ANNO XXXI N. 3 MAGGIO-GIUGNO 1979 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 

ROMA 1979 

-

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ABBONAMENTI ANNO .1979 

ANNO � . . � � � � � � � � � � � � . . . . . . . . . . . . . � L. 20.000 
UN NUMERO SEPARATO ��.���������.�� � 3.500 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO 
Direzione Commerciale -Piazza G. Verdi, 10 -Roma 
e/e postale n. 387001 

Stampato in Italia -Printed in ltaly 
AutorizZllZione Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


(9219295) Roma, 1979 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 



INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA 

Sezione prima: GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e de//'avv. Franco 
Favara) . . . . . . . . . . : . . . pag.227 
Sezione seconda: GIURISPRUDENZA 
ZIONALE (a cura 
COMUNITARIA 
de//'avv. Oscar 
E INTERNA. 
Fiumara) . . � 245 
Sezione terza: GIURISPRUDENZA 
SDIZIONE (a cura 
SU QUESTIONI DI GIURIdell'avv. 
Carlo Carbone) . . � 260 
Sezione quarta: GIURISPRUDENZA CIVILE (a cura 
cato Adriano Rossi) . . . . . . . 
dell'avvo
� 268 
Sezione quinta: GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 
del/'avv. Raffoele Tamiozzo) . . . . 
(a cura 
� 299 
Sezione sesta: GIURISPRUDENZA. TRIBUTARIA (a cura 
vocato Carlo Baf�le) . . . . . . . . 
de/l'av. 
. . � 305 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura de//'avv. Paolo Vittoria) 
. . . . . . . . . . . . . . . . � 336 
Sezione ottava: GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Be/monte) . . . . . , . . . � 347 

Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI � NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE 

pag. 93 
CONSULTAZIONI 

� 108 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GA~GIULO 


CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 


Glauco NORI, Ancona; Francesco Cocco, . Bari; Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari; Americo RALLO, Caltanissetta; Raffaele TAMIOZZO, 
Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe 
Orazio Russo, Lecce; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANcuso, Palermo; 
Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 



PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE ED ELETTRICIT� 


-Alveo � Individuazione . Segnale di 
guardia � Valore, 345. 

-Tribunali deHe acque . Competenza 
e giurisdizione � Controversia sulla 
delimitazione dell'alveo� Fattispecie� 
Competenza del tribunale delle acqu�, 
336. � 

-Tribunali delle acque � Giudizio e 
procedimento � Difese tecniche di 
parte estromessa � Mancato esame � 
Legittimit�, 336. 

...,.. 
Tribunali delle acque � Giudizio e 
procedimento � Q�estione di competenza 
per materia � Deducibilit� con 
motivo di appello, 336. 

COMPJ!:TENZA E GIURISDIZIONE 

-Contratto di opera professionale non 
ricondudbile ad un rapporto di pubblico 
impiego � Azione di arricchimento 
� Requisiti, 263. 

-Poteri .ed obblighi dell'A.G.0. nei confronti 
della P.A. -Azione di risarcimento 
danni � Giurisdizione del1'
A.G.O. �Richiesta di annullamento, 
modifica, revoca di un provvedimento 
amministrativo " Irrilevanza, 260, 

COMUNIT� EUROPEE 

-Agric�ltura � Organizzazione comune 
dei mercati nel settore delle carni 
bovine � Importazioni agevolate . 
Condizioni � Categorie di produttori 
� Specificazione � Competenza degli 
Sati membri, con nota di F. FAVARA, 
245. 

-Agricoltura� Organizzazione comune 
dei mercati nel settore delle carni 
bovine � Importazioni agevolate � 
Condizioni � Categorie di produtto


ri � Specificazione' .' Realizzazione 
degli obiettivi comunitari, con nota 
di F. FAVARA, 245. 

-Previdenza sociale dei lavoratori migranti 
� Prestazioni previdenziali � 
Diritto spettante in forza delfa sola 
legislazione nazionale . Norme anti� 
cumulo� nazionali � Applicabilit� . 
Regime comunita~fo. pi� favorevole . 
Applicabilit�, con nota di O. FIU� 
MARA, 254. 

CONTABIUT� GENErRALE DELLO 
STATO 

-Obbligazioni pecuniarie dello Stato . 
Mora � Interessi � Inammissibilit� � 
Momento dal quale decorrono, 271. 

CONTRATTI PUBBLICI 

-Appalto-concorso . Aggiudicazione � 
Discrezionalit� della P.A. � Sussite � 
Richiesta di esecuzione di varianti � 
Legittimit� � Trattative con l'offerente 
anche sugli aspetti finanziari 
Ammissibilit� � Sussiste, 302. 

-Appalto-concorso � Aggiudicazione . 
Obbligo � Esclusione � Fattispecie 
Contratto eccessivamente gravoso 
sotto il profilo finanziario, 302. � 

-Appalto-concorso � Criteri di valuta� 
zione � Discrezionalit� della P.A. � 
Sussiste, 301. 

-Appalto-concorso � Criteri di valutazione 
� Discrezionalit� nell'aggiudicazione 
� Sussiste � Effetti, 302.. 

-Appalto-concorso � Impugnativa di 
una esclusione � Rinnovazione della 
gara senza aggiudicazione � Improcedibilit� 
per sopravvenuta carenza 
di interesse, 301. 

-Appalto-concorso � Procedimento � 
Momento della conclusione � Scelta 
del progetto � Esclusione � Stipula



ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 


I 
FAVARA F., Della possibilit� di misure di politica commerciale comune 
finalizzate ad obiettivi di politica delle strutture agrarie . I, 245 
FIUMARA O., Prestazioni previdenziali ii:z favore dei lavoratori migranti 
-Norme nazionali e regime comunitario pi� favorevole . . I, 254 

! 


I 

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I 


INDICE ANALITICO-ALFABETICO DELLA GIURISPRUDENZA 

zione e approvazione -Necessit� Sussiste, 
302. 

-Appalto-concorso -Scelta fra i progetti 
-Criteri -Corrispondenza fra 
soluzioni offerte e previsioni di massima 
-Non � richiesta -Effetti, 301. 

CORTE COSTITUZIONALE 

-Conflitto di attribuzione tra Stato e 
regione -Sospensione dell'atto che 
ha dato luogo al conflitto -Impossibilit� 
del recupero di somme da 
corrispondersi -Giustifica la sospen� 
sione, 238. 

EDLLIZIA POPOLARE ED ECONOMICA 


-Contratti di Enti pubblici -Trattativa 
privata -Limiti -Fornitura di 
prodotti petroliferi -Possibilit� di 
approvazione parziale -Effetti, con 
nota di R. TAMIOZZO, 299. 

-Istituti autonomi case popolari Assegnazione 
e gestione alloggi -
ConnroHi amministrativi -Competenza 
regionale in epoca anteriore 
al d.P:R. 610/1977 -Esclusione, con 
nota di R. TAMIOZZO, 299. 

-Istituti autonomi case popo1ari Contratti 
di enti pubblici -Gestione 
e ristrutturazioni;: di impianti 
termici -Contratto a trattativa privata 
-Approvazione -. Competenza 
del Provveditorato alle opere pubbliche 
-Effetti, con nota di R. TAMIOZZO, 
299. 

GIUSTJ:ZIA AMMIINISTRATIVA 

-Appello -Motivi di ricorso nuovi e 
diversi -Inamm~ssibilit� -Sussiste, 
con nota di R. TAMmzzo, 299. 

-Ricorso giurisdi:t.ionale -Firma -Sottoscrizione 
da parte del ricorrente 
del mandato :in calce o a margine Autenticazione 
del difensore -Regolarit� 
-Sussiste, 302. 

-Ricorso giurisdizionale ,1 Obbligatoriet� 
della difesa tecnica -Necessit� 
di avvocato o procuratore legale 
-Procuratore iscritto in un albo 
locale -Non � obbligatorio, 302. 

IMPIEGO PUBBLICO 

-Indennit� di buonuscita -Diritto 
soggettivo -Scadenza del pagamento 
nel momento di cessazione dal 
servizio -Mora -Decorrenza !interessi 
-Norme sulla contabilit� di 
Stato sull'obbligo del pagamento degli 
interessi -Incompatibilit�, 268. 

-Indennit� di buonuscita a carico 
del Fondo di previdenza del personale 
�delle Dogane -Commisurazione 
al servizio effettivamente prestato Rinvio 
alle norme sull'esodo volontario 
dei dirigenti e gli ex combattenti 
che prevedono aumenti convenzionali 
del servizio -Inammissi, 
bMit�, 271. 

IMPOSTA DI FABBRICAZIONE 

-Olii minerali -Trasporto seru:.a certificato 
di provenienza o con certificato 
falso o scaduto -Pagamento 
del debito tributario -Irrilevanza ai 
fini penali -Legittimit� costituzionale, 
237. 

IMPOSTA DI REGIST\RO 

-Agevolazione per la costruzione di 
autostrade -Subappalti -Autorizzazione 
preventiva dell'Amministrazione 
concedente -� necessaria -Generica 
previsione di subappalti nel 
contratto di appalto -Comportamen 
passivo dell'appaltante -Insufficienza, 
326. 

-Sentenza che dichiara la simulazione 
assoluta -� immediatamente 
tassabile come atto di ritrasferimento 
-Impugna:t.ione -Irrilevanza Successiva 
riforma -Rimborso, 305. 

IMPOSTA GBNBRALE SULL'EtN-
TiRATA 

-Assegni I.CiC.'R.I. -Natrura -Compensi 
pagati dall'LC.C.RI. alle Casse 
di risparmio -Interessi di puro 
impegno di capitale -Esclusione Costituiscono 
entrata imponibile, 

331. 
- 
Base imponibile -Prezzi medi delle 
acque minerali -Determinazione 
amministrativa -Legittimit� costituzionale, 
236. 


Vlll 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTA SUI FABBRICATI 

-Edificio di opera� pia adibito statutariamente 
a ricovero gratuito di 
bambini -Non suscettibilit� di reddito 
� Tassabilit� -Esclusione, 3'12. 

IMPOSTE DOGANALI 

-Applicazione della tariffa pi� favorevole 
sopravvenuta Domanda 
scritta � ,� necessaria � Presunzione 
-Esclusione, 330. 

IMPOSTE E TASSE IN GENERE 

-Imposte indirette -Fermo amministrativo 
a garanzia di credito tributario 
-Annullamento in sede giurisdizionale 
-Obbligo dell'Amministrazione 
di corrispondere gli interessi Natura 
e decorrenza, 317. 

-Imposte indirette -Fermo amministrativo 
a garanzia di credito tributario 
-Annullamento in sede giurisdizionale 
� Obbligo dell'Amministrazione 
di corrispondere gli interessi 
-Prescrizione -Decorrenza, 318. 

-Imposte indirette � Fermo amministrativo 
a garanzia di credito tributario 
� Disapplicazione da parte del 
giudice ordinario � Impossibilit�, 

318. 
-Rappresentanza del contribuente Procura 
-O estinzione � Effetti verso 
l'Amministrazione, 307. 

- 
Violazione di leggi finanziarie e valutarie 
-Pena pecuniaria -Societ� 
avente personalit� giuridica � Responsabilit� 
dell'amministratore 
Esclusione, 316. 

LAVORO 

-Perdita delle prestazioni del lavoratore 
per infortunio extra-lavorativo Surrogazione 
del datore di :lavoro � 
Mancata previsione -Legittimit�.,_costituzionale, 
242. 

OBBLIGAZIONI E CONTIRATTI 

-Mora del debitore nell'adempimento 
di obbligat.ioni � Danni per svalutazione 
monetaria -Riconoscimento 
automatico -Non spetta, 286. 

-Mora del debitore nell'adempimento 
di obbligazioni pecuniarie � Prova 
del maggior danno rispetto agli 
interessi previsti dall'art. 1224 e.e. Contenuto, 
286. 

PENA 

-Donna che ha partorito da meno di 
sei mesi -Non sospensione dell'esecuzione 
della pena -Legittimit� costituzionale, 
228. 

-Liberazione condizionale dei condannati 
-Presupposti -Legittimit� 
costituzionale, 227. 

-Pena detentiva -Tempo trascorso in 
custodia preventiva -Detraibilit� Limite, 
235. 

PROCEDIMENTO CIVILE 

-Citazione -Notificazione -Nullit� 
sostanziale -Mancanza dei requisiti 
previsti dall'art. 164 c.p.c. -Nozione, 
282. 

-Intervento adesivo -Declaratoria di 
inammissibilit� -Impugna:t.ione della 
parte adiuvata -Impossibilit�, 

336. 
-Potere dell'ufficio di indicare lacune 
e irregolarit� -Non riconosciuto 
ai giudici collegiali � Legittimit� costituzionale, 
241. 

-Revocatoria � Revocatoria in materia 
penale -Anteriorit� del credito 
rispetto all'atto oggetto di revocatoria 
� N�zione -Applicabilit� in 
materia tributaria, 282. 

- 
Revocatoria � Revocatoria in materia 
penale -Scienza fraudis � Disciplina 
-Requisiti, 282. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Imputato infermo di mente prosciolto 
con sentenza istruttoria o non 
passata in giudicato -Sospensione 
dell'esecuzione di misura di sicu 
rezza � E-sclusione � Legittimit� costituzionale, 
230. 

-Infermit� di mente dell'imputato risalente 
al tempus commissi delicti Non 
previsione della sospensione 
del processo -Legittimit� costituzionale, 
230. 



INDICE CRONOLOGICO. 
DELLA GIURISPRUDENZA 

CORTE COSTITUZIONALE 

10 maggio 1979, n. 8 
10 maggio 1979, n. 12 
10 maggio 1979, n. 13 
24 maggio 1979, n. 23 
24 maggio 1979, n. 24 
24 maggio 1979, n. 25 
24 maggio 1979, n. 27 
24 maggio .1979, n. 30 
24 maggio 1979, n. 36 (ordinanza) 
18 giugno 1979, n. 47 
18 giugno 1979, n. 49 
18 giugno 1979, n. 50 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE 

1� febbraio 1979, nella .causa 121/78 
16 maggio 1979, nella causa 236/78 . 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. Un., 17 novembre 1978, n. 5330 
Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 53 . 
Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 55 . 
Sez. I, 12 gennaio 1979, n. 228 
Sez. I, 15 gennaio 1979, n. 289 
Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 39.1 
Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 551 
Sez. Un., 26 gennaio 1979, n. 600 
Se;:.. I, 29 gennaio 1979, n. 639 . . 
Se;:. I, 12 febbraio 1979, n. 933 . 
Sez. Un., 23 febbraio 1979, n. J194 
Sez. Lav., 3 m.arzo 1979, n. 1347 
Sez. I, 9 marzo 1979, n. 1468 . 
Sez. Un., 4 luglio J979, n. 3776 


pag. 

