Corte di merito ha 
proceduto all'accertamento nei loro confronti circa l'atto da sottoporrea 
registrazione ed il soggetto tenuto ad eseguire la detta formalit�. -(
Omissis). 

ma primo, dell'allegato B al r. d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924 per i contratti 
verbali di appalto di ogni e Qualsiasi specie�, essa era decaduta, a norma 
dell'art. 110 1. r., �dall'invocato beneficio della registrazione a tassa fissa delle� 
scritture private, tardivamente presentate alla registrazione. 

Ma, se � cos�, se i rapporti tributari erano stati cos� fissati, sembra difficile 
negare, a prescindere da ogni altra considerazione, la sussistenza di. 
una fondamentale contraddizione della pronuncia di merito, laddove afferma 
che i debiti di imposta del R. erano quelli cos� accertati e ne rimette, poi, 
in discussione i presupposti, ritenendo ugualmente legittimo ricercare 
quali atti dovessero assoggettarsi alla registrazione, le convenzioni verbali 

o i c. d. verbali di aggiudicazione. Se R. era stato ritenuto debitore dell'imposta 
normale di regisiro su tre convenzioni verbali, questa proposizione 
racchiudeva tutte le conseguenze da trarne, anche in rapporto alla_ 
pretesa di rivalsa del R. verso l'Amministrazione LL. PP. Non poteva, in-vero, 
discutersi nei confronti di quest'ultima di decadenza dal beneficio. 
fiscale, se non in rapporto agli atti per i quali R. era stato, appunto, dichiarato 
debitore di quell'imposta, di cui chiedeva di essere rivalso, n� �l'allegazione 
e la prova del danno, consistente nella diminuzione patrimoniale cor-relativa 
all'assolvimento di tali debiti, potevano considerarsi divisibili e farsi 
valere solo in parte, ammettendosi in pari tempo l'allegazione e la prova chela 
fonte di tali debiti fosse, invece, un'altra e, cos�, pervenendosi alla possi-bilit� 
di configurare un'omissione colpevole di soggetto diverso dal R., pergiunta 
erroneamente imputandola, poi, alla stessa P. A. N� si dica, a questo. 
punto, -che trattavasi di mera questione di forma, ininfluente �sul contenuto 
dei rapporti tributari considerati. Il contenuto di ogni rapporto tributario 
� indivisibile nella sua complessit� (sulla quale v. GIANNINI A. D.,_ 
Istituzioni di diritto tributario, Milano, 1951, 58). E sarebbe stato necessario, 
allora, a sommesso avviso di chi scrive, por mente che, trattandosi di imposta 
su convenzioni verbali, il rapporto era qualificato dall'obbligo della 
denunzia ex art. 2 All. B d. 1. 15 novembre 1937, n. 1924, gravante sullostesso 
R., per accorgersi che, riferendo, poi, l'imposta ai c. d. verbali di 
aggiudicazione e, cos�, eliminando tale obbligo, si veniva a mutare la stessa. 
identit� oggettiva dei rapporti tributari, viceversa gi� proclamati intangibili. 
F. CARUS[ 

SEZIONE QUARTA 

.CHURISPEUDENZA AMMINISTRATIVA 

CQNSI<1Ll0 :Ol STAT�, A��. plen.; 20 dicembre .. 1961$, n� 40 .� -Pres. 
� �.� . Bozzi C. -.�Est . .Bartolott~ -Ministero Lavori Pubb�ci e Pref~tto di 
.. Messbia .<ayv;, stato Giorgiq Azzariti) c, Jstituto a.tQllomo case 
~f~:{K'iM~ie~T1fuis~i~fr~r~cati), Brigandi e altri (avv. Mo~ 

Competenza e giurisdizione -Espropriazione per p. u -Giurisdizione 
ordinaria e amministrativa -Criteri -Concreta manifesiaz�One 
�aefpritere�.ptlbhlldf-A,mev()illn�nto del.. diritto prf\Tato $
u!i!slste . -�onsegueute gt.~is<lizione del � Consiglio �di Stato 


�.� /�.: �: -:�:�� �:.-:� �.: �.�.� .. �..� �� .. �.�. �. . .�. �.�-: ...� .�.�. . �.� .� ... �'.�. . . . . . .. 

. . J!lilttfspecie. 

:Esl>f~~~iaziol').e p. 1J� -'l:'eilll�w � -���Finalit� -lnossel"Vanza -. Effetti. 

Esproprfazi�iteper .P� ti~ .. P�ndenzll del giudizio civile. per illegitti'." 
' llla occupazione del fondo -Espropriazione -Legittimit�. 

<Una volta �ch� il pot�re pubblico si � concretamente manifestato, 
in tyr�senza dei pr�supposti �che determinano Z'affi~oZimento d�l diritto 
s�ggettivd, la competenza as1iudicar.e spetta al Giudice amministrativo, 
anche se siaff:ermi Che ilpot~'!'�� stcifo esercitat� oltre il termine stabilito 
dalla legge (1). 

(1) Le Sezioni Unite della Cassazione con varie pronunzie (28 febbraio 
1961, n. 419; 14 aprile 1964; n. 895; 11 maggio 1964, n. 1123; 30 luglio 
1964�. n. 2172)� hanno affermato la � propria gilur�sdizfori� nel� caso d� 
impugnativa di un decreto di esproprio emesso sul presupposto di una 
dichiarazione di p. :. u. divenuta inefficace, precisando che in tanto i'J. 
d~itt9 di pl,'opriet� si.affievoli$Ce e muta di. tutela ghwisdizionale in quanto 
il c.onferito potere . discrezionale di disporfe del . dir~tto sussista e persista 
n~l i:noi:ne.to in cui viene esexcitato. Sicch� negandosi dal privato .la sussi ... 
stenza del potere nel momento in. cui fu emesso il.decreto di espropriazione, 
se la negazione presenti sostanziale aderenza neila legge, il giudice a�nlninistrathro 
non pu� che riconoscere l'avvenuto ripristino del diritto anche 
cli fronte alla p. a. e deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizfone. 
� L'Adunanza Plenarfa del Consiglio di Stato, invece, con� decisione 
4 dicembr� 1964, n. 24 ha confermato l'esattezza della .giurisprudenza delle 
sue Sezioni giurisdizionali per la quale, poich� la esistenza e validit� della 



370 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La prefi,ssione dei termini per l'espropriazione, entro il biennio 
dalla dichiarazione di p. u., persegue un duplice interesse : un interesse 
pubblico alla sollecita esecuzione dell'opera ed un interesse privato ad 
eliminare uno stato di incertezza inerente al diritto di� propriet�; pertanto, 
nel caso di opera gi� eseguita la decorrenza del termine non 

comporta la sopravvenuta inesistenza dell'interesse pubblico (diversamente 
accade nel caso di decorrenza del termine, quando si tratta di 
opere non ancora iniziate), ed � irrilevante una nuova dichiarazione 
di p. u. (2). 

� legittimo un decreto di espropriazione che sia rivolto a regolarizzare 
ex nunc un'occupazione abusiva, anche se sia pendente un giudizio 
civile per il risarcimento del danno (3). 

dichiarazione di pubblica utilit� costituisce condizione di legittimit� dell'eserczio 
del potere di espropriazione e non limite del potere stesso, la 
controversia relativa alla legittimit� del decreto di espropdazione emesso 
oltre i termini di efficacia della dichiarazione di p, u. spetta alla giurisdizione 
del giudice amministrativo. Ci� perch�, una volta che il potere di 
espropriazione si � in concreto manifestato in presenza dei presupposti che 
determinano l'affievolimento del diritto soggettivo, la competenza resta 
radicata nel giudice amministrativo, anche se il potere sia stato esercitato 
oltre i termini stabiliti dalla legge. 

(2) Con il secondo motivo di ricorso, proposto dal Ministero avverso la 
decisione n. 497 del 31 ottobre 1964 del Consiglio di Giustizia Amministrativa 
per la Regione Siciliana, � stato sottoposto alla Adunanza plenaria la 
seguente questione: � se, in caso di dichiarazione legislativa di pubblica 
utilit�, quando l'opera pubblica sia stata eseguita entro il termine all'uopo 
fissato a norma dell'art. 13 della legge del 1865, sia legittimo il decreto di 
esproprio emesso oltre il termine fissato per il compimento dell'espropriazione>. 
Sulla questione non risultavano precisi precedenti giurisprudenziali 

del Consiglio di Stato. La decisione impugnata richiamava un precedente 
(Sez. 4a, 20 dicembre 1961, n. 745) che, per�, non sorreggeva in alcun mooo 
la decisione stessa e pu�, anzi, dirsi con essa in contrasto. Si trattava in 
quella fattispecie sia pure di un'opera dichiarata di pubblica utilit� dalla 
legge, ma non ancora eseguita. La 4a Sezione, ritenuto che l'inutile decorso 
del termine comporta una presunzione juris et de iure della insussistenza 
attuale della pubblica utilit� dell'opera, che era riconosciuta solo fino a 

quella data e non oltre, afferm� che dovesse rinnovarsi da capo l'intero ~ 

procedimento amministrativo e quindi richieders� una nuova pronuncia 
di tutti gli organi previsti dalla legge per poter giungere ad una nuova 

I

dichiarazione di pubblica utilit�. Ci� fu ritenuto perch� la nuova situazione 
dei luoghi, profondamente mutata dalla data della originaria approvazione 1:: 
:: 
del progetto poteva far dubitare che sussistessero ancora le ragioni che a :� 
suo tempo avevano consigliato la scelta di quell'area perch� doveva rite-' 

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PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 371 

nersi nel frattempo caducato il provvedimento ministeriale di concessione 
del contributo statale. 

� allora evidente che la diversa situazione di fatto tra quella fattispecie 
e questa ora decisa giustificava pienamente una diversa soluzione. 
Trattandosi, si ripete ancora, di opera regolarmente eseguita nei termini, 
pi� alcun dubbio pu� sorgere n� sulla scelta dei luoghi n� sulla opportunit� 
di eseguirla secondo determinati criteri tecnici; e l'avvenuta esecuzione 
dell'opera nei termini stabiliti conferma che l'approvazione del progetto 
era. avvenuta non gi� a futura memoria ma per rispondere ad una attuale 
pubblica esigenza (si veda, sul punto, A.P. 7 giugno 1961, n. 17). 

D'altra parte, trattandosi di opera dichiarata di pubblica utilit� dalla 
legge, finch� questa legge resti in vigore nessuna presunzione � legittima 
sulla insussistenza della pubblica utilit�, sicch� sia necessario un nuovo 
accertamento, da parte della p. a., del pubblico interesse, se non alla realizzazione, 
quanto meno alla utilizzazione e conservazione dell'opera realizzata. 


Difatti quando, come � nella specie (art. 5 legge 9 agosto 1954, n. 640), 
la legge attribuisce efficacia di dichiarazione di pubblica utilit� all'approvazione 
di un progetto, l'amministrazione non � pi� tenuta a valutare, n� 
potrebbe farlo, per ogni singola opera la sussistenza del pubblico interesse, 
ma � soltanto tenuta ad accertare, in base ad esclusivi criteri tecnici che 
presiedono alla emanazione di simili atti, la funzionalit� e la rispondenza 
del progetto presentato: ci� � tanto vero che � assurdo ipotizzare un atto 
che approvi il progetto di un'opera prevista dalla legge e che allo stesso 
tempo neghi la pubblica utilit� deH'opera stessa; 

Allo stesso modo � assurdo richiedere, nella ipotesi prospettata, l'emanazione 
di un atto che approvi nuovamente un progetto gi� eseguito, 
ovvero che si limiti a dichiarare la pubblica utilit� di un'opera gi� dichiarata 
tale dalla legge. 

In effetti la stessa decisione impugnata faceva leva non tanto sulla 
necessit� di una nuova verifica della publica utilit� dell'opera, quanto 
sull'intervenuta scadenza dei termini di cui all'art. 13 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359 e sulle conseguenze che da tale scadenza derivavano a 
vantaggio dei proprietari. Ma neppure tale argomentazione appariva esatta 
se si fosse considerata la ratio dell'art. 13, quale � stata chiarita dalla 
giurisprudenza del Consiglio di Stato. 

� ben noto il rigoroso principio giurisprudenziale per il quale in ogni 
caso -e cio� anche quando si tratti di opera dichiarata di pubblica utilit� 
dalla legge -� necessario che siano fissati tutti i quattro termini previsti 
dall'art. 13 e precisamente: 

a) il termine per l'inizio dei lavori; 

b) il termine per il compimento di questi; 

e) il termine per l'inizio del procedimento espropriativo; 

d) il termine per il compimento di questo. 

Il principio stesso, per�, non � stato mai affermato in via astratta ed 

assoluta, sempre, invece, nella considerazione dei concreti scopo e ragione, 

si � affermata non necessaria la prefissione dei termini relativi. 

Cos� si � affermato che il termine per l'inizio dei lavori non � necessario 

quando, alla data del provvedimento che dovrebbe stabilirli, i lavori siano 

gi� iniziati (A.P. 11 novembre 1963, n. 8); 

che il termine per il compimento dei lavori � necessario quando questi 

siano gi� portati a termine (Cons. Giust. Amm. 21 ottobre 1960, n. 291; 

Sez. 4a 20 ottobre 1964, n. 1013); 



372 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� che il termine per l'inizio delle espropriazioni non � necessario quando 
il procedimento espropriativo sia gi� in atto (Sez. 4", 20 ottobre 1964, 

n. 1043). "* 
.

Perci� del tutto conformi alle decisioni ora citate sono le decisioni 
della 4� Sezione (10 maggio 1957, n. 515 e, segnatamente, 14 luglio 1959, 

I

n. 768) le quali hanno ritenuto che i provvedimenti di espropriazione d~ 
opere di protezione antiaerea, regolati dal d. 1. 11 marzo 1948, n. 409, non 
I

devono essere preceduti n� da dichiarazione di pubblica utilit�, n� da fissa


zione di alcuno dei termini previsti dall'art. 13. Ci� perch� si tratta di opere 
dichiarate di pubblica utilit� dalla legge e di opere gi� costruite. 

La 4� Sezione ha infatti osservato : 

� � ovvio che trattandosi di opere dichiarate di publica utilit� ope 
legis e gi� interamente costruite, tutte le prime fasi della procedura di 
espropriazione, di cui ai capi I, II e III della legge 25 giugno 1865, n. 2359, 
rimangono assorbite; e quindi esattamente il d. 1. 11 marzo 1948, n. 409, 
prescrive all'art. 2 soltanto le modalit� per la determinazione, l'offerta, il 
pagamento od il deposito dell'indennit� di espropriazione... 

� La giurisprudenza ormai consolidata dalla Sezione e confermata dell'Adunanza 
Plenaria ha riconosciuto che, anche quando la dichiarazione 
di pubblica utilit� sia fatta ex lege, rimane fermo per l'Amministrazione 
l'obbligo di stabilire i termini per l'inizio ed il compimento degli espropri 
I 

e dei lavori poich� l'a.rt. 13 della legge 25 giugno 1865 � norma di generale 
applicazione, a garanzia sia dell'interesse pubblico che di quello privato. 


I 

Iffi

� Ma nel particolare procedimento previsto dal d. 1. 17 marzo 1948, 
n. 409 � in cui sono contemplati due soli atti: l'offerta dell'indennit� e il 
decreto d� espropriazione, il Collegio ritiene, in rapporto alla ratio della 
legge speciale, che il .principio soffra veramente un'eccezione. Trattandosi 
di opere gi� da gran tempo costruite sarebbe anzitutto illogico stabilire termini 
relativamente ai lavori. D'altra parte, non sembra neppure necessario 
nella specie il termine per l'espropriazione, dato che per l'art. 5 del d. 1. 
I

n. 409/1948 le opere sono dichiarate ex post di pubblica utilit� e sono ~i 
senz'altro dichiarate di pertinenza del demanio dello Stato. Il decreto prefettizio 
ha soltanto l'effetto, come dice il titolo della legge, di sistemare 
I

una situazione di fatto di immobili gi� individuati e gi� usati per scopi di 
pubbllca utilit� �. 
Le considerazioni sopra riportate si attagliano tutte perfettamente alla 
fattispecie ora decisa onde in base ad esse deve dirsi che quando si tratti di 


I

opere gi� costruite e dichiarate di pubblica utilit� dalla legge il provvedimento 
di espropriazione non deve essere preceduto da alcun altro atto preliminare 
che dichiari la pubblica utilit� ovvero stabilisca i termini di cui 
all'art. 13 della legge. 


(3) Giurisprudenza costante. 
I 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 10 dicembre 1965, n. 743 -Pres. De 
Marco -Est. Tozzi -Arrigo (avv. Silvestri) c. Ministero Grazia e 
Giustizia (avv. Stato Carafa). 


Elezioni amministrative e politiche -Manifestazione del voto -Princip; 
-Volont� espressa in modo equivoco -Invalidit� -Fattispecie. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

373 

Notaio -Consiglio Nazionale Notarile -Elezioni -Elettorato attivo Autorizzati 
all'esercizio temporaneo della funzione di notaio -Legittimazione 
al voto -Sussiste. 

n voto, comunque espresso, pu� essere attribuito soltanto se, attraverso 
la forma di espresstone usata, la volont� possa essere desunta 
in maniera sicura, in modo tale, cio�, che non sia assolutamente possibile 
dare alla volont� una interpretazione diversa. Pertanto, nel caso 
di due candidati con uno stesso cognome, i voti espressi con l'indicazione 
del solo cognome, senza il nome, sono sicuramente equivoci, 
perch� l'indicazione usata non permette di stabilire se il voto sia stato 
voluto attribuire all'uno o all'altro candidato che avevano lo stesso 
cognome (1). 

Ai sensi degli artt. 93 r. d. 10 settembre 1914, n. 1226 e 8 l. 3 agosto 
1949, n. 577, gli autorizzati all'esercizio temporaneo delle funzioni 
di Notaio, i quali fanno parte di collegi notarili, hanno diritto al voto 
per l'elezione del Consiglio nazionale del Notariato (2). 

(1) La prima massima si ricollega a un principio pacifico: cfr. Massimario 
completo della giurisprudenza del Consiglio di Stato, 1932-1961, 
I, 1676. 
(2) Non risultano precedenti. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1<> dicembre 1965, n. 744 -Pres. De 
Marco -Est. Granito -Societ� Meridionale Acquedotti (avv. Ardizzone) 
c. Comitato Provinciale Prezzi di Caserta (avv. Stato Peronaci), 
Comune di Aversa (avv. Romano e Sorrentino). 

Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale avanti al 
Consiglio di Stato -Costituzione in giudizio del resistente -Notifica 
del controricorso -Non necessaria -Deposito in segreteria della 
procura ad litem -Sufficienza. 

Giustizia amministrativa -Procedimento giurisdizionale avanti al 
Consiglio di Stato -Costituzione in giudizio del resistente -Termine 
perentorio di 30 gg. -Inapplicabilit� -Notificazione del ricorso 
incidentale -Termine perentorio di 30 gg. -Applicabilit�. 

Prezzi -Disciplina dei prezzi -Provvedimento c. p. p. -Criteri ed 
istruttoria -Legittimit�. 



374 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Prezzi -Disciplina dei prezzi � Provvedimento c. p. p. -Ma~~iorazione 

del canone dei consumi normali -Mancata variazione del prezzo 

delle eccedenze di acqua. -Le~ittimit�. 

Nel procedimento giurisdizione dinanzi al Consiglio di Stato, ai 
sensi dell'art. 37 t.u. n. 1054 del 1924, per la costituzione del resistente 
non � richiesta la presentazione e tanto meno la notifica di un controricorso; 
� suffidente invece il deposito in segreteria della procura ad 
!item, risultante da un apposito atto o apposta in calce alla copia del 
ricorso notificato alla parte (1). 

Il termine previsto dall'art. 37, comma 1, t.u. cit. (30 gg. successivi 
a quello assegnato per il deposito del ricorso) deve osservarsi a pena 
di decadenza solo per la notifica del ricorso incidentale, e non per la 
costituzione in giudizio del resistente, che pu� aver luogo anche dopo 
la scadenza del termine sopra indicato (2). 

Il provvedimento del Comitato Provinciale dei prezzi � legittimo 
qualora, nel fissare il prezzo di vendita dell'acqua, sia stato adottato a 
seguito di accurata istruttoria e dia esatto conto dei criteri seguiti e 
dei dati di fatto posti a base del calcolo delle nuove tariffe dell'acqua (3). 

Il provvedimento del Comitato Provinciale dei prezzi � legittimo 
qualora esso, nel variare le tariffe in precedenza deliberate, disponga 
una maggiorazione dei canoni solo per i consumi normali dell'acqua, 
lasciando inalterato il prezzo delle eccedenze, ai sensi dell'art. 13 r.d.l. 
4 settembre 1925, n. 1793 (4). 

(1-2) Le prime due massime si uniformano alla giurisprudenza costante; 

cfr. sulla prima Cass. 15 marzo 1965, n. 428, sulla seconda Ad. plen., 25 no


vembre 1957, n. 12, Il Consiglio di Stato, 1957, I, 1345. 

(3-4) Per la terza e quarta massima cfr., da un punto di vista generale 

sui criteri per la determinazione dei prezzi, Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 600, 

in questa Rassegna, 1964, I, 116 con nota. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� dicembre 1965, n. 747 -Pres. De 

Marco -Est. Fragomeni -Capponi (avv. Zanca, Guarino) c. Ministero 
P. I. (avv. Stato Del Greco). 

Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e 
artistico -Contenuto e scopo del provvedimento -Necessit� Competenza 
del Ministro. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 375


Demanio e patrimonio -Demanio storico e artistico -Vincolo storico e 
artistico -Motivazione -Necessit� -Fattispecie. 

Il provvedimento di imposizione di prescrizione ai sensi deil'art. 21 
della legge 1� giugno 1939, n. 1809, deve determinare sia il contenuto 
del vincolo, dovendosi escludere che il Ministro possa demandarne la 
completa specificazione al Sovrintendente ai Monumenti, sia lo scopo 
per il quale la prescrizione viene imposta, non essendo all'uopo sufficiente 
il richiamo a una norma di legge o la ripetizione di formule 
da essa usate (1). 

L'obbligo di motivm�e i provvedimenti di imposizione di prescrizione 
ai sensi dell'art. 21 della l. 1� giugno 1939, n. 1089, � tanto pi� 
intensa quanto maggiore � la gravit� delle prescrizioni imposte, essendo 
necessario far risultare che l'Amministrazione si sia uniformata al principio 
generale di provocare il minor sacrificio del privato. Pertanto � 
illegittimo il provvedimento che prescrive il mantenimento a verde 
di un'area privata adiacente ad un edificio manumentale, ove esso sia 
motivato genericamente col grave danno che l'edificio riceverebbe da 
eventuali costruzioni nella zona e con la necessit� quindi di imporre 
la predetta prescrizione (2). 

(1-2) Sulla prima massima cfr. negli stessi sensi, Sez. VI, 31 ottobre 
1963, n. 798, in questa Rassegna, 1964, I, 1301, con nota; Sez. IV, 9 giugno 
1965, n. 475, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 1081, con nota. Il potere di imporre 
prescrizioni ex art. 21 1. n. 1089 del 1939 rientra nella competenza esclusiva 
del Ministro, il quale �, da solo, legittimato a determinarne la motivazione 
e il contenuto, senza la possibilit� di farne delega al Sovrintendente. 


.Sulla seconda massima cfr. Sez. VI, 30 ottobre 963, n. 797, in questa 
Rassegna, 1964, I, 638, con nota; Sez. V, 4 dicembre 1963, n. 951, ivi, I. 
353, con nota. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 15 dicembre 1965, n. 923 -Pres. Polistina 
-Est. Figliolia -Vicidomini (avv. Santacroce) c. Provveditorato 
00. PP. (avv. Stato Bronzin~). 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Edifici scolastici -Progetto 
-Approvazione -Competenza del Provveditore alle 00. PP. 

Espropriazione per p. u. -Occupazione d'urgenza relativa ad area per 
costruzione di opera dichiarata di pubblica utilit� -Natura -E' 
atto conseguenziale rispetto alla dichiarzione di p. u. -Effetti ai 
fini della impugnativa giurisdizionale -Potere del Prefetto -Limiti. 




376 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Espropriazione per p. u. -Espropriazione -Scelta dell'area -Discrezio


nalit� -Sindacato di legittimit� -Esclusione. 

L'approvazione del progetto di costruzione di un edificio scolastico 
rientra nella competenza del Provveditore Regionale alle opere pub


bliche, e non in quella del Ministro dei Lavori Pubblici, ai semi del 

d. P.R. 30 giugno 1965, n. 1534 (1). 
Il decreto di occupazione d'urgenza di un'area prescelta per la 
costruzione di un'opera, gi� dichiarata di pubblica utiilit�, si pone in 
rapporto conseguenziale rispetto alla dichiarazione di urgenza dell'opera 
stessa, e pertanto il Prefetto ha solo il potere di accertare l'esistenza 
di detta dichiarazione (2). 

La valutazione della rispondenza dell'area prescelta ai requisiti 

richiesti per la costruzione di un edificio scolastico attiene al potere 
discrezionale della P. A. e, come tale, non � sottoposto al sindacato di 
legittimit� (3). 

(1) Applicazione esatta dei principi sul decentramento previsti dal decreto 
cit. n. 1534. 
I

(2) Giurisprudenza costante sia �per quanto concerne i presupposti delI 
~ 

l'urgenza (cfr. Sez. IV, 20 ottobre 1959, n. 916, Il Consiglio di Stato, I, 
1298), sia per quanto concerne !la scelta dell'area idonea per la costruzione 
di un'opera di pubblica utilit� (cfr. Sez. IV, 20 ottobre 1959, n. 927, ivi, I, 
1302; Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 411, ivi, I, 846; Sez. IV 17 dicembre 1965, 

n. 952, ivi, 1965, I, 2104). 
I.
(3) Massima esatta: si consulti Sez. IV, 20 ottobre 1964, n. 1054, ivi, 
964, I, 1710; Sez. IV, 23 giugno 1965, n. 509, ivi, 1965, I, 1128. m
I 

I 
I
ili 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 949 -Pres. Polistina 
-Est. Granito -Bompan ed altri (avv. Prosperetti W. e 
Pallottino) c. Prefetto di Latina (avv. Stato Vitucci). 

Espropriazione per p. u. -Occupazione di urgenza -Elettrodotto -Aurizzazione 
provvisoria -Contenuto -Determinazione del percorso 

I

dell'elettrodotto -Riferimento a terreni non compresi nel tracciato ~ 
-Illegittimit�. 

I 

L'autorizzazione provvisoria, ai sensi dell'art. 113 t.u. 13 dicembre 
1933, n. 1775 -nella parte in cui autorizza l'occupazione d'urgenza 

I

di fondi pe1� l'esecuzione di lavori previsti nella dichiarazione di 

r 

iI! 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 377 

urgenza e indifferibilit� -deve individuare ii tracciato cos� come 
Tisulta dal progetto e dalle planimetrie esibite, fissando il percorso dell'eletrodotto. 
Pertanto � illegittimo il decreto qualora si riferisse ad 
immobili non compresi in tale tracciato e quindi non occorrenti per 
l'esecuzione dei lavori dichiarati urgenti e indifferibili (1). 

(1) Massima che lascia perplessi ove si consideri che l'autorizzazione 
prevista dall'art. 113 t. u. n. 175 ha carattere provvisorio, e quindi non pu� 
fissare, in modo definitivo, il tracciato che l'elettrodotto deve percorrere, ben 
potendosi verificare nel corso della esecuzione dei lavori sostanziali variazioni. 
Di conseguenza, in relazione al provvedimento prefettizio ex art. 113 
non possono farsi le indagini e le censure che sono 'Proprie dei provvedimenti 
definitivi. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 954 -Pres. De 
Marco -Est. Granito-Casassa ed altri (avv. Evangelista, Sano, Menghini) 
c. Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Vitucci), Presidente 
della Repubblica e Ministero Trasporti (n.c.) e Comune di 
Torino (avv. Panotti e Bodda). 

Atti amministrativi -Perfezione -Quando sussiste -Pubblicazione -
Formlit� estrinseca -Vizi della pubblicazione -Rilevanza sulla 
validit� dell'atto -Esclusione. 

Piano regolatore -Approvazione -Pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale 
-Annuncio per sunto o per estratto nella Gazzetta Ufficiale Sufficienza. 


Piano regolatore -Procedimento -Deposito degli atti nella casa comunale 
-Adempimenti. 

Piano regolatore -Interesse a ricorrere -Proprietario di zone non contemplate 
nelle modifiche del piano -Carenza di interesse. 

Piano regolatore -Approvazione -Piani regolatori intercomunali Autonomia 
-Piano regolatore generale di un Comune contermine 
e sua approvazione precedente a quella del piano intercomunale Legittimit�. 


Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Finalit� Compatibilit� 
-Conseguenze. 



378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Piano regolatore Vincoli 
-Verde agricolo Possibilit� 
di indennizzo -
Esclusione. 
Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Discrezio'~ 
, 
'
378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Piano regolatore Vincoli 
-Verde agricolo Possibilit� 
di indennizzo -
Esclusione. 
Piano regolatore -Vincoli -Verde agricolo e verde pubblico -Discrezio'~ 
, 
'
nalit� nella scelta dell'uno e dell'altro -Insindacabilit�. 'h

��:� 

Piano regolatore -Pubblicazione del progetto -Osservazione dei privati 
-Natura -Reiezione -Obbligo di motivazione -Non sussiste. 

L'atto amministrativo deve ritenersi perfetto con la sua emanazione; 
la pubblicazione invece � solo una formalit� estrinseca; pertantoil 
vizio della pubblicazione non incide sulla validit� intrinseca dell'atto 
e non ne determina l'annullamento (1). 

La pubblicazione dei decreti di approvazione dei piani regolatori 
generali nella Gazzetta Ufficiale, prevista dall'art. 10, l. 17 agosto 1942, 

n. 1150, pu� ritenersi regolarmente adempiuta anche quando ne sia 
dato solo l'annuncio per sunto o per estratto (2). 
Il deposito del piano regolatore generale presso la Casa comunale 
pu� ritenersi adempiuto ove risultino depositati tutti gli atti relativi al 
piano (3). 

Non � legittimato a dolersi della mancata pubblicazione delle modifiche 
apportate ad un progetto comunale di piano regolatore generale 
il proprietario di terreni che non si trovino contemplati nelle modifiche 
stesse, alle quali, pertanto, i terreni stessi sono rimasti estranei (4). 

I piani regolatori intercomunali non devono precedere, nel tempo, 
i piani regolatori generali dei singoli Comuni, giacch� il coordinamento, 
tra i vari piani regolatori generali di pi� Comuni contermini, pu� 
essere attuato anche quando un Comune disponga gi� di un proprio 
piano regolatore; � pertanto legittima l'approvaziO'ne di un piano regolatore 
di un Comune, anche se non sia stato ancora approvato il piano� 
intercomunale che lo interessa (5). 

Le previsioni di zone a � verde pubblico � e a �verde agricolo �~ 
in un piano regolatore generale sono compatibili tra di loro e perseguono 
finalit� che in parte sono comuni e in parte sono diverse, in 
quanto entrambe sono rivolte ad assicurare una zona di verde, ma i'f 
verde pubblico persegue altres� la finalit� di creare giardini e parchi 
pubblici. Deve pertanto ritenersi infondato il vizio di eccesso di potere, 

(1) Massima esatta. Giurisprudenza costante: con riferimento ai v1z1 
della pubblicazione, cfr. Sez. VI, 22 ottobre 1960, n. 841, Il Consiglio di 
Stato, 1960, I, 1889. V. anche Ad. Gen., 13 gennaio 1955, n. 7, ivi, 1956, 
II, 504. 
(2-5) Giurisprudenza costante ed esatta: nello stesso senso cfr. Sez~ 
IV, 26 maggio 1965, n. 454, ivi, 1965, I, 884, con nota. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 379 

laddove la destinazione di una zona a verde agricolo sia stata prevista 
per conseguire finalit� proprie del verde pubblico (6). 

Il vincolo di una zona a verde agricolo, in un piano regolatore, pur 
essendo dotato di immediata efficacia operativa, non ha la natura n� 
di un esproprio, n� di una servit�; pertanto nessun indennizzo spetta 
al proprietario dell'area vincolata (7). 

La scelta tra la destinazione a verde pubblico e tra la destinazione 
a verde agricolo in un piano regolatore generale, rientra nella discrezionalit� 
della P.A. e come tale non sindacabile in sede di legittimit� (8). 

Allorch� viene pubblicato un progetto di piano regolatore gene
�rale, le osservazioni che i privati possono svolgere, non costituiscono 
dei ricorsi, ma una forma di collaborazione per la formazione del piano; 
pertanto il provvedimento che ne disponga la reiezione non deve contenere 
una specifica motivazione (9). 

(6-9) Cfr. Sez. IV, 10 novembre 965, n. 679, retro, I, ... , con note di 
richiamo; ed ari.che Sez. IV, 26 maggio 1965, n. 454, sopra citata; Sez. IV, 
25 maggio 1964, n. 157, Il Consiglio di Stato 1964, I, 451. In senso contrario 
sul concetto di espropriazione, e quindi sulla possibilit� dell'indennizzo, 
cfr. Corte Cost. 20 gennaio 1966, n. 6, retro, I, 15. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 956 -Pres. Polistina 
-Est. Napolitano -INCIS (avv. Nigro) c. Provveditorato 
Regionale 00.PP. per il Lazio e Commissione Regionale per il 
Lazio (avv. Stato Terranova). 

Edilizia popolare ed economica -INCIS -Riscatto di locali non destinati 
ad abitazione -Determinazione del valore venale -Ricorso 
alla Commissione Regionale -Ammissibilit�. 

Edilizia popolare ed economica -INCIS -Cessione alloggi in propriet� Determinazione 
del valore venale -Ricorso alla Commissione Regionale 
-Contraddittorio -Ammissibilit�. 

I provvedimenti di cessione dei locali dell'INCIS non destinati 
ad uso di abitazione, previsti dall'art. 19 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, 
possono essere impugnati, per quanto concerne la determinazione del 
valore venale adottata dalla Commissione Provinciale, con ricorso alla 
Commissione Regionale, in applicazione delle norme racchiuse negli 
artt. 6 e 7 dee. cit. n. 2 per la cessione degli alloggi in propriet� (1). 

(1) Massima esatta: non vi � dubbio che il ricorso previsto dall'art. 7 
d.P.R. 17 gennaio 1959 n. 2 contro la determinazione del prezzo non contiene 
alcuna limitazione ai provvedimenti adottati per la cessione di a:lloggi, e 
perci� si riferisce anche ai provvedimenti per la cessione dei locali; cfr. anche 
Sez. IV, 22 gennaio 1964, n. 13, Il Consiglio di Stato, 1964, I, 26. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

380 

Il ricorso previsto daU'art. 6 d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, per la 
cessione in propriet� di alloggi, � un ricorso gerarchico improprio; e, 
come tale, va regolato dalle norme di cui all'art. 5 t.u. 3 marzo 1934, 

n. 383 e in particolare dal principio del contraddittorio (2). 
(2) Principio esatto: cfr. S'ez. IV, 15 dicembre 1965, n. 887, ivi, 2088, 
che, tra l'altro, definisce come ordinatorio il termine, previsto dall'art. 7, 
cit., entro il quale la Commissione deve adottare la sua decisione. 
Sulla competenza del giudice amministrativo, e non del giudice ordinario, 
a conoscere le controversie sul prezzo di cessione degli alloggi, Sez. 
Un. 25 maggio 1965, n. 1026, Riv. giur. ed., 1966, I, 99. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 959 -Pres. Polistina 
-Est. Napolitano -Crispo ed altri (avv. Grillo-Zappia) c. 
Provveditorato Regionale 00.PP. della Calabria (avv. Stato Terranova) 
e Istituto � Maria Mater Graziae � di Reggio Calabria 
(avv. Greco). 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Legittimazione 
attiva -Esperimento del ricorso nell'interesse dei figli minori Autorizzazione 
Giudice tutelare -Quando � necessaria. 

Espropriazione per p. u. -Edifici scolastici -Scuole Materne -Istituzioni 
-Nozione -Fattispecie. 

La proposizione del ricorso giurisdizionale da parte del genito1�e 
esercente la patria potest� nell'interesse dei figli minori non deve essere 
autorizzata dal Giudice tutelare qualora non ricorra alcuna delle ipotesi 
previste dall'art. 320, secondo comma e.e. (1). 

La norma dell'art. 15 l. 25 luglio 1962, n. 1073, nell'includere le 

� Istituzioni � tra i soggetti cui possono essere concessi contributi per la 
costruzione di edifici per la Scuola materna, si riferisce a quelle entit� 
che nell'ordinamento giuridico attuano la istituzionalizzazione dello scopo 
ben preciso e determinato mediante la destinazione di un patrimonio 
al suo soddisfacimento; pertanto non rientra nella categoria dei soggetti 
ora enunciata l'Istituto scolastico che non ha fornito alcun elemento 
di prova circa la sua natura istituzionale, che non abbia indicato nell'atto 
costitutivo o di quello di riconoscimento la qualificazione come 
soggetto di diritto (2). 
(1-2) La prima massima � un'applicazione della norma racchiusa nell'art. 
320, secondo comma c. c.; la seconda � un'appUcazione di specie dell'art. 
15 I. cit. n. 1073, che prevede la concessione di contributi per la 
costruzione di edifici per la Scuola materna solo a quei soggetti che 
costituiscono secondo l'ordinamento giuridico una individualit� precisa e 
determinata, con autonomia patrimoniale. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 381 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembe 1965, n. 962 -Pes. De 
Marco -Est. Granito -Pycha (avv. Riz e Prosperi) c. Regione 
Trentino-Alto Adige (avv. Stato Carafa) e Societ� �Funivia OrtiseiSeceda 
� (avv. De Pilati e Lorenzoni). 

Espropriazione per p. u. -Interesse ad agire -Impugnativa da parte di 

proprietario di terreni rimasti estranei alla procedura espropria


tiva -Inammissibilit�. 

Giustizia Amministrativa -Ricorso giurisdizionale -Motivi -Genericit� 
-Inammissibilit�. 

Concessioni amministrative -Istanze concorrenti ed incompatibili Criterio 
di scelta -Fattispecie. 

Concessioni amministrative -Procedimento -Funivia e Funicolari 


Parere -C.F.A.T. (Commissione Funicolari Aeree e Terrestri) 


Legittimit�. 

� inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso proposto contro 
la dichiarazione di p.u. di un'opera e contro il conseguente decreto di 
occupazione temporanea, da parte di un proprietario di terreni che sono 
rimasti estranei alla procedura espropriativa (1). 

Sono inammissibili i motivi di ricorso dedotti in forma generica, 
dai quali non � dato desumere n� la norma che si assume lesa, n� il 
modo col quale la lesione si � verificata (2). 

La scelta tra pi� istanze di concessione, concorrenti e incompatibili, 
non � determinata dalla priorit� della data di presentazione, dovendo, 
di regola, essere prescelta l'istanza che, a giudizio dell'Amministrazione 
e secondo criteri soggettivi e oggettivi di preferenza, eventualmente 
prescritti dalla legge, meglio risponda alle esigenze di pubbUco interesse 
che occorre soddisfare. Pertanto, in sede di concessione di impianto a 
fune per il collegamento di zone situate nella regione Trentino-Alto 
Adige, il Presidente della Giunta Regionale, legittimamente, accoglie 
l'istanza di concessione di impianto seggioviario, previa comparazione 
con la domanda, incompatibile e concorrente, anche se anteriore nei 
tempo, di concessione di impianto scioviario, senza alcun riferimento 
specifico alla diversa natura dell'impianto (3). 

(1-4) La prima massima � un'ovvia applicazione dei principi in tema 
di interesse ad agire: per una specie identica cfr. Sez. IV, 23 ottobre 1963, 

n. 627, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 1322. 
La seconda massima conferma una giurisprudenza costante: cfr. 
Sez. IV, 27 ottobre 1965, n. 626, ivi, 1965, I. 638; per altra giurisprudenza 
cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 44. 

Esatte sono la terza e la quarta massima. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In sede di procedimento per concessione di impianto, legittimamente 
l'Amministrazione regionale pu� interpretare organi consultivi delZ'Amministrazione 
statale, anche nei casi in cui il parere dei medesimi 
non sia prescritto dalla legge (nella specie era stato sollecitato, per la 
concessione di impianto a fune nella regione Trentino-Alto Adige, il 
parere della Commissione Funicolari Aeree e Terrestri, istituita presso 
il Ministero dei Trasporti) (4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 965 -Pres. De 
Marco -Est. Cuonzo -Buonanno ed altri (avv. Sorrentino) c. Ministero 
Interno (avv. Stato Mataloni). 

Leggi e decreti -Leggi transitorie -Efficacia -Limiti. 

Leggi e decreti -Leggi transitorie -Efficacia -Natura -Interpretazione 
analogica -Inammissibilit�. 

Impiego pubblico -Nomina alla qualifica di vice-direttore delle carriere 
speciali ai sensi dell'art. 31, 1. 7 luglio 1959, n. 469 -Nomina effettuata 
in sede di prima applicazione della legge -Limiti. 

La natura transitoria di una norma non comporta la consumazione 

della sua efficacia al singolo atto applicativo emesso dalla P.A., essendo 

.quella norma, com'� proprio di ogni norma giuridica, capace di reite


rate applicazioni nei limiti temporali (di regola obiettivi) di efficacia, 

~splicitamente posti dal legislatore (1). 

Un limite temporale all'efficacia di una norma transitoria non pu� 
dedursi in via di analogia da norme transitorie che regolano casi simm 
�O materie analoghe, ostandovi, data la natura eccezionale propria di tali 
-norme, il ricorso all'analogia (2). 

La retrodatazione della nomina alla qualifica di vice-direttore delle 

.carriere speciali, ai sensi deU'art. 3 l. 7 luglio 1959, n. 469, non � limi


tata ai soli casi di scrutini ed esami che vengono effettuati in sede di 

prima applicazione della legge, ma si estende, nei limiti temporali posti 

dal legislatore alla efficacia della norma richiamata, di carattere tran


.sitorio, anche alle successive applicazioni della norma stessa (3). 

(1-3) Le norme transitorie che regolano la efficacia delle leggi nel 
tempo (diritto intertemporale), hanno come carattere precipuo quello 
della provvisoriet�, che va considerato in rapporto a necessit� o bisogni 
contingenti e straordinari e, in tali limiti, da un punto di vista generale, 
secondo quanto il legislatore di volta in volta ha disposto, sono capaci 
di reiterate applicazioni. Non vi �, per�, alcun dubbio sul loro carattere 
eccezionale, e quindi sulla esclusione di interpretazione analogica e estensiva: 
QUADRI, Disposizioni transitorie, Nuovissimo Digesto Italiano, V, 
1132. 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 383 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 17 dicembre 1965, n. 967 -Pres. Polistina 
-Est. Granito -Riggio (avv. Piccardi) c. Ministero Grazia e 
Giustizia (avv. Stato Ciardulli), Tortora ed altri (n.c.). 

Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Autonomia 
dei giudizi -Fattispecie. 

Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Attribuzione 
di punteggio -Motivazione -Presupposti. 

Impiego pubblico -Promozione per merito comparativo -Eccesso di 
potere -Disparit� di trattamento -Fattispecie. 

Negli scrutini di promozione pe1� merito comparativo, i singoli giudizi 
sono tra di loro autonomi, specie se gli scrutini si susseguono a 
distanza di tempo e non riguardano il conferimento della stessa qualifica; 
pertanto, legittimamente, alcuni impiegati possono essere anteposti 
ad un altro, anche se i primi nel precedente scrutinio erano stati 
classificati dopo di questi, stante la diversit� quantitativa e qualitativa 
dei titoli valutati in entrambi gli scrutini e la diversit� della qualfica 
conferita (1). 

Negli scrutini per promozione a merito comparativo, il giudizio del 
Consiglio di amministrazione pu� ritenersi congruamente motivato, se 
risultino indicati nella scheda i titoli valutati, e per ciascuna categoria 
di titoli e per ciascun funzionario risulti attribuito un punteggio entro 
i limiti indicati nei criteri di massima (2). 

Deve ritenersi viziato per eccesso di potere per disparit� di trattamento 
il giudizio di merito comparativo, nel caso che, per la valutazione 
della condotta in servizio, sia attribuito ad uno scrutinando un punteggio 
inferiore a quello degli altri colleghi, nonostante che, per richiami 
di lieve entit� inseriti nel fascicolo personale dell'interessato, 
risultino a carico dei pari grado meglio valutati addebiti di notevole 
gravit� (3). 

(1-3) Sulla prima massima, la giurisprudenza � costante: cfr. Sez. IV, 
10 marzo 1965, n. 275, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 407; sulla seconda 
massima cfr. Sez. IV, 3 aprHe 1957, n. 394, ivi, 1957, I. 445. 

Cfr. anche Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 586, per 
altra giurisprudenza. 

lO 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

384 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 994 -Pres. De 
Marco -Est. Potenza -Lo Savio (avv. Palazzolo) c. Ministero Affari 
Esteri (avv. Stato Del Greco), Vinci e Manzini (n.c.). 

Impiego pubblico -Promozione a direttore generale -Promozione per 
merito comparativo -Esclusione. 

I Direttori generali, e gli impiegati con qualifica superiore (come i 
Ministri plenipotenziari), sono nominati, ai sensi dell'art. 170 t.u. 
10 gennaio 1957, n. 3, con decreto del Presidente della Repubblica, 
in base ad una valutazione discrezionale che non pu� essere equiparata 
ad una progressione in carriera per promozione; pertanto, il provvedimento 
di nomina si sottrae alla procedura, ed,ai relativi principt, dello 
scrutinio di merito comparativo, specie se si considera che ai sensi del' 
secondo comma del detto articolo, la nomina a direttore generale pu� 
essere conferita anche a persone estranee alla P.A. (1). 

(1) Massima esatta. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 999 -Pres. De� 
Marco -Est. Cuonzo -Riviera Film (avv. Sorrentino) c. Ministero 
Turismo e Spettacolo (avv. Stato Carbone). 

Cosa giudicata -Giudicato amministrativo -Riesame e rinnovazion& 
dell'atto annullato -Impugnativa -Motivi -Deducibili nel precedente 
giudizio e non dedotti -Inammissibilit�. 

Cinematografia -Film -Programmazione obbligatoria e assegnazione� 
del premio previsto dall'art. 14, 20 comma, legge 31 luglio 1956 

n. 897 -Autonomia dei giudizi -Effetti. 
Atto amministrativo -Annullamento di ufficio -Contraddittoreit� col' 
provvedimento annullato -Eccesso di potere -Non � ipotizzabile. 

Nel caso che la P.A., in seguito ad una decisione di annullamento� 
di un suo provvedimento, abbia riesaminato e rinnovato, con modifiche� 

I

contenutistiche, l'atto annullato, non sono ammissibili, in sede di im


I ~ 

pugnativa dell'atto rinnovato, motivi di gravame gi� deducibili e non 
dedotti nel precedente giudizio, siccome attinenti all'aspetto funzionale� 
dell'originario provvedimento annullato, evidenziantesi col provvedi-� 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 385 

mento stesso e non gid soltanto a seguito delle integrazioni contenutistiche 
apportate dalla P.A. (1). 

Il provvedimento di ammissione di un film alla programmazione 
obbligatoria ed il provvedimento di assegnazione del premio previsto 
dall'art. 14 l. 31 luglio 1956, n. 897, presuppongono la dichiarazione di 
film prodotto per giovent�, ma costituiscono autonome Jieterminazioni 
della P.A.; pertanto, venuta meno la dichiarazione di film prodotto 
per la giovent�, nessuna incidenza sulla legittimitd del provvedimento 
di assegnazione del premio, sotto il profilo di eccesso di potere, possono 
avere l'entitd, la modalitd, e la tempestivitd della caducazione del provvedimento 
di ammissione alla programmazione obbligatoria (2). 

Non � ipotizzabile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietd 
tra il contenuto del provvedimento di annullamento di ufficio e quello 
del provvedimento annullato, in quanto l'atto di annullamento si giustifica 
nei limiti in cui nega i giudizi positivi espressi nel provvedimento 
annullato (3). 

(1-3) La prima massima applica un princ1p10 pacifico: cfr. Sez. IV, 
29 dicembre 1965, n. 998, Il Consiglio di Stato, 1965, I, 2122; ed ivi per altri 
richiami. 

La seconda massima risolve, con esattezza, una questione di specie. 
Sulla terza cfr. Relazione Avvocatura dello Stato, 1956-60, III, 11. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965', n. 1001 -Pres. 
Polistina -Est. Gasparrini -Borrelli (avv. Ardizzone) c. Ministeri 
LL.PP. e Interni e Prefetto di Najoli (avv. Stato Casamassima) e 
Istituto Autonomo Case Popolari di Napoli (avv. Fortini). 

Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Censure relative ai criteri 
tecnici seguiti per la redazione del progetto -Inammissibilit� Censure 
relative ai criteri per l'applicazione della legge -Ammissibilit�. 


Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Omessa presentazione delle 
osservazioni ai sensi dell'art. 18 della legge n. 2359 del 1865 -Irrilevanza. 


Espropriazione per p. u. -Impugnativa -Censure relative a un bene 
non coperto dalla dichiarazione di p. u. -Omessa impugnativa del 
decreto di dichiarazione di p. u. -Irrilevanza. 



386 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Espropriazione per p. u. -Espropriazione per la costruzione di edifici 
popolari ai sensi della legge 9 agosto 1954 n. 640 -Espropriazione 
di aree destinate alla costruzione di servizi Legittimit�. 
In se~e di impugnativa di un decreto di occupazione e di espropriazione 
(che nena specie riguardava la costruzione di edifici a carattere 
popolare ai sensi della legge 9 agosto 1954, n. 640) sono ammissibiii 
le censure che investono l'operato deUa P.A., le quali siano basate non 
sui criteri tecnici adottati nella redazione del progetto, bens� sul modo, 
che si assume errato di interpretazione e applicazione della legge (1). 

Il mancato uso della facolt� di svolgere le osservazioni ai sensi 
degli artt. 18 e 19, l. 25 giugno 1865, n. 2359 non preclude la possibilit� 
di impugnare in sede giurisdizionale il decreto di esproprio, trattandosi 
di facolt� rimessa alla discrezione dell'espropriando e non sanzionata 
dalla decadenza (2). 

� ammissibile la impugnativa di un decreto di occupazione e di 
espropriazione anche se non sono stati impugnati i precedenti decreti di 
dichiarazione di p.u. e di urgenza e indifferibilt� dell'opera, qualora le 
censure riguardino la estensione dell'occupazione e dell'espropriazione 

J. 
di beni non coperti dalla dichiarazione di p.u. (3). ,

,

I

� legittima la espropriazione di un suolo occorrente per la costru


I ~ 

zione di edifici popolari ai sensi della l. 9 agosto 1954, n. 640, qualora 
esso comprenda non solo la superficie che sar� effettivamente coperta . 
da costruendi edifici, ma anche le aree necessarie per l'impianto dei ~1 
servizi, per l'accesso ai fabbricati e comunque per assicurare il giusto 00, 
rapporto tra la densit� numerica degli occupanti le case e lo spazio .

I

ad essi riservato (4). 

I

i 

Iw 

(1) La prima massima s1 ispira al princ1p10 secondo il quale non 
sono ammissibili le censure che investono il merito del procedimento 
espropriativo e cio� quelle che riguardano i criteri tecnici adottati nella 
redazione del progetto, mentre sono ammissibili le censure che ineri. 
scono all'applicazione della legge: cfr. Cass., Sez. Un., 6 giugno 1952, 
J 

n. 1616. 
(2) Non essendo prevista la decadenza nel caso di mancato esercizio 
I

della facolt� di proporre osservazione ex art. 18 della legge espropria


w

tiva, deve ritenersi ammissibile, anche se le osservazioni non sono state 

i

svolte, la impugnativa del decreto di esproprio: Cons. giust. amm. Reg. 
Sic., 27 gennaio 1954, Il Consiglio di Stato, 1954, I, 81; Cass., Sez. Un., l!i 
6 giugno 1962, n. 1616. i ' 


(3) Principio pacifico. . 
' 

(4) In tal senso cfr. Sez. IV, 27 ottobre 1965, n. 648, ivi, 1965, I, 1650. 
Il 

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-. ~ 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 387 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965., n. 1004 -Pres. 
Polistina -Est. Urciuoli -De Abbondi ed altri (avv. Romanelli) c. 
Giunta Regione Trentino-Alto Adige (avv. Stato Azzariti). 

Atto amministrativo -Silenzio -Situazione di fatto consolidatesi col 
tempo in esecuzione di atti divenuti inoppugnabili -Diffida a provvedere 
in modo diverso -Silenzio della p. a. -Impugnativa -Inammissibilit�. 


Non sussiste obbligo di p1�ovvedere, e pertanto non si forma silenzio 
impugnabile sulla diffida all'uopo notificata, qualora venga notificata 
alla P.A. una istanza che sia sostanzialmente rivolta a proporre una 
semplice rimostranza nei riguardi di una situazione di fatto consolidatasi 
co.l tempo, in esecuzione di atti divenuti inoppugnabili per la 
mancata impugnativa da parte dell'interessato (1). 

(1) Si tratta di un principio pacifico: non sussiste un obbligo di 
provvedere, a carico della P. A., per ottenere la revisione di atti divenuti 
'noppugnabili; cfr. Sez. VI, 25 luglio 1964, n. 562, Il Consiglio di Stato, 
"t�4, I, 1344. 

\LIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 1965, n. 1007 -Pres. PoliEst. 
Risi -Medioli (avv. Artoni) c. Ministero Partecipazioni 
(avv. Stato Ciardulli). 

\istrativi -Ricorso gerarchico -Competenza della auto\
Cessazione del rapporto gerarchico successivamente 
'\one del gravame. -Irrilevanza. 

�1'ativa -Ricorso al Consiglio di Stato -Impugna.-.:
isioni di ricorso gerarchico dichiarato inammissibile ~
te da parte del Consiglio di Stato -Inammissibilit�. 

L'esame da parte dell'autoritd investita della decisione in un ricorso 
gerarchico, della sussistenza dei presupposti che condizionano la pronuncia 
sui motivi del ricorso stesso, va fatto con riferimento al momento 
nel quale ii gravame � proposto, a nulla rilevando ii sopravvenire 
di circostanze, idonee a spostare lei competenza; pertanto se all'atto 
della proposizione del gravame intercorreva tra le due autoritd il rap




388 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

porto gerarchico, l'autorit� adita non pu� declinare la decisione per il 
fatto �he � venuta meno la sua competenza a provvedere (1). 

Il Giudice amministrativo, se dichiara inammissibile un ricorso 
gerarchico, cos� modificando la decisione impugnata, non pu� pronunciarsi 
sul ricorso, ma deve rimettere gli atti alla autorit� gerarchica (2). 

(1) Il rapporto gerarchico, che costituisce il presupposto per la proposizione 
del ricorso, deve sussistere al momento in cui il gravame viene 
proposto e deciso. 
(2) Giurisprudenza costante, Sez. V, 10 aprile 1964, n. 456, Il Consiglio 
di Stato, 1964, I, 705. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 dicembre 195,5, n. 1008 -Pres. De 
Marco -Est. Urciuoli -Societ� Industrie Filati (avv. Giannini A. D.) 

c. Comitato Interministeriale Prezzi (avv. Stato Azzariti). 
Prezzi -Disciplina -Energia elettrica -Riduzione con effetto retroattivo 
-Illegittimit�. 

Prezzi -Disciplina dei prezzi -Energia elettrica -Riduzione dei prezzi Istruttoria 
-Mancanza -Illegittimit�. 

� illegittimo il provvedimento con il quale il C.I.P., in deroga al 
principio generale per cui gli atti amministrativi incidenti su situazioni 
giuridiche gi� definite non possono avere efficacia retroattiva, operi, 
con effetto retroattivo, una riduzione dei prezzi dell'energia elettrica 
(1). 

� illegittimo il provvedimento con il quale il C.I.P. riduce le ali


quote in base alle quali debbono essere determinati i contributi per 

l'energia elettrica, ove tale riduzione non sia preceduta da adeguata 

istruttoria, sui costi e sulla produzione (2). 

(1-2) Sulla prima massima non risultano precedenti; sulla seconda 
cfr. Sez. IV, 4 ottobre 1963, n. 60, in questa Rassegna, 1964, I, 116, con 
nota, sez. IV, 1<> dicembre 1965, n. 744, retro, I, 373. 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 3 dicembre 1965, n. 1085 -Pres. Chiofalo 
-Est. Felici -Balestrieri ed altri (avv. D'Amato) c. Comune 
di Castellammare di Stabia (avv. Fragola). 

Edilizia -Demolizioni di costruzioni non autorizzate -Istanza dei privati 
al Sindaco -Sussistenza dell'interesse qualificato -Obbligo di 
provvedere -Silenzio rifiuto -Impugnativa al Consiglio di Stato Ammissibilit�. 




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

389 

Edilizia -Demolizioni di costruzioni non autorizzate -Istanza dei privati 
al Sindaco -Silenzio rifiuto -Impugnativa con ricorso al Consiglio 
di Stato -Successivo ordine di demolizione -Cessazione 
della materia del contendere. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di 
Stato -Mutatio libelli -Inammissibilit�. 

La domanda rivolta dal privato, che sia portatore di un interesse 
qualificato per ottenere la demolizione di costruzioni non autorizzate 

o eseguite in difformit� alla licenza, determina l'obbligo, per il Sindaco, 
di adottare i provvedimenti ai sensi dett'art. 32 l. 17 agosto 1942, 
n. 1150; pertanto l'inerzia del Sindaco, dopo la diffida, costituisce. silenzio 
rifiuto, impugnabile al Consiglio di Stato, essendo tale inerzia 
lesiva di un interesse legittimo e non di un interesse semplice nei confronti 
del soggetto danneggiato daita costruzione abusiva (1). 
IJ provvedimento col quale il Sindaco non solo ripete l'intimazione 
a demolire la costruzione abusiva, ma minaccia l'esecuzione di ufficio, 
integra gli estremi dell'ordine di demolizione che rende palese la volont� 
dell'Amministrazione di eliminare la situazione illegittima; per 
conseguenza viene a cessare la materia del contendere in relazione al 
ricorso giurisdizionale proposto dal privato conto il silenzio rifiuto sulla 
domanda rivolta al Sindaco per ottenere la demolizione della costruzione 
abusiva (2). 

Non � ammissibile, sia nel giudizio ordinario, sia nel giudizio amministrativo, 
trasformare il contenuto della domanda, sostituendo al 
ricorso proposto contro una fattispecie negativa, inerente al silenzio 
Tifiuto, la diversa impugnazione di un atto positivo, a seguito del quale 
si sarebbe verificata la revoca del provvedimento emesso in precedenza 
dalla P. A. a favore dell'istante (3). 

(1) Cfr. Sez. V, 29 settembre 1965, n. 1000, Il Consiglio di Stato, 1965, 
I, 1470; Sez. V, 14 febbraio 1964, n. 207, ivi, 1964, 274; Ad. plen., 24 novembre 
1962, n. 13, Foro amm., 1963, I, 10, con nota. 
(2) Sul procedimento per la demolizione delle opere abusive cfr. 
Sez. V, 26 maggio 1962, n. 468, Il Consiglio di Stato, 1962, I, 982, con 
richiami. 
(3) Principio pacifico. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 10 dicembre 1965, n. 1108 -Pres. Chiofalo 
-Est. Laschena -Maieller (avv. Giannini M. S. e Ritz) c. 
Giunta Provinciale di Bolzano (avv. Guarino). 

Atto amministrativo -Competenza e giurisdizione -Atto adottato in 
base a norme dichiarate incostituzionali -Effetti ai fini della giurisdizione 
-Giurisdizione del Consiglio di Stato. 



390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Demanio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali -Provincia 
di Bolzano -Pretesa incostituzionalit� della legge 27 luglio 1957 � 

n. 8 -Manifesta infondatezza. 
Demanio -Demanio storico e artistico -Bellezze naturali -Provincia 
di Bolzano -Demolizione e sospensione dei lavori art. 8 1. n. 8 del 
1957 -Criteri. 

Quando la legge perde efficacia con la dichiarazione di incostituzionalitd, 
la conseguenza che si deve trarne � soltanto che vi � stata 
una illegittima attribuzione di potestd discrezionale, e non che vi � 
stato l'esercizio di un potere inesistente, e perci� le posizioni subiettive 
incise hanno la consistenza di inte1�esse legittimo, sulla cui lesione � 
competente a pronunciarsi il Consiglio di Stato (1). 

� manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalitd della 
legge provinciale di, Bolzano 24 luglio 1957, n. 8, �con riferimento 
all'art. 95 l. cost. 26 febbraio 1958, n. 45 (che ha approvato lo Statuto 
speciale per la regione Trentino-Alto Adige) e alla VIII disp. trans. 
Cost., in quanto nella materia della tutela delle bellezze panoramiche 
la provincia di Bolzano ha potestd legislativa primaria, non subordinata 
alla previa emanazione di norme di attuazione, e pu� modificare 
le leggi ordinarie dello Stato (2). 

Il potere di sospensione dei lavori edilizi, previsto dall'art. 8 della 
legge provinciale 24 luglio 1957, n. 8, pu� essere esercitato sia quando 
la zona � gid vincolata, sia quando il vincolo paesistico non � stato 
ancora imposto (3). 

(1) Il Consiglio di Stato conferma il suo orientamento gi� espr�sso 
con la decisione Ad. Plen., 8 aprile 1963, n. 8 e criticato in nota alla decisione 
Sez. VI, 18 marzo 1964, n. 247, in questa Rassegna, 1965, I. 751. 
(2) Cfr., da un punto di vista generale, Corte Cost., 26 gennaio 1960, 
n. 2; e, per la Regione Siciliana, Sez. VI, 20 novembre 1963, n. 844 in 
questa Rassegna, 1964, I, 349, con nota di GuGLIELMI. 
(3) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. VI, 31 marzo 1962, n. 276, Il 
Consiglio di Stato, 1962, I. 539. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1130 -Pres. Chiofalo 
-Est. Caianiello -Caffarelli (avv. Jemolo) c. Ministero Interno 
(avv. Stato Matalone) e Istituto dei Ciechi (avv. Sciacca). 

Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza -Organi -Scioglimento 
-Discrezionalit� -Insindacabilit�. 

Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza -Organi -Scioglimento 
-Invito agli amministratori -Omissioni -Criteri. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 391 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato 
-Motivi -Motivi non dedotti nel ricorso gerarchico -Inammissibilit�. 


Non � sindacabile per eccesso di potere il decreto prefettizio di scioglimento 
del Consiglio di amministrazione di una istituzione pubblica 
di assistenza e beneficenza, in quanto rientra nella disC1�ezionalit� della 

P. A., non sindacabile in sede giU1�isdizionale, la possibilit� di demandare 
ad un Commissario straordinario la eliminazione delle irregolarit�, una 
volta che sia stato accertato un notevole disse1�vizio nell'amministrazione 
dell'Ente (1). 
Qualora non sia possibile prefissare un termine per adempiere nel 
provvedimento di scioglimento del Consiglio di amministrazione di 
un'Opera Pia, � necessm�io che il provvedimento stesso indichi le ragioni 
che rendono inutile dette indicazioni (2). 

Sono inammissibili i motivi proposti in sede di ricorso giurisdizionale 
al Consiglio di Stato, qualora essi non siano stati dedotti nel 
precedente gravame gerarchico (3). 

(1-2) Cfr. Sez. V, 2 7agosto 1956, n. 661, Il Consiglio di Stato, 1956, 
I, 966, e sul termine da applicare per il ricorso gerarchico contro i provvedimenti 
prefettizi di controllo sulle opere pie, cfr. Sez. V, 13 marzo 
1964, n. 364, in questa Rassegna, 1964, I, 754. 

(3) Giurisprudenza costante: cfr. Sez. IV, 12 maggio 1965, n. 414, ivi, 
1965, I, 851. 
CONSIGLIO D !STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1133 -Pres. Chiofalo 
-Est. Felici -Costabile (avv. Sassone) c. Comune di Rutino 
(avv. Sica). 

Cosa giudicata -Giudicato amministrativo -Esecuzione -Ricorso ai 
sensi dell'art. 27 n. 4 -Precedente condanna generica della P. A. 
al risarcimento dei danni -Non preclude il ricorso -Ricorso ai 
sensi dell'art. 27 n. 4 ed azione giudiziaria, nel caso di precedente 
condanna generica della p. a. -Alternativit�. 

La domanda per risarcimento di danni proposta dal privato e la 
condanna generica al risarcimento pronunciata dal giudice ordinario 
non precludono la proposizione del procedimento di ottemperanza, il 
quale non � precluso neanche dalla liquidazione dei danni che sia in




392 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


completa, lasciando insoddisfatta il pregiudizio causato dalla P. A. 
Di conseguenza il privato, ottenuta la condanna generica della P. A. al 
risarcimento dei danni, pu� adire il tribunale ordinario per la relativa 
liquidazione o il Consiglio di Stato col procedimento di ottemperanza, 
ma non pu� cumulare i due mezzi di ~utela fino a conseguire, insieme 
con l'integrale risarcimento, la totale reintegrazione specifica nena 
posizione giuridica pregiudicata dall'atto amministrativo (1). 

(1) Cfr. Sez. V, 28 agosto 1963, n. 760, Il Consiglio di Stato, 1963, I, 
1174; Sez. VI, 5 marzo 1965, n. 149, in questa Rassegna, 1965, I, 749, 
con nota. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1136 -Pres. Chiofalo 
-Est. Cesareo -Originale di Criscio (avv. Iaccarino) c. Prefetto 
Napoli (avv. Stato Zagari). 

Contratti pubblici -Approvazione -Visto di esecutoriet� -Diniego fattispecie 
-Legittimit�. 

Contratti pubblici -Albo nazionale dei costruttori -Iscrizione -Criteri. 


� legittimo il decreto prefettizio che nega il visto di esecutoriet� 
ad un contratto comunale in base alla considerazione che l'importo dei 
lavori da appaltare � di valore superiore a quello per il quale la ditta 
aggiudicatrice � stata iscritta nell'albo nazionale dei costruttori (1). 

La classificazione dell'impresa nell'albo nazionale dei costruttori 
secondo l'importo stabilito dall'art. 5 della l. 10 febbraio 1962, n. 57, 
vale per le iscrizioni definitive e non per le iscrizioni provvisorie; e 
comunque fino al triennio dell'entrata in vigore della legge cit. n. 57, 
le imprese possono partecipare alle gare indette dallo Stato e degli 
Enti pubblici nel limite della somma massima per cui la iscrizione � 
stata concessa (2). 

(1) Non vi � dubbio che l'iscrizione di una ditta nell'albo dei costruttori, 
per un importo inferiore a quello della gara, costituisce un valido 
motivo in base al quale il prefetto pu� negare il visto di esecutoriet�; 
cfr. sui criteri ai quali deve ispirarsi il visto prefettizio, Sez. V, 18 febbraio 
1965, n. 151, in questa Rassegna, 1965, I, 540. 
(2) Interpretazione esatta dei criteri cui deve ispirarsi la iscrizione 
delle imprese nell'albo dei costruttori, ai sensi della citata legge n. 57. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 393 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 18 dicembre 1965, n. 1138 -Pres. Chiofalo 
-Est. Cesareo -Coppi (avv. Jemolo) c. Pio Istituto di S. Spirito 
(avv. Canevacci). 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Verbale di aggiudicazione Impugnativa 
-Competenza del Consiglio di Stato -Sussiste. 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Aggiudicazione -Procedimento 
-Continuit� delle operazioni della gara. 

Contratti pubblici -Licitazione privata -Offerta in aumento -Offerta 
di importo pari al valore base -Inammissibilit�. 

Rientra nella competenza del Consiglio di Stato l'impugnativa che 
riguarda ii ve'l'baZe di aggiudicazione di una gara per licitazione privata, 
in quanto Ze norme che regolano le gare sono stabilite nell'esclusivo 
interesse pubblico, rispetto al quale sono occasionalmente tutelati 
gli interessi dei privati concorrenti (1). 

Nella licitazione privata l'aggiudicazione deve aver luogo nella 
JJtessa seduta in cui vengono aperte le buste, senza soluzione di continuitd, 
al fine di assicurare l'assoluta indipendenza di giudizio ed 
autonomia di azione del Presidente della gara rispetto a soggetti 
estranei (2). 

In una licitazione privata non pu� ritenersi ammissibile un'offerta 
di importo pari al valore base della gara, se questa prescrive solo 
offerte in aumento (3). 

(1) Principio pacifico: cfr. Massimario Giurisprudenza Consiglio di 
Stato, 1932-61, I, 1065. 
(2) Applicazione del principio secondo il quale solo la violazione delle 
norme, dettate nell'interesse della P. A., che comprometta il serio e proficuo 
esperimento della gara, determina la invalidit� della licitazione: 
cfr. Sez. V, 12 novembre 1960, n. 791, n Consiglio di Stato, I, 2074 e 
giuris. ivi cit. 
(3) Massima di ovvia esattezza. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 905 -Pres. Breglia 
-Est. Benvenuto -Cappiello (avv. Cattaneo) c. Camera Commercio 
(avv. Stato Ricci). 

Impiego pubblico -Inquadramento -Questioni di legittimit� costituzionale 
dell'art. 370 t. u. 10 gennaio 1957, n. 3 sotto il profilo della 
violazione della delega prevista dall art. 2 n. 17 1. 20 dicembre 1954 

n. 1181 -Manifesta infondatezza. 

394 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Impiego pubblico -Dipendenti delle Camere di Commercio -Inquadramento 
-Decorrenza -Limiti. 

� infondata l'eccezione di legittimit� costituzionale dell'art. 37() 

t.u. 10 gennaio 1957, n. 3 per pretesa violazione della delega di cui 
all'art. 2 n. 17 l. 20 dicembre 1954, n. 1181, giacch� il limite indicato 
da tale delega al potere legislativo delegato (garanzia della piena valutazione 
del servizio prestato dagli impiegati e della conservazione della 
posizione da esse acquisite) concerne l'inquadramento del personale 
nelle varie carriere e le qualifiche, e non la disciplina delle promozioni 
(1). 
L'inquadramento dei gradi nelle qualifiche, disposto dall'art. 77 

d.P.R. 11 gennaio 1956, n. 16 e previsto anche dal cit. art. 370 t.u. n. 3 
� stato posto in essere, per i dipendenti statali, con effetto dal 1� luglio 
1956, mentre per il personale delle Camere di commercio ha avuto 
la decorrenza, a tutti gli effetti, dal 10 aprile 1958 (2). 
(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Sez. VI, 27 aprile 1960, n. 255, U 
Consiglio di Stato, 1960, I, 748; Sez. IV, 30 ottobre 1959, n. 1055, ivi, 1959, 
I, 1339. 
(2) Non risultano precedenti. 
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 dicembre 1965, n. 912 -Pres. 
Stumpo -Est. De Roberto -Malara (avv. Cattaneo) c. Ministero� 
Agricoltura (avv. Stato Casamassima). 

Competenza e giurisdizione -Impiego pubblico e privato -Operai giornalieri 
-Inquadramento -Giurisdizione del Consiglio di Stato�. 

Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la controversia 
che abbia per oggetto la pretesa di un operaio giornaliero dello Stato 
ad essere inquadrato nella categoria degli operai temporanei prevista 
dalla l. 26 febbraio 1962, n. 67 per la nomina di cui alla l. 5 marzo 
1961, n. 90, in quanto viene sottoposta a sindacato il potere discrezionale 
che la P. A. ha in base a questa ultima legge in materia di 
inquadramento, con carattere discrezionale, e perci� non sono configurabili 
diritti soggettivi, bensi interessi legittimi (1). 

(1) Sulla questione di competenza, e in relazione alla questione di 
principio per il quale in materia di inquadramento e di organizzazione, 
essendo ispirata a esigenze pubblicistiche e perci� discrezionali, non sono� 
configurabili diritti soggettivi bensi interessi legittimi, cfr. Cass., retro, I. 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 395 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 21 dicembre 1965, n. 940 -Pres. 
Toro -Est. Fanelli -Introcaso (avv. Mazzei) c. Ministero P. I. 
(avv. Stato Carafa). 

Collegio -Collegio amministrativo -Procedimento disciplinare -Commissione 
disciplina -Presidente -Astensione -Sostituzione con 
il membro pi� anziano -Motivazione -Legittimit�. 

Impiego pubblico -Procedimento disciplinare -Sospensione -Procedimento 
penale relativo a fatti diversi -Sospensione -Inammissibilit�. 


In caso di astensione dei Presidente deUa Commissione di disciplina, 
Legittimamente ii membro pi� anziano assume La Presidenza ai 
sensi deU'art. 148 t.u. 10 gennaio 1957, n. 3; e nel verbale deUa seduta 
� sufficiente il richiamo aU'art. 149 t.u. cit., senza aitra motivazione (1). 

Se nei corso di un procedimento disciplinare venga promosso procedimento 
penale a carico del dipendente e di altri impiegati che abbiano 
reso dichiarazioni non favorevoli aU'inquisito, ii giudizio disciplinare 
non deve sospendersi qualora i fatti oggetto di due procedimenti 
siano dei tutto diversi (2). 

(1) La giurisprudenza in tal senso � costante: cfr. la giuris. cit. in C1ANFLONE, 
La supplenza, 54; GARGIULO, I collegi amministrativi, 140. 
(2) Massima di ovvia esattezza. 

SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 luglio 1965, n. 1540 -Pres. Rossano 
-Est. Spagnoletti -P. M. Polimeni (diff.) -Amministrazione Finanze 
(avv. Stato Savarese) c. Camertoni (avv. Andriani). 

