ANNO XXXVII -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1985 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1985 . ABBONAMENTI ANNO 1985 ANNO L; 33.350 UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 6.100 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printe� in Ital, Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luidlo 1966 (7219012) Roma, 1985 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/' avv Franco Favara) pag. 355 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE (a cura de/l'avv. Oscar Fiumara) > 387 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI� ZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo Sica e Antonio Cingolo) > 418 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati Paolo Cosentino e Anna Cenerin/J . � '441 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de� gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Po/Jzzl) > 456 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato Carlo Bafi/e) :t 465 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) > 496 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati Paolo di Tarsia di Be/mont.e e Nicola Bruni) � 508 Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO QUESTIONI pag. 87 RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Ignazio Caramazza) li 98 RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . > 115 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GARGIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANn�, Venezia. / ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I. F. CARAMAzz~ e M. L. GUIDA, La prova nel processo amministrativo . II, tr1 O. FIUMARA, Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al lavoratore che si sposta all'interno della comunit� per i familiari residenti in altro Stato membro . . . . I, 387 P. VITTORIA, Brevi osservazioni in tema di concorso di enti nella realizzazione di opere pubbliclw e di legittimazione passiva all'opposizione a stima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 496 ACQUE Monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione - Acque pubbliche -Competenza e Limiti, 401. giurisdizione -Tribunali regionali -Convenzione di Bruxelles de.I . 27 - PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA .delle acque e tribunali ordinari Espropriazione per pubblica utilit� -Controversie sulla determinazione dell'indennit� -Competenza - Tribunale regionale delle acque - Legge sulla casa -Competenza della Corte d'appello -Applicabilit� in materia di acque pubbliche -Esclusione, 505. AVVOCATURA DELLO STATO -P�trocinio di enti pubblici -Mandato -Necessit� -Esclusione, con nota di P. VITTORIA, 496. -Patrocinio di enti pubblici -Necessit� di delibera relativa all'impugnazione della sentenza -Esclusione, con nota di P. VITIORIA, 497. CIRCOLAZIONE STRADALE -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Irrilevanza successivo rilascio, con nota di G. P. POLIZZI, 444. -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Pagamento in misura ridotta -Irrilevanza, con nota di G. P. PoLIZZI, 444. -Veicolo circolante senza carta -Accertamento della violazione -Confisca -Obbligatoriet� -Idoneit� a conseguire l'immatricolazione -Irrilevanza -Oblazione amministrativa della violazione -Irrilevanza, 441. COMUNITA EUROPEE -CECA -Prezzo base di taluni prodotti siderurgici per il calcolo del dazio antidumping -Comunicazioni della Commissione, 413. -Concorrenza -Abuso di posizione dominante -Imprese pubbliche - settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva � Affitto immobili -Alloggio per le vacanze, 392. -Convenzione dt Bruxelles del 27 settembre 1%8 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili -Ambito di applicazione, 392. -Imprese pubbliche -Interesse economico generale -Limiti, 401. -Libera circolazione dei lavoratori - Previdenza sociale -Assegni familiari -Sospensione delle prestazioni, con nota di O. FIUMARA, 387. -Norme comunitarie e accordi internazionali -Compatibilit� -Limiti -Fattispecie, 401. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione -Avvenuta consolidazione di atto presupposto -Inammissibilit� del ricorso, 385. COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA -Art. 139 -Disposizioni transitorie e finali -Dichiarazione di illegittimit� � Giudice competente -Difetto assoluto di giurisdizione, 436. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA -Opposizione a stima -Legittima� zione passiva � Concorso di enti nella realizzazione dell'opera -Concessione � Legittimazione del concessionario e non del concedente, con nota di P. VITIORIA, 496. -Opposizione a stima -Legittimazione passiva -Criterio di individuazione -Indicazione nel decreto di INDICB ANA.'l'ICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDBNZA esproprio come soggetto a cui favore l'espropriazione � pronunciata -Eccezioni -Diretta assunzione da parte di altro ente, in forza di legge o atto amministrativo, della posizione di autore dell'opera pubblica, con nota di P. VITIORIA, 497. GIUSTIZIA . AMMINISTRATIVA -Giurisdizione dei tribunali amministrativi regionali -Non � derogata dalle disposizioni sul processo tributario, 378. -Perenzione -Decisione istruttoria Inerzia delle parti -Dies a quo Rilevanza giuridica, 458. IMPIEGO PUBBLICO -Cancelleria di pretura -Amanuen� se -Mansioni di cancelliere -Esercizio di fatto -Rapporto di pub-� blico impiego -Insussistenza, con nota di G. PALMIERI, 428. -Collocamento a riposo -Illegittimit� -Pretese a compensi inerenti al rapporto di impiego -Pretese a risarcimento del danno -Giurisdizione amministrativa e �ordinaria Limiti, 418. -Equo indennizzo � Rivalutazione automatica � Inapplicabilit�, 461. -Stipendi ed assegni � Ritardo nel pagamento -Rivalutazione automatica -Interessi legali � Difetto di giurisdizione del giudice del lavoro, 424. IMPUGNAZIONI PENALI -Provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit� -Non � impugnabile, 508. ISTRUZIONE E SCUOLE -Universit� � Docenti universitan � Aspettativa per incompatibiht� � Legittimit� costituzionale, 355. -Universit� -Professori a tempo ucfinito � Esclusione dalle cariche universitarie -Legittimit� costltu� zionale, 355. LAVORO -Prescrizione del diritto alla retrt� buzione -Durante il rapporto di lavoro -Mancanza di stabilit� � Conseguenze, con nota di G. PAL1\ H~, 429. -Sciopero del personale dogai;iale � Configurazione � Forza magg10re Insindacabilit� in sede di merito, con nota di V. NUNZIATA, 449. -Sentenza di primo grado esecuti� va � Mancata soddisfazione del credito del lavoratore -Giudizio di appello � Liquidazione del maggior danno, con nota di G. PALMIERI, 429. PENSIONI -Pensione integrativa -Dipendenti INAM � Rivalutazione monetaria � Non spetta, 456. REATO -Concorso di persone nel reato Dissenso di taluno dei compartecipi circa la particolare specie d� aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, ma con� . cordanza nel genere -Rilevanza giuridica del dissenso -Insussistenza, 508. -Delitto per finalit� di terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale -Attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304 � Incompatibilita solo con l'aggravante di cui all'ar� ticolo 1 D.L. 15 dicembre 1979, numero 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 e con il delitto di cui all'art. 289 bis, C.P., 508. __. Reati connessi � Connessione oggettiva ex art. 45, n. 1. C.P.P. in relazione all'art. 110, C.P. � Autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato -Sussistenza, 508. RESPONSABILIT� CIVILE -Amministrazione pubblica -Provvedimento dichiarato illegittimo � Responsabilit� � Assenza di dolo o colpa � Irrilevanza, 418. TRASPORTI PUBBLICI -Ferrovie dello Stato � Condizioni e tariffe � Giacenze di merci -Tasse VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO di sosta -Caso fortuito e forza maggiore -Esclusione, con nota di V. NUNZIATA, 448 -iRENTINO ALTO-ADIGE -Disposizioni di attuazione dello Statuto -Termine biennale per l'emanazione -Non � perentorio, 365. -Provincia di Bolzano -Organi degli enti pubblici locali -Rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici -Necessit�, 365. -Provincia di Bolzano -Proporzionale etnica -Personale statale � Li� mitazione all'accesso a titolarit� e dirigenze di uffici � Legittimit� costituzionale, 366. TRIBUTI ERARIALI DIRETTI -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Accertamento . Revisione . Sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi � Presupposti, 478. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Condono � Ultimo imponibile definito � Redditi occasionali � Vi sono compresi, 466. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza -Accertamento dell'intento di speculazione � Deducibilit� nel giudizio di terzo grado, 489. -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Redditi di capitoli � Presunzione di interessi sui capitoli dati a mutuo � Finanziamento dei soci in favore della societ� � Si presume fruttuoso, 491. -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche -Lavoro autonomo e lavoro dipendente � Servizio dei protesti cambiari da parte del segretario comunale -� assimilato al reddito di lavoro autonomo, 476. ��1a111,11111111111111111r11t111111111111111ir11111ra1t.1r.a TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI -Imposta di registro -Agevolazion� per le strade di grande comunica� zione � Riguarda soltanto le strade costruite dall'ANAS, 469. -Riscossione � Ingiunzione � Natura � Perdita di efficacia -Opposizione � opposizione all'esecuzione -Termine dell'art. 617 cod. proc. civ. Inapplicabilit�, 486. TRIBUTI -Contenzioso tributario -Giudizio di terzo grado � Estensione -Qualificazione giuridica di negozio � � deducibile, 491. . -Contenzioso tributario � Revocazione -Errore di fatto � Fatto controverso oggetto della decisione Inammissibilit�, 465. -Contenzioso tributario . -Ricorso alla Commissione centrale . Motivazione -Requisiti, 468. -Dichiarazione dei tributi -Natura ed effetti -Rettificabilit� -Termine, con nota di C. BAFILE, 472. -Riforma tributaria -Decreti delegati integrativi o correttivi -Legittimit� costituzionale -Parere della commissione interparlamentare dei Trenta -Onere di motivare gli scostamenti dal parere -Non sussiste, 374. TRIBUTI LOCALI -Imposizione sui fabbricati -Non � irrazionale, 378. VALLE D'AOSTA -Conflitto di attribuzione -Accordo tra Regione ed ente territoriale appartenente a Stato estero � Invade competenza esclusiva dello Stato, 383. INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 14 maggio 198S, n. 14S 23 maggio 198S, n. 1SS 23 maggio 198S, n. 1S6 23 maggio 198S, n. 1S9 23 maggio 198S, n. 1S8 24 maggio 198S, n. 160 28 giugno 198S, n. 187 28 giugno 198S, n. 189 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE Sez. I, 13 novembre 1984, nella causa 191/83 Sez. IV, lS gennaio 198S, nella causa 241/83 Sed. Plen., 20 marzo 198S, nella causa 41/83 Sez. III, 21 marzo 198S, nella causa 172/84 GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 22 ottobre 1984, n. S361 Sez. I, 17 gennaio 198S, n. 119 Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 18S Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 188 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 271 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 274 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 282 Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 290 Sez. Un., 25 gennaio 198S, n. 3S7 Sez. Un., 2S gennaio 198S, n. 366 Sez. I, 26 gennaio 198S, n. 393 .. Sez. I civ., 18 febbraio 198S, n. 1362 Sez. I, 18 febbraio 198S, n. 1364 . Sez. I, 27 febbraio 198S, n. 1702 Sez. Un., 22 maggio 198S, n. 3098 Sez. Un., 3 giugno 198S, n. 329S . TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 25 settembre 1984, n. 23 14 giugno 198S, n. 32 .. 24 giugno 198S, n. 34 . . pag. 3SS � 36S � 374 � 3SS � 378 � 36S � 383 � 38S pag. 387 � 392 � 401 )) 413 pag. 418 )) 46S )) 466 )) 468 )) 472 � 476 )) 478 )) 486 )) 424 � 489 � 491 � 441 � 444 � 448 � 428 )) 436 pag. 497 )) 496 � SOS GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Ad. Plen., 26 marzo 1985, n. 8 pag. 456 Ad. Plen., 3 aprile 1985, n. 11 � 458 Ad. Plen., 16 aprile 1985, n. 14 � 461 GIURISDIZIONI PENALI CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. I penale, 7 maggio 1985, n. 4200 ........�.����� pag. 508 �1�.. ���1��111���11111z11:1111ra111�11�� . . .... .:-: :-:...-.....:~::Y...::-:��:���:���:���:� PARTE SECONDA QUESTIONI ..... . RAssEGNA DI DOTIRINA RASSEGNA DI LEGISLAZIONE Leggi e decreti . . . . . . . . I -Norme dichiarate incostituzionali Il -Questioni dichiarate non fondate III -Questioni proposte . . . . . . . . pag. 87 � 98 pag. 115 � 116 � 117 � 121 PARTE PRIMA .,����,,.,.,,,,,,,,,,ti__,,,,,.,,. GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1985, n. 145 � Pres. Elia -Rel. Roehrssen -De Martiniis (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Siconolfi). Istruzione e scuole � Universit� � Professori a tempo definito -Esclusi�ne dalle cariche universitarie -Legittimit� costituzionale. (Cost. artt. 3, 33, 51 e 97; 1. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, art. 11). . Non contrastano �on la Costituzione le disposizioni che consentono l'accesso a determinate cariche universitarie soltanto ai docenti che riservano all'universit� tutto il loro tempo. / II CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 158 -Pres. Elia -Rel. Greco -Cuocolo (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Baccari). Istruzione e scuole � Universit� � Docenti universitari -Aspettativa per incompatibilit� � Legittimit� costituzionale. (Cost. artt. 1, 3, 51 e 76; l. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, art. 13). . Le direttive, i princ�pi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, s� da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalit� che l'hanno determinata, ma, dall'altro, devono consentire al potere delegato la possibilit� di valutare la particolari situazioni giuridiche da regolamentare; in particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali,. riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalit�, inidonee o insufficienti ad indirizzare l'attivit� normativa del legislatore delegato. D'altro canto, l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici � riferita non solo al trattamento ed alla conservazione delle posizioni soggettive del cittadino (nella specie del dipenden ' RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 356 te pubblico), ma essa, come la parit� delle condizioni obiettive, riguarda la disponibilit� del tempo. l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato e della carica. Pertanto, le disposizioni del d.P.R. n. 382 del 1980, che prevedono il collocamento in aspettativa del docente universitario nominato presidente di Consiglio regionale non contrastano con i princ�pi e criteri direttivi stabiliti dalla legge delega n. 28 del 1980 n� contrastano con gli artt. 1, 3 e 51, della Costituzione. I Il giudice a quo dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 4, primo comma, lett. b), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (�Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica�) e dell'art. 11, quarto comma, Jett. a), del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (�Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione no:qch� sperimentazione organizzativa e didattica�), in virt� dei quali i docenti universitari a tempo definito rimangono esclusi dalla possibilit� di accedere alle cariche di rettore, preside, membro del consiglio di amministrai:ione, direttore di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca. Il giudice a quo ritiene che questa normativa possa contrastare con gli artt. 3, 33, 51 e 97, Cost. (omissis). La questione non � fondata. Uno dei cardini della riforma universitaria preveduta dalla legge 21 febbraio 1980, n. 28, � stato quello di assicurare alle Universit�, anche in considerazione del grande accrescimento della popolazione scolastica e dello sviluppo delle attivit� scientifiche e didattiche, che un congruo gruppo di docenti possa dedicarsi in via principale ed assorbente a quelli che sono i compiti veramente istituzionali delle Universit� stesse e, quindi dei suoi docenti (l'insegnamento e la ricerca scientifica, come emerge chiaramente dall'art. 1 del t.u. 31 agosto 1933, n. 1592 e dall'art. 63 della legge n. 28 del 1980), senza esserne distratti dallo svolgimento di attivit� professionali o di consulenza o, comunque, divergenti dai cennati compiti istituzionali. �, infatti, evidente che lo svolgimento di attivit� del genere comportano impegni e responsabilit� non indifferenti, che non possono non impedire al professore di ruolo di dedicare all'Universit� tutte le sue energie. Sulla base di questa premessa, la legge n. 28 ha operato una differenziazione fra i docenti di ruolo a seconda che essi intendano, secondo un giudizio strettamente soggettivo e personale, dedicare la loro attivit� esclusivamente all'insegnamento universitario o, invece, svolgere anche attivit� professionali, cio� attivit� che esulano da quella didattica e sci�ntif�ca che � caratteristica fondamentale del docente universitario secondo il disposto dell'art. 84 del t.u. n. 1592 del 1933, tuttora vigente. PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Perci� l'art. 4 della legge n. 28 del 1980 ha disposto, fra l'altro, che le norme delegate avrebbero dovuto realizzare un regime di impegno a tempo pieno, incompatibile con l'esercizio di qualsiasi attivit� professionale esterna e con l'assunzione di qualsiasi incarico retribuito (fatta salva l'attivit� scientifica e pubblicistica) con facolt� per il docente di optare p~r un regime di impegno a tempo definito, compatibile con le attivit� ora cennate ma incompatibile, invece, con la funzione di rettore, di preside, di membro effettivo del consiglio di amministrazione, ecc.. In puntuale applicazione di queste disposizioni della legge di delega, l'art. 11, quarto comma, del decreto delegato n. 382 del 1980, ha dettato le norme all'uopo occorrenti, riproducendo sosianzialmente il contenuto dell'art. 4, lett. b), della legge n. 28 e precisando in ogni dettaglio quel che � consentito e quello che non � consentito ai docenti delle due cennate ca~ tegorie. L'art. 11, quarto comma, dello stesso decreto ha inoltre stabilito che la scelta del professore deve essere esercitata almeno sei mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico ed ha efficacia solo per un biennio. La distinzione fra regime di tempo pieno e di tempo definito, ritenuta dal legislatore idonea a conseguire il raggiungimento delle finalit� poco addietro indicate, poggia indubbiamente sulla constatazione gi� fatta che i docenti i quali si dedicano anche ad attivit� professionali e personali non connesse con quelle universitarie non possono essere in gra'do di de. dicare ai compiti istituzionali tutte le loro energie. Una volta posta una distinzione del genere, non sembra affatto irrazionale l'avere anche stabilito che possano accedere a determinpte cariche universitarie soltanto i docenti che all'Universit� riservano tutto il loro tempo, escludendo coloro i quali, invece, hanno ritenuto di dedicarsi ad altre attivit�: anche in questo delicato ed impegnativo campo, concernente lo svolgimento di tutti i compiti inerenti al governo dell'Universit� (art. 6 del t.u. n. 1592 del 1933) e cio� alla vita universitaria in tutti i suoi svariati aspetti, si � ritenuto di escludere coloro i quali, per loro volont� ed a seguito di un loro giudizio, vedono il loro tempo attratto da attivit� extrauniversitarie. Certamente coloro i quali vivono pi� intensamente e pi� completa mente la vita universitaria sono meglio in grado ~i partecipare alle atti vit� degli organi che presiedono al governo delle Universit�. � Ora, se questa' � la ratio delle disposizioni in parola, ad avviso della Corte non hanno pregio le censure che la ordinanza di rimessione ha ritenuto di muovere alle disposizioni stesse. Non ha fondamento la pretesa violazione del principio di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), perch�, come si � detto, la esclusione dei docenti a tempo definito dalla possibilit� di accedere ad alcune cariche universitarie1 costituisce una conseguenza della distinzione fra regime di tempo pieno e di tempo definito. La esclusione stessa, d'altro canto, co stituisce .effetto di una libera manifestazione di �volont� del docente univer RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sitario, il quale sa, nel momento nel quale chiede il regime di tempo definito, che la sua volont� comporta quelle determinate conseguenze. Non si ha violazione del diritto (art. 33, ultimo comma, Cost.), delle Universit� di darsi �ordinamenti autonomi �, poich� lo stesso art. 33 aggiunge che tale diritto spetta �nei limiti delle leggi dello Stato�: non si tratta di una autonomia piena ed assoluta, ma di una autonomia che lo Stato pu� accordare in termini pi� o meno larghi, sulla base di un suo apprezzamento discrezionale, che, tuttavia, non sia irrazionale. E nella specie, come si � detto, le norme in questione non sono irrazionali. D'altro canto le norme stesse attengono allo stato giuridico dei professori universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo Stato e sono, di conseguenza, soggetti alla disciplina che la legge statale ritiene di adottare: l'autonomia universitaria, invece, come ha riconosciuto questa Corte (sent. n. 51/1966) si esercita nei sensi indicati negli artt. 17 e 18 del t.u. n. 1592 del 1933, nei quali non � cenno alcuno n� dello stato giuridico dei docenti n� della composizione degli organi universitari. Fuori causa appare anche la pretesa violazione dell'art. 51, Cost.: anche qui la norma costituzionale, dopo avere affermato il diritto di tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, ha avuto cura di aggiungere � secondo i requisiti stabiliti dalla legge �. AI legislatore ordinario, cio�, non � vietato di porre norme le quali, in relazione a determinate finalit� di pubblico interesse, possano comportare la esclusione di taluni cittadini da alcuni uffici pubblici, sempre che ci� non sia irrazionale. :a quello che, appunto, si verifica nel caso di specie. Del tutto fuor di luogo appare la citazione dell'art. 97, Cost. e precisamente del principio del buon andamento della P.A. che sarebbe compromesso nel caso in cui la maggioranza dei docenti universitari si orientasse verso il regime di tempo definito. La ipotesi pone in luce un mero inconveniente, che forse sarebbe opportuno che il legislatore prendesse in considerazione, ma che comunque non rende la norma contraria alla Costituzione, tanto pi� che, invece, proprio le norme impugnate possono rappresentare una applicazione del principio del buon andamento riferito alla vita delle Universit�. II (omissis) L'art. 4 ,della legge n. 28 del 1980, alla lett. d) prevede il collocamento in aspettativa di ufficio del docente universitario, tra l'altro, �nominato ad elevate cariche amministrative, politiche o giornalistiche�, salva la possibilit� di svolgere, nell'universit� presso cui � titolare, cicli di conferenze, attivit� seminariali ed attivit� di ricerca, anche appplicativa. L'art. 13, primo comma, n. 7 del d.P.R. n. 382 del 1980, emanato in attuazione della delega, prevede il collocamento in aspettativa, per la durata ~: ~ PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE della carica, del docente, tra l'altro, nominato Presidente del Consiglio regionale. Il giudice rilev� che l'art. 4 della. legge di delega innanzi citata, in contrasto con quanto prescritto dal precetto costituzionale (art. 76, Cost.) il quale riserva al legislatore delegante la fissazione dei � princ�pi e dei criteri direttivi� nel cui ambito, poi si dovr� esprimere Ja norma delegata, ha preso in considerazione. solo il concetto ampio e generico cii � carica elevata� senza specifico riguardo all'impegno di tempo che l'esercizio della carica possa comportare. , Dalla rilevata genericit� della formulazione della norma di delega conseguirebbe, a parere dello stesso giudice, la possibilit� di scelte di merito legislativo sottraibili a sindacato giurisdizionale ed esorbitanti dai poteri costituzionalmente propri del legislatore delegato nonch� di scelte discriminanti ed irrazionali rispetto ailfa ratio della stessa� Jegge di delega. La stessa ragione del collocamento di ufficio in aspettativa del docente universitario rimarrebbe inattuata proprio per la mancata formulazione di princ�pi specifici. � La legge delegata violerebbe l'art. 76, Cost. anzitutto perch�, mentre la legge di delega fa testuale menzione della sola ipotesi della � nomina � ad elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche, la legge delegata prevede, invece, tra quelle determinatrici dell'incompatibilit� per il docente universitario, la carica di Presidente del Consiglio regionale, cui si accede per �elezione�. Inoltre, la stessa norma delegata disattenderebbe la ratio del regime di incompatibilit�, da individuarsi nell'esigenza di assicurare all'attivit� del docente pienezza di impegno e di disponibilit�, perch� non avrebbe tenuto conto del fatto che la carica di Presidente del Consiglio regionale comporta l'espletamento di compiti limitati alla direzione dei lavori del Consiglio ed all'esercizio della rappresentanza esterna e, quindi, richiederebbe ridotti impegni, in termini di tempo, tali da non ostacolare l'esercizio dell'attivit� di docente. Le censure non possono trovare accoglimento. Invero, questa .Corte, interpretando l'art. 76, Cost., ha pi� volte affermato che la legge di delega deve contenere, oltre i limiti di durata e la definizione degli oggetti, l'enunciazione dei princ�pi e criteri direttivi e che, all'uopo, il precetto costituzionale � da ritenersi soddisfatto allorch� sono date al legislatore delegato delle direttive vincolanti, ragionevolmente limitatrici della sua discrezionalit� e delle indicazioni che riguardino il contenuto della disciplina delegata, mentre, allo stesso legislatore delegato � demandata la realizzazione, secondo modalit� tecniche prestabilite, delle esigenze, delle finalit� e degli interessi considerati dal legislatore delegante. Le direttive, i princ�pi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere il campo della delega, s� da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalit� che l'h~nno determinata, ma, dall'altro, devono 360 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO consentire al potere delegato la possibilit� di valutare situazioni giuridiche da regolamentare. In particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalit�, inidonee o in sufficienti ad indirizzare l'attivit� normativa del legislatore delegato. Il controllo di costituzionalit� riservato a questa Corte riguaraa le difformit� della norma delegata rispetto a quella delegante e non le scelte del legislatore che investono il merito della legge delegata. Nella fattispecie, la legge di delega ha osservato il precetto costituzionale indicando al legislatore delegato, con sufficiente approssimazione e nei giusti limiti, quelle situazioni determinatrici di incompatibilit� per 'l'eventuale, contemporaneo svolgimento dell'ufficio pubblico e dell'attivit� di docenza universitaria ed in concreto individuandole, tra le altre, nelle � elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche �. L'elevatezza della carica non deve essere valutata soltanto in relazione all'impegno di tempo che essa richiede per l'espletamento delle relative funzioni, ma anche in considerazione della posizione che essa conferisce e per la situazione di prestigio, di imparzialit� e di indipendenza che esige il cor.retto svolgimento dell'incarico. La legge delegata ha attuato le direttive ed i criteri della legge di delega allorch� ha compreso, tra le cariche elevate, quella di Presidente del Consiglio regionale. Non pu� dubitarsi che si tratti di una carica elevata se si considerano le funzioni che ne derivano. Sono, non solo quelle di rappresentanza ester na del Consiglio Regionale e nei rapporti con la Giunta, ma quelle di compilazione degli ordini del giomo, della direzione dei lavori dell'assem blea, di regolamentazione della discussione, della disposizione della vota zione, della proclamazione dei risultati, del controllo di legittimit� delle deliberazioni, di tutela delle minoranze, della nomina dei Commissari, della comminazione delle sanzioni ai Consiglieri ecc .... Risulta altres� rispettata la ratio della legge di riforma della docenza universitaria che esige il massimo impegno del docente universitario nello svolgimento dell'attivit� didattica di insegnamento e di ricerca, non poten do, il docente universitario, svolgere ed attuare i suoi compiti contem poraneamente alle altre funzioni di cos� notevole importanza e di cos� notevole impegno. Per quanto riguarda, poi, pi� specificamente la legge delegata, non � stato certamente violato l'art. 76, Cost. per effetto della menzione, tra le elevate cariche, di quella di Presidente del Consiglio regionale per quanto riguarda le modalit� dell'accesso alla stessa. Il termine �nomina�, uti lizzato dalla legge di delega, � da intendersi in senso generico, con riferi mento specifico alla carica e non al modo di conseguirla, di guisa che non si pu� distinguere la chiamata diretta dalla elezione. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE Il significato della norma risulta palese, senza ombra di dubbio, se si pone attenzione alle altre cariche che egualmente creano l'in�ompati bilit� per il docente universitario. Ad alcune di esse si accede per chiamata diretta o per elezione, quale, ad esempio, la carica di Presidente del Con siglio, la nomina a giudice della Corte costituzionale, la nomina a compo nente del Consiglio Superiore della Magistratura. ' Restano, infine, sottratte a sindacato costituzionale, da parte di questa Corte, tutte le scelte � di merito � effettuate dal legislatore delegato nel l'esercizio della discrezionalit� di ct� gode. Il giudice a quo denuncia, poi, ulteriori motivi di illegittimit� costitu zionale dello stesso art. 4, lett. d), della legge di delega n. 28 del 1980 per violazione dell'art. 51, Cost. in relazione agli artt. 1 e 3 della Costituzione e dell'art. 13, primo comma n. 7 della legge delegata n. 382 del 1980 in rela zione all'art. 3, Cost.. (omissis) Anche questi motivi non persuadono. Questa Corte ha pi� volte precisato che l'art. 1 della Costituzione af ferma solo il principio ispiratore della tutela del lavoro e non vuole determinare i modi e le forme di questa tutela e che l'art. 4, Cost. mette solo in risalto l'importanza sociale del diritto al lavoro (sent. 194/76; 16/80). Per quanto concerne l'art. 51 Cost., la Corte osserva che la norma riguarda indubbiamente i rapporti politici in senso ampio; comprende, cio�, non solo l'elezione a membro dei due rami del Parlamento ma anche l'elezione agli organi elettivi previsti nel nostro ordinamento, re. gionali, provinciali e locali, tutti considerati costituenti il tessuto connettivo dell'ordinamento statuale e tutti rilevanti per attuare gli interessi generali, onde rimanga assicurato il pieno svolgimento della vita demo cratica del Paese. Come gi� ha considerato questa Corte (sent. 194/1976, 16/1980), i pre cetti costituzionali invocati (l'art. 51 Cost. in relazione all'art. 3) ricono scono ai cittadini chiamati a ricoprire cariche pubbliche, in parit� ed in eguaglianza per tutti, la disponibilit� del tempo necessario all'adempimen to dei compiti propri degli uffici e delle cariche pubbliche e la conserva zione del posto di lavoro. Ad una esplicita affermazione del principio contenuto nella prima parte (uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici ed alle cariche elettive) corrisponde un'altrettanta esplicita dichiarazione di vo lont�,_ contenuta nell'ultimo comma, con il quale il costituente ha indivi duato, come garanzia di attuazione delprecetto contenuto nel primo com ma, la disponibilit� del tempo necessario per l'adempimento dei compiti degli uffici e delle cariche pubbliche ed il mantenimento del posto di lavoro. L'uguaglianza non solo � riferita al trattamento ed alla conserva zione delle posizioni soggettive del cittadino, nella specie del dipendente RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO pubblico, ma essa, come la parit� delle condizioni obiettive, riguarda la disponibilit� del tempo, l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato e della carica. Il diritto di conservare il posto di lavoro va inteso per� come diritto a mantenere il rapporto di lavoro o di impiego e non come diritto all'effettivo esercizio delle funzioni. Lo stesso art. 51, pur contenendo l'affermazione, come precetto costituzionale, della uguaglianza di tutti i cittadini nell'esercizio dell'elettorato passivo, contiene anche un rinvio alla legge ordinaria; riconosce, cio�, al legislatore ordinario la facolt� di disciplinare in concreto l'esercizio dei diritti garantiti; di fissare, cio�, le relative modalit�, a condizione, per�, che non risultino menomati i diritti riconosciuti. Egli ha, cio�, il potere di disciplinare in modo diverso situazioni che ritiene abbiano carattere di particolarit�, a condizione, per�, che la diversit� di trattamento si ispiri a �criteri di razionalit� e risultino prese in considerazione intere categorie e non singoli cittadini. Nel caso che interessa, il legislatore ha preso in considerazione l'intera categoria dei docenti universitari ed ha, in concreto, stabilito quali siano le cariche pubbliche che comportano l'assorbimento quasi totale delle capacit� lavorative di colui che � chiamato a ricoprirle. E rientra nei suoi poteri la relativa indagine di fatto che prende in considerazione la natura, la complessit� e la importanza dell'incarico in relazione alla natur� dell'ente alla direzione del quale l'eletto � stato designato. La diversit� del trattamento fatto ai docenti universitari nei confronti degli altri dipendenti pubblici, trova adeguata e razionale giustificazione proprio nella ratio della riforma. dell'ordinamento universitario e negli obiettivi che il legislatore con essa ha inteso raggiungere. Queste ragioni sono ben individuate nella necessit� che sia garantita un'ampia disponibilit� del docente per i compiti propri della didattica e della ricerca. Le incompatibilit� sancite trovano giustificazione proprio nella considerazione, fondata, della impossibilit� del contemporaneo svolgimento, in modo adeguato, dell'attivit� di docente universitario nei compiti nuovi e complessi ,derivanti dalla riforma dell'ordinamento universitario e dei compiti di notevole impegno connessi alla carica pubblica cui si � eletti nonch� nella natura stessa della carica che esige piena autonomia ed imparzialit�. La norma, altres� si ispira anche a criteri di opportunit� pratica suggeriti, oltre che dalla considerazione dei compiti e del lavoro che impegna il Presidente del Consiglio regionale, anche dall'esigenza di assicurare il buon andamento dell'amministrazione. Il collocamento in aspettativa di ufficio del docente non comprime suoi diritti di elettorato passivo a lui spettanti come a qualsiasi altro PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE cittadino n� coarta la sua volont�. Egli � libero nella scelta e nella autodeterminazione. In definitiva, il diritto di elettorato passivo risulta tutelato in maniera pi� decisa in quanto l'aspettativa che esonera il docente per la durata della carica conferisce allo stesso una maggiore disponibilit� di tempo. La disciplina apprestata dal legislatore � certamente ragionevole. Tanto pi� che al docente posto in aspettativa � consentito di svolgere l'attivit� di ricerca, anche applicativa, ed il lavoro seminariale, nonch� di tenere cicli di conferenze. In tal modo da un verso si � tenuto conto del valore sociale della docenza universitaria e del servizio che il docente pu� rendere in assemblee elettiv� e, dall'altro, del servizio che egli pu� continuare a svolgere nell'universit�, garantendo, cos�, all'universit� l'apporto dell'esperienza civile e politica che il docente compie nel campo politico-amministrativo. In altri termini, � attuato un collegamento tra attivit� reciprocamente utili, dal punto di vista obiettivo e sociale e, per il profilo soggettivo, � realizzato un equo comportamento tra le esigenze, da riconoscersi al docente come a tutti i cittadini, di partecipare alla vita politica con la garanzia dell'accesso alle cariche pubbliche, e le esigenze del mantenimento dei contatti del docente con la vita universitaria alla qual� non rimane estraniato ed assente del tutto, svolgendo un'attivi_t� di docenza, sia pur limitata. Pertanto, nessuna delle norme costituzionali invocate risulta violata, per avere il legislatore stabilitQ, nei confronti di soggetti ai quali il lavoro � assicurato da un rapporto di pubblico impiego, una incompatibilit� volta ad assicurare le finalit� sociali che il tipo di lavoro � diretto a realizzare, e le finalit� pubbliche, con la maggiore efficienza possibile per entrambe. Infine, il giudice a quo ha denunciato la violazione dell'art. 3 Cast. sotto un triplice profilo di disparit� di trattamento: a) che si verificherebbe, senza ragionevole giustificazione, in danno dei professori universitari rispetto agli altri pubblici dipendenti per i quali si applica il regime dell'aspettativa a domanda anzich� quello d'ufficio, sia nel caso di elezione alla carica di Consigliere regionale sia in quello di elezione a11a carica di presidente del Consiglio regiona1e; b) che sussisterebbe nell'ambito della stessa categoria di professori universitari in quanto per i medesimi opera il regime del collocamento in aspettativa a domanda, se eletti consiglieri regionali, e quello del collocamento in aspettiva di ufficio, se eletti, successivamente, alla carica di Presidente del Consiglio regionale, sebbene non vi siano ragionevoli motivi per ritenere che tale carica, rispetto a quella di Consigliere regionale o di Vice-Presidente del Consiglio regionale, comporti oneri pi� rilevanti; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 364 c) che esisterebbe, senza ragionevole giustificazione, tra i professori ordinari ed i professori incaricati, per i quali, non trova applicazione la norma impugnata, nonostante che, in ordine all'esercizio della funzione docente, una sostanziale parit� di condizioni sembri caratterizzare entrambe le categorie e si debba realizzare la stessa ratio legis. ' Come questa Corte, in questione analoga (sent. n. 6/1960), ha g1a ritenuto e gi� si � detto innanzi, il legislatore ordinario, nel disciplinare le modalit� di esercizio dei diritti individuali preveduti dall'art. 51, terzo comma, Cost., pu� emanare norme che si adattino alla possibile diversit� delle situazioni considerate. In altri termini, il legislatore ordinario ha il potere di apprezzare se per talune categorie di dipendenti pubblici ricorrano situazioni particolari che rendano opportuno disporre per esse un trattamento speciale o differenziato che tenga conto della effettiva possibiHt� di esercitare i relativi compiti contemporaneamente all'espletamento di attivit� in altri uffici pubblici o in altre cariche pubbliche. Pu� ritenersi giustificato e razionale il diverso trattamento se�. effet-. tivamente l'appartenente ad una categoria abbia maggiore disponibilit� di tempo rispetto all'altro o se ciascun appartenente ad essa abbia la possibilit� di regolare direttamente le modalit� o l'impiego di tempo per il proprio lavoro (cos� era all'epoca della fattispecie esaminata per i professori universitari rispetto agli altri impiegati pubblici). Ed il trattamento ora previsto per professori universitari (ossia il collocamento in aspettativa di ufficio), rispetto agli altri impiegati pubblici (collocamento in aspettativa a domanda), dal legislatore ordinario nell'esercizio del potere discrezionale a lui attribuito, trova adeguata e razionale giustificazione nella situazione diversa del professore rispetto a quello degli altri impiegati pubblici, che si � venuta a creare a seguito della riforma della docenza universitaria per effetto della legge n. 28 del 1980, nella sua multiforme attivit� didattica. Gli attuali impegni del docente universitario (insegnamento, ricerca, seminari, esami conferenze nella facolt� e nell'istituto o nel dipartimento)esigono orari non sempre predeterminabili con sufficiente anticipo o con un certo margine di certezza, sicch� egli non ha il tempo libero sufficiente per svolgere contemporaneamente anche l'attivit� in uffici o cariche pubbliche, specie se elevate ed impegnative come quella di Presidente del Consiglio regionale rispetto a quella di Consigliere regionale, come gi� si � detto innanzi. Del resto, pu� anche dirsi che la norma di previsione, diversa per gli impiegati pubblici, difficilmente pu� avere pratica attuazione in quanto anche p~r essi, in realt�, � difficile lo svolgimento di attivit� nell'ufficio di appartenenza e nell'ufficio politico-amministrativo cui sono stati eletti. E altres� trova giustificazione razionale il trattamento differenziato, predisposto per i professori universitari, per la elezione alle diverse ca-r ' PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE riche di Consigliere regionale e di Presidente del Consiglio regionale per la diversit� delle cariche e degli uffici. Il Consigliere regionale non ha certo quegli impegni che ha il Presidente del Consiglio regionale, che sono stati partitamente ricordati innanzi, all'interno del Consiglio ed all'esterno; e le due cariche non sono uguali anche per il rango, l'importanza, l'imparzialit� e l'autonomia assoluta che richiedono. La stessa carica di Vice-Presidente � diversa, trattandosi normalmente di un ufficio vicario senza compiti propri, specifici e particolari.. Infine, non sussiste disparit� di trattamento tra i professori universitari e gli incaricati. ' Invero, per gli incaricati stabilizzati sussistono le stesse incompatibilit� ad essi estese dall'art. 118 della stessa legge n. 28 del 1980. Per i non stabilizzati, il diverso trattamento trova razionale giustificazione nella situazione del tutto precaria in cui essi si trovano. I CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 155 -Pres. Elia -Rel. Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Provincia di Bolzano. Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Organi degli enti pubblici locali � Rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici -Necessit�. Gli organi collegiali di amministrazione di tutti gli enti pubblici locali operanti nella provincia di Bolzano devono essere costituiti in modo da assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici; le disposizioni che realizzano tale precetto nelle situazioni specificamente disciplinate devono essere espresse e puntuali. Il CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1985, n. 160 -Pres. e Rel. Elia - Breschi (avv. Emeri) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Stipo). Trentino Alto-Adige � Disposizioni di attuazione dello Statuto � Termine biennale per l'emanazione � Non � perentorio. (Cost., artt. 70, 76, 77 e 87; Statuto T.A.A., artt. 107 e 108; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752).. 366 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Proporzionale etnica -Personale statale -Limitazione all'accesso a titolarit� e dirigenze di uffici " Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 3 e 97; Statuto T.A.A., artt. 89 e 100; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46). Il potere normativo del Governo per l'emanazione (previo parere � della commissione paritetica) delle disposizioni di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige non � venuto meno con il decorso del termine biennale previsto dall'art. 108 di detto Statuto (testo unico). Non contrasta n� con la Costituzione n� con lo Statuto speciale la " disposizione che riserva a taluni dipendenti (assunti prima del 20 gennaio 1970 ovvero residenti nella provinci�i di Bolzano in detta data) di accedere a titolarit� e dirigenze. I Con ricorso notificato il 18 dicembre 1976 e depositato in concelleria il 28 dicembre 1976 il Presidente del Consiglio dei ministri chiedeva dichiararsi l'illegittimit� costituzionale del disegno di legge riapprovato dal Consiglio Provinciale dell'Alto Adige il 1� dicembre 1976 nel testo gi� approvato il 7 ottobre pre�edente -concernente � l'istituzione di un albo professionale per giardinieri �, nella quale tra l'altro: a) si delimi� tavano � ai fini della presente legge � le dimensioni quantitative minime dell'azienda di .giardinaggio (3000 mq. di cui 500 mq. riscaldabiili: art. 1); b) si determinavano i requisiti per l'iscrizione all'albo (apprendistato, frequenza di una scuola professionale, superamento di un esame di abilitazione, attivit� professionale almeno biennale press�o un giardiniere gi� iscritto: art. 2); c> si disciplinava la composizione della Commissione incaricata della tenuta dell'albo (art. 3); d) si poneva l'iscrizione all'albo come condizione essenziale per richiedere le misure di incentivazione pre. viste da leggi provinciali. ' Richiamando i rilievi gi� formulati all'atto del rinvio, il ricorrente, nel presupposto che secondo tale disciplina l'iscrizione all'albo costituisse (secondo fa funzione propria di tutti gli albi professionali) condizione per l'esercizio dell'attivit� di giardiniere, assumeva che la imposizione di siffatte limitazioni al libero esercizio di un'attvit� economica contrastasse sia con l'art. 41 Cost. -per l'assenza di ragioni di pubblico interesse atte a giustificarla --sia, comunque, con l'art. 120, u.c., Cost. eccedendo essa i limiti della competenza regionale. In riferimento, poi, all'interpretazione del disegno di legge posta a fondamento della riapprovazione -secondo cui l'istituzione dell'albo non impedirebbe a chiunque il libero esercizio dell'attivit� di giardiniere, ma avrebbe il solo scopo di individuare i possibili destinatari delle misure di PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE incentivazione per giardinieri -il ricorrente assumeva che il riservare ai titolari di aziende di determinate dimensioni ed in possesso di dati requisiti, non le specifiche misure di incentivazione di volta in volta disposte, bens� -in via preventiva, generale ed astratta -tutte le misure di incentivazione che saranno disposte dalla provincia, sarebbe in contrasto con princ�pi di uguaglianza e di libert� di lavoro (artt. 3 e 4 Cost.); non senza, peraltro, osservare che la suddetta interpretazione era in parte smentita dalla stessa relazione1dell'assessore competente, nella quale era precisato che si intendeva definire l'azienda giardiniera � anche agli effetti delle disposizioni urbanistiche che prevedono per i giardinieri una regolazione particolare per quanto riguarda la concessione di licenze edilizie�. Quanto all'art. 3 del disegno di legge, il Presidente del Consiglio ne enunciava il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale della Regione TT.AA. (d.P.R. 31 agosto 1974, n. 670), in quanto non vi era espressamente stabilito l'obbligo di rispettare, nella composizione della commissione incaricata della tenuta dell'albo, la proporzionalit� tra i gruppi linguistici. L'osservanza della norma statutaria non potrebbe infatti -come pretendeva la Provincia -desumersi per implicito dall'assenza di una espressa disposizione contraria, atteso che con essa era stato posto � non gi� un criterio di interpretazione, bens� un preciso precetto al legislatore regionale o provinciale, di stabilire determinate norme �. Il ricorrente impugnava infine l'art. 2, terzo comma, in quanto con esso, ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione per giardinieri, si attribuivano alla frequenza di un corso di studi all'estero i medesimi effetti della frequenza di un corso di studi italiano: osservando che tale disposizione, pur se non costituiva formale riconoscimento di effetti giuridici ad un titolo estero, invadeva tuttavia una competenza riservata allo Stato. (omissis) Il disegno di legge impugnato, attraverso la istituzione di un albo professionale per giardinieri, persegue, in concreto, lo scopo di predeterminare, verificandone la sussistenza, le � condizioni minime di natura quantitativa (art. 1) e qualitativa (art. 2) � (cosi si esprime l'assessore provinciale per l'agricoltura e le foreste nella relazione al Consiglio chiamato a deliberare per la seconda volta) necessarie per poter � richiedere misure di incentivazione previste da leggi regionali� (art. 4). In altre parole, il disegno di legge in esame non pone vincoli o limitazioni di sorta all'esercizio della professione di giardiniere nella provincia di Bolzano e, anche se la denominazione � albo professionale � intesa nell'accezione tradizionale, pu� indurre in equivoco, non istituisce un ordine o collegio professionale di autogoverno della categoria; intento, questo, non deducibile da alcuna delle sue disposizioni. La normativ� proposta vuole soltanto limitare l'accesso alle misure provinciali di incentivazione a quei giardinieri che � svolgono autonomamente, personalmente e professionalmente � una o pi� delle attivit� in 368 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO essa elencate su una superficie di almeno 3000 mq. riscaldabili (art. 1) e che siano in possesso di determinati requisiti, di preparazione tecnica e professionale, da verificate mediante apposito esame provinciale di abilitazione (art. 2). Tali essendo i contenuti essenziali ed il fine esclusivo perseguito dal disegno di legge proviriciale, ne deriva, de plano, l'infondatezza di quelle tra le questioni sollevate con il ricorso governativo, che investono l'intero disegno di legge in riferimento agli artt. 41 e 120 Cost.. Le censure in esame, infatti, muovono da un equivoco interpretativo, talch�, questo risolto e chiarito che la normativa considerata non pone condizione alcuna per l'esercizio dell'attivit� di giardiniere, ma richiede l'iscrizione all'istituendo albo professionale al solo fine di consentire l'accesso alle misure provinciali di incentivazione, i dubbi di costituzionalit�, proposti dal ricorrente in relazione agli invocati parametri costituzionali, si appalesano privi di fondamento. (omissis) Il governo della Repubblica deduce, infine, l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge impugnato, assumendone il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale di autonomia, dal momento che il legislatore provinciale non ha osservato l'obbligo posto dalla disposizione statutaria per cui � nell'ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti stessi�. La questione � fondata. L'art. 61, primo comma, compreso nel titolo IV dello Statuto speciale di autonomia, concernente gli enti locali, detta una disposizione di carattere generale, di chiusura se si vuole, per cui tutti gli organi di tutti gli enti pubblici locali devono essere costituiti, in forza di una specifica previsione normativa, in modo , tale da assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici. Tanto � ribadito dall'art. 23 del d.P;R. n. 49 del 1973, recante norme di attuazione, che, mentre afferma l'applicabilit� del disposto statutario � soltanto agli enti pubblici la cui attivit� si svolge nella Provincia di Bolzano o in entrambe le provincie della Regione �, precisa che � la composizione degli organi collegiali degli enti � considerati � deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici esistenti nella stessa localit�, quale risulta dall'ultimo censimento della p6polazione �. La provincia di Bolzano -come si ricava dalla gi� richiamata relazione al consiglio provinciale dell'assessore per l'agricoltura e le foreste -riconosce apertamente l'obbligo di osservare la proporzionale linguistica � nella composizione di tutte le commissioni �, ma contesta che sia necessaria una espressa previsione positiva, bastando, a suo giudizio, la mancanza di " espresse disposizioni contrarie �. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDl!NZA COSTITUZIONALE L'affermazione non pu� persuadere, posto che l'art. 61, primo comma; dello Statuto non impone soltanto l'obbligo di applicare il principio di proporzionalit� ma esige, testualmente, che vengano dettate le � norme � atte a renderlo operante nelle situazioni specificamente disciplinate. La Commissione di cui all'art. 3 del disegno di legge provinciale, cui � affidato il co:mpito di � reggere � l'albo professionale per giardinieri, costituisce un organo della provincia, incardinato presso l'assessorato per l'agricoltura e le foreste, le deliberazioni del quale, dotate di indubbia rilevanza esterna, sono ricorribili avanti la giunta provinciale. La commissione � composta di quattro membri, elegge nel proprio seno il presidente, il cui voto prevale in caso di parit�. Tale composizione della commissione, se raffrontata alla consistenza dei gruppi linguistici nella provincia di Bolzano, rende evidente che la disposizione statutaria non � suscettibile di inserzione--automatica nelle singole leggi regionali, talch� � indispensabile che queste predeterminino la regola cui attenersi nella composizione dei collegi, eventualmente anche in riferimento �l ruolo, in ipotesi decisivo, spettante al presidente. In accoglimento parziale del ricorso governativo, si deve quindi dichiarare l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge provinciale. (omissis) II L'ordinanza del Consiglio di Stato propone anzitutto un dubbio di legittimit� costituzionale che investe l'intero d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (in tema di proporzionale etnica negli uffici statali della provincia di Bolzano e della connessa disciplina sul bilinguismo), in quanto esso violerebbe gli artt. 107 e 108 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e 70, 76, 7 e 87 della Costituzione, essendo stato emanato oltre il termine biennale perentoriamente fissato dal cit. art. 108, primo comma. , Del resto, siffatta carenza di potere governativo ad adottare questo particolare atto avente forza di legge vizierebbe, deve � qui aggiungersi, i numerosi decreti presidenziali emessi dopo la scadenza del richiamato termine biennale. Va poi precisato che le modifiche apportate dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, rispettivamente al primo e al secondo comma dell'art. 9 del d.}>.R. 26 luglio 1976, n. 752, non solo lasciano intatta la questione assolutamente preliminare ora evocata, ma non comportano neppure mutamenti di contenuto normativo tali da determinare una restituzione degli atti al giudice a quo per jus superveniens. La questione non � fondata. Da un punto di vista pi� generale, concernente tutte le norme di attuazione degli Statuti delle Regioni' differenziate, pu� affermarsi che il richiamo alla disciplina dell'art. 76 della Costituzione non appare appropriato. Si � sicuramente al di fuori della RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 370 delega legislativa, in quanto norme statutarie di rango costituzionale, attribuiscono poteri legislativi al Governo, che li esercita nel contesto di particolari procedure caratterizzate dall'intervento consultivo di organi cui partecipano mediamente le comunit� interessate. Tale conferimento di competenze di natura legislativa � ha carattere riservato e separato � rispetto a quelle esercitabili, in applicazione dell'ottava disp. trans. Cost., dalle ordinarie leggi della Repubblica (sent. n. 180 del 1980, n. 3 del considerato in diritto); inoltre l'esercizio di tali competenze � consentito al Governo � in via permanente� (sent. n. 212 del 1984, n. 2, in fine, del considerato in diritto). Tale permanenza della particolare fonte � norma d'attuazione � va naturalmente intesa in termini compatibili col nostro sistema; e dunque, in contrasto con il carattere meramente transitorio che si vorrebbe attribuire ad essa, dev'essere riconosciuta fino a che� non �si esaurisca l'attuazione delle norme statutarie. D'altra parte non si vede come, a1 di fuori di una specifica� normativa di r�ngo costituzionale, sarebbe pose sibile prevedere un procedimento di legislazione parlamentare che mantenesse .gli elementi di compartecipazione regionale e di intervento governativo ora previsti. Naturalmente gli argomenti di natura generale, ora addotti per escludere che sia qui accettabile lo schema della delega in cui il Consiglio di Stato inquadra le norme di attuazione, non toccano l'eccezione avanzata in ordine alla violazione del termine biennale ex art. 108, primo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige. Tuttavia, anche l'affermazione del carattere perentorio di detto termine non risulta fondata per chi legga i tre commi del successivo art. 109 in stretto collegamento, com'� necessario, con la prescrizione del pi� generale disposto sul biennio di cui all'art. 108, primo comma. Infati, soltanto nelle due fattispecie relative alla indicazione dei beni d'interesse nazionale appartenenti al patrimonio storico ed artistico nonch� all'ordinamento scolastico ex art. 19 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, la norma statutaria fa derivare determinati effetti dalla mancata emanazione delle norme di attuazione entro il termine preveduto: e cio� che le province possano assumere con legge le funzioni amministrative relative a tali materie. Nella ipotesi pi� comprensiva dell'art. 108, nessuna conseguenza � ricollegata all'inutile decorso del termine: e del resto, nemmeno nelle fattispecie di cui all'art. 109, � previsto il venir meno del potere normativo del Governo, ma si fa luogo al deterrente (risultato efficace) della facoltizzazione delle province ad assumere con legge l'amministrazione nei settori ora indicati. Dall'inutile decors�o del termine ex art. 108, primo comma, pu� sicuramente trarsi motivo per far valere la responsabilit� politica del Governo, che, a termini dell'art. 108, secondo comma, dovrebbe emanare le norme d'attuazione, prescindendo dal parere della Commissione pari PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tetica istituita a norma dell'art. 107, quando questa non abbia emesso i pareri nei primi diciotto mesi del biennio: ma le Camere, lungi dal far valere tale responsabilit�, si sono limitate nel 1980 e nel 1981 a sollecitare il Governo ad adottare le residue norme di attuazione (cfr. ordine del giorno approvato dal Senato il 9 dicembre 1980) o a richiedere iniziative del Governo stesso le quali presupponevano il protrarsi del potere governativo in materia (cfr. ordine del giorno approvato dalla Camera dei deputati il 7 0ttobre 1981). D'altronde era logico attendersi che cos� si comportasse un Parla , mento che nel dicembre del 1969 aveva assentito alla proposta globale (o �pacchetto�) pres�ntato dal Governo per superare le difficolt� della questione alto-atesina. Parte non secondaria di tale proposta era rappresentata dalla differenziata previsione dei diversi tipi di norme che dovevano servire ad introdurre nel nostro ordinamento le numerose misure ampliative dei poteri delle province: distinguendosi misure da introdurre con norme costituzionali, misui;-e da adottare con norme di attuazione dello Statuto speciale cosi profondamente modificato e misure da adottare con appositi provvedimenti legislativi (cfr. principalmente L. 11 marzo 1972, n. 118). Orbene, l'assegnazione del tipo di fonte ai vari gruppi di misure appariva tutt'altro che causale, specie se si considera il particolare tipo di procedimento che precede l'emanazione delle norme d'attuazione Neppure � casuale che fin qui il Governo non abbia mai ritenuto di procedere alla deliberazione su tali norme prescindendo dal parere della Commissione paritetica, come avrebbe ben potuto a norma dell'art. 108, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alt� Adige. Va poi aggiunto che leggi statali successive alla scadenza del biennio (20 gennaio 1972 -20 gennaio 1974) si riferiscono comprensivamente, per il passaggio di Uilteriori funzioni alle Regioni differenziate e alle province, alla procedure prescritte in ogni singolo Statuto e nelle relative norme di attuazione (cfr. art~ 2, primo comma, L. 23 dicembre 1975, n. 698, sullo scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'ONMI; art. 1, primo comma, della L. 23 dicembre 1975, n. 745, sul trasferimento di funzioni statali alle Regioni e sulle norme di principio per la ristrutturazione regionalizzata degli istituti zoop~filattici sperimentali; e soprattutto art. 80, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale). Infine, sarebbe davvero da considerare assai disarmonica nel nostro ordinamento una situazione nella quale gli enti dotati della pi� ampia autonomia costituzionalmente garantita (e cio� le Province di Trento e di Bolzano) non avessero aperitio oris nei procedimenti di attuazione delle norme statutarie a seguito della perentoriet� del termine biennale di cui all'art. 108, primo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, diversamente da ci� che si verifica per altre regioni a Statuto speciale come la Sicilia, la Sardegna e il Friuli-Venezia Giulia. Ma, come si � RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO. 372 visto, tale disarmonia non esiste e non gi� perch� ci si debba rassegnare ad una situazione di fatto ormai consolidatasi nel periodo ultradecennale seguito al 20 gennaio 1974: ma perch� i dati normativi richiamati convincono che il termine, fissato per motivi politici facilmente intuibili, ha natura mera;lllente ordinatoria. Si pu� ora passare all'esame delle questioni concernenti norme specifiche del d.P.R. n. 752 del 1976. Il ricorrente al Consiglio di Stato, si. duole di non essere stato ammesso a concorrere al posto di titolare del Deposito Personale Viaggiante FF.SS. di Bolzano e chiede l'annullamento del foglio disposizioni n. 46 in data 1 aprile 1978 emesso dal Compartimento di Verona, con il quale si limitava la partecipazione al concorso interno ai soli dipendenti che si trovassero nelle condizioni previste dagli artt. 9 e 46 del d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752. In subordine il ricorrente ha chiesto che il Consiglio di Stato sollevasse questione di legittimit� costituzionale (oltre che dell'intero decreto per i motivi gi� esaminati) degli artt. 9 e 46 del citato d.P.R. n. 752 del 1976, in quanto la facolt� riconosciuta ai membri del gruppo di lingu� tedesca di usare la loro lingua nei rapporti con i titolari degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione operanti nella provincia di Bolzano non imporrebbe affatto a tutti i pubblici dipendenti la conoscenza della lingua tedesca e non giustificherebbe le limitazioni alla progressione in carriera dei dipendenti di.lingua italiana gi� in ruolo in tale provincia, limitazioni disposte appunto con le norme impugnate. Il Consiglio di Stato giudica non manifestamente infondata la questione, sia per l'argomentazione svolta dal ricorrente � precipuamente in ordine all'art. 100 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige�, sia per quella svolta dallo stesso Coni;iglio in ordine all'art. 89 del Testo Unico: con gli artt. 89 e 100 1del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige si porrebbero �dunque in contrasto gli artt. 9 e 46 del cit. d.P.R. n. 752 del 1976. Ma gli argomenti addotti dal ricorrente come dal Consiglio sembrano fondarsi in parte su un equivoco ed in parte su affermazioni che non possono essere accettate. Il problema dell'uso della lingua tedesca non pu� essere evocato in questa circostanza, dato che nel caso sottoposto al .Consiglio di Stato si tratta soltanto di realizzare le 'precondizioni perch� si creino posti da assegnare secondo il criterio della proporzionale etnica di cui all'articolo 89 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige. � solo nella fase delle conseguenti assunzioni che assume rilievo il requisito del bilinguismo. D'altra parte si deve premettere che con l'art. 8 del d.P.R. n. 752 del 1976 sono stati istituiti i ruoli locali e sono stati riservati i posti f:] previsti nei ruoli stessi agli appartenenti ai gruppi linguistici in conformit� ~; ~ P: 1: ~ . I 1111a1111~111~11111�11111111:1111111111111111,4r11111�1111:ra1' PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE ai criteri delila proporzionale etnica. Si tratta dunque cli raggiungere pro gressivamente �l'obiettivo prefissato nell'art. 89 del Testo Unico delilo Sta� tuto del Trentino-Alto Adige (e cio� la occupazione dei posti vacanti nei locali) riducendo gli ostacoli derivanti da situazioni soggettive meno qualificate di altre ritenute degne di maggior protezione. In questa prospettiva le norme di attuazione dello Statuto, come mo� dificato nel 1971, hanno tutelato in misura maggiore (in ordine alle possibilit� di progressione in carriera) il personale gi� in servizio alla data del 20 gennaio 1972 o assunto successivamente entro la data del 30 novembre 1976 (giorno dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 752), purch� fosse gi� residente nella provincia di Bolzano alla data suddetta (e cio� 20 gern)aio 1972). Il criterio di delimitazione del personale �ad esaurimento� (e il d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, reca conferma di questa interpretazione) non appare arbitrario in quanto ricollegato alla entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 1971 e finalizzato alle possibilit� di effet� tive assunzioni dei nuovi ruoli locali. Le limitazioni prodotte da tali norme a danno del personale di lin� gua italiana, che non si trovasse in possesso dei requisiti di cui agli artt. 9 e 46 del d.P.R. n. 752, potranno tutt'al pi� essere ritenute praeter statutum, ma non contra statutum, in quanto mirano, con uno dei mezzi offerti alla discrezionale scelta del legislatore, a realizzare gli obiettivi fissati nell'art. 89 Statuto. Da questo punto di vista, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, si rimane nell'ambito della � attuazione � , e non si violano nemmeno i principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costi tuzione. In effetti tale eccezione mira innanzitutto a contestare, alla luce del l'art. 3 della Costituzione, la disparit� di trattamento (e la sua irragio nevolezza) operata fra i dipendenti dei vari gruppi linguistici. Ma il sa� crificio consistente nella impossibilit� di occupare talune delle � titolari� t� e dirigenze � libere per alcuni dipendenti in servizio prima della en trata in vigore del d.P.R. n. 752 non risulta in contrasto con norme statutarie o con norme costituzionali in conseguenza della presa in consi derazione � retroattiva � da ,parte del legislatore di taluni presupposti temporalmente individuati riguardo ad un assetto dei ruoli, ritenuto es senziale rispetto allo scopo perseguito dal precetto statutario. Va infatti �sottolineato: che valutazioni ex post di presupposti ante� riormente venuti in essere al fine di statuire conseguenze nuove sono consentite dall'ordinamento alla legge anche se ci� induce vera e propria retroattivit�, giustificata nella specie dal conseguimento di obbiettivi imposti da norme di grado superiore; e che, anche di fronte a casi di vera retroattivit�, situazioni del genere, specie in fasi transitorie, non sono sconosciute nella disciplina dei rapporti di pubblico impiego, n� sono tutelate come diritti quesiti. (omissis) 374 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STA'fO Tuttavia la pronuncia di non fondatezza in ordine alle questioni sollevate dall'ordinanza del Consiglio di Stato non esime dal rilevare che i problemi concemenfr l'applicazione dei principi sulla proporzionale etnica vanno affrontati tenendo conto di molteplici fattori, il che non significa o non comporta intenzioni o volont� elusive dei principi stessi accolti nello Statuto come modificato nel 1971. In particolare il primo comma dell'art. 46 del d.P.R. n. 752 prevede in modo espresso che le quote di cui al terzo comma dell'art. 9 dello Statuto devono essere raggiunte progressivamente entro un congruo termine. Ci� consente, come dimostrano anche talune disposizioni del gi� citato d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, discipline transitorie e aggiustamenti in itinere, dettati da esigenze di gradualismo e da necessit� di funzionamento dei servizi pubblici. N� va d'altronde dimenticato che, come emerge anche dall'accordo di coalizione per la IX Legislatura, adottato dalla maggioranza del Consiglio provinciale (cfr. Bollettino della Provincia Autonoma, 1984, fascicolo n. 36-37, pag. 23), l'applicazione dell'art. 15 dello Statuto in tema di edilizia agevolata si � svolta ripartendo i mezzi agevolativi in deroga al criterio di proporzionalit� alla consistenza numerica dei singoli gruppi linguistici ed in favore del gruppo maggioritario nell'ambito della provincia. CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 156 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli Ducci -Scotto ed altri (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Baccari). I Tributi in genere -Riforma tributarla � Decreti delegati integrativi o correttivi � Legittimit� costituzionale � Parere della commissione interparlamentare dei Trenta � Onere di motivare gli scostamenti dal parere -Non sussiste. I II (Cost., artt. 76 e 77; I. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17; I. 24 aprile 1980, n. 146, art. 48; d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27), ! i Quando proroga il termine per l'esercizio di una delega legislativa o fa rivivere una delega ormai scaduta, il Parlamento implicitamente conferma i criteri e i principi direttivi posti con la originaria legge I delega. Il Governo non � tenuto ad esternare le ragioni per le quali si discosta dal parere reso sullo schema di decreto delegato da commissione parlamentare (nella specie, la cosiddetta commissione dei trenta) (1). (1) Com'� noto, per J.e materie comprese nelrambito della ~egge n. 825 del 1971 (riforma tributaria), � stata attribuita e pi� volte prorogata delega ad emanare decreti � correttivi ed integrativi� degli originari decreti delegati del 1972-73, esauritasi alla f.�ine del 1982 (e per� in parte ripristinatJa nell'aprile 1984 nel quadro delila compil:azione dei resti unici}. S evidente come l'ampiezza, l'ARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 375 Sei sono le questioni formalmente sottoposte all'esame di questa Corte. Con Ja prima si chiede se contrasti o meno con gli artt. 76 e 77, primo comma, della Costituzione l'art. 27 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, nella parte in cui fissa a settantacinque anni iI limite di et� per far parte delle Commissioni tributarie; per il dubbio eh~ taJe norma -abTogando l'art. 45, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che aveva fissato tale limite a settantotto anni -ecceda dalla delega concessa al Governo dalla legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Riforma tributaria), violando, con l'emanazione reiterata di due norme di contenuto contrastante nella stessa materia, il principio della istantaneit� e non reiterabilit� dell'esercizio della delega. Una delle caratteristiche essenziali d�lla delega del potere legislativo -argomenta il giudice a quo -sarebbe infatti l'istantaneit� del suo esercizio, nel senso che il Governo pu� s� rivedere una disciplina vasta e complessa in pi� testi normativi, anche a distanza di tempo, purch� si tratti di disposizioni logicamente diverse e non incompatibili tra loro, ma non pu� una volta posta una norma per determinati fini, valersi ancora della stessa delega originaria per abrogarla. N� si pu� considerare la norma impugnata semplicemente correttiva -si legge nell'ordinanza -in quanto essa anzich� confermare sostanzialmente il disposto della norma originaria -come sarebbe proprio delle norme correttive -la capovolge radicalmente, privando determinati soggetti, tutti inequivocabilmente identificabili, del titolo a mantenere ed esercitare un munus publicum che la norma originaria aveva loro attribuito. e non solo temporale, di tale delega legislativa avrebbe potuto consdgtiare misure costituzionali adeguate ('ad esempio I'obbli.go di richiedere, sugli schemi di decreto delegato, il previo parere � tecnico � del Consiglio dd Stato e/o dell'Avvocatura delJ.o Stato da trasmettere alla �commissione dei trenta�) anche per compensare la pratica impossibi1it� -solo per la �parte � amministrazione (non certo per i contribuenti) -di prospettare questioni di legittimit� costituzionale. Quanto alla � commissione dei trenta�, trattasi di organo composto da parlamentari non neclessiariamente disposti ad dmpegnarsi su questioni che, per dl linguaggio usato e per la complessit� dell.e normative, assumono aspetto (ma solo aspetto) �� tecnico�. Si � invece preferito, malgrado al Presidente del Consiglio dei Ministri fosse attribuita la competenza a formulare la � proposta � di decreto delegato, delegare di fatto il compito di eleborare i testd ad un organo, il Comitato tecnico per la riforma tributaria (pertinente sarebbe a questo punto ricordare HABERMAS, Sfera pubblica, in Cultura e critica, Einaudi, 1980). Sul secondo periodo della massima Si segnala che la " commissdone dei trenta,., ancorch� -come si � detto -composta da parlamentari, ha natura di organo consultivo del Governo e cio� di organo ausiliario dell'Esecutivo. 