ANNO XXXVII -N. 3 MAGGIO -GIUGNO 1985 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1985 



. 

ABBONAMENTI ANNO 1985 

ANNO L; 33.350 
UN NUMERO SEPARATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ,. 6.100 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printe� in Ital, 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luidlo 1966 


(7219012) Roma, 1985 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'
avv Franco Favara) pag. 355 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura de/l'avv. Oscar Fiumara) > 387 

Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDI� 
ZIONE (a cura degli avvocati Carlo Carbone, Carlo 
Sica e Antonio Cingolo) > 418 

Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati 
Paolo Cosentino e Anna Cenerin/J . � '441 

Sezione quinta: 
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura de� 
gli avv. Raffaele Tamiozzo e G. P. Po/Jzzl) > 456 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura de/l'avvocato 
Carlo Bafi/e) :t 465 

Sezione settima: 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
Laporta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria) > 496 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura degli avvocati 
Paolo di Tarsia di Be/mont.e e Nicola Bruni) � 508 

Parte seconda: QUESTIONI � RASSEGNA DI DOTTRINA 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE � INDICE BIBLIOGRAFICO 


QUESTIONI pag. 87 
RASSEGNA DI DOTTRINA (a cura del/'avv. Ignazio Caramazza) li 98 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . > 115 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Carlo BAFILE, L'Aquila; Nicasio 
MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Maurizio DE F'RANCHIS, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MANn�, Venezia. 

/ 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


I. F. CARAMAzz~ e M. L. GUIDA, La prova nel processo amministrativo . II, tr1 
O. FIUMARA, Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni 
familiari spettante al lavoratore che si sposta all'interno della 
comunit� per i familiari residenti in altro Stato membro . . . . I, 387 
P. VITTORIA, Brevi osservazioni in tema di concorso di enti nella 
realizzazione di opere pubbliclw e di legittimazione passiva 
all'opposizione a stima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 496 


ACQUE Monopolio legale per la gestione 

dei sistemi di telecomunicazione -
Acque pubbliche -Competenza e Limiti, 401. 

giurisdizione -Tribunali regionali 

-Convenzione di Bruxelles de.I . 27 

-

PARTE PRIMA 
INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 
.delle acque e tribunali ordinari 
Espropriazione per pubblica utilit� 
-Controversie sulla determinazione 
dell'indennit� -Competenza -
Tribunale regionale delle acque -
Legge sulla casa -Competenza della 
Corte d'appello -Applicabilit� in 
materia di acque pubbliche -Esclusione, 
505. 
AVVOCATURA DELLO STATO 
-P�trocinio di enti pubblici -Mandato 
-Necessit� -Esclusione, con 
nota di P. VITTORIA, 496. 
-Patrocinio di enti pubblici -Necessit� 
di delibera relativa all'impugnazione 
della sentenza -Esclusione, 
con nota di P. VITIORIA, 497. 
CIRCOLAZIONE STRADALE 
-Carta di circolazione -Mancato rilascio 
-Confisca autoveicolo -Irrilevanza 
successivo rilascio, con 
nota di G. P. POLIZZI, 444. 
-Carta di circolazione -Mancato rilascio 
-Confisca autoveicolo -Pagamento 
in misura ridotta -Irrilevanza, 
con nota di G. P. PoLIZZI, 
444. 
-Veicolo circolante senza carta -Accertamento 
della violazione -Confisca 
-Obbligatoriet� -Idoneit� a 
conseguire l'immatricolazione -Irrilevanza 
-Oblazione amministrativa 
della violazione -Irrilevanza, 
441. 
COMUNITA EUROPEE 
-CECA -Prezzo base di taluni prodotti 
siderurgici per il calcolo del 
dazio antidumping -Comunicazioni 
della Commissione, 413. 
-Concorrenza -Abuso di posizione 
dominante -Imprese pubbliche -
settembre 1968 -Competenza giurisdizionale 
-Competenza esclusiva 
� Affitto immobili -Alloggio per 
le vacanze, 392. 
-Convenzione dt Bruxelles del 27 
settembre 1%8 -Competenza giurisdizionale 
-Competenza esclusiva 
-Affitto immobili -Ambito di 
applicazione, 392. 
-Imprese pubbliche -Interesse economico 
generale -Limiti, 401. 
-Libera circolazione dei lavoratori -
Previdenza sociale -Assegni familiari 
-Sospensione delle prestazioni, 
con nota di O. FIUMARA, 387. 
-Norme comunitarie e accordi internazionali 
-Compatibilit� -Limiti 
-Fattispecie, 401. 
CORTE COSTITUZIONALE 
-Conflitto di attribuzione -Avvenuta 
consolidazione di atto presupposto 
-Inammissibilit� del ricorso, 
385. 
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA 
-Art. 139 -Disposizioni transitorie 
e finali -Dichiarazione di illegittimit� 
� Giudice competente -Difetto 
assoluto di giurisdizione, 436. 
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA 
UTILITA 
-Opposizione a stima -Legittima� 
zione passiva � Concorso di enti 
nella realizzazione dell'opera -Concessione 
� Legittimazione del concessionario 
e non del concedente, 
con nota di P. VITIORIA, 496. 
-Opposizione a stima -Legittimazione 
passiva -Criterio di individuazione 
-Indicazione nel decreto di 

INDICB ANA.'l'ICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDBNZA 

esproprio come soggetto a cui favore 
l'espropriazione � pronunciata 
-Eccezioni -Diretta assunzione 
da parte di altro ente, in forza di 
legge o atto amministrativo, della 
posizione di autore dell'opera pubblica, 
con nota di P. VITIORIA, 497. 

GIUSTIZIA . AMMINISTRATIVA 

-Giurisdizione dei tribunali amministrativi 
regionali -Non � derogata 
dalle disposizioni sul processo 
tributario, 378. 

-Perenzione -Decisione istruttoria 
Inerzia delle parti -Dies a quo Rilevanza 
giuridica, 458. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Cancelleria di pretura -Amanuen� 
se -Mansioni di cancelliere -Esercizio 
di fatto -Rapporto di pub-� 
blico impiego -Insussistenza, con 
nota di G. PALMIERI, 428. 

-Collocamento a riposo -Illegittimit� 
-Pretese a compensi inerenti al 
rapporto di impiego -Pretese a risarcimento 
del danno -Giurisdizione 
amministrativa e �ordinaria Limiti, 
418. 

-Equo indennizzo � Rivalutazione 
automatica � Inapplicabilit�, 461. 

-Stipendi ed assegni � Ritardo nel 
pagamento -Rivalutazione automatica 
-Interessi legali � Difetto di 
giurisdizione del giudice del lavoro, 
424. 

IMPUGNAZIONI PENALI 

-Provvedimento di rigetto di eccezione 
di incostituzionalit� -Non 
� impugnabile, 508. 

ISTRUZIONE E SCUOLE 

-Universit� � Docenti universitan � 
Aspettativa per incompatibiht� � 
Legittimit� costituzionale, 355. 

-Universit� -Professori a tempo ucfinito 
� Esclusione dalle cariche 
universitarie -Legittimit� costltu� 
zionale, 355. 

LAVORO 

-Prescrizione del diritto alla retrt� 
buzione -Durante il rapporto di 

lavoro -Mancanza di stabilit� � 
Conseguenze, con nota di G. PAL1\
H~, 429. 

-Sciopero del personale dogai;iale � 
Configurazione � Forza magg10re Insindacabilit� 
in sede di merito, 
con nota di V. NUNZIATA, 449. 

-Sentenza di primo grado esecuti� 
va � Mancata soddisfazione del credito 
del lavoratore -Giudizio di appello 
� Liquidazione del maggior 
danno, con nota di G. PALMIERI, 

429. 
PENSIONI 

-Pensione integrativa -Dipendenti 
INAM � Rivalutazione monetaria � 
Non spetta, 456. 

REATO 

-Concorso di persone nel reato Dissenso 
di taluno dei compartecipi 
circa la particolare specie d� aggressione 
da perpetrare in danno 
della vittima designata, ma con� . 
cordanza nel genere -Rilevanza 
giuridica del dissenso -Insussistenza, 
508. 

-Delitto per finalit� di terrorismo e 
di eversione dell'ordinamento costituzionale 
-Attenuanti previste 
dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 
1982, n. 304 � Incompatibilita 
solo con l'aggravante di cui all'ar� 
ticolo 1 D.L. 15 dicembre 1979, numero 
625, conv. nella legge 6 febbraio 
1980, n. 15 e con il delitto di 
cui all'art. 289 bis, C.P., 508. 

__. 
Reati connessi � Connessione oggettiva 
ex art. 45, n. 1. C.P.P. in relazione 
all'art. 110, C.P. � Autonomia 
dei rapporti processuali in relazione 
ad ogni imputato -Sussistenza, 

508. 
RESPONSABILIT� CIVILE 

-Amministrazione pubblica -Provvedimento 
dichiarato illegittimo � 
Responsabilit� � Assenza di dolo o 
colpa � Irrilevanza, 418. 

TRASPORTI PUBBLICI 

-Ferrovie dello Stato � Condizioni e 
tariffe � Giacenze di merci -Tasse 


VIII 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di sosta -Caso fortuito e forza 
maggiore -Esclusione, con nota di 

V. NUNZIATA, 448 
-iRENTINO ALTO-ADIGE 

-Disposizioni di attuazione dello Statuto 
-Termine biennale per l'emanazione 
-Non � perentorio, 365. 

-Provincia di Bolzano -Organi degli 
enti pubblici locali -Rappresentanza 
proporzionale dei gruppi 
linguistici -Necessit�, 365. 

-Provincia di Bolzano -Proporzionale 
etnica -Personale statale � Li� 
mitazione all'accesso a titolarit� e 
dirigenze di uffici � Legittimit� costituzionale, 
366. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
� Accertamento . Revisione . 
Sopravvenuta conoscenza di elementi 
nuovi � Presupposti, 478. 

-Imposta sui redditi di ricchezza 
mobile � Condono � Ultimo imponibile 
definito � Redditi occasionali � 
Vi sono compresi, 466. 

-Imposta sui redditi di ricchezza 
mobile -Plusvalenza -Accertamento 
dell'intento di speculazione � Deducibilit� 
nel giudizio di terzo grado, 
489. 

-Imposta sui redditi di ricchezza 
mobile -Redditi di capitoli � Presunzione 
di interessi sui capitoli 
dati a mutuo � Finanziamento dei 
soci in favore della societ� � Si presume 
fruttuoso, 491. 

-Imposta unica sul reddito delle persone 
fisiche -Lavoro autonomo e 
lavoro dipendente � Servizio dei 
protesti cambiari da parte del segretario 
comunale -� assimilato 
al reddito di lavoro autonomo, 476. 

��1a111,11111111111111111r11t111111111111111ir11111ra1t.1r.a 


TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Agevolazion� 
per le strade di grande comunica� 
zione � Riguarda soltanto le strade 
costruite dall'ANAS, 469. 

-Riscossione � Ingiunzione � Natura � 
Perdita di efficacia -Opposizione � 
opposizione all'esecuzione -Termine 
dell'art. 617 cod. proc. civ. Inapplicabilit�, 
486. 

TRIBUTI 

-Contenzioso tributario -Giudizio 
di terzo grado � Estensione -Qualificazione 
giuridica di negozio � � 
deducibile, 491. . 

-Contenzioso tributario � Revocazione 
-Errore di fatto � Fatto controverso 
oggetto della decisione 
Inammissibilit�, 465. 

-Contenzioso tributario . -Ricorso 
alla Commissione centrale . Motivazione 
-Requisiti, 468. 

-Dichiarazione dei tributi -Natura 
ed effetti -Rettificabilit� -Termine, 
con nota di C. BAFILE, 472. 

-Riforma tributaria -Decreti delegati 
integrativi o correttivi -Legittimit� 
costituzionale -Parere della 
commissione interparlamentare dei 
Trenta -Onere di motivare gli scostamenti 
dal parere -Non sussiste, 
374. 

TRIBUTI LOCALI 

-Imposizione sui fabbricati -Non � 
irrazionale, 378. 

VALLE D'AOSTA 

-Conflitto di attribuzione -Accordo 
tra Regione ed ente territoriale 
appartenente a Stato estero � Invade 
competenza esclusiva dello 
Stato, 383. 


INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

14 maggio 198S, n. 14S 
23 maggio 198S, n. 1SS 
23 maggio 198S, n. 1S6 
23 maggio 198S, n. 1S9 
23 maggio 198S, n. 1S8 
24 maggio 198S, n. 160 
28 giugno 198S, n. 187 
28 giugno 198S, n. 189 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

Sez. I, 13 novembre 1984, nella causa 191/83 
Sez. IV, lS gennaio 198S, nella causa 241/83 
Sed. Plen., 20 marzo 198S, nella causa 41/83 
Sez. III, 21 marzo 198S, nella causa 172/84 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 22 ottobre 1984, n. S361 
Sez. I, 17 gennaio 198S, n. 119 
Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 18S 
Sez. I, 21 gennaio 198S, n. 188 
Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 271 
Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 274 
Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 282 
Sez. I, 23 gennaio 198S, n. 290 
Sez. Un., 25 gennaio 198S, n. 3S7 
Sez. Un., 2S gennaio 198S, n. 366 
Sez. I, 26 gennaio 198S, n. 393 .. 
Sez. I civ., 18 febbraio 198S, n. 1362 
Sez. I, 18 febbraio 198S, n. 1364 . 
Sez. I, 27 febbraio 198S, n. 1702 
Sez. Un., 22 maggio 198S, n. 3098 
Sez. Un., 3 giugno 198S, n. 329S . 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

25 settembre 1984, n. 23 
14 giugno 198S, n. 32 .. 
24 giugno 198S, n. 34 . . 


pag. 3SS 
� 36S 
� 374 
� 3SS 
� 378 
� 36S 
� 383 
� 38S 

pag. 387 
� 392 
� 401 
)) 413 

pag. 418 
)) 46S 
)) 466 
)) 468 
)) 472 
� 476 
)) 478 
)) 486 
)) 424 
� 489 
� 491 
� 441 
� 444 
� 448 
� 428 
)) 436 

pag. 497 
)) 496 
� SOS 


GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. Plen., 26 marzo 1985, n. 8 pag. 456 
Ad. Plen., 3 aprile 1985, n. 11 � 458 
Ad. Plen., 16 aprile 1985, n. 14 � 461 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
Sez. I penale, 7 maggio 1985, n. 4200 ........�.����� pag. 508 

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PARTE SECONDA 

QUESTIONI ..... . 

RAssEGNA DI DOTIRINA 

RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

Leggi e decreti . . . . . . . . 
I -Norme dichiarate incostituzionali 
Il -Questioni dichiarate non fondate 
III -Questioni proposte . . . . . . . . 


pag. 87 

� 98 

pag. 115 
� 116 
� 117 
� 121 


PARTE PRIMA 



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GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 14 maggio 1985, n. 145 � Pres. Elia -Rel. 
Roehrssen -De Martiniis (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 
(avv. Stato Siconolfi). 

Istruzione e scuole � Universit� � Professori a tempo definito -Esclusi�ne 
dalle cariche universitarie -Legittimit� costituzionale. 
(Cost. artt. 3, 33, 51 e 97; 1. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, 

art. 11). . 

Non contrastano �on la Costituzione le disposizioni che consentono 
l'accesso a determinate cariche universitarie soltanto ai docenti che riservano 
all'universit� tutto il loro tempo. 

/ 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 158 -Pres. Elia -Rel. 
Greco -Cuocolo (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Baccari). 

Istruzione e scuole � Universit� � Docenti universitari -Aspettativa per 
incompatibilit� � Legittimit� costituzionale. 
(Cost. artt. 1, 3, 51 e 76; l. 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4; d.P.R. 11 luglio 1980, . 382, 

art. 13). . 

Le direttive, i princ�pi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere 
il campo della delega, s� da evitare che essa venga esercitata in modo divergente 
dalle finalit� che l'hanno determinata, ma, dall'altro, devono 
consentire al potere delegato la possibilit� di valutare la particolari situazioni 
giuridiche da regolamentare; in particolare, la norma di delega 
non deve contenere enunciazioni troppo generiche o troppo generali,. riferibili 
indistintamente ad ambiti vastissimi della normazione oppure enunciazioni 
di finalit�, inidonee o insufficienti ad indirizzare l'attivit� normativa 
del legislatore delegato. D'altro canto, l'uguaglianza dei cittadini nell'accesso 
agli uffici pubblici � riferita non solo al trattamento ed alla conservazione 
delle posizioni soggettive del cittadino (nella specie del dipenden


' 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

356 

te pubblico), ma essa, come la parit� delle condizioni obiettive, riguarda la 
disponibilit� del tempo. l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano 
costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato 
e della carica. Pertanto, le disposizioni del d.P.R. n. 382 del 1980, che prevedono 
il collocamento in aspettativa del docente universitario nominato 
presidente di Consiglio regionale non contrastano con i princ�pi e criteri 
direttivi stabiliti dalla legge delega n. 28 del 1980 n� contrastano con gli 
artt. 1, 3 e 51, della Costituzione. 

I 

Il giudice a quo dubita della legittimit� costituzionale dell'art. 4, primo 
comma, lett. b), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (�Delega al Governo 
per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, 
e per la sperimentazione organizzativa e didattica�) e dell'art. 11, 
quarto comma, Jett. a), del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (�Riordinamento 
della docenza universitaria, relativa fascia di formazione no:qch� sperimentazione 
organizzativa e didattica�), in virt� dei quali i docenti universitari 
a tempo definito rimangono esclusi dalla possibilit� di accedere alle 
cariche di rettore, preside, membro del consiglio di amministrai:ione, direttore 
di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca. 

Il giudice a quo ritiene che questa normativa possa contrastare con gli 
artt. 3, 33, 51 e 97, Cost. (omissis). 

La questione non � fondata. Uno dei cardini della riforma universitaria 
preveduta dalla legge 21 febbraio 1980, n. 28, � stato quello di assicurare 
alle Universit�, anche in considerazione del grande accrescimento della popolazione 
scolastica e dello sviluppo delle attivit� scientifiche e didattiche, 
che un congruo gruppo di docenti possa dedicarsi in via principale ed 
assorbente a quelli che sono i compiti veramente istituzionali delle Universit� 
stesse e, quindi dei suoi docenti (l'insegnamento e la ricerca scientifica, 
come emerge chiaramente dall'art. 1 del t.u. 31 agosto 1933, n. 1592 
e dall'art. 63 della legge n. 28 del 1980), senza esserne distratti dallo svolgimento 
di attivit� professionali o di consulenza o, comunque, divergenti 
dai cennati compiti istituzionali. �, infatti, evidente che lo svolgimento di 
attivit� del genere comportano impegni e responsabilit� non indifferenti, 
che non possono non impedire al professore di ruolo di dedicare all'Universit� 
tutte le sue energie. 

Sulla base di questa premessa, la legge n. 28 ha operato una differenziazione 
fra i docenti di ruolo a seconda che essi intendano, secondo un 
giudizio strettamente soggettivo e personale, dedicare la loro attivit� esclusivamente 
all'insegnamento universitario o, invece, svolgere anche attivit� 
professionali, cio� attivit� che esulano da quella didattica e sci�ntif�ca 
che � caratteristica fondamentale del docente universitario secondo il 
disposto dell'art. 84 del t.u. n. 1592 del 1933, tuttora vigente. 



PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Perci� l'art. 4 della legge n. 28 del 1980 ha disposto, fra l'altro, che le 
norme delegate avrebbero dovuto realizzare un regime di impegno a 
tempo pieno, incompatibile con l'esercizio di qualsiasi attivit� professionale 
esterna e con l'assunzione di qualsiasi incarico retribuito (fatta salva 
l'attivit� scientifica e pubblicistica) con facolt� per il docente di optare 
p~r un regime di impegno a tempo definito, compatibile con le attivit� 
ora cennate ma incompatibile, invece, con la funzione di rettore, di preside, 
di membro effettivo del consiglio di amministrazione, ecc.. 

In puntuale applicazione di queste disposizioni della legge di delega, 
l'art. 11, quarto comma, del decreto delegato n. 382 del 1980, ha dettato le 
norme all'uopo occorrenti, riproducendo sosianzialmente il contenuto dell'art. 
4, lett. b), della legge n. 28 e precisando in ogni dettaglio quel che � 
consentito e quello che non � consentito ai docenti delle due cennate ca~ 
tegorie. L'art. 11, quarto comma, dello stesso decreto ha inoltre stabilito 
che la scelta del professore deve essere esercitata almeno sei mesi prima 
dell'inizio di ogni anno accademico ed ha efficacia solo per un biennio. 

La distinzione fra regime di tempo pieno e di tempo definito, ritenuta 
dal legislatore idonea a conseguire il raggiungimento delle finalit� poco 
addietro indicate, poggia indubbiamente sulla constatazione gi� fatta che 
i docenti i quali si dedicano anche ad attivit� professionali e personali 
non connesse con quelle universitarie non possono essere in gra'do di de.
dicare ai compiti istituzionali tutte le loro energie. 

Una volta posta una distinzione del genere, non sembra affatto irrazionale 
l'avere anche stabilito che possano accedere a determinpte cariche 
universitarie soltanto i docenti che all'Universit� riservano tutto il loro 
tempo, escludendo coloro i quali, invece, hanno ritenuto di dedicarsi ad 
altre attivit�: anche in questo delicato ed impegnativo campo, concernente 
lo svolgimento di tutti i compiti inerenti al governo dell'Universit� 
(art. 6 del t.u. n. 1592 del 1933) e cio� alla vita universitaria in tutti i suoi 
svariati aspetti, si � ritenuto di escludere coloro i quali, per loro volont� 
ed a seguito di un loro giudizio, vedono il loro tempo attratto da attivit� 
extrauniversitarie. 

Certamente coloro i quali vivono pi� intensamente e pi� completa


mente la vita universitaria sono meglio in grado ~i partecipare alle atti


vit� degli organi che presiedono al governo delle Universit�. � 

Ora, se questa' � la ratio delle disposizioni in parola, ad avviso della 

Corte non hanno pregio le censure che la ordinanza di rimessione ha 

ritenuto di muovere alle disposizioni stesse. 

Non ha fondamento la pretesa violazione del principio di uguaglianza 

(art. 3, primo comma, Cost.), perch�, come si � detto, la esclusione dei 

docenti a tempo definito dalla possibilit� di accedere ad alcune cariche 

universitarie1 costituisce una conseguenza della distinzione fra regime di 

tempo pieno e di tempo definito. La esclusione stessa, d'altro canto, co


stituisce .effetto di una libera manifestazione di �volont� del docente univer



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sitario, il quale sa, nel momento nel quale chiede il regime di tempo definito, 
che la sua volont� comporta quelle determinate conseguenze. 

Non si ha violazione del diritto (art. 33, ultimo comma, Cost.), delle 
Universit� di darsi �ordinamenti autonomi �, poich� lo stesso art. 33 
aggiunge che tale diritto spetta �nei limiti delle leggi dello Stato�: non 
si tratta di una autonomia piena ed assoluta, ma di una autonomia che lo 
Stato pu� accordare in termini pi� o meno larghi, sulla base di un suo 
apprezzamento discrezionale, che, tuttavia, non sia irrazionale. E nella 
specie, come si � detto, le norme in questione non sono irrazionali. 

D'altro canto le norme stesse attengono allo stato giuridico dei professori 
universitari, i quali sono legati da rapporto di impiego con lo 
Stato e sono, di conseguenza, soggetti alla disciplina che la legge statale 
ritiene di adottare: l'autonomia universitaria, invece, come ha riconosciuto 
questa Corte (sent. n. 51/1966) si esercita nei sensi indicati negli artt. 17 
e 18 del t.u. n. 1592 del 1933, nei quali non � cenno alcuno n� dello stato 
giuridico dei docenti n� della composizione degli organi universitari. 

Fuori causa appare anche la pretesa violazione dell'art. 51, Cost.: anche 
qui la norma costituzionale, dopo avere affermato il diritto di tutti 
i cittadini di accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni 
di uguaglianza, ha avuto cura di aggiungere � secondo i requisiti 
stabiliti dalla legge �. AI legislatore ordinario, cio�, non � vietato di porre 
norme le quali, in relazione a determinate finalit� di pubblico interesse, 
possano comportare la esclusione di taluni cittadini da alcuni uffici pubblici, 
sempre che ci� non sia irrazionale. :a quello che, appunto, si verifica 
nel caso di specie. 

Del tutto fuor di luogo appare la citazione dell'art. 97, Cost. e precisamente 
del principio del buon andamento della P.A. che sarebbe compromesso 
nel caso in cui la maggioranza dei docenti universitari si orientasse 
verso il regime di tempo definito. La ipotesi pone in luce un mero 
inconveniente, che forse sarebbe opportuno che il legislatore prendesse 
in considerazione, ma che comunque non rende la norma contraria alla 
Costituzione, tanto pi� che, invece, proprio le norme impugnate possono 
rappresentare una applicazione del principio del buon andamento riferito 
alla vita delle Universit�. 

II 

(omissis) L'art. 4 ,della legge n. 28 del 1980, alla lett. d) prevede il 
collocamento in aspettativa di ufficio del docente universitario, tra l'altro, 
�nominato ad elevate cariche amministrative, politiche o giornalistiche�, 
salva la possibilit� di svolgere, nell'universit� presso cui � titolare, cicli 
di conferenze, attivit� seminariali ed attivit� di ricerca, anche appplicativa. 

L'art. 13, primo comma, n. 7 del d.P.R. n. 382 del 1980, emanato in attuazione 
della delega, prevede il collocamento in aspettativa, per la durata ~: 

~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

della carica, del docente, tra l'altro, nominato Presidente del Consiglio 
regionale. 

Il giudice rilev� che l'art. 4 della. legge di delega innanzi citata, in 
contrasto con quanto prescritto dal precetto costituzionale (art. 76, Cost.) 
il quale riserva al legislatore delegante la fissazione dei � princ�pi e dei 
criteri direttivi� nel cui ambito, poi si dovr� esprimere Ja norma delegata, 
ha preso in considerazione. solo il concetto ampio e generico cii � carica 
elevata� senza specifico riguardo all'impegno di tempo che l'esercizio 
della carica possa comportare. 

, Dalla rilevata genericit� della formulazione della norma di delega 
conseguirebbe, a parere dello stesso giudice, la possibilit� di scelte di merito 
legislativo sottraibili a sindacato giurisdizionale ed esorbitanti dai 
poteri costituzionalmente propri del legislatore delegato nonch� di scelte 
discriminanti ed irrazionali rispetto ailfa ratio della stessa� Jegge di delega. 

La stessa ragione del collocamento di ufficio in aspettativa del docente 
universitario rimarrebbe inattuata proprio per la mancata formulazione 
di princ�pi specifici. � 

La legge delegata violerebbe l'art. 76, Cost. anzitutto perch�, mentre 
la legge di delega fa testuale menzione della sola ipotesi della � nomina � 
ad elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche, la legge delegata 
prevede, invece, tra quelle determinatrici dell'incompatibilit� per il 
docente universitario, la carica di Presidente del Consiglio regionale, cui 
si accede per �elezione�. 

Inoltre, la stessa norma delegata disattenderebbe la ratio del regime 
di incompatibilit�, da individuarsi nell'esigenza di assicurare all'attivit� 
del docente pienezza di impegno e di disponibilit�, perch� non avrebbe 
tenuto conto del fatto che la carica di Presidente del Consiglio regionale 
comporta l'espletamento di compiti limitati alla direzione dei lavori del 
Consiglio ed all'esercizio della rappresentanza esterna e, quindi, richiederebbe 
ridotti impegni, in termini di tempo, tali da non ostacolare 
l'esercizio dell'attivit� di docente. 

Le censure non possono trovare accoglimento. Invero, questa .Corte, 
interpretando l'art. 76, Cost., ha pi� volte affermato che la legge di delega 
deve contenere, oltre i limiti di durata e la definizione degli oggetti, l'enunciazione 
dei princ�pi e criteri direttivi e che, all'uopo, il precetto costituzionale 
� da ritenersi soddisfatto allorch� sono date al legislatore delegato 
delle direttive vincolanti, ragionevolmente limitatrici della sua 
discrezionalit� e delle indicazioni che riguardino il contenuto della disciplina 
delegata, mentre, allo stesso legislatore delegato � demandata la 
realizzazione, secondo modalit� tecniche prestabilite, delle esigenze, delle 
finalit� e degli interessi considerati dal legislatore delegante. 

Le direttive, i princ�pi ed i criteri servono, da un verso, a circoscrivere 
il campo della delega, s� da evitare che essa venga esercitata in modo 
divergente dalle finalit� che l'h~nno determinata, ma, dall'altro, devono 


360 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

consentire al potere delegato la possibilit� di valutare situazioni giuridiche 

da regolamentare. 

In particolare, la norma di delega non deve contenere enunciazioni 

troppo generiche o troppo generali, riferibili indistintamente ad ambiti 

vastissimi della normazione oppure enunciazioni di finalit�, inidonee o in


sufficienti ad indirizzare l'attivit� normativa del legislatore delegato. 

Il controllo di costituzionalit� riservato a questa Corte riguaraa le 

difformit� della norma delegata rispetto a quella delegante e non le scelte 

del legislatore che investono il merito della legge delegata. 

Nella fattispecie, la legge di delega ha osservato il precetto costituzionale 
indicando al legislatore delegato, con sufficiente approssimazione 
e nei giusti limiti, quelle situazioni determinatrici di incompatibilit� per 
'l'eventuale, contemporaneo svolgimento dell'ufficio pubblico e dell'attivit� 
di docenza universitaria ed in concreto individuandole, tra le altre, nelle 

� elevate cariche politiche, amministrative e giornalistiche �. 

L'elevatezza della carica non deve essere valutata soltanto in relazione 

all'impegno di tempo che essa richiede per l'espletamento delle relative 

funzioni, ma anche in considerazione della posizione che essa conferisce 

e per la situazione di prestigio, di imparzialit� e di indipendenza che 

esige il cor.retto svolgimento dell'incarico. 

La legge delegata ha attuato le direttive ed i criteri della legge di 

delega allorch� ha compreso, tra le cariche elevate, quella di Presidente 

del Consiglio regionale. 

Non pu� dubitarsi che si tratti di una carica elevata se si considerano 

le funzioni che ne derivano. Sono, non solo quelle di rappresentanza ester


na del Consiglio Regionale e nei rapporti con la Giunta, ma quelle di 

compilazione degli ordini del giomo, della direzione dei lavori dell'assem


blea, di regolamentazione della discussione, della disposizione della vota


zione, della proclamazione dei risultati, del controllo di legittimit� delle 

deliberazioni, di tutela delle minoranze, della nomina dei Commissari, della 

comminazione delle sanzioni ai Consiglieri ecc .... 

Risulta altres� rispettata la ratio della legge di riforma della docenza 

universitaria che esige il massimo impegno del docente universitario nello 

svolgimento dell'attivit� didattica di insegnamento e di ricerca, non poten


do, il docente universitario, svolgere ed attuare i suoi compiti contem


poraneamente alle altre funzioni di cos� notevole importanza e di cos� 

notevole impegno. 

Per quanto riguarda, poi, pi� specificamente la legge delegata, non � 

stato certamente violato l'art. 76, Cost. per effetto della menzione, tra le 

elevate cariche, di quella di Presidente del Consiglio regionale per quanto 

riguarda le modalit� dell'accesso alla stessa. Il termine �nomina�, uti


lizzato dalla legge di delega, � da intendersi in senso generico, con riferi


mento specifico alla carica e non al modo di conseguirla, di guisa che non 

si pu� distinguere la chiamata diretta dalla elezione. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Il significato della norma risulta palese, senza ombra di dubbio, se 

si pone attenzione alle altre cariche che egualmente creano l'in�ompati


bilit� per il docente universitario. Ad alcune di esse si accede per chiamata 

diretta o per elezione, quale, ad esempio, la carica di Presidente del Con


siglio, la nomina a giudice della Corte costituzionale, la nomina a compo


nente del Consiglio Superiore della Magistratura. 

' Restano, infine, sottratte a sindacato costituzionale, da parte di questa 

Corte, tutte le scelte � di merito � effettuate dal legislatore delegato nel


l'esercizio della discrezionalit� di ct� gode. 

Il giudice a quo denuncia, poi, ulteriori motivi di illegittimit� costitu


zionale dello stesso art. 4, lett. d), della legge di delega n. 28 del 1980 per 

violazione dell'art. 51, Cost. in relazione agli artt. 1 e 3 della Costituzione 

e dell'art. 13, primo comma n. 7 della legge delegata n. 382 del 1980 in rela


zione all'art. 3, Cost.. (omissis) 

Anche questi motivi non persuadono. 

Questa Corte ha pi� volte precisato che l'art. 1 della Costituzione af


ferma solo il principio ispiratore della tutela del lavoro e non vuole 

determinare i modi e le forme di questa tutela e che l'art. 4, Cost. mette 

solo in risalto l'importanza sociale del diritto al lavoro (sent. 194/76; 

16/80). 

Per quanto concerne l'art. 51 Cost., la Corte osserva che la norma riguarda 
indubbiamente i rapporti politici in senso ampio; comprende, 
cio�, non solo l'elezione a membro dei due rami del Parlamento ma 
anche l'elezione agli organi elettivi previsti nel nostro ordinamento, re. 
gionali, provinciali e locali, tutti considerati costituenti il tessuto connettivo 
dell'ordinamento statuale e tutti rilevanti per attuare gli interessi 
generali, onde rimanga assicurato il pieno svolgimento della vita demo


cratica del Paese. 

Come gi� ha considerato questa Corte (sent. 194/1976, 16/1980), i pre


cetti costituzionali invocati (l'art. 51 Cost. in relazione all'art. 3) ricono


scono ai cittadini chiamati a ricoprire cariche pubbliche, in parit� ed in 

eguaglianza per tutti, la disponibilit� del tempo necessario all'adempimen


to dei compiti propri degli uffici e delle cariche pubbliche e la conserva


zione del posto di lavoro. 

Ad una esplicita affermazione del principio contenuto nella prima 

parte (uguaglianza dei cittadini nell'accesso agli uffici pubblici ed alle 

cariche elettive) corrisponde un'altrettanta esplicita dichiarazione di vo


lont�,_ contenuta nell'ultimo comma, con il quale il costituente ha indivi


duato, come garanzia di attuazione delprecetto contenuto nel primo com


ma, la disponibilit� del tempo necessario per l'adempimento dei compiti 

degli uffici e delle cariche pubbliche ed il mantenimento del posto di 

lavoro. 

L'uguaglianza non solo � riferita al trattamento ed alla conserva


zione delle posizioni soggettive del cittadino, nella specie del dipendente 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pubblico, ma essa, come la parit� delle condizioni obiettive, riguarda la 
disponibilit� del tempo, l'autonomia e l'indipendenza da vincoli che possano 
costituire, in qualsiasi modo, remore al libero esercizio del mandato 
e della carica. 

Il diritto di conservare il posto di lavoro va inteso per� come diritto 
a mantenere il rapporto di lavoro o di impiego e non come diritto all'effettivo 
esercizio delle funzioni. 

Lo stesso art. 51, pur contenendo l'affermazione, come precetto costituzionale, 
della uguaglianza di tutti i cittadini nell'esercizio dell'elettorato 
passivo, contiene anche un rinvio alla legge ordinaria; riconosce, 
cio�, al legislatore ordinario la facolt� di disciplinare in concreto l'esercizio 
dei diritti garantiti; di fissare, cio�, le relative modalit�, a condizione, 
per�, che non risultino menomati i diritti riconosciuti. Egli ha, cio�, il 
potere di disciplinare in modo diverso situazioni che ritiene abbiano carattere 
di particolarit�, a condizione, per�, che la diversit� di trattamento 
si ispiri a �criteri di razionalit� e risultino prese in considerazione intere 
categorie e non singoli cittadini. 

Nel caso che interessa, il legislatore ha preso in considerazione l'intera 
categoria dei docenti universitari ed ha, in concreto, stabilito quali 
siano le cariche pubbliche che comportano l'assorbimento quasi totale 
delle capacit� lavorative di colui che � chiamato a ricoprirle. E rientra 
nei suoi poteri la relativa indagine di fatto che prende in considerazione 
la natura, la complessit� e la importanza dell'incarico in relazione alla 
natur� dell'ente alla direzione del quale l'eletto � stato designato. 

La diversit� del trattamento fatto ai docenti universitari nei confronti 
degli altri dipendenti pubblici, trova adeguata e razionale giustificazione 
proprio nella ratio della riforma. dell'ordinamento universitario e negli 
obiettivi che il legislatore con essa ha inteso raggiungere. Queste ragioni 
sono ben individuate nella necessit� che sia garantita un'ampia disponibilit� 
del docente per i compiti propri della didattica e della ricerca. 

Le incompatibilit� sancite trovano giustificazione proprio nella considerazione, 
fondata, della impossibilit� del contemporaneo svolgimento, 
in modo adeguato, dell'attivit� di docente universitario nei compiti nuovi 
e complessi ,derivanti dalla riforma dell'ordinamento universitario e dei 
compiti di notevole impegno connessi alla carica pubblica cui si � eletti 
nonch� nella natura stessa della carica che esige piena autonomia ed imparzialit�. 


La norma, altres� si ispira anche a criteri di opportunit� pratica suggeriti, 
oltre che dalla considerazione dei compiti e del lavoro che impegna 
il Presidente del Consiglio regionale, anche dall'esigenza di assicurare 
il buon andamento dell'amministrazione. 

Il collocamento in aspettativa di ufficio del docente non comprime 

suoi diritti di elettorato passivo a lui spettanti come a qualsiasi altro 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

cittadino n� coarta la sua volont�. Egli � libero nella scelta e nella autodeterminazione. 


In definitiva, il diritto di elettorato passivo risulta tutelato in maniera 
pi� decisa in quanto l'aspettativa che esonera il docente per la durata della 
carica conferisce allo stesso una maggiore disponibilit� di tempo. 

La disciplina apprestata dal legislatore � certamente ragionevole. 
Tanto pi� che al docente posto in aspettativa � consentito di svolgere 
l'attivit� di ricerca, anche applicativa, ed il lavoro seminariale, nonch� 
di tenere cicli di conferenze. In tal modo da un verso si � tenuto conto 
del valore sociale della docenza universitaria e del servizio che il docente 
pu� rendere in assemblee elettiv� e, dall'altro, del servizio che egli pu� 
continuare a svolgere nell'universit�, garantendo, cos�, all'universit� l'apporto 
dell'esperienza civile e politica che il docente compie nel campo 
politico-amministrativo. 

In altri termini, � attuato un collegamento tra attivit� reciprocamente 
utili, dal punto di vista obiettivo e sociale e, per il profilo soggettivo, � 
realizzato un equo comportamento tra le esigenze, da riconoscersi al 
docente come a tutti i cittadini, di partecipare alla vita politica con la garanzia 
dell'accesso alle cariche pubbliche, e le esigenze del mantenimento 
dei contatti del docente con la vita universitaria alla qual� non rimane 
estraniato ed assente del tutto, svolgendo un'attivi_t� di docenza, sia pur 
limitata. 

Pertanto, nessuna delle norme costituzionali invocate risulta violata, 
per avere il legislatore stabilitQ, nei confronti di soggetti ai quali il lavoro 
� assicurato da un rapporto di pubblico impiego, una incompatibilit� 
volta ad assicurare le finalit� sociali che il tipo di lavoro � diretto a realizzare, 
e le finalit� pubbliche, con la maggiore efficienza possibile per 
entrambe. 

Infine, il giudice a quo ha denunciato la violazione dell'art. 3 Cast. 
sotto un triplice profilo di disparit� di trattamento: 

a) che si verificherebbe, senza ragionevole giustificazione, in danno 
dei professori universitari rispetto agli altri pubblici dipendenti per i quali 
si applica il regime dell'aspettativa a domanda anzich� quello d'ufficio, sia 
nel caso di elezione alla carica di Consigliere regionale sia in quello di 
elezione a11a carica di presidente del Consiglio regiona1e; 

b) che sussisterebbe nell'ambito della stessa categoria di professori 
universitari in quanto per i medesimi opera il regime del collocamento 
in aspettativa a domanda, se eletti consiglieri regionali, e quello del collocamento 
in aspettiva di ufficio, se eletti, successivamente, alla carica di 
Presidente del Consiglio regionale, sebbene non vi siano ragionevoli motivi 
per ritenere che tale carica, rispetto a quella di Consigliere regionale 

o di Vice-Presidente del Consiglio regionale, comporti oneri pi� rilevanti; 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

364 

c) che esisterebbe, senza ragionevole giustificazione, tra i professori 
ordinari ed i professori incaricati, per i quali, non trova applicazione la 
norma impugnata, nonostante che, in ordine all'esercizio della funzione 
docente, una sostanziale parit� di condizioni sembri caratterizzare entrambe 
le categorie e si debba realizzare la stessa ratio legis. ' 

Come questa Corte, in questione analoga (sent. n. 6/1960), ha g1a ritenuto 
e gi� si � detto innanzi, il legislatore ordinario, nel disciplinare le 
modalit� di esercizio dei diritti individuali preveduti dall'art. 51, terzo 
comma, Cost., pu� emanare norme che si adattino alla possibile diversit� 

delle situazioni considerate. 

In altri termini, il legislatore ordinario ha il potere di apprezzare se 
per talune categorie di dipendenti pubblici ricorrano situazioni particolari 
che rendano opportuno disporre per esse un trattamento speciale o differenziato 
che tenga conto della effettiva possibiHt� di esercitare i relativi 
compiti contemporaneamente all'espletamento di attivit� in altri uffici 
pubblici o in altre cariche pubbliche. 

Pu� ritenersi giustificato e razionale il diverso trattamento se�. effet-. 
tivamente l'appartenente ad una categoria abbia maggiore disponibilit� 
di tempo rispetto all'altro o se ciascun appartenente ad essa abbia la possibilit� 
di regolare direttamente le modalit� o l'impiego di tempo per il 
proprio lavoro (cos� era all'epoca della fattispecie esaminata per i professori 
universitari rispetto agli altri impiegati pubblici). 

Ed il trattamento ora previsto per professori universitari (ossia il 
collocamento in aspettativa di ufficio), rispetto agli altri impiegati pubblici 
(collocamento in aspettativa a domanda), dal legislatore ordinario nell'esercizio 
del potere discrezionale a lui attribuito, trova adeguata e razionale 
giustificazione nella situazione diversa del professore rispetto a quello 
degli altri impiegati pubblici, che si � venuta a creare a seguito della riforma 
della docenza universitaria per effetto della legge n. 28 del 1980, 
nella sua multiforme attivit� didattica. 

Gli attuali impegni del docente universitario (insegnamento, ricerca, 
seminari, esami conferenze nella facolt� e nell'istituto o nel dipartimento)esigono 
orari non sempre predeterminabili con sufficiente anticipo o con 
un certo margine di certezza, sicch� egli non ha il tempo libero sufficiente 
per svolgere contemporaneamente anche l'attivit� in uffici o cariche pubbliche, 
specie se elevate ed impegnative come quella di Presidente del 
Consiglio regionale rispetto a quella di Consigliere regionale, come gi� si � 
detto innanzi. 

Del resto, pu� anche dirsi che la norma di previsione, diversa per gli 
impiegati pubblici, difficilmente pu� avere pratica attuazione in quanto 
anche p~r essi, in realt�, � difficile lo svolgimento di attivit� nell'ufficio 
di appartenenza e nell'ufficio politico-amministrativo cui sono stati eletti. 

E altres� trova giustificazione razionale il trattamento differenziato, 
predisposto per i professori universitari, per la elezione alle diverse ca-r 

' 


PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

riche di Consigliere regionale e di Presidente del Consiglio regionale per 
la diversit� delle cariche e degli uffici. 

Il Consigliere regionale non ha certo quegli impegni che ha il Presidente 
del Consiglio regionale, che sono stati partitamente ricordati innanzi, 
all'interno del Consiglio ed all'esterno; e le due cariche non sono 
uguali anche per il rango, l'importanza, l'imparzialit� e l'autonomia assoluta 
che richiedono. 

La stessa carica di Vice-Presidente � diversa, trattandosi normalmente 
di un ufficio vicario senza compiti propri, specifici e particolari.. 
Infine, non sussiste disparit� di trattamento tra i professori universitari 
e gli incaricati. ' 

Invero, per gli incaricati stabilizzati sussistono le stesse incompatibilit� 
ad essi estese dall'art. 118 della stessa legge n. 28 del 1980. Per i non 
stabilizzati, il diverso trattamento trova razionale giustificazione nella situazione 
del tutto precaria in cui essi si trovano. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 155 -Pres. Elia -Rel. 
Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato 
Azzariti) e Provincia di Bolzano. 

Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Organi degli enti pubblici 
locali � Rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici -Necessit�. 

Gli organi collegiali di amministrazione di tutti gli enti pubblici locali 
operanti nella provincia di Bolzano devono essere costituiti in modo da 
assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici; le disposizioni 
che realizzano tale precetto nelle situazioni specificamente disciplinate 
devono essere espresse e puntuali. 

Il 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1985, n. 160 -Pres. e Rel. Elia -
Breschi (avv. Emeri) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Stipo). 

Trentino Alto-Adige � Disposizioni di attuazione dello Statuto � Termine 
biennale per l'emanazione � Non � perentorio. 
(Cost., artt. 70, 76, 77 e 87; Statuto T.A.A., artt. 107 e 108; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752).. 


366 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Trentino Alto-Adige -Provincia di Bolzano -Proporzionale etnica -Personale 
statale -Limitazione all'accesso a titolarit� e dirigenze di uffici " 
Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 3 e 97; Statuto T.A.A., artt. 89 e 100; d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 

e 46). 

Il potere normativo del Governo per l'emanazione (previo parere � 
della commissione paritetica) delle disposizioni di attuazione dello Statuto 
speciale per il Trentino Alto Adige non � venuto meno con il decorso 
del termine biennale previsto dall'art. 108 di detto Statuto (testo unico). 

Non contrasta n� con la Costituzione n� con lo Statuto speciale la " 
disposizione che riserva a taluni dipendenti (assunti prima del 20 gennaio 
1970 ovvero residenti nella provinci�i di Bolzano in detta data) di 
accedere a titolarit� e dirigenze. 

I 

Con ricorso notificato il 18 dicembre 1976 e depositato in concelleria 
il 28 dicembre 1976 il Presidente del Consiglio dei ministri chiedeva dichiararsi 
l'illegittimit� costituzionale del disegno di legge riapprovato 
dal Consiglio Provinciale dell'Alto Adige il 1� dicembre 1976 nel testo 
gi� approvato il 7 ottobre pre�edente -concernente � l'istituzione di un 
albo professionale per giardinieri �, nella quale tra l'altro: a) si delimi� 
tavano � ai fini della presente legge � le dimensioni quantitative minime 
dell'azienda di .giardinaggio (3000 mq. di cui 500 mq. riscaldabiili: art. 1); 
b) si determinavano i requisiti per l'iscrizione all'albo (apprendistato, frequenza 
di una scuola professionale, superamento di un esame di abilitazione, 
attivit� professionale almeno biennale press�o un giardiniere gi� 
iscritto: art. 2); c> si disciplinava la composizione della Commissione incaricata 
della tenuta dell'albo (art. 3); d) si poneva l'iscrizione all'albo 
come condizione essenziale per richiedere le misure di incentivazione pre. 
viste da leggi provinciali. ' 

Richiamando i rilievi gi� formulati all'atto del rinvio, il ricorrente, 
nel presupposto che secondo tale disciplina l'iscrizione all'albo costituisse 
(secondo fa funzione propria di tutti gli albi professionali) condizione 
per l'esercizio dell'attivit� di giardiniere, assumeva che la imposizione di 
siffatte limitazioni al libero esercizio di un'attvit� economica contrastasse 
sia con l'art. 41 Cost. -per l'assenza di ragioni di pubblico interesse 
atte a giustificarla --sia, comunque, con l'art. 120, u.c., Cost. eccedendo 
essa i limiti della competenza regionale. 

In riferimento, poi, all'interpretazione del disegno di legge posta a 
fondamento della riapprovazione -secondo cui l'istituzione dell'albo non 
impedirebbe a chiunque il libero esercizio dell'attivit� di giardiniere, ma 
avrebbe il solo scopo di individuare i possibili destinatari delle misure di 



PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

incentivazione per giardinieri -il ricorrente assumeva che il riservare ai 
titolari di aziende di determinate dimensioni ed in possesso di dati requisiti, 
non le specifiche misure di incentivazione di volta in volta disposte, 
bens� -in via preventiva, generale ed astratta -tutte le misure di incentivazione 
che saranno disposte dalla provincia, sarebbe in contrasto 
con princ�pi di uguaglianza e di libert� di lavoro (artt. 3 e 4 Cost.); non 
senza, peraltro, osservare che la suddetta interpretazione era in parte 
smentita dalla stessa relazione1dell'assessore competente, nella quale era 
precisato che si intendeva definire l'azienda giardiniera � anche agli effetti 
delle disposizioni urbanistiche che prevedono per i giardinieri una regolazione 
particolare per quanto riguarda la concessione di licenze edilizie�. 

Quanto all'art. 3 del disegno di legge, il Presidente del Consiglio ne 
enunciava il contrasto con l'art. 61 dello Statuto speciale della Regione 
TT.AA. (d.P.R. 31 agosto 1974, n. 670), in quanto non vi era espressamente 
stabilito l'obbligo di rispettare, nella composizione della commissione 
incaricata della tenuta dell'albo, la proporzionalit� tra i gruppi linguistici. 
L'osservanza della norma statutaria non potrebbe infatti -come pretendeva 
la Provincia -desumersi per implicito dall'assenza di una espressa 
disposizione contraria, atteso che con essa era stato posto � non gi� 
un criterio di interpretazione, bens� un preciso precetto al legislatore regionale 
o provinciale, di stabilire determinate norme �. 

Il ricorrente impugnava infine l'art. 2, terzo comma, in quanto con 
esso, ai fini dell'ammissione all'esame di abilitazione per giardinieri, si 
attribuivano alla frequenza di un corso di studi all'estero i medesimi 
effetti della frequenza di un corso di studi italiano: osservando che 
tale disposizione, pur se non costituiva formale riconoscimento di effetti 
giuridici ad un titolo estero, invadeva tuttavia una competenza riservata 
allo Stato. (omissis) 

Il disegno di legge impugnato, attraverso la istituzione di un albo professionale 
per giardinieri, persegue, in concreto, lo scopo di predeterminare, 
verificandone la sussistenza, le � condizioni minime di natura 
quantitativa (art. 1) e qualitativa (art. 2) � (cosi si esprime l'assessore 
provinciale per l'agricoltura e le foreste nella relazione al Consiglio chiamato 
a deliberare per la seconda volta) necessarie per poter � richiedere 
misure di incentivazione previste da leggi regionali� (art. 4). In 
altre parole, il disegno di legge in esame non pone vincoli o limitazioni 
di sorta all'esercizio della professione di giardiniere nella provincia di 
Bolzano e, anche se la denominazione � albo professionale � intesa nell'accezione 
tradizionale, pu� indurre in equivoco, non istituisce un ordine 

o collegio professionale di autogoverno della categoria; intento, questo, 
non deducibile da alcuna delle sue disposizioni. 
La normativ� proposta vuole soltanto limitare l'accesso alle misure 
provinciali di incentivazione a quei giardinieri che � svolgono autonomamente, 
personalmente e professionalmente � una o pi� delle attivit� in 


368 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

essa elencate su una superficie di almeno 3000 mq. riscaldabili (art. 1) 
e che siano in possesso di determinati requisiti, di preparazione tecnica 
e professionale, da verificate mediante apposito esame provinciale di 
abilitazione (art. 2). 

Tali essendo i contenuti essenziali ed il fine esclusivo perseguito 
dal disegno di legge proviriciale, ne deriva, de plano, l'infondatezza di 
quelle tra le questioni sollevate con il ricorso governativo, che investono 
l'intero disegno di legge in riferimento agli artt. 41 e 120 Cost.. 

Le censure in esame, infatti, muovono da un equivoco interpretativo, 
talch�, questo risolto e chiarito che la normativa considerata non pone 
condizione alcuna per l'esercizio dell'attivit� di giardiniere, ma richiede 
l'iscrizione all'istituendo albo professionale al solo fine di consentire 
l'accesso alle misure provinciali di incentivazione, i dubbi di costituzionalit�, 
proposti dal ricorrente in relazione agli invocati parametri costituzionali, 
si appalesano privi di fondamento. (omissis) 

Il governo della Repubblica deduce, infine, l'illegittimit� costituzionale 
dell'art. 3 del disegno di legge impugnato, assumendone il contrasto 
con l'art. 61 dello Statuto speciale di autonomia, dal momento che il 
legislatore provinciale non ha osservato l'obbligo posto dalla disposizione 
statutaria per cui � nell'ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite 
le norme atte ad assicurare la rappresentanza proporzionale dei 
gruppi linguistici nei riguardi della costituzione degli organi degli enti 
stessi�. 

La questione � fondata. 

L'art. 61, primo comma, compreso nel titolo IV dello Statuto speciale 
di autonomia, concernente gli enti locali, detta una disposizione di 
carattere generale, di chiusura se si vuole, per cui tutti gli organi di 
tutti gli enti pubblici locali devono essere costituiti, in forza di una specifica 
previsione normativa, in modo , tale da assicurare la rappresentanza 
proporzionale dei gruppi linguistici. 

Tanto � ribadito dall'art. 23 del d.P;R. n. 49 del 1973, recante norme 
di attuazione, che, mentre afferma l'applicabilit� del disposto statutario 
� soltanto agli enti pubblici la cui attivit� si svolge nella Provincia di 
Bolzano o in entrambe le provincie della Regione �, precisa che � la composizione 
degli organi collegiali degli enti � considerati � deve adeguarsi 
alla consistenza dei gruppi linguistici esistenti nella stessa localit�, quale 
risulta dall'ultimo censimento della p6polazione �. 

La provincia di Bolzano -come si ricava dalla gi� richiamata 
relazione al consiglio provinciale dell'assessore per l'agricoltura e le foreste 
-riconosce apertamente l'obbligo di osservare la proporzionale 
linguistica � nella composizione di tutte le commissioni �, ma contesta 
che sia necessaria una espressa previsione positiva, bastando, a suo giudizio, 
la mancanza di " espresse disposizioni contrarie �. 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDl!NZA COSTITUZIONALE 

L'affermazione non pu� persuadere, posto che l'art. 61, primo comma; 
dello Statuto non impone soltanto l'obbligo di applicare il principio 
di proporzionalit� ma esige, testualmente, che vengano dettate le � norme 
� atte a renderlo operante nelle situazioni specificamente disciplinate. 

La Commissione di cui all'art. 3 del disegno di legge provinciale, 
cui � affidato il co:mpito di � reggere � l'albo professionale per giardinieri, 
costituisce un organo della provincia, incardinato presso l'assessorato 
per l'agricoltura e le foreste, le deliberazioni del quale, dotate di indubbia 
rilevanza esterna, sono ricorribili avanti la giunta provinciale. 
La commissione � composta di quattro membri, elegge nel proprio seno 
il presidente, il cui voto prevale in caso di parit�. 

Tale composizione della commissione, se raffrontata alla consistenza 
dei gruppi linguistici nella provincia di Bolzano, rende evidente che la 
disposizione statutaria non � suscettibile di inserzione--automatica nelle 
singole leggi regionali, talch� � indispensabile che queste predeterminino 
la regola cui attenersi nella composizione dei collegi, eventualmente 
anche in riferimento �l ruolo, in ipotesi decisivo, spettante al presidente. 

In accoglimento parziale del ricorso governativo, si deve quindi dichiarare 
l'illegittimit� costituzionale dell'art. 3 del disegno di legge provinciale. 
(omissis) 

II 

L'ordinanza del Consiglio di Stato propone anzitutto un dubbio di 
legittimit� costituzionale che investe l'intero d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 
(in tema di proporzionale etnica negli uffici statali della provincia di 
Bolzano e della connessa disciplina sul bilinguismo), in quanto esso 
violerebbe gli artt. 107 e 108 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e 70, 
76, 7 e 87 della Costituzione, essendo stato emanato oltre il termine biennale 
perentoriamente fissato dal cit. art. 108, primo comma. , 

Del resto, siffatta carenza di potere governativo ad adottare questo 
particolare atto avente forza di legge vizierebbe, deve � qui aggiungersi, 
i numerosi decreti presidenziali emessi dopo la scadenza del richiamato 
termine biennale. Va poi precisato che le modifiche apportate dagli 
artt. 8 e 9 del d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, rispettivamente al primo 
e al secondo comma dell'art. 9 del d.}>.R. 26 luglio 1976, n. 752, non 
solo lasciano intatta la questione assolutamente preliminare ora evocata, 
ma non comportano neppure mutamenti di contenuto normativo tali da 
determinare una restituzione degli atti al giudice a quo per jus superveniens. 


La questione non � fondata. Da un punto di vista pi� generale, concernente 
tutte le norme di attuazione degli Statuti delle Regioni' differenziate, 
pu� affermarsi che il richiamo alla disciplina dell'art. 76 della 
Costituzione non appare appropriato. Si � sicuramente al di fuori della 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

370 

delega legislativa, in quanto norme statutarie di rango costituzionale, 
attribuiscono poteri legislativi al Governo, che li esercita nel contesto 
di particolari procedure caratterizzate dall'intervento consultivo di organi 
cui partecipano mediamente le comunit� interessate. Tale conferimento 
di competenze di natura legislativa � ha carattere riservato e separato � 
rispetto a quelle esercitabili, in applicazione dell'ottava disp. trans. Cost., 
dalle ordinarie leggi della Repubblica (sent. n. 180 del 1980, n. 3 del 
considerato in diritto); inoltre l'esercizio di tali competenze � consentito 
al Governo � in via permanente� (sent. n. 212 del 1984, n. 2, in fine, 
del considerato in diritto). 

Tale permanenza della particolare fonte � norma d'attuazione � va 
naturalmente intesa in termini compatibili col nostro sistema; e dunque, 
in contrasto con il carattere meramente transitorio che si vorrebbe 
attribuire ad essa, dev'essere riconosciuta fino a che� non �si esaurisca 
l'attuazione delle norme statutarie. D'altra parte non si vede come, a1 
di fuori di una specifica� normativa di r�ngo costituzionale, sarebbe pose 
sibile prevedere un procedimento di legislazione parlamentare che mantenesse 
.gli elementi di compartecipazione regionale e di intervento governativo 
ora previsti. 

Naturalmente gli argomenti di natura generale, ora addotti per 
escludere che sia qui accettabile lo schema della delega in cui il Consiglio 
di Stato inquadra le norme di attuazione, non toccano l'eccezione 
avanzata in ordine alla violazione del termine biennale ex art. 108, primo 
comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige. 

Tuttavia, anche l'affermazione del carattere perentorio di detto termine 
non risulta fondata per chi legga i tre commi del successivo art. 109 
in stretto collegamento, com'� necessario, con la prescrizione del pi� 
generale disposto sul biennio di cui all'art. 108, primo comma. Infati, 
soltanto nelle due fattispecie relative alla indicazione dei beni d'interesse 
nazionale appartenenti al patrimonio storico ed artistico nonch� all'ordinamento 
scolastico ex art. 19 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, 
la norma statutaria fa derivare determinati effetti dalla mancata emanazione 
delle norme di attuazione entro il termine preveduto: e cio� 
che le province possano assumere con legge le funzioni amministrative 
relative a tali materie. Nella ipotesi pi� comprensiva dell'art. 108, nessuna 
conseguenza � ricollegata all'inutile decorso del termine: e del 
resto, nemmeno nelle fattispecie di cui all'art. 109, � previsto il venir 
meno del potere normativo del Governo, ma si fa luogo al deterrente 
(risultato efficace) della facoltizzazione delle province ad assumere con 
legge l'amministrazione nei settori ora indicati. 

Dall'inutile decors�o del termine ex art. 108, primo comma, pu� sicuramente 
trarsi motivo per far valere la responsabilit� politica del 
Governo, che, a termini dell'art. 108, secondo comma, dovrebbe emanare 
le norme d'attuazione, prescindendo dal parere della Commissione pari




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tetica istituita a norma dell'art. 107, quando questa non abbia emesso 
i pareri nei primi diciotto mesi del biennio: ma le Camere, lungi dal 
far valere tale responsabilit�, si sono limitate nel 1980 e nel 1981 a 
sollecitare il Governo ad adottare le residue norme di attuazione (cfr. 
ordine del giorno approvato dal Senato il 9 dicembre 1980) o a richiedere 
iniziative del Governo stesso le quali presupponevano il protrarsi 
del potere governativo in materia (cfr. ordine del giorno approvato 
dalla Camera dei deputati il 7 0ttobre 1981). 

D'altronde era logico attendersi che cos� si comportasse un Parla


, 
mento che nel dicembre del 1969 aveva assentito alla proposta globale 
(o �pacchetto�) pres�ntato dal Governo per superare le difficolt� della 
questione alto-atesina. Parte non secondaria di tale proposta era rappresentata 
dalla differenziata previsione dei diversi tipi di norme che dovevano 
servire ad introdurre nel nostro ordinamento le numerose misure 
ampliative dei poteri delle province: distinguendosi misure da introdurre 
con norme costituzionali, misui;-e da adottare con norme di attuazione 
dello Statuto speciale cosi profondamente modificato e misure 
da adottare con appositi provvedimenti legislativi (cfr. principalmente 

L. 11 marzo 1972, n. 118). Orbene, l'assegnazione del tipo di fonte ai 
vari gruppi di misure appariva tutt'altro che causale, specie se si considera 
il particolare tipo di procedimento che precede l'emanazione delle 
norme d'attuazione Neppure � casuale che fin qui il Governo non abbia 
mai ritenuto di procedere alla deliberazione su tali norme prescindendo 
dal parere della Commissione paritetica, come avrebbe ben potuto a 
norma dell'art. 108, secondo comma, dello Statuto del Trentino-Alt� Adige. 
Va poi aggiunto che leggi statali successive alla scadenza del biennio 
(20 gennaio 1972 -20 gennaio 1974) si riferiscono comprensivamente, 
per il passaggio di Uilteriori funzioni alle Regioni differenziate e alle 
province, alla procedure prescritte in ogni singolo Statuto e nelle relative 
norme di attuazione (cfr. art~ 2, primo comma, L. 23 dicembre 1975, 

n. 698, sullo scioglimento e trasferimento delle funzioni dell'ONMI; 
art. 1, primo comma, della L. 23 dicembre 1975, n. 745, sul trasferimento 
di funzioni statali alle Regioni e sulle norme di principio per la ristrutturazione 
regionalizzata degli istituti zoop~filattici sperimentali; e soprattutto 
art. 80, secondo comma, della L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva 
del servizio sanitario nazionale). 
Infine, sarebbe davvero da considerare assai disarmonica nel nostro 
ordinamento una situazione nella quale gli enti dotati della pi� ampia 
autonomia costituzionalmente garantita (e cio� le Province di Trento e 
di Bolzano) non avessero aperitio oris nei procedimenti di attuazione 
delle norme statutarie a seguito della perentoriet� del termine biennale 
di cui all'art. 108, primo comma, dello Statuto del Trentino-Alto Adige, 
diversamente da ci� che si verifica per altre regioni a Statuto speciale 
come la Sicilia, la Sardegna e il Friuli-Venezia Giulia. Ma, come si � 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO.

372 

visto, tale disarmonia non esiste e non gi� perch� ci si debba rassegnare 
ad una situazione di fatto ormai consolidatasi nel periodo ultradecennale 
seguito al 20 gennaio 1974: ma perch� i dati normativi richiamati convincono 
che il termine, fissato per motivi politici facilmente intuibili, 
ha natura mera;lllente ordinatoria. 
Si pu� ora passare all'esame delle questioni concernenti norme specifiche 
del d.P.R. n. 752 del 1976. 
Il ricorrente al Consiglio di Stato, si. duole di non essere stato ammesso 
a concorrere al posto di titolare del Deposito Personale Viaggiante 
FF.SS. di Bolzano e chiede l'annullamento del foglio disposizioni n. 46 
in data 1 aprile 1978 emesso dal Compartimento di Verona, con il quale 
si limitava la partecipazione al concorso interno ai soli dipendenti che si 
trovassero nelle condizioni previste dagli artt. 9 e 46 del d.P.R. 26 luglio 
1976, n. 752. 
In subordine il ricorrente ha chiesto che il Consiglio di Stato sollevasse 
questione di legittimit� costituzionale (oltre che dell'intero decreto 
per i motivi gi� esaminati) degli artt. 9 e 46 del citato d.P.R. n. 752 
del 1976, in quanto la facolt� riconosciuta ai membri del gruppo di lingu� 
tedesca di usare la loro lingua nei rapporti con i titolari degli organi 
e degli uffici della pubblica amministrazione operanti nella provincia di 
Bolzano non imporrebbe affatto a tutti i pubblici dipendenti la conoscenza 
della lingua tedesca e non giustificherebbe le limitazioni alla progressione 
in carriera dei dipendenti di.lingua italiana gi� in ruolo in tale 
provincia, limitazioni disposte appunto con le norme impugnate. 
Il Consiglio di Stato giudica non manifestamente infondata la questione, 
sia per l'argomentazione svolta dal ricorrente � precipuamente in 
ordine all'art. 100 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige�, 
sia per quella svolta dallo stesso Coni;iglio in ordine all'art. 89 del 
Testo Unico: con gli artt. 89 e 100 1del Testo Unico dello Statuto del 
Trentino-Alto Adige si porrebbero �dunque in contrasto gli artt. 9 e 46 
del cit. d.P.R. n. 752 del 1976. 
Ma gli argomenti addotti dal ricorrente come dal Consiglio sembrano 
fondarsi in parte su un equivoco ed in parte su affermazioni 
che non possono essere accettate. 
Il problema dell'uso della lingua tedesca non pu� essere evocato in 
questa circostanza, dato che nel caso sottoposto al .Consiglio di Stato 
si tratta soltanto di realizzare le 'precondizioni perch� si creino posti 
da assegnare secondo il criterio della proporzionale etnica di cui all'articolo 
89 del Testo Unico dello Statuto del Trentino-Alto Adige. � solo 
nella fase delle conseguenti assunzioni che assume rilievo il requisito del 
bilinguismo. 
D'altra parte si deve premettere che con l'art. 8 del d.P.R. n. 752 
del 1976 sono stati istituiti i ruoli locali e sono stati riservati i posti f:] 
previsti nei ruoli stessi agli appartenenti ai gruppi linguistici in conformit� ~; 
~ 
P: 
1: 
~ 

. I 

1111a1111~111~11111�11111111:1111111111111111,4r11111�1111:ra1'



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ai criteri delila proporzionale etnica. Si tratta dunque cli raggiungere pro


gressivamente �l'obiettivo prefissato nell'art. 89 del Testo Unico delilo Sta� 

tuto del Trentino-Alto Adige (e cio� la occupazione dei posti vacanti nei 

locali) riducendo gli ostacoli derivanti da situazioni soggettive meno 

qualificate di altre ritenute degne di maggior protezione. 

In questa prospettiva le norme di attuazione dello Statuto, come mo� 

dificato nel 1971, hanno tutelato in misura maggiore (in ordine alle 

possibilit� di progressione in carriera) il personale gi� in servizio alla 

data del 20 gennaio 1972 o assunto successivamente entro la data del 

30 novembre 1976 (giorno dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 752), purch� 

fosse gi� residente nella provincia di Bolzano alla data suddetta (e cio� 

20 gern)aio 1972). 

Il criterio di delimitazione del personale �ad esaurimento� (e il 

d.P.R. 29 aprile 1982, n. 327, reca conferma di questa interpretazione) 
non appare arbitrario in quanto ricollegato alla entrata in vigore della 
legge costituzionale n. 1 del 1971 e finalizzato alle possibilit� di effet� 
tive assunzioni dei nuovi ruoli locali. 
Le limitazioni prodotte da tali norme a danno del personale di lin� 
gua italiana, che non si trovasse in possesso dei requisiti di cui agli 
artt. 9 e 46 del d.P.R. n. 752, potranno tutt'al pi� essere ritenute praeter 
statutum, ma non contra statutum, in quanto mirano, con uno dei mezzi 
offerti alla discrezionale scelta del legislatore, a realizzare gli obiettivi 
fissati nell'art. 89 Statuto. Da questo punto di vista, secondo la costante 
giurisprudenza di questa Corte, si rimane nell'ambito della � attuazione � 
, e non si violano nemmeno i principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costi


tuzione. 

In effetti tale eccezione mira innanzitutto a contestare, alla luce del


l'art. 3 della Costituzione, la disparit� di trattamento (e la sua irragio


nevolezza) operata fra i dipendenti dei vari gruppi linguistici. Ma il sa� 

crificio consistente nella impossibilit� di occupare talune delle � titolari� 

t� e dirigenze � libere per alcuni dipendenti in servizio prima della en


trata in vigore del d.P.R. n. 752 non risulta in contrasto con norme 

statutarie o con norme costituzionali in conseguenza della presa in consi


derazione � retroattiva � da ,parte del legislatore di taluni presupposti 

temporalmente individuati riguardo ad un assetto dei ruoli, ritenuto es


senziale rispetto allo scopo perseguito dal precetto statutario. 

Va infatti �sottolineato: che valutazioni ex post di presupposti ante� 
riormente venuti in essere al fine di statuire conseguenze nuove sono 
consentite dall'ordinamento alla legge anche se ci� induce vera e propria 
retroattivit�, giustificata nella specie dal conseguimento di obbiettivi 
imposti da norme di grado superiore; e che, anche di fronte a casi di 
vera retroattivit�, situazioni del genere, specie in fasi transitorie, non 
sono sconosciute nella disciplina dei rapporti di pubblico impiego, n� 
sono tutelate come diritti quesiti. (omissis) 


374 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STA'fO 

Tuttavia la pronuncia di non fondatezza in ordine alle questioni sollevate 
dall'ordinanza del Consiglio di Stato non esime dal rilevare che 
i problemi concemenfr l'applicazione dei principi sulla proporzionale 
etnica vanno affrontati tenendo conto di molteplici fattori, il che non 
significa o non comporta intenzioni o volont� elusive dei principi stessi 
accolti nello Statuto come modificato nel 1971. In particolare il primo 
comma dell'art. 46 del d.P.R. n. 752 prevede in modo espresso che le 
quote di cui al terzo comma dell'art. 9 dello Statuto devono essere 
raggiunte progressivamente entro un congruo termine. Ci� consente, come 
dimostrano anche talune disposizioni del gi� citato d.P.R. 29 aprile 
1982, n. 327, discipline transitorie e aggiustamenti in itinere, dettati da esigenze 
di gradualismo e da necessit� di funzionamento dei servizi pubblici. 
N� va d'altronde dimenticato che, come emerge anche dall'accordo 
di coalizione per la IX Legislatura, adottato dalla maggioranza del Consiglio 
provinciale (cfr. Bollettino della Provincia Autonoma, 1984, fascicolo 
n. 36-37, pag. 23), l'applicazione dell'art. 15 dello Statuto in tema 
di edilizia agevolata si � svolta ripartendo i mezzi agevolativi in deroga 
al criterio di proporzionalit� alla consistenza numerica dei singoli gruppi 
linguistici ed in favore del gruppo maggioritario nell'ambito della provincia. 


CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 156 -Pres. Elia -Rel. Bucciarelli 
Ducci -Scotto ed altri (avv. Sorrentino) e Presidente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Baccari). 

I 

Tributi in genere -Riforma tributarla � Decreti delegati integrativi o correttivi 
� Legittimit� costituzionale � Parere della commissione interparlamentare 
dei Trenta � Onere di motivare gli scostamenti dal parere 
-Non sussiste. 

I 
II 

(Cost., artt. 76 e 77; I. 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17; I. 24 aprile 1980, n. 146, art. 48;

d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27), 
! i 

Quando proroga il termine per l'esercizio di una delega legislativa 

o fa rivivere una delega ormai scaduta, il Parlamento implicitamente 
conferma i criteri e i principi direttivi posti con la originaria legge 
I 

delega. Il Governo non � tenuto ad esternare le ragioni per le quali si 
discosta dal parere reso sullo schema di decreto delegato da commissione 
parlamentare (nella specie, la cosiddetta commissione dei trenta) (1). 

(1) Com'� noto, per J.e materie comprese nelrambito della ~egge n. 825 
del 1971 (riforma tributaria), � stata attribuita e pi� volte prorogata delega 
ad emanare decreti � correttivi ed integrativi� degli originari decreti delegati 
del 1972-73, esauritasi alla f.�ine del 1982 (e per� in parte ripristinatJa nell'aprile 
1984 nel quadro delila compil:azione dei resti unici}. S evidente come l'ampiezza, 

l'ARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 375 

Sei sono le questioni formalmente sottoposte all'esame di questa 
Corte. 

Con Ja prima si chiede se contrasti o meno con gli artt. 76 e 77, 
primo comma, della Costituzione l'art. 27 del d.P.R. 3 novembre 1981, 

n. 739, nella parte in cui fissa a settantacinque anni iI limite di et� per 
far parte delle Commissioni tributarie; 
per il dubbio eh~ taJe norma -abTogando l'art. 45, secondo comma, 
del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, che aveva fissato tale limite a 
settantotto anni -ecceda dalla delega concessa al Governo dalla legge 
9 ottobre 1971, n. 825 (Riforma tributaria), violando, con l'emanazione 
reiterata di due norme di contenuto contrastante nella stessa materia, 
il principio della istantaneit� e non reiterabilit� dell'esercizio della delega. 


Una delle caratteristiche essenziali d�lla delega del potere legislativo 
-argomenta il giudice a quo -sarebbe infatti l'istantaneit� del 
suo esercizio, nel senso che il Governo pu� s� rivedere una disciplina 
vasta e complessa in pi� testi normativi, anche a distanza di tempo, 
purch� si tratti di disposizioni logicamente diverse e non incompatibili 
tra loro, ma non pu� una volta posta una norma per determinati fini, 
valersi ancora della stessa delega originaria per abrogarla. 

N� si pu� considerare la norma impugnata semplicemente correttiva 
-si legge nell'ordinanza -in quanto essa anzich� confermare 
sostanzialmente il disposto della norma originaria -come sarebbe proprio 
delle norme correttive -la capovolge radicalmente, privando determinati 
soggetti, tutti inequivocabilmente identificabili, del titolo a 
mantenere ed esercitare un munus publicum che la norma originaria aveva 
loro attribuito. 

e non solo temporale, di tale delega legislativa avrebbe potuto consdgtiare 
misure costituzionali adeguate ('ad esempio I'obbli.go di richiedere, sugli schemi 
di decreto delegato, il previo parere � tecnico � del Consiglio dd Stato e/o 
dell'Avvocatura delJ.o Stato da trasmettere alla �commissione dei trenta�) 
anche per compensare la pratica impossibi1it� -solo per la �parte � amministrazione 
(non certo per i contribuenti) -di prospettare questioni di legittimit� 
costituzionale. Quanto alla � commissione dei trenta�, trattasi di organo 
composto da parlamentari non neclessiariamente disposti ad dmpegnarsi su 
questioni che, per dl linguaggio usato e per la complessit� dell.e normative, 
assumono aspetto (ma solo aspetto) �� tecnico�. 

Si � invece preferito, malgrado al Presidente del Consiglio dei Ministri 
fosse attribuita la competenza a formulare la � proposta � di decreto delegato, 
delegare di fatto il compito di eleborare i testd ad un organo, il Comitato 
tecnico per la riforma tributaria (pertinente sarebbe a questo punto ricordare 
HABERMAS, Sfera pubblica, in Cultura e critica, Einaudi, 1980). 

Sul secondo periodo della massima Si segnala che la " commissdone dei 
trenta,., ancorch� -come si � detto -composta da parlamentari, ha natura 
di organo consultivo del Governo e cio� di organo ausiliario dell'Esecutivo. 



376 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Alla violazione del medesimo principio si ricollega anche la seconda 
.questione, con fa quale si chiede se contrasti o meno con fo stesso 
art. 76 della Costituzione l'art. 17, secondo comma, della citata legge di 
delega n. 825 del 1971, nella parte in cui consente al Governo di adottare 
a distanza di tempo disposizioni di contenuto contrario nella stessa 
materia (artt. 45 d.P.R. n. 636/1972 e 27 d.P.R. n. 739/1981). In sostanza secondo 
il giudice a quo -o � stato il Governo ad eccedere dalla delega 
ricevuta esercitandola reiteratamente con l'ymanazione di norme contrastanti 
(prima questione) o � stato lo stesso Parlamento a conferire una 
delega eccedente i limiti fissati dall'art. 76 della Costituzione (seconda 
questione). 

�Entrambe le questioni sono infondate. 