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227 
229 
235 
230 
230 
228 
236 
237 
238 
240 

241 . 
242 
245 
254 

268 
305 
307 
3'12 
316 
317 
326 
260 
330 
331 
263 
271 
282 
286 



INDICE CRONOLOGICO DELLA GIURISPRUDENZA 

Xl 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 
30 giugno 1978, n. 22 

pag. 336 

30 giugno 1978, n. 24 

)) 341 

4 ottobre 1978, n. 25 

)) 345 

GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 
Sez. IV, 28 novembre 1978, n. 1102 

pag. 299 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO 

~ 

Sez. I, 22 novembre 1978, n. 984 

pag. 301 

Sez. I, 29 novembre 1978, n. 995 

)) 303 

~RIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PEIR IL MOLISE 
10 ottobre 1978, n. 77 . . . . . . . . . .� . . . . . . . . . pag. 302 

GIURISDIZIONI PENALI 

CORTE DI CASSAZIONE 
Sez. Ili, 20 dicembre 1978 

pag. 347 
' 

CORTE D'APPELLO 
Roma, Sez. III, 17 febbraio 1979 

pag. 352 


PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

-Enti pubblici -Soppressione -Devolm.
ione immobili -Credito ipotecario 
-Liquidazione -Collocazi0ne al 
passivo -Sede, 108. 

BENEFICENZA E ASSISTENZA 

-Alienati di guerra -Ricovero in case 
di cura convenzionate -Convenzioni 
tra case di cura e provincie Rimborsi 
in favore delle provincie Decorrenza, 
108. 

-Ospedali psichiatrici -Ali�nati di 
guerra -Rette di degenza -Maggiorazione 
a carico dell'O.N.I.C. -Decorrenza, 
108. 

CONTENZIOSO 'I1RllBUTARIO 

-Contenzioso tributario -Controversie 
di estimazione semplice -Impugnazioni 
delle decisioni delle commissioni 
di secondo grado, 108. 

-Contenzioso tributario -Impugna:
oione di terzo grado avanti alla Corte 
di Appello -Condanna alle spese, 

108. 
- 
Contenzioso tributario -Impugnazione 
di terzo grado avanti alla Corte 
d'Appello o alla commissione centrale 
per violazione di legge, .109. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
di terzo grado avanti alla Corte 
di Appello o alla commissione 
tributaria centrale -Ampiezza, 109. 

CON11RIBUTi E FLNANZIAMENTI 

-Esenzioni e agevolazioni .-Edilizia Presupposti 
-Licenza di costruzione 
-Contrasto -Limiti, 109. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Presupposti 
-Licenza di costruzione 
-Contrasto -Riferimento alla 

unit� -Immobiliare -Estensione, 

109. 
DEMAiNIO 

-Servit� militari -Imposizione -Ricorsi 
in opposizione -Silenzio -Rigetto 
-Applicabilit�, 109. 

-Servit� militari -Imposizione -Ricorsi 
in opposizione -Termine, 110. 

ENTI PUBBLICI 

-Unione nazionale mutilati per servizio 
-Socio effettivo -Iscrit.ione Requisiti, 
110. 

F ALLIMEiNTO 

-Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni 
ad agire in giudizio, 110. 

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA 

-Principio di alternativit� -Ricorsi 
gerarchici impropri e opposizioni Applicabilit�, 
'110. 

IGIENE E SANIT� 

-Ospedali convenzionati -Ripartizione 
quote divisibile a docenti universitari, 
110. 

-Ospedali convenzionati -Servizio 
prestato da docenti universitari Misura 
degli oneri dell'ospecfale, 110. 

-Ospedali convenzionati -Servizio 
prestato da docenti universitari Ripartizione 
delle somme dovute da 
una pluralit� di ospedali, 111. 

_ 
Ospedali convenzionali . Servizio 

� 
prestato da docenti universitari -
Titolariet� delle somme dovute dal-
l'ospedale, 111. 

INDICE DELLE CONSULTAZIONI XI!l 

IMP[EGO PUBBLICO 

-Impiego pubblico -Lavoro straordinario 
-Personale U.T.I.F., 111. 

IMPOSTE E TASSE 

-Contenzioso tributario -Controversie 
di estimazione semplice -Impugnazioni 
dell� decisioni delle commissioni 
di secondo grado, 111. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
di terzo grado avanti alla Corte 
di Appello -Condanna alle spese, 
111. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
di terzo grado avanti alla Corte 
d'Appello o alla commissione centrale 
per violazione di :tegge, 111. 

-Contenzioso tributario -Impugnazione 
di terzo grado avanti a11a Corte 
di Appello o alla commissione 
tribut�ria centrale -Ampiezza, 112. 

-Esenzioni e agevolazioni -Edilizia Presupposti 
-Licenza di costruzione 
-Contrasto -Limiti, 112. 

-Esenzioni e agevo}azfoni -Edilizia Presupposti 
-Licem,a di costruzione 
-Contrasto -Riferimento alla 
unit� -Immobiliare -Estensione, 

112. 
INFORTUNI SUL LAVORO 

-Unione nazionale mutilati per servizio 
-Socio effettivo -Iscrizione Requisiti, 
112. 

liNVALIDI DI GUERRA 

-Alienati di guerra -Ricovero in case 
di cura convenzionate -Convenzioni 
tra case di cura e provincie -
Riimborsi in favore de1le provincie Decorrenza, 
112. 

-Ospedali psichiatrici -Alienati di 
guerra -IR!ette di degenza -Maggio


razione a carico dell'ONIC -Decorrenza, 
113. 

IPOTECHE 

-Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione 
immobili -Credito ipotecario 
-Liquidazione -Collocazione 
al passivo -Sede, 113. 

LAVORO 

-Impiego pubblico -Lavoro straordinario 
-Personale U.T.I.F., 113. 

REGIONI 

-Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni 
ad agire in giudizio, 113. 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

-Principio di a1ternativit� -, Ricorsi 
gerarchici improp;ri e opposizioni Applicabilit�, 
113. 

-Servit� mRitari -Imposizione -Ricorsi 
in opposizione -Silenzio Rigetto 
-Applicabilit�, .113. 

-Servit� militari -,imposizione -Ricorsi 
in opposizione -Termine, 114. 

SANITAIRI 

-Ospedali convenzionati -Ripartizione 
quote divisibile a docenti univer' 
sitari, 114. 

-Ospedali convenzionati : Servizio 
prestato da docenti universitari Misura 
degli oneri dell'ospedale, U4. 

-Ospedali convenzionati -Servizio 
prestato da docenti universitari Ripartizione 
delle somme dovute da 
una pluralit� di ospedali, 114. 

-Ospeda,Ii convenzionati -Servizio 
prestato da docenti universitari -Titolariet� 
delle somme dovute dall'ospedale, 
114. 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
I) Norme dichiarate incostituzionali 
II) Questioni dichiarate non fondate 
IU) Questioni proposte 
pag. 
)) 
)) 
93 
93 
95 



PARTE PRIMA 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 8 -Pres. Amadei -Rel. 

Reale -Cadeddu e altri (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(vice avv. gen. Chiarotti). 

Procedimento penale Liberazione condizionale dei condannati -Magistrato 
di sorveglianza -Non esercita attivit� giurisdizionale. 

(!. 12 febbraio 1975, n. 6, art. 1; 1. 26 luglio 1975, n. 354, art. 70). 

Pena -Liberazione condizionale dei condannati � Presupposti -Legittimit� 
costituzionale. 

(Cast., artt. 3 e 27; cod. pen., art. 176). 

Dopo la legge n. 6 del 1975 l'intera attivit� giurisdizionale di cognizione 
�della richiesta di liberazione condizi.onale dei condannati appartiene 
alla Corte di appello; il parere dato a detta Corte dal giudice di sorveglianza 
non ha carattere giurisdizionale. Pertanto, le questioni di legit~ 
timit� costituzionale sollevate sono inammissibili (1). 

Non contrasta con gli artt. 3 e 27 Cost. l'art. 179 cod. pen. nella parte 
in cui prevede, tra i presupposti della liberazione condizionale dei condannati, 
la espiazione di almeno trenta mesi (2). 

(1-3) La sentenza n. 8 � pubblicata integralmente in Foro it., .1979, I, 1106, 
con indicazione di precedenti. Sul giudice di sorveglianza, Corte cost. 21 dicembre 
197,8, n. 87, in questa Rassegna, 1979 (neJ precedente fascicolo), e, commentata 
da BARTOLE, i:n Giur. cost., 1978, I, 1204. La Corte Cost. ha dato nella sentenza 

n. 8, una propria interpretazione dell'art. 176 c.p., difforme da quella datane 
dalla Corte di cassazione (sent. 13 febbraio 1976, Rossano). Le due senteru:.e 
qui in rassegna riconoscono al legislatore una ampia discrezionalit� nella determinazione 
delle modalit� di esecuzione �del:la pena. 
2 



228 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 25 -Pres. Amadei -Rel. 

Rossano -Ortu (n.p.) e Presidente Consig1io dei Ministri (avv. Stato 

Azzariti). 

Pena -Donna che� ha partorito da meno di sei mesi -Non sospensione 
dell'esecuzione della pena -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3; cod. pen., art. 146). 

Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 146 n. 2 cod. pen. nella parte 
in cui non prevede il rinvio dell'esecuzione di provvedimento che irroga 
pene restrittive della libert� personale a carico di donna che ha partorito 
da meno di sei mesi (3). 

I 

(Omissis). -La Corte rileva innanzitutto che, ritenendo esclusi dalla 
possibilit� del beneficio tutti i condannati a pene inferiori a cinque 
anni la Corte d'appello di Trento ha erroneamente supposto una condizione 
che nell'art. 176 c.p. non � esplicita n� implicita, ben potendo 
raggiungere ~ trenta mesi di espiazione e insieme espiare oltre la met� 
della pena anche i condannati a pene inferiori a cinque anni. Vengono 
peTtanto meno i presupposti di una violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
-(Omissis). 

Tutti i parametri dell'art. 176 c.p., e non solo quelli (si pensi alle 
condimoni per la sospensione della pena stabile nell'art. 163 c.p.), sono 
opinabili, ma tutti appartengono all'ambito della politica legislativa e 
quindi della discrezionalit� del legislatore. N� � dato riscontrare nelle 
disposizioni che attualmente regolano l'istituto della liberazione condizionale 
incongruenze e irragionevolezze ai rilievo costituzionale, soprattutto 
tenendo presente. (e cos� negando fondamento alla affermazione 
della Corte cli appello di Trento che il difetto di proporzionalit� fra pena 
scontata e pena inflitta possa togliere ai condannati a pene minori l'impulso 
ad emendarsi e rendere inattuale ogni il'.'iconoscimento al merite.. 
vole) che il nuovo ordinamento penitenziario di cui alla legge 26 luglio 
1975, n. 354, prevede una serie di istituti (affidamento in prova al servizio 
sociale, regime di semilibert�, licenza, premio, liberazione anticipata) i 
quali o si riferiscono alle pene minori o sono indipendenti dall'entit� 
della pena da espiare, e tutti hanno il fine di favorire la rieducazione 
del reo e il suo reinserimento sociale. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

II 

tOmissis). -Nella fase di accertamento del reato la custodia preventiva 
risponde ad esigenze cautelari e con riguardo ad esse l'art. 259 
cod. proc. pen. dispone che -fuori dei casi previsti dall'art. 253 e 
dal n. 2 dell'art. 254 -se l'imputata � una donna incinta o che allatta 
la p:ropria prole, il giudice pu� disporre con decreto motivato Ja sospensione 
della esecuzione del mandato di cattura con o senza cauzione o 
malleveria; e il provvedimento � sempre revocab.J.le con decreto motivato. 
La fase di esecuzione della pena, invece, risponde alla esigenza della 
certezza di sua applicazione, che costituisca minaccia tale da rinduvre a 
non commettere il reato. Ed � in ragione di questa funzione di controspinta, 
di inibizione al reato, che la minaccia dell'applicazione � considerata 
funzione essenziale della pena. E soltanto il legislatore rpu� 
determinare le modalit� della esecu21ione, considerando i fatti in particolare, 
e quando consentire provvedimenti giudiziali o, invece, stabilire 
una disciplina legale che escluda ogni margine di discrezionalit� del 
gudice. Ci� posto, la situazione di una donna, che ha pa['torito da meno 
di sei mesi, se contro .la donna deve aver luogo l'esecuzione di pena 
detentiva, � cl.riversa dalla situazione in cui contro la donna deve aver 
luogo la carcerazione preventiva, la quale, nel caso che sia stata sofferta 
prima della sentenza divenuta irrevocabile (art. 576, comma secondo, 
cod. proc. .pen.), si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea 
detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria, ed � considerata 
come reclusione od arresto soltanto agli effetti della detrazione (art. 137 
cod. pen.). 

Pertanto, l'aver partorito da meno dri sei mesi � soltanto parte di 
situazioni ritenute rilevanti dal legislatore, che sono diverse per essere 
la circostanza del parto da meno di sei mesi ,colJ.egata, in un caso, alla 
cond::inna a pena detentiva e, in altro, al provvedimento del giudice 
che ha emesso il mandato di cattura. E la diversit� esclude la irrazionale 
disparit� di trattamento. 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 12 -Pres. Amadei -Rel. 
Bucciarelli Ducci -V alle. 

Procedimento penale -Infermit� di mente sopravvenuta all'imputato Sospensione 
del processo � Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 24; cod. proc. pen., art. 88). 

Se, permanendo l'infermit� di mente dell'imputato e la conseguente 
sospensione del processo penale, si matura la prescrizione del reato, la 

-



230 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

relativa sentenza di proscioglimento non pu� arrecare alcun pregiudizio 
in altra causa civile o amministrativa; non si ha quindi violazione dell'art. 
24 Cost. (1). 

II 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 23 -Pres. e rel. Amadei -
Chizio (n.p.) e Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. Stato 
Chiarotti). 

Procedimento penale -Infermit� di mente dell'imputato risalente al tempus 
commissi delicti -Non previsione della sospensione del processo � 
Legittimit� costit~onale. 
{Cost., artt. 3 e 24; cod. proc. pen., art. 88). 

Non contrasta con gli artt. 3 e 24 Cast. l'art. 88 c.c.p. nella parte in 
cui limita l'operativit� della sospensione del processo penale alla ipotesi 
di incapacit� sopravvenuta dell'imputato, escludendola nei casi in cui 
l'infermit� psichica risalga al .tempus commissi delicti e perduri nel corso 
del procedimento. 

III 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 24 -Pres. Amadei -Rel. 
Rossano -Cucchi (n.p.) Pasqualini ~n.p.) e Presidente Consiglio dei 
Minisrtri wice aw. gen. Chiarotti). 

Procedimento penale � Imputato infermo di mente prosciolto con sen� 
tenza istruttoria o non passata in giudicato � Sospensione dell'esecuzione 
di misura di sicurezza � Esclusione -Legittimit� costituzionale. 
{Cost., art. 3; cod. proc. pen., artt. 205, 381 e 576). 