376 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Alla violazione del medesimo principio si ricollega anche la seconda .questione, con fa quale si chiede se contrasti o meno con fo stesso art. 76 della Costituzione l'art. 17, secondo comma, della citata legge di delega n. 825 del 1971, nella parte in cui consente al Governo di adottare a distanza di tempo disposizioni di contenuto contrario nella stessa materia (artt. 45 d.P.R. n. 636/1972 e 27 d.P.R. n. 739/1981). In sostanza secondo il giudice a quo -o � stato il Governo ad eccedere dalla delega ricevuta esercitandola reiteratamente con l'ymanazione di norme contrastanti (prima questione) o � stato lo stesso Parlamento a conferire una delega eccedente i limiti fissati dall'art. 76 della Costituzione (seconda questione). �Entrambe le questioni sono infondate. Quando alla prima occorre osservare che la legge di delega n. 825 del 1971 aveva per oggetto l'attuazione di un riforn1a ampia e complessa che copriva l'intera materia del prelievo fiscale, per cui lo stesso legislatore delegante previde la necessit� di emanare, nei termini di tempo prefissati e in conformit� di determinati principi direttivi indicati dal Parlamento, pi� provvedimenti normativi delegati. Ed occorre soprattutto ricordare che la delega originaria � stata pi� volte rinnovata per mezzo di . successive leggi di proroga, in virt� di una delle quali (legge 24 aprile 1980, n. 146) � stata prodotta la norma impugnata. Ben poteva perci� il Governo legiferare in una materia cos� vasta e complessa con pi� testi normativi emanati anche a distanza di tempo, �di tal che viene a cadere il primo dubbio sollevato dail giudice a quo: che cio� l'impugnato art. 27 sia stato emanato senza il sostegno di una delega. N� maggior fondamento ha l'altro profilo prospetto dal Consiglio di Stato: che cio� il Governo, pur essendo legittimato dalla legge di delega ad emanare pi� disposizioni nella stessa materia a distanza di tempo, abbia ecceduto con la norma impugnata i limiti di tale delega. Questa, infatti, disponeva all'art. 17, secondo comma, che il legislatore delegato aveva la facolt� di emanare ulteriori � disposizioni integrative e correttive � delle prime, � nel rispetto dei princlpi e criteri direttivi �, anche con uno o pi� decreti successivi. Ora -secondo il giudice a quo -l'art. 27 non sarebbe una norma correttiva o integrativa, ma sostanzialmente modificativa, tale quindi da travalicare i limiti della delega fissati dal Parlamento. Senonch� tale valutazione sulla natura della norma delegata non pu� essere seguita. Nel primo esercizio della delega, infatti, il Governo dispose all'art. 45, secondo comma, del d.P.R. n. 636 del 1972 che �nella prima applicazione del decreto � il limite di et� per i componenti delle commissioni tributarie, stabilito nel terzo comma dell'art. 10, ven�va elevato di tre anni. Ed ! I ! PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE il terzo comma r dell'articolo citato fissava tale limite a settantacinque anni. La regola, quindi, per la cessazione dall'ufficio era -nella normativa delegata -il raggiungimento del settantacinqueshno anno di et�. Solo in via transitoria ed eccezionale, cio� per la prima fase di applicazione della nuova normativa, tale limite veniva portato al settantottesimo anno di et�, allo scopo evidente di assicurare una continuit� di esperienza giurisprudenziale nella fase delicata di transizione dalla vecchia alla nuo va disciplina fiscale. La norma impugnata del d.P.R. n. 739 del 1981 non fece che ripri stinare la regola generale di cui all'art. 10 del decreto del 1972. Tale norma aveva quindi il carattere di norma integrativa, la cui emanazione era consentita al Governo dall'art. 17 della legge di delega. Una volta, infatti, che lo stesso legislatore delegato, nel pieno eser cizio della delega ricevuta, .abbia esplicitamente prodotto una norma per disciplinare una certa materia soltanto nella fase iniziale di applica zione di una normativa riformatrice, rientra nei poteri dello stesso le gislatore delegato, conferitigli nehla stessa fogge �di delega, integrare -sen za necessit� di una delega ulteriore o di fissazione di ulteriori criteri o princ�pi direttivi -la norma transitoria iniziale con norme di contenuto anche diverso, al fine di coprire il vuoto normativo che altrimenti si produrrebbe con la cessazione della prima fase di applicazione della riforma. N� pu� essere sottratta allo stesso legislatore delegato la valu. tazione discrezionale del momento in cui la fase iniziale di applicazi6ne deve ritenersi esaurita, dato che� il Parlamento stesso -come nel caso in esame -gli ha conferito tale discrezionalit�. Il fatto poi che'le norme delegate, pur nel rispetto dei princ�pi direttivi e criteri fondamentali, siano state emesse, sempre per lo stesso oggetto, a dieci anni di distanza (la legge di delegazione � del 1971 e la disposizione impugnata del 1981) non basta a far ritenere che nella specie si sia in presenza di un vero e proprio trasferimento delle funzioni legislative dal Parlamento al Governo e non soltanto di una normale delega, dal momento che il Parlamento, nel conced~re in modo reiterato la proroga del termine per l'emanazione dei provvedimenti delegati (come poteva certamente fare giacch� l'organo che ha l'autorit� di fissare una scadenza pu� anche prorogarla) ha pur sempre effettuato le proprie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni dettate dall'art. 76 della Costituzione. N� tale facolt� di valutazione discrezionale del legislatore viene meno nell'ipotesi di proroga di un termine quando questo sia gi� scaduto, non essendovi alcun ostacolo di natura costituzionale che impedisca al legislatore ordinario di far rivivere retroattivamente una delega ormai scaduta. Con la terza questione si domanda alla Corte se il citato art. 17 della legge n. 825 del 1971 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, 378 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella parte in cui ammette interventi integrativi e correttivi ad opera del legislatore delegato senza specificare i princ�pi e i criteri direttivi da osservare in detti interventi; per il dubbio che tale disposizione violi il principio della necessaria conformit� delle leggi delegate alle finalit� delle rispettive leggi di delegazione. Anche detta questione non � fondata poich� lo stesso art. 17, nell'autorizzare il Governo ad emettere uno o pi� provvedimenti delegati, ha espressamente stabilito che tali provvedimenti dovevano attenersi ai princ�pi e ai criteri direttivi determinati dalla stessa legge di delega n. 825 del 1971. Alla quarta questione sottoposta all'esame della Corte (se contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione l'art. 48 della legge 24 aprile 1980, n. 146, nella parte in cui proroga ulteriormente fino al 31 dicembre 1982 il termine per l'esercizio della delega previsto dalla legge n. 825 del 1971, malgrado il termine, ripetutamente prorogato, __fosse gi� scaduto) si � gi� data risposta, cosicch� anch'essa risulta non fondata. (omissis) L'ultima questione so1levata � se 'lo stesso art. 27 del d.P.R. n. 739 del 1981 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, nella parte in cui fissa il predetto termine d'et� malgrado il parere contrario dell'apposita commissione parlamentare, violando cos� senza una adeguata motivazione i princ�pi e i criteri direttivi stabiliti dal legislatore delegante con l'articolo 17, primo comma, della legge n. 825 del 1971. ~che tale questione non � fondata. Infatti il Governo, nell'adottare il decreto n. 739 del 1981, ha preventivamente richiesto il parere della commissione parlamentare, cos� come prescriveva la legge di delega. Poich� talle pa:rere non era per� vincolante, iJ. solo fatto che il legislatore delegato non abbia dato motivazione della ragione per cui se ne � discostato, non pu� costituire motivo di incostituzionalit�. CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 159 -Pres. Elia -Rel. La Pergola -Agnesi Giuseppe ed altri (avv. Stendardi e Pompeo Magno) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Salimei). Giustizia amministrativa -Giurisdizione del tribunali amministrativi regionali -Non � derogata dalle dlsposiziolli sul processo tributario. Tributi locali -Imposizione sui fabbricati � Non � irrazionale. La giurisdizione di annullamento dei T.A.R. trae diretto fondamento dal testo costituzionale e non pu� ritenersi intaccata dalle norme sul contenzioso tributario; non spetta pertanto alle commissioni tributarie la cognizione delle controversie aventi ad oggetto le delibere comunali istitutive della SOCOF (1). (.1) Il principio cos� ,affermato, pervero in modo molto oauto (�la Corte non ravvisa ragioni per cMsaittendene le conclusioni del giudice amministra PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 379 Dovendosi presumere che i fabbricati ricevano (pi� di ogni altra fonte di reddito) particolari benefici dalle attivit� svolte dal comune, non � irrazionale imporre ad essi soltanto il carico di una imposta locale; n� irrazionale �. stante l'autonomia dei comuni, che detta imposta sia applicata con aliquote differenziate .a seconda del comune di localizzazione di ciascun fabbricato (2). La presente questione di legittimit� costituzionale investe l'art. 19 ed altre disposizioni del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni nella legge 26 aprile 1983, n. 131, che disciplinano la sovraimposta comunale sui fabbricati (cd. SOCOF). La normativa ivi posta � denunziata dal TAR/ della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in riferimento agli artt. 3, 23 e 53 Cost. e dal TAR del Veneto. Quest'ultimo collegio deduce come si spiega in narrativa, la violazione dell'art. 53 Cost. (omissis) Va anzitutto esaminata l'ammissibilit� delle questioni poste alla Corte. Nel giudizio introdotto dal TAR di Brescia, l'Avvocatura dello Stato ha eccepito che, in materia di sovraimposta comunale, la cognizione attribuita alle �commissioni tributarie si esercita, senza che venga in rilievo la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, anche con riguardo alle controversie, non importa se autonomamente proposte, le quali concernono solo la legittimit� del provvedimento istitutivo del tributo. Posto ci�, la questione sarebbe stata sollevata da un collegio carente di giurisdizione e comunque senza aver delibato il dedotto profilo d'inammissibilit�. Il pregiudiziale problema sollevato dall'Avvocatura non � tuttavia sfuggito all'attenzione del TAR del Veneto. Questo ultimo collegio afferma al riguardo che il giudizio principale verte sulla delibera istitutiva tivo �), non esclude che .possano aversi deroghe alla � generale � giurisdizione amministrativa (dei T.A.R. e del Consiglio di Stato) nei oasi di dipendenza di una controvemia iin astratto � da giudioe amministrativo ,, dall'esito di una controversia tributaria fad esempio, per .i provvedimenti di sospensione da albo professionale dipendenti da omessa fatturazione od omessa registrazione di fatture emesse o :r�cevute). rutenere diversamente condurrebbe alla necessit� di costose e compiioate � pregiudiziali "� (2) La pronuncia riveste una dmportanza che va ben al di l� della SOCOF (come noto, risoltasi in una imposta una tantum) e sembra recepire l'opinione di quanti auspicano una maggiore estensione della imposizione locale. Pervero, l'esperienza amministrativa della SOCOF ha evidenzdato le difficolt� e le inadeguatezze di gestione di una imposizione (ancorch� avente struttura oltremodo semplice) affidata agli oltre 8.000 oomum italiani. Preliminare ad un rilancio della ftisca1it� locale dovrebbe essere una riconsiderazione della � di� mension� ottimale� (sotto un profilo aziendalistico) dell'ente impositore; una siffatta indagine potrebbe condurre a rivitalizzare le province, tra l'ailtro meno esposte aille pressioni ed ad risentimenti dei contribuentd di quanto non siano le ammmdstrazioni dei piccoli comuni. 380 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO della sovraimposta, quindi su un atto amministrativo generale. La giu risdizione di annullamento del TAR, soggiunge il giudice a quo, trae nella specie diretto fondamento dal testo costituzionale e non pu�, anche ai sensi della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Commissione tributaria centrale, ritenersi intaccata dai distinti e autonomi poteri di cognizione attribuiti agli organi del contenzioso tributario. La Corte non ravvisa ragioni per disattendere le conclusioni del giudice amministrativo, d'.altronde sorrette dalle prev�sioni dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972. n. 636, come sostituito dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739. Recita in fatti tale disposizione: � Gli atti generali, se ritenuti illegittimi, sono di sapplicati daHa commissione in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente�, (omissis) Le residue questioni vanno esaminate nel merito. Lo strumento tributario di cui si controverte -giova subito ricor dare -rientra in un contesto di misure legislative, cne conrer1scono agli enti locali il potere di istituire nuovi tributi: e cio�, non solo la sovraimposta in discorso ma anche l'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, nonoh� -dove si tratta della provincia -l'aumento della tariffa di soggiorno (cfr. art. 24 del d.l. n. 55 del 1983). A proposito della SOCOF, il d.l. n. 55 del 1983 prevede poi, analogamente a quanto dispone l'art. 5 bis del d.l. n. 786 del 1981 in relazione all'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, che l'ente interessato, istituito il tributo, possa ricevere, alle condizioni previste dalla legge, un contributo statale integrativo. Il Comune che delibera l'istituzione della SOCOF ha titolo per iscrivere nel bilancio di previsione un'entrata pari ad una percentuale di trasferimenti statali ordinari, contemplata nell'art. 7 dello stesso d.l. n. 55/1983; l'ammontare della percentuale aumenta in ragione dell'aliquota fissata, che pu� essere, �secondo la deliberazione rimessa al Comune, dell'8%, del 12%, del 16% e del 20%. All'ente impositore che abbia istituito anche l'ac;ldizionale sul consumo dell'energia elettrica, spetta un contributo statale integrativo, pari alla differenza fra l'entrata iscritta in bilancio e il gettito della sovraimposta, se inferiore. A tutti i Comuni che deliberano l'istituzione della sovraimposta � comunque concesso un altro contributo integrativo, che progredisce -sempre secondo l'entit� dell'aliquota applicata -dal 40% sino al 100% delle rate dei mutui, il cui ammortamento abbia inizio nel 1983. Cos� strutturato, il tributo adempie alla funzione di adeguare il livello delle spese del Comune al costo crescente dei servizi, senza compromettere il pareggio del bilancio dell'ente autonomo -punto, questo, ormai fermo nell'attuale assetto della finanza locale -e senza d'altra parte onerare il bilancio dello Stato di ulteriori aggravi, diversi dai contributi integrativi che hanno la specifica destinazione sopra richiamata. Ora, ad avviso di tutti e due i giudici di merito, il restituire ai Comuni iniziativa, o discrezionalit�, nell'esercizio della potest� di imposizione fiscale serve al lecito e utile scopo di contenere l'onere gravante sul il i: " � PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE bilancio statale, e di stimolare la responsabilit� degli amministratori locali, attingendo alla .capacit� contributiva di quanti traggono beneficio dal funzionamento degli enti autonomi. In sostanza, sarebbe dunque corretto il fine dell'imposizione, ma incostituzionale il mezzo adoperato dal legislatore fiscale per conseguirlo. E per vero, l'illegittimit� della norma impositiva � prospettata sulla base di due distinti ma convergenti ordini di rilievi. Da un canto si denunzia, com'� stato premesso, la violazione della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali; e per questa via si affaccia altres� il sospetto dell'ingiustificata disparit� nel trattamento dei contribuenti, che differirebbe da un Comune all'altro senza la guida di idonei ed uniformi criteri, con la conseguente lesione dei precetti stabiliti nell'art. 53 Cost., D'altro lato, si deduce che il principio di eguaglienza e della capacit� contributiva risultano offesi -quest'ultimo principio anche sotto il riflesso del carattere non progressivo del tributo per avere il legislatore deviato dalle finalit� perseguite, concentrando la pressione fiscale su una sola qualit� del reddito, irrazionalmente discriminata dal reddito di pari quantit�, che deriva da altre possibili fonti di prelievo. L'uno e l'altro ordine di considerazioni non possono, tuttavia, essere condivisi. Va anzitutto disatteso l'assunto che la previsione dell'art. 19, primo comma, vulneri la riserva di legge contemplata nell'art. 23 Cost. La prestazione pecuniaria, pur quando si configuri come onere fiscale in senso proprio, � imposta � in base � alla."legge, come prescrive il suddetto precetto costituzionale, ogni qualvolta sia adeguatamente delimitata la discrezionalit� dell'ente impositore, che non pu�, n� deve, mai trasmodare in arbitrio. Questo requisito � soddisfatto nel caso in esame. La disposizione censurata individua l'oggetto della sovraimposta, ne fissa non solo l'aliquota pi� elevata ma tutte le altre applicabili a scelta del Comune, regola gli adempimenti dell'autorit� impositrice e del soggetto passivo. Circondata da tali cautele; la previsione, deHa potest� impositiva non pu� certo risolversi, come sospetta il giudice a quo, in una delega in bianco al Comune, anche se lascia all'ente autonomo la facolt� di istituire, oppur no, la sovraimposta. N� si pu� obiettare che l'esercizio dei poteri di autonomia qui riconosciuti ail Comune finisce in ogni caso per trascendere li corretti confini della discrezionalit�, in quanto non � anc()rato dalla legge ali'� oggettiva � insorgenza di � fatti modificativi della realt� economica �. Cos� ritiene la difesa di parte privata, secondo la quale la norma censurata demand. a l'istituzione della sovraimposta in ogni Comune esclusivamente al soggettivo apprezzamento dell'esigenza di maggiori entrate da parte della maggioranza consiliare. Nel caso in esame, per�, anche al lume della pregressa giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 257/1982), l'imposizione del tributo � giustif�icata, non solo dal perseguimento di run'esigenza di indubbio rilievo costituzionale, qual'� quella dell'autonomia locale, ma anche dall'adozione di criteri normativi che rispondono ai dettami del 382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I I {:: l'art. 23 Cost.: criteri, i quali andranno di volta in volta applicati in rap� ~= porto sia al fabbisogno del Comune, _sia al contributo esigibile dai possessori di reddito da fabbricato nel relativo territorio. Detto ci�, vien meno qualsiasi ragione per ritenere irrazionale la differenza nel trattamento dei contribuenti, che deriva dalla scelta compiuta da ciascun Comune, in ordine all'applicazione della sovraimposta, nella I propria sfera territoriale. Siamo di fronte alle inevitabili conseguenze del fatto che gli enti impositori godono di autonomia e possono esercitarla :i� I secondo diverse valutazioni e delibere, senza che ci� comporti offesa degli invocati parametri (cfr. sen.ze nn. 51/1960, 64/ 1965 e 113/1970). Identica conclusione deve adottarsi con riguardo all'irrazionalit� che il TAR di Brescia ravvisa, sempre per impugnare il diseguale trattamento dei co;p.tribuenti, nel sistema di applicazione delle aliquote. (omissis) L'imposizione non � arbitraria nemmeno sotto il profilo della discriminazione -come si afferma nei provvedimenti di rinvio, solo qualitativa -del reddito da fabbricato rispetto al reddito derivante da altre fonti. Il nucleo essenziale delle censure sta, si diceva, nel dedurre l'incongruenza della soluzione accolta nella normativa in esame rispetto alle finalit� contemplate dal legislatore col ripristinare la potest� impositiva del Comune. Ma la tesi cos� prospettata all'attenzione della Corte non � sorretta da alcun motivo che escluda ogni plausibile giusti~cazione per la scelta normativa di cui si dolgono i giudici rimettenti. Il TAR della Lombardia osserva in proposito che il gettito della sovraimposta gravante sui possessori di fabbricati � destinato non ad uno scopo che interessi questa sola particolare categoria di soggetti ma, in modo indifferenziato, ad accrescere le entrate comunali. Il rilievo �, per�, non decisivo e troppo generico, giacch� potrebbe esser mosso ad ogni tributo, che non si estenda indistintamente a tutti i beneficiari dell'attivit� gestionale. dell'ente impositore. Esso non acquisterebbe consistenza, va precisato, nemmeno se basato sulla sottintesa convinzione che la capacit� contributiva sia manifestata dal godimento di pubblici servizi. Tesi del genere non hanno trovato ingresso nella precedente giurisprudenza (cfr. sent. n. 201/1975), che la Corte ritiene di non dovere ora rivedere. L'argomento che si vorrebbe trarre dalla destinazione del gettito non vale, comunque, a dimostrare che il legislatore fosse secondo Costituzione vincolato a dilatare oltre i limiti previsti la cerchia dei soggetti passivi del tributo. D'altra parte, anche a ricostruire lo scopo della sovraimposta come ritiene ~l TAR di Brescia, non si pu� convenire con il detto collegio che il legislatore abbia fatto un uso arbitrario della sua discrezionalit� nell'individuare i cespiti rilevatori di capacit� contributiva. Non �, infatti, come si osserva dal giudice a quo, manifestamente irrazionale, presumere che i fabbricati ricevano, pi� di ogni altra fonte di reddito, particolari benefici dai servizi e le attivit� gestionali dell'ente autonomo. L'inidoneit� del soggetto a corrispondere l'onere imposto � stata determinata, certo, PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE discriminando fra le categorie dei contribuenti, ma in relazione a quel certo presupposto, con il quale la prestazione pecuniaria �, pur sempre, effettivamente collegata, come doveva esserlo, per risultare compatibile con il disposto dell'art. 53 Cost.: il possesso di un reddito da fabbricato; e quest'indice di capacit� contributiva � stato preso in considerazione al fine di attribuire ai Comuni una potest� impositiva connessa con la loro posizione di enti autonomi, come risultato di una scelta che, diversamente da quando affermano le ordinanze in esame, non manca, nella specie, di ragionevole supporto. E sufficiente osservare che gli immobili, da cui deriva iill reddito tassato, hanno una Joro precisa focalizzazione, possono essere facilmente ripartiti come base imponibile fra i vari enti in funzione del luogo in cui sono ubicati e si presta.no al tipo d'dntervento fiscale qui prefigurato dal legisiatore, per essere suscettibhli di diversa valori.zzazione, secondo l'ambiente in cui si esercita l'autonomia dell'ente impositore. La conclusione non muta, se si ha riguardo al punto di vista da cui, nel proporre la censura in esame, muove il TAR del Veneto. Assume il detto collegio che la normativa in parola contraddica gli obiettivi di lungo termine delle scelte legislative in altri settori, volte ora ad incentivare le crescita del patrimonio edilizio, ora a gravare lo stesso reddito colpito dalla sovraimposta per vie diverse, quali sarebbero quelle previste dalla disciplina sull'equo canone e sui contributi urbanistici. Ma da questi rilievi non risulta che il regolamento della specie, peraltro affidato ad un'imposizione straordinaria e del tutto temporanea, sia frutto di un arbitrio lesivo del diritto all'eguaglianza e della capacit� contributiva di chi � sottoposto al contestato onere tributario. (omissis) CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 187 -Pres. Roehrssen -Rel. Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti) e Regione Valle d'Aosta. Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione � Accordo tra Regione ed ente territoriale appartenente a Stato estero � Invade competenza esclusiva dello Stato. Spetta allo Stato il �potere esterno �, e quindi anche la competenza a stipulare accordi comunque denominati con altri Stati o con enti territoriali ad essi appartenenti (nella specie la Regione Valle d'Aosta aveva stipulato un accordo di assistenza con la Regione� somala del Basso Scebeli). Con ricorso notificato il 15 ottobre 1976, il Governo della Repubblica ha impugnato il � Protocollo di collaborazione fra la Regione somala del Basso Scebelli e la Regione italiana Valle d'Aosta� sottoscritto a Moga RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO discio il 9 luglio 1976 dal Presidente del Consiglio regionale per la regione somala e dall'Assessore capo delegazione per la Regione italiana. II ricorrente ha chiesto l'annullamento del Protocollo in esame -ovviamente per quanto concerne la Regione italiana -previa declaratoria de �la esclusiva competenza dello Stato a stipulare tri;i.ttati e accordi internazionali �. Il ricorso � fondato e merita, perci�, accoglimento. Con il Prot�collo impugnato la Regione Valle d'Aosta ha preteso di stipulare un vero e proprio accordo (che interessa l'industria metallurgica, i settori zootecnico e turistico nonch� l'artigianato e la sanit�) con un ente territoriale facente parte di uno Stato straniero, senza neppure subordinarne l'efficacia al verificarsi di eventi successivi quali, ad esempio, la dimostrazione del consenso del Consiglio regionale o di quello delle competenti autorit� statali. L'accordo in esame � quindi sin dall'origine idoneo a produrre effetti nei rapporti internazionali tra la Repubblica italiana e la Repubblica Democratica di Somalia ed �, per ci� stesso, immediatamente invasivo di una sfera di competenza esclusivamente riservata allo Stato, che vanta, quindi, un interesse attuale all'impugnazione dell'atto in esame (cfr. sentt. nn. 170 del 1975 e 123 del 1980). Il principio della indivisibilit� della Repubblica, solennemente affermato dall'art. 5 Cost., postula, infatti., l'esclusiva soggettivit� internazionrue dello Stato; tale principio risulta ribadito anche dalle altre norme costituzionali direttamente o indirettamente riferentisi ai rapporti internazionali (artt. 10, 11, 35, terzo e quarto comma, 72, quarto comma, 75, secondo comma, 78, 80 e 87, primo e ottavo comma, Cost.). Spetta, di conseguenza, allo Stato il �potere estero� (cfr. sent. n. 21 del 1968); solo Io Stato � responsabile dell'adempimento degli obblighi internazionali (sent. n. 142 del 1972) mentre alle regioni in via di principio non spettano competenze che esulino dall'ambito territoriale loro proprio (sentt. nn. 28 del 1958; 44 del 1967; 203 del 1974). Invero, soltanto lo Stato pu� valutare -discrezionalmente -la opportunit� di specifiche scelte di politica estera misurandone la coerenza con gli orientamenti generali e questo monopolio statale viene inciso quando la Regione pretende di esercitare -come nel caso di specie -attivit� di rilievo internazionale. Proprio a causa della indivi~ibilit� deHa Repubblica � infatti sempre la Repubblica stessa che si presenta sulla scena internazionale ogni qualvolta venga compiuta, anche ad opera di una regione, una qualsiasi attivit� del genere, cosicch� l'azione regionale -in fattispecie del tipo di quella qui considerata -viene sostanzialmente ad incidere sulla politica internazionale della Repubblica. Del resto l'esclusiva competenza statale in materia di rapporti internazionali (e con le Comunit� economiche europee) gi� affermata dall'articolo 4 del d.P.R. n. 616 del 1977, � stata ribadita, per quanto concerne la Valle d'Aosta, dal primo comma dell'art. 2 del d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182, che riserva appunto allo Stato, anche nelle materie trasferite o delegate in forza del medesimo decreto, le funzioni �attinenti ai rapporti PA.ln'B I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE internazionali e con le Comunit� economiche europee, alla difesa nazionale e alla pubblica sicurezza �. Al principio della esclusivit� della competenza statale in subiecta materia apporta peraltro un limitato temperamento il secondo comma del medesimo articolo, il quale prevede che �la regione�, previa intesa con il Governo, sulla base di programmi tempestivamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri, pu� svolgere all'estero � attivit� promozionali relative alle materie di sua competenza �. Ci� comporta, da un lato, che la regione possa svolgere all'estero solo attivit� promozionali; dall'altro, che tali attivit� intanto possano compiersi, in quanto siano precedute da �intese� con il Governo della Repubblica, intese che -nell'ottica de11a norma menzionata -sono palesemente preordinate ad assolvere ad una funzione di coordinamento tra le scelte regionali ed i pi� ampi indirizzi di politica internazionale seguiti dallo Stato, al fine di � garantire che non si verifichino estemporanee intromissioni regionali nei rapporti fra l'Italia e gli altri Stati� (sent. n. 8 del 1985). Il che, a ben riflettere, � in perfetta armonia con quel principio collaborativo che -per ripetuta affermazione di questa Corte -deve costantemente ispirare i rapporti fralo stato e le regioni (cfr. fra le altre, sentt. nn. 175 del 1976 e 94 del 1985). Nel caso di specie, sembra incontestabile che l'accordo impugnato non solo sia stato stipulato al di fuori di qualunque coordinamento con le scelte statali di politica internazionale, ma sia anche diretto, ben al di l� di qualunque intento � promozionale �, a realizzare forme di vera e propria assistenza ad un paese in via di ,sviluppo, nel contesto cio� di una materia che questa Corte ha ritenuto estranea � nel modo pi� assoluto ad ogni ingerenza regionale, non solo per quanto riguarda la predisposizione dei programmi, ma anche per ci� che attiene direttamente o indirettamente alla Idro esecuzione� (sent. n. 37 del 1972). p. q. m. dichiara che spetta allo Stato stipulare accordi (comunque denominati) con enti territoriali di Stato straniero e conseguentemente annulla. CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 189 -Pres. e Rel. Roehrssen Regione Lazio (avv. Scoca) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Azzariti). Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione -Avvenuta consolidazione di atto presupposto � Inammissibilit� del ricorso. - � inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto con riguardo ad un atto (nella specie statale) dopo che si � consolidato altro RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO atto ad esso presupposto relativo alla attribuzione delle funzioni oggetto della controversia. La Regione Lazio, con ricorso 13 aprile 1983, ha sollevato conflitto di attribuzione avverso i decreti del Presidente della Repubblica nn. 1082 e 1083 del 1982, concernenti l'approvazione della ristrutturazione degli Isti tuti riuniti di S. Girolamo della Carit�, in Roma, ed il riconoscimento della personalit� giuridica della Fondazione di culto denominata Patronato di S. Girolamo della Carit�, scorporata da detti �Istituti�, ritenendoli invasivi della propria competenza in materia di beneficenza pubblica. Peraltro, con decreto 18 aprile 1980, il Ministro per l'interno aveva gi� affermato che, in virt� dell'esclusione dell'ente denominato �Istituti Riuniti di S. Girolamo della Carit� � dal trasferimento ai Comuni ai sensi dell'art. 25 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le funzioni di tale ente �son poste al di fuori dell'ambito della competenza regionale�, cos� chiara mente e recisamente affermando la competenza dello Stato in materia e negando ogni potere della Regione Lazio. Si tratta, ovviamente, di affermazione idonea a fodere la sfera di at tribuzione costituzionalmente garantita della Regione, tanto pi� che, come ha esattamente rilevato l'Avvocatura dello Stato, l'affermazione � stata seguita e corroborata dal concreto esercizio del potere ritenuto di spet tanza dello Stato, con la nomina di un commissario straordinario inca ricato di amministrare l'ente e di � avviare le procedure per le modifiche statutarie indispensabili �. In presenza di un atto amministrativo cos� preciso e dotato della esecutoriet� propria di qualsiasi atto amministrativo la Regione, senten� dosen� lesa, avrebbe dovuto non gi� limitarsi a rivolgere una semplice istanza allo stesso Ministero dell'interno, ma provvedere alla impugnazione � del provvedimento nella sede giurisdizionale competente e nel termine perentorio di 60 giorni stabilito dall'art. 39 della Iegge n. 87 del 1953. Non essendosi a ci� provveduto tempestivamente, il ricorso per con flitto di attribuzioni proposto con gli atti successivi che hanno operato la ristrutturazione dell'Ente predetto e la scorporazione da esso della Fondazione di culto � Patronato di S. Girolamo della Carit� � � da dichia rare inammissibile. SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, I sez., 13 novembre 1984, nella causa 191/83 -Pres. Bosco -Avv. Gen. Darmon -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sozialgericht di Monaco di Baviera nella causa Salzano c. Bundesanstalt flir Arbeit - Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder) e italiano (aw. Stato Fiumara) e Commissiorie delle C. E. (ag. Beschel). Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori -Previdenza sociale -Assegni familiari � Sospensione delle prestazioni. (Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1971, n. 1408, artt. 73 e 76). Il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del reg. CEE n. 1408/71 nel paese in cui � occupato uno dei genitori non �' sospeso �qualora l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro '� svolga ivi un' attit�it� lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordina l'oggettiva fruizione dei suddetti assegni (1). (1) Sol~ione conforme a quella proposta dal Governo italiano con gli argomenti che seguono: Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al lavoratore che si sposta all'interno della comunit� per i familiari residenti in altro Stato membro. L'art. 9 della legge italiana 9 dicembre ,l'l77, n. 903 (m �azz. Uff. Rep. it. 17 dicembre 1977, n. 343), s�.lla �parit� di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro�, dispone che �gli assegni familiari ... per familiari a carico possono essere corrisposti, in ailternativa, alla donna lavoratrice o pens[oillllta alle stesse condiziona e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato � e aggiunge che �nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni familiari ... devono essere corrisposti al genitore con il .quale il figlio convive� (analoga facolt� di scelta � attribuita ai coniugi nell'ordinamento giuridico tedesco). Nel caso di specie, quindi, alla madre dei minori residente m. Italia sarebbero stati corrisposti gli assegna familiari, -se effettivamente spettantile -, solo previa sua domanda. Ed � pacifico che siffatta domanda non � stata presentata e che, di conseguenm, non � stata corrisposta alcuna somma (non � stato neanche verificato, quindi, se, in caso di domanda, gli assegna sarebbero stati effettivamente coirrifsposti). La Corte di giustizia con sentenza 20 aprile 1978, nella causa 134/77, RAGAzzoNt, in Racc., 11>18, pag. 963, si � occupata dell'art. 76 del regolamento 388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I .(omissis) 1: -Con ordinanza 22 luglio 1983, pervenuta a questa Corte il 12 settembre 1983, il Sozialgericht di Monaco di Baviera ha 'sollevato, a 11 norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente f: I f.� ~sull'interpretazione dell'art. 76 del regolamento del Consiglio n. 1408/71, " relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavorat�ri dipendenti ed ai loro familiari che si spostano nell'ambito della Comunit� (G. U. n. L 149, pag. 1). ~ 2. -Il sig. Salzano � cittadino italiano. Dal maggio 1979 lavora e risiede nella Repubblica federale di Germania. La moglie risiede con i tre figli comuni in Italia. 3. -Il Bundesanstalt fiir Arbeit si rifiutava di corrispondere al sig. Salsano gli assegni familiari relativi ai tre figli per il periodo 1� maggio 31 dicembre 1979. in quanto nello stesso periodo la sig.ra Salzano aveva svolto un'attivit� lavorativa subordinata e pertanto aveva diritto agli assegni familiari in base alla normativa italiana. 1408/71, in relazione ad una fattispecie nella quale, peraltro, la legislazione nazionale del paese nel quale prestava lavoro la moglie del lavoratore e in cui risiedevano i figli (fltalia: prima dell'entrata in vigore clcl1a legge 9 dicembre 1977 n. 903, sopracitata), non contemplava in favore de11a medesima il diritto agli assegni familiari. Ed ivi, la Corte, ricordato che � l'art. 76 mira unicamente a limitare la possibilit� di cumulo �, ha precisato che �perch� gli assegni familiari si possano cons[derare dovuti in forza della legisdazione dello Stato membro nel quale risiedono i l�amiliari, occorre che detta legislazione riconosca il diritto alla corresponsione di assegni a favore del familiare che lavora in tale Stato '" aggiungendo che � � pertanto necessario che la persona interessata possieda tutti i requisim stabiliti daiMa legge del suddetto Stato per poter far valere tale diritto '" Successivamente, in situazione sostanzialmente analoga, con riferimento all'art. 79 n. 3 del regolamento, la Corte, con sentenza 6 marzo 1979, nella causa 100/78, Rossi, in Racc., 1979, pag. 831, ha ulteriormente precisato che � la sospensione del di.r.itto agl:i assegni familiari per i figli a carico del padre che � titolare di una pensione secondo le leggi di uno Stato membro non si applica se la madre non ha acquistato effettivamente il diritto agli stessi assegnd in forza delle leggi di un altro Stato membro per il fatto di esercitare un'attivh� proressionale, o perch� la qualit� di capofamiglia � riconosciuta solo al padre, o, comunque, perch� non sussistono i presupposti per l'attribuzione alla madre del diritto di riscuotere gli assegni�, aggiungendo ancora -con riferimento ad una ipotesi di concorso di titold -che �la norma di cui all'art. 79 n. 3 si applica solo a concorrenza dell'importo effettivamente Viersato a causa dell'esercizio di un'attivit� profession&e �, Gi� dalla prima, ma comunque dalLa seconda sentenza si evince che la sospensione prevista dalle norme indicate � operante solo se nell'altro Stato gli assegni sono versati effettivamente e in concreto. Questo concetto � reso ancora pi� palese nella pi� recente sentenza della Corte 3 febbrado 1983, nella causa ,149/82, RoBARDS, nella quale, con riferimento PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INT�RNAZIONALE 389 4. -Il sig. Salzano impugnava il provvedimento suddetto dinanzi al Sozialgericht di Monaco di Baviera, il quale, con ordinanza 22 luglio 1983, lia sottoposto a questa Corte, a nomna dell'art. 177 del T:riattato CEE, la seguente questione giudiziale: �Se l'art. 76 del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, vada interpretato nel senso che iJ, diritto agli assegni familiari nel paese in cui � occupato uno dei genitori dev'essere sospeso -ed in caso affermativo in quaile misura -anche quando l'altro genitore ci.sieda con i figli in un altro Stato membro (Stato di residenza) ed ivi svolga un'attivit� lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in mancanza della domanda, necessaria 1n base al diritto nazionale, di uno dei genitori. e/o della riuncia dell'altro genitore, cos� che non � certo se ed in quale misura il genit�re occupato nel paese di residenza dei figli abbia ivi diritto agli assegni familiari �. 5. -L'art. 73, n. l, del regolamento n. 1408/71 dispone che il lavoratore dipendente soggetto alla legislazione di uno Stato membro diverso dalla Francia ha diritto, per i familiari residenti nel territorio di un altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste dalla legislazione del primo Stato, come se risiedessero nel ter:ritorio di quest'uiltimo. alla norma, analoga alle precedenti, di cui all'art. 10 del regolamento CEE del ConsigLio 21 marzo 1,972, n. 574, si � precisato quanto segue: " Poich� l'attribuzione di prestazioni di famigilia a norma dell'art. 73 del reg. 1408/71 � subordinata all'interpreta:ziione ed aill'app1ioazione della normativa nazionale, l'ente preposto di un altro Stato membro non � in grado di valutare se ne sussistono tutti i presupposti. Ai fini dell'art. 10, n. 1, lett. a), del reg. 574/72, il. suddetto ente pu� quindi limitarsi a constatare che l'ente preposto di un altro Stato membro ha effettivamente concesso ad un lavoratore, per il medesimo figlio, a norma dell'art. 73 deJ. reg. 1408/71, prestazioni di famiglia secondo la propria legdslazione �. Al lume di questi pl.1�nCipi la risposta al quesito posto dal giudice tedesco non pu� essere che negativa (come del resto prospettato dallo stesso giudice di rinvio): non essendoci domanda della moglie, a questa non spettavano assegni in Italia, anche se in astratto avrebbero potuto spettarle; l'ente ero gatore degli. assegni al marito non pu� valutare la spettanza degli assegni alla moglie secondo il diritto nazionale� dello Stato di residenza di quest'ul tima, ma deve solo verificare se gli assegni siano in tale Stato effettivamente corrisposti o no; tale soluzione consente ai coniugi di scegliere quali assegni percepire, ma ci� sembra perfettamente in linea con la regolamentazit-ne comunitaria e addirittura con le legislazioni nazionali che, attuando la parit� di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro, lasciano ai coniugi l'alternativa di scegliere a chi dei due debbono essere corrisposti gli assegni. In applicazione di tale principio di parit�, sancito dalle norme comuni tarie, le legislazioni na7Jional�i (e in particolare quelle tedesca e italiana) 390 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 6. -L'art. 76 stabilisce che il diritto alle prestazioni familiari dovute a norma dell'art. 73 � sospeso se, per l'esercizio di un'attivit� professionale, le prestazioni o gli assegni familiari sono dovuti anche a norma della legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiedono i familiari. 7. -La Corte ha gi� affermato, nella sentenza 20 aprile 1978 (causa 134/77, Ragazzoni, Racc. pag. 963), che l'esercizio di un'attivit� lavorativa nello Stato in cui risiedono i familiari non � sufficiente a sospendere il diritto attribuito dall'art. 73, ma occorre, inoltre, che le prestazioni familiari siano � dovute � in base alla legge di detto Stato membro. Perch� gli assegni familiari si possano considerare dovuti in base alla normativa dello Stato membro nel quale risiedono i familiari, occorre che detta normativa riconosca il diritto a:1la corresponsione di assegni a fovore del familiare che lavora in questo Stato. � pertanto necessario che la pers�ma interessata soddisfi tutte le condizioni -sia formali che sostanziali stabilite dalla normativa del suddetto Stato per poter far valere tale diritto. 8. -Emerge dal fascicolo che la signora Salzano non soddisfaceva le condizioni stabilite dalla normativa italiana concernente gli assegni familiari, poich� non aveva presentato la domanda prescritta dalla normativa italiana vigente. prevedono infatti che i coniugi, entrambi lavoratord, possano scegliere di comune accordo a chi dei due debbano essere corrisposti gli assegni familiari.: per ciascuna legislazione � indifferente il percettore delle somme, ove vi sia l'accordo fra ii due aventi diritto, in quanto le somme stesse hanno pur sempre un'unica destinazione (il mantenimento dei figli). Le legislazioni nazionali si preoccupano solo che sia timpedita una duplice erogazione, che non avrebbe alcun significato. � La normati'V'a comunitarfa rispetta questo diil'itto di opzione e si preoccupa solo di due cose: a) con l'art. 73, che sia garantita la percezione degli assegni da parte del genitore che lavora in uno Stato anche se i figli risiedono in altro Stato; e ci� per assicurare la libera circolazione dei lavoratori e garantire al lavoratore straniero una parit� di trattamento con il favoratore nazionale; b) con l'art. 76, che la famiglia del lavoratore non percepisca due volte gli assegni approfittando dei diritti che potrebbero derivarle dalle due legislazioni nazionali applicabili (eventualmente integrate dalla disposizione dell'art. 73 sopracitato), e ci� perch� una dopp.La erogazione non avrebbe una giustificazione logica. La norma contenuta nell'art. 76, dunque, � puramente e semplicemente una norma anticumulo (come appunto hra precisato la Corte nella citata sentenm 20 aprile 1978) e ment'affatto una norma indicativa dello Stato tenuto alla erogazione. Essa, inf.�atti, lascia iimpregiudioato il diritto di opzione di cui godono i coniugi e si preoccupa solo di evitare che La famigla possa godere, dn forza delle norme comunitarie, del doppio benefiicio. Si � osservato in contrario che lo spii.rito della norma sarebbe nel senso che essa non mira solo ad evitare un cumulo di prestazioni, ma determina PARTE I, .SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 391 9. -L'art. 9 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 17 dicembre 1977, n. 343), dispone che �gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiari a carico possono essere corrisposti, in alternativa, alla donna lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o pensionato. Nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni per familiari a carico devono essere corrisposte ail genitore con il quale il figlio convive �. 10. -Pertanto, nella specie, se la signora Salzano vi avesse avuto effettivamente diritto, gli assegni familiari le sarebbero stati versati, a condizione, per�, �he ne fosse stata previamente fatta domanda. Manoando tale domanda, la signora Salzano non aveva diritto, durante il periodo considerato, al versamento degli assegni familiari in base alla normativa italiana. Ne consegue che g1i assegni fami�liari non erano � dovuti anche ,, ai sensi dell'art. 76 del summenzionato regolamento. ugualmente quale � iJ. diriitto che deve essere so�ldisfatto, quando un tale diritto sussiste in due Stati membri. Questa conclusione non appare accettabile. Innanzitutto dal punto di vista letterale la nonna non contiene alcuna indicazione in tal senso. E dal punto di v:Lst�a logico, tenendo conto della ratio della intera regolamentazione comunitaria, appare contrario allo spirito di questa che la norma in questione possa avere voluto l'effetto di eliminare la possibilit� di scelta da parte dei coniugi e cli discriminare, quindi, Ja posizione della famiglia. del lavoratore migrante. Di conseguenza non appare rilevante la possibilit� che ciascuno dei coniugi ha di esercitare dl diritto in ciascuno Stato, mentre rilevante � solo il concreto godimento di tale diritto. Non � possibile, del resto, operare una distinzione ua condizioni sostan ziiali per l'apertura del diritto (esercizio di un'attivit� professionale) e condizioni formali per goderne (presentazione di un'appOsita domanda e rinuncia dell'altro coniuge). Si deve tener presente, invero, che la distinzione � in se stessa arbitl'aria, in quanto la domanda di un coniuge e la rinuncia dell'altro sono requisiti sostanziali per l'insorgenza del diritto. E comunque, in presenza di una situazione di astratta possibilit� della sussistenza del diritte;>, verrebbe ad attribuirsi all'ente previdenziale di uno Stato membro H potere di vecifdcare esso stesso e autonoma.mente la sussistenza di tutti i presupposti per l'erogazione degli assegni da parte dell'ente previdenziale dell'altro Stato membro: e ci� � chiaramente inammissibile, ' come ha gi� avvertito la Corte, con la citata sentenza RoBARDS, con la quale ha precisato che il primo ente pu� solo constatare l'esistenza o l'inesistenza di un'effettiva erogazione da parte del secondo ente, senza alcun potere di verificarne la �legittimit�. OSCAR FIUMARA 392 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 11. -La questione sollevata dal Sozialgericht di Monaco di Baviera dev'essere pertanto risolta nel senso che il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del regolamento n. 1408/71 nel paese in cui � occupato uno dei genitori non � sospeso qualora l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro e svolga ivi un'attivit� lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordinava l'effettiva fruizione dei suddetti assegni. (omissis) CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, IV sez., 15 gennaio 1985, nella causa 241/83 -Pres. Bosco -Avv. gen. Slynn -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof nella causa Erich Rosler c. Ho:rst Rottwinkel -lnterv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Bohmer), italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno unito (ag. Braggins) e Commissione delle C. E. (ag. Zimmermann). Comunit� europee -Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Alloggio per le vacanze. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). Comunit� europee� Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Ambito di applicazione. (Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). L'art. 1'6 n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione di un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda unicamente la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. (1) (1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. Invero, a determinare la competenza esclusiva � in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto di immobili � dei giudici dello Stato in cui l'immobile si trova � stata -come si legge nella relazione Jenard alla convenzione, in Bollettino C.E., suppi. 12/72 -La preoccupazione di non creare situazioni di conflitto con norme considerate di ordine pubblico in alcuni Stati membri, con il pericolo di ostacolare la � libera circolazione delle sentenze �. La regola fissata, -� stato detto -, risponde � all'interesse di una retta amministrazione della Wiustizia >>, perch� � questi tipi di controversie comportano in modo frequente accertamenti, indagini e perizie che dovranno essere effettuati sul posto � e perch� � la materia� inoltre � spesso sottoposta in parte ad usi che sono conosciuti in genere solo dagli organi giudsdizionali del luogo, o quanto meno del paese in cui l'immobile � sito �. La relazione prosegue, per quanto riguarda in particolare i contratti di affitto, precisando che � per locazione di immobili si intende l'affitto di locali destinati ad abitazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 393 Rientrano nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui l'immobile si trova, competenza contemplata dall'art. 16, n. l, della Convenzione, tutte le liti vertenti sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, sulla sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al locatore, sulla riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero del canone e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo d'acqua, di gas e di elettricit�. Le liti che riguardano le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti .dal contratto di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. Viceversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della pro- o ad uso professionale, l'affitto cti focali per usi commerci�:Id e la locazione cli fondi rustici�, e che per controversie relative a tali contratti si intendono quelle, a titolo principale (cfr. primo comma della relazione sub art. 16), � fra locatori e conduttovi relative all'esistemla o all'interpremzione dei contratti di locazione o alla riparazione dei danni causati dal conduttore, all'evacuazione dei locali, ecc. �, mentre la norma non troverebbe applicazione per le � azioni che riguardano unicamente il pagamento del canone locativo, in quanto tali azioni possono essere considerate come distinte dall'immobile dato in looazione �. Questa 'soluzione, conclude Ja relazione, � stata dettata perch� ta materia � spesso disciplinata, nei singoli Stati, da una legislazione particolare che sovente contempla anche una competenza esclusiva. Se, dunque, � vero che la nonna in questione non pu� essere interpretata in s�nso pi� lato di quanto non richieda il suo scopo (Corte 'di giustizia, 14 dicembre 1977, nella causa n. 73/76, SANDERS, in Racc., pag. 2383, con la quale � stato deciso che non rientra nell'ambito cti applica2ione della norma la controversia re1ativa al contriatto di affitto, di un'azienda commerciale, in quanto l'oggetto principale del contriatto � l'azienda non l'immobile), � altres� vero che essa va interpretata rigorosamente per impedire che lo scopo stesso non sia raggiunto, aprendosi la strada, in una materia molto delicata (si pensi in Italia :alla disciplina dell'� equo canone� per le locazioni di immobili urbani ad uso abitativo), a competenze alternative o a deroghe pattuite per eludere norme imperative. In conseguenza nessuna delle circostanze segnalate dal giudice di rinvio poteva essere considerata tale da consentire la disapplicazione dell'art. 16 n. 1. Anzi, alcune di esse lasciavano intravedere il pericolo che si corre ammettendo eccezioni che potrebbero essere generalizzate. Certamente non influente, infatti, appariva la circostanza che fosse stata pattuita la locazione di un immobile per uso di villeggiatura. La norma non distingue fra periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n� fra le varie destinazioni dell'immobile: professionale, commerciale, agricolo, abitativo, villeggiatura, ecc. (e non contraddice questa conclusione la sentenza della Corte 14 dicembre 1977, gd� citata, in quanto ivi si � considerato che oggetto principale del contratto era l'azienda e non l'immobile). Sebbene alcune esigenze, partico1armente per norme di 011ddne pubblico (ad esempio la gi� richiamata disciplina dell'equo canone di locazione e quella dell'affitto dei fondi rustici in Italia), possano sussistere solo per alcune situazioni e non per altre, ogni /limitazione generalizzata sarebbe arbitraria� e, non essendo possibile fissarla in termini precisi, potrebbe essere abilmente sfruttata per sfuggire a norme imperative. 394 RASSEGNA DEI.J..'AVVOCATURA DELLO STATO priet� locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva con templata da detto articolo (2). (omissis) 1. -Con ordinanza 5 ottobre 1983, pervenuta alla Corte il 24 ottobre seguente, il Bundesgerichtshof ha sollevato, a norma del protocollo 3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizio. nale e l'esecuzione delile decisioni in materia civile e commeroiale (in prosieguo: la Convenzione), 'due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 16, n. 1 della Convenzione stessa. 2. -Con contratto scritto 19 gennaio 1980 il sig. Horst Rottwinkel, resistente nella causa principale, affittava al sig. Erich R�isler, ricor� rente nella causa principale, per il periodo 12 luglio � 2 agosto 1980, un alloggio situato nella propria casa di vacanze di Cannobio, in Italia, il cui canone veniva fissato per quattro persone in d.m. 2.625. Secondo il contratto, non era permesso alloggiare ospiti. Le spese per l'elettricit�, Altrettanto inconsistente appariva fa circostanz:a che entrambi i contraenti non risiedessero in Italia. Basta considerare che la convenzione presuppone' l'esistenza di un territorio comunitario e I'art. 16 n . .l, propdo prevedendo una competenza esclusiva e non consentendo quindi neanche una deroga per accor� do delle parti, mira a garantire � una retta amministrazione della giustizia >>, per cui non pu� che essere del tutto indifferente la residenza delle parti. Del tutto inaccettabile appariva, infine, rargomento concernente la pattuizione relativa a11'applioazione del diritto di uno Stato membro diverso da quello in cui � sito l'immobile. Tale richiamo, almeno in alcuni casi (e si richiama ancora una volta, a titolo di esempio, la disciplina dell'equo canone in Italia, in relazione agli. artt. 25 e 31 delle disposizioni sulla legge in generale, che precedono il codice civile), � innanzitutto frrilevante per l'ordinamento giuridico dello Stato membro in cui � sito l'immobile. Se poi si ammette addirittura che una pattuizione siffatta � idonea a far venir meno la competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si apre la strada ad UIJJa possibilit� di sottrarsi a norme dmperative di tale Stato: per sottrarsi alla disciplina dell'equo canone in Italia i:l locatario potrebbe imporre aiJ. conduttore (costretto ad accettare, pur di avere la disponibilit� dell'appartamento) di sottoporre la disciplina del contratto al diritto di un altro Stato, magari pattuendo altres� espressamente la proroga di competenza ai sensi dell'art. 17 della Convenzione. (2) Anche su questo punto la Corte ha seguito le tesi esposte dal Governo italiano, in particolare precisando che rientrano nella competenza esolusiva del giudice di cui all'art. 16 n. 1 della convenzione 1e liti relative al pagamento del canone quale obbligo contrattuale essenziale del conduttore (contrariamente a quanto osservato neUa stessa relazione Jenard nei punti rico:tidati nella nota precedente). La possibilit� di sottrarre tali controversie al giudice dello Stato in cui � sito l'immobile potrebbe del 11esto consentire l'elusione di norme imperative attraverso abili pattuizioni. O.F. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE l'acqua e il gas dovevano essere conteggiate in base al consumo. La pu-. lizia finale doveva del pari essere pagata a parte. Le parti convenivano inoltre che al contratto si sarebbe dovuto applicare il diritto tedesco e che il luogo dell'adempimento ed il foro competente era Bielefeld. 3. -Il resistente nella causa -principale trascorreva le vacanze nella villa contemporaneamente al ricorrente. 4. -Il 7 gennaio 1981 il resistente nella causa principale esperiva un'azione dinanzi al Landgericht di Berlino, chiedendo al ricorrente nella causa principale il risarcimento dei danni e il pagamento delle spese accessorie residue. Egli sosteneva che durante l'intera vacanza il ricor� rente nella causa principale aveva ospitato nell'alloggio pi� di quattro persone. A causa del sovraffollamento, il pozzo nero traboccava in perm�nenza. Ci� provocava un lezzo insopportabile. Il sovraffollamento causava del pari un notevole disturbo sotto il profilo del rumore. 5. -Il riposo del resistente e della sua famiglia veniva perci� con� siderevolmente disturbato. Data la perdita del vantaggio delle vacanze da lui subita, il resistente chiedeva il risarcimento dei danni per inadempimento del contratto d'affitto e il rimborso delle spese di viaggio fino al luogo della villeggiatura. Egli chiedeva inoltre, in forza del contratto, le spese per l'acqua, l'elettricit�, il gas e la pulizia finale. 6. -Il Landgericht di Berlino dichiarava irricevibile la domanda. Esso riteneva che, ai sensi dell'art. 16, n. 1 della Convenzione, i giudici dello Stato contraente in cui � situato l'immobile, cio� l'Italia, sono competenti in via esclusiva a pronunziarsi sulle domande di pagamento di cui trattasi. Il Kammergericht di Berlino annullav~ la sentenza del Landgericht e gli rinviava la causa per una nuova pronunzia. 7. -Il ricorrente nella causa principale impugnava per � revisione � la sentenza del Kammergericht dinanzi al Bundesgerichtshof. 8. -Ritenendo che la lite sollevi questioni d'interpretazione della Convenzione, con ordinanza 5 ottobre 1983 il Bundesgerichtshof ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1. -Se l'art. 16, n. l, della Convenzione possa applicarsi nel caso in cui il contratto di locazione, stipulato da due parti entrambe domi� ciliate nella Repubblica federaile di Germania, riguardi �solo fa cessiooe in uso per un breve :periodo di un alloggio per la villeggiatura situato in Italia e le parti abbiano convenuto di applicare il diritto tedesco. 2. -In caso affermativo: Se l'art. 16, n. 1, della Convenzione si possa applicare del pari alle azioni aventi ad oggetto il risarcimento dei danni 396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO per inadempimento del contratto di locazione, in particolare a causa del mancato godimento delle vacanze, nonch� il pag~ento delle spese accessorie contemplate dal contratto di locazione. -, 9. -Il residente sostiene che l'art. 16, n. 1 della Convenzione non si -applica nel caso in esflJile. Si tratterebbe di un contratto di locazione di bi�eve durata riguardante un'abitazione per la villeggiatura il quale, dal punto di vista economico, sarebbe pi� affine ad un contratto di albergo che ad un contratto di locazione vero e proprio. Le domande proposte verterebbero anzitutto sul risarcimento dei danni per il mancato godimento delle vacanze e per il deterioramento o la perdita di beni mobili. A parte Ci�, il luogo dell'adempimento sarebbe nella ~epubblica federale di Germania. Il contratto avrebbe, infatti stabilito che il pagamento, in particolare del canone d'affitto, doveva aver luogo nella Repubblica federale, dove le chiavi dovevano essere restituite. L'accesso sul luogo sarebbe superfluo p�r decidere la lite. 10. -Il Governo della Repubblica federale di Germania ritiene che l'art. 16, n. 1 della Convenzione, dato il suo spirito, non si applica alle azioni riguardanti contratti di locazione di durata limitata. Esso ricorda in proposito che nella sentenza 14 dicembre 1977 (Sanders c. van der Putte, 73/77, Racc. pag. 2383), la Corte ha dichiarato che questa disposizione non dev'essere interpretata in senso pi� ampio di quanto il suo scopo richieda. La ratio legis dell'art. 16, n. 1 consisterebbe in primo luogo nel fatto che per le locazioni d'immobili, in particolare per i contratti riguardanti dei locali di abitazione, vigono in generale norme complesse ed informate a considerazioni di ordine sociale e che i giudici dello Stato in cui sono in vigore sarebbero meglio di ogni altro in grado di applicarle. Questa situazione non sussisterebbe tuttavia nel _caso di contratti di locazione vertenti unicamente sulla cessione d'uso temporanea di un alloggio per le vacanze situato all'estero. In questo caso, gli interessi coinvolti non esigerebbero l'applicazione delle leggi sociali sugli affitti. Nel diritto tedesco, ad esempio, la cessione d'uso temporanea dei locali di abitazione, ivi compresa la locazione di alloggi per le vacanze, sarebbe espressamente esclusa dalle norme sociali sugli affitti. 1. -Sempre secondo il Governo della Repubblica federale di Germania, l'inopportunit� di applicare l'art. 16, n. 1 del pari ai contratti di locazione riguardanti alloggi per le vacanze sarebbe particolarmente eviI ili dente nel caso _in cui le parti, come nella presente fattispecie, hanno sot I ~' i) toposto i loro rapporti contrattuali esclusivamente ai giudici ed al diritto tedesco. Lo scopo principale perseguito dall'attribuzione della causa al giudice del luogo, cio� consentire l'applicazione delle norme imperative del diritto locale, facendo coincidere il foro competente e le norme da !' applicarsi e, in ultima analisi, semplificare il procedimento, mancherebbe I, nel nostro caso. ?: ~~ l, ~ PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 12. -Un altro scopo perseguito dall'art. 16, n. 1 sarebbe che l'inquilino di un locale d'abitazione, il quale in generale � il pi� debole socialmente, non sia ulteriormente svantaggiato dal fatto che il giudizio si svolge dinanzi ad un giudice lontano dal suo domicilio. Nemmeno questo scopo avrebbe peso per i contratti relativi ad un alloggio per le vacanze giacch�, normalmente, l'inquilino non sarebbe domiciliato nel luogo in cui si trova l'immobile e non meriterebbe particolari riguardi sotto il profilo sociale. 13. -Quanto alla seconda questione, il Governo della Repubblica fe. derale di Germania ricorda che, nella gi� menzionata sentenza 14 dicembre 1977, la Corte 1:J.a dichiarato che considerazioni riguardanti solo la locazione d'immobili spiegano l'attribuzione, in fatto di locazione d'immobili propriamente dette, cio� di liti fra locatori e conduttori relative all'esistenza o all'interpretazione di contratti o alla riparazione di danni causati dal conduttore e allo sfratto, di ima competenza esclusiva ai giudici del paese in cui l'immobile � situato. Secondo il relatore del comitato di periti sulla Convenzione (G. U. 1979, comma 59, pag. 1), la norma della competenza esclusiva non si applicherebbe alle azioni aventi unicamente ad oggetto il pagamento del canone, giacch� queste vanno considerate separate . dalla cosa locata. A maggior ragione ci� varrebbe per le azioni di risarcimento del danno indiretto derivante dall'inadempimento del contratto e che non � in relazione con la cosa locata stessa. Di conseguenza, le domande di risarcimento proposte dal resistente per il mancato godimento delle vacanze e per le spese di viaggio inutilmente sostenute non rientrerebbero nell'art. 16 n. 1 della Convenzione. Non vi potrebbe essere competenza esclusiva per le domande di pagamento delle spese accessorie che fanno parte integrante del canone complessivo. 14. -Il Governo del Regno Unito osserva che lo scopo dell'art. J.6 n. 1 dev'essere determinato in relazione al tipo di azioni riguardanti la propriet� immobiliare piuttosto che alla natura del contratto di locazione o di altri diritti relativi agli immobili. Nel nostro caso, l'attore non chiederebbe il canone, bens� il risarcimento dei danni per inadempimento del contratto. Le pretese dell'attore non rientrerebbero nella categoria di liti menzionata dalla Corte nella causa Sanders. c. van der Putte. Le esigenze di una buona amministrazione della giustizia non implicherebbero che delle azioni le quali, come nel nostro caso, riguardano l'inadempimento del contratto di locazione o il danno che ne deriva siano attribuite alla competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui si trova l'immobile. Argomenti analoghi varrebbero per la domanda di pagamento delle spese accessorie, in particolare di quelle riguardanti il consumo di gas, di elettricit� ed acqua nonch� la pulizia. Le domande riguardanti la perdita o il deterioramento dell'arredo e corredo non riguarderebbero l'immobile locato e non dovrebbero essere considerate 398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO come liti aventi ad oggetto l'affitto d'immo~ile ai sensi dell'art. 16, n. 1 della Convenzione. Perch� questa disposizione si applichi, la lite dovrebbe avere ad oggetto l'attribuzione, l'esercizio o la cessazione di diritti di possesso. 15. -Il Governo della Repubblica italiana deduce che i motivi esposti dal giudice nazionale, cio� che considerazioni di opportunit� militano contro l'applicazione dell'art. 16 n. 1� nei casi in cui il contratto di locazione riguarda unicamente la cessione d'uso temporanea di un alloggio per le vacanze, mentre le due parti sono domiciliate in un paese diverso da quello in cui si trova l'immobile ed hanno convenuto di applicare il diritto sostanziale dello Stato del domicilio, non sono atte ad escludere l'applicazione di detta disposizione. L'art. 16 n. 1 non distinguerebbe fra periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n� fra le varie destinazioni dell'immobile: professionale, commerciale, agricola, abitativa, villeggiatura, ecc. Il fatto che i contraenti non risiedano nello Stato in cui � situato l'immobile sarebbe irrilevante. L'argomento riguardant� la clausola relativa all'applicazione del diritto di uno Stato membro diverso da quello in cui � situato l'immobile sarebbe in fatto inaccettabile. Comunque, almeno in determinati casi (ad esempio se mirasse ad eludere la disciplina dell'equo canone in Italia), la clausola sarebbe invalida. Se si ammettesse che un patto di questo genere, accompagnato da una clausola per la proroga della competenza, possa far venir meno la competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si aprirebbe la strada alla possibilit� di sottrarsi a norme imperative di tale Stato. 16. -Quanto al pagan1ento delle spese accessorie, secondo il Governo della Repubblica italiana non pare possano sussistere dubbi circa la possibilit� di rifenirle al contratto di locazione stessa, giacch� costituiscono un'obbligazione contrattuale a carico dell'inquilino. La competenza esclusiva a norma dell'art. 16 n. 1 dovrebbe essere evidente nel caso 'di una lite relativa a tali spese. La possibilit� di sottrarre queste liti alla competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile potrebbe consentire di eludere norme imperative mediante abili pattuizioni. 17. -La Commissione allega che, in taluni Stati contraenti, i locali ammobiliati in generale e gli alloggi per le vacanze ammobiliati in particolare, non rientrano, espressamente o implicitamente, nel campo di applicazione ratione materiae delle normative particolari riguardanti la � tutela degli inquilini. Per questi motivi essa ritiene che la cessione d'uso . a titolo oneroso di alloggi, e in particolare di alloggi per le vacanze ammobiliate, non rientrino nel campo d'applicazione dell'art. 16 n. 1. " PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E 1NTBRNAZIONALB 399 18. -L'art. 16 della Convenzione dispone quanto segue: � Indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva: 1� in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto d'immobili, i giudici dello Stato contraente in cui l'immobile si trova; .�. 19. -La competenza esclusiva contemplata dall'art. 16 n. 1 a favore dei giudici dello Stato contraente in cui l'immo])ile si trova � dovuta allo stretto nesso esistente fra i contratti di locazione e il regime giuridico della propriet� immobiliare nonch� le disposizioni, generalmente di natura imperativa, che ne disciplinano l'uso, quali le norme relative al controllo dei canoni locativi ed alla tutela dei diritti degli inquilini e affittuari. 20. -A parte ci�, l'art. 16 n. 1 mira a garantire la razionale ripartizione delle competenze, dando la preferenza al giudice competente a causa della prossimit� al luogo in cui l'immobile si trova, per il fatto che esso pu� pi� facilmente avere conoscenza diretta delle circostanze di fatto connesse alla stipulizione ed all'adempimento delle locazioni di immobili. 21.-La questione sollevata dal Bundesgerichtshof Inira ad accertare se siano possibili deroghe alla norma generale dell'art. 16, in ~senza di qualsiasi indizio nella lettera delle disposizioni, in considerazione della natura particolare di determinati contratti, come la locazione per un breve periodo di alloggi per le vacanze. 22. -In proposito va rilevato, come ha giustamente fatto il Governo italiano, che qualsiasi deroga alla norma generale dell'art. 16 n. 1 implica il rischio di estensioni atte ad eludere l'applicazione delle norme nazionali che disciplinano l'uso della propriet� immobiliare. 23. -A parte ci�, si deve tener conto dell'incertezza che deriverebbe dall'ammissione da parte del giudice di deroghe alla norma generale dell'art. 16 n. 1, che ha il vantaggio di stabilire in ogni caso un'attribuzione di competenza univoca e certa, attenendosi quindi allo scopo della convenzione che � quello di determinare delle attribuzioni di competenza certe e prevedibili. 24. -Ne consegue che la disposizione di cui trattasi si applica a qualsiasi contratto di locazione di immobili, indipendentemente dalle sue particolari caratteristiche. 25. -La prima questione va perci� risolta nel senso che l'art. 16 n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione di un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda unicamente la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. 400 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO \ 26. -Quanto alla seconda questione si deve rilevare che la Con� venzione attribuisce competenza esclusiva � in materia cli contratti cli affitto cli immobili�. Nella sopramenzionata sentenza 14 dicembre 1977 la Corte ha affermato che quest'espressione si riferisce in particolare alle liti fra Jocatori e conduttori relative aM'esistenza o all'interpretazione del contratto o alla riparazione dei danni causati dall'inquilino. Si deve osservare che questa enumerazione non � esauriente. A ragione il Governo della Repubblica italiana sostiene che le liti relative al pagamento del canone rientrano in questa competenza esclusiva. Sarebbe infatti in contrasto con uno degli scopi della disposizione di cui trattasi, cio� l'applicazione esatta delle norme nazionali riguardanti le locazioni, l'escludere da questa competenza esclusiva delle liti le quali, almeno in determinati Stati membri, sono rette da disposizioni legislative particolari, come le norme sull'equo canone in Italia. 27. -Il contratto di locazione contiene in generale disposizioni riguardanti la cessione dell'immobile locato al conduttore, il suo uso, gli obblighi rispettivi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la manutenzione, la durata del contratto e la restituzione del possesso dell'immobile al locatore, il canone e le altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo dell'acqua, del gas e dell'elettricit�. 28. -Le liti riguardanti le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti dal contratto di locazione rientrano nel campo di applicazione dell'art. 16 n. 1 della Convenzione � in materia di contratti di affitto d'immobili �. Viceversa le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della propriet� locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva contemplata da detto articolo. 29. -La seconda questione va quindi risolta nel senso che rientra nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui l'immobile s� trova, competenza contemplata dall'art. 16 n. 1 della Convenzione, qualsiasi lite vertente sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, sulla sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al locatore, sulla riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero del canone e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per il consumo d'acqua, di gas e di elettricit�.