ANNO XXXI N. 3 MAGGIO-GIUGNO 1979 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Pubblicazione bimestrale di servizio ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO ROMA 1979 - ---:;.".?�� ~ ABBONAMENTI ANNO .1979 ANNO � . . � � � � � � � � � � � � . . . . . . . . . . . . . � L. 20.000 UN NUMERO SEPARATO ��.���������.�� � 3.500 Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -Roma e/e postale n. 387001 Stampato in Italia -Printed in ltaly AutorizZllZione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 (9219295) Roma, 1979 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. INDICE Parte prima: GIURISPRUDENZA Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e de//'avv. Franco Favara) . . . . . . . . . . : . . . pag.227 Sezione seconda: GIURISPRUDENZA ZIONALE (a cura COMUNITARIA de//'avv. Oscar E INTERNA. Fiumara) . . � 245 Sezione terza: GIURISPRUDENZA SDIZIONE (a cura SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. Carlo Carbone) . . � 260 Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura cato Adriano Rossi) . . . . . . . dell'avvo � 268 Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA del/'avv. Raffoele Tamiozzo) . . . . (a cura � 299 Sezione sesta: GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA (a cura vocato Carlo Baf�le) . . . . . . . . de/l'av. . . � 305 Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI (a cura de//'avv. Paolo Vittoria) . . . . . . . . . . . . . . . . � 336 Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo Di Tarsia Di Be/monte) . . . . . , . . . � 347 Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO CONSULTAZIONI � NOTIZIARIO LEGISLAZIONE pag. 93 CONSULTAZIONI � 108 La pubblicazione � diretta dall'avvocato: UGO GA~GIULO CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE Avvocati Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, . Bari; Michele DIPACE, Bologna; Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Raffaele TAMIOZZO, Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe Orazio Russo, Lecce; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. PARTE PRIMA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� -Alveo � Individuazione . Segnale di guardia � Valore, 345. -Tribunali deHe acque . Competenza e giurisdizione � Controversia sulla delimitazione dell'alveo� Fattispecie� Competenza del tribunale delle acqu�, 336. � -Tribunali delle acque � Giudizio e procedimento � Difese tecniche di parte estromessa � Mancato esame � Legittimit�, 336. ...,.. Tribunali delle acque � Giudizio e procedimento � Q�estione di competenza per materia � Deducibilit� con motivo di appello, 336. COMPJ!:TENZA E GIURISDIZIONE -Contratto di opera professionale non ricondudbile ad un rapporto di pubblico impiego � Azione di arricchimento � Requisiti, 263. -Poteri .ed obblighi dell'A.G.0. nei confronti della P.A. -Azione di risarcimento danni � Giurisdizione del1' A.G.O. �Richiesta di annullamento, modifica, revoca di un provvedimento amministrativo " Irrilevanza, 260, COMUNIT� EUROPEE -Agric�ltura � Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine � Importazioni agevolate . Condizioni � Categorie di produttori � Specificazione � Competenza degli Sati membri, con nota di F. FAVARA, 245. -Agricoltura� Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine � Importazioni agevolate � Condizioni � Categorie di produtto ri � Specificazione' .' Realizzazione degli obiettivi comunitari, con nota di F. FAVARA, 245. -Previdenza sociale dei lavoratori migranti � Prestazioni previdenziali � Diritto spettante in forza delfa sola legislazione nazionale . Norme anti� cumulo� nazionali � Applicabilit� . Regime comunita~fo. pi� favorevole . Applicabilit�, con nota di O. FIU� MARA, 254. CONTABIUT� GENErRALE DELLO STATO -Obbligazioni pecuniarie dello Stato . Mora � Interessi � Inammissibilit� � Momento dal quale decorrono, 271. CONTRATTI PUBBLICI -Appalto-concorso . Aggiudicazione � Discrezionalit� della P.A. � Sussite � Richiesta di esecuzione di varianti � Legittimit� � Trattative con l'offerente anche sugli aspetti finanziari Ammissibilit� � Sussiste, 302. -Appalto-concorso � Aggiudicazione . Obbligo � Esclusione � Fattispecie Contratto eccessivamente gravoso sotto il profilo finanziario, 302. � -Appalto-concorso � Criteri di valuta� zione � Discrezionalit� della P.A. � Sussiste, 301. -Appalto-concorso � Criteri di valutazione � Discrezionalit� nell'aggiudicazione � Sussiste � Effetti, 302.. -Appalto-concorso � Impugnativa di una esclusione � Rinnovazione della gara senza aggiudicazione � Improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse, 301. -Appalto-concorso � Procedimento � Momento della conclusione � Scelta del progetto � Esclusione � Stipula ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI I FAVARA F., Della possibilit� di misure di politica commerciale comune finalizzate ad obiettivi di politica delle strutture agrarie . I, 245 FIUMARA O., Prestazioni previdenziali ii:z favore dei lavoratori migranti -Norme nazionali e regime comunitario pi� favorevole . . I, 254 ! I I j I INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA zione e approvazione -Necessit� Sussiste, 302. -Appalto-concorso -Scelta fra i progetti -Criteri -Corrispondenza fra soluzioni offerte e previsioni di massima -Non � richiesta -Effetti, 301. CORTE COSTITUZIONALE -Conflitto di attribuzione tra Stato e regione -Sospensione dell'atto che ha dato luogo al conflitto -Impossibilit� del recupero di somme da corrispondersi -Giustifica la sospen� sione, 238. EDLLIZIA POPOLARE ED ECONOMICA -Contratti di Enti pubblici -Trattativa privata -Limiti -Fornitura di prodotti petroliferi -Possibilit� di approvazione parziale -Effetti, con nota di R. TAMIOZZO, 299. -Istituti autonomi case popolari Assegnazione e gestione alloggi - ConnroHi amministrativi -Competenza regionale in epoca anteriore al d.P:R. 610/1977 -Esclusione, con nota di R. TAMIOZZO, 299. -Istituti autonomi case popo1ari Contratti di enti pubblici -Gestione e ristrutturazioni;: di impianti termici -Contratto a trattativa privata -Approvazione -. Competenza del Provveditorato alle opere pubbliche -Effetti, con nota di R. TAMIOZZO, 299. GIUSTJ:ZIA AMMIINISTRATIVA -Appello -Motivi di ricorso nuovi e diversi -Inamm~ssibilit� -Sussiste, con nota di R. TAMmzzo, 299. -Ricorso giurisdi:t.ionale -Firma -Sottoscrizione da parte del ricorrente del mandato :in calce o a margine Autenticazione del difensore -Regolarit� -Sussiste, 302. -Ricorso giurisdizionale ,1 Obbligatoriet� della difesa tecnica -Necessit� di avvocato o procuratore legale -Procuratore iscritto in un albo locale -Non � obbligatorio, 302. IMPIEGO PUBBLICO -Indennit� di buonuscita -Diritto soggettivo -Scadenza del pagamento nel momento di cessazione dal servizio -Mora -Decorrenza !interessi -Norme sulla contabilit� di Stato sull'obbligo del pagamento degli interessi -Incompatibilit�, 268. -Indennit� di buonuscita a carico del Fondo di previdenza del personale �delle Dogane -Commisurazione al servizio effettivamente prestato Rinvio alle norme sull'esodo volontario dei dirigenti e gli ex combattenti che prevedono aumenti convenzionali del servizio -Inammissi, bMit�, 271. IMPOSTA DI FABBRICAZIONE -Olii minerali -Trasporto seru:.a certificato di provenienza o con certificato falso o scaduto -Pagamento del debito tributario -Irrilevanza ai fini penali -Legittimit� costituzionale, 237. IMPOSTA DI REGIST\RO -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Subappalti -Autorizzazione preventiva dell'Amministrazione concedente -� necessaria -Generica previsione di subappalti nel contratto di appalto -Comportamen passivo dell'appaltante -Insufficienza, 326. -Sentenza che dichiara la simulazione assoluta -� immediatamente tassabile come atto di ritrasferimento -Impugna:t.ione -Irrilevanza Successiva riforma -Rimborso, 305. IMPOSTA GBNBRALE SULL'EtN- TiRATA -Assegni I.CiC.'R.I. -Natrura -Compensi pagati dall'LC.C.RI. alle Casse di risparmio -Interessi di puro impegno di capitale -Esclusione Costituiscono entrata imponibile, 331. - Base imponibile -Prezzi medi delle acque minerali -Determinazione amministrativa -Legittimit� costituzionale, 236. Vlll RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO IMPOSTA SUI FABBRICATI -Edificio di opera� pia adibito statutariamente a ricovero gratuito di bambini -Non suscettibilit� di reddito � Tassabilit� -Esclusione, 3'12. IMPOSTE DOGANALI -Applicazione della tariffa pi� favorevole sopravvenuta Domanda scritta � ,� necessaria � Presunzione -Esclusione, 330. IMPOSTE E TASSE IN GENERE -Imposte indirette -Fermo amministrativo a garanzia di credito tributario -Annullamento in sede giurisdizionale -Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi Natura e decorrenza, 317. -Imposte indirette -Fermo amministrativo a garanzia di credito tributario -Annullamento in sede giurisdizionale � Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi -Prescrizione -Decorrenza, 318. -Imposte indirette � Fermo amministrativo a garanzia di credito tributario � Disapplicazione da parte del giudice ordinario � Impossibilit�, 318. -Rappresentanza del contribuente Procura -O estinzione � Effetti verso l'Amministrazione, 307. - Violazione di leggi finanziarie e valutarie -Pena pecuniaria -Societ� avente personalit� giuridica � Responsabilit� dell'amministratore Esclusione, 316. LAVORO -Perdita delle prestazioni del lavoratore per infortunio extra-lavorativo Surrogazione del datore di :lavoro � Mancata previsione -Legittimit�.,_costituzionale, 242. OBBLIGAZIONI E CONTIRATTI -Mora del debitore nell'adempimento di obbligat.ioni � Danni per svalutazione monetaria -Riconoscimento automatico -Non spetta, 286. -Mora del debitore nell'adempimento di obbligazioni pecuniarie � Prova del maggior danno rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. Contenuto, 286. PENA -Donna che ha partorito da meno di sei mesi -Non sospensione dell'esecuzione della pena -Legittimit� costituzionale, 228. -Liberazione condizionale dei condannati -Presupposti -Legittimit� costituzionale, 227. -Pena detentiva -Tempo trascorso in custodia preventiva -Detraibilit� Limite, 235. PROCEDIMENTO CIVILE -Citazione -Notificazione -Nullit� sostanziale -Mancanza dei requisiti previsti dall'art. 164 c.p.c. -Nozione, 282. -Intervento adesivo -Declaratoria di inammissibilit� -Impugna:t.ione della parte adiuvata -Impossibilit�, 336. -Potere dell'ufficio di indicare lacune e irregolarit� -Non riconosciuto ai giudici collegiali � Legittimit� costituzionale, 241. -Revocatoria � Revocatoria in materia penale -Anteriorit� del credito rispetto all'atto oggetto di revocatoria � N�zione -Applicabilit� in materia tributaria, 282. - Revocatoria � Revocatoria in materia penale -Scienza fraudis � Disciplina -Requisiti, 282. PROCEDIMENTO PENALE -Imputato infermo di mente prosciolto con sentenza istruttoria o non passata in giudicato -Sospensione dell'esecuzione di misura di sicu rezza � E-sclusione � Legittimit� costituzionale, 230. -Infermit� di mente dell'imputato risalente al tempus commissi delicti Non previsione della sospensione del processo -Legittimit� costituzionale, 230. INDICE CRONOLOGICO. DELLA GIURISPRUDENZA CORTE COSTITUZIONALE 10 maggio 1979, n. 8 10 maggio 1979, n. 12 10 maggio 1979, n. 13 24 maggio 1979, n. 23 24 maggio 1979, n. 24 24 maggio 1979, n. 25 24 maggio 1979, n. 27 24 maggio .1979, n. 30 24 maggio 1979, n. 36 (ordinanza) 18 giugno 1979, n. 47 18 giugno 1979, n. 49 18 giugno 1979, n. 50 CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 1� febbraio 1979, nella .causa 121/78 16 maggio 1979, nella causa 236/78 . GIURISDIZIONI CIVILI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Un., 17 novembre 1978, n. 5330 Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 53 . Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 55 . Sez. I, 12 gennaio 1979, n. 228 Sez. I, 15 gennaio 1979, n. 289 Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 39.1 Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 551 Sez. Un., 26 gennaio 1979, n. 600 Se;:.. I, 29 gennaio 1979, n. 639 . . Se;:. I, 12 febbraio 1979, n. 933 . Sez. Un., 23 febbraio 1979, n. J194 Sez. Lav., 3 m.arzo 1979, n. 1347 Sez. I, 9 marzo 1979, n. 1468 . Sez. Un., 4 luglio J979, n. 3776 pag. � � � � � � � � � � � pag. � � pag. � )) � � � )) )) � � � � � � � 227 229 235 230 230 228 236 237 238 240 241 . 242 245 254 268 305 307 3'12 316 317 326 260 330 331 263 271 282 286 INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA Xl TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 30 giugno 1978, n. 22 pag. 336 30 giugno 1978, n. 24 )) 341 4 ottobre 1978, n. 25 )) 345 GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 28 novembre 1978, n. 1102 pag. 299 TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO ~ Sez. I, 22 novembre 1978, n. 984 pag. 301 Sez. I, 29 novembre 1978, n. 995 )) 303 ~RIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PEIR IL MOLISE 10 ottobre 1978, n. 77 . . . . . . . . . .� . . . . . . . . . pag. 302 GIURISDIZIONI PENALI CORTE DI CASSAZIONE Sez. Ili, 20 dicembre 1978 pag. 347 ' CORTE D'APPELLO Roma, Sez. III, 17 febbraio 1979 pag. 352 PARTE SECONDA INDICE ANALITICO -ALFABETICO DELLE CONSULTAZIONI AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Enti pubblici -Soppressione -Devolm. ione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione -Collocazi0ne al passivo -Sede, 108. BENEFICENZA E ASSISTENZA -Alienati di guerra -Ricovero in case di cura convenzionate -Convenzioni tra case di cura e provincie Rimborsi in favore delle provincie Decorrenza, 108. -Ospedali psichiatrici -Ali�nati di guerra -Rette di degenza -Maggiorazione a carico dell'O.N.I.C. -Decorrenza, 108. CONTENZIOSO 'I1RllBUTARIO -Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni delle decisioni delle commissioni di secondo grado, 108. -Contenzioso tributario -Impugna: oione di terzo grado avanti alla Corte di Appello -Condanna alle spese, 108. - Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte d'Appello o alla commissione centrale per violazione di legge, .109. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello o alla commissione tributaria centrale -Ampiezza, 109. CON11RIBUTi E FLNANZIAMENTI -Esenzioni e agevolazioni .-Edilizia Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto -Limiti, 109. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto -Riferimento alla unit� -Immobiliare -Estensione, 109. DEMAiNIO -Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Silenzio -Rigetto -Applicabilit�, 109. -Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine, 110. ENTI PUBBLICI -Unione nazionale mutilati per servizio -Socio effettivo -Iscrit.ione Requisiti, 110. F ALLIMEiNTO -Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni ad agire in giudizio, 110. GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA -Principio di alternativit� -Ricorsi gerarchici impropri e opposizioni Applicabilit�, '110. IGIENE E SANIT� -Ospedali convenzionati -Ripartizione quote divisibile a docenti universitari, 110. -Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari Misura degli oneri dell'ospecfale, 110. -Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari Ripartizione delle somme dovute da una pluralit� di ospedali, 111. _ Ospedali convenzionali . Servizio � prestato da docenti universitari - Titolariet� delle somme dovute dal- l'ospedale, 111. INDICE DELLE CONSULTAZIONI XI!l IMP[EGO PUBBLICO -Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F., 111. IMPOSTE E TASSE -Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni dell� decisioni delle commissioni di secondo grado, 111. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello -Condanna alle spese, 111. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte d'Appello o alla commissione centrale per violazione di :tegge, 111. -Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti a11a Corte di Appello o alla commissione tribut�ria centrale -Ampiezza, 112. -Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto -Limiti, 112. -Esenzioni e agevo}azfoni -Edilizia Presupposti -Licem,a di costruzione -Contrasto -Riferimento alla unit� -Immobiliare -Estensione, 112. INFORTUNI SUL LAVORO -Unione nazionale mutilati per servizio -Socio effettivo -Iscrizione Requisiti, 112. liNVALIDI DI GUERRA -Alienati di guerra -Ricovero in case di cura convenzionate -Convenzioni tra case di cura e provincie - Riimborsi in favore de1le provincie Decorrenza, 112. -Ospedali psichiatrici -Alienati di guerra -IR!ette di degenza -Maggio razione a carico dell'ONIC -Decorrenza, 113. IPOTECHE -Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione -Collocazione al passivo -Sede, 113. LAVORO -Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F., 113. REGIONI -Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni ad agire in giudizio, 113. RICORSI AMMINISTRATIVI -Principio di a1ternativit� -, Ricorsi gerarchici improp;ri e opposizioni Applicabilit�, 113. -Servit� mRitari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Silenzio Rigetto -Applicabilit�, .113. -Servit� militari -,imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine, 114. SANITAIRI -Ospedali convenzionati -Ripartizione quote divisibile a docenti univer' sitari, 114. -Ospedali convenzionati : Servizio prestato da docenti universitari Misura degli oneri dell'ospedale, U4. -Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari Ripartizione delle somme dovute da una pluralit� di ospedali, 114. -Ospeda,Ii convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari -Titolariet� delle somme dovute dall'ospedale, 114. XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I) Norme dichiarate incostituzionali II) Questioni dichiarate non fondate IU) Questioni proposte pag. )) )) 93 93 95 PARTE PRIMA GIURISPRUDENZA SEZIONE PRIMA GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE I CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 8 -Pres. Amadei -Rel. Reale -Cadeddu e altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Chiarotti). Procedimento penale Liberazione condizionale dei condannati -Magistrato di sorveglianza -Non esercita attivit� giurisdizionale. (!. 12 febbraio 1975, n. 6, art. 1; 1. 26 luglio 1975, n. 354, art. 70). Pena -Liberazione condizionale dei condannati � Presupposti -Legittimit� costituzionale. (Cast., artt. 3 e 27; cod. pen., art. 176). Dopo la legge n. 6 del 1975 l'intera attivit� giurisdizionale di cognizione �della richiesta di liberazione condizi.onale dei condannati appartiene alla Corte di appello; il parere dato a detta Corte dal giudice di sorveglianza non ha carattere giurisdizionale. Pertanto, le questioni di legit~ timit� costituzionale sollevate sono inammissibili (1). Non contrasta con gli artt. 3 e 27 Cost. l'art. 179 cod. pen. nella parte in cui prevede, tra i presupposti della liberazione condizionale dei condannati, la espiazione di almeno trenta mesi (2). (1-3) La sentenza n. 8 � pubblicata integralmente in Foro it., .1979, I, 1106, con indicazione di precedenti. Sul giudice di sorveglianza, Corte cost. 21 dicembre 197,8, n. 87, in questa Rassegna, 1979 (neJ precedente fascicolo), e, commentata da BARTOLE, i:n Giur. cost., 1978, I, 1204. La Corte Cost. ha dato nella sentenza n. 8, una propria interpretazione dell'art. 176 c.p., difforme da quella datane dalla Corte di cassazione (sent. 13 febbraio 1976, Rossano). Le due senteru:.e qui in rassegna riconoscono al legislatore una ampia discrezionalit� nella determinazione delle modalit� di esecuzione �del:la pena. 2 228 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO II CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 25 -Pres. Amadei -Rel. Rossano -Ortu (n.p.) e Presidente Consig1io dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Pena -Donna che� ha partorito da meno di sei mesi -Non sospensione dell'esecuzione della pena -Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; cod. pen., art. 146). Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 146 n. 2 cod. pen. nella parte in cui non prevede il rinvio dell'esecuzione di provvedimento che irroga pene restrittive della libert� personale a carico di donna che ha partorito da meno di sei mesi (3). I (Omissis). -La Corte rileva innanzitutto che, ritenendo esclusi dalla possibilit� del beneficio tutti i condannati a pene inferiori a cinque anni la Corte d'appello di Trento ha erroneamente supposto una condizione che nell'art. 176 c.p. non � esplicita n� implicita, ben potendo raggiungere ~ trenta mesi di espiazione e insieme espiare oltre la met� della pena anche i condannati a pene inferiori a cinque anni. Vengono peTtanto meno i presupposti di una violazione dell'art. 3 della Costituzione. -(Omissis). Tutti i parametri dell'art. 176 c.p., e non solo quelli (si pensi alle condimoni per la sospensione della pena stabile nell'art. 163 c.p.), sono opinabili, ma tutti appartengono all'ambito della politica legislativa e quindi della discrezionalit� del legislatore. N� � dato riscontrare nelle disposizioni che attualmente regolano l'istituto della liberazione condizionale incongruenze e irragionevolezze ai rilievo costituzionale, soprattutto tenendo presente. (e cos� negando fondamento alla affermazione della Corte cli appello di Trento che il difetto di proporzionalit� fra pena scontata e pena inflitta possa togliere ai condannati a pene minori l'impulso ad emendarsi e rendere inattuale ogni il'.'iconoscimento al merite.. vole) che il nuovo ordinamento penitenziario di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, prevede una serie di istituti (affidamento in prova al servizio sociale, regime di semilibert�, licenza, premio, liberazione anticipata) i quali o si riferiscono alle pene minori o sono indipendenti dall'entit� della pena da espiare, e tutti hanno il fine di favorire la rieducazione del reo e il suo reinserimento sociale. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE II tOmissis). -Nella fase di accertamento del reato la custodia preventiva risponde ad esigenze cautelari e con riguardo ad esse l'art. 259 cod. proc. pen. dispone che -fuori dei casi previsti dall'art. 253 e dal n. 2 dell'art. 254 -se l'imputata � una donna incinta o che allatta la p:ropria prole, il giudice pu� disporre con decreto motivato Ja sospensione della esecuzione del mandato di cattura con o senza cauzione o malleveria; e il provvedimento � sempre revocab.J.le con decreto motivato. La fase di esecuzione della pena, invece, risponde alla esigenza della certezza di sua applicazione, che costituisca minaccia tale da rinduvre a non commettere il reato. Ed � in ragione di questa funzione di controspinta, di inibizione al reato, che la minaccia dell'applicazione � considerata funzione essenziale della pena. E soltanto il legislatore rpu� determinare le modalit� della esecu21ione, considerando i fatti in particolare, e quando consentire provvedimenti giudiziali o, invece, stabilire una disciplina legale che escluda ogni margine di discrezionalit� del gudice. Ci� posto, la situazione di una donna, che ha pa['torito da meno di sei mesi, se contro .la donna deve aver luogo l'esecuzione di pena detentiva, � cl.riversa dalla situazione in cui contro la donna deve aver luogo la carcerazione preventiva, la quale, nel caso che sia stata sofferta prima della sentenza divenuta irrevocabile (art. 576, comma secondo, cod. proc. .pen.), si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria, ed � considerata come reclusione od arresto soltanto agli effetti della detrazione (art. 137 cod. pen.). Pertanto, l'aver partorito da meno dri sei mesi � soltanto parte di situazioni ritenute rilevanti dal legislatore, che sono diverse per essere la circostanza del parto da meno di sei mesi ,colJ.egata, in un caso, alla cond::inna a pena detentiva e, in altro, al provvedimento del giudice che ha emesso il mandato di cattura. E la diversit� esclude la irrazionale disparit� di trattamento. I CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 12 -Pres. Amadei -Rel. Bucciarelli Ducci -V alle. Procedimento penale -Infermit� di mente sopravvenuta all'imputato Sospensione del processo � Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 24; cod. proc. pen., art. 88). Se, permanendo l'infermit� di mente dell'imputato e la conseguente sospensione del processo penale, si matura la prescrizione del reato, la - 230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO relativa sentenza di proscioglimento non pu� arrecare alcun pregiudizio in altra causa civile o amministrativa; non si ha quindi violazione dell'art. 24 Cost. (1). II CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 23 -Pres. e rel. Amadei - Chizio (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato Chiarotti). Procedimento penale -Infermit� di mente dell'imputato risalente al tempus commissi delicti -Non previsione della sospensione del processo � Legittimit� costit~onale. {Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 88). Non contrasta con gli artt. 3 e 24 Cast. l'art. 88 c.c.p. nella parte in cui limita l'operativit� della sospensione del processo penale alla ipotesi di incapacit� sopravvenuta dell'imputato, escludendola nei casi in cui l'infermit� psichica risalga al .tempus commissi delicti e perduri nel corso del procedimento. III CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 24 -Pres. Amadei -Rel. Rossano -Cucchi (n.p.) Pasqualini ~n.p.) e Presidente Consiglio dei Minisrtri wice aw. gen. Chiarotti). Procedimento penale � Imputato infermo di mente prosciolto con sen� tenza istruttoria o non passata in giudicato � Sospensione dell'esecuzione di misura di sicurezza � Esclusione -Legittimit� costituzionale. {Cost., art. 3; cod. proc. pen., artt. 205, 381 e 576). Non contrastano con l'art. 3 Cast. gli artt. 381 comma secondo, 205 e 576 comma terzo c.p.p. nella parte in cui non prevedono la sospensione (1) Nella sentenza n. 205 del 1971 la Corte costituzionale gi� aveva escluso che il diritto di difesa risultasse violato dall'art. 88 c.p.p, nel quale non possono � ravvisarsi lacune di normativa che ne vizino il contenuto, con efifetti pregiudizievoli nell'esercizio del diritto di difesa personale�. Nella sentenza n. 213 del 1974 la stessa Corte aveva ulteriormente precisato che nOill rilevava � a fronte della guarentigia difensiva costituzionalmente tutelata, la eventuale incidenza pratica, in punto di prescrizione del provvedimento di sospensione o rinvio del dibattimento �. - PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE dell'esecuzione della sentenza di proscioglimento istruttoria o non divenuta irrevocabile la guale abbia applicato una misura di sicurezza (internamento in manicomio giudiziario). II La Corte � chiamata a decidere se contrasti con gli artt, 3 e 24 della Costituzione l'art. 88 c.p.p. nella parte in cui limita l'operativit� della sospensione del processo penale alla [potesi di incapacit� sopravvenuta dell'imputato, escludendola nei casi in cui l'infermit� psichica risalga al tempus commissi delicti e perduri nel corso del procedimento. Secondo il giudic� a quo il principio di eguaglianza sarebbe violato in quanto l'infermo di mente tunc et nunc e l'infermo di mente soltanto nunc, pur trovandosi, sul piano processuale, in condizioni identiche (in entrambi i casi, infatti, il giudizio si svo1gerebbe nei confronti di pevsona incapace di intendere e di volere), ,rkeverebbero un trattamento differenziato: nella prima ipotesi il giudice dovrebbe pronunciare sentenza di proscioglimento per infermti� di mente ed applicare, nei casi previs1Ji. dalla legge, le misure di sicurezza; nella seconda, invece, disporre la sospensione del processo fino a quando l'imputato non ria�quisti la sanit� mentale. La disparit� di disciplina sarebbe ancor pi� ingiustificata in quanto la disposizione di cui si denuncia Ll'Jllegittimit� costituzionale, prevedendo, ove occorra, il ricovero dell'incapace in un manic~io giudiziario, potrebbe egualmente soddisfare le esigenze cautelari e terapeutiche dell'infermo di mente tunc et nunc. L'art 24 della Costituzione sarebbe vulnerato, invece, perch� la norma impugnata non consentirebbe all'infermo di mente tunc et nunc l'esplicazi< m.e della necessaria autod1fesa: il proscioglimento per difetto di imputabilit� ed il conseguente ricovero definitivo dell'incapace in un manicomio giudiziario potrebbero infatti cosmtuire la risultante di elementi probatori (ad esempio: la confessione) offerti dallo stesso imputato, privato -a causa delle sue condizioni mentali -della possibilit� di difendersi adeguatamente. Le questioni non sono fondate. Appare, anzitutto, corretta l'interpretazione restrittiva della norma impugnata proposta dal giudice a quo, L'art. 88 c.p.p. contempla, infatti, esclusivamente la infermit� di mente soprnvvenuta dell'imputato e non anche fa infermit� di mente sussistente al momento del fatto e perdurante nel corso del procedimento: la diversit� di disciplina, riservata, nel sistema della legge, alle due situazioni, risulta, oltre che dalla 'stessa rubnica della disposizione 232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denunciata (infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato), dalla espressa esclusione della sospensione del processo nei casi in cui il giudice debba pronunciare sentenza dii proscioglimento (compresa, quindi, quella per incapacit� di intendere e di volere); inoltre, lo stesso art. 88, rinviando all'art. 258 c.p.p. la regolamentazione dei provvedimenti provvisori concernenti gli infermi di mente tunc, preclude l'applicabilit� a questi ultimi delle misure cautelari dettate per il caso di sospensione del processo. L'indicata diversit� di disciplina non appare, tuttavia, in contrasto n� con l'art. 3, n� con l'art. 24 della Costituzione. Non sussiste viOlazione del principio di eguaglianza. La sospensione del processo, nell'ipotesi prevista dall'artkolo 88 c.p,p., si rivela strumento indispensabile al fine di evitare che una persona, sana di mente al tempus commissi delicti, venga sottoposta, malgrado il suo attua~e stato di incapacit� di intendere e di volere, ad un giudizio che potrebbe chiudersi con una sentenza di condanna; appare invece costitutiva di una ingiustificata stasi processuale nel caso di infermit� di mente sussistente al momento del fatto e perdurante nel corso del procedimento perch� a una tale condizione psichica del. prevenuto dovr� necessariamente conseguire, salvo che non .ricorra l'appli cazione di una formula pi� favorevole, una decisione di proscioglimento per .difetto di imputabmt�. N� l'eventuale applicazione di misure restrittive della Hbe!'t� personale, in entrambi i casi, consente di assimilare le due situazioni, giacch� mentre nell'ipotesi prevista dall'art. 88 c.p.p. potr� essere irrogata, una volta cessata la causa di sospensione, una pena, nella fattispecie denunciata dal giudice a quo potr� derivare, nei casi previsti dalla legge (art. 222 c.p.), soltanto l'applicazione di una misura di sicurezza (ricovero in un manicomio giudi2:iario). La Corte, al riguardo, ha gi� avuto occasione di affermare che il regime delle misure di sicurezza diverge profondamente, nel sistema della legge, da quello della pen�: diversi sono, infatti i presupposti e le esigenze teleologiche che presiedono alla irrogazione delle due misure, diversa la disciplina normativa. Presupposto delle misure di skurezza � infatti la pericolosit� sociale del soggetto cui tali misure vengono applicate; a differenza delle pene, irrogate a seguito di un giudizio di responsabilit�, esse non attuano una funzione punitiva ma di prevenzione e di difesa sociale lSentenza 167/72), ed esplicano un compito curativo e precauzionale (sentenza 96/70). Un tale atteggiarsi delle misure in parola comporta una fondamentale conseguenza sul piano della disciplina, che giustifica un trattamento normativo distinto e, per molti versi, incompatibile con quello della pena: basti pensare -oltre che al regime della norma impugnata -al i .. ,, .I PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE sistema della durata minima del ricovero in manicomio giudiziario ed al corrispondente potere' del giudice (sentenza 110/1974) di revocare la misura di sicurezza prima che sia decorso il termine corrispondente alla durata minima, ove siia accertata la cessazione dello stato di pericolosit� del prosciolto. La diversit� delle situazioni ora esaminate fa ritenere, quindi, non irrazionale l'indicata disciplina differenziata e consente di considerare non fondata la questione prospettata dal giudice a quo in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Anche il richiamo all'autodifesa ed al conseguente parametro costituzionafo offerto dall'art. 24 della Costituzione, bench� pi� pertinente (l'art. 88 c,p,p. circoscrive, infatti, l'operativit� della sospensione al processo di merito, escludendola nel giudizio di cassazione nel corso del quale non � contemplata alcuna personale partecipazione dell'imputato), non � fondato. Ed infatti la paventata lesione dell'autodifesa che, secondo il giudic� a quo, potrebbe anche condur>re ad atti di vero e proprio autolesionismo processuale, come la confessione, determinata dallo stato mentale dell'imputato, non ha ragione di prodursi. La Corte ha gri� avuto occasione di rilevare (sentenza 186/73) come gli inconveni�nti connessi all'eventuale carenza di una responsabile valutazione, da parte dell'imputato, delle conseguenze del suo comportamento processuale, trovino congruo rimedio nell'assistenza del difensore che, anche se nominato d'ufficio, deve essere informato degli atti riguardanti i.I suo �assistito s� da poter espletare in modo pieno e completo l'attivit� a lui demandata: non escluso l'esercizio della potest� di impugnare la decisione di proscioglimento (sentenza 174/76). Il giudice, inoltre, dovr� sempre vagliare criticamente, secondo il suo Libero convincimento (art. 308 c.p;p.), fa fondatezza delle dichiarazioni rese dall'incapace di intendere e di volere (ed, in genere, il materiale probatorio da lui offerto), assegnando ad esse un valore processuale direttamente subordinato alle condizioni psichiche dell'imputato. L'idoneit� degli strumenti in parola ad assicurare una �retta attuazione della autodifesa emerge dal rilievo che -come si � detto risultando l'imputato incapace di intendere e di volere al momento del fatto, il procedimento non potr� mai concludersi con una decisione di condanna: la valutazione della fattispecie concreta compiuta dal giudice, in tal caso, resta circosoritta ad una pronuncia di proscioglimento cui potr� conseguire l'applicazione della misura di sicurezza, irrogata proprio in vista delle condizioni psichiche del prevenuto al momento del commesso reato e quindi in funzione di un giudizio di non responsabilit�. 234 R�SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Una tale disciplina non sarebbe invece sufficientemente adeguata a garantire i.1.. diritto di difesa nei oasi di infermit� di mente-sopravvenuta: in questa ipotesi, infatti, poich� l'imputato non versava in stato di incapacit� di intendere e di volere al tempus commissi delicti, potr� essere pronunciata, all'esito del giudizio, una sentenza di condanna con la conseguente applicazione della pena. III \Omissis). -Il giudice, se si tratta di persona che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermit� in tale stato di mente da escludere la capacit� di intendere e dii volere (artt. 85 e 88 c.p.), deve pronunciare sentenza di non doversi procedere perch� si tratta di persona non imputabile (art. 378 c.p.p.) ed ordinare il ricovero in un manicomio giudiziari.o per un certo perio.do di tempo (art. 222, comma primo, c.p.). Il giudice fonda la pronuncia su perizia psichiatrica, cio� su accertamento tecnico dei disturbi della sfera intellettiva e volitiva di indubbia natura patologica. Ed � in considerazione di. siffatto a�certamento, del grave pericolo rper la comunit�, della necessit� di difesa �preventiva soaiale e, nel contempo, di cura del prosciolto, che la qualit,� di persona socialmente pericolosa � presunta dalla legge (art. 204, comma secondo, c.p.). Il legislatore non ravvisa conciliabile con dette esigenze una esecuzione dilazionata sulla base dell'art. 205 cod. proc. pen., che, con la statuizione �salvo che la legge disponga altrimenti �, attribuisce al legislatore stesso il potere di stabilire le eccezioni al principio generale dell'effetto sosIJeDosivo della impugnazione. Le suddette esigenze non possono essere soddisfatte solo da1l'art. 206 cod. pen., che prevede l'applicazione provvvisoria di misure di sicurezza nell'istruzione. In �vero questa applicazione provvisoria deve cessare in caso di proscioglimento (art. 381, comma secondo,� c.p.p.); ed allora, qualora non fosse immediatamente esecutiva la sentenza di proscioglimento che applica la misura di sicurezza definitiva, si giungerebbe alla situazione irragionevole che il prosciolto, proVVlisoriamente internato in manicomio giudiziario, deve essere posto in libert� proprio dopo che con quella sentenza � stata accertata la sua infermit� psichica e, di conseguenza, sussiste la pericolosit� presunta. Ben diversa da quella del prosciolto per difetto di imputabilit� � la situazione del condannato al quale � applicata anche 1a misura di sicurezza. Nella ipotesi di misura di sicurezza conseguente a con danna, la pena costituisce l'oggetto primario ed essenziale della sentenza, ! PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 235 mentre, la misura di sicurezza ha natqra complementare rispetto alla pena e, perci�, va eseguita dopo la espiazione della pena. Invece, l'applicazione della misura di sicurezza � disposta dalla sentenza di proscioglimento per infermit� di mente in quanto conseguenza immediata e diretta dell'accertata infel'll1lit�; la misura di sicurezza � isolata, auto� noma e non subisce l'influenza del regime di esecuzione proprio delle pene. -(Omissis). Le precisate finalit� della misura di sicurezza dell'internamento in manicomio giudiziario e la diversit� della situazione giuridica dell'imputato prosciolto per infennit� psichica e del condannato escludono che sussista la denunciata irrazionale disparit� di trattamento tra soggetti in situazioni identiche o analoghe. CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 13 � Pres. Amadei � Rel. Malagugini � Mutolo (n.p.). Pena � Pena detentiva � Tempo trascorso in custodia preventiva � Detraibi� , lit� � Limite. (Cast., artt. 3, 13 e 27; cod. proc. pen., art. 271). La detrazione della custodia preventiva sofferta in relazione ad un dato reato, dalla pena inflitta per altro reato, � subordinata ad una sola condizione: che il reato cui si riferisce la condanna da espiare non sia stato commesso dopo la cessazione della custodia preventivq. Non � prevista dalla legge l'ulteriore condizione, per cui il ,periodo della custodia preventiva sarebbe detraibile dalla pena soltanto se fosse gi� intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato in relazione al quale � stata applicata la carcerazione preventiva ll). (1) La Corte costituzionale ha reso una pronuncia non sulla legittimit� costituzionale i;na sulla interpretazione da darsi aHa disposizione sottoposta al suo sindacato. Significativa J'u1tima parte della sentenza: � Questa conclusione, indicata sia dalla lettera sia dalla ratio della norma citata, deve dunque essere accolta a base deI giudizio di costituzionalit�, disattendendosi la diversa interpretazione recepita dal giudice a quo. Nei termini esposti, le sollevate eccezioni di 1Hegitti� mit� costituzionale appaiono superate, posto che gi� fa corretta interpretazione deHa norma denunciata (recepita, del resto, anche da talune autorevoli decisioni giurisprudenziali) consente quelle applicai.ioni che il giudice a quo' ritiene imposte soltanto da principi costituziona1i �. 236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 27 -Pres. Amadei -Rel. Volterra -F.lli Garbarino, Min. Finanze e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzadti). Imposta generale sull'entrata -Base imponibile -Prezzi medi delle acque minerali -Determinazione amministrativa -Legittimit� costituzionale. (Cost., artt. 23 e 53; l. 31 ottobre 1966, n. 941). L'art. 23 Cast. non impedisce al legislatore di attribuire all'amministrazione finanziaria la facolt� di determinare il presupposto oggettivo dell'imposta, a condizione che la discrezionalit� dell'amministrazione sia idoneamente delimitata e che la tutela giurisdizionale non sia impedita. (Omissis). -Contrariamente all'affel1lllazione del giudice a quo, l'ultimo comma dell'articolo unico della legge n. 941 del 1966 non attribuisce al Ministero per le finanze o, su sua delega, agli Intendenti di . finanza, la facolt� di stabilire il presupposto oggettivo de1l'imposta senza limitarne la discrezionalit�. Il limite � indicato implicitamente, ma ben chiaramente, dalla I).orma, la quale determina l'oggetto di questa facolt� di imposizione, precisando che essa consiste nell'accertamento dei prezzi di vendita, cio� del calcolo della media dei prezzi effettivamente praticati sul mercato. Trattasi quindi di un'indagine condotta non arbitrariamente, ma su fatti e situazioni verificatisi anteriormente, pienamente individuabili e controllabili. L'indicazione dell'oggetto dell'accertamento regola in modo certo la discrezionalit� del Ministro e dei suoi delegati, non consentendo di oltrepassare i confini implicitamente segnati, precludendo la possibilit� di un esercizio arbitrario della facolt� attribuitagli. Avverso tale accertamento, il soggetto, quando ne sussistano i generali presupposti, � ammesso a ricorrere in sede giurisdizionale, rientrando tale questione di estimazione semplice in materia di I.G.E., nena giurisdizione del giudice mdinario, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza n. 83 del 1968. E (per quanto lo riguarda) il contribuente pu� ragionevolmente prevedere l'ammontare. dell'imposta, operando cos� la traslazione tributaria, secondo quanto � consentito in materia di imposta generaile sull'entrata. Preordinando tale metodo di accertamento, il legislatore, su cui non grava, come invece vorrebbero le ordinanze di remissione, l'onere di delineare rigidi procedimenti formali, ove comunque osservi le condizioni dianzi dette di delimitare idoneamente la discrezionalit� degli organi amministrativi e di non impedire la tutela gurisdizionale, non ha dunque violato l'art. 23 della Costituzione, atteso che, come questa Corte ha ritenuto con la sentenza n. 129 del 1969, emanata in un caso del PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE tutto simile all'attuale, la norma richiamata esprime una riserva di legge soltanto relativa (cfr. anche da ultimo la sentenza n. 67 del 1973). -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 30 -Pres. Amadei -Rel. Andrioli -Fabris (avv. Alessio) e Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Imposta di fabbricazione � Olii minerali � Trasporto senza certificato di provenienza o con certificato falso o scaduto � Pagamento del debito tributario � Irrilevanza ai fini penali � Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; d.!. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15). Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 15 primo comma del d.l. n. 271 deJ 1957 (conv. con legge n. 474 del 1957), ove, nel prevedere come reato il fatto di chi trasporta o fa trasportare olii minerali senza certificato di provenienza o con certificato falso o scaduto, non si distingue tra chi ha soddisfatto e chi non ha soddisfatto il debito tributario .. (Omissis). -La questione� di costituzionalit�, sollevata da tutti i giudici, ha per oggetto l'art. 15, primo comma, d.l. 271/1957 (sost. nella legge 2 luglio 1957, n. 474), per il quale chiunque trasporta o fa trasportare olii minerali combustibili o carburanti, anche denaturati, o lubrificanti, senza certificato di provenienza, nei casi in cui questo sia prescritto, o con certificato scaduto, falso o alterato, � :punito, indipendentemente dal pagamento dell'imposta evasa, con la reclusione da sei mesi a tre anni, e con la multa non inferiore al doppio n� superiore al decuplo della imposta medesima, ma non inferiore in ogni caso a due milioni, e la violazione dell'.art. 3 Cost., assunto a :parametro, � identificata nella irrilevanza della soddisfazione del debito tributario; violazione, che, a giudizio del solo tribunale di Ragusa, sarn15be ulteriormente aggravata da ci� che la multa � commisurata in un multiplo (dal doppio al decuplo) dell'imposta, indipendentemente dal fatto che il tributo sia stato assolto oppur no. La violazione deH'arit. 3 Cost. non sussiste sia perch� soggetti passivi della incriminazione sono chi trasporta e chi fa trasportare olii, per i quali � (o era) prescritto il certificato di provenienza, e non gli evasori del debito tributario e, pertanto, la soddisfazione o la evasione della imposta sono estranee alla fattispecie legale, sia perch� la estrema difficolt� di assoda�ve l'assolvimento dell'obbligo afferente a merci fungibili e materialmente non identificabili, non vale a stimare irrazionali la mancata inserzione, nella fattispecie, della evasione tdbutaria, n� il 238 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO peso delle sanzioni, con cui l'art. 15 colpisce i soggetti passivi del reato previsto Un tali sensi, a proposito di vicende consimili, sent. 36/1973, 144/1974). UD:a volta riaffermata .la estraneit� dell'assolvimento dell'ob� bligo tributario, � priva di rilievo l'ulteriore censura sollevata dal tri� bunale ;di Ragusa. -(Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 36 (ordinanza) � Pres. Amadei � Rel. Andrioli -Regione Sicilia_ (avv. Villari) c. Presidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti). Corte, Costituzionale � Conflitto di attribuzione tra Stato e regione � So� spensione dell'atto che ha dato luogo al conflitto � Impossibilit� del recupero di somme da corrispondersi � Giustifica la sospensione. L'esborso di retribuzioni che la decisione di merito potrebbe giudicare non dovute non giustifica la sospensione della esecuzione dell'art.o che ha dato luogo a conflitto di attribuzione, quando non sussiste il necessario requisito della obbiettiva impossibilit� della restituzione in pristino (1). (Omissis). -ritenuto che ... il presidente pro tempore della Regione siciliana ha proposto ricorso, ai sensi degli artt. 134 Cost., 29 legge 11 marzo 1953, n. 87, e 27 delle Norme integrative per i giudizi avanti la Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione tra la Regione stessa e lo Stato, determinato dalla decisione del Consiglio di giustizia amministrativa n. 202 del 27 giugno 1978, pubblicata 1'11 ottobre 1978, pervenuta all'Assessorato regionale -per l'industria il 19 ottobre 1978 con biglietto di segreteria del Consiglio di giustizia amministrativa 13 ottobre 1978; che ... la Regione ha chiesto annullarsi la decisione n. 202/1978 del Consiglio di giustizia amministrativa e, neUe more della decisione sul ricorso stesso, sospendere l'esecuzione almeno per la nomina del commissario ad acta, disposta con la decisione, e per gli obblighi al mede� simo additati; (1) Il criterio enunciato dal1a Corte costituzionale e riferito ne11a massima merita di essere sottolineato e dovrebbe costituire un autorevole � precedente � anche per i Giu�lici ordinari: o amministrativi; la sospensione di: pronunce non passate in giudicato disponenti corresponsione di somme di denaro dovrebbe essere concessa ogni qualvolta non sussiste i1 � necessario requisito � di una concreta effettiva possibilit� di recupero delle somme corrisposte. Le vicende deUa controversia che ha-dato origine al conflitto di attribuzione confermano Fattualit� delJa problematica prospettata nello scritto di FAv~, Ottemperanza al giudicato e attribuzioni amministrative regionali, in questa Rassegna, 1977, I, 492. PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (Omissis). -considerato che, il dispositivo della decisione 19 ottobre 1978, n. 202, � nei seguenti termini formulato: �ritenuto (come gi� dichiarato con la propria decisione n. 240 del lo dicembre 1977) l'obbligo dell'ESPI di uniformarsi al giudicato nascente dalla decisione 10 dicembre 1976, n. 307,nomina il dott. Domenico Piazza, direttore generale dell'Assessorato per l'industria della Regione siciliana, commissario ad acta per l'adozione dei necessari provvedimenti entro novanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente de cisione>~; che con la decisione 1� dicembre 1977, n. 240, il Consiglio aveva c:lichia rato l'obbligo dell'ESPI di uniformarsi al giudicato nascente dalla deci sione 10 dicembre 1976, n. 307, adottando i necessari provvedimenti entro novanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via ammini strativa della decisione; che, con la decisione 10 dicembre 1976, n. 307, il Consiglio, in accoglimento del ricorso proposto da alcuni dipendenti del soppresso Centro trasferiti all'ESPI, ebbe ad annullare parzialmente la deliberazione 7 di-_ cembre 1972, n. 442, con cui l'ESPI aveva disposto che il trattamento economico e normativo del personale proveniente dal �soppresso Centro continuasse ad essere regolato dal contratto collettivo nazionale di categoria gi� al medesimo applicato durante la dipendenza dal Centro, e non gi� dal contratto aziendale che :regola i rapporti dei dipenc:lenti dell'ESPI; che nella istanza del 9 gennaio 1979 la Regione ha identificato le �gravi :ragioni�, che giustificherebbero la sospensione dell'esecuzione, nel fatto che �i provvedimenti imposti al commissario ad acta sconvolgono l'�rganizzazione e il funzionamento dell'ente e nello stesso tempo pongono lo stesso commissario nell'ambigua posizione di essere chiamato a rispondere sia nel caso in cui li adotti, sia nel �Caso in cui si astenga dall'osservanza dell'obbligo impostogli dalla sentenza�, e che, ove fosse esatta la prima decisione del Consiglio di giustizia amministrativa, sul carattere (non interpretativo, ma) innovativo della legge regionale n, 42 del 1977, dovrebbe applicarsi 11 contratto aziendale fino all'entrata in vigore di tale legge e per il periodo successivo dovrebbe riapplicarsi la contrattazione collettiva di origine; che l'eventuale esborso da parte dell'ESPI �di retribuzioni, che la riforma dena:�. decisione di merito potrebbe dire non dovute, non integra gli estremi delle gravi ragioni, che sole giustificano la sospensione -dell'esecuzione della decisione� n. 202/1978 del Consiglio di giustizia amministrativa, che � al centro del proposto conflftto, dal momento che non sussiste il necessario requisito della obiettiva impossibilit� della restituzione in pristino. -(Omissis). 240 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugno 1979 n. 47 -Pres. Amadei -Rel. Bucciare�li Ducci -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Urbanistica -Edificazione senza licenza ma in conformit� agli strumenti urbanistici -Sanzioni penali -Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; I. 6 agosto 1967, n. 755, art. 13). Non contrasta con l'art. 3 Cost. l'art. 41 lett. b della legge n. 765 del 1967 nella parte in cui colpisce con le medesime sani.ioni chi ha edificato senza licenza ed in contrasto" con le prescrizioni stabilite degli strumenti urbanistici, e chi invece ha edificato senza licenza (anche ove l'abbia successivamente ottenuta in sanatoria) non in contrasto con le predette prescrizioni. (Omissis). -La Corte � chiamata, a decidere se contrasti o meno con il ;principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, l'art. 41, letrt. b) della leg~ urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, sostituito da1l'art. 13 legge 6 agosto 1967, n. 765, nella parte in cui colpisce con la medesima pena edittale -arresto fino a 6 mesi e ammenda fino a lire 2 milioni -sia chi ha costruito senza licenza (anche ove l'abbia ottenuta ex post in sanatoria) sia chi ha edificato senza licenza in contrasto con le prescrizioni stabiilite da strumenti urbanistici. Si afferma nelle ordinanze di rimessione che in tal modo ricevono eguale trattamento situazioni diverne, in quanto vengono comminate eguali san:rioni penali per le edificazioni effettuate in zona ove avrebbe potuto essere ottenuta la licenza e per quelle compiute in violazione delle presorizioni urbanistiche. I giudici a quibus soggiungono, con adeguata motivazione, che la sopraggiunta legge 28 gennaio 1977, n. 10, � ininfluente ai fini del decidere e dell'esame, da parte della Corte, della censura prospettata. La questione non � fondata. Per inquadrare il problema in termini generali, va innanzitutto l'.icordata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo �ui �non pu� aver ingresso in sede di giudizio di legittimit� costituzionale la questione sollevata con riferimento all'art. 3 Cost. che si risolve in una critica di politica legislativa avverso una valutazione del legislatore non eccedente i limiti della ragionevolezza� (sentenza n. 100 del 1977). Neppure pu� ignorarsi esser stato ripetutamente affermato che �la valutazione dei criteri in base ai quali il legislatore ha ritenuto ipotizzare una diversit� di situazioni sia incensurabile nei limiti in cui la valuta PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI! zione stessa risulti ragionevole e non arbitraria � {sentenza n. 237 del 1975). Pi� in particolare pu� rilevarsi che la censura mossa alla norma impugnata si presenta destituita di fondamento sotto un duplice profilo: perch� non � esatto che le situazioni comparate siano diverse, sotto l'aspetto penale, come pure � inesatto che ricevano, dal complesso della specifica normazione esistente in materia, eguale tTattamento e sanzioni. Invero, risponde ad un fondamentale interesse pubblico, avvertito dal legislatore gi� da lungo tempo, sottoporre l'attivit� edilizia al controllo preventivo della pubblica amministrazione, con conseguente imposizione, a chi voglia edificare, dell'obbligo di richiedere l'apposita autorizzazione amministrativa (a:r:t. 31 della citata legge urbanistica). Rientra, pertanto, nell'esercizio della discrezionailit� legislativa comminare una sanzione penale a chi violi comunque tale precetto, giustificandosi la contravvenzione prevista dall'impugnato articolo 41, lett. b), della legge citata. Rispetto a tale esigenza di controllo preventivo della pubblica amministrazione, � quindi del tutto indifferente la circostanza che la costruzione corrisponda o meno al complesso delle norme che regolano l'attivit� edilizia. D'altro canto Ia distinzione �tra costruzioni, la cui edificazione avrebbe potuto essere autorizzata, e quelle altre contrastanti, invece, con specifiche prescrizioni urbanistiche, implica che si aggiungano, nei casi previsti dalla legge, alle sanzioni penali, notevoli pene amministrative ed eventuali responsabiJit� da illecito civile, e dimostra che non sussiste la censurata parit� di trattamento di situazioni diverse. L'eventuale successiva licenza, cos� detta in sanatoria, produce quindi effetti limitati alle sole conseguenze extra penali dell'infrazione. {.Omissis). CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugino 1979, n. 49 -Pres. Amadei -Rel. Maccarone -Santucci e Andreini (n.p.) e Poresidente Consiglio dei Ministri (avv. Stato Carafa). Procedimento civile � Potere dell'ufficio di indicare lacune e irregolarit� � Non riconosciuto ai giudici collegiali � Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 24; c.p.c., art. 316). Non contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 316 c.p.c., nella parte in cui non attribuisce al tribunale il potere, riconosciuto al pretore e al conciliatore, � di indicare alle parti in ogni momento le lacune che ravvisa 242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO nell'istruzione e le irregolarit� degli atti e dei documenti che possono essere riparate, assegnando un termine per provvedervi�. (Omissis). -.I poteri attribuiti al conciliatore e al pretore dal citato art. 316 c.p.c. sono certamente pi� ampi di que1li concessi al giudice collegiale, ma ci� non comporta violazione del diritto di difesa poich� l'inapplicabilit� di detta disposizione ai procedimenti di competenza del tribunale non limita in alcun modo il potere delle parti di agire in giudizio per la tutela delle proprie ragioni e di assumere a tal fine tutte le iniziative consentite dall'ovdinamento, avvalendosi dell'effettiva assistenza di un difensore nello svolgimento del processo. Non va dimenticato, peraltro, che anche nella. disciplina dell'ordinario processo di cognizione esistono norme, le quali prevedono un largo margine di � collaborazione � tra il giudice e ,1e parti, sia al f>ine della esatta detevminazione del thema decidendum (artt. 117 e 183, secondo comma, c.p.c.) sia allo scopo di ovviare a difetti e lacune nell'attivit� difensiva delle parti tart. 182 c;p.c.). -:--(Omissis). i J CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugno 1979, n. 50 -Pres. Amadei -Rel. i: Andrioli -Tozzi (avv. Fanelli) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Albisinni). Lavoro � Perdita delle prestazioni del lavoratore per infortunio extra-lavo rativo � Surrogazione del datore di lavoro � Mancata previsione � Legittimit� costituzionale. (Cost., art. 3; e.e., art. 1916). Non contrasta con l'art. 3 Cast. la mancata estensione della surrogazione ex art. 1916 cod. civ. nei confronti del terzo responsabile di infortunio non professionale (nella specie, un incidente stradale) anche a favore del datore di lavoro, il quale abbia subito la perdita delle prestazioni lavorative del dipendente (1). (Omissis). -Il giudice a quo ha ravvisato la violazione dell'art. 3, di �cui si rende colpevole chi non estenda ai rapporti tra datore di lavoro e terzo responsabile dell'infortunio non professionale del lavora (1) La questione so11evata dal giudice a quo poteva, forse, costituire l'occasione di uria pronuncia di pi� ampio respiro. L'aver ravvisato nella disposizione de1l'art. 1916 cod. civ., un privilegio connesso allo status d'impresa di assicurazione appare troppo coerente a quella corrente di pensiero che, fin dagli albori dell'evo moderno, ha voluto giustificare la presenza nell'ordinamento. giuridico PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 243 tore il diritto di surrogazione, riservato dall'art. 1916 all'assicuratore, nella pretermissione della identit� di posizione giuridica tra assicuratore che ha pagato l'indennit� all'assicurato responsabile del danno, e datore di lavoro, che ha corrisposto la retribuzione al Javoratore, che ha sospeso le proprie prestazioni a seguito �di infortunio non professionale, provocato dal fatto ingiusto di un terzo. � Senonch� l'art. 1883 del vigente codice civile, raccogliendo l'insegnamento di autorevolissima dottrina, ha riservato la legittimazione a dar vita a contratti di assicurazione alle imprese di assicurazione, esercitate da istituti di diritto pubblico o da societ� per azioni con la osservanza di leggi speciali, e tale riserva non consente, pur nella identit� di elementi oggettivi, strutturali e funzionali che si vedr� insussistente, di ravvisare parit� di posizioni tra istituti assicuratori e soggetti, che di tale qualit� sian privi. Questa diversit� di posizioni riceve conferma proprio dall'art. 1916, il quale, all'uJtimo comma, statuisce che le relative disposizioni si applican9 anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro e contro le disgrazie accidentali. Ribaditi poi i rilievi gi� svolti sub n. 1, sulla estraneit�, alla soluzione della questione di legittimit� costituzionale, del riconoscimento, o n�, al datore di lavoro della legittimazione a conseguire dal terzo responsabile il risarcimento del danno, provocatogli dalla mancata utilizzazione delle energie di lavoro del dipendente, cos� come della irrisarcibilit� in parte qua del pregiudizio sofferto dal lavoratore infortunato, che abbia continuato a percepire la retribuzione, � la funzione della surrogazione dell'assicuratore, che non consente di ravvisare nella mancata sua (o addirittura a fianco de1l'ordinamento statuale), un complesso di norme speciali e derogatorie rispetto al diritto � comune � e sostanzialmente � di sostegno � de1la borghesia mercantile (o di particolari settori di essa); complesso di norme solitamente facente capo alla nozipne di �diritto commerciale �. Laddove sarebbe stata forse doverosa una pi� critica sensibilit� ai limiti di tollerabilit� politica, in una societ� pluriclasse quale :la nostra ambirebbe essere, dello assegnare portata soggettivamente ristretta a singole disposizioni di un codice civile, quelli de1 1942, il quale non assicura pi� separatezza a~ diritto commerciale dal diritto civile. Come osservato da AscARELLI (Corso di diritto commerciale, 1962, 59) � l'oggettivazione del diritto risponde alla formazione delJo Stato nazionale che af. ferma Ia sua sovranit� nei confronti dei particolarismi dei vari ordini e si .ispira al principio dell'uguaglianza dei cittadint, essendo perci� osHle ad una differenziazione di disciplina giuridica secondo qualifiche soggettive�. D'altra parte, non � pi� giustificato (come avvertito dalla Corte di Cassazione) che i pregiudizi reali derivanti da infortuni extra-lavorativi dei lavoratori dipendenti siano sopportati, sia pure nell'ambito dei rapporti di lavoro, dai soggetti datori di lavoro (e quindi daHa coUettivit� sulla quale i maggiori costi del lavoro si riversano) anzich� dai terzi responsabili dei sinistri. 