Non contrastano con l'art. 3 Cast. gli artt. 381 comma secondo, 205 e 
576 comma terzo c.p.p. nella parte in cui non prevedono la sospensione 

(1) Nella sentenza n. 205 del 1971 la Corte costituzionale gi� aveva escluso 
che il diritto di difesa risultasse violato dall'art. 88 c.p.p, nel quale non possono 
� ravvisarsi lacune di normativa che ne vizino il contenuto, con efifetti pregiudizievoli 
nell'esercizio del diritto di difesa personale�. 
Nella sentenza n. 213 del 1974 la stessa Corte aveva ulteriormente precisato 
che nOill rilevava � a fronte della guarentigia difensiva costituzionalmente tutelata, 
la eventuale incidenza pratica, in punto di prescrizione del provvedimento 
di sospensione o rinvio del dibattimento �. 

-



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

dell'esecuzione della sentenza di proscioglimento istruttoria o non divenuta 
irrevocabile la guale abbia applicato una misura di sicurezza (internamento 
in manicomio giudiziario). 

II 

La Corte � chiamata a decidere se contrasti con gli artt, 3 e 24 
della Costituzione l'art. 88 c.p.p. nella parte in cui limita l'operativit� 
della sospensione del processo penale alla [potesi di incapacit� sopravvenuta 
dell'imputato, escludendola nei casi in cui l'infermit� psichica 
risalga al tempus commissi delicti e perduri nel corso del procedimento. 

Secondo il giudic� a quo il principio di eguaglianza sarebbe violato 
in quanto l'infermo di mente tunc et nunc e l'infermo di mente soltanto 
nunc, pur trovandosi, sul piano processuale, in condizioni identiche 
(in entrambi i casi, infatti, il giudizio si svo1gerebbe nei confronti 
di pevsona incapace di intendere e di volere), ,rkeverebbero un trattamento 
differenziato: nella prima ipotesi il giudice dovrebbe pronunciare 
sentenza di proscioglimento per infermti� di mente ed applicare, 
nei casi previs1Ji. dalla legge, le misure di sicurezza; nella seconda, invece, 
disporre la sospensione del processo fino a quando l'imputato non ria�quisti 
la sanit� mentale. 

La disparit� di disciplina sarebbe ancor pi� ingiustificata in quanto 
la disposizione di cui si denuncia Ll'Jllegittimit� costituzionale, prevedendo, 
ove occorra, il ricovero dell'incapace in un manic~io giudiziario, 
potrebbe egualmente soddisfare le esigenze cautelari e terapeutiche dell'infermo 
di mente tunc et nunc. 

L'art 24 della Costituzione sarebbe vulnerato, invece, perch� la norma 
impugnata non consentirebbe all'infermo di mente tunc et nunc l'esplicazi<
m.e della necessaria autod1fesa: il proscioglimento per difetto di 
imputabilit� ed il conseguente ricovero definitivo dell'incapace in un 
manicomio giudiziario potrebbero infatti cosmtuire la risultante di elementi 
probatori (ad esempio: la confessione) offerti dallo stesso imputato, 
privato -a causa delle sue condizioni mentali -della possibilit� 
di difendersi adeguatamente. 

Le questioni non sono fondate. 
Appare, anzitutto, corretta l'interpretazione restrittiva della norma 
impugnata proposta dal giudice a quo, 

L'art. 88 c.p.p. contempla, infatti, esclusivamente la infermit� di 
mente soprnvvenuta dell'imputato e non anche fa infermit� di mente 
sussistente al momento del fatto e perdurante nel corso del procedimento: 
la diversit� di disciplina, riservata, nel sistema della legge, alle 
due situazioni, risulta, oltre che dalla 'stessa rubnica della disposizione 


232 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denunciata (infermit� di mente sopravvenuta dell'imputato), dalla espressa 
esclusione della sospensione del processo nei casi in cui il giudice 
debba pronunciare sentenza dii proscioglimento (compresa, quindi, quella 
per incapacit� di intendere e di volere); inoltre, lo stesso art. 88, rinviando 
all'art. 258 c.p.p. la regolamentazione dei provvedimenti provvisori 
concernenti gli infermi di mente tunc, preclude l'applicabilit� a questi 
ultimi delle misure cautelari dettate per il caso di sospensione del 
processo. 

L'indicata diversit� di disciplina non appare, tuttavia, in contrasto 
n� con l'art. 3, n� con l'art. 24 della Costituzione. 

Non sussiste viOlazione del principio di eguaglianza. 

La sospensione del processo, nell'ipotesi prevista dall'artkolo 88 
c.p,p., si rivela strumento indispensabile al fine di evitare che una persona, 
sana di mente al tempus commissi delicti, venga sottoposta, malgrado 
il suo attua~e stato di incapacit� di intendere e di volere, ad un 
giudizio che potrebbe chiudersi con una sentenza di condanna; appare 
invece costitutiva di una ingiustificata stasi processuale nel caso di 
infermit� di mente sussistente al momento del fatto e perdurante nel 
corso del procedimento perch� a una tale condizione psichica del. prevenuto 
dovr� necessariamente conseguire, salvo che non .ricorra l'appli


cazione di una formula pi� favorevole, una decisione di proscioglimento 
per .difetto di imputabmt�. 

N� l'eventuale applicazione di misure restrittive della Hbe!'t� personale, 
in entrambi i casi, consente di assimilare le due situazioni, giacch� 
mentre nell'ipotesi prevista dall'art. 88 c.p.p. potr� essere irrogata, una 
volta cessata la causa di sospensione, una pena, nella fattispecie denunciata 
dal giudice a quo potr� derivare, nei casi previsti dalla legge 
(art. 222 c.p.), soltanto l'applicazione di una misura di sicurezza (ricovero 
in un manicomio giudi2:iario). 

La Corte, al riguardo, ha gi� avuto occasione di affermare che il 
regime delle misure di sicurezza diverge profondamente, nel sistema 
della legge, da quello della pen�: diversi sono, infatti i presupposti e 
le esigenze teleologiche che presiedono alla irrogazione delle due misure, 
diversa la disciplina normativa. 

Presupposto delle misure di skurezza � infatti la pericolosit� sociale 
del soggetto cui tali misure vengono applicate; a differenza delle pene, 
irrogate a seguito di un giudizio di responsabilit�, esse non attuano una 
funzione punitiva ma di prevenzione e di difesa sociale lSentenza 167/72), 
ed esplicano un compito curativo e precauzionale (sentenza 96/70). 

Un tale atteggiarsi delle misure in parola comporta una fondamentale 
conseguenza sul piano della disciplina, che giustifica un trattamento 
normativo distinto e, per molti versi, incompatibile con quello della 
pena: basti pensare -oltre che al regime della norma impugnata -al 

i 

.. ,, .I 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

sistema della durata minima del ricovero in manicomio giudiziario ed 
al corrispondente potere' del giudice (sentenza 110/1974) di revocare la 
misura di sicurezza prima che sia decorso il termine corrispondente 
alla durata minima, ove siia accertata la cessazione dello stato di pericolosit� 
del prosciolto. 

La diversit� delle situazioni ora esaminate fa ritenere, quindi, non 
irrazionale l'indicata disciplina differenziata e consente di considerare 
non fondata la questione prospettata dal giudice a quo in riferimento 
all'art. 3 della Costituzione. 

Anche il richiamo all'autodifesa ed al conseguente parametro costituzionafo 
offerto dall'art. 24 della Costituzione, bench� pi� pertinente 
(l'art. 88 c,p,p. circoscrive, infatti, l'operativit� della sospensione al processo 
di merito, escludendola nel giudizio di cassazione nel corso del 
quale non � contemplata alcuna personale partecipazione dell'imputato), 
non � fondato. 

Ed infatti la paventata lesione dell'autodifesa che, secondo il giudic� 
a quo, potrebbe anche condur>re ad atti di vero e proprio autolesionismo 
processuale, come la confessione, determinata dallo stato mentale 
dell'imputato, non ha ragione di prodursi. 

La Corte ha gri� avuto occasione di rilevare (sentenza 186/73) come 
gli inconveni�nti connessi all'eventuale carenza di una responsabile valutazione, 
da parte dell'imputato, delle conseguenze del suo comportamento 
processuale, trovino congruo rimedio nell'assistenza del difensore che, 
anche se nominato d'ufficio, deve essere informato degli atti riguardanti 

i.I suo �assistito s� da poter espletare in modo pieno e completo l'attivit� 
a lui demandata: non escluso l'esercizio della potest� di impugnare la 
decisione di proscioglimento (sentenza 174/76). 
Il giudice, inoltre, dovr� sempre vagliare criticamente, secondo il 
suo Libero convincimento (art. 308 c.p;p.), fa fondatezza delle dichiarazioni 
rese dall'incapace di intendere e di volere (ed, in genere, il materiale 
probatorio da lui offerto), assegnando ad esse un valore processuale 
direttamente subordinato alle condizioni psichiche dell'imputato. 

L'idoneit� degli strumenti in parola ad assicurare una �retta attuazione 
della autodifesa emerge dal rilievo che -come si � detto risultando 
l'imputato incapace di intendere e di volere al momento del 
fatto, il procedimento non potr� mai concludersi con una decisione 
di condanna: la valutazione della fattispecie concreta compiuta dal 
giudice, in tal caso, resta circosoritta ad una pronuncia di proscioglimento 
cui potr� conseguire l'applicazione della misura di sicurezza, 
irrogata proprio in vista delle condizioni psichiche del prevenuto al 
momento del commesso reato e quindi in funzione di un giudizio di 
non responsabilit�. 


234 R�SSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Una tale disciplina non sarebbe invece sufficientemente adeguata a 
garantire i.1.. diritto di difesa nei oasi di infermit� di mente-sopravvenuta: 
in questa ipotesi, infatti, poich� l'imputato non versava in stato 
di incapacit� di intendere e di volere al tempus commissi delicti, potr� 
essere pronunciata, all'esito del giudizio, una sentenza di condanna con 
la conseguente applicazione della pena. 

III 

\Omissis). -Il giudice, se si tratta di persona che, nel momento 
in cui ha commesso il fatto, era, per infermit� in tale stato di mente 
da escludere la capacit� di intendere e dii volere (artt. 85 e 88 c.p.), 
deve pronunciare sentenza di non doversi procedere perch� si tratta 
di persona non imputabile (art. 378 c.p.p.) ed ordinare il ricovero in un 
manicomio giudiziari.o per un certo perio.do di tempo (art. 222, comma 
primo, c.p.). Il giudice fonda la pronuncia su perizia psichiatrica, cio� 
su accertamento tecnico dei disturbi della sfera intellettiva e volitiva 
di indubbia natura patologica. Ed � in considerazione di. siffatto a�certamento, 
del grave pericolo rper la comunit�, della necessit� di difesa 
�preventiva soaiale e, nel contempo, di cura del prosciolto, che la qualit,� 
di persona socialmente pericolosa � presunta dalla legge (art. 204, comma 
secondo, c.p.). 

Il legislatore non ravvisa conciliabile con dette esigenze una esecuzione 
dilazionata sulla base dell'art. 205 cod. proc. pen., che, con la 
statuizione �salvo che la legge disponga altrimenti �, attribuisce al 
legislatore stesso il potere di stabilire le eccezioni al principio generale 
dell'effetto sosIJeDosivo della impugnazione. Le suddette esigenze non possono 
essere soddisfatte solo da1l'art. 206 cod. pen., che prevede l'applicazione 
provvvisoria di misure di sicurezza nell'istruzione. In �vero 
questa applicazione provvisoria deve cessare in caso di proscioglimento 
(art. 381, comma secondo,� c.p.p.); ed allora, qualora non fosse immediatamente 
esecutiva la sentenza di proscioglimento che applica la 
misura di sicurezza definitiva, si giungerebbe alla situazione irragionevole 
che il prosciolto, proVVlisoriamente internato in manicomio giudiziario, 
deve essere posto in libert� proprio dopo che con quella sentenza 
� stata accertata la sua infermit� psichica e, di conseguenza, sussiste 
la pericolosit� presunta. 

Ben diversa da quella del prosciolto per difetto di imputabilit� 

� la situazione del condannato al quale � applicata anche 1a misura 

di sicurezza. Nella ipotesi di misura di sicurezza conseguente a con


danna, la pena costituisce l'oggetto primario ed essenziale della sentenza, ! 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

235 

mentre, la misura di sicurezza ha natqra complementare rispetto alla 
pena e, perci�, va eseguita dopo la espiazione della pena. Invece, l'applicazione 
della misura di sicurezza � disposta dalla sentenza di proscioglimento 
per infermit� di mente in quanto conseguenza immediata e 
diretta dell'accertata infel'll1lit�; la misura di sicurezza � isolata, auto� 
noma e non subisce l'influenza del regime di esecuzione proprio delle 
pene. -(Omissis). 

Le precisate finalit� della misura di sicurezza dell'internamento in 
manicomio giudiziario e la diversit� della situazione giuridica dell'imputato 
prosciolto per infennit� psichica e del condannato escludono che 
sussista la denunciata irrazionale disparit� di trattamento tra soggetti 
in situazioni identiche o analoghe. 

CORTE COSTITUZIONALE, 10 maggio 1979, n. 13 � Pres. Amadei � Rel. 
Malagugini � Mutolo (n.p.). 

Pena � Pena detentiva � Tempo trascorso in custodia preventiva � Detraibi� , 
lit� � Limite. 

(Cast., artt. 3, 13 e 27; cod. proc. pen., art. 271). 

La detrazione della custodia preventiva sofferta in relazione ad un 
dato reato, dalla pena inflitta per altro reato, � subordinata ad una 
sola condizione: che il reato cui si riferisce la condanna da espiare non 
sia stato commesso dopo la cessazione della custodia preventivq. Non 
� prevista dalla legge l'ulteriore condizione, per cui il ,periodo della 
custodia preventiva sarebbe detraibile dalla pena soltanto se fosse gi� 
intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato in relazione 
al quale � stata applicata la carcerazione preventiva ll). 

(1) La Corte costituzionale ha reso una pronuncia non sulla legittimit� 
costituzionale i;na sulla interpretazione da darsi aHa disposizione sottoposta 
al suo sindacato. 
Significativa J'u1tima parte della sentenza: � Questa conclusione, indicata 
sia dalla lettera sia dalla ratio della norma citata, deve dunque essere accolta 
a base deI giudizio di costituzionalit�, disattendendosi la diversa interpretazione 
recepita dal giudice a quo. Nei termini esposti, le sollevate eccezioni di 1Hegitti� 
mit� costituzionale appaiono superate, posto che gi� fa corretta interpretazione 
deHa norma denunciata (recepita, del resto, anche da talune autorevoli decisioni 
giurisprudenziali) consente quelle applicai.ioni che il giudice a quo' ritiene 
imposte soltanto da principi costituziona1i �. 



236 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 27 -Pres. Amadei -Rel. 
Volterra -F.lli Garbarino, Min. Finanze e Presidente Consiglio dei 
Ministri (avv. Stato Azzadti). 

