ANNO XXXII N. 3 MAGGIO-GIUGNO 1980 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1980 



ABBONAMENTI ANNO 1980 

ANNO : � � � � � � � � � � � . . � . � . . . � . . � . � � . . L. 20.000 
UN NUMERO SEPARATO ..... � 3.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -00100 Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in Italy 
Autorizzazione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(1219295) Roma, 1980 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

Sezione seconda: 
Sezione terza: 

Sezione quarta: 
Sezione quinta: 
Sezione sesta: 
Sezione settima: 

Sezione ot+ava: 

del/'avv. Franco Favara] 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(a cura del/'avv. Oscar Fiumara] . 

GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(a cura degli avvocati Carlo Carbone, 
Carlo Sica e Antonio Cingolo} . 

GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura degli avvocati 
Adriano Rossi e Antonio Catrical�] 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (a cura 
dell'avv. Raffaele Tamiozzo] . 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a curo dell'avvocato 
Carlo Baf�le} . 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura degli avvocati Sergio 
La Porta, Piergiorgio Ferri e Paolo Vittoria] � 

GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Be/monte] . 

pag. 471 
� 516 

� 566 
� 575 
� 595 
� 603 

� 647 
� 667 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


QUESTIONI . pag. 71 
LEGISLAZIONE � 79 
CONSULTAZIONI � 99 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Francesco GUICCIARDI, Genova; Marcello DEUA 
VALLE, Milano; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Raffaele 
CONANZI, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; 
Francesco ARGAN, Torino; Mauriziio DE FRANCHIS, Trerzto; Paolo SCOTTI, 
Trieste; Giancartlo MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

ALBISINNI, G.: La concessione �ad aedificandum � .. I, 487 

FIUMARA, O.:� Le pi� recenti sentenze della Corte di Giustizia sulla libera 
circolazione delle merci (settembre 1977 -aprile 1980) . . . . . . . II, 71 

MARZANO, A.: Calcolo della media e criterio di aggiudicazione nel sistema 
di licitazione privata di cui agli artt. 1, lettera d) e 4 della legge 
2 febbraio 1973, n. 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 657 

MARZANO, A.: L'art. 177 del trattato CEE e la �competenza� della Corte 
di giustizia delle Comunit� europee . . . . . . . . . . . . . I. 521 

MARZANO A.: La restituzione di somme indebitamente riscosse come 
forma di risarcimento rilevante nell'ambito dell'ordinamento comunitario 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I, 534 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE 

-Acqua pubblica -Requisiti � Attitudine 
ad usi di pubblico generale 
interesse � Opera dell'uomo � Rilevanza 
preclusiva � Esclusione, con 
nota di P. VITIORIA, 647. 

-Competenza e giurisdizione � Sottensione 
parziale � Controversia sull'ammontare 
del compenso � Giurisdizione 
ordinaria, 653. 

-Giudizio e procedimento � Divieto di 
proporre giudizio �petitorio � Disciplina 
applicabile, con nota di P. VITTORIA, 
647. 

-Giudizio e procedimento � Poteri del 
giudice -Condanna alla demolizione 
di opere attinenti al regime delle 
acque � Possibilit� Esclusione � 
Limiti, con nota di P. VITTORIA, 647. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Licitazione 
privata -Art. 4, secondo e terzo 
comma, della legge 2 febbrai� 1973, 

n. 14 -Media delle offerte -Modalit� 
di calcolo e criterio di aggiudicazione, 
con nota di A. MARZANO, 656. 
COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Azione risarcitoria per danni da 
opera pubblica � Competenza del 
Tribunale regionaJe delle acque pubbliche 
� Condizioni, 589. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
� Impiego pubblico � Ferrovie 
e tramvie in concessione -Decadenza 
della societ� concessionaria 
� Gestione governativa � Natura 
del rapporto di lavoro intercorrente 
con i dipendenti, 572. 

-Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 
� Opera della P. A. ritenuta 
pregiudizievole alla salubrit� dell'ambiente 
-Posizione giuridica sog


gettiva diretta alla protezione della 
salute -Giurisdizione ordinaria, 566. 
-Provvedimenti amministrativi � Applicazione 
di penale a contratto della 

P.A. -Riesame dell'atto su istanza 
del privato contraente � Interesse 
legittimo � Giurisdizione amministrativa 
-Sussiste, 596. 
COMUNE 

-Sindaco -Ufficiale di governo � Requisizione 
-Danni relativi � Imputabilit� 
al Ministero -Esclusione � 
Imputazione al comune beneficiario, 

585. 
COMUNIT� EUROPEA 

-Corte di giustizia -Pronuncia pregiudiziale 
ai sensi dell'art. 177 .del 
trattato -Controversia apparente davanti 
al giudice nazionale � Incompetenza 
della Corte, con nota di A. 
MARZANO, 521. 

-Corte di giustizia -Sentenze emesse 
su domanda di pronuncia pregiudiziale 
� Natura ed effetti ordinari 
ed eccezionali, con nota di A. MAR� 
ZANO, 535. 

-Riscossione di tasse ed oneri erroneamente 
non percepiti � Rinvio 
all'ordinamento giuridico nazionale � 
Limiti, con nota di A. MARZANO, 535. 

-Tariffa doganale comune � Contingente 
tariffario comunitario � Carne 
bovina congelata -Provvedimenti di 
gestione � Delega agli Stati membri � 
Limiti, 516. 

-Unione doganale -Tasse aiU'1mportazione 
indebitamente percepite � Traslazione 
della tassa sull'acquirente 
della merce -Richiesta di rimborso 
da parte dell'importatore -Limiti derivanti 
dal diritto interno -Compatibilit� 
con il diritto comunitario, 
con nota di A. MARZANO, 534. 


INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA Vll 

-Unione doganale -Tasse di effetto 
equivalente a dazi doganali non dovute 
-Contestazioni e richieste di 
rimborso da parte dei contribuenti Rinvio 
all'ordinamento giuridico nazionale 
-Limiti, con nota di A. MARZANO, 
534. 

-Unione doganale -Tasse di effetto 
equivalente ai dazi doganali -Fine 
del periodo transitorio -Abolizione Efficacia 
diretta -Sentenza interpretativa 
della Corte di Giustizia ai 
sensi dell'art. 177 del trattato -Portata, 
con nota di A. MARZANO, 534. 

-Unione doganale -Tasse indebitamente 
riscosse -Restituzione al contribuente 
-Aiuti concessi dagli Stati � 
Differenze, con nota di A. MARZANO, 

534. 
CONCESSIONI AMMINISTRATIVE 

-Concessione dello � ius aedificandi � Non 
adempie a funzione sostanzialmente 
diversa da quella della licenza 
edilizia, con nota di G. ALBISINNI, 486. 

CONCORSO 

-Art. 282 t.u. n. 3/1957 -Concorsi per 
esami e concorsi per titoli -Provveditore 
agli studi di seconda classe Normative 
differenziate -Effetti, 600. 

-Concorsi per titoli -Categorie diverse 
di concorrenti -Valutazione dei 
titoli -Criteri -Rispetto del principio 
di razionalit� ai fini della garanzia 
della selezione -Sufficienza, 600. 

CONTRATTI DELLA P.A. 

-Penale -Forza maggiore -Natura 
della esemplificazione ex art. 67 r.d. 

n. 35/1930 -Imprevedibilit� e inevitabilit� 
dell'evento -Necessit� -Illeggittimit� 
per difetto di motivazione e 
omissione di istruttoria -Fattispecie, 
595. 
CORTE COSTITUZIONALE 

-Giudizio in via incidentale -Principio 
di eguaglianza -Limiti nella prospettazione 
fatta dal giudice � a 
quo � -Integrazione della questione Iniziativa 
della Corte costituzionale Possibilit�, 
512. 

-Locazione di immobili urbani -Controversia 
in materia di equo canone Tentativo 
obbligatorio di conciliazione 
-Giudizio in via incidentale di 
legittimit� costituzionale -Inammissibilit�, 
500. 

DEMANIO E PATRIMONIO 

-Bellezze naturali -Abusi edilizi Sanzione 
pecuniaria -Destinatari Progettista 
e costruttore -Legittimit�, 
598. 

-Bellezze naturali -Sanzioni ex art. 15 
legge 1497/1939 -Altemativit� -Motivazione 
della scelta -Necessit� Non 
sussiste, 598. 

ESPROPRIAZIONE PER P.U. 

-Competenza e giurisdizione -Questioni 
concernenti la correzione e 
l'integrazione della indennit� gi� depositata 
-Giurisdizione dell'A.G.O. Sussiste, 
597. 

-Competenza e giurisdizione -Spettanza 
e ammontare dell'indennit� Giurisdizione 
dell'A.G.O. -Sussiste, 

597. 
-Indennit� -Mancato riferimento caratteristiche 
essenziali e potenziale 
utilizzazione economica del bene Illegittimit� 
costituzionale per contrasto 
con gli artt. 42 e 3 Costituzione 
-Sussiste, con nota di G. ALBISINNI, 
486. 
-Occupazione ultrabiennale non seguita 
da espropriazione -Accordo 
transattivo tra l'Amm.ne e i proprietari 
delle aree occupate per la determinazione 
dei danni dall'occupazione 
-Non costituisce accordo sull'indennit� 
e non perde efficacia per 
effetto della scadenza del termine 
per procedere ad espropriazione, 575. 
-Provvedimento di espropriazione Effetti 
ex artt. 27 e 52 legge 2359/1865 
Propriet� -Trasferimento -Diritti 
parziari -Estinzione, 597. 

FALLIMENTO 

-Appello avverso la sentenza di opposizione 
alla dichiarazione -Sospensione 
dei termini processuali nel 
periodo feriale -Inapplicabilit�, 584. 


VIII RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Giudicato -Esecuzione -Giudizio di 
ottemperanza -Sentenze degli organi 
giurisdizionali amministrativi -Limiti 
di esperibilit� del giudizio di 
ottemperanza -Giudicato formale Pendenza 
del ricorso in cassazione 
per difetto di giurisdizione -Rilevanza, 
596. 

-Interesse al ricorso -Demanio e pa:,
trimonio -Bellezze naturali -Interesse 
legittimo al corretto esercizio 
di poteri pubblici -Indagine caso per 

, , caso con riferimento al concreto godimento 
del bene -Necessit� -Sussiste, 
599. 

-Ricorso giurisdizionale -Legittimazione 
-Interessi pubblici diffusi Associazione 
Fondo mondiale della 
natura -Legittimazione al ricorso Non 
sussiste, 599. 

-Ricorso giurisdizionale -Legittimazione 
al ricorso -Associazioni private 
-Limiti, 599. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Associazioni sindacali di dipendenti 
pubblici -Tutela giurisdizionale degli 
interessi delle associazioni sindacali Inapplicabilit� 
dell'art. 28 dello statuto 
dei lavoratori ~ Legittimit� costituzionale, 
504. 

-Pensione e quiescenza -Diritto alla 
indennit� di buonuscita E.N.P.A.S. Rapporto 
con il diritto a pensione Effetti 
del conseguimento successivo 
del diritto a pensione, 601. 

OBBLIGAZIONI 

-Saggio degli interessi legaili -Insensibilit� 
alla svalutazione monetaria Legittimit� 
costituzionale, 502. 

PECULATO 

-Malversazione -Appropriazione indebita 
-Differenze -Stipendi di pubblici 
dipendenti -Delega al pubblico 
impiegato alla riscossione -Appropriazione 
da parte del delegato Delitto 
di peculato, 667. 

PENA 

-Diversit� del regime sanzionatorio 
Discrezionalit� del legislatore, 510. 


PIANO REGOLATORE 

-Leggi sulla industrializzazione del 
Mezzogiorno -Piano di sviluppo industriale 
-Natura -Strumento primario 
rispetto ai piani regolatori comunali 
-Incidenza sui centri abitati � 
Necessit� di altri strumenti urbani� 
stici -Non sussiste, 597. 

PRESCRIZIONE E DECADENZA 

-Debito di capitale -Debito d'interes� 
si -Autonomia -Termini prescrizio� 
nali -Diversit�, 591. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Appello -Ordinanza di rinvio del� 
l'udienza collegiale fissata dall'istruttore 
-Verbalizzazione dei motivi che 
giustificano l'adozione -Necessit� a 
pena di nullit� -Non sussiste, 575. 

-Appello -Restituzione da parte dell'appellante 
del fascicolo nel termine 
di legge rispetto non all'udienza collegiale 
fissata dall'istruttore ma a 
quella di rinvio disposta dal col 
legio -Improcedibilit� dell'appello 
Non sussiste, 575. 

-Intervento coatto � jussu judicis � Per 
finalit� istruttorie -Inammissibilit�, 
con nota di P. VITTORIA, 647. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Sospensione condizionale della pena 
-Presunzione di astensione da 
ulteriori reati -Valutazione dell'atteggiamento 
susseguente al reato Presunzione 
sfavorevole -Deve risultare 
da comportamenti espressi, con 
nota di P. DI TARSIA, 681. 

REATO 

-Pena -Conversione della pena pecuniaria 
in pena detentiva -Dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale Sospensione 
condizionale della pena 
-Si deve tuttora considerare la 
pena pecuniaria, 667. 

REGIONE 

-Autonomia finanziaria -Prestazione 
patrimoniale non qualificabile come 
tributo -Previsione ad opera del legislatore 
regionale -Limiti, 482. 


INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

-Direttive comunitarie -Accertata 
inattivit� degli organi amministrativi 
e legislativi regionali (o provinciali) Potere 
sostitutivo dello Stato -Sussiste 
anche nei riguardi delle attribuzioni 
legislative delle Regioni (e 
Province autonome) -Diversit� tra 
Regioni a statuto ordinario e Regionali 
(e Province) a statuto speciale, 

471. 
-Materia dei lavori pubblici -Regioni 
e province a statuto speciale -Limite 
derivante dagli obblighi internazionali 
e comunitari -Sussiste -Valutazione 
della aderenza di normativa 
statale a direttiva comunitaria -Spetta 
allo Stato e alla Comunit�, 472. 
-Potere sostitutivo dello Stato -Atti 
normativi adottati dal Consiglio dei 
Ministri -Hanno forza e valore di 
regolamenti, 471. 
-Potere sostitutivo dello Stato -Potere 
statale di scioglimento del Consiglio 
regionale -Sono istituti diversi, 
471. 

RICORSO GIURISDIZIONALE AMMINISTRATIVO 


-Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
di controversia civile o 
amministrativa -Espropriazione per 

p.u. -Pregiudizialit� della dichiarazione 
implicita di pubblica utilit� Questione 
pregiudiziale -Effetti, 602. 
- 
Procedimento -Sospensione -Pregiudizialit� 
di controversia civile o amministrativa 
-Rilevanza -Art. 295 
cod. proc. civ. -Applicabilit� -Sussiste, 
601. 

TRIBUTI ERARIALI DIRETTI 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Contributi in conto capitale Ammortamento 
dei beni strumentali 
-Valore al lordo dei contributi, 
con nota di C. BAFILE, 623. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Esclusione soggettiva -Parifi~ 
cazione allo Stato-Ente per la zona 
industriale di Trieste -Non si estende 
alle imposte dirette, 608. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Passivit� -Pluralit� di rami di 
attivit� -Attivit� ammesse ad esenzione 
-Concorrono con le passivit� 
al risultato complessivo, 618. 

-Imposta sui redditi di ricchezza mobile 
-Plusvalenza -<Societ� per azioni 
-Donazione a terzi -Non si realizza, 
618. 

-Imposte fondiarie -Imposte sui redditi 
agrari -Definizione -Coltivazione 
di funghi -Esclusione, 603. 

TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI 

-Imposta di registro -Agevolazioni 
per la costruzione di autostrade Contratti 
di somministrazione di materiali 
all'appaltatore -Si estende, 

638. 
-Imposta di registro -Concordato fallimentare 
-Base imponibile -Crediti 
privilegiati -Vi sono compresi, 631. 

-Imposta di registro -Concordato 
fallimentare -Sentenza di omologazione 
-Costituisce l'atto tassabile per 
le convenzioni che ne derivano, 631. 

- 
Imposta di registro -Conferimento 
in societ� -Conferimento a titolo di 
godimento -Base imponibile -Va 
commisurata al diritto limitato, 

630. 
-Imposta di successione -Deduzione 
di passivit� -Conto corrente bancario 
-Legge 24 dicembre 1969 n. 1038 Utilizzazione 
con emissione di assegni 
-Necessit� -Successioni aperte 
anteriormente -Eguale regime, 615. 

-Imposte doganali -Merci perdute o 
distrutte -Furto -Esclude l'imposizione, 
640. 

- 
Imposte doganali -Nave introdotta 
nei cantieri per la demolizione -t;: 
merce importata essa stessa con tutto 
ci� che contiene -Provviste di 
bordo -Irrilevanza, 636. 

TRIBUTI IN GENERE 

-Soggetti passivi -Stato contribuente 
-Ammissibilit�, 608. 


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INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

26 luglio 1979, n. 81 
26 luglio 1979, n. 86 
7 dicembre 1979, n. 148 . 
30 gennaio 1980, n. 5 
15 febbraio 1980, n. 17 
22 aprile 1980, n. 60 
5 maggio 1980, n. 68 
20 maggio 1980, n. 72 
19 giugno 1980, n. 95 (ordinanza) 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

23 gennaio 1980, nella causa 35/79 
11 marzo 1980, nella causa 104/79 
27 marzo 1980, nella causa 61/79 . 
27 marzo 1980, nelle cause riunite 66, 127 e 128/79 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 9 �luglio .1979, n. 3924 . 
Sez. Un., 6 ottobre 1979, n. 5172 
Sez. I, 15 ottobre 1979, n. 5326 . 
Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5426 
Sez. I, 30 ottobre 1979, n. 5677 . 
Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5948 
Sez. I, 14 dicembre 1979, n. 6520 
Sez. I, 17 dicembre 1979, n. 6546 
Sez. I, 19 dicembre 1979, n. 6593 
Sez. I, 20 dicembre 1979, n. 6603 
Sez. I, 7 gennaio 1980, n. 76 . 
Sez. I, 7 gennaio 1980, n. 76 
Sez. I, 8 gennaio 1980, n. 114 
Sez. I, 8 gennaio 1980, n. 119 . 
Sez. I, 11 gennaio 1980, n. 231 
Sez. I, 11 gennaio 1980, n. 237 
Sez. I, 18 gennaio 1980, n. 431 
Sez. I, 29 gennaio 1980, n. 686 
Sez. Un., 3 aprile 1980, n. 2157 


pag. 471 
)) 472 
)) 482 
)) 486 

)) 

500 
)) 502 
)) 504 
)) 510 
)) 512 

pag. 516 
)) 521 
)) 534 
)) 535 

pag. 575 
)) 566 
)) 584 
� 647 
)) 585 
)) 589 
)) 603 
)) 608 
)) 615 
)) 618 
)) 618 
)) 623 
)) 630 
)) 631 
)) 636 
)) 638 

)) 

640 
)) 591 
)) 572 


XII RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO . 1 XII RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO . 1 
1i

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

5 febbraio 1980, n. 2 

pag. 653 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Ad. PI., 1� aprile 1980, n. 10 
. Sez. IV, 25 marzo 1980, n. 301 
pag. 
� 
596 
595 
Sez. IV, 1� aprile 1980, n. 319 � 597 
Sez. IV, 29 aprile 1980, n. 460 � 598 
Sez. IV, 29 aprile 1980, n. 473 � 599 
Sez. VI, 11 marzo 1980, n. 298 � 600 
Sez. VI, 11 aprile 1980, n. 477 � 601 
Sez. VI, 13 giugno 1980, n. 691 � 656 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA 
10 aprile 1980, n. 26 

pag. 601 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. unite pen., 12 aprile 1980 (dep. il 21 giugno 1980) . 


pag. 667 

Sez. VI, 9 giugno 1980, n. 2240 . . . . . . . . . . 

� 681 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


CIRCOLAZIONE STRADALE 

-Responsabilit� civile per scontro tra 
autoveicoli -Danno al trasportato Azione 
di regresso tra i danneggianti 
-Limiti delle presunzioni a carico 
del vettore e dell'altro danneggiante 
coobbligato solidale, 99. 

COMUNI E PROVINCE 

-Comuni e Province -Delegazioni di 
pagamento -Assunzione di garanzia 
da parte dello Stato -Presupposti, 
99. 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Societ� commerciale -Fusione per 
incorporazione -Costituzione di un 
fondo di riserva di concambio -Assoggettabilit� 
all'imposizione diretta 
come plusvalenza, 99. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Iscrizione a ruolo di imposte dirette Limiti 
minimi per l'iscrizione -Interessi 
e soprattasse -Operativit� dei 
limiti anzidetti, 100. 

-Iscrizione a ruolo di imposte dirette 
-Limiti minimi per l'iscrizione � 
Pena pecuniaria, 100. 

-Societ� commerciali � Fusione per 
incorporazione � Costituzione di un 
fondo di riserva di concambio � Assoggettabilit� 
all'imposizione diretta 
come plus valenza, 100. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Responsabilit� civile per scontro tra 
autoveicoli � Danno al trasportato � 
Azione di regresso tra i danneggianti 
-Limiti delle presunzioni a carico 
del vettore e dell'altro dann�ggiante 
coobbligato solidale, 100. 

RISCOSSIONE 

-Iscrizione a ruolo di imposte dirette 
-Limiti minimi per l'iscrizione � 
Interessi e soprattasse � Operativit� 
dei limiti anzidetti, 101. 

-Iscrizione a ruolo di imposte dirette 
� Limiti minimi per l'iscrizione 
-Pena pecuniaria, 101. 

-Comuni e Province -Delegazioni di 
pagamento � Assunzione di garanzia 
da parte dello Stato � Presupposti, 
101. 


XIV 

RASSEGNA DELL'AWOCATuRA DELLO STATO 

LEGISLAZIONE 
Il. � Questioni dichiarate non fondate . 

pag. 79 

III. -Questioni proposte .... 
� 80 


PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 1ugilio 1979, n. 81 -Pres. Amaidei -Rel. 
La Pergola -Relffione Va:hle d'Aosta (aivv. Romanehli), Regiione Sardegna 
e Provlin!ce di T'l."einto e di Bol2ano (avv. Guarino) e Bresi:dente Consiglio 
dei Ministri (avv. Stato Azzamiti). 

Regione � Direttive comunitarie � Accertata inattivit� degli organi amministrativi 
e legislativi regionali (o provinciali) -Potere sostitutivo dello 
Stato -Sussiste anche nei riguardi delle attribuzioni legislative delle 
Regioni (.e Province autonome) -Diversit� tra Regioni a statuto ordinario 
e Regionali (e Provinke) a statuto speciale. 
(Statuto reg. Valle d'Aosta, Sardegna e Trentino Alto Adige; legge 10 maggio 1976, 

n. 352, art. 2). 
Regione -Potere sostitutivo dello Stato -Atti normativi adottati dal Consiglio 
dei ~inistri -Hanno forza e valore di regolamenti. 
(Statuti reg. Valle d'Aosta, Sardegna e Trentino Alto Adige; legge 10 maggio 1976, 

n. 32, art. 1). 
Regione � Potere sostitutivo dello Stato -Potere statale di scioglimento 
del Consiglio regionale -Sono istituti diversi. 
(Cost., art. 126). 

Dagli obblighi internazionali o comunitari consegue un generale limite 
alle attribuzioni di tutte le Regioni (e Province autonome), anche a statuto 
speciale, pur se il singolo Statuto non lo segnali in modo esplicito. Tale 
limite opera �anche nei riguardi delle attribuzioni legislative di dette 
Regioni (o Province autonome); le attribuzioni legislative per l'attuazione 
nell'ordinamento interno .delle direttive comunitarie non sono per� accentrate 
nello Stato, ma sono � ripartite � tra Stato e Regioni. Inoltre, mentre 
le Regioni a statuto ordinario sono chiamate ad attuare le direttive 
in conformit� con norme previamente poste dallo Stato, le Regioni (e 
Province autonome) a statuto speciale possono esercitare liberamente la 
propria autonomia legislativa, con il solo limite del rispetto della direttiva 
comunitaria (1). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

472 

Gli atti normativi adottati dal Consiglio dei Ministri nell'esercizio del 
potere sostitutivo del quale si tratta non eccedono dalla competenza regolamentare 
del Governo {2). 

I poteri sostitutivi dello Stato sono istituti diversi (per finalit�, per 
ambiti d'applicazione e per modalit� di esercizio) dal potere di scioglimento 
del Consiglio regionale {3). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 26 lugiliio 1979, n. 86 -Pres. Ama.dei; Rel. La 
Pexigola -Regione Fll1i.Wi -Venezia Giullia '(av;v. Pacia), Regione Sicllia 
(avv. V!�!lllari), Provlince di Tirento e di BolZJruno (avv. VJtuoci) e Presidente 
Con.o dei Mmii.stri {avv. S1lat.o Azzariti). 

Regione -Materia dei lavori pubblici -Regioni .e province a statuto speciale 
-Limite derivante dagli obblighi internazionali e comunitari Sussiste 
-Valutazione della aderenza di normativa statale a direttiva 
comunitaria -Spetta allo Stato e alla ComUlltit�. 
(Statuti reg. Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Trentino Alto Adige; legge 8 agosto 1977, 

n. 584, art. 1). 
� riservato agli organi centrali dello Stato e agli organi comunitari 
(Commissione e Corte di Giustizia delle Comunit� europee) il valutare 
l'aderenza di una normativa statale di attuazione di direttiva comunitaria 
alle prescrizioni contenute nella direttiva stessa. Una competenza legislativa 
esclusiva di Regioni (o Province autonome) a statuto speciale non 
incontra il limite dei principi fondamentali stabiliti da leggi dello Stato 
ma incontra il limite derivante dagli obblighi internazionali o comunitari 
(4). 

I 

'La Regione Vialile d'Aosta, ile. Pirovmce autonome di Trento e Bolzano 
e Ja Regrione Sairidegna ih:amrno con i iriooi:isd in epigrafe sollJevato ila quesitJi.
one di ~egriittii.mit.� coSlti.rtlu7lionooe de111.'art. 2 1dclt1a 'legge 10 maggio 1976, 

n. 352 {� AttUJazJione de1f!.a dfretitiva comUlll'�tal'.'ia suM'agcicdltura di montagna 
e di ta!lune zone svantaggraroe �), cos� test~menrt:e form'U!lato: �Qualora 
risUilti un'aocertam iin:attiV1it.� degli. or~ iregion:alli nel �clisciplinare 
con iliegge e neM'artt.ua:re il regime dii aiurtii prescrirtlto nelJa direttliva n. 75/268 
(1-4) In un prossimo numero di questa Rassegna sar� pubblicata nota di 
commento. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

e.E.E., taJI ip'Ulll'to di comportaire iinadempimenito agli obbliighi comumruta:ri., il 
Consiigilio dei mini-sm, su 1propostia deil. Mini-stro per J'agriicdltura e foreste, 
prevdo iparere deJlila Commissione 1paa:11amootare per le questiond regionali, 
sentita 1a Regione interessata, ha facolt� di prescrivere un congruo termine 
8ilJla RegtiO!Ile per prov:vedere, e di adottare, tJrascorso ii.nutilmente :i!l 
termiine rpredetto, :i provved!imte0:1ti relativd in sostitiuzione delll'amministramone 
regiona!le, proponendo ove occorra [e opportune variazioni di 
bdaaincio �. 

Ta[e disposizione viene censurata rper as1serito contrasto con gli 
artt. 116, 117, 118 e 126 delil:a Costituzione e con le norme che ne~fil 
statuti speciailli delle l1�COTrenti :prevedono la competenza esdlusiva della

1

Reg:iOllle, o Proviincia autonoma, :in materna d:i agriicoltura, o governano 
i control!M dehlo Stato sWll'eserci.zi.o dei poteri idi autonomia: rispettivamente, 
gli arrtt. 2, 4, 48 dehlo sta1luito del!la Regtione Vahle d'Aosta; glii 
artt. 3, comma terzo, 8, n. 21, 16, 26, 33, 38, 49, 51 e 84 dello statuto della 
Regione Trentino -AIJJto Adige e de[[e Province auJtonome d:i T1riento e Bolziano; 
g1i artrt:. 3, ~etJt. d), 6, 27, 31, 32, 34, 37 e 50 dello statuto deUa 
Regione Sarrdegna. 

IJ ipotere sostitutivo deillo Stato .costituirebbe um. controllo statale 
sugli enti. autonomi non prevrsto n� consentito da:hl'oridinameinto rcostlituziontaJle, 
e aibbraocerebbe rpera'1tro ['1iintero ambito del[e il:oro competenze, 
essendo rpreviisto che esso opel1� con ciferlimento ail['mattivit� non 1sol1Janto 
degli orgaa:tl am:miiniistratlivli, ma 1aioche dei legiisLatori reg:icmal1i. � ii.nol:tre 
dedotta la vddl.aZJione del iprim.cip[o deil:la 1separazione dei ipoteci: s� assume 
che al Governo, facu!Ltart:o aid iintervenire ii.n sostituzione degili organi ~egislativi 
dehle Regioni, verrebbe nel[a 'specie attcibuita quehla furnzione normativa, 
ila quad.e, rposto che essa spetti ail!lo Stato, sarebbe comunque 
propria del P�arla:mento. Rimarrebbe, oos� <81I1Che .preclusa fa tutela giuris<
l!iziontaJle conoes1s1a atfila Regione ex art. 32 della }egge n. 87 del 1953, 
meclia:nte ['impu~azJiooe in via dii azione de1'le 1'eggi o degli .atti aventi 
forza di 1egge deN.o S1Jaito. Infule, rul ipotere sostitutivo deiLlo Stato sarebbe 
previsto �n luogo defilo scioglimento del Consiglio regtionaJle; e con d� si 
verrebbe a[tres� a precludere dll mcorso ,aJl 0011p0 �elettora�Le, che segue allo 
scioglimento del Consiigilio e clle nel:La Costituzione e negro statuti srpecia!lii 
dehle rioorrenrti. sarebbe ;preordii.nato come oriterio' risolutivo dei pi� 
gravi conflii.1Jtli lira Stato e Reg.ioni, iin conformit� del prindpio della �sovranit� 
rpopolare. 

Data ['identit� deihla questione, 1i giudlizi rpossono essere 1I1�U!Illiti e 
decisi con mica senten.2la. 

La questJi.one non � fundaita. La disiposizione censumta prevede .il 
;potere 1sostlitutiiivo delllo Staito oon riiferi.mento .aJll'ii.niatt:ivlirt� vuoi degJl!i 
organi ammims1Jrativd vuoi deg[ii 011gani llegislativi. dehle Regiond e Pro



474 ' RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

vfunice autonome ri<Jorrenbi. EiS!sa vtiene iduniqtte in :r�dievo sotto due profili. 
Giova aJl conretto esame del'Ja sipecie dndaga:r�i dis�tiil111:all:nenite. 

fu ailftivo girudlizio, con sem.1le!:l2a lll. 182 del 1976, questa Corte ha �riconosaiuto 
li!l fonldamento coSrtditullionad.e del potere sosiliutlivo detl Governo 
-qual � �coo.figurart� nelil'wt. 27 deltla J.egge 01. 153 del 9 maggio 1975 
(� Attuaziooe delll!e dltrettrl:ve oomtl!Dli<tairii<� it)er 11a !l"�!formia dlell'agricoilrt1.lll'a �), 
di:sp()SdZlone rdell!la Olli 1egdit1limn� si �oon1Jroverillevia -�il1 caso di �persistenite 
[nadempimento � �dlegli ovgmtl regdwaffii � nehlo svol!gime:nto �detle 
attivit� amrrtilOI�1str$t�ve 1cJ� 0Jtruazi�ne d'.ieil1le �cllrettnv.� ;66intiiriiitari� �, L'intervento 
1sostHut�vo del Govei:iilo; � stamo ,dJetrtio oon rla ipronun:ziia ciitata, 
llOn Jede ffia I~�d~e.:Regdoni, llleJn!lllellO dd �qrueJlJle 1a StatUfo sipeoiaile, l\ll 
quanto troV;a ;gii{i;stifioa#oo.e nel ..g�b,erale rmteresse lllru:iionale �ad iU!ll cpuntua:
le e ten1JJ)estivo 1ad~t{} de~ obbliigh� <CC.)mtmitati ncll'iirrirtero 
vemrtOOio dello Stato ..'.Divetisalhente, noo vi 1sarebbe �r001� nostro 011ffitnam~.
aJlomi ~�zzo iper ~~di~ da manie~. a!ttua2lione� ;~e mm.ti~e 
dell~a e.E.E. da pai[ite d~e R.e~O:tld, 'l).e, dooque, per rprevemre aa roooseguente. 
worgen2Jii di Ui11 ~eoito SUJl. <pliooo dehl'ordirtarnento Com:UtlllitMi(), 
delila qualle, in qua!lllto soggetto di d:i1nitllto mterna:ziiomde, fo Sti$t() �<i1 
sdlo, resipon~bfille. 

D'ii:liJJtm paTtie, talle ��onsidem2lione, isii 1:rriipone nella sipeote a maggior 
ragione �ohe nel �caso prewsto .daffil'airC 27 delila [egge n. 153 �dietl 19'75. 
Ris1petto a q�est'Ull�tdma :ri�rma, l1a msposi:ziiOllle qlllli �mpugilata aggrava 
iintfat'�li, ev:iidenternienrte al fine di �.gairainrti!re �fa. COI11sililt�tiOllle ed in d�fu::riit�va 
Jia stessa 1auton:orma defila Regdone iiaitereSiSiata, aie :tnodaild.ft� ;richi�Ste P�J:' 
l'.finrtervento 1sosttirutivo � deil Govenno. Cos�~� � ipresori'1lto iiI �iprevlio parrere 
deilla �Commii$lSJ�one ,Painl�memaire per���ile .questliOOJi 1r�gionalli, Ilo stes,so 
org.atrio ch� �secondo CoSit:iitJuZione � sen1J�to iprima defilo 1sciogldme�llto del 
OOl1pO. IJeg]slativo. dellla . Regi�ne, ratto di.. lj)'ene1Jral!lte dngerenm � delilo . Sflalto 
nella �sfi�ra deg!li� el!lti a'llltonOlll!i. lllloltre, !ili GOrerno � tenuto, sen1�itia l1a 
Regi�ne iinrl:eres1sa<ta, 00. aissegnaiille iun conguiuo ltermitne ipier � prov:vedere 
all�l'attuamone d�il1a �di'OOtlfdva, ed � faou!IJ1lait0 �M diriterveIUrre in sosmtuziooe 
degli orgaind itnadetnipienm sditainro dopo &e detto termine 1Slia liinuitilmente 
�,tmSOOl's�; � Bd �oooom: a igiiu~ 1l'din1tervento �sostitutivo del 
Gove�'ltlo � irion b�sta dl �.� pel\Slistente iin:adempimeriito��. dellLa �Regi:one~. deve 
wattalisi �idi �duattJivirta���aocert:aita, e iprotna11roa� &o. � ail �!Punito dii. comportare 
rhiooempimento agl!i obb!tiighi icomllllllirtari �;. Oooor:re ail dguavdo ossei:r1V1aire 
dre 1le 1di�rell1J:ive comunitarie fissano di regoJa li!l 1temnitne �enrtro . ill 
quale �glli StJa11i destilnatM'.i sono 1Jeamtli. aid atitua:rile ned rislpetti'Vi oromameo:
irtJi dm.temi. Cos� accade nelfa speaie. L'art. 17 ;diel!1a drurerttlva 76/268 
dell Oonsigllio diellla e.E.E., defil�a quaile ila norma i<mpugnaita. diiscipliina 
l'aipipliicaziooe, di<SIPOllle <Jhe 1glii Stami mernbrd � !pOillgono iiin essere � ii ttreeeSsari 
iprovvediimenti idi attua2lio:ne � entro ii! texmine dJi oo al!llllO a 1dleoor



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

rere da:hla sua notificazione�. Ora, costituisce violaziooe 1dri un obbligo 
comunitario, ['linosservan:zia non soltanto del contenuto ipreioettivo delila 
direttiva, ma anche del termlline da essa �stab]lg,to per ia sua appliicaziione 
nellil'ordinamooto de[lo Stato destirrrrutar!io. Se si consiJdera ill necessario 
decorso tempora[e dclle att:iviit� ,che ncllJa s1pecie devono ipreoedere il'lintervento 
del Govemo, risulta chiaro 'ohe :i!I potere sostitutivo � stato ia::JJtrodotto 
dove, !in effetti, es,so diviene i111dispensabille per sollevare io Stato 
da[Ja resiponsabiiliiit� illnite:rma:ziionail.e: siamo di fironte a un'dpotesi, che � 
starta rigorosamente circosoriitta dail ilegii:s[atore, e netla quale sii ipu� ragionevolmente 
ipresume�re che -se 'Wli 011giani de�ilo Starto non fossero in 
grado di porvi rimedio -l"inadempienza deHa direttiva, (['isultarnte da:liJ.'
illnattivit� defila Regiione, sairebbe denU111Ziata ed accertata neHe competenitli 
sedri oomun�.tarie, ai �sensi d~li ar1Jt. 169, 170 e 171 de[ Trattato 
istitutivo de'lila C.E.E. 

Per ile ragioni gi� 1s1piegate nehla s�entenza n. 182 de[ 1976, � poi infondata 
la oensura che neJla 'Specie sairebbe �stato instaurato un controllo 
sitata:le, non consentiirto daHa Costirtu2lione e il.eslivo dclla 1s.fera de'lil'autonomia, 
qu.iindri deil[e competenze amminlistrartive defila Regiione. Col prevedere 
[':intervento sostitutivo deHo Stato, il 1legiisl:atore midinario non ha 
~Negittimamente 1ailterarto il si,stema deLl'orgamtlzz.azione cos11Ji,tuzioml'le, e 

s.i � d'altronde umdformato ad un orientamento ormai costante della recente 
prassi 111ormativa 'Statuaile oon [1�guardo 1a1fil'a:ttuazione deltle dllirettive comunitarie. 
Basta 11i.cordare, in meI1iito, che fo s�tesso s�chema della sostituz:ione 
dcl Gove:rmo aJJ.[e ammiinistm:ziiond regionali i[]adempienti, cos� com'� congegnato 
daiJJa �disrpos:izione oonsuirata, figura, olvre che nel oitato art. 127 
detlila !legge n. 153 del 1975, in a[itre disposdziOilli Jegisilattlve di carattere 
generaile: ['art. 1, comma terzo n. 5, detla 'legge n. 382 del 22 lugilio 1975 
(�norme isul['o:rtdinamento regiionaile e l'organizzazione della 1pubhlica 
amminlistrazione �), in virt� deilJ:a qua:le 'N Governo � stato delegato a 
'trasferire aJMe Regioni, oeille materie a queste 1spettan1Ji aii sensi dell'art. 117 
ddla Costtituzione, le funzioni alllm1inistrative relative a:1l'attuazione dei 
regolamenti deUa C.E.E. e di sue diirettiive; �1a11t. 6 dcl d.P.R. 24 luglio 1977, 
n. 616, emanato Li.n attua.Zlione de�:1a delega ruddetta. Nel caso 1in esame, hl 
~egisil:aitore 1stataile ha .vo[uto ass:iOU1rare ill p.ieno e 1tempestivo adempimento 
degH obb[.igihi comUllli.ta:ri, ed ha 1provvisto g!Jii ongamtl centra]Ji dello 
strumento ohe 1serve a quesito scopo: esso ha disoiipldnato I'eserci:tJio dli 
un rpotere�dovere, ohe residua :necesswiamente aiHo Stato, 1anche quando 
Ja mart:Jer.ia oggert,to della dlirettiva comunitaria cada neU'iambito dehle competenze 
:1Jrasi�erite, e non semipillicemente delegate aJHa Regione. Come Ja 
Corte ha affermato nella sentenza n. 142 del 1972, il presupposto giustificativo 
di � ogmli disrticibuzione � -e cos� anche del tiiasforimento -� dei 
poterii idi :atptpldcazione dehle norme comunitarie, che si effettui a favore di 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

476 

entli. miinorJ. divevsi 1d:ailllo Stato� sta aippun:to in oi�, che �gH org8illli cen<
llra:lii devono m ogni ooso d.i:siporre degli strumenti �,donetl a rimediare 
aihl'ev:entuaile mer7Jia del:le Regtloni, e garantr.iire ~l buon 1aidempimento degli 
obblighi, di ,CUJi ~o 1St:ato asswne ila rresponsabilit� idi 1fironte aLLa Comunit� 
eurqpea. n patere 1sostJ.tutivo del Governo tmie cos�, 1J!eltl'aimbi:to dehl'ammi!
lll�stra:zii.one regiona:le, sipecif�.oo fonldamento dall1a compe1Jenm 1riconosciuta 
ag1Li or.go icen1rr"ail:i nei11a senrt:enm da ulit�mo citata; e d� 1semipre iin 
ragione idei preminenti i1l!teres1si deLl',intera oolilettiv.1t� statuale, che presiedono 
alla conclusione dei trattati intema:zii.onalli ed aLla '1oro esecu:
zii.one neilJ'ortdirnamento inte:mo. Va in011rr"e osservato 1che H 11im1te deriv:
ainire dagtli obbliighi .�1l!temaz;ionia11i asisunti dalJlo Stato, inserfrsce aUa oompetenza 
�di �tutte iindi811lmtamente 11e Regioni. Ci� conferma che fa norma 
dmpugnata non !Lede fo s1peoialle statuto 0di autonomia di cUJi godono [e 
ricorrenti. 

Analogo ordiine dfi �consdderazioni �001l!duce a ritenere J'.infonda:tezza 
deNa questione anohe con riferimento 1a:l potere sostitutivo deblo Stato, 
che � pireviJsto idi fronte a11'dnerzia deglLi organi 1legis1lativi regtlonali. Le 
ricorrenti deducono iche, �oos�, � aesa la massima de1lie '1attrdhmiioni ne'lll:a 
sfera 1loro riconosciuta e garrantdta. L'asserita vJ:olazione dli questa sfora 
sarebbe, dunque, anche pi� rilevante che nell'altro caso, in cui il Governo 
� abiilitato ad agire in sostiitu:zii.one degili orgiain.i ammmistratliVli dedile 
Reg..ioni. La dli.fesa dei1lo Stato oon:testa questa afferma2lione; �essa 1si �richiama 
ailiJ.'mCOIIlltrovertdbiile �PJ:1incipio, enunciato ~n altra oocasdone da questa 
Corte {1Setl!tenm 111. 46 del 1961), secondo CUii il'eseouzione all'interno de'Ho 
Stato, deglii obblighi asSllllilti nei Tapporti con ailitri soggieittri di diritto mternazioo:
a:Ie 1sipetta, anche !Ilcl1le materie che sarebbero ailitrnimenti attribU!�1te 
alla �oompetenm regtlonalJJe, eso11UJsivamente aglH orgarn oentI1ai1i: e dunque 
ail Pa111amento, dove si 11Jratti di modificare ilia 1legiS1lazione rpreesiistente, !Ilon 
sOIItainto deblo Stiato ma ooclle deble Regioni. 

Seinonoh� la questione sottoposta aJLlia Come sorge sul iPartiicoilare 
terJ"ea:J.o deilil'arppldcazione interna dli UIIl atto, che promana da UIIl'oI1gaini.zzazione 
a carrattere sovrannaziODJale. Come � s1Jato 'Lil precedenza avvertito 
(�sentemia n. 783 dcl 1973; �S'ell1Jen:m !Il. 232 del 1975; 'sein�tenza !Il. 182 
del 1976), !l'adesione dei11'I1taihla alila C.E.E., e ile '11mi1lazionri ohe nella sifera 
staituai1e :ne diJscendono anche iper J. rpoterd degli enti autonomi, sono 
sicummente fondate suN'art. 11 ,deilila Costi1tu:zii.one. Non �s:i ipu�, tiuttavia, 
dg111orare clle til !fenomeno 1deihl:a nomnazione, 1e specif�.oamente delle direttive 
comunitarie, incide con cresioente rill<ievo -e pi� <largamente e !frequentemente 
degll;i obblighi scaTurenti da:l diritto 1iin:ternaziona1e rpattizio sU!
lile materie niservate all1a oompetenza ilegislla1liva defila Regione: srpeoial� 
mente nel settore qui ,consdderato deLl'agrieo1ltura. Se i rpoteri necessari 
per la re[atiV1a attuazione ncll'cmdinamenito rintePno fossero esdusiva




PARTE l, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

mente aooon:trati in caipo al tlegisilatore nazionaile, ne seguirebbe -come 
ammeut.e ila stesisa d!i!fesa detltlo Stato -J'erosione di quella ,srferia di autonomia 
ohe allile Regioni � invece gaTaintita. �, dUID!que, una esigenza del 
nostro SI�Jsrtema costituzionale che l'attua:zJicme in v�.a tl.egirslaitiva delNe 
direttive oomurni.1:arie non prescinda dalil'osservan:m dei fODJdamen1taihi 
1Pr1inclpi dl~'aiutonomia e del deoentramento: ma ad avviiso del.ila Corte 
rraile esigenza � :pienamente sodclisrfatta d:ail criteiiio 1secondo ,cui !la norma 
I�.m(ptlgnata ha ;prevti:srto iche ti.e competenze normative occorrenti netltla 
specie s~aino 11iipailitite tria Stato e Regioni. Oriterfo :razion:aile, iperailtro, e 
suffragato dall'esperienza di sistemi stranieri, anche del tipo federale, 
nei quali ['I�ll'ltervento !Sostitutivo � lo :strumento di cui disipongono ~ 
organi cenJtraili, 1Se tle Wl�lt� icostiitu1li'V!e debla federazione non hainno tempestivamente 
aidempiuto agtli obMi!gihi '�!lliternazionaili neUa siJ.�era delle prdprie 
attribu:zJioni tlegislatii.ve. Ne!l nostro caso, i:l ipotere sostitutivo del Governo, 
pur con tle opportune e idonee cautele che ne circondano l'esereizio, � 
hl mezzo inclispensaibdlle per assicurare il pieno e tempestivo adeguamento 
del1a 1legislazione 1�ll1tenna ailtle rpresorJziOllJi. comurn:�itairie. Anche qll1li, come 
nehl'ambi!to deihla funzione ammirnl�st:rart�va, si tratta dunque d:i un ipotere, 
che non travalica 11'a sfera corm.mque riservata agli organi oentraili: n� 
vaile ad Jnf�.Ciioome il fondamento oostituziona!.le iJ raihlevo rdelle ricorrenti 
che esso sia !Stato rprevisto nei oonf�ront�. drelJle Regioni dotate d:i �sipeci'clile 
autonomia, ailtlo stesso modo ohe per �le �ailitre Regioni. Si pu� ldel resto 
osservare, 1se si guairda ail contesto dell'atto !legislativo in oui � iposita ila 
disiposi:zJ�.one censurata, ohe [e Regioni a 1statuto speoi�aile, o le Province 
autonome dmaste inattive, dffisattendono �l'obbligo di ilisiciiplinare con 
!legge e dii irendere operante itl �regime d:i aiuti ipresmitto da:lfa direttiva, 
mentre av,rebbero potuto e dovuto adempierlo nell'esiercirio dei propri 
poteri: poterli che [a legge statale non ha affatto 1�ll1teso disconoscere. 
AILtra disiposhtlone deiila ilegge n. 352 del! 1976 distingue infuf!ti, nel distribuire 
[e competenze in attuaZJi:one deilfa direttiva comunitairia, t:m Regioni 
a statuto speciale e regioni a statuto ordinario. Re regioni a statuto speciale; 
e le Province autonome di Trento e Bolzano, dispone l'art. 1 di detta 
legge, provvedono all'attuazione della direttiva �ai sensi dell'art. 116 
della Costituzione�, nonch� �a noI1IIl.a dei rispettivi statuti speciali; il 
titolo della loro competenza � identificato dal legislatore in un'autonomia, 
differenziata da quella che� propria delle Regioni a statuto ordinario. In 
conseguenza, nella disposizione citata � anche detto che queste ultime 
Regioni provvedono in ol'dine alla direttiva �ai sensi degli artt. 117 e 
118 della Costituzione �. Peraltro, sono soltanto le Regioni a statuto ordinario, 
nel sistema della legge n. 352, del 1976, a dover attuare la direttiva 
in conformit� delle norme, poste in questa stessa legge in aggiunta alle 
prescrizioni comunitarie, e chi di queste concretano ulteriormente il 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

478 

disposto, sempre al fine di regolarne l'applicazione nell'ordinamento interno. 
Fino a quando non opera il potere sostitutivo dello Stato, le ricorrenti 
sono, dunque, abilitate ad esercitare pienamente la propria autonomia, con 
il solo ed inevitabiile limite del rispetto della direttiva comunitaria. 

La norma in esame � cenisurata ainche soHo il riflesso del 1presunto 
conrt1:1aisto 1con il principio :della separarione idei ipoteru. Da:t�o e non 
oonces�so ohe da �competenza ad attuare fa direti1Jiva comun,itaria ipossa 
ne1!1a ispecie Jegtlttim01111etlte devdlversi a11o Stano -si osserva 1dalhle 
mcorrent:i -esisa �andrebbe comunque riconosciuta agli 011gam JegiS11ativi, 
laddove ne � investito iii Consigilio dei ministrii. A<nohe questa 1oensura non 
� fondata. Dall combinato 1diiSipOsto della norma :impugnata e del citato 
art. 1 deli1a stesisa degge n. 352 del 1976, ri1su:lta ohe lle dtlsiposiizioni iposite 
da questa llegge 1n atiruaz.i:one dehle 1presori2'Jioni, dad canto ~oro gi� dettagliate, 
deilila diirettiva comUITTitari.a, vincollano non soltanto le Regioni a 
s�tatuto oridinarfo, ma anche �i:l Consiglio dei ministri: e [o mooiano, 
preoilsamentie, nel momenito iin CUii es,so, ricorrendone i 1preS1UJpposti, erniaina 
i ;provvedtlmeinti normativi che rimedtlano adfinerzia degli.i organi fogis:1ativi 
1dtl tu1lte de Regtloni madempienti, noo importa se a 1siVatuto S1Pooiale o 
a statuto mdinalilio. L'esemirio del ipotere 1sosHt�rtJivo dello Stato viene, 
quiinidi, neoessarriamentie a concretarsi m una norma2lione, ila quale, per i 
limiti che ne C01IJJdiziionano .Ja potiemiialit� precettiva, e per i caratteri di 
seOOITTdariet� e dii 1dipendema che deve 1assU1II1ere arei confronti delila legge 
stataile, non oocede ila sfera deilila competenza a:-egoiamentiaire del Governo. 

1

(omissis). 

Infine, � uguadmente infondato �che ila :disposizione censurata, come si 
assume nel II�OOl'so de111a V1ahle d'Aosta, 1possa iin quallahe modo oonfliggere 
con iJ principi.o dleilJLa i.sovirarui:t� popolare, pred1udendo il rico:ri.so aJlJJ.o �scioglimento 
del Consi:iJgiliio regionale, e fa conseguente consuiltarione del OOI1p0 
ellet.toraJe. L'esercizio �del ,potere sos.ti1tutivo deNo Stato, quad � oonfigurato 
dailla norma in esame, non pu� iprodurre ,iii lamentato effetto prealusivo 
n� ail1JI1imen1Ji. influiire s:uJJ.o scio~limento dcl Consighlo regiooale, che � 
diveriso istituto, ha autonoma sfora di app1ioarione ed ialtre fiinallirt:� da 
queille rperiseguitie dal! Iegtlsil:atore in.clla ispecie: n� pu� quindi Ila norma 
censurata ostare rper 1adcun veI1So ailil~aipipHcaZJ�one del prinoiipio delila sovranit� 
1popollare. 

II 

Le Regioni FriU!li-Venezia Giuli1a e Siciil1a, e il.e ProvJnoe autonome 
di Tre:nto e Bolzano, halJ'.Jlilo con [ :ricorsi 1n ~grafo ipromosso la questione 
di 11.egirttimit� costituzionale dell'art. 1 deilllia J.egge 8 agosto 1977, 

n. 584, ili quale di�spone, t1ra 11'.ailtro, tiestualmentie iohe �ile 11.eggi emanate 
dailile Regtloni a 1statuto ordi!ll'ar.io e a statuto speciale, nonoh� daihle Pro

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

vince autonome d:i Trento e Bolzano nel!le materie idi ipropria competen:
l)a, devono mspettaire, ai sensi ,dell'art. 117, iprJmo comma, de11a 
Costi:i:turione, 1i iprinoipi 1contenru1li neilila presente Jegge !in tema di rpubblicit� 
degli appalti e del contenuto del baindo, dei reqmsiirti iper ooncorrere, 
dcl d1iv.ieto di iprescri:zJioni rteC!ll�.ohe di effetto discriminatorio, idi ammiss1bilit� 
di offerte da parite di asisooiazioni 'temporanee di imprese, nonch� 
di oriteri d:i aiggiuidicazione di appalti e :di 1comuruiJoa:zJione degli. �tti agili 
organi deillla C.E.E. �. Tale idiisiposirione � censurata 1in quainto lesiva della 
competenza JegiisO!aitiva cosrtitu:zJionaJrrnente riconosciuta e �garanti1ta aMe 
riconrenili. iiin materia di il.avori ipubbliai. Viene, pertanto, dedotta ila violazione, 
rispettivamente dell'articolo 4, n. 9, dello statuto della Regione FriuliVeile:
zliia Giulia; dclil'art. 14, Jett. g, dello statuto del.Ja Regione Siidlia, e, 
insieme degli artt. 5 e 116 della Costituzionale; degli artt. 8, nn. 1 e 17, e 16, 
deillo 1statuto dehla Regione T,rentino -Mto Adige e 1dellile Province autonome 
di T,rento e Bolmno. La norma impugnata, col 1drsiporre 1che ile 
leggi deillle Regioni a IS'taruto sipeci0Jle e delle province autonome di Trento 
e Bolza!Ilo devono osservaire, 0Jl ipari de1le 1eggi emainate dailile Regioni a 
statuto comune, ti 1priD:11dpi sitabrlili1li da U!Ila 'legge s�1Jaitale, avrebbe subordinato 
la competenza delle ricorrenti, esclusiva e soggetta soltanto ai 
limiti 'statutari, ad un limite uil:teriore, .privo d:i fondamento oostituZJionalle. 
Nessun IT.illJievo -quanto aJlil'asserita vi0ila2)ione della competenza ilegrsJativa 
~gionale -avrebbe poi la circostanza, dedotta idahl'Avvocatura, che 
~l iliimirt::e dn questdone sia poSito 1dall legislatore maitaile in applicarione di 
direttJdve dehla C.E.E. Ainiche in questo caso, le ricorrent1 sarebbero, dn 
virt� e neli'ambiro deillle attdbu:zJioni Jegislmive loro :proprie, abilitate ad 
adottare tutte :le n�isua"e occornmti aihl'attuari0tne :interna 1delJla 1direttiva. 
D'altro iato, dil iegisllaitore 'statuale non potrebbe vinoolaire la tlegge regionale 
ahl'osservanza di ailcuna noc�ma, che non sfa meramente riprodutniva 
dellle iprescririoruii comunitarie: 1laddove, si diice, esiso ha nellla specie 
dettato una 1diisciiplina delle iprocedure di aggiudicari0tne 1degli iaippahi, 
che :non coincide cOIIl :le :d:irettdve, e ne amplia B. contenuto procettiivo. 
Infine, ['autonomia sipeci0Jle delle ricorrenti 1sarebbe �comunque violata, 
per Ja ronsiderazd0tne -ohe ii.Il vincol.o cui essa � assoggettata .dailJla Jegge 
statale vden fotto 1df,scendere dall'es-presso e ipuntualle richiamo dell'airt. 117, 
1primo ,oomma, delila Cost�ituzione. In questo artiJcdlo ideJila OartJa cost1tuzionale 
� prevista che le Regioni a statuto ordinario, nell'emanare norme 
1legisJative per [e materie di propria competenza, osservino ,i iprJmdpi 
fo111damentald 1S1tahhldti da:lile leggi dello Smto. Siffatto llimiite 1sairebbe, IIllellla 
sipeaie, mdii:sorimina1Jallnente esteso a tutte le RegioruiJ, a sitatuto 1si:a ordinario, 
sia speciale, ignorando la differenza che le fonti costituzionali stabiliscono 
tra le due categorie di enti autonomi: con il risultato che il 
corrispondente obbligo posto agli organi legislativi delle ricorrenti ri



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

marrebbe sempre riferito ai principi� della legge statale, quali che siano 
i contenuti attuaili o futuri delle prescrizioni comunitarie da essa recepite. 
La Regione Sicilia ravvisa nel richiamo all'art. 17, primo comma, della 
Costituzione, l'essenziale �congegno� logico dell'intera legge n. 584 del 
1977 ed impugna, unitamente all'art. l, tutte le altre disposizioni in essa 
contenute. 

Data fidentit� tdel1l:a questione, ,i dcorsi iposisono essere 1"'iuni1li e decisi 

con un:iica sentenza. 

Un riflessione s'iimpone iprima di ogmi ailtra ipossiibile mdag:ine del 
caso in esame. Illlidubbiamente, la Jegge IIl. 584 del 1977 � 1stai1Ja emanata 
in vista deJil'apipHroo:cione di rtmJa 1diret1J.h~a comuntl.tada. Bssa infatti det.ta 
� Norme di ooeguaa.nento alle procedure di aiggiudiicazione degli appalti di 

�iavori ipubbtlici ailile direttive defila Comll!Ili�t� economica europea �. La 
disposizione censurata cooTiene, poi, ila 1statuizione 1secondo ila quale, 
� in caso idi aoceivta1Ja inattivit� degli ovgaini reg:ionallii, che 1comipor1li inadempimento 
agilii obbitighi �comunitari, si a'.P'Plfoa � ~l disposto dell'art. 1, 
terzo comma, n. 5, della !legge 22 :lugil1io 1975, n. 382 �. Quest'ultima norma 
dii legge iprevede, a isua volta, la facolt� del ()01I1Sigtl:io dei mirmstri, con Je 
modalit� ed iailile -condizioni ivi iprescri.tte, di adottare i provvedimenti II'clativi 
iin sostitu:cione de11l'ammmis1:razione regionale :inadempiente. �La direttiva, 
ail:la qua!le il �}egiSilatore ha iqui inteso di adeguare �irl regime deg:li 
appalti dii opere ipubblIDohe -e che esso ha �evidentemente preSUJpposto, 
anche �se :non �r:ichiiamato esipressaimente -� in �effetti qiuehla adottata daJl 
COIIlsigildo della C.E.E. il 26 ~uglio 1977 (71/305/C.E.E.), affilo �scopo idi coordinare 
~e iprocedure di aggiudica:cione degli a1ppal.ti di ffavori pubbLioi. La 
relazione al 1relativo disegno di 1egge, ipresentata ailila Camera dei deiputa
�ti iil 23 ottobre 1976 (doc. n. 652 deUa VII 1legi1s1atura), avverte che la 
normativa rpropos�ta daiii mimstni competenti era, aippunto, diretta ad 
� introdurire � ila citata diretmrva �nell'ordinamento giuridico tlta:Hano �. 

(omissis). 

Premes1so oi�, occorre stabilire se la competenza Iegtls1}atiiva dellle 
ricOI'relI11ri ['iSlltlti ilesa dalila idisrposizione censurata. Si :deve anzitutto rHevare 
che, 1sempre ai �sensi deH'art. 1 ,delJla fegge citata, di 1oui ila Corte � 
chiamata aid OCCIUlpairsi, ǥ�IIl mancainza di Iegge regionale�, lla stessa fogge 
dcl!lo Stato viene �osservata in tutte ile �sue disrposizion.i �. L'mte:ro ed 
orgrunioo corpo delle norune che si trova neMa legge n. 584 del 1977 �, 
dunque, immedii�atamente a1ppli:oahiile nelrl'ordinaimento ~talliano. A:1le 
Regioni � C0111ren1rito di modiifica:me o derogarne iil contenuto, sempre 
ne1l'ambito dcl!le foro attribu:cioni 1legislativie; solo che, nell'esercizio di 
questa competenza, esise 1sono .tenute a conformarsi a queLle disposizioni 
deHa 1legge �ainziidetta, .Je quali pongono pr.indpi wn tema di 1pubbl:idt� degli 
appalti e �di contenuto del bando, di requisi!ti rper concorrere, del divieto 
di prescrizioni ,tJecniche di ca:mttere discniminatorio, di �ammissibilit� di 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

offerte di associazioni temporanee di imprese, nOillCh� di criteri di aggiudicazione 
di appalti, e di comunicazioni degli atti ad organi deHa C.E.E. 
Con riferimento a taiLi ultime disposizioni, 1l'Avvocatura dello Stato ha 
affermato ohe esse hainno sostanzialmente recepito ila direttiva cOil11U!O.itaria; 
le Ti0011I'enti hairmo invece sostenuto che si tra<tta di 1legi.1s!la:ziione dii 
principio, :la qruai1e diverge, o comunque sconfina dalle iprescrmoni comunitarie, 
e per questa via interferisce indebitamente nella sfera di competenza 
1lewisilatiiva [oro garaintita. 

Ora la disciplina deille procedure di aggiudicazione degili aippailti di 
opere piubbliohe, dettata dalla legge in esame, s�e rpure non \I'�lplroduce 
putmdmente le ipresori1Jioni comunitarie, s:i � per� 1aid esse �adeguata. La 
conformit� del re11atlvo disegno di 1legge ailJ1a �direttiva 71/305/C.E.E. non 
� 1stata ICOiltestata dalla Commi:ssionie che ha promosso dJl .giudizio deciso 
con '1a citata� 1senten2a dcl1a Cor.te �di ,giustizia deLla C.E.E. (la sentenza 
26 settembre 1976, in causa 10/76); .ed anche il testo poi 1aipprova:to dalle 
nostre Oamere aderisce in larga e sostanziale misura �aile :prescrizioni degli 
organi 1comWlitari. F1irn qui, ila norma censurrata �riII1001e in Wl ambito, che 
deve ritenersi Ti,servato a:IJla cOJ.ntPeternza degli organi centra:li. La [egge 
statale che la contiene risponde all'esigenza di evitare ultetjori inadempienze 
degli obblighi 1scaturenti dal 'fratta:to 1istitutivo del�la C.E.E.; mentre 
non iprecdude ad a:louna Regione di regolare la materia dei ~avori 
pubblici neNa sfera deHa propria 1comipetenza tlegislativa, essa impone a 
tutte le Regioni !hl limite, che dsuilta dail sostanziaile conte1I11Uto dehla direttiva 
comunitaria: e questo iLimite, secondo fo. �costante giurisprudenza del'la 
Corte, rpu� tliegittimaimernte operare, mediante legge ordinaria dello Stato, 
anche nei confronti idi Regioni a statuto speciale o Province autonome, 
quali sono le ricorrenti. 

Resta rper� iil fatto che ila diis:posizione dir! esame vincola all'osservanza 
dei 1princirp:i irn essa ii.ndkati �indi1scrimina:tamente tutte 1le Regioni 
�ai sensi� -cos� � rtestuaJ.mente sta:tuHo -��dell'art. 117, primo comma, 
del.la Costituzione�. Le 1dicorrenti deducono, qui, ohe la lesione deHa 
loro sfera di competenza suissiste, sotto ll1!Il autonomo profilo, a prescindere 
dall'a:siser.ita non ,ooiJnddenza tra :la 1dii\I'ettiva ;comunitaria e la legge 
statale posta per darvi 1esecuzione nell'orid:ina:mento interno. 11 ilegislatore 

1

oentrale, si assume, ha preteso di estendere a �tutte ~e Regioni, rprecisamente 
attraverso ['espresso \I'ichiamo all'art. 117, primo comma, della 
Costituzione, �Wl iHmite -quello derivante daii principi di una legge dello 
Stato -che .in'V'ece .grava soltainto smla competenza dehle Regioni a sta
�t.to ordinal1io, ed iJn nessun caso � iprevisto con riguardo ai1la competenza 
esdush~a, della quale .le 111icorrenti sono im.vestite 1in materia di rlavorii rpubbHci. 
Sotto questo profilo la quiestiollle � fondata. H titolo, ~n base al quaile 
ile ricorrenti sono neilla �specie tenute ail rispetto della ilegge stataile non 
risiede -va precisato -nell'art. 117, primo comma, della Costituzione: 


482 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ma, evidentemente, fun tutte queihle norme de1la Costituzione o degili 
staruti 1speciaJlii, daJne quaili discende che, non diverisamente daJIJe Regiorui. 
a 1staituto oroinario, Je Regioni a statuto speciale e Je P�rovince autonome 
di Trento e Bo12lano, devono, ncll'esercizio della loro competenza ilegiisJativa, 
mStpettare gld obblighi derivanti dail T,ra:ttato istiitutdvo delila C.E.E., 
resi ope11antd nelll'ordinamento itali'8111o. La sfera dservata aihle cicorrenti 
siairebbe, ail oonwairio, sicuramente !lesa, se Ja !legge statale disoiplllinaisse 
la materia dei lavori pubbJ.i:oi, foori dal nesso che essa ha dm questo caiso 
COl!l ila diiiretroiv�a oomiunitaria, dclla qua:le regola il'aipp(lioazione: ed anche, 
ocoonre agigiiungiere, quando manchi di necessario su1p1porto di alltrli idonei 
titolii limi1taitivi 1dehle competenre �regionali. Nehla sipecie, hl riferimento 
all'art. 117, primo comma, delila Costituzione avrebbe, quindi, potuto 
essere omesso d:ail Iegis'1aitore, senza ohe rper questo vie;r:risse compromesso 
ill fondamento oostitu2lionaJe defila norma censurata. Uarrit. 117, ipTimo 
comma, dehla Costituzione � stato invece richiamato in detta nonna come 
titolo gii'U:Stificativo deIJ'al1JI1o vincolo, di cui si do1gono ile 1rioorrenti, e 
che � diverso ed Uiltemore iri1spetto aJl .J1imite derivante dagli obblighi 
comunitari. Ai sensi dell'art. 117 dclila Costituzione, �tuttavia, soJtainto le

1

Regioni a s�tatuto 011dirnario sono viincolate a rispettare i prindpi delJa 
legisliazione � stataile, nelJe marterie in questa disposizione elencate. La 
competenza �legistl.ativa deJile Regioni a statuto spedalle e delle P�rovii:nce 
autonome idi Tirento e Boilzano non incontra un tall 1limite, n� pu�, dunque, 
esservii aStsoggettata dal �1egislatore ordinario. 

p.q.m. 
dichiara ['iIJegittimit� costiitruzionale dell'art. 1, comma terzo, delJa � 
legge 8 agosto 1977, n. 584 �Norme di adeguamento detlile procedure di 
agigiudiica2lione degli alippa!H a:hle direttive della comumt�. eCOltlomica 
europea�, 'limitatamente a1lla parte in oui la disposi2lione censurata statuisoe 
�ai sens�i dell'art. 117, prJmo comma, della Costit1U2Jione �.

1

CORTE COSTITUZIONALE, 7 dicembre 1979, n. 148 -Pres. Amadei -Rel. 
La Pengola -De Grandi (avv. Sivieri) e atLtri (u. p.), e Regione Piemonte 
(avv. Jemolo), Regione Lombwc:lia (avv. Pototsclmig), Regione Em1IiaRomagma 
(avv. Galligano), Regione Veneto (avv. Parncirno). 

Regione -Autonomia finanziaria � Prestazione patrimoniale non qualificabile 
come tributo � Previsione ad opera del legislatore regionale limiti. 
(Cast., artt. 23, 117 e 119; legge reg. Piemonte 13 agosto 1973, n. 21, art. 2; legge 
reg. Lombardia 2 dicembre 1973, n. 56, artt. 2 e 4); legge reg. Veneto 8 settembre 
1974, n. 48, art. 1; legge reg. Emilia Romagna 13 luglio 1977, n. 34, art. 16). 

L'onere di corrispondere una somma di danaro per il rilascio del 
tesserino per l'esercizio della taccia � qualificabile non come tributo in 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 483 

senso proprio ma come quota di partecipazione alle spese di gestione del 
servizio reso dalla Regione; la potest� di imporre tale onere si pu� esplicare 
anche fuori dai vincoli posti dall'art. 119 Cost. all'autonomia finanziari� 
della Regione, seppure nei limiti di una competenza che deve concorrere 
con la competenza legislativa dello Stato (1). 

(omissis). Le leggi che contengono le norme censurate istituiscono, 
nei ni:sipettivi territori riegionaili, un regime di cooaia controllata, volto 
da urn oanto a di1sdpLinairie ,l'esemizio venatoriio, dai11'.ailtm a proteggere 
rpammonio faunistico ed agricoltura. A questo fine, � rprevllisto che i :titolari 
d� [ioenze idi caiocia isiano ammessi a .praticare [',esercizio .venatori.o 
soltanto dopo aver ottenuto un apposito tesserino daLl'iamminis1trazione 
regiona1e, o dai comitati provinoiahl della caccia. Nel teissertirno, il caociatore 
deve annotare l!e indi1oazioni 1presoritte dail11a 1legge con rifurirnmnto 
ai giorni presoelm ;per fa oaicda, �ail numero dei caipi abbattuti, e ailll'ora 
dell'abbattimento. H rilascio del tesserino � subordinato al versamento 
di una 1somma, ii:1 oui importo � variiamente determinato, sieoorndo i0he ila 
caccia 1sia eser�aitata m una o pi� Province, ovvero, dove queste sdiam:o 
state prev:iste, 01I1ohe nelle 1pairticolari zone dii caocia 1contro1lata. 

Formano oggetto del presente �~udizio Ie disposizioni [egi1slative 
regionali istitutive del tesserino: 1airt. '2 della legge oogionrue del ~iemonte 
13 agosto 1973, n. 21, artt. 2 e 4 deHa J:egge regionale del:1a Lombaridiia 
2 idioembre 1973, n. 56, art. 1 della [egge regionale de[ Veneto 
8 settembre 1974, n. 48, art. 16 delila <legge regionooe de11'Errrilia-Romagna 
13 11uglfo 1977, n. 34, �sostitutivo delil'art. 14 delJla fogge regiOiilaile del1l'EmiHa-
Romagna 19 luglio 1976, n. 31. (omissis). 

Le disposizioni censurate non contraddicono, ipoi, nemmeno �g�i arti


co1i 23 e 119 Cost. La violazione di questi preoett:i 1oostitu11ionrui � denun


11iata 1SU1M'assU1I11lo che il versamento rnohiesto iper ii!l iri1ascio del .tesserino 

rivesta d. caratteri del t�11�!buto. Si � ainohe :prospettato che esso oosititui


riebbe una tassa 1sullile ccmoessioni 1regional1i, istituita ed imposta dalla 

Regione, senzia ohe, iper�,. aikun titolo �gi'llJs1lificaitivo di 1simile imposiziiOiile 

si�a offerto -ai sensi deLl'art. 119 Oost. -dai[le leggi 1sitatrui concementii 

rautonomia finanziaria delle Regioni. Senonch�, �OOS� mgiOIIl0!I1dO, si tra


scura che il ve11samento :per �il rMascio del tesseriino -d:i va'I'io ammon


twe, ,gecoodo �1e Regioni, come sopra si � detto� -non costituisce U!l1 

(1) La pronuncia riveste notevole importanza, e valica l'ambito particolare 
(della disciplina della caccia) che l'ha oc~asionata. Qualche riserva suscita 
il riconoscimento alle Regioni a statuto ordinario di uno �spazio,, impositivo 
(nella � quota di partecipazione ,, della quale si 'tratta :Qotrebbe ravvisarsi 
una �tassa,, in senso stretto) affrancato dai �limiti� prescritti dall'art. 119 
Cost.; n� pare che tali �limiti� possano essere superati, potrebbe dirsi, per 
vis attractiva. 



nanze nanze 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

484 

tributo m senso iproprio. Esso �, invece, previsto oome quota di rpartecipazione 
ailile IS!peSe d� gestione del semiizio reso dalla Regione con il'organizzare 
e gestire i1a oaiccia 'contro11ata: �servizio �che procura un vainta.ggio 
agJ]d stessi cacciatori, grazie a!lll.'011ddnato svolgimento deM'attiv:it� venatoda, 
e sodd�sii�a al tempo ISte!Sso ~l generalle interesse ailla 'Protezione, e 
aJl �mpopolanrento dehla selvaggirra, nonch� ailla �tutela :dehl'agricoltll(['a. Che 
tale sia jlJ. tiito1o della iprestarione pecuniaria in esame � testuailmente 
detto in ai10Ullle delle diiS1pOsizioni <legislative impugnate: ne11',art. 4, comma 
primo, delila fogge iregionaile deMa' Lombardfa n. 56 deil 1973, nell'art. 14, 
comma quauton:licesiJmo, della aegge ,regionale dehl'Bmma-Romagna n. 31 
del 1976 e nelirart. 16, comma tredicesimo, della successiva legge 1d:el11'a 
medesima Regione, n. 34 del 1977. Ma anche 'l� dove manca questa iprecisazione 
del [egislatore, depone nel senso anzidetto fa destinazione dei 

�proventi del'le quote ve1:1Sate per i1l mii1ascio del tesserino. Cos�, a norma 
deM'art. 2, comma settimo, deiHa [egge �re~ionaile del Pdemonte n. 21 
del 1973, [e somme introitate 1dall'amministraziione regiona!le sono utilizzate 
neihla miiSluira di a!l:meno il 50 % per ile spese d� ivigifanza; il resitduo 
� uti:tizzato iper il ripoipollamento faun�stioo e per H risarcimento dei 
danni causati daiMa seilvaggina nelle cotture agricole. A norma dehl'a:rit. 1, 
comma quarto, dclla aegge regii.onaile del Veneto n. 48 del 1974 Je somme 
introitate � saranno utilizzate neihla misura del 50 % iper fa concessione d� 
contributi ai comitati prov:incialld dehla caJOcia in refo.zione a11e spese di 
aiMuarione dei programmi d� vighlanza, d� riipopolaimento e di 011gain1z.
zazione deiLI'ese:ricizio venatorio, ail numero dei caociarori che ip:riaticaino 
la ,caccia m ogni Prov�nioia, e neilila misura deJ 20 % per i~ nimborso degli 
indenn,izzi �, ldmnuti per danni al'.1recaiti aille 1colture dalla selvag~a 
nelle oasli. d� protezione e rifugio della faurna e rneilile zone di ripopolamento 
e cattwia. Analloghie d�,sposizioni si trovano nehle citate Jeggi 
regionalli ,deil!J.'EmHia-Romagna (art. 14, oomma ultimo, J:egge n. 31 
del 1976; art. 16, comma quindicesimo, [egge n. 34 del 1977). Nelil'art. 4, 
comma secondo, dei1la legge n. 56 del 1973 deilla Regione Lombartlia si 
dispone anchie ohe .gli intro�ti riscossi daLla Regione 1siano ridistribuiti 
tra ii comitati provinciaJi della caoda -ai quall:i � affidata ila gestione 
del:la caccia KlOiltroHata, 1in crn'1aborazione con Je ass~ioni venatorie secondo 
[e ipoooentuali. mdicate a[fa aettera e) de[I'art. l, c�mma ipri,mo, 
delJa Qegge 'Stessa. In ogni OaJSO, vi � diretta e ipuntuaile imputazione 
de1le somme lintiro�tate aHe spese di gestione del 1servizio. 

D'altra parte, iiJl rilascio del tessenino � 1pur sempre wbo11dinato �a[ 
pagaimemo di urna somma d� denaro. Rimane aihlora d:a indagare se qui, 
ancorch� non 'si ,tratti di 1r.cibuto rpropriamente inteso, si esiga comunque 
daJ privato 'll:!l1a.~pirestazione patrimoniale, con r1guardo ailla qua[e debba 
essere osservato dJl d~sposto detl'art. 23 Cost. In alJCurne deJJe oodi


� mfatti 1denr�nzi:ata la v:iofazione di quest'ultimo iprecetto costi




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 485 

tuzionale. Ma fa ques.tione � mfondata, sotto ill profilo ora considerato, 
quand'ainche si assw:na che Ja cerchia delil:e prestazioni patnimonia!li, 
aille quai.hl. si 1rifedsce il'airt. 23 Cost., siia rpi� estesa, ris1petto a quelfa 
deilile pres�tazioni im<posrte daJfil'autorit� pubblica nell'eseroizio della potest� 
tributaria. Il dtato artiirolo delJla Costituzione statuisce: � nesslU!lla 
prestazione (personale' o patrimonia'le 'P'U� essere !imposta se !IlOn .in 
base aJJa a.egge �. Come questa Corte ha ,gi� ;precisato ~sen1Jenza n. 64 
del 1975), �ila rparola [~ge � nel rontesto dehl"amt. 23, sta ad inidilcare sfa 
[a ilegge defilo Starto sia ila a.egige che viene in rilievo rnclla specie, quelJla 
delJa Regione. Perai1tro, Ja prestazione ipa1mimoniaile � imposta ail privato, 
non soltanto, come prescrive il"art. 23 Cost., �llirl ibase �, ma immediatamente, 
ad opera defila ilegge regionale: neNa quaile �, aippunto, mdivtl.tluato 
ll'iimiporto de!lla somma da versare per i[ rlLascio del tesserino, e 
sono aJitres� rpredetermirnati. i tipi delll'esercizio vernaitorio nel sii.sterna 
dethla caccia coo1brdfilata, ilil cornsiderazione dei qua.hl. 'vien fotto variare 
i'ammonrtare del versamento. 

m solo caso in ICUi l'entit� del versamento non � ms�sata direttamen1le 
dail ilegiisa.atore, ma, annuailmente, daJila GiUillta regionale, � (previsto 
da1Jle [eggi del!la Regione Emilia-Romagna (art. 14, comma 14�, 
ilegge IIl. 31 del 1976; art. 16, comma 13�, deilila leg1ge n. 34 dell 1977). 
Anche qui, tuttavia, .la dserva di legge !IlOil � vu.Inerata: ile dd'SlposiziOIJJi. 
oenSIUrate, insieme allile mma!Ileillti ailtre degili atti legis1lativi che 1e contengono, 
!Pongono � i criteri idonei a de.hl.mitaire � -allla 1stregua dell'art. 
23 Cost., e dell!l'mtel1pretazione datane da questa Corte -ila d:iscrezionaflit� 
delJa Gillillta regionailie nelila determililazione della 1somma occorrente 
iper 111 rilascio deil tesserino, e ad ass~OUTare per questa via clhe 
J'eseroirio del [JOtere conferito all.'organo amm�lni:strativo �non rpossa 
trasmodare in arbii.1:l1io � (sentenze n. 56 :del 1959 e n. 51 del 1960). 

Un"ailotra icornsiderazione giova, lirnfine, a conf'e:rnnare il'infornda1ezza 
della questiione. Una volta as:sU!llfto ,ohe <la riserva di ilegge ex art. 23 
Cost. operi oltre la rerohia del!le vere e pmprie imposizioni tributane, 
ne di&cende una dupl!ice conseguenza. Da un 1oanto, 1sd aillariga Ja s.fera 
dellla garanzia, posta dai costituente a favore dcl soggetto viincolato allila 
prestazione. Da!11.'a1tro, rper�, si vdene ineil nostro caso a riconoscere 
all [egiis�la1ore regionale una rapacit� iim<positiva, basata siulla potest� 
legislativa, del.ila quaile egli � investito iin virt� defil'a:r:t. 117 Cost.: e mle 
potest� sii !PU� espiliioare anohe fuori dai vincoli afferen.1Ji., ex art. 119 
Cost., a!hl'autonomia 11.iinanziaria della Regione, 1seppure, occorre avverrflilre, 
necessariamente nei limiti di una icompe1leinza, ohe deve conror
�rere con Ja competenza a.egisll.ativa de1lo Sta1o. Ora, un'imposizione 
;patrimoniiaJe delila Regione, dive11sa dail tributo iin senso proprio, non 
eccede i [poteri di aUJtonomia, n� offende ailtrimentd. ila Costituzione, 
quando essa trae fondamento 0dal1la stessa normazione 1de1lo Stato, e 


486 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
rimane neJrl'ambito da questa f�i:ssato. Cos� 1aJOOa:de 111e11a �specie. La pre486 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
rimane neJrl'ambito da questa f�i:ssato. Cos� 1aJOOa:de 111e11a �specie. La previs~
Ollle deil tesserino, e del:Ia quota p.resoritta per ottenertlo, JU!Il!gii daJ 
confliggere, per !le ragioni �sopra esposte, CQll1 �a:1cUIIl .principio 1scatrurente 
dailila Jew]slazione �Statale, trova un :iJd0111eo e 1specifiico a!dden:teilJato 
nehl'art. 5 del dooreto ministeriaile 18 giugno 1969, �con cui � stato emanato, 
ad sensd delil'art. 12 bis �,del t.u. 1939, :iil regdlaanento-t:�lpo deMa caccia 
C01111r0Uarta. �Precisamente, a nOl1IJJJa deilla dtata di<sposizione, 1l'eseroizio 
venatorio neJile wne sottoposte ail riegime di caccia c0111troJ1ata 
� pu� es1sere sub011dilllato ail pa:gaanento 1c:hl. una quota, a titolo di iparteci(
paziO!Ilie a'Lle spese di .gesttione �, destinano alhle �spese di ripop0lamento 
e vigillanZJa dclle zone sui:nJdioote. 

La ;prestaZ'i.0111e ipersonale., deil soggetto � �stata dunque 1imposta in 
piena conformit� dehl'iart. 23 Cost.: il verisaimento 1per il rifascio deil tesserino 
� autorizzato dal!la no:mnazione sta:tale; [a llegigie regi.onalle ne ha, 
dal Ca!D:OO suo, dete:riminaito rnmpor:to e fa destinazione, sempre nei faniti 
deillla diS>Crezionaliit� gairaintita alhla Regione. La rfaerva di Jeggie msu:lta, 
cos�, soddisf�atta media111ite i1l c0I1Jcocso delJI'una e ,del['ailitra fonte normativa 
che governano !la materi.a, �trattandosi nehla �specie di competenze 
.Jegis'lative ripairtite �tra Stato e Regioni. 

CORTE COSTITUZIONALE, 30 g�ennaiio 1980, n. 5 -Pres. Amadei -Rel. 
Maccarone -Societ� Mineraria Senna (avv. Barile), Micheletto Sacerdote 
Amalia (avv. Guerra), Regione Emilia Romagna (avv. Predieri) 
e Presidenza del Consiglio dei Ministri (avv. dello Stato Giovanni 
Albisinni). 

Concessione amministrativa -Concessione dello � ius aedificandi � -Non 
adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella della licenza 
edilizia . 

. (I. 28 gennaio 1977, n. 10, artt. 1 e 4). 

Espropriazione per pubblica utilit� -Indennit� -Mancato riferimento 
caratteristiche essenziali e �potenziale utilizzazione economica del 
bene -Illegittimit� costituzionale per contrasto con gli artt. 42 e 3 
Costituzione -Sussiste. 

(I. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 20; I. 28 gennaio 1977, n. 10, artt. 14 e 19). 
Relativamente ai suoli destinati dagli strumenti urbanistici all'edilizia 
residenziale privata, l'edificazione avviene ad opera del proprietario 
dell'area, il quale, concorrendo ogni altra condizione, ha diritto ad ottenere 
la concessione edilizia, che � trasferibile con la propriet� dell'area 
ed � irrevocabile. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 487 

Il diritto di edificare continua ad inerire alla propriet� e alle altre 
situazioni che comprendono la legittimazione a costruire anche se di 
esso sono stati compromessi e limitati portata e contenuto, nel senso 
che l'avente diritto pu� solo costruire entro i limiti, anche temporali, 
stabiliti dagli strumenti urbanistici. 

La concessione a edifioare non � attributiva di diritti nuovi ma 
presuppone facolt� preesistenti, sicch� sotto questo profilo non adempie 
a funzione sostanzialmente diversa da quella dell'antica licenza, avendo 
lo scopo di accertare la ricorrenza dfdle condfriioni previste dall'ordinamento 
per l'esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo 
ne riconosce e tutela la sussistenza (1). 

L'indennit� di espropriazione pu� ritenersi conforme al precetto costituzionale, 
contenuto nell'art. 42, comma terzo, della Costituzione, 
quando la misura di essa sia riferita al valore del bene, determinato 
dalle caratteristiche essenziali e dalla destinazione economica di esso. 

Sussiste la violazione di tale precetto ove, per la determinazione dell'indennit�, 
non si considerino le caratteristiche del bene da espropriare 
ma si adotti un diverso criterio, che prescinda dal valore di esso. 

� quanto avviene per la determinazione dell'indennit� per le espropriazioni 
previste dall'art. 16 della legge n. 865 del 1971, come modificato 
dall'art. 14 della legge n. 10 del 1977, perch� il criterio del valore 
agricolo medio dei terreni secondo i tipi di coltura praticati nella regione 
agraria interessata, adottato per la determinazione dell'indennit� 
in tali espropriazioni, non facendo specifico riferimento al bene da 
espropriare ed al valore di esso secondo la sua destinazione economica, 
introduce un elemento di valutazione del tutto astratto, che porta inevitabilmente, 
per i terreni destinati ad insediamenti edilizi che non hanno 
alcuna relazione con le colture praticate nella zana, alla liquidazione 
di indennizzi sperequati rispetto al valore dell'area da espropriare, con 
palese violazione del diritto a quell'adeguato ristoro che la norma costituzionale 
assicura all'espropriato (2). 

La concessione � ad aedificandum �. 

(1) L'art. 1 della legge n. 10 del 1977, innovando sulla disciplina preesistente, 
dispone che � ogni attivit� comportante trasformazione urbanistica ed 
edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione 
delle opere � subordinata a concessione da parte del sindaco, ai sensi 
della presente legge '" 
Si � dibattuto in dottrina se tale concessione ad aedificandum possa ritenersi 
effettivamente una concessione o se, invece, il nomen juris sia improprio 
e mascheri un provvedimento avente diversa natura. Collegata a tale questione 
ed alla soluzione di essa � l'altra questione circa d'immanenza dello jus aedificandi, 
come espressione tipica ed ineliminabi.Je del diritto di pro:priet�, e fa .possibilit�, 

3 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

488 

1..-Le ordinanze innan:zJi indicate den'l.llllciano l'.i.Wlegittimit� costi'
tuzionaile dclle stesse diSlpOS:i:cioni dii 1legge, un base ad a!I1gorrrentazioni 
sostainz.ia1mente ainailoghe; i 1relativi procedimenti vanno 1pertanto �riunivi 
per essere defitlliti �con uniJoa decisione. 

2. -In :relazione �ail'la quest!ione proposta d:all T.A.R. delil'EimiliaRomagna 
con ordinanza 20 dicembre 1977 (reg. ord. n. 515 del 1979), la 
Regione .interessata ha eccepito ipooJ.i�IIll�!IlM'mente �IJ:inammiss!ibfilhlt�, per 
difetto di :rii1levanza, de1la questione stes�sa, iin quanto esulerebbe dailila 
competenza del giudice ammirnstratiivo Ja cOil!�ll'OVerisia COl1JOOl'.1l'.lente la 
misuTa del!l'~dennit� ,cfil espropriazione. 
L'eccezione � fondata. �L'011dirnanza ha precisato ohe nei motiv:i di 
impugnazione dcl provvedimooto di esprop.ma:cione 1eoo �stata dedotit:a � 'la 
ill!legittimdt� rdovut:a a1Jl'1irnsuf�filcienza del 1oriterio !legislativo di determina:
cione dehl'indennizzo �. E, pur dando atlto �ohe 1i 11iicorrenti avevano impugnato 
davMti al 1giudi�ce ordinario J:a misura del!l':indermit� dii espropriiiazione, 
!ha tuttavia ritenuto la ri.levanza dehla questione, in quanto � :i!l 
Trti!buna!le non rpu� decidere �su questo motivo di �Ilii0011so 1se pdma non 
sia irisoilta fa questione defila ~egittimit� dehla norma ,cfil ~egge �. 

invece, di una separazione di tale � jus � dal diritto di propriet�. 

Ail: riguardo di SANDULLI (Nuovo regime dei suoli e costituzione, in Riv. 
giur. ed., 1978,. II, 80 segg.) afferma: � Dire� ohe lo jus aedificandi non rappresenta 
pi� un attributo inerente naturalmente aLla propriet� (e uso il 
termine propriet� per indicare sinteticamente anohe tutti quegli altri diritti 
reali che legittimano alla possibilit� di costruire), e dire che lo jus stesso si 
aggiunge alla posizione proprietaria solo in virt� e in conseguenza di un atto 
di autorit�, non significa per� che -come si suole ripetere -nel nostro 
ordinamento ilo jus aedificandi sia stato � staccato,, da11a propriet� (sempre 
nel senso pluricomprensivo e 1sintetico di cui ho detto). Nel sistema vigente lo 
jus aedificandi cont1nua ad inerire infatti a questa, se non come attributo connaturale, 
certd sotto un pi� limitato profilo: infatti solo il proprietario (sempre 
nel significato anzidetto) � �egittimato a costruire o a permettere ad altri di 
costruire�. 

E successivamente: � Il provvedimento di concessione previsto dall'art. 1 

della legge 1 ottobre 1977 assolve invece una funzione ben pi� modesta, 

giacch� � di doverosa emanazione tutte le volte che, essendo stata l'edificabilit� 

attribuita a un suolo in virt� di una normativa e di .strumenti urbanistici, 

ed essendo nato lo jus aedificandi in virt� dell'entrata in vigore dei pro


grammi o degli esoneri di cui si � detto, il progetto presentato per ottenere 

il provvedimento risulti conforme alle relative statuizioni. Si tratta dunque 

di un atto, in ordine all'emanazione del quale l'autorit� comunale dispone di 

una ben limitata discrezionalit�, la quale non si differenzia da quella di cui 

disponeva in sede di rilascio delle licenze edilizie. 

Il nome di concessione che il legislatore gli ha attribuito non corrisponde 

a una maggiore intensit� del potere di cui l'Amministrazione dispone in ordine 

al rilascio �. 

Il MAZZAROLLI (Sul nuovo regime della propriet� immobiliare, in Riv. 
dir. civ., 197�8, I, 1'1) osserva: � Si deve sottolineare che fa separazione 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 489 

L'inconsistenza di tale as�sUJJJtO arppare manifesta, ove si C01D.sideri 
che :il gdudice ammimistrativo 1ddfotta �dd giur:isdizione in 011dine ahle controverisie 
cigua:l'd:anti la mi�sura delll'imdennit� di espropriazione, esisendo 

.tale materia devoluta alla competenza del giudice 011dinario (art. 19 
!legge 865 de!I 1971 non moddlfficato per questa parte da!Ja !legge n. 10 del 
1977). Di 1conseguenza J'appilicazione de!Je norme di cud � contestata ila 
legi1ttim�t� non pot:evia veni�re in considerazione in quei11a sede e rpertain:
to era del �tutto <irrilevante verificarne :la �oonforrr�t� ai :precetti cosmtuzionali. 


3. -�Le ordinanze prospettano H drubbio di 1costituzionalliit� deihl.'artiioolo 
16 deih 1legge 22 ottobre 1971, n. 865, �come modificato dai11'airt. 14 
de111a legge 28 gennaio 1977, n. 10 '(che dettano i 'Criteri iper ila determinazione 
dell'indenrnit� di esipropmiazione e occupazione), �sotto un duiplice 
iprofi.lo: 
a) rilevano che l'adozione del vailore agriioolo medio dei beni da 
espropriare, come criterio iper la determinazione delJ'mdoomt�, con.J)liggerebbe 
ICOil ['a�rt. 42, terzo �comma, Cost., I�ll1 quanto d!I riifurimento ad 
una 1cwatterasti1oa esitranea a bel1Ji che :aibbiano UID!a chiara destinazione 
edificatoria, .per i qual~ sarebbe da 1esoludere ogni relazione 1con i tipi di 
coltura rpratkam nell:la regione 1agraria e con fa :fertilit� del suoilo, rpotrebbe 
portare a[JJ}a Hqu~daZJione di i1ndeno:rizzi 1r.risori e, comunque, gravemente 
1sperequati ruspetto al valore �di me11cato dei suoli. Inolrtre, fa man


de1lo jus aedificandi dal diritto di propriet� non risuJta espressamente 

stabilita da alcuna norma della legge n. 10 del 1977. Ma da tale omissione 

non pu� inferirsi che la separazione non sia stata voluta e attuata: a parte 

quanto risulta dai lavori preparatori, � il fatto stesso dell'emanazione della 

legge, come reazione all'inequivoca affermazione della Corte Costituzionale 

dell'inerenza -ancorch� variamente limitata e condizionata -della facolt� 

di costruire al diritto di propriet�, che costituisce argomento decisivo a soste


gno della tesi che con la nuova disciplina si � voluto esprimere un nuovo 

regime di appartenenza dei beni immobili, caratterizzato essenzialmente dallo 

scorporo dello jus aedificandi dalla propriet� fondiaria. 

In un siffatto contesto risulta pregnante l'introduzione -in luogo di 

� licenza di costruzi01:;ie � -dell'espressione � concessione di edificare �, per 

definire il provvedimento col quale il proprietario di un immobile acquisisce 

lo jus aedificandi; si pu� convenire che, in s�, parlare di licenza o di con


cessione ha un'importanza relativa, ma importante appare la sostituzione ope


rata e il ricorso intenzionale alla nozione di concessione, che come � noto 

normalmente vale a designare gli atti amministrativi creativi di diritti. N� 

vale obiettare che il cambiamento � solo nominale e che tutto � rimasto come 

prima, posto che, secondo quanto precisato nel 1� comma dell'art. 4, � la 

concessione � data con gli effetti di cui all'art. 31 della Legge 17 agosto 1942, 

n. 1150 �. � vero infatti che dal punto di vista sostanziale gli atti amministrativi 
si identificano per i loro effetti, ma � vero anche che gli effetti di 
un provvedimento vanno misurati confrontando la situazione precedente ad 

490 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

oata consiideraziane dcl carautere edificatorio delll'area �espropniata, pure 
s�e rpostia alll'estemo dei centri edificati, porterebbe aJ1l'attribuzione di un 
mdenniZ2lO non 1oonforme al mciipio enunciato nell'art. 42, .comma terzo, 
Cost., ml qua.le esigerebbe ohe esso 1oos1JitU1isca un sostitutivo, sia rpure 
non 1equ:i1Vai1ente, delJla rperdi1ta del bene, ail �cui vailore e~fettivo dovirebbe 
essere ri:foriito; 

b) rilevano ancora .Je ond:inanre <ehe le norme .ainzidette sarebberio 
in contTasto 1oon !l'art. 3, comma primo, Cost., in quanto il critenio adottato 
determinerebbe, per terreni ilil �Situaziione 1eguale, mdennizzi diversi 
a seconda tdeille zone agrarie in oui sono rposti; ind1tre, 'la previsione di 
maggiorazoioni, i])er le aree comprese nei centri .edifiica1li rappo11tate al 
dato numerico del'la .poipolazdone, determinerebbe, krazionadmente, inderunizzii 
diversi rper terreni idi rpari vadore in re1aziione ai 1prezzi di mercato. 
A!ltra irrazionade disiparit� viene ravvisata nel itrattamento dci proprrietaa:
ii di aree 1edifkabi1i colpiti da ,provvedimenti di �espropriamone 
rispetto a que]li tdi aree aventi le stesse cairatooristiahe �e 1site nella �stessa 
Z'Oila, i quali rpossono di1spome in 1regiime di Jibera contrattazione. 

Tutte 1e anZJidette censure vengono esoose agli artt. 19 della 1Iegge 

n. 10 del 1977, i[ quaile :prevede .}',applicazione deilile norme denumiiate ai 
procedimenti iln 1corso, ove �l'i!ll!dennit� !liquidata non sia divenuta defin�-
esso con quella che si produce a seguito della sua emanazione. Non si pu� 
quindi sostenere l'identit� tra concessione e licenza solo sulla base della constatazione 
che effetto di entrambe � di far si che una determinata attivit� 
materiale possa essere lecitamente compiuta: bisognerebbe anche poter dimostrare 
l'identit� della situazione su cui operano l'una e l'altra, ma a tale scopo 
l'equivalenza della situazione finale appare priva di significato conclusivo �. 

Il PREDIERI (La legge 28 gennaio 1977, n. 10, sulla edificabilit� dei suoli, 
Giuffr�, 1977, pagg. 16-17) rileva: �Come vedremo nel paragrafo 5 (ma come 
� bene sottolineare subito), l'interpretazione che va data di questo gruppo di 
norme � -a mio parere -quella di una nuova conformazione dello statuto 
della propriet� dei beni immobili. Con esso si sancisce lo scorporo del cosiddetto 
jus aedificandi della propriet� stessa, riservandolo al potere pubblico che 
lo deve dare in concessione, dietro corrispettivo, senza un esercizio diretto 
di esso da parte del potere stesso �. 

E successivamente (pag. 47): � Il primo gruppo di norme individuate secondo 
il loro oggetto riguarda la disciplina della facolt� di trasformare il 
territorio o edificare (jus aedificandi, nella pi� ampia accezione) che costituisce, 
come noto, parte saliente e ragione principale della legge, occasionata dalla 
sentenza n. 55 del 1968 della Corte Costituzionale e dalle discussioni che ad 
essa hanno seguito. Ci� risulta ampiamente dalla relazione al disegno �di legge 
e da quelle parlamentari di maggioranza, tanto che la legge appare rivolta 
se non ad una restaurazione dello statu quo ante, anche ad una ridefinizione 
tale da superare la sentenza stessa, muovendosi nella strada lasciata aperta, 
cio� quella di un diverso statuto della propriet� fondiaria �. 

Il BENVENUTI (Da consenso a consenso. Atti del Convegno di Studi su 
�Profili giuridici e prospettive della nuova normativa sulla edificabilit� dei 
suoli�, Trieste 7-8 ottobre 1977, Giuffr�, 1978, pagg. 9 e segg.) parla di un tertium 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 491 

tiva e 20 de'lia 1legge 865 del 1971 {oome modi6icato dallrarit. 14 legge n. 10 
del 1977), 'Ohe adotta gli stessi criiteri per 1a determinazione de1l'indea:mit� 
di oocU!pazione. 

Infine, J'ordinanZJa del.la Cor�te di Aippeililo di Palerimo (Reg. or:d. n. 688 
del 1978) denUJnci:a anohe 1a v.iolazione deltl'art. 53 Cost., in quanto fa mancata 
risponden:zJa dellJ'mdeinnizzo al va;looe del bene esipropriato determdnerebbe 
ll!Ila irragionevole Tliipartfaione nel costo dell'iniziativa assunta 
neiH'interesse rpuibblioo, facendone .gravare i1l rpeso -con ll!Ila 1sorita di 
imposizione tributaria s1JI1a.ordinarua, non ragguagliata a'lJ.a capaoit� contributiva 
del sogget'1o -su di un >Cittadino determinato e non su tutta 
la 'comUJnit� interessata. La 'stessa ordinanza �es.tende Ja denuncia di incostitu:
lliona!Ht� aM'artdcolo unico della legge 27 giugno 1974, n. 247, che 
rese aipipJkabhli i criiteri dell'art. 16 del!la .Jegge n. 865 del 1971 a tutte 
le es1propruazioni 1preoridinate a quai1siasi tipo di opere o di interventi 
da parte dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni o di altri 
enti .pubblici o di diritto rpubbliico anche non terriitoriali. 

4. -In relazione :aJ primo asrpetto delle censure di incos.tJituziionaHt� 
(n. 3 sub a) giova 11ioordare la giuriisprudenza di questa Corte, costante 
ncll'affermar'e che 11'indennizzo assfourato al'l"es1propri:ato dall'art. 42, comma 
terzo, Cost., se non deve costituire una integrale riparazione per 
ila perdita subita -dtn quanto occorre ,ooordi1nare il diri:Vto del 1pr.ivato 
con l'inte�resse generale che 11'espropriiazione mira a realizzare -non 
genus di provvedimento, che � non fosse, propriamente, una autorizzazione, 
ma un atto avente una struttura e, quindi, una causa giuridica diversa, atto�, 
che propone � di chiamare di 'consenso ', utilizzando una espressione non 
ignota al nostro ordinamento giuridico �. 

Osserva il BENVENUTI: �E potevo, allora, concludere, da un lato che lo 
jus aedificandi non appartiene in via assoluta al proprietario, ma che esso 
appartiene anche al titolare dell'interesse collettivo talch� esso deve essere 
esercitato secondo le regole obiettivamente da questi predeterminate nell'interesse 
comune; e, conseguentemente, che le licenze edilizie non potevano 
essere considerate delle autorizzazioni, ma, aggiungevo testualmente, � ritengo 
che siano degli atti pi� simili, semmai, alle concessioni�, proponendo per esse 
il nome di �atti di consenso�.. 

Dopo di questo mio contributo, si disse da qualcuno che io avevo parificato 
le licenze edilizie agli atti di concessione, ma la citazione testuale della 
mia affermazione mi consente di escluderlo. 

Non ho mai pensato che lo jus aedificandi o, come ora dice la legge 
28 gennaio 1977, n. 10 �ogni attivit� comportante trasformazione urbanistica 
ed edilizia del territorio comunale� rientri nella sfera di disponibilit� della 
Pubblica Amministrazione e non anche nella sfera di disponibilit� dei privati 
proprietari. 

So bene che la legge �' stata adottata dopo lunghe discussioni che vertevano 
sulla necessit� di introdurre, nel nostro ordinamento, quello che fu 
chiamato l'esproprio generalizzato, cui sarebbe seguita la concessione del diritto 
di superficie: ma questa tesi non direi che sia stata accolta dalla legge. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pu� es�sere, tuttavia, f�issato in una misura :irrisoria o meramente simbolica. 
ma devie raipprese:ntare UIIl serio 1ristoro. 