� Le liti che riguardano le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti dal contratto di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. Vkeversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della propriet� locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze. e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva contemplata da detto articolo. (omissis). PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 401 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 20 mar zo 1985, nella causa 41/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Dar mon -Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle C.E. (ag. Marenco) -Interv.: Governo del Regno unito (ag. Dagtoglou). Comunit� europee -Concorrenza -Abuso di posizione dominante � Imprese pubbliche -Monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazioni -Limiti. (Trattato CEE, artt. 86, 90 e 222). Comunit� europee -Imprese pubbliche -Interesse economico generale � Valutazione. (Trattato CEE, artt. 86 e 90). Comunit� europee -Norme comunitarie e Accordi internazionali -Compatibilit� -Limiti -Fattispecie. (Trattato CEE, art. 234). L'attivit� con cui il British Telecommunications, ente di diritto pubblico titolare del diritto di monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione nel Regno Unito, gestisce gli impianti pubblici di telecomunicazione e li mette a disposizione degli utenti contro il pagamento di un canone, costituisce un'attivit� di impresa soggetta in quanto tale agli obblighi derivanti dall'art. 86 del Trattato. Il suo monopolio consiste nel gestire le reti di telecomunicazione e nel metterle a disposizione degli utenti, ma non riguarda la fornitura di servizi annessi, come quello della ritrasmissione dei messaggi per conto terzi (1). Il British Telecommunications non pu� impedire alle agenzie private di ritrasmissione dei messaggi di utilizzare la rete pubblica sol perch� esse si avvalgono di una nuova tecnologia che permette di trasmettere un gran numero di messaggi in tempo molto breve con anormale impegno delle linee e conseguente danno al corretto funzionamento del sistema internazionale -senza peraltro sottrarsi al pagamento delle tasse corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo -, in quanto la nuova tecnologia costituisce un progresso tecnico che risponde all'interesse generale e �non si configura di per s� come un abuso. N� l'interesse pub (1-3) Il Ticorso del Governo italiano, sostanzialmente diretto contro una decisione della Commissione che sanzionaV1a un comportamento invece dovuto in base a norme internazionali, proponeva alcune delicate questioni di prin cipio: sia sulla valutabilit� dell'attivit� del B.T. ai sensi delle regole di concor� � renza comunitaria, sia sui rapporti tra tali regole e quelle delle convenzioni internazionali in materia di telecomunicazioni. La sentenza della Corte, che non mostra esitazioni nel nispondere affer mativamente sul primo punto, pare molto pi� cauta sul secondo, cercando di evitare prese di posizione e di riisolvere la questione in fatto. 402 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO blico pu� ritenersi compromesso per il fatto che la rapidit� della trasmissione consentita dall'evoluzione delle tecnologie crei una diminuzione degli introiti dell'ente, in quanto tale diminuzione � compensata dal maggior volume dei messaggi internazionali e dei relativi introiti attivato nella rete pubblica britannica dall'esistenza delle agenzie private (2). Il British Telecommunications non pu� impedire attivit� di trasmissione non abusive di agenzie private invocando il regolamento tdegrafico � 11 aprile 1973 della Convenzione internazionale delle telecomunicazioni (ITC) e la raccomandazione F 60 dell'ottobre 1976 del Comitato consultivo internazionale telegrafico e telefonico (CCITT), in quanto questi, anche se fossero ancora vincolanti per il British Telecommunications, sono unicamente diretti ad ostacolare l"attivit� di agenzie di ritrasmissione di messaggi � create � o � note per essere state create � allo scopo di evadere il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso (3). (omissis) 1. -Con atto registrato in cancelleria il 15 marzo 1983, la Repubblica italiana ha presentato a questa Corte, ai sensi dell'art. 173, 1� comma, del Trattato, un ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 10 dicembre 1982, n. 82/861, adottata nei confronti del British Telecommunications, in base all'art. 86 del Trattato CEE (G. U. n. 360, pag. 36). 2. -Il British Telecommunications, ente di diritto pubblico istitl�to dal British Telecommunications Act del 1981, � succeduto, a partire- dal 1� ottobre 1981, allo United Kingdom Post Office, istituito dal Post Office Act del 1969 (ambedue le imprese statali saranno denominate in prosieguo BT). In quanto titolare del monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazione nel Regno Unite>, il BT ha l'obbligo di fornire, in particolare, i servizi telex e telefonici. A norma sia del Post Office Act sia del British Telecommunications Act, il BT esercita un potere normativo in ordine ai servizi di telecomunicazione nel Regno Unito di cui definisce in particolare tariffe e condizioni mediante regolamenti (schemes); questi ultimi sono pubblicati nelle gazzette ufficiali di Londra, Edimburgo e Belfast. 3. -Il BT ha d'altronde lo status internazionale di ente riconosciuto, che opera privatamente quale membro di uno degli organi permanenti della ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni), istituita dalla ITC (Convenzione Internazionale delle Telecomunicazioni), firmata il 2 ottobre 1947 a Atlantic City (raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, n. 2616, pag. 188), riveduta ultimamente il 25 ottobre 1973, a MalagaTorremolinos. Tutti gli Stati membri della CEE sono firmatari della ITC. Nella sua qualit� di ente che opera privatamente, riconosciuto a questo scopo dal Regno Unito, il BT partecipa ai lavori del CCITT (Comitato Consultivo Internazionale Telegrafico e Telefonico), a .fianco PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE delle amministrazioni nazionali di tutti gli Stati firmatari della ITU che ne sono membri di diritto. 4. -Il CCITT emette raccomandazioni in materia di gestione e di tariffe relative alla telefonia e alla telegrafia, adottate in base alle norme della ITC ed ai regolamenti telefonici e telegrafici (atti finali della conferenza amministrativa mondiale telegrafica e telefonica, ITU, Ginevra 1973), i quali, integrando le norme adottate da quest'ultima, conformemente all'art. 82, disciplinano l'uso delle telecomunicazio1�. 5. -Ai sensi dell'art. 63 del regolamento telegrafico 11 aprile 1973: � Le amministrazioni o enti riconosciuti che operano privatamente ~i impegnano a bloccare, nei loro rispettivi uffici, l'accettazione, la trasinissione e la consegna dei telegrammi inviati ad agenzie di ritrasmissione ed altre organizzazioni create per trasmettere telegramini per conto di terzi allo scopo di evadere il pagamento completo d�lle tariffe dovute per l'intero percorso ... �. 6. -Sulla base e in applicazione di questa disposizione del regolamento telegrafico, la CCITT adottava, nell'ottobre 1976, la raccomandazione F 60 il cui punto 3.5.2. contiene le seguenti disposizioni: �Le amministrazioni e gli enti riconosciuti che operano privatamente devono rifiutare di mettere il servizio telex a disposizione di agenzie di ricetrasmissione di messaggi telegrafici note per essere state create allo scopo di inviare o ricevere telegrammi da ritrasmettere telegraficamente per sottrarsi al pagamento della tariffa intera dovuta per il percorso completo �. 7. -Facendo valere queste norme, il BT ha inteso opporsi all'espandersi, sul territorio del Regno Unito, di agenzie private di ritrasmissione di messaggi che hanno offerto al pubblico un servizio nuovo consistente nel ricevere e ritrasmettere, per conto terzi, un notevole volume di messaggi a prezzi sensibilmente inferiori a quelli praticati in base alle tariffe corrispondenti all'utilizzo tradizionale delle linee e dei sisteIni di telecomunicazione. 8. -Facendo uso del potere normativo riconosciutogli dalla legge, il BT adottava in primo luogo i regolamenti T7 /1975 e Tl/1976. 'Tali regolamenti, pur consentendo agli abbonati di utilizzare i foro impianti per trasmettere o ricevere messaggi per conto terzi, disponevano tuttavia, rispettivamente agli artt. 43, � 2-b -(iii) e 70, � 2-b -(iii), che ogni qualvolta un abbonato inoltrasse un messaggio telex proveniente da un paese straniero e destinato ad un paese straniero, non potesse applicare una tariffa tale da consentire al mittente del messaggio di spedirlo ad un prezzo inferiore a quello che avrebbe pagato se l'avesse trasmesso RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO 404 direttamente. Le parti concordano tutta:via sul fatto che il BT non ha mai dato applicazione effettiva a queste disposizioni. 9. -Il BT completava in seguito questa normativa adottando il regolamento 11/1978, entrato in vigore il 21 gennaio 1978, che conteneva, agli artt. 44, � 2 (a) e 70, � 2 (b), il divieto per le agenzie di i:itrasmissior. e di fornire ai loro clienti servizi internazionali tramite i quali: a) messaggi sotto forma di dati siano trasmessi o ricevuti mediante chiamata telefonica internazionale e successivamente, convertiti in messaggi di telecomunicazione destinati ad essere ricevuti come telex, facsimile, testo stampato o visualizzato sotto altre forme; b) messaggi telex siano inoltrati in transito tra luoghi situati al di fuori del Regno Unito e dell'isola di Man; e) messaggi telex siano inviati o ricevuti tramite altre agenzie di ricetrasmissione di messaggi. Le precitate disposizioni del regolamento Tl/1978 venivano . integralmente riprodotte da un nuovo � Sheme � del 1981 che abrogava e' sostituiva tutti i regolamenti anteriori. 10. -Con la decisione 10 dicembre 1982, n. 82/861, la Commissione dichiarava che i precitati regolamenti costituivano infrazioni all'art. 86 del Trattato e che il BT era obbligato a porvi termine entro due mesi da11a notificazione di taile decisione, nella misura fui cui [e infratlollli constatate continuassero a sussistere. 11. -Nella motivazione della decisione, la Commissione sostiene che le restrizioni imposte dal BT e le sanzioni che possono derivare dalla loro trasgressione, cio� l'interruzione o la cessazione del collegamento con gli impianti serviti, impediscono alle agenzie di ritrasmissione di messaggi di fornire taluni servizi, a danno dei loro clienti situati in altri Stati membri, subordinano l'utilizzazione degli impianti telefonici e telex ad obblighi che non hanno alcun rapporto con le fun. zioni dei servizi telefonici o telex e determinano per tali agenzie uno svantaggio concorrenziale nei confronti delle amministrazioni e delle agenzie nazionali degli altri Stati membri non soggette alle medesime disposizioni. 12. -Nonostante le infrazioni constatate, la Commissione riteneva tuttavia ch�, tenuto conto delle particolari �ircostanze del caso di specie, in particolare per quel che riguarda il rispetto degli im:pegni internazionali e il fatto che il BT non aveva sanzionato la violazione delle restrizioni di cui trattasi disinserendo gli impianti delle agenzie di ritrasmissione di messaggi, non dovesse essere inflitta al BT alcuna ammenda. PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 405 13. -A 1sostegno delle proprie conclusioni volte all'annullamento della preciti:i.ta decisione della Commissione, la Repubblica italiana contesta in primo luogo che i regolamenti controversi potessero essere giuridicamente valutati alla luce dell'art. 86 del Trattato. A questo proposito, la ricorrente sostiene innanzitutto che l'attivit� normativa di un ente di diritto pubblico non pu� essere considerata come un'attivit� di impresa ai sensi dell'art. 86 del Trattato e, d'altro lato, che, in ragione del monopolio legale da esso detenuto, l'art. 222 del Trattato non consentiva di applicare al BT le norme comunitarie in materia di concorrenza. 14. -La Repubblica italiana nega, in secondo luogo, che i regolamenti controversi possano essere giuridicamente considerati contrari all'art. 86 del Trattato in quanto, innanzitutto, essi intendono contrastare pratiche sleali poste in essere dalle. agenzie private di ritrasmissione in quanto, d'altro canto, le norme comunitarie in. materia di concorrenza possono essere applicate al BT nella sua qualit� di impresa pubblica di cui all'ar.t 90, 2� comma, del Trattato, solamente entro determinati limiti e, infine, in quanto le precitate norme della ITC imponevano al BT di adottare i provvedimenti contestati. 15. -La Repubblica italiana sostiene inoltre che la decisione im� pugnata non � sufficientemente motivata. I -SUI MEZZI VOLTI A CONTESTARE LA POSSIBILIT� DI VALUTARE, ALLA LUCE DELL'ART. 86 DEL TRATTATO, I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT. 1) La pertinenza delle norme comunitarie in materia di concorren~ in considerazione dell'attivit� contemplata dalla decisione controversa. 16. -La� Repubblica italiana sostiene che l'art. 86 del Trattato si applica unicamente ad un'attivit� imprenditoriale esercitata secondo le forme del diritto privato e non all'attivit� normativa esercitata, in base ad una legge, da un servizio pubblico gestito a condizioni stabilite dai pubblici poteri. Nella misura in cui la decisione impugnata non riguarda comportamenti adottati dal BT nella sua qualit� di ente di gestione di impianti o fornitore di servizi di telecomunicazione agli utenti, bens� l'attivit� normativa da esso esercitata in forza del Post Office Act del 1969 e del British Telecomunications Act del 1981, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia sviato l'art. 86 dalla sua finalit�. L'attivit� normativa contestata potrebbe eventualmente giustificare soltanto un'azione contro il Regno Unito in base agli artt. 90 e 169 del Trattato. 17. -La Commissione, sostenuta nelle sue conclusioni e nei suoi argomenti dal Regno Unito, fa valere che la fornitura di servizi di tele RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO comunicazione � -un'attivit� d'impresa. La legge britannica ha conferito al BT il potere di far uso della forma degli � schemes � ma unicamente allo scopo di fissare i prezzi e le condizioni in base a cui vengono offerti i servizi di telecomunicazione. I regolamenti di cui trattasi assolvono quindi la medesima funzione di clausole contrattuali e sono stati liberamente adottati dal BT in forza del sud potere autonomo senza alcun intervento dell'autorit� pubblica britannica. Anche supponendo che la responsabilit� del Regno Unito possa essere fatta valere nella fattispecie, questa circostanza potrebbe tutt'altro pi� avere l'effetto di attenuare la responsabilit� dell'impresa per quel che riguarda l'importo dell'ammenda, ma non di escludere l'applicazione nei suoi confronti delle norme comunitarie in materia di concorrenza. 18. -Occorre rilevare in primo luogo che la ricorrente non contesta il fatto che, nonostante il suo status di impresa statale, l'attivit� con cui il BT gestisce gli impianti� pubblici di telecomunicazione e li mette a disposizione degli utenti contro il pagamento di un canone, costituisce appunto un'attivit� di impresa soggetta in quanto tale agli obblighi derivanti dall'art. 86 del Trattato. 19. -Va osservato in secondo luogo che, in forza dell'art. 28 del Post Office Act del 1969 e successivamente delil'art. 21 del British TeleCOll! unications Act del 1981, il potere di adottare regolamenti conferito al BT � strettamente limitato alle sole disposizioni volte a fissare. tariffe e. altre modalit� e condizioni delle prestazioni da esso fornite agli utenti. Tenuto conto dei termini di queste disposizioni, � opportuno riconoscere .inoltre che iii legislatore britannico non ha in alcun modo predeterminato il contenuto dei regolamenti in caus~.il quale � stabilito liberamente dal BT. 20. -Stando cos� le cose, i regolamenti di cui alla decisione impugnata vanno considerati parte integrante dell'attivit� d'impresa del BT. Il mezzo fondato sul fatto che la Commissione non poteva giuridicamente valutare la loro conformit� con Fart. 86 cl,el Trattato va dunque respinto. 2) La pertinenz,a delle norme comunitarie in materia di concorrenza "in considerazione della posizione di monopolio detenuta dal BT. 21. -La ricorrente afferma che, in forza dell'art. 222 del Trattato, ai sensi del quale quest'ultimo � lascia del tutto impregiudicato il regime di propriet� esistente negli Stati membri �, gli Stati membri sono liberi di determinare nel loro ordinamento interno le attivit� riservate al settore pubblico e di istituire monopoli nazionali. Cos� il BT ha il diritto di tutelare il proprio monopoUo impedendo l'attivit� di agenzie PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE private �he intendono fornire servizi di competenza di questo monopolio. Censurando gli � schemes � adottati a questo proposito dal BT per la loro incompatibilit� con l'art. 86, la Commissione avrebbe dunque trasgredito l'art. 222 del Trattato. 22. -Risulta dagli atti che se il BT detiene il monopolio legale consistente, fatte salve talune eccezioni, nel gestire le reti di telecomunicazione e nel metterle a disposizione degli utenti, esso non detiene il monopolio in materia di fornitura di servizi annessi, come quello della ritrasmissione dei messaggi per conto terzi. Va osservato ad ogni modo che i regolamenti adottati dal BT non hanno lo scopo di far scomparire le agenzie private create in violazione del suo monopolio, ma sono volti unicamente a modificare le condizioni in base alle quali queste agenzie esercitano la loro attivit�. Va dunque ammesso che l'art. 222 non ostava a che la Commissione valutasse gli � schemes � di cui trattasi alla Iuce dell'art. 86 del Trattato. 23. -Il mezzo fondato sulla trasgressione dell'art. 222 del Trattato va dunque respinto. II � SUI MEZZI VOLTI A STABILIRE CHE I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT NON SONO CONTRARI AI.L'ART. 86 DEL TRATTATO. 1) I regolamenti adottati dal BT risponderebbero all'e?igenza di evitare un'utilizzazione abusiva degli impianti di telecomunicazione da parte delle agenzie private di ritrasmissione. 24. -La Repubblica italiana ha dichiarato, sia nelle sue memorie scritte che in occasione dell'udienza dinanzi alla Corte, che le agenzie private di ritrasmissione dei messaggi stabilite sul territorio del Regno Unito utilizzerebbero in ma.rliera abusiva la rete pubblica di telecomunicazioni. Tale abuso risulterebbe in primo luogo da un'utilizzazione anormale dei �circuiti punto a punto�, cio� dei circuiti pubblici concessi in locazione a privati per loro uso esclusivo ad una tariffa~ forfettaria che tiene conto della quantit� dei messaggi trasmessi normalmente da questa categoria di utenti. Trasmettendo su tali circuiti messaggi per conto terzi, le agenzie di cui trattasi sfuggirebbero alle condizioni � tariffarie normali. Queste agenzie abuserebbero altres� della rete pubblica utilizzando apparecchiature speciali che permettono, grazie all'informatica, di trasmettere un gran numero di messaggi in un lasso di tempo molto breve. Tali pratiche provocherebbero un danno ancor pi� grave al corretto funzionamento del sistema internazionale di telecomunicazione in quanto sono attuate sulle linee a traffico pi� intenso. Il BT poteva quhidi adottare i provvedimenti necessari per porre termine a tali attivit� illecite senza violare l'art. 86 del Trattato. 408 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 25. -La Commissione e il Regno Unito contestano che le agenzie di ritrasmissione facciano uso di �circuiti punto a punto�. Il fatto che tali agenzie utilizzino nuove tecniche e introducano un minimo di concorrenza nel traffico internazionaile delle telecomunicazioni, non potrebbe costituire di per s� un abuso. 26. -A questo proposito � sufficiente rilevare che n� gli atti di causa n� la trattazione orale dinanzi alla Corte hanno confermato che le agenzie di ritrasmissione di messaggi stabilite nel Regno Unito utilizzino in maniera abusiva le reti pubbliche di telecomunicazione. Innanzitutto non � stato provato che tali agenzie si servono di � circuiti punto a punto � onde ritrasmettere messaggi per conto terzi. In secondo luogo, il ricorso ad una nuova tecnologia che permette una trasmissione pi� rapida dei messaggi costituisce un progresso tecnico che risponde all'interesse generale e non� pu� ritenersi che, di per se stesso, configuri un abuso. La Repubblica italiana non ha d'altronde sostenuto che le agenzie di ritrasmissione tentino di sottrarsi al pagamento delle tasse corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo, da parte loro, della rete pubblica. 27. -Stando cos� le cose, il mezzo fondato sul fatto che i regolamenti controversi sarebbero giustificati da asseriti abusi delle agenzie private di ritrasmissione va respinto. 2) I provvedimenti adottati dal BT rientrerebbero nell'ambito delle deroghe al rispetto delle norme sulla concorrenza di cui all'art. 90, n. 2, del Trattato, a vantaggio delle imprese incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale. 28. -Secondo la rico~rente la Commissione ha violato il disposto del Trattato in quanto essa ha ritenuto che l'art. 90, n. 2, non dovesse applicarsi nella fattispecie. 29. -Prima di esaminare la fondatezza di questo mezzo va osservato che la Commissione dichiara di nutrire dubbi circa la possibilit� per la ricorrente di i�vocare questo mezzo. L'art. 90, n. 2, del Trattato, desti� nato a salvaguardare i compiti che uno Stato membro ritiene opportuno affidare ad un determinato organismo, implicherebbe un delicato confronto fra opposti interessi che coinvolge fatti e valutazioni propri dello Stato membro interessato, cui gli altri Stati membri sono estranei, di cui non sono responsabili e che non hanno dunque interesse a difendere. 30. -A questo proposito va ricordato che, in forza dell'art. 173, 1� comma, del Trattato, gli Stati membri possono proporre ricorso contro ogni provvedimento della Commissione, a carattere normativo o in-!: !i !: !i i' ~= PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 409 dividuale, e invocare in particolare la trasgressione di ogni nonna del Trattato a sostegno delle loro conclusioni. Va osservato inoltre che l'applicazione dell'art. 90, n. 2, del Trattato non � lasciata alla discrezione dello Stato membro che ha incaricato un'impresa della gestione di un servizio d'interesse economico generale. L'art. 90, n. 3, affida in effetti alla Commissione, sotto il controllo della Corte, un compito di vigilanza in materia. Stando cos� le cose, non � possibile escludere l'art. 90, n. 2, del Trattato dalle norme la cui violazione pu� essere invocata da ogni Stato membro a sostegno di un ricorso di annullamento. 31. -Secondo la Repubblica italiana, la Commissione compromette l'assolvimento del compito �onferito al BT dichiarando che i regolamenti adottati da quest'ultimo sono contrari al diritto comunitario. 32. -La ricorrente invoca a questo proposito un primo argomento secondo cui l'attivit� dell,e agenzie private ,di ritrasmissione causerebbe un danno economico al servizio pubblico britannico delle tele�omunic;azioni. 33. -Va osservato che se la rapidit� della trasmissione dei mess,,aggi consentita dall'evoluzione delle tecnologie provoca senza dubbio una certa diminuzione degli introiti del BT, l'esistenza delle agenzie private di ritrasmissione nel Regno Unito attira verso la rete pubblica britannica, come rilevato dalla ricorrente stessa, un certo volume di messaggi in� temazionali con i relativi introiti. La Repubblica italiana non ha provato in alcun modo che il bilancio globale delle attivit� di queste ageu� zie nel Regno Unito fosse negativo per il BT e che la censura ae1 regolamenti controversi da parte della Commissione comprometta, dal punto di vista economico, l'assolvimento del compito particolare affidato al BT. 34. -La Repubblica italiana adduce un secondo argomento fondato sulla necessit� di una cooperazione mondiale istituita dalla ITU onde garantire un , regolare svolgimento dei servizi internazionali di telecomunicazione e sul legittimo affidamento delle altre amministrazioni nazionali a veder rispettare le norme internazionali in vigore volte ad ostacolare l'attivit� delle agenzie private di ricetrasmissione di messaggi. Impendendo al BT di adempiere integralmente gli obblighi derivanti da questa cooperazione internazionale la decisione impugnata rischierebbe ancora di compromettere l'assolvimento del compito specifico affidato a questa impresa nazionale. 35. -Questo argomento solleva in realt� il problema di stabilire se la ITC o le sue nonne secondarie impedissero o meno al BT di adottare i provvedimenti controversi. Esso si collega esattamente al terzo mezzo dedotto dalla Repubblica italiana per dimostrare che il BT non ---~"r:'"� -~ 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza e� va dunque esaminato qui di seguito. 3) La� ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, 410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia di concorrenza e� va dunque esaminato qui di seguito. 3) La� ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, come essa ha fatto, l'attivit� delle agenzie private di ritrasmissione. in funzione nel Regno Unito. 36. -La Repubblica italiana sostiene che la Commissione ha violato il disposto del!l'art. 234 del Trattato. Taile norma disciplinerebbe dnfatti }'eventuale conflitto fra le norme di diritto comunitari� e le norme di diritto internazionale preesistenti, nel senso della prevalenza di queste ultime sulle prime. Ora, secondo la ricorrente, le norme della ITC e dei suoi regolamenti amministrativi hanno sempre vietato alle amministrazioni nazionali di tollerare deviazioni del traffico internazionale di messaggi telegrafici o telefonici quando queste sono provocate da agenzie private di ritrasmissione allo scopo di evadere il pagamento completo delle tariffe dovute per l'intero percorso. A norma di quanto disposto, in primo luogo, dall'art. 6. 3., del regolamento telegrafico del 1973 e, in secondo �luogo, daiHa raccomandazione F 60 del CCITT, il BT era tenuto a adottare i regolamenti censurati dalla Commissione. 37. -La Commissione e .il Regno Unito sostengono che le norme in causa tendono esclusivamente a neutralizzare il fenomeno consistente nel sottrarre la corrispondenza ai1. pagamento integrale deHe tariffe dovute per l'intero percorso e non a vietare il transito di un messaggio da un paese terzo per il solo fatto che il messaggio incorre in questo modo nel pagamento di una tariffa meno elevata. Le norme in causa non possono dunque giustificare i regolamenti adottati dal BT. 38. -La Commissione afferma inoltre che l'art. 234 del Trattato non va applicato in quanto la CIT � stata modificata a Malaga-Torremolinos il 25 ottobre 1973, cio� ad una data successiva all'adesione del Regno Unito alle Comunit�. Gli argomenti addotti dalla ricorrente sull'analogia delle norme in vigore prima di tale data non sarebbero pertinenti in quanto in occasione di ogni modifica gli Stati membri dell'ITU ritrovano la loro libert� e assumono un nuovo impegno. Supponendo tuttavia che esistano norme internazionali anteriori al Trattato CEE che impongano il comportamento contestato al BT, l'art. 234 neutralizzerebbe il divieto dell'art. 86 del Trattato solamente nella misura in cui il rispetto di quest'ultima norma impedisca ad uno Stato membro di assolvere ai propri obblighi nei confronti di paesi terzi. 39. -Il Regno Unito, che dichiara di non condividere l'opinione della Commissione riguardo alla modifica, posteriore all'adesione di uno PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE Stato membro alle Comunit�, di un trattato internazionale stipulato anteriormente al Trattato CEE, sostiene dal canto suo che, conformemente alla sentenza 27 febbraio 1962 (causa 10/61, Commissione c/ Italia, R~,ec. pag. 1), gli Stati membri rinunciano, in 'forza dell'art. 234 del Trattato, ad ogni diritto, derivante da un trattato anteriore, che sia incompatibile con le norme comunitarie. Nella misura in cui il BT non ha fatto alcuna distinzione fra gli obblighi internazionali e quelli comunitari del Regno Unito e non ha di conseguenza limitato gli effetti dei suoi regolamenti alle attivit� delle agenzie di ricetrasmissione che pregiudichino le attivit� corrispondenti nei paesi terzi, i regolamenti di cui trattasi costituirebbero senz'altro violazioni dell'art. 86 del Trattato. 40. -Senza che sia necessario pronunziarsi sul problema di stabilire se le precitate disposizioni dell'art. 6.3., del regolamento telegrafico del 1973 o quelle della raccomandazione F 60 del CCITT avessero o meno un'efficacia vincolante nei confronti del BT, � sufficiente rilevare che le suddette disposizioni hanno un oggetto e un contenuto differenti da quelli degli � schemes � del BT censurati dalla Commssione. 41. -Infatti risulta dalla loro stessa formulazione che l'art. 6.3., del regolamento telegrafico cos� come la raccomandazione F 60 del CCITT sono unicamente diretti ad ostacolare l'attivit� di agenzie di ritrasmissione di messaggi � create � o � note per essere state _create � allo scopo di evadere il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso. I provvedimenti contemplati da queste disposizioni possono di.In. que riguardare solo le agenzie che grazie a modi di procedere abusivi tentino di sottrarre taluni messaggi al pagamento completo delle tariffe. 42. -In quanto uno Stato membro, o un ente privato riconosciuto a cui uno Stato membro abbia affidato la gestione dei servizi di telecomunicazione, ammetta attivit� di trasmissione non abusive nel senso sopra definito e quindi non vietate dalle precitate disposizioni, non pu� sussistere violazione, da parte degli Stati interessati, di impegni presi a livello internazionale. 43. -Dalle considerazioni che precedono risulta invece che i regolamenti del BT avevano uno scopo diverso da quello perseguito dalle disposizioni summenzionate del regolamento telegrafico e della raccomandazione del CCITT e riguardavano agenzie private di. ricetrasmissione di messaggi la cui attivit� non presentava alcun carattere abusivo. 44. -Stando cos� :le cose, il mezzo secondo cui fa ITC e il suo diritto derivato avrebbero. obbligato il BT ad adottare i regolamenti controversi va comunque respinto. 412 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Ili -SUL MEZZO FONDATO SULLA CARENZA DI MOTIVAZIONE DELLA DECISIONE CONTROVERSA. 45. -La Repubblica italiana fa valere che l'obbligo di motivare le decisioni, contenute nell'art. 190 del Trattato, � stato trasgredito, poich� la Commissione non ha indicato le ragioni per cui essa aveva ritenuto che: -il monopolio legale del BT era contrario al diritto comunitario; -l'esercizio di una potest� normativa poteva corrispondere ad una attivit� imprenditoriale; ...__ le norme comunitarie sulla concorrenza erano prevalenti rispetto alle norme internazionali anteriori. 46. -Va ricordato, in primo luogo, che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la motivazione di una decisione lesiva di diritti deve permettere alla Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimit� e fornire all'interessato le indicazioni necessarie per stabilire se la decisione sia fondata o meno. L'obbligo di motivazione va dunque valutato in funzione delle circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell'atto, della natura dei mezzi invocati e dell'interesse che i destinatari o altre persone riguardate direttamente e individualmente I dall'atto, ai sensi dell'art. 173, 2� comma, del Trattato, possono avere a ricevere chiarimenti. I 47. -Si deve poi osservare che la decisiqne impugnata non contesta in nessun modo la compatibilit� del monopolio legale del BT con il diritto comunitario. La Commissione non era dunque tenuta a formuIlare alcuna motivazione su questo punto. 48. -Per quel che riguarda infine i due altri punti contestati dalla I Repubblica italiana, dalla motivazione della decisione impugnata risulta che la Commissione ha innanzitutto osservato che il BT, ente di diritto pubblico, era un organismo economico che esercitava attivit� di natura economica e costituiva, in quanto tale, un'impresa ai sensi dell'art. 86 del Trattato. La Commissione ha notato inoltre che, pur ammettendo essa l'argomento del BT secondo cui la cooperazione internazionale e il rispetto degli impegni internazionali sono elementi essenziali nella prestazione efficace di servizi internazionali di comunicazione, tale cooperazione non potrebbe tuttavia autorizzare una violazione delle norme sulla concorrenza del Trattato. 49. -Tale motivazione soddisfa i requisiti dell'art. 190 del Trattato in quanto permette alla Corte di esercitare il proprio controllo e agli interessati di far utilmente conoscere il proprio punto di vista sulla realt� e la pertinenza dei fatti e delle circostanze addotte. 413 PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE SO. -Stando cos� le cose, il mezzo fondato sulla carenza di moti� vazione dev'essere respinto. 51. -Dall'insieme di quanto precede risulta che il ricorso della Repubblica italiana dev'essere respinto. (omissis). CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, III Sez., 21 marzo 1985, nella causa 172i84 � Pres. Kakouris � Avv. Gen. Lenz � Domanda di pronuncia pregiudizi�le proposta dal Tribunale di Mifano nella causa Celestri S.p.A. c. Min. Finanze � Interv.: Governo Italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione C.E. (agente De March). Comunit� europee � CECA � Prezzo base di taluni prodotti siderurgici per il calcolo del dazio antidumping � Comunicazioni della Commissione. (Raccomandazioni CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78; 29 dicembre 1978, n. 3140/78; 12 aprile 1983, n. 874/83). Alle importazioni da paesi terzi di prodotti siderurgici effettuate nel gennaio 1982, ai fini della determinazione dei prezzi di base di prodotti siderurgici per il calcolo dei dazi antidumping, non si applica la comu� nicazione della Commissione del 29 dicembre 1981 in forza della raccomandazione CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78, bens� la comunicazione 30 dicembre 1978 in forza della raccomandazione 29 dicembre 1978, n. 3140/ 78, valevole fino alla successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/ 83 (1). (omissis) 1. -Con ordinanza 15 marzo 1984, pervenuta alla Corte il successivo 3 luglio, il Tribunale di Milano ha sollevato, a norma dell'art. 41 del Trattato CECA, una questione pregiudiziale vertente sulla validit� del prezzo base di talune lamiere zincate fissato dalla comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, che modifica i prezzi di base di alcuni prodotti siderurgici (G. U. n. L 372 del 29 dicembre 1981, pag. 1), per il calcolo dei dazi antidumping da applicare alle importazioni di questi prodotti da paesi terzi. (1) Anzitutto la Corte estende aJ.l'a:rt. 41 CECA ila propria giurisprudenza formatasi �sull'art. 177 CEE e cos� rielabora fa questione di validit� formulatb dal Tribunale di Milano pur di dare ad esso una soluzione utile ai fini della decisione della causa principale. Nel merito, la soluzione accolta non pare discutibile sul piano formafo, anche se essa comporta le inaccettabili conseguenze messe in luce da parte del Governo dtaliano e non contestate dalla Commissione. r11r11i111111�111111ar1111111111r11111111t11111,,11a�11t1flli 414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 2. -Le parti nella causa principale sono la societ� Celestri, che nel gennaio 1982 aveva importato in Italia lamiere zincate originarie della Repubblica democratica tedesca, e l'Amministrazione delle finanze dello Stato italiano, che nell'agosto 1982 aveva ingiunto alla Celestri il pagamento di 86.942.000 lire per dazi antidumping e accessori. 3. -La Celestri, dopo aver pagato, adiva il Tribunale di Milano per ottenere la restituzione della somma suddetta, a suo avviso non dovuta. Essa deduceva in particolare che la summenzionata comunicazione della Commissione costituisce una decisione invalida per violazione di legge e sviamento di potere; infatti il prezzo base da essa fissato sarebbe superiore al prezzo praticato dai produttori dei paesi della Comunit�, in contrasto con i criteri indicati nelle raccomandazioni 18 maggio 1978, n. 1006/78/CECA (G. U. n. L 131, pag. 8), e 21 dicembre 1979, n. 3018/79/ CECA (G. U. n. L. 339, pag. 15) che stabiliscono le norme relative alla difesa contro le pratiche di dumping per i prodotti CECA. 4. -Occorre ricordare che la precitata raccomandazione della Commission� n 1006/78/CECA aveva istituito un dazio antidumping su talune lamiere galvanizzate originarie della Repubblica democratica tedesca. Questa raccomandazione, all'art. 1, n. 2, disponeva che � l'importo di tale dazio � uguale alla differenza in meno del prezzo effettivo (prezzo di base pi� extra) contrattuale, ftanco-frontiera sdoganato, rispetto al prezzo effettivo (prezzo di base pi� extra) pubblicato ultimamente dalla Commissione per iil prodotto in oggetto al momento defila sua immissione al consumo nella Comunit� �. 5. -Come emerge dal fascicolo, poich� nella fattispecie l'importazione era stata effettuata nel gennaio 1982, l'Amministrazione delle finanze, in forza di questa disposizione, applicava l'ultimo prezzo effettivo all'importazione, e cio� il prezzo fissato dalla predetta comunicazione della Commissione pubblicata il 29 dicembre 1981, la cui validit� � stata contestata dall'attrice nella causa principale. 6. -Per potersi pronunziare su questo mezzo, il Tribunale di Milano, con ordinanza 15 marzo 1984, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale relativa � ... alla validit� della 'comunicazione della Commissione che modifica i prezzi di base di alcuni prodotti siderurgici' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� Europee del 29 dicembre 1981, n. L 372, pag. 1, limitatamente al prezzo di base della merce '73.13 B lV c) 2 -Lamiere zincate con altri procedimenti: 1. Fornite in bobine (rotoli): qualit� 1, Fe OOGZ, spessore da 0,50 mm a meno di 1,25 mm�. PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 7. -Nelle osservazioni presentate dinanzi alla Corte la societ� Celestr. i ha tuttavia sostenuto, in via pri.ncipaile, che tale questione � irrilevante poich� la comunicazione della Commissione 29-dicembre 1981 non � applicabile nella fattispecie. Essa sostiene, a questo proposito, che il citato disposto dell'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA � stato sostituito dall'art. 1 della raccomandazione 29 dicembre 1978, n. 3140/78/CECA (G. U. n. L 372, pag. 1), a tenore del quale �l'importo dei diritti antidumping, istituiti con le raccomandazioni... n. 1006/78/ CECA... sar� ormai uguale alla differenza tra il prezzo effettivo (base ed extra (contrattuale stabilito franco �frontiera sdoganato e il prezzo effettivo (base ed extra) pubblicato dalla Commissione in data 30 dicembre 1978... � e che pertanto i prezzi da applicare al momento dell'importazione erano qu~lll stabiliti da quest'ultima comunicazione. Di conseguenza, non avrebbe dovuto esserle addebitato nessun dazio antidumping, poich� il prezzo contrattuale dichiarato per i prodotti importati sarebbe stato superiore al prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978. 8. -Anche la Commissione sottolinea nelle sue osservazioni che, �n base all'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78, si doveva applicare, nella specie, il prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978 nella comunicazione della Commissione 'della stessa data (G. U. n. L. 372, pag. 2). 9. -Solo in subordine la societ� Celestri e la Commissione esaminavo la validit� dei prezzi fissati dalla comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, oggetto della questione pregiudiziale. Secondo la Celestri essi sono invalidi, mentre la Commissione sostiene il contrario. 10. -Il Governo italiano ha in primo luogo osservato che. la Corte non pu� valutare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 41 del Trattato CECA, la pertinenza delle questioni sollevate dai giudici nazionali per la decisione sulle cause principali. Pertanto, nel caso presente essa dovrebbe limitarsi ad esaminare la validit� della comunicazione controversa 29 dicembre 1981, oggetto della questione sottopostale; a questo proposito, le affermazioni formulate contro la validit� della comunicazione controversa sarebbero prive di qualsiasi prova o di qualsiasi semplice riscontro. 11. -In secondo luogo, il Governo italiano ha sostenuto, quanto all'art. 1 della precitata raccomandazione n. 3140/78, che gli argomenti della Commissione e della societ� Celestri, basati sulla lettera della disposizione di cui trattasi, non tengono conto dello scopo e del fun. zionamento del sistema dei dazi antidumping. Secondo un principio fondamentale di questo sistema, il prezzo di esportazione dovrebbe essere sempre riferito all'ultimo prezzo vigente nella Comunit� Se si accogliesse RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DEU.O STATO la tesi contraria si finirebbe col favorire le merci del solo paese terzo, la Repubblica democratica tedesca, che non aveva concluso con la Comunit� un accordo sui prezzi di esportazione dei suoi prodotti, e si giungerebbe ad una discriminazione a danno degli altri p�esi terzi che avevano concluso accordi del genere. Per queste ragioni, il Governo italiano sostiene che l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78 era inteso a raggruppare tutti i dazi antidumping fino ad allora istituiti e ad unificarne il sistema di calcolo con riferimento all'ultimo prezzo base stabilito, che era allora quello pubblicato il 30 dicembre 1978; ci� non significherebbe, tuttavia, che non si dovesse tener conto delle successive modifiche dei prezzi base. 12. -Occorre anzitutto rilevare che, anche se l'art. 41 del Trattato CECA, fondato sulla netta separazione tra le funzioni dei giudici nazionali e quelle della Corte, non consente a quest'ultima di pronunziarsi sui fatti di causa, n� di sindacare la motivazione della questione pregiudiziale sollevata, spetta tuttavia alla Corte collocare l'atto la cui validit� � stata messa in discussione nel contesto del diritto comunitario ed esaminare gli elementi d'interpretazione di questo diritto per poter fornire al giudice nazionale una risposta utile ai fini della decisione sulla causa p1incipale. 13. -Si deve poi constatare che, come la societ� Celestri e la Com-� missione hanno giustamente osservato, l'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA � stato sostituito dall'art. 1 della precitata raccomandazione n. 3140/78/CECA, il quale ha disposto per il futuro che il prezzo base da prendere in considerazione per il calcolo dei dazi antidumping sarebbe stato quello pubblicato dalla Commissione in data 30 dicembre 1978. Questa interpretazione � corroborata dal fatto che la successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/83/CECA (G. U. n. L 96, pag. 10), ha ristabilito la versione originaria dell'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA al momento in cui il legislatore comunitario l'ha ritenuto opportuno. 14. -L'interpretazione proposta dal Governo italiano, secondo cui l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78/CECA dev'essere inteso nel senso che esso non esclude la presa in considerazione delle successive modifiche dei prezzi base, non trova sostegno n� nel testo dell'articolo, n� in alcun altro elemento. Essa non pu� pertanto essere accolta. 15. -Tenuto conto di quanto precede, la questione sollevata dal giudice nazionale dev'essere intesa nel senso che essa mette in discussione la validit� della comunicazione 29 dicembre 1981 solo nell'ipotesi in cui questa dovesse essere applicata all'epoca dei fatti di causa. Il I f'. PARm I, SEZ. n, GIURIS. COMUNITARIA E IN'l'ERNAZIONALE' 16. -Di conseguenza, si deve rispondere al giudice nazionale che non vi � motivo di statuire sulla validit� della comunicazione della Commissione 29 dicembre 1981, che modifica i prezzi base di alcuni prodotti sidemrgici (G. U. n. L 372, pag. 1), poich� essa non si applicava alle importazioni effettuate nel gennaio 1982, per le quali era applicabile la comunicazione della Commissione 30 dicembre 1978 (G. U. n. L 372, pag. 2). (omissis). SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 ottobre 1984 n. 5361 -Pres. Mirabelli -Rel. Chiavelli -P. M. Tamburrino -Comune cli Siena c. Rottoli. Impiego pubblico -Collocamento a riposo � Illegittimit� � Pretese a compensi inerenti al rapporto di impiego � Pretese a risarcimento del dan� no � Giurisdizione amministrativa e ordinaria � Limiti. Responsabilit� civile � Amministrazione pubblica � Provvedimento dichiarato illegittimo � Responsabilit� � Assenza di dolo o colpa � Irrilevanza. f In materia di pubblico impiego, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ai;nministrativo tutte le controversie che con.Cernono il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni ed emolumenti vari, ivi compresi i compensi aggiuntivi correlati alle funzioni di medico condotto (ancorch� attivate su richiesta di terzi) e non corrisposti in seguito al provvedimento di collocamento a riposo annullato dall'organo di controllo con delibera ritenuta legittima dal giudice amministrativo, mentre rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le pretese risarcitorie per il mancato percepimento dei compensi che dovevano essere corrisposti per le funzioni di medico provinciale, il cui incarico � autonomo rispetto al rapporto di impiego cessato per effetto del collocamento a riposo (1). All'impiegato, collocato a riposo con provvedimento annullato dall'organo di controllo, la cui delibera � stata ritenuta legittima dal giudice amministrativo, spetta il risarcimento del danno conseguente all'illegittimit� dell'atto, a prescindere dall'indagine sulla colpa della P.A. (2). (Omissis). -Con i primi due motivi, il comune denuncia il difetto cli giurisdizione del giudice ordinario e sostiene che non possono ritenersi diritti patrimoniali conseguenziali quei diritti che si riferiscono direttamente al rapporto di pubblico impiego, e quindi non solo gli stipendi, (1�2) La prima parte della massima si ricollega al recente orientamento giurisprudenziale che fa rientrare nella giurisdizione amministrativa tutte le domande del pubblico dipendente relative a dil'itti connessi al rapporto di impiego {Cass. 8 aprile 1983, n. 2491); la seconda parte conferma una giuri� sprudenza pacifica. La seconda massima, come si rHeva dalla motivazione della sentenza, con� trasta con l'orientamento prevalente che richiede l'indagine sulla colpa. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 419 ma anche tutti gli altri emolumenti connessi (premi di presenza, straordinari, indennit� varie, ecc.) che l'impiegato avrebbe percepito se non fosse stato illegittimamente allontanato dall'impiego. Aggiunge, inoltre, lamentando anche insufficiente ed erronea motivazione su punto decisivo della controversia, che il diritto dell'impiegato pubblico a percepire gli assegni accessori e le indennit� comunque connesse ad un rapporto di pubblico impiego tj.entra nella giurisdizione del giudice amministrativo e, pertanto, che la sentenza impugnata ha errato nel ritenere gli emolumenti suindicati come facenti parte del danno sub�to dall'impiegato. I due motivi, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati, tranne che per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno per il mancato percepimento dei compensi (anche essi rivalutati e maggiorati di interessi) che al ricorrente dr. Rottoli sarebbero stati pagati dalla regione Toscana ove egli non fosse stato illegittimamente estromesso -in conseguenza dell'illegittimo collocamento a riposo -dallo svolgimento delle funzioni di medico provinciale (lett. e delle domande precisate dal Rottoli nel ricorso ex art. 414 c.p.c. al Pretore di Siena). Tutte le altre domande, invece (pur esse accolte sia dal pretore che dal tribunale) in quanto intimamente connesse con il rapporto di pubblico impiego, non riguardano diritti conseguenziali all'annullamento del provvedimento di collocamento a riposo dell'attuale resistente e sono, perci�, di competenza del giudice amministraitvo, in sede di giurisdizione esclusiva. Trattasi, in particolare, della domanda relativa ai compensi vari, aggiuntivi alla retribuzione (anche essi rivalutati e maggiorati di interessi) dovute all'ufficiale sanitario durante il periodo 1� gennaio 1976-31 dicembre 1977, nella stessa misura che avrebbe dovuto riscuotere il dr. Rottoli se non fosse stato illegittimamente estromesso dalla funzione (lett. e); della domanda relativa ai compensi (anch'essi rivalutati e maggiorati di interessi) relativi alla funzione di medico condotto, che il ricorrente avrebbe continuato a svolgere fino al 31 dicembre 1977 ove non ne fosse ~tato illegittimamente impedito (lett. d). Per quanto riguarda, invece, le domande di cui alle lett. a) e b) del ricorso introduttivo davanti al pretore relative alla rivalutazione monetaria sulle somme liquidate dal consiglio comunale di Siena con la delibera n. 583/80 (lett. a), e al pagamento degli interessi sul capitale rivalutato (lett. b) va precisato che la sentenza pretorile che le accoglieva non � stata gravata d'appello e, pertanto, le relative questioni di giurisdizione, ormai passate in giudicato con la decisione delle questioni di merito, sono fuori dall'ambito del ricorso e della precedente decisione. Circa le altre domande (lett. e e d) sostiene il controricorrente che, sul presupposto dell'investitura funzionale di ufficiale sanitario, egli svol RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 420 geva,. oltre alle funzioni che venivano compensate con lo stipendio, altre funzioni, su richiesta di privati o su r.ichiesta de11'amministrnzione (controlli ad impianti, collaudi igienico-sanitario, partecipazione a commissioni, ecc.) che avevano per presupposto l'esistenza del rapporto di im� piego e l'affidamento delle funzioni di ufficiale sanitario, ma che a questo presupposto si aggiungeva la richiesta di privati, ovvero l'opera da collaudare o altro e,. cio�, altri fatti che trovavano nella collocazione funzionale del controricorrente il loro presupposto necessario e sufficiente ma che erano tuttavia altri fatti. Parimenti alle funzioni di ufficiale sanitario di Siena si aggiungevano quelle su investitura della prefettura (soprattutto partecipazione a concorsi) e perci� al presupposto del rapporto di impiego predetto si aggiungeva altro fatto, quale l'investitura prefettizia. Cos�, infine, per il compenso corrisposto quale medico condott9 del Terzo di S. Martino, funzioni cumulate dal controricorrente fin che era stato in servizio: detto compenso era stato poi corrisposto al suo successore, dopo il suo illegittimo collocamento in quiescenza. Secondo il controricorrente, tutte le somme richieste per i titoli suindicati non avrebbero, pertanto, la loro fonte genetica diretta ed immediata nel rapporto di impiego, ma costituirebbero dei meri diritti conseguenziali all'annullamento del suo illegittimo collocamento a riposo e, quindi, le relative controversie sarebbero di competenza del giudice ordinario. Tale tesi non pu�, per�, essere condivisa. In materia di pubblico im� piego, com'� costante giurisprudenza di questa Corte suprema, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie aventi ad oggetto il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni ed emolumenti vari che trovino il loro titolo necessario nel rapporto predetto ed altre, indipendentemente dalla prospettazione che a tali controversie dia la parte. Ora, nella specie, lo stesso controricorrente riconosce che tutte le somme, la . cui mancata percezione lamenta a titolo di danno sub�to per l'illegittimo collocamento a riposo, trovavano la loro fonte nello svolgi� mento di funzioni direttamente correlate a quella di medico condotto e di ufficiale sanitario del comune di Siena, ancorch� attivate su richiesta di terzi, rispetto al rapporto di impiego pubblico. Il fatto che la percezione degli emolumenti potesse, in concreto, avvenire a compenso dello svolgimento di funzioni richiesto da privati o dall'amministrazione, non vale a interrompere il nesso necessario con le funzioni di medico condotto e di ufficiale sanitario, coinvolgendo, pertanto, il relativo rapporto nella controversia avente ad oggetto gli emolumenti predetti.� Non v'� dubbio, invero, che se questi erano conseguiblii per lo svolgimento di funzioni, anche se richieste da terzi, che avevano per presupposto il rapporto di pubblico impiego e le relative funzioni, la controversia PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE concernente l'ano il quantum degli stessi non pu� implicare la conoscenza del rapporto che tale svolgimento consente e delle modalit� e condizioni in cui le consente e, quindi, la cognizione del giudice esclusivo del rapporto. Come innanzi si � gi� detto, non sono fondati, invece, i suesposti motivi di ricorso per quanto riguarda il danno subito dal controricorrente per il mancato percepimento dei compensi che ad esso sarebbero stati corrisposti dalla regione Toscana, quale medico provinciale, dalle cui funzioni venne estromesso a seguito del suo illegittimo collocamento a riposo da parte del comune di Siena. Non v'� dubbio infatti che la pretesa di risarcimento per il danno predetto costituisca un diritto patrimoniale conseguenziale, discendente dalla pronuncia di annullamento del provvedimento amministrativo di collocamento a riposo, n� direttamente n� immediatamente correlato al rapporto di impiego con il comune. Trattasi, cio� di una conseguenza patrimoniale dannosa ulteriore della illegittimit� dell'atto, da questa determinata, ma senza alcuna correlazione con il rapporto di impiego sul quale l'atto illegittimo ha inciso. Ed infatti, il rapporto di Impiego del dr. Rottoli, quale ufficiale sarii� tario, non costituiva un presupposto giuridicamente necessario per l'autonomo conferimento, da parte dell'ente regionale, delle funzioni di medico provinciale, ma un mero presupposto di fatto, in alcun modo condizionante il distinto rapporto con quest'ultimo ente. Se, ciononostante, la regione Toscana, come � stato in fatto accertato dal giudice del merito, rimosse il dr. Rottoli dalle sue funzioni di medico provinciale, in concomitanza con la cessazione delle funzioni di ufficiale sanitario, ayvenuta a causa dell'illegittimo collocamento a riposo, ci� non dimostra una correlazione, sul piano giuridico, delle funzioni corrispondenti ai due distinti rapporto di impiego, ma solo che, con la cessazione dalla carica di ufficiale sanitario, erano venute meno per la regione quelle ragioni di opportunit� di fatto che avevano consigliato l'attribuzione delle funzioni di medico provinciale al Rottoli fino allo svolgimento del concorso pubblico. Ci� posto e deciso in ordine al denunciato difetto di giurisdizione del giudice ordinario, deve essere esaminato il terzo ed ultimo motivo del ricorso, con il quale si denuncia violazione dell'art. 2043 e.e. nonch� violazione dei principi generali in tema di restitutio in integrum e di risarcimento dei pubblici dipendenti, nonch� omessa, insufficiente ed erronea motivazione. Si sostiene che, in ogni caso, dalla dichiarazione di illegittimit� di un atto amministrativo non deriva necessariamente il diritto al risarci mento del danno, occorrendo anche l'elemento soggettivo di imputazione della colpa. Si sostiene che non sono, comunque, dovuti al p1,1.bblico dipen dente quegli emolumenti che sono connessi ad un'effettiva presta~one di servizio. 422 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO IJ motivo non � fondato. Circa il danno relativo alla mancata percezione dei compensi, per quanto attiene a quelli per i quali � stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario, il tribunale ha esattamente rilevato come esso debba essere riconosciuto sussistente indipendente. mente dalla prova di una co1pa della p.a. rilevando, in conformit� della decisione della Suprema corte citata, che � la complessit� del procedimento amministrativo non permetterebbe d'individuare facilmente eventuali colpe e negligenze e che, comunque, la colpa non potrebbe essere individuata senza una indagine sull'azione amministrativa, preclusa all'a.g.o. �~ N� pu� essere condiviso il contrari� avviso espresso da questa corte, con la sent. n. 4204/81 secondo cui, sulla scorta anche di autorevole dottrina, la responsabilit� della P.A. non potrebbe sussistere in conseguenza della mera illegittimit� di un atto che abbia arrecato danno, ma occorrerebbe, anche in tale ipotesi, la sussistenza dell'elemento soggettivo costituito dalla colpa o dal dolo, cosi come richiesto dalla fattispecie prevista dall'art. 2043 cod. civ. In proposito, invero,� non pu� non rilevarsi, con la dottrina e la giurisprudenza dominanti, che se � vero che anche per quanto attiene alla responsabilit� della P.A. per danni ingiusti (lesivi cio� di diritti soggettivi) arrecati a terzi con attivit� materiale o con attivit� provvedimentale della stessa deve sussistere l'elemento soggettivo dell'imputabilit�, per colpa o dolo, dell'attivit� medesima, � altrettanto vero che, per quanto concerne gli atti illegittimi, la colpa �, di per s�, ravvisabile nella violazione delle norme, operata con l'emissione dell'atto, e con la sua esecuzione. Non si vede infatti, come l'esecuzione volontaria di un atto amministrativo, illegittimo per violazione di legge e che abbia inciso su un diritto soggettivo, possa non integrare, di per s�, gli estremi della colpa, anche in ipotesi lieve, specie se riferita e qualificata per agire, nella sua attivit� vincolata, secondo il diritto. L;l configurabilit� dell'errore scusabile che, secondo un'autorevole dottrina, farebbe venir meno l'elemento della colpa nella ipotesi, ad esempio, in cui la violazione di legge realizzata dall'atto Hlegittimo fosse conseguenza di una oggettiva oscurit� della n�rma violata, se deve essere ammessa con riferimento alla persona fisica dell'organo, cui la violazione sia materialmente riferibile, per escluderne la diretta responsabilit� ex art. 28 Cost., non pu�, invece, essere ammessa con riferimento alla P.A. che, come � noto, risponde in via diretta della sua attivit�, non pu� giovarsi dell'errore, in ipotesi scusabiile, dei propri fonzionari. Sostiene, inoltre, il comune ricorrente che, in ogni caso, non sono dovuti, per effetto della restitutio in integrum quegli emolumenti che sono connessi non solo all'esistenza del rapporto, ma anche all'effettiva prestazione del servizio, e, quindi, non sarebbero dovuti al c:W. Rottoli i PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE compensi che questi avrebbe percepito ove avesse potuto svolgere le funzioni di medico provinciale. In proposito, il comune invoca la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 16 dicembre 1966, n. 1597; sez. VI, 22 febbraio 1974, n. 97). La tesi, esatta per quanto riguarda la restitutio in integrum, avente per oggetto la ricostituri.one del mpporto, i1legittimamente estinto, poich� ta!le ricostituzione non pu� dmplicare anche il diritto a percepire quegli emolumenti che, oltre all'esistenza del rapporto, presuppongono altres� l'effettiva prestazione del servizio, non pu�, invece, trovare applicazione nel caso in cui: come nella specie, i compensi richiesti sostituiscano il mero parametro per la determinazione del danno (per lucro cessante) sub�to dal controricorrente, in conseguenza della illegittima estinzione del rapporto, senza alcun riferimento con i diritti fatti valere a seguito della ricostituzione del rapporto. Il tribunale ha osservato in proposito che se � vero che � nella delibera di ricostruzione della carriera � non poteva essere ricompreso quanto dal comune, dalla prefettura e dalla regione era stato corrisposto al successore del dr. Rottoli, � altres� vero che, essendosi dimostrato che, in fatto, questi ha subito un danno maggiore di quello che � risarcito attraverso la semplice ricostruzione della carriera, tutto ci� appartiene alla materia dei diritti patrimoniali conseguenziali, che il giudice ha la funzione di conoscere. Tale affermazione, riferita inesattamente dal tribunale a tutti i com-, pensi, � certamente esatta con riferimento ai compensi corrisposti dalla regione, dovuti, non gi� in correlazione diretta ed immediata con il rapporto ed a seguito di ricostruzione della carriera, come per gli altri compensi richiesti (per i quali � stato ritenuto il difetto di giurisdizione), ma, bens�, come danno ulteriore. consistente nella perdita (o lucro ces, sante) degli stessi, subito in conseguenza dell'illegittima estinzione del rapporto. � infine, infondata, la generica censura con la quale si lamenta insufficienza o omessa motivazione sul punto della liquidazione del danno. In proposito, con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede di legittimit�, il tnbunale ha ravvisato e determinato il danno con riferimento alle somme percepite da chi, nei periodi di quiescenza del dr. Rottoli, ebbe a sostituirlo nelle funzioni di medico prov4J.ciale (il tribunale si � r.iiferito inesattamente anche ai compensi relativi alle funzioni di ufficiale saiii.tario e medico condotto) �ben potendosi presumere, in base alle modalit� del conferimento dei relativi incarichi, al mancato espletamento dei concorsi per la copertura dei relativi posti, e al permanere delle buone condizioni di salute del ricorrente (non contestate dalla 424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO controparte) che il ricorrente avrebbe svolto le stesse attivit� da costoro in concreto svolte �. In conclusione, il ricorso deve essere accolto per quanto riguarda le somme che sarebbero state percepibili dal dr. Rottoli come medico condotto ed ufficiale sanitario del comune di Siena e, per l'effetto, deve essere dichiarata, in ordine alle relative controversie, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguente cassazione, senza rinvio, della sentenza impugnata; il ricorso deve essere, invece, rigettato per quanto riguarda le somme riconosciute a titolo di risarcimento del danno con riferimento ai compensi che sarebbero stati percepibili dal Rottoli, come medico provinciale, da parte della regione. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 357 -Pres. Mirabelli -Est. Pieri -P. M. Tamburrino -Automobil Club c. Sanguinetti. Impiego pubblico -Stipendi ed assegni -Ritardo nel pagamento � Rivalutazione automatica � Interessi legali � Difetto di giurisdizione del giudice del lavoro. Il Pretore, come giudice del lavoro, difetta di giurisdizione a pronunciarsi sulla domanda del pubblico dipendente,. rivolta a chiedere la rivalutazione automatica e gli interessi legali sulle somme corrisposte in ritardo a titolo di stipendi ed accessori (1). (omissis). ---: Con ricorso del 17 febbraio 1983, il dr. Marcello Sanguinetti, funzionario dell'Automobil club d'Italia ed attualmente direttore dell'Automobil club di Temi, ha adlto il pretore di quella citt�, nella qualit� di giudice del lavoro, esponendo: a) che con lettera del 20 febbraio 1982 l'A.c.i. gli aveva comunicato la decisione di corrispondere agli interessati le competenze arretrate derivanti dall'applicazione, a partire dal 30 dicembre 1975, dei nuovi livelli retributivi previsti dal d.P.R. 4 gennaio 1976, di fatto attribuit:i con decorrenza settembre 1976; b) che a tal titolo gli erano state liquidate lire 1.517.166, concretamente corrisposte nell'aprile 1982; c) che peraltro il credito da lui vantato non era stato rivalutato, n� erano stati corrisposti interessi, mentre il solo danno da svalutazione, calcolato con riferimento agli indici dei prezzi determinati ai fini dell'applicazione della �scala mobile� per i lavoratori dell'industria, del commercio e del credito, ammontava a lire 2.294.251. Chiedeva quindi che, previa declaratoria del suo diritto alla rivalutazione, l'A.c.i. fosse condannato a pagargli la detta somma o quella diversa che (�) La giurisprudenza � ormai pacifica nel ritenere che rientra nella giurisdizione amministrativa ogni questione relativ� a stipendi ed accessori che trovano titolo nel rapporto d'impiego, ivi compresa la rivalutazione automatica; contra, Sez. Un., 21 aprile 1977, n. 1466, in questa Rassegna, 1977, I, 626. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 425 fosse stata ritenuta di giustizia, con gli interessi dal gennaio 1976 al saldo. L'A.c.i., costituitosi in causa per resistere anche nel mertio alle richieste dell'attore, ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione dcl giudice adito, spettando a suo avviso t~le giurisdizione al giudice amministrativo in considerazione della natura pubblicistica del rapporto d'impiego in questione. Quindi, con ricorso del 10 maggio 1984 ha chiesto a queste sezioni unite il regolamento preventivo della giurisdizione, invocando la pi� recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione, secondo la quale, in linea di massima, deve concludersi che il danno da svalutazione e gli interessi corrispettivi possano considerarsi � diritti patrimoniali conseguenziali � non ricollegabili a situazioni esauritesi nell'ambito del rapporto d'impiego. Il Sanguinetti resiste alle richieste dell' A.e.i., rilevando che secondo il pi� recente orientamento giurisprudenziale di queste sezioni unite sussiste la giurisdizione dell'a.g.o. ogniqualvolta le domande del pubblico impiegato siano dirette ad ottenere un risarcimento conseguente a comportamenti dilatori o comunque colposi della P.A., esorbitanti dal puro e semplice ritardo nell'emissione dei titoli di spesa. Ora questa -secondo il resistente -sarebbe precisamente la situazione che ricorrerebbe nella specie, un ritardo superiore ai 5 anni nell'applicazione di un trattamento econoinico previsto da una legge, non essendo . imputabile ai tempi tecnici delle procedure di spesa, e fuoriuscendo da ogni limite di tollerabilit� integrando cos� un comportamento colposo ispirato da un chiaro fine dilatorio. Entrambe le parti hanno presentato memoria. Motivi della decisione. -Il problema posto dal presente regolamento non pu� essere risolto mediante un'indagine sulla posizione soggettiva della parte attrice. Com'� noto, in tema di pubblico impiego, il riparto delle giurisdizioni non � fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive fatte valere in giudizio, secondo la dicotomia � diritto soggettivo -interesse legittimo�, ma su di un criterio diverso, che assegna al giudice amministrativo, in via esclusiva, i ricorsi relativi alle questioni che derivano direttamente dal rapporto dedotto in giudizio, anche se attinenti a diritti soggettivi, mentre riserva all'a.g.o. � le questioni attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di illegittimit� dell'atto o provvedimento (impugnato)� (cfr. art. 2 e 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 in relazione agli artt. 29, n. 1, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 e 4, 1� comma, t.u. 26 giugno 1924 n. 1058). Si tratta quindi di accertare se le questioni costituenti l'oggetto della lite siano o meno � attinenti a diritti patrimoniali conseguenziali�. L'identificazione dei � diritti patrimoniali conseguenziali � ha sub�to, nel corso degli anni, una profonda evoluzione, che si spiega e si giustifica col radicale mutamento d�i presupposti della disposizione. Si era partiti, in origine, dalla concezione secondo la quale il giudice aro 426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ministrativo non poteva mai andare al di l� dell'annullamento dei provvedimenti amministrativi impugnati, anche se tali provvedimenti lede� vano diritti soggettivi, ed anche se ci si trovava in sede di giurisdizione esclusiva. Secondo questa concezione, sarebbe stato impensablie chiedere al giudice . amministrativo di . condannare la P.A. al pagamento di una somma. Si ritene~a quindi che occorresse affidare al giudice ordinario la definizione degli aspetti economici fatti emergere, ma non risolti, dalla pronunzia del giudice amministrativo. A partire, per�, dal momento in cui si � riconosciuto al giudice amministrativo il potere di condannare la p.a. al pagamento delle somme di cui essa fosse risultata debitrice (e cos�, ad es., delle differenze di retribuzione riconosciute dovute all'impiegato, di un'indennit� denegata, ecc.), il presupposto originario della disposizione in esame � venuto meno,. e la giurisprudenza � stata costretta ad enucleare un'altra ratio che consentisse un'interpretazione della norma coerente col nuovo contesto. Si � cos� giunti, gradualmente, ad affermare che la questione conseguenziale deve pur sempre derivare dallo svolgimento del rapporto, ma non pu� essere direttamente fondata sulla disciplina di esso o dipendere direttamente dalla pronunzia del giudice amministrativo. In questo modo, per un verso, si � giustificato il fatto che il giudice amministrativo potesse condannare la p.a., ad un pagamento si che le retribuzioni arretrate, che la p.a. poteva esser condannata a pagare, sono state considerate non gi� come una � conseguenza � del rapporto di impiego, ma come un elemento integrante di esso; per altro verso, si � finito per identificare il � diritto conseguenziale � col risarcimento del danno, e cio� con quell'unico � effetto ulteriore � dell'illiceit�. ascritta alla p.a. non eliminabile mediante le misure ripristinatorie consentite al giudice amministrativo. In questo modo, l'area .riservata, in questa materia, alla giurisdizione dell'a.g.o. si � andata via via restringendo; ci�, del resto, � apparso come una logica conseguenza del carattere residuale dell'attivit� attribuita ai giudici ordinari in questo campo particolare. L'ulteriore evoluzione dell'intepretazione dei � diritti conseguenziali � � legata al sorgere del problema della rivalutazione delle somme pagate con grave ritardo; problema acuito, negli ultimi anni, dall'inflazione galoppante. A questo specifico problema si � legato quello degli interessi, che diveniva pi� acuto in un momento in cui il ritardo dei pagamenti poteva d�venire un mezzo per pagare, di meno (attraverso l'espediente di pagare in moneta svalutata). In questo quadro, giustificate anche da evidenti ragioni di equit�, si collocano le note decisioni dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 4 aprile 1981 e n. 7 del 30 ottobre 1981. Il supremo consesso amministrativo � giunto ad affermare che n� il giudizio sulla spettanza degli interessi moratori, n� quello della rivalutazione delle competenze arretrate, implicano la PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE risoluzione di questioni 'attinenti a � diritti conseguenziali � e sono quindi preclusi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e ci� bench�, almeno in apparenza, si tratti di problemi inquadrabili nell'ambito del risarcimento dei danni (art. 1224 e.e.). In realt�, il Consiglio di Stato non � giunto ad affermare che il giudice amministrativo pu� conoscere anche delle domande di ristoro dei danni, ma ha rilevato, per un verso, ohe il giuddzio su!