Quando alla prima occorre osservare che la legge di delega n. 825 
del 1971 aveva per oggetto l'attuazione di un riforn1a ampia e complessa 
che copriva l'intera materia del prelievo fiscale, per cui lo stesso 
legislatore delegante previde la necessit� di emanare, nei termini di tempo 
prefissati e in conformit� di determinati principi direttivi indicati dal 
Parlamento, pi� provvedimenti normativi delegati. 

Ed occorre soprattutto ricordare che la delega originaria � stata 
pi� volte rinnovata per mezzo di . successive leggi di proroga, in virt� 
di una delle quali (legge 24 aprile 1980, n. 146) � stata prodotta la norma 
impugnata. Ben poteva perci� il Governo legiferare in una materia cos� 
vasta e complessa con pi� testi normativi emanati anche a distanza 
di tempo, �di tal che viene a cadere il primo dubbio sollevato dail 
giudice a quo: che cio� l'impugnato art. 27 sia stato emanato senza il 
sostegno di una delega. 

N� maggior fondamento ha l'altro profilo prospetto dal Consiglio di 
Stato: che cio� il Governo, pur essendo legittimato dalla legge di delega 
ad emanare pi� disposizioni nella stessa materia a distanza di tempo, 
abbia ecceduto con la norma impugnata i limiti di tale delega. Questa, 
infatti, disponeva all'art. 17, secondo comma, che il legislatore delegato 
aveva la facolt� di emanare ulteriori � disposizioni integrative e correttive 
� delle prime, � nel rispetto dei princlpi e criteri direttivi �, anche con 
uno o pi� decreti successivi. Ora -secondo il giudice a quo -l'art. 27 
non sarebbe una norma correttiva o integrativa, ma sostanzialmente 
modificativa, tale quindi da travalicare i limiti della delega fissati dal 
Parlamento. 

Senonch� tale valutazione sulla natura della norma delegata non pu� 
essere seguita. 

Nel primo esercizio della delega, infatti, il Governo dispose all'art. 45, 
secondo comma, del d.P.R. n. 636 del 1972 che �nella prima applicazione 
del decreto � il limite di et� per i componenti delle commissioni tributarie, 
stabilito nel terzo comma dell'art. 10, ven�va elevato di tre anni. Ed 

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I 

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PARIB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

il terzo comma r dell'articolo citato fissava tale limite a settantacinque 

anni. 

La regola, quindi, per la cessazione dall'ufficio era -nella normativa 

delegata -il raggiungimento del settantacinqueshno anno di et�. Solo 

in via transitoria ed eccezionale, cio� per la prima fase di applicazione 

della nuova normativa, tale limite veniva portato al settantottesimo anno 

di et�, allo scopo evidente di assicurare una continuit� di esperienza 

giurisprudenziale nella fase delicata di transizione dalla vecchia alla nuo


va disciplina fiscale. 

La norma impugnata del d.P.R. n. 739 del 1981 non fece che ripri


stinare la regola generale di cui all'art. 10 del decreto del 1972. Tale norma 

aveva quindi il carattere di norma integrativa, la cui emanazione era 

consentita al Governo dall'art. 17 della legge di delega. 

Una volta, infatti, che lo stesso legislatore delegato, nel pieno eser


cizio della delega ricevuta, .abbia esplicitamente prodotto una norma 

per disciplinare una certa materia soltanto nella fase iniziale di applica


zione di una normativa riformatrice, rientra nei poteri dello stesso le


gislatore delegato, conferitigli nehla stessa fogge �di delega, integrare -sen


za necessit� di una delega ulteriore o di fissazione di ulteriori criteri 

o princ�pi direttivi -la norma transitoria iniziale con norme di contenuto 
anche diverso, al fine di coprire il vuoto normativo che altrimenti si 
produrrebbe con la cessazione della prima fase di applicazione della riforma. 
N� pu� essere sottratta allo stesso legislatore delegato la valu. 
tazione discrezionale del momento in cui la fase iniziale di applicazi6ne 
deve ritenersi esaurita, dato che� il Parlamento stesso -come nel caso 
in esame -gli ha conferito tale discrezionalit�. 

Il fatto poi che'le norme delegate, pur nel rispetto dei princ�pi direttivi 
e criteri fondamentali, siano state emesse, sempre per lo stesso oggetto, a 
dieci anni di distanza (la legge di delegazione � del 1971 e la disposizione 
impugnata del 1981) non basta a far ritenere che nella specie si sia in presenza 
di un vero e proprio trasferimento delle funzioni legislative dal Parlamento 
al Governo e non soltanto di una normale delega, dal momento che 
il Parlamento, nel conced~re in modo reiterato la proroga del termine per 
l'emanazione dei provvedimenti delegati (come poteva certamente fare giacch� 
l'organo che ha l'autorit� di fissare una scadenza pu� anche prorogarla) 
ha pur sempre effettuato le proprie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni 
dettate dall'art. 76 della Costituzione. 

N� tale facolt� di valutazione discrezionale del legislatore viene meno 
nell'ipotesi di proroga di un termine quando questo sia gi� scaduto, non 
essendovi alcun ostacolo di natura costituzionale che impedisca al legislatore 
ordinario di far rivivere retroattivamente una delega ormai scaduta. 


Con la terza questione si domanda alla Corte se il citato art. 17 della 
legge n. 825 del 1971 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, 


378 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella parte in cui ammette interventi integrativi e correttivi ad opera del 
legislatore delegato senza specificare i princ�pi e i criteri direttivi da 
osservare in detti interventi; per il dubbio che tale disposizione violi il 
principio della necessaria conformit� delle leggi delegate alle finalit� delle 
rispettive leggi di delegazione. 

Anche detta questione non � fondata poich� lo stesso art. 17, nell'autorizzare 
il Governo ad emettere uno o pi� provvedimenti delegati, ha 
espressamente stabilito che tali provvedimenti dovevano attenersi ai princ�pi 
e ai criteri direttivi determinati dalla stessa legge di delega n. 825 
del 1971. 

Alla quarta questione sottoposta all'esame della Corte (se contrasti 

o meno con l'art. 76 della Costituzione l'art. 48 della legge 24 aprile 1980, 
n. 146, nella parte in cui proroga ulteriormente fino al 31 dicembre 1982 il 
termine per l'esercizio della delega previsto dalla legge n. 825 del 1971, 
malgrado il termine, ripetutamente prorogato, __fosse gi� scaduto) si � 
gi� data risposta, cosicch� anch'essa risulta non fondata. (omissis) 
L'ultima questione so1levata � se 'lo stesso art. 27 del d.P.R. n. 739 del 
1981 contrasti o meno con l'art. 76 della Costituzione, nella parte in cui 
fissa il predetto termine d'et� malgrado il parere contrario dell'apposita 
commissione parlamentare, violando cos� senza una adeguata motivazione 
i princ�pi e i criteri direttivi stabiliti dal legislatore delegante con l'articolo 
17, primo comma, della legge n. 825 del 1971. 

~che tale questione non � fondata. Infatti il Governo, nell'adottare 
il decreto n. 739 del 1981, ha preventivamente richiesto il parere della 
commissione parlamentare, cos� come prescriveva la legge di delega. Poich� 
talle pa:rere non era per� vincolante, iJ. solo fatto che il legislatore delegato 
non abbia dato motivazione della ragione per cui se ne � discostato, 
non pu� costituire motivo di incostituzionalit�. 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1985, n. 159 -Pres. Elia -Rel. La 
Pergola -Agnesi Giuseppe ed altri (avv. Stendardi e Pompeo Magno) e 
Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Salimei). 

Giustizia amministrativa -Giurisdizione del tribunali amministrativi regionali 
-Non � derogata dalle dlsposiziolli sul processo tributario. 
Tributi locali -Imposizione sui fabbricati � Non � irrazionale. 

La giurisdizione di annullamento dei T.A.R. trae diretto fondamento 
dal testo costituzionale e non pu� ritenersi intaccata dalle norme sul contenzioso 
tributario; non spetta pertanto alle commissioni tributarie la 
cognizione delle controversie aventi ad oggetto le delibere comunali istitutive 
della SOCOF (1). 

(.1) Il principio cos� ,affermato, pervero in modo molto oauto (�la Corte 
non ravvisa ragioni per cMsaittendene le conclusioni del giudice amministra




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 379 

Dovendosi presumere che i fabbricati ricevano (pi� di ogni altra fonte 
di reddito) particolari benefici dalle attivit� svolte dal comune, non � irrazionale 
imporre ad essi soltanto il carico di una imposta locale; n� irrazionale 
�. stante l'autonomia dei comuni, che detta imposta sia applicata 
con aliquote differenziate .a seconda del comune di localizzazione di ciascun 
fabbricato (2). 

La presente questione di legittimit� costituzionale investe l'art. 19 
ed altre disposizioni del d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito con modificazioni 
nella legge 26 aprile 1983, n. 131, che disciplinano la sovraimposta 
comunale sui fabbricati (cd. SOCOF). La normativa ivi posta � 
denunziata dal TAR/ della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in riferimento 
agli artt. 3, 23 e 53 Cost. e dal TAR del Veneto. Quest'ultimo collegio 
deduce come si spiega in narrativa, la violazione dell'art. 53 Cost. 

(omissis) 

Va anzitutto esaminata l'ammissibilit� delle questioni poste alla Corte. 
Nel giudizio introdotto dal TAR di Brescia, l'Avvocatura dello Stato ha 
eccepito che, in materia di sovraimposta comunale, la cognizione attribuita 
alle �commissioni tributarie si esercita, senza che venga in rilievo 
la distinzione fra diritti soggettivi ed interessi legittimi, anche con riguardo 
alle controversie, non importa se autonomamente proposte, le 
quali concernono solo la legittimit� del provvedimento istitutivo del tributo. 
Posto ci�, la questione sarebbe stata sollevata da un collegio carente 
di giurisdizione e comunque senza aver delibato il dedotto profilo d'inammissibilit�. 
Il pregiudiziale problema sollevato dall'Avvocatura non � tuttavia 
sfuggito all'attenzione del TAR del Veneto. Questo ultimo collegio 
afferma al riguardo che il giudizio principale verte sulla delibera istitutiva 

tivo �), non esclude che .possano aversi deroghe alla � generale � giurisdizione 
amministrativa (dei T.A.R. e del Consiglio di Stato) nei oasi di dipendenza di 
una controvemia iin astratto � da giudioe amministrativo ,, dall'esito di una 
controversia tributaria fad esempio, per .i provvedimenti di sospensione da 
albo professionale dipendenti da omessa fatturazione od omessa registrazione 
di fatture emesse o :r�cevute). rutenere diversamente condurrebbe alla necessit� 
di costose e compiioate � pregiudiziali "� 

(2) La pronuncia riveste una dmportanza che va ben al di l� della SOCOF 
(come noto, risoltasi in una imposta una tantum) e sembra recepire l'opinione 
di quanti auspicano una maggiore estensione della imposizione locale. Pervero, 
l'esperienza amministrativa della SOCOF ha evidenzdato le difficolt� e le inadeguatezze 
di gestione di una imposizione (ancorch� avente struttura oltremodo 
semplice) affidata agli oltre 8.000 oomum italiani. Preliminare ad un 
rilancio della ftisca1it� locale dovrebbe essere una riconsiderazione della � di� 
mension� ottimale� (sotto un profilo aziendalistico) dell'ente impositore; una 
siffatta indagine potrebbe condurre a rivitalizzare le province, tra l'ailtro meno 
esposte aille pressioni ed ad risentimenti dei contribuentd di quanto non siano 
le ammmdstrazioni dei piccoli comuni. 

380 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

della sovraimposta, quindi su un atto amministrativo generale. La giu


risdizione di annullamento del TAR, soggiunge il giudice a quo, trae nella 

specie diretto fondamento dal testo costituzionale e non pu�, anche ai 

sensi della giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Commissione 

tributaria centrale, ritenersi intaccata dai distinti e autonomi poteri di 

cognizione attribuiti agli organi del contenzioso tributario. La Corte non 

ravvisa ragioni per disattendere le conclusioni del giudice amministrativo, 

d'.altronde sorrette dalle prev�sioni dell'art. 16 d.P.R. 26 ottobre 1972. n. 636, 

come sostituito dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739. Recita in


fatti tale disposizione: � Gli atti generali, se ritenuti illegittimi, sono di


sapplicati daHa commissione in relazione all'oggetto dedotto in giudizio, 

salva l'eventuale impugnazione nella diversa sede competente�, (omissis) 

Le residue questioni vanno esaminate nel merito. 

Lo strumento tributario di cui si controverte -giova subito ricor


dare -rientra in un contesto di misure legislative, cne conrer1scono agli 
enti locali il potere di istituire nuovi tributi: e cio�, non solo la sovraimposta 
in discorso ma anche l'addizionale sul consumo dell'energia elettrica, 
nonoh� -dove si tratta della provincia -l'aumento della tariffa di soggiorno 
(cfr. art. 24 del d.l. n. 55 del 1983). A proposito della SOCOF, il 
d.l. n. 55 del 1983 prevede poi, analogamente a quanto dispone l'art. 5 bis 
del d.l. n. 786 del 1981 in relazione all'addizionale sul consumo dell'energia 
elettrica, che l'ente interessato, istituito il tributo, possa ricevere, alle condizioni 
previste dalla legge, un contributo statale integrativo. Il Comune 
che delibera l'istituzione della SOCOF ha titolo per iscrivere nel bilancio 
di previsione un'entrata pari ad una percentuale di trasferimenti statali 
ordinari, contemplata nell'art. 7 dello stesso d.l. n. 55/1983; l'ammontare 
della percentuale aumenta in ragione dell'aliquota fissata, che pu� essere, 
�secondo la deliberazione rimessa al Comune, dell'8%, del 12%, del 16% e 
del 20%. All'ente impositore che abbia istituito anche l'ac;ldizionale sul consumo 
dell'energia elettrica, spetta un contributo statale integrativo, pari 
alla differenza fra l'entrata iscritta in bilancio e il gettito della sovraimposta, 
se inferiore. A tutti i Comuni che deliberano l'istituzione della sovraimposta 
� comunque concesso un altro contributo integrativo, che progredisce 
-sempre secondo l'entit� dell'aliquota applicata -dal 40% 
sino al 100% delle rate dei mutui, il cui ammortamento abbia inizio nel 
1983. Cos� strutturato, il tributo adempie alla funzione di adeguare il livello 
delle spese del Comune al costo crescente dei servizi, senza compromettere 
il pareggio del bilancio dell'ente autonomo -punto, questo, 
ormai fermo nell'attuale assetto della finanza locale -e senza d'altra 
parte onerare il bilancio dello Stato di ulteriori aggravi, diversi dai contributi 
integrativi che hanno la specifica destinazione sopra richiamata. 

Ora, ad avviso di tutti e due i giudici di merito, il restituire ai Comuni 
iniziativa, o discrezionalit�, nell'esercizio della potest� di imposizione 
fiscale serve al lecito e utile scopo di contenere l'onere gravante sul 


il 

i: 
" 


� PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

bilancio statale, e di stimolare la responsabilit� degli amministratori locali, 
attingendo alla .capacit� contributiva di quanti traggono beneficio 
dal funzionamento degli enti autonomi. In sostanza, sarebbe dunque corretto 
il fine dell'imposizione, ma incostituzionale il mezzo adoperato dal 
legislatore fiscale per conseguirlo. E per vero, l'illegittimit� della norma 
impositiva � prospettata sulla base di due distinti ma convergenti ordini 
di rilievi. Da un canto si denunzia, com'� stato premesso, la violazione 
della riserva di legge in materia di prestazioni patrimoniali; e per questa 
via si affaccia altres� il sospetto dell'ingiustificata disparit� nel trattamento 
dei contribuenti, che differirebbe da un Comune all'altro senza la 
guida di idonei ed uniformi criteri, con la conseguente lesione dei precetti 
stabiliti nell'art. 53 Cost., D'altro lato, si deduce che il principio di eguaglienza 
e della capacit� contributiva risultano offesi -quest'ultimo principio 
anche sotto il riflesso del carattere non progressivo del tributo per 
avere il legislatore deviato dalle finalit� perseguite, concentrando la 
pressione fiscale su una sola qualit� del reddito, irrazionalmente discriminata 
dal reddito di pari quantit�, che deriva da altre possibili fonti di 
prelievo. L'uno e l'altro ordine di considerazioni non possono, tuttavia, 
essere condivisi. 

Va anzitutto disatteso l'assunto che la previsione dell'art. 19, primo 
comma, vulneri la riserva di legge contemplata nell'art. 23 Cost. La 
prestazione pecuniaria, pur quando si configuri come onere fiscale in senso 
proprio, � imposta � in base � alla."legge, come prescrive il suddetto precetto 
costituzionale, ogni qualvolta sia adeguatamente delimitata la discrezionalit� 
dell'ente impositore, che non pu�, n� deve, mai trasmodare in 
arbitrio. Questo requisito � soddisfatto nel caso in esame. La disposizione 
censurata individua l'oggetto della sovraimposta, ne fissa non solo l'aliquota 
pi� elevata ma tutte le altre applicabili a scelta del Comune, regola 
gli adempimenti dell'autorit� impositrice e del soggetto passivo. Circondata 
da tali cautele; la previsione, deHa potest� impositiva non pu� certo risolversi, 
come sospetta il giudice a quo, in una delega in bianco al Comune, 
anche se lascia all'ente autonomo la facolt� di istituire, oppur no, la sovraimposta. 
N� si pu� obiettare che l'esercizio dei poteri di autonomia qui 
riconosciuti ail Comune finisce in ogni caso per trascendere li corretti confini 
della discrezionalit�, in quanto non � anc()rato dalla legge ali'� oggettiva 
� insorgenza di � fatti modificativi della realt� economica �. Cos� ritiene 
la difesa di parte privata, secondo la quale la norma censurata demand.
a l'istituzione della sovraimposta in ogni Comune esclusivamente al 
soggettivo apprezzamento dell'esigenza di maggiori entrate da parte della 
maggioranza consiliare. Nel caso in esame, per�, anche al lume della pregressa 
giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 257/1982), l'imposizione 
del tributo � giustif�icata, non solo dal perseguimento di run'esigenza di 
indubbio rilievo costituzionale, qual'� quella dell'autonomia locale, ma 
anche dall'adozione di criteri normativi che rispondono ai dettami del



382 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

I 
{::

l'art. 23 Cost.: criteri, i quali andranno di volta in volta applicati in rap� ~= 
porto sia al fabbisogno del Comune, _sia al contributo esigibile dai possessori 
di reddito da fabbricato nel relativo territorio. 


Detto ci�, vien meno qualsiasi ragione per ritenere irrazionale la differenza 
nel trattamento dei contribuenti, che deriva dalla scelta compiuta 
da ciascun Comune, in ordine all'applicazione della sovraimposta, nella 

I propria sfera territoriale. Siamo di fronte alle inevitabili conseguenze del 
fatto che gli enti impositori godono di autonomia e possono esercitarla :i�

I 
secondo diverse valutazioni e delibere, senza che ci� comporti offesa degli 
invocati parametri (cfr. sen.ze nn. 51/1960, 64/ 1965 e 113/1970). 

Identica conclusione deve adottarsi con riguardo all'irrazionalit� che 
il TAR di Brescia ravvisa, sempre per impugnare il diseguale trattamento 
dei co;p.tribuenti, nel sistema di applicazione delle aliquote. (omissis) 

L'imposizione non � arbitraria nemmeno sotto il profilo della discriminazione 
-come si afferma nei provvedimenti di rinvio, solo qualitativa 
-del reddito da fabbricato rispetto al reddito derivante da altre 
fonti. Il nucleo essenziale delle censure sta, si diceva, nel dedurre l'incongruenza 
della soluzione accolta nella normativa in esame rispetto alle 
finalit� contemplate dal legislatore col ripristinare la potest� impositiva 
del Comune. Ma la tesi cos� prospettata all'attenzione della Corte non � 
sorretta da alcun motivo che escluda ogni plausibile giusti~cazione per la 
scelta normativa di cui si dolgono i giudici rimettenti. 

Il TAR della Lombardia osserva in proposito che il gettito della sovraimposta 
gravante sui possessori di fabbricati � destinato non ad uno 
scopo che interessi questa sola particolare categoria di soggetti ma, in 
modo indifferenziato, ad accrescere le entrate comunali. Il rilievo �, per�, 
non decisivo e troppo generico, giacch� potrebbe esser mosso ad ogni 
tributo, che non si estenda indistintamente a tutti i beneficiari dell'attivit� 
gestionale. dell'ente impositore. Esso non acquisterebbe consistenza, va 
precisato, nemmeno se basato sulla sottintesa convinzione che la capacit� 
contributiva sia manifestata dal godimento di pubblici servizi. Tesi del genere 
non hanno trovato ingresso nella precedente giurisprudenza (cfr. 
sent. n. 201/1975), che la Corte ritiene di non dovere ora rivedere. L'argomento 
che si vorrebbe trarre dalla destinazione del gettito non vale, comunque, 
a dimostrare che il legislatore fosse secondo Costituzione vincolato 
a dilatare oltre i limiti previsti la cerchia dei soggetti passivi del 
tributo. D'altra parte, anche a ricostruire lo scopo della sovraimposta 
come ritiene ~l TAR di Brescia, non si pu� convenire con il detto collegio 
che il legislatore abbia fatto un uso arbitrario della sua discrezionalit� 
nell'individuare i cespiti rilevatori di capacit� contributiva. Non �, infatti, 
come si osserva dal giudice a quo, manifestamente irrazionale, presumere 
che i fabbricati ricevano, pi� di ogni altra fonte di reddito, particolari 
benefici dai servizi e le attivit� gestionali dell'ente autonomo. L'inidoneit� 
del soggetto a corrispondere l'onere imposto � stata determinata, certo, 


PARTB I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

discriminando fra le categorie dei contribuenti, ma in relazione a quel 
certo presupposto, con il quale la prestazione pecuniaria �, pur sempre, 
effettivamente collegata, come doveva esserlo, per risultare compatibile 
con il disposto dell'art. 53 Cost.: il possesso di un reddito da fabbricato; 
e quest'indice di capacit� contributiva � stato preso in considerazione al 
fine di attribuire ai Comuni una potest� impositiva connessa con la loro 
posizione di enti autonomi, come risultato di una scelta che, diversamente 
da quando affermano le ordinanze in esame, non manca, nella specie, di 
ragionevole supporto. E sufficiente osservare che gli immobili, da cui deriva 
iill reddito tassato, hanno una Joro precisa focalizzazione, possono 
essere facilmente ripartiti come base imponibile fra i vari enti in funzione 
del luogo in cui sono ubicati e si presta.no al tipo d'dntervento fiscale qui 
prefigurato dal legisiatore, per essere suscettibhli di diversa valori.zzazione, 
secondo l'ambiente in cui si esercita l'autonomia dell'ente impositore. 

La conclusione non muta, se si ha riguardo al punto di vista da cui, 
nel proporre la censura in esame, muove il TAR del Veneto. Assume il 
detto collegio che la normativa in parola contraddica gli obiettivi di 
lungo termine delle scelte legislative in altri settori, volte ora ad incentivare 
le crescita del patrimonio edilizio, ora a gravare lo stesso reddito 
colpito dalla sovraimposta per vie diverse, quali sarebbero quelle previste 
dalla disciplina sull'equo canone e sui contributi urbanistici. Ma da questi 
rilievi non risulta che il regolamento della specie, peraltro affidato ad 
un'imposizione straordinaria e del tutto temporanea, sia frutto di un arbitrio 
lesivo del diritto all'eguaglianza e della capacit� contributiva di chi 
� sottoposto al contestato onere tributario. (omissis) 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 187 -Pres. Roehrssen -Rel. 
Malagugini -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato 
Azzariti) e Regione Valle d'Aosta. 

Valle d'Aosta -Conflitto di attribuzione � Accordo tra Regione ed ente 
territoriale appartenente a Stato estero � Invade competenza esclusiva 
dello Stato. 

Spetta allo Stato il �potere esterno �, e quindi anche la competenza 
a stipulare accordi comunque denominati con altri Stati o con enti territoriali 
ad essi appartenenti (nella specie la Regione Valle d'Aosta aveva 
stipulato un accordo di assistenza con la Regione� somala del Basso 
Scebeli). 

Con ricorso notificato il 15 ottobre 1976, il Governo della Repubblica 
ha impugnato il � Protocollo di collaborazione fra la Regione somala del 
Basso Scebelli e la Regione italiana Valle d'Aosta� sottoscritto a Moga



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

discio il 9 luglio 1976 dal Presidente del Consiglio regionale per la regione 
somala e dall'Assessore capo delegazione per la Regione italiana. II ricorrente 
ha chiesto l'annullamento del Protocollo in esame -ovviamente per 
quanto concerne la Regione italiana -previa declaratoria de �la esclusiva 
competenza dello Stato a stipulare tri;i.ttati e accordi internazionali �. Il 
ricorso � fondato e merita, perci�, accoglimento. 

Con il Prot�collo impugnato la Regione Valle d'Aosta ha preteso di 
stipulare un vero e proprio accordo (che interessa l'industria metallurgica, 
i settori zootecnico e turistico nonch� l'artigianato e la sanit�) con un 
ente territoriale facente parte di uno Stato straniero, senza neppure subordinarne 
l'efficacia al verificarsi di eventi successivi quali, ad esempio, 
la dimostrazione del consenso del Consiglio regionale o di quello delle 
competenti autorit� statali. L'accordo in esame � quindi sin dall'origine 
idoneo a produrre effetti nei rapporti internazionali tra la Repubblica italiana 
e la Repubblica Democratica di Somalia ed �, per ci� stesso, immediatamente 
invasivo di una sfera di competenza esclusivamente riservata 
allo Stato, che vanta, quindi, un interesse attuale all'impugnazione dell'atto 
in esame (cfr. sentt. nn. 170 del 1975 e 123 del 1980). 

Il principio della indivisibilit� della Repubblica, solennemente affermato 
dall'art. 5 Cost., postula, infatti., l'esclusiva soggettivit� internazionrue 
dello Stato; tale principio risulta ribadito anche dalle altre norme costituzionali 
direttamente o indirettamente riferentisi ai rapporti internazionali 
(artt. 10, 11, 35, terzo e quarto comma, 72, quarto comma, 75, secondo 
comma, 78, 80 e 87, primo e ottavo comma, Cost.). Spetta, di conseguenza, 
allo Stato il �potere estero� (cfr. sent. n. 21 del 1968); solo Io Stato � 
responsabile dell'adempimento degli obblighi internazionali (sent. n. 142 
del 1972) mentre alle regioni in via di principio non spettano competenze 
che esulino dall'ambito territoriale loro proprio (sentt. nn. 28 del 1958; 
44 del 1967; 203 del 1974). Invero, soltanto lo Stato pu� valutare -discrezionalmente 
-la opportunit� di specifiche scelte di politica estera misurandone 
la coerenza con gli orientamenti generali e questo monopolio 
statale viene inciso quando la Regione pretende di esercitare -come nel 
caso di specie -attivit� di rilievo internazionale. Proprio a causa della 
indivi~ibilit� deHa Repubblica � infatti sempre la Repubblica stessa che si 
presenta sulla scena internazionale ogni qualvolta venga compiuta, anche 
ad opera di una regione, una qualsiasi attivit� del genere, cosicch� l'azione 
regionale -in fattispecie del tipo di quella qui considerata -viene 
sostanzialmente ad incidere sulla politica internazionale della Repubblica. 

Del resto l'esclusiva competenza statale in materia di rapporti internazionali 
(e con le Comunit� economiche europee) gi� affermata dall'articolo 
4 del d.P.R. n. 616 del 1977, � stata ribadita, per quanto concerne la 
Valle d'Aosta, dal primo comma dell'art. 2 del d.P.R. 22 febbraio 1982, 

n. 182, che riserva appunto allo Stato, anche nelle materie trasferite o delegate 
in forza del medesimo decreto, le funzioni �attinenti ai rapporti 

PA.ln'B I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

internazionali e con le Comunit� economiche europee, alla difesa nazionale 
e alla pubblica sicurezza �. 

Al principio della esclusivit� della competenza statale in subiecta 
materia apporta peraltro un limitato temperamento il secondo comma del 
medesimo articolo, il quale prevede che �la regione�, previa intesa con 
il Governo, sulla base di programmi tempestivamente comunicati alla 
Presidenza del Consiglio dei ministri, pu� svolgere all'estero � attivit� promozionali 
relative alle materie di sua competenza �. Ci� comporta, da 
un lato, che la regione possa svolgere all'estero solo attivit� promozionali; 
dall'altro, che tali attivit� intanto possano compiersi, in quanto siano precedute 
da �intese� con il Governo della Repubblica, intese che -nell'ottica 
de11a norma menzionata -sono palesemente preordinate ad assolvere 
ad una funzione di coordinamento tra le scelte regionali ed i pi� ampi 
indirizzi di politica internazionale seguiti dallo Stato, al fine di � garantire 
che non si verifichino estemporanee intromissioni regionali nei rapporti 
fra l'Italia e gli altri Stati� (sent. n. 8 del 1985). Il che, a ben riflettere, 
� in perfetta armonia con quel principio collaborativo che -per ripetuta 
affermazione di questa Corte -deve costantemente ispirare i rapporti fralo 
stato e le regioni (cfr. fra le altre, sentt. nn. 175 del 1976 e 94 del 1985). 

Nel caso di specie, sembra incontestabile che l'accordo impugnato 
non solo sia stato stipulato al di fuori di qualunque coordinamento con le 
scelte statali di politica internazionale, ma sia anche diretto, ben al di l� 
di qualunque intento � promozionale �, a realizzare forme di vera e propria 
assistenza ad un paese in via di ,sviluppo, nel contesto cio� di una 
materia che questa Corte ha ritenuto estranea � nel modo pi� assoluto ad 
ogni ingerenza regionale, non solo per quanto riguarda la predisposizione 
dei programmi, ma anche per ci� che attiene direttamente o indirettamente 
alla Idro esecuzione� (sent. n. 37 del 1972). 

p. q. m. 
dichiara che spetta allo Stato stipulare accordi (comunque denominati) 
con enti territoriali di Stato straniero e conseguentemente annulla. 

CORTE COSTITUZIONALE, 28 giugno 1985, n. 189 -Pres. e Rel. Roehrssen Regione 
Lazio (avv. Scoca) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice 
avv. gen. Stato Azzariti). 

Corte Costituzionale -Conflitto di attribuzione -Avvenuta consolidazione 
di atto presupposto � Inammissibilit� del ricorso. 

-

� inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione proposto con 
riguardo ad un atto (nella specie statale) dopo che si � consolidato altro 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atto ad esso presupposto relativo alla attribuzione delle funzioni oggetto 
della controversia. 

La Regione Lazio, con ricorso 13 aprile 1983, ha sollevato conflitto di 

attribuzione avverso i decreti del Presidente della Repubblica nn. 1082 e 

1083 del 1982, concernenti l'approvazione della ristrutturazione degli Isti


tuti riuniti di S. Girolamo della Carit�, in Roma, ed il riconoscimento 

della personalit� giuridica della Fondazione di culto denominata Patronato 

di S. Girolamo della Carit�, scorporata da detti �Istituti�, ritenendoli 

invasivi della propria competenza in materia di beneficenza pubblica. 

Peraltro, con decreto 18 aprile 1980, il Ministro per l'interno aveva 

gi� affermato che, in virt� dell'esclusione dell'ente denominato �Istituti 

Riuniti di S. Girolamo della Carit� � dal trasferimento ai Comuni ai sensi 

dell'art. 25 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, le funzioni di tale ente �son 

poste al di fuori dell'ambito della competenza regionale�, cos� chiara


mente e recisamente affermando la competenza dello Stato in materia e 

negando ogni potere della Regione Lazio. 

Si tratta, ovviamente, di affermazione idonea a fodere la sfera di at


tribuzione costituzionalmente garantita della Regione, tanto pi� che, come 

ha esattamente rilevato l'Avvocatura dello Stato, l'affermazione � stata 

seguita e corroborata dal concreto esercizio del potere ritenuto di spet


tanza dello Stato, con la nomina di un commissario straordinario inca


ricato di amministrare l'ente e di � avviare le procedure per le modifiche 

statutarie indispensabili �. 

In presenza di un atto amministrativo cos� preciso e dotato della 
esecutoriet� propria di qualsiasi atto amministrativo la Regione, senten� 
dosen� lesa, avrebbe dovuto non gi� limitarsi a rivolgere una semplice 
istanza allo stesso Ministero dell'interno, ma provvedere alla impugnazione 
� del provvedimento nella sede giurisdizionale competente e nel termine 
perentorio di 60 giorni stabilito dall'art. 39 della Iegge n. 87 del 1953. 

Non essendosi a ci� provveduto tempestivamente, il ricorso per con


flitto di attribuzioni proposto con gli atti successivi che hanno operato 

la ristrutturazione dell'Ente predetto e la scorporazione da esso della 

Fondazione di culto � Patronato di S. Girolamo della Carit� � � da dichia


rare inammissibile. 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, I sez., 13 novembre 
1984, nella causa 191/83 -Pres. Bosco -Avv. Gen. Darmon -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sozialgericht di Monaco 
di Baviera nella causa Salzano c. Bundesanstalt flir Arbeit -
Interv.: Governi della Rep. fed. di Germania (ag. Seidel e Roder) e 
italiano (aw. Stato Fiumara) e Commissiorie delle C. E. (ag. Beschel). 

Comunit� europee � Libera circolazione dei lavoratori -Previdenza sociale 
-Assegni familiari � Sospensione delle prestazioni. 
(Regolamento CEE del Consiglio 14 luglio 1971, n. 1408, artt. 73 e 76). 

Il diritto agli assegni familiari dovuti a norma dell'art. 73 del reg. CEE 

n. 1408/71 nel paese in cui � occupato uno dei genitori non �' sospeso 
�qualora l'altro genitore risieda con i figli in un altro Stato membro '� 
svolga ivi un' attit�it� lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per 
i figli in quanto non ricorrono tutti i presupposti ai quali la normativa 
di questo Stato membro subordina l'oggettiva fruizione dei suddetti assegni 
(1). 
(1) Sol~ione conforme a quella proposta dal Governo italiano con gli 
argomenti che seguono: 
Condizioni per la sospensione del diritto agli assegni familiari spettante al 
lavoratore che si sposta all'interno della comunit� per i familiari residenti 
in altro Stato membro. 

L'art. 9 della legge italiana 9 dicembre ,l'l77, n. 903 (m �azz. Uff. Rep. it. 
17 dicembre 1977, n. 343), s�.lla �parit� di trattamento tra uomini e donne in 
materia di lavoro�, dispone che �gli assegni familiari ... per familiari a carico 
possono essere corrisposti, in ailternativa, alla donna lavoratrice o pens[oillllta 
alle stesse condiziona e con gli stessi limiti previsti per il lavoratore o 
pensionato � e aggiunge che �nel caso di richiesta di entrambi i genitori gli 
assegni familiari ... devono essere corrisposti al genitore con il .quale il figlio 
convive� (analoga facolt� di scelta � attribuita ai coniugi nell'ordinamento 
giuridico tedesco). Nel caso di specie, quindi, alla madre dei minori residente 

m. Italia sarebbero stati corrisposti gli assegna familiari, -se effettivamente 
spettantile -, solo previa sua domanda. Ed � pacifico che siffatta domanda 
non � stata presentata e che, di conseguenm, non � stata corrisposta alcuna 
somma (non � stato neanche verificato, quindi, se, in caso di domanda, gli 
assegna sarebbero stati effettivamente coirrifsposti). 
La Corte di giustizia con sentenza 20 aprile 1978, nella causa 134/77, 
RAGAzzoNt, in Racc., 11>18, pag. 963, si � occupata dell'art. 76 del regolamento 



388 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I

.(omissis) 1: -Con ordinanza 22 luglio 1983, pervenuta a questa Corte 
il 12 settembre 1983, il Sozialgericht di Monaco di Baviera ha 'sollevato, a 

11 

norma dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale vertente f: 

I 
f.� 
~sull'interpretazione dell'art. 76 del regolamento del Consiglio n. 1408/71, " 
relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavorat�ri dipendenti 
ed ai loro familiari che si spostano nell'ambito della Comunit� 

(G. U. n. L 149, pag. 1). 
~ 

2. -Il sig. Salzano � cittadino italiano. Dal maggio 1979 lavora e 
risiede nella Repubblica federale di Germania. La moglie risiede con i tre 
figli comuni in Italia. 
3. -Il Bundesanstalt fiir Arbeit si rifiutava di corrispondere al sig. 
Salsano gli assegni familiari relativi ai tre figli per il periodo 1� maggio 31 
dicembre 1979. in quanto nello stesso periodo la sig.ra Salzano aveva 
svolto un'attivit� lavorativa subordinata e pertanto aveva diritto agli assegni 
familiari in base alla normativa italiana. 
1408/71, in relazione ad una fattispecie nella quale, peraltro, la legislazione 
nazionale del paese nel quale prestava lavoro la moglie del lavoratore e in cui 
risiedevano i figli (fltalia: prima dell'entrata in vigore clcl1a legge 9 dicembre 
1977 n. 903, sopracitata), non contemplava in favore de11a medesima il diritto 
agli assegni familiari. Ed ivi, la Corte, ricordato che � l'art. 76 mira unicamente 
a limitare la possibilit� di cumulo �, ha precisato che �perch� gli 
assegni familiari si possano cons[derare dovuti in forza della legisdazione dello 
Stato membro nel quale risiedono i l�amiliari, occorre che detta legislazione 
riconosca il diritto alla corresponsione di assegni a favore del familiare che 
lavora in tale Stato '" aggiungendo che � � pertanto necessario che la persona 
interessata possieda tutti i requisim stabiliti daiMa legge del suddetto Stato 
per poter far valere tale diritto '" 

Successivamente, in situazione sostanzialmente analoga, con riferimento 
all'art. 79 n. 3 del regolamento, la Corte, con sentenza 6 marzo 1979, nella 
causa 100/78, Rossi, in Racc., 1979, pag. 831, ha ulteriormente precisato che 
� la sospensione del di.r.itto agl:i assegni familiari per i figli a carico del padre 
che � titolare di una pensione secondo le leggi di uno Stato membro non si 
applica se la madre non ha acquistato effettivamente il diritto agli stessi 
assegnd in forza delle leggi di un altro Stato membro per il fatto di esercitare 
un'attivh� proressionale, o perch� la qualit� di capofamiglia � riconosciuta 
solo al padre, o, comunque, perch� non sussistono i presupposti per l'attribuzione 
alla madre del diritto di riscuotere gli assegni�, aggiungendo ancora 
-con riferimento ad una ipotesi di concorso di titold -che �la norma di 
cui all'art. 79 n. 3 si applica solo a concorrenza dell'importo effettivamente 
Viersato a causa dell'esercizio di un'attivit� profession&e �, 

Gi� dalla prima, ma comunque dalLa seconda sentenza si evince che la 
sospensione prevista dalle norme indicate � operante solo se nell'altro Stato 
gli assegni sono versati effettivamente e in concreto. 

Questo concetto � reso ancora pi� palese nella pi� recente sentenza della 
Corte 3 febbrado 1983, nella causa ,149/82, RoBARDS, nella quale, con riferimento 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INT�RNAZIONALE 389 

4. -Il sig. Salzano impugnava il provvedimento suddetto dinanzi al 
Sozialgericht di Monaco di Baviera, il quale, con ordinanza 22 luglio 1983, 
lia sottoposto a questa Corte, a nomna dell'art. 177 del T:riattato CEE, la 
seguente questione giudiziale: 
�Se l'art. 76 del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, 
vada interpretato nel senso che iJ, diritto agli assegni familiari nel paese 
in cui � occupato uno dei genitori dev'essere sospeso -ed in caso affermativo 
in quaile misura -anche quando l'altro genitore ci.sieda con i 
figli in un altro Stato membro (Stato di residenza) ed ivi svolga un'attivit� 
lavorativa, ma non percepisca assegni familiari per i figli in mancanza 
della domanda, necessaria 1n base al diritto nazionale, di uno dei genitori. 
e/o della riuncia dell'altro genitore, cos� che non � certo se ed in quale 
misura il genit�re occupato nel paese di residenza dei figli abbia ivi diritto 
agli assegni familiari �. 

5. -L'art. 73, n. l, del regolamento n. 1408/71 dispone che il lavoratore 
dipendente soggetto alla legislazione di uno Stato membro diverso 
dalla Francia ha diritto, per i familiari residenti nel territorio di un 
altro Stato membro, alle prestazioni familiari previste dalla legislazione 
del primo Stato, come se risiedessero nel ter:ritorio di quest'uiltimo. 
alla norma, analoga alle precedenti, di cui all'art. 10 del regolamento CEE del 
ConsigLio 21 marzo 1,972, n. 574, si � precisato quanto segue: " Poich� l'attribuzione 
di prestazioni di famigilia a norma dell'art. 73 del reg. 1408/71 � 
subordinata all'interpreta:ziione ed aill'app1ioazione della normativa nazionale, 
l'ente preposto di un altro Stato membro non � in grado di valutare se ne 
sussistono tutti i presupposti. Ai fini dell'art. 10, n. 1, lett. a), del reg. 574/72, 
il. suddetto ente pu� quindi limitarsi a constatare che l'ente preposto di un 
altro Stato membro ha effettivamente concesso ad un lavoratore, per il medesimo 
figlio, a norma dell'art. 73 deJ. reg. 1408/71, prestazioni di famiglia secondo 
la propria legdslazione �. 

Al lume di questi pl.1�nCipi la risposta al quesito posto dal giudice tedesco 

non pu� essere che negativa (come del resto prospettato dallo stesso giudice 

di rinvio): non essendoci domanda della moglie, a questa non spettavano 

assegni in Italia, anche se in astratto avrebbero potuto spettarle; l'ente ero


gatore degli. assegni al marito non pu� valutare la spettanza degli assegni 

alla moglie secondo il diritto nazionale� dello Stato di residenza di quest'ul


tima, ma deve solo verificare se gli assegni siano in tale Stato effettivamente 

corrisposti o no; tale soluzione consente ai coniugi di scegliere quali assegni 

percepire, ma ci� sembra perfettamente in linea con la regolamentazit-ne 

comunitaria e addirittura con le legislazioni nazionali che, attuando la parit� 

di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro, lasciano ai coniugi 

l'alternativa di scegliere a chi dei due debbono essere corrisposti gli assegni. 

In applicazione di tale principio di parit�, sancito dalle norme comuni


tarie, le legislazioni na7Jional�i (e in particolare quelle tedesca e italiana) 



390 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. -L'art. 76 stabilisce che il diritto alle prestazioni familiari dovute 
a norma dell'art. 73 � sospeso se, per l'esercizio di un'attivit� professionale, 
le prestazioni o gli assegni familiari sono dovuti anche a norma della legislazione 
dello Stato membro nel cui territorio risiedono i familiari. 
7. -La Corte ha gi� affermato, nella sentenza 20 aprile 1978 (causa 
134/77, Ragazzoni, Racc. pag. 963), che l'esercizio di un'attivit� lavorativa 
nello Stato in cui risiedono i familiari non � sufficiente a sospendere il 
diritto attribuito dall'art. 73, ma occorre, inoltre, che le prestazioni familiari 
siano � dovute � in base alla legge di detto Stato membro. Perch� 
gli assegni familiari si possano considerare dovuti in base alla normativa 
dello Stato membro nel quale risiedono i familiari, occorre che detta normativa 
riconosca il diritto a:1la corresponsione di assegni a fovore del 
familiare che lavora in questo Stato. � pertanto necessario che la pers�ma 
interessata soddisfi tutte le condizioni -sia formali che sostanziali stabilite 
dalla normativa del suddetto Stato per poter far valere tale 
diritto. 
8. -Emerge dal fascicolo che la signora Salzano non soddisfaceva le 
condizioni stabilite dalla normativa italiana concernente gli assegni familiari, 
poich� non aveva presentato la domanda prescritta dalla normativa 
italiana vigente. 
prevedono infatti che i coniugi, entrambi lavoratord, possano scegliere di comune 
accordo a chi dei due debbano essere corrisposti gli assegni familiari.: per 
ciascuna legislazione � indifferente il percettore delle somme, ove vi sia l'accordo 
fra ii due aventi diritto, in quanto le somme stesse hanno pur sempre 
un'unica destinazione (il mantenimento dei figli). Le legislazioni nazionali si 
preoccupano solo che sia timpedita una duplice erogazione, che non avrebbe 
alcun significato. � 

La normati'V'a comunitarfa rispetta questo diil'itto di opzione e si preoccupa 
solo di due cose: a) con l'art. 73, che sia garantita la percezione degli 
assegni da parte del genitore che lavora in uno Stato anche se i figli risiedono 
in altro Stato; e ci� per assicurare la libera circolazione dei lavoratori 
e garantire al lavoratore straniero una parit� di trattamento con il favoratore 
nazionale; b) con l'art. 76, che la famiglia del lavoratore non percepisca due 
volte gli assegni approfittando dei diritti che potrebbero derivarle dalle due 
legislazioni nazionali applicabili (eventualmente integrate dalla disposizione 
dell'art. 73 sopracitato), e ci� perch� una dopp.La erogazione non avrebbe una 
giustificazione logica. 

La norma contenuta nell'art. 76, dunque, � puramente e semplicemente una 
norma anticumulo (come appunto hra precisato la Corte nella citata sentenm 
20 aprile 1978) e ment'affatto una norma indicativa dello Stato tenuto alla 
erogazione. Essa, inf.�atti, lascia iimpregiudioato il diritto di opzione di cui 
godono i coniugi e si preoccupa solo di evitare che La famigla possa godere, 
dn forza delle norme comunitarie, del doppio benefiicio. 

Si � osservato in contrario che lo spii.rito della norma sarebbe nel senso 
che essa non mira solo ad evitare un cumulo di prestazioni, ma determina 



PARTE I, .SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 391 

9. -L'art. 9 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Gazzetta Ufficiale 
della Repubblica italiana del 17 dicembre 1977, n. 343), dispone che �gli 
assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni delle pensioni 
per familiari a carico possono essere corrisposti, in alternativa, alla donna 
lavoratrice o pensionata alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti 
per il lavoratore o pensionato. Nel caso di richiesta di entrambi i 
genitori gli assegni familiari, le aggiunte di famiglia e le maggiorazioni 
delle pensioni per familiari a carico devono essere corrisposte ail genitore 
con il quale il figlio convive �. 
10. -Pertanto, nella specie, se la signora Salzano vi avesse avuto effettivamente 
diritto, gli assegni familiari le sarebbero stati versati, a condizione, 
per�, �he ne fosse stata previamente fatta domanda. Manoando tale 
domanda, la signora Salzano non aveva diritto, durante il periodo considerato, 
al versamento degli assegni familiari in base alla normativa italiana. 
Ne consegue che g1i assegni fami�liari non erano � dovuti anche ,, 
ai sensi dell'art. 76 del summenzionato regolamento. 
ugualmente quale � iJ. diriitto che deve essere so�ldisfatto, quando un tale 
diritto sussiste in due Stati membri. 

Questa conclusione non appare accettabile. Innanzitutto dal punto di vista 
letterale la nonna non contiene alcuna indicazione in tal senso. E dal punto 
di v:Lst�a logico, tenendo conto della ratio della intera regolamentazione comunitaria, 
appare contrario allo spirito di questa che la norma in questione 
possa avere voluto l'effetto di eliminare la possibilit� di scelta da parte dei 
coniugi e cli discriminare, quindi, Ja posizione della famiglia. del lavoratore 
migrante. 

Di conseguenza non appare rilevante la possibilit� che ciascuno dei coniugi 
ha di esercitare dl diritto in ciascuno Stato, mentre rilevante � solo il concreto 
godimento di tale diritto. 

Non � possibile, del resto, operare una distinzione ua condizioni sostan 
ziiali per l'apertura del diritto (esercizio di un'attivit� professionale) e condizioni 
formali per goderne (presentazione di un'appOsita domanda e rinuncia 
dell'altro coniuge). Si deve tener presente, invero, che la distinzione � in se 
stessa arbitl'aria, in quanto la domanda di un coniuge e la rinuncia dell'altro 
sono requisiti sostanziali per l'insorgenza del diritto. 

E comunque, in presenza di una situazione di astratta possibilit� della 
sussistenza del diritte;>, verrebbe ad attribuirsi all'ente previdenziale di uno 
Stato membro H potere di vecifdcare esso stesso e autonoma.mente la sussistenza 
di tutti i presupposti per l'erogazione degli assegni da parte dell'ente 
previdenziale dell'altro Stato membro: e ci� � chiaramente inammissibile, ' 
come ha gi� avvertito la Corte, con la citata sentenza RoBARDS, con la quale 
ha precisato che il primo ente pu� solo constatare l'esistenza o l'inesistenza 
di un'effettiva erogazione da parte del secondo ente, senza alcun potere di 
verificarne la �legittimit�. 

OSCAR FIUMARA 



392 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

11. -La questione sollevata dal Sozialgericht di Monaco di Baviera 
dev'essere pertanto risolta nel senso che il diritto agli assegni familiari 
dovuti a norma dell'art. 73 del regolamento n. 1408/71 nel paese in cui � 
occupato uno dei genitori non � sospeso qualora l'altro genitore risieda 
con i figli in un altro Stato membro e svolga ivi un'attivit� lavorativa, 
ma non percepisca assegni familiari per i figli in quanto non ricorrono 
tutti i presupposti ai quali la normativa di questo Stato membro subordinava 
l'effettiva fruizione dei suddetti assegni. (omissis) 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, IV sez., 15 gennaio 
1985, nella causa 241/83 -Pres. Bosco -Avv. gen. Slynn -Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichtshof nella causa 
Erich Rosler c. Ho:rst Rottwinkel -lnterv.: Governi della Rep. fed. di 
Germania (ag. Bohmer), italiano (avv. Stato Fiumara) e del Regno 
unito (ag. Braggins) e Commissione delle C. E. (ag. Zimmermann). 

Comunit� europee -Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza 
giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Alloggio 
per le vacanze. 
(Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 

21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). 

Comunit� europee� Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 -Competenza 
giurisdizionale -Competenza esclusiva -Affitto immobili Ambito 
di applicazione. 
(Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 

21 giugno 1971, n. 804, art. 16, n. 1). 

L'art. 1'6 n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione 
di un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda 
unicamente la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. (1) 

(1) Soluzione conforme a quella proposta dal Governo italiano. 
Invero, a determinare la competenza esclusiva � in materia di diritti reali 
immobiliari e di contratti di affitto di immobili � dei giudici dello Stato in 
cui l'immobile si trova � stata -come si legge nella relazione Jenard alla convenzione, 
in Bollettino C.E., suppi. 12/72 -La preoccupazione di non creare 
situazioni di conflitto con norme considerate di ordine pubblico in alcuni 
Stati membri, con il pericolo di ostacolare la � libera circolazione delle sentenze 
�. La regola fissata, -� stato detto -, risponde � all'interesse di una 
retta amministrazione della Wiustizia >>, perch� � questi tipi di controversie comportano 
in modo frequente accertamenti, indagini e perizie che dovranno essere 
effettuati sul posto � e perch� � la materia� inoltre � spesso sottoposta in parte 
ad usi che sono conosciuti in genere solo dagli organi giudsdizionali del 
luogo, o quanto meno del paese in cui l'immobile � sito �. La relazione prosegue, 
per quanto riguarda in particolare i contratti di affitto, precisando che 
� per locazione di immobili si intende l'affitto di locali destinati ad abitazione 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 393 

Rientrano nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui 
l'immobile si trova, competenza contemplata dall'art. 16, n. l, della Convenzione, 
tutte le liti vertenti sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, 
sulla sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al 
locatore, sulla riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero 
del canone e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le 
spese per il consumo d'acqua, di gas e di elettricit�. Le liti che riguardano 
le obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti .dal contratto 
di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. 
Viceversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della pro-

o ad uso professionale, l'affitto cti focali per usi commerci�:Id e la locazione 
cli fondi rustici�, e che per controversie relative a tali contratti si intendono 
quelle, a titolo principale (cfr. primo comma della relazione sub art. 16), 
� fra locatori e conduttovi relative all'esistemla o all'interpremzione dei contratti 
di locazione o alla riparazione dei danni causati dal conduttore, all'evacuazione 
dei locali, ecc. �, mentre la norma non troverebbe applicazione per le 
� azioni che riguardano unicamente il pagamento del canone locativo, in quanto 
tali azioni possono essere considerate come distinte dall'immobile dato in 
looazione �. Questa 'soluzione, conclude Ja relazione, � stata dettata perch� 
ta materia � spesso disciplinata, nei singoli Stati, da una legislazione particolare 
che sovente contempla anche una competenza esclusiva. 
Se, dunque, � vero che la nonna in questione non pu� essere interpretata 
in s�nso pi� lato di quanto non richieda il suo scopo (Corte 'di giustizia, 
14 dicembre 1977, nella causa n. 73/76, SANDERS, in Racc., pag. 2383, con la 
quale � stato deciso che non rientra nell'ambito cti applica2ione della norma 
la controversia re1ativa al contriatto di affitto, di un'azienda commerciale, in 
quanto l'oggetto principale del contriatto � l'azienda non l'immobile), � altres� 
vero che essa va interpretata rigorosamente per impedire che lo scopo stesso 
non sia raggiunto, aprendosi la strada, in una materia molto delicata (si pensi 
in Italia :alla disciplina dell'� equo canone� per le locazioni di immobili urbani 
ad uso abitativo), a competenze alternative o a deroghe pattuite per eludere 
norme imperative. 

In conseguenza nessuna delle circostanze segnalate dal giudice di rinvio 
poteva essere considerata tale da consentire la disapplicazione dell'art. 16 n. 1. 
Anzi, alcune di esse lasciavano intravedere il pericolo che si corre ammettendo 
eccezioni che potrebbero essere generalizzate. 

Certamente non influente, infatti, appariva la circostanza che fosse stata 
pattuita la locazione di un immobile per uso di villeggiatura. La norma non 
distingue fra periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n� fra le varie destinazioni 
dell'immobile: professionale, commerciale, agricolo, abitativo, villeggiatura, 
ecc. (e non contraddice questa conclusione la sentenza della Corte 14 
dicembre 1977, gd� citata, in quanto ivi si � considerato che oggetto principale 
del contratto era l'azienda e non l'immobile). Sebbene alcune esigenze, partico1armente 
per norme di 011ddne pubblico (ad esempio la gi� richiamata 
disciplina dell'equo canone di locazione e quella dell'affitto dei fondi rustici 
in Italia), possano sussistere solo per alcune situazioni e non per altre, ogni 
/limitazione generalizzata sarebbe arbitraria� e, non essendo possibile fissarla 
in termini precisi, potrebbe essere abilmente sfruttata per sfuggire a norme 
imperative. 



394 RASSEGNA DEI.J..'AVVOCATURA DELLO STATO 

priet� locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle vacanze 
e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva con


templata da detto articolo (2). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 5 ottobre 1983, pervenuta alla Corte il 
24 ottobre seguente, il Bundesgerichtshof ha sollevato, a norma del protocollo 
3 giugno 1971 relativo all'interpretazione da parte della Corte della 
Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizio. 
nale e l'esecuzione delile decisioni in materia civile e commeroiale (in prosieguo: 
la Convenzione), 'due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione 
dell'art. 16, n. 1 della Convenzione stessa. 

2. -Con contratto scritto 19 gennaio 1980 il sig. Horst Rottwinkel, 
resistente nella causa principale, affittava al sig. Erich R�isler, ricor� 
rente nella causa principale, per il periodo 12 luglio � 2 agosto 1980, un 
alloggio situato nella propria casa di vacanze di Cannobio, in Italia, il 
cui canone veniva fissato per quattro persone in d.m. 2.625. Secondo il 
contratto, non era permesso alloggiare ospiti. Le spese per l'elettricit�, 
Altrettanto inconsistente appariva fa circostanz:a che entrambi i contraenti 
non risiedessero in Italia. Basta considerare che la convenzione presuppone' 
l'esistenza di un territorio comunitario e I'art. 16 n . .l, propdo prevedendo una 
competenza esclusiva e non consentendo quindi neanche una deroga per accor� 
do delle parti, mira a garantire � una retta amministrazione della giustizia >>, 
per cui non pu� che essere del tutto indifferente la residenza delle parti. 

Del tutto inaccettabile appariva, infine, rargomento concernente la pattuizione 
relativa a11'applioazione del diritto di uno Stato membro diverso da 
quello in cui � sito l'immobile. Tale richiamo, almeno in alcuni casi (e si 
richiama ancora una volta, a titolo di esempio, la disciplina dell'equo canone 
in Italia, in relazione agli. artt. 25 e 31 delle disposizioni sulla legge in generale, 
che precedono il codice civile), � innanzitutto frrilevante per l'ordinamento 
giuridico dello Stato membro in cui � sito l'immobile. Se poi si 
ammette addirittura che una pattuizione siffatta � idonea a far venir meno 
la competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si apre la 
strada ad UIJJa possibilit� di sottrarsi a norme dmperative di tale Stato: per 
sottrarsi alla disciplina dell'equo canone in Italia i:l locatario potrebbe imporre 
aiJ. conduttore (costretto ad accettare, pur di avere la disponibilit� dell'appartamento) 
di sottoporre la disciplina del contratto al diritto di un altro Stato, 
magari pattuendo altres� espressamente la proroga di competenza ai sensi 
dell'art. 17 della Convenzione. 

(2) Anche su questo punto la Corte ha seguito le tesi esposte dal Governo 
italiano, in particolare precisando che rientrano nella competenza esolusiva del 
giudice di cui all'art. 16 n. 1 della convenzione 1e liti relative al pagamento 
del canone quale obbligo contrattuale essenziale del conduttore (contrariamente 
a quanto osservato neUa stessa relazione Jenard nei punti rico:tidati nella nota 
precedente). La possibilit� di sottrarre tali controversie al giudice dello Stato 
in cui � sito l'immobile potrebbe del 11esto consentire l'elusione di norme 
imperative attraverso abili pattuizioni. 
O.F. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

l'acqua e il gas dovevano essere conteggiate in base al consumo. La pu-. 
lizia finale doveva del pari essere pagata a parte. Le parti convenivano 
inoltre che al contratto si sarebbe dovuto applicare il diritto tedesco e 
che il luogo dell'adempimento ed il foro competente era Bielefeld. 

3. -Il resistente nella causa -principale trascorreva le vacanze nella 
villa contemporaneamente al ricorrente. 
4. -Il 7 gennaio 1981 il resistente nella causa principale esperiva 
un'azione dinanzi al Landgericht di Berlino, chiedendo al ricorrente nella 
causa principale il risarcimento dei danni e il pagamento delle spese 
accessorie residue. Egli sosteneva che durante l'intera vacanza il ricor� 
rente nella causa principale aveva ospitato nell'alloggio pi� di quattro 
persone. A causa del sovraffollamento, il pozzo nero traboccava in perm�nenza. 
Ci� provocava un lezzo insopportabile. Il sovraffollamento causava 
del pari un notevole disturbo sotto il profilo del rumore. 
5. -Il riposo del resistente e della sua famiglia veniva perci� con� 
siderevolmente disturbato. Data la perdita del vantaggio delle vacanze 
da lui subita, il resistente chiedeva il risarcimento dei danni per inadempimento 
del contratto d'affitto e il rimborso delle spese di viaggio 
fino al luogo della villeggiatura. Egli chiedeva inoltre, in forza del contratto, 
le spese per l'acqua, l'elettricit�, il gas e la pulizia finale. 
6. -Il Landgericht di Berlino dichiarava irricevibile la domanda. 
Esso riteneva che, ai sensi dell'art. 16, n. 1 della Convenzione, i giudici 
dello Stato contraente in cui � situato l'immobile, cio� l'Italia, sono 
competenti in via esclusiva a pronunziarsi sulle domande di pagamento 
di cui trattasi. Il Kammergericht di Berlino annullav~ la sentenza del 
Landgericht e gli rinviava la causa per una nuova pronunzia. 
7. -Il ricorrente nella causa principale impugnava per � revisione � 
la sentenza del Kammergericht dinanzi al Bundesgerichtshof. 
8. -Ritenendo che la lite sollevi questioni d'interpretazione della 
Convenzione, con ordinanza 5 ottobre 1983 il Bundesgerichtshof ha sospeso 
il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni 
pregiudiziali: 
1. -Se l'art. 16, n. l, della Convenzione possa applicarsi nel caso 
in cui il contratto di locazione, stipulato da due parti entrambe domi� 
ciliate nella Repubblica federaile di Germania, riguardi �solo fa cessiooe 
in uso per un breve :periodo di un alloggio per la villeggiatura situato 
in Italia e le parti abbiano convenuto di applicare il diritto tedesco. 
2. -In caso affermativo: Se l'art. 16, n. 1, della Convenzione si possa 
applicare del pari alle azioni aventi ad oggetto il risarcimento dei danni 

396 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per inadempimento del contratto di locazione, in particolare a causa 
del mancato godimento delle vacanze, nonch� il pag~ento delle spese 
accessorie contemplate dal contratto di locazione. -, 

9. -Il residente sostiene che l'art. 16, n. 1 della Convenzione non 
si -applica nel caso in esflJile. Si tratterebbe di un contratto di locazione 
di bi�eve durata riguardante un'abitazione per la villeggiatura il quale, dal 
punto di vista economico, sarebbe pi� affine ad un contratto di albergo 
che ad un contratto di locazione vero e proprio. Le domande proposte 
verterebbero anzitutto sul risarcimento dei danni per il mancato godimento 
delle vacanze e per il deterioramento o la perdita di beni mobili. 
A parte Ci�, il luogo dell'adempimento sarebbe nella ~epubblica federale 
di Germania. Il contratto avrebbe, infatti stabilito che il pagamento, in 
particolare del canone d'affitto, doveva aver luogo nella Repubblica federale, 
dove le chiavi dovevano essere restituite. L'accesso sul luogo 
sarebbe superfluo p�r decidere la lite. 
10. -Il Governo della Repubblica federale di Germania ritiene che 
l'art. 16, n. 1 della Convenzione, dato il suo spirito, non si applica alle 
azioni riguardanti contratti di locazione di durata limitata. Esso ricorda 
in proposito che nella sentenza 14 dicembre 1977 (Sanders c. van der Putte, 
73/77, Racc. pag. 2383), la Corte ha dichiarato che questa disposizione 
non dev'essere interpretata in senso pi� ampio di quanto il suo scopo 
richieda. La ratio legis dell'art. 16, n. 1 consisterebbe in primo luogo nel 
fatto che per le locazioni d'immobili, in particolare per i contratti riguardanti 
dei locali di abitazione, vigono in generale norme complesse 
ed informate a considerazioni di ordine sociale e che i giudici dello Stato 
in cui sono in vigore sarebbero meglio di ogni altro in grado di applicarle. 
Questa situazione non sussisterebbe tuttavia nel _caso di contratti 
di locazione vertenti unicamente sulla cessione d'uso temporanea di un 
alloggio per le vacanze situato all'estero. In questo caso, gli interessi 
coinvolti non esigerebbero l'applicazione delle leggi sociali sugli affitti. 
Nel diritto tedesco, ad esempio, la cessione d'uso temporanea dei locali 
di abitazione, ivi compresa la locazione di alloggi per le vacanze, sarebbe 
espressamente esclusa dalle norme sociali sugli affitti. 
1. -Sempre secondo il Governo della Repubblica federale di Germania, 
l'inopportunit� di applicare l'art. 16, n. 1 del pari ai contratti di 
locazione riguardanti alloggi per le vacanze sarebbe particolarmente eviI 


ili

dente nel caso _in cui le parti, come nella presente fattispecie, hanno sot


I ~' i)

toposto i loro rapporti contrattuali esclusivamente ai giudici ed al diritto 
tedesco. Lo scopo principale perseguito dall'attribuzione della causa 
al giudice del luogo, cio� consentire l'applicazione delle norme imperative 
del diritto locale, facendo coincidere il foro competente e le norme da 

!' 

applicarsi e, in ultima analisi, semplificare il procedimento, mancherebbe 

I,

nel nostro caso. 

?: 

~~ 

l, 

~ 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

12. -Un altro scopo perseguito dall'art. 16, n. 1 sarebbe che l'inquilino 
di un locale d'abitazione, il quale in generale � il pi� debole 
socialmente, non sia ulteriormente svantaggiato dal fatto che il giudizio 
si svolge dinanzi ad un giudice lontano dal suo domicilio. Nemmeno questo 
scopo avrebbe peso per i contratti relativi ad un alloggio per le vacanze 
giacch�, normalmente, l'inquilino non sarebbe domiciliato nel luogo 
in cui si trova l'immobile e non meriterebbe particolari riguardi sotto 
il profilo sociale. 
13. -Quanto alla seconda questione, il Governo della Repubblica fe. 
derale di Germania ricorda che, nella gi� menzionata sentenza 14 dicembre 
1977, la Corte 1:J.a dichiarato che considerazioni riguardanti solo 
la locazione d'immobili spiegano l'attribuzione, in fatto di locazione d'immobili 
propriamente dette, cio� di liti fra locatori e conduttori relative 
all'esistenza o all'interpretazione di contratti o alla riparazione di danni 
causati dal conduttore e allo sfratto, di ima competenza esclusiva ai giudici 
del paese in cui l'immobile � situato. Secondo il relatore del comitato 
di periti sulla Convenzione (G. U. 1979, comma 59, pag. 1), la norma 
della competenza esclusiva non si applicherebbe alle azioni aventi unicamente 
ad oggetto il pagamento del canone, giacch� queste vanno considerate 
separate . dalla cosa locata. A maggior ragione ci� varrebbe per 
le azioni di risarcimento del danno indiretto derivante dall'inadempimento 
del contratto e che non � in relazione con la cosa locata stessa. 
Di conseguenza, le domande di risarcimento proposte dal resistente per 
il mancato godimento delle vacanze e per le spese di viaggio inutilmente 
sostenute non rientrerebbero nell'art. 16 n. 1 della Convenzione. Non vi 
potrebbe essere competenza esclusiva per le domande di pagamento delle 
spese accessorie che fanno parte integrante del canone complessivo. 

14. -Il Governo del Regno Unito osserva che lo scopo dell'art. J.6 
n. 1 dev'essere determinato in relazione al tipo di azioni riguardanti la 
propriet� immobiliare piuttosto che alla natura del contratto di locazione 
o di altri diritti relativi agli immobili. Nel nostro caso, l'attore non 
chiederebbe il canone, bens� il risarcimento dei danni per inadempimento 
del contratto. Le pretese dell'attore non rientrerebbero nella categoria 
di liti menzionata dalla Corte nella causa Sanders. c. van der Putte. Le 
esigenze di una buona amministrazione della giustizia non implicherebbero 
che delle azioni le quali, come nel nostro caso, riguardano l'inadempimento 
del contratto di locazione o il danno che ne deriva siano 
attribuite alla competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui si 
trova l'immobile. Argomenti analoghi varrebbero per la domanda di pagamento 
delle spese accessorie, in particolare di quelle riguardanti il 
consumo di gas, di elettricit� ed acqua nonch� la pulizia. Le domande 
riguardanti la perdita o il deterioramento dell'arredo e corredo non riguarderebbero 
l'immobile locato e non dovrebbero essere considerate 

398 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

come liti aventi ad oggetto l'affitto d'immo~ile ai sensi dell'art. 16, n. 1 
della Convenzione. Perch� questa disposizione si applichi, la lite dovrebbe 
avere ad oggetto l'attribuzione, l'esercizio o la cessazione di diritti 
di possesso. 


15. -Il Governo della Repubblica italiana deduce che i motivi esposti 
dal giudice nazionale, cio� che considerazioni di opportunit� militano 
contro l'applicazione dell'art. 16 n. 1� nei casi in cui il contratto di locazione 
riguarda unicamente la cessione d'uso temporanea di un alloggio 
per le vacanze, mentre le due parti sono domiciliate in un paese diverso 
da quello in cui si trova l'immobile ed hanno convenuto di applicare il 
diritto sostanziale dello Stato del domicilio, non sono atte ad escludere 
l'applicazione di detta disposizione. L'art. 16 n. 1 non distinguerebbe fra 
periodi lunghi e periodi brevi di locazione, n� fra le varie destinazioni 
dell'immobile: professionale, commerciale, agricola, abitativa, villeggiatura, 
ecc. Il fatto che i contraenti non risiedano nello Stato in cui � 
situato l'immobile sarebbe irrilevante. L'argomento riguardant� la clausola 
relativa all'applicazione del diritto di uno Stato membro diverso 
da quello in cui � situato l'immobile sarebbe in fatto inaccettabile. Comunque, 
almeno in determinati casi (ad esempio se mirasse ad eludere 
la disciplina dell'equo canone in Italia), la clausola sarebbe invalida. Se 
si ammettesse che un patto di questo genere, accompagnato da una 
clausola per la proroga della competenza, possa far venir meno la competenza 
del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile, si aprirebbe 
la strada alla possibilit� di sottrarsi a norme imperative di tale Stato. 
16. -Quanto al pagan1ento delle spese accessorie, secondo il Governo 
della Repubblica italiana non pare possano sussistere dubbi circa 
la possibilit� di rifenirle al contratto di locazione stessa, giacch� costituiscono 
un'obbligazione contrattuale a carico dell'inquilino. La competenza 
esclusiva a norma dell'art. 16 n. 1 dovrebbe essere evidente nel 
caso 'di una lite relativa a tali spese. La possibilit� di sottrarre queste 
liti alla competenza del giudice dello Stato in cui si trova l'immobile 
potrebbe consentire di eludere norme imperative mediante abili pattuizioni. 
17. -La Commissione allega che, in taluni Stati contraenti, i locali 
ammobiliati in generale e gli alloggi per le vacanze ammobiliati in particolare, 
non rientrano, espressamente o implicitamente, nel campo di 
applicazione ratione materiae delle normative particolari riguardanti la 
� tutela degli inquilini. Per questi motivi essa ritiene che la cessione d'uso 
. a titolo oneroso di alloggi, e in particolare di alloggi per le vacanze 
ammobiliate, non rientrino nel campo d'applicazione dell'art. 16 n. 1. " 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E 1NTBRNAZIONALB 399 

18. -L'art. 16 della Convenzione dispone quanto segue: 
� Indipendentemente dal domicilio, hanno competenza esclusiva: 
1� in materia di diritti reali immobiliari e di contratti di affitto 
d'immobili, i giudici dello Stato contraente in cui l'immobile si trova; 
.�. 

19. -La competenza esclusiva contemplata dall'art. 16 n. 1 a favore 
dei giudici dello Stato contraente in cui l'immo])ile si trova � dovuta 
allo stretto nesso esistente fra i contratti di locazione e il regime 
giuridico della propriet� immobiliare nonch� le disposizioni, generalmente 
di natura imperativa, che ne disciplinano l'uso, quali le norme 
relative al controllo dei canoni locativi ed alla tutela dei diritti degli 
inquilini e affittuari. 
20. -A parte ci�, l'art. 16 n. 1 mira a garantire la razionale ripartizione 
delle competenze, dando la preferenza al giudice competente a 
causa della prossimit� al luogo in cui l'immobile si trova, per il fatto 
che esso pu� pi� facilmente avere conoscenza diretta delle circostanze 
di fatto connesse alla stipulizione ed all'adempimento delle locazioni di 
immobili. 
21.-La questione sollevata dal Bundesgerichtshof Inira ad accertare 
se siano possibili deroghe alla norma generale dell'art. 16, in ~senza 
di qualsiasi indizio nella lettera delle disposizioni, in considerazione 
della natura particolare di determinati contratti, come la locazione per 
un breve periodo di alloggi per le vacanze. 

22. -In proposito va rilevato, come ha giustamente fatto il Governo 
italiano, che qualsiasi deroga alla norma generale dell'art. 16 n. 1 
implica il rischio di estensioni atte ad eludere l'applicazione delle norme 
nazionali che disciplinano l'uso della propriet� immobiliare. 
23. -A parte ci�, si deve tener conto dell'incertezza che deriverebbe 
dall'ammissione da parte del giudice di deroghe alla norma generale 
dell'art. 16 n. 1, che ha il vantaggio di stabilire in ogni caso un'attribuzione 
di competenza univoca e certa, attenendosi quindi allo scopo della 
convenzione che � quello di determinare delle attribuzioni di competenza 
certe e prevedibili. 
24. -Ne consegue che la disposizione di cui trattasi si applica a 
qualsiasi contratto di locazione di immobili, indipendentemente dalle sue 
particolari caratteristiche. 
25. -La prima questione va perci� risolta nel senso che l'art. 16 
n. 1 della Convenzione si applica a qualsiasi contratto di locazione di 
un immobile, anche per un breve periodo, ed anche se riguarda unicamente 
la cessione d'uso di un alloggio per le vacanze. 

400 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


\ 

26. -Quanto alla seconda questione si deve rilevare che la Con� 
venzione attribuisce competenza esclusiva � in materia cli contratti cli 
affitto cli immobili�. Nella sopramenzionata sentenza 14 dicembre 1977 
la Corte ha affermato che quest'espressione si riferisce in particolare alle 
liti fra Jocatori e conduttori relative aM'esistenza o all'interpretazione 
del contratto o alla riparazione dei danni causati dall'inquilino. Si deve 
osservare che questa enumerazione non � esauriente. A ragione il Governo 
della Repubblica italiana sostiene che le liti relative al pagamento 
del canone rientrano in questa competenza esclusiva. Sarebbe infatti in 
contrasto con uno degli scopi della disposizione di cui trattasi, cio� l'applicazione 
esatta delle norme nazionali riguardanti le locazioni, l'escludere 
da questa competenza esclusiva delle liti le quali, almeno in determinati 
Stati membri, sono rette da disposizioni legislative particolari, 
come le norme sull'equo canone in Italia. 

27. -Il contratto di locazione contiene in generale disposizioni riguardanti 
la cessione dell'immobile locato al conduttore, il suo uso, gli 
obblighi rispettivi del locatore e del conduttore per quanto riguarda la 
manutenzione, la durata del contratto e la restituzione del possesso dell'immobile 
al locatore, il canone e le altre spese accessorie a carico 
dell'inquilino, come le spese per il consumo dell'acqua, del gas e dell'elettricit�. 
28. -Le liti riguardanti le obbligazioni rispettive del locatore e del 
conduttore derivanti dal contratto di locazione rientrano nel campo di 
applicazione dell'art. 16 n. 1 della Convenzione � in materia di contratti 
di affitto d'immobili �. Viceversa le liti che si riferiscono solo indirettamente 
all'uso della propriet� locata, come quelle riguardanti la perdita 
del vantaggio delle vacanze e le spese di viaggio, non rientrano 
nella competenza esclusiva contemplata da detto articolo. 
29. -La seconda questione va quindi risolta nel senso che rientra 
nella competenza esclusiva dei giudici dello Stato in cui l'immobile s� 
trova, competenza contemplata dall'art. 16 n. 1 della Convenzione, qualsiasi 
lite vertente sull'esistenza o sull'interpretazione del contratto, sulla 
sua durata, sulla restituzione del possesso dell'immobile al locatore, sulla 
riparazione di danni causati dall'inquilino o sul recupero del canone 
e delle altre spese accessorie a carico dell'inquilino, come le spese per 
il consumo d'acqua, di gas e di elettricit�.� Le liti che riguardano le 
obbligazioni rispettive del locatore e del conduttore derivanti dal contratto 
di locazione rientrano nel campo di questa competenza esclusiva. 
Vkeversa, le liti che si riferiscono solo indirettamente all'uso della 
propriet� locata, come quelle riguardanti la perdita del vantaggio delle 
vacanze. e le spese di viaggio, non rientrano nella competenza esclusiva 
contemplata da detto articolo. (omissis). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 401 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, Sed. plen., 20 mar


zo 1985, nella causa 41/83 -Pres. Mackenzie Stuart -Avv. Gen. Dar


mon -Repubblica italiana (avv. Stato Braguglia) c. Commissione delle 

C.E. (ag. Marenco) -Interv.: Governo del Regno unito (ag. Dagtoglou). 
Comunit� europee -Concorrenza -Abuso di posizione dominante � Imprese 
pubbliche -Monopolio legale per la gestione dei sistemi di telecomunicazioni 
-Limiti. 
(Trattato CEE, artt. 86, 90 e 222). 

Comunit� europee -Imprese pubbliche -Interesse economico generale � 
Valutazione. 
(Trattato CEE, artt. 86 e 90). 

Comunit� europee -Norme comunitarie e Accordi internazionali -Compatibilit� 
-Limiti -Fattispecie. 
(Trattato CEE, art. 234). 

L'attivit� con cui il British Telecommunications, ente di diritto pubblico 
titolare del diritto di monopolio legale per la gestione dei sistemi 
di telecomunicazione nel Regno Unito, gestisce gli impianti pubblici di 
telecomunicazione e li mette a disposizione degli utenti contro il pagamento 
di un canone, costituisce un'attivit� di impresa soggetta in quanto 
tale agli obblighi derivanti dall'art. 86 del Trattato. Il suo monopolio consiste 
nel gestire le reti di telecomunicazione e nel metterle a disposizione 
degli utenti, ma non riguarda la fornitura di servizi annessi, come 
quello della ritrasmissione dei messaggi per conto terzi (1). 