Pel.1ch� d� rpossa lrea1l:izzarsii, oocorre far nifer.imenro, 1per Ila determiilmzione 
dell.1'1indennizzo, :all valore del bene 1in relazione aille �sue caratteristiche 
essenz:iail:i, fatte rpalesi da1la rpotenziaJle utJiiliz2'iazione eoonomica 
di resso, socondo Iegige. Solo !�rn tall modo ipu� assicU111amsi la reongriuirt�

1

1

del ristoro sipettante aJI'es:propriato ed eviita:l'e che esso 1sia meramente 
aiprparente o iir.rJ.sorio �rispetto iall valore del bene. 

E iper Je aree destiina:te all'edirfikazione, :in quanto rposte in zone gi� 
interessate dail�o rsvilluppo edihlZJi.o, deve r.i:tenersi essenziaie taie destinazione 
e di essa occonre 1tenere conto nella determimazion:e della misura 
deH'indennit� di �eSJprnpriazione, da rapportare ail :v:ailore del bene. 

Per contrastare tale 1condlusione si � opposto ohe, :in base alile Jeggi 
che hanno di:sposto ,la confol.1mazione �ediliZJi.a del territorio �e condizionato 
ll'edifi1oabiJit� dei sudli, 111ei casi .in roui essa � prevista dagli strumenti. 
uJ.1bamstici, :~l rrilaisaio dii runa oonces1sione, deve 1ritenersi �ohe 11'ius 
aedificandi non i:necisoo tpi� al di:riHo di propriet�, potendo l'edifioabiilirt� 
delle aree es�sere staih11Ha sollo con proVlVedii:mento dell'autorit�, sicch� 
sarebbe venuta meno la :rilevanza, anohe ai fini ddLa determililazione 
delila misura deJ'l'iTJJdermit� di :espvo:priazione, de1la destinazione redillizia 
dei �suoli. 

Tale assunto non pu� essere condiviso. 

� indubbiamente esatto che hl sistJema n011matJivo attuato rper d.isdpHrnare 
['1edifilicahiHt� dei suorli demanda a:l1a pubblica autorit� ogni deter-

Ne consegue che la propriet� privata rimane con tutte le sue ammissibili 
potest� e, per dire subito la conclusione, � rimasta con lo jus aedificandi. 

La tesi � indubbiamente suggestiva. 

Ma essa poteva valere come inquadramento sistematico della normativa 
sulla �licenza di costruzione>>, vigente anteriormente alla legge n. 10/1977, 
non trova ora riscontro in tale legge, che parla di concessione e di concessione 
parlano i lavori preparatori (cfr. relazione alla Camera dei Deputati 
dell'on. Giglia: �il disegno di legge prescinde dalla definizione della propriet� 
dei suoli e, attraverso l'introduzione del regime di concessione, tende piuttosto 
a regolare l'attivit� edificatoria in modo adeguato alle esigenze politiche e 
sociali del paese, sottoponendo al controllo della pubblica autorit� l'attivit� 
stessa. Il disegno di legge, infatti, pur non enunciando espressamente il principio 
della separazione, afferma che il diritto di edificare pu� essere esercitato 
soltanto attraverso una concessione del comune nei confronti del proprietario 
dell'area, il quale � tenuto a contribuire alle spese necessarie alla gestione 
e trasformazione del territorio �; relazione al Senato del sen. Gusso: � ... Da 
questa sommaria analisi del diritto di propriet� nel quadro costituzionale 
italiano appare ancora possibile un'ampia serie di interventi legislativi che 
modifichino o configurino in modo diverso il diritto di propriet�. 

Nella scelta degli strumenti che cos� si propongono ad esempio esproprio 
generalizzato o separazione netta dello jus aedificandi dal diritto di propriet� 
e sua attribuzione incondizionata alla mano pubblica occorre tenere conto di 

!i 

lll 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 493 

mina:zllone sul se, <S<Ul come e anche 'sul quando (mediante :i �prograllllDli 
pllurienn:aJd. .dii attuazione previsti dailll'art. 13 del!1a ~egge n. 10 deil 1977) 
deM'edi.fioaziOiO.e, ma la rJg1d:it� del S'~srema non � �tale da ilegittimare Je 
conseguenze che 1se ne vOI1I'ebbero trarre. 

Invero, rellaiivamente ai 1sruoJi destinati dag}i 1s1Jrumenti urbainiiistici 
all'edtlilJizia 'l'eSI�den:zllale rprri.vaita, ['ec:l:if�1cazione avviene ad opera del 1proprietario 
1dei1Jl'area, iJ qua~e, 1concorriendo o~i altra condiziOiO.e, ha diritto 
ad ottenere ~a concessiOiO.e edtl!lizia, che � �trasforibhle con la ;propriet� 
deH'area ed � fa1revoca!bile, fatti salV'i i 1casi di decadenza previsitl daihl.a 
legg� (art. 4 1egige lll. 10 deil 1977). Da ci� deriva 1che il diritto di edificare 
continua 1ad illlerire a1la ;propriet� e a'1le alt.re situazioni 1ohe COil:ll])lreildono 
[a Jeg;i�ttimaziOiO.e a costruii.re alflJOhe se di esso 1sono stati ,tuttavia 
comrpressi e 1limitati por1taita e ICOiO.tenuto, nel 1senso 1che il'avenite diritto 
pu� solo �costruire enrfil'o i [frniti, anche temporali, 'Stabiliti dagli strumenti 
urbanistici. 

Suss~istendo ile 1c0Illdizioni richieste, �solo liil p:ro;prietatr�o o il titolare 
di ailitro mritto reale ohe ~egittimi a coSlt:ruire !J>U� edifiicare, non esse!lldo 
consentito dal sistema che altTi possa, autoritativamente, essere a lui 
sostituito iper [a realizzazione die1l'opera. 

Ne consegue a'l:tres� che la COiO.oessione a edificare non � attributiva 
di d�rinti nuovi ma :presuppone facolt� preesiistenti, sicch� sotto questo 

come nella coscienza sociale si configuri il concetto di propriet� e dell'atteggiamento 
e delle necessit� dell'operatore privato nel settore delle costruzioni 
edilizie. 

In definitiva con il disegno di legge che verr� esaminato pi� avanti in dettaglio 
si tende a raggiungere i seguenti scopi: 
1) un'efficace pianificazione urbanistica consentendo la imposizione dei 
vincoli di piano necessari per un corretto uso del territorio; � 

2) lo sgravio finanziario dell'ente locale dagli oneri delle opere di urbanizzazione 
primaria e secondaria addossandoli al soggetto che, trasformando 
il territorio, di quelle opere si avvantagger�; 

3) la correzione, perlomeno in parte, degli interventi di operatori privati 
per una edilizia a prezzo controllato (vendita o locazione); 
4) la incentivazione di pi� solleciti interventi dell'ente locale per l'edilizia 
economica e popolare...). 

Vi � stata, quindi, una nuova disciplina del diritto di propriet�, del tutto 
conforme al dettato costituzionale. Il diritto di propriet�, come ogni altro diritto, 
� quello che la legge, in osservanza dei principi stabiliti nella Costituzione, 
attribuisce. 

Nella sentenza n. 55 del 29 maggio 1968, che ha dato l'avvio, come � espli


citamente detto nella gi� citata relazione, sulla >legge n. ,lQ/11977, de1l'on. Giglia 

alla Camera dei Deputati -alla nuova disciplina urbanistica e del diritto di 

propriet� sui suoli destinati alla edificazione, la Corte Costituzionale ha inse


gnato che �l'Istituto della propriet� � garantito dalla Costituzione e regolato 

dalla legge nei modi di acquisto, di godimento e nei limiti � e che tale garanzia 

� menomata soltanto �qualora singoli diritti, che all'istituto si ricollegano (natu


ralmente secondo il regime di appartenenza dei beni configurato dalle norme in 



494 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella dell'aintica 
aicenza, avendo rro scopo di aocertarie .la ricorrenza de1le roondizioni 
previste da1l'01I1diill!amento per .l'eserici~io del di1ritto, nei 1limiti ~n �cui ill 
sistema normatiivo ne riconosce e tutela fa 1susSI�stenza. 
Va rperalilro notato 1che la rilevainza, ai ifini 1de-Ll'indennit� di esproprio, 
dcll!a destinazione edilizia dei suoli � implioi1tamente riconosciuta 
darr sistema 1a1J1Juato con tla ~egge n. 865 del 1971 e sUJcoessdvie modifiche, 
in quanto i coef�ficien1ri dii maggiorazione delil'indennit� .per le aree comprese 
nei centri edificati {art. 16 Jegge n. 865 del 1971 e 14 Jegge n. 10 del 
1977) �non possono avere razionale giustifica2lione se non ritenendo che 
si sia voluto attiribUJire all'esrprorpriato un maggiore -compenso in (['e1azione 
ai1la destinazione edi[i:ria delle aree stesise. 
Va inollitre .rik:oodaito ohe lla rilevainza della destinazione ediilizia delle 
a11ee, qua~le indke di un maggior valo.re, � operante nel nostro oridinamento 
anahe dorpo rattuazione delle nuove norme 1per tl'edificabi<lit� dei 
suoli, come � dimos1Jrato dille disrposizioni t.Ilibutarie che [egittimaino Ja 
tassazione del va:lore edif.ioatorio deUe �aree, desunto d~ll1a foro collocazione 
in un farsediamento edilizio. 
5. -Poste tali premesse, occorre venificare se l'ado~ione del valore 
agricolo medio come crite�rio per la determinazione de1la misura deiLl'dnvigore), 
vengano compresi o soppressi senza indennizzo, mediante atti di imposizione 
che, indipendentemente dalla loro forma, conducano ad una traslazione 
totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuotamento di rilevante entit� ed 
incisivit� del suo contenuto, pur rimanendo intatta l'appartenenza del diritto e 
la sottoposizione a tutti gli oneri, anche fiscali riguardanti la propriet� fondiaria
�. 
L'uso del nomen juris concessione risponde, quindi, puntualmente alla� sostanza 
del rapporto, perch�, in tanto un suolo pu� acquistare destinazione edificatoria, 
in quanto esso sia compreso in uno strumento urbanistico generale 
(piano regolatore, programma di fabbricazione) ed ora anche in un programma 
pluriennale di attuazione, come previsto dall'art. 13 della stessa legge n. 10/1977. 
�, quindi, la Pubblica Autorit� che, nell'esercizio dei suoi poteri, conferisce al 
suolo la detta destinazione che non �, invece, insita nella sua natura e non pu� 
che essere la Pubblica Autorit� a consentire, attraverso lo strumento della 
concessione, al privato di edificare, a costituire, cio�, nel privato, lo jus aedificandi. 
Esattamente afferma l'ALIBRANDI (Spunti ricostruttivi della concessione ad 
aedificandum, in Commento alla legge 28 gennaio 1977, n. 10, a cura di ALIBRANDI, 
Bozzi, PALLOTTINO, Giuffr�, 1978): � ... Il problema appare, intanto, lungi dall'essere 
nominalistico, giacch�, se -come esattamente ricorda Alessi nello scritto citato 
-nella nostra tradizione culturale concessione � il provvedimento con il quale 
si costituiscono o si trasferiscono nel privato facolt� di azione che astrattamente 
non rientrano nella sua giuridica disponibilit� in quanto non rientranti 
nella sua sfera giuridica primaria � � chiaro che disconoscere la natura concessoria 
dell'atto amministrativo, di cui agli artt. 1 e 4 della legge 28 gennaio 1977, 

n. 10, significa ammettere che lo jus aedificandi faccia tuttora parte -in 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 495 

dennit� di espropria sia o meno conforme al precetto dell'art. 42, comma 
terzo, Cost. 

E Ila risposta a tale quesiito non pu� 'essere che negativa. Come � 
stato sopra cilevato, perioh� 'l':indenntlt� di es1propr.iazione poS1sa 1ritenersi 
conforme ail precetto costituzionale, � necessario che la misura di essa 
sia :riiferita 1al vailore del bene, determinato dai]le sue ca.ratterist:iche 
essenziali e daMa destinazione economioa per.ch� solo in ta!l modo iJ.'indennit� 
s1teS1sa pu� costdtuire un 'serio �ristoro per J'eS1propriato. � :pailese 
fa viOllazione di tale principio ove, per la determinaZJione dell'indennit�, 
non 1si a:ms:iderino� ae oaratiteristiche del bene da �espropriare ma 'Si adortti 
un dirverso 1criterio che 1presdnda dail vailore di esso. � proprio quanto 
avvdeine nella materia in dis,aimina perch� H criterio del valore agricolo 
medio de:i �terreni 1secondo i tipi di 1ooltura praticati neMa regione 1agrania 
interessata, adottato per la deterrntlnazione dell'indennit� di esproprio 
daill'aTt. 16 del1la Uegge n. 865 del 1971 come modificato daihl'art. 14 della 
~egge n. 10 del 1977, non facendo speoil�foo riferimOOJto al bene da eSfPropri.
are ed 011 vaUore di esso secondo la sua destinazione eCOillomka, introduce 
un elemento di valutazione dei tutto �astratto, 1ohe porta :inev:itabil� 
mente, per i terreni destinati �ad insediamenl!i edili2li ohe non hanno 
ruouna 1relaziorre ,con ile cOllture pra:tiioate ne11la zona, ailla Hqu1dazione di 
indennizzi sperequati rispetto al valore dell'area da espropriare, con 

quanto componente essenziale del diritto di propriet� della sfera giuridica 
primaria del privato; significa, cio�, cancellare, con un pur abile tratto di penna, 
non soltanto l'esplicita volont� del legislatore ma l'intera vicenda che, a partire 
dalla sentenza 29 maggio 1968, n. 55, della Corte costituzionale, ha contrassegnato 
ad ogni livello lo svolgimento del dibattito in materia urbanistica"� 

E si tratta di una concessione tipicamente costitutiva in considerazione 

che come pure esattamente e puntualmente precisa l'ALIBRANDI (op. citata): 

� La distinzione fra concessioni costituite e traslative pu� tradizionalmente 

consistere nel fatto che con le prime la pubblica amministrazione, in forza 

dei poteri ad essa attribuiti dalle leggi, conferisce ai soggetti nuove facolt� o 

nuovi diritti i quali formandosi ex novo nel privato non -trovano corrispondenza 

nell'ambito dei poteri dell'ente pubblico, mentre le seconde hanno come effetto 

il trasferimento ai privati di poteri propri dell'Amministrazione; poteri, che 

poi possono consistere o in facolt� giuridiche su beni pubblici o in potest� 

pubbliche appartenenti all'amministrazione (es. la concessione esattoriale delle 

imposte) oppure ancora nella gestione di pubblici servizi. 

Ora, l'oggetto del provvedimento disciplinato dagli artt. 1 e 4 della legge 

28 gennaio 1977, n. 10, contiene non soltanto l'attribuzione al concessionario 

della facolt� di edificare, ma si sostanzia anche in un momento ricognitivo, che 

consiste nell'accertamento che l'opera da realizzare sia conforme � alle previsioni 

degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi ,, nonch� agli standards di 

cui all'art. 41-quinquies, della legge urbanistica. Questa valutazione, che � il 

necessario presupposto logico dell'attribuzione dello jus aedificandi, in quanto 

comporta una valutazione della trasformazione urbanistica ed edilizia connessa 

alla domanda di concessione � certamente espressione del potere squisitamente 

pubblicistico (ed autoritativo) di definizione dell'assetto del suolo, e per esso, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

496 

pailese 'Vliolazione del dirirtto a queWadeguaito dstoro ,ohe tla norma costituzionale 
1assioura 1ailil'eS1propdato. 


� aippena fil 1caso di rr1levare ohe Je 1anzildette conclusioni non contrastano 
:con 11a :sentenza n. 58 del 1974 dii questa Ccwte, fa quale 1ha iritenuto 
la legittimit� ieosrtirt:uziionale della fogge 4 fobbraio 1958, n. 158, che ragguaglia 
ielll. vailore venaile del ,teaireno 1oonS'idemto come agricolo, indipendentemente 
daillla 1sua eventuale edifiioazione, :l'Liindennit� di esproprio iper 
Je aree neoes1sarie .alil'attuazione di qpere neMa zona !i1ndustr�:ale e nel 
;porto !fluviale di P1aidoV1a. 


La Corte ritemie infatti che 11'1indennit� stabiHta da 1taile 1egge 1dguardava 
1Jerlreni aigriooil:i, secondo Lla loro attuale 1destinazione, prescindendo 
dal maggior vailo11e derivian:te dailllia loro ev<entua'.le edificaibl!lit�; pertanto, 
l'inde:rmit� di esipropria:llione .veniva mgguagliata al valore del bene, 
desumibile dalle caratteristiche di 1esso 1e da1lla sua destinazione economica 
1attuale e non 1aippariva in ,contrasto ,con i:l precetto del!l'art. 42 
Cost. 


N� appaiono meno fondate 1e ,censure 111fe11ite all'art. 3, comma primo, 
Cost. (n. 3 1sub b). Invero, 11.'astrattezza del criterio adottaito e fa 
mancata considera:llione ideHe .caratteristiche :del 1singolo bene ,da espropriare 
:pos1sono 1porta:re a ~,11ragionevoli tmtta:menti differenziati di 1si:tua


dunque, non � n$pure pensabile una vicenda di trasferimento dell'ente pubblico 
al privato �. 


La concessione � gratuita. Inesattamente essa � nei lavori preparatori della 
legge, qualificata come onerosa. Il contributo previsto nell'art. 3 della legge 
nella sua duplice componente di contributo commisurato alla incidenza delle 
spese di urbanizzazione e di contributo commisurato al costo di �costruzione, 


� non costituisce corrispettivo della concessione ma ha carattere tributario, diretto, 
come �, a fornire ai comuni i mezzi per le opere di urbanizzazione primaria e 
secondaria, addossando i relativi oneri al soggetto che, trasformando il territorio, 
di quelle opere si avvantagger� (cfr. la citata relazione al Senato del sen. Gusso). 

Non appare, perci�, esatta la interpretazione che la Corte Costituzionale ha 
dato della nuova normativa costituita per l'edificazione con la legge n. 10/1977, 
affermando � che il diritto di edificare continua ad inerire alla propriet� e alle 
altre situazioni che comprendono la legittimazione a costruire anche se di esso 
sono stati tuttavia compressi e limitati portata e contenuto, nel senso che 
l'avente diritto pu� solo costruire entro i limiti, anche temporali, stabiliti dagli 
strumenti urbanistici. Ne consegue altres� che la concessione a edificare non � 
attributiva di diritti nuovi ma presuppone facolt� preesistenti, sicch� sotto 
questo profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella della 
antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle condizioni previste 
dall'ordinamento per l'esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema 
normativo ne riconosce e tutela la sussistenza�. 


Non era in discussione nel giudizio la eventuale illegittimit� costituzionale 
dell'art. 1 della legge n. 10/1977 n� la Corte ha ritenuto di sollevare essa la questione, 
limitandosi ad interpretare la normativa. 


Ma, posto l'insegnamento contenuto nella sentenza della stessa Corte V 

n. 55 do! 29 maggio 1968, "oondo il qwH< � l'i�tituto dolla prnpci<t� � ga<antito 
I 

:

J

~J 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 497 

zioni sostanzailmente omogenee, in quanto, per terre in eguale situazione 
iper .la foro tdestina:z:iorre ,edilizia, potrebbero essere attribuiti indennizzi 
diverS1i in relazione ail maggiore o minore ipregio delle zone agricole 
nelle iquaili ,gono rposti. 

Egua!hnente p.a!lese � la .disparit� di trattamento ohe viene a determina:
1:1si tra ,gli 1eS1pI"opr1ati per effotto dell"attribU2lione tdel 1ooeffiiciente 
di maggiorazione dell'indennit�, relativamente ad aree situate all'interno 
dei centri edificati (art. 16 legge n. 865 del 1971 e 14 �legge n. 10 del 1977). 

Un pnimo r.ilievo di i~congI1U�.t�, che :genera anohe es'So dllisparH� di 
trattamento, v;a fatto in relazione al criterio 'ohe rrego1a :hl ,poterre dei 
comuni di ,determiinare :i;l iper1metro de!l icentro ,edificato (art. 18 Jegge 

n. 865 del 1971). In questo, invero, non ipos1Sono essere compresi 'SIUOli 
esterni al perimetro ,contiiJnuo de1le aree edificate, 1anohe ise ti.interessati id& 
proces'So di urbaruzza2lione; viene pertanto iaid essere isaorificato senza 
adeguata Taigione ill diritto tdcl proprietario ,delile 1aree immediatamente 
adiacenti aJ1 :perimetro urbano, le quali bamio icaxa1lteri,Sl1Jiche identiche 
a queLle incluse nel perimetro stesso, essendio 'interessate dal processo 
di urbarrizzaZJione. La sperequazione e la conseguente irrazionailit� del 
dalla Costituzione e regolato dalla legge nei modi di acquisto di godimento e 
nei limiti '" non vi � dubbio che il Legislatore ordinario ben potesse, senza 
con ci� violare i precetti costituzionali, disporre una nuova disciplina del diritto 
di propriet�, in virt� della quale il diritto di edificare non fosse pi� compreso, 
come lo era nella precedente disciplina, fra le potestas agendi. Ed � quello 
che il Legislatore ha fatto, disponendo, con l'art. 1 della legge n. 10/1977, che 
ogni attivit� comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio 
comunale � subordinata a concessione del sindaco. 

Il termine concessione ha un preciso significato tecnico-giuridico: il provvedimento 
relativo importa trasferimento di un diritto dalla Pubblica Amministrazione 
concedente, che ne sia titolare, al concessionario oppure costituzione da 
parte della Pubblica Amministrazione di un diritto a favore del concessionario. 
Nel caso si tratta di una concessione tipicamente costitutiva, perch� nessuna 
legge attribuisce alla Pubblica Amministrazione concedente il potere di edificare 
e non pu� trasferirsi ad altri un diritto che non si abbia. 

Non pare,perci�, esatto dire come fa il SANDULLI (op. loc. citati) che nel 
sistema vigente lo jus aedificandi continua ad inerire alla propriet�, se non 
come attributo connaturale, certo sotto un pi� limitato profilo, quello che soltanto 
il proprietario (o il titolare di altro diritto reale) � legittimato a costruire 

o a permettere ad altri di costruire. 
� esatto, invece, quano afferma il MAzzAROLLI (op. loc. citati) e, cio�, che, 
anche se la separazione dello jus aedificandi dal diritto di propriet� non risulta 
espressamente stabilita da alcuna norma della legge n. 10 del 1977, da tale omissione 
non pu� inferirsi che la separazione non sia stata voluta ed attuata. 

N� pare possa avere rilievo la circostanza che soltanto il proprietario o 
il titolare di altro diritto reale sia legittimato ad ottenere la concessione ad 
aedificandum. 

La limitazione soltanto ad alcuni soggetti della facolt� di richiedere la con� 
cessione non pu� escludere che si verta in materia di concessione e non in 



498 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 498 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
dive:riso tratt-amento appaiono manifeste quando, dalla faJJcongruit� de,l 
criterio per Ja determinaziione del 1pecimetro urbano, sii fa derivare fattribuzione 
de[ ooefficiente di maggiorazione a1me sole al'ee interne al 
perimetro. 

Non rpu� opporsi al riguardo J'incensurabilit� del cniterio, di natura 

discreziooaile, adottato dal Jegis~atore 011dinario, in quanto essa .trova un 
[imite nei! .rispetto delle norme icosititu:ziona!H dettate a garanzii:a dei 'cliilritti 
del dttaidino. E ne1la ,specie :sussiiste Ja violazione dellil'art. 3, comma 
primo, Cost., in quanto in situazioni sostanZJialmente omog,enee, :starute 
la contiguit� e l'identit� della destinazione delle aree, vengono disposti 
1trattamooti dirfferenZJiati, aHribuendo, senza adeguata :ragione, il:a maggioraZJione 
deill'indenniit� di esrprnpdo solo ai suoli 1posti allil'interno deil 
perimetro urbano, <rfoonosioendo oos� per questi aa r1levanza della foro 
destinazione ectiEzia e [)!egandola per gli ailtri, in identit� di situazioni. 
Meni1tevole idi considerazione � pu:re un �ultro aspetto di iincongJUit� 
del 1sistema �(v. ond. n. 688 dcl 1978), font,e pure esso di disparit� di trattamento. 
Vart. 15 deilla 1legge n. 865 del 1971, come 'sostituito daill'art. 14 
materia di provvedimento avente altra natura. Non si � mai dubitato che si 
verta in tema di concessione (cfr. SANDULLI, op. loc. citati) per la costituzione di 
terreni in riserva di caccia (art. 59 r.d. 5 giugno 1939, Ii. 1016), pur essendo 
legittimati ad ottenere la concessione soltanto i proprietari ed i possessori dei 
terreni, cos� come non si � mai dubitato che si tratti di concessione per la 
licenza di coltivazione di tabacchi, anche se legittimati ad ottenere la licenza 
non possono che essere il proprietario, il possessore o chi, comunque, detenga 
legittimamente i terreni. 
N� a far ritenere che lo jus aedificandi inerisca ancora alla propriet� ed alle 
altre situazioni che comprendono la legittimazione a richiedere ed ottenere la 
concessione per costruire pu� valere la considerazione, fatta dalla Corte Costituzionale, 
che la concessione non adempirebbe a funzione sostanzialmente diversa 
da quella dell'antica licenza di costruzione. Se il legislatore, nell'ambito dei 
poteri ad esso attribuiti dalla Costituzione, ha ritenuto di porre in essere, 
per la edificazione dei suoli, un istituto, la concessione, diverso, nella defimzrone 
e nel concetto, dalla licenza di costruzione, l'interprete non 
pu� considerare i due istituti analoghi, in considerazione che l'uno non adempie 
a funzione sostanzialmente diversa da quella dell'altro, senza violare il precetto 
contenuto nell'art. 12 delle preleggi, secondo il quale, nell'applicare la legge, 
non si pu� ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato 
proprio delle parole, secondo la connessione di esse, e dalla intenzione 
del legislatore. 
D'altra parte, nello stabilire gli elementi distintivi di un istituto giuridico 
da un altro non si pu� aver riguardo alla funzione a cui l'uno o l'altro istituto 
adempiano ma si deve aver riguardo agli effetti dei due istituti. 
E non vi � dubbio che ben diversi siano gli effetti fra il riconoscere fra gli 
attributi del diritto di propriet� anche lo jus aedificandi, sia pure condizionato 
per il suo esercizio alla autorizzazione della Pubblica Autorit�, costituita dalla 
licenza edilizia, ed il disporre che spetti alla pubblica autorit� concedere lo jus 
aedificandi. 
L'effetto primario di tale diversa disciplina del diritto di propriet� � 
proprio quello che non si possa, in sede di determinazione della indennit� di 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 499 

iliegge n. 10 del 1977, 1prevede �che per i terreni �agdcoLi l'indennit� di 
esproprio 1sia fillssata, sia pure a 1seguito di opposizione delil'li!nteressato 
alhla Hquidazione dehl'indenrni:t� .in bas�e ail va1lore agricolo medio, con 
specifico tniiferimento aLle colture �eff�ettiva:rnente ;p1riatioa:te nel fondo 
espropmato ed anche in relazione alifose11oizio de1l'azie:n!da agricola. 

Si stabillis1ce cos� J'esa1lto .criterio che l'indennit� va ~iquidata in base 
ail valore effettivo del bene espropdato, determinato dn �relazione a:l~e 
sue �aratteriistiche e a1la sua destinazione economica; I'avier ip.retermesso 
tali riferimenti rper Je aree con destinazione edilizia e adottato rper queste 
odteri 1astrat1li e k.riazionali, determina un'rulte:r�o11e di1spa11it� di 1trattamento 
1tra 1gli esprQPTiati. 

Eguailmente fondata aippare, infine, Ja �censura di irrazionale disparit� 
idi rtriattaimento �llm proprietairi idi aree edificabiM cdlipi:ti da iprovvedimento 
di espropriazione e 1proprietari di aree :aventi identiche 1caratteri:
s1li..ohe e poste neHa 1stess:a zona, d quali possono disporne dn ['egime 
di libera 1contrattazione. La idispwit� di trattamento non pu� ess&e 

eventuale esproprio, riconoscere come esistente, al fine di indennizzarne la perdita, 
un diritto, lo jus aedificandi, che prima della concessione non esiste. 

N� pu� avere rilievo quanto afferma il SANDULLI (op. Zoe. cit.) e cio� che lo 
jus aedificandi nascerebbe in virt� degli strumenti urbanistici e dell'entrata in 
vigore dei programmi di attuazione e delle disposizioni di esonero dal programma, 
perch� tali strumenti e programmi valgono, semmai, a conferire al 
suolo il carattere di edificabilit� ma non il diritto ad edificare, che viene concesso 
dalla Pubblica Autorit�. 

{2) Le statuizioni di cui al punto secondo non sono certamente in contrasto 
con i precedenti insegnamenti della Corte, contenuti nelle sentenze n. 61 del 1957 
�di fronte alla necessit� di coordinazione del pubblico interesse privato, l'indennit� 
garantita dall'art. 42 della Costituzione non pu� significare l'integrale risarcimento 
ma solo il massimo di contributo e di riparazione, che nell'ambito 
degli scopi di generale interesse la pubblica amministrazione pu� garantire nell'interesse 
privato�); n. 91 del 1963 (�L'indennizzo previsto dall'art. 42, comma 
terzo, Cost., in qualunque modo lo si voglia configurare deve pur sempre rappresentare 
un serio ristoro del pregiudizio economico risultante dalla espropriazione
�); n. 22 del 1965 (�data la preminenza dell'interesse pubblico, l'indennizzo 
non rappresenta un integrale risarcimento del pregiudizio subito dal proprietario, 
bens� il massimo di contributo e di riparazione che la pubblica Amministrazione 
pu� garantire nell'interesse privato�). 

Solo che, nella determinazione della indennit� per le espropriazioni previ� 
ste negli artt. 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e 14 della legge 28 gennaio 
1977, n. 10, in applicazione di tali principi e di quelli affermati dalla Corte 
Costituzionale con la sente,nza che si annota, potrebbe tenersi conto del valore 
della edificabilit�, quando il suolo espropriato sia gi� compreso in un programma 
pluriennale di attuazione, ma non certo del valore dello jus aedificandi 
prima che tale diritto sia stato concesso dalla competente pubblica autorit�. 

GIOVANNI ALBISINNI 



RASSEGNA DELb'AVVOCATURA DELLO STATO 

ragionevo1mente giustificata icon rjiferimento agli onerti iche accompagnano 
Ja ,ooncessdone di edifioare .(art. 3 fogge n. 10 deil 1977), ii. quali 
dovrebbero servire a perequare de due situazioni. Come � stato 1gi� osservaito 
in doutrina, � quanto mai difficile che iJ sistema adottato riesca 
ad dmpecl;iire Ja �tmsllaz:ione degli oneri stesisi 'a 1cari1CO degli acquirenti 
dehle unit� immobhliari costntite, a1i�kancandone cos� il cos~ruttore. 

Le espos.te cons'�lderazioni ais:sorbono ogni altra 1censura. 

La d:iohiarraz.ione dd I�l1legittimit� va estesa ai1l'art. 19, 'comma. !Primo, 
dehla fogge n. 10 del 1977 (ohe estende ~e nuove norme in mater.iia di 
i'.llldenmt� di esproprio e di oocupazione :aii ;prooeclimentd iin col1SO se Ja 
liqwdaz:ione deH'indennit� non sia divenuta definitiva) e alll',art. 20, omnma 
terzo, deHa fo~ge n. 865 del 1971, 1Come modificato da:llI'art. 14 [egge 

n. 10 del 1977 (che prevede .!"applicazione delle stesse nonne per fa 
determinazione dell'iindenmt� di oocu~ione di urgenza) nonoh� ai1l'artdicolo 
unico defila [egge 27 giugno 1974, rn. 247, rnella parte m cui, oonvertendo 
in legge con modificazioni il d.l. 2 maggio 1974, n. 115, ne modifica 
l'art. 4, estendendo l'applicazione delle disposizioni dell'art. 16 della 
legge n. 865 del 1971 a tutte Je esiproipri1azioni comunque ;proordinaite 
a[[a realdz:z;azione di opere o di i!Il!terventi da pa"l'te de1lo Stato, delle 
Regioni, dehle Prnviln!ce, dei Comurn:i o idi altri enti ipUbbLid o di d~ritito 
pubblico, anche non �territoriaili. 
CORTE COSTITUZIONALE, 15 febbraio 1980, n. 17 -Pres. Amadei -Rel. 
Andmioli. Amico (n.p.) e Ptresiidente Consiglio dei J\lini�stri (avv. Stato 
Carafa). 

Corte Costituzionale -Locazione di immobili urbani � Controversia in 

materia di equo canone -Tentativo obbligatorio � cli. conciliazione 


Giudizio in via incidentale di legittimit� costituzionale -Inammissi


bilit�. 

(Cost., artt. 24 e 25; I. 21 luglio 1978, n. 392, artt. 43 e 44; I. Il marzo 1953, n. 87, 

art. 23). 

. 

Una autorit� giurisdizionale � legittimata a sollevare incidente di 
legittimit� costituzionale solo nel corso di un �giudizio�; non � tale 
il procedimento per l'esperimento del tentativo di conciliazione previsto 
dall'art. 44 della legge 27 luglio 1979, n. 392. 

(omissis) La questione di costituzionalit� per violazione degli artt. 24 e 
25 Cost. coinvolge gli artt. 43 e 44 della legge 392/1978, il primo dei quali 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dispone che la domanda concernente controversie relative alla determinazione, 
all'accertamento e all'adeguamento del canone locatizio 
non pu� essere proposta -pena l'improcedibilit� rilevabile anche 
d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento -se non � preceduta 
dalla domanda di conciliazione minuziosamente regolata nell'art. 44. 

(omissis). 

Sebbene il tentativo obbligato11io di concilliazione m esame sia s.truttura1mente 
diverso dal tentativo di cond11iia:zrione .facoltattlvo iprevisto per 
il procedimento ordinario avanti il conciliatore (art. 320 c.p.c.) e dalla 
stesso tentativo obbligato11io di conciliazione previsto rper i .processd a 
rito speciale del ila'voro (art. 420, comma iprimo, c.p.c., irichiamato in 
subiecta materia da1U'art. 46 legge 392/1978) e :sia, sempre �suil ipia:no 
strutturaile, affine, l!Ila non identico �(ibasta �11iiflettere ohe il. �giudioe pu� 
essere afl�ia1ncato da due esperti, uno rper aiasOU�lla dehle iparti, che QJOSsono 
1scegJ1wsi anche nell'ambito delle organiz~onl di inqu.hlmi o iproprietari) 
al tentativo di conoilliazione non oontenzioso �dIDscipLiinato da:gU 
artt. 321 e 322 c.ipJc. e 68 e 69 d. a. c.ipic., �ritiene la Corte ohe :hl ip.rocedimento 
disciplinato nell'art. 44 non sia �tale da conferire ai comrpetenti 
giudici �smgoli, ohe ne �sono investiti, legitrtJiJinazione a �soMevare incidente 
di costituzionalit� delle norme disciiplinatrtid di detto tentativo. PeDCh� 
tale presU1p1pOsto si realizzi non basta che l'inaidente sia �sollevato dinan:
zri ad UllJa autortiit� giruirtiisdi:zrionale, ma � necessario ohe �talle iiniziaJtiva 
sia esiplioata nel 0011so di Ull1 giudizio (art 23 ~egge 11 marro 1953, :n. 87). 
Senonch� � questa carattertisti�'oa ambientale ohe difetta nehla ;presente 
sipecie, in cui il 1giruclice non adotta ail0UI11 provvedimento, ma s:i Jdm~ta 
ad eseroitare attivit� mediatrice tra Je parti affmch� queste attingano 
la conciliazione 1che, se 11aggifl.Lilta, p.recluder� il giudizio, n�, ove il .tentativo 
:non giUltlga in po~to. rpu� afrurontare l'esame del merito, del qiuaile 
-000011re .dbadirlo -n01t1 � investito. Cos� decidendo, non contraddice 
[a 1Cor,1Je aJ. non recente ma pur semipre valido orientamento, 1che [a 
iiilldusse a dire �legittimato dil giudIDce a soMeva:re quesiti.mii di oostituzionaHt� 
:nel!l'eseroi:zrio del1la giumsdiz:ione volontaria (sent. 11 marzo 
1958, n. 24) iperoh� questa attivit� �sfocia, rpur in difetto idi necessario 
contrasto tira le iparti, in un iprovved:imento, nel pronunciare il quale il 
giudioe, ipur non dando vita aID.'acoortamento a rtiutrti 1gld effetti, di oui 
ailll'wt. 2909 cJC., � soggetto �SOUanto a11a legge; provvedimento, di oui 
llin.V1a\Ilo si andrebbe in traocia nel tentativo di iconcilia:zione, sti.a esso 
stragiudiziale o no, in cui (lo si ripete) il giudice si >limita a mediare 
le contrapposte pretese (l'efficacia di titolo esecutivo deriva al 
verbale di raggiunta conciliazione automaticamente dalla legge), n� compie 
attivit� istruttorie utilizzabili nel successivo giudizio di merito 

(omissis). 


502 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 22 apdle 1980, n. 60 -Pres. Aimadei -Rel. 
Astut�i. Galimber1li ed a:Ud (n.p.) e PreS'idente Consiglio dei Ministri 
i(,avv. Stato AzzarHi). 

Obbligazioni -Saggio degli interessi legali � Insensibilit� alla svalutazione 
monetaria � Legittimit� costtiuzionale. 
(Cost., artt. 3 e 47; cod. civ., art. 1284). 

L'interesse legale, nel vigente regime normativo, pu� avere carattere 
corrispettivo o risarcitorio, ma non ha di regola funzione reintegrativa 
del valore delle somme di denaro oggetto della prestazione principale, 
erose dall'inflazione; la disposizione secondo cui il saggio degli interessi 
� fissato nella misura del cinque per cento all'anno (art. 1284 cod. civ.) 
non contrasta con gli artt. 3 e 47 Cost. (1). 
(Omissis). 

(omissis) Sarebbe fuori luogo, ai fini del giudizio di costituzionalit� 
della norma denunciata, approfondire qui la natura e funzione, controversa 
in dottrina ,come in giurisprudenza, degli interessi legali, richiesti con domanda 
aJocessoriia a pretese giudiziiaili aventi ad ogigetto �orediti di valore 

o rispettivamente di valuta, come quelle formulate nelle due liti a cui si 
riferisoono ile o:rdinanzie di rimessione; gili interess:i riohies:ti in 1entrambe 
le iipotesd, qualifiicab~H come mteriessi mo:riatoni o 1come danni-<interes�si 
(1serrna ohe oocon:ia qui mdagare sul loro 1caratte:rie oompensativo o risarcitorio), 
sono ipuntualrrnente regalati dailla di1sposizione dehl'a:rt. 1224, primo 
oomma, ide:l ooc:lioe dviile, per cui nelle obbligazioni pecuniarie (sempreoh� 
non :sdano �stati ,convenuti dnte:riessi in misura sruiperiore, appHcabile 
a:nohe in .caso di mora), essi sono 'comunque dovuti ne11a :misura 
legale stabiliita dalil'�art. 1284, anche 1se iil creditore non iproVI� di aver 
soffer.to :alcun danno; menrtre ,aJ creditore che dimostri. di aver subito 
un danno maggiore compete, a 111orma del'lo stesso 1airt. 1224, :secondo 
comma, � f'uilteriiore Tisa:ridmento �. E sono ben noti g1li sv]luippi interpretativi 
in base ai quali fa �recente giurisprudemia deilla Corte di oassazione 
ha ammesso 1oriteri presuntivi in 011dine ailla :prova delila sussis.ten:
za del danno, con <r.i!giuarido alle normali possibilit� di impiego e rimuneTazione 
del denaro offerte dal merioato. Per quanto concerne, d',a1ltra 
(1) Anche nella sentenza in rassegna la Corte costituzionale ha avuto ben presente 
la necessit� di salvaguardare il cosiddetto principio nominalistico e le 
disposizioni legislative che ad esso si collegano. Esplicite sia l'affermazione che 
nella �delicata materia� monetaria (e del credito) al carattere politico delle 
�scelte� fa riscontro un doveroso judicial self restraint, sia una sostanziale �presa 
d'atto � dei temperamenti introdotti dalla giurisprudenza recente e meno recente 
della Corte di cassazione. 

PARTE, I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

ipa:rte, ~e obbJiigazioni di ,risarcimento del ,dJanno da .fotto wMecito, occorre 
ricordare che airrohe i�ll ritavdo della riparazione si ricdlilega 1ca:usa1meIJJte 
all'evento dailliloso, e rientra quindi nel !danno ,1.1isarcibile ai isensi dell'art. 
2056 c.ic.; nel qual caso gJ'i ~nteressi moratori ipossono essere riconosdut�. 
is~o per :iii iperiodo su<lOOssi'V'O aiHa valliutazione e Jiquidazione 
giudiziaile dell danno. 

Tale esse:nido 'la d:isciplma [egisJ:ativa in materia di interes'Sii di mora 
e di risail'cibi,Lit� deLl'eventuale mag~or danno prodotto da!I II1itaroo 
nell'adempimento, iTD1Purtabile ail debitore, appare evidente �l'ii!nfondaitezza 
delle c0I1Jsidemzioni svollte nelile 01.1dinanze di rimessione oiroa fincost�.ituzionaiHt� 
del d:isiposto dell'art. 1284, primo comma, e.e., 1per 'la mspari.
t� di 11lrattamento ohe sairebbe determilllata 1dal divaitio 11lra iii 'saggio 
deglii interessi ilega:H e ili pi� elevato livehlo ~aggiUDJto, nel[e a:ttualli contingenze, 
dagli interessi convenzionali (omissis). 

Nemmeno possono accogliersi i rilievi dell'ordinanza del pretore di 
Piomb:ino, droa fa disiparit� di trattamento che si rveriificherebbe tra 
creditori e debitori per il fatto che fil saggio 1legaile degli interessi � inferiore 
aJI ita:sso di 1svaliutazione annuale ddlila moneta. � lintcontestabiie ed 
Ullll�ve!l'salmente 111oto che iii deprezzamento della moneta indde 1sruil valore 
rea.le dei rapporti di ored:it~debiito dn valuta: ma gli effetti delJLa svailu1lazione 
mone1la:1.1ia rispetto a:IJe obbHga?Jioni ,pecuTII�arie {'specie se a medio 
o <lungo ,termine) potranno eV'elltuallmente rkhiedere misure della pi� 
varia natura, non necessavianrente ~�,aumento del 1saggio degli :interessi 
[egali. A 1prescindere da ogn:i ;possiiMle riserva sul vallore della tradizionaiie 
dfatiinzione tra mteressi moratori e interessi C0I1rispettivi, in rapporto 
a!1l'tidentit� o d:ivel'sit� de11a rispettiva fun:llione, sembra certo che 
[':interesse legale, nell vigente rngime normativo, pu� avere ,carattere 
coJ.1l'ispettivo o risail'Citorio, ma n0111 ha di regola funzi0111e reinJtegrativa 
del vaftore deilie somme di denaro oggetto deNa prestazione 1priincipale, 
erose dai1l'infilazione. 

ifuivo di f0I1Jda:mento � anche iii richiamo al ipammetro offerto dal


l'art. 47 de11a Oostituzione, con l'enuncia:zJione di iprincipio che la Re


pubblica incoraggiia e tutela H 1.1isparmio in tutte '1e sue forme. Come 

questa Corte ha gi� arvuto occasiione di 1affiermare ~sentenza :n. 29 del 

1975), 1a no11Jll:a oostitu:zil0111aile segna 1lllil :indirizzo generale, rispetto al 

quale non pu� dirsi �ohe fa id1isposizi:one sUJl 1saggio degli !interessi Jegali 

costituisca puntuale ostacolo, iper ile considerazioni dianzi svdHe, aMa 

tutela del risparmio. 

Per vero, '1a svailuta:zilone monetaTia ha, in relazione alila dtl1sciiplina 

del saggio degli mteressi JegaH, in:llluenza solo indiretta o mediata, ben 

diversa da quel1la 1C1he esercita 1sU'Ne obbligazioni 1pecuniaTie in genere, 

determiniando isquilibrii di v,aJ.1�a intensit� tm '1e posizioni creditorie e 

debitorie. 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

�. irnnegabile ohe in presenza di aocentuati iprooes,si inf�laziomstiid :la 
misura degli interessi ronvenzionaili � soggetta a rHevanti !Lievitazioni, 
sria :per effetto dclla pol1'tka di aumento del tasso ufficiale di 1sconto, 
nonnai1mente adottata a scopo di restrizione oreditizia, siia anohe per il 
conseguente inoremento della domanda 1sul meocato dei caipitalH. Ma questa 
1constatazione non COIJJSente iillazioni in ozidine aihla 1sospettata iocostituziOilla:
liit� deihla misu1ra deJl saiggtlo rreg,ale degli interessi. 

� ben noto a questa Corte 1che in alJtri Paesi della ComunH� 1economica 
europea d1 1saggio degli interessi ilegali � �stato elevato con 'reoenti 
provvedimenti, anche in relazione a!Ba misura del tasso ufificiale di �sconto. 
Ma par superfluo osse['Vare ohe a.l!tro � fa 1polhlti'Ca del tasso di 
sconto pratica~a daill'istiituto di emissione ed altro fa disciplina degli 
interes�si Jegall� secondo ~a legge civile, di1sdplina che oomunque sollo al 
Jegis11atore spetta eveniuai1mente idi modifilcare con �sce'lte di carattere 
discriezionale. Di fronte al graidua:le deprezzamento dclla moneta, �srpecie 
qualora esso assuma dimensioni patologiche, ben possono 1essere adottati 
provvedimenti diretti a contenere detevmina1li effetti, dkettii o tindiretti, 
de!Na svallutazione: peraltro, sii�fatti interventi -1oome gi� 1si � 
avvertito -� sono sempre f,rutto di soelte 1politii1ohe, 1ni<servate alila 
discrezionahlt� dcl .potere aegisfa:tivo, all quale �compete di !provvedere 
in s� delicata materiia, sU'Ha base di va1utazioni di ondine politico, sociale, 
economico, fi.nanziario, ohe sfuggono di massima al �sindacato di ilegtl�ttimi:
t� affidato a questa Corte� (sentenza n. 126 del 1979). 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 maggio 1980, n. 68 -Pres. Amadei -Rei. 
Elia. Sindacato CGIL Scuola e CISL Scuola (arvv. Ventura). 

Impiego pubblico -Associazioni sindacali di dipendenti .pubblici -Tutela 
gliurlsdizionale degli interessi delle associazioni sindacali -Inapplicabilit� 
dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori . Legittimit� costituzionale. 


(Cast., artt. 3 e 24; I. 20 maggio 1970, n. 300, art. 28). 

Il principio del � buon andamento � (art. 97 Cast.) riguarda non solo 
l'organizzazione interna dei pubblici uffici, ma anche la disciplina del 
pubblico impiego; tale disciplina -contesto entro cui i sindacati dei 
dipendenti pubblici si inseriscono ed operano -presenta persistenti 
peculiarit� le quali valgono ad escludere che il principio di eguaglianza 
(art. 3 Cast.) esiga l'estensione al settore pubblico dell'art. 28 dello �statuta 
dei lavoratori�. Pertanto non contrastano con gli artt. 3 e 24 Cast. 
il predetto art. 28, l'art. 146 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 come modi



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 505 

ficato dall'art. 7 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, l'art. 44 bUs della 
legge 18 marzo 1968, n. 249 nel testo introdotto dall'art. 20 della citata 
legge n. 775 del 1970, e gli artt. da 45 a 50 della pure citata legge n. 249 
del 1968 (1). 

(omissis) Le ordinanze, rpUJr denunziando disposizioni diverse, eocepiscono 
tutte ila viiolazione deg1i artt. 3 e 24 Cost. 1per Ja non aipplicabiilliit� 
delll'art. 28 de1la �legge 20 maggio 1970, n. 300 {�Statuto dei Javoratori 
�) a:He associazioni sindacaH dei diipendenti defilo Stato; e pertanto 
possono essere ,J'.iunite ed esaimilnate congiuntamente. 

Le questioni non sono <fondate. Le ordinanze iehl rimessione .prendono 
ile mosse dallJa sentenza n. 118 del 1976 di questa Cor,tJe, �Sentenza ohe, 
tpU!r dfohiarando .non fondate le denuncie di incostituzionailit� 1rivolte 
contro tl'a:rt. 37 deUo Statuto in rela:zlione agli ar1Jt. 3 e 24 Cost., non 
precl1udeva 'la rpos,sibiilit� che da.il puntuale raffronto deHa normativa 
statutaria e dd quella det,tata rper il �rapporto d'impiego 1con ilo Stato 
potesse -iper determinati isitituH -emergere �U1I1a i111razion01le ed 
iingiustM�ioabile dtlseguaglianza �. Si tratta dunque di .accertare, sulla 

(1) La sentenza in rassegna esamina importanti questioni sollevate -oltre 
che da altri giudici -dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, con le ordinanze 
3 giugno 1976 (in Gazz. Uff. n. 346 del 29 dicembre 1976) e 28 ottobre 1976 
(in Gazz. Uff. n. 100 del 13 aprile 1977), e si collega alla sentenza 20 maggio 1976 
n. 118, (in questa Rassegna, 1976, 679, con breve nota). 
La Corte costituzionale ha affermato con molta chiarezza che �il sistema 
delle relazioni industriali� non pu� essere sic et simpliciter trasporto nell'ambito 
delle � relazioni tra Stato-datore di lavoro, i suoi dipendenti ed i sindacati 
del settore �; e ci� sia per l'assenza di una � contesa sui margini del profitto � 
(nello stesso senso, cfr. FAVARA, Ente pubblico economico ed ente pubblico amministrativo, 
lavoro pubblico e lavoro privato, legge e contratto collettivo, in 
questa Rassegna, 1977, 749) sia per la impossibilit� di operare una netta separac 
zione tra disciplina del pubblico impiego ed implicazioni del principio costituzionaile 
del �buon andamento�; J'opposta tesi, di una possibile indipendenza del 
rapporto di lavoro pubblico dal rapporto d'ufficio e di una possibile � liberazione 
,, del dipendente pubblico dalla � soggezione particolare � estrinsecantesi 
in provvedimenti autoritativi �, com'� noto, stata sostenuta -a partire dagli 
anni sessanta ed in significativa c�incidenza con la crescita del movimento sindacale 
-da M. S. GIANNINI (cfr. Impiego pubblico, teoria e storia, Enc. dir., 
XX, 302 e segg., e Diritto amministrativo, I, 1970, 329-331 e 364 e segg.) e, sulla 
scorta del suo orientamento, da numerosi Autori (cfr., ad esempio, ROMAGNOLI, 
Aspetti processuali dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, in Riv. trim. dir. 
prov. civ., 1971, 1309). 

In ordine alla tutelabilit� dinanzi ai giudizi amministrativi delle situazioni 
soggettive di �interesse legittimo� facenti capo ad organizzazioni sindacali, cfr. 
la Relazione dell'Avvocato generale dello Stato per gli anni 1971-1975 (voi. III, 
98) e, anteriormente, FAVARA, Statuto dei lavoratori, impiego pubblico statale e 
riparto tra le giurisdizioni ordinarie e amministrative, in questa Rassegna, 1972, 

576. Sull'argomento, cfr. anche LEVI SANDRI, Statuto dei lavoratori ed enti 
pubblici, in Atti delle giornate di studio di Siena, 1974, 17 e segg. 

506 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
traoda di questa pronunzia, se si � in p11esen2'ja, in ovdine a singoli 
wspost:i dello Statuto, di una dlseguagHanza di disciplina ulteriore ed 
� autonoma � {ta:le .cio� da non trovare railoun .ragionevole fondamento 
rpur rtenuto conto delle differenze di normatirv�a 1suss�'sten1li 1ma I�:mpriego 
stata/le e 'lavoro subordinato nel!l'imipresa, differenze che oon:sentivano 
dii diohlia:mre fa non fonidatezza defila questione relativa all'art. 37). Va 
rpoi rioo:ridato che, sempre seoondo la dtata 1sentenza, 1situazioni 1puntrua1i 
di non giustifioata divevsirt� di rtra1Jtamento a dan:no dei diJpenJdenti istataili 
O dei Joro sindacati ,potrebbero pmdU!'Si an:ohe attraverso rspeaifiche 
(( facune)) {osisia rper assoluta manoanza di 1tutela). 
Per 1rirsolvere le ques#oni proposte dalle Varie ordinanze 1Si deve 
dunque accertare �se la situaziO'l1e de11le as�sodazioni si'Il!daca1i nell'ambito 
tde1l'epiego 1Stata:le �Sia idelflltka O simile a quella.delle associazioni 
analoghe, 1oonsiderate irn ordine agH 1allitm crapporiti di favoro; e se le 
differenze di disciplina 1siano o meno ~onalmente giustificate. I due 
temi, come � omaro, 1sono colJegati in modo molto stretto, ma non si 
dsdlvono l'uno neilJl'aitro: rperoh� potl1ebbero darsi 1si.tuazioni srilmli, rper 
certi asrpetti, ma suscett~bil:i di essere regolate in modo parziailmente 
diverso I�il'.l ragione del ooilltesto in cui le situazioni stes,se si insremscono. 
Quanto a~ !Primo .punto � iillllegaMle che, gi� in diipendenza delle 
norme contenute negli artt. 39 e 40 delila Costituzione, rsi affiemna senz'altro 
'll!Ila roondizione di fondamentale �egua:glianza: ci� vale innanzitutto 
per i dircitmi rohe ne di!scendono in via diretta, !Prima di ogni 'llllnemore 
specificazione normativa, nonoh� rper ae altre sirtuazioni di vantaggio 
denivain:ti da d.ive!'se disposizioni 1oostituziona1li (ad es. rdiritto di riunioa:
le). Un 1significativo ricornoscimento 1dehlo status s~l11dacale spettante 
alile associazioni dei rdipendeinti rpubblici 1si � poi avuto come si 1srpecificher� 
lin 1seguito, con J'mtroduzione derl'la con1Jrar1J1Jazione �Coillettiva nelJ'ambito 
del ;pubblioo 1mrpiego: ainche rse (e oostitui1sce diffierenza molto 
notevole) igli esiti de!11a oorntrattazione non sono qui immediatamente 
operativi, dovendo essere rassunti I�il'.l un autonomo atto del potere esecutirvo. 
Per vailrutare rpoi 1se siano razionailmente giustificate le rdivelisiit� 
(risrpetto agili altri sindacati) ohe suss~stono �II1 tema di tutela giurisddziona:
le dellle sitrua:zfoni soggettive da riconoscere a'1le associaziOIJJi sindacali 
dei diipendenti dello Stato, � necessario rconsklerare il :pi� ampio 
contesto del rapporto di impiego stataile re delle ipeculiiarit� iprop:rie del 
datore di favoro .in questo Ta!plportp. 
Quanto al rprimo aspetto � da dire ohe -I'esolusione dell'impiego 
stataile da:lJ'ail'ea dn 1cui opera il congegno di Taocovdo normativo ex 
art. 37 Statuto dei Javorato11i 1si rfonda in ipcimo ,luogo sul1e oonsisrtenti 
ragioni di ordirne testuaile, sistematico e rsos.tainziale rposte in rllievo 
nella senten,za n. 118 del 1976; ragioni che si iprestain:o rad essere ulteriormente 
1S1pecirficate a rproposirto deH'art. 28 dello Statuto stesso. i 
J::� 
~:: 

~AmP~llllal'497~ 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

Il rprocesso di convergenza tra la posi:ziione girur~dica dei lavoratori 
privati rispetto a quel1la dei c.lipenidenti dallo Stato e dagli enti pubblici 
illon economici ha senza dubbio rnggiunto degli obbiettivi di grande 
importanza. Cos� i lavoratori privati hanno conseguito una garanzia 
assai ellevata in tema di srtabilit� nel posto �di t1avoro {art. 7 [egge 
15 [uglio 1966, n. 604; art. 18 Statuto e sent. n. 41/1979 di questa Corte); 
mentre un fattore rilevantissimo di avvicinamento tra ~'impiego rpubbJico 
e quello ipriviato � ce11to oos�tituito daihla oontratt~one cofilettiva, 
divenuta anche rfo11II1almente una fose necessaria deil procedimento di 
d~one del trattamento economico, e non soltoorto economico, 
dei pubbll.ici dipendenti distinti iper grandi categocie {enti ospedalieri: 
art. 40 [egge delega 12 .febbraio 1968, n. 132, 1oui fa riscontro 1l'art. 33 del 
decreto fogis1lativo delegato 27 marzo 1969, n. 130 e succes�sive modifiche 
ex art. 47 [egge 23 dicembre 1978, n. 833; enti parastatali: artt. 26 e 
segg. llegge 20 marzo 1975, n. 70, d.P.R. 26 maggio 1976, n. 411 e d.P.R. 
16 ottobre 1979, n. 509; comuni e provinve: art. 6 d:l. 29 diicembre 1977, 

n. 946, illel testo modifioato [n sede di conversione dalla Jegge 27 febbraio 
1978, n. 43 e d.P.R. 1� giugno 1979, n. 191). Per i dilpendenti statali 
la contrattaz:ione cohlettiva fu prevista da1l'art. 24 deihla fogge 28 otltobre 
1970, n. 775, norma ohe non t�rov� .pera:ltro �aipp'licarione e venne 
sostituita daihl'arrt. 9 dehla :legge 22 1lugJ;io 1975, n. 382. Le regioni hanno 
autonomamente .adottato discipline analloghe; e gi� nel1a VII llegisilatura 
repubbJicana � stato presentato allila Camera dei deputati un �disegno di 
legge di iniziativa governativa concernente J'assetto della disciplina del 
pubblico impiego e �diretto a introdurre isti:tuti omogenei, anche in questo 
campo, tra tutti i dirpendenti delilo Stato e degLi enti pubblici. 
Nonostante questi significativi successi (tra l'altro l'art. 54 del cit. 

d.P.R. 26 maggio 1976, n. 411, concernente �gli enti rparasitatali, riohiama, 
in quanto estensibiile, ~'art. 28 deMo Statuto) H rprocesso di avvicinamento 
ha ottenuto risu1t,ati ancora par:ciali. Bd !infatti, se s�ta cambiando 
la matrice dei contenuti nella disciplina del <raipporto di impiego statale, 
con l'estendersi dd normative derivanti da contrattaz:ione tra .potere 
esecutivo e sindacati, � pur vero che al tramonto del carattere pu<ramente 
uni11ateraile dclae regole deil .rapporto .non icordsponde un rHeva1rnte 
acco~tal!lento deMe discipline iprenegoziate ai mode'lli dominanti 
ne[l'i'll1!Piego rprivato. Tra rl'altro, il rpersistere di una complessa arti.colazione 
rper carriere, con la tendenza a rprogres1sioni economiche praticamente 
automatiche dimostra� la difficolt� di giungere ad esirl:i ,di compJeta 
convergenza tra i due � umii.ve11si:i � mes�si a 'raffronto (n� fa situaziione 
1sembra destinata a ,radka1i mutamenti, ai fini deM'avvicinamenito, 
pur quando si �adotti ili criterio deHa � quali.fica fonzionaile �). 
� stato 1senza dubbio meritorio, grazie anche a �recenti contributi 
dottrinaili, � liberare � il rarpporto di :lavoro ne]l'impiego pubblico da:Ma 


508 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

preVlarica!llte sovraipposizione del rapporto ie,d. organico o di ufficio, 
di1stinguendo nettamente tra i due tiipi di relazione per ici� che :nigua11da 
Ja '1oro di1sdipl1ina e aiocentuando Je sostanziaili anailogie tra 1avoro a:JJla 
diipendenza di privati 1e 1lavoro priestato agli enti 1pubblioi non 1economici 
ed in :partioolaire a1lo Stato; ma ,il ;problema pi� ide�foato 1sorge proprio 
una voLta 1ohe si siano operate 11e necessarie idi�stinzioni. � do� da chiiedeI'si 
(non facendo differenza ila collaboriazione del dipendente in s�, 
come 1p:riestazione retribuita di un'aittiv;it� maamaile o :int�e~lettruaile) fino 
a che punito ed in quale ambito soggettivo 1prodUJca inveoe diversit� 
l'iinserimento del 11av10ro in una ammini,strazione, :retta dail prirnci,pio, 
costituzionalmente 1prescrhto, del �buon andamento�. Ta1e principio, 
enunciato nelll'art. 97 Cost., non dguarda 1esd1usivamente l'orgainizzazione 
interna dei pubbHci uffid, ma 1si �estende alla disdplina del rpubblico 
impiego, �in quanto pos�sa influke su1l'andamento deLl'ammi111istrazione 
� {sent. n. 124 del 1968, n. 6 �in motivazione). In a!ltre parole, 
� innegaib1le che la disciiplina del 1lavroro � pur sempre strumentalle, 
mediatamente o :immediatia:mente, rispetto aLie finallit� :istituzionali assegnate 
agli uffici Jn 1cui 1si a:rHcola Ja pubbltoa amministrazione. 

Ad ogni modo, ila disciiplina pubblidstka di questi craipporti di lavoro 
si presenta tuttora come un dato �ohe soltanto il IIegisllatore pu� immutare. 
Ed anche 1se si intendesse �privatizzare i rapporti di favoro con lo 
Stato non 1c0Megati a:lll'eserdziio di potest� rpubblkhe, dovrebbero pur 
sempre es1sere consePVati come rapporti di dirinto 1pubbliico quelli dei 
dipendenti, cui itaile esercizio � o 1potrebbe essere affidato. 

N� si pu� disconoscere ohe lo Stato -datore di lavoro si differenzia 
profondamente dal! datore di .1avoro, protagoni:sta in 1sen1so negativo deHa 
fattispecie preveduta nell'art. 28 dello Statuto: il funzionario che sia in 
posirione di superiorit� rispetto ad altri diJpendenti statalH '(rprnside, 
provveditore ag:li studi, millii:stro del1a pubbli,oa istruzione, 1per semplificare) 
ha cairattedstiche struiHuralmenre diverse idaill'imprenditore o dal 
dirigente d'impresa fiduciario idi qruest:i, rin quanto non partecipa sotto 
nes1sun aspetto rad una situazione <eonflttuale di natura economica quailif�cata 
pur sempre, �in modo mediato o immediato, da 'l.l!na contesa sui 
margini de.I iprofitto: e pevci� non pu� accogliersi La proposizione che 
l'interesse deil'l'impresa sia dall ipunto di v1sta storico 11',equi\llalente nei

1

rapporti interprivati deLl'interesse de1l'ammfa:ristrazione�datore idi :lavoro 
nei rnpporti di pubMico impi1ego. 

Tra l'altro Io Statuto deg,]J impiegati dviili assicura un complesso di 
garanzie 1asrsailutamente identico 1sia �ai �superiori�, attraverso i quali 
dovrebbe esprimersi la volont� de!l'1o Stato-datore di ilavoro, sia ai d~pendenti 
ad es:si 1sottoposti. E del resito ,!'esperienza di altri paesi fa ritenere 
che il sistema delle relazioni industriali non pu� essere puramente e sem




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

plicemente sovrapposto a:Jile rellazioni tra ilo Stato�datore di �lavoro, 
suoi dipendenti ed i sindacati del �settol'e. 

Nel nostro oridinamento �si � poi 1a:ocentuata la differenziazione de!Lla 
tutela giurisdizionale delle 1situa:11ioni 1soggettive afferenti ai �rapporti di 
lavoro ;per il sopravvieni.11e a favore dei ilavoratori lato sensu pruvati 
(art. 409, !Il. 5 in partfoa1lal'e, cod. proc. civ.) defila legge 11 agosto 1973, 

n. 533, mentre iper i diip_endenti dello Stato e degli enti rpubblid non 
economici � rimas1tia ferma J,a disdp1ina sancita dagli artt. 29, !Il. 1, 
39 r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 �e dagli artt. 7, 19 e 21 legge 6 di1oombre 
1971, n. 1304 '(giurisdizione esolusiva dei tri:bunali amministrativti 
regionali e del Consi@lio di Stato). 
� evidente che questa differenziazione di :tutela ipotrebbe creare 
serie �difficolt� {non riducibilli a meri inconvenienti) se �si aipj)lkasse 
senz'altro il'�art. 28 Statuto ai sindacati del �publJLico impiego, in tutte fo 
ipotesi nelle qualli :hl comportamento antisindacale del datore di lavoro 
si rea:lizzia attraverso una 1lesione di diritti 1nerenti a -rapporto di impiego 
di singoli dipendenti o 1gruppi di essi. 

Le persi�sten~i pecu'liadt� nellla disdp1ma dell'impiego statale (e 
cio� del contesto .in �cui si inseriscono i sindacati) �sono state poste in 
evidenza non tanto per giustificare tle disparit� �di .trattamento esistenti, 
quanto per esdudel'e che il .pr.iindpio di eguaglianza, sancito nell'art. 3 
Cost., primo comma, esiga 1l'estensione ipura e semplice deHa diosdpliina 
dehl'a:rt. 28 Statuto 1lavoratori a!Jle associamoni �sindacalli dei dipendenti 
deHo Stato; estensione ohe, in definitiva, �le var.ie 011dinanzie richi:edono 
a questa Cor.te di rea:lizza�re medi.ante sentenm .iint�el'pretativa di aioco� 
glimento. In altri ttermitni �spetta al 1legisla1Jore opeI1are ulteriol'i scelte, 
adottlando una det1le soluzioni 1posS1ibi1li all fine di ramonalizzare e riequiHbraI1e 
~l sistema: a prescindere dalla istituzione 1oon !legge costituz�onale 
di uno �Stpeciale giudice unico 1per �tutite le �controvers.ie di ilavoro 
(privacto e pubblico, �statale iinclluso), m.legislatore potrebbe optare sia 
per UIIla 1estensione de1la giurisidiziione del giudice ordionario sia iper una 
riafferma:zJione deLla giunisdizfone esolusiv.a del giudice amminist�rativo, 
allargandola a1le �oontiroversie �in cui siano parte i �sindacati ~con ulteriori 
� avvidnamenti � ai poteri del giudi1oe 1oiviJ.e ex Statuto llavorato11i 
e allla riforma de.I processo del lavoro del 1973). 

La soluzione .iJDtdicata da ultimo era, non a caso, queHa aocolta, 
nella VII legislatura, dal citato disegno di legge n. 2079, presentato dal 
Governo a!l!la Camera dei deputati {art. 33 del pmgetto). 

Com'� noto, la sentenzia n. 118 del 1976 �proStpettava, neibta �sua ultima 
parte, a'iipotesi di una denunzia �di incostituzionalit�, motivata con ila 
violazione deg1i al'tt. 3 e 24 Cost. per ll'1impossib~lit� da parte dei sindacati 
dei dipendenti deHo Stato di tutelare � iil foro interes�se al dsipetto 
della libert� siindaca:le innanzi al giudice amministrativo in sede di giuri� 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

sdiziOile generale di <legittimit��. Da taile .ipotesi, [e sezioni urute oivilli 
dclJ.a Oassazione hanno .tratto lo 'SIPw::tto rper porre neil!le [oro ol1dinanze il 
seguente diilemma: o tutela di diritti siindocali ex airt. 28 Statuto {rprevda 
pronunzia di i[[eg;ittimit� costituzionale m quanto...) o mesistenza cli 
tu1lcla e riduzione delle �si1tuarioni soggettive dei �siITTdaicati a meri interessi 
di fotto, nel presupposto ohe mainohino 1!?fl.i elementi di base per 
individuare interessi legiittimi. 

Ma fo tlibert� sindaca!li �Sono tutelahiJi, IIleil settore del pubblico 
impiego, come avevano ritenru:to tle Sezioni tm.ite fin dal 1974, :in qualit� 
di situazioni di diritto soggettivo proipr�e ed 1esdusive del si!i](faoato, 
attraverso i ip1rooodimenti 011dmari ;pmmos�si innaITTzi ali giudice oivdrle; 
idest al di fuori del qt11adro dell'a11t. 28. Se poi, ilil relazione a ,particolari 
disiposiri.oni emergessero situazioni di interes:se [egiittimo, esse dovirebbero 
trovare �tutela diretta avanti aJi. giudid mnminiistrativd. D'1ailtra iparte, 
nella .giurisprudenza dei tir.ihUIIlaili amminis�t:mtivi regiona[i non si nega 
lin ihl.nea dii tenJdemia {e nOil d:i raid.o si :r.iioonosce in 1ooncreto) t1a [egiittimazione 
dell!le ias�sociazioni sindiaoaili e de!?fl.li oodini profes�s.iona:lii a ricor� 
rere e ad illlterven:ia:e a tutetla 1de!?fl.li 1sipeciif�ci interessi ohe famno foro 
capo, dis�tim da quelili dei singoli �1avo:mtori o ip.rofess:ioni!sti. 

Non esiste dunque fa a:sseri!ta tlaoUIIla :di tuteLa giur.isdizionMe; si �

1

piuttosto dinnanzi a fol1IIle idi tutela meno rapide e ipenetraint:i di que11e 
previste ne11.'art. 28 Statuto, ma non pel1ci� incostituri.onai1i. 

Va d:a s� ohe gli l�l!l1g0iffienti SVI�llUJpp&ti sqpra partendo diaihla domanda 
di � estensione � detl['art. 28 v.algono � a fortiori � per 'l'dnfondatezza del!le 
quesitioni proposte !i1n relari.one ag;li airtt. 146 dell d.P.R. 10 gennaio 1957, 

n. 3, ncl testo modificato daltl'art. 7 de1la legge 28 ottobre 1970, n. 775; 
art. 44 bis defila !legge 18 marzo 1968, n. 249, nel testo dntrodotto dail!l'att 20 � 
dehla citiata Jegige n. 775 del 1970; artt. da 45 a 50 delila citata tlegge n. 249 
del 1968, in quanto non 1prevedono !Per Je associazioni s:inidaoaili dei dipendenti 
stat.ali tla .tutcla giuri:sd:izionale del foro fa'1teresse iaJI 1cisipetto dehla 
iliibert� e del['attivdt� sindacaJ.e nonch� del diritto �di 1soiopero (tutela 
prevd�sta invece iper [e ialtre associazioni sindacali in forza de11'art. 28 
Statuto). 
CORTE COSTITUZIONALE, 20 maggio 1980, n. 72 � Pres. Amadei � Rel. 
Realle � G1amipag[ia {n.p.) e Presidente Consi!?fl.lio dei Mi!nistri (vice 
avv. gen. Olriarotti). 

Pena � Diversit� del regime sanzionatorio � Discrezionalit� .del legislatore. 
(Cost., artt. 3 e 52; cod. pen. mil. pace, artt. 186 e 189). 

La discrezionalit� del legislatore (nella specie, nel differenziare il 
trattamento sanzionatorio della insubordinazione a seconda che verso 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

511 

superiore ufficiale e verso superiore non ufficiale) non pu� essere indicata 
se non nei casi in cui essa travalichi nella .irragionevolezza (1). 

(omissis) I due 1t11ibunailii. a quibus tii!1:iengono che ila differenza dell 
trattamento penalistico, stabilito negli artt. 186 e 189 c.p.m.p., dei 
reati di iinsubordinazione con Viiolenm o con minaccia e inigiuilia, secondo 
ohe essa avvenga nei corufr-01111:i del superiore ufficiale o non ufficiale, sia 
sosipetta di violazione degli artt. 3 e 52, 1erzo comma, della Costitu7lione. 
Si tratva, affermano i due tribu!nalii, di ncmne ohe, arvendo la funzione 
di prote~gere ila discilpll.ina militare, sono destinate a �tutellare '1.'autori!t� 
dei 1suiperiori mdiipendeltlltemen!te dal loro grado, e quindi non to]levano, 
senza Viiolazione del rpI1illroiJpio di eguagli.anza e dello spirito democratico 
a;l quale deve infomna:rtsi l'ordinamento dal!le Forze Armate, diversit� di 
sanzione edtttaile in rag�one dei1la quailit� dell superiore offeso. (omissis). 

Btl � noto 1che in tutti i numerosi progettJi di \legge di d:niziatiV<l 
governativa e ipaxlamentare concernenti Ja riforma del codice penale 
miJlitare, e 1uttora ipoodenrti in Pia.Tlamento, viene eliminata ila distinzione 
tra &nsubordinazdo:ne ve11So superiore ufficiale e insuboodinazione verso 
superiore non ufficiale, giudiQl[}dola come una residua 1discriminazione 
di casta senza giustificazione, data Ia nozione un~taria deJ � superiore �. 

Del ipaxi � noto ohe nella vigente normativa di Sta;ti europei i cui 
ordinamenti miHtari non :differiscono sostanzialmente da quello H:ail:iano 
(come Francia, Be1gfo, Germantla Occidentale, Svizzera) non � accolta 
nessuna differenza di 1Jrattaimentc, quanto ai reati di insubordinazione, 
secOD1do il grado (ufficiale o non ufficia:le) del superiore che subisce 
l'offesa. 

Tutte queste considerazioni, rtuttavia, possono certamente avere grande 
influenza nel determinare, nel senso �indicato dalJ.e ivairie propostesopra 
ricordate, 1La scelta del leg~s11atore. Ma, a giudiz:io deillla Corte, si 
tratta, appunto, di scel:ta Sipettiante al Jegis!latore, come ~a Corte ebbe gi� 
ad affermare ne11a sentenza n. 26 del 1979, occupandosi della �sfasatura� 
derivante da1la dichiJarata :fililegittimit� costituzdonale della priima iparte 
del secondo comma dell'art. 186 c,p.m.p. 

A:llontanarsi da <tale avviso non si .potrebbe senza ritenere ti:rragionevole 
e priva di ogni motivazione, anche trad:izionaie, la differente 
cornsiiderazione, quanto a1la gravit� della insubordinazione, del superiore 
ufficiaile o non ufficiale, o ritenere che quei1la differenza 1iipugni total


(1) In ordine all'ambito di discrezionalit� del legislatore nella configurazione 
dei reati e nella determinazione delle sanzioni penali numerose sono 
state nell'ultimo decennio le pronunce della Corte Costituzionale (sentenze 
n. 155 del 1971, n. 9 del 1972, n. 119 del 1973, nn. 218 e 271 dcl 1974, n. 176 del 
1976, n. 5 del 1977 e n. 26 del 1979). 

512 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mente ail!lo 1spimi1to demoorat1co al quale de\'e informarsi rordinamento 
militwe idelilia Repubblica. 

Conclusione alla quale la Corte non ritiene che si potrebbe pervenire 
senZJa forzare ila iportata degiH 1invocati al1tt. 3 e 52 deUa Costituzione, 
quaile determinata da1la propria giurisprudenza. 

�La giucisprudenm di questa Oorte, dnfatti, si �, 1a prQposito dei detti 
parametri 1costitu1Ji.onaJ1i, 100Il!Solidata nel senso iohe ila 1cliscrezionaHt� de,! 
Jegisila1tore non iposisa �essere 1oensuraita se non nei �cas1 Jn cui ila stessa 
travaliichi nella irragionevolezm. Neil�la spede, poi, rpur non potendosi 
disconoscere iche �11 regime sospettato di 1iHegiititiimit� costituzionaile 1sia 
per ipi� :aspetti. opinab1le, devesi ammeHere che ila 1soolta operata rper 
rispettare una radi�oata �tradizione gerarnhka, riisponde ad uno scopo 
pur sempre operante ne~l'a:mbito deUa disicrezionalH�. 

CORTE COSTITUZIONALE, 19 �giiugno 1980, n. 95 (ordinanza) -Pres. Amadei 
-Rel. Roehrsisen -Baroni (avv. Prosperetti) �e Presidente Consigi1io 
dei Ministri (vioe Avv. Gen. Stato Chiarotti). 


Corte Costituzionale -Giudizio in via incidentale -Principio di eguaglianza 
-Limiti nella prospettazione fatta dal .giudice � a quo � -Integrazione 
deMa questione -lnbiiativa della Corte costituzionale -Possibilit�. 
(Cost., art. 3; d.!. 1� ottobre 1973, n. 580, conv. con legge 30 novembre 1973, n. 766, 

art. 3). 

Qualora una diseguaglianza pu� essere eliminata sia nel modo 
prospettato dal giudice a quo sia mediante altra soluzione, la Corte 
costituzionale non � tenuta a formulare il giudizio richiestole in via incidentale 
rimanendo entro i limiti derivanti dalla ordinanza di rimessione, 
e pu� integrare la questione proposta assumendo l'iniziativa di sollevare 
con propria ordinanza altra questione di legittimit� costituzionale (1). 


{I) Pronuncia di grande interesse, che merita piena adesione in quanto 
libera la giustizia costituzionale da deformanti costrizioni ed opportunamente 
riequilibra il giudizio proposto in via incidentale, consentendo una pi� corretta 
applicazione del principio di eguaglianza. 


La pronuncia va a collegarsi con la sentenza 18 novembre 1976, n. 226, 
(in questa Rassegna, 1977, 25, con nota), e concorre a realizzare l'auspicio for. 
muilato in L'Avvocatura dello Stato, Studio per il contenario, 1976, 482 e segg. 

(e riportato neHa nota test� richiamata). 

� di tutta evidenza che gli spazi cos� aperti al giudizio di costituzionalit� 
rendono ancor pi� impegnativi i compiti dell'Avvocatura dello Stato, e ne poten� 
ziano quel � ruolo di sollecitazione,, gi� segnalato nel test� menzionato Studio 
per il centenario. Ivi (a pag. 486) si � scritto: �Meritevole di attenzione sembra 
soprattutto il ruolo, frequentemente svolto, di sollecitazione di una pronuncia V 

i 
II,
. 


~



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 513 

(omissis) Ritenuto che ,con le ol'dinanze indicate in epigrafe 'ill T.A.R. 
del Lazio ha so~levato due questioni di IegitJtimit� costi:tuziona:le relathne 
all'art. 3 del dJ. 1� ottobre 1973, n. 580 .(recante �Misure urgenti rper 
l'Universit��), convertito, con modificazioni, nella ,legge 30 novembre 
1973, n. 766, neltla parte in ,cui ,esaiude dallil'inquadramento nel ruolo 
dei 1profes:sori universitari, con fa qua!Lifioa di straordinari, .g1i assistenti 
ordirnari :ohe siano stati dichiara:ti maturi in un concorso a :cattedra 
1e ne1la parte �in cui esclude daH':inquadramento, ne!l 1suddetto ruolo, 
gli assistenti ol'dinari, incaricati di un insegnamento neUe facolt� di 
medicina 1e 1rivestenti la qua1ifica di primari ospedaJ1ieri ai �sensi del 

D.P.R. 27 marzo 1969, n. 129 (recante �Ordinamento interno dei servizi 
di assiistenza deLle di:ni:che e degli istituti universitari di ricovero e 
cura�); 
che dette questioni 1sono state propostle in riferimento a:~l'art. 3 del1a 
Costituzione, sotto il profilo della disparit� di trattamento iposto in 
essere dalla norma impugnata nei confronti delle due categorie predette 
rispetto ai professol'i aggregati, ai vincitori di cO<Ilcorso a professore 
aggl'egato, ari direttori dellle scuole autonome di ostetricia, gli 
aggregati oli111ki di cui al r.d. 8 febbraio 1937, n. 794 1ed ai ternati nei 
concorsi universitari, i quali tutti in forza della norma impugnata 

della Corte Costituzionale su aspetti dubbi delle questioni esaminate: la prospettazione 
di tesi e di opinioni ad opera dell'Avvocatura mira ad arricchire la 
discussione e ad indirizzarla su aspetti che possono essere stati trascurati o 
distorti nella ordinanza di rimessione e nelle difese delle parti del giudizio a 
quo, e fornisce in tal modo alla Corte un panorama pi� completo dei problemi 
connessi e degli interessi generali coinvolti con la questione di costituzionalit� 
sub judice. Tale apporto evidentemente contribuisce ad una pi� esatta e piena 
attuazione dei precetti e principi della Costituzione e intende quindi essere 
costruttivo e stimolante, anche allorch� ad un esame superficiale possa apparire 
rivolto alla mera conservazione della disposizione di legge sottoposta a 
sindacato. 

In questo suo ruolo di sollecitazione, l'Avvocatura dello Stato formula, a 
ben vedere, valutazioni sostanzialmente simili a quelle formulate dal giudice 
a quo nel rendere l'apprezzamento di "non manifesta infondatezza", ancorch� 
solitamente (ma non necessariamente) di segno opposto. Anche il giudice a quo, 
infatti, non "giudica" sulla fondatezza o meno della questione di costituzio� 
nalit�, ma esprime un dubbio, solleva un problema, non .meramente teorico 
(dal momento che la questione � rilevante per il giudizio in cui � sollevata) 
ma in concreto attivamente sollecitatorio di una pronuncia della Corte Costituzionale. 
E come ai giudici " � fatto obbligo di sospendere il giudizio provocando 
una pronuncia della Corte, ogni qualvolta dovrebbero applicare norme 
di dubbia costituzionalit�", cos� le valutazioni formulate dall'Avvocatura in 
esito ad un autonomo raffronto tra norme legislative e norme costituzionali 
(che tenga conto anche dei precedenti giurisprudenziali della Corte) debbono 
essere portate all'esame della Corte medesima ogni qualvolta risultino non manifestamente 
infondate�. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

514 

pos�sono ottenere, a domanda, J'J.nqua:dramento nel ruolo dei :professori 
unive:risitari con da qualifica di straordinari; 

ohe Je rparti ipriv:ate si �sono costiituite insistendo peroh� dette questioni 
�siano dichiarate fondate, mentre l'Avvocatura generale dello Stato, 
costituitasi rper i!l Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto ohe 
siano dichiarate non fondate; 

che i giudizi di 1legittimi1t� soJlevati da1l giiudioe a quo vanno riuruti, 
stante ~'ana!logia fra di essi; 

Considerato ohe il T.A.R. del Lazio, nehle ordinanze di rimessione, 
ponendo a confronto H <trnttamento previsto dalJa nOI1Illa impugnata per 
i rprofessori aggregati, i vincitori di 1concorso a rpro.fes�sore aggregato, i 
ternati in concorsi a cattedlra, i direttori deHe �scuole autonome di ostetriiaia, 
gJi aggregati olinid e le �ripetute due categorie ha riilevato una 
�iriragionevole dllisrparit� di trattamento �fra dette categorie in damio ddle 
ull!time due, essendo esdusa solo per .gli apparitenenti ad esse [a rpoS!Siba1lit� 
dii immissione nel ruoJo dei .professori tmive:risi�tari con ila qualifica 
di straoridinari; 

�che il dubbio di . �legittimit� icostiituzionale cos� iprospettato da:lle 
ordinanze idi rimessione si riflette anche su ailtre pavti dehl'arit. 3 del 
d;l. 1� ottobre 1973, n. 580, come modificato da!]1a <legge di converisione 
30 novembre 1973, n. 766, itn quanto 11a denUIIlciata d:i<sparit� di trattamento, 
ove venisse riconosciuta, potrebbe essere ell1minata sia immettendo 
nel suddetto ruolo gli assistenti oridinari .dichiarati maturi itn 
concorsi a �cattedra e quel'li ohe siano incaricati d'insegnamento nelJe 
faioolt� di merucina ed abbiano Ja qualifica di iprJ:mari ospedaJieri ex 

d.P.R. 27 marzo 1969, n. 129, sia escludendo dalil'ammissione in detto 
ruolo UIIla delle categorie 1per Je quali ila norma impugnaita prevede Ja 
poss:ibiilit� d'immiss:ione; 
�che 1a scelta fra l'una o I'alwa soluzione non �pu� dipendere dal 
modo dn oui la questione � stata prospettata nelle ordinanze di 
rimessione; 

ohe appare perci� necessario -salva ogni �pronU1I1.cia sul merito 
:SolJlevare mcidentaimente questione di ~eghtimit� 1COSti�'tU:zJiona[e delll'art. 
3 dcl citato d.l. 1� ottobre 1973, n. 580, ne1la 1parte in cui disrpone la 
immis�sione senza concoriso nei ruoli dei profussori universitari de1la 

�categoriia dewfil aggregati clinici di cui al �r,d. 8 febbraio 1937, n. 794, 
obbiettivamente distinta da quelle dei rprofessori di universit�, in 11.iferiiment� 
ailll'art. 97, primo e terzo comma, deMa Costituzione, che pongono 
1Ie regole genera'li del buon �andamento della P. A. e della iiimmissione 
a 1seguito idi pubb1ico concorso nonch� aill'art. 33 della Costituzione, 
sUilla posizione delile Universi<t� e degtli a[tri IS<tituti di alta cultura; 
che H dubbio di legittimit� costHu2lionaile va posto anche [n riferimento 
aiN'art. 3, primo comma, in quanto la immissione in ruOilo senza 

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PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 515 

ooncorso aoco1iderebbe alla oennata ,categoria 'lli11 privilegio IIlon giustificato; 
<ahe '1a questione appare rilevante e non manifestamente infondata. 

p.q.m. 
1) dispone fa �1ll1attazione mnanzi a s� dell\la questiooe di :legittimit� 
costiituziona!le deill'art. 3 del dJl. 1� ottobre 1973, in. 580, 1COme modificato 
dalla [egge di cooversione 30 novembre 1973, n. 766, nel'la .parte in cui 
prevede fa possibiliit� d'iinquaidmmento nel ruolo dci 1professor�. universitari, 
00\Il la quailifioa di strao11dinar�., degili aggregati oonici di 1oui al 

r.d. 8 febbraio 1937, n. 794, iin rrirfe11iimento aiglri artt. 3, iprimo comma, 
97, iprimo e 1terzo comma, e 33 della Costituzione; 
2) ordina il rinvio del giudizio, peroh� Ja <questione sia trattata 
congiuntamente a'lila questione di 1legittimit� costituziona<le di oui al 
numero <precedente. (omissis). 


SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 23 gennaio 1980, 
neHa rcausa 35/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Mayras -Domanda di 
.prommaia ipregiuldiziale proposta dal Tribunale Amminiistirativo 
Regionale del Lazio nella causa s.p.a. Grosoli (avv. E. Sivieri) ed 
altri c. Ministero commercio estero -Interv.: Governo italiano (avv. 
Stato Ferri) e Commissione delle Comunit� Europee. 

Comunit� europee -Tariffa doganale comune -Contingente tariffario 
comunitario -Carne bovina congelata -Prov~edimenti di gestione Delega 
agli Stati membri -Limiti. 

(Regolamento e.E.E. del Consiglio 19 dicembre 1977, n. 2861, artt. 2 e 3). 

N� il regolamento n. 2861/77, n� altre norme comunitarie, ostano 
all'adozione di un sistema di gestione della quota nazionale del contingente 
tariffario comunitario di carne bovina congelata che si fondi su 
una pluralit� di criteri per la definizione delle varie categorie di operatori 
e per la fissazione dei quantitativi complessivi ai quali ciascuna 
categoria ha accesso, a condizione che questi criteri non siano stabiliti 
in modo arbitrario e non abbiano l'effetto di precludere l'accesso alla 
quota di cui trattasi a taluni degli operatori interessati (1). 

(1) La Corte di Giustizia si era gi� occupata del problema della gestione 
dei contingenti comunitari di importazione in regime GATT con la sentenza 
1'2 dicembre 11973 emessa, nella causa 1311/73 (in Racc. 1973, 1565), in giudizio di 
interpretazione attivato dal Tribunale di Trento in una causa promossa daLla 
stessa Soc. Grosoli. 
In quella occasione aveva affermato il principio che lo Stato membro, affidatario 
della gestione dell'aliquota nazionale del contingente in base al regolamento 
comunitario istitutivo del contingente medesimo, non � autorizzato ad 
usare la delega ricevuta con modalit� tali da orientare l'utilizzazione del contingente 
da parte degli operatori interessati secondo propri fini di politica economica 
interna, perch� ci� attenterebbe alla natura comunitaria del contingente, 
il cui regime � fissato dal regolamento istitutivo in vista di fini propri della 
Comunit�. 

La questione sollevata dal T.A.R. del Lazio e definita con la sentenza in rassegna 
ha riproposto il problema dei poteri dello Stato membro per la gestione 
dell'aliquota nazionale del contingente comunitario, ma in una prospettiva ulteriore 
che, prendendo le mosse dalla suaccennata sentenza, si spinge fino a verificare 
l'attuazione della garanzia del �libero accesso a tutti gli operatori interessati 
�, cio� del principio enunciato dalla norma comunitaria come regola cm 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 517 

(Omissis) In diritto. -1. -Con ordinanza 4 dicembre 1978, pervenuta 
in cancellleda il 1� marzo 1979, il Tdbunafo Ammini:s:tratirvo R!egionaJ.e del 
Lazio ha sottoposto a questa Corte, ai sensi del1for'1. 177 del T.raittato 
C.E.E., tre questioni concernenti l'int�enp.retazione del �regolamento del 
Consiglio 19 dkembre 1977, n. 2861 (G. U. 1977, n. 330, ipag. 7), 11elativo 
aJ.I'arpertura, �al'la ripa111tizione e 1a1le modailit� di gestione di un contingente 
taniffario comunitario di 1carne bovina <eongelata delila 1sottovooe 

02.01 A II b) �dellla Tariffa Doganale Comlllile {anno 1978). 
2. -Per il 1978, iil �regolamento n. 2861/77 ha aiperto un contingente 
tariffario comunitario di c�lirne bovina congelata .per un volume it:ota!le, 
esipresso mcarne disossata, di 38.500 itonneLlate. La :11ipartizione del contirnigente 
foa gH Stati membri � indicata nell'art. 2 del :regolamento, i:l 
quale assegna aiLI'Hailia una quota di 11.050 tonnelilate. 
3. -Nel quarto punto del preambolo deillo stesso .regolamento si 
dichiara che, trattandosi di un contingente tariffal1io di volume irelativamente 
poco elevato, sembra pos:sib.ille, senza 1con d� derogare a�la sua 
natura comunitaria, iprevedere, ne'l caso specifico, un �sistema idi utilizza:
zJione basato �su un'unica r~partizione tra 1g1Ji Stati membri e ohe sembra 
ugualmente QPPOrtuno 1Iasciare a dascuno Stato membro ila scelta 
del sisitema di gestione dehle �proprie ailiquote. L'art. 3 del �regolamento 
s�tabiJisce 1ohe ig1i Stati membri adottano tutte le disposizioni utili rper 
garantire a tutti gli operatori. interessati stabi:Hti sUil <loro territorio H 
libero 1accesso a1He aliquote che sono loro assegnate. 
4. -L'Italia, con decreto del Ministro del commercio con l'estero 
20 maggio 1978 (G. U. n. 143), �modificato con decreto del Ministro del 
commercio con l'estero 22 giugno 1978 (G. U. n. 174), provvedeva a disciplinare 
l'utilizzazione deMa iprqp11ia aliquota da parte degli operatori 
gli Stati membri sono tenuti ad attenersi nell'esercizio, mediante atti interni, 

della delega per la distribuzione fra i soggetti richiedenti. 

La Corte ha ribadito la inderogabilit� di quella destinazione generalizzata 

ed indiscriminata del contingente, ma nel contempo ha precisato, questa volta in 

termini 'Positivi, la latitudine del potere di cui dispone lo :Stato membro nello 

stabilire i modi di gestione del contingente al fine dehla sua ripartizione tra gli 

operatori interessati. 

La Corte ha sostanzialmente condiviso la tesi propugnata dalla difesa del 

Governo italiano secondo cui il regolamento comunitario istitutivo del contin


gente, mentre vincola le norme interne ad assicurare l'attuazione del libero 

accesso, non fissa alcuna condizione limitativa circa i mezzi con cui lo scopo 

pu� essere raggiunto. 

La Corte ha perci� ritenuto che un qualunque sistema liberamente adottato 

dallo Stato membro per la distribuzione dell'aliquota nazionale no.n confligge 

con l'ordinamento comunitario fintanto �-che presenti una ragionevole coerenza 

con la libert� dell'accesso per tutti gli operatori interessati. Il limite insito nella 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

interessati. �Con :iii deoreto modif�icativo, l'ailiquota venJva �ripairtJita come 
segue: 10 % al Ministero della difesa, 10 % agli enti comunali di consumo 
in :pro;pol'2li.one al numero di abitanti del r~spettdvo comU1I1e, e 
80 % ailile 1imprese che svolgono attivit� icommercia11e e :imoostrialle e ai 
dettaglianti. lndltre, il decreto 1stabiliva 'che questa u!ltima quota dell'
80 % andwa suddivisa f.ra Je imprese ohe �svol1gono attivit� icommerciaile 
e indu&llrli.alle ed i dettaigiliianti seicondo i� �seguenti oriteri: 30 % I�ID. 
parti ruguaili, 10 % 1sulJla base dei ipagamenti dclil'imposta sul vailore 
aggiunto e 60 % in proporzione aJila quantit� di 10all1lle bovina 100I1gelata 
illllpOrtata dai Paesi terzi nel 1977 e in proporzione ag.Li aoquisiti. effettuati 
p.resso ~'ente d'intervento. 

5. -Con 1a rprima e fo. seconda questione, che questa C011te ritiene 
opportuno esaminare congiuntamente, il Tribunale amministrativo chiede 
se dail oogdlamento n. 2861/77 e da a;ltre norme comunitiaa:�.e possa desumersi 
l'ammi1ss:iib:ilit� di un ,sistema d:i gestione dellla quota nazionale 
del 1C01D.tingente oomunitar:i.o che si fondi 1su UIIl.a pluralit� di ori1teri di 
suddivisione corrispondenti aJl'oggettiva diffo.ru:nit� delle situazioni degli 
operatori. ohe vengono in cons�.derazione, e 1se talli oriter.i ipossano oonsistere 
nel iprestaibhlire che tre determinate oategorie �d:i operatori aooodano 
separatamente a tre distinte frazioni della quota naziona\le del contingente 
comtmitario. 
6. -Ooco11re �nnanzi1tutto ricordare ohe, nel 1962, fa Comunit� s1 e 
impegnata, nell'ambito deH'Acc011do generalle �suNe tarlffe doganali e sul 
commeJ.1Cio (G.A.T.T.), a :procedere ogni anno aJil'apertiura di un �contingente 
tariffario comunitario di �carne bovina congeilata importata da 
paesi ter2l�., assogige1Jtata ad un dazio 1consolidato del 20 %. T:a:le oontinfunzione 
strumentale viene illegittimamente prevalicato dalla norma interna solo 
se il criterio o i criteri seguiti per la distribuzione appaiono � arbitrari � cio� 
palesemente inconferenti allo scopo o addirittura contrari ad 1:sso, s~ giungano 
a produrre effetti preclusivi dell'accesso in danno di soggetti a cui �non possa 
negarsi la qualifica di operatori interessati. 

Dando questo responso, la Corte sembra aver chiaramente avvertito che la 
delega aHe autor1t� interne intanto ha un senso in quanto non se ne pretenda 
un esercizio uniforme da parte degli Stati membri; il che avverrebbe qualora, 
in sede di interpretazione delle norme comunitarie di istituzione del contingente 
e di conferimento della delega di gestione, si giungesse a formulare dei veri e 
:propri giudizi di valore circa l'uno o l'ailtro criterio adottato 111ei diversi Paesi, 
che avrebbero il significato di una non ammissibile integrazione della norma 
comunitaria ad effetto restrittivo della delega agli Stati membri. La diversit� 
dei metodi impiegati da ciascun Paese membro � apparsa giustamente alla 
Corte una realt� fisiologica legittimata dalle esigenze di adeguamento delle 
modalit� distributive alle condizioni specifiche del mercato di carni bovine 
presenti nei vari Paesi. 

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 519 

gente vfone aperto ogni anno mediante ru:n 1regdl!ameTI1to de:l Cons1gilio, 
~l quailie lo rirpartiJsce fra gli Stati membri, fasciando 1ahle autorit� nazion0ili, 
1con ,diJsposizioni che ,si 1r.iipetono pressoch� identiche, la gestione 
deJile quote ald essi attr.ibuit:e. 

7. -Nehla sentenza 12 dkemb11e 1973 ~caus1a 131/73, Grosoli, R!acc. 
pag. 1555), ver.tenrte 1suihl'mreripretazione dei 1regolamenit:i deil Cons:i!gilio in 
materfa di 1aipertu~a dei con1�ingenti tariffiairi 1comunitari di ,carne bovina 
congelata iper :i'l 1968 e il 1969, questa Cor:te ha gi� a'V'Uto modo di affermare 
che, rprur essendo fa gestione 1dielllle quote affidata iaigli Stati membri, 
che 1c:leviono IPI"OVV'edere aMa loro riipartizione 1seoondo !le rproprJe ilisrposimoni 
ammimiist:mtive, I�ll 1rinviio, cornenuto nei rego1amenti comunitari, 
a questte disiposizioni � neces1sariameinte iLimiitato a!Lle norme 1teonicoproceduiralli 
volte a ,garantire in generale d'osservanza dei J:imiti del contingente 
1e la iparni:t� di ,tmttamento dei beneficiari.. 
8. -Questa interpretazione, 1oh~ determina d limiti dei 'poteri delegati 
agili Stati membri in materia di adozione di ;provvedimenti rper la 
gestione ded ,contingenti, v;a 1es,resa 1al regolamento n. 2861/77, 1che ha 
aperto i1l contingente tariffario rper ill 1978. Ooco11re rilevare, a questo 
proposito, che ill re_golamento del Consigilio 18 dkembve 1978, n. 3063, 
11e'lativo ahl'apertura del contingente tariff,ario comUJJ:i:ta<rio per iiil 1979 
(G. U. n. L 366, pag. 6), lascia del pari agli Stati membri la scelta del 
silstema di gestione dehle quote forio 1atudbuite, rpreoisando per� nel 
preamb(jlo 1ohe :siffatto ,sistema deve igariantire 1sia 1l'uguaglianza e Ja 
continUJit� di aooesso di itutti gili operatori ;interessati deilila Comunit� a 
detto contingente, ,sfa una ripartizione 1adeguata dal puro:to di vista economico. 
9. -Nel risolvere le questioni sollevate dal Tribunale amminis~ratiro 
1si :deve rtener 100Illto di quanto 1sopra esposto. Certo, come affermato 
dall1La 1summenmonata 1sentenza 12 idioembre 1973, eccede :i 1li:miti del potere 
dd gestione 1dehlo Stato membro jJl fatto 1che questo imponga delle condizioni 
dii 1ammiis1sione ,al beneficio, ile quali mirino al raggi'Ulllgimento di 
,scopi poli:tioo-economi!Ci non rcontemp1aui dalle norme adottate in sede 
comunitaria; tuttavia, n� la lettera o la ratio del regolamento n. 2861/77, 
n� dil 1carnttere 1oomunitario de:l 1contingente itariffairio in questione vdeitano 
:aid uno Stato membro di disdpiinare, nei!I'ambito del iproprio potere 
di gestione, l'accesso degli opemtori dn:teressati ailLa quota attribuiirflagili. 
NeUe condizioni s1pecifiohe del mer:cato dellie carni bovine congielate sul 
tier11itorio di uno Stato membro, pu� rivelarisi uti!le, :se :non neoesisiario, 
ai fin� deilila gestione �razionail.e de'li1a quota na?'ionaile, definilre ~e varie 
rcategocie idi operatori interessati 1e. 1stabillire 1n: anticipo ~l quantitativo 
globale di ooi iciascuna di queste ieategorie potr� fruire. 

520 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

10. -Siffa1lto sistema di gestione non 'eccede i limiti del .potere 
conferito in materia allo Stato membro interessato, rpuoch� nbin !p'I"eclruda 
a rtaJUIIli idewli opera;toiri mteressati ~�aocesso a!1la quota dii contingente 
aittiribuita a questo Stato e ipUI!ch� ae varie categorie d:i operatori 
e i quaintitativii complessivi ai quaili queste ihiamio 1aiocesso non vengiano 
fis1sati Wo. modo ail:'ootrario. Lo Stato membro interessato rpu� essere 
costretto, per soddisfare queste col]dizioni, a ricovrere aid una iplurailit� 
cli onitel'i. 
11. -Orbene, agli rimp011tat0l'i abirtuai1i .di roome bovina congelata 
non pu� certo essere rprecluso J'aooesso alfa quota ruraionale del oontiiingente, 
ma essi non sono necessa11iamente i soli operatori economiici interessati 
a:lil'impoll'tazion� di carne in regime agevolato. Occorre rileviaire, a 
questo p!l"Cl!pOS�ito, che 'la nozione di � operatori � interessati, di cui aa['
art. 3 del 'regolamento n. 2861/77, ha una tp011tata 1pi� vasta de11a nozione 
di � importatori � interessati, figurante nei .regoilaanenrti !Precedenti, iper 
esempio al!J',art. 3 del regolamento del Consiglio 21 dicembre 1976, n. 3167, 
relativo aill'apertum del contingente tariffario comunitario rper fa carne 
bovina congelata per '.!'.anno 1977 (G. U. n. L 357, pag. 14). 
12. -La prima e la seconda questione sollevate dal Tribunale am:
rnmistratwo varnio ~tanto risolte nell senso ohe n� liii. :regolamento 
n. 2861/77, n� altre norme comunitarie, ostano alJ'aidozione di un sistema 
di 1gestiione deilila quota nazionale del contingente :tariffario oomunitario 
di ca:rme bovina congelata che si fondi su 'Ullla iplrnrailiit� di oriiteri. per 1a
1

definizione dei1le viarie :categorie di operatori e iper ila.fiissazicme dei quantitativi 
oomplessivii ai quali ogni 1categoria ha aocesso, a condi2li.one ohe 
taili criteri non siano istabhliti in modo a:ribirnario e nOn. abbiano ['effetto 
di precludere l'aocesso alla quota di cui trattasi a taluni degli operatori 
interessati. 