Imposta generale sull'entrata -Base imponibile -Prezzi medi delle acque 
minerali -Determinazione amministrativa -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., artt. 23 e 53; l. 31 ottobre 1966, n. 941). 

L'art. 23 Cast. non impedisce al legislatore di attribuire all'amministrazione 
finanziaria la facolt� di determinare il presupposto oggettivo 
dell'imposta, a condizione che la discrezionalit� dell'amministrazione sia 
idoneamente delimitata e che la tutela giurisdizionale non sia impedita. 

(Omissis). -Contrariamente all'affel1lllazione del giudice a quo, l'ultimo 
comma dell'articolo unico della legge n. 941 del 1966 non attribuisce 
al Ministero per le finanze o, su sua delega, agli Intendenti di 

. finanza, la facolt� di stabilire il presupposto oggettivo de1l'imposta senza 
limitarne la discrezionalit�. Il limite � indicato implicitamente, ma ben 
chiaramente, dalla I).orma, la quale determina l'oggetto di questa facolt� 
di imposizione, precisando che essa consiste nell'accertamento dei prezzi 
di vendita, cio� del calcolo della media dei prezzi effettivamente praticati 
sul mercato. Trattasi quindi di un'indagine condotta non arbitrariamente, 
ma su fatti e situazioni verificatisi anteriormente, pienamente individuabili 
e controllabili. 

L'indicazione dell'oggetto dell'accertamento regola in modo certo la 
discrezionalit� del Ministro e dei suoi delegati, non consentendo di oltrepassare 
i confini implicitamente segnati, precludendo la possibilit� di 
un esercizio arbitrario della facolt� attribuitagli. 

Avverso tale accertamento, il soggetto, quando ne sussistano i generali 
presupposti, � ammesso a ricorrere in sede giurisdizionale, rientrando 
tale questione di estimazione semplice in materia di I.G.E., nena giurisdizione 
del giudice mdinario, come questa Corte ha ritenuto con la 
sentenza n. 83 del 1968. E (per quanto lo riguarda) il contribuente pu� 
ragionevolmente prevedere l'ammontare. dell'imposta, operando cos� la 
traslazione tributaria, secondo quanto � consentito in materia di imposta 
generaile sull'entrata. 

Preordinando tale metodo di accertamento, il legislatore, su cui non 
grava, come invece vorrebbero le ordinanze di remissione, l'onere di 
delineare rigidi procedimenti formali, ove comunque osservi le condizioni 
dianzi dette di delimitare idoneamente la discrezionalit� degli organi 
amministrativi e di non impedire la tutela gurisdizionale, non ha 
dunque violato l'art. 23 della Costituzione, atteso che, come questa Corte 

ha ritenuto con la sentenza n. 129 del 1969, emanata in un caso del 


PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

tutto simile all'attuale, la norma richiamata esprime una riserva di 
legge soltanto relativa (cfr. anche da ultimo la sentenza n. 67 del 
1973). -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 30 -Pres. Amadei -Rel. 

Andrioli -Fabris (avv. Alessio) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(avv. Stato Azzariti). 

Imposta di fabbricazione � Olii minerali � Trasporto senza certificato di 
provenienza o con certificato falso o scaduto � Pagamento del debito 
tributario � Irrilevanza ai fini penali � Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; d.!. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15). 

Non contrasta con l'art. 3 Cast. l'art. 15 primo comma del d.l. 

n. 271 deJ 1957 (conv. con legge n. 474 del 1957), ove, nel prevedere come 
reato il fatto di chi trasporta o fa trasportare olii minerali senza certificato 
di provenienza o con certificato falso o scaduto, non si distingue 
tra chi ha soddisfatto e chi non ha soddisfatto il debito tributario .. 
(Omissis). -La questione� di costituzionalit�, sollevata da tutti i 
giudici, ha per oggetto l'art. 15, primo comma, d.l. 271/1957 (sost. nella 
legge 2 luglio 1957, n. 474), per il quale chiunque trasporta o fa trasportare 
olii minerali combustibili o carburanti, anche denaturati, o 
lubrificanti, senza certificato di provenienza, nei casi in cui questo 
sia prescritto, o con certificato scaduto, falso o alterato, � :punito, indipendentemente 
dal pagamento dell'imposta evasa, con la reclusione da 
sei mesi a tre anni, e con la multa non inferiore al doppio n� superiore 
al decuplo della imposta medesima, ma non inferiore in ogni 
caso a due milioni, e la violazione dell'.art. 3 Cost., assunto a :parametro, 
� identificata nella irrilevanza della soddisfazione del debito tributario; 
violazione, che, a giudizio del solo tribunale di Ragusa, sarn15be ulteriormente 
aggravata da ci� che la multa � commisurata in un multiplo 
(dal doppio al decuplo) dell'imposta, indipendentemente dal fatto che 
il tributo sia stato assolto oppur no. 

La violazione deH'arit. 3 Cost. non sussiste sia perch� soggetti passivi 
della incriminazione sono chi trasporta e chi fa trasportare olii, per i 
quali � (o era) prescritto il certificato di provenienza, e non gli evasori 
del debito tributario e, pertanto, la soddisfazione o la evasione della 
imposta sono estranee alla fattispecie legale, sia perch� la estrema difficolt� 
di assoda�ve l'assolvimento dell'obbligo afferente a merci fungibili 
e materialmente non identificabili, non vale a stimare irrazionali 
la mancata inserzione, nella fattispecie, della evasione tdbutaria, n� il 


238 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

peso delle sanzioni, con cui l'art. 15 colpisce i soggetti passivi del reato 
previsto Un tali sensi, a proposito di vicende consimili, sent. 36/1973, 
144/1974). UD:a volta riaffermata .la estraneit� dell'assolvimento dell'ob� 
bligo tributario, � priva di rilievo l'ulteriore censura sollevata dal tri� 
bunale ;di Ragusa. -(Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 24 maggio 1979, n. 36 (ordinanza) � Pres. 
Amadei � Rel. Andrioli -Regione Sicilia_ (avv. Villari) c. Presidente 
Consiglio dei Ministri (avv. Stato Azzariti). 

Corte, Costituzionale � Conflitto di attribuzione tra Stato e regione � So� 
spensione dell'atto che ha dato luogo al conflitto � Impossibilit� del 
recupero di somme da corrispondersi � Giustifica la sospensione. 

L'esborso di retribuzioni che la decisione di merito potrebbe giudicare 
non dovute non giustifica la sospensione della esecuzione dell'art.o 
che ha dato luogo a conflitto di attribuzione, quando non sussiste il 
necessario requisito della obbiettiva impossibilit� della restituzione in 
pristino (1). 

(Omissis). -ritenuto che ... il presidente pro tempore della Regione 
siciliana ha proposto ricorso, ai sensi degli artt. 134 Cost., 29 legge 11 
marzo 1953, n. 87, e 27 delle Norme integrative per i giudizi avanti 
la Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione tra la Regione stessa 
e lo Stato, determinato dalla decisione del Consiglio di giustizia amministrativa 
n. 202 del 27 giugno 1978, pubblicata 1'11 ottobre 1978, pervenuta 
all'Assessorato regionale -per l'industria il 19 ottobre 1978 con 
biglietto di segreteria del Consiglio di giustizia amministrativa 13 ottobre 
1978; 

che ... la Regione ha chiesto annullarsi la decisione n. 202/1978 del 
Consiglio di giustizia amministrativa e, neUe more della decisione sul 
ricorso stesso, sospendere l'esecuzione almeno per la nomina del commissario 
ad acta, disposta con la decisione, e per gli obblighi al mede� 
simo additati; 

(1) Il criterio enunciato dal1a Corte costituzionale e riferito ne11a massima 
merita di essere sottolineato e dovrebbe costituire un autorevole � precedente � 
anche per i Giu�lici ordinari: o amministrativi; la sospensione di: pronunce non 
passate in giudicato disponenti corresponsione di somme di denaro dovrebbe 
essere concessa ogni qualvolta non sussiste i1 � necessario requisito � di una 
concreta effettiva possibilit� di recupero delle somme corrisposte. 
Le vicende deUa controversia che ha-dato origine al conflitto di attribuzione 
confermano Fattualit� delJa problematica prospettata nello scritto di FAv~, 
Ottemperanza al giudicato e attribuzioni amministrative regionali, in questa 
Rassegna, 1977, I, 492. 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

(Omissis). -considerato che, il dispositivo della decisione 19 ottobre 
1978, n. 202, � nei seguenti termini formulato: �ritenuto (come gi� dichiarato 
con la propria decisione n. 240 del lo dicembre 1977) l'obbligo dell'ESPI 
di uniformarsi al giudicato nascente dalla decisione 10 dicembre 
1976, n. 307,nomina il dott. Domenico Piazza, direttore generale dell'Assessorato 
per l'industria della Regione siciliana, commissario ad acta per 
l'adozione dei necessari provvedimenti entro novanta giorni dalla notificazione 
o dalla comunicazione in via amministrativa della presente de


cisione>~; 

che con la decisione 1� dicembre 1977, n. 240, il Consiglio aveva c:lichia


rato l'obbligo dell'ESPI di uniformarsi al giudicato nascente dalla deci


sione 10 dicembre 1976, n. 307, adottando i necessari provvedimenti entro 

novanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via ammini


strativa della decisione; 

che, con la decisione 10 dicembre 1976, n. 307, il Consiglio, in accoglimento 
del ricorso proposto da alcuni dipendenti del soppresso Centro 
trasferiti all'ESPI, ebbe ad annullare parzialmente la deliberazione 7 di-_ 
cembre 1972, n. 442, con cui l'ESPI aveva disposto che il trattamento economico 
e normativo del personale proveniente dal �soppresso Centro continuasse 
ad essere regolato dal contratto collettivo nazionale di categoria 
gi� al medesimo applicato durante la dipendenza dal Centro, e non gi� 
dal contratto aziendale che :regola i rapporti dei dipenc:lenti dell'ESPI; 

che nella istanza del 9 gennaio 1979 la Regione ha identificato le 
�gravi :ragioni�, che giustificherebbero la sospensione dell'esecuzione, nel 
fatto che �i provvedimenti imposti al commissario ad acta sconvolgono 
l'�rganizzazione e il funzionamento dell'ente e nello stesso tempo pongono 
lo stesso commissario nell'ambigua posizione di essere chiamato a 
rispondere sia nel caso in cui li adotti, sia nel �Caso in cui si astenga dall'osservanza 
dell'obbligo impostogli dalla sentenza�, e che, ove fosse 
esatta la prima decisione del Consiglio di giustizia amministrativa, sul 
carattere (non interpretativo, ma) innovativo della legge regionale n, 42 
del 1977, dovrebbe applicarsi 11 contratto aziendale fino all'entrata in 
vigore di tale legge e per il periodo successivo dovrebbe riapplicarsi la 
contrattazione collettiva di origine; 

che l'eventuale esborso da parte dell'ESPI �di retribuzioni, che la 
riforma dena:�. decisione di merito potrebbe dire non dovute, non integra 
gli estremi delle gravi ragioni, che sole giustificano la sospensione -dell'esecuzione 
della decisione� n. 202/1978 del Consiglio di giustizia amministrativa, 
che � al centro del proposto conflftto, dal momento che non 
sussiste il necessario requisito della obiettiva impossibilit� della restituzione 
in pristino. -(Omissis). 


240 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugno 1979 n. 47 -Pres. Amadei -Rel. 

Bucciare�li Ducci -Presidente Consiglio dei Ministri (vice avv. gen. 

Albisinni). 

Urbanistica -Edificazione senza licenza ma in conformit� agli strumenti 
urbanistici -Sanzioni penali -Legittimit� costituzionale. 
(Cost., art. 3; I. 6 agosto 1967, n. 755, art. 13). 

Non contrasta con l'art. 3 Cost. l'art. 41 lett. b della legge n. 765 
del 1967 nella parte in cui colpisce con le medesime sani.ioni chi ha 
edificato senza licenza ed in contrasto" con le prescrizioni stabilite degli 
strumenti urbanistici, e chi invece ha edificato senza licenza (anche ove 
l'abbia successivamente ottenuta in sanatoria) non in contrasto con le 
predette prescrizioni. 

(Omissis). -La Corte � chiamata, a decidere se contrasti o meno 
con il ;principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della 
Costituzione, l'art. 41, letrt. b) della leg~ urbanistica 17 agosto 1942, 

n. 1150, sostituito da1l'art. 13 legge 6 agosto 1967, n. 765, nella parte in 
cui colpisce con la medesima pena edittale -arresto fino a 6 mesi 
e ammenda fino a lire 2 milioni -sia chi ha costruito senza licenza 
(anche ove l'abbia ottenuta ex post in sanatoria) sia chi ha edificato 
senza licenza in contrasto con le prescrizioni stabiilite da strumenti 
urbanistici. 
Si afferma nelle ordinanze di rimessione che in tal modo ricevono 
eguale trattamento situazioni diverne, in quanto vengono comminate 
eguali san:rioni penali per le edificazioni effettuate in zona ove avrebbe 
potuto essere ottenuta la licenza e per quelle compiute in violazione 
delle presorizioni urbanistiche. I giudici a quibus soggiungono, con adeguata 
motivazione, che la sopraggiunta legge 28 gennaio 1977, n. 10, � 
ininfluente ai fini del decidere e dell'esame, da parte della Corte, della 
censura prospettata. 

La questione non � fondata. 

Per inquadrare il problema in termini generali, va innanzitutto 
l'.icordata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo �ui �non 
pu� aver ingresso in sede di giudizio di legittimit� costituzionale la 
questione sollevata con riferimento all'art. 3 Cost. che si risolve in una 
critica di politica legislativa avverso una valutazione del legislatore non 
eccedente i limiti della ragionevolezza� (sentenza n. 100 del 1977). Neppure 
pu� ignorarsi esser stato ripetutamente affermato che �la valutazione 
dei criteri in base ai quali il legislatore ha ritenuto ipotizzare 
una diversit� di situazioni sia incensurabile nei limiti in cui la valuta




PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALI! 

zione stessa risulti ragionevole e non arbitraria � {sentenza n. 237 del 
1975). 

Pi� in particolare pu� rilevarsi che la censura mossa alla norma 
impugnata si presenta destituita di fondamento sotto un duplice profilo: 
perch� non � esatto che le situazioni comparate siano diverse, sotto l'aspetto 
penale, come pure � inesatto che ricevano, dal complesso della specifica 
normazione esistente in materia, eguale tTattamento e sanzioni. 

Invero, risponde ad un fondamentale interesse pubblico, avvertito 
dal legislatore gi� da lungo tempo, sottoporre l'attivit� edilizia al controllo 
preventivo della pubblica amministrazione, con conseguente imposizione, 
a chi voglia edificare, dell'obbligo di richiedere l'apposita autorizzazione 
amministrativa (a:r:t. 31 della citata legge urbanistica). Rientra, 
pertanto, nell'esercizio della discrezionailit� legislativa comminare una 
sanzione penale a chi violi comunque tale precetto, giustificandosi la 
contravvenzione prevista dall'impugnato articolo 41, lett. b), della legge 
citata. 