244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO estensione al datore di lavoro violazione della ,regola della parit� di trattamento di posizioni uguali. L'assicurazione contro i danni fa della impresa, che Ja stipula, il garante in via sussidiaria del danneggiato assicurato, e tale funzione spiega la surrogazione dell'assicuratore, che ha corrisposto l'indennit�, nei limiti quantitativi di questa, nei diritti dell'assicurato danneggiato e, nel contempo, il dovere, che su quest'ultimo grava, di non arr�care pregiudizio al diritto di surrogazione che all'assicuratore compete. L'art. 2110 non consente di ravvisare nel datore di lavoro, che continui a corrispondere la. retribuzione al lavoratore infortunato per cause non 'professionali, una sorta di garante in via 'sussidiaria del lavoratore stesso perch� la causa di tali attribuzioni patrimoniali � pur sempre il rapporto di lavoro, che � .sospeso e non risolto. Del che somministra sicura conferma l'ultimo comma dell'art. 2110, il quale ammonisce che il periodo di assenza dal lavoro per inforitunio, malattia, gravidanza o puerperio, deve essere computato nell'anzianit� di ser\rizio. ! I I f. Che infine i'l primo comma dell'art. 2110 avverta che :la retribuzione non sia dovuta per i tempi di assenza del prestatore di lavoro le quante volte la legge stabilisce forme equivalenti di previdenza e di assistenza, f f /: non giova ad istituire tra queste e l'obbligo del datore di lavoro quella ~ identit� di natura giuridica in difetto della quale. non � lecito ipotizzare ff parit� di posizioni tra datore di lavoro e assicurator~ contro i danni; il f che �, tra l'altro, evidenziato, sul pi�no esegetico, dall'aggettivo: �equiff f I I valenti�, prudentemente adoperato dal legislatore, e dal gi� menzionato ultimo comma delral11:. 2110. Per riassumere e concludere: se il datore di lavoro, che -lo si ripete -� privo dello status d'impresa �di assicurazioni, corrisponde fa retribuzione al lavoratore infortunato perch� ne � astretto dal contratto I di lavoro liberamente voluto e sospeso ma non sciolto, logica, ad un tempo economica e giuridica, vuole che non rpossa indossare anche la veste del garante in via sussidiaria del layoratore stesso, in difetto della quale la identit� di posizione tra datore di lavoro e assicuratore contro i danni non sussiste, e il sospetto d'incostituzionalit� dell'art. 1916 per I mancata� previsione dell'ipotesi del datore di lavoro, che osserva l'articolo 2110, non pu� non giu~icarsi infondato. -(Omissis). I !( ! / SEZIONE SECONDA GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 1� febbraio 1979, nella causa 121/78 -Pres. Kutscher, Avv. Gen. Rfilschl -Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Cecina nella causa Bardi (avv. E. Cappelli) c. Azienda Agrkola Paradiso -Interv.: �Governo italiano (avv. Stato Favara) e Commissione delle Comunit� europe (ag. Berardis). Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine -Importazioni agevolate -Condizioni -Categorie di produttori -Specificazione ~ Competenza degli Stati membri. (Regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, mod. con reg. 14 febbraio 1977, n. 425, artt. 13, 27; regolamenti della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, art. 1, e 18 marzo 1977, n. 585; I. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 11, 12). Comunita europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine -Importazioni agevolate -Condizioni -Categorie di produttori -� Specificazione -Realizzazione degll obiettivi comunitari." (Regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, mod. con reg. 14 febbraio 1977, n. 425, artt. 13, 27; regolamenti della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, art. 1, e 18 marzo 1977, n. 585; direttiva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 159; I. 9 maggio 1975, n. 153, ar ticoli 11, 12). In fqrza del regolamento della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, � che fissa per il primo trimestre 1978 il quantitativo di giovani bovini maschi che possono essere importati a condizioni speciali�, gli Stati membri, ed in particolare la Repubblica italiana, erano autorizzati a specificare le categorie di produttori agricoli ammesse a fruire del contingente d'importazione di giovani bovini maschi in sospensione parziale o totale del prelievo, nell'ambito di una politica intesa al miglioramento delle strutture di allevamento e della produzione di carni bovine (1). Il fatto di riservare tale vantaggio ad imprenditori che esercitano l'attivit� agricola a titolo principale � conforme agli obblighi derivanti, per gli Stati membri, dalla direttiva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole (2). (1-2) Della poi>sibilit� di misure di politica commerciale comune fina� lizzate ad obiettivi di politica delle strutture agrarie. 1. -L'art. 13 del regolamento C.E.E. n. 805/68 del Consiglio, come sos.tituito da1 regolamento C.E.E. n. 425/77 del Consig:Lio (in G.U.C.E., 5 marzo 1977, L. 61) 246 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO ~ (Omissis). -1. ~ Con 011dinanza 13 maggio 1978, pervenuta in can� r.: t celleria il 27 dello stesso mese, il pretore di Cecina ha sottoposto a que{ sta Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., due questioni pregiu! 1 diziali vertenti sull'interpretazione del regolamento della Commissione. ~ 22 dicembre 1977, n. 2902, �-che fissa per iil primo trimestre 1978 il quantitativo di giovani b�vini maschi che possono essere importati a coodizioni spedali � (G.U. n. legge 338, pag. 12), con rigua11do sia all'art. 13 del I regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, �relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine�, nella versione risultante dal regolamento del Consiglio 14 febbraio 1977, rn. 425 (G.U. I n. L. 61, pag. 61), nonch� al regolamento della Commissione 18 marzo 1977, n. 585, �relativo al regime dei t~toli d'importazione e d'esportazione� I vigente nello stesso settore, sia alle direttive del Consiglio 17 aprile 1972 concernenti vari problemi di carattere strutturale in materia di agricol I tura e, in particolare, alla direttiva n. 72/159, � relativa all'ammordena ~ mento delle aziende agricole� (G.U. n. L. 96, pag. 11). I ~ 2. -Dal fascicolo risulta che l'attore nella causa principale, Giuseppe ' Bardi, il quale gestisce un'azienda ag,ricola situata nel territorto del co ~ '11 ha previsto la possibilit� di una sospensione totale o parziale del prelievo api plicabile alla importazione di giovani bovini maschi. In attuazione di detta disposizione, con regolamento C.E.E. n. 2902/77 della Commissione (in G.U.C.E., 28 dicembre 1977, L. 338), poi modificato con rego1amento C.E.E. n. 345/78 de11a Commissione (in G.U.C.E., 21 febbraio 1978, L. 49), sono state previste I riduzioni del prelievo per 80.000 (50.000 pi� 30.000) capi giovani bovini maschi �di cui almeno 72.000 (45.000 pi� 27.000) capi devono essere importati e ingrassati in Italia �. I I menzionati regolamenti C.E.E. n. 2902/77 e n. 345/78 hanno inoltre stabilito che �nell'ambito de1 quantitativo riservato ail'ItaHa, i titoli d'importazione ! possono essere rilasciati direttamente ai produttori agricoli o alle loro organizzazioni professionali, entro un Hmite massimo di 48.000 (30.000 pi� 18.000) l capi�; � a tal fine ... detto Stato membro specifica le categorie dei richiedenti�. In sostanza, la normativa comunitaria ha -essa stessa � direttamente� I ripartito il contingente assegnato all'Italia in due parti: una parte riservabile ai �produttori agrico1i � e �loro organizzazioni professionali�, ed una parte I (non inferiore ad un terzo) non riservabile a tali �categorie�. Le norme comunitarie in esame hanno, quindi, usato uno strumento di I I politica commerciale con i paesi ten.i (l'importazione a regime agevolato), non I I per regolare il commercio del1a Comunit� con i paesi terzi o H commercio I ahl!interno della Comunit�, quanto per influire positivamente sul1a economia I di alcune aziende agricole comunitarie {e tra queste, con maggior misura, delle I aziende agricole italiane dedite all'allevamento). I Di qui la necessit� di procedere alla interpretazione ed appMcazione di tali norme comunitarie considerando: a) che esse concernono non il momento della importazione, ma i momenti success.ivi de1la destinazione e della ulteriore lavorazione ~nella specie, trattasi di ingrasso); b) che esse, nella sostanza, sono norme di incentivazione de11'attivit� di allevamento del bestiame bovino all'in PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 247 mune di Cecina (provincia di Livorno), concludeva, il 20 febbraio 1978, con la societ� in accomandita semplice Azienda Agricola Paradiso {in prosieguo designata come I'� Azienda�), operante nel settore dell'allevamento dei bovini e i cui fOaJ.di si trovano nel territorio del comune di Donoratico (provincia di Livorno), un contratto avente ad oggetto la fornitura, a detta societ�, di 40 quintali di granoturco per failimentazione zootecnica; Fi 3. -il contratto contiene una clausola secondo cui l'ordine � sar� considerato annullato qualora non sia possibile (all'Azienda contraente) ottenere la licenza d'importazione di n. 100 vitelli da paesi terzi ai sensi dei vigenti regolamenti C.E.E. �; {Omissis). -6. -dagli argomenti svolti dinanzi al Pretore e dalle informa2lioni fornite alla Corte risulta che i vitelli che lAzienda avrebbe voluto acquistare, e per l'ingrasso dei quali essa aveva ordinato al Bardi 40 quintali di granoturco, avrebbero dovuto essere importati nell'ambito di un cOaJ.tingente a prelievo ridotto, connesso all'Italia dal regolamento numero 2902/77; 7. -non sembra che l'Azienda abbia presentato, a tal fine, alcuna domanda alle autorit� competenti; essa si sarebbe invece considerata, a priori, esclusa dal novero dei beneficiari di detto contingente d'1mportaterno della Comunit�; e e) che -per di pi� -il regolamento n. 2902/77 opera un intervento di politica regionale a favore di un'area geografica caratterizzata da condizioni naturali ed ambientali meno favorevoli ai grandi allevamenti. Ci� comporta, tra l'altro, la impossibi1it� di invocare i.1 principio di non discrimina;;,ione tra operatori economici e in particolare tra operatori che agiscono nella fase deHa commercializzazione dei prodotti agricoli, non essendo in discussione il commercio tra gli Stati membri de11a Comunit�, ma un intervento attinente alla produzione agrico~a di carni bovine e di riflesso operante sulle strutture produttive. Certamente, ogni incentivazione � necessariamente selettiva, e quindi deroga alla parit� di trattamento; ma non pu� essere configurata una efficace politica delle produzioni agricole che faccia a meno degli strumenti di incentivazione. Il Ministero ita1iano per il Commercio estero, con circolare 28 febbraio 1978, in attuazione deHa descritta normativa comunitada ha, tra 1'al<tro, stabilito che �produttori agricoli� beneficiari deJ.la quota riservata sono gli imprenditori agricoli �a titolo principale�, nozione questa recepita -com'� noto -dalla normativa comunitaria (direttive C;E.E. 72/160 e 72/161, cui � stata data applicazione con la Legge 9 maggio 1975, n. 153). Ci� in aderenza al quinto � considerando � del citato regolamento CiE1E. n. 2902/77, ove si legge che � la dduzione par;;,iale del prelievo � destinata, in particolare, a favorire il miglioramento delle strutture di allevamento e di produzione di carni bovine in Italia>>, e che a tal fine � opportuno che i produttori possano accedere, senza passare per intermediari, al regime di importazione a prelievo ridotto. Per inciso, giova rammentare che Je strutture agrarie sono esplicitamente menzionate dall'art. 39 n. 1 lettera a) ~del trattato CE.E., ove si parla di � strut RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 248 zione, in ragione della ciDcolare 28 febbraio 1978, n. I/170332, del Ministero del commerdo estero; 8. -in effetti, in forza della suddetta circolare, il vantaggio dell'importazione a prelievo ridotto � stato riservato ai produttori agricoli che soddisfano le condizioni poste daill'art. 12, 1� comma, della legge 9 maggio 1975, n. 153, per l'attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunit� Europee relative alla riforma dell'agricoltura (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 1975, pag. 3298); 9. -il rinvio fatto daLla circolare a tale :disposizfone legislativa avrebbe l'effetto di �riservare la possibilit� di fruire del contingente d'importazione di cui trattasi a coloro che dedicano personalmente la maggior parte del proprio tempo di lavoro all'agricoltura, condizione che non� potrebbe essere soddisfatta nel caso dell'Azienda, dal momento che questa ha la forma giuridica di societ�; (Omissis). -14. -al fine di chiarire questo dubbio, il Pretore ha sottoposto alla Corte due questioni del seguente tenore: � 1) Se, nel quadro dello speciale regime d'importazione di giovani bovini maschi destinati all'ingrasso, previsto daM'ar�t. 13 del regolamento C.E.E. n. 805/68, e disciplinato da ultimo dai regolamenti C.E.E. nu tura sociale deU'agrico1tura � e di � disparit� strutturali e naturali fra le diverse regioni agricole�. � Al trattato � seguita una serie di atti normativi emanati dal 1959 ad oggi. Tra questi il regolamento de~ Consiglio C.E.E. del 5 febbraio 1964, n. 17, istitu�� tivo deile Sezioni �orientamento� e �garanzia� del F.E.O,GA., regolamento che, definendo, neg1i articoli 11 e 12, la competenza della 'Sezione � orientamento � del Fondo, ha apportato un'importante precisazione sulla nozione di struttur� agrarie. Gli articoli 11 e 12 del citato regolamento precisano che le azioni della Se� zione orientamento riguardano: ' a) l'adattamento ed il miglioramento delle condi:1.ioni di produzione deila agricoltura (art. 11), intesi come promozione, mediante azioni operanti all'interno delle imprese agricole o neU'ambito di pi� imprese o al di fuori di queste, dell� combinazione efficace dei fattori di produzione in agricoltura, allo scopo di rendere possibile il loro impiego ottimale nel quadro dell'economia generale (art. 12); � b) l'adattamento e l'orientamento della produzione agricola (art. 11) intesi come adattamento quantitativo della produzione alle possibilit� di colloca-. mento e miglioramento quantitativo dei prodotti (art. 12); c) 'l'adattamento e il miglioramento della commercializzazione dei pro: dotti agricoli (art. 11), intesi con riguardo all'attrezzatura per la commercializzazione all'interno delle imprese agricole o neU'ambito di pi� imprese o al di fuori di queste, nei settori dell'ammasso e della conservazione, della valorizza. zione dei prodotti agricoli, dei circuiti di commercializzazione e deUa conoscenza dei dati relativi alla formazione dei prezzi nei mercati dei prodotti agricoli (art. 12); PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 249 meri 585/77 e 2902/77, le� autorit� nazionali possono completare, ed inte� grare a loro discrezione le condizioni di ammissione, in particolare riser� vando il rilascio dei titoli di importazione a detel'lninate �Categorie di soggetti unilateralmente individuati all'interno dei produttori agricoli; o se invece le succitate disposizioni. comunitarie riconoscano a tutte le persone fisiche e giuridiche, titolari di imprese agricole, in specie a quelle . che esercitano l'attivit� di allevamento, il diritto di presentare in ogni caso domanda di titolo �di impo1:1tazione, senza che ad esso possa essere opposto alcun potere discrezionale da parte delle autorit� nazionali degli Stati membri. 2) Se, riell'ipotesi che sia conces�so agli Stati membri di introdurre ulteriori pi� restrittive condizioni di ammissione nel!l.'ambito defila categoria dei produttori agricoli, l'individuazione dei soggetti beneficiari da parte delle autorit� nazionali possa essere fatta rinviando ai requisiti dalle stesse richiesti in sede di attuazione delle direttive comunitarie di ammodernamento delle strutture . agricole (direttive 72/159, 160, 161 C.E.E.), . in vista cio� di un tipo di . intervento pubblico del tutto autonomo e indipendente, per strumenti e finalit�, da quelli relativi alla com-� mercializzazione dei singoli prodotti agricoli; requisiti comunque privi di qualsiasi riferimento all'effettivo esel."1cizio dell'atti~it� di allevamento d) lo sviluppo deMe possibilit� di collocamento dei prodotti agricoli (art. 11), con riguardo ane m:.ioni comunitarie per l'aumento del consumo di taluni pro� dotti agricoli neL quadro della politica agricola comune (art. 12). Va aggiunto che il cosidetto Comitato permanente delle strutture agrarie. ha distinto tra strutture �interne e strutture esterne all'azienda agricola. Le strutture interne sarebbero determinate dai seguenti connotati: a) produzione: impiego, elementi naturali, modi di conduzione, superficie, fraziona� mento, drenaggio, irrigazione, utilizzazione d�l suolo, allevamento, specula;zione fondiaria, locaMzzazione dei fabbricati, addm.ione di acqua potabile, scolo di acque usate, dotazione dell'impresa, meccanizzazione, legami-contrattuaJ.i rela� tivi alla produzione, ivi compresa l'integrazione verticale, e cos� via; b) commercializzazione: impianti di trasformazione e imballaggio dei prodotti agricoli, forme di commercializzazione, impianti di st()ccaggio intemi all'impresa, inte� graziane verticale. Le strutture esterne risulterebbero invece dai seguenti dati: a) produzione: situazione fondiaria, edilizia rurale, rete idraulica (drenaggio e irrigazione), for� me di cooperazione a carattere economico, diverse forme di associazione fra imprese e di colla:borazione fra imprenditori, utilizzazione in comune di mac� chinari agricoli:, integrazione verticale e integrazione orizzontale; b) commercializzazione: impianti privati, collettivi o cooperativi per fo stoccaggio, la tra� sformazione e l'imballaggio dei prodotti agricoli, forme di commercializzazione; c) servizi a carattere agricolo: insegnamento e formazione professionale degti operatori agricoli, credito agrario, centri di ricerca agronomica, centri per ser� vizi a carattere agricolo. 250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO e tali da escludere senza giustificazione numerosissime imprese di allevamento, tra cui tutte quelle a struttura societaria �. 15. -A norma dell'art. 13, n. 1, del regolamento n. 805/68, come modificato dal regolamento n. 425/77, il prelievo da applicare all'importazione di giovani bovini maschi destinati all'ingrasso pu� essere totalmente o parzialmente sospeso, alle condizioni stabilite nello_ stesso articolo, tenuto conto della situazione di apprrovvigionamento del mercato e del prevedibile andamento dei prezzi; 16. -secondo il n. 2 dello stesso articolo, il Consiglio stabilisce ogni anno un bilancio preventivo dei giovani bovini maschi che possono es-. sere importati in base al regime di favore stabilito dal precedente n. 1; 17. -infine, il n. 4 dello stesso articolo ~i,spone che le modalit� d'applicazione del regime in questione vengono determinate secondo la procedura di cui all'art. 27 dello stesso regolamento, vale a dire dalla Commissione, che decide nell'ambito 9-el procedimento �del Comitato di gestione�; 18. -per il periodo considerato, le modalit� del regime di favore di cui trattasi sono state precisate dal ,regolamento della Commissione n. 2902/77, nel senso di U!lla riduzione del prelievo pari al 50%; 19. -secondo il 5� punto del preambolo di questo regolamento, la riduzione del prelievo � destinata, in particolare, �a favorire il miglio- La Corte di giustizia ha ritenuto la compatibilit� del menzionato provvedimento del Ministero italiano per H commercio estero con la normativa comunitaria. E del resto, nella sentenza 28 febbraio 1978 (in causa 85/77, Racc.. 527), era stato affermato non essere possibile ricavare dal Trattato CEE e dal diritto comunitario derivato una definizione generale ed uniforme di � azienda � agricola; e analogamente, nella sentenza 13 giugno ,1978 (in causa 139/77, Racc, 1317), si rilevava non essere la nozione di agricoltura delimitata in modo preciso dal Trattato e pertanto dover essa venire precisata nell'ambito del diritto derivato, tenendo presenti, ai fini de11'interpretazione, gli scopi della normativa e il suo sistema. Ancora pi� significativo �, t�ttavia, il riconoscimento -desumibile dalla sentenza in rassegna -della possibilit� di utilizzare misure di politica commerciale per ~l raggiungimento di obiettivi di politica delle strutture agricole. Riconoscimento di notevole importanza in termini di politica economica, e cli ancor maggiore rilievo sul piano giuridico, dal momento che esso implica l'affermazione che le competenze devolute alle Comunit� nei settori de�a politica commerciale, della politica agricola e deHa politica regionale non debbono necessariamente conservare carattere -appunto -" settoriale�, ma possonG saldarsi tra loro e dar vita ad una politica economica coordinata e, per cos� din~. " generale "� Per cogliere l'importanza del riconosci.mento de quo, giova riferire quanto in proposito sostenuto nella memoria per il sig. Bardi. � t1. certo che la disci)',_ plina del regime di importazione in nessun modo contiene qualunque intento di f porsi nella scia delle direttive per la riforma de1le strutture. Queste rispondono t alle esigenze della riforma dell'agricoltura, sono misure di lungo periodo, mirano .. . jI ! PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 251 ramento delle strutture di allevamento e di produzione di carni bovine in Italia�; 20. -allo stesso ipunto del preambolo si .considera inoltre che tale obiettivo pu� essere conseguHo � riservando in via prioritaria ai produttori agricoli o alle loro organizzazioni professionali � il rilascio delle licenze che danno diritto a fruire dello speciale regime d'importazione di cui trattasi; 21. -ai sensi dell'art. l, n. 1, del regolamento in questione, il contingente- d'importazione veniva fissato in un quantitativo massimo di 50.000 capi di giovani bovini maschi, di cui almeno 45.000 capi dovevano essere importati e ingrassati in Italia; 22. -al n. 5 dello stesso articolo, si precisa che, nell'ambito del quantitativo riservato all'Italia, le Ucenze d'importazione possono essere rilasciate direttamente ai produttori agricoli o alle loro organizzazioni professionali, entro un limite massimo di 30.000 capi, e che, a tal fine, � detto Stato membro specifica le categorie dei richiedenti�; 23. -dal complessG di questi testi si desume che il regime d'importazione a prelievo ridotto era destinato, in via prioritaria, nel periodo ad incidere sugH elementi di fondo dell'economia agraria; in una parola, rap� presentano il< � volet � strutturale de!t1a poJitica agricola comune e seppure si � tentato di armonizzarle con le misure della po1itica di mercato e dei prezzi, da queste profondamente differiscono per fini, strumenti, ed area di intervento. Gli scopi e 1a tecnica dei regolamenti relativi al regime degli scambi degli animali e carni bovine hanno dguardo invece a specifiche situazioni di mercato... �. 2. -La Corte di giustizia ha invece accuratamente evitato di prendere posizione sul� punto, pur ampliamente trattato e nelle �osservazioni� per il Governo italiano e nelle � conclusioni � dell'avvocato generale iReischl, se gli Stati membri, anche in settori sottoposti ad una organizzazione comune dei mercati molto dettag1iata, abbiano soltanto competenze puramente organizzative ed esecutive, o invece possono disporre anche di un certo margine di discrezionalit� nel campo del diritto sostanziale. In particolare, nelle � conclusioni � menzionate, accettata la premessa � che la normativa comunitaria non sia sufficientemente precisa e che, pertanto, la categoria dei destinatari vada delimitata tenendo conto deile finalit� de11a normativa stessa �, era stato rilevato quanto segue: � Nella giurisprudenza � riconoscibile la tendenza a non ritenere, in .linea di principio, Hlegittimi gli interventi degli Stati membri in settori disciplinati da organizzazioni di mercato che, fo parte, sono molto comp1esse, anche qualora detti interventi esulino dal campo ~delle attivit� puramente organizzative ed unicamente esecutive. II .problema decisivo, in proposito, � piuttosto quelJo deli'eventual1e incompatibildt� con le finalit� della normativa comunitaria e deHa possibilit� che venga posto in pericolo il funzionamento di quest'u1tima. In tale contesto, si pu� fare riferimento, come ha fatto la Commissione, aUe sentenze 22 gennaio �1976 (in causa 60/75, Racc. 1976, 45), 26 febbraio 1976 (in causa 65/75, Racc., 291), 14. luglio 1976 (neHe cause riunite 3, 4 e 6/76, Racc., 1279) e 2 febbraio 1977 (in causa 50/76, Racc., 137). E... nehla. sentenza 12 dicembre 1973 (in causa 131/73, Racc., 1555), RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO considerato, a consentire all'Ltalia di migliorare �le struttU\l'e dell'alleva , mento e della produzione di carni bovine, e che, a .tale scopo, detto Stato membro veniva espressam�nte autorizzato a specificare ile categorie di produttori ammessi a beneficiare del provvedimento; 24. -risulta, quindi, che le autorit� italiane avevano la Eacolt� di riservare il vantaggio della pavt:ecipazione a detto contingente d'importazione alle imprese agricole di cui esse intendevano favorire Jo sviluppo ai sensi della legge 9 maggio 1975, intesa a realizzare, in Italia, gli obiettivi stabiliti dalle direttive c�munitarie del 17 aprile 1972 rigual'danti la riforma delle strutture agricole; 25. -in particolare, va fatto riferimento a quanto disposto dagli artt..l, 2 e 3 de11a direttiva n. 72/159, dai quali risulta che gli Stati membri s.i sono impegnati ad istituire un regime �selettivo di incoraggiamento delle aziende agricole, dando fa preferenza, per l'appunto, a quelle il cui titolare esercita l'attivit� d'imprenditore agricolo a titolo principale; non solo � stato affermato, con �riferimento a1la gestione di un -contingente doganale comunitario per la carne .bovina -congelata, che le istitm.ioni -comunitarie possono decidere de11a destinazione economica della carne importata, ma � stato altres� ritenuto che esse possono anche consentire agld Stati membri di servirsi della loro .quota �di contingente in conformit� ai propri .interessi. Nel caso in cui quest'ultima ipotesi l)On si verifichi, agli Stati membri � vietato solamente imporre, per l'utilizzazione della carne, condizioni le quali mirino al raggiungimento di scopi politico-economici non contemplati dalle norme adottate in sede comunitaria �. Va aggiunto che nella sentenza 13 1giugno 1978 {in causa 139/77) la Corte si era occupata di una restrizione imposta da uno Stato membro alla nozione di �.produttore agricolo � utilizzata da un regolamento comunitario e, riconos-cendo che nel caso di cui si occupava esisteva ila fa-colt� deHo Stato membro di determinare e precisare tale nozione, aveva tuttavia precisato che l'autorizzazione era vaUda � entro i limiti imposti dal diritto comunitario ed in particolare daMo stesso regolamento "� D'altro canto, per il Governo italiano era stato osservato doversi riconoscere agli Stati membri un ambito di competenza particolarmente ampio nella formulazione della politica de1le strutture agricole. Osservazione questa ripresa nelle � -conclusioni � deWavvocato generale ReischL, ove si liegge�: � Quanto alle esigenze �di politica strutturale, gli Stati membri hanno naturalmente conoscenze pi� precise di quelle che pu� avere U legislatore comunitario; si pu� dire che, nei settori in cui si tratta di influire suIJ.e strutture, a:Ila Comunit� manca, per forza di cose, fa possibilit� di procedere alla necessaria precisazione, cosicch� si fa uso di preferenza dello strumento deIJ.a direttiva, il quale determina imperativamente soltanto .Jo scopo, mentre lascia agli Stati membri ila scelta dei mezzi e dei metodi"� La Corte di giustizia ha preferito -e comprensibHmente -eludere la problematica prospettata, e parlare (punto 23 della motivazione) di ~ espressa autorizzazione � data all'Ita1ia per .Ja specificazione delle categorie dei produttori ammessi al beneficio dell'importazione a prelievo ridotto. PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 253 26: -questo impegno ha trovato riscontro negli artt. 11 e 12 della legge italiana 9 maggio 1975, n. 153, ai quali viene fatto l'.iferimento nella circolare 28 febbraio 1978; 27. -le� questioni formulate dal giudice a quo vanno quindi risolte nel senso che, in forza del regolamento della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, gli Stati membri, ed :in particolare fa Repubblica italiana, erano autorizzati a specificare le categorie di produttori agricoli ammesse a fruire del contingente d'importazione di giovani bovini maschi in sospensione parziale o totaile del prelievo, nell'ambito di una politica intesa al miglioramento delle strutture di allevamento e della produzione di carni bovine, e che il fatto di riservare tale vantaggio ad imprenditori che esercitano l'attivit� agricola a titolo principale � conforme agli obblighi derivanti, per gli Stati mei:iibri, dalla direttiva del Consigaio 17 aprile 1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole. ( Omissis). Va di contro sottolineato come la Corte di giustizia non si sia sottratta ad una affermaZione di notevole importanza politica, laddove (ai punti 25 e 26 della motivazione) ha dato atto deUa coerenza degli artt. 11 e 12 della legge italiana 9 maggio 1975, n. 153, aile indicazioni contenute nella direttiva C.E.E.. n. 72/159. Afferma,,ione questa tanto pi� significativa se si considera che essa costituisce risposta -sia pur velata -a quanto argomentato per il Governo italiano in sede di discussione orale. In proposito, si era infatti osservato: � Avverto il dovere di segnalare che la linea difensiva adottata dal sig. Bardi in realt� ha un obiettivo molto ambizioso, che supera i limiti naturali della presente �controversia. Si vuole infatti provocare una valutazione di codesta Corte di giustizia sulla politica perseguita dal Parlamento italiano non solo in tema di strutture agricole ma addirittura in tema di regime della propriet� fondiaria: questo � il reale significato delle critiche mosse alJa �legge 9 maggio 1975, n. 153, con la quale � stata data attuazione.alle direttive comunitarie 72/159, 72/160 e 72/161. Il Parlamento italiano, con la legge predetta ed in conformit� con le direttive comunitarie, ha consapevolmente voluto distinguere e avvantag;giare le aziende agricole direttamente gestite da imprenditori a titolo principale, ossia da imprenditori che ad esse .dedichino la parte prevalente del loro tempo e da esse ritraggano fa parte prevalente del loro reddito; e quindi ha voluto dare minore incoraggiamento alle aziende agricole gestite da soggetti che con la terra hanno un rapporto eventualmente solo marginale o solo speculativo, in altre parole gestite da non agricoltori. � questa una scelta politica precisa, che il Par>lamento italiano ha espresso per considerazioni di politica generale (e cio� di politica non solo economica ma anche sociale), nell'ambito delle responsabi1it� -responsabilit� che � noto quanto siano pesanti -rimaste agli Stati membri. La circolare ministeriale 28 febbraio 1978 � coerente alla scelta fatta da:I Parlamento italiano, allorquando � specifica le categorie � dei produttori agricoli ammessi al� regime speciale di importazioni mediante un rinvio automatico all'art. 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153 �. FRANCO FAVAIRA 254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 16 maggio 1979, nella causa 236/78 -Pres. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Warner Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour du travail di Mons nella causa Fonds National de retraite des ouvriers mineurs (avv. Y�nick) c. Mura (avv. Rossini) -Interv. Governo italiano (ag. Maresca, avv. Stato Fiumara) e Commissione delle Comunit� Europee (ag. Jonczy). Comunit� europee -Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni previdenziali -Diritto spettante in forza della sola legislazione nazionale -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit� � Regime comunitario pi� favorevole � Applicabilit�. (Regolamento e.E.E. del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, art. 46). Qualor� l'art. 46 del regolamento n. 1408/71 sia pi� favorevole al lavoratore della sola legislazione nazionale a norma della quale egli riscuote la pensione, detto articolo va applicato integralmente (1). (Omissis). -IN DIRITTO. 1. -Con sentenza 13 ottobre 1978, pel'Venuta 1n cancelleria il 27 dello stesso mese, la Cour du travail di Mons, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., ha sottoposto a questa Corte una questione pregiudiziale concernente l'intenpretazione dell'art. 46, n. 1 e n. 2, del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati ed ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunit� (G.U. n. L. 149, pag. 2). (1) Con la sentenza in rassegna la Corte di Giustizia ha chiarito la portata delle sue precedenti pronunzie, con le quali aveva statuito che qualora il lavoratore percepisca la prestazione in-forza delle sole leggi nazionali il regolamento n. 1408/71 non osta a che queste vengano interamente applicate nei suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo naziona1i, salva per� l'appltlcazione delle norme comunitarie sul cumulo e la ripartizione 1Prorata ipi� favorevoli (sentenze 13 ottobre 1977, nelle cause 22/77, Mura, e 37/77, Greco, in questa Rassegna, 1977, I, 781, con note, e 14 marzo 1978, nelle-cause 98/77, Schaap, e 105/77, Kersjes, ibidem, 1978, I, 188): poich� in queste iJrecedenti pronunzie era stato richiamato solo il n. 1 dell'art. 46 del regolamento, era sorto il dubbio su!JL'applicabiliit� de1La fott. e) deL n. 2 deH'art. 46 non richiamata nel n. 1. La Corte ha precisato che le norme comunitarie vanno applicate integralmente. Queste condusioni erano state assunte anche nella memoria di intervento del Governo italiano, che qui di seguito si r1porta: Prestazioni previdenziali in favore dei lavoratori migranti � Norme nazionali e regime comunitario pi� favorevole. Con la sentenza 21 ottobre 1975, 11ellia causa 24/75, Petroni, -le cui statuizioni sono state. ribadite con le succes_sive sentenze 3 febbraio 1977, nella causa 62/76, Strehl, e 13 ottobre 1977, nella causa 112/76, Manzoni -. fa Corte di giu PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 255 2. -Questa questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia vertente sulla liquidazione, da parte dell'istituto previdenziale belga competente, della pensione di invalidit� dell'appellato nella causa principale, cittadino italiano, che ha lavorato come minatore tn Francia dal 1958 al 1962 e, quindi, in B�lgio, dal 1962 al 1973, anno in cui � divenuto invalido. 3. -Questo lavoratore possedeva il 'l:equisito stabilito in Belgio dalla legge nazionale per poter f:ruire della pensione di invalidH� secondo il regime concernente i lavoratori dell'industria estrattiva; egli, cio�, aveva maturato H periodo minimo di dieci anni di serv�zio in questo settore. Per contro, si era dovuto fare ricorso, per permettergli di fruire della pensione in Francia, all'art. 45 del regolamento n. 1408/71, 'e, per la determinazione dell'importo di questa prestazione, si erano cumulati i periodi effettivamente maturati nei due Stati membri ela prestazione spettantegli i:n Francia � stata liquidata prorata. L'istituto previdenziale belga competente, Fonds National de Retraite des Ouvriers Mineurs (F.N.R.0.M.), applicando le norme nazionali ainticumulo e l'art. 46, n. 3, del regolamento n. 1408/71, sottraeva dalla pensione belga di invalidit� l'importo della quota francese e chiedeva all"interessato il rimborno dell'indebito. 4. -Nel corso della stessa causa principale, la Cour du travail di Mons chiedeva a questa Corte, con sentenza 21 gennaio 1977, di pronunsth. ia ha dichiarato che 1'art. 46 n. 3 del regolamento n. 1408/71 � incompatibile con l'art. 51 del trattato nella parte in cui impone una limitazione del cumulo di due prestazioni spettanti in Stati membri diversi mediante decurtazione dello importo di una prestazione spettante in forza della sola Iegislazione nazionale. Presentatosi il problema della applicabiJ.it� di norme anticui:nulo nazionaii, 1a Corte, con }a sentenza 13 ottobre 1977, nelila causa 22/77, Mura (e con queHa identica, coeva, neUa causa 37/77, Greco, ha deciso che � qualora il ~avoratore percepisca la pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che queste vengano interamente app1icate nei suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, restando inteso che se dette leggi nazionali si rivelano meno favorevoli del regime del cumulo e della ripartizione prorata, a norma d11'art. 46, n. 1, del regoiamento n. 1408/71, va applicato quest'ultimo �. Nella motivazione la Corte ha precisato, per quanto riguarda la seconda parte della statuizione suddetta, che � si desume, tuttavia, dall'art. 46 n. '1, che, ove l'appHcazione delle sole disposizioni nazionali per la sussistenza e il calcolo del diritto sia meno vantaggiosa per il lavoratore che non l'applicazione dei principi del cumulo e della dpartizione prorata, vanno applicati questi ultimi�. La situazione � stata confermata dalla Corte nelle due sentenze, entrambe datate 14 marzo 1978, nelle cause 98/77, Schaap, e 105/77, Kersjes, ne1La motiva zione delle quali � stato prec�sato che � ne consegue che, ove le disposizioni del regolamento n. 1408/71 si riveHno pi� favorevoli al lavoratore della legislazion.e nazionale, vanno applicate quelle �. Da queste pronunzie si evince che: 1) in mancanza di un sistema di previdenza sociale comune, le norme comunitarie vanno intese nel senso che esse garantiscono, attraverso un mero 256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO ziars1 in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, sulla que . stione se l'art. 12 deJ regolamento n. 1408/71, che autorizza il cumulo delle prestazioni, debba prevalere sulle nol'me interne anticumulo nel caso in cui le norme comunitarie abbiano il risultato di favorire il lavoratore migrante rispetto a quello che non si sposta per motivi di lavoro. 5.. Nella sentenza 13 ottobre 1977 (causa 22/77, Racc. 1977, pag. 1699), questa Corte ha risolto la questione come segue: � Qualora il lavoratore percepisca la pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che queste vengano interamente applicate nei suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo nazionali, restando inrteso che 'se dette leggi nazionali si rivelano meno favorevoli del regime del cumulo e della .ripartizione prorata, a norma dell'art. 46, n. 1, del regolamento n. 1408/71 va applicato quest'ultimo �, 6. -La Cour du travail di Mons, condividendo i dubbi �sull'interpretazione dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71�formulati dal F.N.R.O.M., ha adito una seconda volta questa Corte, sottoponendole la seguente quesrtione: � ... se l'art. 46, n. 1, secondo comma, esoluda l'applicazione della lett. c) deH'art. 46, n. 2; la soluzione di tale questione s'impone tanto pi� coordinamento dei diversi sistemi nazionali:, con il cumulo dei periodi assicurativi, che una persona, la quale abbia lavorato successivamente o alternat�vamente in pi� Stati membri, non venga a causa di ci� privata delle prestazioni previdenziali che le spetterebbero se avesse sempre 'lavorato nel medesimo Stato (venendo cos� a eliminare un ostacolo a1la libera circolazione dei lavoratori), ma non vanno intese ne1 senso che possono anche portare alla riduzione o ahla eliminazione di prestazioni previdenziali gi� dovute al favoratore in base alle leggi dei singoli Stati senza alcun riferimento a1La normativa comunitaria e al cumulo da esse disposto; le norme comunitarie, cio�, possono imporre ai lavoratori Hmitazioni solo come contropartita dei vantaggi loro attribuiti dai regolamenti comunitari (arg. anche dalle sentenze della Corte 15 lugHo 1964, nel!la causa 100/63; Van der Veen, Racc. 1964, 1091; 13 luglio 1966, nella causa 4/66, Hagen Beek, Racc. 1966, 579; 5 luglio 1967, nehle cause 1/67, Ciechelski, Racc. 1967, 211;... 2/67, De Moor, Racc. 1967, 211; ... 9/67, CoLditz, Racc. 1967, 269; 12 dicembre 1967, ne1la causa 11/67, Couture, Racc. 1967, 445; 13 dicembre 1967, nell.a causa 12/67, Guissart, Racc, 1967, 501; 10 dicembre 1969, ne11a causa 34/69, Duffy, Racc. 1969, 597; 10 novembre 1971, nelle cause 26/71, Gross, Racc. 1971, 871; 27/71, KelJer, Racc. 1971, 885; ... 28/71, Hohn, Racc. 1971; 893; 6 dicembre 1973, ne1La causa 140/73, Mancuso, Racc. 1973. 1449; 28 maggio 1974, nella causa 191/73, Niemann, Racc. 1974, 571; 25 novembre 1975, nt)Ha causa 50/75, Massonet, Racc. 1975, 1473); 2) per effetto deHa mancanza di un regime �omune di previdenza sociale, la normativa comunitaria non ha sostituito que11a nazionaJ:e, la quale si applica nella sua intierezza, sia per la parte in cui concede una prestazione autonoma, sia per la parte in cui la riduce (norme anticwnulo); 3) fa normativa comunitaria garantisce, per�, in ogni caso, al lavoratore il trattamento pi� favorevole fra quello risultante dall'applicazione integrale PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 257 che nella sentenza 14 marzo 1978, Schaap, �Causa 98/77, la Corte �di giustizia delle Comunit� Europee si riferisce, nel dispositivo, ma non nella motivazione, all'art. 46 nel suo complesso �. 7. -Per risolvere questa questione, bisogna esaminate innanzitutto le norme del regolamento n. 1408/71. 8. -L'art. 46 del regolamento contiene le norme che .si applicano per la liquidazione delle prestazioni di vecchiaia nel caso dei lavoratori che siano stati soggetti alla rlegislazione di due o ipi� Stati membri. In forza dell'art. 40, n. l, l'art. 46 si applica per analogia a11a liqillidazione delle prestazioni di invalidit� nel cas() dei lavoratori che siano stati soggetti successivamente o altemativamente alla legislazione di due o pi� Stati membri, di cui almeno una non stabilisce che l'importo delle prestazioni � indipendente dalla durata dei periodi di assicurarione, o di residenza. 9. 7 Secondo l'art. 46, l'� importo teorico� della prestazione viene calcolato dall'istituto previdenziale di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore � stato soggetto. L'importo teorico � ,l'importo cui il lavoratore avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione o di residenza compiuti sotto le legislazioni degli Stati membri alle quali egli � stato soggetto fossero stati compiuti nello Stato interessato e sotto � Ia legislazione applicata dall'istituto previdenziale competente alla data della liquidazione della prestazione. Se, ai sensi di questa legislazione, delle norme nazionali e quello risultante dall'� applicazione dei principi del cumulo e della ripartizione prorata � (cfr. motivazione della sentenza 13 ottobre 1977, neUa causa 22/77), risultanti dalle �disposizioni del regolamento n. 1408/71 � (cfr. motivazione della sentenza 14 marzo 1978, neMa causa 98/77). Orbene, fri;i Le regole dd cumulo e deLla ripartizione prorata, risu1tamti daLle disposizioni de1 regolamento n. 1408/71, v'� indubbiamente anche quella fissata ne11a lettera e) del paragrafo 2 de11'art. 46, la quale prescrive che i periodi di as sicurazione si sommano solo nella misura in cui servano a far nascere un diritto a prestazioni, ovvero a riconoscere un diritto a prestazioni di importo superiore, fino al massimo previsto da legislazioni nazionali. Invero, un conteggio stret tamente proporzionale, che non tenesse conto de11a durata massima indicata da una legislazfone nazionaile per il beneficio di uma prestazione completa, si po trebbe risol'Vere in una immotivata contrazione di quanto spettante al lavora tore in forza della medesima legislazione nazionale, in palese violazione dei prin cipi di cui si � detto sopra .sub 1). La norma di cui aLla lettera e) propone dun que un metodo di calcolo che elimina questo inconveniente, garantendo al la voratore i benefici spettanteg1i in forza della legislazione nazionale, con il solo limite naturale (fissato nell'u1tima parte della norma) di far si che in ogni caso l'i,stitm.ione nazionale non sopporti un onere maggiore di quello previsto .dalla .propria legisl�zione per una prestazione completa. E, quindi, il quesito posto nella presente causa dal giudice be1ga sembra doversi risolvere non tanto in chiave di interpretazione del secondo comma del paragrafo 1 dell'art. 46; ma soprattutto in termini di applicabilit� in ogni caso delle regole fissate dal paragrafo 2 nella sua intierezza, per stabilire comparativamente quale sia la posizione pi� favorevole al lavoratore, in ossequio alle statuizioni della Corte nelle sentenze Mura (causa 22/77) e Schaap (causa 98/77). :IfifIII~r~~?Tff:fffff:fff1??If~~f?~f:f:~If??~r:r:rr:fi~r:r:rnrr:rn~l~t?t~~??~~~~???~~tt~~t~~???t~~t~;~~~~~~:~~f:~~r~~~~~~~~~~~~~~t~?~~I?J????t~~~?~I~~~~~~~?I~~:??~f~}}~{:?~=~=f~:}'.:?~=~~=~=~:::~{f:~:~:~:~:?r~{{:~=~ r1lffrr1111111;111r1&1ci~wrar1r1=1ril1rlrr1r1&Mrrlfllt&1rt11a1Jt11111a111���111 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 258 l'iimporto della prestazione � indipendente dalla durata dei periodi di assicurazione o di residenza, ,tale importo � considerato come l'importo teorico. 10. -L' � importo effettivo � de1la prestazione viene calcolato come segue. L'ente competente di ciascuno degli Stati membri alla cui Jegisla: zJione il lavoratore � stato soggetto e alle cui condizioni egli soddisfa per l'acquisizione del diritto alle prestazioni senza che sia necessario tener conto, in forza dell'art. 45, dei periodi assicurativi o di ,residenza maturati sotto la legislazione di un altro Stato membro, deterimina, secondo le norme della legislazione che essa applica, l'importo della prestazione corriS1pondente alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza da prendere in considerazione in base a questa legislazione. Esso procede anche al calcolo dell'importo deHa prestazione che si otterrebbe applicando le regole di oui all'art. 46, n. 2, lett. a) e b), cio� H procedimento del cumulo e della ripartizione� prorata. Si prende in considerazione solamente l'importo pi� elevato (n. 1). L'ente competente di ciascuno degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore � stato soggetto applica il procedimento del cumulo e della ripartizione :prorata di cui all'art. 46, n. 2, se le condizioni richieste per l'acquisizione del diritto alJe prestazioni non sono soddisfatte che tenuto conto di quanto disposto alJ'.art. 45 [art. 46, n. 2, lett. a) e b) ]. Il procedimento della ripartizione prorata permette di determinare un �importo effettirvo � in base all'im- Invero, gi� sotto i1 primo profilo (interpretazione del secondo comma del paragrafo 1), I'app1icabilit� della regola di calcolo contenuta nella lettera e) non dovrebbe ritenersi esclusa sol perch� non � esplicitamente richiamata: si tratta infatti di una disposizione strettamente complementare e integrativa di quelle che la precedono nelle lettere a) e b), il cui richiamo esplicito appare giustificato dalla necessit� di recepire i concetti, ivi esposti, di � importo teorico � e � importo effettivo �. Ma, comunque, sotto il secondo .profilo -che riteniamo pi� pertinente (e la distinzione non appare priva di rilievo, se si tien conto del disposto del secondo comma del successivo paragrafo 3 del medesimo articolo 46) -, la diretta applicabi1it� di tutte le regole contenute nel paragrafo 2 elimina ogni dubbio sulla applicabilit� de1la lettera c) al caso di specie. Non sembra obiettabile che la diretta appHcabiLit� delle regole di cui al paragrafo 2 � consentita solo a11orch� � le condizioni richieste per J'acquis�.ione del diritto alle prestazioni non sono soddisfatte che tenuto co:�.to ,di quanto disposto dall'art. 45 �. 1'. vero, infatti, che l'art. 46 del reg. 1408/71 dispone che si applicano Je disposizioni del primo ovvero del secondo parngrafo a seconda che siano soddisfatte ovvero non siano soddisfatte ,le suddette condizioni (salvo nel primo caso i1 correttivo della comparazione di cui ai secondo comma del paragrafo 1). Ma � vero, altres�, che se una prestazione nazionale autonoma viene ridotta, per l'applicazione di norme anticumulo nazionali, di un ammontare corrispondente a quanto il lavoratore percepisce in altro Stato in forza de1le norme comunitarie, il lavoratore non solo non riceve alcun vantaggio dalla applicazione delle norme comunitarie, ma dalle medesime potrebbe addirittura essere svantaggiato (ad esempio per il frazionamento della prestazione PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 259 porto teorico proporzionalmente alla durat� dei periodi di assicurazione o di residenza �compiuti prima dell'avverarsi del rischio sotto la legis.Jazione applicata dall'istituto previdenziale competente rispetto alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenz� compiuti prima dell'avverarsi del rischio sotto le legislazioni di tutti� gli Stati membri interessati. 11. -n lavoratore ha diritto, ai sensi dell'art. 46, n. 3, primo comma, entro il limite pi� elevato degli importi te.orici, alla somma degli. importi effettivi delle prestazioni calcolati secondo le norme sopra citate. Tuttavia, il secondo comma dello stesso n. 3 stabilisce che, qualora l'importo di cui al citato primo comma sia superato, ciascuna istituzione che applichi il n. 1 corregge fa sua prestazione di un importo corrispondente al rapporto tra l'importo della prestazione considerata e la somma delle prestazioni determinate secondo le disposizioni dell'art. 46, n. 1. 12. -Nella sentenza 21 ottobre 1975. (oausa 24/75, Petroni, Racc. 1975, � pag. 1149), questa Corte ha dichiarato che l'art. 46, n. 3, � incompatibile con l'art 51 del Trattato in quanto impone una limitarione del cumulo di due prestazioni .spettanti in Stati membri diversi, mediante decurtazione dell'importo d'una prestazione spettante in forza delle sole leggi nazionali. Successivamente, ed in particolare nelle sentenze 13 .ottobre 1977, pronunziata nell'ambito di questa stessa �causa principale, e 14 marzo 1978 (.causa 98/77, Schaap, Racc. 1978, pag. 707), questa Corte ha precisato che qualora, in ragione dell'applicazione delle norme anticumulo � naz~onali, l'applicazione integrale della sola legislazione nazionale si riveli meno favorevole al lavoratore delle norme stabilite dal Consiglio con il regolamento n. 1408/71, va applicato quest'ultimo. 13. -Ne deriva che in un caso del genere l'art. 46 del regolamento va applicato ~ntegralmente. -(Omissis). complessiva, per il cambio meno favorevole, ecc.); in tal caso, quindi, -e que sto sembra essere, appunto, il principio che scaturisce d�lle sentenz� della Corte sopracitate -, appar giusto verificare se, applicando integralmente le re gole comunitarie deI cumulo e della ripartizione prorata (cio� il complesso di norme di cui al paragrafo 2 deWart. 46), come se non sussistessero prestazioni autonome nazionali, non risulti una situazione pi� favorevole al lavoratore, di cui il medesimo possa giovarsi. � In tal senso sembra doversi dare risposta ai quesiti posti dal giudice nazionale. In caso contrario, si dovrebbe forse riconsiderare la soluzione data al pro blema dell'applicabilit� de11e norme anticumulo nazionali, in sede di interpre tazione dell'art. 12 n. 2 deI regolamento n. 1408/71, ne1le sopracitate sentenze: norme bandite daMa legislai.ione comunitaria (incompatibilit� con il trattato deHe norme anticumulo di cui all'art. 46 n. 3 del reg.) non possono essere man tenute in vita o reintrodotte da �legislazioni nazionali (norme anticumulo na zionali) se ne ripetono gli stessi effetti negativi. OSCAR FIUMARA 4 SEZIONE TERZA GIURISPRUDENZA SU QU~STIONI DI GIURISDIZIONE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 gennaio 1979, n. 600 � Pres. Rossi� Est. Sgroi -P. M. Saja (�onc. conf.). -Ministero Lavori Pubblici (avv. Stato Cevaro) c. S.p.A. Centro Ittico Tarantino Campano ed altri (avv. Abbamonte), Competenza e giurisdizione � Poteri ed obblighi dell'a.g.o. nei confronti della p.a. � Azione di risarcimento danni � Giurisdizione dell'a.g.o. � Richiesta di annullamento, modifica, revoca di un provvedimento am� ministrativo �" Irrilevanza. (c.p.c., art. 37; I. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, art. 4). La domanda con la quale il proprietario di un lago, ovvero il titolare di un'azienda di piscicultura ivi esercitata insorgendo contro atti non ablativi e comportamenti della p.a. -scarichi ed immissioni inquinanti chiede il risarcimento del danno subito, rientra nella competenza giurisdizionale dell'a.g.o.; la suddetta giurisdizione non viene meno quando l'attore richieda anche una pronunzia di annullamento, modifica, revoca, sostituzione del provvedimento amministrativo con condanna della p.a. ad un facere: infatti in tal caso il giudice, rispettando il limite interno del proprio potere giurisdizionale, deve solo astenersi dall'emanare la suddetta pronunzia (1). (1) Sulla specifica affermazione enunciata in sentenza, cfr. Cass., SS.UU., 24 febbraio 1978, n. 938, in Giust. civ., 1978, I, 853; Cass., SIS. UU., 8 febbraio 1977, n. 530, ivi; 1971, I, 574, con nota di G. DE PINA, I poteri dell'A.G.O. in caso di controversia sulla propriet�, pubblica o privata. Sostanzia:lmente le Sezioni Unite della Ct>rte di cassazione ribadiscono il principio gi� altre volte enlllil.ciato (cfr. Cass., SS.UU., 9 aprile 1975, n. 1281, in Giust. civ., 1975, I, 1117) secondo cui una volta accertato che una controversia, quale risulta dalla natura intrinseca dell'interesse dedotto in giudizio, appartiene all'A,G.O., i1 divieto di condannare fa pubblica amministrazione ad un �fa. cere � specifico non fa venir meno l'a:ffermata giurisdizione, ma di questa rappresenta un limite soltanto interno con l'effetto di restringere i poteri decisori del giudice il quale, per la parte corrispondente alila pronuncia che eventualmente non gli � consentito adottare, si limiter� a dichiarare improponibile la domanda, emettendo, invece, una pronunzia di semplice . accertamento degli obblighi gravanti sulla pubblica amministrazione in ordine a quel facere. PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE (Omissis). -Sia il Ministro che il Comune (il quale in tal senso ha precisato e in certa misura rettificato i termini della questione nella memoria difensiva) si dimostrano, dunque, consapevoli dell'inconsistenza di qualsiasi dubbio circa la giurisdizione del giudice ordinario in medto alla domanda di risarcimento, del danno, fondata dalla societ� attrice sulla (asserita) lesione di una propri-a situazione soggettiva 'sicuramente qualificabile come diritto soggettivo (da ravvisare nel diritto di propriet� sui laghi o nel diritto sull'azienda di piscicultura e mitilicultura). Entrambi, infatti, invocano a sostegno del dedotto difetto di giurisdizione il divieto per l'a,g.o., �di emettere una pronuncia di condanna ad un facere incidente sull'attivit� pubblicistica deJ.la p,a. Senonch�, ai fini dell'affermazione o della negaZJione della giurisdizione del giudice 011dinario, da porsi in velazione aH'intrinseca consistenza della posizione soggettiva dedotta e all'effet1Ji.va protezione ad essa acconiata d~ll'ordinamento, non � rilevante indagare se fa pronuncia richiesta a quel giudice rientri o meno nei limiti �che il suo potere giurisdizionale incontra di fronte ad un provvedimento amministrativo, a norma dell'art. 4 della legge 10 marzo 1865, !Il. 2448, ali. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo. Questi liJmiti, infatti, comportanti il divieto per il giudice ordinario di annullare, modificare o revocare detto provvedimento owero di emanare una pronuncia con portata sostitutiva del medesimo, non ostano a che il giudice possa sindacare la legittimit� del provvedimento �sia pure al solo :l�ine di disapplicarlo in quant.o lesivo di una posizione di diritto soggettivo. Pertanto, ove la situazione soggettiva fatta valere in giudizio si con: ffiguri come diritto soggettivo e, come tale, sia devoluta alla cognizione del giudice ordinario, la proposizione di una domanda diretta a conseguire una pronuncia che possa indebitamente interferire sull'atto amministrativo non fa venir meno la giu11isdizione del giudice Olidinario, ma impone .:soltanto a questi di astenersi dall'emanare la richiesta pronuncia, prowedendo nel senso dell'.accoglimento della domanda nei Jimiti entro i quali il giudice pu� esercitare i suoi poteri e, comunque, sugli altri capi di domanda, esplicitamente o implicitamente proposti (dr. Cass., 24 febbraio 1978, n. 938; Oass., 7 febbraio 1977, n. 530). Insomma, la segnalazione di un limite interno che restringe i poteri decisori del giudice ovdinario non determina un'ipotesi di difetto di giurisdizione (cfr. Cass., 9 apri.le 1975, n. 1281; Cass., 1~ ap~ile 1973, n. 1073). Questo orientamento, che non conosce smentite negli ultimi anni, si riallaccia ad una serie di precedenti sostanzialmente confolimi di data pi� remota (cfr. Cass., 12 ottobre 1971, n. 2864; Cass., 12 maggio 1971, n. 1352; Cass., 3 marzo 1970, n. 504; nonch� Cass., 19 luglio 1965, n. 1628; 262 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO Cas~., 25 maggio 1962, n. 1239 e altre) e supera il �diverso princ1p10 in qualche oocasione enunciato (cfr., �ad esempio, Cass., 19 gennaio 1970, n. 104, richiamata dal Comune). Oltre a far leva sulla distinzione tra limiti estemi e limiti interni della giurisdizione (specialmente utilizzata in tema di ripartizione della giurisdizione fra giudici appartenenti a ordini giurisdizionali diversi) e a sottolineare il diverso piano in cui si pongono, rispettivamente, la sfera di competenza giurisdizionale di un giudice e il �contenuto dei relativi poteri, il .riferito orientamento -che, ormai consolidatosi merita di essere seguito -si dimostra pienamente coerente rispetto al criterio di indiv�.duazione del giudice provvisto di giur~sdizione imperniato sulla consistenza della situazione soggettiva de� dotta in giudizio, quale si configura sul piano dell'ordinamento positivo. Seguendo questa impostazione il richiamo del Ministero a1la competenza esolusiva attribuita al prefetto dall'art. 227 del t.u. delle leggi sanitarie (a parte la questione dell'attuale vigenza di tale norma in rapporto. alla sopravvenuta disciplina degli scarichi e, in particolare, alla legge 10 maggio 1976, n. 319 sulla tutela delle acque dall'inquinamento) �perde qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del presente regolamento; quel che conta �, infatti, la rion discutibile configurazione come diritto (non importa se avente per oggetto 1i laghi o l'azienda) della sit'l-fazione soggettiva per la cui tutela la societ� attrice ha proposto il giudizio. Proprio in un caso di lamentata immissione, da parte di un comune in un lago privato destinato alla piscicuhura, di materiali inquinanti atti ad alterare l'equilibrio idrobiologico e a danneggiare il patrimonio ittico, in assenza di provvedimenti ablatoJ:1i, queste S.U. hanno gi� rilevato (cfr. Cass., 9 aprile 1975, n. 1281) che tanto la propriet� del lago (art. 832 e 840 e.e.) quanto la titolarit� dell'azienda di piscicultura ivi esercitata (art. 2555 e.e.), in quanto fanno capo ad altrettanti interessi propri ed esclusivi del soggetto cui detti beni appartengono, danno luogo a quella Specifica tutela che � propria dei didtti soggettivi perfetti: :pertanto, la riparazione del da1mo patrimoniale' conseguente alla loro lesione non pu� che chiedersi davanti al giudice ordinario, sia il pregiudizio causato da intollerabili immissioni o da arbitrario esercizio di servit� o da fatto illecito o da atto lecito dannoso. Al rispetto di questa situazione sostanziale � tenuta anche la p.a. la quale pu� soltanto esercitare, nei congrui casi, poteri di tipo ablatorio til cui esercizio non � stato nella specie invocato), subo1:1dinando per tale via quei diritti all'interesse pubblico e declassandoli al rango di interessi legittimi. In ordine poi all'espletamento dei servizi pubblici, tra i quali pu� rientrare il servizio di fognatura, � noto che l'azione della p.a., per quanto j .j jJ PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 discrezionale, deve svolgersi nell'osservanza del fondamentale precetto del neminem laedere anche Sotto questo profilo, qui.ndi, il denunciato difetto di giurisdizione non pu� ravvisarsi -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 23 febbraio 1979, n. 1194 -Pres. Rossi Est. Persico -P. M. Gambogi (conci. diff.) -Ministero Sanit� (avv. Stato Freni) c. Cannata Giuseppe (avv. Caminiti). Competenza e giurisdizione -Contratto di opera professionale non riconducibile ad un rapporto di pubblico impiego -Azione di arricchimento Requisiti. (e.e., artt. 2041, 2042; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 380). L'azione generale di arricchimento pu� essere esperita nei confronti della p.a., dinanzi al giudice ordinario, anche dal professionista con -riguardo a prestazioni di consulenza ed assistenza in materia amministrativa e legale prestate a favore della suddetta p.a., purch� tali prestazioni non siano riconducibili a specifici decreti di incarico; al contrario ove ci� si verifichi, .nonostante l'eventuale modificazione, in corso di esecuzione, dell'originario oggetto delle prestazioni, l'azione di arricchimento resta preclusa -in relazione alla sua funzione sussidiaria configurandosi in tal caso un rapporto di prestazione di opera professionale (1). (Omissis). -Col primo motivo del ricorso si denunzia violazione degli artt. 1 c.p.c., 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 7 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, 2094 ss., 2041, 2042 e.e., 380 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in relazione aU'art. 360 n. 1, 3 e 5 c.p.c. L'amministrazione, premesso che il giudice di appello -dopo aver giustamente escluso l'inquadramento del rapporto tra quelli di opera professionale legale o di impiego privato -facendosi fuorviare da una (1) Per qualche riferimento v. �ass., SS.UU., 1 giugno 1977, n. 2439, in Giust. civ. Mass., 1977, 1010. In tale decisione � stato. affermato che l'attivit� di traduttore, redattore ed annunciatore radiofonico, presso l'Ufficio di informazioni e radiodiffusioni per l'estero deHa Presidenza del Consiglio dei ministri, espletata a seguito di incarico conferito per iscritto con decreti periodicamente rinnovati, con continuit� ed orari prestabi1iti, secondo Je direttive impartite dai funzionari preposti al ramo e con retribuzione fissata preventivamente, in funzione della durata delle prestazioni, configura l'oggetto di un rapporto di pubblico impiego, e non del rapporto di opera professionale previsto dagli artt 57 r.d. 8 magigio 1924, n. 843 e 380 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 264 pretesa diversit� delle prestazioni d!� fotto erogate rispetto a quelle previste nei decreti di incarico, ha erroneamente ritenuto proponibili fazione generale di arricchimento senza causa, sostiene che i rapporti costituiti ai sensi dell'art. 380 del t.u. n. 3 del 1957 sono sempre e soltanto rapporti di prestazione di opera tlocatilo operis e non operarum), suscettibili di modifioa2Jioni oggettive non novative in sede di esecuzione; e tuttavia riconosce che la giurisprudenza propende per la confilgurabi:lit� del rapporto come di pubblico impiego nei casi in cui ricorre l'indicata� e totale dive11genza~ E ne desume che nella priima 'Prospettiva il rapporto, avendo un titolo, non sarebbe stato suscettibile di tutela con l'azione di arricchimento; e che nella seconda prospettiva sussisterebbe il difetto di giurisdizione dell'adito giudice ordinario. Il resistente, sul rilievo che il giudice di merito ha escluso che i detti deoreti abbiano ricevuto applicazione e costituito Ja fonte del rapporto, nega che residui una questione di giurisdizione, specie se viferita alla azione di arricchimento. Queste Sezioni Unite, pur convenendo sull'ovvia affermazione che una questione di giurisdizione non abbia modo di prospettarsi in � l'iferimento alla proponibilit� dell'azione generale di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione (in quanto la incensuraMlit� della valutazione amministrativa .sulla necessit�, opportunit� e determinazione esecutiva di una prestazione, pone soltanto limiti interni alla giurisdizione del giudice ordinario nell'accertamento di uno degli elementi integrativi della fattispecie costitutiva del credito: quello del riconoscimento esplicito od implicito dell'utilit� conseguita; sent. n. 3852/75), osservano tuttavia che presupposto per la configurabilit� di una tale azione, stante la funzione sussidiaria di essa secondo l'ovdinamento positivo (art. 2042 e.e.), � l'astratta indisponibilit� di ahra azione da parte del depauperato (sent. n. 1584/72; 2621/73; 1819/74; 2157/75; 2800/77). Quando, perci�, la pretesa indennitaria � fondata su prestazioni di durata, la reiterazione della tesi subo11dinata circa l'inquadrabilit� nell'area del pubblico impiego, attiva un confl!itto attuale di giurisdizione, alla risoluzione del quale � preliminare la qualificaizone del rapporto e che si :prospetta come direttamente rilevante per la questione relativa all'ammissibilit� dell'azione di arricchimento. La questione di giurisdizione non �, per�, fondata, sebbene sia stata adottata nelle conclusioni di tesi dal procuratore generale. Essa si fonda sul principio, elaborato dalla giul'isprudenza in tema di rapporti di pubblico impiego, secondo il quale non osta alla qualificazione di un atto come atto formale di nomina, il nomen juris usato, il riferimento a norme che disciplinano un diverso rapporto di collaborazione, la manifestazione formale di volont� in quest'ultimo senso; e sulla PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE applicazione pmtica che di esso avrebbero fatto alcune sentenze proprio a proposito di decreti emanati 1sulla base dell'art. 380 del d.P.R. n. 3 del 1957 (sent. n. 2866/73; 487/74; 293/75; 2439/77). Il principio -che per il isolo fatto di presupporre soluzioni alternative nel modo di conseguire prestazioni coessenziali ai fini non economici di istituto, risulta di forza attenuata se riferito allo Stato,.:per la rigida e inderogabile tipicit� che informa il procedimento costitutivo dello status di pubblico dipendente e riesce del tutto inapplicabile nei casi nei quali gi� in sede legislativa sia stata operata una data qualificazione del rapporto (S.U., sent. n. 1616/76) -� sempre stato legato al duplice presupposto che ricorrano tutti gli alt11i connotati tiipici del rapporto di pubblico impiego e che, nonostante le impropriet� formali dell'atto, risulti manifestata la volont� deH'amministrazione di inserire il prestatore nel proprio apparato organizzativo. L'applicazione pratica specifica richiamata si colloca precisamente entro l'ambito del principio, basata com'� (per casi identici di tradutto11i, intercettatori, stenografi del servizio informazione :R!ai) sull'accertamento della ricorrenza di entrambi tali presupposti e cio� �che le prestazioni inerivano a funzioni di istituto, erano rese alle dipendenze del Servizio, con obbligo di orario e soggezione alle direttive superiori e che (diversamente dalla fattispecie in esame) vi era stata corrispondenza tra le mansioni . richieste e quelle espletate, sicch�, pur nella divergenza con quanto richiedibile secondo il disposto dell'art. 380 richiamato e con quanto letteralmente emergente dai relativi decreti, questi ultimi potevano essere assunti a fonte della volont� di inserimento nell'organico. Nella specie, invece, da un Iato l'istrutto11ia documentale e testimoniale assunta aveva escluso tgi� secondo le valutazioni delle parti e di entrambi i giudici di merito, che si riscontra corretta) qualsiasi V1incolo di subordinazione ed, in particolare, l'obbligo di osservanza di orario e di presenza in uffico; dall'altra non si sarebbe potuto, senza contraddizione, rinvenire la manifestazione di volont� di inserimento nel proprio apparato in un atto che si postulava, bens�, non essere stato portato ad esecuzione, ma che si affermava adoperato nelle sue connotazioni formali tipiche, secondo le quali, per predeterminazione normativa, esso pu� avere per destinatari soltanto soggetti estranei all'Amlministrazione, per oggetto solo incarichi a tempo deteriminato per lo studio e la risoluzione di problemi che richiedono specifica competenza tecnica, e per risultato la �ostituzione di un rapporto di prestazione d'opera professionale. E cos� dovendosi, ai fini della giurisdizione, qualificare il rapporto, fondata risulta essere la prima delle prospettazioni d1lemmatiche svolte nel mezzo in esame. Onde escludere che nei decreti in questione potesse ravvisarsi il titolo del rapporto, e desumerne l'esperibilit� dell'azione di arricchimento, 266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO la sentenza impugnata ha fatto leva sulla diversit� delle prestazioni con i medesimi richieste rispetto a quelle in concreto effettivamente espletate e utilizzate, desumendone che essi non fossero stati mandati ad esecuzione, tale non potendosi �ritenere il pagamento del corrispettivo, per mancanza di collegamento sinallagmatico. Ora, pur ammessa fa correttezza dell'impostazione, non ne � sufficientemente dimostrata la condusione. La precisa delimitazione della facolt� conferita a11a ;pubblica ammini lstrazione, reclamata dalla portata eccezionale della norma attributiva, finalizzata all'utilizzazione di un risultato acquisito all'esterno di essa, non esclude la possibilit�, in sede attuativa, di modificazioni oggettive I non novatiive, coerenti con �l'oggetto dell'incarico, per attualizzarne l'applicazione pratica. Essa, inohre, rileva inversamente per la precisa delimitazione delle pretese avanzabili nei confronti dell'Amministrazione, specie nei casi nei quali (come il presente) la reiterazione degli incarichi non altera la qualifica:lJione professionale autonoma delle prestazioni .continuative (diversamente da que1li esaminati nelle richiamate sentenze). Per un verso, infatti, occorre la sicura (ed alquanto avdua) dimostrazione che, sebbene le parti abbiano pi� volte richiamata e ribadita nel tempo la convenzione, rinnovandola, e �Vii sia sta.ta continuit� di esecuzione nella parte retributiva, il rapporto abbia tuttavia avuto uno svolgimento di esecuzione de facto, sotto nessun profilo collegabile sinallagmaticamente ai decreti di conferimento, alla riproduzione dei quali pure occorrerebbe attribuire un significato (giuridico od effettuale). D'altra parte, viceversa, nel caso di accertamento della nullit� od illegittimit� dei medesimi, dalla natura e portata del vizio potrebbe bens� dipendere la permanenza della funzione sussidiaria dell'azione di arricchimento senza causa; ma questa pu� venire meno quando l'~dinamento giuridico, per ragioni di ordine pubblico o per altri motivi, nega la sua tutela aci un determinato interesse (sent. n. ~76/76; 3222/72), anche se a tale risultato di per s� non conduce la sola �riconducibilit� eziologica� del danno subito alla volont� del danneggiato, essendo l'azione sussidiaria preVlista per il fatto. obiettivo del �difetto di una giusta causa dell'arricchimento di un soggetto ai danni di un altro (sent. n. 2133/76). Orbene nella specie la sentenza impugnata, dopo aver espressamente dichiarato di prescindere da una indagine di quest'ultimo tipo, ha omesso del tutto la valutazione dei fatti sotto l'altro :profilo poco anzi considerato, sia pure al solo fine di escludere (in riferimento a ci� che era stato dedotto e chiesto di provare) la sussistenza di una specifiica e perdurante .intesa sulla misura del compenso continuativamente a lungo percepito e la correlazione di essa con le prestazioni effettive, e si � I ... I PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE limitata a vagliarne il contenuto tenendo conto di uno soltanto degli oggetti dell'incarico (studi di ricerca comparata) e non anche de11'altro (ricerche su problemi di tutela giuridica in diritto sanitario: controricorso, pag. 4 in fine), pi� affine al 'tipo di attivit� ammessa ,dallo stesso resistente (elabora2lione di principi e concetti generali via via prospettati e suggeriti al Ministero ed in effetti utilizzati dai funzionari dell'Ufficio contenzioso: controricovso, pag. 3; pareri a tali funzionari nella trattazione delle pratiche a loro affidate: ivi, 1pag. 14). Alle suindicate deficienze dovr� provvedere il giudice di rinvio, che si designa in aHra sezione della Corte di appello di Roma, alla quale si commette di provvedere anche suMe spese del presente giudizio (Omissis). SEZIONE QUARTA GIURISPRUDENZA CIVILE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 novembre 1978, n. 5330 -Pres. Trimarchi -Rel. Scribano -P. M. Saja -E.N.P.A.S. (avv. Stato Freni) c. Donna (avv. Tamburelli). Impiego pubblico -Indennit� di buonuscita -Diritto soggettivo -Scadenza del pagamento nel momento di cessazione dal servizio -Mora -Decorrenza interessi -Norme sulla contabilit� di Staio sull'obbligo del pagamento �degli interessi -'Incompatibilit�. Il dipendente statale, collocato in pensione, ha diritto �all'atto della cessazione dal servizio � alla corresponsione della indennit� di buonuscita, con la conseguenza che, nel caso di mora nell'adempimento, decorrono a suo favore gli interessi legali ai sensi dell'art. 1224 e.e., risultando incompatibili con la nuova disciplina del procedimento di liquidazione e sulla tempestivit� del pagamento sia qualsiasi valutazione discrezionale, sia la regola, desunta dalla contabilit� generale dello Stato, sulla insussistenza dell'obbligo di pagamento degli interessi a carico della p.a. fino a quando non sia stato emesso il relativo titolo di spesa (1). (Omissis). -Col secondo motiv�� dell'impugnazione il ricorrente, denunciando violazione degli art. 442 e 429, 3� comma, c.p.c., dell'articolo 270 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, dell'art. 22, r.d. 7 giugno 1928, n. 1369, dell'art. 14, d.P.R. 28 settembre 1970, �n. 1079, e de11'art. 26; d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, in .relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., Jamenta che il tribunale riconobbe alla Donna il diritto agli interessi moratori sulla somma spettantele per indennit� di buonuscita, e sostiene che tali interessi non sono dovuti, applicandosi all'E.N.P.A.S. le no!1Il1e del regolamento per la contabilit� generale dello Stato e derivando da queste norme il diritto di percepire gli interessi solo successivamente all'emissione del mandato di pagamento. La doglianza non � fondata, in quanto correttamente il tribunale afferm� l'obbligo dell'E.N.P.A.S. di corrispondere gli interessi per il ,. (1) Sul diritto del dipendente statale alla corresponsione della indennit� di buonuscita, cfr. Cass., 7 dicembre 1976, n. 4546, in Foro lt., 1977, I,. 667. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE ritardo nel pagamento dell'indennit� di buonuscita; conviene, per�, rettificare ed integrare la sbrigativa e superficiale motivazione della sentenza impugnata, secondo cui le predette norme non sono applicabili perch� � l'E.N.P.A.S. � un ente di diritto pubblico, ma con personalit� giuridica propria e distinta da quella dello Stato �, Procedendo ad un rapido excursus della legislazione sull'argomento, va ricordato che con rid.l. 26 febbraio 1920, n. 219, venne istituita l'opera di previdenza a favore degli impiegati civili dello Stato e dei loro superstiti non aventi diritto a pensione, e che l'art. 19 del r.d.l. 11 marzo 1923, n. 614 (il quale dispose l'estensione ai militari dell'opera di previdenza predetta), stabil� che entro sei mesi dalla pubblicazione dello stesso decreto sarebbe stato formato il testo unico delle disposizioni legislative regolatrici dell'opera medesima. Tale testo unico fu emanato con r.d. 4 giugno 1925, n. 1036, e venne poi sostituito da altro testo unico, approvato con r.d. 26 .febbraio 1928, n. 619, su1l'opera di previdenza del personale civile e militare dello Stato e dei loro superstiti. 'segu� il rid. 7 giugno 1928, n. 1369, che approv� il regolamento per l'esecuzione del testo unico n. 619 del 1928 e che all'art. 22 dispose l'applicabilit� all'amministrazione dell'opera di previdenza delle norme contenute nel regolamento sulla contabilit� generale dello Stato. Successivamente, con legge 19 gennaio 1942, fu istituito J'ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali (E.N.P.A.S.) e con l'art. 12 di tale legge si dispose che l'opera di previdenza � favore del personale civile e militare dello Stato e dei loro superstiti verniva incorporata <nell'ente, al quale fu demandato, nei riguardi deUe categorie di personale gi� iscritte all'opera stessa e dei loro superstiti, di provvedere -tra l'altro -a1la 1iquidazione di un'fodennit� di buonuscita. Per l'esecuzione di tale legge v,enne approvato con r.d. 26 luglio 1942, n. 917, il relativo regolamento, il quale statu� all'articolo 37, per le prestazioni ed i contributi preveduti dagli art. 12 e 13 della legge, l'applicabilit� delle disposizioni del t.u. n. 619 del 1928, sull'opera di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, nonch� di quelle del regolamento della stessa opera approvato dal r.d. n. 1369 del 1928. In forza di tali norme, quindi, particolarmente in forza del richiamo fatto dal regolamento del 1942 a quello del 1928 e da questo al regolamento sulla contabilit� generale dello Stato, la materia della correspon� sione dell'indennit� di buonuscita da parte dell'E.N.P.A.S. ai dipendenti statali era assoggettata alle no:rime di tale ultimo regolamento. Successivamente, per�, prima incidentalmente, con a'art. 14 d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079, riguardante nuovi stipendi, paghe e retribuzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, e poi ex professo, col d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, che approv� il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e 270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO militari dello Stato, la medesima materia ha ricevuto una nuova e diversa disciplina. Precisamente, l'art. 32 del d.P~R. n. 1032 del 1973 dispose che l'opera di previdenza, istituita con il r.d.I. n. 219� del 1920, inco11porata nell'E. N.P.A.S., assumeva la denominazione di Fondo di previdenza e credito per i dipendenti civili e militari dello Stato e per i loro superstiti; rl'articolo 1 fiss� il principio del diritto dei dipendenti statali all'indennit� di buonuscita �all'atto della cessazione del servizio�; l'art. 25 stabil� che tale indennit� � liquidata da1l'ammini!)trazione. del Fondo di previdenza; l'art. 26 dett� le regole per la relativa erogazione; e gli art. 56 e 57 stabilirono che rimanevano in vigore le norme regolamentari compatibili con le disposizioni del nuovo testo ut,rlco, ma che erano abrogate quelle incompatibili con le medesime� disposizioni. Ora, come queste Sezioni Unite hanno rilevato in varie decisioni in punto di giurisdizione su1la materia ed hanno specialmente puntualizzato con la pronuncia 7 dicembre 1976, n. 4546, le nuove norme non solo hanno ribadito 11 diritto soggettivo del dipendente statale, collocato in pensione, alla corresponsione dell'indennit� di buonuscita, ma gli hanno anche r:iconosciuto un diritto soggettivo alla completezza ed alla tempestivit� del pagamento � all'atto della cessazione dal servizio �. Di vero, fa norma de1l'art. 26, d.P.R. n. 1032 del 1973 {sostanzialmente confo:rme a quella dell'art. 14, d.P.R. n. 1079 del 1970), che fissa i~ termine per il pagamento dell'indennit�, costituisce non una mera norma di azione, rivolta al buon funzionamento degli uffici pubblici e, come tale, produttiva in capo al dipendente statale solo di una posizione di interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo; ma una norma di relazione, daUa quale deriva un diritto soggettivo perfetto alfa t�mpestiva percezione dell'indennit�. Infatti questa disposizione, col creare un meccanismo di liquidazione caratterizzato da precise scadenze e da brevissimi termini, e con l'esprimere in forma imperativa rl'obbligo del Fondo di provvedervi entro il termine fissato, si propone essenzialmente �di � rendere possibile l'effettiva corresponsione dell'indennit� � entro tale termine: di garantire, cio�, H soddisfacimento dell'interesse, esterno dell'amministrazione perch� proprio de1l'impiegato cessato dal servizio, alla percezione nel termine rprevisto de1la somma spettantegli, onde la �regolamentazione dell'intero procedimento, sia nella fase interna di liquidazione che in quella esterna del pagamento, appare posta a tutela diretta ed immediata dell'ex dipendente statale. Ne sono conferma ila disposizione che prevede che � non si fa pi� luogo alla corresponsione di acconti �, e quella che, in base di cessazione dal servizio per limite di et�, consente la liquidazione e. la corresponsione dell'indennit� senza che �sia preventivamente perfezionato il provvedimento di cessazione dal servizio�, dispo PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE sizioni che sottolineano appunto come la disciplina legislativa tuteli diret tamente la posizione del privato e la sua pretesa ad ottenere integral mente e so1lecitamente quanto dovutogli. Appare dunque evidente che nella materia in esame non trova pi� spazio, in favore del Fondo, quel potere discrezionale, sottratto al con trollo del giudice 011dinario, nella distribuzione delle spese e nell'emissione dei relativi ordinativi d~ pagamento che la giurisprudenza pressocch� � unanime riconosce in generale alla pubblica amministrazione e che impedisce la possibilit� di configurare un termine per i pagamenti, cui riferirisi per dedurne, dopo la scadenza, l'esistenza di una mora debendi; al contrario, infatti, la nuova disciplina della materia fissa, come si � visto, un termine rigido, esente da qualunque valutazione discrezionale, per il pagamento dell'indennit� di buonuscita. Ne deriva che risulta incompatibile con questa disciplina Ja regola sull'insussistenza deH'obbligo del pagamento degli interessi a carico della pubblica amministrazione fino a quando non sia �Stato emesso :il relativo titolo di spesa, che l'interipretazione giurisprudenziale ha desunto dalle norme del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato e che in forza del richiamo contenuto n�lle disposizioni innanzi citate � stata estesa a1l'Enrpas, cosicch� deve ritenersi, per effetto di tale incompatibilit� ed in applicazione del precetto posto dall'art..56 del d.P.R. n. 1032 . del 1973, che le predytte disposizioni siano state al?rogate e sia invece operante nei confronti del Fondo la regola di diritto comune, fissata � dall'art. 1224 e.e., su1l'obbligo di corresponsione degli interessi legali nel caso di mora nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 3 marzo 1979, n. 1347 � Pres. Iannitti - Rel. Coletti -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Fiumara) c. Linares ed altri (avv. Montesano). Impiego pubblico � Indennit� di buonuscita a carico del Fondo di previ� denza del personale delle Dogane � Commisurazione al servizio effettivamente prestato � Rinvio alle norme sull'esodo volontario dei dirigenti e gli ex combattenti che prevedono aumenti convenzionali del servizio � Inammissibilit�. Contabilit� generale dello Stato � Obbligazioni pecuniarie dello Stato Mora � Interessi � Inammissibilit� � Momento dal quale decorrono. Il diritto dei dipendenti del Ministero delle Finanze, collocati a riposo, a percepire l'indennit� a carico del Fondo di previdenza per l;l personale delle Dogane � rapportato al servizio � effettivamente � prestato (dagli iscritti al Fondo) nel ruolo delle dogane, aggiungendosi a tale servizio 272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� solo queUo anteriormente prestato nei ruoli dell'amministrazione statale, ed escludendosi con norme di rinvio recettizio l'applicabilit� delle disposizioni che valutino, convenzionalmente, determinati anni come � utili � a pensione; e in particolare l'applicabilit� delle disposizioni sull'esodo volontario dei dirigenti dello Stato (le quali, per la loro � ratio �, consen tono l'aumento del servizio come utile per la pensione anticipata, strettamente correlato ai tipici trattamenti di quiescenza e previdenza dei dipendenti statali) e delle disposizioni sull'esodo dei dipendenti ex combattenti, le quali prevedono il beneficio dell'aumento dell'anzianit� di servizio correlato, come a suo presupposto, all';sodo volontario e operante solo nell'ambito del tipico trattamento di quiescenza agli stessi dipendenti riservato (1). Anche se per la liquidazione dell'indennit� a carico del Fondo manca un richiamo esplicito alle norme sulla contabilit� dello Stato, sono, tuttavia, ad essa estensibili gli stessi principi secondo i quali la p.a. non pu� considerarsi in mora nel pagamento di somme da essa dovute sino a quando non abbia espletato tutti. gli accertamenti e controlli prescritti, e perci� i debiti pecuniari dello Stato, in deroga all'art. 1282 e.e., divengono liquidi ed esigibili, e come tali generano l'obbligo del pagamento degli interessi a carico della p.a. solo dopo che la spesa sia stata ordinata con l'emissione del relativo titolo di spesa (2). (Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, denunziandosi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 11 e 12 del d.P.R. 4 dicembre 1956, n. 1572 e successive modifiche di cui al d.P.R. 2 settembre 1959, n. 816, e dell'art. 67 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, in relazione all'art. 360, rprimo comma n. 3, cod. proc. civ., nonch� omessa e insufficiente motivazione con .riferimento al n. 5 deHa citata disposizione del Codice di procedura civHe, si assume che 11 Tribunale ha errato nel ritenere ohe i sette anni di anzianit� convenzionale di cui al detto art. 67 del d.P.R. n. 748 del 1972 concorrono a formare l'anzianit� di cui bisogna tener conto per H.quidare l'indennit� a carico del Fondo ricorrente. E a sostegno di tale censura si deduce che, a differenza della indennit� di buonuscita a carico delFEnte nazionale di previdenza ed assistenza rper i di.pendenti statali (E.N.P.A.S.), Ja quale viene Jiquidata senza alcun riferimento a1le entrate di questo Ente {soocorr�ndo, ove nel caso, adeguati contributi statali), il Fondo di previdenza per il personale delle (1-2) Sulla prima massima non vi sono precedenti, ma la sentenza va segnalata per la sua esauriente motivazione; sulla seconda massima, anche sulla eff.icacia derogatoria delle norme di contabiHt�, cfr.. Cass., 5 giugno 1967, n. 1227, in questa Rassegna, 1967, I, 989. - PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE dogane eroga una indennit� di natura assicurativo-mutualistica proporzionale alle effettive entmte alla stregua di una previsione di matematica attuarfale effettuata ex ante (ed una volta per tutte) dal Jegislatore al fine di assicurare, anno per anno, una corrispondenza precisa fra disponibilit� del Fondo e cessazione dal servizio, effettivamente reso dagli iscritti, secondo una previsione statistica suscettibile di un margine di errore massimo del 5 %; e si sostiene che in questa prospettiva, il tribunale non avrebbe potuto statuire che '1'anzianit� convenzionale di cui sopra potesse costituire base di calcolo anche per la liquidazione dell'indennit� corrisposta dal Fondo; e ci� anche per il rilievo, si rprecisa nella memoria, che l'indennit� di buonuscita cui ,si � riferito il legislatore nell'art. 67, :primo comma, del d.P.R. n. 748 del 1972 � esclusivamente !l'indennit� corrisposta obbligatoriamente da1l'E.N.P.A.S. n motivo si palesa fondato, 'Sia pure per ragioni giuridiche in parte divergenti rispetto a quelle enuciate dal.l'amministrazione ricorrente. Disponeva l'art. 11 del regolamento n. 1572 del 1956 (applicabile nella sua formulazione originaria nei confronti del Lina�res e degli altri litisconsorti): � Il diritto all'indennit� si acquista solo quando l'iscritto al Fondo abbia compiuto nel ruolo de1Ie dogane due anni di se�rvizio utile agli effetti della pensione. Per le visitatrici doganali e rper il personale dei ruoli aggiunti, il diritto all'indennit� si acquista dopo due anni di ininterrotto servizio presso 1'amministrazione delle dogane. Se l'iscritto al Fondo sia morto per causa di servizio, prima di avere raggiunto detti limiti, � dovuta ugualmente ai superstiti una indennit� nella misura spettante agli iscritti che abbiano compiuto il minimo di due anni �di servizio. Quando l'iscritto al Fondo abbia compiuto i due anni di servizio previsti dai precedenti primo e secondo comma del presente articolo, si tiene conto agli effetti della misura dell'indennit� anche degli anni di servizio anteriol.'mente prestati nell'amministrazione dello Stato, utili per la pensione secondo le disposizioni vigenti �. E nel successivo art 12 si statuis�ce, al primo comma: �L'indennit� di cui all'art. 3 Iettera a), sar� corrisrposta all'avente diritto a noI1ID.a dell'art. 11 in relazione al numero degli anni di servizio utili a pensione, anche se prestati dopo il raggiungimento del limite massimo per conseguire il diritto a pensione; a tal fine, nel computo de1la durata del servizio, la frazione di anno superiore a sei mesi � considerata come anno dntero �. L'art. 67, primo comma, del d.L 30 giugno 1972, n. 748, statu� ohe ai dirigenti ed al restante personale delle carriere direttive i quali avessero 274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO chiesto, entro il 30 giugno 1973, il collocamento a riposo anticipato erano attribuiti: � a) un aumento di servizio di sette anni sia ai fini del compimento de1l'anzianit� necessaria per c�nseguire il diritto a pensione sia ai fini della liquidazione della pensione o dell'indennit� una volta tanto; agli stessi effetti l'aumento di servizio � di dieci anni per le donne con prole di et� inferiore ai quattol'dici anni; b) un aumento di-serVizio pari al doppio del periodo occorrente per il raggiungimento del limite massiyio di et� per il collocamento a riposo, e c9munque per non oltre sette anni, ai fini della Jiquidazione della indennit� di buonuscita; e) la qualifica immediatamente superiore a queHa posseduta o, se �l'interessato ne faccia domanda o rivesta la qualifica terminale della pro pria carriera, dnque aumenti periodici di stipendio, in aggiunta a quelli in godimento, ai fini della liquidazione della pensione, o dell'indennit� una volta tanto, e dell'indennit� di buonuscita�. Orbene, rileva preliminarmente questo Collegio che sia nel sistema del testo unico delle l�ggi sulle pensioni dvili e mi.Iitari, 21 .febbraio 1895, n. 70, e delle successive modificazioni, sia nel sistema vigente testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.l. 29 dicembre 1973, n. 1092, per �servizi utili a pensione� s'intendono: a) tutti i servizi prestati in qualit� di dipendente statale, indicati in specifiche disposizioni della nor mativa de qua (cfr. art. 26 del t.u. n. 70 del 1895, modificato dall'art. 1 del r.d.l. 21 novembre 1923, n. 2480; art. 8 primo e secondo comma, del t.u. n. 1092 del 19'.13), con l'escl~sione peraltro, di alcuni periodi di tempo anch'essi espressamente indicati (es. perfodo di aspettativa per motivi di famiglia: art. 27 del t.u. del 1895; art. 8, terzo comma, Jettera a, del t.u. del 1973); b) �servizi prestati dai detti dipendenti in determinate situazioni e computabili, ai fini del t�rattamento di quiescenza e su domanda degli interessati mediante riscatto dei servizi stessi (cfr. art. 14 del r.d.l. 23 ottobre 1919, n. 1970, modificato dall'art. 2 del r.d., n. 2480 deJ 1923; art. 6 della legge 15 febbraio 1958, n. 46; art. 14 del t.u. n. 1092 del 1973); e) rperiodi di tempo i quali pur non attinenti ad attivit� di servizio .prestata in favore deJilo Stato o di altri enti pubblici sono equiparati a servizio effettivo per espressa previsione normativa (cfr. art. 7 della legge n. 46 del 1958, art. 13 del t.u., n. 1092 del 1973); d) aumenti di anzianit� di servizio espressamente previsti in stretta connessione a speciali prestazioni rese dal dipendente statale prima o durante il mpporto di imrpiego lcf.r. articoli da 30 a 52 del t.u. del 1895; art. 5 del r.d., n. 2480 del 1923, art. 3 del r.d.l. 8 maggio 1924, n. 779, artt. da 18 a 27 del t.u., n. 1092 del 1973). Orbene, il contesto delle surriferite disposizioni degli artt. 11 e 12 , del d.P.R., n. 1572 del 1956 si palesa chiaro nel senso che il concretarsi PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE del diritto all'indennit� a carico del Fondo in considerazione � rapportato a servizio effettivamente prestato (dagli iscritti al Fondo) nel ruolo delle dogane; che agli ,effetti della misura dell'indennit�, a questo servizio si aggiunge quello anteriormente prestato dai detti impiegati nei ruoli dell'amministrazione statale; che il riferimento nel primo comma dell'art. 12 � al numero degli anni di ser,vizio utili a pensione � �, pertanto1 strettamente co1legabi:le al contenuto dell'ultimo comma dell'art. 11, come � fatto pure palese dalla previsione che essi si sommano agli anni di servizio eventualmente prestati dopo il raggiungimento del limite massimo per conseguire il diritto a pensione e dalla disrposizione, altres�, del secondo comma dello stesso art. 12, la quale stabilisce le modalit� per la determinazione, in concreto, della misura dell'indennit� che ne, occupa e, quanto al parametro � servizio �, Io esprime con ,1e parole � per ogni anno di servizio e secondo la categoria di appartenenza nel momento della liquidazione. Deve, quindi, escludersi il fondamento della tesi svolta dai resistenti (recepita, sostanzialmente, dal tribunale sia pure con una motivazione non pertinente), secondo cui il primo comma dell'art. 12 del d.P.R. n. 1572 del 1956 conterrebbe una norma di rinvio recettizio di ogni altra disposizione -antecedente o sopravvenuta al collocamento a riJposo degli isodtti al Fondo -la quale valuti, convenzionalmente, determinati anni come utili a pensione �. Al rigua11do giova precisare che con il d.P.R. 2 settembre 1959, n. 816 sono stati modificati, tra gli altri, gli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 1572 del 1956, ma d� mantenendosi ferma la regola che nella normativa relativa all'indennit� a carico del Fondo di previdenza a favore del personale delle dogane il riferimento �agli anni utili a pensione secondo 'le disposizioni vigenti �, sta per � anni di effettivo servizio utili a pensione � prestato, dagli iscritti al Fondo, nell'Amministrazione de11o Stato. Infatti, nel nuovo testo dell'art. 11, nel mentre � stato riprodotto, con formulazione identica, il contenuto dei primi tre commi sopra riportati, � stato, innovato soltanto l'ultimo comma, nel senso che dalla data di entrata in vigore del d.P.R., n. 816 del 1959 si tiene conto, agli effetti della misura dell'iJndennit�, soltanto degli anni che l'iscritto al Fondo abbia prestato nell'Amministrazione 1provinciale delle dogane; e correlativamente a questa innovazione, si � innovato anche il primo comma dell'art. 12 del regolamento del 1956, disponendosi che dalla data di 'entrata in vigore del d.P.R., n. 816 del 1959, l'indennit� � corrisposta (all'avente diritto) �in relazione al numero degli anni di servizio, utili a pensione, reso nell'Amministrazione provinciale delle dogane e di quelli eventualmente prestati oltre il periodo di quarant'anni pensionabili �. . 276 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In questa. prospettiva, Ja configurabilit�, nell'ambito delle surriferite norime dei decreti presidenziali n. 1572 del 1956 e .n. 816 del 1959, di un rinvio materiale ricettizio agli istituti di aumenti fittizio di servizio ;previsti dall'art. 67 del d.P.R., n. 748 del 1972 e da1l'art. 3 della fogge n. 336 del 1970 discende dalle considerazioni che seguono. L'esodo volontario dei dirigenti dello Stato fu regolato dal legislatore delegato sulla base dell'art. 16, terzo comma, della legge n. 249 del 1968 come sostituito dall'art. 12 della Iegge n. 775 del 1970. Tale norma �disponeva testualmente: � Per adeguare tl numero deg1i impiegati direttivi alle esigenze future, oltre alle riduzioni di personale conseguenti al trasferimento alle regioni degli uffici centrali e periferici de1lo Stato per effetto dell'attuazione dell'ordinamento regionale e per la delega di funzioni amministrative� ai sensi delJ'art. 118 della Costituzione, e di quelle conseguenti all'applicazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, saranno dettate norme per favorire l'esodo volontario, con concessione di particolari incentivi anche ai fini del trattamento di :prevtdenza e di quiescenza �. Ora, secondo quanto risulta dall'espresso tenore della riportata dispo sizione, l'esodo volontario da disciplinare in sede di emanazione del de creto delegato venne dal legisl�ttore delegante configurato, appunto, come uno strumento di riduzione del numero dei funzionari di<rettivi dello Sta~o, avente, quindi, una peculiare finalit� nell'ambito de1la ristruttura zione delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo. E questa fondamentale ratio ohe sta a fonda mento dell'esodo volontario previsto nel �primo comma dell'art. 67 del d.P.R., n. 748 del 1972 consente di affermare che l'aumento dell'anzianit� di servizio contemplato in tale normativa � globale, nel senso ohe esso non � giustificato e commisurato a specifkhe rpeculiari prestazioni ante riori o coeve al rapporto di :pubblico impiego e ad esse riferito, ma con segue a qualtfiche .di alcune categorie di dipendenti dello stato ed a scelte inerenti alla a:-istrutturazione delle qualifiche stesse con connesso scopo di ririgiovanimento de1l'amn;iinistrazione statale nei settori considerati dal d.P.R. n. 748 d�l 1972. Ed, inoltre, il contenuto del citato primo comma dell'art. 67 si palesa nel suo tenore letterale e logico, chiaro nel senso che J'aumento di servizio di cui trattasi � strettamente correlato esclusivamente ai tipici trattamenti di quiescenza e di previdenza dei dipendenti statali, come si desume anche dal particolare che, avuto riguardo ai destinatari dell'esodo volontario di cui innanzi, deve ritenersi che, quanto alla indennit� di buonuscita il legislatore ha inteso fare riferimento all'indennit� erogata dal Fondo :di previdenza gestito dall'E.N.P.A.S. o ad identica indennit� erogata da altri Fondi sostitutivi del primo, il tutto al.Ja stregua de1la speciale normativa, all'epoca della emanazione del d.P.R., n. 748 del 1972, dal r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (con il t;IJ. delle disposizioni legiisla- I . . PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE tive riguardanti l'Opera di previdenza a favore del personale civile e militare dello Stato -Opera incorporata nell'E.N.P.A.S. con l'art. 12 della legge 19 gennaio 1942, n. 22 -), e .successive modificazioni ed estensioni, e �di altre speciali disposizioni; v. ora d. legislat. 29 dicembre 1973, n. 1032 (con il t.1:1. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civiJi e militari dello Stato), e .successive modificazioni (v. articoH 5, 6 e 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177). Ed � noto (cfr. sent. di questa Corte 12 giugno 1975, n. 2329) che l'indennit� erogata, ai propri iscritti o a dati loro superstiti, dal Fondo di Previdenza a favore del personale delle dogane, pur presenta<ndo delle indubbie affinit� con la indennit� di buonuscit� di cui poc'anzi si � detto, non sostituisce questa indennit�, ma si aggiunge alla medesima. Il che costituisce ulteriore conferma del1a piena autonomia delle norme ohe discipilinano i due tipi di indennit�. Per completezza di trattazione, va osservato che con l'art. 3 deHa legge 24 maggio 1970, n. 336 (con norme a favore dei d1pendenti dello Stato et enti pubblici ex combattenti ed assimilati) si stabil� che i dipendenti dello Stato indicati nel precedente art. l che avessero chiesto (~ntro un dato termine) di essere collocati a riposo era concesso (sia ai fini del compimento dell'anzi'anit� necessaria per conseguire il diritto a pensione, sia ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennit� di buonuscita o di previdenza, un aumento di servizio di sette o, �se trattavasi di mutilati o invalidi di guerra o vitHme civili di guerra, di dieci anni. Nel successivo art. 4 si statu� che le norme di tale legge si applicavano � anche al personale dipendente dalle regioni, dagli enti locali e dalle loro aziende, comprese quelle municipalizzate, dagU enti pubblici e di diritto pubblico, compresi gli enti pubblici economici, daJle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e dagli enti ospedalieri, ancorch� regolamentati da contratti collettivi di �lavoro�; nel quarto comm!l dell'art. 1 della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (c�n norme di attuarione, modificazione ed integrazione della citata legge n. 336 del 1970) fu precisato che tra gli enti pubblici e di diritto pubblico di cui al citato art. 4 della legge n. 336 del 1970 erano compresi gli istituti e le aziende di credito di dii:itto pubblico. Orbene, l'intento del legislatore �si palesa, anche qui, chiaro nel senso che il beneficio dell'aumento dell'anzianit� di ~ervizio concesso dall'art. 3 de1la legge n. 336 del 1970 era globale, e cio� commi'surato e giustificato in diretta correlazione con l'esodo volontario che ne .costituiva l'indefettibile presupposto e con effetti di miglioramenti economici collegati ai t~pici trattamenti di quiescenza �e di previdenza propri alla generalit� delle categorie dei dipendenti beneficiati, con la conseguenza che per quanto concerneva i dipendenti dello Stato il beneficio operava soltanto in ordine al tipicd trattamento di quiescenza agli stessi riservato, e oin ordine al RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO trattamento di previdenza operava ai fini della Hquidazione, in via alternativa, o deWindennit� di buonuscita erogata dal Fondo di previdenza gestito dall'E.N.P.A.S., o della identica indennit�, anehe se diversamente denominata, erogata da altri Fondi sostitutivi del primo. Ed � da notare che nell'art. 4 della legge n. 824 del 1971, il legislatore dopo avere stabilito che il collocamento a riposo anticipato previsto dal secondo comma dell'art. 3 della legge n. 336 del 1970 comportava una determinata riduzione del limite di et�, ove prescritto ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e che il dipendente che non raggiungesse il minimo di et� per il conseguimento del diritto a pensione, neppure di cui all'anzidetta riduzione, era trattenuto in servizio fino al comp1mento di tale termine di anzianit� abbreviata, e comll!llque non oltre il 31 dicembre 1979, e dopo avere dettato altre disposizioni integrative dt;l citato art. 3, secondo comma, della legge n. 336 del 1970, attinenti agli effetti, nei confronti dei beneficiari dell'esodo volontario, dell'aumento dell'anzianit� di servizio di sette (o di dieci anni) sul trattamento di pensione e di previdenza, precis� nell'ultimo comma, che per il personale dipendente dagli enti indicati nell'art. 4 della legge del 1970, n. 336 il detto aumento di anzianit� di 'servizio operava ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita o di previdenza, o dell'indennit� di anzianit� comunque denominata, nei limiti previsti dall'art. 1 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759. In definitiva, cio�, anche in questa norma, della legge n. 824 del 1971, si fa riferimento, in via alternativa, ai trattamenti tipici di quiescenza e .previdenziali propri ai vari ordinamenti degli enti pubblici contemplati nella norma stessa. Conclusivamente, il ricorso principale deve essere accolto. Con il pr1mo motivo del ricorso incidentale, denunziandosi la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1224 e 1282 c,c., si assume che il tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile, nella specie,� H principio secondo il quale i debiti pecuniari degli enti pubblici diventano liquidi ed esigibili solo dopo .ohe la relativa spesa sia stata ordinata, nei modi previsti, dagli organi competenti e che, pertanto, fino a che non sia emesso il. mandato di pagamento, su tali enti non grava la mora del ritardo; e che, inoltre non trova applicazione fa decorrenza degli interessi corrispettivi ai sensi dell'art. 1282 e.e.; e, a ,sostegno della censura si deduce che tale principio � stato affermato da questa Corte di cassazione sempre e soltanto nei cofronti dello Stato e degli altri enti pubblici che svolgono autoritariamente compiti statuali o comunque inerenti a posizioni di supremazia nei confronti dei privati, caratteristiche queste che sarebbero estranee all'essenza e ai fini del Fondo di previdenza in favore del personale de1le dogane, in quanto il Fondo de quo non � sottoposto ad alcuna verifica da parte degli organi dello Stato ed � sicuramente sottratto alle norme di contabilit� statale, come si desume dagH 'artt. 7 e 21 del citato regolamento n. 1572 del 1956; si precisa che le modalit� predisposte dal PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE detto regolamento per .l'erogazione delle somme afferenti al pagamento dell'indennit� di fine servizio sarebbero inerenti soltanto all'interno funzionamento dell'amministrazione del Fondo, e, pertanto, tali modalit� non inciderebbero sul diritto degli iscritti al Fondo medesimo di :pe11cepire la indennit�, ai sensi dell'art. 3, lettera a), nel momento in cui cessino dal servizio per una delle cause rp11eviste in tale disposizione: Il motivo va disatteso. Guista l'indirizzo giurisprudenziale di questo Supremo Collegio, per il complesso delle disposizioni sulla contabilit� dello Stato, e in particolare, per l'art. 270 del regolamento di contabilit� generale dello Stato 23 maggio 1924, n. 827, i debiti pecuniari de1lo Stato, in deroga alla norma dell'art. 1282 e.e. divengono liquidi ed esigibili e come tali generano l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'amministrazione, soltanto dopo che la spesa sia stata ordinata dalla competente ammrnistrazione con l'emissione del relativo titolo di spesa; invero, anche se, rin via generale, � da riconoscere �che le regole di diritto comune sull'inadempimento delle obbligazioni (tra cui l'art. 1224 e.e.) e quelle sulle obbligazioni pecuniarie (tra cui <l'art. 1282 stesso codice) si applicano anche ai debiti dello Stato, tali regole possono essere tuttavia derogate dalle disposizioni contenute nella ilegge e nel regolamento sulla contabilit� di Stato. Infatti, tali disposizioni, alle quali � stato da tempo riconosciuto carattere di norme � esterne �, hanno forza di diritto obiettivo, con efficacia vincolante nei cofronti sia dell'amministrazione, sia dei creditori, per quanto attiene all'esecuzione delle obbligazioni pecuniarie della prima (v. tra le altre sent. 26 apdle 1977, n. 1561; 10 dicembre 1976, n. 4607; 19 aprile 1966, n. 990). Ed � stato pure precisato lv. sent. 12 marzo 1974, n. 652) che il principio, secondo .il quale <la rpubblica amministrazione non pu� considerarsi in mora per il pagamneto di quanto da essa dovuto, sino a quando non abbia espletato tutti gli accertamenti ed i controlli prescritti dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato, � applicabile, oltre che allo Stato, solo a quegli enti pubblici ai quali per legge � estesa quella normativa; e tanto vale anche per la suaccennata deroga alla norma dell'art. 1282 e.e., in tema di interessi corrispettivi. In ordine alla liquidazione dell'indennit� a carico del Fondo di previdenza in favore del personale delle dogane, manca un richiamo esplicito alle norme proprie della contabilit� generale dello Stato, ma iitiene questo Supremo Collegio che anche relativamente alla liquidazione de qua siano estensibili i principi di cui innanzi in tema di debiti pecuniari dello Stato. A fondamento di questa statuizione, va preliminarmente precisato che il Fondo, istituito con la legge 12 luglio 1912, n. 812, ed espressamente �eretto in ente morale� con il d.P.R. n. 1572 del 1956 (art. 1), ha bens� 280 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO . una propria, autonoma personalit� giuridica, ma alle finalit� assistenziali e previdenziali a favore degli iscritti provvede con entrate rigorosamente tndicate dalla legge istitutiva (art. 2) e dal precitato regolamento (art. 2); � amministrato da un consiglio nominato dal ministro per le Finanze e presieduto dal direttore generaile delle dogane e delle imposte indirette; ha sede presso il Ministero delle Finanze (Direzione generale-delle dogane e delle imposte dirette); e si avvale per la sua attivit� del personale dello stesso Ministero. Si tratta insomma, come questa Corte Suprma ha gi� avuto modo di mettere in risalto (v. sent. 12 giugno 1975, n. 2329), di �na struttura organizzativa creata ed utilizzata da un'amministrazione statale per una rpi� efficiente eq �gile erogazione di un servizio, voluto dall'amministrazione medesima -ed al quale essa stessa avrebbe :potuto direttamente provvedere. La ci11costanza che l'autonomia riconosciuta a questo organismo, anzich� limitarsi al profilo patrimoniale e funzionale, sia stata spinta fino al conferimento di una distinta personalit�, non toglie nulla alla sostanziale appartenenza dell'ente al complesso apparato de11'ammi� nistrazione presso la quale opera, utilizzandone addirittura il personale; un ente ausiliare, dunque, ma in stretta connessione strutturale ed organizzativa con l'ente ausiliato. Le somme spettanti �l Fondo sono versate in conto corrente fruttifero alla Cassa depositi e prestiti; le somme che eccedono Je ordinarie necessit� del Fondo possono essere investite in titoli deHo Stato o garantiti dailo Stato o in casi eccezionali in altre forme deliberate dal consiglio di amministrazione e approvate dal ministro per le Finanze (art. 21 del citato regolamento del 1956). L'indennit� � corrisposta su domanda degli iscritti al Fondo o dei loro super-stiti diretta al consiglio di amminstrazione al quale compete di liquidarla (artt. 14 e 7 del ripetuto regol�mento) e tart. 18, primo comma dello stesso regolamento) il pagamento delJe indennit� e �delle sovvenzioni � fatto dai ricevitori doganali, a favore dei quali la Cassa depositi e prestiti emette i relativi mandati in conformit� di ordini firmati dal presidente del consiglio di amministrazione del Fondo e dal segretario. Per provvedere alle finalit� del Fondo Ie sue en~rate annuali sono ripartite come segue: a) il 72 % � destinato alla liquidazione deHe indennit� di cui sopra; b) il 20 %. � destinato all'erogazione delle sovyenzioni nei casi previsti dal regolamento suddetto; e) il 3 % � destinato a sostenere tutte le spese inerenti a11'amminstrazione del Fondo, al funzionamento della segreteria, nonch� le spese relative ai servizi di riscossione delle entrate e di pagamento delle uscite e le altre occasionali; d) il 5 % � destinato a costituire una maggiore riserva atta a garantire la liquidazione delle indennit� nella misura prevista dall'.art. 12 del regolamento (art. 4 del regolamento n. 1572 del 1956, nel testo sub art. 1 del d.P.R. numero 816 del 1959). PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Nei casi di particolare comprovata urgenza il presidente del � consiglio di amministrazione, rappresentante legale del Fondo, pu� provvedere alla liquidazione dell'indennit� e disporre l'integrale pagamento ovvero, quando non sia possibile provvedere all'immediata liquidazione dell'indennit�, disporre il pagamento di somme in acconto fino al limite della met� della somma presuntivamente dovuta a tale titolo (art. 10 d.P.R., n. 1572 del 1956). La r�visione della contab:ilit� del Fondo � demandata ad un Collegio di revisori nominato dal ministro per le Finanze (con le modalit� e ai fini stabiliti nell'art. 9 dei'detto regolamento del 1956). Dal� complesso delle surriferite disposizioni, emerge univocamente che � vero che l'art. 3 lettera a) del :prefato d.P.R_., n. 1572 del 1956 dispone che il Fondo :provvede a corrispondere un'indennit� ai propri iscritti, �al momento in cui essi cessino definitivamente dal servizio,. ovvero a corrisponderla a determinati superstiti degli iscritti morti prima di abbandonare definitivamente il servizio; ma � anche vero �che lo stesso regolamento detta uha serie di norme le quali escludono, di certo, che il detto momento sia in funzione di un. termine dal quale derivi un diritto dell'iscritto al Fondo all'immediato pagamento dell'indennit�; e mettono in rilievo, invece, che quel momento {; in funzione di mero :presupposto al quale � collegata fa possibilit� per l'interssato di :presentare la domanda di liquidazione de1l'i'Il!dennit�, domanda che deve essere, peraltro, istruita in tempi congrui in,. relazione alle singole situazioni, tanto che soltanto in casi di particolare comprovata urgenza il presidente del consiglio di amministrazione pu� (e quindi nell'esercizio di potere discrezionale) procedere alla liqudazione, in tutto o in parte, dell'indennit�. La procedura normale per ila Jiquidazione dell'indennit� di cui trattasi esclude, comunque, che il consiglio di amministrazione, pur dovendosi, ordinariamente, riunire una volta al mese (art. 7 d.P.R., n. 1572 del 1956) debba giungere all'ordinativo di pagamento entro un termine prestabilito emergendo, per contro, da tutta una serie �di adempimenti (afferenti alla disponibilit� del bilancio del Fondo, a riscontri contabili, all'istruttoria delle. domande degli interessati), che al pagamento dell'indennit� in questione si giunge attraverso vari stadi che sono modellati, .con gH adattamenti connessi alla sopra rilevata natura strutturale e funzionale del Fondo di previdenza suddetto, a quelli relativi all'impegno della spesa, alla liquidazione, all'ordinazione e al pagamento relativi ai debiti dello Stato. E, inoltre, il tr!bun~le si � dato carico di evidenziare, con tipico apprezzamento di fatto delle risultanze processuali, che non �si era verificato alcun ritardo colpevole da parte dei competenti organi del Fondo nel procedere alla liquidazione delle indennit� spettanti agli attuali ricorrenti incidentali. -(Omissis). 