13. -Con fa terza questione, ill giudice nazionale ohiede se U1I1a 
frazione dellla quota nazionale, predeterminata in baise a c:rtl:teri di sruddiwsione, 
!POSsa essere preventivamente as�segnata 1ad un U!Ilko operatore, 
. sia ipure con caratrtemsti:ohe del rutto 1peouilliari. 

14. -Alllla foce delile consiiderazioni svolite circa Je due prime questioni, 
Ja terza rva !l.'Isolta in senso affermativo, a condizione che la 1POSizione 
delil'ope:ratore economico d:i 1oui trattasi venga determinata secondo 
i criteri che 1sono stati TiC0111osciuti compatibili 1con ~l diritto comunitario. 
I[ fatro che, secondo Ja fegige nazionarre, una determiinata categoria 
di operatori sia COlll[pOSta idi un unico impor,tante operatore non � atta, 
cli iper 1s�, a dimostrare ohe i criteri stabiliti da questa il.egge naziOlllale 
siiaino arbitraTi. La 1solruzione delil.a terza questione si identifica ipertainto 
con quei1la deil.le due ipr.ime questioni. {Omissis). 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 521 

CORTE DI GIUSTIZIA DBLLE COM~NITA EUROPEE, 11 marzo 1980, 
nella causa 104/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Warner -Domanda di 
\J?l'OllUillCI�a 1Pregirudizia[e !PI'OJl{)Sta dal fuetore di Bra ne!Na rcausa lira 
1Pasqrua[e Foglia {avv. E. CapipeiLli e P. De Oaterini) c. Marielila No� 
velilo i(avv. G. Motzo) -I:nterv.: Governo francese (ia:g. Cousdin) e 
Commissione deHe ComuiDJit� europee (ag. Abate). 

Comunit� europee � Corte di giusilzia -Pronuncia pregiudiziale ai sensi 
dell'art. 177 del trattato � Controversia apparente davanti al giudice 
nazionale � Incompetenza della Corte. 
(Trattato CEE, art. 177). 

La funzione che l'art. 177 del Trattato affida alla Corte di giustizia 
� quella di fornire ai giudici della .Com�nit� gli elementi di interpretazione 
del diritto comunitario loro necessari per la soluzione di controversie 
effettive loro sottoposte.� La Corte di giustizia non � competente 
a pronunciarsi sulle questioni sottopostele da un giudice nazionale, qualora 
risulti fittizia la controversia portata all'esame di quest'ultimo, per 
essere le parti d'accordo sul risultato da conseguire (nella specie le parti 
della causa di merito avrebbero inteso ottenere la condanna del regime 
fiscale francese dei vini liquorosi attraverso l'espediente di un procedimento 
dinanzi ad un giudice italiano, indotto a pronunciarsi sul punto 
per l'inserzione di una determinata clausola nel contratto fra le parti 
stesse dedotto in giudizio) (1). 

(1) L'art. 177 del trattato CEE e la �competenza� della Corte di giustizia 
delle Comunit� europee. 
1. -Da molti anni � stata denunciata alla Corte di giustizia la strumentalizzazione 
del ricorso all'art. 177 del trattato CEE, pi� volte utilizzato non per 
le finalit� proprie e specifiche considerate dagli autori del Trattato, ma per 
ottenere risultati che sarebbero propri del diverso procedimento disciplinato 
dall'art. 169 del Trattato; cos� come � stata pi� volte evidenziata la opportunit� 
di una valutazione della stessa Corte di giustizia, se pur sommaria, 
sulla effettiva � rilevanza �, ai fini della decisione della causa di merito, delle 
questioni sottoposte al suo esame: valutazione che la Corte� di giustizia, nonostante 
il favorevole orientamento adottato in argomento da taluni avvocati 
generali, ha sempre ritenuto riservata alla esclusiva competenza dei giudizi nazionali, 
e che avrebbe certamente condotto, ed in occa~ioni pi�. significative �di 
quella cui si riferisce la sentenza in Rassegna, ad avvertire la speciosit� della 
� controversia� pendente dinanzi al giudice nazionale, e la � inammissibilit��, 
comunque, della domanda di interpretazione pregiudiziale. 
2. -Certamente, lo strumentale ricorso al procedimento di interpretazione 
pregiudiziale disciplinato dall'art. 177 del trattato CEE, ancor pi� censurabile 
quando sia utilizzato attraverso le forme della richiesta di ingiunzione di pagamento 
ai sensi dell'art. 633 e seguenti del codice di procedura civile (cfr.: MARZANO, 
L'art. 177 del trattato CEE nel procedimento senza contraddittorio, in 
questa Rassegna, 1974, I, 358), � in certa misura causato dal proposito degli 

522 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis) In diritto: 1. -Con ordinanza del 6 giugno 1979, pervenuta 
alla Corte il 29 giugno seguente, il Pretore di Bra ha posto, ai sensi 
dell'art. 177 del Trattato CEE, cinque questioni relative all'interpretazione 
degli aTticoli 92, 95 e 177 del Trattato. 

2. -La !Liite pendente di!OOJUZi ail p,retore riguarda i costi idi 'Sipedizione 
1sosten'U'ti ,da:1Jl'attore, sig. Fogilii:a, coonmeroiante dn vini :residente 
in Santa Vittoria d'Alba, in :p!rovinoia di Cuneo, Piemonte, Ltailia, per 
inviare ia Menrt:ohe, in Rrancia, alcU!lli cartoni di vini ilWquorosi italiani, 
da '1ui venduti allfa conrvenuta, sig.ra Novdlo. 
operatori interessati di ovviare alla inerzia ed alla indifferenza della Commissione 
delle Comunit� europee rispetto a talune disposizioni di diritto interno 
incompatibili con la normativa comunitaria, che andrebbero denunciate o si 
saiebbero dovute denunciare con ricorso ai sensi dell'art. 169 del Trattato, e 
la cui eliminazione dahla normativa di diritto interno � stata invece pi� spesso 
ottenuta a seguito di sentenze � interpretative � rese dalla Corte di giustizia ai 
sensi dell'art. 177 del Trattato. Tale possi!bile spiegazione non costituisce 
peraltro, sotto il profilo giuridico, e con riguardo alla differente ratio ed alle 
differenti finalit� delle due norme del Trattato (confuse ed identificate, talora, 
attraverso una speciosa formulazione dei quesiti �interpretativi�), una adeguata 
giustificazione del fenomeno, specialmente quando si consideri la pregiudizievole 
alterazione che viene ad essere determinata, con ricorso all'un procedimento 
invece dell'altro, ed anche sotto il profilo procedurale, nei rapporti e nelle 
contestazioni tra la Commissione delle Comunit� europee ed i singoli Stati 
membri. 

3. -Da molti anni, comunque, ed in pi� occasioni, si era segnalata alla Corte 
di giustizia la esigenza di verificare con maggior rigore, ed eventualmente anche 
attraverso un esame sommario della rilevanza delle questioni proposte, la 
ricorrenza dei presupposti di applicabilit� dell'art. 177 del trattato CEE; e la 
resistenza della Corte a prendere in utile considerazione i vari argomenti di 
volta in volta a tal fine dedotti inducono in effetti a presumere che fosse la 
stessa Corte di giustizia a favorire ed agevolare il ricorso all'art. 177 del Trattato, 
in coerenza con la esigenza di assicurare comunque la corretta interpretazione 
ed applicazione del diritto comunitario, e fosse essa stessa convinta 
della necessit� di rimediare in qualche modo alla censurabile inerzia della 
Commissione delle Comunit� europee. 
Con riguardo ai precedenti della questione sorprende, perci�, la sentenza 
in rassegna, con la quale '1a Corte di giustizia sembra aver finalmente avvertito 
quanto fosse strumentalizzato il suo ruolo di corretto �interprete� del diritto 
comunitario; cos� come lascia perplessi, quanto meno, il raffronto della ipotesi 
cui la sentenza si riferisce con le precedenti occasioni nelle quali tale possibile 
strumentalizzazione era stata espressamente denunciata, apparendo invero 
di maggiore gravit�, sotto il profilo in esame, le domande di interpretazioni 
rivolte attraverso il noto espediente della richiesta di decreto ingiuntivo (e 
quindi senza alcun preventivo contraddittorio con l'altra parte interessata) o 
quelle proposte dal giudice nazionale, come nella vertenza cui si riferisce la 
sentenza resa dalla Corte di giustizia nella causa 52/76, Benedetti, prima ancora 
di consentire alla parte interessata di partecipare al giudizio di merito: ipotesi 
in occasione delle quali, tuttavia, la Corte di giustizia, affermando la propria 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 523 

3. -Dal fasdcoJo 11isU!lta ohe nel contratto di vendita concluso 
fra il Foglia 'e la Novelllo si em ,stipulato ohe non sarebbero stati rpositi 
a �carko della Nove1lo eventuaili rtg:-ibuti ipretJesi daUe autoDit� italliane o 
francesi 1e 1contrnrii al regi.me di 1Hbem drcolazione delle merci l�ra ii due 
paesi, o 1comunque non doViU:ti. n Fog1ia inseriva Uifia dausoila anailoga 
neil 1suo contrn1tto con J'impresa DaJ:l2Jas, da !lui ti.ncaricata di itrasrportarre 
a Mentone i cartoni di vini Liquorosi; detta clausola stab1Iiva 'ohe gli 
stessi vributi illegittimi o non dovuti non 'sarebbero stati postii. a 1carico 
del Foglia. 
�competenza � (che non era stata nemmeno messa in discussione), non � andata 
oltre il riconoscimento della opportunit� di un preventivo contraddittorio 
dinanzi al giudice nazionale, senza in alcun modo compromettere, comunque, 
la possibilit� per il giudice nazionale di proporre questioni anche in difetto 
di contraddittorio. 

4. -Non pu� d'altra parte ritenersi, certamente, che la differente impostazione 
adottata nella decisione in rassegna sia dovuta al fatto che nella causa 
di merito si discutesse, tra cittadini di uno Stato membro, della compatibilit� 
con le norme comunitarie di un regime fiscale di un altro Stato membro, essendo 
evidente che nell'ambito dell'ordinamento comunitario nessuna utile discriminazione 
sarebbe ipotizzabile a seconda che le parti del giudizio di merito 
siano o no cittadini dello Stato membrO' la cui normativa sia in discussione. 
� evidente, invero, che nel procedimento pregiudiziale definito con la sentenza 
in rassegna il Governo francese (che difatti nessuna obiezione ha sollevato 
in ordine all'ammissibilit� della domanda di interpretazione) ha avuto le stesse 
(ridotte) possibilit� di difesa di cui ha di norma potuto usufruire il Governo 
italiano nei procedimenti originati da altre analoghe � fittizie � e strumentali 
�controversie �; e se pur dalle stesse conclusioni dell'avvocato generale sembrerebbe 
potersi desumere quanto abbiano invece di fatto influito i precedenti 
di fatto della causa di merito, farebbe quindi torto alla visione �comunitaria � 
della Corte di giustizia la supposizione che il riferimento a normativa di Stato 
membro diverso da quello delle parti in causa abbia potuto assumere rilievo 
determinante ai fini della decisione adottata. 

5. -Non pu� condividersi, comunque, l'impostazione stessa seguita dalla 
Corte di giustizia, la prospettiva in ragione della quale, cio�, la Corte ha ,ritenuto 
che l'affermato carattere � fittizio � della causa pendente dinanzi al giudice 
nazionale comportasse la sua " incompetenza � a pronunciarsi sulle questioni 
proposte nel provvedimento di rinvio. 
Anche a prescindere dal contrasto di tale prospettiva con l'orientamento in 
precedenza adottato dalla Corte in merito alla � rilevanza � o meno, ai fini della 
decisione della causa di merito, delle questioni sottoposte al suo esame (orientamento 
che non ha oltretutto impedito alla Corte di risolvere in altre occasioni 
i soli quesiti a suo avviso effettivamente rilevanti, o ad �indirizzare � il giudice 
nazionale con una differente impostazione delle questioni proposte), � evidente, 
infatti, che la mancanza dei presupposti di applicabilit� dell'art. 177 d.el trattato 
CEE comporta la �inammissibilit� � della domanda di interpretazione pregiudiziale 
(o tutt'al pi�, a voler seguire la differente terminologia adottata dalla 
Corte di giustizia, la sua �irricevibilit��), e non certo la �incompetenza� della 
Corte, non potendo di tale �competenza � discutersi quante volte vengano in 



524 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

4. -L'ortiinarnza di <l'invio �consrtata dre materi�!a del ieon1Jendere � 
solrtanto �la 1SOIDma ipagata a titolo d:i imposte di iconsumo a!l rmomenrto 
ddhl'mtroduzione dei vini :liiquorosi neil terir�torio ,frarnoese. Dail d'a:scicdlo 
e dailJ.a d:i<soos1sione :svoltasi dinanzi :alfa Corte di igiustizia aippare 'Ohe 
tali imposte di consumo sono state rpagate dall!la DaDZJas arH'amministrazione 
fimnoese �senzia piroteste n� ireolw:ni, che fa nota di spese [per� da 
srpediizione rpresentata dallfa Danzas al Foglia, e da questi sa:ldaita, com� 

rilievo, siano o no esse � ammissibili �, questioni di interpretazione di norme 
comunitarie. 

6. -Quali poi siano, nel giudizio relativo alla causa di merito, le conseguenze 
della declaratoria di � incompetenza � della Corte di giustizia non 
� certo agevole stabilire, specialmente quando si consideri che il giudice nazionale 
ha egli stesso il potere, quando non si tratti di giudizio di ultima istanza, 
di decidere le questioni di interpretazione, e anche di dichiarare, anzi, la 
invalidit� delle norme comunitarie: competenza propria, e quindi potere di 
� disapplicare � le �norme comunitarie ritenute invalide, che deve aver avuto 
I�

rilevante incidenza nelle valutazioni in base alle quali la Corte di giustizia 
ha com'� noto affermato il potere del giudice nazionale di � disapplicar~� 
le norme di diritto interno in contrasto con la normativa comunitaria (sentenza 

I e

9 marzo 1978, resa nella causa 106/77, Simmenthal, in questa Rassegna, 1978, 
I, 179, con nota di commento). f::<� 
Il giudice nazionale invero, ove non condivida la valutazione della Corte 
di giustizia sul carattere � fittizio � della controversia, si dovrebbe trovare 

I 

costretto a risolvere� direttamente le questioni di interpretazione proposte; 
cos� come ad una diretta valutazione dovrebbero considerarsi autorizzati 

[I 11

anche i giudici nazionali degli eventuali successivi gradi di giudizio, risultando 
soddisfatto l'onere di investire delle questioni di interpretazione la 
Corte di giustizia, e dovendo d'altra parte escludersi che la decisione della 
Corte vincoli il giudice nazionale anche relativamente all'affermato carattere @ 
strumentale della controversia di merito; ed � evidente che se tali conseguenze 
possono non assumere concreta rilevanza nella fattispecie cui si riferisce la . 
sentenza in rassegna (e la cui decisione non condurrebbe comunque al risultato 
pratico che le parti si proponevano di conseguire con l'intervento della ' 
Corte di giustizia), differente valutazione potrebbe risultare necessaria in altre 
eventuali analoghe occasioni nelle quali dovesse la Corte di giustizia affer


I

mare, in base alla stessa impostazione, la propria � incompetenza �. 

7. -In definitiva, la sentenza in rassegna, se pur sintomatica dei proposito 
della Corte di giustizia di non consentire pi� io strumentale ricorso 
al procedimento di interpretazione pregiudiziale (e da accogliere quindi, sotto 
questo profilo, con favorevole valutazione), appare d'altra parte censurabile 
sia per la ravvisata possibilit� di un apprezzamento di merito sulla portata [
I

della causa pendente dinanzi ai giudice del rinvio (con valutazione nella quale f::j 

~�' 

non appare oltretutto cofisiderata l'ipotesi dell'azione di mero accertamento), 

~ 

sia per la impostazione .in base alla quale dalla mancata ricorrenza dei pre


jf:

supposti di applicabilit� dell'art. 177 del trattato CEE viene fatta derivare f): 
la �incompetenza� della Corte di giustizia (e non la inammissibilit� della i:: 
domanda di interpretazione pregiudiziale). 

t�:

� auspicabile, comunque, che la Corte di giustizia, con una pi� severa 
verifica dei presupposti di applicabilit� dell'art. 177 del trattato CEE, e senza fa

i

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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 525 

prendeva fiimporto di detti tiriibutJi, e che ila NoveHo rifJ.:uta~a di rimbo11sare 
quelfimporto al Foglia, �dohiamandosi aill1a clausola espressamente 
convenuta nel 1contratto di vend:i!ta .rigua'!ldo ra!Me imposizioni ii1Jlegittime 
o non ldoV!llte. 

5. -I mez2li dilfemsl�IVi dedotti dalia NoveHo sono. �stati intesi dal 
Pretore nei!. ISOOSO ohe contestassero, idail ipunto di vistia de'fil'airt. 95 dell 
Trattato CEE, [a va~dit� della Je!�isi1azione lfirancese concemente [e mi. 
poste d:i consumo sui :vini ~iquorosi. 
6. -L'atteggiamento del Fogilia nel corso del iprooedimenoo dinanzi 
all Bretore rpu� es1sere quailif�ircato come neutrale. Iii Fogl~a ha fu effetti 
peraltro ricorrere ad inammissibili interferenze in valutazioni proprie ed esclusive 
dei giudici nazionali, rilevi e denunci anche in altre e pi� censurabili 
occasioni il tentativo di strumentalizzare, con artificiosi espedienti, il ricorso 
al procedimento di interpretazione pregiudiziale di cui all'art. 177 del trattato 
CEE. 

8. -Si ritiene utile pubblicare, qui di seguito, e perch� possano essere 
con maggiore immediatezza avvertiti i termini della questione ed i criteri 
ai quali � ispirata la decisione in ras&egna, le conclusioni dell'avvocato generale 
Warner, di. rilevante interesse, e nelle quali appare implicitamente riconosciuta, 
comunque, la discutibilit�, quantomeno, del differente criterio in 
altre occasioni seguito dalla Corte di giustizia. 
ARTURO MARZANO 

Conclusioni dell'avv. gen. Warner. 

Signor Presidente, signori Giudici, 

La presente causa ha or.igine da' una domanda di pronunzia pregiudiziale 
proposta alla Corte dal Pretore di Bra, in Piemonte. Da. come � stata dibattuta 
la causa sembra sollevare, principalmente, problemi familiari, relativi all'interpretazione 
dell'art. 95 del Trattato CEE .ed alla relazione fra tale articolo 
e gli artt. 92 e 93 del Trattato. A mio avviso essa solleva questioni preliminari 
di importanza pi� generale, relative al campo di applicazione del'art. 177 
del Trattato. 

I fatti sono i seguenti. 

Il 1� febbraio 1979 la sig.ra Mariella Novello, che risiede a Magliano 
Alfieri, in Italia, ordinava al sig. Pasquale Foglia, commerciante di vini di 
Santa Vittoria d'Alba, sempre in Italia, un certo numero di casse di vini 
italiani da consegnare, a titolo di dono, alla sig.ra Anna Cerutti, a Mentone, 
in Francia. I vini erano di diverse qualit�, ma rientravano tutti nella definizione 
di � vino liquoroso ,, di cui al n. 12 dell'allegato II al regolamento (CEE) 
del Consiglio n. 337/79, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo. 
Tale definizione riguarda, in sostanza, vini arricchiti di alcool prodotti 
nella Comunit�. Il contratto fra la sig.ra Novello e il sig. Foglia conteneva 
una clausola espressa, secondo la quale alla sig.ra Novello non sarebbero 
state addebitate eventuali imposte pretese dalle autorit� italiane o francesi 
e � contrarie alla libera circolazione delle merci tra i due paesi o comunque 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

526 

sostenuto 1che �l'importo co:rrisiponidente aihle .imposte di consumo fu1ancesi 
non 1poteva m nessun caso esisere a 1sruo �OOrico, poich�, se ~e [mposte 
�erano sitate ris�oossie �[egiJttima:mente, esse dovevano essere ,corriisposte 
dallla NoveHo; mentre sarebbero state a carico deil1a Danzas se 
illegit1Jime. 

7. -Questo punto di vi�sta ha indotto il Fogliia a .chiedere ai! giudice 
nazionalle Idi integriare il �contraddittorio mediaJ.DJte ~a �chiamata �n 1causa 
dellil'impresa Danzas quale oorzo interessato 1aNa COllltrorversiiia. IJ giudice 
ha tuttavia ritenuto preliiminare aHa decisione su 1Jale rfohiesta La solunon 
dovute �. Il sig. Foglia incaricava della consegna del vino un'impresa di 
trasporti, la Danzas S.p.A., che chiamer� � Danzas �. Il contratto fra il Foglia 
e la Danzas conteneva una clausola relativa ad eventuali oneri indebiti, corrispondente 
a quella del contratto fra la Novello ed il Foglia. La Danzas 
consegnava regolarmente il vino alla sig.ra Cerutti e il 31 marzo 1979 inviava 
al Foglia una fattura per spese di trasporto e per altri oneri. Nella fattura 
figurava la somma di 148.300 lire per imposte che la Danzas aveva dovuto 
pagare al momento dell'importazione del vino in Francia. Il sig. Foglia 
pagava . per intero la fattura e il 7 aprile 1979 citava in giudizio dinanzi al 
Pretore la sig.ra Novello per ottenere il pagamento della fattura. La Novello 
pagava prontamente al Foglia la somma richiesta, tranne le 148.300 lire che, 
a suo dire, erano state riscosse illegittimamente dalle dogane francesi e 
pertanto, ai termini della clausola espressa contenuta nel contratto, non dovevano 
esserle addebitate. Il Foglia chiedeva quindi che il Pretore disponesse 
la chiamata in causa della Danzas, al fine di integrare il contraddittorio, 
sostenendo che, o le imposte francesi in questione erano state legittimamente 
riscosse, nel cui caso la Novello avrebbe dovuto pagarle, oppure erano state 
percepite illegittimamente, nel tal caso sarebbero state a carico della Danzas, 
ma in nessun caso l'onere ne sarebbe ricaduto sul Foglia stesso. Il Pretore 
tuttavia respingeva l'istanza e, con ordinanza in data 6 giugno 1979, rinviava 
a questa Corte. 

Come risulta dal'ordinanza di rinvio, il Pretore considera determinante 
per la sua decisione il punto se i tributi francesi riscossi sul vino al momento 
della sua importazione in Francia fossero compatibili con il diritto comunitario. 
Egli ritiene, in particolare, che dalla soluzione di questo problema 
dipenda la soluzione da dare alla questione dell'eventuale integrazione del 
contraddittorio mediante chiamata in causa della Danzas. 

Ad avviso del Pretore, le imposte francesi in questione non sono tasse 

di effetto equivalente, poich� � non sono state riscosse in ragione del fatto 

dell'importazione, ma nel quadro di un complesso regime impositario interno 

destinato a colpire tanto i prodotti importati che quelli nazionali �. 

Pare che ai sensi della legislazione francese i vini liquorosi si suddividano 
in tre categorie. 

La prima categoria � quella dei � vins doux naturels �. Essi sono soggetti 
(o almeno lo erano all'epoca) ad un accisa di 22,50 FF per ettolitro di vino e 
ad un � droit de consommation � (imposta di consumo) di 1.790 FF per ettolitro 
di alcool aggiunto. I � vins doux naturels �, secondo la definizione di cui all'art. 
406 del � Code G�n�ral des Imp�ts �, debbono essere prodotti con determinate 
qualit� di uve, provenienti da vigneti il cui rendimento annuo non 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 527 

ziO!l1e del pToblema 1se Ja riscossione dehle imposte idi 1consumo ipagate 
da<lla Danzas fosse conforme o ,contraria 1aJlle nol'.1me del Trattato CEE. 

8. -Le !Parti dehla causa rprfoJ1ci�paile hamJ.o ipresentato aJl P.retore un 
certo numero di dooume:niti, che 1gilii haoJil'.lo consentito di prendere in 
esame 1a legisfazi0t11e il�1si0aile francese rnlativa ai vini Jiquorosi e ai rprodotti 
1comparabi!li. n giUldice ne h!a ricavato \la 1conclusione che ta!le [egisa.
azione 1sia oa:mttrerjzzata da una ({ pesante dis1crioni!l1azione � m danno 
dei Vlini liquorosi e dei vini naituir,aJli di graidazi0!11e elevata itaJlfani, attuata 
mediante uaJ. regime speciale concesso ai villl� ,liquorosi :l�ranoes:i detti 
superi 40 ettolitri per ettaro. Il tenore alcolico del vino deve essere almeno di 
14 gradi e l'alcool aggiunto, che deve essere almeno a 90 gradi, deve corrispondere 
a non meno del 5 per cento ed a non pi� del 10 per cento del 
volume del mosto. Infine chi richieda per il proprio vino la qualificazione come 
� vin doux naturel �, deve indicare l'ubicazione dei vigneti da cui provengono 
le uve, nonch� gli elementi di identificazione degli stessi sul � plan cadastral � 
(catasto terreni). � pacifico che al presente soltanto vini prodotti in Francia 
possono ottenere la qualifica di � vins doux naturels �, sebbene il Governo francese 
ci abbia detto di essere pronto, e di esserlo da lungo tempo, a negoziare 
accordi che permettano a vini provenienti da altri Stati membri, e in particolare 
dall'Italia, di ottenere tale qualifica. La Commissione asserisce che quasi 
tutti i vini liquorosi prodotti in Franda sono � vins doux naturels �. I dati a 
noi forniti all'udienza dal Governo francese sembrano confermare che almeno 
la parte di gran lunga maggiore dei vini liquorosi prodotti in Francia rientra 
in tale categoria. 

La seconda categoria � quella dei � vins de liqueur � appellatimi d'origine 
contr�'il�e �. In forza di convenzioni bilaterali, conduse dalla Francia con il Portogallo 
e con la Grecia, sono assimilati a questa categoria il Porto,. il Madera 
e i vini di Samos. Detti vini sono colpiti da un � droit de consommation � di 
4270 FF per ettolitro di alcool, tanto naturale quanto aggiunto. Sembra che, a 
parte il Porto, il Madera e i vini di Samos, soltanto vini francesi (in particolare 
il Pineau des Charentes) possano ottenere di essere classificati in tale categoria, 
per quanto le osservazioni delle parti (comprese quelle della Commissione e del 
Governo francese) non siano del tutto chiare sul punto. 

V'� poi una categoria residuale, che comprende tutti gli altri vini liquorosi, 
ed in particolare quelli importati in Francia dall'Italia. Essi soggiacciono, non 
solo al � droit de consommation � di 4.270 FF per ettolitro di alcool, ma anche 
ad un � droit de fabrication � (imposta di fabbricazione) di 710 FF per ettolitro di 
alcool. Sono queste, presumibilmente, le imposte che le dogane francesi hanno 
riscosso sul dono della sig.ra Novello alla sig.ra Cerutti. 

Le questioni pregiudiziali p,roposte alla Corte del Pretore sono le seguenti: 

� 1. Visti gli articoli del Trattato di Roma, e gli atti emanati in applicazione 
di questo, se debba ritenersi che la tassazione applicata in Francia 
ai vini liquorosi con o senza denominazione di origine di quailit� o no, 
importati dai paesi membri della CEE, sia gravemente discriminatoria 
ai sensi dell'art. 95 del Trattato, come quella dei vini dolci naturalmente 
ad alto grado alcolico, con o senza denominazione di origine, importati 
dagli stessi paesi, dato: , 

che i vini liquorosi francesi similari o in ogni caso direttamente con


correnti con detti vini sono ivi favoriti con tassazioni di gran lunga 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

528 

�vini dolci natu:mli �, !llonoh� mediante .trattamenti f.isoaili prefore:rl7liaili 
fat1d a detenm:iina1Ji IV:i!lli n:aturralii ifraincesi di gradazione elevata ireoan1Ji 
denominazione d'or]~e. Sul fondamento di questa 1conic:lusione i1l giudioe 
ha formulato [e questioni sottoposte affila Corte. 

1

9. -Ne!lile osseJ."Vlazioni sor.itte presentate affila Corte le due pairti del 
rprocedimento idi merito hanno desooitto in modo 1sostainziailmenrte liden


inferiori, cos� come i vini dolci di gradazione complessiva alcoolica 
elevata naturalmente, importati dai paesi membri della CEE; 
che persino certi vini liquorosi importati da questi paesi terzi fruiscono 
in Francia di tassazioni inferiori a quelle applicate ai vini liquorosi di 
origine comunitaria. 

2. Se tali riduzioni di imposta possono eventualmente essere configurate, 
ed in che limiti e condizioni, nel quadro dell'art. 92 del Trattato. 
3. Se si debba ritenere che una tassazione che sia contraria al diritto 
comunitario sia per ci� stesso illegittima e quindi la percezione della 
maggiore imposta sui prodotti importati rappresenti una riscossione indebita, 
e quindi un pagamento indebito. 
4. Se si debba ritenere che tale illegittimit� possa essere fatta valere in 
tutta la Comunit� dinanzi ai giudici nazionali di tutti i paesi membri, 
anche nel corso di un giudizio vertente tra privati. � 
5. Qualora la risposta al quesito 2. sia affermativa, quali effetti abbia nei 
confronti dei contribuenti pi� gravati la mancanza di una autorizzazione 
in base all'art. 92 del Trattato�. 
A mio avviso � logico cominciare dalla quarta delle questioni proposte dal 
Pretore. 

Si comprende facilmente che il Pretore possa essere in dubbio a proposito 
di una situazione in cui egli �, o comunque si sente, chiamato a decidere della 
compatibilit� con il diritto comunitario di leggi di un altro Stato membro, 
considerato, in particolare, il fatto che le autorit� di tale Stato non sono in 
alcun modo rappresentate dinanzi a lui. 

Non si deve tuttavia dimenticare che tutti i giudici di tutti gli Stati 
membri sono chiamati a dare effetto al diritto comunitario quando esso sia 
rilevante per le controversie di cui siano investiti. Quando la decisione di una 
lite fra privati pendente davanti ad un giudice di uno Stato membro dipenda 
dalla questione se le leggi di un altro Stato membro siano compatibili con il 
diritto comunitario, quel giudice � tenuto ad. affrontare la questione; a ci� egli 
non pu� sottrarsi semplicemente per il motivo che � contestata la validit� di 
leggi di un altro Stato membro. La sua sentenza, tuttavia, avr� valore di 
res judicata soltanto fra le parti in causa e non potr� vincolare lo Stato membro 
la cui legislazione � stata contestata; n� potr� vincolare in base aila dottrina 
dello � stare decisis � o in base a qualsiasi concezione di � giurisprudenza con 
valore di precedente �, nessun altro giudice della Comunit�. 

Pertanto, se, nella presente fattispecie, il Pretore avesse accolto l'istanza del 
sig. Foglia ed ordinato la chiamata in causa della Danzas, e se, integrato il 
contraddittorio, la Danzas avesse sostenuto la legittimit� delle imposte francesi, 
la questione della legittimit� delle stesse sarebbe stata sollevata inevitabilmente 
ed. il Pretore sarebbe stato tenuto a decidere su di essa. In una situazione 
del genere sarebbe stato corretto che il Pretore, ritenutane l'opportunit�, 
sottoponesse questioni pregiudiziali a questa Corte, sebbene la sua decisione 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 529 

tko ile di:sorlimi!lla2li.oni .fiscali ohe 1caratteriz:rerebbero la ilegi.'Slazione fiisca.
le francese m materia idi Vi�II1i !liquorosi; [e due pairti ritengono detrtJa 
legisilazione mcorriipati.b;iJle 1COl diritto icomWJitao:�.o. Durrante la fuse orale 
del !PI"Ocedimento dinanzi aihl:a Corte, i[ Foglia ha a:l�fermato 1ahe fa isua 
presen2ia in detto proceiddmento :si sipiega icoM'mteres,se 1dhe ha Ja sua 
impresa, 1si:a\irn!dividuahrnente, :sia ~�ll1 quanto aipipartenente ad una de1ler


non potesse vincolare nessun altro, al di fuori del sig. Foglia, della sig.ra Novello 
e della Danzas. 

Ci� che mi �sconcerta in questo caso � che, fra le parti del procedimento 
pendente dinanzi al Pretore, che sono soltanto il sig. Foglia e la sig.ra Novello, 
non si controverse, in realt�, su nessuna questione di diritto comunitario. Entrambi 
sostengono che i tributi francesi furono riscossi in violazione di tale 
diritto. La sig.ra Novello ha a ci� un interesse evidente. L'atteggiamento del 
sig. Foglia ci � stato spiegato molto chiaramente dal suo av:vocato, tanto nelle 
osservazioni scritte, quanto all'udienza. Si tratta, in sostanza, di questo: nella 
causa pendente dinanzi al Pretore la sua posizione � neutra. Egli asserisce che 
le 148.300. lire debbono essere pagate o dalla sig.ra Novello o dalla Danzas e 
che in nessun caso detta somma pu� essere posta a suo carico (sebbene in 
realt� per il momento sia lui ad averla pagata). Come commerciante italiano 
di vini tuttavia il sig. Foglia ha un interesse pi� ampio a sostenere che le imposte 
francesi sono illegittime ed in questo senso ha argomentato davanti a noi 
con molto vigore il suo avvocato. 

Cos� stando le cose, sorge il problema, a mio parere, se questa domanda 

di pronunzia pregiudiziale sia ricevibile. L'art. 117 attribuisce a� questa Corte 

competenza a pronunziarsi in via pregiudiziale su questioni di dirittq comuni


tario, � quando una questione del genere � sollevata davanti a una giurisdi


zione di uno degli Stati membri "� Questa Corte pertanto non � competente a 

rendere una decisione pregiudiziale in un caso in cui il procedimento pendente 

dinanzi alla giurisdizione nazionale non fa sorgere, in realt�, nessuna questione 

di diritto comunitario. 

� vero che il secondo comma dell'art. 177 attribuisce poi alla giurisdi


zione nazionale interessata la facolt� di adire questa Corte � qualora reputi 

necessaria per emanare la sua sentenza una decisione (sul) punto"� Queste 

parole tuttavia, essendo precedute dalla condizione .enunciata nei termini: 

� Quando una questione del genere � sol~evata... �, non possono essere comprese 

nel senso che attribuiscano alle giurisdizioni nazionali una facolt� illimitata di 

adire questa Corte in via pregiudiziale. Inoltre, il secondo comma deve essere 

letto alla luce del terzo, che impone alle giurisdizioni nazionali di ultima 

istanza l'obbligo di chiedere finterpretazione pregiudiziale, �quando una que


stione del genere � sollevata in un giudizio pendente davanti (ad esse) �. � chiaro 

che il secondo ed il terzo comma debbono essere visti quali disposizioni paral


lele, delle quali l'una attribuisce ai giudici inferiori la facolt�, l'altra impone 

ai giudici di ultimo grado l'obbligo, di rivolgersi a questa Corte quando, e 

soltanto quando, si presenti effettivamente una questione di ,diritto comunitario. 

Ritengo invero che un metodo utile per�verificare se una domanda di pronunzia 

pregiudiziale proposta ai sensi del secondo comma sia ricevibile � quello di 

considerare se, qualora la causa pendesse davanti ad una giurisdizione di ultimo 

grado, detta giurisdizione sarebbe tenuta a rivolgersi a questa Corte. 

Sicuramente non � necessario che la questione venga sollevata dalle parti 

stesse nel procedimento dinanzi al giudice n~zionale: pu� essere sollevata dal 



530 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

minata 1oategoria di operatori economici italiani, alfa soluzione dei iproblemi 
giuridici solilevati dailfa controve,rsia. 

10. -Appare cos� ,ohe le part:i deilla causa di merito intendono ottenere 
la condanna dell re~e fiscale francese dei rvini Hquorosi rattravenso 
il'esipediente idi un ipl'Oleed:i.mento diinanzi ad un girudiioe :itJailiano fra <due 
parrti P'rivaite d'oooo11do 1sul ritultato da conseguire, che hanno ~nserito 
giudice d'ufficio. Tuttavia, almeno in causa civili, in cui siano in gioco gli interessi 
delle . sole parti, deve trattarsi, a mio parere, di una questione sulla quale, 
una volta sollevata, le parti controvertano. Altrimenti, nel contesto di cause di 
quel genere, non la si pu� affatto considerare una questione. Dico: � quando 
siano in gioco gli interessi delle sole parti�; perch� si dovrebbero fare considerazioni 
diverse qualora, per esempio, l'azione tendesse ad ottenere un � order 
in rem � (pronunzia che fa stato erga omnes) o vi fossero implicazioni di 
ordine pubblico. 

Questa Corte ha sempre interpretato l'art. 177 nel senso che, generalmente, 
spetti al giudice nazionale valutare la rilevanza delle questioni di interpretazione 
pregiudiziale. Questa � certamente una norma salutare e non invito Lor 
signori a discostarsene. Si tratta per� soltanto di una regola generale, �non di 
una regola assoluta. Di recente, in causa 22/79 Greenwich Film Production c/ 
Sacem (non ancora pubblicata nella Raccolta) ho menzionato alcune precisazioni 
cui essa � soggetta. Non � necessario che ripeta quanto ho detto l�. Certamente 
non sono a conoscenza di alcun caso in cui la Corte abbia ritenuto che 
una questione potesse esserle sottoposta nonostante il fatto che le parti del 
procedimento dinanzi al giudice nazionale concordassero sulla soluzione da dare 
ad esso e fossero esse sole interessate a detta soluzione. 

La Corte, a mio parere, non dovrebbe dar seguito alla questione pregiudiziale, 
per la buona ragione che essa non ha potuto essere convenientemente 
dibattuta n� dinanzi al giudice nazionale, n� dinanzi alla Corte stessa. Con ci� 
non mi sfugge che abbiamo avuto, nel presente procedimento, il vantaggio di 
osservazioni sia scritte, sia orali, del Governo francese. Tuttavia la procedura 
secondo la quale nelle cause ex art. 177 gli Stati membri hanno il diritto di 
presentare osservazioni alla Corte tramite i rispettivi Governi, non ha lo scopo 
di porre uno Stato membro nella posizione di unico o principale protagonista 
della causa, che si tratti dell'una o dell'altra parte, e sarebbe molto scorretto 
considerarla atta a tale scopo. Pu� naturalmente accadere che uno Stato membro 
si trovi fortuitamente in una posizione del genere, ma non dovrebbe esservi 
posto deliberatamente. 

In due modi principali questa Corte pu� essere investita della questione 
della compatibilit� col diritto comunitario di norme F{i legge o della prassi 
amministrativa prevalente in uno Stato membro. L'uno � quello della procedura 
ex art. 169 del Trattato, avviata dalla Commissione. L'altro � quello della 
domanda pregiudiziale ex art. 177 proposta da un giudice di quello Stato in 
un procedimento in cui sia parte la competente autorit� dello Stato. In entrambe 
le procedure lo Stato interessato fruisce di garanzie che ad esso sono negate 
quale semplice interveniente in una causa pregiudiziale instaurata da un giudice 
di un altro Stato membro. In primo luogo, la lingua processuale sar� quella 
in cui sono abituati a lavorare i suoi funzionari ed i suoi esperti giuridici. In 
secondo luogo, esso avr� avuto, almeno di norma, la possibilit� di preparare 
in modo approfondito la propria argomentazione e di esporla (compresi tutti 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 531 

una determinata dausola nel foro 1contratto .per illndurre li!l giudice itaHano 
'a ipronundar,si sul purnto. U caTattere :a11tificioso di questa costru2lione 
� resa pi� evidernte dal fatto ohe l'jmrpresa Danzas m.on ha fatto 
uso dei rimedi offurti dail diritto faiancese contro l'imposfaiorne al consumo, 
ipur avendone ,tutto I'i[])teresse, wsta Ila dlausoLa 1contira:ttuale da 
cui era anch'essa !legata, e che, iper Idi pi�, il Fowlia ha pagato 1senza 
iprotesitare iLa .fattu~a di detta 1impresa, 1comprendernte un'importo ve11sato 
a titolo dell'imposta hl questione. 

i mezzi di prova ritenuti rilevanti) alla Commissione o al giudice nazionale, 
ancor prima che venga adita questa Corte. 

Se � esatto il punto di vista, da me espresso in precedenza, che pu� �accadere, 
occasionalmente, che il giudice di uno Stato membro, per decidere una 
causa dinanzi ad esso pendente, si trovi nella necessit� di pronunziarsi sulla 
compatibilit� col diritto comunitario della legge di un altro Stato membro e 
che, in tal caso, correttanwne detto giudice sottopone a questa Corte una o 
pi� questioni pregiudiziali, si deve ammettere che, in tale situazione, il secondo 
Stato membro venga privato delle garanzie cui ho fatto riferimento. Se c'�, 
per�, una controversia effettiva fra le parti del procedimento dinanzi al giudice 
principale, detta mancanza di garanzie deve, a mio avviso, essere tollerata; 
in primo luogo per evitare un pi� grave diniego di giustizia nei confronti di 
dette parti e, poi, perch� in quel caso lo Stato membro interessato diverrebbe, 
normalmente, non l'unico o il principale protagonista per quanto riguarda una 
parte, ma l'alleato di una delle parti. Naturalmente la possibilit� che quella 
parte non compaia dinanzi alla Corte di giustizia o che, quand'anche compaia, 
le sue ragioni vengono dedotte male, sussiste, ma sussiste allora come una delle 
inevitabili imperfezioni della procedura giudiziaria, non perch� vi sia stato abuso 
di detta procedura. 

Nelly cause cui, in proposito, ha fatto riferimento la Commissione, cio� 
la causa 22/76 Import Gadgets c/ L.A.M.P. (Racc. 1976, pag. 1371) e la causa 
52/77 Cayrol c/ Rivoira (Racc. 1977, pag. 2261), non v'era ragione di ritenere che 
non sussistesse una controversia effettiva fra le parti. 

La causa 244/78 Union Laiti�re Normande c/ French Dairy Farmers Ltd. 
(12 luglio 1979, non ancora pubblicata nella Raccolta) si trova, ritengo, gi� 
sulla linea di confine, poich� parti erano una societ� madre e la sua affiliata, 
e non pare che la societ� figlia abbia conteso con molto vigore. Non risulta 
sia stata dibattuta la questione della ricevibilit� della domanda pregiudiziale. 
Dalla sentenza appare, tuttavia, che la Corte ha affrontato il caso con molta 
cautela, pronunziandosi su una soltanto delle questioni sottoposte dal giudice 
nazionale, per il motivo che la pronunzia su tale questione sarebbe stata sufficiente 
a consentire al giudice nazionale di decidere la causa. Qui, invece, il 
problema della ricevibilit� della domanda pregiudiziale � sollevato, per quanto 
indirettamente, dalla quarta questione sottoposta dal Pretore. 

Una serie di precedenti pu� sembrare inconciliabile, almeno in parte, con 
quanto ho detto. il la serie che inizia con la causa 33/70 SACE c. Ministero delle 
Finanze della Repubblica Italiana (Racc. 1970, pag. 1213), comprende le cause 
18/71 Eunomia c. Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica italiana 
(Racc. 1971, pag. 811), la causa 43/71 Politi c. Ministero delle Finanze della Repubblica 
italiana (ibidem, pag. 1039), la causa 2/73 Geddo c. Ente Nazionale Risi 
(Racc. 1973, pag. 865), e la causa 162/73 Birra Dreher c. Amministrazione delle 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

11. -�La fumione ohe J'airt. 177 del T�l'a1Jt:ato affida ailJla Corre di 
giustizia � quehla di fomia:-e ati. giudici dclla Comunit� gJi elementi di 
mtenpretJazJione deil diritto 1oomunitario lloro necessari per la so!luzione 
di controversie . effettirve Joro sottoposte. Se, mediante aoc�rigiment:i, dcl 
tipo di quel1li sopra descritti, fa Corte fosse obbligata a (PI"On'Ul1Zi.a1vSli., 
si a11000herebbe ipregiudizlio ali �sistema deiJ!l'inSli.e.me dei paesi 1gimisdi2Ji.
ona.1i di oui diSlpOil!gono i �singoli ip�r_ tuteJaJl's:i contro 1I'aipplicazione di 
leggi fisc.ali contrarie allile norme deil Trattaito. 
Finanze dello Stato (Racc. 1974, pag. 201) e termina con la causa 70/77 Simmenthal 
c. Amministrazione delle Finanze dello Stato (Racc. 1978, pag. 1453). 

Comune a tutte queste cause � che la Corte era adita mediante domanda 
di pronunzia pregiudiziale da parte di giudici italiani e che, in ciascun caso, 
l'ordinanza di rinvio era emessa nell'ambito di procedimenti di tipo ingiuntivo 
(a quanto pare �in base agli artt. 633 e segg. del codice italiano di procedura 
civile), col risultato che l'intimato non era sentito dal giudice italiano prima 
dell'emissione dell'ordinanza. Cionondimeno la Corte ha in ciascun caso ritenuto, 
implicitamente o espressamente, che la domanda di pronunzia pregiudiziale 
fosse ricevibile. Nella causa Simmenthal la Corte ha tuttavia osservato che 
� pu� eventualmente risultare necessario, nell'interesse di una buona amministrazione 
della giustizia, che ia questione pregiudiziale sia .posta solo in seguito 
ad un dibattito in contraddittorio �. 

Debbo confessare che non trovo questa serie di precedenti molto soddisfacente, 
per quanto io stesso, nel caso Simmenthal, l'abbia accolta, considerando 
che essa esprimesse la regola da applicare. 

In nessuna delle due prime cause sembra _essere stata discussa la questione 
della ricevibilit�. Nella prima, la causa SACE, si trova un breve riferimento 
a detta questione nelle conclusioni dell'avvocato generale R�imer (a pag. 1227), 
che pare aver assimilato il procedimento di ingiunzione italiano al procedimento 
tedesco per ottenere un provvedimento provvisorio, procedimento questo 
di cui si trattava nella causa 29/69 Stauder c. Citt� di Ulm (Racc. 1969, pag. 419). 
La sentenza della Corte non contiene alcun accenno alla questione. Nella seconda 
causa, la causa Eunomia, non si parla affatto del problema, n� nelle conclusioni 
dell'avvocato generale, n� nella sentenza della Corte, sebbene, come rileva 
l'avvocato generale Dutheillet de Lamothe nelle conclusioni presentate nella 
terza causa, la causa Politi, la Corte sembri aver preso in considerazione il problema 
nel punto della motivazione relativo alle spese (un punto cos� oscuro 
da sfuggire all'attenzione della sezione inglese del nostro servizio di traduzi�ne, 
qu�do la sentenza venne tradotta in inglese). Nella causa Politi, sulla base 
della limitata forza di quei due precedenti, l'avvocato generale Dutheillet de 
Lamothe considerava la questione definita (vedi Racc. 1971, pag.. 1054) e la Corte 
accoglieva la sua tesi (vedi ibidem pag. 1048). In causa Geddo l'avvocato g�nerale 
Trabucchi ritornava sul punto (vedi Racc. 1971, pag. 892-893), che la Corte, per�, 
ignorava nella sentenza. Veniva poi la causa Birra Dreher, in cui l'avvocato 
generale Mayras sosteneva legittimamente che la questione era gi� stata definita 
dai p::ecedenti, in particolare dalla sentenza della Corte in causa Politi e dalle 
conclusioni dell'avvocato generale Trabucchi in causa Geddo (vedi Racc. 1974, 
pag. 220-221). La Corte si pronunziava conformemente. C'� infine la causa Simmenthal, 
nella quale, sebbene non abbastanza ardito :i>er affermare, come pro 
babilmente avrei dovuto, che i precedenti erano insoddisfacenti e da riconsi



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 533 

12. -Ne consegue �che ;le questiioni poste dal giudiice nazionale, 
tenuto conto ,cieJ:le circostanze della fattisipecie, non 'rientrano nelil'"'1Ubito 
dei compirti giiurisdiziona11i assegnati alla Corte di giustizia dallfart. 
177 del Trattato. 
13. -La Corte Idi giusti:cia non � qrui!DJdi ,competente a pronunziarsi 
'sullJle questioni proposte da!l girudice .nazJionale. (omissis). 
derare, rilevavo almeno (citando la causa 52/76 Benedetti c. Munari, Racc. 1977, 
pag. 163) che una procedura di tipo non contraddittorio, adottata dai giudici 
italiani in relazione all'art. 177, sebbene, secondo i precedenti, valida, non era 
ne�essariamente auspicabile (vedi Racc. 1978, pag. 1484). A ci� faceva eco la 
Corte nel passo da me citato. 

L'adozione di una tale procedura di carattere non contraddittorio significa 
non solo che all'intimato si nega la possibilit� di dedurre le proprie ragioni 
dinanzi al giudice nazionale �prima del rinvio pregiudiziale, ma anche che il 
rinvio viene effettuato prima che il giudice nazionale abbia avuto la P.ossibilit� 
di verificare se, in effetti, le parti controvertano su una questione di diritto 
comunitario. In ci� i precedenti citati non attengono alla tesi che sto ora avanzando. 
V'� per� da osservare che, in ciascuna fattispecie di detta serie di precedenti, 
eccetto la causa Eunomia, al momento dell'instaurazione del procedimento 
davanti alla Corte, sussisteva una vera controversia fra le parti su una 
questione di diritto comunitario e c'era un convenuto effettivo (generalmente 
�indicato come il Governo italiano) per dibatterne davanti alla Corte. Nella causa 
Eunomia il problema, semplicemente, non venne considerato. In nessuna fattispecie, 
del resto, si trattava di una legislazione diversa da quella italiana. 

Un'altra causa problematica � la Benedetti c. Munari cui ho gi� fatto riferimento. 
L� pendeva davanti ad un Pretore italiano un procedimento con �arattere 
contraddittorio, ma, a quanto pare, non sussisteva, fra le parti; un vero 
contenzioso. La loro effettiva controversia era con l'AIMA, un ente pubblico 
italiano. Il Pretore ordinava l'intervento dell'AIMA, ma disponeva un rinvio a 
questa Corte prima di sentire l� stessa AIMA. Anche in questo caso quindi il 
giudice sottoponeva una domanda pregiudiziale senza aver prima individuato 
una questione di diritto comunitario sulla quale le parti contendessero. L'AIMA 
non era rappresentata dinanzi a questa Corte, ma i suoi interessi erano curati 
dal Governo italiano. Risulta chiaramente dalla sentenza che la Corte trov� 
la procedura insoddisfacente. Come avrebbe fatto pi� tardi nella causa Union 
Laiti�re Normande, essa ricusava di risolvere tutte le questioni. sottoposte con 
l'ordinanza di rinvio. Nell'insieme non mi sembra che la causa Benedetti c. 
Munari sia, per il presente problema, un precedente chiaro, n� in un senso, 
n� nell'altro. 

Non credo pertanto che, secondo un'analisi rigorosa, Lor signori si discosterebbero 
da nessuna precedente pronunzia di questa Corte se ritenessero che 
la Corte non ha competenza in base all'art. 177 per pronunziarsi in una fattispecie 
in cui fra le parti non sussista alcuna controversia su nessuna questione 
di diritto comunitario ed in cui non siano in gioco altri interessi che i loro; 
penso pertanto che Lor signori dovrebbero decidere in questo senso. 

Avendo assunto, sulla fattispecie, la posizione esposta, non ritengo di �overmi 
imbarcare nella discussione delle altre questioni proposte alla Corte dal 
Pretore e, pertanto, me ne astengo. 



534 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 marzo 1980, 
neilila ICla!USa 61/79 -Pres. ~utJsoher -Avv. Gen. Reisohil -Domanda 
di ipronuncia ip.reg1iudi2liaile proposta da:I T'ribunale di M:ill01I10 nella 
causa Amministrazione Finanze c. Denkavit italiana s.r.l. (avv. G. M. 
Ubel'tJaz:zJi e F. Cape!l[i) -lirlterv.: Governo danes'e (ag. Laohmann), 
Governo Iitail.iano (avv. Stato Marzano) e Commiss.ione delle Comunit� 
'ewopee {iaig. Fabro): 

Comunit� europee -Unione doganale -Tasse di effetto equivalente ai 
dazi doganali -Fine del periodo transitorio -Abolizione -Efficacia 
diretta -Sentenza interpretativa della Corte di Giustizia ai sensi 
dell'art. 177 del trattato -Portata. 
(Trattato CEE, artt. 13 e 177). 

Comunit� europee -�nione doganale -Tasse di effeto equivalente a dazi 
doganali non dovute -Contestazioni e richieste di rimborso da parte 
dei contribuenti -Rinvio all'ordinamento giuridico nazionale -Limiti. 
(Trattato CEE, art. 13). 

Comunit� europee -Unione doganale -Tasse all'importazione indebitamente 
percepite -Traslazione della tassa sull'acquirente della mere.e Richiesta 
di rimborso da parte dell'importatore -Limiti derivanti dal 
diritto interno -Compatibilit� con il diritto comunitario. 
(Trattato CEE, artt. 12 e segg.). 

Comunit� europee -Unione doganale -Tasse indebitamente riscosse Restituzione 
al contribuente -Aiuti concessi dagli Stati -Differenze. 
(Trattato CEE, artt. 12 e seg. e 92). 

L'efficacia "diretta dell'art. 13, n. 2, del Trattato CEE, implica la 
possibilit� di proporre, dalla fine del periodo transitorio, alle autorit� 
amministrative o giurisdizionali degli Stati membri, a seconda dei casi, 
ricorsi diretti contro tasse nazionali di effetto equivalente a dazi doganali, 
o domande di rimborso di dette tasse, anche per il periodo anteriore 
al momento in cui tale qualificazione � risultata dall'interpretazione 
data dalla Corte di giustizia nell'ambito dell'art. 177 del Trattato {1). 

(1-6) La restituzione di somme indebitamente riscosse come forma di risarcimento 
rilevante nell'ambito dell'ordinamento comunitario. 

1. -Le questioni decise dalla Corte di Giustizia con le due sentenze in 
rassegna (e delle quali la difesa del Governo italiano ha chiesto ed ottenuto 
una unitaria trattazione nella fase orale del giudizio di interpretazione pregiudiziale) 
costituiscono espressione di un unico problema di fondo, sulla individuazione 
del criterio da adottare, nell'ambito dell'ordinamento comunitario, 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALI! 535 

Spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro di determinare 
a quali condizioni i contribuenti possano contestare l'errata 
imposizione di una tassa nazionale di effetto equivalente a un dazio 
doganale o rnclamarne il rimborso, purch� tali condizioni non siano 
meno favorevoli di quelle relative ad analoghi ricorsi di natura interna 
e non rendano prat,icamente impossibile l'esercizio dei diritti attribuiti 
dall'ordinamento giuridico comunitario (2). 

Nulla impedisce, dal punto di vista del diritto comunitario, che i 
giudici nazionali tengano conto, conformemente al proprio diritto interno, 
della possibilit� che tasse indebitamente percepite abbiano potuto 
essere incorporate nei prezzi dell'impresa assoggettata alla tassa e trasferite 
sugli acquirenti �{3). 

L'obbligo. a carico dell'amministrazione di uno Stato membro di 
restituire. ai contribuenti che ne facciano domanda, conformemente al � 
dirittq nazionale, tasse od oneri non dovuti. poich� incompatibili col 
diritto comunitario, non costituisce aiuto ai sensi dell'art. 92 del Trattato 
CEE .(4). 

II 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 27 marzo 1980, 
ne111e rca'l.llse ri1mi:ite 66, 127 re 128/79 -Pres. Kutscher -Avv. Gen. Reisohl Domande 
di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte di Cassazione 
0.rtalliaina nelllie <Oa1UJse Armmi.rni,strazione Finanze c. s.r.l. Meridionale 
industria sailurmi, c. ddrtta F.illi Vasarneilili e c. 1dliitta F.illi rntroochi 
(avv. G. M. Ubertazm, F.� Caipelili, L. Cimasohi). foterv.: Governo 
italiano {avv. Stato Maaarno) e Commiss�one delle Comunit� europee 
(ag. Alessi). 

Comunit� europee -Corte di giustizia . Sentenze emesse su domanda 
di pronuncia pregiudiziale -Natura ed effetti ordinari ed eccezionali. 

(Trattato CEE, art. 177). 

Comunit� europee . � Riscossione di tasse ed oneri erroneamente non 
percepiti -Rinvio all'orotnamento gil.uridico nazionale -Limiti. 

(Trattato CEE, art. 5). 

L'interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla 
Corte di giustizia nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dal-

nelle ipotesi in cui una errata interpretazione della normativa comunitaria, di 
carattere generale e comune alle due parti del rapporto doganale, abbia dato� 
luogo a pagamenti non dovuti o a mancata riscossione di somma dovuta. 

L'impostazione di principio proposta per il Governo italiano, e gi� a suo 

tempo commentata in occasione de1la causa 33/76, REWE (MARZANO, Sulla ripe


6 I 



536 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'art. 177 chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e 
la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed 
applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la 
norma cos� interpretata pu�, e deve, essere applicata dal giudice anche 
a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa, 
se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare 
alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all'applicazione 
di detta norma. Soltanto in via eccezionale la Corte pu� essere 
indotta, nella sentenza stessa che risolve la questione d'interpretazione, 
a limitare la possibilit� .per gli interessati di far valere la disposizione 
in tal modo interpretata per rimettere in discussione rapporti giuridici 
sorti e costituiti anteriormente (5). 

Non sarebbe conforme al diritto comunitario una normativa nazio


_nale speciale, relativa alla riscossione delle tasse e degli oneri comunitari, 
che attribuisse all'amministrazione nazionale, per la riscossione di 
dette tasse, poteri pi� �limitati di quelli ad essa attribuiti per la riscossione 
di tasse o di oneri nazionali dello stesso tipo (6). 

I 

(0n1issis). � A. � Le osservazioni del Governo italiano. -Dopo aver 
ricordato che le questioni pregiudiziali sono state proposte nell'accordo 
delle parti al procedimento principale, il Governo della Repubblica italiana 
rimanda alle osservazioni da esso stesso presentate nella causa 66/79, 
avente ad oggetto una questione pregiudiziale sottoposta dalla Corte di 
cassazione italiana con ordinanza 11 gennaio 1979. Tali osservazioni sono 
state, in sostanza, riassunte come segue nella parte � in fatto � della sentenza 
nelle cause riunite 66, 127 e 128/79 (Amministrazione delle finanze 
dello Stato c. Salumi, Vasanelli e Ultrocchi). 

tibilit� delle so11Jme indebitamente corrisposte per tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali, in questa Rassegna, ,1977, I, 70) risulta dalla sopra trascritta 
parte in fatto della prima sentenza in rassegna (riprodotta negli stessi termini 
della seconda sentenza); e la sua validit� � stata nei due giudizi contestata 
dalla difesa della Commissione delle Comunit� �europee, nonostante fossero 
state espressamente evidenziat"e la esigenza di un criterio � comunitario � di 
soluzione, e la utilit�, inoltre, della segnalata impostazione di principio non 
per la sola ipotesi di indebita riscossione di tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali, ma anche quando le somme di cui si pretenda la restituzione siano 
state riscosse in base a norme comunitarie dichiarate poi invalide dalla Corte 
di Giustizia delle Comunit� europee. 

L'impostazione proposta per il Governo italiano � stata criticata dalla 
difesa della Commissione delle Comunit� europee anche all'udienza di discussione 
orale del 25 ottobre 1979, lo stesso giorno, cio�, in cui la Commissione 
depositava in Cancelleria' le proprie osservazioni per Ja causa 130/79, EXPRESS 
DAIRY FooDs Lm., di seguito trascritte, e neHe quali risulta invece sostenuta, 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 537 

Le questioni soiHevate nelle cause 66, 127 e 128/79 e nella causa 61/79, 
pur l'iguaroando disposizioni del Trattato diverse -e cio� l'art. 177 nelle 
cause riunite 66, 127 e 128/79 e gli artt. 13 e 92 nella causa 61/79 -hanno 
lo stesso oggetto, cio� se una disposizione di diritto comUil!itario debba 
essere app1i!cata a fatti anteriori ad una sentenza della Corte di giustizia, 

,� conformemente aU'interpretazfone da essa datane nella sentenza stessa. 
Il problema di principio sollevato nei due gruppi di cause si era 
gi� presentato in occasione del procedimento 33/76 Rewe (Raoc. rpag. 1989), 
ailmeno per quanto concerne l'obbligo di restituire somme indebitamente 
riscosse. Con la sentenza Rewe, resa il 16 dicembre 1976, la Corte non 
aveva, per�, avuto motivo di pronu[lciarsi sulila questione sottopostale 
esplicitamente nella presente causa. 
Sulla portata nel tempo della sentenza interpretativa. 
Richiamando e criticando le tesi dedotte nella causa 33/76, il Governo 
italiano sottolinea, in particolare, che la soluzione da esso proposta derivava 
da1la sentenza 8 aprile 1976 nella 'Causa 43/75 (Defrenne, Racc. 
pag. 455). In quella sentenza la Corte ,pur dichiarando l'efficacia diretta 

e sulla base delle stesse arg~mentazioni, soluzione di principio analoga a quella 
gi� da vari anni sostenuta dalla difesa del Governo italiano. 

2. -La questione di fondo esaminata nelle due sentenze in rassegna � 
stata medio tempore riproposta dalla Corte di Cassazione con ordinanza del 
5 novembre 1979 (J?rima cio� della pubblicazione delle due sentenze); e tale 
ulteriore rinvio pregiudiziale, sollecitato dalla parte privata del giudizio di 
merito, ha fornito alla difesa del Governo italiano una utile occasione per 
precisare la propria impostazione di principio, e di sottolineare in particolare, 
e sempre nel proposito di ricercare una soluzione � comunitaria � e non discriminatoria 
del problema di fondo, la esigenza di risolvere il problema in termini 
di responsabilit� per la � illecita � riscossione, di danno e di risarcimento 
(ammissibile se ed in quanto un danno sia stato in concreto subito): 
prospettiva che consentirebbe di ricondurre nell'ambito di una visione unitaria 
le varie ipotesi di indebita riscossione di somme, e di adottare una unica, imparziale 
e soddisfacente soluzione del problema (indifferente alle divergenti 
normative di diritto interno), e che risulta anch'essa fatta gi� propria, nelle 
osservazioni presentate neiJ..la causa 66/80, INTERNATIONAL CHEMICAL, dalla Commissione 
della Comunit� europea. 
In attesa che sia pubblicata l'ulteriore sentenza che dovr� rendere in argomento 
Ja Corte di Giustizia (nella causa ,826/79), e con riserva di ulteriore commento 
della questione, si ritiene quindi utile pubblicare qui di seguito le os� 
�servazioni presentate nella nuova causa di interpretazione pregiudiziale, e 
inoltre, per utile riferimento, ~e osservazioni presentate daUa Commissione dclle 
Comunit� europee nella causa :130/79 (espressamente richiamate nella memoria 
del Governo italiano). � 

3. -Con il provvedimento di rinvio il giudice nazionale ha chiesto alla 
Corte di giustizia delle Comunit� europee di pronunciarsi sulle seguenti questioni: 
a) se -alla stregua dei principi ispiratori dell'ordinamento comunitario 
in tema di libera circolazione delle merci, di corretto giuoco della concorrenza, 
di non discriminazione fiscale ed in particolare alla stregua delle regole dettate 



538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dell'art. 119 del Trattato CEE, ne ilimitava l'applicazione nel tempo al 

periodo suocessirvo alla data della sentenza, salvo nei confronti dei lavo


ratori che avessero gi� promosso un'aZJione giudiziaria o proposto un 

reclamo equipollente. 

Secondo il Governo italiano, i criteri adottati nella causa Defrenne 
sono validi anche per casi come quello di specie. Se la limitazione dell'efficacia 
diretta dell'art. 119 � stata decisa per sole ragioni di opportunit�, 
il riconoscimento deJ dfritto alla restituzione di somme versate in 
un momento in cui non era stato accertato trattarsi di tasse di effetto 
equivalente a dazi doganaH, ma, invece, si �riteneva comunemente che gli 
importi in questione non avessero tale natura, risulta incompatibile non 
solo con gli scopi dell'art. 13, n. 2, del Tirattato CEE, ma anche con quelli 
del diritto comunitario derivato, a motivo dell'ulteriore alteraz;ione che ne, 
risulterebbe negli scambi intracomunitari. 

Prendendo in esame la tesi, espressa, in particolare, dall'avvocato generale 
nella causa 33/76 (Rewe, Raoc. pag. 2006), secondo cui la fattispecie 
a!H'origine della causa non � analoga a queHa sottostante alla sentenza 
Defrenne, il Governo italiano ritiene resti da verificare se, tenuto conto 

dagli artt. 9, 12 e 13, 92, 93 e 95 del Trattato, e con riferimento al sistema di 
garanzie assicurato dall'ordinamento stesso, in specie dagli artt. 171, 177 e 189 
del trattato, alle situazioni soggettive tutelate da quei principi e da quelle 
regole -debba reputarsi incondizionatamente consentito o incondizionatamente 
vietato, oppure permesso entro determinati limiti ed a date condizioni (individuandosi 
in1 quest'ultimo caso quali siano tali limiti e condizioni e quale 
sia il giudice, comunitario o nazionale, competente ad accertarne la sussistenza 
in concreto) che gli m:1dinamenti nazionali, eventualmente anche in modi tra 
loro difformi, ricolleghino alla riscossione in sede di importazione, prevista 
da proprie disposizioni, di imposizioni vietate da norme comunitarie come eventualmente 
poi interpr�tate dal giudice nazionale, prima, e dalla Corte di giustizia, 
dopo la legittimazione per il solvens a ripetere dallo Stato percettore, 
con o senza accessori, quanto indebitamente pagato; . 

b) se e quali :-nel caso di soluzione del precedente quesito nel senso 
della esistenza di un divieto di ripetizione -misure costitutive, idonee a rendere 
concreta la tutela davanti al giudice nazionale , del diritto del solvens 
leso dal non dovuto pagamento, siano compatibili con l'ordinamento comunitario. 


4. -La questione di principio proposta dal giudice nazionale � gi� nota 
alla Corte di giustizia, dinanzi alla quale � stata gi� discus$a, nelle cause 
riunite 66/79, 127/79 e 128/79 (e con riferimento ad analoghi quesiti proposti 
dalla stessa Corte di Cassazione), all'udienza del 25 ottobre 1979. 
Nella discussione della causa pendente dinanzi al giudice nazionale, perci�, 
la difesa della ricorrente Amministazione ha segnalato la opportunit� di differire 
la trattazione della causa, evitandosi un ulteriore rinvio pregiudiziale, 
per attendere la pubblicazione della sentenza che la Corte di giustizia si � 
riservata di emettere in argomento. 4 

La difesa della parte privata, peraltro, ha insistito perch� la Corte di giustizia 
fosse nuovamente .investita della questione di principio; e il giudice 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 539 

delle discrimina:zJioni derivanti dai differenti termini nazionalri di prescri


zione e di decadenza, non si debba riconoscere, anche in considerazione 

di quanto disposto dall'art. 6, n. 2, del Trattato, all'onere finanziario con


seguente all'obbligo deHa restituzione, la stessa rilevanza attribuita nella 

causa Defrenne alle pregiudiziali conseguenze di una retroattivit� totale. 

.Si tratta, quindi, di verificare,� in primo luogo, se, in seguito ad una 

sentenza della Corte che respinga un'interpretazione fino ad allora -comu


nemente ammessa, gli operatori economici si vedano riconoscere il diritto, 

non esericitato in precedenza, di non pagare determinati dazi e contri


buzioni. Seguendo fo stesso ordine di idee, si tratta, poi, di verificare se, 

irn circostanze analoghe, gli Stati membri si vedano riconoscere il diritto 

di pretendere somme che prima ritenevano non dovute, allorch� da una 

sento/1za della Corte risulti che, in realt�, esse erano legittimamente 

esigiloili. 

Per quanto qmcerne la prima ipotesi, la soluzione pu� apparire 

agevole se ci si riferisce alle norme che disciplinano, in ciascun ordina


mento na2lionale, la condictio indebiti. Un riferimento del genere al diritto 

nazionale ha quindi emanato, ai sensi dell'art. 177, terzo comma, del trattato 
CEE, l'ordinanza sopra indicata. 

5. -La soluzione proposta dal Governo italiano � stata gi� commentata 
nella trattazfone delle cause riunite 66/79, 127/79 e 128/79 (discusse insieme 
alla causa 61/79); ed � quindi sufficiente, ai fini della presente memoria, ed in 
�attesa dell� sentenza che la Corte di giustizia si � gi� riservata di emettere, 

richiamare quanto rilevato nella memoria depositata nelle sopra indicate cause 

e quanto osservato, inoltre, nella relativa fase orale. 

6 -L'insistenza della parte privata della causa principale per un ulteriore 

interessamento della Corte di giustizia, ed il conseguenziale ulteriore prov


vedimento di rinvio pregiudiziale hanno peraltro fornito una utile occasione 

per segnalare, in armonia con la impostazione di principio gi� adottata in 

precedenti occasioni, altre questioni rilevanti ai fini in esame, e la cui valuta


zione pu� risultare utile per una verifica della soluzione da adottare. 

Al giudice nazionale �, stato infatti chiesto, come risulta anche dal pr�v


vedimento di rinvio, di proporre le seguenti questioni: 

a) se nell'accertamento della eventuale violazione di norme comunitarie 
assuma rilievo la normativa di diritto interno, o se la eventuale� violazione 
di norme comunitarie debba essere accertata con esclusivo riferimento alla 
normativa comunitaria, e quindi considerandosi il solo fatto in cui si concreta 
la violazione quali che siano le disposizioni di diritto interno in ba5e alle 
quali tale fatto sia stato commesso; 

b) se la violazione di norme comunitarie possa o no avere, nell'ambito 

dell'ordinamento comunitario, differenti conseguenze, per le Istituzioni comu� 

nitarie, per i singoli Stati membri, e per i cittadini comunitari, a seconda 

delle particolari disposizioni tli diritto interno di ciascuno degli Stati membri; 

e) se la violazione di norme comunitarie consistente nella riscossione 
di somme non dovute comporti l'obbligo dello Stato membro di risarcire il 
danno subito dal singolo in conseguenza dell'illecito, o se alla restituzione 
di somme che siano state indebitamente corrisposte (nella comune ed errata 



540 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

nazionale condurrebbe, tuttavia, a soluz;ioni divergenti, dato che la possi� 
bilit� di una restituzione, come �rivela la �sentenza 26 giugno 1979 (causa 
177/78, Pigs and Bacon Cominission c. McCarren Ltd., non ancora pubblicata) 
pu� addirittura essere esclusa dalle norme di diritto interno. 

La solu21ione deve, quindi, essere trovata nell'ambito dell'ordinamento 
giuridico comunitario. L&J'.'estituzione di somme riscosse per diritti riconosciuti 
di effetto equivalente ai dazi doganali deve ammettersi solo a 
decorrere dalla sentenza della Corte di giustizia che ha dichiarato ii 
diritto riscosso di effetto equivalente ai dazi doganali, o, eventualmente, 
da!lla data della direttiva della Commissione ai sensi dell'art. 13, n. 2, del 
Trattato CEE. 

A sostegno di questa tesi il Governo italiano deduce che la portata 
del concetto di tassa di effetto equivalente non � stata definita dal Trattato. 
Alla progressiva abolizione delle tasse di effetto equivalente ai dazi 
doganali si sarebbe dovuto provyedere, a norma deM'art. 13, n. 2, del 
Trattato, ad opera degli Stati membri durante il periodo transitorio e 
secondo un ritmo determinato dalla Commissione medfante direttive ispi


convinzione che fossero dovute) �debba essere provveduto, secondo il diritto 
comunitario, indipendentemente dal tempo trascorso dalla riscossione ed anche 
quando il relativo onere sia stato gi� a suo tempo trasferito a terzi; 

d) per l'ipotesi di soluzione positiva del secondo quesito e nel caso 
in cui il terzo quesito debba essere risolto sulla base del diritto nazionale 
di ciascuno Stato membro, se ricorrano o no ragioni di equit� e di sicurezza 
giuridica,� tali da limitare l'obbligo della restituzione, quando l'adempimento 
di tale obbligo comporterebbe per un singolo Stato membro, sulla base 
della normativa nazionale, un esborso finanziario di centinaia di miliardi a 
carico delle finanze statali e si tratti di somme pagate dai singoli operatori 
in un intero decennio e di somme il cui onere sia stato gi� all'epoca del 
pagamento trasferito a terzi. 

7. -La rilevanza di .tali questioni risulta dalla stessa formulazione de~ 
quesiti; e si auspica quindi che la Corte di giustizia voglia tener conto, oltre 
che delle significative considerazioni svolte n�lla motivazione del provvedimento 
di rinvio, anche delle questioni proposte nella causa principale dalla 
difesa dell'Amministrazione ricorrente. 
La rilevanza di principio della questione gi� a suo tempo proposta dal 
Governo italiano (quella cio� sulla stessa ammissibilit�, nell'ambito dell'ordinamento 
comunitario, di una restituzione, ad anni ed anni dalla data della 
indebita riscossione, di somme il cui onere sia stato gi� alla data del pagamento 
trasferito a terzi) risulta sempre pi� avvertita, del resto, in ambito 
comunitario, e con riferimento sia a pagamenti imposti da norme comunitarie 
sia a pagamenti dovuti in base a disposizioni di diritto interno; cos� come 
risulta sempre pi� avvertita, ed anche nelle sentenze della Corte di giustizia 
(come ad esempio in quella resa il 4 ottobre 1979), la esigenza di discutere 
in termini di �responsabilit�� e di �danno�, e quindi la �sigenza di ammet� 
tere un � risal'cimento � soltanto se ed in quanto un � danno � sia stato effettivamente 
subito e documentato dal singolo; ed � certo significativo, a tale 
proposito, che la impostazione di _principio gi� in precedenti occasioni pro� 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 541 

rate alle norme previste dall'art. 14, nn. 2 e 3 ed alle direttive del Consiglio 
in applicazione di detto art. 14, n. 2. �, in effetti, notorio che la 
Commi,ssione ha provveduto in concreto all'individuarione delle tasse di 
effetto equivalente, in base, in un primo tempo, ad un esame analitico 
delile informazioni fornite dagli Stati membri in risposta ad un questionario 
specifico ed in seguito in base ad autonoma valutazione. Tale lavoro, per 
quanto riguarda i sei Stati membri originari, non � stato ancora completato, 
bench� il periodo transitorio sia ormai da parecchi anni interamente 
decorso e per quanto riguarda le imposizioni dei nuo\'i Stati membri, 
� stato appena iniziato. 

In materia di p()litica agricola comune i regolamenti hanno contemplato 
d~rettamente l'incompatibilit� della riscossione delle tasse di effetto 
equiva<lente con l'applicazione del regime dei prelievi, prima ancora che 
la Commissione adottasse la prima direttiva in materia, in data 15 ottobre 
1963, e senza 1ohe oi fossero, quindi, indicazioni o precisazioni tali 
da� permettere l'identificazione di dette tasse. 

�Iil Governo italiano pone l'accento sulle esitazioni degli uffici della 
Commissione e sul fatto che � stato necessario che la Corte precisasse, 
attraverso una continua evoluzione della sua giurisprudenza, quali requi� 

posta dal Governo italiano � stata fatta propria dalla stessa Commissione 
delle Comunit� europee, e con le stesse argomentazioni, nella memoria pre. 
sentata per la causa 130/79: memoria di cui si ritiene utile, per comodit� 
di consultazione, allegare copia alle presenti osservazioni. 

8. -Come si � gi� rilevato in precedenti occasioni,� si tratta in effetti 
di una questione di diritto comunitario che non pu� essere limitata alla sola 
ipotesi di somme riscosse in base a norme di diritto nazionale risultate poi 
incompatibili con la normativa comunitaria, ma investe ogni. caso di riscossione 
non consentita nell'ambito dell'ordinamento comunitario, e quindi anche 
l'ipotesi di riscossione alla quale sia stato provveduto in base a norme comunitarie 
successivamente dichiarate invalide; e la questione assume particolare 
rilievo, anzi, e maggiormente valida appare la soluzione gi�. in precedenti 
occasioni sostenuta, proprio in questa seconda ipotesi, anche in ragione dei 
possibili pregiudizievoli riflessi che un eventuale incondizionato obbligo di 
restituzione determinerebbe nella regolamentazione dei rapporti finanziari tra 
Stati membri e Comunit� europee. 
Va tenuto presente, inoltre, che la questione di principio in esame non 
pu� essere risolta, come gi� la stessa Commissione delle Comunit� europee 
ha ammesso nelle conclusioni presentate per la causa 130/79, con l'applicazione 
del regolamento del Consiglio n. 1430/79, (che entrer� oltretutto in vigore 
soltanto il 1� luglio 1980), in quanto le norme di tale regolamento, del tutto 
analoghe a disposizioni gi� contemplate nelle legislazioni doganali dei singqli 
Stati membri, sono riferite ad ipotesi diverse da quella in discussione. 

9. -Una volta accertato che la norma (nazionale o comunitaria) in base 
alla quale siano state riscosse somme � in contrasto con il diritto �comunitario, 
assume in definitiva esclusivo rilievo il � fatto vietato � della riscossione non 
consentita, con il conseguente obbligo di rispondere di tale fatto nei confronti 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

542 

siti debbano ricorrere per poter riconoscere ad una tassa o ad un diritto 
riscossi all'importazione effetto equivalente a quello dei dazi doganali. 
Cos� stando le cose non si pu� imputare al?Jlti Stati membri la responsabilit� 
del mantenimento in vigore delle tasse di effetto equh'.alente fino alla 
pronunzia della sentenza d'interpretazione. Bisognerebbe, altrimenti, �ritenere, 
che ciascun funzion~rio doganale avrebbe dovuto autonomamente 
stabilire qualii fossero le conseguenze deWefficacia diretta del divieto di 
tasse di effetto equivalente, prima ancora che la Commissione adottasse 
le direttive appropriate e prima della sentenza interpretativa delila Corte. 

H Governo italiano sostiene; inoltre, che sussiste una differenza fra il 
diritto del singolo di non pagare una tas,sa' di effetto equivalente, derivante 
da una norma comunitaria direttamente applicabile e l'obbligo 
di restituzione a carico dello Stato, obbligo risultante non tanto dalla 
disposizione direttamente applicabile, quanto, piuttosto, daHa constatata 
situazione di � inadempimento�. H concetto di inadempimento, a motivo 
deHe finalit� istituzionali delle Comunit�, sembra avere, in diritto comunitario, 
una portata diversa da quella rilevante per il diritto interno. Lo 

del singolo che ne sia rimasto danneggiato (e nei soli limiti, quindi, del danno 
effettivamente subito). 

Discutere in termini di "fatto vietato>>, "responsabilit��, �obbligo di risarcimento
� e "danno>>, oltre a �risultare coerente con i dati reali di fatto 
della questione (e a prevenire conseguenze n,on agevolmente conciliabili con 
i princ�pi ai quali � ispirata la normativa comunitaria), consente in effetti 
di ricondurre nell'ambito di una unitaria prospettiva le varie ipotesi di indebita 
riscossione di somme, e di fornire una unica e soddisfacente soluzione 
del problema� di fondo, senza far dipendere la tutela del singolo, in concreto, 
dalle differenziate normative di diritto interno, ed assicurando al teinpo stesso 
un indiscriminato trattamento sia ai singoli Stati membri sia ai cittadini 
comunitari (senza distinzioni di nazionalit�). 

Al singolo operatore non interessa, invero, che il divieto di riscuotere 
determinate somme sia stato violato in base a norme comunitarie invalide 

o in applicazione di norme di diritto interno incompatibili con la normativa 
comunitaria, nessuna differente conseguenza pratica potendo nell� due i.pot.:!si 
derivare nelle sue relazioni commerciali o nei rapporti con i suoi aventi 
causa; e� se una restituzione pu� risultare non dovuta quando sia stato provveduto 
al pagamento in base a norma comunitaria dichiarata poi invalida, 
(e quindi quando il pagamento, come sembra desumibile dalla sentenza 13 
febbraio 1979, nella causa 101/78, Granaria, non si sarebbe potuto in precedenza 
rifiutare), a maggior ragione dovrebbe il rimborso potersi escludere per 
somme pagate in base a norme di diritto interno incompatibili con la normativa 
com�nitaria, per somme, cio�, che il singolo operatore avrebbe potuto 
ab initio rifiutarsi di pagare. 
10. ~ Nell'ambito della delineata impostazione di principio, non pu� negarsi 
rilevanza, in definitiva, al fatto che l'onere dei diritti inedebitamente pagati 
sia stato da anni trasferito ai terzi acquirenti dei prodotti importati, che 
il singolo operatore non abbia in effetti subito un reale pregiudizio per effetto 
dell'indebito pagamento, e che una restituzione delle somme in suo favore 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 543 

Stato inadempiente non � stato obbligato dalle istituzioni comunitarie a 
recuperare gli aiuti od i ristorni all'esportazione concessi violando le 
norme comunitari~. Un ulteriore argomento � tratto dalla nota n. 75425312 
della Commissione del 30 maggio 1975, diffusa in seguito alia sentenza 
12 novembre. 1974 nella causa 34/74 (Roquette, Racc. pag. 1217) e concernente 
l'interpretazione dell'art. 4 bis, n. 2, del regolamento del Consiglio 

n. 974/71. In tale nota la Commissione riteneva che, a motivo delle particaJari 
oi11costanze del caso di specie, gli Stati membri non fossero 
obbligati a recuperare le somme che non avrebbero-dovuto essere erogate 
se l'articolo di cui trattasi fosse stato inte11pretato nel senso indicato 
dalla Corte. Ne consegue fogicamente ohe, nell'ambito di uno stesso rapporto 
~iuridko e con dferimento ad una stessa norma comunitaria, non 
si pu� usare un criterio diverso a seconda ohe certe somme debbano 
essere recuperate o restituite dalle autorit� nazionali. L'obbligo di restituzione 
non deve, quindi, essere considerato necessaria conseguenza della 
riscossione indebita. 
Iil Governo italiano rileva che la soluzione proposta si ispira aila 
sentenza nella causa 43/75 (Defrenne, cit.), in cui la Corte ha fatto, sia 

si risolverebbe in un imprevisto maggior margine di utile, senza alcuna giusti


fica economica, e con discriminazione, a seconda delle divergenti normative 

di diritto interno, definita � scandaleuse � dalla stessa Commissione delle Comu


nit� europee. 

Va d'altra parte contestata l'ipotesi, talora pure avanzata, che l'importa


tore rimanga esposto a richieste di rimborso dei suoi aventi causa (e che tale 

eventualit�_ possa perci� giustificare una restituzione in suo favore), essendo 

ovvio che la quota di prezzo corrispondente al diritto doganale indebitamente 

pagato non ha, nei -rapporti con i terzi, un'autonoma rilevanza, della quale 

possa l'acquirente valersi per pretendere un rimborso. 

Cos�-come va negato che una traslazione dell'onere �sia impedita quando 

si tratti di prodotti da vendere a prezzo vincolato, essendo evidente che nella 

determinazione di tale prezzo vincolato � stato gi� tenuto conto proprio del 

diritto doganale indebitamente -pagato (in quanto considerato, per errore 

comune all'Amministrazione ed all'importatore, legittimamente applicabile). 

11. -Va infine tenuto presente, in-concreto, che il divieto di riscuotere 
-i 
diritti di cui si discute nella causa di merito si sarebbe dovuto desumere, 
secondo princ�pi venuti in evidenza dal 1972 in poi (e nell'ambito di un 
orientamento giurisprudenziale non ancora del tutto definito), da norme comunitarie 
entrate in vigore negli anni 1963-1964; che l'onere dei diritti in questione, 
pagati e riscossi nella comune convinzione che fossero dovuti, � stato gi� da 
anni ed anni trasferito a carico dei terzi acquirenti dei prodotti ed in 
definitiva a carico dei consumatori � (e quindi a carico degli stessi soggetti 
sui quali dovrebbe gravare, in quanto contribuenti, l'onere della restituzione 
che fosse in ipotesi dovuta); che la richiesta di restituzione, nella quale si 
discute nelle numerosissime controversie pendenti in argomento dinanzi ai 
giudici nazionali, � stata per lo pi� avanzata negJi anni 1973-1974; che le somme 
da restituire; per miliardi e miliardi di lire, si riferiscono quindi, essendo 
applicabile in materia la prescrizione decennale, a tutti i pagamenti eseguiti 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

pure �in via eccezionale�, una distinzione esplicita fra la constatazione 
deH'iinaidempimento e l'obbligo di eliminare retroattivamente gli effetti 
pregiudizievoli prodotti dall'inadempimento stesso. Le ragioni che hanno 
indotto la Corte a discostarsi dal principio dell'eificaicia meramente dichiarativa 
delle sue sentenze, cio� le conseguenze di carattere economico, il 
comportamento degli Stati membri, la mancata iniziativa della Commissione 
e l'erronea opinione sull'effi!caoia della normativa comunitaria 
appilicabiile, valgono ugualmente nel campo delle tasse di effetto equivalente 
a dazi doganali ed, in generale, nel caso di somme riscosse in base 
ad una erronea interpretazione della normativa comunitaria. 

Le conseguenze di cai.iattere economi!co discendono da una restituzione 
simultanea d~ somme riscosse per anni senza aliouna contestazione e nella 
convinzione che dovessero essere pagate; il pregiudizio sarebbe variabile 
e discriminatorio, a seconda dei termini di prescrizione e di decadenza 
previsti da ciascuna legislazione nazionale. J:l comportamento degli 
Stati membri e la mancata iniziativa della Commissione hanno analoga 
rrlevanza, poich� il pagamento e la riscossione deHe somme di cui trattasi 

a partire dagli anni 1963-1964; e che sulle somme richieste in restituzione, e 
che taluni giudici hanno ritenuto gi� di dover rivalutare per effetto della 
svalutazione monetaria intervenuta c�.al 1964 ad oggi, sarebbero inoltre dovuti 
gli interessi al saggio del tre per cento "semestrale� e, per gli ultimi anni, 
al saggio del sei per cento � semestrale �. 

12. � Un attuale ulteriore approfondimento delle questioni proposte nel. 
l'ordinanza di rinvio, come si � gi� sbpra rilevato, appare peraltro superfluo 
in questa sede, in attesa di conoscere la pronuncia che la Corte di giustizia 
si � riservata di emettere per le cause 66/79, 127/79 e 128/79. 
Dalla impostazione di principio sopra riassunta risulta evidente, del resto, 
la risposta proposta per i quesiti del giudice nazionale e per quelli formulati 
nella causa di merito dall'Amministrazione interessata (v. sentenze 265/78 e 
68/79). 

Allo stato comunque, e cCln riserva delle ulteriori indicazioni che risulteranno 
in seguito possibili, si propone di affermare in diritto, secondo la 
sintetica formula gi� utilizzata per l'analoga recente causa 811/79, che la resti� 
tuzione di somme corrisposte dall'importatore in applicazione di norme comunitarie 
dichiarate poi invalide o sulla base di norme di diritto interno incompatibili 
con la normativa comunitaria pu� essere chiesta soltanto se ed in 
quanto l'importatore abbia subito uri danno in conseguenza dell'indebito pagamento, 
e soltanto nei limiti del danno effettivamente subito. 

AIRTUIRO MARZANO 

Conclusioni presentate dalla commissione delle Comunit� europee nella 
causa 130/79 (ag. Wainright). 

(omissis) 

III. Obligation de restituer 
8. La seconde question pos�e par la High Court soul�ve le probl�me generai 
de l'effet d'un arret de la Cour disant pour droit qu'une taxe communautaire 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 545 

sono stati effettuati nella comune e pacifica convinzione che non vi fosse 
violazione della normativa comunitaria. Tale argomentazione assume par� 
ticolare rilievo a proposito del regime dei diritti di visita sanitaria, a 
ragione della sua complessit�. Soltanto nel 1970, quando la normativa 
comunitaria sulle organizzazioni comuni dei mercati nel settore �dei vari 
prodotti soggetti a visita sanitaria era gi� da molti anni entrata in vigore, 

,,la Commissione assumeva iniziative in materia nei confronti di due soli 
Stati membri, iniziative rimaste per circa sette anni senza alcun concreto 
seguito e che SOI].~ state riattivate soltanto dopo le varie sentenze rese 
dalla Corte di giustizia. 

Sui trasferimento in avanti della tassa litigiosa. 

Iil Governo itali~no rileva, poi, che la restituzione delle somme corri� 
sposte alie Comunit� Europe� o agli Stati membri in conseguenza di 
una erronea inte11Pretazione della normativa comunitaria sarebbe causa 
di un effettivo al'.1ricchimento degli operatori interessati o, pi� esattamente, 
di un maggiore ed imprevisto margine di guadagno, avendo essi 

a �t� ill�galement instaur�e. La r�ponse � cette question d'ordre g�n�ral ne 
saurait etre donn�e in abstracto, �tant donn� qu'elle est fonction de la nature 
de la truce, des circonstances dans lesquelles elle a �t� instaur�e ainsi que � 
des motifs et de la formulation de l'arret de la Cour. Supposons que la Cour 
dise pour droit que la fixation d'une taxe � un niveau donn� n'est pas valide 
parce qu'elle enfreint le principe sup�rieur de droit consacrant l'interdiction 
de discrimination (1). Eri pareil cas, l'institution responsable peut avoir la 
facult�, en application de l'arret de la Cour, de r�instaurer la taxe � un 
niveau inf�rieur, pour se conformer � l'exigence de non-discrimination �nonc�e 
par la Cour. 

Supposons encore qu'un r�gime obligeant les fabricants d'aliments pour 
animaux � y incorporer du lait �cr�m� d�tenu par les organismes d'inter� 
vention soit consid�r� par la Cour comme �tant � la fois disproportionn� et 
discriminatoire (2). En raison des particularit�s du regime qui autorise express�ment 
les fabricants des aliments pour animaux � r�percuter l'augmentation 
des couts sur leurs acheteurs, il se peut, selon l'argumentation de la Com� 
mission (3) sur laquelle la Cour n'a pas encore statu�, que la restitution 
doive etre limit�e � la. partie des couts qui n'a pas �t� r�percut�e sur la 
client�le. 

9. Les montants compensatoires per�us ou octroy�s dans le cadre des 
�changes intracommunautaires sont consid�r�s, en mati�re de financement, 
comme faisant partie des interventions destin�es � la r�gularisation des mar� 
ch�s agricoles (4). Le syst�me de financement de la politique agricole commune 
pr�voit que les Etats membres sont charg�s d'effectuer les op�rations et d'ar� 
(1) Voir arl'et du 29 octobre 1978, affaires jointes 103 et 145/77, Recueil 1978, p. 2037. 
(2) Voir arret du 9 juillet 1977 dans l'affaire 114/76 et autres, Recueil 1977, p. 1211. 
(3) Voir arret du 13 f�vrier 1979 dans l'affaire 101/78 (Granaria), Recueil 1979, p. 632. 
(4) R�g!ement (CEE) n. 974/71 du Conseil, article 7, paragraphe 2, te! que modifi� par 
le r�glement (CEE) n. 2746/72 du Conseil. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

546 

gi� compreso gli importi corrispondenti nel calcolo dei loro costi di 
produzione. 

Una restitutio in integrum che si rivelerebbe, in effetti, pi� dannosa 
del pregiudizio che dovrebbe a suo mezzo essere indennizzato � da escludere 
ugualmente alla luce della normativa comunitaria in materia di concorrenza. 
La� restituzione si risolverebbe in urn aiuto agli operatori naziio-~ 
naili che hanno trasferito sui propri clienti !!onere loro indebitamente 
imposto ed irn un ulteriore danno per gli esportatori deglii altri Stati 
membri che hanno gi� sub�to il danno effettivo costituito dalla riduzione 
delle loro operazioni d'esportazione. Secondo �l Governo italiano, l'eliminaZJione 
retroattiva di una disparit� di trattamento che ha gi�, di fatto, 
influito in modo irreversibile sulle relazioni commerciali assoggettandole 
ad un regime diverso da quello voluto dal legislatore comunitario, produrrebbe 
un effetto contrario agli obiettivi perseguiti dalle norme comunitarie, 
nella specie la libera circolazione delle merci nel territorio comunitario 
ed un regime di libera concorrenza fra gli operatori economici 
interessati. Va riconosciuta rilevanza, quindi, al principio secondo cui 

reter les mesures l�gislatives et administratives n�cessaires (5). Certaines r�gles 
ont �t� adopt�es au niveau commi.;nautaire en ce qui concerne le remboursement 
des droits de douane, d�finis comme comprenant les montants compensatoires 
(6). Ces dispositions pr�voient le remboursement des droits sup�rieurs, 
pour un motif quelconque, � ceux qui �taient l�galement � percevoir, � la 
condition que la demande de remboursement soit d�pos�e avant l'expiration 
d'.un d�lai de trois ar�s � compter de la date de la � prise en compte" desdits 
droits par l'aut<;>rit.� charg�e du recouvrement. Lesdites dispositions n'entrent 
toutefois pas en vigueur avant le ler juillet 1980 et il n'apparait pas non 
plus clairement qu'elles couvrent le cas dans lequel un' droit est per�u selon 
!es r�gles mais sur la base d'un acte l�gislatif d�clar� ult�rieurement non 
valide (7). 

:10. Dans l'affaire dont il est question ici, la Cour a d�clar� que le r�glement 
de la Commission �tablissant des montants copensatoires mon�taires sur le 
Iactos�rum en poudre �tait inv�lide parce qu'il ne r�pondait pas � une des 
conditions d'instauration de MCM pr�vus par le r�glement du Conseil sur 
lequel il �tait fond�. Il n'existe donc aucun fondement juridique habilitant 
la Commission � fixer des montants compensatoires � quelque niveau que 
ce soit et le r�gime de montants compensatoires ne pr�voit pas non plus 
de dispositions particuli�res relatives � la r�percussion des charges ou des 
avantages sur !es acheteurs. Dans un te! cas, il reste � savoir si un particulier, 
qui a �t� oblig� de' verser un tel montant compensatoire, a droit � 

(5) Voir r�glement (CEE) n, 729/70 du Conseil, notamment ses articles 4, 8 et 9, 
(6) R�glement (CEE) n, 1430/79 du C�nseil, notamment article ler, paragraphe 2, 
point b, article 2, paragraphe 2, et article 14. Voir �galement r�glement (CEE) n. 1697/79 
du Conseil concernant le recouvrement des droits. 
(7) Cf. le second consid�rant du r�glement n. 1430/79 qui �voque une � erreur de calcul 
ou de transcription � ou la � prise en consid�ration d '�l�ments de taxation inexacts... en 
ce av; concerne l'esp�ce, la valeur ou l'origine ... �. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA _E INTERNAZIONALE 547 

cessante ratione legis, cessat et ipsa lex ed all'esigenza dd non applicare 

le norme comunitarie in contrasto con le finalit� da esse perseguite. 

Per quanto concerne l'ipotesi analoga, ma inversa, in cui l'erronea 

interpretazione della normativa comunitaria non ha fatto riscuotere dirdtti 

doganali invece dovuti � certamente meno agevole, ad avviso del Governo 

italiano, ritenere rhlevanti gli argomenti fatti valere a proposito della 

prima ipotesi. Una differenza fondamentale � costituita dal fatto che la. 

riscossione di somme dovute,"che, per errore, non sono state preceden


temente liquidate e riscosse � conforme alla funzione ed alle finalit� della 

normativa interpretata erroneamente e che l'errore dell'amministrazione 

costituisce proprio il normale e necessario presupposto della rdchiesta di 

pagamento swppiletivo. Non si pu�, tuttavia, esdudere a priori che il prin


cipio cessante ratione legis, cessat et ipsa lex possa risultare rilevante 

anche quando si tratti di recuperare, a distanza di anni e con possibil� 

irreversibile pregiudizio degli interessati, diritti doganali che si sarebbero 

dovuti riscuotere. Argomenti in tal senso si possono trarre dalla succitata 

nota della Commissione e dalle norme di talune proposte di regolamento 

un remboursement � automatique �. La Commission est d'avis qu'un tel droit 
n'existe pas. � . 

11.� Cette question doit etre tranch�e en premier lieu selon les principes 
du droit communautaire. En effet, le droit au remboui:sement d�coule en 
l'esp�ce d'une d�claration d'invalidit� d'une disposition de droit comi:nunautaire. 
Les cons�quences, qui peuvent etre extremement compl�xes, doivent 
donc etre r�glement�es de mani�re identique dans l'ensemble de la Communaut�, 
compte tenu des objectifs de la l�gislation communautaire et des r�per


.cussion g�n�rales, tant sur le plan �conomique que sur le plan admfoistratif. 
.L'objectif devrait etre de trouver une solution v�ritablement communautaire, 
pour �viter les divergences qui pourraient apparaitre si la solution de ce 
probl�me �tait laiss�e au droit interne (par exemple, la diff�rence de traitement 
en ce qui concerne la r�pe.rcussion d'une taxe, voir paragraphe 14 cidessous). 


Cette question est � distinguer du probl�me que pose la diversit� des r�gles 
de proc�dure, notamment en ce qui concerne les d�lais pr�vus par la droit 
national pour que les particuliers puissent faire valoir leurs droits � r�p�ter 
les montants de taxes indument per�ues. Ainsi que la Cour l'a consid�r� tant 
� propos d'une disposition communautaire (8) que d'une taxe nationale (9) 
d�clar� contraires au droit communaut�ire, le droit national est applicable 
en l'absence de r�gle communautaire expresse en la mati�re. Toutefois, les 
raisons qui ont amen� la Cour � appliquer le droit �national pour. r�soudre 
les questions de proc�dure ne s'appliquent pas v�ritablement lorsqu'il s'agit 
de droit mat�riel. 

12. Cette premi�re conclusion �tant tir�e, il est � noter que le l�gislateur 
communautaire peut arreter des r�gles sp�cif�ques r�gissant les cons�quences 
(8) Affaire 26/74 (Roquette contre Commission), Recueil 1976, p. 677, en particulier 
p. 686. 
(9) Voir notamment affaires 33/76 (Rewe) et 45/76 (Comet), Recueil 1976, p. 1989. Voir 
toutefois �galement affaire 118/76 (Balkan contre HZA Berlin-Packhof), Recueil 1977, p. 1177. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEI.LO STATO

548 

gi� presentate, in proposito, dalla Commissione. Anche la comune convinzione 
degli operatori economiici e delle autorit� doganali potrebbe 
essere presa in considerazione, poich�, in tal caso, soltanto gli oneri 
ritenuti dovuti in base al:l'interpretazione erronea sono stati trasferiti sui 

terzi dagli operatori economici interessati, quali costi inclusi nell'ammon-� 
tare del prezzo. 

Secondo H Governo italiano, H principio della tutela dell'affidamento 
non pu�, per�, giustificare tale soluzi~e. poich� nessun onere di corretta 
interpretazione, maggiore o diverso da quello riferiMle a qualsiasi altro 
soggetto di diritto, grava sugli Stati membri, n� sussiste a carico dell'operatore 
interessato akun obbliJgo giuridico di adeguarsi ad una interpretazione 
in ipotesi inesatta. Iil principio dell'afl�idamento non pu� essere 
fatto valere a proposito dell'applicazione di norme che hanno la stessa 
forza vincolante tanto per g}li Stati quanto per i singoli. 

In conclusione, il Governo ita:Hano propone alla Corte di dichiarare 
ohe al diritto di non pagare e al dovere di riscuotere non sono necessadamente 
corrispondenti, nell'ordinamento comunitario, l'obbligo di resti


pratiques d'une d�claration d'invalidit� par la Cour. II p9urrait donc, tant 
en ce qui concerne !es r�gles de droit mat�riel que !es r�gles de proc�dure, 
Iimiter le �roit au remboursement d'une taxe dont la base l�gale a �t� d�clar�e 
non valide par la Cour. En principe, meme une mesure ad hoc adopt�e � 
la meme fin par le l�gislateur devrait etre possible, � condition �videmment 
qu'elle ne soit pas contraire aux principes g�n�raux du droit. � 

II convient toutefojs d'admettre que dans I'affaire envisag�e ici, le J�gislateur 
communautaire -c'est-�-dire la Commision -s'est abstenu de faire 
usage de cette facult�. II n'est pas n�cessaire d'examiner !es raisons de cette 
abstention. II suffit de dire que la .Commission n'a pas pr�vu, avant d'etre 
au courant de la pr�sente affaire, que la question pourrait se poser sous 
une forme aussi aigue. Abstraction faite donc de la question de savoir si 
la Commission pourrait toujours adopter une telle mesure quelque 18 mois 
apr�s l'arret rendu par la Cour et compte tenu de la pr�sente proc�dure, 
la question pos�e par le juge national requiert une r�ponse. 