Rispetto a tale esigenza di controllo preventivo della pubblica amministrazione, 
� quindi del tutto indifferente la circostanza che la costruzione 
corrisponda o meno al complesso delle norme che regolano l'attivit� 
edilizia. 

D'altro canto Ia distinzione �tra costruzioni, la cui edificazione avrebbe 
potuto essere autorizzata, e quelle altre contrastanti, invece, con 
specifiche prescrizioni urbanistiche, implica che si aggiungano, nei casi 
previsti dalla legge, alle sanzioni penali, notevoli pene amministrative ed 
eventuali responsabiJit� da illecito civile, e dimostra che non sussiste la 
censurata parit� di trattamento di situazioni diverse. 

L'eventuale successiva licenza, cos� detta in sanatoria, produce quindi 
effetti limitati alle sole conseguenze extra penali dell'infrazione. 


{.Omissis). 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugino 1979, n. 49 -Pres. Amadei -Rel. 
Maccarone -Santucci e Andreini (n.p.) e Poresidente Consiglio dei 
Ministri (avv. Stato Carafa). 

Procedimento civile � Potere dell'ufficio di indicare lacune e irregolarit� � 
Non riconosciuto ai giudici collegiali � Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 24; c.p.c., art. 316). 

Non contrasta con l'art. 24 Cast. l'art. 316 c.p.c., nella parte in cui 
non attribuisce al tribunale il potere, riconosciuto al pretore e al conciliatore, 
� di indicare alle parti in ogni momento le lacune che ravvisa 


242 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

nell'istruzione e le irregolarit� degli atti e dei documenti che possono 
essere riparate, assegnando un termine per provvedervi�. 

(Omissis). -.I poteri attribuiti al conciliatore e al pretore dal citato 
art. 316 c.p.c. sono certamente pi� ampi di que1li concessi al giudice 
collegiale, ma ci� non comporta violazione del diritto di difesa poich� 
l'inapplicabilit� di detta disposizione ai procedimenti di competenza del 
tribunale non limita in alcun modo il potere delle parti di agire in 
giudizio per la tutela delle proprie ragioni e di assumere a tal fine 
tutte le iniziative consentite dall'ovdinamento, avvalendosi dell'effettiva 
assistenza di un difensore nello svolgimento del processo. 

Non va dimenticato, peraltro, che anche nella. disciplina dell'ordinario 
processo di cognizione esistono norme, le quali prevedono un largo 
margine di � collaborazione � tra il giudice e ,1e parti, sia al f>ine della 
esatta detevminazione del thema decidendum (artt. 117 e 183, secondo 
comma, c.p.c.) sia allo scopo di ovviare a difetti e lacune nell'attivit� 
difensiva delle parti tart. 182 c;p.c.). -:--(Omissis). 

i 

J 

CORTE COSTITUZIONALE, 18 giugno 1979, n. 50 -Pres. Amadei -Rel. i: 

Andrioli -Tozzi (avv. Fanelli) e Presidente Consiglio dei Ministri 

(vice avv. gen. Albisinni). 

Lavoro � Perdita delle prestazioni del lavoratore per infortunio extra-lavo


rativo � Surrogazione del datore di lavoro � Mancata previsione � 

Legittimit� costituzionale. 

(Cost., art. 3; e.e., art. 1916). 

Non contrasta con l'art. 3 Cast. la mancata estensione della surrogazione 
ex art. 1916 cod. civ. nei confronti del terzo responsabile di infortunio 
non professionale (nella specie, un incidente stradale) anche a 
favore del datore di lavoro, il quale abbia subito la perdita delle prestazioni 
lavorative del dipendente (1). 

(Omissis). -Il giudice a quo ha ravvisato la violazione dell'art. 3, 
di �cui si rende colpevole chi non estenda ai rapporti tra datore di 
lavoro e terzo responsabile dell'infortunio non professionale del lavora


(1) La questione so11evata dal giudice a quo poteva, forse, costituire l'occasione 
di uria pronuncia di pi� ampio respiro. L'aver ravvisato nella disposizione 
de1l'art. 1916 cod. civ., un privilegio connesso allo status d'impresa di assicurazione 
appare troppo coerente a quella corrente di pensiero che, fin dagli albori 
dell'evo moderno, ha voluto giustificare la presenza nell'ordinamento. giuridico 

PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 243 

tore il diritto di surrogazione, riservato dall'art. 1916 all'assicuratore, 
nella pretermissione della identit� di posizione giuridica tra assicuratore 
che ha pagato l'indennit� all'assicurato responsabile del danno, e datore 
di lavoro, che ha corrisposto la retribuzione al Javoratore, che ha sospeso 
le proprie prestazioni a seguito �di infortunio non professionale, provocato 
dal fatto ingiusto di un terzo. � 

Senonch� l'art. 1883 del vigente codice civile, raccogliendo l'insegnamento 
di autorevolissima dottrina, ha riservato la legittimazione a dar 
vita a contratti di assicurazione alle imprese di assicurazione, esercitate 
da istituti di diritto pubblico o da societ� per azioni con la osservanza 
di leggi speciali, e tale riserva non consente, pur nella identit� di 
elementi oggettivi, strutturali e funzionali che si vedr� insussistente, di 
ravvisare parit� di posizioni tra istituti assicuratori e soggetti, che di 
tale qualit� sian privi. Questa diversit� di posizioni riceve conferma proprio 
dall'art. 1916, il quale, all'uJtimo comma, statuisce che le relative 
disposizioni si applican9 anche alle assicurazioni contro gli infortuni sul 
lavoro e contro le disgrazie accidentali. 

Ribaditi poi i rilievi gi� svolti sub n. 1, sulla estraneit�, alla soluzione 
della questione di legittimit� costituzionale, del riconoscimento, o n�, al 
datore di lavoro della legittimazione a conseguire dal terzo responsabile 
il risarcimento del danno, provocatogli dalla mancata utilizzazione 
delle energie di lavoro del dipendente, cos� come della irrisarcibilit� 
in parte qua del pregiudizio sofferto dal lavoratore infortunato, che 
abbia continuato a percepire la retribuzione, � la funzione della surrogazione 
dell'assicuratore, che non consente di ravvisare nella mancata sua 

(o addirittura a fianco de1l'ordinamento statuale), un complesso di norme 
speciali e derogatorie rispetto al diritto � comune � e sostanzialmente � di sostegno
� de1la borghesia mercantile (o di particolari settori di essa); complesso 
di norme solitamente facente capo alla nozipne di �diritto commerciale �. 
Laddove sarebbe stata forse doverosa una pi� critica sensibilit� ai limiti di 
tollerabilit� politica, in una societ� pluriclasse quale :la nostra ambirebbe essere, 
dello assegnare portata soggettivamente ristretta a singole disposizioni di 
un codice civile, quelli de1 1942, il quale non assicura pi� separatezza a~ diritto 
commerciale dal diritto civile. 

Come osservato da AscARELLI (Corso di diritto commerciale, 1962, 59) � l'oggettivazione 
del diritto risponde alla formazione delJo Stato nazionale che af. 
ferma Ia sua sovranit� nei confronti dei particolarismi dei vari ordini e si 
.ispira al principio dell'uguaglianza dei cittadint, essendo perci� osHle ad una 
differenziazione di disciplina giuridica secondo qualifiche soggettive�. 

D'altra parte, non � pi� giustificato (come avvertito dalla Corte di Cassazione) 
che i pregiudizi reali derivanti da infortuni extra-lavorativi dei lavoratori 
dipendenti siano sopportati, sia pure nell'ambito dei rapporti di lavoro, 
dai soggetti datori di lavoro (e quindi daHa coUettivit� sulla quale i maggiori 
costi del lavoro si riversano) anzich� dai terzi responsabili dei sinistri. 



244 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

estensione al datore di lavoro violazione della ,regola della parit� di 
trattamento di posizioni uguali. L'assicurazione contro i danni fa della 
impresa, che Ja stipula, il garante in via sussidiaria del danneggiato 
assicurato, e tale funzione spiega la surrogazione dell'assicuratore, che 
ha corrisposto l'indennit�, nei limiti quantitativi di questa, nei diritti 
dell'assicurato danneggiato e, nel contempo, il dovere, che su quest'ultimo 
grava, di non arr�care pregiudizio al diritto di surrogazione che all'assicuratore 
compete. 

L'art. 2110 non consente di ravvisare nel datore di lavoro, che continui 
a corrispondere la. retribuzione al lavoratore infortunato per cause 
non 'professionali, una sorta di garante in via 'sussidiaria del lavoratore 
stesso perch� la causa di tali attribuzioni patrimoniali � pur sempre il 
rapporto di lavoro, che � .sospeso e non risolto. Del che somministra 
sicura conferma l'ultimo comma dell'art. 2110, il quale ammonisce che 
il periodo di assenza dal lavoro per inforitunio, malattia, gravidanza o 
puerperio, deve essere computato nell'anzianit� di ser\rizio. ! 

I 
I
f.

Che infine i'l primo comma dell'art. 2110 avverta che :la retribuzione 
non sia dovuta per i tempi di assenza del prestatore di lavoro le quante 
volte la legge stabilisce forme equivalenti di previdenza e di assistenza, f 

f 

/:

non giova ad istituire tra queste e l'obbligo del datore di lavoro quella 

~ 

identit� di natura giuridica in difetto della quale. non � lecito ipotizzare 

ff

parit� di posizioni tra datore di lavoro e assicurator~ contro i danni; il f 
che �, tra l'altro, evidenziato, sul pi�no esegetico, dall'aggettivo: �equiff 
f 

I I

valenti�, prudentemente adoperato dal legislatore, e dal gi� menzionato 
ultimo comma delral11:. 2110. 

Per riassumere e concludere: se il datore di lavoro, che -lo si 
ripete -� privo dello status d'impresa �di assicurazioni, corrisponde fa 
retribuzione al lavoratore infortunato perch� ne � astretto dal contratto 

I 

di lavoro liberamente voluto e sospeso ma non sciolto, logica, ad un 
tempo economica e giuridica, vuole che non rpossa indossare anche la 
veste del garante in via sussidiaria del layoratore stesso, in difetto della 
quale la identit� di posizione tra datore di lavoro e assicuratore contro 
i danni non sussiste, e il sospetto d'incostituzionalit� dell'art. 1916 per 

I

mancata� previsione dell'ipotesi del datore di lavoro, che osserva l'articolo 
2110, non pu� non giu~icarsi infondato. -(Omissis). 

I 

!( 
! 

/ 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITA EUROPEE, 1� febbraio 1979, 
nella causa 121/78 -Pres. Kutscher, Avv. Gen. Rfilschl -Domanda di 
pronuncia pregiudiziale proposta dal Pretore di Cecina nella causa 
Bardi (avv. E. Cappelli) c. Azienda Agrkola Paradiso -Interv.: �Governo 
italiano (avv. Stato Favara) e Commissione delle Comunit� europe 
(ag. Berardis). 

Comunit� europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel 
settore delle carni bovine -Importazioni agevolate -Condizioni -Categorie 
di produttori -Specificazione ~ Competenza degli Stati membri. 
(Regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, mod. con reg. 14 febbraio 1977, n. 425, 

artt. 13, 27; regolamenti della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, art. 1, e 18 marzo 
1977, n. 585; I. 9 maggio 1975, n. 153, artt. 11, 12). 

Comunita europee -Agricoltura -Organizzazione comune dei mercati nel 
settore delle carni bovine -Importazioni agevolate -Condizioni -Categorie 
di produttori -� Specificazione -Realizzazione degll obiettivi comunitari." 
(Regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, mod. con reg. 14 febbraio 1977, n. 425, 

artt. 13, 27; regolamenti della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, art. 1, e 18 marzo 
1977, n. 585; direttiva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 159; I. 9 maggio 1975, n. 153, ar


ticoli 11, 12). 

In fqrza del regolamento della Commissione 22 dicembre 1977, n. 2902, 
� che fissa per il primo trimestre 1978 il quantitativo di giovani bovini 
maschi che possono essere importati a condizioni speciali�, gli Stati 
membri, ed in particolare la Repubblica italiana, erano autorizzati a specificare 
le categorie di produttori agricoli ammesse a fruire del contingente 
d'importazione di giovani bovini maschi in sospensione parziale 

o totale del prelievo, nell'ambito di una politica intesa al miglioramento 
delle strutture di allevamento e della produzione di carni bovine (1). 
Il fatto di riservare tale vantaggio ad imprenditori che esercitano 
l'attivit� agricola a titolo principale � conforme agli obblighi derivanti, 
per gli Stati membri, dalla direttiva del Consiglio 17 aprile 1972, n. 72/159, 
relativa all'ammodernamento delle aziende agricole (2). 

(1-2) Della poi>sibilit� di misure di politica commerciale comune fina� 
lizzate ad obiettivi di politica delle strutture agrarie. 

1. -L'art. 13 del regolamento C.E.E. n. 805/68 del Consiglio, come sos.tituito 
da1 regolamento C.E.E. n. 425/77 del Consig:Lio (in G.U.C.E., 5 marzo 1977, L. 61) 

246 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

~ 

(Omissis). -1. ~ Con 011dinanza 13 maggio 1978, pervenuta in can� r.: t 
celleria il 27 dello stesso mese, il pretore di Cecina ha sottoposto a que{ 
sta Corte, in forza dell'art. 177 del Trattato C.E.E., due questioni pregiu!
1 
diziali vertenti sull'interpretazione del regolamento della Commissione. ~ 
22 dicembre 1977, n. 2902, �-che fissa per iil primo trimestre 1978 il quantitativo 
di giovani b�vini maschi che possono essere importati a coodizioni 
spedali � (G.U. n. legge 338, pag. 12), con rigua11do sia all'art. 13 del 

I

regolamento del Consiglio 27 giugno 1968, n. 805, �relativo all'organizzazione 
comune dei mercati nel settore delle carni bovine�, nella versione 
risultante dal regolamento del Consiglio 14 febbraio 1977, rn. 425 (G.U. 

I 

n. L. 61, pag. 61), nonch� al regolamento della Commissione 18 marzo 
1977, n. 585, �relativo al regime dei t~toli d'importazione e d'esportazione� 
I 

vigente nello stesso settore, sia alle direttive del Consiglio 17 aprile 1972 
concernenti vari problemi di carattere strutturale in materia di agricol


I

tura e, in particolare, alla direttiva n. 72/159, � relativa all'ammordena


~ 

mento delle aziende agricole� (G.U. n. L. 96, pag. 11). I 

~

2. -Dal fascicolo risulta che l'attore nella causa principale, Giuseppe 
' 

Bardi, il quale gestisce un'azienda ag,ricola situata nel territorto del co


~ 

'11 

ha previsto la possibilit� di una sospensione totale o parziale del prelievo api 
plicabile alla importazione di giovani bovini maschi. In attuazione di detta 
disposizione, con regolamento C.E.E. n. 2902/77 della Commissione (in G.U.C.E., 
28 dicembre 1977, L. 338), poi modificato con rego1amento C.E.E. n. 345/78 
de11a Commissione (in G.U.C.E., 21 febbraio 1978, L. 49), sono state previste 

I riduzioni del prelievo per 80.000 (50.000 pi� 30.000) capi giovani bovini maschi 
�di cui almeno 72.000 (45.000 pi� 27.000) capi devono essere importati e ingrassati 
in Italia �. 