�li interes.si di mora dmplioa un accertamento di fatto identico a quello richiesto dailila pronunzia sugli interessi corrispettivi, daii quali esula ogni elemento di risarcimento dei danni, s� che, di conseguenza, verrebbe meno la giustificazione logica dell'attribuzione della cognizione di questi vari tipi di interessi a giudici diversi; per altro verso, ha affermato che il giudizio sulla rivalutazione delle competenze arretrate non mira ad un vero e proprio xisarcimento del danno, ma tende piuttosto a mantener integro ed immutato il valore della somma riconos�iuta come spettante all'impiegato; anche in questo caso, quindi, si tratterebbe, n� pi�, n� meno, che di attribuire aM'limpiegato ci� che gli � stato riconosciuto, senza consentire che il relativo importo subisca un ingiustificato diffalco. Queste sezioni unite hanno accolto solo in parte queste tesi apportandovi qualche correttivo al fine di precisare la portata delle norme sul riparto della giurisdizione. Cos�, nelle sentenze n. 5225 del 12 ottobre 1982 e n. 3076 del 5 maggio 1983 rese in sede di regolamenti di giurisdizione, �si � chiarito che sono attribuite alla giurisdizione, esclusiva del giudice amministrativo le domande inerenti a crediti derivanti da comportamenti del datore di lavoro contrastanti unicamente con la disciplina del rapporto ed , incidenti immediatamente sui diritti del dipendente. In questo senso, rientrando nella detta giuridizione esclusiva le domande di rivalutazione, nella misura in cui esse sono legate al puro e semplice fatto del ritardo del pagamento, senza che si facciano valere particolari comportamenti dilatori o colposi della p.a. e sempre che la rivaluzione sia pretesa secondo il criterio di calcolo automatico di cui all'art. 150 � disp. att. c.p.c. o secondo altro criterio analogo; vi rientrano altres� le domande relative agli interessi, purch� si tratti di interessi corrispettivi, contenuti entro il tasso legale. Si � invece ritenuto che rientrino nella giurisdizione dell'a.g.o. le domande strutturate in funzione di un risarcimento dei danni, e cio� quelle miranti a conseguire un risarcimento superiore a quello consentito dalla predetta rivalutazione, e quelle attinenti agli interessi di mora che l'impiegato richieda in relazione a comportamenti dilatori o comunque colposi deJJa p.a., esorbitanti dal puro e semplice ritardo nell'emissione del titolo di spesa. Queste sezioni unite, nel confermare questa giurisprudenza, rinviano alla motivazione delle sentenze sopra citate. In questa sede, sembra 428 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO sufficiente rilevare che la tesi accolta consente alla corte, al tempo stesso, di -rispettare i !fimiti della sua funzione di regolatrice della giurisdizione (e quindi di non interferire nel merito delle decisioni dei giudici amministrativi), e di mantenere fermo un orientamento giurisprudenziale ormai costante sulle caratteristiche peculiari dei crediti da retribuzione, sul loro carattere prevalentemente alimentare, e sulla conseguente esigenza della loro rivalutabilit�. Facendo applicazione di questi principi al caso di specie, devesi osservare che il Sanguinetti, nel suo ricorso al pretore, si � limitato a domandare la rivalutazione della somma, riconosciuta come spettantegli, ed il pagamento degli interessi (senza specificare la natura di tali interessi, n� richiedere un tasso superiore. a quello legale). In questa situazione, appaiono realizzate tutte le condizioni richieste dalla giurisprudenza � sopra menzionata per l'attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo. � ben vero che il Sanguinetti, in seguito, ha invocato un comportamento dilatorio intollerabile e colposo della p.a.; ma ci� egli h;:t fatto solamente in sede di replica al ricorso dell'A.c.i. per regolamento di giurisdizione, e cio� tardivamente. Invero, a norma dell'art. 5 c.p.c., la giurisdizione si determina dai fatti allegati nella domanda e posti a fondamento della pretesa, sicch� � al ricorso al pretore -giudice del lavoro -, proposto a suo tempo dal Sanguinetti, che occorre far riferimento. Occorre dunque concludere che l'attore non ha, tempestivamente, allegato particolari comportamenti colposi o dilatatori della p.a.; non ha prospettato di aver subito per effetto del ritardato pagamento danni superiori a quelli inerenti alla perdita di potere d'acquisto della moneta; non ha chiesto specificamente degli interessi di mora, n� ha invocato per gli interessi un tasso superiore a quello legale; ha fatto infine riferimento, per la richiesta di rivalutazione, ad un criterio � automatico �, quale il riferimento agli indici dei prezzi determinati ai fini dell'applicazione della � scala mobile �. Di conseguenza, non pu� dubitarsi del fatto che non ci si trovi di fronte a � diritti conseguenziali�, e che la giurisdizione spetti dunque al giudice amministrativo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 maggio 1985, n. 3098 -Pres. Bile � Rel. Parisi � P. M. Fabi (parz. diff.) � Ministero di Grazia e GiustiZJia (avv. Stato Carbone) c. Oassano ed altri (avv. Spinelli e Piracci). Impiego pubblico -Cancelleria di pretura � Amanuense � Mansioni di cancelliere -Esercizio di fatto -Rapporto di pubblico impiego -Insussistenza. (Art. 99 r.d. 8 maggio 1924, n. 745). PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 429 Lavoro � Prescrizione del diritto alla retrlbuizione � Durante il rapporto di lavoro � Mancanza di stabilit� � Conseguenze. (Art. 2948, e.e.). Lavoro � Sentenza di primo grado esecutiva � Mancata soddisfazione del credito del lavoratore � Giudizio di appello � Liquidazione del maggior danno. (Artt. 429, 3� e., e 431 e.p.e). Nell'ipotesi in cui l'amanuense di cancelleria di pretura svolga mansioni di cancelliere, il tassativo divieto espressamente stabilito dal 2� comma dell'art. 99 r.d. 745/24 non consente di configurare neppure in astratto l'avvenuto inserimento del prestatore nell'organizzazione dell'amministrazione in relazione alla diversa attivit� prestata in violazione del predetto divieto .cos� da ricondurre la fattispecie nel paradigma di un rapporto di pubblico impiego, da devolvere alla giurisdizione esclusiva amministrativa (1). (,1) Per la giurisprudenm formatasi sul punto relativo all'aspetto formale dell'atto di nomina cfr. per tutte Cass., 20 luglio 11983, n. 5002, in questa Ras segna, 1984, I, 814 con nota di richiami di G. PALMIERI. Immediato precedente da cui prendono spunto la sentenza che si annota e la coeva n. 3099 � Cass., 8 maggio 1976, n. 1609, in Foro it., 1976, I, 1258, con osservazioni di C. M. BARONE. � � Lo statuto dei lavoratori, legge n. 300/70, stabilisce, all'art. 13, che in caso di esercizio di mansioni della qualifica superiore, iJ. lavoratore abbia diritto, per il tempo in cui le esercita, alla retribuzione propria di tale qualifica e che, trascorsi tre mesi, ha diritto al riconoscimento definitivo della qualifica / stessa. La giurisprudenza ha escluso che quest'ultima statuizione si estenda, ex art. 37 dello statuto, al personale degli enti pubblici non economici (per le promozioni le norme sul pubblico impiego contengono pre\lli.sioni da con siderare tassative); per�, ha ammesso che, I�il mancanza di diverse disposizioni, si applichi la prima parte dell'art. 13 cit.; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 1973, n. 77, Cons. Stato, 19731. I, ,191 e annotata da PANUNZIO, in Diritto e Societ�, 1973, 455. La sentenza n. 1609/76 cit. ha riconosciuto I�il materia la competenza del giudice ordinario, innanzi al quale ii prestatore ha diritto di chiedere il compenso per ia attivit� svolta. Altre pronunce del Consiglio di Stato hanno, per�, ritenuto tale solu zione mcompatibile con i principi dell'organdzzazione amministrativa ed irri levante, nel pubblico impiego, l'esercizio di fatto di mansioni superiori, anche sotto il profilo economico: cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 1978 n. 1099, in Cons. Stato, ,1978, 1708; id., sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 1002, ivi, 1980, I, 1434. In ogni caso l'art. B l. cit. non pu� essere esteso al personale statale, essendo la m;tteria espressamente regolata dal t.u. ,1957 n. 3 e ci� vale anche per il personale delle U.S.L. (v. dn proposito art. 29 d.lg. 20 dicembre 1979 n. 761). Inoltre l'art. 23 della regge quadro sul pubblico impiego (t 29 marzo 1983 n. 93) ha esteso al personale di tutte !e p.a. (compreso lo Stato) la applicazione delle disposizioni di alcuni articoli dello Statuto dei lavoratori, ma non l'art. 13 cit. 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il 430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il rapporto di lavoro quando, come nella specie, non vi siano garanzie di stabilit� del rapporto medesimo sul piano sostanziale e processuale, anche per la possibilit� di un intervento giudiziale atto a rimuovere gli effetfi del licenziamento illegittimo (2). La esecutoriet� riconosciuta dall'art. 431 c.p.c. alle sentenze pronundate in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce che, i~ caso di mancata soddisfazione del credito del lavoratore, il giudice d'appello liquidi l'eventuale maggior danno subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito nelle more del giudizio di appello (3). (2) Giurisprudenza consolidata. La ben nota sentenza Corte Cost. 10 giugno 1966, n. 63, che dichiar� la illegittimit� deglri artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 2956 n. 1 nella parte in cui consentono che ila prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro, ~ pubblicata lin Foro it., 1966, I, 985. Successivamente, la Corte Cost. ridimension� 1'a portata delle affermazioni contenute nella sentenza n. 63 del 1966, ammettend� che la prescrilJione si incentrasse nei rapporti garantiti quanto alla stabilit� del posto di lavoro (sentenza n. 143 del 20 novembre 1969 in Giust. civ., 1969, I, 319); o presso gli enti pubblici economici (Corte Cost., 29 aprile 1971, n. 86, in Giur. it. 1971, I, 1, �1065; in Cons. Stato, 1911, Il, 393; id. 21 maggio 1975, n. 115, in Giust. civ. Ili, 309. Questo complesso succedersi di pronunce caus� ampi dibattiti in dottrina e contrasti giurisprudenziaJ.i, composti, questi ultimi, da Cass. 12 aprile 1976, n. 1268, in Giust. civ., 1976, I, 844, la quaie ritenne ammissibile, perch� compatibile con l'art. 36 Cost., la decorrenza della prescrizione in corso di rapporto, quando esso fosse caratterizzato da stabilit� e, cio�, sot� t.oposto ad una disciplina che, indipendentemente dalia natura pubblica o privata del datore di lavoro, subordini, sul piano soi;tanziale la legittimit� e l'efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze oggettive e predeter� minate e che, sul piano processuale, ne preveda iil sindacato da parte del giudice. In termini esatti la sentenm che si annota. In dottrina cfr. E. GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 1979, pp. 314 e ss. e da ultimo, MAREsCA A., La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffr�, Milano, 1983. (3) La giurisprudenza ha inoltre �specificato che l'applicabilit� dell'art. 429, 3� comma, c.p.c. per il periodo successivo alla sentenm di primo grado non trova deroga per la possibliilit� del creditore di eseguire tale sentenza, giacch� la !inerzia di costui non � configurabile n� come mora accipiendi, n� come fatto colposo rilevante ai sensi dell'art. 1227 e.e. � Oass. 29 marzo' ,1&84, n. 2069, Mass., 1984. La mancanta esecuzione, poi, da parte del lavoratore, della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva ex lege non esclude H diritto per il lavoratore a:l riconoscimento, da parte del giudice di appello, del risarcimento del danno per la ulteriore svaluta'Zione monetaria verificatasi successivamente a detta sentenza: Cass. 9 giugno 1984, n. 3471, in Mass., ,1984. Cfr. in dottrina C. VOCINO -G. VERDE,� Appunti sul processo del lavoro, Jovene, Napoli, 1979. .::: ~~ i' GABRIELLA PALMIERI i: PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB 431 (Omissis) Con il primo mezzo del ricorso principale viene denunciato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia e la conseguente violazione degli artt. ?9 del T.U. 26 giugno 1924 n. 1054 delle leggi sul Consiglio di Stato e 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali, nonch� dell'art. 99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745, concernente l'ordinamento del persQnale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, in relazione all'art. 360 nn. 1 3 cod. proc. civ. Al riguardo la ricorrente Amministrazione -facendo salva ogni contestmone sull'avvenuto svolgimento delle mansioni da parte del Ferrante, come accertato dal Tribunale -deduce che, ai fini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, pu� ritenersi costituito il rapporto di pubblico impiego quando questo abbia in concreto spiegato i suoi effetti attraverso le rispettive prestazioni, date e ricevute nell'ambito dell'organizzazione e per i fini pubblicistici dell'amministrazione, rimanendo irrilevante sia ~'esistenza di un atto formale di nomina, sia la validit� e la legittimit� dell'atto costitutivo del rapporto stesso, dovendo quella giurisdizione essere affermata in base al semplice riscontro dehl'effettivo inserimento del dipendente nell'ambito deH'organizzazione pubblica del datore di lavoro per il perseguimento dei suoi fini istituzionali: e ci� a prescindere dal considerare che anche il rapporto costituito ai sensi dell'art. 99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745 ha di per s� riatura pubblicistica avuto riguardo allo inserimento dell'amanuense nella organizzazione della Amministrazione. Il primo mezzo � infondato. Al riguardo va preliminarmen~ ricordato che questa Corte, dopo avere affermato che Je prestazioni dei datthlografi e degli amanuensi nelle cancellerie e segreterie giudiziarie -assunti in base aM'art. 99 del r.d.l. n. 745 del 1924 per i lavori di copiatura nelle cancellerie e segreterie giudiziarie sotto la responsabilit� dei relativi capi e retribuiti con i proventi di cancelleria -non fossero idonee a configurare un rapporto di lavoro subordinato, per difetto dei prescritti requisiti della collaborazione e della subordinazione, bens� un rapporto di lavoro autonomo non tutelato dalle norme sulle assicurazioni sociali, e dopo aver precisato che il divieto sancito nel primo capoverso del citato art. 99 \ di adibire il suddetto personale a lavori diversi dalla semplice copiatura, aveva realizzato una disciplina tassativa; assoluta e inderogabile in quanto dettata a salvaguardia delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie -inferendone che ogni indebita invasione che, in contrasto con il citato divieto, si fosse verificata da parte del medesimo personale, con o senza la consapevolezza dei preposti ai singoli uffici, si sarebbe risolta in un'attivit� che, per la illiceit� dell'oggetto, sarebbe rimasta sfornita di quaJsiasi tutela a favore del prestatore di opera, in applicazione della riserva contenuta nel primo com RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO ma -ultima parte -dell'art. 2126 cod civ., ha poi ritenuto, in seguito ad un. pi� approfondito esame della questione (v. sent. n. 1609 dell'8 maggio 1976 di queste Sezioni Unite) che le pretese avanzate dall'amanuense per le maggiori prestazioni lavorative da lui effettuate in violazfone dell'accennato divieto -oltre a non potersi considerare connesse ad un rapporto di pubblico impiego per la mancanza del prescritto atto di nomina -possono dare luogo a due distinte ipotesi e ad opposte soluzioni, a seconda che le diverse mansioni svolte di fatto dall'amanuense fossero o meno di mera esecuzione e d'ordine o si identificassero invece con le tipiche e pi� delicate funzioni del cancelliere. Ed invero solo in quest'ultimo caso -secondo la citata sentenza n. 1609 del 1976 -i valori protetti dall'art. 36 della Costituzione possono trovare resistenza in altri valori tutelati dalla stessa Costituzione attraverso i principi da questa sanciti sulla pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione), aventi anche essi finalit� di primaria rilevanza per l'ordinamento, in guisa da fasciare invariate le caratteristiche di illiceit�, gi� in precedenza rilevate, che ai sensi dell'art. 2126, primo comma, ultima parte, cod. civ., sottraggono il lavoro prestato a qualsiasi tutela; mentre nel primo caso, laddove l'attivit� prestata dailil'amanuense consiste in mansioni di' mera esecuzione e di ordine, s� realizza invece una situazione che, se pure illegale � fonte di responsabilit� per coloro che h!lnno comunque concorso a determinarla, non assume tuttavia le su relative caratteristiche di illecit�, che sottraggono il lavoro prestato a qualsiasi tutela: con conseguente possibilit� di riconoscere al relativo rapporto una residua efficacia di ordine patrimoniale, nel campo del diritto privato, in applicazione del principio sancito nel citato art. 2126, primo comma, cod. civ., riguardo alle prestazioni lavorative effettuate in esecuzione di un contratto nulilo che non sia illecito. Ora, se � vero che secondo il pi� recente orientamento della giurisprudenza di queste Sezioni Unite il'esistenza di un atto formale di nomina -ancorch� illegittimo -idoneo a costituire il !l"apporto di pubblico impiego o quanto meno J'esistenza di una documentazione idonea a dimostrare la volont� dell'ente pubbHco di inserire stabilmente (anche se non irrdefinitivamente) hl dipendente nella propria organizzazione, per utilizzarne le prestazioni per a�attuazione dei suoi fini ~stituzionali, dietro corrispettivo e con v.incoJo di subordinazione, perch� possa astrattamente configurarsi un rapporto di pubblico impiego, ai fini della sua devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non sono pi� considerati -quanto meno riguardo ai rapporti di impiego con gli enti ;pubblici non economici -un elemento essenziale per la configurabilit� di un siffatto rapporto, essendosi ritenuto a tal fine sufficiente il semplice riscontro dell'effettivo e concreto inserimento del dipendente nell'ambito della organizzazione pubblica del datore di lavoro e della avvenuta erogazione ed accettazio PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ne, in regime di subordinazione delle prestazioni lavorative nell'ambito della medesima organizzazione, per il perseguimento dei suoi fini istituzionali (v. sent. 7 novembre 1973) n. 2904; 26 novembre 1979 n. 6170; 10 luglio 1980 n. 4438; 24 marzo 1981 n. 1689; 6 novembre 1981 n. 5850; 9 marzo 1982 n. 1494; 5 ottobre 1983 n. 6051); � anche vero che, nella specie, iJ tassativo divieto espressamente stabilito dal 2� comma del citato art. 99 del r.d . .J. n. 745 del 1924 (secondo cui �in nessun caso i dattilografi . e gli amanuensi� -assunti dn appli�azione del precedente comma �possono essere adibiti a lavori diversi dalla semplice copiatura�) non consente di configurare neppure in astriatto l'avvenuto inserimento del prestatore neH'organizzazione delJ'amministrazione in relazione alla diver sa attivit� lavorativa che sarebbe stata dal medesimo prestata in viola zione dell'accennato divieto, in guisa da poter ricondurre Ja fattispecie nel paradigma di un rnpporto di pubblico impiego, da devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Pertanto, il primo mezzo, deve essere rigettato. Infondato � anche il secondo mezzo, con cui si denuncia la viola zione e la falsa applicazione del citato art. 99 del r.d.l 8 maggio 1924, n. 745 e difetto di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., per avere i giudici del merito ritenuto erroneamente che la compilazione di un modello eseguita ricopiando i dati gi� predisposti dal cancelliere sulle copertine dei fascicoli configurasse un'attivit� div�rsa dalla semplice copiatura di un atto da una minuta. La censura -a prescindere daHa sua intrinseca inconsistenza, stante la evidente differenza che intercorre tra la mera riproduzione di una minuta gi� integralmente predisposta in tutti i suoi contenuti dal minu tante e la compilazione di un modello in base alla ricerca di dati che deve essere autonomamente eseguita in ciascun caso concreto dal compilatore del modello -� destinata infatti ad infrangersi contro la motivata va lutazione con cui i giudici del merito hanno ritenuto che l'attivit� svolta dal Ferrante non si era esaurita in Javori di semplice copiatura, avendo egli assolto incombenze, anche di ordine e meramente esecutive, tipiche del cancelliere; valutazione� fondata su �apprezzamento dei fatti e delle acquisite risultanze processuali che sfugge a ogni censura in questa sede. Con il terzo mezzo si denuncia la violazione dell'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 e degli artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ., in relazione . all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., e si censura la sentenza impugnata per non avere i giudici del merito ritenuto prescritti i diritti al pagamento delle maggiori retribuzioni pretese dal Ferrante, . sia in applicazione della pre scrizione biennale sancita dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, sia di quella quinquennale e decennale rispettivamente previste dagli artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ. Anche il terzo mezzo � infondato. RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEU.O STATO 434 Escluso che possa essere invocata ed eccepita per fa prima volta in questa sede la prescrizione biennale prevista dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295 -che � stabilita peraltro riguardo alle rate di stipendio e di pensione dovuti dallo Stato ai propri impiegati e pensionati in attuazione cli. un rapporto di pubblico impiego, rapporto che nella specie, come si � detto, non � configurabile -; ne consegue che dovendo [a fattispecie ricondursi avuto riguardo alla strutturazione che per essa � stata accertata dai giudici del merito e che non forma oggetto di specifica censura sotto il profilo test� considerato, nella previsione dell'art. 2948 n. 4 cod. civ. -secondo il quale �si prescrivono in cinque anni... gli interessi e, in generale, tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini pi� brevi � -con conseguente automatica esclusione della prescrizione ordinaria decennale, che � prevista dall'art. 2946, con norma di carattere generale e con espressa salvezza dei casi in cui la legge dispone diversamente, nessuna censura pu� essere mossa all'impugnata sentenza per avere i giudici del merito ritenuto sospeso il decorso della prescrizione quinquennale sancita dal citato art. 2948 n. 4 cod. civ. La i:itenuta sospensione della prescrizione nella concreta fattispecie costituis�e, invero, corretta applicazione dei princ�pi che hanno giustificato (v. sent. Corte Costituzionale 10 giugno 1966, n. 63) la declaratoria di incostituzionalit� della suddetta norma, nella parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro anche quando il rapporto medesimo e la posizione del prestatore indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore di lavoro, non siano assistiti dalla garanzia di stabilit�, sul -piano sostanziale e proeessuale, in guisa che la legittimit� e la efficacia della risoluzione, del rapporto di lavoro restino subordinate alla sussistenza di circostanze oggettive e predeterminate, con contestuale possibilit� di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo attraverso l'intervento del giudice (come gi� precisato (1) da ultimo anche da queste Sezioni Unite in sentenza n. 1084 del 13 febbraio 1984). Sembra infatti evidente che nessuna garanzia di stabilit�, nel senso test� precisato, come hanno esattamente ritenuto i giudici del merito, possa essere riscontrata nel particolare rapporto di lavoro venutosi a instaurare con il Ferrante, in relazione alle maggiori prestazioni lavorative a cui si riferiva il credito da lui vantato e che erano state da lui effettuate in violazione del divieto sancito dal 2� comma del citato art. 99 del r.dl. n. 745 del 1924 in foogo o in aggiunta a quelle corrispondenti alle mansioni proprie dell'amanuense, che sul piano formale gli erano state affidate originariamente. Con il quarto ed ultimo mezzo del ricorso principale, si denuncia, infine, l'errata applicazione dell'art. 429, Ultimo comma, cod. proc. civ., per avere i giudici del merito determinato in maniera del tutto generica i criteri da cui � stata desunta la percentuale di rivalutazione, in PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 relazione alla non avvenuta tempestiva corresponsione delle dovute differenze retributive, senza tenere conto dell'epoca a cui risaliva l'attivit� lavorativa in ct� si era gradualmente maturato il relativo credito Il mezzo � fondato. I giudici di appello invero hanno rigettato il gravame che era stato proposto dalla Amministrazione in ordine alla decorrenza e alla percentuale del risarcimento che era stato liquidato dal Pretore per la svalutazione monetaria, sia per la ritenuta genericit� delle censure, non avendo l'appellante prodotto il conteggio specifico delle spettanze secondo gli indici I.S.T.A.T.; sia perch� il conteggio proposto dal medesimo appellante avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli. Ova, se si considera che a norma delil'art. 429, Comma 3�, cod. proc. civ., il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro deve determinare, oltre gli interessi legali, il maggior danno eventUalmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto; e che a tal fine -in applicazione dell'art. 150 delle disposizioni di attuazione del cod. proc. civ. -il giudice � tenuto ad applicare lo indice dei prezzi calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile per i lavoratori dell'industria, � agevole rilevare che la motivazione dell'impugnata sentenza, in ordine ai criteri che erano stati, nella specie, seguiti dal giudice di primo grado, nella rivalutazione del credito vantato dal Ferrante, per la differenza retributiva da lui pretesa in relazione all'attivit� prestata nel corso del rapporto di lavoro, non pu� sottrarsi a censura. E ci� sia perch� i giudici di appello hanno rigettato il gravame che al riguardo era stato proposto dall'Amministrazione per non avere questa assolto un onere che non '1e incombeva -quaile era appunto il conteggio specifico delle spettanze che avrebbero dovuto essere liquidate al Ferrante secondo gli indici I.S.T.A.T., -onere che avrebbe dovuto eventualmente fare carico sul prestat()re per suffragare la validit� della decisione che, a riconoscimento del diritto da lui vantato, era stata emessa dal giudice di primo grado; sia perch� l'affermazione che pure si rinviene nella sentenza impugnata, secondo cui il conteggio proposto dal medesimo appellante avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli risulta del tutto apodittica e non suffragata da alcun elemento idoneo a dimostrare la esattezza dei criteri in base ai quali era stata effettuata la liquidazione del maggior danno dovuto al prestatore, in applicazione delle norme su �richiamate, e da cui era stata desunta la percentuale di rivalutazione con la relativa decorrenza per la ritardata corresponsione delle differenze di retribuzione da lui richieste. Merita di essere accolto anche il ricorso incidentale, con il cui unico mezzo si denuncia violazione degli ultimi commi degli artt. 429 e 437 cod. proc. civ., per non avere i giudici di appello accolto la domanda RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELL� STATO proposta dagli attuali ricorrenti incidentali, intesa ad ottenere la liquidazione del maggior danno al medesimo derivato nelle more del giudizio di appello, dalla ritardata corresponsione degli emolumenti che erano stati riconosciuti come dovuti dal giudice di primo grado. Anche il ricorso incidentale, � infondato. La esecutoriet� riconosciuta dall'art. 431 cod. proc. civ., alle sentenze pronunciate in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce invero in tutti i casi in cui il credito del prestatore non sia stato soddisfatto in esecuzione della decisione adottata dal primo giudice -che il giudice di appello possa e debba procedere ricorrendone le condizioni, all'eventuale liquidazione del maggior danno subito dal lavoratore a seguito della sopravvenuta diminuzione di valore del suo credito, verificatasi nelle more del giudizio di appello. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 giugno 1985 -Pres. Cusani � Rel. Sammartino � P. M. Di Renzo (conci. conf.). � D'Agostino (avv. Corigliano eD'Agostino) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato Caramazza nonch� Presidente della Repubblica (n.c.); Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma (n.c.); Eredi Savoia (n.c.); Segretario Nazionale D.C., P.S.I., P.S.D.I., P.L.I. (n.c.). Costituzione � Art. 139 � Disposizioni transitorie e finali � Dichiarazione di illegittimit� � Giudice competente � Difetto assoluto di giurisdizione. (Art. 139, Cost.; disp. trans. Cost. XII e XIII; art. 382 c.p.c.). Nel nostro ordinamento nessun giudice ordinario amministrativo o speciale ha giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere la declaratoria di illegittimit� dell'art. 139 Cost. e delle disposizioni transitorie XII e XIII (1). (Omissis) Le censure elencate qel ricorso non hanno alcun fondamento giuridico. 1) L'art. 3/3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nel devolvere alla competenza del T .A.R. di Roma i ricorsi per incompetenza, eccesso di (1) Come precisa la S.C., la � singolarit� oltre ogni limite � della questione richiede � una risposta drasticamente esaustiva e deterrente � ad evitare che una � mera declaratoria di improponibilit� della domanda'" basata sulla inconsistenza dell'interesse fatto valere dal ricorrente lasci � nel cittadino il dubbio che diversamente formulata e/o soggettivata� la domanda proposta potrebbe trovare un giudice competente ad esaminarla e, cio�, � un tramite diverso da quello che la Costituzione stessa gli consente �. In dottrina cfr. per tutti C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, Padova, 1976, Tomo II e id., voce Costituzione, in Enc. del dir., 1962, Xl, 192; PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 potere e violazione cli legge contro gli � atti statali �, fa riferimento ai ricorsi contro l( atti e provvedimenti emessi dagli organi centrali dello Stato � di cui al comma primo. Far rientrare tra questi atti la Costitu~ ione � pretesa macroscopicamente aberrante, non solo perch� fa Costituzione non pu� considerarsi emanata da un organo centrale dello Stato, ma soprattutto perch� la norma di cui all'art. 3 deriva la propria di� gnit� giuridica proprio dalla Costituzione (ru-t. 113. �Contro gli atti della pubblica amministrazione � sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa... La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa�) e pertanto essa non potrebbe mai prevedere alcunch� circa la vigenza e la validit� della Costituzione. Esaminare detta norma al di fuori di questo collegamento genetico � operazione che ripugna alla logica comune prima che a quella giuridica. Nell'art. 1 della Costituzione il fatto che non lo Stato italiano ma � l'Italia � � proclamata � Repubblica democratica � sta a significare che la Repubblica nasce dalla volont� sovrana del popolo, espressa col � referendum � del 2 giugno 1946, cio� a dire che la creazione della Repubblica come atto del popolo sovrano fu sottratta alla disponibilit� della stessa Assemblea Costituente e si pone come norma fondamentale dell'intero ordinamento, nel cui seno, peraltro, si distingue, con il termine di � Stato �, quella sola parte costitutiva dell'apparato centrale di governo e delle sue diramazioni periferiche. Il rapporto tra il risultato del � referendum � istituzionale e la posizione dell'art. 1 Cost. chiarisce ed integra la portata del divieto, solennemente sancito dall'art. 139, di revisione costituzionale della forma repubblicana e ne fa un divieto assoluto, anche a mezzo di � referendum �, di questa norma-base (denominata, in dottrina, anche � supernorma �). Tanto � detto qui per completezza di esposizione, ma si deve immedia tamente aggiungere, ai fini della decisione del regolamento, che avendo la Costituzione con tutte le successive norme gettato i fondamenti del nuovo Stato repubblicano, e tra di esse vi sono anche quelle che rego contra, sulla XIII disp. trans. come nol1Illa che devia dai principi costitu zionali, cfr. M. BoN VALSASSINA, voce Esilio, ivi, 1~. xv, 726. Sulla XII disp. trans. cfr. Trib. Padova, 16 luglio 1976, in Giust. it., 1976, Il, 35 con nota In tema di riorganizzazione del .Partito fascista, di R. PUNNO. � Sulla XIII disp. trans. cfr. da ultimo Commissione elettorale Mandamentale di S. Giovannri Valdarno, che ha riconosciuto il diritto di elettorato attivo ad Amedeo Savoia Aosta, 2 novembre 1983, in Foro it., �1984, III, 162, con nota Vicissitudini della XII disposizione transitoria della Costituzione, di R. ROM� BOLI e La nozione di famiglia e la � famiglia reale �, di M. SANTILLI, ibidem, 171. GABRIELLA PALMIERI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lano i poteri dello stesso ordine giudiziario, non � possibile a questa Corte, cos� come ad ogni altro giudice, in quanto ripete i suoi poteri dailla Costituzione, sindacare in alcun modo le disposizioni' e i pdnc�pi in cui essa si articola (come � noto, in materia costituzionale, il giudice pu� soltanto, in via incidentale, delibare una questione di illegittimit� costituzionale di una (norma di) legge ordinaria o di un atto avente forza di legge, al fine di devolvere, in caso di non manifesta infondatezza, la questione medesima al giudizio della Corte costituzionale: art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1) e men che meno verificare se J'Assemblea Costituente avesse o no il potere di inserire nella Costituzione le norme indicate dal ricorrente come illegittime; verifica che questi, reiterando con un'evidenza altrettanto macroscopica l'errore di prospettiva di cui sopra, vorrebbe che fosse condotta addirittura alla stregua di norme statutarie il cui superamento e la cui abrogazione sono alla base stessa della fondazione della Repubblica. Pertanto le domande proposte dal D'Agostino nel presente giudizio, tendenti alla declaratoria dell'illegittimit� dell'art. 139 e delle Disposizioni XII e XIII non trovano, nel nostro ordinamento, alcun giudice che abbia il potere di conoscerle; ordinario o amministrativo o speciale che sia, il che equivale a dichiarare, in relazione ad esse, il difetto assoluto di giurisdizione ex art. 382 c.p.c. Che -invero -la norma di cui all'art. 139 sia costituzionale neanche il ricorrente pone in dubbio. Che lo siano pure le Disposizioni XII e XIII � altrett:anto certo, in considerarione della foro posizione ad opera della Costituente e della natura integrativa delle precedenti norme. La prima � posta, infatti, a salvaguardia dell'essenza medesima del nuovo Stato democratico, coincidente con la radicale frattura tra il regime fascista e quello sorto con la Resistenza, la seconda a salvaguardia dell'intangibilit� della forma repubblicana. Altro discorso � se dette Disposizioni -comprese tra le norme dette di � rottura '" che cio� fanno eccezione o si pongono come speciali rispetto ai principi di uguaglianza e di libert� precedentemente affermati -possano 'essere oggetto di revisione cbstituzionaile ex art. 138, a differenza della forma repubblicana: tale possibilit� nulla toglie alla natura e al rango di esse che fanno s� che nessun giudice pu� conoscere della loro legittimit�. 2) Non vale -in contrario -richiamarsi all'art. 61 della �Convenzione (europea) per la 'salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle llibert� fondamentali �. Non � necessario a tal proposito esaminare in astratto i rapporti fr� detta Convenzione e la posizione costituzionale delle norme in parola, dato che il cit. art. 61 si limita a prescrivere che tutti hanno diritto ad essere giudicati, sia in materia penale che civile, da un tribunale indipendente e imparziale stabilito dalla legge, PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE e quindi rinvia alla legge interna di ciascuno Stato, donde il difetto di contrasto col nostro ordinamento. Tanto meno vale invocare la � Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo�, la quale (a differenza della Convenzione, i cui principi sono muniti di sanzioni e sono azionabili davanti agli organi appositamente creati) non vincola i sottoscrittori sul piano giuridico, priva com'� di sanzioni giuridiche. Essa costituisce un elenco di affermazioni meramente programmatiche, come emerge, tra l'altro, dalla proposizione conolusiva deil rsuo �Preambolo�, con cui la Dichiarazione � proclamata � ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della societ� si sforzi di promuovere il rispetto di questi diritti e di queste libert�... � Quanto -poi -al riferimento agli artt. 24 e 113 Cost. (tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi anche nei confronti degli atti della pubblica amministrazione) anch'esso � frutto dell'intima contraddizione del pensiero del ricorrente, dal momento che con tali articoli -e con l'art. 111 -la Costituzione indica in quali casi si pu� ricorrere alla Corte di cassazione e tra di essi non rientra certamente il ricorso proposto in un processo nel quale sia domandata la declaratoria d'illegittimit� di norme costituzionali (donde l'inammissibilit�). 3) Questa censura non tocca un punto rilevante per la decisione del regolamento. Peraltro la motivazione della sentenza del T.A.R. non � affetta dalla contraddizione che il ricorrente vorrebbe riscontrarvi, poich�, pur affacciando l'ipotesi di un'imperfezione del sistema in quanto non permetterebbe di rivolgersi ad urt giudice per eliminare le norme denunciate -con ci� cadendo in netto � obiter � -il Tribunale giustific� la decisione adottata col rilievo, giuridicamente corretto ed assorbente, che lo stesso sistema non fornisce alcun rimedio giurisdizionale, ragion per cui l'opinione sull'imperfezione, giuridicamente erronea proprio alla stregua del sistema, non ebbe alcuna influenza sulla decisione, conforme a diritto. In conclusione il ricorso � inaccoglibile sotto ogni profilo, di rito e di merito. E se alla domanda che ne � l'oggetto (chiedo che le Sezioni Unite indichino il giudice competente a dichiarare l'illegittimit� di nor me dalla Costituzione) la risposta immediata che viene spontanea � quella sopra articolata (nessun giudice dello Stato ha giurisdizione su questa domanda) e non quella, pi� pertinente e rituale, che proceda preliminarmente dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva del ricorrente alla stregua dell'ordinamento giuridico (secondo la trico tomia diritto soggettivo/interesse legittimo/interesse di mero fatto, in quest'ultimo compreso l'interesse politico a che l'ordinamento sia con forme alle proprie personali convinzioni morali, religiose, sociali, ecc...) ci� appare giustificato proprio dall'esigenza che, per la sua singolarit� RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 440 oltre ogni limite, dalla questione sia data una risposta drasticamente esaustiva e deterrente. Infatti la semplice declaratoria dell'improponibilit� della domanda (ex art. 382/3 II p. c.p.c.) fondata sulla (in) consistemia dell'interesse fatto valere dail ricorrente -il quale nulla di concreto e di individuale pretende per s� -lascerebbe nel cittadino il dubbio che, diversamente formulata e/o soggettivata, la domanda di dichiarare � illegittima una norma della Costituzione potrebbe trovare un giudice in questo Stato, cio� un tramite diverso da quello che la Costituzione stessa gli consente -il Parlamento e gli istituti che al sistema parlamentare fanno capo -per. il perseguimento delle sue aspirazioni politiche. � i / SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civ., 18 febbraio 1985, n. 1362 � Pres. Virgilio � Rel. Pannella � P. M. Valente (concl. conf. � Prefettura di Potenza (avv. Stato Polizzi) c. Motor France s.n.c. (avv. Giordano). Circolazione stradale -Veicolo circolante senza carta � Accertamento della violazione � Confisca � Obbligatoriet� � Idoneit� a conseguire l'imma� tricolazione -Irrilevanza -Oblazione! amministrativa della violazione � Irrilevanza. (Legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 16, 17, 18, 20 e 21; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 58; art. 240 c.p.). Ai sensi degli artt. 18 e 21, 3� comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689, nell'ipotesi in cu� un veicolo sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata rilasciata la carta di circolazione, il Prefetto, una volta che sia stata accertata l'avvenuta violazione della disposizione, deve ob� bligatoriamente ordinare la confisca del .veicolo, senza necessit� di do� versi procedere ad ulteriore accertamento sulle condizioni e i requisiti circa l'idoneit� o meno del veicolo stesso a conseguire l'immatricola� zione e quindi il rilascio della carta di circolazione e senza che, in contra� rio, possa avere rilievo l'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della stessa legge (1). L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 9, 16, 18, 19, 20, 21; 22 e 38 dehla il. 24 :novembre 1981 n. 689; 240 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. si duole che il pretore abbia considerato la disposizione del 3� comma dell'art. 21 1. 689/1981 un'esemplificazione delle categorie prevista dahl'art. 20 della stessa [egge, e sostiene invece che tale disposizione costituisce un precetto autonomo, implicante in ogni caso Ja confisca del veicolo iindipendentemente dall'emissione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria. Contesta che l'obbligatoriet� della confisca trovi� 1gi�ustificazione (1) Cfr., tra le altre, Cass. 18 aprile 1984 n. 2538, richiamata neIJa motivazione; tale indirizzo rigoristico, peraltro affatto conforme ailla normativa sopra richiamata e in partioolare all'art. 21, 3� c., della legge n. 689 del 198'1, ha suscitato qualche perplessit� sotto il profilo della legittimit� costituzionale, per cui � stata gi� pi� di una volta investita della questione la Corte Costituzionale (cfr., ad esempio, ordinanza Pret. Lucca 16 ottobre 1984, in G. U. n. 125-bis del 29 maggio 1985). -H2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nella pericolosit� del .veicolo essendo sufficiente la violazione dell'8� comma dell'art. 58 del d.P.R. 16 giugno 1959 n. 393 e [a particolare relazione tra il veicolo e d'autore dell'iillecito. Considera erronea l'affermazione del pretore secondo cui 1'� accertamento � della violazione della disposizione del 3� comma dell'art. 21 non � quella dell'ufficiale verbalizzante compiuto a norma dell'art. 13 I. 689/1981 ma solo quello della autorit� amministrativa titolare del potere sanzionatorio. Sostiene, infine, che il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ,J.'idotta ai sensi dell'art. 16 1. 689/1981 non ha effetto liberatorio quanto alla confisca. La censura � fondata. La rubrica dell'art. 211. 24 novembre 1981 n. 689 reca l'enunciazione dei � casi speciali di sanzioni amministrative accessorie � e prevede la confisca obbligatoria (con l'espressione: � sempre disposta la confisca) del veicolo a motore in due casi particolari: a) quando sia fatto circolare non coperto dall'assicurazione; b) quando sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata rilasciata la carta di circolazione. Nel primo caso, la confisca viene subordinata al mancato pagamento del premio di assicurazione (per almeno sei mesi) entro il termine che l'Autorit� amministrativa competente � tenuta ad indicare nell'ordinanza- ingiunzione. Nel secondo caso la confisca � disposta senz'altro con l'accertamento della violazione. :a evidente che l'interpretazione letterale non lascia adito a dubbi sulla obbligatoriet� della confisca del veicolo, cui non sia stata rilasciata la carta di circolazione, senza necessit� di doversi procedere ad ulteriore accertamento sulle condizioni ed i requisiti di esso circa l'idoneit� o, meno a poter conseguire l'immatricolazione e perci� il rilascio della carta di circolazione. L'interpretazione logico-sistematica della filsposizione induce all'identico risultato. Dalla disciplina giuridica della sezione II del capo I della 1. 689/1981 si evince chiaramente che gli organi, addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni sulla circolazione stradale dei veicoli, procedono all'accertamento delle violazioni e, nell'ipotesi di veicolo circolante senza che per esso sia stato rilasciato il documento di circolazione, sono tenuti a sequestrarlo (art. 13) e a trasmetterne il relativo rapporto al Prefetto competente per territorio, anche se l'autore della violazione avesse pr<?vveduto al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria (art. 16 e 17). Il Prefetto, sentiti gli interessati ed esaminata la documentazione, se ritiene fondato l' � accertamento � della violazione dispone la confisca del veicolo ai sensi del combinato '�disposto degli artt. 18 e 21, 3� comma, trattandosi di confisca obbligatoria. PARTE I, SEZ. IV, l;IURISPRUDENZA CIVILE Da quant0 esposto si desume che -contrariamente alle affermazioni del Pretore -nessun collegamento � dato rinvenire tra l'enunciato del 4� comma dell'art. 20 e la disposizione del 3� comma dell'art. 21. La regola del quarto comma (� sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento) prevede infatti una confisca obbligatoria particolare con riferimento non al fatto che le � cose � servirono o furono destinate a commettere la violazione accertata dagli organi preposti al suo rilevamento ma al fatto che per la loro obiettiva condizione giuridica le � cose � non possono essere fabbricate, usate, portate detenute o alienate, senza incorrere per ci� stesso in una viola.-i:ione di legge. � intuitivo, quindi, che il 3� comma dell'art. 21 non pu� considerarsi un'applic;azione particolare della disciplina prevista dal 4� comma dell'art. 20. La specialit� delle disposizioni dello art. 21 ne dimostra il carattere di assoluta autonomia rispetto alla disposizione dell'art. 20, le quali det 1 tano invece precetti di carattere generale. Il principio di � specialit� � previsto peraltro espressamente dall'art. 9 della 1. 689/81 convalida la interpretazione esposta, in quanto la norma sancisce che � quando uno stesso fatto � punito da una pluralit� di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative si �applica la disposizione speciale �. La suddetta autonomia della norma del 3� comma dell'art. 21 induce a rilevare altres� l'erronea affermazione del giudice di merito, secondo cui il Prefetto, non avendo potuto procedere all'emissione dell'ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria, per avvenuta oblazione amministrativa non avrebbe potuto disporre la confisca del veicolo, quale sanzione accessoria. A tal fine non pu� essere valorizzata soltanto la espressione � sanzioni amministrative accessorie �, contenuta nella intestazione dell'art. 21, perch� l'avvenuto pagamento in misura ridotta (art. 16) della somma stabilita per la violazione commessa pur se estingue ogni effetto di tale violazione in ordine alla sanzione pecuniaria, non pu� certamente avere anche efficacia derogativa rispetto all'obbligo della confisca, chiaramente e tassativamente previsto, per casi ben determinati, dall'art. 21 il quale costituisce, appunto come � detto nel titolo della norma una disposizione speciale. Nel titolo stesso il termine � accessorie �, riferito alle sanzioni della confisca, non � usato nel significato rigoroso tecnico-processuale; ma a parte ci�, residua pur sempre un fatto accertato (anche se in ordine alla infrazione � stata versata una somma ridotta a titolo di sanzione pe RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 444 cuniaria),, che comporta � sempre � la confisca del veicolo, come disposto dalla legge. L'atto di accertamento a tal fine necessario e sufficiente non � diverso da quelli previsti dall'art. 13 e domandati agli organi di vigilanza. La successiva attivit� del Prefetto -in tema di violazioni sulla circolazione stradale -� semplicemente di controllo sulla fondatezza degli accertamenti stessi alla luce delle risultanze dgli atti amministrativi e delle osservazioni e della eventuale documentazione delle parti interessate. Di modo che, se l'accertamento dell'organo di vigilanza in ordine alla violazione dell'8� comma dell'art. 58 d.P.R. n. 393 risulta fondato, il Prefetto deve pronunciare l'ordinanza della confisca obbligatoria (anche senza l'ingiunzione di pagamento) contro la quale � ammessa l'opposizione prevista dall'art. 22. Tale soluzione, peraltro gi� risultante �dalla motivazione della sentenza di questa Corte 18 aprile 1984 n. 2538, comporta l'accoglimento del ricorso. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1985, n. 1364 -Pres. Virgilio, Est. Pannella -P. M. Valente (concl. conf.) -Prefettura di Potenza (avv. Stato Polizzi) c. Magro Gerardo + 1 Circolazione stradale -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Irrilevanza successivo rilascio. Circolazione Stradale � Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca autoveicolo -Pagamento in misura ridotta -Irrilevanza. Deve essere disposta la confisca dell'autoveicolo circolante senza .carta di circolazione anche se esso possa ottenere il rilascio del documento stesso o di fatto l'abbia ottenuto dopo la contestazione della violazione (1). Il pagamento in misura ridotta della sanzione prevista per la violazione del divieto di circolare senza la carta di circolazione non comporta l'inapplicabilit� della sanzione accessoria della confisca dell'autoveicolo (2). ~ (1-2) La sentenza che si riporta costituisce il primo approccio significativo della Suprema Corte alla spinosa problematica della confisca (ex art. 21 I. 688/81) degli autoveico:hl., sorPresi a circo1are sprovvisti di oarta di circola21ione, in violazione dell'art. 58 d.P .R. 393/1959; difatti la precedente decisione 2538/84, ivi citata aveva solo sfiorato la questione limitandosi ad affermare l'obbligatoriet� dehl:a confilsoa a conclusdone di una puntualizzazione sulla di PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 445 L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazion'e degli artt. 9, 16, 18, 19, 20, 21, 22 e 38 della 1. 24 novembre 1981 n. 689; 240 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. si duole che il pretore abbia considerato la disposizione del 3� comma dell'art. 21 1. 689/81 un'esemplificazione delle categorie previste dall'art. 20 della stessa legge, e sostiene invece che tale disposizione costituisce un precetto autonomo implicante in ogni caso la confisca del veicolo indipendentemente dall'emissione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria. Contesta che l'obbligatoriet� della confisca trovi giustificazione nella pericolosit� del veicolo essendo sufficienti la violazione dell'8� comma dell'art. 58 del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 e la particolare relazione tra il veicolo e l'autore dell'illecito. Considera erronea l'affermazione del pretore secondo cui I'� accertamento � della violazione della disposizione del 3� comma dell'art. 21 non � quello dell'ufficiale verbalizzante compiuto a. norma dell'art. 13 I. 689/81 ma solo quello della Autorit� amministrativa titolare del potere sanzionatorio. Sostiene, infine, che il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 I. 689/81 non ha effetto liberatorio quanto alla confisca. La censura � fondata. La rubrica dell'art. 211. 24 novembre 1981 n. 689 reca l'enunciazione dei � casi speciali di sanzioni amministrative a�cessorie � e prevede la confisca obbligatoria (con l'espressione: � sempre disposta la confisca) del veicolo a motore in due casi particolari: a) quando sia fatto circolare non coperto dall'assicurazione; b) quando sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata rilasciata la carta di circolzione. versa portata dell:a violazione dell'art. 58 rispetto a quel.La del 64 d.P.R. citato, concernente il mancato possesso del foglio di via. La pronuncia in questione risulta tanto pi� significativa, !�n quanto mterv�nuta proprio in relazione ad una sentenm del Pretore di Potenza, che aveva avuto il merito di analizzare molto attentamente la discipfilna in materia introdotta dall'Uiltima legge di depenalizzazione. Nel confronto tra le due decisioni di merito e di legittimit� � possibile anzitutto rilevare che la Suprema Oorte ha rifiutato la tesi della natura cautelare della confisca (secondo l'impostazione del codice penale, art. 240) -in base alla quale il Pretore aveva affermato l'applicabilit� della misura ablatorm ai soli veicoli non immatricolab!�ll�, vale a dire a quelli intrinsecamente illeciti -ritenendo la confisca di cui all'art. 21 del tutto distinta ed autono� ma rispetto a quella dell'art. 20. La conclusione raggiunta deve condividersi. Qualche osservazione pu�, tuttavia, svolgersi. Occorre rHevare che nella confisca delle cose il cui uso costituisce violazione amministrativa ex art. 20 appare possibile ricondurre anche La sanzione RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Nel primo caso, la confisca viene subordinata al mancato pagamento del premio assicurazione (per almeno sei mesi) entro il termine che l'Autorit� amministrativa competente � tenuta ad indicare nell'ordinanza- ingiunzione. Nel secondo caso la confisca � disposta senz'altro con l'accertamento della violazione. � evidente che l'interpretazione letterale non lascia adito a dubbi sulla obbligatoriet� della confisca del veicolo, cui non sia stata rilasciata la carta di circolazione, senza necessit� di doversi procedere ad .ulteriore accertamento sulle condizioni ed i requisiti di esso circa l'idoneit� o meno a poter conseguire l'immatricolazione e perci� il rilascio della carta di circolazione. L'interpretazione logico-sistematica della disposizione induce all'identico risultato. Da11a disciplina giuridica della Sezione II del capo I della J. 689/1981 si evince chiaramep.te che gli organi, addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni sulla ci�'colazione stradale dei veicoli, procedono all'accertamento delle violazioni e, nell'ipotesi di veicolo circolante senza che per esso ~ia stato rilasciato il documento di circolazione, sono tenuti a sequestrarlo (art. 13) e a trasmetterne il relativo rapporto al Prefetto competente per territorio, anche se l'autore della violazione avesse provveduto al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria (artt. 16 e 17). ' Il Prefetto, sentiti gli interessati ed esaminata '1a documentazione, se ritiene fondato I'� accertamento � della violazione dispone la confisca del veicolo ai sensi del combinato disposto degli artt. 18 e 21, 3� comma, trattandosi di confisca obbligatoria. che colpisce l'autoveicolo circolante ,senza carta di circolazione, per.ch� in tal caso esso � una cosa usata :in violazione delila norma, per cui l'obiettiva condizione dell'autoveicolo � illecita proprio per la mancanza del documento in questione. Questo per� non esclude !il carattere punitivo e non cautelare della sanzione, dimostrato dal fatto che l'ultimo oomma esclude l'applicazione de1la confisca solo quando Ia cosa appartenga a persona estranea alla violazione, dove l'estraneit� deV'e :intende!1Si con r1guardo iall'art. 6 precedente ed al regime probatorio ivi previsto. Cos� intesa la norma punisce di proprietario dell'autoveicolo che lo faccia circolare sema la relativa carta, risparmiando invece i�estraneo alla violazione che possa ottenere �successivamente la necessama autorizzazione ovvero la carta di circolazione. Seguendo invece la tesi della Cassazione, fa confisca essendo obbMgatoria ex art. 21 co. 3, ~enza possibilit� di collegamento con l'art. 20 e quindi con Je sue deroghe, diviene effettivamente una ~sura eccessiva potendo colpire persino in ipotesi il proprietario incolpevolmente derubato. Assolutamente ineccepibile appare invece l'altro punto della decisione concernente l'irrilevanza del pagamento in misura ridotta onde evitare la confisca; correttamente la Cassazione ha rifiutato valore esegetico al carat / PARTE I, SEZ. J:V, GIURISPRUDENZA CIVILE 447 Da quanto esposto si desume che -contrariamente alle affermazioni del Pretore -nessun collegamento � dato rinvenire tra l'enunciato del 4� comma dell'art. 20 e la disposizione del 3� comma dell'art. 21. La regola del quarto comma (� sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detrazione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento) prev�de infatti una confisca obbligatoria particolare con riferimento �non al fatto che le �cose� servirono o furono destinate a commettere la violazione accertata dagli organi preposti al suo rilevamento ma al fatto che per la loro obiettiva condizione giuridica le � cose � non possono essere fabbricate, usate, detenute o alienate, senza incorrere per ci� stesso in una violazione di legge. ~ intuitivo, quindi, che il 3� comma dell'art. 21 non pu� considerarsi un'applicazione particolare della disciplina prevista dal 4� comma dell'art. 20. I La specialit� delle disposizioni dell'art. 21 ne dimostra il carattere di assoluta autonomia rispetto alle disposizioni dell'art. 20, le quali dettano invece precetti di carattere generale. Il principio di � specialit� �, previsto peraltro espressam�nte dall'art. 9 della l. 689/81, convalida la interpretazione esposta in quanto la norma sancisce che � quando uno stesso fatto � punito da una pluralit� di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative si applica la disposizione speciale �. La suddetta autonomia della norma del 3� comma dell'art. 21 induce a rilevare altres� l'erronea affermazione del giudice di merito, secondo tere "'accessorio� della confisca rispetto all'ordinanra ingiunzione, riconoscendo che l'accertamento della violazione che preclude alla confisca non deve passare necessariamente attraverso il procedimento dell'ordinanza ex art. 18, il che peraltro non manca dli aprire spiragli ad ulteriori problematiche quali quella dell'effetto estintivo della mancata contestazione delta Violazione sul potere ablatorio di cui all'art. 21. Si potrebbe ulteriormente supportare la tesi qui accolta ricordando sul piano dell'interpretazione letterale che l'art. 16 non ha ripreso 1a formula: deWart. 5 legge 705/76, ove ,si ammetteva il pagamento con effetto liberatorio, omissione che non pare priva di rilievo nell'ottica del [egislatore che ha forse voluto prendere cos� posizione nella disputa tra quanti sostengono che il pagamento in misura ridotta costituisce un riconoscimento di responsabilit� e quelli che invece ,sostengono ii contrario. Si deve infine rilevare che data ~a premessa del ragiOillamento, pI1�ma criticata, la Suprema Corte non ha potuto fare riferimento all'argomento testuale avente carattere decisivo, e cio� alla disposizione dell'art. 20 co. 4 ove si prevede la confisca, anche se non venga emessa l'ordinanza ingiunzione dli pagamento, il che appunto avviene quando sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta. GIAN PAOLO POLIZZI RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 448 cui il Prefetto, non avendo potuto procedere all'emissione dell'ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria per avvenuta oblazione ammini strativa, non avrebbe potuto disporre la confisca del veicolo, quale san zione accessoria. A tal fine non pu� essere valorizzata soltanto la espressione � san zioni amministrative accessorie� contenuta nella intestazione dell'art. 21, perch� l'avvenuto pagamento in misura ridotta (art. 16) della somma stabilita per la violazione commessa, pur se estingue ogni effetto di tale violazione in ordine alla sanzione pecuniaria, non pu� certamente avere anche efficacia derogativa rispetto all'obbligo della confisca, chia ramente e tassativamente previsto, per-casi ben determinati, dall'art. 21, il quale costituisce, appunto come � detto nel titolo della norma, una disposizione speciale. Nel titolo stesso il termine �accessorie�, riferito alle sanzioni della confisca, non � usato nel significato rigoroso tecnico-processuale; �ma a parte ci�, residua pur sempre un fatto accertato (anche se in ordine alla infrazione � stata versata una somma ridotta a titolo di sanzione pecuniaria) che comporta � sempre � la confisca del veicolo, come dispo sto dalla legge. L'atto di ,accertamento a tal fine necessario e sufficiente non � di verso _da quelli previsti dall'art. 13 e demandati agli organi di vigilanza. La successiva attivit� del Prefetto -in tema di violazioni sulla circo lazione strndale -� semplicemente di controLlo sulla fondatez:m de~ accertamenti stessi alla luce delle risultanze degli atti amministrativi e delle osservazioni e della eventuale documentazione delle parti inte ressate. Di modo che, se l'accertamento dell'organo di vigilanza in ordine alla violazione dell'8� comma dell'art. 58 d.P.R. n. 393 risulta fondata, il Prefetto deve pronunciare l'ordinanza della confisca obbligatoria (anche senza l'ingiunzione di pagamento) .contro la quale � ammessa l'opposizione prevista dall'art. 22. Tale soluzione, peraltro gi� risultante dalla motivazi~ne della sen tenza di questa Corte 18 aprile 1984 n. 2538, comporta l'accoglimento del ricorso. CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I -27 febbraio 1985 n. 1702 -Pres. Scan zano -Rel. Tilocca -P. M. Zema (conci. conf.) Azienda autonoma FF.SS. (avv. Stato Nucaro) c. Cantiere della Palmaria S.p.A. ed altri (avv. De Ferrari). ' Trasporti pubblici -Ferrovie dello Stato -Condizioni e tariffe -Giacenza di merci -Tasse di sosta -Caso fortuito e forza maggiore -Esclusione. / PARTB I, SBZ, IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 449 Lavoro -Sciopero del personale doganale -Configurazione � Forza maggiore � Insindacabilit� in sede di merito. Le tasse di sosta previste a favore delle Ferrovie dello Stato dal d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 per l'ipotesi di giacenza di merci presso la sede .ferroviaria costituiscono in realt� una liquidazione legale del dannq che l'utente cagiona all'Amministrazione, onde si applicano i principi generali di cui agli artt. 1218 e 1256 cc. (1) La configurazione da parte del giudice del merito dello sciopero del personale doganale che abbia dato causa alla giacenza delle merci, come ipotesi di forza maggiore, � insindacabile in sede di legittimit� ove congruamente motivata (2) Con il primo motivo l'Azienda ricorrente denuncia la violazione del� l'art. 43, par. I, lett. d) delle cond�zioni e tariffe per i trasporti delle cose sulle Ferrovie dello Stato, fissate con d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 (e succ. modificazioni), la violazione dell'art. 5, n. 2, 2� comma, d.m. 26 giugno 1971 n. 9651 in relazione all'art. 6 r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9 e succ. modif,, nonch� la insufficienza o mancanza di motivazione su punto decisivo della controversia. L'Azienda, precisamente, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che fortuito e forza maggiore esimono dal pagamento della tassa di sosta anche nel caso di ritardo nello scarico e di utilizzazione dei carri ferroviari, come nella specie, oltre la franchigia accordata per lo espletamento delle operazioni doganali. A sostegno della censura l'Azienda ricorrente adduce la lettera dell'art. 43, par. 2, d.P.R. 197/1961, dove, a differenza che nel par. 1 (il quale, alla. lett. a) annovera tra le ipotesi di pagamento della tassa il ritardo nel carico, nello scarico e nell'asportazione delle cose) si indicano il fortuito (.1) La sentenza disattende le tesi dell'Avvocatura dello Stato, la quale aveva sostenuto che, poich� l'art. 43 del d.P.R. lfl7/61 prevede l'esclusione di responsabilit� dell'utente per forza maggiore solo nei casi di ritardo, nel carico e nella asportazione delle merci, e non anche di ritardo nello scarico, in questa ultima ipotesi l'ingiunzione di pagamento delle tasse di sosta doveva ritenersi legittima. La S. C. giunge invece ad una interpretazione estensiva (rectius, correttiva) della norma, ed al conseguente ampliamento delle ipotesi di esclusione di responsabilit� dell'utente, spostando i termini della questione sul piano prettamente civilistico e sussumendo i principi sanciti dagli artt. 1218 e 1256 cc. a canoni interpretativi generali. La sentenza si colloca pertanto in quell'orientamento che tende progressivamente a ridurre la portata della nozione concettuale, di tassa e ad inquadrare una 1serie di prestazioni dei privati in quella di prezzo pubblico, se non addirittura, come nella fattispecie, di liquidazione legale anticipata del danno; per un ulteriore esempio cfr. Cass. 8-10-83 n. 6380 che ha configurato come prezzo pubblico le cd. tasse postali. (2) Sulla seconda massima, � pacifico in giurisprudenza che la qualificazione di un certo evento come forza maggiore da parte del giudice del merito 450 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e la forza maggiore, come cause esimenti da1Ia tassa, solo con riferimento al ritardo nel carico e nell'asportazione e non anche nello scarico. � Scarico ed � asportazione � -sostiene l'Azienda -sono operazioni concettualmente e normativamente diverse, perch� il primo, attinente alle spedizioni � a carro >>, implica un'attivit� del destinatario che il.ibera un carro dalla merce oggetto del trasporto, mentre la seconda, attinente alle spedizioni �in piccole partite�, presuppone uno scarico gi� effettuato d,al personale delle ferrovie e consiste nel semplice ritiro, da parte del destinatario, di merce gi� scaricata che ingombri soltanto magazzini o aree di deposito. Quindi, il danno derivante dal ritardo nello � scarico � � di gran lunga maggiore di quello per il ritardo nel � carico � e nell'asportazione�, restando impegnato nel primo caso un bene strumentale indispensabile per l'esercizio dell'attivit� principale di istituto dell'Azienda e negli altri due delle semplici aree,. Ecco il perch� della maggior severit� di dis�iplina usata dal legislatore con l'addossare sull'utente, in caso di ritardo nello � scarico �, anche il fortuito e la forza maggiore. Sempre secondo l'Azienda ricorrente, questa interpretazione dell'art. 43 trova preciso riscontro nell'inutiJmente invocato art. 5 del D.M. 26 giugno 1971 n. 9651, elle disciplina espressamente la fattispecie della giacenza per ritardo nelle operazioni doganali. Tale ultimo articolo, al n. 2 del secondo comma, precisa che, se, per impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali a cause comunque non attribuibili alla Ferrovia, le merci sostano nei carri o nei magazzini ferroviari allo scadere del periodo di franchigia accordato � per l'asportazione od il carico �, si rendono applicabili le tasse di sosta. Dal che appare chiaro che il ritardo nell'espletamento di dette operazioni, ancorch� dovuto a sciopero dei doganieri, pur costituendo tale sciopero certamente un fatto del terzo non evitabile n� rimediabile, � del tutto inidoneo ad esimere dal pagamento della tassa. sia insdndaoabile in sede di legittimit� ove congruamente motivata; cfr. Cass. 9-11-57 n. 4319; Cass. 4-3-70 n. 518; Cass. 28-5-75 n. 2189. Sulla configurazione dello sciopero come causa di forza maggiore che esclude fimputabilit� dell'\inadempimento del datore di lavoro, si sono avute valutazioni ddscm:danti da part� della giurisprudenza, che � giunta in passato addirittura. a sindacal'e la legittimit� e le motivazioni dello stesso: cfr. Cass. 18,12-52 n. 3236, in Foro It. 1953, I, SOOss. Su fattispecie analoghe a quella decisa dalla sentenza in esame, cfr. invece Cass. 9�12~57 cit. -con riferimento all'ipotesi dello sciopero bancario che impedisca al debitore di eseguire la prestazione -e Tribunale Roma 30-11-74 (in Giust. civ .� Rep., 1976, voce Lavoro, n. 834), secondo cui lo sciopero generale integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore che esonemno dal pagamento delle tasse di nolo maturate per ritardo ne11'adempimento. VINCENZO NUNZIATA PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRuDENZA CIVILE Vero che l'ultimo comma del citato art. 5 stabilisce che, per quanto non indicato, valgono le disposizioni previste dagli artt. 42 e 43 d.P.R'. 197/1961, ma da tale richiamo -sostiene la ricorrente -debbono ritenersi escluse [e esenzioni di cui al 2� paragrafo de1l'art. 43 in quanto intimamente contraddittorie con la disdplina comp�essiva di detto art. 5. Ad ulteriore sostegno della propugnata tesi l'Azienda afferma che la norma dell'art. 42 par. 2, non pu� costituire espressione di un principio generale, giacch� il porre il rischio del fortuito e della forza maggiore a carico dell'Azienda non corrisponde ai canoni civilistici. Difatti, nei rapporti di utilizzazione diretta di beni strumentali, detto rischio normalmente passa su colui che ha la � res � nella sua immediata disponibilit�. Il motivo va respinto. L'art. 43 d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 (contenente la revisione delle condizioni di trasporto di cose sulle ferrovie dello Stato) dispone, al paragr. 1, che, quando, per causa indipendente dall'Amministrazione e, quindi, per ogni fatto od ammissione riconducibili a colpa dell'utente, le cose rimangono giacenti su sede ferroviaria (carri, agenzie o qualisiasi altro locale od aree dell'Amministrazione) oltre i termini di cui al precedente art. 25, sono dovuti le tasse di sosta. Lo stesso paragrafo con riferiment� ad alcune ipotesi specifiche (lett. a, b, e, d) precisa quando la giacenza (oltre i termini suindicati) deve ricollegarsi a colpa dell'utenza ovvero dell'Amministrazione e, quindi, quando essa determina o meno l'obbligazione della tassa di sosta, il paragrafo precisa poi, che agli effetti dell'applicazione della tassa di sosta non si tiene conto dei giorni gestivi riconosciuti dallo Stato che cadono in tutto o in parte nel periodo di giacenza delle spedizioni a velocit� ordinaria... �; tale disposizione si spiega e si giust~fica con il rilievo che, dovendosi (di regola) osservare per legge, nei predetti giorni, il riposo delle attivit� lavorative, la giacenza delle merci nelle sedi dell'Amministrazione (in codesti giorni) non pu� imputarsi a colpa dell'utente (e neppure, ovviamente, dell'amministrazione). A sua volta il paragrafo 3 stabilisce che �si applica l~ riduzione del 50% delle tasse di sosta se, a causa della.contemporanea messa a disposizione in una stessa stagione di pi� spedizioni a carro dirette ad uno stesso destinatario, quest'ultimo non abbia potuto provvedere al ritiro delle cose nei termini stabiliti�. Nonostante l'espressione adoperata (� se... il destinatario non abbia potqto provvedere al ritiro delle cose ... �, il legislatore riconduce, in tale ipotesi, il differimento della giacenza a fatto imputabile all'utente pur se apprezza (riducendo la tassa alla met�) le particolari �difficolt� nelle quali viene a trovarsi :hl. destinatarfo nel dover ritirare contemporaneamente pi� �spedizioni a carro entro fo stesso termine. 452 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO Infine il paragrafo 2 dispone che � non si applicano le tasse di sosta se il mittente o il destinatario provi di non aver potuto completare il carico ad asportare le cose nei termini stabiliti, in conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore�. Nella specie l'esenzione � accordata poich�, ricorrendo l'uno o l'altro evento, non pu� ravvisarsi responsabilit� alcuna dell'utente (e neppure, s'intende, dell'Amministrazione) circa il ritardo del carico e dell' � asportazione � delle cose. Il legislatore parla di � tasse di sosta � impropriamente ed in realt� si tratta di liquidazione legale del danno che l'utente cagiona all'Amministrazione non liberando la sede ferroviaria entro i termini stabiliti e prefissati dal legislatore stesso tenendo conto del tempo normalmente occorrente per l'ultimazione delle operazioni di carico o di scarico (artt. 24 e 42). Non sussistendo responsabilit� dell'utente in caso di fortuito e forza maggiore, ne deriva che egli non pu� essere tenuto al risarcimento dei danni in favore dell'amministrazione, ossia� al pagamento della tassa di sosta (art. 1218, inciso finale, 1256, comma 2�, e.e.). Inquadrandosi, dunque, nell'ambito dell'istituto del risarcimento del danno l'obbligazione dell'utente di pagare la co. tassa di sosta e costituendo la norma del paragrafo 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1961 una applicazione specifica dell'art. 1256, comma 2�, e.e. in relazione all'inciso finale dell'art. 1218 dello stesso codice, ne deriva l'infondatezza della tesi della Amministrazione, secondo la quale, poich� il predetto paragrafo menziona soltanto le ipotesi di � carico � e di � asportazione �, gli eventi del fortuito e della forza maggiore non esimerebb~~o dal pagamento della tassa di sosta nel caso di ritardo nello scarico. Una volta che il fortuito e la forza maggiore escludono la colpa e, quindi, la responsabilit� in ordine al fatto oggettivamente dannoso, qualunque sia tale fatto, qualunque sia l'incidenza del medesimo sulla sfera patrimoniale del soggetto danneggiato e qualunque sia l'interesse che quest'ultimo riconnette al bene oggetto del fatto dannoso, non pu� sussistere l'obbligazione del risarcimento del danno, nel caso che detto fatto sia, appunto, la conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore. Il paragrafo 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1962 parla di �asportazione�, al pari del par. 4 d�llo stesso articolo, in senso comprensivo dell'attivit� di scarico, cos� come ha gi� ritenuto questa Corte (sent. 17 ottobre 1975 n. 3379); e, d'altra parte, non vi � alcuna ragione per escludere dall'ambito di tale norma il !l:'itardo dello � scarico � giacch� essa sri riferisce espressamente anche all'ipotesi de:l non completamento del � carico �, ossia della mancata utilizzazione, in tutto o in parte, entro il termine stabilito, del carro, posto dall'Azienda a disposizione dell'utente e non suscettibille, perci�, di essere destinato da.J.la medesima nello stesso tempo ad altra operazione. Va, poi, osservato che, se il paragrafo 1 dell'art. 43 menziona, aUa �lett. a), come sottolinea l'Azienda, il �carico, lo s�arico o l'asportazione�, <l'art. 42, hl quale ha sicuramente riguardo anche alla PARTE I, SEZ. lV, GIURISPRUDENZA CIVILE attivit�, qualificante -secondo J'Amministra:cione medesima la figura delilo �scarico� (art. 24, par. 1, comma 3), usa sempre (titoJo dell'art., titolo del par. 2; comma 4 par. 2; par. 3, commi �ritiro � e 4; paragr. 