Il British Telecommunications non pu� impedire alle agenzie private 
di ritrasmissione dei messaggi di utilizzare la rete pubblica sol perch� 
esse si avvalgono di una nuova tecnologia che permette di trasmettere 
un gran numero di messaggi in tempo molto breve con anormale impegno 
delle linee e conseguente danno al corretto funzionamento del 
sistema internazionale -senza peraltro sottrarsi al pagamento delle tasse 
corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo -, in quanto la nuova tecnologia 
costituisce un progresso tecnico che risponde all'interesse generale 
e �non si configura di per s� come un abuso. N� l'interesse pub


(1-3) Il Ticorso del Governo italiano, sostanzialmente diretto contro una 

decisione della Commissione che sanzionaV1a un comportamento invece dovuto 

in base a norme internazionali, proponeva alcune delicate questioni di prin


cipio: sia sulla valutabilit� dell'attivit� del B.T. ai sensi delle regole di concor� � 

renza comunitaria, sia sui rapporti tra tali regole e quelle delle convenzioni 

internazionali in materia di telecomunicazioni. 

La sentenza della Corte, che non mostra esitazioni nel nispondere affer


mativamente sul primo punto, pare molto pi� cauta sul secondo, cercando 

di evitare prese di posizione e di riisolvere la questione in fatto. 



402 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

blico pu� ritenersi compromesso per il fatto che la rapidit� della trasmissione 
consentita dall'evoluzione delle tecnologie crei una diminuzione 
degli introiti dell'ente, in quanto tale diminuzione � compensata dal 
maggior volume dei messaggi internazionali e dei relativi introiti attivato 
nella rete pubblica britannica dall'esistenza delle agenzie private (2). 

Il British Telecommunications non pu� impedire attivit� di trasmissione 
non abusive di agenzie private invocando il regolamento tdegrafico � 
11 aprile 1973 della Convenzione internazionale delle telecomunicazioni 
(ITC) e la raccomandazione F 60 dell'ottobre 1976 del Comitato consultivo 
internazionale telegrafico e telefonico (CCITT), in quanto questi, anche 
se fossero ancora vincolanti per il British Telecommunications, sono 
unicamente diretti ad ostacolare l"attivit� di agenzie di ritrasmissione di 
messaggi � create � o � note per essere state create � allo scopo di evadere 
il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso (3). 

(omissis) 1. -Con atto registrato in cancelleria il 15 marzo 1983, 
la Repubblica italiana ha presentato a questa Corte, ai sensi dell'art. 173, 
1� comma, del Trattato, un ricorso diretto all'annullamento della decisione 
della Commissione 10 dicembre 1982, n. 82/861, adottata nei confronti 
del British Telecommunications, in base all'art. 86 del Trattato CEE 

(G. U. n. 360, pag. 36). 
2. -Il British Telecommunications, ente di diritto pubblico istitl�to 
dal British Telecommunications Act del 1981, � succeduto, a partire-
dal 1� ottobre 1981, allo United Kingdom Post Office, istituito dal 
Post Office Act del 1969 (ambedue le imprese statali saranno denominate 
in prosieguo BT). In quanto titolare del monopolio legale per la gestione 
dei sistemi di telecomunicazione nel Regno Unite>, il BT ha l'obbligo di 
fornire, in particolare, i servizi telex e telefonici. A norma sia del Post 
Office Act sia del British Telecommunications Act, il BT esercita un potere 
normativo in ordine ai servizi di telecomunicazione nel Regno Unito 
di cui definisce in particolare tariffe e condizioni mediante regolamenti 
(schemes); questi ultimi sono pubblicati nelle gazzette ufficiali di Londra, 
Edimburgo e Belfast. 
3. -Il BT ha d'altronde lo status internazionale di ente riconosciuto, 
che opera privatamente quale membro di uno degli organi permanenti 
della ITU (Unione Internazionale delle Telecomunicazioni), istituita dalla 
ITC (Convenzione Internazionale delle Telecomunicazioni), firmata il 
2 ottobre 1947 a Atlantic City (raccolta dei trattati delle Nazioni Unite, 
n. 2616, pag. 188), riveduta ultimamente il 25 ottobre 1973, a MalagaTorremolinos. 
Tutti gli Stati membri della CEE sono firmatari della 
ITC. Nella sua qualit� di ente che opera privatamente, riconosciuto 
a questo scopo dal Regno Unito, il BT partecipa ai lavori del CCITT 
(Comitato Consultivo Internazionale Telegrafico e Telefonico), a .fianco 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

delle amministrazioni nazionali di tutti gli Stati firmatari della ITU 
che ne sono membri di diritto. 

4. -Il CCITT emette raccomandazioni in materia di gestione e 
di tariffe relative alla telefonia e alla telegrafia, adottate in base alle 
norme della ITC ed ai regolamenti telefonici e telegrafici (atti finali 
della conferenza amministrativa mondiale telegrafica e telefonica, ITU, 
Ginevra 1973), i quali, integrando le norme adottate da quest'ultima, 
conformemente all'art. 82, disciplinano l'uso delle telecomunicazio1�. 
5. -Ai sensi dell'art. 63 del regolamento telegrafico 11 aprile 1973: 
� Le amministrazioni o enti riconosciuti che operano privatamente 
~i impegnano a bloccare, nei loro rispettivi uffici, l'accettazione, la trasinissione 
e la consegna dei telegrammi inviati ad agenzie di ritrasmissione 
ed altre organizzazioni create per trasmettere telegramini per 
conto di terzi allo scopo di evadere il pagamento completo d�lle tariffe 
dovute per l'intero percorso ... �. 

6. -Sulla base e in applicazione di questa disposizione del regolamento 
telegrafico, la CCITT adottava, nell'ottobre 1976, la raccomandazione 
F 60 il cui punto 3.5.2. contiene le seguenti disposizioni: 
�Le amministrazioni e gli enti riconosciuti che operano privatamente 
devono rifiutare di mettere il servizio telex a disposizione di agenzie 
di ricetrasmissione di messaggi telegrafici note per essere state create 
allo scopo di inviare o ricevere telegrammi da ritrasmettere telegraficamente 
per sottrarsi al pagamento della tariffa intera dovuta per il 
percorso completo �. 

7. -Facendo valere queste norme, il BT ha inteso opporsi all'espandersi, 
sul territorio del Regno Unito, di agenzie private di ritrasmissione 
di messaggi che hanno offerto al pubblico un servizio nuovo consistente 
nel ricevere e ritrasmettere, per conto terzi, un notevole volume 
di messaggi a prezzi sensibilmente inferiori a quelli praticati in base 
alle tariffe corrispondenti all'utilizzo tradizionale delle linee e dei sisteIni 
di telecomunicazione. 
8. -Facendo uso del potere normativo riconosciutogli dalla legge, 
il BT adottava in primo luogo i regolamenti T7 /1975 e Tl/1976. 'Tali 
regolamenti, pur consentendo agli abbonati di utilizzare i foro impianti 
per trasmettere o ricevere messaggi per conto terzi, disponevano tuttavia, 
rispettivamente agli artt. 43, � 2-b -(iii) e 70, � 2-b -(iii), che ogni 
qualvolta un abbonato inoltrasse un messaggio telex proveniente da un 
paese straniero e destinato ad un paese straniero, non potesse applicare 
una tariffa tale da consentire al mittente del messaggio di spedirlo 
ad un prezzo inferiore a quello che avrebbe pagato se l'avesse trasmesso 

RASSEGNA Dm.L'AVVOCATURA DELLO STATO

404 

direttamente. Le parti concordano tutta:via sul fatto che il BT non ha 
mai dato applicazione effettiva a queste disposizioni. 

9. -Il BT completava in seguito questa normativa adottando il 
regolamento 11/1978, entrato in vigore il 21 gennaio 1978, che conteneva, 
agli artt. 44, � 2 (a) e 70, � 2 (b), il divieto per le agenzie di i:itrasmissior.
e di fornire ai loro clienti servizi internazionali tramite i quali: 
a) messaggi sotto forma di dati siano trasmessi o ricevuti mediante 
chiamata telefonica internazionale e successivamente, convertiti in messaggi 
di telecomunicazione destinati ad essere ricevuti come telex, facsimile, 
testo stampato o visualizzato sotto altre forme; 

b) messaggi telex siano inoltrati in transito tra luoghi situati al di 
fuori del Regno Unito e dell'isola di Man; 
e) messaggi telex siano inviati o ricevuti tramite altre agenzie di 
ricetrasmissione di messaggi. 

Le precitate disposizioni del regolamento Tl/1978 venivano . integralmente 
riprodotte da un nuovo � Sheme � del 1981 che abrogava e' sostituiva 
tutti i regolamenti anteriori. 

10. -Con la decisione 10 dicembre 1982, n. 82/861, la Commissione 
dichiarava che i precitati regolamenti costituivano infrazioni all'art. 86 
del Trattato e che il BT era obbligato a porvi termine entro due mesi 
da11a notificazione di taile decisione, nella misura fui cui [e infratlollli 
constatate continuassero a sussistere. 
11. -Nella motivazione della decisione, la Commissione sostiene 
che le restrizioni imposte dal BT e le sanzioni che possono derivare 
dalla loro trasgressione, cio� l'interruzione o la cessazione del collegamento 
con gli impianti serviti, impediscono alle agenzie di ritrasmissione 
di messaggi di fornire taluni servizi, a danno dei loro clienti situati 
in altri Stati membri, subordinano l'utilizzazione degli impianti telefonici 
e telex ad obblighi che non hanno alcun rapporto con le fun. 
zioni dei servizi telefonici o telex e determinano per tali agenzie uno 
svantaggio concorrenziale nei confronti delle amministrazioni e delle 
agenzie nazionali degli altri Stati membri non soggette alle medesime 
disposizioni. 
12. -Nonostante le infrazioni constatate, la Commissione riteneva 
tuttavia ch�, tenuto conto delle particolari �ircostanze del caso di specie, 
in particolare per quel che riguarda il rispetto degli im:pegni internazionali 
e il fatto che il BT non aveva sanzionato la violazione delle 
restrizioni di cui trattasi disinserendo gli impianti delle agenzie di ritrasmissione 
di messaggi, non dovesse essere inflitta al BT alcuna ammenda. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 405 

13. -A 1sostegno delle proprie conclusioni volte all'annullamento 
della preciti:i.ta decisione della Commissione, la Repubblica italiana contesta 
in primo luogo che i regolamenti controversi potessero essere giuridicamente 
valutati alla luce dell'art. 86 del Trattato. A questo proposito, 
la ricorrente sostiene innanzitutto che l'attivit� normativa di 
un ente di diritto pubblico non pu� essere considerata come un'attivit� 
di impresa ai sensi dell'art. 86 del Trattato e, d'altro lato, che, in ragione 
del monopolio legale da esso detenuto, l'art. 222 del Trattato non consentiva 
di applicare al BT le norme comunitarie in materia di concorrenza. 
14. -La Repubblica italiana nega, in secondo luogo, che i regolamenti 
controversi possano essere giuridicamente considerati contrari all'art. 
86 del Trattato in quanto, innanzitutto, essi intendono contrastare 
pratiche sleali poste in essere dalle. agenzie private di ritrasmissione in 
quanto, d'altro canto, le norme comunitarie in. materia di concorrenza 
possono essere applicate al BT nella sua qualit� di impresa pubblica 
di cui all'ar.t 90, 2� comma, del Trattato, solamente entro determinati 
limiti e, infine, in quanto le precitate norme della ITC imponevano al 
BT di adottare i provvedimenti contestati. 
15. -La Repubblica italiana sostiene inoltre che la decisione im� 
pugnata non � sufficientemente motivata. 
I 
-SUI MEZZI VOLTI A CONTESTARE LA POSSIBILIT� DI VALUTARE, ALLA LUCE 
DELL'ART. 86 DEL TRATTATO, I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT. 

1) La pertinenza delle norme comunitarie in materia di concorren~ in 
considerazione dell'attivit� contemplata dalla decisione controversa. 

16. -La� Repubblica italiana sostiene che l'art. 86 del Trattato si 
applica unicamente ad un'attivit� imprenditoriale esercitata secondo 
le forme del diritto privato e non all'attivit� normativa esercitata, in 
base ad una legge, da un servizio pubblico gestito a condizioni stabilite 
dai pubblici poteri. 
Nella misura in cui la decisione impugnata non riguarda comportamenti 
adottati dal BT nella sua qualit� di ente di gestione di impianti o fornitore 
di servizi di telecomunicazione agli utenti, bens� l'attivit� normativa 
da esso esercitata in forza del Post Office Act del 1969 e del British 
Telecomunications Act del 1981, la ricorrente ritiene che la Commissione 
abbia sviato l'art. 86 dalla sua finalit�. L'attivit� normativa contestata 
potrebbe eventualmente giustificare soltanto un'azione contro il Regno 
Unito in base agli artt. 90 e 169 del Trattato. 

17. -La Commissione, sostenuta nelle sue conclusioni e nei suoi argomenti 
dal Regno Unito, fa valere che la fornitura di servizi di tele

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

comunicazione � -un'attivit� d'impresa. La legge britannica ha conferito 
al BT il potere di far uso della forma degli � schemes � ma unicamente 
allo scopo di fissare i prezzi e le condizioni in base a cui vengono 
offerti i servizi di telecomunicazione. I regolamenti di cui trattasi assolvono 
quindi la medesima funzione di clausole contrattuali e sono stati 
liberamente adottati dal BT in forza del sud potere autonomo senza 
alcun intervento dell'autorit� pubblica britannica. Anche supponendo 
che la responsabilit� del Regno Unito possa essere fatta valere nella 
fattispecie, questa circostanza potrebbe tutt'altro pi� avere l'effetto di 
attenuare la responsabilit� dell'impresa per quel che riguarda l'importo 
dell'ammenda, ma non di escludere l'applicazione nei suoi confronti delle 
norme comunitarie in materia di concorrenza. 

18. -Occorre rilevare in primo luogo che la ricorrente non contesta 
il fatto che, nonostante il suo status di impresa statale, l'attivit� con 
cui il BT gestisce gli impianti� pubblici di telecomunicazione e li mette 
a disposizione degli utenti contro il pagamento di un canone, costituisce 
appunto un'attivit� di impresa soggetta in quanto tale agli obblighi derivanti 
dall'art. 86 del Trattato. 
19. -Va osservato in secondo luogo che, in forza dell'art. 28 del 
Post Office Act del 1969 e successivamente delil'art. 21 del British TeleCOll!
unications Act del 1981, il potere di adottare regolamenti conferito 
al BT � strettamente limitato alle sole disposizioni volte a fissare. tariffe 
e. altre modalit� e condizioni delle prestazioni da esso fornite agli 
utenti. Tenuto conto dei termini di queste disposizioni, � opportuno riconoscere 
.inoltre che iii legislatore britannico non ha in alcun modo 
predeterminato il contenuto dei regolamenti in caus~.il quale � stabilito 
liberamente dal BT. 
20. -Stando cos� le cose, i regolamenti di cui alla decisione impugnata 
vanno considerati parte integrante dell'attivit� d'impresa del 
BT. Il mezzo fondato sul fatto che la Commissione non poteva giuridicamente 
valutare la loro conformit� con Fart. 86 cl,el Trattato va dunque 
respinto. 
2) La pertinenz,a delle norme comunitarie in materia di concorrenza "in 
considerazione della posizione di monopolio detenuta dal BT. 

21. -La ricorrente afferma che, in forza dell'art. 222 del Trattato, 
ai sensi del quale quest'ultimo � lascia del tutto impregiudicato il regime 
di propriet� esistente negli Stati membri �, gli Stati membri sono 
liberi di determinare nel loro ordinamento interno le attivit� riservate 
al settore pubblico e di istituire monopoli nazionali. Cos� il BT ha il 
diritto di tutelare il proprio monopoUo impedendo l'attivit� di agenzie 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

private �he intendono fornire servizi di competenza di questo monopolio. 
Censurando gli � schemes � adottati a questo proposito dal BT per la 
loro incompatibilit� con l'art. 86, la Commissione avrebbe dunque trasgredito 
l'art. 222 del Trattato. 

22. -Risulta dagli atti che se il BT detiene il monopolio legale consistente, 
fatte salve talune eccezioni, nel gestire le reti di telecomunicazione 
e nel metterle a disposizione degli utenti, esso non detiene il 
monopolio in materia di fornitura di servizi annessi, come quello della 
ritrasmissione dei messaggi per conto terzi. Va osservato ad ogni modo 
che i regolamenti adottati dal BT non hanno lo scopo di far scomparire 
le agenzie private create in violazione del suo monopolio, ma sono volti 
unicamente a modificare le condizioni in base alle quali queste agenzie 
esercitano la loro attivit�. Va dunque ammesso che l'art. 222 non ostava 
a che la Commissione valutasse gli � schemes � di cui trattasi alla Iuce 
dell'art. 86 del Trattato. 
23. -Il mezzo fondato sulla trasgressione dell'art. 222 del Trattato 
va dunque respinto. 
II � SUI MEZZI VOLTI A STABILIRE CHE I REGOLAMENTI ADOTTATI DAL BT NON 
SONO CONTRARI AI.L'ART. 86 DEL TRATTATO. 

1) I regolamenti adottati dal BT risponderebbero all'e?igenza di evitare 
un'utilizzazione abusiva degli impianti di telecomunicazione da parte 
delle agenzie private di ritrasmissione. 

24. -La Repubblica italiana ha dichiarato, sia nelle sue memorie 
scritte che in occasione dell'udienza dinanzi alla Corte, che le agenzie 
private di ritrasmissione dei messaggi stabilite sul territorio del Regno 
Unito utilizzerebbero in ma.rliera abusiva la rete pubblica di telecomunicazioni. 
Tale abuso risulterebbe in primo luogo da un'utilizzazione anormale 
dei �circuiti punto a punto�, cio� dei circuiti pubblici concessi 
in locazione a privati per loro uso esclusivo ad una tariffa~ forfettaria 
che tiene conto della quantit� dei messaggi trasmessi normalmente da 
questa categoria di utenti. Trasmettendo su tali circuiti messaggi per 
conto terzi, le agenzie di cui trattasi sfuggirebbero alle condizioni � tariffarie 
normali. Queste agenzie abuserebbero altres� della rete pubblica 
utilizzando apparecchiature speciali che permettono, grazie all'informatica, 
di trasmettere un gran numero di messaggi in un lasso di tempo 
molto breve. Tali pratiche provocherebbero un danno ancor pi� grave 
al corretto funzionamento del sistema internazionale di telecomunicazione 
in quanto sono attuate sulle linee a traffico pi� intenso. Il BT 
poteva quhidi adottare i provvedimenti necessari per porre termine a 
tali attivit� illecite senza violare l'art. 86 del Trattato. 

408 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

25. -La Commissione e il Regno Unito contestano che le agenzie 
di ritrasmissione facciano uso di �circuiti punto a punto�. Il fatto che 
tali agenzie utilizzino nuove tecniche e introducano un minimo di concorrenza 
nel traffico internazionaile delle telecomunicazioni, non potrebbe 
costituire di per s� un abuso. 
26. -A questo proposito � sufficiente rilevare che n� gli atti di 
causa n� la trattazione orale dinanzi alla Corte hanno confermato che 
le agenzie di ritrasmissione di messaggi stabilite nel Regno Unito utilizzino 
in maniera abusiva le reti pubbliche di telecomunicazione. Innanzitutto 
non � stato provato che tali agenzie si servono di � circuiti 
punto a punto � onde ritrasmettere messaggi per conto terzi. In secondo 
luogo, il ricorso ad una nuova tecnologia che permette una trasmissione 
pi� rapida dei messaggi costituisce un progresso tecnico che risponde 
all'interesse generale e non� pu� ritenersi che, di per se stesso, configuri 
un abuso. La Repubblica italiana non ha d'altronde sostenuto che 
le agenzie di ritrasmissione tentino di sottrarsi al pagamento delle tasse 
corrispondenti alla durata di utilizzo effettivo, da parte loro, della rete 
pubblica. 
27. -Stando cos� le cose, il mezzo fondato sul fatto che i regolamenti 
controversi sarebbero giustificati da asseriti abusi delle agenzie private 
di ritrasmissione va respinto. 
2) I provvedimenti adottati dal BT rientrerebbero nell'ambito delle deroghe 
al rispetto delle norme sulla concorrenza di cui all'art. 90, n. 2, 
del Trattato, a vantaggio delle imprese incaricate della gestione di 
servizi d'interesse economico generale. 

28. -Secondo la rico~rente la Commissione ha violato il disposto 
del Trattato in quanto essa ha ritenuto che l'art. 90, n. 2, non dovesse 
applicarsi nella fattispecie. 
29. -Prima di esaminare la fondatezza di questo mezzo va osservato 
che la Commissione dichiara di nutrire dubbi circa la possibilit� per la 
ricorrente di i�vocare questo mezzo. L'art. 90, n. 2, del Trattato, desti� 
nato a salvaguardare i compiti che uno Stato membro ritiene opportuno 
affidare ad un determinato organismo, implicherebbe un delicato confronto 
fra opposti interessi che coinvolge fatti e valutazioni propri dello 
Stato membro interessato, cui gli altri Stati membri sono estranei, di cui 
non sono responsabili e che non hanno dunque interesse a difendere. 
30. -A questo proposito va ricordato che, in forza dell'art. 173, 
1� comma, del Trattato, gli Stati membri possono proporre ricorso contro 
ogni provvedimento della Commissione, a carattere normativo o in-!: 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 409 

dividuale, e invocare in particolare la trasgressione di ogni nonna del 
Trattato a sostegno delle loro conclusioni. Va osservato inoltre che l'applicazione 
dell'art. 90, n. 2, del Trattato non � lasciata alla discrezione 
dello Stato membro che ha incaricato un'impresa della gestione di un 
servizio d'interesse economico generale. L'art. 90, n. 3, affida in effetti 
alla Commissione, sotto il controllo della Corte, un compito di vigilanza 
in materia. Stando cos� le cose, non � possibile escludere l'art. 90, n. 2, 
del Trattato dalle norme la cui violazione pu� essere invocata da ogni 
Stato membro a sostegno di un ricorso di annullamento. 

31. -Secondo la Repubblica italiana, la Commissione compromette 
l'assolvimento del compito �onferito al BT dichiarando che i regolamenti 
adottati da quest'ultimo sono contrari al diritto comunitario. 
32. -La ricorrente invoca a questo proposito un primo argomento 
secondo cui l'attivit� dell,e agenzie private ,di ritrasmissione causerebbe un 
danno economico al servizio pubblico britannico delle tele�omunic;azioni. 
33. -Va osservato che se la rapidit� della trasmissione dei mess,,aggi 
consentita dall'evoluzione delle tecnologie provoca senza dubbio una 
certa diminuzione degli introiti del BT, l'esistenza delle agenzie private 
di ritrasmissione nel Regno Unito attira verso la rete pubblica britannica, 
come rilevato dalla ricorrente stessa, un certo volume di messaggi in� 
temazionali con i relativi introiti. La Repubblica italiana non ha provato 
in alcun modo che il bilancio globale delle attivit� di queste ageu� 
zie nel Regno Unito fosse negativo per il BT e che la censura ae1 
regolamenti controversi da parte della Commissione comprometta, dal 
punto di vista economico, l'assolvimento del compito particolare affidato 
al BT. 
34. -La Repubblica italiana adduce un secondo argomento fondato 
sulla necessit� di una cooperazione mondiale istituita dalla ITU onde 
garantire un , regolare svolgimento dei servizi internazionali di telecomunicazione 
e sul legittimo affidamento delle altre amministrazioni nazionali 
a veder rispettare le norme internazionali in vigore volte ad ostacolare 
l'attivit� delle agenzie private di ricetrasmissione di messaggi. Impendendo 
al BT di adempiere integralmente gli obblighi derivanti da 
questa cooperazione internazionale la decisione impugnata rischierebbe 
ancora di compromettere l'assolvimento del compito specifico affidato 
a questa impresa nazionale. 
35. -Questo argomento solleva in realt� il problema di stabilire 
se la ITC o le sue nonne secondarie impedissero o meno al BT di 
adottare i provvedimenti controversi. Esso si collega esattamente al terzo 
mezzo dedotto dalla Repubblica italiana per dimostrare che il BT non 
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410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia 
di concorrenza e� va dunque esaminato qui di seguito. 
3) La� ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, 
410 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
era tenuto nella specie a rispettare le norme comunitarie in materia 
di concorrenza e� va dunque esaminato qui di seguito. 
3) La� ITC e il suo diritto derivato imporrebbero al BT di ostacolare, 
come essa ha fatto, l'attivit� delle agenzie private di ritrasmissione. 
in funzione nel Regno Unito. 

36. -La Repubblica italiana sostiene che la Commissione ha violato 
il disposto del!l'art. 234 del Trattato. Taile norma disciplinerebbe dnfatti 
}'eventuale conflitto 
fra le norme di diritto comunitari� e le norme di 
diritto internazionale preesistenti, nel senso della prevalenza di queste 
ultime sulle prime. Ora, secondo la ricorrente, le norme della ITC e 
dei suoi regolamenti amministrativi hanno sempre vietato alle amministrazioni 
nazionali di tollerare deviazioni del traffico internazionale di 
messaggi telegrafici o telefonici quando queste sono provocate da agenzie 
private di ritrasmissione allo scopo di evadere il pagamento completo 
delle tariffe dovute per l'intero percorso. A norma di quanto disposto, 
in primo luogo, dall'art. 6. 3., del regolamento telegrafico del 1973 e, in 
secondo �luogo, daiHa raccomandazione F 60 del CCITT, il BT era tenuto 
a adottare i regolamenti censurati dalla Commissione. 

37. -La Commissione e .il Regno Unito sostengono che le norme 
in causa tendono esclusivamente a neutralizzare il fenomeno consistente 
nel sottrarre la corrispondenza ai1. pagamento integrale deHe tariffe 
dovute per l'intero percorso e non a vietare il transito di un messaggio 
da un paese terzo per il solo fatto che il messaggio incorre in questo 
modo nel pagamento di una tariffa meno elevata. Le norme in causa 
non possono dunque giustificare i regolamenti adottati dal BT. 
38. -La Commissione afferma inoltre che l'art. 234 del Trattato 
non va applicato in quanto la CIT � stata modificata a Malaga-Torremolinos 
il 25 ottobre 1973, cio� ad una data successiva all'adesione del 
Regno Unito alle Comunit�. Gli argomenti addotti dalla ricorrente sull'analogia 
delle norme in vigore prima di tale data non sarebbero pertinenti 
in quanto in occasione di ogni modifica gli Stati membri dell'ITU 
ritrovano la loro libert� e assumono un nuovo impegno. Supponendo 
tuttavia che esistano norme internazionali anteriori al Trattato CEE 
che impongano il comportamento contestato al BT, l'art. 234 neutralizzerebbe 
il divieto dell'art. 86 del Trattato solamente nella misura in 
cui il rispetto di quest'ultima norma impedisca ad uno Stato membro 
di assolvere ai propri obblighi nei confronti di paesi terzi. 
39. -Il Regno Unito, che dichiara di non condividere l'opinione 
della Commissione riguardo alla modifica, posteriore all'adesione di uno 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

Stato membro alle Comunit�, di un trattato internazionale stipulato 
anteriormente al Trattato CEE, sostiene dal canto suo che, conformemente 
alla sentenza 27 febbraio 1962 (causa 10/61, Commissione c/ Italia, 
R~,ec. pag. 1), gli Stati membri rinunciano, in 'forza dell'art. 234 del 
Trattato, ad ogni diritto, derivante da un trattato anteriore, che sia 
incompatibile con le norme comunitarie. Nella misura in cui il BT non 
ha fatto alcuna distinzione fra gli obblighi internazionali e quelli comunitari 
del Regno Unito e non ha di conseguenza limitato gli effetti dei 
suoi regolamenti alle attivit� delle agenzie di ricetrasmissione che pregiudichino 
le attivit� corrispondenti nei paesi terzi, i regolamenti di cui 
trattasi costituirebbero senz'altro violazioni dell'art. 86 del Trattato. 

40. -Senza che sia necessario pronunziarsi sul problema di stabilire 
se le precitate disposizioni dell'art. 6.3., del regolamento telegrafico 
del 1973 o quelle della raccomandazione F 60 del CCITT avessero o 
meno un'efficacia vincolante nei confronti del BT, � sufficiente rilevare 
che le suddette disposizioni hanno un oggetto e un contenuto differenti 
da quelli degli � schemes � del BT censurati dalla Commssione. 
41. -Infatti risulta dalla loro stessa formulazione che l'art. 6.3., 
del regolamento telegrafico cos� come la raccomandazione F 60 del CCITT 
sono unicamente diretti ad ostacolare l'attivit� di agenzie di ritrasmissione 
di messaggi � create � o � note per essere state _create � allo scopo 
di evadere il pagamento completo della tariffa dovuta per l'intero percorso. 
I provvedimenti contemplati da queste disposizioni possono di.In. 
que riguardare solo 
le agenzie che grazie a modi di procedere abusivi 
tentino di sottrarre taluni messaggi al pagamento completo delle tariffe. 

42. -In quanto uno Stato membro, o un ente privato riconosciuto 
a cui uno Stato membro abbia affidato la gestione dei servizi di telecomunicazione, 
ammetta attivit� di trasmissione non abusive nel senso 
sopra definito e quindi non vietate dalle precitate disposizioni, non pu� 
sussistere violazione, da parte degli Stati interessati, di impegni presi 
a livello internazionale. 
43. -Dalle considerazioni che precedono risulta invece che i regolamenti 
del BT avevano uno scopo diverso da quello perseguito dalle 
disposizioni summenzionate del regolamento telegrafico e della raccomandazione 
del CCITT e riguardavano agenzie private di. ricetrasmissione 
di messaggi la cui attivit� non presentava alcun carattere abusivo. 
44. -Stando cos� :le cose, il mezzo secondo cui fa ITC e il suo diritto 
derivato avrebbero. obbligato il BT ad adottare i regolamenti controversi 
va comunque respinto. 

412 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Ili -SUL MEZZO FONDATO SULLA CARENZA DI MOTIVAZIONE DELLA DECISIONE 
CONTROVERSA. 

45. -La Repubblica italiana fa valere che l'obbligo di motivare le 
decisioni, contenute nell'art. 190 del Trattato, � stato trasgredito, poich� 
la Commissione non ha indicato le ragioni per cui essa aveva ritenuto 
che: 
-il monopolio legale del BT era contrario al diritto comunitario; 
-l'esercizio di una potest� normativa poteva corrispondere ad una 
attivit� imprenditoriale; 
...__ le norme comunitarie sulla concorrenza erano prevalenti rispetto 
alle norme internazionali anteriori. 

46. -Va ricordato, in primo luogo, che, secondo una giurisprudenza 
costante della Corte, la motivazione di una decisione lesiva di diritti 
deve permettere alla Corte di esercitare il proprio sindacato di 
legittimit� e fornire all'interessato le indicazioni necessarie per stabilire 
se la decisione sia fondata o meno. L'obbligo di motivazione va dunque 
valutato in funzione delle circostanze della fattispecie, in particolare del 
contenuto dell'atto, della natura dei mezzi invocati e dell'interesse che i 
destinatari o altre persone riguardate direttamente e individualmente 
I dall'atto, ai sensi dell'art. 173, 2� comma, del Trattato, possono avere a 
ricevere chiarimenti. 

I

47. -Si deve poi osservare che la decisiqne impugnata non contesta 
in nessun modo la compatibilit� del monopolio legale del BT con 
il diritto comunitario. La Commissione non era dunque tenuta a formuIlare 
alcuna motivazione su questo punto. 

48. -Per quel che riguarda infine i due altri punti contestati dalla 
I 
Repubblica italiana, dalla motivazione della decisione impugnata risulta 
che la Commissione ha innanzitutto osservato che il BT, ente di diritto 
pubblico, era un organismo economico che esercitava attivit� di natura 
economica e costituiva, in quanto tale, un'impresa ai sensi dell'art. 86 
del Trattato. La Commissione ha notato inoltre che, pur ammettendo 
essa l'argomento del BT secondo cui la cooperazione internazionale e il 
rispetto degli impegni internazionali sono elementi essenziali nella prestazione 
efficace di servizi internazionali di comunicazione, tale cooperazione 
non potrebbe tuttavia autorizzare una violazione delle norme 
sulla concorrenza del Trattato. 

49. -Tale motivazione soddisfa i requisiti dell'art. 190 del Trattato 
in quanto permette alla Corte di esercitare il proprio controllo e 
agli interessati di far utilmente conoscere il proprio punto di vista sulla 
realt� e la pertinenza dei fatti e delle circostanze addotte. 

413

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

SO. -Stando cos� le cose, il mezzo fondato sulla carenza di moti� 
vazione dev'essere respinto. 

51. -Dall'insieme di quanto precede risulta che il ricorso della 
Repubblica italiana dev'essere respinto. (omissis). 
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, III Sez., 21 marzo 
1985, nella causa 172i84 � Pres. Kakouris � Avv. Gen. Lenz � Domanda 
di pronuncia pregiudizi�le proposta dal Tribunale di Mifano 
nella causa Celestri S.p.A. c. Min. Finanze � Interv.: Governo 
Italiano (avv. Stato Braguglia) e Commissione C.E. (agente De March). 

Comunit� europee � CECA � Prezzo base di taluni prodotti siderurgici 
per il calcolo del dazio antidumping � Comunicazioni della Commissione. 


(Raccomandazioni CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78; 29 dicembre 1978, n. 3140/78; 
12 aprile 1983, n. 874/83). 

Alle importazioni da paesi terzi di prodotti siderurgici effettuate nel 
gennaio 1982, ai fini della determinazione dei prezzi di base di prodotti 
siderurgici per il calcolo dei dazi antidumping, non si applica la comu� 
nicazione della Commissione del 29 dicembre 1981 in forza della raccomandazione 
CECA 18 maggio 1978, n. 1006/78, bens� la comunicazione 
30 dicembre 1978 in forza della raccomandazione 29 dicembre 1978, n. 3140/ 
78, valevole fino alla successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/ 
83 (1). 

(omissis) 1. -Con ordinanza 15 marzo 1984, pervenuta alla Corte il 
successivo 3 luglio, il Tribunale di Milano ha sollevato, a norma dell'art. 41 
del Trattato CECA, una questione pregiudiziale vertente sulla validit� 
del prezzo base di talune lamiere zincate fissato dalla comunicazione 
della Commissione 29 dicembre 1981, che modifica i prezzi di base di 
alcuni prodotti siderurgici (G. U. n. L 372 del 29 dicembre 1981, pag. 1), 
per il calcolo dei dazi antidumping da applicare alle importazioni di 
questi prodotti da paesi terzi. 

(1) Anzitutto la Corte estende aJ.l'a:rt. 41 CECA ila propria giurisprudenza 
formatasi �sull'art. 177 CEE e cos� rielabora fa questione di validit� formulatb 
dal Tribunale di Milano pur di dare ad esso una soluzione utile ai fini della 
decisione della causa principale. Nel merito, la soluzione accolta non pare 
discutibile sul piano formafo, anche se essa comporta le inaccettabili conseguenze 
messe in luce da parte del Governo dtaliano e non contestate dalla 
Commissione. 
r11r11i111111�111111ar1111111111r11111111t11111,,11a�11t1flli 



414 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

2. -Le parti nella causa principale sono la societ� Celestri, che 
nel gennaio 1982 aveva importato in Italia lamiere zincate originarie 
della Repubblica democratica tedesca, e l'Amministrazione delle finanze 
dello Stato italiano, che nell'agosto 1982 aveva ingiunto alla Celestri il 
pagamento di 86.942.000 lire per dazi antidumping e accessori. 
3. -La Celestri, dopo aver pagato, adiva il Tribunale di Milano per 
ottenere la restituzione della somma suddetta, a suo avviso non dovuta. 
Essa deduceva in particolare che la summenzionata comunicazione della 
Commissione costituisce una decisione invalida per violazione di legge 
e sviamento di potere; infatti il prezzo base da essa fissato sarebbe 
superiore al prezzo praticato dai produttori dei paesi della Comunit�, in 
contrasto con i criteri indicati nelle raccomandazioni 18 maggio 1978, 
n. 1006/78/CECA (G. U. n. L 131, pag. 8), e 21 dicembre 1979, n. 3018/79/ 
CECA (G. U. n. L. 339, pag. 15) che stabiliscono le norme relative alla 
difesa contro le pratiche di dumping per i prodotti CECA. 
4. -Occorre ricordare che la precitata raccomandazione della Commission� 
n 1006/78/CECA aveva istituito un dazio antidumping su talune 
lamiere galvanizzate originarie della Repubblica democratica tedesca. 
Questa raccomandazione, all'art. 1, n. 2, disponeva che � l'importo di tale 
dazio � uguale alla differenza in meno del prezzo effettivo (prezzo di 
base pi� extra) contrattuale, ftanco-frontiera sdoganato, rispetto al prezzo 
effettivo (prezzo di base pi� extra) pubblicato ultimamente dalla Commissione 
per iil prodotto in oggetto al momento defila sua immissione al 
consumo nella Comunit� �. 
5. -Come emerge dal fascicolo, poich� nella fattispecie l'importazione 
era stata effettuata nel gennaio 1982, l'Amministrazione delle 
finanze, in forza di questa disposizione, applicava l'ultimo prezzo effettivo 
all'importazione, e cio� il prezzo fissato dalla predetta comunicazione 
della Commissione pubblicata il 29 dicembre 1981, la cui validit� 
� stata contestata dall'attrice nella causa principale. 
6. -Per potersi pronunziare su questo mezzo, il Tribunale di Milano, 
con ordinanza 15 marzo 1984, ha sospeso il procedimento ed ha 
sottoposto alla Corte una questione pregiudiziale relativa � ... alla validit� 
della 'comunicazione della Commissione che modifica i prezzi di base 
di alcuni prodotti siderurgici' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle 
Comunit� Europee del 29 dicembre 1981, n. L 372, pag. 1, limitatamente 
al prezzo di base della merce '73.13 B lV c) 2 -Lamiere zincate con 
altri procedimenti: 1. Fornite in bobine (rotoli): qualit� 1, Fe OOGZ, 
spessore da 0,50 mm a meno di 1,25 mm�. 

PARTE I, SEZ. Il, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

7. -Nelle osservazioni presentate dinanzi alla Corte la societ� Celestr.
i ha tuttavia sostenuto, in via pri.ncipaile, che tale questione � irrilevante 
poich� la comunicazione della Commissione 29-dicembre 1981 non 
� applicabile nella fattispecie. Essa sostiene, a questo proposito, che il 
citato disposto dell'art. 1, n. 2, della raccomandazione n. 1006/78/CECA 
� stato sostituito dall'art. 1 della raccomandazione 29 dicembre 1978, 
n. 3140/78/CECA (G. U. n. L 372, pag. 1), a tenore del quale �l'importo 
dei diritti antidumping, istituiti con le raccomandazioni... n. 1006/78/ 
CECA... sar� ormai uguale alla differenza tra il prezzo effettivo (base 
ed extra (contrattuale stabilito franco �frontiera sdoganato e il prezzo 
effettivo (base ed extra) pubblicato dalla Commissione in data 30 dicembre 
1978... � e che pertanto i prezzi da applicare al momento dell'importazione 
erano qu~lll stabiliti da quest'ultima comunicazione. Di conseguenza, 
non avrebbe dovuto esserle addebitato nessun dazio antidumping, 
poich� il prezzo contrattuale dichiarato per i prodotti importati sarebbe 
stato superiore al prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978. 
8. -Anche la Commissione sottolinea nelle sue osservazioni che, 
�n base all'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78, si doveva applicare, 
nella specie, il prezzo base pubblicato il 30 dicembre 1978 nella comunicazione 
della Commissione 'della stessa data (G. U. n. L. 372, pag. 2). 
9. -Solo in subordine la societ� Celestri e la Commissione esaminavo 
la validit� dei prezzi fissati dalla comunicazione della Commissione 
29 dicembre 1981, oggetto della questione pregiudiziale. Secondo la 
Celestri essi sono invalidi, mentre la Commissione sostiene il contrario. 
10. -Il Governo italiano ha in primo luogo osservato che. la Corte 
non pu� valutare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 41 del 
Trattato CECA, la pertinenza delle questioni sollevate dai giudici nazionali 
per la decisione sulle cause principali. Pertanto, nel caso presente 
essa dovrebbe limitarsi ad esaminare la validit� della comunicazione 
controversa 29 dicembre 1981, oggetto della questione sottopostale; a 
questo proposito, le affermazioni formulate contro la validit� della 
comunicazione controversa sarebbero prive di qualsiasi prova o di qualsiasi 
semplice riscontro. 
11. -In secondo luogo, il Governo italiano ha sostenuto, quanto 
all'art. 1 della precitata raccomandazione n. 3140/78, che gli argomenti 
della Commissione e della societ� Celestri, basati sulla lettera della 
disposizione di cui trattasi, non tengono conto dello scopo e del fun. 
zionamento del sistema dei dazi antidumping. Secondo un principio fondamentale 
di questo sistema, il prezzo di esportazione dovrebbe essere 
sempre riferito all'ultimo prezzo vigente nella Comunit� Se si accogliesse 

RASSEGNA DEU.'AWOCATURA DEU.O STATO 

la tesi contraria si finirebbe col favorire le merci del solo paese terzo, 
la Repubblica democratica tedesca, che non aveva concluso con la Comunit� 
un accordo sui prezzi di esportazione dei suoi prodotti, e si giungerebbe 
ad una discriminazione a danno degli altri p�esi terzi che 
avevano concluso accordi del genere. Per queste ragioni, il Governo 
italiano sostiene che l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78 era inteso 
a raggruppare tutti i dazi antidumping fino ad allora istituiti e ad unificarne 
il sistema di calcolo con riferimento all'ultimo prezzo base stabilito, 
che era allora quello pubblicato il 30 dicembre 1978; ci� non 
significherebbe, tuttavia, che non si dovesse tener conto delle successive 
modifiche dei prezzi base. 

12. -Occorre anzitutto rilevare che, anche se l'art. 41 del Trattato 
CECA, fondato sulla netta separazione tra le funzioni dei giudici nazionali 
e quelle della Corte, non consente a quest'ultima di pronunziarsi sui 
fatti di causa, n� di sindacare la motivazione della questione pregiudiziale 
sollevata, spetta tuttavia alla Corte collocare l'atto la cui validit� 
� stata messa in discussione nel contesto del diritto comunitario ed 
esaminare gli elementi d'interpretazione di questo diritto per poter 
fornire al giudice nazionale una risposta utile ai fini della decisione 
sulla causa p1incipale. 
13. -Si deve poi constatare che, come la societ� Celestri e la Com-� 
missione hanno giustamente osservato, l'art. 1, n. 2, della raccomandazione 
n. 1006/78/CECA � stato sostituito dall'art. 1 della precitata raccomandazione 
n. 3140/78/CECA, il quale ha disposto per il futuro che il 
prezzo base da prendere in considerazione per il calcolo dei dazi antidumping 
sarebbe stato quello pubblicato dalla Commissione in data 
30 dicembre 1978. Questa interpretazione � corroborata dal fatto che 
la successiva raccomandazione 12 aprile 1983, n. 874/83/CECA (G. U. 
n. L 96, pag. 10), ha ristabilito la versione originaria dell'art. 1, n. 2, della 
raccomandazione n. 1006/78/CECA al momento in cui il legislatore comunitario 
l'ha ritenuto opportuno. 
14. -L'interpretazione proposta dal Governo italiano, secondo cui 
l'art. 1 della raccomandazione n. 3140/78/CECA dev'essere inteso nel senso 
che esso non esclude la presa in considerazione delle successive modifiche 
dei prezzi base, non trova sostegno n� nel testo dell'articolo, n� 
in alcun altro elemento. Essa non pu� pertanto essere accolta. 
15. -Tenuto conto di quanto precede, la questione sollevata dal 
giudice nazionale dev'essere intesa nel senso che essa mette in discussione 
la validit� della comunicazione 29 dicembre 1981 solo nell'ipotesi 
in cui questa dovesse essere applicata all'epoca dei fatti di causa. 
Il 

I

f'. 


PARm I, SEZ. n, GIURIS. COMUNITARIA E IN'l'ERNAZIONALE' 

16. -Di conseguenza, si deve rispondere al giudice nazionale che 
non vi � motivo di statuire sulla validit� della comunicazione della Commissione 
29 dicembre 1981, che modifica i prezzi base di alcuni prodotti 
sidemrgici (G. U. n. L 372, pag. 1), poich� essa non si applicava 
alle importazioni effettuate nel gennaio 1982, per le quali era applicabile 
la comunicazione della Commissione 30 dicembre 1978 (G. U. n. L 372, 
pag. 2). (omissis). 

SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
IN MATERIA DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 ottobre 1984 n. 5361 -Pres. Mirabelli 
-Rel. Chiavelli -P. M. Tamburrino -Comune cli Siena c. Rottoli. 

Impiego pubblico -Collocamento a riposo � Illegittimit� � Pretese a compensi 
inerenti al rapporto di impiego � Pretese a risarcimento del dan� 
no � Giurisdizione amministrativa e ordinaria � Limiti. 

Responsabilit� civile � Amministrazione pubblica � Provvedimento dichiarato 
illegittimo � Responsabilit� � Assenza di dolo o colpa � Irrilevanza. 

f 

In materia di pubblico impiego, rientrano nella giurisdizione esclusiva 
del giudice ai;nministrativo tutte le controversie che con.Cernono 
il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni ed emolumenti vari, 
ivi compresi i compensi aggiuntivi correlati alle funzioni di medico condotto 
(ancorch� attivate su richiesta di terzi) e non corrisposti in seguito 
al provvedimento di collocamento a riposo annullato dall'organo di 
controllo con delibera ritenuta legittima dal giudice amministrativo, 
mentre rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le pretese 
risarcitorie per il mancato percepimento dei compensi che dovevano 
essere corrisposti per le funzioni di medico provinciale, il cui incarico 
� autonomo rispetto al rapporto di impiego cessato per effetto del collocamento 
a riposo (1). 

All'impiegato, collocato a riposo con provvedimento annullato dall'organo 
di controllo, la cui delibera � stata ritenuta legittima dal giudice 
amministrativo, spetta il risarcimento del danno conseguente all'illegittimit� 
dell'atto, a prescindere dall'indagine sulla colpa della P.A. (2). 

(Omissis). -Con i primi due motivi, il comune denuncia il difetto 
cli giurisdizione del giudice ordinario e sostiene che non possono ritenersi 
diritti patrimoniali conseguenziali quei diritti che si riferiscono direttamente 
al rapporto di pubblico impiego, e quindi non solo gli stipendi, 

(1�2) La prima parte della massima si ricollega al recente orientamento 
giurisprudenziale che fa rientrare nella giurisdizione amministrativa tutte le 
domande del pubblico dipendente relative a dil'itti connessi al rapporto di 
impiego {Cass. 8 aprile 1983, n. 2491); la seconda parte conferma una giuri� 
sprudenza pacifica. 

La seconda massima, come si rHeva dalla motivazione della sentenza, con� 
trasta con l'orientamento prevalente che richiede l'indagine sulla colpa. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 419 

ma anche tutti gli altri emolumenti connessi (premi di presenza, straordinari, 
indennit� varie, ecc.) che l'impiegato avrebbe percepito se non 
fosse stato illegittimamente allontanato dall'impiego. 

Aggiunge, inoltre, lamentando anche insufficiente ed erronea motivazione 
su punto decisivo della controversia, che il diritto dell'impiegato 
pubblico a percepire gli assegni accessori e le indennit� comunque connesse 
ad un rapporto di pubblico impiego tj.entra nella giurisdizione del 
giudice amministrativo e, pertanto, che la sentenza impugnata ha errato 
nel ritenere gli emolumenti suindicati come facenti parte del danno sub�to 
dall'impiegato. I due motivi, per la loro stretta connessione, possono 
essere esaminati congiuntamente. 

Essi sono fondati, tranne che per quanto riguarda la domanda di 
risarcimento del danno per il mancato percepimento dei compensi (anche 
essi rivalutati e maggiorati di interessi) che al ricorrente dr. Rottoli sarebbero 
stati pagati dalla regione Toscana ove egli non fosse stato illegittimamente 
estromesso -in conseguenza dell'illegittimo collocamento 
a riposo -dallo svolgimento delle funzioni di medico provinciale (lett. e 
delle domande precisate dal Rottoli nel ricorso ex art. 414 c.p.c. al Pretore 
di Siena). 

Tutte le altre domande, invece (pur esse accolte sia dal pretore che 
dal tribunale) in quanto intimamente connesse con il rapporto di pubblico 
impiego, non riguardano diritti conseguenziali all'annullamento del 
provvedimento di collocamento a riposo dell'attuale resistente e sono, 
perci�, di competenza del giudice amministraitvo, in sede di giurisdizione 
esclusiva. 

Trattasi, in particolare, della domanda relativa ai compensi vari, 
aggiuntivi alla retribuzione (anche essi rivalutati e maggiorati di interessi) 
dovute all'ufficiale sanitario durante il periodo 1� gennaio 1976-31 
dicembre 1977, nella stessa misura che avrebbe dovuto riscuotere il 
dr. Rottoli se non fosse stato illegittimamente estromesso dalla funzione 
(lett. e); della domanda relativa ai compensi (anch'essi rivalutati e maggiorati 
di interessi) relativi alla funzione di medico condotto, che il ricorrente 
avrebbe continuato a svolgere fino al 31 dicembre 1977 ove non 
ne fosse ~tato illegittimamente impedito (lett. d). 

Per quanto riguarda, invece, le domande di cui alle lett. a) e b) del 
ricorso introduttivo davanti al pretore relative alla rivalutazione monetaria 
sulle somme liquidate dal consiglio comunale di Siena con la 
delibera n. 583/80 (lett. a), e al pagamento degli interessi sul capitale 
rivalutato (lett. b) va precisato che la sentenza pretorile che le accoglieva 
non � stata gravata d'appello e, pertanto, le relative questioni di giurisdizione, 
ormai passate in giudicato con la decisione delle questioni 
di merito, sono fuori dall'ambito del ricorso e della precedente decisione. 

Circa le altre domande (lett. e e d) sostiene il controricorrente che, 
sul presupposto dell'investitura funzionale di ufficiale sanitario, egli svol



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

420 

geva,. oltre alle funzioni che venivano compensate con lo stipendio, altre 
funzioni, su richiesta di privati o su r.ichiesta de11'amministrnzione (controlli 
ad impianti, collaudi igienico-sanitario, partecipazione a commissioni, 
ecc.) che avevano per presupposto l'esistenza del rapporto di im� 
piego e l'affidamento delle funzioni di ufficiale sanitario, ma che a questo 
presupposto si aggiungeva la richiesta di privati, ovvero l'opera da 
collaudare o altro e,. cio�, altri fatti che trovavano nella collocazione 
funzionale del controricorrente il loro presupposto necessario e sufficiente 
ma che erano tuttavia altri fatti. 

Parimenti alle funzioni di ufficiale sanitario di Siena si aggiungevano 
quelle su investitura della prefettura (soprattutto partecipazione 
a concorsi) e perci� al presupposto del rapporto di impiego predetto si 
aggiungeva altro fatto, quale l'investitura prefettizia. 

Cos�, infine, per il compenso corrisposto quale medico condott9 del 
Terzo di S. Martino, funzioni cumulate dal controricorrente fin che era 
stato in servizio: detto compenso era stato poi corrisposto al suo successore, 
dopo il suo illegittimo collocamento in quiescenza. 

Secondo il controricorrente, tutte le somme richieste per i titoli suindicati 
non avrebbero, pertanto, la loro fonte genetica diretta ed immediata 
nel rapporto di impiego, ma costituirebbero dei meri diritti conseguenziali 
all'annullamento del suo illegittimo collocamento a riposo e, quindi, le 
relative controversie sarebbero di competenza del giudice ordinario. 

Tale tesi non pu�, per�, essere condivisa. In materia di pubblico im� 
piego, com'� costante giurisprudenza di questa Corte suprema, rientrano 
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie 
aventi ad oggetto il diritto alla corresponsione di stipendi, assegni 
ed emolumenti vari che trovino il loro titolo necessario nel rapporto predetto 
ed altre, indipendentemente dalla prospettazione che a tali controversie 
dia la parte. 

Ora, nella specie, lo stesso controricorrente riconosce che tutte le 
somme, la . cui mancata percezione lamenta a titolo di danno sub�to per 
l'illegittimo collocamento a riposo, trovavano la loro fonte nello svolgi� 
mento di funzioni direttamente correlate a quella di medico condotto e 
di ufficiale sanitario del comune di Siena, ancorch� attivate su richiesta 
di terzi, rispetto al rapporto di impiego pubblico. 

Il fatto che la percezione degli emolumenti potesse, in concreto, avvenire 
a compenso dello svolgimento di funzioni richiesto da privati o 
dall'amministrazione, non vale a interrompere il nesso necessario con le 
funzioni di medico condotto e di ufficiale sanitario, coinvolgendo, pertanto, 
il relativo rapporto nella controversia avente ad oggetto gli emolumenti 
predetti.� 

Non v'� dubbio, invero, che se questi erano conseguiblii per lo svolgimento 
di funzioni, anche se richieste da terzi, che avevano per presupposto 
il rapporto di pubblico impiego e le relative funzioni, la controversia 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

concernente l'ano il quantum degli stessi non pu� implicare la conoscenza 
del rapporto che tale svolgimento consente e delle modalit� e condizioni 
in cui le consente e, quindi, la cognizione del giudice esclusivo del rapporto. 

Come innanzi si � gi� detto, non sono fondati, invece, i suesposti 
motivi di ricorso per quanto riguarda il danno subito dal controricorrente 
per il mancato percepimento dei compensi che ad esso sarebbero stati 
corrisposti dalla regione Toscana, quale medico provinciale, dalle cui funzioni 
venne estromesso a seguito del suo illegittimo collocamento a riposo 
da parte del comune di Siena. 

Non v'� dubbio infatti che la pretesa di risarcimento per il danno predetto 
costituisca un diritto patrimoniale conseguenziale, discendente dalla 
pronuncia di annullamento del provvedimento amministrativo di collocamento 
a riposo, n� direttamente n� immediatamente correlato al rapporto 
di impiego con il comune. 

Trattasi, cio� di una conseguenza patrimoniale dannosa ulteriore della 
illegittimit� dell'atto, da questa determinata, ma senza alcuna correlazione 
con il rapporto di impiego sul quale l'atto illegittimo ha inciso. 

Ed infatti, il rapporto di Impiego del dr. Rottoli, quale ufficiale sarii� 
tario, non costituiva un presupposto giuridicamente necessario per l'autonomo 
conferimento, da parte dell'ente regionale, delle funzioni di medico 
provinciale, ma un mero presupposto di fatto, in alcun modo condizionante 
il distinto rapporto con quest'ultimo ente. 

Se, ciononostante, la regione Toscana, come � stato in fatto accertato 
dal giudice del merito, rimosse il dr. Rottoli dalle sue funzioni di medico 
provinciale, in concomitanza con la cessazione delle funzioni di ufficiale 
sanitario, ayvenuta a causa dell'illegittimo collocamento a riposo, ci� non 
dimostra una correlazione, sul piano giuridico, delle funzioni corrispondenti 
ai due distinti rapporto di impiego, ma solo che, con la cessazione 
dalla carica di ufficiale sanitario, erano venute meno per la regione quelle 
ragioni di opportunit� di fatto che avevano consigliato l'attribuzione delle 
funzioni di medico provinciale al Rottoli fino allo svolgimento del concorso 
pubblico. 

Ci� posto e deciso in ordine al denunciato difetto di giurisdizione del 
giudice ordinario, deve essere esaminato il terzo ed ultimo motivo del 
ricorso, con il quale si denuncia violazione dell'art. 2043 e.e. nonch� violazione 
dei principi generali in tema di restitutio in integrum e di risarcimento 
dei pubblici dipendenti, nonch� omessa, insufficiente ed erronea 
motivazione. 

Si sostiene che, in ogni caso, dalla dichiarazione di illegittimit� di 

un atto amministrativo non deriva necessariamente il diritto al risarci


mento del danno, occorrendo anche l'elemento soggettivo di imputazione 

della colpa. Si sostiene che non sono, comunque, dovuti al p1,1.bblico dipen


dente quegli emolumenti che sono connessi ad un'effettiva presta~one di 

servizio. 


422 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

IJ motivo non � fondato. Circa il danno relativo alla mancata percezione 
dei compensi, per quanto attiene a quelli per i quali � stata riconosciuta 
la giurisdizione del giudice ordinario, il tribunale ha esattamente 
rilevato come esso debba essere riconosciuto sussistente indipendente.
mente dalla prova di una co1pa della p.a. rilevando, in conformit� 
della decisione della Suprema corte citata, che � la complessit� del procedimento 
amministrativo non permetterebbe d'individuare facilmente eventuali 
colpe e negligenze e che, comunque, la colpa non potrebbe essere 
individuata senza una indagine sull'azione amministrativa, preclusa 

all'a.g.o. �~ 

N� pu� essere condiviso il contrari� avviso espresso da questa corte, 
con la sent. n. 4204/81 secondo cui, sulla scorta anche di autorevole 
dottrina, la responsabilit� della P.A. non potrebbe sussistere in conseguenza 
della mera illegittimit� di un atto che abbia arrecato danno, ma occorrerebbe, 
anche in tale ipotesi, la sussistenza dell'elemento soggettivo 
costituito dalla colpa o dal dolo, cosi come richiesto dalla fattispecie 
prevista dall'art. 2043 cod. civ. 

In proposito, invero,� non pu� non rilevarsi, con la dottrina e la 
giurisprudenza dominanti, che se � vero che anche per quanto attiene 
alla responsabilit� della P.A. per danni ingiusti (lesivi cio� di diritti soggettivi) 
arrecati a terzi con attivit� materiale o con attivit� provvedimentale 
della stessa deve sussistere l'elemento soggettivo dell'imputabilit�, 
per colpa o dolo, dell'attivit� medesima, � altrettanto vero che, per quanto 
concerne gli atti illegittimi, la colpa �, di per s�, ravvisabile nella violazione 
delle norme, operata con l'emissione dell'atto, e con la sua esecuzione. 
Non si vede infatti, come l'esecuzione volontaria di un atto amministrativo, 
illegittimo per violazione di legge e che abbia inciso su un 
diritto soggettivo, possa non integrare, di per s�, gli estremi della colpa, 
anche in ipotesi lieve, specie se riferita e qualificata per agire, nella 
sua attivit� vincolata, secondo il diritto. 

L;l configurabilit� dell'errore scusabile che, secondo un'autorevole 
dottrina, farebbe venir meno l'elemento della colpa nella ipotesi, ad esempio, 
in cui la violazione di legge realizzata dall'atto Hlegittimo fosse conseguenza 
di una oggettiva oscurit� della n�rma violata, se deve essere 
ammessa con riferimento alla persona fisica dell'organo, cui la violazione 
sia materialmente riferibile, per escluderne la diretta responsabilit� ex 
art. 28 Cost., non pu�, invece, essere ammessa con riferimento alla P.A. 
che, come � noto, risponde in via diretta della sua attivit�, non pu� giovarsi 
dell'errore, in ipotesi scusabiile, dei propri fonzionari. 

Sostiene, inoltre, il comune ricorrente che, in ogni caso, non sono 
dovuti, per effetto della restitutio in integrum quegli emolumenti che 
sono connessi non solo all'esistenza del rapporto, ma anche all'effettiva 
prestazione del servizio, e, quindi, non sarebbero dovuti al c:W. Rottoli i 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

compensi che questi avrebbe percepito ove avesse potuto svolgere le 
funzioni di medico provinciale. 

In proposito, il comune invoca la costante giurisprudenza del Consiglio 
di Stato (sez. V, 16 dicembre 1966, n. 1597; sez. VI, 22 febbraio 
1974, n. 97). 

La tesi, esatta per quanto riguarda la restitutio in integrum, avente 
per oggetto la ricostituri.one del mpporto, i1legittimamente estinto, poich� 
ta!le ricostituzione non pu� dmplicare anche il diritto a percepire quegli 
emolumenti che, oltre all'esistenza del rapporto, presuppongono altres� 
l'effettiva prestazione del servizio, non pu�, invece, trovare applicazione 
nel caso in cui: come nella specie, i compensi richiesti sostituiscano il 
mero parametro per la determinazione del danno (per lucro cessante) 
sub�to dal controricorrente, in conseguenza della illegittima estinzione del 
rapporto, senza alcun riferimento con i diritti fatti valere a seguito della 
ricostituzione del rapporto. 

Il tribunale ha osservato in proposito che se � vero che � nella 
delibera di ricostruzione della carriera � non poteva essere ricompreso 
quanto dal comune, dalla prefettura e dalla regione era stato corrisposto 
al successore del dr. Rottoli, � altres� vero che, essendosi dimostrato che, 
in fatto, questi ha subito un danno maggiore di quello che � risarcito 
attraverso la semplice ricostruzione della carriera, tutto ci� appartiene 
alla materia dei diritti patrimoniali conseguenziali, che il giudice ha la 
funzione di conoscere. 

Tale affermazione, riferita inesattamente dal tribunale a tutti i com-, 
pensi, � certamente esatta con riferimento ai compensi corrisposti dalla 
regione, dovuti, non gi� in correlazione diretta ed immediata con il 
rapporto ed a seguito di ricostruzione della carriera, come per gli altri 
compensi richiesti (per i quali � stato ritenuto il difetto di giurisdizione), 
ma, bens�, come danno ulteriore. consistente nella perdita (o lucro ces, 
sante) degli stessi, subito in conseguenza dell'illegittima estinzione del 
rapporto. 

� infine, infondata, la generica censura con la quale si lamenta 
insufficienza o omessa motivazione sul punto della liquidazione del 
danno. 

In proposito, con accertamento di fatto, insindacabile in questa sede 
di legittimit�, il tnbunale ha ravvisato e determinato il danno con riferimento 
alle somme percepite da chi, nei periodi di quiescenza del dr. 
Rottoli, ebbe a sostituirlo nelle funzioni di medico prov4J.ciale (il tribunale 
si � r.iiferito inesattamente anche ai compensi relativi alle funzioni 
di ufficiale saiii.tario e medico condotto) �ben potendosi presumere, in 
base alle modalit� del conferimento dei relativi incarichi, al mancato 
espletamento dei concorsi per la copertura dei relativi posti, e al permanere 
delle buone condizioni di salute del ricorrente (non contestate dalla 


424 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

controparte) che il ricorrente avrebbe svolto le stesse attivit� da costoro 
in concreto svolte �. 

In conclusione, il ricorso deve essere accolto per quanto riguarda le 
somme che sarebbero state percepibili dal dr. Rottoli come medico 
condotto ed ufficiale sanitario del comune di Siena e, per l'effetto, deve 
essere dichiarata, in ordine alle relative controversie, la giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguente cassazione, 
senza rinvio, della sentenza impugnata; il ricorso deve essere, invece, 
rigettato per quanto riguarda le somme riconosciute a titolo di risarcimento 
del danno con riferimento ai compensi che sarebbero stati percepibili 
dal Rottoli, come medico provinciale, da parte della regione. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 357 -Pres. Mirabelli 
-Est. Pieri -P. M. Tamburrino -Automobil Club c. Sanguinetti. 

Impiego pubblico -Stipendi ed assegni -Ritardo nel pagamento � Rivalutazione 
automatica � Interessi legali � Difetto di giurisdizione del 
giudice del lavoro. 

Il Pretore, come giudice del lavoro, difetta di giurisdizione a pronunciarsi 
sulla domanda del pubblico dipendente,. rivolta a chiedere 
la rivalutazione automatica e gli interessi legali sulle somme corrisposte 
in ritardo a titolo di stipendi ed accessori (1). 

(omissis). ---: Con ricorso del 17 febbraio 1983, il dr. Marcello Sanguinetti, 
funzionario dell'Automobil club d'Italia ed attualmente direttore 
dell'Automobil club di Temi, ha adlto il pretore di quella citt�, 
nella qualit� di giudice del lavoro, esponendo: a) che con lettera del 
20 febbraio 1982 l'A.c.i. gli aveva comunicato la decisione di corrispondere 
agli interessati le competenze arretrate derivanti dall'applicazione, 
a partire dal 30 dicembre 1975, dei nuovi livelli retributivi previsti dal 

d.P.R. 4 gennaio 1976, di fatto attribuit:i con decorrenza settembre 1976; 
b) che a tal titolo gli erano state liquidate lire 1.517.166, concretamente 
corrisposte nell'aprile 1982; c) che peraltro il credito da lui vantato non 
era stato rivalutato, n� erano stati corrisposti interessi, mentre il solo 
danno da svalutazione, calcolato con riferimento agli indici dei prezzi 
determinati ai fini dell'applicazione della �scala mobile� per i lavoratori 
dell'industria, del commercio e del credito, ammontava a lire 2.294.251. 
Chiedeva quindi che, previa declaratoria del suo diritto alla rivalutazione, 
l'A.c.i. fosse condannato a pagargli la detta somma o quella diversa che 
(�) La giurisprudenza � ormai pacifica nel ritenere che rientra nella giurisdizione 
amministrativa ogni questione relativ� a stipendi ed accessori che 
trovano titolo nel rapporto d'impiego, ivi compresa la rivalutazione automatica; 
contra, Sez. Un., 21 aprile 1977, n. 1466, in questa Rassegna, 1977, I, 626. 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 425 

fosse stata ritenuta di giustizia, con gli interessi dal gennaio 1976 al saldo. 

L'A.c.i., costituitosi in causa per resistere anche nel mertio alle 
richieste dell'attore, ha eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione 
dcl giudice adito, spettando a suo avviso t~le giurisdizione al 
giudice amministrativo in considerazione della natura pubblicistica del 
rapporto d'impiego in questione. Quindi, con ricorso del 10 maggio 1984 
ha chiesto a queste sezioni unite il regolamento preventivo della giurisdizione, 
invocando la pi� recente giurisprudenza del Consiglio di 
Stato e della Corte di cassazione, secondo la quale, in linea di massima, 
deve concludersi che il danno da svalutazione e gli interessi corrispettivi 
possano considerarsi � diritti patrimoniali conseguenziali � non ricollegabili 
a situazioni esauritesi nell'ambito del rapporto d'impiego. 

Il Sanguinetti resiste alle richieste dell' A.e.i., rilevando che secondo 
il pi� recente orientamento giurisprudenziale di queste sezioni unite 
sussiste la giurisdizione dell'a.g.o. ogniqualvolta le domande del pubblico 
impiegato siano dirette ad ottenere un risarcimento conseguente a comportamenti 
dilatori o comunque colposi della P.A., esorbitanti dal puro e 
semplice ritardo nell'emissione dei titoli di spesa. Ora questa -secondo 
il resistente -sarebbe precisamente la situazione che ricorrerebbe nella 
specie, un ritardo superiore ai 5 anni nell'applicazione di un trattamento 
econoinico previsto da una legge, non essendo . imputabile ai 
tempi tecnici delle procedure di spesa, e fuoriuscendo da ogni limite 
di tollerabilit� integrando cos� un comportamento colposo ispirato da un 
chiaro fine dilatorio. 

Entrambe le parti hanno presentato memoria. 

Motivi della decisione. -Il problema posto dal presente regolamento 
non pu� essere risolto mediante un'indagine sulla posizione soggettiva 
della parte attrice. Com'� noto, in tema di pubblico impiego, il 
riparto delle giurisdizioni non � fondato sulla distinzione delle posizioni 
soggettive fatte valere in giudizio, secondo la dicotomia � diritto soggettivo 
-interesse legittimo�, ma su di un criterio diverso, che assegna al 
giudice amministrativo, in via esclusiva, i ricorsi relativi alle questioni 
che derivano direttamente dal rapporto dedotto in giudizio, anche se 
attinenti a diritti soggettivi, mentre riserva all'a.g.o. � le questioni attinenti 
a diritti patrimoniali conseguenziali alla pronunzia di illegittimit� 
dell'atto o provvedimento (impugnato)� (cfr. art. 2 e 7 1. 6 dicembre 
1971 n. 1034 in relazione agli artt. 29, n. 1, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 e 
4, 1� comma, t.u. 26 giugno 1924 n. 1058). Si tratta quindi di accertare se 
le questioni costituenti l'oggetto della lite siano o meno � attinenti a 
diritti patrimoniali conseguenziali�. 

L'identificazione dei � diritti patrimoniali conseguenziali � ha sub�to, 
nel corso degli anni, una profonda evoluzione, che si spiega e si giustifica 
col radicale mutamento d�i presupposti della disposizione. Si 
era partiti, in origine, dalla concezione secondo la quale il giudice aro



426 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ministrativo non poteva mai andare al di l� dell'annullamento dei provvedimenti 
amministrativi impugnati, anche se tali provvedimenti lede� 
vano diritti soggettivi, ed anche se ci si trovava in sede di giurisdizione 
esclusiva. Secondo questa concezione, sarebbe stato impensablie chiedere 
al giudice . amministrativo di . condannare la P.A. al pagamento di una 
somma. Si ritene~a quindi che occorresse affidare al giudice ordinario 
la definizione degli aspetti economici fatti emergere, ma non risolti, 
dalla pronunzia del giudice amministrativo. 

A partire, per�, dal momento in cui si � riconosciuto al giudice 
amministrativo il potere di condannare la p.a. al pagamento delle somme 
di cui essa fosse risultata debitrice (e cos�, ad es., delle differenze 
di retribuzione riconosciute dovute all'impiegato, di un'indennit� denegata, 
ecc.), il presupposto originario della disposizione in esame � 
venuto meno,. e la giurisprudenza � stata costretta ad enucleare un'altra 
ratio che consentisse un'interpretazione della norma coerente col nuovo 
contesto. Si � cos� giunti, gradualmente, ad affermare che la questione 
conseguenziale deve pur sempre derivare dallo svolgimento del rapporto, 
ma non pu� essere direttamente fondata sulla disciplina di esso o dipendere 
direttamente dalla pronunzia del giudice amministrativo. In 
questo modo, per un verso, si � giustificato il fatto che il giudice amministrativo 
potesse condannare la p.a., ad un pagamento si che le 
retribuzioni arretrate, che la p.a. poteva esser condannata a pagare, 
sono state considerate non gi� come una � conseguenza � del rapporto 
di impiego, ma come un elemento integrante di esso; per altro verso, 
si � finito per identificare il � diritto conseguenziale � col risarcimento 
del danno, e cio� con quell'unico � effetto ulteriore � dell'illiceit�. ascritta 
alla p.a. non eliminabile mediante le misure ripristinatorie consentite al 
giudice amministrativo. In questo modo, l'area .riservata, in questa materia, 
alla giurisdizione dell'a.g.o. si � andata via via restringendo; ci�, 
del resto, � apparso come una logica conseguenza del carattere residuale 
dell'attivit� attribuita ai giudici ordinari in questo campo particolare. 


L'ulteriore evoluzione dell'intepretazione dei � diritti conseguenziali 
� � legata al sorgere del problema della rivalutazione delle somme pagate 
con grave ritardo; problema acuito, negli ultimi anni, dall'inflazione 
galoppante. A questo specifico problema si � legato quello degli interessi, 
che diveniva pi� acuto in un momento in cui il ritardo dei pagamenti 
poteva d�venire un mezzo per pagare, di meno (attraverso l'espediente 
di pagare in moneta svalutata). In questo quadro, giustificate 
anche da evidenti ragioni di equit�, si collocano le note decisioni dell'adunanza 
plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 4 aprile 1981 e 

n. 7 del 30 ottobre 1981. Il supremo consesso amministrativo � giunto 
ad affermare che n� il giudizio sulla spettanza degli interessi moratori, 
n� quello della rivalutazione delle competenze arretrate, implicano la 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

risoluzione di questioni 'attinenti a � diritti conseguenziali � e sono quindi 
preclusi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, e ci� 
bench�, almeno in apparenza, si tratti di problemi inquadrabili nell'ambito 
del risarcimento dei danni (art. 1224 e.e.). In realt�, il Consiglio 
di Stato non � giunto ad affermare che il giudice amministrativo pu� 
conoscere anche delle domande di ristoro dei danni, ma ha rilevato, 
per un verso, ohe il giuddzio su!�li interes.si di mora dmplioa un accertamento 
di fatto identico a quello richiesto dailila pronunzia sugli interessi 
corrispettivi, daii quali esula ogni elemento di risarcimento dei danni, s� 
che, di conseguenza, verrebbe meno la giustificazione logica dell'attribuzione 
della cognizione di questi vari tipi di interessi a giudici diversi; 
per altro verso, ha affermato che il giudizio sulla rivalutazione delle 
competenze arretrate non mira ad un vero e proprio xisarcimento del 
danno, ma tende piuttosto a mantener integro ed immutato il valore 
della somma riconos�iuta come spettante all'impiegato; anche in questo 
caso, quindi, si tratterebbe, n� pi�, n� meno, che di attribuire aM'limpiegato 
ci� che gli � stato riconosciuto, senza consentire che il relativo importo 
subisca un ingiustificato diffalco. 

Queste sezioni unite hanno accolto solo in parte queste tesi apportandovi 
qualche correttivo al fine di precisare la portata delle norme 
sul riparto della giurisdizione. 

Cos�, nelle sentenze n. 5225 del 12 ottobre 1982 e n. 3076 del 5 maggio 
1983 rese in sede di regolamenti di giurisdizione, �si � chiarito che 
sono attribuite alla giurisdizione, esclusiva del giudice amministrativo le 
domande inerenti a crediti derivanti da comportamenti del datore di 
lavoro contrastanti unicamente con la disciplina del rapporto ed , incidenti 
immediatamente sui diritti del dipendente. In questo senso, rientrando 
nella detta giuridizione esclusiva le domande di rivalutazione, 
nella misura in cui esse sono legate al puro e semplice fatto del ritardo 
del pagamento, senza che si facciano valere particolari comportamenti 
dilatori o colposi della p.a. e sempre che la rivaluzione sia pretesa secondo 
il criterio di calcolo automatico di cui all'art. 150 � disp. att. c.p.c. 

o secondo altro criterio analogo; vi rientrano altres� le domande relative 
agli interessi, purch� si tratti di interessi corrispettivi, contenuti 
entro il tasso legale. Si � invece ritenuto che rientrino nella giurisdizione 
dell'a.g.o. le domande strutturate in funzione di un risarcimento dei danni, 
e cio� quelle miranti a conseguire un risarcimento superiore a quello 
consentito dalla predetta rivalutazione, e quelle attinenti agli interessi 
di mora che l'impiegato richieda in relazione a comportamenti dilatori 
o comunque colposi deJJa p.a., esorbitanti dal puro e semplice ritardo 
nell'emissione del titolo di spesa. 
Queste sezioni unite, nel confermare questa giurisprudenza, rinviano 
alla motivazione delle sentenze sopra citate. In questa sede, sembra 


428 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sufficiente rilevare che la tesi accolta consente alla corte, al tempo stesso, 
di -rispettare i !fimiti della sua funzione di regolatrice della giurisdizione 
(e quindi di non interferire nel merito delle decisioni dei giudici amministrativi), 
e di mantenere fermo un orientamento giurisprudenziale ormai 
costante sulle caratteristiche peculiari dei crediti da retribuzione, sul 
loro carattere prevalentemente alimentare, e sulla conseguente esigenza 
della loro rivalutabilit�. 

Facendo applicazione di questi principi al caso di specie, devesi 
osservare che il Sanguinetti, nel suo ricorso al pretore, si � limitato 
a domandare la rivalutazione della somma, riconosciuta come spettantegli, 
ed il pagamento degli interessi (senza specificare la natura di 
tali interessi, n� richiedere un tasso superiore. a quello legale). In questa 
situazione, appaiono realizzate tutte le condizioni richieste dalla giurisprudenza
� sopra menzionata per l'attribuzione della giurisdizione al giudice 
amministrativo. � ben vero che il Sanguinetti, in seguito, ha invocato 
un comportamento dilatorio intollerabile e colposo della p.a.; ma 
ci� egli h;:t fatto solamente in sede di replica al ricorso dell'A.c.i. per 
regolamento di giurisdizione, e cio� tardivamente. Invero, a norma dell'art. 
5 c.p.c., la giurisdizione si determina dai fatti allegati nella domanda 
e posti a fondamento della pretesa, sicch� � al ricorso al pretore 
-giudice del lavoro -, proposto a suo tempo dal Sanguinetti, che 
occorre far riferimento. Occorre dunque concludere che l'attore non 
ha, tempestivamente, allegato particolari comportamenti colposi o dilatatori 
della p.a.; non ha prospettato di aver subito per effetto del 
ritardato pagamento danni superiori a quelli inerenti alla perdita 
di potere d'acquisto della moneta; non ha chiesto specificamente degli 
interessi di mora, n� ha invocato per gli interessi un tasso superiore a 
quello legale; ha fatto infine riferimento, per la richiesta di rivalutazione, 
ad un criterio � automatico �, quale il riferimento agli indici dei 
prezzi determinati ai fini dell'applicazione della � scala mobile �. Di conseguenza, 
non pu� dubitarsi del fatto che non ci si trovi di fronte a � diritti 
conseguenziali�, e che la giurisdizione spetti dunque al giudice 
amministrativo. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 maggio 1985, n. 3098 -Pres. Bile � 
Rel. Parisi � P. M. Fabi (parz. diff.) � Ministero di Grazia e GiustiZJia 
(avv. Stato Carbone) c. Oassano ed altri (avv. Spinelli e Piracci). 