13. Dans quelles conditions la restitution d'une taxe communautaire per�ue 
sans aucune base l�gale pourrait-elle etre refus�e? En l'esp�ce, il apparait 
certain que la taxe a �t� r�percut�e par l'exportateur sur son acheteur. 
II est �galement �vident que la demande ed remboursement (10) a �t� pr�sent�e 
(comme le permet le droit anglais, � la diff�rence du droit de nom(
10) A la connaissance de la Commission, !es d�lais pr�vus pour pr�senter une r�clamation 
dans !es memes circonstances que celles de l'esp�ce varient consid�rablement 
selon !es Etats membres: 
Italie IO ans 
Royaume-Uni et Irlande 6 ans 
Belgique 
Danemark 5 ans 
Pays-Bas . 2 mois 
France .. ~:-� 
Allemagne i:~:: !:: 

. . -I 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 549 

tuire e, rispettivamente, l'obbligo di provvedere al recupero delle somme 
non riscosse e che la corretta applicazione retroattiva della normativa 
comunitaria pu� essere pretesa, qualora una errata interpretazione, di 
carattere generale e comune alle due parti del rapporto doganale, abbia 
dato luogo medio tempore a pagamenti non dovuti o a mancata riscossione 
di somme dovute, soltanto a deco11rere dalle date il). cui siano intervenute 
la competente interpretazione della normativa comunitaria e la 
competente individuazione di profili di contrasto tra tale normativa e le 
disposizioni di diritto interno (omissis). 

IN DIRITTO. 1. -Con ordinanza del 1� marzo 1979, pervenuta nella 
cancelleria della Corte il 13. aprile seguente, il Tribunale civile e penale 
di Milano ha posto, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CEE, due questioni di 
interpreta21ione degli artt. 13, n. 2,, e 92 del Trrattato CEE, relative al 
diritto dei contribuenti di ottenere la restituzione di imposte nazionali 
incompatiibi1li col diritto comunitario da loro pagate. 

2. -Le questioni hanno il seguente tenore: 
� A) Se sia compatibile con la normativa comunitaria, e in particolare 
con la ratio stessa degli artt. 13, n. 2, e 92 del Trattato CEE, la 
restituzione delle somme riscosse per di:ritti doganali (nella specie diritti di 
visita sanitaria) prima della loro q�alificazione da parte delle istituzioni 
comunitarie come tasse di effetto equivalente a dazi doganali ed il cui 

breux Etats membres) cinq ans environ apr�s la perception de la taxe et 
� la suite de l'arret rendu par la Cour dans l'affaire 131/77. 

14. Il convient de noter d'abord que le droit des Etats membres ne r�gle 
pas de fa�on identique la question de la r�percussion de la taxe. Le droit 
danois comporte une disposition pr�cisant que la restitution d'une taxe ill�galement 
per�ue n'est n�cessaire que dans la mesure o� la tax~ n'a .pas �t� 
� r�percute� (11). 

1 

L'on trouve �galement une conception similaire dans la jurisprudence d'un 
autre Etat membre (12): toutefois, en r�gle g�n�rale -sauf �en droit danois le 
fait d'avoir r�percut� une taxe ne constitue pas en soi une raison suffisante 
pour en refuser le remboursement, dans le cadre d'une action du type � condictio 
indebiti� (� restitution �). Il serait donc difficile d'appliquer une r�gle 
diff�rente en droit communautaire. 

(Il) KARNOV LOVSAMLING, OTTENDE UDGAVE, s. 2101, point III Tilbagesogning af erlagte 
ydelser. 

(12) L'Allemagne. Voir d�cision du Bundesverwaltungsgericht du 18.12.1973 (publi�e dans 
NJW 1974, page 2247): � Auch der offentliche rechtliche Erstattungsanspruch ist durch Treu 
und Glauben begrenzt �. 

550 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

onere sia stato gi� a suo tempo trasferito a cadco degli acquirenti dei 
prodotti importati; 

B) Se la normativa comunitaria ed in partic:olare gli a:rtt. 13, n. 2, 
e 92 del Trattato' CEE si oppongano a oi� che, dal divieto e daiH'abolizione 
delle tasse di effetto equivalente ai dazi, discenda un diritto d,ei 
singoli a chiedere la restitu2Jione delle somme da essi i!I]debitarnente 
pagate allo Stato e che reciprocamente lo Stato abbia iUegittimamente 
Pi-scosso a titolo di tasse di effetto equivalente, successivamente a:l:l'abolizione 
di mli tasse ad opera deil diritto comunitario ma prima de1la loro 
qualificazione c.ome tasse di effetto equivalente ai dazi doganali ad opera 
delle itituzioni comunitarie�. 

,3. -Esse sono poste nell'ambito di una causa, instaurata nel 1978, 
ohe oppone la ditta Denkavit Italiana all'Amministrazione italiana delle 
Finanze a proposito dell'importo di 2.783.140 lire, versato da detta impresa 
fra il 1971 ed il 1974 a titolo di tasse sanitarie, conformemente all'art. 32 

15. Cette conclusione n'empeche cepertdante pas la Cour d'appliquer, par 
analogie, la deuxi�me alin�a de l'article 174 du trait� CEE et de pr�ciser 
quels sont ceux des effets des r�glements qu'elle a d�clar� invalides qui doivent 
etre consid~r�s comme d�finitifs (13). Il pourrait y avoir des circonstances 
particuli�res susceptibles d'amener la Cour, comme elle l'a d�j� fait en reconnaissant 
l'effet direct d'une disposition du Trait� (14), � limiter l'application 
de sa d�claration d'invalidit� en statuant, par exemple, en ce sens que le 
remboursement d'une taxe d�clar�e ill�gale doit etre limit�e aux r�clamations 
d�j� pr�sent�es aux autorit�s nationales avant la date de l'arrete de la Cour. 
Ce faisant, la Cour appliquerait un principe analogue � celui reconnu par 
le drnit constitutionnel allemand (15) et italien (16), selon !eque! !es d�cision 
administratives d�finitives et non susceptibles de recours qui sont fond�es 
sur une disposition d'une loi d�clar�e nulle ne sont pas remises en cause. 
Compte tenu dcli effets similaires d'une d�claration d'invalidit� au titre de 
l'article 177 et d'une annulation au titre de l'article 173 (voir partie II cidessus), 
la n�cessit� d'une application par analogie de l'article 174 deuxi�rne 
alin�a dans le cadre d'une proc�dure au titre de l'article 177, n'est gu�re 
contestable. 
Le fait que l'arret rendu dans l'affaire 131/77 ne comportait aucune 
limitation de ce g�nre, ne devrait. pas empecher la Cour d'ajouter une telle 
r�serve � un stade ult�rieur dans une autre affaire concernant la question 

�de 
la non-validit�, comme c'est effectivernent le cas en l'esp�ce. En effet, il 
convient de se rappeler que !es cons�quences �d'une d�claration d'invalidit� 
ne sont souvent pleinernent appr�ci�es qu'apr�s l'arret de la Cour, avec cette 

(13) Cette possibilit� semble admise en principe par I'avocat g�n�ral Capotorti dans ses 
conclusions du 23 janvier 1979, � la page 12, dans I'affaire 101/78 (Granaria) d�j� cit�e. 
(14) Voir affaire 43/75 (Defrenne), d�j� cit�e. 
(15) Artide 79 paragraphe 2 de la Ioi sur le tribuna! constitutionnel f�d�ral (Gesetz ilber 
das Bundesverfassungsgericht). 
' (16) Corte di Cassazione, sezioni unite civili, 22-6-1963, n. 1707 in Foro italiano 1963, 1352. 
.Corte Costituzionale, 29-12-1966, n. 127 in Foro italiano' �1967, page I. 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 551 

dEil Testo Unico 27 luglio 1934, n. 1265, relativo alle leggi sanitarie (Sup-� 
plemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1934, n. 186). 

4. -Esse riguavdano, in sostanza, la sussistenza e la portata dell'obbligo 
per gli Stati membri che abbiano riscosso tasse o tributi nazionali, 
riconosciuti in seguito incompatibili col diritto comunitario, di restituirli 
a I'iichiesta del contribuente. 
5. -Nelle sue osservazioni scritte il Governo italiano pone in rilievo 
i gravi inconvenienti finanziari che risulterebbero, per gli Stati membri, 
dall'obbligo di rimbol'.'sare agli operatori economici tasse e tributi nazionali, 
pel'.'cepiti e vel'.'sati nel comune convincimento che fossero conformi 
al diritto comunitario, allorich�, trascorsi talvolta ailcuni anni, l'interpretazione 
del diritto comunitario data dalla Corte di giustizia. nell'ambito 
dell'art. 177 del Trattato rivelasse aHe autorit� ed ai giudici nazionali 
una incompatibilit� che non era evidente, inducendoli, in forza della preminenza 
del diritto comunitario, a rifiutare l'applicazione delle disposizioni 
nazionali in questione. 
cons�quence que la n�cessit� de limiter les effets d'un arret n'apparait souvent 
qu'a posteriori (17). 

16. Dans l'affaire envisag�e, il semble qu'une limitation des effets de la 
non-validit� par une d�claration de la Cour faite en vertu de l'article 174 
deuxi�me alin�a pourrait etre justifie�. L'effet cumul� de la r�percussion de 
la truce et de la possibilit� qu'offre le droit anglais de r�clamer un remboursement 
de nombreuses ann�es apr�s la d�claration d'invalidit� conduit � une 
situation tr�s peu satisfaisante pour la Communaut�. La diff�rence de traitement 
entre op�rateurs de la Communaut�, qui d�coule en premier lieu des 
diff�rences entre les r�gles de proc�dure (d�lais), devient particuli�rement 
frappante, voire scandaleuse, lorsqu'il s'agit d'un avantage d�pourv� de toute 
justification �conomique. Alors que dans les Etats membres o� les d�lais 
sont tr�s brefs, le remboursement du montant compensatoire mon�taire est 
effectivement limit� aux op�rateurs qui ont consid�r� d�s le d�part que la 
truce �tait injustifi�e et qui ont pr�sent� des r�clamations avant l'arret de 
la Cour, dans les Etats membres qui pr�voient de longs d�lais, les op�rateurs, 
bien que n'ayant subi aucun dommage du fait de la perception de la truce, 
pourraient retirer de l'arret de la Cour des avantages qu'on ne peut qualifier 
que d'� aubaines '" Ces paiements d�pourvus de justification �conomique devraient 
en outre etre faits aux d�pens du contribuable europ�en. Enfin, il 
ne faut pas oublier que le probl�me ne se limite pas � la pr�sente affaire. 
D'autres demandes de remboursement dans des affaires similaires peuvent 
encore etre introduites aupr�s des tribunaux des Etats membres qui appliquent 
de longs d�lais. 
(17) Si cet argument n'�tait pas accept�, les institutions communautaires seraient pratiquement 
forc�es � chaque fois que se pose une questione de validit� dans le cadre de la 
proc�dure pr�vue par l'article 177, de demander en derni�re ressource l'application de 
l'article 174 deuxi�me alin�a. 
7 



552 RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELLO STATO 

6. -Cos� sarebbe specialmente per quanto riguarda un gran numero 
di tasse -in particolare di controllo sanitario -riscosse alle frontiere, 
il cui effetto equivalente a quello di un dazio doganale vietato dai! Trattato 
� venuto alla IUJce soltanto progressivamente nell'ambito dell'interpretazione 
di tale nozione data dalla Corte di giustizia. La stessa Commissione 
si sarebbe resa conto delle necessit� di termim notevolmente pi� lunghi 
di quelli originariamente previsti -cio� la fine del periodo transitorio per 
individuare pi� di 500 tipi di tributi e determinare se avessero o no 
il carattere di tasse di effetto equivalente a dazi doganali. 
7. -Il Governo italiano insiste anche sulle notevoli differenze, da 
uno Stato membro all'ailtro, nelle condizioni dri. esercizio del diritto di 
agire in giudizio per contestare imposizioni pretese o riscosse irregolarmente 
� per recuperare imposte pagate indebitamente. Le differenze sarebbero 
tali da essere causa, a loro volta, di � una situazione di squilibrio �, 
17. A la lumi�re de ces consid�rations, une solution satisfaisante et �quitable 
serait de limiter, sous r�serve de tout d�lai plus bref pr�vu par le 
droit interne, la restitution des montants compensatoires mon�taires per�us 
sur les �changes de lactos�rum en poudre, aux r�clamations pr�sent�es aux 
autorit�s nationales comp�tentes avant le 3 mai 1978, en l'absence de preuves 
fournies par le plaignant aux fins d'�tablir qu'il n'a pas �t� en mesure de 
r�percuter la taxe sur son client. La Commission est n�anmoins consciente 
des difficult�s que la Cour pourrait �prouver pour arriver � une telle solution. 
Dans l'�ventua!it� o� la Cour ne pourrait aller aussi loin que le sugg�re la 
Commission, celle-ci demande que la Cour formule sa r�ponse � la question 
tr�s g�n�rale pos�e par le juge national de fa�on � ne pas exclure la possibilit� 
que la Cour ou le l�gislateur apportent, dans un cas d'esp�ce appropri�, 
certaines limitations � une d�claration de non-validit�. 
IV. Int�r�ts 
18. La troisi�me question pos�e par la juridiction nationale est-celle de 
l'app!ication du droit communautaire aux int�rets pouvant etre dus sur des 
montants ill�galement per�us. 
La r�ponse � cette question est � rechercher dans les arguments d�j� 
avanc�s dans !es pr�sentes observations au sujet de la deuxi�me question. 
Ainsi que la Cour l'a elle-meme consid�r�, � � d�faut de dispositions communautaires 
sur ce point, il appartient actuellement aux autorit�s nationales 
de r�gler, en cas de restitution de redevances indi�ment per�ues, toutes questions 
accessoires ayant trait � cette restitution, telles que le versement �ventuel 
d'int�rets ,, (18). 

Il n'existe pas de dispositions communautaires r�gissant le versement 
d'int�rets sur les montants indi�ment per�us dans le cadre de la politique 
agricole commune (19). 

(18) Arr�t rendu dans l'affaire 26/74, d�j� cit�e, point n. 12 des motifs. 
(19) Une proposition de la Commission de f�vrier 1973, en vue de l'adoption d'un r�glement 
du Conseil �tablissant des r�gles relatives aux int�r�ts des montants vers�s et remboursables, 
a actuellement �t� retir�e, en raison de difficult�s juridiques et techniques. 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 553 

in danno degli operatori economici, del. tutto analoga a quella originata 
dalla percezione indebita. 

8. -Il Governo italiano osserva infine che le tasse indebitamente 
riscosse sono state, per la loro stessa natura, trasferite nei prez:zi dagli 
operatori economici che le hanno versate, cos� da ricadere in definitiva 
sui consumatori finali. Il loro rimborso agli operatori costituirebbe un 
arricchimento ingiustificato e si tradurrebbe, in realt�, in un aiuto. 
9. -Le precedenti considerazioni portano il Governo italiano alla 
conclusione che si. debba raffigurare la sussistenza di un principio generale 
di diritto comunitario secondo il quale la restituzione di somme riscosse 
a titolo di tributi riconosciuti di effetto equivalente a dazi doganali si 
pu� ammettere soltanto per importi riscossi posteriormente alla sentenza 
della Corte di giustizia che ha identificato il tipo di tassa in questione 
quale tassa di effetto equivalente. La necessit� di un principio del genere 
sarebbe stata del resto riconosciuta dalla Corte di giustizia nella sua 
sentenza dell'8 aprile 1976 (causa 43/75, Defrenne c. Sabena, Racc. pag. 455) 
ed esso indurrebbe a ritenere che al diritto del singolo di non pagare la 
La question de savoir si des int�rets doivent etre vers�s et, dans l'affirmative, 
� partir de quelle date et � quel taux est donc une question de droit 
interne (20). 

V. Conclusions 
En conclusion, la Commission propose � la Cour de donner les r�ponses 
ci-apr�s aux questions qui lui ont �t� soumises en vue d'une d�cision pr�judicielle: 


1. A la lumi�re de l'arret de la Cour de justice du 3 mai 1978 dans 
l'affaire 131/77, les r�glements de la Commission �tablissant des montants 
compensatoires mon�taires sont invalides dans la mesure o� ils �tablissent 
de tels montants en ce qui concerne les �changes de lactos�rum en poudre. 
2. Les autorit�s comp�tentes des Etats membres sont tenues de rembourser 
les sommes per�ues en vertu desdits r�glements. En l'absence de la preuve 
que l'imposition n'a pas �t� r�percut�e sur la client�le, les remboursements 
doivent toutefois etre limit�s aux cas dans lesquels des r�clamations ont �t� 
pr�sent�es � cet effet aux autorit�s avant le 3 mai 1978, sous r�serve de 
d�lais ou de dispositions de proc�dure plus restrictifs, pr�vus par le droit 
interne. 
3. A d�faut de dispositions communautaires, la question des int�rets 
aff�rents aux montants compensatoires mon�taires indument per�us rel�ve 
des dispositions du droti interne. (omissis!. 
(20) Cf. la situation qui se pr�sentait dans un recours en indemnisation form� contre 
les institutions communautaires au titre de l'article 215 du trait� CEE -arret du 4 octobre 
1979, affaires jointes 64 et 113/76 et autres, non encore publi�. 

554 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

. tassa di effetto equivalente non corrisponda necessariamente l'obbligo, per 
lo Stato manchevole, di restituirla dopo averla riscossa. 

10. -Secondo la Denkavit Italiana invece, l'efi�1cacia diretta del divieto 
di riscuotere tasse di effetto equivalente a dazi dogana:li, enunciato dall'art. 
13, n. 2, del T1rattato, si realizza, con i diritti che ne derivano per i 
singoli, dalla data prevista in detta disposizione per l'abolizione di tali 
tasse, qualunque sia il momento in cui l'incompatibi:Iit� col diritto comunitario 
della tassa in questione sia, o sia stata, constatata giudizialmente, 
sia daUa Corte di guistiZJia nell'ambito di un procedimento per inadempimento 
di uno Stato, ai sensi deM'art. 169 del 'trattato, sfa dai giudici 
.~~7Ionali in seguito ad una intevpretazione della portata della norma 
�o�}.unitaria di cui trattasi, data nell'ambito dell'art. 177. 
� ' �' 't'1~fficacia diretta comporterebbe conseguenze ancora pi� radicali, nel 
s~w~gi�~he qualsiasi disposizione di diritto nazionale che escluda o limiti 
J:i~~Wa~iq ~.diziale dei diritti che i soggetti derivano da norme di diritto 
�~�fuii~,Altfic'.i''\iirettamente applicabili dovrebbe essere essa stessa consi~~
tafa'1ticcWri~~tibiile con la disposizione comunitaria in questione. 
(~-:~ �.J.:.~,:~ ~�/;.:~j.-t e\';'. 

:;.~ :JM::tiᏥi :lz�t,, C\\\e~f(i,oni poste, fra loro strettamente connesse, riguardano 
la portata di due disposizioni del Trattato: l'art. 13, n. 2, e l'art. 92. Esse 
tendono ad accertare quale effetto abbiano le citate disposizioni sul 
.<lM",i~t~ Rtrr~ sjp.g,?~i, di ~l:i}~dere il rimborso di tasse nazionali e sull'obbligo 
fg:n;el~JiVQ;;!li,,:i;iI01bors<;:t.:il ,~c;triico deHo Stato membro, allorch� si verifichino, 
insieme o separatamente, due condizioni precisate dal giudice nazionale, 
e cio�: a) quando l'effetto equivalente a quello di dazi doganali 
all'importazione, :proprio d.elle tasse nazionali in questione, e quindi l'in'
c~rii~~fi)?�,l,h�::.~~llf ~.t~s~e,' c9? H~c:livi'1? di cui all'art. 13, n. 2, siano stati 
constatati, dopo la fine del periodo transitorio, soltanto in seguito alla 
.int~tazione.:_di'_lt;:t J!l='ll~ C~te,;;<l~ g~us;t,jzia neM'ambito dell'art. 177 del 
.Trattato; h) ,quand(} l:'�peratore.�.economic� che ha pagato dette tasse ne 

h'bbia'-trasf�rit�' l'onere' suglr ��equ'.itenti '� tlei"prodotti importati. 

�.. ��:.:,)'._�:.! '.(.:,; {:�:..,,~: ..�.-'~t'."1�.. :: ,_;.: .�::�:>;';' �~.;; �~'li "y"'..';;'_7_�;;:~;-�:; ; 

..��. ,,_, ~~� G: ,~,-,qi;>ppr;t!,!�O. ,J?~~ei;v;:tr.c;:,; 1pri~~ <gi... �o..siderare quale soluzione 

darer �alle�>,questionl; poste;1; che<:.tiineompatibilit�1 con il diritto comun.i


taricf di;:una�'determinata'-' tarssa<: nazic!:inaliF ;ed:��. il �'�orrelativo divieto di 

#sclt()t<?ria r_N.,uri;~, ,situ*i9ri� .:iP,artfoo1~~{:W:nf '~onb '.~anci1li dalla Corte 

d1, giu~tizi;;i. cli~-~(, prqili,i,D.~ -ai_ i;eUSi. 4~U'.ai;t.' pt'p#'.i:i;~ttato CEE. Nel 

quadro della cooperazione giudiziaria stabilita da tale disrposizione, spetta 

ai giudici .nazionali, applicando� il::princirpio� fondamentale i della premi


nenz� del �diritto comunitaiii6; 'di garantir�;�; n�ll� : c�ntri:>versie portate 

alla loro cognizione, la salvagua!'Clla de( di:fi'tti''cJ:iedi ~ingb�f traggono, 

in base al T�rattato stesso, dall'efficacia diretta del divieto di tasse d'effetto 

equival�hte a' d�:ZJl ''doganaH:: L�� � q�ciltfoni � P.Ost� v�ri't�ti'" risolte 1te:t�endo 

�' ~. :"', ; � ,� ," ' > ', ': ;(: �: / �., ~ ' ,-) ; .' '.< .~ \ I I �' ! � . .: ' � � ... �_, � l � ' � ' .~ '. � �: \, ',, �' ;i��": ' ' I� ,� � '. ' ) 
conto di questa premeSSfl.. ,, , . , , ,�. , .. , 

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JI 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

13. -L'art. 13, n. 2, del T,rattato dispone che �le tasse di effetto equivalente 
ai dazi doganali aU'importazione, in vigore tra gli Stati membri, 
sono progressivamente abolite ad opera di questi., durante il periodo transitorio. 
La Commissione determina, mediante direttive, il ritmo di tale 
abolizione. Essa si ispirn alle norme previste dall'art. 14, paragrafi 2 e 3, e 
alle direttive stabilite dal Consiglio in applicazione del citato paragrafo 2 �. 
14. -Secondo la costante giurisprudenza della Corte, espressa, in particolare, 
nelle sentenze 19 giugno 1973 (causa 77/72, Capolongo, Racc. 
pag. 611), 18 giugno 1975 (causa 94/74, IGAV, Racc. pag. 699) e 5 febbraio 1976 
(causa 87/75, Bresciani, Racc. pag. 129), l'art. 13, n. 2, implica, al pi� tardi 
a partire dalla fine del periodo transitorio, cio� dal 1� gennaio 1970, per 
quanto J1iguarda i!l complesso delle tasse di effetto equivalente ai dazi doganali 
all'importazione, un divieto preciso ed incondizionato di riscuotere 
dette tasse, cosicch� tale disposizione � perfettamente idonea, per la sua 
stessa natura, a produrre direttamente effetti nei rapporti giuJ1idici fra gli 
Stati membri e i loro cittadini. Come la Corte ha affermato nella sentenza 
9 marzo 1978 (causa 106/77, Amministrazione delle Finanze dello Stato c/ 
Simmenthal, Racc. pag. 643), le norme di diritto comunitario devono esplicare 
la pienezza dei loro effetti, in maniera unifol'me in tutti gli Stati membri, 
a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta 1a durata della loro 
validit�. 
15. -Ai sensi dell'art. 177 del Trattato la Corte di giustizia � competente 
a pronunciarsi, in via :pregiudiziale, in particolare sull'interpretazione 
del Trattato e degli atti compiuti dalle istituzioni. Tale competenza ha lo 
scopo di assicurare l'interpretazione e l'applicazione uniformi, da parte 
dei giudici nazionaili, del diJ1itto comunitario, ed in parficolare delle disposizioni 
aventi efficacia diretta. 
16. -L'interpretazione di una norma di diritto comunitario data 
dalla Corte nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dall'art. 177 
chiarisce e precisa, quando ve ne sia il bisogno, il significato e la portata 
della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal 
momento della sua entrata in vigore. Ne risulta ohe la norma cos� interpretata 
pu�, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici 
sorti e costituiti pl'ima della sentenza interpretativa, se, per il resto, 
sono 'Soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione 
dei giudici competenti una controversia relativa all'applricazione di detta 
norma. 
17. -Soltanto in via eccezionale la Corte di giustizia, come ha essa 
stessa riconosciuto nella sentenza 8 aprile 1976, (causa 43/75, Defrenne c/ 
Sabena, Racc. pag. 455) potrebbe essere indotta, in base ad un principio 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

generale di certezza del diritto, inerente all'ordinamento giuridico comunitario, 
e tenuto conto dei gravi sconvolgimenti che la sua sentenza potrebbe 
provocare per il passato nei rapporti giuridici stabiliti in buona 
fede, a limitare la possibilit� degli interessati di far valere la disposizione 
cos� interpretata per rimettere in questione tali rapporti giuridici. 

18. -Una limitazione del genere pu� tuttavia essere ammessa soltanto 
nella sentenza stessa relativa all'interpretazione richiesta. L'esigenza fondamentale 
dell'applicazione uniforme e generale del diritto comunitario 
implica la �competenza esclusiva della Corte di giustizia a decidere sui limiti 
temporali da apporre all'interpretazione da essa data. 
19. -Le condizioni necessarie per limiti del genere non sono soddisfatte 
quando la controversia portata dinanzi al giudice nazionale risulta 
dal divieto di riscuotere tasse nazionali di effetto equivalente a dazi doganali 
all'importazione, la portata generale di tale divieto ed il suo carattere 
assoluto essendo stati riconosciuti dalla Corte di giustizia fin dal 1962, 
cio� prima della fine del periodo "bransitorio, nella sentenza 14 dicembre 
1962 (cause riunite 2 e 3/62, Commissione c/ Granducato del Lussemburgo 
e Regno del B�lgio, Racc. pag. 793). In quella sentenza la Corte ha 
affermato �che �la nozione di tassa di effetto equivalente a quello di un 
dazio doganale, lungi dal costituire un'eccezione al generale divieto relativo 
ai dazi doganali, va al contrario considerata come il necessario complemento 
di questo destinato a garantirne l'efficacia�. 
20. -Parimenti, nella sentenza 16 giugno 1966 (cause 52-55/65, Repubblica 
federale di Germania cl Commissione, Racc. pag. 345), ila Corte ha 
respinto l'argomento secondo il quale tributi amministrativi costituenti la 
contropartita di una prestazione particolare dell'amministrazione sarebbero 
potuti �sfuggire alla nozione di tassa di effetto equivalente. Nella sentenza 
10 dicembre 1968 (causa 7 /68, Commissione c/ Repubblica italiana, 
Raoc. pag. 561) la Corte confermava tale interpretazione a proposito di tasse 
gravanti su opere d'arte italiane e nella sentenza 1� luglio 1969 (causa 
24/68, Commissione c/ Repubblica italiana, Racc. pag. 193) a proposito di 
diritti di statistica. Infine, nella sentenza dello stesso giorno in cause 
riunite 2-3/69, Sociaal Fonds voor de Diamantarbeiders (Racc. pag. 211), 
la Corte ha dichiarato che la nozione di tasse di effetto equivalente, di cui 
agli artt. 9 e 12 del Trattato CEE, comprende qualsiasi onere pecuniario, 
diverso da un dazio doganale propriamente detto, che colpisce, per il fatto 
di aver varcato la frontiera, le merci che circolano all'interno della Comunit�, 
a meno che detto onere non sia ammesso da precise disposizioni del 
Trnttato, senza che si debba peraltro tener conto di specifiche finalit� di 
previdenza sociale dell'onere in questione. 
fi' 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

21. -Dalla citata giurisprudenza costante risulta che, fin da prima 
della fine del periodo 1lransitorio, do� fin da prima del momento in cui il 
divieto avrebbe assunto, in forza rdelJ'art. 13, n. 2, del Trattato CEE, efficacia 
generale ed <incondizionata, tanto gli Stati membri quanto gli operatori 
interessati erano informati della portata del� divieto in misura suff�dente 
per rendere inopportuna una restrizione della sua portata, in ogni 
caso per il periodo posteriore al 1� gennaio 1970. 
22. -Si deve . tuttavia osservare..che, qualora fa conseguenza di una 
norma di diritto comunitario -quale l'a:r;t. 13, n. 2, del Trattato -consista 
nel divieto, con gli effetti sopra �lescritti, di riscuotere tasse od oneri nazicmali, 
la tutela dei. dirittii. che l'efficacia diretta (li tale divieto attribuisce 
ai singoli non richiede necessariamente che le condizioni di forma e di 
sostanza, al cui rispetto sono subordinati la contestazione od il �recupero 
di dette tasse, si ispirino ad un principio uniforme e comune agli Stati 
membri. 
23. -Dall'esame comparativo dei sistemi nazionali risulta che il pro� 
blema della contestazione di tasse illegittimamente pretese, o della restituzione 
di tasse indebitamente pagate, � risolto in modi 1diversi nei diversi 
Stati membri e, persino, all'faterno di uno stesso Stato, a seconda dei diversi 
tiipi di imposte e di tasse� in questione. In determinati casi, contestazioni 
o -richieste del genere sono assoggettate dalla legge a condizioni 
precise di forma e di termine, per quanto �riguarda sia i reclami rivolti 
aU'ammin:istrazione fiscaie, sia i ricorsi giurisdizionali. In considerazione 
del funzionamento di tali sistemi di ricorso, la Corte, nelle sentenze Rewe 
e' Carnet del 16 dicembre 1976 (cause 33 e 45/76, Racc. pagg. 1989 e 2043) 
ha riconosciuto compatibile .col diritto comunitario la fissazione di termini 
d'1'mpugnazione ragionevoli, nell'interesse de11a certezza del diritto, 
che tutela, nello stesso tempo, il contribuente e l'ammi.rn.istTazione interessati. 
24. -In altri casi, i ricorsi diretti ad ottenere il rimborso di tasse non 
dovute devono essere proposti dinanzi alle giurisdizioni ordinarie, sotto la 
forma, in particolare, di azioni di restituzione dell'indebito. Tale diritto 
d'agire si esericita entro termini pi� o meno lunghi, 1in determinati casi 
entro il termine di prescrizione ordinaria, cosicch� gli Stati membri, in 
caso di constatazione dell'incompatibilit� con le esigenze del diritto comunitario 
di disposizioni fiscali nazionali, possono trovarsi di fronte ad un 
rilevante cumulo di reclami. 
25. -Dalle sentenze del 16 dicembre 1976 (Rewe e Carnet, cit.) risulta 
che, secondo il principio della collaborazione, enunciato dall'art. 5 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del Trattato, � compito dei giudioi degli Stati membri di garantire ~a tutela 
giurisdizionale spettante ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario 
aventi efficacia diretta. In mancanza di una normativa comunitaria 
in materia di contestazione o di recupero di tasse nazionali pretese illegittimamente 
o riscosse indebitamente, � l'ordinamento giuridico interno di 
ciascuno Stato membro che designa il giudice competente e stabi:lisce le 
modalit� procedurali delie arioni giudiziali intese a garantire la tutela dei 
diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia 
diretta, moda1it� che non possono, beninteso, essere meno favorevoli di 
quelle relative ad analoghe a2li.oni del sistema processuai!e nazionale, n�, 
in alcun caso, possono essere strutturate in modo da rendere praticamente 
impossibile l'esericizio dei diritti che i giud~ci nazionali sono tenuti 
a tutelare. 

26. -~ necessario precisare in proposito che la tutela dei diritti garantiti 
in materia dalll'o11dinamento giuridico comunitario non esige che 
si conceda Ia restituzione di tasse indebirtamente percepite a condizioni 
tali da causare un indebito arricchimento degli aventi diritto. Nulla impedisce 
quindi, dal� punto di vista del diritto comunitario, che le giurisdizioni 
nazionali tengano conto, conformemente al proprio diritto interno, 
della possibilit� che 1tasse indebitamente peocepite abbiano potuto essere 
incorporate nei .prezzi dell'impresa assoggettata alla tassa e trasferite sugli 
acquirenti. 
27. -Il Governo italliano ha attirato l'attenzione sui limiti legittimamente 
opponibili all'esercizio del diritto di contestare imposizioni illegittime 
o di pretenderne il rimborso, nonch� sulla distinzione al riguardo compiuta 
dalle legislazioni nazionali fra le condizioni relative al rifiuto del 
pagamento di un'imposta od alla contestazione della sua riscossione e 
quelle relative af recupero di imposte anteriormente versate. Di tali considerazioni, 
tuttavia, trattandosi di imposte nazionali, allo stato attuale del 
diritto comunitario si deve tener conto nell'ambito delle legislazioni nazionali, 
tenendo conto dei limiti sopra indicati. 
28. -Alle questioni relative alrinterpretazione dell'art. 13, n. 2, si deve 
quindi rispondere come segue: 
a) l'efficacia diretta dell'art. 13, n. 2, del Trattato, implica la possibilit� 
idi rpToporre, dalla .fine del periodo transitorio, alle autorit� amministrative 
o giurisdizionali degli Stati membri, a seconda dei casi, ricorsi 
diretti contro tasse nazionali di effetto equivalente a dazi doganali, o domande 
di rimborso di dette tasse, anche per il periodo anteriore al momento 
in cui tale qualificazione � risultata dall'interpretazione data dalla 
Corte di giustizia nell'ambito dell'art. 177 del Trattato; 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

b) spetta tuttavia all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro 
di determinare a quaili condizioni i contribuenti possano contestare 
dette imposizioni o reclamarne il rimborso, pU�Ch� tali 1condizioni non siano 
meno favorevoli di quelle relative ad analoghi ricorsi di natura interna e 
non rendano praticamente impossibile l'esercizio dei diritti attribuiti dall'ordinamento 
giuridico comunitario; 

e) nulla impedisce, dal punto di vista del diritto comunitario, che 
i girudici nazionali tengano conto, conformemente al proprio diritto interno, 
della possibilit� che tasse indebitamente percepite abbiano potuto essere 
incovporate nei prezzi dell'impresa assoggettata alla tassa e trasferite sugli 
acquirenti. 

Per quanto riguarda l'art. 92 del Trattato. 

29. -Riferendosi nelle sue questioni all'art. 92 del Trattato, il giudice 
nazionale chiede, in sostanza, 1se il recupero da parte degli operatori economid 
di tasse nazionali riscosse indebitamente nella situ�zione da detta 
giurisdizione descritta non debba essere considerato un aiuto ai sensi 
deH'art. 92 del 11rattato e non sia quindi incompatibile con il dirittto comunitario. 
30. -Secondo l'art. 92, n. l, �sono incompatibili con H mercato comune, 
nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti 
concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma 
che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di 
falsare la .concorrenza �. 
31. -Questa disposizione si riferisce quindi alla decisione unilaterale 
ed autonoma degli Stati membri, presa per il perseguimento di finalit� 
economiche e sociali loro proprie, di fornire risorse alle imprese o ad altri 
soggetti dell'ordinamento, o di procurare loro vantaggi destinati a favorire 
la realizzazione delle finalit� economiche o sociali perseguite. Essa non si 
applica all'obbligo di pagare o di restituire determinate somme, derivant� 
dal fatto che tali somme non erano dovute da chi le ha pagate. Di conseguenza 
un sistema fiscale nazionale che permetta al contribuente di contestare 
un'imposta o di esigerne il rimborso non costituisce un aiuto ai 
sensi dell'art. 92 del Trattato. La 1possibilit� o l'impossibilit� di recuperare 
un'1imposta per il motivo menzionato dipende, in effetti, dalle caratteristiche 
delle 'legislazioni nazionali in materia di restituzione dell'indebito, in 
particolare nel settore fiscale. 
32. -� quindi il caso di rispondere alla questione relativa all'interpretazione 
dell'art. 92 del Trattato nel senso che l'obbligo a carico della 

560 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

amministrazione di uno Stato membro di restituire ai contribuenti che ne 
facciano domanda, conformemente al diritto naziona:le, tasse od oneri non 
dovuti poich� incompatibili col diritto comunitario, non costituisce aiuto 
ai ,sensi dell'art. 92 del Trnttato CEE (omissis). 

II 

(Omissis). IN DIRITTO�� J. -Con tre ordinanze dell'll gennaio 1979, 
registrate neHa �cancelleria della Corte di giustizia; la prima il 20 aprile 1979 
(causa n. 66/79, Meridionale Salumi), le altre due il 9 agosto 1979 (cause 

n. 127/79, Vasanelli, e n. 128/79, Ultrocchi), la Corte Suprema di Cassazione, 
con sede in Roma, ha posto, ai sensi dell'art. 177. del T,rattato CEE, due questioni 
relative all'intevpretazione dell'art. 177 del Trattato CEE per quanto 
riguarda la portata delle �sentenze interpretative pronunciate dalla Corte di 
giustizia nell'ambito di detta disposizione; 
2. -Le questioni, formulate nellle tre ordinanze di Tinvio in termini 
identici, hanno il seguente tenore: 
�a) se, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, quando le autorit� dello 
Stato nazionale, rispetto a rapporti non ancora definiti secondo il proprio 
diritto interno, abbiano, in materia 'di importazioni, percepito o, per contro, 
non riscosso ci� ohe, invece; avrebbero dovuto non percepire o, rispettivamente, 
avrebbero ,dovuto riscuotere alla stregua della normativa comunitaria 
del settore come successivamente interpretata da sentenza della 
Corte di giustizia, tale sentenza valga, nell'ordinamento interno dello Stato 
membro, anche per quei rapporti, ovvero no, ovvero entro determinati 
limiti ed a date condizioni: in quest'ultima ipotesi, entro quali limiti ed 
a quali condizioni; 

b) se comunque, ancora in relazione all'art. 177 del Trattato, dal diritto 
comunitario sia vietato ovvero imposto ovvero sia per esso indifferente 
ohe il diritto naziortale attribuisca agli interessati, i!Il relazione a quei 
medesimi rapporti, la potest� di agire in giudizio per esigere o per ripe� 
tere -sulla base deM'inte:ripretazione data dalla sentenza della Corte di 
giustizia -quanto, rispettivamente, dovuto ma non percepito ovvero 
quanto indebitamente pagato �. 

3. -Le questioni sono poste nell'ambito di controversie opponenu 
operatori economici all'amministrazione italiana competente, che pretende 
da loro, per importazioni di carni bovine effettuate nel 1968, supplementi 
di prelievi agricoli all'importazione dovuti in forza del regolamento del 
Cnsiglio 5 febbraio 1964, n. 14, relativo alla graduale attuazione di un'orgamzzazione 
comune dei mercati nel settore delle carni bovine (G. U. 1964, 
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PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

pag. 562) e del regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, relativo 
all'organizzazione comune dei mercati nello stesso settore (G. U. n. L 148, 
pag. 24). 

4. -L'importo dei prelievi era stato calcolato, all'epoca, daill'amministrazione 
doganale italiana secondo il metodo, raccomandato del resto, 
in materiadoganale, dalla Commissione, che, nel caso della diminuzione di 
un diritto doganale dopo la dichiarazione all'importazione, ma prima dell'immissione 
in consumo della merce, consentiva, su domanda dell'importatore 
interessato, l'applicazione dell'aliquota pi� favorevole. 
5. -Con sentenza del 15 giugno 1976 (causa n. 113/75, Frecassetti, 
Racc. pag. 983), la Corte di giustizia affermava per� che tale metodo non 
poteva essere applicato ai prelievi agricoli all'importazione da p~esi terzi, 
i quali dovevamo essere calcolati in modo uniforme secondo l'aliquota cli 
prelievo in vigore iJl giorno dell'accettazione della dichiarazione d'importazione 
da parte dell'ufficio doganale. Di conseguenza, gli operatori economici 
interessati avrebbero dovuto pagare prelievi di importo maggiore. 
6. -Gi� prima della sentenza Frecassetti, l'amministrazione italiana 
aveva preteso i supplementi in parola, facep.do valere, aquanto ,pare, che 
gli operatori non avevano comunque adempiuto una formalit� imposta 
dalla legislazione italiana per poter fruire dell'aliquota pi� favorevole, ma, 
in corso di causa, � sorta la questione di accertare in quale misura l'interpreta:
z:ione data nella sentenza Frecassettti rpotessse offrire, per le situazioni 
sorte prima della data di detta sentenza, una base giuridica comunitaria 
alla pretesa dei supplementi litigiosi, tenuto conto peraltro che, nel 
frattempo, il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1978, 
n. 695, aveva modificato. un precedente Decreto per a�deguarlo, quanto al calcolo 
dei prelievi agricoli, alla sentenza Frecassetti, precisando per� nello 
stesso tempo che la modifica aveva effetto soltanto dall'll settembre 1976, 
con la conseguenza ohe sarebbero stati pretesi supplementi di prelievi 
solo per i prodotti dichiarati dopo tale data. La data dell'll settembre 1976 
� stata scelta perch� essa corrisponde alla data della pubblicazione del 
dispositivo della sentenza Frecassetti nella Gazzetta Ufficiale delle Comunit� 
Europee, n. C 214 dell'll settembre 1976. 
Sulla prima questione. 

7. -La questione � posta, in sostanza, per veder chiarito se, particolarmente 
in materia di tasse e di oneri dovuti in forza del diritto comunitario, 
quando dall'interpretazione di una disposizione di diritto comunitario 
compiuta dalla Corte di giustizia nell'ambito dell'art. 177 del Trattato 
risulti che a tale disposizione le autorit� nazionali hanno dato un'ap

plicazione incompatibile con la sua portata, quale precisata dalla Corte, la 
disposizione in tal modo interpretata debba essere applicata dai giudici 
naziona'li regolarmente investiti delle controversie cui tale applicazione d� 
luogo, anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della data della 
sentenza che risolve la questione d'interpretazione. 

8. -Ai sensi dell'art. 177 del Trattato la Corte di giustizia � competente 
a pronunciarsi, in via pregiudiziafe, in particolare sull'interpretazione 
del Trnttato e degli atti compiuti dalle istituzioni. Tale competenza 
ha Io sc�po di assicurare l'interpretazione e l'applicazione uniformi, da 
parte dei gil.lJdici nazionali, del diritto comunitario, ed in particolare delle 
disposizioni aventi efficacia diretta. 
9. -L'interpretazione di una norma di diritto comunitario data dalla 
Corte nell'esercizio della competenza ad essa attribuita dall'art. 177 chiarisce 
e precisa, quando ve ne sia il bisogno, il significato e fa portata della 
no:rima, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento 
defla sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma cos� interpretata 
pu�, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e 
costituiti prima della sentenza interpretativa, se, per il Testo, sono soddisfatte 
le condizioni che .consentono di portare alla cognizione dei giudici 
competenti una controversia relativa all'applicazione di detta norma. 
10. -Soltanto in via eocezionale fa Corte di giustizia, come ha essa 
stessa riconosciuto nella sentenza 8 aprile 1976 (causa 43/75, Defrenne c/ 
Sabena, Racc. pag. 455), potrebbe essere indotta, in base ad un principio 
generale di certezza del diritto, inerente all'ordinamento giuridico comunitario, 
e tenut� 1conto dei gravi sconvolgimenti che la sua sentenza potrebbe 
provocare per il passato nei rapporti giuridici stabiliti in buona 
fede, a limitare Ia: possibilit� degli interessati di far valere la disposizione 
cosi inte11pretata per �rimettere in questione tali rapport:i giuridici. 
11. -Una limitazione del genere pu� tuttavia essere ammessa soltanto 
nella sentenza stessa .relativa all'interpretazione richiesta. L'esigenza 
fondamentale de1l'applicazione uniforme e generale del diritto comunitario 
implica la competenza esclusiva della Corte di giustizia a decidere sui limiti 
tempora'li da apporre all'interpretazione da essa data. 
12. -Infine, tenuto conto delle precisazioni richieste dal giudice nazionale 
�, d'uopo osservare che la norma di diritto comunitario interpretata 
nel modo indicato, ha fin dalla sua entrata in vigore, effetti conformi 
all'interpretazione data, senza che si debba distinguere fra il caso in cui 
le disposizioni in questione impongano oneri agli interessati e quello in cui 
attribuiscano loro vantaggi, e, in particolare, senza che si debba distinguere 

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTERNAZIONALE 

fra il caso in cui si tratti di importi che le amministrazioni nazionali 
avrebbero dovuto riscuotere, ma, violando il diritto comunitario, hanno 
omesso di riscuotere, e quello in cui dette autorit� abbiano riscosso importi 
violando tale diritto. 

Sulla seconda questione. 

13. -Con la seconda questione si chiede in sostanza se l'esercizio dei 
diritti che i singoli o, a seconda dei casi, le autorit� pubbliche, desumono 
dall'effetto diretto di una disposizione di diritto comunitario interpretata 
nella situazione e con le conseguenze sopra descritte possa o no essere 
strutturato e eventualmente limitato dal diritto nazionale. Tale questione 
riguarda in particolare il potere dell'amministrazione di agire in giudizio 
per ottenere il pagamento di tasse o di oneri comunitari che si sarebbe 
dovuto riscuotere. 
14. -Le norme relative alla determinazione ed alle condizioni di riscossione 
degli oneri finanziari che la Comunit� � competente ad imporre 
e che costituiscono specificamente risorse proprie comunitarie, quali i dazi 
doganali ed i prelievi agricoli; sono state definite dalla decisione del Consiglio 
del 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari 
degli Stati membri con risorse proprie delle Comunit� (G. U. n. L 94, pag. 19) 
e dai regolamenti adottati per la sua esecuzione. Questo insieme di norme 
deve essere visto nell'ambito del sistema generale delle disposizioni finanziarie 
del Trattato, sistema che, esattamente come quelli corrispondenti 
degli Stati membri, si ispira al principio generale di uguaglianza, in base 
al quale situazioni simili non 1possono essere trattate in modo diverso, a 
meno 'Che la diversit� di trattamento non sia: oggettivamente giustificata. 
15. -Ne risulta ohe il sistema dei tributi che alimentano il bilancio 
comunitario deve essere organizzato in modo da gravare uniformemente 
su tutti coloro che si trovano nella situazione stabilita dalla normativa 
comunitaria per divenire soggetti passivi. Tale esigenza dovrebbe implicare 
un trattamento uguale per quanto riguarda i presupposti di forma e 
di sostanza cui � subordinata la possibilit�, per gli operatori economici, 
di contestare le imposizioni ,comunitarie poste a loro carico e di chiederne 
la restituzione nel caso di pagamento indebito. Essa dovrebbe comportare 
una parificazione analoga dei presupposti per la riscossione di tali imposizioni 
e, se del caso, il recupero dei benefici finanziari concessi irregolarmente, 
da parte delle amministrazioni degli Stati membri, che agiscono 
per conto della Comunit�. 
16. -Il Consiglio si � avviato in questa direzione col regolamento 
(CEE) n. 1430 del 2 luglio 1979, relativo al rimborso o allo sgravio dei diritti 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

all'importazione o all'esportazione (G. U. n. L 175, pag. 1) e col regolamento 
(CEE) :n. 1697 del 24 luglio 1979, relativo al ricupero a posteriori dei dazi 
all'importazione o dei dazi all'esportazione che non sono stati corrisposti 
dal debitore per le merci dichiarate per un regime doganale comportante 
l'obbligo di effettuarne il pagamento (G. U. n. L 197, pag. 1). Questa nor� 
mathra, non ancora entrata in vigore alla data della presente sentenza, risolve 
tuttavia soltanto in parte i problemi relativi all'uguaglianza dei soggetti 
giuTidid nel settore in qu~stione ed il carattere necessariamente tecnico e 
dettagliato di una normativa del genere consente di porre rimedio soltanto 
parzialmente alla sua mancanza, per via di interpretazione giurisprudenziale. 


17. -Da tale stato di cose risulta che, come la Corte ha riconosciuto 
in particolare nella sentenza 21 maggio 1976 (causa 26/74, Roquette, 
Raoc. pag. 677), le controversie relative alla restituzione degli importi percepiti 
per conto della Comunit� rientrano nella competenza dei giudici 
nazionali e vanno risolte da questi ultimi a norma del loro diritto nazionale, 
ove il diritto comunitario non abbia disposto in materia. Lo stesso vale, 
per i medesimi motivi, nei procedimenti e nelle controversie relativi ad 
oneri finanziari che le amministrazioni degli Stati membri sono incaricate 
di riscuotere per conto delle Comunit�. 
18. -� compito quindi dell'ordinamento giuridico interno di ciascuno 
Stato membro, se non vi sono disposizioni comunitarie in materia, stabilire 
le modalit� e le condizioni di riscossione degli oneri finanziari comunitari 
in generale, e dei prelievi agricoli in particolare, nonch� designare 
le autorit� incaricate della riscossione ed il giudice competente a conoscere 
delle controversie cui tale riscossione possa dar luogo, purch� dette modalit� 
e condizioni non renc:!_ano il sistema di riscossione delle tasse e degli 
oneri comunitari meno efficace di quello relativo alle tasse ed agli oneri 
nazionali dello stesso tipo. 
19. -Questa considc;irazione ha trovato espressione nella decisione 
del Consiglio del 21 april� 1970 relativa alla sostituzione dei contributi 
finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunit� (gi� citata), 
il 1cui art. 6 prevede in chiari termini che le risorse proprie -fra le 
quali sono i prelievi agricoli -� sono riscosse dagli Stati membri conformemente 
alle disposiztloni legislative, regolamentari e amministrative nazionali 
che, se del caso, sono modificate a tal fine �. 
20. -Tale rinvio espresso alle legislazioni nazionali � tuttavia sog� 
getto agli stessi limiti posti al rinvio implicito riconosciuto necessario 
in mancanza ,di normativa comunitaria, nel senso che la legislazione nazionale 
deve essere applicata in modo non disoriminatorio rispetto ai proce

PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA B INTBRNAZIONALF. 

dimenti di risoluzione delle controversie dello stesso genere, ma pura� 
mente nazionali, e che le modalit� di procedura non possono avere l'effetto 
di rendere praticamente impossibile l'esercizio dei diritti attribuiti 
dalle norme comunitarie. 

21. -Non sarebbe quindi conforme al diritto comunitario una normativa 
naziomde speciale, relativa a'1la riscossione delle tasse e degli oneri
.,. 

comunitari, che attribuisse all'amministrazione nazionale, per la riscossione 
�di dette tasse, poteri pi� limitati di quelli ad essa attribuiti per la 
riscossione di tasse o di o:Q.eri nazionali dello stesso genere. (omissis). 


SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 6 ottobre 1979, n. 5172 -Pres. Sbrocca -
Rel. Corasaniti -P. M. Saia (concl. conf.) -Cassa per il Mezzogiorno 
(avv. Stato Marzano) c. Langiano, Masino e Donadio. 

Competenza e giurisdiliione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa 


Opera della P.A. ritenuta pregiudizievole alla salubrit� dell'ambiente 


Posizione giurldica soggettiva diretta alla protezione della salute 


Giurisdizione ordinaria. 

(Regolamento di giurisdizione). 

La richiesta di sospensione di un'opera costruita dalla P. A. fondata 
sul presupposto del pregiudizio alla salubrit� dell'ambiente in cui il privato 
abita o lavora con conseguente alterazione del proprio benessere 
biosociopsichico, si riconduce ad una posizione giuridica rientrante nell'ambito 
del diritto alla salute che la Costituzione tutela in modo primario, 
incondizionato, assoluto, svincolato rispetto ad interessi pubblici e, 
pertanto, anche nei confronti della P. A.: su tale domanda, pertanto, va 
affermata la giurisdizione dell'A.G.O. 

(omissis) L'amministrazione ricorrente deduce anzitutto il difetto di 
giurisdizione di qualsiasi giudice per assoluta improponibilit� della domanda, 
sostenendo che non � configurabile a favore degli istanti al.cuna 
situazione soggettiva giuridicamente protetta e giurisdizionalmente� azionabile 
(e tanto meno un diritto soggettivo� azionabile davanti al giudice 
ordinario); in subordine deduce difetto di giurisdizione del giudice 
ordinario, sostenendo che l'azione nunciatoria � improponibile nei confronti 
della pubblica amministrazione. 

La prima radicale negazione -opposta con la motivazione che gli 
istanti, sotto il pretesto di paventate immissioni, tendono in realt� a 

Per la nota e discussa nozione dei diritto alla salute che, nella dimensione 
voluta dalle Sezioni Unite, fa sorgere perplessit� sul'esattezza dell'estensione 
del campo della giurisdizione ordinaria rispetto alla giurisdizione amministrativa, 
v. da ultimo G. CAROTENUTO, Brevi note sul rapporto fra poteri dello 
Stato e diritti del cittadino, in Giust. Civ., 1980, I, 1971, e F. PIGA, Nuovi criteri 
di discriminazione delle giurisdizioni amministrativa e ordinaria: siamo ad una 
svolta?, ivi, 1980, I, 336 (con ampia nota aggiuntiva di riferimenti dottrinari 
e giurisprudenziali). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

censurare scelte dell'amministrazione di particolare rilevanza adottate 
col rispetto delle 1competenze fissate e dei procedimenti prescritti e riferite 
a iniziative intraprese in attuazione di leggi (legge n. 853 del 1971, 
legge .n. 868 del 1973) -non tiene conto della identificabilit�, nella situazione 
fatta valere dagli istanti davanti al pretore, del diritto alla salute, 
che � addirittura un diritto costituzionalmente garantito (e quindi una 
situazione sicuramente provvisoria di strumentazione giur1dica e di azionabilit� 
giurisdizionale). Ovvero non ravvisa nella situazione fatta valere 
dagli istanti il diritto alla salute, e quindi llJila situazione giurisdizionalmente 
azionabile, a causa di (restrittiva e) inesatta nozione del diritto alla 
salute qual � garantito dalla nostra Costituzione (art. 32) c/o (restrittiva e) 
inesatta n<:reione della tute1a giurisdizionale qual � parimenti garantita dalla 
nostra Costituzione (art. 24). 

Queste sezioni unite hanno avuto pi� volte oocasione di riconoscere 
la configurabilit� del diritto alla salute e la sua tutelabilit� davanti al 
giudice ordinario. Possono essere citate in particolare le sentenze n. 3164 
del 1975 (Foro it. 1976, I, 385) e n. 1463 del 1979 (ivi, 1979, I, 939), con le 
quali le dette configurabilit� e tutelabilit� sono state affermate con riferimento 
a fatti di temuto inquinamento ambientale. Sembrano tuttavia 
necessarie alcune puntualizzazioni dirette ad illuminare il contenuto di 
esperienza giuridica e il tipo di tecnica giuridica ai quali � dato far riferimento, 
alla luce della nostra Costituzione, quando si parla di diritto 
alla salute. 

Posto che per salute s'intende comunemente il benessere biologico e 
psichico dell'uomo secondo le valutazioni proprie di un dato momento 
storico, � innegabile che un bene siffatto trovava gi� una certa protezione, 
anche prima dell'entrata in vigore della Costituzione, nel riconoscimento 
del diritto alla vita e all'incolumit� fisica, riconoscimento allora 
implicito nelle norme penalistiche incriminanti l'omicidio e le lesioni personali 
ed in quella civilistica invalidante gli atti di disposizione del proprio 
corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrit� fisica. 

Ma il quadro normativo di riferimento oggi s'incentra ovviamente 
nell'art. 32 Cost., che oltre ad ascrivere alla � Repubblica� la tutela 
della salute dell'uomo -cos� facendone un fine dell'ordinamento, un 
valore costituzionale -precisa che la salute � tutelata come � diritto 
fondamentale dell'uomo e interesse della icollettivit� �. Ci� importa che la 
salute, oltre e prima che essere oggetto di cura e di intervento (come 
vedremo soltanto promozionale) da parte della collettivit� generale (in 
quanto la mancanza di essa anche in un solo componente la collettivit� 
potrebbe costituire pericolo o peso per tutti gli altri componenti), � 
protetta in via primaria, incondizionata e assoluta come modo di essere 
della persona umana. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Il trasparente riferimento all'art. 2 Cost. -secondo il quale � la Repubblica 
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come 
singolo sia nelle formazioni sociali, in cui si svolge la sua personalit�� esplicita 
ancor meglio, peraltro, sia il contenuto che il tipo della protezione. 


Quanto al contenuto diviene cio� chiaro che la protezione della salute 
assiste l'uomo non (solo) in quanto considerato in una sua astratta quanto 
improbabile separatezza, ma i!Il quanto partecipe delle varie comunit� 
-familiare, abitativa, di lavoro, di studio ed altre -nelle quali si svolge 
la sua personalit�. Aiocentuandosi il carattere di inerenza alla persona 
e di socialit� del bene protetto, si rende manifesto che la protezione non 
si limita all'incolumit� fisica dell'uomo, supposto immobile nell'isolamento 
della sua abitazione o solitario nei suoi occasionali spostamenti e cos� 
fatto specifico bersaglio di azioni aggressive, ma � diretta ad assicurare 
all'uomo la sua effettiva partecipazione, mediante presenza e frequentazione 
fisica, alle dette comunit�, senza che ci� costituisca pericolo per la 
sua salute. La protezione si estende do� a.Ila vita a:ssociata dell'uomo nei 
luoghi delle varie aggregazioni nelle quali questa si articola, e, in ragione 
della sua effettivit�, alla preservazione, in quei luoghi, delle condizioni 
indispensabili o anche soltanto propizie alla �Sua sa.Iute: essa assm;pe 
in tal modo un contenuto di socialit� e di sicurezza, per cui il diritto 
alla salute, piuttosto (o oltre) che come diritto alla vita e all'incolumit� 
fisica, si 'Configura come diritto all'ambiente salubre. 

Quanto al tipo di protezione, � evidente che si tratta di una tecnica 
giuridica di tipo garantistico, che � poi quella propria dei � diritti fondamentali
� o �inviolabili� della persona umana. Si tratta, cio�, di tutela 
piena che si 'Concreta nell'attribuzione di poted di libera fruizione di 
utilit� e di libero svolgimento di attivit�, di esclusione degli ostacoli che 
all'una o all'altro si frappongano da parte di chicchessia. Ed � in questa 
difesa a tutta oltranza contro ogni iniziativa ostile, da chiunque provenga 
-altri singoli o gruppi e persi!Ilo l'autorit� pubblica -non gi� in una 
considerazione atomistica, asociale, separata dell'uomo, che risiede il 
significato del richiamo al �diritto fondamentale dell'individuo�. In una 
parola, la strumentazione giuridica � quella del diritto soggettivo, anzi 
del diritto assoluto. 

Occorre a questo punto farsi carico idi due obiezioni. 

La prima � che in tal modo si vengono a configurare posizio!Ili soggettive 
tutelabili in riferimento a un bene che sembrerebbe protetto solo 
oggettivamente (valore costituzionale), vale a dire a un bene rispetto al 
quale !Ilon sarebbe configurabile una posizione propria, differenziata ed 
esclusiva di un singolo soggetto, ma un mero interess�e diffuso, cio� riferibile 
allo stesso modo e indifferentemente a numero indefinito di soggetti. :: 

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

A tale obiezione � da rispondere in primo luogo che non pu� essere 
negata tutela a chiunque sia interessato in relazione a un bene giuridicamente 
protetto per la sola ragione che questo non appare attribuito n� 
attribuibile a lui in modo esclusivo. La prospettiva socondo la quale vi � 
protezione giuridica soltanto in caso di collegamento esclusivo fra un 
bene (o una frazione di esso) ed un solo determinato individuo o un 
gruppo ,personificato -e quindi assimilato all'individuo -� condizionata 
da un'impostazione di tipo patrimoniale della giuridicit� e rischia di 
mortificare in ragione del condizionamento l'irresistibile tendenza all'azionabilit� 
delle pretese che � cardine della nostra Costituzione (art. 24). 
Il che � tanto pi� grave in quanto il diniego di tale azionabilit� -nel presupposto 
della predisposizione di direttive operanti per il solo legislatore 
o 'di interventi officiosi dell'autorit� pubblica nei soli casi espressamente 
previsti -si traduce in mancanza di tutela dei soggetti reali (cio� 
dei veri destinatari della protezione 1costituzionale anche se considerati 
come partecipi di collettivit�) in ordine a beni che sono di particolare 
rilevanza perch� attengono alla persona umana. Tale sarebbe la conseguenza 
cui si perverrebbe se si ritenesse che un'esigenza non � protetta 
in riferimento a un solo uomo perch� � o non pu� essere protetta al tempo 
stesso e allo stesso modo in riferimento ad una pluraltit� di altri uomini 
(anohe indefinita nel numero o indeterminata nella composizione) con 
omogeneit� di contenuto e rociproca implicanza, come appunto avviene 
per i modi con i quali la persona umana si realizza nelle formazioni 
sociali di cui � partecipe. Quel che pu� richiedersi invece � soltanto che 
la tutela sia postulata in ragione di tale partecipazione e dell'effettiva 
configurabilit� della formazione sociale di appartenenza. 

Del resto la giurisprudenza di queste sezioni unite non ha mancato 
di ammettere la protezione di interessi di serie, o di categoria, sia pure 
con la tecnica dell'interesse legittimo, cio� della configurazione di poteri 
subordinati di incidenza inclusi in un'area di potere preminente dato 
per il perseguimento di un interesse pubblko. E la circostanza che ci� 
sia avvenuto finora {almeno prevalentemente) per categorie !individuate 
dall'ese11cizio di attivit� economiche, non esclude naturalmente n� che ci� 
possa avvenire sulla base di altri criteri di collegamento, n� che, quando 
la natura del bene lo esiga -come nel caso, che qui ricorre, di un modo 
essenziale d� essere della persona -la protezione sia strutturata in forma 
di 1difesa ad oltranza contro ogni forma di ostilit� o di compressione. 
In tale ultimo caso infatti la difesa pu� e deve avvenire anche indipendentemente 
da ogni intervento dell'autorit� amministrativa e persino contro 
di essa. Si tratta ovviamente di �stabilire quali beni, secondo la gerarchia 
di valori posta dalla nostra Costituzione, meritino siffatta tutela. Ma non 
vi � dubbio che la meriti il berte di cui si tratta. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La seconda obiezione � che sarebbe eccessivo concepire una prote


zione di contenuto cos� ampio come protezione di tipo garantistico anche 

nei confronti della pubblica amministrazione, cio� con esclusione di poteri, 

non solo ablatori, ma anche soltanto compressivi in capo alla medesima. 

Ora che il bene della salute, inteso nei sensi sopra indicati, sia assicurato 
all'uomo in forma garantistica, ed (almeno esso) incondizionatamente 
-come uno ed anzi come il primo dei diritti fondamentali -anche 
nei confronti dell'autorit� pubblica, cui � negato in tal modo il potere 
di esso, � cosa che non pu� sorprendere, ove si consideri; a) che i diritti 
fondamentali sono per tradizione dal diritto costituzionale garantiti in 
primo luogo contro l'autorit� pubblica; b) che in ogni ordinamento, taluni 
valori sono preminenti; e) che di tutto ci� non si � mai dubitato per il 
diritto alla vita. Nessun organo di collettivit�, neppure di quella generale 
e del :resto neppure l'intera collettivit� generale con unanimit� di voti 
potrebbe validamente disporre per qualsiasi motivo di pubblico interesse 
della vita o �della salute di lliil uomo, o di un gruppo minore. Il sacrificio 

o la compressione di tali beni pu� costituire fatto giustificato dallo stato 
di necessit� o dalla legittima difesa -ma in tal caso anche se posto 
in essere da qualsiasi privato -non gi� espressione di un potere preminente 
di disposizione. N� le cose appaiono diverse �Se il bene della salute 
� considerato come bene dell'ambiente salubre nei sensi sopra indicati, 
cio� come salubrit� dell'ambiente quale dimensione spazio-territoriale della 
vita associata. � chiaro che l'amministrazione non ha il potere di rendere 
l'ambiente insalubre neppure in vista di motivi d'interesse pubblico di 
particolare rilevanza. Segue che essa non ha il potere di compiere n� 
di autorizzare attivit� suscettive di determinare tale insalubrit� senza 
l'impiego di cautele atte -di attitudine verificabile dal giudice -a scongiurarne 
il pericolo. Certo essa ha il potere, ove rico!1I'ano motivi di interesse 
pubblico, di espropriare, per destinarle esclusivamente a lungo di 
attivit� pericolose la cui incidenza non possa altrimenti circoscriversi, 
parti di un dato territorio, cos� sottraendole all'ambiente delle collettivit� 
in esso stanziate; ma, a parte ogni questione circa i limiti entro i quali 
ci� possa avvenire, � ovvio che si tratta di un modo di preservare e non 
di compromettere la salubrit� dell'ambiente nel suo insieme. 
Le cose dette drca la tutela garantistica della salute anche contro la 
pubblica autorit� trovano conferma, ove si consideri che anzi dai precetti 
costituzionali dinanzi richiamati (art. 32 e 2) e da altri (art. 3, 38) emerge 
una linea di tendenza dell'ordinamento, costituente poi sviluppo della� 
detta tutela garantistica, nel senso di configurare addirittura un diritto 
alla salute come lliil �diritto sociale �, inteso questo come diritto del 
privato ad un'attivit� positiva della pubblica amministrazione a favore 
della salute sia in via preventiva ohe in via recuperatoria. Tale configurazione, 
espressamente data del resto al diritto alla salute da alcune costi-

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

tuz,ioni straniere, sembra trovare attuazione in leggi ordinarie ed in particolare 
modo nella recente legge n. 833 del 1978 sul servizio �sanitario. 
Il che conferma che l'intervento dell'autorit� pubblica, in tema di salute, 
non pu� essere che promozionale o adiuvante. 

Rimane da esplorare un altro aspetto del problema, se cio� la posizione 
del privato rispetto alla salute, sempre intesa come bene della 
persona nei sensi suindicati, si atteggi come posizione subordinata rispetto 
al potere-dovere in quanto �interesse della collettivit�� generale, sec()[}do 
up.a diversa prospettiva pure desumibile dall'art. 32 Cost. Si tratta di un 
aspetto del problema la cui soluzione in senso diverso potrebbe in 1potesi 
incrinare la validit� o almeno limitare la portata generale delle affermazioni 
sopra enunciate circa il carattere garantistico della tutela della salute. 
E ci� con immediato riferimento al caso concreto, caso in cui � sostenibile 
che l'iniziativa della pubblica amministrazione che viene denunciata, pur 
non provenendo da una autorit� investita di funzioni nel settore della 
sanit� pubblica, sia ispirata a finalit� a questa attinenti, finalit� quale 
appunto potrebbe considerarsi la costruzione di un depuratore di rifiuti 
e il connesso disinquinamento del golfo di Napoli. Ma la risposta prima 
data e le affermazioni in via generale prima rese circa il carattere garantistico 
della tutela vanno ribadite, ove si consideri che, a ben vedere, neppure 
all'autorit� che operi a tutela specifica della sanit� pubblica � dato 
il potere di sacrificare o di comprimere la salute dei privati. La manifestazione 
pi� eclatante dei poteri pubblici in questo settore � data dall'imposizione 
di accertamenti e trattamenti sanitari da parte dell'autorit� 
sanitaria ai sensi degli artt. 33, 34, 35 legge n. 833 'del 1978 (art. 1 ss legge 

n. 180 del 1978). Ebbene, anche a prescindere dalle note garantistiche che 
si desumono dal costante Piichiamo fatto dalle dette disposizioni, in conformit� 
del resto all'art. 32, comma 2, Cost., al limite costituito dal rispetto 
della dignit� della persona umana, e dalla predisposizione di una tutela 
contro tali provvedimenti davanti al giudice oPdinario, � rilevante soprattutto 
che i poteri cos� dati all'autorit� incidono sull'autodeterminazione 
dei privati, non gi� sulla salute di essi, in tanto con i cennati provvedimenti, 
e con gli accertamenti o trattamenti che ne sono oggetto, l'autorit� 
pubblica ha il potere di inddere sui privati, in quanto si tratta di 
misure dirette a preservare o a migliorare la salute di essi e le relative 
condizioni ambientali (in una con quelle relative alla sanit� pubblica), non 
gi� a comprimerle o a sacrificarle. 
Tutto ci� posto, �risulta chiaro come la situazione fatta valere dagli 
istanti -a pres.cindere dai riferimenti operati, con scarso tecnicismo, alla 
censurabilit� dell'iniziativa intrapresa dalla Cassa del Mezzogiorno o ad 
essa riferibile, sotto il profilo dell'opportunit� amministrativa o addirittura 
politica delle scelte, ovvero dal �richiamo fatto, d'altronde per alcuni 
soltanto di essi, alla propriet� -� qualificabile come il diritto alla 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

salute, cio� alla preservazione della salubrit� dell'ambiente della comunit� 
abitativa o di lavoro di cui essi assumevano di far parte. 

E non vi � dubbio che ,si tratti di situzione giurisdizionalmente tutelabile 
e tutelabile davainti al giudice 011dinario, anche nei confronti della 
pubblica amministrazione, le cui attivit� lesive devono considerarsi poste 
in essere senza alcun potere che valga ad escludere o a lim�.tare la tutela 
della 'situazione stessa davanti al detto giudice (esclusione e limitazione 
disposte soltanto a sa>lvaguardia di un potere di incidenza realmente dato 
in or;dine al tipo di situazione di cui � postulata la tutela). 

A tali 1conclusioni devono fermarsi le sezioni unite in sede di regolamento 
preventivo, senza occuparsi di problemi che sono di merito, in 
quanto non attengono alla giurisdizione, quali: a) se in :riferimento al 
tipo di situazione fatto valere, cio� al diritto della persona alla salute, 
sia proponibile un'azione ohe � data, come quella nunciatoria, a tutela 
della propriet� e del ,possesso; b) nel presupposto che da tale azione 
possa enuclearsi autonomamente un'azione iniootoria, se l'inibitoria possa 
ritenersi proponibile in via generale a tutela dei diritti assoluti o almeno 

, a tutela del diritto alla salute. Di tali problemi, oltre che idi quelli attinenti 
al merito in senso pi� stretto (come quello se realmente la messa 
in funzionamento delle opere 1ntraprese possa mettere in pericolo la 
salubrit� dell'ambiente del quale fu chiesta la tutela), dovr� oocuparsi 
il giudke ordinario, del quale va dichiarata la giurisdizione (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 3 aprile 1980, n. 2157 -Pres. Sbrocca -
Rel. Corasaniti -P. M. (conci. conf.) -Gestione commissariale governativa 
fenrovia Cancello-Benevento (avv. Stato Freni) c. Rago (n.c.). 

(regolamento di giurisdizione). 

Competenza e giurisdizione -Giurisdizione ordinaria ed amministrativa Impiego 
pubblico -Ferrovie e tramvie in concessione -Decadenza della 
societ� concessionaria -Gestione governativa -Natura del rapporto 
di lavoro intercorrente con i dipendenti. 

(R.d. 9 maggio 1912, n. 1447, t.u. sulle ferrovie concesse all'industria privata, art. 184). 
La decadenza della concessione del servizio ferroviario e l'affidamento 
del servizio alla gestione governativa producono immediatamente una 
trasformazione di natura giuridica nel rapporto di lavoro intercorrente 

La decisione -che riafferma una tendenza giurisprudenziale consolidata va 
posta, per�, in relazione con la diversa soluzione adottata con Cass., sez. 
un., maggio 1979, n. 2660 (in Giust. civ., 1980, I, 448, con nota critica di 

C. CARBONE, Sospensione del provvedimento amministrativo di decadenza della 
~:� 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 573 

con i dipendenti: questo, infatti, da privato diventa pubblico e conseguentemente 
le relative controversie appartengono alla competenza del 
giudice amministrativo. 

(omissis) La questione di giurisdizione non � preclusa n� dall'intervenuta 
sentenza sulla competenza, n� dal fatto ,che la :gestione governativa 
l'abbia sollevata con l'istanza di regolamento, potendo la questione stessa 
essere posta dalle parti e sollevata d'u:fificio f�nch� non sia intervenuta una 
sentenza di merito. 

Queste sezioni unite hanno avuto occasione di occuparsi con recenti 
sentenze (n. 2660 del 1979 ed altire suocessive) della natura del rapporto 
dei dipendenti addetti alla Ferrovia Cancello-Benevento e della giurisdizione 
sulle relative controversie. 

Con le dette decisioni queste sezioni unite hanno rilevato che, in 
relazione alla Ferrovia Cancello-Benevento, gi� concessa alla Societ� italiana 
strade ferrate secondarie, dopo essere stata ,disposta, con d.m. 17 novembre 
1971, ai sensi dell'art. 184 t.u. approvato 1con r.d. 9 maggio 1912, 

n. 1447, per ravvisate irregolarit� del 1servizio, la gestione commissariale 
governativa, fu pronunciata, sempre ai sensi dell'art. 184 citato, con 
d.m. 29 gennaio 1972, la decadenza della concessionaria dalla concessione. 
Ed hanno affermato che, per effetto del provvedimento di decadenza 
-sospeso dal giudice amministrativo, ma ripristinato al rigetto dell'impugnazione 
da parte del Consig1io di Stato con sentenza 26 novembre 1975 il 
rapporto, ormai riferibile allo Stato, � da ritenere impiego pubblico. 
Hanno rilevato queste sezioni unite che nel rapporto in argomento (al 
pari che in quello del personale addetto alle Ferrovie calabro-lucane 
riscattate ai sensi dell'art. 188 t.u. n. 1447 citato e in quello del personale 
addetto ai servizi di navigazione sui laghi Maggiore, di Como e di Garda 
assunti in gestione diretta ai sensi dell'art. 195 t.u. n. 1447, citato: sui 
quali dr. sentenza di queste sezioni unite n. 2854 del 1973 ed altre, e, 
rispettivamente, sentenza :n. 3617 del 1976 ed altre) non ricorre l'elemento 
necessario affinch� un :rapporto d'impiego con un ente pubblico non economico, 
massime con lo Stato, possa ritenersi d'impiego privato ai sensi 
dell'art. 2093 cod. civ., vale a dire la sua riconducibilit� all'esercizio di 
un'impresa, e ci� in quanto l'attivit� di produzione del servizio non � 
improntata a criteri di economicit�. Premesso che tali criteri, nel caso 
di imprese ese!'citate da un ente pubblico non economico, sono rivelati 
dallo svolgimento dell'attivit� produttiva mediante un'organizzazione appo


concessione e modificazione della giurisdizione) e ne rappresenta, sia pure 
implicitamente, un superamento. 
Per taluni spunti sul � cambiamento di connotazione che riceve il rapporto>>, 
v. le osservazioni di M. ANNUNZIATA, in Giust. civ., 1980, I. 1257. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

sita, provvista di poteri di autonomia decisionale e di programmazione 
a lungo termine, e di normale o tendenziale autosufficienza finanziaria, 
hanno considerato queste sezioni unite, che, intervenuta la pronuncia di 
decadenza del concessionario, la gestione governatriva, ormai riferibile allo 
Stato, presenta soltanto quella separatezza organizzativa e contabile che 
� connaturale alla sua provvisoriet� ed al fine pubblicistico, suo proprio, 
di assicurare comunque, in via interinale e conservativa, la continuit� del 
serv�izio pubblico fino all'assetto definitivo di esso -mediante affidamento 
a un nuovo concessionario ovvero mediante l'assunzione stabile in gestione 
diretta ai sensi dell'art. 195 t.u. n. 1447 dtato -e cos� di rendere 
possibile quella scelta che sta alla base dell'assetto definitivo stesso 
ed alla cui differita e migliore adozione la gestione pirovvisoria � di�rettamente 
strumentale. 

Le coI1Jclusioni come sopra raggiunte valgono anche per la presente 
controversia. 
Va pertanto affermata la giurisdizione esdusiva del giudice amministrativo 
(omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 luglio 1979, n. 3924 -Pres. Mirabelli est. 
Lipari -P.M. Salemi (conf.) -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato 
Viola) c. Mangano {avv. Cucinotta). 

Procedimento civile -Appello -Restituzione da parte dell'ap,p,ellante del 
fascicolo nel termine di legge rispetto non all'udienza collegiale fissata 
dall'istruttore ma a queMa di rinvio disposta dal collegio -Improcedibilit� 
dell'appello -Non sussiste. 

Procedimento civile -Appello -Ordinanza di rinvio dell'udienza colle1giale 
fissata dall'istruttore -Verbalizzazione dei motivi che giustificano 
l'adozione -Necessit� a pena di nullit� -Non sussiste. 

Espropriazione per p.u. -Occupazione ultrabiennale non seguita da espro1priazione 
-Accordo transattivo tra l'Amm.ne e i proprietari delle aree 
occupate per la determinazione dei danni dall'occupazione -Non costituisce 
accoroo sull'indennit� e non perde efficacia �per effetto della 
scadenza del termine per procedere ad espropriazione. 

Non pu� essere dichiarato improcedibile l'appello per mancata restituzione 
in termini di legge da parte dell'appellante del fascicolo di� parte, 
qualora la data dell'udienza collegiale fissata dall'istruttore sia stata differita 
da parte del collegio e per tale data il fascicolo sia stato tempestivamente 
depositato (1). 

Non � affetta da nullit� l'ordinanza con cui il collegio dispone il rinvio 
dell'udienza collegiale fissata dall'istruttore anche se non risultano specificati 
i motivi che ne giustificano l'adozione (2). 

Conserva efficacia l'accordo transattivo rifiettente i danni derivati 
dell'occupazione da parte della P.A. di suoli privati anche se viene a scadere 
il termine per l'Amministrazione per procedere all'espropriazione (3). 

(Omissis) -Preliminarmente va esaminato il motivo di ricorso incidentale 
con il quale, deducendo la violazione degli artt. 348 cod proc. civ., 
si lamenta che la Corte del meriito non abbia dichiarato improcedibile 
l'appello dell'amministrazione per mancato deposito del fascicolo nei 

(1-3) Il princ1p10 riassunto nella prima massima conferma e consolida 
l'orientamento del S.C. in materia di improcedibilit� dell'appello per tardiva 
� restituzione � (e non deposito, termine, che ha riferimento al .primo deposito, 
quello cio� che avviene al momento della costituzione) del fascicolo dell'appellante 
prima dell'udienza collegiale, precisando che per udienza rilevante 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

576 

termini di legge, riferendo la tempestivit� della restituzione, anzich� 
all'udienza collegiale di discussione fissata dall'iistruttore, a quella successiva 
cui il processo era stato rinviato, senza dare atto nell'ordinanza 
di rinvio della sussistenza delle ragioni che lo giustificavano, nemmeno 
risultanti dal verbale di udienza. 

Il motivo, che si appoggia su una isolata decisione di questo S.C. 
(la sentenza n. 992 del 1975), riguardante una diversa fattispecie, non � 
fondata. 

Ai fini della improcedibilit� dell'appello la tempestivit� della restituzione 
non si valuta �sempre con rriferimento all'udienza di discussione 
della causa fissata dall'istruttore, dovendosi avere riguardo, qualora tale 
udienza sia �Stata rinviata (ritualmente), alla nuova udienza collegiale 
nella quale la causa venga effettivamente discussa ed assegnata a sentenza 
(Cass. 4311/77, 2430/76, 948/76, 992/75, 3436/72, 1764/72, 3491/69, 2144/67). 
Tale improcedibilit�, secondo il consolidato, orientamento giurisprudenziale 
di questa S.C. va diohia:rata non solo nel caso di mancata presenta2lione, 
ma anche in quello di mancata restituzione del fasdcolo dopo il 
suo ritiro in occasione della chiusura dell'istruzione (giurisprudenza costante 
cfr. Cass. 488/79, 5089/77, 2024/74, 1377/75). 

Nella memoria la difesa dell'Avvoc�tura sottolinea l'interpretazione 
liberale del pdncipio nel senso che alla mancata restituzione del fascicolo 
l'iimprocedibilit� non consegue ipso iure, ma va esclusa ogni qualvolta 
il giudice possa ugualmente pronunciare sull'impugnazione esistendo in 
atti copia autentica della sentenza e dell'atto di appello. 

Non ne risulta peraltro sovvertito l'indirizzo di fondo che iricollega 
l'improcedibilit� alla mancata restituzione (oltre che alla originaria omessa 

ai fini della dichiarazione di improcedibilit� deve intendersi quella in cui 
la causa viene effettivamente spedita in decisione. 

Con la seconda massima il S.C. rettifica, invece, l'indirizzo contenuto nella 
precedente sentenza 14 marzo 1975, n. 992, affermando il principio che l'ordinanza 
del collegio che dispone il rinyio della causa ad altra udienza di discussione 
non � nulla anche se non contiene l'espressa menzione dei gravi motivi 
che, a mente dell'art. 115 disp. att. al c.p.c., ne hanno giustificato l'adozione 
sempre che tali motivi sussistano e siano comunque desumibili dai fatti di 
causa, e ferma la discrezionalit� del giudice di valutare la sussistenza della 
gravit� dei motivi stessi. 

In sostanza facendo leva sui due elementi della mancanza di una previ


sione espressa della nullit� in caso di mancata motivazione della ordinanza 

di rinvio e della discrezionalit� del giudice nella valutazione della gravit� dei 

motivi che giustificano il rinvio, il S.C. � giunto ad una interpretazione meno 

rigida del dettato legislativo rispetto a quella in precedenza accolta. E tale 

conclusione appare apprezzabile, anche sul piano equitativo, non sembrando 

giustificato l'estremo rigore del precedente indirizzo. 

Anche il principio contenuto nella terza massima pu�, in via del tutto 

generale, essere condiviso. Ed, invero, sembra esatta l'affermazione che l'ac




PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 577 

presentazione) del fascicolo; n� ritiene il Collegio di dovere sottoporre 
a revisione oritica tale indirizzo per evidenti ll'agioni di economia della 
decisione, poich� nel caso di specie non si;ssistono gli estremi per emettere 
la pronuncia di improcedibilit�, -come bene ha argomentato il giudice 
di merito, sicch� neppure ha ragione di porsi la problematica dell'eventuale 
interpretazione adeguatrice in alternativa alla prospettazione del 
dubbio di costituzionalit� della relativa � norma vivente � desunta in via 
interpretativa, per difetto di rilevanza poich� di detta norma viene appunto 
esclusa l'applicabilit� nel caso di specie, sitcch� non si verifica concretamente 
alcuna menomazione del diritto di difesa (altra volta, del resto, 
questa S1C. ha avuto modo di affermare che la sanzione dell'improcedibilit� 
non comporta violazione dell'art. 24 Cost. in quanto n�m si traduce 
in ostacolo � impedimento del diritto di difesa, essendo ll'ichiesta come 
modalit� di regolamentazione del diritto medesimo: Cass. 4753/77). 

Secondo l'assunto dei resistenti il riferimento alla nuova udienza di 
discussione opera solo �quando il rinvio venga espressamente concesso 
per uno dei motivi previsti dall'art. 115 disp. att. (girave impedimento del 
tribunale o delle parti). 

Il presupposto del potere del giudice 1collegiale di dispol'.'re il rinvio 
dovrebbe cio� necessariamente ravvisarsi nella formale verbalizzazione 
dei gvavi motivi effettivamente enunciati davanti al Collegio dal richie� 
dente; e di fronte alla mancata verbalizzazione, a prescindere dall'avvenuta 
enunciazione, il rinvio non potrebbe essere disposto; tanto meno 
con ordinanza call'ente di apprezzamento sulla idoneit� e gravit� dei 
motivi addotti. 

La tesi � manifestamente eccessiva. 

Le .norme degli artt. 126 cod. proc. civ. e 44 disp. att. cod. proc. civ. 

sul contenuto e sulla compilazione del processo verbale 1si limitano a 

presorivere che tale atto deve contenere, fra l'altro, �le dichiarazioni rice


cordo in ordine alla determinazione concreta del danno derivante da un'occu


pazione ultrabiennale con conseguente utilizzazione dell'area occupata per la 

realizzazione di un'opera pubblica non perde efficacia in seguito alla mancata 

coltivazione da parte dell'espropriante della procedura espropriativa. 

Peraltro il problema specifico da risolvere nel caso di specie e su cui 

non sembra sia stata svolta un'indagine adeguata, era quello preliminare di 

stabhlire se, in base a1la convenzione stipulata, le parti avessero inteso, invece 

che transigere il danno derivante dall'occupazione, procedere alla determina


zione consensuale dell'indennit� di espropriazione. 

E sul punto non potevano non assumere importante rilievo le circostanze, 

non adeguatamente considerate dal S.C., che l'Amministrazione espropriante 

aveva rifiutato di depositare l'indennit� di esproprio determinata giudizial


mente, e poi, dopo il sopravvenire della nuova normativa sugli indennizzi, 

aveva rifiutato di dare esecuzione all'accordo intervenuto. 

Si tratta di due comportamenti l'uno precedente e l'altro successivo al 

contratto, entrambi illuminati ai fini di conoscere la reale intenzione delle parti. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

vute � o �le dichiarazioni rese� dalle persone intervenute nell'atto senza 
all'uopo pretendere la riproduzione pedissequa della dichiarazione orale. 
Il verbale deve essere sintetico; ma nel caso di omessa o insufficiente verbalizzazione 
non si verifica alcuna nullit�; n� l'omissione si riflette sul 
provvedimento ordinatorio emesso alla stregua della richiesta non verbalizzata, 
con riguardo alla speoif�.cazione dei motivi addotti per giustificarla. 


Non potrebbe invero ipotizzarsi la nullit� dell'ordinanza di rinvio per 
omessa motivazione in ordine alla valutazione della gravit� dei motivi 
dedotti a sostegno dell'istanza di ,rinvio, perch� se � vero che ai sensi 
dell'art. 132 cod. proc. civ. l'ordinanza deve essere succintamente motivata, 
la legge processuale non commina alcuna sanzione di nullit� per 
l'omissione della motivazione. N� una sanzione siffatta � desumibile 
dall'art. 115 delle disposizioni transitorie il quale stabilisce che il rinvio 
della discussione pu� essere disposto � non pi� di una volta soltanto '" 
�per g'rave impedimento del tribunale e delle parti�. 

La giurisprudenza di questo S.C. � da gran tempo orientata nel 
senso che il potere attribuito al giudice dall'art. 115 cit. ha carattere 
discrezionale e che l'inosservanza delle modalit� dettate per il suo esercizio 
non comporta alcuna comminatoria di nullit�, ,sicch� le vicende 
att!inenti all'esercizio, ovvero al mancato esercizio del medesimo non possono 
mai formare oggetto di impugnazione (Cass. 79/55, 2558/60; 3078/63; 
945/64; 1035/72; 1377/75; 948/76). 

D'altra parte, pur senza voler qui riesaminare -come si � premesso il 
problema della fondatezza giuridica dell'operata estensione della sanzione 
dell'improcedibilit� dell'appello anche all'ipotesi di mancata restituzione 
del fascicolo, la sottolineatura dell'origine giurisprudenziale di 
tale indirizzo, ed il condizionamento del diritto di difesa del soccombente 
in primo grado che. ne consegue, inducono ad una doverosa prudenza 
ermeneutica nel tra:tire dal principio ulteriori corollari restrittivi. Ci� 
spiega l'orientamento giurisprudenziale dello slittamento alla udienza effettiva 
dii discussione ai fini della verifica della procedibilit� dell'appello, 
operante qualunque sia il motivo del rinvio (in ipotesi limite anche se 
questo � stato espressamente operato per consentire la restituzione del 
fascicolo {cos� Cass., 1764/72; contra Cass., 992/75). 

Si � pertanto ritenuto che non ,rileva la carenza di motivazione in 
ordine all'operato rinvio, dovendosi ritenere che la valutazione del grave 
impedimento del tribunale o della parte, ancol'ch� non se ne faccia 
espressa menzione nella relativa ordinanza, sia stata effettuata per implicito 
per il fatto stesso dell'applicazione dell'art. 115 cit. (Cass. 2953/6~). 

Ma una volta riconosciuta la insindacabilit� dell'apprezzamento discrezionale 
del giudice di me11ito circa la gravit� dell'impedimento della parte 
addotto quale motivo della richiesta di rinvio ed escluso che delle moda



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

lit� del suo eserciZJio la parte si possa dolere davanti a questo S.C., non 
appare giustificata la precisazione limitativa che si legge nella sentenza 

n. 992 del 1975, secondo cui l'insindacabilit� sussisterebbe solo se il rinvio 
dell'udienza di discussione della causa sia stato concesso dal giudice di 
merito per uno dei motivi precisati dalla legge, ovvero sull'accordo delle 
parti, sicch� ove il motivo espl!citamente addotto sia extra legem (ma non 
si comprende allora il fondamento testuale della riconosciuta efficacia 
dell'accordo delle parti) o non sia menzionato affatto, sarebbe possibile 
l'impugnazione. 
A siffatta conclusione, sulla linea della giurisprudenza dominante, va 
obiettato che non si deve confondere la mancata verbalizzazione con la 
mancata enunciazione delle ragioni del rinvio che pu� ritenersi implicita 
nel provvedimento di concessione del rinvio, presupponente una richiesta 
adeguata ed un positivo apprezzamento del giudice al riguardo. 

.Comunque nel caso di, specie la sentenza impugnata, nel riesaminare 
l'eccezione di improcedibilit� e nel disattenderla, si � data carico dell'omessa 
indicazione nell'ordinanza dei gravi motivi dedotti dall'appellante 
a sostegno dell'istanza di rinvio, e con chiara consapevolezza della distinzione 
fra enunciazione delle ragioni del chiesto rinvio, verbalizzazione 
delle medesime ed apprezzamento del giudice al riguardo ha dato atto 
che nella specie il rinvio era 'Stato disposto sull'istanza del difensore dell'amministrazione 
1comparso in udienza, in sostitu:ziione del collega, investito 
della trattazione della 1causa, esprimendo il convincimento sulla base 
del rilievo testuale della non iidentit� del difensore presente con quello 
che aveva sostenuto le ragioni dell'amministrazione, che il rinvio fosse 
stato disposto (legittimamente) proprio perch� il difensore titolare del 
relativo procedimento contenzioso dell'Avvocatura non aveva potuto partecipare 
all'udienza essendone impedito; la qualificazione di tale impedii.
mento come grave � ciricostanza insuscettibile 'di sindacato in questa 
sede, essendo espressione della discrezionalit� del giudice. Ed una siffatta 
ricostruzione della vicenda da parte del giudice d'appello consente agevolmente 
di individuare il tratto differenziale fra la situazione di specie e 
quella tenuta presente nella decisione n. 992 del 1975. 

In quel caso l'appellante non aveva fatto richiamo ad alcun impedimento 
espressamente richiedendo il rinvio quaie termine di graria per 
potere provvedere all'omesso deposito, in quello attualmente in esame 
la sussistenza di un motivo 'idoneo (anche se non verbalizzato) era desumibile 
ex actis ed � stata comunque desunta implicitamente in via interpretativa 
dalla Corte in termini di impedimento del difensore. 

Nel disposto rinvio dell'udienza di discussione deve pertanto I'itenersi 
implicita la valutazione positiva sulla sussistenza di un grave impedimento, 
effettivamente dedotto all'udienza (anche se non verbalizzato), sicch� 
� da escludere la irregolarit� applicativa dell'art. 115; la cui messa 


580 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
in evidenza, peraltro, non potrebbe dar luogo a vizi del provvedimento 
sindacabili in cassazione, in difetto di ogni comminatoria di nullit� al 
riguardo. 
In conclusione deve escludersi che nel caso di specie sussistessero 
gli estremi per dichiarare la improcedibilit� del ricorso (pronuncia che 
si sarebbe dovuta in ogni caso giustificare con il rilievo che in mancanza 
del fascicolo dell'appellante non era possibile procedere all'esame dell'impugnazione). 
3. -Nel merito il nodo problematico della causa va indiv1duato nella 
qua1ificazione giuridica dell'atto 16 aprile 1974 che secondo la tesi dell'amminis1lrazione 
sarebbe un accordo sulla misura della !indennit�, un 

atto quindi del procedimento espropriativo, assoggettabile come tale, alla 

relativa disciplina, mentre secondo la Corte d'Appello si tratterebbe di 

negozio .transattivo di diritto privato, mirante essenzialmente a determi


nare la consistenza del risardmento dei danni dovuti ai proprietari delle 

aree illegittimamente occupate, decorso il biennio di occupazione legit


tima, senza che il procedimento espropriativo si fosse concluso, e restando 

esclusa la possibilit� di restituzione del terreno sul quale era gi� stata 

realizzata l'opera pubblica (edificio scolastico). 

L'inquadramento della fattispecie negli schemi dell'occupazione illegittima 
con impossibilit� di restituzione e la puntualizzazione della transazione 
con riferimento da un lato all'azione di risarcimento che i proprietari 
avrebbero potuto svolgere per ottenere l'integrale ristoro dei 
danni commisurati al valore venale del bene, e dall'altra alla facolt� 
per la P. A. di esercitare ex novo il potere espropr�ativo non risultano 
svolti nella sentenza impugnata in termini del tutto soddisfacenti, sia 
per l'uso promiscuo ed indifferenziato dei termini indennit� (di espro. 
pr�azione) e risarcimento, sia per una sovrapposi:l)ione concettuale con il 
modello della cessione volontaria dell'area da espropriare che nulla ha 
a che vedere con la situazione di occupazione ivreversibile a seguito della 
costruzione dell'opera pubblica, che svuota completamente ri1 diritto dominicale 
delle sue componenti edel suo contenuto economico, ma non incide 
formalmente sulla titolarit� del diritto in quanto tale, sicch� non pare 
esatta l'affermazione incidentale della sentenza secondo cui tale diritto 

sarebbe stato trasferito all'ammirnstrazione. 

D'altra parte le difl�icolt� di interpretazione dell'atto discendono dalla 

sua stessa origine documentale, essendosi avvalse le parti di un modulo 

standard a stampa, predisposto dall'amministrazione per consacrare un 

accordo sulla misura dell'indennit�. 

Trattasi, tuttavia, di !imprecisioni che non si riflettono sulla esattezza 

dell'accertamento di fondo della .Corte che ha esattamente interpretato 

l'atto come vera e propria transazione (� convenzione con la quale le parti 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

facendosi reciproche concessioni, prevenivano una lite che poteva sorgere 
fra loro non solo per quel che riguar.dava la rrll.sura dell'indennit� di 
espropriazione... ma anche per quanto concerneva il danno sub�to dai 
Mangano�... (pari al) ��controvalore del bene su cui era gi� stata costruita 
l'opera pubblica�... (e dipendenti) � dalla interclusione del residuo fondo �. 
E le dimensioni economiche dell'intervenuta transa:zJione risultano dalla 
contrapposizfone fra il controvalore del bene fissato Jn L. 121.741.000, e la 
misurazione dell'indennit� det�rminata con perizia giudiziaria in ben 

L. 204.208.000. 
Con il primo motivo del ricorso, enfatizzando le osoillazionri terminologiche 
e concettuali di dettaglio della impugnata sentenza, si critica la 
qualificazione della convenzione come transazione estranea al procedimento 
espropriativo e si sostiene che l'accordo inteocoIBo f�ra le parti aveva natura 
di semplice bonaria determinazione dell'indennit� di espropriazione 
( � violazione e falsa applicazione degli artt. 24, 25, 26 della I. 25 giugno 1865, 

n. 2359, nonch� degli artt. 1362, 1365, 1470, 1498 cod. civ.�), addebitando 
altres� alla sentenza di rion avere cor:rettamente motivato in ol'dine alla 
portata della predetta convenzione. L'Avvocatura dello Stato fa soprattutto 
leva sul preteso effetto idel contratto transattivo di determinare il trasferimento 
volontario del bene occupato dietro corrispettivo di un prezzo, e 
oritica la sentenza per avere postulato tale effetto senza avere congruamente 
valutato l'esistenza della volont� al trasferimento del bene. Si tende 
con ci� ad attribuire alla relativa enunciazione della �sentenza una portata 
del tutto esorbitante, ipotizzando un effetto della transazione non rispondente 
all'intento delle parti, che non vollero porre tin essere un trasferimento 
negoziale, in luogo di quello coattivo, ma si proposero di risolvere 
una situazione risa:rdtoria che si innestava su un'occupazione ormai sine 
titulo, essendo decorso il termii.ne per l'espletamento del procedimento 
espropri.ativo per il rifiuto dell'ammmastrazione di depositare l'indennit� 
di espropriazione. 
Ma una puntuale, ricostruzione delle ragioni .del comportamento della 

P.A. non � rilevante aii fini del decidere, bastando constatare al riguardo 
che il procedimento espropriativo non si � concluso per il fatto dell'amministrazione 
e che la conven:zJione in esame non si � innestata su quel 
procedimento, ma si ricollega ad una �situazione di occupazione tillegittima: 
sicch� � ai principi all'uopo elaborati dalla giurisprudenza di questa S.C. 
che occorre fare riferimento per apprezzare la correttezza dell'operato 
inquadramento in termind transattivi (nella ricorrenza dei requisiti di legge 
la cui sussistenza non viene del resto .revocata in dubbio dal ricorrente). 
Ed alla stregua di tali princ�pi il motivo deve ritenersi infondato. 
Riportato l'accordo transattivo alla sua fondamentale matrice di determinazione 
del risarcimento danni nelle sue varie componenti, e messa 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

582 

in chiaro la fungibilit� delle espressioni �risarcimento� ed �indennit�� 
(di espropriazione) accomunate dal riferimento al valore che si intendeva 
attribuire al bene, ed escluso che si fosse invece potuto stabilire il prezzo 
di un trasferiimento volontario del bene (che non assumeva concreta rilevanza, 
posto che si em gi� verificata la perdita sostanziale di tutte le utilit� 
inerentJi al bene) risultano svuotate di pregio le notazioni della difesa 
dell'amministrazione volte a contrastare l'accertamento operato dei giudici 
di merit'o. Il profilo del trasferimento volontario dell'area occupata 
verso corrispettivo di U1I1 prezzo non attiene all'oggetto della transazione, 
incentrata sulla determinazione del risarcimento a seguito di occupazione 
illegittima con impossibilit� di restituzione del bene, avendo l'amministrazione 
fatto decorrere il termine per 11 perfezionamento dell'espropriamone 
rifiutandosi dd covdspondere la maggiore indennit� di espropriazione a suo 
tempo determinata dai periti. Per transigere i Mangano non dovevano manifestare 
la volont� di trasferire, ma solo quella di ritenersi soddisfatti in 
ogni loro pretesa a seguito della convenuta attribuzione delle indicate 
somme. 

L'adozione del modulo a stampa predisposto per la stipulazione di 
accordi siffatti ed il difetto di coordinamento fra dette clausole e quelle 
costituenti espressione dell'accordo transattivo, spiegano gii scompensi 
verbali sui quali fa leva la 1difesa erariale. Ma una volta messo in luce il 
nucleo della convenzione, il suo proprium originale, attraverso una interpretazione 
globale e finalistica del negoZJio (<cos� come hanno fatto i giudici 
di merito) � agevole 'liberarsi degli argomenti formalisticamente desunti 
dal tenore delle clausole medesime. 

� esatto che solo nella logica dell'accordo sulla misura dell'indennit� 
si giustificherebbe, nell'atto 6 aprile 1974, la previsione di riduzione della 
indennit� di espropriazione nel caso di delimitazione delle zone espropriate 
e dell'obbligo ,di far assumere all'eventuale futuro acquirente gli impegni 
direttamente assunti con la convenzione medesima, trnttandosi appunto di 
clausola a stampa di modulo con tale originaria destinaziOIIle. Accertato 
peraltro che lo scopo dell'atto era un altro, che si volle transigere con 
riguardo ad una situazione di occupazione abusiva, evidentemente tale 
clausola perde ogni valore, e deve essere espunta dal contesto della convenzione 
sulla quale non spiega alcun effetto. Analogamente non ruleva 
il dettato del modulo in termini �indeterminati, anzich� risarcitori., proiezione 
esso pure della destinazione tipica di questo. E sempre all'impro


pria utilizzazione del modulo va ricondotta la clausola a stampa circa 

l'obbligo ,di adempimento di tutti gli incombenti che la legge 25 giugno 1865, 

n. 2359 prescrive doversi eseguire dall'espropriato, prescriziooe che, si 
assume, non avrebbe ragion d'essere rispetto ad un trasferimento consensuale 
del bene. Gi� si � sottolineato che la transazione non attiene al tra

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

sferimento del bene, ed � appena il caso di rico1idare il canone esegetico 
per cui nell'interpretazione di un negozio nel quale figurano ,sia clausole 
a stampa sia clausole dattiloscritte nel contrasto fra di esse deve darsi 
senz'altro prevalenza alle seconde. 

Resta pertanto confermato che la sentenza impugnata nel qualificare 
l'accordo del 6 aipiiile 1974 come atto transattivo, ha espresso un giudizio 
giuddioamente corretto e sorretto da adeguata motivazione, che pertanto 
si sottrae a censura in questa sede di legittimit�. 

4. -Il 11iconoscimento che la convenzione predetta � una transazione 
e non un accordo sulla misura dell'indennit� innestato nel procedimento 
espropriativo svuota di contenuto i successivi due mezzi del ricorso che 
muovono dall'opposta qualificazione. 
Con il secondo motivo si censura la sentenza per avere ritenuto valida 
la �Convenzione la quale tinvece, se considerata cos� come l'Avvocatma sostiene 
quale accordo sulla misura dell'indennit�, sarebbe stata nulla, perch� 
in contrasto con .le disposizioni non derogabili della legge n. 865 del 1971, il 
cui articolo 9, riguarda la irealizzazione di singole opere pubbliche nell'ambito 
degLi interventi previsti dal titolo I della legge stessa, fra cui rientra 
anche la costruzione di edifici scolastici di qualsiasi tipo (violazione e falsa 
applicazione degli artt. 1418 cod. civ., e degli artt. 11 e ss., in relazione 
agli artt. 9 ed al titolo I della I. 22 ottobre 1971, n. 865; omessa o insufficiente 
motivazione su punto decisivo della controversia). 