4) .il termine di � asportazione � per indicare complessivamente qualsiasi operazione :di ritiro delle cose oggetto dei trasporto da ogni sede ferroviaria e, quindi, pure l'operazione di liberazione di un intero Cfirro, occupato, cio�, esclusivamente da cose dirette ad uno stesso e solo destinatario. L'amministrazione ricorrente lamenta che la sentenza gravata ha ignorato l'art. 5 n. 2, d.p. 26 giugno 1971 (�sulle condizioni e corrispettivi per l'esegttimento delle operazioni e formalit� doganali sulle Ferrovie dello Stato�), che confermerebbe la tesi da essa proposta e sopra esaminata. La norma dispone che �per l'eseguimento delle operazioni e formalit� doganali presso le stazioni ferroviarie di arrivo o di partenza dei trasporti � accordato -in aggiunta al termine normale per l'asportazione o il carico delle merci -un termine supplementare di franchigia da tassa di sosta cl.i 24 ore �. Indi essa aggiunge che � se, per impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali, a causa d'ingombro dei medesimi ovvero per altre cause comunque non attribuibili alla ferrovia le merci sostano in carico nei m,agazzini ferroviari, allo scadere del termine di franchigia anzidetto si rendano applicabili le tasse .di sosta di cui all'Allegato alle Condizioni e Tariffe�. Sostiene l'Amministr.ione che �si deve allora ritenere che in via di principio, nell'ipotesi di ritardo dovuto all'espletamento delle operazioni doganali, sono dovute le tasse di sosta anche per forza maggiore, tenendo presente che l'impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali, rispetto al rapporto Azienda vettrice-mittente (o destinatario), costituisce sicuramente un fatto del terzo (l'Amministrazione doganale) non evitabile o rimediabile in alcun modo �. Osserva la Corte che in tal modo l'Amministrazione contesta che lo sciopero dei funzionari di dogana costituisca o possa costituire ipotesi di forza maggiore e, come tale, causa di esenzione dal pagamento della tassa di sosta ai sensi dell'art. 43, par. 2, d.P.R. n. 197. Tale questione costituisce l'oggetto del secondo motivo e pertanto sar� esaminata specificamente in sede di trattazione del detto motivo. In questa sede � sufficiente, per porre in evidenza il valore tutt'altro che decisivo della norma ministeriale circa la debenza, nel caso di specie, della tassa di sosta, che questa stessa norma ministeriale, nell'ultimo comma, fa salve le disposizioni previste negli artt. 42 e 43 del d.P.R. n. 197 del 1961, sia pure � per quanto non indicato � da essa. La norma ministeriale non si occupa dell'esenzione dalla tassa di sosta nella ipotesi in cui il .ritardo nel carico o nell'asportazione� sia conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore e sarebbe, comunque, certamente illegittima e disapplicabile da parte del giudice ordinario, nonostante l'inciso -anch'esso 454 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO I illegittimo -� per quanto non indicato nelle presenti norme �, se disponesse in contrasto con quanto prevede al riguardo il par. 2 delJ.Yart. 43 i & del citato decreto presidenziale (avente forza di legge e pertanto non ! suscettibile di abrogazione e di modificazione ad opera di un decreto I ministeriale). Con il secondo motivo, enunciato in maniera identica al primo, l'Amministrazion~ censura la sentenza impugnata, subordinatamente al mancato accoglimento del mezzo precedente, per aver ravvisato nello sciopero IIun'ipotesi di forza maggiore rientrante nella disciplina esecutiva del par. 2 dell'art. 43 d.P.R. 197 del 1961, anzich� un semplice fatto del terzo, indipendente dall'Amministrazione e come .tale inidoneo, in base al par. 1 lett. d) dello stesso, ad esonerare dal pagamento della tassa. Il motivo va respinto. Il fatto del terzo, indipendente dalla Amministraziop.e, per essere inidoneo ad escludere la debenza della cd. tassa di sosta, � necessru:io che si riconduca oomunque a colpa dell'utente, che, cio�, non si sussuma I nella figura dell'evento fortuito o della forza maggiore, specificamente considerati nel par. 1, lett. d), dell'art. 43 d.P.R. 197 del 1961, poich�, IJ come ha osservato la Corte di merito, possono costituire eventi di forza maggiore, oltre che eventi naturali, anche comportamenti di terzi, qualora essi non siano suscettibili di essere assolutamente impediti ed evitati ! dal soggetto debitore. Cos� il predetto paragrafo alla lett. d) sia pure attraverso un'espressione imprecisa:, riconduce a responsabilit� dell'utente I i ritardi nel carico e nell'asportazione conseguenti a sequestri e a pigno ramenti delle cose oggetto del trasporto, giacch� tali eventi implicano sempre un comportamento, da parte dell'utente, che. si ponga rispetto I ~ ad essi come causa od occasione e giacch�, comunque, essi sono suscet tibili di essere impediti o neutralizzati dall'utente. Accertare se un dato evento o un determinato comportamento del terzo costituisca o meno causa di forza maggiore, ove non vi provveda diretta~ente il legislatore in base al principio del quod plerunque accidit, � compito riservato al giudice di merito, il cui convincimento si sottrae, se congruamente motivato ed immune da errori logici e giuridici, al sindacato in sede di legittimit� (Cass. 13 novembre 1974, n. 3602). I Difatti, tale convincimento implica l'apprezzamento delle concrete circostanze ohe hanno accompagnato il verificarsi del~'evento e delle caratteristiche peculiari del medesimo e, quindi, la valutazione se questo abbia I determinato o meno, in concreto, l'impossibilit� dell'adempimento del l'obbligazione. In conformit� a tale principio questa Corte ha gi� ritenuto (sent. 4 marzo 1970, n. 518) che costituisce un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimit� se sorretto da �sufficiente motivazione, lo stabilire se, nel caso concreto, uno sciopero sia da considerarsi o meno come causa di forza maggiore. Nella specie la Corte del merito ha rile PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE vato che lo sciopero dei funzionari, esercizio di un diritto garantito dalla Costituzione, aveva impedito in modo assoluto il compimento delle operazioni doganali, senza il cui preventivo perfezionamento non poteva aver inizio il trasporto per ferrovia. Siffatto impedimento, ha aggiunto la Corte, non poteva comunque essere evitato e nemmeno in qualche modo mitigato nei suoi effetti dall'utente ferroviario e pertanto non si � trattato di una mera difficolt� di esecuzione, superabile ed eliminabile, si da inquadrarsi nel fatto del terzo inidoneo ad esentare dal pagamento della tassa di sosta, bens� di un evento che ha determinato l'impossibilit� per l'utente di asportare dalla sede ferroviaria la cosa oggetto del trasporto entro lii termine prefissato. Impossibilit� che �non pu� evidenziarsi nei rapporti fra i soggetti del contratto di trasporto se non come evento di forza maggiore�; e, quindi, come causa di esclusione della responsabilit� dell'utente ai fini del pagamento della tassa di sosta ai sensi del par. 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1961. Pertanto la motivazione �svolta dalla Corte di merito a spiegazione del proprio convincimento circa l'esistenza di un evento di forza maggiore non merita censura. SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 26 marzo 1985 n. 8 -Pres. Pescatore Est. Reggio d'Aci -Di Pasquale (avv. Prosperetti) c. Ministero del Tesoro (avv. Stato Fiengo). Pensioni -Pensione integrativa -Dipendenti INAM -Rivalutazione monetaria -Non spetta. � L'indennit� di fine servizio (dei dipendenti del disciolto Inam) ha natura retributiva, mentre ha natura previdenziale la pensione inteJ; rativa prevista per lo stesso personale,� pertanto, la rivalutazione monetaria spetta nel primo caso, non nel secondo (1). (omissis) Come � noto questa Adunanza plenaria con la decisione del 30 ottobre 1981 n. 7 ha gi� ammesso la rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti e ci� per ragioni di perequazione e di giustizia,. sulle quali non � ti!1 caso di diffondersi ulteriormente, e con riferimento al fatto del mero 'ritardo nei pagamenti dovuti nonch� a meccanismi automatici dii calcolo de1la infilazione maturata. Si tratta ora di vedere, in applicazione dei principi cosi stabiliti, se i crediti per. i quali agisce l'Avv. Di Pasquale e che gli sono stati gi� riconosciuti con la sentenza di primo grado nonch� con la decisione parziale d'appello pr9nunciata dalla VI Sezione possano o meno farsi rientrare nell'ambito dei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti. Ritiene l'Adunanza che tale qualifica possa in realt� essere riconosciuta solo nei confronti della �ndennit� di fine servizio dovuta al ricorrente� e non anche alla pensione integrativa. Va invero precisato in fatto che nel corso del giudizio che ha dato origine alla controversia in esame l'Avv. Di Pasquale ha chiesto e ottenuto dal giudice J'affermazione del suo diritto a ottenere dall'Amministrazione (il Ministero del tesoro in qualit� di iliquidatore dell'Ente I.N.A.M.) iil computo delle quote onorari spettanti ai Jegaili del disciolto Ente sia ai fini del trattamento di quiescenza (indennit� di fine servizio) che del trattamento di previdenza (pensione integrativa) previsto per i dipendenti dell'I.N.A.M., con la conseguente condanna della stessa Amministrazione al pagamento delle differenze finora non corrisposte. (1) Da un punto di vista generale, per crediti di natura previdenziale cfr. Ad. plen. 28 gennaio 1985 n. 1. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA Or:a, cos� come si evince dal regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale I.N.A.M. deliberato con atti del 3 ottobre 1969 e 15 maggio 1970 e debitamente approvato, il. trattamento di quiescenza spettante ai dipendenti dell'Ente � costituito (art. 2, 31 e 32 lettera a) da una indennit� di fine servizio (denominata � inde.nit� di buonuscita � per chi ha maturato il diritto a pensione ovvero � indennit� una tantum � per tutti gli altri) che si acquista in dipendenza della sola circostanza di aver prestato servizio alle dipendenze dell'Ente, � dovuta qualunque sia la durata del servizio stesso ed � direttamente correlata ad �esso in quanto spettante nella proporzione fissa di un dodicesimo di retribuzione per quanto sono gli anni di servizio. Inoltre la indennit� in parola � posta direttamente a carico dell'Ente (e non gi� del � Fondo di previdenza per il personale � preposto, invece, all'erogazione del trattamento di previdenza), il che esclude che alla sua erogazione concorra la contribuzione del dipendente, e in caso di morte del beneficiario diretto, essa si devolve secondo le disposizioni all'uopo stabilite dal Codice civile. Come si vede, in conformit� del resto con i criteri di cui s� � fatto uso con la precedente decisione di questa stessa Adunanza del 28 gennaio 1985 n. 1 l'indennit� di fine servizio dei dipendenti del disciolto I.N.A.M. appare correlata in maniera diretta e automatica con Ja prestazione di una attivit� lavorativa ed � assimilabile, in sostanza, alla indennit� di anzianit� prevista dall'art. 2120 e.e., per i dipendenti privati, per la quale, come � noto, da tempo la giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto la natura retributiva. Opposte considerazioni devono invece essere effettuate per il trattamento di previdenza. A parte, infatti, la sua denominazione -rivelatrice di per s� della sostanza del fenomeno -, la pensione integrativa delle prestazioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, prevista a titolo di trattamento di previdenza dal regolamento I.N.A.M. gi� citato, si acquista dopo un periodo di servizio utile non inferiore a 20 anni (art. 21), spetta in determinate circostanze anche ai superstiti dell'impiegato deceduto (pensione indiretta e di rJversibilit�: art. 27), � corrisposta dalil'apposito � Fondo di previdenza � ailimentato da contribuzioni del datore di lavoro e dello stesso impiegato (pari per questo all'l,967 % della retribuzione pensionabile) ed ha, insomma, un carattere tipicamente assistenziale e previdenziale, svincolato, come tale, da una rigida e meccanica correlazione con la prestazione lavorativa del dipendente. In conclusione, solo all'indennit� di fine servizio pu� riconoscersi il carattere di credito di lavoro, cio� di compenso (sia pure differito) per l'attivit� di lavoro prestata; nel caso essa sia pagata, come nella fattispecie in esame, fa nitardo spetta perci� al beneficiario la rivalutazione delle �differenze da corrispondersi, da calcolarsi sulla base degli indici 458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lstat. Va invece esclusa ogni rivalutaZJione di quanto dovuto a. titolo di pensione iintegrativa, avendo tale credito natura previdenziale. Essendosi in tal senso pronunciata la sentenza del T.A.R. qui impu gnata, essa va sul punto riconfermata con rigetto, nella parte in cui concernono la rivalutazione, sia dell'appello principale presentato dal l'avv. Di Stefano che di quello incidentale dell'Amministrazione. (omissis). CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 3 aprile 1985, n. 11 -Pres. Pescatore Est. Cossu -Mazza (avv. Lombardi) c. Ministero Industria (avv. Stato Del Greco). Giustizia amministrativa � Perenzione � Decisione istruttoria � Inerzia delle parti -� Dies a quo � -Rilevanza giuridica. Iw Il termine di perenzione decorre non dalla scadenza del termine assegnato per l'espletamento dell'istruttoria, ma dalla ricezione dell'avviso di segreteria circa l'avvenuta esecuzione dell'istruttoria, perch� solo in tal caso sorge per le parti l'onere di attivarsi per la fissazione del, l'udienza senza che abbia rilevanza l'avviso di segreteria che dia noti zia della non eseguita istruttoria (1). I I I (omissis) Va premesso, in fatto, che nel presente ricorso: a) � stata adottata il 24 ottobre 1980 una pronuncia interlocutoria diretta alla acquisizione di documenti; b) l'autorit� amministrativa destinataria del!l'ordine !istruttorio non vi ha ottemperato; c) di conseguenza, nes;mn avviso la segreteria della Sezione ha potuto fare alle parti ai sensi dell'art. 35 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, essendo mancata l'esecuzione dell'istruttoria e cio� proprio l'oggetto della eventuale comunicazione; d) non � stata mai presentata domanda di fissazione di udienza e posteriormente al 24 ottobre 1980 nessun atto di procedura � stato compiuto. Va ricordato che questa Adunanza plenaria con decisione 11 luglio 1983 n. 19 resa in fattispecie analoga, ha ritenuto che l'inerzia delle parti assume rilievo ai fini de1la perenzione a partire dalla data in cui 'Vellga {1) La questione, proposta con ordinanza della VI sezione U luglio 1933 n. 19, era stata gi� esaminata e risolta in modo conforme dalla stessa adunanza plenaria e dalla V sez., 6 giugno 11984 n. 436 (Il Consi~fo di Stato, 11984, I, 784). PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA comunicata l'avvenuta esecuzione della istruttoria ai sensi del ricordato art. 35, contestualmente disattendendo l'assunto che le parti avrebbero onere di verificare di loro iniziativa lo stato del processo almeno dopo la scadenza del termine assegnato per l'adempimento istruttorio. La Sezione VI, ben consapevole di tale pronuncia, ha ritenuto di sot-� topporre nuovamente il problema alla Adunanza plenaria prospettando una possibile interpretazione dell'art. 35 cit. nel senso che, ove l'adempimento istruttorio si realizzi prima del termine assegnato, il termine di perenzione prende a decorrere d~ giorno in cui perviene ['avviso di segreteria; ove, invece l'adempimento istruttorio non abbia luogo, il termine di perenzione decorre .comunque a partire da1l'ultimo giorno assegnato per adempiere a11'ordine contenuto nella decisione istruttoria. Alla base di tale prospettazione sono i seguenti rilievi, la portata dei quali -peraltro -non � tale da indurre l'Adunanza plenaria a mutare il suo precedente orientamento. Osserva l'ordinanza di rimessione, che, ove la parte ometta di agire quando invece potrebbe attivarsi -come ben potrebbe fare una volta scaduto il termine assegnato per l'adempimento istruttorio, presentando la domanda di fissazione di udienza -la perdurante inerzm dovrebbe portare alla perenzione, essendo evidente in tal caso la volont� di abbandonare il ricorso. Osserva inoltre la Sezione VI che l'art. 35 cit. conterrebbe una disposizione di favore per la presentazione della domanda di fissazione di udienza, nel senso che il termine di perenzione decorrerebbe in tal caso non dalla �data dell'ultimo atto di procedura (e cio� dalla pubblicazione del provvedimento che ordina l'adempimento istruttorio}, ma verrebbe spostato dalla comunicazione dell'avvenuto adempimento. A talr rilievi deve opporsi: a) quanto al primo, che certamente nulla vieta a chi vi abbia interesse dj. presentare la domanda di fissazione di udienza (o comunque di compiere altri atti idonei ad evitare la perenzione) non appena sia scaduto il termine assegnato .per adempiere all'ordine istruttorio. Ma ci� che occorre stabilire non � tanto quel che le parti possano fare, quanto piuttosto quel che la legge imponga loro di fare per evitare la perenzione. E l'art. 35 del regolamento di procedura non pone alle parti alcun onere di diligenza se non a partire dal giorno in cui venga comunicato dalla segreteria che J'.istruttoria ordinata � stata eseguita, mentre non attribuisce alcun rilievo alla scadenza del termine assegnato per l'incombente istruttorio.Rti.tenere il contrario significa riaffermare l'esisteriia di un onere ulteriore -non previsto dalla legge -e do� di verificare spontaneamente fo stato iin cui :si trova ~l processo, vale a dire proprio quel ohe 1a decisione n. 18 del 1983 aveva ritenuto di escludere; 460 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO b) quando al secondo, che l'assunto muove da una premessa non condividibile: e cio� che � atto di procedura � sia soltanto un atto del giudice e cio� la pronuncia che ordina l'istruttoria, laddove, invece, atto di procedura � anche la comunicazione della segreteria, e cio� dell'organo ausiliario del giudice. Non si tratta dunque di termine di favore e comunque di disposizione derogatoria, posto che l'onere di chiedere la fissazione di udienza sorge appunto al compimento dell'ultimo atto di procedura posto a carico non delle parti ma dell'ufficio, ivi compresa la segreteria dell'organo giudicante. Poich� i rilievi svolti nell'ordinanza di rimessione -pur apprezzabili e degni di considerazione de jure condendo -non sono tali da indurre l'Adunanza plenaria a mutare indirizzo, deve ribadirsi che l'art. 35 del r.d. agosto 1907 n. 642 va interpretato nel senso che il termine di perenzione prende a decorrere non gi� dalla Scadenza del termine assegnato per l'espletamento della istruttoria, ma dalla ricezione dell'avviso di segreteria circa l'avvenuta esecuzione dell'istruttoria, solo in tal caso sorgendo l'onere di attivarsi per chiedere la fissazione dell'udienza e, conseguentemente, assumendo significato l'inerzia delle parti in quanto non pi� giustificata da adempimenti posti a carico dell'ufficio. In base a quanto precede, poich� risulta che l'istruttoria disposta con decisione n. 1008/80 non � stata eseguita e che, di conseguenza la segreteria non ha potuto dare avviso di un evento non verificatosi, deve esclud'ersi che la perenzione si sia compiuta. Per completezza deve affrontarsi una ulteriore questione posta dalla ordinanza di rimessione: e cio� se, ai fini del decorso del termine di perenzione, possa considerarsi sufficiente l'avviso di segreteria che dia notizia non gi� della eseguita istruttoria, ma che la stessa non � stata eseguita nel termine. La soluzione del problema, in verit�, non � rilevante ai fini del decidere poich� nel caso di specie nessun tipo di comunicazione � stat� effettuata. In ogni caso la tesi prospettata -e manifestamente ispirata alla risoluzione di un problema assai grave: quello dei ricorsi giacenti. a seguito di istruttoria incompiuta -� degna di ogni attenzione de jure condendo, ma non � attuale alla stregua del diritto vigente, il quale fa carico alla segreteria di dare notizia unicamente delle istruttorie eseguite; la tesi in discorso invece verrebbe a creare un nuovo e diverso obbligo di comunicazione che non trova sicuro fondamento nehla vigente norma processuale; e da tale non prevista comunicazione -ove mai eseguita fa concreto -non pu� farsi decorrere il termine di perenzione. Escluso il verificarsi della perenzione e non potendosi esaminare il merito in mancanza della domanda di fissazione di udienza, gli atti devono essere restituiti alla VI Sezione per l'ulteriore corso del procedimento. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 461 CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 16 aprile 1985 n. 14 -Pres. Pescatore Est. Varrone -Stella (avv. Festa) c. Ministero Affari esteri (avv. Stato Massella Ducci). Impiego pubblico -Equo indennizzo -Rivalutaz.io11e automatica -Inapplicabilit�. La rivalutazione automatica si applica nel caso di crediti di natura retributiva, e non nel caso di credito che esplica funzione compensativa (equo indennizzo) (1). (omissis) L'impugnata sentenza del T.A.R. Lazio (Sez. I) ha rigettato la richiesta -avanzata in primo grado dai ricorrenti con memoria non notificata -di condanna dell'Amministrazione al pagamento della svalu tazione monetaria sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'equo indennizzo e dei relativi interessi. Con l'unico motivo di gravame viene dedotta l'erroneit� della impu gnata decisione sul rilievo che, in base all'orientamento giurisprudenziale pi� recente, il credito di lavoro del pubblico dipendente � soggetto a rivalutazione anche in assenza cli una esplicita richiesta dell'interessato. Ai fini del decidere giova anzitutto premettere che il problema del l'applicabilit�, anche ai crediti pecuniari dipendenti da equo indennizzo, del ricordato principio � stato risolto nel senso richiesto dagli appellanti da parte della Sez. VI (dee. n, 845 del 24 novembre 1983) mentre a conolusione esattamente contraria � giunta la VI sezione con dee. 201 del 2 apri!le 1984. Ad avviso del Collegio, il punto dal quale conviene partire per la soluzione del problema � costituito dall'esame della normativa contenuta nell'art. 68 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, negli artt. 48, 60 d.P.R. 3 maggio 1957 n. 686, nonch� nell'art. 154 della 1. 11 luglio 1980 n. 312, norma. tiva in base alla quale l'equo indennizzo spetta all'impiegato che, per infermit� contratta per causa di servizio, ha subito una menomazione del� l'integrit� fisica ascrivibile ad Ulla categoria determinata per legge. La disciplina in esame chiaramente indica come elementi costitutivi della fattispecie normativa un duplice ordine di circostanze; l'infermit� contratta per causa di servizio e la conseguente perdita dell'integrit� fi. sica subita per effetto della suddetta infermit�. La pretesa creditoria trae cio� titolo da una fattispecie che � la ri� sultante di un duplice ordine di eventi, di cui il primo, l'infermit�, di durata anche temporanea, ha rilevanza in quanto, a sua volta, genera (1) Per l'esclusione della rivalutazione nel caso di credito di natura previdenziale v. Ad. plen. 28 gennaio 1985, n. 1, retro 292. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO un effetto a carattere permanente, quale � appunto la perdita dell'integrit� da parte dello stesso dipendente. Gi� dalla sola descrizione degli elementi che concorrono a formare il titolo giustificativo della pretesa creditoria si desume agevolmente che essa � assistita da una fonte di produzione autonoma sia rispetto aiJ. credito di natura risarcitoria eventualmente spettante al pubblico dipendente nei confronti della P.A., sia rispetto a quello nascente dall'esatto adempimento della prestazione lavorativa. Sotto il primo profilo, la necessit� di respingere qualsiasi accostamento con la fattispecie di danno risarcibile, a differenza di quanto in proposito ritiene la ricordata decisione della IV Sezione, deriva dal fatto che, nel caso in esame, ai fini della corresponsione della indennit�, il legislatore prescinde da ogni riferimento a criteri di responsabilit� conseguenti al verificarsi dell'evento dannoso. La perdita della integrit� fisica � valutata tenendo esclusivamente conto delle oggettive condizioni di tempo e di luogo nelle quali la prestazione lavorativa risulta effettuata ed in presenza delle quali si � verificata la lamentata menomazione. L'indennit� prevista dalla normativa dianzi richiamata assolve, quindi, ad una funzione meramente compensativa per la perdita del � bene � costituito appunto dall'integrit� fisica del dipendente, come si desume, oltre che dalle considerazioni di ordine ~istematico ora svolte, dal fatto che, in base al sec�ndo comma dell'art. 50 d.P.R. n. 686 de{ 1957, va dedotto dall'equo indennizzo �quanto eventualmente percepito dall'impiegato in virt� di assicurazione a carico dello stato o di altra pubblica Amministrazione �. L'inciso da ultimo richiamato sta appunto a significare che se tale perdita risulta in tutto o in parte compensata dalla corresponsione di un indennizzo di natura assicurativa, delle somme a tale titolo corrisposte dovr� tenersi conto in sede di determinazione del quantum spettante a titolo di equo indennizzo. Siamo cio� in presenza di una � indennit� � volta non gi� alla reintegrazione del � patrimonio � del danneggiato, ma esclusivamente a compensarlo per la perdita del �bene � subita a causa de11a prestazione del servizio. La suddetta pretesa creditoria va, per�, del pari distinta da quella derivante dall'adempimento della prestazione lavorativa, appunto perch�, a differenza di quest'ultima, essa trova la sua giustificazione causale non gi� nell'utilit� che il suo esatto adempimento determina a favore della P.A., ma nella perdita subita dal dipendente per effetto della prestaziozione di lavoro. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA La sua nascita, dunque, non si collega alla sola prestazione lavorativa, ma richiede, altres�, la contestuale presenza di ulteriori� elementi. Pu�, quindi, affermarsi che la prestazione lavorativa rileva in questi casi soprattutto al fine di determinare la rilevanza del � bene � oggetto di indennizzo, nel senso che essa funge da presupposto per la individua: zione della perdita della integrit� fisica suscettibile di indennizzo, piuttosto che costituire autonoma giustificazione causale della pretesa creditoria vantata dal pubblico dipendente. Il rapporto obbligatorio che in tal modo nasce si colloca perci� in una posizione di dipendenza rispetto a quello caratterizzato dall'adempimento della prestazione lavorativa. Esso mutua da tale ultimo rapporto la sua origine e la sua connotazione pubblicistica, dando quindi luogo a diritti patrimoniali strettamente attinenti al peculfare status del dipendente, ma, al tempo stesso, � soggetto ad autonome vicende modificative ed estintive. Mentre, infatti, non sarebbe neppure configurabile la nascita del diritto all'equo indennizzo in assenza del rapporto di impiego, nei termini indicati dal citato art. 68, ovvero in assenza di una prestazione lavorativa mancante dei requisiti propri del rapporto principale, come si � dianzi dimostrato, anche ai fini della sua nascita � necessario il verificarsi di elementi autonomi, rispetto a quello che d� origine al credito di natura retributiva. Le svolte considerazioni dimostrano, quindi, che la soluzione del problema relativo aU'incidenza delia svalutazione monetaria sul credito pecuniario derivante da equo indennizzo non pu� inserirsi nel meccanismo di rivalutazione dei crediti da lavoro del pubblico dipendente. Infatti, come � stato anche di recente ribadito da quest~ Consesso (dee. n. 1/1985) ta:le meccanismo di rivalutazione automatica del credito pecuniario trova applicazione nei soli casi di crediti di natura retrtlbuti.va, in quanto solo :in tal caso le somme corrisposte assolvono alla esclusiva funzione di assicurare al pubblico dipendente una esistenza libera_ e dignitosa, attraverso la corresponsione di una retribuzione proporzionata alla quantit� e alla qualit� del lavoro prestato. Nella specie, invece, la pretesa creditoria non dipende in maniera automatica dalla prestazione lavorativa, n� risulta ad essa correlata, ma nel suo nascere � condizionata dalla sussistenza di autonomi e distinti requisiti costituHVI� e, nel suo svolgersi, assolve ad una funtlone diver�sa da quelila peculiare al credito da lavoro. Del resto, come � stato di recente evidenziato (Corte dei conti Sez. cont. Stato 15 luglio 1983 n. 1360, anche il credito da equo indennizzo � assistito da un autonomo meccanismo di rivalutazione, dal momento che, nella determinazione del quantum spettante a tale titolo, occorre 464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO tener conto del trattamento retributivo del dipendente vigente alla data del provvedimento che definisce il procedimento. Al di fuori di tale ipotesi, il ritardo della P.A. nell'adempimento della prestazione pu� solo costituire titolo idoneo per l'eventuale nascita di diritto di. natura conseguenziale, il cui accertamento come � �noto, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo. ' \ SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 gennaio 1985 n. 119 -Pres. Santosuosso -Est. Di Salvo -P. M. Leo (conf.) Soc. Suditalia (avv. Manfredonia) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Mari). Tributi in genere -Contenzioso tributario -Revocazione -Errore di fatto Fatto controverso oggetto della decisione -Inammissibilit�. {D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 41; cod. proc. civ., art. 395, n. 4). E inammissibile la revocazione di decisio:he della Commissione Centrale per errore di fatto, quando l'errore. denunciato concerne un fatto controverso sul quale la decisione ha pronunciato risolvendo il contrasto fra le parti (1). (omissis) Con l'unico motivo del ricorso la ricorrente prospetta omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.) con conseguente violazione e falsa applicazione dell'art. 395 n. 4 c.p.c., ovvero dell'art. 41 del d.P.R. 636/72 (art. 260 n. 3 c.p.c.). Sostiene infatti, che erroneamente la Commissione centrale ha ritenuto che oggetto del giudizio di revocazione fosse un punto controverso della decisione impugnata e non un mero errore di calcolo. Il ricorso non � fondato. La ricorrente ha chiesto alla Commissione centrale non di correggere un errore materiale di calcolo, ma di rivedere la decisione precedentemente adottata in ordine alla entit� della superficie del quinto piano dell'edificio per il quale si chiedeva l'esenzione venticinquennale e pi� precisamente di determinare tale superficie in mq. 290 anzich�, come era stato fatto, in mq. 580. La determinazione della misura della superficie era stata fatta dalla Commissione centrale risolvendo H contrasto che si era delineato fra le parti; � palese, quindi, che non � stato denunciato un errore di calcolo ma una decisione adottata della Commissione centrale. Non poteva, quindi, essere proposto il rimedio della revocazione, ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c., perch� questa norma consente la revocazione quando l� sentenza � l'effetto di un errore di fatto, risultante dagli atti o documenti della causa � se il fatto non costitu� un punto controverso su cui la sentenza ebbe a pronunciare �. (1) Decisione di evidente esattezza e completezza. 466 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DE..O STATO Ed invero, l'errore di fatto preso in considerazione della predetta norma � quello' derivante da una falsa percezione della realt� che conduce ad affermare o a supporre, secondo l'ipotesi contemplata dalla legge, l'esistenza di una fatto che, invece gli atti ed i documenti della causa escludono in modo incontrastabile; oppure la inesistenza di un fatto che, in base agli stessi elementi, deve ritenersi positivamente accertato. Tale fals~ per~zione dei fatti della causa, per essere rilevante ai fini della revocazione, deve, quindi, rappresentare un errore latente del ragionamento, che, poggiandosi su di essa il giudice ha svolto per arrivare alla sua decisione, e non costituire un errore in cui � incorso il giudice nel decidere fa controversia che, in ordine rulla esisten21a o meSJi.stenza di quel fatto sia insorta tra le parti. In sostanza, quindi, J'errore di fatto ohe pu� dar ~uogo a1lla revocazione della sentenza consiste, non gi� nell'erroneo apprezzamento di �no o pi� punti che siano stati oggetto di contestazione tra le �parti, bens� nella percezione di un �fatto deciso in modo contrario a quanto risulta manifestamente dagili atti di causa per effetto di una ervata percezione, di una svista del giudice, che costituisca il motivo essenziale delJ.a decisione e che si presenti con carattere di evidenza, obiettivit� e rile-. vabilit� immediata. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 gennaio 1985, n.'185 Pres. Greco Est. Tilocca -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Busso (avv. Manfredonia). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Condono Ultimo imponibile definito -Redditi occasionali -Vi sono compresi. (D.l. 5 novembbre 1973, n. 660, art. 2,_ 3 e 4).. Nella determinazione, con metodo automatico, della base imponibile ai fini del condono, l'ultimo imponibile accertato o dichiarato anteriormente al 1� gennaio 1974 deve comprendere ogni tipo di reddito e anche i redditi occasionali. Soltanto per la definizione del reddito dell'anno 1973, l'art. 4 del d.l. S novembre 1973 n. 660 prevede che al reddito definito per l'anno 1973 siano aggiunti i redditi occasionali una tantum. (1) (.1) Decisione esattissima. I redditi che attualmente sono soggetti a tassazione sepruiata sono considerati nell'art. 4 del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 ai soli fini della determinazione dell'imponibile per l'anno 1973, per aumentare l'imponibile dell~anno precedente. Ci� non autorizza a ritenere che questi stessi redditi debbano essere detratti dall'ultimo :imponibile deJ�inito nei modi ordinari relativamente ai periodi d'imposta anteriori al [.973. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (omissis) Con l'unico motivo proposto l'Amministrazione ricorrente principale, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 conv. nella I. 19 dicembre 1973 n. 823, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Commissione centrale affermato la non computabilit�, ai filni della determinazione della base imponibile per l'applicazione degli automatismi previsti dalla predetta legge, del reddito percepito una tantum e non ripetibile. Osserva la ricorrente, a sostegno della censura, che, nel fare riferimento all'ultimo ii:nponibile definito, l'art. 3 della a. n. 660 del 1973 non autorizza ila scissione dell'imponibile stesso nei suoi componenti, per eliminare queHi relativi a redditi occasionali, i quali non assumono autonomo rilievo nei confronti di alcuno degli effetti fiscali che la sua tassazione produce, unico essendo il reddito di R.M. D'Altra parte, aggiunge l'Amministrazione, in nessun caso l'automatismo della legge n. 823 consente indagini di merito sulla compostizione dei redditi: �id principio della separazione dei redditi occasionali da quelli sistematici � stato dal legislatore previsto, in modo del tutto specifico, all'art. 4/4 della 1. n. 823, che concerne la definizione automatica dei redditi del 1973 al limitato fine di consentire la tassabilit� dei redditi occasionali realizzati in tale anno 1973 � Il ricorso va accolto. La questione cos� prospettata � stata gi� esaminata e decisa da questa Corte (20 maggio 1983 n. 280), la quale ha ritenuto che la normativa, prevista dal d.l. 5 novembre 1973 n. 660 conv. nella 1. 19 dicembre 1973 n. 823 al fine di agevolare la definizione delle pendenze nella materia delle imposte dirette sostituite dal nuovo ordinamento tributario, era ispirato a rigidi criteri di automatismo per l'accertamento dell'imponibile su cui determinare le imposte, s� da non consentire accertamenti analitici sui componenti dell'imponibile medesimo e decurtarlo dagli eventuali redditi occasionali. Tale indirizzo si palesa fedelmente co~orme'ai principi cui s'informa la predetta legge, per cui non v'� ragione per discostarsi da esso nella decisione della presente causa. In particolare l'art. 3 di tale legge, applicabile alla fattispede in esame, dispone che per ciascuno dei periodi di imposta chiusi anteriormente al 1 gennaio 1974 le imposte (di R.M., complementare, sulle societ�, ecc.) devono essere commisurate all'ultimo imponibile definito (o dichiarato), aumentato di una determinata percentuale fissa, comunque costituito e qualunque tipo di reddito avesse concorso �ad integrarlo. La nol'llla assume i'ultimo impon1bile accertato o dichiarato ne11a sua unit� ed inscindibiil:it� presumendo, iuris et de iure, che esso, aumentato di una percentuale fissa specificamente stabilita, corrisponda al reddito complessivo degli anni immediatamente successivi, e, quindi; costituisca anche la base per la determinazione delle imposte relative a tali anni. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 468 D'Altra parte, siffatto sistema, che trova la propria razionalit� e giu stificazione nell'esigenza di una rapida definizione delle pendenze sulle imposte abrogate, non era obbligatoriamente applicabile n� rimesso alla discrezionalit� della P.A. Esso, al contrario, poteva trov~re attuazione solo se Io avesse richiesto il contribuente, il quale, perci�, secondo il suo personale giudizio di convenienza, poteva liberamente decidere di dmanere assoggettato all'ordinario sistema di accertamento o preferire che quelle sue pendenze venissero definite con il predetto particolare procedimento automatico. II Busso ha scelto questo ultimo sistema ed una volta che lo ha richiesto, non pu� pretendere che esso sia applicato soltanto nei profitli che ghl sono vantaggiosi e sostituito per gli altri profili dal sistema ordinario di accertamento. La Commissione centrale, nell'affermare la non computabilit� del reddito una tantum ai fini dell'individuazione dell'imponibile per la definizione automatica delle pendenze, non si � richiamata a criteri legislativi ma si � basata su una valutazione di mera convenienza dal punto di vista del Busso, omettendo del tutto di considerare che siffatta valutazione � giuridicamente irrilevante avendo il contribuente richiesto la definizione automatica ed assumendo la legge come imponibile a tal fine l'ultimo imponibile accertato o dichiarato nella sua unit� inscindibile. La legge prende in considerazione all'art. 4 i redditi una tantum percepiti nel 1973 soltanto per tassarli autonomamente, giacch� anche per tale anno, ~ semprech� vi sia stata la domanda de11'interessato, Je imposte andavano commisurate allo imponibile definito per l'anno precedente. Una volta precisato che la normativa sul condono non era obbligatoriamente applicabile n� era applicabile a discrezione dell'Amministrazione delle Finanze, bens� soltanto su specifica istanza del contribuente che poteva conoscere esattamente, con l'impiego della normale diligenza, il risultato economico della definizione che sarebbe stata data alla pendenza, l'eccezione di incostituzionalit� dell'art. 3 della I. n. 823 del 1973 per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, sollevata dal Busso, si palesa manifestamente infondata. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 Gennaio 1985 n. 188, -Pres. Scanza� no � Est. Cantillo -P. M. Martinelli (conf.) Soc. Carnaroli c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Corti). Tiributi in genere -Contenzioso tributario -Ricorso alla Commissione centrale � Motivazione � Requisiti. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n, 636, art. 25 e 26). PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 469 Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Agevolazione per le strade di grande comunicazione � Riguarda soltanto le strade costruite dall'ANAS. (L. 9 aprile 1971, n. 167, art. 2; 1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). La motivazione del ricorso alla Commissione centrale, prescritta a pena di nullit�, ha la funzione di identificare le parti della decisionef 'che si intendono impugnare, e per converso quelle alle quali si vuole; Iprestare acquiescenza, e di consentire il � controllo della ammissibilit�i ' del ricorso in relazione alle questioni che possono essere portate alla cognizione del giudice di terzo grado (1). Mentre l'agevolazione dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729 per la costruzione di autostrade ha carattere oggettivo, l'estensione di essa, prevista dall'art. 2 della legge 9 aprile 1971 n. 167 per la costruzione di strade di grande comunicazione e raccordi autostradali, � riferita esclusivamente alle strade di competenza dell'ANAS. (2). (omissis) Con il primo motivo, denunziando la ~olazione degli articoli 342 e 277 cod. proc. civ., la societ� ricorrente critica la decisione della Commissione Tributaria Centrale per avere ritenuto ammissibile il gravame dell'An:nninistrazione senza prendere in esame l'eccezione che essa aveva formulato al riguardo, la quale, invece, era fondata, giacch� nell'atto di impugnazione non risultavano esposti i fatti della controversia .. La censura non ha consistenza. Va anzitutto detto che � privo di pratico. rilievo l'errore in cui � incorsa la ricorrente nel denunziare la violazione di norme del codice processuale, laddove il ricorso alla Commissione tributaria centrale � disciplinato, pure sotto il profilo che ora si considera, dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (modif. dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), il cui art. 25, secondo comma, ugualmente stabilisce che il ricorso deve contenere � l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi dell'impugnazione �, per di (1) La prima massima, esattissima, � molto importante perch� individua la� specificit� del ricorso alla Commissione centrale come impugnazione non illimitata (v. BAFILE, Il giudizio di terzo grado nel pr�cesso tributario, Milano 1982, 116 ss.). (2) Da condividere pienamente anche la seconda massima. Per le strade di grande comunicazione, diverse dalle autostrade, non � affatto prevista la concessione e quindi l'agevolazione non pu� riguardare che le opere di competenza dell'ANAS. Gli altri enti non sono minimamente considerati s� che le strade da questi realizzate, che non potrebbero nemmeno essere di grande comunicazione, restano al di fuori della agevolazione. ' RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO pi� espressamente comunicando, in mancanza, la sanzione dell'inammissibilit�. Ma tale disposizione, come la corrispondente norma del codice di rito, deve essere intesa non gi� nel senso che impone un rigido modulo formale, bensi nel senso che dal complesso dell'atto devono potersi desumere, con sufficiente chiarezza, l'oggetto e l'ambito del giudizio di impugnazione, cio� i punti e le questioni di cui si chiede il riesame. Il quale precetto -che � espressione di un principio generale comune a tutti i mezzi di gravame (applicato dallo stesso d.P.R. n. 636 del 1972 anche per il ricorso alla commissione di secondo grado) -assume particolare rilievo nell'impugnazione in oggetto, in quanto, oltre ad adempiere alla funzione di identificare le parti della decisione che si intende im� pugnare e, per converso, quelle alle quali si vuole prestare acquiescenza, consente altresi l'immediato controllo di ammissibilit� del ricorso medesimo sotto il profilo delile questio~ che possono essere portate alla cognizione del giudice di terzo grado, al quale sono sottratte, com'� noto, le questioni di mero fatto attinenti atla va.lutazione estimativa e alla mi� sura delle pene pecuniarie (art. 26). La mancata esposizione del fatto determina, dunque, l'inammissibilit� del ricorso solo quando non consenta di individuare la decisione che si intende impugnare ovvero quando, essendo insufficiente anche l'esposizione delle ragioni del gravame, provochi incertezza in ordine all'oggetto dell'impugnazione, nel senso dianzi precisato. La qual cosa manifestamente non si riscontra nel caso in esame, giacch� -come si evince dalla decisione impugnata e risulta dal diretto esame degli atti, consentito in questa sede perch� si denunzia un vizio in procedendo -il ricorso alla Commissione centrale individuava chiaramente il tema della controversia, circoscritto alla spettanza, o meno, delle agevolazioni riconosciute dovute dalle commissioni tributarie di merito, con la conseguenza che correttamente i giudici del gravame non hanno attribuito alcun rilievo alla mancanza di un'analitica esposizione delle vicende del procedimento. (omissis). 3. -Con il terzo motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729, e dell'art. 2, terzo comma, della legge 9 ap~le 1971 n. 167, viene riproposta la tesi -respinta dalla Commissione tributaria centrale -secondo cui il beneficio previsto da quest'ultima disposizione ha natl.U'a oggettiva, sicch� riguarda anche gli atti e contratti stipulati, per opere viarie di grande comunicazione, da enti pubblici diversi dall'ANAS. La censura non ha fondamento normativo. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIIJUTARIA 471 L'art. 2 della legge n. 167 del 1971 -contenente, come si legge nel titolo, �modifiche ed integrazioni� a talune leggi concernenti � l'Anas e la viabilit� comunale e provinciale � -, nei primi due commi prov vede ad ampliare, con riferimento alle disponibilit� finanziarie indicate nell'art. 1, la sfera delle attribuzioni dell'Azienda statale, alla quale de manda il compito di provvedere, sulla base del parere espresso dai com petenti organi regionali (tenuti a pronunziarsi entro trenta giorni), �al completamento del programma fil costruzione di strade di grande co municazione, nonch� alla sistemazione ed ammodernamento delle strade statali di primaria importanza e ahla costruzione di raccordi autostradali�: e appunto in relazione ai suddetti programmi ed opere che l'Anas � realiz za � il terzo comma rende applicabili le agevolazioni fiscali previste dal� l'art. 8 della legge n. 729 del 1961, espressamente stabilendo che esse � si applicano ai lavori concernenti le strade di grande comunicazione ed i raccordi autostradali di cui al precedente comma �. L'enunciato normativo non consente dubbio, cio�, sull'ambito del l'agevolazione, la quaile, mentre nel contesto della legge con cui venne introdotta aveva portata oggettiva, riguardando gli atti e contratti sti pulati daiH'Anas e da tutte 1.e societ� concessionarie della costrruiione di autostrade (a tale normati~!l si riferiscono i precedenti di questa Corte, perci� erroneamente invocati dahla ricorrente), per le fattispecie disciplinate dalla legge n. 167 del 1971 viene rigorosamente circoscritta alle strade di grande comunicazione e raccordi autostradali di competenza dell'Anas, secondo le attribuzioni definite dalla legge medesima, sicch� ha carattere soggettivo. Restano escluse dal beneficio, in particolare, le opere di � sistema zione, ammodernamento e costruzione di strade comunali e provinciali � eseguite dalle rispettive amministrazioni � e loro consorzi �, per le quali � previsto, invece, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 2 e del l'art. 6, che l'onere finanziario venga in tutto o in parte sopportato dallo / Stato, in presenza di determinate situazioni di bilancio degli enti locali cui le strade appartengono; e la qualifica di strada di grande comunica zione pu� d:ncidere, rispetto ad esse, ai fini dehl'entit� del contributo sta� \ �tale, non certo quanto all'agevolazione fiscale. Ad ulteriore conferma di questa esegesi va osservato, infine, che l'agevolazione delineata dall'art. 8 della legge n. 729 del 1961, configura un'esenzione totale solo per le costruzioni autostradali realizzate diret tamente dall'Anas, mentre per quelle date in concessione � previsto uno speciale regime fiscale sostitutivo; del quale non v'� traccia, invece, nella legge n. 167 del 1971, proprio perch� le opere agevolate sono soltanto quelle di competenza dell'AnaS. (omissis) 472. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 271 � Pres. Greco � Est. Tilocca -P. M. Morozzo della Rocca (diff.). Ministero delle Finanze (avv. Stato Corti) c. Zambuto. Tributi in genere � Dichiarazione dei tributi � Natura ed effetti � Rettlfi� cabilit� � Termine. (D.P.R. 29 settembbre 1973, n. 600, art. 36 bis). La dichiarazione dei redditi, che integra una dicliiarazione di scienza e non un atto negoziale, pu� essere corretta dal contribuente in sede di opposizione contro il ruolo anche per errori non rilevabili immediatamente da essa e dai suoi dipendenti; gli errori materali e di calcolo rilevabili dalla stessa dichiarazione possono essere rettificati, senza che sia necessario uno specifico mezzo di impugnazione da proporsi entro un termine di decadenza, anche d'ufficio (art. 36bis, comma II, lett. a), d.P.R. n. 600/1973) o su una qualunque sollecitazione dell'interessato entro il termine di prescrizione del diritto al rimborso (1). I (omissis) Con l'unico motivo proposto l'Amministrazione delle Finanze I ~ deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 343 c.p.c. e/o dei prin� clpi generali in tema di proponibilit� di nuove eccezioni in appello, di * , (1) Bench� la controversia sia stata decisa su un punto pregiudiziale di < rito, la sentenza ha voluto, con sorprendente sommariet� di motivazione, ridurre , la dichiarazione tributaria ad un atto pressoch� irrilevante. La prima proposizione ha dei precedenti, anch'essi pi� assertivi che dimo, I. strati, contraddetti da altre affermazioni (v. C. BAFILB, Osservazioni sulla [ natura giuridica della dichiarazione tributaria, in questa . Rassegna, 1980, I, r:: 361; ID., Considerazioni sugli effetti della dichiarazione, ivi, 1983, I, 935, con i:;< ampi riferimenti di giurisprudenza). � I~ ~ Non � nuova l'affermazione che la dichiarazione tributaria sia una dichiarazione di scienza e la conseguente deduzione che essa sia retra�abile. Trattasi di due asserzioni indimostrate: � da stabilirsi la natura della dichiarazione che non pu� tanto semplicemente dirsi di scienza (termine pe. I raltro quanto mai incerto e indefinito), ma soprattutto � da dimostrare la proposizione che la dichiarazione di scienza sia per sua natura ritrattabile (baster� considerare che come esempi di dichiarazione di scienza, non negoziale, si propongono il riconoscimento di paternit�, il collaudo, l'atto di q\iietanza liberatoria, per mettere in dubbio che tal genere di dichiarazione non I sia vincolante). ~ Sar� opportuno ricordare che le pronunzie che hanno ammesso la cor� ID rezione della dichiarazione, supposta di scienza, non hanno in realt� riguardato ~ la sua primaria funzione, che � quella della determinazione della base impo nibile, ma piuttosto la integrazione della dichiarazione nel suo secondario ed I eventuale aspetto di istanza volta a contenere l'ottenimento di benefici pre !i' costituiti per legge che operano all'esterno della base imponibile (deduzioni ,,, I I ro dal reddito ex art. 10 e detrazioni di imposta ex art. 15, 16 e 16 bis d.P;R. n. 597/1973, deduzioni ex art. 7 d.P.R. 599/1973); per tal genere di istanze, a I l~ . J - PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 473 interpretazione degli atti processuali, di rettifica di errori materiali e di calcolo della dichiarazione, nonch� degli artt. 52 e 63 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. Deduce, altres�, l'omessa o insufficiente motivazione circa punti de� cisivi della controversia (avvenuta proposizione di motivo di appello -suo contenuto -contenuto del ricorso alla CTC), art. 630, n. 3 e n. 5 c.p.c. Sostiene la ricorrente che la possibilit� della deduzione in primo grado non � costitutiva di una situazione di inammissibilit� della stessa in appello, cos� come � riscontrabile, per l'art. 345, 2� comma, c.p.c., che l'eccezione nuova, irritualm.ente proposta con il ricorso in appello, � del tutto ammissibile. Aggiunge lAmministrazione, che deducendo l'ufficio con il ricorso alla Commissione di secondo grado che la Commissione di primo grado non poteva ridurre il reddito netto dichiarato ed iscritto a ruolo essendo lo stesso divenuto definitivo, intendeva dire che non � ammessa la correzione di errori compiuti nella dichiarazione dei redditi, quando questa sia divenuta definitiva per decorso del termine di presentazione. In eiifetti l'ammissibilit� di una correzione della �dichiaraiione dei redditi da parte del contribuente � ammissibile entro il termine di presentazione vantaggio del contribuente, anche la Corte Cost. ha ammesso la integrazione della dichiarazione (14 giugno 1984, n. 178). Ma non pu� negarsi la profonda differenza tra integrazione della. dichiarazione in merito a dette richieste del contribuente (fondata sulla premessa che le norme che pur stabiliscono che dette istanze devono essere esposte nella dichiarazione non impongono oneri a pena di decadenza) e ritrattazione della dichiarazione per ci� che con cerne la base imponibile. Ma la parte pi� sorprendente della pronunzia che si commenta � quella che afferm�a che gli errori materiati rilevabili dalla stessa dichiarazione possono (o devono) essere rettificati d'ufficio o su qualunque sollecitazione di parte entro il termine di prescrizione del diritto al rimborso, senza che sia neces saria alcuna impugnazione da proporsi entro termini di decadenza, attribuendo una portata ampissima all'art. 36 bis, comma Il, lett. a) del d.P.R. n. 600/1973. E ci� tanto pi� perch� la sentenza sembra considerare errore materiale o di calcolo l'errore sostanziale sulla determinazione della base imponibile (nel caso si discuteva della erronea imputazione di un ricavo nel periodo di imposta per inesatta applicazione del principio di competenza). I rimbors� che l'Ufficio deve disporre a norma dell'art. 36 bis sono sol tanto quelli risultanti dalla dichiarazione a credito del dichiarante. Nel secondo comma si stabilisce che ai fini della liquidazione delle imposte (e non dei rimborsi) gli ufffici possono correggere errori materiali o di calcolo. S quindi per lo meno dubblio che gli uffici debbono, correggendo errori, disporre rimbo!'si non domandati con la dichiarazione; i rimborsi dovranno essere domandati nei modi e nei termini stabiliti (art. 38 d.P.R. n. 602/1973). Ma quando pure si volesse ammettere che un errore evidente possa (non debba) essere riconosciuto dall'ufficio, si deve convenire che debba trattarsi di un vero e proprio errore materiale o di calcolo restrittivamente inteso. Come l'ufficio non potrebbe con il procedimento sommario dell'art. 36 bis liquidare RASSBGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 414 della dichiarazione e non anche nel termine per l'accertamento, tranne . ~ che in caso di errori materiali o di calcolo rilevabili ictu oculi, nella specie \ j non ricorrenti. I Il ricorso va respinto. I L'Amministrazione nel giudizio davanti la Commissione di primo grado r.iconobbe gli errori in cui era incorso il contribuente nella dichiarazione dei redditi sottolineando espldcitaimente che questi aveva diahiarato, � sen� za tener conto del princ�pio della competenza �,.importi relativi all'anno precedente al quale aveva riferimento la dichiarazione. Lo stesso ufficio ebbe cura di riliquidare gli imponibili. Nel giudizio di secondo grado l'Amministrazione, dmpugnando la decisione di primo grado, dedusse l'am� missibilit� del ricorso contro il .ruolo in quanto l'iscrizione in questo era stata effettuata a titolo definitivo. Lo stesso motivo propose l'Amministrazione davanti alla Commissione centrale la quale lo respinse sulla base del solo rilievo che anche fiscr.izione atitolo definitivo pu� essere impugnata finch� non sia decorso il termine utile per ricorrere contro il ruolo e<l il contribuente, apuunto, aveva rilevato l'esistenza di errori materiali nella sua dichiarazione nel termine utile per impugnare il ruolo. La Com� missione accenn� alla deducibilit� di tale motivo in primo grado soltanto una maggiore imposta correggendo un errore non materiale (occorrerebbe l'accertamento formale per determinare un maggior reddito iin conseguenza della rettifica di una erronea imputaZlione di un rioovo ne'l periodo di imposta) cos� non potrebbe farsi analoga operazione a vantaggio del dichiarante. Quanto poi alla possibilit� di sollecitare in modo informale un rimborso di ufficio nei limiti della prescrizione, si deve osservare da un lato che l'ufficio pu� emettere soltanto atti tipici nell'�ambito dei procedimenti disciplinati dalla legge e non pu� inventare provvedimenti extra ordinem e dall'altro che, ben prima della maturazionJe del ter.mdne di presmzione si vanno necessariamente a verificare preclusioni o decadenze che rendono irretrattabile il rapporto di imposta. Infatti o con la decadenza dell'art. 38 d.P.R. n. 602, se l'imposta � gi� versata, come dovrebbe essere, �contestualmente alla dichiarazione, o con la mancata impugnazione del ruolo, �se l'imposta non � stata versata in conformit� della dichiarazione e viene iscritta a ruolo ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 � o quanto meno con l'accertamento, le situazioni si iirrigidiscono anche rispetto ad eventuali errori materiali della dichiarazione. Ipotizzare che successivamente ancora possa tormuisi a discutere di rimborsi, invocando un errore attraverso procedimenti ed atti sconosciutli alla normativa � impensabile; e ci� anche perch� la rimoiione di un errore, che si risolve in una modifica della dichiarazione, pu� ben far nascere la necessit� di un accertamento della nuova situazione sia ai fini dell'imposta che ai fini delle sanziom (ad es. l'esclusione di un ricavo da un periodo di imposta implica la necessit� di ricomprenderlo nell'altro periodo di competenza); ma ci� non sarebbe pi� possibile all'ufficio per la maturazione della decadenza ex art. 43 d.P.R. n. 600. Potrebbe essere una vera tentazione partire all'assalto contro l'Amministra� zione ormai inoffensiva per ridiscutere le dichiarazioni stagionate di oltre un quinquennio. CARLO BAFILE PARTE l, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA incidentalmente e ad abundantiam, avendolo rigettato soltanto in quanto infondato. Nel ricorso davanti a questa Corte l'Amministrazione abbandona il predetto motivo ed introduce una nuova contestazione deducendo che l'ammissibilit� di una correzione di errori compiuti nella dichiarazione dei redditi � ammissibile solo. entro il termine di presentazione della dichiarazione stessa e che la correzione oltre tale termine da parte del contribuente pu� ammettersi soltanto in caso di errori materiali e di calcolo rilevabili dalla stessa dichiarazione e dei suoi allegati e non, come nel caso concreto, aliunde e in tempo successivo all'accettazione della 1dichiarazione da parte dell'Amministrazione. 1n-realt� l'Amministrazione sostiene che essa davanti alla Commissione di secondo grado intendeva dedurre proprio tale motivo, scrivendo che � la �ommissiop.e di I grado non poteva ridurre il reddito netto dichiarato ed iscritto a ruolo, essendo lo stesso divenuto definitivo ai sensi dell'art. 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 �. Di fronte alla chiarezza e all'univocit� di siffatta esposizione nonch� all'indicazione espressa dall'art. 14 d.P.R. n. 602 del 1973, che menziona proprio le iscrizioni delle imposte nei ruoli a titolo definitivo, siffatta deduzione dell'Amministrazione di imputare alla decisione della Commissione centrale un errore di interpretazione del proprio atto di appello si rivela nient'altro che un nuovo espediente di introdurre nel dibattito� un nuovo motivo in luogo di quello proposto nei gradi precedenti e di elu� dere il divieto di proporre in cassazione nuove questioni o temi di contestazione diversi da quelli proposti nei giudizi di merito. Comunque la rettifica della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente � ammissibile, pure per errori non rilevabili immediatamente da essa o dai suoi dipendenti, finch� non sia decorso il termine utile per impugnare il ruolo e nella specie, come ha sottolineato la Commissione centrale, il contribuente ha proposto il ricorso di rettifica entro tale termine. La denuncia dei redditi integra una dichiarazione di scienza e non un atto negoziale per cui essa pu� essere, corretta dal contribuente in sede di opposizione al ruolo. Quando, poi, si tratta di errore materiale o di calcolo, rilevabile dalla stessa denunzia, per la sua rettifica non � necessario uno specifico atto di impugnazione da proporsi entro un termine di decadenza, essendo esso correggibile anche d'ufficio (art. 36 bis, comma II, lett. a) o su una qualunque sollecitazione dell'interessato entro il termine di prescrizione del diritto al rimborso in base al principio della falsa demonstratio non nocet. Occorre, infine, sottolineare che nella specie l'ufficio riconobbe gli errori tempestivamente denunziati dal contribuente per cui non si vede proprio la pertinenza dell'affermazione dell'Amministrazione secondo la quale �la modifica o la riduzione si risolverebbe iin danno di essa che, avendo accettato l'imponibile dichiarato, vedrebbe ridurlo potestativamente dal contribuente�, (omissis) 476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, -Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 274 -Pres. Santosuosso -Est. Di Salvo -P. M. F. Morozzo della Rocca (diff.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Salimei) c. Nerucci. Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Lavoro autonomo e lavoro dipendente -Servizio dei protesti cambiari da parte del segretario comunale -~ assimilato al reddito di lavoro autonomo. (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) ru:t1. 47, lett. b) e 49). Il servizio dei protesti cambiari eseguito, ove la legge lo consente, dal segretario comunale � per sua natura assimilabile al reddito di lavoro autonomo e non � ricomprensibile fra i redditi assimilabili al lavoro dipendente dell'art. 47 lett. b) del d.P.R. n. 597/1973. Conseguentemente dai proventi percepiti dal segretario comunale vanno detratte le spese inerenti all'esercizio. (l) (omissis) Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione delle fi. nanze dello Stato, denunciando la violazione dell'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e la falsa applicazione dell'art. 49 dello stesso decreto (art. 360, n. 3 c.p.c.) -sostiene che la decisione impugnata ha errato nel qualificare l'attivit� dei protesti cambiari svolta dai segretari comunali come attivit� di lavoro autonomo, in quanto l'art. 47 lett. b) citato richiede soltanto: 1) che le indennit� ed i compensi percepiti dai dipendenti siano a carico di terzi per incarichi svolti in relazione alla loro qualit� e che non � assolutamente richiesto che l'incarico remunerato provenga dal datore di lavoro: 2) che si tratti di incarichi diversi da quelli che possono essere attribuiti ai liberi professionisti; 3) che si tratti di un'opera svolta con vincolo di subordinazione. Soggiunge che � irrilevante la circostanza che per l'espletamento dei protesti sia richiesto un minimo di organizzazione. Il ricorso non � fondato e deve, pertanto, essere respinto. Invero, l'attivit� svolta dal segretario comunale per il servizio dei pro, testi cambiari presenta talune sue peculiari caratteristiche che non consentono di inquadrare i redditi da essa derivanti fra i redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente previsti dall'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597. L'Amministrazione ricorrente sostiene che tali redditi debbono, in particolare, essere inquadrati tra quelli previsti alla lettera b) della citata norma, la quale si riferisce � alle indennit� ed ai compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in 1 tale qualit�, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro, nonch� di quelli che per legge debbono essere riversati allo Stato�. (1) Questione nuova. Non constano precedenti. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA La norma predetta presuppone lo svolgimento, �da parte del lavorat. ore dipendente di una attivit� costituita in modo esclusivo da proprie prestazioni personali che non utilizzano assolutamente l'organizzazione ed i mezzi dell'uffi�io cui esso appartiene (ad es. componenti nelle commissioni tributarie) o per il cui espletamento � sufficiente l'utilizzazione di tale uffic~o (ad es. attivit� di autenticazione firme da parte del cancelliere). Nella predetta definizione legislativa non pu�, quindi, rientrare l'attivit� di cui trattasi per il cui svolgimento il segretario comunale pu� avvalersi, di dipendenti per i quali deve pagare gli stipendi ed i contributi previdenziali. Diversamente da quanto afferm�to il servizio di cui trattasi non viene assunto di propria iniziativa dal segretario comunale ma � ad esso devoluto dalla legge in considerazione dell'assenza nel comune di altri pubblici ufficiali abilitati. L'art. 1 della legge� 12 giugno 1973, n. 349, attribuisce al segretario comunale il potere di elevare il protesto delle cambiali e degli assegni bancari con riferimento all'art. 68 del r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, ed all'art. 60 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, i quali prevedono tale com� petenza nei comuni nei quali non esista notaio o ufficiale giudiziario. L'art. 2, ultimo comma nella predetta legge 349/1973 prevede, altres�, che il segretario comunale, quando particolari esigenze di servizio lo richiedano, pu� essere autorizzato dal pretore competente per territorio a servirsi per la presentazione del titolo, di messi comunali. La questione non pu�, quindi, essere valutata con riferimento esclusivo al rapporto di lavoro che lega il segretario al comune, in quanto il servizio dei protesti, pur essendogli attribuito in considerazione della sua qualifica, � estraneo ai suoi compiti istituzionali e non pu� essere svolto con le sole strutture organizzative dell'ente autonomo che non sono state predisposte a tale scopo e che, pertanto, sono insufficienti. Il segretario comunale, pertanto, per poter adempiere la funzione conferitagli, deve necessariamente predisporre l'organizzazione indispensabile a tale scopo e deve affrontare spese del tutto estranee al rapporto d'impiego, le quali per la loro natura, prima ancora che per le loro dimensioni, non possono essere rapportate alla detrazione forfettizzata prevista per i lavoratori dipendenti. In difetto di una disciplina puntuale della tassazione dei redditi di cui trattasi occorre fare riferimento al principio costituzionale (art. 53) che esige che l'imposizione tributaria sia rapportata alla . capacit� contributiva di ciascuno e del quale costituisce applicazione il sistema normativo per cui l'imposizione deve essere effettuata sul reddito netto depurato, quindi, dalle spese necessarie per produrlo; ogni diversa soluzione avrebbe per effetto quello di imporre il pagamento di un tributo su somme non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO percepite dal contribuente; effetto che appare in contrasto con ii princ�pj fondamentali del nostro ordinamento tributario e che, pertanto, non pu� essere accolto sulla base di una apparente coincidenza delle fattispecie in esame con quella prevista dall'art. 47 lett. b) del d.P.R. 1973 n. 597, che � esclusa da una valutazione complessiva del sistema impositivo. Le diversit� che sono state evidenziate tra gli oneri che deve sopportare il segretario comunale neM'espietamento del servizio di protesti cambiari e gli oneri che incontra il prestatore d'opera subordinata per la produzione del reddito, escludono che, in conseguenza del diverso sistema adottato per la detrazfone della spesa, possa configurarsi -come prospettato nella discussione orale -una questione di legittimit� costituzionale; �, invero, ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale che, per effetto del principio di eguaglianza, deve essere assicurato ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando � eguali siano le situazioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono e che norme diverse devono essere dettate per regolare situazioni diverse adeguando cos� la disciplina giuridica agli svariati aspetti della vita. sociale. Di conseguenza, l'esistenza del rapporto d'impiego non impone che le detrazioni debbano essere necessariamente effettuate con le modalit� previste per i lavoratori dipendenti, quando il reddfto sia stato prodotto mediante un'attivit� che presenta caratteri sostanzialmente diversi ed analoghi, invece, a quelli propri del lavoro autonomo. In questo caso le detrazioni devono essere effettuate secondo i criteri previsti per questa forma di attivit�. Pertanto, il reddito prodotto deve essere tassato secondo la natura sua propria indipendentemente dalla circostanza che esso sia stato prodotto dalla stessa persona fisica; il reddito da lavoro dipendente va tassato secondo i criteri per esso previsti e quello che presenta caratteristiche affini a quello da lavoro autonomo, �secondo i criteri stabiliti per quest'ultimo. (omissis) CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 282 � Pres. Virgilio Est. Lipari -P. M. Di Rienzo (diff.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Zotta) c. Soc. Bergo (avv. Russo). Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Accer tamento � Revisione � Sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi Presupposti. {T.U. 29 gennaio 1978, n. 645, art. 35; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 43). La revisione dell'accertamento per la sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi, presuppone una oggettiva novit� di elementi che non erano PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 479 conoscibili dall'Amministrazione al tempo del primo accert,amento. La revisione non pu� essere impiegata per correggere un accertamento sommario dopo un pi� approfondito esame degli stessi elementi gi� conoscibili. (1) (omissis) 1. L'art. 35 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, dell'abrogato testo unico delle imposte dirette, applicabile alla situazione di specie ,, ratione temporis �, in relazione al vecchio �concordato tributario� (de� nominato gi� nell'art. 4 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, �adesione del contribuente all'accertamento �, in coerenza con la concezione dell'istituto che ne ripudia il carattere transattivo, dando essenziale rilievo alla volont� del contribuente), stabilisce sotto la rubrica � Integrazione e modi� ficazione dell'accertamento �, al primo comma che � l'accertamento, an� corch� sia intervenuta l'adesione del contribuente, pu� essere integrato o modificato, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, mediante notificazione di apposito avviso �, La norma, con la sola esclusione del riferimento all'accertamento per adesione non pi� consentito, � riprodotta testualmente per quanto riguarda l'espressione.fondamentale(� in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi�) nell'art. 43 comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Tale espressione il Collegio � chiamato ad interpretare rispetto ad una situa:cione di fatto. estremamente Une�re che emerge con chiarezza dalle decisioni dei giudici tributari. Il contribuente, societ� tassabile in base a bilancio, nel compilare la dichiarazione dei redditi, espose acquisti di materie prime e sussidiarie, costi eccedenti rispetto a quelli effettivi rilevati dalle fatture fornitori (che gli acquisti fossero stati compiuti, ma non documentali, come si adombra nel ricorso, per evidenziare la effettiva posizione del contribuente che contesta di essere evasore, non rileva ai fini del decidere, dovendo, come � ovvio, la causa restare incardinata in questa sede di legittimit� nei termini fissati nel giudizio di merito). L'Amministrazione finanziaria, peraltro, nell'eseguire una verifica (sommaria) nel 1971, non si avvide della discordanza fra importo delle materie prime, risultante dalle fatture di acquisto, e costi gonfiati riportati in bilancio; n�nostante (e ne d� specificatamente atto la stessa CTC) la raccolta delle fatture in entrata e la raccolta delle fatture in uscita fossero state pacificamente esibite agli ispettori del fisco (cfr. al riguardo, l'elencazione dei li\Jri e scritture esibiti allegata alla relazione redatta in occasione di tale verifica; e specificamente l'inclusione in essa, ai punti (il) La decisione � conforme a giurisprudenza costante; Cass. 6 gennaio 1981, n. 49, in questa Rassegna 1981, I, 781; 26 giugno J.980 n. 3998, ivi, 1981, I, 372. 480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�LLo STATO 14 e 15, delle suddette raccolte), pervenendo alla stipulazione di c.d. concordato fiscale, le cui risultanze ha preteso di disconoscere ai sensi dell'art. 35 comma 1�, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, essendo tale discordanza emersa da una pi� analitica (globale) ispezione effettuata dalla po~ia tributaria nel 1973. Il contribuente si � opposto all'accertamento integrativo, non giustificato a suo avviso dall'art. 35 cit. il quale, secondo corretta interpretazione, consente la modifica del concordato solo rispetto ad elementi � oggettivamente � nuovi, che rappresentino, cio�, intrinsecamente una � novit� � rispetto a quelli preesistenti, non potendo l'amministrazione invocare la propria negligenza che l'ha portata a tra'.scurarli, e cio� a non conoscerli, come pure sarebb� stato possibile, rilevando come connotato intrinseco della � novit� � la � impossibilit� di conoscenza � e non la mancata conoscenza di quanto, con normale diligenza, si sarebbe potuto conoscere. Alla tesi del contribuente ha aderito la CTC la quale ha accertato, in punto di fatto, (come si � appena sottolineato) che gli elementi documentali posti in luce dalla polizia tributaria esistevano tutti presso la societ� all'atto dell'ispezione del 1971, che si svolse includendo l'esame di tutti i 1ibri contabili, fra cui fa raccolta delle fatture (e la documentazione delle spese e delle entrate) che si pretende di valorizzare come acquisite per la prima volta alla conoscenza della finanza nel 1973, ma erano gi� in effetti a disposizione della stessa nel 1971, .ed avrebbero potuto essere (agevolmente) conosciute se la verifica fosse stata meno superficiale, non potendo la fattispecie di cui all'art. 35 comma 1�, del d.P.R. n. 645 del 1958, essere utmzzata per sopperire alla �negligenza� del fisco, presentandosi come uno strumento che giova solo rispetto al fatto intrinsecamente ed oggettivamente nuovo. Secondo l'Amministrazione, invece, le integrazioni e modificazioni del concordato sarebbero giustificate semplicemente dalla sopravvenuta conoscenza che prescinde del tutto dalle ragioni della ignoranza di chi compie l'accertamento. Nel caso di specie non si sarebbe trattato di una diversa valutazione di elementi di fatto, conoscibili con l'ordinaria diligenza, ma di sopravvenuta conoscenza di una dolosa e clamorosa manipolazione della documentazione relativa alle risultanze di bilancio operata dal contribuente. 