I

I menzionati regolamenti C.E.E. n. 2902/77 e n. 345/78 hanno inoltre stabilito 
che �nell'ambito de1 quantitativo riservato ail'ItaHa, i titoli d'importazione ! 
possono essere rilasciati direttamente ai produttori agricoli o alle loro organizzazioni 
professionali, entro un Hmite massimo di 48.000 (30.000 pi� 18.000) 

l 

capi�; � a tal fine ... detto Stato membro specifica le categorie dei richiedenti�. 
In sostanza, la normativa comunitaria ha -essa stessa � direttamente� 


I ripartito il contingente assegnato all'Italia in due parti: una parte riservabile 
ai �produttori agrico1i � e �loro organizzazioni professionali�, ed una parte I 
(non inferiore ad un terzo) non riservabile a tali �categorie�. 

Le norme comunitarie in esame hanno, quindi, usato uno strumento di 

I 

I

politica commerciale con i paesi ten.i (l'importazione a regime agevolato), non I 
I 

per regolare il commercio del1a Comunit� con i paesi terzi o H commercio I 
ahl!interno della Comunit�, quanto per influire positivamente sul1a economia I 
di alcune aziende agricole comunitarie {e tra queste, con maggior misura, delle I 
aziende agricole italiane dedite all'allevamento). 

I 

Di qui la necessit� di procedere alla interpretazione ed appMcazione di tali 
norme comunitarie considerando: a) che esse concernono non il momento della 
importazione, ma i momenti success.ivi de1la destinazione e della ulteriore lavorazione 
~nella specie, trattasi di ingrasso); b) che esse, nella sostanza, sono 
norme di incentivazione de11'attivit� di allevamento del bestiame bovino all'in




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

247 

mune di Cecina (provincia di Livorno), concludeva, il 20 febbraio 1978, 
con la societ� in accomandita semplice Azienda Agricola Paradiso {in 
prosieguo designata come I'� Azienda�), operante nel settore dell'allevamento 
dei bovini e i cui fOaJ.di si trovano nel territorio del comune di 
Donoratico (provincia di Livorno), un contratto avente ad oggetto la fornitura, 
a detta societ�, di 40 quintali di granoturco per failimentazione 
zootecnica; Fi 

3. -il contratto contiene una clausola secondo cui l'ordine � sar� 
considerato annullato qualora non sia possibile (all'Azienda contraente) 
ottenere la licenza d'importazione di n. 100 vitelli da paesi terzi ai sensi 
dei vigenti regolamenti C.E.E. �; 
{Omissis). -6. -dagli argomenti svolti dinanzi al Pretore e dalle informa2lioni 
fornite alla Corte risulta che i vitelli che lAzienda avrebbe voluto 
acquistare, e per l'ingrasso dei quali essa aveva ordinato al Bardi 40 quintali 
di granoturco, avrebbero dovuto essere importati nell'ambito di un 
cOaJ.tingente a prelievo ridotto, connesso all'Italia dal regolamento numero 
2902/77; 

7. -non sembra che l'Azienda abbia presentato, a tal fine, alcuna domanda 
alle autorit� competenti; essa si sarebbe invece considerata, a 
priori, esclusa dal novero dei beneficiari di detto contingente d'1mportaterno 
della Comunit�; e e) che -per di pi� -il regolamento n. 2902/77 opera 
un intervento di politica regionale a favore di un'area geografica caratterizzata 
da condizioni naturali ed ambientali meno favorevoli ai grandi allevamenti. 

Ci� comporta, tra l'altro, la impossibi1it� di invocare i.1 principio di non 
discrimina;;,ione tra operatori economici e in particolare tra operatori che agiscono 
nella fase deHa commercializzazione dei prodotti agricoli, non essendo 
in discussione il commercio tra gli Stati membri de11a Comunit�, ma un intervento 
attinente alla produzione agrico~a di carni bovine e di riflesso operante 
sulle strutture produttive. Certamente, ogni incentivazione � necessariamente 
selettiva, e quindi deroga alla parit� di trattamento; ma non pu� essere configurata 
una efficace politica delle produzioni agricole che faccia a meno degli 
strumenti di incentivazione. 

Il Ministero ita1iano per il Commercio estero, con circolare 28 febbraio 1978, 
in attuazione deHa descritta normativa comunitada ha, tra 1'al<tro, stabilito 
che �produttori agricoli� beneficiari deJ.la quota riservata sono gli imprenditori 
agricoli �a titolo principale�, nozione questa recepita -com'� noto -dalla 
normativa comunitaria (direttive C;E.E. 72/160 e 72/161, cui � stata data 
applicazione con la Legge 9 maggio 1975, n. 153). Ci� in aderenza al quinto � considerando
� del citato regolamento CiE1E. n. 2902/77, ove si legge che � la dduzione 
par;;,iale del prelievo � destinata, in particolare, a favorire il miglioramento delle 
strutture di allevamento e di produzione di carni bovine in Italia>>, e che a tal 
fine � opportuno che i produttori possano accedere, senza passare per intermediari, 
al regime di importazione a prelievo ridotto. 

Per inciso, giova rammentare che Je strutture agrarie sono esplicitamente 
menzionate dall'art. 39 n. 1 lettera a) ~del trattato CE.E., ove si parla di � strut




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

248 

zione, in ragione della ciDcolare 28 febbraio 1978, n. I/170332, del Ministero 
del commerdo estero; 

8. -in effetti, in forza della suddetta circolare, il vantaggio dell'importazione 
a prelievo ridotto � stato riservato ai produttori agricoli che 
soddisfano le condizioni poste daill'art. 12, 1� comma, della legge 9 maggio 
1975, n. 153, per l'attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunit� 
Europee relative alla riforma dell'agricoltura (Gazzetta Ufficiale della Repubblica 
Italiana, 1975, pag. 3298); 
9. -il rinvio fatto daLla circolare a tale :disposizfone legislativa avrebbe 
l'effetto di �riservare la possibilit� di fruire del contingente d'importazione 
di cui trattasi a coloro che dedicano personalmente la maggior 
parte del proprio tempo di lavoro all'agricoltura, condizione che non� 
potrebbe essere soddisfatta nel caso dell'Azienda, dal momento che questa 
ha la forma giuridica di societ�; 
(Omissis). -14. -al fine di chiarire questo dubbio, il Pretore ha sottoposto 
alla Corte due questioni del seguente tenore: 

� 1) Se, nel quadro dello speciale regime d'importazione di giovani 
bovini maschi destinati all'ingrasso, previsto daM'ar�t. 13 del regolamento 
C.E.E. n. 805/68, e disciplinato da ultimo dai regolamenti C.E.E. nu


tura sociale deU'agrico1tura � e di � disparit� strutturali e naturali fra le diverse 
regioni agricole�. � 

Al trattato � seguita una serie di atti normativi emanati dal 1959 ad oggi. 
Tra questi il regolamento de~ Consiglio C.E.E. del 5 febbraio 1964, n. 17, istitu�� 
tivo deile Sezioni �orientamento� e �garanzia� del F.E.O,GA., regolamento che, 
definendo, neg1i articoli 11 e 12, la competenza della 'Sezione � orientamento � 
del Fondo, ha apportato un'importante precisazione sulla nozione di struttur� 
agrarie. 

Gli articoli 11 e 12 del citato regolamento precisano che le azioni della Se� 
zione orientamento riguardano: ' 

a) l'adattamento ed il miglioramento delle condi:1.ioni di produzione deila 
agricoltura (art. 11), intesi come promozione, mediante azioni operanti all'interno 
delle imprese agricole o neU'ambito di pi� imprese o al di fuori di queste, 
dell� combinazione efficace dei fattori di produzione in agricoltura, allo scopo 
di rendere possibile il loro impiego ottimale nel quadro dell'economia generale 
(art. 12); � 

b) l'adattamento e l'orientamento della produzione agricola (art. 11) intesi 

come adattamento quantitativo della produzione alle possibilit� di colloca-. 

mento e miglioramento quantitativo dei prodotti (art. 12); 

c) 'l'adattamento e il miglioramento della commercializzazione dei pro: 
dotti agricoli (art. 11), intesi con riguardo all'attrezzatura per la commercializzazione 
all'interno delle imprese agricole o neU'ambito di pi� imprese o al di 
fuori di queste, nei settori dell'ammasso e della conservazione, della valorizza. 
zione dei prodotti agricoli, dei circuiti di commercializzazione e deUa conoscenza 
dei dati relativi alla formazione dei prezzi nei mercati dei prodotti 
agricoli (art. 12); 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 249 

meri 585/77 e 2902/77, le� autorit� nazionali possono completare, ed inte� 
grare a loro discrezione le condizioni di ammissione, in particolare riser� 
vando il rilascio dei titoli di importazione a detel'lninate �Categorie di 
soggetti unilateralmente individuati all'interno dei produttori agricoli; o 
se invece le succitate disposizioni. comunitarie riconoscano a tutte le persone 
fisiche e giuridiche, titolari di imprese agricole, in specie a quelle . 
che esercitano l'attivit� di allevamento, il diritto di presentare in ogni 
caso domanda di titolo �di impo1:1tazione, senza che ad esso possa essere 
opposto alcun potere discrezionale da parte delle autorit� nazionali degli 
Stati membri. 

2) Se, riell'ipotesi che sia conces�so agli Stati membri di introdurre 
ulteriori pi� restrittive condizioni di ammissione nel!l.'ambito defila categoria 
dei produttori agricoli, l'individuazione dei soggetti beneficiari da 
parte delle autorit� nazionali possa essere fatta rinviando ai requisiti 
dalle stesse richiesti in sede di attuazione delle direttive comunitarie di 
ammodernamento delle strutture . agricole (direttive 72/159, 160, 161 
C.E.E.), . in vista cio� di un tipo di . intervento pubblico del tutto autonomo 
e indipendente, per strumenti e finalit�, da quelli relativi alla com-� 
mercializzazione dei singoli prodotti agricoli; requisiti comunque privi 
di qualsiasi riferimento all'effettivo esel."1cizio dell'atti~it� di allevamento 

d) lo sviluppo deMe possibilit� di collocamento dei prodotti agricoli (art. 11), 
con riguardo ane m:.ioni comunitarie per l'aumento del consumo di taluni pro� 
dotti agricoli neL quadro della politica agricola comune (art. 12). 

Va aggiunto che il cosidetto Comitato permanente delle strutture agrarie. ha 
distinto tra strutture �interne e strutture esterne all'azienda agricola. 

Le strutture interne sarebbero determinate dai seguenti connotati: a) produzione: 
impiego, elementi naturali, modi di conduzione, superficie, fraziona� 
mento, drenaggio, irrigazione, utilizzazione d�l suolo, allevamento, specula;zione 
fondiaria, locaMzzazione dei fabbricati, addm.ione di acqua potabile, scolo di 
acque usate, dotazione dell'impresa, meccanizzazione, legami-contrattuaJ.i rela� 
tivi alla produzione, ivi compresa l'integrazione verticale, e cos� via; b) commercializzazione: 
impianti di trasformazione e imballaggio dei prodotti agricoli, 
forme di commercializzazione, impianti di st()ccaggio intemi all'impresa, inte� 
graziane verticale. 

Le strutture esterne risulterebbero invece dai seguenti dati: a) produzione: 
situazione fondiaria, edilizia rurale, rete idraulica (drenaggio e irrigazione), for� 
me di cooperazione a carattere economico, diverse forme di associazione fra 
imprese e di colla:borazione fra imprenditori, utilizzazione in comune di mac� 
chinari agricoli:, integrazione verticale e integrazione orizzontale; b) commercializzazione: 
impianti privati, collettivi o cooperativi per fo stoccaggio, la tra� 
sformazione e l'imballaggio dei prodotti agricoli, forme di commercializzazione; 
c) servizi a carattere agricolo: insegnamento e formazione professionale degti 
operatori agricoli, credito agrario, centri di ricerca agronomica, centri per ser� 
vizi a carattere agricolo. 



250 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

e tali da escludere senza giustificazione numerosissime imprese di allevamento, 
tra cui tutte quelle a struttura societaria �. 

15. -A norma dell'art. 13, n. 1, del regolamento n. 805/68, come modificato 
dal regolamento n. 425/77, il prelievo da applicare all'importazione 
di giovani bovini maschi destinati all'ingrasso pu� essere totalmente 
o parzialmente sospeso, alle condizioni stabilite nello_ stesso articolo, 
tenuto conto della situazione di apprrovvigionamento del mercato e 
del prevedibile andamento dei prezzi; 
16. -secondo il n. 2 dello stesso articolo, il Consiglio stabilisce ogni 
anno un bilancio preventivo dei giovani bovini maschi che possono es-. 
sere importati in base al regime di favore stabilito dal precedente n. 1; 
17. -infine, il n. 4 dello stesso articolo ~i,spone che le modalit� d'applicazione 
del regime in questione vengono determinate secondo la procedura 
di cui all'art. 27 dello stesso regolamento, vale a dire dalla Commissione, 
che decide nell'ambito 9-el procedimento �del Comitato di 
gestione�; 
18. -per il periodo considerato, le modalit� del regime di favore di 
cui trattasi sono state precisate dal ,regolamento della Commissione 
n. 2902/77, nel senso di U!lla riduzione del prelievo pari al 50%; 
19. -secondo il 5� punto del preambolo di questo regolamento, la 
riduzione del prelievo � destinata, in particolare, �a favorire il miglio-
La Corte di giustizia ha ritenuto la compatibilit� del menzionato provvedimento 
del Ministero italiano per H commercio estero con la normativa comunitaria. 
E del resto, nella sentenza 28 febbraio 1978 (in causa 85/77, Racc.. 527), 
era stato affermato non essere possibile ricavare dal Trattato CEE e dal diritto 
comunitario derivato una definizione generale ed uniforme di � azienda � agricola; 
e analogamente, nella sentenza 13 giugno ,1978 (in causa 139/77, Racc, 1317), 
si rilevava non essere la nozione di agricoltura delimitata in modo preciso dal 
Trattato e pertanto dover essa venire precisata nell'ambito del diritto derivato, 
tenendo presenti, ai fini de11'interpretazione, gli scopi della normativa e il suo 
sistema. 