Impiego pubblico -Cancelleria di pretura � Amanuense � Mansioni di cancelliere 
-Esercizio di fatto -Rapporto di pubblico impiego -Insussistenza. 
(Art. 99 r.d. 8 maggio 1924, n. 745). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 429 

Lavoro � Prescrizione del diritto alla retrlbuizione � Durante il rapporto 

di lavoro � Mancanza di stabilit� � Conseguenze. 

(Art. 2948, e.e.). 

Lavoro � Sentenza di primo grado esecutiva � Mancata soddisfazione del 
credito del lavoratore � Giudizio di appello � Liquidazione del maggior 
danno. 
(Artt. 429, 3� e., e 431 e.p.e). 

Nell'ipotesi in cui l'amanuense di cancelleria di pretura svolga mansioni 
di cancelliere, il tassativo divieto espressamente stabilito dal 2� 
comma dell'art. 99 r.d. 745/24 non consente di configurare neppure in 
astratto l'avvenuto inserimento del prestatore nell'organizzazione dell'amministrazione 
in relazione alla diversa attivit� prestata in violazione 
del predetto divieto .cos� da ricondurre la fattispecie nel paradigma di 
un rapporto di pubblico impiego, da devolvere alla giurisdizione esclusiva 
amministrativa (1). 

(,1) Per la giurisprudenm formatasi sul punto relativo all'aspetto formale 

dell'atto di nomina cfr. per tutte Cass., 20 luglio 11983, n. 5002, in questa Ras


segna, 1984, I, 814 con nota di richiami di G. PALMIERI. 

Immediato precedente da cui prendono spunto la sentenza che si annota 

e la coeva n. 3099 � Cass., 8 maggio 1976, n. 1609, in Foro it., 1976, I, 1258, con 

osservazioni di C. M. BARONE. � � 

Lo statuto dei lavoratori, legge n. 300/70, stabilisce, all'art. 13, che in caso 

di esercizio di mansioni della qualifica superiore, iJ. lavoratore abbia diritto, 

per il tempo in cui le esercita, alla retribuzione propria di tale qualifica e 

che, trascorsi tre mesi, ha diritto al riconoscimento definitivo della qualifica / 

stessa. La giurisprudenza ha escluso che quest'ultima statuizione si estenda, 

ex art. 37 dello statuto, al personale degli enti pubblici non economici (per 

le promozioni le norme sul pubblico impiego contengono pre\lli.sioni da con


siderare tassative); per�, ha ammesso che, I�il mancanza di diverse disposizioni, 

si applichi la prima parte dell'art. 13 cit.; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 

febbraio 1973, n. 77, Cons. Stato, 19731. I, ,191 e annotata da PANUNZIO, in Diritto 

e Societ�, 1973, 455. La sentenza n. 1609/76 cit. ha riconosciuto I�il materia la 

competenza del giudice ordinario, innanzi al quale ii prestatore ha diritto di 

chiedere il compenso per ia attivit� svolta. 

Altre pronunce del Consiglio di Stato hanno, per�, ritenuto tale solu


zione mcompatibile con i principi dell'organdzzazione amministrativa ed irri


levante, nel pubblico impiego, l'esercizio di fatto di mansioni superiori, anche 

sotto il profilo economico: cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 1978 n. 1099, 

in Cons. Stato, ,1978, 1708; id., sez. VI, 24 ottobre 1980, n. 1002, ivi, 1980, I, 1434. 

In ogni caso l'art. B l. cit. non pu� essere esteso al personale statale, 
essendo la m;tteria espressamente regolata dal t.u. ,1957 n. 3 e ci� vale anche 
per il personale delle U.S.L. (v. dn proposito art. 29 d.lg. 20 dicembre 1979 

n. 761). Inoltre l'art. 23 della regge quadro sul pubblico impiego (t 29 marzo 
1983 n. 93) ha esteso al personale di tutte !e p.a. (compreso lo Stato) la 
applicazione delle disposizioni di alcuni articoli dello Statuto dei lavoratori, ma 
non l'art. 13 cit. 

430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO 
La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il 
430 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEl:LO STATO 
La prescrizione del diritto alla retribuzione non corre durante il 
rapporto di lavoro quando, come nella specie, non vi siano garanzie di 
stabilit� del rapporto medesimo sul piano sostanziale e processuale, anche 
per la possibilit� di un intervento giudiziale atto a rimuovere gli 
effetfi del licenziamento illegittimo (2). 

La esecutoriet� riconosciuta dall'art. 431 c.p.c. alle sentenze pronundate 
in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce che, i~ 
caso di mancata soddisfazione del credito del lavoratore, il giudice d'appello 
liquidi l'eventuale maggior danno subito dal lavoratore per la diminuzione 
di valore del suo credito nelle more del giudizio di appello (3). 

(2) Giurisprudenza consolidata. La ben nota sentenza Corte Cost. 10 giugno 
1966, n. 63, che dichiar� la illegittimit� deglri artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2 e 
2956 n. 1 nella parte in cui consentono che ila prescrizione del diritto alla retribuzione 
decorra durante il rapporto di lavoro, ~ pubblicata lin Foro it., 1966, 
I, 985. 
Successivamente, la Corte Cost. ridimension� 1'a portata delle affermazioni 
contenute nella sentenza n. 63 del 1966, ammettend� che la prescrilJione si 
incentrasse nei rapporti garantiti quanto alla stabilit� del posto di lavoro 
(sentenza n. 143 del 20 novembre 1969 in Giust. civ., 1969, I, 319); o presso 
gli enti pubblici economici (Corte Cost., 29 aprile 1971, n. 86, in Giur. it. 
1971, I, 1, �1065; in Cons. Stato, 1911, Il, 393; id. 21 maggio 1975, n. 115, in 
Giust. civ. Ili, 309. Questo complesso succedersi di pronunce caus� ampi dibattiti 
in dottrina e contrasti giurisprudenziaJ.i, composti, questi ultimi, da Cass. 
12 aprile 1976, n. 1268, in Giust. civ., 1976, I, 844, la quaie ritenne ammissibile, 
perch� compatibile con l'art. 36 Cost., la decorrenza della prescrizione in 
corso di rapporto, quando esso fosse caratterizzato da stabilit� e, cio�, sot� 
t.oposto ad una disciplina che, indipendentemente dalia natura pubblica o 
privata del datore di lavoro, subordini, sul piano soi;tanziale la legittimit� e 
l'efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze oggettive e predeter� 
minate e che, sul piano processuale, ne preveda iil sindacato da parte del 
giudice. 

In termini esatti la sentenm che si annota. 

In dottrina cfr. E. GHERA, Diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 1979, pp. 314 
e ss. e da ultimo, MAREsCA A., La prescrizione dei crediti di lavoro, Giuffr�, 
Milano, 1983. 

(3) La giurisprudenza ha inoltre �specificato che l'applicabilit� dell'art. 429, 
3� comma, c.p.c. per il periodo successivo alla sentenm di primo grado non 
trova deroga per la possibliilit� del creditore di eseguire tale sentenza, giacch� 
la !inerzia di costui non � configurabile n� come mora accipiendi, n� come fatto 
colposo rilevante ai sensi dell'art. 1227 e.e. � Oass. 29 marzo' ,1&84, n. 2069, 
Mass., 1984. 
La mancanta esecuzione, poi, da parte del lavoratore, della sentenza di 
primo grado provvisoriamente esecutiva ex lege non esclude H diritto per il 
lavoratore a:l riconoscimento, da parte del giudice di appello, del risarcimento 
del danno per la ulteriore svaluta'Zione monetaria verificatasi successivamente 
a detta sentenza: Cass. 9 giugno 1984, n. 3471, in Mass., ,1984. Cfr. in dottrina 


C. VOCINO -G. VERDE,� Appunti sul processo del lavoro, Jovene, Napoli, 1979. .::: 
~~ 

i'

GABRIELLA PALMIERI 

i: 

PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONB 431 

(Omissis) Con il primo mezzo del ricorso principale viene denunciato 
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia 
e la conseguente violazione degli artt. ?9 del T.U. 26 giugno 1924 

n. 1054 delle leggi sul Consiglio di Stato e 7 della legge 6 dicembre 1971 
n. 1034, istitutiva dei Tribunali Amministrativi Regionali, nonch� dell'art. 
99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745, concernente l'ordinamento del 
persQnale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, in relazione all'art. 360 
nn. 1 3 cod. proc. civ. 
Al riguardo la ricorrente Amministrazione -facendo salva ogni contestmone 
sull'avvenuto svolgimento delle mansioni da parte del Ferrante, 
come accertato dal Tribunale -deduce che, ai fini della giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo, pu� ritenersi costituito 
il rapporto di pubblico impiego quando questo abbia in concreto spiegato 
i suoi effetti attraverso le rispettive prestazioni, date e ricevute 
nell'ambito dell'organizzazione e per i fini pubblicistici dell'amministrazione, 
rimanendo irrilevante sia ~'esistenza di un atto formale di nomina, 
sia la validit� e la legittimit� dell'atto costitutivo del rapporto 
stesso, dovendo quella giurisdizione essere affermata in base al semplice 
riscontro dehl'effettivo inserimento del dipendente nell'ambito deH'organizzazione 
pubblica del datore di lavoro per il perseguimento dei suoi 
fini istituzionali: e ci� a prescindere dal considerare che anche il 
rapporto costituito ai sensi dell'art. 99 del r.d.l. 8 maggio 1924 n. 745 
ha di per s� riatura pubblicistica avuto riguardo allo inserimento dell'amanuense 
nella organizzazione della Amministrazione. 

Il primo mezzo � infondato. 

Al riguardo va preliminarmen~ ricordato che questa Corte, dopo 
avere affermato che Je prestazioni dei datthlografi e degli amanuensi 
nelle cancellerie e segreterie giudiziarie -assunti in base aM'art. 99 del 

r.d.l. n. 745 del 1924 per i lavori di copiatura nelle cancellerie e segreterie 
giudiziarie sotto la responsabilit� dei relativi capi e retribuiti con 
i proventi di cancelleria -non fossero idonee a configurare un rapporto 
di lavoro subordinato, per difetto dei prescritti requisiti della collaborazione 
e della subordinazione, bens� un rapporto di lavoro autonomo 
non tutelato dalle norme sulle assicurazioni sociali, e dopo aver 
precisato che il divieto sancito nel primo capoverso del citato art. 99 
\ 
di adibire il suddetto personale a lavori diversi dalla semplice copiatura, 
aveva realizzato una disciplina tassativa; assoluta e inderogabile in quanto 
dettata a salvaguardia delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie 
e segreterie giudiziarie -inferendone che ogni indebita invasione 
che, in contrasto con il citato divieto, si fosse verificata da parte 
del medesimo personale, con o senza la consapevolezza dei preposti ai 
singoli uffici, si sarebbe risolta in un'attivit� che, per la illiceit� dell'oggetto, 
sarebbe rimasta sfornita di quaJsiasi tutela a favore del prestatore 
di opera, in applicazione della riserva contenuta nel primo com



RASSEGNA DELL.AVVOCATURA DELLO STATO 

ma -ultima parte -dell'art. 2126 cod civ., ha poi ritenuto, in seguito 
ad un. pi� approfondito esame della questione (v. sent. n. 1609 dell'8 
maggio 1976 di queste Sezioni Unite) che le pretese avanzate dall'amanuense 
per le maggiori prestazioni lavorative da lui effettuate in violazfone 
dell'accennato divieto -oltre a non potersi considerare connesse 
ad un rapporto di pubblico impiego per la mancanza del prescritto atto 
di nomina -possono dare luogo a due distinte ipotesi e ad opposte 
soluzioni, a seconda che le diverse mansioni svolte di fatto dall'amanuense 
fossero o meno di mera esecuzione e d'ordine o si identificassero 
invece con le tipiche e pi� delicate funzioni del cancelliere. 

Ed invero solo in quest'ultimo caso -secondo la citata sentenza 

n. 1609 del 1976 -i valori protetti dall'art. 36 della Costituzione possono 
trovare resistenza in altri valori tutelati dalla stessa Costituzione 
attraverso i principi da questa sanciti sulla pubblica amministrazione 
(art. 97 della Costituzione), aventi anche essi finalit� di primaria rilevanza 
per l'ordinamento, in guisa da fasciare invariate le caratteristiche 
di illiceit�, gi� in precedenza rilevate, che ai sensi dell'art. 2126, primo 
comma, ultima parte, cod. civ., sottraggono il lavoro prestato a qualsiasi 
tutela; mentre nel primo caso, laddove l'attivit� prestata dailil'amanuense 
consiste in mansioni di' mera esecuzione e di ordine, s� 
realizza invece una situazione che, se pure illegale � fonte di responsabilit� 
per coloro che h!lnno comunque concorso a determinarla, non assume 
tuttavia le su relative caratteristiche di illecit�, che sottraggono 
il lavoro prestato a qualsiasi tutela: con conseguente possibilit� di riconoscere 
al relativo rapporto una residua efficacia di ordine patrimoniale, 
nel campo del diritto privato, in applicazione del principio sancito nel 
citato art. 2126, primo comma, cod. civ., riguardo alle prestazioni lavorative 
effettuate in esecuzione di un contratto nulilo che non sia illecito. 
Ora, se � vero che secondo il pi� recente orientamento della giurisprudenza 
di queste Sezioni Unite il'esistenza di un atto formale di nomina 
-ancorch� illegittimo -idoneo a costituire il !l"apporto di pubblico 
impiego o quanto meno J'esistenza di una documentazione idonea 
a dimostrare la volont� dell'ente pubbHco di inserire stabilmente (anche 
se non irrdefinitivamente) hl dipendente nella propria organizzazione, 
per utilizzarne le prestazioni per a�attuazione dei suoi fini ~stituzionali, 
dietro corrispettivo e con v.incoJo di subordinazione, perch� 
possa astrattamente configurarsi un rapporto di pubblico impiego, 
ai fini della sua devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice 
amministrativo, non sono pi� considerati -quanto meno riguardo 
ai rapporti di impiego con gli enti ;pubblici non economici -un 
elemento essenziale per la configurabilit� di un siffatto rapporto, essendosi 
ritenuto a tal fine sufficiente il semplice riscontro dell'effettivo 
e concreto inserimento del dipendente nell'ambito della organizzazione 
pubblica del datore di lavoro e della avvenuta erogazione ed accettazio



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

ne, in regime di subordinazione delle prestazioni lavorative nell'ambito 
della medesima organizzazione, per il perseguimento dei suoi fini istituzionali 
(v. sent. 7 novembre 1973) n. 2904; 26 novembre 1979 n. 6170; 
10 luglio 1980 n. 4438; 24 marzo 1981 n. 1689; 6 novembre 1981 n. 5850; 
9 marzo 1982 n. 1494; 5 ottobre 1983 n. 6051); � anche vero che, nella specie, 
iJ tassativo divieto espressamente stabilito dal 2� comma del citato 
art. 99 del r.d . .J. n. 745 del 1924 (secondo cui �in nessun caso i dattilografi 

. e gli amanuensi� -assunti dn appli�azione del precedente comma 


�possono essere adibiti a lavori diversi dalla semplice copiatura�) non 

consente di configurare neppure in astriatto l'avvenuto inserimento del 

prestatore neH'organizzazione delJ'amministrazione in relazione alla diver


sa attivit� lavorativa che sarebbe stata dal medesimo prestata in viola


zione dell'accennato divieto, in guisa da poter ricondurre Ja fattispecie 

nel paradigma di un rnpporto di pubblico impiego, da devolvere alla 

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 

Pertanto, il primo mezzo, deve essere rigettato. 

Infondato � anche il secondo mezzo, con cui si denuncia la viola


zione e la falsa applicazione del citato art. 99 del r.d.l 8 maggio 1924, 

n. 745 e difetto di motivazione, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c., 
per avere i giudici del merito ritenuto erroneamente che la compilazione 
di un modello eseguita ricopiando i dati gi� predisposti dal cancelliere 
sulle copertine dei fascicoli configurasse un'attivit� div�rsa dalla semplice 
copiatura di un atto da una minuta. 
La censura -a prescindere daHa sua intrinseca inconsistenza, stante 

la evidente differenza che intercorre tra la mera riproduzione di una 

minuta gi� integralmente predisposta in tutti i suoi contenuti dal minu


tante e la compilazione di un modello in base alla ricerca di dati che deve 

essere autonomamente eseguita in ciascun caso concreto dal compilatore 

del modello -� destinata infatti ad infrangersi contro la motivata va


lutazione con cui i giudici del merito hanno ritenuto che l'attivit� svolta 

dal Ferrante non si era esaurita in Javori di semplice copiatura, avendo 

egli assolto incombenze, anche di ordine e meramente esecutive, tipiche 

del cancelliere; valutazione� fondata su �apprezzamento dei fatti e delle 

acquisite risultanze processuali che sfugge a ogni censura in questa 

sede. 

Con il terzo mezzo si denuncia la violazione dell'art. 2 del r.d.l. 19 

gennaio 1939, n. 295 e degli artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ., in relazione . 

all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., e si censura la sentenza impugnata per non 

avere i giudici del merito ritenuto prescritti i diritti al pagamento delle 

maggiori retribuzioni pretese dal Ferrante, . sia in applicazione della pre


scrizione biennale sancita dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 1939, n. 295, 

sia di quella quinquennale e decennale rispettivamente previste dagli 

artt. 2948 n. 4 e 2946 cod. civ. 

Anche il terzo mezzo � infondato. 


RASSEGNA DEU..'AVVOCATURA DEU.O STATO

434 

Escluso che possa essere invocata ed eccepita per fa prima volta in 
questa sede la prescrizione biennale prevista dall'art. 2 del r.d.l. 19 gennaio 
1939, n. 295 -che � stabilita peraltro riguardo alle rate di stipendio 
e di pensione dovuti dallo Stato ai propri impiegati e pensionati in 
attuazione cli. un rapporto di pubblico impiego, rapporto che nella specie, 
come si � detto, non � configurabile -; ne consegue che dovendo [a fattispecie 
ricondursi avuto riguardo alla strutturazione che per essa � stata 
accertata dai giudici del merito e che non forma oggetto di specifica 
censura sotto il profilo test� considerato, nella previsione dell'art. 2948 

n. 4 cod. civ. -secondo il quale �si prescrivono in cinque anni... gli 
interessi e, in generale, tutto ci� che deve pagarsi periodicamente ad anno 
o in termini pi� brevi � -con conseguente automatica esclusione della 
prescrizione ordinaria decennale, che � prevista dall'art. 2946, con norma 
di carattere generale e con espressa salvezza dei casi in cui la legge 
dispone diversamente, nessuna censura pu� essere mossa all'impugnata 
sentenza per avere i giudici del merito ritenuto sospeso il decorso 
della prescrizione quinquennale sancita dal citato art. 2948 n. 4 cod. civ. 
La i:itenuta sospensione della prescrizione nella concreta fattispecie 
costituis�e, invero, corretta applicazione dei princ�pi che hanno giustificato 
(v. sent. Corte Costituzionale 10 giugno 1966, n. 63) la declaratoria 
di incostituzionalit� della suddetta norma, nella parte in cui consente 
che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto 
di lavoro anche quando il rapporto medesimo e la posizione del 
prestatore indipendentemente dal carattere pubblico o privato del datore 
di lavoro, non siano assistiti dalla garanzia di stabilit�, sul -piano sostanziale 
e proeessuale, in guisa che la legittimit� e la efficacia della 
risoluzione, del rapporto di lavoro restino subordinate alla sussistenza 
di circostanze oggettive e predeterminate, con contestuale possibilit� di 
rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo attraverso l'intervento 
del giudice (come gi� precisato (1) da ultimo anche da queste Sezioni 
Unite in sentenza n. 1084 del 13 febbraio 1984). 

Sembra infatti evidente che nessuna garanzia di stabilit�, nel senso 
test� precisato, come hanno esattamente ritenuto i giudici del merito, 
possa essere riscontrata nel particolare rapporto di lavoro venutosi a 
instaurare con il Ferrante, in relazione alle maggiori prestazioni lavorative 
a cui si riferiva il credito da lui vantato e che erano state da lui 
effettuate in violazione del divieto sancito dal 2� comma del citato art. 99 
del r.dl. n. 745 del 1924 in foogo o in aggiunta a quelle corrispondenti 
alle mansioni proprie dell'amanuense, che sul piano formale gli erano 
state affidate originariamente. 

Con il quarto ed ultimo mezzo del ricorso principale, si denuncia, 
infine, l'errata applicazione dell'art. 429, Ultimo comma, cod. proc. civ., 

per avere i giudici del merito determinato in maniera del tutto generica 
i criteri da cui � stata desunta la percentuale di rivalutazione, in 

PARTE I, SEZ. m, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 435 

relazione alla non avvenuta tempestiva corresponsione delle dovute differenze 
retributive, senza tenere conto dell'epoca a cui risaliva l'attivit� 
lavorativa in ct� si era gradualmente maturato il relativo credito 

Il mezzo � fondato. 

I giudici di appello invero hanno rigettato il gravame che era stato 
proposto dalla Amministrazione in ordine alla decorrenza e alla percentuale 
del risarcimento che era stato liquidato dal Pretore per la svalutazione 
monetaria, sia per la ritenuta genericit� delle censure, non avendo l'appellante 
prodotto il conteggio specifico delle spettanze secondo gli indici 
I.S.T.A.T.; sia perch� il conteggio proposto dal medesimo appellante 
avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli. 

Ova, se si considera che a norma delil'art. 429, Comma 3�, cod. proc. 
civ., il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di 
somme di denaro per crediti di lavoro deve determinare, oltre gli interessi 
legali, il maggior danno eventUalmente subito dal lavoratore per la diminuzione 
di valore del suo credito, con decorrenza dal giorno della maturazione 
del diritto; e che a tal fine -in applicazione dell'art. 150 delle disposizioni 
di attuazione del cod. proc. civ. -il giudice � tenuto ad applicare 
lo indice dei prezzi calcolato dall'I.S.T.A.T. per la scala mobile 
per i lavoratori dell'industria, � agevole rilevare che la motivazione dell'impugnata 
sentenza, in ordine ai criteri che erano stati, nella specie, 
seguiti dal giudice di primo grado, nella rivalutazione del credito vantato 
dal Ferrante, per la differenza retributiva da lui pretesa in relazione 
all'attivit� prestata nel corso del rapporto di lavoro, non pu� sottrarsi a 
censura. 

E ci� sia perch� i giudici di appello hanno rigettato il gravame che 
al riguardo era stato proposto dall'Amministrazione per non avere questa 
assolto un onere che non '1e incombeva -quaile era appunto il conteggio 
specifico delle spettanze che avrebbero dovuto essere liquidate al 
Ferrante secondo gli indici I.S.T.A.T., -onere che avrebbe dovuto eventualmente 
fare carico sul prestat()re per suffragare la validit� della decisione 
che, a riconoscimento del diritto da lui vantato, era stata emessa 
dal giudice di primo grado; sia perch� l'affermazione che pure si rinviene 
nella sentenza impugnata, secondo cui il conteggio proposto dal medesimo 
appellante avrebbe condotto a risultati economici a lui non favorevoli 
risulta del tutto apodittica e non suffragata da alcun elemento idoneo 
a dimostrare la esattezza dei criteri in base ai quali era stata effettuata 
la liquidazione del maggior danno dovuto al prestatore, in applicazione 
delle norme su �richiamate, e da cui era stata desunta la percentuale 
di rivalutazione con la relativa decorrenza per la ritardata corresponsione 
delle differenze di retribuzione da lui richieste. 

Merita di essere accolto anche il ricorso incidentale, con il cui unico 
mezzo si denuncia violazione degli ultimi commi degli artt. 429 e 437 
cod. proc. civ., per non avere i giudici di appello accolto la domanda 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELL� STATO 

proposta dagli attuali ricorrenti incidentali, intesa ad ottenere la liquidazione 
del maggior danno al medesimo derivato nelle more del giudizio 
di appello, dalla ritardata corresponsione degli emolumenti che erano 
stati riconosciuti come dovuti dal giudice di primo grado. 

Anche il ricorso incidentale, � infondato. 

La esecutoriet� riconosciuta dall'art. 431 cod. proc. civ., alle sentenze 
pronunciate in primo grado dal giudice del lavoro non impedisce invero in 
tutti i casi in cui il credito del prestatore non sia stato soddisfatto 
in esecuzione della decisione adottata dal primo giudice -che il giudice 
di appello possa e debba procedere ricorrendone le condizioni, all'eventuale 
liquidazione del maggior danno subito dal lavoratore a seguito 
della sopravvenuta diminuzione di valore del suo credito, verificatasi 
nelle more del giudizio di appello. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 giugno 1985 -Pres. Cusani � Rel. 
Sammartino � P. M. Di Renzo (conci. conf.). � D'Agostino (avv. Corigliano 
eD'Agostino) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. Stato 
Caramazza nonch� Presidente della Repubblica (n.c.); Procuratore 
della Repubblica presso il Tribunale di Roma (n.c.); Eredi Savoia (n.c.); 
Segretario Nazionale D.C., P.S.I., P.S.D.I., P.L.I. (n.c.). 

Costituzione � Art. 139 � Disposizioni transitorie e finali � Dichiarazione di 
illegittimit� � Giudice competente � Difetto assoluto di giurisdizione. 
(Art. 139, Cost.; disp. trans. Cost. XII e XIII; art. 382 c.p.c.). 

Nel nostro ordinamento nessun giudice ordinario amministrativo o 
speciale ha giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere la declaratoria 
di illegittimit� dell'art. 139 Cost. e delle disposizioni transitorie XII e 
XIII (1). 

(Omissis) Le censure elencate qel ricorso non hanno alcun fondamento 
giuridico. 

1) L'art. 3/3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nel devolvere alla 
competenza del T .A.R. di Roma i ricorsi per incompetenza, eccesso di 

(1) Come precisa la S.C., la � singolarit� oltre ogni limite � della questione 
richiede � una risposta drasticamente esaustiva e deterrente � ad evitare 
che una � mera declaratoria di improponibilit� della domanda'" basata sulla 
inconsistenza dell'interesse fatto valere dal ricorrente lasci � nel cittadino il 
dubbio che diversamente formulata e/o soggettivata� la domanda proposta 
potrebbe trovare un giudice competente ad esaminarla e, cio�, � un tramite 
diverso da quello che la Costituzione stessa gli consente �. 
In dottrina cfr. per tutti C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Cedam, 
Padova, 1976, Tomo II e id., voce Costituzione, in Enc. del dir., 1962, Xl, 192; 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 437 

potere e violazione cli legge contro gli � atti statali �, fa riferimento ai 
ricorsi contro l( atti e provvedimenti emessi dagli organi centrali dello 
Stato � di cui al comma primo. Far rientrare tra questi atti la Costitu~
ione � pretesa macroscopicamente aberrante, non solo perch� fa Costituzione 
non pu� considerarsi emanata da un organo centrale dello Stato, 
ma soprattutto perch� la norma di cui all'art. 3 deriva la propria di� 
gnit� giuridica proprio dalla Costituzione (ru-t. 113. �Contro gli atti della 
pubblica amministrazione � sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei 
diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria 
o amministrativa... La legge determina quali organi di giurisdizione 
possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con 
gli effetti previsti dalla legge stessa�) e pertanto essa non potrebbe mai 
prevedere alcunch� circa la vigenza e la validit� della Costituzione. Esaminare 
detta norma al di fuori di questo collegamento genetico � operazione 
che ripugna alla logica comune prima che a quella giuridica. 

Nell'art. 1 della Costituzione il fatto che non lo Stato italiano ma 
� l'Italia � � proclamata � Repubblica democratica � sta a significare che 
la Repubblica nasce dalla volont� sovrana del popolo, espressa col � referendum 
� del 2 giugno 1946, cio� a dire che la creazione della Repubblica 
come atto del popolo sovrano fu sottratta alla disponibilit� della stessa 
Assemblea Costituente e si pone come norma fondamentale dell'intero 
ordinamento, nel cui seno, peraltro, si distingue, con il termine di 
� Stato �, quella sola parte costitutiva dell'apparato centrale di governo 
e delle sue diramazioni periferiche. 

Il rapporto tra il risultato del � referendum � istituzionale e la posizione 
dell'art. 1 Cost. chiarisce ed integra la portata del divieto, solennemente 
sancito dall'art. 139, di revisione costituzionale della forma 
repubblicana e ne fa un divieto assoluto, anche a mezzo di � referendum �, 
di questa norma-base (denominata, in dottrina, anche � supernorma �). 

Tanto � detto qui per completezza di esposizione, ma si deve immedia


tamente aggiungere, ai fini della decisione del regolamento, che avendo 

la Costituzione con tutte le successive norme gettato i fondamenti del 

nuovo Stato repubblicano, e tra di esse vi sono anche quelle che rego


contra, sulla XIII disp. trans. come nol1Illa che devia dai principi costitu


zionali, cfr. M. BoN VALSASSINA, voce Esilio, ivi, 1~. xv, 726. 

Sulla XII disp. trans. cfr. Trib. Padova, 16 luglio 1976, in Giust. it., 1976, 

Il, 35 con nota In tema di riorganizzazione del .Partito fascista, di R. PUNNO. � 

Sulla XIII disp. trans. cfr. da ultimo Commissione elettorale Mandamentale 
di S. Giovannri Valdarno, che ha riconosciuto il diritto di elettorato attivo 
ad Amedeo Savoia Aosta, 2 novembre 1983, in Foro it., �1984, III, 162, con nota 
Vicissitudini della XII disposizione transitoria della Costituzione, di R. ROM� 
BOLI e La nozione di famiglia e la � famiglia reale �, di M. SANTILLI, ibidem, 171. 

GABRIELLA PALMIERI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lano i poteri dello stesso ordine giudiziario, non � possibile a questa 
Corte, cos� come ad ogni altro giudice, in quanto ripete i suoi poteri 
dailla Costituzione, sindacare in alcun modo le disposizioni' e i pdnc�pi 
in cui essa si articola (come � noto, in materia costituzionale, il giudice 
pu� soltanto, in via incidentale, delibare una questione di illegittimit� 
costituzionale di una (norma di) legge ordinaria o di un atto avente 
forza di legge, al fine di devolvere, in caso di non manifesta infondatezza, 
la questione medesima al giudizio della Corte costituzionale: 
art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1) e men che meno verificare 
se J'Assemblea Costituente avesse o no il potere di inserire nella 
Costituzione le norme indicate dal ricorrente come illegittime; verifica 
che questi, reiterando con un'evidenza altrettanto macroscopica l'errore 
di prospettiva di cui sopra, vorrebbe che fosse condotta addirittura 
alla stregua di norme statutarie il cui superamento e la cui abrogazione 
sono alla base stessa della fondazione della Repubblica. 

Pertanto le domande proposte dal D'Agostino nel presente giudizio, 
tendenti alla declaratoria dell'illegittimit� dell'art. 139 e delle Disposizioni 
XII e XIII non trovano, nel nostro ordinamento, alcun giudice che abbia 
il potere di conoscerle; ordinario o amministrativo o speciale che sia, 
il che equivale a dichiarare, in relazione ad esse, il difetto assoluto di 
giurisdizione ex art. 382 c.p.c. 

Che -invero -la norma di cui all'art. 139 sia costituzionale 
neanche il ricorrente pone in dubbio. Che lo siano pure le Disposizioni 
XII e XIII � altrett:anto certo, in considerarione della foro posizione ad 
opera della Costituente e della natura integrativa delle precedenti norme. 
La prima � posta, infatti, a salvaguardia dell'essenza medesima del 
nuovo Stato democratico, coincidente con la radicale frattura tra il 
regime fascista e quello sorto con la Resistenza, la seconda a salvaguardia 
dell'intangibilit� della forma repubblicana. 

Altro discorso � se dette Disposizioni -comprese tra le norme dette 
di � rottura '" che cio� fanno eccezione o si pongono come speciali 
rispetto ai principi di uguaglianza e di libert� precedentemente affermati 
-possano 'essere oggetto di revisione cbstituzionaile ex art. 138, a 
differenza della forma repubblicana: tale possibilit� nulla toglie alla 
natura e al rango di esse che fanno s� che nessun giudice pu� conoscere 
della loro legittimit�. 

2) Non vale -in contrario -richiamarsi all'art. 61 della �Convenzione 
(europea) per la 'salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle llibert� 
fondamentali �. Non � necessario a tal proposito esaminare in 
astratto i rapporti fr� detta Convenzione e la posizione costituzionale 
delle norme in parola, dato che il cit. art. 61 si limita a prescrivere 
che tutti hanno diritto ad essere giudicati, sia in materia penale che 
civile, da un tribunale indipendente e imparziale stabilito dalla legge, 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

e quindi rinvia alla legge interna di ciascuno Stato, donde il difetto 
di contrasto col nostro ordinamento. 

Tanto meno vale invocare la � Dichiarazione universale dei diritti 
dell'uomo�, la quale (a differenza della Convenzione, i cui principi sono 
muniti di sanzioni e sono azionabili davanti agli organi appositamente 
creati) non vincola i sottoscrittori sul piano giuridico, priva com'� di 
sanzioni giuridiche. Essa costituisce un elenco di affermazioni meramente 
programmatiche, come emerge, tra l'altro, dalla proposizione conolusiva 
deil rsuo �Preambolo�, con cui la Dichiarazione � proclamata 
� ideale comune da raggiungere da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al 
fine che ogni individuo ed ogni organo della societ� si sforzi di promuovere 
il rispetto di questi diritti e di queste libert�... � 

Quanto -poi -al riferimento agli artt. 24 e 113 Cost. (tutela 
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi anche nei confronti 
degli atti della pubblica amministrazione) anch'esso � frutto dell'intima 
contraddizione del pensiero del ricorrente, dal momento che con tali 
articoli -e con l'art. 111 -la Costituzione indica in quali casi si pu� 
ricorrere alla Corte di cassazione e tra di essi non rientra certamente 
il ricorso proposto in un processo nel quale sia domandata la declaratoria 
d'illegittimit� di norme costituzionali (donde l'inammissibilit�). 

3) Questa censura non tocca un punto rilevante per la decisione 
del regolamento. Peraltro la motivazione della sentenza del T.A.R. non 
� affetta dalla contraddizione che il ricorrente vorrebbe riscontrarvi, 
poich�, pur affacciando l'ipotesi di un'imperfezione del sistema in quanto 
non permetterebbe di rivolgersi ad urt giudice per eliminare le norme 
denunciate -con ci� cadendo in netto � obiter � -il Tribunale giustific� 
la decisione adottata col rilievo, giuridicamente corretto ed assorbente, 
che lo stesso sistema non fornisce alcun rimedio giurisdizionale, 
ragion per cui l'opinione sull'imperfezione, giuridicamente erronea 
proprio alla stregua del sistema, non ebbe alcuna influenza sulla decisione, 
conforme a diritto. 

In conclusione il ricorso � inaccoglibile sotto ogni profilo, di rito e 

di merito. E se alla domanda che ne � l'oggetto (chiedo che le Sezioni 

Unite indichino il giudice competente a dichiarare l'illegittimit� di nor


me dalla Costituzione) la risposta immediata che viene spontanea � 

quella sopra articolata (nessun giudice dello Stato ha giurisdizione su 

questa domanda) e non quella, pi� pertinente e rituale, che proceda 

preliminarmente dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva 

del ricorrente alla stregua dell'ordinamento giuridico (secondo la trico


tomia diritto soggettivo/interesse legittimo/interesse di mero fatto, in 

quest'ultimo compreso l'interesse politico a che l'ordinamento sia con


forme alle proprie personali convinzioni morali, religiose, sociali, ecc...) 

ci� appare giustificato proprio dall'esigenza che, per la sua singolarit� 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

440 

oltre ogni limite, dalla questione sia data una risposta drasticamente 
esaustiva e deterrente. Infatti la semplice declaratoria dell'improponibilit� 
della domanda (ex art. 382/3 II p. c.p.c.) fondata sulla (in) consistemia 
dell'interesse fatto valere dail ricorrente -il quale nulla di concreto 
e di individuale pretende per s� -lascerebbe nel cittadino il dubbio 
che, diversamente formulata e/o soggettivata, la domanda di dichiarare
� illegittima una norma della Costituzione potrebbe trovare un giudice 
in questo Stato, cio� un tramite diverso da quello che la Costituzione 
stessa gli consente -il Parlamento e gli istituti che al sistema 
parlamentare fanno capo -per. il perseguimento delle sue aspirazioni 
politiche. � 



i 

/ 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I civ., 18 febbraio 1985, n. 1362 � Pres. 
Virgilio � Rel. Pannella � P. M. Valente (concl. conf. � Prefettura di 
Potenza (avv. Stato Polizzi) c. Motor France s.n.c. (avv. Giordano). 

Circolazione stradale -Veicolo circolante senza carta � Accertamento della 
violazione � Confisca � Obbligatoriet� � Idoneit� a conseguire l'imma� 
tricolazione -Irrilevanza -Oblazione! amministrativa della violazione � 
Irrilevanza. 
(Legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 16, 17, 18, 20 e 21; d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, 

art. 58; art. 240 c.p.). 

Ai sensi degli artt. 18 e 21, 3� comma, della legge 24 novembre 1981 

n. 689, nell'ipotesi in cu� un veicolo sia fatto circolare senza o prima ancora 
che sia stata rilasciata la carta di circolazione, il Prefetto, una volta 
che sia stata accertata l'avvenuta violazione della disposizione, deve ob� 
bligatoriamente ordinare la confisca del .veicolo, senza necessit� di do� 
versi procedere ad ulteriore accertamento sulle condizioni e i requisiti 
circa l'idoneit� o meno del veicolo stesso a conseguire l'immatricola� 
zione e quindi il rilascio della carta di circolazione e senza che, in contra� 
rio, possa avere rilievo l'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria 
in misura ridotta ai sensi dell'art. 16 della stessa legge (1). 
L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione 
degli artt. 9, 16, 18, 19, 20, 21; 22 e 38 dehla il. 24 :novembre 1981 

n. 689; 240 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. si duole che il pretore 
abbia considerato la disposizione del 3� comma dell'art. 21 1. 689/1981 
un'esemplificazione delle categorie prevista dahl'art. 20 della stessa [egge, 
e sostiene invece che tale disposizione costituisce un precetto autonomo, 
implicante in ogni caso Ja confisca del veicolo iindipendentemente 
dall'emissione dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria. 
Contesta che l'obbligatoriet� della confisca trovi� 1gi�ustificazione 
(1) Cfr., tra le altre, Cass. 18 aprile 1984 n. 2538, richiamata neIJa motivazione; 
tale indirizzo rigoristico, peraltro affatto conforme ailla normativa sopra 
richiamata e in partioolare all'art. 21, 3� c., della legge n. 689 del 198'1, ha 
suscitato qualche perplessit� sotto il profilo della legittimit� costituzionale, 
per cui � stata gi� pi� di una volta investita della questione la Corte Costituzionale 
(cfr., ad esempio, ordinanza Pret. Lucca 16 ottobre 1984, in G. U. 
n. 125-bis del 29 maggio 1985). 

-H2 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nella pericolosit� del .veicolo essendo sufficiente la violazione dell'8� comma 
dell'art. 58 del d.P.R. 16 giugno 1959 n. 393 e [a particolare relazione tra 
il veicolo e d'autore dell'iillecito. Considera erronea l'affermazione del pretore 
secondo cui 1'� accertamento � della violazione della disposizione del 
3� comma dell'art. 21 non � quella dell'ufficiale verbalizzante compiuto a 
norma dell'art. 13 I. 689/1981 ma solo quello della autorit� amministrativa 
titolare del potere sanzionatorio. 

Sostiene, infine, che il pagamento della sanzione pecuniaria in misura 
,J.'idotta ai sensi dell'art. 16 1. 689/1981 non ha effetto liberatorio 
quanto alla confisca. 

La censura � fondata. 

La rubrica dell'art. 211. 24 novembre 1981 n. 689 reca l'enunciazione dei 
� casi speciali di sanzioni amministrative accessorie � e prevede la confisca 
obbligatoria (con l'espressione: � sempre disposta la confisca) del veicolo 
a motore in due casi particolari: 

a) quando sia fatto circolare non coperto dall'assicurazione; 
b) quando sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata 
rilasciata la carta di circolazione. 

Nel primo caso, la confisca viene subordinata al mancato pagamento 
del premio di assicurazione (per almeno sei mesi) entro il termine che 
l'Autorit� amministrativa competente � tenuta ad indicare nell'ordinanza-
ingiunzione. Nel secondo caso la confisca � disposta senz'altro con 
l'accertamento della violazione. 

:a evidente che l'interpretazione letterale non lascia adito a dubbi 
sulla obbligatoriet� della confisca del veicolo, cui non sia stata rilasciata 
la carta di circolazione, senza necessit� di doversi procedere ad ulteriore 
accertamento sulle condizioni ed i requisiti di esso circa l'idoneit� o, 
meno a poter conseguire l'immatricolazione e perci� il rilascio della 
carta di circolazione. L'interpretazione logico-sistematica della filsposizione 
induce all'identico risultato. 

Dalla disciplina giuridica della sezione II del capo I della 1. 689/1981 
si evince chiaramente che gli organi, addetti al controllo sull'osservanza 
delle disposizioni sulla circolazione stradale dei veicoli, procedono all'accertamento 
delle violazioni e, nell'ipotesi di veicolo circolante senza 
che per esso sia stato rilasciato il documento di circolazione, sono tenuti 
a sequestrarlo (art. 13) e a trasmetterne il relativo rapporto al Prefetto 
competente per territorio, anche se l'autore della violazione avesse 
pr<?vveduto al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria 
(art. 16 e 17). 

Il Prefetto, sentiti gli interessati ed esaminata la documentazione, se 
ritiene fondato l' � accertamento � della violazione dispone la confisca del 
veicolo ai sensi del combinato '�disposto degli artt. 18 e 21, 3� comma, 
trattandosi di confisca obbligatoria. 


PARTE I, SEZ. IV, l;IURISPRUDENZA CIVILE 

Da quant0 esposto si desume che -contrariamente alle affermazioni 
del Pretore -nessun collegamento � dato rinvenire tra l'enunciato 
del 4� comma dell'art. 20 e la disposizione del 3� comma dell'art. 21. 

La regola del quarto comma (� sempre disposta la confisca amministrativa 
delle cose, la fabbricazione, l'uso il porto, la detenzione o 
l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se 
non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento) prevede infatti 
una confisca obbligatoria particolare con riferimento non al fatto che 
le � cose � servirono o furono destinate a commettere la violazione accertata 
dagli organi preposti al suo rilevamento ma al fatto che per la 
loro obiettiva condizione giuridica le � cose � non possono essere fabbricate, 
usate, portate detenute o alienate, senza incorrere per ci� stesso 
in una viola.-i:ione di legge. 

� intuitivo, quindi, che il 3� comma dell'art. 21 non pu� considerarsi 
un'applic;azione particolare della disciplina prevista dal 4� comma dell'art. 
20. 

La specialit� delle disposizioni dello art. 21 ne dimostra il carattere 
di assoluta autonomia rispetto alla disposizione dell'art. 20, le quali det


1

tano invece precetti di carattere generale. 

Il principio di � specialit� � previsto peraltro espressamente dall'art. 
9 della 1. 689/81 convalida la interpretazione esposta, in quanto 
la norma sancisce che � quando uno stesso fatto � punito da una pluralit� 
di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative si �applica 
la disposizione speciale �. 

La suddetta autonomia della norma del 3� comma dell'art. 21 induce 
a rilevare altres� l'erronea affermazione del giudice di merito, 
secondo cui il Prefetto, non avendo potuto procedere all'emissione dell'ingiunzione 
di pagamento della sanzione pecuniaria, per avvenuta oblazione 
amministrativa non avrebbe potuto disporre la confisca del veicolo, 
quale sanzione accessoria. 

A tal fine non pu� essere valorizzata soltanto la espressione � sanzioni 
amministrative accessorie �, contenuta nella intestazione dell'art. 21, perch� 
l'avvenuto pagamento in misura ridotta (art. 16) della somma stabilita 
per la violazione commessa pur se estingue ogni effetto di tale 
violazione in ordine alla sanzione pecuniaria, non pu� certamente avere 
anche efficacia derogativa rispetto all'obbligo della confisca, chiaramente 
e tassativamente previsto, per casi ben determinati, dall'art. 21 il quale 
costituisce, appunto come � detto nel titolo della norma una disposizione 
speciale. 

Nel titolo stesso il termine � accessorie �, riferito alle sanzioni della 
confisca, non � usato nel significato rigoroso tecnico-processuale; ma a 
parte ci�, residua pur sempre un fatto accertato (anche se in ordine alla 
infrazione � stata versata una somma ridotta a titolo di sanzione pe



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

444 

cuniaria),, che comporta � sempre � la confisca del veicolo, come disposto 
dalla legge. 

L'atto di accertamento a tal fine necessario e sufficiente non � diverso 
da quelli previsti dall'art. 13 e domandati agli organi di vigilanza. 
La successiva attivit� del Prefetto -in tema di violazioni sulla 
circolazione stradale -� semplicemente di controllo sulla fondatezza 
degli accertamenti stessi alla luce delle risultanze dgli atti amministrativi 
e delle osservazioni e della eventuale documentazione delle parti interessate. 


Di modo che, se l'accertamento dell'organo di vigilanza in ordine alla 
violazione dell'8� comma dell'art. 58 d.P.R. n. 393 risulta fondato, il Prefetto 
deve pronunciare l'ordinanza della confisca obbligatoria (anche senza 
l'ingiunzione di pagamento) contro la quale � ammessa l'opposizione 
prevista dall'art. 22. 

Tale soluzione, peraltro gi� risultante �dalla motivazione della sentenza 
di questa Corte 18 aprile 1984 n. 2538, comporta l'accoglimento del 
ricorso. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 febbraio 1985, n. 1364 -Pres. Virgilio, 
Est. Pannella -P. M. Valente (concl. conf.) -Prefettura di Potenza 
(avv. Stato Polizzi) c. Magro Gerardo + 1 

Circolazione stradale -Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca 
autoveicolo -Irrilevanza successivo rilascio. 

Circolazione Stradale � Carta di circolazione -Mancato rilascio -Confisca 
autoveicolo -Pagamento in misura ridotta -Irrilevanza. 

Deve essere disposta la confisca dell'autoveicolo circolante senza 
.carta di circolazione anche se esso possa ottenere il rilascio del documento 
stesso o di fatto l'abbia ottenuto dopo la contestazione della violazione 
(1). 

Il pagamento in misura ridotta della sanzione prevista per la violazione 
del divieto di circolare senza la carta di circolazione non comporta 
l'inapplicabilit� della sanzione accessoria della confisca dell'autoveicolo 
(2). ~ 

(1-2) La sentenza che si riporta costituisce il primo approccio significativo 
della Suprema Corte alla spinosa problematica della confisca (ex art. 21 

I. 688/81) degli autoveico:hl., sorPresi a circo1are sprovvisti di oarta di circola21ione, 
in violazione dell'art. 58 d.P .R. 393/1959; difatti la precedente decisione 
2538/84, ivi citata aveva solo sfiorato la questione limitandosi ad affermare 
l'obbligatoriet� dehl:a confilsoa a conclusdone di una puntualizzazione sulla di

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 445 

L'amministrazione ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazion'e 
degli artt. 9, 16, 18, 19, 20, 21, 22 e 38 della 1. 24 novembre 1981 

n. 689; 240 c.p. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. si duole che il pretore 
abbia considerato la disposizione del 3� comma dell'art. 21 1. 689/81 
un'esemplificazione delle categorie previste dall'art. 20 della stessa legge, 
e sostiene invece che tale disposizione costituisce un precetto autonomo implicante 
in ogni caso la confisca del veicolo indipendentemente dall'emissione 
dell'ordinanza-ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria. 
Contesta che l'obbligatoriet� della confisca trovi giustificazione nella 
pericolosit� del veicolo essendo sufficienti la violazione dell'8� comma dell'art. 
58 del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393 e la particolare relazione tra il veicolo 
e l'autore dell'illecito. Considera erronea l'affermazione del pretore 
secondo cui I'� accertamento � della violazione della disposizione del 
3� comma dell'art. 21 non � quello dell'ufficiale verbalizzante compiuto 
a. norma dell'art. 13 I. 689/81 ma solo quello della Autorit� amministrativa 
titolare del potere sanzionatorio. 
Sostiene, infine, che il pagamento della sanzione pecuniaria in misura 
ridotta ai sensi dell'art. 16 I. 689/81 non ha effetto liberatorio quanto alla 
confisca. 

La censura � fondata. 

La rubrica dell'art. 211. 24 novembre 1981 n. 689 reca l'enunciazione dei 
� casi speciali di sanzioni amministrative a�cessorie � e prevede la confisca 
obbligatoria (con l'espressione: � sempre disposta la confisca) del 
veicolo a motore in due casi particolari: 

a) quando sia fatto circolare non coperto dall'assicurazione; 
b) quando sia fatto circolare senza o prima ancora che sia stata 
rilasciata la carta di circolzione. 

versa portata dell:a violazione dell'art. 58 rispetto a quel.La del 64 d.P.R. citato, 
concernente il mancato possesso del foglio di via. 

La pronuncia in questione risulta tanto pi� significativa, !�n quanto mterv�nuta 
proprio in relazione ad una sentenm del Pretore di Potenza, che 
aveva avuto il merito di analizzare molto attentamente la discipfilna in materia 
introdotta dall'Uiltima legge di depenalizzazione. 

Nel confronto tra le due decisioni di merito e di legittimit� � possibile 
anzitutto rilevare che la Suprema Oorte ha rifiutato la tesi della natura 
cautelare della confisca (secondo l'impostazione del codice penale, art. 240) -in 
base alla quale il Pretore aveva affermato l'applicabilit� della misura ablatorm 
ai soli veicoli non immatricolab!�ll�, vale a dire a quelli intrinsecamente 
illeciti -ritenendo la confisca di cui all'art. 21 del tutto distinta ed autono� 
ma rispetto a quella dell'art. 20. 

La conclusione raggiunta deve condividersi. Qualche osservazione pu�, tuttavia, 
svolgersi. 
Occorre rHevare che nella confisca delle cose il cui uso costituisce violazione 
amministrativa ex art. 20 appare possibile ricondurre anche La sanzione 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Nel primo caso, la confisca viene subordinata al mancato pagamento 
del premio assicurazione (per almeno sei mesi) entro il termine che 
l'Autorit� amministrativa competente � tenuta ad indicare nell'ordinanza-
ingiunzione. Nel secondo caso la confisca � disposta senz'altro con 
l'accertamento della violazione. 

� evidente che l'interpretazione letterale non lascia adito a dubbi 
sulla obbligatoriet� della confisca del veicolo, cui non sia stata rilasciata 
la carta di circolazione, senza necessit� di doversi procedere ad 

.ulteriore accertamento sulle condizioni ed i requisiti di esso circa l'idoneit� 
o meno a poter conseguire l'immatricolazione e perci� il rilascio 
della carta di circolazione. L'interpretazione logico-sistematica della disposizione 
induce all'identico risultato. 

Da11a disciplina giuridica della Sezione II del capo I della J. 689/1981 
si evince chiaramep.te che gli organi, addetti al controllo sull'osservanza 
delle disposizioni sulla ci�'colazione stradale dei veicoli, procedono all'accertamento 
delle violazioni e, nell'ipotesi di veicolo circolante senza 
che per esso ~ia stato rilasciato il documento di circolazione, sono tenuti 
a sequestrarlo (art. 13) e a trasmetterne il relativo rapporto al Prefetto 
competente per territorio, anche se l'autore della violazione avesse 
provveduto al pagamento in misura ridotta della sanzione pecuniaria 
(artt. 16 e 17). ' 

Il Prefetto, sentiti gli interessati ed esaminata '1a documentazione, se 
ritiene fondato I'� accertamento � della violazione dispone la confisca 
del veicolo ai sensi del combinato disposto degli artt. 18 e 21, 3� comma, 
trattandosi di confisca obbligatoria. 

che colpisce l'autoveicolo circolante ,senza carta di circolazione, per.ch� in tal 
caso esso � una cosa usata :in violazione delila norma, per cui l'obiettiva condizione 
dell'autoveicolo � illecita proprio per la mancanza del documento in 
questione. Questo per� non esclude !il carattere punitivo e non cautelare della 
sanzione, dimostrato dal fatto che l'ultimo oomma esclude l'applicazione de1la 
confisca solo quando Ia cosa appartenga a persona estranea alla violazione, 
dove l'estraneit� deV'e :intende!1Si con r1guardo iall'art. 6 precedente ed al regime 
probatorio ivi previsto. 

Cos� intesa la norma punisce di proprietario dell'autoveicolo che lo faccia 
circolare sema la relativa carta, risparmiando invece i�estraneo alla violazione 
che possa ottenere �successivamente la necessama autorizzazione ovvero 
la carta di circolazione. 

Seguendo invece la tesi della Cassazione, fa confisca essendo obbMgatoria 
ex art. 21 co. 3, ~enza possibilit� di collegamento con l'art. 20 e quindi con 
Je sue deroghe, diviene effettivamente una ~sura eccessiva potendo colpire 
persino in ipotesi il proprietario incolpevolmente derubato. 

Assolutamente ineccepibile appare invece l'altro punto della decisione 
concernente l'irrilevanza del pagamento in misura ridotta onde evitare la 
confisca; correttamente la Cassazione ha rifiutato valore esegetico al carat



/ 

PARTE I, SEZ. J:V, GIURISPRUDENZA CIVILE 447 

Da quanto esposto si desume che -contrariamente alle affermazioni 
del Pretore -nessun collegamento � dato rinvenire tra l'enunciato 
del 4� comma dell'art. 20 e la disposizione del 3� comma dell'art. 21. 

La regola del quarto comma (� sempre disposta la confisca amministrativa 
delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detrazione o l'alienazione 
delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non 
venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento) prev�de infatti una 
confisca obbligatoria particolare con riferimento �non al fatto che le 
�cose� servirono o furono destinate a commettere la violazione accertata 
dagli organi preposti al suo rilevamento ma al fatto che per la loro 
obiettiva condizione giuridica le � cose � non possono essere fabbricate, 
usate, detenute o alienate, senza incorrere per ci� stesso in una violazione 
di legge. 

~ intuitivo, quindi, che il 3� comma dell'art. 21 non pu� considerarsi 
un'applicazione particolare della disciplina prevista dal 4� comma 
dell'art. 20. 

I La specialit� delle disposizioni dell'art. 21 ne dimostra il carattere 
di assoluta autonomia rispetto alle disposizioni dell'art. 20, le quali dettano 
invece precetti di carattere generale. 
Il principio di � specialit� �, previsto peraltro espressam�nte dall'art. 
9 della l. 689/81, convalida la interpretazione esposta in quanto la 
norma sancisce che � quando uno stesso fatto � punito da una pluralit� 
di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative si applica la disposizione 
speciale �. 
La suddetta autonomia della norma del 3� comma dell'art. 21 induce 
a rilevare altres� l'erronea affermazione del giudice di merito, secondo 

tere "'accessorio� della confisca rispetto all'ordinanra ingiunzione, riconoscendo 
che l'accertamento della violazione che preclude alla confisca non deve 
passare necessariamente attraverso il procedimento dell'ordinanza ex art. 18, 
il che peraltro non manca dli aprire spiragli ad ulteriori problematiche 
quali quella dell'effetto estintivo della mancata contestazione delta Violazione 
sul potere ablatorio di cui all'art. 21. 

Si potrebbe ulteriormente supportare la tesi qui accolta ricordando sul 
piano dell'interpretazione letterale che l'art. 16 non ha ripreso 1a formula: 
deWart. 5 legge 705/76, ove ,si ammetteva il pagamento con effetto liberatorio, 
omissione che non pare priva di rilievo nell'ottica del [egislatore che ha forse 
voluto prendere cos� posizione nella disputa tra quanti sostengono che il 
pagamento in misura ridotta costituisce un riconoscimento di responsabilit� 
e quelli che invece ,sostengono ii contrario. 

Si deve infine rilevare che data ~a premessa del ragiOillamento, pI1�ma 
criticata, la Suprema Corte non ha potuto fare riferimento all'argomento 
testuale avente carattere decisivo, e cio� alla disposizione dell'art. 20 co. 4 
ove si prevede la confisca, anche se non venga emessa l'ordinanza ingiunzione 
dli pagamento, il che appunto avviene quando sia stato effettuato il pagamento 

in misura ridotta. 
GIAN PAOLO POLIZZI 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

448 

cui il Prefetto, non avendo potuto procedere all'emissione dell'ingiunzione 

di pagamento della sanzione pecuniaria per avvenuta oblazione ammini


strativa, non avrebbe potuto disporre la confisca del veicolo, quale san


zione accessoria. 

A tal fine non pu� essere valorizzata soltanto la espressione � san


zioni amministrative accessorie� contenuta nella intestazione dell'art. 21, 

perch� l'avvenuto pagamento in misura ridotta (art. 16) della somma 

stabilita per la violazione commessa, pur se estingue ogni effetto 

di tale violazione in ordine alla sanzione pecuniaria, non pu� certamente 

avere anche efficacia derogativa rispetto all'obbligo della confisca, chia


ramente e tassativamente previsto, per-casi ben determinati, dall'art. 21, 

il quale costituisce, appunto come � detto nel titolo della norma, una 

disposizione speciale. 

Nel titolo stesso il termine �accessorie�, riferito alle sanzioni 

della confisca, non � usato nel significato rigoroso tecnico-processuale; 
�ma a parte ci�, residua pur sempre un fatto accertato (anche se in ordine 
alla infrazione � stata versata una somma ridotta a titolo di sanzione 
pecuniaria) che comporta � sempre � la confisca del veicolo, come dispo


sto dalla legge. 

L'atto di ,accertamento a tal fine necessario e sufficiente non � di


verso _da quelli previsti dall'art. 13 e demandati agli organi di vigilanza. 

La successiva attivit� del Prefetto -in tema di violazioni sulla circo


lazione strndale -� semplicemente di controLlo sulla fondatez:m de~ 

accertamenti stessi alla luce delle risultanze degli atti amministrativi 

e delle osservazioni e della eventuale documentazione delle parti inte


ressate. 

Di modo che, se l'accertamento dell'organo di vigilanza in ordine 
alla violazione dell'8� comma dell'art. 58 d.P.R. n. 393 risulta fondata, 
il Prefetto deve pronunciare l'ordinanza della confisca obbligatoria (anche 
senza l'ingiunzione di pagamento) .contro la quale � ammessa l'opposizione 
prevista dall'art. 22. 

Tale soluzione, peraltro gi� risultante dalla motivazi~ne della sen


tenza di questa Corte 18 aprile 1984 n. 2538, comporta l'accoglimento 

del ricorso. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I -27 febbraio 1985 n. 1702 -Pres. Scan


zano -Rel. Tilocca -P. M. Zema (conci. conf.) Azienda autonoma 

FF.SS. (avv. Stato Nucaro) c. Cantiere della Palmaria S.p.A. ed 

altri (avv. De Ferrari). 

' 

Trasporti pubblici -Ferrovie dello Stato -Condizioni e tariffe -Giacenza 
di merci -Tasse di sosta -Caso fortuito e forza maggiore -Esclusione. 

/ 


PARTB I, SBZ, IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 449 

Lavoro -Sciopero del personale doganale -Configurazione � Forza maggiore 
� Insindacabilit� in sede di merito. 

Le tasse di sosta previste a favore delle Ferrovie dello Stato dal 

d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 per l'ipotesi di giacenza di merci presso la sede 
.ferroviaria costituiscono in realt� una liquidazione legale del dannq 
che l'utente cagiona all'Amministrazione, onde si applicano i principi 
generali di cui agli artt. 1218 e 1256 cc. (1) 
La configurazione da parte del giudice del merito dello sciopero del 
personale doganale che abbia dato causa alla giacenza delle merci, come 
ipotesi di forza maggiore, � insindacabile in sede di legittimit� ove congruamente 
motivata (2) 

Con il primo motivo l'Azienda ricorrente denuncia la violazione del� 
l'art. 43, par. I, lett. d) delle cond�zioni e tariffe per i trasporti delle 
cose sulle Ferrovie dello Stato, fissate con d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 
(e succ. modificazioni), la violazione dell'art. 5, n. 2, 2� comma, d.m. 26 giugno 
1971 n. 9651 in relazione all'art. 6 r.d.l. 25 gennaio 1940 n. 9 e succ. 
modif,, nonch� la insufficienza o mancanza di motivazione su punto 
decisivo della controversia. L'Azienda, precisamente, censura la sentenza 
impugnata per avere ritenuto che fortuito e forza maggiore esimono 
dal pagamento della tassa di sosta anche nel caso di ritardo nello scarico 
e di utilizzazione dei carri ferroviari, come nella specie, oltre la 
franchigia accordata per lo espletamento delle operazioni doganali. A 
sostegno della censura l'Azienda ricorrente adduce la lettera dell'art. 43, 
par. 2, d.P.R. 197/1961, dove, a differenza che nel par. 1 (il quale, alla. 
lett. a) annovera tra le ipotesi di pagamento della tassa il ritardo nel 
carico, nello scarico e nell'asportazione delle cose) si indicano il fortuito 

(.1) La sentenza disattende le tesi dell'Avvocatura dello Stato, la quale 
aveva sostenuto che, poich� l'art. 43 del d.P.R. lfl7/61 prevede l'esclusione di 
responsabilit� dell'utente per forza maggiore solo nei casi di ritardo, nel carico 
e nella asportazione delle merci, e non anche di ritardo nello scarico, in questa 
ultima ipotesi l'ingiunzione di pagamento delle tasse di sosta doveva ritenersi 
legittima. La S. C. giunge invece ad una interpretazione estensiva (rectius, correttiva) 
della norma, ed al conseguente ampliamento delle ipotesi di esclusione 
di responsabilit� dell'utente, spostando i termini della questione sul piano 
prettamente civilistico e sussumendo i principi sanciti dagli artt. 1218 e 1256 cc. 
a canoni interpretativi generali. La sentenza si colloca pertanto in quell'orientamento 
che tende progressivamente a ridurre la portata della nozione concettuale, 
di tassa e ad inquadrare una 1serie di prestazioni dei privati in quella 
di prezzo pubblico, se non addirittura, come nella fattispecie, di liquidazione 
legale anticipata del danno; per un ulteriore esempio cfr. Cass. 8-10-83 n. 6380 
che ha configurato come prezzo pubblico le cd. tasse postali. 

(2) Sulla seconda massima, � pacifico in giurisprudenza che la qualificazione 
di un certo evento come forza maggiore da parte del giudice del merito 

450 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e la forza maggiore, come cause esimenti da1Ia tassa, solo con riferimento 
al ritardo nel carico e nell'asportazione e non anche nello scarico. 

� Scarico ed � asportazione � -sostiene l'Azienda -sono operazioni 
concettualmente e normativamente diverse, perch� il primo, attinente 
alle spedizioni � a carro >>, implica un'attivit� del destinatario che il.ibera 
un carro dalla merce oggetto del trasporto, mentre la seconda, attinente 
alle spedizioni �in piccole partite�, presuppone uno scarico gi� 
effettuato d,al personale delle ferrovie e consiste nel semplice ritiro, 
da parte del destinatario, di merce gi� scaricata che ingombri soltanto 
magazzini o aree di deposito. Quindi, il danno derivante dal ritardo nello 
� scarico � � di gran lunga maggiore di quello per il ritardo nel � carico � 
e nell'asportazione�, restando impegnato nel primo caso un bene strumentale 
indispensabile per l'esercizio dell'attivit� principale di istituto 
dell'Azienda e negli altri due delle semplici aree,. Ecco il perch� della 
maggior severit� di dis�iplina usata dal legislatore con l'addossare sull'utente, 
in caso di ritardo nello � scarico �, anche il fortuito e la forza 
maggiore. 

Sempre secondo l'Azienda ricorrente, questa interpretazione dell'art. 43 
trova preciso riscontro nell'inutiJmente invocato art. 5 del D.M. 26 giugno 
1971 n. 9651, elle disciplina espressamente la fattispecie della giacenza 
per ritardo nelle operazioni doganali. 

Tale ultimo articolo, al n. 2 del secondo comma, precisa che, se, 
per impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali a cause 
comunque non attribuibili alla Ferrovia, le merci sostano nei carri 

o nei magazzini ferroviari allo scadere del periodo di franchigia accordato 
� per l'asportazione od il carico �, si rendono applicabili le tasse 
di sosta. Dal che appare chiaro che il ritardo nell'espletamento di dette 
operazioni, ancorch� dovuto a sciopero dei doganieri, pur costituendo 
tale sciopero certamente un fatto del terzo non evitabile n� rimediabile, 
� del tutto inidoneo ad esimere dal pagamento della tassa. 
sia insdndaoabile in sede di legittimit� ove congruamente motivata; cfr. Cass. 
9-11-57 n. 4319; Cass. 4-3-70 n. 518; Cass. 28-5-75 n. 2189. 

Sulla configurazione dello sciopero come causa di forza maggiore che 
esclude fimputabilit� dell'\inadempimento del datore di lavoro, si sono avute 
valutazioni ddscm:danti da part� della giurisprudenza, che � giunta in passato 
addirittura. a sindacal'e la legittimit� e le motivazioni dello stesso: cfr. Cass. 
18,12-52 n. 3236, in Foro It. 1953, I, SOOss. 

Su fattispecie analoghe a quella decisa dalla sentenza in esame, cfr. invece 
Cass. 9�12~57 cit. -con riferimento all'ipotesi dello sciopero bancario che 
impedisca al debitore di eseguire la prestazione -e Tribunale Roma 30-11-74 
(in Giust. civ .� Rep., 1976, voce Lavoro, n. 834), secondo cui lo sciopero generale 
integra gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore che esonemno dal 
pagamento delle tasse di nolo maturate per ritardo ne11'adempimento. 

VINCENZO NUNZIATA 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRuDENZA CIVILE 

Vero che l'ultimo comma del citato art. 5 stabilisce che, per quanto 
non indicato, valgono le disposizioni previste dagli artt. 42 e 43 d.P.R'. 
197/1961, ma da tale richiamo -sostiene la ricorrente -debbono ritenersi 
escluse [e esenzioni di cui al 2� paragrafo de1l'art. 43 in quanto 
intimamente contraddittorie con la disdplina comp�essiva di detto art. 5. 

Ad ulteriore sostegno della propugnata tesi l'Azienda afferma che la 
norma dell'art. 42 par. 2, non pu� costituire espressione di un principio 
generale, giacch� il porre il rischio del fortuito e della forza maggiore 
a carico dell'Azienda non corrisponde ai canoni civilistici. Difatti, 
nei rapporti di utilizzazione diretta di beni strumentali, detto rischio 
normalmente passa su colui che ha la � res � nella sua immediata disponibilit�. 


Il motivo va respinto. 

L'art. 43 d.P.R. 30 marzo 1961 n. 197 (contenente la revisione delle condizioni 
di trasporto di cose sulle ferrovie dello Stato) dispone, al paragr. 1, 
che, quando, per causa indipendente dall'Amministrazione e, quindi, per 
ogni fatto od ammissione riconducibili a colpa dell'utente, le cose rimangono 
giacenti su sede ferroviaria (carri, agenzie o qualisiasi altro 
locale od aree dell'Amministrazione) oltre i termini di cui al precedente 
art. 25, sono dovuti le tasse di sosta. Lo stesso paragrafo con riferiment� 
ad alcune ipotesi specifiche (lett. a, b, e, d) precisa quando la giacenza 
(oltre i termini suindicati) deve ricollegarsi a colpa dell'utenza ovvero 
dell'Amministrazione e, quindi, quando essa determina o meno l'obbligazione 
della tassa di sosta, il paragrafo precisa poi, che agli effetti 
dell'applicazione della tassa di sosta non si tiene conto dei giorni gestivi 
riconosciuti dallo Stato che cadono in tutto o in parte nel periodo 
di giacenza delle spedizioni a velocit� ordinaria... �; tale disposizione 
si spiega e si giust~fica con il rilievo che, dovendosi (di regola) osservare 
per legge, nei predetti giorni, il riposo delle attivit� lavorative, la giacenza 
delle merci nelle sedi dell'Amministrazione (in codesti giorni) 
non pu� imputarsi a colpa dell'utente (e neppure, ovviamente, dell'amministrazione). 
A sua volta il paragrafo 3 stabilisce che �si applica 
l~ riduzione del 50% delle tasse di sosta se, a causa della.contemporanea 
messa a disposizione in una stessa stagione di pi� spedizioni a carro dirette 
ad uno stesso destinatario, quest'ultimo non abbia potuto provvedere 
al ritiro delle cose nei termini stabiliti�. Nonostante l'espressione 
adoperata (� se... il destinatario non abbia potqto provvedere al 
ritiro delle cose ... �, il legislatore riconduce, in tale ipotesi, il differimento 
della giacenza a fatto imputabile all'utente pur se apprezza (riducendo 
la tassa alla met�) le particolari �difficolt� nelle quali viene a trovarsi 
:hl. destinatarfo nel dover ritirare contemporaneamente pi� �spedizioni a 
carro entro fo stesso termine. 


452 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

Infine il paragrafo 2 dispone che � non si applicano le tasse di sosta 
se il mittente o il destinatario provi di non aver potuto completare il 
carico ad asportare le cose nei termini stabiliti, in conseguenza di un 
evento fortuito o di forza maggiore�. Nella specie l'esenzione � accordata 
poich�, ricorrendo l'uno o l'altro evento, non pu� ravvisarsi responsabilit� 
alcuna dell'utente (e neppure, s'intende, dell'Amministrazione) 
circa il ritardo del carico e dell' � asportazione � delle cose. Il legislatore 
parla di � tasse di sosta � impropriamente ed in realt� si tratta di liquidazione 
legale del danno che l'utente cagiona all'Amministrazione non 
liberando la sede ferroviaria entro i termini stabiliti e prefissati dal legislatore 
stesso tenendo conto del tempo normalmente occorrente per 
l'ultimazione delle operazioni di carico o di scarico (artt. 24 e 42). Non 
sussistendo responsabilit� dell'utente in caso di fortuito e forza maggiore, 
ne deriva che egli non pu� essere tenuto al risarcimento dei danni 
in favore dell'amministrazione, ossia� al pagamento della tassa di sosta 
(art. 1218, inciso finale, 1256, comma 2�, e.e.). 

Inquadrandosi, dunque, nell'ambito dell'istituto del risarcimento del 
danno l'obbligazione dell'utente di pagare la co. tassa di sosta e costituendo 
la norma del paragrafo 2 dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1961 una 
applicazione specifica dell'art. 1256, comma 2�, e.e. in relazione all'inciso 
finale dell'art. 1218 dello stesso codice, ne deriva l'infondatezza della 
tesi della Amministrazione, secondo la quale, poich� il predetto paragrafo 
menziona soltanto le ipotesi di � carico � e di � asportazione �, gli 
eventi del fortuito e della forza maggiore non esimerebb~~o dal pagamento 
della tassa di sosta nel caso di ritardo nello scarico. Una volta 
che il fortuito e la forza maggiore escludono la colpa e, quindi, la responsabilit� 
in ordine al fatto oggettivamente dannoso, qualunque sia tale 
fatto, qualunque sia l'incidenza del medesimo sulla sfera patrimoniale 
del soggetto danneggiato e qualunque sia l'interesse che quest'ultimo 
riconnette al bene oggetto del fatto dannoso, non pu� sussistere l'obbligazione 
del risarcimento del danno, nel caso che detto fatto sia, appunto, 
la conseguenza di un evento fortuito o di forza maggiore. Il paragrafo 2 
dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1962 parla di �asportazione�, al pari del 
par. 4 d�llo stesso articolo, in senso comprensivo dell'attivit� di scarico, 
cos� come ha gi� ritenuto questa Corte (sent. 17 ottobre 1975 n. 3379); 
e, d'altra parte, non vi � alcuna ragione per escludere dall'ambito di 
tale norma il !l:'itardo dello � scarico � giacch� essa sri riferisce espressamente 
anche all'ipotesi de:l non completamento del � carico �, ossia 
della mancata utilizzazione, in tutto o in parte, entro il termine stabilito, 
del carro, posto dall'Azienda a disposizione dell'utente e non suscettibille, 
perci�, di essere destinato da.J.la medesima nello stesso tempo ad 
altra operazione. Va, poi, osservato che, se il paragrafo 1 dell'art. 43 
menziona, aUa �lett. a), come sottolinea l'Azienda, il �carico, lo s�arico 

o l'asportazione�, <l'art. 42, hl quale ha sicuramente riguardo anche alla 

PARTE I, SEZ. lV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

attivit�, qualificante -secondo J'Amministra:cione medesima la figura 
delilo �scarico� (art. 24, par. 1, comma 3), usa sempre (titoJo 
dell'art., titolo del par. 2; comma 4 par. 2; par. 3, commi �ritiro � 
e 4; paragr. 4) .il termine di � asportazione � per indicare complessivamente 
qualsiasi operazione :di ritiro delle cose oggetto dei trasporto 
da ogni sede ferroviaria e, quindi, pure l'operazione di liberazione 
di un intero Cfirro, occupato, cio�, esclusivamente da cose dirette ad uno 
stesso e solo destinatario. 

L'amministrazione ricorrente lamenta che la sentenza gravata ha 
ignorato l'art. 5 n. 2, d.p. 26 giugno 1971 (�sulle condizioni e corrispettivi 
per l'esegttimento delle operazioni e formalit� doganali sulle 
Ferrovie dello Stato�), che confermerebbe la tesi da essa proposta e 
sopra esaminata. La norma dispone che �per l'eseguimento delle operazioni 
e formalit� doganali presso le stazioni ferroviarie di arrivo o di 
partenza dei trasporti � accordato -in aggiunta al termine normale per 
l'asportazione o il carico delle merci -un termine supplementare di 
franchigia da tassa di sosta cl.i 24 ore �. Indi essa aggiunge che � se, per 
impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi doganali, a causa 
d'ingombro dei medesimi ovvero per altre cause comunque non attribuibili 
alla ferrovia le merci sostano in carico nei m,agazzini ferroviari, 
allo scadere del termine di franchigia anzidetto si rendano applicabili le 
tasse .di sosta di cui all'Allegato alle Condizioni e Tariffe�. Sostiene 
l'Amministr.ione che �si deve allora ritenere che in via di principio, 
nell'ipotesi di ritardo dovuto all'espletamento delle operazioni doganali, 
sono dovute le tasse di sosta anche per forza maggiore, tenendo 
presente che l'impossibilit� di ricevimento dei trasporti negli spazi 
doganali, rispetto al rapporto Azienda vettrice-mittente (o destinatario), 
costituisce sicuramente un fatto del terzo (l'Amministrazione doganale) 
non evitabile o rimediabile in alcun modo �. 

Osserva la Corte che in tal modo l'Amministrazione contesta che 
lo sciopero dei funzionari di dogana costituisca o possa costituire ipotesi 
di forza maggiore e, come tale, causa di esenzione dal pagamento della 
tassa di sosta ai sensi dell'art. 43, par. 2, d.P.R. n. 197. Tale questione 
costituisce l'oggetto del secondo motivo e pertanto sar� esaminata 
specificamente in sede di trattazione del detto motivo. In questa sede � 
sufficiente, per porre in evidenza il valore tutt'altro che decisivo della 
norma ministeriale circa la debenza, nel caso di specie, della tassa di 
sosta, che questa stessa norma ministeriale, nell'ultimo comma, fa salve 
le disposizioni previste negli artt. 42 e 43 del d.P.R. n. 197 del 1961, sia 
pure � per quanto non indicato � da essa. La norma ministeriale non si 
occupa dell'esenzione dalla tassa di sosta nella ipotesi in cui il .ritardo 
nel carico o nell'asportazione� sia conseguenza di un evento fortuito o 
di forza maggiore e sarebbe, comunque, certamente illegittima e disapplicabile 
da parte del giudice ordinario, nonostante l'inciso -anch'esso 


454 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

I illegittimo -� per quanto non indicato nelle presenti norme �, se disponesse 
in contrasto con quanto prevede al riguardo il par. 2 delJ.Yart. 43 i 

& 

del citato decreto presidenziale (avente forza di legge e pertanto non ! 
suscettibile di abrogazione e di modificazione ad opera di un decreto 

I

ministeriale). 