Impresa -Inpresa agricola -Attivit� connesse -Concetto -Limiti. 

(C. c., art. 2135). 
Imposta generale sull'entrata -Monta taurina per conto terzi -Compravendita 
di mangimi destinati all'alimentazione dei tori -Applicabilit� 
dell'imposta -Limiti. 

(1. 19 giugno 1940 n. 762, artt. 2 e 8, lett. e). 
L'elencazione detle attivit� connesse contenuta nel 20 comma dell'art. 
2135 cod. civ. non ha carattere tassativo, e non esaurisce, pertanto, 
unitamente alle altre tre tipiche e tradizionali attivit� della coltivazione 
della terra, della silvicultura e dell'allevamento del bestiame, il possibile 
oggetto dell'impresa agricola. Tali attivit� connesse sono caratterizzate 
da un elemento negativo, il non rientrare fra le attivit� qualificatrici 
dell'impresa agricola, e da un elemento positivo, la integrazione 
con una delle suddette attivit� qualificatrici. Di conseguenza, 
attivit� che sotto il profilo obbiettivo potrebbero apparire commerciali 
si inquadrano nell'ambito della impresa agricola purch� rientrino � nell'esercizio 
n01�male dell'agricoltura � (1). 

(1-2) Con la sentenza in esame, e con altra successiva del 28 luglio 
1965, n. 1805, la Cassazione, seppure ai fini tributari in contestazione, ha 
sostanzialmente riesaminato il problema della distinzione fra impresa agricola 
e impresa commerciale o industriale in ordine alle cosidette attivit� 
connesse all'agricoltura, affermando principi che appaiono meritevoli di 
alcune osservazioni. 

Secondo la Suprema C'orte, in sostanza, l'esercizio professionale di 
attivit� diverse da quelle tipicamente agricole (coltivazione del fondo, silvicoltura, 
allevamento del bestiame) pu� rientrare nell'ambito dell'impresa 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 397 

Per affermare in concreto che l'esercizio della monta taurina svolta 
al servizio di terzi rientra nel concetto di impresa agricola, quale attivit� 
agraria per connessione, con conseguente esclusione dell'assoggettabilit� 
all'imposta sull'entrata degli atti economici relativi ai mangimi 
impiegati per l'alimentazione dei tori (art. 2 e 8 lett. c) legge 19 giugno 
1940, n. 762), � essenziale stabilire se la monta taurina venga esercitata 
con lo strumento di un'autonoma organizzazione aziendale, capace 
di imprimere ad essa una individualit� distinta, ovvero attraverso 
la organizzazione di beni, di capitali e di lavoro propri dell'azienda 
agricola dandosi luogo, solo in questa secondo ipotesi, ad un'attivit� 
agraria per connessione (2). 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso l'Amministrazione 
finanziaria denunzia la violazione e falsa interpretazione dell'art. 2131> 
cod. civ., in relazione all'art. 2 della legge 19 giugno 1940, n. 762. 

La ricorrente assume che la Corte di appello in tanto ha potutoerroneamente 
ritenere che l'attivit� di monta taurina svolta a serviziodi 
terzi rientri nel concetto di impresa agricola, secondo la definizione 
che ne d� l'art. 2135 cod. civ., in quanto ha forzato, da un lato, la 
lettera e lo spirito della norma, ed ha, dall'altro, accolto una interpretazione 
eccessivamente estensiva, che porta a ricomprendere nelle attivit� 
connesse, oltre a quelle di trasformazione ed alienazione dei prodotti 
agricoli, anche altre attivit� accessorie a quelle dell'impresa agricola 
propriamente considerata. Sostiene che invece il capoverso dell'art. 
2135 costituisce l'interpretazione autentica del primo comma, nel 
senso che attivit� connesse devono ritenersi solo quelle dirette alla 
trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli. Resterebbe perci� 

agricola se contenuto nei limiti di una accessoriet� qualitativa ed economica 

rispetto ad una delle attivit� tipiche suddette (in tal senso gi� Cass. 4 mar


zo 1959, n. 622). 

Tale affermazione implica la soluzione di due importanti problemi rela


tivi alla interpretazione dell'art. 2135 cod. civ. 

Il primo di tali problemi riguarda il quesito se le attivit� connesse al


l'agricoltura costituiscano o meno un problema giuridico, per i fini che 

interessano, solo in quanto esercitate in via accessoria rispetto ad una atti


vit� tipicamente agricola. 

A tale quesito la Cassazione ha risposto affermativamente, in confor


mit� di quanto gi� sostenuto in dottrina (ANGELONI, Imprese e societ�, Ro


ma 1952, 44; FERRARA, Imprenditori e societ�, Milano 1962, 60); onde pu�> 

affermarsi che, a differenza di quanto avviene per le attivit� ausiliarie di 

quelle commerciali tipiche (art. 2195 cod. civ.) le attivit� connesse all'agri


coltura possono essere esercitate dall'imprenditore agricolo soltanto come 

accessorio di altra attivit� agricola principale, e giammai in via esclusiva. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

escluso che nel concetto di connessione possano farsi rientrare altre 
attivit� non contemplate nel capoverso. 

~�:: 
Aggiunge che l'impresa agricola comprende soltanto quattro ipotesi, 
tre tipiche ed una mista: coltivazione, silvicoltura, allevamento . 
del bestiame, � e trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli. 

' 
Quanto poi al concetto di allevamento del bestiame, qualora si tratti . 
di tori da monta al . servizio di terzi, come nella fattispecie, non pu� 
parlarsi n� di allevamento di bestiame, n� di attivit� connesse. 
La censura non � fondata. 
Il carattere esemplificativo e non tassativo della elencazione delle 
attivit� connesse, contenuta nel secondo comma dell'art. 2135 cod. civ., 
� stato gi� affermato da questa S. C. con la sentenza n. 622 del 4 marzo 
1959 e, implicitamente, con quella n. 1478 del 12 giugno 1964. 
Le attivit� di cui al secondo comma citato non concorrono, con le 
tre tipiche e tradizionali attivit� previste nel primo comma, ad esaurire 
il possibile oggetto dell'impresa agricola, perch� non si giustifica la 
struttura dell'art. 2135 se non conferendo l'accezione pi� vasta al termine 
�attivit� connesse �. Ed invero, l'esplicita menzione fatta nel 
primo comma avrebbe dovuto dispensare dal definirne poi separatamente 
l'ambito. 
Deve ritenersi che l'ambito dell'operatore agricolo non sia ristretto 
alle attivit� che sono state elencate solo a scopo esemplificativo. Esse 
sono caratterizzate da un elemento negativo, il non rientrare cio� tra 
le attivit� qualificatrici dell'impresa agricola (coltivazione della terra, 
silvicultura, allevamento del� bestiame), e da un elemento positivo, il 
presentare cio� una connessione nel senso di integrazione con una delle 
suddette attivit� qualificatrici. 
Cosi le attivit� che sotto il profilo obiettivo potrebbero apparire 
commerciali rientrano nell'ambito dell'impresa agricola, purch� abbiano 

In tale caso, infatti, esse, data la loro intrinseca natura, determinano senz'altro 
l'acquisto della qualifica di imprenditore commerciale. 

Il secondo dei problemi risolti dalla Cassazione riguarda invece l'ambito 
sostanziale delle � attivit� connesse � e, rispetto ad esso, l'accentuato 
rilievo attribuito al riferito carattere dell'accessoriet�, ha determinato, a 
nostro avviso, un ingiustificato allargamento di quel concetto. Ci riferiamo 
evidentemente alla affermazione secondo cui � l'elencazione delle attivit� 
connesse contenuta nel capoverso dell'art. 2135 cod. civ. non ha carattere 
tassativo�, onde qualsiasi attivit� industriale o commerciale, seppure diversa 
dalla trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli:, [>u� ritenersi 
connessa all'agricoltura se esercitata in via accessoria da un imprenditore 
.agricolo. 

Per giungere a tale affermazione la Suprema Corte ha argomentato 
esclusivamente dalla formulazione dell'art. 2135, ritenendo che, se le attivit� 
di trasfoo-mazione e alienazione dei prodotti agricoli fossero le SO'le 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 399 

il requisito indicato nel secondo comma dell'art. 2135 con l'inciso 

� quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura �. 
Ne deriva che dal testo della legge non � dato di poter escludere, 
in linea di massima, che l'esercizio della monta taurina possa essere 
considerato attivit� agraria per connessione, contrariamente a quanto 
si assume con il primo mezzo. 

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando contraddittoriet� 
e difetto di motivazione su punti decisivi, lamenta che la Corte di 
merito, per ritenere esistente il rapporto di accessoriet� fra.. l'attivit� 
in esame e quella strettamente agricola, siasi limitata a considerare che 
i tori erano alimentati prevalentemente con i prodotti del fondo, senza 
invece accertare e dimostrare che essi si aggiungessero alle bestie da 
allevamento per costituire un tutt'uno ai fini della coltivazione. 

Tale censura � sostanzialmente fondata. 

Non pu� non riconoscersi che la denunziata sentenza ha omesso 
di compiere la doverosa indagine su un elemento fondamentale, quello 
della connessione, che va dimostrata non con il semplice accertamento 
del fatto apparente, ma con la prova della strumentalit� del fatto stesso 
con l'impresa agraria. 

Ora, afl�nch� l'impiego di tori nella monta, anche a servizio di 
terzi, possa considerarsi attivit� agricola per connessione, � necessario: 
a) che difetti la esistenza di quell'elemento che costituisce il substrato 
indispensabile di ogni impresa, e cio� un complesso di beni organizzati 
e autonomamente destinati allo svolgimento di quella attivit� agricola 
connessa; b) che esista invece un rapporto fra questa e la principale 

attivit� industriali e commerciali esercitabili in connessione con una attivit� 
agricola principale, la detta norma non avrebbe dovuto scindersi in 
due commi distinti, apparendone pi� esatta una formulazione che considerasse 
anche le dette attivit� insieme a quelle tipicamente agricole. 

A nostro parere, tale giustificazione formale, della quale non � neanche 
facile cogliere il significato, non � idonea a vincere le ragioni sostanziali 
che la contrastano. 

Appare infatti logico ritenere che il carattere distintivo delle attivit� 
connesse sia dato proprio dalla loro connessione alla agricoltura, da quel 
vincolo funzionale cio� che il legislatore ha precisato nel secondo comma 
dell'art. 2135 e che � facilmente riconoscibile nella utilizzazione (trasformazione 
o alienazione) dei prodotti ag�ricoli, naturalmente legata all'agricoltura 
dalle stesse necessit� del relativo ciclo di produzione. 

E al di fuori di tale attivit� non esiste pi� una connessione sostanziale, 
ma una semplice accessoriet� occasionale che non coglie il significato e lo 
:spirito della normativa in esame. 

La verit� appare piuttosto che la presunzione di connessione stabiiita 
dal capoverso dell'art. 2135 per le attivit� di utilizzazione dei prodotti agri-

li 



400 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

attivit� agricola, caratterizzato dal fatto che essa trovi, nell'impresa 
agricola, l'occasione e, negli elementi che ne costituiscono la struttura 
aziendale, le condizioni ambientali ed economiche per il suo svolgimento, 
conferendo cosi all'azienda strettamente agricola concreti incrementi. 


Questo S. C. ha gi� fissato con le sentenze n. 1478 del 12 giugno 
1964 e n. 1106 del 20 aprile 1955 il principio che ravvisa nella, 
esistenza o meno di un'autonoma azienda il criterio fondamentale perstabilire 
se l'attivit� in questione debba considerarsi commerciale oppure 
agraria per connessione. 

A tale principio non si � attenuta la denunziata sentenza, dalla. 
quale si evince che i giudici del merito, limitando in punto di fatto la. 
loro indagine all'elemento non decisivo della provenienza di prodotti 
destinati all'alimentazione dei tori, hanno trascurato di accertare e di. 
porre in evidenza con adeguata motivazione se l'attivit� della monta 
taurina venisse esercitata dal Camertoni con lo strumento di un'autonoma 
organizzazione aziendale, capace di imprimere ad essa una individualit� 
distinta, o se invece si valesse della organizzazione di beni,_ 
di capitali e di lavori propri dell'azienda agricola, dando vita, solo in. 
questa seconda ipotesi, ad un'attivit� agraria per connessione. 

Non basta l'asserzione che si legge in sentenza, che l'attivit� in 
parola � forma, con gli altri fattori produttivi, un complesso organico 
unitario �, apparendo essa una affermazione generica ed apodittica, 
senza alcun riferimento alle fonti del convincimento, s� da non consen-. 
tire alcun controllo sul processo logico dei giudici di merito. 

Si impone pertanto un'adeguata indagine sul punto, da compiersi. 
dal giudice di rinvio in aderenza al principio sopra enunciato. (
Omissis). 

coli, non � assoluta ma relativa; essa vige cio� nei soli limiti dell'esercizio. 
normale dell'a~icoltura (in tal senso TORRENTE, JANNELLI, RUPERTO, Del lavoro, 
in Comm. cod. civ., Torino 1961, 302). Tale limitazione assume pertant0< 
una funzione essenzialmente negativa, tale cio� da escludere dal concetto 
di attivit� connesse anche la utilizzazione dei prodotti agricoli quando, per 
la sua importanza o per la sua specializzazione industriale o commerciale, 
non corrisponda ad un esercizio normale della attivit� agricola. 

Per tale motivo, non appa;re neanche esatto il ritenere, come ha fatto. 
la Cassazione, che il criterio della normalit� costituisca l'elemento esclusivi>. 
di qualificazione delle attivit� connesse e sia possibile giungere, in base ad. 
esso, ad una estensione dell'ambito di tali attivit� oltre i limiti sostanziali 
della trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli. 

G. ANGELINI ROTA_ 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 401 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 luglio 1965, n. 1809 -Pres. Pece 
-Est. Allinej -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
dello Stato Pacia) c. Soc. Jacki Maeder (avv. Greco) e Lloyd Triestino 
(avv. Jona). 

Dogana -Merci in temporanea custodia -Sottrazione -Azione di 
risarcimento del danno -Destinatario del trasporto -Legittimazione. 


r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 40). 
Dogana -Merci in temporanea custodia -Obbligo di vigilanza dell'Amministrazione 
-Sottrazione resa possibile da violazione delle norme 
di comune prudenza e diligenza -Responsabilit�. 

(c. c., art. 2043; I. 25 settembre 1940, n. 1424, art. 25). 
Dogana -Merci in temporanea custodia -Limitazione di responsabilit� 
di cui all'art. 26 regol. doganale -Applicabilit� all'Amministrazione 
-Esclusione. 

r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, art. 26). 
Nel caso di sottrazione di me1�ci dai magazzini doganali di temporanea 
custodia, il portatore della polizza di carico a nome del quale il 
vettore ha emesso l'ordine di consegna �d al quale ha rilasciato lo 
speciale permesso o nulla osta previsto dall'art. 40 del regolamento 
doganale, � legittimato ad esercitare, nei confronti dell'Amministrazione, 
l'azione di risarcimento del danno (1). 

L'Amministrazione � tenuta ad esercitare vigilanza sulle merci 
introdotte nei magazzini di temporanea custodia, onde, quando la loro 
sottrazione sia stata 1�esa possibile da violazione delle comuni norme 
di prudenza e di diligenza, essa risponde del conseguente danno (2). 

(1-2) Perdita delle merci introdotte nei magazzini di temporanea custodia 
e legittimazione all'azione di risarcimento del danno. 

Per la prima volta, a quanto consta, la Corte Suprema ha affrontato il 
problema attinente alla legittimazione del destinatario delle cose trasportate, 
consegnate alla dogana dal vettore ed introdotte nel magazzino di temporanea 
custodia, rispetto all'azione di risarcimento del danno dipendente 
dalla perdita delle cose stesse. 

Nella specie, la domanda era stata proposta dal portatore della polizza 
di carico (all'ordine) a favore del quale il vettore aveva rilasciato l'ordine 
di consegna ed altresl -a quanto � dato comprendere dal testo della 
decisione -lo speciale permesso o nulla osta previsto dall'art. 40 del regolamento 
per l'esecuzione della legge doganale (r. d. 13 febbraio 1896, n. 65). 

La Corte di Cassazione ha fondato il riconoscimento della legittimazione 
del destinatario argomentando principalmente dal fatto che la con




402 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La limitazione di responsabilit� preveduta dall'art. 26 del regolamento 
doganale a favore del funzionario addetto ai magazzini di tempo


I::: 

ranea custodia, secondo la quale questi risponde delle merci solo nei 

limiti dei colli introdotti nei magazzini e del loro peso lordo, senza 

.' 

riferimento al contenuto, non � applicabile a favore dell'Amministra


I

$

zione, che �, invece, tenuta a rispondere dell'intero danno conseguente ~= 
q,lla perdita delle cose (3). 

(Omissis). -L'Amministrazione finanziaria denuncia, col primo 
mezzo del ricorso, la violazione degli artt. 21, 26 e 40 del regolamento 
doganale, approvato con r. d. 13 febbraio 1896, n. 65, e dei principi 

segna alla dogana era stata compiuta dal vettore nell'interesse del destinatario 
stesso, situazione palesata all'Amministrazione dal rilascio, a favore 
di lui, del delivery order. La sentenza ha poi preso in esame il disposto del 
primo comma del citato art. 40 del regolamento, solo per escludere che 
da tale disposizione sia possibile desumere l'irrilevanza, rispetto alla dogana, 
della posizione del destinatario risultante dai rapporti con il vettore, o, 
se si vuole, dell'interesse del destinatario rispetto alla t. c. delle merci, 
palesato dall'emissione dell'ordine di consegna. 

L'iter logico seguito nella motivazione non persuade, poich� non sembra 
corretto impostare sul concreto atteggiarsi di un rapporto estraneo alla 
temporanea custodia (quale il rapporto corrente fra vettore e destinatario), 
l'individuazione del soggetto legittimato ad agire rispetto ad un'azione di 
danni che si collega unicamente a tale istituto. 

La conclusione alla quale la Corte � pervenuta pu� tuttavia essere 
condivisa sulla scorta di argomentazioni fondate esclusivamente sul disposto 
dell'art. 40 del regolamento in relazione all'art. 16 della legge doganale. 

Se � vero che l'art. 40, qualificando il vettore come � principale e diretto 
depositante�, identifica in esso il soggetto del rapporto �costituito al momento 
della consegna delle merci trasportate, � anche vero che, ai fini 
dell'individuazione della portata di tale qualificazione, occorre tener conto 
della previsione riguardante il � nulla osta � e lo � speciale permesso � ai 
fini dello svincolo della merce, contemplati dal 2� e 3o comma dello stesso 
articolo. 

Tale previsione induce a ritenere che il sistema postuli, come caso 
normale, che la dichiarazione doganale possa essere resa da soggetto 
diverso dal vettore, ossia, se si pone in relazione il secondo comma dell'art. 
40 con l'art. 16 della legge doganale, che proprietario (o tale considerato) 
delle merci possa essere un soggetto diverso dal vettore. 

L'individuazione del vettore come �depositante� ha ragion d'essere 
nella necessit� di consentire all'amministrazione l'immediata identificazione 
di un soggetto del rapporto di custodia, ma non impedisce di attribuire al 
dichiarante la qualit� del soggetto del rapporto doganale propriamente 
detto e, quindi, di ravvisare nel permesso o nulla osta il titolo di legittimazione 
a disporre delle merci in nome proprio e non gi� quale rappresentante 
del vettore. 

In questo senso, � possibile condividere l'intel'pretazione dell'art. 40, 
adottata dalla Corte Suprema, anche se la distinzione fra rapporto di 
custodia e rapporto attinente allo svincolo delle merci, alla dichiarazione 
doganale, alla eventuale responsabilit� dell'Amministrazione, non � cos� 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 403 

generali di diritto doganale; nonch� la falsa applicazione, al caso specifico, 
degli artt. 65 e 71 della legge doganale, 216 e 260 del citato regolamento, 
1411 e 1766 c. c. e, infine, dell'art. 454 cod. navigazione. 

Argomenta la .ricorrente: 

La Corte d'Appello � giunta alla conclusione che la Societ� Yacky 
Maeder fosse legittimata ad agire, nei confronti dell'Amministrazione 
delle finanze, per il risarcimento dei danni derivati dalla mancata riconsegna 
delle casse, per avere dato al rapporto (introduzione delle sei 
casse nei magazzini doganali di temporanea custodia) la inesatta qualificazione 
di contratto a favore di terzo, identificando il terzo beneficiario 
nella societ� attrice. 

Si � cosi confuso -e il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, 
agli artt. 216 del regolamento n. 65 del 1896 e 71 della legge 
doganale, d� immediata evidenza all'errore -l'istituto della temporanea 
custodia nei magazzini doganali con l'istituto, nettamente distinto 
e disciplinato in modo autonomo dalla legge, del deposito doganale. 


netta come la sentenza sembra supporre. Fino al momento in cui un terzo, 
munito del permesso o nulla osta, non si presenti per provvedere aHo svincolo 
delle merci, il vettore � depositante > � l'unico soggetto individuato a 
qualsiasi effetto doganale (arg. ex art. 40, ultimo comma), mentre il terzo 
che, munito del permesso o nulla osta, si presenta a rendere la dichiarazione 
doganale � certamente tenuto anche all'adempimento delle obbligazioni che 
direttamente discendono, non dalla dichiarazione stessa, ma dal rapporto 
di custodia (pagamento dei diritti di magazzinaggio di cui all'art. 45 delle 
disposizioni preliminari alla tariffa doganale di cui a d. P. R. 21 dicembre 
1961, n. 1339). 

In base alle considerazioni che precedono, non pare si possa escludere 
che -indipendentemente dalla natura dei suoi rapporti con il vettore il 
soggetto a cui favore � stato rilasciato il permesso o nulla osta di cui 
all'art. 40, in quanto legittimato a svincolare le merci esercitando i diritti 
riferibili al proprietario (art. 16 della legge doganale) e tenuto al pagamento 
dei diritti di magazzinaggio, possa anche agire nei confronti della 
Amministrazione quando lo svincolo non sia possibile in seguito a perdita 
delle merci stesse. 

La legittimazione deve quindi essere riconosciuta non in ragione del 
concreto atteggiarsi dei rapporti fra vettore e destinatario, come tali irrilevanti 
rispetto alla Dogana, e .perci�, nel caso, non in funzione del rilascio 
del delivery order, bensi soltanto in ragione del rilascio, da parte del vettore, 
del permesso o nulla osta preveduto dall'art. 40 del regolamento. 

Circa la responsabilit� dell'Amministrazione nell'ipotesi di perdita di 
merci in t. c., il Supremo Collegio sembra aver fondato la responsabilit� 
stessa sulla colpa aquiliana dell'Amministrazione, argomentando, a contrario, 
anche dal disposto dell'art. 25 della legge doganale (custodia a rischio e 
spese del proprietario dopo la scadenza del termine concesso per la presentazione 
della dichiarazione). 

In una decisione oramai non recente, la Corte aveva invece collegato 
l'obbligazione al carattere di � deposito necessario � attribuito alla tempo




404 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dispongono, rispettivamente, gli artt. 4 e 5 l.d. che � il passaggio 
della linea doganale di merci soggette a diritti di confine stabilisce a 
favore dello Stato il diritto all'imposta � e che � per il soddisfacimento 
dell'imposta, lo Stato, oltre ai privilegi stabiliti dalla legge, ha il diritto 
di ritenzione sulle merci che sono oggetto dell'imposta stessa �. 

Poich� l'accertamento e la liquidazione del tributo devono essere 
preceduti (art. 6 l.d.) dalla c.d. dichiarazione doganale -adempimento 
per il quale � assegnato al proprietario o a chi � considerato tale il 
termine di quindici giorni dall'arrivo della merce -l'Amministrazione 
doganale ha medio tempore il potere-dovere di assumere la detenzione 
della merce medesima, per esercitarvi il detto diritto di ritenzione, a 
garanzia delle imposte dovute o, comunque, ad evitare che essa possa 
sfuggire all'accertamento fiscale. 

Ora a questa specifica finalit� � rivolto -prosegue l'Amministrazione 
ricorrente -l'istituto della introduzione della merce nei magazzini 
doganali di temporanea custodia: custodia, peraltro, che, a norma 

ranea custodia (sentenza 16 gennaio 1926, Foto It., Rep. 1926, voce � Dogana>, 
n. 1). Nello stesso senso si era espresso, in dottrina, il CUTRERA, Principi 
di diritto e politica doganale, Padova, 1941, 55. 

L'importanza del problema � evidente, in relazione all'influenza della 
sua soluzione sul terreno dell'onere della prova. 

Ora, prescindendo dall'osservare che il vigente cod. civ. pi� non contempla 
il deposito necessario e che la qualificazione della t. c. come deposito 
necessario non potrebbe apparire sicura, non foss'altro perch� nulla 
impedisce al presentatore delle merci di rendere senz'altro la dichiarazione 
doganale, l'orientamento espresso, sul punto, nella sentenza che si annota � 
da condividere, poich� la disciplina integralmente pubblicistica dell'istituto, 
le finalit� precipue di garanzie alle quali essa adempie (arg. ex art. 5 legge 
doganale) e la considerazione che l'introduzione nel magazzino segue al semplice 
fatto della presentazione in Dogana (art. 21 del regolamento) inducono 
ad escluderne la natura contrattuale, cfr. al riguardo, DI LORENZO, Istituzioni 
di diritto doganale, Roma, 1958, 10, nota 1 e pagg. 11 e segg. 

Non sembra, invero, che costituiscano argomenti di particolare rilievo, 

in favore dell'opposta soluzione, n� l'attribuzione della qualit� di � depo


sitante � al vettore compiuta nell'art. 40 del regolamento, attribuzione uni


camente diretta all'individuazione del soggetto del rapporto, n� la parziale 

equiparazione della t. c. al deposito doganale propriamente detto, com


piuta, ai fini del debito per diritti di magazzinaggio, dall'art. 45 delle 

disposizioni preliminari alla tariffa. F. BATISTONI FJERRARA 

(3) L'affermazione non pare convincente. In particolaa-e, non pare 
essersi considerato: che la disposizione limitativa della responsabilit� del 
funzionario addetto a:i magazzini di temporanea custodia � in funzione della 
impossibilit� di un controllo sulla effettiva consistenza delle cose introdotte 
nei detti magazzini, controllo invero non esercitabile se non dopo la presentazione 
della dichiarazione doganale; che la ratio della norma, cos� 
individuata, � di carattere obiettivo, ed � dunque sicuramente idonea anche 
a giustificare la limitazione dell'eventuale responsabilit� dell'Amministrazione. 

405

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dell'art. 25 l.d., viene esercitata � a rischio e spese del proprietario �, 
per un periodo di tre mesi, trascorso il quale, senza che la dichiarazione 
doganale sia stata presentata, insorge la presunzione di abbandono della 
merce, con le conseguenze stabilite dalla legge. 

Profondamente diverso -nei suoi presupposti e nelle sue modalit� 
di attuazione -� invece il deposito doganale, che costituisce una delle 
cinque destinazioni previste, per le merci estere, dall'art. 6 l.d. Esso, 
infatti, .comporta la presentazione della dichiarazione doganale scritta 
(domanda di introduzione in deposito) e l'accertamento della quantit�, 
della qualit� e del valore delle merci, ai fini della determinazione 
dei diritti dovuti (art. 66 l.d.). Le merci vengono quindi introdotte nei 
magazzini di diretta custodia (o, eccezionalmente, in magazzini dati in 
affitto dall'Amministrazione doganale o di propriet� privata) mediante 
una regolare bolletta doganale, denominata � bolletta di introduzione 
in deposito �, e vengono assunte in carico, non soltanto con le indicazioni 
relative ai segni distintivi dei colli, ma anche con le indicazioni relative 
alla qualit�, alla classificazione doganale, alla quantit� e al valore 
della merce oltre che all'ammontare dei tributi gravanti sulla stessa. 

Donde la conclusione -trattane dalla ricorrente -che � mentre 
nel deposito doganale � possibile discernere, fra tanti elementi pubblicistici, 
un comune rapporto contrattuale di deposito (domanda e, quindi, 
consenso del proprietario della merce, precisa determinazione dell'oggetto, 
ecc.), ci�, invece, � sicuramente da escludere nella temporanea 
custodia, la quale costituisce, in sostanza, niente altro che un 
modo di esercizio del diritto di ritenzione e si svolge senza che sia 
necessario il consenso del proprietario della merce e senza che ne sia 
determinato il preciso oggetto (i colli vengono presi in carico dal magazziniere 
dopo il solo riscontro dei segni distintivi esterni e del peso lordo, 
senza alcuna verifica del loro reale contenuto) �. 

Questa, nei suoi tratti salienti, la sostanza del primo motivo di 
ricorso. 

La censura � infondata. 

Alla Corte di merito � indubbiamente sfuggita la differenza esistente 
fra introduzione delle merci nei magazzini doganali di temporanea 
custodia e deposito doganale: istituti che, nel sistema della legge, 
appaiono nettamente differenziati, essendo, l'uno, rivolto a garantire 
all'Amministrazione doganale, in attesa che l'interessato presenti, nelle 
debite forme, la � dichiarazione doganale �, il pagamento delle imposte 
dovute sulle merci da essa �ritenute ., e costituendo l'altro una delle 
cinque destinazioni che, a norma dell'art. 6 l.d., possono essere date a 
merci che abbiano passato la linea doganale. 

Infatti la Corte d'Appello, dopo avere premesso, alla stregua della 
documentazione fornita dalle parti, che le sei casse erano state intro




406 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dotte, a cura del vettore, nel � magazzino di temporanea custodia doga


nale ., ha preso poi a discorrere di deposito doganale, citando norme 

del tutto estranee alla fattispecie accertata. 

Ma, nonostante la confusione di istituti giustamente rilevata dal


1'Amministrazione ricorrente, la decisione impugnata non merita, sul 

punto in esame, sostanziale censura. 

Nel presupposto che si trattasse, nella specie, di deposito doganale, 
la Corte di merito ha ritenuto che il relativo � contratto > fosse stato 
concluso dal vettore, interessato ad adempiere le obbligazioni derivanti 
dal trasporto e a proseguire il viaggio, a favore della Yacky 
Maeder -portatrice della polizza di carico, debitamente quietanzata al 
nome della quale egli emise l'ordine di consegna sui Magazzini di 
temporanea custodia. 

Donde l'affermazione conclusiva che la stessa Maeder doveva rite


nersi legittimata a proporre l'azione risarcitoria. 

Ora, pur dovendosi rettificare il nomen iuris impresso dalla Corte 
d'Appello al rapporto in contestazione, non cessano di aver valore, ai 
fine della legittimazione ad agire, le considerazioni svolte in proposito 
dalla sentenza denunciata. 

Nessun contratto di deposito intervenne, � vero, tra il vettore e 
l'Amministrazione doganale, ma, operando, tramite l'impresa autorizzata 
di sbarco, l'introduzione delle casse nei magazzini doganali di 
temporanea custodia, il Lloyd Triestino agi -come la Corte di merito 
ha rettamente argomentato -nell'interesse della Yacky Maeder, cui 
sarebbe spettato, quale destinataria della merce, di presentare, nelle 
more della temporanea custodia, la prescritta dichiarazione doganale. 
E l'ordine di consegna, subito dopo rilasciato dal Lloyd Triestino, ebbe 
proprio il fine, secondo il corretto apprezzamento della Corte d'Appello, 
di individuare e di designare all'Amministrazione delle dogane 
il soggetto interessato al compimento delle operazioni previste dalla 
legge doganale: a disporre, cio�, assolti i tributi, della merce in temporanea 
custodia. 

N� alcun argomento, contro la legittimazione attiva della Yacky 
Maeder, pu� trarsi, come l'Amministrazione ricorrente assume, dalla 
disposizione dell'art 40 del regolamento n. 65 del 13 febbraio 1896, 
secondo cui � i vettori che hanno trasportato le merci estere, nella consegna 
che ne fanno alla Dogana, vengono riconosciuti come principali 
e diretti depositanti �. 

Unicamente diretta, com'� fatto palese dalla sua chiara enunciazione, 
a individuare i soggetti del rapporto di custodia, in vista soprattutto 
delle contestazioni che potrebbero derivare dal rapporto stesso, 
questa norma non esclude, infatti, la possibilit� che il vettore, nel consegnare 
le merci alla Dogana, operi, come di regola, nell'interesse esclu



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 407 

sivo del destinatario della merce, abilitandolo perci� ad agire sulla 
base del rapporto per suo tramite costituito -per la tutela dei propri 
diritti. 

Priva di consistenza � pure la connessa proposizione difensiva, 
secondo cui e lo speciale permesso o nulla-osta, che dalla predetta norma 
� previsto e che fu in concreto rilasciato dal Lloyd Triestino alla Societ� 
Maeder, non valse a sostituire quest'ultima nella posizione giuridica 
del vettore �. 

Dispone il secondo comma dell'art. 40 reg. citato: � la Dogana non 
fa luogo ad alcuna operazione per lo svincolo delle merci ricevute in 
consegna dai suddetti trasportatori, se con la dichiarazione non � presentato 
speciale permesso o nulla-osta rilasciato dai medesimi a favore 
del dichiarato per il ritiro delle merci �. 

Ora, se, al lume di codesta norma, � esatto che il rilascio del detto 
nulla osta non fa venir meno nel vettore la qualit�, originariamente 
acquisita, di depositante diretto e principale delle merci ritenute in 
temporanea custodia dalla Dogana, � tuttavia incontestabile -come 
bene la Corte di merito ha ritenuto -che l'emissione dello speciale 
permesso indica nella persona od ente � dichiarato per il ritiro delle 
merci > il soggetto a favore del quale il vettore ha eseguito la consegna 
delle merci alla Dogana e che, non ottenendone la restituzione, ha per 
ci� stesso il diritto di agire per la riparazione del danno. 

Fondamentalmente ancorato alla rilevanza, erroneamente supposta, 
della inesatta qualificazione giuridica data dalla Corte di merito al rapporto 
in c�ntestazione, il primo motivo di ricorso va, pertanto, rigettato. 

Si denuncia, col secondo motivo, la violazione dell'art. 25 della 
legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 nonch� dei principi generali 
in tema di responsabilit� della Pubblica Amministrazione. 

Anche a questa censura va negato fondamento. 
Male si deduce, anzitutto, la violazione o, pi� esattamente, la falsa 
applicazione al caso specifico dell'art. 25 l.d. 

Dispone questa norma che � nel caso in cui, entro il termine stabilito 
nell'art. 19, non vengono presentati la dichiarazione e gli altri documenti 
prescritti, la Dogana ha facolt� di custodire le merci nei suoi magazzini 
o in altri a rischio e spese del proprietario �. 

Ora, poich� la sottrazione delittuosa delle sei casse si verific� come 
la Corte di merito ha accertato -quando era ancora in corso il 
termine di quindici giorni, dall'arrivo delle merci, stabilito dall'art. 19 
l.d., per la presentazione, da parte della Maeder, della dichiarazione 
doganale, � certo che la custodia della merce non pu� considerarsi effettuata 
a rischio della societ� attrice, ma sotto la responsabilit� -naturalmente 
connessa alla detenzione di cose altrui -dell'Amministrazione 
delle Dogane. 



408 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

N� sussiste l'asserita violazione dei principi generali in tema di 
responsabilit� della Pubblica Amministrazione. 

Infatti la Corte d'Appello, espressamente richiamandosi a tali principi, 
ha riconosciuto che nessun sindacato spetta al giudice ordinario 
circa il modo con cui la Pubblica Amministrazione organizza e provvede 
al funzionamento di un servizio pubblico -quale � il servizio di temporanea 
custodia nei magazzini doganali -ma ha soggiunto che l'ampia 
discrezionalit� di cui gode, in detta materia, l'Amministrazione Pubblica, 
non la dispensa dall'osservanza delle comuni regole di prudenza 
e di diligenza: regole che, nel caso di specie, risultavano palesemente 
violate. 

La Corte di merito ha pertanto applicato principi di diritto che, 
essendo conformi ai costanti insegnamenti di questo Supremo Collegio, 
costituiscono, in tema di responsabilit� della Pubblica Amministrazione, 

jus receptum. 

Il secondo motivo di gravame dev'essere conseguentemente rigettato. 

Il terzo motivo investe la sentenza impugnata per avere ritenuto nel 
presupposto che nella specie si versasse, come si � detto, in materia 
contrattuale -che un furto con mezzo fraudolento (uso di chiavi false) 
non potesse essere compreso fra le cause non imputabili al custode, 
adottando cos� un concetto eccessivamente restrittivo di causa non imputabile. 


Anche questa censura va disattesa. 

Premesso che il furto delle cose date in deposito scagiona il custode 
solo quando sia stato commesso con mezzi eccezionali, tali da frustare 
ogni difesa, validamente predisposta, la Corte di merito ha escluso che 
una simile esimente potesse ravvisarsi nella specie, in quanto l'avvenuta 

sottrazione di sei cassette, di non piccolo volume, dimostrava, per se 

~ 

stessa, il mancato funzionamento dei necessari servizi di vigilanza. 

fil 

Ora, mentre il principio di diritto da cui la sentenza muove appare 
informato ad una esatta nozione della vis maior, le successive considerazioni, 
nella stessa contenute, circa l'esistenza e l'entit� della culpa 
in custodiendo dell'Amministrazione delle Dogane, costituiscono un apprezzamento 
di fatto che, essendo immune da vizi logici -del resto, 
neppure adombrati dalla ricorrente -si sottrae ai poteri di censura di 
questa Corte Suprema. 

E appena mette conto di aggiungere che, sebbene riferito dalla Corte 
d'Appello all'ipotesi del deposito doganale, tale apprezzamento pu� bene 
estendersi anche alla temporanea custodia, in concreto avvenuta, nei 
magazzini doganali, non potendosi ammettere, per la sostanziale identit� 
delle due situazioni, che, in questa seconda ipotesi, incomba sull'Amministrazione 
delle Dogane un obbligo, per cosi dire, attenuato di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 409 

vigilanza relativamente alle cose introdotte, per volont� della legge, 
nei suoi magazzini. 

Anche il terzo motivo va pertanto rigettato. 

Si denuncia, col quarto mezzo, la violazione dell'art. 26 del regolamento 
doganale, sul rilievo che, in ogni caso, la Corte di merito avrebbe 
dovuto uniformarsi, nella determinazione quantitativa del danno, alla 
disposizione regolamentare ora citata1 laddove � sancito che il funzionario 
addetto ai magazzini di temporanea custodia risponde delle merci, 
verso l'Amministrazione e_ verso il commercio, solo nei limiti dei colli 
introdotti nel magazzino e del loro peso lordo, senza alcun riferimento 
al contenuto. 

La censura non ha fondamento. 

Invero il fatto che la legge limiti, per ragioni facilmente comprensibili, 
la responsabilit� personale del magazziniere, non esclude -mas.
sime di fronte al precetto dell'art. 28 della Costituzione -che l'Amministrazione 
delle dogane debba rispondere dell'intero danno derivato 
dalla perdita colpevole delle cose affidate alla sua custodia. 

Si denuncia, infine, la sentenza impugnata per insufficiente, illogica 
e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia 
riguardante il reale contenuto delle cassette, oggetto della temporanea 
custodia. 

La Corte d'Appello ha in proposito considerato: 

-che, a norma dell'art. 38 l.d., il capitano proveniente dall'estero 
e approdato in qualunque porto dello Stato, deve presentare in Dogana 
il manifesto dei carico (esibendone una copia se la merce viene sbarcata 
.nel porto di approdo) il quale deve, tra l'altro, indicare, a norma 
del precedente art. 37, La specie del carico e, secondo i casi, la quantit� 
in peso e in volume delle merci alla rinfusa, il numero, la quantit� e 
il peso lordo dei colli, le loro marche e cifre numeriche, i documenti 
che accompagnano Le merci; 

-che l'introduzione dei colli nei magazzini di temporanea custodia 
-imposta dalla dogana in attesa che il proprietario delle merci 
.faccia la dichiarazione di destinazione doganale -avviene dietro presentazione 
dei documenti previsti nell'art. 25 r.d. n. 65 del 1896, e previo 
riconoscimento, da parte del funzionario addetto, del numero dei colli, 
delle marche, dei numeri distintivi della specie, del peso lordo, in conjronto 
dei documenti che Li accompagnano; 

-che, nella specie, doveva conseguentemente ritenersi, per pre:
sunzione grave e precisa, che � il contenuto delle cassette fosse corri.
spondente a quanto risultava dai documenti, tanto pi� che le cassette, 
all'atto della introduzione nei magazzini doganali, erano accompagnate 
.dalla bolletta di cui all'art. 66 del citato regolamento �; 



410 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

che nessun elemento consentiva, peraltro, di affermare, secondo 
l'indimostrata deduzione dell'Amministrazione finanziaria, che il peso 
delle sei cassette, accertato all'arrivo in kg. 307,500, fosse in partenza 
di kg. 600. 

L'Amministrazione delle finanze deduce che da una motivazione 

siffatta non emergono, con logica coerenza, gli elementi dai quali la 
Corte d'Appello avrebbe tratta l'accennata presunzione grave e precisa. 

Mentre, infatti, � lecito supporre -argomenta la ricorrente -che 
tale presunzione sia derivata dall'erronea supposizione che esistesse una 
bolletta, rilasciata ai sensi dell'art. 66 1.d., e, cio�, dopo la verifica della 
qualit�, della quantit� e del valore della merce contenuta nelle cassette, 
va, nondimeno, rilevato in contrario che poco prima la sentenza spiega 

e che la introduzione in un magazzino di temporanea custodia non 
comporta se non la verifica dei segni distintivi esterni dei colli, senza 
alcuna ricognizione del contenuto �. 

Una manifesta dissonanza logica invaliderebbe, pertanto, sul punto 
in esame, il ragionamento della Corte di merito. 

La censura � infondata. 

� certamente esatto che -avendo la Corte d'Appello accertato 
essere le cassette state introdotte, ai noti fini, nei magazzini di temporanea 
custodia -non poteva nella specie esistere, per ovvie ragioni 
giuridiche, la bolletta prevista dall'art. 66 l.d., che viene rilasciata a 
documentazione del deposito doganale, in cui si concreta una delle 
possibili destinazioni delle merci estere. 

La contraria e apodittica affermazione della sentenza impugnata 
rivela, ancora una volta, l'errore in cui la Corte d'Appello � incorsa, 
confondendo la temporanea custodia nei magazzini doganali col deposito 
doganale. 

Ma va subito rilevato che l'erroneo riferimento all'accennata bolletta 
ha avuto, nell'economia della motivazione, un'importanza del tutto 
secondaria -o, meglio, rafforzativa dell'argomento fondamentale -in 
quanto la Corte di merito ha tratto il proprio convincimento, in ordine 
al reale contenuto delle cassette, dalla considerazione che, all'atto della 
introduzione delle stesse nei magazzini doganali di temporanea custodia, 
ne fu accertata la conformit� alle indicazioni contenute -relativamente 
ad ogni elemento di qualificazione e identificazione della merce -nel 
manifesto di sbarco e nei documenti che accompagnavano la merce stessa. 

E un simile accertamento -atto da solo a giustificare, sul punto 
in discussione, la pronuncia impugnata -essendo immune da vizi logici 

o giuridici, si sottrae ai poteri di censura di questa Corte Suprema. 
Ne discende che il ricorso dell'Amministrazione finanziaria deve 
essere rigettato. -(Omissis). 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 411 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 29 dicembre 1965, n. 2478 -Pres. 
Tavolaro -Est. Cesaroni -P. M. Di Majo (conf.) -Brunner (avv.ti 
Asquini A. e G., Visentini, Urbani) c. Ministero Finanze (avv. 
Stato Graziano). 

Imposta straordinaria sul patrimonio ,. Imposta straordinaria progressiva 
-� imposta personale -Residenti (alla data normativa) 
in Trieste -Non vi sono soggetti. 

(d. l. C. P. S. 29 marzo 1947, n. 143; t. u. 9 maggio 1950, n. 203, artt. 1, 5, 26). 
Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Rilevanza rispetto al 
momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposizione. 

(d. 1.1. 26 agosto 1945, n. 585, artt. 7-9; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 9, 10). 
Imposte e tasse in genere -Domicilio fiscale -Determinazione con 
provvedimento dell'Amministrazione -Forme e condizioni. 

(t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 10). 
Poich� l'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio, di cui 
al d. l. 29 marzo 1947, n. 143, � tributo di natura personale, diretto a 
colpire non i beni in se stessi, ed in quanto situati in un determinato 
territorio, ma il complesso dei beni siccome posseduti dalle persone 
fisiche alla data del 28 marzo 1947, ed in relazione alla capacit� contributiva, 
devono ritenersi non soggetti all'imposta, e nemmeno per i� 
beni siti nel restante territorio dello Stato, coloro che all'indicata data 
normativa erano residenti e fiscalmente domiciliati nel Territorio Libero 
di Trieste, nel quale la legge istitutiva non fu estesa (1). 

(1) Con questa pronuncia, e con la coeva e conforme n. 2479, le Sezioni 
Unite, approvando la soluzione gi� accolta dalla I sezione della Cassazione 
con la sentenza del 26 febbraio 1965, n. 320 (in questa Rassegna, 1965, I, 
777, con nota di C. BAFILE), e con le altre di pari data nn. 323 e 324, ribadiscono 
che all'imposta �straordinaria progressiva sul patrimonio non sono 
soggetti coloro che avevano la residenza o, comunque, erano fiscalmente 
domiciliati, alia data normativa (28 marzo 1947), nel Territorio Libero di 
Trieste, nel quale la legge italiana non aveva efficacia se non a seguito di 
un provvedimento -per la legge istitutiva dell'imposta in questione non 
emanato -del Governo militare alleato. Negli stessi sensi, poi, si � ancora 
pronunciata la I Sezione, con le sentenze 28 gennaio 1966, n. 326 e 5 apri!
l.e 1966, n. 893, di cui si omette la pubblicazione. Non pMe, dunque, che 
possa ipotizzarsi una revisione dell'indirizzo decisorio; e rispetto a questo, 
tuttavia, non possono non confermarsi le riserve espresse nella nota alla 
richiamata prima pronuncia n. 320 del 1965 (op. Zoe. cit.), e non pu�, in particolare, 
non sottolinearsi che all'interrogativo centrale, che si poneva, circa 
la .parificazione della condizione dei residenti in Trieste almeno a quella 
degli stranieri, non sembra essersi ottenuta soddisfacente risposta. N� il 
richiamo al luogo in cui si doveva presentare la dichiarazione, ai sensi 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

412 

Poich� ii domicilio fiscale, in base al quale si radica la competenza 
dell'ufficio tributario, � quello del momento in cui si verifica il presupposto 
di fatto dell'imposizione, il trasferimento del domicilio stesso, 
in tempo successivo a quello cui va riferita l'obbligazione tributaria, 
non pu� influire sull'insorgenza di questa (2). 

La determinazione del domicilio fiscale ha carattere funzionale ed 
inderogabile, ed una determinazione in deroga a quella in via normale 
prevista dalla legge deve essere attuata, nella ricorrenza dei voluti presupposti, 
con l'osservanza delle forme all'uopo stabilite (3). 

(Omissis). -Dei cinque mezzi di ricorso vanno anzitutto esaminati, 
per la loro priorit� nell'ordine logico, il secondo ed il terzo, aventi 
per substrato un comune tema dominante, che si concreta nell'inapplicabilit� 
dell'imposta nei confronti dei cittadini italiani, che alla data 
del 28 marzo 1947 avevano il domicilio fiscale a Trieste. 

La questione � stata gi� esaminata e risolta da questa Corte Suprema 
con le sentenze 320, 323 e 324 del 1965, n� vi sono motivi per 
deflettere da quell'indirizzo giurisprudenziale. 

dell'art. 30 della legge istitutiva, pare decisivo, dal momento che la soggezione 
all'imposta anche per gli stranieri, limitatamente ai beni posseduti 
nello Stato, certamente non era condizionata al concorso del requisito della 
residenza in Italia, dal momento che era espressamente disciplinata (art. 26, 
ult. co., t.u. n. 203 del 1950) anche l'ipotesi dello straniero residente all'estero. 


(2) El domicilio fiscale � rilevante ai fini dell'accertamento, e della determinazione, 
quindi, dell'uftkio finanziario competente a farvi luogo. Non 
sembra, invece, che possa dail'si un collegamento tra domicilio fiscale ed 
insorgenza dell'obbligazione tributaria, per la quale ultima ha piuttosto rilievo 
il dato considerato ai fini nei vari tributi, potendo la le.gge tener 
conto, come si � visto alla nota precedente, anche soltanto del luogo in cui 
sono siti i beni, con riguardo ai quali, o al reddito dei quali, si individua 
il presupposto dell'imposizione: fermo restando che, ai fini del procedimento 
di accertamento, � poi anche da individuare il domicilio fiscale del 
contribuente, con l'osservanza delle norme che in materia dispongono (l'art. 
9 del vigente t.u. n. 645 del 1958 precisa, tra i'altro, che il domicilio fiscale, 
ove non sia determinabile con i vari criteri collegati alla residenza, al do~ 
inicilio o alla nascita, si intende stabilito con riguardo al luogo in cui il 
reddito � prodotto o goduto). 
(3) Sulla posizione del contribuente, nei cui confronti l'Amministrazione 
si sia avvalsa del potere di stabilire il domicilio fiscale in luogo diverso 
da quello risultante in base agli ordinari criteri, e quindi sul giudice 
cui � devoluta la cognizione dell'impugnativa del provvedimento a quel fine 
emesso, nonch� sul giudice che pu� conoscere delle controversie sulla competenza 
territoriale dell'ufficio finanziario che procede all'accertamento, 
quando l'Amministrazione di quel potere non si sia avvalsa, cfr. Sez. Un. 
5 luglio 1965, n. 1408, in questa Rassegna, 1965, I, 682. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 413 

� certo, infatti, e la stessa Amministrazione finanziaria lo riconosce, 
che i provvedimenti emanati dallo Stato italiano relativi alle imposte 
straordinarie sul patrimonio (il d. l. 29 marzo 1947, n. 143, convertito 
nel t. u. 11 ottobre 1947 n. 1131 e successivamente trasfuso nel t. u. 
9 maggio 1950, n. 203) non furono mai estesi al territorio di Trieste, n� 
durante l'Amministrazione Militare Alleata, n� in momenti successivi. 

� da considerare, in proposito, che, nonostante il persistere della 
sovranit� italiana nel territorio di Trieste, in seguito agli eventi straordinari 
ivi verificatisi e agli accordi internazionali, quali il Memorandum 
di Londra del 1954, venne instaurato un regime particolare d'amministrazione, 
dapprima assunta dall'amministrazione militare occupante e, 
dopo il trapasso all'Amministrazione Italiana, dal Commissario Generale 
del Governo, con i poteri legislativi gi� esercitati dai comandi alleati, 
per cui le disposizioni legislative emanate dallo Stato italiano potevano� 
entrare in vigore a Trieste soltanto in seguito ad appositi provvedimenti 
di estensione del Commissario del Governo (v. in proposito sent. Cass. 

n. 2779 del 1959 e sent. Corte Costit. n. 
53 del 1964). 
Ne consegue che i cittadini con domicilio a Trieste non potevano 
essere assoggettati all'imposta in questione. 
Senonch�, secondo l'impugnata decisione della Commissione centrale, 
tutto ci� non avrebbe alcuna rilevanza perch� l'imposta in esame, 
emanata sia nei riguardi dei cittadini italiani che degli stranieri, sul 
patrimonio costituito da beni esistenti nello Stato, aveva vigore rispetto 
a tutti i contribuenti anzidetti. L'imposta, cio�, come sottolinea la 
difesa dell'amministrazione finanziaria, era dovuta per il solo fatto che 
i beni si trovavano in Italia, e, facendo astrazione dagli stranieri, dai 
cittadini italiani, in quanto tali, dovendo tutti contribuire al risanamento 
economico della pubblica finanza. 

E poich�, si aggiunge, non erano previste esenzioni soggettive a 
favore dei cittadini iscritti all'anagrafe del Comune di Trieste, anche 
quei cittadini erano assoggettabili all'imposta de qua. 

Ora 
tale assunto, come gi� posto in rilievo dalle citate sentenze 

n. 
320, 323, 324 del 1965, non pu� essere condiviso. 
Al tributo straordinario istituito con il d. I. C. P. S. 29 marzo 1947, 
n. 143, che, come � noto, trova il precedente storico nell'analoga imposta 
istituita con r. d. l. 22 aprile 1920, n. 494, venne impresso carattere 
personale, in quanto diretto a colpire il coacervo dei beni posseduti 
dalle persone fisiche alla data del 28 marzo 1947, in relazione con 
le condizioni economiche generali delle stesse, risultanti da tutte le 
loro attivit� e passivit�, comprese fra queste le altre imposte di cui 
erano gravate, gli oneri per il mantenimento della famiglia, ecc. (art. 22. 
e 28 del d. 1. n. 143 del 1947). 

414 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Trattavasi, quindi, d'imposizione diretta riguardante la capacit� 
contributiva dei contribuenti e non i beni per se stessi, in quanto situati 
in un determinato territorio, ma i beni in quanto appartenenti a un 
dato soggetto, .per cui anche il luogo della imposizione non poteva 
essere che quello del soggetto dell'imposta, come risulta, del resto, 

dall'art. 30 della legge istitutiva, che imponeva di presentare la dichiarazione 
all'ufficio distrettuale delle imposte dirette, nella cui circoscrizione 
trovavasi il Comune nel quale il contribuente aveva il suo domicilio 
fiscale. 

Dato questo specifico carattere, � evidente che l'imposta in parola 
non poteva essere applicata ai cittadini italiani residenti e fiscalmente 
domiciliati a Trieste, essendo mancata l'estensione del relativo provvedimento 
legislativo al territorio di quella citt�, n� per i beni col� posseduti, 
n� per i beni posseduti nel restante territorio italiano. 

Il secondo e il terzo mezzo del ricorso vanno pertanto accolti. 

Ma anche i motivi quarto e quinto devono ritenersi fondati. 

In proposito giova ricordare che il ricorrente, in data 20 aprile 1948, 
aveva inviato all'ufficio delle imposte dirette di Monfalcone una lettera 
con l'elenco delle proprie attivit� patrimoniali e successivamente anche 
la scheda di dichiarazione ai fini dell'imposta sul patrimonio, indicando, 
come prescritto, il cognome, il nome, la paternit� e il domicilio fiscale ' 
in Trieste, via Scorcola n. 8. 

i 1 

II 
"' 

Da ci� ha tratto argomento la Commissione Centrale per affermare, @ 
con esplicito richiamo alla circolare ministeriale n. 10500 del 15 dicem


,

. 

bre 1955, che l'accertamento dell'ufficio distrettuale di Monfalcone doveva 
ritenersi valido per il fatto che il Brunner, presentando la detta . 
dichiarazione di patrimonio, aveva trasferito di propria iniziativa il ' 
domicilio fiscale a Monfalcone, rientrando cosi nella potest� legislativa 
e fiscale dello Stato italiano, mentre l'Amministrazione, da parte sua, 
aveva autorizzato ed approvato, con la predetta circolare, l'operato ~ 
dell'ufficio. 


Ora, tutta questa costruzione � priva di fondamento. Anzitutto, 

I 

come gi� avvertito da questa Corte Suprema con le citate sentenze del 
1965, anche se valido, il trasferimento di domicilio da Trieste a Monfalcone 
non avrebbe potuto determinare a carico del Brunner, residente 
a Trieste, l'insorgenza dell'obbligazione tributaria, la quale, nascendo ~ ex lege nei confronti dei soggetti per i quali sussistevano al 28 marzo 
1947 i presupposti dell'imposizione, non era applicabile ai cittadini 

I 

italiani che in tale data avevano il domicilio fiscale a Trieste. 
� principio largamente riconosciuto dalla dottrina che il domicilio 
fiscale atto a radicare la competenza dell'ufficio tributario � sempre 

!

quello del momento in cui si verifica il presupposto di fatto dell'imposta, f: 

I ~ 

delineandosi per esso il soggetto passivo dell'imposizione, col duplice 

I

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 415 

vantaggio di identificare in un momento fisso e ben determinato l'uf


ficio competente per tutti i soggetti e per tutte le imposte, e di sottrarre 

sia al contribuente che alla finanza ogni possibilit� di influire, attraverso 

variazioni di domicilio successive, sulla scelta dell'ufficio stesso. 

Ne consegue che il trasferimento di cui sopra, anche se valido, 
essendosi verificato in un tempo successivo all'entrata in vigore dell'imposta 
straordinaria sul patrimonio, non avrebbe potuto determinare 
a carico del Brunner, residente a Trieste, l'insorgenza della obbligazione 
tributaria. 

Peraltro, come posto in rilievo dalla difesa del ricorrente, nemmeno 
risulta che il contribuente avesse chiesto con la dichiarazione del 1948, 
presentata all'ufficio di Monfalcone, il mutamento di domicilio fiscale. 
Non vi fu, infatti, alcuna domanda in tal senso, avendo, anzi, il ricorrente 
chiaramente indicato, nella scheda relativa, di avere il domicilio 
fiscale in Trieste. Del tutto infondata ed illogica appare, quindi, l'illazione 
che ne ha tratto la Commissione centrale con la decisione impugnata, 
nel ravvisare nella dichiarazione presentata dal Brunner una 
implicita elezione di domicilio fiscale in Comune diverso da quello 
d'iscrizione anagrafica, e ci� tanto pi� se si considera, come riconosce 
la stessa amministrazione finanziaria, la particolare situazione nella 
quale versava allora la citt� di Trieste, data l'incertezza del momento 
sia sullo � status � del c. d. territorio libero, sia sulla posizione dei 
cittadini italiani col� residenti, e la loro eventuale assoggettabilit� alla 
imposta de qua. 

E se cosi �, non pu� certo parlarsi di una deroga concordata del 
domicilio fiscale ai sensi dell'art. 9 del d. 1. 1. 24 agosto 1945, n. 325, 
vigente all'epoca della attuale controversia, ai sensi del quale � quando 
ricorrono particolari circostanze, l'Intendenza di Finanza pu� consentire 
che il domicilio fiscale del soggetto sia trasferito in un Comune diverso�. 


Non vi � dubbio, invero, che il potere di disporre del proprio 
domicilio fiscale non possa prescindere dalle norme che regolano il 
relativo procedimento, n� dalle ragioni di pubblico interesse che devono 
ispirare la loro applicazione, in relazione al carattere funzionale 
ed inderogabile del domicilio stesso. 

E nella specie, non solo non vi fu alcun esame, da parte degli 
uffici finanziari, in ordine all'esistenza delle � speciali circostanze � 
previste dalla legge, ma non intervenne neppure il provvedimento dell'Intendente 
di finanza competente a consentire il trasferimento del 
domicilio fiscale. 

N� poteva valere in proposito la circolare Ministeriale n. 10500 
del 15 dicembre 1955, con la quale l'Amministrazione finanziaria, dopo 
oltre otto anni dalla emanazione della legge, nell'intento di risolvere 

12 



416 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i problemi relativi all'applicazione delle imposte straordinarie sul patrimonio 
nel territorio di Trieste, aveva espresso l'avviso che si sarebbero 
potuti assoggettare all'imposta quei soggetti che, pur avendo il 
domicilio fiscale a Trieste, avessero presentato la dichiarazione all'ufficio 
nel cui distretto i beni erano siti. 

� chiaro, infatti, che trattandosi d'un atto puramente interno del1'
Amministrazione, tale circolare non poteva andare praeter o contra 
legem, n� spiegare i suoi effetti nei rapporti esterni senza la mediazione 
di un atto successivo, atto a rilevare la volont� dell'amministrazione 
(nella specie, il provvedimento dell'Intendente di Finanza, dal quale 
soltanto, ai sensi dell'art. 9 del citato decreto del 1945, poteva essere 
consentito il mutamento di domicilio). -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 gennaio 1966, n. 335 -P1�es. Stella 
Richter -Est. Malfitano -P. M. Caccioppoli (conf.). -Ministero 
Finanze (avv. Stato Soprano) c. Soc. Galletti -Raffineria Oli Minerali. 


Imposta di registro -Vendite di merci che nel commercio esercitato dal 
venditore sono destinate alla rivendita -Registrazione in caso 
d'uso -Aliquota ridotta di cui amart. 45 tab. D della legge organica 
del registro -Applicabilit� anche agli atti, relativi alle dette vendite, 
redatti in forma pubblica o posti in essere con scrittura privata 
autenticata, e perci� in ogni caso soggetti a registrazione in termine 
fisso. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269: tab. D, art. 45). 
Imposta di registro -Vendite di beni mobili e di merci, anche tra commercianti 
-Aliquote ordinarie di cui agli articoli 2 e 3 lett. a) della 
tariffa allegato A alla legge organica del registro -Limiti di applicabilit�. 


(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269: tariffa all. A, art. 3; tab. D, art. 45). 
Gli atti di vendita o promessa di vendita di merci, macchine o 
altri prodotti industriali, che nel commercio esercitato dal venditore 
sono destinati alla rivendita, sono soggetti all'imposta di registro con 
l'aliquota ridotta di cui all'art. 45 della tabella D allegata al r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269 (e successive modificazioni), sia se posti in essere 
per scrittura privata, soggetta a registrazione in caso d'uso ai sensi dei 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 417 

detto art. 45, sia se redatti in forma pubblica o con scrittura privata 
autenticata, e perci� soggetti a registrazione in termine fisso (1). 

Le aliquote ordinarie dell'imposta di registro, di cui agli articoli 
2 e 3 lett. a) della tariffa A allegata alla legge organica, per le vendite 
di mobili e di merci, anche se tra commercianti, sono applicabili soltanto 
quando le vendite stesse riguardano beni diversi da quelli che 
nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, e 
cio� soltanto nell'ipotesi di negozi diversi da quelli previsti dall'art. 45 
della tabella� D allegata alla detta legge (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso si censura la sentenza 
impugnata per aver ritenuto che l'aliquota prevista dall'art. 45 della 
tabella alligato D della legge di registro sia applicabile non solo se la 
registrazione degli atti in esso indicati avviene in caso di uso, ma anche 
se essa � eseguita in termine fisso. 

In proposito si deduce che la Corte di merito ha erroneamente 

l:tribuito alla espressione �occorrendo di dover sottoporre alla regi


\Zione �, adoperata nel citato articolo, un significato e una portata 

'�'wpia delle parole � in caso di uso � inserite nel titolo della tabella 

\uale l'articolo medesimo � compreso, in quanto sia nel testo 

�~lo sia nelle note e nel titolo della tabella la contrapposizione 

�\ra registrazione �in caso di uso � e �registrazione in termine 

'''origine �. L'errore in cui � incorsa la Corte, si aggiunge, 

\pi affermati nelle due massime sono sostanzialmente in 


\ca l'uno dall'altro. 

\Ja Cassazione ha ritenuto, sia da considerare l'aliquota'i> della tabella D allegata alla legge del registro, non 
\�~Ila forma dell'atto, bensi in vista della natura del 
'~ritenere jmponibili con la stessa minore aliquota 
e quelli privati autenticati, gli uni e gli altri 

...:�'ln termine fisso, purch� riguardino gli stessi negozi 

,.:. �45 cltato, evidentemente deve ricercarsi un diverso 

..,abilit� per le norme di cui agli articoli 2, ed in particolare 

,d� tariffa A. E se, al contrario, si ritiene che tali ultime norme, 

,.n genere a vendite di mobili e merci, anche tra commercianti, 

..t1 principio applicabili anche ai rapporti di cui all'art. 45 della ta


,,fa D, reciprocamente deve per tale disposizione individuarsi un diverso 
campo di operativit�, che non potrebbe essere delimitato, se non in ragione 
della forma degli atti -scrittura privata -e della correlativa prevista 
esenzione dall'obbligo di registrazione in termine fisso. 

Dalle proposte alternative appare evidente come la motivazione offerta 
dalla Cassazione, a sostegno della conclusione adottata, non possa dirsi appagante, 
a meno che non si possa e debba riconoscere che almeno una delle 
due proposizioni, di cui alle massime, sia inequivocamente esatta. 

Ed al riguardo, per�, pare potersi osservare: a) che l'art. 3, lett. a) della 
tariffa A, che specificamente riguarda le vendite di merci, anche tra com




418 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

si rileva anche dalla contrapposizione dell'art. 45 della tabella D con 
le norme contenute negli articoli 2 e 3 della tariffa alligato A della 
legge di registro, modificati dagli articoli 6 del r. d.1. 14 giugno 1940, 

n. 643 e 3 del d. 1. 5 aprile 1945, n. 141. Da tali norme si ricava l'applicabilit� 
dell'aliquota del 2 % per tutte indistintamente le vendite 
di merci tra privati, tra commercianti e tra privati consumatori e commercianti, 
sempre che siano espresse in atto scritto, sicch� come l'applicazione 
dell'aliquota dello 0,50 % stabilita dall'art. 45 della tabella D, 
successivamente modificato, � limitata alle scritture private di vendita 
di merci fatte dal commerciante o dal produttore che le destina alla 
rivendita, cosi fuori dell'ambito di tale norma, cio� fuori del caso di 
uso, si ricade nell'applicazione degli articoli 2 e 3 della tariffa alligato 
A, che contemplano l'ipotesi della registrazione a termine fisso. 
La censura � infondata. 

La Corte di merito, rilevato che la scrittura privata autenticata 
contenente il contratto stipulato tra il Comune di Pistoia e la societ� 
Galletti era stata registrata immediatamente dopo la stipulazione e, 
accertato che la Galletti � al momento della stipulazione lavorava e 
commerciava oli minerali �, ha correttamente ritenuto che l'aliquota 
applicabile per la registrazione di tale atto fosse quella dello 0,50 % 
stabilita dalla nota all'art. 45 della tabella alligato D della legge di 
registro, anzich� quella prevista per le vendite di mobili e di merci 
dagli art. 2 e 3 della tariffa alligato A della legge medesima. 

Invero, l'art. 45 della tabella alligato D, la quale contiene l'elenco 
degli atti esenti dalla registrazione in termine fisso, contempla, tra 

mercianti, si riferisce non soltanto alle vendite occasionali, da parte di detti 
imprenditori, ma anche a tutte quelle che rientrano nell'ordinaria attivit� 
degli stessi, e cio� a tutte quelle che rientrano anche nella previsione 
dell'art. 45 della tabella D, come pu� desumersi anche dal rilievo che la 
norma, nel testo originario del R D. 30 dicembre 1923, n. 3269, si riferiva 
proprio, ed esclusivamente, alle vendite tra commercianti, sicch� la successiva 
modifica (�anche tra commercianti�) deve intendersi volta ad 
estenderla anche agli atti tra non commercianti, atti obiettivamente non 
di commercio, e non gi� a chiarirne l'applicabilit� ai soli rapporti non di 
carattere commerciale; b) che, d'altra parte, vi sono nel contesto normativo 
in esame anche altre disposizioni che appaiono oggettivamente e soggettivamente 
riferite a rapporti di identica natura, come per ci� che riguarda le 
vendite di bestiame e prodotti agrari, ugualmente contemplate nell'art. 2 
lett. b) della tariffa A, e nell'art. 45 della tabella D; nel quale ultimo, inveil'o, 
� precisata per i negozi in questione l'esenzione dall'obbligo di registrazione 
in termine fisso, e l'applicabilit� della minore aliquota, anche se essi 
siano posti in essere tra non commercianti 

E poich�, dunque, e �quanto meno per tali vendite di bestiame e prodotti 
agricoli, non potrebbe trovarsi giustificazione al diverso trattamento, 
previsto da ciascuna delle ricordate disposizioni di legge, se non nella 
forma dell'atto e nella ricorrenza o non ricorrenza per esso dell'obbligo di 


419

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

l'altro, � le scritture private di vendita che abbiano per oggetto merci, 
macchine o altri prodotti industriali che nel commercio esercitato dal 
venditore sono destinati alla rivendita �, e la nota a tale articolo stabilisce 
testualmente che � occorrendo di dover sottoporre alla registrazione 
le scritture private controindicate si applica la tassa di centesimi 
cinquanta per ogni cento lire�. 

Ora, l'espressione � occorrendo di dover sottoporre alla registrazione 
� � cosi ampia e generica da comprendere non soltanto le ipotesi 
di registrazione in caso di uso specificamente indicate sotto i numeri 1 
e 2 dell'art. 2 della legge di registro, ma anche quelle di registrazione 
eseguite in termine fisso per volont� dei contraenti o in ottemperanza a 
una norma particolare. 

Questa interpretazione risponde non solo alla lettera, ma anche 
alla ratio della norma, perch� il legislatore, per ragioni di politica legislativa, 
ha voluto agevolare gli scambi di ricchezza posti in essere 
mediante le normali operazioni commerciali adottando per gli atti, 
nei quali queste vengono documentate, un regime fiscale meno oneroso 
di quello previsto per le vendite dei beni mobili e di merci in 
genere e, inoltre, trova conferma nella considerazione che, quando 
nelle note agli articoli della tabella D si prevede soltanto l'ipotesi 

registrazione in termine fisso,� pare potersi conclusivamente osservare che 
� proprio in ci� la ragione dei differenti criteri impositivi, e che, pertanto, 
una volta individuato il fondamento della discriminazione, non vi sono 
ostacoli concettuali per ammettere la stessa differenziazione anche in altre 
situazioni, e cos� anche per le vendite di merci. Per le quali, con la conferma 
innanzi vista della inesistenza di una sostanziale diveil.'sit� obiettiva 
delle due fattispecie impositive (salvo per la maggiore estensione della 
disposizione dell'art. 3 lett. a) della tariffa, che riguarda anche le vendite 
tra non commercianti), ugualmente pu� ritenersi che le minori aliquote, di 
cui all'art. 45 della tab. D, sono applicabili soltanto quando i negozi ivi 
previsti siano posti in essere con scrittura privata non soggetta a registrazione 
in termine fisso, restando altrimenti applicabili, anche per le vendite 
da commercianti o tra commercianti, le ordinarie aliquote previste dalla 
tariffa A. 

Tale conclusione, del resto, si giustifica con la considerazione che il 
pi� favOil.'evole trattamento tributario pu� essere stato voluto per gli atti 

, che rientrano nella normale pratica degli affari, ed ai fini della correntezza 
degli stessi, sicch� esso resta inapplicabile, e va dunque ritenuta l'applicabilit� 
dell'ordinario regime della tariffa A, allorch� le parti da quella 
pratica si discostino, preferendo, peil.' ragioni loro proprie, la forma solenne 
dell'atto pubblico, o anche una conferma solenne, con l'autenticazione delle 
private scritture. 

Conformi a tale soluzione, cfr. Comm. Centr., 16 dicembre 1963, n. 3583, 
Riv. Leg. Fisc., 1965, 443, e Trib. Caltanissetta, 13 gennaio 1962, in questa 
Rassegna, 1962, 51. 

Conforme alle massime, invece, sembra Comm. Centr. 8 luglio 1964, 

n. 12447, Giur. Imp. 1965, 173, che, tuttavia, perviene all'affermazione di 

420 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

della registrazione in caso di uso ai sensi dell'art. 2 della legge, si 
adopera la diversa espressione � quando si faccia uso delle scritture �, 
come nella nota all'art. 46, nella quale, stabilendosi l'applicazione del


�. I

l'aliquota dello 0,50 % si precisa che essa ha luogo �quando si faccia m 
uso delle scritture a termini dell'art. 2 della legge �. m 

Pertanto, l'aliquota stabilita dalla nota all'art. 45 della tabella D 

l

r.-�� 

� applicabile non solo quando le scritture in esso indicate siano registrate 
in caso di uso, a norma dell'art. 2 della legge di registro, ma 
anche quando le stesse siano registrate in termine fisso per volont� 
delle parti o perch� tale registrazione sia imposta da una norma particolare. 


N�, esaminandosi l'art. 45 in relazione alle disposizioni di cui 
agli articoli 2 e 3 della tariffa allegato A della legge di registro, pu� 
pervenirsi a diversa conclusione. Invero, dal coordinamento di tali 
articoli si deduce che mentre l'aliquota del 2 % stabilita dagli articoli 
2 e 3 si applica a tutte le vendite di beni diversi da quelli che 
nel commercio esercitato dal venditore sono destinati alla rivendita, 
per le vendite di questi ultimi si applica l'aliquota dello 0,50 % sia 
nell'ipotesi in cui gli atti che le contengono debbano registrarsi solo 
in caso di uso, sia nel caso in cui gli stessi vanno comunque registrati 
in termine fisso. 

Non pu�, poi, sostenersi che l'applicazione dell'aliquota ridotta 
� esclusa quando le vendite per le quali essa � prevista siano fatte 
per atto pubblico o, come nella specie, per scrittura privata autenticata, 
adducendosi che questi atti devono essere registrati in termine 

identit� di trattamento, per atti soggetti a registrazione in termine fisso ed 

atti da registrarsi in caso d'uso, soltanto sulla base del rilievo che la vo


lontaria presentazione alla registrazione, indipendentemente dalla esigenza 

di uso, non dovrebbe dar luogo ad oneri maggiori di quelli ricorrenti nel 

caso che dell'atto occorra, appunto, fare uso: col che, invero, il problema 


che del resto non era nell'economia della vertenza decisa -appare svisato, 

restando elusa l'indagine in ordine alla differenza tra l'ipotesi di atto che 

sia spontaneamente presentato alla registrazione, pur in mancanza del rela


tivo obbligo, e quella di atto che, per essere redatto in forma pubblica o 

sottoposto ad autenticazione, sia soggetto a registrazione in termine fisso. 