Ancora pi� significativo �, t�ttavia, il riconoscimento -desumibile dalla 
sentenza in rassegna -della possibilit� di utilizzare misure di politica commerciale 
per ~l raggiungimento di obiettivi di politica delle strutture agricole. 
Riconoscimento di notevole importanza in termini di politica economica, e cli 
ancor maggiore rilievo sul piano giuridico, dal momento che esso implica l'affermazione 
che le competenze devolute alle Comunit� nei settori de�a politica 
commerciale, della politica agricola e deHa politica regionale non debbono necessariamente 
conservare carattere -appunto -" settoriale�, ma possonG 
saldarsi tra loro e dar vita ad una politica economica coordinata e, per cos� din~. 

" generale "� 
Per cogliere l'importanza del riconosci.mento de quo, giova riferire quanto 
in proposito sostenuto nella memoria per il sig. Bardi. � t1. certo che la disci)',_ 
plina del regime di importazione in nessun modo contiene qualunque intento di f 
porsi nella scia delle direttive per la riforma de1le strutture. Queste rispondono 

t 

alle esigenze della riforma dell'agricoltura, sono misure di lungo periodo, mirano 

.. . jI 
! 


PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 251 

ramento delle strutture di allevamento e di produzione di carni bovine 
in Italia�; 

20. -allo stesso ipunto del preambolo si .considera inoltre che tale 
obiettivo pu� essere conseguHo � riservando in via prioritaria ai produttori 
agricoli o alle loro organizzazioni professionali � il rilascio delle 
licenze che danno diritto a fruire dello speciale regime d'importazione 
di cui trattasi; 
21. -ai sensi dell'art. l, n. 1, del regolamento in questione, il contingente-
d'importazione veniva fissato in un quantitativo massimo di 
50.000 capi di giovani bovini maschi, di cui almeno 45.000 capi dovevano 
essere importati e ingrassati in Italia; 
22. -al n. 5 dello stesso articolo, si precisa che, nell'ambito del quantitativo 
riservato all'Italia, le Ucenze d'importazione possono essere rilasciate 
direttamente ai produttori agricoli o alle loro organizzazioni professionali, 
entro un limite massimo di 30.000 capi, e che, a tal fine, � detto 
Stato membro specifica le categorie dei richiedenti�; 
23. -dal complessG di questi testi si desume che il regime d'importazione 
a prelievo ridotto era destinato, in via prioritaria, nel periodo 
ad incidere sugH elementi di fondo dell'economia agraria; in una parola, rap� 
presentano il< � volet � strutturale de!t1a poJitica agricola comune e seppure si � 
tentato di armonizzarle con le misure della po1itica di mercato e dei prezzi, da 
queste profondamente differiscono per fini, strumenti, ed area di intervento. 
Gli scopi e 1a tecnica dei regolamenti relativi al regime degli scambi degli animali 
e carni bovine hanno dguardo invece a specifiche situazioni di mercato... �. 

2. -La Corte di giustizia ha invece accuratamente evitato di prendere posizione 
sul� punto, pur ampliamente trattato e nelle �osservazioni� per il Governo 
italiano e nelle � conclusioni � dell'avvocato generale iReischl, se gli Stati 
membri, anche in settori sottoposti ad una organizzazione comune dei mercati 
molto dettag1iata, abbiano soltanto competenze puramente organizzative ed 
esecutive, o invece possono disporre anche di un certo margine di discrezionalit� 
nel campo del diritto sostanziale. 
In particolare, nelle � conclusioni � menzionate, accettata la premessa � che 
la normativa comunitaria non sia sufficientemente precisa e che, pertanto, la 
categoria dei destinatari vada delimitata tenendo conto deile finalit� de11a normativa 
stessa �, era stato rilevato quanto segue: � Nella giurisprudenza � riconoscibile 
la tendenza a non ritenere, in .linea di principio, Hlegittimi gli interventi 
degli Stati membri in settori disciplinati da organizzazioni di mercato che, 
fo parte, sono molto comp1esse, anche qualora detti interventi esulino dal campo 
~delle attivit� puramente organizzative ed unicamente esecutive. II .problema 

decisivo, in proposito, � piuttosto quelJo deli'eventual1e incompatibildt� con le 
finalit� della normativa comunitaria e deHa possibilit� che venga posto in pericolo 
il funzionamento di quest'u1tima. In tale contesto, si pu� fare riferimento, 
come ha fatto la Commissione, aUe sentenze 22 gennaio �1976 (in causa 60/75, 
Racc. 1976, 45), 26 febbraio 1976 (in causa 65/75, Racc., 291), 14. luglio 1976 
(neHe cause riunite 3, 4 e 6/76, Racc., 1279) e 2 febbraio 1977 (in causa 50/76, 
Racc., 137). E... nehla. sentenza 12 dicembre 1973 (in causa 131/73, Racc., 1555), 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

considerato, a consentire all'Ltalia di migliorare �le struttU\l'e dell'alleva


, mento e della produzione di carni bovine, e che, a .tale scopo, detto Stato 
membro veniva espressam�nte autorizzato a specificare ile categorie di 
produttori ammessi a beneficiare del provvedimento; 

24. -risulta, quindi, che le autorit� italiane avevano la Eacolt� di riservare 
il vantaggio della pavt:ecipazione a detto contingente d'importazione 
alle imprese agricole di cui esse intendevano favorire Jo sviluppo 
ai sensi della legge 9 maggio 1975, intesa a realizzare, in Italia, gli obiettivi 
stabiliti dalle direttive c�munitarie del 17 aprile 1972 rigual'danti la 
riforma delle strutture agricole; 
25. -in particolare, va fatto riferimento a quanto disposto dagli 
artt..l, 2 e 3 de11a direttiva n. 72/159, dai quali risulta che gli Stati membri 
s.i sono impegnati ad istituire un regime �selettivo di incoraggiamento 
delle aziende agricole, dando fa preferenza, per l'appunto, a quelle il cui 
titolare esercita l'attivit� d'imprenditore agricolo a titolo principale; 
non solo � stato affermato, con �riferimento a1la gestione di un -contingente 
doganale comunitario per la carne .bovina -congelata, che le istitm.ioni -comunitarie 
possono decidere de11a destinazione economica della carne importata, ma 
� stato altres� ritenuto che esse possono anche consentire agld Stati membri di 
servirsi della loro .quota �di contingente in conformit� ai propri .interessi. Nel 
caso in cui quest'ultima ipotesi l)On si verifichi, agli Stati membri � vietato solamente 
imporre, per l'utilizzazione della carne, condizioni le quali mirino al 
raggiungimento di scopi politico-economici non contemplati dalle norme adottate 
in sede comunitaria �. 

Va aggiunto che nella sentenza 13 1giugno 1978 {in causa 139/77) la Corte si 
era occupata di una restrizione imposta da uno Stato membro alla nozione di 
�.produttore agricolo � utilizzata da un regolamento comunitario e, riconos-cendo 
che nel caso di cui si occupava esisteva ila fa-colt� deHo Stato membro di determinare 
e precisare tale nozione, aveva tuttavia precisato che l'autorizzazione era 
vaUda � entro i limiti imposti dal diritto comunitario ed in particolare daMo 
stesso regolamento "� 

D'altro canto, per il Governo italiano era stato osservato doversi riconoscere 
agli Stati membri un ambito di competenza particolarmente ampio nella formulazione 
della politica de1le strutture agricole. Osservazione questa ripresa nelle 
� -conclusioni � deWavvocato generale ReischL, ove si liegge�: � Quanto alle esigenze 

�di politica strutturale, gli Stati membri hanno naturalmente conoscenze pi� 
precise di quelle che pu� avere U legislatore comunitario; si pu� dire che, nei 
settori in cui si tratta di influire suIJ.e strutture, a:Ila Comunit� manca, per forza 
di cose, fa possibilit� di procedere alla necessaria precisazione, cosicch� si fa uso 
di preferenza dello strumento deIJ.a direttiva, il quale determina imperativamente 
soltanto .Jo scopo, mentre lascia agli Stati membri ila scelta dei mezzi 
e dei metodi"� 

La Corte di giustizia ha preferito -e comprensibHmente -eludere la problematica 
prospettata, e parlare (punto 23 della motivazione) di ~ espressa autorizzazione 
� data all'Ita1ia per .Ja specificazione delle categorie dei produttori 
ammessi al beneficio dell'importazione a prelievo ridotto. 


PARTE I, SBZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 253 

26: -questo impegno ha trovato riscontro negli artt. 11 e 12 della legge 
italiana 9 maggio 1975, n. 153, ai quali viene fatto l'.iferimento nella 
circolare 28 febbraio 1978; 
27. -le� questioni formulate dal giudice a quo vanno quindi risolte 
nel senso che, in forza del regolamento della Commissione 22 dicembre 
1977, n. 2902, gli Stati membri, ed :in particolare fa Repubblica italiana, 
erano autorizzati a specificare le categorie di produttori agricoli ammesse 
a fruire del contingente d'importazione di giovani bovini maschi in 
sospensione parziale o totaile del prelievo, nell'ambito di una politica 
intesa al miglioramento delle strutture di allevamento e della produzione 
di carni bovine, e che il fatto di riservare tale vantaggio ad imprenditori 
che esercitano l'attivit� agricola a titolo principale � conforme agli obblighi 
derivanti, per gli Stati mei:iibri, dalla direttiva del Consigaio 17 aprile 
1972, n. 72/159, relativa all'ammodernamento delle aziende agricole. (
Omissis). 

Va di contro sottolineato come la Corte di giustizia non si sia sottratta 
ad una affermaZione di notevole importanza politica, laddove (ai punti 25 e 26 
della motivazione) ha dato atto deUa coerenza degli artt. 11 e 12 della legge 
italiana 9 maggio 1975, n. 153, aile indicazioni contenute nella direttiva C.E.E.. 

n. 72/159. Afferma,,ione questa tanto pi� significativa se si considera che essa 
costituisce risposta -sia pur velata -a quanto argomentato per il Governo 
italiano in sede di discussione orale. In proposito, si era infatti osservato: 
� Avverto il dovere di segnalare che la linea difensiva adottata dal sig. Bardi 
in realt� ha un obiettivo molto ambizioso, che supera i limiti naturali della 
presente �controversia. Si vuole infatti provocare una valutazione di codesta 
Corte di giustizia sulla politica perseguita dal Parlamento italiano non solo in 
tema di strutture agricole ma addirittura in tema di regime della propriet� 
fondiaria: questo � il reale significato delle critiche mosse alJa �legge 9 maggio 
1975, n. 153, con la quale � stata data attuazione.alle direttive comunitarie 
72/159, 72/160 e 72/161. 
Il Parlamento italiano, con la legge predetta ed in conformit� con le direttive 
comunitarie, ha consapevolmente voluto distinguere e avvantag;giare le 
aziende agricole direttamente gestite da imprenditori a titolo principale, ossia 
da imprenditori che ad esse .dedichino la parte prevalente del loro tempo e da 
esse ritraggano fa parte prevalente del loro reddito; e quindi ha voluto dare 
minore incoraggiamento alle aziende agricole gestite da soggetti che con la terra 
hanno un rapporto eventualmente solo marginale o solo speculativo, in altre 
parole gestite da non agricoltori. 

� questa una scelta politica precisa, che il Par>lamento italiano ha espresso 
per considerazioni di politica generale (e cio� di politica non solo economica 
ma anche sociale), nell'ambito delle responsabi1it� -responsabilit� che � noto 
quanto siano pesanti -rimaste agli Stati membri. La circolare ministeriale 28 
febbraio 1978 � coerente alla scelta fatta da:I Parlamento italiano, allorquando 
� specifica le categorie � dei produttori agricoli ammessi al� regime speciale di 
importazioni mediante un rinvio automatico all'art. 12 della legge 9 maggio 
1975, n. 153 �. 

FRANCO FAVAIRA 



254 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 16 maggio 1979, 
nella causa 236/78 -Pres. Mertens de Wilmars -Avv. Gen. Warner Domanda 
di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour du travail 
di Mons nella causa Fonds National de retraite des ouvriers mineurs 
(avv. Y�nick) c. Mura (avv. Rossini) -Interv. Governo italiano (ag. 
Maresca, avv. Stato Fiumara) e Commissione delle Comunit� Europee 
(ag. Jonczy). 

Comunit� europee -Previdenza sociale dei lavoratori migranti -Prestazioni 
previdenziali -Diritto spettante in forza della sola legislazione 
nazionale -Norme anticumulo nazionali -Applicabilit� � Regime comunitario 
pi� favorevole � Applicabilit�. 

(Regolamento e.E.E. del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, art. 46). 

Qualor� l'art. 46 del regolamento n. 1408/71 sia pi� favorevole al lavoratore 
della sola legislazione nazionale a norma della quale egli riscuote 
la pensione, detto articolo va applicato integralmente (1). 

(Omissis). -IN DIRITTO. 1. -Con sentenza 13 ottobre 1978, pel'Venuta 
1n cancelleria il 27 dello stesso mese, la Cour du travail di Mons, in forza 
dell'art. 177 del Trattato C.E.E., ha sottoposto a questa Corte una questione 
pregiudiziale concernente l'intenpretazione dell'art. 46, n. 1 e n. 2, 
del regolamento del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all'applicazione 
dei regimi di previdenza sociale ai lavoratori subordinati ed ai 
loro familiari che si spostano all'interno della Comunit� (G.U. n. L. 149, 
pag. 2). 

(1) Con la sentenza in rassegna la Corte di Giustizia ha chiarito la portata 
delle sue precedenti pronunzie, con le quali aveva statuito che qualora il 
lavoratore percepisca la prestazione in-forza delle sole leggi nazionali il regolamento 
n. 1408/71 non osta a che queste vengano interamente applicate nei 
suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo naziona1i, salva per� l'appltlcazione 
delle norme comunitarie sul cumulo e la ripartizione 1Prorata ipi� favorevoli 
(sentenze 13 ottobre 1977, nelle cause 22/77, Mura, e 37/77, Greco, in questa 
Rassegna, 1977, I, 781, con note, e 14 marzo 1978, nelle-cause 98/77, Schaap, e 
105/77, Kersjes, ibidem, 1978, I, 188): poich� in queste iJrecedenti pronunzie era 
stato richiamato solo il n. 1 dell'art. 46 del regolamento, era sorto il dubbio 
su!JL'applicabiliit� de1La fott. e) deL n. 2 deH'art. 46 non richiamata nel n. 1. La 
Corte ha precisato che le norme comunitarie vanno applicate integralmente. 
Queste condusioni erano state assunte anche nella memoria di intervento del 
Governo italiano, che qui di seguito si r1porta: 

Prestazioni previdenziali in favore dei lavoratori migranti � Norme nazionali 
e regime comunitario pi� favorevole. 