282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1979, n. 1468 -Pres. La Farina - Rel. Martinelli -P. M. Marozzo della Rocca (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Baccari) c. Gozzini (avv. Fermanelli). Procedimento civile � Citazione � Notificazione � Nullit� sostanziale . Man� canza dei requisiti previsti dall'art. 164 c.p.c. -Nozione. Revocatoria -Revocatoria in materia penale -Anteriorit� del credito rispetto all'atto oggetto di revocatoria -Nozione -Applicabilit� in ma� teria tributaria. Revocatoria -Revocatoria in materia penale -� Scienza fraudis � � Disciplina -Requisiti. Determina la nullit� sostanziale ex art. 164 c.p.c., in relazione alla mancanza o erroneit� di uno dei requisiti ivi previsti, una situazione di incertezza assoluta sulla identit� dell'attore o del convenuto tale da non poter essere evitata, sopperendo ad altri elementi di riferimento, con la conseguenza che, 'nel caso di notifica della citazione in luogo diverso da quello in cui il convenuto risiede o � domiciliato, si realizza una ipotesi di nullit� della notifica sanabile con effetto ex tunc che, una volta accertata dal giudee di appello, necessariamente comporta la rimessione della causa al giudice di primo grado (ex art. 353 c.p.c.) (1). ,Ai fini dell'esperimento dell'azione revocatoria, prevista negli artt. 192, 193, 194 c.p., il presupposto dell'anteriorit� del credito rispetto all'atto oggetto di revocatoria va determinato con riferimento alla data di comunicazione del reato, e non al suo accertamento con sentenza passata in giudicato (anche la prescrizione del diritto al risarcimento decorre dalla stessa data), e ci� vale anche in tema di pagamento del tributo, il cui diritto sorge�nel momento in cui si realizza il presupposto del tributo t2). Nella revocatoria in materia penale il requisito della scienza fraudz1s, che si informa alle stesse regole previste dagli artt. 2901 e.e., non richiede, ai fini della sua concretizzazione, l'esistenza del dolo e neppure la sua consapevolezza circa la realizzazione probabile del pregiudizio sulle garanzie ed aspettative di coloro che vantano un credito nei confronti dell'alienante, essendo sufficiente l'esistenza nell'acquirente di un mero comportamento colpevole, rappresentato dalla reale possibilit� di conoscenza della situazione fraudolenta desumibile da circostanze oggettive secondo il criterio dell'id quid plerumque aocidit, e a tal fine non � sufficiente la colpa lieve, bens� � necessaria la concorrenza di quella grave (e cio� la malafede dell'acquirente (3). (1-3) La prima massima si uniforma a un princ1p10 pacifico;� su11a seconda cfr. Cass., 16 luglio 1973, n. 2060; suHa terza, cfr. Cass., 7 agosto 1973, n. 2263. PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE (Omissis). -Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente, .lamen tando la violazione degli artt. 139, 156, 163, 164, 291, 354 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata sentenza: a) per aver erro neamente, inquadrato la fattispecie dell'asserito vizio processuale in una ipotesi di nullit� sostanziale (ex art. 163 e 164 c.p.c.), anzich� in quella delfa nullit� della notificazione s�nabile con effetto ex tunc, a seguito della rinnovazione della notificazione, disposta dal giudice istruttore (ex art. 291 CJp.c.); b) per non aver comunque, rilevato che la notifica zione al Gazzini Franco era avvenuta nel reale luogo di residenza di que st'ultimo (casa paterna di Reggio Emilia, Villa Masone 121); e che l'atto risultava consegnato alla di lui moglie Renata, convivente con il destina tario della notificazione; e). per essere incorso in omessa pronuncia, e difetto di motivazione su punti decisivi rappresentati dalla documenta zione prodotta dalla quale sf sarebbe potuto ricavare la dimostrazione della regolarit� della notificazione. La censura � fondata. Va in primo luogo rivelato che la sentenza impugnata � incorsa in un evidente errore, inquadrando l'invalidit� del secondo atto di citazione in un'ipotesi di nullit� sostanziale -ex art. 164 c.p.c. -anzich� in quella formale e della notificazione, affermando che l'erronea indicazione del luogo di residenza, della dimora, del domicilio nell'atto di citazione � suscettibile di determinare la nullit� sostanziale dell'atto introduttivo del . giudizio per incertezza sulla persona del convenuto; e come tale di ren dere impossibile 11 rinvio del giudizio innanzi al giudice di primo grado ex art. 353 c.p.c. Va, infatti, rilevato che i termini di riferimento, previsti dal numero uno dell'art. 163 c.p.c.; (nome, cognome, residenza, domicilio, dimora) non hanno natura autonoma alternativa, di guisa che ogni difetto od errore su qualunque di tali requisiti, non necessariamente determina la nullit� sostanziale della citazione ex art. 164 c.p.c. Perch�, possa deter minarsi detta nullit� � infatti, necessario che, in relazione alla mancanza o errore di uno di tali requisiti, si realizzi una situazione d'incertezza assoluta sull'identit� dell'attore o del convenuto, tale da non poter essere evitata, sopperendo ad altri elementi di riferimento. Da d� consegue che nel caso di notificazione dell'atto di citazione in un luogo diverso da quello in cui il convenuto risiede o � domicilato, si realizza un'ipotesi di nullit� della notificazione sanabile con effetto ex tunc; che una volta accertata dal giudice d'appello, necessariamente comporta la rimessione della causa al giudice di primo grado (ex art. 353 ~.p.c.). Tuttavia, altri e prevalenti sono le ragioni che determinano l'accoglimento del motivo d'impugnazione con �carattere assorbente. Queste si fondano sulla considerazione dell'irrilevanza delfa seconda notificazione (disposta ex art. ~92 c.p.c.); ed indubbiamente nulla (ex art. 160 c.p.c.) RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 284 attesa la piena validit� della prima J?-Otificazione dell'atto introduttivo del giudizio. Va in primo luogo rilevato che, investendo la censura un errar in procedendo, attinente specificamente all'indagine sulla regolare costituzione del rapporto �processuale, questa Corte pu� procedere ad accertamenti di fatto, desumibili dalle risultanze del processo. Stabilito quanto sopra e del tutto evidente dalla documentazione prodotta dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato, soprattutto con riferimento all'esito degli accertamenti ~seguiti dalla Guardia di Finanza che la prima notificazione dell'atto introduttivo del giudizio venne effettuata nel luogo di residenza effettiva del Gazzini Franco e precisamente sulla sua abitazione mediante consegna dell'atto ad un familiare. Pertanto, essendosi ab initio, regolarmente costituito il rapporto processuale, nessuna influenza negativa rpu� dispiegare la successiva notificazione, disposta ex art. 292 c.p.c., sebbene nuLla per essere <l'atto consegnato a persona, indicata nella relata con riferimento al solo prenome senza indicazione della sua qualit� �al familiare o dipendente del destinatario della notificazione. Dall'esito delle indagini effettuate dalla Guardia di finanza, risulta, infatti che, al momento della prima notificazione, il Gazzini Franco risiedeva a Reggio Emilia, Via Masone, n. 121, che, all'epoca, in mancanza di una sua denominazione toponomica ufficiale veniva indicato con il nome della famiglia Spaggiari, proprietaria della villa ivi esistente. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 2901 e.e., nonch� degli art. 189, 193 c.p.c., nonch� dei principi di diritto rigua:rdanti l'individ�azione dell'insorgenza del credito in materia d'imposta o di illecito tributario,, censura l'impugnata sentenza: a) per aver omesso di considerare ohe, al fine di stabilire l'anteriorit� o meno del credito rispetto all'atto, oggetto di revocatoria occorre fare riferimento alla data di commissione del fatto reato e non alla data della sentenza che accerta l'illecito penale; b) per aver omesso di considerare che l'art. 193 c.p. prevede ila presunzione di frode, rispetto ai crediti indicati nell'art. 189 c.p. per gli atti a titolo oneroso compiuti dal colp~vole dopo il reato, mentre per la richiesta prova della malafede degli altri contraenti si ritiene sufficiente la conoscenza del reato commesso dall'alientante e del pregiudizio che arreca o pu� arrecare al creditore. Anche tale censura � fondata. Va in primo luogo rilevato che il giudice di merito � incorso in un evidente �rrore affermando che, ai fini dell'esperimento della revocatoria, prevista negli artt. 192, 193, 194 c.p., il presupposto dell'anteriorit� del credito rispetto all'atto, oggetto di revocatoria, vada determinato con riferimento, non alla commissione del reato, ma al suo accertamento PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE con sentenza passata in giudicato. Invero, l'inconsistenza di tale affermazione appare del tutto palese, ove si considera che Ja prescrizione del diritto al risavcimento del danno decorre dalla data della commissione del reato, salva -l'applicabilit� delil'art. 2947, primo ,opv., c.p.c . .Mle stesse conclusioni deve pervenirsi per qm1nto riguarda il diritto al pagamento del tributo e delle eventuali sopratasse (da tenersi distinto dalla pena irrogata per il reato tributario). Questo infatti, sorge nel momento in cui si realizza il presupposto del tributo, anche se in alcuni casi il legis�atore prevede che la relativa prescrizione rimanga sospesa fino alla data del passaggio in giudicato della sentenza penale, che accerta il reato tributario, oppure 'Ohe il termine di prescrizione ordinario venga sostituito da quello previsto per il reato, ove quest'ultimo sia di durata superiore. N� tale affermazione err'onea della Corte di appello pu� ritenersi ininfluente, ai fini della decisione alla quale � pervenuta, avendo in concreto H giudice di merito proceduto all'esame del requisito della scientia fraudis, degli acquirenti, escludendone l'esistenza con apprezzamento di fatto insindacabile in questa sede. Invero, tale affermazione erronea, avendo costituito un antecedente logico, non pu� non aver inquinato gli ulteriori passaggi logici della decisione, per quanto attiene alla valutazione delle cfrcostanze, influenti sul piano probatorio, ai fini dell'accertamento della scientia fraudis. Peraltro la sentenza impugnata � incorsa in un ulteriore errore, non soltanto omettendo _l'esame delle circostanze indiziarie, indicata dall'amministrazione finanziaria di illdubbia idoneit� decisoria (ex art. 360 n. 5 c.p.c.), ma procedendo all'esame delle presunzioni e degili indizi con mero criterio analitico sul piano della loro concludenza; tutto in violazione del principio probatorio che nell'ipotesi di concorso di presunzioni ed indizi, questi, se inidonei a fornire la prova ove siano singolarmente valutati, possono invece, assumere piena concludenza probatoria se esaminati congiuntamente (quae singula non probant simul unita probant). La sentenza impugnata ha, inoltre omesso di considerare che l'istituto della revocatoria in materia penale :per quanto attiene i principi individuanti il requisito della scientia fraudis, non si discosta dalla regolamentazione prevista dall'art. 2901 e.e. Questa Corte ha gi� in precedenza affermato, unitamente ad una parte autorevole della dottrina, che il requisito della scientia fraudis non richiede, a fini della sua concretizzazione, l'esistenza del dolo (pvverosia fa volont� concorrente dell'acquirente del bene, oggetto di successiva revocatoria, diretta a pregiudicare le garanzie ed aspettative di coloro che vantano un credito nei confronti dell'alienante), e neppure la sua consapevolezza circa la reaJizzazione probabile di tak pregiudizio, essendo sufficiente, anche, l'esistenza nell'acquirente di un mero comportamento colpevole, rappresen - 286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO tato dalla reale possibilit� di conoscenza della situazione fraudolenta desumibile da drcostanze oggettive secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit. Questa Corte ritiene, tuttavia, che ai fini della concretizzazione di detto comportamento colpevole non sia sufficiente l'esistenza di una culpa levis, ma sia richi~sta la concorrenza di queilla grave, ovverosia della malafede dell'acquirente. (arg. ex art. 1147 cic.). In proposito assume rilevanza sul piano ermeneutico il richiamo, oper.ato dagli artt. 193, 194 c.p. al criterio della malafede per quanto attiene al requisito della scientia fraudis, considerato il carattere generale, che assume l'art. 1147 e.e., ai fini della determinazione del concetto di malafede, nonch� il,.. prindpio generale informatore della legislazione civile, che salva eccezione, fa riferimento al criterio del dolo e della colpa grave ogni qualvolta si debba risolvere un conflitto di interessi tra le parti negoziali e i terzi ai fini della tutela dell'affidamento dei medesimi nel caso d'inefficacia o invalidit� del negozio giuridco (arg. ex art. 1415, 1445; 1992, 2652, 2901, ultimo comma, 2913 eoc. e.e.). Infatti l'esistenza della malafede; seppure sotto il profilo della mera colpa grave, � sufficiente -nell'ipotesi di revocatoria -ad escludere ogni fondamento alla tutela del terzo, acquirente del bene, nel ,caso di suo conflitto con l'interesse del creditore a non veder pregiudicata la funzione di garanzia che i beni del debitore -ex art. 2740 assicurano al proprio credito -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 luglio 1979, n. 3776 -Pres. Novelli Est. Scanzano -P. M. Berri (conf.) Izzo (avv. Cardarelli) c. Della Gatta (avv. Rascio). Obbligazioni e contratti � Mora del debitore nell'adempimento di obbli� gazioni . Danni per svalutazione monetaria -Riconoscimento automatico � Non spetta. Obbligazioni e contratti � Mora del debitore nell'adempimento di obbli� gazioni pecuniarie � Prova del maggior danno rispetto agli interessi previsti dall'art. 1224 e.e. � Contenuto. Nell'inadempimento di obbligazioni pecuniarie la svalutazione mone I taria verificatasi durante la mora del debitore non d� diritto al riconoscimento automatico del danno rappresentato dalla rivalutazione della ~ \: somma dovuta (1). f ' (1-2) Con la decisione che si segnala per la sua notevole rilevanza teorica e pratica le S.U., con il dichiarato intento di risolvere il contrasto formatosi nella I t,, I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 287 Per ottenere il maggior danno di cui all'art. 1224 e.e. il creditore deve allegare e dimostrare, avvalendosi di ogni puntuale mezzo di prova (anche di presunzioni), il pregiudizio subito, e il giudice pu�, in mancanza di specifiche prove, utilizzare oltre che il notorio acquisito alla comune esperienza, presunzioni fondate su condizioni e qualit� personali del creditore e sulle modalit� di impiego del denaro coerenti -secondo i criteri della normalit� e della possibilit� -con tali elementi per desumere dal complesso di questi dati (integrando ove occorra i risultati dell'indagine con l'esercizio di poteri equitativi) quali maggior utilit�, nei sirzgoli casi, la somma tempestivamente pagata avrebbe potuto procurare al creditore (2). (Omissis). -In sede di merito il creditore Izzo aveva dedotto che la ,somma dovutagli .dai Della Gatta avrebbe potuto -se tempestivamente pagata essere da lui impiegata nell'acquisto di un immobile (acquisto non perfezionatosi per non avere egli potuto far fronte al versamento della differenza tra ,l'importo del mutuo fondiario di circa L. 9.000.000, che stava contraendo, ed il prezzo di L. 12.000.000 oltre alle spese) nonch� nell'esecuzione di lavori di cui avrebbe potuto rendersi aggiudicatario concorrendo quale app�ltatore alle gare alle quali era stato invitato da vari enti. La mora dei debitori ed il fatto che durante il suo protrarsi il denaro aveva perduto molta parte del suo potere di acquisto gli avrebbero impedito di potere pi� realizzare utilit� del valore di quelle come sopra e fondatamente sperate. giurisprudenza de1le Sezioni, in special modo dopo lia nota pronunzia 30 novembre 1978, n. 5670, hanno riaffermato il principio, che trova solido fondamento nena lettera della legge e rimasto fermo per vari decenni, della soggezione della obbligazione pecuniaria al criterio nominalistico espresso dall'art. 1277 cod. civ. anche dopo la loro scadenza, con la conseguenza che anche durante la mora del debitore l'obbligazione si estingue con il pagamento della quantit� di moneta prevista nel vincolo che l'ha costituita, anche se la mOilleta ha perduto per effetto deHa svalutazione parte del suo potere di acquisto. _ Peraltro, consentendo l'utilizzazione in modo pi� elastico del1e possibilit� offerte dall'art. 1224 e.e. al fine di dimostrare il maggior danno, il S.C. ha aperto la strada per giungere, attraverso anche il ricorso a forme pi� semplici e al notorio, al risultato di ottenere la rivalutazione del credito pecuniario. Ad una prima sommaria impressione sembra che la preoccupazione maggiore che ha mosso H S,C. sia stata quella di evitare ogni automatismo, e, per cos� dire, personalizzare il danno in relazione alla posizione di ciascun creditore. Che questo sia il sistema della legge � possibi1e, che i risultati a cui esso pu� condurre siano anche i migliori, potr� dirsi so1o quando i giudici di merito avranno dato pratica applicazione .al criterio enunciato daL S.C. Certo � che l'attribuzione al giudice di un'ampia discrezionalit� difficilmente controllabile sul piano della legittimit�, suscita qualche perplessit�, che si au spica venga presto fugata attraverso il formarsi di una prudente e rigorosa attuazione giurisprudenziale. 288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO In questa sede lo stesso Izzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1224, 2195, 2727 cod. civ. e 115 c:p1c. nonch� insufficienza e contraddittoriet� di motivazione, e lamenta che la Corte d'appello, pretendendo la prova che il conseguimento di quelle uHlit� dipendesse dalla necessit� di disporre proprio della somma dovutagli dai Della Gatta, abbia adottato una motivazione che, nel sruo rigorismo formale, si traduce in una manifesta illogicit�, ed inoltre abbia trascurato che la prova del maggior danno di cui � parola nel citato art. 1224 pu� essere fornita anche mediante presunzioni, quali nella specie erano desumibili, anche in relazione alla sua qualit� di imprenditore commerciale, dai fatti allegati e documentati nonch� dal dato di comune esperienza secondo cui le possibhlit� operative dell'imprenditore sono favorevolmente influenzate dal!a maggiore disponibilit� di denaro. Con riferimento poi, al programmato acquisto immobiliare, lamenta sia stato trascurato che il mutuo a ci� destinato non pot� perfezionarsi I perch� esso ricorrente, dopo avere prodotto al Banco di Napoli la I documentazione rkhiesta, non pot� completarla con l'esibizione del preliminare di compravendita proprio per la mancata diosponibilit� deila somma (che con il puntuale adempimento dei DelJa Gatta avrebbe avuto) 1 necessaria alla stipulazione. ~ Il ricorso � fondato nei sensi di cui alle considerazioni che seguono. E' noto che secondo l'art. 1224 cod. civ., nelle obbligazioni pecuniarie sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali (quale ammontare di un danno presunto) e che al creditore il quale dimostra di avere sub�to un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Nell'interpretazione di questa norma la giurisprudenza s1 e, ormai da decenni, dopo Ja sentenza 11 gennaio 1951 n. 47, consolidata nel senso che, pur dovendosi riconoscere la possibilit� di ricomprendere tra i maggiori danni risarcibili anche quelli dipendenti dalla svalutazione monetaria, il loro risarcimento � dovuto iI1 concreto solo quando il creditore dimostri di avere risentito un particolare pregiudizio per non aver potuto, a tempo opportuno, disporre della somma dovutagli, della quale, se tempestivamente riscossa, avrebbe fatto un impiego capace di sottrarla agli effetti della svalutazione, o per aver dovuto, in mancanza di quelia somma, privarsi di beni dotati di valore intrinseco, o assumere obbligazioni a condizioni particolarmente onerose. Rilevandosi che l'inadempimento del debitore faceva sorgere nella controparte H diritto agli interessi legali, dovuti quali frutti presuntivamente prodotti dal denaro, si richiedeva cio�, ai fini dell'ulteriore risarcimento, la prova di uno -spedfico fatto da cui risultasse che il patrimonio del creditore, a seguito della svalutazione monetaria intervenuta durante fa mora del debitore, aveva sub�to un pregiudizio pi� grave, oltre il limite della perdita di quei ~ ~ frutti normali e presunti ,che sono gli interessi legali. i I PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE Malgrado la validit� della sua base positiva e scientifica e malgrado gli ampi ed autorevoli consensi dottrinari, tale indirizzo, applicato in epoca -come quella recente ed ancora attuale -in cui la svalutazione della moneta assume proporzioni notevoli che superano largamente il tasso dell'interesse legale ed in� cui l'inflazione monetari'a diventa talora .uno strumento di politica economica a favorire le �esportazioni, � parso tuttavia risolversi in un trattamento gravemente sperequativo a danno del creditore ed in un possibile incoraggiamento di debitori poco scrupolosi all'inadempimento ed a maliziose resistenze giudiziarie, favorita essendo la posiziOne del debitore dalle obiettive gravi difficolt� in cui versa il creditore nell'osservanza dell'onere della prova. La correlativa esigenza di .soluzioni pi� adeguate aHa realt� del fenomeno economico ha trovato sensibili una parte della dottrina nonch� vari giudici d� merito: dei quali alouni hanno sollevato questione di legittimit� costituzionale dell'art, 1284 cod. dv. nella parte in cui� stabilisce il tasso legale degli interessi nella misur;;t del 5 %, di gran lunga inferiore alla misura dell'inflazione monetaria; taluno ha denunciato direttamente, con riferimento all'art. 3 Cost., l'illegittimit� dello stesso art. 1224, in quanto limita il risarcimento del maggior danno a quello effettivamente comprovato, esdude quello derivante dalla svalutazione e distingue debiti di valuta da debiti di valore; altri hanno invece fatto diretta appHcazione di tale disposizione nel senso di ritenere risarcibile come danno ulteriore quello dipendente dalla svalutazione, in base alla notariet� del relativo �!fenomeno ed alla presunzione di un impiego del denaro in forma certamente pi� remunerativa della mera percezione degli interessi �legali. Quest'ultimo orientamento � stato espresso recentemente anche dalila terza sezione di questa Corte con la �Sentenza 30 novembre 1978, n. 5670. Secondo tale sentenza, in tema di obbligazioni pecuniarie, tra i maggiori danni che possono spett�re al creditore, in. aggiunta agli interessi legali, ai sensi del capoverso dell'art. 1224 cod. civ., vanno compresi quelli dipendenti della svalutazione monetaria, verificatasi -durante ila mora del debitore1 e pertanto il creditore, qualora si Jimiti a chiedere il risarcimento della perdita sub�ta per effetto della diminuzione del potere. d'acqusto della moneta, ben pu� dedurre ed utilizzare a suo favore il solo fatto notorio della svalutazione; senza necessit� di fornire la prova di avere concretamente predisposto i.l reimpiego della somma dovutagli; prova che invece deve essere offerta nel caso in cui venga chiesto il risarcimento anche del mancato guadagno. Queste Sezioni Unite sono chiamate a risolvere il contrasto verificatosi, suila delicata questione, nella giurisprudenza della Corte. Dei :principi di base su cui si fonda l'orientamento tradizionale (seguito nella speciedalla Corte di merito) non pu� disconoscersi l'esattezza. 290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Le obbligazioni nelle quaH l'entit� della prestazione del debitore � stata originariamente determinata con riferimento all'unit� monetaria legale di misura lcio� le obbligazioni pecuniarie, che danno luogo al cos~ddetto debito di valuta) sono soggette al principio nominalistico espresso dall'art. 1277 cod. civ.: e continuano ad esserlo anche dopo la scadenza; per cui la detta prestazione si estingue, pur dopo che il debitore sia caduto in mora, col pagamento della quantit� di moneta cui essa � commisurata, anche se questa durante la mora abbia perduto parte del suo potere d'acquisto per effetto di svalutazione. In materia, il testo legislativo non d� luogo a dubbi, anche perch� si ricollega senza modifiche alla tradizione precedente (la prima parte dell'art. 1224 cod. civ. trova corrispondenza nel vecchio art. 1231) sebbene la sua elaborazione sia stata compiuta dopo che la lira aveva sub�to una recente e notevole svalutazione (v. r.d.l. 5 ottobre 1936, n. 1745). Peraltro la svalutazione in s� non � un danno giuridico (ed ancor meno ovviamente � dipendente da un fatto del debitore) ma � un'evennienza che pu� aggravare il pregiudizio derivante al creditore dall'inademp~ mento, in quanto, in presenza di essa, il tardivo recupero di una moneta ormai svalutata lascia scoperti gli eventuali sacrirfci da lui ,sopportati per aver dovuto procurarsi altrimenti la somma di cui si attendeva il pagamento o per aver dovuto rinunciare alla fruizione di beni necessari ai normali bisogni di vita, e lascia lo stesso creditore privo delle utilit� che, avrebbe potuto realizzare col tempestivo impiego della somma medesima. In tale senso la svalutazione incide sul problema del danno maggiore (di quello coperto dagli interessi legali) che � potuto derivare dalla mora: danno che � risarcibile nella misura ed alle normali condizioni previste dagli artt. 1223 e 1225 cod. dv., e previa osservanza dell'onere della prova che incombe a chiunque intenda far valere in giudizio un suo diritto. L'applicazione che di tali principi � stata fatta nella specie appare tuttavia eccessivamente rigoristica, perch� ila Corte partenopea, da un lato non fascia alcun spazio alla prova presuntiva, e dall'altro interpreta l'onere della prova in un senso che viene a comprimere oltre i limiti di ragione la posizione processuale del creditore, essa in definitiva pretendendo da questo la proya che egli non disponesse di altro denaro utilmente impiegabile per gli scopi di cui .alle sue allegazioni, pure quando suscettibili di essere dedotti in via di presunzione, e cos� gravandolo anche dell'onere di una prova negativa, impossibile a darsi. L'orientamento tradizionale va rimeditato sia perch�, appunto, � suscettibile di applicazioni che aggravano oltre misura la posizione del creditore sul piano probatorio (e pu� quindi risolversi nel riconoscimento meramente teorico di quel diritto che il secondo comma dell'art. 1224 PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE cod. civ. vuole assicurare), sia perch� non d� adeguato rilievo a presunzioni di ordine oggettivo e soggettivo che invece, nel loro reciproco coordinamento, ed avuto riguardo ai criteri. della normalit� e della prevedibilit�, .possono fornire idonea. base di valutazione. In tal modo, il risaJ:'.cimento preteso dal creditore � sfato il pi� delle volte ridotto nei limiti dell'interesse legale, rimasto fisso ad un saggio. che in tempi di notevole svalutazione monetaria �si risolve in un premio per il debitore moroso. E' noto invero ,ohe il saggio degli interessi legali � di gran lunga inferiore a quello degli interessi -che s~ sogliono determinare convenzionalmente e che l'inadeguatezza del primo � riconosciuta, in settori :particolari, dallo stesso legislatore. Esso infatti, mentre non ha ritenuto diversamente dall'indirizzo adottato in qualche Paese europpo -v. legge francese 12 luglio 1975, n. 75-619) di adottare un provvedimento di ordine generale che, modificando l'art. 1284 cod. civ., valesse ad avvicinare, se non ad adeguare, U saggio legale all'effettivo costo del denaro quale deteru: ninato anche dal fenomeno della svalutazione, ha in pi� occasioni, direttamente .con legge � o indirettamente con provvedimento della .pubblica autorit� all'uopo delegata, sta�ilito interessi notevolmente superiod a quelli previsti dalla disposizione dianzi citata: v. in tal senso la legge 26 gennaio 1961, n. 29 con cui, gi� da quell'epoca, gli interessi relativi alle tasse ed imposte indirette sugli affari venivano fissati nella :misura del 3 % per �semestre; elevata poi al 6 % semestrale con ,J'art. 1 I. 18 aprile 1978, n. 130; l'art. 2 I. 23 marzo 1977, n. 97 ohe eleva al 12 % annuo il saggio degli interessi moratori dovuti in tema di IRPEF ed IRPEG; I'art. 21 della legge 18 dicembre 1970, n. 1034 . che eleva .al 4,50 %1 semestrale gli interessi dovuti, dopo il terzo anno, per le partite tributarie sospese per contestazioni; gli artt. 38 e 60 d.P.R. 16 ottobre 1972, n. 633, con cui gli interessi sono raddoppiati per il periodo 'successivo ai dodici mesi con riferimento ai pagamenti ed ai rimborsi dovuti in tema di imposta sul valore aggiunto; i vari decreti ministeriali (v. da ultimo G.U. 18 aprile 1979) che detevminano notevoli differenze tra valore �di emissione e valore di collocamento dei buoni ovdinari del tesoro; il d.m. 17 aprile 1979, (G.U. 3 maggio 1979, n. 120) che stabilisce nel 12 % annuo gli interessi sui pagamenti differiti di taluni diritti doganali; il d.m. 18 �settembre 1974 lin G.U. 27 settembre 1974) che stabilisce gli interessi (dal 7 al 9 %) sui buoni postali fruttiferi. Sintomatico nello stesso senso � l'art. 429 c.p.c., 'nel testo risultante dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, con cui, per l'adeguata tutela dei crediti di lavoro, si � attribuito al giudice il potere-dovere di determinare il maggior danno eventualmente sub�to dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito, cos� assimiJandosi questo ad un credito �di valore �. Sono questi aspetti che non possono essere trascurati affinch� la solilzione del problema risulti aderente anche alla realt� del fenomeno economico. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO Per realizzare questa esigenza non � necessario sollevare questioni di legittimit� costituzionale del tipo di quelle di cui si � fatto cenno, in quanto, ad avviso del Collegio, il sistema dell'art. 1224 cod. dv. consente un'applicazione che esclude le pretese disparit� di trattamento conseguenti aH'interpretazione tradizionale. Non pu� seguirsi neppure l'opposta interpretazione adottata dalla terza sezione di questa Corte con la sentenza del 30 novembre 1978, n. 5670. Secondo tale sentenza, dal presupposto che la mora importa la perpetuatio obligationis e che l'art. 1224 non pone limiti n� al concetto di danno n� ai mezzi di prova utilizzabili dal creditore, deriverebbe (come si � visto) che questo pu� P.retendere il risarcimento del maggior danno dipendente dalla svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore, deducendo il solo fatto notorio della svalutazione medesima, quale danno emergente, la cui sussistenza non richiederebbe appunto altra prova, essendo coerente anche con i principi della scienza economica che la perdita del potere di acquisto della moneta costituisce un danno concreto e reale. In definitiva, dal momento della mora del debitore, l'obbligazione pecuniaria si trasformerebbe in un'obbligazione di valore facendo sorgere il diritto del creditore al risarcimento di un maggior danno (determinabile appunto attraverso la rivalutazione della somma oggetto della prestazione contrattuale). Tale nuovo orientamento non rpu� essere condiviso. A differenza di quanto accade in materia di danno extracontrattuale, dove l'obbligazione risarcitoria ha natura sostitutiva, in quanto diretta ad attribuire al danneggiato un equivalente monetario realmente corri spondente al valore del bene e utilit� di 'cui egli � stato privato, in pre senza di una obbligazione contrattuale inadempiuta il creditore ha diritto all'adempimento della prestazione dedotta in contratto (che non cessa di essere identica a se stessa pur dopo la mora del debitore), e. ad un quid pluris corrispondente al danno sub�to in dipendenza dell'inadempi mento. Essendo quella principale una obbligazione rpecuniaria, essa rimane tale (rimane cio� una obbligazione di valuta) pur dopo l'inadempimento, per cui il debitore moroso che poi finalmente esegue la sua prestazione, estingue la detta obbligazione col pagamento di una corrispondente quan tit� di moneta, secondo la norma dell'art. 1277 cod. dv.: la quale norma, nel sancire cos� il principio nominalistico, fa riferimento al tempo del pagamento (ancorch� tardivo) e non al tempo della scadenza dell'obbli gazione, con ci� chiaramente statuendo che il detto principio continua ad operare pur dopo la scadenza dell'obbligazione stessa. Altra � invece l'ob bligazione aggiuntiva che sorge dall'inadem1Jimento del contratto e che ha per oggetto il risarcimento del danno di cui � parola nell'art. 1224. La sentenza in argomento finisce invece con l'assimHare l'una e l'altra obbligazione e col considerare la prestazione dovuta dal debitore moroso PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE come oggetto di un'unica obbligazione di natura risarcitoria, senza avver~ tire che, se� cos� fosse, la disposizione ora citata rischierebbe di apparire superflua lquanto meno riguardo alla risarcibilit� del danno emergente, la quale pur da essa, secondo la detta sentenza, trae giustificazione). In definitiva, operandosi una tale assimilazione, ed inoltre valorizzandosi in maniera generalizzata, con riferimento all'ammontare dell'obbligazione pecuniaria, il dato della svalutazione monetaria ed identificandosi il danno -anche sotto il profilo giuridico -nella stessa svalutazione. (che pu� essere, invece, solo causa di un danno -da mora -superiore a quello coperto dagli interessi legali) si finisce con l'obliterare il principio nominalistico, perch� si viene a riversare in ogni caso sul debtore, sia pure moroso, genericamente ed automaticamente l'effetto della svalutazione monetaria; la quale �, in s�, una alea connaturale al tipo della res dedotta nell'obbligazione pecuniaria, salva la risarcibilit� del pregiudizio di cui essa svalutazione sia stata causa. LI volere poi dare rilevanza, attraverso il principio della perpetuatio obligationis, al fatto che la svalutazione siasi verificata durante la mora del debitore, significa applicare al denaro per analogia l'art. 1221 cod. civ., che, quanto alle cose, � dettato per quelle infungibili (le sole suscettibirli di perimento) e che non pu� essere applicato riguardo al denaro, giacch� (quali che siano le diverse valutazioni consentite dalla ,scienza economica) dal rpunto di vista giuridico il valore della moneta e la sua capacit� di estinguere le obbligazioni in essa espresse � determinato costantemente dal suo valore nominale. E' bens� vero, infine, che fonte legittima di prova pu� essere anche il fatto notorio e che tale � la svalutazione monetaria, di cui, attraverso indici ufficiali e pubblici, � nota anche la misura. Ma della sentenza n. 5670 non pu� essere utilizzato neanche tale principio e neanche con riferimento all'autonoma obbligazione di risarcimento: ci� perch� l'attribuzione automatica e generalizzata (che esso consentirebbe) di un identico risarcimento in corrispondenza della stessa somma dedotta in obbligazione, postula che si valorizzi, oltre ed assieme al notorio costituito dalla svalutazione monetaria, una presunzione di necessario impiego uniformemente redditizio del denaro, smentita, nella realt�, sia dalla necessaria diversit� della posizione dei vari possibili creditori danneggiati, sia dal fenomeno del risparmio, che, malgrado l'insufficienza dei normali relativi interessi, rispetto al tasso della svalutazione, � tuttora un fenomeno imponente. In conclusione, il generalizzato automatismo rivalutativo, che secondo il nuovo orientamento dovrebbe adottarsi, non appare giustificato perch�, se riferito all'obbligazione principale viene a moltiplicare l'oggetto dell'obbligazione in violazione del principio nominalistico, e se riferito all'obbligazione di risarcimento, postula, contro Ia realt�, un maggior danno emergente identico per tutti i possibili creditori. 294 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO La differenza, gi� evidenziata, tra l'obbligazione risardtoria che deriva dalJ'jnadempimento del contratto e quella che deriva dall'illecito extracontrattuale (cio� il fatto che la prima non � sosti1Jutiva dell'obbligazione, primaria, ma coesiste con essa ed in aggiunta ad essa) ed i princilpi affermati da una sentenza, non pi� recente, della prima Sezione di questa Corte (sent. 24 febbraio 1965, n. 310) potrebbero suggerire una diversa impostazione del problema. Intervenuta la scadenza dell'obbligazione pecuniaria e la mora del debitore, questi � tenuto all'adempimento della detta obbligazione nella quantit� monetariam.ente determinata ed, in ogni caso, al risarcimento di un danno presunto, deteJ:1J.ninato nella misura degli interessi Jegali. Ora se � vero che, come � stato affermato con sentenza 2 ottobre 1978, n. 4369, l'obbligazione risarcitoria ha_ natura obiettivamente identica sia in tema di danno contrattuale che in .tema di danno extracontrattuale, e se � vero che l'obbligazione risarcitora d� 1uog() ad un debito di valore (tale anche nel caso in cui essa derivi da sottrazione od appropriazione di una somma di denaro: v. Cass. 13 luglio 1978, n. 3542), potrebbe opinarsi che l'obbligazione degli interessi di cui all'art. 1224, aufonoma e di natura risarcitoria, dia luogo ad un debito di valore. La cons�eguenza sarebbe che, assumendosi a base Ja aestimatio del danno fatta dal legislatore nella misura fissa degili interessi degali, la somma relativa, al momento del calcolo che ne fa il giudice, potrebbe essere attribuita nel suo valore reale mediante una liquidazione fondata sul valbre medio corrente di qruesto particolare frutto, quale potrebbe desumersi dal tasso medio degli interessi pagati dagli istituti di eredit�, salvo che si dimostri il diritto ad un danno-maggiore, a termini dell'art. 1224, secondo wmma. In definitiva il giudice dovrebbe attribuire al creditore, a titolo �di risarcim~nto del danno, l'uti lit� reale che la somma tempestivamente pagata gli avrebbe fruttato: o con riferimento alle dimostrate possibi1it� particolari del creditore di farla fruttare (art. 1224, secondo comma) o con r�ferimento al frutto presunto costituito dagli interessi legali secondo il 1calcolo di cui sopra ~ (art. 1224, primo comma). Il quale calcolo -va rprecisat� -non consi I ~ ste in una rivalutazione monetaria della somma dovuta a titolo di interessi, ma nella determinazione della corrispondente utilit� secondo il suo valore reale, come in genere avviene ne1la liquidazione dei danni da illecito. Verrebbe in tali sensi a farsi applica2'lione del principio (affermato I dalla citata sent. 130/'65 nonch� da Cass. 764/'60, 659/'61, 991/'61) secondo i cui l'obbligo del risarcimento del danno costituisce, sia in materia extracontrattuale, sia in materia contrattuale, e indipendentemente dalla natura del bene (denaro o cosa diversa da questo) perduto o non conse I g.ito, un tipico debito di valore. i Neppure questa tesi pu� essere condivisa. -1I �' I I PARTE I,-SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE A parte l'impressione, che se ne trae, di� un espediente che viene ad eludere la determinazione Jegale del -saggio dell'interesse, sta di fatto che .il legislatore, determinando il danno, in via presuntiva, nella perdita degli interessi ed il�saggio di questi in una certa misura,.,ha dettato una disciplina �compiuta in tema di danni presunti relativi all'inadempimento di obbligazioni pecuniarie, s� da non lasciare spazio ad attivit� di Jiquidazione giudiziale diversa dal mero calcolo del coacervo degli interessi. L'obbligazione relativa, cio�, nasce e permane anch'essa, al pari di quella primaria che deriva dal contratto, come� obbligazione pecuniaria e la possibilit� di stimarla al �suo valore reale rimane esclusa daUa previsione _, contenuta nel secondo comma de1lo stesso art. 1224 -della risarcibilit� del maggior danno secondo i criteri generali. La soluzione del probler:na va ricercata dunque su altra base. Si � presentato pi� volte nella giurisprudenza di questa Corte il caso di creditori che abbiano fatto riferi:mento a qualit� personali o professionali proprie, offrendole come elemento di presunzione da cui dedurre che essi avrebbero fatto, del denaro loro dovuto, un impiego coerente con que1lo al quale le dette qualit� razionalmente conducevano. Con numerose sentenze la Corte, pur riconoscendo la validit� della prova presuntiva anche ai fini qui considerati, ha escluso che l'elemento anzidetto potesse, da solo, costituire valida fonte di presunzione nel senso voluto dal creditore, ed ha ritenuto la necessit� di altri elementi concreti idonei a dimostrare la sussistenza del pregiudizio lamentato. L'orientamento rispecchia il rigore che � proprio della giurisprudenza tradizionale in tema di prova del maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, codice civile. Tale rigore ha ricevuto una certa attenuazione con la sentenza 1 giugno 1976, n: 1970 della prima Sezione, che, sia pure ai fini della condanna generica (al .risarcimento del detto maggior danno) ha ritenuto idoriea base di presunzione la qualit� di imprenditore commerciale, rivestita dal creditore, sul rilievo che l'imprenditore � un soggetto i1l quale, per definizione, utilizza il denaro non gi� per investimenti occasionali in beni di puro godimento, bens� come strumento essenziale della propria attivit� economica, che � dinamica e costante, pe11ch� professionale. Il principio, ad avviso del Collegio, � suscettibile di applicazioni rpi� ampie ed articolate e pu� condurre ad una soluzione che accordi a tutte le categorie di creditori una maggiore tutela rispetto al danno che normalmente � causato dalla svalutazione monetaria, anzich�. riservarla al solo imprenditore commerciale (che, potendo riversare sui consumatori gli effetti della svalutazione, � praprio tra coloro che meno risentono di quegli effetti) .. Va subito detto -perch� non appaia introducibile una praesumntio de praesumpto -che non ha bisogno di essere presunto .il fatto che il 296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO denaro � destinato ad essere impiegato nell'acquisto di beni e serv1z1 o comunque in forme remunerative: risponde infatti alla natura ed alla stessa definizione della moneta che essa � non solo la misura dei valori ma � strumento di scambio, dotata appunto di valore nella misura in cui essa viene utilmente adoperata a questo scopo. Va aggiunto essere notorio, e perci� stesso gi� dimostrato senza bisogno di illazioni presuntive che ciascuna categoria di creditori, e pi� in generale ciascuna categoria di persone, pur nella grande variet� dei possibili gradi d'impiego del denaro, adotta in materia modi coerenti con le qualit� professionali, con i bisogni ,che le personali possibilit� finanziarie consentono di soddisfare, con le abitudini de11ivate dalla mentalit� e dall'ambiente di vita: i quali modi si prestano ad essere considerati sintomatici e perci� ripetibili, in quanto normali rispetto a1le caratteristiche di un determinato soggetto come homo aeconomicus. Nel caso, poi, di un soggetto che divenga creditore di somme inaspettate (si pensi ad una vincita) e che non possa vantare un sistema abituale di impiego del denaro, poich� � notoria la fruttuosit� del denaro investito nella normale e facile forma del deposito presso istituti di credito, pu� egualmente presumersi come prevedibile siffatta forma di impiego, ove essa venga prospettata dalla parte. Fermo dunque pur sempre l'onere della corrispondente allegazione lcorredata da opportuni. elementi valutabili ex art. 2729 cod. civ.) e in mancanza di allegazioni e prove di diverso contenuto, relative ad even tuali investimenti particolari specificamente programmati, il maggior dan no che in generale deriva al creditore dal fatto che la somma dovuta abbia, al momento del tardivo pagamento, un 'potere di acquisto minore di quello che essa aveva alla scadenza della relativa obbligazione, pu� essere desunto da presunzioni siffatte che consentano al giudice di pervenire, caso per caso, e con esclusione di ogni automatismo, ad una determina zione che secondo il suo prudente apprezzamento (formato eventualmente anche con valutazioni equitative, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ.) rispec chi l'effettiva incidenza dell'inadempimento -nel cui corso intervenga ~a svalutazione monetaria -sul patrimonio del singolo creditore dell'ope ratore economico, con riferimento alla redditivit� netta del denaro desti nato ai suoi ordinari investimenti imprenditoriali, redditivit� desumibile dalla capacit� operativa, quale risulta dall'attivit� pregressa (specie se i suoi risultati netti sono evidenziati da scritture contabili affidanti) o da quella prevedibile come normale in relazione alla struttura della sua azienda ed alle condizioni del mel'cato; del risparmiatore, con riferi mento alle dimostrate personaH e normali modalit� di impiego del pro prio denaro; del creditore occasionale, con riferimento alla corrisponden za, deg1i impieghi allegati, a criteri di normalit� e di concreta possibilit�; del modesto consumatore, con riferimento alle normali e personali neces sit� di impiegare il denaro per gli ordinari bisogni della vita e quindi con .. i'i PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE riferimento (ci� che nel caso pu� costituire il criterio residuale pi� attendibile) agli indici ufficiali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati; di ogni altro creditore in generale, con riferimento ai criteri che nei sensi di cui sopra risultino opportuni. E' chiaro che il creditore il q�ale disponga di entrate sufficienti potr� dare al denaro i.ma destinazione composita, cio� impiegarlo parte in investimenti, parte in consumi e parte in risparmio. In tal caso sar� delicato compito del giudice valutare gli elementi presuntivi in modo da stabilire secondo �criteri personalizzati di normalit� quali sono i danni patiti in relazione ai singoli prevedibili impieghi del denaro. In altri e conolusivi termini, in tema di inadempimento di obbligazioni pecuniarie, la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del debitore non giustifica, in s�, alcun risarcimento automatico (sotto il profilo del danno emergente) che possa essere attuato con la rivalutazione della somma dovuta, ma pu� essere causa di danni maggiori di quelli coperti con 'l'attribuzione degli interessi legali. Il creditore che intenda ottenere il risarcimento di tali maggiori danni ai sensi dell'art. 1224 secondo comma cod. civ., ha l'onere di allegare e dimostrare, valendosi, senza alcuna limitazione, di ogni possibile mezzo di prova, il pregiudizio patrimoniale risentito; ed il giudice cui la relativa domanda venga proposta pu�, in mancanza di altre specifiche prove, utilizzare oltre che il notorio acquisito alla comune esperienza, presunzioni fondate su condizioni e qualit� pesonali del creditore e sulle modalit� di impeigo del denaro coerenti -�secondo i criteri della normalit� e della possibilit� -con tali elementi, per desumere dal complesso di questi dati (integrando ove occorra i risultati dell'indagine con l'esercizio dei poteri equitativi) quali maggiori utilit�, nei singoli casi, la somma tempestivamente pagata avrebbe potuto pron:iuovere al creditore medesimo. Ri� mane fermo, ovviamente, >l'onere del creditore di dimostrare in maniera pi� specifica l'eventuale danno emergente derivante dal fatto di aver dovuto procurarsi la somma (non pagatagli dal debitore) a condizioni particolarmente svantaggiose o mediante alienazione di beni reali, od il danno allegato con riferimento ad investimenti particolari specificamente programmati e resi poi impossibili dall'inadempienza del debitore. Nella specie, avanti al giudice di merito il creditore Izzo -come si � gi� detto -aveva prospettato fa possibilit� di impiegare la somma dovutagli dai Della Gatta, parte nell'acquisto di un appartamento e parte nell'impresa di costruzioni da lui esercitata, ed aveva dedotto che la mancata disponibilit� della somma stessa gli aveva impedito di stipulare il preliminare di compravendita (che avrebbe poi dovuto esibire al Banco di Napoli per potere ottenere un mutuo necessario al pagamento del residuo prezzo di acquisto) e di partecipare ad appalti di opere pubbliche ai quali era stato invitato a concorrere. 298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Per quanto riguarda il primo profilo, la Corte d'appello ha motivatamente disatteso l'assunto del creditore rilevando, con riferimento a risultanze specifiche, che la domanda di mutuo (il cui importo avrebbe dovuto servire a fronteggiare la maggior parte del prezzo del preteso program� mato acquisto) venne respinta perch� l'Izzo omise totalmente Ia presen� tazione della documentazione richiesta dal Banco di Napoli, e quindi ha escluso in punto di fatto la verit� di quanto allegato e l'esistenza del rapporto di causalit�. La contraria affermazione dello stesso Izzo, secondo cui l'unico documento mancante fosse il preliminare di compravendita, la cui strpulazione sarebbe stata impedita dall'inadempimento dei Della Gatta, � del tutto apodittica ed � priva di qualsiasi riferimento ad elementi documentali o ad altre risultanze che possano apparire trascurati dalla detta Corte. Non si vede quindi in quale senso possa esercitarsi il sindacato di questo Collegio sulla motivazione della sentenza impugnata, che perci� si sottrae, sul punto, alla censi.l.ra mossale. Non pu� invece, alla stregua dei principi dianzi enunciati, essere condivisa la motivazione relativa aJ secondo profilo. Respingendo l'assunto de1l'Izzo sul solo rilievo che non fosse dimo . strata la necessit� di disporre proprio dalla somma controversa, la detta Corte non solo ha finito -come si � visto -con ['addossare alla parte l'onere di una prova negativa, ma ha trascurato dati di comune esperienza e non ha neppure considerato la possibilit� di trarre dai fatti a1legrati e dalla documentazione prodotta validi elementi di presunzione. Non ha considerato, cio�, n� 1se e quali illazioni potessero trarsi dal fatto notorio che le capacit� operative di una impresa sono direttamente influenzate dalla maggiore disponibilit� di denaro (specie in materia di appalto di opere pubbliche, .Ja cui assunzione importa per norma l'anticipazione di notevoli spese), n� quali conclusioni potessero desumersi, nei sensi di cui alle considerazioni dianzi esposte, da risultanze relative alla redditivit� netta dell'attivit� imprenditoriale dell'Izzo, ed in particolare dalle allegate occasioni di concorrere ad appalti del genere. Si rende necessaria pertanto, su questo punto, una nuova indagine ad opera di altro giudice, che uniformandosi ai principi sopra enunciati e valutando in base ad essi gli elementi acq�isiti e �le presunizoni che possano trarsi nonch� i dati di comune -esperienza, stabilisca se e quali utilit�, maggiori di quella assicurata dagli interessi legali, sarebbe derivata all'Izzo dall'impiego della somma che fosse stata tempestivamente pagata -(Omissis). - SEZIONE QUINTA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA CONSIGLIO DI STA',I'O, Se:Z. IV, 28 novembre 1978, n. 1102 -Pres. (ff.) Pezzana -Est. Carbone -AGIP (avv.ti Amici e Sivieri) c. Provveditorato regionale alle opere pqbbliche per il Piemonte (avv. Stato Favara) e I.A.C.P. d� Torino (avv.ti Criffa e Carusi). Appello T.A.R. Piemonte 20 aprile 1977, n. 159. Edilizia popolare ed economica � Istituti autonomi case popolari � Assegnazione e gestione alloggi � Controlli amministrativi � Competenza regionale in epoca anteriore al d.P.R. 616/1977 � Esclusione. Edilizia popolare ed economica � Istituti autonomi case popolari � Contratti di enti pubblici � Gestione e ristrutturazione di impianti . termici � Contratto a trattativa privata � Approvazione � Competenza del Provveditorato alle opere pubb�iche � Effetti. Giustizia amministrativa � Appello � Motivi di ricorso nuovi e diversi � Inammissibilit� � Sussiste. Edilizia popolare ed economica -Contratti di Enti pubblici � Trattativa privata -Limiti � Fornitura di prodotti petroliferi � Possibilit� di approvazione parziale � Effetti. Nel periodo anteriore all'emanazione del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 deve intendersi esclusa la competenza delle Regioni nel settore dei controlli amministrativi sull'attivit� degli Istituti autonomi per le case popolari, essendo limitata la potest� di controllo delle Regioni stesse alle sole materie previste dall'art. 117 della Costituzione e specificate nei singoli decreti di trasferimento di competenze statali (1). (1-4) Fattispecie interessante e decisione pienamente da condividere e sulla qu�le sembra opportuno meditare, posto che essa conferma ancora una volta la diffidenza con la quale anche il Consiglio di Stato guarda alla trattativa privata nei contratti pubblici. Converr� forse ricordare che i1 ricorso aUa trattativa privata (che pare godere ne1Ia prassi di un certo favore, specie in tema di acquisto di immobili, a volte faticosamente distinguibili da appalti di cose future) � ammesso solo nei casi tassativamente indicati dalla ,legge e cio� (art. 41 regolamento di contabilit� generale dello Stato): 1} quando gli incanti o le licitazioni siano andati deserti, o si abbiano fondate ragioni per ritenere che ove si sperimentassero andrebbero deserti; RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 300 In relazione all'ampio decentramento delle competenze ministeriali operato dall'art. 79 t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 legittimamente il Provveditorato regionale alle opere pubbliche nega l'approvazione della deliberazione di un Istituto autonomo per le case popolari concernente il ricorso alla trattativa privata per la stipula di contratti relativi alla gestione e ristrutturazione di impianti termici (2). I motivi di ricorso in sede di appello che rivestano il carattere di novit� o che divergano coniunque da quelli proposti in primo grado sono inammissibili (3). Posto che il ricorso alla trattativa privata per l'aggiudicazione di contratti stipulati da enti pubblici � ammesso solo quando sussistono circostanze eccezionali, tali da escludere la possibilit� di ricorrere ad altre forme di contrattazione, e ci� in conformit� al disposto degli artt. 6 r.d. 2) per l'acquisto di cose la cui produzione sia garantita da privativa industriale, o per la cui natura non sia possibile promuovere il concorso di pubbliche offerte; 3) quando si debba provvedere a1l'acquisto di macchine, strumenti od oggetti di precisione che una sola ditta pu� fornire con i requisiti tecnici e il grado di perfezione richiesti; 4) quando si debbano prendere in affitto locali destinati a servizi governativi; 5) quando l'urgenza dei lavori, acquisti, trasporti e forniture sia tale da non consentire findugio degli incanti o della licitazione; 6) in genere, in ogni altro caso in cui ricorrano speciali ed eccezionali circostanze per le quali non possano es�sere uti1mente seguite le altre forme. Inoltre, nei casi di cui sopra fa partico1are ragione che impone di ricorrere alla trattativa privata deve essere indicata nel decreto di approvazione del contratto e dimostrata al Consiglio di Stato quando sia richiesto il suo parere preventivo. ' La denominazione �trattativa privata� fa riferimento non alla circostanza di essere regolata da norme di diritto privato, bens� al fatto che -analogamente a quanto avviene per 1a licitazione privata -l'Amministrazione effettua preventivamente .La scelta dei suoi futuri contraenti, mentre nella procedura per pubblici incanti (o asta pubblica) chiunque risulti in possesso dei requisiti indicati nel bando � in condizione di partecipare alla gara. La massima libert� di forme, infine, distingue la trattativa privata dall'asta e dalfa li~itazione. privata (cfr. fusius BENNATI, Manuale di contabilit� di Stato, Napoli, 1970, 71 e sgg.; SANDULLI, Manuale di dirit.to amministrativo, Napoli, 1971, 445 e sgg.). Non sar� superfluo, infine, richiamare la nota (Irta a vo.Jte dimenticata) ratio della normativa suindicata che mira a far spuntare all'Amministrazione il prezzo pi� conveniente e vantaggioso, finalit� destinata a realizzarsi qualora sussista la possibilit� effettivi'\ di operare comunque una scelta fra pi� concorrenti (od offerenti) e ad essere invece irrimediabilmente frustrata quando l'Amministrazione acquista, ad esempio, a trattativa privata un erigendo edificio con le inevitabili, gravose conseguenze collegate ad aumento di prezzi, rivalutazioni monetarie, revisioni; :etc ... R.T. PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 301 18 novembre 1923, n. 2440 e 41 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, legittimamente l'organo di controllo sugli Istituti autonomi per le case popolari limita l'approvazione di un contratto di somministrazione di_prodotti petroliferi, stipulato nella forma della trattativa privata, solo al primo anno di f ornitura sulla preminente considerazione che solo limitatamente a tale primo anno pu� ritenersi sussistere l'urgenza idonea a giustificare il ricorso a tale eccezionale sistema di aggiudicazione (4). TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, Sez. I, 22 novembre 1978, n. 984 � Pres. Tozzi � Est. Piscitello -Soc. Officina Viberti (avv.ti Carbone e StelJa Richter) c. Ministero difesa (avv. Stato Ferri), Soc. S.I.R.M.A.C. (avv.ti Moscarini e Aufiero) e Soc. Romanazzi (n.c.). Contratti pubblici -Appalto-concorso -Impugnativa di una esclusione Rinnovazione della gara senza aggiudicazione -Improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse. Contratti pubblici � Appalto-concorso � Criteri di valutazione � Discrezio� nalit� della p.a. � Sussiste. Contratti pubblici � Appalto-concorso ~ Scelta fra i progetti � Criteri � Cor� rispondenza fra soluzioni offerte e previsioni di massima � Non � richiesta � Effetti. Nel caso di esclusione di una ditta da una gara di appalto concorso per ritenuta inidoneit� del progetto tecnico dalla stessa presentato, deve essere pronunciata l'improcedibilit�, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso proposto dalla ditta esclusa qualora l'Amministrazione, non ritenendo di aggiudicare la gara a nessuno dei concorrenti, proceda al rinnovo della procedura concorsuale, invitando a partecipare alla nuova gara anche la ditta ricorrente in precedenza esclusa (1). E' rimessa un'ampia discrezionalit� alla p.a. nella valutazione dei progetti elaborati dai concorrenti ad un appalto concorso, in relazione alle specifiche esigenze che la stessa p.a. a mezzo della gara pubblica ha inteso soddisfare (2). Fermo che non � necessariamente richiesta un'assoluta corrispondenza fra la soluzione offerta e le previsioni di massima contenute nel capitolato speciale di un appalto concorso, la Commissione tecnica e l'Amministrazione in sede di scelta del progetto ben possono tener conto di soluzioni che, pur travalicando i limiti indicati nel capitolato d'appalto, risultano idonee a soddisfare reali esigenze dell'Amministrazione anche in prospettiva futura (3). 