Ora � chiaro che il discorso impostato nel motivo in tanto ha ragione 
di porsi in quanto si riconosca la natura di accordo sull'indennit� dell'atto. 


Con il terzo motivo, lamentando la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 24, 25, 26 in relazione all'art. 16 della L 25 giugno 1865, n. 2359 e 
dell'art. 1421 e.e., nonch� l'omessa o insufficiente motivazione su punto 
decisivo della controversia, si sostiene, contro l'avviso espresso dai giudici 
d'appello, che la nullit� della convenzione pu� essere fatta valere da 
chiunque vi abbia interesse ed essere rilevata persino d'ufficio dal giudice; 
essa sarebbe quindi deducibile anche dall'espropriante che non ha 
osservato l'onere �di compimento della espropria7!ione nel termine di efficacia 
della dkhlarazione. 

Ma 
deve rilevarsi in contrario che l'argomentazione criticata non ha 

valore determinante nell'economia dell'impugnata decisione, essendo svolta 

esclusivamente ad abundantiam; mentre fondamentale � il rilievo che l'atto 

considerato non si inserisce nel procedimento espropviativo, per ribadire 

la 
dipendenza del mezzo dalla qualificazione dell'atto medesimo come 

accordo 
sull'indennit�. 
Ne ,consegue che il secondo e terzo motivo rimangono assorbiti. nel 
rigetto del primo motivo. (omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1979, n. 5236 -Pres. Vigorita Est. 
Carnevale -P. M. Del Grosso (conf.). S.p.A. S.I.F.E. (avv. Bonaventura) 
c. Ministero Finanze (avv. stato Angelini Rota) ed Esattoria 
consorziale di Pordenone (avv. Tedeschi). 

Fallimento -Appello avverso la sentenza di opposizione alla dichiarazione 


Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale -Inapplica


biUt�. 

� inapplicabile al termine per proporre appello avverso la sentenza 
che pronunzia sull'opposizione alla revoca del fallimento la sospensione 
prevista d~ll'art. 1 legge 7 ottobre 1969, n. 742 (1). 

(Omissis) Con l'unico motivo del suo ricorso la S.l.f.E. si duole che la 
Corte del merito abbfa ritenuto inapplioabile al giudooo cli appello relativo 
all'opposizione alla sent�nza dichiarativa del fallimento la sospensione dei 
termini processuali durante il periodo feriale, non considerando che il giudizio 
di appello non pu� farsi ricomprendere tra � le cause relative alla 
diichiarazione e revoca dei fallimenti >>, in quanto il fallito, impugnando la 
sentenza che ha rigettato la sua opposizione alla sentenza diohiara1Jiva del 
suo fallimento, dimostrerebbe, sia pure impliicitamente, di non volersi avvalere 
dell'urgenza, che profitterebbe a suo esclusivo interesse, per cui la controversia 
sarebbe priva di quel requisito dell'urgenza che giustifica l'inapplicabiliit� 
della sospensione dei ternnini processuali. 

Il ricorso � del tutto privo di fondamento. 

La sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale di


sposta dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 non si applioa, in virt� 

della norma contenuta nell'art. 3 della stessa legge, alle cause previste 

dall'art. 92 dell'ordinamento giudiziario approvato con rid. 30 gennaio 1941 

n. 12 ~cui d.l citato art. 3 della legge n. 742 fa espresso rinvio), tra le quali 
sono comprese quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti. 
(1) La decisione, che costituisce la prima pronunzia del S.C. in materia, 
appare del tutto esatta. 
Non pu� infatti, pensarsi come sosteneva invece la ricorrente, che sia 
rimesso alla parte interessata avvalersi o meno della sospensione del termine 
per proporre impugnativa in una materia che il legislatore considera sottratta 
alla applicazione della regola della sospensione dei termini nel periodo feriale. 

� chiaro che la sottrazione di una specifica materia alla regola generale 
della sospensione dei termini � voluta dal legislatore , per finalit� di ordine 
pubblico. Sfugge, pertanto, al potere dispositivo delle parti private ogni possibile 
determinazione al riguardo. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 585 

L'inapplicabilit� della sospensione dei termini processuali durante il 
periodo feriale alle cause previste dall'art. 92 dell'ordinamento giudiziario 
-non consentendo il chiaro dettato della norma alcuna distinzione 
in proposito -non � limitata al giudizio di primo grado, ma si estende 
ai giudizi di impugnazione e ad ogni fase di essi. 

Nelle cause di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento la 
sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale resta quindi 
esclusa anche nel giudizio di appello, sia che l'impugnazione venga proposta 
dal fallito conto fa sentenza di rigetto della sua opposizione, sia 
che venga proposta dal curatore o dai creditori istanti contro la sentenza 
di revoca della dichiarazione di fallimento. 

In entrambe le ipotesi ri.corre infatti quell'interesse pubblico alla sollecita 
conclusione del giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di 
faHiimento che giustifica l'esclusione della sospensione dei termini processuali 
e non consente aLcuno spazio all'operativit� del potere dispositivo� 
delle parti. 

Appare infine del tutto priva di base l'assimilazione, prospettata dalla 

rncorrente, delle cause relative alla chiusura del fallimento rispetto alle 

quali questa Corte Suprema (sent. 10 marzo 1971, n. 687) ha ritenuto� 

applicabile la sospensione dei termini ~ocessuald durante il periodo fe


riale; al giudizio di appello promosso dal falMto contro la sentenza di 

rigetto della sua opposizione alla sentenza dichiarativa del suo fallimento,. 

in quanto i due tipi di giudi2lio presentano caratteri strutturali e funzio


nali assolutamente diversi. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 30 ottobre 1979, n. 5677 -Press. D'Orsi Est. 
Scanzano -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). � Giordano (avv. Zaffarani) 
c. Ministero Interno (avv. stato Corti). 

Comune -Sindaco -Ufficiale di governo � Requisizione � Danni relativi Imputabilit� 
al Ministero � Esclusione -Imputazione al comune beneficiario. 


Nel giudizio per risarcimento dei danni derivanti da requisizione diohiarata 
illegittima, legittimata passiva non � l'Amministrazione statale 
cui � riferibile l'attivit� del sindaco quale ufficiale di governo ma il Comune 
a favore del quale � stata disposta la requisizione (1). 

(1) Il pnnc1p10 enunciato � particolarmente importante perch� per la 
prima volta la Cassazione affronta la questione dell'imputabilit� dell'obbligo 
di risarcimento, con particolare riguardo alla requisizione. Analogo orientamento 
era stato espresso, con riferimento a tutti i procedimenti ablativi da 
Cass., 7 luglio 1967, n. 1676; in Giur. it. Mass., 1976. Cfr. anche App. Palermo, 

586 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis). Con provvedimento del 24 agosto 1968 lil Sindaco di Paler-� 
mo in qualit� di uffida:le del Governo, al fine cli assicurare la continuit� 
del servizfo di nettezza urbana, necessario per ragioni di igiene e di salute 
pubblica, ordin� la requisizione per la durata di mesi quattro, dei mezzi, 
attirezzature, benri mobili ed immobili dell'impresa Vaselli, gi� concessionaria 
del servraio anzidetto perch� venissero utilizzati in via transitoria e 
di u11genza dal comune di Palermo, ai fini della gestione diretta di tale servizio. 
Il comune prese possesso non solo dei beni contemplati nel provvedimento 
�di requisizione ma anche cli alcuni locali di propriet� di Giordano 
Rosa e degli altri ricorrenti indicati itn epigrafe, e li trattenne anche dopo 

I 

la scadenza del termine fissato nel provvedimento su indicato. 

In relamone a tale situazione la Giordano, in proprio e quale procul 
ratrice di Franca, Alessandra e Carlo Casiglia, Iole Ansaldi e Maria Luisa I 
D'Ancona, dopo avere ottenuto la condanna al risarcimento dei danni in i 

II 

L. 125.000 mensili, rper il periodo successivo al giugno 1969, a carico della 
Azienda Municipalizzata. Nettezza Urbana, che nel frattempo si era costiB 
tuita ed aveva utilizzato i locali, convenne avanti al tribunale di Palermo, ~ 
f. 
con citazione del 12 aprile 1973, il sindaco della detta citt�, quale ufficiale ;del gov:erno nonch� il Ministero dell'Interno e chiese la loro condanna al 
1 

pagamento della somma di.L. 250.000 mensili relativamente al periodo dal 
1� settembre 1968 al 30 giugno 1969, a titolo di risarcimento di danni per ~ 
occupazione dell'immobile. f 

L'adito tribunale, con sentenza del 22 febbraio 1975 accolse la domanda 

I

nei coni�ronti del Minristero, ritenendo ad esso imputabile l'attivit� del 
sindaco nella veste su i.ndilcata. 

Con la decisione ora impugnata la Corte di appello di Palermo ha 
riformato la decisione del primo giudice escludendo la legittimazione passiva 
ad causam del Ministero. 

Ha considerato in proposito che l'occupazione dei locali non costituiva 
esecuzione necessaria del provvedimento di requisizione n� trovava titolo 
in tale provvedimento (il cui ambito era limitato ai beni di propriet� del


8 marzo 1963, in Giur Sic., 1963, 495 ed ivi riferimenti in nota. Deve precisarsi 
che nella fattispecie della sentenza che qui si annota, la requisizione riguardava 
soltanto i mezzi, le attrezzature, i beni mobili ed immobili � di propriet�� 
della impresa requisita e non anche i beni immobili da quest'ultima condotti 
in locazione. Sicch� la domanda di risarcimento proposta dal locatore sostanzialmente 
si basava sull'occupazione abusiva, da parte del comune, di detti 
immobili (occupazione che non trovava titolo nel provvedimento di requisizione. 
La corretta interpretazione dell'atto amministrativo, del resto, operata 
dalla Corte di cassazione e gi� dalla Corte d'appello di Palermo (sent. 27 gennaio-
18 febbraio 1976), neanche consentiva di ritenere che l'occupazione degli 
immobili locati alla societ� requisita fosse una conseguenza necessaria ed 
ineluttabile del provvedimento di requisizione. 



PARTE J, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

l'Impvesa Vaselli, e non a berni da questa detenuti in locazione) ma costituiva 
un fatto di cui doveva rispondere il comune che aveva utilizzato i 
locali stessi. 

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Giordano Rosa, 
in proprio e quale procuratrice di Franca, Alessandra e Carlo Casiglia nonch� 
di Ansaldi Iole e D'Ancona Maria Luisa con atto del 30 m�rzo 1977 
sulla base di due motivi illustrati con memoria. Resiste il Ministero dell'Interno 
con controciicorso. 

Motivi della decisione 

Col primo motivo si denuncia violazione degli artt. 75 e 100 c.p.c. in 
relazione agli artt. 7 I. 20 marzo 1865, n. 2248, 153 t.u. 4 febbraio 1915, 

n. 148, 69 dell'ordinamento amministrativo degli enti locaH in Sicilia � 
28 cost., nonch� violazdone dell'art. 2555 cod. civ. e vizio di motivazione su 
punti decisivi. 
Secondo i ricorrenti, la corte di merito, ritenendo che il p.rovvedimento 
di requisizione fosse limitato ai beni di propriet� dell'impresa Vassalli e 
che pe11oi� l'occupazione, da parte del Comune, dei locali di cui si discute 
non costitu� esecuzione necessaria di quel provvedimento, avrebbe travisato 
il contenuto di tale atto ed avrebbe trascurato: a) che la requisizione 
essendo dichiaratamente finalizzata ad assicurare la continuit� del servizio 
di nettezza urbana, doveva necessariamente avere ad oggetto tutto 
il complesso organizzato dei beni che a quel servizio erano destinati, e 
cio� l'intera azienda dell'Impresa Vaselli, comprensiva anche degli stabili 
da essa condotti in locazione per le necessit� del servizio medesimo; b) che, 
infatti, in esecuzione del provvedimento anzidetto il comune si impossess� 
contemporaneamente dei beni di propriet� della Vaselli e dei locali in cui 
essi erano custoditi, per cui l'occupazione di tali locali non era in contrasto, 
ma in armonia con il contenuto del provvedimento stesso; e) che 
con sentenza pronunziata tra essi ricorrenti e l'Azienda Municipalizzata 
per la Nettezza Urbana <il tribunale aveva affermato che la gestione di 
quel servizio era stata svolta dal comune in forza del provvedimento di 
requisizione. Dalle circostanze ora riferite deriverebbe che l'occupazione 
dei locali di essi rico11renti fu atto cLi esecuzione necessaria di quel provvedimento 
e che gli effetti di essa sarebbero riferibili al ministero dell'Intemo, 
per avere il sindaco agito, nell'occasione, quale organo dell'AmministraZJione 
Statale. 

Col secondo motivo i ricorrenti si limitano a ribadire che la corte d'appe1lo, 
escludendo la legittimazione passiva dell'Amministramone statale 
avrebbe violato le disposizioni di legge su indicate ed avrebbe a torto negato 
ad essi il diritto al maggior danno ed alle maggiori spese, reclamato 
con l'appello incidentale. 


588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il ricorso � privo di fondamento. 
La corte d'appello ha ritenuto in punto di fatto 1che il provvedimento 
588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
Il ricorso � privo di fondamento. 
La corte d'appello ha ritenuto in punto di fatto 1che il provvedimento 
di requisizione ebbe ad oggetto � i mezzi, le attrezzature, i beni mobili e 
i beni immobili di propriet� dell'Imp11esa Vasel1i �,e ohe perci� non riguardava 
gli stabili che questa_utilizzava come locataria, appartenenti alta Giordano 
ed aii suoi rappresentati. 

L'occupazione di tali stabili costitu� pertanto un atto arbitrario del 
comune che non trovava titolo (ma trovava, se mai, oocasione) nel detto 
provvedimento. 

Si tratta di un aocertamento di merito fondato sulla interpretazione 
dell'atto amministrativo, e giustificato dalla inequivoca,,, lettera del medesimo. 


� bens� vero che la continuit� del servizio che si intendeva assicurare 
postulava la necessit� di u1lilii.zzare l'azienda, nel suo complesso, dell'impresa 
su indicata, e non solo i mezzi, le attrezzature e i ben! di propriet� 
di essa. In base a tale esatto rilievo pu� desumersi che il detto provvedimento 
fosse incongruo rispetto allo scopo perseguito, ma non pu� pretendersi 
che' il suo contenuto debba essere -attraverso una interpretazione 
sostitutiva di quella .del competente giudice di merito -ampliato al di 
l� di quello che il suo tenore esprimeva. 

Le conclusioni peraltro non cambierebbero anche se fosse vera la 
premessa '.di fatto dei ricorrenti. 

Nella specie, invero, si controverte non della lesione del diritto di propriet� 
per eventuale illiceit� dell'atto amministrativo o per sua illegittimit� 
accertata nella competente sede, ma del corrispettivo dovuto al proprietario 
da chi ha utiliz:llato un suo bene ~n forza di un atto amministrativo 
legittimo. In tale situazione, � chiaro che il comispettivo preteso � dovuto 
non .dall'autorit� che ha emesso il provvedimento ablatorio, ma dal soggetto 
che di questo � beneficiario e che.in base ad esso ha utilizzato il bene 
altrui: nella specie, quindi, non dall'Amministrazione statale cui � riferibile 
l'attivit� del sindaco quale uffi�iale di governo, ed autore del provvedimento 
di requisizione ma dal comune di Palermo, a favore del quale il 
Sindaco (nella predetta qualit�) ha disposto la requisizione. 

Va inoltre precisato che, siccome il compito di curare l'igiene dell'abitato, 
attravel1So il servizio di nettezza urbana, appartiene al comune anche 
sul piano esecutivo (in quanto esso � tenuto a curare che il servizio stesso 
venga concretamente svolto, direttamente o nelle forme indirette consentite 
dalla legge), nel caso in cui la gestione di tale servizio venga assunta direttamente, 
ed in funzione di essa si renda necessaria la requisizione di beni 
altrui, il comune �, ad un tempo, beneficiario della requisizione e legittimato 
a porre direttamente in esecuzione il relativo provvedimento. 

(omissis). 

r1: 

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ti:; 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 589 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 novembre 1979, n. 5948 -Pres. Granata Est. 
Carnevale -P. M. Del Grosso (conf.). Comune di Napoli (avv. Gleijeses 
e Peccerillo) c. Soc. I.R.E .. {avv. Magri e Ferrari) e Ministero 
Lavori Pubblici {avv. stato Del Greco). 

Competenza e giurisdizione -Azione risarcitoria per danni da opera 

pubblica -Comp~tenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche � 

Condizioni. 

La competenza del Tribunale regionale delle acque pubbliche in relazione 
alle controversie per danni derivanti da opere pubbliche ha per ne� 
cessario presupposto ch� i danni di cui s~ chiede il risarcimento abbiano, 
nella prospettazione della domanda dell'attore, la loro causa esclusiva in 
un'opera idrauliCa (1). 

(omissis). Con il primo motivo del suo ricorso -<lemmci;;tndo la.violazione 
e la falsa applkazione dell'art. 140 del rid. 11 diJCembre 1933, n. �75 
in relazione all'art. 7, primo comma, del t.u. 25 luglio 1904, n. 523, nonch� 
l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisiv�. 
della controve11sia -il Comune di Napoli ripropone la tesi, gi� sostenuta 
senza successo davanti ai giudici del merito, secondo cui la controvel"Sia 
avrebbe dovuto essere devoluta, anche per 1a parte concernente la domanda 
principale, alla competenza del tribunale regionale delle acque pubbliche 
della Campania, in quanto il collettore raocoglie e scarica a mare le acque 
convogliate dall'alveo S. Rocco, costituente opera idraulica di terza categoria, 
e la cui natura di aioqua pubblica resterebbe inalterata anche du~ 
rainte il Idro defluire nel collettore, mentre i danni lamentati dalle societ� 
attrici :.._ come era stato speoidl!camente� dedotto dal ricorrente, senza che 
la Corte del merito abbia addotto sul punto alcuna motivazione -derivavano 
dall'omessa manutenzione dell'alveo da parte della competente 
amministrazione statale. 

La censura � infondata sotto entrambi i profili. 

(1) La decisione contiene una esatta puntualizzazione dei princ�pi che presiedono 
alla individuazione della competenza del Tribunale regionale delle 
acque pubbliche in materia di azioni risarcitorie. Confermando la sua giurisprudenza 
il S.C. ha ribadito il principio che solo se l'attore lamenta che il 
danno, di cui chiede il risarcimento � collegato eziologicamente con un'opera 
idraulica sorge la competenza a decidere la controversia del Trib. reg.le delle 
acque pubbliche. 
In ogni altra ipotesi, quando cio�, come nella specie decisa, il danno 
deriva da un'opera che non � idraulica, anche se in essa affluiscono acque 
pubbliche, la competenza � del giudice ordinario (In senso conforme v. da 
ultimo Cass. 2 novembre 1978, n. 4975; Trib. sup. acque 10 ottobre 1977, n. 27, 
in Rass. giud. E nel 1978, rH5 ove richiami). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche in ordine 
alle controversie per il risarcimento dei danni dipendenti da qualunque 
opera eseguita dalla pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 2 del t.u. 
25 luglio 1904, n. 523, delle leggi sulle opere idrauliche, modificato con 
l'art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774 (art. 140, lett. e), del t.u. 11 dicembre 
1933, n. 1775, delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti 
elettrici), ha come necessario presupposto che i danni di cui si chiede i1 
risarcimento, abbiano, secondo la prospettazione dell'attore danneggiato, 
come loro causa esclusiva un'opera idrauHca, laddove, nell'ipotesi (che � 
quella ricorrente nella specie) in cui il danneggiato deduca che il danno 
da lui lamentato sia stato cagionato da un'opera non avente i caratteri 
dell'opera idraulica, la controversia esula dalla competenza del giudice 
specializzato e rientra in quella del giudice ordinario comune. 

Conseguentemente, avendo-le sodet� attrici dedotto che i danni di cui 
chiedevano il risarcimento da parte del comune proprietario del collettore 
fognario corrente lungo il corso Luoci erano stati cagionati dall'esplosione 
dello stesso collettore, la controversfa avente per oggetto la domanda proposta 
dalle medesime attrioi nei confronti del comune non poteva non 
rientrare nella competenza del giudice oridinario comune. 

Il collettore fognario -alla cui omessa e imperfetta manutenzione 
da parte del comune, le societ� attrici avevano 11icollegato la causa esclusiva 
dei danni da esse lamentati -non pu� considerarsi, infatti, come 
opera idraulica per !':assorbente rilievo che le acque luride da esso convogliate, 
anche se mescolate con altre acque non provenienti da scarichi 
fognaci, non possono assolutamente presentare quell'attitudine ad usi di 
pubblico generale interesse che, ai sensi dell'art. 1, primo comma, del t.u. 
11 dicembre 1933, n. 1775, costituisce il connotato essenziale ed ineliminabile 
delle acque pubbliche. 

La questione relativa aMa competenza iri ordine alla domanda propo


sta dalle societ� attrici nei confronti del comune non potrebbe, d'altra 

parte essere risolta in modo diverso in relazione al1a deduzione del comune 

che i danni da esse lamentati sarebbero stati cagionati dall'omessa ma


nutenzione, da parte della proprietaria amministrazione statale, dell'alveo 

S. Rocco, costituente (come � incontroverso) un'opera idraulica di terza 
categoria. 
Questa deduzione, infatti, ove fosse stata ritenuta fondata (nel senso, 
cio� che la causa esclusiva dei danni di cui le societ� attrici chiedevano 
il risarcimento da parte del comune fosse stata ravvisata nell'omessa manutenzione 
dell'alveo S. Rocco ad opera dell'Amministrazione statale dei 
lavori pubbHci), avrebbe potuto comportare soltanto il rigetto della domanda 
delle attrici, ma non pu� in alcun modo influenzare la soluzione 
della questione di competenza per la quale assume decisivo rilievo la pro



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 591 

spettazione, da parte delle attrici della cattiva manutenzione del collettore 
fognario comunale come causa esclusiva dei danni da esse lamentati. 

Ad una diversa soluzione deHa questione di competenza non potrebbe 
pervenirsi neppure se le attrici avessero individuato nella cattiva manuten~
ione del detto coHettore soltanto una delle concause dei danni di cui 
chiedevano il risarcimento, in quanto -ben potendo il danneggiato rivolgersi, 
per il risarcimento dei danni da lui sub�ti, ad uno soltanto dei soggetti 
che abbia posto in essere una concausa dell'evento dannoso (essendo 
essi legati tra loro dal vincolo deHa solidariet�) -la controversia per il 
risaroimento promossa nei confronti dell'ente corresponsabile del danno 
essendo questi proprietario di un'opera priva dei caratteri propri delle 
opere iidraufiche, non potrebbe in ogni caso farsi rientrare tra quelle riservate 
alla competenza del giudice specializzato (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. 29 gennaio 1980, n. 686 -Pres. Mirabelli Est. 
Granata -P. M. Dettori (conf.) -Amministrazione delle Finanze 
(avv. stato Marzano) -S.a.s. M.I.R.E:C.O. (avv. Catalano). 

Prescrizione e decadenza -Debito di capitale -Debito d'interessi -Autonomia 
-Termini prescrizionali -Diversit�. 

Per il credito di interessi, rispetto al credito di capitale, deve ritenersi 
l'esistenza di un'autonoma possibilit� sia di azione (che in caso di giudizio 
si traduce in un distinto capo della domanda), sia di inerzia, e, 
quindi, correlativamente a questa seconda alternativa, di prescrizione (1). 

(Omissis) 3. -Ammissibile e fondato, � invece il terzo motivo di ricorso 
che investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato l'operativit� 
della prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4 cod. civ. �quando, 
come nel... caso, l'importo per interessi sia collegabile a quello per capitale 
del quale sia contestato (o sia contestabile) il requisito della certezza, 

(1) La sentenza, che offre in motivazione una panoramica completa sullo 
stato della giurisprudenza in merito ai rapporti d'interdipendenza tra obbligazione 
principale o debito d'interessi, si pone in linea con il prevalente orientamento 
della Corte di Cassazione. Cfr. in senso conforme, oltre i precedenti 
citati nella sentenza: Cass., 25 gennaio ,1978, n. 336 in Mass. Giur. it. 1978, 74; Cass., 
25 marzo 1976, n 107'5, in Mass. Giur. it. 1976, 280; Cass. <19 novembre 1976, n. 4349 
in Mass. Giur. it. .1976. 
Con riferimento ai soli interessi compensativi il S.C. ha talvolta ritenuto 
che il giudice, in mancanza di esplicita richiesta dell'attore, possa liquidarli 
d'ufficio senza incorrere nel vizio di ultrapetizione; cfr. per tutte Cass., 
24 marzo 1976, n. 1067, in Giust. civ., 1976, I, 1493 ed ivi altri riferimenti in nota. 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

1iqu1dit� ed esigibilit� �, in tale ipotesi dovendo trovare applicazione, ad 
avviso della Corte di merito, la norma dell'art. 2935 1cod. civ. 
Allegando violazione dell'art. 2948, n. 4 cod. civ., in relazione all'art. 360, 

n. 3 cod. proc. civ., l'Aimministrazione denWlZia l'erroneit� della premessa, 
dalla Corte di Appello posta a base della propria statuizione sul punto, 
secondo cui una precedente richiesta non a\llI"ebbe potuto essere dalla 
societ� avanzata in pendenza .della contestazione su;IJ'esistenza dell'indebito 
~donde 1a inesattezza,. ad avviso del1a stessa ricorrente, del riferimento 
all'art. 2935 cod. civ.), e richiama, a sufl�ragio della doglianza, un 
precedente arresto di questa Corte Suprema (sent. n. 1884 del 1977) la quale 
ha affermato che agli interessi relativi � somme che si assumono indebitamente 
percette si applica proprio la prescrizione quinquennale delc 
l'art. 2948, n. 4 oitato, tali interessi �vendo �una causa debendi autonoma 
rispetto a quella 1su cui � fondata la condictio indebiti� e quindi 
potellldo rispetto ad essa verificarsi � una inerzia del creditore, cui pu� 
rlcollegarisi l'effetto estintivo della prescriziione �. 
Come si � anticipato, la censura � fondata e va accolta. 
Ind1oa2ioni, in verit�, non del tutto nnivoche si traggono dalla giurisprudenza 
di questa Corte Suprema sul� punto. 

A parte, infatti, le decisiioni in cui � stata affermata la identit� di 
causa debendi fra obbligazione di capitale ed obbligazione di interessi 
con riguarido al diverso problema circa la individuazione del dies a quo 
del termine di prescrizione dei crediti rateizzati (Cass, n. 2214 del 1968; 
Cass. n. 1546 del 1965), risulta che in tema di rprescrizione,)dei crediti 
tributari della P. A. il principio, secondo cui la rcontestazione sul credito 
principale impedirebbe e.lii agire per igli interessi, i quali quindi non 
possono prescriversi, � stato affermato in una abbastanza recente decisione 
(Cass. <Il. 20 del 1972), e che secondo .altre decisioni l'interruzione 
della prescrizione relativamente al primo credito si estenderebbe anche 
al secondo (Cass. n. 2003 del 1973; Cass. n. 645 del 1973). 

Per contro, sempre nella materia dei crediti idi imposta, ancora in 
altre decisioni si � sottolineata la � autonomia delle due cause debendi 
-quanto a debito di capitale ed a debito di interessi -per dnferirne 
l'inapplicabilit� al secondo del termine (eventualmente) speciale di prescrizione 
dalla legge stabilito per il primo (Cass. n. 2414 del 1979; Cass. 

n. 159 del 1976; Cass. n. 2805 del 1973; Cass. n. 831 del 1973; adde, per 
un particolare approfondmmento del problema, Cass. n. 3110 del 1975), e si 
� negato -esplicitamente (Cass. n. 831 del 1973 ait.) o per implicito 
(Cass. n. 159 del 1976, pure dt., che dichiara incensurabile l'accertamento 
di merito sul se il riconoscimento del debito principale implichi anche 
il riconoscimento di quello per interessi e valga quindi ad interrompere 
la prescrizione anche di questo) -'che l'interruzione della prescrizione i: 
I~j 

r3= 

~: 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

relativamente all'obbligazione di capitale valga anche, ex se, per l'obbligazione 
di interessi. 

D'altro canto, fuori della materia dei crediti tributari, � costante 
il riconoscimento dell'autonomia del debito di interessi da quello di capitale 
al fine di derivarne la necessit�, sul piano processuale, di una specifica 
e distinta domanda del creditore per ottenere la condanna del debitore 
al pag~mento anche del primo, essendo allo scopo insufficiente la 
domanda avente ad oggetto unicamente il secondo (in generale: Cass. 

n. 1762 del 1969; per gli interessi sul prezzo di retrocessione: Cass. n. 1574 
del 1973, e per quelli sulle migliorie aipportate dal colono al fondo: 
Cass. n. 800 del 1972; per gli interessi moratori: Cass. n. 4188 del 1979, 
n. 336 del 1978, n. 1075 del 1976, n. 503 del 1974, n. 1779 del 1972; anche 
per i compensativi: Cass. n. 469 del 1975), eccezion fatta per gli interessi 
sull'obbligazione di risarcimento da illecito aquiliano, rispetto ai quali, 
per�, la deroga si spiega in ragione della loro intrinseca ed originaria 
inerenza all'oggetto stesso del risarcimento. 
Dichiaratamente richiamandosi a questa ultima linea giurisprudenziale, 
la recente sentenza n. 1884 del 1977, citata dall'Amministrazione 
11korrente, ha ritenuto suscettibili di autonoma prescrizione ~li interessi 
dovuti sulle somme indebitamente pe11cette dall'Amministrazione finanziaria, 
e formanti come tali oggetto di condictio indebiti. 

Tale indirizzo si ritiene di mantenere fermo. 

Prescindendo dalla questione, del tutto estranea alla causa, se speciali 
ragioni, correlate ad eventuali peculiarit� dell'obbligazione fiscale, 
possano giustificare per gli interessi suii crediti tributari soluzioni eventualmente 
particolari, va infatti sottolineato che qualsiasi credito di 
capitale, diverso, per i motivi gi� detti, da quello per msarcimento di 
dainno aquiliano, una volta sorto e non soddisfatto costituisce rispetto 
all'obbligazione di interessi -se e quando di essi � produttivo -quella 
� causa debendi continuativa� correntemente ravvisata come il proprium 
della fattispecie legale dell'art. 2948, n. 4 cod. civ. (Cass. n. 834 del 1970; 
Cass. n. 2214 del 1968; Cass. n. 1909 del 1968; Cass. n. 1546 del 1965; 
Cass. n. 1105 del 1962), rispetto alla quale (o, pi� esattamente, rispetto 
al credito per interessi da essa nascente) � configurabile una sua propria, 
autonoma e distinta possibilit� o di azione o di inerzia, e -correlativamente 
a questa seconda alternativa -di prescrizione. 

L'eventuale liHgiosit� del credito di capitale, ovviamente, non pu� 
non rendere litigioso anche il debito di interessi; per� -a differ�nza di 
quanto si � riconosciuto verificarsi nel caso di credito principale non 
esigibile ,pc�:::h� condizionato, i cui interessi � ben vero che non si prescrivono 
(cos� Cass. n. 2794 del 1974), ma per la ragione che essi non 
decorrono in pendenza di quella condizione -tale lWgiosit�, come non 
impedisce al creditore di agire per la realizzazione giudiziale del primo 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

credito, ma anzi gli somministra il supporto delrnnteresse processuale, 
cos� neppure impedisce al medesimo di agire identicamente per il secondo. 
L'argomenta2Jione della Corte di appello, secondo cui la contestazione del 
credito principale escluderebbe dalla presoriizione, perch� lo �renderebbe 
non azionabile, il credito rper interessi, condu11rebbe, se vera, a negare 
anche la prescrittibilit� -se ed in quanto contestato -del credito di 
capitale. Al contrario, tanto l'uno che l'altro possono dal creditore -simultaneamente, 
o anche autonomamente ~determinandoSli nel caso di 
domanda dei soli interessi l'insorgenza di una questione pregiudiziale ed 
eventualmente inddentale ci:rea !'.esistenza del credito principale) -essere 
fatti valere gfodi2lialmente; e la sentenza che accerta l'obbligazione principale 
ben pu� contenere anche, e �on l'efficacia temporale consona alla 
natura di tale obbligazione ed al suo regime, l'accertamento del debito 
-accessorio s�, ma, ripetesi, autonomo -per interessi. 

Sicch�, in definitiva, va riconosciuto suscettibile di autonoma �prescrizione 
quinquennale il credito per gli interessi suMe somme da restituire 
perch� percepito 1ndebitamente, come nel caso di diritti doganali 
dall'Amministrazione riscossi ed invece non dovuti. (omissis). 


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA (*) 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 25 marzo 1980, n. 301 � Pres. Mezzanotte � 
Est. Petriccione � Ministero difesa (avv. Stato Cipparone) c. Soc. Cotontex 
(aviv. Russo). 

(Appello decisione T.A.R. Lazio, Sez. I, 12 luglio 1978, n. 674). 

Competenza e giurisdizione � Provvedimenti amministrativi -Applicazione 
di penale a contratto della ,p.a. � Riesame dell'atto su istanza del 
,privato contraente � Interesse legittimo -Giurisdizione amministrativa 
-Sussiste. 

Contratti della p.a. � P,enale � Forza maggiore -Natura della esemplifica� 
zione ex art. 67 r.d. n. 35/1930 � Imprevedibilit� e inevitabilit� dell'evento 
� Necessit� � Illegittimit� per difetto di motivazione e omissione 
di istruttoria � Fattispecie. 

Ove la pubblica amministrazione, su istanza del privato portatore 
di un inter?sse semplice, p~oceda al riesame di un atto amministrativo 
divenuto definitivo, tale riesame deve essere effettuato nel rispetto rigoroso 
del generale principio di legalit�, posto che esso � destinato a mutare 
la posizione giuridica del privato da interesse semplice a interesse legit� 
timo, come tale sempre tutelabile innanzi agli organi della giurisdizione 
amministrativa (1). 

Poich� l'elencazione di cui all'art. 67 del r.d. 20 giugno 1930, n. 35, concernente 
le cause di forza maggiore che legittimano l'Amministrazione 
militare a disapplicare la penale prevista a carico del privato contraente 
per il mancato rispetto dei termini di consegna in contratti di fornitura, 
ha carattere meramente esemplificativo, in essa rientrano anche tutti quei 
fatti impeditivi che siano inimputabili, imprevedibili e inevitabili rispetto 
all'altro contraente in base alle norme della comune diligenza; pertanto va 
pronunciata la illegittimit� del provvedimento di comminatoria della penale 

{*) Alla redazione delle massime e delle note di questa sezione ha collaborato 
l'avv. A. CINGOLO. 

(1-2) Il Consiglio di Stato con parere Sez. III, 12 gennaio 1972, n. 2131 (in 
Il Consiglio di Stato, 1972, I, 2245) ha ritenuto che i datori di lavoro, nel caso 
di sciopero generale o di categoria, ben possono invocare l'esistenza della 
vis major rispetto ad altri contraenti verso cui sono direttamente obbligati; 
invero in siffatta ipotesi l'ordinamento giuridico riconnette allo sciopero, come 
forza maggiore, l'effetto traslativo del danno sui terzi ivi compresa la p.a. 
contraente. Per una ipotesi di furto quale causa di forza maggiore cfr. parere, 
Cons. Stato, Sez. III, 15 luglio 1970, n. 987 (ivi, 1971, I, 2604). 



596 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

adottato dalla P. A. in carenza di motivazione e omissione di istruttoria 
circa la natura e rilevanza ai fini indicati dei fatti impeditivi addotti dal 
privato contraente (2). 

CONSIGLIO DI STATO, .f\d. Pl., 1� aprile 1980, n. 10 -Pres. (ff.) Imperatrice 
-Est. Berruti -Carrubba (avv. Paone) c. A.N.F.G.D.G. (avv. Giannirni) 
e Serafini (avv. Scoca). 

Giustizia amministrativa -Giudicato -Esecuzione -Giudizio di ottempe


ranza -Sentenze degli organi giurisdizionali ammnistrativi -Limiti 

di esperibilit� del giudizio d ottemperanza -Giudicato formale 


Pendenza del ricorso in cassazione per difetto di giurisdizione -Rile


vanza. 

Posto che il giudizio di ottemperanza, quale risulta disciplinato dall'art. 
27, n. 4 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, di cui al r.d. 26 giugno 
1924, n. 1054, e dall'art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 istitutiva 
dei T.A.R., per la sua particolare natura differenziata nettamente dall'ambito 
di esecutivit� delle decisioni giurisdizionali amministrative, pu� condurre 
all'esercizio di poteri sostitutivi delle attribuzioni istituzionali degli 
organi amministrativi, in via diretta o attraverso la nomina di un commissario 
ad acta, mediante l'adozione degli atti dovuti dall'Amministrazione, 
ovvero mediante la specificazione degli atti e dei comportamenti 
che la stessa Amministrazione dovr� assumere in conformit� del giudicato, 
e che di conseguenza sussiste l'esigenza imprescindibile che l'as!�etto amministrativo 
(conseguente all'adempimento del vincolo di ottemperanza) sia 
assistito dalla relativa certezza delle situazioni giuridiche connesse alla 
formazione del giudicato formale, deve ritenersi preclusa l'esperibilit� del 
giudizio di ottemperanza ogniqualvolta la decisione dell'organo giurisdizionale 
amministrativo (di primo o di secondo grado) non risulti passata 
in giudicato formale ai sensi e per gli effetti dell'art. 324 cod. proc. civ. (1). 

(1) Cfr. in termini Ad. PI., 23 marzo 1979, n. 12, in Il Consiglio di Stato, 
1979, I, 321; la Sez. IV del Consiglio di Stato, con recente ordinanza 1� aprile 
1980 n. 338 nn Il Consiglio di Stato, 1980, I, 442) ha ritenuto di deferire 
all'esame dell'Adunanza: Plenaria la questione se sia ammissibile il giudizio 
di ottemperanza anche in ordine alle decisioni in materia pensionistica emesse 
dalla Corte dei conti, decisioni in ordine alle quali il comportamento dell'Amministrazione 
viene ad assumere non solo il connotato (comune alla esecuzione 
di qualsiasi pronuncia giurisdizionale) della doverosit� nell'an, ma' altres� quello 
della assoluta vincolatezza del quomodo: in tale materia, infatti, l'Amministrazione 
n� pu� limitarsi a correggere i vizi di legittimit� riscontrati dal Giudice 
per rimanere poi libera di determinarsi nell'ulteriore sua azione secondo proprie 
scelte discrezionali, e nemmeno tali scelte essa potrebbe compiere sia 
pure limitatamente alle modalit� di attuazione della pretesa accertata; con 
il che resterebbe precluso ogni spazio per apprezzamenti di merito e cio� 
verrebbe a mancare il presupposto essenziale della speciale competenza prevista 
dall'art. 27, n. 4, in tema di giudizio di ottemperanza. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 597 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 1� aprile 1980, n. 319 -Pres. Mezzanotte Est. 
Giovannini -Serpico ed altri (avv. G. e L. Marotta, Fi!Jpponi e 
Pioca11di) c. Prefetto di Napoli (avv. Stato Cosentino) e Impresa A.E.G. 
(avv. Fusco e Tirone). 

Piano regolatore -Leggi sulla industrializzazione del Mezzogiorno -Piano 
di sviluppo industriale -Natura -Strumento primario rispetto ai 
piani regolatori comunali -Incidenza sui centri abitati � Necessit� di 
altri strumenti uvbanistici -Non sussiste. 

Espropriazione per p.u. -Competenza e giurisdizione -Spettanza e ammontare 
dell'indennit� -Giurisdizione dell'A.G.O. � Sussiste. 

Espropriazione per p.u. -Competenza e giurisdizione -Questioni concernenti 
la correzione e l'integrazione della indennit� gi� depositata � 
Giurisdizione dell'A.G.O. -Sussiste. 

Espropriazione .per p.u. -Provvedimento di espropriazione � Effetti ex 
artt. 27 e 52 legge 2359/1865 -Propriet� -Trasferimento -Diritti parziari 
-Estinzione. 

V a riconosciuta natura di veri e propri strumenti urbanistici ai piani 
previsti dal testo unico delle leggi sulla industrializzazione del Mezzogiorno, 
formati ai sensi dell'art. 146 del d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, e pertanto 
idonei a generare effetti diretti sulle. propriet� private relativamente alle 
parti che prevedono la realizzazione su dette propriet� di iniziative di 
pertinenza dei Conso"rzi per le Aree di Sviluppo Industriale, contemplati 
dagli artt. 144 e 150 del citato d.P.R. (1). 

Le controversie relative alla spettanza, determinazione e ammontare 
dell'indennit� .di espropriazione (ivi comprese quelle concernenti la incompetenza 
dell'organo tecnico cui .� stata demandata la stima dei beni e il 
mancato acc~rtamento, in contraddittorio con le parti e mediante indagini 
approfondite, della reale consistenza degli immobili ablati), in quanto 
involgenti tipiche posizioni di pretto diritto soggettivo, sono tutelabili 
esclusivamente innanzi all'Autorit� Giudiziaria Ordinaria (2). 

(1-4) Sugli effetti dei piani di sviluppo industriale nel Mezzogiorno, formati 
ai sensi dell'art. 146 del D.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 cfr. Sez. IV, 14 dicembre 
1971, n. 1165, in Il Consiglio di Stato, 1971, I, 2366; Corte Cost., 21-29 dicembre 
1976, n. 260, ivi, 1976, II, 1280; Sez. IV, 24 gennaio 1978, n. 55, ivi, 
1978, I, 34. 

Sulla giurisdizione del'A.G.O. in tema di controversie relative alla spettanza, 
alla misura o ai criteri di determinazione dell'indennit� di esproprio 
cfr. Sez. IV, 18 maggio 1976, n. 342, ivi, 1976, I, 605; ,Sez. IV, 6 luglio 1976, 

n. 525, ivi, 1976, I, 749; Sez. IV, 30 agosto 1977, n. 763, ivi, 1977, I, il302; Sez. IV, 
15 novembre 1977, n. 956, ivi, 1977, I, 1609; Sez. IV, 13 giugno 1978, n. 565, ivi, 
1978, I, 995; Sez. IV, 25 maggio 1979 n. 376, ivi, 1979, I, 734. 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Fatta eccezione per l'ipotesi limite in cui la determinazione dell'indennit� 
di espropriazione risulti del tutto omessa, nei casi in cui -avvenuta 
la determinazione dell'indennit� ed effettuato il pagamento o deposito 
della somma relativa -insorgano ulteriori controversie connesse alla 
correzione o integrazione dell'importo dell'indennit� fissata in via amministrativa, 
esse vanno rimesse in via esclusiva alla' giurisdizione dell'A.
G.O. (3). 

Congiuntamente all'acquisizione della propriet� del bene ablato in 
capo al soggetto espropriante, gli artt. 27, 3� comma, e 52, 2� comma, 
della legge 25 giugno 1865, n. 2359 attribuiscono al provvedimento di espropriazione 
la capacit� di produrre anche l'estinzione di tutti i diritti parziari 
sul bene costituiti, ivi compresa, ad esempio, la servitus altius non 
tollendi {4). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 aprile 1980, n. 469 � Pres. Santaniello Est. 
Sohinaia -Semeria (al\TV. Maiffret e Porto) c. Ministero pubblica 
istruzione (avv. Stato Onufrio). 

Demanio e patrimonio -Bellezze naturali -Sanzioni ex art. 15 leggei 
1497/1939 � Altemativit� � Motivazione della scelta � Necessit� � Non 
sussiste. 

Demanio e patrimonio � Bellezze naturali � Abusi edilizi � Sanzione pecuniaria 
� Destinatari � Progettista ,e costruttore � Legittimit�. 

L'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 attribuisce all'Amministrazione 
ampie facolt� discrezionali nella scelta fra l'ordine di demolizione 
parziale o totale dell'immobile costruito abusivamente e l'irrogazione della 
sanzione pecuniaria equivalente alla maggior somma tra il danno arrecato 
e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione; conseguentemente 
non abbisogna di alcuna specifica motivazione il criterio di scelta 
adottato dall'Amministrazione, particolarmente allorch� venga applicata 
la pi� lieve sanzione pecuniaria (1). 

Posto che l'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 fa riferimento 
esplicito a chi non ottempera agli obblighi e agli ordini di cui alla stessa 
legge, anche il progettista e il costruttore, e non il solo proprietario dell'immobile, 
possono essere destinatari della sanzion(( pecuniaria per costruzioni 
abusivamente realizzate in zona soggetta a vincolo paesaggistico (2). 

(1-2) Cfr. in termini sulla prima massima Sez. V, 28 luglio 1978, n. 888 in 
Il Consiglio di Stato, 1978, I, 1158. 

Sulla natura e il contenuto della posizione di interesse legittimo di cui 
� titolare il privato di fronte al provvedimento sanzionatorio di cui all'art. 15 
della legge 1497/1939 cfr. Cass., Sez. Un,, 24 febbraio 1978, nn. 926 e 927 in questa 
Rassegna, 1979, I, 321, con nota di commento. ::. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 599 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 29 aprile 1980, n. 473 -Pres. Pescatore Est. 
Giovannini -Comune di Petina (avv. Colacino e Brancaccio) c. 
Associazione italiana fondo mondiale della natura (avv. De Luca e 
Abbamonte), Regione Campania (avv. Abbondante) e Soc. C.I.A.T. (n.c.). 

(Appello T.A.R. Campania, 21 dicembre 1976, n. 789). 

Giustizia amministrativa -Interesse al ricorso -Demanio e patrimonio Bellezze 
naturali -Interesse legittimo al corretto esercizio di poteri 
pubblici � Indagine caso per caso con riferimento al concreto godi� 
mento del bene -Necessit� -Sussiste. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale � Legittimazione al 
ricorso -Associazioni private -Limiti. 

Giustizia amministrativa -Ricorso giurisdizionale � Legittimazione � Interessi 
pubblici diffusi -Assoeiazione Fondo mondiale della natura -Le� 
gittimazione al ricorso -Non sussiste. � 

Considerata la finalit� di esclusivo interesse pubblico che � alla base 
della disciplina normativa di protezione delle bellezze naturali e dei beni 
dell'ambiente naturale, il privato, sia uti singulus, sia quale componente 
della collettivit�, non pu� essere ritenuto titolare di interessi 
legittimi al corretto esercizio dei poteri pubblici preordinati alla tutela 
stessa, ma solo di interessi di mero fatto, fatta eccezione per l'ipotesi 
in cui sussista un concreto, .diretto collegamento fra la salvaguardia del 
paesaggio e il godimento del bene da tutelare da parte del soggetto singolo 
il quale avr� in tal caso una posizione differenziata rispetto a quella 
della collettivit� indeterminata (1). 

Non assume alcuna rilevanza ai fini di legittimare la proposizione 
di ricorsi giurisdizionali amministrativi la circostanza che una Associazione 
privata persegua come finalit� statutaria un determinato interesse 
indifferenziato, il quale non per questo pu� as~urgere al rango di interesse 
legittimo (2). 

In considerazione della natura astratta, indifferenziata e non localizza


bile in un particolare ambiente naturale dell'interesse alla tutela delle bel


lezze naturali che costituisce fine statutario dell'Associazione italiana per 

(1-3) cfr. in termini, sul difetto di legittimazione della Associazione �Italia 
Nostra � {ritenuta associazione con il fine, concorrente con quello dei pubblici 
poteri, di tutelare in genere il patrimonio artistico, storico e naturale del 
paese, indipendentemente dalla localizzazione dei singoli beni da proteggere) 
Cons. Stato, Ad. Pl., 19 ottobre 1979, n. 24, in Foro It., 1980, III, ,1, con nota 
di A. ROMANO. 

10 



600 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il Fondo mondiale della natura, quest'ultima non � titolare di legittimazione 
a proporre ricorsi in sede giurisdizionale amministrativa avverso 
provvedimenti incidenti sull'interesse pubblico diffuso alla tutela delle 
bellezze naturali (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 marzo 1980, n. 298 -Pres. Levi Sandri Est. 
Dato -Saoc� (avv. D'Abbiero) c. Ministero pubblica istruzione 
(avv. Stato Palatiello) e Corradini (n,c.). 

Concorso� Art. 282 t.u. n. 3/1957 �Concorsi per esami e concorsi per titoli Provveditore 
agli studi di seconda classe � Normative differenziate Effetti. 


Concorso � Concorsi per titoli � Categori~ diverse di concorrenti -Valutazione 
dei titoli ... Criteri � Rispetto del principio di razionalit� ai 
fini della garanzia della selezione � Sufficienza. 

A norma dell'art. 282 del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, due sono i modi 
di accesso alla qualifica di provveditore agli studi di seconda classe, entrambi 
previsti per la met� dei posti disponibili: 1) concorso speciale 
per esami, con prove scritte e colloquio (tale forma prevede una particolare 
composizione della Commissione esaminatrice); 2) concorso per 
titoli, integrato da colloquio (per tale seconda forma, non essendo previsti 
i rigorosi criteri �di selezione previsti per la prima forma, non possono 
essere applicate le norme dettate per il concorso per esami, non 
sussistendo con questo alcuna analogia (1). 

La circostanza che al concorso per titoli possano partecipare particolari 
categorie di dipendenti, diverse tra loro, non comporta che la 
Commissione, nello stabilire i criteri di valutazione, debba differenziare 
i punteggi dei titoli in considerazione della diversit� delle categorie stesse, 
al fine di impedire che quelle presumibilmente pi� dotate possano prevalere 
sulle altre, ci� in quanto l'unico fine da perseguire in ogni procedura 
concorsuale � quello della selezione dei titoli pi� idonei al posto da 
ricoprire, indipendentemente dalla condizione soggettiva dei concorrenti, 
unico limite alla discrezionalit� della Commissione essendo il rispetto 
dei princip'i. di razionalit� e rispondenza alle finalit� della selezione, senza 
preordinatamente favorire taluni candidati rispetto ad altri (2). 

(1-2) Con parere 13 novembre 1973, n. 290, in Il Consiglio di Stato, 1976, 
I, 263, la Sez. II ha confermato il principio che la determinazione dei criteri 
di massima da applicare nei concorsi per titoli � legittimamente fatta dalla 
Commissione giudicatrice e non dall'Amministrazione che ha bandito il concorso. 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 601 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 11 aprile 1980, n. 477 -Pres. Laschena Est. 
Virgilio -Raimondi (avv. Gualandi e Jessa) c. E.N.P.A.S. (avv. 
Stato Mataloni). 

Impiego pubblico -Pensione e quiescenza -Diritto alla indennit� di buonuscita 
E.N.P.A.S. -Rapporto con il diritto a pensione -Effetti del 
conseguimento successivo del diritto a pensione. 

Poich� ai sensi dell'art. 48 del r.d. 26 febbraio 1928, n. 219, condizione 
necessaria e sufficiente per l'acquisizione, da parte del dipendente statale, 
del diritto alla indennit� di buonuscita E.N.P.A.S. (parte integrante del 
trattamento di quiescenza) � solo il conseguimento del diritto alla normale 
pensione vitalizia, a nulla rilevando, come ulteriore dato di qualificazione, 
che quest'ultimo sorga o meno al momento del collocamento a 
riposo, � sufficiente l'insorgere del presupposto al diritto di pensione, anche 
in epoca successiva al collocamento a riposo e in virt� di ius superveniens, 
a determinare l'automatico, conseguenziale effetto del diritto all'indennit� 
(1). 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE 
SICILIANA, 10 aprile 1980, n. 26 -Pres. Zingale -Est. Giacchettii Modica 
(avv. Ponte) c. Prefetto di Catania (avv. Stato Ferirante) e 
Comune di Caltagirone e altro (avv. Af�) -Appello avverso T.A.R. 
Sicilia, Catania, 22 giugno 1979, n. 278. 

Ricorso giurisdizionale amministrativo -Procedimento -Sospensione Pregiudizialit� 
di controversia civile o amministrativa -Rilevanza Art. 
295 cod. proc. civ. -Applicabilit� -Sussiste. 

(1) Sulla giurisdizione degli organi giurisdizionali amministrativi in materia 
di indennit� di buonuscita ENPAS cfr. Ad. PI., 12 giugno 1979, n. 21, in 
Foro lt., 1979, III, 449, che confermava l'art. 59 del d.I. 29 maggio 1979, n. 163, 
peraltro decaduto per mancata conversione in legge e non compreso per 
questa parte nella sanatoria degli effetti, disposta dalla legge 13 agosto 1979, 
n. 374. Con successiva legge 20 marzo 1980, n. 75 (art. 6) � stata definitivamente 
trasferita la competenza atlla giurisdizione esclusiva dei TAR nella materia 
delle controversie relative alla indennit� di buonuscita; l'art. 6, 1� comma, 
�peraltro, � stato recentemente rimesso al giudizio di costituzionalit� della Corte 
Costituzionale con tre ordinanze del Pretore di Livorno 12 maggio 1980 (in 
G. U. 29 ottobre 1980, n. 298, pag. 9291, ed. sp.). 
Sulla natura e qualificazione dell'indennit� di buonuscita come parte integrante 
del trattamento di quiescenza spettante al personale di ruolo che abbia 
maturato il diritto a pensione cfr. Corte Costituzionale, 18 febbraio 1970, n. 19, 
in Foro lt., 1970, I, 691; infine sulla esclusione del riconoscimento del diritto 
alla indennit� per i dipendenti che non abbiano prestato il periodo minimo 
di servizio utile a pensione cfr. Corte Costituzionale 19 giugno 1973, n. 82, 
in Foro lt., 1973.. I, 2372. 



<i02 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ricorso giurisdizionale amministrativo � Procedimento -Sospensione . 
Pregiudizialit� di controversia civile o amministrativa � Espropriazione 
per p.u. � Pregiudi:rlalit� della dichiarazione implicita di pubblica 
utilit� � Questione pregiudiziale � Effetti. 

La disciplina della sospensione necessaria di cui all'art. 295 cod. proc. 
civ., secondo cui il Giudice deve disporre la sospensione del processo nei 
casi in cui egli stesso o un altro giudice debba risolvere una controversia 
civile o amministrativa dalla cui definizione dipende la decisione della 
causa, trova applicazione anche nel processo giurisdizionale amministrativo 
(1). 

Si versa in un tipico caso di controversia pregiudiziale che comporta 
la sospensione del processo ex art. 295 cod. proc. civ. ogni qualvolta si 
tratti di decidere una causa vertente sulla dichiarazione implicita di pubblica 
utilit� (causa pregiudiziale) rispetto alla controversia concernente il 
.decreto di espropriazione (causa pregiudicata) (2). 

(1-2) Cfr. in termini Sez. V, 1� dicembre 1978, n. 1234, in Il Consiglio di 
Stato, �1978, I, 1876; Ad. PI., 27 ottobre 1970, n. 4, ivi, 1970, I, 1543. 


SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 14 diieembre 1979, n. 6520 -Pres. Marchetti 
-Est. Battimelli -P. M. Gazzara (diff.) -Ministero delle Finanze 
(avv. Stato D'Amato) c. Cosmo. 

Tributi erariaU diretti -Impost,e fondiarie -Imposta sui redditi agrari Definizione 
-Coltivazione di funghi -Esclusione. 

(t.u. 29 _gennaio 1958, n. 645, artt. 62 e 65). 
Il reddito agrario � tale quando � prodotto dal titolare di un diritto 
reale sul fondo classificato agricolo col contributo di capitale e di lavoro 
direttivo nell'esercizio delle attivit� dirette alla coltivazione, alla silvicoltura 
e all'allevamento del bestiame, nonch� alla manipolazione, trasformazione 
e alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio 
normale dell'agricoltura secondo la tecnica che lo governa. L'attivit� di 
coltivazione di funghi non pu� essere ritenuta per sua natura inerente al 
reddito agrario, senza valutare se essa sia in collegamento con la titolarit� 
di un diritto reale su un fondo realmente agricolo (non come area 
su cui � costruito un capannone) del quale sia sfruttata la sua capacit� 
produttiva (1). 

(omissis) Il ricorso in esame sottopone per la prima volta all'esame 
di questa Corte la questione della qualificazione come agricola o industriale 
della attivit� di coltiva2'ione dei funghi; questa Corte, infatti, si 
� finora occupata del problema della qualificazione di attivit� connesse 
con quella agric6la tradizionale 1n relazione a partiieolari forme di allevamento 
di bestiame (poHicultura o allevamento di trote); ma, soprattutto, 
se ne � interessata a fini diversi da quello proprio della presente causa, 
al fine, cio� di esaminare la possibilit� della dichiarazione di fallimento 
di una attivit� da qualificarsi o meno agricola a sensi dell'art. 2135 cod. civ., 

o di decidere se dovesse o meno riconoscersi applicabile l'art. 206 del 
d.P.R. n. 1124 del 1965 in materia di assicurazione obbligatoria degli infortuni 
sul lavoro e di malattie professional~. 
(1) Questione nuova. Per quanto si voglia estendere il concetto di attivit� 
agricola (per gli ortovivisti v. Cass. 16 aprile 1973 n. 1075, in questa Rassegna, 
1974, I, 715) per l'allevamento di cavalli da corsa 21 maggio 1969, n. 1770, ivi, 
1969, I, 715) e delle attivit� connesse (v., su posizioni diverse, 10 dicembre 1977 
n. 5531 e 2 marzo 1978 n. 1039, ivi, 1978, I, 361), non si potr� farvi rientrare la 
coltivazione di funghi che si fa al chiuso di un fabbricato (anche in area urbana 
o industriale) e con mezzi sintetici. 

604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

E ci� va posto in evidenza in quanto, per la soluzione del caso di 
specie, � ill1vece necessario decidere unicamente sulla scorta di quanto 
disposto in materia di imposta sul reddito agrario nel t.u. sulle imposte 
dirette n. 645 del 1958, essendo appunto i!ll questione, unicamente, la tassabilit� 
o meno, come reddito agrario o come reddito soggetto a imposta 
cli r.m. dell'attivit� in questione e dovendo quindi la decisione essere 
basata unicamente suH'aacertamento della corrispondenza o meno della 
fattispecie a quanto ipotizzato negli artt. 62 e segg. del suddetto t.u. 
Indagill1e, questa, che, negli stretti limiti cos� precisati, la Commissione 
Centrale non ha esattamente e compiutamente effettuato, s� che i due 
motivi del rico:rso da esaminarsi, congiuntamente, vanno riconosciuti 
fondati. 

La decisione impugnata, infatti, � partita implicitamente dal presupposto 
ohe l'attivit� ill1 questione, in quanto produttiva di un prodotto 
vegetale commestibile, rientrasse, da un punto di vista naturalistico, 
nell'attivit� agraria, e si � preoccupata unlicamente di indagare se il particolare 
ciclo produttivo e i particolari aocorgi:menti tecnici adoperati 
potessero o meno definirsi, sia pure con interpretamone estensiva, attinenti 
al normale ese11cizio dell'agricoltura secondo la tecnica che lo 
governa; con d� prendono in considerazione solo una parte della normativa 
dell'art. 65 del richiamato t.u., e dimenticando che la qualificazione 
de1l'attivdt� come agricola o meno doveva effettuarsi previa esatta individuazione 
del reddito agrario e del presupposto della relativa imposizione, 
ill1 contrapposizione al presupposto dell'imposizione per imposta di 
r.IIIl., ch� questo, e non altro, era il problema che essa era stata chiamata 
a risolvere. 

Affrontando il problema sotto tale vii.suale va anzitutto posto in evidenza, 
che, secondo l'art. 62 del citato t.u., presupposto dell'imposta sul 
reddito agrario � l'esercizio dell'impresa agricola su f~ndi posseduti a 
titolo di propriet�, usufrutto o altro diriitto reale, aacat�stati come fondi 
agricoli e produttivii., in base all'aocatastamento, di un determinato reddito 
dominicale. Il che gi�, di per s�, qualifica l'imposta come reale piuttosto 
che come personale, a differenza dell'imposta di r.m., ed assume importanm, 
nel caso di specie, non tanto per il rilievo del mancato accertamento 
della titolarit�, da parte del contribuente, di un diritto reale sul 
suolo sul quale era costruito il capannone in cui veniva effettuata l'attivit� 
di coltivazione (titolarit� da ritenerisi implidtaimente riconosciuta da 
parte dell'ufl�icio impositore), quanto per la necessit� di un indispensabile 
collegamento fra attivit� produttiva di reddito e titolarit�, da parte di 
chi tale attivit� esplica, di un diritto reale su un fondo agricolo; il che 
dimostra che l'indagine relativa alla qualificazione dell'attivit� come agricola 
o meno non pu� effettuarsi sulla base di nozioni e concetti naturalistici 
mutuabili anche da altre disposizioni di legge (come, gi� detto, dal codice 

fil: 

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PARTE J l>EZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

civiile o da leggi speciali), ma dev'essere compiuta unicamente sulla base 
di quanto ipotizzato dalla legge tributaria, s� che appare fondato il rilievo 
solle'"ato dalla ricorrente nel secondo motivo di ricorso, con cui si denunda 
il vizio logico della decisione impugnata, che ha dato come postulato, 
ci� che invece avrebbe dovuto dimostrare, ossia l'attivit� agraria 
ai fini fiscali, mentre tale attivit� avrebbe dovuta essere qualificata sulla 
base di una sua esatta corrispondenza con tutta la normativa in proposito 
del t.u. e non solo con una parte di essa. 

Inoltre, va ancora precisato che, sec011ido il disposto dell'art. 65 
del t.u., il reddito agrario � quello derivante dal capitale e dal lavoro direttivo 
impiegati, nei limiti della poten:ziialit� del fondo, nell'ese11cizio di atti� 
vit� dirette alla coltivazione del fondo stesso: il ohe conferma ancora 
lo stesso collegamento indispensabile, ai fini fiscali, fra reddito e fondo 
agricolo (per quanto attiene ai prodotti vegetali commestibili, ch� per la 
silvicoltura e l'allevamento del bestiame esiste altra specifica espressa 
previsione); in altri termini, le attivit� esplicate su fondo agricolo (cos� 
classificato a fini catastali), per essere tassate come produttive di reddito 
agrario e non di reddito soggetto ad imposta mobile, devono essere 
esplicate dal titolare di un diritto reale sul fondo, col contributo da 
parte sua di capitale e di lavoro direttivo, e devono consistere o nella 
coltivazione del fondo, o nella silvicultura, o nell'allevamento del bestiame. 
A tali attivit�, direttamente agricole secondo il legislatore, vanno poi 
aggiunte, come assimilate aii fini fiscali, quelle dirette alfa manipolazione, 
trasformazione e alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrino nell'esercizio 
normale dell'ragricoltura secondo la teonioa ohe lo governa. 

Ci� significa che il legislatore ha previ:isto due distinte specie di 
attivit�, una immediatamente produttiva di un certo prodotto (per coltivazione, 
silvicultura e allevamento di bestiame), l'altra attinente ad una 
fase successiva alla produzione vera e propria del prodotto originario, 
e consistente nella manipolazione, trasformazione e alienazione del prodotto 
gi� ottenuto; attivit�, quest'ultima, che seppure estranea all'attivit� 
produttiva vera e propda � assimilata a questa ai fini fiscald come attivit� 
accessoria (e sempre che sussistano tutti gli altri presupposti gi� 
specificati) quando attiene, secondo prassi e tradizione, all'esercimo normale 
dell'agricoltura secondo la tecnica propria di essa. 

Ne consegue anzitutto che non ogni attivit� produttiva di prodotti 
vegetali commestibili, legname e sottoprodotti del legname o bestiame e 
neppure ogni attivit� di manipolazione, trasformazione o alienazione di 
prodotti agrari pu� essere qualificata di per s�, solo in relazione al prodotto 
stesso, come attivit� agricola ai fini fiscali, bens� solo quell'attivit� 
che sfrutti direttamente la potenzialit� produttiva di un fondo agricolo 
nei limiti previsti dall'art. 62 del t.u. e che, di conseguenza, qualsiasi 
indagine attinente alla natura pi� o meno perfezionata o sofisticata della 


606 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

tecnica adoperata non pu� essere effettuata, ai fini fiscali, se non dopo 
che si sia aocertata la sussistenza dei presupposti. essenziali dell'imposizione, 
ossia il diretto ed indQspensabile collegamento fra prodotto ottenuto 
e potenzialit� produttiva di un fondo, appartenente al contribuente 
a titolo di diritto reale e classificato come fondo agricolo, nonch� la 
provenienza di tale prodotto da un'attivit� di coltivazione vera e propria 
(nel senso tradizionale di utilizzazione delLa terra come sede di sviluppo 
di seminagione in essa effettuate artificialmente), ovvero di silvicultura o 
di allevamento del bestiame. 

Nel caso di specie, � evidente come l'attivit� in questione non poteva 
che essere classificata nella prima delle tre diverse attivit� innanzi poste 
in evidenza, per cui compito della Commissione era anzitutto accertare 
se ci si trovasse in presenza di una vera e propria attivit� di coltivazione 
di un fondo, sia pure con una interpretazione clei fatti e delle peculiarit� 
del caso basata sugli sviluppi della tecnka agricola e sui pi� recenti 
ritrovati della scienza chimica e della tecnka industriale. Qualunque 
interipretazione estensiva non poteva, peraltro, prescindere dal dato fondamentale, 
ossia dalJ'indispensabile collegamento fra prodotto ottenuto 
e sEruttamento della potenzialit� del fondo (come fondo agricolo, s'intende 
e non gi� semplicemente, come area utilizzabile per la costruzione di un 
opificio) nell'esercizio di un'attivit� di � coltivazione� del fondo medesimo. 

Tale indagine � del tutto mancata e la Commissione non ha tenuto 
presente che l'accertamento della modalit� dell'attiviit� di produzione 
dei funghi, come innanzi descritte in narrativa e come specificate e date 
per pacifiche dalla stessa Commissione, non poteva semplicisticamente 
portare alla conclusione che si� era in presenza di un'attivit� agricola, 
soprattutto in base alla normativa fiscale e non gi� in base a considerazioni 
metagiuridiche di altro genere. Infatti, in conformit� a quanto 
innanzi precisato, ed esaminando una per una tutte le caratteristiche del 
sistema produttivo in questione, va osservato: 

-che non basta a :for qualificare come agrario un reddito derivante 
da un'attivit� esplicata in un capannone, sia pure costruito su di un fondo 
agricolo, pokh� il fondo, in tal caso, viene in considerazione unicamente 
come area, mentre essenziale, ai fini fiscali, � il collegamento fra reddito 
e titolarit� di un diiritto reale su di un fondo agricolo, potenzialmente 
produttivo, come humus, del reddito stesso; 

-che la preparazione di concime 0J1ganico all'interno del capannone, 
mediante uso di paglia e letame con l'aggiunta, come additivi, di gesso 
e semi di soia, non costituisce in s� e per s� attivit� agricola a sensi 
dell'art. 65 del t,u., peJ1ch� non � come tale, direttamente collegata alla 
coltivazione del terreno; 

-che la fermentazione e lavorazione mediante apposita macchina 
del composto cos� ottenuto, in cui non entrava affatto, come componente 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

essenziale, il suolo agricolo, non poteva essere qualificata agricola ai fini 
fiscali, consistendo, al massimo, in un'attivit� preparatori.a della coltivazione 
del suolo vero e proprio e ancora del tutto estranea al processo 
produttivo; 

-che tutte le ulteriori fusi della lavorazione, dalla distribuzione 
del composto in casse, all'introduzione di queste in apposite celle alla 
climatizzazione artificiale dell'ambiente, restavano ugualmente fuori, ai 
fini fisoali, dell'attivit� vera e propria di � coltivazione del fondo �; 

-che l'unico collegamento fra l'intero ciclo produttivo e il fondo 
agricolo vero e proprio avrebbe potuto essere rappresentato dall'operazione 
di copertura del seme con uno strato di terra e di tufo, ma che 
ci� solo, di per s�, non poteva essere idoneo a far ritenere che si fosse 
in presenza di un'attivit� di coltivazione del fondo a sensi del ripetuto 
art. 65 del t.u. 

Pel'Ch� tale collegamento fosse essenziale ai fini dell'indagine di mera 
tassabilit� sottoposta alla Commissione sarebbe stato necessario, infatti 
anzitutto accertare se tali materiali provenissero direttamente dal fondo 
agricolo sulla cui supecl�cie era installato tutto il complesso produttivo, 
e, inoltre che si trattasse di materiali aventi particolare composizione 
chimica, s� che solo col loro impiego fosse possibile ottenere la produzione 
del fungo, mentre tale produzione non sarebbe stata possibile con 
l'impiego di terra e tufo provenienti da qualsiasi fondo e da qualsiasi zona. 

Solo in tal caso infatti, una volta riconosciuta l'esserraialit� dell'umus 
proprio del fondo ai fini della prod~ione, e la conseguente complementarit� 
di tutti gli altri materiali ed attrezzature adoperate (da considerarsi 
unicamente come mezzi tecnici per il migliore sfruttamento intensivo 
di un fattore di produttivit� proprio del fondo, escluso, beninteso, 
il semplke fattore climatico, ottenuto artificialmente), avrebbe potuto 
riconoscersi al reddito in ques1Jione la natura di reddito agrario, ai fini 
fiscali, comecch� derivante da un'attivit�, sia pure complessa, ma comunque 
intesa� alla �coltivazione� del fondo. 

Concludendo, deve affermarsi che l'attivit� di produzione di funghi 
fatti germinare artificialmente pu� considerarsi, ai fini del t.u. delle Imposte 
dirette del 1958, come attivit� produttiva di reddito agrario allorch� 
essa, direttamente (ad es. per coltivazione in grotte particolari site in un 
fondo agricolo), o indirettamente, per l'indispensabilit� e la preminenza 
dell'humus del fondo come fattore non sostituibile per la germinazione, 
possa essere qualificata at!ivit� di �coltivazione � del fondo, intesa ad un 
pi� intensivo e spedfiico sfruttamento di una produttivit� gi� insita nel 
fondo; mentre, in caso contrario, tale attivit� va tassata,� per quanto 
attiene al regime vigente prima della riforma tributaria del 1972, come 
attivit� produttiva di reddito soggetto ad imposta di r.m. 


608 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Una indagine del genere non risulta compiuta nella decisione impugnata, 
la quale pertanto va cassata, con rinvio alla stessa Commissione 
Centrale, che decider� in conformit� ai prinoipi innanzi enunciati, avvalendosi, 
se necessario e nei limiti del rispetto dei prindpi sull'onere 
della prova, di tutti i mezzi di indagine a sua disposizione, data la natura 
di giudizio anche di merito del giudizio di essa Commissione (escluse 
le questioni di semp1ke estimazione) in conseguenza della riforma del 
contenzioso tributario del 1972 (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 17 dicembre 1979, n. 6546 -Pres. Mirabelli 
-Est. Battimelli -P. M. Ferraiolo ('conf.). Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Pagano) c. Ente zona industriale Trieste (avv. Asquini). 

Tributi in genere -Soggetti passivi -Stato contribuente � Ammissibilit�. 

Tributi erariali diretti -Imposta sui redditi di ricchezza mobile � Esenzione 
soggettiva -Parificazione allo Stato -Ente per la zona industriale 
di Trieste � Non si estende alle imposte dirette. 

(t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, art. 81; I. 21 aprile 1969 n. 163, art. 2; Ordine del Governo 
militare alleato per il territorio di Trieste 18 aprile 1953, n. 66, art. XXIII). 
Non esiste nel sistema tributario italiano una norma di esenzione 
assoluta dello Stato da ogni tributo; la non soggezione dello Stato all'imposizione 
tributaria � conseguenza in alcuni casi della non equiparabilit� 
dello Stato ai singoli soggetti di imposta (imposte dirette) e in altri di 
apposite norme delle varie leggi speciali (imposta di registro), mentre 
sussistono casi di soggezione a tributi, anche diretti, dello Stato e delle 
sue aziende (1). 

La norma che dichiara l'Ente per la zona industriale di Trieste 
parificato alle amministrazioni statali per tutti gli atti inerenti ai propri 
fini istituzionali, ha stabilito l'esenzione dalle imposte indirette (sugli 
atti) ma non dall'imposta di ricchezza mobile (2). 

(1-2) Conformi sono varie altre sentenze in pari data. La prima massima 
riprende il problema, non puramente teorico come dimostra il caso deciso, 
dello Stato contribuente. Sull'argomento i punti di osservazione sono stati 
diversi in ragione dell'interesse cui la questione dava luogo. Riguardo ai tributi 
degli enti locali, si � detto che lo Stato, salvo una espressa esenzione, vi � ordinariamente 
soggetto, bene ammettendo che la legge dello Stato, da cui trae 
origine l'imposizione, pu� rivolgersi contro Jo stesso Stato; ai fini della equiparazione 
allo Stato di altri soggetti, si � pronti ad affermare che il potere 
sovrano di imposizione non pu� essere rivolto contro chi non � soggetto alla 
sovranit�, che il rapporto obbligatorio presuppone due soggetti, che il prelievo 
tributario non pu� colpire la capacit� contributiva del destinatario dello stesso 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 609 

(omissis) Ai fini della soluzione della questione controversa ritiene 
la Corte opportuno premettere all'indagine delle specifiche norme di 
materia tributaria di cui qui si discute la lettura dell'intero Ordine n. 66 
in data 18 aprile 1953, con cui il Governo Militare Alleato del Territorio 
Libero di T'rieste istitu�, come � detto all'art. II del decreto suddetto, 
un organismo pubblico denominato �Ente del Porto Industriale di Trieste� 
con lo scopo di coordinare, sviluppare ed amministrare il Porto Industriale 
della citt� per la durata di venti anni. A tali fini, si stabil� nell'art. 
III che l'Ente avrebbe promosso la creazione di stabilimenti industriali 
tecnicamente equipaggiati alllinterno del Porto, con la facolt� di 
acquistare, espropriare, ottenere in concessione dal Demanio, prendere in 
locazione aree, fabbricati ed altri beni immobili, sia in nome proprio 
che in nome di imprese industriali; di preparare progetti, stime e perizie 
per un adatto sviluppo del porto; di promuovere la costruzione di bacini, 
strade, condutture e instaJlazioni di energia elettrica, di gas e di acqua; 
di sviluppare il necessario servizio ferroviario con collegamenti con le 
stazioni :ferroviar�.e; di stipulare convenzioni con i magazzini generali 
per l'uso delle loro installazioni; di imporre prezzi e diritti per i servi:zii 
forniti; di provvedere, con accordi con il Govemo Alleato, alla sorveglianza 
e alla polrizia nell'interno del Porto Industriale; dii stipulare i 
contratti necessari per il raggiungimento dei suoi fini; ed in genere di porre 
in essere tutti gli atti necessari al pi� effiiciente sfruttamento, sviluppo e 
funzionamento del Porto. 

prelievo, che le norme che talvolta stabiliscono le esenzioni sono pleonastiche 
esternazioni di una regola necessaria, che il pagamento figurativo disciplinato 
dall'art. 123 del reg. 15 settembre 1923 n. 2090 � una finzione contabile non avente 
rilevanza tributaria (Cass. 12 novembre 1974 n. 3567, in questa Rassegna, 1975, 
I, 199 con richiami). 

La sentenza in esame ripropone il problema in termini assai pi� concreti e 
senza generalizzazioni. 

Non esiste n� una norma di esenzione assoluta n� un principio che ci� 
renda necessario. Al contrario norme espresse non solo pongono esenzioni (che 
non possono troppo sbrigativamete dirsi pleonastiche), ma affermano la soggezione 
alla imposizione esplicitamente, ovvero restringendo la portata delle esenzioni. 
Per le imposte fondiarie il t.u. delle imposte dirette escludeva i terreni 

destinati esclusivamente a servizi pubblici (art. 49 e 50) e i fabbricati costituenti 
il demanio pubblico infruttifero (art. 77). Per l'imposta sulle societ� lo stesso 

t.u. (art. 151 lett. d) dichiarava esenti le aziende dello Stato che gestiscono in 
regime di monopolio servizi di interesse pubblico, ma non tutte le aziende. 
Attualmente l'art. 5 del d.P.R. n. 601/1973 dichiara esenti dall'I.R.P.E.G. e dall'I.
L.O.R. i redditi di terreni e fabbric�ti appartenenti, allo stesso modo, allo 
Stato e agli enti locali, destinati ad usi e servizi di pubblico interesse, mentre 
l'art 6 lett. b) stabilisce soltanto la riduzione a met� dell'I.R.P.E.G. per le 
aziende dello Stato. E non pu� dirsi che hl pagamento figurativo di cui all'articolo 
123 del regolamento esattoriale sia una finzione, perch� � una operazione 
del tutto equivalente al pagamento; deve anzi dirsi che se nella norma citata si 

610 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

I mezzii necessari per il compimento di dette attivit� erano previsti 
nell'art. X, sotto forma di fondi anticipati dal Governo Alleato, da 
restituire con un interesse del 2 %, nonch� di entrate derivanti dalle 
operazioni del Porto I[]dustriale, dalle vendite e locazioni di beni dell'Ente 
e da tutti i profitti della gestione. 

Il Capo terzo dell'Omine (artt. da XIII e XVI) prevedeva le modalit� 
per le procedure di espropriazione necessarie per la costruzione e il 
funzionamento degl1i stabilimenti industriali e iJ Capo quarto (artt. da 
XVII a XXIII) prevedeva i benefici fiscali. 

Si trattava, pertanto, di un ente pubblico avente contemporaneamente, 
attivit� :promozionale di sviluppo industriale e attivit� imprenditoriale 
vera e propria, con la previsione di un'autonomia patrimoniale e di una 
autosufficienza economica, derivantigli autonomamente (a parte le sovvenzioni 
iniziali a puro titolo di prestito) dai proventi delle attivit� 
esercitate. Carattere, quesfU!ltimo, che � rimasto immutato anche in seguito, 
avendo la legge 23 1apdle 1%9, n. 163, semplicemente mutato la 
denominazione dell'Ente, confermando fino al 1980 H tSUO speciale trattamento 
fiscale, nonch� modificato la composizione dei suoi organi di 
amministrazione, ma senza prevedere alcun concorso dello Stato nella 
gestione economica dell'Ente medesimo. 

Ci� premesso, va anZlitutto riconosciuto che la finalit� pubblica dell'Ente 
e la sua natura d~ organo anche amministrativo, oltre che economico, 
non consentono comunque di equiparare l'Ente ad altri organi 
istituiti con contributo economico esclusivo o prevalente dello Stato al 

fa menzione soltanto del demanio dello Stato, dell'asse ecclesiastico, del dema


nio forestale e delle Ferrovie dello Stato, ci� si spiega perch� a quel tempo 

non esistevano altre organizzazioni ed aziende con ordinamento autonomo e auto


nomia contabile. 

Se lo Stato non � in moltissimi casi soggetto alla gran parte delle imposte, 

si deve alla mancanza dei presupposti della imposizione; la ordinaria attivit� 

amministrativa dello Stato, alimentata da entrate tributarie o di diritto pub


blico, non produce reddito e non � oggettivamente imponibile; ma ci� non 

esclude che lo Stato sia soggetto all'I.R.P.E.G,, come tutti gli altri enti non 

commerciali, per i redditi fondiari e, si dovrebbe ritenere, anche per i redditi 

di capitale, e che per le sue aziende, che sono invece capaci di produrre reddito, 

benefici soltanto di una riduzione. Per le imposte indirette sono specificamente 

e dettagliatamente stabilite norme particolari, mentre !'I.V.A. � normalmente 

imposta anche allo Stato. 

Tutto questo ha molta rilevanza per i soggetti dichiarati equiparati allo 

Stato; questi mentre non possono vantare una esenzione assoluta, non possono 

considerarsi oggettivamente incapaci, specie nelle imposte dirette, di realizzare 

il presupposto dell'imposizione. 

Su questa premessa la S.C. ha escluso, con argomentazione irreprensibile, 

che la parificazione dell'Ente per la zona industriale di Trieste per gli atti ine


renti ai propri fini istituzionali potesse comportare una esenzione soggettiva 

delle imposte dirette. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

fine di realizzare particolari attivit� statali mediante la creazione di 
un'apposita organizzazione, e che di conseguenza il problema del tratta� 
mento fiscale dell'Ente non pu� essere influenzato dalla preoccupazione 
dell'esi,stenza, in caso di imposizione, di una inutile e macchinosa partita 
di giro, in forza della quale lo Stato venga a riprendere, sotto forma 
di imposizione, parte di ~i� che ha erogato per '1'attiviit� dell'Ente (il 
che, in ogni caso, costituirebbe comunque una incongruenza dovuta ad 
una s�celta del legislatore, tale da�non autorizzare l'interprete a rimediarvi 
con una intellpretazione in contrasto 1con il dettato della norma); e va 
riconosciuto che si � in presenza di un autonomo soggetto di diritto,�che 
svolge un'attivit� prevalentemente �economica (in relazione alla quale � 
tenuto a redigere un bilancio annuale), ossia di un :soggetto che, dal punto 
dii vista soggettivo, non pu� dirsi tale da aver diritto, ontologicamente, 
ad una esenzione da imposte dirette, sussis.tendo, al contrario, nei suoi 
confronti, tutti i presupposti a sensi del t.u. del 1958, n. 645, per l'appli� 
cazione di dette imposte. 

L'esenzione, di natura 1soggettiva, discenderebbe peraltro, secondo 
quanto ritenuto nella decisione 'qui impugnata, da:lla normativa dell'ar� 
tkolo XXIH, primo comma, dell'Ordine del Governo Alleato istitutivo 
dell'Ente (normativa fatta propria e prorogata, al rpari di tutta la normativa 
fiscale, dal legislatore italiano 1con la richiamata legge n. 163 del 1969), 
secondo cui �Ai fini dell'applica2lione di ogni tassa, imposta o diritto 
previsti da qualsiasi legge generale o speciale, J'Ente del Porto industriale 
di Trieste benef�cier�, per tutti gli atti compiuti in conformit� 
ai suoi fini statutari, degli stessi pr.ivilegi goduti dalle Amministrazioni 
dello Stato�; il che comporterebbe, secondo la Commissione Central� 
delle Imposte, la 1completa equiparazione dell'Ente allo Stato ai fini 
tributari, con conseguente esenzione soggettiva assoluta da ogni tipo di 

~ imposta, anche diretta. 
Tale conclusione � stata giustamente criticata dall'Amministrazione 
ricorrente, e le censure sollevate nel ricorso vanno condivise, sia dal 
punto di vista generale, sia in base ad un'approfondita disamina delle 
varie norme tributarie contenute nel testo legisJativo in esame. 
Anzitutto va precisato, da un punto di vista generale, che la parifi� 
cazione ai fini tributari non � -con lo Stato, come ritenuto dalla Commissione 
Centrale, bens� 1con le � Amministrazioi :statali �, e che ci� gi� 
induce a ritenere che il partkolare trattamento tributario non possa 
essere tale da comprendere anche l'imposta di r.m. e quella sulle societ�, 
potendosi ipotizzare una soggezione a tali imposte solo da parte di un 
autonomo soggetto di diritto; tali, invece, non sono, a questi fini, le singole 
branche dell'amministrazione dello Stato, nei confronti delle quali 
non 'si pone alcun problema di possibilit� di sottoposizione ad imposizione 
diretta, mentre, al contrario, i singoli atti da esse posti in essere, 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

nell'ambito delle loro spedfiche competenze, possono essere tali da giustificare 
un'imposizione indiretta, che ha il suo presupposto in singoli 
atti, indipendentemente dal soggetto che li pone in essere e dalla sua 
personalit� o meno di diritto pubblico o privato (ed un problema di 
imposizione e dii esenzione si pone, infatti, nel t.u. del 1958, sempre con 
riferimento ad azienPe autonome dello Stato o ad altri enti consimili; 
ma mai per 'singole amministrazioni statali). 

Inoltre, come esattamente rileva l'Amministra:llione ricorrente, una 
norma generale di esenz10ne assoluta dello Stato da ogni tributo non 
esiste nel nostro ordinamento, e la non soggezione dello Stato, in genere, 
ai tributi, � conseguenza in alcuni casi della non equiparabilit� dello Stato 
ai singoli soggetti di imposta (in materia di imposte dirette), ed in altri 
di apposite norme delle varie leggi speciali (ad es., in tema di imposta 
di registro), mentre sussistono casi, evidenziati appunto nel ['i.corso, senza 
che sia necessario ripetere qui quanto ivi esposto, di soggezione a tributi, 
anche diretti, di beni immobili di propriet� dello Stato. 

Ma, a parte tale osservazione di carattere generale, l'esenzione va 
esclusa sia direttamente in base al contenuto della norma in esame, sia 
per il ,raffronto fra detta norma e le altre disposizioni di carattere fiscale 
contenute nel Capo quarto dell'Ordine del Governo Alleato in questione. 

Anzitutto va rilevato come la decisione impugnata si sia limitata, in 
detto ambito, ad un semplice J:"affronto tra la parola inglese � acts �, contenuta 
nel primo comma dell'art. 23, con la parola � deeds �, contenuta 
nell'art. 21, per ricavarne una traduzione del primo termine come � attivit�
�, in contrapposizione al secondo, che starebbe ad indicare i � documenti
�, deducendo da ci� che l'art. 23, in quanto inteso a disciplinare 
le attivit�, contemplerebbe anche le imposte dirette, mentre l'art. 21 
sarebbe relativo, per il suo richiamo ai documenti, a11'imposizione indiretta, 
potendo solo i documenti, non anche l'attivit�, costituire oggetto di 
imposizione indiretta. 

Tali conclusioni non possono essere condivise, anzitutto perch� il raf


.fronto non � stato operato fra due norme di contenuto generale, quanto 
all'ambito delle agevolazioni concesse, s� che dal �raffronto di esse potesse 
dedursi la concessione di esenzioni da imposte dirette da parte di una e 
da imposte indirette da parte dell'altra; invero, il citato art. 21 prevede 
solo una �speciale agevolazione tdbuta:riia per le operazioni di concessione 
di mutui, o di estinzione degli istessi, nonch� per le relative garanzie, concessi 
dall'Ente ad imprese private operanti all'interno del Porto, come 
previsto dalla lettera 1) gi� citato art. 3, che delimita gli scopi dell'Ente; 
e la norma, aocanto al termine � deeds >>, aggiunge anche le parole 
� contracts � e � operations �, sicch� all'espressione � deeds � non pu� darsi 
un particolare risalto in contrapposizione all'espressione � acts � contenuta 
nell'art. 23, in quanto essa � usata, assieme alle altre, per indicare tutti gli 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

atti, i tito1i (in ipotesi di pegno), i contratti e le operazioni in genere attinenti 
all'accensione ed estinzione di mutui e garanzie, s� che non pu� dedursene 
che il legislatore abbia inteso creare una netta distinzione fra � documenti 
� e � attivit� �, senza dire, poi, che le imposte di registro, ad 
es., non sono imposte su documenti, ma imposte su atti o contratti, mentre, 
allorch� all'art. 21 si faceva menzione dei documenti, evidentemente si 
aveva in mente un particolare tipo di imposizione sui documenti, quale 
ad es. l'frmposta di bollo (ad es. sulle cambiali). 

Ritenuto pertanto che non pu� attribuirsi al te11mine � ar�ts � adoperato 
nell'art. 23 il significato di � attivit�� in base al raffronto con le espressioni 
adoperate nell'art. 21, va osservato, anzitutto, da un punto di vista meramente 
letterale, che la parola inglese � act � ha esattamente lo stesso significato 
e ila stessa portata della parola italiana �atto�, mentre per �attivit�
� esiste ailtro termine specifico (� activity �),e che per atto deve intendersi 
la singola azione, il singolo negozio, il singolo provvedimento, e non 
gi� il complesso di essi, per ,i quali appare pi� appropriato il termine 
� activity �; e che, se per � act � si fosse inteso � attivit� �, la parola sarebbe 
stata usata al siingolare, mentre l'uso del plurale fa comprendere che il 
legislatore aveva in mente i singoli atti, ai quali tutti intendeva estendere 
il beneficio, usando, appunto, a tale scopo il plurale. 

Ma, a parte ogni indagine filologica, va rilevato che, per la principale 
imposta indiretta, quella di registro, il presupposto dell'imposizione � proprio 
il singolo �atto� (ved. art. 1 della ,legge di registro del 1923 all'epoca 
vigente), e che in tale termine sono compresi non solo i contratti, ma 
altres� i pi� svariati negozi giuridici, nonch� anche d provvedimenti amministrativi, 
e non pu� dubitarsi che il legislatore alleato a tale significato 
della parola intendesse riferirsi, essendo tutta la normativa fiscale adeguata, 
con appropriazione di termini e di distinzioni, a1le leggi fiscali italiane, 
che erano quelle da appHcarsi, non certo al sistema fiscale inglese. 
La parola �atti>>, pertanto, va letta nel significato e nell'uso corrente della 
legislazione fiscale italiana, nella quale essa non sta mai ad indicare la 
attivit� complessiva di un soggetto, bens� i singoli negozi, contratti o provvedimenti 
1soggetti ad imposizione indiretta; ed in tali sensi la parola� atti� 
� stata sempre interpretata dalla giurisprudenza, che, ad es., in tema di 
agevolazioni fiscali per la costruzione di autostrade, ha escluso l'esenzione 
dall'I.G.E. ritenendo che il pagamento o la percezione di somme di danaro, 
ossia l'� entrata '" non potesse comprendersi fra gli � atti � agevolati, essendo 
qualcosa di diverso da questi. 

� Ancora, va osservato che la parola � atti � non � adoperata, nella nor


ma in esame, in modo assoluto e generico, ma � limitata dall'aggettiva


zione �performed in acco11dance vith its statutory sims � (posti in essere 

in armonfa con i suoi fini statutari), aggettivazione che ha un significato 

se riferita a singoli negozi, �contratti o provvedimenti, ma che ha difficil



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mente un <Senso se riferita all'�!ttiv,it� in genere dell'Ente; e, soprattutto, 
va notato che la parola � attivit� � -ammesso che rin tal senso si potesse 
intendere il termine � acts � -non indicherebbe, 1comunque, l'intenzione del 
legislatore di aocordare l'esenzione dalle imposte dirette, n� tanto meno 
di creare una esenzione soggettiva assoluta da ogni io:nposta, come ha ritenuto 
la decisione impugnata. 

E ci� sia perch� un'esenzione soggettiva, in genere, non ammette distinzioni, 
mentre il legislatore ha chiaramente detto che l'esenzione concessa 
era subo:ridinata alla conformit� degli atti ai fini statutari, sia soprattutto 
perch� il prest11pposto dell'imposizione diretta, secondo il t.u. del 1958 non 
� sempre o soltanto un'� attivit��, bens�, pi� genericamente, il godimento 

o il possesso di una :riicchezza, anche se non collegata ad una specifica attivit� 
o non prodotta da questa cos� per !'.imposta sui terreni e i fabbricati, 
come, soprattutto, per l'imposta di r.m., il cui presupposto � esclusivamente 
il � possesso di un reddito � �Comunque prodotto -ivi compresi i 
redditi idi capitale, non certo dovuti aid alcuna specifica attivit� -, e per 
l'imposta sulle societ�, :la quale colpisce addirittura anche i proventi del 
patrimonio. 
D'altra parte, una conferma 1che con il primo comma dell'art. 23 il legislatore 
non abbia inteso acco:ridare una piena e completa esenzione soggettiva 
da ogni imposta, diretta o indiretta, si trae dalla stessa formulazione 
del provvedimento, il quale, nella parte relativa alle esenzioni fiscali, non 
si limita alla sola norma qu� in esame, ma contiene una serie di disposizioni 
(all'art. 20 la prevdsione di particolari agevolazioni in materia di imposte 
di registro o ipotecarie per i trasferimenti immobiliari, per la concessione 
idi pegni, ipoteche, fideiussioni e garanzie :in genere, per gli appalti 
per 'Costruzioni; all'art. 21 Ia previsione di esenzioni, come gi� detto, per 
mutui, �eoc.) che non avrebbero ragione di essere se l'art. 23, primo comma, 
contenesse gi� una generale ed :illimitata esenzione da ogni imposta, nel 
qual caso ad esso soltanto si sarebbe limitata la parte fiscale della normativa 
(senza dire che in alcuni casi � prevista non gi� l'esenzione, ma l'imposizione 
a tassa fissa). 

In particolare, infine, la conferma �di quanto ora osservato discende 
allo stesso art. 23, che al secondo comma stabilisce che l'Ente avr� diritto, 
inoltre, a tutti� i benefici fiscali previsti dagli artt. 17, primo comma, e 18, 
in J:elazione alle opere ohe direttamente o indirettamente porr� in atto 
all'interno del Porto industriale. Ora, a parte ohe il termrine � inoltre � non 
avrebbe senso se l'esenzione prevista dal primo comma fosse soggettiva e 
generale (nel qual caso nul:la avrebbe pi� potuto esservi aggiunto), va ricordato 
che i suddetti artt. 17 e 18 ,prevedono Ia concessione di particolari 
benefici per gli stabil:imenti industriali nell'ambito del Porto (stabilimenti 
il cui impianto costituiva, nell'intenzione del legislatore, il principale scopo 
dell'Ente, come si � gi� visto esaminando, in precedenza, lo Statuto del



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 

l'Ente in questione)L richiamando, fra l'altro, la legge speciale per Napoli 

n. 351 dell'8 .luglio 1904, che prevedeva anche l'esenzione dell'imposta di r.m. 
per un decennio per gli stabilimenti industriali di nuovo impianto; e il solo 
fatto che il legislatore abbia inteso concedere espressamente una esenzione 
del genere dimostra senza possibilit� di dubbio che nel comma precedente 
non aveva inteso concedere una esenzione dalle imposte dirette, perch� in 
tal .caso non vi sarebbe stata alcuna necessit� di estendere specificamente 
all'Ente i benefici fiscali, in materia di imposte dirette, genericamente 
concessi, all'art. 17, a� tutti gli ,stabilimenti industriali esistenti nell'ambito 
del Porto. (omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 dicembre 1979, n. 6593 -Pres. Santosuosso 
-Est. Sgroi -P. M. Valente (conf.). Quarello c. Ministero delle 
Finanre (avv. Stato Carbone). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di successione -Deduzione di passivit� 
-Conto corrente bancario -Legge 24 dicembre \969 n. 1038 Utilizzazione 
con emissione di assegni -Necessit� � Successioni aperte 
anteriormente -Eguale regime. 

(I. 24 dicembr� 1969, n. 1038, art. unico). 
La prova delle passivit� deducibili dall'asse ereditario ai fini dell'imposta 
di successione pu� essere costituita dal conto corrente bancario solo 
per la parte del debito originata da emissione di assegni, mentre � irrilevante 
il saldo passivo risultante da altri mezzi di utilizzazione del conto. 
Ci� vale anche per le successioni aperte anteriormente all'entrata in vigore 
della legge 24 dicembre 1969, n. 1038 (1). 

(omissis). Col primo motivo di ricorso la Quarello deduce falsa applicazione 
dell'articolo unico legge 24 dicembre 1969, rn. 1038, in relazione 
all'art. 360, n. 3 e.pie., in quanto l'ingiunzione di cui si tratta era stata cos� 
motivata dall'Amministrazione Finanziaria: 

� Per giustificare il debito verso la Banca di Desio per saldi passivi di 
conto corrente � stata prodotta una ricognizione di debito ricevuta da notaio. 
L'atto pubbHco rprewsto dal comma 1 dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 
1923, rn. 3270 per essere idoneo come prova documentale per l'ammissione 
al passivo successorio deve... �. Osserva la ricorrente che questa 

(1) Decisione esatta ed opportuna per sottolineare che anche nelle successioni 
aperte anteriormente all'entrata in vigore della legge del 1969 quel che 
vale � soltanto l'indebitamento mediante assegni; cfr. Cass. 24 marzo 1975 
n. 1109 e 19 giugno 1975 n. 2461 in questa Rassegna, 1975, I, 591 e 1080. 
11 



616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Corte Suprema, con sentenza 24 marzo 1975, n. 1109, ha insegnato che l'intento 
del legislatore � quello di eliminare le controversie concernenti la 
idoneit� probatoria del tipo di documentazione necessaria :per consentire la 
deduzione del debito da saMo :passivo di conto corrente bancario e che la 
pretesa della Finanza deve intendersi rinunciata quando sia fondata sul 
disconosdmento dell'idoneit� tipica (o astratta) de1la documentazione 
offerta dal contribuente e gi� ritenuta sufficiente. Secondo la ricorrente, 
tale principio si applica alla fattispecie di 1causa (pretesa inidoneit� della 
Ili.cognizione per atto pubblico), per il che la Corte d'Appello avrebbe dovuto 
dichiarare � rinunciata ad ogni effetto � l'ingiunzione e la pretesa 
avversaria. 

Questa Corte osserva che la censura � infondata. 

Il primo comma dell'articolo unico della legge n. 1038 del 1969 recita: 
�Ai fini dell'applicazione dei tributi successori, sono ammessi in deduzione 
dall'asse ereditario i debiti derivanti da saldo passivo di conto. corrente 
ba,ncario, originato da emissione di assegni, eoc. ecc. �. Il secondo comma 
dispone: � l'ammontare del �saldo passivo am~issibile in detrazione, di cui 
al primo comma, si detel'IIlina... e tenendo conto di tutti prelievi effettuati 
a mezzo assegno ... �. 

Non v'� dubbio, pertanto, �che per le �successioni aperte dopo l'entrata 
in vigore della legge '(pubblicata in G. U. del 13 gennaio 1970), essa dispone 
una nuova disciplina dell'ammissione al passivo dei debiti :per saldi passivi 
di .conti correnti bancari solo se detti saldi passivi sono originati da 
emissione di assegni. La suddetta limitazione risulta, oltre che dalle letterali 
espressioni usate e riferita anche dal n. 2 del :primo comma, che, fra 
la documentazione da produrre a giustificazione, elenca l'originale o copia 
autentica degli assegni emessi. Ogni altra formazione del saldo passivo, 
per ragioni diverse �dall'emissione di assegni, sfugge all'applicazione delle 
norme anzidette (Cass. 29 settembre 1978, n. 4352). Del resto, dai favori preparatori 
risulta che la normativa del 1969 � stata dettata dal fatto che in 
un primo tempo l'Amministrazione giudicava sufficiente la produzione degli 
assegni bancari e dell'estratto notarHe dei libri di commercio della banca, 
mentre a partire da Cass. 10 agosto 1962, n. 2527 si era ritenuto che i saldi 
passivi di conti correnti bancari non possono farsi rientrare nei debiti 
risultanti da �cambiali o da altri effetti all'ordine di cui all'art. 45, quinto 
comma, della legge tritbutaria sulle successioni del 1923, il che, secondo il 
proponente della proposta di legge, portava ad un'impossibilit� di applicazione 
pratica, a diversit� di trattamenti e ad altri inconvenienti. Il problema 
�che voleva essere risolto dalla nuova legge era, dunque, sempre riferito 
ai saldi passivi derivanti dall'emissione di assegni. 

Ci� premesso, la Corte di Milano ha ritenuto che anche il quarto comma 
dell'articolo unico della legge del 1969 non riguarda indistintamente 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tutti i saldi passivi gi� ammessi in detrazione, bens� solo quelli ricollegabili 
all'emissione di assegni, e questa affermazione � da ritenere esatta. Si premette 
1che il suddetto comma si riferisce al caso in cui il debito per imposta 
successoria, relativamente alle successioni apertesi prima dell'entrata 
in vigore della legge, era stato gi� definito, e cio� determinato al momento 
della denuncia di successione e del 'pagamento (Cass. 19 gennaio 1979, n. 393) 
ed anche in sede di tassazione complementare sul maggior valore, sempre 
tenendo 1conto dell'ammissione dei debiti nascenti da sa1di passivi, in base 
alla documentazione prodotta dall'erede (Cass. 28 apI1ile 1977, n. 1609). 

Esso riguarda la specie, in cui in un primo momento il debito era stato 
ammesso in detrazione, anche in sede diimposta complementare sul maggior 
valore 1concordato dei beni. Non era quindi il caso di applicare il 
quinto comma ,dell'articolo unico della legge del 1969, ed esattamente la 
Corte d'Appello non l'ha applicato. Ma il problema restava sempre aperto, 
non potendosi puramente e semplicemente dichiararsi �la rinuncia ad ogni 
effetto � della suocessiva contestazione della Finanza, in. quanto tale rinuncia 
riguarda solo l'idoneit� astratta della documentazione afferente ai 
saldi passivi di conto corrente bancario originati da emissione di assegni. 
Infatti, bench� le parole � originati da emissione di assegni � non siano� 
ripetute n� nel quarto n� nel quinto comma, esse si devono intendere im-� 
.Rlidtamente sottintese. 