2. Il ricorso � infondato e trova precisi riscontri negativi nella giurisprudenza della Corte, secondo cui il potere conferito all'amministrazione finanziaria dall'art. 35 del testo unico sulle imposte dirette (d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) di integrare o modificare l'accertamento ancorch� sia intervenuta l'adesione del contribuente, postula la sopravvenuta cono~ scenza di elementi di fatto nuovi, per tali dovendosi intendere, non esI � ~ f sendo la potest� in questione preordinata alla correzione di precedenti 1 'f: ! ~ i f ~ f PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA errori di apprezzamento, quelli non soltanto non conosciuti, ma neppure conoscibili dall'ufficio al momento del primo accertamento. Conseguentemente, ,l'accertamento integrativo non pu� fondarsi su ele� menti emersi da successive indagini disposte dall'Ufficio su fatti gi� resi noti dal contribuente con la denuncia dei redditi, ossia da una fonte che esso avrebbe potuto utilizzare anc]Je prima del concordato concluso con il contribuente (cfr. Cass. n. 49 del 1981). Correlativamente resta escluso che nella consecuzione di una ispezione � sommaria � e di altra ispezione � generale e globale � le fatture che vennero pacificamente esibite ai primi ispettori (che ne dettero atto nella redazione dei verbali) possano essere assunte quali elementi nuovi di rivalutazione del reddito imponibile, a nulla giovando invocare nella ricostruzione della fattispecie di cui all'art 35 cit., l'infedelt� in bilancio che � il presupposto comune a tutte le ipotesi applicative della norma ogni qualvolta si tratti appunto di societ� tassabili in base a bilancio. Occorre, pertanto, tenere ben distinto il problema interpretativo astratto dalla situazione fattuale. La inadeguata rilevazione di tale situazione, sulla scia delle enunciazioni contenute nel ricorso dell'amministrazione finanziaria, ha indotto il P.G. a ritenere che nel caso di specie le fatture fossero pervenute nella sfera di � conoscibilit� � dell'amministrazione soltanto a seguit~ della seconda, e pi� completa, ispezione del 1973, e quindi a concludere per l'accoglimento del ricorso. Sul piano interpretativo deve osservarsi che gi� nella circolare 16 luglio 1956, n. 76 (a commento dell'art. 3 della legge n. 1 del 1956, che per primo introdusse nell'ordinamento, la formula poi inserita nel t.u. del 1958) l'amministrazione aveva chiarito che doveva trattarsi di elementi del tutto ignorati dall'Ufficio in precedenza, e che, se prima conosciuti, avrebbero potuto indurre ad una diversa e maggiore valutazione dell'im� ponibile accertato, specificando che tale condizione non ricorreva quando si fosse trattato di elementi gi� noti, ma ritenuti (a torto) non influenti ai fini della determinazione del reddito imponibile, ovvero insufficientemente valutati nella loro preesistente interezza. Tale orientamento � stato tenuto fermo dallo stesso Ministero a proposito dell'art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 con la circolare 7/1496 del 30 aprile 1977. La giurisprudenza di questa Corte, sottolineato il carattere innova� tivo, e non interpretativo, della norma che attribuisce la facolt� di rettifica all'amministrazione finanziaria (cfr. Cass. 3347/68) non solo in tema di imposte dirette ma estensivamente anche rispetto a quelle indirette (CaSS:-245774) � precisato che occorreva all'uopo notificare un apposito accertamento (Cass. 2864/72), si � limitata in numerose decisioni a para RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO frasare l'espressione legislativa (soprawenuta conoscenza di nuovi elementi: 245/74, 2909/80, 5565/80, 5645/80, 6518/80). Nella ricordata sentenza n. 49 del 1981 muovendo, pur senza menzionarla, dalla ricordata circolare del 1956, si � messo in chiaro che la potest� attribuita dalla norma all'amministrazione non � accordata al fine di correggere errori di apprezzamento commessi in precedenza; e se ne � tratto il corollario che i nuovi elementi di fatto giustificativi dell'accertamento integrativo, pur se non necessariamente ricollegati ad una diversa fonte produttiva di reddito (Cass. 650/75, 5645/80), devono essere tuttavia non soltanto non conosciuti, ma non conoscibili dall'ufficio al momento del precedente accertamento (vedi per riferimento alla non conoscibilit�; Cass. 4072/77, e 650/79). Risulta sicuramente da escludere, alla luce della ratio che informa la norma che si viene interpretando, 1a possibilit� di" awalersene per ovviare alla mancata attenzione portata sugli elementi presi in considerazione, per coglierne tutte le possibili implicazioni in ordine all'accertamento del reddito, ed alla mancata attenzione nella rilevazione, fra la massa dei documenti formanti oggetto dell'esame, di quelli che avrebbero potuto spiegare decisiva importanza ai fini della rettifica dell'accertamento dell'imponibile. In sintesi la � novit� � cui la legge ha riguardo si presenta con valenza oggettiva e non soggettiva: l'elemento sopravvenuto, come � fatto palese dalla stessa espressione semantica, � un qualche cosa che prima non avrebbe potuto esser colto nella sua attitudine a palesare un maggior reddito perch� non immesso neMa sfera percettiva deglri organi dell'amministrazione, pur preesistendo storicamente; la � novit� � attiene alla possibilit� di conoscenza soprawenuta. Al riguardo, tuttavia, non rileva lo stato soggettivo psicologico dell'organo accertatore, ma la concreta messa a disposizione dti questo dei dati o di elementi rilevanti per ['accertamento integrativo. Prende rilievo, pertanto, fa conoscenza come capacit� dell'amministrazione .finanziaria di accorgersi di tale �Soprawenienza per trarne '1e possibili implicazioni. Nella espressione � soprawenuta conoscenza di elementi nuovi� ~�accento va posto sulla circostanza ohe l'elemento entra per aa prima volta nella sfera del possibile apprezzamento della finanza. A questa non � consentito di valutare in un secondo momento il dato posto a sua disposizione e che le .era sfuggito una prima volta. Le si offre garanzia, di fronte ad una immutazione dei fatti sulla cui base si procedette aJil'originario accertamento, di procedere ad una revisione dell'accertamento medesimo, ma non Je � concesso di mantenere iiJ. contribuente in stato di !incertezza su possibfili revisioni critiche del materiale sul quale l'ufficio avrebbe potuto fondarsi per correggere la dichiarazione. Come bene ebbe ad osservare la CTC il meccanismo dell'art. 35 non serve a rimediare alle negligenze dell'amministrazione accertatrice, ma PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 483 consente di riequilibrare, rispetto alla base imponibile, la pos1z10ne del fisco e delle finanze, nel senso che rispetto alJ'emersione di nuovi fatti diversi da quelli posti a base deH'accertamento (meglio: che avrebbero potuto essere posti a base dell'accertamento perch� offerti alla conoscibilit� del fisco) si consente al fisco di modificare l'accertamento stesso tenendone opportunamente conto. Per stabilire se l'amministrazione possa procedere o meno ad un accertamento integrativo ex art. 35 occorre, quindi, avere riguardo all'og� gettiva novit� degli elementi sopravvenuti nella sfera di percettibilit� del fisco e che precedentemente non erano stati sottoposti .al suo esame. Quando poi sia stato addirittura il fisco, attraverso lo svolgimento di attivit� ispettiva, a venire in. possesso di ce1ii elementi documentali, appare assolutamente incongruo che solo in un secondo tempo, a concordato gi� stipulato, si pretenda di valorizzarli. Il criterio oggettivo delila novit� presenta, perci�, l'imprescindibile risvolto soggettivo della conoscibilit�. 1:!. nuovo, e giustifica l'accertamento integrativo, l'elemento che avrebbe potuto essere conosciuto dall'ufficio (con l'esperimento di una normale diligenza). Correlativamente lo stabilire se, nel caso concreto, l'amministrazione finanziaria fosse in grado di conoscere sin dall'epoca dell'operato accerta� mento con adesione del contribuente gli elementi valorizzati a fini accertativi successivamente, d� luogo ad un profilo schiettamente fattuale rispet� to al quale operano gli istituzionali limiti di sindacato di questa Corte di legittimit�, acquistando determinante rilievo la circostanza che nel caso concreto, giusta .l'accertamento dei giudici tributari, l'accertamento integrativo fondato sui rilievi ispettivi del 1973 attiene a quelle medesime fat� ture che vennero esibite ai funzionari del fisco nel 1971 (secondo formale attestazione contenuta nella loro relazione). 3. Pu� convenirsi con la difesa erariale che il termine �elementi � � impiegato dalla legge nella sua accezione pi� lata, sia con riguardo alle componenti� attive e passive del reddito, sia in relazione ai dati di fatto, alle circostanze, agli indici posti alla base dell'accertamento. Ma non � esatto che per poter procedere all'accertamento integrativo basta che l'ufficio venga a conoscenza effettiva di un elemento diverso da quelli in base ai quali aveva accertato le componenti attive e passive del reddito, poich� ponendosi l'accento sulla � conoscibilit� � prende essenziale rilievo la messa a disposizione del fisco degli elementi stessi e non gi� la capa� cit� degli organi ispettivi di desumerne la perpretata evasione. L'espres� sione � elementi � effettivamente consente di delineare un parallelismo fra art. 34 e 35 del t.u.; ma risulta del tutto gratuito impostare il �connotato della novit� con limitato riferimento a quei soli elementi che� sono stati RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO effettivamente valorizzati per l'accertamento anzich� a tutti quelli che erano stati acquisiti dall'amministrazione; ed essa stessa si era procurati mediante un'attivit� ispettiva ad hoc. Bisogna gwir'.darsi dal porre l'accento sull'elemento soggettivo della � sopravvenuta conscenza ,. rispetto a quello oggettivo de:lla �novit��, poich� iJ. corretto processo interpretativo � esattamente l'inverso, occorrendo muovere dalla � novit� ,. che comporti impossibilit� di conoscenza, consentendo di valorizzare elementi che non si potevano conoscere perch� nuovi, e non considerando nuovi gli elementi in funzione della presa di conoscenza avvenuta in un dato momento, mentre avrebbe potuto avvenire senza intoppo antecedentemente. Prova troppo l'argomento della finanza che fa leva sulla essenziale importanza del momento impositivo per la vita della collettivit�. Vero �, invece, che anche tale momento incontra i suoi limiti sostanziali e procedimentali, rispondendo a criterio di razionalit� la subordinazione della rottura del preesistente accertamento alla imputazione oggettiva dei dati sopravvenuti che proprio perch� tali non potevono essere conosduti dalla finanza. Accedenc;Io � alla opposta tesi il contribuente si vedrebbe esposto alla eventualit� che l'ufficio ripeschi uno fra i documenti gi� offerti al suo esame (o per dichiarazione o per ispezione) per agganciarvi una nuova pretesa, troppo limitata apparendo la remora dell'impedimento a rivalutare le � poste ,. gi� conosciute. In effetti la stessa difesa erariale pare consapevole della insostenibilit� della tesi che, nonostante le macroscopiche negl~genze dcl fisco, gli consenta una indiscriminata potest� di procedere ad accertamenti integrativi; e, sempre muovendo da una impostazione soggettivistica, propone, senza peraltro alcun valido supporto esegetico, di distinguere caso da caso in relazione alla �. misura ,. della negligenza e della induzione in errore causata dal comportamento doloso del contribuente (inteso il � dolo � come induzione artificiosa di controparte all'errore per trarne beneficio). Un discorso siffatto avrebbe un minimo di plausibilit� se pot�sse invocarsi il dolo come diretto a nascondere al fisco la portata degli elementi documentali acquisiti, ma non certo se riferito alla complessiva infedelt� della dichiarazione �he costituisce il necessario presupposto di ogni accertamento integrativo del fisco. Senonch�, mentre il discorso sulla media diligenza non pu� essere accolto, per le svolte considerazioni, nell'ottica di un accertamento consentito solo rispetto all'oggettivo soprawenire di elementi (sicch� resta esclusa a priori la valutazione ex novo di elementi precedentemente trascurati, pur essendo nella sfera di disponibilit� conoscitiva dell'ufficio, stante il profilo determinante delle conoscibilit�), quello sul �dolo�, anche se concessivamente potesse essere recepito, non sortirebbe alcun riflesso nel caso di specie in cui il bilancio � stato esaminato gi� nel 1971 corredato I i I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA di tutte le pezze d'appoggio, di quelle stesse pezze d'appoggio cio�, che passate indenni al va~io della prima ispezione seguita dall'accertamento con atlesione, solo in occasione della seconda ispezione vennero valorizzate per la loro attitudine a evidenziare l'eccesso dei costi per acquisti registrati in contabilit� rispetto a quelli effettivamente sostenuti. Non � quindi fa infedelt� nella contabilit� a giustdficare l'accertamento ~ntegrativo essendo J'ispezione diretta proprio ad evidenziare dette infedelt� cui consegue l'accertairnento, che vi pone riparo � per una sola volta�, senza possibi!hlt� di rciteratlo per quelle stesse infedelt� sfuggite al primo inefficace controllo. Se l'ispezione � stata inadeguata (pur nei limiti della �sommariet��) l'ufficio imputet sibi la scarsa penetrazione dei controlli non essendo possibile sul tronco della novit� oggettiva innestare la eventualit� di un xiesame che prenda in considerazione questi stessi documenti la cui frettolosa cernita venne compiuta una prima volta a che perci� in sede di pi� minuzioso successivo riesame non possono assolutamente essere considerati come elementi nuovi, trattandosi di attingere pur sempre al medesimo materiale gi� disponibile (in concreto al corpus delle fatture di acquisto delle materie prime impiegate). L'Avvocatura potrebbe essere seguita in punto _di fatto se alla contrapposizione fra ispezione � sommaria � e � globale � corrispondessero distinte masse di documenti e se l'accertamento integrativo si fosse effettivamente basato su documenti acquisiti per la prima volta soltanto in occasione della seconda ispezione. Ma cosi non �, giusta l'accertamento di fatto della ere la quale esattamente muove dalla sottolineatura che le raccolte delle fatture furono esibite agli ispettori che ne diedero atto. La conoscib�lit� di tali elementi che non fu impedita da alcuna dolosa manipolazione del contribuente, essendosi manifestata l'infedelt� nel gonfiaggio dei costi riscontrabile da un doveroso riscontro delle fatture (non alterate, n� falsificate) priva radicalmente di fondamento la tesi della fi. nanza che, nel pur apprezzab1le tentativo di recuperare al fisco il frutto di una sensibile evasione, non pu� risolversi nel sovvertimento del fondamento giuridico dell'istituto per avallare la negligenza dei funzionari ispettori. Quando gli elementi adottati a giustificazione e fondamento dell'accertamento integrativo non sono � nuovi � obiettivamente, perch� gi� desumibili dagli atti e documenti in possesso della finanza, questa � responsabile della mancata valutazione, non potendo la negligenza in cui � incorsa conferire il carattere di novit� ad elementi � conoscibili � e che come tali ne erano privi, facendoli apparire tutt'al pi� soggettivamente nuovi, e quindi privi . di possibilit� di utilizzazione, mentre nuovi oggettivamente non erano. (omissis) 486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 290 -Pres. Bile -Est. Schermi -P. M. Martinelli (di.ff) Donzelli c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato .Braguglia). Tributi erariali indiretti -Riscossione � Ingiunzione � Natura � Perdita di efficacia � Opposizione � � opposizione all'esecuzione � Termine del l'art. 617 cod. proc. civ.� Inapplicabilit�. (Cod. prov. civ., artt. 481 e 617). Benoh� l'ingiunzione cumuli in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto, essa � tuttavia un atto unitario che non pu� essere scisso in due atti distinti soggetti a regole diverse. Conseguentemente quando venga dedotta in via di opposizione la perdita di efficacia dell'ingiunzione per decorso del termine di novanta giorni senza che sia stato eseguito il pignoramento, non si deduce l'irregolarit� formale dell'ingiunzione come atto di precetto, integrante una opposizione agli atti esecutivi soggetta al termine dell'art. 617, ma si propdne una opposizione alla esecuzione. (1) (omissis) Con l'unico motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 e.pc., sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale I I (1) La sentenza lascia perplessi. Quando si afferma come non si discoI nosce, che la perdita di efficacia non concerne la validit� dell'ingiunzione quale titolo esecutivo ma solo la sua efficacia quale precetto, con la conseguenza che il precetto pu� essere rinnovato sulla base dello stesso titolo, si I opera necessariamente ,la scissione fra i due contenuti dell'unico atto. E che tale scissione sia necessaria, si deduce dal fatto che nessun termine i � posto dal t.u. 14 Aprile 1910 n. 639 alla validit� dell'ingiunzione ed � solo I dall'art. 481 cod. proc. civ. che si ricava la perdUa di efficacia della ingiunzione ma solo quale precetto. Pertanto il decol'SO del termine dell'art. 4&1 non pare I possa dar luogo ad un� opposizione all'esecuzione. Ed infatti sembra poco ragionevole ammettere che il decorso del termine dell'art. 481 possa essere dedotto senza limiti di tempo, anche dopo il com I pimento del procedimento di esecuzione. Trasportando poi l'enunciato della sentenza alla ingiunzione intimata per I la riscossione delle imposte soggette (art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) alla giurisdizione delle Commissioni, si dovrebbe affermare che la detta cen� I sura dovrebbe essere oggetto di ricorso alla Commissione, il che appare con i evidenza incongruo e privo di risultato utile per la mancanza di immediatezza del giudizio della Commissione sul corso della esecuzione. Anche sotto il I profilo della tutela del debitore, l'opposizione agM atti esecutivi innanzi al l giudice ordinario, se pure soggetta al termine necessariamente breve, � di i maggiore efficacia (v. sul punto della giurisdizione C. BAFILB, Giurisdizione ! ordinaria e giurisdizione delle Commissioni nella fase esecutiva, in questa I Rassegna, 1982, I, 592). I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA di Bologna, essi avevano proposto un'opposizione all'esecumon,e perch� avevano contestato non fa regolarit� formale del titolo esecutivo e del precetto ma il diritto della Dogana a procedere ad esecuzione forzata. Il motivo � fondato. Come si � visto nella precedente narrativa, i Donzelli posero a fon� <lamento della proposta opposizione l'assunto che l'ingiunzione fiscale aveva perduto la sua forza esecutiva, limitandosi a spiegare efficacia sul corso della prescrizione quale atto interruttivo; e successivamente, nella comparsa conclusionale, chiarirono questo loro assunto facendo riferimento alla norma di cui all'art~ 481 c.p.c. che ritennero applicabile alla dedotta fattispecie, nel senso che, cumulando l'ingiunzione fiscale le ca� ratteristiche del titolo esecutivo e d,el precetto, essa, se non seguita tem� pestivamente dagli atti di esecumone, perde ila sua efficacia esecutiva. Risulta evidente che i Donzelli non dedussero n� una irregolarit� formale dell'ingiunzione fiscale quale titolo esecutivo n� la cessazione del� l'efficacia della medesima ingiunzione quale atto preliminare dell'esecuzione, nel suo aspetto di precetto, ferma restando la sua efficacia esecutiva, genesi . d,ell'azione esecutiva esercitabile previa rinnovazione della sua noficazione in funzione di precetto. La loro deduzione fu, invece, -come risulta chiaramente dall'atto di opposizione e dalla comparsa conclusionale -che, non essendo stata iniziata l'esecuzione nel termine di novanta giomi, di cui al primo comma dell'art. 481 c.p.c., dalla notificazione dell'ingiunzione, questa aveva perduto efficacia ai fini dell'esecuzione, aveva cessato di essere fonte di un'azione esecutiva. Ed allora, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Bologna, i Donzelli proposero un'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., contestando il diritto dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato di procedere ad esecuzione forzata, e non gi� un'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. Ci� discende, del resto, dalla natura stessa dell'ingiunzione fiscale, che non pu� essere scissa e distinta in un titolo esecutivo ed in un atto di precetto, riferendo a questo secondo atto, e limitatamente ad esso, l'effetto giuridico che la norma di cui al primo comma dell'art. 481 �.p.c. ricollega al mancato inizio dell'esecuzione nel termine di novanta giorni dalla notificazione del precetto. Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte si � affermato che l'ingiunzione fiscale, quale manifestazione del potere di accertamento ed autotutela della pubblica amministrazione in materia tributaria, ha natura giuridica di atto amministrativo, che cumula in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto (sent. 7 maggio 1981, n .2965, 13 febbraio 1980, n. 1046, 22 luglio 1981, n. 2902); ma non RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO si � inteso dire che l'ingiunzione fiscale, si scinde in due atti distinti, un titolo esecutivo ed un precetto, ciascuno di essi regolato dalle norme del codice di procedura civile riguardanti, rispettivamente, il titolo esecutivo ed il precetto. L'ingiunzione fiscale � un atto unitario ed inscindibile emesso dal competente organo della pubblica amministrazione ed avente la funzione di realizzare l'interesse pubblico . concreto alla riscossione delle imposte: � un provvedimento amministrativo esecutorio e da questa eseguibile -nel rispetto delle forme stabilite dalla legge -nell'esercizio della sua azione amministrativa. Provvedimento amministrativo esecutorio unitario ed inscindibile, dunque; per cui, non potendovisi analizzare un atto di precetto, non pu� essere riferito ed applicato a tale provvedimento amministrativo, sotto. il profilo, .appunto, del precetto, l'art. 481 c.p.c., nel senso di ravvisarvi una sopravvenuta inidoneit� a porsi quale atto preliminare necessario al processo esecutivo. Ed invero, i Donzelli fecero bens� riferimento a quella norma, ma per dedurne la sopravvenuta cessazione dell'efficacia esecutiva dell'ingiunzione fiscale; mentre il Tribunale di Bologna ha ritenuto che se ne fosse dedotta la irregolarit� formale dell'ingiunzione fiscale nell'aspetto di titolo esecutivo. L'opposizione, che era all'esecuzione, non poteva essere, quindi, dichiarata inammissibile in quanto proposta dopo la scadenza del termine perentorio stabilito dall'art. 617 c.p.c. per le opposizioni agli atti esecutivi, ma doveva essere esaminata nel merito. Il quale esame non pu� dirsi �ugualmente effettuato dal Tribunale di Bologna in quanto nella parte motiva della sentenza impugnata, dopo il rilievo che l'opposizione proposta era agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. ed era tardiva per inosservanza del termine perentorio stabilito in tale norma, si legge la seguente frase: � L'ingiunzione doganale del 12 luglio 1%7 emessa dal ricevitore di Bologna conserva, quale atto amministrativo, tutta la propria efficacia e legittimamente quindi in base alla stessa � stato intimato il precetto impugnato �. La pronuncia contenuta nel dispositivo � di inammissibilit� dell'opposizione, in relazione alla parte della motivazione in cui l'opposizione � qualificata agli atti esecutivi e se ne rileva la tardivit�, che giustifica e sorregge quella pronuncia. Sicch� la detta ulteriore frase, che non ~ alcuna relazione con il dispositivo, � al di fuori della ratio decidendi, con sistendo in un mero rilievo ipotetico fatto dal Tribunale di Bolol?Ila. riferito alla proposizione, ritenuta non avvenuta, di un'opposizione all'ese�u-' zione. Pertanto, il ricorso deve essere accolto; ed, in conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata ad altro giudice perch� esamini il merito della proposta opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. (omissis) PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 489 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 366 -Pres. Cusani Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato Zotta) c. Santini. Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza � Accertamento dell'intento di speculazione � Deducibilit�' nel giudizio di terzo frado. (T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). L'accertamento dell'intento di speculazione nella realizzazione di una plusvalenza � deducibile nel giudizio di terzo grado dal quale rimangono escluse soltanto le questioni sull'esistenza e sull'ammontare della plusvalenza. (1) (omissis) Con il secondo motivo (che logicamente � pregiudiziale, in quanto attiene alla giurisdizione) l'Amministrazione_ deduce il difetto di giurisdizione e la violazione degli artt. 23 t.u. numero 4021 del 1977 e 22, terzo comma r.d. n. 1639 del 1936, nonch� omessa ed insufficiente mothrazione, il tutto in relazione ai numeri 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., sostenendo che erroneamente la Corte del merito ha negato che l'accertare se la vendita dell'immobile abbia avuto o meno intento speculativo costituisca questione di estimazione semplice, sottratta all'esame dell'Autorit� giudiziaria. Secondo la ricorrente, si tratta di una indagine che prescinde da qualsiasi problema di diritto e che � limitata alla valutazione discrezionale dei dati e degli elementi di mero fatto, che costituiscono il presupposto dell'imwszione. La ~orte d'appello avrebbe poi dovuto motivare adeguatam~ nte in fatto che si trattava di una questione di estimazione complessa. La norma dell'art. 81 del t.u. n. 645 del 1958 dispone che sono assoggettate ad imposta le plusvalenze re.alizzate in dipendenza di operazioni speculative; e l'accertare se vi sia stata plusvalenza ed un'operazione speculativa � un semplice dato di fatto, sul quale si applica la legge, non potendo l'interpretazione della legge interferire nella valutazione del fatto. N� la definizione dell'attivit� speculativa poteva assurgere a giudizio cli estimazione complessa, trattandosi di un elemento da accertare sulla base della comune esperienza e non in applicazione di norme giuridiche. Il motivo � infondato. Si premette che la censura di Oifetto di motivazione � inammissibile, perch� il liinite della giurisdizione del giudice ordi (1) Si va cos� a consolidare l'indirizzo aperto con la sentenza delle stesse Sez. Unite 13 Ottobre 1983 n. 5960, in questa Rassegna 1984, I, 135. 490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nario nella materia tributaria si stabilisce mbase all'interpretazione della normativa, per cui non � utilmente esperibile un motivo basato sul n. 5 dell'art. 360 c.p.c. Il problema sollevato con il motivo ha dato luogo, in passato, a contrastanti soluzioni; ma con sentenza 13 ottobre 1983, n. 5960, queste Sezioni Unite, riesaminandolo nuovamente, hanno statuito che la questione circa l'esistenza dell'intento speculativo, per la tassazione in r.m. della plusvalenza reailizzata da soggetto non dmprenditore (sotto il V'igore del t.u. n. 645 del 1958) rientra nella cognizione diretta della Commissione Tributaria Centrale e della Corte d'appello, in ogni caso, e quindi anche quando presenti aspetti soltanto di fatto, ai sensi della disciplina del nuovo contenzioso tributario introdotta con d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.. � La ratio e le argomentazioni della suddetta decisione consentono di applicarne il principio al diverso problema (oggetto della presente causa) della determinazione della sfera di controversie tributarie sottratte alla competenza del giudice ordinario, adito dopo la decisione definitiva delle Commissoini tributarie, in materia di imposte dirette in quanto concernenti la semplice estimazione dei redditi (art. 53, primo comma del t.u. 24 agosto 1877, n. 4021 ed art. 22, terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). Invero, la sentenza n. 5960 del 1983 � partita dalla premessa che la riforma del 1972 ha conservato al giudice ordinario (ora: alla Corte d'appello, in sede di impugnazione ai sensi dell'art. 40 del d.P.R. n. 636 del 1972) la medesima sfera di competenza che gli veniva attribuita nella disciplina / anteriore, in vigore all'epoca della legge di delegazione del 1971. Poich� nel ricorso non si profilano argomentazioni che non siano state gi� esaminate, baster� ribadire che -sotto il vigore dell'art. 81 c.p.v. del t.u. n. 645 del 1958 -dovendosi accertare l'intento speculativo della realizzazione, da parte di non imprenditori, di plusvalenz:e, le questioni relative all'estimazione dei redditi .(secondo il sistema anteriore del conten zioso) sono limitate a quelle relative all'esistenza della plusvalenza ed all'ammontare di essa, mentre la dipendenza, o meno, di essa da operazioni speculative comporta un accertamento di tassabilit� del reddito e non ha importanza che nell'ambito di tale accertamento si debbano risolvere problemi di applicazione astratta della norma o di assunzione di fattispecie concrete nel modello legale, ovvero di semplice accertamento di fatti rilevanti per la sua applicazione, esclusa la valutazione estimativa. In ogni caso, invero, il giudizio era attribuito all'A.G.O. e pioch�, nella specie, la Santini. non sollevava alcuna questione relativa all'esistenza ed all'ammontare della plusvalenza (in senso obiettivo), ma soltanto questioni� relative alla sua tassabilit�, l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario si deve rigettare. (omissis) PARTB I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 491 CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 gennaio 1985, h. 393 � Pres. Falcone � Est. Sensale � P. M. Di Rienzo (conf.). Soc. Italfi c. Ministero delle Finanze (Avv. Stato Mercatali). Tributi In genere � Contenzioso tributarlo � Giudizio di terzo grado � Estensione � Qualificazione giuridica di negozio � ~ deducibile. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 26 e 40). Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Redditi di capitoli � Presunzione di Interessi sui capitoli dati a mutuo � Finanziamento dei soci in favore della societ� � Si presume fruttuoso. (T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 43). Nel nuovo sistema del contenzioso tributario � conservata al giudizio di terzo grado la medesima sfera di competenza attribuita dalla disciplina previgente alla Commissione centrale e al giudice ordinario, bench� sia superata la incerta nozione della estimazione complessa. Pertanto mentre rientrano nella valutazione estimativa, oltre alla mera quantificazione della base imponibile, le questioni di fatto relative alla esistenza del reddito e in genere del presupposto materiale del tributo, sono deducibili in terzo grado le questioni concernenti l'individuazione dei soggetti passivi e quelle sulla qualificazione giuridica del negozio presupposto dell'imposizione. (1) A differenza di quanto oggi dispone l'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 sotto il vigore dell'art. 86 del t.u. sulle imposte dirette la presunzione di fruttuosit� dei capitoli dati a mutuo comprendeva anche il finanziamento dei soci in favore della societ�. (2) (omissis) Con il primo motivo la Societ� ricorrente, con riferimento agli artt. 2 e 3 c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 26 e 46 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e delle norme sulla competenza assoluta (funzionale) per materia, censurando la decisione impugnata per avere investito una materia (indagine sulla onerosit� o gratuit� dei (1-2) Conforme � l'altra sentenza in pari data n. 394. Ripetendo una mas sima che si va irrigidendo in una formula (13 Ottobre !1983 n. 5960; 8 Novem bre 1984 n. 5643; 112 Novembre 1984 n..5690, in questa Rassegna, 1984, I, 135 e 1985, I, 168-169) la S. C. non sempre si �avvede della contraddittoriet� tra la premessa (il giudizio di terzo grado ha lo stesso ambito di quello cMsciplinato nel sistema previgente per la Commissione centrale e l'A.G.O.) e le sue appl� cazioni concrete; e nella velleit�, non sempre giUJStifioata, dii superare la con trapposizione tra estimazione semplice e estimazione complessa, inavvertita mente tende ad allargare l'ambito del giudizio di terzo grado. Di ci� d� riprova la sentenza ora intervenuta. La premessa in termini generali � esatta (anche se sono da confermare le riserve sulla ~sclusione dalla valutazione estimativa delle questioni di fatto sulla imputazione soggettiva) ed esattissima � la specificazione che sono 492 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mutui) sottratta ai poteri di cognizione della Commissione centrale ai sensi della nuova disciplina del contenzioso tributario (art. 26 e 46 del d.P.R. 636/72) che, interpretata in aderenza alla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, art. 10 n. 14, deve intendersi nel senso che alla Commissione tributaria centrale e, alternativamente, alla Corte d'appello sono attribuite le (stesse) controversie di estimazione complessa (cio� quelle nelle quali il fatto si ricollega intimamente con l'aspetto giuridico di cui costituisce il presupposto strumentale indispensabile per la retta applicazione della legge), mentre non lo sono le questioni di estimazione semplice, cio� tutte le altre questioni di fatto. In altri termini, sia. pure con diversa formulazione normativa, la ripartizione delle competenze nei confronti della �Commissione tributaria centrale e della Corte 'd'appello va desunta, secondo la societ� ricorrente, sulla scorta dei concetti di estimazione semplice e di estimazione complessa, con esclusione della prima si che rientrando nel concetto di semplice estimazione ogni indagine attinente non solo alla entit� del reddito ma alla sua stessa sussistenza, nel caso concreto era precluso alla Commissione tributaria centrale ogni accertamento in ordine alla sussi~ stenza o meno degli interessi sulla esposizione debitoria della societ�, riservato alla Commissione di primo e di secondo grado. Le censure che precedono, pur contenendo talune affermazioni esatte, salve le preoisaziioni ohe si renderanno, di seguito, necessarie, non possono trovare accoglimento in relazione a11a controversia decisa dalla Commdssione tributaria centrale. La problematica posta dalla ricorrente ha recentemente formato oggetto di riesame da parte delle Seziqni, Unite (sent. 5960/83), le quali hanno posto in rilievo che nel sistema del nuovo contenzioso tributario, introdotto con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, � conservata alla Commissione tributaria centrale e alla Corte d'appello la medesima sfera di competenza che ad esse veniva attribuita secondo Ia disciplina previgente, etimi- deducibili in terzo grado le questioni sulla qualificazione giuridica del negozio presupposto dell'imposizione (nel caso finanziamento o conferimento). Ma dall'esame del secondo motivo emerge che la questione decisa non era quella della qualificazione giuridica (giacch� in forza dell'art. 86 del t.u. delle imposte dirette ogni prestazione di capitale ed anche quella dei soci verso la societ�, si presumeva fruttifera di interessi), ma dell'accertamento in fatto se fosse stata data la prova contraria alla presunzione, vale a dire dell'esistenza del presupposto del tributo (reddito di interessi sul capitale). E se pure era nata questione sulla portata dell'art. 86 del t.u. del 1958 e sul valore dnnovativo o meno dell'art. 43 del d.P.R. 597/1973, una volta risolta tale questione di diritto nel senso ora detto, la Commissione centrale avrebbe dovuto arrestare a questo punto il &Uo. esame senza scendere a verificare se fosse stata data la prova contraria alla presunzione, essendo tale questione, ineresente alla esistenza del reddito, sottratta al �suo potere decisorio. L'apparente estraneit� di tale questione alla valutazione estimativa ha probabilmente determinato una inconsapevole estensione dei limiti del giudizio dd terzo grado. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Ii.andosi peraltro le ragioni d'incertezza che in questa erano insite, grazie al superamento alla ftregua di un pl� razionale criterio di discriminazione, della nozione di estimazione complessa, la quale non ha pi� ragione d'essere, poich� ormai tutte le questioni di fatto estranee alla valutazione estimativa, oltre a tutte le questioni di diritto, sono indiscutibilmente attratte nella cognizione piena della Commissione tributaria centrale e della Corte d'appello. E tale valutazione estimativa -si � ulteriormente precisato -come attivit� di giucli7Jo comprende non solo la mera quantifticaz: ione, ma'anche le questioni di fatto �relative all'esistenza del reddito o del cespite e, in genere, della base imponibile e del presupposto materiale ed oggettivo del tributo, restandone escluse (in quanto non relative a valutazione estimativa) le questioni concernenti la, individuazione dei soggetti passivi del rapporto tributario e la loro qualit� e modo di essere nonch� la tassabilit� o meno del reddito o del cespite, in relazione, ad esempio, al concorso di ulteriori condizioni richieste dalla legge per la integrazione della fattispecie impositiva o alla spettanza di esenzioni, agevolazioni o detrazioni al cui fine non � precluso alla Commissione centrale e alla Corte d'appello l'accertamento degli elementi di fatto che quelle condizioni realizzino o che di�no diritto a quelle esenzioni, agevolazioni o detrazioni, appunto perch� integranti questioni di fatto non relative a valutazione estimativa e non strettamente implicate da questa. Con i:iguardo, poi, alle imposte indirette, le Sezioni Unite hanno precisato (ma la precisazione pu� essere utilizzata, quando ne ricorrano le pr~messe, anche in tema di imposte dirette) che costituisce questione di fatto strettamente implicata dalla valutazione estimativa l'accertamento della esistenza del negozio che sia presupposto della imposizione, ma, non anche la qualificazione di esso, che postula il compimento di una operazione giuridica, non interessata dalla bipartizione tra questioni di fatto e questioni di fatto relative a valutazione estimativa, e sicuramente� compresa nei poteri di cognizione della Commissione tributaria centrale. Alla stregua dei principi sopra riassunti, non pu� dubitarsi che le questioni sottoposte, nel caso concreto, all'esame della Commissione centrale rientrassero nella sfera_ dei suoi poteri di cognizione. Che la societ� avesse una rilevante esposizione debitoria era un dato di fatto pacifico, in quanto risultava dal bilancio, e oggetto della questione era stabilire se gli esborsi di denaro anticipato dai soci (da cui la suddetta esposizione) avesser� natura di finanziamento (in ordine al quale si poneva, poi, l'ulteriore problema della gratuit� ovvero della onerosit�) o costituissero conferimento al fine dell'aumento di capitale, nel quale caso la controversia si sarebbe risolta a favore della contribuente. Oggetto della questione era, quindi, la qualificazione giuridica di un fatto pacifico nella sua materialit�, trattandosi di individuare la figura negoziale cui ricondurre tale fatto, ai fini della integrazione della fatti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO specie impositiva, e , cio�, ai fini della tassabilit� del finanziamento, come (eventualmente) fonte di interessi. Di qui la esclusione della questione stessa dall'ambito di quelle relative a valutazioni estimativa, secondo il nuovo testo normativo ed il significato che ad esso, come sopra precisato, deve attribuirsi. La fondatezza del primo motivo impone l'esame del secondo, con il quale la societ� ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1815, 2727 e 2729 e.e., dell'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e dell'art. 86 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c. Secondo la ricorrente, la Commissione centrale avrebbe erronamente attribuito rilevanza alla mancanza di una � formale delibera � che vincolasse gli eseguiti versamenti ad aumento del capitale sociale, senza considerare che tale presupposto � ora richiesto dall'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, ma non lo era dall'art. 86 del t.u. 645/58, applicabile nel caso in esame, trattandosi di imposizione anteriore alla riforma tributaria. Inoltre, la Commissione centrale avrebbe fatto ricorso ad una presunzione di onerosit�, superata dal fatto che, con riguardo ad analoga situazione relativa all'anno 1960, la Commissione di secondo grado aveva annullato l'accertamento e l'Amministrazione non aveva contestato l'avvenuta riduzione e il successivo aumento di capitale regolarmente deliberati. Anche tali censure sono infondate. Va detto subito che l'ultimo rilievo della ricorrente pretenderebbe vincolare la decisione della presente controversia all'esito di altra prece� dente, riguardante la stessa parte e la stessa imposta, ma un anno diverso. E ci�, che non � ammissibile in via di principio, meno ancora lo � in concreto, posto che, come la stessa ricorrente riconosce, la precedente decisione, ad essa favorevole, si basava sulla considerazione della mancata contestazione, da parte deJl'Uf�fiaio, di una regolare deliberazione di riduzione e successivo aumento del capitale, che � invece oggetto di contestazione .nella presente controversia e che la ric9rrente ammette non esservi stata e assume, anzi, non necessaria sotto il vigore del t.u. 645/58 al fine di escludere la presunzione di onerosit�. Neppure � decisivo il rilievo che solo con la nuova disciplina di cui al decreto presidenziale 597/73 (istitutiva dell'Irpef), non applicabile nella specie, sarebbe necessario che, per escludere la presunzione di onerosit� per i capitali dati a mutuo, risulti da formale deliberazione che i versamenti dei soci siano stati eseguiti in conto capitale proporzionalmente alle quote di partecipazione. Non � necessario porsi e risolvere il dubbio se la norma suddetta non abbia esplicitato una regola che potesse ritenersi gi� implicita nel testo dell'art. 86 del t.u. 645/58 e desumibile dai princ�pi e dalle norme che disciplinano la riduzione e gli aumenti di ca PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA pitale di una societ� per azioni qual era la �Razza del Soldo� all'epoca che qui interessa. Nella ipotesi pi� favorevole alla ricorrente, secondo il testo precedente la presunzione di onerosit� (che operava anche -per i versamenti dei soci) poteva essere vinta anche a prescindere dalla esistenza di una formale deliberazione, ma la prova contraria doveva pur sempre essere fornita dal contribuente; e che nel caso concreto essa non sia stata fornita la Commissione centrale, sulla scorta degli accertamenti di fatto compiuti dalla commissione di secondo grado, ha ritenuto con adeguate ar:goment.azioni, nell'ambito delle quali non pu� contestarsi che essa potesse tener conto, insieme ad altre circostanze, del fatto che nessun aumento di capitale fosse stato deliberato nel oaso in esame secondo Je forme e i modi .staioo1iti per le societ� per azioni. La Commissione centrale ha infatti considerato che dagli accertamenti di fatto compiuti dalla Commissione di secondo grado non era dato desumere che le esposizioni risultanti dal bilancio dipendessero effettivamente da filnanziamenti dei soci n� che essi fossero stati eseguiti iin proporzione delle rispettive quote sociali n� che gli eventuali versamenti stati vincolati ad aumento di capitale, ch� anzi la stessa contribuente aveva ammesso che essi sarebbero stati effettuati secondo le-esigenze di cassa. Da tali premesse la Commissione centrale ha tratto le ineccepibile conclusione che i versamenti in ques,tione non potessero giuridicamente qualificarsi come conferimenti eseguiti al fine dell'aumento di capitale; e che essi fossero quindi regolati dall'art. 86 del t.u. 645/58 in relazione al quale la prescritta prova contraria non risultava fornita. (omissis) SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI I TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 giugno 1985, n. 32 -Pres. Pratis - Rel. Corda -Assessorato agricoltura e foreste regione siciliana (avv. Stato Carbone) c. Pantaleo (avv. Brocato e Giunta). Avvocatura dello Stato� Patrocinio di enti pubblici. Mandato -Necessit� Esclusione. ' (R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1, secondo comma, e 45). Espropriazione per pubblica utilit� � Opposizione a stima � Legittimazione 1passiva � Concorso di enti nella realizzazione dell'opera � Concessione Legittimazione del concessionario e non del concedente. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51, secondo comma). La rappresentanza e la difesa in giudizio, da parte dell'Avvocatura dello Stato, di un ente pubblico autorizzato ad avvalersi di tale patrocinio (nel caso la Regione siciliana) non richiede che l'atto dell'ente sull'affidamento dell'incarico si esteriorizzi in un formale mandato. (1) Legittimato passivo all'apposizione alla stima � l'ente concessionario quando con il provvedimento di concessione ad esso siano .stati trasferiti gli oneri concernenti il compimento della procedura espropriativa (nel caso, al concessionario, era stato fatto carico di provvedere alle necessarie occupazioni del terreno e di promuovere, sulla base del decreto di espropriazione e dell' a.tto di acquisto, la voltura dei beni a favore del demanio della Regione). (2) {1-3) Cass. 115 marzo 1982 n. 1672, richiamata nella motivazione della sentenza 32/85, � pubblicata in questa Rassegna, 1982, I, 705; Cass. 29 api:lle 1983 n. 2993, ricmamata dalla sentenza 23/,1984, pu� leggersi in Giust. civ; Mass. � 1983, 1064. , (2-4) Brevi osservazioni in tema cli concorso cli enti nella realizzazione di opere pubbliche e cli legittimazione passiva all'opposizione a stima. ,1, -Se si esamina la pi� recente giurisprudenza del Tribunale Superiore si avverte che, nel caso di concorso di pi� soggetti nella realizzazione dell'opera pubblica, la legittimazione passiva all'opposizione alla stima � stata costantemente riconosciuta sussistere non in capo �al soggetto ai! cui demanio o patrimonio verr� ad inerire l'opera una volta costruita, ma al soggetto che l'ha realizzata e che, in funzione di tale iniziativa, ha promosso l'occupazione PARTB I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 497 Il TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 25 settembre 1984, n. 23 -Pres. Pratis -Rel. Virgilio -Assessorato agricoltura e foreste Regione Siciliana (avv. Stato Carbone) c. Frazzitta (avv. Brocato e Giunta). Avvocatur� dello Stato -Patrocinio di enti pubblici � Necessit� di delibera relativa all'impugnazione della sent~nza � Esclusione. (R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1, secondo comma, e 45). Espropriazione per pubblica utilit� -Opposizione a stima � Legittimazione passiva -Criterio di individuazione -Indicazione nel decreto di esproprio come soggetto a cui favore l'espropriazione � pronunciata -Eccezioni -Diretta assunzione da parte di altro ente, in forza di legge o atto amministrativo, della posizione di autore dell'opera pubblica. (Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51, secondo comma). � ammissibile l'appello proposto per l'Assessorato agricoltura e foreste della Regione Siciliana dall'Avvocatura dello Stato, anche se non consti che l'Assessorato abbia determinato di impugnare la sentenza, perclz� la rappresentanza processuale degli enti contemplati dalla legge comporta che l'Avvocatura dello Stato abbia la capacit� di compiere tutti gli atti processuali consentiti al difensore munito di mandato, salvo quelli che importino disposizione del diritto in contesa. (3) Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'e5ecuzione di un'opera pubblica, obbligato nei confronti dell'avente diritto al pagamento delle indennit�, relative alle espropriazioni ritenute necessarie, �, di regola, quello a favore del quale � pronunciato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in forza di legge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posii. ione di autore dell'opera pubblica e di parte dei connessi procedimenti espropriativi, sicch� la pronuncia del decreto in favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera serve solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio (nel caso � stata riconosciuta la legittimazione passiva dell'ente concedente, a cui favore l'espropriazione era stata pronunciata). (4) temporanea e poi l'espropnazione del bene destinato ad essere� trasformato nell'opera. Cos� Trib. Sup. Acque 21 ottobre 1982 n. 29 in Cons. Stato 1982, II, 1247 ha rltenuto che � nel giudizio promosso dal terzo espropriato, legittimato pas sivo � l'Ente concessionario dei lavori di costruzione di un'opera pubblica e non gi� l'Amministrazione nell'interesse della quale l'opera pubblica � stata realizzata�; Trib. Sup. Acque 17 giugno 1982 n. 25 in Cons. Stato 1982, Il, 949 ha affermato che �nel caso dell'espropriazione per pubblica utilit� (o dell'occu pazione temporanea e d'urgenza) di un fondo disposta per la realizzazione di RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 498 I 1. -In attuazione della legge regionale siciliana 18 novembre 1964, n. 29, l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana approv� -con decreto 18 giugno 1973, n. B0/14074 -il progetto dei lavori di costruzione di un � serbatoio� sw torrente Zaffarana. L'esecuzione dei favori (dichiarati IDdifferibili. e u11genti, ai sensii. dell'art. 71 della legge 25 giugno 1865, n. 2359) fu con 110 stesso decreto affidata, col sistema della �� concessione a consuntivo�, al Consorzio di Bonifica del Birgi. Sempre con quel decreto fu fatto carico al concessionario di provvedere � alle necessarie occupazioni di terreno (art. 3) e di promuovere � in base al decreto di espropriazione o al contratto di acquisto degli immobili necessari alla esecuzione delle opere, la voltura catastale di tali beni curandone la intestazione alla partita Demanio della Regione Siciliana -Ramo Agricoltura e Foreste� (art. 4). Nell'ambito dell'esecuzione di tali lavori, il Consorzio richiese al Prefetto di Trapani di essere autorizzato alla occupazione di urgenza di un tratto di terreno di propriet� di Francesco Pantaleo, sito in territorio del Comune di Trapani, contrada Zaffarana, distinto in catasto all'art. 15456, Foglio 292, coltivato a vigneto. Con decreto 30 aprile 1974, n. 8825/4, il Prefetto autorizz� (ai sensi della legge 25 giugno 1865, n. 2539) la richiesta occupazione d'urgenza, per una durata non superiore ai tre anni e per una complessiva superficie di mq. 14.820. \ un'opera pubblica per la quale l'Ente pubblico ha emesso un provvedimento di concessione a favore di altro soggetto, che procede all'espropriazione (o occupazione), il trasferimento degli oneri concernenti il compimento degli atti espropriativi dall'Ente al concessionario comporta la sostituzione di quest'ultimo all'Amministrazione concedente, sicch� il concessionario medesimo diventa l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, con la conseguenza che soltanto nei suo~ confronti deve essere proposto l'eventuale giudizio di opposizione alla determinazione della relativa indennit��; Trib. Sup. Acque 4 maggio 1982 n. 22 in Cons. Stato 1982, II, 731 ha parimenti affermato che � l'affidamento in concessione dell'esecuzione di un'opera pubblica, conferisce autoritativamente ed unilateralmente all'Ente delegato l'esercizio dei poteri e delle funzioni spettanti al delegante, con la conseguenza che la responsabilit� nei confronti dei terzi per gLi atti posti in essere in esecuzione della delega � dell'Ente delegato; pertanto, il giudizio di opposizione alla stima di un immobile, espropriato per l'esecuzione di una opera pubblica, affidata in concessione, va proposto nei confronti del concessionario (delegato) e non dell'Amministrazione concedente (delegante)�; Trib. Sup. Acque 21 maggio 1981 n. 16 in Cons. Stato 1981, II, 587 ha ritenuto che " nel caso di affidamento improprio di esecuzione di un'opera pubblica da parte della Regione ad un Consorzio di bonifica, le opposizioni alla stima, per l'indennit� di espropriazione non vanno proposte nei confronti della Regione affidante, bens� contro l'Ente che deve procedere all'espropriazione ed all'esecuzione dell'opera stessa�; Trib. PARm I, SBZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE PD APPALTI PUBBLICI 499 Fece obbligo al Consorzio di notificare all'interessato il decreto e di corrispondere, allo stesso, � gli interessi legali sulle indennit� che, amiche volmente o a mezzo di perizia, a norma di legge, saranno stabilite per la espropriazione degli immobili sopra indicati �. A seguito di successiva richiesta del Consorzio, il Prefetto -con de creto del 6 agosto 1977, n. 8792/2 (emanato ai sensi della legge 25 giu gno 1865, n. 2359) pronunci�, a favore del Demanio della Regione Siciliana Ramo Agricoltura e Foreste, l'espropriazione del terreno occupato, deter minando in L. 3.260.000 l'indennit� di espropriazione -Fece obbligo al Consorzio di notificare all'interessato il decreto e di-provvedere alle � ope razioni di trascrizione e voltura �. 2. -Con ricotso dell'll ottobre. 1977, Francesco Pantaleo proponeva opposizione alla stima e, pertanto, conveniva davanti al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Palermo l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana, chiedendon� la condanna al pagamento dell'indennit� in misura corrispondente all'effettivo valore del terreno (di pregio per fa sua ubicazione e capacit� produttiva). Instauratosi il contraddittorio,� l'Assessorato eccepiva il difetto della propria legittimazione alla causa, perch� � ente espropriante � doveva essere considerato il Consorzio di Bonifica del Birgi. Sup. Acque .15 gennaio 1981 n. 1 in Cons. Stato 1981, II, 51 ha ancora nello stesso senso ritenuto che � nel caso in cui la Amministrazione statale affida ad un Ente pubblico l'esecuzione di un'opera pubblica, commettendogli il compito di curare lo svolgimento delle necessarie procedure di occupazione e di espropriazione, la legittimazione passiva, nei giudizi instaurati dall'espropriato, compete non all'Amministrazione statale, proprietaria dell'opera, bens� all'Ente concessionario, esecutore dell'opera>; Trib. Sup. Acque 9 gennaio 1979 n. 2 in Cons. Stato 1979, II, 110 ha infine ritenuto che sia il diritto all'indennit� di , espropriazione sia quello all'indennit� di occupazione andassero nel caso esercitati contro l'Opera Sila che aveva � ���quale concessionaria della Cassa per il Mezzogiorno, assunto direttamente ed esclusivamente (v. art. 13, quarto comma, del disciplinare della concessione SAF/199 del 18 giugno 1953), l� responsabilit� per le indennit� e per il risarcimento, rispettivamente, per le espropriazioni necessarie per la realizzazione dell'opera pubblica e per i danni cagionati a terzi � dalla costruzione dell'acquedotto o dalle sue dipendenze>. 2. � Le sentenze in rassegna, rese in casi in cui l'opposizione era stata proposta non nei confronti dell'ente concessionario dei lavori di costruzione dell'opera pubblica, ma nei confronti dell'ente cui l'opera sarebbe poi appartenuta, pur muovendo dalla considerazione di elementi di fatto identici, sono pervenute a soluzioni concrete tra loro opposte, la pi� recente affermando la legittimazione passiva dell'ente concessionario, la meno recente ~uella dell'ente concedente. 3.. La s�ntenza 23 del 1984 richiama a sostegno della decisione il precedente costituito da Cass. 22 settembre 1983 n. 5636, in Giust. civ. Mass. 1983, 2008, che ha a sua volta un precedente in Cass. 22 aprile 1982 n. 2478, in Riv. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Acquisita la relazione della disposta consulenza tecnica di ufficio, l'adito Tribunale -dopo avere respinto l'eccezione del convenuto, nella considerazione che � legittimato passivo '� l'espropriante che normalmente � il beneficiario dell'opera pubblica indicato come tale nel decreto di espropriazione -accoglieva la domanda e, pertanto, determinava in L. 19.500.000 l'indennit� di espropriazione e in L. 2.925.000 quella di occupazione, condannando l'Assessorato al relativo deposito nella Cassa Depositi e Prestiti e al pagamento delle spese del giudizio. Contro tale sentenza ha proposto appello l'Assessorato soccombente. L'attore si � costituito per resistere e per proporr� appello incidentale. La causa � passat� in decisione all'udienza del 3 novembre 1984, swlle conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. -L'appellante principale Assessorato Agricoltura e Foreste. della Regione Siciliana deduce: a) iil difetto de1la proprfa legittimazione (passiva) alla causa, dndicando come legittimato il Consorzio di Bonifica del Birgi, quale � concessionario � della costruzione dell'opera pubblica; giur. edil. 1982, I, 620. La massima su cui queste decisioni si fondano � la seguente: -�Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecuzione di un'opera pubblica, obbligato, nei confronti dell'avente diritto, al pagamento delle indennit� relative alle espropriazioni �all'uopo necessarie, � quello a cui favore � pronunziato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in forza di legge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione d'autore dell'opera pubblica e di parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch� la pronuncia del detto decreto a favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera stessa serve solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio �. Le richiamate decisioni della Corte di cassazione non hanno mancato di avvertire, che la pronunzia dell'espropriazione in favore di un ente non � decisiva, perch� parte del rapporto espropriativo sia da considerare quel medesimo ente (cos� riallacciandosi alla precedente elaborazione giurispruden ziale sul.l'argomento: cfr., ad es., Cass. 31 gennaio i968, n. 311 in Giust. civ. 1968, I, 1235 e Cass. 21 giugno 1974 n. 1863 in Giur. it. 1975, I, 1, 2018). In esse potrebbe essere tuttavia colta un'accentuazione della rilevanza di questo dato formale, da considerare prevalente in mancanza di una sicura ricostru zione della vicenda nel senso che altro diverso ente abbia assunto la posi zione d'autore dell'opera. �;'. chiaro che un criterio siffatto non sarebbe in grado di fondare una decisione corretta, quante volte l'intervento del diverso ente dovesse essere qualificato in base all'interpretazione della norma di legge che lo ha consentito. Potrebbe per� operare quante volte l'intervento avvenga sulla base di prov PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MAmRIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 501 b) l'erronea valutazione del terreno espropriato (erronea perch� inficiata dagli errori commessi dal consulente tecnico di ufficio, tempestivamente ma inutilmente denunciati ai primi giudici, tra cui quello di avere stabilito un valore di mercato senza l'acquisizione dei dati utili alla necessaria comparizione). L'appellato eccepisce, aD21�tutto, l'inammissibilit� de1l'appeLlo, perch� proposto dall'Avvocatura dello Stato senza che J'Assessorato avesse manifestato Ia volont� di impugnare Ja sentenza di primo grado. Deduce, poi, che sarebbe infondata l'ecc:ezione di difetto della legittimazione passiva, in quanto: a) l'espropriazione fu pronunciata in favore del Demanio Regionale; b) che il Consorzio fosse beneficiario dell'espropiazione non risulta dal decreto del Prefetto; e). gli atti della procedura espropriativa furono, dal Consorzio, compiuti previa dichiarazione ch'esso agiva per conto dell'Assessorato; d) il rapporto di �concessione�, non essendo stato menzionato nel decreto di espropriazione, � rimasto � interno � fra l'Assessorato e il Consorzio; e) nell'atto di concessione, l'onere del Consorzio circa l'espletamento della procedura espropriativa concerneva solo l'occupazione temporanea. A ci� aggiunge (nella comparsa conclusionale): a) che di un rapporto concessorio tra l'Assessorato e il Consorzio egli sarebbe venuto a conoscenza solo in corso di causa; b) che il decreto di espropriazione � illegittimo, perch� intervenuto dopo decorso il triennio vedimenti amministrativi e questi non permettano una sicura ricostruzione � ���della qualit� e quantit� dei poteri... � (secondo l'espressione contenuta in Cass. 31 gennaio 1968 n. 311, cit.) conferiti dall'atto amministrativo. Questo appare del resto il criterio su cui � basato l'iter decisorio della sentenza 23 del 1984, che appare essersi peraltro sottratta all'onere di spiegare perch� l'au� torizzazione, a procedere alle necessarie occupazioni e a compiere gli atti del procedimento di esproprio, inserita nel provvedimento di concessione, non realizzasse la diretta partecipazione del consorzio all'espropriazione, in sosti� tuzione dell'assessorato. Spiegazione che, se fosse da rinvenire nell'aver il consorzio agito per conto dell'assessorato, avrebbe anch'essa richiesto una dimostrazione (cfr., in senso contrtario, Cass. 8 gennaio 1975 n. 35, in Giust. civ. Mass. 1975, 24, richiamata dalla sentenza 32 del 1985). 4. -L'individuazione dell'espropriante d� luogo ad una questione ricorrente nei giudizi che traggono occasione da vicende di concorso di pi� enti nell'esecuzione dell'opera pubblica. Quante volte la questione insorge in giu� dizi di opposizione a stima, in cui il proprietario espropriato ha individuato l'espropriante, alla stregua dell'art. SO della legge 25 giugno 1865 n. 2359, nel soggetto a favore del quale l'espropriazione � stata pronunziata, la decisione della questione nel senso che la legittimazione a contraddire all'azione spettasse invece ad un diverso ente, comporta il rigetto di una domanda che, a norma dell'art. 51 della legge 2359 del 1865, � da proporre in un termine di decadenza. Il termine di decadenza, preveduto dal secondo comma dell'art. 51, decorre per� dalla notificazione che il primo c'omma dello stesso articolo impone 11 502 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO di occupazione legittima (triennio che si identifica col termine di validit� della dichiarazione di pubblica utilit�). Lo stesso appellato, infine, propone appello incidentale per dedurre che il valore unitario del fondo era stato, dal consulente tecnico di ufficio, indicato in L. 1.640 al mq.: non avrebbero, perci�, i primi giudici potuto attribuirgli quel valore inferiore che in altra causa era stato attribuito a un altro fondo, � in difetto di un termine di paragone tra i due fondi �. 2. -Osserva il Tribunale Superiore che � infondata l'eccezione di inammissibilit� del ricorso, essendo ius receptum che la rappresentanza e la difesa in giudizio, da parte dell'Avvocatura dello Stato, di un ente pubblico autorizzato ad avvailersd di tale patrocinio (qual'� la Regjione Siciliana) non riohiede che J'atto stesso dell'e'nte medesimo, su11'affidamento del relativo Jncarico, si esteriorizzi in un formale mandato, neppure nel caso -peraltro non ricorrente dn concreto -che le illorme processuali ordinarie prescrivano Un mandato specia1le (cfr. per tutte, Cass. S. U. 15 marzo 1982, n. 1672). :� invece, fondato il primo motivo dell'appello principale. La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione � costante nell'affermare che in caso di trasferimento degli oneri concernenti il compimento della procedura espropriativa dall'Ente espropriante al concessionario (si ha una sostituzione di quest'ultimo al concedente, con la conse sia fatta a cura dell'espropriante, che � poi il soggetto in confronto del quale la lite va contestata. ' La notificazione del decreto fatta da soggetto diverso dall'espropriante non sarebbe idonea a determinare per il proprietario espropriato ed in confronto dell'espropriante il decorso del termine di decadenza, giacch� il termine decorre appunto non dalla conoscenza dell'atto, ma dalla notifica che ne faccia l'altra parte. del rapporto espropriativo (cfr., per l'irrilevanza della piena conoscenza, Cass. 22 ottobre 1979, n. 5487, in Foro it. 1980, I, 2575). L'onere che � proprio dell'espropriante, di notifilcare il decreto, e l'itl!iziativa in concreto assunta da un determinato soggetto nel senso di richiedere tale notifica, garantiscono al proprietario espropriato un criterio (pratico) idoneo, se non ad assicurare una corretta iniziale identificazione dell'espropriante, quantomeno ad evitare la decadenza dal diritto di contestare la congruit� dell'indennizzo. L'espropriato pu� cio� convenire in giudizio il soggetto che ha assunto l'iniziativa di notificare il decreto di espropriazione, salvo a chiamare in causa quel diverso sog;getto che il primo indichi come espropriante. Avr� in tal modo evitato la decadenza. Le considerazioni sin qui svolte possono dunque concludersi sulla considerazione, che � del resto implicita nelle ultime battute della sentenza 32 del 1985, che la difficolt� (eventuale) di un'iniziale sicura identificazione del convenuto si presta ad essere agevolmente superata, sicch� la ricerca della corretta soluzione della questione nel caso concreto non dovrebbe poi risultare condizionata da valutazioni attinenti alla sfera della giustizia sostanziale. P. VITTORIA PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI gtienza ch'egli diviene l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, di modo che solo nei suoi confronti pu� essere promosso l'eventuale giudizio di opposizione alla determinazione della relativa 'indennit� (cfr., per tutte, Cass. 8 gennaio 1975, n. 35). A tale indirizzo giurisprudenziale questo Tribunale Superiore si � sem .. pre e costantemente uniformato, n� intende discostarsene in questa occasione, data anche la scarsa consistenza delle contrarie argomentazioni addotte dall'appellato. Nel caso concreto, l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana aveva affidato al Consorzio di Bonifica del Birgi, con iJ sistema della concessione a consuntivo, l'esecuzione dei lavori di costruzione di un �serbatoio� sul torrente Zaffarana (decreto 18 giugno 1973, n. 14074). Con l'atto di concessione -come riferito nella precedente parte espositiva di questa sentenza -si faceva carico al concessionario di provvedere � alle necessarie occupazioni di terreno �'(art. 3) e di promuovere, �in base al decreto di espropriazione o al contratto di acquisto degli immobili necessari alla esecuzione delle opere, la voltura catastale di tali beni curandone la intestazione alla partita Demanio della Regione Siciliana -Ramo Agricoltura e Foreste�. 1:!. chiaro, allora, che l'espropriazione doveva essere richiesta dal Consorzio (come in effetti � stato), se era onere dello stesso richiederla in capo al Demanio (onere che doveva necessariamente essere imposto, perch� l'opera progettata aveva il carattere della deman:ialit�): ed � consegtiente che se �l'espropriazione doveva essere chiesta dal Consorzio, gi� questo soggetto em stato des~gnato dal concedente -anche �perch� ad esso veniva fatto il preventivo finanziamento -a � rispondere � nei confronti dei futuri espropriati. Non � peraltro vero che l'esistenza del rapporto concessorio non risultasse dal decreto di espropriazione: in esso, infatti, � espressamente indicato il decreto assessoriale 18 giugno 1973, n. 14074, cio� il decreto che aveva approvato il progetto dei lavori e ne aveva � concesso � l'esecuzione al Consorzio. Ed � del tutto ininfluente l'assunto dell'appellato di avere ignorato il contenuto di tale decreto, poich� la legittimazione passiva del convenuto deriva dal � rapporto �, non dalla conoscenza che l'attore abbia o non abbia di esso; e se, anche, in ipotesi, potesse ritenersi che la formulazione del decreto in questione avesse ingenerato un equivoco in proposito (cosa che obiettivamente non �), la effettiva tempestivit� dell'eccezione (da parte dell'Assessorato) avrebbe pur sempre consentito all'attore -se fosse stato diligente -di chiamare in giudizio l'unico soggetto passivamente legittimato alla causa, cio� il Consorzio. Di una ipotizzata scarsa chiarezza del decreto si sarebbe potuto, iin tal caso, tenere conto ai fini della regolamentazione delle spese giudiziali. 504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 3. -Ritenuta fondata l'eccezione di difetto della legittimazione passiva, deve, per tale motivo, essere respinta la domanda, in totale riforma della sentenza impugnata. (omissis) Il '-(omissis) L'appellante in via principal~ deduce che erroneamente il Tribunale regionale ha ritenuto che soggetto passivo della pretesa fosse l'Assessorato, mentre tale legittimazione doveva essere riconosciuta al Consorzio di bonifica del Birgi, il quale aveva la veste di concessionario dei lavori di esecuzione dell'opera pubblica (serbatoio sul torrente Zafferana) ed era anche incaricato, a norma dell'art. 3 della concessione, dell'acquisizione degli immobili. oceorrenti per la esecuzione dell'opera. Deduce inoltre la erroneit� del criterio seguito per la determinazione della indennit� di espropriazione. Va preliminarmente rilevata la manifesta infondatezza della eccezione di inammissibilit� de1l'appeHo prJncipaJe, proposta dalla Frazzitta. S noto (da ultimo, Cass. 29 aprile 1983, n. 2993) che l'Avvocatura dello Stato, cui spetta, senza bisogno di mandato, la rappresentanza processuale delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici contemplati dalla legge, ha la capacit� di compiere tutti gli atti processuali consentiti al difensore munito di mandato, con la sola esclusione di quelli che � importano disposizioni del diritto in contesa �. Ne discende (nella fattispecie in esame) che non era affatto necessaria, come sostiene la Frazzitta, una deliberazione dell'Assessorato con la manifestazione della volont� di impugnare la sentenza di primo grado, rientrando tale potere ope legis nelle facolt� dell'Avvocatura dello Stato. Ci� precisato, va ritenuta la infondatezza anche della doglianza del1' Assessorato circa la individuazione del soggetto tenuto al pagamento della indennit� di espropriazione. Secondo i princ�pi affermati daJla giurisprudenza (da ultimo, Cass., 22 settembre 1983, n. 5636), nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecu zione di un'opera pubblica, obbligato nei confronti dell'avente diritto al pagamento delle indennit� relative alle espropriazioni ritenute necessarie �, di regola, quello a favore del quale � pronunciato il decreto di espropria zione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, Jn forza di Jegge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione di autore dell'opera pubblica e di parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch� la pronuncia del de creto in. favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera stessa serva solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio. PARTE I, SEZ. VII, Gi�RIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBUCI Alla stregua di tale principio esattamente il Tribunale regionale ha ritenuto che l'Assessorato ora appellante fosse l'effettivo interessato al rapporto espropriativo e come tale tenuto al pagamento della relativa indennit� alla Frazzitta. Il decreto di espropriazione fu infatti emesso � a favore del Demanio della Regione Siciliana -Ramo ,Agricoltura e Foreste� (come � stato sottolineato nella sentenza impugnata), mentre gli altri atti acquisiti al guidizio dimostrano chiatamente che il Consorzio di bonifica del Birgi, nel disbrigo delle formalit� attinenti la procedura di occupazione di urgenza e di espropriazione, agi in sostituzione dell'Assessorato, �per conto � di tale ente, come � espressamente dichiarato in alcuni atti. L'art. 3 della concessione del 16 giugno 1973, al quale si riferisce l'appellante, contiene Wla generica autorizzazione al Consorzio del Birgi, a procedere alle necessarie occupazioni di terreno, ai fini della costruzione dell'opera pubblica della quale il Consorzio stesso aveva assunto la esecuzione, ma questo elemento non � idoneo a far ritenere, in contrasto con le altre risultanze avanti menzionate, ohe si fosse verificato fil fenomeno de}.la diretta partecipazione del Consorzio, in sostituzione dell'Assessorato, alla vicenda espropriazione, s� da renderlo il vero soggetto passivo della pretesa della Frazzitta, proprietaria del terreno espropriato. (omissis) TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 24 giugno 1985 n. 34 -Pres. Pratis Morsi1lo -Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Cavbone) c. Misuraca (avv. MirabeUi Centurione e Aragona). Acque � Acque pubbliche -Competenza! e giurisdizione -Tribunali regionali delle acque e tribunali ordinari -Espropriazione per pubblica utilit� Controversie sulla determinazione dell'indennit� � Competenza -Tribunale regionale delle acque -Legge sulla casa -Competenza della Corte d'appello � Applicabillf� in materia di acque pubbliche -Esclusione. (T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19; d.l. 2. maggio 1974, n. 115, conv. in 1. 27 giugno 1974, n. 247). . . L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, regolando la competenza in materia di opposizione alla stima delle indennit� relative all'espropriazione ed occupazione di immobili in conseguenza dell'esecuzione e manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e di derivazione e utilizzazione di acque pubbliche, � norma speciale rispetto al combinato disposto degli artt.19 della legge 22ottobre1971, n. 865 e 4 del decreto-legge 2maggio1974, n. 115 conv. in legge 27 giugno 1974, n. 247 che regola la competenza in tema di opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti alle opere pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati artt. 19 della 506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 865 del 1971 e 4 del decreto-legge 115 del 1974 abbiano tacitamente abrogato il citato art. 140 lett. d) del t.u. del 1933 (1). (omissis) Con il motivo di gravame �indicato ai punti 1 e 2 dell'atto d'appello avanti a questo Tribunaile Superiore fa Cassa per il Mezzogiorno eccepisce che, per effetto dell'emanato decreto di espropriazione nel corso del giudizio di primo grado, essendo stato detto provvedimento pronunciato con riferimento alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, il Tribunale regionale delle acque era incompetente a decidere l'insorta controversia, dovendosi 11itenere che questa rientrava �nella competenza ddla Corte d'appello in base all'art. 19 delrla Jegge n. 865 del 1971 e 4 del dJ. 2 maggio 1974 n. 115 conv. in 1. 