E la differenza indicata, invece, risulta esaminata da Comm. Centr. 6 otto


bre 1952, n. 39312, Riv. Leg. Fisc. 1953, 238, che ammette la parit� di tratta


mento, ma soltanto nel senso che anche in caso di volontaria presentazione 

alla re.gistrazione si applicano le aliquote ridotte, purch� l'atto sia tale da 

essere esente da �registrazione in termine fisso, e cio�, per le vendite in 

questione, soltanto nel caso che esse siano poste in essere con scrittura 

privata non autenticata (Ed in senso conforme, cfr. Comm. Centr. 29 mag


gio 1961, n. 80349, Boll. Trib. 1962, 744). Nel senso che l'art. 45 tab. D non 

si applica alle compravendite verbali, n� alle enunciative, cfr., rispettiva


mente, Cbmm. Centr., 7 marzo 1963, n. 96218, Giur. Imp.� 1965, 584 e Comm. 

Centr., 7 dicembre 1954, n. 64343, Riv. Leg. Fisc., 1955, 1189. 

I 

I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 421 

fisso, in quanto tale aliquota � stabilita non per la forma dell'atto di 
vendita, ma per la natura dei beni oggetto di essa (merci, macchine o 
altri prodotti industriali che nel commercio del venditore sono destinati 
alla rivendita) e per la qualit� del venditore (imprenditore commerciale). 


Se la ratio della disposizione contenuta nell'art. 45 risiedesse soltanto 
nella forma, non si spiegherebbe perch� la vendita dei beni in 
esso indicati dovrebbe essere tassata con un'aliquota minore, se posta 
in essere mediante scrittura privata, e con un'aliquota maggiore, se 
posta in essere mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. 
� vero che il citato articolo menziona soltanto le scritture private, 
ma ci� non per limitare il beneficio alle sole vendite poste ,_in essere 
con tali atti, ma perch� soltanto alle vendite eseguite mediante scrittura 
privata si � voluto concedere l'ulteriore beneficio della registrazione 
solo in caso di uso. 

Come � stato rilevato anche in dottrina, l'art. 45 contiene due 
agevolazioni: la registrazione solo in caso di uso e l'applicazione dell'aliquota 
ridotta; la prima compete soltanto alle vendite dei beni in 
esso indicati eseguite mediante scrittura privata, la seconda compete 
a tutte le vendite di tali beni indipendentemente dalla forma dell'atto 
con le quali sono poste in essere. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 498 -Pres. Favara 
-Est. Perrone Capano -P. M. Cutrupia (conf.) -Soddu (avv. 
Cuciniello) c. Ministero Finanze (avv. Stato Cerocchi). 

Imposte e tasse in genere -Concordato per la determinazione dell'imponibile 
-Natura. 

(t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 34). 
Prescrizione -Atti interruttivi -Riconoscimento del debito -Mancanza 
di dichiarazione formale ed esplicita -Non esclude l'efficacia interruttiva. 


(c. c., art. 2944). 
Imposte e tasse in genere -Prescrizione -Adesione prestata dal con


tribuente alla determinazione dell'imponibile � Idoneit� quale 

atto interruttivo della prescrizione -Estensione. 

(c. c., art. 2944; t. u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 34). 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

422 

Imposte e tasse in genere -Imposta addizionale istituita col r. d. 30 
novembre 1937 n. 2145 -Natura. 

(r. d. 30 novembre 1937, n. 2145; conv. nella legge 25 aprile 1938, n. 614). 
Imposta di .successione -Imposta globale sull'asse ereditario netto e 
sulle donazioni e altre liberalit� -Addizionale di cui al r. d. 30 novembre 
1937 n. 2145 -Appiicabilit� in ogni caso in cui � dovuta 
l'imposta globale. 

(r. d. 30 novembre 19.37, n. 2145; d. 1. 8 marzo 1945, n. 90, art. 11). 
n concordato tributario non ha carattere negoziale e transattivo, 
bensi costituisce un atto unilaterale della pubblica amministmzione, 
che pone in essere, con l'adesione del contribuente, un mezzo di accertamento 
dell'imponibile in base al quale deve esser applicata l'imposta 
(1). 

n riconoscimento del debito, ai fini dell'interruzione della prescrizione, 
pu� estrinsecarsi non soltanto in una dichiarazione formale 
ed espliCita, ma anche con qualsiasi altro atto o fatto, che implichi 
comunque il riconoscimento del diritto soggetto a prescrizione (2). 

n riconoscimento del debito, idoneo anche in materia tributaria 
ad interrompere la prescrizione, pu� estrinsecarsi anche nell'adesione 
prestata dal contribuente, in sede di concordato, alla determinazione 
dell'imponibile, e l'interruzione cos� attuata opem sia in ordine alle 
imposte, che all'imponibile stesso afferiscono, sia in ordine alle contribuzioni 
accessorie (3). 

(1) Giurisprudenza pacifica; cfr., tra le pi� recenti, .c~ss.. 23 _aprile ~964, 
n. 986, in questa Rassegna, 1964, I, 588, ove, in nota, altri richiami. Cfr., moltre 
la Relazione dell'Avvocatura dello Stato, 1956-60, II, 331. 
' Per auestioni in ordine all'interpretazione del concordato, cfr. Cass. 5 
maggio 1965, n. 819, in questa Rassegna, 1965, I, 553, con nota di A. MERCATALI 
ed ivi richiami di dottrina sulla natura del concordato. 

' (2) Conforme, tra altre, Cass. 29 maggio 1965, n. 1105:. Giust: Ci~., ~965? 
I 1548 secondo cui il riconoscimento del debito, ai sensi e per i fini d1 cu~ 
;ll'art.' 2944 c. c., � non richiede forme sacramentali, ma pu� es~i1!'secar~i 
anche per facta concludentia ed � desumibile altre.s� da presunzio?i gravi, 
precise e concordanti�; cfr., inoltre, Cass. 26 gennaio 1965, n. 142, id�, 1965, 
I 460 che ugualmente ritiene �irrilevante il modo in cui il riconoscimento 
sl ma~ifesti., potendo lo stesso, per costituire i~onea ca~sa.di i1!'terruzio~e 
della prescrizione � estt'msecarsi non soltanto m una d1ch1araz10ne esplicita, 
ma altres� in' qualsiasi fatto, che implichi comunque l'ammissione dell'esistenza 
del diritto �. 

(3) Conclusione di indubbia esattezza. Pu� aggiungersi, p7raltro, che 
con il concordato, che � atto amministrativo di accertamento dei pre~uppo: 
sti dell'imposizione la prescrizione pu� ritenersi interrotta anche a1 sensi 
dell'art. 2943, c. c.,'per il rilievo dell'attivit� posta in essere dall'Ammini

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 423 

L'addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145, convertito 
nella l. 25 aprile 1938, n. 614, non ha natura di tributo autonomo, 
bens� costituisce un accessorio dei tributi cui inerisce, e di questi 
segue la sorte anche per ci� che attiene alla prescrizione, gli atti interruttivi 
della quale, riferiti al tributo principale, valgono ad interrompere 
anche il corso> della prescrizione per la detta addizionale (4). 

Ai sensi dell'art. 11 del d. l. 8 marzo 1945, n. 90, l'estensione 
�Wimpost� globale delle disposizioni sull'addizionale, istituita col r. d. 
30 novembre 1937, n. 2145, riguarda sia l'imposta globale cui sono 
soggette le donazioni ed altre liberalit�, sia quella sull'asse ereditario 
netto (5). 

(Omissis), -Col primo motivo si denuncia: � violazione e falsa 
applicazione degliartt. 86, 88 e 89 della legge sulle successioni, approvata 
con r~ d. 30 dicembre 1923, n. 3270, e successive modificazioni; 
7� e 140 della legge di registro, approvata con r. d. 30 dicem


strazione creditrice; pi� specificamente, poi, per la materia dei tributi successori 
(cui si riferiva la contestazione definita con la sentenza in nota), 
l'interruzione pu� ritenersi anche ai sensi dell'art. 89, primo comma, del 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, in relazione .all'atto -lo stesso concordato 
-di accertamento del valore dei beni trasferiti. Sempre in tema di tributi 
successori, e per !;efficacia del concordato sul valore quale atto interruttivo 
della prescrizione, cfr. Cass. 28 maggio 1943, n. 1332, Riv. Leg. Fisc., 1943, 
480, che nell'accettazione del maggior valore, da parte del contribuente, 
correttamente indi.vidua una nuova denuncia, ad integrazione delle precedenti, 
e rileva la conseguente applicabilit� della norma di cui all'art. 86 
n. 1 del citato r. d. n. 3270 del 1923, in ordine al dies a quo del termine 
prescrizionale. 
(4) In senso sostanzialmente conforme, cfr. App. Roma, 25 gennaio 1963, 
Shell-Finanze, Temi romana, 1963, 106, mentre Ciomm. Centr. 30 ottobre 
1962, n. 91588, Giur. lTnp., 1964, 410, individua nell'addizionale un tributo 
autonomo, che tuttavia, in difetto di espresse norme in contrario, deve 
ritenersi regolato, in ogni suo aspetto, secondo la discipiina del tributo 
cui inerisce. 
(5) Chiara applicazione della norma, che, come rilevato in motivazione, 
nel disciplinare l'imposta globale, dovuta sui trasferimenti mortis causa e 
su quelli gratuiti inter vivos, richiama le rispettive disposizioni della legge 
tributaria sulle successioni e della legge del registro, � comprese quelle 
relative all'addizionale istituita col r. d. 30 novembre 1937, n. 2145., e 
cio� """""'. � ovyiamente.da ritenere -comprese quelle che riguardano l'addizion.
ale sull'uno e sull'altro tributo, e perci� con estensione dell'addizionale 
stessa all'imposta globale da liquidare in relazione ai trasferimenti che 
dalle disposizioni dell'una e dell'altra legge sono contemplati. Tale estensione 
� del resto definitivamente ed inequivocamente chiarita dall'art. 1 
della legge 10 dicembre 1961, n. 1346, che testualmente presuppone dovuta 
l'addizionale anche per l'imposta globale sul valore netto dell'asse ereditario, 
dal momento che specificamente di.spone che essa � � aumentata di 
un centesimo, ecc. >. 

424 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

bre 1923, n. 3269, e modificazioni successive; 34 del testo unico sulle 
imposte dirette, approvato con d. P. 29 gennaio 1958, n. 645; 2934, 
2935, 2943 e 2944 cod. civ.; delle altre norme di legge e dei principi 
generali di diritto sulla decorrenza e sulla interruzione della prescrizione 
dell'�zione della Finanza per conseguire il pagamento di imposta 
suppletiva in materia di successioni e sulla natura giuridica del concordato 
tributario; difetto assoluto di motivazione: art. 132, secondo 
comma, cod. proc. civ.; motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria 
circa un punto decisivo della controversia: in relazione all'art. 
360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c. �. 

In sostanza, il ricorrente si duole che sia stata rigettata l'eccezione 
di prescrizione dell'azione della finanza, proposta ai sensi dell'art. 
86, n. 2 della legge tributaria sulle successioni. Egli deduce che 
il concordato sul valore dei beni ereditari, intervenuto fra le parti il 
16 marzo 1957, non poteva considerarsi atto interruttivo della prescrizione, 
rispetto al diritto fatto valere successivamente dall'Amministrazione 
finanziaria (applicazione dell'addizionale anche all'imposta 
globale), e ci� per un duplice ordine di motivi: 

a) perch� il concordato tributario -concretandosi in un atto 
amministrativo, accompagnato dalla preventiva adesione del contribuente 
-non pu� spiegare effetti interruttivi della prescrizione; 

b) perch�, nella specie, l'errore che dette luogo al nuovo accertamento 
e alla conseguente imposta suppletiva, oggetto del presente 
giudizio, era un errore di diritto commesso in sede di liquidazione 
dell'imposta principale (allorch� si ritenne che la detta addizionale 
fosse applicabile alla sola imposta di successione, e non anche a quella 
globale), mentre il concordato ebbe per oggetto il valore dei beni 
ereditari, e cio� una materia � che nulla aveva a che fare con la successiva 
pretesa della Finanza di correggere le conseguenze della sua 
primitiva interpretazione delle norme relative all'applicazione dell'addizionale 
pro alluvionati �. 

La doglianza � infondata. 

� esatto che il concordato tributario non ha carattere negoziale 

e transattivo, poich� esso si concreta in un atto unilaterale della pubblica 
amministrazione, che pone in essere, con l'adesione del �ontribuente, 
un mezzo di accertamento dell'imponibile su cui deve essere 
applicata l'imposta. Ma ci� non toglie che l'adesione prestata al concordato, 
il cui atto deve essere sottoscritto anche dal contribuente o 
da un suo rappresentante, si risolva in un riconoscimento circa i divitti 
dell'amministrazione finanziaria in ordine a quel determinato 
.accertamento e alla relativa imposizione tributaria. Col sottoscrivere 
l'atto di concordato, nel quale devono essere indicati gli elementi in 
base ai quali � stato determinato l'imponibile (art. 34 del testo unico 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 425 

sulle imposte dirette, approvato con d. P. 29 gennaio 1958, n. 645), il 
contribuente riconosce -implicitamente, ma necessariamente -di 
essere tenuto a pagare non solo tutte le imposte, ma anche tutte le 
contribuzioni accessorie, che per legge afferiscono all'imponibile concordato. 
In altri termini, con l'aderire alla determinazione della base 
imponibile e col sottoscrivere il concordato, il contribuente pone in 
essere un atto interruttivo della prescrizione, limitatamente all'oggetto 
del concordato ed ai diritti immediatamente conseguenziali, poich� 
riconosce il diritto dell'amministrazione finanziaria ad effettuare 
la tassazione che consegue per legge all'accertamento dell'imponibile. 
Lo stesso ricorrente, del resto, dopo avere accennato all'atto di costituzione 
in mora (che nella specie certamente non ricorre), ammette 
esplicitamente che anche in materia fiscale la prescrizione � interrotta 
� dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale 
il diritto stesso pu� essere fatto valere�. Anche in materia tributaria, 
dunque, � applicabile l'art. 2944 c. c., che dalla giurisprudenza 
di questa Suprema Corte � interpretato nel senso che il riconoscimento 
dell'altrui diritto, ai fini della interruzione della prescrizione, pu� 
estrinsecarsi non solo in una dichiarazione formale ed esplicita, ma 
anche con qualsiasi altro atto o fatto, che implichi comunque il riconoscimento 
del diritto soggetto a prescrizione. 

Nel caso in esame, quindi, il concordato sul maggior valore dei 
beni ereditari, intervenuto mentre era in corso il termine triennale 
di prescrizione (previsto dall'art. 86 n. 1 del r. d. 30 dicembre 1923, 

n. 3270), determin� l'interruzione della prescrizione medesima, relativa 
al diritto dell'amministrazione finanziaria di chiedere il pagamento 
dell'imposta di successione e di quella sul valore globale dell'asse 
ereditario. 
Di conseguenza, la prescrizione rimase interrotta anche in ordine 
all'addizionale istituita col r. d. l. 30 novembre 1937, n. 2145, convertito 
nella 1. 25 aprile 1938, n. 614, addizionale che ha carattere 
accessorio e che � soggetta allo stesso regime tributario delle imposte, 
delle sovrimposte, delle tasse e dei contributi, sui quali deve essere 
-Obbligatoriamente applicata in forza di legge. Pur avendo proprie 
-caratteristiche e proprie finalit�, la detta addizionale non costituisce 
un tributo autonomo, indipendente dai tributi cui afferisce, tanto che 
non ha una propria disciplina, n� un proprio termine di prescrizione. 
Essa si applica a determinati tributi erariali, provinciali e comunali, 
quale accessorio stabilito dalla legge in una certa percentuale, e perci� 
si risolve in un aumento di aliquota, destinato ad integrare i bilanci 
degli enti comunali di assistenza. Da ci� deriva che non � configurabile, 
in ordine all'addizionale in questione, un diritto autonomo dell'amministrazione 
finanziaria, svincolato ed indipendente dai tributi 



426 :RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

su cui essa incide, e soggetto ad autonoma prescrizione. Quale accessorio 
dovuto per legge in percentuale predeterminata, l'addizionale 
segue il regime giuridico delle imposte sulle quali deve essere applicata, 
nel senso che tutti gli atti che riguardano l'accertamento e la 
riscossione di tali imposte, compresi gli atti interruttivi della prescrizione, 
estendono i loro effetti anche all'addizionale, appunto perch� 
questa � un accessorio che segue automaticamente il tributo principale. 


Esattamente, quindi, la Corte d'appello ha ritenuto che il concordato 
sul valore dei beni ereditari avesse interrotto la prescrizione, 
non solo in ordine all'imposta di successione ed a quella globale, ma 
anche in ordine alle relative addizionali e, in particolare, in ordine 
all'addizionale che forma oggetto del presente giudizio, richiesta con 
atto di ingiunzione notificato . il 27 aprile 1959, entro il triennio dal 
concordato, e perci� prima che decorresse il nuovo termine di prescrizione. 
N� -come afferma il ricorrente -l'impugnata sentenza 
potrebbe essere cassata per vizio di motivazione, poich� il difetto o 
l'erroneit� della motivazione su questioni giuridiche non possono, di 
per s� soli, comportare l'annullamento della decisione. Allorch� trattisi 
di questioni di diritto, che non richiedono apprezzamenti di fatto, 
ed allorquando il dispositivo dell'impugnata sentenza sia conforme 
a diritto, pu� la Suprema Corte correggere la motivazione giuridicamente 
erronea,� ai sensi dell'art. 384 c. p. c., e pu� altres� integrarla o 
completarla, sempre che si verta in tema di questioni strettamente 
giuridiche. � questo il caso di specie: per cui la motivazione della 
denunciata sentenza, assiomatica ed inesatta, va corretta ed integrata 
nei sensi innanzi spiegati. 

Ne consegue che il primo motivo di ricorso deve essere respinto, 
perch� giuridicamente infondato. 
Col secondo . motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione 
dell'art. 1 r. d. 1. 30 novembre 1937, n. 2145, degli artt. 6 e 11 

d.1.1. 8 marzo 1945, n. 90, e dell'art. 4 r. d. l. 4 maggio 1942, n. 434, 
in relazione all'art. 12 delle preleggi e all'art. 360 nn. 3, 4 e 5 c. p. c., 
il ricorrente sostiene che la predetta addizionale � applicabile solo 
all'imposta di successione, non anche all'imposta sul valore globale 
dell'asse ereditario. 
Anche questo assunto, gi� disatteso dai giudici di merito, in primo 
ed in secondo grado, � infondato e deve essere ulteriormente disatteso. 
Basta rilevare che la questione prospettata dal ricorrente � legislativamente 
risolta dall'art. 11, terzo comma, del d. l. I. 8 marzo 1945, 

n. 90, il quale dispone che � per la presentazione della denunzia 
(relativa all'imposta sul valore globale der trasferimenti a titolo gratuito), 
la determinazione dei valori imponibili, la deduzione delle 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 427 

passivit�, il pagamento dell'imposta, i privilegi, le prescrizioni e il 
modo di decidere le controversie, nonch� per le sanzioni punitive, 
sono applicabili, in quanto non sia diversamente disposto dal presente 
decreto, le disposizioni della legge tributaria sulle successioni e, quando 
si tratta di donazioni o liberalit�, della legge di registro, comprese 
quelle relative all'addizionale istituita dal r. d. 1. 30 novembre 1937, 

n. 2145 �. Queste ultime parole, relative all'addizionale, non possono 
essere riferite alle sole espressioni che immediatamente le precedono, 
e cio� soltanto alla legge di registro, in rapporto alle donazioni e alle 
liberalit�, perch� la locuzione � quelle � (e comprese quelle relative 
all'addizionale �) si ricollega indubbiamente alle � disposizioni della 
legge tributaria sulle successioni e della legge di registro �. D'altra 
parte, in base ad una corretta interpretazione letterale, le suindicate 
parole devono essere riferite a tutte le previsioni contemplate nella 
disposizione, che ha per oggetto le imposte (tutte le imposte) sul valore 
globale dei trasferimenti a titolo gratuito, sia quelli tra vivi che quelli 
mortis causa. Cosicch� esse riguardano non solo le donazioni e le liberalit�, 
ma anche le successioni, nel senso che l'addizionale gi� applicabile 
all'imposta di successione (oltre che all'imposta di registro) in 
forza del decreto del 1937, si applica anche all'imposta sul valore 
globale. Se cosi non fosse, ben diversa sarebbe stata la formulazione 
della norma in esame, in quanto sarebbe stata specificata la volont� 
del legislatore di limitare l'applicazione dell'addizionale all'imposta 
di successione, oltre che alle donazioni e alle liberalit�, e di escluderla 
rispetto all'imposta sul valore globale dell'asse ereditario, tenuto 
conto che quest'ultima imposta, pur avendo carattere autonomo, rientra 
essenzialmente nel sistema e nel regime tributario dell'imposta di successione, 
alla quale viene comunemente (anche se non giuridicamente) 
assimilata ed equiparata. Devesi ritenere, dunque, che l'addizionale 
in questione colpisca non solo l'imposta di successione, ma altres� 
quella sul valore globale dell'asse ereditario, cos� come hanno esattamente 
affermato i giudici di merito. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 626 -Pres. Scarpello 
-Est. D'Armiento -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Coronas) c. Ascanelli (avv. Grillo) e Esattoria 
consorziale di Bologna. 

Imposte e tasse in genere -Esecuzione esattoriale -Concordato fallimentare 
-Azione diretta a fame riconoscere ilcarattere vincolante 
rispetto al credito chirografario d'imposta -Opposizione all'ese




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

428 

cuzione ed azione di accertamento -Giurisdizione del ~iudice 
ordinario -Esclusione e limiti. 

n soggetto indicato nei ruoli come debitore tributario, fino al 

�compimento dell'esecuzione, non ha alcuna azione proponibile davanti 
al giudice ordinario per contrastare o rimuovere ta pretesa dell'esattore, 
ma pu� solo ricorrere all'intendente di finanza ed esperire, contro 
iZ provvedimento di questo ultimo, i rimedi previsti dal vigente 
ordinamento. A superare l'improponibilit� della domanda non vale 
opporre che nel caso di specie non si contende intorno al valore ed 
all'efficacia degli atti amministrativi con i quali venne definito il debito 
di imposta, ma solo sull'estinzione di tale debito in forza di fatti 
successivi (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo si denuncia la violazione degli 
artt. 72 e 73 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401; 208, 209 t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645; 22 r. d. l. 7 agosto 1936, n. 1639; e il difetto di giurisdizione; 
sostenendo che la sentenza impugnata erroneamente non 
ha dichiarato il difetto temporaneo di giurisdizione a decidere sull'azione 
proposta dall'Ascanelli contro l'Esattoria Consorziale di Bologna 
(sia che la si qualifichi come opposizione all'esecuzione esattoriale, 
sia che la si consideri accertamento negativo d'imposta) fino 
al compimento dell'esecuzione esattoriale, in forza degli artt. 72 e 
73 t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401, e successivamente in base agli articoli 
208, 209 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645. Tali norme -si argomenta 
-non ammettono, in materia di esecuzione fiscale, le opposizioni 
regolate dagli artt. 615, 618 c. p. c., mentre l'azione d'accertamento 
negativo di una imposta diretta, gi� iscritta legittimamente nel ruolo, 
non � proponibile davanti all'autorit� giudiziaria �se non dopo avere 
adito le competenti commissioni amministrative (il che, nella specie, 
non � stato fatto). 

Con il secondo motivo, denunziando la violazione degli artt. 33, 
40, 72, 73, 97 t. u. n. 1401 del 1922 e 15, 28 1. 16 giugno 1939, n. 962; 
200, 206, 209, 210 t. u. n. 645 del 1958; 51, 135 r. d. 16 marzo 1942, 

n. 257, si sostiene che a torto la Corte di merito ha ritenuto estinto 
il credito, posto in riscossione dell'Esattore. Si afferma, in particolare, 
dalla ricorrente amministrazione finanziaria, che la procedura di riscos(
1) Sulla proponibilit� di azioni ed opposizioni fondate sul concordato 
fallimentare del debitore d'imposte dirette. 
In nota alla precedente sentenza 2 luglio 1965, n. 1373 delle Sezioni 
Unite della Cassazione si � riferito (in questa Rassegna 1965, I, 916) che 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 429 

sione delle imposte � del tutto autonoma ed indipendente dalla procedura 
fallimentare, tanto che l'azione esattoriale pu� essere proseguita 
pure in pendenza di fallimento. Nulla di quanto avviene nel 
procedimento fallimentare pu� ostacolare l'azione dell'esattoria per il 
conseguimento integrale del credito in riscossione: e per ottenere la 
sospensione dell'esecuzione esattoriale il curatore deve impegnarsi a 
versare l'intero ammontare del debito d'imposta. 

Il primo motivo di ricorso, che ha carattere preliminare ed assorbente 
rispetto al secondo, � fondato. 

Come risulta chiaro e come non si contesta, l'Ascanelli, con l'atto 
introduttivo di lite del 12 dicembre 1957, ha proposto opposizione 
avverso l'esecuzione esattoriale, che contro di lui era stata iniziata 
per debito d'imposta; esecuzione che aveva dato causa ai verbali di 
pignoramento dell'8 novembre e del 2 dicembre 1957, ma peraltro 
non era stata conclusa. 

L'atto di citazione porta all'intestazione la seguente dizione: � citazione 
in opposizione all'esecuzione: art. 615 ., e conclude per la � sospensione 
dell'esecuzione � perch� sia � dichiarato estinto il diritto del-

in data 18 novembre 1965 era stato discusso nella stessa sede un altro ricorso 
avente per oggetto la stessa questione decisa dalla sentenza allora 
annotata e relativa alla proponibilit� di opposizioni od azioni di accertamento 
negativo tendenti a far valere l'assoggettamento del credito chirografario 
d'imposta reclamato dall'esattore alla falcidia concordataria. 

Tale ricorso � stato deciso con la presente sentenza che, giungendo a 
conclusioni totalmente opposte a quelle di cui alla precedente n. 1373.'65, 
afferma principi che permettono un definitivo chiarimento della materia. 

� principio ripetutamente codificato (adt. 72 e 73 del t. u. 17 ottobre 
1922, n. 1401 e ora art. 209 del t. u. 29 gennaio 1958, n. 645) quello per 
cui, nel caso di esecuzione esattoriale, le opposizioni del contribuente possono 
svolgersi esclusivamente in via amministrativa, essendo la competenza 
dell'Autorit� giudiziaria ordinaria limitata al solo risarcimento dei danni 
da richiedersi all'esattore dopo il compimento dell'esecuzione. 

Trattasi, come � noto, di una particolare garanzia della esecuzione 
esattoriale, in base alla quale � ormai pacifico che, nei confronti di tale 
esecuzione, non sono proponibili le opposizioni di cui agli artt. 615 e segg. 

c. p. c., che sarebbero dirette a paralizzare l'azione esecutiva dell'esattore 
ed a sostituire la competenza del giudice ordinario a quella dell'intendente 
di finanza, che � la sola stabilita dall'ordinamento. 
Ma tale conclusione non pu� esaurire gli effetti di quel principio, costituendone 
invece soltanto una pratica attuazione, onde appare inesatto quanto 
affermato nella ricordata sentenza n. 1373/65 secondo cui, in mancanza 
di una concreta contestazione del diritto dell'esattore a procedere ad esecuzione, 
l'azione diretta all'accertamento della sopravvenuta estinzione del 
credito tributario sarebbe pienamente proponibile dinanzi all'Autorit� giudiziaria 
ordinaria. 

Infatti, qualsiasi azione da proporsi nei confronti dell'esattore prima 
del compimento dell'esecuzione, anche se diretta al semplice accertamento 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

430 

l'Esattoria a procedere ulteriormente ad esecuzione forzata per i titoli 
della narrativa nei confronti dell'attore �. Dal che si evince che, oltre 
alla denominazione di atto di opposizione all'esecuzione, l'atto medesimo 
ne aveva anche il contenuto e la sostanza, contestandosi dal1'
Ascanelli all'Esattoria il diritto di procedere ad esecuzione frozata e 
chiedendosi espressamente la sospensione dell'esecuzione. 

Pertanto, ed oltre al nomen iuris conferito dalla parte, anche la 
causa petendi ed il petitum stanno a caratterizzare e qualificare l'azione 
proposta dall'Ascanelli come opposizione all'esecuzione ex articolo 
615 c. p. c. 

Ma cosi qualificata l'azione, deve-riconoscersi che la stessa non 
poteva proporsi davanti al magistrato ordinario, che in materia � 
carente di giurisdizione. 

Ed invero, gli artt. 72 e 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401 (in 
vigore fino al 31 dicembre 1959) e gli artt. 208 e 209 del t. u. 29 gennaio 
1958, n. 645 (in vigore dal periodo successivo) sostanzialmente 
identici nel contenuto precettivo, vietano espressamente che il sog..: 
getto indicato nei ruoli di riscossione come debitore tributario possa, 
nel caso della procedura esecutiva istituita contro di lui dall'esattore, 

della sopravvenuta estinzione del credito di imposta, non pu� tendere ad 

altro che ad impedire il proseguimento della esecuzione od a predisporre 

il titolo in base al quale agire per il risarcimento del danno dipendente 

da tale illegittimo proseguimento. In ogni caso, comunque, essa urta con 

il disposto dell'art. 209 del t. u. n. 645 del 1958. 

C.i� con sentenza 10 agosto 1934 in causa fall. Nitti c. Esattoria Rende 

(in Giust. trib., 1935, 499) il Supremo Collegio ritenne infatti Quanto segue: 

� Applicandosi la procedura speciale stabilita dalla legge suaccennata, sideve 
necessariamente aver riguardo agli artt. 72 e 73 della legge stessa, 
secondo i quali nessuna sospensione degli atti esecutivi pu� ottenersi sB 
non in forza di ordinanza motiv�ta dell'intendente di finanza e solo acl 
esecuzione compiuta possono le parti, che si ritengono lese dagli atti esecutivi 
dell'esattore, provvedersi davanti all'Autorit� giudiziaria al solo 
effetto di conseguire il risarcimento dei danni e delle spese. 
�Ed allora -proseguiva la stessa sentenza dopo aver dato atto che 
in quella fattispecie la esecuzione esattoriale non poteva ritenersi compiuta 
-delle due l'una: o lo scopo del curatore era quello di dimostrare 
la pretesa arbitrari�t� ed illegalit� dell'atto esecutivo impugnato, per impedire 
che l'esecuzione mobiliare fosse compiuta, e l'Autorit� giudiziaria 
ordinaria era priva di potest� giurisdizionale al riguardo, spettando esclusivamente 
all'Intendenza di finanza la facolt� di digporre la sospensione 
della procedura: o lo scopo e7�a quello di ottenere it semplice riconoscimento 
della illegalit� ed arbitrariet�. denunciate, al solo effetto di fondare 
su un titolo legale il chiesto risarcimento dei danni, in tal caso l'azione era 
intempestiva non essendo stata ancora compiuta l'esecuzione �. 
La sentenza in esame conferma ora tali principi, ma, ci� che pi��conta, 
ne fornisce anche la giustificazione sistematica, affermando che �dopo il 
compimento dell'esecuzione, invece, a norma dell'art. 209 del t. u. 29 gen




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 431 

opporsi sia all'esecuzione, sia agli atti esecutivi, e solo gli riconoscono 
la facolt� di ricorrere all'intendente di finanza. 

Il giudice ordinario, perci�, difetta di giurisdizione a conoscere 
della domanda. del contribuente, volta a far dichiarare l'illegittimit� 
dell'esecuzione e la nullit� degli atti esecutivi, previa sospensione dell'esecu:
done stessa; e questa, mirando a contestare la facultas agendi 
dell'esattoria, si qualifica come tipica opposizione all'esecuzione e agli 
atti esecutivi, ripercuotendo immediatamente e direttamente i suoi 
effetti sull'azione esecutiva; oltre che per una inevitabile conseguenzialit�,.. 
anche per un evidente rapporto di connessione sostanziale. 

Quanto ora detto trova conferma nell'indirizzo giurisprudenziale 
costante e consolidato di questa Suprema Corte a Sezioni Unite (cfr. 
sentt.: 1 dicembre 1962, n. 3258; 19 aprile 1963, n. 962; 21 giugno 
196$., .n. 1665; 27 luglio 1963, n. 2083; 19 luglio 1965, n. 1629); 
n� a superare l'improponibilit� della domanda vale opporre, come 
neUa .. sentenza denunziata si afferma, che nel caso di specie non s� 
contende intorno al v�lore ed all'efficacia degli atti amministrativi con 

naio 1958, n. 645 (corrispondente all'art. 73 del t. u. 17 ottobre 1922, n. 1401) 
� riconosciuto il diritto, a chi si ritenga leso dall'esecuzione esattoriale, di 
a�gire in sede giudiziaria contro l'esattore ai soli fini del risarcimento dei 
danni; ma prima di tale momento, per la. particolm�e natura del procedimento 
esecutivo esattoriale, il contribuente non pu� considerarsi titolare di 
un diritto soggettivo, bens� di un semplice interesse legittimo (tutelabile, 
come tale, davanti agli organi dell'amministrazione attiva) �. 

Se pertanto, prima del compimento della esecuzione esattoriale, il con


tribuente non ha alcun diritto soggettivo da far valere nei confronti del


l'esattore, � certo che egli, comunque prospettando le sue istanze (opposi


zione all'esecuzione; accertamento negativo del credito per sopravvenuta 

estinzione in modo diverso dal compimento dell'es�cuzione), non pu� pre


tendere alcuna tutela da parte dell'Autorit� giudiziaria ordinaria. 

Ci� non comporta alcuna reviviscenza del principio del solve et repete 

e non significa, evidentemente, che, pur in pendenza della escuzione esat


toriale, non sia proponibile l'azione giudiziaria relativa alla impugnazione 

delPa��ertamento dell'imposta iscritta a ruolo. Tale azione, infatti, pre


scinde dal compimento dell'esecuzione esattoriale, e deve essere proposta 

nei termini e secondo i presupposti stabiliti per il contenzioso tributario 

in m�teria.dii~oste dirette. 

La C'Orte Costituzionale, con la sua sentenza 7 luglio 1962, n. 87 (in Foro 
it. 1962; 1, 1219)che ha respinto, come � noto, l'eccezione di incostituzionalit� 
della norma dell'art. 209 del t. u. :oer asserito difetto di tutela giudiziaria, 
ha chiarito con precisione tali concetti allorch� ha affermato 
quanto segue: �D'altra �parte � stato esattamente osservato tanto dalla difesa 
della Presidenza del Consiglio, quanto dalla difesa del Servizio, che gli 
artt. 208 e 209 fanno sistema: sistema, occorre ag.giungere, che la dichiarazione 
di Ulegittimit� della regola del� solve et repete integra e completa. 
Codesto sistema comporta in primo luogo il diritto del contribuente di agire 
davanti all'autorit� giudiziaria competente (una volta osservate le condi


13 



432 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i quali venne definito il debito d'imposta, ma solo sull'estinzione di 
tale debito, in forza di fatti successivi. 

Il soggetto indicato nei ruoli come debitore tributario, invero, fino 
al compimento dell'esecuzione, non ha alcuna azione proponibile davanti 
al giudice ordinario per contrastare o rimuovere la pretesa 
dell'esattore, ma pu� solo ricorrere all'intendene di finanza ed esperire, 
contro il provvedimento di questo ultimo, i rimedi previsti dal 
vigente ordinamento. 

Gli sono, invece, espressamente inibite le opposizioni regolate 
dagli artt. 615, 618 c. p. c., cio� tutte quelle forme di opposizione che 
si riferiscono sia all'esistenza sostanziale e formale del titolo, sia alla 
regolarit� degli atti esecutivi, e che normalmente appartengono alla 
giurisdizione ordinaria. 

Dopo il compimento dell'esecuzione, invece, a norma dell'art. 209 

t. u. 29 gennaio 1958, n. 645 (corrispondente all'art. 73 del t. u. 17 ottobre 
1922, n. 1401) � riconosciuto il diritto, a chi si ritenga leso dall'esecuzione 
esattoriale, di agire in sede giudiziaria contro l'esattore 
ai soli fini del risarcimento dei danni; ma prima di tale momento, per 
I 

zioni poste dall'art. 22 del r. d. 7 agosto 1936, n. 1639, segnatamente 

I 

If?la pubblicazione dei ruoli, e perci� anche prima dell'inizio dell'esecuzione, 
eh~ si ha con la notifica dell'avviso di mora) per far accertare la totale o 
parziale inesistenza della pretesa impositiva, senza che sia necessario, per 
l'esercizio di questa azione di accertamento, il pagamento del debito di f,
ri; 
imposta. In secondo luogo il contribuente, e coloro che l'art. 209 del t. u. 

:~ 

gli equipara, hanno facolt� di ricorrere all'Intendente di finanza (conseguenza 
e conferma a un tempo del carattere amministrativo del procedimento), 
contro tutte le questioni connesse con l'esecuzione. Contro il provvedimento 
dell'Intendente di finanza, compreso quello che sospende gli atti 
esecutivi, e che sono definitivi, possono essere esperiti i rimedi approntati 
dall'ordinamento, limitandosi l'ultimo comma dell'art. 208 a ridurre a 60 
giorni il termine per il ricorso in via straordinaria al Capo dello Stato. 

In terzo ed ultimo luogo, conclusa questa fase, senza che l'esecuzione sia 
stata sospesa, il contribuente, e coloro che la legge gli equipara, possono 
agire contro l�'esattore in sede giudiziaria per il risarcimento dei danni e 
l'esattore risponde dei danni e delte spese del giudizio anche con la cauzione 
prestata, salvi i diritti spettanti all'ente impositore �. 

In definitiva, dunque, quando l'accertamento di imposta � divenuto 
incontestabile in base alle norme sul contenzioso tributario, e indipendentemente 
comunque da tale contestazione eventualmente pendente, nei confronti 
dell'esattore che agisca in base a ruoli d'imposta, il contribuente, 
prima del compimento dell'esecuzione, non pu� proporre alcuna azione 
dinanzi all'Autorit� giudiziaria ordinaria, perch� non ha alcun diritto soggettivo 
da far valere a carico di quello, e non pu� pertanto pretendere che 
tale Autorit� si pronunci, in qualunque modo, in ordine alla eventuale 
soggezione del credito chirografario di imposta alla falcidia concordataria .. 

G. ANGELINI ROTA 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 433 

la particolare natura del procedimento esecutivo esattoriale, il contribuente 
non pu� considerarsi titolare di un diritto soggettivo, bens� 
di un semplice interesse legittimo (tutelabile, come tale, davanti agli 
organi dell'amministrazione attiva). 

Pertanto, il ricorso va accolto e dichiarato il difetto di giurisdizione 
del giudice ordinario a conoscere della causa, cassandosi, conseguentemente, 
senza rinvio, la sentenza denunciata. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 marzo 1966, n. 628 -Pres. Scar


pello -Est. Salemi -P. M. Criscuoli (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Gargiulo) c. Soc. Caseificio sociale �Palazzo � (avv. 
Neri). 

Imposte e tasse in genere -Imposta generale sull'entrata -Controversie 
di estimazione semplice non devolute alla cognizione delle Commissioni 
-Giurisdizione del giudice ordinario -Sussiste. 

(Cost., art. 113; legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, art. 6; d. 1. 7 agosto 1936, 

n. 1639, artt. 22, 29; d. 1. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52; d. 1. 3 maggio 1948, 
n. 799, art. 18). 
Competenza e giurisdizione -Potere del giudice che pronuncia soltanto 
sulla giurisdizione di fissare principi e limiti per l'esercizio della 
giurisdizione stessa � Esclusione. 

(c. p. c., art. 382). 
Procedimento civile -Giudizio di appello -Rimessione al primo giudice 
fuori dei casi tassativamente previsti -Esclusione -Cumulo di domande 
-Rimessione al primo giudice in relazione alle domande 
per le quali lo stesso aveva negato la giurisdizione -Rimessione 
anche per le altre domande, sulle quali ilprimo giudice aveva affermato 
la giurisdizione -Esclusione. 

(c. p. c. artt. 353, 354). 
Poich� le controversie di estimazione semplice, in materia tributaria, 
devono ritenersi sottratte alla cognizione delZ'Autoritd giudiziaria 
ordinaria soltanto quando per esse sia predisposto un organo di giurisdizione 
speciale, e poich� l'interesse del contribuente ad essere sot� 
toposto all'imposizione secondo legge ha consistenza di diritto soggettivo, 
deve riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario in tutte 
le controversie, in materia di imposta generale sull'entrata, che non 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sono devolute alle Commissioni, e cosi in quelle concernenti l'accertamento 
di violazioni, ai sensi dell'art 52 della legge organica 19 giugno 
1940, n. 762 (1). 

Al giudice che pronuncia sulla giurisdizione non � consentito fissare 
i principt, pur se concernenti i criteri ed i limiti di esercizio 
della stessa affermata giurisdizione, cui deve attenersi il giudice nel 
successivo giudizio di merito (2). 


Il principio secondo cui il potere attribuito al giudice di appello, 
di rimettere la causa al primo giudice, � di carattere eccezionale, e 
perci� esercitabile nei soli casi tassativamente indicati dalla legge, 
si applica anche nel caso di procedimenti con pluralit� di domande, 
e comporta che ii giudice del gravame, riconosciuta errata la pronwncia 
di primo grado, di difetto di giurisdizione per uno dei capi di 
domanda, deve rimettere la causa al primo giudice soltanto per quel 
capo, giudicando invece nel merito per gli altri capi, sui quali gi� in 
prime cure la giurisdizione sia stata affermata (3). 

(1) Conformi sono anche Cass., Sez. Un. n. 627, di pari data, e n. 315 
del 27 .gennaio 1966. Tutte confermano l'indirizzo segnato dalle stesse Se�
' 

�'

zioni Unite, nella soggetta materia, con le sentenze 24 giugno 1965, n. 1322 
e 17 luglio 1965, n. 1592, entrambe in questa Rassegna, 1965, I, 1058, con 
nota (1-2-4-5), cui si fa richiamo. 

(2) Principio gi� affermato dalle Sezioni Unite con la citata sentenza 
n. 1322 del 1965. Anche per questa parte, quindi, si fa rinvio alla nota 
redazionale (6), in questa Rassegna, Zoe. cit., 
(3) Sulla prima parte della massima, cfr. Cass. Sez. Un. 25 febbraio 1964 
n. 407, Giust. Civ. 1964, I, 993; Cass. Sez. Un., 12 gennaio 1963, n. 34, Giust. 
Civ. 1963, I, 542 (entrambe ricordate in motivazione dalla sentenza in nota). 
Per l'applicazione, del resto di chiara conformit� ai principi, in ipotesi 
di procedimento con pluralit� di domande, cfr. Cass. 17 luglio 1956, n. 2755, 
pure richiamata nell'attuale .pronuncia. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 marzo 1966, n. 769 -Pres. Vistoso Est. 
Gambogi -P. M. Cutrupia (conf.) -Soc. Cartiera di Cairate 
(avv. Biamonti) c. Ministero Finanze (avv. Stato Coronas). 

Tassa sulle concessioni governative -Societ� -Aumento di capitale 
mediante utilizzazione delle riserve -Applicabilit� dell'imposta 
graduale -Esclusione. 

(d. P. R. 1� marzo 1961, n. 121, tariffa: art. 111). 
L'aumento del capitale di una societ�, ottenuto mediante utilizzazione 
delle riserve, non integra un nuovo apporto di ricchezza, quale 
previsto dall'art. 111 della tariffa allegata alla legge tributaria sulle 

::

., 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 435 

concessioni governative (t. u. approv.ato coi d. P. R. 1� marzo 1961, 

n. 121), e non soggiace quindi all'imposta graduale ivi prevista (1). 
(Omissis). -Con l'unico motivo di ricorso la � Cartiera di Cairate � 
denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 della 
tabella allegata al testo unico delle disposizioni in materia di tasse sulle 
concessioni governative approvato con d. P. R. 1� marzo 1961, n. 121, 
con riferimento all'art. 85 della Tariffa all. A alla legge di registro ed 
agli artt. 2424, 2438, 2439, 2442, 2444 e 2446 c. c., nonch� l'omessa, 
insufficiente ed erronea motivazione, lamentando che la sentenza impugnata 
abbia ritenuto sottoposto a tassa graduale sulle concessioni 
governative un aumento di capitale concretantesi non nell'apporto di 
nuova ricchezza alla societ�, secondo� il disposto dell'art. 111 della tabella 
predetta, bens� in una semplice variazione contabile nel patrimonio 
sociale, quale � quella che si verifica col passaggio a capitale 
di partite disponibili di bilancio. 

La censura � fondata e deve essere accolta, in conformit� a quanto 
deciso da questa Corte Suprema con le sentenze n. 90 del 20 gennaio 
1962 e n. 938 del 17 maggio 1965. 

Non sembra, infatti, che la sentenza impugnata adduca, a sostegno 
della contraria soluzione, argomenti nuovi di efficacia decisiva. 

Ed invero, al rilievo che il passaggio di fondi dalla riserva al capitale, 
sottraendo i fondi stessi alla possibile ripartizione tra i soci, per 
assicurarne la disponibilit� all'ente societ�, si concreti in un vero 
apporto di ricchezza all'ente medesimo e non in una semplice modificazione 
contabile, si pu� sempre rispondere che il passaggio di fondi 
sociali a capitale non � fenomeno irreversibile e non pone, quindi, in 
essere una sottrazione definitiva di tali fondi alla apprensione da parte 
dei soci anche durante la vita della societ�. L'art. 2445 c. c. consente 
infatti la riduzione del capitale esuberante mediante rimborso ai soci, 
salve le limitazioni di cui agli artt. 2327 (capitale minimo di legge) e 

(1) Il principio, che la Cassazione aveva gi� affermato con la sentenza 
del 20 gennaio 1962, n. 90, in questa Ra.~segna, 1962, 35 (in riferimento al 
disposto dell'art. 114 della tariffa allegata al d.P.R. 20 marzo 1953, n. 112, 
corrispondente all'art. 111 della tariffa vigente), e poi ribadito con la pi� 
recente sentenza del 17 maggio 1965, n. 938 (Giur. It. 1965, I, 1, 1503), ha 
.ricevuto, con la decisione in nota, una conferma ulteriore; sicch� sembra 
doversi escludere, almeno allo stato, una possibilit� di modifica dell'indirizzo 
che si � cosi venuto consolidando. 
Il principio stesso, come anche la Cassazione avverte, non incide sul 
regime degli atti di aumento di capitale ai fini dell'imposta di registro, 
attesa la differente legislativa individuazione dei presupposti dell'imposizione, 
disciplinata dall'art. 85 della tariffa A allegata al r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, senza discriminazioni di sorta in relazione alla fonte onde 
gli aumenti sono realizzati. 



436 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2412 c. c. (collegamento tra rimborso di capitale e rimborso di obbligazioni), 
che manifestamente non possono riguardare la ipotesi in cui w 
l'originario capitale sia stato aumentato da nuovi apporti che poi si 


' 

vogliano ridistribuire tra i soci. Quindi, n� dal punto di vista giuridico .'

I 

n� da quello ~conomico pu� dirsi che la societ� consegua, nei confronti 
dei soci, col passaggio a capitale di fondi di bilancio, vantaggi maggiori 
di quelli in precedenza goduti. 

Del resto, il tenore letterale della norma in esame, e cio� della 
nota apposta all'art. 111 della tabella, col prescrivere che la tassa deve 
colpire � ogni nuovo apporto di ricchezza che viene ad aggiungersi a 
quella precedente fornita alla societ� �, dimostra chiaramente che nella 
specie il legislatore ha avuto riguardo alla sostanza del fenomeno economico 
e non alla apparenza del mezzo giuridico-contabile mediante il 
quale pu� realizzarsi il passaggio a capitale di somme gi� appartenti 
alla societ�. Se questo non fosse stato l'intento del legislatore, non si 
vede perch� costui non si sarebbe limitato a colpire con la tassa, � sic 
et simpliciter �, ogni � aumento di capitale in societ� gi� costituite �, 
cos� come ha fatto, per la imposta di Registro, con l'art. 85 della Tariffa 
relativa. Vero � che -come si sostiene dai fautori della opposta opinione 
-esisteva la esigenza di precisare che dalla tassazione degli 
aumenti di capitale andavano esclusi quegli aumenti meramente fittizi, 
che sono costituiti dalle rivalutazioni del capitale stesso in adeguamento 
alla svalutazione monetaria; ma se questa solamente fosse stata la eccezione 
che il legislatore avesse voluto apportare alla tassazione, la nota 
all'art. 111 della Tabella avrebbe avuto un diverso tenore: avrebbe, 
cio�, escluso espressamente e semplicemente dalla tassa le rivalutazioni 
di capitale, senza adottare quella generica formula dell' � apporto di 
ricchezza � che, se non altro, ha dato luogo alle presenti incertezze. 

Anche la contrapposizione tra nuova ricchezza apportata e ricchezza 

� precedentemente fornita � alla societ� non costituisce affatto -come 
invece vorrebbe la Amministrazione resistente -argomento letterale a 
favore della tassabilit� dell'aumento di capitale attraverso l'utilizzazione 
dei fondi di bilancio; tali fondi, infatti, non costituiscono ricchezza 
apportata alla societ�, bens� profitto di questa; vengono insomma dal-
l'interno della societ�, non dall'esterno di essa. Sotto questo profilo, 
quindi, apporto e fornitura di capitali, non si distinguono lessicamente, 
ma si riferiscono entrambi a qualcosa che in precedenza, diversamente 
dai fondi di bilancio, non si trovava nel complesso capitale-patrimonio, 
gi� appartenente alla societ�. 
I

Deve poi ripetersi che la disposizione dell'art. 85 della Legge di 
Registro, secondo la cui pacifica interpretazione ogni forma di aumento 1-: 
di capitale, anche se effettuata mediante semplice passaggio di riserve 
od avanzi a capitale, � sottoposta alla imposta relativa, non pu� influire 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 437 

se non � a contrario � nella interpretazione da darsi all'art. 111 della 
Tabella delle tasse di concessione governativa. La imposizione per registrazione, 
infatti, non � limitata da alcuna formula analoga alla nota 
che accompagna l'art. 111 della tabella di dette tasse; e tale diversa regolamentazione 
testuale non � casuale, ma risponde ad una diversa natura 
giuridica dei due tributi, essendo la imposta di registro commisurata 
agli effetti giuridici dell'atto, ed essendo invece la tassa di concessione 
riferita, per espressa volont� del legislatore, agli effetti economici sostanziali 
della delibera sociale da iscrivere nei registri di cancelleria. 

Non pu� trascurarsi, infine, l'ulteriore argomento testuale tratta 
dal fatto che sia l'art. 111 che il 112 della tabella si riferiscono entrambi 
alla sottoscrizione del capitale aumentato; tale espressione, evidentemente, 
non pu� conciliarsi con l'aumento eseguito non gi� con 
la emissione di nuove azioni da collocare all'esterno, bens� col semplice 
passaggio di fondi a capitale, operazione che si compie con l'aumentare 
il valore nominale delle vecchie azioni o con l'emetterne delle nuove 
assegnate proporzionalmente ai soci senza sottoscrizione. Anche da 
questo punto di vista, quindi, il testo della legge non pu� conciliarsi 
con la tesi sostenuta dalla amministrazione. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 785 -Pres. Vistoso 
-Est. Giannattasio -P. M. Pedote (diff.) -Maccari (avv. 
Paoli Puccetti) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Masi). 

Profitti di regime -Avocazione -Profitti derivati da negozi conclusi col 
tedesco invasore -Prova -Presunzioni semplici -Applicabilit�. 

(d. I. I. 26 marzo 1946, n. 134, art. 5; c. c., art. 2729). 
Cassazione -Legittimazione ad agire -Eccezione -No:n dedotta nel giudizio 
di merito -Deducibilit� in Cassazione -Limiti. 

(c. p. c., artt. 81, 100 e 324). 
Cassazione -Nuove questioni di diritto -Ammissibilit� . -Limiti. 

(c. p. c., art. 360). 
Poich� nessuna norma del d. l. lgt. 26 marzo 1946, n. 134, in tema 
di avocazione dei profitti di regime, prescrive che la prova dei rapporti 
di fornitura debba risultare da documenti contrattuali, tale prova, 
e quella stessa del conseguimento dei profitti, pu� essere acquisita mediante 
presunzioni, che abbiano i requisiti previsti dall'art. 272'{} 
cod. civ. (1). 

(1) .Giurisprudenza consolidata. Alle decisioni citate in sentenza possono 
aggiungersi, sempre in materia di avocazione di profitti di regime, 
Cass. 29 dicembre 1953, n. 3853, Riv. leg. fisc., 1954, 298; 13 giugno 1953, 
n. 1746, id., 1953, 967; 18 gennaio 951, n. 152, id., 1951, 399. 

438 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il difetto di legitimatio ad causam, attiva e passiva, � di ordine 
pubblico ed � rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo 
ed anche dinanzi alla Corte di Cassazione; ma quando nelle pregresse 
fasi la contestazione sia rimasta circoscritta al merito, senza 
che da parte dell'interessato sia stata posta in discussione la legittimazione, 
e tanto pi� quando questa abbia costituito il presupposto 
della pronunzia di primo grado, sia pure favorevole nel merito al detto 
interessato, deve ritenersi su quel presupposto formato il giudicato, e 
la questione del difetto di legittimazione non pu� essere pi� sollevata 
(2). 

� precluso dedurre in Cassazione questioni nuove, quando con 
esse il ric01�rente reclami per la prima volta l'applicazione di una 
norma di diritto non invocata dinanzi al giudice di merito, e la cui 
applicabilit� importi l'accertamento di nuovi elementi di fatto non 
dedotti nelle precedenti fasi del procedimento (3). 

(Omissis). -Il Maccari, partendo dalla premessa che la ditta 
Maccari e Boni, all'infuori delle forniture che hanno formato oggetto 
del primo accertamento, non pi� in discussione, non ha effettuato al 

(2) In tema di legittimazione ad agire attiva e passiva l'insegnamento 
della Corte Suprema � consolidato sotto un duplice profilo. 
In primo luogo � stato ripetutamente affermato (Cass. 31 gennaio 
1963, n. 170; 11 maggio 1952, n. 956; 24 gennaio 1962, n. 109) che essa � 
una condizione dell'azione e come tale deve sussistere al momento della 
decisione, di guisa che, se, mancando all'atto della proposizione della domanda, 
sopravvenga nelle more del giudizio, la lite pu� proseguire per 
l'emanazione della sentenza di merito. 

In secondo luogo, � stato sempre ritenuto che, essendo la questione 
relativa alla legitimatio ad causam di ordine pubblico, il relativo difetto 
� deducibile in ogni stato e grado del processo, e �rilevabile anche d'ufficio, 
salvo che la questione stessa abbia formato oggetto di specifica contestazione, 
e la relativa decisione, non impugnata, sia passata in giudicato 

(Cass. 23 luglio 1964, n. 1990; 22 giugno 1963, n. 1699; 5 aprile 1963, n. 860; 
16 marzo 1963, n. 666). 

La decisione in esame presenta interesse, perch� esclude la necessit� 
di una specifica contestazione ed ammette, quindi, la formazione di un 
giudicato implicito anche sulla questione della legittimazione ad agire. Tale 
ultimo principio, gi� affermato con sentenza 8 giugno 1961, n. 1313 (in questa 
Rassegna, 1961, 108), e seguito dalle magistrature di merito (App. Napoli, 
22 maggio 1963, Foro Nap., 1963, I, 75), limita sensibilmente la possibilit�, 
astrattamente ammessa, di denunziare per la prima volta in Cassazione 
il difetto di legittimazione, e, per converso, la rilevabilit� di ufficio 
del difetto medesimo in ogni stato e grado del giudizio (cfr. nota alla citata 
sentenza 8 giugno 1961, n. 1313, in questa Rassegna, Zoe. cit.). 

(3) Giurisprudenza pacifica. Cfr., da ultimo, Cass. 6 agosto 1964, numero 
2244; 15 febbraio 1964, n. 343. 
R. SEMBIANTE 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 439 

tedesco invasore le altre due forniture, delle quali difetterebbe qualsiasi 
prova, censura, con il primo motivo, l'impugnata decisione, denunciando 
la violazione dell'art. 5 del d. I. 26 marzo 1946, n. 134, degli 
artt. 136 e ss. c. p. c., e 12 e ss. disposizioni sulla legge in generale, e 
per omesso esame ed omessa motivazione sul punto decisivo della 
controversia in ordine al mancato accertamento degli appalti, forniture 
ed altri negozi conclusi con il tedesco invasore; specie in considerazione 
del fatto che la commissione provinciale aveva ritenuto, 
con motivazione esente da vizi logico-giuridici, non sufficienti gli elementi 
di prova emersi dalla contabilit� Ruko. La decisione impugnata 
-si aggiunge -pone a fondamento dell'avocazione non gi� le presunte 
forniture, di cui non � stata data la minima prova, sebbene 
presunti pagamenti risultanti dalla detta contabilit�. E mentre l'ufficio 
-si conclude -avrebbe dovuto provare che i pagamenti inerivano 
ad uno di quei negozi conclusi con il tedesco invasore, cui fa 
riferimento l'art. 5 della legge, la dedisione non motiva in base a 
quale processo logico si siano fatti discendere le forniture dai pagamenti, 
sicch� ne viene ad essere espressa una nozione perplessa di 

� pagamento � e di � fornitura � ed � omesso l'esame sul punto decisivo 
della sussistenza delle condizioni dell'azione di avocazione. 
La censura � infondata. La Commissione centrale, dopo che, con 
decisione interlocutoria, aveva ritenuto necessario disporre di tutti i 
dati registrati nella contabilit� tedesca a nome della ditta Maccari e 
Eoni, relativi alle forniture da queste eseguite, e dopo aver preso 
visione delle copie fotostatiche dei fogli dell'organizzazione tedesca 
Ruko col Banco di Roma e del conto della medesima organizzazione col 
Comando delle forze armate germaniche in Italia, dai quali documenti 
risultava la corresponsione alla ditta Maccari e Eoni di L. 6.845.145 
e 16.605.519, riteneva che i pagamenti in questione costituivano la 
base del secondo e del terzo accertamento, e , unicamente, di fronte alla 
richiesta dell'Ufficio della determinazione del profitto in L. 5.407.000, 
lo determinava equitativamente in L. 2.200.000. In questa motivazione, 
per quanto succinta, i pagamenti effettuati dall'organizzazione germanica 
alla ditta Maccari e Eoni sono posti in relazione alle forniture 
fatte dalla ditta Maccari e Eoni all'organizzazione germanica e ne rappresentano 
il corrispettivo. Cade, in tal modo, la censura di difetto 
di attivit� in ordine al collegamento tra i pagamenti e gli appalti, 
forniture ed altri negozi conclusi con il tedesco invasore, i cui profitti 
sono considerati illeciti e quindi avocabili ai sensi dell'art. 5 del 

d. I. 26 marzo 1946, n. 134. 
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dei 
principi generali dell'ordinamento che presiedono l'onere probatorio 

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440 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(art. 2697 c. c.), l'efficacia probatoria degli atti e fatti dedotti (art. 2699, 
2702 e ss. c. c.), e l'omessa motivazione sul punto della mancata prova, 
da parte della Finanza, delle forniture concluse con il tedesco invasore, 
del contenuto probatorio degli estratti della contabilit� Ruko, 
dell'efficacia di tale contabilit�, il tutto in relazione alla contraria decisione 
della Commissione provinciale, presa con motivato giudizio 
esente da vizi logico-giuridici. Spettava -si afferma -all'ufficio 
fiscale provare sia il conseguimento dell'utile e del profitto, sia il ricollegarsi 
a forniture, appalti od altri contratti conclusi con il tedesco 
invasore, ma tale prova � mancata. In particolare, la Commissione non 
ha considerato che la contabilit� Ruko non proveniva da una pubblica 
amministrazione, si riferiva ad un periodo particolarmente tormentato 
dell'occupazione, e non poteva fornire prova, perch� non proveniva 
dalla parte contro cui era fatta valere. 

Tale censura che, sostanzialmente, ripete quella contenuta nel 
primo motivo di ricorso, insiste sulla insussistenza delle forniture col 
tedesco invasore, cio� su di un apprezzamento di fatto, insindacabile 
in questa sede di legittimit�. Una volta accertato il pagamento di somme 
in corrispettivo di forniture concluse con il tedesco invasore, nessuna 
ulteriore specifica motivazione era imposta alla Commissione Centrale 
per dedurre l'esistenza di negozi considerati dalla legge illeciti, perch� 
nessuna norma del d. 1. 26 marzo 1946, n. 134 prescrive che la prova 
dei rapporti di fornitura debba risultare da documenti contrattuali. 
Tale prova pu� essere acquisita mediante presunzioni, che abbiano i 
requisiti prescritti dall'art. 2729 c. c., in particolare attraverso quella 
di forniture eseguite da un imprenditore italiano al tedesco invasore, 
e quella contemporanea e corrispondente del pagamento effettuato dal 
tedesco a quell'imprenditore (Cass., 14 marzo 1957, n. 872; 35 maggio 
1956, n. 1783; 3 marzo 1954, n. 614). In altre parole, il conseguimento 
dei profitti di regime non si presume, ma la prova del conseguimento 
dei profitti stessi pu� essere desunta anche da presunzioni 
gravi, precise e concordanti, in quanto nulla, al riguardo, dispone in 
contrario la legge speciale. 

Con il terzo motivo si censura la sentenza, denunciandosi la violazione 
delle norme di legge e dei principi generali del diritto che 
regolano la identificazione del debitore in genere e del debitore di 
imposta in particolare, nonch� la omessa motivazione ed omesso esame 
del punto decisivo della controversia circa la individuazione del soggetto 
cui si riferiscono i presunti pagamenti, intestati a diverse ditte 
ed invece presunti tutti a carico del ricorrente. La Commissione Centrale, 
data la omogeneit� delle indicazioni della contabilit� Ruko, e 
data la esistenza di ditte con denominazioni analoghe, avrebbe dovuto 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 441 

esaminare specificamente perch� i profitti erano stati calcolati tutti in 
capo alla ditta del ricorrente: tale omissione rende non suscettibile di 
individuazione il procedimento logico-giuridico in base al quale la 
Commissione � pervenuta al suo convincimento. Si trattava -viene 
osservato -di punto decisivo attinente alla stessa legittimazione passiva, 
e non � stato nemmeno considerato il rilievo essenziale della incapacit� 
produttiva della ditta rispetto alla entit� delle forniture assertivamente 
poste a suo carico. 

Anche tale censura � priva di fondamento. Nei procedimenti dinanzi 
alle Commissioni non � mai stata proposta la questione relativa 
:alla violazione delle norme che regolano la identificazione del debitore 
d'imposta, n� si � accennato ad eventuale confusione con altre ditte, 
:ma si � sempre discusso sulle prove degli accertamenti e cio� sull'efficacia 
probatoria della documentazione tedesca. � vero che il difetto 
�di legitimatio ad causam, attiva e passiva, � di ordine pubblico ed � 
rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo ed anche 
dinanzi alla Corte di Cassazione, ma quando dinanzi alla Commissione 
centrale la contestazione � stata circoscritta al merito, senza che da 
parte del Maccari sia stato posto in discussione il presupposto della 
J)ronuncia di prime cure, la quale, sebbene favorevole al contribuente 
nel merito, implicava il riconoscimento della sua legittimazione ad 
agire, su tale presupposto si � formato il giudicato, e la questione del 
difetto di legittimazione non pu� essere pi� sollevata. 

N�, d'altra parte, la Commissione Centrale aveva l'obbligo di una 
particolare motivazione in ordine ad un eventuale rapporto di intermediazione 
o associativo tra la ditta Maccari e Boni ed altra ditta (il 
cui nome figura in una delle varie poste della contabilit� Ruko), a norma 
dell'art. 5 del d. 1. 26 marzo 1946, n. 134, e stante il principio di soli
�dariet� in tema di avocazione dei profitti di regime. 

Con il quarto motivo il ricorrente censura la sentenza denunciando 
la nullit� dell'accertamento per violazione dell'art. 8 del r. d. 
17 settembre 1931, n. 608 e delle norme che regolano l'accertamento 
e la specificit� dei motivi, nonch� la identificazione del soggetto pas


'.vo. Posto che talune forniture risultavano intestate alla ditta Me.
alli pressati Bonomi, l'accertamento, ove, in ipotesi, si fosse esclusa la 
sussistenza di una societ� di fatto tra detta societ� e la ditta Maccari 
-e Boni, avrebbe dovuto precisare per quale parte il profitto fosse avocabile 
nei confronti dell'una e per quale parte nei confronti dell'altra. 
Se invece la Finanza era partita dal presupposto della sussistenza di 
tale societ� di fatto per quel singolo pagamento e per quella sola fornitura, 
l'accertamento avrebbe dovuto precisare quale parte dei profitti 
era avocabile nei confronti della societ� e quale nei confronti della 



442 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Maccari e Boni; comunque gli accertamenti contestati avrebbero dovuto 
contenere la indicazione della fornitura nella quale si basavano. 

Anche tale censura � infondata. A parte la ripetizione di rilievi gi� 
contenuti nel mezzo precedente, per i quali valgono le considerazioni 
gi� svolte, la questione centrale che si agita con questo mezzo � nuova 
e, come tale, preclusa in Cassazione, perch� con essa il ricorrente 
reclama per la prima volta l'applicazione di una norma di diritto non 
invocata dinanzi alle commissioni tributarie, la cui applicabilit� importa 
l'accertamento di nuovi elementi di fatto, non dedotti nelle precedenti 
fasi del procedimento. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 25 marzo 1966, n. 797 -Pres. Favara 
-Est. Roperti -P. M. Gentile (conf.) -Ministero Finanze 
(avv. Stato Carafa) c. Mutti (avv.ti De Tullio, Bettinelli). 

Imposta di successione -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione 
per presunzione di esistenza, nell'asse ereditario, di 
gioielli, mobilia e denaro -Pronuncia di illegittimit� costituzionale, 
in relazione al diverso computo della percentuale: sul valore lordo, 
per le aziende agricole, e sul valore netto, per le aziende industriali 
e commerciali -Estensione della pronuncia di illegittimit� all'intera 
norma sulla presunzione indicata -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; Corte Cost., sent. 12 luglio. 1965, n. 1)9). 
Imposta di successione -Determinazione dell'attivo imponibile -Maggiorazione 
per presunzione di esistenza di gioielli, mobilia e denaro 
-Inapplicabilit� in caso di diverse risultanze di inventari Condizioni 
-Limiti. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n . .3270, art. 31, terzo e quarto comma). 
La pronuncia di illegittimit� costituzionale (Corte Cost., sent. 12 
luglio 1965, n. 69) delle disposizioni dell'art. 31, primo e secondo 
comma, del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), 
�in quanto escludono le aziende agricole dal trattamento 
disposto per le aziende industriali e commerciali � non si estende ai 
complesso delle norme sulla valutazione presuntiva di gioielli, mobilia 
e denaro, bensi va intesa nel senso della eliminazione della disparit�. 
di trattamento che dalle indicate norme era prevista per il computo 



PARTE I, SEZ, V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 443 

delta percentuale sul valore -lordo nel primo caso e netto nel secondo 
...,..,.,. detle dette aziende (1). 

La disposizione del terzo comma dell'art. 31 del r. d. 30 dicembre 
1923, n. 3270, secondo la quale non si ricorre alla valutazione pres.
untiva per gioielli, mobilia e denaro, nella determinazione dell'attivo 
~reditario, allorch� da inventari risulti la inesistenza o un valore mi


(1) La sentenza della C1orte Costituzionale del 2 luglio 1965, n. 69, 
leggesi in questa Rassegna, 1965, I, 884. 
La stessa chiara enunciazione del dispositivo di tale pronuncia, con 
la quale � stata dichiarata l'illegittimit� delle disposizioni del primo e del 
secondo comma dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni � in 
quanto escludono le� aziende agricole dal trattamento digposto per le aziende 
industriali e commerciali., convince dell'esattezza della conclusione, accolta 
dalla Cassazione, nel senso che soltanto la disparit� di trattamento 
�. stata ritenuta in contrasto con i principi costituzionali, e perci�, nelle 
l'.J.Orme che la prevedevano, dichiarata illegittima. 

. . � � In senso sostanzialmente contrario, cfr. CRISAFULLI V., In tema di capacit� 
contributiva, Giur. cost., 1965, 857, il quale rileva: a) che la formula 
adott�ta nel dispositivo potrebbe far ritenere che la sentenza della Corte 
Costituzionale sia � di quelle che dichiarano l'illegittimit� costituzionale 
di una disposizione per quel che non dice od espressamente esclude (nel 
caso: omessa menzione delle aziende agricole, accanto ed insieme a quelle 
industriali, nel secondo comma, e perci� inclusione delle prime, a differenza 
delle altre, nella regola del primo comma)�; b) che, peraltro, la formula 
stessa �ha tradito il pensiero della Corte ed il senso della pronuncia, ricostruibile 
esattamente soltanto alla stregua delle considerazioni svolte 
nella motivazione., dalle quali dovrebbe dedursi che la sentenza ha fatto 
cadere l'intero art. 31, tanto pi� che la stessa Corte, nel sottolineare la 
diversit� di trattamento, per le aziende agricole, da una parte, e per quelle 
industriali e commerciali, dall'altra, avrebbe deltberatamente evitato di 
scegliere tra l'uno e l'altro sistema di applicazione della percentuale di 
maggiorazione (sul valore lordo, nel primo caso; su quello netto, nell'altro), 
s�cch� dovrebbe ritenersi dichiarata l'illegittimit� dell'una e dell'altra 
disciplina impositiva. 

Senonch�, e pur in rapida sintesi, nei limiti consentiti da queste note, 
pu� osservarsi in primo luogo, e per quanto possa essere di rilievo, che 
una scelta la Corte Costituzionale l'ha fatta, allorch� ha chiarito le ragioni 
per le quali ha giudicato ingiustificata la discriminazione fatta, con un trattamento. 
pi� oneroso, .per le aziende agricole, e tanto pi� quando ha osservato 
che �queste. � nell'attuale evoluzione... vanno uniformandosi sempre 
pi� ai sistemi deUe aziende industriali�: sicch�, anche avendosi riguardo 
alla motivazione, pu� dirsi chiara l'interpretazione della pronuncia nel 
senso che la legittimit� deve ritenersi dichiarata limitatamente alla norma 
che quel diverso e deteriore trattamento faceva per le aziende agricole, 
rispetto al trattamento -del resto non in discussione, ed anzi assunto a 
termine di confronto proprio ai fini del giudizio sulla conformit� della 
disposizione ai principi di cui agli articoli 3 e 53 della Costituzione riservato 
dalla stessa legge alle aziende industriali e commerciali. 

E pu� aggiungersi, del resto, che la formula del dispositivo adottato 
dalla Corte Costituzionale nemmeno si presta alle critiche innanzi accen




444 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nore degli indicati beni, non � applicabile. quando gli stessi inventari 
siano incompleti, ed anche se l'incompletezza non sia imputabile alla 
parte interessata (2). 

(Omissis). -Preliminare � l'esame dell'eccezione sollevata dalla 

difesa dei resistenti nella udienza di discussione, secondo cui, a seguito 
della sentenza 12 luglio 1965, n. 69 della Corte Costituzionale, che ha 
dichiarato l'illegittimit� costituzionale del primo e secondo comma del-
l'art. 31 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), 
che contempla la presunzione di esistenza di gioielli, denaro e 
mobilia nella valutazione dei compendi ereditari agli effetti della imposta 
di successione, sarebbe rimasta priva di base giuridica la pretesa 
della Finanza fondata sulla detta presunzione. 

L'eccezione � inattendibile. 

Dispone l'art. 31 che le percentuali del 2 e del 5 % per la valu-, 
tazione presuntiva, rispettivamente, dei gioielli e denaro, e della 
mobilia, vanno calcolate sul valore complessivo dei beni ereditari al 
lordo del passivo, con esclusione delle aziende industriali e commer


~ 

J 
~ 
nate, ed anzi � forse la pi� tecnicamente corretta, giacch�, se dall'art. 31 
in esame era in definitiva disposto, al primo comma, che la maggiorazione 
si doveva applicare per tutti i beni, e quindi anche per le aziende agricole, ; 
sul valore lordo, restando cos� da considerare al netto soltanto le aziende ' 
industriali e commerciali secondo la espressa eccezione posta col secondo !=:=;

I

comma, � evidente il significato della dichiarata illegittimit� delle disposir


t

zioni dell'uno e dell'altro comma � in quanto escludono le aziende agricole 
dal trattamento disposto per le aziende industriali e commerciali � : perch�, ~ 
invero, la illegittimit� deve cos� ritenersi riferita a quella parte del secondo ~ 
comma, che poneva la eccezione per le aziende, ma la limitava a quelle il 

� industriali e commerciali � (e tale limitazione � caduta), nonch� a quella 
?
I

parte del primo comma, che riguardava, con gli altri beni in genere, anche i ~ 
le aziende agricole. 

(2) Conforme, in termini, Cass. 20 novembre 1964, n. 2768, Riv. Leg. , 
' 
Fisc. 1965, 256. Si tratta di conclusione la cui esattezza appare indiscutibile ' 
sol che si consideri, come la Corte ha fatto anche nella sentenza in nota: ' 
che. la norma dell'art. 31 della legge tributaria sulle successioni mira ad 
evitare, con la prevista maggiorazione percentuale sul valore degli altri 
lbeni, che restino esclusi dall'attivo imponibile quei beni che pi� facilmente 
potrebbero sfuggire all'accertamento (mobilia, denaro, gioielli); che l'esclusione 
della maggiorazione presuntiva � consentita, quindi, soltanto quando 
si abbia altrimenti certezza -in base ad �inventari di tutela o di eredit� 

i

beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione di sug1gelli � dell'effettiva 
consistenza dell'asse ereditario; che tale certezza -una volta 
' 

I 
.
che l'inventario, e non importa per quale ragione, risulti incompleto non 
� pi� assicurata, presentandosi anzi la certezza opposta, dell'esistenza 

Idi altri beni, e quindi la esigenza di procedere alla valutazione presuntiva, 
secondo il normale criterio fissato nel primo e nel secondo comma del 
detto art. 31. 