Basta pensare che il quinto comma, relativamente alle suocessioni 

apertesi prima dell'entrata in vigore della legge e per le quali non sia stato 

ancora definito il debito d'imposta, autorizza l'erede a documentare i de


biti � nei modi indicati nel primo comma del presente articolo ;, e cio� in 

modi che presuppongono necessariamente l'utilizzazione con assegni del 

conto corrente (n. 2) e la derivazione del saldo passivo dell'emissione degli 

assegni (primo alinea del primo comma). Si dovrebbe pensare che solo il 

quarto comma dell'articolo unico riguardi anche i casi di saldi passivi di 

conto corrente non originati da emissione di assegni, il che non trova aku-� 

na giustificazione nella ratio e nella sistematica della legge, ed avrebbe 

quindi �dovuto essere espressamente detto (cfr. Cass. 19 giugno 1975, 

n. 2461). 
La Corte d'Appello di Milano esattamente quindi si � lasciata guidare, 
nell'indagine relativa ai limiti della rinuncia ex legge della contestazione 
de1la Finanza, rispetto alla documentazione a suo tempo presentata, dal 
principio suddetto, -che limita tale rinuncia, nei casi del quarto comma, al 
sa1do passivo di conto corrente bancario originato da emissione di assegni,. 
tralasciando ogni altro passivo non derivante da emissione di assegni (a. 
cui ha ritenuto esattamente applicabile l'originaria formulazione dell'art. 
45 della legge del 1923). I criteI1i di applicazione dell'art. 45 non sonostati 
oggetto di ricorso per cassazione. (omissis). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 20 dicembre 1979, n. 6603 . Pres. Vigorita . 
Est. Caocavale � P. M. Del Grosso (conf.). Maraiolo (avv. Malorni) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui ~edditi di ricchezza mobile . Passivit� 
� Pluralit� di rami di attivit� -Attivit� ammesse ad esenzione . 
Concorrono con le passivit� al risultato complessivo. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 95). 
Alla formazione del reddito netto secondo il risultato complessivo di 
tutte le attivit� ed operazioni produttive di redditi classificabili nella stessa 
categoria concorrono le passivit� verificatesi in rami di attivit� che godono 
di esenzione (1). 

(1) Conformi sono le sentenze in pari data da n. 6604 a 6607. Nello stesso 
senso Cass. 114 luglio 1971 n. 230il, in questa Rassegna, ~971, I, 1436. Oggi la
1

questione � legislativamente risolta in senso opposto (art. 8 e 52 d.P.R. n. 597/1973). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio.1980, n. 75 -Pres. Aliotta �Est. 
Sgroi -P. M. Leo (conf.) -Soc. Il Viti (avv. Gualandi) c. Ministero delle 
Finanze (avv. Stato Soprano). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile -:Plusvalenza 
� Societ� per azioni . Donazione a terzi � Non si realizza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 100 e 106). 
Bench� per la realizzazione della plusvalenza il concetto di � prezzo � 
di cui all'art. 100 del t.u. delle imposte dirette debba essere identificato con 
quello di � valore �, non puq considerarsi realizzazione di plusvalenza la 
donazione a terzi, anche se disposta da societ� per azioni (1). 

(omissis). � invece fondata la censura di violazione di legge (art. 100 e 
106 sopra citati) contenuta nella prima parte del motivo di ricorso. 
Per affermare la sottoposizione all'imposta mobiliare della plusvalenza 
riferita ai beni della societ�, oggetto di donazione a terzi (non soci, come 

(1) Decisione di molto interesse. Va rilevato innanzi tutto che essa, riaffermando 
l'estensione del concetto di prezzo da intendere come sinonimo di valore, 
determinabile anche indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti, si pone 
in contrasto con la pronunzia delle Sez. Un. 9 ottobre 1979 n. 5220, (in questa 
Rassegna, 1980, I, ,184 con nota di richiami) e riapre il problema della considerazione 
ai fini deLla plusvalenza di ogni operazione che non si concreta nell'introito 
di un prezzo espresso in lire, su di che esiste una abbondante giuri

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 619 

accertato incensurabilmente in fatto dalla Commissione tributaria centrale, 
l� dove rileva che i donatari sono del tutto estranei alla societ� donante), 
la Commissione centrale ha identificato uno dei momenti a cui la 
legge d� rilevanza (ai fini della tassabi1it� della plusvalenza) nel distacco 
definitivo, non importa se a titolo oneroso o gratuito, del bene che incorpora 
la plusvalenza, dall'economia del soggetto che dispone del bene stesso. 

La tesi � ispirata ad una nota dottrina che ha ritenuto che nella normativa 
degli artt. 100 e 106 vada ritrovato un fondamento unitario, sulla 
base di un minimo di requisiti essenziali comuni alle varie ipotesi espressamente 
regolate dalla legge (irealizzazione, distribu:llione o iscrizione in 
bilancio), ipotesi che non sarebbero altro che singole specificazioni dell'unico 
princiipio comune, di modo che ivanno interpretate alla luce di quel 
priTIICipio, a sua volta ricavato dai connotati esistenti in tutte le ipotesi. 

Secondo la suddetta tesi, nella iscrizione in bilancio si ha il requisito 
della 1certezza, derivante dall'ammissione della societ� e dai criteri obiettivi 
�che, per legge, presiedono alla redazione del bilancio. Nell'ipotesi di 
distribuzione ai soci si ha il requisito della certezza e della definitivit� 
perch� da un lato la societ� aocerta fesistenza della plusvalenza e dall'altro 
�l suo trasferimento ai soci, determinando l'uscita del ,bene dal patrimonio 
della societ�, impedisce che successivi incrementi o decrementi del 
suo valore abbiano rilevanza per la societ� stessa. Alle suddette ipotesi manca 
invece del tutto l'ulteriore requisito della onerosit� e cio� della corrispondenza 
tra il sacrificio affrontato dalla societ� e il vantaggio patrimoniale 
ricevuto in cambio. Invero, il suddetto requisito � manifestamente 
estraneo all'iscrizione in bilancio, che non determina alcuno scambio tra 
sacdficio e vantaggio, ma si esaurisce in un� atto puramente accertativo 
di una situazione di vantaggio acquisita; e non esiste neppure nella distri


sprudenza anche recente (7 giugno 1974, n. 1687, in questa Rassegna, 1974, 
I, 1239; 2 febbraio 1978 n. 462, ivi, 1978, I, 476; 16 febbraio 1978 n. 725, ivi, 
1978, I, 384; 26 luglio 1978 n. 3749, e 25 settembre �1978 n. 4282, ivi, 1979, I, 58). 

La donazione, tuttavia, non comporta realizzo alcuno, nemmeno di un valore 
ed � qualcosa di diverso anche dalla iscrizione in bilancio e dalla distribuzione 
gratuita ai soci, che sono considerate ipotesi di plusvalenza dall'art. 106. In 
sostanza non basterebbe la sola �cristallizzazione,, dell'incremento patrimoniale, 
separato dal cespite produttore e divenuto certo definitivo; occorre qualcosa 
in pi�, cio� l'onerosit� dell'atto di disposizione. 

In via generale non si pu� negare che la plusvalenza si debba riconnettere 
ad un atto di disposizione a titolo oneroso; ed in tal senso � oggi l'enunciato 
dell'art. 54 primo comma del d.P.R. n. 597-1973. Si deve per� considerare 
che il reddito prodotto � tassabile indipendentemente dalla destinazione e che 
per le imprese commerciali, e pi� che mai per le societ� commerciali, qualunque 
operazione, compresa la donazione, � una speculazione. Secondo un 
principio sempre osservato, se pure espresso in formula restrittiva nell'articolo 
94 del t.u. del 1958, sono tassabili i redditi corrispondenti ai beni prodotti 
anche se non hanno dato luogo a ricavi per fatto dell'imprenditore. Oggi 
questo crit<'rio � bene espresso nell'art. 53 quarto comma lett. a) secondo il 



620 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

buzione ai soci, dal momento che � pacifico che la norma colpisce anche 
le distribuzioni gratuite delle plusval'enze. 

Sarebbe quindi una disarmonia del sistema esigere nella ipotesi di 
�realizzazione � J'onerosit� dell'atto, dal momento che essa non � prevista 
negli altri casi e che non si vede che differenza passi fra distribuzione gra� 
tuita ai soci e donazione a terzi, non soci, delle plusvalenze, dal punto di 
vista economico e, quindi, della ratio del sistema. 

Questa Corte 'ritiene che non possa accogliersi la suddetta ricostru� 
zione, con riferimento all'abrogato ordinamento dell'imposta di ricchezza 
mobile contenuto nel d.P.R. n. 645 del 1958. 

Infatti, si tratta di applicare congiuntamente (come dispone l'art. 105) 
tanto le norme della 'Sezione terza del titolo quinto (redditi dei soggetti tas� 
sabili in base a bilancio) quanto quelle della sezione seconda, ed in parti� 
colare l'art. 100, per 1cui l'irpotesi della realizzazione della plusvalenza (co� 

. me, con espressione sintetica, recita l'art. 106) si ha solo quando. concor� 
rono tutte le condizioni descritte dall'art. 100 e cio� il realizzo di beni rela� 
tivi all'impresa ad un prezzo superiore al costo non ammortizzato o, se 
diverso, all'ultimo valore riconosciuto ai fini della determinazione del 
reddito. 

La plusvalenza, nell'ipotesi del realizzo, non pu� prescindere dall'ac� 
quisizione, in capo aHa stessa societ�, di un prezzo superiore al costo, etc. 
e le suddette parole pongono il problema del loro significato. :�:. noto che, 
di fronte alla .giurisprudenza che le interpreta in modo meramente letterale, 
nel senso che l'espressione �prezzo� vada intesa come puro e semplice 
coPrisrpettivo in denaro liquido, di modo che l'ipotesi del realizzo va 
limitata a quella della 1compravendita del bene (Cass. 29 ottobre 1970, 

quale si comprendono fra i ricavi il valore normale dei beni prodotti desti� 
nati al consumo personale o familiare dell'imprenditore o ad altre finalit� 
estranee all'esercizio dell'impresa; e ci� equivale alla assegnazione ai soci. Se 
una impresa (e pi� ancora una societ�) nata per una certa attivit� volta al 
"lrofitto, utillzza per fini non commerciali i beni prodotti, non si sottrae al� 
l'onere di contribuzione. La stessa regola � oggi chiaramente espressa anche 
per le plusvalenze nell'art. 54 sesto comma. In generale la plusvalenza si realizza 
solo con la cessione a titolo oneroso; tuttavia se l'imprenditore commerciale 
destina i beni relativi all'impresa a finalit� estranee all'esercizio della 
impresa (e tale � la donazione, a meno che non sia simulata o sia l'anello 
di una pi� complessa operazioni speculativa) si realizza comunque una plusvalenza. 


Pu� dirsi che queste regole valevano anche sotto il vigore del t.u. del 1958? 
Si pu� rispondere affermativamente; le norme della riforma sono prevalen� 
temente interpretative su tutta la problematica della determinazione del red� 
dito netto, e il concetto che l'imprenditore (per i beni relativi all'impresa) . e 
la societ� (per tutti i beni posseduti) devono fare il loro mestiere senza im� 
provvisarsi filantropi (ovvero se diventano filantropi non si sottraggono ai 
doveri tributari se non nei modestissimi limiti dell'art. 84 lett. g) era ben 
ferma anche nel vecchio t.u. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

n. 2231; Cass. 25 settembre 1978, n. 4282; Cass. 13 dicembre 1978, n. 5923), 
es:iste un altro orientamento, secondo cui non si giustifi..ca la suddetta 
interpretazione letterale della parola � prezzo �, che deve invece considerarsi 
come �valore� (Cass. 7 giugno 1974, n. 1687; Cass. 4 giugno 1975, 
n. 2225; Cass. 2 febbraio 1978, n. 462; Cass. 26 luglio 1978, n. 3749; Cass. 16 febbraio 
1978, n. 725). Questo secondo orientamento, che appare prevalente 
ed ha ricevuto l'approvazione della maggior parte della dottrina, � quello 
che deve seguirsi, e serve a risolvere casi ~come quello della permuta) 
che i:tiltrimenti sfuggirebbero alla tassazione, contro la ragione della norma. 
Invero, la realizzazione della maggior ricchezza non presuppone necessariamente 
lo scambio di una cosa contro un rprezzo in denaro, ma pu� derivare 
anche dallo scambio di cosa rcontro cosa, tutte le volte che la cosa 
r:icevuta valga pi� di quella data. L'ipotesi di cui all'art. 106 si realizza 
tutte le volte in cui i beni vengono convertiti in altra specie di ricchezza 
e cio� sono oggetto di un negozio per effetto del quale venga acquisito in 
modo definitivo al panr~monio del contribuente un quid novi che racchiuda 
il maggior valore verificatosi nel tempo riguardo ai beni dismessi, s� da 
potersi, tale rriaggior valore, considerare come un'entit� staccata ed autonoma 
risipetto al cespite produttore. Del resto, la ricorrente, ammette che 
il termine � pTezzo � sia sinonimo di �valore�, il che, in una ai richiami 
alla giurisprudenza da ultimo citata, basta a giustificare l':interpretazione 
estensiv� della norima a tutti i casi in cui irl bene � alienato verso un corrispettivo 
che raiochiude :in s� {nel suo effettivo valore �che l'Amministrazione 
pu� accertare, indipendentemente dalle dichiarazioni delle parti: 
Cass. n. 725 del 1978; Cass. 9 dicembre 1976, n. 4582) il maggior valore aocumulatosi 
nel tempo in carpo al bene dismesso. 
La suddetta operazione ermeneutica, del tutto legittima perch� rientrante 
nella medesima ratio dell'espressione letterale della norma, non 
autorizza peraltro l'estensione �di essa ai casi di alienazioni a titolo gratuito 
(donazioni), perch� in tali casi non si saprebbe come identificare il 
�realizzo ad un pTezzo {o valore) superiore �in capo al soggetto donante. 
Invero, la giustificazione dell'interpretazione qui accolta consiste nella sussistenza 
(anche nei casi di permuta, di conferimento in societ� di un bene 
dietro rCOrrispettivo, e simili) de1J'acquisizione �del maggior valore tramite 
il subentrare, al posto del bene che � dismesso dalla societ�, di un altro 
bene o vantaggio valutabile in denaro, e cio� in una logica interna alla stessa 
ipotesi della � realizzazione � come tipicamente descritta dal legislatore. 
Non viene utilizzata, invece, la logica propria degli alti-i due fenomeni 
descritti dalla legge ~distribuzione ai soci o iscrizione in bilancio) che si 
esaurisce nella definitivit� e certezza della formazione della plusvalenza. La 
giustificazione di tali altre due ipotesi � in s� insufficiente a sorreggere 
anche l'ipotesi del �realizzo�. Infatti, come del 1resto riconosce la dottrina 
richiamata, serve a descrivere un connotato dell'atto di disposizione, che 


. . .. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� comune sia all'ipotesi di realizzo iche a quella di distribuzione ai soci, 
ma tralascia come inutile il requisito ulteriore del �valore acquisito� che 
costituisce invece la differenza specifica propria dell'ipotesi del realizzo. 

L'art. 106 pone le altre due ipotesi come aggiuntive, rispetto all'ipotesi 
-base deil realizzo dei beni, di cui all'art. 100, il che significa che 
senza le espresse aggiunte fatte dall'art. 106 all'art. 100 (la parola � aggiunta
� � usata nell'art. 105, introduttivo della sezione III), quelle ipotesi non 
sarebbero state tassabili, se non nei casi nei quali si fosse potuto, in concreto, 
riscontrare ti1 �realizzo ad un prezzo)) o valore acquisito in cambio 
dalla societ�. La base razionale delle ulteriori due ipotesi della distribuzione 
ai soci (del resto anticipata nello stesso art. 100, nei confronti delle 
societ� indicate daill'art. 2200 codice civile) e dell'iscrizione in bilancio, � 
�::omunemente riconosciuta in dottrina, sulla scorta dei lavori preparatori 
della legge n. 1 dei 1956, da:Ma quale ila norma dedva. Tuttavia, il riconoscere 
che queste altre due ipotesi hanno una base razionale, non significa 
che essa non �sia altro che, la specificazione di un unico principio, comune 
a tutte le ipotesi, che basta a sorreggere quella principale del � realizzo �. 
Anzi, la pr~visione separata delle tre ipotesi fa proprendere nel senso che 
ognuna di esse, pur nella generica comunanza di presupposto (che, del 
resto, non pu� che essere quello definito in via generale dall'art. 81 del t.u.) 
obbedisce a regole sue proprie, di modo che le differenze specifiche fra le 
varie ipotesi non vanno trascurate. 

Risale ad un periodo molto antico l'opinione dottrinale secondo cui 
pu� parlarsi di plusvalenza anche in �caso di trasferimento a titolo gratuito, 
perch� gli atti di liberalit� rappresentano un modo di disporre della propriet� 
e perci� chi trasmette un bene, che ha aumentato di valore dal tempo 
del suo acquisto, fa un atto di disposizione anche dell'incremento di 
valore che pu� dirsi da lui virtualmente realizzato in una somma liquida 
e ipoi trasmessa ad altri. Questa opinione rappresenta un indirizzo di politica 
legislativa che non si � per� tradotto in normativa, nel t.u. del 1958. 

� infatti evidente la preoooupazione, in tale opinione, di trattare allo 
stesso modo ipotesi che dal punto di vista economico sono equivalenti: 
la vendita di un bene ad un prezzo maggiore del suo costo di acquisizione, 
e la successiva donazione qel prezzo ricavato, rispetto alla donazione diretta 
del bene, divenuto di valore maggiore del suo costo di acquisizione. � pure 
evidente Io scopo di evitare facili frodi: la donazione simulata a terzi non 
soci (non tassata) di fronte alla donazione ai soci {tassata come distribuzione 
delle plusvalenze). Si tratta, peraltro, di motivazioni insufficienti, di 
fronte al dettato della legge. La iprima descrive il fenomeno solo dal punto 
di vista economico, ma trascura di ponre in rilievo la diversa configurazione 
1giuriidica dell'acquisizione del prezzo ricevuto in cambio del bene 
venduto, rispetto all'ipotesi in 1cui il bene � direttamente donato. La seconda 
porterebbe a ritenere che la legge abbia posto una presunzione di frode 

I 


I Il 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 623 

fiscale (la donazione a terzi maschera 'sempre una donazione ai soci e 
pertanto deve essere trattata aillo stesso modo) che invece la legge non 
pone. � evidente che l'Amministrazione Finanziaria possa dimostrare, nei 
modi di legge, l'esistenza della simulazione, con l'intento fraudolento suddetto, 
ma questo presuppone che la norma sulla � realizzazione � della plusvalenza 
non contempli in s� l'ipotesi della donazione del bene a terzi. 

Si ,deve pertanto ribadire che nell'ipotesi di � realizzazione ad un prezzo 
superiore al costo, ecc. ecc. � vi � qualche cosa di pi�, rispetto alla pura 
e semplke certezza e definitivit� della formazione della plusvalenza, che si 
riscontra nell'atto di disposizione del bene. Questo elemento in pi�, che 
fa s� che la plusvalenza, da meramente virtuale, si trasformi in attuale e 
quindi sia tassabile 1come ǥreddito prodotto�, consiste nella sua realizzazione 
in un � prezzo � o valore acquisito dalla societ� in corrispondenza dell'atto 
di �disposizione, il che presuppone l'onerosit� di quest'ultimo. 

(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 7 gennaio 1980, n. 76 -Pres. Vigorita -Est. 
Gualtieri -P. M. Valente '(conf.). Minist�ro delle Finanze (avv. stato Cevaro) 
c. ENEL (avv. Cogliati Dezza). 

Tributi erariali diretti � Imposta sui redditi di ricchezza mobile . Contri


buti in conto capitale � Ammortamento dei beni strumentali . Valore 

a�l loro dei contributi. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 83, Iett e). 
Quando siano stati erogati contributi dello Stato o di altri enti pubblici 
in conto capitale come tali non soggetti ad imposta a norma dell'art. 83 
lettera e) del t.u. delle imposte dirette, i beni strumentali con essi acquistati 
vanno posti in ammortamento in base al valore iscritto in bilancio 
(costo di acquisto) al lordo dei contributi (1). 

(omissis). Con il 1primo motivo, denunziando violazione degli artt. 83, 
lett. e), 91 e 98 t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, nonch�, dell'art. 2425, n. 1 cod. 
civ., iri relazione all'art. 360 n. 3 codice di rito e omesso esame di un punto 

(1) Questione di grande importanza risalta in modo alquanto sbrigativo, 
L'elemento dominante della motivazione � la osservazione che non sia 
lecito distinguere tra il momento della erogazione del contributo (come tale 
non soggetto all'imposta) e il momento dell'acquisto e dell'iscrizione in ammortamento 
dei beni, e non sia consentito di indagare sulla provenienza del!a 
somma spesa. Questo dato puramente formale non potrebbe trovare alcuna 
base di dimostrazione nella norma. Si soggiunge, tuttavia, che deve necessariamente 
giungersi a questa conclusione, altrimenti si vanificherebbe la non 
tassabilit� dei contributi. 
Quest'ultima affermazione � sicuramente erronea, come dimostra il fatto 
che nella normativa attuale, certamente non insensibile al fenomeno di enorme 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELW STATO

624 

decisivo della controversia prospettato dalle parti e comunque rilevabile 
di ufficio, l'Amminisurazione finanziaria critica la decisione impugnata per 
avere la Commissione Tributaria centrale errato nel ritenere che i contributi 
dello Stato e della Regione in conto capitale devono essere compresi 
nella determinazione del prezzo di costo (vale a dire che i coefficienti di 
ammortamento, ai if�ni della determinazione del reddito mobiliare, devono 
applicarsi � al lordo � dei contributi anzidetti, previsti dal dtato art. 83, � 
lett. a), in base alla considerazione che, per �prezzo di costo� di cui 
all'art. 2425, n. 1, cod. civ., richiamato dall'art. 98 t.u. del 1958, dovrebbe 
intende11si il valore degli impianti al momento in cui vengano immessi nell'azienda, 
senza che rilevi se il relativo esborso (rprezzo di acquisto) sia 
stato sostenuto o meno con danaro proprio dell'imprenditore ovvero con 
danaro altrui. Secondo la ricorrente, premesso che tra le poste passive del 
bilancio vanno iscritti, tra gli altri, i fondi di ammortamento, i quali 
hanno la funzione di correggere le valutazioni di alcune partite dell'attivo 
in relazione al deoremento di valore degli immobilii, impianti, macchinario 
e mobili, (i quali non possono essere iscritti all'attivo rper un valore superiore 
al prezzo di costo) in conseguenza del loro deperimento, per aversi 
ammortamento deducibile, aii fini della determinazione di un reddito mobiliare, 
� sempre necessaria la presenza nell'attivo di una posta da 

correggere. 

portata della contribuzione pubblica, non si verifica quanto nella sentenza � 

dato come necessit�. 

Il dato normativo attuale, assai pi� dettagliato ed esplicito, pu� servire 
come punto di partenza del problema, che non va certo risolto con criteri 
formalistici, bens� in base a ragioni di sostanza economico-finanziarie che non 
si sono modificate nel tempo. Oggi l'art. 68 del d.P.R. n. 597/1973 stabilisce in 
modo chiarissimo che le quote di ammortamento deducibili (che si iscrivono nel 
passivo) sono determinate con riferimento al costo dei beni �al lordo degli 
eventuali contributi di terzi�; contemporaneamente per� in base all'art. 55 
lett. a) sono considerate sopravvenienze attive (da iscrivere nell'attivo del bilancio) 
le somme e i beni ricevuti a titolo di contributo e di liberalit�, esclusi 
soltanto i contributi in conto esercizio. In definitiva i contributi in conto 
capitale costituiscono reddito, ma vengono riassorbiti calcolando nel passivo 
le quote di ammortamento al lordo dei contributi. In buona sostanza il regime 
attuale � perfettamente l'opposto di quello che, secondo la sentenza, vigeva 
prima della riforma, anche se in modo alquanto macchinoso, anzich� dire che 
i contributi non soggetti all'imposta debbono essere esclusi dal calcolo dell'ammortamento, 
si dice che i contributi costituiscono reddit� ma sono da 
comprendere nella quota di ammortamento. Di questa macchinosit� si pu� 
anche dare una spiegazione nell'intento tenacemente perseguito dal legislatore 
tributario, di utilizzare ai fini della determinazione del reddito di impresa le 
stesse scritture contabili esistenti e valide agli altri effetti e di adeguare il 
pi� possibile i criteri per la determinazione del reddito a quelli economici 
ordinari; si � voluto quanto all'ammortamento (art. 68) rispettare la regola 
(art. 2425 n. 1 e.e.) che i beni strumentali siano iscritti secondo il valore di 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 625 

Tanto premesso, la ricorrente deduce che un cespite, il cui prezzo 
di acquisto sia 1.000, ammortizzabile in 10 anni, e per il cui acquisto lo 
Stato o la Regione abbia contribuito per 400, dev'essere iscritto nell'attivo 
per 600, in quanto il contributo di 400, � � in conto capitale � e non � in 
conto esercizio� (cio� erogato per l'acquisto di un bene strumentale e 
non gi� per la copertura di costi, 'Spese e perdite di gestione), ma che, 
nella specie, il cespite (impianti) non va iscritto in bilancio poich� non 
partecipa alla formazione dell'attivo del reddito di impresa, non costituendo 
reddito imponibile, per espresso dettaglio legislativo (art. 83, lett. e) 
del t.u. del 1958). 

Orbene, secondo la 1ricorrente, tutto d� non sarebbe stato preso in 
considerazione dalla Commissione Tributaria Centrale, la quale, ammettendo 
la deducibilit� dell'ammortamento di un impianto costruito o acquistato 
interamente con contributi deHo Stato e della Regione, non iscritto 
nell'attivo, ha finito con l'ammettere una posta passiva correttiva di una 
posta attiva inesistente. 

2) Inoltre la Commissione non avrebbe considerato che, costituendo 
la spesa dell'impianto un tipico costo pluriennale, se un costo siffatto sia 
stato sostenuto non dal contribuente, ma dall'ente pubblico, con una sovvenzione 
non soggetta aid imposta, non si vede quale costo l'imprenditore 
debba ammortizzare, dal momento che egli non ha sostenuto alcuna spesa 

costo, ma per non farne beneficiare due volte il destinatario, si � poi stabilito, 
in modo apparentemente antitetico all'art. 83 lett. e) del t.u. del 1958, che i 
contributi in conto capitale costituiscono sopravvenienza. 

Non � agevole ritenere che le norme attuali siano radicalmente diverse 

da quelle abrogate, attesa la oggettivit� razionale ed economica del fenomeno. 

� comunque certo che la conclusione cui giunge la sentenza in rassegna 

non � una necessit� logica. 

Che con il dichiarare non soggetti all'imposta i contributi in conto capitale 

e allo stesso tempo includere l'importo di questi contributi nelle rate di am


mortamento si faccia ottenere al destinatario un duplice beneficio � cosa di 

tale evidenza da non dover essere dimostrata. Riportare nel passivo del conto 

dei profitti e delle perdite il rateo di una somma che non � stata spesa in 

proprio, raddoppia il beneficio non soltanto perch� si riduce il reddito netto 

con un onere non sopportato, ma anche perch� si sottrae alla tassazione una 

somma pari ad altra che gi� era stata considerata non soggetta alla imposta. 

Ogni tentativo di negare questo fatto oggettivo sarebbe vano. 

Il problema che potrebbe porsi � se, nonostante ci�, vi sia una ragione 

per ritenere giustificato tale doppio beneficio. In favore della tesi potrebbe 

addursi che la funzione dell'ammortamento � quella di conservare inalterato 

il valore del patrimonio della impresa rispetto ai beni strumentali che subi


scono decremento nel tempo e che tale esigenza si presenta anche quando i 

beni siano stati acquistati con contributo di terzi; per porre l'impresa nella 

condizione di non impoverirsi annualmente in ragione del decremento che 

i beni subiscono, occorre costituire un fondo di ammortamento commisurato 



626 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

a titolo di impianto, la quale diminuisca e concorra a diminuire il suo 
reddito lordo. 

i=

3) In conclusione, secondo la ricovrente, l'inammissibilit� delle quote 
di ammortamento, relative all'impianto costruito o acquistato impiegando 

il contributo, trova gtlustificazione in un triplice ordine di argomenti: 

a) perch� il valore ammortizzabile � quello del costo effettivamente 
sostenuto, posto che la quota annuale rappresenta una parte di 
esso, la quale partecipa alla formazione del reddito in quanto gravante 
su11'imprenditore; 

b) perch� quando, come nella spesie, il contributo non costituisce 
reddito imponibile, il diniego di ammortamento non determina doppia 
imposizione; l'imposizione resta unica e si realizza appunto col non ammortizzare 
l'importo della sovvenzione; 

e) perch�, se si concedesse l'ammortamento di questo ultimo importo, 
si finirebbe con l'accordare una esenzione non solo non prevista 
da alcuna norma, ma anzi espressamente esclusa, risolvendosi le sovvenzioni 
in concorso in spese di produzione o passivit� detraibili, tali 
essendo le quote di ammortamento, mentre il citato art. 83 lett. e) esclude 
dall'area della non imponibilit� i contributi costituenti concorso nelle 
spese di produzione o passivit� detraibili. Diversamente operando, si consenti<
rebbe al contribuente di moltiplkare per due il vantaggio della 
sovvenzione, non pagando una lira d'imposta su una vera e propria so-

all'intero costo dei beni ammortizzabili diversamente al termine del periodo 
di ammortamento l'impresa non starebbe pi� nella condizione patrimoniale 
iniziale e non potrebbe reintegrare i beni strumentali ormai inutilizzabili. Ma 
questo ragionamento � esatto quando l'impresa ha acquistato i beni strumentali 
con risorse proprie, perch� � giusto che il patrimonio resti costante 
quando una sua componente (denaro o altre utilit�) si � commutata in un 
bene diverso; non lo � pi� quando � intervenuto un contributo pubblico che 
non ha lo scopo di incrementare il patrimonio e meno che mai con carattere 
di perpetuit�. 

Al contrario il contributo pubblico � una prowidenza straordinaria destinata 
ad un tempo relativamente breve e come non impegna il destinatario 
per un tempo superiore ad un certo numero di anni (i contributi sono solitamente 
condizionati al mantenimento della destinazione per un determinato 
periodo di 'S o ad massimo 10 anni non per l'eternit�) cos� non crea il diritto 
alla rinnovazione o perpetuazione del beneficio. 

In sostanza la P.A. quando elargisce un contributo in conto capitale non 
promette, n� assicura in via indiretta, una futura simile provvidenza quando 
i beni strumentali acquistati si saranno consumati. Non esiste, dunque, il diritto 
a mantenere inalterato il valore dei beni (eccezionalmente) acquistati con il 
contributo. Ma se si ammette che i beni acquistati con il contributo possano 
essere ammortizzati al lordo di esso, si riconoscerebbe per l'appunto il diritto 
del destinatario a perpetuare il beneficio, rinnovando alla scadenza dell'am



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

627 

pravvenienza attiva, quale � il contributo dello Stato o della Regione, 
e detraendo annualmente dal reddito lordo una quota di ammortamento 
costituente spesa di produzione non sostenuta. 

Con il secondo motivo, denunziando violazione degli artt. 55, comma 
2, lett. a) e comma 4, 58, comma 2 e 69, comma 1, d.P.R. 29 settembre 
1973, n. 597, nonch� dell'art. 28, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 
la ricorrente deduce che ha errato la Commissione nel richiamare, a 
conferma della propria tesi, l'art. 68, comma 2, d.P.R. n. 597 del 1973, a 
tenore del quale la deduzione delle quote di ammortamento (di immobili, 
impianti, ecc.) � ammessa al lordo degli eventuali contributi di terzi, non 
avendo tenuto conto del carattere indiscutibilmente innovativo della relativa 
disciplina. 

La complessa censura articolata nei due ,suindicati motivi, i quali 
vanno esaminati congiuntamente, � priva di fondamento. 

Questo Supremo Collegio ritiene di dovere affermare il principio che, 
ai fini dell'imposta di r.m., le quote annuali di ammortamento degli impianti 
acquisiti con il contdbuto dello Stato e di altri enti pubblici vanno 
cakolate in base al valore iscritto nell'attivo del bilancio, al lovdo dei 
contributi. 

Occorre, anzitutto, precisare che, contrariamente a quanto sostenuto 
dall'Amministrazione .finanziaria, nella fattispecie concreta come si evince 

mortamento i beni strumentali con somme che sono state dedotte dal reddito, 
senza essere state spese. 

Se si ragiona prescindendo dall'ammortamento (il che oggi si verifica per 
i beni il cui costo unitario non supera L. 50.000 e, per le imprese minori, Lire 
un milione, secondo quando dispongono gli artt. 68, sesto comma e 72 

n. 2 e 3, ed anteriormente per tutti i soggetti non tassabili in base a bilancio), 
ben si vede che l'erogazione del contributo conserva il suo carattere straor<
linario; il contributo resta neutro (non entra n� aill'attivo come componente 
del reddito n� al passivo come costo); ma quando i beni acquistati non saranno 
pi� utilizzabili, l'imprenditore dovr� provvedere con sue risorse a riacquistarli 
e non potr� certo vantare il diritto ad un nuovo contributo sol perch� 
ne ha avuto altro precedente e deve mantenere inalterato il suo patrimonio. 
La situazione non � diversa quando si fa l'ammortamento. Ammettere, con lo 
ammortamento al lordo, che colui che ha ricevuto il contributo ha il diritto di 
mantenere inalterato il valore dei beni con esso acquistati per poter a suo tempo 
ricostituire i beni ammortizzabili con il fondo dedotto dal reddito, � come affermare 
che, quando non si procede ad ammortamento, colui che ha ricevuto 
un contributo pubblico ha diritto di riceverne un altro equivalente allorch� i beni 
acquistati saranno inutilizzabili. 

Ci� induce ad un'altra considerazione. A seconda che esista o meno un 
fondo di ammortamento si arriverebbe a conseguenze del tutto diverse. Ma la 
mera facolt� di optare, un tempo, per la tassazione in base al bilancio e, oggi, 
per il regime normale non pu� dar luogo a simili differenze sostanziali. 

C. BAFILE 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

dalle stesse deduzioni dell'Ufficio fiscale avanti alle Commissioni tributarie 
il bilancio deHa ,controricorrente contiene, al passivo, per un importo pari 
al con1lributo, la voce � Fondo costruzione impianti � e, all'attivo, l'indicazione 
dell'intero costo dell'impianto stesso. 

Con ci� deve ritenersi pienamente osservato il principio, illustrato dalla 
medesima ricorirente, 1secondo 1cui, avendo i fondi di ammortamento, i 
quali vanno iscritti tra le parti passive del bilancio, la funzione di correggere 
le valutazioni di alcune partite dell'attivo in relazione al decremento 
di valore di alcuni cespiti, tra cui gli impianti, in conseguenza del 
loro deperimento (art. 2425, n. 1 cod. civ.), � necessario, per aversi ammortamento 
deducibile, ai fini della determinazione di un reddito mobiliare, 
la presenza nell'attivo di una posta da correggere. 

N� pu� condividersi la tesi dell'Amministrazione, secondo cui, nella 
specie, il cespite non andava iscritto in bilancio poich� esso non partecipa 
a!lla formazione dell'attivo del xeddito di impresa, non costituendo reddito 
imponibile a norma dell'art. 83, lett. e) t.u. n. 645 del 1958. L'insostenibilit� 
di tale tesi brulza evidente ove 1si consideri che il citato art. 83, nell'elencare 
i � proventi non soggetti ad imposta �, indica, oltre ai contributi in conto 
capitale, le somme percepite a titolo dii distribuzione di utili di societ�, 
il sovrapprezzo di emissione delle azioni e i cosiddetti interessi di conguaglio. 


Poich� la disciplina � unica per tutti i proventi test� indicati, acco


gliendosi la tesi dell'Amministrazione, 1si perverrebbe all'inevitabile con


clusione che la pretesa indeducibilit� dell'ammortamento su beni acquistati 

utilizzando un 1contrib~to, renderebbe indeducibile l'ammortamento su 

beni acquistati impiegando somme percepite a titolo di dividendi oppure 

di sovrapprezzo azionario, il che darebbe luogo ad una evidente assurdit�. 

Neppure pu� condividersi l'argomento, addotto dall'Amministrazione 

ohe, costituendo la spesa delfimpianto un tipico costo pluriennale, se un 

costo siffatto sia stato sostenuto non dal contribuente, ma dall'ente pub


blico, con una sovvenzione non soggetta ad imposta, non si vede quale 

costo l'imprenditore debba ammortizzare, dal momento che egli non ha 

sostenuto alcuna spesa a . titolo di impianto, la quale diminuisca o con


corra a diminuire il suo reddito lordo. 

In contrario, devesi osservare che l'Amministrazione confonde -sur


rettiziamente unificandole -due fasi del tutto distinte: da un lato, l'acqui


sizione del contributo e, dall'altro, l'impiego che di esso viene fatto. 

Nella prima fase l'acquisizione del contributo costituisce fenomeno 

fiscalmente irrilevante, avendo il legislatore stabilito che esso rientra tra 

i proventi non tassabili; della seconda fase, concernente l'acquisto o la 

costruzione dell'impianto (tale fase pu� anche precedere la prima), l'Uf


fido fiscale pu� e deve interessarsi se non nei limiti in cui esso � interes


sato a tutti i ces~iti ammortizzabili esistenti nel patrimonio aziendale. 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Va al riguardo considerato che ci� che rileva ai fini dell'ammortamento 
non � il modo con cui l'imprenditore ha acquistato le disponibilit� finanziarie 
necessarie per acquistaQ'."e il cespite (disponibilit� proprie, finanziamenti 
esterni o contrilbuti pubblici), bens� il fatto obiettivo che questo 
faccia parte della economia aziendale e sia, per sua natura, soggetto a 
deperimento o consumo, di gursa che si possa ragionevolmente supporre 
che, decorso un certo numerp di anni, subentri la necessit� di sostituirlo. 

In altri termini, ai fini, della deducibilit� o meno delle quote annuali 
di ammortamento, il Fisco non pu� pretendere di indagare in ordine alla 
provenienza del danaro impiegato nell'acquisto del bene, non avendo alcun 
rilievo n� la modalit�, n� il trattamento fiscale dell'operazione (utilizzo di 
redditi propri, aumento di capitale, soprapprezzo azionario contributo pubblico). 
L'unico accertamento che deve interessare il Fisco, ai fi.ni della 
non assoggettabilit� all'imposta di r.m. � quello relativo alla circostanza 
che i rcontributi pagati dallo Stato o da altri enti pubblici non costituiscano 
concorso in spese di produzione o passivit� detraibili, nonch� alla circostanza 
che il bene sia, per sua natura, ammmtizzabile e costituisca uno 
strumento per la produzione di quel tal reddito lordo dal quale va dedotta 
la quota annuale di ammortamento. 

Neppure pu� conidi.vidersi l'argomento, aiddotto dalla ricorrente, secondo 
cui, qualora si ammettesse l'ammortamento al lordo dei contributi 
in parola, le sovvenzioni si risolverebbero in concorso in spese di produzione 
o passivit� detraibili, onde nei loro confronti non si verificherebbe 
il fenomeno della intassabilit�. 

In .contrario, devesi osservare che l'art. 83, lett. e) � ben chiaro nell'escludere 
dall'area della imponibilit� i contributi costituenti concorso 
nelle spese e nelle passivit� anzidette e che, al riguardo, occo11re evitare 
la confusione tra i due fenomeni: quello dell'acquisizione del contributo, 
definito dal legislatore non tassabile, e quello, successivo all'acquisizione 
dell'impianto, che concerne il suo ammortamento, il quale in nulla differisce 
o pu� differire dall'identico fenomeno che si verifica nei confronti 
di altri beni aziendali, qualunque sia la fonte delle disponibilit� che ne 
hanno consentito l'acquisto. D'altronde, il diverso trattamento previsto per 
i contributi in conto capitale rispetto ai contributi costituenti concorso 
in spese di produziione o passivit� detraibili si inquadra nel sistema e 
trae origine dalla nozione di reddito; mentre i primi non costituiscono 
reddito, per cui il legislatore li ha inclusi, anzich� tra i redditi esenti di 
cui all'art. 84 del dtato t.u., tra i proventi non tassabili di cui all'art. 83, 
i secondi, incidendo sulle spese di produzione (del reddito), o sulle passivit� 
detraibili, hanno, per loro natura, carattere reddituale. 

Torna utile ricordare che analogo criterio ha adottato il legislatore 

nei confronti dei versamenti dei soci; questi, se avvengono in conto capi


tale o come conferimento o come sovrapprezzo azionario, non costituiscono 


e e 
630 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

reddito (e, quindi, da un lato, non � tassabile la loro acquisi~ione alla 
societ� e, dall'altro, certamente ammortizzabili sono i beni strumentali 
acquistati per le disP,onibilit� derivanti da ta:li ve11samenti); se invece il 
versamento avviene in conto esercizio, esso contribuisce a formare il 
reddito imponibile della societ� che ne beneficia (cfr. Cass. 18 giugno, 

n. 1768). 
Infine, non pu� condividersi la conclusione della ricorrente ohe, ade� 
rendo alla tesi accolta dalJa sentenza impugnata (in ordine al calcolo delle 
quote annuali di ammortamento degli impianti aicqui:siti con il contributo 
dello Stato o di altri ent!i pubblici, da effettuarsi in base al valore iscritto 
nell'attivo del bilancio, al lordo del contributo, anzich� al netto), si permette 
al contribuente di avere � la botte piena e la moglie ubriaca �, 
dovendosi escludere che si verifichi una stiuazione del genere. Vero �, 
infatti, il contrario poich�, accedendo alla tesi dell'Amministrazione, si 
finirebbe per vanificare in concreto l'esenzione dei contributi stessi, concessi 
in conto capitale, dell'imposta di 'l'.".m. e, in prospettiva, frustrare le 
finalit� perseguite con tale concessione dallo Stato e dagli altri enti pubblici, 
ai qua1i interessa favorire gli operatori iindustriali in vista dell'incremento 
dello sviluppo di talune zone o della incentivazione della produzione 
di determinati beni o della prestazione di certi servizi. 

Poich� la Commissione Tributaria Centrale si � attenuta sostanzialmente 
ai suesposti princ�pi, la decisione impugnata. � esente da censura. 

Riguardo al secondo motivo del ricorso devesii rilevare che con esso 
la ricorrente mira a contestare il fondamento di una argomentazione, 
svolta da detta Commi:ssdone a ulteriore sostegno della tesi accolta, la 
quale si rivela ultronea e non determinante ai fini della soluzione della 
controve11sia, poggiando la decisione impugnata su ben altri validi argomenti, 
idonei e suffiicienti a sorreggerla; pertanto, si pu� p'l'."escindere dall'esame 
della questione sollevata da1le parti sul carattere confermativo e 
innovativo dell'art. 68, comma 2, d.P.R. n. 597 del 1973. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 8 gennaio 1980 n. 114, Pres. Mirabelli 
Est. Caturani -P. M. Minetti (conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Vittoria) c. Bekari. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di r.egistro � Conferimento in societ� . 

Conferimento a titolo di godimento � Base imponibile � Va commi


surata al diritto limitato. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, artt. 1, 19, e tariffa A, 21; d.!. 7 agosto 1936, n. 1639, 
art. 15). 
Il conferimento in societ� di un bene immobile � sempre considerato 
traslativo quindi soggetto all'imposta proporzionale dell'art. 81 della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 631 

tariffa A, anche se a titolo di godimento; in questo caso tuttavia il valore 
della base imponibile va commisurato all'entit� del diritto conferito secondo 
il suo valore oggettivo, facendo applicazione dell'art. 19 (1). 

(1) Giurisprudenza costante (Cass. 16 luglio 1975, n. 2800 in questa Rassegna, 
1975, I, 1083 con richiami). Dubbio � peraltro il riferimento all'art. 19, che 
riguarda la vera e propria costituzione di usufrutto; probabilmente il valore va 
determinato soltanto a norma dell'art. 15 del d.I. n. 7 agosto 1936 n. 1639, in 
base al valore venale stimato con riferimento al solo godimento. 
CORTE DI CASSAZIONE -Sez. I, 6 gennaio 1980 n. 119 -Pres. Granata Est. 
Battimelli -P. M La Valva (conf.) Coz2li (avv. Carboni Corner) c. 
Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). 

Tributi erariali indiretti -Imposta di registro -Concordato fallimentare 


Sentenza di omologazione -Costituisce l'atto tassabile per le conven


zioni che ne derivano. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 4 e tariffa A, arU. 32 e 126). 
Tributi erariali indiretti � Imposta di registro � Concordato fallimentare Base 
imponibile -Crediti rprivilegiati -Vi sono compresi. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, tariffa A, art. 32). 
La sentenza che omologa il concordato �, agli effetti dell'art. 4 della 
legge, l'atto dal quale sorge l'obbligazione tributaria non solo per la tassa 
fissa dell'art. 126 della tariffa A, ma anche per le convenzioni dell'art. 32 
che non vengono tassate in via di enunciazione ma per effetto diretto della 
registrazione della sentenza (1). 

Ai fini della registrazione della sentenza che omologa il concordato 
fallimentare, la base imponibile � costituita dall'ammontare dei crediti 
oggetto del concordato, compresi quelli privilegiati (2). 

(Omissis). -Ugualmente, non � meritevole di accogliamento il secondo 
motivo di ricorso, con cui si sostiene l'impossibilit� di tassare la 
sentenza di omologazione del concordato con imposta proporzionale, in 
aggiunta alla tassa fissa. 

(1-2) Con la prima massima, in dissenso con la recente sentenza 10 aprile 
1!979 n. 2049 (in questa Rassegna, 1979, I, 727 con nota di C. BAFILE) si stabilisce 
correttamente che la convenzione di concordato non � autonomamente soggetta 
a registrazione perch� l'atto da registrare � la sentenza come atto produttivo 
di per s� di effetti e non come documento che contiene l'enunciazione di atti 

12 



632 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ed infatti, .premesso che la tassa fissa era prevista dall'art. 126 della 
tariffa ali. A alla legge d� registro del 1923, all'epoca vigente, e che detto 
articolo .specificava in not� che detta imposta era dovuta indipendentemente 
da quella stabilita per il concordato dall'art. 32 della stessa tariffa, 
va chiarito che quest'ultima norma sottoponeva a registrazione e tassazione 
con imposta proporzionale il conco11dato come fonte di obbligazioni 
a contenuto pecuniario, in applicazione del principio generale sancito nell'art. 
4, secondo COlflma, della legge, secondo cui era dovuta imposta proporzionale 
sugLi atti contenenti obbligazioni o deliberazioni di somme o 
prestazioni; e non vi � dubbio che oggetto del concordato � appunto l'obbligazione, 
assunta dall'imprenditore, di pagare determinate somme ai 
propri creditori. 

Da ci� discende che la sentenza di omologazione {ossia l'atto che, a 
coillclusione di una complessa procedura, da corpo a detta obbligazione e 
trasforma in obbligo giuridico, vincolante per l'imprenditore e per tutti 
i oreditori, la proposta originaria del debitore) � soggetta di per se a tassazione, 
in quanto costitUJi.sce appunto 1'� atto� (ai fini dell'art. 4 citato 
� infatti iilldifferente che si tratti di atto unilaterale, contrattuale o giudiziario) 
da cui sorge l'obbligazione di pagare una determinata somma. 
Ali .fini del registro, pertanto, essa � qualcosa di assolutamente diverso d� 
una normale sentenza di accertamento o di condanna che ponga fine 
ad. un giudizio di cogniziione, e da cui scaturisca la possibilit� per la finanza 
di tassare atti di altro genere, in base al principio dell'enunciazione, 
di cui all'art. 62 della legge, o per imposta cosidetta di titolo, a sensi dell'art. 
72 della legge medesima. La sentenza di omologazione, cio�, non 
costituisce il mezzo avverso cui la finanza, in via indiretta, tassa determinati 
atti, diversi dalla sentenza stessa, e gi� in precedenza soggetti a 
tassazione prima ohe fossero enunciati nella sentenza o posti a fondamento 
delle sue statuizioni, ma costituisce l'oggetto diretto della tassazione, 
come atto che di per se � produttivo di determinati effetti obbligatori 
a contenuto economico. 

Ne consegue che tutto quanto dedotto dai rico1.1renti in merito alla 
tassabilit� dei titoli costitutivi dei crediti che chi aveva proposto il conco11dato 
si era obbligato a soddisfare � fuor di luogo, in quanto la tassazione 
non avvenne per I'� enunciazione� di detti titoli nella sentenza di 
omologazione, ma per l'effetto obbligatorio proprio diretto della sentenza 
stessa, e in quanto la tassazione stessa aveva ad oggetto unicamente le 

diversi. Ci� deve ovviamente intendersi valevole sia per la vera e propria convenzione 
di concordato sia per le altre convenzioni accessorie ed eventuali anche 
se intervenute con terzi; in ogni caso tutte le convenzioni diventano obbligatorie 
per effetto del concordato. 

Sulla seconda massima, di evidente interesse, non constano precedenti. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

somme che la societ� Cozzi si era obbligata a pagare, indipendentemente; 
per assurdo, dalla validit� e addirittura dalla effettiva esistenza dei crediti 
suddetti. 

Infine, non pu� accogliersi neppure l'altro profilo di illegittimit� dedotto 
nel motivo in esame, della intassabilit�, cio�, della sentenza di omologazione 
in quanto non ancora passata in giudicato, e ci� perch�, a parte 
la novit� della questione, l'opponente non ha affatto assunto, in punto 
di fatto, che al momento in cui fu emessa l'ingiunzione {e non gi� al momento 
della registrazione) a notevole distanza di tempo dalla data della 
sentenza di omologazione, pendessero ancora i termini per l'impugnazione 
della sentenza stessa a sensi dell'art. 183 della legge fallimentare: 
inoltre, in punto di diritto, la tassazione della sentenza suddetta prescindl'! 
dal suo passaggio in giudicato, non essendo affatto subordinata 
a ci�, in quanto comunque la sentenza costituisce atto produttivo di obbligazioni 
e sono indifferenti, ai fini della tassazione, gli eventuali eventi 
suocessivi dell'atto stesso, in base al principio generale di cui all'art. 12 
della legge di registro del 1923. 

Quanto al terzo motivo di ricorso, con cui si sostiene la impossibilit�, 
in ogni caso, di comprendere nella base imponibile l'ammontare dei crediti 
privilegiati, che sarebbero esclusi dal concordato, va osservato che 
la questione, cos� come posta in assoluto, viene per la prima volta all'esame 
di questa Corte, la quale ha avuto in precedenza occasione di 
pronunziarsi per fa soluzione di una questione pi� specifica, attinente alla 
possibilit� della tassazione dell'ammontare dei crediti privilegiati in caso 
di postergazione abdicativa (sent. n. 4257 del 16 novembre 1976). 

In detta occasione questa Corte accolse la tesi della Finanza, riconoscendo 
la tassabilit� di dette somme in quanto, in caso di rinuncia dei 
creditori privilegiati. al privilegio o alla loro collocazione, il credito stesso 
viene a subire una modificazione per effetto del concordato, cui i creditori 
privilegiati non restano estranei, sicch� il soddisfacimento dei loro 
crediti non trova pi� la sua fonte nella legge, ma nel concordato medesimo. 
Approfondendo meglio il problema e partendo dalla premessa posta a 
base della sentenza richiamata, secondo cui, in caso di concordato, il 
debito del fallito non � pi� quello che discende dal titolo originario, ma 
quello nascente da titolo diverso, costituito dalla transazione conclusa 
mediante il concordato (sicch� all'obbligazione originaria viene a sostituirsi 
una nuova obbligazione, diversa non tanto per l'oggetto, quanto per 
il titolo) ritiene questa Corte di poter affermare che in caso di concordato 
preventivo tutti i crediti priv,ilegiati vengono a costituire la base imponibile 
ai fini della tassazione, per imposta proporzionale di registro, del 
concordato medesimo. 

Premesso anzitutto che il caso di specie � diverso da quello gd� esami


nato da questa Corte (in questa sede si tratta di concordato preventivo, 


634 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mentre con precedente decisione fu affrontato un caso di concordato proposto 
da;l fallito), e premesso, di conseguenza, che in caso di fallimento 
gi� dichiarato pu� ipotizzarsi che la situazione dei creditori privilegiati 
sia regolata esclusivamente dalla legge, mentre, in caso di concordato preventivo, 
la posizione dei suddetti orei:litori in nulla differisce prima della 
omologazione, tranne che per la particolare forza del loro credito, da 
quella degli altri, va anzitutto affermato che questa Corte condivide pienamente, 
da un punto di vista di normativa falLimentare, quanto affermato 
dal giudice di appello nel:la sentenza impugnata circa la non estraneit� 
dei creditori privilegiati alla procedura di omologazione. In aggiunta, 
invero, a tutto quanto osservato in proposito nella sentenza impugnata 
e riportato in narrativa della presente sentenza (e che di conseguenza 
non va qui ripetuto), va osservato che, seppure i creditori privilegiati 
non hanno diritto a voto, pur tuttavia l'omologazione del concordato 
dipende anche da essi, sia per la possibilit� che essi hanno, al pari 
di � qualunque interessato�, di opporsi all'omologazione in forza_ del secondo 
comma dell'art. 180 della legge fallimentare, sia per la possibilit� 
loro riconosciuta, a~ pari di �qualunque creditore �, di chiedere l'annullamento 
del concordato, a sensi del 1� comma de1l'art. 138, richiamato dal 
1� comma dell'art. 186 della legge suddetta. 

Ma, a parte ci�, ritiene questa Corte che l'ottica con cui la questione 
debba esaminarsi � diversa da quella con cui essa � stata in precedenza 
affrontata, ossia dall'ottica di considerare il 1concordato fonte di obbligazione 
tributaria in quanto costituito da un � aiocordo � di natura bilaterale 
fra debitore e creditori; a parte, infatti, che in quest'ottica non potrebbe 
nega11si che il concordato dipenda, entro certi limiti, anche dalla volont� 
dei creditori privilegiati, sia pure indirettamente ed implicitamente esplicita 
con l'omissione delle impugnative e delle opposizioni innanzi ricordate; 
a parte che, in un'ottica del genere, non si comprende perch� non 
si ponga in dubbio che la _base imponibile comprende anche l'ammontare 
dei crediti dei creditori chirografari che abbiano votato contro l'omologazione 
e che, di conseguenza, sono rimasti estranei all'accordo; a parte, 
quindi, che non � la partecipazione a11'aocordo e .l'incontro diretto nel1'
�in idem placitum � che costituisce la fonte dell'obbligazione tributaria, 
e che invece la ragion d'essere di tale obbligazione sta nell'obbligatoriet� 
di certe conseguenze nei confronti del debitore e dei creditori; a parte 
tutto ci�, ritiene questa Corte che il discorso debba muovere, ai fini tributari, 
da un diverso punto di partenza e debba essere portato avanm 
con un'ottica diversa, prendendo lo spunto dalla norma tributaria, la 
quale sottopone a tassazione (art. 32 della Tariffa all. A della legge di 
registro del 1923) le �convenzioni� o i �concordati�, ossia sottopone al 
medesimo regime fiscale due cose diverse, parificando H trattamento 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

delle convenzioni {o aocordi veri o propri) a quello dei concordati (che 

accordi non sono). 

Non vi � dubbio, infatti, che il concordato non possa definirsi un 

contratto fra debitore e creditori, essendo esso la ,regolamentazione della 

situazione debitoria dell'imprenditore in conseguenza di un procedimento 

compelsso, in cui intervengono molteplici manifestazioni di volont�, di 

cui essenziale, al fine del sorgere di determinate obbligazioni, � quella del 

giudice che omologa la proposta; e il problema della tassazione, pertanto, 

va impostato e risolto prescindendo dai princ�pi che regolano la tassazione 

di negozi bilaterali o di contratti, e tenendo presente che ci� che si tassa 

� un atto (la sentenza di omologazione) che non � conseguenza diretta di 

un mero aocordo di volont�, espressamente manifestato, fra creditore e 

debitori partecipanti alla procedura; tanto � vero che esso produce effetti 

sia per i creditori chirografari che abbiano partecipato e votato favo


revolmente, sia per i credito11i chirografari che abbiano votato sfavore


volmente, sia infine, per i creditori assistiti da privilegio: i quali, seppure 

non hainno diritto di voto, non � dubbio che, una volta omologato il con


cordato, abbiano diritto di essere pagati (con prelazione e per intero) in 

virt� del concordato stesso e indipendentemente dalla validit� dei titoli 

originariamente vantati. 

Anche per i creditori p�rivilegiati, infatti, si produce ci� che questa 

corte gi� ravvis� per i creditori chirografari, ossia il nascere di una nuova 

obbligazione, diversa dalla precedente non tanto per l'oggetto, quanto per 

il titolo, ed � ci� che basta ai fini fiscali. 

Infatti, con la proposta di concordato il debitore non solo si obbliga 
espressamente di soddisfare, entro una certa percentuale, i creditori chirografari, 
ma si obbliga altres� implicitamente di soddisfare per intero 
i creditori privilegiati (i quali quindi, sostanzialmente, non sono � estranei 
� aHa vicenda, che anzi pu� produrre nei loro confronti effetti diversi 
e pi� favorevoli di quelli che potrebbe produrre una dichiarazione di 
fallimento, a seguito della quale -ed � ci� che stranamente sembra essersi 
dimenticato -essi conservano il privilegio, ma non certo la possibilit� 
di essere soddisfatti per intero); e la sentenza di omologazione impUcitamente 
include anche detto obbligo, il cui soddisfacimento addirittura 
deve precedere quello dell'obbligo espressamente assunto verso i creditori 
chirografari. In altri termini, per effetto del concordato, il debitore, 
� tenuto a pagare i creditori privilegiati, per l'intero ammontare dei loro 
crediti, come gi� elencati ed indicati, nel loro ammontare, nel corso della 
procedura di omologazione. Anche l'ammontare di detti crediti rientra 
pertanto nella somma che il debitore si obbliga di soddisfare (giusta 
la nota all'art. 32 in esaJ.ne) e che costituisce la base imponibile; in tali 
-sensi va interpretata detta ultima disposizione, tenendo presente che la 
nota stessa � relativa ad una voce di tariffa che contempla, congiunta



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

mente, due distinte ipotesi, quella delle convenzioni vere e proprie, e 
quella dei concordati, per cui essa va diversamente letta a seconda dei 
casi; per quanto attiene alle � convenzioni �, � evidente che l'obbligo di 
soddisfare assunto del debitore � queUo che discende dicrettamente dalla 
convenZJione; per quanto attiene ai concordati, l'obbligo non pu� avere 
una fonte consensuaile-<contraittuale vera e propria, data la particolare 
natura del concordato, innanzi chiarita, e discende pertanto, come effetto 
del concordato, non da un incontro diretto di volont� fra debitore e oreditori 
(incontro cui, da un punto di vista meramente formale, sarebbero 
rimasti estrnnei i creditori privilegiati), ma daHa sentenza di omologazione, 
comunque conforme alla proposta originaria con cui, ripetesi, il debitore 
assume implicitamente (essendo ci� sottinteso negli art. 124 e 160 legge 
fallimentare) anche l'obbligazione di pagare, per intero, i creditori privilegiati. 


Ed � proprio il sorgere di quest'obbligo di pagamento, comunque collegato 
alle volont� espresse o assenti delle parti interessate, e dipendente 
unicamente, per la sua esistenza e la sua efficacia nel mondo giuridico, 
dalla sentenza di omologazione, �come effetto diretto di essa, che costituisce 
la ragion d'essere dell'obbligazione tributaria, in applicazione del 
priTioipio genernle deU'art. 4 della legge di registro del 1923; e non vi � 
dubbio, quindi, che concorra a formare la base imponibile tutto ci� che 
in detto obbligo rientra, e quindi anche l'ammontare dei crediti privilegiati, 
che, per effetto della sentenza di omologaZJione, trovano, dal momento 
dell'omologazione in poi, il loro � titolo � e la loro forza obbligatoria 
nella sentenza stessa, che deve essere tassata anche per questi effetti. 
Ne consegue, pertanto, che il motivo di ricorso in esame va respinto. 

(omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 gennaio 1980 n. 231 -Pres. Marichetti Est. 
Battimelli -P. M. Salemi (conf.) -Soc. Cantieri Navali del Golfo 
(avv. Rocca c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Tamiozzo). 

Tributi erariali indiretti -Imposte doganali -Nave introdotta nei cantieri 
per la demolizione -t: merce importata essa stessa con tutto 
ci� che 'contiene -Provviste ,cJi bordo � Irrilevanza. 

(1. 25 settembre 1940, n. 1424, arti. 4 e 36). 
La nave introdotta nei cantieri per la demolizione costituisce essa 
stessa, con tutto ci� che conti�ne, merce che viene immessa definitivamente 
e irriversibilmente nel territorio nazionale; nessuna distinzione pu� 
essere fatta ai fini doganali tra merci trasportate, provviste di bordo e 
la nave stessa (1). 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

(omissis) Il ricorso � infondato, in quanto esso si basa su di una 
inesatta interpretazione della sentenza impugnata e, inoltre, prescinde del 
tutto dalla peculiariet� del caso rdi specie. 

La societ� rkorrente, invero, ha impostato la propria tesi difensiva 
come se si discutesse di un normale sbarco di meoci da parte di una 
nave arimata e in regolare navigazione, distinguendo quindi, il diverso 
trattamento doganale che, in casi del genere, hanno le provviste di bocdo 
rispetto alle merci vere e proprie; ed ha assolutamente dimenticato che 
non si versava in tale ipotesi, bens� in un caso del tutto diverso, ossia 
di quello di una nave che, una volta giunta in porto, non ne ripart� pi�, 
ma fu disarmata e introdotta nei cantieri dove fu demolita. 

In tal caso la nave non va considerata come un mezzo di trasporto 
di merioi, bens� come se essa stessa, e tutto quanto in essa contenuto, 
costituisca �merce� ai fini doganali, poich� nulla di ci� che costituiva 
la nave, e nu11a di tutto ci� che in essa era contenuto riparte per diversa 
destinazione, ma tutto viene � sbarcato� e definitivamente immesso nel 
territorio nazionale. Il passaggio della linea doganale ~che gi� si verifica, 
comunque, all'atto dell'e!!_trata nel porto, a sensi dell'art. 1 della legge 
doganale n. 1424 del 1940) consegue pertanto, in via definitiva ed irreversibile, 
all'�ntroduzione della nave nei cantieri e alla sua demolizione, e 
tutto ci� che si ricava nel corso dei lavori di demolizione viene acquisito 
da chi demolisce, con la conseguenza che sono dovuti i diritti doganali su 

tutti i beni che, ~n cODJseguenza delila demollizione, vengano a rd~siposizione rdel 
demolitore, naturalmente ove si tTatti di beni contemplati nella tariffa dogarnaJe 
e soggetti a .tributo. Irn tal caso, non � ovviamente rpi� orperabiJle una rdistin2lione 
,f.ria merci �~asportate dalla nave e rproviviste idi bordo, in quanto, ripetesi, 
tutto ci� che � contenuto nella nave ha una comune sorte, quella di 
passare rnella di:srponihiilit� dcl demoli:tore e di essere da Jui rutillizzato, irn 
rtemtorio naziOlllaile, nel qrua:le 1i beni sono rpervenuti a seguito delil'mgresso 
de1la nave nel rporito o dclla �sua suocesrsiva I�.ntToduzione in cantiere. 

Ci� ,chiarito, � evidente come nel caso di specie non possa discono


scersi che si verific� il diritto all'imposta a favore dello Stato, a sensi 

deM'art. 4 delila legge doganale del 1940, per il solo fotto materiale del


l'ingresso deLla nave nel porto e della sua successiva immissione in can


tiere e demolizione, e oi� indipendentemente dal compimento di altre 

forimalit�. Tale evento, invero, costituisce il presupposto della decisione 

impugnata, che sembra averlo dato per pacifico, fermando la propria at


tenzione (una volta riconosciuta l'esistenza dei presupposti per il sorgere 

dell'obbligazione tributaria), unicamente sul diverso problema dell'accer


tamento dell'esistenza, quailit� e quantit� di determinati beni o merci 

esistenti sulla nave e conseguentemente immessi sul teriritorio nazionale, 

e quindi soggetti a tributo, quali appunto i prodotti petroliferi esistenti 

a bordo. (omissis). 


638 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 gennaio 1980, n. 237 -Pres. Sandulli Est. 
Zappulli -P. M. Gazzara ~conf.) Ministero delle Finanze (avv. Stato 
D'Amico) c. Soc. Gambogi. 

Tributi erariali indiretti -Imposta di .registro -Agevolazione per la costru


zione di autostrade � Contratti di somministrazione di materiali all'arp


paltatore -Si estende. 

(I. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade dell'art. 8 della legge 
24 luglio 1961, n. 729 riguarda tutti gli atti occorrenti per l'attuazione della 
legge, senza alcuna limitazione soggettiva. Rientrano pertanto nell'agevolazione 
i contratti stipulati dall'appaltatore per la fornitura dei materiali 
necessari (1). 

(omissis) Il Ministero ricorrente, con l'unico motivo del ricorso, 
ha censurato la sentenza impugnata, deducendone la violazione dell'art. 8 
della legge 24 luglio 1961, n. 729, e ha sostenuto, in contrasto con quanto 
in essa affermato, che il beneficio previsto da questa norma era limitato 
agli atti e contratti deM'ANAS o deHe societ� concessionarie delle costru:
l'ioni in considerazione del:la non applicabilit� di imposte a carico della 
prima quale amministrazione statale e delle altre perch� tenute al pagamento 
delle imposte in abbonamento e ohe gli atti compiuti da terzi non 
potevano considerarsi �occorrenti� per l'attuazione della legge stessa 
per l'assenza di una legittimazione di costoro. Ha negato, inoltre, che 
potesse ammettersi una reiterazione del beneficio con estensione ad altre 
categorie, mentre l'agevolazione relativa a!l contratto dell'appalto prindpale 
non poteva estendersi a tutti gli altri contratti che l'appaltatore 
avesse stipulato, in seguito a sua scelta discrezionale, senza un controllo 
dell'autorit� competente. 

I.I motivo � infondato. Invero, il citato art. 8 della legge n. 729 del 
1961 ha usato una vasta e ampia formula ne11o stabilire l'applicabilit� del 
beneficio da esso previsto per � tutti gli atti e contratti occorrenti per l'attuazione 
della presente legge'" elencando, poi, in forma esemplificativa 
e non tassativa, oltre gli appalti altri atti di contenuto diverso e di carattere 
anohe finan:l'iario, meramente eventuali e non sempre necessari, senza 
(1) Identica � l'altra sentenza in pari data n. 237. Questione nuova. � invero 
assai dubbio, nonostante l'ampia espressione del testo, che l'agevolazione possa 
riguardare tutti gli atti meramente privati dell'appaltatore, dei quali � peraltro 
difficile verificare in concreto la riferibilit� all'opera. Peraltro una volta ammesso 
che il subappalto, quando sia consentito dall'Amministrazione, beneficia della 
agevolazione, divenuta difficile escludere gli altri atti �occorrenti� per i quali 
l'appaltatore non ha bisogno di autorizzazione. 
'':.: 

RfV~~...,~~ 


~ 



PARTE I, SEZ, VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

alcun elemento che limiti soggettivamente e oggettiivamente quelli strumentalmente 
connessi alla attuazione della legge stessa, come manifestato 
dall'aggettivo � occorrenti �. 

Non pu� negarsi che l'ANAS e gli enti concessionari della costruzione 
e dell'es�vcizio delle autostrade, previsti dall'art. 2 della stessa legge, non 
avrebbero avuto bisogno di ampie indicazioni ove il beneficio fiscale fosse 
stato loro limitato, perch� per esso sarebbe stato sufficiente un mero riferimento 
soggettivo ai contratti da essi stipulati ove il legislatore avesse 
cos� voluto restringere l'agevolazione in questione. 

D'altra parte, se in quel termdne di �occorrenti� possono comprendersi 
i contratti che sono strumentalmente diretti all'attuazione di quella 
legge, senza che si richieda la pi� rigorosa �necessit�� (tale che senza 
di essi la stessa non sia possibile), � facile osservare che il persegurimento 
di quel fine si svolga attraverso diverse scelte e valutazioni della Pubblica 
Amministrazione competente, in forma diretta o pi� o meno indiretta, 
e ugual considerazione sulle diverse forme di attivit� degli appaltatori 
implica che nel campo del beneficio in questione rientrino quei contratti 
strumentalmente diretti all'attuazione della legge, prevalendo nella norma 
tributaria di favore la suddetta strumentalit�, ove non vi siano espressi 
divietii legislativi. 

N� � da trascurare che, proprio per il menzionato diverso regime 
tributario dell'ANAS e degli enti concessionari di cui ail citato art. 2, i 
benefici di cui al successivo art. 8 sono ancora pi� efficaci e sensibili per 
gli appaltatori che non per i primi e concorrono a quella riduzione di costi 
voluta dal legislatore. 

In accoglimento di tale interpretazione pi� ampia questa Suprema 
Corte, con giumprudenza ormai consolidata, ha escluso quella limitazione 
soggettiva del beneficio con il negarne l'applicabilit� ai subappalti 
solo in quanto non siano istati autorizzati, secondo la deroga prevista 
insieme al divieto di carattere generale dell'art. 339 della legge 20 marzo 
1965, n. 2248 all. F sui lavori pubblici, �dall'autorit� competente o limitati 
ai cottimi per lavori di movimenti di terra {Sez. Un. 22 ottobre 1976, 

n. 3729; Cass. 18 novembre 1977, n. 5052; 28 ottobre 1977, n. 4650; 29 giugno 
1977, n. 2803 e altre). 
Esclusa, quindi, la Iimitazione soggettiva dedotta dalla ricorrente, va 
osservato che nella sentenza impugnata � istato ben precisato che la 
f0I1I1itura di materiale del contratto in questione (sabbia silicea) era occorrente 
per l'esecuzione dei lavori senza che il medesimo rientrasse nella 
produzione della societ� appaltatrice, onde quel carattere di strumentalit� 
del contratto � stato posto in rilievo senza alcuna contestazione su tale 
rapporto nell'attuale ricoriso per la relativa motdvaziione. 

E proprio per tali ipotesi delle forniture questa Suprema Corte ha 
gi� affermato che i1l contratto per quelle di materiale tra l'appaltatore 


640 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di opere stradali o autost:r~aidali e i terzi gode del beneficio fiscale di cui 
all menzionato art. 8 ove abbia per oggetto cose necessarie alla realizzazione 
delle opere contemplate nella fogge stessa, e quindi sia �occorrente� 
per la stessa, indipendentemente dalla questione se abbia il carattere 
di un appalto o quello di vendita (Cass. 16 novembre 1978, n. 5294; 6 dicembre 
1978, n. 5765). 

Conseguentemente, per la legittimit� della pi� ampia interpretazione . 
della citata norma seguita daHa Corte di merito, il ricorso dell'Amministrazione 
Finanziaria va rigettato. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 18 gennaio 1980, n. 431 � Pres. Granata � 
Est. D'Orsi . P. M. Caristo (conf.) � Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Braguglia) c. Soc. Martina (avv. Stefanelli). 

Tributi erariali indiretti � Imposte doganali � Merci perdute o distrutte � 
Furto � Esclude l'imposizione. 

(d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 37). 
Il furto di merci custodite nei depositi doganali � equiparabile alla 
perdita per caso fortuito agli effetti dell'art. 37 del d.P.R. 23 gennaio 1973, 

n. 43, si che per le merci rubate non si considera avvenuto per il derubato 
il presupposto dell'obbligazione, che si dovr� invece considerare verificato 
per il ladro (1). 
(omissis) Il resistente ha preliminarmente eocepito la il!ammissibilit� 
del ricorso pe11oh� la sentenza di appe1lo � stata depositata il 15 dicembre 
1975 e il ricorso � 1stato notificato il 25 gennaio 1977, cio� un anno 
e trentasei giorni dopo. A rendere tempestivo il ricorso non varrebbe 
la notifica della sentenza avvenuta il 17 dicembre 1976, e non varrebbe 
neppure il richiamo ailla sospensione dei termini durante il periodo feriale, 
perch� si tratterebbe di causa di opposizione all'esecuzione, avendo avuto 
inizio con l'opposizione all'iingiunzione emessa dall'Ufficio della Dogana 
principa:le di Brindisi. 

L'eccezione, su cui per altro la resistente non ha pi� insistito, non 
ha fondamento. 

� in linea generale esatto che la notifica della 'sentenza non vale 
a riaprire i termini per l'impugnazione, n� a prolungarli, qualora sia 
decovso .interamente o quasi completamente il termine di cui all'art. 327 

(1) Viene confermata la sent. 22 dicembre 1978, n. 6148 (Mass. giur. it. 1979, 
1474); resta tuttavia qualche perplessit� sia sull'ampliamento del concetto di 
perdita, sia sulla considerazione del fatto del terzo come caso fortuito. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cod. proc. dv.: ma non � esatto che nella specie non sia applicabile la 
sospensione dei termini processuali �durante il periodo feriale ai sensi 
della legge 7 ottobre 1969, n. 742. Infatti la procedura che si instaura con 
ropposizione all'ingiunzione prevista dall'art. 3 del t.u. 14 aprile 1910, n. 639 
non pu� 1comprendersi tra i giudizi di opposizione all'esecuzione (<cui la 
sospensione non si applica, art. 3 legge n. 742 del 1969 e 92 regio decreto 

n. 12 del 1944) in quanto � un giudizio di cognizione, analogo a quello 
di 
opposizione a decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. 
�, quindi, il caso di passare all'� esame� del merito del ricorso. 
La Corte d'appello � 1stata chiamata ald interpretare l'art. 37 del 

d.P.R. 23 gennaiio. 1973, n. 43 secondo cui non si considera avverato il 
presupposto dell'obbligazione tributaria relativa al pagamento dei diritti 
doganali allorch�, tra l'altro, sia av.venuta la perdita o la distruzione della 
merce per 1caso fortuito a forza maggiore o per fatti imputabili a titolo 
di colpa non grave a terzi o aillo stesso soggetto passivo e, respinta la 
tesi secondo cui il furto rientrerebbe nei � fatti imputabili a terzi � e 
non esimerebbe dal pagamento del tributo, perch� tali fatti sono esimenti 
solo quando si verificano a titolo di colpa non grave, ha affermato: 
a) che �a sensi del suddetto art. 37 � terzo solo colUJi che sia entrato 
con la merce in un qualsiasi rapporto di fatto e non il terzo �estraneo�; 
b) che il fatto doloso del terzo �estraneo� che commette furto 
va rapportato al 1caso fortuito. 

Ritenuto, quindi, per certo che si era verificato il furto della merce 
nel deposito doganale privato della societ� e che dalle drcostanze di fatto 
non erano emersi elementi di colpa a carico della societ�, la quale nella 
custodia della merce aveva usato la diligenza media, ha ritenuto che la 
merce era andata perduta per un caso fortuito (furto) al quale il soggetto 
passivo non aveva nemmeno concorso con un suo comportamento 
gravemente colposo. 

I mezZJi con cui l'Amministrazione delle Finanze dello Stato censura 
questa motivazione sono due. 

Con il primo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione 
degli artt. 36, 37, 38, 40, 41, 43, 56 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, 
in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. e ripropone la tesi sostenuta 
in prime cure circa la configurabilit� del furto non �come caso fortuito, 
ma come fatto del terzo, talch�, essendo fatto doloso, resterebbe escluso 
dalla previsione legislativa di esenzione, previsione che per q�anto riguarda 
il fatto imputabile al terzo, contempla solo l'elemento soggettivo della 
colpa non grave. 

Rifiuta poi la d1stinZJione fatta dalla Corte di appello tra terzi e terzi 
estranei, che non troverebbe riscontro nel diritto comune e, insistendo 
sul fatto che l'autore del furto sarebbe necessariamente � terzo � osserva 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

che la mancata esenzione dal pagamento del tributo pel fatto doloso 
~del terzo o dello stesso danneggiato) rientra nella logica del sistema, 
in quanto potrebbe aversi la dolosa sottrazione della merice da 1parte dello 
stesso soggetto passivo ed in tal caso sarebbe contraria ad ogni logica 
l'dnvocazione della esimente t:riibutaria. Stante, quindi, l'accostamento 
legislativo del terzo al danneggiato, e dovendo il ladro essere considerato 
terzo, il .furto, in ,quanto fatto doloso, non esimerebbe dal pagamento 
del tributo. 

A queste argomentazioni l'Amministrazione ne aggiunge un'altra, secondo 
cui il furto non determinerebbe n� la perdita, n� la distruzione 
della merce; ne determinerebbe, invece, l'immissione al consumo, che � 
l'essenza del presupposto dell'obbligazione doganale. E la legge avrebbe 
la duplice finalit� di evitare frodi o collusioni tra soggetto passivo e terni 
per eludere il pagamento dell'imposta e di� spronare il soggetto passivo 
ad una custodia della merce attenta e diligente. 

Col secondo mezzo lAmministrazione, denunciando la wolazione delle 
medesime disposizioni di legge e dell'art. 2697 cod. civ. in relazione 
aH'art. 360, n. 5 cod. proc. civ., censura la sentenza impugnata per aver 
ritenuto che realmente si era verificato il furto sulla base della sola 
denunzia del fatto e della spa:riizione della merce e per aver ritenuto, 
altres�, la societ� esente da colpa grave, nonostante che la chiusura del 
deposito avveniva con normali chiavi e lucchetti senza requisiti di sicurezza 
e nonostante la totale mancanza di impianti di allarme. 

Nella memoria illustrativa la ricorrente pone il raffronto tra rii previgente 
art. 4 della legge 25 settembre 1940, n. 1424 e l'art. 36 del d.P.R. 23 gennaio 
1973, n. 43 e chiarito che la prima disposizione rispondeva al principio 
che il diritto dello Stato alla riscossione del tributo sorgeva nel momento 
stesso del nransito della merce estera per il confine (talch� J',importatore 
era tenuto al pagamento del tributo, anche se la perdita si verificava per 
caso fortuito o forza maggiore), laddove la seconda disposizione ha spostato 
l'asse del presupposto dell'obbligazione tributaria al momento della 
destinazione delle merci estere al consumo interno, afferma che in armonia 
col nuovo principio solo l'impossibilit� di introdurre la merce nel consumo 
interno (vale a dire la sua perdita o la sua distruzione oggettivamente 
intesa) giustifica l'esenzione dell'obbligo tributario e non il furto, il quale 
�ungi dal cagionare la perdita della merce, ne provoca la fraudolenta 
immissione al consumo. 

Al soggetto passivo dell'obbligazione tributaria e del furto non resterebbe 
che ripetere il tributo pagato a titolo di danno dall'autore del furto. 

La questione ,che il ricorso sottopone all'esame di questa Corte 
Suprema non � nuova ed � stata gi� risolta in senso sfavorevole all'Amministrazione 
con la sentenza n. 6148 del 22 dicembre 1978. 

li, 

r 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

� stata� allora considerata non esatta l'interpretazione del termine 
�perdita� (della merce) come 'ipotesi di dispersione della merce medesima 
senza possibilit� alcuna di recupero o di utilizzazione da parte di chiunque 
ed � stato osservato in proposito: 

a) che il termine perdita non costituisce col termine distruzione 
una semplice endiadi e sta ad indicare non il fenomeno di un'evenienza 
che comporti l'inutilizzabilit� della cosa nella sua oggettivit� e individualit� 
precedente, fenomeno questo rientrante nel termine distruzione, bens� 
il diverso fenomeno di inutilizzabilit� soggettiva, cio� relazionata ad un 
determinato soggetto; 

b) che il termine terzo deve essere inteso ponendosi dall'angolo 
visuale dell'obbligazione tributaria doganale e della fattispecie impeditiva 
del suo sorgere, talch� i terzi considerati dalla norma sono le persone che, 
pur diverse dal soggetto passivo (intendendo per tale anche l'obbligato 
in via meramente sussidiaria) sono per� legate a lui da un rapporto 
giuridico in forza del quale risultano imputabili al medesimo gli effetti 
della fattispecie posta in essere; 

e) che da tale nozione resta escluso ogni altro terzo e rin particolare 
il ladro; 

d) che tale interpretazione � rafforzata dal testo originario del disegno 
di legge concernente il conferimento della delega (legge 23 genni;
tio 1968, n. 69), nel cui esercizio erano stati emanati il d.P.R. 2 febbraio 
1970, n. 62 e il d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) che con maggiore chiarezza non 
considerava immesse al consumo le merci perdute o distrutte per caso 
fortuito o forza maggiore __ senza colpa del proprietario o di chi per suo 
conto ile deteneva, le trasportava o le aveva in deposito al momento 
della perdita o della distru2)ione. 

La variazione testuale, infatti, approvata durante l'iter parlamentare 
non appariva essere stata dovuta ad un mutamento della ratio ispiratrice. 

Conolusri.vamente questa Corte ha escluso, ai sensi e per gli effetti 
degli artt. 4 e 4 bis del d.P.R. n. 62 del 1970, trascritto negli artt. 36 e 37 
del d.P.R. n. 43 del 1973 che il furto di meoce sottoposto a vincolo doganale 
verificatosi malgrado l'esercizio di una custodia improntata a normale 
diligenza realizzi la presunzione di definitiva immissione in consumo 
della meoce stessa. 

Tutte le suesposte considerazioni vanno qui ribadite, pur se � opportuna 
qualche ulteriore precisazione in ordine al concetto di fatto doloso 
del terzo, su cui l'Avvocatura dello Stato ha particolarmente insistito, sotto 
il profilo che il ladro rispetto al soggetto passivo dell'obbligazione tributaria 
� pur sempre terzo secondo fa comune accezione del termine e 
-che di fronte a:Ha formulazione del testo legislativo ~che parla di �terzi� 


644 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 
senza alcuna distin~ione) non � consentito all'interprete di sdoppiare 
la categoria o di limitarne il contenuto. 
Va in :proposito rilevato che anche se il termine �terzo� dovesse 
intendersi in senso omnicomprensivo, di tutti coloro, cio�, che sono 
e:;tranei al rapporto giur~dico d'imposta, non per questo discenderebbe 
la conseguenza che la perdita o la distruzione della merce per un loro 
fatto doloso comporterebbe nel soggetto passivo l'obbligo del pagamento 
del tributo. 
L'obbligazione tributaria, pur ,con le caratteristiche pubblicistiche sue 
proprie relative al suo modo di sorgere, all'imperativit� del soggetto che 
l'impone, al suo carattere coattivo e inderogabile non pu� costruirsi sotto 
taluni aspetti in modo ,diverso dai principi che regolano l'obbligazione 
nel diritto civile, che, anche in questo campo rispecchia regole e principi 
di diritto comune. 
Ci� � particolarmente_ rilevante allorch� il legislatore prevede alcuni 
eventi in presenza dei quali viene meno l'obbligo del pagamento del 
tributo. 
Questi eventi non possono essere considerati unicamente in una 
visione oggettiva e spersonalizzata (non trovando riscontro, di regola, 
nel diritto positivo la disciplina dell'inadempimento solo in funzione del 
fattore rischio); ma vanno visti nell'ottica della specifica obbligazione 
tributaria (di cui vengono meno i presupposti), e, pi� esattamente, con 
riferimento alla persona del debitore, takh� � con riferimento al suo 
comportamento che vanno valutati gli eventi che possono esonerarlo 
dall'adempimento. 
A tale affermazione corrisponde la stessa formulazione della disposizione 
che qui interessa (art. 37 d.P.R. n. 43 del 1973) secondo cui � il 
soggetto passivo dell'obbligazione a dover dimostrare che la causa della 
perdita o distruzione della merce (per la quale non sono stati ancora 
soddisfatti i diritti doganali) � stata dovuta a caso fortuito o a forza 
maggiore o a fatti imputabili a titolo di colpa non grave a terzi o allo 
stesso soggetto passivo, _~d � evidente che tali eventi debbono essere 
rapportati a1la condotta del soggetto stesso. 
Anche quindi il caso fortuito o la forza maggiore possono avere 
a volte carattere non assoluto, ma relativo (al singolo debitore) senza 
che ne sia trasmodato il concetto e la relativa efficacia. 
L'art. 37 prevede, adunque -per la parte che qui interessa quattro 
ipotesi di perdita o distruzione della merce il cui 'avveramento, facendo 
considerare inesistente il presupposto dell'obbligazione tributaria, comporta 
per il soggetto passivo il venir meno dell'obbligo del pagamento 
del tributo e tali ipotesi ricorrono quando la perdita o la distruzione della 
merce � dovuta: a) a caso fortuito; b) a forza maggiore; e) a fatto impu' 
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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tabile a titolo di colpa non grave a terzi; d) a fatto imputabile a titolo 
di colpa non grave allo stesso soggetto passivo. 

Queste ipotesi che debbono essere causa esclusiva della perdita della 
distruzione della merce hanno carattere tassativo e solo l'evento che 
rientra esclusivamente in una di esse pu� comportare l'esonero dal pagamento 
del tributo. 

Allorch�, quindi, il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria denuncia 
la pevdita o la distruzione della merce adducendo una causa di 
esonero, � necessario accertare se tale causa rientri in una delle quattro 
ipotesi e l'esclusione di una di essa non pu� in nessun caso comportare 
l'esclusione automatica delle altre. 

H rilievo � dirretto principa1lmente all'ipotesi della perdita della merce 
per fatto dovuto a co~a non grave del terzo. 

Questa ipotesi non � esaustiva di ogni fatto del terzo e sarebbe 
arbitrario ritenere con argomentazione a contrario che qualsiasi altro fatto 
del terzo non comporta l'esonero dal pagamento del tributo, considerando 
il testo della nol1!lla come se fosse formulato nel senso di dar 
dlievo (ai fini esentativi) al fatto del terzo solo se a lui imputabile a 
titolo di colpa non grave e di non prenderlo in considerazione ai fini della 
configurabilit� del caso fortuito o della forza maggiore. 

Una tale interpretazione urterebbe contro la nozione pacifica in dottrina 
e giurisprudenza che ha il fatto del terzo in tema di responsabilit�, che 
va sempre considerato in rapporto al comportamento del soggetto obbligato 
e pu� dar luogo ad ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, 
qualora abbia i caratteri dell'imprevedibilit� o dell'irresistibilit�. 

Ci� posto, appare che nel caso di perdita o distruzione della merce 
dovuta a fatto doloso (o gravemente colposo) si pongono all'interprete 
due problemi, l'uno quello della sua esclusivit.� nella produzione dell'evento, 
l'altro quello della verifica se il fatto stesso, rispetto al soggetto 
obbligato, rivesta gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore. 

Il fatto del ladro, ove non sia facilitato dal comportamento negli


gente dell'obbligato, ben pu� configurare l'ipotesi del caso fortuito. 

La tesi contraria sostenuta da:ll'Ammin<istrazione ha in s� un'intima 

contraddizione perch�, posta la duplice premessa che la ratio della norma 

� quella di sottoporre a tributo la merce estera per la sua immissione 

al consumo interno e che il fatto doloso del terzo non � mai di per s� 

esimente dell'obbligazione tributaria, non giunge solo alla conseguenza 

che il furto, comportando l'immissione della merce al consumo, lascerebbe 

permanere in capo al debitore d'imposta l'obbligo del pagamento del 

tributo, ma porta all'ulteriore conseguenza. che se il fatto doloso del terzo 

cagionasse la distruzione della merce (es. incendio doloso) ugualmente 

dovrebbe essere dovuto il tributo, pur senza immissione al consumo, 

in palese contrasto con la ratio indicata. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

646 

N� � da temere che il furto delila merce, su cui non siano stati ancora 
pagati i tributi doganali avrebbe come conseguenza � una sorta di fran� 
chigia doganale�, qualora l'imposta non fosse pi� dovuta dal soggetto che 
era obbligato al pagamento. 

L'esenzione prevista dall'art. 37 del d.P.R. n. 43 del 1973 non ha, come 
si � detto, natura oggettiva, ma soggettiva (rapportata al soggetto passivo 
dell'obbligazione tributaria). Non vi � ragione alcuna per escludere che 
con il reato di furto concorre quello di contrabbando ed � noto che la 
commissione di tale reato comporta sempre il pagamento dei tributi evasi, 
allorich� la merce non venga sequestrata e se ne sia verificata l'immissione 
in consumo (art. 338 d.P.R. citato). Tenuto al pagamento dell'imposta sarr�, 
quindi, il ladro-contrabbandiere. 

La Corte d'appello si � sostanzialmente attenuta a questi principi 
pe11ch�, una volta accertato con valutazione di fatto logica e coerente e 
perci� insindacabile in questa sede �che si era reailmente verificato notte� 
tempo i!l forto della merce e che la S.p.A. Martina aveva posto in essere 
tutti gli accorgimen1Ji richiesti da1la media diligenza in relazione alla 
situazione dei luoghi nella custodia della meree medesima, ha fatto rientrare 
'1a perdita della meree per furto ad opera di terzi nella perdita per 

caso fortuito. 

(omissis). 

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SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI . 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 18 ottobre 1979, n. 5426 -Pres. Ross� -
Rel. Scribano -P. M. Gambogi (conf.). -Societ� semplice Acquedotto 
rurale Santuario Rocche (avv. Battista e Majorino) c. Cavanna (avv. 
Dodero) e Min1Istero idei 1a'Vori pubblHci {avv. Staito lmrponente). 

Acque -Giudizio e procedimento � Divieto di proporre giudizio petitorio�.� 
Disciplina applicabile. �. 
(cod. proc. civ. 1865, art. 445, ult. cpv.; t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 207; cod. 

proc. civ. 1942, art. 705). 

Procedimento civile -Intervento coatto � jussu judiois � -~er finalit� 
istruttorie � Inammissibilit�. 
(cod. proc. civ. 1865, art. 205). 

Acque � Acqua pubblica � Requisiti -Attitudine ad usi di pubblico generale 
interesse � Opera dell'uomo -Rilevanza -p~eclusiva � Esclusione. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
Acque � Giudizio e procedim�nto -Poteri del giudice � Condanna alla 
demolizione di opere attinenti al regime delle acque � Possibilit� � 
Esclusione � Limiti. 

(I. 20 marzo 1865, n. 2248, ali. E, artt. 2, 3 e 4; r.d. 25 luglio 1904, n. 523, art. 2; t.u. 
11 dicembre 1933, n. 1775, art. 221). 
L'attore nel giudizio possessorio pu� iniziare giudizio petitorio 
davanti' al Tribunale regionale delle acque per far accertare la natura 
pubblica dell'acqua nel cui possesso abbia chiesto d'essere reintegrato, 
giacch�, data la natura formale e non ricettizia del rinvio contenuto 
nell'art. 207 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, con l'abrogazione del 
codice di rito del 1865 il divieto di cumulo del giudizio petitorio col possessorio 
non vale pi� anche per l'attore, secondo quanto disponeva 
l'art. 445 ult. cpv. del codice abrogato, ma solo per il convenuto, giusta 
la disc!plina dettata dall'art. 705 del codice di rito del 1942 {1). 

~1) Cass. Sez. Un. 2 febbraio 1973, n. 311, in Giust. civ. 1973, I, 560 con nota 
di V. SGROI, Sistema processuale in materia di acque pubbliche e rinvio alle 
norme del codice di procedura civile, aveva gi� osservato che il riferimento ad 
altre norme processuali contenuto nell'art. 207 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, 
doveva considerarsi come un rinvio non recettizio o formale, in quanto il legislatore 
con tale norma non aveva inteso recepire in modo definitivo ed immu


13 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

648 

La chiamata nel giudizio, di un terzo per ordine del giudice a scopi 
istruttor.i non � consentita (2). 

Sono pubbliche, se idonee a soddisfare un pubblico e generale interesse, 
tutte le acque sorgenti, fluviali e lacua:Li, anche se artificia:Lmente 
estratte dal sottosuolo, sistemate e incrementate, mentre � irrilevante 
che l'attitudine agli usi di pubblico generale interesse sia stata acquisita 
come risultato di opere dell'uomo anzich� inerire ad una condizione 
naturale <(3). 

Al giudice ordinario, anche se specializzato, � inibita una pronuncia 
che ordini la rimessione deUe cose in pristino, quando incida su opere 
che abbiano relazione col buon regime delle acque pubbliche e con gli 
a:Ltri interessi pubblici connessi con tali acque, purch� si tratti di opere 
fornite di caratteristiche sostanziali di consistenza e stabilit� e perci� 
tali da potere essere ritenute concretamente e sostanzialmente attinenti 
al regime delle acque pubbliche (4). 

<(omissis) Col primo motivo del ricorso Ja societ� Acquedotto rura:le 
Santuario dehle Rocohe, denuniciaindo violazione dehl'�a:rt. 445, 'lllltJimo cpv., 
cod. iproc. oiv. 1865, ~n relazione all'a�rt. 200 sub b), r,d. 11 dicembre 1933, 

n. 1775, all'art. 517, n. 3 cod. proc. civ. 1865, all'art. 360, n. 1 e 4 cod. proc. 
civ. ed alll'a:rit. 111 Costituzione, aJS�sume <0he iil TrJbumrle superiore delile 
aoque ipubblfohe, avendo ritenuto ohe hl CavaTI!Ila aveva, innanZJi al Tribunale 
regionaile di Torino, non riassunto 1a Jite possessoda instaurata 
tabile le norme che regolavano, all'epoca, il procedimento dina:Ilzi al pretore in 
materia possessoria, ma soltanto precisare che non v'era ragione di dettare una 
speciale e diversa disciplina di quel procedimento ove l'azione possessoria vertesse 
in materia di acque pubbliche. Donde la conseguenza che le modifiche 
apportate dal nuovo codice di rito al procedimento possessorio erano da ritenere 
applicabili anche per i procedimenti in materia di acque pubbliche. 

Un accenno nello stesso senso era gi� stato fatto in dottrina da PINI, Ancora 
in vita il codice di rito civile del 1865? in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967, 1627 
e 1633. 

Va avvertito che la tesi era stata esposta nella decisione richiamata anche 
con riguardo all'art. 202 comma 1 del, t.u. del 1933 relativo al ricorso per cassazione, 
costituente . l'effettivo thema decidendum,� nello stesso senso, Trib. Sup. 
acque, 6 agosto 1979 n. 21, in Cons. Stato 1979, II, 868, pur in questa occasione 
con riguardo a diverso argomento, quello dei poteri del giudice delegato alla 
istruzione. 

La soluzione per cui nel giudizio davanti al pretore si applicano alle azioni 
possessorie in materia di acque le norme del nuovo codice di rito non appare 
controvertibile, considerato che l'art. 141 comma 2 t.u. del 1933 attribuisce 
le azioni possessorie alla competenza per materia e territorio del pretore del 
luogo e che, non essendosi ritenuto di mutare per tali azioni l'ordine comune 
delle competenze e non trattandosi perci� di regolamentare un caso di giudizio 
davanti ai tribunali delle acque, l'art. 207 ha la funzione non gi� di porre una 
disciplina speciale quanto di esplicitarne la non necessit�, con l'effetto di mantenere 
il procedimento possessorio ancorato alla disciplina comune anche nelle 


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r111w�1�11r&1&1tiflj~t,r;1;11t11wJf:1;111t&�1f:m111rfiw&:1rt1t=i11111�r�1r1t1t�t11i11112I= 



PARTE I, SEZ. VU, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

649 

daivainti al Pootore di Ovada ma promosso ex novo run igiudiZiio petitorio, 
doveva dichiarare l'improponibilit� idi tale 1giudizio iper violazione del 
divieto, mcombente suililo 1stesso Oavanna, ai sensi dcll'arrt. 445, ult. opv. 
cit., di prQPOrre i.I g~udizio petitor.io in pendenza di que!lilo possessorio; 
e [a.menta che jil TTibun:a:le Superiore \Il.on rite\Il\Ile idi dichiarare aa den'lllIJ.ciata 
improponilbi!lit� avendo el:1I'oneamente affurmatO ohe fa rela1Ji.va

1

oocezione era stata formuilaita taizidivamente e che il. co'.lll(portamento del 
Oavanna poteva esisere inteso quaile atto di rJn.uncia al giudizio possessorio. 


La censura non � fondata. 

Poioh� J'assunto della rkorirente ,poggia sull 1dichiairato 1presupposto 
che adilia 1spooie dovesse aippticarsi Ia disposizione de11'art. 445 ult. opv. 
cit., conviene i111111anzi tutto esaminare e decidere se rtaile presU1PPOsto 
si:a esatto; d!llldagme, questa, ohe la Corte ha indubbiamente .iil poteredoviere 
di compiere, pur 1se non sollecitata ida ail!ouna delle parti, rt.rattaindosi 
di accertare ~'appdicabhlit� di una norma idi ~egge. 

In proposdito iva riilevato che 1l'inlVOCaltla norma de11'art. 445, uJt. cpv., 
sull divieto idi cumwo del giudizio rpetdtorio con que1lo possessorio, deve 
ritenerisi riohiamam dall'art. 207 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1175, secondo 
cui �per �le azioni possessori.e, iprevi�sta 1daJ1J.'airt. 141, 1si applicano nei 
giudi2�i davanti ia!l rpretore i �termini 1e ile norme stabilite nel codice �di 
procedura civile�: infatti, anohe se ill rrinvio, contenuto neMa � dii:sposizione 
dehl'a:rit. 207, � formuilato in termi'Ili letteralmente 11imitati alle 
norme regolatrici del procedimento possessori.o davanti ai! pretore, esso, 
per�, non pu� non mtende:risi comprenSI�vo anche deE!a rregola ciguairdante 
il cumulo innanzi accennata, in quanto la questione sul cumulo 
dcl giudizio petitori.o con quello possessorio pu� �sorgere solo ove sia 

materie di competenza dei tribunali delle acque, rendendolo� soggetto alle sue 

variazioni. 

Parimenti non controvertibile appare la soluzione raggiunta sull'altro punto, 

non essere pi� operante, anche in materia di acque pubbliche, il divieto di 

iniziare il giudizio petitorio che l'art. 445 cod. proc. civ. 1865 poneva all'attore 

nel giudizio possessorio. 

La conclusione parrebbe peraltro essere indipendente da quella sulla natura 

del rinvio contenuto nell'art. 2CJ/. 

La norma che consente o vieta il cumulo tra giudizio possessorio e petitorio 

non incide sulla competenza del giudice o sulle forme del procedimento, ma, 

sia pure temporaneamente, sulla tutela del diritto reale -cfr., nel senso che si 

tratti di una norma relativa al regime sostanziale delle azioni, REDENTI, Diritto 

processuale civile, Milano, 1954, III, n. 202, pag. 97; nel senso che la norma dia 

luogo ad un presupposto di ammissibilit� della domanda: ANDRIOLI, Commento 

al codice di procedura civile, Napoli, 1964, IV, pag. 295; nel senso che dia luogo 

ad un'i,'potesi di difetto temporaneo di giurisdizione, Cass. 3 agosto 1977, n. 3433 

in Giust. civ. Mass. 1977, 1367. 

Si tratta cio� di una situazione che esula dall'ambito in cui opera la disciplina 
speciale in materia di contenzioso di acque pubbliche rientrante nella com




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

650 

pendente un iprooedimento iposisessol'io e costituisoe quindi effetto della 
pendenza di taile l~dizio, onde 1sariebbe !incongruo rirtenere ohe ml ~egisJatOfl'e, 
ooI riclriamare la disciplina del giudizio possessorio non aibbia 
inteso 1rJchiamaTe anohe quel1la re1artirva 1al �oumulo �di ta:J..e giudizio con 
quello , petitorio, ancorch� quest'ultimo non sia -come nella specie pendente 
davanti ali pretore. 

Ora, come queste Sezioni Unite hanno precisato con sentenza 2 febbraio 
1973, n. 311, la disposizione dell'art. 207 ha natura di rinvio formale 
e non ricetti:ZJio aJ!le norme 1Sltabilite dal codiJoe processuale dviHe del 
1865, cosiooh� abrogato tale oodke, ile sue norime non sono ipi� operanti. 

Ess�ndo, quindi, aipiplicaibhle, alla 1sipooie, �sul punto dell divieto cli 
cumulo del giudizio. petitorio, con quello possessorio, non la regola del 
oodi1ce rprooessu0!le diviile dcl 1865, ma queHa corrispondente dell codice 
vigente, e fissando La norma dell'art. 705, iprimo comma di questo codice 
tale 1dim�eto J�mHatamente al convenuto nel gi'llldizio ipos�sesso11io, (mentre 
qrueLla .preoedente deihl'art. 445, uJ.t. apv., aia iponeva anche iper ~'attore), 
ne deriva che 'Io stesso divdeto non poteva valere a camico dcl Oavainna, 
11 quale nel giudizio ipossessorio aveva I'iivestito la rposizione di attore, 
cos:iJoch�, siano o no da condividere Je �riagioni addotte dalla sentenza 
denunciata iper negare l'operativ.it� nella 1sipecie dcl 1divieto in questione, 
!'applicaihlliit� deil divieto medesimo va esalusa :iin mdiJoe. 

Col secondo motivo de11'1mpugnazione ila ricorrente denuncia vio


lazione deLl"arrt. 205 cod. proc. dv. 1865 in �relazione ail.J'a11t. 200 sub b), 

r.d. n. 1775 dell 1933, all'art. 517, n. 3 ood. rproc. dv. 1865, aLI'wt. 360, 
n. 4 cod. iproc. civ. ed all'art. 111 Cos1�truzione, rpeI1Ch� ]l 'f.ribunale superiore 
non 'rimise .Ja 1oausa �ail rprimo �giU1dice ai frni di integrare il contraddittorio 
col Comune di Cassinello che era litisconsorte necessario, 
petenza giurisdizionale del giudice ordinario, disciplina che ha appunto ad 

oggetto la competenza e le forme del procedimento, ma non i casi in cui � 
possibile o no la tutela giurisdizionale dei diritti. 

Sul diverso ambito del divieto nell'art. 445 cod. proc. civ., 1865 e nell'art. 705 
cod. proc. civ. 1942, cfr. Cass. 28 maggio 1969, n. 1886 e 26 maggio 1969, n. 1886 in 
Giust. civ. Mass. 1969, 982 e 970 -il punto � pacifico in dottrina e giurisprudenza. 