27 giugno 1974 n. 247. Pi� in particolare H Tribunale regionale era incompetente a decidere le questioni relative alla vaJutaz;ione di congruit� deLla stima UTE ed a pronunciarsi, sul presupposto, di una assemta edificabi1it�, sull'indel1ll1it� espropmativa a titolo di acconto ai sensi della legge 385 del 1980. La difesa della Cassa ripropone, in sostanza, in punto di gravame, l'eccezione gi� sollevata nel giudizio di primo grado e respinta dal Tribunale regionale (v. pag. 6 comparsa conclusionale dell'Avvocatura dello Stato). L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, regolando fa competenza in materia di opposizione alla stima delle indennit� relative all'espropriazione ed occupazione cli immobili in conseguenza dell'esecuzione e della ma.nutenzione di opere idrauliche, di bonifica, e di derivazione e utilizzazione di acque pubbliche � norma speciale mspetto al combinato disposto deg1i artt. 19 della :legge n. 865 del 1971 e 4 del D.L. 2 maggio 1974 n. 115, convertito in iJ.egge 27 g�ugno 1974 n. 247, che regola fa competenza in tema df opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti alle opere pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati artt. 19 legge 865 del 1971 e 4 del d.l. 115 del 1974 abbiano tacitamente abrogato il citato art. 140 lett. d) del T.U. del 1933. N� d'altronde, potrebbe profilarsi al riguardo la competenza della Corte d'appello, poich� al fine della discriminazione fra la competenza dell'autorit� giudiziaria in sede ordinaria e quella dei tribunali regionali delle acque pubbliche, giudizi specializzati, occorre aver riguardo all'oggetto della controversia, nel senso che rientra nella competenza dei � detti tribunali la cognizione di quelle cause che coinvolgono, anche indirettamente, gli interessi pubblici connessi aMa disciplina delle acque. Oi� si verifica non solo quando sorgano questioni sulla demanialit� e sulla utilizzazione delle acque, e sulla legittimit� del comportamento tenuto al riguardo della pubblica amministrazione, ovvero sul contenuto e sui limiti dei provvedimenti amministrativi concernenti il regime delle acque, ma anche quando la contro (.1) Non constano precedenti in termini della Corte di cassazione e del Tribunale Superiore delle acque; nello stesso senso, Trib. Reg. Acque Napoli 7 ottobre 1978, n. 26, in questa Rassegna 1979, I, 81. PARm I, SHZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE HD APPALTI PUBBLICI versia abbia ad oggetto il risarcimento dei danni che si assumano cagionati dall'esecuzione o dalla manutenzione di opere idrauliche (Cass. 12 giugno 1975 n. 2349). Per quanto riguarda pi� specificamente la competenza per matema attribuita al tribunale regionale relativamente aHe controversie riguardanti la determinazione dell'indennit� di espropriazione (competenza peraltro gi� ritenuta dal Consiglio di Stato con la decisione della IV sezione 29 luglio 1976 n. 657 in una controversia concernente un provvedimento di espropriazione per pubblica utilit� relativa ad opere idrauliche, di bonifica e derivazione di acque bens� ai sensi delle leggi sull'industrializzazione del Mezzogiorno) deve rilevarsi, ad ulteriore conforto di quanto gi� sopra affermato, che la competenza per materia dei tribunali delle acque stabilita dal richiamato art. 140 lett. d) � in rapporto di eccezione a regola rispetto ad un'altra competenza e cio� quella prevista dall'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359, anch'essa configuratasi come competenza per materia. Mentre la prima si fonda su un criterio di collegamento che attiene alla fattispecie espropriativa (natura deLl'opera per fa cui .realizzazione l'espropriazione � pronunciata) la seconda si basa su un criterio attinente al modo di determinazione dell'indennit� (la stima dei beni da parte del perito nominato dal tribunale ove si trovano i beni: artt. 31, 32 e 51 legge 2359 del 1965). La norma contenuta nell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 configura anch'essa una competenza per materia, la quale valorizzando come criterio di coJilegamento il modo �di deteIIIIlinazione dell'indennit�, copre parte dell'area individuata dall'art. 51 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e ad essa deroga. Ne deriva che la sfera di competenza configurata dall'art. 140 lett. d) t.u. sulle acque, gi� sottratta all'ambito di applicazione dell'art. 51 della richiamata legge 2359 del 1865 ~on pu�, pertanto, ritenersi interessata dall'art. 19 della legge 865 del 1971. (omissis). SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, s'ez. I penale, 7 maggio 1985 n. 4200 - Pres. Di Marco -Rel. Catamo -Rie. P. G. presso Corte d'Appello di Venezia, Fasoli Marco, Galati Michele ed altri (parte civile: Ministero dell'interno rappr. e difeso dall'avv. dello Stato Nicola Bruni). Reato -Reato connessi -Connessione oggettiva ex art. 45, n. 1, c.p.p. in relazione all'art. 110, c.p. -Autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato -Sussistenza. Impugnazioni penali -Provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit� -Non � impugnabile. Reato -Delitto per finalit� di terrorismo e di eversione dell'ordinamento costituzionale -Attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982, n. 304 -Incompatibilit� solo con l'aggravante di cui all'art. 1 DJ.. 15 dicembre 1979, n. 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 e. con il delitto di cui all'art. 289 bis, c.p. Reato -Concorso di persone nel reato -Dissenso di taluno del compartecipi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, ma concordanza nel genere -Rilevanza giuridica del dissenso -Insussistenza. Nel caso di connessione oggettiva ex art. 45 c.p.p. in relazione al l'art. 110 c.p. vi � autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni imputato ed a ciascun reato. Il provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit� non � soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presuppost� processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit�), di esclusiva competenza del giudice del processo. E~so ha come unico rimedio la riproposizione della questione in ogni grado del processo da parte dell'interessato dinanzi al giudice superiore. Le attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982 n. 304 sono incompatibili solo con il reato di cui all'art: 289 bis c.p. e con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, lasciando conseguentemente intatto il libero concorso di tutte le altre circostanze e, quindi, l'obbligo della loro comparazione (art. 69 c.p.). Nel concorso di persone nel reato, il dissenso di taluno dei compartecipi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in daniw della PARTE I, SBZ. VITI, GIURISPRUDENZA PENALE vittima designata, quando vi concordi nel genere, � giuridicamente irrilevante, se non si traduce in un comportamento attivo teso ad impedire il pi� grave evento. (omissis) Il ricorso dell'imputato Massimo Gidoni va dichiarato inammissibile, avendo egli omesso, come si � visto, di presentare i motivi di impugnazione. Deve essere del pari dichiarato inammissibile il ricorso del P. G. nei confronti dello stesso Gidoni, nonch� degli imputati Michele Galati e Vittodo Olivero, per sopravvenuta rJ.nuncia all'impugna2lione da parte del P. M. ricorrente. Iii reato di falsit� in certificati amministrativi ascritto ad Emanuele Bugitti, Michele Galatd, Marco Fasoli e Marine1la Ventura trfontra obbiettivamente nell'ultimo provvedimento di clemenza, del quale per� non possono beneficiare i due ultimi imputati per i loro precedenti penali. La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata se:nza rinvio, in relazione a detto reato, solo nei confronti dei due primi imputati, i quali debbono essere affrancati della relativa pena, che si ritiene di determinare, sciogliendo in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. operato a riguardo dai giudici di merito, in 15 giorni di reclusione. La contravvenzione di detenzione abusiva di munizioni per armi comuni da sparo addebitata al menzionato Galati � estinta per ,prescrizione, essendo largamente decorso il corrispondente ter,niine legale, pur tenuto conto del suo prolungamento massimo per le intervenute cause di interruzione. La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata senza rinvio, riguardo a detto imputato, anche in relazione al reato in questione; e deve essere eliminata Ja relativa pena, ohe si reputa di determinare, sciogliendo anche qui in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. operata a riguardo dai giudici di merito, in 30.000 lire di pena pecuniaria. Il ricorso di Emanuela Bugitti, nel resto, va dichiarato inammissibile, avendo ella omesso di presentare i' motivi di impugnazione. Il primo motivo del ricorso di Marco Fasoli, che per ragioni sistematiche va esaminato con precedenza rispetto agli altri ricorsi, proponendo delle questioni formali attinenti alla validit� dell'intero processo, con possibili effetti quindi, anche sui rapporti processuali riguardanti gli altri imputati, e sollevando inoltre una questione pregiudiziale di carattere costituzionale, � nettamente infondato. Uno dei principi fondamentali che aleggia su tutto il processo penale e che permea di s� l'intera struttura di esso � quello dell'autonomia dei relativi rapporti processuali in relazione ad ogni imputato ed a ciascun rea.to. E ci�, anche nel caso di connessione oggettiva ex art. 45, n. I, c.p.p. in relazione all'art. 110 c.p. La unitariet� del reato concorsuale, infatti, ba valore sostanziale, e non anche formale; per cui il suo accertamento giu RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO diziale non d� luogo ad un unico rapporto processuale, di carattere cumulativo, ma ad altrettanti rapporti connessi, quanti sono i concorrenti sottoposti a processo, avendo l'azione penale efficacia personale, e non reale, e riguardando quindi il giudicato ciascun � imputato condannato o prosciolto � (art. 90 c.p.p.), e non gJi eventuali concorrnnti rimasti fuori del giudizio, rispetto ai quali gli accertamenti in esso compiuti hanno valore meramente incidentale. (Cass. Sez. I, 24 febbraio 1982, P. G. Napoli). Il giudice di primo grado, pertanto, correttamente ha ordinato la separazione dei giudizi :Qei confronti degli imputati legittimamente impediti a comparire e non consenzienti alla celebrazione del dibattimento in loro assenza. Anzi, non poteva che comportarsi in quel modo (art. 497, com. 4�, c.p.p.), tratandosi di attivit� dovuta (salvo il rinvio del dibattimento � per evidente ed assoluta necessit� del giudizio �, non ravvisata nella fattispecie), per giunta sottratta a qualsiasi in1pugnativa di parte. Stante quanto si � detto, del tutto fuori luogo � l'argo.mento addotto dal giudice di secondo grado, riguardo alla intangibilit� del. provvedimento �de quo�, quello, cio�, della esclusione defila samli.one della nullit� per la violazione delle norme sulla connessione, non venendo qu� in discussione la competenza della Corte di Venezia, che � pacifica, ma le regole sulla separazione dei giudizi, in ordine alle quali di nessuna influenza evidentemente � la mancanza di qualsiasi sanzione per l'inosservanza j delle norme sulla connessione dei procedimenti. " Le stesse argomentazioni di cui innanzi valgono riguardo alla piena legittimit� del mancato accompagnamento coattivo in udienza dell'imputato Michele Galati, cui � da aggiungere che l'imputato, mentre nella fase istruttoria, anche se libero, non si pu� volontariamente sottrarre al contatto col magistrato inquirente, pena il suo accompagnamento coattivo (art. 261 c.p.p.), nel giudizio, invece, pu� scegliere di comparire o meno, anche se detenuto, essendo consentito il suo accompagnamento nei modi previsti dall'art. 429 c.p.p., solo quando la sua presenza sia necessaria per il compimento ,di atti di r�.cognizione o di confronto ~Cass., Sez. I, 1 gennaio 1983, Pagliarulo, m. 158636), necessit�, evidentemente, non ravvisata nehla fattispecie. Anche il secondo motivo � infondato., � noto (Cass., S.U., 24 marzo 1984, Galli, in Giust. Pen., 1984, 2, 321 e segg.) che il provvedimento di rigetto della eccezione di incostituzionalit� non � soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presupposto processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit�), di esclusiva competenza del giudice del processo, che ha come unico rimedio la riproposizione della questione � all'inizio di ogni grado del processo� (art. 14 1. 11 marzo 53, n� 87) da parte dell'interessato (Cass., Sez. I, 21 ottobre 1982, Guida, m. 156.542, in Giust. pen., 1983, 2, 691 e segg.) dinanzi al giudice superiore, il quale ne rivaluter� di bel n�ovo PARm I, SEZ. VIII, GIURISPRUDBNZA PBNALB la rilevanza e la eventuale manifesta iJ:?.fondatezza con gli stessi poteri e i medesimi risultati esercitati ed assicurati dal giudice del grado precedente del giudizio, senza che ci� implichi un riesame del suo operato a riguardo, trattandosi di una � renovatio �, e non di una � revisio prioris instantiae �. Si � osservato a riguardo che � appunto questo il motivo per cui il legislatore ha scelto come mezzo tecnico per la risoluzione in sede giurisdizionale della questione di legittimit� costituzionale la ordinanza, la quale, non essendo suscettibile di giudicato, consente la riproposizione della relativa ecce:ll�one, senza alcuna preclusione, in ogni grado ulteriore del processo. E l'eventuale suo inserimento formale nella sentenza dibattimentale non ne snatura il carattere di provvedimento puramente ordinatario, e non decisorio, essendo riservato il potere decisorio a riguardo unicamente alla Corte Costituzionale, le cui pronunce soltanto possono assumere valore di giudicato sulle questioni decise. Pertanto, essendo il provvedimento di rigetto della eccezione di illegittimit� costituzionale esterno alla sentenza conclusiva del grado del giudizio e gli eventuali suoi vizi indipendenti da possibili vizi di quest'ultima, i quali soltanto (e quelli connessi delle ordinanze impugnabili emesse nel giudizio: art. 200, com. 1�, c.p.p.) sono passibili di denuncia con ricorso a norma dell'art. 524, com. 1� c.p.p., � evidente che il ricorso contro di esso proposto sarebbe inammisibile. Si � tuttavia ritenuto (Cass., Sez. I, 12 marzo 1980, Grassini + 3) che H ricorso, inammiss.ibiJ.e come tale, .pu� essere considerato come riproposizione della eccezione di illegittimit� costituzionale, in virt� del principio di conversione degli atti giuridici, per cui l'atto invalido o inefficace ai suoi effetti. istituzionali propri pu� assumere un valore diverso e .pi� circoscritto quando contenga in s� gli elementi idonei a raggiungere af. fetti similari o pi� limitati, come � appunto nella fattispecie. Ma, pur ritenuta formalmente ammissibile, la sollevata eccezione di illegittimit� costituzionale va dichiarata nella sostanza manifestamente infondata, in base alla sentenza della Corte Costituzionale a suo tempo intervenuta sull'argomento 22 dicembre 1964, n� 115, in Giust. Pen., 1965, I 40), la quale respinse un'analoga eccezione e rispetto alle cui argomentazioni non sono stati avanzati in questa� sede profili nuovi e diversi di illegittimit� della disposizione impugnata. Vanno ora esaminati, congiuntamente, i motivi di ricorso del Varisco, del Galati e dell'Olivero, con cui il primo lamenta il mancato riconoscimento in suo favore dell'attenuante speciale di cui all'art 3, com. 1�, L. 29 maggio 1982, n� 304, anzich� di quella prevista dal precedente art. 2, e gli altri due imputati di quella di cui al comma secondo dello stesso art. 3, in aggiunta alla attenuante prevista dal comma primo, motivi che hanno valore centrale nell'economia del processo. 512 RAS$EGNA DELL'AVVOCATUl�\ DELLO STATO Con un doloroso e temporaneo strappo all'essenza stessa del diritto penale, almeno nella sua concezione tradizionale, quale ultima frontiera approntata dall'ordinamento giuridico �a tutela del minimo etico, in coincidenza con il periodo di pi� acuta emergenza della risposta dello Stato al criminale attacco alle sue istituzioni da parte delle forze eversive, il Parlamento, nella sua piena sovranit�, ha ritenuto di venire per cosi dire, a patti, se non con le formazioni terroristiche, con i suoi componenti, adottando ~t.ia serie di provvedimenti mirati, fortemente differenziati negli effetti, tendenti tutti al recupero alla societ� civile dei ten'Oristi o, almeno, alla loro neutralizzazione, ed alla conseguente progressiva riduzione, sino alla dissoluzione finale, delle formazioni di appartenenza. Si tratta della discussa L. 29 maggio 1982, n� 304, contenente misure per la difesa dell'ordinamento costituzionale. Per limitare il discorso ai provvedimenti previsti dagli artt. 2 e 3 di detta legge, oggetto immediato dei discorsi in questione, si deve dire che il primo di detti articoli prevede una generosa attenuazione della pena � per gli imputati di uno o pi� reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, i quali, tenendo prima della sentenza definitiva di condanna uno dei comportamenti pre . visti dall'art. 1, abbiano disciolto o determinato lo scioglimento dell'associazione o della banda di appartenenza oppure. abbiano receduto dall'accordo, si siano ritirati dall'associazione o dalla banda, ov\rero si siano consegnati senza opporre resistenza o abbandonando le armi ed abbiano fornito dn tutti i casi ogni informazione sulla struttura e sulla organizzazione dell'associazione o della banda oppure, ancora, abbiano impedito comunque che fosse compiuta l'esecuzione dei reati per cui l'associazione o la banda era stata formata), rendano, in qualsiasi fase o grado del giudizio, piena confessione di tutti i reati commessi e si siano adoperati o si adoperino efficacemente durante il processo per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o per impedire la commissione di reati connessi a norma del n. 2 dell'art. 61 c.p. �. Si tratta, come risulta dalla stessa rubrica dell'articolo in questione, dell'attenuante della cosiddetta � dissociazione �. Essa si fonda su una particolre speci� di ravvedimento operoso del colpevole e trova una certa qual rispondenza, nella legge ordinaria, nella seconda ipotesi di attenuante di cui al' n� 6 dell'art. 62 c.p. differenziandosene tuttavia nettamente per la portata e per la complessit� dei suoi elementi costitutivi. In realt� le due attenuanti hanno in comune solo lo attivarsi del colpevole, dopo .Ja consumazione del reato, in modo efii�icace a fini di giustizia, che per� nell'ipotesi prevista nella seconda parte del n. 6 dell'art. 62 c.p. deve essere spontaneo, manifestarsi prima del giudizio e riguardare unicamente l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato commesso, laddove nell'ipotesi prevista dall'articolo PARTB I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PBNALB in questione, a parte che deve essere preceduto dai particolari comportamenti previsti dai due primi commi dell'art. l, deve esS'ere inoltre accompagnato dalla piena confessione di tutti i reati commessi, pu� avvenire in qualsiasi fase o grado del processo, non � necessario che sia spontaneo e pu� tendere anche ad impedire ila commissione di reati connessi a norma dell'art. 61, n� 2, c.p. Malgrado queste anomalie, l'attenuante in questione, tuttavia, trova una qualche possibilit� di inquadramento nel sistema penale ordinario. Quella che 'invece rappresenta una vera e propria rottura con i princ�pi che sono alla base di esso, � l'attenuante p:r;evista dal successivo articolo tre, che va sotto il nome, risultante anche qui dalla rubrica, di � collaborazione �. Il menzionato articolo concede una riduzione di pena ancora pi� generosa all'imputato di reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, che, �prima della sentenza definitiva di condanna, tiene uno dei comportamenti previsti dall'art. 1, primo e secondo comma, rende (anche qu�) piena confessione di tutti i reati commessi e aiuta l'autorit~ di polizia o l'autorit� giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura di uno o pi� autori di reati commessi per la me<;lesima finalit� ovvero fornisce comunque elementi, di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta degli autori di esso�. E concede poi (com. 2�} un'ulteriore riduzione di pena quando i menzionati comportamenti di collaborazione siano di � eccezionale rilevanza �. A parte i tratti comuni con la precedente attenuante, � da dire che quella in parola � caratterizzata da due comportamenti alternativi. Il primo � costituifo dall'aiuto (sembra evidente il riferimento all'art. 225 bis c.p.p.) offerto alla polizia o all'autorit� giudiziaria nella raccolta di prove decisive, che quindi possono anche non essere direttamente fornite dal collaboratore, per l'individuazione o la cattura di uno o pi� autori di reati , commessi per la medesima finalit�, e non quindi per il semplice accertamento dei reati e dei loro autori. Il secondo consiste, invece, proprio in questo, ossia nel fornire elementi di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta dei suoi autori. Il primo si svolge, per cosi dire, all'esterno del processo, il secondo al suo interno. Entrambe le attenuanti di cui si � parlato sono compatibili con tutti i reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, eccetto solo, come da espressa riserva contenuta nei due articoli in questione, il �delitto di cui all'�rt. 289 bis c.p. ossia il sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, ed incompatibili con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979, n� 15, la 514 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO quale diviene in conseguenza inoperante (art. 2, c.p.v. e art. 3, com. 3�, 1. 29 maggio 1982, n. 304). Questo rilievo offre il destro per dimostrare l'assoluta infondatezza dell'assunto del P. G: ricorrente, secondo cui, riprendendo la tesi sostenuta a riguardo dal giudice di primo grado e contrastata dal P.M. appellante, una volta riconosciuta una delle attenuanti speciali in questione, non si pu� pi� far ricorso n� alla concessione di ulteriori attenuanti n� alla comparazione con eventuali aggravanti. Se cos� fosse, infatti non vi sareb 1be stato bisogno delle menzionate dispoS!izioni di chiusura dei due articoli in questione, le quali hanno escluso solo l'efficacia operativa dell'aggravante di cui al menzionato art. 1 D.L. 15 dicembre 1979, n� 625, convertito nella L. 6 febbraio 1980, n� 15, lasciando evidentemente intatto, per il resto, il libero concorso di tutte le altre circostanze e,, conseguentemente, l'obbligo della loro comparatlone (art. 69 cip.), anche se l'infiluenza deHe eventuali aggravanti e del giudizio di prevalenza di esse su1le menzionate attenuanti speciali � rigidamente condizionata dal limite massimo di pena invalicabilmente imposto in caso di riconoscimento di queste ultime (21 anni di reclusione al posto dell'ergastolo e 15 anni di reclusione per le altre pene, per la prima di esse, 12 anni di reclusione al posto dell'erga I stolo e 10 anni di reclusione p�r le altre pene, per la seconda). ~ Questa considerazione offre poi lo spunto per dimostrare l'erroneit� I ~ della concezione del giudice di appe~lo �sulla efficacia operativa delle at� tenuanti speciali in questione, che si vorrebbe fosse esclusa o, almeno, ridotta riguardo ai fatti pi� gravi. � ad evitare un trattamento del tutto inadeguato, al limite dell'iniquit�, in relazione ad episodi della gravit� di I quelli � oggetto dal processo, laddove i menzionati parametri di pena pre., visti nelle relative norme dimostrano l'esatto contrario, ossia la loro ap plicabilit�, per giunta obbligatoria, e non meramente facoltativa, a reati gravissimi, puniti anche con l'ergastolo, come appunto quelli commessi dai prevenuti. C'� infine da osservare, sempre a proposito della concezione del giudice d'appello sulle attenuanti in parola, che la asserita odiosa discriminazione a danno dei semplici gregari dei grandi capi, che invece risulterebbero favoriti dalla legge, � un mero accidente, una conseguenza di fatto non voluta, anche se prevista o, almeno, prevedibile. Lo Stato, infatti, non poteva lasciare sbranare quasi impunemente i suoi figli migliori dalle mute fameliche delle bande eversive, acconten ~ tandosi di una loro postuma, sospetta contrizione. Poteva, tutt'al pi�, come ~ ha fatto, risparmiare qualche elemento, anche tra i pi� rabbiosi, a condizione di tirarsi dietro, con i suoi sinistri richiami e far cadere nella fil i: I ~ rete, se non l'intera muta, almeno una parte di essa. Diritto penale degli interessi, quindi, e non dei val.od. I --. ii: ~ .�{:::=Y&m,,..:;l'=,,..:;:r�i::=.�~==t:::r.;-=�=:::r+.::=z::@~�"''..:;:;,:;::-,zJIW,wtr,;:#t,:::::=t=/%{:mh~'i,,.::::{,".lllt.,,,.% PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Occorre ora esaminare il motiivo di ricorso con cui Michele Galati contesta la ritenuta sua partecipazione all'omicidio in danno dell'ing. Gori. Dalle sue stesse affermazioni risulta, come si � prima visto, che all'epoca del fatto egli, insieme a Marco Fasoli, Marinella Ventura, Vincenzo Guagliardo e Nadia Ponti, era componente della direzione della colonna veneta delle BR e che tale rimase, sebbene, a suo dire, momentaneamente �congelato�, pur dopo il suo asserito dissenso circa la specie di intervento armato da operare ai danni della direzione del Petrolchimico di Porto Marghera, sul genere del quale tuttavia concordava pienamente. Stando cosi le cose in punto di fatto, le conseguenze in diritto trattene dai giudici di merito sono assolutamente ineccepibili. Se gi�, infatti, nel normale concorso di persone nel reato, impJ.icrunte solo un accordo contingente ed occasionale tra i compartecipi, il dissenso di taluno di essi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in danno della vittima designata, quando vi concordi nel genere, � giuridicamente irrilevante, se non si traduce in un comportamento attivo, teso ad impedire il pi� grave evento, non bastando a scindere la responsabilit� del dissenziente, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 116, cpv. c.p., la semplice inerzia di fronte ai prevaricatori (Cass., Sez. 1, 23 febbraio 1983, P. G. Salerno), tanto pi� ci� � vero, allorquando il preteso dissenso si manifesta all'interno di un organo deliberante, che � a capo di una banda criminale, istituzionalmente diretta al compimento di efferati delitti, e rimane, per giunta, allo stato di platonico contrasto dialettico con gli altri componenti de11'organo, dei quaJi sti finisce per accettare la decisione finale. Ci�, senza dire, come ha esattamente rilevato il giudice d'appello, che anche a considerare la volont� del ricorrente isolatamente da quella degli altri componenti della direzione della colonna, contro il principio della unitariet� ed inscindibilit� delle decisioni collegiali, egli non sfuggirebbe ugualmente alla responsabilit� per l'omicidio in questione, sussistendo il relativo elemento psicologico sotto lo aspetto del dolo eventuale. A parte, comunque, la sua responsabi1it� almeno ex art. 116, cpv. c.p. Va ora esaminato H motivo di ricorso con cui Vittorio Olivero contesta la ritenuta sua responsabilit� per il delitto di introduzione senza licenza nello Stato di armi da guerra, sostenendo la mancanza in lui del relativo elemento psicologico del reato; onde avrebbe dovuto essere ritenuto responsabile dei diversi delitti di detenzione e porto illegale delle stesse armi. La censura � nettamente infondata. A parte la ritenuta conoscenza da parte dell'Olivero della provenienza estera delle armi da lui ricevute al momento deUo sbarco, che, essendo correttamente motivata, � incensu rabile in questa sede, �l'eventuale ignoranza a riguardo non varrebbe egual mente ad escludere fa sua responsabilit� in ordine al reato in questione ed a �radicare quella, sostitutiva, per detenmone e porto illegale di armi da 516 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO guerra, ma, ferma restando l'astratta configurazione anche cli quest'W.ti.ma responsabilit� a carico suo e dei concorrenti, non omologabile per� in concreto per mancanza di contestazione, e quindi di giudizio, a riguardo, lascerebbe intatta la prima, sia pur(( in forma attenuata ex. art. 116, cpv, cpv, c.p. Passando all'esame del motivo di ricorso con cui Andrea Varisco lamenta la mancata concessione della libert� provvisoria e della sospensione condizionale della pena, � possibile in appello in conseguenza della -n: duzione di pena concessagli, si deve dire che entrambe le censure sono infondate. La libert� provvisoria non gli poteva essere concessa perch� siffatto beneficio � previsto dall'art. 6 L. 29 maggio 1982, n� 304, solo per gli imputati di reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale cui sia stata riconosciuta l'attenuante di cui al secondo comma dell'art. 3, mentre il ricorrente ha goduto solo di quella prevista dall'art. 2. Quanto� ai! beneficio della sospensione condizionale delJ.a pena, � da escludere, contrariamente a quanto preteso dal ricorrente, c~e il giudice sia obbligato ad esaminare la questione di ufficio e sia, in conseguenza, tenuto a motivare a riguardo anche nel caso di mancata sua concessione. Trattandosi infatti di un potere discrezionale, .se il giudice fosse tenuto a motivare anche in ordine al suo mancato esercizio, esso finirebbe di essere tale e si trasformerebbe in un'attivit� dovuta, cui corrisponderebbe un interesse protetto dell'imputato; laddove questi � titolare di un semplice interesse di fatto, sprovvisto di qualsiasi tutela giuridica, che d� luogo ad una mera aspettativa nei confronti del potere del giudice e che assume la veste di interesse protetto solo nel caso di esercizio di siffatto potere, dovendosi esso svolgere nelle forme previste dalla legge, alJa cui osservanza le parti del rapporto penale (imputato e P. M.) hanno interesse nella misura in cui essa pu� influire sulla correttezza o meno della concessione del beneficio in parc'.>la (Cass., Sez. l, 10 ottobre 1980, Rosta). Diverso � il caso in cui la concessione del beneficio sia stata oggetto di una specifica richiesta nei motivi di appello, come appunto � avvenuto nella fattispecie. In tal caso il giudice � tenuto ad interloquire a riguardo, non in virt� di un inesistente dovere d'ufficio, bensi in conseguenza del principio di devoluzione (art. 515, com. I, c.p.p.). e la mancanza di motivazione sul punto costituisce indubbiamente causa di nullit�"della sentenza d'appello. Senonch�, una elementare regola di ermeneutica giudiziaria insegna che la motivazione su un singolo punto deha controversia non deve essere necessariamente giustapposta ad esso, mentre un importante principio PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE di , logica formale stabilisce che, la conclusione pu� essere anche tratta con argomentazione � a fortiori �, Pertanto, avendo il giudice d'appello escluso nei confronti del ricorrente il beneficio della libert� provvisoria, peraltro, per la ragione gi� vista, non consentito dailla legge, in consideramone dehla � ri.levante gravit� del fatto e la conseguente pericolosit� de1l'imputato �, � evddente ohe con ci� stesso, ed a maggior ragione, ha escluso, implicitamente, la concessione del pi� importante beneficio della sospensione condizionale della pena. Passando ora all'esame del motivo con cui Marco Fasoli, Marinella Ventura, Sandro Gailletta e Vittorio Olivero, ciascuno per proprio conto, denunciano difetto di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, si deve dire che esso, pur essendo fondato nella forma, � ininfluente nella sostanza. Le uniche condizioni di legittimazione delle attenuanti generiche sono la sussistenza di � altre circostanze diverse � da quelle � previste dall'art. 62 � e, si deve aggiungere, da quelle, comuni o speciali, contemplate da altre disposizioni di legge e la libera determinazione del giudice di � prendere in considerazione � siffatte circostanze, al fine di concedere all'imputato �una diminuzione di pena� (art. 62 bis c.p.). Si tratta, come si vede, di due elementi positivi, che, se concorrenti, non possono essere ostacolati da eventuali elementi negativi, non previsti dalla norma in questione. Le attenuanti generiche infatti non costituiscono un diritto quesito dell'imputato, da escludere eccezionalmente in presenza di speciali moti� vi di demerito, ma un beneficio, da elargire, solo ricorrendo particolari condizioni di merito. Pertanto, qualora sussista una circostanza di valore positivo del tipo indicato e il giudice ritenga di falorizzarla al predetto fine, l'attenuante in parola pu� essere concessa indipendentemente dal concorso a carico dell'imputato di circostanze di valore negativo. In conseguenza, il diniego delle attenuanti generiche non pu� essere motivato con il richiamo a quest'ult.no tipo di circostanze, bens� con il riferimento alla sussistenza di circostanze di valore positivo o alla loro irrilevanza, a parere del giudice, al fine della diminuzione della pena. La motivazione della sentenza d'appello, che si � rifatta, come ad ele menti ostativi, alle condizioni soggettive degli imputati ed alle modalit� dei fatti loro ascrdtti, � quindi giuridicamente errata. L'errore, tuttavia, non ha avuto influenza sulla decisione, atteso che nel confermato diniego del beneficio � implicata una valutazione negativa circa la esistenza e la rilevanza di eventuali circostanze favorevoli (nello stesso senso, si vedano: Cass., Sez. I, 1� luglio 1982, settembre; Cass., I, 20 ottobre 1982, Grimaldi; Cass, Sez,, I, 17 dicembre 1982, Donnarumma, 518 RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO m. 157339; Cass., Sez. I, 24 febbraio 1983, Carta; Cass., Sez. I, II febbraio 1983, Parrilla). Va comunque osservato che, trattandosi di circostanza meramente facoltativa, i cui elementi costitutivi, cio�, consistono, oltre che nella speciale condizione di fatto valori.ata dalla nonna, anche in una componente di carattere potestativo, 1 identificantesi con ia opposizione del giudice circa l'efficacia operativa della circostanza stessa, � evidente che essa pu� essere negata anche in presenza della sua specifica condizione di legittimazione. Questa, infatti, se � necessaria per la sua concessione, non � tuttavia sufficiente, dovendovi concorrere la libera determinazione del giudice, la quale ha anzi valore prevalente nell'economia di tale circostanza. Se non fosse cos�, d'altra parte, cadrebb,e ogni differenza sul piano concettuale e pratico tra circostanze obbligatorie e circostanze facoltative. Il potere discrezionale del giudice a riguardo non pu� tuttavia non rimanere condizionato dalle caratteristiche, positive o negative, del reato e del suo autore. Sotto quest'aspetto ed entro questi limiti, vi pu� essere un'influenza degli elementi di valore negativo nell'economia delle circostanie attenuanti generiche, nel senso di escluderne la opportunit� della concessione, pur in presenza della relativa condizione di legittimazione. I restanti motivi delle parti sono infondati, avendo il giudice d'appello perfettamente motivato sui corrispondenti punti con appropriate argomentazioni in fatto, che, per essere corrette sotto l'aspetto logico, sfuggono al controllo di mera legittimit� riservato alla Suprema Corte, specialmente quando, come appunto nella fattispecie, le critiche, sotto le apparenze formali delle denunce di legittimit�, introducono delle vere e proprie censure di merito e tendono in pratica a conseguire un riesame del fatto, al fine di una sua ricostruzione pi� fav9revole, alternativa a quella operata dal giudice di appello, impossibile, non solo direttamente in Cassazione, ma neppure suo tramite. PARTE SECONDA QUESTIONI LA PROVA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (*) Premessa 1. -Il Convegno di studi dedicato alla prova ba seguito, a distanza di appena una settimana, un incontro-dibattito sullo stesso tema tenutosi presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma. La circostanza non � certo causale e dimostra una volta di pi� lo stato di crisi del processo amministrativo, le cui strutture vanno collezionando le meno lusinghiere definizioni ed l:!,ggettivazioni quali � asfittiche � ed � obsolete �, per non citarne che due. In effetti, la scarna ed arcaica normativa che tuttora regge il processo amministrativo poteva essere sufficiente quando questo si svolgeva in un unico grado ed era volto a decidere quasi esclusivamente azioni di impugnazione. L'estendersi delle ipotesi di giudizi su rapporti ha determinato una vera e propria crisi di carenza strutturale, superata solo iin virt� della dutti.Lit� de1la giurisprudenza amministrativa che, grazie alle sue celebrate virt� pretorie, materiate di fantasfa e di rigore giunidico, � riuscita a far rientrare neJle anguste vesti dell'originario processo tutta una nuova materia con esso incongruente (si pensi, ad esempio, al modo in cui � stato superato il problema del termine di decadenza per le azioni aventi ad oggetto il recuJ>ero di somme spettanti a pubblici dipendenti). La generalizzazione del doppio grado, con l'istituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali, ha determinato, poi, una crisi di tipo � tecnologico �, involgendo una problematica processuale ben nota da tempo al giudizio civile ma fino allora priva di interesse per il processo amministrativo, che era, quindi -ed � tuttora -sfornito del necessario stmmentario. Il travaglio e l'esigenza di trasformazione, d'altronde, non sono solo del processo amministrativo, ma anche della disciplina sostanziale della materia nella societ� contemporanea. Il nostro diritto amministrativo tradizionale sembra attraversare delle vere e proprie � crisi di identit� )) in relazione al nuovo atteggiarsi dello ' stato contemporaneo e della societ� che rappresenta, alla c.d. � fuga nel diritto privato� (1), alle nuove dimensioni ed alle diverse forme di inten (*) L'articolo in rassegna � tratto da una relazione presentata al Convegno di studi cos� intitolato tenutosi, ad I�iliZiativa della Societ� Italiana degli Avvocati Amministrativistli, presso il Consiglio di Stato il J.8 maggio 1985. (11) M. N1GR0, Giustizia amministrativa, III ed., TI Mulino, Bologna 1983, 34. 88 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO vento dell'Amministrazione, ai nuovi punti emergenti di bilanciamento fra principio di libert� e principio di autorit�. Non pu� sorprendere allora che tra crisi del diritto e crisi del processo eme1.1ga, come eentro di interesse, il punto noda~e della prova. L'istituto probatorio costituisce, infatti, in ogni giudizio il � punto di contatto del diritto processuale con il diritto sostitnziale, il momento nel quale il diritto sostanziale incide sulla struttura ed essenza stessa del processo� (2). Tanto vero che le norme sul sistema istruttorio non sono norme di diritto processuale, ma norme di diritto sostanziale. Non a caso la prova � stata definita come � complemento del fatto nella fattispecie � (3) e non per caso il sistema istruttorio civile � disciplinato nella sua statica dal codice civile e non da quello di procedura, in quanto quest'ultimo contempla solo il momento dinamico dello svolgimento delle prove nel processo. Non a caso, infine, il collegamento tra processi in nome dell'unit� della giurisdizione � interrotto quando il collegamento stesso, comportando interferenze fra due regole di giudizio diverse, venga ad incidere sulla disciplina sostanziale dei rapporti, come insegna l'art. 28 del c.p.p.. Non esiste, cio�, una sola verit� processuale, ma tante verit� quanti sono i tipi di processo. I 2. -Situazione normativa e prospettive de iure condendo. Una vera e propria normativa sulla prova nel processo amministra� l!ivo, in realt�, come recentemente � stato ricordato in autorevole sede, non esiste, perch� manca innanzitutto la norma chiave del sistema proba� torio: quella che detta :la rngola di giudizio del processo, cos� come per il processo civile ne esiste una che afferma il principio dell'onere probatorio e per il processo penale altra che afferma il principio del libero convincimento. Difatti la regola di giudizio del processo amministrativo -il c.d. �onere del principio di prova�, di cui tra poco diremo -� creaziOne pretoria. Fino alla legge istitutiva dei T AR unica norma sulla prova era il fa. moso -o famigerato -art. 44 del t.u. C.d.S., la cui origina.ria formula� zione risale addirittura al 1889 e che non disciplinav~ prove ma una sorta dli rinvio dell'affare datl Consiglio di >Stato aH'Ammimistrazione per un prosieguo di istruttoria del procedimento. Il ricorso alla IV sezione fu infatti originariamente concepito in fun. zione di un sindacato di tipo cassatorio interno all'Amministrazione, un sindacato in cui il rapporto fra Consiglio di Stato e organo di amministrazione attiva il cui atto era stato. impugnato era .lo stesso che <passa, nel processo civile, fra Cassazione e giudice di merito. ,(2) F. SATTA, Principi di giustizia amministrativa, ed. 1978, 233. {3) F. SANTORO PASSAREU.I, Dottr. gen. del diritto civile, Jovene, Napoli, 1954, 270. ! ~ ! ~ ~ ' I ! I lllllMl2111lllflllilillll'tlllrlllllllllllllllllalllllllllltllll'= PAR'l'E ll, QUESTIONI 89 Tanto era radicata questa convinzione che quasi vent'anni dopo, all'atto dell'introduzione de11a competenza di merito della V Sezione, la si individuava non gi� alla stregua del criterio legittimit�-opportunit� ma di quello della conoscibilit� del fatto (d'altronde in Francia data solo dal 1916 la conoscibilit� del fatto da parte del Consiglio di Stato) (4). Coerentemente, quindi, il legislatore del 1889 non dett� una normativa di tipo probatorio per un giudizio che aveva il diritto come unica (e sufficiente) regola di s� stesso. Comunque, leggendo l'art. 44 in chiave moderna e trasferendo le espressioni ivi formulate dal procedimento al processo (cos� come ha fatto la giurisprudenza), si constata che i mezzi previsti sono l'istruttoria documentale, i chiarimenti e le verificazioni. A questo � alfa ed omega � dell'istruttoria amministi;:ativa non sembra aggiungere nulla n� dl secondo comma della norma, che prevede per i giuddzi di merito tutto l'armamentario del Codice dd Procedura Civile, perch� i giuddzi di merito costitwscono rara avis; non sembra ag~ungere nulla neanche la serie degli articoli del regolamento di procedura, ohe non disciplinano il sistema istruttorio, ma disciplinano il modo di acquisizione delle prove nell'ambito del processo. Poco aggiunge anche la legge sui TAR, che amplia modestamente i poteri istruttori del Presidente, ed ha riguardo pi�.all'istruzione preparatoria che a quella probatoria. Pi� significativo appare l'articolo 16 della legge sui suoli che prevede la possibilit� di disporre perizie, pur nel suo limitato ambito di applicazione. Indubbiamente con l'introduzione della perizia (anche se non della consulenza tecnica!) le acque hanno cominciato infatti a muoversi e nella stessa linea di tendenza troviamo la legge 20 marzo 1980, n. 75, sul trattamento di quiescenza dei dipendenti statali, la legge 24 marzo 1981, n. 145, sull'Azienda Autonom� di Assistenza al Volo e la legge-quadro sul pubblico impiego. Il che sembra indicare per� non molto di pi� afuna dichiarazione di intenzioni del legislatore e specificamente indirizzata alla giurisdizione esclusiva. Quanto alla prospettazione de iure condendo, giover� ricordare il disegno di legge di iniziativa governativa n. 1353 presentato il 29 febbraio 1984, e quello di iniziativa parlamentare n. 1803 che ricalcano in parte qua la tendenza a trapiantare pi� o meno integralmente nel processo amministra1livo regole ed istituti del processo civile; una tendenza che .si pone nel solco di una lunga tradizione di disegni di Jegge che !legge non divennero mai. (4) Arret GoMEL, 14.1�1916 citato in Auby-Drago, Trait� du Contentieux Administratif, Parigi 1962, III, 65. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 3. -Considerazioni critiche: la giurisdizione esclusiva. A tal punto sembra necessario chiedersi se sia esatto concepire il processo amministrativo come struttura unitaria, unitariamente disciplinabile o s�, per caso, l'unit� della veste esteriore, giustificata all'origine, non contenga, invece, dentro di s� almeno due diverse sostanze, non riducibili ad unica disciplina. Sembra che la seconda risposta, che gi� si profilava valida sin dal 1923, quando fu attribuita al giudice amministrativo una competenza a giudibare in via esclusiva in materia di impiego pubblico, sia oggi l'unica accettabile. In sede di giurisdizione esclusiva, quanto meno per la massima parte di essa, il giudice � chiamato a decidere un conflitto tra posizioni omo . genee, uguali e di segno contrario, sl che la parte resistente meglio potrebbe qualificarsi parte convenuta, in perfetta analogia con quanto awviene nel processo civile. In tale tipo di giudizio, opportunamente esteso dalla legge istitutiva dei TAR alla materia delle concessioni e che appare in via di espansione, la omogeneit� delle controversie giudicabili con quelle oggetto del giudizio civile giustifica -ed anzi richiede -una estensione della normativa contenuta nel relativo codice di procedura. Nell'un caso come nell'altro si tratta, infatti, di applicare norme di relazione e la sporadica applicazione di norme di azione da parte del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva non appare effettualmente molto diversa da. una qualsiasi disapplicazione incidenter tan_tum operata dal giudice ordinario. Una tale estensione delle regole e delle garanzie del processo civile appare, in questi casi, oltretutto, necessaria per evitare una disparit� di trattamento di dubbia costituzionalit� -gi� d'altronde denunziata in danno dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, disparit� tanto pi� grave se si considera che la linea di tendenza evolutiva tende a ridurre sempre pi� le differenze tra le due categorie di prestatori di lavoro, in quanto, se, da un lato, il rapporto privato appare sempre pi� presidiato da garanzie di tipo squisitamente pubblicistico (si pensi alla � giusta causa�, al nuovo rito del lavoro, allo. Statuto dei lavoratori), dall'altro comincia a sfumarsi il momento autoritativo nella regolamentazione del rapporto di impiego pubblico, che si � andata � contrattualizzando �, Probabilmente il giudice amministrativo potrebbe addirittura applicare pretoriamente le norme probatorie civili, come gi� autorevolmente sostenuto (5) in considerazione della loro natura sostanziale e del contrasto con i principi della Costituzione che comporterebbe una interpr~tazione del sistema in chiave restrittiva. (5) V. CAIANIELLO, Lineamenti del processo amministrativo, za ed 1979, UTET, Milano, 440. 91 PARTE II, QUESTIONI 4. -Segue: la giurisdizione di legittimit�. Tutt'altro discorso va invece fatto per la giurisdizione generale di legittimit�, con la sua innegabile struttura di un giudizio sull'atto. Non si vogliono certo ignorare le insufficienze del sistema, n� la sua obsolescenza n� le pressanti esigenze che spingono ad un suo rinnovamento n� le aperture normative e giurisprudenziali che dilatan� e talvolta aprono brecce nelle maglie ormai consunte di una antiquata gabbia, ma non v'� dubbio che le attuali. strutture del diritto e del processo amministrativo rispondono a ragioni sistematiche, storiche e normative che contrastano con non poche delle innovazioni auspicate, quanto meno nella sede in cui vengono proposte. Il modello anglosassone cui spesso viene fatto riferimento si fonda, infatti (o forse sarebbe meglio dire: si fondava) su di un totale rifiuto del regime amministrativo. Si ricordi, in proposito, la paradossale definizione di Fitzjames-Stephens (che dipinge peraltro un quadro anteriore all'avvento dello welfare state): �In questo paese la polizia non � stata mai considerata come un corpo distinto dalla generalit� dei cittadini. Il principio �.che un poliziotto, secondo la � common law � � soltanto qualcuno pagato per fare, in adempimento di un dovere, atti che, se lo avesse voluto, avrebbe potuto fare volontariamente � (6). Questo essendo il sistema, appare chiaro come nulila possa mutuarsene dal nostro, tuttora ancorato ad un regime amministrativo e ad una autorit� amministrativa e ad un suo esprimersi �per atti� anche se non in via esclusiva. N�, riferendoci a Paesi a regime amministrativo, pu� .giovare il richiamo alle migliori tutele offerte dai sistemi francese e tedesco, in cui il discrimine delle competenze, basato sulla materia e non sulla situazione tutelata a fronte di un atto, consente ben pi� radicali evoluzioni. Da noi, avendo il legislatore del 1865 utilizzato l'atto amministrativo in funzione di limite alla competenza del giudice civile, ed il diritto soggettivo come oggetto del suo giudizio fu giocoforza la costruzione singolarissima dell'interesse legittimo come situazione tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, quando questo venne istituito e ine'itabile la costruzione del relativo giudizio come giudizio sull'atto. La forza delle tradizioni, o forse il conservatorismo degli uomini di legge, hanno poi fatto s� che cos� l'interesse legittimo come posizione sostanziale come la giurisdizione amministrativa intesa come giudizio sugli atti venissero cons~crati a tutte lettere nella Carta Costituzionale e questo � un dato che non pu� essere trascurato, s� che ancora oggi la stessa dottrina che ha dedicato i pi� eleganti ed approfonditi sforzi al (6) P. Hmvrrr, The abuse of power, Oxford, 19S2, 56. 92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO rinnovamento del processo ari�ninistrativo riconosce ancora nello schema della impugnazione dell'atto la sua spina dorsale (7). Il processo amministrativo conserva, d'altronde, la sua caratteristica ambiguit� che gli deriva dalla sua origine non giurisdizionale e dalla doppia parte in commedia che il giudice amministrativo deve svolgere: protettore delle prerogative del potere pubblico, da un lato, garante dei diritti del cittadino, dall'altro. In realt�, cos� come nella fattoria deg.U animali di Orwe11 tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono pi� uguali degli altri, cosi nel processo amministrativo italiano esiste una parte meno parte dell'altra, l'Amministrazione, con cui il suo giudice ha un polivalente rapporto che non si _,./ ferma certo al sindacato ma si colora, da un lato, di protezione, dall'altro di direzione. N� certo rileva _che questo sia il residuato di un processo storiico che ha trasformato -in Italia come in Francia -:H :giudice amministrativo da garante interno di un'Amministrazione sel12ia giudice a giudice di queHa a garanzia del cittadino. Tale essendo la realt� del processo amministrativo, se ne pu� accer � tare la qualificazione come processo di parti o processo accusatorio, cosi come viene comunemente definito, solo nei limiti in cui con tale definizione si intenda la necessit� di una piena attuazione del principio del contraddittorio, volta ad assicurare un'assoluta garanzia di difesa. Oltre tali limiti la qualificazione definitoria sembra divenire incongruente con la struttura del processo, della cui �ambiguit� � si � gi� detto. Si tratta di tln'ambiguit� che� si riflette, oVViamente, sul sistema istruttorio, che appare essere divenuto, nella prassi, cosa assai diversa da quella descritta dalla dottrina tradizionale. Quest'ultima parla di un sistema istruttorio dispositivo assai simile a quello del processo civile e che da quello differisce soltanto perch� realizzato con �metodo acquisitivo�, e cio� con l'intervento integrativo del giudice, s� che nel processo amministrativo non pu� parlarsi di un onere della prova, ma di un � onere del principio di prova� (8). Se cos� fosse, non v'� dubbio che le norme sull'istruttoria sa� rebbero inadeguate a dare piena garanzia di difesa al ricorrente. Ora, per�, c'� da chiedersi se l� prassi non si sia allontanata dalla teoria: se il metodo � acquisitivo � non sia, in realt�, divenuto inquisitivo, se tale metodo non ridondi in sistema e se tale sistema non sia, per caso, il pi� congruente con il principio del libero convincimento del giudice adottato come regola di giudizio (9). Mi sembra che sia stata colta molto bene la realt� del nostro processo amministrativo quando, analizzandosene proprio {7) M. NIGRO, Linee di una riforma necess�ria e possibile del processo amministrativo, in Riv. dir. proc. 1978, 249. (8) F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, ed. 1953; A. M. SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Morano, Napoli 1963. (9) Cons. Giust. Amm.va Reg. Sic., 29 aprile 1960, n. 203. PARTE II, QUESTIONI 9J l'istruttoria, si � riconosciuta in esso una miscela di elementi dispositivi e di elementi inquisitori, ma con una tale prevalenza dei secondi sui primi da dover quasi dubitare che di miscela o di combinazione si potesse parlare (10). Da una pur sommaria disamina de� repertori di giurisprudenza, si pu� osservare, infatti, che, innanzitutto, il giudice amministrativo si riserva la facolt� di scegliere la parte a cui addossare l'onere della prova. Non solo, ma, ci� fatto, si riserva di trarre liberamente argomento di prova dal mancato assolvimento dell'onere (11). Il che significa che quella che nel processo civile � la principale regola di giudizio (art. 2697, cod. civ.), non solo non costituisce �regola di giudizio nel processo amministrativo (12), ma viene utilizzata nel suo momento funzionale come strumento di libero convincimento, La differenza non potrebbe essere pi� netta e decisa. Facendo un passo avanti, sembra .necessario osservare, poi, come non sembri e~atto individuare un onere di principio di prova e ohe sembrerebbe, invece, pi� esatto riconoscere nel processo amministrativo un mero onere di allegazione di fatm vt'.rosim1glianti o �storicamente attendibiJd � (13). A tal punto non resta che concludere osservando che il cosiddetto onere del principio di prova si risolve in un onere di corretta formulazione dei motivi (14) con commissione al giudice amministrativo di un potere inquisitorio per l'accertamento dei fatti, sia pure attraverso un istrumentario ben delimitato. A questo si aggiunga che, operando un vero e proprio � ampliamento ortopedico � dell'art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato, la giurisprudenza amministrativa ha dilatato la portata della norma, ammettendo come prindpi di prova atti notori, perizie .giurate, ecc. ed avvalendosi, per le verificazioni, di organi sovraordinati rispetto a quello chiamato in giudizio e di amministrazioni diverse rispetto a quelle resistenti. Un tale sistema combinato con la peculiare sensibilit� acquisita dal giudice amministativo nel corso di un attivit� secolare, sembra perfettamente omogeneo con il tipo di processo in cui si inserisce e soprattutto con il tipo di diritto sostantivo da amministrare. D'altra parte, il� sistema istruttorio vigente appare sicuramente sufficiente nelle sue dimensioni ampliate dalla giurisprudenza per tutti i casi in cui l'impugnazione si fonda sui motivi della incompetenza e della violazione di legge. Dei dubbi potrebbero sorgere soltanto quando fosse denunziato un vizio di eccesso di potere sintomatizzato da elementi extra {10) M. NIGRO, Il giudice amministrativo �signore della prova>>, in Foro it., 1967, V, 9. {11) TAR Veneto, 3 luglio 1975, n. 311. (12) Cons. Stato, IV, 961, 26 ottobre 1976. 03) E. CANNADA BARTOLI, Processo amministrativo, voce del NoviSsimo Digesto, 1077. (.14) Cons. Stato, VI, 13 luglio 1954, n. 577. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO cartolari o quando debba ricostruirsi la data precisa di certi accadimenti (quale, ad esempio, l'inizio di una costruzione). Dubbi dominati, comunque, dall'incertezza di fondo sulla compatibilit� logica del principio di separazione dei poteri (o di quanto ne rimane) con l'affidamento al giudice -in sede di sindacato dell'atto -di strumenti di accertamento della realt� diversi da quelli utilizzati (o utiliz.. zabili) dall'amministrazione nel procedimento che a quell'atto ha condotto (15). 5. -Processo e diritto sostantivo. Se quanto sopra � esatto, la profonda modHiica del regime de11a prova che s:i vorrebbe introdwire con 11 disegno dii Jegge attualmente in esame reagirebbe profondamente sul diritto sostantivo, e la relativa problematica processuale appare intimamente collegata a non pochi istituti di quello, quali, ad es., il segreto ed il procedimento amministrativo. Non a caso nelle dichiarazioni programmatiche del Governo nell'agosto 1983, fra le riforme istituzionali da affrontare nel corso della legislatura e per cui venivano ristituite apposite commissioni di studio venne contemplato espressamente il diritto di accesso del cittadino ai documenti della P .A. in nome di un principio di trasparenza. Non a caso accanto alle sottocommissioni incaricate di studiare la � deregulation � ed H processo, ve ne fu una incaricata dello studio del procedimento e del diritto di accesso. :�!. chjaro infatti che fino a quando il nostro ordinamento sar� informato al principio del segreto amministrativo (secondo il vecchio detto francese che l'autorit� si afferma nella misura della distanza a cui � tenuto l'interessato) (16) la regola di giudizio dell'onere della prova non potr� avere accesso e occorrer� conservare al GA. il riconoscimento della sua tradizionale signoria. Quanto al procedimento � noto che la sua disciplina interagisce direttamente con queJJa del processo. Tanto pi� affinato � il primo tanto meno si avverte l'esigenza del secondo (17). Tanto vero che due schemi di giustizia amministrativa giustamente celebrati per il loro garantismo -quello austriaco e quello statunitense -si fondano su di un procedimento contraddittorio � quasi giudiziale � sindacabile dinanzi al giudice in un giudizio di tipo cassatorio del tutto analogo al nostro (18). In parti (15) Cons. Stato, IV, TI giugno 1961, n. 359. (16) M. J. C. BoULARD, Rapporto nazionale sulla Francia in �Le Secret Administratif dtans fos pays developp�s � Cujas 11177, Parigi, 170. 07) F. BENVENUTI, Prefazione a G. Pastori, La Procedura Amministrativa, Neri-Pozza, Vicenza, 1964, XIV. (18) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, cit., 49 ss. I 1 I ! ~ t. I ~ I PARTE II, QUESTIONI 95 colare la � judicial review � americana, tranne casi eccezionali di � de novo review �, non scende all'esame dei fatti (19). Sembrerebbe dunque pi� congruente con gli scopi avuti di mira operare non tanto sul processo, quanto sul procedimento, sul modo di operare dell'amministrazione e non sui poteri del giudice, correndosi altrimenti il rischio di �addossare al giudice amministrativo in via istituzionale delle fllnzioni di supplenza dell'amministrazione con la duplice conseguenza di alterare, sul piano astratto, il principio della divisione dei poteri e di gravare, su quello concreto, una magistratura'gi� sovraccarica di lavoro di compiti ulteriori, addossandole un onere probabilmente insostenibile. Da ultimo deve osservarsi che la trasformazione processual-civilistica del processo amministrativo, restando tutto il resto invariato, provocherebbe, in tempi pi� o meno lunghi, proprio per quelle _necessarie interconnessioni fra diritto sostanziale e diritto processuale cui si accennava, dei veri e propri sconvolgimenti, e molto probabilmente la crisi definitiva dell'interesse legittimo come categoria giuridica. Non che la cosa sarebbe di per s� un gran male, in quanto nulla im-� pc>ne che vada garantita l'intangibilit� del concetto di interesse legittimo, altre volte definito �categoria astrusa e non commestibile oltr'Alpe �. Sta di fatto, per�, che su di esso si � affinata una tradizione dottrinaria e giurisprudenziale il cui abbandono comporterebbe, accanto alla sicura rinuncia all'utilizzazione di un patrimonio di esperienza, un non altrettanto sicuro vantaggio sul piano della certezza del diritto in materia di riparto dehle competenze, come dimostrano esperienze straniere anche recenti. D'altronde{ una normativa sulla procedura non � certo la sede pi� adatta per l'introduzione di principi innovatori di una tale portata sul piano del diritto sostantivo. 6. -Considerazioni conclusive. Alle osservazioni negative sopra formulate in ordine ad un intervento settoriale del legislatore, nelle direzioni fin qui ventilate non pu� peraltro non accompagnarsi qualche notazione positiva -o propositiva -in ordine a quale possa essere il rimedio intertemporale in attesa di una compiuta ed organica riforma del diritto e del processo. Un rimedio da trovarsi, ovviamente, lungo. la via maestra della elaborazione pretoria che � gloriosa tradizione del giudice amministrativo italiano di cui non si sa .mai se ammira:re di pi� la fantasia nel trovare solU2J�.oni nuove o il rigore .giuridico nell'argomentarle. Sembra che le prime avvisaglie di una evoluzione giurisprudenziale sul punto si possano gi� cogliere in una utilizzazione evolutiva di quel (19) B. SCHWARTZ, Administrative Law, Little, Brown e Co. Boston-Toronto, 1982, 777. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tale articolo 44 e dei relativi chiarimenti e verificazioni che cominciano. ad essere utilizzati con maggiore frequenza, con richiesta anche di diretta audizione di funzionari. Quanto alla verificazione, in particolare, soprattutto ove la si intenda come comprensiva di tutti i mezzi di prova ipotizzabili sul piano logico (accessi, ispezioni, testimonianze, esperimenti, ecc.), essa appare suscettibile di singolari sviluppi. Storicamente, si � visto, la norma nacque in un momento in cui il processo dinanzi al Consiglio di Stato veniva considerato nulla pi� che la prosecuzione del procedimento amministrativo: in rapporto, con esso, quasi strumentale. Era, dunque, perfettamente naturale che l'affare, in caso di insufficiente istruzione, tornasse dinanzi all'Amministrazione per una integrazione. :E!. fin troppo ovvio che in tali termini una simile disciplina sarebbe, oggi, inaccettabile. Ma le norme, si sa, non sono immobili: vivono e mutano con la giurisprudenza, che le trasforma, giorno dopo giorno. Oggi, dopo quasi un secolo di evoluzione, il rapporto fra l'Amministrazione ed il suo giudice si � invertito: non � pi� il secondo a costituire strumentale prolungamento della prima, ma la prima a fungere da � braccio secolare � del secondo che, per sindacarne gli atti, la utilizza non gi� come parte, ma quasi come � ausiliare �, commettendo l'incarico I f: ad organi sovraordinati o ad amministrazioni diverse da quella in causa. ~: r: Il vecchio sistema istruttorio, con il comprensivo schema delle veri0r: ficazioni, oltre che presentarsi come perfettamente congruente con il rii: f: parto delle competenze tra amministrazione e giurisdizione, consente, dunque, al giudice amministrativo una ricerca della verit� perfettamente analoga a quella del pi� ricco sistema probatorio: certo, manca il momento garantistico della giurisdizione (mancato giuramento dei testimoni o degli esperti, verbalizzazioni non fidefacienti, ecc.). Ma l'inconveniente appare bilanciato da una serie cospicua di � controgaranzie �, quali l'alterit� dell'organo verificante rispetto a quello parte in causa, il timore reverenziale dell'amministrazione nei confronti del giudice amministra� tivo, il controllo delle parti, che assistono in contraddittorio alle attivit� di verificazione, ed infine il controllo del giudice, � signore della prova �, che ha ben dimostrato di saper leggere tra le righe di ogni documento. Di pi�: un uso sapiente della verificazione da parte del giudice am� ministrativo varrebbe a supplire ex post a quella garanzia del procedimento che Ja normativa sostanziale non offre al cittadino ed a indurre forse l'Amministrazione, sulla scorta dei consolidati insegnamenti giurisprudenziali che potrebbero formarsi, a introdurre per prassi procedimenti soprannumerari nelle materie pi� delicate, garantendo cos� in via fisiologica la legalit� dell'azione amministrativa senza necessit� per l'amministrato di arrivare alla patologia del giudizio, che rappresenta sempre un costo sociale assai alto. . �-. I I f: I I f f r ! f �-� . -.,f PARTE II, QUESTIONI Probabilmente una tale evoluzione della giurisprudenza in tema di istruttoria -una evoluzione di cui gi� si scorgono le avvisaglie -potrebbe, assai meglio di una 1legge settoriale sul processo, asSlicurare continuit� ' ed equilibrio di tutela nel tempo che ancora ci separa dalla generale e profonda riforma che [a crisi del diritto amministrativo (e non soltanto del suo processo) esige. I. F. Caramazza M. L. Guida RASSEGNA DI DOTTRINA INDICE-SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO A. MIGLIAZZA, L'efficacia diretta delle norme comunitarie. G. MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno degli atti normativi comunitari. DIRITTO COSTITUZIONALE M. BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa. � M. CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei giudizi di legittimit� promossi in via incidentale. A. GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei tribunali perminorenni: giustificazioni e possibili inconvenienti. V. GRECO, Nota redazione a Corte Costituzionale 27 giugno 1984, n. 180. A. P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze costituzionali. QUESTIONI DI GIURISDIZIONE O. DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urbanistico preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare norma di attuazione dello strumento che impone tale vincolo. R. PARDOLESI, La storia infinita: guerra dell'etere -Problemi di giurisdizione. DIRITTO AMMINISTRATIVO T. ANCORA, Sulla risarcibilit� degli interessi legittimi. M. ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di acquisto della propriet� in favore della Pubblica Amministrazione. C. M. BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di opere pubbliche. V. BAROSIO, L'ordinanza relativa alla sospensione della efficacia dell'atto impugnato. Brevi riflessioni sulla necessit� e sull'oggetto della motivazione. S. BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte della Pubblica Amministrazione. PARTE II, RASSEGNA -DI DOTIRINA P. BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo. S. BRIGNOLA, Gli atti soprassessori. A. CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit� di esproprio. A. CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica; considerazioni a prima lettera di due recenti decisioni del Consiglio di Stato. M. COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della pubblica Amministrazione alla � occupazione appropriativa �. A. CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo. G: D'ANTIMO SETTEVENDEMMIE, Ancora sulla impugnabilit� ex se delle deliberazioni negative della sezione del controllo dello Stato ,della Corte dei Conti. L. MAROTTA, Sull'obbligo della P. A. di fissare i termini di cui all'art. 13 della l. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese nei piani di edilizia economica e popolare previsti dalla l. 18 aprile1962, n. 167. E. MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti sulla teoria del procedimento amministrativo. F. PIETROSANTI, Indennit� di esproprio e criteri di determinazione: limiti e competenze della declaratoria di incostituzionalit�. A. RALLo, Profili costituzionali e nuove prospettive in iema di esecuzione del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di concessione edilizia. L. ScHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori agenti e dipendenti degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. I. Scono, Poteri dei giudici nei confronti della P. A. DIRITTO CIVILE M. CERCHIARA, L'applicabilit� dell'art. 2932 e.e. alla P. A. A. DE LUPIS, Prelazione e uguaglianze. S. DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una rilettura. M. FINOCCH.JARO, Sull'applicabilit� dell'art. 1341, comma 2�, e.e. ai contratti della P. A. M. FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa nell'assicurazione dei veicoli a motore. G. GIACOBBE, Prime impressioni ... tecniche su una contrastata sentenza. D. PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge sull'equo canone. G. VALCAVI, Evitabilit� del maggior danno ex art. 1227, 2� comma, e.e., e rimpiazzo della prestazione non adempiuta. C. Zou, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 100 PROCEDURA CIVILE G. CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidenti di legittimit� co~tituzionale. M. G. CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: orientamenti giurisprudenziali in tema di ricorribilit� in Cassazione ex art. 111, 2� comma, Cost. V. CoccHI, Orientamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi del giudicato e di impugnative negoziali. E. GARBAGNATI, Le dichiarazioni di incostituzionalit� dell'art. 648, 2� comma, c.p.c. D. GRASSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 700 c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare. A. LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle modificazioni di competenza. � G. SAMORI, Ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo; VARIE G. F1c1, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati. in particolare nella fase della impugnazione. �� DIRITTO COMUNITARIO ALESSANDRO MILIAZZA, L'efficacia diretta delle norme amministrative, in R.N. dir. proces., 1985, I, 153. L'Autore, �ssumendo come punto di riferimento la nota sentenza 170/84 della Corte Costituzionale in tema di regolamenti comunitari, effettua un ampio excursus sulle fonti comunitarie,� esaminando altres� la portata degli artt. 189 tratt. C.E.E. e 161 tratt. C.E.E.A. . Particolare attenzione viene dedicata alla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia, all'elaborazione dottrinaria sull'art. 11 Cost., nonch�, infine, sulla cd. pregiudiziale comunitaria ex art. 177 Tratt. e.E.E. (Vincenzo Nunziata). GIUSEPPE MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari (Nota a Corte Giust. �e.E.E. 12 ottobre 1982 Causa 136/81), in Foro lt. 1984, dicembre, IV, 377. L'Autore della nota prende spunto dall'inadempimento del nostro Paese ad alcuni atti normativi comunitari per auspicare che il Parlamento Italiano si� adegui con maggiore sollecitudine alle direttive comunitarie al fine di evitare il rischio di subire nuove procedure di infrazione compromettendo la propria credibilit� sul piano comunitario (Ettore Figliolia). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA DIRITIO COSTITUZIONALE MARZIO BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale e amministrativa, in Giurisprudenza Costituzionale 1984, fase. n. 7, pagg. 1785-1797. L'Autore in questo articolo tenta una ricostruzione storica ed analitica della tormentata vicenda dei vincoli urbanistici alla luce del riconoscimento del loro carattere ablativo affermato dalla Corte Costituzionale con sent. n. 55 del 29 maggio 1968. Dopo aver richiamato quale era il quadronormativo al momento dell'entrata in vigore della L. n. 10 del 1977, l'Autore passa ad esaminare le posizioni assunte dalla giurisprudenza amministrativa sulla abrogazione del regime della temporaneit� dei vincoli urbanistici. In particolare si sofferma, poi, sul rilancio della L. n. 1187 del 1968 operato dalle sentenze n. 5 del 23 gennaio 1980 e n. 92 del 12 maggio 1982 della Corte Costituzionale, e sul travaglio giurisprudenziale dei giudici amministrativi, culminato con la decisione n. 7 del 2 aprile1984 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Riaffermato, infine, come la problematica dei -vincoli urbanistici rimanga sostanzialmente aperta, l'Autore auspica una s~nsibilizzazione del Legislatore per una sollecita disciplina organica di tutta la materia (Nadia Palmieri). MARIO CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei giudizi di legittimit� promossi in via incidentale in Riv. di processo 1985, 343. L'Autore compie un'ampia ed accurata analisi sui provvedimenti della Corte Costituzionale aventi forma di ordinanza, insistendo sul carattere solo tendenziale della � summa divisio � di cui all'art. 18 della l. 87/53. Particolare attenzione viene dedicata alla ricca casistica giurisprudenziale ed alla elaborazione dottrinale in materia, con speciale riferimento alle ordinanze di manifesta infondatezza e di restituzione degli atti al giudice a quo. L'articolo si conclude con alcuni interessanti spunti sul problema della revocabilit� di tali provedimenti ordinatori (Vincenzo Nunziata). ALno GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei Tribunali per i minorenni; giustificazioni e possibili inconvenienti, in GiurisprudenzaCostituzionale, 1984, fase. n. o; pagg. 1195-1207. L'Autore trae spunto dalla pronuncia n. 222 del 19 luglio 1983 della Corte Costituzionale la quale lia capovolto il precedente orientamento, dichiarando l'illegittimit� dell'art. ,9 comma 2� r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, per esaminare compiutamente l'attuale sistema penale minorile. Condividendo le motivazioni della Corte in; ordine alla necessit� di affidare alla competenza del tribunale minorile i procedimenti penali contro i minorenni coimputati con maggiorenni, l'Autore le riassume in due enunciazioni: 1) dovere dello Stato di proteggere la giovent�; 2) mancanza di una giustificazione adeguata per derogare alla competenza generale del tribunale minorile. Passa poi ad esaminare dettagliatamente dette enunciazioni mettendo in risalto come l'interesse alla tutela dei minori si collochi tra gli interessi costituzionalmente garantiti. Rilevato come sia pressante la necessit� di una riforma organica del sistema penale minorile non disgiunta da una riforma dell'ordinamento giudiziario minorile, propone l'inquadramento della magistratura minorile in quella ordinaria 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO attraverso la istituzione di sezioni specializzate cos� da favorire la collaborazione tra magistrati e il coordinamento dei rispettivi interventi nelle materie che pre~entano aspetti comuni o connessi (Nadia Palmieri). VINCENZO GRECO, Nota redazionale a Corte Costituzionale 21 giugno 1984, n. 180, mGiurisprudenza Costituzionale, 1984, fase. n. 6, pagg. 1164-1172. Rilevato come il nostro sistema valutario conosca la figura del � residente valutario � destinatario di divieti ed obblighi la cui violazione costituisce illecito penale, l'Autore specifica come il concetto di residenza valutaria non coincida con l'omonimo concetto civilistico ex art. 43 e.e. ma presenti piuttosto affinit� con quello di domicilio. Esamina poi la disposizione legislativa dell'art. 2 L. 8 ottobre 1976 n. 689 che prevede che cittadini italiani residenti civilmente ed anagraficamente in Italia, ma dimoranti all'estero per periodi pi� o meno lunghi ed ivi svolgenti attivit� lavorativa, siano considerati, ai fini valutari, residenti all'estero relativamen. te ai capitali costituiti con i compensi ricevuti per il loro lavoro. Analizzato il perch�. di detta norma, rileva come essa, nella previsione del Legislatore, dovesse applicarsi soltanto ai lavoratori dipendenti e agli artigiani rimanendone esclusi i lavoratori autonomi e gli imprenditori. Valu� tata positivamente la pronuncia della Corte del 27 giugno 1984 n. 180, relativamente alla equiparazione dei redditi derivanti da lavoro autonomo e quelli derivanti da lavoro dipendente, mancando una diversit� sostanziale di presupposti, la critica per� per la immotivata discriminazione fra artigiani ed altri piccoli imprenditori. Ritiene comunque che la liberalizzazione di ogni attivit� economica sar� presto oggetto di riforma legislativa (Nadia Palmieri). ALESSANDRO P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze Costitu zionali (Nota a Cass. 26 gennaio 1984 n. 5401), in Foro It. 1985, gen naio, I, 51. � L'Autore della nota plaude all'indirizzo adottato dalla sentenza annotata che risolve il problema della interpretazione dei dispositivi delle sentenze di accoglimento della Corte Costituzionale, che secondo alcuni autori debbono essere iscritte nel sistema delle fonti del diritto, affermando la legittimit� del ricorso alle rispettive motivazioni che seppur non sono sottoposte ad una forma di pubblicazione analoga a quella dei dispositivi, risolvono i dubbi sorti sull'esatto significato di questi ultimi (EttoreFigliolia). QUESTIONI DI GIURISDIZIONE ORESTE DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urba� nistico preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare norma di attuazione dello strumento che impone tale vincolo, in Giust. Civ., 1984, I, 3179-3183. Prendendo le mosse da un~ singolare fattispecie, decisa dal Tribunale di Trieste, in materia di vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione, l'Autore ripercorre la tormentata storia normativa e giudiziaria dei vincol~ de quibus; si indaga, in particolare, se il privato abbia una posizione di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo di fronte . a dette limitazioni urbanistiche, e si raggiunge una conclusione nel secondo senso, conformemente alla impostazione data al problema dalla Corte Costituzionale nella nota sentenza n. 92 del 12 maggio 1982 (Massimo Salvatorelli). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA ROBERTO PARDESI, La Storia Infinita: guerra dell'etere. Problemi di giuri sdizione (Osservaz. a Cass. 3 dicembre 1984 n. 6340-6338, 6337 e 6324), in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2953. L'Autore opera un esame analitico delle pronuncie pi� significativedella S. C. di Cassazione adita con regolamento di giurisdizione in materia radiotelevisiva, ponendo l'accento sulle direttive principali che emergono dalle decisioni in esame e secondo cui tra l'altro non sussiste tutela possessoria in capo alle emittenti private disturbate dalle trasmissioni della RA.I., mentre � rimessa alla competenza giurisdizionale dell'A.G.O. sia la soluzione della controversia fra emittenti private per l'uso di banda di frequenza, sia la salvaguardia del monopolio delle trasmissioni R.A.I. che si assuma minacciato da networks privati (Ettore Figliolia). DIRITTO AMMINISTRATIVO TULLIO ANCORA, Sulla risarcibilit� degli interessi legittimi in Consiglio di Stato, ottobre 1984, II, pagg. 1239 ss. Complessa ed ampia la disamina dell'autore delle varie posizioni dottrinali in tema di risarcibilit� degli interessi legittimi. L'analisi m�ove dall'individuazione dei concetti basilari di interesse legittimo e di diritto soggettivo, si articola in indagini storiche e si sof ferma ad esaminare le ragioni ostative alla configurabilit� della lesione dell'interesse legittimo come fattispecie illecita risarcibile, Lo sforzo dell'Autore, volto al riconoscimento della reintegrazione del danno economico conseguente alla lesione dell'interesse legittimo, si risolve, attraverso vasti richiami e supporti dottrinali, nella puntuale replicaalle tesi contrarie e pu� considerarsi un valido contributo per mant�nere aperta la discussione su un attraente quesito che la Giurisprudenza avrebbe, secondo l'ottica dottrinale, risolto troppo sbrigativamente in senso negativo (Diana Cairo). MICHELE ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di acquisto della propriet� in favore della Pubblica Amministrazione, in Foro Amm., 1984, fase. 7-8, 1598-99. L'Autore ricorda alcuni fra i molteplici problemi anche di costituzionalit�, posti dalla c.d. accessione invertita ed infine enumera alcune novit� negli indirizzi della Suprema Corte (Giovanni Lancia). CARLO MARIA BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di opere pubbliche (Osservaz. a Cass. 17 novembre 1984 n. 5840 e 5841, 22 settembre 1984 n. 4019) in Foro It., gennaio 1985, I, 131. L'Autore della nota esprime perplessit� in ordine alle sentenze annotate che hanno ritenuto devoluta al Giudice ordinario la cognizione delle domande proposte contro la Pubblica Amministrazione in relazione a provvedimenti di rescissione dell'appalto adottati dal contraente pubblicoai sensi de11'art. 340 1. 20 marzo 1865 n. 2248 a11. F. Vengono citati nell'articolo vari precedenti giurisprudenziali e confrontate fra di loro le stesse sentenze annotate al fine di far emergere varie incongruenze che rendono auspicabile un sollecito intervento delle Sezioni Unite al fine di delimitare in modo definitivo l'ambito della giurisdizione negli appalti di opere pubbliche (Ettore Figliolia). 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ANTONIO CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo, in T.A.R. n. 12, dicembre 1984, parte Il, pag. 403. L'Autore prende le mosse della propria analisi da un esame del concetto di irreparabilit� del danno, presupposto della concessione della misura cautelare, trattando, poi, della funzione e natura della pronunciacautelare e dell'esame svolto dal giudice sulla ammissibilit� e fondatezza della pretesa azionata; vengono poi richiamati gli �insegnamenti tradizionali della dottrina e della giurisprudenza in tema di sospensione degli effetti dell'atto impugnato nonch� la pi� recente elaborazione giurisprudenziale in materia. L'Autore prosegue segnalando l'ampiezza della tutela cautelare, e trattando dell'attivit� amministrativa conseguente all'adozione della misura cautelare e dei correlativi poteri del giudice in sede di esecuzione coattiva delle decisioni cautelari, nonch� delle condizioni per la detta esecuzione. 1 Prosegue poi esaminando la tutela delle posizioni soggettive incise dall'attivit� posta in essere dall'Amministrazione in esecuzione di tina misura cautelare e da quella sostitutiva eventualmente posta in essere dal giudice, e conclude, infine, con cenni sulla tutela cautelare dei diritti soggettivi (Enrico De Giovanni). VITTORIO BAROSO, L'ordinanza relatj,va alla sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato; brevi riflessioni sulla necessit� e sull'oggetto della motivazione, in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pagg. 941-44. L'Autore sottolinea positivamente la inversione di tendenza operatadalla ordinanza del T.A.R. Piemonte che annota, la quale, a differenza delle solite ordinanze che decidono sulla istanza di sospensione, consta di una ampia motivazione, rispettando cos� il disposto dell'ultimo comma dell'art. 21 1. T.A.R. Critica, invece, l'oggetto della motivazione della ordinanza medesima, la quale invece di soffermarsi come avrebbe dovuto, sul c.d. periculum in mora, approfondisce la questione relativa allo svolgimento di adeguata istruttoria da parte dell'Amministrazione e, cio�, in definitiva, il c.d. fumus boni iuris, ossia il motivo del ricorso (Gabriella Palmieri). SALVATORE BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte della P. A., in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pp. 868-74. � Commento alla sentenza del tribunale di Napoli del 19 ottobre 1983, segnalata alla attenzione del lettore, in quanto si discosta dall'orientamento giurisprudenziale iniziato dalle SS.UU. con la nota sentenza n. 1464 del 26 febbraio 1983 come sintomo di una inversione di tendenza, rispetto ad essa, ritenuto dahl'Autbre de1la nota fonte di trattamento gravemente e doppiamente discriminatorio per il soggetto colpito da fatto illecito della P. A. rispetto al soggetto nei confronti del quale la stessa P. A. abbia operato legittimamente (Gabriella Palmieri). � PIETRO BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo in / T.A.R. n. 11, novembre 1984, parte II, pag. 351. L'Autore, dopo aver sottolineato l'importanza assunta dall'incidente di sospensione della esecuzione dell'atto amm:inistrativo impugnato nel processo amministrativo, segnala l'emergere di un ampliamento dell'applicazione delle mis.ure cautelari, pur nella variet� di posizioni assunte dalla giurisprudenza; esamina, quindi, gli aspetti sostanziali del potere cautelare, in particolare nelle formulazioni dell'art. 39 t. u. Cons. St. e del PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA J.OJ l'art. 21 1. istitutiva dei T,A.R.,.con particolare riguardo alla parola ~atto� contenuta in quest'ultima norma, sostenendo la natura sostanzialmente ampiinistrativa, pur se esercitata in forme giurisdizionali, del provvedimento di sospensione, considerata in particolare la valutazione dei � prevalenti interessi�. L'Autore svolge quindi alcune considerazioni sui presupposti del potere sospensivo; esaminando la formula �danni gravi ed irreparabili� (e quindi la posizione di interesse del ricorrente), la rilevanza del fumus boni iuris, e la caratterizzazione dei �prevalenti interessi �, passa, poi, ad illustrare gli oggetti della cautela amministrativa, es�minando in particolare il silenzio della Pubblica Amministrazi�ne ed il comportamento amministrativo nella giurisdizione esclusiva, nonch� segnalando le implicazioni nel giudizio cautelare della formula del � silenzio rifiuto�. Quindi nell'articolo si illustrano contenuti ed effetti delle ordinanze di sospensione, e meccanismo giuridico della cautela, la sospensione degli atti ablatori, gli effetti ripristinatori automatici, la problematica relativa agli atti negativi, l'ammissione con riserva e la sospendibilit� di atti negativi a contenuto discrezionale. L'Autore tratta, inoltre, delle ordinanze istruttorie e dell'incidere della sospensione sull'operativit� del rapporto amministrativo, dell'ambito di efficacia della sospensione e della sua eventuale retroattivit�, concludendo con riflessioni sull'appellabilit� dei provvedimenti di sospensione e sulla revocabilit� delle ordinanze (Enrico De Giovanni). SALVATORE BRIGNOLA, Gli atti soprassessori, in Foro Ammin., 1984, fas~. 7-8, 1623-84. L'Autore distinti gli atti soprassessori dai provvedimenti negativi, esamina varie figure di essi, tenendo conto dei problemi che si agitano intorno a ciascuna (Giovanni Lancia). ANTONIO CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit� di esproprio, in Riv. Giur. ed. 1985, fase. 1, I, pp. 47-51. ( L'Autore analizza compiutamente i problemi relativi alla esatta delimitazione dell'ambito di efficacia delle dichiarazioni di incostituzionalit� delle norme contenute nella legge n. 865/71, richiamando il parere numero 3017/83 reso dalla Avvocatura Generale dello Stato per l'attenta disanima dell'aspetto inerente alle aree edificabili (Gabriella Palmieri). � ANTONIO CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica: considerazioni a prima lettura di due recenti decisioni del Consiglio di Stato, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 754-60. Nota a due sentenze del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 marzo 1984, n. 152 e id. 27 marzo 1984 n. 184, con le quali il Consiglio di Stato � tornato sulla estensione del concetto di opera pubblica e sui rapporti tra operapubblica e pianificazione urbanistica. L'Autore approfondisce l'aspetto relativo alla inesistenza, nella legge fondamentale sulle espropriazioni di una norma che s�bordini ai fini espropriativi l'accertamento che l'opera pubblica sia conforme alle previsioni urbanistiche e sottolinea come il legislatore si vada orientando verso un sostanziale e formale raccordo tra il momento espropriativo e quello di conformit� dell'opera, realizzando un modello di procedimento nel quale i due momenti sfociano nella raggiunta disponibilit� dell'area o nella raggiunta compatibilit� �lell'opera (Gabriella Palmieri). 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO MARCO COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della pubblica amministrazione alla occupazione appropriativa, in Riv. Giud. ed. 1985, fase. l, II, pp. 3.22. L'Autore prende spunto dalla nota sentenza delle SS.UU. n. 1464 del 26 febbraio 1983 per ripercorrere le tappe del precedente� orientamento giurisprudenziale e dottrinale e per rimeditarne criticamente le conseguenze, soprattutto sotto l'aspetto relativo alla affermata irrilevanza della espropriazione tardiva ed alla pretesa prescrizione del risarcimento del danno (Gabriella Palmieri). GIOVANNI D'ANTINO SETTEVENDEMMIE, Ancora sull'impugnabilit� ex se delle deliberazioni negative della sezione del Controllo dello Stato della Corte dei Conti, in Foro Amm., 1984, fascicolo 9-10, 1832-39. L'Autore premessi alcuni cenni sulla storia del problema esaminato, considera criticamente le argomentazioni della decisione 20 ottobre 1983 del T.A.R. Lombardia con cui � stata asserita l'impugnabilit� ex se degliatti negativi di Controllo della C.d.C. (Giovanni Lancia). LucIO MAR.oTTA, Sull'obbligo della P.A. di fissare i termini di cui all'art. 13 della L. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese nei piani di edilizia economi�a e popolare previsti dalla L. 18 aprile 1962 n. 167, in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3219-3224. Prendendo le mosse dalla decisione 23 maggio 1984 n. 11 della A.P. del Consiglio di Stato, l'autore critica Porientamento giurisprudenzialeavallato da detta pronunzia, sostenendo invece, in contrasto, peraltro, anche con SS.UU. n. 5516 dell'8 settembre 1983, la distinzione tra termini di efficacia dei piani, rilevanti ai soli fini della programmazione urbanistica, e termini di cui all'art. 13 L. n. 2359/1865, volti a garantire il corretto espletamento della procedura espropriativa (Massimo Salvatorelli). EUGENIO MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti sulla Teoria del procedimento Amministrativo, in Foro Amm., 1984, fase. 12, 2543-53. L'Autore esaminate le due posizioni sul punto della Dottrina e della Giurisprudenza, da lui definite n� divergenti n� convergenti, quanto piuttosto reciprocamente ignorantesi, le critica e prospetta sommariamente una possibile soluzione del problema (Giovanni Lancia). FABRIZIO PIETROSANTI, Indennit� di espropriazione e criteri di determi-� nazione: limiti e conseguenze della declaratoria di incostituzionalit�, (osservaz. a Corte Costituzionale, 30 luglio 1984 n. 231, Cass. 24 ottobre 1984 n. 5401 e 23 ottobre 1984 n. 5383), in Foro It., 1985, gennaio, I, 46. In occasione ed alla luce delle decisioni annotate adottate in tema di indennit� di espropriazione e di occupazione per pubblica utilit�, l'autore dell'articolo affronta alcuni dei problemi pi� importanti scaturenti dalle declaratorie di incostituzionalit� dei criteri di determinazione posti dall'art. 16, 5�, 6� e 7� comma della L. 22 ottobre 1971 n. 865 come modificati dall'art. 14 L. 28 gennaio 1978 n. 10 e riproposti con intento di temporaneit� della I. 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe (Ettore Figliolia). I I ~ I ! 1 ! f (. f f f. I i ! ~ PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA ANDREA RAI.Lo, Profili costituzionali e nuove prospettive in tema di esecuzione del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di concessione edilizia, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 721-32. Nota critica alla sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 febbraio 1984 n. 94, con la quale si � affermato che, in sede di esecuzione del giudicato relativo all'annullamento del diniego di concessione edilizia, rileva la normativa vigente al momento della notifica della sentenza e tale principio, essendo di formazione esclusivamente giurisprudenziale, non � suscettibile di sindacato di legittimit� cosituzionale. L'Autore si sofferma, dopo una accurata disamina dei precedenti giurisprudenziali in materia, sul profilo attinente agli artt. 24 e 113 Cost., considerando .come la Costituzione abbia radicalmente mutato la disciplina e lo spirito del rapporto tra privato e P.A. L'Autore elabora, infine, una ipotest di lavoro basata sulla separazione, nel procedimento concessorio (o autorizzativo) tra il momento dichiarativo -costitutivo dello ius aedificandi in capo al privato e il momento operativo del diritto stesso, proprio al fine di rendere effettiva ila tutela delle posizioni giuridiche soggettti.ve del privato (GabriellaPalmieri). LUIGI SCHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori, agenti e di11endenti degli enti territoriali, e degli altri enti pubblici, in Riv. Trim. dir. pubbl. 1984; 932 ss. L'Autore �premette un'ampia ricostruzione storica del processo contabile, con riferimento all'originaria ripartizione di competenza tra Corte dei Conti e Consiglio di Prefettura a seconda che si trattasse di conto erariale ed alle innovazioni introdotte dalla legge com. e prov. del 1898 e dalla successiva del 1934. Vengono poi esaminati gli effetti della sentenza n. 55 del 3 giugno 1966 della Corte Costituzionale, che dichiar� l'illegittimit� della norma sulla composizione e sul funzionamento dei Consigli di Prefettura nonch� alcuni profili sostanziali e procedurali del giudizio di contro (Vincenzo Nunziata). IGNAZIO SCOTTO, Potere dei giudici nei confronti della P.A. Atti della Conferenza tenuta a Lucera presso il Centro di studi giuridici il 19 . novembre 1983, in Consiglio di Stato, marzo 1985, Il, pagg. 466 ss. Interessanti considerazioni sul rapporto potere giudiziario -potere esecutivo vengono svolte dall'autore su di un argomento di viva attualit�. La disamina si sviluppa intorno alla tematica della rilevata necessit� di un collegamento e di una fattiva collaborazione tra il P. M. e l'attivit� amministrativa in generale, che deve ritenersi, allo stato, insussistente. Muovendo dalla considerazione che l'attivit� del P. M., in quantosostanzialmente amministrativa, deve essere informata alle direttive generali segnate dal governo per l'esercizio di ogni pubblica funzione, l'autore passa ad esaminare i guasti che costituiscono le conseguenze pi� vistose dello scollamento tra i due poteri. L'analisi si sofferma in particolare, dopo aver esaminato gli istituti della pregiudizialit� e della � res iudicata �, sull'istituto della disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo, sotto il profilo delle possibili conseguenze penali derivanti al privato che abbia uniformato la propria condotta al provvedimento medesimo e si conclude con l'auspicio .che l'A.G.O. non trasformi in strumento di responsabilit� pe 1.08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nale un istituto che, conformemente alle origini storiche e alla propria � ratio �, � stato concepito come essenziale strumento di difesa del cit tadino (Diana Cairo). DIRITTO CIVILE MAURIZIO CERCHIARA, L'applicabilit� dell'art. 2932 e.e. alla P.A., in Giust. Civ., 1984, parte I, p. 3404-3406. A commento della pronunzia delle SS.UU. n. 5838 si ripercorre brevemente la strada compiuta dalla giurisprudenza in subiecta materia, e si manifesta sostanzfale assenso all'orientamento espresso con la sentenza, pur con qualche perplessit� connessa ai problemi di applicabilit�dell'art. 2932 e.e. anche laddove vi possa esser luogo per una ulteriore valutazione discrezionale da parte della P.A. (Massimo Salvatorelli). ADRIANO DE LUPIS, Prelazione e uguaglianza, in Riv. Trim. di dir. e proc. civ., n. 1, Marzo 1985, 41 ss. � I Attraverso una sintetica ricognizione della sfera di applicazione della I prelazione, l'autore esamina le ragioni che giustificano la deroga che l ~ l'istituto comporta al principio costituzionale� di uguaglianza. L'indagine r.: viene svolta alla luce delle profonde differenze di carattere funzionale, , strutturale e normativo esistenti fra i vari tipi di prelamone, :in relazione , al diverso oggetto a fondamento di essa. .Cos� la prelazione avente ad oggetto l'acquisto di un diritto pu� avere fonte legale o convenzionale. La prima, spiega il De Lupis, � ispirata ad un'adeguata e specifica ragione sociale, diversa a seconda delle varie fattispecie, atte a giustificare ' cos� la limitazione del potere di disposizione a carico del soggetto da cui proviene l'acquisto come la deroga al principio di uguaglianza. L'impor I~ tanza della ragione sociale, ispirante la prelazione legale, fa s� che questa sia tutelata anche esternamente attraverso l'esercizio del diritto di riscatto. Tutela che � ancora pi� efficace nella prelazione in favore dello Stato, atteso il fine di interesse pubblico cui essa � rivolta. Anche nella prelazione convenzionale, argomenta l'autore, gli interessi patrimo Iniali o morali che possono indurre le parti ad assumere l'obblig� della preferenza sono atti a giustificare la limitazione del potere dispositivo e la deroga al principio di uguaglianza. Infine, nel tipo di prelazione I avente ad oggetto Ja reai1izzazione di un diritto, sia essa iegale o co:nvenzionale, la deroga a quella importante manifestazione del principio di uguaglianza che � ravvisabile nella regola della par condicio credito-. I rum, � senz'altro giustificata dalla valutazione della particolare natura del credito ed � comunque delimitata, per quanto riguarda i beni del debitore su cui la prelazione si esercita (Maria Letizia Guida). SERGIO DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una rilettura, (Nota a Cass. 6 agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, I, 2825. L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza della S.C. di Cassazione n. 5274 del 6 febbraio 1983 con la quale � stato affermato che non sussiste in capo al compratore l'onere di contenere il pregiudizio risarcibile, rimpiazzando la merce non fornita tempestivamente dal debitore, per illustrare una serie di decisioni sia della Corte di legittimit� PARTll II, RASSEGNA DI OOTl'RINA che di quelle di merito rese in relazione a diverse fattispecie di inadempimento contrattuale con particolare riguardo al problema affrontato dalla decisione annotata (Ettore Figliolia). MARIO FINOCCHIARO, Sull'applicabilit� dell'Art. 1341, comma 2�, e.e. ai contratti della P.A., in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3259-60. In sede di primo commento alla ben nota Cass., sez., I, 29 settembre 1984 n. 4832, si ripercorrono alcuni dei pi� significativi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tema di clausola vessatoria (Massimo Salvatorelli). MASSIMO FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa nell'assicurazione dei veicoli a motore, in Riv. Trim. di dr. o proc. civ., n. 4, dicembre 1984, 1039 ss. Affermata la necessaria coesistenza tra l'obbligazione risarcitoria ex art. 2054 e.e. (e da correlativa azione) con quella parimenti risaircitoria posta a carico dell'assicuratore del danneggiante dall'art. 18 legge n. 990/1969, l'attore affronta il problema del rapporto intercorrente tra le suddette obbligazioni ed il correlativo esercizio delle rispettive azioni. Attraverso un'analisi critica delle principali tesi formulate da coloro che negano il nesso di solidariet� fra l'obbligazione dell'assicuratore e quella del danneggiante -assicurato, -egli perviene alla conclusione che entrambe le obbligazioni debbono ricondursi allo schema astratto della solidariet� dei vincoli, illustrando la sua tesi alla luce dei pi� recenti risultati raggiunti da dottrina e giurisprudenza in materia di solidariet�. Viene infine esaminato il diritto di rivalsa dell'assicuratore; dopo aver premesso brevi cenni sul concetto di rivalsa e sulla necessit� di mutuare il contenuto del diritto dall'istituto della surroga assicurativa e dal concetto di regresso, l'Autore esamina compiutamente i due istituti, concludendo con un esame critico della dottrina e giurisprudenza in argomento (Maria Letizia Guida). GIOVANNI GIACOBBE, Prime impressioni... tecniche su una contrastata sen� tenza, in Giust. Civ., 1984, I, p. 2959-61. � Traendo spunto dalla nota sentenza (23 ottobre 1984) resa dalle Sezioni Unite penali della Cassazione e dalla sentenza 18 ottobre 1984 n. 5259 della sezione I civile, vertenti in materia di limiti al diritto di cronaca, l'Autore si sofferma brevemente sui rapporti tra esercizio di diritti costituzionalmente garantiti e rilevanza penale dei comportamenti che costituiscono applicazione degli stessi, sottolineando come i principi enunciati dal S.C. non siano difformi dal precedente costante orientamento, e debbano comunque essere letti alla luce dei particolari casi sottoposti al giudizio della Corte (Massimo Salvatorelli). DOMENICO PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge dell'equo canone (Osservaz. a Cass. 25 luglio 1984 n. 4360), in Foro lt., 1985, gennaio, I, 200. L'articolo costituisce un commento con vasti richiami giurisprudenziali alla sentenza annotata la quale, statuendo l'applicabilit� dell'art. 11 1. n. 392/78 ai contratti di locazione soggetti alla disciplina transitoria chiaro snaturamento della tutela cautelare; e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. chiaro snaturamento della tutela cautelare; e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. 110 RASSEGNA DEIL1AVVOCATURA DEI.LO STATO della medesima legge, da una parte ha verificato la incompatibilit� dell'art. 4 I. 841/73 con l'art. 11 I. 392/78, osservando come l'applicazionedella norma successiva ai rapporti gi� in corso non costituisce violazione del principio dell'irretroattivit� in quanto incidente su uno degli effetti del contratto; dall'altra sottolineando la irrilevanza dell'omesso richiamo della disposizione aJ?plicata nel regime transitorio della I. 392/78 stante il principio che i punti non disciplinati espressamente dalle norme transitorie ,devono ritenersi regolati dalla disciplina definitiva (Ettore Figliolia). GIOVANNI VALCAVI, Evitabilit� del maggior danno ex art. 1227, 2� comma e.e., e rimpiazzo della prestazione non adempiuta (Nota a Cass. 6 agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, I, 2820. L'Autore dell'articolo critica la decisione annotata con la quale la S.C. di Cassazione, in relazione al problema della responsabilit� del creditore per non essersi attivato al fine della sostituzione aliunde del bene non prestato dal debitore cos� da contenere il pregiudizio risarci-� bile, ha operato un revirement rispetto all'orientamento giurisprudenziale prevalente, affermando che non sussiste in capo al creditore l'onere di. rimpiazzare la merce non fornitagli dal venditore anche se facilmente reperibile sul mercato (Ettore Figliolia). I CARLO ZOLI, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro, in I Giust. Civ., 1984, parte II, p. 423-444. I ~ L'Autore delinea, con diffusa e puntuale trattazione, il cammino percorso dalla giurisprudenza, che � giunta ad affermare (pur con incertezze e ripensamenti) l'esistenza nel diritto del lavoro di posizioni di interesse legittimo in capo ai privati tutelabili dinanzi l'A.G.O .. L'analisi considera come punto cardine la nota pronunzia della Cass. SS.UU. 2 no I vembre 1979 n. 5688 e, al termine di una rassegna giurisprudenziale sui I ~ profili pi� significativi (quali correttezza e buona fede, concorsi, ecc.) si sofferma su alcuni spunti dottrinali e sugli interessi legittimi � di diritto pubblico� nell'ambito del diritto del lavoro (Massimo Salvatorelli). PROCEDURA CIVILE I GIOVANNA CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidente di legittimit�'costituzionale, in Riv. dir. process. 1985, 124 ss. L'Autore affronta la assai interessante e dibattuta questione, della compatibilit� tra procedimento di urgenza ed incidente di legittimit�costituzionale. Vengono esaminati innanzitutto gli orientamenti della giurisprudenza di merito che possono ricondursi a tre linee fondamentali: a) rimessione degli atti alla Corte dopo la emissione del provvedimento, con evidente venir meno della rilevanza, come pi� volte ritenuto dalla Corte stessa; b) rimessione anteriore alla emissione del provvedimento, con PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA Ritenuta la incompatibilit� delle prime due vie, l'Autore pervienealla conclusione, peraltro difficilmente condivisibile, che in sede cautelare il giudice possa disapplicare la legge ritenuta incostituzionale (Vincenzo Nunziata). MARIA GIULIANA CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: or~entamenti giurisprudenziali in tema di ricorribilit� in Cassazione ex art. 111, 2� comma Cost. (Nota a Cass. 22 gennaio 1983 n. 618 e 22 gennaio 1982 n. 444), in Foro It., 1984, novembre, I, 2844. L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza annotata per procedere ad una analisi della giurisprudenza riguardo al problema dell'ammissibilit� del ricorso in Cassazione dei provvedimenti camerali che trovano Ja loro disciplina generale negli artt. 737 SS. c.p.c. (Ettore Figliolia). VANNA COCCHI, Oreintamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi del giudicato e di impugnative negoziali (Nota a Cass. 15 maggio 1984 n. 2965), in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2957. Premessa una esauriente ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali esistenti in materia di limiti oggettivi del giudicato emesso su impugnativa di atti negoziali, l'autore dell'articolo da un lato accoglie la soluzione data dalla sentenza annotata che maggiormente protegge l'intangibilit� del giudicato e l'integrit� della tutela da esso attri� buito, dall'altro critica alcune ambiguit4 espresse nella motivazione della medesima pronuncia che sembrano ridimensionare il principio accolto e sopra richiamato (Ettore Figliolia). EDOARDO GARBAGNATI, La dichiarazione d'incostituzionalit� dell'art. 648, II c., c.p.c., in Riv. dir. process. 1985, 1 ss. L'Autore si sofferma sulla recente sentenza n. 137/84 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 648, II c. esaminando l'attuale portata della norma nel senso che il II comma cos� come modificato dalla sentenza, abbia perso ogni concreto significato. L'Autore si sofferma altres� sulla � vexata quaestio �, della ammissibilit� della sentenza c.d. sostitutiva o manipolativa della Corte Costituzionale (Vincenzo Nunziata). DANTE GROSSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 700 c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare, in Giust. Civ., 1984, I, 3115-3124. Alla luce dei principi enunciati dal S.C. su alcune delle pi� attuali questioni in materia di tutela atipica, l'Autore si diffonde criticamente sui temi: A) Del potere cautelare dell'A.G.O. in materia di cognizioneesclusiva del giudice Amministrativo; B) della proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione in sede di Art. 700 c.p.c.; C) della sospensione ex art. 357 c.p.c. in caso di tutela cautelare; D) della condanna alle spese. In particolare, nelle questioni di cui alle lettere B, C e D, l'Autore, con interessante esposizione, contesta le conclusioni cui per 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO viene la Cassazione, rilevando altres� l'uso eterodosso che de~li stru menti forniti dalla tutela cautelare e dal regolamento di giunsdizione suol farsi nella prassi forense (Massimo Salvatorelli). ALBERTO LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle modificazioni di competenza, in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 4, dicembre 1984, 1192 ss. Dopo aver illustrato le modificazioni della competenza del conciliatore e del pretore, l'Autore si sofferma sui nuovi poteri generali di equit�del conciliatore, sui presupposti di ammissibilit� della domanda in forma orale. davanti ai suddetti giudici, nonch� sulla inappellabilit� della sentenza del conciliatore. Vengono quindi esaminate le eterogenee disposizioni contenute nell'art. 6 della nuova legge sulla competenza, i nuovi criteri di determinazione del valore delle controversie relative a beni immobili, le disposizioni transitorie, segnalandosi infine alcune sviste di coordinamento formale del legislatore (Maria Letizia Guida). GIAMPIERO SoNNORI, Ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza di un tUolo esecutivo in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 1, marzo 1985, 134 ss. Dopo aver sinteticamente esposto le opinioni favorevoli e contrarie all'ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo, l'Autore affronta il problema, muovendo da un'impostazione me. todologica diversa da quella tradizionalmente seguita, che tiene conto soprattutto del particolare tipo di rapporto che corre tra titolo esecutiv� e sequestro. conservativo. In quest'ottica, egli individua ed esamina tre diversi tipi di situazioni, a seconda che si sia in presenza di un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, di una sentenza passata in giudicato ovvero di una sentenza di primo grado parzialmente esecutiva o di appello non passata in giudicato. Soltanto nel primo caso, secondo l'Autore, la cautela pu� essere chiesta e deve essere concessa dal giudice, purch� si presentino realizzate le normali condizioni del fumus boni iuris e del periculum Nelle altre situazioni, invece atteso il carattere necessariamente fun. � zionale della misura cautelare rispetto all'attuazione della tutela sostanziale, ed il meccanismo della conversione, la cautela dovr� essere sempr~ negata in quanto astrattamente inammissibile (Maria Letizia Guida). VARIE GIUSEPPE FICI, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati, in particolare nella fase dell'impugnazione, in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3299-3304. A commento della pronunzia resa dalle SS.UU. della Cassazione in data 5 luglio 1984 (n. 3951) in sede di impugnazione di una pronunzia della sezione disciplinare del C.S.M., ci si sofferma su alcune rilevanti questioni processuali risolte dal S.C.; in particolare, sull'interpretazione del termine �sentenza� di cui al.l'Art. 12 L. n. 1/81, su11a competenza per le valutazioni di merito e sulle garanzie di difesa del magistrato (Massimo Salvatorelli). PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE DALLE RIVISTE ESAMINATE DIRITTO AMMINISTRATIVO AA.W., L'espropriaz;one per puf?blica utilit�. Maggioli, Rimini, 1984. Il volume, curato da A. Clarizia, raccoglie gli atti della tavola rotonda tenutasi a Salerno il 23 febbraio 1984, con interventi di vari giuristi tra cui G. Abbamonte, A. De Roberto e V. Spagnolo Vigorita, nonch� un'accurata documentazione comprensiva di circolari, sentenze e disegnidi legge (Enrico De Giovanni). S. CASSARINO, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giuriprudenza, vol. I Giuff�, Milano, 1984. L'opera contiene l'esposizione sistematica delle norme sul processoamministrativo e di tutta la giurisprudenza dal dopoguerra ad oggi, strutturandosi in una prima parte sui presupposti ed in una seconda sullo svolgimento del giudizio (Enrico De Giovanni). E. FALLIERI, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi. Solfanelli, Chieti, 1984. ' L'interessante opera � divisa in 4 capitoli: dopo una parte introduttiva l'Autore approfondisce lo studio degli inte:r;essi c.d. �oltremodo� protetti, dei c.d. interessi pretensivi, e tratta infine in particolare del problema del risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi(Enrico De Gicwanni). GIUSEPPE LANDI, L'espropriazione per pubblica utilit�. Commentario di legislazione amministrativa a cura di F. Piga. Giuffr�, Milano, 1984, pp. 214. Esame analitico, ricco di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali di tutta la problematica relativa alla espropriazione per p.u. (Gabriella PalInieri). P. MARCHESE, Il silenzio nel Diritto amministrativo. Pirola, Milano, 1983. L'Autore illustra gli aspetti salienti dell'istituto del silenzio nel diritto amministrativo. (Enrico De Giovanni). PROCEDURA CIVILE CELSO EDOARDO BALBI, La decadenza nel processo di cognizione. Giuffr�, Milano, 1985, pp. 1-496. Lo studio e la ricerca del punto di equilibrio fra pesi e contrappesi, fra decadenza e rimedi restitutori, fra accelerazione del processo e resti RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 114 tuzione come esercizio del diritto di difesa: in ci� pu� individuarsi il motivo conduttore della monografia. . Il tutto verificato saggiamente sia con l'evoluzione storica sia con interessanti raffronti con ordinamenti stranieri (Maria Letizia Guida). FERRUCCIO TOMMASEO, I provvedimenti d'urgenza (struttura e limiti dalla tutela anticipatoria). Padova, Cedam, 1983 pp. XI 381. L'idea ispiratrice dell'opera � enunciata dallo stesso autore: �la consapevolezza che lo studio della tutela cautelare urgente deve ricercare i criteri che contribuiscano a stabilire un corretto rapporto tra anticipazione e giudizio di merito, � il motivo ispiratore di questo libro �. Si presenta come punto focale di tutta la prima parte dello studio quellodi collegare e raccordare strettamente il provvedimento d'urgenza col giudizio di merito. Emerge inoltre, la preoccupazione dell'Autore di riaffermare la struttura cautelare del procedimento, di puntualizzare e circoscrivere i poteri e le funzioni del giudice, l'attivit� delle parti, senza sopravvalutare le eventuali utilizzazioni devianti compiute da una prassi soven~e incontrollata. � da segnalare l'ultimo capitolo della monografia che si occupa del problema dell'esecuzione dei provvedimenti di urgenza e nel quale si leggono indicazioni originali e interessanti (Maria Letizia Guida). RASSEGNA DI LEGISLAZIONE LEGGI E DECRETI (*) -L. 4 febbraio 1985 -� Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 6 dicembre 1984 n. 807 recante disposizioni urgenti in materia di trasmissioni r�diotelevisive � in G. U. n. 30 del 5 febbraio 1985; -D.L. 21 febbraio 1985 -Disposizioni urgenti in materia di interventi nei settori dell'industria e della distribuzione commerciale in G. U. n. 46 del 22 febbraio 1985; -D.P.R. 14 febbraio 1985 n. 30 -Approvazione dello Statuto -regolamento dell'A.l.M.A. in Suppi. G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985; -L. 27 febbraio 1985 n. 52 -Modifiche al libro VI del cod. civ. e norme di servizio ipotecario in riferimento alla introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei Registri immobiliari in G. U. n. 56 del 6 marzo 1985; -Testo del D.L. 22 dicembre 1984 n. 901 coordinato con la legge di conversione 1� marzo 1985 n. 42 recante �Proroga della vigenza di alcuni termini in materia di lavori pubblici� in G. U. n. 59 del 9 marzo 1985; -L. 7 marzo 1985 n. 71 -Sistemazione finani:iaria della residua esposizione debitoria dei soppressi enti mutualistici nei confronti degli istituti bancari creditori in G. U. n. 62 del 13 marzo 1985; -D.L. 19 dicembre 1984 n. 853 convertito con modificazioni nella L. 17 febbraio 1985 n. 17 recante disposizioni in materia di I.V.A. e imposta sul reddito e disposizioni relative alla amministrazione finanziaria in Suppl. G. U. n. 69 del 21 marzo 1985; -Testo del D.L. 25 gennaio 1985 n. 8 coordinato con la leg~e di conversione 27 marzo 1985 n. 103 recante �Ripiano dei disavall7l� di amministrazione delle U.S.L. al 31 dicembre 1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie in G. U. n. 83 del 6 aprile 1985; -L. 25 marzo 1985 n. 121 -Ratifica ed esecuzione dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apportamodificazioni al Concordato Lateranense dell'll febbraio 1929 tra la Repubblica Italiana e la S. Sede in Suppi. G. U. n. 85 del 10 aprile 1985; -D.L. 23 aprile 1985 n. 146 -Proroga di alcuni termini di cui alla L. 28 febbraio 1983 n. 47 concernente norme in materia di controllo dell'attivit� urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opereabusive in G. U .. n. 97 del 24 aprile 1985; -D.P.R 22 marzo 1985 n. 199 e 200 -Autorizzazione dell'Avvocatura dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio rispet. tivamente dell'A.G.I. e del C.A.I. in G. U. n. 118 del 21 maggio 1985; ' -L. 20 maggio 1985 n. 206 -Ratifica ed esecuzione del protocollo, firmato a Roma il 15 novembre 1984 che approva le norme per la disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici in Suppi. G. U. n. 123 del 27 maggio 1985; (*) Si segnalano Gazzetta Ufficiale nei 14 alcuni mesi tra di i febbprovvedimenti raio-marzo-aprilenormativi -maggio e pubblicati nella giugno 1985. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ~ -L. 20 maggio 1985 n. 222 -Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del Clero cattolico in servizio nelle diocesi in Suppl. G. U. n. 129 del 3 giugno 1985; -L. 4 giugno 1985 n. 281 -Disposizioni sull'ordinamento della Commissione nazionale per le societ� e la borsa in Suppl. G. U. n. 142 del 18 giugno 1985. NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codice civile, art. 244, secondo comma, nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia .venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie. Sentenza 6 maggio 1985, n. 134, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. codice penale militare di pace, art. 180, primo comma. Sentenza 2 maggio 1985, n. 126, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, lett. b), 7, 8 .e 9. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1, secondo comma, nella parte in cui tiene ferme le disposizioni della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, artt. 2 e 3, in quanto applicabili ai patrocinatori di cui all'art. 6, lett. b), della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1, nella parte in cui tiene ferme le disposizioni della legge n. 283/1901. Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, e legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, c;ome sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955. Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge reg. siciliana 9 marzo 1959, n. 3 art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, riportato nell'art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, del testo unico delle leggi per l'elezione dei I I f: PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE consigli comunali nella regione siciliana approvato con decreto del presidente reg: siciliana 20 agosto 1960, n. 3, nella parte in cui prevede una situazione di ineleggibilit� anzich� di incompatibilit�. Sentenza 24 maggio 1985, n. 162, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 e legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 28 settembre 1955. Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge� 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, nella parte in cui non consente che valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al. servizio sociale, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione. Sentenza 13 giugno 1985, n. 185, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto �dige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976, art. 3. / Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codice civile, art. 2671 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 147, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice penale militare di pace, art. 58 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 157, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 57, nella parte in cui esclude che la tempestiva proposizione del ricorso contro l'ordinanza dell'intendente di finanza possa essere realizzata anche con la spedizione del ricorso stesso mediante raccomandata, e che in tal caso la data di spedizione equivalga alla data di presentazione (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1975, n. 121, G. U. 8 maggio 1985, n. 101-bis. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 136, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, secondo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1985, n. 169, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO r.dJ. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52, primo comma [convertito In legge 19 giugno 1940, n. 762] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1985, n. 121, G. U � �8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 3 novembre 1954, n. 1042 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 20 novembre 1955, n. 1179 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 4 marzo 1958, n. 174, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 13 giugno 1985, n. 179, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 18 marzo 1959, n. 132 (artt. 3, 5, 97 e 128 della Costituzione). Sentenza 6 maggio 1985, n. 131, G. U. 15 maggl.o 1985, n. 113-bis. legge 18 febbraio 1963, n. 67 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, nella parte in cui non prevede per il titolare di pensione la categoria dei fratelli e delle sorelle inabili al lavoro tra i soggetti che hanno titolo alle quote di maggiorazione della pensione (artt. 3 e 38 della Costituzione). Sentenza 26 aprile 1985, n. 120, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 27 luglio ~967, n. 658, art. 96, primo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 144, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 16-ter (artt. '3, 36, 103, 104, primo comma e 107, terzo comma, della Costituzione). Sentenza 6 maggio 1985, n. 133, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 21 marzo 1971, n. 276, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 163, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Senteriza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (art. 3 dell,a Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772 (artt. 2, 3 e 52 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (artt. 3 e 97 �della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 24 aprile 1975, n. 130, art. 7, secondo comma (art. 21 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 138, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. disegno di legge reg. aut. Valle d'Aosta approvato il 2 luglio 1976 e riapprovato il 30 settembre 1976 (artt. 3 della Costituzione e 2 e 3 statuto speciale Valle d'Aosta). Sentenza 14 maggio 1985, n. 150, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (artt. 107 e 108 dello statuto speciale TrentinoAlto Adige e artt. 70, 76, 77 e 87 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46 (artt. 89 e 100 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige. e artt. 3, 4, 35, 36 e. 97 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976 (artt. 41 e 120 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976, art. 4 (artt. 3 e 4 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G..U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge reg. Abruzzo 2 febbraio 1978, n. 9 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 143, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13 (artt. 8 e 9 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige) . . Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13, art. 8, ultimo comma (artt. 3, 4, 23, 31, 35 e 53 della Costituzione). Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 99, secondo comma, e 116, primo comma [sostituito quest'ultimo dall'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834], nella parte in cui prevede un termine quinquennale di prescrizione per la richiesta della pensione di guerra (art. 3 della Costituzione). Sentenza 2 maggio 1985, n. 125, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge reg. Abruzzo 28 dicembre 1978, n. 87, art. 15 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 153, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, lett. d) (artt. 1, 3, 51 e 76 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, primo comma, lett. b) (artt. 3, 33, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 24 aprile 1980, n. 146, art. 48 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 11, quarto comma, lett. a) (artt. 3, 33, 51 e 97 della Costituzione). Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 13, primo comma, n. 7 (artt. 3, 4 e 76 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giug?o 1985, n. 131-bis. d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 26 novembre 1981, n. 690 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 14 aprile 1982, n. 164, art. 1 (artt. 2 e 32 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1985, n. 161, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 40, primo comma (artt. 41 e 44 della Costituzione). Sentenza 25 maggio 1985, n. 168, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 23 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARTB II, RASSEGNA D� LEGISLAZIONE dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 20, terzo e settimo comma [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 53 della Costituzione). Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. III -QUESTIONI PROPOSTE codice civile artt. 6, 143-bis, 236, 237, secondo comma e 262, secondo comma (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. codice civile, art. 291 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 120/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. codice civile, art. 956 (artt. 41 e 42 della Costituzione). Tribunale di Castrovillari, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 3/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice civile, art. 2109 (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Aosta, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 66/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. codice civile, art. 2195 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. codice civile, art. 100 disposizioni di attuazione (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice di procedura civile, art. 437, secondo comma (art. 3 della Costituzione. Tribunale di Foggia, ordinanza 5 luglio 1984, n. 54/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. codice di procedura civile, art. 444, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 18 settembre 1984, n. 1310, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. codice penale, art. 162 (art. 3 della Costituzione) Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 9 novembre 1984, n. 81/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO - codice penale, art. 385, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Sal�, ordinanza 11 gennaio 1985, n. 130, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. codice penale, art. 530, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Leonforte, ordinanza 26 novembre 1984, n. � 33/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice. di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). Giudice istruttore tribunale di Treviso, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 1328, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. I codice di procedura penale, art. 226-quater, settimo comma (artt. 3, 15 e 24 della Costituzione). Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giu I gno 1985, n. 149-bis. codice di procedura penale, art. 226-quater, ottavo comma (arj;, 24 della I Costituzione}. Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. I I !: m codice procedura penale, art. 263, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). I Corte di cassazione, ordinanze (due} 12 gennaio 1985, nn. 227 e 228/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Corte di cassazione, ordinanze (due) 15 gennaio 1985, nn. 153 e 154, G. U. I 12 giugno 1985, n. 137-bis. codice di procedura penale, art.. 586, quarto capoverso (art. 3 della Costi I tuzione}. Pretore di Prato, ordinanza 22 novembre 1984, n. 12/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. I codice penale militare di pace, art. 186, secondo comma (art. 25 della Costituzione). I ~ Tribunale militare di Padova, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1314, G~ U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. ?: >� i f: codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (art. 25 della ! t Costituzione}. ' Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 1337, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE ~ codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale militare di Padova, ordinanza 11 ottobre 1984, n. 1317; G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 22 marzo 1908, n. 105, artt. 1 e 7 [cos� come sostituita con leggi 11 febbraio 1952, n. 63, e 16 ottobre 1962, n. 1498] (artt. 2, 35 e 41 della Costituzione). Pretore di Bra, ordinanza 5 dicembre 1984, n. 70/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 42, punto 3, e 58, all. A (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze 12 gennaio 1984, n. 65/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. t.u. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 53 (art. 23 della Costituzione). Tribunale di Genova, ordinanza 24 settembre 1984, n. 1329, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 73 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. r.d. 30 gennaio !941, n. 12, artt.�30 e segg. (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. !87, primo comma, e 160, primo comma, n. 1 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 (attt. 3 e 136 della Costituzione). Tribunale di Bologna, ordinanza 12 luglio 1984, n. 61/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 19 ge11naio 1955, n. 25, art. 21 (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 5 marzo 1984, n. 152/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 124 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 20 febbraio 1958, n. 93, art. 2 (artt. 3 e 38 della Cosiituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 198, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, tredicesimo comma (artt. 3 e 27 della Costituzione). Pretore di Grumello del Monte, ordinanza 2 maggio 1984, n. 1291, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 dell� Costituzione). � Tribunale di Firenze, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 1343, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. Pretore di Udine, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1371, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Pretore di Udine, ordinanza 6 novembre 1984, n. 1374, G. U. 15 maggio 1985, 11. 113-bis. ~ Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 4/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 30/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1984, n. 123/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1984, n. 160/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Latina, ordmanza 19 ottobre 1984, n. 1369, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma. Pretore di Alessandria, ordinanza 3 dicembre 1984, n. lJl/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Taranto, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 140, G. U. n. 143-bis. ' 19 giugno 1985, I !: i: f: i ! 1 ' > f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 12J d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 30 ottobre 1984, n. 1339, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 29/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 28 e 36 (art. 32 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 21 novembre 1984, n. 71/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 1 marzo 1968, n. 151, art. 3 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 28 gennaio 1985, n. 187, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, let. a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 43/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 3 luglio 1984, n. 1297, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1, 11 e 16, quarto comma (artt. 3, 4, 38 e 97 della Costituzione). Pretore di Torino, ordinanza 16 novembre 1984, n. 72/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G:�u. 22 maggio 1985,. n. 119-bis. legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 31 e 37 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 162/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 17 maggio 1976, n. 82/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. -� 1.26 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I legge 20 novembre 1971, n. 1062, art. 9 (artt. 24 e 104 della Costituzione). Giudice istruttore del Tribunale di Firenze, ordinanza 3 gennaio 198$, n. 114, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 30 dicembre 1971, n. 1024, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Siena, ordinanza 21 novembre 1984, n. 7/85, G.�U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 30 dicembre 1971, n. 1024, artt. 17, terzo e quarto comma (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 34 (art. 45 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 222-225/bis, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, tariffa ali. A, art. 4, lett. a), rt. 1 e 1-bis (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 19 luglio 1984, n. 11/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, primo comma {artt. 3 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanze (due) 5 novembre 1984, nn. 217-218/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25 (artt. 3, 8, 19 e 20 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pinerolo, ordinanza 19 luglio 1984, n. 28/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119/bis. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 �e 77 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanza 29 marzo 1984, n. 1325, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 11 {artt. 25 e 103 della Costituzione). PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3 e 28 dela Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 24/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, �artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Rimini, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1332, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. e) (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di . Genova, ordinanza 15 luglio 1984, n. 1344, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma (artt. 3; 38, 53 e 76 della Costituzione). (Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (tre) 4 luglio 1984, nn. 182-184/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 14 (art. 3 dela Costituzione). Commissione tributaria di primo grado qi Roma, ordinanza (sei) 22 marzo , 1984, nn. 101-106/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 8 marzo 1984, n. 107/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma ordinanze (due), 29 .marzo 1984, nn. 109-110/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanze (due) 2 febbraio 1984, nn. 108 e 111/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. d.P.R.. 29 settemb1�e 1973, n. 597, art. 14, primo comma (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 2 febbraio 1984, n. 1311, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 28 e 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione trj.butaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46, primo comma, e. 48 (art. 36 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 128 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). Commissione tributaria di secondo grado di Forl�, ordinanza 12 aprile 1984, n. 9/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Commissione tributaria di secondo grado di Forl�, ordinanza 12 aprile 1984, n. 8/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 1 C01i;i.missione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 18 febbraio 1984, n. 10/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 36 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 21 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 20 dicembre 1984, n. 197/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Lucera, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 25/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 4 (art. 125 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 27 gennaio 1983, n. 22/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72 e 80 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Milano, ordinanza 19 settembre 1984, n. 1309, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 73, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Genova; ordinanza 5 ottobre 1984, n. 48/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56, secondo comma (art. 3, 42 e 117 della Costituzione). I ~ ! Tribunale amministrativo regionale per �l Piemonte, ordinanza 3 luglio 1984, n. 63/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. S (artt. 3, 70 e 76 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 8 febbraio 1982, n. 51/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. ! I f legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 17 ottobre 1983, n. 1336/84, G. U. 15 maggio f 1985, n. 113-bis. f ~ f i !' ' f f PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 3 novembre 1984, n. 26/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 27 lug1io 1978, n. 392, artt. 38, 39, 40 e 41 (art. 42 della Costituzione). Pretore di Venezia, ordinanza 17 aprile 1984, n. 132/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 64 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Paola, ordinanze (due) 27 novembre 1984, n. 67 e 68/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Cagliari, ordinanza 7 agosto 1984, n. 38/85, G. U. 29 maggio, 1985, n. 125-bis. Pretore di Messina, ordinanza 5 novembre 1984, n. 39/85, G. U. 29 ,maggio 1985, n. 125-bis. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3 e 42 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 8 giugno 1983, n. 1295/84, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 7 febbraio 1979, n. 56, articolo unico (art. 45 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 15 ottobre 1979, n. 490, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 24, 25, 42 e 97 della Costituzione). Tribunale di Palmi, ordinanza 3 maggio 1984, n. 133/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dl. 3U dicembre 1979 n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). ,, Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. d.L 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3, primo comma, lett. b) [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). I Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Modena, ordinanza 17 novembre 1984, n. 73/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 29 febbraio 180, n. 33, art. 3, (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 130 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538 (artt. 3 e 76 della Costituzione). I Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. I d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, ultimo comma (art. 3 e 53 della Costizione). Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno I 1985, n. 137-bis. ~ d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 22 dicembre 1980, ri. 928, art. 2, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 28 maggio 1984, n. 165/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. legge prov. di Bolzano 16 febbraio 1981, n. 3, artt. 5, primo comma; 7, terzo comma, lett. b); 8, secondo comma lett. b); 12 primo comma; 23 24, 25, 26, '1:1, 28, 29, 30, 31 e 44 (art. 120 della Costituzione e 8 dello statuto reg. TrentinoAlto Adige). Corte d'appello di Trento, ordinanza 4 dicembre 1984, n. 23/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. , ! d.P.R. 2 giugno 1981, n. 271, artt. 1, 3 e 8 (art. 3 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 m�ggio 1983, I n. 1338/84, .G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. d.I. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] I (artt. 3 e 53 della Costituzione). i i Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, \ n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985; n. 131-bis. I I ! I I I PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto comma [conv. in legge 26 settembre '1.981, n. 537] (artt. 3 e 76 della Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 .ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. . d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto e sett�no corilma [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Agrigento, ordinanza 28 settembre 1984, n. 1296, G. U. 8 maggio 1985, n. 101-bis. Iene 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Pignataro Maggiore, ordinanza 19 novembre 1984, n. 1384, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Pretore di Lucca, ordinanza 28 luglio 1984, n. 40/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. � � Pretore di Lucca, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 41/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Piacenza, ordinanze (due) 7 novembre 1984, nn. 31 e 32/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). Tribunale di Udine, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 50/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, 11. 689, artt. 53 e 77, primo e secondo comma (art. 3 della Costituzione). (Pretore di Moncalieri, ordinanza 5 novembre 1984, n. 161/85, G. U. 12 giu� gno 1985, n. 137-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77, primo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Ragusa, ordinanza 2 luglio 1984, n. 37/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 62 (art. 25 della Costituzione). Pretore di Pietrasanta, ordinanze (due) 10 novembre 1984, nn. 1382 e 1383, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis e G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione) .. Pretore di La Spezia, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1308, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO / Pretore di Castel Baronia, ordinanza 5 novembre 1984, n; 15/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Pretore di La Spezia, ordinanza 27 novembre 1984, n. 21/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Pretore di Mirabella Belano, ordinanza 17 novembre 1984, n. 139/85, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 9 novembre 1984, n. 1340, G. U. 29 maggio 1985, n.. 125-bis. legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costit~ione). Pretore di Milano, ordinanza 6 settembre 1983, n. 1331/84, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, D. 131-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3 e 53 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 20 maggio 1982, n. 270, ai1� 40 (artt. 3 e 97 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 29 giugno 1984, n. 56/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (art. 3 e 38 della Costituzione). Pretore di Udine, ordi�.anza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). Tribunale di Novara, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 14/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZJOMB 1H dJ. 10 IUlllio 1982, n. 429, art. 28 [conv. in legge 7 qosto 1912, n. ,516) (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinaiiza 4 luglio 1984, n. 36/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125�bis. legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 8 (art. 23 della Costituzione). ,Pretore di Monza, ordinanza 23 gennaio 1985, n. 155, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. dJ. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9, secondo e� sesto comma {art. 3 della Costituzione). Pretore di Padova, ordinanza 30 luglio 1984, n. 79/S5, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. dJ. 30 aettembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in legge 27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). Corte di cassazione, ordinanze (due} 4 aprile 19M, nn. 1319 e 1321, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1320, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1323, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1324, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1322, G, U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55 [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] artt. 19, primo e secondo comma, 20, sesto, declmo e undicesimo comma (artt. 3, 23 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Pisa, ordinanza 13 ottobre 1984, n. 1378, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, quarto comma [aggiunto dalla legge di conversione 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). Corte dei conti, ordinanza 21 maggio 1984, n. 5/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30-bis [come introdotto dalla legge 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 22 novembre 1984, n. 55/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. legge 2 maggio 1983, n. 178 (artt. 2, 3, 32 e 41 della Costituzione). Pretore di Lonigo, ordinanza 19 novembre 1984, n. 170/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. RASSEGNA DELL'AVVOCATUR/\ DELLO STATO legge. 4 maggio 1983, n. 184, art. 79 (artt. 3, 30 e 31 della Costituzione). Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 6/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. � d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. S, quattordicesimo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (art. 3 della Costituzione). Pretore di Firenze, ordinanza 21 giugno 1984, n. 1345, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis: dl. 12 settembre 1983, n. 463, art. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). Tribunale di Parma, ordinanza 19 dicembre 1984, n. 78/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137 bis. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. Pretore di Roina, ordinanza 8 novembre 1984, n. 53/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137~bis. legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (art. 101 della Costituzione). Pret~re di Padova, ordinanza 6 no.vembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bts. � d.L 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo comma (artt. 3 e 53 della Costi� tuzione). . Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984 n. 74/85 G. U. 26 giugno 1985 n. 149-bis. '\ ' ' dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo e secondo comma [conv. in legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 53 della Costituzione). � Pre~ore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984~ n. 1370, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bts. Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984, n. 74/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 8 novembre 1984 n. 53/85 G. U 12 giugno 1985 n. 137-bis. 1 ' ' � � -. , , . PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE tJJ legge 31 luglio 1984, n. 400, art. 1 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Forl�, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 49/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, primo CQDlllla (artt. 97 e 101 della Costituzione). Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 113, 134, 136 e 137 della Costituzione). Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanze (11) 23 ottobre 1984, nn. 141-151, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.I. 21 settembre 1984, n. 597, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 3 ottobre 1984, n. 87/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. d.1. 20 ottobre 1984, n. 694, art. 1 (artt. 21 e 41 della Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanze (due) 25 ottobre 1984, nn. 34 e 35/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. d.l. 28 novembre 1984, n. 791, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). Tribunale di Firenze, ordinanza 17 dicembre 1984, n. 83/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. dJ. 7 febbraio 1985, n. 12, artt. 3, comma 7-bis, 4, 5-quinquies, primo comma [convertito in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 8 n. 10, 16 e 78 dello statuto speciale per il Trentin<>'Alto Adige). Provincia autonoma di Trento, ricorso 13 maggio 1985, n. 22, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge reg. Liguria riapprovata il 25 marzo 1985 nel suo intero testo e in particolare, art. 3, 4 e 5 (art. 117 della Costituzione). Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 22 aprile 1985, n. 20, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 1, terzo comma (art. 117 della Costituzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 2 (artt. 117 e 33, quinto comma, della Costi� tuzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U.� 29 maggio 1985, n. 125-bis. 116 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO lqae 29 JlHlr.IO 1985, n. 113, art. 8 (artt. 81, quarto comma e 119 della Costi� tuzione). Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. dJ. 22 aprile 1985, n. 144 (art. 5, n. 16 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). Ricorso giunta reg. Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 29 maggio 1985, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. d.P.R. 22 aprile 1985, n. 144, artt. 1 e 2 (artt. 117, 118, 119 e 77 della Costituzione). Regione Lombardia, ricorso 3 giugno 1985, n. 24, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. � Regione Emilia-Romagna, ricorso 3 giugno 1985, n. 25, G. U. 19 JJiugno 1985, n. 143-bis.