'I![

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 445 

ciali, che vanno, invece, calcolate sulla differenza netta tra attivo e 
passivo. 

Quest'ultima esclusione, limitata alle sole aziende industriali e 
commerciali e non pure alle aziende agrarie, per le quali non era consentito 
di detrarre le passivit� ai fini del calcolo delle predette percentuali, 
� stata ritenuta dalla Corte costituzionale contraria ai principi 
di eguaglianza tributaria garantiti dagli artt. 3 e 53 della Costituzione, 
onde con la richiamata sua decisione, ha dichiarato la illegittimit� costituzionale 
del 1� e 2� comma del citato art. 31 della legge tributaria 

� in quanto � -� detto testualmente nel dispositivo -� escludono le 
aziende agricole dal trattamento disposto per le aziende industriali e 
commerciali �. 
� chiaro, pertanto, che in forza della menzionata pronuncia non � 
stato abolito il sistema in genere della presunzione di esistenza di gioielli, 
denaro e mobilia nella valutazione dei compendi ereditari, previsto 
dai predetti commi, agli effetti dell'imposta di successione, ma � stata 
soltanto eliminata la diversit� di trattamento, ai fini tributari, della 
valutazione delle aziende industriali e commerciali, rispetto alle aziende 
agrarie. 

Passando all'esame del ricorso, con unico mezzo la ricorrente Amministrazione, 
sotto il profilo della violazione dell'art. 31 della legge 
tributaria sulle successioni, censura l'impugnata sentenza per avere ritenuto 
l'inventario, redatto dagli eredi del defunto Cerri Alberto, ai 
fini dell'accettazione della eredit� beneficiata, idoneo a vincere la presunzione 
prevista da detto articolo, nonostante fosse risultata la non 
contemplazione in esso di taluni cespiti, sulla base dei concetti di omissione 
maliziosa e di mala fede enunciati dall'art. 494 c. c., inapplicabili 
ai fini fiscali. 

La doglianza � fondata. 

Osserva la Corte che l'art. 31 sopracitato, mentre da un lato dispone 
la inapplicabilit� del criterio presuntivo circa la esistenza di gioielli, 
denaro e mobilia nei casi in cui da inventari di tutela e di eredit� 
beneficiata, fatti in conformit� delle relative disposizioni di legge, risulti 
un valore superiore o minore, od anche l'inesistenza assoluta dei menzionati 
beni, dall'altra non prevede e non disciplina con norme particolari 
il caso in cui nell'inventario si riscontrino omissioni ed infedelt�. 
In difetto di tali specifiche disposizioni la Corte di merito ha creduto di 
risolvere la questione richiamandosi ai principi, riguardanti le omissioni 
ed infedelt� nell'inventario, di cui all'art. 494 c. c., il quale, come 
� noto, sancisce la decadenza dal beneficio di inventario solo quando 
l'erede, in mala fede, abbia omesso di denunciare cespiti ereditari. 

Tale interpretazione non pu� essere condivisa. Come questa Suprema 
Corte ha anche recentemente avuto occasione di affermare (sen




446 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tenza 20 novembre 1964, n. 2768), allorquando, in tema di accettazione 
col beneficio di inventario, sia accertata l'incompletezza dell'inventario 
del chiamato, in quanto mancante della riproduzione esatta della consistenza 
del patrimonio del defunto, l'inventario stesso non pu� considerarsi 
idoneo a fare venire meno la presunzione dell'art. 31, relativa 

alla esistenza, in predeterminate percentuali, di gioielli, danaro e mobilia, 
ai fini della determinazione del valore imponibile per l'applicazione 
della imposta di successione, in quanto il mancato ricorso al criterio 
presuntivo, giusta la previsione del 3� comma dello stesso art. 31, 
ha per presupposto che l'inventario sia completo, ossia contenga tutte 
le tassative indicazioni di cui all'art. 775 c. p. c. 

N� la circostanza che l'omessa denuncia, nell'inventario, di beni 
appartenenti alla eredit� non sia dovuta a mala fede dell'erede, vale a 
rendere l'inventario medesimo idoneo ad escludere il ricorso al criterio 
presuntivo, perch� mentre l'art. 494 c. c. richiede la mala fede da parte 
dell'erede nella omessa denuncia dei beni appartenenti all'eredit� affinch� 
lo stesso decada dal beneficio d'inventario, la legge tributaria sulle 
successioni si limita a stabilire che la presunzione relativa alla esistenza 
e al valore dei gioielli, del denaro e della mobilia non si applica quando 
dall'inventario risulti un valore minore o l'inesistenza assoluta di tali 

beni, senza alcuna particolare previsione circa l'ipotesi di omissione 
di denuncia dei beni nell'inventario. Ed invero, se il legislatore ha 
stabilito una deroga alla applicazione della predetta presunzione di esistenza 
di gioielli, denaro e mobilia, nell'eredit�, in ragione della particolare 
natura degli inventari contemplati nella norma predetta; redatti 
con la osservanza di specifici obblighi e sotto speciali cautele, non vi � 
dubbio che tale deroga presupponga la perfezione del documento sia 
sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, a nulla rilevando 
che ai fini civili l'inventario mantiene la sua efficacia, anche se incompleto 
non per mala fede degli interessati. 

Quel che interessa, ai fini fiscali, non � gi� la regolamentazione 
del beneficio di inventario, sibbene � l'inventario come documento redatto 
nel quadro degli incombenti volti a realizzare quel particolare 
istituto, che la legge considera quale atto idoneo alla rilevazione della 
consistenza dell'asse ereditario, onde sono indifferenti la funzione che 
ad esso assegna la legge civile ed i particolari effetti che in quell'istituto 
giuridico l'inventario stesso pu� conseguire. In altri termini, la legge 
tributaria si richiama all'inventario considerato nella sua tipicit� e perfezione, 
e cio� in quanto esso accerti e certifichi la esistenza e l'entit� 
di tutti i beni di un patrimonio e non all'inventario imperfetto o incom


I

pleto, anche se, in determinate condizioni, la legge civile lo considera 
valido ed efficace per determinati effetti. Se cos� non fosse, verrebbe 
ad essere frustrata la finalit� che la legge ha inteso perseguire allorch� 

I 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 447 

ha limitato la prova contraria alla presunzione di cui all'art. 31, cio� 
quella di evitare, con l'occultamento della ricchezza, le frodi fiscali. 

� quindi sufficiente che sussista obiettivamente la incompletezza 
dell'inventario, perch� questo sia inidoneo a determinare la consistenza 
nel patrimonio ereditario di gioielli, danaro e mobilia, secondo il pi� 
volte citato art. 31 della legge tributaria sulle successioni, anche se le 
omissioni, in esso riscontrate, non siano da ascrivere a mala fede degli 
eredi. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1966, n. 891 -P1�es. Rossano Est. 
Azara -P. M. Caccioppoli (conf.) -Ministero Finanze (avv. 
Stato Peronaci) c. Soc. Nazionale Cogne (avv. Romanelli). 

Imposta di registro -Concessione di derivazione di acqua -Aumenti 
legali dei canoni -Tassabilit� -Esclusione. 

(r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 46; d. 1. 7 gennaio 1947, n. 24; 
1. 21 gennaio 1949, n. 8). 
Poich� agli aumenti legali dei canoni di concessione di beni demaniali 
� da attribuire una mera funzione di adeguamento monetario, 
senza che ne derivi una sostanziale modificazione di alcun elemento del 
rapporto, deve ritenersi non dovuta altra imposta di registro, in relazione 
ai detti aumenti, per una concessione di derivazione di acqua, 
oltre quella all'origine liquidata sul cumulo dei canoni per tutta la 
durata della concessione stessa, ai sensi dell'art. 46 della tariffa A 
allegata alla legge organica del registro (1). 

(Omissis). -Appare opportuno trattare congiuntamente i tre motivi 
di ricorso perch� con essi viene, sostanzialmente, prospettata 
un'unica questione di diritto. 

(1) Con la sentenza in nota (nonch� con la coeva n. 892, e con le precedenti 
23 febbraio 1966, n. 566 e 20 luglio 1965, n. 1650, delle quali tutte 
si omette la publicazione); la Corte di Cassazione ha confermato l'orientamento 
gi� assunto, nella materia in esame, con la sentenza del 15 febbraio 
1965, n. 234, in questa Rassegna, con nota di G. ANGELINI RoTA. 
Tale indirizzo, peraltro, pur pi� ampiamente ora motivato, non appare 
convincente, ed in particolare per due considerazioni essenziali: a) L'aumento 
dei canoni, pur se suggerito al legislatore dalla constatazione del 
diminuito potere di acquisto della moneta, non costituisce deroga al principio 
nominalistico, e, sopratutto, non implica che sia stata data veste 
legale al fenomeno della svalutazione, da ritenere contemplato, invero, 
quale mero dato di fatto, per una conseguente modificazione, e questa con 
rilevanza giuridica, del contenuto economico dei considerati rapporti; b) 

14 



448 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La ricorrente Amministrazione deduce, invero: 
a) che, per effetto del d. I. C. P. S. 7 gennaio 1947 n. 24 e della 


I,.. legge 21 gennaio 1949, n. 8, con gli aumenti dei canoni sarebbe rimasto 
non derogato il principio nominalistico della moneta, con corre.


I

lativa variazione del contenuto economico delle prestazioni del concessionario; 


b) che la variazione dei canoni demaniali attuata per legge (ed 
implicante una reductio ad aequitatem altrimenti non realizzabile) non 
avrebbe natura diversa dalla modificazione del contratto prevista dall'art. 
1467 c. c., sul cui corrispettivo va corrisposta l'imposta di registro; 

c) che il rapporto non avrebbe potuto ritenersi definitivamente 
chiuso, dal momento che la stessa legge lo avrebbe riaperto, determinando 
le condizioni, in base alle quali le parti avrebbero potuto dare 

o non dare vita ad un nuovo accordo; 
d) che le variazioni dei canoni di concessione sarebbero soggette 
all'ulteriore tributo di vegistro al pari delle variazioni dei canoni di 
locazione, stante l'assimilazione fra gli uni e gli altri, sancita per 
effetto del richiamo all'art. 54 della legge di registro ed alle disposizioni 
connesse; 

e) che a torto la Corte di merito avrebbe escluso che, per effetto 
delle disposizioni del d. l. C. P. S. 7 gennaio 1947, n. 24 e della legge 
21 gennaio 1949 n. 8, fosse intervenuto un nuovo acco1do fra la concessionaria 
Societ� e l'Amministrazione, senza considerare che i canoni 
per derivazione di acque pubbliche sono sempre determinati dalla 
legge, e l'elemento intenzionale si rinviene, da un lato, nella concessione 
effettuata dall'Amministrazione, e, dall'altro, nella accettazione 
da presumersi per effetto del pagamento di canone. Detto canone -si 
soggiunge -nonostante il suo ammontare sia fissato dalla legge, non 
ha carattere di tributo, ma rappresenta il corrispettivo di utilit� economica 
per il concessionario. 

Tali doglianze vanno disattese per le seguenti considerazioni. 
Come � dato rilevare dalla premessa del decreto 7 gennaio 1947, 


n. 24 e dalla relazione ministeriale alla legge 21 gennaio 1949, n. 8, 
gli aumenti dei canoni stabiliti dai sopra citati provvedimenti legislativi 
furono determinati soltanto dalla necessit� di adeguare le entrate de-
tale modificazione, in quanto, ed appunto, giuridicamente rilevante, ed attinente 
al contenuto delle stesse convenzioni, comporta il superamento del 
rilievo, che si legge nella sentenza in nota, circa l'esaurimento del rapporto 
d'imposta, ed impone che sia autonomamente valutata, anche ai fini 
tributari, la nuova situazione economico-giuridica, e ci� anche ai sensi 
dell'art. 63 della legge del registro, considerandosi il rapporto di concessione 
confermato, sia pure ex lege, contro un corrispettivo maggiore, sul 
quale dovrebbe pertanto, ed in ogni caso, :ritenersi dovuta la corrispondente 
imposta. 




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 449 

maniali, senza incidere sulla sostanza economica delle relative concessioni. 


Ora l'applicazione della imposta di registro nel corso del contratto 
di concessione della derivazione di acqua pubblica esige che si sia 
verificata una variazione delle originarie prestazioni del contratto medesimo, 
mentre, nella ipotesi di rivalutazione dei canoni, questo evento 
non si verifica, in quanto la rivalutazione importa non un aumento 
reale, bensi un aggiornamento meramente nominale dei canoni divenuti 
inadeguati in conseguenza del mutato potere di acquisto della 
moneta. 

In siffatta ipotesi, il nuovo ammontare dei canoni rappresenta soltanto 
una diversa espressione numerica dello stesso valore della originaria 
prestazione, in guisa da far restare inalterato l'equilibrio economico 
del rapporto di concessione. 

Discende che, una volta percepita l'imposta di registro su un contratto 
di concessione di derivazione di acqua, commisurandola al cumulo 
dei canoni stabiliti per la durata della concessione, non � dovuta 
altra imposta sull'aumento dei canoni disposto con i gi� menzionati 
provvedimenti legislativi di adeguamento dei canoni medesimi. 

N� vale obiettare che, per i contratti in parola, in conseguenza 

dell'au:nento ex lege dei ripetuti canoni, sia intervenuto un nuovo 

accordo tra le parti e che quindi, applicando le norme regolatrici del 

regime fiscale dei contratti di locazione, debba farsi luogo ad una 

nuova registrazione. 

Infatti, la questione, circa l'applicabilit�, ai contratti di concessione 

di derivazione di acque pubbliche, delle norme regolatrici delle imposte 

di registro sulle locazioni, va risolta in senso negativo perch� la fun


zione di mero adeguamento monetario ravvisata -come gi� si � 

detto -negli aumenti legali dei canoni, di cui trattasi, esclude, di per 

s�, che gli aumenti stessi abbiano potuto dar luogo alla costituzione 
� di un nuovo rapporto giuridico assoggettabile alla legge di registro. 
La questione giuridica, di cui trattasi, � stata gi� altre volte risolta 
nei sensi sopraindicati da questa Suprema Corte (v. tra le altre, sent. 

n. 1650 del 20 luglio 1965 -Amministrazione Finanze c. Soc. Edison; 
n. 234 del 15 febbraio 1965 -Amministrazione Finanze c. Soc. Trentina 
Elettricit�) e non vi � alcun plausibile motivo per mutare siffatto indirizzo 
giurisprudenziale. 
Concludendo, il presupposto fondamentale per l'applicazione della 
imposta di registro, nel corso della esecuzione di un contratto di concessione 
di una derivazione di acqua pubblica, � che sia intervenuta 
medio tempore una nuova effettiva variazione nella sostanza delle originarie 
prestazioni contrattuali, variazione che non � dato riscontrare 
nella specie. -(Omissis). 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE 
PUBBLICHE, APPALTI E FORNITURE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 18 maggio 1965, n. 956 -Pres. Boccia 
-Est. Felicetti -Berti (avv. Saggese) c. Provincia di Napoli 
(avv. Del Pozzo e Florio) e Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato 
Tracanna). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Supplente -Volont� dichiarata 
di non voler subentrare all'appaltatore -Procedimento, nei suoi 
confronti di risoluzione in danno -Inapplicabilit� -Possibilit� per 
la p. a. di rescindere il contratto -Sussiste. 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Supplente -Unicit� dell'obbligazione 
dell'appaltatore e del supplente -Figura giuridica del supplente 
-Obbligato principale -Inadempimento -Danni -Possibilit� 
di calcolarli nella somma dovuta dall'appaltatore alla p. a. 
(reg. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 9 e 27; 1. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 340). 

Appalto -Appalto di opere pubbliche -Appalto stipulato dalla Cassa del 
Mezzogiorno -Richiamo, ai sensi dell'art. 8 della legge istitutiva 
della Cassa, del Capitolato Generale LL. PP. -Sua natura normativa. 


(1. 10 agosto 1950, n. 646, art. 8). 
In materia di appalto di opere pubbliche, regolata principalmente 
dalle norme speciali contenute nella legge sui lavori pubblici, il procedimento 
per la cosidetta risoluzione in danno prevista dall'art. 27 del 
regolamento 25 maggio 1895, n. 350, non ha ragione di essere di fronte 
alla dichiarata volont� del supplente di non volere subentrare all'appaltatore 
principale ai sensi dell'art. 9 del Capitolato Generale LL.PP. 
1895 (abrogato d.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063), applicandosi, in tal 
caso, il disposto dell'art. 340 della l. 20 marzo 1865, n. 2248 che facultizza 
l'Amministrazione a rescindere il contratto (1). 

(1-3) La sentenza in esame offre lo spunto ad alcune interessanti considerazioni, 
di carattere generale e di carattere particolare, nella materia 
dei pubblici appalti. 

1) � ,interessante ed, a mia scienza, nuova la netta distinzione in campo 
intel"pretativo, operata con la prima massima, tra il ben noto e forse al




PARTE I, SEZ. VI, GIURIS� IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 451 

Verificandosi una delle Circostanze previste dall'abrogato art. 9 del 
Capitolato Generale LL. PP. 1895 (morte, fallimento o impedimento 
assoluto dell'appaltatore), il supplente diviene il principale obbligato 
in forza deila unicit� dell'obbligazione assunta insieme con l'appaltatore: 
la gestione del supplente costituisce immediata continuazione di 
quella dell'appaitatore originario, con la conseguenza che devono essere 
conteggiate nel quantum dovuto dalla Amministrazione le somme che 
questa ha accertato come importo dei danni causati dall'inadempimento 
del supplente all'obbligo di proseguire i lavori (2). 

Allorch� il Capitolato Generale LL. PP. sia applicato negli appalti 
stipulati dalla Cassa per il Mezzogiorno, il Capitolato stesso conserva 
la sua natura normativa, in forza dell'art. 8, ultimo comma della legge 
istitutiva della Cassa stessa (3). 

(Omissis). -Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli 
artt. 1454 e.e., 340 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248, 27 e 28 del regolamento 
25 maggio 1895, n. 350, deducendosi che la Corte di merito 
avrebbe dovuto ritenere inefficace la risoluzione in via amministrativa 
del contratto di appalto per inosservanza sia delle forme previste dal 
codice civile per la risoluzione contrattuale di diritto (termine minimo 
di quindici giorni per l'adempimento, diffida ad adempiere), sia delle 
forme speciali per i pubblici appalti. 

Anche queste censure sono infondate. 

Esattamente la Corte di merito ha ritenuto che -di fronte alla 
dichiarata volont� dell'appaltatore supplente di non voler assumere la 
continuazione dei lavori a seguito del fallimento dell'appaltatore principale 
-l'Amministrazione potesse procedere alla risoluzione del 
contratto. 

Invero, il ri:i�erimento del ricorrente all'art. 1454 e.e. � inopportuno 
sia perch� fo. materia di appalto di opere pubbliche sulle norme 
del diritto comune prevalgono le norme speciali contenute nella legge 

quanto macchinoso procedimento per la cosi detta risoluzione in danno prevista 
dall'art. 27 del regolamento 25 mag.gio 1895, n. 350 (che comporta 
relazione, contestazione di addebiti, termine per le difese, ecc.) e la facolt� 
attribuita in via generale alla Amministrazione dall'art. 340 della legge 
sui LL.PP. di rescindere unilateralmente il contratto d'appalto nei casi di 
accertata inadempienza dell'appaltatore. 

Secondo il principio accolto dalla Corte Suprema, la norma del regolamento 
non � sempre in funzione strumentale della norma di legge, potendosi 
dal procedimento previsto dalla prima prescindere nei casi nei quali 
non si tratti di accertare deficienze esecutive da contestare all'appaltatore, 
ma questi rifiuti di adempiere al contratto di appalto. 

� una precisazione utile dell'ambito di applicazione delle due norme, 
che appare giusta e che evita inutili e lunghe procedure per risolvere situ.azioni 
di conclamata ed accertata inadempienza. 



452 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sui Lavori Pubblici e successive modificazioni sia perch�, come questa 
Corte suprema ha altre volte rilevato, la dichiarazione scritta di non 
voler adempiere equivale (nello stesso ambito del diritto comune) ad 
inadempimento e d� luogo alla risoluzione del contratto senza necessit� 
di costituzione in mora e di concessione di un termine per l'adempimento 
(v. sent. n. 2858 del 1962; n. 2064 del 1959; n. 2752 del 1954). 

Non meno inconferente � il riferimento alle disposizioni degli articoli 
27 e 28 del regolamento 25 maggio 1895, n. 350. 

Mentre, infatti, l'art. 28 � fuori questione in quanto tale norma si 
riferisce all'ipotesi di ritardo nell'esecuzione dei lavori, il procedimento 
previsto dall'art. 27 -tendente all'accertamento ed alla contestazione 
delle deficienze e difetti delle opere pubbliche appaltate -� 
applicabile, come pure esattamente � stato ritenuto dalla Corte di 
merito, quando i lavori sono in corso e l'appaltatore si rende colpevole 
di grave negligenza e inadempienza nell'esecuzione. 

Ma un tale provvedimento non ha ragione di essere di essere di 
fronte alla dichiarata volont� del supplente di non assumere i lavori, 
ossia di non volere subentrare all'appaltatore principale a sensi dello 
art. 9 del capitolato generale dei LL. PP. del 1895. In questo caso non 
vi sono deficienze esecutive, vizi e difetti da accertare e contestare con 
il procedimento previsto dal citato art. 27 del regolamento n. 350 del 
1895; non v'� che da prendere atto del rifiuto esplicito del supplente 
ad adempiere al contratto d'appalto. A tale situazione non pu� non 
corrispondere -senza limitazioni di sorta -il diritto di auto-tutela 
della pubblica amministrazione consistente, per il disposto dell'art. 340 
della legge generale sulle opere pubbliche 20 marzo 1865 ali. 7, nella 
potest� di risolvere unilateralmente il contratto quando l'appaltatore 
(e, naturalmente, il supplente) �si renda colpevole di frode, di grave 
negligenza e contravvenga agli obblighi ed alle condizioni stipulate �. 

Con il terzo motivo � stata denunciata la violazione degli artt. 2697 

c. c., 115, 116, 277, 345 c. p. c. Con esso si censura la statuizione dei 
giudici di appello per quanto concerne la condanna al risarcimento 
2) La seconda massima pervi�ene anch'essa ad una puntualizzazione del


l'istituto della supplenza nell'appalto pubblico, abrogato con il nuovo 

Capitolato Generale del 1962 ma che, ovviamente, trova ancora larga sfera 

di applicazione nella esecuzione dei contratti preesistenti. 

Nei riguardi della gestione del supplente, la Cassazione ha confermato 

la esattezza della opinione accolta dalla dottrina circa la unitariet� della 

gestione stessa, come continuazione immediata di quella dell'appaltatore 

originario, sicch� l'Amministrazione si trova nei di lui confronti nella stessa 

condizione in cui si trovava d fronte all'appaltatore originario (cfr. CtAN


FLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1950, 518). 

Questa unitariet� di gestione aveva il suo riscontro teorico nella iden


tificazione, nel rapporto di supplenza, di una unica obbligazione, assunta 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 453 

del danno conseguente alla risoluzione del contratto; ed il ricorrente 
fa rilevare che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, 
non sussisterebbero in atti prove idonee circa l'esperimento di una 
seconda gara di appalto n� prove sufficienti in ordine al quantum dei 
danni stessi, liquidati nella misura indicata dalla Commissione Provinciale 
senza motivazione specifica. 

In relazione a tale censura � da osservare che, se � vero che la 
sentenza impugnata non contiene una particolare motivazione in ordine 
al quantum dei danni liquidati, non � men vero che l'ammontare di essi, 
determinato dall'Amministrazione Provinciale sin dal primo grado nella 
loro misura e con riferimento ad apposita e particolareggiata documentazione, 
non risulta essere stata posto in contestazione da alcuna 
delle parti. Sicch� il giudice di appello -chiamato a giudicare giusta 
alligata et probata nonch� in base alle ammissioni delle parti stesse, 
ha evidentemente inteso liquidare ed ha liquidato un quantum incontroverso 
e documentato, in ordine al quale non gli veniva prospettata 
alcuna questione. 

Non � quindi consentito al ricorrente di sollevare in questa sede 
di legittimit� quelle contestazioni in linea di fatto che non ritenne di 
sollevare davanti ai giudici del merito. Tanto meno gli � consentito 
di discutere in questa sede le prove documentali esistenti in atti circa 
l'entit� dei danni arrecati dal suo inadempimento. Con il quarto mezzo 
� stata denunciata la violazione degli artt. 1227 e.e. e 277 in relazione 
all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. Con esso si lamenta, in sostanza, un preteso 
difetto di motivazione in ordine all'eccezione d'irrisarcibilit� del danno, 
ch'era stato prospettata sotto il profilo che l'Amministrazione Provinciale 
avrebbe potuto evitare ogni detrimento patrimoniale qualora non 
avesse rifiutata l'offerta di certa e Cooperativa Guglianese., di continuare 
essa i lavori rifiutati dal Berti e se avesse invitato quella Cooperativa 
alla successiva gara. 

Ma a parte il rilievo che la Corte di merito non era tenuta a 
motivare ex professo su tale deduzione irritualmente prospettata solo 

cumulativamente dall'appaltatore e dal supplente nei confronti della sta


zione appaltante, obbligazione che �� pura e semplice per l'appaltatore e 

condizionale per il supplente (cfr. della stessa III Sez. della Cass., 11 mar


zo 1950, n. 821). 

L'Amministrazione, per la liquidazione e la chiusura dell'appalto ha 

rapporti solo col supplente, al quale spetta esclusivamente la legittimazione 

sostanziale e formale rispetto a tutti i rapporti determinati dal contratto 

di appalto e fino alla totale liquidazione dello stesso (cfr. la risoluzione 

della Corte dei conti 26 ottobre 1953, n. 471, Riv Corte Conti, 1954, II, 2, 

la quale ha affermato che si deve p�rocedere ad unica liquidazione nei con


fronti del supplente, e non a distinte e separate liquidazioni, per i lavori 

eseguiti dall'appaltatore originario e per quelli eseguiti dal supplente). 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 455 

all'opportunit� delle determinazioni prese dalla P. A., nella situazione 
ipotizzata, circa la continuazione dei lavori appaltati ed i mezzi per 
addivenirvi. 

Tutto ci� costi~uisce ostacolo insormontabile per l'applicabilit� dell'art. 
1227 e.e. giacch� questo presuppone la condotta colpevole del 
danneggiato in concorso con il fatto dell'autore del danno e non pu� 
certo identificarsi con la colpa -sia pur sotto l'aspetto d'inosservanza 
dell'ordinaria diligenza -il mero uso di facolt� legittime e di potere 
discrezionale da parte della P. A. 

Con il quinto motivo, infine, il Berti lamenta di essere stato condannato 
al pagamento delle spese processuali pur non potendo egli 
essere ritenuto soccombente nei confronti dell'A. P., data la cessazione 
della materia del contendere per la compensazione con il credito Di 
Martino; n� nei; confronti della Compagnia Tirrena e della Cassa per 
il Mezzogiorno, giacch� queste non avevano formulato alcuna domanda 
contro di lui. 

Anche tale censura � infondata, giacch� il giudice del merito ha 
-. come doveva -valutato la soccombenza in relazione all'esito 
finale della lite ed il Berti era indubbiamente soccombente non solo 
nei confronti dell'A. P. ma anche nei confronti della Cassa per il 
Mezzogiorno, intervenuta volontariamente e gi� condannata alle spese 
in primo grado. 

Furono, infatti, disattese tutte le richieste del Berti, il quale affiancandosi 
al fallimento Di Martino -aveva resistito all'appello 
dell'A. P. che fu, invece, accolto; e se fu d~chiarata la cessazione della 
materia del contendere nei confronti tra il Berti, l'A. P. e la societ� 
Tirrena, nonostante l'accertamento e la declaratoria dell'inadempimento 
del Berti stesso e della conseguente responsabilit� per danni ci� 
avvenne -come la Corte d~ merito non ha mancato di avvertire solo 
in quanto le parti vittoriose nella domanda principale (A. P. e 
Cassa del Mezzogiorno) restavano soddisfatte di ogni loro avere con 
il trattenerne l'importo su quanto dovuto per le opere compiute in 
appalto. 

In tale situazione non pu� dirsi violato il prilncipio della soccombenza. 


Pass~mdo all'esame del ricorso proposto dal fallimento Di Martino, 
si osserva che con il primo mezzo la curatela ha denunciato la violazione 
dell'art. 9 del Capitolo Generale 28 maggio 1895, degli artt. 81 e 
56 della legge fallimentare, delle norme sull'intepretazione dei contratti 
e dell'art. 12 delle preleggi, sostenendo che, in caso di subingresso dell'appaltatore 
supplente nell'esecuzione di un contratto di appalto di 
opere pubbliche, senza tuttavia ch'egli assuma concretamente la conti




456 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nuazione dei lavori, non � ammissibile una compensazione tra eventuali 
crediti dell'appaltatore cessato ed eventuali debiti del supplente. 

La Corte di merito avrebbe quindi errato nel compensare il debito 
del Berti -quale appaltatore supplente -per il danno causato dalla 
mancata assunzione dei lavori, con il credito dell'appaltatore principale 
Di Martino per i lavori gi� eseguiti in luogo di disporre il pagamento 
di tali crediti in favore del fallimento del Di Martino medesimo. 

Si ricollega, a questo primo, il terzo mezzo dello stesso ricorso, con 
il quale � stata denunciata la violazione degli artt. 112, 132, 272, addebitandosi 
ai giudici del merito l'omessa pronuncia sulla questione dell'autonomia 
della responsabilit� dell'appaltatore principale rispetto a 
quella del supplente. 

In ordilne a tali censure la Corte osserva : 

Dev'essere anzitutto respinta l'eccezione dell'A. P. resistente la 
quale ha dedotto che, non trattandosi nella specie di appalto stipulato 
da un'Amministrazione dello Stato, il Capitolato Generale avrebbe valore 
meramente contrattuale e non normativo onde le censure proposte, 
essendo attinenti all'interpretazione di un contratto, riguarderebbero 
accertamenti di merito non sindacabili in sede di legittimit�. 

Tale eccezione prescinde dal considerare che nella specie si tratta 
di appalto di opere pubbliche stipulato da un pubblico ente (1'A. P. di 
Napoli) per affidamento avutone dalla Cassa per il Mezzogiorno. Or 
questa Corte Suprema ha avuto occasione di rilevare che, per l'art. 8 
della legge n. 646 del 1950, non solo gli appalti stipulati direttamente 
dalla Cassa per il Mezzogiorno ma anche quelli stipulati dagli enti 
pubblici affidatarii o concessionari sono considerati alla stessa stregua 
di quelli st~ulati dallo Stato. 

Non pu�, pertanto, opporsi in questi ultimi casi il valore contrat


tuale delle norme del Capitolato generale di appalti approvato con 

d. m. 28 maggio 1895, il quale conserva invece il suo valore e la sua 
efficacia normativa (v. sent. n. 67 del 1963, n. 2219 del 1958). 
Deve inoltre osservarsi che questa Corte Suprema, esaminando la 
portata dell'ormai abrogato art. 9 del predetto Capitolato Generale, 
ha pure avuto occasione di rilevare che la designazione, ivi prevista, 
di un supplente da parte dell'appaltatore di opere pubbliche e la costituzione 
di questo ultimo nell'atto formale di appalto poneva in essere 
una situazione giuridica per la quale, in caso di morte, fallimento o 
altro impedimento assoluto dell'appaltatore, il supplente (salvo il diritto 
della Amministrazione al recesso unilaterale) diveniva il principale 
obbligato in forza dell'unicit� della convenzione interceduta fra l'A. 
da un lato e l'appaltatore e il supplente dell'altro ed in forza della 
unicit� dell'obbligazione assunta cumulativamente da questi ultimi nei 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 457 

confronti della stazione appaltante, in forma condizionale per il supplente 
(v. sent. n. 821 del 1940). 

Tali principi trovavano il loro fondamento nel testo dell'art. 9 
in discorso, il quale disponeva tra l'altro che la gestione del supplente, 
qualora l'A. non avesse creduto di sciogliersi dal contratto, aveva luogo 
senza bisogno di consegna o altro atto fuorch� una dichiarazione della 

A. ed era considerata come immediata continuazione di quella dell'appaltatore 
primitivo, perci� garantita dalla medesima cauzione, e statuiva 
altresl che, verificandosi la morte o il fallimento o altro assoluto 
impedimento dell'appaltatore, tutti indistintamente i pagamenti, fino 
alla definizione e completa liquidazione dell'appalto, compresi quelli 
gi� disposti ma eventualmente non riscossi dall'appaltatore, dovessero 
essere fatti al supplente dopo l'assunzione dei lavori da parte di lui. 
Non pare possa dubitarsi che, secondo il sistema normativo ora 
cennato, verificandosi uno dei casi previsti dal citato art. 9 quarto 
comma del Capitolato Generale 28 maggio 1895 il supplente, a seguito 
della dichiarazione dell'A., subentrava automaticamente ed ipso iure 
(ossia indipendentemente da qualunque sua accettazione e per solo 
effetto dell'originario suo intervento nel contratto di appalto) nella 
posizione giuridica dell'appaltatore, assumendo la figura di contraente 
diretto verso la P. A. responsabile dell'intera opera senza distinzione 
nei riguardi della parte gi� eseguita. E dalla rilevata unicit� della convenzione 
originaria e del rapporto che ne deriva (salvo, beninteso, i 
rapporti interni tra il supplente e l'appaltatore) discendeva altresl il 
carattere unitario della gestione deH'appaito assunta dal supplente ipso 
iure nella sua completa interezza anche se in fase di chiusura o di 
collaudo, come se fin dall'inizio egli fosse stato l'unico appaltatore 
dell'opera. 

Con tali effetti giuridici non � conciliabile la figura di una obbligazione 
(e di una responsabilit�) del supplente autonoma rispetto a 
quella dell'appaltatore principale. Non �, quindi, attendibile la tesi del 
ricorrente secondo il quale il supplente nell'appalto di opere pubbliche 
avrebbe avuto una funzione meramente strumentale di esazione, mentre 
si sarebbero dovuti tenere distinte le partite di credito dell'appaltatore 
cessato da quello del supplente, tanto che le prime non avrebbero 
dovuto essere pagate a quest'ultimo se non subentrato effettivamente. 

Tutto ci� � in contrasto con i sopra cennati principi dell'unicit� 
del rapporto e della gestione, i quali importavano da un lato la continuazione 
automatica collegata soltanto alla dichiarazione di volont� 
dell'A. e non anche del supplente del rapporto medesimo in testa a 
questo ultimo senza bisogno di nuova consegna, con la garanzia della 
cauzione originaria e senza soluzione di continuit�, determinando l'inve




458 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

stitura ope legis del supplente stesso nella titolarit� dell'appalto indipendentemente 
da ogni sua accettazione e materiale prosecuzione dei 
lavori; ed implicavano dall'altra il permanere delle eventuali responsabilit� 
sia dell'appaltatore che del supplente come responsabilit� unica 
e insuscettibile -nei rapporti con l'A. appaltante -di distinzione 
sia dal punto di vista giuridico che da quello contabile. 

Esattamente pertanto la Corte di merito, attenendosi sostanzialmente 
a questi principi anche se con riferimento non del tutto perspicuo 
ad una � minore responsabilit� dell'appaltatore rispetto a quella del 
supplente �, ha ritenuto non gi� compensabili (in senso prqprio), ma 
scomputabili da quantum dovuto dall'A. all'appaltatore le somme che 
ha accertato essere l'importo dei danni causati dall'inadempimento del 
supplente all'obbligo di proseguire materialmente i lavori appaltati. In 
tal modo la Corte ha per l'appunto considerato i crediti dell'appaltatore 
ed il debito derivante dall'inesecuzione dell'obbligazione dal supplente 
sotto l'indicato profilo unitario, e statuendo la conseguenza che l'A. 
potesse rivalersi sui primi non � incorsa negli errori giuridici che le 
sono stati addebitati ed ha implicitamente respinto la tesi dell'autonomia 
delle due responsabilit�. 

Con il secondo mezzo -del quale qui si tratta in luogo del terzo 
gi� esaminato -� stata denunciata la mancata applicazione di un 
preteso ius superveniens costituito dal d. 16 luglio 1962, n. 1063 che 
ha abolito l'istituto della supplenza. 

Tale censura non ha ragione di essere, giacch� l'invocato decreto 
abolitivo dell'istituto della supplenza � una norma giuridica di natura 
sostanziale cui -in mancanza di espressa disposizione contraria -non 
pu� sotto alcun aspetto atribuirsi efficacia retroattiva. 

Essa non pu�, quindi, spiegare alcun effetto giuridico sui contratti 
di appalto stipulati in base al precedente capitolato generale del 1895, 
e non pu� certo togliere vigore ai diritti legittimamente quesiti sotto 
l'impero di tale precedente disciplina normativa. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 10 gennaio 1966, n. 178 -Pres. Fibbi 
-Est. Cesaroni -P. M. Pedace (conf.). Ghisolfi e Berrone (avv. 
Oriani, Dandano e Cappa) c. Ministero Finanze (avv. Stato Gargiulo) 
e Pagliano. 

Impugnazione -Causa inscindibile -Notificazione ad Amministra


zione dello Stato -Nullit� -Irrilevanza -Integrazione del contrad


dittorio. 

(r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; 1. 25 novembre 1958, n. 260, art. 1; 
c. p. c., art. 331). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 459 

Acque pubbliche ed elettricit� -Questioni sulla natura pubblica o privata 
delle acque -Premessa necessaria per la decisione della causa 
-Competenza. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Opposizione ad ingiunzione che investa 
la natura e la portata della pretesa amministrativa -Competenza 
funzionale del Tribunale delle Acque -Prevalenza. 

(r. d. 14 aprile 1910, n. 639; r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140). 
Ingiunzione -Ingiunzione Fiscale -Natura giuridica -Opposizione Posizione 
processuale delle parti -Competenza giurisdizionale 
dell'autorit� giudiZiaria -Contenuto e limiti. 

(r. d. 14 aprile 1910, n. 639, r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 144 e 145). 
NeU'impugnazione in causa inscindibile la nullit� della notificazione 
(non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato) � irrilevante, dovendo 
il giudice disporre l'integrazione del contraddittorio a norma 
dell'art. 331 c.p.c. (1). 

Quando la questione relativa alla natura demaniale delle acque si 
presenti come premessa necessaria per la decisione di altre questioni, 
cosicch� la causa importi, per la sua decisione, che, con cognizione principale, 
sia risolta la controversia sulla natura pubblica o privata delle 
acque in contestazione, l'intera causa � di competenza del Tribunale 
regionale delle acque pubbliche che, ove accerti il carattere demaniale 
delle acque, deve pronunciarsi anche sulle conseguenze giuridiche di 
tale accertamento (2). 

Quando l'opposizione all'ingiunzione di cui al r.d. 14 aprile 1910, 

n. 639 investe la natura e la portata della pretesa amministrativa la 
competenza funzionale del Tribunale delle acque prevale su quella del 
giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione. 
L'ingiunzione fiscale, disciplinata dal r.d. 14 aprile 1910, n. 639 e 
dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 e fondata sul potere di autoaccerta


(1-4) Nullit� insanabile dell'impugnazione e integrazione del contradditorio. 


I. -Con sentenza 9 dicembre 1950, n. 2698 (Foro Padano, 1951, I, 131) 
la Corte di Cassazione escluse la possibilit� di disporre l'integrazione del 
contraddittorio, ai sensi dell'art. 331 c. p. c., nei confronti del litiscon

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

460 

mento della P.A., costituisce un vero e proprio atto amministrativo, 
munito di forza propria indipendentemente dal visto di vidimazione 
del Pretore e non assimilabile all'ingiunzione di pagamento prevista 
dagli artt. 633 e seguenti c.p.c. L'opposizione giudiziaria, a differenza 
di quella prevista dall'art. 645 c.p.c., instaura un ordinario procedimento 
di cognizione nel quale l'opponente assume la veste di attore e 
l'Amministrazione quella di convenuta. Per il principio fondamentale 
sancito dall'art. 4 della l. 20 mm�zo 1865, n. 2248, ali. E, l'autorit� giudiziaria 
non pu� revocare o annullare l'ingiunzione, ma solo dichiararne 
la illegittimit� e, di conseguenza, disapplicarla (4). 

(Omissis). -� da rilevare preliminarmente che l'eccezione di nullit� 
della istanza di regolamento, perch� notificata all'Amministrazione 
delle finanze presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, anzi-

sorte al quale l'atto di impugnazione sia stato invalidamente notificato. 

� La necessit� dell'integrazione del giudizio nel processo di gravame -mo


tivava la Corte -si pu� concepire solo quando contro la parte (che, 

per la inscindibilit� della causa, deve essere presente in giudizio) non � 

stata proposta l'impugnazione, mentre, se la impugnazione � stata pro


posta, ma la notifica di essa � nulla, allora, estintosi it diritto di proporre 

ulteriormente il gravame e passata in giudicato la sentenza nei confronti 

della parte che doveva essere chiamata in giudizio, non vi ha ulteriore 

possibilit� di conservare validi effetti al processo di gravame cos� instau


rato; ci� perch� la preclusione che si opera, per effetto del giudicato, su di 

una questione, impedisce il riesame, per !il nesso della inscindibilit�, sulle 

altre questioni per le quali vi sarebbe una valida impugnazione e quindi 

mancando il necessario presupposto per la nuova decisione, ne consegue la 

improcedibilit� dell'intero processo di gravame �. 

La decisione, per�, criticamente commentata in dottrina, costituisce 
l'unica eccezione di un orientamento giurisprudenziale che, a partire dalla 
sentenza 27 luglio 1938, n. 2971 (Foro it., 1939, I, 304), si � consolidato nel 
ritenere irrilevante, in ipotesi di causa inscindibile, la nullit� della notificazione 
ad uno dei litisconsorti (Cass., 6 maggio 1965, n. 834, Foro it., 
1965, I. 967; 19 giugno 1964, n. 1588, Giust. civ., 1964, I, 1998; 19 feb


I

braio 1964, n. 375, Foro it., Mass., 1964, 91; Sez. Un., 27 dicembre 1963, ill 

n. 3233, Giust. civ., 1964, I, 265; 17 maggio 1962, n. 1123, Foro it., Mass., 
1962, 348; 31 ottobre 1961, n. 2516, ivi, 1961, 666; 21 gennaio 1961, n. 87, 
Foro it., 1961, I, 1161; 5 marzo 1959, n. 629, Giur. it., 1959, I, 1, 520; 12 agosto 
1957, n. 3394, Foro it., Mass., 1957, 659; 8 agosto 1957, n. 3369, Giust. civ., 
1958, 1, 98; Sez. Un., 18 ottobre 1954, n. 3851, Giust. civ., 1954, 2561; 16 ottobre 
1954, n. 3762, Foro it., Mass., 1954, 751; 2 ottobre 1954, n. 3214, Giust. 
civ., 1955, 1, 6; Sez. Un., 16 marzo 1954, n. 757, Foro amm., 1954, II, 1, 135; 
4 luglio 1953, n. 2096, Riv. leg. fi,sc., 1953, 1110; Sez. Un., 24 giugno 1953, 
n. 1925, Giust. civ., 1953, 2125; Sez. Un., 7 marzo 1953, n. 572, ibidem, 826; 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 461 

ch� presso l'Avvocatura .generale dello Stato in Roma, deve essere 
respinta, dato che l'istanza stessa era stata validamente notificata in 
data 28 gennaio 1964 alle altre parti Maria e Rosa Pagliano. 

Nelle cause inscindibili, infatti (nella specie, questione di competenza) 
�per la tempestivit� dell'impugnazione � sufficiente che questa 
sia notificata a taluna delle parti, di guisa che le altre notificazioni, 
anche se fatte. oltre detto termine, assumono il carattere di atti integrativi 
del contraddittorio (Cass. 12 luglio 1960, n. 18'84). Avendo, quindi, 
i ricorrenti ottemperato nel termine indicato nella Ordinanza del 3 set-

Sez. Un., 25 febbraio 1948, n. 295, Foro it., 1949, I, 46; 31 luglio 1947, n. 1337, 
ivi, 1948, I, 102, ed ivi richiamo ad altre precedenti; v. pure Relazione 
Avvocatura Stato, 1956-1960, II, 699-700). 

Il principio, riaffermato con la sentenza in rassegna, sembra, tuttavia 
suscettibile� di �critica. 

e Nelle cause inscindibHi -osserva, nella specie, la Corte -per la 
tempestivit� dell'impugnazione � sufficiente che questa sia notificata a 
taluna delle parti, di guisa che le altre notificazioni, anche� se fatte oltre 
detto termine, assumono il carattere di atti integrativi del contraddittorio�. 
Tale principio, per�, gi� altre volte affermato (Cass., 12 luglio 1960, n. 1884, 
Foro it., Mass., 1960, 412; 28 ottobre 1959, n. 3162, Giust civ., 1960, I, 535) 
� applicabile in difetto di notifica nei termini (ed � con riguardo alla 
tempestivit�. dell'impugnazione che il principio risulta, in effetti, formulato), 
mentre non sembra possa utilmente invocarsi quando la notifica, 
tempestivamente eseguita, sia viziata da nullit� (ipotesi per la quale, invece, 
il problema si pone in termini di validit�. dell'impugnazione). L'art. 331 

c. P� c., di cui il principio vuol essere un'applicazione, prevede, infatti, l'integrazitme 
del contraddittorio quando la sentenza � non � stata impugnata 
nei confronti di tutte � �1e parti, ipotesi certamente diversa da quella in cui 
la� decisione sia impugnata con atto invalidamente notificato : in questo 
caso assum:e infatti rilievo l'art. 291 c.p.c., applicabile anche in sede di 
impugnaz>ione (Cass., 10 marzo 1964, n. 518, Giust. civ., 1964, I. 958; 24 gennaio 
1964, n. 171, ivi, 1965, 284;13 ottobre 1962, n. 2983, Foro it., Mass., 
1962, 840; 7 marzo 1956, n. 669, Giur. it., 1956, I, 1, 1120) e, quindi, il giudice 
non deve disporre l'integrazione del contraddittorio ma semplicemente, 
e secondo una valutazione a differenti criteri ispirata, fissare un 
termine per la Tinnovazione della notifica (cfr. invece, in cause fra parti 
private, Cass., 28 aprile 1958, n. 1390, Foro it., Mass., 1958, 285; 1 luglio 
1957; n. 2540, ivi, 1957, 508). Se poi si esclude l'~pplicabilit� dell'art. 291 
c. p. c. al giudizio di impugnazione, o quantomeno al ricorso per cassazione, 
secondo un orientamento opposto a quello sopra ricordato (Cass., 
16 gennaio 1965, n. 92, Foro it., 1965, I, 217; 16 marzo 1963, n. 662, ivi, 
1963, I, 1764), non pu� lo stesso risultato conseguirsi, e nelle stesse forme 
della rinnovazione, ricorrendo, pur nel difetto dei necessari presupposti, 
all'art. 331 c. p. c. 
Con riguardo a tale impostazione del problema, e nel rilievo che la 
rinnovazione della notifica, per ipotesi ammissibile, non � comunque con




462 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tembre 1964 alla notifica della istanza all'Amministrazione delle finanze 
presso l'Avvocatura generale dello Stato in Roma, realizzando l'effetto 
di rendere integro il contraddittorio, perde ogni rilevanza la nullit� 
della precedente notifica. :~ 

Nel merito, l'istanza di regolamento deve ritenersi infondata. 

I ricorrenti non contestano, stante i termini della controversia, che 
la questione relativa alla natura demaniale del torrente Gottola, si pre� 
senti come premessa necessaria per la decisione delle altre questioni 
prospettate, ma sostengono che per le decisioni delle controversie giudiziali 
riguardanti le entrate patrimoniali dello Stato e i proventi del 
demanio pubblico, resta ferma la competenza prevista e disposta dal-

sentita quando la nullit� della notifica, determinando la invalidit� dell'impugnazione, 
sia insanabile, si evidenzia fa inesattezza del principio 
riaffermato con la decisione in rassegna: principio con il quale, applicandosi 
l'art. 331 c.p.c. alla diversa ipotesi disciplinata dall'art. 291 c.p.c., si elude, -:~ 
in effetti, la impossibilit� di adottare la procedura in quest'ultima disposizione 
prevista. 


Non � dubbio, invero, che in ipotesi di nullit� non insanabile della 

I,;;

I
I
. 
notifica (quando cio� pu� essere disposta la rinnovazione) � con il ricorso ,. 
all'art. 291 c. p. c., e non certamente applicando l'art. 331 c. p. c., che la 
' questione va risolta (Cass., 7 settembre 1957, n. 3462, Giust civ., 1957, I, 
2092) e ci� a prescindere dalla scindibilitd o meno delle cause; non si vede 

!~

quindi perch�, per il solo fatto che l'impugnazione sia rivolta contro un'Am


ministrazione dello Stato, si che una eventuale nullit� della notifica (non 

~I 

eseguita presso l'Avvocatura dello Stato) non sia suscettibile di sanatoria, m 
possa a tale impossibi:lit� di sanatoria e, di conseguenza, alla inammissi


I II bilit� di una rinnovazione ovviarsi discorrendosi in termini di �integrazione 
del contraddittorio � e ritenendosi ricorrenti i presupposti per l'applicazione 
dell'art. 331 c. p. c., l� dove si tratterebbe solo, se fosse possibile, 
di fissare un termine per la rinnovazione della notifica. 

N� pu� dirsi, del resto, che si faccia solo questione di termini, perch�, 
a parte il fatto che la stessa previsione della norma dettata con l'art. 291 
preclude la necessit�, e quindi l'ammissibilit�, di una interpretazione 
estensiva dell'art. 331 c. p. c. (gi� ostacolata, comunque, con autonoma 
efficacia risolutiva, dalla formula letterale della disposizione), diversi &0no 
i presupposti di applicazione e al conseguimento di differenti finalit� sono 
predisposte, rispettivamente, le due norme in esame, si che, ad esempio, 
per l'una e non con riguardo all'altra pu� discutersi della consumazione 

I

dell'impugnazione. 

II. -Sotto un diverso profilo assume poi rilievo, per l'argomentazione 
Iche non pu� non desumersene a conforto della tesi sostenuta, il carattere 
pregiudizia'1e che all'indagine sulla ritualit� e validit� della notificazione 
va riconosciuta rispetto all'accertamento sulla regolarit� del contraddittorio 
e sulla eventuale necessit� di disporne l'integrazdone: criterio di 

I

i:: 

�: 

j 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 463 

l'art. 3 del t.u. n, 639 del 1910 e cio� quella dell'autorit� giudiziaria 

competente per valore del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso 

l'ingiunzione, e che, pertanto, il Tribunale di Casa! Monferrato non 

avrebbe potuto dichiarare la propria incompetenza. 

Si precisa, dai ricorrenti, che l'ingiunzione prevista dalla citata legge 

del 1910 � un titolo esecutivo emesso dalla P.A., che d� inizio ad un 

normale procedimento esecutivo e che, inquadrandosi l'opposizione 

all'ingiunzione nello schema del processo esecutivo, a norma degli 

artt. 27 e 615 c.p.c., la competenza a giudicare non poteva essere che 

quella funzionale del giudice del luogo dell'esecuzione. 

pregiudizialit� con il quale, invece, la soluzione adottata dall'orientamento 
giurisprudenziale (in cui � necessariamente impliicita l'inversione cronologica 
dei due ordini di valutazione) si pone in contrasto evidente. il: infatti 
per la ritenuta necessit� di disporre l'integrazione del contraddittorio che 
la nullit� della notifica, pur riconosciuta insanabile, viene considerata 

� irrilevante�, ed � proprio a tal riguardo, per la difficolt�, cio� di conciliare 
il principio in esame con quello della insanabilit� della notifica che 
sembra evidenziarsi, sotto un ulteriore profilo, la debolezza della tesi 
accolta dall'orientamento giurisprudenziale. In proposito va infatti rilevato 
che mentre nella maggior parte dei casi si � ritenuto superfluo disporre 
l'integrazione del contraddittorio quando 1'Amministrazione, malgrado la 
nullit� della notifica o anche al solo fine di rilevarla, si sia costituita in 
giudizio, altre volte, come nella specie decisa con la sentenza in rassegna, 
si � ugualmente disposta l'integrazione del contraddittorio, e ci� nel presupposto, 
necessariamente implicito, che, nei casi in esame, la costituzione 
in giudizio non vale a sanare il.a nulMt� della notifica: disparit� di soluzioni 
che, se manifesta la sensibilit� della Corte al problema, denuncia 
d'altra parte, nella difficolt� di regolarne le conseguenze, la debolezza 
della tesi. 
Nell'una e nell'altra soluzione, infatti, e nella inidoneit� di entrambe 
a soddisfare l'esigenza, pure implicitamente avvertita, di conciliiare principi 
in realt� incompatibili, l'orientamento giurisprudenziale appare suscettibiile 
di critica. Con la prima soluzione, invero, nell'escludere la necessit� di 
, disporre l'integrazione del contraddittorio quando l'Amministrazione risulti 

�ostituita 
in giudizio, si attribuisce alla costituzione una rilevanza esclusa 
'uvece al fine di sanare la nullit� dell'impugnazione, si che lo stesso fatto 
viene ad essere oggetto di una duplice, ed opposta valutazione con riguardo 
a finalit� che, in quanto relative alla possibilit� di conservare validi effetti 
al processo di gravame, sostanzialmente coincidono; non solo, ma, se la 
costituzione in giudizio deve .ritenersi efficace ai fini della regolarit� del 
contraddittorio, il problema sulla necessit� di disporne o meno l'integrazione 
noh si pone neppure ed � quindi superfluo il ricorso all'art. 331 

c. p. c.: seguendo il ragionamento adottato dalla Corte, nelle proposizioni 
in cui progressivamente Sii articola, verrebbe quindi meno, a rigor di logica, 
la ragione, rivenuta appunto nell'art. 331 c. p. c., di superare la nullit� 
della notifica (e, quindi, nella specie, dell'impugnazione) e riprenderebbe 
conseguentemente vigore il principio, pure espressamente riconosciuto, se15 




464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Si sostiene, inoltre, che nella specie, la procedura d'ingiunzione 
per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato non poteva 
essere esperita, perch� il credito vantato dalla finanza non era n� liquido, 
n� esigibile, e che tale questione non poteva essere sottoposta 
che al giudice ordinario in sede di opposizione. 

Tale tesi non pu� essere accolta. 

Come � noto, il criterio discretivo della competenza fra il giudice 
ordinario ed il Tribunale delle acque pubbliche, a norma dell'art. 140, 
lett. c) t.u. 8 dicembre 1933, n. 1775, � dato dall'oggetto della controversia 
che � devoluta all'organo speciale quando involga questioni 
sulla demanialit� delle acque, o, comunque, investa in via diretta o 

condo il quale la nullit� della notifica non � sanabile neppure con la costituzione 
dell'Amministrazione. 

La seconda delle soluzioni sopra ricordate, invece, nel ritenere necessaria, 
malgrado l'avvenuta costituzione in giudizio, una nuova notifica dell'atto 
di impugnazione, non solo finisce, in effetti, nell'applicare, invocando 
l'art. 331 c. p. c., la diversa disposizione dell'art. 291 c. p. c., nella specie 
comunque inapplicabile, ma ammettendo la e rinnovazione > della notifica, 
si risolve in una violazione del principio dell'insanabilit� della nullit�, 
quello stesso principio, cio�, in applicazione del quale viene escl'USa rilevanza 
alla costituzione della Amministrazione. Anche in questo caso, 

I insomma, come per quello precedentemente esaminato, appare evidente il 
vizio logico del ragionamento. 

I 
I
ti

In definitiva: o la nullit� della notificazione � sanabile, e la necessit� 

~r

di disporre l'integrazione del contraddittorio non si pone, dovendosi solo 
fissare un termine per la rinnovazione della notifica; oppure la nullit� � 
insanabile, e allora non si pu�, solo perch� l'�art. 291 c. p. c. � inapplicabile, 
modificare il ragionamento e consentire ugualmente la rinnovazione in base 
all'art. 331 c. p. c.: ci� a maggior ragione ove si consideri che, come si � 
gi� accennato, l'esito negativo dell'indagine sulla validit� della notifica (cronologicamente 
pregiudiziale ad ogni altro accertamento, s� che un problema 
di e prevalenza> tra le norme non si pone) preclude la valutazione sulla 
integrit� del contraddittorio. 

A giustificare n principio giurisprudenziale in esame non sembra del 

resto sufficiente la finalit� (cui � in effetti ispirato il principio) di ovviare 

alle pregiudizievoli conseguenze di ordine pratico che all'opposta valuta


zione conseguirebbero: pu� essere utile, a tal proposito, con riguardo, cio�, 

alla irrilevanza di eventuali finalit� di ordine pratico, rilevare che la stessa 

Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile l'impugnazione quando la 

notifica, disposta in sede di integrazione, sia stata invalidamente eseguita 

(sent. 19 febbraio 1964, n. 375, citata; 17 dicembre 1962, n. 3134, Foro it., 

Mass., 1962, 879; in ipotesi di cause fra privati, \invece, v. Cass., 13 marzo 

1956, n. 636, Giur. it., 1956, I, 1, 1121 con annotazione di MAssARI). 

Non sembra, del resto, che il problema possa essere risolto (sostanzial


mente nello stesso senso anche se a mezzo di un diverso iter logico) attri


buendo efficacia autonoma alla costituzione in giudizio dell'Amministra


zione, indipendentemente, cio�, dalla sua inidoneit� a sanare la nullit� del



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 465 

indiretta, interessi pubblici in ordine al regime delle acque. E questo 
Supremo collegio ha gi� avuto occasione di affermare, in applicazione 
di detta disposizione, che qualora la questione relativa alla natura demaniale 
delle acque si presenti come premessa necessaria per la decisione 
di altre questioni, cosicch� la causa importi, per ia sua decisione, 
che, con cognizione principale, sia risolta la controversia sulla natura 
pubblica o privata delle acque in contestazione, l'intera causa � di competenza 
del Tribunale regionale delle acque pubbliche che, ove accerti 
il carattere demaniale delle acque, deve pronunciarsi anche sulle conseguenze 
giuridiche di tale accertamento (Cass. 7 dicembre 1962, n. 3306). 

l'impugnazione; l'ammissibilit� di una simile soluzione, che comunque potrebbe 
essere adottata, ovviamente, solo quando l'Amministrazione si costituisca 
in giudizio, appare infatti pregiudicata dal fatto che il principio 
secondo il quale la costituzione in giudizio � efficace ai fini dell'integrazione 
anche quando la notifica sia nulla risulta affermato in applicazione dell'art. 
156 c.p. c. (Cass. 28 dicembre 1964, n. 2847, Foro it., Mass., 1964, 
756; 7 aprile 1964, n. 775, ibidem, 197; 10 marzo 1964, n. 518, Giust. civ., 
1964, I, 958; 24 gennaio 1964, n. 171, ivi, 1965, 1, I, 284; 12 giugno 1963, 

n. 1578, Foro it., Mass., 1963, 461), quella disposizione,� cio�, di cui � preclusa 
a priori l'operativit� in ipotesi di nullit� insanabile: ed � sintomatico, 
in argomento, che il principio, come risulta dalle ricordate decisioni, 
viene applicato in alternativa con il ricorso all'art. 291 c. p. c., inapplicabile, 
come l'art. 156 c. p. c., quando la nullit� della notifica sia insanabile. 
III. -La prima massima della sentenza in rassegna non pu� quindi 
essere condivisa; n� sembra che possa attribuirsi rilevanza determinante 
alle argomentazioni addotte contro l'opposta soluzione, sostenuta, come si 
� ricordato, con la sentenza 9 dicembre 1950, n. 2698. Il GARBAGNATI (Consumazione 
dell'impugnazione e litisconsorzio necessario, Foro padano, 1951, 
I, 131) e l'ANDRIOLI (Commento al codice di procedura civile, 1956, II, 394), 
criticando la decisione, osservarono che se l'integrazione al contraddittorio 
� necessaria in mancanza dell'impugnazione, a maggior ragione deve ritenersi 
ammissibile quando l'impugnazione sia stata invalidamente notificata, 
non potendo l'impugnazione nullamente proposta arrecare al soccombente 
un pregiudizio maggiore di quello che gli provocherebbe la carenza assoluta 
di impugnazione. 
L'argomento, per�, che a prima vista colpisce per la considerazione 
logica su cui � fondato, non resiste ad una valutazione meno superficiale. 
Anzitutto, la validit� di una tesi imposta da norme di legge (nella specie 
dal raffronto degli artt. 291 e 331 c. p. c.) non pu� essere �efficacemente contestata 
con esclusivo riguardo alle conseguenze, per ipotesi pregiudizievoli, 
che possono derivarne sotto il profilo logico; inoltre, come esattamente replica 
il SATTA (che pur d� atto del contrario orientamento giurisprudenziale), 
e la differenza tra impugnazione ed integrazione non � di quantit� 
ma di qualit�, onde la seconda non pu� mai surrogare la prima, tanto � 
vero che all'integrazione pu� provvedere ciascuna delle parti, e non solo 
l'impugnante � (Commentario al codice di procedura civile, 1962, II, 2�, 70); 
lo stesso fondamento logico della critica in esame, infine, viene meno ove 
si consideri che far male � peggio (e pi� gravi conseguenze possono quindi 


466 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E quanto alla prevalenza o meno della competenza territoriale 
funzionale e, quindi, inderogabile del Tribunale regionale delle acque, 
fondata sul criterio del luogo rei sitae, sulla competenza di carattere 
generale dell'art. 3 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639, in materia di opposizione 
giudiziaria ad ingiunzioni amministrative relative alle riscossioni 
dei crediti erariali, questa Corte suprema con altra decisione del 9 gennaio 
rn~9, n. 26, ha affermato che nel caso di ingiunzione intimata nelle 
forme previste dal citato t.u. del 1910, l'opposizione, quando investe 
la natura e la portata della pretesa amministrativa, si propone davanti 
al Tribunale delle Acque, la cui competenza funzionale, per ragioni di 

derivarne) del non fare, per cui non deve apparire strano che l'impugnazione 
invalidamente notificata ad uno dei litisconsorti deve essere dichiarata 
inammissibile mentre al difetto di impugnazione pu� ovviarsi per la 
necessit� di integrare il contraddittorio. Ad evidenz1are la esattezza di tale 
ultimo rilievo, che in quanto formulato sullo stesso terreno logico pi� efficacemente 
documenta la infondatezza della critica in esame, � sufficiente 
richiamare gli artt. 358 e 387 c. p. c. che, rispettivamente per l'appello e 
per il ricorso per cassazione, escludono la riproposizione dell'impugnazione 
dichiarata inammissibile �anche se non � decorso (scaduto) il termine fissato 
dalla legge � : non � forse evidente, anche in questi casi, legislativamente 
previsti, che il far male � peggio del non fare? e l'impugnazione, 
in quanto invalidamente proposta, non determina forse per il soccombente 
un pregiudizio maggiore di quello che gli deriverebbe dalla mancanza assoluta 
di una impugnazione che altrimenti, non essendo scaduti i termini, 
potrebbe ancora proporre? 

IV. -Ai rilievi sopra formulati altre censure, e sotto un duplice profilo, 
sembrano inoltre possibili, per la sentenza in rassegna, in ordine alla 
applicazione del principio affermato alla fattispecie decisa. Quantomeno 
discutibile, anzitutto, la ricorrenza del condizionante presupposto della 
inscindibilit� (o della dipendenza) delle cause; si trattava infatti di cause 
promosse da debitori solidali e riunite in primo grado, per ragioni di semplice 
opportunit�, ai sensi dell'art. 274 c. p.c.; connessione c. d. impropria 
o �intellettuale�, quindi, che, non pregiudicando l'autonomia e l'individualit� 
delle singole cause, non � idonea, come � noto, a determinare la 
inscindibilit� della causa in sede di impugnazione (Cass., 21 febbraio 1958, 
n. 568, Giur. it., 1958, I, 1, 924; 22 marzo 1955, n. 842, Giur. compl. Cass. 
civ., 1955, IV-V, 165, con nota di BRUNETTI, Della riunione di procedimenti; 
11 dicembre 1954, n. 4432, Riv. dir. proc., 1956, II, 258, con nota di TRAVI, 
Pluralit� di cause e connessione impropria; REDENTI, Diritto processuale 
civile, 1953, II, 90; SATTA, Commentario al codice di procedura civile, 1962, 
II, 2�, 73; DE PETRIS, Enciclopedia del diritto, IX, 22); analoga irrilevanza 
assumeva, del resto, ai fini in esame, il carattere solidale dell'obbligazione, 
ugualmente inidoneo a determinare la inscindibilit� delle cause in fase di 
gravame (Cass., 12 novembre 1965, n. 2360, Foro it., Mass., 1965, 692; 24 giugno 
1965, n. 1327, ibidem, 386; 11 giugno 1965, n. 1120, ibidem, 346; 7 giugno 
1965, n. 1128, ibidem, 330; 28 aprile 1965, n. 748, ibidem, 215; 29 marzo 
1965, n. 547, ibidem, 150; 20 marzo 1965, n. 465, Giust. civ., 1965, I, 1385; 
27 luglio 1964, n. 2110, Foro it., 1964, I, 1936; 27 aprile 1964, n. 965, ibidem, 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 467 

ordine pubblico, deroga a quella generale del giudice in cui ha sede 
l'ufficio che ha emesso l'ingiunzione. 

Non vale, pertanto, a sottrarre la questione al Tribunale regionale, 
il richiamo all'art. 3 del t.u. del 1910, n. 639, in virt� del quale le 
ingiunzioni sono state emesse. N� � esatto quanto si afferma dai ricorrenti 
e cio� che con l'opposizione all'ingiunzione si instaurerebbe un 
procedimento di esecuzione inquadrabile, ai fini della competenza, negli 
artt. 27 e 615 c.p.c. � da rilevare, in contrario, con la giurisprudenza 
pi� recente di questa Corte suprema, che l'ingiunzione fiscale, regolata 
essenzialmente dal t.u. del 1910 e dal tu.u. 30 dicembre 1923, n. 3269, 

1288) ed in effetti non � con riguardo a tali estremi che risulta affermata 
la inscindibilit� della causa. 

Dall'accenno, fra parentesi, all'oggetto della questione (regolamento di 
competenza) sembra invero doversi desumere che la Corte abbia voluto 
aderire all'orientamento dottrinario secondo il quale le cause, ai soli effetti 
della competenza, e per la difficolt�, appunto, di applicare l'art. 332 c. p. c., 
devono ritenersi sempre inscindibili (REDENTI, op. cit., II, 377-378; GARBAGNATI, 
Sul ricOTso per regolamento di competenza in un processo con pluralit� 
di parti, FOTo padano, 1951, I, 15); se cosi �, per�, sarebbe stato necessario 
quantomeno motivare sul punto, trattandosi di questione discussa e 
discutibile, e ci� a maggior ragione ove si consideri che la stessa Corte 
ha in altra occasione sostenuto, con adeguata motivazione e proprio in tema 
di obbligazioni solidali, la soluzione esattamente opposta a quella adottata, 
senza motivazione, nella decisione in rassegna (ord. 18 novembre 1950, 

n. 1124, Foro padano, 1951, I, 15; v. pure sent. 9 maggio 1956, n. 1527, Foro it., 
Mass., 1956, 278; per la inapplicabilit�, in tema di regolamento di competenza, 
dell'art. 331 c. p. c. v. invece Cass, 23 agosto 1950, n. 2536, FOTo it., 
Mass., 1950, 516): difetto di motivazione la cui rilevanza si evidenzia con 
riguardo alle ben diverse conseguenze che, essendo scaduti, nella specie, i 
termini per il regolamento di competenza, sarebbero derivate dall'applicazione 
dell'art. 332 c. p. c. 
Sotto un ultimo profilo, infine, e pur nella ritenuta inscindibilit� della 
causa, andava esclusa la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 
331 c.p.c.: la notifica valida dell'impugnazione, infatti, era diretta 
all'altra parte � soccombente � e, potendo valere solo come denunciatio litis, 
non era idonea agli effetti dell'integrazione, a tal fine richiedendosi che 
e l'impugnazione iniziale sia stata tempestivamente proposta da una parte 
soccombente contro una almeno delle parti vittoriose� (REDENTI, op. cit., 
II, 337; v. pure Cass., Sez. Un., 28 ottobre 1959, n. 3162, Giust. civ. 1960, 
I, 535).� Se sia stata notificata soltanto ad un'altra parte (litisconsorte) che 
sia anche essa soccombente insieme con quella che impugna -precisa 
espressamente il REDENTI -la fase di impugnazione deve ritenersi malamente 
promossa; l'integrazione fuori dei termini legali non � pi� possibile 
e si deve dichiarare inammissibile l'impugnazione �. 

V. -Anche le altre massime della decisione in rassegna, con l'affermazione 
delle quali la Corte ha accolto, nel merito, le difese dell'Avvocatura, 
confermano principi consolidati. 
Sulla seconda massima, e, in genere, sui vari criteri adottati in giu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

468 

non � assimilabile all'ordinario decreto ingiuntivo, trattandosi, invece, 

di un vero e proprio atto amministrativo, munito di forza propria, indipendentemente 
dal visto del pretore, dal che una triplice conseguenza: 
a) che l'ingiunzione fiscale, traendo la sua origine dal potere di auto


accertamento delle P.A. non � affatto assimilabile al procedimento monitorio 
ordinario; b) che l'opposizione giudiziaria a detta ingiunzione, 1
��:� 
a differenza di quella prevista dagli artt. �616 e segg. c.p.c., apre la via 
ad un ordinario procedimento cognitivo, in cui, con inversione processuale 
delle parti, l'opponente assume le vesti di attore e l'amministrazione 
quella di convenuta; e) che, dato il principio fondamentale dell'art. 
4 della 1. 20 marzo 1865, n. 22;48, all'autorit� giudiziaria, in sede 
di opposizione, � vietato pronunciare la revoca e l'annullamento dell'ingiunzione, 
potendo solo dichiarare l'illegittimit� dell'ingiunzione, disapplicandola 
(v. ultimo Cass. Sez. Un., 6 giugno �964, n. 1397). 
Per tutte le esposte considerazioni deve dichiararsi la competenza 
del Tribunale regionale delle Acque di Torino. -(Omissis). 

risprudenza per la discriminazione della competenza del Tribunale delle 
Acque rispetto a quella dell'Autorit� giudiziaria ordinaria, cfr. le decisioni 
richiamate in nota alla sentenza 3 settembre 1964, n. 23 del Tribunale Superiore 
delle Acque, in questa Rassegna, 1964, I, 1166, cui adde, per il principio 
affermato nella decisione in rassegna, Cass., 30 luglio 1964, n. 2170, 
Foro it., Mass., 1964, 575; 21 marzo 1964, n. 644, Foro amm., 1964, I, 1, 211; 
in argomento, cfr. inoltre Relazione Avvocatura Stato, 1956-1960, II, 278. 

Sul principio enunciato nella terza massima, cfr. Trib. Sup. Acque, 
22 gennaio 1964, n. 5, Giust. civ., 1964, I, 2091; id., 15 luglio 1960, n. 26, Riv. 
amm., 1961, 181; Cass., 9 gennaio 1959, n. 26, in questa Rassegna, 1959, 75 
e in Foro it., 1959, 1, 231 con richiamo ai precedenti. 

Nella quarta massima sono enunciati i principi fondamentali sull'ingiunzione 
disciplinata dal r. d. 14 aprile 1910, n. 639 e dagli artt. 144 e 145 
del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269. In argomento, cfr.: Cass. 12 novembre 
1965, n. 2356, in questa Rassegna, ".1.965, I, 1196 con nota di richiami; 16 luglio 
1965, n. 1574, ibidem, 712 e le decisioni ivi richiamate in nota; 6 giugno 
1964, n. 1397, Riv. leg. fisc., 1964, 1717; 19 giugno 1962, n. 1571, Giust. civ., 
1963, I, 919; 8 febbraio 1961, n. 226, ivi, 1961, III, 134; 6 febbraio 1959, 

n. 
381, ivi, 1959, I, 1094 con ampia nota di richiami. 
A.MARZANO 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 3 maggio 1965, n. 9 -Pres. Reale Est. 
Ferrati -S.p.A. Ceramica Richard Ginori (avv.ti Pacciani, Fantinelli 
e Battagliese) c. Ministero LL. PP. (avv. Stato Albisinni). 

Acque pubbliche -Opere Idrauliche -Risarcimento dei danni -Proponibilit� 
dell'azione. 

L'azione per risarcimento di danni provocati dalla costruzione o 
dalla mancata manutenzione dell'opera pubblica idraulica non � condi



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 469 

zionata nella sua proponibilit� atla previa emissione det provvedimento 
amministrativo previsto datl'art. 2 det t. u. 25 tugtio 1904, n. 523 delte 
teggi sutle opere idrautiche (1). 