Sulla costituzionalit� del divieto di cumulo, cfr. Corte Cost. 27 febbraio 
1974, n. 41 in Giur. cast. 1974, 145. 

(2) Sul punto, cfr. CosTA, Intervento (dir. proc. civ.), EdD, Milano, 1972, 
XX, pag. 461 e 468. 
(3) Cass., Sez. Un., 28 aprile 1976, n. 1'507 in questa Rassegna 1976, I, 437; 
Cass., Sez. Un., 25 maggio 19711 n. 1534, Giust. civ., 1971, I, 1384 e in questa Rassegna 
1971, I, 1252; Cass., Sez. Un., 25 gennaio 1952, n. 217 in Acque bonif. 
costruz. 1952, I, 215; Trib. sup. acque 18 gennaio 1973, n. 2 in questa Rassegna 
1973, I, 466. 
(4) Cass., Sez. Un., 5 novembre 1973, n. 2860 in Giur. it. 1974, I, 1, 1054; 
Cass., S�z. Un., 30 maggio ,1966, n. 1417 in Foro amm. 11966, I, 1, 500. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLI8I 

avendo iJ consulente tean:ko rHevato che dal bacino imbrifero dcl torrente 
Arnione venivano rpre1evate acque 'anche da terzi, segnatamente, 
appunto, dal predetto Comune, per cui non era possibile sceverare la 
quantit� di aoque 'sottratte dalliLa Societ� da quelle sottratte da quest'ultimo, 
e derivandone 1ohe 1senza :la presenza del Comune di Cassinello risultava 
irnpossibiile aoceritare 1se ile captamoni �di aoqua attriibuite al'la istessa 
Societ� potevano rpregiudicare iii Cavam;na. 

La doglianza � infondata. 

A dimositrarlo vatlg0tno glli 1stessi termini in cui essa � formudata, i 
qua!li deducono non gi� �ohe '1a dedsione deUa controveDsia importasse 
l.'act:ertamento, [a costituzione, la modificazione, o l'estinzione di una 
situazione giuridica unica, tale da non consentire fa rpossibiilit� della 1sua 
sussistenza ID.ei confronti di uno dei �soggetti interessati e dcltla 1sua 
insussistenza :nei '.Pi.guardi del!l'altro, ma piuttosto ila neoessit� della 
presenza del Comune al fine dell'accertamento delJla fondatezza o meno 
delle domande del Cavanna; prospettano, quindi, sostanziatlmente, ID.on 
gi� un'�~otesi di tl.Hisconsorzio necessario in una causa insoindibiile, ma 
sdlamente l'opportunit� della chiamata nel giudizio di un terzo jussu 
judicis per scopi meramente istruttori, non consentita ID.eil vigente OI'ldinamento 
processuale. 

Col terzo motivo del gravame la Societ� si duole di omessa motivazione, 
iaioca un punto decisivo del.fa controveTsia (vio1aziione dcll'art. 
360, n. 5 cod. proc. civ. in ,relazione �ail1l'art 111 Costiituz., allil'aa:t. 200 
sub b), r.d. n. 1775 del 1933 ed ahl'1art. 517; n. 2 cod. rproc. dv. 1865) in 
quanto il Tribunale superiore fond� il suo convincimento della natura 
rpubbtlka deMa �sorgente in questione sulla sotla considerazione dehl'avvenuta 
costruzione ad opera propria di un aoquedotto rper ila utiiHzziaZlione 
de1le sue aoque a vantaggio di una collettivit�, mentre d.l punto deoisivo 
della controverisia, 1ohe oocorreva esaminare �e fu invece trascurato, consis1teva 
neH'aocertaTe 'Se Je stesse acque potessero ritenernd rpubbliche 
anche rprima del!la cos11lruzione dell'acquedotto. 

La censura � 1nfondata. 

Essa, jnvero, omette idi considel:'are che, a norma dell'art. l, iprimo 
comma, t.u. n. 1775 del 1933, sono :pubbliohe, quando idonee a soddisfare 
un rpubb�ko e generale interesse, tutte le aoque 'Sorgenti, fluviali e 
lacuali, �anche ise �artificialmente estratte dal sottosuolo, sistemate e 
incrementa.te �: ci� che comrpol'tla, come queste Sezioni Unite hanno avuto 
occasione ripetuta di precisare (sent. 28 aprile 1976, n. 1507; sent. 25 maggio 
1971, n. 1534; ,sent. 24 gennaio 1952, n. 217) che 'la demanialit� delle 
acque discende daiLla loro obiettiva attitudine ad usi di 1pubblico generaile 
interesse, rrimanendo i'rdlevante ml modo in �CU� tale attitudine sia 
stata acquistata, e, particolarmente, fa sua riconduoibiHt�, anzich� a 
condizione natura:le, ad attivit� ed opere dell'uomo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Col quarrto motivo deil rrioorso la Societ� d:educendo violazione de~ 
artt. 2, 3 e 4, 1egge 20 marzo 1865, n. 2248, a:ll. E, 1in 1relazione aill'<lirt. 200 
sub b), T.d. n. 1775 deil 1933, assume 1ohe fil Tdbuna!Le Stllperiore doveva 
r~leV'are il iproprio diretto di giudsdizione sulla domanda del Cavanna 
di demo!lizione 1e rrjmozione deHe opel'.'e di presa d'aoqua da essa 'ooS/tlruite, 
in quanto tutti d provivedimenti 1ohe ieomUJnque attengono al 1regime deilile 
acque sono >riservati alila 1pubblica ammini1s~ione e pertanto Ja iprornmcia 
del giudice ovdinario di ruduzione in iprisitino ne :invaderebbe fa 
sfera di competenza esduSI�JVa. 

La doglianza � fondata. 

Sull'a.I1gomento dei ;potevi spettanti ralla pubblli1Ca aimmirnstrazione 
in ordine ail regiime de1le aoque ipubb'lidhe, 11ivestono fondarrnentale iim;portanza 
[a diSipOsi:cione dell'avt. 2, r.d. 25 lug[io 1904, n. 523, la quale, 
(anche attrraiverso [e moclirficazioni apportate da 11.eggi suoces1sive), attribuisce 
1al1l'autorit� amministrativa il ;potere esdusivo di statuire e di 
provvedere in materia di opere di qualunque natura 1che ;possano avere 
relazione col buon regime de!llle acque lpU!bbliohe e 1con 1g[i ailtlri iinteres�si 
pubblici connessi a �ta[i a:oque, e di ordirnaire ila modificazione, oessa:cione, 
distruzione di opere, atti e fatti dannosi al regime delle acque rpubb[dche; 
e Ja norma del.l'ra:rt. 221, 1t.u. n. 1775 del 1933, che 1riserva all'ingegnere 
caipo de[l'ufficio del Genio Civile :la fooolt� di ovdtnare Ja ridUZJione al 
primitivo �stato per Je contravivenzioni ahle 111otime dello stesso testo unico 
ohe aJterino lo stato deil.Je cose. 

Sipettando, dunque, solo aiLl'autorit� amministrativa di iprovvederre 
discre2liona1menre ailia 1tut,ela dehle .a;oque :pubbaiche, � i�rnibito al giudice 
011dinario, anohe a quell!lo rsipeaialiulaito (rcome queste Se:ziioni UniJtle 
hanno affermato oon sentenza 30 maggio 1966, n. 1417, e rrihadito con 
decisione 5 novembre 1973, n. 2860), una pronuncia �Ohe 011dini ila rimessione 
dellle cose nel iprri1srtrino 1s1t<lJto, in quanto 1a sua esecu:ziione coattiva, 
ad opera di organi ausiliari rdeMa giustizia, rsi 1soV<rapporrebbe a quella 
va[utazione, mista �di diiscrre:cionalit� amministrativa e �tecnica, 'l1iservata 
dahla legge alla pubblica amminisitrazione_ IIle'l rSUO specifico 1COmpiJto di 
polizia idraulica dn funzione. 1preminente dell'interesse rgeneraile. 

Avuto riguwdo a tale sua ratio, il divieto �di OI1dinare Ia 1I1imessione 

in ipristino operia anche se ila :retlativia domanda venga � diretta d:a un

1

privato contro 'Lfill altro privato e ipur se ivi ,sia ila 1sempllice :i!Ilerzia e :non 
un atto o un 1comportamento ;positivo deilil'aUJtorut� ammini:strativa: infatti, 
nonostante fa diire:cione formalle delJa domanda vevso .iii privato, autore 
deill'artitiviit� denunci<l!ta, il provvedimento eventuaile di rumozione de!Jle 
conseguenre di talle attivit�, in quanto necessariamente dnddente sul 
regime delle acque ipubbliohe, si sostituirebbe :aH'aipprezzamento de1la 
rpubbHca amministra:ziione, cui � attrdibui:to in maniera esclusiva �stabilire 
rla roonveni:enza del mantenimento, delila modificazione e deH'eJimina



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 653 

zione delila 1siituazione prodotta da quellil'aittivit�, nonoh� adottare gli 
eventua1i opportuni provvedtlm.enti a tutela degli dinteressi della oohlettiviit�. 


0\11Vfamente, iper�, il divieto per il giudiioe 011dinairio d:i dis,po11re ~a 
rimessione in rpmstino opem isolo quailora ilimporta fa rimozione dd opere 
che sii.'81Ilo fornite d:i 1oarattel'is,tiohe sostarnzi:alLi di oonsistenm e di 1stabiliit�, 
e che rpertarntio possano :ritJeneiis�, IOOiloretamente o ipotenzia1meinite 
attinenti all regime delhle acque ipubbiliiohe. 

Riioorrendo nella &pecie �tale :u1timo �onnotato, in quanto daiglli atti 
iprooossuaili cisufita ohe il!a societ� aveva eseguilto notevoli opere di captazione 
e ,dJi ccmduzione de1le 1acque dehla so11gente Lazza:dno, �si !rivelava 
aipplIDoabi:le ila reg~a innanzi Tiiehiaimata ed il T.dbuna!le sUJperiore non 
poteva quindi conoscere ide1la domanda di demolizione deiHe opere di 
presa di ,talli 1aioque. 

Conoludendo vanno dgettate Je 1oonsure espresse con .i 'PJ.1imi :tre 
moti'\l::i del �ricorso; mentre, :iJl1. a:ocogHmenito di quella formU!lata col 
quarto motivo, va cassato senza rr:iJil.Vlio, per diif�etto di giurisdizione deil 
giudice adito, fil rapo dellla sentenza impugnata di condanna alila i1imozione 
delle qpere. 

Gitl!Sti moti'Vi consiiglliarno la compensazione delile �spese di questo 
giudi2Jio tira tutte Je ipair�m. 
In applicatlone dieli1a legge 18 ottobre 1977, n. 793 va disposta la rrestituzione 
del deposito iper soccombenza. (omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 5 febbraio 1980, n. 2 -Pres. Tamburrino 
-Rel. Allibraind:i -E.N.E.L. (avv. MazzuJlo) .c. Mmis:tero dei 
Lavori Pubblici (aw. Stato Al1bdsiinni) e Consorzio ;per tl'aoquedotto 
del Pes.chiera i(n.ic.). 

Acque -Competenza e giurisdizione -Sottensione parziale -Controversia 
sull'ammontare del compenso -Giurisdizione ordinarla. 

(t.u. 11 dicembre 1933., n. 1775, art. 47). 
Il ricorso proposto contro il provvedimento di concessione di acque 
pubbliche in parziale sottensione di utenze preesistenti esula dalla giurisdizione 
di legittimit� del Tribunale superiore delle acque e rientra in 
quella del giudice ordinario, se con il ricorso si lamenti la inadeguatezza 
quantitativa del compenso che il nuovo utente deve corrispondere ai 
titolari delle preesistenti utenze (1). 

(1) Le decisioni richiamate in motivazione, Trib. sup. acque 24 dicembre 
1976, n. 24 e 2 marzo 1974, n. 3 sono pubblicate in questa Rassegna 1977, I, 
340 e 1974, I, 736, e Trib. sup. acque 24 ottobre 1960, n. 30 lo � in Acque bon. 
costr. 1960, 463 con nota di CORSARO N., Il diritto alla indennit� nella sottensione 
parziale di utenza e in Foro amm. 1961, Il, 569. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(omissis) L'eccezione di difetto di giurisdizione � fondata. 

Per un.a esatta impostazione de1la questione occoi:ire, invero, ip.remettere 
che neilla spede la domanda deLl'E.N.E.L. ricorrente si conoretizza 
esclusivamente nel [amentare fa inadeguatezza quantitativa del com!
J?ell'SO !determinato per [a sottensione concessa a favore del � Consorzio 
acquedotto del Peschiera�. L'E.N.E.L., do�, ITTOn deduce vizi dii Jegiittimi.
t�, m ipotesi idOlrlei a dete:mninaire finvalidiit� dell decreto di sottensione, 
sailvo ohe neLla iparte relativa aiLla !Liquidazione deil compenso; ed 
a'.1:1tJicola, infatti, [e 1sue iceITTsurtt in Ulrla 1serie di contestazioni di fatto in 
oodine a dricostamze come ['esatto quantitativo di aoque �sottesa e come 
la deterunilrlazione deil vallare della ip1roduzione Idi 1ener:gia che aindirebbe 
perdu1ta per effetto della iSOttensione. 

In Q"apporto a sdffatta proSipettaziione ['eocezione di difetto di giurisdizione 
viene soLlevata 1da[ Mimstero res1sitente �sotto il profilo ohe 1e 
attivit� di determinaziOlrle dcl compenso -iltmgi da[l'essere espressione 
di un rpotere d1sorezi0!11aile de!Jl'Ammi:n:istrazione -1sono rigjidamente 
vincolate all'accertamento di determinati. fatti ed ailla ponderazione, 
sotto aspetti esdrusivamente tecnici, idi quellle �sultanze; sicoh�, in sostanza, 
Ja rpo~:ziione soggettiva fatta. valere dail ricorrente ITTOn si .configurerebbe 
come interesse legittimo ma al\nrebbe vera e propria consistenza 
dd 1diiritto soggettivo. 

Siffatta tesi non pu� non essert: condivisa, anche se il Collegio � ben 
consapevole che ITTumerosi propri preoedenti 1si sono esipres1si n�il senso di 
ritenere ohe ['indennizzo spettante per ila :sottensione ddle acque ipubbliche 
ex art. 47, secondo comma del 1t.u. rientra nell'apprezzamento 
disorezionalle de11a ipubbLka Amministrazione sicch� ile oontroveraie correlative 
apparterrebbero alla giurisdizione del Tribunale superiore delle 
acque ipubbllkhe in sede di 1giurJsdizione ammio:ristrativa {in questo senso, 
Trib. Sup. Acque, 7 dicembre 1976, n. 24; 2 marzo 1974, n. 3, 24 ottobre 
1960, n. 30); ma riesaminata a fondo la questione, un mutamento di 
giurisprudenza sembra imporsi necessariamente. 

� intanto utile 1sottolineare che 1le due ipi� recenti decisioni (e, cio�, 
la n. 3 del 1974 e Ja !Il. 24 del 1976) si �iimdtano a T~porta11si aHe conclusioni 
affermate con aa decisione del 1960, ailla quale unicamente ci si 
deve riferi1re come neces�sario termine di raffronto delle tesi contraiprposte. 

La decisione n. 30 del 1960, dal canto suo, � stata emessa in rela


zione ad una fattispecie alquanto particolare, e cio� ad un caso di 

decreto di 1sottensione nel quale veniva negato qualsiasi compenso per 

Sempre in tema di sottensione, cfr. ancora, Trib. sup. acque 17 gennaio 
1977, n. 1 e 19 dicembre 1973, n. 38, in questa Rassegna 1977, I, 341 e 1974, I,,496 
con note di richiami. 

La decisione � anche pubblicata in Foro it., 1980, III, 302 con annotazione 
redazionale e in Cons. Stato -1980, II, 324. 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

<l'acqua sottesa. Il rilievo � importante rperoh� .comporta uno spostamento 
di ottica neLla vailutaz:ione idel problema in disoussione, al 1punto 
che ll:a totale manca!Ilza di compenso finisice con il ooimvolgere non .pii� 
irntere~�sii meramente paitrimorniati di quantificazione del compenso bens� 
la 1stessa sussistenza di urn presupposto del decreto di sottensione ed 
impiinge cos�, per questa stirada, sui1la vera �e propria completezza della 
fattispecie normativa e, qui.nidi, sulhla ilegittintit� del provvedimento emesso 
non im ipresenza di tuitti i ipresuipposti di legge. In questo ordine di 
idee ile affermazioni delila sentenza n. 30 del 1960 �sono ainoora oggi in 
gran parte condividibili: e, cos�, in partiiccilaire faddove si afferma, che, 
nel caso a suo teanpo sottoposto alll'esame del TnibU!llale, il ricorrente 
non faceva valere un suo preteso .c:lrl!ritto ailJ'equivalente ipec.niario dell'onere 
impostogili ma deduceva in giudizio i:l ben diveTso interesse a 
che ila paTziale �sottensione ex art. 47 s�econdo 1comma, venisse disposita ed 
attuata nei modi ed ailile oondiz;ioni prescritti dalla fogge. Siooh� deJ 
tutto correttamente ;il Tribunale :in quei.hl.a stessa sede poteva fare analogicamente 
riferimento ailJa materia della e51propriazione per pubblica 
utilit�, dove ile opposizioni a!Ja determinaz.ione delle indennit� vanno portate 
innanzi a:lll:a autodt� giudimaria ordinaria ma ila deduzione, �come 
vizio del dooreto di esproprdo, della mancata preventiva offerta o determinazione 
delll'lindemiit� �stes�sa �rientrn nella nol'.1Il1ale competenza di 
legittimit� delJla igiurisdiizione arnmi1nistrativa. 

Peraltro, Ja stessa fondatezza di questa impostazione della decisione 
del 1960 -che deve essere ribadita in questa sede -comporta che, 
a!1lorquando si faoda questione ~come nella specie odierna) \IlOn gi� d�tHa 
assoluta inesistenza del compenso hens� dei limiti quantitativi del suo 
ammontare, :il prob!J.ema debba essere affrontato in maniera del tutto 
diversa. 

Sembra, intanto, �di� tutta evJdenza 1che nella 1previsione del secondo 
comma dcll'airt. 47 ri:suilti un ampio margine di disoreziona:l:it� amministrativa 
ma ~imitatamente alila ponderaz;ione di que~i interessi ed ail 
compimento �di quehle scelte ohe 1a norma, nella sua ineliminabile !latitudine, 
rimette ahl'aP1PTezzaimento 1dehl'Amministrazione: e, cos�, in parHcolare 
1I1e1Jlo stabilire i rnqui�sirtJi :pevch� possa �ritenerSli verificata ila 
previsione normativa che �manchi il modo di soddisfare altrimenti il 
nuovo Tichiedente e Ia nuova concessione non alterJ ll'economra e ila fina~
it� �di quelle preesistenti�. 

Ma allorquando questo momento �di indubbia discrezionalit� si �sia 
attuato (e 1oonsumato nell'attuaz;ione), per 'la determinazione del compenso 
che ii nuovo utente deve �corrispondere a quelli preesistenti non 
sembrano rpi� ipotizzabiLli momenti propriamente deci�sionaili �sibbene 
operazioni meramente tecniche, e quindi �sottratte a scelte discrezionaili 
ma tutt'a1l pi� soggette a certi margini di opinabilit�, che sono ineliminabi.
li da o~ apip1rezzamento teonico senza che d� comporti un atto di 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

volizione in 'senso proprio. La determinazione del compenso, tiin altri 
1:ermirni, � ~a irisu1tainte dd accertamenti e di apprezzamenti toonici, che 
-quantU!Ilque opinabHi su!! ipia1110 dclla co11reHa appllicazione dellla tecnica 
utilizzata -trovano u.n Jimirte vmcolante neili1e regole di queHa rteon:ica 
e non <hanno, qll!i!llld:i, nuiJ..1a a che vedere con ila ipotest� di comparaire lin 
sede id:i scelte 'artnll�ni�!strativ:e i vari interessi ooi:nvdlti neilila fattiJsipecie. 
Conclusivamente, l''attivH� di determinazione del coma:>enso deve, dll!Ilque, 
ritenersi !ll:�enite affatto ddsoreziona!le. 

Ci� i:potrebbe, rtuttavia, irivclar.si non aincom decisivo al fine di irndividuare 
Ja esatta consrstenza della posizione giur~dica soggettiva fatta 
vallere ,dall'utente 'sotteso, se � vero, come � fuori diiscus1sione, idhe ITTella 
giuris1prU!denza rpi� avvertita {e pi� reoente) :la di<S10rimiinazione il�ra interesse 
JegJittimo e ldi!ritto �soggettivo viene correlata rnon soltanto e non 
tanto allla natura discrezionale o viocOilata drdll'attiv:it� amministrativa 
che :i!ncide 'SU quella posizione qua'lllto iSoprattiutto isuihla natura dehl'interesse 
~se iPU!bh'Jico o ;privato) tutelato dal!la ITTomnaitiva iohe discirplina [a 
singola fattispecie. Ora, nel caso in esame, non sembre dubbio ohe la 
previsiiorne deil compenso d:i oui ai1l'art. 47 del t.u., nei [imiti in cui � 
chiaramente finallizzata a ristorare l'utente sotteso dailla perdita dell'acqua 
sottrattagli, tuteli un interesse tipicamente patrimoniale ed 
essenzialmente 1Priwto. � ipoi del �tutto secOIJJdario, e iperci� non iI�levante 
in questa 'Sede, 1se lill com;penso debba avere matura mtegrai1mente !l'isarcitoria 
e meramente dnideninirt:ada; giaioch�, indipendentemente d:a1la correlativa 
qua.Jifica2'iione, sta di fotto ,ohe ii:n ogni caso trattasi di una pretesa 
1patrimoni:aile ,che ,coraii,S!pOJlde ailJa soddisfazione idi run interesse 
privato. 

Reputa qui[])di oonclusi'Vamente iiJl Gotlegio iche nelila specie debba 
essere esclusa fa giuri.sd:i2lione del 'I1ribunale intestato rientrarndo fa 
vertenza ITTelll:a 1giuri1sclizione dcll'autorit� ,giudiziaria ordinaria. 

SusSlisrtono giusti motivi per compensa't'e integralmente fra ile parti 
le spese del .gi:ud:izio. (omissis). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 13 giugno 1980, n. 691 -Pres. Laschena � 
Est. Vadroa -Soc. Gioa:da1110 Cos�truzioni ('aivv. ,Lorizio e Cervati) c. 
Cassa per il Mezzogiorno {avv. Stato Marzano). 

Appalto -Appalto di op,ere pubbliche -Licitazione privata -Art. 4, secondo 

e terzo comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 14 -Media delle offerte 


Modalit� di calcolo e criterio di aggiudicazione. 

(!. 2 febbraio 1973, n. 14, art. 4, secondo e terzo comma). 

La media prescritta dall'art. 4, secondo comma, della legge 14 febbraio 
1973, n. 14 va calcolata sui ribassi (in termini assoluti) offerti dai 
concorrenti alla gara (e non sulle corrispondenti percentuali di prezzo), 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 657 

e l'aggiudicazione va quindi disposta in favore del concorrente il cui 
ribasso �pi� si avvicina per difetto alla media� dei ribassi offerti (1). 

(omissis) Diritto -Il primo motivo, col quale l'Impresa appellante 
deduce violazione e fallsa applicazione de11'a:rt. 4 della legige 2 febbraio 1973, 

n. 14, appa:re mfondato. 
La .nooma !P'l"edetta cos� recita: � Qua:IJJdo ~a llidtazione rprivaita si 
mene ,oozi iJl metodo idi cui all'art. 1, lettera d), il'automt� ohe presiede fa 
gara, aiperte e [ette tutte le offerte ammesse, ne forma Ila giraduatcmia. 

(1) Calcolo della media e criterio di aggiudicazione nel sistema di licitazione 
privata di cui agli artt. 1, lettera d) e 4 della legge 2 febbraio 1973, n. 14. 
1, -Con la sentenza in rassegna il Consiglio di Stato ha definitivamente 
risolto, nel senso sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, la nota questione rela: 
tiva all'interpretazione da dare all'art. 4, terzo comma, della legge 2 febbraio 
1973, n. 14, secondo cui �l'aggiudicazione viene fatta al concorrente che ha 
presentato l'offerta che eguaglia o, in mancanza, che pi� si avvicina per difetto 
alla media ricavata ai sensi del precedente comma �: questione che � stata 
talora sollevata, come nella controversia decisa con la sentenza in rassegna, 
nonostante il costante criterio di norma adottato, nel senso del principio enunciato 
nella massima, dalle varie amministrazioni interessate. 

Sulla questione si sono pronunciati nello stesso senso, oltre ai giudici di 
primo grado della vertenza cui si riferisce Ja decisione in -rassegna (Trib. 
amm. reg. Lazio, 21 settembre 1977, n. 665, Arch. giur. op. pubbl., 1977, II, 
283), Cons. giust. amm. reg. sic., l6 ottobre 1979, n. J.01, inedita, e, con riferimento 
all'art. 3' della legge 2 febbraio 1973, n. 14, Trib. amm. reg. Lazio, 26 
aprile 1978, n. 294, Arch. giur. op. pubbl., 1978, Il, 336, e Trib. amm. reg. Toscana, 
12 gennaio 1978, n. 4, ibidem, Il, 139. 

Contra, e quindi nel senso che la media dovrebbe essere calcolata non sui 
ribassi offerti ma sulle percentuali di prezzo ottenute con l'applicazione dei 
ribassi offerti: Trib. amm. reg. Siciilia, 29 dicembre 1978, n. 657, Arch. giur. op. 
pubbl., 1979, II, 143, e Trib. amm. reg. Umbria, 7 novembre 1978, n. 355, 
ibidem, II, 97. 

Con riferimento all'art. 3 della legge 2 febbraio 1973, n. 14, e nel senso 
che l'espressione �offerta� non sarebbe di sicura interpretazione e dovrebbe 
quindi essere intesa nello specifico senso precisato nel bando di gara, cfr.: 
Trib. amm. reg. Abruzzo, 24 maggio 1977, n. 323, Arch. giur. op. pubbl., 1977, 
II, 258, confermata neH'ambito della stessa prospettiva, e quindi con esclusivo riferimento 
alle clausole del bando di gara e senza autonoma interpretazione 
della norma in questione, da Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 1978, n. 496, ivi, 
1978, II, 297. 

In dottrina, cfr., in senso favorevole al principio enunciato nella massima: 
PIANESI, Sull'interpretazione delle norme sui procedimenti di gara per gli 
appalti di opere pubbliche, mediante licitazione privata, Rassl lav. � pubbl., 
1975, 44; PELLEGRINI, In tema di gare di appalto con offerte in ribasso, Riv. 
giur. edil., 1975, II, 244; contra: FRANCESCHINI, La licitazione privata, 1976, 115, 
e da ultimo, e con ampia disamina della questione (e citazione degli autori 
sopra indicati), PUGLIESE, Dubbi interpretativi sui criteri di aggiudicazione della 
licitazione privata secondo il metodo previsto dagli articoli 2, 3, e 4 della 
legge 2 febbraio 1973, n. 14, in Atti del Convegno su Profili giuridici e pro




RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Vengono prese in considerazione e mediate fra loro le offerte che 
presentino i maggiori ribassi, in 'ragione del 50 % di .tutte fo offerte se in 
numero complessivo ipari, e del 50 % arrotondato alll'urnit� SU1Periore, se 
in numero rcomplessivo d1spari. 

L'aggiurucazione v.ielil.e fatta al concorrente che ha ipresentato tl'offerta 
che eguaglia o, in mancanza, che pi� 1si avvicilil.a per difetto alla 
media iricavata ai sensi dcl p1recedente comma. 

Qualora sialil.o state ammesse due offerte, il'aggiudicazione � effettuata 
a favore dell c()[}Corrente ohe ha prroposto l'offe,rita rpi� vantaggiosa; 

spettive della normativa degli appalti pubblici (legge 8 agosto 1977, n. 584), 
1980, 329. 

A commento della questione, si ritiene utile pubblicare qui di seguito la 
memoria depositata nel primo grado del giudizio definito con la sentenza in 
rassegna. 

2. -(omissis) La questione proposta, con i due motivi di ricorso, all'esame 
del Tribunale concerne la interpretazione da dare all'art. 4, terzo comma, della 
legge 2 febbraio 1973, n. 14, secondo cui �l'aggiudicazione viene fatta al concorrente 
che ha presentato l'offerta che eguaglia o, in mancanza, che pi� si avvicina 
per difetto alla media ricavata ai sensi del precedente comma� (ottenuta, 
cio�, mediando �fra loro le offerte che presentino i maggiori ribassi�). 
La ricorrente assume che per offerta che � pi� si avvicina per difetto 
alla media � deve intendersi � quella col ribasso maggiore '" s� che, nella 
specie, �col ribasso del 13 % l'offerta � dell'87 %, pi� vicina per difetto all'offerta 
media dell'87,055 %, col ribasso cio� de1 12,945 %, piuttosto che l'offerta 
dell'87,18 presentata dalla Marchetti col ribasso del 12,82 �; e tale interpretazione, 
secondo la ricorrente, sarebbe avallata sia dalla lettera della norma 
(relativa all'offerta, e non al ribasso) sia dal rilievo che solo in tal modo 
sarebbe assicurata la prevalenza dell'offerta �pi� vantaggiosa� per l'Amministrazione: 
ratio e scopo che troverebbero implicita conferma, come si osserva 
nel secondo motivo di ricorso, nel criterio disposto dall'art. 76 del r.d. 23 maggio 
J92( n. 827 (che prevede l'aggiudicazione in favore di �colui che ha presentato 
l'offerta pi� vantaggiosa�), e nella decisione 3 febbraio 1965, n. 125 della 
quarta sezione del Consiglio di Stato (che �annull� anche una circolare ministeriale 
che lo pretermetteva �) . 

3. -Secondo la ricorrente, cio�, la media prescritta dall'art, 4, secondo 
comma, della legge 2 febbraio 1973, n. 14, riferendosi la norma alle offerte e 
non ai ribassi, andrebbe calcolata non sui ribassi offerti dai concorrenti alla 
gara, ma sulle percentuali di prezzo risultanti dall'applicazione di tali ribassi. 
La controricorrente Amministrazione, invece, ritiene che la media debba 
essere calcolata sui ribassi offerti, e non sulle corrispondenti percentuali di 
prezzo; e tale interpretazione risulta oltretutto pacificamente adattata, fin 
dall'entrata in vigore della legge 2 febbraio 1973, n:� 14, e senza che ne sia 
stata mai contestata la validit�, da tutte le amministrazioni pubbliche interessate. 

4. -Va preliminarmente considerato, invero, che la lettera della norrria in 
esame va interpretata in coerenza con il criterio di norma adottato nella 
partecipazione alle gare indette per l'aggiudicazione dei lavori (con precisazione 
delle offerte in termini di ribasso percentuale), e quindi secondo valutazione 
che esclude la possibilit� di identificare � le offerte che presentino i k
f 

i'1 

r



RASSEGNA DELl..'AVVOCATURA DELLO STATO 659 

se viene ammessa il'o:fferta di un solo concorrente, J'aggiudicazione � 
effettuata a favore idi questo �. 

Sostiene 1'Impresa rkorirente 'che J.'offierta ipi� v:idna iper dif�etto ailla 
media 1sia queJla che rr.isulti iper 1l'Amminiistrazione pi� vantaggiosa ldeiUa 
media 1stessa. Nel 1caso in esame, ipokh� Ja media dei rJbassi era stata 
del 12,94 %, l'offerita ipi� vicina per difetto doveva 1consiiderarsi quella 
dhe ipresentav:a :i11 �I1iibasso del 13 % e non queJla '�e presentava il ribasso 
del 12,82 %. 

T.a:le tesi non ipu� essere condiviisa. 
Va iprelimi!llainmente osservato che il r1egislatorre, nel dettare fa nuova 
disciplina, si :propose di contemperare ili :sistema idi aggiudicazione al 

maggiori ribassi � nelle percentuali di prezzo chieste dalle imprese concorrenti 
per la esecuzione dei lavori. 

Nel sistema della legge deve cio� ritenersi, secondo interpretazione la cui 
validit� � confermata dalla terminologia adottata negli artt. 2 e 3 (che considerano 
le offerte dei concorrenti con riferimento ai � limiti di minimo e massimo 
ribasso�), che con fespressione �offerta� abbia il legislatore inteso riferirsi al 
ribasso proposto, e non al prezzo richiesto; ed � sintomatico che alla espressione 
� prezzo � si sia fatto invece ricorso per disciplinare, con gli artt. 1, 
lettera e, e 5 della stessa legge, quella forma di licitazione privata nella quale 
l'offerta deve necessariamente esprimersi con l'indicazione del corrispettivo 
richiesto. 

5. -Il criterio ex adverso sostenuto, quello cio� di mediare non le percentuali 
di ribasso ma le corrispondenti percentuali del prezzo a base d'asta, 
oltre a comportare la preliminare necessit� di ridurre le offerte da percentuali 
di ribasso in percentuali di prezzo (con meccanismo artificioso, e con 
calcolo pi� complicato di quello, semplicissimo richiesto invece dalla norma 
in esame), si risolve in effetti, senza ovviamente alcuna incidenza sulla portata 
sostanziale del valore medio ottenuto, nell'alterare il senso dell'espressione �che 
pi� si avvicina per difetto alla media ricavata>>, in quanto l'offerta che pi� 
si avvicina �per difetto � alla media ricavata, e che coincide, se si mediano 
le percentuali di ribasso con quella corrispondente al ribasso immediatamente 
minore del valore medio, viene invece a risultare, quando si mediano le percentuali 
del prezzo a base d'asta (o i prezzi proposti, quali risultano dai ribassi 
offerti), quella corrispondente al � prezzo � immediatamente inferiore al valore 
medio. 
Nella specie, invero, rispetto alla media dei ribassi pari al 12,94 % l'offerta 
che pi� si avvieina �per difetto� risulta quella con ribasso del 12,82 % (e non 
quella con ribasso del 13 %). 

Se invece si mediano le percentuali di prezzo, l'offerta che pi� si avvicina 
�per difetto� al valore medio, pari all'87,06 %, risulta quella corrispondente 
alla percentuale di prezzo dell'87 % (e non quella pari alla percentuale di 
prezzo dell'87,18 %). 

Questo secondo criterio viene perci� ex adverso sostenuto, per la dedotta 
esigenza di assicurare all'Amministrazione l'offerta �pi� vantaggiosa>>, e quindi 
per risultare l'espressione �per difetto� pi� conveniente se riferita ai prezzi 
(o alle corrispondenti percentuali) invece che ai ribassi offerti: esigenza alla 
quale si era in effetti ispirato il presidente della gara nella specie in esame, 
e che viene presupposta, in definitiva, nella convinzione che il legislatore abbia 



660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 
migliore offerente 1con l'esigenza di arginare i ifen�meni ipi� dannosi di 
'lllIIa sfrenata concorrenza .tra [e :imprese (v. Relazione al disegno di 
[egge n. 1025, Atti Camera, VI Jegislaituira). Gli eventualli dubbi interpretativi 
111on possOino, quindi, essere �mso1ti �S<Cegliendo in ogni caso la 
solu:llione che assi�curi ai11'Amministrazione !le condizioni meno onerose, 
giaioch� -secondo fo valutazioni del ilegisilatore -i111 .certe .iipotesi la 
oonolusione deil. contratto con �iii miJmliore offerente si 1riisolve, in defuritiva, 
i!Il un rpregiiudi:llio iper .l'Amminiiistrazione. 
N� [possono itra11si azigomenti sicuri dail iprinciipio algebrico, �richiamato 
dal:la difesa delJ'fanpresa ricovrente, per it1 quale i numeri negatiivi 
660 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 
migliore offerente 1con l'esigenza di arginare i ifen�meni ipi� dannosi di 
'lllIIa sfrenata concorrenza .tra [e :imprese (v. Relazione al disegno di 
[egge n. 1025, Atti Camera, VI Jegislaituira). Gli eventualli dubbi interpretativi 
111on possOino, quindi, essere �mso1ti �S<Cegliendo in ogni caso la 
solu:llione che assi�curi ai11'Amministrazione !le condizioni meno onerose, 
giaioch� -secondo fo valutazioni del ilegisilatore -i111 .certe .iipotesi la 
oonolusione deil. contratto con �iii miJmliore offerente si 1riisolve, in defuritiva, 
i!Il un rpregiiudi:llio iper .l'Amminiiistrazione. 
N� [possono itra11si azigomenti sicuri dail iprinciipio algebrico, �richiamato 
dal:la difesa delJ'fanpresa ricovrente, per it1 quale i numeri negatiivi 
doyuto necessariamente privilegiare, con l'espressione � per difetto �, quello 
dei possibili termini a raffronto pi� �vantaggioso� per l'Amministrazione. 

6. -La ratio stessa della interpretazione ex adverso sostenuta risulta 
priva di fondamento, peraltro, quando si consideri che la portata dell'espressione 
� per difetto � � stata oggetto di specifica valutazione nel corso dei 
lavori parlamentari, e che di essa si � discusso nel pacifico presupposto che 
il criterio adottato con l'espressione � per difetto � conducesse a far prevalere 
l'offerta meno conveniente per l'Amministrazione. 
In argomento va infatti tenuto presente, anzitutto, che l'esigenza dei 
criteri di selezione contemplati nella legge 2 febbraio 1973, n. 14 � "stata avvertita 
proprio in considerazione della opportunit� di evitare gli inconvenienti del 
sistema che impone l'aggiudicazione dei lavori al concorrente che ha offerto 
il maggior ribasso: sistema che in effetti, come risulta precisato nella relazione 
al disegno di legge n. 1025, � non si � dimostrato in grado di contenere 
i fenomeni degenerativi della concorrenza e, quindi, di fornire all'ente appaltante 
sufficienti garanzie in ordine alla congruit� delle offerte�, con inconvenienti 
che hanno perci� evidenziato la opportunit� di ricorrere a differenti 
procedimenti di aggiudicazione, che appunto � intendono restaurare una corretta 
competizione imprenditoriale ed indirizzare il fenomeno della concorrenza 
verso migliori estrinsecazioni che, in via principale, diano all'ente appaltante 
maggiori garanzie della congruit� dei ribassi proposti... �. 

� Giova, in definitiva, riconfermare -risulta espressamente rilevato nella 
relazione al disegno di legge (e con specifico riferimento alle "perplessit� 
che pu� suscitare l'offerta pi� bassa") -la convinzione acquisita che l'offerta 
pi� bassa non � sempre quella pi� vantaggiosa per la pubblica amministrazione 
che deve preoccuparsi, in via principale, di conseguire i migliori risultati 
con spesa adeguat�; quest'ultima, nell'attuale situazione, quasi mai si identifica 
nel maggior ribasso proposto dall'impresa aggiudicatari~. sospinta nella formulazione 
della propria offerta, pi� che dall'analisi tecnico-economica accurata 
delle opere da compiere, soprattutto da una aspra tensione concorrenziale �. 

A commento del criterio previsto con l'art, 3 del disegno di legge (analogo 
a quello della norma in esame) risulta specificato, del resto, che �si ritiene 
preferibile aggiudicare i lavori a favore dell'offerta che pi� si avvicini per difetto 
alla media ottenuta, in quanto � opportuno evitare l'ulteriore spinta all'elevazione 
del limite di aggiudicazione che � data dal criterio di prevalenza dell'offerta 
pi� vicina per eccesso al valore raggiunto �; ed � invero evidente che 
questa stessa motivazione conferma che l'offerta che pi� si avvicina � per 

difetto � alla media ottenuta � quella pi� onerosa rispetto alla media (e va 
quindi individuata, per quanto sopra osservato, con la media dei ribassi offerti, 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 661 

hanno una [progressione 1i!IJIVe11Sa a quella dei numeri ipositivi, ,siooh�, ad 
esempio, se a � maggiore di b, -a � minore di -b. Resta, infatti da dimostraire 
ohe i riba:sisi offerti da1le imprese 111el!le igare si esprima:no oomruneme111te 
con numeri negativi e che di ci� iJl ilegiSllatore abbia tenuto conto 
\Ilelll'indioore il concetto dii � offoota che pi� ,si aV'Vli.ci111a !Per difetto ailila 
media �. Af contTario, � nel linguaggio comune, gli sconti, ipur essendo 

e non delle corrispondenti percentuali di prezzo), specialmente quando si consideri 
che solo in tal modo il criterio adottato risponde alla perseguita finalit� 
di evitare ribassi eccessivi, e che della riprodotta � giustificazione � non sarebbe 
stata nemmeno avvertita la necessit~, ovviamente, se l'applicazione del preventivato 
criterio fosse stata ritenuta di per s� idonea a far prevalere l'offerta 
pi� conveniente per l'Amministrazione. 

7. -L'esame dei lavori parlamentari consente di rilevare, inoltre, che 
anche nella relazione alla IX Commissione Lavori pubblici della Camera dei 
deputati venne ribadita la necessit� che �non si dimentichi infatti che l'offerta 
pi� bassa non � sempre quella pi� vantaggiosa per la pubblica amministrazione 
�, ribadendosi che � la spesa, nell'attuale situazione, quasi mai si identifica 
nel maggior ribasso proposto dall'impresa aggiudicatrice � (v. verbale della 
seduta del 13 dicembre 1972, pag. 31); e la eventuale opportunit� di prendere 
in considerazione � anche � l'offerta che pi� si avvicina � per eccesso � alla 
media ottenuta venne invero dallo stesso relatore segnalata, a commento 
dell'art. 3 della normativa in esame, ncn in vista dell'utile che ne sarebbe 
potuto derivare all'amministrazione appaltante, quanto piuttosto in ragione 
del solo fatto che l'offerta � per eccesso � potrebbe risultare pi� vicina alla 
media che non quella �per difetto� (loc. cit., pag. 32). 
Nonostante le considerazioni in argomento svolte dallo stesso relatore, del 
resto, una proposta di emendamento in tal senso, volta cio� a far � aggiungere 
dopo le parole: per difetto, le altre: o per eccesso� (allo scopo di �rendere 
omogenea la disciplina del momento conclusivo del procedimento di appalto 
dei lavori�), venne espressamente ritirata, e quindi nemmeno votata, per avere 
il relatore rilevato che il testo della norma (con criterio diverso da quello 
contemplato al precedente art. 2) � obbedisce ad una sua logica � (loc. cit., 
pag. 36); e si spiega quindi che il testo del successivo art. 4, una volta superata 
per l'art. 3 la questione relativa alla preferenza da accordare all'offerta 
che pi� si avvicina � per difetto � alla media ottenuta, sia stato approvato 
nel testo del disegno di legge, sia dalla IX Commissione della Camera dei 
deputati sia dalla VIII Commissione del Senato (cfr. resoconto stenografico 
della seduta del 17 gennaio 1973), senza specifica discussione e senza alcuna 
proposta di emendamento. 

8. -Dagli stessi lavori parlamentari risulta evidente, in definitiva, che 
uno degli scopi della legge (oltre quello di seguito commentato) � stato proprio 
quello di porre una remora ai pregiudizievoli ribassi eccessivi; ed � appunto 
con riguardo a tale specifica possibilit� che vanno riconosciute l'esattezza e la 
validit� della interpretazione adottata dalla controricorrente Amministrazione 
(come del resto da tutte le altre amministrazioni interessate) per l'art. 4 della 
legge 2 febbraio 1973, n. 14. 
Per il sistema disciplinato dall'art. 2 della �legge, invero, la possibilit� di 
ribassi eccessivi viene esclusa a priori, con la prescritta predeterminazione dei 
�limiti di minimo e di massimo ribasso che le offerte non devono oltrepas




662 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

destinati per foro natura a �costituire l1ll1 sottraeilJdo 1rispetto al prezzo 
base, vengono qualificati alti e bassi, elevati o tenui, in relazione al 
~oro vailore assolluto. Di 1talle uso si 1trova chiara traiocia anohe lllei farvori 
pa'!1lamentairi, ad esempio nella �relazione governativa a:l diisegno di [e~e 

n. 1025 cit., illl oui si rpros:pettano gJ'1inconvenienti {sulla qualit� tdeilla 
prestazione) lderivairnti dahla scalata del �maggior .ribasso�, e nelJJla relazione 
deli'on. Ca:1vetti ailla Commissione Lavori Pubblici dei1la Camera 
(seduta dcl 13 dicembre 1972), m cui il medesimo concetto � espresso 
coo riguardo al ��ribasso ;pi� elevato�. 
sare �; e si spiega quindi, che l'aggiudicazione sia prevista in favore del con


corrente �che ha presentato l'offerta che eguaglia o, in mancanza, che pi� si 
avvicina per difetto o per eccesso a tale media �; cos� come si spiega che 
assuma nuovamente rilievo determinante, una volta escluso, con la predeterminazione 
del ribasso minimo, il pericolo di ribassi eccessivi, la convenienza 
economica dell'offerta, per cui prevale, in caso di equidistanza dalla media, 
l'offerta che pi� si avvicina �per eccesso�; previsione che risulterebbe invece 
priva di senso, ovviamente, nella impostazione sostenuta in questa sede dalla 
ricorrente. 

La specifica finalit� della legge in esame (quella cio� di prevenire la prevalenza 
di ribassi eccessivi) risulta evidente, inoltre, anche nel sistema disciplinato 
dall'art. 3, nel quale la prevalenza della sola offerta che pi� si avvicina 
alla media �per difetto ,, (nonost~nte la prescritta predeterminazione dei 
ribassi minimo e massimo) si spiega e si giustifica quando si consideri che 
la necessit� di mediare il valore medio delle offerte con il limite del massimo 
ribasso gi� di per s� comporta lo spostamento della media di riferimento 
verso i maggiori ribassi, e consiglia quindi di far prevalere, in caso di equidistanza 
dalla media, l'offerta che pi� le si avvicina �per difetto�. 

Con riguardo a tale raffronto comparativo � agevole avvertire, quindi, che 
nel sistema disciplinato dall'art. 4 della legge, che non prevede predeterminazione 
di limiti di minimo e di massimo ribasso, e nel quale la media di 
riferimento va oltretutto gi� calcolata sulla base delle sole � offerte che presentino 
i maggiori ribassi �, non altra soluzione poteva il legislatore adottare, 
per arginare la tendenza ad un aumento del ribasso dovuto solo a ragioni di 
concorrenza, se non quella di far prevalere, in caso di equidistanza, l'offerta 
� che pi� si avvicina per difetto alla media �; e la stessa ratio del 
criterio, cos� individuata, conduce perci� ad escludere, evidentemente, che per 
offerta che pi� si avvicina � per difetto � alla media ottenuta possa essere 
considerata quella con ribasso �maggiore� del valore medio (quale quella che 
corrisponde, secondo il criterio ex adverso sostenuto, ad una percentuale di 
prezzo �minore� della media calcolata sui prezzi). 

9. � Evidenziata la infondatezza delle ragioni stesse che dovrebbero giustificare 
l'interpretazione sostenuta dalla ricorrente, va del resto rilevato che 
anche altre considerazioni, oltre quelle gi� sopra riassunte, concorrono a confermare 
che la media alla quale si riferisce l'art. 4 della legge 2 febbraio 
1973, n. 14 va calcolata sui ribassi offerti, e non sulle corrispondenti percentuali 
di prezzo. 
Lo stesso relatore al disegno di legge n. 1025, anzitutto, ebbe occasione 
di precisare espressamente, dinanzi alla IX Commissione della Camera dei :: 

deputati, e con specifico riferimento all'art. 4 del disegno di legge, che � la L 

I 

~~.,~..J 



PARTE I, _SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTl Pl'BBLICI 663 

Utili elementi per ['itnteiipretazione detLla norma in esame .possono, 
invece, trarsi dal confronto fra i procedimenti disciplinati degli artt. 2, 
3 e 4 delJla legge n. 14 del 1973. 

In tutti e tre i casi � previ1sta 11a formazione di una media, a:na nel� 
~'1potesi di ooi aill'art. 2 viene rpreferita '~in caso di eqwd:i:stanza) �il'offerta 
ohe rpi� 1si 1aV'Vioiin:a per eccesso, mentre nelle �ailtre due :iipotesi viene 
[preferita il'offerta che pi� si avvicina rper difetto. La diversit� dd disci� 

media viene invece effettuata sui maggiori ribassi, in ragione del 50 per cento 
di tutte le offerte, e l'aggiudicazione risulta in favore del concorrente che 
eguagli 'tale' media o che pi� vi si avvicini per difetto � (loc. cit., pag. 32); 
e la coerenza di tale indicazione con il sistema e con lo scopo stesso d�lla 
nuova normativa consente di escludere che una contraria rilevanza possa attribuirsi 
ai termini con i quali il relatore al Senato ebbe ad affermare, a commento 
dell'art. 4, che " in questo caso l'aggiudicazione va a colui che offre il 
miglior prezzo per difetto e non per eccesso � (cfr. resoconto stenografico 
cit., pag. 177), potendosi anzi rilevare che anche tali termini confermano in 
effetti, secondo valutazione di intuitiva validit�, clie l'offerta che pi� si avvicina 
� per difetto � alla media ottenuta � quella corrispondente ad un ribasso 
percentuale minore del valore medio calcolato (e quindi quella meno conveniente 
per l'Amministrazione), e confermano per necessaria conseguenza, in 
base al ragionamento sopra commentato, che il valore medio di riferimento 
va calcolato mediandosi le percentuali di ribasso proposte dai concorrenti, 

e. non le corrisp�ndenti percentuali � di prezzo. 
10. -L'interpretazione sostenuta dalla ricorrente (quella cio� secondo ctii 
le cifre da mediare sarebbero costituite dalle percentuali di prezzo corrispondenti 
ai ribassi offerti) risulta evidentemente incompatibile, inoltre, con le 
modalit� prescritte dall'art. 3, terzo comma, ultima parte, della legge in esame, 
non comprendendosi invero, specialmente con riguardo ai risultati che se ne 
otterrebbero, quale senso potrebbero avere le ulteriori operazioni a mezzo 
delle quali si prevede che il valore medio ottenuto (in ipotesi calcolandosi 
le percentuali di prezzo) deve essere poi mediato �con il limite di massimo 
ribasso� (espresso invece, ovviamente, in termini di ribasso percentuale); ed 
anche tale considerazione quindi, evjdentemente di autonoma rilevanza risolutiva 
ai fini in esame, convalida la interpretazione sopra indicata, non potendosi 
certo ammettere che negli articoli 2, 3 e 4 della legge gli stessi termini 
abbiano una differente portata. � 
1'1. -Ulteriori argomentazioni nello stesso senso si desumono, infine, agevol� 
mente, dai precedenti stessi della _normativa in esame, volta specificamente 
a legittimare il ricorso al sistema della media. 

Com'� noto, il ricorso al criterio della media (corretta o aritmetica o mediata), 
inizialmente disposto per le gare delle cooperative e dei loro consorzi 
(circolare 16 febbraio 1949, n. 2842 del Ministero dei lavori pubblici, in VARANESE, 
Circolari e istruzioni sui lavori pubblici, 1966, voi. I, pag. 1318), ed adot~ 
tato poi anche per l'aggiudicazione dei lavori in economia e per le gare a 
licitazione privata (circolari 6 dicembre 1955, n. 6855 e 23 marzo 1956, n. 2564/ 
61-AI del Ministero dei lavori pubblici, Zoe. cit., pag. 1075 e pag. 1048), era 
stato escluso per le ultime due forme di gara indicate (circolare 17 settembre 
1957, n. 6752/61-AI del Ministero dei lavori pubblici, Zoe. cit., pag. 1053), e ripristinato, 
con talune limitazioni, per le gare a licitazione privata (circolari 20 

14 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

664 

plina si spiega ove si consideri che la media, formata ai sensi dell'art. 2, 
� operata su tutte ~e offel'te comprese entro i limiti mais�simo e ;minimo 
fissati nella soheda segreta, 1skch�, nell'ambito dclle offerte prossime ai1la 
meclda epper� da ritenere congrue, i1l fogis~atore ipresorive �di scegliere 
quelila rpi� !P'l'OS1sima per eccesso a11a media, ossia ,quell:la rpi� rvantaggiosa 
per l'Amminisrtrazione, secondo $1 medesimo criterio adottato anche nel 
quarto comma delJl'airt. 4, a:1loroh�, dn presenza di due soile offerte, nO!Il 
� possibile formaire una media. La norma non 1si comprenderebbe inrvece, 
se l'offerta pih prossima �per eccesso� alla media fosse quella meno 
conrveniente per rAmministraziO!Ile, tpel1Ch� si introdurrebbe 11ma deroga 
ru pdncipio di aggiudicazione al migliore offerente {che Ua ilegge ha 
!inteso mantenere in vita) in Ulil caso in cui l'esigenza di evitare offerte 

aprile 1962, n. 2667 e 21 febbraio 1963, n. 763 del Ministero dei lavori pubblici,
� loc. cit., pagJ 1054 e pag. 1062). 

Il sistema di mediare le offerte dei concorrenti, ritenuto legittimo in sede 
di controllo e consultiva (Corte dei conti, sez. controllo, 31 luglio 1951, n. 394, 
Riv. Corte conti, 1952, Il, 5; Cons. Stato, sez. Il, 15 febbraio 1956, n. 7, Cons. 
Stato, 1956, I, 848), ed adottato anche da altre amministrazioni (cfr.: circolare 
11 ottobre 1951, n. 100682/A del Ministero della difesa; circolari 31 marzo 1947, 

n. 383 e 1� dicembre 1955, n. 3194 dell'A.N.A.S., loc. cit., pag. 1187; e circolare 
25 maggio 1956, n. 1/9987 della Cassa per il Mezzogiorno, loc. cit., pag. 1201), 
era stato peraltro dichiarato illegittimo, in sede giurisdizionale, per il suo contrasto 
con l'art. 76 del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, e per la inammissibilit� di 
una preventiva rinuncia dell'Amministrazione a predeterminare i limiti di minimo 
e massimo ribasso (Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 1965, n. 125, Rass. Avv. 
Stato, 1965, I, 158; v. pure. Cons. Stato, ad. gen., 1� luglio 1954, n. 416, Cons. Stato, 
1956, I, 827; Cons. Stato, sez. V, 5 dicembre 1958, n. 993, Foro amm., 1958, I, 2, 777; 
Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre �1967, n. 550, Cons. Stato, 1967, I, 2123); ed 
era stata di conseguenza esclusa la possibilit� di ricorrere al sistema della 
media corretta (circolare 26 febbraio 1965, n. 1799/61-AI e nota 12 giugno 1965, 
n. 2227 del Ministero dei lavori pubblici, loc. cit., pag. 1063 e pag. 1064; v. pure 
circolare 31 luglio 1965, n. 94/65 della Ges.ca.l., loc. cit., pag. 1282). 
Quando si consideri, perci�, che con la legge 2 febbraio 1973, n. 14 si � voluto 
appunto legittimare e riproporre, come risulta pi� volte sottolineato nelle varie 
relazioni parlamentari, il ricorso al criterio della media (ritenuto illegittimo in 
mancanza di una norma legislativ.a che ne consentisse l'applicazione, eppur favorevolmente 
giudicato anche dalla prevalente parte della dottrina), � evidente che 
utili elementi ermeneutici � possibile e lecito desumere dalle stesse disposizioni 
a suo tempo impartite, in sede amministrativa, per l'applicazione del criterio 
(oltretutto espresse in termini del tutto analoghi a quelli contemplati nelle 
norme in esame); e nessun dubbio pu� quindi sussistere sulla necessit� di mediare 
le cifre delle percentuali di ribasso (e non quelle delle corrispondenti 
percentuali di prezzo), quando si consideri che le segnalate disposizioni, oltre 
a confermare quanto gi� sopra rilevato sulla portata da attribuire all'espressione 
� offerta... che pi� si avvicina per difetto alla media ricavata >>, specificano 
espressamente, e con inequivocabili esemplificazioni, che le cifre da mediare 
sono quelle delle percentuali di ribasso (cfr., in particolare: circolari 16 febbraio 
1949, n. 2842 e 6 dicembre 11955, n. 6855 del Ministero dei lavori pubblici, cit., e 
circolare 25 maggio 1956, n. 1/9987 della Cassa per il Mezzogiorno, cit.). 

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PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 665 

incongrue � sailvagmwdata mediante la determinaziOIJle di (Limiti ai ribassi 
e mediante fa formazione di una media dehle offerte dmaste lin gara. 

N~i casi iprevj,sti dagili artt. 3 e 4, invece, la media tende ad avvicinarsi 
fil magigiori ~1bassi (ossia alJJ.e offerte pi� convenienti per tl'Amminist,
razione) o iperoh� la media defile ofl�e11te comiprese nei limiti della 
scheda segreta viene u1teri.onnente mediata con itl Hmite di massimo 
ribasso (art. 3) o perch� la media stessa viene operata tra le offerte 
che presentino i maggioni ribassi (1airt. 4). 

12. -Le sopra riassunte considerazioni sono sufficienti, evidentemente, ad 
escludere la fondatezza e la stessa rilevanza di quanto ex adverso dedotto nei 
due motivi di ricorso. 
Risulta infondato ed irrilevante, in particolare, quanto dedotto con riferimento 
al criterio enunciato dall'art. 76, secondo comma, del r.d. 23 maggio 
1924, n. 827, sulla prevalenza dell' � offerta pi� vantaggiosa �; e ci� sia per la 
specialit� della norma applicabile nella licitazione privata (disciplinata ora dalla 
legge 2 febbraio 1973, n. 14), sia per l'evidenziata impossibilit�, denunziata dallo 
stesso legislatore, di identificare l'offerta �pi� vantaggiosa� in quella con il 
ribasso maggiore. 

L'interpretazione ex adverso sostenuta risulta invalidata, inoltre, proprio dal 
richiamo alla decisione 3 febbraio 1965, n. 125 della quarta sezione del Consiglio 
di Stato, considerato che la legge 2 febbraio 1973, n. 14 � stata ritenuta 
necessaria, come � stato pi� volte sottolineato nel corso dei lavori parlamentari, 
appunto in considerazione delle preclusioni denunciate, per il difetto di norme 
di legge che autorizzassero il sistema della media, dal Consiglio di Stato. 

13. -Quanto al motivo di ricorso proposto, in via subordinata, con l'atto 
notificato il 3 febbraio 1977, e con il quale si assume che la Cassa per il Mezzogiorno 
non potrebbe � procedere a sostituzione di aggiudicati merc� indicazione 
di altra impresa da sostituire a quella gi� indicata in via provvisoria�, 
va preliminarmente rilevato che il motivo di ricorso � improponibile per difetto 
di interesse, avendo il Comune concessionario fatto propria l'indicazione dell'aggiudicatario 
contenuta nel provvedimento della controricorrente Amministrazione; 
e tale diretta riferibilit� dell'aggiudicazione al Comune concessionario � 
stata oltretutto gi� espressamente riconosciuta dalla stessa ricorrente, che ha 
impugnato, oltre al provvedimento della Cassa per il Mezzogiorno, anche gli 
�atti del Comune che hanno fatto propria la determinazione della Cassa �. 
�14. -Nel merito comunque, e senza necessit� di una approfondita disamina 
dei poteri riservati alla Cassa per il Mezzogiorno nell'ambito del rapporto 
di concessione e relativamente ai rapporti del concessionario con i terzi, va 
contestato l'assunto secondo cui la potest� di modificare l'aggiudicazione (opponibile 
anche alla ricorrente per quanto espressamente previsto nella lettera 
di invito e nel capitolato speciale di appalto) sarebbe �limitata all'esclusione 
dalla gara ma non addirittura alla . modifica dell'aggiudicatario �. 

Anche a prescindere dalla espressa potest� di � modificare l'aggiudicazione � 
(che comporta invece, ovviamente, il potere di designare l'aggiudicatario da 
sostituire al concorrente che si sarebbe dovuto escludere dalla gara, e che 
pu� oltretutto essere esercitata �con riserva di aggiudicazione definitiva�), � 
del resto evidente che il potere di controllo riservato alla controricorrente 
Amministrazione implica, necessariamente, la facolt� di individuare, sulla base 
delle risultanze della gara, il concorrente al quale l'appalto deve essere aggiu




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

666 

In questi due oasi rla preferenza 1ooooridata 1a!ll'offerta che 1pm si 
avvkina ailla media rper difetto (os1sia aM'offerta meno ieomnenioote iper 
f Ammi:rJis,trazione d�ra queHe iprossime 1alhla media) 1Sii spiega 1c0il 1riJ,ievo 
che in entrambe :le liipotesi Ja media :subisce ,l'iinfluen:m prevalente dei pi� 
aJlti 1rlbaissi (conrf. Cons. Giust. Amm. 16 ottobre 1979, 11.1. 101). IJ sis1rema 
pireWsto dailila legge :n. 14 del 1973 risulta, dunque, 1ooerente 1solo 1se, nel.Ile 
norme in essa 1contenute, hl ooncetto di offerta che presenti jjl maggior 
1ribas:so sia ,riferito aLl'einti:t� (m 1terunim assoluti) 1del 1ribasso stes1so. Di 
conseguenza J'offerta pi� iP!"OS1sim.a per difetto ~Ha media del 12,94 % 
era quelila dei1l'Impresa Marohe1lti (con un dbasso del 12,82 %) e non 
quehla deLl'Impresa 1rirorrente (ron un ,ribasso del 13 %). 

Infondata � anohe 1'ai1tra oensura, 1con la qua1e 11'Irnpresa aippellante 
Iamenta 1ohe [a Ca:ssa non si sia limitata a negare 1l'arprprovazione, 
ma abbia ainohe sos11itui1lo l'aiggiudkatairio. 

fil vizio 1ris:oontrato nel 1provvediimento di aggiudicazione era, !infatti, 
di ta:l naturn da comportare come ICOll's:eguenza neoessaria ila so811li1luzione 
di un aggiiudioatario aiLJ.'a11tro, senza che potesse cresJ.duare alcun 
marigine dli dis:oreziona1it� per 1l'ente awa1taitore, il quale si � ipera[tro 
adeguato ialle indicazioni della Cassa. 

L'appello va, dunque, 1res,pinto. (omissis). 

dicato, specialmente quando la corretta applicazione della legge nessuna alternativa 
consenta, come nella specie, in ordine a tale individuazione . 

.15. -Il difetto di interesse al motivo di ricorso in esame risulta evidente, 
in definitiva, quando si consideri che se anche la Cassa per il Mezzogiorno 
si fosse limitata a negare l'approvazione della aggiudicazione disposta, in via 
provvisoria, in favore della ricorrente (o a tale �mancata approvazione avesse 
il Comune concessionario limitato la �comunicazione� alla ricorrente), l'aggiudicazione 
definitiva avrebbe dovuto essere comunque disposta in favore del 
concorrente la cui offerta �pi� si avvicina per difetto alla media� (e quindi 
al concorrente indicato dalla Cassa per il Mezzogiorno); n� 'alcuna rilevante 
discriminazione � possibile ipotizzare, in argomento, a seconda che il Comune 
concessionario provveda direttamente alla individuazione del concorrente in 
favore del quale deve essere disposta l'aggiudicazione (con provvedimento comunque 
condizionato all'approvazione della Cassa per il Mezzogiorno) o faccia 
�propria >>, ai fini dell'aggiudicazione, la designazione disposta, nell'esercizio 
dei poteri di controllo ad essa riservati, dalla Cassa per il Mezzogiorno. 

Cos� come non si comprende in base a quale criterio il diniego di approvavazione 
avrebbe dovuto comportare, come assume la ricorrente, l'annullamento 
della gara (con censurabile lesione, oltretutto, degli interessi del concorrente 
in favore del quale l'aggiundicazione avrebbe dovuto essere fin ab initio disposta), 
se il controllo riservato alla Cassa per il Mezzogiorno � rivolto proprio a 
verificare la legittimit� del procedimento di gara ed a segnalare all'amministrazione 
appaltante, nell'ambito del rapporto di concessione, le violazioni di 
legge riscontrate e i provvedimenti da adottare in aderenza alle norme di legge 
applicabili. (omissis). 

ARTURO MARZANO 

~~: 

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SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un. pen., 12 aprile 1980 (dep. il 21 giugno 
1980) -Pres. Novelli -Est. Bertoni -P.G. Sa}a -Imp. Melohiorri Parte 
civ~le Amm.ne Tesoro (avv~ Stat� Fiumara). 

Peculato -Malversazione -Appropriazione indebita -Differenze -Stipendi 
di pubblici dipendenti -Delega al pubblico impiegato alla riscossione Appropriazione 
da parte del delegato -Delitto di peculato. 
(cod. pen., artt. 314, 315, 646; regol. cont. gen. Stato appr. con r.d. 24 maggio 1924, 

n. 827, art. 383). 
Reato -P~na -Conversione della pena �pecuniaria in pena detentiva � 

. Dichiarazione di illegittimit� costituzionale -Sospensione condizionale 

della pena -Si deve tuttora considerare la �pena pecuniaria. 

(art. 163 c.p.). 

Il pubblico impiegato che sia stato delegato, ai sensi dell'art.� 383 del 
regolamento di contabilit� generale del!o Stato, a riscuotere gli stipendi 
e le retribuzioni di altri pubblici dipendenti e che si appropri di denaro 
riscosso, commette il delitto di peculato e non quelli di appropriazione 
indebita o di malversazione, in quanto in tal caso egli possiede il d~naro 
per ragioni del suo ufficio e il denaro d'altra parte deve ritenersi appartenente 
alla pubblica amministrazione, fin quando non venga effettivamente 
erogato agli aventi diritto (1). Anche dopo la sentenza della Corte 
costituzionale n. 131 del 1979, con la quale � stata dichiarata l'illegittimit� 
costituzionale delle norme concernenti la conversione della pena 
pecuniaria in pena detentiva, ai fini dell'ammissibilit� della sospensione 
condizionale della pena, si deve continuare a tener conto della pena 
pecuniaria, sola o congiunta a quella detentiva, secondo la previsione 
delle disposizioni dell'art. 163 del codice penale. 

(1) Non constano precedenti de11a Corte Suprema. Gi� 1a Corte dei Conti, 
invece, avev�a affermato, nehlo stesso ovdiin!e di !idee, che Ira delega :riil.asciata, ai 
sensi dehl'art. 383 reg. cont. Stato, dagLi impiegati dii un medesimo ufficio ad 
uno di essi, a riscuotere o a dar quietanza dei foro stipendi, assegni fissi, retribU7Jkmi 
e compensi trova fondamento nel pubbLico dnteresse rappresentato dal 
regolare svoillgimento dei seI'Viziii; eppertanto, Jra rpevdita deMe reliative somme costituisca 
danno evairiaile (Sez. gilur. reg. sic. 30 genoorio 1969, n. 865, in Foro amm., 
1969, I, 3, 271; Sez. I, 6 febbraio 1974, n. 15, ivi, 1974, I, 3, 206; Sez. giur. reg. sic. 
25 febbraio 1975, n. �1074, ivi, .1975, I, 3, 276; Sez. I, 28 gell!Ilaio 1976, n. 2, ivi, '1976, 
I, 3, 1095; contm, mo1to prima, Sez. II, 30 apri:le 1965, n. :19, ivi, �1965, I, 3, '164). 



6 68 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

(omissis) Cdl rprimo motiivo di ricorso, si sostiene che nel fatto sareb


be confJigurabiJle non igi� <il delitto di peculato, ma queHo di appropria� 

zione !indebita, aggravata ai s�enrsi dehl'art. 61, n. 11, C.P., in quanto il 

Leopardi avirebbe 1avuto �1 1pos1sesso del denaro riscosso non iper ragione 

del suo ui�filcio, ma in .conseguenza di una pnivata icortesia .fatta aii magi� 

strati che .}o �avev1aino incar.kato di ri1s1ouotere ae retribuzioni dii foro 

spettanza, e in quanto d'altra parte il denaro, una volta ricevuto dail 

Leopa'.l'.1di, non a'Viriebbe potuto ipi�. considerarrsi come appartenente a!lla 

pubblica 1ammirni�strazione. 

La censura non � f011Jdata. 

Ri�su!lta accertato .in punto di �fatto e non � contestato dal !l"icorrernte 
che hl Leoipa!l"di arveva riscosso hl denaro dJ cui si appropri� in virt� 
defila delega a i1UJi 1r.i:lasciata da due magistmti della ipretura di .Lentini, 
ai sensi dell'1art. 383 del !Tegol:amento di contabilit� generaJe delilo Stato, 
approvato con rid. 24 maggio 1924, 111. 827. Questa norma, nel testo costi� 
tuito dal D.P.R. 4 maggio 1966, �staihillisce, �ail iprimo .comma, che �gli 
impiega1Ji di un medesimo uff�ido possono, �con loro dichiarazione, delegare 
uno di essi... a riscuotere e a da!Te quietanza iper tutti dei loro 
stipendi, 1assegni f.issi, Tetribuzioni e �compensi a ica:rattere collettivo�; 
e disipone poi, all'ottavo comma, ohe � .f�inoh� du11i nella pevsona inoarioata 
fa focoit� idi riStOUotere, essa sola ipu� dare quietanza rper tuttJi coloro 
dai quali � stata delegata�. 

Si desume con ohiaiiez2la da queste disposizioni che H delegato in 
tanto � autorizzato, con esdusione di ogni .altra persona, a 111i:scuotere 
gli 1stiipendi e fo retnibuzioni per conto di 1coloro ohe gliene abbiano 
dato l':imJoa:rJco, in iquainto sia aniehe �egli, come [oro, un pubbldco diipen� 
dente. IJ deilegato do� -siia ipuo:ie �Sul presupposto di un'iniziativa dei 
delegati -1rioeve la 1egittimazione a riiscuotere i:1 denaro e a �dare quietanza, 
nehla sua quaLit� .di diipendente dei1la pubblica amministmzione, 
ed � dunque ilil ta:le qualit� e non in veste di privato che egLi viene 
~n posses,so del denaro .riscosiso. 

Non oocorre di pi�, per dedurne ohe, rneJLl'ii1potesi considerata, il ipubb�ico 
impJegato ipossiede i1I denaro p-er ragione 1del suo ufi�ido, 1cosl come 
richiede !1a norma 1deH'art. 314 C.P. 

SeCOllldo Ja cos�tante giurisprudenza �di questa Corte, pereh� si irea[
izzj Ja �situazione suddetta, ibasta che fa cosa o il denaro, s1ia affidato 
ail pubblico funzionainio in ibase a un 'l'apporto 1concernente :l'ufficio o 
ihl servizio da foi eseroitato, 1ed � :pure suEficiente un 1possesso meramente 
oocasionalle che trovi titolo in un .affidamento volontario �e fa.colta� 
rtivo, anche in vi11t� di una pmssi, ohe non deriv�i da fatto iLlecito e non 
1contrasti con un esipres�so diviieto di degge. Ma nel caso in esame, non 
� necessario fare riiicorso a una cos� ampia nozione del requisito iin questione, 
.per ritenerne Ja sussistenza, appunto perch�, come si � visto, il 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

pubblico impiegato acquista, in quanto talle, sUll denaro riscos�so per 
delega un ipOtere ohe g:li deriva da 'lliila no.mna gimidka e ohe iperoi�, 
rientrando rmia Je sue competen:re i:stituziona:Ii, i1ndubbiamente gili 1sipetta 
lin virt� del �Suo ud:�ficio. 

Ne deriva che neili1a s,pecie il Leopavdi, quaile pU!bb1ilco u1�filciale, iin 
quanto canoeliliere, ipossedevra rper ~aigiione del 'SIUO uffiicio iJ denaro ohe 
si appropri�, e ci� quindi basta a escludere ohe fos�se OOIJJfigiurabiile a 
suo carico �ll delitto di appropriazione indebita. I giudid del merito 
d'a!ltro oanto nemmeno hanno eiirato, quando hanno ritenuto ohe il 
denaro riS1COsso tdail Leopal'di aippaivteneva aLlo Staito e che iperci� il 
comportamento ten'Ulto diaffil'!imputato integrasse il 1deLitto di ipecUlato e 
111011 .gi� quehlo di mailversazi0111e, posto �che il solo �requisito che distingue 
fil primo da:l seoondo reato � a;ppunto costituito dall'aippail'tenenza del 
denaro o della 1oosa al11a ;pubb1ica �a:mminis1trazione. 

T1alle 1oonoetrt:o di aip.partene1112ia alla pubblica ammimstrazione -cosi 
oome ha ipvecisato ila ipluridecenna:le e1abora2'lione intoopretaitiva di que� 
sta Corte -non �si esaurisce nel <Concetto dii propriet� o idi altri diritti 
reaili sull denaro o sul:la cosa, ma compl'elllde ogni fovma d:i titolarit� e 
quindi di diSJp011iibiilit� d:i beni determinati, iin v:irt� del raiggiungimento 
dei fini pubbl�ci cui sono des�tinaiti. Si tratta d:i una nozione �Ohe, se 
talora ha dato !luogo a dubbi applicativi nei casi di denaro o 1cose consegnate 
dai rprivati all'ammli.nistrazione, non pu� invece ipl'estarai ad 
equivoci nellil'iipotesi inve11sa '(che � queUa 1ohe qui interessa), :iin cui. 
sia i1 privato ad avere d:iiritto alla COD!segna dii denaro o di beni nei con� 
fr01111Ji dell'aimministrazione; oi� pe11oh�, in un'ipotesi siftiatta, � ev~dente 
che H denaro o fa cosa, essendo ai11'origine di 1propriet� del!Jl'amministrazione, 
continua ad aippairtenere a!lila �stessa, fimo a quando l'obbligazione 
non venga ademrpiuta e il diritto di �ored:ito del rprivato non 'S� 
trasformi qrudndli in un diritto di 1propmet� 1S1Ul denaro o ,su1Jla cosa. 

Non fa 1eooezione a questa regola il ica:so, in cui �trovi applicazione, 
oome ne1Jla �specie, ['art. 383 del regolamento di 1contabilit� igenemle dello 
Stato, in quanto l'li!stituto d�li1a delega previsto da!Jla norma oita:ta non 
� in nessun modo assimhlabile, rper ci� ohe 1rigua1ida natura ed efi'etti, 
ai1lo strumento ipriV1atistko dell'indicazione da parte del creditore di una 
persona �ohe si riceva iii. pagamento (1a:r~. 1188 c.c.). � vero infatti iche 
d[ meooanismo !Che viene qui irri 1consideiiazione � anche esso condizionato 
a11'ill1�ziativa dei ;pubblid dipendenti, titolari dii un miedito verso 
['amm:in:i:strazione, e �che costoro non s01110 obbll!igati a delegare un 01ltro 
funzionario, rper [a riscossione dei propm 1stipoodi e retribuzioni, ma 
hanno soltanto Ja facolt� di famlo, in vista di un foro persOJJ!ale interesse 
al rilascio delila delega; ma � altrettanto cevto che taile iimteresse 
ha rilevanza fiino 1al conferimento della deilega, e che in seguito :invece 


670 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
i:l rapporto isi muove in un ambHo tutto diverso, caratterizzato dall'interesse 
rpremi111ente deLl'ammimstrazione. 
In particolare, come gi� si � accennato, 1il delegato .riceve fa [egittimazione 
a riscuotere d.tl denaro e a dare quietanza agili orgarn:i deilJa Tesorerie, 
!11011 gi� dal delegante, ma idal:la stessa pubbldca ammini1sitrazione; 
tanto da essere @ravato daiLl'obblligo rpreciso di aocettare fa delega 
e di :svolgere ~e funzioo:i conseguenti., 1sooza poterVli1si rifiutare se !llon 
a rischio deJ:l'eventuale applicazione dellle misure disoip1Hnallli previste 
per l'mosservrunm degli obblighi di servizio. 

Risulta da oi� ohe, atrtliaverso lo 1strumento deLla delega, J.'amrpinistrazione 
intende soddisfare il 1puibblico interesse ail [pagamenito delle 
retribuzioni dow:te ai propri dipendenti con modailit� che .tengano 
conto, rion solo e !llon �tanto dal vantaggio che ipu� derivare ahl'impiegato 
dailila pos1S�Jbilit� di riiscuotere le sue spetta!llZe nel ;luogo de.I !lavoro, 
qua'O!to e 1sop:mttUltto daill'esigenza, di natura �strettamente pubblidstica, 
di evi:taire clle, nei giorni di pagamento �degli stipendi, �sia compromessa 
la �,cO:mpleta utiilizzamone del tempo lavorativo di ()()loro ohe fossero 
costJrettii, per es1sere pagati, ad as�sentarsi dall'uffido. 

Appare chiaro perci� come il 11apiporto tra de.legante e delegato trovi 
sdlit:ainto occasione 111e.l rffasdo fac011'tatiivo delila delega ed abbia quindi 
natura iJUbbllici1stica e non priivata. L'impiegato de!legato, essendo obbligato 
ad esercitare !la de.lega in vi�rt� idi un dovere 1connesso ail suo 
ufficio, aigisce non come un privato, ma come 'll!IlO degli OI'gani dell'am


1

ministrmone preposti al pagamento degli 1stipendi e in genere dclle 
retribuziOlll� ai <pUJbblici diipendooti. La quietanza da -lui �dlasd:ata in 
nome dei deleganti serve qui111di unicamente al discarico degli organi di 
Tesoreria, ma nO!ll valle a liberare l'amministrazione della sua obbligazione 
nei confronti dei dipendenti, appunto perch� il delegato subentra 
nella stessa }>Osizione giuridica del contabile, venendo in possesso del 
denaro all'unico scopo di portare a compimento, con 11effettiva erogazione 
dei compensi, il servizio predisposto dall'amministrazione per il pagamento 
delle retribuzioni. 

Se dunque :ill dclegato, una voita ricevuta fa delega, non ha altra 
posizione gduri,dica che queLla idi 'll!ll oJ1gano de1l'ammiill�Sl1Jrazione, inoaJ1ic�to 
dcl pagamento delle .retribuzioni, vuol dire evidenitemente ohe J'obbiiigazione 
defila amministrazione non pu� ritenersi adempiuta ise 111oh 
CO!ll ['mtegriaile consegna ai diipe!lldentii di quanto aid essi dovuto. 

Fin tanto ohe ci� nO!ll avvenga, pertanto, su1la hase della 111ozione di 
appavtenenza prima ricoridata, '1e somme riscosse dail de.legato 111on possono 
che con�siderarsi appartenenti. a11a pubbliiea amministrazione, Ja 
quale continua a disporne, appunto attraverso il delegato, per H (pWl� 
tuaile adempimento tde!l,le fi!llaldit� di idlevante interesise pubbHco connesse 
a!l pagamento delle retribuzioni 'spettanti al d1pendente personalle. 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

In conalrusione, qu:irndi, deve affermairsi che il pubblico :impiegato 
che sia stato delegato, ai sensi delil'airt. 383 del regolamento di �ontabilit� 
generale defilo Stato, a �riscuotere gli stiiPendi e [e retdbuzioni di 
altri pubblici dipendenti e che si appropri di denaro riscosso, commette 
il delitto di rpeoclato e non quelli di appropriazione indebita o di mrulversazione, 
in quanto irn tal caiso egli pos1siede :i1l denaro iper �ragione del 
suo uff.iJcio e i1l denaro d'altra par.te deve ritenersi aipipartenente alla 
pubblica aanmirnstirazione, fin qua:ndo non venga effettivamente erogato 
agli aventi diritito. 

A questi principi si sono nella specie attenuti i giudici di merito, 
esattamente ritenendo che il Leopardi si appropri� di denaro appartenente 
allo Stato, e la loro decisione perci� non merita le critiche che le muove 
i'l ricorrente. 

Con il secondo motlivo di rico11so, si deduce 1che i giudici d'appello 
avrebbero errato nel negare a[l'impU!tato lla sospenSli.one COIIld:izionaile 
dell;la pena, :sul rpresurpposto ohe hl benefiido sarebbe neltla ispecie vietato, 
ai sensi dell'art. 163 c.p., dall'entit� della pena, fissata in anni due di 
reclusione e lire otrt:antaimila di multa. Ci� J.n quanto -come si �spiega 
in una memoria iJJlustrativa del ricorso -a segmto dellla sentenza delJa 
Corte costituzionale n. 131 del 1979, che iha dichiarato l'iihlegittimit� 
costituzionale dell'art. 136 del ood:ice penale, concemente ila ieonv1ersione 
delle pene rpecu111ia:rie, non potrebbe pi� tenersi conto, ai fini della sospensione 
condi:zii.onale, de[la ,pena pecuniaria congiunta a quelila detentiva, 
essendo sufficioote che questa nort 1surperi, �come aippurnto � avvenuto 
nel caso in esame, i Jirniti quantitativi 1previsti da1l'art. 163 l:lel 
codice ipenale. � 

La censura non � fondata. 

L'art. 163 del codice .pen~le, come � noto, �stabilisce che i.I giudice 

rpu� 011dinare t1a sospensione condiziona:Ie della pena, quando pronunci 

�sentenza di condanna � alila 1reclusione o aill'arresto per un tempo non 
superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta 
alla pena detentiva o convertita a norma di :legge, priverebbe della 
libert� personale, iper un tempo superiore, ncl complesso, a due anni� 
o, peT un. tempo anche magigiore, quando si 1tiratti di 1soggetti minori di 
anni diciotto o veil!tuno ovvero che abbiano 1compiuto gli anni settanta. 
Dail testo dellila norma ri1su1ta evidente che i :liimitli di pena entro .cui 
� ammessa la �sospensione rC()[]Jdizionaile sono fissati con Tiferimento sia 
ailla pena detentiva, sia alfa pena rpecllilliaTia, non importa �se sola o 
congiunta a quella detentiva; ma questa Corte, con ila �sentenza della 
VI sezione del 15 gennaio 1980, in c. Verzotto ed altri e con altra successiva 
1sentenza deLla stessa sezione, ha ritenuto che, per effietto deMa 
citata decisione della Corte costhuziona:Ie, qualora al condannato 'sia 
stata inflitta una �pena detentiva non superiorie ai il.imiti previsti dal



672 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
l'art. 163 c.p., il giudice ha sempre facolt� di concedere la sospensione 
condizionail.e, anche quatnJdo alla pena detentiva risUJlti aggiUJUta U!lla ipena 
pecw:ti.aria. 
Un nuovo e apiprofondiito esame dellla questione induce <le Sezioni 
unite a UJD.'apiposita conclusione. 
Le decisioni di aooog:Limento della Corte oostituzionail.e, come quella 
n. 131 del 1979, che viene qui in considerazione, rpos,sono rindubbia:mente 
prndurre conseguenze dii vario genere anche sru disrposizioni deJJ'orcli� 
namento diverse da ,quella che abbia formato oggetl:o del giudizio costi� 
tuzionale. Ullla dliaTa espressione di questa eventualit� 1si rinv,iene nell'art. 
27 deNa Jegge 11 marzo 1953, n. 87, nellla rparte im cui :stabNisce 
che la Corte costituzionale, quando accoglie una questione di legittimit� 
di un atto avente forza di legge, � dichiara, altres�, quali sono ~e altre 
disposdzioni ~egislative, Ja cui iJLlegittimit� deriva come 1oonseguenza dellfa 
deci:sdone adottata �. La nomna ev.identemeI11te p.resuppone ila ipossibiJe 
esistenza di 11.l/Il :raippor.to di derivazione conseguenziale 1tra ila pro~
mnoia di incostituzionali1t� e fillegittimit� di rutire 1di,sposi2lioni diverse 
da quella rpresa :�lil esame; ma essa a un tempo chiarisce che, quando 
ci� si verirfkhi, deve essere ;pur 1semrpre .La Corte cos1lituziona1le a sanzionare 
Ja soipravvenuta mvai1�!di1t�, a causa della decisiooe adottata, di 
al1tre ,disposizioni idi [egge. ' 

I principi ai quali positivament~ si ispira, nel nostro ordinamento, 
il contrOil:lo di Jegruttimit� delile leggi e dn ;pamtkolare iil carnttere aooentrato 
che ha il sistema di giustizia �Costitu2lionaJe impediscono al giu� 
dice comune di �trar:rie dalila dichiarata d:UegittimH� costituzionrue di runa 
disposizione il'dmplidta illegi'ttimiit� e 'la conseguente, automatica mef. 
ficacia 'di ailtre disiposi:llioni. Per Je stesse ragioni, ila sopravvenienza di 
tma norma �oos�tituzionale detemnina, rispetto rule 1preesisitenti norme 
ordinarie, un problema dj compatibilit� <0he, intercorrendo �tra no:rime 
di ,rango diverso, 'Si rdso[ve in ll!lla questione di ilegiHimit� costituzionaile. 
Non diversamente, quando, per ef�fetto di un �rapporto tra norme che 
pu� assumere varie forme t1pologiche (sUJ1le quali � inutile soffermarsi 
in questa sede), una decisione di aocogilimento deUa Corte provochi 
1'illlcostHuzionaliit� idi ailtre disposizioni, '1a conseguente foro caduca2lione 
non pu� essere dichiarata che da una s1pecifica pronuncia della Corte; 
e ci� in armonia 'col vigenrte 1sis,tema di �giustizia costituzionail.e, anche 
:per garantire aillla diOOiarazione di illegittimit� 11.lina generale efficacia, in 
vista di esdgenze di certez2Ja e di sostanziail.i �ragioni di eguaglianza. 

Ne disoel!lde che nei casi ,in cui la Corte non 1estenda 1con autonoma 
decisione il'oggetto deihla sua ,pronuncia ad altre d1sposizioni oltre a quel� 
la impugnata i(cos� 'come apipunto � avvenuto nell'ipotesi che qui inte['
essa), ['eventuale invalidit� derh~ata di aiJtire �~norme non �pu� fars� 
valere se non in forza di una :nuova pronuncia delil.a Corte, sollecitata 


PARTE I, SBZ. VIII, GIURISPRUDENZA PBNALB 

dalla ipr-oposizione di una nuova, specifica quesitione di 1legittimit� �costituzionale. 


Deve tuttarvia riconos,oersi che non compete al 1~udioe della costi
�tuziona:lit�, bens� a quelilo oodinar.io ~nvesti:to da:I iprocesso di merito 
accertare quali conseguenze, diverse dalll'i!ncostituzionailit� derivata, ipossa 
1aver iprodotto, �sul ipiano nomnaitivo, fa decisione di accogllimento; e 
non � dubbio ohe una ,delle �conseguenre che le decisioni di accoglimento 
rpossono determinare � que1la di rendere inoperarnti e quindi dnaip� 
plicabHi �a11tre di:siposizioni di Jegge, .legate da run int-rinseco iraipporto di 
di:ipendenza con quelJJ.a dichiarata costituzional1mente illegittima. Ci� avviene 
certamente in rreilazione a1He disposizioni che assumono a iloro 1con� 
tenuto esclusivo, attraverso un 1dnvio ricettizio,� quella caducata dalla 
Corte costituzionale _o che trovino in essa LiJI loro indispensabile ipresuipiposto; 
e cos�, �ad esempio, rpu� ceritamente -ritenersi avvenuto, proprio 
per eflfetto delJ.a 1sentenza n. 131 del 1979 della Corte, con riguardo aLla 
norma dell'art. 78 u. co. del codice penale �ohe, per l'ipotesi di concorso 
di reati, determina Ja misura massima deilla 1pena detentiva in QUi 
devono essere -convertite ,le concorrenti pene pecuniarie, in caso di in� 
sdlvib~lit� del condarnna1:o, e che ovviaimente non pu� ipi� <trovare a:ppli� 
cazione, ora 1che � venuta meno :la rpossi:bilit� stessa dii 1conversione deille 
pene ipeouniarie. 

In questi ed :in altri -consimili casi, spetta al �giudice comune risol� 
vere �le questioni 1ohe attengono aill'appHoazione della fogge, ,e quindi ac� 
oertare Ja sopravvenuta cessazione di efficacia di que1le disposizioni 
ohe siano -state rese inoperanti da!lla pronuncia 1oostHuzionale; ma, al 
di fa idi ogni ulteriore .tentativo di esemplificazione, deve �esseve ben 
ohiaro che il funomeno aocennaito, in sostanza assimilaMle, 1per quanto 
attiene a~li effetti, a quel.lo dell'abrogazione tacita, rpu� verifica11si so!l� 
tanto ~!Il quei casi (1oerto non frequenti), in cui tra ila 1diS1posizione dichia� 
rata :iJilegittima ed alltre disposizioni esista 'llJil oedllegamento itarnto intenso 
da determ:inare fimpossibiHt� giuridica di dare a queste ultime 
ooncveta attuazione, m quanto �:I il:oro -contenuto normativo sia �divenuto 
insuscettibile di seguitare ad averie efficacia, una volta venuta meno 
IJa norma -colpita dalla sanzione di ,incostituzionalit�. 

Ci� ,posto, non !PU� dirsi davvero, contrariamente a quanto 1si assume 
nel rniicorso ed � ipreS<Uipposto daille rico11date decisioni di questa Corte, 
ohe [a sentenza n. 131 del 1979 de1la Corte costituzionale abbia prodotto 
'lllil 1simHe ef:l�etto caducatorio �su11a :previsione normativa �oonoemente 
Hmiti a �oui � suboridinata '1a possibilit� di conoedeve !la sospensione 
condizionale, in relazione a:lle pene pecuniarie (�sole o congiunte a quel� 
Ja detentiva); n� pu� dirsi� che 1per questa rparte �l'avt. 163 ipresenti 
vizi di legittimit�, rper 1derivazione daHa �decisione di aocog1imento della 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

674 

Corte costituzionale, 1cos� da richiedere che Ila questlione sia �rimessa 
ahl'esame del git11dice della cos�ti1tuZJionailit� delle .leggi. 
La tesi della parziale caducazione dell'art. 163 c.p., come conseguenza 
diretta dclla sentenza n. 131 del 1979 deHa Corte costituzionale 

o come effetto di un vizio di iMegiittimit� derivata, muove dail �rilievo 
che i !liimiti quantitativi �che os�tano a!lila concessione defila sospensione 
conclizionaile delle pene .pecuniarie 1troverebbero la loro ragione esclusiva 
neilla convertibdilit� della ;pena pecuniaria in pena detentirva; c0n Ila conseguenza 
che, venuta meno talle possibilit�, sarebbero divenuti inoperanti 
anche d Qimiti suddetti e iperici� .1a sospensione condizionaile non 
troverebbe ip.i� ostacoli :ne11a quantit� della ipena pecuniaria iinf.Htta 
congiuntamente a que'hla detentiva. 
Senonch�, ~�,art. 136 c.p. ora dichiarato costituzionalmente iwlegittimo 
aveva J'un1co ~copo di sancire rche [e pene della mt11lta e deMa ammenda, 
non eseguite iper :linsolvibiUrt� del condannato, & convertivano, rispettivamente, 
.nelila .reclusione e ne11'arresto; ma iper J'app[icazione del meccanismo 
di conrversione, e do� per �stabi'1ire Ila concreta misura defila 
pena detootiva da eseguire, oocorireva rfar ricorso a lll'll'ailtra disposizione, 
di pi� generale portata, quella dell'art. 135 c.p., secondo cui, � quando, 
per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene 
ipecUlll:iarie e ipene detentive, iii computo ha �luogo cakolando rei.nquemi:la 
ilire o frazione di cinquemila Jire, :per ogni �giorno di pena detentiva �. 
Si .tratta, come �si vede, di urna nOI'lil.a �ohe opera una comparazione quantitativa 
tra .le pene delll'urno e dell'altro genere, non gi� al fine .pratico. 
della sostituzione dell'uno alle altre -nella fase dell'esecuzione, bens� 
irn 'termi'llli astratti e meramente �ipotetici, in i�unzione � idi ogni effetto 
giuridico, rispetto a cui l'accennata operazione di ragguaglio si renda 
necessaria, per il concreto funzionamento .cli specifici i'stituti, sostanziia1i 
o rproces�sualli. T1ra questi dstituti rientrava, come si � detto, ~a 
conversione delle pene pecuniarie; ma altre norme, oltre a quella delJ'airt. 
136, sicuramente comportano, 111el vigente isi:stema, Ja 111ecessit� di 
far Tiferimento al ori.terio di iragguaglio iprevisto dailil'art. 135, e tra esse 
si ipossono :riicordare, a t!itolo esemiplificativo; e 'senza pretese dd completezza; 
queiJ.le de1l'art. 37 c.ip., secondo cui Je pene accessorie temporanee, 
irn ma111oanza di una diversa previsione [egi�siativa, han1110 una 
durata eguale a que11a dclila pena ;pe�u:nia!ria � iohe doVirebbe 1soonta11si 
�nel caso di conversione per inso[vibi1it� di condannato�; quella deil!l'ar1Jicolo 
99, u. co. c.p., per cui ~'aumento di pena conseguente alla recidiva 
non 1pu� mai superaTe itl cumulo del1le :pene risuHante daLle condanne 
priecedenti e non !PU� dunque superare, quando .le condanne precedenti 
abbiamo ad oggetto pene pecuniarie, Ja durata che queste uiltime 
avrebbero 1avuto se commisurate alla 1pena detentiva (v. :in questo senso, 
trn ~e a1ltre, Cass. 4 ma1rzo 1976, Rezza, 1in Giust. 1pen. 1978, II, 140); quella 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

dell'art. 137 1c;p. �che, disponendo ila detrazione dt'ill'ammontare dclla 
pena !Pecum:iaria daiHa caricerazione preventiva, evidentemente richiede 
che si rproceda ad un'operazione di rnggua~o tTa ipene ipecuniarie e 
detentive; quellla aincora dell'airt. 515, terzo comma, c.ip.ip., conoemente 
il divieto de11a reformatio in pejus, e per fa quaile, 1secondo fa costante 
interipretazione di questa Corite, il giuidiiice di a1ppelilo ipu� sostituire t1a 
pena !Pecuniaria a queHa detentiva iinfilHta ,daJl 1primo giudice, ma deve 
contenerla, 1ragguagliandola a11la pena detentiva, negli stessi tlimiti quan
�titathri di quest'll.llltima. 

Si dev�e infine ,ricordare, per Ja �sostainziatle analogia dellla materia, 
ohe a rproposiito del iperidono giiuddzia!le, La 1legge (art. 19 rid. 20 .Juglio 
1934, n. 1404, ~u!Lla istituzione e funzionamento del T1riburnale per i miinorenni 
e art. 169 dcl codice penale) iprevede eSJplHcitamente, anche 1per H 
caso di ipene congiurnte, un 1limite fisso e iprestaibi1ito delila pena pecuniaria, 
oltre i!l quale il beneficio non !PU� essere COilJOOsso, e che Jo stesso 
avviene, rper �:l 'caso di condanna �al:1a sola ;pena pecuniaria, anche riguardo 
ailila non menmone nel 1certifilcato dell �caisehlario {art. 175 c.ip.). In relazione 
a quest'ultimo benefilcio, invece, il'art. 175 ne staMlisce il Hmi:te 
di concessione, iper I'iipotesi di �pene congiunte, con una 1formufa che 
� sostainzia1mente adent1ca 1a quella dehl'art. 163, e ohe non pu� essere 
qui anoorpretata �se non come la 1prev~sione di un criterio astratto di 
rngguaiglio, al di fuori di ogni :riferimento ahla conversione dehla pena 
pecuniaria, iposto che quelllo delila non menziOll'.le � un dstituto 1ohe non 
attiene, 1per 1sua natura, aJ!l'eseouzione de~la pena. 

Risulta confermato dagli esempi che si 1sono fatti come ila dispoSi'.?:
ione dehl'art. 135 !S�. wililochi, rispetto a queilila dehl'art. 136, isu un .piano 
del .tutto 1ddverso, 1conoretandosi in UJDO s�trumento di compairazione 
astratta tra Je ipene dei due generi, diretto a consentire 1'applicazione 
di urna :serie di norme sostanzia:li e processuali e, �tTa �le altre, iprrima 
della sentenza della Corte Costituzionale, anche di quella dell'art. 136. 

Ma �se 1taile � dil !COiltenuto ideH'arit. 135 �e talle � iiJJ. suo rrarpporto con 
l'articolo 136, non � 1dubbio che alla decisione dehla Corte Cos.tituziona:le, 
in quanto [imitata ahla dicltiarazione di ihlegittimit� defila COll'.1Vt'.I1sione in 
pena detentiva dal!la pena pecuniaria, non ipu� attribudrrsd nessuna :iincidenza 
su1l'art. 135, in relazione ai casi in cui �fil �ragguaglio tra ':i due 
generi di ipena "si renda necessario, per finailit� ,dJiverse da quella de1l'eseouzaone 
delle ipene pecuniarie. 

Anche dopo ila caducazione dell'art. 136, resta cio� operante nel sistema 
[a posisihHH� di procedere ailJa comparazione tra pene pecuniarie e 
detentive e dunque ila neoessdt� di farvi ricorso, <tutte rre volte che la 
Jegge ;assuma il ragguaglio tra i due generi di pena, 1come un mero 
criterio di calcolo ,inteso a 1trasfo:ronal'.1e in omogenee, entit� non omo



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

genee, in vista di efilietti giuridici diversi da quel.io deH'esecuzione dellle 
pene pecuniarie. 

Valutate con riferimento a questo quadro normativo, ile dispoSii.zioni 
delil'art. 163 c.p., concernente i Hmi1Ji entro cui � ammessa ila 1soS1pensione 
condizionalle delle pene pecuniarie (sole o congiunte a quelile 
detentive) appaiono prive di ogni 1colilegoonento con Ja norma ora calducata 
daill'art. 136, ma msu1ltano. al contrario corredate a!Ll'art. 135 c.p., 
di cui rappresentano un'ulteriore ipotesi applicativa, insieme a quelle 
prima ricoroate. 

� vero ohe tl'a!rt. 163, parJando in tutti i suoi commi di �pena poouniaria... 
convertita a norma di Iegge �, ,sembra ahludere allil'ef�fettiva convevsione 
�!l1 ipena detentiva della pena :pecuruiaria; ma per apprezzare nel 
suo giusto 1signirficato (a!tl!ohe meramente fotterale) una cos� [abile �traccia, 
bisogna anzitutto 1tener conto che quetlla deiH'art. 163 � UITTa formllila 
tralatida, ripetuta pressoch� :pedissequamente nel codice 1di iprooodura 
penalle del 1913, poi in 1que1lo pena:le del 1930 e qui!tl!di nelile successive 
leggi di modifica, dopo 1che ila 1legge 26 giugno 1904, n. 267 J'aveva usata 
per Ja prima volta, introducendo nel nostro ordinamento Ia sospensione 
condizionaile della pena. n codice 1penaile allora vigente, per�, a 
differenza di quanto avrebbe fatto in ,seguito d1 nuovo codice, contemplava 
~l ragguaglio :tra pene pecuniarie e pene detentive soltanto a 
proposito delila conversione de1le pene, come uno ,strumento indisipensabille 
per darvi attuazione (art. 19 e 24), ed era 1peoci� inevitabiile (o 
atlmeno comrprensiibille) .che la :legge del 1904, iperse!�Uendo ,J'obiettiivo di 
rendere comiparabi!li entit� non omogenee, faoes,se riferimento alla 
conversione e cio� ail sotlo istituto che, 1secondo :iJl codice, comportava 
ila necessit� di quella comparazione e ne rendeva pailesi 1gli effetti anche 

nel 1risuil:tato pratioo. OionO!llostainte, �la formUila usata da:l codice vigente, 

attmve11so ['illl!p'iego nella iproiposiziO!lle principale del 1condizi0!t1atle � !p!'i


verebbe � {dellJla [ibert� personale), mette chiaramente in evidenza come 

fil rlchiaimo alila conversione abbia i1l va:lore �di una mera i1potesi con


cettuale e non igi� d�. !l'"invio a un fenomeno verificatosi (o che debba 

verificans'i). 

La formUJla cio� si es.prime nei .termill'lli di un giudizio i�potetico, in 

cui [a ipa�rotla convertita non pu� �indicare un .fatto gi� avvenuto o ohe 

debba avvenire, in quanto (dato ,l'uso suacessivo del OOilJdiziona:le) deve 

intendersi proceduta da un'e11issi, .resa necessaria dailila 1s�truttura stessa 

deil!la frase, con cui rsi sottintenidO!llo le parole � se doves'Se essere�, o 

al1Jre del genere, idonee a ohiarire come quelila dehla conversione sia 

soltanto un'ipotesi asrtratta, fatto aJlil'uniJco scopo di tmvare un termine 

di Taffronto e di permettere quindi, attraverso un'operazione idi rag


guaglio, �a determinazione quantitativa defila pena pecuniaria, che ne 

imipedis-ce ila sospensione C()IIlJdizionale. 