Con il secondo motivo, enunciato in maniera identica al primo, l'Amministrazion~ 
censura la sentenza impugnata, subordinatamente al mancato 
accoglimento del mezzo precedente, per aver ravvisato nello sciopero 

IIun'ipotesi di forza maggiore rientrante nella disciplina esecutiva del 
par. 2 dell'art. 43 d.P.R. 197 del 1961, anzich� un semplice fatto del terzo, 
indipendente dall'Amministrazione e come .tale inidoneo, in base al par. 1 
lett. d) dello stesso, ad esonerare dal pagamento della tassa. 

Il motivo va respinto. 

Il fatto del terzo, indipendente dalla Amministraziop.e, per essere 
inidoneo ad escludere la debenza della cd. tassa di sosta, � necessru:io 
che si riconduca oomunque a colpa dell'utente, che, cio�, non si sussuma 

I

nella figura dell'evento fortuito o della forza maggiore, specificamente 
considerati nel par. 1, lett. d), dell'art. 43 d.P.R. 197 del 1961, poich�, 

IJ 

come ha osservato la Corte di merito, possono costituire eventi di forza 
maggiore, oltre che eventi naturali, anche comportamenti di terzi, qualora 
essi non siano suscettibili di essere assolutamente impediti ed evitati 

!

dal soggetto debitore. Cos� il predetto paragrafo alla lett. d) sia pure 

attraverso un'espressione imprecisa:, riconduce a responsabilit� dell'utente 

I 

i ritardi nel carico e nell'asportazione conseguenti a sequestri e a pigno


ramenti delle cose oggetto del trasporto, giacch� tali eventi implicano 

sempre un comportamento, da parte dell'utente, che. si ponga rispetto 

I 

~ 

ad essi come causa od occasione e giacch�, comunque, essi sono suscet


tibili di essere impediti o neutralizzati dall'utente. 

Accertare se un dato evento o un determinato comportamento del 
terzo costituisca o meno causa di forza maggiore, ove non vi provveda 
diretta~ente il legislatore in base al principio del quod plerunque accidit, 
� compito riservato al giudice di merito, il cui convincimento si sottrae, 
se congruamente motivato ed immune da errori logici e giuridici, al 
sindacato in sede di legittimit� (Cass. 13 novembre 1974, n. 3602). 

I

Difatti, tale convincimento implica l'apprezzamento delle concrete 
circostanze ohe hanno accompagnato il verificarsi del~'evento e delle caratteristiche 
peculiari del medesimo e, quindi, la valutazione se questo abbia 

I 

determinato o meno, in concreto, l'impossibilit� dell'adempimento del


l'obbligazione. 

In conformit� a tale principio questa Corte ha gi� ritenuto 

(sent. 4 marzo 1970, n. 518) che costituisce un apprezzamento di fatto, 

insindacabile in sede di legittimit� se sorretto da �sufficiente motivazione, 

lo stabilire se, nel caso concreto, uno sciopero sia da considerarsi o meno 

come causa di forza maggiore. Nella specie la Corte del merito ha rile



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

vato che lo sciopero dei funzionari, esercizio di un diritto garantito dalla 
Costituzione, aveva impedito in modo assoluto il compimento delle operazioni 
doganali, senza il cui preventivo perfezionamento non poteva 
aver inizio il trasporto per ferrovia. Siffatto impedimento, ha aggiunto la 
Corte, non poteva comunque essere evitato e nemmeno in qualche modo 
mitigato nei suoi effetti dall'utente ferroviario e pertanto non si � trattato 
di una mera difficolt� di esecuzione, superabile ed eliminabile, si da 
inquadrarsi nel fatto del terzo inidoneo ad esentare dal pagamento della 
tassa di sosta, bens� di un evento che ha determinato l'impossibilit� per 
l'utente di asportare dalla sede ferroviaria la cosa oggetto del trasporto 
entro lii termine prefissato. Impossibilit� che �non pu� evidenziarsi nei 
rapporti fra i soggetti del contratto di trasporto se non come evento di 
forza maggiore�; e, quindi, come causa di esclusione della responsabilit� 
dell'utente ai fini del pagamento della tassa di sosta ai sensi del par. 2 
dell'art. 43 d.P.R. n. 197 del 1961. Pertanto la motivazione �svolta dalla 
Corte di merito a spiegazione del proprio convincimento circa l'esistenza 
di un evento di forza maggiore non merita censura. 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen. 26 marzo 1985 n. 8 -Pres. Pescatore Est. 
Reggio d'Aci -Di Pasquale (avv. Prosperetti) c. Ministero del 
Tesoro (avv. Stato Fiengo). 

Pensioni -Pensione integrativa -Dipendenti INAM -Rivalutazione monetaria 
-Non spetta. � 

L'indennit� di fine servizio (dei dipendenti del disciolto Inam) ha 
natura retributiva, mentre ha natura previdenziale la pensione inteJ;
rativa prevista per lo stesso personale,� pertanto, la rivalutazione monetaria 
spetta nel primo caso, non nel secondo (1). 

(omissis) Come � noto questa Adunanza plenaria con la decisione del 
30 ottobre 1981 n. 7 ha gi� ammesso la rivalutazione monetaria dei crediti 
di lavoro dei pubblici dipendenti e ci� per ragioni di perequazione 
e di giustizia,. sulle quali non � ti!1 caso di diffondersi ulteriormente, e 
con riferimento al fatto del mero 'ritardo nei pagamenti dovuti nonch� 
a meccanismi automatici dii calcolo de1la infilazione maturata. 

Si tratta ora di vedere, in applicazione dei principi cosi stabiliti, se 
i crediti per. i quali agisce l'Avv. Di Pasquale e che gli sono stati gi� 
riconosciuti con la sentenza di primo grado nonch� con la decisione parziale 
d'appello pr9nunciata dalla VI Sezione possano o meno farsi rientrare 
nell'ambito dei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti. 

Ritiene l'Adunanza che tale qualifica possa in realt� essere riconosciuta 
solo nei confronti della �ndennit� di fine servizio dovuta al ricorrente� e 
non anche alla pensione integrativa. 

Va invero precisato in fatto che nel corso del giudizio che ha dato 
origine alla controversia in esame l'Avv. Di Pasquale ha chiesto e ottenuto 
dal giudice J'affermazione del suo diritto a ottenere dall'Amministrazione 
(il Ministero del tesoro in qualit� di iliquidatore dell'Ente I.N.A.M.) 
iil computo delle quote onorari spettanti ai Jegaili del disciolto Ente sia ai 
fini del trattamento di quiescenza (indennit� di fine servizio) che del trattamento 
di previdenza (pensione integrativa) previsto per i dipendenti 
dell'I.N.A.M., con la conseguente condanna della stessa Amministrazione 
al pagamento delle differenze finora non corrisposte. 

(1) Da un punto di vista generale, per crediti di natura previdenziale 
cfr. Ad. plen. 28 gennaio 1985 n. 1. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

Or:a, cos� come si evince dal regolamento per il trattamento di previdenza 
e di quiescenza del personale I.N.A.M. deliberato con atti del 3 ottobre 
1969 e 15 maggio 1970 e debitamente approvato, il. trattamento di quiescenza 
spettante ai dipendenti dell'Ente � costituito (art. 2, 31 e 32 lettera 
a) da una indennit� di fine servizio (denominata � inde.nit� di buonuscita 
� per chi ha maturato il diritto a pensione ovvero � indennit� 
una tantum � per tutti gli altri) che si acquista in dipendenza della 
sola circostanza di aver prestato servizio alle dipendenze dell'Ente, � 
dovuta qualunque sia la durata del servizio stesso ed � direttamente 
correlata ad �esso in quanto spettante nella proporzione fissa di un dodicesimo 
di retribuzione per quanto sono gli anni di servizio. Inoltre 
la indennit� in parola � posta direttamente a carico dell'Ente (e non 
gi� del � Fondo di previdenza per il personale � preposto, invece, all'erogazione 
del trattamento di previdenza), il che esclude che alla sua erogazione 
concorra la contribuzione del dipendente, e in caso di morte 
del beneficiario diretto, essa si devolve secondo le disposizioni all'uopo 
stabilite dal Codice civile. 

Come si vede, in conformit� del resto con i criteri di cui s� � 
fatto uso con la precedente decisione di questa stessa Adunanza del 
28 gennaio 1985 n. 1 l'indennit� di fine servizio dei dipendenti del disciolto 
I.N.A.M. appare correlata in maniera diretta e automatica con Ja 
prestazione di una attivit� lavorativa ed � assimilabile, in sostanza, alla 
indennit� di anzianit� prevista dall'art. 2120 e.e., per i dipendenti privati, 
per la quale, come � noto, da tempo la giurisprudenza e la dottrina 
hanno riconosciuto la natura retributiva. 

Opposte considerazioni devono invece essere effettuate per il trattamento 
di previdenza. A parte, infatti, la sua denominazione -rivelatrice 
di per s� della sostanza del fenomeno -, la pensione integrativa 
delle prestazioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, prevista 
a titolo di trattamento di previdenza dal regolamento I.N.A.M. gi� 
citato, si acquista dopo un periodo di servizio utile non inferiore a 20 
anni (art. 21), spetta in determinate circostanze anche ai superstiti 
dell'impiegato deceduto (pensione indiretta e di rJversibilit�: art. 27), 
� corrisposta dalil'apposito � Fondo di previdenza � ailimentato da contribuzioni 
del datore di lavoro e dello stesso impiegato (pari per questo 
all'l,967 % della retribuzione pensionabile) ed ha, insomma, un carattere 
tipicamente assistenziale e previdenziale, svincolato, come tale, da una 
rigida e meccanica correlazione con la prestazione lavorativa del dipendente. 


In conclusione, solo all'indennit� di fine servizio pu� riconoscersi 
il carattere di credito di lavoro, cio� di compenso (sia pure differito) 
per l'attivit� di lavoro prestata; nel caso essa sia pagata, come nella 
fattispecie in esame, fa nitardo spetta perci� al beneficiario la rivalutazione 
delle �differenze da corrispondersi, da calcolarsi sulla base degli indici 


458 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lstat. Va invece esclusa ogni rivalutaZJione di quanto dovuto a. titolo di 

pensione iintegrativa, avendo tale credito natura previdenziale. 

Essendosi in tal senso pronunciata la sentenza del T.A.R. qui impu


gnata, essa va sul punto riconfermata con rigetto, nella parte in cui 

concernono la rivalutazione, sia dell'appello principale presentato dal


l'avv. Di Stefano che di quello incidentale dell'Amministrazione. (omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 3 aprile 1985, n. 11 -Pres. Pescatore Est. 
Cossu -Mazza (avv. Lombardi) c. Ministero Industria (avv. 
Stato Del Greco). 


Giustizia amministrativa � Perenzione � Decisione istruttoria � Inerzia delle 
parti -� Dies a quo � -Rilevanza giuridica. 


Iw

Il termine di perenzione decorre non dalla scadenza del termine 
assegnato per l'espletamento dell'istruttoria, ma dalla ricezione dell'avviso 
di segreteria circa l'avvenuta esecuzione dell'istruttoria, perch� solo 
in tal caso sorge per le parti l'onere di attivarsi per la fissazione del, 
l'udienza senza che abbia rilevanza l'avviso di segreteria che dia noti


zia della non eseguita istruttoria (1). 

I 

I I 

(omissis) Va premesso, in fatto, che nel presente ricorso: 

a) � stata adottata il 24 ottobre 1980 una pronuncia interlocutoria 

diretta alla acquisizione di documenti; 

b) l'autorit� amministrativa destinataria del!l'ordine !istruttorio non 

vi ha ottemperato; 

c) di conseguenza, nes;mn avviso la segreteria della Sezione ha potuto 
fare alle parti ai sensi dell'art. 35 del r.d. 17 agosto 1907 n. 642, 
essendo mancata l'esecuzione dell'istruttoria e cio� proprio l'oggetto 
della eventuale comunicazione; 


d) non � stata mai presentata domanda di fissazione di udienza 
e posteriormente al 24 ottobre 1980 nessun atto di procedura � stato 
compiuto. 


Va ricordato che questa Adunanza plenaria con decisione 11 luglio 1983 

n. 19 resa in fattispecie analoga, ha ritenuto che l'inerzia delle parti 
assume rilievo ai fini de1la perenzione a partire dalla data in cui 'Vellga 
{1) La questione, proposta con ordinanza della VI sezione U luglio 1933 

n. 19, era stata gi� esaminata e risolta in modo conforme dalla stessa adunanza 
plenaria e dalla V sez., 6 giugno 11984 n. 436 (Il Consi~fo di Stato, 11984, I, 784). 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

comunicata l'avvenuta esecuzione della istruttoria ai sensi del ricordato 
art. 35, contestualmente disattendendo l'assunto che le parti avrebbero 
onere di verificare di loro iniziativa lo stato del processo almeno dopo 
la scadenza del termine assegnato per l'adempimento istruttorio. 

La Sezione VI, ben consapevole di tale pronuncia, ha ritenuto di sot-� 
topporre nuovamente il problema alla Adunanza plenaria prospettando 
una possibile interpretazione dell'art. 35 cit. nel senso che, ove l'adempimento 
istruttorio si realizzi prima del termine assegnato, il termine di 
perenzione prende a decorrere d~ giorno in cui perviene ['avviso di 
segreteria; ove, invece l'adempimento istruttorio non abbia luogo, il 
termine di perenzione decorre .comunque a partire da1l'ultimo giorno 
assegnato per adempiere a11'ordine contenuto nella decisione istruttoria. 

Alla base di tale prospettazione sono i seguenti rilievi, la portata dei 
quali -peraltro -non � tale da indurre l'Adunanza plenaria a mutare 
il suo precedente orientamento. 

Osserva l'ordinanza di rimessione, che, ove la parte ometta di agire 
quando invece potrebbe attivarsi -come ben potrebbe fare una volta 
scaduto il termine assegnato per l'adempimento istruttorio, presentando 
la domanda di fissazione di udienza -la perdurante inerzm dovrebbe 
portare alla perenzione, essendo evidente in tal caso la volont� di abbandonare 
il ricorso. 

Osserva inoltre la Sezione VI che l'art. 35 cit. conterrebbe una disposizione 
di favore per la presentazione della domanda di fissazione 
di udienza, nel senso che il termine di perenzione decorrerebbe in tal 
caso non dalla �data dell'ultimo atto di procedura (e cio� dalla pubblicazione 
del provvedimento che ordina l'adempimento istruttorio}, ma verrebbe 
spostato dalla comunicazione dell'avvenuto adempimento. 

A talr rilievi deve opporsi: 

a) quanto al primo, che certamente nulla vieta a chi vi abbia 
interesse dj. presentare la domanda di fissazione di udienza (o comunque 
di compiere altri atti idonei ad evitare la perenzione) non appena sia 
scaduto il termine assegnato .per adempiere all'ordine istruttorio. Ma ci� 
che occorre stabilire non � tanto quel che le parti possano fare, quanto 
piuttosto quel che la legge imponga loro di fare per evitare la perenzione. 
E l'art. 35 del regolamento di procedura non pone alle parti alcun 
onere di diligenza se non a partire dal giorno in cui venga comunicato 
dalla segreteria che J'.istruttoria ordinata � stata eseguita, mentre non 
attribuisce alcun rilievo alla scadenza del termine assegnato per l'incombente 
istruttorio.Rti.tenere il contrario significa riaffermare l'esisteriia 
di un onere ulteriore -non previsto dalla legge -e do� di verificare 
spontaneamente fo stato iin cui :si trova ~l processo, vale a dire proprio 
quel ohe 1a decisione n. 18 del 1983 aveva ritenuto di escludere; 


460 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

b) quando al secondo, che l'assunto muove da una premessa non 
condividibile: e cio� che � atto di procedura � sia soltanto un atto 
del giudice e cio� la pronuncia che ordina l'istruttoria, laddove, invece, 
atto di procedura � anche la comunicazione della segreteria, e cio� dell'organo 
ausiliario del giudice. Non si tratta dunque di termine di 
favore e comunque di disposizione derogatoria, posto che l'onere di chiedere 
la fissazione di udienza sorge appunto al compimento dell'ultimo 
atto di procedura posto a carico non delle parti ma dell'ufficio, ivi 
compresa la segreteria dell'organo giudicante. 

Poich� i rilievi svolti nell'ordinanza di rimessione -pur apprezzabili 
e degni di considerazione de jure condendo -non sono tali da indurre 
l'Adunanza plenaria a mutare indirizzo, deve ribadirsi che l'art. 35 del 

r.d. agosto 1907 n. 642 va interpretato nel senso che il termine di perenzione 
prende a decorrere non gi� dalla Scadenza del termine assegnato 
per l'espletamento della istruttoria, ma dalla ricezione dell'avviso di 
segreteria circa l'avvenuta esecuzione dell'istruttoria, solo in tal caso 
sorgendo l'onere di attivarsi per chiedere la fissazione dell'udienza e, 
conseguentemente, assumendo significato l'inerzia delle parti in quanto 
non pi� giustificata da adempimenti posti a carico dell'ufficio. 
In base a quanto precede, poich� risulta che l'istruttoria disposta 
con decisione n. 1008/80 non � stata eseguita e che, di conseguenza la 
segreteria non ha potuto dare avviso di un evento non verificatosi, 
deve esclud'ersi che la perenzione si sia compiuta. 

Per completezza deve affrontarsi una ulteriore questione posta dalla 
ordinanza di rimessione: e cio� se, ai fini del decorso del termine di 
perenzione, possa considerarsi sufficiente l'avviso di segreteria che dia 
notizia non gi� della eseguita istruttoria, ma che la stessa non � stata 
eseguita nel termine. 

La soluzione del problema, in verit�, non � rilevante ai fini del decidere 
poich� nel caso di specie nessun tipo di comunicazione � stat� effettuata. 

In ogni caso la tesi prospettata -e manifestamente ispirata alla 
risoluzione di un problema assai grave: quello dei ricorsi giacenti. a 
seguito di istruttoria incompiuta -� degna di ogni attenzione de jure 
condendo, ma non � attuale alla stregua del diritto vigente, il quale 
fa carico alla segreteria di dare notizia unicamente delle istruttorie eseguite; 
la tesi in discorso invece verrebbe a creare un nuovo e diverso 
obbligo di comunicazione che non trova sicuro fondamento nehla vigente 
norma processuale; e da tale non prevista comunicazione -ove mai 
eseguita fa concreto -non pu� farsi decorrere il termine di perenzione. 

Escluso il verificarsi della perenzione e non potendosi esaminare 
il merito in mancanza della domanda di fissazione di udienza, gli atti 
devono essere restituiti alla VI Sezione per l'ulteriore corso del procedimento. 



PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 461 

CONSIGLIO DI STATO, Ad. Plen., 16 aprile 1985 n. 14 -Pres. Pescatore Est. 
Varrone -Stella (avv. Festa) c. Ministero Affari esteri (avv. Stato 
Massella Ducci). 

Impiego pubblico -Equo indennizzo -Rivalutaz.io11e automatica -Inapplicabilit�. 


La rivalutazione automatica si applica nel caso di crediti di natura 
retributiva, e non nel caso di credito che esplica funzione compensativa 
(equo indennizzo) (1). 

(omissis) L'impugnata sentenza del T.A.R. Lazio (Sez. I) ha rigettato 

la richiesta -avanzata in primo grado dai ricorrenti con memoria non 

notificata -di condanna dell'Amministrazione al pagamento della svalu


tazione monetaria sulle somme dovute a titolo di riliquidazione dell'equo 

indennizzo e dei relativi interessi. 

Con l'unico motivo di gravame viene dedotta l'erroneit� della impu


gnata decisione sul rilievo che, in base all'orientamento giurisprudenziale 

pi� recente, il credito di lavoro del pubblico dipendente � soggetto a 

rivalutazione anche in assenza cli una esplicita richiesta dell'interessato. 

Ai fini del decidere giova anzitutto premettere che il problema del


l'applicabilit�, anche ai crediti pecuniari dipendenti da equo indennizzo, 

del ricordato principio � stato risolto nel senso richiesto dagli appellanti 

da parte della Sez. VI (dee. n, 845 del 24 novembre 1983) mentre a 

conolusione esattamente contraria � giunta la VI sezione con dee. 201 

del 2 apri!le 1984. 

Ad avviso del Collegio, il punto dal quale conviene partire per la 
soluzione del problema � costituito dall'esame della normativa contenuta 
nell'art. 68 d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, negli artt. 48, 60 d.P.R. 3 maggio 
1957 n. 686, nonch� nell'art. 154 della 1. 11 luglio 1980 n. 312, norma. 
tiva in base alla quale l'equo indennizzo spetta all'impiegato che, per infermit� 
contratta per causa di servizio, ha subito una menomazione del� 

l'integrit� fisica ascrivibile ad Ulla categoria determinata per legge. 

La disciplina in esame chiaramente indica come elementi costitutivi 

della fattispecie normativa un duplice ordine di circostanze; l'infermit� 

contratta per causa di servizio e la conseguente perdita dell'integrit� fi. 

sica subita per effetto della suddetta infermit�. 

La pretesa creditoria trae cio� titolo da una fattispecie che � la ri� 

sultante di un duplice ordine di eventi, di cui il primo, l'infermit�, di 

durata anche temporanea, ha rilevanza in quanto, a sua volta, genera 

(1) Per l'esclusione della rivalutazione nel caso di credito di natura previdenziale 
v. Ad. plen. 28 gennaio 1985, n. 1, retro 292. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

un effetto a carattere permanente, quale � appunto la perdita dell'integrit� 
da parte dello stesso dipendente. 

Gi� dalla sola descrizione degli elementi che concorrono a formare il 
titolo giustificativo della pretesa creditoria si desume agevolmente che 
essa � assistita da una fonte di produzione autonoma sia rispetto aiJ. credito 
di natura risarcitoria eventualmente spettante al pubblico dipendente 
nei confronti della P.A., sia rispetto a quello nascente dall'esatto adempimento 
della prestazione lavorativa. 

Sotto il primo profilo, la necessit� di respingere qualsiasi accostamento 
con la fattispecie di danno risarcibile, a differenza di quanto 
in proposito ritiene la ricordata decisione della IV Sezione, deriva dal 
fatto che, nel caso in esame, ai fini della corresponsione della indennit�, 
il legislatore prescinde da ogni riferimento a criteri di responsabilit� conseguenti 
al verificarsi dell'evento dannoso. 

La perdita della integrit� fisica � valutata tenendo esclusivamente 
conto delle oggettive condizioni di tempo e di luogo nelle quali la prestazione 
lavorativa risulta effettuata ed in presenza delle quali si � verificata 
la lamentata menomazione. 

L'indennit� prevista dalla normativa dianzi richiamata assolve, quindi, 
ad una funzione meramente compensativa per la perdita del � bene � 
costituito appunto dall'integrit� fisica del dipendente, come si desume, 
oltre che dalle considerazioni di ordine ~istematico ora svolte, dal fatto 
che, in base al sec�ndo comma dell'art. 50 d.P.R. n. 686 de{ 1957, va 
dedotto dall'equo indennizzo �quanto eventualmente percepito dall'impiegato 
in virt� di assicurazione a carico dello stato o di altra pubblica 
Amministrazione �. 

L'inciso da ultimo richiamato sta appunto a significare che se tale 
perdita risulta in tutto o in parte compensata dalla corresponsione di un 
indennizzo di natura assicurativa, delle somme a tale titolo corrisposte 
dovr� tenersi conto in sede di determinazione del quantum spettante a 
titolo di equo indennizzo. 

Siamo cio� in presenza di una � indennit� � volta non gi� alla reintegrazione 
del � patrimonio � del danneggiato, ma esclusivamente a compensarlo 
per la perdita del �bene � subita a causa de11a prestazione 
del servizio. 

La suddetta pretesa creditoria va, per�, del pari distinta da quella derivante 
dall'adempimento della prestazione lavorativa, appunto perch�, 
a differenza di quest'ultima, essa trova la sua giustificazione causale non 
gi� nell'utilit� che il suo esatto adempimento determina a favore della 
P.A., ma nella perdita subita dal dipendente per effetto della prestaziozione 
di lavoro. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

La sua nascita, dunque, non si collega alla sola prestazione lavorativa, 
ma richiede, altres�, la contestuale presenza di ulteriori� elementi. 

Pu�, quindi, affermarsi che la prestazione lavorativa rileva in questi 
casi soprattutto al fine di determinare la rilevanza del � bene � oggetto 
di indennizzo, nel senso che essa funge da presupposto per la individua: 
zione della perdita della integrit� fisica suscettibile di indennizzo, piuttosto 
che costituire autonoma giustificazione causale della pretesa creditoria 
vantata dal pubblico dipendente. 

Il rapporto obbligatorio che in tal modo nasce si colloca perci� in 
una posizione di dipendenza rispetto a quello caratterizzato dall'adempimento 
della prestazione lavorativa. Esso mutua da tale ultimo rapporto 
la sua origine e la sua connotazione pubblicistica, dando quindi luogo 
a diritti patrimoniali strettamente attinenti al peculfare status del dipendente, 
ma, al tempo stesso, � soggetto ad autonome vicende modificative 
ed estintive. 

Mentre, infatti, non sarebbe neppure configurabile la nascita del diritto 
all'equo indennizzo in assenza del rapporto di impiego, nei termini 
indicati dal citato art. 68, ovvero in assenza di una prestazione lavorativa 
mancante dei requisiti propri del rapporto principale, come si � dianzi 
dimostrato, anche ai fini della sua nascita � necessario il verificarsi di 
elementi autonomi, rispetto a quello che d� origine al credito di natura 
retributiva. 

Le svolte considerazioni dimostrano, quindi, che la soluzione del 
problema relativo aU'incidenza delia svalutazione monetaria sul credito 
pecuniario derivante da equo indennizzo non pu� inserirsi nel meccanismo 
di rivalutazione dei crediti da lavoro del pubblico dipendente. 

Infatti, come � stato anche di recente ribadito da quest~ Consesso 
(dee. n. 1/1985) ta:le meccanismo di rivalutazione automatica del credito 
pecuniario trova applicazione nei soli casi di crediti di natura retrtlbuti.va, 
in quanto solo :in tal caso le somme corrisposte assolvono alla esclusiva 
funzione di assicurare al pubblico dipendente una esistenza libera_ e dignitosa, 
attraverso la corresponsione di una retribuzione proporzionata 
alla quantit� e alla qualit� del lavoro prestato. 

Nella specie, invece, la pretesa creditoria non dipende in maniera 
automatica dalla prestazione lavorativa, n� risulta ad essa correlata, ma 
nel suo nascere � condizionata dalla sussistenza di autonomi e distinti 
requisiti costituHVI� e, nel suo svolgersi, assolve ad una funtlone diver�sa 
da quelila peculiare al credito da lavoro. 

Del resto, come � stato di recente evidenziato (Corte dei conti Sez. 
cont. Stato 15 luglio 1983 n. 1360, anche il credito da equo indennizzo 
� assistito da un autonomo meccanismo di rivalutazione, dal momento 
che, nella determinazione del quantum spettante a tale titolo, occorre 


464 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEILO STATO 

tener conto del trattamento retributivo del dipendente vigente alla data 
del provvedimento che definisce il procedimento. 

Al di fuori di tale ipotesi, il ritardo della P.A. nell'adempimento 
della prestazione pu� solo costituire titolo idoneo per l'eventuale nascita 
di diritto di. natura conseguenziale, il cui accertamento come � �noto, 
esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo. ' 

\ 



SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 gennaio 1985 n. 119 -Pres. Santosuosso 
-Est. Di Salvo -P. M. Leo (conf.) Soc. Suditalia (avv. Manfredonia) 
c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Mari). 

Tributi in genere -Contenzioso tributario -Revocazione -Errore di fatto Fatto 
controverso oggetto della decisione -Inammissibilit�. 

{D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 41; cod. proc. civ., art. 395, n. 4). 
E inammissibile la revocazione di decisio:he della Commissione Centrale 
per errore di fatto, quando l'errore. denunciato concerne un fatto 
controverso sul quale la decisione ha pronunciato risolvendo il contrasto 
fra le parti (1). 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso la ricorrente prospetta 
omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 

n. 5 c.p.c.) con conseguente violazione e falsa applicazione dell'art. 395 
n. 4 c.p.c., ovvero dell'art. 41 del d.P.R. 636/72 (art. 260 n. 3 c.p.c.). Sostiene 
infatti, che erroneamente la Commissione centrale ha ritenuto che 
oggetto del giudizio di revocazione fosse un punto controverso della decisione 
impugnata e non un mero errore di calcolo. 
Il ricorso non � fondato. 

La ricorrente ha chiesto alla Commissione centrale non di correggere 
un errore materiale di calcolo, ma di rivedere la decisione precedentemente 
adottata in ordine alla entit� della superficie del quinto 
piano dell'edificio per il quale si chiedeva l'esenzione venticinquennale e 
pi� precisamente di determinare tale superficie in mq. 290 anzich�, come 
era stato fatto, in mq. 580. La determinazione della misura della superficie 
era stata fatta dalla Commissione centrale risolvendo H contrasto che si 
era delineato fra le parti; � palese, quindi, che non � stato denunciato 
un errore di calcolo ma una decisione adottata della Commissione centrale. 


Non poteva, quindi, essere proposto il rimedio della revocazione, 
ai sensi dell'art. 395, n. 4 c.p.c., perch� questa norma consente la revocazione 
quando l� sentenza � l'effetto di un errore di fatto, risultante 
dagli atti o documenti della causa � se il fatto non costitu� un punto 
controverso su cui la sentenza ebbe a pronunciare �. 

(1) Decisione di evidente esattezza e completezza. 

466 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DE..O STATO 

Ed invero, l'errore di fatto preso in considerazione della predetta 
norma � quello' derivante da una falsa percezione della realt� che conduce 
ad affermare o a supporre, secondo l'ipotesi contemplata dalla legge, l'esistenza 
di una fatto che, invece gli atti ed i documenti della causa escludono 
in modo incontrastabile; oppure la inesistenza di un fatto che, in base 
agli stessi elementi, deve ritenersi positivamente accertato. Tale fals~ 
per~zione dei fatti della causa, per essere rilevante ai fini della revocazione, 
deve, quindi, rappresentare un errore latente del ragionamento, 
che, poggiandosi su di essa il giudice ha svolto per arrivare alla sua 
decisione, e non costituire un errore in cui � incorso il giudice nel decidere 
fa controversia che, in ordine rulla esisten21a o meSJi.stenza di quel 
fatto sia insorta tra le parti. 

In sostanza, quindi, J'errore di fatto ohe pu� dar ~uogo a1lla revocazione 
della sentenza consiste, non gi� nell'erroneo apprezzamento di �no o 
pi� punti che siano stati oggetto di contestazione tra le �parti, bens� 
nella percezione di un �fatto deciso in modo contrario a quanto risulta 
manifestamente dagili atti di causa per effetto di una ervata percezione, 
di una svista del giudice, che costituisca il motivo essenziale delJ.a decisione 
e che si presenti con carattere di evidenza, obiettivit� e rile-. 
vabilit� immediata. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 gennaio 1985, n.'185 Pres. Greco Est. 
Tilocca -P. M. Morozzo della Rocca (conf.) Ministero delle Finanze 
(avv. Stato D'Amico) c. Busso (avv. Manfredonia). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Condono Ultimo 
imponibile definito -Redditi occasionali -Vi sono compresi. 

(D.l. 5 novembbre 1973, n. 660, art. 2,_ 3 e 4).. 
Nella determinazione, con metodo automatico, della base imponibile 
ai fini del condono, l'ultimo imponibile accertato o dichiarato anteriormente 
al 1� gennaio 1974 deve comprendere ogni tipo di reddito 
e anche i redditi occasionali. Soltanto per la definizione del reddito dell'anno 
1973, l'art. 4 del d.l. S novembre 1973 n. 660 prevede che al reddito 
definito per l'anno 1973 siano aggiunti i redditi occasionali una 
tantum. (1) 

(.1) Decisione esattissima. I redditi che attualmente sono soggetti a tassazione 
sepruiata sono considerati nell'art. 4 del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 
ai soli fini della determinazione dell'imponibile per l'anno 1973, per aumentare 
l'imponibile dell~anno precedente. Ci� non autorizza a ritenere che questi stessi 
redditi debbano essere detratti dall'ultimo :imponibile deJ�inito nei modi ordinari 
relativamente ai periodi d'imposta anteriori al [.973. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis) Con l'unico motivo proposto l'Amministrazione ricorrente 
principale, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 4 
del d.l. 5 novembre 1973 n. 660 conv. nella I. 19 dicembre 1973 n. 823, in relazione 
all'art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Commissione centrale affermato la 
non computabilit�, ai filni della determinazione della base imponibile 
per l'applicazione degli automatismi previsti dalla predetta legge, del 
reddito percepito una tantum e non ripetibile. Osserva la ricorrente, 
a sostegno della censura, che, nel fare riferimento all'ultimo ii:nponibile 
definito, l'art. 3 della a. n. 660 del 1973 non autorizza ila scissione dell'imponibile 
stesso nei suoi componenti, per eliminare queHi relativi a 
redditi occasionali, i quali non assumono autonomo rilievo nei confronti 
di alcuno degli effetti fiscali che la sua tassazione produce, unico essendo 
il reddito di R.M. D'Altra parte, aggiunge l'Amministrazione, in 
nessun caso l'automatismo della legge n. 823 consente indagini di merito 
sulla compostizione dei redditi: �id principio della separazione dei 
redditi occasionali da quelli sistematici � stato dal legislatore previsto, 
in modo del tutto specifico, all'art. 4/4 della 1. n. 823, che concerne 
la definizione automatica dei redditi del 1973 al limitato fine di consentire 
la tassabilit� dei redditi occasionali realizzati in tale anno 1973 � 

Il ricorso va accolto. 

La questione cos� prospettata � stata gi� esaminata e decisa da questa 
Corte (20 maggio 1983 n. 280), la quale ha ritenuto che la normativa, prevista 
dal d.l. 5 novembre 1973 n. 660 conv. nella 1. 19 dicembre 1973 n. 823 al 
fine di agevolare la definizione delle pendenze nella materia delle imposte 
dirette sostituite dal nuovo ordinamento tributario, era ispirato a rigidi 
criteri di automatismo per l'accertamento dell'imponibile su cui determinare 
le imposte, s� da non consentire accertamenti analitici sui componenti 
dell'imponibile medesimo e decurtarlo dagli eventuali redditi occasionali. 
Tale indirizzo si palesa fedelmente co~orme'ai principi cui s'informa 
la predetta legge, per cui non v'� ragione per discostarsi da esso 
nella decisione della presente causa. In particolare l'art. 3 di tale legge, 
applicabile alla fattispede in esame, dispone che per ciascuno dei periodi 
di imposta chiusi anteriormente al 1 gennaio 1974 le imposte (di R.M., 
complementare, sulle societ�, ecc.) devono essere commisurate all'ultimo 
imponibile definito (o dichiarato), aumentato di una determinata percentuale 
fissa, comunque costituito e qualunque tipo di reddito avesse concorso 
�ad integrarlo. 

La nol'llla assume i'ultimo impon1bile accertato o dichiarato ne11a sua 
unit� ed inscindibiil:it� presumendo, iuris et de iure, che esso, aumentato di 
una percentuale fissa specificamente stabilita, corrisponda al reddito 
complessivo degli anni immediatamente successivi, e, quindi; costituisca 
anche la base per la determinazione delle imposte relative a tali anni. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

468 

D'Altra parte, siffatto sistema, che trova la propria razionalit� e giu 
stificazione nell'esigenza di una rapida definizione delle pendenze sulle 
imposte abrogate, non era obbligatoriamente applicabile n� rimesso alla 
discrezionalit� della P.A. Esso, al contrario, poteva trov~re attuazione 
solo se Io avesse richiesto il contribuente, il quale, perci�, secondo il suo 
personale giudizio di convenienza, poteva liberamente decidere di dmanere 
assoggettato all'ordinario sistema di accertamento o preferire che quelle 
sue pendenze venissero definite con il predetto particolare procedimento 
automatico. II Busso ha scelto questo ultimo sistema ed una volta che 
lo ha richiesto, non pu� pretendere che esso sia applicato soltanto nei 
profitli che ghl sono vantaggiosi e sostituito per gli altri profili dal sistema 
ordinario di accertamento. La Commissione centrale, nell'affermare 
la non computabilit� del reddito una tantum ai fini dell'individuazione 
dell'imponibile per la definizione automatica delle pendenze, 
non si � richiamata a criteri legislativi ma si � basata su una valutazione 
di mera convenienza dal punto di vista del Busso, omettendo del tutto 
di considerare che siffatta valutazione � giuridicamente irrilevante avendo 
il contribuente richiesto la definizione automatica ed assumendo la 
legge come imponibile a tal fine l'ultimo imponibile accertato o dichiarato 
nella sua unit� inscindibile. 

La legge prende in considerazione all'art. 4 i redditi una tantum percepiti 
nel 1973 soltanto per tassarli autonomamente, giacch� anche per 
tale anno, ~ semprech� vi sia stata la domanda de11'interessato, Je imposte 
andavano commisurate allo imponibile definito per l'anno precedente. 


Una volta precisato che la normativa sul condono non era obbligatoriamente 
applicabile n� era applicabile a discrezione dell'Amministrazione 
delle Finanze, bens� soltanto su specifica istanza del contribuente 
che poteva conoscere esattamente, con l'impiego della normale diligenza, 
il risultato economico della definizione che sarebbe stata data alla 
pendenza, l'eccezione di incostituzionalit� dell'art. 3 della I. n. 823 del 
1973 per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, sollevata dal 
Busso, si palesa manifestamente infondata. (omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 21 Gennaio 1985 n. 188, -Pres. Scanza� 
no � Est. Cantillo -P. M. Martinelli (conf.) Soc. Carnaroli c. Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Corti). 

Tiributi in genere -Contenzioso tributario -Ricorso alla Commissione centrale 
� Motivazione � Requisiti. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n, 636, art. 25 e 26). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 469 

Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Agevolazione per le 

strade di grande comunicazione � Riguarda soltanto le strade costruite 

dall'ANAS. 

(L. 9 aprile 1971, n. 167, art. 2; 1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
La motivazione del ricorso alla Commissione centrale, prescritta 
a pena di nullit�, ha la funzione di identificare le parti della decisionef 
'che si intendono impugnare, e per converso quelle alle quali si vuole; 
Iprestare acquiescenza, e di consentire il � controllo della ammissibilit�i ' 
del ricorso in relazione alle questioni che possono essere portate alla cognizione 
del giudice di terzo grado (1). 

Mentre l'agevolazione dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961 n. 729 per 
la costruzione di autostrade ha carattere oggettivo, l'estensione di essa, 
prevista dall'art. 2 della legge 9 aprile 1971 n. 167 per la costruzione di 
strade di grande comunicazione e raccordi autostradali, � riferita esclusivamente 
alle strade di competenza dell'ANAS. (2). 

(omissis) Con il primo motivo, denunziando la ~olazione degli articoli 
342 e 277 cod. proc. civ., la societ� ricorrente critica la decisione 
della Commissione Tributaria Centrale per avere ritenuto ammissibile 
il gravame dell'An:nninistrazione senza prendere in esame l'eccezione che 
essa aveva formulato al riguardo, la quale, invece, era fondata, giacch� 
nell'atto di impugnazione non risultavano esposti i fatti della controversia .. 

La censura non ha consistenza. 

Va anzitutto detto che � privo di pratico. rilievo l'errore in cui � 
incorsa la ricorrente nel denunziare la violazione di norme del codice 
processuale, laddove il ricorso alla Commissione tributaria centrale � 
disciplinato, pure sotto il profilo che ora si considera, dal d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636 (modif. dal d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739), il cui art. 25, 
secondo comma, ugualmente stabilisce che il ricorso deve contenere 
� l'esposizione sommaria dei fatti e dei motivi dell'impugnazione �, per di 

(1) La prima massima, esattissima, � molto importante perch� individua 
la� specificit� del ricorso alla Commissione centrale come impugnazione non 
illimitata (v. BAFILE, Il giudizio di terzo grado nel pr�cesso tributario, Milano 
1982, 116 ss.). 
(2) Da condividere pienamente anche la seconda massima. Per le strade 
di grande comunicazione, diverse dalle autostrade, non � affatto prevista la 
concessione e quindi l'agevolazione non pu� riguardare che le opere di competenza 
dell'ANAS. Gli altri enti non sono minimamente considerati s� che le 
strade da questi realizzate, che non potrebbero nemmeno essere di grande 
comunicazione, restano al di fuori della agevolazione. 
' 



RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

pi� espressamente comunicando, in mancanza, la sanzione dell'inammissibilit�. 


Ma tale disposizione, come la corrispondente norma del codice di 
rito, deve essere intesa non gi� nel senso che impone un rigido modulo 
formale, bensi nel senso che dal complesso dell'atto devono potersi desumere, 
con sufficiente chiarezza, l'oggetto e l'ambito del giudizio di impugnazione, 
cio� i punti e le questioni di cui si chiede il riesame. Il 
quale precetto -che � espressione di un principio generale comune a 
tutti i mezzi di gravame (applicato dallo stesso d.P.R. n. 636 del 1972 
anche per il ricorso alla commissione di secondo grado) -assume particolare 
rilievo nell'impugnazione in oggetto, in quanto, oltre ad adempiere 
alla funzione di identificare le parti della decisione che si intende im� 
pugnare e, per converso, quelle alle quali si vuole prestare acquiescenza, 
consente altresi l'immediato controllo di ammissibilit� del ricorso medesimo 
sotto il profilo delile questio~ che possono essere portate alla cognizione 
del giudice di terzo grado, al quale sono sottratte, com'� noto, 
le questioni di mero fatto attinenti atla va.lutazione estimativa e alla mi� 
sura delle pene pecuniarie (art. 26). 

La mancata esposizione del fatto determina, dunque, l'inammissibilit� 
del ricorso solo quando non consenta di individuare la decisione che si 
intende impugnare ovvero quando, essendo insufficiente anche l'esposizione 
delle ragioni del gravame, provochi incertezza in ordine all'oggetto 
dell'impugnazione, nel senso dianzi precisato. 

La qual cosa manifestamente non si riscontra nel caso in esame, 
giacch� -come si evince dalla decisione impugnata e risulta dal diretto 
esame degli atti, consentito in questa sede perch� si denunzia un vizio 
in procedendo -il ricorso alla Commissione centrale individuava chiaramente 
il tema della controversia, circoscritto alla spettanza, o meno, 
delle agevolazioni riconosciute dovute dalle commissioni tributarie di merito, 
con la conseguenza che correttamente i giudici del gravame non hanno 
attribuito alcun rilievo alla mancanza di un'analitica esposizione delle 
vicende del procedimento. (omissis). 

3. -Con il terzo motivo, con cui si denuncia la violazione dell'art. 8 
della legge 24 luglio 1961, n. 729, e dell'art. 2, terzo comma, della legge 9 
ap~le 1971 n. 167, viene riproposta la tesi -respinta dalla Commissione 
tributaria centrale -secondo cui il beneficio previsto da quest'ultima 
disposizione ha natl.U'a oggettiva, sicch� riguarda anche gli atti e contratti 
stipulati, per opere viarie di grande comunicazione, da enti pubblici 
diversi dall'ANAS. 
La censura non ha fondamento normativo. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIIJUTARIA 

471 

L'art. 2 della legge n. 167 del 1971 -contenente, come si legge nel 

titolo, �modifiche ed integrazioni� a talune leggi concernenti � l'Anas 

e la viabilit� comunale e provinciale � -, nei primi due commi prov


vede ad ampliare, con riferimento alle disponibilit� finanziarie indicate 

nell'art. 1, la sfera delle attribuzioni dell'Azienda statale, alla quale de


manda il compito di provvedere, sulla base del parere espresso dai com


petenti organi regionali (tenuti a pronunziarsi entro trenta giorni), �al 

completamento del programma fil costruzione di strade di grande co


municazione, nonch� alla sistemazione ed ammodernamento delle strade 

statali di primaria importanza e ahla costruzione di raccordi autostradali�: 

e appunto in relazione ai suddetti programmi ed opere che l'Anas � realiz


za � il terzo comma rende applicabili le agevolazioni fiscali previste dal� 

l'art. 8 della legge n. 729 del 1961, espressamente stabilendo che esse � si 

applicano ai lavori concernenti le strade di grande comunicazione ed 

i raccordi autostradali di cui al precedente comma �. 

L'enunciato normativo non consente dubbio, cio�, sull'ambito del


l'agevolazione, la quaile, mentre nel contesto della legge con cui venne 

introdotta aveva portata oggettiva, riguardando gli atti e contratti sti


pulati daiH'Anas e da tutte 1.e societ� concessionarie della costrruiione 

di autostrade (a tale normati~!l si riferiscono i precedenti di questa 

Corte, perci� erroneamente invocati dahla ricorrente), per le fattispecie 

disciplinate dalla legge n. 167 del 1971 viene rigorosamente circoscritta alle 

strade di grande comunicazione e raccordi autostradali di competenza 

dell'Anas, secondo le attribuzioni definite dalla legge medesima, sicch� 

ha carattere soggettivo. 

Restano escluse dal beneficio, in particolare, le opere di � sistema


zione, ammodernamento e costruzione di strade comunali e provinciali � 

eseguite dalle rispettive amministrazioni � e loro consorzi �, per le quali 

� previsto, invece, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 2 e del


l'art. 6, che l'onere finanziario venga in tutto o in parte sopportato dallo / 

Stato, in presenza di determinate situazioni di bilancio degli enti locali 

cui le strade appartengono; e la qualifica di strada di grande comunica


zione pu� d:ncidere, rispetto ad esse, ai fini dehl'entit� del contributo sta� 

\ 

�tale, non certo quanto all'agevolazione fiscale. 

Ad ulteriore conferma di questa esegesi va osservato, infine, che 

l'agevolazione delineata dall'art. 8 della legge n. 729 del 1961, configura 

un'esenzione totale solo per le costruzioni autostradali realizzate diret


tamente dall'Anas, mentre per quelle date in concessione � previsto uno 

speciale regime fiscale sostitutivo; del quale non v'� traccia, invece, nella 

legge n. 167 del 1971, proprio perch� le opere agevolate sono soltanto 

quelle di competenza dell'AnaS. (omissis) 


472. RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 271 � Pres. Greco � 

Est. Tilocca -P. M. Morozzo della Rocca (diff.). Ministero delle Finanze 

(avv. Stato Corti) c. Zambuto. 

Tributi in genere � Dichiarazione dei tributi � Natura ed effetti � Rettlfi� 
cabilit� � Termine. 

(D.P.R. 29 settembbre 1973, n. 600, art. 36 bis). 
La dichiarazione dei redditi, che integra una dicliiarazione di scienza 
e non un atto negoziale, pu� essere corretta dal contribuente in sede di 
opposizione contro il ruolo anche per errori non rilevabili immediatamente 
da essa e dai suoi dipendenti; gli errori materali e di calcolo rilevabili 
dalla stessa dichiarazione possono essere rettificati, senza che sia necessario 
uno specifico mezzo di impugnazione da proporsi entro un termine 
di decadenza, anche d'ufficio (art. 36bis, comma II, lett. a), d.P.R. 

n. 600/1973) o su una qualunque sollecitazione dell'interessato entro il 
termine di prescrizione del diritto al rimborso (1). 
I

(omissis) Con l'unico motivo proposto l'Amministrazione delle Finanze 

I 
~ 

deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 343 c.p.c. e/o dei prin� 
clpi generali in tema di proponibilit� di nuove eccezioni in appello, di 

* 

, 

(1) Bench� la controversia sia stata decisa su un punto pregiudiziale di < 
rito, la sentenza ha voluto, con sorprendente sommariet� di motivazione, ridurre , 
la dichiarazione tributaria ad un atto pressoch� irrilevante. 
La prima proposizione ha dei precedenti, anch'essi pi� assertivi che dimo,


I. 
strati, contraddetti da altre affermazioni (v. C. BAFILB, Osservazioni sulla [ 
natura giuridica della dichiarazione tributaria, in questa . Rassegna, 1980, I, r:: 
361; ID., Considerazioni sugli effetti della dichiarazione, ivi, 1983, I, 935, con 
i:;< 
ampi riferimenti di giurisprudenza). � I~ 
~ 

Non � nuova l'affermazione che la dichiarazione tributaria sia una dichiarazione 
di scienza e la conseguente deduzione che essa sia retra�abile. 
Trattasi di due asserzioni indimostrate: � da stabilirsi la natura della 
dichiarazione che non pu� tanto semplicemente dirsi di scienza (termine pe. 

I raltro quanto mai incerto e indefinito), ma soprattutto � da dimostrare la 
proposizione che la dichiarazione di scienza sia per sua natura ritrattabile 
(baster� considerare che come esempi di dichiarazione di scienza, non negoziale, 
si propongono il riconoscimento di paternit�, il collaudo, l'atto di q\iietanza 
liberatoria, per mettere in dubbio che tal genere di dichiarazione non 

I

sia vincolante). ~ 

Sar� opportuno ricordare che le pronunzie che hanno ammesso la cor� ID 

rezione della dichiarazione, supposta di scienza, non hanno in realt� riguardato ~ 

la sua primaria funzione, che � quella della determinazione della base impo


nibile, ma piuttosto la integrazione della dichiarazione nel suo secondario ed 

I 

eventuale aspetto di istanza volta a contenere l'ottenimento di benefici pre


!i'

costituiti per legge che operano all'esterno della base imponibile (deduzioni ,,, 

I 
I 
ro

dal reddito ex art. 10 e detrazioni di imposta ex art. 15, 16 e 16 bis d.P;R. 

n. 597/1973, deduzioni ex art. 7 d.P.R. 599/1973); per tal genere di istanze, a 
I 

l~ 

. J 

-



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 473 

interpretazione degli atti processuali, di rettifica di errori materiali e di 
calcolo della dichiarazione, nonch� degli artt. 52 e 63 d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597. 

Deduce, altres�, l'omessa o insufficiente motivazione circa punti de� 
cisivi della controversia (avvenuta proposizione di motivo di appello -suo 
contenuto -contenuto del ricorso alla CTC), art. 630, n. 3 e n. 5 c.p.c. 
Sostiene la ricorrente che la possibilit� della deduzione in primo grado 
non � costitutiva di una situazione di inammissibilit� della stessa in appello, 
cos� come � riscontrabile, per l'art. 345, 2� comma, c.p.c., che l'eccezione 
nuova, irritualm.ente proposta con il ricorso in appello, � del tutto 
ammissibile. Aggiunge lAmministrazione, che deducendo l'ufficio con il 
ricorso alla Commissione di secondo grado che la Commissione di primo 
grado non poteva ridurre il reddito netto dichiarato ed iscritto a ruolo 
essendo lo stesso divenuto definitivo, intendeva dire che non � ammessa 
la correzione di errori compiuti nella dichiarazione dei redditi, quando 
questa sia divenuta definitiva per decorso del termine di presentazione. In 
eiifetti l'ammissibilit� di una correzione della �dichiaraiione dei redditi da 
parte del contribuente � ammissibile entro il termine di presentazione 

vantaggio del contribuente, anche la Corte Cost. ha ammesso la integrazione 

della dichiarazione (14 giugno 1984, n. 178). Ma non pu� negarsi la profonda 

differenza tra integrazione della. dichiarazione in merito a dette richieste del 

contribuente (fondata sulla premessa che le norme che pur stabiliscono che 

dette istanze devono essere esposte nella dichiarazione non impongono oneri 

a pena di decadenza) e ritrattazione della dichiarazione per ci� che con


cerne la base imponibile. 

Ma la parte pi� sorprendente della pronunzia che si commenta � quella 

che afferm�a che gli errori materiati rilevabili dalla stessa dichiarazione possono 

(o devono) essere rettificati d'ufficio o su qualunque sollecitazione di parte 

entro il termine di prescrizione del diritto al rimborso, senza che sia neces


saria alcuna impugnazione da proporsi entro termini di decadenza, attribuendo 

una portata ampissima all'art. 36 bis, comma Il, lett. a) del d.P.R. n. 600/1973. 

E ci� tanto pi� perch� la sentenza sembra considerare errore materiale o di 

calcolo l'errore sostanziale sulla determinazione della base imponibile (nel caso 

si discuteva della erronea imputazione di un ricavo nel periodo di imposta 

per inesatta applicazione del principio di competenza). 

I rimbors� che l'Ufficio deve disporre a norma dell'art. 36 bis sono sol


tanto quelli risultanti dalla dichiarazione a credito del dichiarante. 

Nel secondo comma si stabilisce che ai fini della liquidazione delle 

imposte (e non dei rimborsi) gli ufffici possono correggere errori materiali 

o di calcolo. S quindi per lo meno dubblio che gli uffici debbono, correggendo 
errori, disporre rimbo!'si non domandati con la dichiarazione; i rimborsi dovranno 
essere domandati nei modi e nei termini stabiliti (art. 38 d.P.R. 
n. 602/1973). 
Ma quando pure si volesse ammettere che un errore evidente possa (non 
debba) essere riconosciuto dall'ufficio, si deve convenire che debba trattarsi 
di un vero e proprio errore materiale o di calcolo restrittivamente inteso. Come 
l'ufficio non potrebbe con il procedimento sommario dell'art. 36 bis liquidare 



RASSBGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

414 

della dichiarazione e non anche nel termine per l'accertamento, tranne . ~ 
che in caso di errori materiali o di calcolo rilevabili ictu oculi, nella specie 
\ j 
non ricorrenti. 

I 

Il ricorso va respinto. 

I

L'Amministrazione nel giudizio davanti la Commissione di primo grado 
r.iconobbe gli errori in cui era incorso il contribuente nella dichiarazione 
dei redditi sottolineando espldcitaimente che questi aveva diahiarato, � sen� 
za tener conto del princ�pio della competenza �,.importi relativi all'anno 
precedente al quale aveva riferimento la dichiarazione. Lo stesso ufficio 
ebbe cura di riliquidare gli imponibili. Nel giudizio di secondo grado 
l'Amministrazione, dmpugnando la decisione di primo grado, dedusse l'am� 
missibilit� del ricorso contro il .ruolo in quanto l'iscrizione in questo era 
stata effettuata a titolo definitivo. Lo stesso motivo propose l'Amministrazione 
davanti alla Commissione centrale la quale lo respinse sulla base 
del solo rilievo che anche fiscr.izione atitolo definitivo pu� essere impugnata 
finch� non sia decorso il termine utile per ricorrere contro il ruolo 
e<l il contribuente, apuunto, aveva rilevato l'esistenza di errori materiali 
nella sua dichiarazione nel termine utile per impugnare il ruolo. La Com� 
missione accenn� alla deducibilit� di tale motivo in primo grado soltanto 

una maggiore imposta correggendo un errore non materiale (occorrerebbe l'accertamento 
formale per determinare un maggior reddito iin conseguenza della 
rettifica di una erronea imputaZlione di un rioovo ne'l periodo di imposta) cos� 
non potrebbe farsi analoga operazione a vantaggio del dichiarante. 

Quanto poi alla possibilit� di sollecitare in modo informale un rimborso 
di ufficio nei limiti della prescrizione, si deve osservare da un lato che l'ufficio 
pu� emettere soltanto atti tipici nell'�ambito dei procedimenti disciplinati dalla 
legge e non pu� inventare provvedimenti extra ordinem e dall'altro che, ben 
prima della maturazionJe del ter.mdne di presmzione si vanno necessariamente 
a verificare preclusioni o decadenze che rendono irretrattabile il rapporto di 
imposta. Infatti o con la decadenza dell'art. 38 d.P.R. n. 602, se l'imposta � gi� 
versata, come dovrebbe essere, �contestualmente alla dichiarazione, o con la 

mancata impugnazione del ruolo, �se l'imposta non � stata versata in conformit� 
della dichiarazione e viene iscritta a ruolo ex art. 36 bis d.P.R. n. 600/1973 � 

o quanto meno con l'accertamento, le situazioni si iirrigidiscono anche rispetto 
ad eventuali errori materiali della dichiarazione. Ipotizzare che successivamente 
ancora possa tormuisi a discutere di rimborsi, invocando un errore 
attraverso procedimenti ed atti sconosciutli alla normativa � impensabile; e 
ci� anche perch� la rimoiione di un errore, che si risolve in una modifica 
della dichiarazione, pu� ben far nascere la necessit� di un accertamento della 
nuova situazione sia ai fini dell'imposta che ai fini delle sanziom (ad es. 
l'esclusione di un ricavo da un periodo di imposta implica la necessit� di 
ricomprenderlo nell'altro periodo di competenza); ma ci� non sarebbe pi� 
possibile all'ufficio per la maturazione della decadenza ex art. 43 d.P.R. n. 600. 
Potrebbe essere una vera tentazione partire all'assalto contro l'Amministra� 
zione ormai inoffensiva per ridiscutere le dichiarazioni stagionate di oltre un 
quinquennio. 
CARLO BAFILE 



PARTE l, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

incidentalmente e ad abundantiam, avendolo rigettato soltanto in quanto 
infondato. Nel ricorso davanti a questa Corte l'Amministrazione abbandona 
il predetto motivo ed introduce una nuova contestazione deducendo 
che l'ammissibilit� di una correzione di errori compiuti nella 
dichiarazione dei redditi � ammissibile solo. entro il termine di presentazione 
della dichiarazione stessa e che la correzione oltre tale termine da 
parte del contribuente pu� ammettersi soltanto in caso di errori materiali 
e di calcolo rilevabili dalla stessa dichiarazione e dei suoi allegati e non, 
come nel caso concreto, aliunde e in tempo successivo all'accettazione 
della 1dichiarazione da parte dell'Amministrazione. 

1n-realt� l'Amministrazione sostiene che essa davanti alla Commissione 
di secondo grado intendeva dedurre proprio tale motivo, scrivendo 
che � la �ommissiop.e di I grado non poteva ridurre il reddito netto dichiarato 
ed iscritto a ruolo, essendo lo stesso divenuto definitivo ai sensi 
dell'art. 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 �. 

Di fronte alla chiarezza e all'univocit� di siffatta esposizione nonch� 
all'indicazione espressa dall'art. 14 d.P.R. n. 602 del 1973, che menziona 
proprio le iscrizioni delle imposte nei ruoli a titolo definitivo, siffatta 
deduzione dell'Amministrazione di imputare alla decisione della Commissione 
centrale un errore di interpretazione del proprio atto di appello si 
rivela nient'altro che un nuovo espediente di introdurre nel dibattito� un 
nuovo motivo in luogo di quello proposto nei gradi precedenti e di elu� 
dere il divieto di proporre in cassazione nuove questioni o temi di contestazione 
diversi da quelli proposti nei giudizi di merito. Comunque la rettifica 
della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente � ammissibile, 
pure per errori non rilevabili immediatamente da essa o dai suoi dipendenti, 
finch� non sia decorso il termine utile per impugnare il ruolo e nella 
specie, come ha sottolineato la Commissione centrale, il contribuente ha 
proposto il ricorso di rettifica entro tale termine. La denuncia dei redditi 
integra una dichiarazione di scienza e non un atto negoziale per cui essa 
pu� essere, corretta dal contribuente in sede di opposizione al ruolo. 
Quando, poi, si tratta di errore materiale o di calcolo, rilevabile dalla 
stessa denunzia, per la sua rettifica non � necessario uno specifico atto 
di impugnazione da proporsi entro un termine di decadenza, essendo esso 
correggibile anche d'ufficio (art. 36 bis, comma II, lett. a) o su una qualunque 
sollecitazione dell'interessato entro il termine di prescrizione del diritto 
al rimborso in base al principio della falsa demonstratio non nocet. 
Occorre, infine, sottolineare che nella specie l'ufficio riconobbe gli errori 
tempestivamente denunziati dal contribuente per cui non si vede proprio 
la pertinenza dell'affermazione dell'Amministrazione secondo la quale �la 
modifica o la riduzione si risolverebbe iin danno di essa che, avendo 
accettato l'imponibile dichiarato, vedrebbe ridurlo potestativamente dal 
contribuente�, (omissis) 


476 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, -Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 274 -Pres. Santosuosso 
-Est. Di Salvo -P. M. F. Morozzo della Rocca (diff.). Ministero 
delle Finanze (Avv. Stato Salimei) c. Nerucci. 

Tributi erariali diretti -Imposta unica sul reddito delle persone fisiche Lavoro 
autonomo e lavoro dipendente -Servizio dei protesti cambiari 
da parte del segretario comunale -~ assimilato al reddito di lavoro 
autonomo. 

(D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) ru:t1. 47, lett. b) e 49). 
Il servizio dei protesti cambiari eseguito, ove la legge lo consente, dal 
segretario comunale � per sua natura assimilabile al reddito di lavoro 
autonomo e non � ricomprensibile fra i redditi assimilabili al lavoro dipendente 
dell'art. 47 lett. b) del d.P.R. n. 597/1973. Conseguentemente dai 
proventi percepiti dal segretario comunale vanno detratte le spese inerenti 
all'esercizio. (l) 

(omissis) Con l'unico motivo del ricorso, l'Amministrazione delle fi. 
nanze dello Stato, denunciando la violazione dell'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597 e la falsa applicazione dell'art. 49 dello stesso decreto 
(art. 360, n. 3 c.p.c.) -sostiene che la decisione impugnata ha errato nel 
qualificare l'attivit� dei protesti cambiari svolta dai segretari comunali 
come attivit� di lavoro autonomo, in quanto l'art. 47 lett. b) citato richiede 
soltanto: 1) che le indennit� ed i compensi percepiti dai dipendenti 
siano a carico di terzi per incarichi svolti in relazione alla loro qualit� e 
che non � assolutamente richiesto che l'incarico remunerato provenga dal 
datore di lavoro: 2) che si tratti di incarichi diversi da quelli che possono 
essere attribuiti ai liberi professionisti; 3) che si tratti di un'opera svolta 
con vincolo di subordinazione. 

Soggiunge che � irrilevante la circostanza che per l'espletamento dei 
protesti sia richiesto un minimo di organizzazione. 

Il ricorso non � fondato e deve, pertanto, essere respinto. 

Invero, l'attivit� svolta dal segretario comunale per il servizio dei pro, 
testi cambiari presenta talune sue peculiari caratteristiche che non consentono 
di inquadrare i redditi da essa derivanti fra i redditi assimilabili 
a quelli di lavoro dipendente previsti dall'art. 47 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597. 

L'Amministrazione ricorrente sostiene che tali redditi debbono, in 

particolare, essere inquadrati tra quelli previsti alla lettera b) della citata 

norma, la quale si riferisce � alle indennit� ed ai compensi percepiti a 

carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in 

1 

tale qualit�, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono 
essere riversati al datore di lavoro, nonch� di quelli che per legge debbono 
essere riversati allo Stato�. 

(1) Questione nuova. Non constano precedenti. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

La norma predetta presuppone lo svolgimento, �da parte del lavorat.
ore dipendente di una attivit� costituita in modo esclusivo da proprie 
prestazioni personali che non utilizzano assolutamente l'organizzazione 
ed i mezzi dell'uffi�io cui esso appartiene (ad es. componenti nelle commissioni 
tributarie) o per il cui espletamento � sufficiente l'utilizzazione 
di tale uffic~o (ad es. attivit� di autenticazione firme da parte del cancelliere). 


Nella predetta definizione legislativa non pu�, quindi, rientrare l'attivit� 
di cui trattasi per il cui svolgimento il segretario comunale pu� 
avvalersi, di dipendenti per i quali deve pagare gli stipendi ed i contributi 
previdenziali. 

Diversamente da quanto afferm�to il servizio di cui trattasi non viene 
assunto di propria iniziativa dal segretario comunale ma � ad esso devoluto 
dalla legge in considerazione dell'assenza nel comune di altri pubblici 
ufficiali abilitati. 

L'art. 1 della legge� 12 giugno 1973, n. 349, attribuisce al segretario 
comunale il potere di elevare il protesto delle cambiali e degli assegni 
bancari con riferimento all'art. 68 del r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, ed 
all'art. 60 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, i quali prevedono tale com� 
petenza nei comuni nei quali non esista notaio o ufficiale giudiziario. 
L'art. 2, ultimo comma nella predetta legge 349/1973 prevede, altres�, che 
il segretario comunale, quando particolari esigenze di servizio lo richiedano, 
pu� essere autorizzato dal pretore competente per territorio a servirsi 
per la presentazione del titolo, di messi comunali. 

La questione non pu�, quindi, essere valutata con riferimento esclusivo 
al rapporto di lavoro che lega il segretario al comune, in quanto il 
servizio dei protesti, pur essendogli attribuito in considerazione della sua 
qualifica, � estraneo ai suoi compiti istituzionali e non pu� essere svolto 
con le sole strutture organizzative dell'ente autonomo che non sono state 
predisposte a tale scopo e che, pertanto, sono insufficienti. 

Il segretario comunale, pertanto, per poter adempiere la funzione 
conferitagli, deve necessariamente predisporre l'organizzazione indispensabile 
a tale scopo e deve affrontare spese del tutto estranee al rapporto 
d'impiego, le quali per la loro natura, prima ancora che per le loro dimensioni, 
non possono essere rapportate alla detrazione forfettizzata prevista 
per i lavoratori dipendenti. 

In difetto di una disciplina puntuale della tassazione dei redditi di cui 
trattasi occorre fare riferimento al principio costituzionale (art. 53) che 
esige che l'imposizione tributaria sia rapportata alla . capacit� contributiva 
di ciascuno e del quale costituisce applicazione il sistema normativo 
per cui l'imposizione deve essere effettuata sul reddito netto depurato, 
quindi, dalle spese necessarie per produrlo; ogni diversa soluzione avrebbe 
per effetto quello di imporre il pagamento di un tributo su somme non 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

percepite dal contribuente; effetto che appare in contrasto con ii princ�pj 
fondamentali del nostro ordinamento tributario e che, pertanto, non pu� 
essere accolto sulla base di una apparente coincidenza delle fattispecie in 
esame con quella prevista dall'art. 47 lett. b) del d.P.R. 1973 n. 597, che 
� esclusa da una valutazione complessiva del sistema impositivo. 

Le diversit� che sono state evidenziate tra gli oneri che deve sopportare 
il segretario comunale neM'espietamento del servizio di protesti cambiari 
e gli oneri che incontra il prestatore d'opera subordinata per la produzione 
del reddito, escludono che, in conseguenza del diverso sistema 
adottato per la detrazfone della spesa, possa configurarsi -come prospettato 
nella discussione orale -una questione di legittimit� costituzionale; 
�, invero, ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale 
che, per effetto del principio di eguaglianza, deve essere assicurato 
ad ognuno eguaglianza di trattamento, quando � eguali siano le 
situazioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono 
e che norme diverse devono essere dettate per regolare situazioni 
diverse adeguando cos� la disciplina giuridica agli svariati aspetti della 
vita. sociale. 

Di conseguenza, l'esistenza del rapporto d'impiego non impone che 
le detrazioni debbano essere necessariamente effettuate con le modalit� 
previste per i lavoratori dipendenti, quando il reddfto sia stato prodotto 
mediante un'attivit� che presenta caratteri sostanzialmente diversi ed 
analoghi, invece, a quelli propri del lavoro autonomo. In questo caso le 
detrazioni devono essere effettuate secondo i criteri previsti per questa 
forma di attivit�. 

Pertanto, il reddito prodotto deve essere tassato secondo la natura sua 
propria indipendentemente dalla circostanza che esso sia stato prodotto 
dalla stessa persona fisica; il reddito da lavoro dipendente va tassato secondo 
i criteri per esso previsti e quello che presenta caratteristiche 
affini a quello da lavoro autonomo, �secondo i criteri stabiliti per quest'ultimo. 
(omissis) 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 282 � Pres. Virgilio Est. 
Lipari -P. M. Di Rienzo (diff.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato 
Zotta) c. Soc. Bergo (avv. Russo). 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Accer


tamento � Revisione � Sopravvenuta conoscenza di elementi nuovi 


Presupposti. 

{T.U. 29 gennaio 1978, n. 645, art. 35; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 43). 
La revisione dell'accertamento per la sopravvenuta conoscenza di elementi 
nuovi, presuppone una oggettiva novit� di elementi che non erano 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 479 

conoscibili dall'Amministrazione al tempo del primo accert,amento. La 
revisione non pu� essere impiegata per correggere un accertamento sommario 
dopo un pi� approfondito esame degli stessi elementi gi� conoscibili. 
(1) 

(omissis) 1. L'art. 35 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, dell'abrogato 
testo unico delle imposte dirette, applicabile alla situazione di specie 
,, ratione temporis �, in relazione al vecchio �concordato tributario� (de� 
nominato gi� nell'art. 4 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, �adesione del 
contribuente all'accertamento �, in coerenza con la concezione dell'istituto 
che ne ripudia il carattere transattivo, dando essenziale rilievo alla volont� 
del contribuente), stabilisce sotto la rubrica � Integrazione e modi� 
ficazione dell'accertamento �, al primo comma che � l'accertamento, an� 
corch� sia intervenuta l'adesione del contribuente, pu� essere integrato 

o modificato, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, mediante 
notificazione di apposito avviso �, 
La norma, con la sola esclusione del riferimento all'accertamento per 
adesione non pi� consentito, � riprodotta testualmente per quanto riguarda 
l'espressione.fondamentale(� in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi 
elementi�) nell'art. 43 comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. 

Tale espressione il Collegio � chiamato ad interpretare rispetto ad 
una situa:cione di fatto. estremamente Une�re che emerge con chiarezza 
dalle decisioni dei giudici tributari. 

Il contribuente, societ� tassabile in base a bilancio, nel compilare la 
dichiarazione dei redditi, espose acquisti di materie prime e sussidiarie, 
costi eccedenti rispetto a quelli effettivi rilevati dalle fatture fornitori 
(che gli acquisti fossero stati compiuti, ma non documentali, come si 
adombra nel ricorso, per evidenziare la effettiva posizione del contribuente 
che contesta di essere evasore, non rileva ai fini del decidere, dovendo, 
come � ovvio, la causa restare incardinata in questa sede di legittimit� 
nei termini fissati nel giudizio di merito). 

L'Amministrazione finanziaria, peraltro, nell'eseguire una verifica (sommaria) 
nel 1971, non si avvide della discordanza fra importo delle materie 
prime, risultante dalle fatture di acquisto, e costi gonfiati riportati in 
bilancio; n�nostante (e ne d� specificatamente atto la stessa CTC) la 
raccolta delle fatture in entrata e la raccolta delle fatture in uscita fossero 
state pacificamente esibite agli ispettori del fisco (cfr. al riguardo, 
l'elencazione dei li\Jri e scritture esibiti allegata alla relazione redatta in 
occasione di tale verifica; e specificamente l'inclusione in essa, ai punti 

(il) La decisione � conforme a giurisprudenza costante; Cass. 6 gennaio 
1981, n. 49, in questa Rassegna 1981, I, 781; 26 giugno J.980 n. 3998, ivi, 1981, 
I, 372. 



480 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA D�LLo STATO 

14 e 15, delle suddette raccolte), pervenendo alla stipulazione di c.d. concordato 
fiscale, le cui risultanze ha preteso di disconoscere ai sensi dell'art. 
35 comma 1�, del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, essendo tale discordanza 
emersa da una pi� analitica (globale) ispezione effettuata dalla 
po~ia tributaria nel 1973. 


Il contribuente si � opposto all'accertamento integrativo, non giustificato 
a suo avviso dall'art. 35 cit. il quale, secondo corretta interpretazione, 
consente la modifica del concordato solo rispetto ad elementi � oggettivamente 
� nuovi, che rappresentino, cio�, intrinsecamente una � novit� 
� rispetto a quelli preesistenti, non potendo l'amministrazione invocare 
la propria negligenza che l'ha portata a tra'.scurarli, e cio� a non 
conoscerli, come pure sarebb� stato possibile, rilevando come connotato 
intrinseco della � novit� � la � impossibilit� di conoscenza � e non la 
mancata conoscenza di quanto, con normale diligenza, si sarebbe potuto 
conoscere. 

Alla tesi del contribuente ha aderito la CTC la quale ha accertato, 
in punto di fatto, (come si � appena sottolineato) che gli elementi documentali 
posti in luce dalla polizia tributaria esistevano tutti presso la 
societ� all'atto dell'ispezione del 1971, che si svolse includendo l'esame di 
tutti i 1ibri contabili, fra cui fa raccolta delle fatture (e la documentazione 
delle spese e delle entrate) che si pretende di valorizzare come acquisite 
per la prima volta alla conoscenza della finanza nel 1973, ma erano 
gi� in effetti a disposizione della stessa nel 1971, .ed avrebbero potuto 
essere (agevolmente) conosciute se la verifica fosse stata meno superficiale, 
non potendo la fattispecie di cui all'art. 35 comma 1�, del d.P.R. n. 645 
del 1958, essere utmzzata per sopperire alla �negligenza� del fisco, presentandosi 
come uno strumento che giova solo rispetto al fatto intrinsecamente 
ed oggettivamente nuovo. 

Secondo l'Amministrazione, invece, le integrazioni e modificazioni del 
concordato sarebbero giustificate semplicemente dalla sopravvenuta conoscenza 
che prescinde del tutto dalle ragioni della ignoranza di chi compie 
l'accertamento. Nel caso di specie non si sarebbe trattato di una diversa 
valutazione di elementi di fatto, conoscibili con l'ordinaria diligenza, 
ma di sopravvenuta conoscenza di una dolosa e clamorosa manipolazione 
della documentazione relativa alle risultanze di bilancio operata dal contribuente. 


2. Il ricorso � infondato e trova precisi riscontri negativi nella giurisprudenza 
della Corte, secondo cui il potere conferito all'amministrazione 
finanziaria dall'art. 35 del testo unico sulle imposte dirette (d.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645) di integrare o modificare l'accertamento ancorch� 
sia intervenuta l'adesione del contribuente, postula la sopravvenuta cono~ 
scenza di elementi di fatto nuovi, per tali dovendosi intendere, non esI
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sendo la potest� in questione preordinata alla correzione di precedenti 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

errori di apprezzamento, quelli non soltanto non conosciuti, ma neppure 
conoscibili dall'ufficio al momento del primo accertamento. 

Conseguentemente, ,l'accertamento integrativo non pu� fondarsi su ele� 
menti emersi da successive indagini disposte dall'Ufficio su fatti gi� resi 
noti dal contribuente con la denuncia dei redditi, ossia da una fonte che 
esso avrebbe potuto utilizzare anc]Je prima del concordato concluso con 
il contribuente (cfr. Cass. n. 49 del 1981). 

Correlativamente resta escluso che nella consecuzione di una ispezione 
� sommaria � e di altra ispezione � generale e globale � le fatture 
che vennero pacificamente esibite ai primi ispettori (che ne dettero atto 
nella redazione dei verbali) possano essere assunte quali elementi nuovi di 
rivalutazione del reddito imponibile, a nulla giovando invocare nella ricostruzione 
della fattispecie di cui all'art 35 cit., l'infedelt� in bilancio che � 
il presupposto comune a tutte le ipotesi applicative della norma ogni 
qualvolta si tratti appunto di societ� tassabili in base a bilancio. 

Occorre, pertanto, tenere ben distinto il problema interpretativo 
astratto dalla situazione fattuale. 
La inadeguata rilevazione di tale situazione, sulla scia delle enunciazioni 
contenute nel ricorso dell'amministrazione finanziaria, ha indotto il 

P.G. a ritenere che nel caso di specie le fatture fossero pervenute nella 
sfera di � conoscibilit� � dell'amministrazione soltanto a seguit~ della seconda, 
e pi� completa, ispezione del 1973, e quindi a concludere per 
l'accoglimento del ricorso. 
Sul piano interpretativo deve osservarsi che gi� nella circolare 16 luglio 
1956, n. 76 (a commento dell'art. 3 della legge n. 1 del 1956, che per 
primo introdusse nell'ordinamento, la formula poi inserita nel t.u. del 
1958) l'amministrazione aveva chiarito che doveva trattarsi di elementi 
del tutto ignorati dall'Ufficio in precedenza, e che, se prima conosciuti, 
avrebbero potuto indurre ad una diversa e maggiore valutazione dell'im� 
ponibile accertato, specificando che tale condizione non ricorreva quando 
si fosse trattato di elementi gi� noti, ma ritenuti (a torto) non influenti ai 
fini della determinazione del reddito imponibile, ovvero insufficientemente 
valutati nella loro preesistente interezza. 

Tale orientamento � stato tenuto fermo dallo stesso Ministero a proposito 
dell'art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 con la circolare 7/1496 del 30 aprile 
1977. 