(Omissis). -� senza dubbio esatto che l'art. 2 riconosce all'Autorit� 
amministrativa preposta alla tutela delle acque pubbliche un amplissimo 
potere discrezionale di apprezzamento e di disposizione: esso 
riguarda infatti il potere politico dello Stato di regolare le acque pubbliche, 
quali beni demaniali, nell'interesse generale della collettivit� e 
di provvedere alle opere e ai lavori necessari per il raggiungimento del 
fine pubblico di garantire la comune sicurezza, di difendere il territorio 
dalle dannose conseguenze del corso irregolare dei fiumi, di favorire 
gli usi industriali ed agricoli delle acque pubbliche. 

Come, peraltro, � stato rilevato (Cass. 7 agosto 1945, n. 709) la 
norma opera esclusivamente nel campo dell'amministrazione attiva, 

(1) Osservazioni sull'art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, n. 523 delle leggi 
sulle opere idrauliche. 
1) Il disposto dell'art. 2 del t.u. 25 luglio 1904, n. 523 -a termini del 

quale, per quanto qui interessa, l'azione giudiziaria .per risarcimento di 

danni da opere idrauliche deve essere preceduta da deliberazione ammini


strativa n� le questioni risolute in questa ulUma sede possono essere ulte


riormente discusse dinanzi al Giudice ordinario -tormenta gli interpreti 

da oltre un secolo (si veda GJ!ANZANA, Le acque nel diritto civile italiano, 

Torino 1879, I, 399 sgg.). 

D'altronde sia la ovvia pratica importanza della norma, che signoreggia 

in definitiva una parte cospicua del �contenzioso delle acque pubbliche, sia 

il fatto che la detta norma non �, nel nostro diritto, isolata (si pensi all'ana


logo principio vigente in tema di opere idrauliche di III categoria, art. 18 

legge 7 luglio 1902; di bonifica, art. 91 r. d. 11 febbraio 1933, n. 215; di 

acque sotterranee, art. 105 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775), induce a ricercare 

quale sia il significato. pi� .proprio e dunque la pi� propria efficacia che a 

quella norma debba essere attribuito. 

2) L'art. 2 in esame trova riscontro nell'art. 124 della legge sui lavori 

pubblici 1865, n. 2248 all. F, il quale ultimo a sua volta deriva dall'art. 91 

della legge 20 novembre 1859, n. 3754. 

Va premesso che prima di tale ultima legge la cognizione dei danni 

derivati da opere idrauliche era affidata nello Stato Piemontese ai Consigli 

di Intendenza, attraverso i quali si realizzava in parte qua il principio 

secondo cui la giurisdizione dovesse essere commista con la amministrazio


ne (LAFERRIERE, Droit adm., I, 27), sicch� lo Stato era nel contempo giudice 

e parte. 

Con l'art. 4, n. 2 dell'editto 30 ottobre 1959, n. 3708 codesto privilegio, 

detto del foro del patrimonio, fu abolito (GILARDONI, Acque pubbliche, III, 

28) e subito dopo, con l'art. 91 della legge 1859, n. 3754, le controversie rela


tive a danni derivati da opere idrauliche furono deferite ai giudici ordinari. 



470 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

giacch�l'attivit� della Pubblica Amministrazione :resta sottratta al sindacato
� dell'Autorit� �giudiziaria in quanto costituisca funzione di polizia 
sociale: dal che si � dedotto essere necessario� � che la turbativa del 
buon regime o la possibilit� della turbativa siano attuali, di modo che 
la� pubblica� amministrazione, esplicando il .compito. demandatole dalla 
legge, possa rispettivamente far cessare la prima od eliminare la seconda, 
impedendo turbative ulteriori� (Cass. sent. cit.), considerazione 
questa che tende gi� a circoscrivere il campo di applicazione della 
norma. 

Gli � �che l'art. 2 ha una finalit� ben precisa, quella cio� di disciplinare 
i poteri che all'Amministrazione spettano in relazione alle opere, 
al fatti, atti ed usi posti in essere da soggetti che in lei non si identificano, 
onde non � possibile ritenere che il riconoscimento della dan-

Peraltro, tenuto conto dell'interesse generale � inerente alla conservazione 
stessa della societ� � (GIANZANA, op. cit.) fu statuita -quasi per contrappeso 
alla ric�mosciuta competenza .dei giudici ordinari a raffronto della precedente 
competenza dei Consigli di Intendenza -la incens\lrabilit� di alcuni atti 
della p. A. e la esclusiva competenza di questa nello statuire sulla compatibilit� 
di singole opere idrauliche col superiore interesse della disciplina 
delle acque. 

In parti;colare, l'azione di danno fu subordinata sin da allora (art. 91, 
II comma) alla declaratoria della p. a. in punto.di dannosit� dell'opera idraulica 
e del pari sin da atlora fu precluso ai giudici ordinari di � discutere 
le questioni gi� risolute in via amministrativa �. 

L'art. 91 port� peraltro un deciso progresso nel contenzioso delle acque,, 
giacch� deferl detto contenzioso ai giudici ordinari, anche se richiese 
che, prfa;na di adire costoro, l'interessato invocasse la deliberazione amministrativa 
della dannosit� dell'opera. 

Tale regolamento, trasfuso poi nell'art. 124 legge 1865, n. 2248 all. F, 
ottenne un ulteriore miglioramento con la. legge del 1889 sul Consiglio di 
Stato, che istitui (art. 25, n. 7) il controllo giurisdizionale della IV Sezione 
s�i provvedimenti emessi dalla p. a. a termini del lo comma del cit. articolo 
124 (vedasi, MORTARA, Commentario, I, n. 255, 327). 

Sopravvenuto il Tribunafo unico delle acque pubbliche, tale controllo 
fu affidato a quest'ultim� (art. 35, lett. j), d.L 1916, n. 1664); e successivamente 
fu trasferito al Tribunale superiore delle acque pubbliche, quale giudice 
degli interessi. 

Ditalch� nella evoluzione del contenzioso delle acque si individuano 
tre periodi: il primo, in cui ogni competenza spetta alla p; a.; il secondo, 
in cui si riconosce al privato il diritto al risarcimento ed alla p. a. il potere 
insindacabile di accertare la dannosit� dell'opera; il terzo, in cui il detto 
potere della p. a. diviene censurabile anche per ii merito dinanzi al giudice 
degli interessi. 

Non � dunque esatto quanto il Tribunale Superiore ha affermato nella 
sentenza che si annota, e .cio� che -subordinandosi la proponibilit� dell'azione 
di danni al previo riconoscimento amministrativo della dannosit� 
dell'opera -la p. a. finirebbe per essere giudice in causa 'Propria. Pervero 



PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 471 

nosit� delle opere si riferisca indistintamente tanto ai fatti dei privati 
quanto a quelli dell'Amministrazione medesima. 

Che siffatta distinzione sia essenziale ai fini di una retta interpretazione 
della norma risulta da un complesso di argomenti letterali e 
sistematici. L'art. 140 del t.u. sulle acque pubbliche, alla lett. e), demanda 
infatti al giudice ordinario specializzato � le controversie per 
risarcimento di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla 
pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall'autorit� 
amministrativa a termini dello art. 2 del t. u. 25 luglio 1904, 

n. 523, modificato con l'art. 22 della I. 13 luglio 1911, n. 774 �. 
Tale norma prevede due distinte ipotesi, aventi ciascuna una diversa 
fonte di danno: nella prima � qualunque opera eseguita dalla Pubblica 
Amministrazione, nella seconda � il provvedimento amministrativo ex 
art. 2 (cfr. Cass. 10 luglio 1957, n. 2476). 

Se fosse esatta la tesi sostenuta dall'appellata ed accolta dalla sentenza 
impugnata, la risarcibilit� del danno in materia di opere idrau


� giudice in causa �, semmai, sarebbe il Tribunale Superiore quale giudice 
degli interessi, e non certo la p. a. 
3) All'accennato progresso dei mezzi di tutela processuale del privato 
ha fatto riscontro il graduale completamento della disciplina sostanziale, 
gi� contenuta nell'art. 91 della legge 1859, n. 3754. 

Infatti con legge 30 marzo 1893 �l'art. 124 della legge del 1865, n. 2248 
ali. F fu modificato, per quel che qui interessa: a) chiarendosi che la competenza 
esclusiva della p. a. a statuire e provvedere inerisce non tanto alle 
ppere � che nuocciono � al buon regime delle acque, quanto �piuttosto alle 
opere che con detto regime �.possono avere relazione� (� evidente la notevole 
dilatazione della fattispecie legislativa); b) statuendosi che le disposizioni 
dell'art. 124 devono applicarsi anche alle � opere di carattere pubblico 
.. 

Nel contempo fu peraltro ribadito che i giudici ordinari �non potranno 
discuter�e le questioni gi� risolute in via amministrativa� e cio�, tra l'altro, 
sulle � condizioni di regolarit� di... altra opera qualunque fatta entro gli 
alvei o contro le sponde �. 

Ci� posto, non sembra che siano fondate le ragioni _addotte nella sentenza 
che si annota per escludere la improponibilit� della azione per risarcimento 
proposta immediate al giudice ordinario. 

4) Non � anzitutto vero che l'art. 2 del t. u. 1904, n. 523 disciplina i 
poteri che spettano alla p. a. soltanto in relazione ad opere poste in essere 
da soggetti che in lei non si identificano: a smentire tale affermazione basta 
richiamare la lettera dell'ultimo comma del cit. art. 2, quale � derivato 
dalla modifica apportata dalla legge del 1893 all'art. 124 della legge del 
1865; e ci� non senza rilevare che non si � mancato di osservare gi� da 
tempo _(VITTA, L'amministrazione delle acque pubbliche, in Trattato del




472 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

liche sarebbe sempre condizionata al provvedimento ex art. 2, da cui 
non si potrebbe mai prescindere ed allora sarebbe perfettamente superflua 
la previsione di un'azione di risarcimento di danni cagionati da 
un'opera idraulica eseguita dall'Amministrazione, tanto pi� quando 
nella precedente lett. cl) del medesimo art. 140 sono gi� contemplate 
le controversie per le indennit� previste dall'art. 46 della legge sulla 
espropriazione per pubblica utilit�. E siccome in queste ultime si fa 
valere un danno che discende dall'opera pubblica indipendentemente 
da ogni colpa dell'Amministrazione, � d'uopo ritenere per un verso che 
le controversie menzionate nella prima parte dell'art. 140 lett. e) siano 
precisamente quelle in cui si deduca che causa del danno risentito dal 
privato nell'esecuzione dell'opera sia stata la colpa dell'Amministrazione, 
per altro verso che le controversie stesse non si identifichino con 
quelle che possono trarre origine dai provvedimenti ex art. 2. 

Si tenga presente che l'art. 2 fa espresso riferimento a fatti che 
nuocciono al buon regime delle acque: ora, se si considera che compito 
precipuo della Pubblica Amministrazione � proprio la tutela del buon 

l'Orlando, V, 982) che la competenza esclusiva della p. a. a giudicare della 

idoneit� di opere da essa stessa costruite costituisce un principio generale 

del nostro ordinamento e dunque non contrasta con quest'ultimo. 

Il Tribunale, peraltro, ha ritenuto di trovare �conforto in tale restrittiva 

interpretazione contra titteram dell'art. 2 rilevando che, ove mai tale inter


pretazfone non si aceettasse, resterebbe inesplicabile il disposto dell'arti


colo 140, lett. e) del t. u. 1933, n. 775, a termini del quale i Tribunali 

regionali giudicano a) sulle controversie per risarcimento di danni derivati 

da opere idrauliche e b) sulle controversie derivate da provvedimenti emessi 

a sensi dell'art. 2 del t. u. 1904, n. 523: e cio�, poich� secondo la tesi del


l'Amministrazione la risarcibilit� del danno da opera pubblica � sempre 

condizionata al provvedimento di cui all'art. 2 cit., �sarebbe stato pleona


stico indicare la ipotesi del danno da opera pubblica e separatamente la 

ipotesi del danno da provvedimento. 

Ci� affermando il Tribunale non si � dato cura di rilevare .ci� che pur 

era rilevabilissimo: e cio� che il danno, in numerosi casi tra i quali era 

proprio quello di specie, deriva daH'opera e non dal provvedimento che giu


dica deHa dannosit� deH'opera; e perci�, se la previsione fosse stata limi


tata, nell'art. 140 lett. e), alle � controversie per risarcimenti di danni di


pendenti... da qualunque provvedimento emesso, ecc. � (con pretermissione, 

quindi, nel tratto �punteggiato, della dizione �da qualunque opera eseguita 

dalla p. a. e �) ecco, che proprio in tal caso, proprio �Cio� se il legislatore non 

fosse incorso nel preteso... pleonasma, l'azione della Soc. Richard Ginori 

non sarebbe stata riconducibile all'astratta previsione dell'art. 140 lett. e). 

In realt� una cosa � il danno da opera pubblica idraulica ed altra cosa 

� il danno da provvedimento in tema di opera idraulica: lo prova il fatto 

che pu� esservi obiettivamente, quale che ne sia la �condizione sul piano 

della tutela processuale, un danno anche se non vi sia un provvedimento che 

ne dichiari la connessione ad opera ritenuta nociva; e che d'altronde pos




PARTE I, SEZ. VI, GI1;1RIS. lN MATERlA ])I ACQUE:. APPALTl ECC. 478 

r�gbne d�lle ~cq��~ deve presumer$! che a quel fine sia indirizzato 
tuttQ il suo comportatnento, in partieolate .le opere ~�����essa �disp.oste 
~es�Stdte e sarebbe 'Vertnnente singolare. ehe .il leglslatore abbia voluto 
delfumdare aUa Pubblica Amministrazione un giudizio sulla liceit� 
O��;n:te:no1.�o~�:Pi�filsattamente;;.sullrvdannosit�:o... meno��.di.�opere>��idraUliche 
post�.����il'l.���esser���ᥥdlllla��ᥥl\l~e,Sfmaᥥ��Axntnir�StraziOne���nell'.espl�tamento ���di 
qtier� (loJ:n.pit9����i$tituzforial~���t�ilt'���.�ricfordato. 

��� > / >� ᥥ� :N� a .diversa o~f;nione pu� incb.�l'te . l~Ultimo capoverso dell'art��� 2, 

�\ 
.� giaecJi� ..ess� b.on ribadisce altro Che Uprinciplo della. potest� � insin~ 
\ d~cabil~ dello St~to di provvedere<come :rnegUocre�le�all'esecuzione 
'{;::1 ~~~~==:z~~~i:~i:;:ri:~:.=~~~a~~=aa~::::::: ~e~ 

\\tmggere le opere da essa stessa eseguite, poich� rientra nei compiti 

\:. . . �� 

\;.

'\:/:'.:: .. :::.�.::..�< ::::..::::�::::-::'.):�� .� . �.. . . �.�. ' . . . . ' : .� ...:�. ::. :: 

~i' provvedimenti relativiad opere eseguite da� privati e� dunque 
\~n es.eguite. dltlla p;a.>� 
\ ............ >��� ... :/:�;�..:...:/ ...... . 

'\W.i>r�'P�uibiHt~ dell'azione; ehe<non sia stata pre.C�duta dal 
'i.ella P'� a;, pu<J contestarsi con l'argomento ch� il risarci\~.
ato) dei i:ianri� � subit� d:.�l ���privato � . gUf prev�isto dalla 
\�laddove vi si richi�tn� l'art46della1egge 1865 no23.59. 
�~u��d~o Hi�areibile��~�cit;�att.46� ��ben��diverso;nella 
\{ti:i:o . r�$ucibite in s�de di�. c6:mun� azione aquiliana. 
'';~rsf d:aJ fatto�che���1e<due pretese risarcitorie (in 
�'Wente previste, soprattutto. se da ci� voglia farsi 
�~rr�nza dei�� due .rimedi .non reclama, che �rap'
wzzo e.:e art.� 46} comporti. illiberissimo> eser.''
tllla P� a.} dell'altro; e ci� sopratutto ove si 
\~ solo� estensivamente ma anche ontologi .. 


\'\,.... 
>esame � pecca per �eccesso, e nel con....
thiazione che l'ultimo comma <dell'art. 2 
~1ibe a diehiarare �<ilprincipio �della� potest� 
,,.,/provvedere come meglio crede .. alla esecuzione 
, � che, pertanto, non occorreva alcuna cHspoSizione 
Aire la p. a. a modificare o a distruggere le opere da 

/.�::{> 

_,.atitto, che la.. detta potest� della p. a'. non � a:(fatto insinda~ 
.Ah� v~� ilriin�dio apprestato dall'art/14S lett; b) del t. u. 19SS, 
.,,.{certo Che ,WOf)f�O perch� non occorreva alcuna di.Sposizione espres.;. 
.A"<autorizzare fa p; aj a modificare o� cllstruggere le opere da e11sa stessa 
. ..d�ilit�; .si�deve��attribuil'e all'ultim� comma�detrart.� 2�.un��significato� diverso 


. �da quello inutil� che il Tribunale Superiore. ne ha p0stulato; �e ci� proprio 
per evitatie quet~pleonas:ma legislati'vo cui ilTribunale Supetio:re si � rife� 
rito iii altra p�rt� d'ella s�ntenza in �same; 

Orbene l'unico significato utile che al detto ultimo comma pu� attribuirsi 
�. quello reso chiaro dalla sua stessa lettera, e cio� che le � dispo




474 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


istituzionali di quella sia il disporre l'esecuzione di un'opera che in 
quel momento � ritenuta utile e necessaria, sia il disporne la modificazione 
o l'eliminazione quando non risulti pi� rispondente ai fini per 
i quali l'opera era stata compiuta. 

D'altra parte con l'esigere un preventivo riconoscimento amministrativo 
della dannosit� dell'opera eseguita dalla medesima Amministrazione 
per subordinare a quel riconoscimento la proponibilit� della 
azione di risarcimento dei danni cagionati dall'opera medesima si verrebbe 
a contravvenire al fondamentale principio nemo iudex in causa 
propria in quanto sarebbe attribuito alla stessa Pubblica Amministrazione 
il potere di rimuovere il limite all'esercizio di un'azione contro 
l'Amministrazione medesima e questa si trasformerebbe in un ufficio 

sizioni del presente articolo � -e dunque tutte le disposizioni di quell'articolo 
-, si applicano alle opere pubbliche idrauliche, nonch� ai danni 
eventualmente conseguitine: ci� � come dire che non :soltanto la p. a., 
come il Tribunale Superiore sembra essersi limitato a decidere, pu� modificare 
o distruggere le proprie opere (ipotesi del I comma), ma anche che 
i giudici ordinari, decidendo in punto di risarcimento di danni conseguiti 
ad opera pubblica idraulica, non potranno discutere le questioni gi� risolute 
in via amministrativa (ipotesi del IV comma), e cio�, per quel che ne interessa, 
le questioni relative alla dannosit� delle opere (II comma): tutte 
le disposizioni dell'art. 2 essendo state richiamate dall'ultimo comma in relazione 
alle azioni per risarcimento di danni da opere pubbliche idrauliche. 

7) La ratio dell'art. 2 del t. u. 1904, n. 523 riposa sulla opportunit� ravvisata 
dal legislatore che ai giudici ordinari, e particolarmente ai loro consulenti 
tecnici (ineluttabili in controversie tanto consostanzialmente tecniche), 
resti sottratto il potere di interferire nella disciplina del regime 
delle acque pubbliche e, conseguentemente, nelle opere che a tal fine si 
apprestano dall'Amm.ne: la quale, scevra com'� �da preoccupazione di 
giudici parziali, mossi a 'studio di privato interesse � (MANTELLINI, Sulla 
competenza amministrativa in materia di acque, Roma, 1878) potrebbe vedersi 
preclusa la sua funzione istituzionale intesa ad � esperienza ed a criteri 
di largo orizzonte � dall'intervento dei giudici ordinari, i quali non 
possono per loro natura non essere condizionati dalla � critica di pel'iti necessariamente 
parziali o mossi da criteri a orizzonte ristretto dal privato 
interesse di chi siasi fatto attore nel giudizio di danni � (MANTELLINI, 
Zoe. cit.). 

Di qui la necessii� che della pretesa dannosit� dell'opera si giudichi 
non dinanzi ai giudici ordinari, bens� in una sede, quale quella del Tribunale 
Superiore, che appare particolarmente qualificata, sia per l'intervento 
in veste di giudici di tecnici partieolarmente versati, sia perch� quell'organo, 
ch'� istituzionalmente giudice della legittimit� dell'operato della p. a., 
� per ci� stesso portato ad apprezzare con visione non particolaristica il 
pubblico interesse, contemperando poi con questo gli interessi privati. 

G. COLETT:A 

PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 475 

dl consulenza legale o addirittura in un organo giurisdizionale (cfr. 
Cass., sent. 7 agosto 1945, n. 709). Si deve infatti escludere che il legislatore 
del 1904, pur non essendo vincolato al rispetto di una Costituzione 
rigida quale quella attualmente vigente, possa aver avuto di 
mira un simile risultato in netto contrasto con i principi dello Stato 
di diritto e della separazione dei poteri, che stavano a base dello Statuto 
Albertino e che, in definitiva, sono ribaditi nella stessa norma in 
discussione quando viene riservata al giudice ordinario la pronuncia 
sui danni, vale a dire la tutela del diritto soggettivo leso. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 2 marzo 1966, n. 10 -Pres. Stella 
Richter -Est. Ferrati -Buccheri (avv. Nicol� e M. S. Giannini) 

c. Intendenza di finanza (avv. Stato Carbone). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Procedimento innanzi 
ai Tribunali delle acque -Appello avverso la sentenza del 
Tribunale regionale delle acque -Notifica presso l'Avvocatura distrettuale 
e non presso l'Avvocatura Generale dello Stato -Nullit�. 

(r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11). 
L'atto di appello al Tribunale superiore delle Acque, che non sia 
stato notificato presso l'Avvocatura Generale dello Stato, � inficiato da 
nullit� assoluta e insanabile (1). 

(1) Giurisprudenza costante; cfr. Cass. 24 luglio 1964, n� 2019, in questa 
Rassegna 1964, I, 731. 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 3 marzo 1966, n. 11 -Pres. Reale Est. 
Jannuzzi -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Tavassi) c. Faraone 
Mennella (avv. Messina). 

Espropriazione per p. u. -Indennit� -Criterio di liquidazione -Terreno 
edificatorio -Caratteri. 

Il carattere edificatorio di un suolo, ai fini della determinazione di 
indennit� di esproprio, si pu� desumere, oltre che direttamente (perch� 
compreso in un piano regolatore particolareggiato), anche indirettamente, 
o in via riflessa, da un complesso di elementi certi relativi alla 



476 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ubicazione, alla accessibilitd, allo sviluppo edilizio, all'esistenza di 
servizi pubblici, dai quali si possa trarre la convinzione che un suolo 
abbia una destinazione attuale e concreta, e non solo potenziale, alla 
edificabilitd (1). 

(1) Giurisprudenza pacifica: cfr. Cass. 19 giugno 1964, n. 1592; 30 marzo 
1965, n. 557; 28 luglio 1964, n. 2142, in questa Rassegna, 1964, I, 733, con 
nota. 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 3 marzo 1966, n. 12 -Pres. Stella 
Richter -Est. Giannattasio -Anas (Avv. Stato Bronzini N. c. Interdonato 
(avv. Mancuso). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Procedimento dinanzi ai Tribunali delle 
Acque -Accertamenti tecnici -Adempimento da parte di estranei 
all'organizzazione dei Tribunali -Ammissibilit� -Limiti. 

(r. d. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 167, 130). 
Pur ammettendosi che nei giudizi davanti ai Tribunali delle acque 
sono da considerarsi abnormi gli incombenti peritali perch� iZ collegio 
misto � fornito di particolari cognizioni ed � in grado di compiere indagini 
speciali di natura tecnica, ci� non esclude che a perizia od accertamenti 
tecnici ausiliari, estranei all'organizzazione tecnica giuridica dei 
Tribunali stessi, possa farsi ricorso in casi eccezionali per indagini 
specializzate di particolare difficoltd e competenza (J.). 

(1) Principio gi� affermato dalla Ciassazione: Sez. Un., 4 ott�bre 1965, 
n. 2075, in questa Rassegna, 1965, I, 1088 con nota di richiami. 
LODO ARBITRALE, 11 maggio 1965, n. 29 (Roma) -Pres. Migliardi Impresa 
Melucci (avv. Pistolese) c. Provveditorato alle 00. PP. 
per la Basilicata (avv. Stato Zagari). 

Arbitrato Notifica 
della domanda arbitrale presso l'Avvocatura dello '* 
Stato Inderogabilit�. 
(d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 46; 
1. 25 marzo 1958, n. 260, art. I). 
r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; ' :; 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE, APPALTI ECC. 477 

Notificazione -Notificazione a mezzo del servizio postale -Momento 
del perfezionamento -Restituzione della ricevuta di ritorno. 

(c. p. c., art. 149; r. d. 21 ottobre 1923, n. 2393, artt. 4 e segg.; r. d. 18 aprile 
1940, n. 689, artt. 170 e segg.; d. P. R. 15 dicembre 1959, n. 1229, art. 107). 
Amministrazione dello Stato e degli Enti pubblici -Notificazione delle 
domande arbitrale non eseguita presso l'Avvocatura dello Stato Nullit� 
assoluta ed insanabile -Costituzione dell'Amministrazione 
-Irrilevanza -Rinnovazione della notifica -Inammissibilit�. 

(1. 25 marzo 1958, n. 260, art. 1; r. d. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 11; c. p. c., 
artt. 144, 156 e 162). 
Le domande arbitrali proposte nei confronti dell'Amministrazione 

dei lavori pubblici devono essere notificate, a pena di inammissibilitd, 

presso l'Avvocatura Generale dello Stato (1). 

Quando la notificazione viene eseguita a mezzo del servizio postale, 
la formalitd che esaurisce il relativo procedimento non � la spedizione, 
da parte dell'Ufficiale giudiziario, del piego raccomandato 
contenente l'atto da notificare ma, ai fini del perfezionamento della 
notificazione, occorre la restituzione della ricevuta di ritorno che fa 
prova dell'eseguita notificazione, della data di essa e della persona cui 
il piego � stato consegnato (2'). 

(1) Testuale applicazione �dell'art. 46, secondo comma, del d. P. R. 
16 luglio 1962, n. 1063. Sulla inderogabilit� della notifica delle domande 
arbitrali presso l'Avvocatura dello Stato, in forza del principio generale 
�sancito 
dall'art. 1 della I. 25 marzo 1958, n. 260, cfr: Corte Appello Roma, 
5 gennaio 1966, n. 1, retro, I, 202; Cass .., Sez. Un., 6 ottobre 1964, n. 2523, in 
questa Rassegna, 1964, I, 973; lodo 16 aprile 1964, n. 21; ibidem, 619; in dottrina, 
cfr.: CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, 1964, 827; contra, nel 
senso che fa domanda arbitrale � validamente notificata presso l'Alnministrazione, 
cfr. lodo 17 febbraio 1965, n. 3, in questa Rassegna, 1965, I. 836, con 
nota critica di DEL GREco, Sugli effetti giuridici e sulla notifica della domanda 
arbitrale. Con la decisione sopra ricordata le Sezioni Unite hanno 
anche precisato che �l'ufficio dell'Avvocatura competente a ricevere la notifica 
� quello presso la Corte di Appello competente a decidere secondo le 
ordinarie norme di procedura �, in tali termini superando il dubbio prospettato, 
in avgomento, con riguardo alle difficolt� di determinare l'Ufficio competente 
quando non sia nota in precedenza la sede del Collegio arbitrale: 
ipotesi per la quale si era addirittura esclusa la possibilit� di applicare 
l'art. 1 della I. 25 marzo 1958, n. 260 (in tal senso, PASTORE, L'arbitrato negli 
appalti di opere pubbliche, 1964, 76 e lodo 1� marzo 1961, ivi citato in nota). 

(2) Conf.: Cass., 16 febbraio 1965, n. 250, in questa Rassegna, 1965, I, 
339; id., 18 giugno 1964, n. 1572, Giust. civ., Mass. Cass., 1964, 717; id., 
18 giugno 1964, n. 1567, Giur. it., Mass., 1964, 512. 

478 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La nuUit� comminata daU'art. 11, terzo comma, del r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611 per la notificazione non eseguita presso l'Avvocatura 
dello Stato � assoluta, rilevabile di ufficio e non sanabile neppure con 
la costituzione in giudizio deU'Amministrazione interessata; n� pu� il 
giudice, in tale ipotesi, disporre la rinnovazione della notificazione (3). 

(3) Principio ormai consolidato: Cass., 22 dicembre 1964, n. 2964, in 
questa Rassegna, 1964, I, 1109; id., 18 maggio 1964, n. 1215, Foro it., Mass., 
1964 313� id., 29 agosto 1963, n. 2377, Giur. it., Mass., 1963, 808; id., 8 agosto 
1963'. n. Z250, Giitst. civ., 1963, III, 336; id., 30 gennaio 1963, n. 161, Foro it., 
Mass., 1963, 45; id., 7 agosto 1962, n. 2440, ivi, 1962, 701; id., 16 giugno 1962, 
n. 1522, ibidem, 457; id., 20 aprile 1962, n. 798, ibidem, 242; id., 20 gennaio 
1962, n. 89, ibidem, 29; per altri precedenti, cfr.: Rel. Avv. Stato, 1956-1960, 
III, 694 segg. Il principio, applicato di frequente all'ipotesi di notifica del 
ricorso per cassazione invalidamente eseguita presso l'Avvocatura Distrettuale 
dello Stato risulta generalmente affermato con riguardo alla prevalenza 
della nor~ speciale, richiamata dall'art. 144 c.p.c., sul principio 
generale sancito dall'art. 156 c.p.c. 
Sull'ultima parte della massima, e con la stessa motivazione, cfr.: App. 
Firenze 16 dicembre 1959, Giust. civ., Rep., 1960, v. notificazione civile, 

n. 15 e'v. citazione civile n. 21. Sull'impossibilit� di disporre la rinnovazione 
in ipotesi di mancanza della notificazione, cfr.: 16 febbraio 1965, n. 250, 
citata sub 2. 

SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 gennaio 1965, n. 98 -Pres. M1chienzi 
-Rel. Leone -P. M. Pace -Rie. Pallotta. 

Oltraggio -Scriminante dell'arbitrariet� dell'atto del pubblico ufficiale 
-Consapevolezza della arbitrariet� da parte dell'agente. 

(c. p., art. 341; d. I. I. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4). 
La discriminante di cui all'art. 4 r. d. l. 14 settembre 1944, n. 288, 
richiede, per la sua applicabilit�., l'elemento soggettivo della consapevolezza 
che la spinta criminosa sia causata dall'eccesso arbitrario del 

p. u. e quindi la conoscenza antecedente o contemporanea dell'arbitrariet�. 
dell'atto del p. u. (fattispecie in tema di oltraggio a p. u.) (1). 
(Omissis). -L'impugnata sentenza, rilevando che, in virt� dell'art. 
15 del codice della strada del 1944, l'intervento coercitivo della 

P. A. per lo sgombro di quanto si protenda oltre il ciglio della strada, 
� previsto solo quando sia rimasto senza effetto l'invito a tal uopo diretto 
al privato, proprietario del fondo costiero, e che nella specie l'invito 
in parola non era stato rivolto all'imputato, ha ritenuto legittima la sua 
reazione all'intervento della Guardia Comunale, che, per ordine del 
Sindaco, si era recato sul posto per il decespugliamento, senza per� 
potere eseguire l'ordine per l'attegiamento minaccioso dell'imputato. 
Ma va subito osservato che la discriminante in parola richiede, per 
la sua applicabilit�, l'elemento soggettivo della consapevolezza che 
la spinta criminosa sia causata dall'accesso arbitrario del p. u., e quindi 
la conoscenza antecedente o contemporanea dell'arbitrariet� dell'atto 
del p. u. 

(1) La sentenza riportata si pone nell'ambito di una costante direttrice 
rigoristica, volta a limitare la portata della norma di cui all'art. 4 d. 1. 1. 
14 settembre 1944, n. 288. 
Si veda, per tutti, Cass., 17 marzo 1964, VETTORAZZI, in questa Rassegna, 
1964, I, 1187, con nota di richiami. 

16 



480 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nella specie, per�, a prescindere della questione se l'atto illegittimo 
sia da considerare o meno in s� per arbitrario, sta di fatto che 
l'imputato, al momento in cui il vigile si accingeva ad eseguire l'ordine 
del Sindaco, non contest� al p. u. il potere di procedere coattivamente 
al decespugliamento della strada, per non avergli il Sindaco rivolto 
prima l'invito prescritto dall'art. 15 della legge della strada; perci� non 
pu� dirsi, come erroneamente presume l'impugnata sentenza, ch'egli 
avesse coscienza della illegittimit� dell'atto che stava per essere compiuto, 
e, conseguentemente, che la sua condotta fosse improntata a 
legittima reazione ad un atto arbitrario e alla tutela pronta ed efficace 
del suo diritto minacciato. 

Pertanto l'esimente in parola non pu� trovare applicazione nella 
fattispecie, per difetto dello elemento soggettivo di cui sopra si � detto, 
consistente nella consapevolezza dell'agente che l'atto contro cui si � 
opposto fosse eccessivo per difetto di potere del p. u. e arbitrario perch� 
deliberatamente posto in essere, nonostante il manifesto contrasto di 
esso con l'ordinamento giuridico vigente. 

La consapevolezza successiva evidentemente non pu� esser fatta 
valere a scusante dal colpevole. (Omissis). 

CORTE, DI CASSAZIONE, Sez. III, 25 gennaio 1965, n. 165 -Pres. 
Vinci -Rel. Tripepi -P. M. Bracci -Rie. Ricci. 

Reato � Elemento psicologico � Errore sulla legge penale dipendente 
da prassi �contra legem � -Irrilevanza. 

(C. p., art. 5). 
Ostandovi il disposto dell'art. 5 c. p., non serve a giustificare l'atto 
del pubblico ufficiale contrario a precise norme penali il fatto che 
l'agente incorra nella falsit� per ignoranza o per erronea interpretazione 
delle dette norme, o che vi incorra perch� indotto in errore dalla conoscenza 
di una prassi consolidatasi contra legem (1). 

(1) C'Ome � stato rilevato in questa Rassegna (v. 1965, 422, con richiami) 
la giurisprudenza applica in senso rigoroso il principio di cui all'art. 5 
c. p. in tema di delitti mentre, talvolta, ne fa benevola applicazione in tema 
di contravvenzioni (c:lir. Cass., 18 febbraio 1964, n. 219, Rassegna, 1965, 855 
con nota di I. F. CARAMAZZA). 
Nella specie, il principio della irrilevanza dell'errore ingenerato da una 
prassi consolidata contra legem � stato applicato in tema di falsit� in atto 



481

PARTE I, SEZ. VII, GIURISPRUDENZA PENALE 

(Omissis). -Avverso la sentenza della Corte d'Appello ha proposto 
ricorso per cassazione l'imputato per motivazione difettosa e insufficiente 
in ordine al motivo dell'appello con il quale si era dedotta la insussistenza 
dell'elemento intenzionale dell'ascrittogli reato di falsit� ideologica 
in atto pubblico; commesso questo solo per la sua inesperienza 

� dell'uso di regole e di procedure amministrative o di interpretazioni, 
radicate in consuetudini legittimatrici ormai generalizzate nelle pubbliche 
amministrazioni � e in un clima di piena pubblicit�, senza nessun 
nocumento, e, anzi, con vantaggio sostanziale della Pubblica Amministrazione. 
In proposito osservasi. 

La Corte d'Appello ha disatteso le difese dell'imputato in punto 
di insussistenza dell'elemento psicologico del delitto de quo, rilevando 
che nessuna importanza avesse il fatto, da quello addotto, che dell'alterazione 
della contabilit� del primo stato di avanzamento dei lavori 
fossero informati, sia i componenti dello stesso Consiglio comunale da 
lui presieduto, sia i cittadini, posto che ai fini del dolo di detto reato 
� sufficiente la coscienza e la volont� di immutare il vero. E che, comun~ 
que, in ordine a tale assunto, e perch� ogni dubbio sulla pretesa buona 
fede di esso imputato in relazione alla presunta innocuit� del suo fatto 
venisse meno, bastava solo ricordare che col sistema da lui adottato, da 
un lato, veniva esposta al Ministero dell'Agricoltura una situazione contabile 
difforme a quella vera e ci� per indurlo a un rimborso di somme 
maggiori di quelle che al Comune spettavano; mentre, dall'altro, si 
prevvedeva all'esecuzione di opere pubbliche non autorizzate dall'Autorit� 
tutoria e quindi con effettiva ed esclusiva pertinenza del Comune 
medesimo. 

Ci� posto, si deve riconoscere la rispondenza di tali rilievi ai principi 
che regolano la materia dell'elemento intenzionale dei delitti di 
falsit� in atti pubblici, elemento intenzionale che consiste nelle semplici 
coscienza e volont� della immutatio veri. Sicch� agli effetti dell'integrazione 
di siffatti reati � rilevante soltanto la situazione di pericolo, attinente 
alle garanzie probatorie dell'atto od alla regolarit� della pubblica 
amministrazione, deformata dalla falsit�; ed � irrilevante, invece, sia 

pubblico, ponendosi in evidenza che, agli effetti della integrazione di tale 
reato, � rilevante soltanto la situazione di pericolo attinente alle garanzie 
probatorie dell'atto od alla regolarit� della pubblica amministrazione, determinata 
dalla falsit�, mentre � del tutto irrilevante sia il fatto che l'agente 
non abbia eventualmente l'intenzione di procurare a se o ad altri un vantaggio 
o di arrecare ad altri un danno, sia, ed ancor pi�, che il falso venga 

o no commesso clandestinamente. 

482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il fatto che l'agente non abbia eventualmente l'intenzione di procurare 
a s� o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, sia ed 
ancor pi�, poi, che il falso venga o no commesso clandestinamente. .< 
Mentre -e sempre a prescindere dalla manifesta infondatezza anche in 
punto di fatto dell'assunto difensivo circa la esistenza di una prassi 
amministrativa generalizzata cui il Riccione si sarebbe uniformato � 
ovvio che, ostandovi il disposto dell'art. 5 c. p., non serva a giustificare 
l'atto del pubblico ufficiale contrario a precise norme penali, o ad 
altre norme che nelle norme penali debbano ritenersi incorporate, il 
fatto, o che l'agente incorra nella falsit� per ignoranza o per erronea 
interpretazione delle dette norme, o che vi incorra perch� indotto 
in errore dalla conoscenza di una prassi consolidatasi contra legem. (
Omissis). 

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I 
I
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PARTE SECONDA 




QUESTIONI 


LA SINDACABILIT� DEL PROVVEDIMENTO 
AMMINISTRATIVO NEL PROCESSO PENALE 


SOMMARIO -1. Posizione del problema in riferimento all'elaborazione giurisprudenziale 
e dottrinale. -2. Necessit� di una autonoma considerazione della 
problematica dell'eccesso di potere nel processo penale. -3. Distinzi�ne fra 
processo civile e processo penale : il provvedimento amministrativo come 
oggetto dell'accertamento giudiziale. -4. Di alcuni casi sintomatici: A) l'a,zione 
di mero accertamento; B) l'opposizione all'ingiunzione fiscale. -5. Ancora 
della distinzione fra processo civile e processo penale in riferimento alle 
posizioni soggettive delle parti. -6. La sindacabilit� del provvedimento in 
sede penale sotto il profilo dell'eccesso di potere. L'e.p. come violazione di 
norma interna. Corollari: A) l'e.p. come vizio di legittimit�; B) la pubblica 
amministrazione come fonte della norma interna. -7. Dimostrazione dell'assunto: 
in relazione al problema dei poteri istruttori del giudice... -8. ed alla 
struttura delle singole figure sintomatiche dell'e.p. -9. La pluralit� degli ordinamenti 
giuridici come presupposto della giuridicit� della norma interna. 
Il problema dei rapporti fra ordinamenti nell'ambito della normazione� civile... 

10. ed in quella penale. Inammissibilit� di interferenze dell'ordinamento 
interno nell'ambito del giudizio di qualificazione di reato. Conseguenze in 
tema di e.p. con particolare riferimento ad ipotesi di: A) violazione di circolare; 
B) manifesta ingiustizia (o disparit� di trattamento); C) illogicit� manifesta. 
-11. .La pregiudiziale amministrativa nel processo penale (art. 20 
c.p.p.). 
1. -Il problema della sindacabilit� del .provvedimento amministrativo 
da parte del giudice ordinario, e di quello penale in particolare, � 
tradizionalmente impostato sul testo dell'art. 5 della legge sul contenzioso 
amministrativo (1), discutendosi se il giudizio di legittimit� 
debba essere condotto alla stregua della rilevazione dei tre classici 
vizi dell'atto o non piuttosto di una pi� ridotta qualificazione di �conformit� 
dell'atto alla legge � che si risolverebbe nell'esclusione della 
possibilit� di rilevare l'eccesso di potere. 
(1) Una origioole impostazione � quella di RESTA, La legittimit� degli 
atti giuridici, Riv. trim. dir. pubbl., 1955, 28, il quale dal rilievo dell'origine 
meramente processuale del concetto di eccesso di potere, e della inammissibilit� 
della trasposizione di tale concetto all'ambito del diritto sostanziale, 
ritiene di inferire che la nozione di legittimit� non possa essere costruita 
come immunit� dai tre vizi tradizionali sibbene come mera perfezione dell'atto 
giuridico: in questo senso il sindacato sulla legittimit� dell'ordine 
di cui all'art. 51 c. p. signdficher�ebbe puramente e semplicemente e riscontro 
della perfezione formale dell'ordine da parte del destinatario tenuto al dovere 
di obbedienza �; pertanto, si dovrebbe escludere che il destinatario 
possa sindacare l'immunit� dell'ordine ricevuto da incompetenza, viol'azione 
di legge o eccesso di potere. 

40 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Allo stato attuale della questione la giurisprudenza della Corte 

di Cassazione � costante nell'escludere la possibilit� che il sindacato 

del giudice penale si estenda alla rilevazione dell'eccesso di potere (1). 

Ci� particolarmente per il rilievo che l'esame su tale vizio non pu� 

non risolversi in una indagine sul merito del provvedimento, da rite


nersi, secondo i principi, interdetto al giudice ordinario. 

Pi� vario � il panorama della dottrina. Fra le due soluzioni radi


cali, che rispettivamente ammettono ed escludono che il giudice ordi


nario possa rilevare l'eccesso di potere, si colloca la tesi intermedia 

di chi sostiene che occorra distinguere fra competenza principale ed 

occasionale del giudice, ritenendosi soltanto nel secondo caso una pi� 

ampia sfera di poteri di accertamento (2). In genere pu� dirsi che gli 

autori meno recenti propendono per la tesi pi� restrittiva (3). Sintetiz


zando una intera fase della dottrina, lo ZANOBINI giustifica questa inter


pretazfone sulla base di una esegesi logico-formale del testo dell'art. 5, 

in cui la formula � conformit� dell'atto alla legge. � viene intesa come 

equivalente a � violazione di legge �. Gli autori pi� recenti, invece, 

sono di preferenza orientati verso la soluzione opposta (4). A pre


~cindere da particolari formulazioni che si riconnettono alle varie im


~ 

(1) Cfr., in relazione alla nota questione delle ordinanze prefettizie ' 
ex art. 2 legge rp.1s., Cass. 31 marzo 1951, Giust pen., 1951, III, 926; Cass. 2 ,
luglio 1955, ivi, 1955, II, 769. In prospettiva pi� generale, v. nello stesso 
senso, Cass. 13 maggio 1954, Foro It., 1955, I, 58; Cass. 15 febbraio 1960, 
'
t 

Giust pen. 1960, II, 854; Cass. 24 febbraio 1960, Giur. agr. it., 1960, 587; Cass. 

iii:i
'

6 aprile 1961, Temi nap.� 1962, I, 210. La soluzione contraria � .stata accolta 
oltre che da talune magistrature di merito, anche dalla sentenza 28 novem' 
bre 1961 della Cassazione (Foro It., 1962, II, 106). ' 


(2) � la nota tesi di CANNADA-BARTOLI, L'inapplicabilit� degli atti amf::~ 
ministrativi, Milano, 1950. Dello stesso autore v. pure, La tutela giudiziaria <
l

del cittadino verso la pubblica Amministrazione, Milano, 1956, 148. 

(3) Cfr. RANELLETTI, Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, 
Milano, 1937, 338; VITTA, Diritto amministrativo, Torino, 1955, 
I, 485; ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1958, II, 162; 
MIELE, Questioni vecchie e nuove in materia di distinzione del diritto dall'interesse 
nella giustizia amministrativa, Foro amm., 1940, IV, 59; BoRsI La 
giustizia amministrativa, Padova, 1941, 120; ROMANO e D'AMELIO, Contatti 
I

giurisdizionali fra la Cassazione e il Consiglio di Stato, Riv. trim. Dir. pubbl., 

1929. 

Anche nelLa letteratura meno recente non erano, per�, mancate voci 
contrarie: v. PRESUTTI, I limiti del sindacato di legittimit�, Milano, 1911, 65; 
GuicCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1954, 333 e 282. 

(4) Cfr. 8'.\NDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1964, 699; 
ALEssI Sistema istituzionale del diritto amministrativo italiano, Milano, 
I1958, 635; CASSARINO, Le situazioni giuridiche soggettive e l'oggetto della 
giurisdizione amministrativa, Milano, 1956, 362; BACHELET, La giustizia am~ 
ministrativa nella costituzione italiana, Milano, 1962, 52; DAL PIAZ, Osserva-

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PARTE II, QUESTIONI 41 

postazioni di principio (1), gli argomenti cui si richiama questo orientamento 
sono essenzialmente due: 

a) la circostanza che l'eccesso di potere � pur sempre un vizio 
di legittimit� dell'atto; in questo ordine di idee il collegamento fra 
eccesso di potere e merito non � che una mera eventualit�, da cui pu� 
tutt'al pi� derivare una esigenza di attenta discriminazione per evitare 
di travalicare dai confini del vizio di legittimit� nell'ambito del merito; 

b) il rilievo che la nozione di conformit� a legge posta dall'art. 
5 andrebbe interpretata come normale illegittimit� dell'atto alla 
stregua dell'art. 26 del t.u. sul Consiglio di Stato. 

Sul primo punto si avr� occasione di tornare in seguito. 

zioni sui limiti del sindacato di legittimit� dell'autorit� giurisdizionale 
~rdinaria sugli atti amministrativi con particolare riferimento al vizio di ec,~
so di potere, Giur. lt., 1957, II, 17; DAL P1AZ, Osservazioni sulla configu\
ilit� di limiti alla competenza del giudice ordinario in tema di atto am\"$._
trativo viziato da eccesso di potere, ivi, 1959, II, 223; FRANCHWI~ Aspetti 
�~dacato del giudice penale sugli atti amministrativi, Riv. trim. dir. 
\1957, 337; ABBAMONTE, Sulla sindacabilit� dell'eccesso di potere da 
--\giudice ordinario, Temi nap., 1962, I, 211; DELFINO, Osservazioni in 
\dacato del giudice penale sull'eccesso di potere, Foro it., 1962, II; 
-"o, Eccesso di potere sviamento di potere ed eccesso arbitrario, 
\~55, II, 360; VENDITTI, Dell'inosservanza dei provvedimenti il... 
-'rit� in relazione all'art. 650 c. p., ivi, 1953, II, 460; KLITSCHE 
\.La giurisdizione ordinaria nei confronti delle pubbliche 
'~adova, 1961, 180; GALLIANI, Il sindacato del giudice penale 
'4co ufficiale in riferimento al reato di abuso innominato 
\ 1962, I, 443; VENDITTI, Il sindacato del giudice penale 
\47i, Riv. it. dir. proc. pen., 1965, 28; FERRARI, Osserva--(!
egli atti amministrativi, Giur. it., 1958, II, 225; SA


"'i, Milano, 1961, 146 ss. 
'tutamente criticato questo indirizzo: cfr. Gu\
1952, 37-40; 1953, 125; 1962, 15; 1964, 399. 

~izia, clt., 333 segg., secondo il quale il signifi_..
e8umersi da un parallelo con l'art. 28 del T. U. 
_..-!tenendosi che il giudice investito incidenter tantum 
,61udiziale sia dotato degli stessi poteri spettanti al giu_.,, 
l.n via principale, si dovrebbe concludere che il giudice 
_. �fo subiecta materia gli stessi poteri di cui � investito quello 
,.tativo. La tesi, peraltro, -� stata acutamente criticata da DAL PIAZ, 
.-vazioni, cit., 227, sotto il profiio che, essa �elude, in certa Inisura il 
,-Oblema, ricorrendo ad una soluzione di rinvio, aperta a sua volta a molte


plici incertezze �. 

Un atteggiamento particolare � quello di MoNTESANO, Processo civile e 
pubblica amministrazione, Napoli, 1960, 71 segg., secondo il quale la disappli.
cazione non si riferirebbe all'atto sebbene alle norme contenute nell'atto, 
con l'ulteriore conseguenza che il giudice, ai fini della disapplicazione, non 
pronuncerebbe mai sull'atto in quanto tale. Sul punto cfr. GuGLIELMI, Note 
di dottrina, in questa Rassegna, 1962, 15. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

42 

Sul secondo occorre immediatamente avvertire come non sia possibile 
giungere ad una rigorosa soluzione del problema sulla base di 
una esegesi logico-formale del solo testo dell'art. 5 (1). La validit� di 
un metodo ermeneutico, concepito come analisi della proposizione normativa, 
postula l'esigenza di integrare la lettera della norma, che di 

per s� pu� essere multivalente, con tutte le altre proposizioni desumibili 
dal sistema che abbiano riferimento a quella norma. Il problema 
si risolve, dunque, sul piano dei princ�pi. 

Qui baster� aggiungere che l'argomento, che si � preteso trarre 
dalla relazione parlamentare alla legge sull'abolizione del contenzioso 
amministrativo (2) non pu� avere rilievo. Un discorso completo sul 
valore dei lavori preparatori nel procedimento di interpretazione della 
norma porterebbe troppo lontano, e sarebbe fors'anche inconcludente, 
perch� l'accettazione o meno della rilevanza di quel valore dipende 
da una scelta di fondo fra interpretazione teleologica e logica-formale; 
dunque, in ultima analisi, da un atto di tipo pi� emozionale che logico. 
Per quanto qui interessa, rimanendo sul piano della esperienza pratica, 
sar� sufficiente ricordare che la giurisprudenza, anche di recente, ha 
escluso la rilevanza dei lavori preparatori nell'atto di interpretazione 
(3). 

2. -Prescindendo per il momento dal merito delle soluzioni delineate, 
occorre preliminarmente sottolineare come l'elaborazione dottrinale 
sulla sindacabilit� del provvedimento amministrativo da parte 
del giudice ordinario (particolarmente sotto la visuale della rilevabilit� 
dell'eccesso di potere) sia limitata per lo pil� all'ambito del processo 
civile. Per quanto attiene alla problematica del processo penale, 
malgrado taluni recenti studi ( 4) che fanno fede di una maggiore con(
1) Tuttavia, se una conclusione � possibile trarre dall'analisi della 
lezione dell'art. 5, essa dovrebbe essere semmai in favore della tesi pi� 
restrittiva. Sul punto si vedano le acute osservazioni di GuGLIELMI, Recensioni 
e note bibliografiche, Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 159 segg., particolarmente 
sul valore del concetto di non conformit� a legge. 
(2) CANNADA BARTOLI, Inapplicabil'it�, cit., 169. La relazione Rastelli 
recita, � importi sancire codesta disposizione (dell'art. 5) a tutela degli interessi 
e dei diritti civili e politici, che possano per avventura essere lesi da 
atti e regolamenti amministrativi, in quanto non siano conformi alle leggi�. 
Da questo pa.sso sarebbe dato inferire, secondo il CANNADA BARTOLI, che la 
tutela degli interessi, sottratta dall'art. 3 della legge alla competenza principale 
della autorit� giudiziaria, viene, attraverso l'art. 5, affidata alla competenza 
occasionale della medesima. 

(3) Cass. 11 luglio 1963, n. 1879, Riv. dir. fin., 1964, II, 37; Cons. Stato, 
�1~~;.:

Sez. VI, 9 luglio 1965, n. 514, in questa Rassegna, 1965. =~; 

(4) Cfr. FRANCHINI, Aspetti del sindacato, cit.; DAL PIAZ, Osservazioni, 
cit.; VENDITTI, Il sindacato, cit.; GALLIANI, Il sindacato, cit. 
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--~ ~.. 



43

PARTE II, QUESTIONI 

sapevolezza dell'interesse dell'argomento, bisogna riconoscere che i con� 
tributi elaborati in generale prospettiva del problema sono tuttora 
molto scarsi: fa eccezione l'elaborazione formatasi su quel particolare 
aspetto della questione che attiene all'interpretazione della fattispecie 
prevista dall'art. 650 c.p. (1). 

La ragione di questo stato di cose � probabilmente da ricercarsi in 
un duplice atteggiamento della dottrina. Da una parte, i penalisti, che 
si sono occupati del problema, lo hanno di preferenza impostato sotto 
il profilo della nozione di� legalit� formale e sostanziale del provvedimento 
amministrativo, obliterando l'inquadramento della nozione di le~ 
gittimit� in relazione all'art. 26 t.u. sul consiglio di Stato (2). Seguendo 
lo sviluppo dottrinale dell'analisi del concetto di legalit� formale e 
sostanziale, peraltro, ci si avvede come la chiarezza di questa impostazione 
metodologica non sia che apparente. Talvolta l'indagine si 

Notevole risalto all'argomento � dato anche dia GIANNINI, La giustizia 
amministrativa, Roma, 1960, 147, dove, per�, non risulta una presa di posizione 
in ordine al problema della rilevabilit� dell'eccesso di potere. 

(1) Cfr. S:ABATINI, Contravvenzioni, cit., 133 segg.; IANNUZZI, Le ordinanze 
di urgenza e il sindacato del giudice, Giust. pen., 1950, II, 937; GAzZARA, 
Condizioni di applicabilit� dell'art. 650 c. p., ivi, 1951, I, 89; ScARDIA, 
Osservazioni sui limiti di applicazione dell'art. 650 c. p., Giur. compl. Cass. 
pen., 1950, III, 67; MIGLIOLI, Falsa applicazione del.l'art. 650 c. p. ed eccesso 
di potere dell'autorit� di P. S., Riv. giur. lav.� 1955, II, 299; L\NNITTI -PIROMALLO, 
Sequestro di una cambiale falsa in possesso di una banca e applicabilit� 
dell'art. 650 c. p., Banca, borsa, 1956, 549; GUIDA, Sull'inosservanza 
di ordinanze del sindaco illegittime, Foro pen., 1956, 484; CATURANI:. 
La inosservanza dei provvedimenti dell'autorit�, Riv. pen., 1957, I, 508; 
MASTURSI, Sul sindacato di legittimit� del giudice ordinario, Temi nap., 
1960, II, 76; PEs, La portata dell'art. 650 c. p. nei confronti dei provvedimenti 
det sindaco, Corriere amm., 1960, 2030; BoNICHI, Inosservanza di 
provvedimenti dell'autorit�, Riv. polizia, 1960, 3; IAZZETTI, Potere di ordinanza 
del Prefetto secondo la legge di P. S., ivi, 1960, 222; JACONIANNI, 
Abuso dell'art. 650 c. p., Riv. pen., 1963, I, 84; MANZINI, Trattato di diritto 
penale italiano, Torino, 1964, X, 7 segg. 
(2) Cfr. MANZINI, Trattato, cit., I, 262, X, 21; A.NTOLISEI, Manuale di 
diritto penale, Milano, 1955, I, 196; MAGGIORE, Principi di diritto penale, 
Bologna, 1958, II, 826. Sostanzialmente conforme anche PANNAIN, Manuale di 
diritto penale, Torino, 1950, 528, sia pure con l'avvertimento che il destinatario 
dell'ordine dell'autorit� non pu� rilevarne l'eventuale eccesso di 
potere. 
Con particolare riferimento al sindacato sulla legittimit� dell'ordine 
dell'autorit�, in relazione all'ipotesi dell'art. 51 c. p., c:fr. BETTIOL, L'ordine 
del.l'autorit� nel diritto penale, Milano, 134; DI VIco, Dell'obbedienza gerarchica, 
Riv. dir. proc. pen. milit., 1935; MESSINA, L'ordine insindacabile dell'autorit� 
come causa di esclusione del reato, Roma, 1942; SANTORo, L'oTdine 
del superiore nel diritto penale, Torino, 1957. Anche la problematica di 
questi scrittori si muove prevalentemente nell'ambito della distinzione fra 
legalit� sostanziale e formale del provvedimento. 



44 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

polverizza in una minuta casistica che non consente di ricavare una 
regola di ordine generale; altre volte l'approfondimento del concetto 
porta a meglio individuare i connotati di legalit� (sia essa formale o 
sostanziale), ma allora sorgono problemi che non paiono facilmente 
risolubili nell'ordine di idee proposto. Cosi si trova affermato che la 

legalit� formale del provvedimento implicherebbe la competenza del-~ 

l'autorit� che lo emana e l'emanazione nelle forme di legge, mentre 

la legalit� sostanziale esigerebbe il concorso dei presupposti stabiliti 

dalla legge per l'emanazione del provvedimento. Sul primo punto si 

pu� osservare che la formula � emanazione nelle forme di legge � � 

quanto mai equivoca, perch� non d� conto del thema decidendum, 

e cio� del se uri eventuale vizio per eccesso di potere integri l'ipotesi 

di violazione delle forme di legge; sul secondo, che non sempre la norma 

stabilisce in modo vincolante le circostanze di fatto in presenza delle 

quali il presupposto deve ritenersi verificato: ci sono presupposti, 

ad es. l'urgenza, in relazione ai quali esiste un ampio potere discre


zionale di valutazione da parte della P.A., ed allora l'accertamento 

della relativa sussistenza implica (o pu� implicare) una indagine di 

merito, che gli stessi fautori dell'impostazione qui criticata ritengono 

sottratta al giudice ordinario. Per concludere, non pu� non convenirsi 

nella critica del SABATINI, il quale -nell'impostare il problema che 

ne occupa sotto il profilo della rilevabilit� dei tre classici vizi ex arti


colo 26 -rileva come l'adozione del criterio della legalit� formale o 

sostanziale porti necessariamente a confondere � vari delicati problemi 

attinenti a) alla distinzione fra legittimit� e merito dell'atto amministra


tivo; b) alla distinzione fra attivit� vincolata e attivit� discrezio


nale� (1). 
La ragione del diffuso disinteresse della dottrina amministrativa 

�, invece, probabilmente da ricercare nel convincimento che gli stessi 

problemi, e dunque le medesime soluzioni, che emergono dallo studio 

dell'argomento in sede di giudizio civile, si ripropongono puntualmente 
in sede penale. 

Cosi il CANNADA BARTOLI scrive: � Lo studio della disapplicazione 
giurisdizionale in materia penale non presenta sostanziali diversit� 
rispetto a quanto � stato detto relativamente alla materia civile: basta 
all'uopo richiamare quanto si � esposto rispetto alla competenza occasionale 
dell'autorit� giudiziaria, alla quale � devoluta la materia delle 
contravvenzioni, secondo l'art. 2 della legge sul contenzioso amministrativo 
� (2); ed il FRANCHINI, pi� di recente, ribadisce che �non vi � 

(1) Cosi testualmente, SABATINI, Contravvenzioni, cit., 146. 
(2) CANNADA-BARTOLI, Inapplicabilit�, cit., 205. 

45

PARTE II, QUESTIONI 

differenza (n� vi sarebbe motivo logico oltre che alcun effettivo elemento 
giuridico di appoggio negli articoli di legge che altrimenti fosse) 
fra sindacato del giudice penale e sindacato del giudice civile: l'uno 
e l'altro conoscono, infatti, dell'atto amministrativo ai limitati fini del 
giudizio � (1). 

Di tale convincimento sembra lecito dubitare. Ed � la stessa giurisprudenza, 
nella variet� delle sue soluzioni, che indica come non 
sia possibile accettare sic et sempliciter l'equiparazione proposta dalla 
dottrina. Baster� ricordare una recentissima decisione (2) con la quale 
le Sezioni Unite, pur precisando che la disapplicazione dell'atto amministrativo 
da parte del giudice civile possa aver luogo unicamente 
se l'atto sia direttamente lesivo di un diritto soggettivo, hanno ritenuto 
che i poteri del giudice si estendano, oltre che alla rilevazione 
della incompetenza e della violazione di legge, anche a quella dell'eccesso 
di potere. In questo senso la decisione si � posta contro altri 
precedenti pronunciati dalla stessa Corte, ed � stata, perci�, anche 
sotto questo profilo, sottoposta a critica, ma quel che pi� conta, per 
quanto qui interessa, si � che in tal modo le Sezioni Unite hanno dato 
una soluzione del problema in sede civile che si differenzia radicalmente 
da quella che la stessa Corte adotta in sede penale. 

Risulta cos� di tutta evidenza, attraverso la pi� irrefutabile delle 
prove (e cio� la differenza delle soluzioni giurisprudenziali), la necessit� 
di una autonoma considerazione del problema in relazione al processo 
penale, onde verificarne la riducibilit� o meno agli schemi elaborati 
per il processo civile. 

3. -In primo luogo va detto che il provvedimento amministrativo, 
di per s� solo, non pu� mai costituire oggetto dell'accertamento demandato 
al giudice penale. L'affermazione appare intuitivamente esatta 
quando si tratti di una imputazione in cui il provvedimento rilevi 
esclusivamente come termine di qualificazione della liceit� penale del 
fatto del privato: cosi nel noto esempio dell'inosservanza dell'ordine 
dell'autorit� (art. 650 c.p.) l'indagine sulla legalit� dell'atto � rivolta a 
stabilire la esistenza del presupposto, in presenza del quale il comportamento 
inottemperante si qualifica come reato; cos� ancora nella 
questione, vivamente dibattuta in giurisprudenza (3), della inosser(
1) FRANCHINI, Aspetti del sindacato, cit., 357. 
(2) Oass., Sez. Un., 12 gennaio 1965, n. 63, in questa Rassegna, 1965, 
290, con nota critica di SACCHETTO. 
(3) Cfr. Cass. 13 novembre 1961, Foro It., 1962, II, 17, con la quale venne 
ritenuta la legittimit� delle ordinanize istitutive del disco orario. In precedenza 
taluni giudici di merito avevano accolto la soluzione opposta: cfr. 
Pret. Roma, 6 maggio 1961, Foro It., 1961, II, 130. Per la dottrina v. DuNI, 

46 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

vanza dell'uso del disco orario, la legittimit� dell'ordinanza del sindaco, 
istitutiva dell'obbligo relativo, veniva in discussione al fine di accertare 
la liceit� penale dell'omissione dell'uso del disco. Qui si tratta 
evidentemente di casi in cui l'esame del provvedimento � in funzione 
qualificante di una azione (il comportamento del presunto contravventore) 
che costituisce essa stessa oggetto dell'indagine attribuita al 
giudice. Il provvedimento in quanto tale si inserisce in una pi� ampia 
fattispecie: l'indagine sulla sua legalit� � ben lungi dall'esaurire il 
compito di accertamento che si andr� a svolgere nel processo. 

Pi� delicato � il caso in cui il provvedimento venga in considerazione 
al fine di integrare un reato attribuibile ad un organo della 
pubblica Amministrazione. In prima approssimazione giover� ipotizzare 
alcune situazioni concrete. 

In molti di questi casi, a rigore, non pu� neppure parlarsi di provvedimento. 
Si ipotizzi un atto di controllo che sia vincolato quanto al 
tempo della sua �emanazione, nel senso che esso debba essere emesso 
entro un termine stabilito per legge. L'omissione del provvedimento 
potr� in astratto essere inquadrabile come omissione di atti di ufficio 
(art. 328 c.p.), ma ci� che viene in considerazione ai fini dell'accertamento 
del reato non � il provvedimento -per definizione mancante 
-bens� un comportamento del funzionario che si concreta in 
mancata emissione dell'atto richiesto. Se poi il comportamento omissivo 
non sia inquadrabile �nell'ambito dell'art. 328 c.p., ma -per 
diversi elem�nti attinenti alla situazione di fatto (ad es. per avere il 
funzionario agito nell'intento di agevolare altri soggetti) -sia piuttosto 
configurabile come concorso in altre figure di reato, non perci� 
cambieranno le conclusioni: l'accertamento del giudice non si porter� 
su. alcun provvedimento ma su un . m.ero comportamento. 

Ma vi sono esempi pi� significativi. Si ipotizzi una imputazione 
di peculato nei confronti di .n funzionario pubblico, che si assuma 
essersi realizzata mediante un provvedimento di spesa di cui sia in 
contestazione la legittimit�. 

Possono darsi diversi casi : 

a) spesa disposta per fini istituzionali dell'ente pubblico; b) spesa 
per fini totalmente estranei all'ente, ma personali del funzionario; 
e) spesa per fini istituzionali dell'ente ma disposta senza l'osservanza 
di determinate norme. 

Parcheggi custoditi e sosta limitata, Dir. autom., 1964, 2; PIOLETTI, La vexata 
quaestio del disco orario, Riv. polizia, 1964, 137; PERSEO, In tema di disco 
orario, Arch. circolaz., 1963, 1262. 

Successivamente la questione, sia pure con diverse caratteristiche di 
specie, � .stata agitata anche nei confronti delle ordinanze istitutive di parchimetri 
a pagamento: cfr. Oass. 26 febbraio 1964, Riv. penale, 1964, 920. 



47

PARTE II, QUESTIONI 

Due rilievi sembrano consentiti: 

1) in ciascuno dei casi previsti l'indagine del giudice deve investire 
la legalit� del provvedimento di spesa; 2) l'indagine sulla legalit� 
del provvedimento non esaurisce il compito di accertamento del giudice. 
Ci� che questi deve accertare, infatti, � la sussistenza di un fatto 
complesso che corrisponda alla fattispecie prevista dalla norma penale; 
e, dunque, non soltanto l'esistenza di un provvedimento illegittimo ma 
anche ogni altro estremo del reato (ad es. il profitto proprio dell'autore 
del provvedimento od altrui). Questo ordine di idee sembra espresso 
con particolare chiarezza da una sintomatica pronuncia (1) della Corte 
Suprema con la quale, per una fattispecie inquadrabile nell'ipotesi 
prospettata sub c), � stato deciso che �non sussiste il reato di peculato 
per distrazione nel caso di operazioni che, sebbene attuate senza l'osservanza 
delle regole previste, realizzino uno scopo di pubblico interesse 
conforme a quello stabilito dalla legge �. Qui appare di tutta evidenza 
che, se � vero che la configurabilit� del reato di peculato discende dall'essere 
il provvedimento rivolto o meno allo scopo istituzionale dell'ente, 
il giudice penale non potr� prescindere dal valutare la rispondenza 
dell'atto a quello scopo. Ma la legalit� del provvedimento si 
misura anche su siffatto metro, ond'� che una delle figure tipiche dell'eccesso 
di potere si configura appunto come sviamento di potere, e 
cio� come deviazione della potest� di cui l'ente � munito ad uno scopo 
diverso da quello in vista del quale la legge lo concede. 

Un altro esempio. Di fronte alla istanza del privato tendente ad 
ottenere un provvedimento di ammissione, che si assume vincolato 
quanto alla emanazione ed al contenuto, l'atto con il quale l'istanza 
viene respinta, pu� essere in astratto configurabile come omissione di 
atti di ufficio (quando, si capisce, ne ricorrano tutti gli altri estremi). 
In questo caso l'esistenza del reato dipende dalla valutazione della 
legittimit� del comportamento omissivo. Ma l'omissione si � concretata 
nella emanazione di un provvedimento diverso da quello dovuto. 
E dunque, in ultima analisi, la legittimit� del comportamento dipende 
da quella del provvedimento emanato. 

Insomma, dalla breve casistica esposta sembra consentito trarre 

una duplice conclusione: se � vero che l'indagine del giudice penale 

pu� talvolta portarsi sulla legittimit� di un provvedimento ammini


strativo (2), come elemento di qualificazione della condotta (non sol


(1) Cass. 8 ottobre 1964, Foro It., 1965, II, 253. 
(2) L'affermazione potrebbe sembrare superflua se non vi fosse il 
pericolo di una eccessiva estensione della ipotesi, pure prospettata nel testo, 
in cui il giudizio penale non investe alcun provvedimento. In altre parole, 
dal rilievo che oggetto dell'accertamento penale � sempre un comportamento 
si potrebbe essere indotti a conc1udere che in nessun caso il giudizio 

48 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tanto si badi bene -del privato ma anche del funzionario pubblico 
eventualmente imputato), non � men vero che il provvedimento, 
rilevando unicamente in quanto componente di una pi� .ampia situazione, 
non pu� mai costituire oggetto unico ed esclusivo dell'accertamento 
del giudice. 

4. -Se questo � vero, una prima differenza, particolarmente rilevante 
ai fini che qui interessano, tra processo penale e processo civile 
consiste in ci� che in quest'ultimo, e non nel primo, il provvedimento 
amministrativo pu� ben costituire tutto l'oggetto dell'accertamento. 
Questa affermazione, peraltro, non � senza contrasti. 

Di recente, e con molta autorevolezza (1), si � sostenuto che il 
giudizio civile non investirebbe mai direttamente il provvedimento 
amministrativo, del quale il giudice si limiterebbe a conoscere o come 
presupposto di un rapporto, o come fatto, o come componente di fattispecie 
avente diversa qualificazione. 

La tesi � impeccabile purch� se ne accetti il presupposto, che consiste 
nel ritenere la equiparazione del provvedimento illegittimo a 
quello legittimo quanto all'effetto che l'uno e l'altro dispiegano sulle 
posizioni soggettive del privato. Una volta accettata la tesi secondo cui 
il provvedimento, ancorch� illegittimo, essendo nondimeno munito di 
irr;i.perativit�, degrada ad interessi legittimi gli eventuali diritti su cui 
incide, di tal ch� non potrebbe mai esservi giurisdizione del giudice 
ordinario se non previa pronuncia di quello amministrativo che, annullando 
il provvedimento, ristabilisca l'interesse nella sua consistenza di 
diritto, ne segue di tutta evidenza che il giudice ordinario non potr� 
mai essere sollecitato al giudizio in relazione ad un provvedimento 
in senso proprio. 

Senonch�, come avverte lo stesso GIANNINI, la scelta della tesi della 
equiparazione rispetto alle altre tesi pure teoricamente possibili (lo della 
separazione, e 20 della distinzione) � di quelle che non si giustificano 
tanto sulla base di princ�pi logico-esegetici -quanto in virt� di una 
presa di posizione a carattere eminentemente pratico che nel nostro 

si svolga sul provvedimento. Una conclusione del genere peccherebbe, per�, 
per eccesso, in quanto -come risulta dagli esempi proposti vi sono numerosi 
casi (che costituiscono staticamente la regola e non l'eccezione) in 
cui il provvedimento rileva come tel'lllline di qualificazione della condotta. 
Qui occorre sottolineare che questa funzione del provvedimento si esplica 
non soltanto in rapporto all'azione del privato ma anche del funzionario. 
II rilievo sembra degno di nota perch� la dottrina, mentre ha chiaramente 
ipotizzato il primo caso, trascura generalmente il secondo. 

(1) GIANNINI M. S., Discorso generale sulla giustizia amministrativa, 
Riv. dir. proc. civ., 1963, 552, 1964, 12 e 217. 

PARTE II, QUESTIONI 49 

caso assume particolare forza per essere la tesi di una costante giurisprudenza; 
ci� che in subiecta materia, per la deficienza di un organico 
sistema normativo, acquista quasi il valore di.uno jus praetorium. Ma, 
d'altra parte, � vero che alla giurisprudenza, premuta com'� dalla 
urgenza del caso concreto, non pu� chiedersi la rigida consequenziariet� 
di un sistema logico: ed ecco che quella stessa giurisprudenza, 
la quale ammette la tesi dell'equiparazione ed ammettendola le attribuisce 
diritto di cittadinanza nel sistema, non si perita di riconoscere 
casi in cui oggetto dell'accertamento del giudice civile � direttamente ed 
esclusivamente il provvedimento amministrativo. 

Il primo e pi� evidente esempio � quello deil'azione di accertamento 
della iilegittimit� di un provvedimento amministrativo. La giurisprudenza 
ne riconosce la proponibilit� dinanzi al giudice ordinario, 
anche indipendentemente dall'azione di danni che � astrattamente ipotizzabile 
in relazione ad un provvedimento illegittimo (1). In dottrina 
le conclusioni possono essere diverse a seconda delle varie impostazioni 
di principio da cui si voglia prendere le mosse (2). Prescindendo 
dal merito della soluzione, che qui non interessa, resta il fatto che lo 
stato attuale della giurisprudenza su questa questione � la migliore 
prova dell'esattezza di quanto si diceva dianzi. 