302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MOLISE, 10 ottobre 1978, n. 77 -Pres. Jannelli -Est. Camozzi -Tabossi (avv. Di Benedetto) c. Regione Molise -Comitato controllo Enti locali (n.c.) e Soc. Romana Luminex (avv.ti Panariti e Fiorella). Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Firma � Sottoscrizione da parte del ricorrente del mandato in calce o a margine � Autentica� zione del difensore � Regolarit� � Sussiste. Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Obbligatoriet� della difesa tecnica � Necessit� di avvocato o -procuratore legale � Procura� tore iscritto in un albo lo~ale � Non � obbligatorio. Contratti pubblici � Appalto-concorso � Criteri di valutazione � Discrezio� nalit� nell'aggiudicazione � Sussiste � Effetti. Contratti pubblici � Appalto-concorso � Aggiudicazione Discrezionalit� della p.a. � Sussiste � Richiesta di esecuzione di varianti � Legittimit� � Trattative con l'offerente anche sugli aspetti finanziari � Ammissi� bilit� � Sussiste. Contratti pubblici � Appalto-concorso � Aggiudicazione � Obbligo � Esclusione � Fattispecie � Contratto �ccessivamente gravoso sotto il profilo finanziario. Contratti pubblici � Appalto-concorso � Procedimento � Momento della con� elusione � Scelta del progetto � Esclusione � Stipulazione e approva� zione � Necessit� � Sussiste. Per effetto del rinvio contenuto -nell'art. 19, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, trova applicazione anche ai ricorsi proposti innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali l'art. 35 del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, concernente le formalit� inerenti alla sottoscrizione dei ricorsi al Consiglio di Stato, formalit� che si intendono soddisfatte allorch� il ricorrente sottoscriva un mandato in calce o a margine del ricorso e il suo difensore autentichi tale sottoscrizione, irrilevanti essendo -sotto l'indicato profilo -sia il contenuto che l'ampiezza del mandato (4). Per effetto dell'art. 19, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (a norma del quale risulta sancita l'obbligatoriet� della difesa tecnica anche innanzi ai T.A.R.), la legittimazione alla rappresentanza in .giudizio della parte � attribuita all'avvocato o al procur.q.tore legale nel rispetto delle competenze territoriali fissate ai sensi del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (artt. 4 e segg.);. peraltro non � previsto l'obbligo del ministero di un procuratore legalmente esercente e iscritto in un albo locale, stante l'inapplicabilit� ai giudizi innanzi al T.A.R. della normativa di cui all'ar PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 303 ticolo 82, terzo cornma, c.p.c., dettato solo per i giudizi innanzi ai Tribunali e alle Corti d'appello e pertanto non identificabile con una ,norma processuale generale (5). A differenza di quanto stabilito per le gare per i pubblici incanti o di licitazione privata, nelle procedure di appalto concorso non sussiste alcun obbligo di procedere comunque all'aggiudicazione dei lavori al migliore offerente, conservando di contra la p.a. un ampio potere discrezionale sia in ordine alla valutazione co"!lparativa delle offerte formulate sotto il profilo della capacit� e seriet� delle ditte offerenti, sia in ordine alla maggiore o m~nore rispondenza alle finalit� perseguite dei risultati della gara stessa (6). Cos� come del tutto legittimamente in una procedura di appalto concorso PU:_� essere subordinata l'aggiudicazione del contratto all'esecuzione di varianti, necessarie spesso per realizzare appieno la collaborazione pi� fattiva fra industria privata e Amministrazione, altrettanto ammissibile appare l'esigenza di intavolare trattative con l'offerente prescelto al fine di definire non solo la parte tecnica ma altres� l'aspetto finanziario e delle forniture (7). Qualora il progetto prescelto in un appalto concorso risulti eccessivamente oneroso dal punto di vista finanziario, anche se rispondente sotto il profilo tecnico, del tutto legittimamente la Commissione investita del relativo potere decisorio pu� soprassedere all'aggiudicazione (8). La procedura di appalto concorso, in analogia con la trattativa privata, trova la sua conclusione nella stipula e approvazione del contratto, non gi� nella semplice scelta del progetto (9). 'fRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, Sez. I, 29 novembre 1978, n. 995 -Pres. Tozzi, Est. Elefante -Cancrini (avv.ti Pizzuti e Rienzi) c. Universit� d~gli studi di Roma (avv. Stato Siconolfi), Pescotti (avv. Ca:savola) e Armando (avv. D'Agostino). Insegnante universitario -Incarichi � Attribuzione � Criteri �� Compara� zione fra appartenenti a categorie diverse � TitoU scientifici � Limiti � Effetti. U-9) cfr; in termini T.A!R. Lazio II rSez., 20 ottobre 1976, n. 600, in I Tribunali Amministrativi Regionali 1976, I, 3594; Cons. St. Sez. IV, 3 marzo 1961, n. 157, in Il Consiglio di Stato 1961, I, 442; Sez. V, 24 marzo 1972, n. 205, ivi 1972, I, 419. 304 RASSEGNA DELL'AVVOCATuRA DELLO STATO Insegnante universitario -Incarichi -Attribuzione -Criteri -Candidati inse� riti nella medesima categoria -Qualit� di studioso della materia � Rapporto fra aspiranti interni e aspiranti esterni � Effetti -Contributi originali alla disciplina. Per effetto dell'art. 4 d.l. 1� ottobre 1973, n. 580 (conv. nella l. 30 no� vembre 1973, n. 766) il legislatore ha innovato la disciplina del conferimento degli incarichi universitari con conseguente limitazione dei poteri discrezionali delle Facolt�, posto che per l'attrib,uzione dei nuovi incarichi rispetto al criterio, un tempo prevalente, del maggior merito scientifico dell'aspirante, deve ritenersi fondament_ale criterio di selezione quello della ripartizione dei candidati in una delle cinque categorie dalla legge indicate in ordine preferenziale, con la conseguenza che l'appartenenza ad una categoria di grado pi� elevato preclude la possibilit� di ogni comparazione con appartenenti ad altre categorie e impone l'obbligo per la Facolt� di scegliere l'appartenente alla categoria poziore (1). Nel caso di candidati al conferimento di un incarico universit_ario, inseriti tutti nella stessa categoria, occorre tener presente ai fini della scelta il criterio, un tempo prevalente �e ora sussidiario, della maggiore idoneit�, desumibile dal maggior merito didattico-scientifico del concorrente; pertanto anche per gli aspiranti interni pu� aver rilievo il requisito della qualit� ulteriore di studioso che abbia arrecato con le sue pubblicazioni contributi originali alla disciplina, qualit� che costituisce requisito di idoneit� per gli aspiranti esterni per i quali essa non rappresenta elemento aggiuntivo, ma indispensabile ai fini dell'ammissione a concorso, e ci� sulla base del rilievo che, trattandosi di soggetti estranei all'Universit�, si ritiene la presumibile mancanza di capacit� didattiche compensabile solo con il possesso di� spiccate capacit� scientifiche che ne consentano l'inserimento nella categoria dei docenti universitari (2). (1-2) La esistenza o meno di contributi originali alla disciplina da parte del concorrente ritenuto � studioso � � requisito indispensabile, richiesto dal l'art. 4 del dJ. n. 580/1973. Per costante giurisprudenza degli organi della giuri� sdizione amministrativa, trattasi di valutazione di merito demandata al Consiglio di Facolt�, particolarmente insindacabile in sede di legittimit�, salvo macro scopici ed evidenti errori (cfr. ad es. T.A.R. !Sicilia 8 luglio 1976, n. 269 in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1976, I, 3180), e non potrebbe invero essere diversamente. La legge richiede al n. 3 dell'art. 4 del citato dJ. 580 due requisiti: a) essere uno studioso; b) avere recato con le proprie pubblicazioni contributi originali alla disciplina; � evidente, pertanto, che lo studioso non si identifica affatto con colui che ha recato contributi originali alla disciplina; nella definizione di studioso, cio�, non risulta affatto implicito il riconoscimento deLla origi nalit� dei contributi; cosicch� al Consiglio di Facolt� .spetta una duplice valu tazione: soggettiva, del candidato (studioso); oggettiva, sulla originalit� dei contributi del lavoro di studioso dallo stesso candidato svolto (cfr. in termini T.A.R. Piemonte, 18 gennaio 1978, n. 17, ivi, 1978, I, 955). SEZIONE SESTA GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 53 -Pres. Falletti Est. Battimelli -P. M. Dettori (conf.) -De Luca (avv. Camber) c. Mi nistero delle Finanze (avv. Stato Viola). Imposta di registro -Sentenza che dichiara la simulazione assoluta -E' immediatamente tassabile come atto di rltrasferimento -Impugnazione Irrilevanza -Successiva riforma -Rimborso. (r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 17, 68, 72 e tariffa A, art. 120). La sentenza che dichiara la simulazione assoluta di un trasferimento � soggetta all'imposta dell'art. 68 dell'abrogata legge di registro e 120 della tariffa A in quanto opera il ritrasf erimento del bene non come contenente enunciazione ex art. 72; essa � immediatamente tassabile bench� impugnata, non potendosi parlare per le sentenze di atto sottoposto a condizione sospensiva a norma dell'art. 17, salvo il diritto al rimborso a seguito di riforma della sentenza secondo il principio introdotto con la sentenza della Corte Costituzionale 29 dicembre 1972, n. 200 (1). (Omissis). -Il primo motivo di ricorso, con cui si sostiene che la sentenza che accerti la simulazione assoluta di atto di trasferimento di immobili non sia immediatamente tassabile, ma sia soggetta alla condizione sospensiva del passaggio in giudicato per difetto di impugnazione, � infondato. Va chiarito infatti che nel caso di ,specie non si � in rpresenza di una tassazione della sentenza per enunciazione in essa contenuta in un atto di trasferimento o ritrasferimento, bens� per il fatto che la stessa senten~ za, per gli effetti che essa provoca di far venir meno il trasferimento contenuto nell'atto simulato, e di operare un nuovo trasferimento del bene a favore del simulato alienante, poich� ai fini fiscali ha rilevanza solo ci� che direttamente discende ,~fa un atto, ossia gli effetti immediati che esso produce, indipendentemente dalle sue successive vicende, cos� (1) Decisione di evidente esattezza. Sul punto che la dichiarazione di simulazione assoluta equivale a retrocessione la giurisprudenza � pacifica (Cass., 28 gennaio 1974, n. 229, in questa Rassegna, 1974, I, 488, con richiami). La sentenza della Corte Costituzionale che ha introdotto il criterio della riliquidazione (o totale rimborso) dell'imposta di titolo dopo la riforma della sentenza subito assoggettata ad imposta, � pubblicata in questa Rassegna, 1972, I, 1055. Come � noto ,questo criterio � stato ora accolto dal legislatore della riforma (art. 35 d.PJR.. 26 ottobre 1972, n. 637). RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO come l'atto simulato a suo tempo aveva prodotto gli effetti del trasferimento, assoggettabili ad imposta di registro (e ai fini della tassazione non ha 1mportanza che poi, a seguito del giudizio, tale trasferimento sia venuto �meno), allo ste~so modo la sentenza, dichiarando la simulazione, aveva prodotto l'effetto di un nuovo trasferimento e diveniva di per s�, e non per enunciazione di altro atto, il titolo tassabile come produttivo di deternlinati effetti: effetti che, ai fini dell'imposta di registro, erano quelli potenziali t�lpici dell'atto, indipendentemente dalla loro possibilit� di immediata realizzazione. L'imposta in questione, pertanto, non � quella prevista dall'art. 72 della legge organica di registro del 1923, vigente all'epoca della tassazione, bens� essa � dovuta a sensi dell'art. 68 della legge medesima e delil'art. 120 della Tariffa allegato A, parte seconda, della medesima legge, e fu applicata all'atto della registrazione in quanto ia sentenza registrata comportava, come previsto dal citato art. 120, una trasmissione a titolo oneroso della propriet� dell'immobile. N� all; sentenza poteva applicarsi la norimativa de1l'art. 17 della stessa legge organica, regolante la tassazione di atti sottoposti a condizione sospensiva, in quanto detta norma disc�lplina la tassazione degli atti o contratti, non anche del.le sentenze, per le �quali non � ipotizzabile una condizione sospensiva contenuta nell'atto stesso, dipendendo l'esecutoriet� della sentenza (cio� Ia produzione in concreto deg1i effetti che comunque la sentenza in s� e per s� � idonea a produrre) non dal complesso delle sue disposizioni, bens� da un {atto estraneo alla sentenza, e posteriore a1la sentenza stessa, quale l'acquiescenza o meno delle parti o .la proposizione di impugnazione ammissibile; il che � confermato dal fatto che gli� articoli della legge organica del 1923, disciplinanti la tassazione delle. sentenze, non distinguevano affatto fra 1sentenze provvisoriamente esecut~ve o meno, confernlando con d� il principio fondamentale de1l'imposta di registro, che � imposta di atto e che, come tale, va pagata per la semplice potenzialit� di un atto, nel momento in cui � perfetto, di produrre deteriminati effetti, senza 1che alcuna importanza possano avere al momento della tassazione eventuali future vicende dell'atto stes~o (salvi delimitati e tassativi casi, espressamente previsti e la cui disciplina non � applicabile in via analogica ad ipotesi diverse). Un correttivo a tale sistema di tassazione va pertanto ricercato non nella sospensione dell'obbligo di pagamento dell'imposta proporzionafo, bens� nella.possibilit� per il contribuente di chiedere la restituzione dell'imposta pagata, una volta che!.... all'esito definitivo del giudizio, in conseguenza di riforma della sentenza traslativa originariamente tassata, non possano piu verificarsi gli effetti propri�della sentenza stessa: correttivo, questo, che, originariamente previsto per le sentenze solo nella limitata ipotesi di cui al n. 1 dell'art. 14 della legge di registro, � oggi a disposi PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 zione del contribuente per ogni tipo di sentenza, in base alla pronunzia della Corte Costituzionale (sent. n. 200 del 29 dicembre 1972) che ha dkhiarato fillegittimit� costituzionale degli artt. 12 e 14 della legge di registro del 1923 per la parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia riformata la sentenza con cui si attua il trasferimento di un diritto, con ci� implicitamente riconoscendo la legittimit� della pretesa di immediata tassazione della sentenza traslativa. L'imposta, pertanto, fu rettamente applicata al momento della registrazione, in base agli �effetti che a quel momento (unico rilevante) discendevano dalla sentenza, senza che potesse applicarsi il disposto dell'art. 17, non operante, nel caso di specie, per quanto innanzi gi� osservato (Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 55 -Pres. Iannuzzi Est. Cantillo -P. M. Raja -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cevaro) c. Pagliuzzi tavv. Fubini). Imposte e tasse in genere � Rappresentanza del contribuente -Procura Revoca o estinzione � Effetti verso lAmministrazione. (e.e., art. 1396). Gli effetti della modificazione, della revoca e della estinzione della procura non sono opponibili al terzo che non ne abbia avuto conoscenza e ci� sia per gli atti compiuti dall'apparente rappresentante non pi� .munito di procura sia per gli atti compiuti da terzi nei suoi confronti. Sia nel casq di revoca o modificazione della procura per atto di volont� sia nel caso di estinzione per fatto obiettivo, deve essere provata la conoscenza da parte del terza (applicazione all'ipotesi di atto del procedimento tributario compiuto dall'apparente rappresentante e. di successivo atto di accertamento ad esso intimato) (1). (Omissis). -Sotti Emilia, vedova di Nemore M�ida, deceduto il 28 maggio 1954, per la definizione delle questioni fiscali relative alla successione del marito, nomin� sua proouratrice speciale la signora Virano Dina iri"-Torti, la quale, nel giudizio relativo al valore dei beni caduti in successione, dopo aver proposto ricorso alla Commissione provinciale, l'8 gennaio 1964 rinunzi� al gravame e pag� l'imposta complementare; e ci� sebbene la sua mandante fosse deceduta fin dal 4 luglio 1960. (1) La decisione di molto interesse risolve con .la norma sostanziale di diritto comune (art. 1396 e.e.)" uno degU aspetti del problema, che spesso si presenta, �de11a validit� deg1i atti del procedimento tributario formati e notificati dopo la morte del contribuente ignorata dall'Amministraz~one. La deci7 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 308 Il 10 marzo_ 1965 l'U~ficio intim� ingiunzione per il pagamento degli interessi su tale tributo, in poco pi� di lire 3.000.000, notifkandola alla Scotti presso fa procuratrice Torti. Questa present� ricorso alla Commis sione provinciale di Torino, la quale lo dichiar� inammissibile perch� proposto da soggetto ormai privo di l�gittimazione, stante il decesso della mandante. , L'Ufficio pertanto notific� altra ingiunzione per la stessa causale .agli eredi della Scotti, i quali proposero opposizione giudiziaria innanzi a.il Tribunale di Torino eccependo la prescrizione del .credito delia finanza, ai sensi dell'art. 2948 n. 4 e.e., essendo decorsi pi� di 5 anni dall'epoca in cui era stato corrisposto iJ tributo, cio� del1'8 gennaio 1964, a quello in cui l'ingiunzione era stata ad essi notificata; nel merito, poi, contestarono che fossero dovuti gli interessi e che questi potessero essere richiesti solidalmente, anzich� pro quota. L'Amministrazione sostenne che il corso della prescrizione era stato interrotto dalla notifica dell'ingiunzione effettuata il 30 aprile 1965 alla procuratrice della Sotti, la quale intimazione doveva ritenersi valida per ch� l'estinzione della procura per morte de1la mandante non poteva essere opposta ad essa Amministrazione, ai sensi dell'art. 1396, avendo in buona fede ignorato il decesso, a1meno fino al deposito della decisione della Commissione Provinciale. Il Tribunale accolse l'opposizione limitatamente alla ripartizione del cr:edito portato dall'ingiunzione, escludendo, cio�, la solidariet� nel debito. La sentenza veniva riformata, con sentenza del 28 novembre 1975, dalla Corte di appello di Torino, la quale, riteneva prescritto il diritto dell'Amministrazione. Osservava che la notifica dell'ingiunzione effettuata il 30 aprile 1965 alla Sotti presso la sua procuratrice doveva ritenersi invalida per due mdini di considerazioni: in primo luogo, perch� fa Sotti all'epoca era deceduta da tempo, sicch� l'ingiunzione avrebbe dovuto essere notifi sione � ineccepibile. Si pu� tuttavia aggiungere che, anche in relazione a fat- tispecie diverse, sono rilevanti sul probl�ma anche norme e regole di natura procedimentale: non potendo l'Amministrazione_ continuamente verificare l'esi steru.a in vita dei contribuenti verso cui pendono procedimenti, � imposto agli eredi deL contribuente il dovere di dichiarare 1a morte e di indicare le generalit� e i1 domicilio fiscale (art. 65 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) e in mancanza della dichiarazione -l'accertamento pu� essere intestato alla persona defunta e notificato nel suo ultimo domicilio (Cass., 6 dicembre 1974, n. 4041, in questa }Jassegna 1975, I, 214, con richiami; v. anche Relazione Avv. Stato, 1970-75, II, 536 e 582). Questo dovere del contribuente di dichiarare la morte e gli altri cambiamenti di status, vale anche agli effetti della nomina del procuratore (e deH':elezione di domicilio), quanto meno al fine di avvalorare l'affermazione deHa sentenza eh~ deve essere data la prova della conoscnza da parte dehl'Amministrazione dell'atto o fatto che toglie efficacente alla rap presentanza. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA cata agli eredi e nel domicilio di ciascuno di essi; in secondo luogo, perch� l'ingiunzione era stata notificata nel domicilio della mandataria Torti dopo l'estinzione del mandato e sebbene nella procura del 1954 Ja mandante non avesse eletto domicilio presso di lei. La notifica, quindi, risultava effettuata i? un luogo privo di qualsiasi collegamento con quello di residenza, dimora o domicilio della destinataria e perci� doveva considerarsi inesistente, tanto pi� che in nessun cas� l'atto poteva� raggiungete il suo scopo, stante il decesso della Sotti. Quando, poi, al richia!).10 all'art. 1396 e.e., la Corte osservava che l'onere di provare l'ignoranza della causa di estinzione della rappresentanza incombe a colui che invoca la buona fede; e nella specie--questa prova non era stata� data dall'Amministrazione dovendosi �presumere, anzi, che avesse per propria colpa ignorato la morte della Sotti. Infatti, poich� l'art. 84 della Jegge sulle successioni del 1923 faceva obbligo agli uffici dello Stato. civile di dare comunicazione dei decessi all'Amministrazione finanziaria, doveva ritenersi che anche Ja morte della Sotti fosse stata comunicata al competente ufficio delle imposte. Inoltre, a seguito del decesso, era stata presentata denunzia di successione relativa agli stessi b~ni che formavano oggetto della. successione del marito e perci� era inverosimile che, quanto meno in .questa occasione, l'Amministrazione non fosse venuta a conoscenza dell'evento. La Corte osservava, infine, che l'art. 1396 si riferisce, ai fini della tutela dell'affidamento,. agli atti compiuti dal rappresentante dopo �l'estinzione del potere di rappresentanza e non gi� a quelli compiuti dal terzo, sicch� nella concreta vicenda la disposizione non poteva comunque essere invocata dall'Amministrazione finanziaria. Questa ha proposto ricorso affidato a cinque mezzi di annullamento. Res!stono gli eredi della Sotti con controricorso e memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Il primo e terzo motivo di ricorso vanno esaminati insieme perch� con entrambi si censura l'interpretazione dell'art. 1396 comma secondo cod. civ. recepita dall~ sentenza impugnata, a11a quale si rimprovera di avere ritenuto che la novma sia applicabile soltanto agli atti compiuti dal rappresentante dopo l'estinzione della procura, non anche a quelli posti in essere nei suoi confronti dai terzi; e che -divevsame:p.te da quanto stabilito nel primo comma della disposizione -incomba a costoro l'onere di dimostrare di avere ignorato senza colpa l'estinzione della procura. Sostiene l'amministrazione ricorrente, sotto il primo profilo, che le regole disciplinanti H potere rappresentativo si applicano alla rappresentanza passiva come a quella attiva, n� alcuna distinzione in proposito introduce la norma in esame; e, sotto il secondo pro.filo, che questa 310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO � dettata allo scopo di tutelare, i terzi di buona fede quando fa procura I venga modificata o si estingua e che pertanto, tanto nelle fattispecie di �: cui al primo comma quanto in quelle di oui al secondo comma, incombe ~ al rappresentato o ai suoi aventi causa di dimostrare che i terzi cono:'. scessero o dovessero conoscere (secondo l'ordinaria diiligenza) le vicende suddette. La censura � fondata. I ~ L'art. 1396 cod. dv. stabilisce i limiti in cui le vicende modificative ed estintive della procura sono rilevanti nei confronti dei � terzi � (rispetto al rapporto di rappresentanza), che -come altre volte ha ,chiarito questa Corte Suprema (sent. n. 915 del 4 aprile 1970) -sono i soggetti con i quali il rappresentante deve svolgere l'attivit� giuridica (negoziale o non negoziale) oggetto dell'incarico a lui affidato dal rappresentato, in vista di un rapporto da costituire o nell'ambito di un rapporto gi� esistente. La ragionevole opinione di tali soggetti circa la persistenza e l'identit� dell'incarico gestorio, generata dalla mancanza di mezzi predisposti per I informarli dei fatti modificativi o estintivi dello stesso, viene tutelata dalla norma dando la prevalenza alla situazione giuridica apparente su quella reale quando il terzo non abbia avuto 1conoscenza o non sia stato I posto in grado di ,conoscere i fatti suddetti, che vengono pertanto dichia I ~ rati inoperanti nei suoi confronti. .�Ci� in applicazione del principio -connesso con l'autonomia privata -del rischio per l'altrui affidamento, in quanto nella situazione suddetta il soggetto che si avvale dell'istituto della rappresentanza volontaria, quale strumento di espan I sione della sua attivit� giuridica, deve sopportare le conseguenze dell'in I! colpevole affidamento dei terzi nella persistente legittimazione del rappresentante tdovuto a deficienze dell'istituto medesimo). ~ Ora, � anzitutto privo di fondamento il convincimento della Corte i di merito per cui la norma sarebbe applicabile soltanto all'attivit� svolta, ! suocessivamente alla modifica o all'estinzione della procura, dal rappre; ; sentante (apparente) nei confronti dei terzi (c.d. rappresentanza attiva) e non a quella di costoro nei confronti del rappresentante (c.d. rappresentanza passiva). La distinzione non risulta dall'art. 1396 cod. civ., che, dichiarando inopponibili -nelle condizioni ivi previste -fo cause modificative ed estintive della procura, 1sancisce la totale irrilevanza di queste nei confronti dei terzi, per i quali, quindi il rapporto di rappresentanza continua ad essere operante ad ogni effetto, indipendentemente-dalla circostanza ,che destinatari dell'attivit� giuridica siano gli stessi terzi o il rappresentante e perci� anche per gli atti compiuti dai primi nell'ambito del rapporto o dei rapporti ai quali si riferisce fa procura. La limitazione, poi, � priva di fondamento razionale, giacch� la rilevata finalit� della disposizione sarebbe in notevole parte elusa se questa non si applicasse agli atti compiuti dai terzi, nel cui interesse � dettata. ! PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Infine, va osservato che nei rapporti fra mandante e mandatario l'efficacia delle cause estintive � relazionata alla conoscenza delle stesse da parte del secondo (art. 1729 cod. civ.); e poich� cos� risulta l'intento del legislatore di regolare in base allo stesso principio l'opponibilit� di tali cause all'interno e all'esterno del rapporto gestorio (come, del resto, gi� faceva l'art. 1762 cod. dv. 1865), anche per questa via deve essere negata la discriminazione operata dalla sentenza impugnata, che senza alcuna valida ragione sottrarrebbe a1l'anz1detta disciplina una consistente categoria di atti. Del p�ri agevolmente si coglie l'errore in cui � incorsa la Corte per avere ritenuto che, nelle ipotesi_ di cui al secondo comma del.l'art. 1396, competa ai terzi l'onere di dimostrare l'ignoranza incolpevole delle cause estintive della procura. La norma distingue le modificazioni oggettive e la revoca della procura, cio� le vicende dipendenti da una determinazione volitiva del rappresentato successiva al conferimento del potere rappresentativo (primo comma), dalle cause estintive risultanti dal titolo della rappresentanza o indipendenti dalla volont� del rappresentato (secondo comma; si tratta delle fattispecie estintive di cui ai nn. 1, 3 e 4 dell'art. 1722). Nelle ipotesi del primo tipo, si esige che le successive istruzioni impartite dal dominus al rappresentante e la revoca dell'incarico siano portate a conoscenza del terzo con mezzi partecipativi idonei, adeguati, cio� alla condizione dei soggetti ed al.l'indole del rapporto; in mancanza, esse non spiegano effetti, tranne che il t~rzo ne abbia avuto aliunde conoscenza lalla quale deve essere equiparata, secondo l'orientamento prevalente, la possibilit� di conoscenza). Sul piano probatorio, quindi, come riconosce anche la sentenza impugnata, spetta al rappresentato l'onere o di dimostrare di avere provveduto in modo adeguato alla comunicazione suddetta, realizzando le condizioni di conoscibilit� della modifica o della revoca da parte del terzo, ovvero di provare che questi conosceva . o poteva conoscere tali eventi. In relazione alle altre vicende estintive del potere di rappresentanza, invece, la norma non richiede alcuna forma di partecipazione a carico del rappresentato, siccome non si tratta di atti negoziali da lui compiuti, ma o di fatti conosciuti o conosdbiH dai terzi in base alla procura (scadenza del termine, compimento dell'affare, etc.) o di eventi indipendenti dalla volont� del rappresentato medesimo (morte o sopravvenuta incapacit� dello 'stesso o del rappresentante, rinunzia ai mandato etc.). Ma questa diversit� di natura e di disciplina delle cause estintive non giustifica affatto il diverso regime provatorio ipotizzato dalla sentenza impugnata. Anche per esse, infatti, la norma dispone che � non ,sono oppo� nibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate�, tenendo cos� fermo il principio, costituente il supporto della disciplina di cui all'ipotesi prece 312 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO dente, che Ie cause estintive operano soltanto se l'affidamento del terzo sia mancato o sia dipeso da sua colpa. Si richiede, cio�, la conoscenza effettiva del fatto estintivo la presenza di circostanze contrastanti con l'apparente persistenza dell'incarico, tali che il terzo avrebbe dovuto e potuto prendere conoscenza del mutamento; nelle quali ipotesi, venendo meno la sua buona fede, cade la stessa ragione di attribuire rilievo giuridico alla situazione apparente e -di privilegiare finteresse del terzo rispetto a quello del rappresentato o dei suoi aventi causa. In sostanza, nel primo come nel secondo comma, la norma eleva a presupposto di efficacia della fattis�pecie estintiva della rappresentanza, nei riguardi dei terzi (ed anche dello stesso mandatario, ex art. 1729), la conoscenza o conoscibilit� dell'evento. E d� comporta, secondo gli ordinari principi sull'onere probatorio, che incombe al rappresentato o ai suoi aventi causa di dimostrare il perfezionamento della fattispecie, provando l'effettiva conoscenza o i presupposti della conoscibilit�, cio� le civcostanze che escludono l'apparenza e, quindi, l'affidamento. In base a questo principio, nella specie, l'onel'e di dare la prova che l'Amministrazione finanziaria avesse conosciuto o fosse in grado di cono . scere l'estinzione della procura, per l'avvenuto decesso della Sotti, incombeva agli eredi di quest'ultima e non alla medesima Amministrazione, come erroneamente ha ritenuto la Corte di appello. E questo errore inficia, manifestamente, anche 1a successiva indagine svolta in proposito, giacch� gli elementi segnalati come idonei a far presurriere la conoscenza dell'evento da parte dell'Amministrazione risultano addotti per escludere che questa avesse ottemperato all'onere di prova ipotizzato a suo carico, non per affermare positivamente l'esistenza di tale conoscenza o di una situazione di conoscibilit� (come risulta, fra l'altro dalla frase, introduttiva dell'indagine, �se una presunzione � ricavabile dagli atti, questa � a favore delle contribuenti�) -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 gennaio 1979, n. 228 -Pres. Iannuzzi Est. Sandulli -,P. M. Pedace (con:li.) -Opera pia per l'assistenza climatica all'infanzia (avv. Carboni Corner) c. Ministero delle Finanze tavv. Stato Soprano). Imposta sui fabbricati -Edificio di opera pia adibito statutariamente a ricovero gratuito di bambini -Non suscettibilit� di reddito � Tassabilit� � Esclusione. (t.u. 29 gennaio 1968, n. 645, art. 69). Un fabbricato di un'opera pia adibito a ricovero gratuito di bambini non � soggetto all'imposta sui fabbricati in quanto insuscettibile di red PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 313 dito agli effetti dell'art. 69 del t.u. sulle imposte dirette, quando tale destinazione risulti dallo statuto dell'ente approvato con decreto del Presidente della Repubblica (1). (Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente denunciata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 53 cost., 1 della fogge 26 gennaio 1865, n. 2136; 69 del t.u. 29. gennaio 1958, n. 645; 2, 3 e 4 del d.P.R. 24 dicembre 1954, n. 1521; della legge 17' luglio 1890, n. 6972; in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. -sostiene che -essendo adibiti gli stabili di sua propriet�, per vincolo statutario, a ricovero (gratuito) dei bambini poveri della provincia �di Milano, bisognosi di cura, non sia dovuta l'imposta sui fabbricati, in quanto gli edifici, essendo destinati per disposizione ,statutaria ad attivit� non suscettibile di reddito, non sarebbero soggetti_ a tassazione. La censura � fondata. Secondo l'opinione della Commissione Tributaria Centrale, non 'sarebbero assoggettabili all'imposta sui fabbricati soltanto gli stabili inidonei, per loro natura (materiale) intrinseca, ad utilizzazione economica. Secondo la ricorrente, invece, l'imposta sui fabbricati sarebbe inapplicabile anche nell'ipotesi in cui, per destinazione fissata dal .diritto obiettivo, non sussisterebbe possibilit� di trarre un :reddito dagli edifici. Fra le due posizioni questa Corte ritiene che meriti adesione fa tesi della ricorrente. Il problema di fondo che si pone � se sia (o meno) dovuta, a norma dell'art. 69 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte dirette), l'imposta sui fabbricati per gli stabili di un'opera pia (istitu zione di assistenza e benefidenza) che siano privi di redditivit� per (1) La decisione non pu� essere condivisa n� sul punto oggettivo della incapacit� di reddito di un fabbricato adibito ad un uso infruttuoso n� sul punto della natura normativa, con ri1evanza esterna, dello Statuto approvato con d.P.R. L'espressione dell'art.� 69 del t.u. sulle imposte dirette (conforme a quella dell'art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) �suscettibile di reddito autonomo ,, ha tradizionalmente un significato ben diverso da qu�l!lo assunto ne11a sentenza in nota. La � suscettibilit� di reddito� � intesa prevalentemente in correlaiione alla �autonomia�, nel senso cio� che non sono soggetti al!la specifica imposta i fabbricati strumentali per la produzione di un reddito diverso (dominicale e agrario o di impresa). Potrebbe in tesi immaginarsi. una insuscettibilit� oggettiva assoluta, ma questa si identifica con le ipotesi di esclusione espressamente previste nel.l'art. 77. Fuori di queste ipot�si, la redditivit� (reddito medio ordinario) � determinata oggettivamente e indipendentemente da qualunque destinazione, anche vincolata, e da un rendimento effettivo. Sono quindi soggetti all'imposta i fabbricati del patrimonio indisponibile e perfino quelli del demanio fruttifero che pure hanno un vincolo di destinazione ben pi� marcato di queHo (privatistico) di una norma statutaria. L'uso 314 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO esserne adibiti a ricovero di bambini poveri, gracili e bisognosi di cure, ~: in forza di una disposizione normativa contenuta nello Statuto dell'ente approvato con decreto del Presidente della Repubblica. Intimamente collegato ad esso � il quesito se lo Statuto di un ente pubblico approvato con decreto presidenziale integri un atto di normazione tsecondaria) avente forza di Iegge, con l'implicazione che� le norme in esso wntenute siano norme giuridiche di diritto pubblico, aventi rilevanza anche nei confronti dei terzi con i quali l'ente venga in relazione. Ai fini della disamina delle questioni delineate occorre muovere dai dati normativi. A norma dell'art. 69, comma primo del d.P.R. 28 gennaio 1958, n. 645, l'imposta sul reddito dei fabbricati � dovuta per le costruzioni stabili (di qualunque specie e destinazione) che siano �suscettibili di reddito autonomo�. Ai sensi dell'art. 4 dello Statuto dell'Opera Pia ricorrente, approvato con decreto presidenziale 24 dicembre 1954, n. 1521, �i fabbricat'i dell'istituzione, siti in Comune di Selvino, sono adibiti (per destinazione prefissata) a ricovero dei bambini poveri della provincia di Milano, bisognosi di cure�. In base a tali statuizioni normative, si tratta, quindi, di stabilire se gli edifici destinati per l'ordinam�nto statutario dell'ente di assistenza e beneficienza a ricovero gratuito dei bambini poveri possano considerarsi, ai sensi ed agli effetti dell'art. 69 del t.u. n. 645 del 1958, privi di redditivit� (ex lege) e, pertanto, non assoggettabili all'imposta sul reddito dei fabbricati. E' noto che, secondo i .principi generali del nostro sistema tributario, l'imposta sui fabbricati ha carattere reale e colpisce >l'edificio in relazione al reddito che esso � suscettibile di produrre, ossia con riferimento al de1 fabbricato in un modo particolare non ne esclude di certo la redditivit�. Ben altro � il tenore della sent. citata nel testo, 7 settembre 1970, n. 1286 (in questa Rassegna, 1970, I, 892) che ha riconosciuto soggetti all'imposta gli �difici scolastici. Ancor meno convincente � J'affermazione che lo statuto di un'opera pia approvato con d.P,R.., sia un atto di normazione secondaria avente forza giuridica di legge anche nei confronti dei terzi. Quale che possa essere l'efficacia vincolante dello statuto per l'ente, � certo che n� J'atto deliberato daLl'ente stesso, ne il d.P.R. di approvazione hanno valore normativo e meno che mai valore di normazione secondaria agld effetti tributari. Sarebbe veramente grave ammettere che ogni attivit� amministrativa di contro!J.o o vigilanza conferisca � forza giuridica� di legge ad ogni atto di autonomia privata. Giova ricordare che riguardo al problema, per qualunque aspetto assimilabile, delta destinazione vincolata degli avanti di gestione, la SJC, ha sempre escluso ogni rilevama del vincolo nascente dagli statuti comunque approvati, anche per gti enti pubblici con bilancio soggetto ed approvato statale (Cass., 28 giugno 1978, n. 3196 e 22 settembre 1978, n. 4248, in questa Rassegna, 1978, I, 636 e 1979, I, 193). '~ I I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA reddito potenziale ritraibile (in base a qualsiasi ipotizzabile destinazione), e che, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema (cfr. sent. 7 settembre 1970, n. 1286) m�ntre � del tutto irrilevante, ai fini dell'assoggettabilit� all'imposta sui fabbricati, l'improduttivit� di reddito che dipenda non dall'obiettiva natura della costruzione, ma dalla volontaria destinazione del bene da parte del soggetto disponente, il tributo sul reddito dei fabbricati deve ritenersi escluso quando una destinazione inidonea alla redditivit� (con divieto implicito di mutazione) sia imposta dalla legge (come, ad esempio, in ordine ai beni sottoposti al regime di demanialit�), la quale non �consenta una uti1izzazione del bene per un uso produttivo di reddito. Per modo che, alla stregua del princip�o, secodno cui non sorge imposizione se non c'� produttivit� potenziale del reddito -che questa Corte ritiene di dover ribadire -l'unico profilo da risolvere, nel caso di specie, resta quello se nell'ambito della � legge �, che imponga una destinazione limmodificabile per d~termil)azione volitiva del soggetto disponente) improduttiva di reddito, rpossa ricomprendersi anche la disposizione normativa contenuta in un ordinamento statutario arprprovato con decreto del Presidente della Repubblica. Trattasi di stabilire, perci�, se nell'ambito concettuale della �legge� (intesa come diritto obiettivo) debba ricomprendersi esclusivamente la legge formale (soggetta al regime tipico dell'atto legislativo vero e proprio) o possa trovare collocazione ogni fonte di diritto materiale (scritto). E' noto .che gli Statuti degli enti pubblici dotati di potest� statutaria (autoorganizzazione), e cio� della potest� di porre le regole del proprio assetto strutturale, essendo soggetti al controllo dell'autorit� ,statale o regionale, vengono approvati, nel rprimo caso, con strumenti diversi (con leggi, con decreto del Presidente della Repubblica), e che essi, pur essendo tenuti, quali atti di normazione secondaria, aventi forza di legge, provenienti da centri di autonomia normativa diversi dallo Stato, a rispettare le fonti di normazione primaria (leggi vere e proprie, decreti legislativi, decreti legge) ed i regolamenti che diano attuazione, contengono vere e proprie norme giuridiche di diritto pubblico, le quali, anche se prive di valore di legge, hanno forza giuridica (efficacia) di legge anche nei confronti dei terzi che vengono in relazione con gli enti e che sono destinatari della loro attivit� lcfr., in tal senso, Cass. 22 gennaio 1953, n. 157). Per modo che -avendo le norme dettate dagli Statuti degli enti pubblici, approvati con decreto del Capo dello Stato, la medesima efficacia giuridica della legge formale -deve ritenersi che nell'ambito concettuale del sostantivo �legge� (inteso come diritto obiettivo) debbano considerarsi ricompresi non soltanto le leggi vere e proprie, ma anche gli atti di normazione (secondaria) contenuti negli ordinamenti sta RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 316 tutari degli enti pubblici, approvati con atto del Presidente della Re-. pubblica. Pertanto, ove nello Statuto di un ente pubblico, approvato con decreto del Capo dello Stato, sia contenuta runa norma che imponga una destinazione improduttiva di reddito (con implicito divieto di mutazione di essa) ad un edificio di propriet� dell'ente, deve esdudevsi che Io stesso sia assoggettabile a1l'imposta sui fabbricati ex art. 69 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle imposte dirette) -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1979, n. 289 -Pres. La Farina Est. Virgilio -P. M. Morozzo della Rocca (diff.) -Petralia c. Ministero delle Finanza (avv. Stato Pagan�). Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie � Pena pecuniaria -Societ� avente personalit� giuridica -Responsabi� Iit� dell'amministratore � Esclusione. (1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 9, 10 e 12). Quando il tributo � posto a carico di societ� avente personalit� giuridica, a questa soltanto � riferibile l'infrazione s� che della pena pecuniaria non deve rispondere l'amministratore (1). (Omissis). -Ci� precisato e considerato, e passando all'esame dei motivi di ricorso, va data la precedenza al quarto dei motivi stessi, con il quale il ricorrente -richiamando quanto gi� esposto nella parte preli minare dell'impugnazione -denuncia violazione degli articoli 9, 10, 11 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione agli articoli 196 e .197 c.p. e 360 n. 3 c.p.c. Sostiene, in particolare, che le indicate disposizioni non consentono di configurare una corresponsabilit� solidale, di natura civile o amministra tiva a carico degli amministratori e rappresentanti di societ� avente personalit� giuridica in ordine alle infrazioni tributarie contestate all'ente. (1) Si conferma l'indirizzo della sent. 22 luglio 1976, n. 2903 (in questa Rasegna, �1977, I, 147, con nota critica). !Sono da confermare le critiche gi� mosse. In particolare non si comprende come dal testo chiarissimo dell'art. 10 che, come � ovvio, per le sanzioni penali enuncia la responsabilit� (personale) dell'amministratore e quella sussidiaria dell'ente fornito di personalit� giuridica e dall'applicazione della stessa regola alle sanzioni amministrative per effetto dell'art. 12, possa passarsi ad affermare che non sia prevista in dette norme la ipotesi che il tributo, e la relativa infrazione, sia posto a carico di soggetto avente personalit� giuridica. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . La censura, anche se non puntuale in tutti i suoi aspetti, � fondata. Questa Corte Suprema (Cass. 22 luglio 1976, n. 2003) ha ritenuto che la disciplina desumibile degli articoli 9, 10 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 esclude la responsabilit� solidftle del rappresentante di ente fornito di personalit� giuridica (come la societ� a r.l.) per il pagamento della pena pecuniaria inflitta all'ente, autore della violazione della legge finanziaria; infatti le norme citate riguardano fa responsabilit� indiretta delle persone fisiche e delle persone giuridiche private per le violazioni tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro vigilanza, direzione o 'autorit� oppure dai loro rappresentanti, e non prevedono il caso in cui il tributo sia posto a carico dell'ente fornito di personalit� giuridica a cui sia ascritta l'infrazione, con la conseguenza che ~on pu� considerarsi autore dell'illecito i� rappresentante dello stesso ente, n� pu� �ttribuirglisi la responsabilit� solidale per l'illecito tributario commesso da altro soggetto. Dall'enunciato principio deriva che l'azione dell'Amministrazione finanziaria volta ad ottenere . l'iscrizione ipotecaria sui beni dell'attuale ricorrente fu esercitata fuori dell'ambito delle previsioni della legge n. 4 del 1929, nell'erroneo presupposto che il Petralia -pur non potendo essere qualificato � trasgressore � delle norme violate -fosse tuttavia corresponsabile in via solidale con l'ente per l'illecito tributario in base alla semplice sua veste di vicepresidente della Cooperativa, mentre una tale corresponsabilit� -a causa della quale fu iscritta l'ipoteca -in effetti non sussisteva. Giustamente, dunque, il Petralia -che la stessa Corte di arppello ha qualificato, con accertamento di fatto non censurato in questa sede, non trasgressore delle norme tributarie, escludendo cos� che avesse concretamente � partecipato all'illecito e che fosse, quindi eventualmente responsabile ad ~ltro titolo -propose l'azione per la declaratoria di illegittimit� della procedura di costituzione della garanzia immobiliare sui suoi beni -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 391 -Pres. Falletti Est. Lipari -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carbone) �C. Bruzzi. Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a garanzia di credito tributraio � Annullamento in sede giurisdizionale Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi � Natura e decorrenza. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, .art. 69). 318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a garanzia di credito tributario . Annullamento in sede giurisdizionale � Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi � Prescrizione � Decorrenza. (e.e., art. 2935). Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a garanzia di credito tributario � Disapplicazione da parte del giudice ordinario � Impossibilit�. Qualora l'Amministrazione abbia ordinato il fermo amministrativo di una somma a garanzia di un credito tributario assistito a un fumus boni iuris lnella specie contestazione di reato di contrabbando) rifiutandone successivamente la revoca o la riduzione, e l'interessato abbia ottenuto una pronuncia del giudice amministrativo di annullamento del provvedimento negativo di revoca, sono dovuti gli interessi legali �dalla data dell'istanza di revoca sulla somma non pi� legittimamente trattenuta ll). Poich� con l'imposizione del fermo amministrativo il diritto del creditore si degrada ad interesse legittimo, la domanda di pagamento degli interessi di mora non pu� essere proposta prima che intervenga la pronuncia del giudice amministrativo che ripristina il diritto, si che prima di questo momento non comincia a decorrere il termine di prescrizione (2). � Il giudice ordinario non pu� disapplicare il fermo amministrativo, che ha operato l'affievolimento del diritto, al fine della pronuncia sulla domanda di pagamento di interessi (3). (Omissis). -Si discute in causa della spettanza di interessi moratori; della entit� della somma cui commisurare detti interessi; e del dies a quo cui avere riferimento per la Hquidazione. Come risulta dalla narrativa che precede era accaduto che un credito verso l'amministrazione dello Stato a titolo di maggiori oneri derivanti dall'importazione dei prodotti petroliferi per complessive L. 38.567.721 ((1-3) Decisione di rilevante interesse. In ordine alla prima massima, meriterebbe maggiore approfondimento n punto della decorrenza degli interessi. La sentenza rivela una notevole incertezza quando passa all'esame della questione (di �indubbio margine di delicatezza�) del passaggio in giudicato delle decisioni del Consiglio di Stato ex art. 327 c.p.c., dopo aver afflermato che il diritto soggettivo prima affievolito si � riespanso a seguito dell'annullamento con i'efficacia retroattiva tipica de11a sentenza di annuLiamento; se cos� fosse, sarebbe superflua ogni disamina su11a data de1 passaggio in giudicato. Resta a vedere se anteriormente alla pronuncia del giudice amministrativo, l'Amministrazione possa considerarsi in mora (il che sembrerebbe da escludere) se la mora possa sopravvenire con l'annuHamento del provvedimento (il che parimenti dovrebbe escludersi non potendosi dilatare .}'effetto ripristinatorio del PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 era stato assoggettato per intero a fermo amministrativo in pendenza di procedimento penale per contrabbando nel corso del quale il Tribunale emetteva condanna per L. 35.993.373 (di cui 15 milioni coperti da ipoteca giudiziale) venuta poi a cadere in grado di appello. 11 creditore Bruzzi, essendo stata respinta istanza di revoca totale o parziale del fermo, presentata il 23 agosto 1962, adiva il Consiglio di Stato il quale annullava il provvedimento di mancata revoca del �fermo� attesa l'eccessivit� della garanzia. I pagamenti per la sola sorte venivano effettuati dalla P.A. quanto a L. 33.884.095 il 9 dicembre 1970, e quanto a L. 4.673.624 il 18 settembre 1971. 11 Bruzzi pretende gli interessi sulle somme tardivamente rimborsate dalla data (24 agosto 1959) del fermo amministrativo disposto �sulle somme stesse. La Corte d'Appello ha liquidato gli interessi legali sulla somma di L. 17.575.348 (e cio� sulla eccedenza del fermo rispetto al credito cautelato) con decorrenza dal 23 agosto 1962 (data della istanza di revoca del fermo stesso, anzich� dal 24 agosto 1959 giorno in cui venne disposto il fermo) sino al 9 dicembre 1970 data del rimborso. L'amministrazione nel proprio ricorso accetta l'orientamento giurisprudenziale che circoscrive la portata del principio secondo cui i debiti pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili, generando 1come tali l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'amministrazione, solo quando la spesa sia stata ordinata con l'emissione del relativo titolo all'ipotesi di interessi corrispettivi con esclusione di quella degli interessi moratori presupponenti il ritardo colpevole nell'adempimento dell'obbligazione. l'annullamento fino al punto di creare ex post un comportamento produttivo di effetti). � Merita comunque maggiore approfondimento i:l problema se l'annullamento del fermo (o cLeHa mancata revoca) faccia riespandere un diritto soggettivo ch� era stato affievolito e para1lclamente se a seguito deH'annullamento spettano al creditore gJ.i interessi a titolo di ritardato pagamento o a titolo di risarcimento de1 danno. Si potrebbe infatti ritenere che il diritto di credito resti integro e n� si affievolisca n� si riespanda e che sia un distinto rapporto queHo che d� luogo alla misura cautelare; in questo, di fronte al potere dell'Amministrazione di operare il fermo esiste originariamente una posizione di interesse legittimo. Se il fermo � legittimo si perverr� alla compensazione con effetto al momento della coesistenza dei debiti (art. 1242 e.e.); se risulter� illegittimo potr� parlarsi di diritto agli interessi in conseguenza della eliminazione deWautonoma misura cauteLare non in conseguenza dellia riespansione del diritto gi� affievolito. E da ci� dovrebbe discendere che venuto meno H fermo possano spettare al creditore gH interessi p'er il ritardato adempimento, ma� non i1 risarcimento di ogni altro possibile danno per Ja violazione di un diritto soggettivo; con il che potrebbe eventualmente accadere che sul credito assoggettato a fermo se, �'ome nella specie, anch'esso di natura tributaria, pos PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 317 La censura, anche se non puntuale in tutti i suoi aspetti, � fondata. Questa Corte Suprema (Cass. 22 luglio 1976, n. 2003) ha ritenuto che la disciplina desumibile degli articoli 9, 10 e 12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4 esclude la responsa.bilit� solidftle del rappresentante di ente fornito di personalit� giuridica (come la societ� a r.l.) per il pagamento della pena pecuniaria inflitta all'ente, autore de1la violazione della legge finanziaria; infatti le norme citate riguardano fa responsabilit� indiretta delle persone fisiche e delle persone giuridiche private per le violazioni tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro vigilanza, direzione o �autorit� oppure dai loro rappresentanti, e non prevedono il caso in cui il tributo sia posto a carico dell'ente fornito di personalit� giuridica a cui sia ascritta l'infrazione, con la conseguenza che iion pu� considerarsi autore dell'illecito i� rappresentante dello stesso ente, n� pu� attribuirglisi la responsabHit� solidale per l'illecito tributario commesso da altro soggetto. Dall'enunciato principio deriva che l'azione dell'Amministrazione finanziaria volta ad ottenere . l'iscrizione ipotecaria sui beni dell'attuale ricorrente fu esercitata fuori dell'ambito delle previsioni della legge n. 4 del 1929, nell'erroneo presupposto che il Petralia -pur non potendo essere qualificato � trasgressore � delle norme violate -fosse tuttavia corresponsabile in via solidale con l'ente per l'illecito tributario in base alla semplice sua veste di vicepresidente della Cooperativa, mentre una tale corresponsabilit� -a causa della quale fu iscritta l'ipoteca -in effetti non sussisteva. Giustamente, dunque, il Petralia -che la stessa Corte di arppello ha qualificato, con accertamento di fatto non censurato in questa sede, non trasgressore delle norme tributarie, escludendo cos� che avesse concretamente � partecipato all'illecito e che fosse, quindi eventualmente responsabile ad a'.Itro titolo -propose l'azione per fa declaratoria di illegittimit� della procedura' di costituzione della garanzia immobiliare sui suoi beni -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 391 -Pres. Falletti Est. Lipari -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Carbone) .c. Bruzzi. Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a garanzia di credito tributraio � Annullamento in sede giurisdizionale � Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli �interessi � Natura e decorrenza. (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, ,art. 69). --~ ~� PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA e 36 del t.u. delle leggi sul consiglio di Stato, in definitiva la sentenza non sarebbe stata idonea a determinare l'espansione del diritto di credito affievolito sia perch� sostanzialmente non aveva inciso sul provvedimento, sia perch� formalmente, non essendo stata notificata, non era passata, n� poteva passare, in giudicato. 11 motivo, pur se finemente argomentato, non pu� essere accolto. Secondo la sentenza impugnata il diritto soggettivo, affievolitosi in forza del provvedimento di ferm:o, riacquista tale qualit� a seguito di annullamento del medesimo; nel caso di specie non vi � stat<?