!I 
Il 


~~~--~�....J 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Ma 1se ci� � chiaro, igi� dail purnto di vista �lettera!le, � sul piano tlogico 
e sistematico che tl'aocennata mteripretazione .trova ulteriore e I�J.1re� 
if�utabfile .conferma. 

Secondo le disposizioni vigenti, Ja pena pecuniaria iSi esegue, mediainte 
J'ottemperanza ailil.'011dirne di pagamento ovvero mediante tl'esproptiazione 
dei beni mobfil.i. e immobili dcl conda[J[lato; anche pr.iima della 
sentenza defila Corte Costituzionale, era questo itl modo 011dirnario di 
esecuzione deLla pena pecuniaria, irn quarrlto solo nell caso �ohe fosse 
stata accertata in sede esecutiva l'insolvibilit� del condannato, la multa 
e l'ammenda :venivano convertite in pena detentiva. U giudice perti�, 
quando .pronunciava fa condanna, non era a:f�fatto :tenuto ad accertare 
se ricorressero, irn retlazione al ca!so concreto, i rpresuipposti del!la oonveI1Sione 
delila pena, e d� anche rper J'incidenza che ipotevarno avere suUa 
necessit� di 1sostituzione deHa pena pecuniaria, i possibili, suooessivi 
mutamenti detlle condizioni economiche deil condannato. 

Irn �aJ1tri itermillli, nel momento della condanna, �le vicende �oom:i:ess�e ai 
corncreti modi di esecu:?Jione deltla 1perna pecllil1~airia rappresentavano (oome 
tuttora rappresentano) un'eventualit� futura e nemmeno prevedibile, con la 
conseguenza che fa conversione (e la stessa convertibiJ.it�) defila pena pecuniaria 
erano eventi irriilevainti e 1durnque privi di ogni :inftluenza rii.spetto aiLia 
decisione concernente la sospensione condizionale. Altre valutazioni, deil 
tutto estranee alla concreta esecuzione della pena inflitta, condizionano il 
provvedimento di sospensione, e non occorre pertanto aiggiurngere ~tro, .per 
escludere, dal rpunto di vista Jogico, ohe I'arit. 163 1potesse far riferimento 
ailil'effettiva oonve11sione deHa pena pecuniaria e per .oondludere che il 
ragguaglio tra .l'uno e l'altro genere di pena � imposto ai1l'unico scopo 
di stabi.lire, sia pure indirettamente, ll!n tlimite quarntitatwo ailila rpossibi~
it� �di sospensione deLla pena pecuniarfa; ci� non idiversamente da quanto 
avviene, come 1si � visto, in modo diretto, per esptlicita disposizione 
di Jegge, rigua11do ad a:ltri istituti, in qualohe misura arnailoghi a quetllo 
de1la sospensione condizionale, quali sono llil pendono .giudiziale e la 
non menzione deiltla condanna nel certificato del Casellario. 

N� ip'Otrebbe essere a1trimenti, Mi relazione ailila funzione che adempie 
la sospensione condizionaile de1la pena. 

In effetti, Ia sospernsiohe comporta la rinuncia 01H'arpplicazione della 
pena inflitta dal giudi1oe e la conseguente rpossibille estirn:?Jione ddl reato, 
aililorich� non si verirfilchino Ie condizioni per 'la 1revooa delJa misura. 
Quando la pena [(['rogata in concreto non SUJPeri determinati limiti, fa 
.legge presum~ ohe J'esecuzione deHa sanzione possa risultare socialmente 
sproporzionata J:ispeHo al1l'obiettiva gravit� dell reato commesso, 
e ipe11ci� affida aJl 1~rudi�oe d1l compito idi 1aooertare, neLI'ese:rdzio del suo 
potere disorezionale, quale delile due possibili soluzioni {esecuzione o 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

678 

sospensione) isia quella ipi� utile, per 1e finalit� de11a prevenzione ispeoiaile 
e del recupero dcl reo. 

In questa 1prospettiva, inon ;pu� 'duhltairsi i0he Ja sospensione condi~ 
zionale, stpecie inelil'evdluiione che fist:ituto ha a1.'Uto nelhla [egisilazione 
rpi� recente, tenta rainziitutto di evitare i da:mri derivanti d�llLle ipeine detentive 
brevtl, sottraendo i res1ponsabili di rrea:ti ipuniti non 1gravemente agli 
inf�lussi deleteri ohe possono avere brevi periodi di �car.oerazione, oome 
spinta ulteriore e definitiva a:l delitto; ma � ailtrettainto certo �che non pu� 
ridursi a questa ila rf.�unzione dehla 1sospensione �condizionale, uina vo11ta 
ol:l.e essa pu� avere a!d oggetto non soltanto :le pene detenni.ve, ma anohe 
fo peine pecuniarie, e non solo se congiUJnte a qrue1le detentive, ma iprtl!re 
se aipipl]ica:te da sole. Queste pene, come .gi� si � acoeininato, rtrovavano 
anche prima delhla sentenza deLla Corte Oostituzionaile, d!l foro modo 
ordinario idi esecuzione neLl'adempl�!mento ~vollontario o coa:tto) di una 
prestazione !pOCU!Iliaria, ed � dunque mnegabiile che, rispetto ad esse, 
fosse iproprio questo J'effetto, e non gi� quello fururo e incerto deMa 
caiiicerazione che aa sospensione condizionaile tendeva :iin ,primo i1uogo ad 
evitare. Corirelatiivamente, ,l'inammissiibillit� della sospensione �()()[ldizionaile 
nei 'casi :iin oui la pena peouniia!ria SU!perri 1certi !limiti, deve rritenersi 
g�ustif�cata noin gi� daJ. cairat-tere de1la convertib�llit� che aveva Ja ipeina 
;pecu:il1arria, bens� 'Sdltanto dahl'iintento di evJitaire rohe, per effetto di una 
decisione del giud:ice, possa non avere concreta attuazione rla sanzione 
inflitta e quindi l'obbligo del condannato di pagare la somma stabilita, 
quando essa raggi'lNllga determinati �livelli quantitativi. Anche con riguardo 
ai11e pene ipoouniarie, come (l".�spetto a quelle detentive, .Ja tlegge, nel 
quadro deHe complesse finalit� preventive e repressive che persegue, 
c�llsidera 1pi� utiile ['eventuale, maincata eseouzione delila rpena, solo 
quando essa rimainga al rdi qua di oertii limiti; mentre quando questi 
limiti siano 'suiperart:i, presume ohe ifil reato 'commesso, rper ila '9ua obiettiva 
gravH�, meriti m ogni c�so '1a �COillareta esecuzione della pena, neilila 
sua forma oVddna:ria, se si tratta di pena rpeiouniairia, detl'ademipimento 
della reilati'Va [prestazione. � perci� evidente, anche da questo punto di 
vista, come ile disposizioni deM'a11t. 163, non �possaino avere .aJltro significato 
che quello di determinare l'entit� delle pene pecuniarie, oltre la 
quale la sospensione inon � ammessa; con J'un:irca differenza, (l"ispetto al[e 
norme analoghe prima citate ohe ili. limite � .fissato (come si � rgi� acoennato), 
I�!n forma indiretta, attraveI1So iJa comparazione alla rpena detentiva, 
cos� da a1ssiourare 'IJJil .identico trattamento ai reati puniti con 
1l'U1TI0 o 1l'ailtro tipo dd pena e da .c:Onsootire, in caso 'di pene oongiUlilte, 
J'aipplicazione dei1la sosrpensione negli stessi limiti iin cui essa sarebbe 
stata rpossibile se fosse stato applkabile uno isolo dei due generi di ipena. 

Deriva da tuto ci� che si � detto che l'art. 163 c.p., quando dispone 

che il �giudice pu� oodiinare ila sospensione condizionale defila pena ipecu-�: 

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PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

filaria, nei casi i111 cui essa, sola o c0111giunta a�tla rpena detenth~a e convertita 
a 1110I1111a di Jegge, pirivernbbe il c0111dainnato dellla 11ibert� rpersomille 
rper IUiil tempo istabiilito, si [imita a 1saincire ohe, ai sensi e nei termini 
previsti dall'art. 135 c.p., venga effettuato un ragguaglio astratto e 
irpotetico 1tra J'u1110 e J'aM1ro genere di rpena, !ll0!11 gi� ai fini o in vista defila 
converisd:one defila !Pena pecuniaria in pena detenth>ia, ma ailil',um.ioo effetto 
gim:"idd:oo di c01I1Sentire, attraverso una mera orperazi0111e di .oalkolo aritmetico, 
la determinazi0111e defila quantit� di pena pecumfairfa, �rispetto a 
cui � ammessa la �sospensione conclizionaJe. 

Ma �se � cos�, a:l;la sentenza de11a Corte costi:tuziona�e non pu� evidentemente 
riconoscersi nessun effetto, in temnini di invalidit� derivata, 
sulle disposizioni dell'art. 163 c.p., posto che esse hanno riferimento, 
come si � ,v:i:sto, non gi� ail:la norma dell'art. 136, bens� a qu~la del!l'articolo 
135 c.p. 

Anche dopo J'e1imilinazione del �s�istema de~la ipossibili:t� di cOillVers1ione 
delJla rpe111a ipeouniaria in pena detentiva, (fa previsio111e !1egiffiativa 
di un !Lirmte quantitativo ahl'ammiissibi�H� della s0Srpe111sione c0111diiziona�e 
de111a pena ipeouniaria (s~a o congirunta a que11a detentiva) conserva 
in relazione ,ai !Parametri costituzionail:i, una perdurante vailidit�. 

Nella sua sentenza, [a Corte costituziomcle ha 1ohiaramente ribadito, 
in linea con la sua precedente dedsione n. 12 del 1966, 11a Jegittimit� cosHtuziona1e 
de!Ll'adozione di pene rpeouniiarie, (['itlevando �ohe esse, aocanrt:o 
aihlfiloonvieniente di una diseguaile af:f�!ittivit�, ipresen:tiino tuttavia fil vantaggio 
di llJIIla minore inddenza �suJla posizione e suilil'inserlrrne:nto socialle 
de1 c0111dannato. La Corte d'a:Itm parte ha diohiarato finlcostituzionaliit� 
della noI1111a sul.la conrve:rsione, soiprattutto in i00111s�derazione drul'effetto 
che essa comportava detla tras11azione defila pena dai beTlli affila perisona 
dcl condamnato insoJv:i!bhle; ed ha quindi 1sottolineato come ll'esigenza di 
assicurare, a:lnreno in vfa tendenziale, un'uguale rposisibfiliit� di aipplicazi0111e 
deHe sanmoni previste dalila !legge a �carioo di tutti gli autoci dei 
medesimi iilileciti 1pu� essere soddisfatta, non gi� con ['e!limdinazi0111e deilila 
pena pecuniaria dai! sis:tema, ma con J'adozione da .pa11te del .legislatore 
di opipo11tuni �strumenti noI1111ativ.i, idonei a surrogarla, nei casi di impossibhlit� 
deM'adempimen:to, 1senza bisogno di Tkorrere al caa:;cere. 

llil questo modo, lla Corte, superando un'afrermari0111e incidentalmen1Je 
contenuta nel:la 1srua rprecedente sentenza in materia (n, 29 del 
1962), seoondo ct� da1fo1iminazione de11a �pos1sd:bill'it� di conversione sarebbe 
dedvata una situazione di disuguaglianza per i condannati sdvibi.Ji, 
ha in sostan:zia messo in evidenza come la 1sanzi0111e ,pecuniaria �resti idonea, 
anche dopo l'eslCllusdone della sua .conversione, ad ademipiere lle funzioni 
prop['ie deMa petJ.a; ed fin effotti :non si pu� negare -che ~a pena 
rpeouniarua, data 11'affli:ttiv.it� 1ohe la connetta soprattutto in rrelazione ad 
ailcuni 1tipi di reato, � ce11tamente in grado di assolvere, come 1e pene 


680 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

detentiive, a una funzione non 'solo di prevenzione �speciale e quindi di r'ieducaziOllle, 
a1JID:"averso i'l recupero 1sociale del reo per via di intimidazione. 

Piroprio in vista di ci�, non sono infrequenti [ casi, in ,cui l'ordinamento 
ricorre alla pena pecuniaria per �sanzionare fatti penalmente illeciti 
e rtra ~i alteri, specie quelili in cui iptevaLgono motivi di 1lucro o ohe 
siano comoo.que connessi ad attivit� economiiahe. MOllit!i. reati di girande 
'l'iilievo soaiaile, come i �reati tributari e quell.i vaillllltairi, comportano J'applioazione 
(anche e ,taJl.ora prevalentemente) id.i rpene ipecuiniairie, mentre 
nei .tempi pi� rre!Centi si va a!ltres� affermando ila 'tendenza a 1sostitruire 
OO!l1 [e pene !l)OOU!ll�arie le pene detentive di breve durata. 

In quesrto contesto normativo, �l'esdusione dei11a iSosrpensione oorndizionale 
per [e pene pecuniarrie 1ohe superino determinati Hmiti quantitativi 
trisponde pienamente alle esigenze connesse aiLle &ailit� ohe deve 
avere la pena, secondo i principi costituzionali. L'entit� della pena � come 
~e lllill indice del 1d.isvalore soci.alle del reato e petti� ila iprevis�one di 
inamn::rls'siib:Hit� defila sosrpensione, in base ail critetrio de11a grawt� dela 
SatnziOille, appare oggi ,tanto pi� giiustiJfilcata, in quoo.rto alrtrimenti, data 
l'imipossibi!li.rt� di comrertire [e pene pecuniarie, 1si attenuerebbe ulteriorrmente 
ila iloro funzione di prevenzione generaile e ,gipeoia1e; e ci� non soltanto 
rispetto ai reati che sono puniti unicamente con ila pena pecuniaria 
e che tuttavia possono essere iliesi'V'i, come avviene per que11i. prima dnid.icati, 
di rievanti interes1si sociali, ma anche riSlpetto ai reati che comporrtano 
il'aipipilicazione di rpene congiU!O:te, posto che in qu:esrto caso ['aggiunta 
della rpena rpeoU!O:iaria a quella detentiva � di per se stessa 
espressione di una connotazione legislativa di maggiore sfavore. 

D'aJJtro canto, nel momento delila pronuncia de[la condanna, e quindi 
delil'acoertamento concernente (l'ammissibilit� dleil!la sosrpensione, Uca 
situazione dei COl!ldannati non si ,presenta sotto nessun asrpetto diversa, 
appunto rperoh� m quel momento non ,possono (e non debbono) venire 
in cons~derazione ~e loro condizioni di solviibH!it�, e non � in n:itaziOllle ad 
esse, come !Prima 1si � detto, ohe Ia fogge fissa i [iJmiti quantitativi di 
pena, en~o cuii � rpossibiile Ja sosrpensione. Re'S'ta 1cos� in rpieno as,sicurato 
tH LI'isrpetto del principio di eguaglria:nza di &onte ail tl'.'eato e alla rpe:na, 
menrtre, nelJa fase successiva dell'esecuzione, � ila 1stes1sa esal:t1sione dclla 
convertiJbilirt�, ora sandta dailla Corte costirtuzionalle, �aid i:mpeclire ohe 
iii condannato pos,sa 1subh1e, a causa de!lle sue condizioni economiche, un 
saicrifioio diverso e pi� grave rispetto a queil!lo naturralmente connesso 
a:lll'obbligo di ademrpimento della prestazione peoUiiliaria, ohe aa coodaill11a 
comrpoota. 

Perloi� aa rpaiiiifilcazione deJla pena pecUiiliaria, a quel1'1a detentiva, ru 
fini dell divdeto dellla sospensione condizionale, rappresenta una s�oelta 
non irrazionaile di rpalirtica fogis[a1Jiva, che �trova un iragionevole motivo 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 681 

nella :fuirwione stessa della pena rpeoooiaria e che dunque non aippare 
censumbille :iin 1te:rmini di costituziona!lit�. 

Al11a stregua dellJe esposte 1considerazjoni, deve cond1usivamente afferma:
risi che (anche dopo la sentenza deilila Corte costiituziona!le n. 131 del 
1979, con [a quale � stata dichiarrata l'Hlegittimit� costirtuzi0111aJ.e del[e 
norme con.cementi 11a conversione deihla ipena pecuniaria Mi rpena detentiva, 
ad filni deLl'ammissihllit� deHa ,sospensione cOIJ;diziona!lle della pena, 
si deve continiuaire a .tener conto delila pena pecuniaria, srua o congiUtnta 
a quella detentiva, .secondo Ja iprevisi0il1e delile disposizioni delil'aJill:. 163 
de1 ,coidke rpenale). 

M cicooso di conseguenza deve .esisere rrigettato. (omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. VI, 9 giugno 1980, n. 2240 � Pres. Tafuri -
Rel. Dattiloni -P. M. Moscarini (diff.) -rie. Solimeni Mario .(Avv. 
Srtato Di Tarsia). 

Procedimento penale -Sospensione condizionale della pena -Presunzione 
di astensione da ulteriori reati � Valutazione dell'atteggiamento susseguente 
al reato � Presunzione sfavorevole � Deve risultare da comportamenti 
espressi. 
(c.p., art. 164). 

Nella valutazione del presumibile comportamento futuro dell'imputato 
agli effetti dell'art. 164 c.p. pu� valere dar peso all'atteggiamento 
susseguente al .reato, ma semprech� questo risulti � ex actis � e non si 
possono perci� trarre argomenti di presunzione sfavorevoli per l'imputato 
per il semplice fatto che manchino al riguardo elementi di giudizio 
(riferimento al caso di specie) (1). 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

(omisiss) Il primo motivo concernente i compiti facenti capo all'imputato, 
nelJla sua qua:lit� di preposto a:H'attivit� dell'autopa!OCO del11.'ANAS, 
compartimento di Narpoili, non !PU� non essere disatteso. 

M ~retore esattamente ha ritenuto che le violazioni dellle no:rme di 

prevenzione mfor�uni, accertate dal['Jisipettorato del Lavoro, nell'offidna


(1) Il caso esaminato daHa Suprema Corte � sufficientemente chiarito dal1a 
riportata motivazione: il Pretore, con una severit� degna di miglior causa, aveva 
snatwto che ailil':imputato, capo se2lione deWA.N.A.S., non poteva essere concessa 
la sospensione condi:zlionale dell:a pena perch� non aveva provato di aver osservato 
le :i.nd[carzicmi degilii Ispettori del Lavoro e quindi non era possdbil.e presumere 
che �si sm-ebbe astenuto dail commettere a}tri reati. Ci� vaileva a dire che, 
contestati i reati p. e p. dahle norme su~lla prevenzione degli infortuni sw lavoro, 
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682 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

garage deJII'ANAS, sono da 1rfooridarsi a fatto e co1pa del Solimeno, giacch� 
a l1ui, qua:le, capo 1sezione teonico, ed �addetto a!ll'autopa:I1co spettavano 
i compiti di sorvewJianza di :tutte le attivit� inerenti all'esericizio, 

' aihla gestione e aMa manutenzione dei rrocaili, dehle attrezzature e dei macchinavi 
f�issi e mobiJ.i in dotazione deN'arutopamoo, secondo Ja !IlJOI1mativa 
dentata dalila Dkezione Generale deill'ANAS, aiHegata agli atti. 
Quainto aJ1le censurre mosse dal 1rkovrente, in ordine aJJlle singole violazioni, 
oggetrto dehla Qunga 1contestazione, osservasi 1ohe esse 1si traducono 
in una oritka dellla motivazione .della sentenza, fondata esclusivamente 
su �considerazioni di merito, che non ipossono trovare tutela, non rientrando 
im. ness'Ull:o dei �vizi di Iegiittimit� 1oompresi nelil'elencazione .tassa� 
:tiva di cui a:lll'arrt. 524 c.rp..c. In sostanza, mediant�e il vizio di motivazione, 
i!l �riico:nrente mira ad ottenere un'inammissibile <rivalutazione dei fatti e 
delle prove, in contrasto con l'accertamento insindacabilmente compiuto 
da!l giudioe di merito, la cui motivazione contiene UJna chiara dimos1t�razione 
logica e giuridica della decisione adotrtata, infoJ:1IData alle 1sicure 
risul1tanze dei v<erbaili di accertamento, ampirunente ,confermati in udienza. 
Anclie 'l'as1soluzione per insufficienza di rprove dai reati di .cui alle 
[ettere d), e) ed f) � sorvetta da ineccepibile ragionamento logico�giul'idico, 
in quanto hl 1giudice, di fronte al contrasto .f�ra elemen1:i a favore ed 

il contravventore non soggiaceva soltanto al conseguente processo pena:Le, n� 
ahl'obbligo cli non commetterne a!Lt:r� -affePmazioni entrambe esattissime -ma 
sarebbe stiato ailtres� obblmga1:o a daive 1La prova pos1tiv,a di aver ovvdato, prima 
dellil.a semrt:enza preto:r�le, ai1le denUiil!ciJate violazioni di norme per poter usufruire 
dcl beneficio deiUa �sospensione condizionaile delJla pena: questa sorta dii� mostruoso 
giiudii7lio di ottemperanza, ipveventil\'IO e pregiudi2lial.e, implIDcitamente contenuto 
netla sorprendente decis:i!onie del Pretore, � H frutto di un eviidente errore di 
diritto e bene � stato oensurato dalilia Suprema Corte. 

Occorre infatti, ,se non si vuol:e snaturare fa nOl!1IIla, che tlia sussiste111Za dei 
requisivi per la ooncessdone del benef�o1o venga valutata dn base a comportamenm 
espressi, senza stravoLgere questi in un mammiissibiile onere dii prova 
a ca:r�;co dell'imputato, che comporterebbe a sua volta una sorta di privatizza7lione 
del processo penailie. V..:infatti: Cass. 29 aprile 1978, n. 456, m. 138.790, che 
ha s1JatUJito che tlia presunzione che ~l co]Jpevole sii asterr� dal commettere ulteriori 
reati non deve essere frutto di arbitraria oongiettura, ma deve essere desunta 
ctaii cdtem .presicritti dail!l'art. il33 c.p. -V. i!Ja aJIJJcor pi� srgnificativa deoisd.one 
della Suprema Corte (Sez. VI, 24 marzo 1978, n. 132, m. 138,412) con la quale 
� stato nettamernte clistinto dl comportamento rproce:ssuaile dei!Jl'imprutato, valu


. tabiile nehla sua Pigorosa obiJettirW:t� ai fiIJJi dehla concess&one deLla sosrpens,ione 
condizionale deliLa pena, dallil!'eserdzio dru suo diritto di ddfesa che pu� legittimamente 
esp.!Jioars�1 anche iin un � totale dimiegio dei fatti, tanto raidioale quanto 
asistll'.'do �, senza che su ci� possa essere motirviata 'L'omessa concessione del 
beneficio. 

Suillla sospensione cond~ionale del!JJa peIJJa, v. in questa Rassegna, DE CARLO, 
1966, I, 739; 1967, I, 176 dn tema di interipretazione eterne disposizioni modificatrici 
dell'art. 164 c.p. di cui alla L. 24 aprile 1962, n. 191. 

P.D.T. 

PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

elementi probatori sfavorevoli aJ11'imputato, relativa:i.nente a111a macchina 
clet1lrosmerigiliatmce non ha �trovato [a rposs�iibilit� di una ipirevailenza deglli 
uni Ti-spetto agili 8iltTi, ed � ipe11ci� pervenuto .Iegi1J1Jimamente ad un convincimento 
di dubbio, che �Si .sottrae ad ogni censura. 

Merita invece aacogilimento il motivo di �l1�COI1SO inerente al diniego 
deLla sospensione condiziona:le della pena. 

Invero fil giudizio .di prognosi infausta cui � giunto il P�retore, relativamente 
affila ,futura condotta dcll'imiputato, non � sorretto da motiva2lione 
adeguata, che dia la giustificazione .logica e giuridi1ca de1la decisione 
negativa adottata. 

U Pretore, in reaM�, ha tratto una presunzione contraria al (['avvedimento 
deilfimpurtlato, in hase aJJla considerazione che questo non aveva 
dato la rprova di avere adempiuto a:J!le istruzioni imparti1te dal verbalizzante 
J.sipettore dcl Lavoro. 

Indubbiamente, ne11a valutazione del presumibile comportamento 
i�utmo del!l'imputato, ag.Ii effetti delll'aTt. 164 c.p., pu� vailere dare peso 
all'atteggiamento susseguente al reato, ma semprech� questo dsuilti 
� ex actis � e senza trarre wgomen1Ji di rpresunzione sfavorevoli :per rimputato 
sOil rper1Ch� manchino al riguamdo clementi dii giudi2lio. 

Nel caso iparticolare, date [e condizioni .di incensumtezza dell'imputato, 
liil giudice per :poter giungere al convincimento della 11ipeti2lione futurra 
del reato da pairte del medesimo, avrebbe dovuto �essere sicuro deihla 
ferma deoisione del coLpevole di continuare nel �suo atteggiamento di 
trasgressione dclle norme antinfortunistiche e non era certo .ragionevOile 
presumere �ta1e a:tteggiamen�to di dlisobbed:ienza, �senza che rioorres�sero 
clementi di fatto seri univoci e concordanti. 

Si impone pe11tainto i;l ��riesame dcl .punto, previo annu1lamento deMa 
sentenza, con .rinvio a .giudice diverso. 


PARTE SECONDA 



QUESTIONI 


Le pi� recenti sentenze della Corte di Giustizia sulla libera circolazione 
delle merci (settembre 1977 -aprile 1980) (*). 

1. -Tre anni or sono, nell'esaminare la giurisprudenza della Corte di Giustizia 
delle C.E. in tema di libera circolazione delle merci nell'arco del primo 
ventennio della sua attivit� (**), ritenemmo di poter evidenziare che la Corte 
avesse posto a fondamento comune delle sue pronunzie in materia: 
a) che la libera circolazione delle merci � obiettivo primario dell'azione 
comunitaria, e per la sua reale operativit� � necessario che l'interpretazione, 
sostanziale e non meramente formale, delle norme che la regolano sia tesa alla 
effettiva eliminazione degli ostacoli da chiunque e sotto qualunque forma posti, 
senza alcuna indulgenza per situazioni particolari che non siano espressamente 
previste come specifiche eccezioni; 

b) che lo scopo pu� essere concretamente raggiunto solo attraverso la 
diretta applicazione delle norme comunitarie, attribuite ai �singoli di diritti immediatamente 
tutelabili; 

e) che particolari esigenze economiche e sociali, richiedenti soluzioni differenziate, 
possono trovare soddisfazione solo nell'ambito comunitario, e non 
con interventi unilaterali dei singoli Stati. 

Questi principi hanno trovato ulteriore espressione e un pi� articolato sviluppo 
nell'ultimo triennio. 

Sotto il primo profilo ricordiamo le sentenze con le quali la Corte ha riaffermato 
che le disposizioni del trattato relative alla soppressione degli ostacoli 
tariffari e commerciali agli scambi intracomunitari devono essere considerate 
come facenti parte di ogni organizzazione comune di mercato anche se il corrispondente 
regolamento non le riproduce espressamente, salve ovviamente le 
contrarie disposizioni ammesse dall'art. 38 n. 2 del trattato (1). Ma soprattutto 
ricordiamo la sentenza emessa nella nota controversia sui vini italiani importati 
in Francia (2) le cui statuizioni oltrepassano la sfera della libera circolazione 
delle merci, per ricomprendere tutti i settori di attivit� contemplati nel trattato. 
!Risolvendo il problema a monte (e senza quindi occuparsi della concreta 
misura adottata dalla Francia a limitazione dell'importazione dei vini italiani), 

(*) Tratto da intervento svolto nell'incontro di studio tenutosi a Siena nei giorni 

20-21 giugno 1980, in occasione della pubblicazione degli Atti del convegno internazionale di 

studio (Siena, 15-16-17 settembre 1977), sul tema.� POLITICHE COMUNITARIE E GIURISPRUDENZA 

DELLA CORTE DI GIUSTIZIA� (Tipografia Senese, Siena, 1980), a cura dell'Associazione italiana 

dei giuristi europei e dell'Universit� degli Studi di Siena. Pubblicazione autorizzata a cura 

del Comitato organizzatore del Convegno. 

(**) Nel volume degli Atti di cui alla precedente nota, pag. 29, e in questa Rassegna, 

1978, II, 1. 

(1) Sentenze 29 novembre 1978, nella causa 83/78, REDMOND, in Racc. 1978, 2347; 29 marzo 
1979, nella causa 118/78, MEIJER, in Racc. 1979, 1387, e nella causa 231/78, COMMISSIONE c. 
REGNO UNITO, in Racc. 1979, 1447; 26 giugno 1979, nella causa 177/78, Mc CARREN, in Racc. 
1979, 2161; 6 novembre 1979, nelle cause 16-20/79, DANIS; e numerose altre. 
(2) Sentenza 20 aprile 1978, nelle cause 80�81/77, RAMEL, in Racc. 1978, 927, e in questa 
Rassegna, 1978, I, 311, con nota. 

76 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

la Corte ha dichiarato incompatibile con il divieto di cui aJJ.'art. 13 n. 2 del trattato 
una norma del Consiglio delle C.E. che attribuiva agli Stati membri il 
potere di istituire una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, dopo la 
fine del periodo transitorio, fino all'attuazione dell'organizzazione comune di 
mercato del settore in questione. La Corte ha precisato che neanche le istituzioni 
della Comunit� hanno il diritto, dopo la fine del periodo transitorio, di instaurare 

o consentire ostacoli agli scambi intracomunitari, pur se le misure adottate fossero 
basate su criteri obiettivi e di conseguenza non avessero caratteri discriminatori: 
� gli ampi poteri attribuiti alle istituzioni comunitarie per l'orientamento 
della politica agricola comune -ha detto la Corte -devono essere 
esercitati nella prospettiva dell'unit� di mercato, il che esclude la legittimit� 
di qualsiasi provvedimento che comprometta J'nbolizione, fra gli Stati membri, 
dei dazi doganali e delle restrizioni quantitativt: o delle tasse e misure di effetto 
equivalente; qualsiasi menomazione dei risultati raggiunti dalla Comunit� in 
materia di unit� di mercato rischierebbe di scatenare spinte disintegrative, in 
spregio agli obiettivi di graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli 
Stati membri, enunciati all'art. 2 del trattato�. :t=. interessante notare che qui 
la Corte ha espressamente escluso che, invece, gli importi compensativi monetari 
possano essere qualificati tasse di effetto equivalente ai dazi doganali: gli 
importi compensativi monetari -dice la Corte -sono giustificati � unicamente 
dalla necessit� di correggere gli effetti delle variazioni dei tassi di cambio che, 
in un sistema di organizzazione dei mercati dei prodotti agricoli basato su prezzi 
comuni, sono atte a provocare perturbazioni. negli scambi di tali prodotti, e 
tendono quindi a garantire, per quanto possibile, il mantenimento di normali 
correnti di scambio, ad onta dell'impatto di :Politiche monetarie divergenti, che 
gli Stati membri, in contrasto con quanto stabilito dall'art. 105 del trattato, non 
hanno ancora provveduto a coordinare � (3). 
Nel campo della preminenza del diritto comunitario la Corte ha fatto altri, 
decisivi passi in avanti. Si tratta di sentenze che hanno una portata generale, 
ben oltre l'ambito �della libera circolazione delle merci, ma non a caso -ad 
ulteriore dimostrazione della sua vastit� ed importanza -proprio in esso sono 
state pronunciate. Ci riferiamo in primo luogo alla notissima sentenza 9 marzo 
1978, nella causa 106/77, SrMMENTHAL (in Racc., 1978, 629, e in questa Rassegna, 
1978, I, 179, con nota di MARZANO, Sui rimedi consentiti dall'ordinamento nazionale 
per la eliminazione del contrasto con la normativa comunitaria di successive ed 
incompatibili disposizioni di diritto interno), nella quale la Corte ha statuito 
che il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, 
le disposizioni di diritto comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena 
efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi 
disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, 
senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante 
qualsiasi altro procedimento costituzionale. La decisione, che si pone 
in netta antitesi con quanto ritenuto in Italia dalla Corte di Cassazione e dalla 
Corte Costituzionale, ha dato luogo, come � noto, a molte discussioni e il contrasto 
non � stato ancora risolto. In secondo luogo, con altrettanto interesse 
vanno segnalate le pi� recenti sentenze sulla restituzione di somme indebitamente 
percepite in forza di una norma nazionale contraria al diritto comunitario, 
dove la Corte ha statuito che l'efficacia diretta dell'art. 13 n. 2 del trattato 
implica fa possibilit� di proporre dalla fine del periodo transitorio, a11e autorit� 


(3) Cfr. anche la sentenza 25 maggio 1978, nella causa 136/77, RACKE, Racc. 1978, 1245. 
lll%'1b1%illl%~~,.,,1Jli9"~~~~ 



77

PARTE II, QUESTIONI 

amministrative o giurisdizionali degli Stati membri, a seconda dei casi, ricorsi 
diretti contro tasse nazionali di effetto equivalente a dazi doganali, o domande 
di rimborso di dette tasse, anche per il periodo anteriore al momento in cui 
tale qualificazione � risult~ta dalla interpretazione data dalla Corte stessa nell'ambito 
dell'art. 177 del trattato. Peraltro, ha precisato la Corte, spetta all'ordinamento 
giuridico di ciascuno Stato membro di determinare a quali condizioni 
i contribuenti possano contestare l'errata imposizione o reclamarne il rimborso, 
purch� tali condizioni non siano meno favorevoli di quelle relative ad analoghi 
ricorsi di natura interna e non rendano praticamente impossibile l'esercizio dei 
diritti attribuiti all'ordinamento giuridico comunitario; n� il diritto comunitario 
impedisce che i giudici nazionali tengano conto, conformemente al proprio diritto 
interno, della possibilit� che tasse indebitamente percepite abbiano potuto 
essere incorporate nei prezzi dell'impresa assoggettata alla tassa e trasferite 
sugli acquirenti (4). 

Infine, per quanto attiene a quel principio che potremmo definire del 
divieto di autotutela da parte degli Stati membri, merita segnalazione una pron.ncia 
della Corte che, dichiarando contraria all'art. 30 del trattato una restrizione 
all'importazione di carni ovine da paesi terzi e da paesi membri disposta 
dalla Francia, ha ribadito che uno Stato membro, il quale lamenti che, in difetto 
di una organizzazione comune di mercato in un settore, i suoi prodotti non sono 
tutelati, anche in considerazione di pretese inadempienze di altri Stati membri 
che tutelano i propri prodotti concorrenziali, non pu� ricorrere, nell'ambito della 
propria organizzazione di mercato, a misure restrittive dell'importazione, spettando 
solo alle istituzioni della Comunit�, cui lo Stato membro pu� ricorrere, 
adottare i provvedimenti necessari al fine di trovare, nell'ambito comunitario, 
una soluzione complessiva al problema in questione (5). 

2. -Oltre a queste pronunzie che enunciano princ�pi di carattere generale, 
nel triennio ora considerato la Corte ha emesso numerosissime altre sentenze 
sui problemi del libero scambio dehle merci, che, se spesso contengono mere riaffermazioni, 
in fattispecie concrete, di concetti gi� espressi, presentano talvolta 
profili nuovi di rilevante interesse. 
Evitando una lunga ed inutile elencazione, ci limitiamo a segnalare alcune 
pronunzie che riteniamo pi� significative. 

(4) Sentenze 27 marzo 1980, nella causa 61/79, DENKAVIT (in questo numero della Rassegna, 
I, 534, con nota di MARZANO, La restituzione di somme indebitamente riscosse come forma di 
risarcimento rilevante nell'ambito dell'ordinamento comunitario) e 27 febbraio 1980, nella causa 
68/79, Jusr. Con la sentenza 27 marzo 1980, nelle cause, 66, 127 e 128/79, Soc. MERID. IND. 
SALUMI (anch'essa in questa Rassegna, !oc. cit.) la Corte ha statuito, parallelamente, che 
sono riscuotibili dalle amministrazioni nazionali le somme non riscosse per erronea interpretazione 
delle norme comunitarie, anche per i rapporti sorti anteriormente alla sentenza 
interpretativa della Corte, e che non sarebbe conforme al diritto comunitario una normativa 
nazionale speciale, relativa alla riscossione delle tasse e degli oneri comunitari, che attri� 
buisse all'amministrazione nazionale, per la riscossione di dette tasse, poteri pi� limitati 
di quelli ad essa attribuiti per la riscossione di tasse o di oneri nazionali dello stesso 
tipo. In queste sentenze la Corte ha altres� precisato che in via eccezionale essa pu� essere 
indotta, per�, nella sentenza stessa che risolve la questione di interpretazione, a limitare 
la possibilit� per gli interessati di far valere la disposizione in tal modo interpretata per 
rimettere in discussione rapporti giuridici sorti o costituiti anteriormente (potere esercitato 
dalla Corte nella sentenza 8 aprile 1976, nella causa 43/75, DEFRENNE, in Racc. 1976, 455, e in 
questa Rassegna, 1976, I, 356, con nota). 
(5) Sentenza 25 settembre 1979, nella causa 232/78, COMMISSIONE c. FRANCIA, in Racc., 
1979, 2729. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Riguardo alla nozione di � merce � ricordiamo che la Corte ha escluso che 
possono considerarsi merci, come tali sottoposte agli artt. 30-37 del trattato, 
non solo le monete in lega d'oro o d'argento che abbiano corso legale nello 
Stato, ma anche le monete d'oro come i � Krugerrand � che, pur essendo coniate 
in un paese terzo, circolano liberamente in uno Stato membro come equivalenti 
di moneta, in quanto veri e propri mezzi di pagamento. Sono merci, invece, le 
monete in lega d'argento non pi� in corso legale: e per esse il divieto di esportazione, 
volto a impedire la fusione o la distruzione in un altro Stato membro, 
� giustificato da motivi di ordine pubblico ai sensi dell'art. 36 del trattato, giacch� 
attiene alla protezione del diritto di battere moneta, che per tradizione � 
ritenuto implicare interessi fondamentali dello Stato (6). 

Sui dazi doganali e le tasse di effetto equivalente le pi� interessanti sentenze 
della Corte ci paiono quelle relative a diritti per controlli sanitari di carni importate 
da Paesi terzi (7). Qui la-Corte osserva che gli obiettivi e le basi giuridiche 
non sono identiche per gli scambi con i paesi terzi e per l'interscambio 
comunitario: per quest'ultimo il divieto delle tasse di effetto equivalente � inteso 
a realizzare il principio fondamentale della libera circolazione delle merci, mentre 
nei confronti dei paesi terzi, la questione della riscossione di tali tasse dipende 
dai princ�pi della politica commerciale comune e dall'esigenza di parificazione 
delle . condizioni di importazione, derivante dall'istituzione della tariffa doganale 
comune. Il divieto � quindi incondizionato e assolto negli scambi intercomunitari, 
mentre la regolamentazione comunitaria pu� ammettere eccezioni e deroghe 
negli scambi esterni, purch� si tratti unicamente di oneri aventi, in quanto tali, 
incidenza uniforme in tutti gli Stati membri sugli scambi considerati. E la 
deroga nella specie � stata individuata nell'esistenza del principio di non discriminazione, 
per cui, in attesa di un sistema comunitario relativo alle importazioni 
di carni fresche provenienti da paesi terzi, le disposizioni nazionali applicabili 
a tali importazioni non possono essere meno rigorose, n� meno onerose, 
del regime previsto dalle disposizioni comunitarie per gli scambi interni della 
Comunit� (8). 

(6) Sentenza 23 novembre 1979, nella causa 7/78, THOMPSON, in Racc. 1978, 2247, e in 
questa Rassegna, 1978, I, 655, con nota di FAVARA, I movimenti di capitali e le bilance dei 
pagamenti nel trattato C.E.E. 
(7) Sentenze 28 giugno 1978, nella causa 70/77, SIMMENTHAL, in Racc. 1978, 1453; 5 luglio 
1978, nelle cause 137/77, NEUMANN, in Racc. 1978, 1623, e 138/77, LUDWIG, in Racc. 1978, 
1645. Cfr. anche la sentenza 22 gennaio 1980, nella causa 30/79, WIGEI. 
(8) Si segnalano, inoltre, la sentenza 29 giugno 1978, nella causa 142/77, LARSEN, in 
Racc. 1978, 1541, dove la Corte ha ritenuto che il tributo che colpisca le imprese che producono, 
importano o smerciano lavori di metalli preziosi. istituito per sopperire alle spese 
connesse al controllo su dette imprese e calcolato in base alla quantit� di metallo prezioso 
da esse usato, non ha il carattere di dazio doganale all'esportazione, qualora si applichi, 
secondo gli stessi criteri, a tutte le imprese assoggettate al suddetto controllo, qualunque 
sia la provenienza o la destinazione dei prodotti; nonch� la sentenza 29 marzo 1979, nella 
causa 222/78, BENEVENTI, in Racc. 1979, 1163, dove la Corte, confermando il suo precedente 
indirizzo, ha ancora una volta precisato che un contributo che rientra nel regime generale 
dei tributi interni gravanti tanto sui prodotti nazionali quanto sui prodotti importati, secondo 
gli stessi criteri, pu� costituire una tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale 
all'importazione se � esclusivamente destinato a finanziare attivit� che tornano a specifico 
vantaggio del prodotto nazionale tassato, se vi � identit� fra prodotto tassato e prodotto 
nazionale favorito e se gli oneri gravanti sul prodotto nazionale vengano integralmente 
compensati (nello stesso ordine di idee la sentenza 26 giugno 1979, nella causa 177/78, 
Mc CARREN, gi� citata; questa regola trova applicazione anche nell'ambito dei monopoli 
commerciali, come quello dell'alcool in Germania, dove il gettito del dazio di consumo 
nazionale, applicabile indiscriminatamente al prodotto interno e al prodotto importato, � 

PARTE II, QUESTJ"INI 

79 

3. -Pi� copiosa e articolata � la giurisprudenza della Corte in tema di 
restrizioni quantitative all'esportazione e all'importazione e di misure di effetto 
equivalente 

Segnaliamo in particolare le sentenze emesse in materia di prezzi, dove la 
Corte ha ritenuto: 

-che costituisce misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa 
all'importazione il blocco dei prezzi disposto da una normativa nazionale 
che non consenta la rivalsa dell'aumento dei prezzi d'acquisto delle materie prime 
importate da altro Stato membro, se per tal motivo lo smercio dei prodotti 
importati sia reso impossibile o pi� difficile di quello dei prodotti nazionali (9); 

-che analoghi effetti pu� avere un controllo dei prezzi disposto da una 
normativa nazionale, per cui venga imposto che degli aumenti da praticare sia 
preventivamente informata la pubblica autorit�, con conseguente blocco dei 
prezzi medio tempore (10); 

-che la fissazione di prezzi massimi ovvero di prezzi minimi, applicabili 
indistintamente ai prodotti nazionali e a quelli importati, non costituisce di per 
s� una misura di effetto equivalente a restrizioni quantitative all'importazione, 
ma pu� costituirla se il prezzo massimo sia fissato ad un livello in ragione 
del quale lo smercio dei prodotti importati, per il loro maggior costo di produzione, 
sia reso impossibile o pi� difficile di quello dei prodotti nazionali, 
ovvero se il prezzo minimo sia fissato in modo da impedire che il minor costo 
di produzione del prodotto importato si ripercuota sul prezzo di vendita al 
consumatore, in tal modo venendo ad ostacolare lo smercio del prodotto importato 
(11) (12). 

destinato in effetti a far fronte alle perdite subite dal monopolio nazionale, che deve corrispondere 
ai produttori interni un prezzo d'acquisto garantito pi� alto del prezzo con cui 
egli lo rivende sul mercato: cfr. sentenza 13 marzo 1979, nella causa 91/78, HANSEN, in Racc. 

1979, 935). 

(9) Sentenza 18 ottobre 1979, nella causa 5/79, DENKAVIT, in Racc. 1979, 3203. 
(10) Sentenza 6 novembre 1979, nelle cause 16-20/79, DANIS. 
(11) Sentenza 16 novembre 1977, nella causa 13/77, INNO B.M., in Racc. 1977, 2115; 
24 gennaio 1978, nella causa 82/77, VAN TIGGELE, in Racc. 1978, 25. 
(12) Fra le altre sentenze in materia segnaliamo: 
-la sentenza 29 marzo 1979, nella causa 231/78, COMMISSIONE c. REGNO UNITO, in Racc. 
1979, 1447, dove la Corte ha precisato che l'indole tassativa del divieto osta a che si dia 
una qualsiasi interpretazione estensiva alle riserve o alle deroghe contemplate in materia 
nell'atto di adesione; 

-la sentenza 13 marzo 1979, nella causa 119/78, DISULL. PEUREUX, in Racc. 1979, 975, 
con la quale la Corte ha statuito che costituisce una misura di effetto equivalente ad una 
restrizione quantitativa all'importazione la disposizione nazionale che vieti di distillare, per 
fabbricare prodotti riservati ad un monopolio nazionale commerciale, materie prime provenienti 
dagli altri Stati membri, mentre tale divieto non vige per le materie prime identiche 

prodotte sul territorio nazionale; 

-la sentenza 29 novembre 1978, nella causa 83/78, REDMOND, in Racc. 1978, 2347, dove 
� stato ritenuto che � incompatibile con gli artt. 30-34 del trattato un regime di mercato 
nazionale gestito da un ente che abbia il potere di controllare il settore cli mercato di cui 
trattasi o parte di esso, mediante provvedimenti come la subordinazione della vendita della 
merce alla registrazione del produttore presso l'ente, il divieto di qualsiasi vendita che non 
venga effettuata a detto ente o per suo tramite, alle condizioni da esso determinate, nonch� 
il divieto di qualsiasi trasporto, non autorizzato dallo stesso ente, della merce considerata; 
per una fattispecie analoga cfr. la sentenza 26 febbraio 1980, nella causa 94/79, VRIEND; 

-la sentenza 25 ottobre 1979, nella causa 159/78, COMMISSIONE c. ITALIA (in Racc., 1979, 
3247 e in questa Rassegna, 1979, I, 633, con nota di MARZANO, Spedizionieri doganali e diritto 
comunitario) dove invece � stato escluso che contrasti con gli artt. 30-34 del trattato la 



so RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Molto spesso, come � noto, per giustificare l'esistenza di divieti o restrizioni 
all'importazione e all'esportazione si � fatto appello ai motivi indicati nell'art. 36 
del trattato, ma la Corte, con attenta opera interpretativa, ha sovente negato la 
ricorrenza degli invocati scopi sociali, evitando cos� la realizzazione di veri e 
propri protezionismi. 

Vanno ricordate alcune pronunzie relative a misure invocate a tutela della 
salute (13), a garanzia della qualit� (14) e dell'origine delle merci (15), a tutela 
del marchio (16), a tutela della moralit� pubblica (17). 

disposizione della legge doganale italiana che prevede che la rappresentanza del proprietario 
della merce per la dichiarazione doganale possa essere conferita solo ad uno spedizioniere 
iscritto in un albo, e ci� perch� la normativa offre al proprietario della merce, 
che non effettui personalmente la dichiarazione, una scelta effettiva e ragionevole, consentendogli 
non solo di ricorrere ad uno spedizioniere professionista o ad uno spedizioniere 
dipendente, ma anche di conferire a qualsiasi person�, e quindi, fra l'altro, al trasportatore 
e al depositario della merce, l'incarico di provvedere a tale dichiarazione, purch� detta 
persona presenti la merce in dogana o la detenga al momento della sua entrata o della 
sua uscita dal territorio doganale e risponda in proprio della dichiarazione doganale. 

(13) Per la sentenza 20 febbraio 1979, nella causa 120/78, REWE-ZENTRAL, in Racc. 1979, 
649, costituisce una misura vietata la fissazione di un contenuto minimo di spirito di vino 
per le acquaviti (per modo che non possano essere importati prodotti a bassa gradazione 
alcolica): non pu� sostenersi che la misura trovi giustificazione nell'art. 36 sotto il profilo 
che lo scarso contenuto alcolico possa costituire pericolo per la salute pubblica in quanto 
il facile accesso alle bevande scarsamente alcoliche possa creare assuefazione a bevande 
pi� forti. Con la sentenza 12 luglio 1979, nella causa 153/78, COMMISSIONE c. GERMANIA, in 
Racc. 1979, 2555, la Corte ha ritenuto non giustificata dall'art. 36 una misura restrittiva 
quale quella di vietare le importazioni di prodotti di un paese membro a base di carne 
se la carne � stata macellata altrove, perch� la diversit� del luogo di produzione del 
prodotto finito e di macellazione della carne non � indice in s� di un pericolo per la 
salute e comunque non � misura idonea ad eliminarlo. Uno Stato membro -ha precisato 
la sentenza 8 novembre 1979, nella causa 251/78, DENKAVIT -pu� subordinare l'importazione 
di un prodotto ad un controllo sanitario aggiuntivo rispetto a quello gi� fatto dallo 
Stato membro esportatore, allorch� ci� sia specificamente necessario per la tutela della 
salute e della sanit� pubblica, in casi particolari ed eccezionali, e non discriminatori, che 
vanno rigorosamente provati, purch� tale controllo non sia ingiustificatamente eccessivo e 
sproporzionato. 
(14) Sentenza 12 ottobre 1978, nella causa 13/78, EGGERS, in Racc. 1978, 1935; il diritto 
a fruire della denominazione di qualit� per un prodotto pu� ricollegarsi -fatte salve le 
norme concernenti la denominazione d'origine e J'indica7Jone di provenienza -soltanto a 
caratteristiche obiettive intrinseche che evidenzino la qualit� del prodotto rispetto ad un 
identico prodotto di qualit� inferiore, e non gi� alla localit� in cui si � svolta questa o 
quella fase della sua preparazione; non trova giustificazione nell'art. 36 l'imposizione di una 
denominazione di qualit� che viene attribuita sol perch� l'alcool necessario sia stato distillato 
nel paese ovvero il prodotto distillato abbia subito nel paese un'ultima distillazione e 
sia rimasto sei mesi giacente presso le distillerie. 
(15) Con la sentenza 16 maggio 1979, nella causa 2/78, COMMISSIONE c. BELGIO, in Racc. 
1979, 1761, la Corte ha affermato che uno Stato membro pu� prendere provvedimenti per 
combattere le pratiche sleali relative all'autenticit� della denominazione d'origine d'un 
prodotto senza violare l'art. 30 del trattato, se tali provvedimenti sono ragionevoli, cio� 
non sproporzionati allo scopo; non pu� dirsi che il controllo della autenticit� di un prodotto 
munito di denominazione d'origine tramite un esame dei certificati d'origine costituisca una 
misura non proporzionata alla finalit� di garantire l'autenticit� del prodotto; non � sufficiente 
una mera maggior difficolt� dell'importatore non d'origine per integrare la violazione 
dell'art. 30, purch� la difficolt� non sia eccessiva e sproporzionata. Questa pronuncia sembra 
meno rigida della precedente sentenza 11 novembre 1974, nella causa 8/74, DASSONVILLE, in 
Racc. 1974, 837. � 
(16) Sentenza 10 ottobre 1979, nella causa 3/78, CENTRAFARM, in Racc. 1978, 1823; 
l'art. 36 consente al titolare di un marchio registrato in uno Stato membro di opporsi a 
che un prodotto sia posto in commercio da un terzo nel medesimo Stato sotto lo stesso 

81

PARTE II, QUESTIONI 

L'art. 36 -ha ancora precisato la Corte (18) -non ha lo scopo di riservare 
alcune materie alla competenza esclusiva degli Stati membri, ma ammette che 
le norme interne deroghino al principio della libera circolazione, nella misura 
in cui ci� sia e continui ad essere giustificato per il conseguimento degli obiettivi 
contemplati da questo articolo. Allorch�, in applicazione dell'art. 100 del trattato, 
direttive comunitarie dispongono l'armonizzazione dei provvedimenti necessari 
per garantire la tutela della salute animale ed umana e approntano procedure 
comunitarie di controllo della loro osservanza, il ricorso all'art. 36 perde la sua 
giustificazione e i controlli appropriati vanno allora effettuati e i provvedimenti 
adottati secondo lo schema tracciato dalla direttiva di armonizzazione. 

4. -Quanto al .divieto di imposizioni interne discriminatorie, la Corte ha 
ribadito, in linea generale, che l'art. 95 concerne unicamente l'applicazione discriminatoria 
di regimi di tributi interni ai prodotti �importati� da altri Stati 
membri, e vieta che essi siano gravati pi� dei prodotti nazionali, ma si disinteressa 
dei prodotti � esportati � (19); che la norma stessa non osta a che uno 
Stato membro colpisca invece un prodotto nazionale con tributi interni superiori 
a quelli gravanti sui prodotti similari importati dagli altri Stati membri 
(20); che il divieto di discriminazioni interne non esiste negli scambi commerciali 
con i paesi terzi (21). 
Quanto alle fattispecie esaminate in concreto, una particolare citazione meritano 
le controversie relative al regime fiscale degli alcolici nei vari Stati. In 
esse la Corte, con recentissime sentenze (22), ha precisato che l'art. 95 � volto 
a garantire l'assoluta neutralit� dei tributi interni riguardo alla concorrenza 
tra merci nazionali e merci importate: il principio fondamentale in materia � 
costituito dal primo comma, che impone di valutare comparativamente gli oneri 
fiscali gravanti sulle merci nazionali e su quelle importate che possano essere 
considerate �similari�, dove la �similarit�� va determinata in base non gi� al 
criterio dell'assoluta identit�, ma a quello dell'analogia o della comparabilit� sotto 
il profilo dell'impiego; il secondo comma � inteso a completare il disposto del 
primo, vietando qualsiasi forma di protezionismo fiscale indiretto ai danni di 
prodotti che, pur non essendo similari ai sensi del primo comma, si trovino 
cionondimeno in concorrenza, anche parziale, indiretta o potenziale, con taluni 
prodotti del paese importatore. Mentre il criterio di valutazione stabilito dal 
primo comma -ha aggiunto la Corte -� il confronto degli oneri fiscali, in 

marchio allorch� il prodotto sia stato acquistato dal terzo in altro Stato membro con un 
diverso marchio appartenente allo stesso titolare del primo: salvo, per�, che l'uso di 
marchi differenziati per lo stesso prodotto sia adottato dal titolare nell'intento di isolare 
artificialmente il mercato. Cfr. anche la sentenza 23 maggio 1978, nella causa 102/77, HOFFMAN, 
in Racc. 1978, 1139. 

(17) Sentenza 14 dicembre 1979, nella causa 34/79, HENN: il divieto di importazione di 
qualsiasi materiale pornografico pu� costituire una restrizione quantitativa giustificata da 
motivi di moralit� pubblica se nello Stato membro in questione non � permesso alcuno 
smercio per gli stessi prodotti. 
(18) Sentenza 5 ottobre 1977, nella causa 5/77, TEDESCHI, in Racc. 1977, 1555, e in questa 
Rassegna, 1978, I, 58, con nota di BRAGUGLIA, Additivi e sostanze indesiderabili negli alimenti 
per animali. 
(19) Sentenza 29 giugno 1978, nella causa 142/77, LARSEN, in Racc. 1978, 1541, gi� citata. 
(20) Sentenza 13 marzo 1979, nella causa 86/78, DISTILL. PEUREUX, in Racc. 1979, 897. 
(21) Sentenza 10 ottobre 1978, nella causa 148/77, HANSEN, in Racc. 1978, 1787. 
(22) Tutte in data 27 febbraio 1980, nelle cause 168/78, COMMISSIONE c. FRANCIA, 169/78, 
COMMISSIONE C. ITALIA, 171/78, COMMISSIONE c. DANIMARCA, 55/79, COMMISSIONE c. IRLANDA, e 
68/79, Jusr, in questa Rassegna, retro, I, 272, con nota di CONTI. 

82 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

base alle aliquote, al calcolo dell'imponibile o ad altre modalit� di applicazione, 
il secondo comma, data la difficolt� di stabilire un confro:ato abbastanza preciso 
fra i prodotti interessati, contempla un criterio pi� globale, vale a dire il carat


tere protezionistico del sistema fiscale interno. Enucleati questi prindpi la Corte 
ha concluso che la disamina del mercato degli alcolici induce a ritenere, in 
primo luogo, che esiste un numero indeterminato di bevande che vanno definite 
�prodotti similari� ai sensi del 1� comma della norma in questione, e, in se


I

condo luogo, che, anche in caso di impossibilit� di trovare un a<ieguato grado 
di analogia fra i prodotti considerati, esistono, cionondimeno, fra tutti gli alcolici, 
dei tratti comuni adeguatamente rilevanti per ammettere l'esistenza, in 
ogni caso, d'un rapporto di concorrenza almeno parziale o potenziale. La Corte 

I

ha anche precisato -nella sentenza emessa nella causa 169/78 -che la valutazione 
della compatibilit� con l'art. 95 del trattato di un regime fiscale nazionale 
applicabile in un settore merceologico pu� essere compiuta anche su un solo 
elemento del tutto isolabile del regime stesso, pur se sia preferibile una valutazione 
unitaria che tenga conto di tutti gli aspetti del medesimo (23). Non par 
dubbio che con queste sentenze la Corte abbia notevolmente esteso il campo 
di applicazione dell'art. 95 (24). 

5. -Anche sulle questioni relative alla tariffa doganale comune numerose 
sono state le pronunzie della Corte. 
Fra esse ci sembra utile ricordare la sentenza (25) con la quale la Corte 
ha precisato che il valore in dogana delle merci deve essere stabilito in modo 
uniforme in tutta la Comunit� e ci� non solo perch�-: il livello di protezione 
rappresentato dalla tariffa doganale comune sia lo stesso in tutta la Comunit�, 
per impedire deviazioni di traffico e distorsioni nella concorrenza, ma anche per 
evitare deviazioni di entrate doganali, assicurando un gettito uniforme e proporzionato. 
La normativa comunitaria � pertanto diretta a impedire una sottovalutazione 
delle merci al momento dell'applicazione della tariffa doganale comune: 
ci�, per�, non ha l'effetto di obbligare le amministrazioni fiscali e finanziarie 
degli Stati membri a riconoscere il medesimo valore per scopi diversi 
dall'applicazione della tariffa doganale comune (ove, ad esempio, accertino che 
una sopravalutazione sia finalizzata ad un trasferimento illecito di capitali o di 
benefici) (26). 

OSCAR FIUMARA 

(23) Fattispecie in cui, nell'ambito del regime fiscale degli alcolici si esamina la disciplina 
dei contrassegni di Stato, apposti sui recipienti contenenti acquavite destinata alla 
vendita al minuto, indipendentemente da quella relativa ai diritti erariali iiscossi alla 
produzione e all'IVA riscossa sulle vendite. 
(24) Interessante � anche la sentenza 8 gennaio 1980 nella causa 21/79, COMMISSIONE c. 
ITALIA, dove la Corte ha ritenuto in contrasto con l'art. 95 la riscossione sugli oli minerali 
rigenerati prodotti all'interno di una imposta di fabbricazione meno gravosa della corrispondente 
sovrimposta di confine applicabile agli oli rigenerati provenienti dagli altri Stati 
membri; ma la Corte ha anche precisato che lo Stato membro impositore pu� richiedere 
all'importatore che intenda avvalersi della medesima agevolazione una certificazione idonea 
che dimostri trattarsi effettivamente di oli rigenerati (in questa Rassegna, retro I, 55, con 
nota di MARZANO, Regime fiscale differenziato e art. 95 del Trattato CEE). 
(25) 24 aprile 1980, nella causa 65/79, CHATAIN. 
(26) Si segnalano ancora le sentenze 23 novembre 1977, nella causa 38/77, ENKI, iu 
Racc. 1977. 2203; 16 marzo 1978, nella causa 135/77, BoscH, in Racc. 1978, 855; 14 febbraio 1980, 
nella causa 84/79, MEYER: tutte sul valore in dogana; e le sentenze 31 gennaio 1979, nelle 
cause 34/78 e 114/78, YosHIDA, in Racc. 1979, 115 e 151 (e in questa Rassegna, 1979, I, 129, 
con nota di FAVARA, La definizione comunitaria della nozione di origine delle merci) sui 
criteri per determinare il luogo d'origine delle merci. 

LEGISLAZIONE 


II � QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codice penale, artt. 2, terzo comma, 163 e 164 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1980, n. 74, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

codice di procedura penale, art. 628, (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1980, n. 74, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

codice penale militare di pace, artt. 37, primo comma e 264, (art. 103, 
terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 11 .giugno 1980, n. 81, G. U. 18 giugno 1980, n. 166.. 

codice penale militare di pace, artt. 186 e 189, primo comma, (artt. 3 e 
52, terzo comma, della Costituzione). 

Sentenza 20 maggio 1980, n. 72, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

codice penale militare di pace, art. 264, (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1980, n. 73, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 


d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 146, (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 5 maggio 1980, n. 68, G. U. 14 maggio 11980, n. 131. 
legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 44 bis (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 5 maggio 1980, n. 68, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 

legge 18 marzo 1968, n. 249, artt. da 45 a 50 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 


Sentenza 5 maggio 1980, n. 68, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Sentenza 5 maggio 1980, n. 68, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 

d.P.R. 22 dicembre 1973, n. 834, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 11 giugno 1980, n. 79, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 
d.-1. 23 dicembre 1976, n. 849 [cod. con modif. in legge 21 febbraio 1977, 

n. 
28J (artt. 3 e 42 della Costituzione). 
Sentenza 20 maggio 1980, n. 71, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
16 



84 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

leggii! 12 novembre 1976, n. 751, art. 3, ultimo comma (artt. 3, 31 e 53 
della Costituzione). 

Sentenza 11 giugno 1980, n. 80, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 184 (art. 29, comma secondo, della Costituzione). 

Tribunale di Catania, ordinanza 25 gennaio 1980, n. 251, G. U. 28 maggio 
1980, n. 145. 

codice civile, art. 2942, n. 1 (artt. 24 e 31 della Costituzione). 

Tribunale di Genova, ordinanza 21 dicembre 1979, n. 148-1980, G. U. 14 maggio, 
n. 131. 

codice di procedura civile, art. 145 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Corte d'appello di Palermo, ordinanza 27 aprile 1979, n. '126/1980, G. U. 7 
maggio 1980, n. 124. 

codice di procedura civile, artt. 600, 140 e 313, comma secondo, (artt. 24 
e 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 22 dicembre 1979, n. 173/1980, G. U. 14 maggio 
1980, Il. 131. 

codice di procedura civile, art. 631 (artt. 24, 3, 41 e 42 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza (quattro) 8 marzo 1980, nn. 290, 291, 292 e 
293, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 

codice penale, art. 164, ultimo comma [modif. da legge 7 giugno 1974, 

n. 220, art. 12] (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 29 novembre 1979, n. 219/1980, G. U. 4 giugno 
1980, n. 152. 

codice penale, art, 169, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale per i minorenni dell'Aquila, ordinanza 5 marzo 1980, n. 309, G. U. 
26 giugno 1980, n. 173. 

codice penale, artt. 215 e 222 (art. 3, primo comma, e 32 della Costituzione). 


Giudice istruttore del Tribunale di Milano, ordinanza 4 febbraio 1980, n. 192, 

G. U. 21 maggio 1980, n. 138. ' 
codice penale, art. 222 (art. 3 della Costituzione). 

(Giudice istruttore del Tribunale di Pisa, ordinanza 23 febbraio 1980, n. 360, 

G. U. 25 giugno 1980, n�. 173. 

PARTE II, LEGISLAZIONE Bf 

codice penale, artt. 357, 358 e 314 (artt. 3 e 47 della Costituzione). 

Tribunale di Acqui Terme, ordinanza 12 marzo 1980, n. 310, G. U. 18. giugno 
1980, n. 166. 

codice penale, art. 437 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Giudice istruttore presso il Tribunale di Rieti, ordinanza 11 marzo 1980, 

n. 284, G. U. 11 giugno 1980, n. �159. 
codice penale, art. 501-bis (artt. 24, 3, 41 e 42 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanze (quattro) 8 marzo 1980, nn. 290, 291, 292 e 
293, G. U. 4 giugno 1980, n~ 152. 

codice penale, art. 512 (artt. 18 e 39 della Costituzione). 

Tribunale di Rovereto, ordinanza 25 gennaio 1980, n. 162, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

codice penale, art. 584 (art. 3 della Costituzione). 

Corte d'assise d'appello di Cagliari, ordinanza 4 febbraio 1980, n. 159, 

G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 
codice penale, art. 688 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Parma, ordinanza 28 febbraio 1980, n. 275, G. U. 4 giugno 1980, 

n. 152. 
Pretore di Milano, ordinanza 31 gennaio 1980, n. 349, G. U. 25 giugno 1980, 
n. 173. 
codice di procedura penale, art. 503, terzo comma, (art. 24, terzo comma, 
della Costituzione). 

, Tribunale di Vibo Valentia, ordinanza 30 novembre 1979, n. 111/1980, G. U. 
7 maggio 1980, n. 124. 

legge 7 luglio 1901, n. 283, artt. 6, lettera b), seconda ipotesi e 7 (artt. 3; 
primo comma, e 33, quinto comma, della Costituzione). 

Pretore di Sal�, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 194, G. U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 
r. d. 17 agosto 1907, n. 642, art. 26 (artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 26 giugno 1979, 

n. 129/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, artt. 32 e 36, ultimo comma (artt. �l, 24, 54, 103, 
111, 113, 125, secondo comma, della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale delle Marche ordinanza 12 febbraio 1980, 

n. 228, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 44 (artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, ordinanza 26 giugno 1979, 

n. 129/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
r.d. 17 novembre 1924, n. 2367, art. 130 (artt. 3, 97 e 98 della Costituzione). 
Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 26 luglio 1979, n. 140/1980, G. U. 
14 maggio 1980, n. 131. 

r.d�I. 27 novembre 1933, n. 1578, artt. 1, 2, 4, 5, 6, 20, 27 (artt. 4 e 23 della 
Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 8 dicembre 1979, n. 143/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

d.I. 19 gennaio 1939, n. 295, art. 22 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, 
ordinanza 9 gennaio 1980, n. 283, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 
Consiglio di Stato, sezione VI Giurisdizionale, ordinanza 23 novembre 1979, 

n. 295/1980~ G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 
d.I. 14 aprile 1939, n. 636, art. 9 [conv. in legge 6 luglio 1939, n. 1272, e 
modif. da legge 4 �aprile 1952, n. 218, art. 2l (artt. 3, primo comma, e 37, 
primo comma, della Costituzione). 
Pretore di Siena, ordinanza 9 febbraio 1980, n. 217, G.U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 
legge 25 settembre 1940, n. 1424, art. 136, primo comma (artt. 3, primo 
comma, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunale di Savona, ordinanza 15 ottobre 1979, n. 210/1980, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 21 e 24 (artt. 3, 35, 101, 107 e 108 della 
Costituzione). 
Giudice conciliatore di Genova, ordinanze (tre) 17 marzo 1980, nn. 312, 
313, 314, G. U. 25 giugno 1980, n. 173. 

legge 22 aprile 1941, n. 633, sez. quarta, artt. 51 e segg. (art. 3 della 

Costituzione). 

Pretore di Narni, ordinanza 14 febbraio 1980, n. 187, G. U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 
legge 22 aprile 1941, n. 633, art. 180, comma secondo n. 1 (artt. 4, comma 
primo, e 41, comma primo, della Costituzione). 

Pretore di Narni, ordinanza 14 febbraio 1980, n. 187, G. U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 

PARTE Il, LEGISLAZIONE 

r.d. 16 marzo 1942; n. 267, art. 100 (art. 24, primo comma, della Costituzione). 
Tribunale di �Roma, sezione fallimentare, ordinanza 19 dicembre 1979, 

n. 
224/1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
Tribunale di Roma,, Sezione fallimentare, ordinanza 19 dicembre 1979, 
n. 225/1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
d.I. luogot. 18 gennaio 1945, n. 39, art. 1, primo comma, n. 1 (art. 3 della 
Costituzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 3 aprile 1979, n. 134/1980, G. U. 7 maggio 1980, 

n. 124. 
d. legislativo 4 aprile 1947, n. 207, art. 9, quarto comma (artt. 3 e 36 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, ordinanza 24 gennaio 1980, 

n. 227, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
legge 23 maggio 1950, n. 253, art. 8, comma secondo (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Asti, ordinanza 8 marzo 1980, n. 27G, G. U. 111 giugno 1980, n. 159. 

legge reg. Lombardia 20 agosto 1953, ri. 87, art. 10 (art. 117 della Costituzione). 


Pretore di Gallarate, ordinanza 21 gennaio 1980, n. 128, G. U. 7 maggio ,1980, 

n. 124. 
legge 31 marzo 1954, n. 90 (art. 72 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 19 febbraio 1980, n. 220, G. U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 
legge 20 dicembre 1954, n. 1181, art. 7 (artt. 3, 97 e 98 della Costituzione). 


Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 26 luglio 1979, n. 140/1980, 

G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 
legge 23 marzo 1956, n. 167, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale militare territoriale di Napoli, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 315, 

G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 
legge 27 dicembre 1956, n. 1423, artt. 1 e 2 (artt. 3, 13 e 16 della Costituzione). 


Pretore di Desio, ordinanza 27 novembre 1979, n. 199/1980, G. U. 28 maggio 
1980, n. 145. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2 (art. 16 della Costituzione). 

Pretore di Legnano, ordinanza 31 marzo 1980, n. 346, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 3, cpv., della Costituzione). 
Tribunale di Verbania, ordinanza 25 ottobre 1979, n. ,146/1980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 

Tribunale di Verbania, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 145/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 106 (art. 76 della Costituzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 350/1980, G. U. 25 giugno 
1980, n. 173. 
Corte di Cassazione, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 351/1980, G. U. 25 giugno 
1980, n. 173. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Bressanone, ordinanza 23 novembre 1979, n. 300/1980, G. U. 11 giugno 
1980, n. 159. 
Pretore di Lugo, ordinanz~ 14 aprile 1980, n. 369, G. V. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
Pretore di Bressanone, ordinanza 28 marzo 1980, n. 340, G. U. 18 giugno 
1980, Il. 166. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modif. da legge 5 maggio 1976, 
n. 313, art. 5] (artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Pisa, ordinanza 5 marzo 1980, n. 368, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Forl�, ordinanza 26 marzo 1980, n. 304, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma [modif. da legge 5 
maggio 1976, n. 313, art. 51 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 
Pretore di Arona, ol'dinanza 30 gennaio 11000, n. 269, G. U. 4 giugno 1980, 
Il. 152. 
Tribunale di Pisa, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 266, G. U. 11 giugno 1980, 
Il. 159. 
Tribunale di Pisa, ordinanza 23 gennaio 1980, n. 267, G. U. 11 giugno 1980, 

n. 159. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 121, terzo comma (artt. 3 e 102 della 
Costituzione). 
Pretore di Pontedera, ordinanza 15 marzo 1980, n. 328, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
~.



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 18 ottobre 1961, n. 1168, art. 20 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei Conti, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 25 giugno 11979, n. 195/ 
1980, G. V. 21 maggio 1980, n. 138. 

legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, c:omma sec:ondo, lettera a) (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 24 ottobre 1979, n. 130/1980, G. V. 7 maggio 1980, 

n. 
124. 
Pretore di Siena, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 216, G. V. 21 maggio 1980, 
n. 
138. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 16 febbraio 1980, n. 256, G. V. 4 giugno 1980, 
n. 152. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 2, c:omma sec:ondo, lettera a) (artt. 3 e 38, 
primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Siracusa, ordinanza 29 febbraio 1980, n. 234, G. V. 28 maggio 1980, 

n. 145. 
legge 12 agosto 1962, n. 1338, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 3 a:grile 1979, n. 134/1980, G. V. 7 maggio 
1980, n. �24. 

legge 12 agosto 1962, n. 1339, art. 1, sec:ondo c:omma (art. 3 della Costituzione). 


Pretore di Chieti, ordinanza 4 marzo 1980, n. 308, G. V. 18 giugno 1980, 

n. 166 
legge 29 novembre 1962, n. 1680, art. 1, ultimo c:omma (art 3 della Costituzione) 


Commissione tributaria di secondo grado di Enna, ordinanza 13 dicembre 
1978, n 165/1980, G. V. 7 maggio 1980, n. 124. 

legge 27 gennaio 1963, n. 19, art. 6 (artt. 42, terzo comma, e 3 della Costituzione). 


Tribunale di Milano, ordinanza 22 novembre 1979, n. 364/1980, G. V. 25 giugno 
1980, n. 173. 

d.P.R. 12 febbraio 1965, n. 162, art. 76 (artt. 76, 77 e 3 della Costituzione). 
Corte d'appello di Lecce, ordinanze (due) 3 aprile e 25 marzo 11980, nn. 362 
e 363, G. V. 25 giugno 1980, n. 173. 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759, art. 1 c:omma primo (art. 3 della Costituzione). 
Pretore' di Roma, ordinanza 10 gennaio 1980, n. 208, G. V. 4 giugno 1980, 

n. 152. 

90 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (artt. 3 e 38, comma secondo, della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 287, G. V. 4 giugno 
1980, n. !152. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (art. 3 della Costituzione). 
Tribunale di Parma, ordinanza 28 novembre 1979, n. 153/1980, G. V. 14 maggio 
1980, n. 131. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 3 (artt. 3, 38 e 24 della Costituzione). 
Pretore di Venezia, ordinanza 18 dicembre 1979, n. 127/1980, G. V. 7 maggio 
1980, n. '124. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, secondo comma (artt. 76 e 77 della 
Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 29. febbraio 1980, n. 286, G. V. 11 giugno 1980, 

n. 159. 
d. P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 145 (artt. 3 e 38 della Costituzione). 
Pretore di Viterbo, ordinanza 24 dicembre 1979, n. 207/1980, G. V. 21 maggio 
1980, n. 138. 

Tribunale de L'Aquila, ordinanza 27 febbraio 1980, n. 271, G. V. 4 giugno 
1980, n. 152. 

Tribunale de L'Aquila, ordinanza 20 febbraio 1980, n. 272, G. V. 4 giugno 
1980, n. 152. 

d.P.R. 4 giugno 1965, n. 1124, art. 145, comma primo, lettera a} (artt. 3 e 38 
della Costituzione). 
Tribunale di Massa, ordinanza 4 dicembre 1979, n. 305/1980, G. V. 18 giugno 
1980, n. 166. 

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 213, primo comma {artt. 3, primo comma 
e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Modena, ordinanza 12 febbraio 1980, n. 222, G. V. 28 maggio 1980, 

n. 145. 
d.P.R. 30 giugn� 1965, n. 1124, art. 213 (artt. 3, comma primo, 38, comma 
secondo, della Costituzione). 
Pretore di Enna, ordinanza 14 novembre 1979, n. 193/11980, G. V. 14 maggio 
1980, n. 131. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 (artt. 24, 101 e seguenti e 3 della Costituzione). 


Pretore di Nard�, ordinanza 31 dicembre 1979, n. 115/1980, G. V. 7 maggio 
1980, n. i124. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 13 luglio 1967, n. 583, art. 22 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 226, G. U. 28 maggio 
1980, n. 145. 

legge 2 ottobre 1967, n. 895, art. 7 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Chiavari, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 139/1980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2 (artt. 36, primo comma, e 3, primo comma, 
della Costituzione). 

Pretore di Reggio Emilia, ordinanza 11 dicembre 1979, n. 171/1980, G. U. 
21 maggio 1980, n. 138. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2, primo c:omma (artt. 3, primo comma, e 
36, primo comma, della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 19 dicembre 1979, n. 132/1980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 

legge 18 marzo 1968, n. 249, art. 16-ter (artt. 3, primo comma, 36, primo 
comma, '104, primo comma, 107, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 8 marzo 1980, n. 301, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
legge 20 marzo 1968, n. 369 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 226, G. U. 28 maggio 
1980, n. 145. 

legge 2 aprile 1968, n. 408, art. 2 (artt. 3, 35 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, 
ordinanza 6 dicembre 1979, n. 334/1980, G. U. 25 giugno 1980, n. 173. 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Chieti, ordinanza 4 marzo 1980, n. 308, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Siena, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 216, G. U. 21 maggio 1980, 
Il. 138. 
Pretore di Pistoia, ordinanza 16 febbraio 1980, n. 256, G. U. 4 giugno 1980, 

n. 152. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 23 (artt. 3 e 38, primo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Siracusa, ordinanza 29 febbraio 1980, n. 234, G. U. 28 maggio 1980, 

n. 145. 

92 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, O!.'dinanza 3 aprHe 1979, n. '134/11980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 

legge prov. Bolzano 25 luglio 1970, n. 16, artt. 12 e 15 (artt. 9, 11 e 12 
dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige). 

Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, ordinanza 26 ottobre 1979, 

n. 294/1980, G. U. 11 giugno 1980, n. 159. 
legge 28 ottobre 1970, n. 775, art. 12 (artt. 3, primo comma, 36, primo 
comma, 104, primo comma, 107, terzo comma, della Costituzione). 

Pretore di Modena, ordinanza 8 marzo 1980, n. 301, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
d.P.R. 21 agosto 1971, n. 1275, art. 5, quarto comma (artt. 3 e 97 della 
Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione di Brescia, 
ordinanza 6 luglio 1979, n. 169/1980, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, ort. 5, primo comma (art. 3 della Costituzione). 


Corte dei Conti, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 27 aprile 1979, n. 297I 
1980, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 

legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 36, 52, 81, comma quarto, 117, 
118 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 12 marzo 1980, n. 274, G. U. 4 giugno 1980, 

n. 152. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, art. 1 O (art. 76 della Cosdtuzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/19&0, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
legge 9 ottobre 1971, n. 825, artt. 1 O e 15 (art. 76 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 6 dicembre 1978, 

n. 167/1980, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 
legge 22 ottobre 1971, n. 865, art. 17 (artt. 3, 35 e 44 della Costituzione). 

Tribunale di Perugia, ordinanza 16 novembre 1979, n. 299/1980, G. U. 11 giugno 
1980, n. 159. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 30, comma terzo (artt. 111, comma terzo, 
103, comma primo, 113 e 125, cpv., della Costituzione). 

Tribunale regionale amministrativo per la Sicilia, sezione staccata di Catania, 
ordinanza 12 dicembre 1979, n. 1175/1980, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 



PARTE Il, LEGISLAZIONE 9J 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, artt. 43, secondo comma, 26, 19, primo 
comma (artt. 1, 24, 54, 103, Ul, 113 e 125, secondo comma, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale delle Marche, ordinanza 12 febbraio 1980, 

n. 228, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. 17, secondo comma (artt. 3, 31 e 37 
della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanza 25 marzo 1980, n. 359, G. U. 25 giugno 1980, 

n. 173. 
legge reg. Emilia-Romagna 11 ottobre 1972, n. 4 (artt. 123 e 1-17 della Costituzione 
e art. 25 dello Statuto della regione Emilia Romagna). 

Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 26 giugno 1979, 

n. 306/1980, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 
dP.R. 26 ottobre 1972, n. 633, titolo lii (art. 101, secondo comma, della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. �124. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 58 (artt. 3, 24 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 (art. 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 12 febbraio 
1980, n. 259, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 e 61 (artt 24 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 62 (artt. 3 e 104 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124). 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 18 e 19 (artt. 3, 23, 24, 97 e 113 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 27 luglio 1979, 

n. 120/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Latina, ordinanza 8 novembre 
1976, n. 254/�1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

Commissione tributaria di secondo grado di Latina, ordinanza 15 novembre 
1976, n. 255/1980, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 


94 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 6 dicembre 1978, 

n. 167/1980, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 1, 6 e 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 21 febbraio 
1979, n. 258/1980, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Enna, ordinanza 22 novembre 
1978, n. 191/1980, G. U. 21 maggio 1980, n. 138. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 3, primo comma, e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 30 marzo 
1979, n. 376/1980, G. U. �18 giugno 1980, n. 166. 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 21 febbraio 
1979, n. 37~/1980, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 24, terzo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di La Spezia, ordinanza 5 dicembre 
1978, n. 276/1980, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 69, secondo comma (artt. 3 e 24 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di La Spezia, ordinanza 5 dicembre 
1978, n. '277/1980, G. U. il1 giugno 1980, n. 159. 

d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, artt. 329, primo comma (artt. 3, primo comma, 
24, secondo comma e 27, terzo comma, della Costituzione). 
Tribunale di Savona, ordinanza 15 ottobre 1979, n. 210/1980, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 1, 183 e 195 [modif. da legge 14 aprile 
1975, n. 103, art. 45] (artt. 21, 3 e 10 della Costituzione). 
Pretore di Putignano, ordinanza 29 marzo 1980, n. 347, G. U. 18 giugno 1980, 

n. �166. 
legge 30 luglio 1973, n. 477, art. 15, commi secondo e terzo (artt. 3, comma 
primo, 35 e 38, comma secondo, della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione di Reggio Calabria, 
ordinanza 17 gennaio 1979, n. 125/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 

legge 11 agosto 1973, n. 533, artt. 437, secondo comma, primo inciso, e 20, 

primo comma (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Corte di Cassazione, ordinanza 11 gennaio 11980, 

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n. 285, G. U. 11 giugno 1980, 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1 e 7 (artt. 3, 95 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Trieste, ordinanza 18 ottobre 
1979, n. 253/1980, G. V. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 1, primo c:omma, lettera a) e 7, 
c:omma primo, sec:ondo e quarto (artt. 3, 35, primo comma, e 53, primo comma, 
della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Livorno, ordinanze (nove) 22 giugno 
1979, nn. 242, 243, 244, 245, 246, 247, 248, 249 e 250/1980, G. V. 28 maggio 1980, 

n. 145: 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, 4, 7, 11 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di La Spezia, ordinanze (cinque) 
29 ottobre 1979, nn. 278, 279, 280, 281 e 282/1980, G. V. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 7 (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Fermo, ordinanza 30 giugno 1977, 

n. 357/1980, G. V. 18 giugno 1980, n. 166. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 56 (artt 3, 53 e 112 della Costituzione). 
Giudice istruttore del Tribunale di Frosinone, ordinanza 14 dicembre 1979, 

n. 144/1980, G. V. 7 maggio 1980, n. 124. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 {art. 3 della Costituzione), 
Commissione tributaria di primo grado di S. Maria Capua Vetere, ordinanze 
(sei) 3 novembre 1979, nn. 235, 236, 237, 238, 239 e 240/1980, G. V. 28' maggio 1980, 

n. 145. 
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 15, 54 e 39 (artt-34 e 113 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Padova, ordinanza 12 febbraio 
1980, n. 259, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (art. 3 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Busto Arsizio, ordinanze (due) 
21 maggio e 12 marzo 1979, nn. 108 e 109/1980, G. V. 7 maggio 1980, n. 124. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92 (art. 76 della Costituzione). 
Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanze (tre) 16 febbraio 
1979, nn. 136, 137 e 138;.1980, G. V. 7 maggio 1980. 
Commissione tributaria di secondo grado di Gorizia, ordinanza 16 febbraio 
1979, n. 147/1980, G. V. 14 maggio 1980, n. 131. 


96 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO S:CATO 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 93 e 98 (artt. 70, 76 e 77 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Fermo, ordinanza 20 settembre 
1979, n. 356/1980, G. U. 25 giugno 1980, n. 173. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 

Pretore di Pistoia, ordinanza 5 dicembre 1979, n. 141/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 
Pretore di Cascina, ordinanza 11 gennaio 1980, n. 161, G. U. 14 maggio 1980, 

n. 
131. 
Pretore di Citt� di Pieve, ordinanze (due) 16 febbraio 1980, nn. 260 e 261, 
G. V. 4 giugno 1980, n. 152. 
Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 24 marzo 1980, n. 302, G~ U. 18 giugno 
1980, n. 166. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877, art. 1 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 

Pretore di Monsummano Terme, ordinanza 18 gennaio 1980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 
Pretore di Pontedera, ordinanza 30 gennaio 1980, n. 183, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

legge 18 dicembre 1973, n. 877, art. 13, primo e secondo comma (artt. 3 e 53 
della Costituzione). � 

Pretore di Citt� di Pieve, ordinanze (due) 16 febbraio 1980, nn. 260 e 261, 

G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 
d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Sassari, ordinanzza 19 dicembre 1979, n. 158/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

d.P.R. 31 maggio 1974; n. 417, art. 92, settimo comma (artt. 3, 97 e 98 della 
Costituzione). 
Consiglio nazionale dei geometri, ordinanza 26 luglio 1979, n. 140/1980, G. U. 
14 maggio 1980, n. 131. 

legge reg. Toscana 4 luglio 1974, n. 35, art. 46 (art. 97, primo comma, della 
Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, ordinanza 26 ottobre 1979, 

n. 218/1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
legge reg. Veneto 8 setembre 1974, n. 48, art. 1 .(artt. 23, 117 e 119 della 
Costituzione). 

Pretore di Portogruaro, ordinanza 19 settembre 1979, n. 316/,1980, G. U. 18 giugno 
1980, n. 166. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Grosseto, ordinanzza 4 febbraio 1980, n. 157, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 2, comma terzo (art. 25, comma secondo, 
della Costituzione). 

Tribunale di Vigevano, ordinanze (tre) 27 settembre e 15 novembre 1979, 
nn. 122, 123 e 124/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 
Pretore di San Giovanni Valdarno, ordinanza 14 febbraio 1980, n. 197, G. U. 
21 maggio 1980, n. 138. 

legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 4, comma secondo (artt. 13, comma terzo 
e 25, comma secondo, della Costituzione): 

Pretore di Grottaglie, ordinanza 1� febbraio 1980, n. 229, G. U. 28 maggio 1980, 

n. 145. 
legge 18 aprile 1975, n. 11 O, artt. 1O, comma-sesto, e 26 (art. 3 della Costituzione). 


Tribunale di Cremona, ordinanza 18 gennaio 1980, n. 1155, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

legge 18 aprile 1975, n. 148, art. 12 (artt. 34, terzo e quarto comma, 4, primo 
comma, terzo cpv., della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 8 gennaio 1980, n. 164, G. U. 14 maggio 1980, 

n. 131. 
Pretore di Bologna, ordinanze (3) 8 gennaio 1980, nn. 263, 264 e 265, G. U. 
4 giugno 1980, n. 152. 

legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 227 (art. 29, comma secondo, della Costituzione). 


Tribunale di Catania, ordinanza 25 gennaio 1980, xi. 251, G. U. 28 maggio 
1980, n. 145. 

legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 1, primo comma (artt. 3, 13, 111 e 27 della 
Costituzione. 

Tribunale di Roma, ordinanza 18 marzo 1980, n. 355, G. U. 25 giugno 1980, 

n. 173. 
legge 3 giugno 1975, n. 160, art. 31 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Tribunale di Cagliari, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 226, G. U. 28_ maggio 1980, 

n. 145. 
d.P.R. 9 giugno 1975, n. 482 (artt. 3 e 38, �omma secondo, della Costituzione). 
Tribunale di Torino, ordinanza 22 febbraio 1980, n. 287, G. U. 4 giugno 1980, 

n. 152. 

98 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 30 giugno 1975, n. 1124, art. 213, primmo comma (artt. 3, primo 
comma, e 38, secondo comma, della Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 9 novembre 1979, n. 170/1980, G. V. 21 maggio 
1980, n. 138. 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Cecina, ordinanza 6 febbraio 1980, n. 270, G. V. 4 giugno 1980, 

n. 
152. 
Pretore di Adria, ordinanza 2 febbraio 1980, n. 330, G. V. 18 giugno 1980, 
n. 
166. 
Pretore di Adria, ordinanze (dieci) 29 gennaio e 13 febbraio 1980, nn. 318 a 
327, G. V. 18 giugno 1980, n. 166. 
Pretore di Caprino Veronese, ordinanza 26 marzo 1980, n. 370, G. V. 18 giugno 
1980, n. 166. 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 27 della Costituzione). 

Pretore di Milano, ordinanza 29 febbraio ,1980, n. 298, G. V. 11 giugno 1980, 

n. 
159. 
Tribunale di Pisa, ordinanza 16 gennaio 1980, n. 268, G. V. 11 giugno 
1980, n. 159. 
Pretore di Pontassieve, ordinanze (due) 6 marzo e 24 gennaio 1980, nn. 353 
e 354, G. U. 18 giugno 11980, n. 166. 

legge 1 O maggio 1976, n. 319, art. 22 (artt. 3 e 32 della Costituzione). 

Pretore di Rivarolo Canavese, ordinanza 20 giugno 1979, n. 133/1980, G. U. 
7 maggio 1980, n. 124. 

d.�I. 9 luglio 1976, n. 470, art. 1 [conv. in legge 19 agosto 1976, n. 569] 

(artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Fermo, ordinanza 18 maggio 1977, 

n. 358/1980, G. U. 25 giugno 1980, n. 173. 
legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, primo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 
della Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Ferrara, ordinanza 13 ottobre 
1978, n. 180/1980, G. V. 21 maggio 1980, n. 138. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 1 e 3, ultimo comma (artt. 3, 29, 31 e 
53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di primmo grado di Trieste, ordinanza 15 maggio 
1978, n. 252/1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 4, comma terzo (artt. 3, 29, 31 e 53 della 
Costituzione). 

Commissione tributaria di primo grado di Milano, ordinanza 12 dicembre 
1977, n. 262/1980, G. U. 4 giugno 1980, n. 152. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 31 e 53 della Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 20 febbraio 
1979, n. 156/1980, G. U. 7 maggio 1980, n. 124. 

legge 8 agosto 1977, n. 513, artt. 27 e 28 (artt. 3 e 47 della Costituzione). 

Corte d'appello di Firenze, ordinanza 19 ottobre 1979, n. 121/1980, G. U. 
7 maggio 1980, n. 124. 

legge 8 novembre 1977, n. 847, art. 2 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 22 gennaio 1980, n. 166/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di secondo grado di Enna, ordinanze 22 novembre 
J.978, n. 191/1980, G. U. 21 maggio 1980, n. 138. 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (art. 3, primo comma, e 53 della 
Costituzione. 

Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 30 marzo 
1979, n. 376, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 
Commissione tributaria di secondo grado di Roma, ordinanza 21 febbraio 
1979, n. 375/1980, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 

legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5 (artt. 24 e 113 della Costituzione). 

Consiglio di Stato, sezione IV giurisdizionale, ordinanza 6 luglio 1979, 

n. 154/,1980, G. U. 14 maggio 1980, n. 131. 
d.-1. 30 gennaio 1979, n. 21, art. 1 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 3 marzo 1979, n. 333/1980, G. U. 25 giugno 1980, 

n. 173. 
d.-1. 30 gennaio 1979, n. 21, art. 1, comma ultimo [modif. da legge 31 marzo 
1979, n. 93] (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Carpi, ordinanza 12 novembre 1979, n. 174/1980, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

legge reg. d'Abruzzo 2 febbraio 1978, n. 9 (artt. 36, 97 e 117 della Costituzione). 


Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, ordinanza 25 ottobre 1978, 

n. 241/1980, G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
legge 27 febbraio 1978, n. 41, art. (artt. 3, 36 e 38 della Costituzione). 

Pretore di Aosta, ordinanza 18 marzo 1980, reg. 335, G. U. 25 giugno 1980, 

n. 173. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge prov. di Taranto 13 marzo 1978, n. 13, art. 8 (artt. 4, 35, 53, 3, 23 e 31 
della Costituzione). 

Pretore di Riva del Garda, ordinanza 8 febbraio 1980, n. 209, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

d.�l. 29 maggio 1979, n. 163, art. 57, comma secondo (artt. 70, 101, 24, 
primo comma, 42 e 3 della Costituzione). 

Pretore di Udine, ordinanza 7 dicembre 1979, n. 149/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

legge 27 luglio' 1978, n. 392, art. 4, ultimo comma (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 172/1980, G. U. 21 maggio 
1980, n. 138. 

legge 27 l~glio� 1'979, n..392, art. 16 (artt. 3 e H3 della Costituzione). 

Pretor~ di Trieste, ordinanza 8 gennaio 1980, n. 168, G. U. 21 maggio 1980, 

n. 138. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 29 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Bisceglie, ordinanza 18 marzo 1980, n. 296, G. U. 
18 giugno 1980, n. �. 166. 


legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 (art. 3 della Costituzione). 

Tribunale di Milano, ordinanza 12 luglio 1979, n. 336/1980, G. U. 18 giugno 
1980, n. 166. 


legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 58 e 59 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Napoli�Miano, ordinanza 3�1 dicembre .1979, n. 135/1980 

G. U. 14 maggio 1980, n. 131, 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59 (art. 3 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Fiorenzuola D'Arda, ordinanza 19 luglio 1979, n. 152/ 
1980, G. V. 14 maggio 1980, n. 131. 


legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 59, n. 8 (artt. 3, 70, 101 e 103 della Costituzione). 


Pretore di Adria, ordinanza 23 novembre 1979, n, 198/1980, G. V. 21 maggio 
1980, n. 138. 


legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 73 (artt. 3, comma primo e secondo, 41, 
comma primo e 42, comma secondo, della Costituzione). 


Pretore di Fermo, ordinanza 3 marzo 1980, n. 288, G. U. 11 giugno 1980, 

n. 159. 
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PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge ?? luglio 1978, n. 392, art. 73 [modif. da legge 31 marzo 1979, n. 931 

(artt. 3 della Costituzione). 

Pretore di Rimini, ordinanza 5 febbraio 1980, n. 348, G. U. 18 giugno 1980, 

n. 166. 
legge 3 agosto 1978, n. 405, art. 4, lettera B (art. 3 della Costituzione). 

Pretore di Livorno, ordinanza 27 giugno 1979, n. 303/1980, G. U. 18 giugno 
1980, n. 166. 

legge, 3 agosto 1978, n. 405, art. 12 (art. 3 della Costituzione). 

Corte di Cassazione, ordinanza 6 giugno 1979, n. 221/11980, G. U. 28 maggio 
,1980, n. 145. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera a) (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 12 dicembre 1979, n. 160/1980, G. U. 
21 maggio 1980, n. 138: 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera a) (artt. 3 e 24 secondo comma, 
della Costituzione). 
Pretore di Feltre, ordinanza 6 dicembre 1979, n. 150/1980, G. U. 7 maggio 
1980, n. 124. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 4 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Livorno, ordinanza 27 giugno 1979, n. 303/1980, G. U. 18 giugno 
1980, n. 166. 

legge 13 agosto 1979, n. 364, art. 1 ((artt. 70, 101, 24, primo comma, 42 
e 3 della Costituzione). 

Pretore di Udine, ordinanza 7 dicembre 1979, n. 149/1980, G. U. 14 maggio 
1980, n. 131. 

legge 31 marzo 1980, n. 126 (art. 9, n. 10, dello statuto speciale del 
Trentino-Alto Adige). 

Presidente della giunta provinciale di Trento, ricorso 16 maggio 1980, n. 10, 

G. U. 
28 maggio 1980, n. 145. 
Presidente della giunta provinciale di Bolzano, ricorso 16 maggio 1980, n. 11, 
G. U. 28 maggio 1980, n. 145. 
legge reg. Umbria 23 aprile 1980 (artt. 117, 3 e 48 della Costituzione). 

Presidente del Consiglio dei Ministri, ricorso 20 maggio 1980, n. 12, G. U. 
28 maggio 1980, n. 145. 

legge reg. siciliana 23 maggio 1980, artt. 1, ultimo epv., e 4 (artt. 14 e 17 
dello statuto speciale della regione siciliana). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 5 giugno 1980, 

n. 13, G. U. 18 giugno 1980, n. 166. 

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CONSULTAZIONI 


CIRCOLAZIONE STRADALE 

Responsabilit� civile per scontro tra autoveicoli -Danno al trasportato -Azione 
di regresso tra i danneggianti -Limiti delle presunzioni a carico del vettore 
e dell'altro danneggiante coobbligato solidale (e.e., artt. 2043, 2054, 2055). 

Se, nel caso di scontro tra due veicoli, in mancanza della dimostrazione della 
responsabilit� esclusiva di uno solo dei conducenti il criterio della presunzione 
di pari colpa stabilito dall'art. 2054 e.e., operi nell'ambito dei rapporti fra danneggianti 
e della conseguente azione di regresso regolata dall'art. 2055 stesso codice, 
in relazione ai danni subiti da un trasportato (a cui favore non opera la 
presunzione art. 2054 e.e. nei confronti del trasportante), anche quando la domanda 
di regresso � proposta dal danneggiante non vettore nei confronti di 
quest'ultimo (n. 65). 

COMUNI E PROVINCE 

Comuni e Province -Delegazioni di pagamento -Assunzione di garanzia da 
parte dello Stato -Presupposti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, art. 15). 

Se ai fini dell'assunzione da parte dello Stato della garanzia derivante dalle 
delegazioni di pagamento che l'art. 15, legge 26 ottobre 1972, n. 638, consente siano 
rilasciate da province, comuni, camere di commercio e aziende di cura, soggiorno 
e turismo per i tributi Propri e per le quote di compartecipazione a tributi erariali, 
si possa esercitare un controllo sulla legittimit�: del mutuo cui si riferisce 
la delegazione o invece si debba limitare ad accertare che il mutuo sia stato 
.approvato ed autorizzato dagli organi competenti (n. 174). 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Societ� commerciale -Fusione per incorporazione -Costituzione di un fondo di 
riserva di concambio -Assoggettabilit� all'imposizione diretta come plusvalenza 
(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 100; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598). 

Se in sede di fusione per incorporazione, nel bilancio dell'incorporante, oltre 
ad essere riportato l'incremento corrispondente al valore di cambio dei titoli 
dell'incorporand� (cio� al trapasso dei titoli dell'incorporanda all'incorporante 
attuato secondo un determinato rapporto di valori), viene costituito un fondo 
<li riserva di concambio (che raccoglie la differenza tra il valore reale dei titoli 

della incorporata e o, sotto la pari, in base al quale � avvenuto il cambio, e di cui 
beneficieranno in avvenire gli ex soci dell'incorporata) l'ulteriore valore che cosi 
-emerga (che non ha diretto rapporto conseguenziale con l'operazione di cambio 

o con una redistribuzione contabile di valori gi� precedentemente iscritti) debba 
essere tassato come plusvalenza (n. 77). 

104 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE DIRETTE 

Iscrizione a ruolo di imposte dirette -Limiti minimi per l'iscrizione -Interessi 
�e soprattasse -Operativit� dei limiti anzidetti (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, 
art. 10). 

Se la limitazione stabilita dall'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 

secondo la quale non si fa luogo all'iscrizione nei ruoli delle partite d'imposta 
il cuf ammontare non supera le lire mille -operi anche in relazione 
alle somme dovute per interessi e sopratasse (n. 50). 

Iscrizione a ruolo di imposte dirette -Limiti mtnzmt per l'iscrizione -Pena 
pecuniaria (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 10). 

Se la limitazione stabilita dall'art. 10 del d.P .R. 29 settembre 1973, n. 602 
-secondo la quale non si fa luogo all'iscrizione nei ruoli delle partite d'imposta 
il cui ammontare non supera le lire mille -operi anche in relazione alle 
somme dovute per la pena pecuniaria (n. 51). 

Societ� commerciali -Fusione per incorporazione -Costituzione di un fondo 
di riserva di concambio -Assoggettabilit� all'imposizione diretta come plusvalenza 
(d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 art. 100; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598). 

Se in sede di fusione per incorporazione, nel bilancio dell'incorporante, 
oltre ad essere riportato l'incremento corrispondente al valore di cambio dei 
titoli dell'incorporanda (cio� al trapasso dei titoli dell'incorporanda all'incorporante 
attuato secondo un determinato rapporto di valori), viene costituito 
un fondo di riserva di concambio (che raccoglie la differenza tra il valore reale 
dei titoli dell'incorporata e o, sotto la pari, in base al quale � avvenuto il cambio, 
e di cui beneficieranno in avvenire gli ex soci dell'incorporata) l'ulteriore valore 
che cos� emerga (che non ha diretto rapporto conseguenziale con l'operazione di 
cambio o con una redistribuzione contabile di valori gi� precedentemente iscritti) 
debba essere tassato come plusvalenza (n. 52). 

RESPONSABILITA CIVILE 

Responsaiblit� civile per scontro tra autoveicoli -Danno al trasportato -Azione 
di regresso tra i danneggianti -Limiti delle presunzioni a carico del vettore 
e dell'altro danneggiante coobbligato solidale (e.e., artt. 2043, 2054, 2055). 

Se, nel caso di scontro tra due veicoli, in mancanza della dimostrazione 
della responsabilit� esclusiva di uno solo dei conducenti il criterio della presunzione 
di pari colpa stabilito dall'art. 2054 e.e., operi nell'ambito dei rapporti 
fra danneggianti e della conseguente azione di regresso regolata dall'art. 2055 
stesso codice, in relazione ai danni subiti da un trasportato (a cui favore non 
opera la presunzione art. 2054 e.e. nei confronti del trasportante), anche quando 
la doma.nda di regresso � proposta dal danneggiante non vettore nei confronti 


di quest'ultimo (n. 296). 

PARTE Il, CONSULTAZIONI 

RISCOSSIONE 

Iscrizione a ruolo di imposte dirette -Limiti minimi per l'iscrizione -Interessi 
e soprattasse -Operativit� dei limiti anzidetti (d.P.R. 29 settembre 1973, 

n. 602, art. 10). 
Se la limitazione stabilita dall'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 
-secondo la quale non si fa luogo all'iscrizione nei ruoli delle partite d'imposta 
il cui ammontare non super� le lire mille -operi anche in relazione alle somme 
dovute per interessi e soprattasse (n. 44). 

Iscrizione a ruolo di imposte dirette -Limiti minimi per l'iscrizione -Pena 
pecuniaria (d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 10). 

Se la limitazione stabilita dall'art. 10 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 
-secondo la quale non si fa luogo all'iscrizione nei ruoli delle partite d'imposta 
il cui ammontare non supera le lire mille -operi anche in relazione alle somme 
dovute per la pena pecuniaria (n. 45). 

TRIBUTI LOCALI 

Comuni e Province -Delegazioni di pagamento -Assunzione di garanzia da 
parte dello Stato -Presupposti (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, art. 15). 

Se ai fini dell'assunzione da parte dello Stato della garanzia derivante dalle 
delegazioni di pagamento che l'art. 15, legge 26 ottobre 1972, n. 638, consente siano 
rilasciate da province, comuni, camere di commercio e aziende di cura, soggiorno 
e turismo per i tributi propri e per le quote di compartecipazione a 
tributi erariali, si possa esercitare un controllo sulla legittimit�: del mutuo 
cui si riferisce la delegazione o invece si debba limitare ad accertare che il 
mutuo sia stato approvato ed autorizzato dagli organi competenti (n. 18). 


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