La giurisprudenza di questa Corte, sottolineato il carattere innova� 
tivo, e non interpretativo, della norma che attribuisce la facolt� di rettifica 
all'amministrazione finanziaria (cfr. Cass. 3347/68) non solo in tema 
di imposte dirette ma estensivamente anche rispetto a quelle indirette 
(CaSS:-245774) � precisato che occorreva all'uopo notificare un apposito 
accertamento (Cass. 2864/72), si � limitata in numerose decisioni a para



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

frasare l'espressione legislativa (soprawenuta conoscenza di nuovi elementi: 
245/74, 2909/80, 5565/80, 5645/80, 6518/80). Nella ricordata sentenza 

n. 49 del 1981 muovendo, pur senza menzionarla, dalla ricordata circolare 
del 1956, si � messo in chiaro che la potest� attribuita dalla norma all'amministrazione 
non � accordata al fine di correggere errori di apprezzamento 
commessi in precedenza; e se ne � tratto il corollario che i nuovi 
elementi di fatto giustificativi dell'accertamento integrativo, pur se non 
necessariamente ricollegati ad una diversa fonte produttiva di reddito 
(Cass. 650/75, 5645/80), devono essere tuttavia non soltanto non conosciuti, 
ma non conoscibili dall'ufficio al momento del precedente accertamento 
(vedi per riferimento alla non conoscibilit�; Cass. 4072/77, e 650/79). 
Risulta sicuramente da escludere, alla luce della ratio che informa 
la norma che si viene interpretando, 1a possibilit� di" awalersene per ovviare 
alla mancata attenzione portata sugli elementi presi in considerazione, 
per coglierne tutte le possibili implicazioni in ordine all'accertamento 
del reddito, ed alla mancata attenzione nella rilevazione, fra la 
massa dei documenti formanti oggetto dell'esame, di quelli che avrebbero 
potuto spiegare decisiva importanza ai fini della rettifica dell'accertamento 
dell'imponibile. 

In sintesi la � novit� � cui la legge ha riguardo si presenta con valenza 
oggettiva e non soggettiva: l'elemento sopravvenuto, come � fatto palese 
dalla stessa espressione semantica, � un qualche cosa che prima non 
avrebbe potuto esser colto nella sua attitudine a palesare un maggior 
reddito perch� non immesso neMa sfera percettiva deglri organi dell'amministrazione, 
pur preesistendo storicamente; la � novit� � attiene alla 
possibilit� di conoscenza soprawenuta. Al riguardo, tuttavia, non rileva lo 
stato soggettivo psicologico dell'organo accertatore, ma la concreta messa 
a disposizione dti questo dei dati o di elementi rilevanti per ['accertamento 
integrativo. Prende rilievo, pertanto, fa conoscenza come capacit� 
dell'amministrazione .finanziaria di accorgersi di tale �Soprawenienza per 
trarne '1e possibili implicazioni. Nella espressione � soprawenuta conoscenza 
di elementi nuovi� ~�accento va posto sulla circostanza ohe l'elemento 
entra per aa prima volta nella sfera del possibile apprezzamento 
della finanza. 

A questa non � consentito di valutare in un secondo momento il dato 
posto a sua disposizione e che le .era sfuggito una prima volta. Le si offre 
garanzia, di fronte ad una immutazione dei fatti sulla cui base si procedette 
aJil'originario accertamento, di procedere ad una revisione dell'accertamento 
medesimo, ma non Je � concesso di mantenere iiJ. contribuente 
in stato di !incertezza su possibfili revisioni critiche del materiale sul 
quale l'ufficio avrebbe potuto fondarsi per correggere la dichiarazione. 

Come bene ebbe ad osservare la CTC il meccanismo dell'art. 35 non 
serve a rimediare alle negligenze dell'amministrazione accertatrice, ma 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 483 

consente di riequilibrare, rispetto alla base imponibile, la pos1z10ne del 
fisco e delle finanze, nel senso che rispetto alJ'emersione di nuovi fatti 
diversi da quelli posti a base deH'accertamento (meglio: che avrebbero potuto 
essere posti a base dell'accertamento perch� offerti alla conoscibilit� 
del fisco) si consente al fisco di modificare l'accertamento stesso tenendone 
opportunamente conto. 

Per stabilire se l'amministrazione possa procedere o meno ad un accertamento 
integrativo ex art. 35 occorre, quindi, avere riguardo all'og� 
gettiva novit� degli elementi sopravvenuti nella sfera di percettibilit� del 
fisco e che precedentemente non erano stati sottoposti .al suo esame. Quando 
poi sia stato addirittura il fisco, attraverso lo svolgimento di attivit� ispettiva, 
a venire in. possesso di ce1ii elementi documentali, appare assolutamente 
incongruo che solo in un secondo tempo, a concordato gi� stipulato, 
si pretenda di valorizzarli. 

Il criterio oggettivo delila novit� presenta, perci�, l'imprescindibile 
risvolto soggettivo della conoscibilit�. 1:!. nuovo, e giustifica l'accertamento 
integrativo, l'elemento che avrebbe potuto essere conosciuto dall'ufficio 
(con l'esperimento di una normale diligenza). 

Correlativamente lo stabilire se, nel caso concreto, l'amministrazione 
finanziaria fosse in grado di conoscere sin dall'epoca dell'operato accerta� 
mento con adesione del contribuente gli elementi valorizzati a fini accertativi 
successivamente, d� luogo ad un profilo schiettamente fattuale rispet� 
to al quale operano gli istituzionali limiti di sindacato di questa Corte di 
legittimit�, acquistando determinante rilievo la circostanza che nel caso 
concreto, giusta .l'accertamento dei giudici tributari, l'accertamento integrativo 
fondato sui rilievi ispettivi del 1973 attiene a quelle medesime fat� 
ture che vennero esibite ai funzionari del fisco nel 1971 (secondo formale 
attestazione contenuta nella loro relazione). 

3. Pu� convenirsi con la difesa erariale che il termine �elementi � � 
impiegato dalla legge nella sua accezione pi� lata, sia con riguardo alle 
componenti� attive e passive del reddito, sia in relazione ai dati di fatto, 
alle circostanze, agli indici posti alla base dell'accertamento. Ma non � 
esatto che per poter procedere all'accertamento integrativo basta che 
l'ufficio venga a conoscenza effettiva di un elemento diverso da quelli in 
base ai quali aveva accertato le componenti attive e passive del reddito, 
poich� ponendosi l'accento sulla � conoscibilit� � prende essenziale rilievo 
la messa a disposizione del fisco degli elementi stessi e non gi� la capa� 
cit� degli organi ispettivi di desumerne la perpretata evasione. L'espres� 
sione � elementi � effettivamente consente di delineare un parallelismo fra 
art. 34 e 35 del t.u.; ma risulta del tutto gratuito impostare il �connotato 
della novit� con limitato riferimento a quei soli elementi che� sono stati 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

effettivamente valorizzati per l'accertamento anzich� a tutti quelli che erano 
stati acquisiti dall'amministrazione; ed essa stessa si era procurati mediante 
un'attivit� ispettiva ad hoc. Bisogna gwir'.darsi dal porre l'accento 
sull'elemento soggettivo della � sopravvenuta conscenza ,. rispetto a quello 
oggettivo de:lla �novit��, poich� iJ. corretto processo interpretativo � 
esattamente l'inverso, occorrendo muovere dalla � novit� ,. che comporti 
impossibilit� di conoscenza, consentendo di valorizzare elementi che non 
si potevano conoscere perch� nuovi, e non considerando nuovi gli elementi 
in funzione della presa di conoscenza avvenuta in un dato momento, mentre 
avrebbe potuto avvenire senza intoppo antecedentemente. 

Prova troppo l'argomento della finanza che fa leva sulla essenziale 
importanza del momento impositivo per la vita della collettivit�. 

Vero �, invece, che anche tale momento incontra i suoi limiti sostanziali 
e procedimentali, rispondendo a criterio di razionalit� la subordinazione 
della rottura del preesistente accertamento alla imputazione oggettiva 
dei dati sopravvenuti che proprio perch� tali non potevono essere 
conosduti dalla finanza. Accedenc;Io � alla opposta tesi il contribuente si 
vedrebbe esposto alla eventualit� che l'ufficio ripeschi uno fra i documenti 
gi� offerti al suo esame (o per dichiarazione o per ispezione) per 
agganciarvi una nuova pretesa, troppo limitata apparendo la remora dell'impedimento 
a rivalutare le � poste ,. gi� conosciute. 

In effetti la stessa difesa erariale pare consapevole della insostenibilit� 
della tesi che, nonostante le macroscopiche negl~genze dcl fisco, 
gli consenta una indiscriminata potest� di procedere ad accertamenti integrativi; 
e, sempre muovendo da una impostazione soggettivistica, propone, 
senza peraltro alcun valido supporto esegetico, di distinguere caso 
da caso in relazione alla �. misura ,. della negligenza e della induzione in 
errore causata dal comportamento doloso del contribuente (inteso il � dolo
� come induzione artificiosa di controparte all'errore per trarne beneficio). 
Un discorso siffatto avrebbe un minimo di plausibilit� se pot�sse invocarsi 
il dolo come diretto a nascondere al fisco la portata degli elementi 
documentali acquisiti, ma non certo se riferito alla complessiva infedelt� 
della dichiarazione �he costituisce il necessario presupposto di ogni accertamento 
integrativo del fisco. 

Senonch�, mentre il discorso sulla media diligenza non pu� essere 
accolto, per le svolte considerazioni, nell'ottica di un accertamento consentito 
solo rispetto all'oggettivo soprawenire di elementi (sicch� resta 
esclusa a priori la valutazione ex novo di elementi precedentemente trascurati, 
pur essendo nella sfera di disponibilit� conoscitiva dell'ufficio, 
stante il profilo determinante delle conoscibilit�), quello sul �dolo�, anche 
se concessivamente potesse essere recepito, non sortirebbe alcun riflesso 
nel caso di specie in cui il bilancio � stato esaminato gi� nel 1971 corredato 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

di tutte le pezze d'appoggio, di quelle stesse pezze d'appoggio cio�, che 
passate indenni al va~io della prima ispezione seguita dall'accertamento 
con atlesione, solo in occasione della seconda ispezione vennero valorizzate 
per la loro attitudine a evidenziare l'eccesso dei costi per acquisti registrati 
in contabilit� rispetto a quelli effettivamente sostenuti. 

Non � quindi fa infedelt� nella contabilit� a giustdficare l'accertamento 
~ntegrativo essendo J'ispezione diretta proprio ad evidenziare dette infedelt� 
cui consegue l'accertairnento, che vi pone riparo � per una sola volta�, 
senza possibi!hlt� di rciteratlo per quelle stesse infedelt� sfuggite al primo 
inefficace controllo. 

Se l'ispezione � stata inadeguata (pur nei limiti della �sommariet��) 
l'ufficio imputet sibi la scarsa penetrazione dei controlli non essendo possibile 
sul tronco della novit� oggettiva innestare la eventualit� di un xiesame 
che prenda in considerazione questi stessi documenti la cui frettolosa 
cernita venne compiuta una prima volta a che perci� in sede di pi� minuzioso 
successivo riesame non possono assolutamente essere considerati 
come elementi nuovi, trattandosi di attingere pur sempre al medesimo 
materiale gi� disponibile (in concreto al corpus delle fatture di acquisto 
delle materie prime impiegate). 

L'Avvocatura potrebbe essere seguita in punto _di fatto se alla contrapposizione 
fra ispezione � sommaria � e � globale � corrispondessero 
distinte masse di documenti e se l'accertamento integrativo si fosse effettivamente 
basato su documenti acquisiti per la prima volta soltanto 
in occasione della seconda ispezione. Ma cosi non �, giusta l'accertamento 
di fatto della ere la quale esattamente muove dalla sottolineatura che 
le raccolte delle fatture furono esibite agli ispettori che ne diedero atto. 

La conoscib�lit� di tali elementi che non fu impedita da alcuna dolosa 
manipolazione del contribuente, essendosi manifestata l'infedelt� nel gonfiaggio 
dei costi riscontrabile da un doveroso riscontro delle fatture (non 
alterate, n� falsificate) priva radicalmente di fondamento la tesi della fi. 
nanza che, nel pur apprezzab1le tentativo di recuperare al fisco il frutto 
di una sensibile evasione, non pu� risolversi nel sovvertimento del fondamento 
giuridico dell'istituto per avallare la negligenza dei funzionari 
ispettori. 

Quando gli elementi adottati a giustificazione e fondamento dell'accertamento 
integrativo non sono � nuovi � obiettivamente, perch� gi� desumibili 
dagli atti e documenti in possesso della finanza, questa � responsabile 
della mancata valutazione, non potendo la negligenza in cui � 
incorsa conferire il carattere di novit� ad elementi � conoscibili � e che 
come tali ne erano privi, facendoli apparire tutt'al pi� soggettivamente 
nuovi, e quindi privi . di possibilit� di utilizzazione, mentre nuovi oggettivamente 
non erano. (omissis) 


486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 23 gennaio 1985, n. 290 -Pres. Bile -Est. 
Schermi -P. M. Martinelli (di.ff) Donzelli c. Ministero delle Finanze 
(Avv. Stato .Braguglia). 

Tributi erariali indiretti -Riscossione � Ingiunzione � Natura � Perdita di 

efficacia � Opposizione � � opposizione all'esecuzione � Termine del


l'art. 617 cod. proc. civ.� Inapplicabilit�. 

(Cod. prov. civ., artt. 481 e 617). 

Benoh� l'ingiunzione cumuli in s� le caratteristiche del titolo esecutivo 
e del precetto, essa � tuttavia un atto unitario che non pu� essere scisso 
in due atti distinti soggetti a regole diverse. Conseguentemente quando 
venga dedotta in via di opposizione la perdita di efficacia dell'ingiunzione 
per decorso del termine di novanta giorni senza che sia stato eseguito 
il pignoramento, non si deduce l'irregolarit� formale dell'ingiunzione come 
atto di precetto, integrante una opposizione agli atti esecutivi soggetta al 
termine dell'art. 617, ma si propdne una opposizione alla esecuzione. (1) 

(omissis) Con l'unico motivo i ricorrenti, denunciando violazione e 
falsa applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c. in relazione all'art. 360 n. 3 
e 5 e.pc., sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale 

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I 

(1) La sentenza lascia perplessi. Quando si afferma come non si discoI


nosce, che la perdita di efficacia non concerne la validit� dell'ingiunzione 
quale titolo esecutivo ma solo la sua efficacia quale precetto, con la conseguenza 
che il precetto pu� essere rinnovato sulla base dello stesso titolo, si 

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opera necessariamente ,la scissione fra i due contenuti dell'unico atto. 
E che tale scissione sia necessaria, si deduce dal fatto che nessun termine 

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� posto dal t.u. 14 Aprile 1910 n. 639 alla validit� dell'ingiunzione ed � solo I 
dall'art. 481 cod. proc. civ. che si ricava la perdUa di efficacia della ingiunzione 
ma solo quale precetto. Pertanto il decol'SO del termine dell'art. 4&1 non pare 

I

possa dar luogo ad un� opposizione all'esecuzione. 
Ed infatti sembra poco ragionevole ammettere che il decorso del termine 
dell'art. 481 possa essere dedotto senza limiti di tempo, anche dopo il com


I 

pimento del procedimento di esecuzione. 
Trasportando poi l'enunciato della sentenza alla ingiunzione intimata per 

I 

la riscossione delle imposte soggette (art. 1 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636) 
alla giurisdizione delle Commissioni, si dovrebbe affermare che la detta cen� 

I 

sura dovrebbe essere oggetto di ricorso alla Commissione, il che appare con i 
evidenza incongruo e privo di risultato utile per la mancanza di immediatezza 
del giudizio della Commissione sul corso della esecuzione. Anche sotto il 

I 

profilo della tutela del debitore, l'opposizione agM atti esecutivi innanzi al l 
giudice ordinario, se pure soggetta al termine necessariamente breve, � di i 
maggiore efficacia (v. sul punto della giurisdizione C. BAFILB, Giurisdizione ! 
ordinaria e giurisdizione delle Commissioni nella fase esecutiva, in questa 

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Rassegna, 1982, I, 592). 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 

di Bologna, essi avevano proposto un'opposizione all'esecumon,e perch� 
avevano contestato non fa regolarit� formale del titolo esecutivo e del 
precetto ma il diritto della Dogana a procedere ad esecuzione forzata. 

Il motivo � fondato. 

Come si � visto nella precedente narrativa, i Donzelli posero a fon� 
<lamento della proposta opposizione l'assunto che l'ingiunzione fiscale 
aveva perduto la sua forza esecutiva, limitandosi a spiegare efficacia sul 
corso della prescrizione quale atto interruttivo; e successivamente, nella 
comparsa conclusionale, chiarirono questo loro assunto facendo riferimento 
alla norma di cui all'art~ 481 c.p.c. che ritennero applicabile alla 
dedotta fattispecie, nel senso che, cumulando l'ingiunzione fiscale le ca� 
ratteristiche del titolo esecutivo e d,el precetto, essa, se non seguita tem� 
pestivamente dagli atti di esecumone, perde ila sua efficacia esecutiva. 

Risulta evidente che i Donzelli non dedussero n� una irregolarit� formale 
dell'ingiunzione fiscale quale titolo esecutivo n� la cessazione del� 
l'efficacia della medesima ingiunzione quale atto preliminare dell'esecuzione, 
nel suo aspetto di precetto, ferma restando la sua efficacia esecutiva, 
genesi . d,ell'azione esecutiva esercitabile previa rinnovazione della sua noficazione 
in funzione di precetto. 

La loro deduzione fu, invece, -come risulta chiaramente dall'atto 
di opposizione e dalla comparsa conclusionale -che, non essendo stata 
iniziata l'esecuzione nel termine di novanta giomi, di cui al primo comma 
dell'art. 481 c.p.c., dalla notificazione dell'ingiunzione, questa aveva perduto 
efficacia ai fini dell'esecuzione, aveva cessato di essere fonte di 
un'azione esecutiva. 

Ed allora, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Bologna, 
i Donzelli proposero un'opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., 
contestando il diritto dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato di procedere 
ad esecuzione forzata, e non gi� un'opposizione agli atti esecutivi 
ex art. 617 c.p.c.. 

Ci� discende, del resto, dalla natura stessa dell'ingiunzione fiscale, 
che non pu� essere scissa e distinta in un titolo esecutivo ed in un atto di 
precetto, riferendo a questo secondo atto, e limitatamente ad esso, l'effetto 
giuridico che la norma di cui al primo comma dell'art. 481 �.p.c. 
ricollega al mancato inizio dell'esecuzione nel termine di novanta giorni 
dalla notificazione del precetto. Nella giurisprudenza di questa Suprema 
Corte si � affermato che l'ingiunzione fiscale, quale manifestazione del 
potere di accertamento ed autotutela della pubblica amministrazione in 
materia tributaria, ha natura giuridica di atto amministrativo, che cumula 
in s� le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto (sent. 7 maggio 
1981, n .2965, 13 febbraio 1980, n. 1046, 22 luglio 1981, n. 2902); ma non 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

si � inteso dire che l'ingiunzione fiscale, si scinde in due atti distinti, un 
titolo esecutivo ed un precetto, ciascuno di essi regolato dalle norme del 
codice di procedura civile riguardanti, rispettivamente, il titolo esecutivo 
ed il precetto. L'ingiunzione fiscale � un atto unitario ed inscindibile 
emesso dal competente organo della pubblica amministrazione ed avente 
la funzione di realizzare l'interesse pubblico . concreto alla riscossione 
delle imposte: � un provvedimento amministrativo esecutorio e da questa 
eseguibile -nel rispetto delle forme stabilite dalla legge -nell'esercizio 
della sua azione amministrativa. Provvedimento amministrativo esecutorio 
unitario ed inscindibile, dunque; per cui, non potendovisi analizzare un 
atto di precetto, non pu� essere riferito ed applicato a tale provvedimento 
amministrativo, sotto. il profilo, .appunto, del precetto, l'art. 481 c.p.c., nel 
senso di ravvisarvi una sopravvenuta inidoneit� a porsi quale atto preliminare 
necessario al processo esecutivo. Ed invero, i Donzelli fecero bens� 
riferimento a quella norma, ma per dedurne la sopravvenuta cessazione 
dell'efficacia esecutiva dell'ingiunzione fiscale; mentre il Tribunale di Bologna 
ha ritenuto che se ne fosse dedotta la irregolarit� formale dell'ingiunzione 
fiscale nell'aspetto di titolo esecutivo. 

L'opposizione, che era all'esecuzione, non poteva essere, quindi, dichiarata 
inammissibile in quanto proposta dopo la scadenza del termine 
perentorio stabilito dall'art. 617 c.p.c. per le opposizioni agli atti esecutivi, 
ma doveva essere esaminata nel merito. Il quale esame non pu� dirsi 


�ugualmente effettuato dal Tribunale di Bologna in quanto nella parte 
motiva della sentenza impugnata, dopo il rilievo che l'opposizione proposta 
era agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. ed era tardiva per inosservanza del 
termine perentorio stabilito in tale norma, si legge la seguente frase: 
� L'ingiunzione doganale del 12 luglio 1%7 emessa dal ricevitore di Bologna 
conserva, quale atto amministrativo, tutta la propria efficacia e legittimamente 
quindi in base alla stessa � stato intimato il precetto impugnato 
�. La pronuncia contenuta nel dispositivo � di inammissibilit� dell'opposizione, 
in relazione alla parte della motivazione in cui l'opposizione 
� qualificata agli atti esecutivi e se ne rileva la tardivit�, che giustifica e 
sorregge quella pronuncia. Sicch� la detta ulteriore frase, che non ~ 
alcuna relazione con il dispositivo, � al di fuori della ratio decidendi, con 
sistendo in un mero rilievo ipotetico fatto dal Tribunale di Bolol?Ila. riferito 
alla proposizione, ritenuta non avvenuta, di un'opposizione all'ese�u-' 
zione. 

Pertanto, il ricorso deve essere accolto; ed, in conseguenza, la sentenza 
impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata ad altro 
giudice perch� esamini il merito della proposta opposizione all'esecuzione 
ex art. 615 c.p.c. (omissis) 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 489 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 25 gennaio 1985, n. 366 -Pres. Cusani Est. 
Sgroi -P. M. Valente (conf.). Ministero delle Finanze (Avv. Stato 
Zotta) c. Santini. 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile -Plusvalenza 
� Accertamento dell'intento di speculazione � Deducibilit�' nel giudizio 
di terzo frado. 

(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81; d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26). 
L'accertamento dell'intento di speculazione nella realizzazione di una 
plusvalenza � deducibile nel giudizio di terzo grado dal quale rimangono 
escluse soltanto le questioni sull'esistenza e sull'ammontare della plusvalenza. 
(1) 

(omissis) Con il secondo motivo (che logicamente � pregiudiziale, in 
quanto attiene alla giurisdizione) l'Amministrazione_ deduce il difetto di 
giurisdizione e la violazione degli artt. 23 t.u. numero 4021 del 1977 e 22, 
terzo comma r.d. n. 1639 del 1936, nonch� omessa ed insufficiente mothrazione, 
il tutto in relazione ai numeri 1, 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., sostenendo 
che erroneamente la Corte del merito ha negato che l'accertare se la 
vendita dell'immobile abbia avuto o meno intento speculativo costituisca 
questione di estimazione semplice, sottratta all'esame dell'Autorit� giudiziaria. 
Secondo la ricorrente, si tratta di una indagine che prescinde da 
qualsiasi problema di diritto e che � limitata alla valutazione discrezionale 
dei dati e degli elementi di mero fatto, che costituiscono il presupposto 
dell'imwszione. La ~orte d'appello avrebbe poi dovuto motivare adeguatam~
nte in fatto che si trattava di una questione di estimazione complessa. 
La norma dell'art. 81 del t.u. n. 645 del 1958 dispone che sono assoggettate 
ad imposta le plusvalenze re.alizzate in dipendenza di operazioni 
speculative; e l'accertare se vi sia stata plusvalenza ed un'operazione 
speculativa � un semplice dato di fatto, sul quale si applica la legge, non 
potendo l'interpretazione della legge interferire nella valutazione del fatto. 
N� la definizione dell'attivit� speculativa poteva assurgere a giudizio cli 
estimazione complessa, trattandosi di un elemento da accertare sulla base 
della comune esperienza e non in applicazione di norme giuridiche. 

Il motivo � infondato. Si premette che la censura di Oifetto di motivazione 
� inammissibile, perch� il liinite della giurisdizione del giudice ordi


(1) Si va cos� a consolidare l'indirizzo aperto con la sentenza delle stesse 
Sez. Unite 13 Ottobre 1983 n. 5960, in questa Rassegna 1984, I, 135. 

490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nario nella materia tributaria si stabilisce mbase all'interpretazione della 
normativa, per cui non � utilmente esperibile un motivo basato sul n. 5 
dell'art. 360 c.p.c. 

Il problema sollevato con il motivo ha dato luogo, in passato, a contrastanti 
soluzioni; ma con sentenza 13 ottobre 1983, n. 5960, queste Sezioni 
Unite, riesaminandolo nuovamente, hanno statuito che la questione 
circa l'esistenza dell'intento speculativo, per la tassazione in r.m. della 
plusvalenza reailizzata da soggetto non dmprenditore (sotto il V'igore del 

t.u. n. 645 del 1958) rientra nella cognizione diretta della Commissione Tributaria 
Centrale e della Corte d'appello, in ogni caso, e quindi anche 
quando presenti aspetti soltanto di fatto, ai sensi della disciplina del nuovo 
contenzioso tributario introdotta con d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.. � 
La ratio e le argomentazioni della suddetta decisione consentono di 
applicarne il principio al diverso problema (oggetto della presente causa) 
della determinazione della sfera di controversie tributarie sottratte alla 
competenza del giudice ordinario, adito dopo la decisione definitiva delle 
Commissoini tributarie, in materia di imposte dirette in quanto concernenti 
la semplice estimazione dei redditi (art. 53, primo comma del t.u. 24 agosto 
1877, n. 4021 ed art. 22, terzo comma del r.d. 7 agosto 1936, n. 1639). 

Invero, la sentenza n. 5960 del 1983 � partita dalla premessa che la 
riforma del 1972 ha conservato al giudice ordinario (ora: alla Corte d'appello, 
in sede di impugnazione ai sensi dell'art. 40 del d.P.R. n. 636 del 1972) 
la medesima sfera di competenza che gli veniva attribuita nella disciplina 

/ anteriore, in vigore all'epoca della legge di delegazione del 1971. 
Poich� nel ricorso non si profilano argomentazioni che non siano 
state gi� esaminate, baster� ribadire che -sotto il vigore dell'art. 81 c.p.v. 
del t.u. n. 645 del 1958 -dovendosi accertare l'intento speculativo della 
realizzazione, da parte di non imprenditori, di plusvalenz:e, le questioni 
relative all'estimazione dei redditi .(secondo il sistema anteriore del conten


zioso) sono limitate a quelle relative all'esistenza della plusvalenza ed 
all'ammontare di essa, mentre la dipendenza, o meno, di essa da operazioni 
speculative comporta un accertamento di tassabilit� del reddito e non ha 
importanza che nell'ambito di tale accertamento si debbano risolvere problemi 
di applicazione astratta della norma o di assunzione di fattispecie 
concrete nel modello legale, ovvero di semplice accertamento di fatti rilevanti 
per la sua applicazione, esclusa la valutazione estimativa. In ogni 
caso, invero, il giudizio era attribuito all'A.G.O. e pioch�, nella specie, la 
Santini. non sollevava alcuna questione relativa all'esistenza ed all'ammontare 
della plusvalenza (in senso obiettivo), ma soltanto questioni� 
relative alla sua tassabilit�, l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario si deve rigettare. (omissis) 


PARTB I, SBZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 491 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 26 gennaio 1985, h. 393 � Pres. Falcone � 

Est. Sensale � P. M. Di Rienzo (conf.). Soc. Italfi c. Ministero delle 

Finanze (Avv. Stato Mercatali). 

Tributi In genere � Contenzioso tributarlo � Giudizio di terzo grado � Estensione 
� Qualificazione giuridica di negozio � ~ deducibile. 

(D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 26 e 40). 
Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Redditi 
di capitoli � Presunzione di Interessi sui capitoli dati a mutuo � Finanziamento 
dei soci in favore della societ� � Si presume fruttuoso. 

(T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 86; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 43). 
Nel nuovo sistema del contenzioso tributario � conservata al giudizio 
di terzo grado la medesima sfera di competenza attribuita dalla disciplina 
previgente alla Commissione centrale e al giudice ordinario, bench� sia 
superata la incerta nozione della estimazione complessa. Pertanto mentre 
rientrano nella valutazione estimativa, oltre alla mera quantificazione della 
base imponibile, le questioni di fatto relative alla esistenza del reddito 
e in genere del presupposto materiale del tributo, sono deducibili in terzo 
grado le questioni concernenti l'individuazione dei soggetti passivi e quelle 
sulla qualificazione giuridica del negozio presupposto dell'imposizione. (1) 

A differenza di quanto oggi dispone l'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597 sotto il vigore dell'art. 86 del t.u. sulle imposte dirette 
la presunzione di fruttuosit� dei capitoli dati a mutuo comprendeva anche 
il finanziamento dei soci in favore della societ�. (2) 

(omissis) Con il primo motivo la Societ� ricorrente, con riferimento 
agli artt. 2 e 3 c.p.c., denuncia la violazione e falsa applicazione degli 
artt. 26 e 46 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, e delle norme sulla competenza 
assoluta (funzionale) per materia, censurando la decisione impugnata 
per avere investito una materia (indagine sulla onerosit� o gratuit� dei 

(1-2) Conforme � l'altra sentenza in pari data n. 394. Ripetendo una mas


sima che si va irrigidendo in una formula (13 Ottobre !1983 n. 5960; 8 Novem


bre 1984 n. 5643; 112 Novembre 1984 n..5690, in questa Rassegna, 1984, I, 135 e 

1985, I, 168-169) la S. C. non sempre si �avvede della contraddittoriet� tra la 

premessa (il giudizio di terzo grado ha lo stesso ambito di quello cMsciplinato 

nel sistema previgente per la Commissione centrale e l'A.G.O.) e le sue appl�


cazioni concrete; e nella velleit�, non sempre giUJStifioata, dii superare la con


trapposizione tra estimazione semplice e estimazione complessa, inavvertita


mente tende ad allargare l'ambito del giudizio di terzo grado. Di ci� d� 

riprova la sentenza ora intervenuta. 

La premessa in termini generali � esatta (anche se sono da confermare 

le riserve sulla ~sclusione dalla valutazione estimativa delle questioni di fatto 

sulla imputazione soggettiva) ed esattissima � la specificazione che sono 



492 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mutui) sottratta ai poteri di cognizione della Commissione centrale ai sensi 
della nuova disciplina del contenzioso tributario (art. 26 e 46 del d.P.R. 
636/72) che, interpretata in aderenza alla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, 
art. 10 n. 14, deve intendersi nel senso che alla Commissione tributaria 
centrale e, alternativamente, alla Corte d'appello sono attribuite le (stesse) 
controversie di estimazione complessa (cio� quelle nelle quali il fatto si 
ricollega intimamente con l'aspetto giuridico di cui costituisce il presupposto 
strumentale indispensabile per la retta applicazione della legge), 
mentre non lo sono le questioni di estimazione semplice, cio� tutte le altre 
questioni di fatto. In altri termini, sia. pure con diversa formulazione normativa, 
la ripartizione delle competenze nei confronti della �Commissione 
tributaria centrale e della Corte 'd'appello va desunta, secondo la societ� 
ricorrente, sulla scorta dei concetti di estimazione semplice e di estimazione 
complessa, con esclusione della prima si che rientrando nel concetto 
di semplice estimazione ogni indagine attinente non solo alla entit� del 
reddito ma alla sua stessa sussistenza, nel caso concreto era precluso alla 
Commissione tributaria centrale ogni accertamento in ordine alla sussi~ 
stenza o meno degli interessi sulla esposizione debitoria della societ�, riservato 
alla Commissione di primo e di secondo grado. 

Le censure che precedono, pur contenendo talune affermazioni esatte, 
salve le preoisaziioni ohe si renderanno, di seguito, necessarie, non possono 
trovare accoglimento in relazione a11a controversia decisa dalla 
Commdssione tributaria centrale. 

La problematica posta dalla ricorrente ha recentemente formato oggetto 
di riesame da parte delle Seziqni, Unite (sent. 5960/83), le quali hanno 
posto in rilievo che nel sistema del nuovo contenzioso tributario, introdotto 
con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, � conservata alla Commissione 
tributaria centrale e alla Corte d'appello la medesima sfera di competenza 
che ad esse veniva attribuita secondo Ia disciplina previgente, etimi-

deducibili in terzo grado le questioni sulla qualificazione giuridica del negozio 
presupposto dell'imposizione (nel caso finanziamento o conferimento). 

Ma dall'esame del secondo motivo emerge che la questione decisa non 
era quella della qualificazione giuridica (giacch� in forza dell'art. 86 del t.u. 
delle imposte dirette ogni prestazione di capitale ed anche quella dei soci verso 
la societ�, si presumeva fruttifera di interessi), ma dell'accertamento in fatto 
se fosse stata data la prova contraria alla presunzione, vale a dire dell'esistenza 
del presupposto del tributo (reddito di interessi sul capitale). E se 
pure era nata questione sulla portata dell'art. 86 del t.u. del 1958 e sul valore 
dnnovativo o meno dell'art. 43 del d.P.R. 597/1973, una volta risolta tale questione 
di diritto nel senso ora detto, la Commissione centrale avrebbe dovuto 
arrestare a questo punto il &Uo. esame senza scendere a verificare se fosse 
stata data la prova contraria alla presunzione, essendo tale questione, ineresente 
alla esistenza del reddito, sottratta al �suo potere decisorio. L'apparente 
estraneit� di tale questione alla valutazione estimativa ha probabilmente determinato 
una inconsapevole estensione dei limiti del giudizio dd terzo grado. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Ii.andosi peraltro le ragioni d'incertezza che in questa erano insite, grazie 
al superamento alla ftregua di un pl� razionale criterio di discriminazione, 
della nozione di estimazione complessa, la quale non ha pi� ragione d'essere, 
poich� ormai tutte le questioni di fatto estranee alla valutazione 
estimativa, oltre a tutte le questioni di diritto, sono indiscutibilmente 
attratte nella cognizione piena della Commissione tributaria centrale e 
della Corte d'appello. E tale valutazione estimativa -si � ulteriormente 
precisato -come attivit� di giucli7Jo comprende non solo la mera quantifticaz:
ione, ma'anche le questioni di fatto �relative all'esistenza del reddito 

o del cespite e, in genere, della base imponibile e del presupposto materiale 
ed oggettivo del tributo, restandone escluse (in quanto non relative 
a valutazione estimativa) le questioni concernenti la, individuazione dei 
soggetti passivi del rapporto tributario e la loro qualit� e modo di essere 
nonch� la tassabilit� o meno del reddito o del cespite, in relazione, ad 
esempio, al concorso di ulteriori condizioni richieste dalla legge per la 
integrazione della fattispecie impositiva o alla spettanza di esenzioni, agevolazioni 
o detrazioni al cui fine non � precluso alla Commissione centrale 
e alla Corte d'appello l'accertamento degli elementi di fatto che quelle 
condizioni realizzino o che di�no diritto a quelle esenzioni, agevolazioni 
o detrazioni, appunto perch� integranti questioni di fatto non relative a 
valutazione estimativa e non strettamente implicate da questa. 
Con i:iguardo, poi, alle imposte indirette, le Sezioni Unite hanno precisato 
(ma la precisazione pu� essere utilizzata, quando ne ricorrano le 
pr~messe, anche in tema di imposte dirette) che costituisce questione di 
fatto strettamente implicata dalla valutazione estimativa l'accertamento 
della esistenza del negozio che sia presupposto della imposizione, ma, non 
anche la qualificazione di esso, che postula il compimento di una operazione 
giuridica, non interessata dalla bipartizione tra questioni di fatto 
e questioni di fatto relative a valutazione estimativa, e sicuramente� compresa 
nei poteri di cognizione della Commissione tributaria centrale. 

Alla stregua dei principi sopra riassunti, non pu� dubitarsi che le 
questioni sottoposte, nel caso concreto, all'esame della Commissione centrale 
rientrassero nella sfera_ dei suoi poteri di cognizione. Che la societ� 
avesse una rilevante esposizione debitoria era un dato di fatto pacifico, 
in quanto risultava dal bilancio, e oggetto della questione era stabilire 
se gli esborsi di denaro anticipato dai soci (da cui la suddetta esposizione) 
avesser� natura di finanziamento (in ordine al quale si poneva, poi, l'ulteriore 
problema della gratuit� ovvero della onerosit�) o costituissero conferimento 
al fine dell'aumento di capitale, nel quale caso la controversia 
si sarebbe risolta a favore della contribuente. 

Oggetto della questione era, quindi, la qualificazione giuridica di un 
fatto pacifico nella sua materialit�, trattandosi di individuare la figura 
negoziale cui ricondurre tale fatto, ai fini della integrazione della fatti



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

specie impositiva, e , cio�, ai fini della tassabilit� del finanziamento, come 
(eventualmente) fonte di interessi. 

Di qui la esclusione della questione stessa dall'ambito di quelle relative 
a valutazioni estimativa, secondo il nuovo testo normativo ed il significato 
che ad esso, come sopra precisato, deve attribuirsi. 

La fondatezza del primo motivo impone l'esame del secondo, con il 
quale la societ� ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli 
artt. 1815, 2727 e 2729 e.e., dell'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, 
e dell'art. 86 del t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, in relazione ai nn. 3 e 5 dell'art. 
360 c.p.c. 

Secondo la ricorrente, la Commissione centrale avrebbe erronamente 
attribuito rilevanza alla mancanza di una � formale delibera � che vincolasse 
gli eseguiti versamenti ad aumento del capitale sociale, senza considerare 
che tale presupposto � ora richiesto dall'art. 43 del d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, ma non lo era dall'art. 86 del t.u. 645/58, applicabile 
nel caso in esame, trattandosi di imposizione anteriore alla riforma tributaria. 
Inoltre, la Commissione centrale avrebbe fatto ricorso ad una 
presunzione di onerosit�, superata dal fatto che, con riguardo ad analoga 
situazione relativa all'anno 1960, la Commissione di secondo grado aveva 
annullato l'accertamento e l'Amministrazione non aveva contestato l'avvenuta 
riduzione e il successivo aumento di capitale regolarmente deliberati. 


Anche tali censure sono infondate. 

Va detto subito che l'ultimo rilievo della ricorrente pretenderebbe 
vincolare la decisione della presente controversia all'esito di altra prece� 
dente, riguardante la stessa parte e la stessa imposta, ma un anno diverso. 

E ci�, che non � ammissibile in via di principio, meno ancora lo � in 
concreto, posto che, come la stessa ricorrente riconosce, la precedente 
decisione, ad essa favorevole, si basava sulla considerazione della mancata 
contestazione, da parte deJl'Uf�fiaio, di una regolare deliberazione di riduzione 
e successivo aumento del capitale, che � invece oggetto di contestazione 
.nella presente controversia e che la ric9rrente ammette non esservi 
stata e assume, anzi, non necessaria sotto il vigore del t.u. 645/58 al fine 
di escludere la presunzione di onerosit�. 

Neppure � decisivo il rilievo che solo con la nuova disciplina di cui 
al decreto presidenziale 597/73 (istitutiva dell'Irpef), non applicabile nella 
specie, sarebbe necessario che, per escludere la presunzione di onerosit� 
per i capitali dati a mutuo, risulti da formale deliberazione che i versamenti 
dei soci siano stati eseguiti in conto capitale proporzionalmente 
alle quote di partecipazione. Non � necessario porsi e risolvere il dubbio 
se la norma suddetta non abbia esplicitato una regola che potesse ritenersi 
gi� implicita nel testo dell'art. 86 del t.u. 645/58 e desumibile dai 
princ�pi e dalle norme che disciplinano la riduzione e gli aumenti di ca



PARm I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

pitale di una societ� per azioni qual era la �Razza del Soldo� all'epoca 
che qui interessa. 

Nella ipotesi pi� favorevole alla ricorrente, secondo il testo precedente 
la presunzione di onerosit� (che operava anche -per i versamenti dei soci) 
poteva essere vinta anche a prescindere dalla esistenza di una formale 
deliberazione, ma la prova contraria doveva pur sempre essere fornita dal 
contribuente; e che nel caso concreto essa non sia stata fornita la Commissione 
centrale, sulla scorta degli accertamenti di fatto compiuti dalla 
commissione di secondo grado, ha ritenuto con adeguate ar:goment.azioni, 
nell'ambito delle quali non pu� contestarsi che essa potesse tener conto, 
insieme ad altre circostanze, del fatto che nessun aumento di capitale 
fosse stato deliberato nel oaso in esame secondo Je forme e i modi .staioo1iti 
per le societ� per azioni. 

La Commissione centrale ha infatti considerato che dagli accertamenti 
di fatto compiuti dalla Commissione di secondo grado non era dato desumere 
che le esposizioni risultanti dal bilancio dipendessero effettivamente 
da filnanziamenti dei soci n� che essi fossero stati eseguiti iin proporzione 
delle rispettive quote sociali n� che gli eventuali versamenti stati vincolati 
ad aumento di capitale, ch� anzi la stessa contribuente aveva ammesso 
che essi sarebbero stati effettuati secondo le-esigenze di cassa. Da tali 
premesse la Commissione centrale ha tratto le ineccepibile conclusione che 
i versamenti in ques,tione non potessero giuridicamente qualificarsi come 
conferimenti eseguiti al fine dell'aumento di capitale; e che essi fossero 
quindi regolati dall'art. 86 del t.u. 645/58 in relazione al quale la prescritta 
prova contraria non risultava fornita. (omissis) 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


I 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 14 giugno 1985, n. 32 -Pres. Pratis -
Rel. Corda -Assessorato agricoltura e foreste regione siciliana (avv. 
Stato Carbone) c. Pantaleo (avv. Brocato e Giunta). 

Avvocatura dello Stato� Patrocinio di enti pubblici. Mandato -Necessit� Esclusione. 
' 

(R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1, secondo comma, e 45). 
Espropriazione per pubblica utilit� � Opposizione a stima � Legittimazione 

1passiva � Concorso di enti nella realizzazione dell'opera � Concessione 


Legittimazione del concessionario e non del concedente. 

(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51, secondo comma). 

La rappresentanza e la difesa in giudizio, da parte dell'Avvocatura 
dello Stato, di un ente pubblico autorizzato ad avvalersi di tale patrocinio 
(nel caso la Regione siciliana) non richiede che l'atto dell'ente sull'affidamento 
dell'incarico si esteriorizzi in un formale mandato. (1) 

Legittimato passivo all'apposizione alla stima � l'ente concessionario 
quando con il provvedimento di concessione ad esso siano .stati trasferiti 
gli oneri concernenti il compimento della procedura espropriativa (nel 
caso, al concessionario, era stato fatto carico di provvedere alle necessarie 
occupazioni del terreno e di promuovere, sulla base del decreto di espropriazione 
e dell' a.tto di acquisto, la voltura dei beni a favore del demanio 
della Regione). (2) 

{1-3) Cass. 115 marzo 1982 n. 1672, richiamata nella motivazione della sentenza 
32/85, � pubblicata in questa Rassegna, 1982, I, 705; Cass. 29 api:lle 1983 

n. 2993, ricmamata dalla sentenza 23/,1984, pu� leggersi in Giust. civ; Mass. � 
1983, 1064. , 
(2-4) Brevi osservazioni in tema cli concorso cli enti nella realizzazione di 
opere pubbliche e cli legittimazione passiva all'opposizione a stima. 
,1, -Se si esamina la pi� recente giurisprudenza del Tribunale Superiore 
si avverte che, nel caso di concorso di pi� soggetti nella realizzazione dell'opera 
pubblica, la legittimazione passiva all'opposizione alla stima � stata 
costantemente riconosciuta sussistere non in capo �al soggetto ai! cui demanio 

o patrimonio verr� ad inerire l'opera una volta costruita, ma al soggetto che 
l'ha realizzata e che, in funzione di tale iniziativa, ha promosso l'occupazione 

PARTB I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 497 

Il 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 25 settembre 1984, n. 23 -Pres. Pratis 
-Rel. Virgilio -Assessorato agricoltura e foreste Regione Siciliana 
(avv. Stato Carbone) c. Frazzitta (avv. Brocato e Giunta). 

Avvocatur� dello Stato -Patrocinio di enti pubblici � Necessit� di delibera 
relativa all'impugnazione della sent~nza � Esclusione. 

(R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, artt. 1, secondo comma, e 45). 
Espropriazione per pubblica utilit� -Opposizione a stima � Legittimazione 
passiva -Criterio di individuazione -Indicazione nel decreto di esproprio 
come soggetto a cui favore l'espropriazione � pronunciata -Eccezioni 
-Diretta assunzione da parte di altro ente, in forza di legge o 
atto amministrativo, della posizione di autore dell'opera pubblica. 
(Legge 25 giugno 1865, n. 2359, art. 51, secondo comma). 

� ammissibile l'appello proposto per l'Assessorato agricoltura e foreste 
della Regione Siciliana dall'Avvocatura dello Stato, anche se non consti 
che l'Assessorato abbia determinato di impugnare la sentenza, perclz� la 
rappresentanza processuale degli enti contemplati dalla legge comporta 
che l'Avvocatura dello Stato abbia la capacit� di compiere tutti gli atti 
processuali consentiti al difensore munito di mandato, salvo quelli che 
importino disposizione del diritto in contesa. (3) 

Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'e5ecuzione di un'opera pubblica, 
obbligato nei confronti dell'avente diritto al pagamento delle indennit�, 
relative alle espropriazioni ritenute necessarie, �, di regola, quello a favore 
del quale � pronunciato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possono 
essere disattese solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in 
forza di legge o di atto amministrativo, ad assumere direttamente la posii.
ione di autore dell'opera pubblica e di parte dei connessi procedimenti 
espropriativi, sicch� la pronuncia del decreto in favore dell'ente che in definitiva 
beneficia dell'opera serve solo a realizzare la condizione formale 
per l'acquisizione di questa al suo demanio o patrimonio (nel caso � stata 
riconosciuta la legittimazione passiva dell'ente concedente, a cui favore 
l'espropriazione era stata pronunciata). (4) 

temporanea e poi l'espropnazione del bene destinato ad essere� trasformato 

nell'opera. 

Cos� Trib. Sup. Acque 21 ottobre 1982 n. 29 in Cons. Stato 1982, II, 1247 

ha rltenuto che � nel giudizio promosso dal terzo espropriato, legittimato pas


sivo � l'Ente concessionario dei lavori di costruzione di un'opera pubblica e 

non gi� l'Amministrazione nell'interesse della quale l'opera pubblica � stata 

realizzata�; Trib. Sup. Acque 17 giugno 1982 n. 25 in Cons. Stato 1982, Il, 949 

ha affermato che �nel caso dell'espropriazione per pubblica utilit� (o dell'occu


pazione temporanea e d'urgenza) di un fondo disposta per la realizzazione di 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO

498 

I 

1. -In 
attuazione della legge regionale siciliana 18 novembre 1964, 
n. 29, l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana approv� 
-con decreto 18 giugno 1973, n. B0/14074 -il progetto dei lavori di 
costruzione di un � serbatoio� sw torrente Zaffarana. L'esecuzione dei favori 
(dichiarati IDdifferibili. e u11genti, ai sensii. dell'art. 71 della legge 25 giugno 
1865, n. 2359) fu con 110 stesso decreto affidata, col sistema della �� concessione 
a consuntivo�, al Consorzio di Bonifica del Birgi. Sempre con 
quel decreto fu fatto carico al concessionario di provvedere � alle necessarie 
occupazioni di terreno (art. 3) e di promuovere � in base al decreto 
di espropriazione o al contratto di acquisto degli immobili necessari alla 
esecuzione delle opere, la voltura catastale di tali beni curandone la intestazione 
alla partita Demanio della Regione Siciliana -Ramo Agricoltura 
e Foreste� (art. 4). 
Nell'ambito dell'esecuzione di tali lavori, il Consorzio richiese al Prefetto 
di Trapani di essere autorizzato alla occupazione di urgenza di un 
tratto di terreno di propriet� di Francesco Pantaleo, sito in territorio del 
Comune di Trapani, contrada Zaffarana, distinto in catasto all'art. 15456, 
Foglio 292, coltivato a vigneto. 

Con decreto 30 aprile 1974, n. 8825/4, il Prefetto autorizz� (ai sensi 
della legge 25 giugno 1865, n. 2539) la richiesta occupazione d'urgenza, per 
una durata non superiore ai tre anni e per una complessiva superficie 
di mq. 14.820. 

\ 
un'opera pubblica per la quale l'Ente pubblico ha emesso un provvedimento 
di concessione a favore di altro soggetto, che procede all'espropriazione (o 
occupazione), il trasferimento degli oneri concernenti il compimento degli atti 
espropriativi dall'Ente al concessionario comporta la sostituzione di quest'ultimo 
all'Amministrazione concedente, sicch� il concessionario medesimo diventa 
l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, con la conseguenza che 
soltanto nei suo~ confronti deve essere proposto l'eventuale giudizio di opposizione 
alla determinazione della relativa indennit��; Trib. Sup. Acque 4 maggio 
1982 n. 22 in Cons. Stato 1982, II, 731 ha parimenti affermato che � l'affidamento 
in concessione dell'esecuzione di un'opera pubblica, conferisce autoritativamente 
ed unilateralmente all'Ente delegato l'esercizio dei poteri e delle 
funzioni spettanti al delegante, con la conseguenza che la responsabilit� nei 
confronti dei terzi per gLi atti posti in essere in esecuzione della delega � 
dell'Ente delegato; pertanto, il giudizio di opposizione alla stima di un immobile, 
espropriato per l'esecuzione di una opera pubblica, affidata in concessione, 
va proposto nei confronti del concessionario (delegato) e non dell'Amministrazione 
concedente (delegante)�; Trib. Sup. Acque 21 maggio 1981 n. 16 
in Cons. Stato 1981, II, 587 ha ritenuto che " nel caso di affidamento improprio 
di esecuzione di un'opera pubblica da parte della Regione ad un Consorzio 
di bonifica, le opposizioni alla stima, per l'indennit� di espropriazione 
non vanno proposte nei confronti della Regione affidante, bens� contro l'Ente 
che deve procedere all'espropriazione ed all'esecuzione dell'opera stessa�; Trib. 



PARm I, SBZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE PD APPALTI PUBBLICI 499 

Fece obbligo al Consorzio di notificare all'interessato il decreto e di 

corrispondere, allo stesso, � gli interessi legali sulle indennit� che, amiche


volmente o a mezzo di perizia, a norma di legge, saranno stabilite per la 

espropriazione degli immobili sopra indicati �. 

A seguito di successiva richiesta del Consorzio, il Prefetto -con de


creto del 6 agosto 1977, n. 8792/2 (emanato ai sensi della legge 25 giu


gno 1865, n. 2359) pronunci�, a favore del Demanio della Regione Siciliana 


Ramo Agricoltura e Foreste, l'espropriazione del terreno occupato, deter


minando in L. 3.260.000 l'indennit� di espropriazione -Fece obbligo al 

Consorzio di notificare all'interessato il decreto e di-provvedere alle � ope


razioni di trascrizione e voltura �. 

2. -Con ricotso dell'll ottobre. 1977, Francesco Pantaleo proponeva 
opposizione alla stima e, pertanto, conveniva davanti al Tribunale Regionale 
delle Acque Pubbliche di Palermo l'Assessorato Agricoltura e Foreste 
della Regione Siciliana, chiedendon� la condanna al pagamento dell'indennit� 
in misura corrispondente all'effettivo valore del terreno (di pregio per 
fa sua ubicazione e capacit� produttiva). 
Instauratosi il contraddittorio,� l'Assessorato eccepiva il difetto della 
propria legittimazione alla causa, perch� � ente espropriante � doveva essere 
considerato il Consorzio di Bonifica del Birgi. 

Sup. Acque .15 gennaio 1981 n. 1 in Cons. Stato 1981, II, 51 ha ancora nello 
stesso senso ritenuto che � nel caso in cui la Amministrazione statale affida 
ad un Ente pubblico l'esecuzione di un'opera pubblica, commettendogli il compito 
di curare lo svolgimento delle necessarie procedure di occupazione e di 
espropriazione, la legittimazione passiva, nei giudizi instaurati dall'espropriato, 
compete non all'Amministrazione statale, proprietaria dell'opera, bens� all'Ente 
concessionario, esecutore dell'opera>; Trib. Sup. Acque 9 gennaio 1979 n. 2 in 
Cons. Stato 1979, II, 110 ha infine ritenuto che sia il diritto all'indennit� di 
, espropriazione sia quello all'indennit� di occupazione andassero nel caso esercitati 
contro l'Opera Sila che aveva � ���quale concessionaria della Cassa per 
il Mezzogiorno, assunto direttamente ed esclusivamente (v. art. 13, quarto 
comma, del disciplinare della concessione SAF/199 del 18 giugno 1953), l� 
responsabilit� per le indennit� e per il risarcimento, rispettivamente, per le 
espropriazioni necessarie per la realizzazione dell'opera pubblica e per i danni 
cagionati a terzi � dalla costruzione dell'acquedotto o dalle sue dipendenze>. 

2. � Le sentenze in rassegna, rese in casi in cui l'opposizione era stata proposta 
non nei confronti dell'ente concessionario dei lavori di costruzione dell'opera 
pubblica, ma nei confronti dell'ente cui l'opera sarebbe poi appartenuta, 
pur muovendo dalla considerazione di elementi di fatto identici, sono pervenute 
a soluzioni concrete tra loro opposte, la pi� recente affermando la legittimazione 
passiva dell'ente concessionario, la meno recente ~uella dell'ente 
concedente. 
3.. La s�ntenza 23 del 1984 richiama a sostegno della decisione il precedente 
costituito da Cass. 22 settembre 1983 n. 5636, in Giust. civ. Mass. 1983, 
2008, che ha a sua volta un precedente in Cass. 22 aprile 1982 n. 2478, in Riv. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Acquisita la relazione della disposta consulenza tecnica di ufficio, l'adito 
Tribunale -dopo avere respinto l'eccezione del convenuto, nella considerazione 
che � legittimato passivo '� l'espropriante che normalmente � il beneficiario 
dell'opera pubblica indicato come tale nel decreto di espropriazione 
-accoglieva la domanda e, pertanto, determinava in L. 19.500.000 
l'indennit� di espropriazione e in L. 2.925.000 quella di occupazione, condannando 
l'Assessorato al relativo deposito nella Cassa Depositi e Prestiti 
e al pagamento delle spese del giudizio. 

Contro tale sentenza ha proposto appello l'Assessorato soccombente. 

L'attore si � costituito per resistere e per proporr� appello incidentale. 

La causa � passat� in decisione all'udienza del 3 novembre 1984, swlle 
conclusioni delle parti come in epigrafe trascritte. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

1. -L'appellante principale Assessorato Agricoltura e Foreste. della 
Regione Siciliana deduce: 
a) iil difetto de1la proprfa legittimazione (passiva) alla causa, dndicando 
come legittimato il Consorzio di Bonifica del Birgi, quale � concessionario 
� della costruzione dell'opera pubblica; 

giur. edil. 1982, I, 620. La massima su cui queste decisioni si fondano � la 
seguente: -�Nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecuzione di un'opera 
pubblica, obbligato, nei confronti dell'avente diritto, al pagamento delle indennit� 
relative alle espropriazioni �all'uopo necessarie, � quello a cui favore � 
pronunziato il decreto di espropriazione, le cui risultanze possono essere disattese 
solo quando si accerti che sia stato l'altro ente, in forza di legge o di 
atto amministrativo, ad assumere direttamente la posizione d'autore dell'opera 
pubblica e di parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch� la pronuncia 
del detto decreto a favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera 
stessa serve solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa 
al suo demanio o patrimonio �. 

Le richiamate decisioni della Corte di cassazione non hanno mancato di 

avvertire, che la pronunzia dell'espropriazione in favore di un ente non � 

decisiva, perch� parte del rapporto espropriativo sia da considerare quel 

medesimo ente (cos� riallacciandosi alla precedente elaborazione giurispruden


ziale sul.l'argomento: cfr., ad es., Cass. 31 gennaio i968, n. 311 in Giust. civ. 

1968, I, 1235 e Cass. 21 giugno 1974 n. 1863 in Giur. it. 1975, I, 1, 2018). In 

esse potrebbe essere tuttavia colta un'accentuazione della rilevanza di questo 

dato formale, da considerare prevalente in mancanza di una sicura ricostru


zione della vicenda nel senso che altro diverso ente abbia assunto la posi


zione d'autore dell'opera. 

�;'. chiaro che un criterio siffatto non sarebbe in grado di fondare una 

decisione corretta, quante volte l'intervento del diverso ente dovesse essere 

qualificato in base all'interpretazione della norma di legge che lo ha consentito. 

Potrebbe per� operare quante volte l'intervento avvenga sulla base di prov



PARm I, SEZ. VII, GIURIS. IN MAmRIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 501 

b) l'erronea valutazione del terreno espropriato (erronea perch� inficiata 
dagli errori commessi dal consulente tecnico di ufficio, tempestivamente 
ma inutilmente denunciati ai primi giudici, tra cui quello di avere 
stabilito un valore di mercato senza l'acquisizione dei dati utili alla necessaria 
comparizione). 

L'appellato eccepisce, aD21�tutto, l'inammissibilit� de1l'appeLlo, perch� 
proposto dall'Avvocatura dello Stato senza che J'Assessorato avesse manifestato 
Ia volont� di impugnare Ja sentenza di primo grado. 

Deduce, poi, che sarebbe infondata l'ecc:ezione di difetto della legittimazione 
passiva, in quanto: a) l'espropriazione fu pronunciata in favore del 
Demanio Regionale; b) che il Consorzio fosse beneficiario dell'espropiazione 
non risulta dal decreto del Prefetto; e). gli atti della procedura espropriativa 
furono, dal Consorzio, compiuti previa dichiarazione ch'esso agiva 
per conto dell'Assessorato; d) il rapporto di �concessione�, non essendo 
stato menzionato nel decreto di espropriazione, � rimasto � interno � fra 
l'Assessorato e il Consorzio; e) nell'atto di concessione, l'onere del Consorzio 
circa l'espletamento della procedura espropriativa concerneva solo 
l'occupazione temporanea. A ci� aggiunge (nella comparsa conclusionale): 
a) che di un rapporto concessorio tra l'Assessorato e il Consorzio egli 
sarebbe venuto a conoscenza solo in corso di causa; b) che il decreto di 
espropriazione � illegittimo, perch� intervenuto dopo decorso il triennio 

vedimenti amministrativi e questi non permettano una sicura ricostruzione 
� ���della qualit� e quantit� dei poteri... � (secondo l'espressione contenuta in 
Cass. 31 gennaio 1968 n. 311, cit.) conferiti dall'atto amministrativo. Questo 
appare del resto il criterio su cui � basato l'iter decisorio della sentenza 23 
del 1984, che appare essersi peraltro sottratta all'onere di spiegare perch� l'au� 
torizzazione, a procedere alle necessarie occupazioni e a compiere gli atti del 
procedimento di esproprio, inserita nel provvedimento di concessione, non 
realizzasse la diretta partecipazione del consorzio all'espropriazione, in sosti� 
tuzione dell'assessorato. Spiegazione che, se fosse da rinvenire nell'aver il consorzio 
agito per conto dell'assessorato, avrebbe anch'essa richiesto una dimostrazione 
(cfr., in senso contrtario, Cass. 8 gennaio 1975 n. 35, in Giust. civ. 
Mass. 1975, 24, richiamata dalla sentenza 32 del 1985). 

4. -L'individuazione dell'espropriante d� luogo ad una questione ricorrente 
nei giudizi che traggono occasione da vicende di concorso di pi� enti 
nell'esecuzione dell'opera pubblica. Quante volte la questione insorge in giu� 
dizi di opposizione a stima, in cui il proprietario espropriato ha individuato 
l'espropriante, alla stregua dell'art. SO della legge 25 giugno 1865 n. 2359, nel 
soggetto a favore del quale l'espropriazione � stata pronunziata, la decisione 
della questione nel senso che la legittimazione a contraddire all'azione spettasse 
invece ad un diverso ente, comporta il rigetto di una domanda che, a 
norma dell'art. 51 della legge 2359 del 1865, � da proporre in un termine di 
decadenza. 
Il termine di decadenza, preveduto dal secondo comma dell'art. 51, decorre 
per� dalla notificazione che il primo c'omma dello stesso articolo impone 

11 



502 RASSEGNA DELL1AWOCATURA DELLO STATO 

di occupazione legittima (triennio che si identifica col termine di validit� 
della dichiarazione di pubblica utilit�). 

Lo stesso appellato, infine, propone appello incidentale per dedurre 
che il valore unitario del fondo era stato, dal consulente tecnico di ufficio, 
indicato in L. 1.640 al mq.: non avrebbero, perci�, i primi giudici potuto 
attribuirgli quel valore inferiore che in altra causa era stato attribuito a un 
altro fondo, � in difetto di un termine di paragone tra i due fondi �. 

2. -Osserva il Tribunale Superiore che � infondata l'eccezione di 
inammissibilit� del ricorso, essendo ius receptum che la rappresentanza 
e la difesa in giudizio, da parte dell'Avvocatura dello Stato, di un ente pubblico 
autorizzato ad avvailersd di tale patrocinio (qual'� la Regjione Siciliana) 
non riohiede che J'atto stesso dell'e'nte medesimo, su11'affidamento 
del relativo Jncarico, si esteriorizzi in un formale mandato, neppure nel 
caso -peraltro non ricorrente dn concreto -che le illorme processuali 
ordinarie prescrivano Un mandato specia1le (cfr. per tutte, Cass. S. U. 
15 marzo 1982, n. 1672). 
:� invece, fondato il primo motivo dell'appello principale. 

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione � costante nell'affermare 
che in caso di trasferimento degli oneri concernenti il compimento 
della procedura espropriativa dall'Ente espropriante al concessionario 
(si ha una sostituzione di quest'ultimo al concedente, con la conse


sia fatta a cura dell'espropriante, che � poi il soggetto in confronto del quale 
la lite va contestata. ' 

La notificazione del decreto fatta da soggetto diverso dall'espropriante 
non sarebbe idonea a determinare per il proprietario espropriato ed in 
confronto dell'espropriante il decorso del termine di decadenza, giacch� il 
termine decorre appunto non dalla conoscenza dell'atto, ma dalla notifica che 
ne faccia l'altra parte. del rapporto espropriativo (cfr., per l'irrilevanza della 
piena conoscenza, Cass. 22 ottobre 1979, n. 5487, in Foro it. 1980, I, 2575). 

L'onere che � proprio dell'espropriante, di notifilcare il decreto, e l'itl!iziativa 
in concreto assunta da un determinato soggetto nel senso di richiedere 
tale notifica, garantiscono al proprietario espropriato un criterio (pratico) 
idoneo, se non ad assicurare una corretta iniziale identificazione dell'espropriante, 
quantomeno ad evitare la decadenza dal diritto di contestare la congruit� 
dell'indennizzo. L'espropriato pu� cio� convenire in giudizio il soggetto 
che ha assunto l'iniziativa di notificare il decreto di espropriazione, 
salvo a chiamare in causa quel diverso sog;getto che il primo indichi come 
espropriante. Avr� in tal modo evitato la decadenza. 

Le considerazioni sin qui svolte possono dunque concludersi sulla considerazione, 
che � del resto implicita nelle ultime battute della sentenza 32 
del 1985, che la difficolt� (eventuale) di un'iniziale sicura identificazione del 
convenuto si presta ad essere agevolmente superata, sicch� la ricerca della 
corretta soluzione della questione nel caso concreto non dovrebbe poi risultare 
condizionata da valutazioni attinenti alla sfera della giustizia sostanziale. 

P. VITTORIA 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

gtienza ch'egli diviene l'unico soggetto attivo del rapporto espropriativo, 
di modo che solo nei suoi confronti pu� essere promosso l'eventuale giudizio 
di opposizione alla determinazione della relativa 'indennit� (cfr., per 
tutte, Cass. 8 gennaio 1975, n. 35). 

A tale indirizzo giurisprudenziale questo Tribunale Superiore si � sem


.. pre e costantemente uniformato, n� intende discostarsene in questa occasione, 
data anche la scarsa consistenza delle contrarie argomentazioni 
addotte dall'appellato. 
Nel caso concreto, l'Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione 
Siciliana aveva affidato al Consorzio di Bonifica del Birgi, con iJ sistema 
della concessione a consuntivo, l'esecuzione dei lavori di costruzione di un 
�serbatoio� sul torrente Zaffarana (decreto 18 giugno 1973, n. 14074). Con 
l'atto di concessione -come riferito nella precedente parte espositiva di 
questa sentenza -si faceva carico al concessionario di provvedere � alle 
necessarie occupazioni di terreno �'(art. 3) e di promuovere, �in base al 
decreto di espropriazione o al contratto di acquisto degli immobili necessari 
alla esecuzione delle opere, la voltura catastale di tali beni curandone 
la intestazione alla partita Demanio della Regione Siciliana -Ramo Agricoltura 
e Foreste�. 
1:!. chiaro, allora, che l'espropriazione doveva essere richiesta dal Consorzio 
(come in effetti � stato), se era onere dello stesso richiederla in 
capo al Demanio (onere che doveva necessariamente essere imposto, 
perch� l'opera progettata aveva il carattere della deman:ialit�): ed � consegtiente 
che se �l'espropriazione doveva essere chiesta dal Consorzio, 
gi� questo soggetto em stato des~gnato dal concedente -anche �perch� 
ad esso veniva fatto il preventivo finanziamento -a � rispondere � nei 
confronti dei futuri espropriati. 
Non � peraltro vero che l'esistenza del rapporto concessorio non risultasse 
dal decreto di espropriazione: in esso, infatti, � espressamente indicato 
il decreto assessoriale 18 giugno 1973, n. 14074, cio� il decreto che 
aveva approvato il progetto dei lavori e ne aveva � concesso � l'esecuzione 
al Consorzio. 
Ed � del tutto ininfluente l'assunto dell'appellato di avere ignorato 
il contenuto di tale decreto, poich� la legittimazione passiva del convenuto 
deriva dal � rapporto �, non dalla conoscenza che l'attore abbia o non abbia 
di esso; e se, anche, in ipotesi, potesse ritenersi che la formulazione del 
decreto in questione avesse ingenerato un equivoco in proposito (cosa che 
obiettivamente non �), la effettiva tempestivit� dell'eccezione (da parte 
dell'Assessorato) avrebbe pur sempre consentito all'attore -se fosse stato 
diligente -di chiamare in giudizio l'unico soggetto passivamente legittimato 
alla causa, cio� il Consorzio. Di una ipotizzata scarsa chiarezza del 
decreto si sarebbe potuto, iin tal caso, tenere conto ai fini della regolamentazione 
delle spese giudiziali. 


504 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DBLLO STATO 

3. -Ritenuta fondata l'eccezione di difetto della legittimazione passiva, 
deve, per tale motivo, essere respinta la domanda, in totale riforma 
della sentenza impugnata. (omissis) 
Il 

'-(omissis) L'appellante in via principal~ deduce che erroneamente il 
Tribunale regionale ha ritenuto che soggetto passivo della pretesa fosse 
l'Assessorato, mentre tale legittimazione doveva essere riconosciuta al 
Consorzio di bonifica del Birgi, il quale aveva la veste di concessionario 
dei lavori di esecuzione dell'opera pubblica (serbatoio sul torrente Zafferana) 
ed era anche incaricato, a norma dell'art. 3 della concessione, 
dell'acquisizione degli immobili. oceorrenti per la esecuzione dell'opera. 

Deduce inoltre la erroneit� del criterio seguito per la determinazione 
della indennit� di espropriazione. 
Va preliminarmente rilevata la manifesta infondatezza della eccezione 
di inammissibilit� de1l'appeHo prJncipaJe, proposta dalla Frazzitta. 

S noto (da ultimo, Cass. 29 aprile 1983, n. 2993) che l'Avvocatura dello 
Stato, cui spetta, senza bisogno di mandato, la rappresentanza processuale 
delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici contemplati 
dalla legge, ha la capacit� di compiere tutti gli atti processuali consentiti 
al difensore munito di mandato, con la sola esclusione di quelli che 
� importano disposizioni del diritto in contesa �. 

Ne discende (nella fattispecie in esame) che non era affatto necessaria, 
come sostiene la Frazzitta, una deliberazione dell'Assessorato con la manifestazione 
della volont� di impugnare la sentenza di primo grado, rientrando 
tale potere ope legis nelle facolt� dell'Avvocatura dello Stato. 

Ci� precisato, va ritenuta la infondatezza anche della doglianza del1'
Assessorato circa la individuazione del soggetto tenuto al pagamento 
della indennit� di espropriazione. 

Secondo i princ�pi affermati daJla giurisprudenza (da ultimo, Cass., 

22 settembre 1983, n. 5636), nell'ipotesi di concorso di due enti nell'esecu


zione di un'opera pubblica, obbligato nei confronti dell'avente diritto al 

pagamento delle indennit� relative alle espropriazioni ritenute necessarie 

�, di regola, quello a favore del quale � pronunciato il decreto di espropria


zione, le cui risultanze possono essere disattese solo quando si accerti 

che sia stato l'altro ente, Jn forza di Jegge o di atto amministrativo, ad 

assumere direttamente la posizione di autore dell'opera pubblica e di 

parte nei connessi procedimenti espropriativi, sicch� la pronuncia del de


creto in. favore dell'ente che in definitiva beneficia dell'opera stessa serva 

solo a realizzare la condizione formale per l'acquisizione di questa al 

suo demanio o patrimonio. 


PARTE I, SEZ. VII, Gi�RIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBUCI 

Alla stregua di tale principio esattamente il Tribunale regionale ha 
ritenuto che l'Assessorato ora appellante fosse l'effettivo interessato al 
rapporto espropriativo e come tale tenuto al pagamento della relativa 
indennit� alla Frazzitta. 

Il decreto di espropriazione fu infatti emesso � a favore del Demanio 
della Regione Siciliana -Ramo ,Agricoltura e Foreste� (come � stato 
sottolineato nella sentenza impugnata), mentre gli altri atti acquisiti al 
guidizio dimostrano chiatamente che il Consorzio di bonifica del Birgi, 
nel disbrigo delle formalit� attinenti la procedura di occupazione di urgenza 
e di espropriazione, agi in sostituzione dell'Assessorato, �per conto 
� di tale ente, come � espressamente dichiarato in alcuni atti. 

L'art. 3 della concessione del 16 giugno 1973, al quale si riferisce 
l'appellante, contiene Wla generica autorizzazione al Consorzio del Birgi, 
a procedere alle necessarie occupazioni di terreno, ai fini della costruzione 
dell'opera pubblica della quale il Consorzio stesso aveva assunto la esecuzione, 
ma questo elemento non � idoneo a far ritenere, in contrasto con 
le altre risultanze avanti menzionate, ohe si fosse verificato fil fenomeno 
de}.la diretta partecipazione del Consorzio, in sostituzione dell'Assessorato, 
alla vicenda espropriazione, s� da renderlo il vero soggetto passivo della 
pretesa della Frazzitta, proprietaria del terreno espropriato. (omissis) 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 24 giugno 1985 n. 34 -Pres. Pratis Morsi1lo 
-Cassa per il Mezzogiorno (avv. Stato Cavbone) c. Misuraca 
(avv. MirabeUi Centurione e Aragona). 

Acque � Acque pubbliche -Competenza! e giurisdizione -Tribunali regionali 
delle acque e tribunali ordinari -Espropriazione per pubblica utilit� Controversie 
sulla determinazione dell'indennit� � Competenza -Tribunale 
regionale delle acque -Legge sulla casa -Competenza della 
Corte d'appello � Applicabillf� in materia di acque pubbliche -Esclusione. 


(T.U. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. d; legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 19;
d.l. 2. maggio 1974, n. 115, conv. in 1. 27 giugno 1974, n. 247). . . 
L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, regolando la competenza 
in materia di opposizione alla stima delle indennit� relative all'espropriazione 
ed occupazione di immobili in conseguenza dell'esecuzione e 
manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e di derivazione e utilizzazione 
di acque pubbliche, � norma speciale rispetto al combinato disposto degli 
artt.19 della legge 22ottobre1971, n. 865 e 4 del decreto-legge 2maggio1974, 

n. 115 conv. in legge 27 giugno 1974, n. 247 che regola la competenza in 
tema di opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti alle opere 
pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati artt. 19 della 

506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 865 del 1971 e 4 del decreto-legge 115 del 1974 abbiano tacitamente 
abrogato il citato art. 140 lett. d) del t.u. del 1933 (1). 

(omissis) Con il motivo di gravame �indicato ai punti 1 e 2 dell'atto 
d'appello avanti a questo Tribunaile Superiore fa Cassa per il Mezzogiorno 
eccepisce che, per effetto dell'emanato decreto di espropriazione 
nel corso del giudizio di primo grado, essendo stato detto provvedimento 
pronunciato con riferimento alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, il Tribunale 
regionale delle acque era incompetente a decidere l'insorta controversia, 
dovendosi 11itenere che questa rientrava �nella competenza ddla Corte d'appello 
in base all'art. 19 delrla Jegge n. 865 del 1971 e 4 del dJ. 2 maggio 
1974 n. 115 conv. in 1. 27 giugno 1974 n. 247. Pi� in particolare H 
Tribunale regionale era incompetente a decidere le questioni relative alla 
vaJutaz;ione di congruit� deLla stima UTE ed a pronunciarsi, sul presupposto, 
di una assemta edificabi1it�, sull'indel1ll1it� espropmativa a titolo di 
acconto ai sensi della legge 385 del 1980. 

La difesa della Cassa ripropone, in sostanza, in punto di gravame, l'eccezione 
gi� sollevata nel giudizio di primo grado e respinta dal Tribunale 
regionale (v. pag. 6 comparsa conclusionale dell'Avvocatura dello Stato). 

L'art. 140 lett. d) del t.u. 11 dicembre 1933 n. 1775, regolando fa 
competenza in materia di opposizione alla stima delle indennit� relative 
all'espropriazione ed occupazione cli immobili in conseguenza dell'esecuzione 
e della ma.nutenzione di opere idrauliche, di bonifica, e di derivazione 
e utilizzazione di acque pubbliche � norma speciale mspetto al combinato 
disposto deg1i artt. 19 della :legge n. 865 del 1971 e 4 del D.L. 2 maggio 
1974 n. 115, convertito in iJ.egge 27 g�ugno 1974 n. 247, che regola fa 
competenza in tema df opposizione alla stima per le espropriazioni inerenti 
alle opere pubbliche in genere, onde deve escludersi che i richiamati 
artt. 19 legge 865 del 1971 e 4 del d.l. 115 del 1974 abbiano tacitamente 
abrogato il citato art. 140 lett. d) del T.U. del 1933. N� d'altronde, potrebbe 
profilarsi al riguardo la competenza della Corte d'appello, poich� 
al fine della discriminazione fra la competenza dell'autorit� giudiziaria 
in sede ordinaria e quella dei tribunali regionali delle acque pubbliche, 
giudizi specializzati, occorre aver riguardo all'oggetto della controversia, 
nel senso che rientra nella competenza dei � detti tribunali la cognizione 
di quelle cause che coinvolgono, anche indirettamente, gli interessi pubblici 
connessi aMa disciplina delle acque. Oi� si verifica non solo quando 
sorgano questioni sulla demanialit� e sulla utilizzazione delle acque, e 
sulla legittimit� del comportamento tenuto al riguardo della pubblica amministrazione, 
ovvero sul contenuto e sui limiti dei provvedimenti amministrativi 
concernenti il regime delle acque, ma anche quando la contro


(.1) Non constano precedenti in termini della Corte di cassazione e del 
Tribunale Superiore delle acque; nello stesso senso, Trib. Reg. Acque Napoli 
7 ottobre 1978, n. 26, in questa Rassegna 1979, I, 81. 