_ formale a:.nullamento del provvedimento di fermo, ma solo di quello negativo di mancata revoca, illegittimo per la parte eccedente il credito garantito, l'illegittimit� -pertanto -concerne soltanto la somma di L. 17.574.348 su cui sp'ettano gH interessi con decorrenza, atteso l'effetto retroattivo dell'annullamento, dalla data della richiesta revoca del fermo. Contro questa motivazione non giova eccepire che dal punto di vista sostanziale la constatazione dell'illegittimit� del rifiuto non intaccava il potere di revoca e la discrezionalit� del suo esercizio; vero � all'opposto che la pronuncia del Consiglio di Stato tiene luogo della revoca che avrebbe dovuto esserci e non ci fu. Esattamente rileva la difesa del Bruzzi .che sul rapporto creditorio, definito fin dal 1959, si � inserito un� rapporto giuridico originato dal provvedimen~o di fermo sulla cui ba_se � stato sospeso il pagamento; ma �una volta accertato dal Consiglio di Stato che tale fermo non era giustificato nella parte eccedente il credito garantito, ne segue che, nella suddetta misura, la compressione del diritto degradato a interesse � venuta meno e questo ha riacquistato l'originaria qualificazione. Del resto l'affermazione contenuta nel ricorso che la pronuncia del giudice amministrativo avrebbe lasciato integro il potere discrezionale della P.A. di rivalutare tutta: fa .situazione, in sede di rinnovazione del provvedimento annullato; anche se fosse esatta in linea di principio, non � rilevante nella specie, poich� nel .caso considerato il potere non� stato eserdtato. Ne consegue che il diritto, rispetto al quale il provvedimento di fermo aveva comportato <l'affievolimento, si � riespanso a seguito dell'annullamento e nella misura che ne risulta, con l'efficacia �retroattiva tipica da �pronuncia di annullamento; n� al riguardo ha avuto modo di manifestarsi una ulteriore compressione mediante il rinnovato esercizio del potere di imperio della P.A. N� vale dbiettare che, dal punto di vista formale, l'effetto non potrebbe verificarsi finch� la sentenza 15 maggio-22 dicembre 1970 non sia passata in giudicato, circostanza impossibile a verificarsi prima della notificazione, non avvenuta nel caso di specie. Il relativo profilo, al momento della sua deduzione, presentava indubbi margini di delicatezza. Ma al riguardo si � verificato un recente 322 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO mutamento di giurisprudenza a proposito della ricorribilit� in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato non notificate anche dopo decorso il termine di un anno ex art. 327 c.p.c. dalla pubblicazione. Tale ricorribilit� che era stata ammessa per hl passato (Cass. 1830/75, 2072/68, 274/65, 259/63, 1809/61) viene ora esclusa (Cass. S.U. 351/78), sancendosi l'inammissibmt� per tardivit� ai sensi dell'art. 327 c.p.c. del ricorso in Cassazione avverso 1e decisionf del Consiglio di Stato m�desimo. Ne segue che, decorso il suddetto termine annuale (congruamente prorogato, dovendosi computare al riguavdo il periodo di ferie estive, giusta l'orientamento di questo S.C.), si vedfica la cosa giudicata formale ex art. 324 c.p.c. In effetti l'art. 327 cip.e., circoscrivendo nel tempo la facolt� di impugnazione delle sentenze, indipendentemente dalla notificazione, e perci� dall'iniziativa delle parti interessate, codifica una regola del sistema delle impugnazioni che corrisponde ad una esigenza di immutabilit� delle pronunce giudiziali, e per riflesso, impedendo il perpetuarsi indefinito nel tempo della� potenziale pendenza dei processi, si pone a gar�nzia della certezza e stabiHt� dei rapporti giuridici, sui quali le pronuncie stesse incidono; trattasi cio� di un valore generale e fondamentale dell'ovdinamento processuale di cui non si pu� restringere, in linea il principio, l'operativit� al solo ambito dei giudizi ordinari per i quali la norma � esplicitamente dettata. D'altra parte il coordinamento fra art. 327 e 133 �.p.c. giustifica la previsione della data di pubblicazione come dies a quo, per ila decorrenza del termine di decadenza dell'impugnazione attesa la pvedisposizione di un meccanismo della pubblicazione medesima che riduce entro margini strettissimi l'alea della perdita del potere di impugnazione per mancata conoscenza della decisione. N�, infine, pu� ritenersi che il richiamo espresso dall'art. 325 capoverso che si legge nell'art. 362 comma primo c.p.c. esaurisca per Ja sua tassativit�, la materia dei termini entro cui � proponibile il ricorso per cassazione contro le decisioni dei giudici speciali. In conclusione, il primo . mezzo del ricorso appare privo di giuridica consistenza, essendo profilabile la mora per l'illegittimo ritardo nel pagamento della somma che era stata fevmata con sovrabbondanza rispetto alle esigenze di tutela, poich� ,!'effetto retroattivo dell'annullamento -operato con decisione passata in giudicato -comporta il ripristino del diritto soggettivo al pagamento a far tempo dal giorno in cui detto illegittimo ritardo ebbe a verificavsi. Con il secondo mezzo del ricorso l'amministrazione finanziaria ripropone la tesi che, comunque, sarebbero prescritti gli interessi antecedenti al quinquennio risalendo dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Deducendo ila violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 cod. civ. si sostiene che il procedimento davanti al Consiglio di Stato, costituisce un mero impedimento di fatto, e come tale non incide sulla decorrenza del termine di prescrizione del diritto agli interessi. Il motivo � giuric;licamente infondato. Bsattamente la Corte d'Appello ha ricordato che contra non valentem agere non currit praescriptio che cio� la prescrizione comincia a decorrere soltanto dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, e quindi dal _momento in cui la posizione soggettiva considerata acquista, o riacquista, consistenza di diritto soggettivo perfetto; e ne ha tratto l'ineccepibile� corollario che il diritto al pagamento degradato ad interesse non poteva essere azionato, occorrendo attendere la sentenza del Consiglio di Stato che, annullando l'atto illegittimo, facesse riacquistare alla posizione sog gettiva, qualificazione di diritto soggettivo perfetto. E' quindi del tutto frustraneo invocare l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui gli impedimenti di fatto non incidono sul decorso della prescrizione, e ricordare specificamente che tale decorso non � impedito nel caso che il ricorso al giudice civile sia ritardato in attesa della deci sion~ di altro giudice, giacch� si tratta di tal caso della possibilit� di pre vedere il favorevole esito dell'azione proposta o da proporre in ordine alla quantificazione di una pretesa che pu� essere fatta valere egualmente, sia pure in una pi� ridotta misura (cfr. cass. 80/61), mentre nel caso in esame fa lite attiene alla stessa proponibilit� dell'azione davanti all'auto rit� giudiziaria, non potendosi richiedere il risarcimento, nella forma degli interessi moratori, se non dopo che sia intervenuta una pronuncia di an nullamento dell'atto amministrativo che ha degradato ad interessi posi zioni originarie di diritto soggettivo. Il ricorso incidentale attiene al calcolo degli interessi, lamentandosi nel primo mezzo che la Corte fiorentina li abbia commisurati alla somma risultante dalla differenza fra l'entit� delle cautele concretamente adottate e quella che, invece, sarebbe stata congrua, sostenendosi all'opposto che si doveva prendere a parametro la somma totale oggetto di fermo (L. 38.567.721). Deducendo la violaizone dell'art. 45 del t.u. sul Consiglio di Stato, in relazione agli artt. 1282, 2043 e.e. ed ai prindpi generali sull'annulla mento degli atti amministrativi, nonch� il difetto di motivazione, si afferma che il Consiglio di Stato aveva annullato in toto H provvedimento di man cata revoca del fermo, sicch� nel liquidare gli interessi la Corte si doveva adeguare all'effettiva portata di quel provvedimento. La censura deve essere disattesa. Il Bruzzi il 23 agosto 1962 notificava all'amministrazione finanziaria istanza di revoca � totale � o � parziale � del provvedimento di fermo, rigettata con decreto del 16 febbraio 1962. E contro il provvedimento RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 324 di mancata revoca presentava ricorso al Consiglio di Stato, che lo annullava sul presupposto dell'ecces,sivit� de1la garanzia. Tale sentenza � stata interipretata dalla Corte d'AJppello, mettendo in correlazione il dispositivo di annullamento generico con la motivazione, nel senso della ritenuta illegittima della mancata revoca del fermo, dopo la sentenza del Tribunale per la parte eccedente la garanzia del credito vantato dalla pubblica amministrazione. Contro questa interpretazione della sentenza (passata in giudicato nonostante la sua mancata notificazione, essendo decovso il termine annuale dalla pubblicazione ex art. 327 c.p.c.) le censure proponibili davanti a questo S.C. incontrano i noti limiti derivanti dalla configurazione della interpretazione del giudicato esterno da parte del giudice di merito come giudizio di fatto. E' inver� ius receptum che il giudizio affermativo o negativo riguardante il giudicato esterno, ossia la portata dell'accertamento formatosi in un precedente e diverso processo, pu� costituire oggetto di ricorso per cassazione solo sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dei principi in tema di giudicato, ovvero di vizi attinenti alla motivazione, mentre non � consentito il sindacato sul contenuto della ;pronuncia, la cui interpretazione, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, � demandata in via esclusiva all'attivit� dei giudici di merito (Cass. 1089/77). E d'altra parte tali conclusioni restano feitrn.e anche nel caso in cui il giudicato esterno da interpretativo ad opera del giudice civile si sia formato in un processo svoltosi innanzi ad un giudice speciale (Cassazione 1218/77). Nel caso di specie il principio giuridico dell'intevpretazione globale della sentenza mediante integrazione del dispositivo alla stregua della motivazione � indubbiamente corretto in astratto (cfr. Cass. 3420/76: giur. costante); ed il processo ermeneutico concretamente seguito appare privo di mende poich� non � dubbio, e viene rposto chiaramente in evidenza ne11a motivazione, che il Consiglio di Stato volle circoscrivere l'annullamento alla sola parte del provvedimento negativo illegittimo, alle cautele sovrabbondanti, restando legittimo il fermo nella misura atta a coprire il credito. Nemmeno il secondo mezzo del ricorso incidentale � giuridicamente fondato. Deducendo il difetto assoluto di motivazione in relazione al princi pio di cui all'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, nonch� fa viola zione degli artt. 1282 e 2043 cod. civ., si sostiene che il giudice ovdinario avrebbe dovuto accertare incidentalmente l'illegittimit� del rprovvedi mento di fermo, ai fini della sua disaprplicazione, riconoscendo gli inte ressi con decorrenza da1la data del fermo medesimo anzich� dalla data della richiesta. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Vanno al riguardo ribaditi alcuni elementi di fatto. Il fermo venne autorizzato il 24 agosto 1959, poich� il Bruzzi risultava imputato in un procedimento di contrabbando davanti al Tribunale di Livorno. Come � noto, il �fermo amministrativo ha finalit� cautelari, ed � diretto a consentire che all'esito dell'accertamento definitivo del credito della P.A. sia possibile operare la compensazione con il credito del privato; si tratta di una forma di autotutela con funzione analoga a quella del sequestro conservativo. Ne consegue che in relazione al fumus del credito garantito il provvedimento � legittimo nei limiti deHa proporziona:lit� che pu� venir meno in prosieguo quando risulti che il credito della P.A. ha sub�to una certa decurtazione. Nel caso di specie la certezza di una diminuzione si � avuta solo con la sentenza 17 febbraio 1962 del Tribunale di Livorno portante condanna per L. 35.993.373. Il provvedimento di fermo non � mai stato impugnato come tale; solo in data 23 agosto 1962 se ne � chiesta la revoca, che a giudizio del Consiglio di Stato, � stata negata dalla P.A. illegittimamente per la parte eccedente la residuale esigenza cautelare. E non risulta che al momento in cui venne autorizzato il fermo fosse illegittimo, giacch� la pendenza del procedimento penale dava sufficiente fumus alla pretesa della P.A. di cautelarsi. E poich� in tanto il giudice ordinario pu� negare applicazione ad un atto amministrativo ritenuto non conforme al diritto, in quanto si tratti di controversia di cui egli medesimo pu� conoscere ossia nella quale sia configurabile Ia lesione di un diritto soggettivo, � evidente che la disapplicazione dell'atto con riguardo al suo momento .genetico, potrebbe effettuarsi solo se il fermo risultasse ab origine illegittimo; ma per affermare tale originaria illegittimit� non basta constatare che il credito sottoposto a fermo � stato in definitiva corrisp�sto per intero nel suo ammontare in capitale, perch� tale circostanza non � di per s� indicativa dell'originaria illegittimit�, stante il fumus delle ragioni creditorie tutelate, che trova conferma nella sentenza del Tribunale di J.,ivorno indicativa della pretesa tutelata. Il fermo amministrativo, � infatti, come si � accennato un provvedi mento cautelare, diretto alla tutela dei diritti di credito dell'amministra zione statale verso terzi, e come ogni provvedimento cautelare esso ha carattere provvisorio, in quanto solo dopo che si sar� accertato se e quale amministrazione statale � debitrice del terzo, di quale somma, a che titolo, e con quale scadenza, potr� avvenire, con il provvedimento definitivo, l'effettivo incameramento della somma e, quindi, la compen sazione (Cass. 1389/67). RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 326 Cos� stando le cose, dovendosi escludere l'illegittimit� originaria del fermo, non c'� spazio perch� possa intervenire i'l provvedimento di disap� plicazione, e non pu� farsi carico alla sentenza di un vizio di motivazione, trovando la tesi non esaminata implicita confutazione-neila linea argomentativa svolta postulando la ritualit� originaria del credito -(Omissis). I CORTE DI CASSJ'fZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 551 -Pres. Granata Est. Corda ~ P. M. Raja (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato D'Amico) c. Mantovani. Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Su� bappalti � Autorizzazione preventiva della Amministrazione conceden� te � E' necessaria -Generica previsione f11l subappalti nel contratto di appalto � Comportamento passivo dell'appaltante � Insufficienza. (1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8; I. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. F, art. 339). L'agevolazione per la costruzione di autostrade dell'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 � estensibile al subappalto, solo quando questo sia stato approvato dall'Amministrazione appaltante agli effetti dell'art. 339 della legge su i LL.PP. con provvedimento specifl'co preventivo, .intendendosi per tale un atto anteriore al subappalto che contempli un negozio ben determinato nell'oggetto con un contraente gi� individuato. Non soddisfa questa esigenza n� una generica e indeterminata autorizzazione a subappaltare contenuta nel contratto, n� un'approvazione successiva in ratifica n�, a maggior ragione, un comportamento inerte dell'appaltante che non abbia reagito alla violazione del divieto (1). (Omissis). -Col secondo motivo, la ricorrente Amministrazione finanziaria denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 339 della legge sui lavori pubblici, degli artt. 16 e 17 de1 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e dei principi generali in materia di formazione e manifestazione della volont� contrattuale della Pubblica Amministrazione, deducendo che la Corte di Appello avrebbe errato nel non considerare che � illegittima una generica e presuntiva (1) Ancora una precisazione sulla nota questione dei subappalti per la costruzione di autostrade, �spirata ad un criterio di rigorosa interpretazione dell'art. 339 deHa .legge sui IL.PP. Si rammenta che su11'argomento fa recente sentenza 4 _ottobre 1978, n. 4393 (in questa Rassegna, 1978, I, 72) ha a1tres� precisato che quando l'appa�ltante sia il concessionario, l'approvazione del subappalto, ove non sia consentita dall'atto di concessione per specifiche categorie di lavori, deve 'essere espressa non gi� dal concessionario appaltante, ma daila Amministrazione concedente. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA � autorizzazione � della stazione appaltante a stipulare contratti di subappalto. Pi� particolarmente, sostiene che .l'� approvazione � di cui all'articolo 339, '.Primo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, non pu� essere � preventiva e generica �, dato che la stessa deve essere concessa solo dopo la constatazione dell'idoneit� dell'impresa subappaltatrice e delle esigenze tecniche dell'opera; n� �la detta conces�sione pu� essere desunta in via presuntiva, poich� essa, finendo per detel1IIlinare una modificazione del contratto originario, deve avere la; stessa forma scritta prevista (dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato) per la stipulazione del contratto di appalto pubblico. Aggiunge, poi, la ricorrente che dal mancato esercizio, da parte della stazione appaltante, della facolt� di recedere dal contratto di appalto (o dalla mancata applicazione di altre �sanzioni�) non si sarebbe potuta trarre la conclusione che i subappalti erano stati tacitamente approvati, risolvendosi la rescissione, in tale ipotesi, nell'esercizio discrezionale di un potere di autotutela. Questa censura �, invece, fondata. La giurisprudenza di questa Corte Suprema � ormai costante, dopo le citate pronunce delle Sezioni Unite del 5 agosto 1975, n. 2947 e del 22 ottobre 1976, n. 3729, nell'affermare che il requisito dell'occorrenza -richiesto, appunto, dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 ai fini dell'esenzione da ogni tributo statale o locale per gli atti occorrenti alla qttuazione della legge stessa -va intes� non gi� in senso puramente tecnico-economico, ma anche giuridico. Ne consegue che la sua ricorrenza deve essere esclusa in relazione ai contratti di subappalto stipulati dalle societ� concessionarie per l'esecuzione di opere attinenti a costruzioni stradali o autostradali, i quali non abbiano ricevuto specifica � approvazione � da parte dell'� autorit� amministrativa competente� (rla c.d. stazione appaltante), poich� in tal caso i detti contratti si porrebbero in contrasto con l'art. 339 della lege sui lavori pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, ali. F. Ora, la validit� di tale principio giuridico non � contestata dalla Corte di Appello; la stessa, per�, ritiene di' superare l'ostacolo osservando che, nel capitolato di appalto, la stazione appaltante avrebbe concesso all'appaltatore una '.Preventiva facolt� di stipulare contratti di subappalto (aventi ad oggetto opere specializzate) e desumendo, dal successivo comportamento della detta stazione appaltante, una sorta di tacita acquiescenza che avrebbe tenuto il luogo dell'espressa approvazione. Ma proprio su tale impostazione si appuntano le giuste censure della ricorrente. In primo luogo va osservato, per negare validit� alla tesi propugnata dalla sentenza gravata, che la legge sui lavori pubblici, prescrivendo la � approvazione � del subappalto, esclude implicitamente che quest'ultima possa essere sostituita da una sorta di prev~ntiva � Hcenza � a stipulare RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJJ.O STATO i contratti di subappalto. Invero, presupponendo la concessione della detta �approvazione� un giudizio positivo sull'opportunit� (o anche sulla necessit�) del ricorso al subappalto e, soprattutto, sull'idoneit� del subappaltatore al compimento dell'opera, � ovvio che una siffatta attivit� della -stazione appaltante presuppone una previa richiesta da parte dell'appaltatore, sulla cui specificit� non possono sussistere dubbi di sorta. L'appaltatore, cio�, deve di volta in volta sottoporre il caso alla stazione appaltante, ossia richiedere un'approvazione �Specifica, ovviamente prima di procedere alla stipulazione del contratto (di subappalto). In precedenti decisioni, questa Corte Suprema ha precisato che �l'approvazione, per rispondere a tutti i criteri voluti dalla legge, deve avere, oltre quello della specificit�, il requisito della preventivit�; e poich� qui si ritiene che abbia errato la Corte di Appello a ritenere valida ed efficace un'approvazione data in via preventiva, occorre fornire una precisa2lione terminologica che si traduce, poi, in una precisazione di sostanza. La � preventivit� � dell'approvazione, quale carattere inderogabile di quest'ultima, � stata invero ritenuta con riferimento a quei casi di specie in cui i giudici di merito avevano considerato valida un'approvazione � successiva � al contratto, quasi una sorta di . � ratifica� di esso; e, in quelle circostanze, si era chiarito che l'approvazione deve essere � preventiva � rispetto alla stipulazione del �contratto di subappalto, nel senso che pu� essere validamente concessa solo dopo che l'appaltatore ne abbia fatto specifica richiesta, ma prima ancora del compimento di quell'attivit� giuridica tla stipulazione) che � poi, in definitiva, <l'oggetto della domanda di � autorizzazione �. Nel caso in esame, invece, l'approvazione preventiva ritenuta valida dalla Corte di Appello, proprio perch� prescinde dalla specifica richiesta dell'appaltatore, si riduce, in realt�, ad una concessione di esonero dalla formulazione di detta richiesta, ossia in �una sorta di preventiva �licenza� a st1pulare ad libitum i contratti di subappalto. Ed � ovvio, per le accennate ragioni, che una siffatta � preventivit� � contrasta con i fini della legge e, conseguentemente, �non pu� essere ritenuta valida, ai fini .che qui interessano. Sembrerebbe, poi, di ravvisare nell'impostazione della sentenza ap pellata (e, in ogni caso, su questo punto � specifica la censura della ricor rente) il convincimento che quella generica autorizzazione sarebbe stata in concreto possibile (e lecita), poich� si riferiva ai contratti di �Subap palto che avessero (come que1li in concreto stipulati) ad oggetto opere specializzate, in relazione alle quali gi� si sarebbe conosciuta dall'inizio l'impossibilit� tecnica dell'appaltatore a compierle. Sembra sostenersi, cio�, che data l'alta specializzazione dei lavori, sicuramente non esegui bili direttamente dall'impresa appaltatrice, pure specializzata in lavori stradali e autostradali, la necessit� del ricorso all'opera di un imprendi- I . I PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA tore (il subappaltatore) ancora pi� specializzato, avrebbe avuto carattere obiettivo; e proprio questa obiettiva necessit� avrebbe reso superflua (tanto da escluderla in precedenza) la richiesta preventiva di approvazione, giacch�, tanto, la stessa non avrebbe potuto essere negata. Ma un assunto siffatto chiaramente non tiene coI).to che la discrezionalit� della stazione appaltante nel concedere (o meno) l'approvazione di cui al citato art. 339 della legge sui lavori pubblici si esplica non solo in rapporto all'opportunit� del ricorso allo strumento giuridico del subappalto, ma si manifesta in modo altrettanto evidente con riferimento alla scelta (tecnica) del subappaltatore. In altri termini, quando anche il ricorso all'opera del subappaltatore fosse resa necessaria da ragioni obiettive {quali, appunto, Ja �specializzazione� richiesta), per cui verrebbe meno la possibilit� della stazione appaltante di interferire sulle ragioni del ricorso predetto, residuerebbe pur sempre un largo margine di discrezionalit� della predetta stazione appaltante per ci� che attiene alla scelta del subappaltatore, con riferimento soprattutto alla sua affidabilit� e al suo grado di specializzazione. Ed � evidente, pertanto, che neppure in quel caso l'appaltatore potrebbe restare esonerato dal �chiedere quell'approvazione che dalla citata disposizione di legge � prescritta in termini d~ perentoriet�. N� rilevanza alcuna -in secondo luogo -pu� essere attribuita al fatto che la stazione appaltante, in concreto, non abbia mosso obiezioni per il fatto che una parte dell'opera commessa all'appaltatore fu in pratica realizzata dal subappaltatore. Non pare, infatti, che possa fondatamente dubitarsi, come' gi� si � accennato, che sotto questo profilo la detta approvazione debba essere �preventiva�: se cos� non fosse, invero, sarebbe frustrato lo scopo della norma, la quale vuole (come pure si � accennato) che la stazione appaltante giudichi in tutta Jibert� della convenienza e dell'opportunit� di commettere a un certo subappaltatore i lavori appaltati o una parte di essi. Cosa, quest'ultima, che diverrebbe ovviamente impossibile se l'appaltatore rendesse edotta la detta stazione appaltante dell'avvenuta stipulazione del contratto di subappalto solo dopo l'inizio o, peggio ancora, il completamento dei favori. Del pari, neppure rileva che, da fatti successivi (quali, ad esempio, la mancata applicazione dei mezzi di autotutela che la legge riconosce, nell'appalto pubblico, alla stazione appaltante), potrebbe anche desumersi che una regolare approvazione, se tempestivamente richiesta, sarebbe stata accordata. La deduzione di questo ultimo fatto, invero, non assumerebbe -nel relativo procedimento 'logico -carattere di assoluta certezza, ben potendosi, nel comportamento negativo tenuto dalla stazione appaltante, ravvisare anche una sorta di (irrilevante) �ratifica� dell'operato dello appaltatore, la quale, proprio perch� tiene conto del dato obiettivo della gi� avvenuta esecuzione dell'opera, � normalmente dettata da motivi 330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO diversi da quelli che devono consigliare e sconsigliare (in via preventiva) l'approvazione del subappalto o la scelta del subappaltatore. Del resto, l'esigenza di. una �preventiva � approvazione (ai sensi �dianzi precisati) � gi� stata, pi� volte, ritenuta da questa Corte Suprema (cfr. Cass. 5 agosto 1975, n. 2976; Sez. Un.; 28 aprile 1975, n. 1622); n� da tale orientamento intende il Collegio discostarsi, tanto pi� che la sentenza impugnata non� adduce validi argomenti .contrari che opportunamente inducano a un mutamento di giurisprudenza -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1979, n. 639 -Pres. ed Est. Mirabelli -P. M. Cammarota (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato Marzano) c. Soc. Carbonara Riom. Imposte doganali � A!lplicazione della tariffa pi� favorevole sopravvenuta � Domanda scritta �-� necessaria � Presunzione -Esclusione. (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, disp. preliminari, art. 6, n. 2). Agli effetti dell'art. 6, n. 2 delle disposizioni preliminari alla tariffa doganale (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723) per l'applicazione della tariffa pi� favorevole intervenuta dopo l'accettazione della dichiarazione di importa ' zione � necessaria una domanda scritta dell'importatore non sur.rogabile con presunzioni o prove orali (1). (Omissis). -Con il primo m~tivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 delle disposizioni preliminari della tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, ai sensi dell'art. 360, ri. 3 cod. proc. civ., sostenendo che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto di potere affermare che nessuna norma impone che l'applicazione della tariffa pi� favorevole ivi prevista debba essere domandata per iscritto. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 2729, primo e secondo comma, cod. civ. e vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che la Corte del merito ha inesatta mente ritenuto ammissibile la prova per presunzione in mat�ria nella quale � esclusa -l'ammissibilit� di prova per testimoni. Entrambe le censure sono fondate. (1) Decisione da condividere pienamente sia sulla affermazione specifica sia su queHa, pi� generale, delLa inammissibilit� a favore dd contribuente della prova testimoniale e de1le presunzioni. Su quest'ultimo punto v. Cass., 30 giugno 1971, n. 2053 in questa Rassegna, 1971, I, 914 con nota di U. GARGIULO, e 17 aprile 1973, n. 1104, ivi, 1974, I, 216. La analoga questione deH'applicazione de1Ia tariffa pi� favorevole ai diritti di prelievo comunitari � stata risolta con diverso criterio con la sent. 7 novembre 1978 n. 5068, ivi, 1979, I, 211. PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA L'intero procedimento doganale �, invero, disciplinato da rigorosi criteri formali, per l'esigenza che ciascun adempimento, ciascuna dichiarazione e ciascun atto di controllo sia formato con adeguata documentazione, che consenta di verificare ogni fase del rapporto doganale. Secondo la legge doganale (1. 20 settembre 1940, n. 1424) ogni operazione doganale deve essere preceduta da una dichiarazione del proprietario della merce, compilata per iscritto e sottoscritta, e, quando sia eccezionalmente ammessa la forma verbale, non � espressamente prevista la verbalizzazione in appositi modulari. In particolare, per l'applicazione della tariffa pi� favorevole, ai sensi dell'art. 6, n. 2, suindicato, si rende necessario l'accertamento della data alla quale la domanda si riferisce, ed il controllo sull'esattezza dell'appli cazione della tariffa richiede inevitabilmente una documentazione scritta della richiesta. L'esclusione, d'altronde, dell'ammissibilit� di prova orale .in materia tributaria � principio generale, gi� rilevato dalla giurisprudenza di questa Corte (in tema di imposta di registro, Cass. 30 giugno 1971, n. 2053), e da tale principio discende l'inammissibilit� anche della deduzione per presunzioni. I principi ai quali si � ispirata la sentenza impugnata sono, quindi, inaccettabili e la sentenza stessa deve essere cassata, con il rinvio della causa ad altro giudice, che decida in applicazione del principio che la richiesta prevista dall'art. 6, n. 2, delle disposizioni preliminari alla tariffa dei dazi doganali, d'importazione, approvata con d.P.R. 26 �giugno 1965, n. 723, per l'applicazione della tariffa pi� favorevole intervenuta tra la data di accettazione della dichiarazione d'importazione e fa data di rilascio della merce :importata alla libera disponibilit� dell'importatore, deve essere compilata o provata per iscritto -(Omissis). CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1979, n. 933 -Pres. Aliotta Est. Sensale -P. M. Pedace (conf.) -Cassa di risparmio di Padova e Rovigo (avv. Lorenzoni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Angelini Rota). Imposta generale sull'entrata -Assegni I.C.C.R.I. � Natura -Comp�nsi pagati dall'I.C.C.R.I. alle Casse di risparmio -Interessi di puro impegno di capitale -Esclusione -Costituiscono entrata imponibile. (I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1 Jett .. f, art. 3 lett. e). Gli assegni dell'Istituto di credito delle Casse di risparmio Italiane . (I.C.C.R.l.) hanno natura giuridica di assegni bancari tratti da una cassa cli risparmio sull'I.C.C.R.I., se pure con caratteristiche particolari che consentono a detti assegni di conseguire i risultati propri dell'ordinario 332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO assegno circolare; di conseguenza la singola cassa di risparmio (traente) che ha riscosso dai prenditori richiedenti dell'assegno la somma corrispondente alla provvista che deve accreditare all'I.C.C.R.I. � debitrice verso l'l.C.C.R.I. ed eventualmente obbligata a pagare ad esso gli interessi sulle somme rimaste in suo possesso. Da ci� consegue che le somme che la cassa di risparmio riceve dall'I.C.C.R.I. (costituite dal compenso pagato per l'espletamento del servizio in base ad una convenzione extra cartolare, in ragione del tempo durante il quale gli assegni emessi restano in circolazione) non sono definibili come interessi di puro impiego di capitale di cui all'art. 1 lette. f) della legge istitutiva dell'I.G.E. (sarebbero tali gli interessi che, nella direzione inversa, la Cassa di risparmio paga all'I.C.C.R.l.) ma corrispettivi di un servizio tassabile a norma dell'art. 3 della legge stessa (1). (Omissis). -Con il pdmo motivo fa ricorrente, lamentando il vizio di contraddittoriet� di motivazione in relazone all'art. 360, n. 5 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere contraddittoriamente da un lato qua1ificato gli assegni tratti suH'Istituto di credito delle casse di risparmio � italiane come assegni bancari e dall'altro affermato l'obbligo del pagamento dell'imposta generale sull'entrata, sulle somme corrisposte da detto istituto alla Cassa di risparmio a titolo d'interessi non soggetti all'imposta, erroneamente ritenendo che tali somme costituiscano il compenso per il servizio di emissione e di pagamento degli assegni. Secondo la ricorrente, nessun compenso pevcepisce la Cassa di rispa:rimio per� il servizio prestato, .limitandosi a costituire una regolare provvist� presso l'Istituto per gli assegni emessi. Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 3 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 in relazione a1l'art. 360 n. 3 c.p.c. deduce che la Cassa di risparmio assume la veste di depositante e non di depositario, come erroneamente affermato dalla Corte di merito, poich� l'emissione degli assegni presuppone il deposito di una somma di denaro da parte del traente presso il trattario. Secondo la ricorrente, la configurazione della fattispecie da parte della sentenza impugnata contraddice alla struttura del rapporto che si viene a creare con l'emissione dell'asse "gno bancario, e disattende la norma sopra richiamata. (1) Decisione ineccepibile. Il complesso rapporto, esattamente ricostruito, esclude che possano considerarsi non imponibili ex art. 1 lett. f) sia i veri e propri interessi che 1a cassa (debitore) paga all'LC,C,R.I. (creditore) sia i compensi (anche ,se liquidati in ragione di interessi) che il creditore paga al debitore. Questi ultimi rappresentano bens� l'equivalente del profitto prodotto dal possesso deHa provvista ne1 tempo durante il quale gli assegni restano in circolazione, ma essi sono di sp�ttaru.a dell'IJC.CiR.I. che 1i ritrasmette alla Cassa di Risparmio in base alla convenzione estracartolare e non come interessi maturati all'interno det rapporto di conto corrente. l i I . PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA Per la stretta connessione� che li unisce, in quanto entrambi relativi alla configurazione del rapporto tra la Cassa di Risparmio e d'Istituto di credito delle Casse di risparmio italiane, avente ad oggetto l'emissione di assegni da parte della prima tratti sul secondo, i due motivi devono essere esaminati congiuntamente. La sentenza impugnata si sottrae alle censure formulate dalla ricorrente sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazione di legge. Essa muove dalla qualificazione degli assegni emessi dalla Cassa di risparmio sull'I.C.C.R.I. come assegni bancari, conformemente a ci� che questa Corte ritenne con. la sentenza n. 3234 del 4 ottobre 1954, in cui si � osserv� che gli assegni di conto� corrente cosidetti � I.C.C.R.I. � conservano la natura giuridica di comuni assegni bancari, pur essendo caratterizzati dal fatto che la banca traente riceve anticipatamente dal privato, che assume la veste di prenditore o acquirente del titolo, la provvista con la quale deve giustificarsi l'ordine, a carico dell'Istituto di credito, della Cassa di risparmio (banca trattaria) e dal fatto che il pagamento viene poi eseguito dalle singole Casse di risparmio per conto dell'Istituto trat tario in base ad un mandato extracartolare. Tuttavia la Corte di merito non manca di porre in rilievo la com plessit� del rapporto, emergente anche dal citato precedente di questa Corte, che s'instaura tra le Casse di risparmio e l'I.C.C.R.I. e che ha fatto fortemente dubitare in dottrina della natura dei titoli in esame come assegni bancari, osservando che il rapporto tipico di conto corrente costituisce soltanto uno dei varti. elementi che caratterizzano la fattispe cie, senza esaurirla, accanto ad altri quali .l'anticipo della provvista da parte del prenditore dell'assegno ed il mandato extracartolare conferito dall'I.C.C.R.I. alle Casse avente ad oggetto non soltanto l'emissione ma anche il pagamento degli assegni. Di fronte ad una situazione composita, come quella in esame, per la connessione di svariati elementi di fatto e per la combinazione di diversi negozi giuridici, la pretesa della ricorrente di ricondurre una situazione di tale �complessit� allo schema tipico del rapporto di �conto corrente ed alla convenzione d'assegno, autonoma o non che voglia �considerarsi rispetto al primo, e di pervenire alla conclusione che le somme cor�rispo ste dall'Istituto alla Cassa costituiscono l'importo degl'interessi {esenti da i.g.e.) dovuti in relazione al rapporto di conto corrente, non pu� condividersi, in quanto frutto di una impostazione del tutto insufficiente a qualificare giuridicamente il fenomeno. Convincenti sono, invece, le osservazioni contenute nella sentenza impugnata sulla peculiarit� degli assegni � I.C.C.R.I. �, che, pur dovendosi qualificare dal punto di vista formale come assegni bancari, consentono alla clientela delle Casse di risparmio di ricavarne i medesimi risultati che ordinariamente si traggono dall'uso degli assegni circolari, la strut RASSEGNA DELL'AWOC�TURA DELLO STATO tura del rapporto fra le Casse di risparmio e l'I.C.C.R.I. ha, infatti, seguenti connotati: a) la cassa di risparmio, che mette un assegno bancario tratto sull'I.C.C.R.I. provvede nel giorno stesso ad accreditare a quest!ultimo la provvista, ricevuta dal prenditore, sul conto corrente generale che mantiene con l'istituto cos� come, quando paga un assegno tratto sull'Istituto, subito ne addebita ad esso l'importo; b) giornalmente la Cassa di risparmio trasmette aU'istituto i dettagli di ogni operazione per consentire allo stesso di procedere alle corrispondenti scritture contabili; e) sul predetto conto vengono quotidianamente annotati gli addebiti e gli accrediti conseguenti ad altre operazioni; d) delle somme accreditategli in relazione all'emissione degli as�segni l'Istituto pu� disporre per effettuare pagamenti anche estranei alla circolazione dei titoli; e) gl'interessi attivi e passivi, calcolati con la decorrenza di ciascuna operazione, cui si riferiscono, sono annotati, esenti dall'i.g.e., sul medesimo conto e generalmente sono a favore delle Casse di risparmio, poich� le emissioni di assegni superano di regola le estinzioni per avvenuto pagamento. Da tali premesse, che non sono oggetto di contestazione fra le parti, la Corte d'appello ha tratto la coerente illazione che la Cassa di risparmio, trattenendo nelle proprie mani l'importo riscosso dai prenditori degli .assegni (che non versa materialmente all'I.C.C.R.I., limitandosi ad una mera operazione contabile di accreditamento a suo favore), assume la qualit� non di creditore e di depositante, bens� di depositario e di debitore e, quindi, � tenuto a corrispondere all'Istituto depositante i relativi interessi e non gi� legittimato a riscuoterli. Del pari, coerente con le premesse � l'osservazione che ogni movimento di capitali tra le Casse di risparmio e 1'1.C.C.R.I. si esaurisce con le annotazioni, indicate nel conto e relative anche a rapporti estranei alla emissione ed al pagamento degli assegni, e che le operazioni relative a tale emissione o a tale pagamento trovano nel conto corrente generale la pi� completa espressione. E .Ja circostanza che l'istituto annoti a credito delle Casse di risparmio su un conto particolare tutti gli assegni da essa emessi, lungi dall'esaurire il complesso rapporto, di cui si sono indicati gli elementi, consente all'Istituto medesimo di conoscere per ciascuna Cassa la durata della circolazione di ogni assegno da essa emesso e di corrisponderle una somma di denaro rapportata alla durata predetta, che non costituisce l'importo degli interessi, essendo questi contabilizzati con le annotazioni nel conto generale, bens� il compenso conseguente alla disponibilit�, da parte dell'Istituto, delle somme rappresentate dagli assegni in circolazione. La convenzione di assegno, che accede al rapporto di conto corrente (si fa qui riferimento non al conto generale ma a quello particolare, cui si � poc'anzi accennato) ne risulta modificata nella sua struttura tipica, poich�, mentre normalmente essa � a favore del depositante della provvista, in quanto gli consente di disporre rapidamente, ad PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA onere e rischio della banca trattaria, del denaro depositato, nel caso concreto il vantaggio dell'operazione � dell'Istituto trattario, sia per il sicuro affidamento dell'emittente, sia per la disponibilit� da parte dell'Istituto degli importi degli assegni ancora in circolazione, in virt� del servizio espletato nel suo interesse dalla Cassa di risparmio. Tale configurazione del rapporto non viola l'art. 3 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, come infondatamente sostiene la ricorrente con il secondo. motivo, sul presupposto che essa postulerebbe una convenzione di assegno senza provvista. Il secondo comma del citato articolo stabilisce che l'assegno bancario non pu� essere emesso se il traente non abbia fondi � disponibili � presso il trattario, dei quali abbia diritto di disporre per assegno bancario in conformit� di una convenzione espressa o tacita. Come si vede, la norma esigendo che la provvista sia costituita da �fondi disponibili �, ha risolto in senso negativo la questione, dibattuta nella dottrina meno recente, se la provvista debba necessariamente costituirsi con il preventivo deposito di una somma di denaro. E' ormai certo, quindi, che non soltanto il deposito bancario costituisce titolo per l'emissione di assegni da parte del correntista, ma anche ~'apertura di credito, che, con altre operazioni bancarie, pu� essere regolata in conto corrente (art. 1852 e.e.); e di ci� si � dubitato soltanto in relazione ai �fidi� che le banche accordano comunemente ai loro clienti, quando per� essi siano revocabili ad nutum dalla banca per patto espresso. Nel caso concreto, i.I requisito della costituzione della provvista da parte del traente (Cassa di risparmio) presso il trattario (I.C.C.R.I.) risulta soddisfatto dalla circostanza, prima posta in evidenza, che Ja provvista, costituita anticipatamente all'emissione dell'assegno dal prenditore nelle mani del traente, viene immediatamente annotata nel conto generale a credit� dell'Istituto, come se� fosse stata concretamente depositata nelle sue casse quale provvista effettuata dal traente, tant'� vero che nel conto particolare 'esso rimane annotato a credito di quest'ultimo. Ritenuto, pertanto, che '1e somme che l'I.C.C.R.I. corrisponde alle Casse di risparmio per il servizio di emissione e di pagamento di assegni tratti da queste sull'Istituto rappresentano non gi� gl'interessi derivanti dal rapporto di conto corrente (particolare}, poich� questi vengono gi� contabilizzati nel conto corrente generale esistente fra i due istituti, nel quale vengono annotate anche operazioni estranee alla emissione o al pagamento degli assegni, bens� il compenso che l'istituto paga alle Casse di risparmio per l'espletamento del servizio predetto mediante un'attivit� giuridica complessa, in virt� di un mandato extracartolare conferito ed eseguito nell'ambito di essa, con la conseguenza dell'assoggettamento di tale compenso all'i.g.e., ai sensi dell'art. 3 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, convertito con modificazione in 1. 19 giugno 1940, n. 762. Il ricorso, quindi, dev'essere rigettato. -(Omissis). SEZIONE SETTIMA GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 30 giugno 1978, n. 22 -Pres. Giannattasio -Rel. Mancuso -Amministrazione delle Finanze (Avv. Gen. Stato) c. Casana (avv. Colonna e Fornario) e S.p.A. Monviso (n.c.). Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque -Giudizio e procedimento -Questione di competenza per materia -Deducibilit� con motivo di appello. (C.p.c., 1865, art. 187). Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque -Competenza e giurisdizione -Controversia sulla delimitazione dell'alveo � Fattispecie Competenza del tribunale delle acque. (t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140 lett. b). Procedimento civile -Intervento adesivo -Declaratoria di inammissibilit� Impugnazione della parte adiuvata -Impossibilit� . Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque � Giudizio e procedimento -Difese tecniche di parte estromessa -Mancato esame -Legittimit�. (C.p.c., art. 201). Nei giudjzi avanti ai tribunali delle acque, l'eccezione di incompetenza per materia pu� essere proposta (o rilevata) in qualunque stato o grado della causa e perci� anche in sede di impugnazione (1). Attiene alla delimitazione dell'alveo e rientra nella competenza dei tribunali delle acque la controversia insor~a a seguito del rifiuto dell'amministrazione finanziaria di accatastare come oggetto della privata propriet� del frontista un accrescimento che in sede di delimitazione amministrativa sia stato considerato estraneo all'alveo ed a riguardo del quale l'amministrazione assuma che sia lo stesso accrescimento sia il fondo cui � venuto ad inerire costituiscono incrementi fluviali derivanti da cause non naturali (2). (1) La massima -in ordine alla quale non constano precedenti -costituisce puntuale applicazione dell'art. 187 del cod. proc. civ. 1865, operante nel giudizio davanti ai tribunali dehle acque dn forza del generico richiamo contenuto neH'art. 208 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. (2) Cass. 4 gennaio 1978, n. 13, in questa Rassegna 1978, I, 130 e Ca:ss. 25 ottobre 1975, n. 3561, ivi, 1975, I, 1127, hanno statuito nel senso che la competenza spetta a~ tribunale ordinario soLo quando la controversia non verta n� in via d'azione, n� in via d'eccezione e neppure incidenter tantum sulla delimitazione di un corso d'acqua, ma tenda a stabilire se terreni a11uvionali, pa� PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 337 La parte adiuvata non � legittimata ad impugnare il capo della sentenza che abbia dichiarato inammissibile l'intervento adesivo di un terzo, tanto pi� quando sia 'mancata l'impugnazione dell'interveniente (3). A norma dell'art. 201 cod. proc. civ. (applicabile anche nei giudizi davanti ai tribunali delle acque), il diritto di difesa tecnica a mezzo di proprio. consulente costituisce per la parte il solo sistema di controllo ed eventualmente di contestazione della consulenza tecnica di ufficio, onde la parte non ha diritto a che dal giudice sia tenuto conto della difesa tecnic.a svolta da un terzo estromesso dal giudizio (4) . .(Omissis) . ...;.;.. Va>d�chiarata la contumacia della S.p.A. Monviso, ritualmente convenuta e non costituitasi. I primi due mezzi di impugnazione pongono entrambi questioni di ordine processuale, nel senso che l'uno solleva una eccezione di incompetenza per materia (tl:lrdivamente, secondo l'appellata) del giudice specializzato (Tribunale Regionale delle Acque); e l'altro cont~sta la Jegittimit� del capo della sentenza impugnata, mediante il quale venne dichiarato inammissibile l'intervento adesivo dipendente della S.p.A. M�mviso nel giudizio dt primo �grado. Si tratta, in ogni caso,. di censure inaccoglibili, con la diversa caratteristica di essere -:-. fa prima -ammissibile ma infondata, e -la seconda -addirittura inammissibile per difetto di interesse della parte deducente. E, invero, a norma dell'art. 187 c,p.c. 1865 (applicabile per principio nei giudizi avanti i Tribunali delle Acque), l'eccezione d� incompetenza per materia (o per valore) pu� essere proposta (o rilevata) in qualunque stato o grado della causa e, cio�, anche, in sede d� impugnazione, come 1 nella specie avvenuto. Altrettanto evidente �, per�, l'erroneit� della tesi, che vien posta come premessa a tale eccezione di incompetenza per materia: e secondo la quale, nel presente giudizio si disputerebbe esclusi� vamente � della , propriet� del terreno formatosi in fregio alle rparticelle 204.. ., in ragione del carattere naturale (tesi della ricorrente) o artificiale (tesi delle ailtre parti) della formazione del terreno stesso... �, configurandosi, perci�, Ja sola questione se, in casu, sia d'applicare l'art. 941 (942) ovvero l'art. 947 e.e. ai fini dell'accertamento e della dichiarazione degli effetti giuridici relativi. Deve, invece, osservarsi che oggetto dell'attuale processo, quale determinato dall'insieme di domanda ed eccezione (di merito), �, come sempre � stato, una controversia in ordine alla delimitazione dell'alveo del fiume cificamente e definitivamente non pi� appartenenti all'alveo, debbano considerarsi di pertinenza della propriet� privata confinante ovvero del patrimonio dello Stato. (3-4) Non constano precedenti in termini. RASSEGNA DELL'AVVOC.\TURA DELLO STATO 338 Po conformemente (o meno) a quanto aocertato con il decreto 19 dicem7 bre 1969 (e relativa planimetria integrativa) del Magistrato, questa delimitazione ponendosi -secondo la tesi attrice -come nuova situazione di fatto determinante (ex art. 941 e.e.) l'acquisizione in propriet� dell'incremento formatosi in fregio alla particella {di sua appartenenza) n. 204; il 0 e -secondo la tesi contraria -quale evento idoneo a determinare invece il diverso effetto del � passaggio del sedime dal demanio idrico al patrimonio disponibile dello Stato �, ai sensi dell'art. 947 e.e. Una controversia di tal natura, nella quale fa delimitazione dell'alveo -nella sua genesi anche remota, giacch� la c;ontestazione ebbe ad estendersi ana stessa legittimit� dell'accatastamento della menzionata particella 204; nelle sue caratterjstiche fenomeniche; e, soprattutto, con riferimento al provvedimento che l'aveva competentemente accertato in natura costituisce essa stessa il termine di riferimento degli interessi contrapposti fatti valere nella contesa, non pu� che appartenere, giusta la disposizione della lett. b) dell'art. 140 r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, alla com I petenza dei Tribunali delle Acque. I O@lanto, poi, all'ulteriore censura della postulata illegittimit� della statuizione di inammissibilit� dell'intervento (adesivo d~pendente) della i S.p.A. Monviso, essa �, a sua volta, palesemente e duplicemente inammis-, sibile: in primo luogo, per la ragione che non � configurabile, in :princiI pio, una tutela all'interesse (di fatto) di una delle parti a che un terzo sia mantenuto nel proces,so nella posizione di interveniente adesivo auto nomo, intervento che � dato (dall'art. 105 cpv. c.rp,c. vig. e dell'art. 201 I c.p.c. 1865, che sono norme di contenuto corrispondente) come me�o al fine di un �interesse� dello stesso terzo, e non gi� della parte adiuvata; ~ e, in secondo luogo, per la ragiione che, non avendo la Monviso impugnata ~ tale statuzione di inammissibilit� del proprio intervento volontario, la i f. esclusiva contestazione di essa da parte dell'Amministrazione delle Fi! nanze si traduce, con un paradossale rovesciamento delle rispettive posi I! zioni di questo tipo di intervento, nell'anomala pretesa a contraddire l'in ! teresse del terzo. Possono ora venire esaminate, di seguito, due questioni, i ~ anch'esse di ordine processuale, poste dall'Amministrazione .appellante e che, impingendo negativamente nei principi, possono e debbono venire risolte indipendentemente dal merito della causa, sul quale, se fondate, esse refluirebbero. Trattasi delle questioni, che ineriscono: a) alla dedotta nullit� (ex art. 90 u.c. dispos. att. c.p,c.) della consulenza tecnica di ufficio espletata in prime oure; b) all'istanza di acquisizione agli atti, ai fini della foro !! utilizzazione in sede di decisione, de11e due relazioni tecniche dell'l settembre 1974 e del 2 aprile 1975, espletate dall'ing. Sergio Nesi nell'interesse di un terzo estraneo all'attuale giudizio (cio�, della menzionata societ� Monviso). .. I i PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 339 Entrambe tali questioni vanno risolte, come si � sopra enunciato, in senso negativo: rilevandosi, cio�, quanto a sub a), che la deduzione di nullit� � da ritenere inammissibile, giacch�, sebbene formalmente riferjta alla violazione della disposizione di cui all'ult. p. dell'art. 90 delle dispos. di att. c.p.c., essa non contiene alcuna indicazione del fatto o dei fatti, la presenza o il difetto dei quali avrebbe indotto il� vizio lamentato; e, quanto a sub b), che, ai sensi dell'~rt. 201 c.p.c. (applicabile anche in materia, posto che l'anteriore cod. di proc. civ. non la regolava se non sotto il . profilo della possibilit� di � osservazioni � al perito di uffido: cfr. art. 262), il diritto di difesa tecnica a mezzo di proprio consulente costituisce per la parte il solo sistema di controllo, ed eventualmente di contestazione, della consulenza tecnica di ufficio, cos� che, al di fuori delle .forme e delle garanzie al riguardo specificamente previste dalla legge, non pu� surrettiziamente introdursi nel processo -a titolo di consulenza tecnica di parte -un atto altrimenti posto in essere. N� il discorso pu�, in via di rimedio, venire ii:p.postato in termini di �mera alligazione difensiva di parte �, poich�, come avanti si vedr�, Ia causa, adeguatamente istruita, offre gi� tutti gli elementi perch� se ne decida definitivamente nel merito senza necessit� di alcuna, ancorch� consentita, produzione _probatoria. Osservazione, quest'ultima, che giova anche per escludere in limine la deduzione di prova testimoniale proveniente anch'essa dall'Amministrazione appellante: deduzione che, ammissibile .in base al disposto dell'art. 490 ultimo comma cip:c. 18_65, urta, oltre che contro l'ostacolo della intrinseca genericit� di contenuto dei relativi capitoli (che ne inducono gi� l'inammissibilit�), anche contro la sufficienza e conclusivit� del materiale probatorio acquisito agli atti, rettamente valutato dai giudici di prima istanza e del tutto esaustivo rispetto all'esigenza di una informata decisione. In 'tal modo emendato delle inammissibili od infondate questioni preliminari sollevate dall'appellante, l'impugnazione viene ad essere limitata al contenzioso circa la natura -naturale o artificfale, in funzione dell'alternativa ricorrenza dell'ipotesi regolata dall'art. 941 e.e. ovvero dell'ipotesi regolata dal succ. art. 947 e.e. -del fatto produttivo della presente modificazione dell'alveo del Po (nel tratto che interessa), quale stabilito dal ripetuto decreto del Magistrato in data 19 dicembre 1969. La tesi della scaturigine non naturale di siffatto fenomeno viene dall'Amministrazione ora sostenuta esclusivamente sulla base della deduzione di quello che sarebbe stato, da parte dei primi giudici, un omesso apprezzamento della presenza in loco di opere artificiali, poste in essere dai rivieraschi e capaci di determinare la formazione alluvionale in contestazione. Tesi, questa, perfettamente contrapposta a quella affermata nella impugnata sentenza, la quale -nel ritenere provato che anche il 9 340 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO terreno estromesso dall'alveo del fiume .con il decreto 19 dicembre 1969 del Magistrato del Po � il risultato di un accrescimento naturale forma tosi fra il 1932 ed il 1957 in !fregio alla ripetuta particella n. 204, a causa della corrosione deHa sponda. sinistra, formante l'ansa concava del fiume, e del .,deposito del materiale (portato dalle acque nella parte convessa dell'ansa medesima -�ha invece ritenuto � ipotesi non confermata da elementi concreti� quell.a in tal modo sostenuta (anche in prime cure). dall'~ministrazione. Il che �, senza dubbio, deduzione esatta. Di vero sono acquisiti agli atti risultanze e dati (quali la c.t. di ufficio, le informazioni tecniche fornite al c.t. da1l'U.T.E. di Torino con nota 9 settembre 1973, la relazione� della Commissione Tecnica nominata dal Magistrato del Po, e la stessa motivazione surriportata del provvedimento 19 �dicembre 1969), i quali, nel loro omogeno assieme, lasciano emergere ~a realt� del mondo fisico �di connotazioni ben definite e tutte escludenti, in termini conclusivi ed instiscettibili di dar luogo ad un qualsiasi diverso opinamento, la fondatezza, e persino la fontana probabilit�, dell'assunto delrappellante. Sicch�, senza necessit� di ulteriore defatigante e non utile espe!:imento probatorio, l'ipotesi della. sussistenza di civcostanza di fatto, ca!?aci di far esulare la fattispecie dal<l'ambito della I previsione dell'art. 941 e.e. (per ricondurfa, in ~potesi, in quello del �l'art. 947 e.e.), pu� senz'altro �dirsi priva di consistenza.