Altrettanto pu� dirsi in determinate ipotesi del processo tributario. 
� ben noto che dottrina e giurisprudenza ripetono ad una voce 
che nelle controversie tributarie, portate all'esame del giudice ordinario, 
ci� che viene in considerazione non � il provvedimento di imposizione 
bens� l'esistenza della obbligazione del contribuente. Ci� malgrado, 
la giurisprudenza molte volte si comporta come se cos� non 
fosse. Si pensi al caso di una opposizione che sia proposta per vizi 
formali della ingiunzione. Se fosse vero che la contestazione � pur 
sempre sul merito della pretesa finanziaria, anche se l'opponente ha 
formulato le sue richieste in relazione a vizi formali dell'atto, allora 
non dovrebbe essere neppure possibile distinguere processualmente fra 
l'una ipotesi e l'altra, perch� la contestazione formale implicherebbe, 
sempre e necessariamente, la contestazione di merito; e, invece la giurisprudenza 
(3) ha deciso che sia possibile una contestazione della validit� 
formale dell'ingiunzione senza coinvolgere la fondatezza della pre


(1) Cfr. Cass. 14 luglio 1961 n. 1714, Giust. civ., 1961, I, 1179; Cass. 
14 aiPrile 1964, n. 895, ivi, 1964, I, 1365; App, Roma, 11 aprile 1961, Giur. it., 
1963, I, 2, 56; Cass. 7 aprile 1965 n. 592, Giust. civ. mas1'., 1965, 296; Cass. 
19 luglio 1965, Giust. civ. mass., 1965, 842. Sul �punto in dottrina, cfr. CANNADA 
BARTOLI, La tutela giudiziaria del cittadino verso la p. a., Milano, 149. 
(2) Cfr. MoNTESANO, Mero accertamento e limiti della giurisdizione 
civile riguardo alta Pubblica Amministrazione, Giur. it., 1963, 1, 2, 57. 
(3) Cfr. Cass. 14 giugno 1965 n. 1207," Riv. leg. fisc., 1965, 1863. 

50 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
tesa tributaria. Ma allora dovrebbe inferirsi che, quando l'opponente 
si limiti a contestare la regolarit� formale del provvedimento, il giudice 
non possa entrare nel merito dell'obbligazione senza incorrere nel 
vizio di extrapetizione (1) . .A questo punto sembra evidente che, al di 
l� delle posizioni di principio, il giudizio si atteggia come un vero e 
proprio accertamento sulla legittimit� dell'atto. Ancora: se nell'esempio 
dato il giudice entrasse nel merito, le eventuali ragioni dell'amministrazione, 
risolvendosi nell'affermazione del credito tributario e dunque 
nella negazione della domanda attrice, dovrebbero potere essere 
fatte valere in via di semplice eccezione. L'accertamento negativo della 
pretesa attrice implicherebbe necessariamente, e senza che occorra 
esplicita domanda riconvenzionale, l'affermazione positiva dell'obbligo 
tributario. Ma la giurisprudenza contraddice tale ordine di idee, 
richiedendo esplicitamente l'azione riconvenzionale, ed anzi esigendo 
che essa sia proposta tempestivamente (2); ci� �he sembra giustificabile 
soltanto sul presupposto (quale che sia al riguardo la consapevolezza 
delle decisioni citate) che l'opposizione si configuri . sul tipo 
della impugnazione dell'atto. 
Per concludere, richiamando quanto si � svolto finora, sembra 
lecito affermare che nel giudizio civile, almeno allo stato attuale dell'elaborazione 
giurisprudenziale, esistono svariati casi in cui oggetto 
dell'accertamento � unicamente e direttamente il provvedimento amministrativo 
: ci� che, invece, come si disse in precedenza, non si 
verifica mai nel giudizio penale. 
5. -Un secondo punto, di estremo interesse al fine di mettere in 
evidenza le pi� notevoli differenze fra processo civile e processo penale 
(3), � il diverso atteggiarsi delle posizioni soggettive delle parti 
(1) Una autorevole conferma di questa interpretazione, sia pure per la 
distinta ma concettualmente analoga ipotesi che l'opponente contesti la 
sussistenza della pretesa tributaria ed il giudice accolga l'opposizione per 
vizi di forma della ingiunzione, si trova nella sentenza 20 maggio 1963 
n. 1300, Riv. teg. fisc., 1963, 1934, secondo la quale � incorre nel vizio di 
ultrapetizione il giudf.ce che dichiari nulla una ingiunzione fiscale per vizi 
di forma, sebbene il contribuente si fosse limitato a contestare nel merito 
la pretesa della Finanza �. 
(2) Cfr. Trib. Macerata, 22 marzo 1961, Foro it. Rep., 1962, voce: esazione 
n. 85, e Riv. fin. loc., 1962, 173, il quale, coerentemente del resto alle 
premesse assunte, ha deciso che � � inammissibile l'azione riconvenzionale 
proposta per l'esame del merito dall'ente pubblico che ha emesso l'ingiunzione, 
se tale azione sia stata proposta soltanto nell'udienza di precisazione 
delle conclusioni �. 
(3) Sempre, ben si intende, ai limitati fini che qui interessano, e senza fJ 
pretesa di eccessive generalizzazioni. flf~ , 
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PARTE II, QUESTIONI 51 

nell'uno e nell'altro. La distinzione fra interesse legittimo e diritto 
soggettivo, o -in una prospettiva alquanto diversa -tra valutazione 
della legittimit� e della liceit� del provvedimento, investe tutta la 
ricostruzione del problema in sede civile, tanto che quella teoria, la 
quale ritiene che soltanto nell'ipotesi di accertamento incidentale il 
giudice ordinario possa esercitare il suo sindacato sull'atto anche sotto 
il profilo di eccesso di potere, finisce con il fare leva sul diverso atteggiarsi 
della posizione giuridica fatta valere secondo che si tratti di 
accertamento diretto o incidentale. 

La trasposizione di un simile ordine di concetti in sede penale 
d� luogo a conclusioni estremamente singolari. Sembra, infatti, possibile 
affermare che in tutti i casi dianzi prospettati l'accertamento. 
giudiziale sul provvedimento amministrativo non avviene mai in via 
incidentale ma sempre come effetto di cognizione diretta. 

Ove si rifletta che il provvedimento rileva nella fattispecie penale 
come termine di qualificazione del comportamento criminoso. 
questa affermazione pu� apparire azzardata. Posto che il giudizio� 
sulla legittimit�, ad es. dell'ordinanza sindacale istitutiva del disco' 
orario, appare come un antecedente logico del giudizio di qualificazione 
della condotta del presunto reo, poich� � proprio in quella caratteristica 
di condizionare l'ulteriore svolgimento dell'iter logico della 
decisfone che si suole identificare il concetto di accertamento incidentale, 
parrebbe doveroso inferirne la natura incidentale del giudizio 
sulla legittimit� del provvedimento. Senonch�, impostato in questi termini, 
il concetto di accertamento incidentale si risolve in una definizione 
unicamente logica, che, pur essendo per se stessa ineccepibile,. 
� tuttavia troppo equivoca per poter essere proficuamente utilizzata� 
nell'esperienza giuridica. Occorre, credo, invertire l'ordine del ragio-namento, 
e prendere le mosse dalla nozione di cosa giudicata per arrivare 
a concludere che � accertamento diretto tutta quella parte della 
decisione che � coperta dal giudicato, accertamento incidentale quel 
che ne rimane fuori. 

Per quanto concerne il giudizio penale, vengono particolarmente� 
in considerazione gli artt. 90 e 27 c.p.p. La pur contorta formulazione 
del primo pu� praticamente esprimersi nell'affermazione di specie che 
una condanna per appropriazione indebita esclude che per lo stess0> 
fatto si possa procedere sotto l'imputazione di furto. Ci� significa che 
il giudicato si forma non soltanto sull'esistenza e le modalit� del fatto� 
ma anche sull'applicabilit� a quel fatto di una data norma. Ora, quando, 
la norma qualificante sia formulata in modo tale che il giudizio di 
qualificazione si completi in relazione ad un provvedimento (art. 650� 
c.p.p.), quest'ultimo diviene esso stesso norma di qualificazione. Ma 
l'applicabilit� di una norma implica logicamente l'esigenza di controllare 
non soltanto la coerenza di un fatto a quella norma, ma anche,. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

52 


e soprattutto, l'esistenza e la legittimit� della norma: dunque, quando 
la norma sia, o si integri in un provvedimento amministrativo, la 
legittimit� di quest'ultimo. Perci�, se il giudizio di applicabilit� � 
coperto dal giudicato, dovr� ritenersi che lo sia anche quello di 
legittimit� del provvedimento. 

Spunti testuali in questo senso non mancano in dottrina. Cos� 
ABBAMONTE (1) ritiene che in caso di assoluzione del contravventore 
al foglio di via obbligatorio �l'autorit� di P. S. dovr� conformarsi alla 
sentenza del giudice penale quanto al caso deciso, a norma del 2� 
comma dell'art. 4 della legge del contenzioso: quest'obbligo della p.a., 
importa praticamente che il destinatario del f.v.o., una volta assolto 
in sede penale, non pu� essere altrimenti costretto dalla autorit� di 

P. S. all'osservanza dell'ordine di rimpatrio�. Sembra evidente come 
il contenuto minimo di questa proposizione sia l'affermazione che 
l'accertamento della illegittimit� del f.v.o. sia coperto dal giudicato 
penale (2). 
(1) �.BBAMONTE, La motivazione del foglio di via obbligatorio, Rass. 
dir. pubbl., 1955, 207, n. 210. 
Non diversamente orientato sembra anche FRANCHINI, Sindacato, cit., 
"358, dove, in relazione amaccertamento della legittimit� dell'atto amministrativo, 
che costituisce presupposto del reato contravvenzionale, � detto 
�Che e ci troviamo di fronte ad un caso nel quale la risoluzione della c. d. 
pregiudiziale, che funziona da premessa indispensabile per l'accertamento 
dell'esistenza di un reato, manca in maniera assoluta di quella autonomia 
che contraddistingue e deve necessariamente �Contraddistinguere ogni pregiudiziale 
propriamente intesa in senso giuridico �. E gli esempi possono 
continuare: BucoLO, Sul giudicato penale, Giust. pen., 1963, III, 423, ritiene 
che il giudicato penale faccia stato circa l'antigiuridicit� del fatto, il che 
-se non mi inganno -significa esprimere con pi� concisione quanto si � 
venuto svolgendo nel testo; FosCHINI, Cumulo necessario delle questioni 
penali e tributarie in materia di contrabbando, Foro itt., 1950, I, 1182, riconduce 
all'ordine di concetti fin qui illustrato il problema dell'efficacia della 
sentenza penale per il reato di contrabbando nel successivo giudizio civile 
in cui si controverta circa la sussistenza dell'obbligo tributario. 

(2) Parlo di contenuto minimo perch� la affermazione di �.BBAMONTE 
:risolve anche, com'� evidente, il diverso problema della efficacia della sentenza 
in sede extrapenale. Il rilievo � importante perch� introduce un 
discorso critico su una tesi che � stata di recente avanzata. Sostiene il VENDITTI, 
Questioni sulla sindacabilit� degli atti amministrativi da parte del 
giudice penale, Riv. it. dir. proc. pen., 1964, 1136, che il sindacato del 
giudice penale sul provvedimento si estenderebbe non soltanto all'eccesso 
.di potere ma anche al merito dell'atto, e ci� perch� le sentenze pronunciate 
in sede penale non produrrebbero effetti oltre l'ambito proprio del processo 
'Penale. La tesi non pu� essere accettata. Per quanto pi� particolarmente 
-concerne l'estensione al merito del sindacato sembra determinante il rilievo, 
.che � gi� accennato dallo stesso VENDITTI, senza peraltro trarne le logiche 


53

PARTE II, QUESTIONI 

Quanto all'art. 27 c.p.p., esso stabilisce che nel giudizio per le 
restituzioni e per il risarcimento del danno la sentenza penale di 
condanna ha autorit� di cosa giudicata non solamente. circa la sussi-. 
stenza del fatto e la responsabilit� del condannato ma anche per ci� 
che attiene alla qualificazione di illiceit� del fatto. Questa qualificazione 
discende da un giudizio di conformit� del fatto ad un termine di 
raffronto, dunque implica necessariamente la valutazione di quest'ultimo. 
Ne segue che la pronuncia di illiceit� penale, quando, per 
la particolare struttura della fattispecie, risulti dalla valutazione di 
conformit� del fatto ad una regola di condotta imposta da un provvedimento 
amministrativo, contiene in s�, come termine non eliml� 
nabile, la ponderazione della legittimit� del provvedimento. Ci� che 
pi� conta, per espressa .dizione normativa, questa ponderazione ha 
efficacia di cosa giudicata. 

Un esempio verr� a chiarire quanto si dice. Il penultimo comma 
dell'art. 1 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, fa divieto di eseguire costru


conclusioni, che cio� nemmeno il giudice istituzionalmente competente a 
pronunciare sull'atto ( e cio� il giudiee amministrativo) ha in ogni caso 
giurisdizione di merito. In questo senso merita piena approvazione la decisione 
27 aprile 1964, Riv. It. Dir. proc. pen., con la quale la Corte Suprema 
ha ribadito l'assoluta interdizione del giudizio di merito al giudice ordinario, 
sia esso civile o penale. 

Ma quel che qui maggiormente interessa � la tesi di fondo di VENDITTI, 
sul punto della non rilevanza della sentenza penale� oltre l'ambito del 
processo penale. 

Si pu� osservare, anzitutto che, seppure l'affermazione fosse esatta, si 
tratterebbe pur sempre di un rilievo di modesta incidenza, non certo tale 
da consentire un cosi clamoroso scardinamento del principio fondamentale 
della divisione delle competenze tra autorit� amministrativa e giurisdizionale, 
o -se si vuole -tra giudice ordinario e giudtce amministrativ�. 
Sarebbe, invero, eccessivo desumere da un fatto meramente pratico (si dice: 
poich� la sentenza rpenale non rileva fuori del giudizio il 1giudice pu� a suo 
piacere invadere un campo che si riconosce in via di principio interdetto 
all'autorit� giudiziaria), sarebbe eccessivo, dicevo, desumerne lo sconvolgimento 
di un sistema che si appoggia al principio della divisione dei poteri, 
pur se quest'ultimo voglia essere inteso nel pi� li!mitato valore di principio 
di organizzazione (GIANNINI, Giustizia, cit., 138). 

Ma resta il fatto decisivo che l'affermazione non � esatta; e la prova, 
mi pare, risulta a chiare note dal meccanismo di rilevanza della sentenza 
sul punto della legittimit� del provvedimento di cui si � dato nel testo 
qualche esempio. Del resto lo stesso VENDITTI ammette eccezioni alla sua 
regola per le ipotesi degli artt. 27 e 28 c. p. p., ma quelle eccezioni hanno 
certamente anch'esse un loro rilievo pratico: ci� che, trattandosi di una tesi 
svolta, come si � visto, su un piano essenzia1mente empirieo, basta a distruggere 
la pretesa di inferire una posizione di principio da una notazione di 
mera opportunit�. 

18 



54 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ziom m corrispondenza di curve stradali di raggio inferiore a cento 
metri (o di incroci o di biforcazioni), e ogni qualvolta sia riconosciuto 
a giudizio insindacabile (dove l'insindacabilit� si riferisce evidentemente 
al merito) delle competenti autorit� che tale costruzione possa 
ostacolare o ridurre il campo visivo necessario a salvaguardare la 
incolumit� della circolazione. La infrazione al divieto � perseguita 
come illecito penale (ult. comma dell'art. 1). Ora, una volta che in 
sede penale si sia avuta una sentenza irrevocabile di condanna, se� 
l'amministrazione agisca in via civile per ottenere la restitutio in 
integrum mediante demolizione del fabbricato, potr� l'interessato difendersi 
eccependo l'illegittimit� del provvedimento dichiarativo della 
pericolosit� della costruzione? In virt� dell'art. 27 c.p.p. la risposta 
dovrebbe essere senz'altro negativa. Ma allora occorre riconoscere 
che il giudizio compiuto in sede penale sulla legittimit� del provvedimento 
risulta coperto dal giudicato: dunque che esso risulta attuat0> 

in via di cognizione diretta. 

Per concludere: esistono nell'ordinamento spunti testuali per sostenere 
la validit� dell'affermazione che il giudizio penale sul provvedimento 
in tutti i caso in precedenza illustrati si risolva in accertamento 
diretto. Ma allora, applicando a questa situazione l'ordine di 
concetti elaborati da CANNADA-BARTOLI, se ne dovrebbe inferire� che, 
trattandosi di cognizione non meramente occasionale, la sindacabilit� 
dell'eventuale eccesso di potere dell'atto amministrativo debba essere 
sempre esclusa in sede penale. 

E tuttavia una conclusione del genere lascia perplessi, non tanto 

per il merito della soluzione proposta quanto per l'ordine di conside


razioni svolto. Si � tentato di dimostrare come la trasposizione pura 

e semplice in sede penale di concetti elaborati per il giudizio civile 

porti a conclusioni completamente difformi. Si � arrivati alla conclu


sione paradossale che proprio applicando l'ordine concettuale della 

tesi ripudiata si pu� giungere alle stesse soluzioni qui sostenute. Oc


corre adesso aggiungere che � proprio su quel procedimento di traspo


sizione che non � possibile consentire. 

La vera ragione dell'irriducibilit� della problematica civilistica 

al processo penale risiede, a mio parere, nella impossibilit� di ripro


durre in quest'ultimo quella distinzione fra diritto soggettivo ed inte


resse legittimo che � l'arco di volta della teoria della tutela giudiziaria 

nei confronti dell'azione amministrativa. Vero � che autorevole dot


trina continua ad identificare l'oggetto del processo penale nel con


flitto tra il diritto di punire dello Stato ed il diritto di libert� del 

privato (1); non men vero che, secondo una problematica tutt'altro. 

(1) MANZINI, Trattato, cit., I, 82 ss.; LEONE, Trattato, cit., I, 180. 

PARTE II, QUESTIONI 

anto all'art. 27 c.p.p., esso stabilisce che nel giudizio per le 

ioni e per il risarcimento del danno la sentenza penale di 

na ha autorit� di cosa giudicata non solamente. circa la sussi-. 

del fatto e la responsabilit� del condannato ma anche per ci� 

tiene alla qualificazione di illiceit� del fatto. Questa qualifica


iiscende da un giudizio di conformit� del fatto ad un termine di 

ito, dunque implica necessariamente la valutazione di que


mo. Ne segue che la pronuncia di illiceit� penale, quando, per 

rticolare struttura della fattispecie, risulti dalla valutazione di 

rmit� del fatto ad una regola di condotta imposta da un prov


nento amministrativo, contiene in s�, come termine non elimi� 

.e, la ponderazione della legittimit� del provvedimento. Ci� che 

conta, per espressa . dizione normativa, questa ponderazione ha 

acia di cosa giudicata. 

Un esempio verr� a chiarire quanto si dice. I.I penultimo comma 

.'art. 1 r.d. 8 dicembre 1933, n. 1740, fa divieto di eseguire costru


.1clusioni, che cio� nemmeno il giudice istituzionalmente competente a 

:>nunciare sull'atto ( e cio� il giudice amministrativo) ha in ogni caso 

urisdizione di merito. In questo senso merita piena approvazione la deci


1>ne 27 aprile 1964, Riv. It. Dir. proc. pen., con la quale la Corte Suprema 

a ribadito l'assoluta interdizione del giudizio di merito al giudice .ordinario, 

.a esso civile o penale. 

Ma quel che qui maggiormente interessa � la tesi di fondo di VENDITTI, 

ul punto della non rilevanza della sentenza penale oltre l'ambito del 

�rocesso penale. 
Si pu� o8serV'are, anzitutto che, seppure l'affermazione fosse esatta, si 
cratterebbe pur sempre di un rilievo di modesta incidenza, non certo tale 
da consentire un cosi clamoroso scardinamento del principio :fondamentale 
della divisione delle competenze tra autorit� amministrativa e giurisdiZionale, 
o -se si vuole -tra giudice ordinario e giudice amministrativo. 
Sarebbe, invero, eccessivo desumere da un fatto meramente pratico (si dice�: 
poich� la sentenza penale non rileva fuori del giudizio il giudice pu� a suo 
piacere invadere un campo che si riconosce in via di principio interdetto 
all'autorit� gtudiziaria), sarebbe eccessivo, dicevo, desumerne lo sconvolgimento 
di un sistema che si appoggia al principio della divisione dei poteri, 
pur se quest'ultimo voglia essere inteso nel pi� limitato valore di principio 
di organizzazione (GIANNINI, Giustizia, cit., 138). 

Ma resta il fatto decisivo che l'affermazione non � esatta; e la prova, 
mi .pare, risulta a chiare note dal meccanismo di rilevanza della sentenza 
sul punto della legittimit� del provvedimento di cui si � dato nel testo 
qualche esempio. Del resto lo stesso VENDITTI ammette eccezioni alla sua 
regola per le :Lpotesi degli artt. 27 e 28 c. p. p., ma quelle eccezioni hanno 
certamente anch'esse un loro rilievo pratico: ci� che, trattandosi di una tesi 
svolta, come si � visto, su un ;piano essenzialmente empirico, basta a distruggere 
la pretesa di inferire una posizione di principio da una notazione di 
mera opportunit� . 

.18 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

56 

mazione del genere, in quanto pretenda di porre una formulazione di 
principio, non � corretta; e ad essa si �, infatti, obbiettato a buon diritto 
(1) che, in quanto vizio di legittimit�, l'eccesso di potere non pu� 
per definizione sconfinare nel merito, e pertanto non pu� sottrarsi alla 
sorte comune agli altri due vizi di legittimit�. Ammessa l'impropriet� 
dell'affermazione, occorre tuttavia riconoscere che essa contiene 
una intuizione profondamente vera che si pu� enucleare al di 
l� della forma verbale sicuramente impropria. 

E' ben noto come l'eccesso di potere sia stato di volta in volta 
definito come vizio della volont� (2) o dei motivi (3) o della causa (4), 

o infine della funzione (5) dell'atto amministrativo. Qui non interessa 
tanto prendere posizione in favore dell'una o dell'altra tesi quanto 
piuttosto, abbandonando ogni pretesa sistematica in relazione alla 
struttura dell'atto, tentare una precisa individuazione del contenuto 
del vizio. 
In questo ordine di idee appaiono estremamente significativi quei 
recenti orientamenti dottrinali che vanno inquadrando il fenomeno 
in una sorta di violazione di regole di condotta, rapportabili in ultima 
analisi al concetto di norma interna (6). 

(1) Cfr., tra gli altri, DELFINO, L'eccesso di potere amministrativo e il 
giudice �rdinario, Napoli, 1963, 292. 
(2) MoRTATI,La volontd e la causa nell'atto amministrativo e nella legge, 
Roma, 1935, 119; AMORTH, Il merito dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 
105; ROMANELLI, L'annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, 
82 ss. 
(3) RANELLETTI, La giurisdizione amministrativa, Napoli, 1924, 44; FORTI, 
I motivi e ta causa negli atti amministrativi, in Studi di diritto pubblico, 
Roma, 1937, I, 492; GIANNINI M. S., Lezioni di diritto amministrativo, 1950, 
391 ss.; ZANOBINI, Corso, cit., I, 250 ss. 
(4) PAPPALARDO, L'eccesso di potere amministrativo secondo la giurisprudenza 
del Consiglio di Stato, in Studi in occasione del centenario del 
Consiglio di Stato, Roma, 1932, II, 452 ss.; RESTA, La natura giuridica dell'eccesso 
di potere come vizio degli atti amministrativi, in Annali dell'Universitd 
di Macerata, 1932, 34; BoDDA, La nozione di causa giuridica della 
manifestazione di volontd nel diritto amministrativo, Torino, 1933, 44 ss.; 
CAMMEO, La violazione delle circolari come vizio di eccesso di potere, Giur. 
it., 1912, III, 107; CARNELUTTI, Eccesso di potere, Riv. dir. proc. civ., 1924, 
33 ss. 
(5) BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, 
Rass. dir. pubbl., 1950, 1 ss.; SANDULLI, Manuale, cit., 384 ss. 
(6) Oltre alle trattazioni che verranno indicate di seguito nel testo, 
cfr. BACHELET, L'attivitd di coordinamento nell'amministrazione pubblic� 
dell'economia, Milano, 1957, 129 ss.; SILVESTRI, L'attivitd interna detla pubblica 
amministrazione, Milano, 1950, 186 ss. 

56 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


mazione del genere, in quanto pretenda di porre una formulazione di 
principio, non � corretta; e ad essa si �, infatti, obbiettato a buon diritto 
(1) che, in quanto vizio di legittimit�, l'eccesso di potere non pu� 
per definizione sconfinare nel merito, e pertanto non pu� sottrarsi alla 
sorte comune agli altri due vizi di legittimit�. Ammessa l'impropriet� 
dell'affermazione, occorre tuttavia riconoscere che essa contiene 
una intuizione profondamente vera che si pu� enucleare al di 
l� della forma verbale sicuramente impropria. 

E' ben noto come l'eccesso di potere sia stato di volta in volta 
definito come vizio della volont� (2) o dei motivi (3) o della causa (4), 

o infine della funzione (5) dell'atto amministrativo. Qui non interessa 
tanto prendere posizione in favore dell'una o dell'altra tesi quanto 
piuttosto, abbandonando ogni pretesa sistematica in relazione alla 
struttura dell'atto, tentare una precisa individuazione del contenuto 
del vizio. 
In questo ordine di idee appaiono estremamente significativi quei 
recenti orientamenti dottrinali che vanno inquadrando il fenomeno 
in una sorta di violazione di regole di condotta, rapportabili in ultima 
analisi al concetto di norma interna (6). 

(1) Cfr., tra gli altri, DELFINO, L'eccesso di potere amministrativo e il 
giudice ordinario, Napoli, 1963, 292. 
(2) MoRTATI,La volont� e la causa nell'atto amministrativo e nella legge, 
Roma, 1935, 119; AMORTH, Il merito dell'atto amministrativo, Milano, 1939, 
105; ROMANELLI, L'annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, 
82 ss. 
(3) RANELLETTI, La giurisdizione amministrativa, Napoli, 1924, 44; FORTI, 
I motivi e ta causa negli atti amministrativi, in Studi di diritto pubblico, 
Roma, 1937, I, 492; GIANNINI M. S., Lezioni di diritto amministrativo, 1950, 
391 ss.; ZANOBINI, Corso, cit., I, 250 ss. 
(4) PAPPALARDO, L'eccesso di potere amministrativo secondo la giurisprudenza 
del Consiglio di Stato, in Studi in occasione del centenario del 
Consiglio di Stato, Roma, 1932, Il, 452 ss.; RESTA, La natura giuridica dell'eccesso 
di potere come vizio degli atti amministrativi, in Annali dell'Universit� 
di Macerata, 1932, 34; BonnA, La nozione di causa giuridica della 
manifestazione di volont� nel diritto amministrativo, Torino, 1933, 44 ss.; 
CAMMEO, La violazione delle circolari come vizio di eccesso di potere, Giur. 
it., 1912, III, 107; CARNELUTTI, Eccesso di potere, Riv. dir. proc. civ., 1924, 
33 ss. 
(5) BENVENUTI, Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, 
Rass. dir. pubbl., 1950, 1 ss.; SANDULLI, Manuale, cit., 384 ss. 
(6) Oltre alle trattazioni che verranno indicate di seguito nel testo, 
cfr. BACHELET, L'attivit� di coordinamento nell'amministrazione pubblic� 
dell'economia, Milano, 1957, 129 .ss.; SILVESTRI, L'attivit� interna deZ:Za pubbl'ica 
amministrazione, Milano, 1950, 186 ss. 

'VRA DELLO STATO 

\l.e teq:rica, che si � riferita, 
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PARTE II, QUESTIONI 

59 

Non � dubbio che vi siano regole di bu�na amministrazione che 
sono astrattamente concepibili come dotate di assoluta validit�, Cosi 
per acquistare un medesimo bene � certamente pi� conveniente spendere 
una somma minore. Ma in questo senso la nozione non avrebbe 
alcuna utilit�, perch� il problema � quello di stabilire la regola del 
caso concreto, ed � certo che lo stesso bene in tempi diversi (in relazione 
a mutate esigenze) pu� acquistare minore o maggiore pregio. Lo 
accertamento di queste particolarit� del caso concreto si risolvono certamente 
in indagine di merito. E, dunque, se l'amministrazione acquistasse 
un bene (od . assentisse una concessione) per un corrispettivo 
in thesi meno economico di quanto sarebbe astrattamente prospettabile, 
il giudice non potrebbe tuttavia sindacarne l'atto perch� l'indagine 
dovrebbe necessariamente estendersi all'accertamento della sussistenza 
di quelle circostanze che possono giustificare lo scarto dalla 
formulazione astratta della regola economica. Allora, se si vuole tuttavia 
conservare un significato alla distinzione fra legittimit� e merito, 
si potr� tutt'al pi� ammettere che la dichiarazione dell'optimun, cui 
dovr� conformarsi il caso concreto, possa essere fatto in via generale 
dalla stessa p. a. con efficacia di tipo normativo: ci� che a sua volta 
� possibile solamente in presenza di un atto rivolto a tal fine, e, dunque, 
o in un atto di carattere generale (circolari), ovvero, implicitamente, 
in un atto particolare che disciplini una medesima situazione 
(contraddittodet� con altro provvedimento). 

Per questi motivi non sembra accettabile quell'impostazione (1), 
la quale, premesso che l'ordinamento statuale ha titolo per pretendere, 
in forza del dovere di amministrazione, il migliore espletamento della 
funzione. amministrativa da parte dei singoli ordinamenti particolari 
(sul che pu� convenirsi), finisce con il concludere che e non � detto 
che la valutazione circa l'opportunit� di un comportamento compiuto 
dagli organi dell'ordinamento particolare, bench� vincolante per i soggetti 
di tale ordinamento, sia senz'altro esatta e cio� idonea a garantire 
il miglior esercizio della funzione amministrativa e quindi la validit� 
dell'atto esterno sotto il profilo del merito. Pu� infatti darsi che le 
autorit� ordinamentali investite della potest� normativa interna commettano 
un errore di valutazione�. L'errore della tesi � nel dimenticare 
che il nucleo essenziale del principio della divisione dei poteri � 
proprio nella insindacabilit� del giudizio di valutazione operato da ciascun 
potere nell'ambito della sua specifica competenza (e, dunque, per 
quanto concerne l'attivit� amministrativa, nell'ambito del giudizio di 
merito). 

(1) BASSI, Norma, dt., 422. Nello stesso senso qui sostenuto cfr. per� 
gli autori citati da BASSI, op. loc. cit., nota 175. 

RASSEGNA l>ELL'AVVOCATURA l>ELLO STATO

60 

7. -Quanto si � venuto finora svolgendo pu� essere confermato 
al vaglio di talune osservazioni. 
Anche quella giurisprudenza che �ammette il sindacato del giudice 
penale sull'eccesso di potere riconosce che il giudice � carente di poteri 
istruttori per rilevarlo. Cos� la decisione 28 novembre 1961, dianzi citata; 
testualmente si esprime: �� � Un �limite peraltro esiste �al potere di 
sindacato del giudice ordinario sulla legittimit� dell'atto amministrativo, 
<ma il limite � segnato non dall'oggetto dell'indagine, bens� dai 
mezzi di cui il giudice ordinario pu� all'uopo disporre. �E' stato dianzi 
precisato che il giudice ordinario non pu� sindacare la scelta dei 
mezzi operata �dalla pubblica amministrazione per la realizzazione del 
pubblico interesse, cio� il modo nel quale fu adoperato il potere discrezionale 
per il cui esercizio esistevano i presupposti essenziali; ne deriva 
che l'indagine del giudice ordinario sar� necessariamente limitata 
alla sussistenza di questi presupposti e alraccerfainento d�lla for� 
efficienza logica al fine di giustificare il provvedimento. L'indagine 
inoltre dovr� essere condotta soprattutto sulla base di ci� che risulta 
dagli elementi formali del provvedimento, cio� dalla motivazione; e 
questa� appunto � la ragione� per cui� la motivazione � doverosa; in conseguenza 
del carattere esecutorio degli atti e per una esigenza di tutela 
dei privati interessi. Questa indagine; tuttavia, non potr� limitarsi ad 
una analisi �puramente formalistica della motivazione, ed il giudice 
potr� e dovr� tener conto di ogni altro elemento di fatto indispensabile 
al fine del giudizio sulla effettiva corrispondenza dell'atto alla 
sua ��funzione� legale �. 

� necessario in primo luogo rilevare l'equivocit� della formulazione; 
laddove, dopo aver dichiarato che l'indagine del giudice �deve 
essere condotta sulla motivazione del provvedimento, si aggiunge che 
occorre tener conto di ogni altro ele:rnent� di fatto indispensabile al 
fine del giudizio. In formulazione astratta la seconda proposizione nega 
la prima, e cosi tutto il ragionamento della Cassazione finirebbe con 
il negare se stesso. E tuttavia sembra lecito interpretare il pensiero 
della giurisprudenza nel senso che il giudizio sulla legittimit� dell'atto 
possa e debba formarsi non soltanto sugli elementi formali ed espliciti 
del provvedimento, ma anche sugli eventuali ulteriori atti (non 
necessariamente di tipo imperativo, ma anche certificativo: documenti) 
provenienti dall'amministrazione ed allegati al provvedimento del cui 
accertamento si tratta, in modo tale che l'esame del giudice rimanga 
vincolato all'ambito della documentazione a lui offerta; ferma rima;. 
nendo l'esclusione di poteri rivolti ad acquisire materiale probatorio 
eventualmente esistente fuori del procedimento di formazione del 
provvedimento. 

Nello stesso senso sembra orientata quella dottrina, che -pur 
ritenendo che il sindacato del giudice penale possa estendersi alla rile




PARTE II, QUESTIONI 

61 

vazione dell'eccesso di potere -afferma che il giudice possa domandare 
la prova dello sviamento di potere �soltanto all'atto amministrativo 
stesso e ai documenti che eventualmente siano a questi allegati> 
(1). 

Questa tesi non � andata esente da critica. Cos� ABBAMONTE, il 
quale, argomentando sia dal principio del libero convincimento del 
giudice penale, sia dal rilievo che mancherebbe qualsiasi limitazione 
normativa dei poteri istruttori dello stesso giudice (ch�, al contrario, 
una serie di disposizioni, e specialmente gli artt. 308, 332, 352 c.p.p., 
sarebbero indicative della latitudine di siffatti poteri), conclude con 
l'affermare che � i poteri del giudice penale sono amplissimi tanto da 
poter acquisire, salvo casi eccenzionali, tanto gli elementi della motivazione 
che della giustificazione, successivamente alla formazione dell'atto 
e per impulso d'ufficio � (2). 

Per i fini che qui interessano non importa tanto prendere posizione 
in questo contrasto dottrinario (3), quanto piuttosto rilevare 

(1) FRANCHINI, Sindacato, cit., 372. Non altrimenti sembra orientato 
GIANNINI M. S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 
1939, 175. 
Per la giurisprudenza cfr. Cass. 18 febbraio 1952, Giust. pen., 1952, 
II, 711. 

(2) ABBAMON'l'E, Motivazione, cit., 236. 
(3) La questione � di troppo impegno perch� possa essere affrontata 
funditus in questa sede. Baster� qualche cenno per giustificare l'adesione 
alla tesi pi� restrittiva. L'art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato, che 
ha certamente valore di disposizione fondamentale in materia di istruzione 
del processo innanzi al Consiglio di Stato (cfr. BENVENUTI, L'istruzione nel 
processo amministrativo, Padova, 1953, 154 ss.; SANDULLI, Il giudizio davanti 
al Consiglio di Stato e ai giudici sottordinati, Napoli, 1963, 382 ss.) attribuisce, 
com'� noto, al giudice amministrativo un ampio potere di acquisizione 
della prova, che si risolve (ci� che pi� conta per i nostri fini) in un 
penetrante intervento di tipo sindacatorio nell'ambito dell'attivit� dell'amministrazione. 
La ratio della norma appare particolarmente evidente proprio 
in relazione a quanto si � venuto finora svolgendo sulla natura dell'eccesso 
di potere: se l'indagine 'SU tale vizio si esprime (o pu� esprimersi) 
in una delicata ponderazione del provvedimento in rapporto ad una precedente 
norma di condotta attuata dalla stessa p. a., � ben naturale che 
il relativo giudizio di accert�ll.!llento implichi l'esigenza di una serie di 
poteri istruttori �Che siano rivolti precisamente a raccogliere il necessario 
materiale probatorio presso gli uffici della amministrazione. Nulla di simile, 
almeno per quanto riguarda la latitudine dei poteri riconosciuti al giudice, 
� rintracciabile nella normativa della istruzione penale. Qualche breve 
riferimento �sar� sufficiente: 1) manca per il processo penale una norma 
equivalente all'art. 213 c.p.c.; 2) vero che a norma dell'art. 242 c.p.p. esiste 
un obbligo di consegnare all'autorit� giudiziaria richiedente gli atti e documenti 
esistenti presso pubblici uffici, ma a prescindere dal rilievo che 
ci� non sempre � vero (cfr. per le inchieste ferroviarie Cass. Sez. Un. 

62 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come la prima tesi, che � poi quella della giurisprudenza consolidata, 
e dunque -se si accetta l'impostazione del GIANNINI (1) -costituirebbe 
una sorta di :ius pretorio dal quale non potrebbe prescindersi, 
presupponga necessariamente una concezione dell'eccesso di potere 
come violazione di una norma di condotta che l'amministrazione abbia 
dettato a se stessa. Infatti, dire che l'archetipo, in relazione al quale 
si svolge il giudizio di conformit� del provvedimento, non pu� essere 
ulteriormente sindacato dal giudice, sia pure sotto un profilo di carenza 
di mezzi istruttori, equivale a dire, mi sembra, che la dichiarazione 
dell'amministrazione costituisce essa stessa una sorta di regola non sindacabile,. 
cio� un termine di paragone, assunto come ipotesi normativa, 
in relazione al quale non � concepibile ulteriore giudizio di legittimit�. 


Un altro rilievo conferma questa conclusione. � noto che sulle 
orme di GuGLIELMI, il quale per primo ebbe a sviluppare la tesi, la 

20 maggio 1950, in questa Rassegna, 1950, 224, con nota di F. C. ed, in 
dottrina, ScAPPucc1, Non comunicabilit� aU'autorit� giudiziaria da parte 
delle FF. SS. delle relazioni di inchiesta in tema di sinistri, Arch. pen., 

1949, II, 413 ss.), sta di fatto che il funzionario pu� rifiutarsi di eseguire 
l'ordine del giudice trincerandosi dietro una dichiarazione, (si badi bene) 
non motivata, di segreto politico o militare ovvero di ufficio ,professionale�: 
nel primo caso (segreto politico o militare) la limitazione del potere del 
giudice sembra assoluta, perch�, quand'anche egli non ritenga fondata la 
dichiarazione del funzionario, non pu� insistere per l'acquisizione dei documenti 
ma deve limitarsi a promuovere ai sensi dell'art. 352 ultimo comma, 
un'azione penale per falsa testimonianza, anch'essa a sua volta subordinata 
all'autorizzazione del Ministro della Giustizia, e, dunque, in ultima analisi, 
esperibile soltanto ove la stessa amministrazione lo ritenga opportuno; 
nel secondo caso, il limite non � altrettanto assoluto perch� il giudice pu� 
eventualmente ordinare il sequestro dei documenti ai sensi dell'ultimo 
comma dell'art. 342 c.p.p., ma anche questa facolt� � subordinata a notevoli 
condizioni che impediscono di definirla come assolutamente discrezionale; 
3) lo stesso deve dirsi, ai sensi dell'art. 352 c.p.p., di �ventuali testimonianze 
di pubblici ufficiali; 4) comunque, e premesso quanto si � detto in 
011dine ai limiti dell'equivalente in sede penale della richiesta di nuovi 
schieramenti o documenti di cui all'art. 44, resta il fatto che la possibilit� 
di ordinare all'amministrazione nuove verificazioni rimane completamente 
estranea al processo penale. 

Rimane, infine, il rilievo che quel principio del libero convincimento 
del giudice penale, cui troppo spesso si d� un valore pressoch� taumaturgico, 
ha in realt�, quando se ne vada a cercare i fondamenti normativi (artt. 308 28 
c.p.p.), un pi� modesto significato di contrapposizione all'istruttoria 
civile; salvo che con esso si voglia fare rifedmento al processo, in buona 
sostanza meramente psicologico, in virt� del quale il convincimento del 
giudice si svolge, in assoluta libert� di giudizio, dal materiale probatorio 
raccolto alla decisione, nel qual caso evidentemente siamo fuori del problema 
della determinazione dei poteri di istruzione concessi dalla legge. 

(1) GIANNINI, Disc01�so generate, cit., passim. 

63 

'�. 
-~.lol � in prevalenza orientata nel senso iliescludere �he il privato, 
"';i:>io del provvedimento (ad es, demordine di cui all'art, 650 
��~a sindacare l'eventuale vizio di eccesso di pot�te di questo 
'\\via non sono mancate voci discordi:< coSi ilCANN'ADABAR� 
\': che il controllo di legalit� del pr<:>vvedimento, dovendo 
''<~aloghilimiti sia>per quanto concerne ilprivato. che 
"~a anche per il destinatario dell'atto all'eccesso di 

\. 
\:. 


�;tp.erito della soluzi011e che non p.i;) evidente� 
'mtomatico come. anche. la tesi di/ CANNADA 
�\'Qrospettiva>che presuppone .la valutazione 
���~tesi del giudizio di.. legittimit� svolgen'\~
i condotta �dichiarata ~Ila p.a. Qui 
'\.�� potere istruttori'<:> sia configurabile 
��''\te, si ammette che quest'ultimo 
��"11'eccesso di potere, vuol dire 
,'\ poteri istruttori � a rigore 
��....che, in altre parole, quel 
"~J:>bero l'attivit� del giu~ 
\"~�-�alla�� soglia= del con� 
���~ale. di una diversa 
""~la regola� attuata 

���-~ue .una vera e 

\\ 
�: 
del giudizio 

"�:..;.:_ 

\;;._ 

�:::.�.~


�,ttenta 

��-,,,._ 

\:. 

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dlza 
_4;;! vi� 
,,,;bero: nel 
,/:..,,,... ciascuna 
,4�~to che viene 
,tfa p.a., resattezza 
,,.;i1ta �li tutta evidenza; 
.dsce proprio dalla ccm..-
Orma, e dunque -come che 

,.tt�, cit., 213 ss. 
. .ftiche di GuGLIELMI, Note di dottrina, 

'.. : 

.A~ Attivit� e atto amministrativo, Riv. dir. 
Ai. ampie indicazioni della dottrina. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

debba poi costruirsi, sul piano della struttura dell'atto, l'eccesso di 
potere -� giocoforza ammettere un necessario collegamento logico 
fra quest'ultimo e la violazione della norma interna: ci� tanto pi� 
quando si consideri che l'unico elemento, che le varie figure hanno in 
comune fra di loro, e dunque il solo dato che consenta di risalire 
ad una �costruzione unitaria dell'eccesso di potere qual'� presupposto 
in siffatta concezione, � appunto l'estremo di quella violazione. 

Occorre dunque dimostrare che una deviazione del tipo accennato 
ricorre in ognuna delle figure sintomatiche, che dottrina e giurisprudenza 
sono venute finora enucleando. 

Quanto alla violazione delle c.d. norme interne in senso stretto 
(circolari o prassi) poco c'� da dire. Qui l'assunto che la sostanza dell'eccesso 
di potere si risolva in non conformit� ad una regola o ad 
un sistema di regole predeterminate dalla p.a. appare di tutta evidenza 
(1). 

Pi� interessante � l'esempio della disparit� di trattamento (2) 

(e. della manifesta ingiustizia, che -come � tradizionale osservazione 
dottrinale -in quella si risolve). In questo caso l'eccesso .(li .potere 
si fa risultare dal rilievo che l'amministrazione, avendo gi� attuato un 
certo assetto di interessi per una determinata specie, ha con ci� implicitamente 
dichiarato quale sia, a suo insindacabile giudizio, l'uso migliore 
del potere discrezionale da farsi in tutti i casi che siano identici 
a quello regolato, donde l'eventuale successiva adozione di un diverso 
provvedimento pu� ragionevolmente essere assunto come indice di un 
deteriore uso di quel potere; deteriore -si badi bene -unicamente 
in rapporto alla predeterminazione valutativa che ne ha dato la stessa 
p.a. (3). Non si potrebbe desiderare, mi sembra, miglior conferma della 
tesi qui sostenuta. 
(1) In senso contrario cfr. per�, CASETTA, Attivit�, cit., 314, secondo 
il quale la violazione di norme interne sarebbe addirittura da espungere 
dalla categoria delle figure sintomatiche; e ci� perch� l'individuazione 
dell'interesse proprio dell'atto avverrebbe ad opera della fattispecie normativa, 
negandosi pertanto ogni rilevanza a norme estranee all'ordinamento 
giuridico generale. Sembra superfluo osservare come questa concezione 
si muova in un ordine di idee completamente opposto a quello sostenuto 
dalla prevalente dottrina, ed accolto nel testo. Pu� essere, invece, 
utile ribadire che ridurre la problematica dell'eccesso di potere ad una 
questione di conformit� alla legge, eliminando il tramite della norma 
interna, significa risolvere il problema in quello della violazione di legge; 
cio�, in ultima analisi, negare la stessa autonomia concettuale del vizio 
di eccesso di potere. Ci� sembra avvertito anche da BASSI, Norma, cit., 285. 
(2) Per un recente acuto ripensamento della materia cfr. SAMBATARO, 
Giurisprudenza in tema di disparit� di trattamento e spunti ricostruttivi 
dell'a nozione, Foro amm., 1964, III, 8 ss. 

(3) Anche qui il CASETTA, Attivit�, cit., 315, nega che si tratti di ipotesi 
di eccesso di potere, e ci� perch�, avendo l'art. 97 della Costituzione codif�

PARTE II, QUESTIONI 

65 

Lo stesso, e per gli identici motivi, � a dirsi nell'ipotesi di contraddittoriet� 
di provvedimenti. 

Pi� delicato si fa il discorso per quanto concerne la manifesta 
illogicit� della motivazione, perch� qui -trattandosi a prima vista 
di un difetto logico, e dunque della violazione di un sistema di norme 
la cui validit� � indipendente dall'atto della p.a. -il momento della 
posizione discrezionale della regola risulta meno evidente. Occorrer� 
riflettere, tuttavia, che le regole logiche possono operare con il rigore, 
che � loro proprio, soltanto in presenza di determinate premesse; che la 
loro funzione si limita ad imporre la deduzione di alcune conclusioni 
da quelle premesse, ma la posizione del dato-premessa rimane effetto 
di un atto di libera scelta del soggetto. Cos�, nel provvedimento 
che motivi il licenziamento di un impiegato per scarso rendimento 
con l'addebito della mancanza di rispetto verso i superiori (1), la 
frattura logica � indubbiamente nell'assunzione di una conseguenza 
non collegata con la premessa, ma la posizione della premessa � attuata 
discrezionalmente dalla p.a. (e la relativa indagine, costituendo apprezzamento 
di merito, deve ritenersi interdetta al giudice ordinario): onde 
tutto l'ulteriore svolgimento del ragionamento, seppure vincolato alle 
n?rme di logica, deve realizzarsi nell'ordine originariamente prescelto; 
in questo senso alle regole logiche pu� tutt'al pi� riconoscersi un valore 
integrativo della proposizione normativa, le cui conseguenze debbono 
essere integralmente accettate dall'Amministrazione come norma di 
condotta. In altri termini, quel che conta in questo esempio, al fine 
di stabilire il momento normativo, non � la logicit� della articolazione 
della premessa ma la posizione della premessa: ci� tanto pi� ove si 
consideri che la struttura del metodo deduttivo si risolve in una serie 
di proposizioni analitiche, cio� di specificazioni tautologiche. Sicch� 
sembra consentito concludere che l'esigenza non soltanto di una determinata 
conclusione ma anche di un certo tipo di articolazione � 
gi� contenuta nella posizione della premessa. In questo ordine di idee 
non pu� evidentemente accettarsi quell'affermazione, secondo la quale 

cato un dovere di imparzialit� da parte della p. a., la violazione di quel 
dovere, in cui si risolverebbe la disparit� di trattamento (e la manifesta 
ingiustizia), realizzerebbe un caso di violazione di legge. Su questa norma 
della Costituzione si dovr� tornare in seguito per altri fini. Qui baster� 
osservare che nel caso di disparit� di trattamento non viene in considerazione 
soltanto l'eventuale pregiudizio del privato ma anche la lesione 
dell'interesse pubblico che deve presumersi connesso a'l cattivo uso del 
potere discrezionale. E la valutazione di questo uso non pu� essere fatta 
che dalla stessa amministrazione appunto attraverso la posizione di quella 
regola di condotta, che si va tentando di rapportare al concetto di norma 
interna. 

(1) L'esempio � tratto da SANDULLI, Manuale, cit., 386. 

\; 

�~A DELL'AVVOCATURA :DELLO STATO 

\~prmazione delprovvedimento dovrebbe inclu
�~ere conto di tutti i presupposti che pos\
dt cui il pro\tvedim�nto � espressione (1). 
\~ s� unicamente un procedimento� neces


\9. CJ.� � tanto vero che in quelle pro-� 
\\etnpideo (pr<)'pbstiioni sintetiche) il 
�"~edienza a qu�l�he necessit� logica, 
'\tic:io di convenienza (regola stati'" 
,,etti di uria situazione�� su cui il 
\~fone�non ��affatto �necessario 
'1;,~me. .J!ld infatti, ove il sot;t-" 
''asp�tti, la�� sua� deci$tone �w alla premessa, pur se 
\gaᥥ.quello ch� sarebbe 
\'l. a tutti i> dati della 
�\~btM della proble� 
��\dire che il prov\\:
prot�lO forml:lle 
\'\Il quali limiti 

\ 

'blema del 
~costru\
pi dot,.. 
'mine.. 

\� 

~ro


/dir. 

.+O stesso 
...t obbiettivi 
~1informit� dei 
.-tr� quindi venire 



PARTE II, QUESTIONI 67 

mente riportarsi ad un concetto sostanziale di eccesso di potere (1). 
Ed allora il problema sar� di stabilire in qual modo lo sviamento pu� 
essere concretamente rilevato dal giudice. 

Occorre riflettere a questa alternativa: o il provvedimento � esplicitamente 
emesso in vista di un fine diverso da quello per il conseguimento 
del quale era concesso il potere, ed allora il vizio sar� certamente 
rilevabile dal giudice: ma in questa ipotesi pi� che di eccesso 
di potere dovr� parlarsi, secondo i casi, di incompetenza o di violazione 
di legge o, perfino, di inesistenza dell'atto; oppure lo sviamento � coperto 
dallo schermo di un provvedimento formalmente in regola, e cio� 
indirizzato al fine di legge: ed allora, poich� l'accertamento della realt� 
di questo fine �presuppone l'accertamento dei presupposti da cui nasce 
il corrispettivo interesse pubblico che la p.a. dichiara di voler soddisfare, 
e dunque necessariamente conduce ad una indagine di merito,. 
come tale non ammissibile, r� giocoforza ricorrere al consueto ordine� 
di concetti dianzi illustrato, concludendo che anche in questo caso la 
rilevabilit� del vizio � subordinata� alla violazione di una proposizione� 
normativa, posta dalla p.a., e desumibile dalle ordinarie ipotesi di figura 
sintomatica, ed eventualmente da altri fatti parimenti significativi. 

9. -Quanto s'� venuto finora svolgendo, sulla scorta della preva-� 
lente dottrina, consente di trarre finalmente alcune conseguenze in materia 
di sindacabilit� dell'eccesso di potere in sede penale. 
La concezione della norma interna come posizione di una regola. 
di condotta da parte della p.a., nell'esercizio del suo potere discrezionale~ 
presuppone, se non mi inganno, l'accettazione della teoria della pluralit� 
degli ordinamenti giuridici (2). La giuridicit� della norma interna~ 

(1) Infatti la deviazione del potere discrezionale dal fine prestabilit0< 
per legge realizza quella divergenza dell'atto dalla sua funzione istituzionale, 
in cui s'� visto consistere la pi� moderna ed accreditata teoria 
circa l'inquadramento dell'eccesso di potere nella struttura del provvedimento. 
(2) Diverso problema � quello di decidere se in ogni caso di ordina~ 
mento sia necessario ammettere un fenomeno di entificazione del medesimo, 
questione per la quale sembra potersi accettare la soluzione negativa 
proposta di recente da PIRAS, Interesse. cit., 330, nota 121. Forti perplessit�, 
quanto meno per i � fini che qui interessano, ingenerano, invece, quelle 
affermazioni con le quali la pi� recente dottrina va tentando di svincolare� 
la nozione di norma interna dalla teoria della plura'lit� degli ordinamenti 
(cfr. PIRAS, op. loc. cit.; BASSI, Norma, �cit., 17 ss.). Qui non occorre prendere 
posizione sul problema di teoria generale circa l'identificazione tra 
norma interna e norma giuridica. Baster� accennare che, per quanto si 
� detto in precedenza nel testo sulla necessit� che la norma di condotta, 
in rapporto alla quale � ipotizzabile un vizio per eccesso di potere, sia. 



68 

RASSJ,i:GNA DELL'AVVOCATURA. DELLO STATO 

infatti, non dipende da una valutazione dell'ordinamento generale, tanto 

� vero chel'uso del potere di cui essa � attuazione (e, cio�, il potere 

discrezionale) non pu� neppure .essere .controllato dagli organi giuri


sdizional~ dLquei:;t'.ultimo; Dunque � necesi:;ario.ammettereuna originaria 

attUucime ciell'Ammmistrazicme alla produzione di norme interne di cui 

non PU�: contt!statsi la giuridicit�.�.. 

lY.(a la teoria del!a pluralit� degli ordinamenti fin dalla i:;ua prima 
e pif:l autoI:'eV()le aftetmaZ�()!le (1) b.a dovuto porsi il problema dei rapporti 
fra quegli ordmamenti di cui ei:;sa veuiva ad affermare l'esistenza. 
E,�� fatto i:;a}vo .il principi() (I.ella loro :rii:;p.ettiva indipendenza, i:;i � finito 
con il ric()noi:;cerela p9i:;sibilit�..�di una gra<i:ualit� di poi:;izioni che si riassumono 
nel concett9della prevalenza.dell'ordinamento statuale (o generale).. 
su .ogni altro, potendosi ravvisare in quei rapporti una molteplic!
t� di� a.tteggiame.ti.diversi .. (indift'erenza,..ric.ezione, rinvio, tanto. per 
citare alla rinfusa) che non. possono, per�, ma:i giungere fino al punto 
di n.egal'e la imP&l'ativit� della cieterminazione dell'ordinamento statuale� 
J;>er <;).eftnire questa situazfone si � :flitto . talvolta (2) ricorso alla 
dist.it.lzione fra disP9sitivit� �e.. inderogabilit� della norma ammettendosi 
nel primo caso e .~gandosi nel secondo ogni possibilit� di deviazione 
dalla norma dell'ordinamento sopraordinato. 

In questo ordine di idee il problema della rilevazione dell'eccesso 
di potere da parte del giudice ordinario si risolve in una indagine sui 
rapporti intercorrenti fra .l'ordinamento interno .di cui � espressione la 
regoJa di. condotta attuata dalla p.a., e l'ordinamento sopraordinato, che 
si � cqnye:tiuto dlchiamare generale � 

.�... Ora, i�ll.cb.~ si rimanga5\ll. p~ano delfa normazione civile, la coesistenza 
dei d.ue ordinamenti pu� agevolmente .risolversi sul piano del 
ric~~oscimento dell;ordina'me~to ... interno. Q\li � opportuno ricordare 

PQSta in essere dalla stessa .p. a., �particolarmente essendosi affermato che 
il ri<:hiamo a. norme di per. s� non ordinamentali, quaU ad esempio quelle 
logiche, abbia un valore. limitato da un atto Qriginario di scelta dell'or


�gano amministrativ9 in rllPPQrto aila posizione (I.ella premessa del sillogismo, 
la norma che viene in considerazione ai fini dell'eccesso di potere 
�n..'.Pu� che essel'E! ordinamentale in senso stretto, in quanto proposizione 
prescrittiva che promana dalle :fonti normative dell'ordinamento della 
p, Il. (cosi, BAS$I, ap. toc. ~t.)� 

.(1) SAN'l't ROM,l\NO, L'ord�namento giwridi�o, Firenze, 1946, 104 ss. 
J;>er la letteratura. pil� }'ecente c:fr. l30BBio, Teoria dell'ordinamento giuridico, 
Torino, 1960; 197, ss.; SALVA'l'ORE RoMANO, Introduzione allo studio 
del procedimento giuridico nel. diritto privato, Milano, 1961, 106 ss.; BAss1, 
Norma, cit., passim, e specialmente 475 ss., 560 ss. In analogo ordine di 
concetti, 1Per quanto concerne l'autonomia privata, c:fr. tra gli altri, DE 
GIOVANNI, Fatto e valutazione nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 
1958, 109. 

(2) BASSI, Norma, cit., 374 ss. 

PARTE II, QUESTIONI 

69 

quanto si � detto in precedenza circa il diverso atteggiarsi delle posizioni 
soggettive degli interessati in sede civile e in sede penale. Ci� che pi� 
conta nella problematica dell'eccesso di potere, per quanto concerne 
l'ambito di interessi civilistici, � l'attuazione di un regime di legittimit�, 
quanto pi� possibile sostanziale, del provvedimento, e ci� nel senso che 
non � ammissibile il sacrificio di un interesse privato in forme e condizioni 
diverse da quel che accade per un altro interesse, pur esso privato, 
e che si presenti in identica situazione di fatto rispetto al primo interesse. 
In questo senso l'esigenza di pi� approfondita giustizia che ha 
condotto la giurisprudenza a costruire il vizio dell'eccesso di potere si 
enuclea, storicamente e logicamente, dalla necessit� di garantire al cittadino 
la pi� assoluta imparzialit� dell'azione amministrativa: l'ipotesi 
paradigmatica dell'eccesso di potere, in questa prospettiva, pu� bene 
identificarsi nella disparit� di trattamento. 

Ne � riprova il tentativo ricorrente in dottrina di costruire, sotto 
diverse formulazioni, un sistema di garanzie del privato in tal senso. 
Esempio illustre la teoria, a suo tempo elaborata con estrema autorevolezza, 
di un preteso diritto del cittadino alla legittimit� dell'atto amministrativo, 
o forse, con pi� ampia formulazione, dell'attivit� amministrativa. 
Questa tesi, come � noto, non ha avuto fortuna. Ma l'esigenza resta: 
ed essa torna a suggerire, anche di recente e sulla scorta di pi� solidi 
argomenti testuali, nuove formulazioni. Cos� si � sostenuto (1) che, in 
virt� della norma dell'art. 97 della Costituzione, la pretesa di fatto alla 
imparzialit� della pubblica amministrazione sarebbe stata elevata a diritto 
fondamentale del cittadino (con l'ulteriore conseguenza, in alcuni, 
almeno, di quegli autori, che la disparit� di trattamento e la manifesta 
ingiustizia sarebbero da espungere dalla categoria dell'eccesso di potere, 
dovendosi ormai pi� correttamente configurare come ipotesi di violazione 
di legge). 

Qui , � evidente, non interessano tanto le conclusioni, ed eventualmente 
gli ulteriori sviluppi, di simili posizioni, quanto piuttosto il sottolineare 
come tutto questo travaglio dottrinale sia riferibile all'esigenza 
di attuare una pi� perfetta legittimit� dell'atto, che, andando al di 
l� degli schemi formali del vizio di vio1azione di legge, consenta di 
tutelare gli interessi subbiettivi, in modo tale da realizzare una giustizia 
il pi� possibile sostanziale: ci� che, trattandosi di un ordinamento 

(1) CASETTA, Attivit�, cit., 315; BARILE, Il dovere di imparzialit� delta 
p. a., in Scritti in onore di Calamandrei, Padova, 1956; ESPOSITO, La Costituzione 
italiana, Padova, 1954, 42 e 249; PALADIN, Considerazioni sul 
principio costituzionale di eguaglianza, Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1962, 909; 
ABBAMONTE, Il processo costituzionale italiano, Napoli, 1962, 434. Per la 
giurisprudenza cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 14 gennaio 1952 n. 2, Foro amm., 
1952, I, 3, 37. 
19 



70 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come quello civile, il cui problema di fondo � di regolare un conflitto 
di interessi paritetici (tanto da giustificare la costruzione di una teoria 
generale imperniata sulla problematica del rapporto) (1), si risolve principalmente 
nella necessit� di una regolamentazione che assicuri parit� 
di trattamento a parit� di condizioni di fatto. 

Ed allora � evidente come alla produzione normativa dell'ordinamento 
sottordinato (la norma interna nel nostro caso, l'autonomia privata 
in un diverso ambito) possa essere riconosciuta una determinata 
rilevanza anche nell'ordinamento sopraordinato. 

10. -Molto diversamente stanno le cose quando l'ordinamento sopraordinato 
sia quello penale. 
Qui occorre spostare completamente il punto di osservazione. Non 
pi� un problema di interessi, ma di semplice legittimit�: non un contrasto 
di posizioni soggettive, tendenzialmente paritetiche, ma un giudizio 
di valutazione secondo criteri di riferimento, che, in quanto espressione 
di valori assunti come assoluti, non consentono deroghe di nessun 
genere. Tutto il processo penale � dominato dall'esigenza fondamentale 
di controllare il fatto sugli schemi della norma: ci� che pi� conta, 
questa norma ha una rigidit� assoluta, nel senso che essa non ammette 
altri termini di riferimento che se stessa. L'ordinamento penale non 
ammette norme dispositive. Un fenomeno come quello della autonomia. 
privata non � qui neppur concepibile. 

In questo ordine di idee interferenze di un diverso ordinamentonon 
possono essere ammesse. Talvolta esse si risolverebbero in uno sfalsamento 
dello scopo perseguito dalla norma dell'ordinamento sopraordinato 
e dunque in una sostanziale disapplicazione della norma; ci� che, 
trattandosi di norma non dispositiva, equivarrebbe a violazione della 
stessa. Altre volte la valutazione dell'ordinamento subordinato potrebbe 
non modificare le conclusioni da assumere sulla scorta di quello principale, 
ma, trattandosi di una coincidenza puramente occasionale e non 
necessaria, il meno che si possa dire � che allora quella valutazione 
sar� del tutto indifferente, e dunque superflua, ai fini di un giudizio� 
condotto sulla scorta dell'ordinamento sopraordinato. 

In materia di eccesso di potere qualche esempio varr� a chiarire, 
meglio di qualsiasi discorso, quel che si viene affermando. 

a) Ipotesi di rilevanza nel giudizio penale di un provvedimentoamministrativo 
che si assuma viziato da eccesso di potere per violazionedi 
una circolare. 

(1) Cfr. per tutti, l'opera fondamentale di CICALA, Il rapporto giuridico, 
Milano, 1959. 

PARTE II, QUESTIONI 

Si faccia il caso di una circolare che vieti l'imposizione dell'obbligo 
del disco orario in determinate zone della citt�, e di una ordinanza sindacale 
che, ci� malgrado, imponga l'obbligo. Nella prospettiva in precedenza 
delineata la circolare rappresenta la regola di condotta che la 

p.a. ha ritenuto di dovere stabilire in attuazione del proprio potere 
discrezionale. L'ordinanza � il provvedimento viziato. Nel processo penale 
per contravvenzione all'obbligo dell'uso del disco, di fronte all'imputato 
che si difenda eccependo l'eccesso di potere del provvedimento 
impositivo, quali saranno i poteri del giudice? Sembra evidente che 
egli possa valutare la legittimit� dell'ordinanza del sindaco in relazione 
agli artt. 3 e 4 del codice della strada, ritenendo ad esempio che il potere 
di imporre l'uso del disco sia stato legittimamente esercitato. Ma l'ordinanza 
� tuttavia affetta da eccesso di potere per contraddizione con la 
circolare. Se il giudice potesse e dovesse rilevare (1) questo vizio, egli 
sarebbe obbligato a disapplicare il provvedimento impositivo del disco 
assolvendo l'imputato. Ecco, dunque, che il gioco della valutazione 
dell'ordinamento subordinato porta alla conclusione di disapplicare la 
norma penale. Per un curioso gioco del meccanismo logico messo in 
moto, che si verifica con pi� frequenza di quanto non si pensi, ci� che 
viene annunciato come una garanzia di maggiore legittimit� (quale 
dovrebbe essere la sindacabilit� del provvedimento sotto il profilo dell'eccesso 
di potere) si risolve in una spoliazione della funzione istituzionale 
del giudice; la configurabilit� del reato dipenderebbe addirittura 
dalla regola dell'ordinamento subordinato, cio�, in ultima analisi, dall'esercizio 
del potere discrezionale della p.a. 
Ma, si potrebbe obbiettare, la violazione della circolare � soltanto 
un sintomo dell'eccesso di potere; nulla impedisce che il giudice, valutata 
aliunde, e sul diretto riscontro della legge, la legittimit� dell'ordinanza, 
ritenga inesistente il vizio del provvedimento. Anche in 
tal caso le conclusioni, per quanto qui interessa, non sarebbero gran 
ch� differenti. Escluso il contrasto dell'ordinamento subordinato con la 
norma penale, resta il fatto che la valutazione di quell'ordinamento � 
del tutto indifferente ai fini del giudizio penale. Ci� che il giudice deve 
accertare � una qualificazione che nasce, e non pu� che nascere, da una 

(1) Questo punto va ben chiarito. La natura funzionale dei poteri del 
giudice implica che il loro esercizio va considerato un dovere di ufficio, 
salvo che, beninteso, la norma stessa non conferisca esplicitamente al giu-dice 
un margine pi� o meno ampio di discrezionalit�. Ma questa discre-zionalit� 
pu� �concernere ipotesi di esercizio di poteri istruttori o meramente 
ordinatori (es.: sospensione del processo), non anche la valutazione 
dell'oggetto dell'accertamento, qual'� precisamente il caso che qui interessa. 
N�, d'altra parte, la rilevazione in sede :penale delil'eccesso di potere � 
subordinata all'istanza di parte. 

72 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

regola dell'ordinamento penale. Ogni altra norma di condotta traente 
origine da diversa fonte si pone come contraddittoria o come indifferente: 
nel primo caso la valutazione dell'eccesso di potere � inammissibile, 
nel secondo � irrilevante. 

b) Provvedimento viziato da eccesso di potere per manifesta ingiustizia 
(o disparit� del trattamento). Gi� il Casetta ha osservato (1) 
che in sede penale la contraddittoriet� di un provvedimento con altro 
precedente nulla dimostra, potendo essere illegittimo il primo e non 
il secondo. Qui baster� qualche ulteriore breve cenno. 

A ben guardare, il valore sintomatico dell'ipotesi di disparit� di 
trattamento si fonda su un dato unicamente (2) temporale (l'essere un 
provvedimento diverso da un altro precedentemente adottato). Si tratta 
di un elemento estremamente equivoco perch� in ipotesi nulla impedisce 
di considerare che il pi� corretto uso del potere discrezionale sia 
stato fatto con il secondo provvedimento e non con il primo. Tuttavia 
in una prospettiva esclusivamente civilistica, richiamando quell'esigenza 
di imparzialit� dell'azione amministrativa di cui s'� in precedenza discusso, 
l'impostazione tradizionale pu� avere un suo valore sintomatico. 
Nulla del genere, invece, in sede penale, in cui la logica del processo 
appartiene a ben diversa ispirazione. 

Si faccia il caso di un ordine dell'autorit� emesso nei confronti 
di taluno che ne lamenti la illegittimit� assumendo che nei confronti di 
altra persona, trovantesi nelle sue stesse condizioni, il provvedimento 
non fu emesso o fu emesso con differenti modalit� di contenuto. Si riproduce 
qui una situazione simile a quella rilevata per la violazione di 
circolari. L'emanazione dell'ordine � subordinata all'esistenza di certi 
presupposti definibili sulla base della norma penale (e riscontrabili dal 
giudice sulla scorta della motivazione del provvedimento). O essi sussistono 
oppure no: nel primo caso la disapplicazione del provvedimento 
per eccesso di potere implicherebbe una sostanziale, e inammissibile, 
disapplicazione della norma; nel secondo, l'indagine sull'eccesso di po


(1) CASETTA, Attivit�, cit., 316. 
(2) Per quanto concerne il giudizio amministrativo, un'altro elemento 
indicativo � dato dal fatto che il provvedimento impugnato, a differenza 
di quello assunto come termine di confronto, non pu� mai essere inoppugnabile. 
Senonch�, a prescindere dal fatto che, almeno in teoria, nuUa 
impedisce di ipotizzare che anche il provvedimento di confronto (quanto 
meno al momento iniziale del giudizio) non sia ancora inoppugnabile, resta 
il fatto che l'elemento della inoppugnabilit� come espressivo della definiti:
va determinazione della p. a. in ordine alla posizione delle regole di 
condotta non pu� essere sopravvalutato perch� rimarrebbero comunque 
salvi i poteri di autotutela della p. a. 

PARTE II, QUESTIONI '13 

tere si rivela del tutto inconferente, perch� il relativo eventuale vizio 
viene assorbito nel decisivo rilievo di illegittimit� per difetto dei presupposti, 
e dunque per violazione di legge in senso stretto. 

c) Provvedimento viziato da eccesso di potere per illogicit� manifesta. 


Si pu� pensare ad un provvedimento (rilevante ai fini della fattispecie 
penale dell'art. 650 c.p.)., in cui l'autorit� faccia leva su motivi 
di sicurezza pubblica per poi dichiarare nella parte dispositiva dell'ordine 
che il provvedimento � adottato a fine di igierie. Se � vero che il 
sindacato sulla legittimit� del provvedimento, nel caso dell'art. 650 c.p., 
riguarda la sussistenza dei presupposti stabiliti dalla legge per la emanazione 
dell'ordine (sussistenza che deve risultare dall'atto medesimo) 
(1), mentre la effettiva esistenza dei presupposti, e cio� il concreto 
accertamento delle circostanze atte ad integrare quei presupposti, � oggetto 
del sindacato di merito precluso al giudice ordinario (2), allora 
sembra lecito affermare che nel caso ipotizzato il vizio di illogicit� non 
pu� avere alcun rilievo ai fini del giudizio penale. Infatti, non � dubbio 
che il provvedimento � legalmente dato per ciascuno dei tre tipi di motivi 
ipotizzati nella norma; una volta che l'amministrazione abbia dichiarato, 
adeguatamente motivando al riguardo, che una di queste tre ipotesi 
ricorre, c'� quanto basta per ritenere la sussistenza del potere di emanare 
l'ordine, dunque l'insorgenza del dovere del destinatario di ottemperarvi. 
In altre parole: posto che il reato consiste nell'inosservanza di 
un provvedimento emanato alternativamente per uno dei tre motivi 
indicati dalla norma, tutto ci� che il giudice penale pu� e deve fare � 
accertare che l'autorit� abbia congruamente motivato circa l'esistenza 
dei presupposti che legittimerebbero la configurazione di almeno uno di 
quei motivi: tanto basta, infatti, per l'insorgenza del dovere di ottemperare. 
Eventuali difetti dell'atto, del tipo considerato, seppure possono 
rilevare ad altri fini, rimangono estranei alla fattispecie penale. 

Diversamente stanno le cose in un caso di provvedimento (ipotesi, 
invero, di scuola, ma che occorre pur. :liare per completezza di esposizione), 
in cui l'autorit�, dopo avere essa stessa ammesso che non ricorrono 
i presupposti di alcuna delle tre ipotesi previste dalla legge, finisca 
nondimeno per emanare l'ordine. Qui evidentemente il difetto dell'atto 
� rilevante per l'integrazione della fattispecie penale. Ma qui, a quanto 
sembra, il vizio che viene in considerazione non � tanto l'eccesso di potere 
(che pure sussiste ma � ancora una volta irrilevante), quanto piuttosto 
una vera e propria carenza di potere all'emanazione dell'atto per


(1) Cosi Cass. 27 ma:ggio 1955, Giust. pen., II, 970. 
(2) Cass. 22 febbraio 1957, Giust. pen., 1957, II, 535. 

74 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ch� risultano esclusi -per dichiarazione della stessa p.a. -quei presupposti 
cui la legge subordina la possibilit� di emettere l'ordine. Dunque, 
si tratter�, secondo l'orientamento dogmatico che si preferisca, o 
di radicale inesistenza del provvedimento o di vizio per violazione di 
legge, in cui l'ulteriore eccesso di potere finisce con l'essere assorbito. 

11. -Prima di concludere in argomento, occorre darsi carico di una 
obbiezione che potrebbe nascere da una lettura affrettata dell'art. 20 
c.p.p. (1). 
Questa norma, com'� noto, dispone al suo primo comma che, qualora 
la decisione sull'esistenza di un reato dipenda dalla risoluzione di 
una controversia di competenza di un giudice amministrativo, il giudice 
penale pu� anche di ufficio con ordinanza rimettere la risoluzione 
di tale questione al giudice competente, assegnando un termine durante 
il quale il procedimento penale rimane sospeso; e aggiunge, al suo quarto 
comma, che se la controversia non � decisa in sede amministrativa nel 
termine assegnato da giudice penale, questi anche di ufficio revoca la 
sospensione e decide su ogni elemento dell'imputazione. 

Il dubbio che pu� nascere al riguardo � il seguente: posto che il 
giudice penale pu� avocare a s� la decisione della pregiudiziale, senza 
rimetterla affatto al giudice amministrativo ovvero successivamente 
all'inutile decorso del termine, poich�, d'altra parte, non � dubbio che 
nella decisione della controversia il giudice amministrativo esplicher� 
senza alcun particolare limite i suoi ordinari poteri, si deve forse concludere 
che la norma attribuisca al giudice penale una eccezionale latitudine 
di poteri, modellata ad esempio di quelli del giudice amministrativo? 


Una conclusione del genere sarebbe evidentemente eccessiva, sembrando 
ictu oculi non ammissibile che simile capovolgimento dei principi 
in materia di distribuzione della giurisdizione sia fatta quasi per 
incidens in una norma evidentemente destinata a regolare un problema 
di coordinamento processuale. Basterebbe pensare che su quella strada 
si dovrebbe finire con l'ammettere che il giudice penale in determinati 
casi possa sindacare anche il merito del provvedimento. 