PARm I, SHZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE HD APPALTI PUBBLICI 

versia abbia ad oggetto il risarcimento dei danni che si assumano cagionati 
dall'esecuzione o dalla manutenzione di opere idrauliche (Cass. 12 giugno 
1975 n. 2349). Per quanto riguarda pi� specificamente la competenza 
per matema attribuita al tribunale regionale relativamente aHe controversie 
riguardanti la determinazione dell'indennit� di espropriazione (competenza 
peraltro gi� ritenuta dal Consiglio di Stato con la decisione della IV 
sezione 29 luglio 1976 n. 657 in una controversia concernente un provvedimento 
di espropriazione per pubblica utilit� relativa ad opere idrauliche, 
di bonifica e derivazione di acque bens� ai sensi delle leggi sull'industrializzazione 
del Mezzogiorno) deve rilevarsi, ad ulteriore conforto di quanto 
gi� sopra affermato, che la competenza per materia dei tribunali delle 
acque stabilita dal richiamato art. 140 lett. d) � in rapporto di eccezione 
a regola rispetto ad un'altra competenza e cio� quella prevista dall'art. 51 
della legge 25 giugno 1865 n. 2359, anch'essa configuratasi come competenza 
per materia. Mentre la prima si fonda su un criterio di collegamento 
che attiene alla fattispecie espropriativa (natura deLl'opera per fa cui .realizzazione 
l'espropriazione � pronunciata) la seconda si basa su un criterio 
attinente al modo di determinazione dell'indennit� (la stima dei beni 
da parte del perito nominato dal tribunale ove si trovano i beni: artt. 31, 
32 e 51 legge 2359 del 1965). La norma contenuta nell'art. 19 della legge 
22 ottobre 1971, n. 865 configura anch'essa una competenza per materia, 
la quale valorizzando come criterio di coJilegamento il modo �di deteIIIIlinazione 
dell'indennit�, copre parte dell'area individuata dall'art. 51 della 
legge 25 giugno 1865 n. 2359 e ad essa deroga. Ne deriva che la sfera di 
competenza configurata dall'art. 140 lett. d) t.u. sulle acque, gi� sottratta 
all'ambito di applicazione dell'art. 51 della richiamata legge 2359 del 1865 
~on pu�, pertanto, ritenersi interessata dall'art. 19 della legge 865 del 

1971. (omissis). 


SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, s'ez. I penale, 7 maggio 1985 n. 4200 -
Pres. Di Marco -Rel. Catamo -Rie. P. G. presso Corte d'Appello di 
Venezia, Fasoli Marco, Galati Michele ed altri (parte civile: Ministero 
dell'interno rappr. e difeso dall'avv. dello Stato Nicola Bruni). 

Reato -Reato connessi -Connessione oggettiva ex art. 45, n. 1, c.p.p. in 
relazione all'art. 110, c.p. -Autonomia dei rapporti processuali in relazione 
ad ogni imputato -Sussistenza. 

Impugnazioni penali -Provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit� 
-Non � impugnabile. 

Reato -Delitto per finalit� di terrorismo e di eversione dell'ordinamento 
costituzionale -Attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 
1982, n. 304 -Incompatibilit� solo con l'aggravante di cui all'art. 1 
DJ.. 15 dicembre 1979, n. 625, conv. nella legge 6 febbraio 1980, n. 15 

e. con il delitto di cui all'art. 289 bis, c.p. 
Reato -Concorso di persone nel reato -Dissenso di taluno del compartecipi 
circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in danno 
della vittima designata, ma concordanza nel genere -Rilevanza giuridica 
del dissenso -Insussistenza. 

Nel caso di connessione oggettiva ex art. 45 c.p.p. in relazione al 
l'art. 110 c.p. vi � autonomia dei rapporti processuali in relazione ad ogni 
imputato ed a ciascun reato. 

Il provvedimento di rigetto di eccezione di incostituzionalit� non � 
soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di un presuppost� 
processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit�), 
di esclusiva competenza del giudice del processo. E~so ha come unico 
rimedio la riproposizione della questione in ogni grado del processo da 
parte dell'interessato dinanzi al giudice superiore. 

Le attenuanti previste dagli artt. 2 e 3 della legge 29 maggio 1982 

n. 304 sono incompatibili solo con il reato di cui all'art: 289 bis c.p. e 
con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, conv. nella 
legge 6 febbraio 1980, n. 15, lasciando conseguentemente intatto il libero 
concorso di tutte le altre circostanze e, quindi, l'obbligo della loro comparazione 
(art. 69 c.p.). 
Nel concorso di persone nel reato, il dissenso di taluno dei compartecipi 
circa la particolare specie di aggressione da perpetrare in daniw della 


PARTE I, SBZ. VITI, GIURISPRUDENZA PENALE 

vittima designata, quando vi concordi nel genere, � giuridicamente irrilevante, 
se non si traduce in un comportamento attivo teso ad impedire il 
pi� grave evento. 

(omissis) Il ricorso dell'imputato Massimo Gidoni va dichiarato inammissibile, 
avendo egli omesso, come si � visto, di presentare i motivi di 
impugnazione. 

Deve essere del pari dichiarato inammissibile il ricorso del P. G. nei 
confronti dello stesso Gidoni, nonch� degli imputati Michele Galati e 
Vittodo Olivero, per sopravvenuta rJ.nuncia all'impugna2lione da parte 
del P. M. ricorrente. 

Iii reato di falsit� in certificati amministrativi ascritto ad Emanuele 
Bugitti, Michele Galatd, Marco Fasoli e Marine1la Ventura trfontra obbiettivamente 
nell'ultimo provvedimento di clemenza, del quale per� non 
possono beneficiare i due ultimi imputati per i loro precedenti penali. 
La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata se:nza rinvio, in relazione 
a detto reato, solo nei confronti dei due primi imputati, i quali 
debbono essere affrancati della relativa pena, che si ritiene di determinare, 
sciogliendo in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. operato 
a riguardo dai giudici di merito, in 15 giorni di reclusione. 

La contravvenzione di detenzione abusiva di munizioni per armi comuni 
da sparo addebitata al menzionato Galati � estinta per ,prescrizione, 
essendo largamente decorso il corrispondente ter,niine legale, pur tenuto 
conto del suo prolungamento massimo per le intervenute cause di interruzione. 
La sentenza impugnata va, in conseguenza, annullata senza rinvio, 
riguardo a detto imputato, anche in relazione al reato in questione; e 
deve essere eliminata Ja relativa pena, ohe si reputa di determinare, sciogliendo 
anche qui in relazione ad essa il cumulo giuridico ex art. 81 c.p. 
operata a riguardo dai giudici di merito, in 30.000 lire di pena pecuniaria. 

Il ricorso di Emanuela Bugitti, nel resto, va dichiarato inammissibile, 
avendo ella omesso di presentare i' motivi di impugnazione. 

Il primo motivo del ricorso di Marco Fasoli, che per ragioni sistematiche 
va esaminato con precedenza rispetto agli altri ricorsi, proponendo 
delle questioni formali attinenti alla validit� dell'intero processo, con possibili 
effetti quindi, anche sui rapporti processuali riguardanti gli altri 
imputati, e sollevando inoltre una questione pregiudiziale di carattere costituzionale, 
� nettamente infondato. 

Uno dei principi fondamentali che aleggia su tutto il processo penale 
e che permea di s� l'intera struttura di esso � quello dell'autonomia dei 
relativi rapporti processuali in relazione ad ogni imputato ed a ciascun 
rea.to. E ci�, anche nel caso di connessione oggettiva ex art. 45, n. I, c.p.p. 
in relazione all'art. 110 c.p. La unitariet� del reato concorsuale, infatti, ba 
valore sostanziale, e non anche formale; per cui il suo accertamento giu



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO 

diziale non d� luogo ad un unico rapporto processuale, di carattere cumulativo, 
ma ad altrettanti rapporti connessi, quanti sono i concorrenti 
sottoposti a processo, avendo l'azione penale efficacia personale, e non 
reale, e riguardando quindi il giudicato ciascun � imputato condannato o 
prosciolto � (art. 90 c.p.p.), e non gJi eventuali concorrnnti rimasti fuori 
del giudizio, rispetto ai quali gli accertamenti in esso compiuti hanno 
valore meramente incidentale. (Cass. Sez. I, 24 febbraio 1982, P. G. Napoli). 


Il giudice di primo grado, pertanto, correttamente ha ordinato la separazione 
dei giudizi :Qei confronti degli imputati legittimamente impediti 
a comparire e non consenzienti alla celebrazione del dibattimento in loro 
assenza. Anzi, non poteva che comportarsi in quel modo (art. 497, com. 4�, 
c.p.p.), tratandosi di attivit� dovuta (salvo il rinvio del dibattimento � per 
evidente ed assoluta necessit� del giudizio �, non ravvisata nella fattispecie), 
per giunta sottratta a qualsiasi in1pugnativa di parte. 

Stante quanto si � detto, del tutto fuori luogo � l'argo.mento addotto 
dal giudice di secondo grado, riguardo alla intangibilit� del. provvedimento 
�de quo�, quello, cio�, della esclusione defila samli.one della nullit� 
per la violazione delle norme sulla connessione, non venendo qu� 
in discussione la competenza della Corte di Venezia, che � pacifica, ma le 
regole sulla separazione dei giudizi, in ordine alle quali di nessuna influenza 
evidentemente � la mancanza di qualsiasi sanzione per l'inosservanza j 
delle norme sulla connessione dei procedimenti. 

" 

Le stesse argomentazioni di cui innanzi valgono riguardo alla piena 
legittimit� del mancato accompagnamento coattivo in udienza dell'imputato 
Michele Galati, cui � da aggiungere che l'imputato, mentre nella fase 
istruttoria, anche se libero, non si pu� volontariamente sottrarre al contatto 
col magistrato inquirente, pena il suo accompagnamento coattivo 
(art. 261 c.p.p.), nel giudizio, invece, pu� scegliere di comparire o meno, 
anche se detenuto, essendo consentito il suo accompagnamento nei modi 
previsti dall'art. 429 c.p.p., solo quando la sua presenza sia necessaria 
per il compimento ,di atti di r�.cognizione o di confronto ~Cass., Sez. I, 
1 gennaio 1983, Pagliarulo, m. 158636), necessit�, evidentemente, non ravvisata 
nehla fattispecie. 

Anche il secondo motivo � infondato., 

� noto (Cass., S.U., 24 marzo 1984, Galli, in Giust. Pen., 1984, 2, 321 
e segg.) che il provvedimento di rigetto della eccezione di incostituzionalit� 
non � soggetto ad impugnazione, attenendo alla verifica (positiva) di 
un presupposto processuale (la inesistenza di una pregiudiziale di costituzionalit�), 
di esclusiva competenza del giudice del processo, che ha come 
unico rimedio la riproposizione della questione � all'inizio di ogni grado 
del processo� (art. 14 1. 11 marzo 53, n� 87) da parte dell'interessato 
(Cass., Sez. I, 21 ottobre 1982, Guida, m. 156.542, in Giust. pen., 1983, 2, 691 
e segg.) dinanzi al giudice superiore, il quale ne rivaluter� di bel n�ovo 


PARm I, SEZ. VIII, GIURISPRUDBNZA PBNALB 

la rilevanza e la eventuale manifesta iJ:?.fondatezza con gli stessi poteri 
e i medesimi risultati esercitati ed assicurati dal giudice del grado precedente 
del giudizio, senza che ci� implichi un riesame del suo operato 
a riguardo, trattandosi di una � renovatio �, e non di una � revisio prioris 
instantiae �. 

Si � osservato a riguardo che � appunto questo il motivo per cui il 
legislatore ha scelto come mezzo tecnico per la risoluzione in sede giurisdizionale 
della questione di legittimit� costituzionale la ordinanza, la quale, 
non essendo suscettibile di giudicato, consente la riproposizione della relativa 
ecce:ll�one, senza alcuna preclusione, in ogni grado ulteriore del 
processo. E l'eventuale suo inserimento formale nella sentenza dibattimentale 
non ne snatura il carattere di provvedimento puramente ordinatario, 
e non decisorio, essendo riservato il potere decisorio a riguardo unicamente 
alla Corte Costituzionale, le cui pronunce soltanto possono assumere 
valore di giudicato sulle questioni decise. 

Pertanto, essendo il provvedimento di rigetto della eccezione di illegittimit� 
costituzionale esterno alla sentenza conclusiva del grado del giudizio 
e gli eventuali suoi vizi indipendenti da possibili vizi di quest'ultima, 
i quali soltanto (e quelli connessi delle ordinanze impugnabili emesse nel 
giudizio: art. 200, com. 1�, c.p.p.) sono passibili di denuncia con ricorso 
a norma dell'art. 524, com. 1� c.p.p., � evidente che il ricorso contro di 
esso proposto sarebbe inammisibile. 

Si � tuttavia ritenuto (Cass., Sez. I, 12 marzo 1980, Grassini + 3) che 
H ricorso, inammiss.ibiJ.e come tale, .pu� essere considerato come riproposizione 
della eccezione di illegittimit� costituzionale, in virt� del principio 
di conversione degli atti giuridici, per cui l'atto invalido o inefficace 
ai suoi effetti. istituzionali propri pu� assumere un valore diverso e .pi� 
circoscritto quando contenga in s� gli elementi idonei a raggiungere af. 
fetti similari o pi� limitati, come � appunto nella fattispecie. 

Ma, pur ritenuta formalmente ammissibile, la sollevata eccezione di 
illegittimit� costituzionale va dichiarata nella sostanza manifestamente infondata, 
in base alla sentenza della Corte Costituzionale a suo tempo 
intervenuta sull'argomento 22 dicembre 1964, n� 115, in Giust. Pen., 
1965, I 40), la quale respinse un'analoga eccezione e rispetto alle cui argomentazioni 
non sono stati avanzati in questa� sede profili nuovi e diversi 
di illegittimit� della disposizione impugnata. 

Vanno ora esaminati, congiuntamente, i motivi di ricorso del Varisco, 
del Galati e dell'Olivero, con cui il primo lamenta il mancato riconoscimento 
in suo favore dell'attenuante speciale di cui all'art 3, com. 1�, 

L. 29 maggio 1982, n� 304, anzich� di quella prevista dal precedente art. 2, 
e gli altri due imputati di quella di cui al comma secondo dello stesso 
art. 3, in aggiunta alla attenuante prevista dal comma primo, motivi che 
hanno valore centrale nell'economia del processo. 

512 

RAS$EGNA DELL'AVVOCATUl�\ DELLO STATO 

Con un doloroso e temporaneo strappo all'essenza stessa del diritto 
penale, almeno nella sua concezione tradizionale, quale ultima frontiera 
approntata dall'ordinamento giuridico �a tutela del minimo etico, in coincidenza 
con il periodo di pi� acuta emergenza della risposta dello Stato 
al criminale attacco alle sue istituzioni da parte delle forze eversive, il 
Parlamento, nella sua piena sovranit�, ha ritenuto di venire per cosi 
dire, a patti, se non con le formazioni terroristiche, con i suoi componenti, 
adottando ~t.ia serie di provvedimenti mirati, fortemente differenziati 
negli effetti, tendenti tutti al recupero alla societ� civile dei ten'Oristi 
o, almeno, alla loro neutralizzazione, ed alla conseguente progressiva 
riduzione, sino alla dissoluzione finale, delle formazioni di appartenenza. 

Si tratta della discussa L. 29 maggio 1982, n� 304, contenente misure 
per la difesa dell'ordinamento costituzionale. 

Per limitare il discorso ai provvedimenti previsti dagli artt. 2 e 3 di 
detta legge, oggetto immediato dei discorsi in questione, si deve dire 
che il primo di detti articoli prevede una generosa attenuazione della 
pena � per gli imputati di uno o pi� reati commessi per finalit� di 
terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, i quali, tenendo 
prima della sentenza definitiva di condanna uno dei comportamenti pre


. visti dall'art. 1, abbiano disciolto o determinato lo scioglimento dell'associazione 
o della banda di appartenenza oppure. abbiano receduto 
dall'accordo, si siano ritirati dall'associazione o dalla banda, ov\rero si 
siano consegnati senza opporre resistenza o abbandonando le armi ed 
abbiano fornito dn tutti i casi ogni informazione sulla struttura e sulla 
organizzazione dell'associazione o della banda oppure, ancora, abbiano 
impedito comunque che fosse compiuta l'esecuzione dei reati per cui l'associazione 
o la banda era stata formata), rendano, in qualsiasi fase o grado 
del giudizio, piena confessione di tutti i reati commessi e si siano adoperati 

o si adoperino efficacemente durante il processo per elidere o attenuare 
le conseguenze dannose o pericolose del reato o per impedire la commissione 
di reati connessi a norma del n. 2 dell'art. 61 c.p. �. 
Si tratta, come risulta dalla stessa rubrica dell'articolo in questione, 
dell'attenuante della cosiddetta � dissociazione �. 

Essa si fonda su una particolre speci� di ravvedimento operoso del 
colpevole e trova una certa qual rispondenza, nella legge ordinaria, nella 
seconda ipotesi di attenuante di cui al' n� 6 dell'art. 62 c.p. differenziandosene 
tuttavia nettamente per la portata e per la complessit� dei 
suoi elementi costitutivi. 

In realt� le due attenuanti hanno in comune solo lo attivarsi del 
colpevole, dopo .Ja consumazione del reato, in modo efii�icace a fini di giustizia, 
che per� nell'ipotesi prevista nella seconda parte del n. 6 dell'art. 62 

c.p. deve essere spontaneo, manifestarsi prima del giudizio e riguardare 
unicamente l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze dannose o 
pericolose del reato commesso, laddove nell'ipotesi prevista dall'articolo 

PARTB I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PBNALB 

in questione, a parte che deve essere preceduto dai particolari comportamenti 
previsti dai due primi commi dell'art. l, deve esS'ere inoltre accompagnato 
dalla piena confessione di tutti i reati commessi, pu� avvenire in 
qualsiasi fase o grado del processo, non � necessario che sia spontaneo 
e pu� tendere anche ad impedire ila commissione di reati connessi a 
norma dell'art. 61, n� 2, c.p. 

Malgrado queste anomalie, l'attenuante in questione, tuttavia, trova 
una qualche possibilit� di inquadramento nel sistema penale ordinario. 

Quella che 'invece rappresenta una vera e propria rottura con i princ�pi 
che sono alla base di esso, � l'attenuante p:r;evista dal successivo 
articolo tre, che va sotto il nome, risultante anche qui dalla rubrica, di 
� collaborazione �. 

Il menzionato articolo concede una riduzione di pena ancora pi� generosa 
all'imputato di reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione 
dell'ordinamento costituzionale, che, �prima della sentenza definitiva 
di condanna, tiene uno dei comportamenti previsti dall'art. 1, primo 
e secondo comma, rende (anche qu�) piena confessione di tutti i reati 
commessi e aiuta l'autorit~ di polizia o l'autorit� giudiziaria nella raccolta 
di prove decisive per l'individuazione o la cattura di uno o pi� autori di 
reati commessi per la me<;lesima finalit� ovvero fornisce comunque elementi, 
di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta 
degli autori di esso�. E concede poi (com. 2�} un'ulteriore riduzione di pena 
quando i menzionati comportamenti di collaborazione siano di � eccezionale 
rilevanza �. 

A parte i tratti comuni con la precedente attenuante, � da dire che 
quella in parola � caratterizzata da due comportamenti alternativi. Il 
primo � costituifo dall'aiuto (sembra evidente il riferimento all'art. 225 bis 
c.p.p.) offerto alla polizia o all'autorit� giudiziaria nella raccolta di prove 
decisive, che quindi possono anche non essere direttamente fornite dal 
collaboratore, per l'individuazione o la cattura di uno o pi� autori di reati , 
commessi per la medesima finalit�, e non quindi per il semplice accertamento 
dei reati e dei loro autori. 

Il secondo consiste, invece, proprio in questo, ossia nel fornire elementi 
di prova rilevanti per l'esatta ricostruzione del fatto e la scoperta 
dei suoi autori. 

Il primo si svolge, per cosi dire, all'esterno del processo, il secondo al 
suo interno. 

Entrambe le attenuanti di cui si � parlato sono compatibili con 
tutti i reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento 
costituzionale, eccetto solo, come da espressa riserva contenuta 
nei due articoli in questione, il �delitto di cui all'�rt. 289 bis c.p. ossia il 
sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, ed incompatibili 
con l'aggravante di cui all'art. 1 d.l. 15 dicembre 1979, n� 15, la 


514 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

quale diviene in conseguenza inoperante (art. 2, c.p.v. e art. 3, com. 3�, 

1. 29 maggio 1982, n. 304). 
Questo rilievo offre il destro per dimostrare l'assoluta infondatezza 
dell'assunto del P. G: ricorrente, secondo cui, riprendendo la tesi sostenuta 
a riguardo dal giudice di primo grado e contrastata dal P.M. appellante, 
una volta riconosciuta una delle attenuanti speciali in questione, non si 
pu� pi� far ricorso n� alla concessione di ulteriori attenuanti n� alla 
comparazione con eventuali aggravanti. Se cos� fosse, infatti non vi sareb


1be stato bisogno delle menzionate dispoS!izioni di chiusura dei due articoli 
in questione, le quali hanno escluso solo l'efficacia operativa dell'aggravante 
di cui al menzionato art. 1 D.L. 15 dicembre 1979, n� 625, convertito 
nella L. 6 febbraio 1980, n� 15, lasciando evidentemente intatto, per il 
resto, il libero concorso di tutte le altre circostanze e,, conseguentemente, 
l'obbligo della loro comparatlone (art. 69 cip.), anche se l'infiluenza deHe 
eventuali aggravanti e del giudizio di prevalenza di esse su1le menzionate 
attenuanti speciali � rigidamente condizionata dal limite massimo di pena 
invalicabilmente imposto in caso di riconoscimento di queste ultime (21 
anni di reclusione al posto dell'ergastolo e 15 anni di reclusione per le 
altre pene, per la prima di esse, 12 anni di reclusione al posto dell'erga


I

stolo e 10 anni di reclusione p�r le altre pene, per la seconda). 

~ 

Questa considerazione offre poi lo spunto per dimostrare l'erroneit� 

I ~ 

della concezione del giudice di appe~lo �sulla efficacia operativa delle at� 
tenuanti speciali in questione, che si vorrebbe fosse esclusa o, almeno, 
ridotta riguardo ai fatti pi� gravi. � ad evitare un trattamento del tutto 
inadeguato, al limite dell'iniquit�, in relazione ad episodi della gravit� di 


I

quelli � oggetto dal processo, laddove i menzionati parametri di pena pre., 


visti nelle relative norme dimostrano l'esatto contrario, ossia la loro ap


plicabilit�, per giunta obbligatoria, e non meramente facoltativa, a reati 

gravissimi, puniti anche con l'ergastolo, come appunto quelli commessi 

dai prevenuti. 

C'� infine da osservare, sempre a proposito della concezione del giudice 

d'appello sulle attenuanti in parola, che la asserita odiosa discriminazione 

a danno dei semplici gregari dei grandi capi, che invece risulterebbero 

favoriti dalla legge, � un mero accidente, una conseguenza di fatto non 

voluta, anche se prevista o, almeno, prevedibile. 

Lo Stato, infatti, non poteva lasciare sbranare quasi impunemente 

i suoi figli migliori dalle mute fameliche delle bande eversive, acconten


~ 

tandosi di una loro postuma, sospetta contrizione. Poteva, tutt'al pi�, come 

~ 

ha fatto, risparmiare qualche elemento, anche tra i pi� rabbiosi, a 
condizione di tirarsi dietro, con i suoi sinistri richiami e far cadere nella fil 
i: 


I ~ 

rete, se non l'intera muta, almeno una parte di essa. Diritto penale degli 
interessi, quindi, e non dei val.od. 


I 

--. ii: 

~ 

.�{:::=Y&m,,..:;l'=,,..:;:r�i::=.�~==t:::r.;-=�=:::r+.::=z::@~�"''..:;:;,:;::-,zJIW,wtr,;:#t,:::::=t=/%{:mh~'i,,.::::{,".lllt.,,,.% 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Occorre ora esaminare il motiivo di ricorso con cui Michele Galati 
contesta la ritenuta sua partecipazione all'omicidio in danno dell'ing. Gori. 

Dalle sue stesse affermazioni risulta, come si � prima visto, che all'epoca 
del fatto egli, insieme a Marco Fasoli, Marinella Ventura, Vincenzo 
Guagliardo e Nadia Ponti, era componente della direzione della colonna 
veneta delle BR e che tale rimase, sebbene, a suo dire, momentaneamente 
�congelato�, pur dopo il suo asserito dissenso circa la specie di intervento 
armato da operare ai danni della direzione del Petrolchimico di Porto 
Marghera, sul genere del quale tuttavia concordava pienamente. 

Stando cosi le cose in punto di fatto, le conseguenze in diritto trattene 
dai giudici di merito sono assolutamente ineccepibili. 

Se gi�, infatti, nel normale concorso di persone nel reato, impJ.icrunte 
solo un accordo contingente ed occasionale tra i compartecipi, il dissenso 
di taluno di essi circa la particolare specie di aggressione da perpetrare 
in danno della vittima designata, quando vi concordi nel genere, � giuridicamente 
irrilevante, se non si traduce in un comportamento attivo, 
teso ad impedire il pi� grave evento, non bastando a scindere la responsabilit� 
del dissenziente, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 116, cpv. 
c.p., la semplice inerzia di fronte ai prevaricatori (Cass., Sez. 1, 23 febbraio 
1983, P. G. Salerno), tanto pi� ci� � vero, allorquando il preteso 
dissenso si manifesta all'interno di un organo deliberante, che � a capo 
di una banda criminale, istituzionalmente diretta al compimento di efferati 
delitti, e rimane, per giunta, allo stato di platonico contrasto dialettico 
con gli altri componenti de11'organo, dei quaJi sti finisce per 
accettare la decisione finale. 

Ci�, senza dire, come ha esattamente rilevato il giudice d'appello, 
che anche a considerare la volont� del ricorrente isolatamente da quella 
degli altri componenti della direzione della colonna, contro il principio 
della unitariet� ed inscindibilit� delle decisioni collegiali, egli non sfuggirebbe 
ugualmente alla responsabilit� per l'omicidio in questione, sussistendo 
il relativo elemento psicologico sotto lo aspetto del dolo eventuale. 
A parte, comunque, la sua responsabi1it� almeno ex art. 116, cpv. c.p. 

Va ora esaminato H motivo di ricorso con cui Vittorio Olivero contesta 
la ritenuta sua responsabilit� per il delitto di introduzione senza 
licenza nello Stato di armi da guerra, sostenendo la mancanza in lui del 
relativo elemento psicologico del reato; onde avrebbe dovuto essere ritenuto 
responsabile dei diversi delitti di detenzione e porto illegale delle 
stesse armi. 

La censura � nettamente infondata. A parte la ritenuta conoscenza 

da parte dell'Olivero della provenienza estera delle armi da lui ricevute al 

momento deUo sbarco, che, essendo correttamente motivata, � incensu


rabile in questa sede, �l'eventuale ignoranza a riguardo non varrebbe egual


mente ad escludere fa sua responsabilit� in ordine al reato in questione 

ed a �radicare quella, sostitutiva, per detenmone e porto illegale di armi da 


516 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

guerra, ma, ferma restando l'astratta configurazione anche cli quest'W.ti.ma 
responsabilit� a carico suo e dei concorrenti, non omologabile per� in concreto 
per mancanza di contestazione, e quindi di giudizio, a riguardo, 
lascerebbe intatta la prima, sia pur(( in forma attenuata ex. art. 116, cpv, 

cpv, c.p. 

Passando all'esame del motivo di ricorso con cui Andrea Varisco lamenta 
la mancata concessione della libert� provvisoria e della sospensione 
condizionale della pena, � possibile in appello in conseguenza della -n: 
duzione di pena concessagli, si deve dire che entrambe le censure sono 
infondate. 

La libert� provvisoria non gli poteva essere concessa perch� siffatto 
beneficio � previsto dall'art. 6 L. 29 maggio 1982, n� 304, solo per gli 
imputati di reati commessi per finalit� di terrorismo o di eversione dell'ordinamento 
costituzionale cui sia stata riconosciuta l'attenuante di cui 
al secondo comma dell'art. 3, mentre il ricorrente ha goduto solo di quella 
prevista dall'art. 2. 

Quanto� ai! beneficio della sospensione condizionale delJ.a pena, � da 
escludere, contrariamente a quanto preteso dal ricorrente, c~e il giudice sia 
obbligato ad esaminare la questione di ufficio e sia, in conseguenza, 
tenuto a motivare a riguardo anche nel caso di mancata sua concessione. 

Trattandosi infatti di un potere discrezionale, .se il giudice fosse tenuto 
a motivare anche in ordine al suo mancato esercizio, esso finirebbe 
di essere tale e si trasformerebbe in un'attivit� dovuta, cui corrisponderebbe 
un interesse protetto dell'imputato; laddove questi � titolare di un 
semplice interesse di fatto, sprovvisto di qualsiasi tutela giuridica, che 
d� luogo ad una mera aspettativa nei confronti del potere del giudice e 
che assume la veste di interesse protetto solo nel caso di esercizio di siffatto 
potere, dovendosi esso svolgere nelle forme previste dalla legge, alJa 
cui osservanza le parti del rapporto penale (imputato e P. M.) hanno interesse 
nella misura in cui essa pu� influire sulla correttezza o meno 
della concessione del beneficio in parc'.>la (Cass., Sez. l, 10 ottobre 1980, 
Rosta). 

Diverso � il caso in cui la concessione del beneficio sia stata oggetto 
di una specifica richiesta nei motivi di appello, come appunto � avvenuto 
nella fattispecie. In tal caso il giudice � tenuto ad interloquire a riguardo, 
non in virt� di un inesistente dovere d'ufficio, bensi in conseguenza del 
principio di devoluzione (art. 515, com. I, c.p.p.). e la mancanza di motivazione 
sul punto costituisce indubbiamente causa di nullit�"della sentenza 
d'appello. 

Senonch�, una elementare regola di ermeneutica giudiziaria insegna che 
la motivazione su un singolo punto deha controversia non deve essere 
necessariamente giustapposta ad esso, mentre un importante principio 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

di , logica formale stabilisce che, la conclusione pu� essere anche tratta 
con argomentazione � a fortiori �, 

Pertanto, avendo il giudice d'appello escluso nei confronti del ricorrente 
il beneficio della libert� provvisoria, peraltro, per la ragione gi� 
vista, non consentito dailla legge, in consideramone dehla � ri.levante gravit� 
del fatto e la conseguente pericolosit� de1l'imputato �, � evddente ohe 
con ci� stesso, ed a maggior ragione, ha escluso, implicitamente, la concessione 
del pi� importante beneficio della sospensione condizionale della 
pena. 

Passando ora all'esame del motivo con cui Marco Fasoli, Marinella 
Ventura, Sandro Gailletta e Vittorio Olivero, ciascuno per proprio conto, 
denunciano difetto di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti 
generiche, si deve dire che esso, pur essendo fondato nella forma, 
� ininfluente nella sostanza. 

Le uniche condizioni di legittimazione delle attenuanti generiche sono 
la sussistenza di � altre circostanze diverse � da quelle � previste dall'art. 
62 � e, si deve aggiungere, da quelle, comuni o speciali, contemplate 
da altre disposizioni di legge e la libera determinazione del giudice 
di � prendere in considerazione � siffatte circostanze, al fine di concedere 
all'imputato �una diminuzione di pena� (art. 62 bis c.p.). 

Si tratta, come si vede, di due elementi positivi, che, se concorrenti, 
non possono essere ostacolati da eventuali elementi negativi, non previsti 
dalla norma in questione. 

Le attenuanti generiche infatti non costituiscono un diritto quesito 
dell'imputato, da escludere eccezionalmente in presenza di speciali moti� 
vi di demerito, ma un beneficio, da elargire, solo ricorrendo particolari 
condizioni di merito. 

Pertanto, qualora sussista una circostanza di valore positivo del tipo 

indicato e il giudice ritenga di falorizzarla al predetto fine, l'attenuante 

in parola pu� essere concessa indipendentemente dal concorso a carico 

dell'imputato di circostanze di valore negativo. 

In conseguenza, il diniego delle attenuanti generiche non pu� essere 

motivato con il richiamo a quest'ult.no tipo di circostanze, bens� con il 

riferimento alla sussistenza di circostanze di valore positivo o alla loro 

irrilevanza, a parere del giudice, al fine della diminuzione della pena. 

La motivazione della sentenza d'appello, che si � rifatta, come ad ele


menti ostativi, alle condizioni soggettive degli imputati ed alle modalit� 

dei fatti loro ascrdtti, � quindi giuridicamente errata. 

L'errore, tuttavia, non ha avuto influenza sulla decisione, atteso che 

nel confermato diniego del beneficio � implicata una valutazione negativa 

circa la esistenza e la rilevanza di eventuali circostanze favorevoli (nello 

stesso senso, si vedano: Cass., Sez. I, 1� luglio 1982, settembre; Cass., 

I, 20 ottobre 1982, Grimaldi; Cass, Sez,, I, 17 dicembre 1982, Donnarumma, 


518 

RASSEGNA DEI.L'AVVOCATURA DELLO STATO 


m. 157339; Cass., Sez. I, 24 febbraio 1983, Carta; Cass., Sez. I, II febbraio 
1983, Parrilla). 
Va comunque osservato che, trattandosi di circostanza meramente 
facoltativa, i cui elementi costitutivi, cio�, consistono, oltre che nella 
speciale condizione di fatto valori.ata dalla nonna, anche in una componente 
di carattere potestativo, 1 identificantesi con ia opposizione del 
giudice circa l'efficacia operativa della circostanza stessa, � evidente che 
essa pu� essere negata anche in presenza della sua specifica condizione 
di legittimazione. Questa, infatti, se � necessaria per la sua concessione, 
non � tuttavia sufficiente, dovendovi concorrere la libera determinazione 
del giudice, la quale ha anzi valore prevalente nell'economia di tale circostanza. 
Se non fosse cos�, d'altra parte, cadrebb,e ogni differenza sul 
piano concettuale e pratico tra circostanze obbligatorie e circostanze 
facoltative. 

Il potere discrezionale del giudice a riguardo non pu� tuttavia non 
rimanere condizionato dalle caratteristiche, positive o negative, del reato 
e del suo autore. Sotto quest'aspetto ed entro questi limiti, vi pu� essere 
un'influenza degli elementi di valore negativo nell'economia delle circostanie 
attenuanti generiche, nel senso di escluderne la opportunit� della 
concessione, pur in presenza della relativa condizione di legittimazione. 

I restanti motivi delle parti sono infondati, avendo il giudice d'appello 
perfettamente motivato sui corrispondenti punti con appropriate argomentazioni 
in fatto, che, per essere corrette sotto l'aspetto logico, sfuggono 
al controllo di mera legittimit� riservato alla Suprema Corte, specialmente 
quando, come appunto nella fattispecie, le critiche, sotto le 
apparenze formali delle denunce di legittimit�, introducono delle vere e 
proprie censure di merito e tendono in pratica a conseguire un riesame 
del fatto, al fine di una sua ricostruzione pi� fav9revole, alternativa a 
quella operata dal giudice di appello, impossibile, non solo direttamente 
in Cassazione, ma neppure suo tramite. 


PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


LA PROVA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (*) 

Premessa 

1. -Il Convegno di studi dedicato alla prova ba seguito, a distanza 
di appena una settimana, un incontro-dibattito sullo stesso tema tenutosi 
presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma. 
La circostanza non � certo causale e dimostra una volta di pi� lo stato 
di crisi del processo amministrativo, le cui strutture vanno collezionando 
le meno lusinghiere definizioni ed l:!,ggettivazioni quali � asfittiche � ed 
� obsolete �, per non citarne che due. 

In effetti, la scarna ed arcaica normativa che tuttora regge il processo 
amministrativo poteva essere sufficiente quando questo si svolgeva 
in un unico grado ed era volto a decidere quasi esclusivamente azioni 
di impugnazione. 

L'estendersi delle ipotesi di giudizi su rapporti ha determinato una 
vera e propria crisi di carenza strutturale, superata solo iin virt� della 
dutti.Lit� de1la giurisprudenza amministrativa che, grazie alle sue celebrate 
virt� pretorie, materiate di fantasfa e di rigore giunidico, � riuscita a far 
rientrare neJle anguste vesti dell'originario processo tutta una nuova 
materia con esso incongruente (si pensi, ad esempio, al modo in cui � 
stato superato il problema del termine di decadenza per le azioni aventi 
ad oggetto il recuJ>ero di somme spettanti a pubblici dipendenti). 

La generalizzazione del doppio grado, con l'istituzione dei Tribunali 
Amministrativi Regionali, ha determinato, poi, una crisi di tipo � tecnologico
�, involgendo una problematica processuale ben nota da tempo al 
giudizio civile ma fino allora priva di interesse per il processo amministrativo, 
che era, quindi -ed � tuttora -sfornito del necessario stmmentario. 


Il travaglio e l'esigenza di trasformazione, d'altronde, non sono solo 
del processo amministrativo, ma anche della disciplina sostanziale della 
materia nella societ� contemporanea. 

Il nostro diritto amministrativo tradizionale sembra attraversare delle 
vere e proprie � crisi di identit� )) in relazione al nuovo atteggiarsi dello ' 
stato contemporaneo e della societ� che rappresenta, alla c.d. � fuga nel 
diritto privato� (1), alle nuove dimensioni ed alle diverse forme di inten


(*) L'articolo in rassegna � tratto da una relazione presentata al Convegno 
di studi cos� intitolato tenutosi, ad I�iliZiativa della Societ� Italiana degli 
Avvocati Amministrativistli, presso il Consiglio di Stato il J.8 maggio 1985. 

(11) M. N1GR0, Giustizia amministrativa, III ed., TI Mulino, Bologna 1983, 34. 

88 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

vento dell'Amministrazione, ai nuovi punti emergenti di bilanciamento fra 
principio di libert� e principio di autorit�. 

Non pu� sorprendere allora che tra crisi del diritto e crisi del processo 
eme1.1ga, come eentro di interesse, il punto noda~e della prova. L'istituto 
probatorio costituisce, infatti, in ogni giudizio il � punto di contatto del 
diritto processuale con il diritto sostitnziale, il momento nel quale il diritto 
sostanziale incide sulla struttura ed essenza stessa del processo� (2). Tanto 
vero che le norme sul sistema istruttorio non sono norme di diritto processuale, 
ma norme di diritto sostanziale. Non a caso la prova � stata definita 
come � complemento del fatto nella fattispecie � (3) e non per caso il sistema 
istruttorio civile � disciplinato nella sua statica dal codice civile e 
non da quello di procedura, in quanto quest'ultimo contempla solo il momento 
dinamico dello svolgimento delle prove nel processo. 

Non a caso, infine, il collegamento tra processi in nome dell'unit� della 
giurisdizione � interrotto quando il collegamento stesso, comportando interferenze 
fra due regole di giudizio diverse, venga ad incidere sulla disciplina 
sostanziale dei rapporti, come insegna l'art. 28 del c.p.p.. Non esiste, 
cio�, una sola verit� processuale, ma tante verit� quanti sono i tipi di 
processo. I 

2. -Situazione normativa e prospettive de iure condendo. 
Una vera e propria normativa sulla prova nel processo amministra� 
l!ivo, in realt�, come recentemente � stato ricordato in autorevole sede, 
non esiste, perch� manca innanzitutto la norma chiave del sistema proba� 
torio: quella che detta :la rngola di giudizio del processo, cos� come per il 
processo civile ne esiste una che afferma il principio dell'onere probatorio 
e per il processo penale altra che afferma il principio del libero convincimento. 
Difatti la regola di giudizio del processo amministrativo -il c.d. 
�onere del principio di prova�, di cui tra poco diremo -� creaziOne 
pretoria. 

Fino alla legge istitutiva dei T AR unica norma sulla prova era il fa. 
moso -o famigerato -art. 44 del t.u. C.d.S., la cui origina.ria formula� 
zione risale addirittura al 1889 e che non disciplinav~ prove ma una sorta 
dli rinvio dell'affare datl Consiglio di >Stato aH'Ammimistrazione per un 
prosieguo di istruttoria del procedimento. 

Il ricorso alla IV sezione fu infatti originariamente concepito in fun. 
zione di un sindacato di tipo cassatorio interno all'Amministrazione, un 
sindacato in cui il rapporto fra Consiglio di Stato e organo di amministrazione 
attiva il cui atto era stato. impugnato era .lo stesso che <passa, nel 
processo civile, fra Cassazione e giudice di merito. 

,(2) F. SATTA, Principi di giustizia amministrativa, ed. 1978, 233. 
{3) F. SANTORO PASSAREU.I, Dottr. gen. del diritto civile, Jovene, Napoli, 
1954, 270. 

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PAR'l'E ll, QUESTIONI 89 

Tanto era radicata questa convinzione che quasi vent'anni dopo, all'atto 
dell'introduzione de11a competenza di merito della V Sezione, la si 
individuava non gi� alla stregua del criterio legittimit�-opportunit� ma di 
quello della conoscibilit� del fatto (d'altronde in Francia data solo dal 
1916 la conoscibilit� del fatto da parte del Consiglio di Stato) (4). 

Coerentemente, quindi, il legislatore del 1889 non dett� una normativa 
di tipo probatorio per un giudizio che aveva il diritto come unica (e sufficiente) 
regola di s� stesso. 

Comunque, leggendo l'art. 44 in chiave moderna e trasferendo le 
espressioni ivi formulate dal procedimento al processo (cos� come ha fatto 
la giurisprudenza), si constata che i mezzi previsti sono l'istruttoria documentale, 
i chiarimenti e le verificazioni. 

A questo � alfa ed omega � dell'istruttoria amministi;:ativa non sembra 
aggiungere nulla n� dl secondo comma della norma, che prevede per i 
giuddzi di merito tutto l'armamentario del Codice dd Procedura Civile, 
perch� i giuddzi di merito costitwscono rara avis; non sembra ag~ungere 
nulla neanche la serie degli articoli del regolamento di procedura, ohe 
non disciplinano il sistema istruttorio, ma disciplinano il modo di acquisizione 
delle prove nell'ambito del processo. 

Poco aggiunge anche la legge sui TAR, che amplia modestamente i 
poteri istruttori del Presidente, ed ha riguardo pi�.all'istruzione preparatoria 
che a quella probatoria. Pi� significativo appare l'articolo 16 della legge 
sui suoli che prevede la possibilit� di disporre perizie, pur nel suo limitato 
ambito di applicazione. 

Indubbiamente con l'introduzione della perizia (anche se non della 
consulenza tecnica!) le acque hanno cominciato infatti a muoversi e nella 
stessa linea di tendenza troviamo la legge 20 marzo 1980, n. 75, sul trattamento 
di quiescenza dei dipendenti statali, la legge 24 marzo 1981, n. 145, 
sull'Azienda Autonom� di Assistenza al Volo e la legge-quadro sul pubblico 
impiego. 

Il che sembra indicare per� non molto di pi� afuna dichiarazione di 
intenzioni del legislatore e specificamente indirizzata alla giurisdizione 
esclusiva. 

Quanto alla prospettazione de iure condendo, giover� ricordare il disegno 
di legge di iniziativa governativa n. 1353 presentato il 29 febbraio 1984, 
e quello di iniziativa parlamentare n. 1803 che ricalcano in parte qua la 
tendenza a trapiantare pi� o meno integralmente nel processo amministra1livo 
regole ed istituti del processo civile; una tendenza che .si pone nel 
solco di una lunga tradizione di disegni di Jegge che !legge non divennero 
mai. 

(4) Arret GoMEL, 14.1�1916 citato in Auby-Drago, Trait� du Contentieux 
Administratif, Parigi 1962, III, 65. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

3. -Considerazioni critiche: la giurisdizione esclusiva. 
A tal punto sembra necessario chiedersi se sia esatto concepire il processo 
amministrativo come struttura unitaria, unitariamente disciplinabile 
o s�, per caso, l'unit� della veste esteriore, giustificata all'origine, non 
contenga, invece, dentro di s� almeno due diverse sostanze, non riducibili 
ad unica disciplina. Sembra che la seconda risposta, che gi� si profilava 
valida sin dal 1923, quando fu attribuita al giudice amministrativo una 
competenza a giudibare in via esclusiva in materia di impiego pubblico, 
sia oggi l'unica accettabile. 

In sede di giurisdizione esclusiva, quanto meno per la massima parte 
di essa, il giudice � chiamato a decidere un conflitto tra posizioni omo


. genee, uguali e di segno contrario, sl che la parte resistente meglio potrebbe 
qualificarsi parte convenuta, in perfetta analogia con quanto awviene 
nel processo civile. In tale tipo di giudizio, opportunamente esteso dalla 
legge istitutiva dei TAR alla materia delle concessioni e che appare in via 
di espansione, la omogeneit� delle controversie giudicabili con quelle oggetto 
del giudizio civile giustifica -ed anzi richiede -una estensione 
della normativa contenuta nel relativo codice di procedura. Nell'un caso 
come nell'altro si tratta, infatti, di applicare norme di relazione e la sporadica 
applicazione di norme di azione da parte del giudice amministrativo in 
sede di giurisdizione esclusiva non appare effettualmente molto diversa da. 
una qualsiasi disapplicazione incidenter tan_tum operata dal giudice ordinario. 
Una tale estensione delle regole e delle garanzie del processo 
civile appare, in questi casi, oltretutto, necessaria per evitare una disparit� 
di trattamento di dubbia costituzionalit� -gi� d'altronde denunziata in 
danno dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, disparit� tanto 
pi� grave se si considera che la linea di tendenza evolutiva tende a ridurre 
sempre pi� le differenze tra le due categorie di prestatori di lavoro, in 
quanto, se, da un lato, il rapporto privato appare sempre pi� presidiato 
da garanzie di tipo squisitamente pubblicistico (si pensi alla � giusta 
causa�, al nuovo rito del lavoro, allo. Statuto dei lavoratori), dall'altro 
comincia a sfumarsi il momento autoritativo nella regolamentazione del 
rapporto di impiego pubblico, che si � andata � contrattualizzando �, 

Probabilmente il giudice amministrativo potrebbe addirittura applicare 
pretoriamente le norme probatorie civili, come gi� autorevolmente 
sostenuto (5) in considerazione della loro natura sostanziale e del contrasto 
con i principi della Costituzione che comporterebbe una interpr~tazione del 
sistema in chiave restrittiva. 

(5) V. CAIANIELLO, Lineamenti del processo amministrativo, za ed 1979, 
UTET, Milano, 440. 

91

PARTE II, QUESTIONI 

4. -Segue: la giurisdizione di legittimit�. 
Tutt'altro discorso va invece fatto per la giurisdizione generale di legittimit�, 
con la sua innegabile struttura di un giudizio sull'atto. 

Non si vogliono certo ignorare le insufficienze del sistema, n� la sua 
obsolescenza n� le pressanti esigenze che spingono ad un suo rinnovamento 
n� le aperture normative e giurisprudenziali che dilatan� e talvolta 
aprono brecce nelle maglie ormai consunte di una antiquata gabbia, ma 
non v'� dubbio che le attuali. strutture del diritto e del processo amministrativo 
rispondono a ragioni sistematiche, storiche e normative che contrastano 
con non poche delle innovazioni auspicate, quanto meno nella sede 
in cui vengono proposte. 

Il modello anglosassone cui spesso viene fatto riferimento si fonda, 
infatti (o forse sarebbe meglio dire: si fondava) su di un totale rifiuto 
del regime amministrativo. Si ricordi, in proposito, la paradossale definizione 
di Fitzjames-Stephens (che dipinge peraltro un quadro anteriore 
all'avvento dello welfare state): �In questo paese la polizia non � stata 
mai considerata come un corpo distinto dalla generalit� dei cittadini. Il 
principio �.che un poliziotto, secondo la � common law � � soltanto qualcuno 
pagato per fare, in adempimento di un dovere, atti che, se lo avesse 
voluto, avrebbe potuto fare volontariamente � (6). 

Questo essendo il sistema, appare chiaro come nulila possa mutuarsene 
dal nostro, tuttora ancorato ad un regime amministrativo e ad una autorit� 
amministrativa e ad un suo esprimersi �per atti� anche se non 
in via esclusiva. 

N�, riferendoci a Paesi a regime amministrativo, pu� .giovare il richiamo 
alle migliori tutele offerte dai sistemi francese e tedesco, in cui il 
discrimine delle competenze, basato sulla materia e non sulla situazione 
tutelata a fronte di un atto, consente ben pi� radicali evoluzioni. 

Da noi, avendo il legislatore del 1865 utilizzato l'atto amministrativo 
in funzione di limite alla competenza del giudice civile, ed il diritto soggettivo 
come oggetto del suo giudizio fu giocoforza la costruzione singolarissima 
dell'interesse legittimo come situazione tutelabile dinanzi al 
giudice amministrativo, quando questo venne istituito e ine'itabile la 
costruzione del relativo giudizio come giudizio sull'atto. 

La forza delle tradizioni, o forse il conservatorismo degli uomini di 
legge, hanno poi fatto s� che cos� l'interesse legittimo come posizione 
sostanziale come la giurisdizione amministrativa intesa come giudizio 
sugli atti venissero cons~crati a tutte lettere nella Carta Costituzionale 
e questo � un dato che non pu� essere trascurato, s� che ancora oggi la 
stessa dottrina che ha dedicato i pi� eleganti ed approfonditi sforzi al 

(6) P. Hmvrrr, The abuse of power, Oxford, 19S2, 56. 

92 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

rinnovamento del processo ari�ninistrativo riconosce ancora nello schema 
della impugnazione dell'atto la sua spina dorsale (7). 

Il processo amministrativo conserva, d'altronde, la sua caratteristica 
ambiguit� che gli deriva dalla sua origine non giurisdizionale e dalla doppia 
parte in commedia che il giudice amministrativo deve svolgere: protettore 
delle prerogative del potere pubblico, da un lato, garante dei diritti 
del cittadino, dall'altro. 

In realt�, cos� come nella fattoria deg.U animali di Orwe11 tutti gli 
animali sono uguali ma alcuni sono pi� uguali degli altri, cosi nel processo 
amministrativo italiano esiste una parte meno parte dell'altra, l'Amministrazione, 
con cui il suo giudice ha un polivalente rapporto che non si 

_,./ ferma certo al sindacato ma si colora, da un lato, di protezione, dall'altro 
di direzione. N� certo rileva _che questo sia il residuato di un processo 
storiico che ha trasformato -in Italia come in Francia -:H :giudice 
amministrativo da garante interno di un'Amministrazione sel12ia giudice 
a giudice di queHa a garanzia del cittadino. 
Tale essendo la realt� del processo amministrativo, se ne pu� accer


� 

tare la qualificazione come processo di parti o processo accusatorio, cosi 
come viene comunemente definito, solo nei limiti in cui con tale definizione 
si intenda la necessit� di una piena attuazione del principio del contraddittorio, 
volta ad assicurare un'assoluta garanzia di difesa. Oltre tali 
limiti la qualificazione definitoria sembra divenire incongruente con la 
struttura del processo, della cui �ambiguit� � si � gi� detto. Si tratta 
di tln'ambiguit� che� si riflette, oVViamente, sul sistema istruttorio, che 
appare essere divenuto, nella prassi, cosa assai diversa da quella descritta 
dalla dottrina tradizionale. Quest'ultima parla di un sistema istruttorio 
dispositivo assai simile a quello del processo civile e che da quello differisce 
soltanto perch� realizzato con �metodo acquisitivo�, e cio� con l'intervento 
integrativo del giudice, s� che nel processo amministrativo non 
pu� parlarsi di un onere della prova, ma di un � onere del principio di 
prova� (8). Se cos� fosse, non v'� dubbio che le norme sull'istruttoria sa� 
rebbero inadeguate a dare piena garanzia di difesa al ricorrente. Ora, per�, 
c'� da chiedersi se l� prassi non si sia allontanata dalla teoria: se il metodo 
� acquisitivo � non sia, in realt�, divenuto inquisitivo, se tale metodo 
non ridondi in sistema e se tale sistema non sia, per caso, il pi� congruente 
con il principio del libero convincimento del giudice adottato 
come regola di giudizio (9). Mi sembra che sia stata colta molto bene la 
realt� del nostro processo amministrativo quando, analizzandosene proprio 

{7) M. NIGRO, Linee di una riforma necess�ria e possibile del processo 
amministrativo, in Riv. dir. proc. 1978, 249. 

(8) F. BENVENUTI, L'istruzione nel processo amministrativo, ed. 1953; A. M. 
SANDULLI, Il giudizio davanti al Consiglio di Stato, Morano, Napoli 1963. 
(9) Cons. Giust. Amm.va Reg. Sic., 29 aprile 1960, n. 203. 

PARTE II, QUESTIONI 9J 

l'istruttoria, si � riconosciuta in esso una miscela di elementi dispositivi 
e di elementi inquisitori, ma con una tale prevalenza dei secondi sui primi 
da dover quasi dubitare che di miscela o di combinazione si potesse parlare 
(10). Da una pur sommaria disamina de� repertori di giurisprudenza, 
si pu� osservare, infatti, che, innanzitutto, il giudice amministrativo si 
riserva la facolt� di scegliere la parte a cui addossare l'onere della prova. 
Non solo, ma, ci� fatto, si riserva di trarre liberamente argomento di prova 
dal mancato assolvimento dell'onere (11). Il che significa che quella che nel 
processo civile � la principale regola di giudizio (art. 2697, cod. civ.), non 
solo non costituisce �regola di giudizio nel processo amministrativo (12), 
ma viene utilizzata nel suo momento funzionale come strumento di libero 
convincimento, La differenza non potrebbe essere pi� netta e decisa. Facendo 
un passo avanti, sembra .necessario osservare, poi, come non sembri 
e~atto individuare un onere di principio di prova e ohe sembrerebbe, 
invece, pi� esatto riconoscere nel processo amministrativo un mero onere 
di allegazione di fatm vt'.rosim1glianti o �storicamente attendibiJd � (13). 

A tal punto non resta che concludere osservando che il cosiddetto 
onere del principio di prova si risolve in un onere di corretta formulazione 
dei motivi (14) con commissione al giudice amministrativo di un potere inquisitorio 
per l'accertamento dei fatti, sia pure attraverso un istrumentario 
ben delimitato. 

A questo si aggiunga che, operando un vero e proprio � ampliamento 
ortopedico � dell'art. 44 del testo unico sul Consiglio di Stato, la giurisprudenza 
amministrativa ha dilatato la portata della norma, ammettendo 
come prindpi di prova atti notori, perizie .giurate, ecc. ed avvalendosi, 
per le verificazioni, di organi sovraordinati rispetto a quello chiamato in 
giudizio e di amministrazioni diverse rispetto a quelle resistenti. Un tale 
sistema combinato con la peculiare sensibilit� acquisita dal giudice amministativo 
nel corso di un attivit� secolare, sembra perfettamente omogeneo 
con il tipo di processo in cui si inserisce e soprattutto con il tipo di diritto 
sostantivo da amministrare. 

D'altra parte, il� sistema istruttorio vigente appare sicuramente sufficiente 
nelle sue dimensioni ampliate dalla giurisprudenza per tutti i casi 
in cui l'impugnazione si fonda sui motivi della incompetenza e della violazione 
di legge. Dei dubbi potrebbero sorgere soltanto quando fosse denunziato 
un vizio di eccesso di potere sintomatizzato da elementi extra


{10) M. NIGRO, Il giudice amministrativo �signore della prova>>, in Foro it., 
1967, V, 9. 
{11) TAR Veneto, 3 luglio 1975, n. 311. 

(12) Cons. Stato, IV, 961, 26 ottobre 1976. 
03) E. CANNADA BARTOLI, Processo amministrativo, voce del NoviSsimo Digesto, 
1077. 
(.14) Cons. Stato, VI, 13 luglio 1954, n. 577. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

cartolari o quando debba ricostruirsi la data precisa di certi accadimenti 
(quale, ad esempio, l'inizio di una costruzione). 

Dubbi dominati, comunque, dall'incertezza di fondo sulla compatibilit� 
logica del principio di separazione dei poteri (o di quanto ne rimane) 
con l'affidamento al giudice -in sede di sindacato dell'atto -di strumenti 
di accertamento della realt� diversi da quelli utilizzati (o utiliz.. 
zabili) dall'amministrazione nel procedimento che a quell'atto ha condotto 
(15). 

5. -Processo e diritto sostantivo. 
Se quanto sopra � esatto, la profonda modHiica del regime de11a prova 
che s:i vorrebbe introdwire con 11 disegno dii Jegge attualmente in esame 
reagirebbe profondamente sul diritto sostantivo, e la relativa problematica 
processuale appare intimamente collegata a non pochi istituti di quello, 
quali, ad es., il segreto ed il procedimento amministrativo. 

Non a caso nelle dichiarazioni programmatiche del Governo nell'agosto 
1983, fra le riforme istituzionali da affrontare nel corso della legislatura 
e per cui venivano ristituite apposite commissioni di studio venne contemplato 
espressamente il diritto di accesso del cittadino ai documenti 
della P .A. in nome di un principio di trasparenza. Non a caso accanto alle 
sottocommissioni incaricate di studiare la � deregulation � ed H processo, ve 
ne fu una incaricata dello studio del procedimento e del diritto di accesso. 

:�!. chjaro infatti che fino a quando il nostro ordinamento sar� informato 
al principio del segreto amministrativo (secondo il vecchio detto 
francese che l'autorit� si afferma nella misura della distanza a cui � tenuto 
l'interessato) (16) la regola di giudizio dell'onere della prova non potr� 
avere accesso e occorrer� conservare al GA. il riconoscimento della sua 
tradizionale signoria. 

Quanto al procedimento � noto che la sua disciplina interagisce direttamente 
con queJJa del processo. Tanto pi� affinato � il primo tanto 
meno si avverte l'esigenza del secondo (17). Tanto vero che due schemi di 
giustizia amministrativa giustamente celebrati per il loro garantismo 
-quello austriaco e quello statunitense -si fondano su di un procedimento 
contraddittorio � quasi giudiziale � sindacabile dinanzi al giudice 
in un giudizio di tipo cassatorio del tutto analogo al nostro (18). In parti


(15) Cons. Stato, IV, TI giugno 1961, n. 359. 
(16) M. J. C. BoULARD, Rapporto nazionale sulla Francia in �Le Secret 
Administratif dtans fos pays developp�s � Cujas 11177, Parigi, 170. 
07) F. BENVENUTI, Prefazione a G. Pastori, La Procedura Amministrativa, 
Neri-Pozza, Vicenza, 1964, XIV. 

(18) M. NIGRO, Giustizia Amministrativa, cit., 49 ss. 
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PARTE II, QUESTIONI 95 

colare la � judicial review � americana, tranne casi eccezionali di � de 
novo review �, non scende all'esame dei fatti (19). 

Sembrerebbe dunque pi� congruente con gli scopi avuti di mira operare 
non tanto sul processo, quanto sul procedimento, sul modo di operare 
dell'amministrazione e non sui poteri del giudice, correndosi altrimenti il 
rischio di �addossare al giudice amministrativo in via istituzionale delle 
fllnzioni di supplenza dell'amministrazione con la duplice conseguenza di 
alterare, sul piano astratto, il principio della divisione dei poteri e di 
gravare, su quello concreto, una magistratura'gi� sovraccarica di lavoro 
di compiti ulteriori, addossandole un onere probabilmente insostenibile. 

Da ultimo deve osservarsi che la trasformazione processual-civilistica 
del processo amministrativo, restando tutto il resto invariato, provocherebbe, 
in tempi pi� o meno lunghi, proprio per quelle _necessarie interconnessioni 
fra diritto sostanziale e diritto processuale cui si accennava, dei 
veri e propri sconvolgimenti, e molto probabilmente la crisi definitiva 
dell'interesse legittimo come categoria giuridica. 

Non che la cosa sarebbe di per s� un gran male, in quanto nulla im-� 
pc>ne che vada garantita l'intangibilit� del concetto di interesse legittimo, 
altre volte definito �categoria astrusa e non commestibile oltr'Alpe �. 
Sta di fatto, per�, che su di esso si � affinata una tradizione dottrinaria 
e giurisprudenziale il cui abbandono comporterebbe, accanto alla sicura 
rinuncia all'utilizzazione di un patrimonio di esperienza, un non altrettanto 
sicuro vantaggio sul piano della certezza del diritto in materia di 
riparto dehle competenze, come dimostrano esperienze straniere anche 
recenti. D'altronde{ una normativa sulla procedura non � certo la sede 
pi� adatta per l'introduzione di principi innovatori di una tale portata 
sul piano del diritto sostantivo. 

6. -Considerazioni conclusive. 
Alle osservazioni negative sopra formulate in ordine ad un intervento 
settoriale del legislatore, nelle direzioni fin qui ventilate non pu� peraltro 
non accompagnarsi qualche notazione positiva -o propositiva -in ordine 
a quale possa essere il rimedio intertemporale in attesa di una compiuta 
ed organica riforma del diritto e del processo. Un rimedio da trovarsi, 
ovviamente, lungo. la via maestra della elaborazione pretoria che � 
gloriosa tradizione del giudice amministrativo italiano di cui non si sa 
.mai se ammira:re di pi� la fantasia nel trovare solU2J�.oni nuove o il rigore 
.giuridico nell'argomentarle. 

Sembra che le prime avvisaglie di una evoluzione giurisprudenziale 
sul punto si possano gi� cogliere in una utilizzazione evolutiva di quel 

(19) B. SCHWARTZ, Administrative Law, Little, Brown e Co. Boston-Toronto, 
1982, 777. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tale articolo 44 e dei relativi chiarimenti e verificazioni che cominciano. 
ad essere utilizzati con maggiore frequenza, con richiesta anche di diretta 

audizione di funzionari. 

Quanto alla verificazione, in particolare, soprattutto ove la si intenda 
come comprensiva di tutti i mezzi di prova ipotizzabili sul piano logico 
(accessi, ispezioni, testimonianze, esperimenti, ecc.), essa appare suscettibile 
di singolari sviluppi. 

Storicamente, si � visto, la norma nacque in un momento in cui il 
processo dinanzi al Consiglio di Stato veniva considerato nulla pi� che 
la prosecuzione del procedimento amministrativo: in rapporto, con esso, 
quasi strumentale. Era, dunque, perfettamente naturale che l'affare, in 
caso di insufficiente istruzione, tornasse dinanzi all'Amministrazione per 
una integrazione. :E!. fin troppo ovvio che in tali termini una simile disciplina 
sarebbe, oggi, inaccettabile. Ma le norme, si sa, non sono immobili: 
vivono e mutano con la giurisprudenza, che le trasforma, giorno dopo 
giorno. Oggi, dopo quasi un secolo di evoluzione, il rapporto fra l'Amministrazione 
ed il suo giudice si � invertito: non � pi� il secondo a costituire 
strumentale prolungamento della prima, ma la prima a fungere da 
� braccio secolare � del secondo che, per sindacarne gli atti, la utilizza 
non gi� come parte, ma quasi come � ausiliare �, commettendo l'incarico 

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ad organi sovraordinati o ad amministrazioni diverse da quella in causa. ~:

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Il vecchio sistema istruttorio, con il comprensivo schema delle veri0r: 
ficazioni, oltre che presentarsi come perfettamente congruente con il rii: 
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parto delle competenze tra amministrazione e giurisdizione, consente, 
dunque, al giudice amministrativo una ricerca della verit� perfettamente 
analoga a quella del pi� ricco sistema probatorio: certo, manca il momento 
garantistico della giurisdizione (mancato giuramento dei testimoni 

o degli esperti, verbalizzazioni non fidefacienti, ecc.). Ma l'inconveniente 
appare bilanciato da una serie cospicua di � controgaranzie �, quali l'alterit� 
dell'organo verificante rispetto a quello parte in causa, il timore 
reverenziale dell'amministrazione nei confronti del giudice amministra� 
tivo, il controllo delle parti, che assistono in contraddittorio alle attivit� 
di verificazione, ed infine il controllo del giudice, � signore della prova �, 
che ha ben dimostrato di saper leggere tra le righe di ogni documento. 
Di pi�: un uso sapiente della verificazione da parte del giudice am� 
ministrativo varrebbe a supplire ex post a quella garanzia del procedimento 
che Ja normativa sostanziale non offre al cittadino ed a indurre 
forse l'Amministrazione, sulla scorta dei consolidati insegnamenti giurisprudenziali 
che potrebbero formarsi, a introdurre per prassi procedimenti 
soprannumerari nelle materie pi� delicate, garantendo cos� in via fisiologica 
la legalit� dell'azione amministrativa senza necessit� per l'amministrato 
di arrivare alla patologia del giudizio, che rappresenta sempre un 
costo sociale assai alto. 

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PARTE II, QUESTIONI 

Probabilmente una tale evoluzione della giurisprudenza in tema di 
istruttoria -una evoluzione di cui gi� si scorgono le avvisaglie -potrebbe, 
assai meglio di una 1legge settoriale sul processo, asSlicurare continuit� ' 
ed equilibrio di tutela nel tempo che ancora ci separa dalla generale e 
profonda riforma che [a crisi del diritto amministrativo (e non soltanto 
del suo processo) esige. 

I. F. Caramazza 
M. L. Guida 

RASSEGNA DI DOTTRINA 


INDICE-SOMMARIO DELLE RECENSIONI DI ARTICOLI 

DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO 

A. MIGLIAZZA, L'efficacia diretta delle norme comunitarie. 
G. 
MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno degli 
atti normativi comunitari. 
DIRITTO COSTITUZIONALE 

M. 
BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale 
e amministrativa. � 
M. 
CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei giudizi 
di legittimit� promossi in via incidentale. 
A. 
GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei tribunali perminorenni: giustificazioni e possibili inconvenienti. 
V. GRECO, Nota redazione a Corte Costituzionale 27 giugno 1984, n. 180. 
A. P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze costituzionali. 
QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

O. 
DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urbanistico 
preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare norma 
di attuazione dello strumento che impone tale vincolo. 

R. 
PARDOLESI, La storia infinita: guerra dell'etere -Problemi di giurisdizione. 
DIRITTO AMMINISTRATIVO 

T. ANCORA, Sulla risarcibilit� degli interessi legittimi. 
M. 
ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di acquisto 
della propriet� in favore della Pubblica Amministrazione. 
C. M. BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di opere pubbliche. 
V. 
BAROSIO, L'ordinanza relativa alla sospensione della efficacia dell'atto 
impugnato. Brevi riflessioni sulla necessit� e sull'oggetto della motivazione. 
S. 
BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte della 
Pubblica Amministrazione. 

PARTE II, RASSEGNA -DI DOTIRINA 

P. BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo. 
S. BRIGNOLA, Gli atti soprassessori. 
A. CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit� di esproprio. 
A. 
CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica; considerazioni 
a prima lettera di due recenti decisioni del Consiglio di Stato. 
M. COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della pubblica 
Amministrazione alla � occupazione appropriativa �. 
A. CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo. 
G: D'ANTIMO SETTEVENDEMMIE, Ancora sulla impugnabilit� ex se delle deliberazioni 
negative della sezione del controllo dello Stato ,della Corte 
dei Conti. 
L. MAROTTA, Sull'obbligo della P. A. di fissare i termini di cui all'art. 13 
della l. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese 
nei piani di edilizia economica e popolare previsti dalla l. 18 aprile1962, n. 167. 

E. 
MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti sulla 
teoria del procedimento amministrativo. 
F. 
PIETROSANTI, Indennit� di esproprio e criteri di determinazione: limiti 
e competenze della declaratoria di incostituzionalit�. 
A. 
RALLo, Profili costituzionali e nuove prospettive in iema di esecuzione 
del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di concessione 
edilizia. 
L. 
ScHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori 
agenti e dipendenti degli enti territoriali e degli altri enti pubblici. 
I. Scono, Poteri dei giudici nei confronti della P. A. 
DIRITTO CIVILE 

M. CERCHIARA, L'applicabilit� dell'art. 2932 e.e. alla P. A. 
A. DE LUPIS, Prelazione e uguaglianze. 
S. 
DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una rilettura. 
M. 
FINOCCH.JARO, Sull'applicabilit� dell'art. 1341, comma 2�, e.e. ai contratti 
della P. A. 
M. 
FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa nell'assicurazione 
dei veicoli a motore. 
G. GIACOBBE, Prime impressioni ... tecniche su una contrastata sentenza. 
D. 
PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge sull'equo 
canone. 
G. 
VALCAVI, Evitabilit� del maggior danno ex art. 1227, 2� comma, e.e., e 
rimpiazzo della prestazione non adempiuta. 
C. Zou, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

100 

PROCEDURA CIVILE 

G. 
CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidenti di legittimit� co~tituzionale. 
M. G. CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: orientamenti giurisprudenziali 
in tema di ricorribilit� in Cassazione ex art. 111, 2� comma, 
Cost. 
V. CoccHI, 
Orientamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi del 
giudicato e di impugnative negoziali. 
E. 
GARBAGNATI, Le dichiarazioni di incostituzionalit� dell'art. 648, 2� comma, 
c.p.c. 
D. GRASSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 700 
c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare. 
A. 
LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle modificazioni 
di competenza. � 
G. 
SAMORI, Ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza di un 
titolo esecutivo; 
VARIE 

G. 
F1c1, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati. in 
particolare nella fase della impugnazione. �� 
DIRITTO COMUNITARIO 

ALESSANDRO MILIAZZA, L'efficacia diretta delle norme amministrative, in 

R.N. dir. proces., 1985, I, 153. 
L'Autore, �ssumendo come punto di riferimento la nota sentenza 170/84 
della Corte Costituzionale in tema di regolamenti comunitari, effettua un 
ampio excursus sulle fonti comunitarie,� esaminando altres� la portata degli 
artt. 189 tratt. C.E.E. e 161 tratt. C.E.E.A. . 

Particolare attenzione viene dedicata alla giurisprudenza della Corte 
di Giustizia in materia, all'elaborazione dottrinaria sull'art. 11 Cost., nonch�, 
infine, sulla cd. pregiudiziale comunitaria ex art. 177 Tratt. e.E.E. 
(Vincenzo Nunziata). 

GIUSEPPE MARZIALE, Materiale per l'adeguamento dell'ordinamento interno 
agli atti normativi comunitari (Nota a Corte Giust. �e.E.E. 12 ottobre 
1982 Causa 136/81), in Foro lt. 1984, dicembre, IV, 377. 

L'Autore della nota prende spunto dall'inadempimento del nostro Paese 
ad alcuni atti normativi comunitari per auspicare che il Parlamento 
Italiano si� adegui con maggiore sollecitudine alle direttive comunitarie al 
fine di evitare il rischio di subire nuove procedure di infrazione compromettendo 
la propria credibilit� sul piano comunitario (Ettore Figliolia). 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

DIRITIO COSTITUZIONALE 

MARZIO BRANCA, I vincoli urbanistici nella recente giurisprudenza costituzionale 
e amministrativa, in Giurisprudenza Costituzionale 1984, 
fase. n. 7, pagg. 1785-1797. 

L'Autore in questo articolo tenta una ricostruzione storica ed analitica 
della tormentata vicenda dei vincoli urbanistici alla luce del riconoscimento 
del loro carattere ablativo affermato dalla Corte Costituzionale con 
sent. n. 55 del 29 maggio 1968. Dopo aver richiamato quale era il quadronormativo al momento dell'entrata in vigore della L. n. 10 del 1977, l'Autore 
passa ad esaminare le posizioni assunte dalla giurisprudenza amministrativa 
sulla abrogazione del regime della temporaneit� dei vincoli 
urbanistici. In particolare si sofferma, poi, sul rilancio della L. n. 1187 
del 1968 operato dalle sentenze n. 5 del 23 gennaio 1980 e n. 92 del 12 
maggio 1982 della Corte Costituzionale, e sul travaglio giurisprudenziale 
dei giudici amministrativi, culminato con la decisione n. 7 del 2 aprile1984 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Riaffermato, infine, 
come la problematica dei -vincoli urbanistici rimanga sostanzialmente 
aperta, l'Autore auspica una s~nsibilizzazione del Legislatore per una sollecita 
disciplina organica di tutta la materia (Nadia Palmieri). 

MARIO CHIAVARIO, Ordinanze interlocutorie della Corte Costituzionale nei 
giudizi di legittimit� promossi in via incidentale in Riv. di processo 
1985, 343. 

L'Autore compie un'ampia ed accurata analisi sui provvedimenti della 
Corte Costituzionale aventi forma di ordinanza, insistendo sul carattere 
solo tendenziale della � summa divisio � di cui all'art. 18 della l. 87/53.

Particolare attenzione viene dedicata alla ricca casistica giurisprudenziale 
ed alla elaborazione dottrinale in materia, con speciale riferimento 
alle ordinanze di manifesta infondatezza e di restituzione degli atti 
al giudice a quo. 

L'articolo si conclude con alcuni interessanti spunti sul problema della 
revocabilit� di tali provedimenti ordinatori (Vincenzo Nunziata). 

ALno GHIARA, L'ampliamento della competenza penale dei Tribunali per i 
minorenni; giustificazioni e possibili inconvenienti, in GiurisprudenzaCostituzionale, 1984, fase. n. o; pagg. 1195-1207. 

L'Autore trae spunto dalla pronuncia n. 222 del 19 luglio 1983 della 
Corte Costituzionale la quale lia capovolto il precedente orientamento, 
dichiarando l'illegittimit� dell'art. ,9 comma 2� r.d.l. 20 luglio 1934 n. 1404, 
per esaminare compiutamente l'attuale sistema penale minorile. Condividendo 
le motivazioni della Corte in; ordine alla necessit� di affidare alla 
competenza del tribunale minorile i procedimenti penali contro i minorenni 
coimputati con maggiorenni, l'Autore le riassume in due enunciazioni: 
1) dovere dello Stato di proteggere la giovent�; 2) mancanza di 
una giustificazione adeguata per derogare alla competenza generale del 
tribunale minorile. Passa poi ad esaminare dettagliatamente dette enunciazioni 
mettendo in risalto come l'interesse alla tutela dei minori si collochi 
tra gli interessi costituzionalmente garantiti. Rilevato come sia 
pressante la necessit� di una riforma organica del sistema penale minorile 
non disgiunta da una riforma dell'ordinamento giudiziario minorile, 
propone l'inquadramento della magistratura minorile in quella ordinaria 


102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

attraverso la istituzione di sezioni specializzate cos� da favorire la collaborazione 
tra magistrati e il coordinamento dei rispettivi interventi nelle 
materie che pre~entano aspetti comuni o connessi (Nadia Palmieri). 

VINCENZO GRECO, Nota redazionale a Corte Costituzionale 21 giugno 1984, 

n. 180, mGiurisprudenza Costituzionale, 1984, fase. n. 6, pagg. 1164-1172. 
Rilevato come il nostro sistema valutario conosca la figura del � residente 
valutario � destinatario di divieti ed obblighi la cui violazione costituisce 
illecito penale, l'Autore specifica come il concetto di residenza valutaria 
non coincida con l'omonimo concetto civilistico ex art. 43 e.e. ma 
presenti piuttosto affinit� con quello di domicilio. Esamina poi la disposizione 
legislativa dell'art. 2 L. 8 ottobre 1976 n. 689 che prevede che cittadini 
italiani residenti civilmente ed anagraficamente in Italia, ma dimoranti 
all'estero per periodi pi� o meno lunghi ed ivi svolgenti attivit� 
lavorativa, siano considerati, ai fini valutari, residenti all'estero relativamen.
te ai capitali costituiti con i compensi ricevuti per il loro lavoro. 
Analizzato il perch�. di detta norma, rileva come essa, nella previsione del 
Legislatore, dovesse applicarsi soltanto ai lavoratori dipendenti e agli artigiani 
rimanendone esclusi i lavoratori autonomi e gli imprenditori. Valu� 
tata positivamente la pronuncia della Corte del 27 giugno 1984 n. 180, 
relativamente alla equiparazione dei redditi derivanti da lavoro autonomo 
e quelli derivanti da lavoro dipendente, mancando una diversit� sostanziale 
di presupposti, la critica per� per la immotivata discriminazione fra 
artigiani ed altri piccoli imprenditori. Ritiene comunque che la liberalizzazione 
di ogni attivit� economica sar� presto oggetto di riforma legislativa 
(Nadia Palmieri). 

ALESSANDRO P1zz0Russo, Dispositivo e motivazione delle sentenze Costitu


zionali (Nota a Cass. 26 gennaio 1984 n. 5401), in Foro It. 1985, gen


naio, I, 51. � 

L'Autore della nota plaude all'indirizzo adottato dalla sentenza annotata 
che risolve il problema della interpretazione dei dispositivi delle sentenze 
di accoglimento della Corte Costituzionale, che secondo alcuni autori 
debbono essere iscritte nel sistema delle fonti del diritto, affermando la 
legittimit� del ricorso alle rispettive motivazioni che seppur non sono 
sottoposte ad una forma di pubblicazione analoga a quella dei dispositivi, 
risolvono i dubbi sorti sull'esatto significato di questi ultimi (EttoreFigliolia). 

QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

ORESTE DANESE, Giurisdizione in ordine alla decadenza di vincolo urba� 

nistico preordinato ad espropriazione e correlato ad una particolare

norma di attuazione dello strumento che impone tale vincolo, in Giust. 

Civ., 1984, I, 3179-3183. 

Prendendo le mosse da un~ singolare fattispecie, decisa dal Tribunale 
di Trieste, in materia di vincoli urbanistici preordinati alla espropriazione, 
l'Autore ripercorre la tormentata storia normativa e giudiziaria 
dei vincol~ de quibus; si indaga, in particolare, se il privato abbia una 
posizione di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo di fronte . a 
dette limitazioni urbanistiche, e si raggiunge una conclusione nel secondo 
senso, conformemente alla impostazione data al problema dalla Corte Costituzionale 
nella nota sentenza n. 92 del 12 maggio 1982 (Massimo Salvatorelli). 



PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

ROBERTO PARDESI, La Storia Infinita: guerra dell'etere. Problemi di giuri


sdizione (Osservaz. a Cass. 3 dicembre 1984 n. 6340-6338, 6337 e 6324), 

in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2953. 

L'Autore opera un esame analitico delle pronuncie pi� significativedella S. C. di Cassazione adita con regolamento di giurisdizione in materia 
radiotelevisiva, ponendo l'accento sulle direttive principali che emergono 
dalle decisioni in esame e secondo cui tra l'altro non sussiste tutela 
possessoria in capo alle emittenti private disturbate dalle trasmissioni 
della RA.I., mentre � rimessa alla competenza giurisdizionale dell'A.G.O. 
sia la soluzione della controversia fra emittenti private per l'uso di banda 
di frequenza, sia la salvaguardia del monopolio delle trasmissioni R.A.I. 
che si assuma minacciato da networks privati (Ettore Figliolia). 

DIRITTO AMMINISTRATIVO 

TULLIO ANCORA, Sulla risarcibilit� degli interessi legittimi in Consiglio di 
Stato, ottobre 1984, II, pagg. 1239 ss. 

Complessa ed ampia la disamina dell'autore delle varie posizioni dottrinali 
in tema di risarcibilit� degli interessi legittimi.

L'analisi m�ove dall'individuazione dei concetti basilari di interesse 

legittimo e di diritto soggettivo, si articola in indagini storiche e si sof


ferma ad esaminare le ragioni ostative alla configurabilit� della lesione 

dell'interesse legittimo come fattispecie illecita risarcibile, 

Lo sforzo dell'Autore, volto al riconoscimento della reintegrazione del 
danno economico conseguente alla lesione dell'interesse legittimo, si risolve, 
attraverso vasti richiami e supporti dottrinali, nella puntuale replicaalle tesi contrarie e pu� considerarsi un valido contributo per mant�nere 
aperta la discussione su un attraente quesito che la Giurisprudenza avrebbe, 
secondo l'ottica dottrinale, risolto troppo sbrigativamente in senso 
negativo (Diana Cairo). 

MICHELE ANNUNZIATA, Brevi note sull'accessione invertita come modo di 
acquisto della propriet� in favore della Pubblica Amministrazione, in 
Foro Amm., 1984, fase. 7-8, 1598-99. 

L'Autore ricorda alcuni fra i molteplici problemi anche di costituzionalit�, 
posti dalla c.d. accessione invertita ed infine enumera alcune novit� 
negli indirizzi della Suprema Corte (Giovanni Lancia). 

CARLO MARIA BARONE, Giurisdizione ordinaria e rescissione di appalto di 
opere pubbliche (Osservaz. a Cass. 17 novembre 1984 n. 5840 e 5841, 
22 settembre 1984 n. 4019) in Foro It., gennaio 1985, I, 131. 

L'Autore della nota esprime perplessit� in ordine alle sentenze annotate 
che hanno ritenuto devoluta al Giudice ordinario la cognizione delle 
domande proposte contro la Pubblica Amministrazione in relazione a 
provvedimenti di rescissione dell'appalto adottati dal contraente pubblicoai sensi de11'art. 340 1. 20 marzo 1865 n. 2248 a11. F. Vengono citati nell'articolo 
vari precedenti giurisprudenziali e confrontate fra di loro le 
stesse sentenze annotate al fine di far emergere varie incongruenze che 
rendono auspicabile un sollecito intervento delle Sezioni Unite al fine di 
delimitare in modo definitivo l'ambito della giurisdizione negli appalti di 
opere pubbliche (Ettore Figliolia). 


104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ANTONIO CAVALLARI, La tutela cautelare nel giudizio amministrativo, in 

T.A.R. n. 12, dicembre 1984, parte Il, pag. 403. 
L'Autore prende le mosse della propria analisi da un esame del concetto 
di irreparabilit� del danno, presupposto della concessione della misura 
cautelare, trattando, poi, della funzione e natura della pronunciacautelare e dell'esame svolto dal giudice sulla ammissibilit� e fondatezza 
della pretesa azionata; vengono poi richiamati gli �insegnamenti tradizionali 
della dottrina e della giurisprudenza in tema di sospensione degli 
effetti dell'atto impugnato nonch� la pi� recente elaborazione giurisprudenziale 
in materia. L'Autore prosegue segnalando l'ampiezza della tutela 
cautelare, e trattando dell'attivit� amministrativa conseguente all'adozione 
della misura cautelare e dei correlativi poteri del giudice in sede di 
esecuzione coattiva delle decisioni cautelari, nonch� delle condizioni per 
la detta esecuzione. 1 

Prosegue poi esaminando la tutela delle posizioni soggettive incise 
dall'attivit� posta in essere dall'Amministrazione in esecuzione di tina misura 
cautelare e da quella sostitutiva eventualmente posta in essere dal 
giudice, e conclude, infine, con cenni sulla tutela cautelare dei diritti 
soggettivi (Enrico De Giovanni). 

VITTORIO BAROSO, L'ordinanza relatj,va alla sospensione dell'efficacia dell'atto 
impugnato; brevi riflessioni sulla necessit� e sull'oggetto della 
motivazione, in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pagg. 941-44. 

L'Autore sottolinea positivamente la inversione di tendenza operatadalla ordinanza del T.A.R. Piemonte che annota, la quale, a differenza 
delle solite ordinanze che decidono sulla istanza di sospensione, consta di 
una ampia motivazione, rispettando cos� il disposto dell'ultimo comma 
dell'art. 21 1. T.A.R. 

Critica, invece, l'oggetto della motivazione della ordinanza medesima, 
la quale invece di soffermarsi come avrebbe dovuto, sul c.d. periculum in 
mora, approfondisce la questione relativa allo svolgimento di adeguata 
istruttoria da parte dell'Amministrazione e, cio�, in definitiva, il c.d. fumus 
boni iuris, ossia il motivo del ricorso (Gabriella Palmieri). 

SALVATORE BELLOMIA, A proposito di immobili occupati sine titulo da parte 
della P. A., in Riv. giur. ed. 1984, fase. 5-6, I, pp. 868-74. � 

Commento alla sentenza del tribunale di Napoli del 19 ottobre 1983, 
segnalata alla attenzione del lettore, in quanto si discosta dall'orientamento 
giurisprudenziale iniziato dalle SS.UU. con la nota sentenza n. 1464 
del 26 febbraio 1983 come sintomo di una inversione di tendenza, rispetto 
ad essa, ritenuto dahl'Autbre de1la nota fonte di trattamento gravemente 
e doppiamente discriminatorio per il soggetto colpito da fatto illecito 
della P. A. rispetto al soggetto nei confronti del quale la stessa P. A. abbia 
operato legittimamente (Gabriella Palmieri). � 

PIETRO BIAGI, I provvedimenti cautelari nel giudizio amministrativo in 
/ T.A.R. n. 11, novembre 1984, parte II, pag. 351. 

L'Autore, dopo aver sottolineato l'importanza assunta dall'incidente 
di sospensione della esecuzione dell'atto amm:inistrativo impugnato nel 
processo amministrativo, segnala l'emergere di un ampliamento dell'applicazione 
delle mis.ure cautelari, pur nella variet� di posizioni assunte 
dalla giurisprudenza; esamina, quindi, gli aspetti sostanziali del potere cautelare, 
in particolare nelle formulazioni dell'art. 39 t. u. Cons. St. e del



PARTB II, RASSEGNA DI DOTTRINA J.OJ 

l'art. 21 1. istitutiva dei T,A.R.,.con particolare riguardo alla parola ~atto� 
contenuta in quest'ultima norma, sostenendo la natura sostanzialmente 
ampiinistrativa, pur se esercitata in forme giurisdizionali, del provvedimento 
di sospensione, considerata in particolare la valutazione dei � prevalenti 
interessi�. L'Autore svolge quindi alcune considerazioni sui presupposti 
del potere sospensivo; esaminando la formula �danni gravi ed 
irreparabili� (e quindi la posizione di interesse del ricorrente), la rilevanza 
del fumus boni iuris, e la caratterizzazione dei �prevalenti interessi
�, passa, poi, ad illustrare gli oggetti della cautela amministrativa, 
es�minando in particolare il silenzio della Pubblica Amministrazi�ne ed 
il comportamento amministrativo nella giurisdizione esclusiva, nonch� 
segnalando le implicazioni nel giudizio cautelare della formula del � silenzio 
rifiuto�. Quindi nell'articolo si illustrano contenuti ed effetti delle 
ordinanze di sospensione, e meccanismo giuridico della cautela, la sospensione 
degli atti ablatori, gli effetti ripristinatori automatici, la problematica 
relativa agli atti negativi, l'ammissione con riserva e la sospendibilit� 
di atti negativi a contenuto discrezionale. L'Autore tratta, inoltre, delle 
ordinanze istruttorie e dell'incidere della sospensione sull'operativit� del 
rapporto amministrativo, dell'ambito di efficacia della sospensione e della 
sua eventuale retroattivit�, concludendo con riflessioni sull'appellabilit� 
dei provvedimenti di sospensione e sulla revocabilit� delle ordinanze (Enrico 
De Giovanni). 

SALVATORE BRIGNOLA, Gli atti soprassessori, in Foro Ammin., 1984, fas~. 7-8, 
1623-84. 

L'Autore distinti gli atti soprassessori dai provvedimenti negativi,
esamina varie figure di essi, tenendo conto dei problemi che si agitano 
intorno a ciascuna (Giovanni Lancia). 

ANTONIO CAMPAGNOLA, Ancora sulle indennit� di esproprio, in Riv. Giur. 
ed. 1985, fase. 1, I, pp. 47-51. ( 

L'Autore analizza compiutamente i problemi relativi alla esatta delimitazione 
dell'ambito di efficacia delle dichiarazioni di incostituzionalit� 
delle norme contenute nella legge n. 865/71, richiamando il parere numero 
3017/83 reso dalla Avvocatura Generale dello Stato per l'attenta disanima 
dell'aspetto inerente alle aree edificabili (Gabriella Palmieri). � 

ANTONIO CAMPAGNOLA, Opere pubbliche e pianificazione urbanistica: considerazioni 
a prima lettura di due recenti decisioni del Consiglio di 
Stato, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 754-60. 

Nota a due sentenze del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 marzo 1984, 

n. 152 e id. 27 marzo 1984 n. 184, con le quali il Consiglio di Stato � tornato 
sulla estensione del concetto di opera pubblica e sui rapporti tra operapubblica e pianificazione urbanistica. 
L'Autore approfondisce l'aspetto relativo alla inesistenza, nella legge 
fondamentale sulle espropriazioni di una norma che s�bordini ai fini 
espropriativi l'accertamento che l'opera pubblica sia conforme alle previsioni 
urbanistiche e sottolinea come il legislatore si vada orientando verso 
un sostanziale e formale raccordo tra il momento espropriativo e quello 
di conformit� dell'opera, realizzando un modello di procedimento nel 
quale i due momenti sfociano nella raggiunta disponibilit� dell'area o 
nella raggiunta compatibilit� �lell'opera (Gabriella Palmieri). 


106 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

MARCO COMPORTI, Dalla occupazione illegittima di immobili da parte della 
pubblica amministrazione alla occupazione appropriativa, in Riv. 
Giud. ed. 1985, fase. l, II, pp. 3.22. 

L'Autore prende spunto dalla nota sentenza delle SS.UU. n. 1464 del 
26 febbraio 1983 per ripercorrere le tappe del precedente� orientamento 
giurisprudenziale e dottrinale e per rimeditarne criticamente le conseguenze, 
soprattutto sotto l'aspetto relativo alla affermata irrilevanza della 
espropriazione tardiva ed alla pretesa prescrizione del risarcimento del 
danno (Gabriella Palmieri). 

GIOVANNI D'ANTINO SETTEVENDEMMIE, Ancora sull'impugnabilit� ex se delle 
deliberazioni negative della sezione del Controllo dello Stato della 
Corte dei Conti, in Foro Amm., 1984, fascicolo 9-10, 1832-39. 

L'Autore premessi alcuni cenni sulla storia del problema esaminato, 
considera criticamente le argomentazioni della decisione 20 ottobre 1983 
del T.A.R. Lombardia con cui � stata asserita l'impugnabilit� ex se degliatti negativi di Controllo della C.d.C. (Giovanni Lancia). 

LucIO MAR.oTTA, Sull'obbligo della P.A. di fissare i termini di cui all'art. 13 
della L. 25 giugno 1865 n. 2359 per le espropriazioni delle aree comprese 
nei piani di edilizia economi�a e popolare previsti dalla 

L. 18 aprile 1962 n. 167, in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3219-3224. 
Prendendo le mosse dalla decisione 23 maggio 1984 n. 11 della A.P. 
del Consiglio di Stato, l'autore critica Porientamento giurisprudenzialeavallato da detta pronunzia, sostenendo invece, in contrasto, peraltro,
anche con SS.UU. n. 5516 dell'8 settembre 1983, la distinzione tra termini 
di efficacia dei piani, rilevanti ai soli fini della programmazione urbanistica, 
e termini di cui all'art. 13 L. n. 2359/1865, volti a garantire il 
corretto espletamento della procedura espropriativa (Massimo Salvatorelli). 


EUGENIO MELE, L'impugnazione dell'atto negativo di controllo e suoi effetti 
sulla Teoria del procedimento Amministrativo, in Foro Amm., 1984, 
fase. 12, 2543-53. 

L'Autore esaminate le due posizioni sul punto della Dottrina e della 
Giurisprudenza, da lui definite n� divergenti n� convergenti, quanto piuttosto 
reciprocamente ignorantesi, le critica e prospetta sommariamente 
una possibile soluzione del problema (Giovanni Lancia). 

FABRIZIO PIETROSANTI, Indennit� di espropriazione e criteri di determi-� 
nazione: limiti e conseguenze della declaratoria di incostituzionalit�, 

(osservaz. a Corte Costituzionale, 30 luglio 1984 n. 231, Cass. 24 ottobre 
1984 n. 5401 e 23 ottobre 1984 n. 5383), in Foro It., 1985, gennaio, 
I, 46. 

In occasione ed alla luce delle decisioni annotate adottate in tema 
di indennit� di espropriazione e di occupazione per pubblica utilit�, 
l'autore dell'articolo affronta alcuni dei problemi pi� importanti scaturenti 
dalle declaratorie di incostituzionalit� dei criteri di determinazione 
posti dall'art. 16, 5�, 6� e 7� comma della L. 22 ottobre 1971 n. 865 
come modificati dall'art. 14 L. 28 gennaio 1978 n. 10 e riproposti con 
intento di temporaneit� della I. 29 luglio 1980 n. 385 e successive proroghe 
(Ettore Figliolia). 

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PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

ANDREA RAI.Lo, Profili costituzionali e nuove prospettive in tema di esecuzione 
del giudicato a seguito dell'annullamento del diniego di 
concessione edilizia, in Riv. Giur. ed. 1984, fase. 4, I, pp. 721-32. 

Nota critica alla sentenza del Consiglio di Stato Sez. IV, 21 febbraio 
1984 n. 94, con la quale si � affermato che, in sede di esecuzione del 
giudicato relativo all'annullamento del diniego di concessione edilizia, 
rileva la normativa vigente al momento della notifica della sentenza 
e tale principio, essendo di formazione esclusivamente giurisprudenziale, 
non � suscettibile di sindacato di legittimit� cosituzionale. 

L'Autore si sofferma, dopo una accurata disamina dei precedenti 
giurisprudenziali in materia, sul profilo attinente agli artt. 24 e 113 Cost., 
considerando .come la Costituzione abbia radicalmente mutato la disciplina 
e lo spirito del rapporto tra privato e P.A. 

L'Autore elabora, infine, una ipotest di lavoro basata sulla separazione, 
nel procedimento concessorio (o autorizzativo) tra il momento 
dichiarativo -costitutivo dello ius aedificandi in capo al privato e il 
momento operativo del diritto stesso, proprio al fine di rendere effettiva 
ila tutela delle posizioni giuridiche soggettti.ve del privato (GabriellaPalmieri). 

LUIGI SCHIAVELLO, Il processo contabile nei confronti degli amministratori, 
agenti e di11endenti degli enti territoriali, e degli altri enti pubblici, 
in Riv. Trim. dir. pubbl. 1984; 932 ss. 

L'Autore �premette un'ampia ricostruzione storica del processo contabile, 
con riferimento all'originaria ripartizione di competenza tra Corte 
dei Conti e Consiglio di Prefettura a seconda che si trattasse di conto 
erariale ed alle innovazioni introdotte dalla legge com. e prov. del 1898 
e dalla successiva del 1934. 

Vengono poi esaminati gli effetti della sentenza n. 55 del 3 giugno 
1966 della Corte Costituzionale, che dichiar� l'illegittimit� della norma 
sulla composizione e sul funzionamento dei Consigli di Prefettura nonch� 
alcuni profili sostanziali e procedurali del giudizio di contro (Vincenzo 
Nunziata). 

IGNAZIO SCOTTO, Potere dei giudici nei confronti della P.A. Atti della 
Conferenza tenuta a Lucera presso il Centro di studi giuridici il 19 
. novembre 1983, in Consiglio di Stato, marzo 1985, Il, pagg. 466 ss. 

Interessanti considerazioni sul rapporto potere giudiziario -potere 
esecutivo vengono svolte dall'autore su di un argomento di viva attualit�. 


La disamina si sviluppa intorno alla tematica della rilevata necessit� 
di un collegamento e di una fattiva collaborazione tra il P. M. e l'attivit� 
amministrativa in generale, che deve ritenersi, allo stato, insussistente. 

Muovendo dalla considerazione che l'attivit� del P. M., in quantosostanzialmente amministrativa, deve essere informata alle direttive generali 
segnate dal governo per l'esercizio di ogni pubblica funzione, 
l'autore passa ad esaminare i guasti che costituiscono le conseguenze 
pi� vistose dello scollamento tra i due poteri.

L'analisi si sofferma in particolare, dopo aver esaminato gli istituti 
della pregiudizialit� e della � res iudicata �, sull'istituto della disapplicazione 
del provvedimento amministrativo illegittimo, sotto il profilo 
delle possibili conseguenze penali derivanti al privato che abbia uniformato 
la propria condotta al provvedimento medesimo e si conclude con 
l'auspicio .che l'A.G.O. non trasformi in strumento di responsabilit� pe



1.08 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
nale un istituto che, conformemente alle origini storiche e alla propria 
� ratio �, � stato concepito come essenziale strumento di difesa del cit


tadino (Diana Cairo). 

DIRITTO CIVILE 

MAURIZIO CERCHIARA, L'applicabilit� dell'art. 2932 e.e. alla P.A., in Giust. 
Civ., 1984, parte I, p. 3404-3406. 

A commento della pronunzia delle SS.UU. n. 5838 si ripercorre brevemente 
la strada compiuta dalla giurisprudenza in subiecta materia, 
e si manifesta sostanzfale assenso all'orientamento espresso con la sentenza, 
pur con qualche perplessit� connessa ai problemi di applicabilit�dell'art. 2932 e.e. anche laddove vi possa esser luogo per una ulteriore 
valutazione discrezionale da parte della P.A. (Massimo Salvatorelli). 

ADRIANO DE LUPIS, Prelazione e uguaglianza, in Riv. Trim. di dir. e proc.
civ., n. 1, Marzo 1985, 41 ss. � 

I 

Attraverso una sintetica ricognizione della sfera di applicazione della I prelazione, l'autore esamina le ragioni che giustificano la deroga che 

l ~ l'istituto comporta al principio costituzionale� di uguaglianza. L'indagine r.: 
viene svolta alla luce delle profonde differenze di carattere funzionale, 

,

strutturale e normativo esistenti fra i vari tipi di prelamone, :in relazione ,
al diverso oggetto a fondamento di essa. .Cos� la prelazione avente ad 
oggetto l'acquisto di un diritto pu� avere fonte legale o convenzionale. 
La prima, spiega il De Lupis, � ispirata ad un'adeguata e specifica ragione 
sociale, diversa a seconda delle varie fattispecie, atte a giustificare ' 
cos� la limitazione del potere di disposizione a carico del soggetto da cui 
proviene l'acquisto come la deroga al principio di uguaglianza. L'impor


I~ 
tanza della ragione sociale, ispirante la prelazione legale, fa s� che questa 
sia tutelata anche esternamente attraverso l'esercizio del diritto di 
riscatto. Tutela che � ancora pi� efficace nella prelazione in favore 
dello Stato, atteso il fine di interesse pubblico cui essa � rivolta. Anche 
nella prelazione convenzionale, argomenta l'autore, gli interessi patrimo


Iniali o morali che possono indurre le parti ad assumere l'obblig� della 
preferenza sono atti a giustificare la limitazione del potere dispositivo 
e la deroga al principio di uguaglianza. Infine, nel tipo di prelazione 

I avente ad oggetto Ja reai1izzazione di un diritto, sia essa iegale o co:nvenzionale, 
la deroga a quella importante manifestazione del principio 
di uguaglianza che � ravvisabile nella regola della par condicio credito-. 

I rum, � senz'altro giustificata dalla valutazione della particolare natura 
del credito ed � comunque delimitata, per quanto riguarda i beni del 
debitore su cui la prelazione si esercita (Maria Letizia Guida). 

SERGIO DI PAOLA, Il dovere di non aggravare il danno: spunti per una 
rilettura, (Nota a Cass. 6 agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, 
I, 2825. 

L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza della S.C. di Cassazione 
n. 5274 del 6 febbraio 1983 con la quale � stato affermato che 
non sussiste in capo al compratore l'onere di contenere il pregiudizio 
risarcibile, rimpiazzando la merce non fornita tempestivamente dal debitore, 
per illustrare una serie di decisioni sia della Corte di legittimit� 


PARTll II, RASSEGNA DI OOTl'RINA 

che di quelle di merito rese in relazione a diverse fattispecie di inadempimento 
contrattuale con particolare riguardo al problema affrontato 

dalla decisione annotata (Ettore Figliolia). 

MARIO FINOCCHIARO, Sull'applicabilit� dell'Art. 1341, comma 2�, e.e. ai contratti 
della P.A., in Giust. Civ., 1984, parte I, pp. 3259-60. 

In sede di primo commento alla ben nota Cass., sez., I, 29 settembre 
1984 n. 4832, si ripercorrono alcuni dei pi� significativi orientamenti 
dottrinali e giurisprudenziali in tema di clausola vessatoria (Massimo 
Salvatorelli). 

MASSIMO FRANZONI, L'azione diretta aquiliana ed il diritto di rivalsa 
nell'assicurazione dei veicoli a motore, in Riv. Trim. di dr. o proc. 
civ., n. 4, dicembre 1984, 1039 ss. 

Affermata la necessaria coesistenza tra l'obbligazione risarcitoria 
ex art. 2054 e.e. (e da correlativa azione) con quella parimenti risaircitoria 
posta a carico dell'assicuratore del danneggiante dall'art. 18 legge 

n. 990/1969, l'attore affronta il problema del rapporto intercorrente tra 
le suddette obbligazioni ed il correlativo esercizio delle rispettive azioni. 
Attraverso un'analisi critica delle principali tesi formulate da coloro che 
negano il nesso di solidariet� fra l'obbligazione dell'assicuratore e quella 
del danneggiante -assicurato, -egli perviene alla conclusione che 
entrambe le obbligazioni debbono ricondursi allo schema astratto della 
solidariet� dei vincoli, illustrando la sua tesi alla luce dei pi� recenti 
risultati raggiunti da dottrina e giurisprudenza in materia di solidariet�. 
Viene infine esaminato il diritto di rivalsa dell'assicuratore; dopo 
aver premesso brevi cenni sul concetto di rivalsa e sulla necessit� di 
mutuare il contenuto del diritto dall'istituto della surroga assicurativa 
e dal concetto di regresso, l'Autore esamina compiutamente i due istituti, 
concludendo con un esame critico della dottrina e giurisprudenza 
in argomento (Maria Letizia Guida). 
GIOVANNI GIACOBBE, Prime impressioni... tecniche su una contrastata sen� 
tenza, in Giust. Civ., 1984, I, p. 2959-61. � 

Traendo spunto dalla nota sentenza (23 ottobre 1984) resa dalle 
Sezioni Unite penali della Cassazione e dalla sentenza 18 ottobre 1984 

n. 5259 della sezione I civile, vertenti in materia di limiti al diritto 
di cronaca, l'Autore si sofferma brevemente sui rapporti tra esercizio 
di diritti costituzionalmente garantiti e rilevanza penale dei comportamenti 
che costituiscono applicazione degli stessi, sottolineando come i 
principi enunciati dal S.C. non siano difformi dal precedente costante 
orientamento, e debbano comunque essere letti alla luce dei particolari 
casi sottoposti al giudizio della Corte (Massimo Salvatorelli). 
DOMENICO PIOMBI, Appunti in tema di normativa transitoria della legge 
dell'equo canone (Osservaz. a Cass. 25 luglio 1984 n. 4360), in Foro 
lt., 1985, gennaio, I, 200. 

L'articolo costituisce un commento con vasti richiami giurisprudenziali 
alla sentenza annotata la quale, statuendo l'applicabilit� dell'art. 11 

1. n. 392/78 ai contratti di locazione soggetti alla disciplina transitoria 

chiaro snaturamento della tutela cautelare; 
e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. 
chiaro snaturamento della tutela cautelare; 
e) disapplicazione in sede cautelare della norma ritenuta illegittima. 
110 RASSEGNA DEIL1AVVOCATURA DEI.LO STATO 
della medesima legge, da una parte ha verificato la incompatibilit� dell'art. 
4 I. 841/73 con l'art. 11 I. 392/78, osservando come l'applicazionedella norma successiva ai rapporti gi� in corso non costituisce violazione 
del principio dell'irretroattivit� in quanto incidente su uno degli 
effetti del contratto; dall'altra sottolineando la irrilevanza dell'omesso 
richiamo della disposizione aJ?plicata nel regime transitorio della I. 392/78 
stante il principio che i punti non disciplinati espressamente dalle norme 
transitorie ,devono ritenersi regolati dalla disciplina definitiva (Ettore 
Figliolia). 

GIOVANNI VALCAVI, Evitabilit� del maggior danno ex art. 1227, 2� comma 
e.e., e rimpiazzo della prestazione non adempiuta (Nota a Cass. 6 
agosto 1983 n. 5274), in Foro lt., 1984, novembre, I, 2820. 

L'Autore dell'articolo critica la decisione annotata con la quale la 

S.C. di Cassazione, in relazione al problema della responsabilit� del creditore 
per non essersi attivato al fine della sostituzione aliunde del 
bene non prestato dal debitore cos� da contenere il pregiudizio risarci-� 
bile, ha operato un revirement rispetto all'orientamento giurisprudenziale 
prevalente, affermando che non sussiste in capo al creditore l'onere 
di. rimpiazzare la merce non fornitagli dal venditore anche se facilmente 
reperibile sul mercato (Ettore Figliolia). 
I 

CARLO ZOLI, La tutela degli interessi legittimi nel diritto del lavoro, in 

I 

Giust. Civ., 1984, parte II, p. 423-444. 

I ~ 

L'Autore delinea, con diffusa e puntuale trattazione, il cammino percorso 
dalla giurisprudenza, che � giunta ad affermare (pur con incertezze 
e ripensamenti) l'esistenza nel diritto del lavoro di posizioni di 
interesse legittimo in capo ai privati tutelabili dinanzi l'A.G.O .. L'analisi 
considera come punto cardine la nota pronunzia della Cass. SS.UU. 2 no


I 

vembre 1979 n. 5688 e, al termine di una rassegna giurisprudenziale sui 

I ~ profili pi� significativi (quali correttezza e buona fede, concorsi, ecc.) si 
sofferma su alcuni spunti dottrinali e sugli interessi legittimi � di diritto 
pubblico� nell'ambito del diritto del lavoro (Massimo Salvatorelli). 

PROCEDURA CIVILE 

I 

GIOVANNA CAMPANILE, Procedimento d'urgenza e incidente di legittimit�'costituzionale, in Riv. dir. process. 1985, 124 ss. 

L'Autore affronta la assai interessante e dibattuta questione, della 
compatibilit� tra procedimento di urgenza ed incidente di legittimit�costituzionale. Vengono esaminati innanzitutto gli orientamenti della giurisprudenza 
di merito che possono ricondursi a tre linee fondamentali: 

a) rimessione degli atti alla Corte dopo la emissione del provvedimento, 
con evidente venir meno della rilevanza, come pi� volte ritenuto 
dalla Corte stessa; 

b) rimessione anteriore alla emissione del provvedimento, con 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

Ritenuta la incompatibilit� delle prime due vie, l'Autore pervienealla conclusione, peraltro difficilmente condivisibile, che in sede cautelare 
il giudice possa disapplicare la legge ritenuta incostituzionale (Vincenzo 
Nunziata). 

MARIA GIULIANA CIVININI TAFFINI, Provvedimenti camerali: or~entamenti 
giurisprudenziali in tema di ricorribilit� in Cassazione ex art. 111, 
2� comma Cost. (Nota a Cass. 22 gennaio 1983 n. 618 e 22 gennaio 
1982 n. 444), in Foro It., 1984, novembre, I, 2844. 

L'Autore della nota prende spunto dalla sentenza annotata per procedere 
ad una analisi della giurisprudenza riguardo al problema dell'ammissibilit� 
del ricorso in Cassazione dei provvedimenti camerali che 
trovano Ja loro disciplina generale negli artt. 737 SS. c.p.c. (Ettore Figliolia). 


VANNA COCCHI, Oreintamenti giurisprudenziali in tema di limiti oggettivi 
del giudicato e di impugnative negoziali (Nota a Cass. 15 maggio 1984 

n. 2965), in Foro lt., 1984, dicembre, I, 2957. 
Premessa una esauriente ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali 
e dottrinali esistenti in materia di limiti oggettivi del giudicato 
emesso su impugnativa di atti negoziali, l'autore dell'articolo da un lato 
accoglie la soluzione data dalla sentenza annotata che maggiormente protegge 
l'intangibilit� del giudicato e l'integrit� della tutela da esso attri� 
buito, dall'altro critica alcune ambiguit4 espresse nella motivazione della 
medesima pronuncia che sembrano ridimensionare il principio accolto e 
sopra richiamato (Ettore Figliolia). 

EDOARDO GARBAGNATI, La dichiarazione d'incostituzionalit� dell'art. 648, 
II c., c.p.c., in Riv. dir. process. 1985, 1 ss. 

L'Autore si sofferma sulla recente sentenza n. 137/84 della Corte Costituzionale 
che ha dichiarato l'illegittimit� dell'art. 648, II c. esaminando 
l'attuale portata della norma nel senso che il II comma cos� come modificato 
dalla sentenza, abbia perso ogni concreto significato. 

L'Autore si sofferma altres� sulla � vexata quaestio �, della ammissibilit� 
della sentenza c.d. sostitutiva o manipolativa della Corte Costituzionale 
(Vincenzo Nunziata). 

DANTE GROSSI, Questioni in tema di sospensione del procedimento ex art. 
700 c.p.c. e di condanna alle spese del processo cautelare, in Giust. 
Civ., 1984, I, 3115-3124. 

Alla luce dei principi enunciati dal S.C. su alcune delle pi� attuali 
questioni in materia di tutela atipica, l'Autore si diffonde criticamente 
sui temi: A) Del potere cautelare dell'A.G.O. in materia di cognizioneesclusiva del giudice Amministrativo; B) della proposizione di ricorso 
per regolamento di giurisdizione in sede di Art. 700 c.p.c.; C) della sospensione 
ex art. 357 c.p.c. in caso di tutela cautelare; D) della condanna 
alle spese. In particolare, nelle questioni di cui alle lettere B, C e D, 
l'Autore, con interessante esposizione, contesta le conclusioni cui per



112 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

viene la Cassazione, rilevando altres� l'uso eterodosso che de~li stru


menti forniti dalla tutela cautelare e dal regolamento di giunsdizione

suol farsi nella prassi forense (Massimo Salvatorelli). 

ALBERTO LEVONI, Prime note alla legge del 30 luglio 1984, n. 399 sulle 
modificazioni di competenza, in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 4, 
dicembre 1984, 1192 ss. 

Dopo aver illustrato le modificazioni della competenza del conciliatore 
e del pretore, l'Autore si sofferma sui nuovi poteri generali di equit�del conciliatore, sui presupposti di ammissibilit� della domanda in forma 
orale. davanti ai suddetti giudici, nonch� sulla inappellabilit� della 
sentenza del conciliatore. Vengono quindi esaminate le eterogenee disposizioni 
contenute nell'art. 6 della nuova legge sulla competenza, i nuovi 
criteri di determinazione del valore delle controversie relative a beni 
immobili, le disposizioni transitorie, segnalandosi infine alcune sviste di 
coordinamento formale del legislatore (Maria Letizia Guida). 

GIAMPIERO SoNNORI, Ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza 
di un tUolo esecutivo in Riv. Trim. di dr. e proc. civ. n. 1, marzo 
1985, 134 ss. 

Dopo aver sinteticamente esposto le opinioni favorevoli e contrarie 
all'ammissibilit� del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo, 
l'Autore affronta il problema, muovendo da un'impostazione me. 
todologica diversa da quella tradizionalmente seguita, che tiene conto 
soprattutto del particolare tipo di rapporto che corre tra titolo esecutiv� 
e sequestro. conservativo. In quest'ottica, egli individua ed esamina tre 
diversi tipi di situazioni, a seconda che si sia in presenza di un titolo 
esecutivo di formazione stragiudiziale, di una sentenza passata in giudicato 
ovvero di una sentenza di primo grado parzialmente esecutiva o 
di appello non passata in giudicato.

Soltanto nel primo caso, secondo l'Autore, la cautela pu� essere chiesta 
e deve essere concessa dal giudice, purch� si presentino realizzate le 
normali condizioni del fumus boni iuris e del periculum

Nelle altre situazioni, invece atteso il carattere necessariamente fun. � 
zionale della misura cautelare rispetto all'attuazione della tutela sostanziale, 
ed il meccanismo della conversione, la cautela dovr� essere sempr~ 
negata in quanto astrattamente inammissibile (Maria Letizia Guida). 

VARIE 

GIUSEPPE FICI, Ancora sul procedimento disciplinare a carico dei magistrati, 
in particolare nella fase dell'impugnazione, in Giust. Civ., 1984, 
parte I, pp. 3299-3304. 

A commento della pronunzia resa dalle SS.UU. della Cassazione in 
data 5 luglio 1984 (n. 3951) in sede di impugnazione di una pronunzia 
della sezione disciplinare del C.S.M., ci si sofferma su alcune rilevanti 
questioni processuali risolte dal S.C.; in particolare, sull'interpretazione 
del termine �sentenza� di cui al.l'Art. 12 L. n. 1/81, su11a competenza 
per le valutazioni di merito e sulle garanzie di difesa del magistrato 
(Massimo Salvatorelli). 


PARTE II, RASSEGNA DI DOTTRINA 

SEGNALAZIONI DI NUOVE PUBBLICAZIONI RECENSITE 
DALLE RIVISTE ESAMINATE 


DIRITTO AMMINISTRATIVO 

AA.W., L'espropriaz;one per puf?blica utilit�. Maggioli, Rimini, 1984. 

Il volume, curato da A. Clarizia, raccoglie gli atti della tavola rotonda 
tenutasi a Salerno il 23 febbraio 1984, con interventi di vari giuristi 
tra cui G. Abbamonte, A. De Roberto e V. Spagnolo Vigorita, nonch� 
un'accurata documentazione comprensiva di circolari, sentenze e disegnidi legge (Enrico De Giovanni). 

S. 
CASSARINO, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giuriprudenza, 
vol. I Giuff�, Milano, 1984. 
L'opera contiene l'esposizione sistematica delle norme sul processoamministrativo e di tutta la giurisprudenza dal dopoguerra ad oggi, strutturandosi 
in una prima parte sui presupposti ed in una seconda sullo 
svolgimento del giudizio (Enrico De Giovanni). 

E. 
FALLIERI, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi. Solfanelli, 
Chieti, 1984. 
' L'interessante opera � divisa in 4 capitoli: dopo una parte introduttiva 
l'Autore approfondisce lo studio degli inte:r;essi c.d. �oltremodo� 
protetti, dei c.d. interessi pretensivi, e tratta infine in particolare del 
problema del risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi(Enrico De Gicwanni). 

GIUSEPPE LANDI, L'espropriazione per pubblica utilit�. Commentario di 
legislazione amministrativa a cura di F. Piga. Giuffr�, Milano, 1984, 
pp. 214. 

Esame analitico, ricco di riferimenti dottrinali e giurisprudenziali di 
tutta la problematica relativa alla espropriazione per p.u. (Gabriella PalInieri). 


P. MARCHESE, Il silenzio nel Diritto amministrativo. Pirola, Milano, 1983. 
L'Autore illustra gli aspetti salienti dell'istituto del silenzio nel diritto 
amministrativo. (Enrico De Giovanni). 

PROCEDURA CIVILE 

CELSO EDOARDO BALBI, La decadenza nel processo di cognizione. Giuffr�, 
Milano, 1985, pp. 1-496. 

Lo studio e la ricerca del punto di equilibrio fra pesi e contrappesi, 
fra decadenza e rimedi restitutori, fra accelerazione del processo e resti



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

114 

tuzione come esercizio del diritto di difesa: in ci� pu� individuarsi il 
motivo conduttore della monografia. 

. Il tutto verificato saggiamente sia con l'evoluzione storica sia con 
interessanti raffronti con ordinamenti stranieri (Maria Letizia Guida). 

FERRUCCIO TOMMASEO, I provvedimenti d'urgenza (struttura e limiti dalla 
tutela anticipatoria). Padova, Cedam, 1983 pp. XI 381. 

L'idea ispiratrice dell'opera � enunciata dallo stesso autore: �la consapevolezza 
che lo studio della tutela cautelare urgente deve ricercare i 
criteri che contribuiscano a stabilire un corretto rapporto tra anticipazione 
e giudizio di merito, � il motivo ispiratore di questo libro �. Si 
presenta come punto focale di tutta la prima parte dello studio quellodi collegare e raccordare strettamente il provvedimento d'urgenza col 
giudizio di merito. Emerge inoltre, la preoccupazione dell'Autore di riaffermare 
la struttura cautelare del procedimento, di puntualizzare e circoscrivere 
i poteri e le funzioni del giudice, l'attivit� delle parti, senza 
sopravvalutare le eventuali utilizzazioni devianti compiute da una prassi 
soven~e incontrollata. 

� da segnalare l'ultimo capitolo della monografia che si occupa del 
problema dell'esecuzione dei provvedimenti di urgenza e nel quale si 
leggono indicazioni originali e interessanti (Maria Letizia Guida). 



RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


LEGGI E DECRETI (*) 

-L. 4 febbraio 1985 -� Conversione in legge, con modificazioni, del 

D.L. 6 dicembre 1984 n. 807 recante disposizioni urgenti in materia di 
trasmissioni r�diotelevisive � in G. U. n. 30 del 5 febbraio 1985; 
-D.L. 21 febbraio 1985 -Disposizioni urgenti in materia di interventi 
nei settori dell'industria e della distribuzione commerciale in G. U. 

n. 46 del 22 febbraio 1985; 
-D.P.R. 14 febbraio 1985 n. 30 -Approvazione dello Statuto -regolamento 
dell'A.l.M.A. in Suppi. G. U. n. 49 del 26 febbraio 1985; 

-L. 27 febbraio 1985 n. 52 -Modifiche al libro VI del cod. civ. e 
norme di servizio ipotecario in riferimento alla introduzione di un sistema 
di elaborazione automatica nelle conservatorie dei Registri immobiliari 
in G. U. n. 56 del 6 marzo 1985; 

-Testo del D.L. 22 dicembre 1984 n. 901 coordinato con la legge di 
conversione 1� marzo 1985 n. 42 recante �Proroga della vigenza di alcuni 
termini in materia di lavori pubblici� in G. U. n. 59 del 9 marzo 1985; 

-L. 7 marzo 1985 n. 71 -Sistemazione finani:iaria della residua esposizione 
debitoria dei soppressi enti mutualistici nei confronti degli istituti 
bancari creditori in G. U. n. 62 del 13 marzo 1985; 

-D.L. 19 dicembre 1984 n. 853 convertito con modificazioni nella 

L. 17 febbraio 1985 n. 17 recante disposizioni in materia di I.V.A. e imposta 
sul reddito e disposizioni relative alla amministrazione finanziaria 
in Suppl. G. U. n. 69 del 21 marzo 1985; 
-Testo del D.L. 25 gennaio 1985 n. 8 coordinato con la leg~e di 
conversione 27 marzo 1985 n. 103 recante �Ripiano dei disavall7l� di amministrazione 
delle U.S.L. al 31 dicembre 1983 e norme in materia di 
convenzioni sanitarie in G. U. n. 83 del 6 aprile 1985; 

-L. 25 marzo 1985 n. 121 -Ratifica ed esecuzione dell'accordo, con 
protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apportamodificazioni al Concordato Lateranense dell'll febbraio 1929 tra la Repubblica 
Italiana e la S. Sede in Suppi. G. U. n. 85 del 10 aprile 1985; 

-D.L. 23 aprile 1985 n. 146 -Proroga di alcuni termini di cui alla 

L. 28 febbraio 1983 n. 47 concernente norme in materia di controllo dell'attivit� 
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opereabusive in G. U .. n. 97 del 24 aprile 1985; 
-D.P.R 22 marzo 1985 n. 199 e 200 -Autorizzazione dell'Avvocatura 
dello Stato ad assumere la rappresentanza e la difesa in giudizio rispet. 
tivamente dell'A.G.I. e del C.A.I. in G. U. n. 118 del 21 maggio 1985; ' 

-L. 20 maggio 1985 n. 206 -Ratifica ed esecuzione del protocollo, 
firmato a Roma il 15 novembre 1984 che approva le norme per la disciplina 
della materia degli enti e beni ecclesiastici in Suppi. G. U. n. 123 

del 27 maggio 1985; 
(*) Si segnalano 
Gazzetta Ufficiale nei 
14 
alcuni 
mesi 
tra 
di 
i 
febbprovvedimenti 
raio-marzo-aprilenormativi 
-maggio e 
pubblicati nella 
giugno 1985. 



116 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

~ 


-L. 20 maggio 1985 n. 222 -Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici 
in Italia e per il sostentamento del Clero cattolico in servizio nelle 
diocesi in Suppl. G. U. n. 129 del 3 giugno 1985; 

-L. 4 giugno 1985 n. 281 -Disposizioni sull'ordinamento della Commissione 
nazionale per le societ� e la borsa in Suppl. G. U. n. 142 del 
18 giugno 1985. 

NORME SOTTOPOSTE A GIUDIZIO DI LEGITTIMITA COSTITUZIONALE 

I -NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codice civile, art. 244, secondo comma, nella parte in cui non dispone, 
per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine 
dell'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia .venuto 
a conoscenza dell'adulterio della moglie. 

Sentenza 6 maggio 1985, n. 134, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

codice penale militare di pace, art. 180, primo comma. 

Sentenza 2 maggio 1985, n. 126, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, lett. b), 7, 8 .e 9. 

Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, art. 1, secondo comma, nella parte in cui tiene 
ferme le disposizioni della legge n. 283/1901. 
Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

r.d.L 13 agosto 1926, n. 1459, artt. 2 e 3, in quanto applicabili ai patrocinatori 
di cui all'art. 6, lett. b), della legge n. 283/1901. 
Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

legge 28 giugno 1928, n. 1415, art. 1, nella parte in cui tiene ferme le disposizioni 
della legge n. 283/1901. 

Sentenza 2 maggio 1985, n. 127, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, e legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 
nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia 
del 12 ottobre 1929, c;ome sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 
28 settembre 1955. 

Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

legge reg. siciliana 9 marzo 1959, n. 3 art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, riportato 
nell'art. 5, n. 6, n. 8 e n. 9, del testo unico delle leggi per l'elezione dei 

I 
I f: 


PARTE Il, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

consigli comunali nella regione siciliana approvato con decreto del presidente 
reg: siciliana 20 agosto 1960, n. 3, nella parte in cui prevede una situazione di 
ineleggibilit� anzich� di incompatibilit�. 

Sentenza 24 maggio 1985, n. 162, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 

legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 2 e legge 19 maggio 1932, n. 841, art. 1, 
nella parte in cui danno esecuzione all'art. 22/1 della convenzione di Varsavia 
del 12 ottobre 1929, come sostituito dall'art. XI del protocollo dell'Aja del 
28 settembre 1955. 

Sentenza 6 maggio 1985, n. 132, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

legge� 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, nella parte in cui non consente che 
valga come espiazione di pena il periodo di affidamento in prova al. servizio 
sociale, in caso di annullamento del provvedimento di ammissione. 

Sentenza 13 giugno 1985, n. 185, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. 

disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto �dige il 
7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976, art. 3. 

/ 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice civile, art. 2671 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 14 maggio 1985, n. 147, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

codice penale militare di pace, art. 58 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 157, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, art. 57, nella parte in cui esclude che la tempestiva 
proposizione del ricorso contro l'ordinanza dell'intendente di finanza possa 
essere realizzata anche con la spedizione del ricorso stesso mediante raccomandata, 
e che in tal caso la data di spedizione equivalga alla data di presentazione 
(art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 26 aprile 1975, n. 121, G. U. 8 maggio 1985, n. 101-bis. 

r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, art. 10, secondo e terzo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Sentenza 9 maggio 1985, n. 136, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 116, secondo comma (artt. 3 e 27 della 
Costituzione). 
Sentenza 25 maggio 1985, n. 169, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 


RASSEGNA DBLL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.dJ. 9 gennaio 1940, n. 2, art. 52, primo comma [convertito In legge 19 giugno 
1940, n. 762] (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 26 aprile 1985, n. 121, G. U � �8 maggio 1985, n. 107-bis. 

legge 3 novembre 1954, n. 1042 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1985, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 20 novembre 1955, n. 1179 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 4 marzo 1958, n. 174, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 13 giugno 1985, n. 179, G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. 


legge 18 marzo 1959, n. 132 (artt. 3, 5, 97 e 128 della Costituzione). 
Sentenza 6 maggio 1985, n. 131, G. U. 15 maggl.o 1985, n. 113-bis. 


legge 18 febbraio 1963, n. 67 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 21 luglio 1965, n. 903, art. 21, nella parte in cui non prevede per il 
titolare di pensione la categoria dei fratelli e delle sorelle inabili al lavoro tra 
i soggetti che hanno titolo alle quote di maggiorazione della pensione (artt. 3 
e 38 della Costituzione). 

Sentenza 26 aprile 1985, n. 120, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 

legge 27 luglio ~967, n. 658, art. 96, primo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 14 maggio 1985, n. 144, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 16-ter (artt. '3, 36, 103, 104, primo comma 
e 107, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 6 maggio 1985, n. 133, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R. 21 marzo 1971, n. 276, art. 6 (artt. 76 e 77 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 163, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 17 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). 
Senteriza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (art. 3 dell,a Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 15 dicembre 1972, n. 772 (artt. 2, 3 e 52 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 3, secondo comma (artt. 3 e 97 �della 
Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 164, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 24 aprile 1975, n. 130, art. 7, secondo comma (art. 21 della Costituzione). 
Sentenza 9 maggio 1985, n. 138, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

disegno di legge reg. aut. Valle d'Aosta approvato il 2 luglio 1976 e riapprovato 
il 30 settembre 1976 (artt. 3 della Costituzione e 2 e 3 statuto speciale 
Valle d'Aosta). 

Sentenza 14 maggio 1985, n. 150, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (artt. 107 e 108 dello statuto speciale TrentinoAlto 
Adige e 
artt. 70, 76, 77 e 87 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752, artt. 9 e 46 (artt. 89 e 100 dello statuto speciale 
Trentino-Alto Adige. e 
artt. 3, 4, 35, 36 e. 97 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 160, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 
7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976 (artt. 41 e 120 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 

disegno di legge approvato dal consiglio provinciale dell'Alto Adige il 
7 ottobre 1976 e riapprovato il 1� dicembre 1976, art. 4 (artt. 3 e 4 della Costituzione). 


Sentenza 23 maggio 1985, n. 155, G..U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 

legge reg. Abruzzo 2 febbraio 1978, n. 9 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). 
Sentenza 14 maggio 1985, n. 143, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13 (artt. 8 e 9 dello statuto speciale 
Trentino-Alto Adige) . 
. Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

legge prov. Trento 13 marzo 1978, n. 13, art. 8, ultimo comma (artt. 3, 4, 
23, 31, 35 e 53 della Costituzione). 
Sentenza 9 maggio 1985, n. 139, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, artt. 99, secondo comma, e 116, primo comma 
[sostituito quest'ultimo dall'art. 25 del d.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834], nella 
parte in cui prevede un termine quinquennale di prescrizione per la richiesta 
della pensione di guerra (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 2 maggio 1985, n. 125, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 


120 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge reg. Abruzzo 28 dicembre 1978, n. 87, art. 15 (artt. 36, 97 e 117 della 
Costituzione). 


Sentenza 23 maggio 1985, n. 153, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, lett. d) (artt. 1, 3, 51 e 76 della 
Costituzione). 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 21 febbraio 1980, n. 28, art. 4, primo comma, lett. b) (artt. 3, 33, 51 
e 97 della Costituzione). 

Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

legge 24 aprile 1980, n. 146, art. 48 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 11, quarto comma, lett. a) (artt. 3, 33, 51 
e 97 della Costituzione). 
Sentenza 14 maggio 1985, n. 145, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 13, primo comma, n. 7 (artt. 3, 4 e 76 della 
Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1985, n. 158, G. U. 5 giug?o 1985, n. 131-bis. 

d.P.R. 3 novembre 1981, n. 739, art. 27 (artt. 25, 76, 77 e 108 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1985, n. 156, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 
legge 26 novembre 1981, n. 690 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 23 maggio 1955, n. 152, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 14 aprile 1982, n. 164, art. 1 (artt. 2 e 32 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1985, n. 161, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


legge 3 maggio 1982, n. 203, art. 40, primo comma (artt. 41 e 44 della 
Costituzione). 

Sentenza 25 maggio 1985, n. 168, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 

dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 19 [conv. in legge 26 aprile 1983, n. 131] 
(art. 23 della Costituzione). 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 


PARTB II, RASSEGNA D� LEGISLAZIONE 

dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 20, terzo e settimo comma [conv. in legge 
26 aprile 1983, n. 131] (art. 53 della Costituzione). 

Sentenza 23 maggio 1985, n. 159, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

codice civile artt. 6, 143-bis, 236, 237, secondo comma e 262, secondo 
comma (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). 

Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 149-bis. 
codice civile, art. 291 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 12 ottobre 1984, n. 120/85, G. U. 19 giugno 
1985, n. 143-bis. 

codice civile, art. 956 (artt. 41 e 42 della Costituzione). 

Tribunale di Castrovillari, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 3/85, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

codice civile, art. 2109 (artt. 3 e 36 della Costituzione). 

Tribunale di Aosta, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 66/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

codice civile, art. 2195 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 1984, 

n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 
codice civile, art. 100 disposizioni di attuazione (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

codice di procedura civile, art. 437, secondo comma (art. 3 della Costituzione. 

Tribunale di Foggia, ordinanza 5 luglio 1984, n. 54/85, G. U. 5 giugno 1985, 

n. 131-bis. 
codice di procedura civile, art. 444, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Pretore di Genova, ordinanza 18 settembre 1984, n. 1310, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 113-bis. 
codice penale, art. 162 (art. 3 della Costituzione) 

Pretore di Bassano del Grappa, ordinanza 9 novembre 1984, n. 81/85, 

G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 

122 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-

codice penale, art. 385, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Sal�, ordinanza 11 gennaio 1985, n. 130, G. U. 19 giugno 1985, 

n. 143-bis. 
codice penale, art. 530, primo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Leonforte, ordinanza 26 novembre 1984, n. � 33/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

codice. di procedura penale, art. 41-bis (artt. 3, 97 e 101 della Costituzione). 

Giudice istruttore tribunale di Treviso, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 1328, 

G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 
I 

codice di procedura penale, art. 226-quater, settimo comma (artt. 3, 15 e 24 
della Costituzione). 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giu


I

gno 1985, n. 149-bis. 

codice di procedura penale, art. 226-quater, ottavo comma (arj;, 24 della 

I

Costituzione}. 

Tribunale di Ferrara, ordinanza 10 marzo 1983, n. 173/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

I 
I
!: 
m 

codice procedura penale, art. 263, secondo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


I

Corte di cassazione, ordinanze (due} 12 gennaio 1985, nn. 227 e 228/85, 

G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 
Corte di cassazione, ordinanze (due) 15 gennaio 1985, nn. 153 e 154, G. U. 
I

12 giugno 1985, n. 137-bis. 

codice di procedura penale, art.. 586, quarto capoverso (art. 3 della Costi


I

tuzione}. 

Pretore di Prato, ordinanza 22 novembre 1984, n. 12/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
I 

codice penale militare di pace, art. 186, secondo comma (art. 25 della Costituzione). 


I 

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Tribunale militare di Padova, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1314, G~ U. 15 maggio 
1985, n. 113-bis. ?: 
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codice penale militare di pace, art. 189, primo comma (art. 25 della ! 

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Costituzione}. 

' 

Tribunale militare di Padova, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 1337, G. U. 
29 maggio 1985, n. 125-bis. 



PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

~ 

codice penale militare di pace, art. 195, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale militare di Padova, ordinanza 11 ottobre 1984, n. 1317; G. U. 
15 maggio 1985, n. 113-bis. 

legge 22 marzo 1908, n. 105, artt. 1 e 7 [cos� come sostituita con leggi 11 febbraio 
1952, n. 63, e 16 ottobre 1962, n. 1498] (artt. 2, 35 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Bra, ordinanza 5 dicembre 1984, n. 70/85, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 149-bis. 
r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, artt. 42, punto 3, e 58, all. A (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanze 12 gennaio 1984, n. 65/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

t.u. 20 settembre 1934, n. 2011, art. 53 (art. 23 della Costituzione). 
Tribunale di Genova, ordinanza 24 settembre 1984, n. 1329, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 73 (artt. 2, 3 e 29 della Costituzione). 
Tribunale di Lucca, ordinanza 21 gennaio 1985, n. 177, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 149-bis. 
r.d. 30 gennaio !941, n. 12, artt.�30 e segg. (artt. 97 e 101 della Costituzione). 
Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. !87, primo comma, e 160, primo comma, n. 1 
(art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Ragusa, ordinanza 20 novembre 1984, n. 86/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 (attt. 3 e 136 della Costituzione). 

Tribunale di Bologna, ordinanza 12 luglio 1984, n. 61/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

legge 19 ge11naio 1955, n. 25, art. 21 (artt. 3, 31, 35, 37 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
legge 11 aprile 1955, n. 379, art. 40, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 5 marzo 1984, n. 152/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 

124 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 26 ottobre 1957, n. 1047, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 20 febbraio 1958, n. 93, art. 2 (artt. 3 e 38 della Cosiituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1985, n. 198, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 80, tredicesimo comma (artt. 3 e 27 
della Costituzione). 
Pretore di Grumello del Monte, ordinanza 2 maggio 1984, n. 1291, G. U. 15 
maggio 1985, n. 113-bis. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (art. 3 dell� 
Costituzione). � 

Tribunale di Firenze, ordinanza 3 febbraio 1981, n. 1343, G. U. 8 maggio 
1985, n. 107-bis. 
Pretore di Udine, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 1371, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 
113-bis. 
Pretore di Udine, ordinanza 6 novembre 1984, n. 1374, G. U. 15 maggio 1985, 
11. 
113-bis. 
~ 

Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 24 ottobre 1984, n. 4/85, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 
Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 30/85, G. U. 29 maggio 
1985, n. 125-bis. 
Pretore di Roma, ordinanza 23 ottobre 1984, n. 123/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
Pretore di Palermo, ordinanza 3 dicembre 1984, n. 160/85, G. U. 19 giugno 
1985, n. 143-bis. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo comma, lett. a) (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 

Pretore di Latina, ordmanza 19 ottobre 1984, n. 1369, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 113-bis. 
legge 9 gennaio 1963, n. 9, art. 1, secondo comma. 

Pretore di Alessandria, ordinanza 3 dicembre 1984, n. lJl/85, G. U. 19 giugno 
1985, n. 143-bis. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, primo e quarto comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Pretore di Taranto, ordinanza 10 gennaio 1985, n. 140, G. U. 

n. 
143-bis. ' 
19 giugno 1985, 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 12J 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 11 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Siena, ordinanza 30 ottobre 1984, n. 1339, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 22 luglio 1966, n. 613, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Aosta, ordinanza 17 ottobre 1984, n. 29/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 28 e 36 (art. 32 della Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 21 novembre 1984, n. 71/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
legge 1 marzo 1968, n. 151, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 28 gennaio 1985, n. 187, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 149-bis. 
legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, let. a) (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Brescia, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 43/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 2 aprile 1968, n. 475, art. 17 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanza 3 luglio 1984, n. 1297, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 113-bis. 
legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1, 11 e 16, quarto comma (artt. 3, 4, 38 e 97 
della Costituzione). 

Pretore di Torino, ordinanza 16 novembre 1984, n. 72/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 25, primo comma (artt. 3 e 38 della Costituzione). 


Pretore di Firenze, ordinanza 10 febbraio 1984, n. 1346, G:�u. 22 maggio 
1985,. n. 119-bis. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, artt. 31 e 37 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 162/85, G. U. 19 giugno 
1985, n. 143-bis. 

legge 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 17 maggio 1976, n. 82/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 


Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 
19 giugno 1985, n. 143-bis. 
Tribunale militare di La Spezia, ordinanza 12 dicembre 1984, n. 138/85, G. U. 
19 giugno 1985, n. 143-bis. 
-� 

1.26 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

legge 20 novembre 1971, n. 1062, art. 9 (artt. 24 e 104 della Costituzione). 

Giudice istruttore del Tribunale di Firenze, ordinanza 3 gennaio 198$, n. 114, 

G. U. 19 giugno 1985, n. 143-bis. 
legge 30 dicembre 1971, n. 1024, art. 15, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Siena, ordinanza 21 novembre 1984, n. 7/85, G.�U. 22 maggio 1985, 

n. 119-bis. 
legge 30 dicembre 1971, n. 1024, artt. 17, terzo e quarto comma (artt. 3, 31, 35, 
37 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Crema, ordinanza 7 dicembre 1984, n. 99/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 34 (art. 45 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 
novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (artt. 3, 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 
222-225/bis, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, tariffa ali. A, art. 4, lett. a), rt. 1 e 1-bis 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Rovereto, ordinanza 19 luglio 
1984, n. 11/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 23, primo comma {artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Belluno, ordinanze (due) 5 novembre 
1984, nn. 217-218/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 25 (artt. 3, 8, 19 e 20 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Pinerolo, ordinanza 19 luglio 
1984, n. 28/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119/bis. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 648, art. 10 (artt. 76 �e 77 della Costituzione). 
Corte di cassazione, ordinanza 29 marzo 1984, n. 1325, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 15 dicembre 1972, n. 772, art. 11 {artt. 25 e 103 della Costituzione). 


PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, artt. 6, 28, 48 e 93 (artt. 3 e 28 dela Costituzione). 


Tribunale di Roma, ordinanza 14 dicembre 1983, n. 24/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 

d.P.R.. 29 marzo 1973, n. 156, �artt. 183, 195 e 334 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rimini, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1332, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 113-bis. 
d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, lett. e) (art. 3 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di . Genova, ordinanza 15 luglio 
1984, n. 1344, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 12, lett. e), 14 e 46, secondo comma 
(artt. 3; 38, 53 e 76 della Costituzione). 
(Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze 
(tre) 4 luglio 1984, nn. 182-184/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 14 (art. 3 dela Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado qi Roma, ordinanza (sei) 22 marzo 
, 1984, nn. 101-106/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 8 marzo 1984, 

n. 
107/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 
Commissione tributaria di primo grado di Roma ordinanze (due), 29 .marzo 
1984, nn. 109-110/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 
Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanze (due) 2 febbraio 
1984, nn. 108 e 111/85, G. U. 26 giugno 1985, n. 149-bis. 

d.P.R.. 29 settemb1�e 1973, n. 597, art. 14, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Roma, ordinanza 2 febbraio 
1984, n. 1311, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 28 e 51 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione trj.butaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 
1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 

d.P.R.. 29 settembre 1973, n. 597, artt. 46, primo comma, e. 48 (art. 36 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 
19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Varese, ordinanza 18 ottobre 
1984, n. 1334, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 


128 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Forl�, ordinanza 12 aprile 1984, 

n. 
9/85, G. U. 22 maggio 1985, n. 119-bis. 
Commissione tributaria di secondo grado di Forl�, ordinanza 12 aprile 1984, 
n. 8/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 
1 
C01i;i.missione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 18 febbraio 
1984, n. 10/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 42 (art. 36 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Termini Imerese, ordinanze (due) 
19 novembre 1984, nn. 213 e 214/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 21 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 20 dicembre 1984, n. 197/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Lucera, ordinanza 18 ottobre 1984, n. 25/85, G. U. 5 giugno 1985, 

n. 131-bis. 
legge 22 luglio 1975, n. 382, art. 4 (art. 125 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, ordinanza 27 gennaio 
1983, n. 22/85, G. U. 5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, artt. 72 e 80 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 19 settembre 1984, n. 1309, G. U. 15 maggio 
1985, n. 113-bis. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 73, secondo comma (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Genova; ordinanza 5 ottobre 1984, n. 48/85, G. U. 22 maggio 1985, 

n. 
119-bis. 
legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 56, secondo comma (art. 3, 
42 e 117 della Costituzione). 

I 
~ 
! 

Tribunale amministrativo regionale per �l Piemonte, ordinanza 3 luglio 1984, 

n. 63/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. 
d.P.R. 6 dicembre 1977, n. 914, art. S (artt. 3, 70 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Brindisi, ordinanza 8 febbraio 
1982, n. 51/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 

! 

I f 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 1, 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 17 ottobre 1983, n. 1336/84, G. U. 15 maggio 

f 
1985, n. 113-bis. f 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 129 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 30, 46 e 84 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Pizzo Calabro, ordinanza 3 novembre 1984, n. 26/85, G. U. 29 maggio 
1985, n. 125-bis. 

legge 27 lug1io 1978, n. 392, artt. 38, 39, 40 e 41 (art. 42 della Costituzione). 

Pretore di Venezia, ordinanza 17 aprile 1984, n. 132/85, G. U. 19 giugno 1985, 

n. 143-bis. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 64 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Paola, ordinanze (due) 27 novembre 1984, n. 67 e 68/85, G. U. 
26 giugno 1985, n. 149-bis. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 58 e 65 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 7 agosto 1984, n. 38/85, G. U. 29 maggio, 1985, 

n. 125-bis. 
Pretore di Messina, ordinanza 5 novembre 1984, n. 39/85, G. U. 29 ,maggio 
1985, n. 125-bis. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 69 e 73 (artt. 3 e 42 della Costituzione). 

Pretore di Lecce, ordinanza 8 giugno 1983, n. 1295/84, G. U. 15 maggio 1985, 

n. 113-bis. 
legge 7 febbraio 1979, n. 56, articolo unico (art. 45 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Potenza, ordinanze (quattro) 30 
novembre 1984, nn. 222-225/85, G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 

legge 15 ottobre 1979, n. 490, art. 1, primo e secondo comma (artt. 3, 24, 25, 42 
e 97 della Costituzione). 

Tribunale di Palmi, ordinanza 3 maggio 1984, n. 133/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
dl. 3U dicembre 1979 n. 663, art. 3 [conv. in legge 29 febbraio 1980, n. 33] 
(artt. 3 e 53 della Costituzione). 

,, 

Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 1985, 

n. 119-bis. 
d.L 30 dicembre 1979, n. 663, art. 3, primo comma, lett. b) [conv. in legge 29 
febbraio 1980, n. 33] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
I 

Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 
Pretore di Modena, ordinanza 17 novembre 1984, n. 73/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

legge 29 febbraio 180, n. 33, art. 3, (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 
Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 


130 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538 (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
I 

Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

I 

d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, art. 1, ultimo comma (art. 3 e 53 della Costizione). 
Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 

I

1985, n. 137-bis. 

~ 

d.P.R. 8 luglio 1980, n. 538, artt. 1 e 2 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 
Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 

legge 22 dicembre 1980, ri. 928, art. 2, terzo comma (artt. 3 e 97 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 28 maggio 1984, 

n. 165/85, G. U. 12 giugno 1985, n. 131-bis. 
legge prov. di Bolzano 16 febbraio 1981, n. 3, artt. 5, primo comma; 7, terzo 
comma, lett. b); 8, secondo comma lett. b); 12 primo comma; 23 24, 25, 26, '1:1, 
28, 29, 30, 31 e 44 (art. 120 della Costituzione e 8 dello statuto reg. TrentinoAlto 
Adige). 

Corte d'appello di Trento, ordinanza 4 dicembre 1984, n. 23/85, G. U. 29 
maggio 1985, n. 125-bis. 

legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3 (artt. 97 e 101 della Costituzione). 

Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 19 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Udine, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, 

n. 107-bis. , 
! 

d.P.R. 2 giugno 1981, n. 271, artt. 1, 3 e 8 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 16 m�ggio 1983, 

I

n. 1338/84, .G. U. 29 maggio 1985, n. 125-bis. 
d.I. 
29 luglio 1981, n. 402, art. 12 [conv. in legge 26 settembre 1981, n. 537] 
I

(artt. 3 e 53 della Costituzione). 
i 
i

Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 1985, 

\

n. 
131-bis. 
Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985; 
n. 131-bis. 
I 

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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 

d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto comma [conv. in legge 26 settembre 
'1.981, n. 537] (artt. 3 e 76 della Costituzione). 
Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 .ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

. d.l. 29 luglio 1981, n. 402, art. 12, sesto e sett�no corilma [conv. in legge 
26 settembre 1981, n. 537] (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Agrigento, ordinanza 28 settembre 1984, n. 1296, G. U. 8 maggio 
1985, n. 101-bis. 

Iene 24 novembre 1981, n. 689, art. 21, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Pignataro Maggiore, ordinanza 19 novembre 1984, n. 1384, G. U. 
15 maggio 1985, n. 113-bis. 
Pretore di Lucca, ordinanza 28 luglio 1984, n. 40/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 
125-bis. � � 
Pretore di Lucca, ordinanza 16 ottobre 1984, n. 41/85, G. U. 29 maggio 1985, 
n. 125-bis. 
Pretore di Piacenza, ordinanze (due) 7 novembre 1984, nn. 31 e 32/85, G. U. 
12 giugno 1985, n. 137-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53 e 77 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Udine, ordinanza 15 febbraio 1984, n. 50/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

legge 24 novembre 1981, 11. 689, artt. 53 e 77, primo e secondo comma (art. 3 
della Costituzione). 

(Pretore di Moncalieri, ordinanza 5 novembre 1984, n. 161/85, G. U. 12 giu� 
gno 1985, n. 137-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, artt. 53, primo comma, e 77, primo comma 
(art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Ragusa, ordinanza 2 luglio 1984, n. 37/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 
125-bis. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 62 (art. 25 della Costituzione). 

Pretore di Pietrasanta, ordinanze (due) 10 novembre 1984, nn. 1382 e 1383, 

G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis e G. U. 15 maggio 1985, n. 113-bis. 
legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (art. 3 della Costituzione) .. 

Pretore di La Spezia, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1308, G. U. 15 maggio 
1985, n. 113-bis. 


112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO / 

Pretore di Castel Baronia, ordinanza 5 novembre 1984, n; 15/85, G. U. 22 
maggio 1985, n. 119-bis. 
Pretore di La Spezia, ordinanza 27 novembre 1984, n. 21/85, G. U. 29 maggio 
1985, n. 125-bis. 
Pretore di Mirabella Belano, ordinanza 17 novembre 1984, n. 139/85, G. U. 
19 giugno 1985, n. 143-bis. 

legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 77 (artt. 3, 24 e 27 della Costituzione). 

Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 9 novembre 1984, n. 1340, G. U. 29 
maggio 1985, n.. 125-bis. 

legge 25 marzo 1982, n. 94, art. 15-bis (art. 3 della Costit~ione). 

Pretore di Milano, ordinanza 6 settembre 1983, n. 1331/84, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 
Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, 

D. 131-bis. 
legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, primo e quarto comma (artt. 3 e 53 della 
Costituzione). 

Tribunale di Firenze, ordinanza 7 maggio 1984, n. 1348, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 26 aprile 1982, n. 181, art. 14, quarto comma (artt. 3 e 76 della Costituzione). 


Tribunale di Pinerolo, ordinanza 26 ottobre 1984, n. 1326, G. U. 22 maggio 
1985, n. 119-bis. 

legge 20 maggio 1982, n. 270, ai1� 40 (artt. 3 e 97 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione sesta, ordinanza 29 giugno 1984, n. 56/85, G. U. 
5 giugno 1985, n. 131-bis. 

legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, tredicesimo comma (art. 3 e 38 della 
Costituzione). 

Pretore di Udine, ordi�.anza 26 ottobre 1984, n. 1375, G. U. 8 maggio 1985, 

n. 107-bis. 
legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 5, terzo comma (artt. 3 e 36 della Costituzione). 


Tribunale di Novara, ordinanza 25 ottobre 1984, n. 14/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 


PARm II, RASSEGNA DI LEGISLAZJOMB 
1H 

dJ. 10 IUlllio 1982, n. 429, art. 28 [conv. in legge 7 qosto 1912, n. ,516) (artt. 3 
e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Salerno, ordinaiiza 4 luglio 
1984, n. 36/85, G. U. 29 maggio 1985, n. 125�bis. 

legge 7 agosto 1982, n. 526, art. 8 (art. 23 della Costituzione). 

,Pretore di Monza, ordinanza 23 gennaio 1985, n. 155, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 
149-bis. 
dJ. 30 settembre 1982, n. 688, art. 9, secondo e� sesto comma {art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Padova, ordinanza 30 luglio 1984, n. 79/S5, G. U. 26 giugno 1985, 

n. 149-bis. 
dJ. 30 aettembre 1982, n. 688, art. 19, primo e secondo comma [conv. in legge 
27 novembre 1982, n. 873] (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte di cassazione, ordinanze (due} 4 aprile 19M, nn. 1319 e 1321, G. U. 
15 maggio 1985, n. 113-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1320, G. U. 22 maggio 1985, 

n. 
119-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1323, G. U. 22 maggio 1985, 
n. 
119-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 11 aprile 1984, n. 1324, G. U. 29 maggio 1985, 
n. 
125-bis. 
Corte di cassazione, ordinanza 4 aprile 1984, n. 1322, G, U. 5 giugno 1985, 
n. 131-bis. 
dJ. 28 febbraio 1983, n. 55 [convertito in legge 26 aprile 1983, n. 131] artt. 19, 
primo e secondo comma, 20, sesto, declmo e undicesimo comma (artt. 3, 23 e 
53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Pisa, ordinanza 13 ottobre 1984, 

n. 1378, G. U. 8 maggio 1985, n. 107-bis. 
dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30, quarto comma [aggiunto dalla legge di 
conversione 26 aprile 1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 21 maggio 1984, n. 5/85, G. U. 5 giugno 1985, 

n. 131-bis. 
dJ. 28 febbraio 1983, n. 55, art. 30-bis [come introdotto dalla legge 26 aprile 
1983, n. 131] (art. 81 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 22 novembre 1984, n. 55/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
legge 2 maggio 1983, n. 178 (artt. 2, 3, 32 e 41 della Costituzione). 

Pretore di Lonigo, ordinanza 19 novembre 1984, n. 170/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATUR/\ DELLO STATO 

legge. 4 maggio 1983, n. 184, art. 79 (artt. 3, 30 e 31 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni di Torino, ordinanza 15 ottobre 1984, n. 6/85, G. U. 
29 maggio 1985, n. 125-bis. � 

d.I. 12 settembre 1983, n. 463, art. S, quattordicesimo comma [conv. in legge 
11 novembre 1983, n. 638] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Firenze, ordinanza 21 giugno 1984, n. 1345, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis: 
dl. 
12 settembre 1983, n. 463, art. 13 [conv. in legge 11 novembre 1983, 

n. 638] (artt. 3, 32 e 38 della Costituzione). 
Tribunale di Parma, ordinanza 19 dicembre 1984, n. 78/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137 bis. 

legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 27 settembre 1984, n. 27/85, G. U. 5 giugno 
1985, n. 131-bis. 
Pretore di Brescia, ordinanza 8 ottobre 1984, n. 46/85, G. U. 5 giugno 1985, 

n. 
131-bis. 
Pretore di Padova, ordinanza 6 novembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, 
n. 
137-bis. 
Pretore di Roina, ordinanza 8 novembre 1984, n. 53/85, G. U. 12 giugno 1985, 
n. 137~bis. 
legge 11 novembre 1983, n. 638, art. 14 (art. 101 della Costituzione). 

Pret~re di Padova, ordinanza 6 no.vembre 1984, n. 13/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bts. 
� 
d.L 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo comma (artt. 3 e 53 della Costi� 
tuzione). . 
Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984 n. 74/85 G. U. 26 giugno 1985 

n. 149-bis. 
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dJ. 12 settembre 1983, n. 463, art. 14, primo e secondo comma [conv. in 
legge 11 novembre 1983, n. 638] (artt. 3 e 53 della Costituzione). � 

Pre~ore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984~ n. 1370, G. U. 8 maggio 1985, 

n. 107-bts. 
Pretore di Modena, ordinanza 6 novembre 1984, n. 74/85, G. U. 26 giugno 
1985, n. 149-bis. 

legge 27 dicembre 1983, n. 730, art. 33 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 8 novembre 1984 n. 53/85 G. U 12 giugno 1985 

n. 137-bis. 
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PARTE II, RASSEGNA DI LEGISLAZIONE tJJ 

legge 31 luglio 1984, n. 400, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Forl�, ordinanza 18 dicembre 1984, n. 49/85, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 1, primo CQDlllla (artt. 97 e 101 della Costituzione). 


Pretore di Verbania, ordinanza 20 ottobre 1984, n. 1327, G. U. 22 maggio 1985, 

n. 119-bis. 
legge 6 agosto 1984, n. 425, art. 10, primo comma (artt. 24, 25, 101, 102, 103, 
113, 134, 136 e 137 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione quarta, ordinanze (11) 23 ottobre 1984, nn. 141-151, 

G. U. 12 giugno 1985, n. 137-bis. 
d.I. 21 settembre 1984, n. 597, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 3 ottobre 1984, n. 87/85, G. U. 12 giugno 1985, 

n. 137-bis. 
d.1. 20 ottobre 1984, n. 694, art. 1 (artt. 21 e 41 della Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanze (due) 25 ottobre 1984, nn. 34 e 35/85, G. U. 
29 maggio 1985, n. 125-bis. 

d.l. 28 novembre 1984, n. 791, art. 6 (artt. 24, 77 e 101 della Costituzione). 
Tribunale di Firenze, ordinanza 17 dicembre 1984, n. 83/85, G. U. 12 giugno 
1985, n. 137-bis. 

dJ. 7 febbraio 1985, n. 12, artt. 3, comma 7-bis, 4, 5-quinquies, primo comma 
[convertito in legge 5 aprile 1985, n. 118] (artt. 8 n. 10, 16 e 78 dello statuto 
speciale per il Trentin<>'Alto Adige). 

Provincia autonoma di Trento, ricorso 13 maggio 1985, n. 22, G. U. 29 maggio 
1985, n. 125-bis. 

legge reg. Liguria riapprovata il 25 marzo 1985 nel suo intero testo e in 
particolare, art. 3, 4 e 5 (art. 117 della Costituzione). 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 22 aprile 1985, n. 20, G. U. 15 maggio 
1985, n. 113-bis. 

legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 1, terzo comma (art. 117 della Costituzione). 

Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
legge 29 marzo 1985, n. 113, art. 2 (artt. 117 e 33, quinto comma, della Costi� 
tuzione). 


Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U.� 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 

116 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

lqae 29 JlHlr.IO 1985, n. 113, art. 8 (artt. 81, quarto comma e 119 della Costi� 
tuzione). 

Regione Toscana, ricorso 10 maggio 1985, n. 21, G. U. 29 maggio 1985, 

n. 125-bis. 
dJ. 22 aprile 1985, n. 144 (art. 5, n. 16 dello statuto reg. Friuli-Venezia Giulia). 

Ricorso giunta reg. Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 29 maggio 1985, G. U. 
12 giugno 1985, n. 131-bis. 

d.P.R. 22 aprile 1985, n. 144, artt. 1 e 2 (artt. 117, 118, 119 e 77 della Costituzione). 
Regione Lombardia, ricorso 3 giugno 1985, n. 24, G. U. 19 giugno 1985, 

n. 
143-bis. � 
Regione Emilia-Romagna, ricorso 3 giugno 1985, n. 25, G. U. 19 JJiugno 1985, 
n. 143-bis.