� E, a tal riguardo, �questo Tribunale Suiperiore non pu� che porsi sulla linea argomentativa ineccepibilmente seguita dai primi giudici, al fine di I ribadirla e farila propria nella pi� completa coincidenza di valutazione e ~ di convincimento: I reperti, palificazipni e residui dalla cui presenza l'Amministrazione inferisce che l'opera dell'uomo avrebbe dato causa al contestato accre I scimento, si trovano collocati in luoghi tali da lasciare escludere una loro incidenza nei sensi prospettati: o perch� infissi sull'attuale sponda i sinistra (e non destra), e a difesa della stessa; ovvero perch� entrostanti persino alla particella alluvionale poi accatastata con il n. 204, in fregio della quale si venne �poi a formare quella di cui si tratta nell'attuale giudizio. Nessuno dei reperti medesimi si � rinvenuto sul terreno (Casana) costituente l'originaria particella 147 (o 146) a ridosso della quale si son venute ponendo -dapprima -la ripetuta particella n. 204, e ...:... successivamente -quella per la quale si disputa. . Questo, in via di dati di fatto. Ma anche ad ipotizzare, per fini di completezza, che dei pali furono infissi anche sulla detta sponda destra, t�le ipotesi non pu� che venire risolta nel senso indicato dal c.t. di ufficio, il quale inizialmente ebbe a prospettarsela. E, cio�, osservando che, anche in tal caso, potendo detti apprestamenti avere avuto solo una mera funzione conservativa (considerato l'andamento della corrente, la quale PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 341 verso la sponda destra ha tendenza naturale a sedimentare e non ad erodere), resterebbe esclusa l'incidenza causale dell'opera dell'uomo nello avverarsi dell'accrescimento in parola. Il quale, pertanto, � da confermare come prodotto di una gradu~le e caratteristica vicenda (imper�ettibile e spontanea), determinata esclusivamente dall'acqua. Su queste premesse, l'appello principale non pu� che �essere respinto. -(Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 30 giugno 1978, n. 24 -Pres. Giannattasio -Rel. Granata -Amministrazione dei lavori pubblici (Avv..Gen. Stato) c. Suriano e leva (avv. Giorgianni) e Comune di Andria (avv. Troccoli). Responsabilit� civile -Colpa -Caso fortuito o forza maggiore -Precipi_. tazioni meteoriche -Eccezionalit� -Fattispecie -Esclusione. Responsabilit� civile -Responsabilit� della . p.a. -Da fatto illecito -Inondazione -Erronea progettazione di impianto fognario -Colpa -Sussiste. Responsabilit� civile -Responsabilit� della p.a. -D� fatto illecito -Inondazione -Intervento modificativo su canale di deflusso -Erroneit� tecnica -Colpa -Sussiste. Una prepipitazione meteorica che rimanga sensibilmente al di sotto dei c.d. � casi critici � pi� volte verificatisi in precedenza non ha carattere di eccezionalit� (1). La responsabilit� per i danni sub�ti da frontisti di una strada in conseguenza dell'invasione da parte di acqu� meteoriche � imputabile a colpa del comune, se l'impianto fognante da .esso predisposto presenti caditoie appena sufficienti -in condizioni di massima efficienza, in concreto assenti -ad assicurare lo smaltimento di una precipitazoine non eccezionale (2). E' imputabile al Ministero dei lavori pubblici, a titolo di colpa, la responsabilit� per i danni derivati da un'inondazione, se il canale da esso predisposto ad assicurare il deflusso delle acque abbia sub�to modificazioni che ne abbiano ristretto l'imboccatura dandogli una sezione inadeguata ri~petto alla capacit� dell'opera l3). (1) Non constano precedenti in termini. (2-3) Le due massime costituiscono applicazione di specie del princ1p10 per . cui la � p.a. risponde a titolo di colpa dei danni, rispetto alfa cui produzione l'opera pubblica opera come fattore causale, quando il modo d'essere dell'opera � consegue,ru.a di difettosa manutenzione o di erronea progettazione ed esecuzione, avuto riguardo a1la funzione della stessa opera ed alle regole tecniche da osservare per raggiungere lo scopo voluto. .342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -1. -Il Tribunale regionale ha .eziologicamente ricollegato l'inondazione verificatasi nell'abitato di Andria il 12 giugno 1968 al concorso di due cause: l'insufficienza, sia per numero che per struttur:a e funzionalit�, delle caditoie stradali, da un lato, e, dall'altro, l'inadeguatezza della portata del canalone Ciappetta-Camaggio in rapporto alle esigenze del bacino scolante. Ed in relazione a tale accertamento ha attribuito -solidalmente -fa responsabilit� per i danni provocati ai coniugi Suriano-Ieva dalla conseguente .sommersione dei locali da essi adibiti a frantoio oleario ed a relativo magazzino, sotto il primo profilo, al Comune e, sotto il secondo, all'Amministrazione dei LL.PP.. Sia questa, in via principale, che quello, in via incidentale,� insor . gono, con i rispettivi gravami, contro la sentenza dei primi giudici per ci� che concerne tanto l'affermazione di responsabilit�, quanto la determinazione del danno. Relativamente a quest'ultima ricorrono anche, in via incidentale, i coniugi Suriano-Ieva. 2. -Con riferimento alla statuizione sull'an, il Ministero dei LL.PP. rimprovera al Tribunale regionale: a) di avere ritenuto applicabile nei confronti della .p.a. la presunzione di responsabilit� di cui all'art. 2051 e.e.; b) di avere negato all'evento meteorologico che ha determinato l'esondazione quel carattere di eccezionalit�, di per s� comunque idoneo ad ~ escludere qualsiasi responsabilit� dell'Amministrazione stessa; e) di non I avere considerato che essa Amministrazione non era proprietaria del I l'intero manufatto e che le opere di difesa nell'abitato fanno carico .al ! Comune e non ad essa medesima, alla quale, inoltre, giammai sarebbe imputabile il mancato adeguamento dell'opera di canalizzazione ai sopravvenuti mutamenti della situazione dei luoghi; d) di avere, infine, negato il concorso di colpa degli attori, per contro ravvisabile n~l fatto di ayere I essi costruito il loro edificio in violazione delle norme edilizie ed in I luogo poco sicuro. (primo motivo dell'appello principale). A sua volta il Comune di Andria (il cui appello incidentale, sebbene I tardivo rispetto alla notificazione della sentenza, � ammissibile, potendo in tesi l'appello principale del Ministero, litisconsorte necessario perch� chiamato in causa iussu iudicis, condurre alla responsabilit� esclusiva, e non .pi� concorrente, dell'Amministrazione comunale) censura la sentenza impugnata per avere disatteso, quanto al numero delle caditoie esistenti all'epoca, le risultanze emergenti dal prodotto certificato dell'Ente, Autonomo Acquedotto Pugliese, che pure � per legge affidatario della esecuzione e manutenzione degli impianti di fognatura in tutti Con riguardo a danni derivati da difettosa manutenzione ed erronea esecuzione di opere idrauliche, cfr. Trib. sup. acque, 1 febbraio 1978, n. 7, in questa Rassegna 1979, I, 186; Trib. sup. acque .10 otobre 1977, n. 27, ivi, 1977, I, 920; Cass. 9 gennaio 1974, n. 62, ibidem 1974, I, 721. PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI comuni, come quello di Andria, serviti da detto acquedotto, e per avere ritenuto provato un difetto di manutenzione di quegli impianti sulla base di rilievi eseguiti dai consulenti tecnici di ufficio molti anni dopo' il verificarsi dell'evento (.primo motivo). Aderisce poi alle censure del Ministero dei LL.PP. relativamente all'eccezionalit� delle precipitazioni metereologiche ed al concorso di colpa degli attori, ma ne contesta la deduzione concernente l'individuazione del soggetto responsabile delle opere di difesa nell'abitato (motivi secondo, sub �a� e � b �, e terzo). Nessuna delle censure riferite, peraltro, � meritevole di accoglimento. 3. -Va in primo luogo ribadito ,l'apprezzamento del Tribunale regionale circa il carattere non ecceziionale delle predpitazioni meteorologiche, che condussero all'inondazione dell'abitato. Elaborando i dati concernenti uh largo periodo di tempo, i consulenti tecnici di ufficio hanno infatti dimostrato come la precipitazione avvenuta il 12 giugno 1968 sia rimasta sensibilmente al di sotto dei c.d. �casi critici � pi� volte verifkatisi in precedenza, n� pu� riconoscersi carattere di eccezionalit� alla circostanza, pure da essi messa in luce che la pioggia sia contemporaneamente ed uniformemente caduta in tutto il bacino interessato, gi� imbibito dalle precipitazioni verificatesi il giorno precedente, trattandosi di eventi che, pur se non frequenti nella loro contemporaneit�, non sono talmente rari da. uscire fuori dell'ambito della normale prevedibilit�. E d'altro canto, avendo essi condotto la loro indagine circa la (in)adeguatezza della rete fognante cittadina e del canalone Ciappetta alla stregua soltanto del dato meteorologico, si palesa privo di qualsiasi rilevanza, agli effetti delle conclusioni sul punto dai medesimi attinte, l'eventuale incremento (rispetto al momento della progettazione e realizzazione delle opere) degli scarichi cittadini e quindi anche il problema della {non) configurabilit� in testa al cittadino, di un diritto soggettivo all'adeguamento dell'opera .pubblica alle mutate esigenze della collettivit�. 4. -Quanto poi, in particolare, alla posizione del Comune, occorre subito sottolineare come la sua legittimazione passiva -data per incontestata dalla sentenza impugnata -neppure � stata messa in discussione con l'atto di appello, la deduzione relativa alle attribuzioni dell'E.A.A.P., in ordine all'esecuzione e manutenzione degli impianti di fognatura cittadini, risultando svolta soltanto al fine di asseverare la forza certificatrice delle �ttestazioni da quell'Ente rilasciate circa la consistenza di tali impianti. Nel caso concreto, peraltro, l'allegata competenza dell'E.A.A.P. neppure � utile al pi� limitato fine suddetto, anche in questo grado non avendo il Comune provveduto a sopperire, relativamente aI (preteso) certificato di quell'Ente sul numero delle caditoie esistenti alla data del 12 giugno 19~8 nel comprensorio, al difetto di autenticit� gi� rilevato dal primo giudice sul riflesso che trattasi�di una planimetria, affatto anonima, RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO. puramente e semplicemente unita, mediante una striscia di carta gommata, ad una lettera dell'Ente. E quindi H numero delle caditoie, da ritenere aperte all'�poca dei fatti di cui � causa, rimane quello di quattordici, indicato dai C.T.U. gi� nella prima relazione e nella seconda dai medesimi assev�rato con l'attestazione essere le medesime � ben riconoscibili � al momento dell'indagine. Come pure resta feqno -perch� non scalfito dal rilievo del Comune circa la non immediatezza dell'accertamento _peritale rispetto� al verificarsi dell'inondazione -il giudizio dai medesimi C.T.U. espresso circa Ia inadeguatezza funzionale di quel � tipo � di caditoie, in relazione alla loro morfologia str�tturale, questa ovviamente prescindendo da qualsiasi punto di riferimento cronologico. Onde deve conclusivamente confermarsi la rilevanza causale dell'impianto fognante a11'inondazione per cui � ca.sa, sul riflesso che la capacit� di assorbimento de1le quattordici caditoie all'epoca esistenti, a .stento in grado -pure in stato ottimale di funzionamento -di raocogliere la� sola precipitazione massima del 12 giugno 1968, rimase certamente al di ' sotto del bisogno per la strutturale impossibilit�. delle caditoie stesse, soggette a facile intasamento, di trovarsi al massimo di tale teorica efficienza. 5. -Quanto alla posizione del Minister� dei LL.PP., i chiarimenti richiesti con l'ordinanza collegiale ai C.T.U. hanno consentito di stabilire con tutta certezza che l'esondazione dal canale Ciappettia delle acque piovane nel medesimo convogliate dal bacino a monte, verificatosi nell'abitato di Andria all'altezza della sorpassante via S. S�bastiano, trov� cau$a nella strozzatura in quel punto opposta al foro deflusso dall'imbocco del tratto coperto costruito, con una sezione tecnicamente erronea perch� assolutamente insufficiente rispetto a.Ue esigenze poste dalle prevedibili precipitazioni sul bacino, dal Genio Civile su richiesta del Comune di Andria. Il giudizio di inadeguatezza ed insufficienza di tale sezione (gi� espresso dai C.T.U. n,ella prima relazione, con riferimento, peraltro, ad un -in realt� inesistente -ponte soprapassante il canale, supposto corrente all'.epoca a cielo scoperto per un errore successivamente chiarito e dai medesimi; comunque, confermato, nel supplemento di perizia, con riferimento a1l'arco di ingresso del predetto tra1Jo coperto realizzi;tto dal Genio Civile) non soltanto � dimostrato dai calcoli analitici svolti dal collegio peritale, ma trova conferma anche in <;lue puntuali riscontri obiettivi: cio� nel fatto, gi� dettagliatamente illustrato dal perito di parte attrice e sostanzialmente asseverato poi dagli. stessi C.T.U. ne11a relazione suppletiva, che la sezione stessa era � notevolmente inferiore � a quella del tratto a valle preesistente, da presumersi congruo all'ampiezza del canale naturale, all'epoca esistente, in esso innestantesi (cfr. le vicende storiche relative alla progressiva sistemazione del canale di origine natu PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 345 'rale Ciappetta�Camaggio, riferite nelle due relazioni del collegio peritale e negli atti in queste richiamati), nonch� nel fatto che, successivamente all'inondazione di cui � causa, il. Genio Civile ha .provveduto a demolire il tratto da esso stesso in precedenza costruito e ad allargare 1a sezione dell'alveo scoperto risultantene, cos� mostrando di avere percepito l'insufficienza del preesistente tratto coperto. Sicch�, in definitiva, appunto nella �costruzione di quest'ultimo, tecnicamente errata per imperizia del suo autore, si identifica il fatto colposo, al quale si ricollega, indipendentemente dal ricorso alla presunzione di cui all'art. 2051 e.e. che quindi non viene affatto in giuoco, fa responsabilit� d�ll'Amministrazione dei LL.PP. per gli eventi dannosi derivantine. 6. -L'insufficienza della rete fognante e l'inadeguatezza del canale Ciappetta particolarmente nel tratto coperto costruito dal Genio Civile esauriscono la serie dei fatti causali che hanno provocato i danni sofferti dai c�niugi Suriano-Ieva, rimanendo estranea alla eziologia dei medesimi la pretesa illegittimit�, rper violazione di norme edilizie, del loro edificio (di .per s�, peraltro, non ostativa alla configurabilit� della ingiustizia del danno sofferto� dall'immobile cos� costruito e, quindi, alla risarcibilit�: Cass. 11 novemqre 1977, n. 4898), mentre il prospettato concors.o di colpa dei medesimi coniugi � da escludere anche sotto il profilo dell'imprudente scelta del luogo nel quale l'edificio stesso � stato eretto, la pericolosit� di questo essendo der,ivata, come si � messo sopra in luce, dal colposo comportamento della Pubblica amministrazione e statale e comunale. (Omissis). TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 4 ottobre 1978, n. 25 -Pres. Giannattasio -Rel. Sgroi -Amministrazione dei lavori pubblici (Avv. Gen. Stato) c. Saraceni e altri (avv. Ferrante e Celucci) e Golia e altri (n.c.). Acque pubbliche ed elettricit� � Alveo � Individuazione � Segnale di gi.lar� dia � Valore. L'altezza del segnale di guardia viene fissata dall'amministrazione per esigenze che attengono� alla pubblica incolumit� e non gi� per indicare il discrimen tra altezza idrometrica della piena ordinaria e altezza idrometrica delle piene eccezionali (1). O>' Sulla sommergibiJit� in caso di piene ordinarie, come criterio per stabiHre la� inerenza a1l'a1veo di un coJJso d'acqua, cfr. Trib. sup. A_cque, 10 ottobre 1977, n. 30, in questa Rassegna 1978, I, 247; Trib. sup. acque, 14 febbraio 1976, n. 3, ivi, 1976, I, 298. - RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO (Omissis). -L'altezza del segnale di guardia viene fissata dall'Amministrazione per esigenze che attengono alla pubblica incolumit� e non gi� per indicare il discrimen tra altezza idrometrica della piena ordinaria e altezza idrometrica delle piene eccezionali. La cost�nte pendenza del declivio che dalla Via,, Giardini degrada verso il fiume e .!'esistenza di depositi alluvionali su di esso sono state ben tenute presenti dal consu l lente tecnico; ne fanno fede sia la descrizione dei luoghi, in cui si mette in luce che il terreno, incolto, � ricoperto da una vegetazione costituita prevalentemente da arbusti sia i rilievi aerofotogrammetrici con indica l zione delle linee di livello del declivio. Lo studio idrologico per la determinazione deLla piena ordinaria � stato condotto in� termfni esaurienti dal �consulente tecnico d'ufficio, il quale si � avvalso delle risultanze degli Annali Idrologici del Servizio Idrografico Italiano, utilizzando dati la cui �sattezza obiettiva il Ministero appellante non contesta n� disconosce, anche se ve ne contrappone altri e diversi. Sulla premessa della definizione di altezza di piena ordinaria come corrispondente ad una probabilit� cumulata pari a 0,25 il consulente � stato in grado di rilevare che la portata di piena ordinaria � nella specie quella che defluisce con un tirante di acqua� pari a m. 5,30 sullo zero idrometrico. Per raggiungere conclusioni pi� tranquillanti i�I consulente ha posto a confronto il risu~tato cos� conseguito con il calcolo effettuato sulla scorta dei dati relativi ai valori massimi annuali delle. portate giornaliere, uti1izzando a questo fine i dati relativi a due stazioni di misura site in zone non lontane da Capua ed elaborando statisticamente tali dati esistenti per un .Jungo periodo di osservazione. Egli ha, -cos�, potuto verificare che alla portata di piena ordinaria del fiume Volturno a Capua pu� attribuirsi il valore di 800 mc/sec., valore quest'ultimo che corrisponde ad un valore del tirante d'acqua pari anch'esso a m. 5,30 sullo zero idrometrico. -(Omissis). ; ; I I I I --J SEZIONE OTTAVA GIURISPRUDENZA PENALE CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 dicembre 1978 -Pres. Borghese Est. Melli -P. M. (conf.) rie. Dell'Anno p.c. Ministero Grazia e Giustizia (avv. Stato di Tarsia). Reato � Falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti a lauree, diplomi, uffici, titoli e dignit� pubbliche -Concorso per uditore giudiziario � Trasmissione del tema via radio -Sussistenza del reato . Fattispecie. (I. 19 aprile 1925, n. 475). Poich� l'art. 3 legge 19 � aprile 1925, n. 475 protegge l'interesse alla genuinit� dell'elaborato sul quale deve fondarsi la valutazione della commissione d'esame, incorre nel reato il candidato che ad un pubblico concorso presenti come proprio un elaborato che nella sostanza .e nella forma espositiva coin�ida con la trattazione data all'argomento da un manuale istituzionale (nella specie, la Cassazione, pur ritenendo corretta l'interpretazione data a tale normativa dalla corte d'appello che aveva accertato la responsabilit� del candidato al concorso per uditore giudiziario. per essersi avvalso della dettatura dell'elaborato fattagli dall' esterno mediante un apparecchio radio, ha� dichiarato, non ravvisando alcuna ipotesi di applicabilit� dell'art. 152, capov., cod. pr�c. pen., l'estinzione del reato per amnistia, con conseguente annullamento della sentenza impugnata) {1). (Omissis). Il 2 aprile 1973 al palazzo dello sport in Roma si svolgeva la prima prova scritta del concorso per uditore giudiziarJo indetto con d.m. 3 luglio 1972; il tema dettato era in diritto penale, avente per titolo �Configurazione dell'errore nel diritto penale�. Durante il tempo assegnato ai candidati per Io svolgimento del tema, veniva eseguito, oltre alla normale sorveglianza, anche un controllo esterno di ascolto radio con apparati appositi a mezzo dell'arma dei carabinieri. (1) La sentenza della Suprema Corte che si annota conclude nel senso sostenuto dall'Avvocatura, che si era costituita parte civile per il Ministero di Grazia e Giustizia, iJ, processo che aveva dato luogo aHa � singoJare affermazione del Tribunale di Roma, secondo il quale copiare un tema i:n un pubblico concorso non� rien.trerebbe nella condotta c'riminosa prevista dalla legge 19 aprile 1925, n. 475 (v. I Giudizi di costituzionalit� e il Contenzioso dello stato negli anni 1971-1975, III, p. 849). 348 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO. STATO Tale serv1z10 consentiva di intercettare due stazioni trasmittenti, da una delle quali una voce femminile dettava il capitolo, sull'a11gomento oggetto della prova, del � Manuale di di~itto penale � del prof Arturo Santoro, mentre nell'altra, fortemente disturbata, una voce d'uomo det tava un capitolo dell'omonimo manuale del prof. Francesco Antolisei. La trasmissione durava per parecchio tempo e, �a distanza di al�une ore, la stessa voc� femminile a:ggiungeva delle notizie di carattere giuri sprudenzi�.le. . Informato di ogni cosa, il presidente della commissione giudicatrice ne riferiva a1 ministro per la giustizia, che, con suo decreto dello stesso giorno, disponeva la sospensione delle prove di �conc0rso. Quindi lo stesso presidente, ritenendo nei fatti ipotizzabile il reato di cui agli art. 1 e 3 legge 19 aprile 1925 n. 475, sporgeva denunzia �l Pretore di Roma. Questi iniziava le indagini 011dinando l'apertura delle � 1547 buste contenenti gli elaborati consegnati dai candidati al fine di �porli a raffronto con la registrazione delle trasmissioni contenute in due bobine. Tale indagine consentiva di ritenere, non essendosi potuto accertare nulla in ordine �lla trasmissione del testo dell'Antolisei per ragioni tec niche, che lo svolgimento del tema contenuto nella busta contrassegnata con il n: 1413, presentato dal candidato Attilio Dell'Anno, presentava note voli analogie con il testo registrato proveniente dalla voce .femminile e, per essa, dal manuale del Santoro. Ravvisando nei fatti anche l'ipotesi di cui agli art. 56 e 640, capov. n. l, cod. pen., eccedente la sua comp�tenza per materia, il pretore trasmetteva gli atti a.Ha procura della Repubblica in sede, alla quale gli atti stessi,� per ragioni di opportunit�, venivano sottratti mediante provvedimento di avocazione della procura generale di Roma con provvedimento del 17 maggio 1973. Al termine dell'istruzione, che confermava gli iniziali accertamenti eseguiti dal pretore, il Dell'Anno veniva tratto a giudizio del Tribunale. di Roma per rispondere del reato di cui �agli art. 1 e 3 legge 19 aprile 1925 n. 475 aggravato dalla connessione teleologica con l'altro reato, pure contestato, di tentata truffa ai danni dello Stato. Il Dell'Anno si protestava innocente, assumendo che le notevoli analogie riscontrate tra l'elaborato da lui consegnato e il testo del Santoro dovevano spiegarsi con la particolare dimestichezza che egli aveva con quell'opera, sia per Ja preparazione al concorso, sia :per un approfondito ~tudio da lui effettuato sul libro predetto, consultato ripetutamente per lo svolgimento del corso di specializzazione .post-universitario sull'argomento della co1pevolezza. Aggiungeva ancora che aveva portato con s� in aula alcuni appunti tratti dal predetto manuale (che aveva subitamente PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 349 strappato dopo q�anto era accaduto), che aveva avuto la possibilit� di consultare. All'udienza si costituiva .parte civile il ministro di grazia e giustizia assistito dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo il risarcimento dei danni sub�ti dall'amministrazione per l'espletamento del concorso annullato. All'esito del dibattimento, il tribunale, con sentenza del 26 novembre , 1974, mandava 1;tssolto il Dell'Anno da entrambi i reati con la fovmula � fatto non costituisce reato >>, alla quale� peraltro perveniva dando atto dell'inesistenza di siouri .elementi per affermare che egli fosse il destina tario della trasmissione incriminata. Avverso .la decisione proponevano appello il procuratore generale e la. parte civile, chiedendo affermarsi la responsabilit� per entrambi" i reati ascritti. La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 27 febbraio 1976, acco glieva parzi_almente tali gravami; riformando la sentenza in ordine al reato di cui alla legge del 1925, per il quale riteneva provata la responsa bilit� dell'imputato, che condannava, evidentemente esclusa l'aggravante di cui all'art. 61, n. 2, con le attenuanti generiche e con i benefici di legge, alla pena di mesi due di reclusione, oltre ai danni in favore della parte civile da liquidarsi _in separato giuclizio. Ricorre per cassa.zione il Dell'Anno e deduce che � stata erronea mente interpvetata ed applicata la norma penale contestata. A giudizio del ricorrente l'interpretazione dell'espressione �opera d'altri� data dalla corte d'appello non sarebbe �conforme aHa ratio della norma medesima, �dettata per evitare che si possa adoperare come proprio il lavoro altrui, inteso questo come un vero e proprio lavoro, compilato interamente da altro soggetto. Rileva inoltre che lo svolgimento del tema richiesto dal concorso per uditore presuppone il riferimento a nozioni apprese da testi per lo pi� assai 'diffusi e non una originale. elaborazione di pensiero e di � � critica idonea a; fornire la prova. di particolari doti creative e speculac tive. Da d� discenderebbe che non pu� rispondere del reato in esame colui che riporti opinioni di autori, ripetutamente citati, in modo ragionato anche se non particolarmente articolato. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. Motivi della decisione. -Il reato per il quale il Dell'Anno � stato tratto a giudizio e per il quale � stata affermata la responsabilit� � estinto per intervenuta amnistia, non sussistendo condizioni soggettive ostative all'applicazione del predetto beneficio ed essendo stato il reato commesso prima del 15 marzo 1978. Non sussiste peraltro alcun motivo per ritenere applicabile la pi� favorevole normativa di cui all'art. 152, capov. Invero in merito alla responsabilit� (cui fanno riferimento le ipotesi �fatto non sussiste� e �l'imputato non lo ha commesso�) lo stato degli atti non consente alcuna 350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO valutazione diversa, avendo i giudici di merito dimostrato fa responsabilit� del Dell'Anno sulla base di un'attenta valutazione delle prove acquisite, effettuata senza alcun vizio n� logico, n� giuridico._ D'altra parte il motivo di ricorso non riflette alcuna questione di responsabilit� che peraltro, essendo egregiamente motivata in fatto la sentenza, sarebbe stata preclusa dagli stessi limiti del giudizio di legittimit�. Ma non pu� trovare neppure applicazione la terza ipotesi ex art. 152, che, pur riflettendo le situazioni neHe quali il fatto non sarebbe p:reveduto daHa legge ,come reato, consente anche una valutazione di queHe consimili situazioni che pi� correttamente vengono riferite alla specifica formula �fatto non costituisce reato�. Questo rilievo � contenuto nei motivi di ricorso sul presupposto che la norma contestata non si attaglierebbe al fatto attribuito al ricorrente. L'interpretazione data nel ricorso appare invece a questa Suprema corte estremamente restrittiv�, basata com'� sulla mera lettera della norma, aHa quale si attribuisce peraltro una delimitazione che in essa � arduo rinvenire. Con l'espressione � op�ra di altri � la legge non si riferisce, come vorrebbe il ricorrente, ad un lavoro che sia compila.to interamente da un soggetto diverso da quello che appare come l'autore fo11male del lavoro medesimo. E' sufficiente, ad integrare la fattispecie in esame, il fatto � oggettivo ohe il lavoro presentato non sia proprio, intendendosi questa espressione come frutto del proprio pensiero, che pu� bene essere svolto in forma riepilogativa od espositiva, ma che deve tuttavia esprimere quello sforzo di ripensamento di problematiche altrui che si richiede per saggiare le qualit� espositive di� un candidato. A questa regola non si sottrae '1'esame di concorso, cui giustamente si estende in virt� dell'art. 3 la disciplina dettata per � lauree, titoli scolastici ed accademici, ecc.... � cui espressamente si riferisce l'art. 1 della legge in argomento. Uintestazione (sia pure con tutte le riserve che in dottrina sono state esposte sul valore da attribuirsi alle intestazioni legislative) � di evidente chiarezza �Repressioni della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti... � ed � forse pi� probante della stessa relazione esplicativa della � legge che pure � nella �stessa direzione. Scopo della norma � quello di evitare che un candidato possa presentare come fatta da lui un'opera alla quale non abbia portato alcun I contributo originale, che si esprima questo in una totale elaborazione di ~ I ~ una teoria o anche pi� semplicemente nella riproduzione del pensiero altrui, che il candidato mostri di avere esattamente compreso e valutato al punto di farne una esposizione ragionata e probante delle sue capacit� ~ f di app!'.'ensione e di esposizione. Sicch�, a �lifferenza delle situazioni prese r in considerazione dalla legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla protezione del ~ f i ~ > f PARTE I, SEZ. VIII, GIURiSPRUDENZA PENALE diritto di autore, la ratio della norma va ravvisata nell'interesse alla genuinit� dell'elaborato sul quale deve essere portato l'esame dei componenti la commissione incaricata della valutazione. Non senza ragione tutte le situazioni richiamate nella legge del 1925 presuppongono una v~lutazione dei lavori diretta a controllare fa idoneit� del candidato al conseguimento del titolo per il quale i lavori stessi sono presenti. Ed � evidente che fruster�bbe proprio. tale interesse la presentazione come propria di un'opera che non sia frutto della personale 'elaborazione del candidato, atteso che non verrebbero da costui forniti elementf di giudizio sui quali la commissione esaminatrice deve esprimere il suo apprezzamento. N� deve trarre in inganno il fatto che allo svolgimento corretto del concorso e delle prove di esame siano dirette altre norme disciplinari di carattere innegabilmente amministrativo, quali quelle che vietano al candidato di portare testi dei quali non sia consentita la consultazione o che consentano l'espulsione del candidato sorpreso a consultare testi siffatti o comunque testi diversi da quelli non autorizzati. La con,temporanea vigenza di norme di diverso carattere, che .convergano aHa tutela di un identico interesse finale, � situazione largamente conosciuta nel nostro ordinamento e si spiega con la diversit� dei campi di operativit� e, nel caso di specie, traggono autonoma validit� dal diverso momento temporale nel quale esse sono chiamate ad operare: immediatamente quelle amministrative dir.ette soprattutfo al regolare svolgimento delle prove di esame e successivamente quelle penalistiche, che senza perder di vista il significato normativo che pure le contrassegna, si muovono sul piano della repressione dei comportamenti illeciti. Non dissimilmente avviene ad esempio nel campo dell'edilizia e in genere nell'area delle autorizzazioni amministrative, .che costituiscono il momento di verifica delle condizioni dettate dalla legge per un corretto esercizio d� attivit� che lo Stato ritiene di dovere controllare, in ordine alle quali la norma penale interviene con un carattere rafforzativo della tutela degli interessi in gioco, quale momento di effettivo collegamento tra le due diverse discipline che, da angolazioni fino ad un certo punto diverse, convergono verso la tutela degli stessi interessi. Nello stesso ordine di idee si spiega anche come nel caso degli esami di concorso possano coesistere norme amministrative e norme penali, ove sussista un'effettiva violazione anche di queste ultime, senza che ci� alteri in alcun modo l'armonico collegamento tra le due norme e la sostanziale unit� dell'ordinamento giuridico, che, proprio in queste forme di tutela operanti su piani diversi, si rivela e spiega la sua completa efficacia. Ritenuta pertanto corretta l'interpretazione data dalla corte d'appello alla normativa in esame e non. ravvisandosi pertanto alcuna ipotesi di 352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO �applicabilit� dell'art. 152, capov., cod. iproc. 1pen., deve dichiararsi la estinzione del reato per amnistia, con conseguente annullamento della sentenza. impugn;:ita . .Atteso tale esito del giudizio, deve rigettarsi il ricorso per fa parte della sentenza reiativa agli interessi civili, che non sono estin:ti al pari di quelli penali. -(Omissis). CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. III, 17 febbraio 1979 -Pres. Frantoni - Rel. De Vincentis -P. M. Guardascione (diff.) imp. Levi ed altri (avv. Stato Di Tarsia). Reato -Disastro aviatorio � Responsabilit� del pilota �per mancanza di abilitazione valida secondo la legge dello Stato di immatricolazione dall'aereo � Volo in Italia -Abilitazione italiana � Sufficienza. (art. 32 Conv. Chicago 7 dic~mbte 1944 appr. d.!. 6 marzo 1948, n. 616; �art. 794 cod.. nav.). Reato'. Aeronautica e aeromobile � Direttore dell'aeroporto � Visita di controllo prima della partenza dell'aeromobil~ � Obbligatoriet� � Visita documentale � Sufficienza. (art. 801 �cod. nav., art. 13, 16 e 17 r.d. 11 gennaio 1925, �l. 356). L'abilitazione rilasciata in Italia ad un cittadino italiano a pilotare un determinato tipo di aereo � requisito necessario e sufficiente per la legge italiana, a nulla rilevando che il pilota non sia in possesso della patente di abilitazione rilasciata dallo Stat� Estero presso il quale l'aereo � immatricolato tl). Le norme del regolamento della navigazione aerea, approvato con r.d. 11 ,gennaio 1925, n. 356 che prevedono la visita di controllo agli aeromobili. prima della partenza e la corrispondente norma dell'art. 801 cod. nav. non impongono al direttore d'aeroporto l'obbligo assoluto di una visita a vista, ma quello di una visita documentale (2). (Omissis). -IiI giorno 29 marzo 1973, alle ore 14.06 in Roma, l'aero� mobile CESSNA 421, marche HB (nazionalit� svizzera) LGP, con equipaggio di due piloti (Urbani Giorgio . ..:... comandante_... e Giamb�nco Giuseppe -� secondo pilota) e cinque passeggeri (Bruno Riccardo Felice . Mlioni di Braudello Umberto -Allioni cli Brandello Cesare, di anni 5 -Poggi (1-2) La novit� e l'estrema importam:.a delle questioni decise, inducono a pubblicare questa sentenza, contro la quale � stato proposto ricorso per Cassazione dalle parti civili. 'Sui problemi che sono stati esal,llinati daM'Avvocatura in sede di difesa del Direttore dell'Aeroporto innanz~ ai giudici di merito, si fa riserva di tornare successivamente. . . . . . j PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Paola in Allioni e Busi Maria Teresa) decollav;:t dall'aeroporto Roma-Urbe _ con piano di volo VRF diretto a Torino Caselle per trasporto di persone. Dopo circa sette minuti di volo l'aereo precipitava in localit� Molette� La Storta, sul terreno della tenuta S. Nicola, causando, per il violen:o impatto ed il conseguente incendio che cagionava la distruzione del veicolo, la morte immediata di tutti i trasportati. Espletati i primi interventi da parte di Carabinieri e le prime indagini da parte della Procura della Repubblica di Roma, la speciale Commissione d'inchiesta, nominata dal Ministero del. Trasporti e dell'Aviazione civile, svolgeva accertamenti ed elaborava una relazione d'inchiesta tecnicoformale sull'incidente di volo. Altra relazione peritale veniva redatta dal Collegio nominato dalla Procura della Repubblica. L'istruttoria era formalizzata per la complessit�. delle indagini, in seguito alle quali il P.M. esercitava l'azione penale nei confronti dei due piloti dell'aereo, di Levi Enrico, di Jullard Andr�e, di Casagran,de Raf� faele (quale .direttore dell'aeroporto. di Ciampino, con competenza territoriale sull'aeroporto dell'Urbe) e di Puzzilli Mario, ~diutore responsabile dell'Ufficio controllo traffico dell'aeroporto dal quale era decollato l'aereo. Al termine dell'istruzione }1 G.I., in data 9 marzo 1976, pronunciava sentenza di non doversi procedere, per morte, nei confronti. dei due piloti, di proscioglimento per non aver .commesso il fatto nei confronti del Casagrande e rinviava a giudizio gli altri prevenuti imputati. Jullard e Levi: -del reato p.e,p. dagli artt. 113 e 449, primo e secon-� do comma, in. relazione all'art. 428, terzo comma cod: pen. perch�, coope� rando tra loro, il primo nella qualit� di legale rappresentante della societ� elvetica ACCSA, ed il� secondo nella qualit� di rappresentante legale della Soc. Italiana ALICO, rappresentante per l'Italia della societ� di costru-� zioni aeronautiche CESSNA, per colpa, consistita nell'av.ere affidato per il pilotaggio l'aeromobile CESSNA . 421, marche NB, LGP, di nazionalit� elvetica; ad Urbani Giorgio, pur sapendo 1che quest'ultimo era inidoneo alla guida del �predetto aereo, anche perch� privo, sin d�l. momento dell'affidamento e fino �al 29 marzo 1973, di abilitazione al pilotaggio dell'aeromobile di cui sopra da parte delrUfficio aeronautico federale di Berna, .cagfonavano, con pericolo per la incolumit� pubblica,� la caduta dello stesso aeromobile, di propriet� della societ� ACCSA, avvenuta in Roma, in lo�alit� La Storta, il 29 marzo 1973, in conseguenza della condotta colposa dell'Urbani e di Giambanco Giuseppe, come precisata nell'imputazione riguardante i due piloti deceduti e prosciolti, per morte, dal G.I.; -del r.eato p. e p. dagli artt. 113, 589, primo e terzo comma, cod. pen., perch�, cooperando tra loro nella qualit� e con la colpa precisata nel capo che precede, cagionavano la morte di Urbani Giorgio, Giambanco RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 354 Giuseppe, Bruno Riccardo Felice, AHioni di Brandello Umberto, Allioni di Brandello Cesare Camilla Giovenale, Poggi Paola e Busi Maria Teresa, che si trovavanc;> a bordo dell'aeromobile di cui al capo che precede e che decedevano immediatamente in Roma ,in Localit� La Storta il 29 marzo 1973 in conseguenza delta sua caduta; Puzzilli: del reato p. e p. dagli artt. 589 e 113 cod. pen. per avere, in co1posa cooperazione con Levi Enrico e Jullare Andr�e, cagionato la morte di� Urbani Giorgio e Giambanco Giuseppe ed in cooperazione con questi ultimi cagionato la morte di Bruno Riccardo Felice, Allioni di Brandello Umberto, .Allioni di Brunello Cesare Camilla Giovenale, Pozzi Paola e Busi M. Teresa, che si trovavano a bordo dell'aereo CESSNA 421 precipitato dal cielo di Roma in localit� �La Storta�, il 29 marzo 1973, e ci� perch�, quale dirigente di fatto dell'aeroporto de1l'Urbe ed addetto all'Ufficio controllo traffico dell'aereoporto stesso, ometteva di controllare la corrispondenza della situazione di fatto al pi�no di volo, la validit� dell'abilitazione al p11otaggio dell'Urbani, la presenza a bol'.do di documenti di abilitazione, il numero delle persone salite a bordo e l'assetto conseguente dell'aereo, cos� consentendo la giuda a pilota non in possesso dei requisiti richiesti, la presenza a bordo di 7 anzich� 4 persone come indicato nel piano di volo e di 6 come consentito dalla portanza del mezzo, il volo con baricentro fuori limite, il tutto in violazione degli artt. 801, 882, 798, 792, 797 del codice di navigazione e 17 del regolamento per la navigaz; ione aerea; -del reato p.c.p. dagli artt. 113, 449 primo e secondo comma, in relazione all'art. 428 terzo comma, per avere, in colposa cooperazione con i predetti, cagionato per i gi� indicati fattori colposi, la caduta dell'aereo CESSNA 421 con il pevicolo per la pubblica incolumit�. � Il Tribunale di Roma, con sentenza 22 febbraio 1978, svolgeva le seguenti considerazioni. La rappresentazione dinamica del disastro, specialmente nell'ultima fase del volo dell'aeromobile, � stata uniformemente ricostruita sia nella relazione d'inchiesta che nella relazione dei periti di ufficio. La manovra ultima tentata dai piloti, e consistita nell'inversione di rotta e nel sorvolo a bassissima quota, consentiva la rprospettazione di due ipotesi: o libera determinazione del pilota (per illustrare qualit� del bimotore o per ammirare il paesaggio) o manovra d'emergenza in seguito ad avaria meccanica. Le cause probabili al disastro {riferite ad entrambe le ipotesi sopra prospettate) venivano cos� indicate: �perdita di controllo nella condotta dell'aeromobile da parte dei piloti e stallo con mancanza di recupero dovuto alla bassa quota �. Ugualmente in �entrambe le ipotesi, sia fa commissione d'inchiesta che il collegio peritale riscontravano elementi di coLpa a carico dei piloti: PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 355 � Sia nel caso di avaria, sia in quello di passaggio basso voluto, la mancanza di una pianificazione di volo, l'avere imbarcato un passeggero oltre il numero dei posti disponibili, lo spostamento del baricentro in funzione della disposizione del passegero in pi� e l'aumento della velocit� di stallo . in funzione del peso, hanno sicuramente influito negativamente ed hanno frustrato gli eventuali rtentativi fatti dall'equipaggio per cercare di evitare la catastrofe �. Il tribunale, per�, sulla base di un'analitica valutazione dei pesi a bordo, giungeva alla conclusione che nessun sovraccarico poteva aver determinato la caduta dell'aereo. In ordine, poi, all'accusa, secondo la quale il .pilota Urbani non era abilitato alla conduzione dell'aereo, il Tribunale osserva che, secondo fa certificazione rilasciata in proposito dal Ministero Trasporti -Direzione Generale Aviazione civile, l'Urbani risultava abilitato alla guida di aerei costruiti dalla CESSNA secondo .la legge italiana e nessuna rilevanza poteva attribuirsi alla circostanza che le autorit� elvetiche non avevano ancora rilasciato analoga abilitazione. Doveva, poi, essere esclusa, a giudizio del Tribunale, qualsiasi valutazione negativa circa l'idoneit� psicofisica dell'Urbani al volo e qualsiasi incidenza sull'evento derivante dalla presenza a bordo di Gianfranco Giuseppe che doveva essere considerato non un secondo pilota {non abilitato aUa guida del CESSNA 421), ma un semplice passeggero. Circa il Puzzilli, infine, il Tribunale rilevava che l'esclusione di qualsiasi deficienza o manchev�lezza in ordine all'assetto di bordo escludeva, in conseguenza, ogni. eventuale responsabilit� del Puzzilli per il mancato controllo. Affermava, altres�, che questo dovere di controllo non poteva, comunque, sussistere, poich� in base alla legislazione in vigore alla prassi instauratasi -che favoriva un controllo solo dqcumentale -iil Puzzilli non poteva essere considerato dirigente di fatto dell'aeroporto dell'Urbe. n Tribunale, �pertanto, assolveva gl'imputati dai reati loro rispettivamente ascritti per hon aver commesso il f�tto e ordinava 1a restituzione della somma di lire 500.000 in giudiziale sequestro alla parte civile Brunilde Allioni di Brandello. Contro la sentenza proponevano appello il P.G. e ria parte dvile Bruno� Emanuele, costituita in giudizio avanti al Tribunale, per s� e per ri propri rappresentati. Inoltre, secondo quanto stabilito dalla C. cost. con la sentenza n. 1 del 1970, in relazione all'art. 195 c.pip,, le parti civili� Bruno Emanuele e Maria Tramontana, in proprio e nella qualit� di genitrice esercente la patria potest� sulla figlia minore, proponevano ricorso per Cassazione. Il P.G. chiedeva che, in riforma all'impugnata sentenza, il Levi, il Jullard e il Puzzilli fossero ddchiarati colpevoli dei reati. foro Tispettivamente ascritti e condannati alle pene ritenute di giustizia. 356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO La parte civile Bruno Emanuele chiedeva che, a modifica del capo del1a sentenza impugnata, relativa alla restituzione della somma sequestrata in favore di Brunilde All�oni, fosse disposta la restituzione della detta somma in favore degli eredi di Bruno Riccardo Felice, ovvero che la controversia venisse rinviata al giudice civile. All'odierna udienza formulavano conclusioni, oltre gli appellanti, anche il rappresentante della parte civile, costituita avanti al Tribunale, .Chierchi e Giorgio, quale vedovo di Busi Maria Teresa. MOTIVI DELLA DECISIONE Il_ P.G. sostiene, nella prima parte dei motivi di gravame, che il Tribunale ha errato nel ritenere che l'apparecchio pilotato dall'Urbani, in quanto impiegato in volo turistico entro i confini dello spazio aereo italiano, non fosse soggetto, bench� di nazionalit� elvetica, alla normativa prevista dalla Convenzione di Chicago, sottoscritta sia dall'Italia che dalla Svizzera ed operante, in forza di una norma interna, in entrambi i paesi. Tale Convenzione, secondo l'appellante, in base al disposto di cui agli artt. 8 e 797 del codice della navigazione, � da ritenere operante anche per il volo effettuato dall'apparecchio pilotato dall'Urbani, in 'quanto destinata a tutelare anche e soprattutto le aspettative degli Stati esteri che, come. l'Italia, l'hanno sottoscritta e resa obbligatoria sul proprio territorio. Secondo tale impostazione, il Tribunale avrebbe errato, altres�, nel ritenere !'Urbani abilitato a pilotare l'aereo precipitato, quantunque in possesso della sola abilitazione rifasciata per tale tipo di velivolo, dalla competente autorit� italiana e non anche dalla competente autorit� elvetica. Tale tesi non pu� essere condivisa. Ritiene la Corte che il volo in que stione pu� essere considerato volo internazionale solo per il fatto che l'aereo era immatricolato in Svizzera (l'Ufficio aeronautico federale aveva rilasciato il relativo certificato di navigabilit�) e stava compiendo un volo in Italia, anche se tale volo, dovendo effettuarsi entro i confini del terri torio dello Stato italiano ~da Roma-Urbe a Toririo-Caselle) era, in realt�, un volo nazionale. Orbene la legge applicabile a tale volo � quella italiana e quella risultante dalle Convenzioni bilaterali, multilaterali o internazionali attual mente in vigore tra l'Italia e la Svizzera. Per la legge italiana occorre, infatti, fare riferimento all'art. 794 del codice navig. che consente il sorvolo del territorio nazionale agli aero mobili stranieri (esclusi quelli militari, di dogana e di polizia) a condi zione di reciprocit�, o quando ci� sia stabilito da Convenzioni inter I i ~ nazionali. PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra l'Italia e la Svizzera, in materia di navigazione aerea, escluso l'Accordo fra i due Paesi, concluso a Roma il 4 giugno 1956 e approvato con legge 4 febbraio 1958, n. 121, perch� riguarda il volo di linee regolari organizzate da imprese di trasporto aereo designate dalle parti contraenti, occorre fare riferimento, per rinvenire la fonte normativa applicabile al rapporto tra i due Stati che interessa il presente provvedimento, alla Convenzione internazionale per l'aviazione civile, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 e approvata con d.1. 6 marzo 1948, n. 616. L'art. 7 di questa Convenzione internazionale, infatti, prevede il caso di aeromobile di uno degli Stati contraenti autorizzati � ad imbarcare nel proprio territorio passeggeri, posta e merce, trasportati dietro compenso o dietro noleggio destinati ad un altro punto del proprio territorio �. Ma ci� posto, non pu� concludersi, come fa l'appellante, che la mancanza di abilitazione rilasciata dalla competente autorit� svizzera a pilotare l'aeromobile in questione, rendeva il pilota Urbani inabile a pilotare tale aereo in Italia. Risulta dagli atti (pag. 22 della relazione d'inchiesta) che � Il pilota Urbani aveva l'abilitazione alla condotta del Cessna 421 ma la convalida per pilotare l'aeromobile immatricolato in Svizzera era scaduta dal 25 dicembre 1972 �. Risulta, peraltro, dagli atti del Ministero dei Trasporti, Direzione Generale Aviazione civile -Servizio Navigazione aerea Ufficio 43 -Brevetti ed abitazioni {f. 110 atti dibatt.), che: �il signor Urbani Giorgio fu titolare del brevetto di pilota civile di secondo grado n. 6031 rilasciato in data 11 novembre 1957, la relativa licenza � stata rinnovata per l'ultima volta in data 13 maggio 1972 con scadenza il 9 maggio 1973 � e che � Il pilota Urbani era abilitato alla condotta di numerosi tipi di a/m tra cui tutta la serie degli a/m. costruiti dalla CESSNA e specificamente C.N. 150 -F172 -FR 172 -182 -206 -207 -210 C. N. 310 -320 -401 -402 -414 -421 �. Il pilota Urbani, dunque, sencodo la legge italiana e le autorit� italiane era fa regola con la licenza di pilota d'aereo ed era abilitato a pilotare il CESSNA 421. L'abilitazione svizzera, per�, era scaduta e, al momento del decollo dall'aeroporto romano non era stata ancora convalidata. Cosicch�, occorre stabilire se tale mancanza possa essere ritenuta determinante ai fini di considerare il pilota Urbani non pi� idoneo a pilotare l'aeromobile in questione non solo in Svizzera ma anche in Italia, e la stessa mancanza possa entrare nel rapporto di causalit�, cos� da costituire uno degli elementi dell'azione o dell'omissione, dalla quale far dipendere l'evento imputato. La Corte ritiene che a tale questione debba darsi risposta negativa poich� la mancata convalida dell'abilitazione al pilotaggio del CESSNA 421 da parte delle autorit� svizzere non pu� annullare la validit� del I 358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO I brevetto, della licenza e dell'abilitazione rilasciati dalle autorit� italiane. Sostenere il contrario significherebbe violare uno dei fondamenti generali ii del diritto internazionale, in particolare, uno dei rprincipi della stessa �[ Convenzione di Chicago. In via generale, infatti, fa norma convenzionale internazionale non si sostituisce (salvo casi espressamente disciplinati, come ad es. la Regolamentazione della C.E.E.: art. 189, legge 14 ottobre 1957, n. 1203) alla normativa di diritto interno che mantiene il suo vigore nell'ambito della sovranit� statuale. II In particolare, poi, la stessa Convenzione di Chicago, all'art. 32, stabilisce (lett. a)) che �Il pilota e gli altri membri del personale di governo di ogni aeromobile impiegato nella navigazione internazionale saranno provvisti di patenti di abilitazione e di Licenze rilasciate o convalidat~ dallo Stato in cui l'aeromobile stesso � registrato�; ma ~lett. b) lascia ad ogni Stato contraente � il diritto di rifiutare ai fini del sorvolo del pro l I& prio territorio, il riconoscimento, alle patenti di abilitazione ed alle licenze ~ conferite ad uno dei propri cittadini da parte di un altro Stato contraente �. L"art. 33 della stessa�. Convenzione, poi, ass9ggetta i certificati di navi I @ gabilit�, le patenti d'abilitazione e le licenze rilasciati o convalidati dallo r: Stato contraente in cui l'aeromobile sia registrato, al riconoscimento di validit� degli altri stati contraenti, secondo precise condizioni espressamente indicate. Orbene, appare evidente che, essendo l'Urbani -cittadino italiano abilitato dallo Stato italiano a pilotare un dato aereo, non pu� lo stesso Stato italiano ritenerlo, ora, inabile al pilotaggio dello stesso aereo solo perch� non in possesso della convalida della licenza di pilota dello Stato straniero presso il quale l'aereo era immatricolato. I N� la Corte ritiene che sussista una qualsiasi violazione della Convenzione di Chicago, in relazione -come si esprime l'appellante -alla I tutela delle aspettative -dello Stato svizzero � riconducibili all'innegabile interesse dello Stato elvetico a1l'o.sservanza dei rpatti reciprocamente sottoscritti�, perch� la Convenzione riconosce allo Stato contraente I un controllo ed una priorit� nella valutazione delle rpatenti d'abilitazione e delle licenze conferite ai propri cittadini da parte di un altro Sta.to Ii contraente (art. 32, lett. b), citato). Priorit� che non significa sottrazione dei singoli Stati contraenti a1la disciplina comune ma, anzi, eventuale pre� tesa del singolo Stato ohe �le condizioni a cui tali certificati o licenze I sono rilasciati o convalidati siano eguali o superiori allo standard minimo che di volta in volta pu� essere stabilito in applicazione della I presente Convenzione �. E poich� non � stata messa in dubbio la corrispondenza agli standavds internazionalmente accettati della licenza e dell'abilitazione rilasciate dallo Stato italiano all'Urbani, consegue che questo pilota era PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 359 legittimamente abilitato secondo la legge italiana e le Convenzioni internazionali in vigore, a pilotare il detto aereo CESSNA 421. Per quanto riguarda l'altro quesito riguardante il rapporto di causalit�, Ia Corte ritiene non solo da un punto di vista formale, ma anche da un punto di vista sostanziale che nel comandante Urbani non possa evidenziarsi nessuna deficienza di idoneit� e di abilitazione al pilotaggio del tipo di aereo a lui affidato il 29 marzo 1973. E ci� � dimostrato dalle informazione sul suo �conto rilevate dalla Commissione d'inchiesta e dal . . Collegio dei periti e riferite alle pagine rispettivamente 5 e 32-33 delle due relazioni. Nella relazione peritale (pag. 33) si riferisce, poi, una notizia � avuta da Milano� e secondo la quale �il pilota Urbani qualche giorno prima defi'.incidente era svenuto durante il volo �. Ma si tratta di nun .cenno che non ha avuto alcun altra eco neg1i atti processuali e che non pu� in modo alcuno intaccare il giudizio positivo sulle condizioni psicofisiche � dell'Urbftni al momento del decollo e nei minuti ehe precedettero la caduta dell'aereo, durante i quali -come risulta dalle registrazioni -il tono della voce del �comandante � era sereno, tranquillo, senza-alcun acqmno di preoccupazione� lv. pag. 10 rel. comm. inch.). Va, quindi, esclusa ogni ipotesi che faccia� risalire .alla persona del comandante Urbani la causa, o una de1le cause concorrenti con altre, cta�� porre in rapporto eziologico con l'evento per cui � processo. N� tale rapporto pu� collegarsi alla presenza a bordo di Giambanco Giuseppe, pilota non abilitato alla guida .Ciel velivolo stesso, poich� come ha gi� precisato il Tribunale, non vi � prova che egli pifotasse l'aereo; e tale non pu� ritenersi il fatto che egli sedesse sul sedile di sinistra della cabina di pilotaggio. Mentre vi � Ia prova, sia ;pure non assoluta ma tuttavia rilevante, che a pilotare l'aereo fosse J'Urbani, la cui voce -cmne s i� visto -� stata registrata durante le fasi del decollo e che sedeva sul sedile di destra della cabina �di pilotaggio. Con un secondo ordine di arigomenti l'appellante sostiene che il pilota Urbani ha dato prova di non conoscere a fondo le caretteristiche di quel particolare velivolo e le sue possibilit� di manovra, pilotandolo a bassissima quota e, comunque, iniziando il viaggio senza una pianificazione di volo, con un .passeggero in pi� oltre il prescritto numero di posti e causando in tal modo un eccesso di peso e lo spostamento del baricentro. -Osserva la �Corte che la perizia del Comandante Urbani non pu� essere messa in dubbio alcuno, n� da un punto di v�ista formale -sulla base dei suoi precedenti di preparazione e di abilitazione -n� da un punt� di vista sostanziale, sulla base dei rilievi. tecnici, riguardanti i pochi minuti di volo, dal decollo alla caduta dell'aereo. RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Come si � riferito in narrativa, infatti, la manovra ultima del pilota, consistita nell'inversione di rotta e nel sorvolo a bassissima quota, ha consentito la prospettazione di due ipotesi; o libera determinazione del pilota (per illustrare qualit� del bimotore o per ammirare il paesaggio) o manovra di emergenza in seguito ad avaria meccanica. Rispetto a tutte e due le ipotesi, entrambe le Commissioni hanno indicato le cause probabili del disastro nella �perdita di controllo nella condotta dell'aeromobile da parte del pilota e stallo con mancanza di recupero dovuto alla bassa quota � ed hanno riscontrato a carico del pilota quegli elementi di colpa che l'appellante ha nuovamente messo in evidenza con i motivi di gravame. Ma la Corte ritiene che le numerose e penetranti argomentazioni del Tribunale, formulate in merito ai detti rilievi accusatori, meritino di essere pienamente condivise. Esclusa, pertanto, l'imperizia del pilota, restano da valutare, nella ricerca delle cause del disastro, la diversit� del piano di volo, l'eccesso di peso e lo spostamento del baricentro. Il piano di volo, presentato dal Giambanco e firmato anche dal Comandant� Urbani prevedeva il viaggio di quattro persone compreso l'equipaggio, mentre in realt� salirono a bordo altre tre persone, cio� due donne e un bambino di cinque anni. L'eccesso di peso, poi, viene indicato in assoluto dall'appellante in Kg. 232, che � la differenza tra il peso totale effettivo dell'aereo al decollo (Kg. 3.316) e il peso massimo di certificazione per il decollo (Kg. 3.084). Osserva la Corte, per�, che sia la diversit� del piano di volo che l'eccesso di peso non possono non essere considerati in relazione all'unica entit� dalla quale essi traggono origine ed evidenza: la presenza, cio�, a bordo di un bambino, il cui peso era di circa 24 chili (verbale ricognizione cadaveri). Orbene, sembra evidente che il disastro non possa addebitarsi a tale presenza, per la minima entit� del peso del bambino rispetto al carico complessivo. N� pu� parlarsi di incidenza negativa sul baricentro (il cui assetto � fattore rilevante per la sicurezza del volo), in quanto l'aggiunta del peso del bambino -trovato sulle braccia di una delle donne -ha portato il peso complessivo raccolto sull'unico sedile a circa 80 chilogrammi (di cui 55 chilogrammi circa per la donna); peso non sproporzionato e non tale da creare uno squilibrio rispetto al peso medio delle altre persone. Nelle relazioni della Commissione d'inchiesta e del collegio dei periti, peraltro, si afferma che il peso al decollo (kg. 3.247) � soggetto ad alcune variabili, alcune delle quali ragionevolmente evidenti ed altre che sono pi� oscure. Per esempio il bagaglio dei passeggeri, quello dell'equipaggio, il peso effettivo dei piloti e dei passeggeri, il combustibile e . I PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE l'olio effettivamente imbarcato sono stati stimati in �maniera approssimativa a causa della scarsezza di notizie certe ohe si sono potute radcogliere � (testo identico nelle due relazioni a pag. 8 e rispettivamente a pag. 12). Alla conclusione che n� il maggior numero delle persone, n� il sia pur relativo eccesso di peso (calcolato dai commi~sari e dai periti, con i limiti e le riserve dai riferiti, in 163 kg) possono aver determinato la 1 caduta dell'aereo, deve, comunque, aggiungersi anche la considerazione che il regolare decollo dello stesso e il tono tranquiHo delle comunicazioni del comandante Urbani sono 1a prova migliore che quei fattori indicati dall'appellante come determinanti non hanno avuto incidenza alcuna proprio nella fase pi� difficile per un aereo che ha preso il volo con il massimo carico a bordo senza manifestare �difficolt� alcuna. Cosicch� a questo punto si prof.ila la necessit� di un'analisi degli atti per riconsiderare con attenzione tutte le risultanze delle indagini tecniche compiute. In proposito la Commissione d'inchiesta ha messo in evidenza quanto segue (pag. 24): �Le indagini effettuate sui due motori non evidenziano tracce di grippamento. Non � possibile, per�, poter affermare che il flusso del carburante fosse regolare o che si possa essere determinata un'avaria meccanica �con conseguente calo di potenza. Non � stato ritrovato fra �i rottami il selettore carburante di destra mentre quello di sinistra, come detto, era in posizione