Occorre dunque capovolgere l'impostazione e leggere la norma dell'art 
20 c.p.p. al lume dei principi. In questa prospettiva appare di tutta 

(1) Sul principio dell'art. 20 c.p.p., cfr. oltre alle opere di carattere 
generale, SALEMI, La pregiudiziale amministrativa nel processo penale, 
Riv. dir. proc. civ., 1924, 319 ss., 1925, 97 ss.; FoscHINI, La pregiudizialit� 
nel processo penale, Milano, 1942, 234 e 311; SABATINI, Trattato dei procedimenti 
incidentali ner processo penale, Torino, 1953, 19 ss. 
Sulla pregiudiziale tributaria cfr. FERRARI, Rapporti fra ingiunzione 

�

fiscale e costituzione di parte civile nei reati da evasione di tributi indiretti, 
in questa Rassegna, 1960, 33 ss. 

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PARTE II, QUESTIONI 

75 

esattezza quella giurisprudenza (1) che ha affermato come la sentenza 
del giudice civile faccia stato nel processo penale soltanto quando trattasi 
di controversie civili o amministrative che non rientrano nella normale 
competenza del giudice penale, rimanendo escluse, quindi, quelle 
che il giudice penale pu� risolvere da s�, a prescindere se abbia competenza 
a risolverle anche il giudice civile. La soluzione sembra, dunque, 
essere questa: alternativit� facoltativa fra la remissione al giudice amministrativo 
e la decisione immediata da parte del giudice penale, 
quando la soluzione della questione non ecceda dagli ordinari poteri 
del giudice penale; rimessione necessaria al giudice amministrativo, in 
caso contrario: in questa ipotesi, peraltro, il giudice penale rimane 
discrezionalmente arbitro di valutare l'incidenza della questione sulla 
decisione circa l'esistenza del reato, e dunque, in questo senso, la pregiudiziale 
rimane pur sempre facoltativa. 

In questo ordine di idee occorre soltanto aggiungere che, se � vero 
che l'ordinanza di rimessione al giudice amministrativo implica un 
accertamento negativo della giurisdizione del giudice penale, allora non 
� possibile condividere quel ripetuto orientamento giurisprudenziale (2) 
che esclude qualsiasi possibilit� di impugnazione dell'ordinanza: infatti, 
implicando essa ordinanza una decisione sulla giurisdizione, parrebbe 
pi� corretto riconoscerle la natura sostanziale di sentenza; con l'ulteriore 
conseguenza che dovrebbe essere proponibile il ricorso per Cassazione 
alla stregua dell'art. 111 della Costituzione. 

TOMMASO ALIBRANDI 

n lavoro prende le mosse dal rilievo di un vizio metodologico della 
dottrina in materia, la quale -malgrado alcuni recenti studi -continua 
in prevalenza ad estendere sic et simpliciter all'argomento in 
questione svolgimenti e conclusioni elaborate in sede civilistica. L'esigenza 
di un'autonoma considerazione del fenomeno nel processo penale 
emergerebbe, invece, principalmente da due rilievi: a) in primo luogo, 
il fatto che il provvedimento amministrativo non pu� mai costituire 
oggetto unico ed esclusivo dell'accertamento demandato al giudice penale. 
Ci� potrebbe, invece, verificarsi nel processo civile, quanto meno 
in riferimento alle azioni di mero accertamento della legittimitd dell'atto 
amministrativo, ed in determinate ipotesi del processo tributario ( opposizione 
all'ingiunzione fiscale per vizi di forma dell'atto); b) in secondo 
luogo, il diverso atteggiarsi delle posizioni soggettive delle parti in sede 

(1) Cass. 15 febbraio 1956, Riv. dir. pen., 1956, 508. 
(2) C'ass. 12 dicembre 1958, Giust. pen., 1959, III, 241; Cass. 22 giugno 
1960 n. 1650, Foro it. Rep., 1960, voce: giudizio (rapp.), n. 68; Cass. 
20 novembre 1962, ivi, 1963, voce cit., n. 42. 

76 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

civile e penale. Ch�, ove volesse applicarsi al processo penale la distinzione 
fra valutazione di legittimit� e di liceit� del provvedimento elaborata 
per la sede civile, poich� l'accertamento del giudice penale sul 
provvedimento non avviene in via incidentale ma come effetto di cognizione 
diretta, si dovrebbe comunque pervenire alla conclusione (paradossale 
rispetto alle premesse adottate) che la sindacabilit� dell'eccesso 
di potere ad opera del giudice penale sia sempre da escludere. 

Ci� premesso, e passando al nucleo centrale del problema, dopo 
una rapida rassegna delle principali teorie in materia di eccesso di potere, 
si finisce con l'inquadrare quest'ultimo nell'ambito della violazione 
della c. d. norma interna, di cui si ricordano, sulla scorta della pi� 
recente dottrina, i connotati principali. Tale impostazione, peraltro, comporta 
due importanti corollari: A) essendo la norma interna vera e 
propria norma giuridica, l'e. p. deve configurarsi come vizio di legittimit� 
e non di merito; B) essendo l'Amministrazione stessa fonte della 
norma interna, l'�e. p., in ultima analisi, non pu� costruirsi se non come 
violazione di una regola di condotta che la p. a. abbia dettato a se stessa. 
Questa conclusione, in particolare, risulta confermata sia in relazione 
alla nota questione del limite dei poteri istruttori del giudice circa 
l'accertamento della legittimit� del provvedimento, sia in relazione alle 
principali figure sintomatiche dell'e. p., che vengono partitamente analizzate 
in vista dell'individuazione, in ciascuna di esse, della predeterminazione 
da parte dell'autorit� amministrativa della regola di condotta. 

Ma allora, poich� il concetto di norma interna presuppone necessariamente 
l'accettazione della teoria della pluralit� degli ordinamenti 
giuridici, il problema della rilevazione dell'e. p. da parte del giudice 
01�dinario si risolverebbe in una indagine sui rapporti intercorrenti fra 
l'ordinamento interno, di cui � espressione la regola di condotta attuata 
dalla p. a., e l'ordinamento generale. In particolare, per quanto concerne 
l'ordinamento penale, poich� quest'ultimo � preordinato alla formulazione 
di giudizi di valutazione secondo criteri di rifierimento, che -in 
quanto espressione di valori assunti come assoluti -non consentono 
deroghe di nessun genere, dovr� concludersi che la valutazione della 
norma interna in sede penale � o indifferente o contraddittoria con la 
norma dell'ordinamento sopraordinato: e dunque, che la sindacabilit� 
del provvedimento sotto il profilo deU'e. p. deve ritenersi non consentita. 
Tale conclusione viene confermata con alcuni esempi, tratti dalla 
casistica, in relazione ad ipotesi di e. p. per violazione di circolare, per 
manifesta ingiustizia (o disparit� di trattamento) e per illogicit� manifesta. 


Il lavoro si conclude con una succinta indagine sulla pregiudiziale 

amministrativa, al limitato fine di dimostrare come la norma dell'art. 20 

c. p. p. non sia in contrasto con le conclusioni assunte. 

RASSEGNA DI DOTTRINA 


F. 
BATISTONI FERRARA, La determinazione della base imponibile nelle imposte 
indirette, Jovene, Napoli, 1964, pagg. 198. 
In una lunga premessa, che occupa circa un terzo delle pagine dell'intero 
volume, l'A. affronta i problemi di carattere generale del contenzioso 
tributario, entrando nel vivo della disputa relativa alla distinzione giurisprudenziale 
tra questioni di estimazione semplice e questioni di estimazione 
complessa ed esaminando il delicato tema della natura giuridica delle 
Commissioni tributarie. 

-Dopo essersi espresso in favore della tesi che riconosce natura amministrativa 
alle predette Commissioni (tesi contraria alla giurisprudenza 
sostenuta dalla Corte Suprema) e dc>po avere svolto brevi considerazioni 
sulla progettata riforma del Contenzioso tributario, il B. F. passa ad esaminare 
i vari criteri singolarmente dettati dall'ordinamento giuridico per 
procedere alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte 
sui trasferimenti della ricchezza e si sofferma, in particolare, sul criterio 
del valore venale dei beni in comune commercio, rilevandone l'astrattezza 
e la relativit�. Segue l'esame dei noti problemi relativi all'accertamento 
amministrativo del valore, tra i quali, primo, quello della natura giuridica 
dell'avviso di accertamento, inteso dall'A. come atto di autorit� idoneo, 
di per s�, a determinare la base imponibile, anche se soggetto ad impugnazione 
da parte del contribuente, e non come � proposta � o � domanda giudiziale 
� avent~ad oggetto la determinazione della base imponibile. 

Dopo aver ricordato gli orientament� dottrinali e giurisprudenziali sul 
problema della competenza deile Commissioni tributarie, il B. F. esamina 
l� varie categorie di questioni di diritto al fine di discriminare J.a competenza 
tra Commissioni di valutazione e Commissioni di diritto.. 

Un capitolo a s� stante � dedicato alla motivazione delle decisioni delle 
Commissioui ed al noto tema del ricorso all'Autorit� giudiziaria per mancanza 
o insuffici.enza di calcolo e per grave ed evidente errore di apprezzamento. 


Il volume si chiude, infine, con l'esame della questione della competenza 
della Commissione Centrale sulle controversie riguardanti le imposte indirette 
sui trasferimenti della ricchezza. 

A conclusione d� queste brevi note, riassuntive solo per sommi capi del 
contenuto del libro, possiamo dire che quest'ultimo si presenta ben costruito 
nell'insieme, ricco di osservazioni acute e, sopratutto, semplice e chiaro nell'esposizione. 


Anche laddove non possono condividersi le soluzioni adottate, si devono 
riconoscere il rigore logico che sempre presiede alle argomentazioni e l'incisivit� 
con cui viene reso il pensiero dell'A. 

L. M. 

78 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

D. FOLIGNO, L'Attivit� Amministrativa, Giuffr�, Milano, 1966, pagg. VIII-319. 
Con l'opera di cui si segnala ai lettori la pubblicazione del primo volume, 
l'A. vuole estendere la sua indagine a tutto il campo dell'attivit� 
giuridica di tipo imperativo della Pubblica Amministrazione, concepita come 

�realizzazione originaria e primaria del principio di giustizia ., sia nell'onere 
di formazione dell'atto amministrativo e nelle correlative sanzioni, 
reazioni tipiche fino ai rimedi amministrativi e contenzioso-amministrativi 
(� questa la materia del lo volume suddivisa in 5 capitoli) e sia nel caso 
dei procedimenti giurisdizionali (a quest'ultima parte l'A. provveder� con 
il 2� volume dell'opera). 
L'A., dopo propedeutiche nozioni di diritto e di ordinamento giuridico, 
di poteri, funzioni e attivit� dello Stato, prospetta una teoria dell'attivit� 
amministrativa come �fattispecie� giuridica, che consente di ridurre 
a sistema unitario la sua vasta e poliforme struttura, ricollegabile allo 
schema essenziale di serie di avvenimen~i cui l'o. g. ricollega il verificarsi 
di particolari conseguenze o vicende giuridiche, unificabili nell'unica conseguenza 
giuridica della cura generale degli interessi pubblici, in concreto. 

Con ulteriore processo di sintesi il F. individua, anzi, il principio di giustizia 
-di cui assume una nozione dialettica fra legislazione nello � Stato di 
diritf� � e tipologia della realt� -come elemento causale tipico di attuazione 
della fattispecie legale in fattispecie concreta, rispetto all'attivit� amministrativa, 
intesa nella sua astrazione, operante, invece, come elemento 
causale tipico di attuazione della fattispecie reafo, rispetto alle singole 
fattispecie di attivit� amministrativa. 

Nel quadro delle guarentigie politiche, amministrative e contenziose 
assicurate ai cittadini di uno Stato democratico, enuncia il piano della trattazione 
intesa a ricondurre ad � elementi della fattispecie generale di attivit� 
Amministrativa� l'onere della formazione dell'atto amministrativo, le 
sanzioni dell'o.g., le reazioni tipiche, i rimedi dell'autocorrezione e dell'autoimpugnazione, 
e quelli contenzioso-amministrativi (ricorsi). 

Si sofferma, quindi (nel 2� capitolo), con pi� approfondita analisi, sull'atto 
amministrativo, mettendone in luce la sua collocazione nella fenomenologia 
giuridica, il complesso procedimento della sua formazione ponendo 
cosi le basi per ricollegare ai gradi di formazione altrettante ipotesi 
di difformit� -la sua discriminazione dagli atti di altri poteri e dagli 
atti politici, la individuazione degli atti generali e speciali, i caratteri peculiari 
dell'atto amministrativo: tipicit�, nominativit�, esecutoriet� ed irretroattivit�. 


L'A. fa seguire un esame degli elementi essenziali dell'atto amministrativo 
dedicando �particolare attenzione ai delicati problemi della negozialit� 
e della �causa, oggetto di numerosi studi sia nell'ambito del diritto 
privato che in quello del diritto pubblico. 

n tema della classificazione degli atti amministrativi viene trattato 
dall'A. nel terzo capitolo, facendo ricorso ad una serie di tavole sinottiche 
che raggruppano, in modo necessariamente schematico ma particolarmente 
incisivo, le principali distinzioni escogitate dalla dottrina e dalla giurisprudenza. 
Ai pi� recenti tentativi sistematici, che muovono sempre da 
criteri unilaterali, il F. oppone la necessit� di dare una visione eclettica 
del fenomeno della classificazione e procede, conseguentemente, all'elenca




79

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

.zione di una serie di distinzioni relative, che finiscono con il consentire la 
sovrapposizione di distinzioni riguardanti gli stessi fenomeni giuridici ma 
fondate su punti di vista nettamente diversi. Cosi, alla distinzione basata 
sul criterio soggettivo (o della titolarit� del potere) l'A. fa seguire quella 
articolata sul criterio oggettivo (o della sfera di attribuzione del potere) e, 
poi ancora, quelle che fanno leva, rispettivamente, sul contenuto, sulla 
:forma e �sulla causa dell'atto amministrativo. 

Esse non appaiono, quindi, come strumenti espositivi o didattici, ma 
rappresentano, piuttosto; il modo di dare evidenza alla sistematica e quindi 
il punto di arrivo di una ricerca. 

Passando a parlare (nel quarto capitolo) dell'invalidit� dell'atto amministrativo, 
ilF. sussume tale nozione sotto ilpi� ampio paradigma delle difformit� 
dell'atto medesimo dall'o.g. e trae da tale collocazione lo spunto per 
:ricollegare ai gradi di formazione dell'atto (esaminati nel secondo capitolo) le 
fattispecie di difformit� dall'o.g. (inesistenza, imputazione, invalidit�, nullit�, 
illiceit�, anriUllabilit�, illegittimit� e inefficacia) come sanzioni dell'o. g. 

o ca:use impeditive di perfezione, validit�, efficacia. 
Ne tratta poi singolar.mente con riguardo al requisito dell'esecutoriet� 
e trae dalla distinzione rigorosamente posta e dall'identificazione della nullit� 
con l'illiceit� e dell'annullabilit� con l'illegittimit�, conclusioni puntuali 
sul vessato problema. 

L'analisi delle reazioni tipiche dell'ordinamento gitiridico per ciascuna 
fattispecie di difformit� viene compiuta mediante riferimento a privazioni 
di requisiti, legittimazione degli atti, invalidazione in ,corrispondenza ai singoli 
tipi di sanzione. 

Le nozioni di autoc01�rezione ed autoimpugnativa degli atti amministra


tivi sono poste alla luce del collegamento fra i vari istituti �on le anzidette 

specie di reazioni tipiche. 

L'Ultima parte del volume in rassegna � dedicata al tema dei ricorsi 

amministrativi. Precede l'esame dei caratteri generali di tali rimedi, dei 

presupposti comuni, dei requisiti nonch� la ricerca dei dati strutturali che 

diversificano una forma di ricorso dall'altra; se1Ue la trattazione dei singoli 

ricorsi, con priorit�, sul ricorso gerarchico (proprio ed improprio) e sul


l'opposizione o rimostranza, di una individuata categoria di ricorsi (quali


ficati semplici), in cui l'A. raggruppa, cogliendone elementi strutturali 

comuni, varie specie di ricorsi atipici. 

La vastitil e complessit� della materia, oggetto del volume, che con


centra una vasta problematica e il risultato di una esperienza, sotto la 

specie di una trattazione istituzionale, non consentono, attesi, altres�, i ri


stretti limiti del presente scritto, di scendere ad una analisi pi� dettagliata 

ed approfondita dei singoli problemi affrontati nel lavoro. 

Si. pu� concludere, quindi, che l'opera, oltre alla impostazione teorica, 
presenta notevole interesse per la organicit� della trattazione, evidenziata 
ancor pi� dalle frequenti tavole sinottiche aggiunte e fuori testo, e si impone 
per la dovizia di citazioni della pi� moderna e qualificata dottrina 
amministrativistica, nonch� per la rilevante utilit� dei richiami alla �giurisprudenza 
ed ai pi� recenti progetti di riforma del procedimento e del pro.
cesso amministrativo. 

A. SALVATORJ: 

80 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

S. 
RonoTA, Il problema della responsabilit� civile, Giuffr�, Milano, 1964, 
pagg. 
L'A., partendo dalla constatazione che i tempi moderni comportano 
nuove occasioni di danneggiamenti, con una modificazione qualitativa dei 
fatti causativi di danni, e quindi impongono un accresciuto bisogno di protezione 
del singolo di fronte a tali fonti di danno, esamina sotto un nuovo 
profilo il problema della responsabHit� civile da illecito. Secondo il R., 
compito, infatti, del giurista non � soltanto quello di classificare ipotesi e 
fattispecie, ma di procedere ad una ricostruzione del sistema su basi nuove 
in relazione all'ampliamento dell'area deHa responsabilit� civiile e dei riflessi 
di tale ampliamento sulle modalit� di applicazione della normativa 
predisposta dal legislatore. 

L'A. osserva che i nuovi casi di danneggiamenti sono molto spesso 
irriducibili allo schema tradizionale del danno conseguente ad un comportamento 
volontario imputabile a titolo di colpa ad un soggetto, sicch� nei 
tempi moderni non si ha soltanto una moltiplicazione delle ipotesi note, 
bens� un emergere di ipotesi nuove e diverse che danno luogo talora a 
danni � anonimi�, in relazione ai quali si pone l'alternativa dell'esclusione 
del risarcimento ovvero dell'applicazione, per quanto possibile, dei principi 
generali e della normativa in vigore anche a tali fattispecie. 

Aderendo a tale seconda alternativa, l'A. propone uno schema nuovo 
della responsabilit� civile che sia formaimente rispettoso delle caratteristiche 
proprie delle nuove situazioni e nel contempo capace di disciplinarle 
alla luce delle norme vigenti. 

Rilevato lo scarso interesse della dottrina italiana per il .problema in 
esame, il R. pone in rilievo il profilo riparatorio della responsabilit� civile 
al quale consegue il venir meno del tradizionale carattere di retribuzione 
e di prevenzione dell'obbligo risarcitorio in conseguenza della socializzazione 
dei rischi individuali e dello spostamento di attenzione dall'autore 
del danno alla vittima di esso. 

D'altra parte, i tempi moderni e l'evoluzione della stessa coscienza 
sociale impongono la risarcibilit� anche dei danni anonimi, i quali non 
possono non suscitare ia reazione dell'ordinamento giuridico. 

Rilevata, quindi, l'insufficienza della sistemazione data per questi nuovi 
profili della responsabilit� dalla dottrina corrente, l'A., procedendo nella 
indagine intrapresa, esamina i vari significati dell'espressione � responsabilit� 
civile � per giungere ad una accettabile definizione del concetto. 

Posta in rilievo l'impropriet� del riferimento al concetto di illecito per 
tutte quelle ipotesi nelle quali un danno deve necessariamente accadere e 
per le quali ovviamente non si pu� parlare di un dovere di tenere indenne 
un altro soggetto (danni anonimi), l'A. sgombra il campo dell'indagine da 
tre pregiudizi correnti: a) il primo storico, cio� di quel modo d'intendere 
la tradizione per cui si cerca d'imporre la vecchia disciplina anche a situazioni 
profondamente mutate; b) il secondo ideologico, consistente nell'asserita 
superiorit� del criterio della colpa; c) il terzo, infine, logico, consistente 
nella costante preoccupazione di elaborare costruzioni in cui non esiste alcun 
elemento di contraddittoriet�. 

Ci� premesso, l'A., per definire la responsabilit� civile, richiama la 
formula proposta dal CASETTA (L'illecito degli enti pubblici, Torino 1953, 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 81 

78) secondo la quale �pu� chiamarsi responsabilit� in senso sostanziale 
l'imputazione della fattispecie d'illecito al soggetto ., ponendo in rilievo 
che, quale che sia il concetto di danno che si vuole accogliere, la sua rilevanza 
sar� sempre condizionata alla possibilit� di far luogo ad un criterio 
che permetta di attribuirlo ad un soggetto; mancando, infatti, tale possibilit�, 
l'evento dannoso rimane un fatto naturale. A fondamento, quindi, 
della responsabilit�, per '1'A., sta �un fatto giuridico, il fatto dannoso: un 
elemento unitario, dunque �. Molteplici, invece, sono i criteri per l'imputazione 
di tale fatto ad un soggetto e tutti comunque ritrovabili nell'ordinamento 
giuridico. 

Alla luce delle considerazioni svolte, l'A. ritiene prive di reale fondamento 
le varie contrapposizioni che solitamente dottrina e giurisprudenza 
operano, come quelle, ad es., tra responsabilit� diretta ed indiretta, responsabilit� 
per colpa ed oggettiva; ci� in quanto la responsabilit� cOltlsiste 
sostanzialmente nella imputazione di un fatto dannoso ad un soggetto e 
tutto il resto concerne soltanto i vari criteri in ragione dei quali siffatta 
imputazione viene operata. 

Dall'esame dell'art. 2043 c. c., e principalmente dal valore innovativo 
del requisito dell'ingiustizia riferito al danno anzich� alla condotta, l'A. 
afferma che nel nostro sistema giuridico vi � una clausola generale di responsabilit� 
in forza della quale si pu� dedurre l'obbligo di risarcire tutti 
i danni arrecati ad altri quando, naturalmente, concorrano determinati 

requisiti. 
Dal rilievo che esistono numerose disposizioni legislative (artt. 833, 
1175, 1337 c. c.) che fanno ritenere la esistenza di un principio di solidariet� 

o di correttezza nelle relazioni interindividuali, indipendemente dall'esistenza 
di una preesistente relazione giuridica tra i consociati, il R. afferma 
che il limite della solidariet� opera anche nel campo della responsabHit� 
extracontrattuale, in quanto esso non esaurisce la propria operativit� in 
rapporti gi� definiti, ma investe le posizioni dei soggetti in quanto membri 
della medesima comunit�. Tuttavia il princ~pio della solidariet� � indubbiamente 
legato al requisito previsto dall'art. 2043 dell'ingiustizia del danno 
che viene sottoposto acutamente ad esame. 
C:onsiderato che non � configurabile una violazione del principio di 
solidariet� disgiunta dalla lesione della situazione giuridica cui esso si riferisce 
e per la rilevanza della quale occorre una qualsiasi forma di protezione 
legislativa, l'A. propone una lettura dell'art. 2043 c. c. che porti ad 
individuare in esso due diverse previsioni, la �Prima relativa alla posizione 
di una clausola generale di responsabilit� e la seconda che pone il primo 
criterio di collegamento (il dolo o la co1pa) per l'imputazione del fatto 
dannoso. Oltre a tale criterio, poich� l'attivit� dell'uomo non � l'unico 
mezzo di imputazione sogg�ettiva degli effetti della responsabilit�, sussistono 
altri criteri di imputazione costituiti da riferimenti a elementi diversi 
dall'attivit� (qualit� soggettiva, titolarit� di una posizione giuridica, rischio, 
etc.) i quali sono insensibili al fatto che vi sia stato o meno un effettivo 
spiegamento di attivit� umana. 

Rilevata l'esistenza, dall'esame dell'art. 2043 c. c., nel nostro ordinamento 
della clausola generale di responsabilit� la quale rappresenta lo strumento 
pi� idoneo a regolare una realt� dal dinamismo crescente, per ci� 



82 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sfuggente ad una disciplina intesa come tipizzazione di ipotesi gi� definite, 
l'A. osserva che il giudice non � Ubero di ricostruire a suo piacimento la 
fattispecie, giacch� i criteri di imputazione del fatto dannoso al soggetto 
sono stabiliti dall'ordinamento. Essi poi non costituiscono soltanto lo strumento 
logicamente necessario al collegamento del fatto al responsabile del 
suo risarcimento, ma adempiono anche alla funzione di circoscrivere l'operativit� 
della causola generale. 

In tale visione del problema il R. riUene che sia del tutto fuori luog<> 
continuare a fare riferimento ai concetti di presunzione di colpa e di inversione 
dell'onere della prova comunemente adoperati dalla giurisprudenza; 
cosi per l'ipotesi di cui all'art. 2048 c. c., concernente la responsabilit� 
dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte, non pu� 
parlarsi di presunzione di colpa, bens� di una diretta imputazione del fatto 

dannoso ad un soggetto individuato in base alla sua qualit� di genitore o 
di tutore o di precettore e questa imputazione viene compiuta daliJ.a norma 
senza la mediazione della colpa, ma appunto mediante la scelta del criterio� 
di collegamento dato dalla qualit� considerata. Nella stessa norma il riferimento 
alla colpa contenuto nel terzo comma non si pone come presupposto 
del giudizio di responsabilit�, ma unicamente come condizione per 
l'esclusione dell'operativit� del criterio. 

Attraverso l'esame di alcuni dei criteri di imputazioni previsti dal codice 
(in particolare per l'ipotesi di cui all'art. 2054 c. c.), l'A. deduce l'impossibilit� 
di far capo soltanto al criterio della colpa per la ricostruzione unitaria 
del sistema e ritiene necessaria una riduzione della stessa a pi� esatti 
termini aderenti alla realt� normativa, particolarmente con riferimento al 
principio della solidariet�. Egli pone, inoltre, in riliev<> che un medesimo 
fatto dannoso pu� essere imputato a pi� s<>ggetti in base a criteri diversi 

o ad uno solo soggetto in base a titoli diversi. In tali ipotesi, mentre non 
pu� escludersi il concorso di pi� soggetti responsabili c<>n conseguente rafforzamento 
della garanzia del danneggiato, � da considerare, invece, prevalente 
il pi� vigoroso tra i vari criteri possibili quando l'unico sog.getto 
pu� essere chiamato a rispondere del danno in base a titoli diversi. 
Nell'ultima parte del lavoro il R. precisa i limiti dell'area dei danni 
risarcibili in base alla clausola generale di responsabilit� e per mezzo de�i 
criteri di collegamento. Egli esamina cos� H tradizionale e grave problema 
dell'oggetto della lesione ponendo in rilievo l'insufficienza del riferimento 
al concetto di lesione del diritto soggettivo assoluto come unica fonte di 
responsabilit� civile extracontrattuale. In sostanza il riferimento al diritto 
soggettivo assoluto, ad avviso dell'A., non appare per s� idoneo ad esaurire 
la valutazione dell'ingiustizia del danno secondo l'interpretazione dell'articolo 
2043 c. c. tradizionalmente proposta, essendo sufficiente, perch� sussista 
l'inguistizia, la !lesione di qualsiasi situazione giuridica rilevante con 
la precisazione che la possibilit� di considerare giuridicamente rilevante, ai 
fini risarcitori, una determinata situazione soggettiva dipende unicamente 
dalla qualificazione operata da una norma. 

Circa il problema della identificazione della rilevanza di tale situazione 
giuridica, l'A. afferma che �un sicuro e rigoroso criterio pu� appunto essere 
ritrovato soltanto nella idoneit� oggettiva della situazione c<>nsiderata ad 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 83 

essere ingiustamente lesa, idoneit� che pu� essere valutata esclusivamente 
in termini strutturali�. Siffatta idoneit� manca ovviamente nelle situazioni 
giuridiche di svantaggio (dovere, obbligo) ovvero in quelle che si esaw-iscono 
nella sfera giuridica del titolare (diritti potestativi), mentre sussiste 
quando la situazione si manifesti verso soggetti estranei siano essi determinati 
o indeterminati. In tale prospettiva, conclude l'A., la disciplina della 
responsabilit�, con il riferimento al concetto di situazione giuridica rilevante 
ed al limite della solidariet�, ritrova intatta la sua capacit� di corrispondere 
alle esigenze dei terzi. 

La pubblicazione in rassegna viene segnalata per il suo particolare interesse 
e per la nuova impostazione che il R. d� al problema della responsabilit� 
civile con riferimento in ispecie alle nuove occasioni di danneggiamento 
che costituiscono un ineliminabile portato dell'era tecnica nella quale 
viviamo. 

Con ricca informazione sia della dottrina italiana che della dottrina 
straniera, particolarmente tedesca e inglese, l'A. propone una impostazione 
del problema molto acuta e seducente mediante l'enucleazione della clausola 
generale di responsabilit� nel nostro ordinamento e del principio di 
solidariet�. 

Tuttavia non si pu� condividere la soluzione prospettata per quanto 
concerne l'oggetto della lesione e la circoscrizione dell'area del danno risarcibile. 
Ci sembre, in particolare, che il ripudio del riferimento, come 
unico possibile oggetto della lesione, al diritto soggettivo assoluto non trovi 
adeguata giustificazione sul piano teorico, mentre l'indicazione in sua vece 
del concetto di situazione giuridica rilevante introduce un criterio molto 
discutibile per la sua genericit� e per il conseguente empirismo che potrebbe 
derivare dalla sua applicazione. 

A. QUARANTA 
A. Ross, Diritto e Giustizia, Einaudi, Torino, 1965, rpagg. XXII-365. (Introduzione 
e traduzione di G. Gavazzi; titolo originale dell'opera: � On Law 
and Ju.stice ., Stevens & Sons Ltd., London). 
Nella stessa collana in cui � stato recentemente pubblicato il libro 
di HERBERT L. A. HART, Il concetto di diritto, gi� da noi recensito (v. questa 
Rassegna 1965, II, 67), i'�editore Einaudi, nell'intento di offrire al lettore 
italiano un panorama del mondo del diritto corrispondente ai nuovi confini 
del mondo del ventesimo secolo, ha dato alle stampe, su consiglio di Norberto 
Bobbio e di Alessandro Passerin D'Entreves, quest'opera di Ross. 
che, come quella di Hart, non mancher� di suscitare interesse per l'originalit� 
e novit� delle tesi espressevi. 

L'autore del libro, che � oggi professore di diritto presso !la Universit� 
di Copenaghen e che ha svolto per parecchi anni attivit� di operatore pratico 
del diritto presso il � Kammeradvokat � danese, corrispondente alla 
nostra Avvocatura dello Stato, ha subito a lungo l'influenza di Hans Kelsen, 
di cui � stato allievo alla Universit� di Vienna, oltre a quella dei maggiori 
esponenti della scuola giuridica � scandinava �. 



84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il volume che segnaliamo e che pu� considerarsi una raccolta di � sag7 
gi � sulla filosofia, politica e teoria generale del diritto mira dichiarata--=~ 
mente a sottoporre a revisione critica gli stessi fondamenti dell'attuale j 
scienza giuridica e chiarisce, in modo particolarmente incisivo, le notevoli, 
sostanziali differenze che intercorrono tra la � scuola realistica � scandinava 
e quella omonima americana. 

Partendo da una concezione del diritto come scienza empirica e respingendo, 
sulla scorta dei risultati raggiunti dalle correnti neopositivistiche 
di origine inglese, ogni tipo di metafisica giuridica, il R. critica le teorie 
tradizionaili propugnando un realismo giuridico che non ha nulla in comune 
con quello di tipo americano, il quale, com'� noto, finisce per dissolvere 
il diritto in concezioni sociologiche o paragiuridiche. 

Per la stringatezza con cui viene condotto, il ragionamento dell'A. avvince 
sempre il lettore anche laddove non riesce a fugare le sue perplessit�. 


Cosi tutto il discorso del R. sul concetto di � diritto valido ., che costituisce 
il nucleo essenziale della teoria � realistica � da lui propugnata e che 
intende individuare la �validit� della norma� nella �probabilit�� di assunzione 
della norma medesima da parte dei giudici come �criterio� per >la 
decisione di future controversie, anche se non convince lo studioso di men-,.; 
talit� giuridica continentale, desta comunque interesse per il modo in cui 
le argomentazioni vengono svolte ed i problemi approfonditi. 

La parte pi� interessante del libro, quella che, da sola, varrebbe a farne 
raccomandare �a lettura, �, a nostro avviso, quella relativa all'interpretazione 
delle norme giuridiche: in essa il problema dell'analisi del linguaggio 
normativo, con tutti i suoi corollari, viene affrontato con un'acutezza e sottigliezza 
d'indagine e con una dovizia di efficaci esemplificazioni, quali difficilmente 
si riscontrano in opere sull'argomento anche di pi� ampio respiro. 

L'attualit� dei temi contenuti nel volume e l'eco che molti di essi 
hanno avuto anche nel recente congresso dei Magistrati italiani, tenutosi a 
Gardone Riviera (V. relazione Maranini), contribuiscono ancor pi� a rendere 
la lettura del libro veramente stimolante per il cultore del diritto. 

L. MAZZELLA 
SEGNALAZIONI * 

M. CASTELLUCCI, Carenza della funzione del Prefetto nella Regione della Valle 
d'Aosta, Comuni d'Italia, 1966, n. 2. 
Dall'esame delle norme contenute nel d.1.1. 7 settembre 1945, n. 545, 
istitutivo della Regione a Statuto Autonomo della Valle d'Aosta, dell'arti-

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(*) La redazione di queste brevi segnalazioni, a carattere meramente espo


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sitivo, di libri, articoli e note a sentenza � stata curata dall'avv. LUIGI MAzzELLiA. . 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 85 

colo 116 della Costituzione e della legge costituzionale 26 �gennaio 1948, n. 4, 
l'A. fa derivare l'illegittimit� dell'esercizio da parte del Presidente della 
Regione delle funzioni proprie del Prefetto nonch� la nullit� di tutti gli 
atti da lui emanati nell'esercizio delle funzioni predette (es. decreti d'occupazione 
d'urgenza e di espropriazione per pubblica utilit� per opere a carico 
dello Stato). 

no. conclude il suo scritto auspicando il ripristino dell'istituto prefettizio 
nella Regione, sia pure con funzioni ridotte (cosi come avviene, del 
resto, nelle altre Regioni a Statuto Autonomo), anche per la considerazione 
della mancanza in Val d'Aosta della figura del Commissario del Governo. 

N. CATALANO, Compatibilit� con la Costituzione Italiana della legge di ratifica 
del trattato C.E.C.A., Foro It. 1966, I, 8. 
Si tratta di nota alla sentenza 27 dicembre 1965, n. 98 della Corte Costituzionale. 
Il C., fautore della tesi dell'inserimento diretto negli ordinamenti 
interni degli Stati Membri della complessa normativa�comunitaria, 
costituita sia dalle disposizioni contenute nei tre trattati e sia dalle norme 
generali ed astratte emanate dagli organi comunitari, rileva che il giudice 
di costituzionalit�, nella decisione annotata, ha aderito, invece, all'opposta 
tesi della netta separazione dell'ordinamento comunitario da quello interno, 
affermando esplicitamente che la C.E.C.A., per il fine di coordinare alcune 
iniziative economiche svolgentisi nel territorio di pi� Stati, compone un 
ordinamento del tutto distinto dall'ordinamento interno e da quest'ultimo 
solo riconosciuto per rendere operante la cooperazione internazionale e per 
delimitare i casi di efficacia interna dell'attivit� degli organi comunitari. 

Pur riconoscendo che l'adozione dell'u_na o dell'altra tesi non conduce 
a risultati diversi, perch� da nessuno delle due. dottrine viene contestata 
l'applicabilit� diretta delle norme comunitarie non soltanto nei confronti 
degli Stati Membri ma anche dei loro cittadini, l'A. elenca una serie di argomenti 
che, a _suo giudizio, fanno ritenere preferibile la tesi del c. d. inserimento 
diretto. 

Dopo questa precisazione sul piano dottrinale, il C. prosegue nel com


mento, sostanzialmente adesivo, della decisione della Corte Costituzionale, 

la quale, com'� noto ai lettori (v. questa Rassegna, 1965, I, 1114) ha dichia


rato infondata, in riferimento agli artt. 102 e 113 della Costituzione, la 

questione di costituzionalit� dell'art. 2 della legge 25 giugno 1952, n. 766, 

che ha reso esecutivo il trattato istitutivo della C.E.C.A. per fa parte in cui 

sono stati immessi nell'ordinamento dello Stato gli artt. 33 comma 2, che 

limita ai casi di sviamento di potere l'impugnativa de1le decisioni e delle 

raccomandazioni generali dell'Alta Autorit�, 41 e 92, ultimo comma, del 

trattato stesso, che prevedono l'esclusiva competenza della Corte di Giu


stizia delle Comunit� Europee a conoscere dei provvedimenti emessi dal


l'Alta Autorit� ed a soSPenderne l'efficacia esecutiva. 

20 



86 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

G. 
CRISCI, Proponibilit� davanti al Consiglio di Stato di eccezioni di incostituzionalit� 
di leggi attributive di poteri discrezionali alla P. A., Foro 
Amm.vo, 1965, II, 225. 
Prendendo spunto dalla decisione 10 dicembre 1965, n. 1108 della V Sez. 
del Consiglio di Stato (in questa Rassegna, 1966, I, 389) l'A. critica la tesi 
dell'improponibilit� davanti al giudice amministrativo dell'eccezione d'incostituzionalit� 
delle leggi che attribuiscono alla P. A. un potere discrezionale, 
di cui l'atto amministrativo impugnato costituisce esplicazione. Dopo 
avere osservato che la teoria criticata parte dal presupposto che la dichiarazione 
d'incostituzionalit� annulla la legge con effetto retroattivo e che la 
medesima si fonda essenzialmente sulla considerazione che, dovendosi per 
effetto della retroattivit� considerare la legge stessa come giammai esistita 
nel mondo giuridico, si deve altres� ritenere inesistente ab initio il potere. 
discrezionale conferito alla P. A. dalla legge dichiarata incostituzionale, il 

C. ricorda che dalle sopradette premesse i fautori della tesi avversata fanno 
derivare la duplice conseguenza: a) dell'arbitrariet� del comportamento 
dell P. A., lesivo, come tale, di un diritto soggettivo del cittadino, e b) dell'improponib?
lit� davanti al giudice amministrativo dell'eccezione d'incostituzionalit� 
della norma attributiva del potere discrezionale. Pi� precisamente 
la seconda conseguenza si fa .derivare dalla considerazione che, sollevandosi 
tale eccezione, si tende alla dichiarazione d'incostituzionalit� della 
legge e si nega, quindi, l'esistenza del potere discrezionale fin dall'origine, 
facendosi valere, in ultima analisi, una posizione di diritto soggettivo, con 
esclusione della giurisdizione generale di legittimit� del Consiglio di Stato. 
Contestando innanzitutto le premesse dell'opposta dottrina, l'A. rileva 
che non � possibile parlare genericamente di efficacia ex tunc ed erga omnes 
della dichiarazione d'incostituzionalit� di una legge in presenza di norme 
come quelle contenute negli artt. 136 della Costituzione e 30 della legge 
11 marzo 1953, n. 87. Secondo il C. solo l'art. 1 della legge costituzionale 
9 febbraio 1948, n. 1 avr�bbe introdotto una correzione al principio dell'irretroattivit� 
della declaratoria d'illegittimit� costituzionale, consentendo 
un effetto ex tunc della pronuncia sul giudizio in cui viene sollevata l'eccezione 
d'incostituzionalit� (effetto estensibile anche agli altri giudizi in 
corso, nei quali l'eccezione non � stata, ma potrebbe essere, sollevata, per 
ragioni eminentemente tecniche). 

Passando ad esaminare le conseguenze tratte da tali premesse, il C. 
osserva che il soggetto leso da un atto amministrativo adottato in base 
al potere discrezionale confe;rito alla P. A. da una legge ordinaria. 
vigente (ed ancora non dichiarata incostituzionale), al momento del ricorso, 
ha una posizione indi�scutibilmente di interesse legittimo e deve, pertanto, 
impugnare l'atto davanti al giudice amministrativo entro un breve termineperentorio, 
quali che siano le sue convinzioni sulla legittimit� costituzionale 
della legge attributiva del potere diserezionale alla P. A. 

L'A. conclude sottolineando le affinit� esistenti tra la situazione esaminata 
e quella studiata dalla dottrina in materia di diritti affievoliti o 
soggetti a compressione. 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 
87 

G. 
GALIP�, Le agevolazioni fiscali per l�'industrializzazione del Mezzogiorno, 
Nuova Rivista Tributaria Editrice, Roma, 1966, pagg. 431. 
Il volume, aggiornato al 28 .febbraio 1966, comprende il testo della legislazione 
sull'industrializzazione dell'Italia meridionale ed insulare, le principali 
note, circolari e risoluzioni ministeriali e decisioni giurisprudenziali 
sulla materia. Una parte a s� stante � dedicata alla legislazione della Regione 
Siciliana. Il libro � corredato da diversi indici e da un'appendice. 

E. 
GUICCIARDI, Rinnovazione di provvedimento amministrativo e deduzione 
di motivi di impugnativa, Giur. it., 1965, III, 167. 
La questione affrontata nello scritto segnalato � se, rinnovato a seguito 
di annullamento (su ricorso amministrativo o giurisdizionale) un dato provvedimento 
amministrativo, l'interessato, nell'impugnare anche il nuovo 
provvedimento, incontri dei limiti nella deduzione dei motivi di ricorso. 
Il Consiglio di Stato (V sezione), nella decisione 8 gennaio 1965, n. 2 (al cui 
commento � dedicata la nota) ha statuito che non sono deducibili contro 
il provvedimento rinnovato quei motivi che, potendo essere .gi� dedotti 
contro� il provvedimento originario, non lo siano stati, ovvero, se dedotti 
siano stati rigettati e non gi� dichiarati assorbiti, per effetto dell'accoglimento 
del motivo che ha determinato l'annullamento. L'A. critica la decisione 
dell'organo giurisdizionale amministrativo e le argomentazioni sulle 
quali essa si fonda ed esprime l'avviso che l'impugnativa di un provvedimento 
emanato dalla P. A. in sostituzione di un precedente provvedimento 
annullato, essendo solo storicamente collegata con il primo atto e con il 
giudizio su di esso esperito, deve considerarsi un'impugnativa assolutamente 
nuova ed autonoma, nella proposizione della quale l'interessato pu� dedurre 
tutti i motivi di ricorso che l'esame dell'operato della P. A. gli suggeriscono, 
compresi quelli che gi� nella ;prima impugnativa avrebbero potuto 
essere, ma non erano stati, dedotti. 

L. PALADIN, Un caso estremo nell'applicazione del principio di uguaglianza, 
Giur. Cost., 1966, I, 620. 
L'A., prendendo in esame la sentenza 31 mag,gio 1965, n. 40 deUa Corte 
Costituzionale (v. questa Rassegna, 1965, I, 605), relativa ad un tema da 
lui particolarmente approfondito (v. PALADIN, Il principio costituzionale 
d'uguaglianza, recensito in questa Rassegna, 1966, II, 1), sottolinea che 
l'importanza della pronuncia non risiede nella risoluzione del caso di specie, 
poco significativo, ma nella portata assai larga implicitamente riconosciuta 
alla norma generale d'eguaglianza davanti alla legge. 

La novit� assoluta ed effettiva della decisione consisterebbe, secondo il 

P., nell'allargamento al massimo grado della cerchia soggettiva del prin


cipio stabilito dall'art. 3, comma I, della Cost., ritenuto applicabile dal giu


dice di costituzionalit� anche in ordine ad una controversia tra Enti Pubblici 

(Ospedale civile di Catania e Ministero del Tesoro). 



88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

L'A. aggiunge che la sentenza annotata costituisce una chiara ed inequivocabile 
smentita della tesi che concepi'Sce la parit� giuridica come una 
pretesa azionabile da parte dei soli cittadini a non essere discriminati per 
opera dello Stato, perch�, nel caso deciso, non erano affatto in gioco privati 
cittadini, miranti a salvaguardare proprie situazioni soggettive, ma istituzioni 
giuridiche pubbliche, .entrate in conflitto per difendere i loro interessi 
finanziari. 

Da tutto quanto sopra ricordato si dovrebbe desumere, secondo il P., che 
l'art. 3, comma I, della Co'Stituzione non � stato inteso, nel giudizio in discorso, 
come fondamento di situazioni soggettive comunque qualificate e 
circoscritte, ma come limite assai vasto della legislazione, preclusivo in ogni 
campo di classificazioni normative radicalmente ingiustificate od arbitrarie. 

A. M. SANDULLI, Perdita di vigore di vincoli urbanistici in conseguenza di 
costruzioni autorizzate in violazione di essi? Foro it., 1966, III, 76. 
Un Comune concede licenze edilizie per costruzioni su un'area privata 
vincolata a � verde pubblico � dal piano regolatore generale. Successivamente, 
i beneficiari di una di tali licenze, appellandosi appunto a quella 
destinazione di piano regolatore, impugnano, in difesa dell'amenit� delle 
loro costruzioni, un'analoga licenza comunale, concessa in epoca pi� recente 
per l'utilizzazione edilizia di un'ulteriore parte dell'area. 

Il Consiglio di Stato, in adunanza plenaria, dichiara inammissibile il 
ricorso, sulla considerazione che con il venir meno, sia pure contra ius. di 
uno stato di fatto viene meno anche l'interesse a conseguire la caducazione 
di atti amministrativi lesivi di posizioni giuridiche che quello stato di fatto 
chiaramente presuppongono. 

L'A. nella nota in rassegna critica la decisione 8 gennaio 1966 n. 1 del 
Consiglio di Stato relativamente alla motivazione adottata e sostiene che 
l'organo giurisdizionale avrebbe dovuto piuttosto dichiarare inammissibile 
il ricorso per il fatto che i ricorrenti da una situazione da essi stessi realizzata 
contra ius non potevano trarre titolo per alcuna protezione giuridica. 

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Secondo il S., seguendo il principio affermato nella decisione e rite:=: 
nendo che l'impedimento a realizzare il parco pubblico determinato dalle 
costruzioni illegittime autorizzate ed eseguite rende applicabile sull'area non 
pi� il piano regolatore ma il regolamento edilizio vigente anteriormente, si 
perviene all'inaccettabile risultato di ritenere abrogata una fonte di diritto 
in virt� di fatto illecito (costruzione contra ius) o quanto meno di 
atto amministrativo concreto (licenza edilizia). 

V. 
SGROI, Attribuzioni del Collegio arbitrale e del Ministro in ordine al 
compenso del dipendente inventore, Giust. civ. 1965, I, 2204. 
In tema di compenso spettante al dipendente inventore, la Suprema 
Corte, con sentenza 23 luglio 1965, n. 1724, ha 'Statuito che mentre il Ministro, 
allorch� si tratti di inventore dipendente statale ha il potere di 

stabilire esclusivamente la misura del compenso, il Collegio arbitrale, pre-

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89

PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

visto dall'art. 25 del t. u. 29 giugno 1939, n. 1127, sui brevetti d'invenzione, 
ha il potere di decidere non solo sul quantum ma anche sull'an debeatur. 

L'A. commenta in senso critico la decisione rilevando che la Corte di 
Cassazione, proprio muovendo dal presupposto che al Ministro non possa 
spettare un potere pi� ampio di quello 'Circoscritto alla determinazione 
della misura del compenso, avrebbe dovuto ritenere che il Collegio arbitrale, 
per mancanza di persuasivi dati in contrario, non potesse avere competenza 
diversa da quella dell'organo pubblico investito della funzione in rapporto 
al dipendente statale. 

G. SToLFI, Simulazione e Fisco, Riv. dir. comm., 1966, I, 1 e segg. 
Nello studio sopraindicato l'A. affronta il problema dell'assoggettabilit� 
della �sentenza dichiarativa della simulazione assoluta ad imposta proporzionale 
o ad imposta fissa di registro. 

Dalla considerazione che il negozio simulato deve considerarsi nullo 
perch� mancante del requisito del consenso, lo S. fa discendere la duplice 
conseguenza: a) -che esso non modifica i diritti di cui le parti godevano in 
precedenza; b) che con la proposizione della azione dichiarativa della simulazione 
si mira solo ad avere una decisione che accerti che il consenso 
venne palesato solo in apparenza e che quindi non poteva avere alcuna 
efficacia ed, in particolare, non poteva trasferire la propriet� della cosa. 

Precisato, dunque, che la sentenza dichiarativa de1la simulazione non 
d� e non pu� dare luogo alla retrocessione della cosa, giacch� in base all'atto 
simulato non era avvenuta alcuna cessione della cosa medesima, l'A., 
dopo aver ricordato la normativa fiscale in materia, conclude l];>er l'assog.gettabilit� 
della sentenza in discorso ad imposta fissa di registro, rilevando 
che nessuna norma si potrebbe invocare a sostegno della contraria tesi, 
fatta, peraltro, propria dalla giurisprudenza. 

G. 
ToRREGROSSA, Il problema della responsabilit� da atto lecito, Giuffr�, 
Milano, 1964, pagg. 212. 
Il volume suindicato si divide in tre parti ben distinte. Nella prima, 
dedicata all'esame dell'ingiustizia del danno, l'A. comincia a porre le necessarie 
premesse per la trattazione del tema che d� titolo al libro ed affronta, 
tra l'altro, anche il delicato e ben noto problema della risarcibilit� dei danniper 
lesione di interessi legittimi. Dopo aver preso nettamente posizione in 
favore de1la tesi tradizionale, che limita l'ammissibilit� del diritto al risarcmento 
del danno alle sole iipotesi di violazione di un diritto soggettivo, il 

T. esamina distintamente i casi che, in diritto privato, hanno dato luogo a 
discussione per la questione anzidetta (ipotesi di responsabilit� del notaio 
ex art. 76 del r. d. I. 16 febbraio 1913, n. 89; ipotesi di responsabilit� ex 
art. 872 c. C� per inosservanza di norme edilizie non concernenti le distanze 
tra le costruzioni: ipotesi di responsabilit� ex art. 64 c.p.c. del consulente 
tecnico d'ufficio; ipotesi di responsabilit� ex art. 2675 e.e. del Conservatore 
dei Registi Immo�biliari) per concludere che in essi si riscontrano le note 
distintive del diritto soggettivo. 

90 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


Nella seconda parte del libro, l'A. entra nel vivo dell'argomento della 

c. d. responsabilit� per attl legittimi, affrontando il problema innanzitutto 
nel campo del diritto pubblico. Dopo aver premesso, in via generale, che la 
predetta responsabilit�, lungi dall'essere una responsabilit� da atto lecito, 
presuppone un'illiceit� di comportamento che rende agevolmente sussumibile 
la fattispecie sotto il paradigma degli artt. 2043 e segg. del c. c., il 
T. rileva la stessa e contraddizione in termini� dell'espressione � responsabilit� 
da atto lecito � e sottQPone ad esame l'art. 46 deilla legge 25 giugno 
1865 n. 2359 sull'espropriazione per pubblica utilit�, per dedurne la conseguenza 
che tale norma prevede elementi costitutivi di responsabilit� del 
tutto analoghi a quelli della responsabilit� da fatto inecito. 
Passando ad esaminare, nella terza parte, lo stesso problema sotto il 
profilo del diritto privato, l'A. afferma l'inaccettabilit� della concezione 
dell'atto dannoso necessitato come atto lecito e si sofferma prima 'Sull'ipotesi 
prevista dall'art. 2045 c. c. e successivamente su quelle disciplinate dagli 
artt. 1017, 937, 938, 2041, 1338, 843, 924 e 925 dello stesso codice. 

A giudizio del T. in queste ipotesi come in quelle di diritto pubblico 
il termine �indennit�� usato dal Legislatore starebbe per risarcimento indiretto, 
con esso volendosi solo escludere il risarcimento in forma specifica. 

Il Ubro termina con un esame degli arg�menti storici che, secondo l'A., 
provano che il termine �indennit�� � stato sempre usato dal legislatore 
nella sua accezione di risarcimento per equivalente. 



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RASSEGNA DI LEGISEAZIONE 


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""cli legg.e n. 1620 (Senato) (Mo4i;f�cazioni a.lle normesuicooten,,. 
\4z� ammi1"istratit1o); � 

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ART. 1. 

''\<lo delle ~ggLptn:la compos1z1one. e l'ele'\
l;l1ministrazionf �9munali, approvato.. con 
\l;tepubblica 16 maggio 1960, Il. �570, � 

\<t;.e: 

�''1,~ggibilit� del consiglio comunale o, 
\~:Qvinciale amministrativa in sede 
"\e:;~ possono essere impugnate da 
'<(.Bciale amministrativa jn sede 
\~ella segrete:ria della .. Giunta 
���v.one.. della pronuncia.� ste$sa 
���~tia. La�� causa � decisa 

��;\avvocato. 
'\,~~ere notit�cato giudi'%>
J.le ne ha interesse,

(.-:�� 

''\~1:ttrativa � alll


4 cui al titolo 

�-::'',/ 

_,tt�;>provato con decreto del Presidente 

n. 570, � abrogato e sostituito dal 
Ahl per l'elezione dei consigli comunali, succes..
tei d.ecreto d.i ccmvo�azione. dei comizi, ogpi citta_./
hnp.gnazione innanz�alla Giunta .provinciale ammiA:"
� giurisdizioinale, con ricorso da depositarsi nella segre




92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
teria della Giunta medesima entro trenta giorni dalla proclamazione 
degli eletti. 
Il ricorso, a cura di chi l'ha proposto, deve essere notificato giudiziariamente, 
nel termine di cinque giorni, alla parte che ne ha interesse, 
la quale ha dieci giorni per rispondere. 
Contro la decisione della Giunta provinciale amministrativa � ammesso 
il ricorso, anche di merito, al Consiglio di Stato. 
Le cause di cui al presente articolo sono decise senza che occorra 
ministero di procuratore o di avvocato. 
Per i ricorsi di cui al presente articolo e per quelli di cui all'articolo 
precedente si applica il disposto dell'art. 40 della I. 7 ottobre 
1947, n. 1508 �. 
ART. 3. 
All'art. 84 del testo unico approvato con decreto del Presidente 
della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, le parole � Il Consiglio 
comunale � sono soppresse. 
ART. 4. 
I ricorsi m materia di eleggibilit� o di operazioni elettorali pendenti 
innanzi ai consigli comunali, devono essere trasmessi, d'ufficio, 
alla Giunta provinciale amministrativa in sede giurisdizionale nel 
termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente 
legge. 
I termini per la presentazione dei ricorsi di cui ai precedenti 
artt. 1 e 2 decorrono dalla data di entrata in vigore della presente 
legge per le questioni in materia di eleggibilit� o di operazioni elettorali 
sorte successivamente al 31 dicembre 1965, o per le quali, alla 
predetta data, non era stato presentato ricorso e non era scaduto il 
termine per l'impugnativa davanti al consiglio comunale. 
I ricorsi in materia di eleggibilit� o contro le operazioni elettorali 
pendenti innanzi alla Giunte provinciali amministrative in sede giurisdizionale, 
sia per avocazione che in appello, contro le decisioni dei consigli 
comunali sono decisi dalle Giunte medesime come giudici di primo grado. 
@ 
@ 
~ 
fil 
ART. 5. 
Le norme contenute nell'art. 75 nonch� negli artt. 82, 83 e 84 del 
testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 
16 maggio 1960, n. 570, modificati dalla presente legge, e le norme di 
cui al precedente art. 4, si applicano anche per i consigli provinciali. 
L'art. 2 della 1. 28 maggio 1951, n. 328, � abrogato. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 93 

ART. 6. 

La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della 
sua pubblicazione nella Gazzetta U:f}�ciale della Repubblica. 

OSSERVAZIONI: 

Nel decorso anno, su questa Rassegna (1965, I, 1112) � stata pubblicata 
la sentenza 27 dicembre 1965, n. 93, della Corte Costituzionale 
con cui � stata dichiarata l'illegittimit� costituzionale degli artt. 82 ed 
83 del d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (t. u. delle leggi per la composizione 
e l'elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), nonch� 
dall'art. 43 della legge 23 marzo 1956, n. 136, (�rtt. 74 e 75 del 

d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203), esclusivamente nelle parti che riguardano 
i Consigli Comunali, in riferimento all'art. 108, comma 2, d.ella Costituzione. 
Come si ricorder�, con la stessa decisione � stata, inoltre, dichiarata, 
a norma dell'art. 27 della legge 2 marzo 1953, n. 87, l'illegittimit� 
costituzionale degli artt. 84 del predetto t.u. approvato con d.P.R. 
16 maggio 1960, n. 57, e 76 del d.P.R. 5 aprile 1951, n. 203, limitatamente 
alle parole �il Consiglio Comunale �, nonch� dell'art. 2 della 

l. 18 maggio 1951, n. 328, nella parte in cui attri.buisce ai Consigli 
Provinciali, in materia di contenzioso elettorale, una competenza analoga 
a quella dei Consigli Comunali. 
La lacuna legislativa verificatasi nel contenzioso elettorale ammi


nistrativo a seguito della predetta declaratoria d'incostituzionalit� e 

l'urgente necessit� di colmarla adeguando l'ordinamento vigente ai 

precetti contenuti nella decisione della Corte, hanno indotto prima i 

senatori Palumbo e Trimarchi e poi lo stesso Ministro dell'Interno, 

di con�erto col Ministro di Grazia e Giustizia, a presentare al Senato 

della Repubblica due disegni di legge, portanti rispettivamente i 

nn. 1592 e 1620. 

Come appare chiaro dall'esame del testo del secondo disegno di 
legge, sopra pubblicato, tra le varie soluzioni possibili si � scelta 
quella pi� radicale ed indubbiamente pi� soddisfacente, attese anche le 
deformazioni interpretative delle vecchie norme operate, nel passato, 
sul piano processuale-giudiziario, dai Consigli comunali e provinciali, 
di accantonare in maniera definitiva le attribuzioni giurisdizionali dei 
Consigli medesimi e di riportare il contenzioso elettorale nell'ambito 
delle competenze giurisdizionali della G.P.A., in primo grado, e della 
Corte d'Appello o del Consiglio di Stato e della Corte di Cassazione, 
in sede di gravame. 

Si � provveduto, a tal fine, a sopprimere del tutto l'attuale primo 
grado di giurisdizione, finora di competenza dei Consigli comunali e 
provinciali, lasciando inalterato tutto il restante precedente ordinamento. 




94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In particolare, con i primi due articoli del disegno si � sostituito 
il dettato degli artt. 83 ed 82 del t.u. 16 maggio 1960, n. 570, e si 
sono resi applicabili alla materia elettorale le disposizioni di leggi e 
di regolamenti che disciplinano il procedimento innanzi alla G.P.A. 
in sede giurisdizioinale; con il terzo articolo si sono soppresse, in ade-
1�enza al dettato della Corte Costituzionale, le parole �il Consiglio 
comunale � nell'art. 84 del predetto t.u.; con il quarto articolo si � 
dettata la norma di transizione dal sistema precedente � quello nuovo 
per i ricorsi giurisdizionali eventualmente pendenti innanzi ai Consigli 
comunali e provinciali e davanti alla G.P.A. in sede giurisdizionale, in 
caso d'avocazione o d'appello, nel giorno di entrata in vigore della 
legge; e con il quinto articolo, infine, si � estesa l'applicabilit� delle 
disposizioni dell'art. 75 del t.u. n. 570 del 1960 e di quelle degli 
artt. 82 ed 83 della nuova formulazione al contenzioso riguardante i 
Consigli provinciali. 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO 
DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE (*) 


NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

c:�odic:e di procedura penale, art. 398 (Poteri del Pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), limitatamente alle parti in cui, nei 
procedimenti di competenza del Pretore, non prevede la contestazione 
del fatto e l'interrogatorio dell'imputato, qualora si proceda al compimento 
di atti di istruzione. 

Sentenza 28 aprile 1966, n. 33, G.U. 30 aprile 1966, n. 105. 

Ordinanze di remissione 23 febbraio 1965 del Pretore di Iseo (G.U. 

15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78), 9 marzo 

1965 del Pretore di Codigoro (G.U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa 

Rassegna, 1965, II, 78), 26 marzo 1965 del Tribunale di Ferrara (G.U. 

15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78), 8 maggi�' 

1965 del Pretore di Chieti (G.U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa 

Rassegna, 1965, II, 107), 23 giugno 1965 del Comandante del porto di 

Trapani (G.U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 

107), 5 luglio 1965 del Pretore di Reggio Emilia (G.U. 28 agosto 1965, 

n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 107) e 8 luglio 1965 del Pretore 
di Padova (G.U. 4 settembre 1965, n. 223, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 142). 
(*) Tra parentesi sono indicati gli articoli della Costituzione in riferimento 
ai quali sono state proposte o decise le questioni di legittimit� costituzionale. 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 
95 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione 
in materia di boschi e terreni montani), art. 11. 
Sentenza 23 marzo 1966, n. 26, G.U. 26 marzo 1966, n. 76. 

Ordinanze di remissione 12 aprile 1965 (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, 
e in questa Rassegna, 1965, Il, 107), e 10 maggio 1965 (G.U. 25 settembre 
1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, Il, 143) del Tribunale di 
Ascoli Piceno. 

I. 5 ottobre 1962, n. 1539 (Provvedimenti in favore dei mutilati ed 
invalidi civili), art. 5, primo e quinto comma, nella parte in cui dispone che 
un medico nominato componente della Commissione provinciale o della 
\ Commissione 
centrale sia � della libera assoCiazione nazionale mutilati 
\invalidi civili o di altri enti o associazioni pi� rappresentativi �. 

\Sentenza 23 marzo 1966, n. 25, G.U. 26 marzo 1966, n. 76. 
�~rdinanza di rimessione 9 luglio 1964 del Pretore di Bologna, 
'1; novembre 1964, n. 282, e in questa Rassegna, 1964, II, 211. 

\f,bralo 1963, n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso 
\~ del Lazio) art+. 4, 5, 7 e 8. 


'~ aprile 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 

\;_ rimessione 28 marzo 1964 del Pretore di Alatri 
''Q64, n. 126, e in questa Rassegna, 1964, II, 99); 13 
\1lllale di Frosinone e 15 maggio 1964 del Pretore 
dio 1964, n. 169, in questa Rassegna, 1964, II, 
'';I.'ribunale di Frosinone (G. U. 29 agosto 1964, 
''\p., 1964, II, 155); 23 luglio 1964 del Pretore 
1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, 

156 (Norme in materia di contratti agrari), 

..,,dle 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1930, n. 105. 

s1c. approv. 15 giugno 1965 (Proroga di agevolazioni tribumateria 
di edilizia), art. 1, salve le parti in cui proroga per gli 
.~-i non destinati ad albergo le norme contenute nell'art. 5 della 
,,gge regionale 28 aprile 1954, n. 11 e negli artt. 1 e 2 della legge 

regionale 11 gennaio 1963, n. 4; artt. 2 e 4. 

Sentenza 10 marzo 1966, n. 23, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

(1) Illegittimit� costituzionale dichiarata a norma dell'art. 27 della legge 11 
marzo 1953, n. 87. 

96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

NORME DELLE QUALI � STATA DICHIARATA NON FONDATA 
LA QUESTIONE DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


codice penale, art. 204 (Accertamento di pericolosit�. Pericolosit� 
sociale presunta), secondo comma (art. 13 della Costituzione). 

Sentenza 10 marzo 1966, n. 19, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Ordinanza di rimessione 30 ottobre 1964 della Corte di Appello 
di Genova, G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, 
II, 13. 

codice penale, art. 684 (Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento) 
(artt. 3 e 31 della Costituzione). 

Sentenza 10 marzo 1966, n. 18, G. U. 12 marzo, 1965, n. 64. 

Ordinanze di rimessione 14 ottobre 1964 (due) del Tribunale di 
Bologna, G. U. 14 novembre 1964, n. 282 e 28 novembre 1964, n. 295, 
e in questa Rassegna, 1964, II, 209. 

codice di procedura penale, art. 164, n. 1 (Divieto di pubblicazione 
di determinati atti) (artt. 3 e 21 della Costituzione) (2). 

Sentenza 10 marzo 1966, n. 18, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Ordinanze di rimessione 14 ottobre 1964 (due) del Tribunale di 
Bologna, G. U. 14 novembre 1964, n. 282 e 18 novembre 1964, n. 295, 
e in questa Rassegna, 1964, II, 209. 

codice di procedura penale, art. 506 (Casi di giudizio per decreto e 
poteri del Pretore), nella parte in cui d� facolt� al Pretore di pronunciare 
condanna per decreto penale senza aver prima interrogato l'imputato 
od enunciato il fatto in un mandato rimasto senza effetto (art. 24 
della Costituzione (3). 

Sentenza 23 marzo 1966, n. 27, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. 
Ordinanza di rimessione 19 luglio 1965 del Pretore di Padova, 


}.

G. U. 30 ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143. 
' 

(2) Con sentenza 14 aprile 1965, n. 25 la Corte costituzionale ha dichiarato 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 164 c. p. p., ai sensi e nei limiti di cui in 
motivazione, nella parte � fino a che siano trascorsi i termini stabititi dalle norme @ 
II X 
sugli archivi di Stato � riferita all'ipotesi di cui all'art. 423 c. p. p. e quando avven-. 
gono da parte del pubblico manifestazioni che possono turbare la serenit� de� 
dibattimento ., e dell'art. 164, n. 3, c. p. p., limitatamente alle ipotesi di dibattimento . 
celebrato a porte chiuse perch� la pubblicit� e pu� eccitare riprovevole curiosit� � 

~100' 

e per � ragioni di pubblico igiene �. , 

(3) Altra questione di legittimit� costituzionale dell'art. 506 c. p. c., in quanto , . 
consente di pronunciare decreto di condanna senza dibattimento, � stata dichiarata . 
non fondata con sentenza 23 dicembre 1963, n. 170. 
�I 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 97 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione 
in materia di boschi e terreni montani), art. 1 O (artt. 3, 25 e 70 
della Costituzione). 
Sentenza 23 marzo 1966, n. 26, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. 

Ordinanze di rimessione 12 aprile 1965 (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 107) e 10 maggio 1965 (G. U. 25 settembre 
1965, n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 143) del Tribunale 
di Ascoli Piceno. 

r. d. I. 8 settembre 1932, n. 1390 (Approvazione del piano regolatore 
di alcune zone del centro della citt� di Genova e delle relative norme 
di attuazione), convertito in 1. 30 marzo 1933, n. 361, art. 17 (artt. 76 e 
77 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, 

G. U. 26 settembre 1964, n. 238 e in questa Rassegna, 1964, II, 179. 
I. 30 marzo 1933, n. 361 (Conversione in legge del r. d. l. 8 settembre 
1932, n. 1390, con il quale sono stati approvati il piano regolatore 
di alcune zone del centro della citt� di Genova e le relative norme 
di attuazione), in quanto converte l'art. 17 del r.d.l. 8 settembre 1932, 
n. 1390 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, 

G. U. 26 settembre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, II, 179. 
r. d. 27 febbraio 1936, n. 501 (Modificazione dell'art. 14 delle norme 
di attuazione del r.d.l. 8 settembre 1932, n. 1390, relativo all'approvazione 
del piano regolatore di alcune zone del centro di Genova) (artt. 76 
e 77 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1966, n. 32, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 
Ordinanza di rimessione 30 giugno 1964 del Tribunale di Genova, 

G. U. 26 ottobre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, II, 179. 
I. 10 giugno 1940, n. 653 (Trattamento degli impiegati privati richiamati 
alle armi), art. 32 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, 

G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. 
d. I. lgt. 9 novembre 1945, n. 788 (Istituzione della Cassa per l'integrazione 
dei guadagni degli operai dell'industria e disposizioni transitorie 

98 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

a favore dei lavoratori dell'industria dell'alta Italia), art. 16 (art. 27, 
terzo comma, della Costituzione (4). 

Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, 

G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. 
d. I. C. P. S. 28 novembre 1947', n. 1430 (Esecuzione del trattato di pace 
tra l'Italia e le potenze alleate ed associate, firmato a Parigi il 10 febbraio 
1947), art. 1 (artt. 3, 24 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 10 marzo 1966, n. 20, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Ordinanze di rimessione 6 febbraio 1964 (due) del Tribunale di 
Venezia, G. U. 26 settembre 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1964, 
Il, 180, e G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 79. 

I. 4 aprile 1952, n. 218 (Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione 
obbligatoria per l'invalidit�, la vecchiaia e i superstiti), art. 23" 
(art. 27, terzo comma, della Costituzione (4). 
Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1965, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, 

G. U. 13 febbraio 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 1965, II, 14. 
d. P. R. 30 maggio 1955, n. 797 (Testo unico delle norme conce1�nenti 
gli assegni familiari), artt. 82 e 85 (art. 27, terzo comma, della Costituzione). 
Sentenza 12 febbraio 1966, n. 12, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 19 novembre 1964 del Pretore di Torino, 

G. U. 13 febbraio 1965, n. 39, e in questa Rassegna, 1965, Il, 14. 
I. 5 ottobre 1962, n. 1539 (Provvedimenti in favore dei mutillati e 
invalidi civili), art. 4, secondo c:omma (artt. 3, 2, 4 e 18 della Costituzione). 
Sentenza 23 marzo 1966, n. 25, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. 
Ordinanza di rimessione 9 luglio 1964 del Pretore di Bologna, 

G. U. 14 novembre 1964, n. 282, e in questa Rassegna, 1964, Il, 211. 
I. 25 febbraio 1963, n. 327 (Norme sui contratti a miglioria in uso 
nelle Provincie del Lazio) artt. 1, 2 e 3 (artt. 3, 41 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 28 aprile 1966, n. 30, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 

Ordinanze di rimessione 28 marzo 1964 del Pretore di Alatri (G. U. 
23 maggio 1964, n. 126, e in questa Rassegna, 1964, II, 99); 13 maggio 
1964 del Tribunale di Frosinone e 15 maggio 1964 del Pretore di 

(4) In riferimento all'art. 13 della Costituzione la questione � stata dichiarata 
non fondata con sentenza 2.3 aprile 1965, n. 32. 
r: 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 99 

Veroli (G. U. 11 luglio 1964, n. 169, e in questa Rassegna, 1964, II, 135); 
8 giugno 1964 del Tribunale di Frosinone (G. U. 29 agosto 1964, n. 212, 
e in questa Rassegna, 1964, Il, 135); 23 luglio 1964 del Pretore di Sora 

(G. U. 26 settembre� 1964, n. 238, e in questa Rassegna, 1965, Il, 181). 
I. reg. sarda approv. 15 gennaio 1964 (Utilizzazione dei mezzi, dei 
fondi e del personale a disposizione delle Giunte regionali nel corso 
delle elezioni del quarto Consiglio regionale della Sardegna). 
Sentenza 28 aprile 1966, n. 29, G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 

I. reg. si-:. approv. 3 giugno 1965 (Provvedimenti riguardanti gli 
insegnanti delle scuole secondarie) (artt. 3, 81, 36 e 97 della Costituzione). 
Sentenza 10 marzo 1966, n. 22, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

NORME DELLE QUALI � STATO PROMOSSO 
GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 


-:odice civile, art. 271 (Legittimazione attiva e termine), primo comma, 
in quanto limita nel tempo, con sanzione di decadenza, la proponibilit� 
dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternit� naturale (art. 30 della 
Costituzione (5). 

Tribunale di Roma, ordinanza 8 novembre 1965, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

codice civile, art. 316 (Esercizio della patria potestd), in quanto 
attribuisce solo al padre l'esercizio della patria potest� (artt. 3, 29, 
secondo comma, e 30, prima parte, della Costituzione) (6). 

Pretore di Imola, ordinanza 7 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

codice civile, art. 320 (Rappresentanza e amministrazione), in quanto 
attribuisce solo al padre la rappresentanza dei figli e l'amministrazione 
dei loro beni (artt. 3, 29, secondo comma, e 30, prima parte, della 
Costituzione). 

Pretore di Imola, ordinanza 7 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

(5) Questione gi� proposta, in riferimento anche all'art. 3 della Costituzione, 
con ordinanza 28 maggio 1965 dal Tribunale di Torino (G. U. 31 dicembre 1965, 
n. 236, e in questa Rassegna, 1965, Il, 172). 
(6) Questione gi� proposta, .in riferimento al solo art. 29, secondo comma, 
della Costituzione, con ordinanza 10 giugno 1964 del Pretore di Tricarico (G. U. 
12 settembre 1964, n. 225, e in questa Rassegna, 1964, II, 178). 

100 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

c:odlc:e di proc:edura c:ivlle, art. 301 (Morte o impedimento del procuratore), 
primo c:omma, e. art. 305 (Mancata prosecuzione o riassunzione del 
processo), primo c:omma, in quanto ispirati ad una presunzione iuris et 
de iure di conoscenza dell'evento interruttivo del processo (art. 24, secondo 
comma, della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 
1966, n. 64. 

c:odlc:e di proc:edura c:lvile, art. 513 (Ricerca delle cose da pignorare), 
primo c:omma, ultima parte, in quanto, nell'autorizzare l'ufficiale giudiziario 
a ricercare le cose da pignorare anche sulla persona del debitore, consente 
una perquisizione personale senza atto motivato dell'autorit� giudiziaria 
(art. 13, primo e secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Fermo, ordinanza 28 novembre 1965, G. U. 12 marzo 
1966, n. 64. 

c:odic:e di proc:edura penale, art. 177 &is {Notificazione aU'imputato 
all'estero), primo c:omma, per la parte in cui dispone che le formalit� 
dell'avviso di procedimento all'imputato residente all'estero non sospende 
e non ritarda il procedimento (artt. 3, primo comma, e 24, secondo 
comma, della Costituzione (7). 