di alimentazione incrociata, cio�, con il serbatoio principale che aHmentava oltre il motore di sinistra anche quello di destra. Tale posizione non � normale per quella fase di volo. Si potrebbe, quindi, essere portati a pensare che si fosse verificata durante il volo, una irregolarit� nel flusso del carburante ad un calo di potenza non determinabile e la virata fosse stata fatta proprio per tentare di rientrare in aeroporto�. La stessa relazione, a pag. 26, aggiunge: �Le indagini svolte sulle eliche confermano che entrambe ruotavano, e quella destra pi� della sinistra. Si possono in proposito fare due considerazioni: la prima di un tentativo di manettare per fare riprendere potenza al motore, l'altra di una voluta riduzione del motore con una successiva riattaccata fatta all'ultimo momento. Tali considerazioni inquadrate con le dichiarazioni testimoniali possono portare ad accettare due ipotesi sulla. inversione di rotta: per avaria, con l'intento di raggiungere raeroporto di partenza avendo la sensazione di poterlo fare, oppure per passart~ intenzionalmente sulla zona per osservare il gruppo di casali in costruzione �. Il Collegio dei periti, poi (pagg. 20-21) non ha stabilito � in maniera definitiva se, in una fase precedente all'urto, ci sia stata un'avar-ia di lieve entit� o un mal funzionamento degli impianti� ma ha accertato che il motore di sinistra � era in posizione di potenza ridotta �. A' conclusione di questa analisi delle indagini tecniche, la Corte, mentre ritiene di poter 362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO escludere in via assoluta ogni manchevolezza ,nel pilota Urbani dei requi siti di abilitazione al pilotaggio dell'aereo, rileva che non � stata eviden ziata l'esistenza di un eccesso di peso o di uno sbilanciamento del centro di gravit� che si pongano come causa o concausa della 1caduta dell'aereo. Al contrario, sono emersi elementi fondati su precise osservazioni e considerazioni tecniche che avvalorano l'ipotesi di un malfunzionamento degli impianti ovvero di un'avaria meccanica o di flusso di carburante. Tale conclusione esclude che gli odierni imputati Levi Enrico e Jullard Andr�e, nelle loro rispettive qualit�, possa essere addebitata la respon� sabilit� in ordine ai due reati ad essi imputati, per avere affidato 11'aero mobile in questione al pilota Urbani Giorgio. Per quanto rigui;irda l'imputato Puzzilli il P.G. denuncia J'erroneit� . della sentenza impugna~a �che ha assolto il PuzziUi in quanto, in base alle istruzioni interne di ufficio, era tenuto ad un controllo soltanto documentale degli accertamenti tecnici inerenti al personale dell'equi paggio ed all'aeromobile e non poteva qu:indi rispondere del mancato accertamento dell'eccesso di �carico del velivolo, tenuto peraltro conto dell'elevato numero del1e operazioni alle quali doveva �giornalmente provvedere. L'appellante, al contrario, ritiene che l'eccesso di carico .ha sicura mente influito negativamente sul volo dell'aereo, cosicch� se il Puzz,illi, osservando le norme di legge, avesse aiocertato il sovraccarico del veli volo e avesse .vietato all'Urbani di decollare in quelle condizioni, il disa stro sarebbe stato evitato. La Corte non ritiene di poter condividere le conclusioni dell'appellante. Al Puzzilli, come si � precisato in narrativa, � stata addebitata, a titolo di colposa cooperazione con i due attuali appellanti, ila morte del l'Urbani e. del Gianbanco e, a titolo di colposa cooperazione con questi ultimi, la morte degli altri passeggeri, per avere omesso di controllare: il piano di volo, la validit� dell'abilitazione al pilotaggio dell'Urbani, la I presenza a bordo dei documenti di abilitazione, il numero delle persone I salite a bordo e l'assetto dell'aereo. , Va, anzitutto, precisato che nell'ordinanza-sentenza di rinv�o a giudi� zio il G.I. (v. pag. 7) ha parlato di � concorso di cause indipendenti � esclu dendo che, nel caso in esame, sia sia trattato di � cooperazione colposa �. Osserva la Corte che se tale distinzione non incide in modo rilevante sul I nesso di causalit� tra. l'evento e l'azione del Puzzilli mossa in relazione ! alla posizione e al comportamento degli altri imputati -appare, tuttavia, opportuna per precisare che il comportamento colposo del Puzzilli si I sarebbe posto come condizione a s� stante dell'evento, in concorso indi� l pendente con l'azione degli altri imputati. Occorre, quindi, accertare se l'omissione della visita di controllo da parte del Puzzilli abbia posto in ! essere una delle condizioni indispensabili per il verificarsi dell'evento. �;f - PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE Escluso, come s'� in precedenza provato, ogni difetto di abilitazione e di pe:riizia nel pilota Urbani, resta da valutare la condotta del Puzzilli in relazione alle due condizioni di volo -peso e assetto -che, al momento del decollo, si presentavano difformi nella realt� dal piano di volo presentato prima della partenza. Questo problema fondamentale della penale responsabilit� dell'imputata poggia sul presupposto oggettivo del dovere del Puzzilli di effettuare una visita di controllo � a vista � e non solo documentale dell'aereo e del suo assetto di volo prima del decollo. Indubbiamente la normativa ancora in vigore (artt. 13, 16 e 17 r.d. 11 gennaio 1925, n. 356, Regolamento per la navigazione aerea) impone al comandante dell'aeroporto o al suo delegato (� il caso del Puzzilli) �di eseguire �la prescritta visita� e di �consentire la partenza�: senza di che �nessun aeromobile pu� lasciare un aeroporto�; �visita di controllo � che deve naturalmente riguardare il �perfetto ordine di rotta dell'aereo e l'assolvimento dei compiti che � regolamento attribuisce al comandante di aeroporto (tra gli altri: sorveglianza sull'aeronavigazione, aMo scopo di assicurarsi che tutti gli aeromobili si trovino in regola con le disposizioni vigenti, visto �Sui documenti ecc.). E' facile, ora, ril~vare come tale normativa regolamentare, risalente ad oltre 50 anni fa, quando erano rarissimi, gli aerei civili, appaia del tutto inadeguata all'attuale intensit� del traffico aereo civile e alle esigenze universalmente sentite (vedi, tra l'altro, Conv. di Chicago, ar.t. 22) di � accelerare la navigazione aerea ed evitare agli aeromobili, agli equipaggi, ai passeggeri ed alla merce ritardi non indispensabili�. Ed infatti, le autorit� italiane non sono restate insensibili di fronte alle nuove esigenze di celerit� dei controlli perch� non hanno mancato di invitare i direttori di aeroporto (vedi documentazione prodotta in atti: circolari, anche telegrafiche, del Min. Difesa Aeronautica -Dir. gen aviaz. civ. del 7 ottobre 1960-12 aprile 1961-12 ottobre 1963 e 10 giugno 1964) ad � adottare procedure rapide e concedere benestare sui documenti di bordo, anche per via telefonica, senza costante obbligatoriat� per il pilota di recarsi, all'uopo, all'Ufficio Traffico �. Cosicch�, la Corte ritiene che la regolamentazione in materia, pur continuando ad essere vincolante, lo sia in forma relativa, cio� in dipendenza del volume e delle esigenze del traffico aereo. In altre parole la Corte ritiene che dalle norme .invocate non derivi per il responsabile dell'aeroporto, considerato l'attuale aumento del traffico aereo, un dovere assoluto di visita di controllo � a vista � ai documenti di bordo e all'assetto di volo di ogni aeromobile �in partenza, in arrivo ed in transito>>, ma che egli debba conoscere ogni elemento utile relativo al volo dell'aeromobile e, comunque, autorizzare le dette operazioni per coordinare e regolare il traffico aereo dell'aeroporto. Naturalmente resta ferma fa prima e 364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO fondamentale responsabilit� del comandante in relazione al possesso dei requisiti di perizia e di abilitazione richiesti dalla legge e sempre controllabili da parte delle autorit� aeroportuali. Nel caso di specie il Puzzilli ha eseguito una verifica documentale e sulla base degli elementi forniti dal pilota e trovati conformi a legge, ha � autorizzato legittimamente la partenza dell'aereo. Cosicch� egli non pu� essere chiamato a _rispondere delle difformit� del piano di volo dalla reale situazione � bordo dell'aereo pilotato dall'Urbani. Peraltro, quand'anche si volesse spingere l'indagine di responsabilit� oltre il dovere formale del controllo a terra, la Corte ritiene che, sulla base delle argomentazioni tutte prima svolte, in ordine alle imputazioni riguardanti gli altd due imputati, non si possa affermare che la caduta dell'aereo sia da attribuirsi alla presenza del bambino, a peso eccessivo o a imperfetto baricentro. Non pu�, quindi, affermarsi che, aneli.e a ritenere assoluto il dovere della visita di controllo da. effettuare in ogni caso da parte del Puzzilli, egli debba comunque essere ritenuto responsabile, in concorso con gli altri imputati, della caduta dell'aereo e della morte dei suoi passeggeri. Anche l'appello della parte civile Maria Tramontana, motivato con argomentazioni analoghe a quelle prospettate dal P.~., � infondato e va respinto. -(Omissis). PARTE SECONDA LEGISLAZIONE QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE I� NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI Codic:e militare di pac:e, art. 186, primo c:omma, limitatamente alle ;parole � tentato o �; e� art. 1'86, primo c:omma, limitatamente alle parole � ancorch�... preterintenzionale �; e art. 186, sec:ondo c:omma, limitatamente al1Le ;parole: � la pena di morte con degradazione, se H superiore � un ufficiale, e �. Sentenza 24 maggio 1979, n. 26, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. r.d. 30 9iugno 1870, n. 5726, neUa parte in cui consente Yestradizione per i reati sanzionati con la pena editta1e de1la morte nell'ordinamento dello Stato richiedente. Sentenza 21 giugno 1979, n. 54, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo c:omma (sec:ondo peri�odo), neUa parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che prendono la parola in riunione in luogo ,pubblico essendo a conoscenza deUa omissione d� ;preavviso previsto nel primo comma. 'l Sentenza 10 maggio 1979, n. 11; G. U. 16 maggio 1979, n. 133. II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE Codic:e c:ivile, art. 1916 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Sentenza 18 giugno 1979, n. SO, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. c:odtc:e c:ivile, art. 2946 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). Sentenza 1� giugno 1979, n. 40, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. c:odic:e c:lvHe, art. 2946 (artt. 3, secondo comma, 36 e 38, secondo comma, della Costituzione). Sentenza 1� giugno 1979, n. 41, G. U. 13 _giugno 1979, n. 161. c:odlc:e di proc:edura civile, art. 316 (art..24 deUa Costituzione). Sentenza 18 giugno 1979, n. 49, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. c:odic:e penale, art. 146, n. 2 (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 25, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 94 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 176, primo comma (artt. 3, prima parte, 24 e 27, I.,. ~ . secondo e terzo comma, de11a Costituzione). . Sentenza 10 maggio 1979, n. 8, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. . . . . codice di procedura ,penale, art. 88 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 23, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. codic;e di procedura penale, art. 88 (art. 24, secondo comma, deHa Costituzione). Sentenza 10 maggio 1979, n. 12, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. codice di procedura penale, art. 271, ultim�o comma (artt. 3, 13 e 27 della Costituzione). Sentenza 10 maggio 1979, n. 13, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. codice di procedura penale, art. 576, terzo comma (art. 3 deUa Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 24, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. codice di procedura penale, artt. 576, terzo comma, 205 e 381, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 24, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, ,lettera b) [modif. da legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 13] (art. 3 della. Costituzione). Sentenza 18 giugno 1979, n. 47, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15, primo comma [conv., con modif., in legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 3 della Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 30, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 31 ottobre 1966, n. 941, art. unico (artt. 23 e 53 del1a Cost'.tuzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 27, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 9 agosto 1967, n. 804, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 11, 24 e 102 deHa & Costituzione). ~ .Sentenza 18 giugno 1979, n. 48, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. ~ fj i: legge 24 dicembre 1969, n. 990, art+. 7, secondo comma, e 32 (art. 41 ~j della Costituzione).' f:j Sentenza 10 maggio 1979, n. 14, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. r . t!: ~ - INDICE DELLA LEGISLAZIONE 9f d.P.R. 26 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, primo comma (art. 3 deHa Costituzione). Sentenza 18 giugno 1979, n. 46, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.I. 30 aprile 1977, n. 151, art. 1 [conv. in legge 7 giugno 1977, n. 2961 (art. 13, quinto comma, deHa Costituzione). Sentenza 24 maggio 1979, n. 29, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. III -QUESTIONI PROPOSTE Codice civile, art. 146, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Venafro, ordinanza 29 gennaio 1979, n. 278, G. U. 20 giugno 1979, Il. 168. �odlco cli p1'oc:edura civile, artt. 41 e 367 (artt." 3 e 24 defla Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 252, G. U. 6 giugno 1979, Il. 154. codice di procedura civile, art. 75 (art. 24, primo comma, della Costituzione). Pretore di Viadana, ordinanza 18 dicembre 1978, n. 254/1979, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. codice di procedura civile, art. 100 (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, primo e� secondo comma, e 32 della Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, Il. 161. codice di procedura civile, art. 313, secondo comma (art. 24 de1la Costituzione). Pretore di estre, ordinanza 21 dicembre 1978, n. 266/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. codice penale, artt. 1.20 e 124 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 16 gennaio 1979, G. V. 20 giugno 1979, Il. 168. codice penale, art. 126 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 7 novembre 1978, n.. 272/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. codice .penale, art. 512 (art. 39 de1Ia Costituzione). Tribunale di Rovereto, ordinanza 9 febbraio 1979, n. 294, G. U. 20 giugno 1979, Il. 168. 96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO codice penale, art. 570, primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). Pretore di Venafro, ordinanza 29 gennaio 1979, n. 278, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. cod'ice di procedura penale, artt. 22 e 91 (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 32 de1la Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. codice di procedura penale, artt. 125 e 128 (artt. 2 e 24 deLla Costituzione). Pretore di Torino; ordinanza 30 novembre 1978, n. 251/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. � codice di pro�edura penale, art. 304 (art. 2 de11a Costituzione). Pretore di Napo1i, ordinanza. 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. l 1 codice di procedura penale, art. 304 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Pretore di Chiavenna, ordinanza 16 gennaio 1979, n. 273, G. U. 20 giugno 1979, n. 168.. Pretore di Chiavenna; ordinanza 7 novembre 1978, n. 272/1979, G. U. 27 giu~ no 1979, n. 175. I I i= 'legg� 17 luglio 1890, n. 6972, art. 1 (art. 38, ultimo comma, deHa Costituzione). i Tribuna1e di Mi1ano, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 200/1979, G. U. 2 mag~ gio 1978, n. 119. ~ I i r.d. 26 giugno U24, art. 26 (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, primo if e secondo comma, e 32 della Costituzione). I Pretore di: Napo1i, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. I legge 19 maggio 19il2, n. 841, art. 22 (artt. ,2, e 3 deHa Costituzione). I i Tribunale di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. r,,d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 265 (art. 103, secondo comma, deMa Costituzione). Corte dei conti -Sezione giurisdizionale :per l:a regiona sicUiana -ordinanza 18 ottobre 1978, n. 242/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. r.d. 1� gennaio 1,939, n. 295, art. 2 (art. 3 deHa Costituzione). Tribunale amministrativo regiona1e, ordinanza 8 luglio 1978, n. 309/1979, G. f!. 27 giugno 1979, n. 175. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 51 e sgg. CSez. IVJ (art. 3 della Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 7 dicembre 1978, n. 240/1979, G. U. 16 maggio 1979. n. 133. r.d. 30 marzo 1942, n. 327, art. 943 (artt. 2 e 3 deJ.la Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 4 (artt. 3, primo comma,� e 38 de1La Costituzione). Pretore di Genova, 011dinanza 19 gennaio 1979, n. 253, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. d.I. luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39, art. 3, lettera a) (art. 3 del1a Costituzione). Pretore di Grosseto, ordinanza 30 gennaio 1979, n. 293, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. � d. legislativo 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Milano, ordinanza 22 febbraio 1979, n. 352, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 3 agosto 1948, n. 405, art. 12 (artt. 3 e 24 della Costituzione). Tribunae di Av.ezzano, ordinanza n. 332/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 4 marzo 1952, n. 137, art. 28 (artt. 3 e 33 deHa Costituzione). Consiglio nazionale forense, ordinanza 25 maggio 1978, n. 255/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 112 agosto 1952, n. 1338, art. 2, secondo comma, �lettera a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Piacenza, ordinanza 9 gennaio 1979, n. 340, G. U. 27 giugno 1979, Il. 175. d.I. presidente d'ella regione siciliana 2�9 ottobre 1955, n. 6, art. 253 (artt. 108, primo comma, e 103, secondo comma, del1a Costituzione). Corte dei conti . Sezione giurisdizionale per la regione sicildana � ord�� nanza 18 ottobre 1978, n. 242/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. legge �12 novembre 1955, n. 1137, artt. 49, lettera b), secondo comma~ e 54 (artt. 3, 97 e 113 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 22 novembre 1978, n. 269/1979, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. I ~ 98 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO i:: d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 3, secondo comma, della ~== Costituzione). f:' f:' ~� Tribunale di Verbania, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 258, G. U. 6 giugno 1979, m n. 154. 1~: ~:; legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 2 (artt. 3 e 25, secondo comma, de.lla Costituzione). Tribunale di Calitanissetta, ordinanza 23 novembre 1978, n. 206/1979, G. U. 2 maggio 1979, n. 119. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, quinto comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Trento, ordinanza 23 gennaio 1979, n. 276, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, secondo c�omma (artt. 3 e 4 della Costituzione). Pretore di CerignoLa, ordinanza 7 dicembre 1978, n. 330/1979, G. U. 27 giu I gno 1979, n. 175. I d.P.R..15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modlf: da legge 1976, n. 313, art. 51 (art. 3 della Costituziqne). ili Pretore di Casalmaggiore, ordinanza 1� dicembre 1978, n. 260/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. legge 12 agosto 1962, n. 133>8, art. 2, seco.ndo comma, lettera a) (artt. 3 I e 38 della Costituzione). ~: Pretore di Genova, ordinanza 21 novembre 1978, n. 211/1979, G. U. 9 mag& gio 1979, n. 126. fil legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 11 (artt. 2 e 3 deHa Costituzione). ~ f: TribunaLe di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giu1: & gno 1979, n. 154. I fil d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 2,5, quinto comma (artt. 3, 36 e 97 ~ della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale deLle Marche, ordinanza 7 novembre 1978, n. 310/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. I & & d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art.' 3 (art. 3 deli1a Costituzione). ~ Pretore di Pistoia, ordinanza 1.2 dicembre 1978, n. 201, G. U. 2 maggio 1979, I ~ n. 119. d.P.,R. 30 giugno 1965, �n. 1124, art. 145, lettera a) (artt. 3 e 38 della f: Costituzione). ~ TribunaLe di Lecce, ordinanza 8 giugno 1978, n. 215/1979, G. U. 9 mag� ~ !: gio 1979, n. 126. 1 Pret?re %Terni:B ordinanze (due) 16 gennaio 1979, nn. 238 ~ 239, G. U. I, 16 maggio 19, n. . j INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2 (artt. 3 e 36 de1la Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 12 gennaio 1979, n. 212/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, �lettera a) (art. 3 della Costituzione). Pretore di Lecce, ordinanza 2 gennaio 1979, n. 304, G, U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, terzo comma, n. 2 (art. 3, primo comma, de1la Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 7 marzo 1979, n. 379, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, secondo comma (art. 3 della Costituzione). Pretore di Bari, ordinanza 23 ottobre 1978, n. 351/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, della Costituzione). � Pretore di Cosenza, ordinanza 23 novembre 1978, n. 267, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. 'legge 25 luglio 1971, n. 568, art. 2 (artt. 3 e 33 dell:a Costituzione). Consiglio nazionale forense, ordinanza 25 maggio 1978, n. 255/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. -legge 9 ottobre 1971, 11. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 36, 38 e 52 delila Costituzione). Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1979, n. 290, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 36, 38, 52, 53, 81, quarto comma, 97, 114, 117, 118, 119 e 128 dehla Costituzione). Pretore di Brescia, ordinanza 6 dicembre 1978, n. 247/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 4 (artt. 2, 3�, primo e secondo comma, 24, primo e secondo comma, e 32 de1la Costituzione). Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. �d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6 (art. 53, primo comma, dehla Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Fogg-ia, ordinanza 10 aprile 1978, n. 250/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 100 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO �d.P.R. 26� ottobre 1972, n. 633, artt. 43, primo comma, e 58, quarto comma (artt. 76, 77 e 3 delJJa Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di A1essandria, ordinanza 15 dicembre 1978, n. 285/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.P.R. 26 ottobre 197'2, n. 633, art. 58, quarto c�omma (art. 3 de1la Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Ancona, ordinanza 16 giugno 1978, n. 283/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 de11a Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 25 ottobre 1979, n. 279/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 25 ottobre 1978, n. 280/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.. P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Tolilllezzo, ordinanza 27 settembre 1978, n. 241/1979, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. d.P.R. 2�9 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53, primo comma, della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Cuneo, Ol'dinanza 21 aprile 1978, n. 334/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 53 e 3 de11a Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanze (sette) 19 dicembre 1978, 14 novembre 1978, 5 dicembre 1978 e 3 ottobre 1978, nn. 196, 297, 298, 299, 300, 301 e 302/1979, G. U. 20 giugno 179, n. 168. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, dehla Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Lucca, ordinanza 28 novembre 1979, n. 274/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 15 dicembre 197�2, n. 772, art. 3, secondo comma (art. 3 deHa Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 luglio 1978, nn. 357 e 358/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art+. 1 e 7 (artt. 3, 35 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Cuneo, or�dinanza 3 maggio 1978, n. 333/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. INDlCE DELLA LEGISLAZIONE d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 5 e 7, primo secondo e quarto comma (artt. 3, 35 e 53 de11a Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di Torino, ordinanze (due) 5 maggio 1978, nn. 256 e 257/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 de1la Costituzione). Commissione tributaria di primo grado di Saluzzo, ordinanza 29 settembre 1978, n. 207/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. d.I. 1� ottobre 1973, n. 580, art. 12, terzo comma [conv. in legge 30 n�o� vembre 1973, n. 7661 (artt. 3, 33, primo comma, e 36 del1a Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 13 luglio 1978, n. 277/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. �legge 10 dicembre 1973, n. 814, artt. 1 e 3 (artt. 3, 42 e 44 deHa Costituzione). Tribunai1e di Cremona -Sezione agraria -OI'dinanza 11 ottobre 1976, n. 198/1979, G. U. 2 maggio 1979, n. 119. legge 1O dicembre 1973, n. 814, artt. 3, quindicesimo comma, e 4., terzo comma (artt. 42 e 44 delLa Costituzione). Tribunale di Cremona -Sezione agraria -ordinanza 11 ottobre 1976, n. -198/1979, G. U. 2 maggio 1979, n. 119. legge 18 dicembre 1973�, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). Pretore di VaraLlo, ordinanza 6 novembre 1978, n. 292/1979, G. U. 20 giu. gno 1979, n. 168. d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 ddla Costituzione). Pretore di Roma, ordinanza 17 gennaio 1979, n. 214, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. Pretore di Roma, ordinanza 5 febbraio 1979, n. 259, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. d.I. 2 marzo 1974, n. 30, art. 3� [conv. in legge 16 aprile '1974, n. 1141 (art. 3, primo comma, deMa Costituzione). Pretore di .Bologna, ordinanza 7 marzo 1979, n. 379, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 229 (art. 3, primo comma, de11a Costituzione). Tribunale di Ravenna, ordinanza 15 dicembre 1978, n. 268/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 12 102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 0 legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 19, primo comma (art. 3 della Costituzione), Pretore di Trapani, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 249, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. legge 22 dicem'bre 1975, n. 685, art. 71 (art. 3 de~la Costituzione). Tribunale di Roma, ordinanza 6 gennaio 1979, n. 281, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 3 giugno 1,975, n. 160, art. 2 (artt. 3 e 3�8 deHa Costituzione). Pretore di Ancona, ordinanza 2 marzo 1979, n. 353, G. U. �27 giugno 1979, n. 175. legge reg. Emma-Romagna �8 marzo� 1976, n. 1O, art. 5, secondo comma (art. 117 deUa Costituzione). Tr1bunale amministrativo regionale per L'Emilia-Romagna, ordinanze ( cinque) 9 novembre 1977, nn. 325, 326, 327, 328 e 329/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge reg. Friuli-Venezia Giulia 15 marzo 1976, n. 2, artt. 1 e 2 (artt. 3, 36 e 97 della Costituzione). Tribunale amministrativo regionale per H Friu1i-Venezia Giulia, ordinanza 16 febbraio 1978, n. 205/1979, G. U. 2 mag;gio 1979, n. 119. �legge 30 oprile 1976, n. 159, art. 2, quinto comma (art. 24, secondo comma, deMa Costituzione). Tribunale di Oristano, ordinanza 20 novembre 1978, n. 305/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 5 maggio 19'76, �n. 31'3, art. 5 (art. 3 dehla Costituzione). Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 3 febbraio 1979, n. 286, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 10 della Costituzione). Pretore di Codroipo, ordinanza 22 novembre 1978, n. 306/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. Hi8. legge 1 O maggio 1976, n. 319, artt. 15; 21 e 25 (artt. 3 e 32 della Costituzione). Pretore di Codogno, ordinanza 6 febbraio 1979, n. 331, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Tribunale di Oristano, ordinanza 20 novembre 1978, n. 305/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge � 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1 quater (artt. 3 e 32 de11a Costituzione). Pretore di Ga11arate, ordinanza 8 gennaio 1979, n. 275, G. U. 20 giugno 1979, Il. 168. Pretore di Codogno, OI'dinanza 6 febbraio 1979, n. 331, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 de11a Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Alessandria, ordinanza 21 dicembre 1978, n. 270/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 31 e 53 del.fa Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanza 29 novembre 1978, n. 303/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.I. 22 dicembre 1976, n. 852, art. 7, second�o comma [conv. in legge 21 febbraio 1977, n. 31l (artt. 76, 77 e 3 deUa Costituzione). Commissione tributaria di 1� grado di ALessandria, ordinanza 15 dicembre 1978, n. 285/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, secondo, terzo, quarto e quinto comma (artt. 5, 76, 117, 118 e 128 della Costituzione). TribunaLe amministrativo regionale de1 Lazio, ordinanza 27 ottobre 1978, n. 264/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. d.P.R. ,24 luglio 1977, n. 616, art. 25, quinto comma (artt. 76, 77, primo comma, 117, 118 e 38, ultimo comma, deLLa Costituzione). Tribunale di Mi1ano, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 200/1979, G. U. 2 maggio 1978, n. 119. �legge 8 agosto 1977, n. 5113, artt. 27, secondo comma, e 2�8 (art. 3 de1la Costituzione). TribunaLe di Pavia, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 213/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. Tribunale di La Spezia, ordinanza 5 dicembre 1978, n. 284/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.I. 28 ottobre 1977, n. 778 (art. 3 deHa Costituzione). Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. 104 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). Commissione tributaria di 2� grado di BoLzano, ordinanza 25 ottobre 1978, n. 279/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. Commissione tributaria di 2� grado di LBolzano, ordinanza 25 ottobre 1978, n. 280/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanze (sette) 19 dicembre, 14 novembre, 5 dicembre e 3 ottobre 1978, nn. 196, 297, 298, 299, 300, 301 e 302/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. legge 23 dicembre 1977, n. 928, (art. 3 del1a Costituzione). Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24, 97 e 103, primo comma, delJlia Costituzione). Consigldo di Stato -Sez. IV giurisd. -ordinanza 26 luglio 1978, n. 244/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. legge reg. Ya,lle d'Aosta 15 febbraio 1'978, n. 11, artt. 30, 31 e 32 (art. 3, primo comma, dellia Costituzione e art. 43 de1lo statuto speciale della Va1le d'Aosta)~ Magistrato re1atore delilia Corte dei conti, ordinanza 23 gennaio 1979, n. 336, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.I. 30 marzo 1978, n. 77 (art. 3 della Costituzione). Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. legge 1O maggio 1978, n. 176, art. 1, terzo comma, .prima ipotesi (artt. 3, primo comma, e 24, primo comma, deLLa Costituzione). Tribunale di Cremona, ordinanza 19 giugno 1978, n. 344/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 22 maggio '197�8, n. 194, artt. 17, 19, 4, 5, 6, lettera al. 8 e 12 (artt. 3, 25, secondo comma, 2, 30, iprimo comma, 30, secondo comma, 31, secondo comma, e 32, primo comma, de1La Costituzione). Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 1� dicembre 1978, n. 216/1979, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. legge reg. 1Puglia 24 luglio 1ns, riappr. il 26 aprile 19'79 (artt. 117, 122, 3 e 53 deLLa Costituzione). Presidente Consig1io dei Ministri, ricorso 26 maggio 1979, n. 9, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 (artt. 3, 41, 42 e 47 deHa Costituzione). Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 311, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 9 marzo 1979, n. 351, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 43 e 44 (artt. 24 e 25 della Costituzione). Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 312, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. Giudice conciliiatore di Caltanissetta, ordinanze (sei) 23 febbraio e 2 marzo 1979, nn. da 345 a 350, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 27 luglio 1978, n. 39'2, art. 57, ultima parte (artt. 3, 35 e 36 della Costituzione). Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 311, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 9 marzo 1979, n. 351, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. �legge 27 luglio 1'978, n. 392, art. 59 (art. 3 de11a Costituzione). Giudice conciliatore di Ferrara, ordinanza 19 dicembre 1978, n. 243/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. Pretore di Udine, ordinanza 22 gennaio 1979, n. 245, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. Giudice conci1iatore di Faenza, ordinanza 12 gennaio 1979, n. 261, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. Pretore di Catania, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 295, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. Pretore di Rimini, ordinanza 24 gennaio 1979, n. 282/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. Giudice conciliatore di Como, ordinanze (due) 28 febbraio 1979, nn. 337 e 338, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 1� marzo 1979, n. 307, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59, primo comma, n. 1, e 61 (artt. 42, secondo comma, e 47 della Costituzione). Giudice conciliatore di Genova, ordina_nza 22 novembre 1978, n. 217/1979, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. legge 17 lugli-o 19�7,8, n. 39~. art. 61 (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). Giudice conciliatore di CaLtanissetta, ordinanza 26 gennaio 1979, n. 262, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO legge 27 luglio 1978, n. 329, art. 65 (art. 3 deMa Costituzione). Giudice cond1iatore di Biassono, ordinanza 10 gennaio 1979, n. 265, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. Giudice conci1iatore di Parma, ordinanza 5 marzo 1979, n. 308, G.U. 20 giugno 1979, n. 168. Giudice conciliatore di AnzolJa dell'Emi!Jia, ordinanza 10 gennaio 1979, n. 343, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, primo e secondo comma (artt. 3 e 42 deLia Costituzione). Pretore di Genova, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 356/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2 (art. 3 deHa Costituzione). Pretore di Correggio, ordinanza 20 febbraio 1979, n. 291, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. d.P.R. 4 agosto 197�8, n. 413', art. 2, lettera aJ (artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione). Pretore di Reggio Emi1ia, ordinanza 24 gennaio 1979, n. 263, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. d.P..R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, secondo comma, lettera cJ, n. 1 (artt. 79, 3, 25 e 111 delllia Costituzione). Pretore di Scicli, ordinanze (venti) 27 ottobre 1979, nn. da 218 a 237/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. Pretore di Scicld, 011dinanze (tre) 27 ottobre 1978, nn. 287, 288 e 289/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. <d,P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera cJ (artt. 55, e seguenti, 70, e seguenti, 79, e seguenti, 83, e seguenti, e 3 deLla Costituzione). Pretore di Nwd�, or;dinanze (dodici) 26 ottobre, 19 ottobre 1978 e 9 novembre 1978, nn. 313, 314, 315, 316, 317, 318, 319, 320, 321 322, 323 e 324/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. � legge 9 agosto 19.78, n. 463, art. 13 (artt. 97, 3 e 51 de11a Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 23 novembre 1979, n. 354/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. legge 9 agosto 1978, n. 463, artt. 2.5 e 33 (artt..3. 4, 35, 36 e 51 deHa Costituzione). Pretore di La Spezia, ordinanza 23 novembre 1979, n. 354/1979, G. U. I 23 maggio 1979, n. 140. I I I legge reg. Toscana 13 febbraio 1979, riappr. 15 maggio '1979 (artt: 117 I e 42, secondo comma, del~a Costituzione). 'Ij Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 8 giugno 1979, n. 13, G. U. 20 giuI gno 1979, n. 168. I I I I I 107 INDICE DELLA LEGISLAZIONE legge reg. Basilicata 26 febbraio 1979, riappr. il 2 maggio 1979 (artt. 117, 3 e 119 deHa Costituzione). Presidente Consiglio Ministri, ricorso 30 maggio 1979, n. 12, G. U. 13 giu. gno 1979, n. 161. d.I. 29 marzo 1979, n. 100 (artt. 115, 117, 77 e 118 della Costituzione). Presidente giunta regionale de~lla Toscana, ricorso 11 maggio 1979, n. 8, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. legge reg. s�iciliana 16-17 maggio 1�979 (art. 14, lettera f) deMo statuto specia1e deHa regione siciliana). Commissario deHo Stato per la regione sici1iana, ricorso 30 maggio 1979, n. 11, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. legge reg. siciliana 16�17 maggio 1979, artt. 3 e 5 (art. 32 della Costituzione e art. 17, Lettera b), dello Statuto speciale dd1a regione sidliana). Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 30 maggio 1979, n. 10, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. CONSULTAZIONI AMMINl1S11RAZIONE PUBBLICA Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -LiCONSULTAZIONI AMMINl1S11RAZIONE PUBBLICA Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione -Collocazione al passivo -Sede (l. 18 novembre 1975, n. 764, art. 2 -l. 4 dicembre 1956, n. 1404, art. 9). Se un credito garantito da ipoteca sugli immobiLi di un ente successivamente soppresso (neI1a specie: giovent� italiana); qualora gld immobili siano stati devoluti ad enti diversi daUo stato, debba essere ammesso al passivo della liquidazione in sede ipotecaria ovverso in sede chirografaria (n. 443). BENERICENZA E A:SSI1STElNZA Alienati di guerra -Ricovero in case .di cura convenzionate -Convenzioni tra case di cura e provincie -Rimborsi in favore delle provincie -Decorrenza (l. 18 marzo 1968, n. 313, art. 29 -d.m. 4 maggio 1970, art. 3). Se, nel caso in cui tra amministrazione provinciale e case di cura sia convenuta fa revisione delle rette al verificarsi di determinati aumenti dei costi, il rimborso de11Ja maggiorazione all'amministrazione provinciale sia dovuto con 1a I stessa decorrenza che 1e maggiorazioni hanno avuto nei rapporti tra amministrazioni provinciali e case di cura, ovvero con decorrenza dalla data della de~ libera dell'amministrazione provinciale che riconosce dovuti gli aumenti (n. 9)�. I Ospedali psichiatrici -Alienati di guerra -Rette di degenza -Maggiorazione a carico dell'O.N.I.C. -Decorrenza (d.m. 4 maggio 1970, art. 4 -l. 18 marzo I 1968, n. 313, art. 29). f Se neL caso di maggiorazione del.la retta di degenza per alienati di guerra, presso enti ospedalieri diversi dagLi ospedaH psichiatrici provincia1i, il relativo obbligo di pagamento a carico de11'0.N.I.G. decorra dalfa data della delibera II dell'ente ospedaliero, ovvero da que11a de11a del~bera ddrl'amministrazione provinciale che recepisce le nuove rette (n. 10). f ~ ! CONTENZIOSO TRJ:BUTARIO I! Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni delle decis.ioni delle commissioni di secondo grado (d.P.R. 26 ottobre 1972, ! n. 636, art. 37 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 -d.P.R. 26 ottobre 1972, !i n. 636, art. 40 -Cast. art. 111). Se le decisioni delle commissioni tributarie di secondo grado in materia ! di estimazione semplice siano impugnabili innanzi alla Corte d'!A.ppello .(o alternativamente .innanzi alla commissione centrale) per difetto di motivazione ov I vero, per tale vizio, con ricorso per cassazione (n. 30). ! s Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di ApI, pello -Condanna alle spese (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40). ' \ I Se la Corte d'tAppello quale giudice di terzo grado nelle controversie tribu! tarie, possa condannare a1fe spese fa parte soccombente in una impugnazione l 1 di mera legittimit� ovverso debba rimettere J.a liiquidazione dehle spese al giu i dice di rinvio (commissione tributaria di scondo grado) (n. 31). PARTE II, CONSULTAZIONI Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti all~ Corte d'Ap pello o alla commissione centrale per violazione di legge (d.P.R. 26 ottob.re 1972, n. 636, art. 40 -d.P.R. 26 ottobre 1972, art. 26). Se, l'espressione �violazione di legge� usata negli artt. 26 e 40 del d.PJR. 26 ottobre 1976, n. 636, che definiscono la natura e l'ampiezza del giudizio tributario di terzo grado, comprenda tra l'altro ogni specie di vizio in procedendo (n. 29). Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello o alla commissione tributaria centrale -Ampiezza (d.P.R, 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40 -Cast. art. 111). Se, nel nuovo sistema del contenzioso tributario 1'impugna1..ione di terzo grado aLternativamente esperibMe avanti alla commissione centrale ovvero aHa Corte d'Appello assorba tutte le questioni deducibili, di merito e di legittimit�, escludendo la proponibilit� del ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione contro le decisioni di secondo grado (n. 28). CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto -Limiti (l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, primo comma -l. 6 agosto 1967, n. 765 -l. 1� novembre 1965, n. 1179). Quale sia fa esatta �portata del contrasto con la Hcenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, primo comma, della �legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo introdotto dalla Jiegge 6 agosto 1967, n. 765), determinante 1a esclusione dai benefici di agevolazioni fiscali, contdbuti e altre provviden1..a de11o Stato o di enti pubblici (n. 124). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Lioenza -di costruzione Contrasto -Riferimento alla unit� -Immobiliare -Estensione (l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, primo comma -l. 6 agosto 1967, n. 765 -l. 1� novembre 1965, n. 1179). Se il contrasto con Ia licenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, primo comma, de11a Jegge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo, introdotto da:11a legge 6 agosto 1967, n. 765), che determina Ja esclusione dai benefici di agevolazioni fiscali contr.ibuti e altre provvidenze de1lo Stato o di enti pubblici debba riferirsi alla unit �immobiliare intesa come unit� catastale ovvero intesa come fabbricato (n. 125). DEMAiNIO Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizzone -Silenzio -Rigetto Applicabilit� (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 6 -l. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 4 -d.P.R. 28 giugno 1955, n. 1106, art. 15). Se l'art. 6 del d.PJR. 24 novembre 1971, n. 1199, per il quale, decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione diel ricorso senza che l'organo adito abbia comunicato Je proprie decisioni, iJ: ricorso si intende respinto a tutti .g1i effetti, sia applicabile ai ricorsi amministrativi in opposizione previsti in materia di servit� militari dall'art. 4 della I. 20 .dicembre 1932, n. 1849, sostituito daH'art. 15 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 1106 (n. 289). 110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine (l. 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 4, terzo comma �. d.P.R. 4 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 7). Se il termine di dieci giomi per proporre opposizione in materia di imposizione di servit� militare stabilito dall'art. 4, terzo comma, della legge 20 dicembre 1932, n. 1849 sia stata sostituita dal generaile termine di trenta giorni preVisto dall'art. 2 del d.P;R. 24 novembre 1971, n. 1199 (n. 290). ENTI PUBBUCI Unione nazionale mutilati per servizio � Socio effettivo � Iscrizione -Requisiti (d.P.R. 23 settembre 1970, art. 5). Se, ai sensi del vigente statuto approvato con d.PJR. 23 settembre 1970, art. 5, possa essere iscritto quale socio effettivo all'unione nazionale mutilati per servizio un muti1ato dipendente delJ'I.N.A.I.L. (n. 3). FALUMBNTO II Regioni -Imposte regionali � Legittim�zioni ad agire in giudizio (l. 16 maggio 1970, n. 281, artt. 4, 4 c e 6 -l. 24 dicembre 1975, n. 706, art. 18). Se gli uffici finanziari dello Stato siano legittimati a presentare domanda I di insinuazione in passivo fallimentare per il recupero di crediti vantati da1le regioni a titolo di imposte regionaili (n. 157). ~I!, �: GIUSTIZIIA AIMMINISTRATIVA ~: Principio di alternativit� � Ricorsi gerarchici impropri e opposizioni � Applicacabilit� (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 20). Sie il principio dehl'aLternativit� tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale introdotto dail.J'art. 20 deUa Jegge 6 dicembre 1971, n. 1034 valga anche per i ricorsi gerarchici: impropri e per i ricorsi in opposizione (n. 27).. IGI1BNE E SANIT� Ospedali convenzionati � Ripartizione quote divisibile a docenti universitari (l. 25 marza 1971, n. 213, art. 4). Se ai fini del riparto in favore di aiuti e ass,istenti univ�rsitari in servizio presso osped~ convenzionati de11e quote divisibili di quanto incassato per prestazioni a pagamento si debba tener dello stipendio universitario o di que1lo del sanitario ospedaliero di pari funzione ed anzianit� (n. 33). Ospedali convenz.ionaU -Servizio prestato da docenti universitari -Misura degli oneri dell'ospedale (l. 25 marza 1971, n. 213, art. 4). Se le somme dovute dagli ospedali converu:.ionati alle universit� per il servizio prestato da personale medico universitario debbano essere corrisposte per L'intero ovvero nei soli limiti di quanto occorre per realizzare la equiparazione del trattamento economico di tale personale sanitario (n. 30). PARTE II, CONSULTAZIONI Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari -Ripartizione delle somme dovute da una pluralit� di ospedali (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4). Se nel caso di una pluralit� di �spedali convenzionati con una determinata1 universit� le somme versate da ciascuno di essi per il servizio prestato .dal personale medico universitario debbano prioritariamente essere attribuite ai sanitari che prestino la loro opera presso quelJ.'ospedaLe ovvero debbano confiluire in un fondo unico per essere poi distr�ibuite tra tutti i medici che abbiano diritto aUa integrazione del mento economico (n. 31). Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari -Titolariet� delle somme dovute dall'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 -d.l. 1� ottobre 1973, n..580, art. 12). Se le sOltnme versate dagli ospedali convenzionati alle universit� per il servizio prestato da medici universitari, !le quali eccedan() quanto necessario a realizzare la parificazione del trattamento economico del pers01I1ale avente diritto vadano restituite a11'ente ospedaliero ovvero vadano incamerate daJ.l'universit� o siano da versare allo .Stato (n. 32). IMPIEGO PUBBLICO Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F. (l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 13 -l. 2 dicembre 1975, n. 576, art. 35). Se competa tuttora al personale U.T.I.F. i1 massimale di 120 ore di fa. voro straordinario sancito dall'art. 13 della 1. 15 novembre 1973, n. 734, in deroga a1 limite di 45 ore (60 per i dipendenti di uffici finanziari periferici) fissati dall'art. 35 della 1. 2 dicembre 1975, n. 576 (n. �874). IMPOSTE E T~SSE Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni delle decisioni delle commissioni di scondo grado (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 37, d.PIR. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40, Cost. art. 111). Se le decisioni delle commissioni tributarie di secondo grado in materia di estima:t.ione semplice siano impugnabili innanzi alla Corte d'Appe11o (o alternativamente innanzi alla commissione centrale) per difetto di motivazione ovvero, per tale vizio, con ricorso per Cassazione (n. 651). Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello -Condanna alle spese (d.PiR. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40). Se la Corte d'Appello quale giudice di terzo grado nelle controversie tributarie; possa condannare alle spese la parte soccombente in una impugnaZione di mera legittimit� ovvero debba rimettere la liquidazione delle spese al giudice di rinvio (commissione tributaria di secondo grado) (n. 652). Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte d'Appello o alla commissione centrale per violazione di legge (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40, d.P.R. 26 ottobre 1972, art. 26). Se, J'espressione � violazione di legge � usata negli artt. 26 e 40 del d.P.R.. 26 ottobre 1976, n. 636, che definiscono la natura e l'ampiezza del giudizio tri 112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO butario di terzo grado, comprenda tra l'altro ogni specie di vizio in procedendo (n. 650). Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello o alla commissione tributaria centrale -Ampiezza ( d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40, Cost. art. 111). 1Se, nel nuovo sistema del contenzioso tributario l'impugnazione di 1Jerzo grado alternativamente esperibile avanti alla commissione centrale avvero aHa Corte d'Appello assorba tutte Je questioni deducibili, di merito e di legittimit�, escludendo la proponibilit� del ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione contro le decisioni di secondo grado (!Il. 649). Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto -Limiti (l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, 1� comma, l. 6 agosto 1967, n. 765, l. l� novembre 1965, n. 1179). Quale sia la esatta portata del contrasto con la licenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, 1� comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo introdotto dalla 1egge 6 agosto 1967, n. 765), determinante la esclusione dai benefici di agevolazioni fiscali, contributi e altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici (n. 640). Esenzioni e agevolazioni � Edilizia � Presupposti � Licenza di costruzione -Contrasto -Riferimento alla unit� � Immobiliare -Estensione (1. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, 1� comma, l. 6 agosto 1967, n. 765, l. 1� novembre 1965, n. 1179). Se il contrasto con Ja licenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, 1� comma, fiscali contributi e altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici debba riferirsi 6 agosto 1967, n. 765), che determina la esclusione dai benefici di agevolazioni fiscali contributi e altre provvidenze dello stato o di enti pubblici debba riferirsi alla unit� immobiliare intesa come unit� catastale ovvero intesa come fabbricato (n. 641). INFORTUNI 1SUL LAVORO Unione nazionale mutilati per servizio -Socio effettivo -Iscrizione -Requisiti (d.P.R. 23 settembre 1970, art. 5). 1Se, ai sensi del vigente statuto approvato con d.PJR. 23 settembre 1970, art. 5, possa ,essere iscritto qua1e socio effettivo all'unione na:<.ionale mutilati per servizio un mutilato dipendente deH'I.N.A.I.L. (n. 57). INVALIDI DI GUERRA Alienati di guerra -Ricovero in case di cura convenzionate -Convenzioni tra case di cura e provincie -Rimborsi in favore delle provincie -Decorrenza (1. 18 marzo 1968, n. 313, art. 29, d.m. 4 maggio 1970, art. 3). * Se nel caso in cui tra amministrazione provinciale e case di cura sia conve i nuta la revisione delle rette al verificarsi di determinati aumenti dei costi, il rimborso de1la maggiorazione all'amministrazione provinciale sia dovuto con la ~ I !stessa decorrenza che le maggiorazioni hanno avuto nei rapporti tra amministrazioni provinciali e case di cura, ovvero con decorrenza dalla data ,della delibera dell'amministrazione provinciale che riconosce dovuti gli aumenti (numero 37). Ii PARTE II, CONSULTAZIONi 113 Ospedali psichiatrici -Alienati di guerra -Rette di degenza -Maggiorazione a carico dell'ONIC � Decorrenza (d.m. 4 maggio 1979, art. 4, l. 18 marzo 1968, n. 313, art. 29). Se nel caso di maggiorazione della retta di degenza per alienati di guerra, presso enti ospedalieri diversi dagli ospeda:li psichiatrici provinciali, iJ relativo obbligo di pagamenti o a carico dell'ONIG decorra daHa data de1la delibera del� l'ente ospedaliero, ovvero da quella della delibera dell'amministrazione provinciale che recepisce le nuove rette (n. 38). IPOTECHE Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione -Collocazione al passivo -Sede -Legge 18 novembre 1975, n. 764, art. 2 -Legge 4 dicembre 1956, n. 1404, art. 9. Se un credito garantito da ipoteca sugli immobili di un ente successivamente soppresso (nella specie: giovent� italiana) qualora gli immobili siano stati devoluti ad enti diversi dallo Stato, debba essere ammesso al passivo della liquidazione in sede ipotecaria ovvero in sede chirografaria (n. 23). LAVORO Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F. (l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 13, l. 2 dicembre 1975, n. 576, art. 35). Se competa tuttora al personale U.T.LF. il massimale di 120 ore di lavoro straordinario sancito daWart. 13 de11a 1. 15 novembre 1973, n. 734 in deroga al limite di 45 ore (60 per i dipendenti di uffici finanziari periferici) fissati dall'art. 35 della I. 2 dicembre 1975, n. 576 (n. 105). REGIONI Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni ad agire in giudizio (l. 16 maggio 1970, n. 81, art. 4, 4 c e 6, l. 24 dicembre 1975, n. 706, art. 18). Se gli uffici finanziari ,dello Stato siano legittimati a presentare domanda di insinuazione in passivo falLimentare per il recupero di crediti vantati dalle regioni a titolo di imposte regionale (n. 251). RICORSI AMMINISTRATIVI Principio di alternativit� -Ricorsi gerarchici impropri e opposizioni -Applicabilit� (l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 20). Se il principio deH'alternativit� tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale introdotto dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 valga anche per i ricorsi gerarchici impropri e per i ricorsi in opposizione (n. 42). Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Silenzio -Rigetto -Applicabilit� (d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 6, legge 20 dicembre 1932, n. 1849, art. 4; d,P.R. 28 giugno 1955, n. 1106, art. 15). Se ,l'art. 6 del d.P .R. 24 novembre 1971, n. 1199, per il qua1e, decorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito 114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO I abbia comunicato le proprie decisioni, il ricorso si intende resp1nto a tutti gli I m effetti, sia applicabile ai ricorsi amministrativi in opposizione previsti in matera di servit� militari dalJ'art. 4 della ~. 20 dicembre 1932, n. 1849 sostituito dall'art. 15 del dJP.R. 8 giugno 1955, n. 1106 (n. 41). Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine (l. 20 dicembre 'I~: 1932, n. 1849, art. 4, 3� comma; d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 7). Se il termine di dieci giorni per .proporre oppositione in materia di imposizione di servit� militare stabilito dall'art. 4, 3� comma della legige 20 dicembre 1932, n. 1849 sia stata sos_tituita dal generale termine di trenta giorni previsto dall'art. 2 del d.\JR. 24 novembre 1971, n. 1199 (n. 43). S:ANIT.AiRI Ospedali convenzionati -Ripartizione quote divisibile p, docenti universitari (l. 25 marza 1971, n. 213, art. 4). Se ai fini del riparto in favore di aiuti e assistenti universitari in servizio presso ospedali con"\"enzionati delle quote divisibili di quanto incassato per prestazioni a pagamento si debba tener dello stipendio universitario o di queno del sanitario osp'edaliero di pari funzione ed anzianit� (n. 13). Ospedali convenzionati � Servizio prestato da docenti universitari -Misura degli oneri dell'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4). I Se le somme dovute da:g1i ospedali convenzionati a!Je universit� per i1 servi~ zio prestato da personale medico universitario debbano essere corrisposte per I @ l'intiero ovvero nei soli limiti di quanto occorre per realizzare la equiparazione del trattamento economico di tale personale sanitario (n. 10). Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitar.i -Ripartizione delle somme dovute da una pluralit� di ospedali (l. 25 marza 1971, n. 213, I art. 4). Se ne1 caso di una pluralit�, di ospedali convenzionati con una determinata universit� 1e somme versate da ciascuno di essi per il servizio prestato dal personale medico universitario debbano pioritariamente essere attribuite ai sanitari ! che prestino la loro opera presso quell'ospedale ovvero debbano confluire in un fondo unico per essere poi distribuite tra tutti i medici che abbiano diritto alla I integrazione del momento economico (n. 11). Ospedali convenzionati � Servizio prestato da docenti universitar i-Titolariet� delle somme dovute dall'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.l. 1� ottobre 1973, n. 580, art. 12). Se le somme versate dagli ospedali convenzionati alJe universit� per fil. servizio prestato da medici universitari, 1~ qua1i eccedano quanto necessario a realizzare la parificazione del trattamento economico del personale avente diritto vadano restituite all'ente ospedaliero ovvero vadano incamerate dall'universit� o siano da versare allo Stato (n. 12).