Pretore di� Castiglione delle Stiverie, ordinanza 21 gennaio 1966, 
G.. U. 30 aprile 1966, n. 105. 

c:�odlc:e di proc:edura penale, art. 231 (Atti e informative del Pretore), 
primo c:omma, in quanto consente al Pretore di emettere decreti di citazione 
a giudizio senza che l'imputato sia stato interrogato (artt. 3 e 24 
della Costituzione) (8). 

Pretore di ?llovara, ordinanza 12 febbraio 1966, � G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

c:odlc:e di proc:edura penale, art. 356 (Norme relative all'assunzione 
di determinati. testimoni), primo c:�omma, in quanto prescrive modalit� 
particolari (accordi preventivi e spostamento dell'autorit� giurisdizionale 
nel luogo indicato dal teste) per il raccoglimento della deposizione 
testimoniale dei Grandi Ufficiali dello Stato (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Fermo, ordinanza 27 dicembre 1965, G. U. 12 marzo 
1966, n. 12. 

(7) L'art. 177 bis, nella parte e nel luogo in cui Bi procede ., � stato dichiarato 
incostituzionale con sentenza 23 aprile 1965, n. 31. 
(8) Nello. stesso senso, � stato dichiarato ill�gittimo l'art. 398 c. p. p. (sentenza 
28 aprile 1966, n. 33). 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 101 

codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformamazione 
della istruzione sommaria), nella parte in cui, con l'inciso �in 
quanto applicabili ., rende possibile non applicare alla istruzione sommaria 
le disposizioni degli artt. 304 bis, 304 ter e 304 quater c.p.p. 
(art. 24 della Costituzione) (9). 

Pretore di Empoli, 5 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

codice di procedura penale, art. 392 (Forme, avocazione e trasformamazione 
della istruzione sommaria), primo comma, nella parte in cui, 
con l'inciso � in quanto applicabili �, rende possibile non applicare alla 
istruzione sommaria l'art. 372 del c.p.p. (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione) (10). 

Pretore di Pieve di Cadore, ordinanze 25 gennaio 1966 (due), G. U. 
12 marzo 1966, n. 64 e 30 aprile 1966, n. 105. 

codice di procedura penale, art. 398 (Poteri del pretore nel procedimento 
con istruzione sommaria), terzo comma, in quanto implicitamente 
consente al Pretore di emettere decreto di citazione a giudizio senza 
che l'imputato sia stato interrogato (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione (11). 

Tribunale di Ferrara, ordinanze 7 dicembre 1965 e 21 dicembre 
1965 (quattro), G. U. 12 marzo 1966, n. 64; 24 gennaio 1966 e 1 febbraio 
1966 (tre), G. U. 30 aprile 1966, n. 105. 

Pretore di Castelfranco Veneto, ordinanza 17 dicembre 1965, G. U. 
11 marzo 1966, n. 64. 
Pretore di Novara, ordinanza 12 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105 (12). 

codice di procedura penale, art. 419 (Anticipazione di spese), in 
quanto impone anche all'imputato, quale e parte privata ., di anticipare 

(9) La disposizione, nella parte denunciata, � stata gi� dichiarata illegittima 
con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. La questione � stata nuovamente. sollevata 
(� in via subordinata � rispetto alla richiesta di decisione sul confiitto sorto tra la 
Corte costituzionale e la Corte di cassazione e al provvedimento di sospensione del 
processo in attesa della risoluzione, d'ufficio, del confiitto) nel condizionante presupposto 
che possa considerarsi necessario provocare in ciascun processo, perch� 
rispetto ad esso risulti _operante, la decisione della Corte costituzionale sulla legittimit� 
costit~ionale delle disposizioni (cfr., infra, nota 17). 

(10) La disposizione � stata gi� dichiarata illegittima, in quanto rende possibile 
non applicare all'istruzione sommaria gli artt. 304 bis, 304 ter, e 304 quater, c. p. p., 
con sentenza 26 giugno 1965, n. 52. 
� (11) La disposizione � stata dichiarata illegittima con sentenza 28 aprile 1966, 
n. 33. 
(12) Per altre ordinanze di rimessione �fr. retro, II, 22, con richiamo ai precedenti. 
21 



102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione 
(artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

c:odlc:e delle navigazione, art. 84 (Ingiunzione per rimborso di spese), 
terzo comma. in quanto limita i motivi di opposizione a quelli inerenti 
all'esistenza e all'ammontare del credito (artt. 24 e 113 della Costituzione) 
e in quanto condiziona la proponibilit� dell'opposizione al 
previo versamento della somma indicata nell'atto di ingiunzion� (artt. 3, 
24 e 113 della Costituzione). 

Pretore di Civitavecchia, ordinanza 14 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

I. 30 gennaio 1896, n. 26 (Testo unico delle leggi sugli spiriti). 
art. 18, in quanto obbliga il giudice ad emettere giudizio di responsabilit� 
sulla sola base di una presunzione iuris et de iure (artt. 3, 24. 
terzo comma, 27 e 111, primo comma, della Costituzione (13). 
Tribunale di Belluno, ordinanza 28 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 16 settembre 1909, n. 704 (Testo unico delle leggi sugli spiriti),. 
art. 23, in quanto obbliga il giudice ad emettere giudizio di responsabilit� 
sulla sola base di una presunzione iuris et de iure (artt. 3, 24. 
terzo comma, 27 e 111, primo comma, della Costituzione) (13). 
Tribunale di Belluno, ordinanza 28 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e riforma della legisla~ 
zione in materia di boschi e di terreni; montani), se ed in quanto conferisce 
ai Comitati provinciali forestali il potere di dettare norme perla 
previsione e la repressione dei reati (artt. 25 e 77 della Costituzione). 
Pretore di Troina, ordinanza 11 novembre 1965, G. U. 12 marzo. 
1966, n. 64 (14). 

(13) La stessa questione, proposta per l'art. 37, terzo comma, del d. m. 8 luglio. 
1924 con ordinanza di rimessione 30 aprile 1965, dallo stesso Tribunale di Belluno. 
(in questa Rassegna, 1965, II, 107), � stata dichiarata manifestamente infondata dalla 
Corte costituzionale con ordinanza 6 dicembre 1965, n. 81 (in questa Rassegna, 
1965, II, 176), con riguardo alla natura amministrativa del provvedimento sottopostO. 
a giudizio di legittimit� costituzionale. 
(14) Dal testo dell'ordinanza la questione risulta proposta, in riferimento al 
r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267, per gli artt. 27 e 30 delle prescrizioni di massima e 
di polizia forestale._per la_ provincia di Enna. Per altra ordinanza di remissione, dl 
pari data, dello stesso Pretore in Troina, cfr. retro, II, 23. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 103 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge deZ registro), art. 72, in quanto 
consente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze 
non passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, 
per essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi 
risultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). 
Corte di appello di Milano, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 
aprile 1966, n. 105. 

r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita 
degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 
presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto comma, in 
quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore 
opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento 
delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, 

n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione deZ codice di 
procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di 
procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare 
le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale 
della pubblica Amministrazione la possibilit� di fare �raccolta di fondi 
o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) 
ed esclude dalla disciplina la �materia religiosa� (art. 3 della 
Costituzione) (16). 
Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, �a. U. 12 marzo 
1966, n. 12. 

(15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, � stata gi� 
cliehiara:fta non :fi>ndata con; sentenza 8 giugno-19'63, II. 82. 
(16) Questione gi� dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione 
� stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 
1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa 
Rassegna, 1965, ll, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 
14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 30 
ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143). 

104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (Testo unico del"la legge comunale e 
provinciale), art. 108, primo c:omma, in quanto rimette la determinazione 
della somma da pagare a titolo di oblazione alla discrezione del sindaco 
(art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Orvieto, ordinanze 5 febbraio 1966 (sei), G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezion6 
della selvaggina e per l'esercizio della caccia), art. 67, primo comma, in 
quanto consente solo agli iscritti alla Federazione italiana della caccia 
l'esercizio della caccia nelle riserve costituite dai Comuni nella zona 
delle Aipi (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Saluzzo, ordinanza 17 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 5 giugno 1939, n. 1016 (Testo unico delle leggi sulla protezione 
della selvaggina e per l'esercizia della caccia), art. 77, in quanto attribuisce 
al Prefetto la facolt� di accogliere o rigettare le domande di 
oblazione e il potere di determinare discrezionalmente la somma da 
pagare (artt. 3, 25 e 102 della Costituzione). 
Pretore di Narni, ordinanza 18 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 
1966, n. 76. 

r. d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), art. 16, primo ~ 
c:omma, se ed in quanto non consenta ai magistrati di essere eletti consi. 


glieri comunali (art. 51 della Costituzione). ~,:~ 
Consiglio comunale di Borbona, deliberazione 30 ottobre 1965, , 

G. U. 12 marzo 1965, n. 64. 
' 
I . 
d. P. R. 5 �1uglio 1951, n. 573 (Norme sull.a dichiarazione unica 
annuale dei redditi soggetti alle imposte dirette), art. 22, primo c:omma, 
in quanto, disponendo che in caso di omessa dichiarazione i redditi 
~ 

accertati per l'anno precedente continuano ad essere iscritti a ruolo, 
aumentati, per i redditi di categoria A, B e Cl, del 10 per cento, esclude, 

'IInel caso di omessa (o ritardata) dichiarazione che il debitore d'imposta 
possa assolvere l'obbligazione tributaria in proporzione della sua capacit� 
contributiva, e che l'imposizione nei suoi confronti possa essere 
eguale a qud,la degli altri deb~tori d'imposta che, nello stesso periodo, 
abbiano realizzato un identico reddito (artt. 53 e 3 della Costituzione). 

I 

Commissione provinciale delle imposte di Catania, ordinanza 17 no


I

vembre 1964, G. U. 26 marzo 1966, n. 76. 

~ 

I. 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento 
della Corte costituzionale), art. 30, se ed in quanto escluda, secondo I' 
l'interpretazione adottata dalla Corte di Cassazione, efficacia retroattiva 
I 

.. -If: 


108 ---��


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto 
Jnsente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze 
on passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, 
fer essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi 
'isultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). 

Corte di appello di Milano, ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 
iprile 1966, n. 105. 

r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita 
degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 
presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto comma, in 
quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore 
opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento 
delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore d� Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, 

n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di 
procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di � 
procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare 
le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale 
della pubblica Amministrazione la possibilit� di fare � raccolta di fondi 
o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) 
ed esclude dalla disciplina la �materia religiosa > (art. 3 della 
Costituzione) (16). 
Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, 'G. U. 12 marzo 
1966, n. 12. 

(15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, � stata gi� 
dfdrtarata non. flmdata con sentenza 8 giugno ISJffS,. :rr. 82. 
(16)-Qttestione gi� dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
33, 39, 45 e 49 della CostitUZ�lne, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione 
� stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 
1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa 
Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 
14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() 
ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, ll, 143). 



106 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d. P. R. 14' luglio 1960, n. 1032 (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai e degli impiegati addetti alle industrie edilizie 
ed affini), articolo unico, per la parte con cui rende obbligatorio erga 
omnes l'art. 56 del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 per 
gli operai addetti all'industria edilizia ed affini (artt. 76 e 24 della 
Costituzione) (19). 
Tribunale di Catania, ordinanza 9 novembre 1965, G. U. 12 marzo 
1966, n. 64. 

d. P. R. 11 settembre 1960, n 1326 (Norme sul trattamento economico 
e normativo dei lavoratori dipendenti dalle imprese grafiche e affini), 
� articolo unico, per la parte in cui rende obbligatorio erga omnes l'art. 10 
del contratto collettivo di lavoro 1 ottobre 1959 (artt. 39, 76 e 77 
della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 14 febbraio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 715 (Norme sul trattamento economico e 
normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Genova, Imperia, La Spezia e Savona), articolo unico, per 
la parte in cui rende obbligatori erga omnes l'art. 11 del contratto 
collettivo integrativo per la provincia di La Spezia, l'accordo collettivo 
30 settembre 1959 per la costituzione della Cassa edile spezzina di 
mutualit� e di assistenza e l'accordo 2 ottobre 1959 per la redazione 
dello statuto e del regolamento della Cassa (artt. 70, 76 e 77 della 
Costituzione). 
Tribunale di La Spezia, ordinanza 25 ottobre 1965, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

d. P. R. 9 maggio 1961, n. 866 (Norme sul trattamento economico 
e normativo degli operai dipendenti dalle imprese edili ed affini delle 
provincie di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria), articolo unico, per 
la parte in cui rende obbligatorie erga o1fl,nes le clausole concernenti la 
Cassa edile contenute nell'art. 11 del Contratto integrativo collettivo 
10 luglio 1959 per gli operai edili della provincia di Reggio Calabria 
(art. 76 della Costituzione) (20). 
(19) Questione gi� proposta, contestualmente a quella relativa all'art. 55 del 
contratto collettivo 24 luglio 1959 e in riferimento al solo art. 76 della Costituzione, 
con ordinanze 15 aprile 1965 del Pretore di Fermo (G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e 
in questa Rassegna, 1965, II, 82) e 30 aprile 1965 del Tribunale di Fermo (G. U. 
3 luglio 1965, n. 163, e in questa Rassegna 1965, II, 111). Il d. P. R. 14 luglio 1860, 
n. 1032 � stato gi� dichiarato illegittimo per la parte in cui rende obbligatorie erga, 
omnes le seguenti disposizioni del contratto collettivo di lavoro 24 luglio 1959 : 
art. 34, per il riferimento alle casse edili di cui alla fine del terzultimo comma. 
(sentenza 13 luglio 1963, n. 129), art. 55 (sentenza 6 luglio 1965, n. 56), art. 61 
(sentenza 9 giugno 1965, n. 43), art. 62 (sentenza 13 luglio 1963, n. 129). 

(20) Questione gi� proposta, con riguardo all'intero art. 11 del contratto integrativo 
1 luglio 1959, con ordinanza 26 febbraio 1965 della Corte di Cassazione 
(G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Rassegna, 1965, II, 112).. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

r. d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto 
isente di sottoporre all'imposta proporzionale di registro le sentenze 
n passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, 
r essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi 
iultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). 

Corte di appello di Milano, .ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 
)rile 1966, n. 105. 

r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita 
.egli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 
1resso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto c:omma, in 

tuanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore 
)pponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento 
ielle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, 

n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di 
procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di � 
procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare 
le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale 
della pubblica Amministrazione la possibilit� di fare e raccolta di fondi 
o di oggetti, coUette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) 
ed esclude dalla disciplina la �materia religiosa > (art. 3 della 
Costituzione) (16). 
Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, �a. U. 12 marzo 
1966, n. 12. 

(15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, � stata gi� 
ctiehtamta: non fbndata: con� senteDza: 8 g:iug'DO ISfff3, :n:. 82. 
(16} Questione gi� dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione 
� stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 
1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa 
Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 
14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() 
ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, n, 143). 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


r. d, 30 dicembre 1923, n. 3269 (Legge del registro), art. 72, in quanto 
consente di sottoporre .all'imposta proporzionale di registro le sentenze 
non passate in giudicato, imponendo il pagamento di un tributo che, 
per essere liquidato su convenzioni ancora in contestazione, potrebbe poi 
risultare non dovuto (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione (15). 
Corte di appello di Milano, .ordinanza 21 gennaio 1966, G. U. 30 
aprile 1966, n. 105. 

r d. I. 15 marzo 1927, n. 436 (Disciplina dei contratti di compravendita 
degli autoveicoli ed istituzione del pubblico Registro Automobilistico 
presso le sedi dell'Automobile Club d'Italia), art. 7, quarto c:omma, in 
quanto impone l'esecuzione del decreto di vendita quando il debitore 
opponente non documenti, alla prima udienza, l'avvenuto pagamento 
delle somme dovute (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Catania, ordinanze 14 gennaio 1966, G. U. 26 marzo 1966, 

n. 76 e 25 gennaio 1966, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
r. d. 28 maggio 1931, n. 602 (Disposizioni di attuazione del codice di 
procedura penale) art. 28, in quanto richiama l'art. 419 del codice di � 
procedura penale nella parte in cui impone anche all'imputato di anticipare 
le spese per la citazione dei testimoni di cui ha chiesto l'escussione 
(artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 24 gennaio 1966, G. U. 30 aprile 
1966, n. 105. 

r. d. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
art. 156, in quanto condiziona ad un provvedimento discrezionale 
della pubblica Amministrazione la possibilit� di fare �raccolta di fondi 
o di oggetti, collette o questue > (artt. 2, 3, 18, 21 e 49 della Costituzione) 
ed esclude dalla disciplina la e materia religiosa > (art. 3 della 
Costituzione) (16). 
Pretore di Gonzaga, ordinanza 19 novembre 1965, �a. U. 12 marzo 
1966, n. 12. 

(15) La questione, proposta dalla stessa Corte di appello di Milano, � stata gi� 
die~Df.'111 fbndata .con:� senteDza 8 giugno Iil63, n. 82. 
(16)' Qttestione gili dichiarata infondata, in riferimento agli artt. 17, 18, 19, 21, 
33, 39, 45 e 49 della Costituzione, con sentenza, 26 gennaio 1957, n. 2. La questione 
� stata riproposta, in riferimento agli artt. 2, 3 e 21, con ordinanza 12 febbraio 
1965 del Tribunale di Reggio Emilia (G. U. 30 aprile 1965, n. 102, e in questa 
Rassegna, 1965, n, 48) e, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con ordinanza 
14 giugno 1965 del Pretore di Avezzano (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 108) e 14 settembre 1965 del Tribunale di Brescia (G. U. 3() 
ottobre 1965, n. 273, e in questa Rassegna, 1965, n, 143). 



PARXE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE. 109' 

d. I. I. 7 gennaio 1946, n. 1 (Ricostruzione delle amministrazioni comunali 
su basi elettive) (22). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazione 8 aprile 1965 del Consiglio comunale di Pomezia,. 

G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 108. 
I. 23 marzo 1956, n. 136 (Modificazioni al testo unico delle leggi. 
per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni 
comunali, approvato con d. P. R. 5 marzo 1951, n. 203, e alla legge8 
marzo 1951, n. 12.2, recante norme per la elezione dei Consigli provinciali) 
art. 43 (22) (24). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Deliberazioni 7 febbraio 1965 del Consiglio comunale di S. Andrea 
del Garigliano (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rassegna,. 
1965, II, 48 e 50); 15 maggio 1965 del Consiglio comunale di Castello' 
d'Argile (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II,. 
109 e 110); 31 maggio 1965 del Consiglio comunale di Lancian<> 

(G. U. 31 luglio 1966, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 109 e 111);. 
14 giugno 1965 del Consiglio comunale di Noto (G. U. 25 settembre 1965,. 
n. 242, e in questa Rassegna, 1965, II, 145). 
I. 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla _legge 8 gennaio 1952,, 
n. 6 sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli 
avvocati e dei procuratori), art+. 5 e 6 -restituzione degli atti per� 
nuovo esame sulla rilevanza (25). 
Ordinanza 12 febbraio 1966, n. 14, G. U. 12 marzo 1963, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 22 ottobre 1964 del Pretore di Foligno,. 

G. U. 9 gennaio 1965, n. 7, e in questa Rassegna, 1965, II. 15. 
I. 31 luglio 1956, n. 991 (Modificazioni alla legge 8 gennaio 1952,. 
n. 6, sulla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore degli. 
avvocati e dei procuratori), art. 17 (artt. 3, 36, 53, 102, 111 e 113 della 
Costituzione) -inammissibilit�. 
Sentenza 12 febbraio 1966, n. 13, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 9 marzo 1965 del Presidente del Tribunale 
di Aosta, G. U. 30 aprile 1965, n. 109 e in questa Rassegna, 1965, II, 48. 

(24) La disposizione, nella parte che riguarda i Consigli comunali, � stata. 
dichiarata illegittima con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. 
(25) La questione di legittimit� costituzionale dell'art. 6 della legge 31 luglio 
1956, n. 991, in riferimento all'art. 53, primo e secondo comma, della Costituzione, � 
stata dichiarata non fondata con sentenza 2 aprile 1964, n. 30. 

110 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d, P~ R�>29 gennaio 1958,. n 645 (TestO unico deUe leggi. sulle imposte 
-dirette), art. 136, let. lt -restituzione degli atti per un nuovo giudizio 
:sulla ril~vanza. 

Ordfnanza 28 aprile 1966, n. 36, G. U. 30 aprile 1966, rt; 105. 

Ordinanza di :rimessione 20 novembre 1964 della Commissione provinciale 
delle imposte di Genova, G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in que-
sta Rassegna, 1.965, II, 48. 

cl. P, R. 16 ll'iagglo 1960, n. 570 <Testo unico tiene Zeggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle 4mmi.,..MTazioni comunali), 
�art. 14 (22). 
Ordinanta 22 febbraio 1966, n. 17, O. ti. �3 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazione 10 marzo 1965 del Consiglio comunale di Civitalu:
parella, G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in q,uesta Ra$8egna, 1965, II, 110. 

d. P. R. 14 mciqglo 1960, n; 570, (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la .elezione degU organi delle A,mmini4trazioni comunali), 
art. JS (e, in J;>articolate, i nn. 3, 4, 6, 7, 8 e 9) (22). � � � 

Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Deliberazioni 27 gennaio 1965 del ConSiglio comunale di Portofino 
(q,. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rass.egna 1965, II, 49); 19 febbraio 
:i.965 del Consiglio comuna1e di Belcastro (G. U. 25 settembre 
11)65, n. 242, e in questa Rassegna~ 1961), II, 143); 24 febbraio 1965 del 
Consiglio comunale di Casso�a (G. U. 17 aprile 1965, n. 98, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 49); 27 febbraio 1965 del Consiglio comunale c� San 
Vitaliano (G~ TJ. 15 maggio 1965, n. l22(e in questa Rassegna, 1965, 
II, 80); 27 febbraio 1965 (due) del Consiglio comunale di Cagnano VaTano 
(G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 81); 
:27 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Brescello (G. U. 31 luglio 
1965, n, 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110).; 27 febbraio 1965 
<sei) del Consiglio comunale di Roccarainola (G. U. 30 ottobre 1965, 

n. 273, e in questa Rassegna, 1965, II, 143); 5 marzo 1965 del Consiglio 
comunale di Albi (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 
1965, II, 110); 10 marzo 1965 del Consiglio comunale di Civitaluparella 
(G. U, .28 �gosto 1965, n, 216, e in questa� Rassegna, 1965, Il, 110); 
1.1 marzo 1965 del Consiglio. comunale di Sorianello (G. U. 15 maggio 
1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78); 13 marzo 1965 
(quindici) del Consiglio comunale di Vico Equense (G. U. 31 luglio 1961, 
n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 25 marzo 1965 del Consiglio 
comunale di Ventimiglia (G. U. 19 giugno 1965, n. 151, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 81); 25 marzo 1965 (due) .del Consiglio comunale 
di Reggio Emilia (G. U. 5giugno1965, rt. 139, e in questa Rassegna, 
1965, II, 81); 26 marzo 1965 del Consiglio comunale di Celenza Valfor

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 111 

tore (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, e in questa Ra=ssegna, 1965, II, 110); 
26 marzo 1965 del Consiglio comunale di Sassari (G. U. 15 maggio 1965, 

n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 78); 1<> aprile 1965 del Consiglio 
comunale di Calanna (G. U. 5 giugno 1965, n. 139, e in questa Rassegna, 
1965, II, 78); 5 giugno 1965 del Consigli.o comunale di :aass,!i.ano (G.U. 
17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 15 giugno 
1965 del Consiglio comunale di Maenza (G. U. 28 agosto 1965, n. 216, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 6 luglio 1965 del Consiglio comunale 
di Lucera (G. U. 25 settembre 1965, n. 242, e in questa Rassegna, 
1965, II, 143). 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 
41 (22). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazione 10 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calanna, 

G. U. 17 aprile 1965, n. 98, e in questa Rassegna, 1965, II, 49). 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570, (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
arft. 54, 64 e 65 (22). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazione 10 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calanna, 

G. U. 30 aprile 1965, n. �109, e in questa Rassegna, 1965, II, 49. 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 
79 (22). 

Ordinanza 22':febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazioni 1<> febbraio 1965 del Consiglio comunale di Carrara, 

(G. U. 27 marzo 1965, n. 78, e in questa Rassegna, 1965, II, 49), e 9 febbraio 
1965 del Consiglio comunale di Sansepolcro (G. U. 3 aprile 1965, 
n. 85, e in questa Rassegna, 1965, II, 49). 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 82 (22) (26). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Deliberazioni 19 dicembre 1964 del Consiglio comunale di Montefalcione 
(G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 
20 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Calabritto (G. U. 17 aprile 
1965, n. 98, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 26 febbraio 1965 del 

(26) La ,!iisposizione, nella parte che riguarda i consigli comunali, � stata dichiarata 
illegittima con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. 

112 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Consiglio comunale di Capri (G. U. 15 maggio 1965, n. 122; e in questa 
Rassegna, 1965, II, 80 e 81); 13 marzo 1965 (due) del Consiglio comunale 
di Castelfranci (G. U. 31 luglio 1966, n. 191, e in questa Rassegna, 
1965,.II, 111); 25 marzo 1965 (due) del Consiglio provinciale di Reggio 
Emilia (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 
111); 8 aprile 1965 del Consiglio comunale di Ravarino (G. U. 17 luglio 
1965, n. 178, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 15 maggio 1965, 
del Consiglio comunale di Castello d'Argile (G. U. 31 luglio 1965, 

n. 191, e in questa Rassegna, 1965, II, 110); 31 maggio 1965 del Consiglio 
comunale di Lanciano (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, e in questa 
Rassegna, 1965, II, 110). 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 83 (22) (26). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 

Deliberazioni 19 dicembre 1964 del Consiglio comunale di Montefalcione 
(G. U. 13 marzo 1965, n. 65, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 
7 febbraio 1965 del Consiglio comunale di S. Andrea del Garigliano 

(G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e in questa Rassegna, 1965, II, 50); 26 febbraio 
1965 del Consiglio comunale di Capri (G. U. 15 maggio 1965, 
n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80 e 81); 25 marzo 1965 (due) 
del Consiglio provinciale di Reggio Emilia (G. U. 31 luglio 1965, n. 191, 
e in questa Rassegna, 1965, II, 111); 8 aprile il.965 del Consiglio comunale 
di Ravarino (G. U. 17 luglio 1965, n. 178, e in questa Rassegna, 
1965, II, 110). 
d. P. R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione 
e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), 
art. 84 (22) (27). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazione 26 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Capri, 

G. U. 15 maggio 1965, n. 122, e in questa Rassegna, 1965, II, 80 e 81. 
d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico per l'elezione dei 
Consigli comunali nella Regione siciliana), art. 5 (22). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 17, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazioni 10 aprile 1964 del Consiglio comunale di Venetico 

(G. U. 25 luglio 1964, n. 182); 11 febbraio 1965 del Consiglio comunale 
di Giarratana (G. U. 3 aprile 1965, n. 85); 28 febbraio 1965 (quattro) 
del Consiglio comunale di Furnari (G. U. 3 aprile 1965, n. 85, e G. U. 
30 aprile 1965, n. 109). � 
(27) La disposizione, limitatamente alle parole � Il consiglio comunale >, � 
stata dichiarata illegittima (a norma dell'art. 27 della legge 11 marz9 1953, n. 87) 
con sentenza 27 dicembre 1965, n. 93. 

PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 113 

d. P. reg. sic. 20 agosto 1960, n. 3 (Testo unico per l'elezione dei 
Consigli comunali nella Regione siciliana), art+. 60 e 61 (22). 
Ordinanza 22 febbraio 1966, n. 16, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Deliberazioni 18 febbraio 1965 del Consiglio comunale di Furnari 

(G. U. 3 aprile 1966, n. 85); 11 maggio 1965 del Consiglio comunale 
di Siracusa (G. U. 28 agosto 1965, n. 216); 14 giugno 1965 del Consiglio 
comunale di Noto (G. U. 25 settembre 1965, n. 242). 
I. 25 febbraio 1963, n. 289 (Modifiche alla legge 8 gennaio 1952, n. 6, 
sull'istituzione della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore 
degli avvocati e procuratori), artt. 3 e 4 (artt. 3, 36, 53, 102, 111 e 113 
della Costituzione) -Inammissibilit� (28). 
Sentenza 12 febbraio 1966, n. 13, G. U. 12 marzo 1966, n. 64. 
Ordinanza di rimessione 9 marzo 1965 del Presidente del Tribunale 
di Aosta, G. U. 30 aprile 1965, n. 109, e in questa Rassegna, 1965, II, 48. 

(28) Le disposizioni, rispettivamente nelle parole e alla Corte costituzionale � 
e e della �Corte costituzionale �� sono state dichiarate illegittime �con sentenza 6 
dicembre 1965, n. 75. 

CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA E AEROMOBILI 

Aeroporti -Vincoli alla propriet� privata. 

Se con l'entrata in vigore della legge 4 febbraio 1963, n. 58, che ha 
modificato gli artt. 714-717 del Codice della Navigazione, sia rimasto fermo 
il principio che al proprietario del fondo vincolato per la sicurezza degli 
impianti aeronautici sia dovuta indennit� soltanto nei casi in cui l'imposizione 
del vincolo comporti l'abbattimento di ostacoli alla navigazione 
aerea esistente alla data d'emanazione del D. M. previsto dal 2� comma dell'art. 
715 quater, e non anche nei casi in cui il vincolo consista in semplici 
divieti (n. 15). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

A.S.F.D. -Terreni boschivi -Esenzioni fiscali. 
Se possa l'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali giovarsi de[le esenzioni 
fiscali previste dall'art. 90 r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 43). 

AMMINlSTRAZIONE PUBBLICA 

Contratto non approvato -Indebito arricchimento. 

Se possa configurarsi un arricchimento senza causa della P. A. con 
correlativo diritto in capo all'ingegnere progettista di opera qualora la 
convenzione con la stessa non ottenga il pare!l'e favorevole del C'onsig(lio 
di Stato, ma il progetto venga utilizzato dalla P. A. (n. 308). 

Responsabilit� civile -Registrazione medicinali dannosi. 

Se l'Amministrazione possa ritenersi responsabile, per il fatto della 
concessa registrazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit� 
medicinali che l'uso ha poi rivelato dannose (n. 309). 

Ufficio Italiano Cambi -Fondazione a favore figli dei dipendenti. 

Se il Consiglio di Amministrazione dell'Ufficio Italiano Cambi possa 
legittimamente deliberare assegnazione di fondi in favore della Fondazione 
costituita per i figli dei dipendenti de1'l'Ufl�cio medesimo (n. 310). 

AMNISTIA ED INDULTO 

Condono. 

~�� Se, doP.O la sente:p.za della C.orte CostituziQnale n. 85/65, si debba concedere 
il condono delle sopratasse per omessa o infedele dichiarazione a 



PARTE II, CONSULTAZIONI 11$ 

coloro che lo hanno richiesto nei modi e nel termine stabilito dalla 1. 30. 
il.uglio 1959, n. 559, sulla semplice base della definizione amministrativa dell'accertamento, 
indipendentemente da quando verr� effettuata (n. 16). 

Se i pagamenti di sopratassa effettuati prima del giorno successivo a 
quello della pubblicazione della sentenza della Corte, debbano essere rimborsati 
(n. 16). 

APPALTO 

Fall'imento deti'appaltatore. 

Se, dopo il faO.limento dell'appaltatore, l'Amministrazione conservi fa 
facolt� -preveduta dall'art. 17 del vigente Capitolato generale approvate> 
con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -di pagare di ufficio le retribuzioni 
arretrate alle maestranze gi� alle dipendenze dell'appaltatore fallito (n. 292)~ 

ASSICURAZIONI 

Assicurazione crediti all'espo1�tazione. 

Se in materia di assicurazione di crediti per la esportazione di forniture 
destinate all'estero l'assicurato pu� cedere ad un terzo il diritto di farsi 
pagare direttamente dal debitore straniero le somme che saranno ancora 
dovute, in relazione alle rate assicurate, dopo che l'impresa assicuratrice si. 
� rimborsata di tutto l'indennizzo pagato e relativi accessori (n. 69). 

Se l'assicurato pu� cedere i diritti derivantigli dall'assicurazione, tra.. 
cui quello di ottenere il pagamento delle somme che l'assicuratore riscuote� 
dal debitore straniero in pi� dell'indennizzo pagato in relazione aUe singole 
rate assicurate (n. 69). 

Immobili offerti a cauzione da societd assicuratrici. 

Se, ai fini dell'accertamento della libert� degli immobili offerti dalle� 
Societ� di assicurazione a copertura delle cauzioni legali e delle riserve matematiche, 
debba essere prodotta la documentazione afferente alla situazione 
tributaria di tutti gli atti di trasferimento compresi nel ventennio. 

(n. 70) 
BORSA 

Societd commissionaria -Tessera per l'ingresso al rappresentante. 

Se l'interesse delle Societ� commissionarie operatrici di Borsa, all'ingresso, 
mediante rappresentanti, nei locali. della stessa. o in particwairi recinti, 
debba configurarsi quale interesse legittimo ovvero come diritto sog-... 
gettivo (n. 21). 

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-



.116 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�Cl.ACCIA E PESCA 

,Pesca -Credito peschereccio. 

S'e il privilegio previsto a garanzia del credito derivante dai finanzia:
menti a favore della pesca, dall'art. 9, 1. 27 dicembre 1956, n. 1457, sopra 
i macchinari e le attrezzature di bordo sia soggetto a forme speciali di pub


blicit� (n. 31). 

�Caccia -Trasporto gratuito dei cani sui treni. 

Se, ai sensi delll"art. 15, par. 2, delle C.T. per il trasporto delle cose 
.sulle F.S., il trasporto gratuito di cani da caccia sui treni debba intendersi 
]imitato ai soli periodi dell'anno in cui la caccia � aperta (n. 32). 

�COMUNI E PROVINCIIE 
�Contributi dei Comuni pe�r opere e lavori portuali. 

Se il termine prescrizionale del diritto dello Stato ai contributi dei 

�Comuni per le opere e lavori portuali decorra dalla data di ultimazione dei 
lavori o da quella della compilazione del prospetto di liquidazione e riparti:
zione delle spese (n. 120) . 

.Spedalit� manicomiali. 

Se sia ammissibile il ricorso gerarchico al Prefetto in tema di spedalit� 
.manicomiali (art. 7 1. 14 febbraio 1904, n. 36) (n. 121). 

<CONCESSIONI 

.Demanio marittimo. 

Se � possibile, per l'Amministrazione della Marina Mercantile, conce.
dere il subingresso di un soggetto in una concessione provvisoria assentita 
.ex art. 10 Reg. al Codice della Navigazione (n. 78). m

I

�CONCORSI 
.Revc;;ca di concorsi. 

Se l'Amministrazione possa revocare concorsi gi� banditi, ricorrendo 
_fini di pubblico interesse (n. 9). 

�CONTABILIT� GENERALE DELLO� STATO 
.Fermo amministrativo. 

Se possa disporsi il fermo amministrativo di cui all'art.. 69 legge :o?~.
bilit� di Stato a garanzia di un credito non certo, n� liquido, n� es1g1b1le 
,(n. 212). " � , , , , I 


PARTE II, CONSULTAZIONI 117 

Se e come vada dichiarata l'esistenza del fermo amministrativo quando 
l1 credito sul quale il fermo � stato posto sia oggetto di pignoramento 

(n. 212). 
COS'.IIITUZIONE 

Condono delle sopratasse. 

Se, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 85/65 si debba concedere 
il condono delle sopratasse per la omessa o infedele dichiarazione 
a coloro che lo hanno richiesto nei modi e nel termine stabilito dalla 1. 30 
luglio 1959, n. 559, sulla semplice base della definizione amministrativa dell'accertamento, 
indipendemente da quando verr� effettuato (n. 31). 

Se i pagamenti di sopratassa effettuati prima del giorno successivo a 
quello della pubblicazione della sentenza della Corte, debbano essere rimborsati 
(n. 31). 

Imposta di registro -Trasferimento di aziende. 

Se siano contrastanti con l'art. 3 della Costituzione gli artt. 43 legge del 
registro e 81 Tar. all. A (nota) secondo il cui disposto nei conferimenti in 
societ� di aziende l'imposta � commisurata al valore lordo di queste (n. 32). 

Imposte e tasse. 

Se l'avere stabilito che per gli spiriti agevolati, tuttora gravati d'imposta, 
perch� non estratti dai magazzini fiduciari, al momento dell'entrata 
in vigore del d. 1. 30 luglio 1964, n. 619, la percentuale di abbuono debba 
essere calcolata sull'intera imposta, mentre per gli spiriti gi� liberi da imposta, 
anche se di provenienza agevolata, per i quali la percentua'le di abbuono 
fosse stata gi� scontata, al momento della estrazione dai magazzini 
fiduciari, sull'aIXlll1.ontare dell'imposta allora vigente, debba essere integralmente 
corrisposta la differenza tra l'imposta vigente e quella successivamente 
disposta, offenda il principio dell'eguaglianza di cui all'art. 3 della 
Costituzione (n. 33). 

Prestazioni patrimoniali -Canoni demaniali. 

Se i canoni demaniali possano essere ricompresi tra le prestazioni -patrimoniali 
di cui all'art. 23 Costituzione (n. 34). 

Se i canoni demaniali relativi a nruove concessioni debbano essere fissati 
non discrezionalmente ma in base ai criteri stabiliti nel r. d. 1. 25 febbraio 
1924, n. 456 e d. l 7 gennaio 1947, n. 24 (n. 34). 

DAZI DOGANALI 

Trasporti internazionali di merci su strada. 

S� la sospensione temporanea dal beneficio delle disposizioni della 1. 12 
agosto 1962 n. 1517, esecutiva della Convenzione di Ginevra 15 gennaio 

22 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

118 

1959, in tema di trasporti interanzionali di merci su strada, prevista dall'art. 
29 n. 1 del1a citata legge, possa disporsi, a titolo cautelp.tivo, anche in. 
pendenza di procedimento penale a� carico di chi abbia infranto le disposizioni 
di legge o di regolamento in materia (n. 31). 

Se tale sospensione possa applicarsi solo alla persona del dipendente� 
(autista) denunciato ovvero anche al �soggetto (impresa) da cui il denunciato 
dipende (n. 31). :~ 

Quale sia l'organo competente ad adottare il provvedi~ento di sospensione 
di cui sopra (n. 31). 

DEMANIO 

Canoni demaniali. 

Se i canoni demaniali possano essere ricompresi tra le prestazioni pa-trimoniali 
di cui all'art. 23 Costituzione (n. 204). 

Se i canoni demaniali relativi a nuove concessioni debbano essere fissati 
non discrezionalmente ma in base ai criteri s_tabiliti nel r. d. t 25 febbraio 
1924, n. 456 e d. 1. 7 gennaio 1947, n. 24 (n. 204). 

Demanio marittimo. 

Se � possibile, per l'Amministrazione della Marina Mercantile, concedere 
il subingresso di un soggetto in una concessione provvisoria assentita 
ex art. 10 Reg. al codice della Navigazione (n. 205). 

Patrimonio indisponibile -Privilegi fiscali. 

Se l'inclqsione di un bene, sul quale grava un privilegio fiscale, nel, 
patdmonio indisponibile o nel demanio dello Stato, fa�cia automaticamente 
venir meno il privilegio stes~o, o comunque lo renda inidoneo a funge;re da 
presupposto di un'esecuzione forzata (n. 206). 

EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Alloggi economici e popolari -Contratti di cessione in propriet�. 

Se i contratti di cessione in propiriet� degli alloggi costruiti a totale 
carico-dello Stato in applicazione del d. P. R. 17 gennaio 1959 n. 2 e della. 
legge 27 aprile 1962 n. 231 possano essere stipulati con persone diverse, 
dagli assegnatari (n. 176). 

Alloggi riservati a famiglie numerose. 

Se siano applicabili le agevolazioni previste dall'art. 4 1-27 giugno 1961 

n. 551 per le famiglie numerose ai bandi di assegnazione degli alloggi costruiti 
dalla Gestione INA-Casa (n. 177). 
Se siano appUcabili le agevolazioni previste dall'art. 4 1. 27 giugno 1961,. 


n. 551 per le famiglie numerose nelle assegnazioni degli alloggi costruiti 
dalla G~scal (n, 177). 

PARTE II, �coNSULTAZIONI 119 

Gescal -Gravi difetti o rovina -Legittimazione per l'eser.cizio delle azioni 
di cui agli artt. 1667 e 1669 c. c. 

Se, per i lavori relativi ai piani della GESCAL sia da� considerare 
~ �cqmmittente � in ri~erimento agli artt. 1&67 e .1669 la stes~a GESCAL o la 
stazione appaltante (n. 178). . .. 

� S~ per� l'azione prevista dall'art. 1667 c. c. possa essere esercitata anche 
dalla GESCAL in base all'art. 102 del capitolato generale di appalto (n. 178). 

Se anche l'azione prevista dall'art. 1667 c. c. o solo quella prevista dall'art. 
1669 c. c. possa essere esercitata dai singoli assegnatari di alloggi 
popolari, o dagli enti cui gli alloggi vengano trasferiti in virt� deU'art. 4 
della 1. 14 febbraio 1963, n. 60 (n. 178). 

Se il momento della scoperta, da cui ai sensi degli artt. 1667 e 1669 c. c. 
decorrono i termini per la denuncia, sia quello in cui il vizio si � manifestata 

o � stato portato a conoscenza della Gestione. ovvero quello in cui se ne 
sono constatate mediante accertamento tecnico le cause (n. 178). 
Imposta generale sull'entr�ia s'Ui compensi pagati agli I.A.C;P. 

Se siano soggette ad I.G.E. le somme corrisposte dalla GESCAL agli 
Istituti Autonomi Case Popolari o alle stazioni appaltanti in genere per 
le spese di progettazione, direzfone, sorveglianza e assistenza al. collaudo 
<;lei lavori di costruzione di alloggi popolari (n, 179). 

ELETTRICIT� 

E.S.E. -Sovracanone previsto dalla l. 27 dicembre 1953, n. 959: 
Se gli impianti d!.'lll'Ente Siciliano di Elettricit� (E.S.E.) siano soggetti: 
al sovracanone previsto dalla t 27 dicembre 1953, n. 959 {n. 22). 

Successione dell'ENEL all'EAV -Legge 24 marzo 1921 n. 375 ;. Inapplicabilit�. 


Se le norme di cui alla I. 24 marzo 1921, n. 375, relative alle garanzie 
che dovevano assistere i mutui concessi .dal Ministero del Tesoro all'Ente 
Autonomo Volturno; siano applicabili all'ENEL, succeduto all'E.A.V. per 
trasferill'lento dell'impresa e~ettrica (n. 23). 

ESECUZIONE FISC:ALE 

Privilegi -Immobili del dema'l}io . . 

Se l'inclusione di un bene, sul q�ale grava un privilegio fiscale, nel 
patrimonio indisponibile o nel demanio dello Stato, faccia automaticamente 
venir meno il privilegio stesso, o comunque lo renda inidoneo a� 
fungere da presupposto di un'esecuzione forzata (n. 73). 



120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ESECUZIONE FORZATA 

Pignoramento presso terzi -Fermo amministrativo. 

Se possa disporsi il fermo amministrativo di cui all'art. 69 legge Contabilit� 
di Stato a garanzia di un credito non certo, n� liquido n� esigibili 
(n. 39). 

Se e come vada dichiarata l'esistenza del fermo amministrativo quando 
il credito sul �quale il fermo � stato posto sia oggetto di pignoramento 

(n. 39). 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

Decreto di espropriazione -Scadenza dei termini. 

s�e sia illegittimo il decreto di espropriazione pronunziato oltre la scadenza 
dei termini stabiliti per la efficacia della dichia!l'azione di pubblica 
utilit� quando l'opera pubblca sia stata gi� eseguita (n. 216). 

Se sia illegittimo il decreto di espropriazione quando la dichiarazione 
di pubblica utilit� non contenga la prefissione dei termini di cui all'art. 13 

1. 25 giugno 1895, n. 2359 (n. 216). 
Indennit� di espropriazione -Certificazioni. 

Se i certificati di cui all'art. 1 della legge 686 del 1926 debbano riguar


I

dare ogni atto di opposizione notificato alla P!'efettura, sia che si tratti di 
opposizione alla misura (ex artt. 51 e 54 1. 25 .giugno 1895, n. 2359) che al . 
pagamento (ex art. 55 stessa legge) dell'indennit� di espropriazione (n. 217). 

l
l
rn -'. 

Mezzogiorno -Proroga. '

I

� 

Se il termine del 30 giugno 1965, stabilito dall'art. 29 I. 29 luglio 1957, 

n. 634 per la dichiarazione di pubblica utiUt� delle opere interessanti l'industrializzazione 
dell'Italia meridionale ed insulare e pe!l' la dichiarazione 
di urgenza ed indifferibilit� dei lavori relativi, debba ritenersi prorogato, 
con la proroga dell'attivit� della Cassa per il Mezzogiorno, fino al 31 dicembre 
1980 (n. 218). 
Termini. 

Se i termini fissati per il compimento delle espropriazioni e dei lavori 
nei provvedimenti di approvazione dei progetti comportanti dichiarazione 
di pubblica utilit� costituiscano limitazione al potere del Prefetto di prorogare 
(ex art. 11 legge 22 luglio 1961, n. 729) il termine d'urgenza di cui 
all'art. 73 1. 25 giugno 1865, n. 2359 (n. 219). 

FALLIMENTO 

Concordato -Pagamenti raj;eali -Interessi -Decorrenza. 

1Se, in caso di concordato fallimentare che prevede versamenti rateali, 
la decorrenza degli interessi (pattuiti con la clausola � come per legge � ) 
debba ce>mputarsi dalla data-di scadenza delle singole �rate, -od invece dalla 
.data di passaggio in giudicato della sentenza di omologazione (n. 98). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 121 

Faltimento dell'appaltatore di 00.PP. 

Se, dopo il fallimento dell'appaltatore, l'Amminiskazione conservi la 
facolt� -preveduta dall'art. 17 del vigente Capitolato generale approvato 
con d. P. R. 16 luglio 1962, n. 1063 -di pagare di ufficio le retribuzioni 
arretrate alle maestranze gi� alle dipendenze dell'appaltatore fallito (n. 99). 

Rivendita generi di monopolio -Fallimento del titolare. 

Se il curatore fallimentare del titola.re di una rivendita di rgeneri di 
monopolio possa sottoscrivere l'atto di rinuncia alla rivendita previsto 
dall'art. 31 della 1. 22 dicembre 1957, n. 1923 in luogo e contro la volont� 
del fallito, prima che, essendo decorso un biennio dalla dichiarazione di fallimento, 
seriza che il fallito abbia ottenuto la cancellazione dal registro dei 
falliti, questi decada automaticamente, ai sensi dell'art. 13, lett. e) della 
succitata legge, dalla concessione (n. 100). 

FARMACIA 

Registrazione medicinali dannosi. 

Se l'Amminiskazione possa ritenersi responsabile, per il fatto della 
concessa regiskazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit� 
medicinali che l'uso ha poi rivelato dannose (n. 13). 

FERROVIE 

Procedimento disciplinare. 

Se il dipendente delle F. S., punito disciplinarmente con la sanzione 
della multa, possa ricusare, ai fini della decisione del ricorso gerarchico, il 
proprio superiore, competente a decidere del !ricorso a norma dell'art. 151 
della S.G.P., il quale risulti per� esso stesso offeso dalla contestata infrazione 
disciplinare (n. 373). 

Trasporto cani da caccia. 

Se, ai sensi dell'art. 15, par. 2, della C. T. per il trasporto delle cose 
sulle F. S., il trasporto gratuito di cani da caccia sui treni debba intendersi 
limitato ai soli periodi dell'anno in cui la caccia � aperta (n. 374). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Concorsi -Revoca. 

Se l'Amministrazione possa revocare concorsi gi� banditi, ricorrendo 
fini di pubblico interesse (n. 606). 

Istituto per il Commercio Estero -Impi.egati locali. 

Sul trattamento economico e normativo del personale assunto alle dipendenze 
de.gli Uffici esteri dell'Istituto Nazionale per il Commercio 
Estero (n. 607). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

122 


Istituto per il Commercio Estero -Servizio di prova -Riscatto. 

Se i dipendenti delle carriere di concetto e d'ordine dell'I.C.E., assunti 
�in servizio anteriormente alla data di entrata in vigore del nuovo� regoi�~ 
'mento per ilpersonale (20 arpr�le 1961") possano essere ammessi a: riscattare, 
ai fini del �calcolo dell'anzianit� per gli effetti del trattamento di previdenza 
e di quiescenza, il periodo trascorso in servizio di prova (n. 608). 

Istituti di Assistenza per dipendenti pubblici -Recupero anticipazioni. 

Se gli Istituti sforniti di persona giuridica costituiti da 0Entf Pubblici 
per l'assistenza ai propri dipendenti: possano �recuperare le anticipazioni an:. 
cora scoiperte al momento della cessazion� del rapporto di impiego suli� 
-indennit� dovute all'impiegat� dal Fondo istituito con ff r. d. l.' 8 gen;; 
naio 1942, n. 5 (n. 609). � 

Procedimento disciplinare -Recusazione. 

Se il dipendente delle F. S., punito disciplinarmente con la sanzione 
d�lfa mtilta, possa ricusar�, ai fini della decisione del ricorso gerarchico, 
il proprio superiore, competente a decidere del ricorso a norma dell'art. 151 
dello S.G.P., il quale risulti pero esso stess� offeso daMa �ontestata infra'" 
zione disciplinare (n. 610). 

Ufficio Italiano Cambi -Personale -Benefici ai .combattenti.. 

Se, in seguito alla estensione. nel quadro dell'applicazione della 1 .. 1 luglio 
1955, n. 565,_ ai dipendenti dell'Ufficio Italiano Cambi dei benefici-di 
natura combattentistica previsti dall'art. 207 dello� Statuto degli impiegati 
civili dello Stato, operata.con d. m. 10 aprile� 1963 la valutazione della: an"' 
zianit� convenzionale ai fini delle promozioni debba essere effettuata retroattivamente, 
con riguardo alla data di entrata in vigore della suddetta 
legge (n. 611). 

IMPORTAZIONI-ESJ>ORTAZIONI 

Assicurazione credit-i all'esportazione. 

Se in materia di assicurazione di crediti per la esportazione di foll'niture 
destinate all'estero, l'assicurato pu� cedere ad un terzo� il diritto �di 
farsi pagare direttamente dal debitore straniero le somme che� saranno 
'ancora dovute, in relazione alie rate assicurate, dopo che 1',impresa assicuratrice 
si � rimborsata di tutto l'indennizzo pagato e relativi accessori 

(n. 38). 
Se l'assicurato pu� cedere i diritti derivantigli dall'assicurazione, tra 
.cui quello di ottenere il pagamento delle somme che l'assicuratore riscuote 
.dal de}Jitore straniero in. pi� 'dell'indennizzo pagato��m relazione alle stngole 
rate assicurate (n. 38). 



PAR'l'E II, CONSULTAZIONI 123 

Jmportazione zuc�her�. 

Se, a termini dei provvedimenti C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 e 

n. 1036 del 7 agosto 1963, sia ammesso il rimborso in favore degli importatori 
di zucchero degli interessi bancari sui finanziamenti loro concessi 
<da banche non italiane o comunque non autorizzate ad esercitare in Ita1.ia 
la propria�attivit� (n. 39). 
Importazione zucchero raffinato. 

Se sia legittima la revoca della concessione di integrazione di prezzo 
:per l'importazione di zucchero raffinato qualora il concessionario, nel termine 
stabilito dalla concession�, non produca atto di accettazione senza riserve 
<delle condizioni di concessione nonch� copia del contratto d'acquisto dello 
zucchero (n. 40). 

lMPOSTA DI REGISTRO 

Agevolazioni fiscali -Proroga dei termini di decadenza. 

Se, in materia di agevolazioni fiscali per l'industrializzazione del Mez:.. 
.zogiorno previste dal d. I. O.P.S. 14 dic�mbre 1947, n. 1598, ia proroga dei 
termini di decadenza dal beneficio, concessa dalla I. 5 ottobre 1962, n. 1492, 
�comporti l'obbligo di restituzione delle imposte gi� percette anche in caso 
'(fi rapporti definiti per giudicato o per avvenuta prescrizione ex art. '136 

1. reg. (n. 229). 
Immobili offerti� a cauzione da societ� assicuratrici. 

Se, ai fini dell'accertamento della libert� degli immobili offerti dalle 
Societ� di assicurazione a copertura delle cauzioni legali e delle ll'iserve 
matematiche, debba essere prodotta la documentazione afferente alla situazione 
tributaria di tutti gli atti di trasferimento compresi nel ventennio 

(n. 230). 
Trasferimento di aziende. 

Se siano contrastanti con l'art. 3 Costituzione gli artt. 43 legge del registro 
e 81 tair. all. A (nota) secondo il cui disposto nei conferimenti in 
societ� di aziende 1.'imposta � commisurata al valore lordo di queste (numero 
231). 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

Detrazione debiti -Documentazione. 

Se l'imposta sul valore globale dell'asse ereditario possa essere ass�rbita 
nell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio accertata a cairico 
del de cuius per i beni caduti in successione (n. 43). 



124 

RASSEGNA DELL'�VVOCATURA DELLO STATO 

Se, ai fini dell'imposta di successione, la predetta imposta sul patrimonio 
possa essere, se definita post mortem, detraibile dall'attivo ereditario 
(n. 43). 

Se la certificazione della illiquidit� del debito verso la p. A. richiesta 
dall'art.� 50, 2� 'comma legge tributaria sulle successioni per la deducibilit� 
del debito dall'attivo, possa essere esibita in qualsiasi momento ricompreso 
nel biennio successivo all'apertura della successione o invece perentoriamente 
soltanto al 24� mese (n. 43). 

Decadenza -Liquidazione -Interessi moratori. 

Se, quando la valutazione dei fondi rustici caduti nella successione 
si effettui in maniera rigida e predeterminata, la mancata applicazione dei 
coefficienti tabellari su alcuni dei cespiti si concreti non in un giudizio di 
stima, ma in un semplice errore di applicazione della legge (art. 1 I. 20 ottobre 
1954, n. 1044), per cui non tornerebbe applicabile il termine di decadenza 
stabilito dall'art. 37 legge sulle successioni (n. 44). 

s�e, nel caso in cui il testatore lasci ai suoi pronipoti nati e nascituri 
pro-famigiia tutte le sue propriet� col vincolo di �non venderle che dopo 
venti anni, l'imposta debba essere liquidata subito sull'intero asse relitto, 
nei confronti dei pronipoti nati, salva la formazione di una nuova e diversa 
attribuzione di quote, con conse�guente riforma della liquidazione di imposta 
ed eventuale restituzione del tributo rpercetto in pi� (n. 44). 

Se la rettifica dell'errore riguardante l'ammissione al passivo eredi,


tario di quella parte di imposta straordinaria progressiva sul patrimonio 

che attenev� al patrimonio della premorta moglie del testatore, sia que


stione diversa dalle questioni di estimazione e come tale non soggetta al 

termine di decadenza di cui all'art. 37 succ. (n. 44). 

Se gli interessi moratori per il periodo intercorrente dalla data di esi


gibilit� alla data della definizione e pagamento delle imposte complementari 

siano applicabili anche sull'ammontare percetto erroneamente in meno e 

cio� sulle imposte suppletive (n. 44). 

Immobili offerti a cauzione da societ� assicuratrici. 

Se, ai fini dell'accertamento della libert� degli immobili offerti dalle 
Societ� di assicurazione a copertura delle cauzioni legali e delle riserve 
matematiche, debba essere prodotta la documentazione afferente alla situazione 
tributaria di tutti gli atti di trasferimento compresi nel ventennio 


(n. 45). 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

GESCAL -Compensi pagati agli I.A.C.P. 

Se siano soggette ad I.G.E. ile somme corrisposte dalla GESCAL agli 
Istituti Autonomi Case Popolari o alle stazioni appaltanti in genere per 
spese di progettazione, direzione, sorveglianza e assistenza al collaudo dei � 
lavori di costruzione degli alloggi popolari (n. 112). 

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PARTE II, CONSULTAZIONI 12$ 

IMPOSTA SUL PATRIMONIO 

Imposta di successione -Detrazione debiti. 

Se l'imposta sul valore globale dell'asse ereditario possa essere assorbita 
nell'imposta straordinaria progressiva sul patrimonio acqertata a 
carico del de cuius per i beni caduti in successione (n. 13). 

Se, ai fini dell'imposta di successione, la predetta imposta sul patrimonio 
possa essere, se definita post mortem, detraibile dall'attivo ereditari0o 

(n. 13). 
IMPOSTE E TASSE 

Agevolazioni ;fiscali -Regione Siciliana. 

s�e le agevolazioni fiscali previste dalla legge regionale siciliana 18 gennaio 
1949, n. 2, per le nuove costruzioni edilizie condotte a termine entro 
il 31 dicembre 1953 siano applicabili, in virt� delllart. 12 1. reg. 28 aprile 
1954, n. 11 e successive modifiche, anche agli edifici non ultimati entro. 
detto periodo (n. 407). 

Agevolazioni ;fiscali -Terreni boschivi dell'A.S.F.D. 

Se possa l'Azienda di Stato per le Foreste Demaniali giovarsi delleesenzioni 
fiscali previste dall'art. 90, r. d. 30 dicembre 1923, n. 3267 (n. 408),. 

Condono tributario. 

Se, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 85/65, si debba con-� 
cedere il condono delle sopratasse per omessa o infedele dichiarazione a 
coloro che lo hanno richiesto nei modi e nel termine stabilito dalla 1. 30> 
luglio 1959, n. 559, sulla semplice base della definizione amministrativa 
dell'accertamento, ind~pendentemente da quando verr� effettuato (n. 409). 

Se i pagamenti di sopratassa effettuati prima del giorno successivo a 
quella della pubblicazione della sentenza della Corte, debbano essere rimborsati 
(n. 409). 

Imposta di fabbricazione SPiriti. 

Se l'avere stabilito che per gli. spiriti agevolati, tuttora gravati d'imposta, 
perch� non estratti dai magazzini fiduciari, al momento dell'entrata 
in vigore del d. 1. 30 luglio 1964, n. 619 la percentuale di abbuono debba 
essere calcolata sull'intera imposta, mentre per gli spiriti gi� liberi da imposta, 
anche se di provenienza agevolata, per i quali la percentuale di 
abbuono fosse stata, quindi, gi� scontata, al momento della estrazione dai 
magazzini fiduciari, sull'ammontare dell'imposta allora vigente, debba essere 
integralmente corrisposta la differenza tra l'imposta vigente e quella successivamente 
disposta, offenda il principio dell'eguaglianza di cui all'art. 3 
della Costituzione (n. 410). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

126 

lstituti di credito -Trattamento tributario. 

Quale sia la portata delle disposizioni della 1. 27 luglio 1962, n. 1228 
,concernente la disciplina tributaria delle operazioni di credito a medio e 
lungo termine e quale la sua incidenza sulle norme di agevolazioni tribuiarie 
presistenti relative a tali operazioni (n. 411). 

Spese giudiziali. 

Se gli interessi sulle somme liquidate a titolo di spese in sentenza di 
.condanna dell'Amministrazione nelle vertenze tributarie abbiano anche essi 
natura tributaria (n. 412). 

Se i detti interessi decorrono dal passaggio in giudi�ato della sentenza 
-0vvero dalla messa in mora (n. 412). 

Se il dies a quo costitutivo della mora nei confronti dell'Amministra:
zione sia dato d�.Ha normale interpellatio di cui all'art. 1219 c. c. ovvero dal 
momento irt cui la spesa viene ordinata con l'emJssione del relativo titolo 
di pagamento (n. 412). 

INVALIDI DI GUERRA 

Spedalit� manicomiali. 

Se sia ammissibile il ricorso gerarchico ai Prefetto in tema di spedalit� 
manicomiali (art. 7 I. 14 febbraio 1904, n. 36) (n. 2). � 

LOCAZIONI 

Successioni. 

Se il rapporto locatizio pu� validamente essere costituito da chi non 
-� titolare di un diritto reale sull'immobile locato, purch� sia in condizione 
<li trasferire materialmente al conduttore la detenzione e il godimento dell'immobile 
stesso. 

Se l'erede di colui che ha 'locato l'immobile, pur essendo il proprietario 
dello stesso fin da prima della locazione, subentri nella posizione del locatore 
e nelle relative obbligazioni verso il conduttore (n. 125). 

MATRIMONIO 

Matrimonio religioso -Pensione di riversibilit� -P�rdita del diritto. 

Se debba ritenersi che un soggetto beneficiario di pensione di river:
sibilit�, che contragga matrimonio reli'gioso, anche nella forma del matri:
monlo di coscienza, successivamente trascritto, p�rda il diritto alla !Pensione 
non soltanto dal giorno della avvenuta trascrizione, ma fin dal giorno della 
celebrazione del matrimonio (n. 19). 



. PARTE II, CONSULTAZIONI 127 

MEZZOGIORNO 

�Imposta :di Tegistro --Agevolazioni ;fiscali. -Pro'l'oga dei t�rmini di deca. 
denza -Limiti. 

. Se,. in materia di agevolazioni fiscali per l'industrializzazione del Mezzogiorno 
previste dal d. 1. .C.P.S. 14 dicembre 1947, n.1598, la pil"oroga dei 
termini di decadenza dal beneficio, concessa dalla 1. 5 ottobre i962, n. 1492, 
comporti l'obbligo di restituzione delle imposte gi� percette anche in caso 
di rapporti definiti Peil" giudicato o per avvenuta prescrizione ex art. 136 

1. reg. (n. 34). 
Industrializzazione -DichiaTazione di p. u.� -PTotoga. 

�� 'Se il termine �del 30 girugno 1965, stabilito nell'art. 291. 29 luglio� 1957 

n. 634. per la dichiarazione di pubblica utilit� delle .opeil"e interessanti l'industrializzazione 
dell'Italia meridionale ed insulare e p�r. la dichiarazione 
di'urgenza� ed indifferibilit� dei lavori relatiVi.1 debba ritenersi prorogato, 
con la proroga dell'attivit� della Cassa per il .Mezzogiorno, fino al 31 dicembre. 
1980 (n. 35). 
MONOPOLI 

Rivendita geneTi di monopolio -Fallimento del titolare. 

. �. 
Se il curatore fallimentare del titolare di una rivendita di generi di 
~onopo1io possa sottoscrivere l'atto di rinuncia alla rivendita previsto dal~
�art. 31 de}la~l. 22 dicembre 1957,-n. 1923 in luogo e contro la volont� del 
.fa1lit9, l)rima che, essendo decorso un biennio dalla dichiarazione di� fallimento, 
senza che il fallito abbia ottenuto la cancellazione dal registro dei 
falliti, questi decada automaticamente, ai sensi deil'art. 13, lett. c) della 
succitata legge, dalla concessione (n. 50). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

ArTicchimento sen.za causa della P. A. -Ammissibilit� -Fattispecie. 

. : , Se p~ss,a configurarsi un arricchimento senza� causa della P. A. con 
.correlativo� diritto in capo all'ingegnere progettista di opera qualo;ra. la 
convenzione coh lo stesso non ottenga il parere favorevole de'l Consi.glio 
di Stato, ma il progetto venga utilizzato dalla P. A. (n. 44). 

PENSIONI 

ATretrati di pensione -Prescrizione. 

Se il termine prescrizionale del diritto agli emoLumenti sorto in seguito 
e 'per effetto di un provv�diment� amministrativo conseguente ad� una valutazione 
discrezionale dell'Amministrazione possa tlecorrere da data anteriore 
a quella in cui i'l provvedimento sia stato portato a� conoscenza dell'interessato. 
-Art. 2 r. d. 1. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 109); 



128 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Pensione di riversibilit� -Matrimonio religioso. 

Se debba ritenersi che un sog.getto beneficiario di !Pensione di riversibilit�, 
che contragga matrimonio religioso, anche nella forma del matrimonio 
di coscienz�a, successivamente trascritto, perda il diritto alla pensione 
non soltanto dal giorno della avvenuta trascrizione, ma fin dal giorno della 

� 

celebrazione del matrimonio (n. 110). i@ 

POLIZ,IA 

Esplosivi -Chiusura di stabilimento. 

Se la titolarit� di una licenza per fabbricazione di esplosivi attribuisca 
alcuna posizione tutelata rispetto all'attivit� di terzi nelle zone circostanti 
i'l polverificio (n. 36). 

Se sia fond�ta una richiesta di risarcimento dei danni conseguenti a 
decreto di chiusura di un polverificio emesso dal Prefetto per il venir meno 
delle condizioni che ne avevano . .consentito l'autorizzazione (n. 36). 

PORTI 

Contributi dei Comuni per opere e lavori portuali. 

Se il termine prescrizionale del diritto dello Stato ai contributi dei Comuni 
per le opere e lavori portuali decorra dalla data di u'ltimazione dei 
lavori o da quella della compilazione del prospetto di liquidazione e ripartizione 
delle spese (n. 15). 

POSTE 

Contravvenzioni agli artt. 42 e 13 codice postale. 

Se, nella ipotesi di spedizione contestuale di una pluralit� di oggetti 
con modalit� difformi dalle prescrizioni di cui all'art. 42 e 73 r. d. 27 febbraio 
1936, n. 645, l'utente postale debba ritenersi responsabile di una 
pluralit� di reati (n. 120). 

PRESCRIZIONE 

Opere marittime -Contributi comunali. 

Se il termine prescrizionale del diil'itto dello Stato ai contributi dei 
Comuni per le opere e lavori portuali decorra dalla data di ultimazione dei 
lavori o da quella della compilazione del prospetto di liquidazione e ripartizione 
delle spese (n. 54). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 129 

Pensfone. 

Se il termine prescrizionale del diritto agli emolumenti sorto in seguito 
e per effetto di un provvedimento amministrativo conseguente ad una valutazione 
discrezionale dell'Ammini:strazione possa decorrere da data anteriore 
a quella in cui il provvedimenti sia portato a conoscenza dell'interessato 
-art. 2 r. d. 1. 19 gennaio 1939, n. 295 (n. 55). 

Responsabilit� civile per fatti costituenti reato. 

Se, nell'ipotesi di risarcimento prevista dall'art. VIII della Convenzione 
di Londra, possa trovare applicazione il termine di prescrizione di cui 
all'art. 2947, 3� comma c. c. (n. 56). 

PREZZI 

Importazione zucchero. 

Se, a termine dei provvedimenti C.I.P. n. 1025 del 25 maggio 1963 e numero 
1036 del 7 agosto 1963, sia ammesso il rimborso in favore degli importatori 
di zucchero degli interessi bancari sui finanziamenti loro concessi da 
banche non italiane o comunque non autorizzate ad esercitare in Italia la 
propria attivit� (n. 64). 

Importazione zucche�ro raffinato -Revoca della concessione. 

Se sia legittima la revoca della concessione di integrazione di prezzo 
per l'importazione di zucchero raffi.nato qualora il concessionario, nel termine 
stabilito dalla concessione, non produca atto di accettazione senza riserve 
delle condizioni di concessione nonch� copia del contratto di acquisto 
dello zucchero (n. 65). 

REGIONI 

Regione Friuli-Venezia Giulia -Art. 56 Statuto. 

Se, nella ipotesi di bene immobile patrimoniale dello Stato, soggetto a 
trasferimento alla Regione a norma dell'art. 56 Statuto Friuli-Venezia Giulia 
che �sia per� in parte disponibile e in parte indisponibile, debba ritenersi 
indisponibile, e quindi non trasferibile alla Regione, tutto l'immobile 
ovvero soltanto la parte in uso governativo (n. 134). 

Regione Siciliana -Agevolazioni fiscali. 

Se le agevolazioni fiscali previste dalla legge regionale siciliana 18 gennaio 
1949, n. 2 peJ:' le nuove costruzioni edilizie condotte a termine entro 
il 31 dicembre 1953 siano applicabili, in virt� dell'art. 12 1. reg. 28 aprile 
1954, n. 11 e successive modifiche, anche-agli edifici non ultimati-entro 
detto periodo (n. 135). 



130 

RASSEGNA l>ELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

RESPONSABILIT� CIIVILE 

Amministrazione Pubblica -Registrazione medicinali dannosi. 

S'e l'Amministrazione possa ritenersi responsabile, per n fatto della 
concessa registrazione, delle conseguenze provocate da nuove specialit� medicinali 
che l'uso :ha poi rivelato dannose (n. 223). 

Fatti costituenti reato -Prescrizione. 

Se, nell'ipotesi di risarcimento prevista dall'art. VIll della Convenzione 
di Londra, possa trovare applicazione il termine di prescrizione di cui 
all'art. 2947, 3� comma c. c. (n. 224). 

�' 

Incidenti stradali causati da automezzi den'Amministrazione -Onorari ai 
consulenti tecnici dei terzi danneggiati. 

Se, nella definizione stragiudiziale di vertenze relative a danni pro


dotti a privati dalla circolazione di autoveicoli dell'Amm.ne, quest'ultima 
sia tenuta a corrispondere oltre all'indennizzo concordato, anche eventuali 
compensi. ai consulenti tecnici per l'opera professionale prestata nell'interesse 
dei danneggiati (n. 225) .. 

Se, nell'ipotesi di cui sopra, la parte danneggiata possa pretendere dal


I

l'Amministrazione il rimborso dl quanto da essa pagato per l'eventuale 
perizia (n. 225). 

l

i::

SPESE GIUDIZIALI 

f.:i 

Interessi di mora. 

Se gli interessi sulle somme !liquidati a titolo di spese in sentenza di 
condanna dell'Amministrazione nelle vertenze tributarie abbiano anch'essi 
natura tributaria (n. 19). 

Se i detti interessi decorrono dal passaggio in giudicato della sentenza 
ovvero dalla messa in mora (n. 19), 

Se il dies a quo costitutivo della mora nei confronti dell'Amministrazione 
sia dato dalia normale inte1�pellatio di cui all'art. 1219 c. c. ovvero dal 
momento in cui la spesa viene ordinata con l'emissione del relativo titolo di 
pagamento (n. 19). 

SUCCESSIONI 

Locazioni. 

Se il rapporto locatizio pu� validamente essere costituito anche da chi 
non � titolare di un diritto reale sull'immobile locato, purch� sia in condizione 
di trasferire materialmente al conduttore la detenzione e il godimento 
dell'immobile stesso (n. 75). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 131 

Se l'erede di colui che ha locato l'immobile pur essendo il proprietari<> 
dello stesso fin da prima della locazione, subentri nel'l.a posizione del locatore 
e nelle relative obbligazioni verso il conduttore (n. 75). 

TRATTATI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI 

Convenzione di Londra -Responsabilit� per fatti costituenti reato. 

Se, nell'ipotesi di risarcimento prevista dall'art. VIII della Convenzione
�di Londra, possa trovare applicazione il termine di prescrizione di cui all'art. 
2947, 3� co:m.ia, c. c. (n. 25). 



NOTIZIARIO 

CONVEGNO DI STUDI 

Il convegno di studi avente ad oggetto il problema dei riflessi .giuridici 
-ed economici della sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte Costituzionale, 
di cui abbiamo dato notizia nel precedente numero di questa Rassegna, si 
� svolto a Napoli alla data prefissata del 12 marzo 1966 con l'intervento 
di eminenti, giuristi e di insigni cultori di urbanistica. 

Tutti gli intervenuti alla manifestazione hanno messo nel dovuto rilievo 
le conseguenze che potr� avere, in futuro, sulle situazioni regolate dalle 
norme urbanistiche, la recente sentenza 20 gennaio 1966, n. 6 della Corte 
�Costituzion�le (che, com'� noto, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo 
l'art. 3, comma 2, della 1. 20 dicembre 1932, n. 1849 sulle servit� militari, 
in riferimento all'art. 42, comma 3, della Costituzione, per la mancata 
previsione di indennizzo ed ha, altresi, precisato che sono da considerarsi 
<li carattere espropriativo anche gli atti che, pur non disponendo una 
traslaziione totale o parziale di diritti, impongano limitazioni tallii da 
.svuotare di contenuto il diritto di propriet� incidendo sul godimento del 
bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile in rapporto alla de


stinazione del bene stesso o determinando il venir meno di tutto o di parte 
-tali da svuotare di contenuto il diritto del proprietario). 

Particolare preoccupazione � stata manifestata da molti parteciipanti 
-per le remore che, a seguito della predetta decisione, inevitabilmente subi:
ranno la formazione e la realizzazione dei piani urbanistici. 

11 tema del dibattito si � poi esteso alla ricerca dei criteri per determi


lnare l'indennizzo e per evitare la formazione di plus-valori per singoli 
:fondi che, sfruttati per ultimi, sarebbero avvantaggiati dall'inizio della realizzazione 
dei piani, proponendosi da taluni il ragguaglio del valore dei fondi 
da espropriare a quello covrente al momento dell'imposizione del vincofo 
e sottolineandosi da altri la necessit� della formazione di una vera e propria 

iCarta dei valori attuali di tutti i fondi di un determinato comprensorio, da 
:aggiornrure periodicamente ma sempre in proporzioni uguali per tutto il comprensorio. 


I

Da tutti i partecipanti al Convegno � stato auspicato, infine, un pi� 
frequente scambio di opinioni tra i cultori delle diverse discipline scientifiche
� e tecniche interessate allo scottante problema della pianificazione 
>Urbanistica.