Con la sentenza 21 ottobre 1975, 11ellia causa 24/75, Petroni, -le cui statuizioni 
sono state. ribadite con le succes_sive sentenze 3 febbraio 1977, nella causa 
62/76, Strehl, e 13 ottobre 1977, nella causa 112/76, Manzoni -. fa Corte di giu




PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 255 

2. -Questa questione � stata sollevata nell'ambito di una controversia 
vertente sulla liquidazione, da parte dell'istituto previdenziale belga competente, 
della pensione di invalidit� dell'appellato nella causa principale, 
cittadino italiano, che ha lavorato come minatore tn Francia dal 1958 
al 1962 e, quindi, in B�lgio, dal 1962 al 1973, anno in cui � divenuto 
invalido. 
3. -Questo lavoratore possedeva il 'l:equisito stabilito in Belgio dalla 
legge nazionale per poter f:ruire della pensione di invalidH� secondo il 
regime concernente i lavoratori dell'industria estrattiva; egli, cio�, aveva 
maturato H periodo minimo di dieci anni di serv�zio in questo settore. 
Per contro, si era dovuto fare ricorso, per permettergli di fruire della 
pensione in Francia, all'art. 45 del regolamento n. 1408/71, 'e, per la determinazione 
dell'importo di questa prestazione, si erano cumulati i periodi 
effettivamente maturati nei due Stati membri ela prestazione spettantegli 
i:n Francia � stata liquidata prorata. L'istituto previdenziale belga 
competente, Fonds National de Retraite des Ouvriers Mineurs (F.N.R.0.M.), 
applicando le norme nazionali ainticumulo e l'art. 46, n. 3, del regolamento 
n. 1408/71, sottraeva dalla pensione belga di invalidit� l'importo della 
quota francese e chiedeva all"interessato il rimborno dell'indebito. 
4. -Nel corso della stessa causa principale, la Cour du travail di 
Mons chiedeva a questa Corte, con sentenza 21 gennaio 1977, di pronunsth.
ia ha dichiarato che 1'art. 46 n. 3 del regolamento n. 1408/71 � incompatibile 
con l'art. 51 del trattato nella parte in cui impone una limitazione del cumulo 
di due prestazioni spettanti in Stati membri diversi mediante decurtazione dello 
importo di una prestazione spettante in forza della sola Iegislazione nazionale. 

Presentatosi il problema della applicabiJ.it� di norme anticui:nulo nazionaii, 
1a Corte, con }a sentenza 13 ottobre 1977, nelila causa 22/77, Mura (e con queHa 
identica, coeva, neUa causa 37/77, Greco, ha deciso che � qualora il ~avoratore 
percepisca la pensione in forza delle sole leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 
non osta a che queste vengano interamente app1icate nei suoi confronti, ivi 
comprese le norme anticumulo nazionali, restando inteso che se dette leggi nazionali 
si rivelano meno favorevoli del regime del cumulo e della ripartizione 
prorata, a norma d11'art. 46, n. 1, del regoiamento n. 1408/71, va applicato quest'ultimo 
�. 

Nella motivazione la Corte ha precisato, per quanto riguarda la seconda 

parte della statuizione suddetta, che � si desume, tuttavia, dall'art. 46 n. '1, che, 

ove l'appHcazione delle sole disposizioni nazionali per la sussistenza e il calcolo 

del diritto sia meno vantaggiosa per il lavoratore che non l'applicazione dei 

principi del cumulo e della dpartizione prorata, vanno applicati questi ultimi�. 

La situazione � stata confermata dalla Corte nelle due sentenze, entrambe 

datate 14 marzo 1978, nelle cause 98/77, Schaap, e 105/77, Kersjes, ne1La motiva


zione delle quali � stato prec�sato che � ne consegue che, ove le disposizioni del 

regolamento n. 1408/71 si riveHno pi� favorevoli al lavoratore della legislazion.e 

nazionale, vanno applicate quelle �. 

Da queste pronunzie si evince che: 

1) in mancanza di un sistema di previdenza sociale comune, le norme 

comunitarie vanno intese nel senso che esse garantiscono, attraverso un mero 



256 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ziars1 in via pregiudiziale, ai sensi dell'art. 177 del Trattato, sulla que


. stione se l'art. 12 deJ regolamento n. 1408/71, che autorizza il cumulo 
delle prestazioni, debba prevalere sulle nol'me interne anticumulo nel 
caso in cui le norme comunitarie abbiano il risultato di favorire il lavoratore 
migrante rispetto a quello che non si sposta per motivi di 
lavoro. 

5.. Nella sentenza 13 ottobre 1977 (causa 22/77, Racc. 1977, pag. 1699), 
questa Corte ha risolto la questione come segue: 

� Qualora il lavoratore percepisca la pensione in forza delle sole 
leggi nazionali, il regolamento n. 1408/71 non osta a che queste vengano 
interamente applicate nei suoi confronti, ivi comprese le norme anticumulo 
nazionali, restando inrteso che 'se dette leggi nazionali si rivelano 
meno favorevoli del regime del cumulo e della .ripartizione prorata, 
a norma dell'art. 46, n. 1, del regolamento n. 1408/71 va applicato quest'ultimo 
�, 

6. -La Cour du travail di Mons, condividendo i dubbi �sull'interpretazione 
dell'art. 46 del regolamento n. 1408/71�formulati dal F.N.R.O.M., 
ha adito una seconda volta questa Corte, sottoponendole la seguente 
quesrtione: 
� ... se l'art. 46, n. 1, secondo comma, esoluda l'applicazione della 
lett. c) deH'art. 46, n. 2; la soluzione di tale questione s'impone tanto pi� 

coordinamento dei diversi sistemi nazionali:, con il cumulo dei periodi assicurativi, 
che una persona, la quale abbia lavorato successivamente o alternat�vamente 
in pi� Stati membri, non venga a causa di ci� privata delle prestazioni 
previdenziali che le spetterebbero se avesse sempre 'lavorato nel medesimo Stato 
(venendo cos� a eliminare un ostacolo a1la libera circolazione dei lavoratori), 
ma non vanno intese ne1 senso che possono anche portare alla riduzione o ahla 
eliminazione di prestazioni previdenziali gi� dovute al favoratore in base alle 
leggi dei singoli Stati senza alcun riferimento a1La normativa comunitaria e al 
cumulo da esse disposto; le norme comunitarie, cio�, possono imporre ai lavoratori 
Hmitazioni solo come contropartita dei vantaggi loro attribuiti dai regolamenti 
comunitari (arg. anche dalle sentenze della Corte 15 lugHo 1964, nel!la 
causa 100/63; Van der Veen, Racc. 1964, 1091; 13 luglio 1966, nella causa 4/66, Hagen 
Beek, Racc. 1966, 579; 5 luglio 1967, nehle cause 1/67, Ciechelski, Racc. 1967, 
211;... 2/67, De Moor, Racc. 1967, 211; ... 9/67, CoLditz, Racc. 1967, 269; 12 dicembre 
1967, ne1la causa 11/67, Couture, Racc. 1967, 445; 13 dicembre 1967, nell.a causa 
12/67, Guissart, Racc, 1967, 501; 10 dicembre 1969, ne11a causa 34/69, Duffy, Racc. 
1969, 597; 10 novembre 1971, nelle cause 26/71, Gross, Racc. 1971, 871; 27/71, KelJer, 
Racc. 1971, 885; ... 28/71, Hohn, Racc. 1971; 893; 6 dicembre 1973, ne1La causa 
140/73, Mancuso, Racc. 1973. 1449; 28 maggio 1974, nella causa 191/73, Niemann, 
Racc. 1974, 571; 25 novembre 1975, nt)Ha causa 50/75, Massonet, Racc. 1975, 1473); 

2) per effetto deHa mancanza di un regime �omune di previdenza sociale, 
la normativa comunitaria non ha sostituito que11a nazionaJ:e, la quale si applica 
nella sua intierezza, sia per la parte in cui concede una prestazione autonoma, 
sia per la parte in cui la riduce (norme anticwnulo); 

3) fa normativa comunitaria garantisce, per�, in ogni caso, al lavoratore 
il trattamento pi� favorevole fra quello risultante dall'applicazione integrale 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 257 

che nella sentenza 14 marzo 1978, Schaap, �Causa 98/77, la Corte �di giustizia 
delle Comunit� Europee si riferisce, nel dispositivo, ma non nella 
motivazione, all'art. 46 nel suo complesso �. 

7. -Per risolvere questa questione, bisogna esaminate innanzitutto 
le norme del regolamento n. 1408/71. 
8. -L'art. 46 del regolamento contiene le norme che .si applicano per 
la liquidazione delle prestazioni di vecchiaia nel caso dei lavoratori che 
siano stati soggetti alla rlegislazione di due o ipi� Stati membri. In forza 
dell'art. 40, n. l, l'art. 46 si applica per analogia a11a liqillidazione delle 
prestazioni di invalidit� nel cas() dei lavoratori che siano stati soggetti 
successivamente o altemativamente alla legislazione di due o pi� Stati 
membri, di cui almeno una non stabilisce che l'importo delle prestazioni 
� indipendente dalla durata dei periodi di assicurarione, o di residenza. 
9. 7 Secondo l'art. 46, l'� importo teorico� della prestazione viene calcolato 
dall'istituto previdenziale di ciascuno degli Stati membri alla cui 
legislazione il lavoratore � stato soggetto. L'importo teorico � ,l'importo 
cui il lavoratore avrebbe diritto se tutti i periodi di assicurazione o di 
residenza compiuti sotto le legislazioni degli Stati membri alle quali egli 
� stato soggetto fossero stati compiuti nello Stato interessato e sotto 
� Ia legislazione 
applicata dall'istituto previdenziale competente alla data 
della liquidazione della prestazione. Se, ai sensi di questa legislazione, 

delle norme nazionali e quello risultante dall'� applicazione dei principi 
del cumulo e della ripartizione prorata � (cfr. motivazione della sentenza 13 ottobre 
1977, neUa causa 22/77), risultanti dalle �disposizioni del regolamento 

n. 1408/71 � (cfr. motivazione della sentenza 14 marzo 1978, neMa causa 98/77). 
Orbene, fri;i Le regole dd cumulo e deLla ripartizione prorata, risu1tamti daLle 

disposizioni de1 regolamento n. 1408/71, v'� indubbiamente anche quella fissata 

ne11a lettera e) del paragrafo 2 de11'art. 46, la quale prescrive che i periodi di as


sicurazione si sommano solo nella misura in cui servano a far nascere un diritto 

a prestazioni, ovvero a riconoscere un diritto a prestazioni di importo superiore, 

fino al massimo previsto da legislazioni nazionali. Invero, un conteggio stret


tamente proporzionale, che non tenesse conto de11a durata massima indicata da 

una legislazfone nazionaile per il beneficio di uma prestazione completa, si po


trebbe risol'Vere in una immotivata contrazione di quanto spettante al lavora


tore in forza della medesima legislazione nazionale, in palese violazione dei prin


cipi di cui si � detto sopra .sub 1). La norma di cui aLla lettera e) propone dun


que un metodo di calcolo che elimina questo inconveniente, garantendo al la


voratore i benefici spettanteg1i in forza della legislazione nazionale, con il solo 

limite naturale (fissato nell'u1tima parte della norma) di far si che in ogni caso 

l'i,stitm.ione nazionale non sopporti un onere maggiore di quello previsto .dalla 
.propria legisl�zione per una prestazione completa. 

E, quindi, il quesito posto nella presente causa dal giudice be1ga sembra doversi 
risolvere non tanto in chiave di interpretazione del secondo comma del 
paragrafo 1 dell'art. 46; ma soprattutto in termini di applicabilit� in ogni caso 
delle regole fissate dal paragrafo 2 nella sua intierezza, per stabilire comparativamente 
quale sia la posizione pi� favorevole al lavoratore, in ossequio alle statuizioni 
della Corte nelle sentenze Mura (causa 22/77) e Schaap (causa 98/77). 

:IfifIII~r~~?Tff:fffff:fff1??If~~f?~f:f:~If??~r:r:rr:fi~r:r:rnrr:rn~l~t?t~~??~~~~???~~tt~~t~~???t~~t~;~~~~~~:~~f:~~r~~~~~~~~~~~~~~t~?~~I?J????t~~~?~I~~~~~~~?I~~:??~f~}}~{:?~=~=f~:}'.:?~=~~=~=~:::~{f:~:~:~:~:?r~{{:~=~ 

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RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

258 

l'iimporto della prestazione � indipendente dalla durata dei periodi di 
assicurazione o di residenza, ,tale importo � considerato come l'importo 
teorico. 

10. -L' � importo effettivo � de1la prestazione viene calcolato come segue. 
L'ente competente di ciascuno degli Stati membri alla cui Jegisla:
zJione il lavoratore � stato soggetto e alle cui condizioni egli soddisfa per 
l'acquisizione del diritto alle prestazioni senza che sia necessario tener 
conto, in forza dell'art. 45, dei periodi assicurativi o di ,residenza maturati 
sotto la legislazione di un altro Stato membro, deterimina, secondo 
le norme della legislazione che essa applica, l'importo della prestazione 
corriS1pondente alla durata totale dei periodi di assicurazione o di residenza 
da prendere in considerazione in base a questa legislazione. Esso 
procede anche al calcolo dell'importo deHa prestazione che si otterrebbe 
applicando le regole di oui all'art. 46, n. 2, lett. a) e b), cio� H procedimento 
del cumulo e della ripartizione� prorata. Si prende in considerazione 
solamente l'importo pi� elevato (n. 1). L'ente competente di ciascuno 
degli Stati membri alla cui legislazione il lavoratore � stato soggetto 
applica il procedimento del cumulo e della ripartizione :prorata di 
cui all'art. 46, n. 2, se le condizioni richieste per l'acquisizione del diritto 
alJe prestazioni non sono soddisfatte che tenuto conto di quanto disposto 
alJ'.art. 45 [art. 46, n. 2, lett. a) e b) ]. Il procedimento della ripartizione 
prorata permette di determinare un �importo effettirvo � in base all'im-
Invero, gi� sotto i1 primo profilo (interpretazione del secondo comma del paragrafo 
1), I'app1icabilit� della regola di calcolo contenuta nella lettera e) non 
dovrebbe ritenersi esclusa sol perch� non � esplicitamente richiamata: si tratta 
infatti di una disposizione strettamente complementare e integrativa di quelle 
che la precedono nelle lettere a) e b), il cui richiamo esplicito appare giustificato 
dalla necessit� di recepire i concetti, ivi esposti, di � importo teorico � e 
� importo effettivo �. Ma, comunque, sotto il secondo .profilo -che riteniamo 
pi� pertinente (e la distinzione non appare priva di rilievo, se si tien conto del 
disposto del secondo comma del successivo paragrafo 3 del medesimo articolo 
46) -, la diretta applicabi1it� di tutte le regole contenute nel paragrafo 2 elimina 
ogni dubbio sulla applicabilit� de1la lettera c) al caso di specie. 

Non sembra obiettabile che la diretta appHcabiLit� delle regole di cui al 
paragrafo 2 � consentita solo a11orch� � le condizioni richieste per J'acquis�.ione 
del diritto alle prestazioni non sono soddisfatte che tenuto co:�.to ,di quanto 
disposto dall'art. 45 �. 1'. vero, infatti, che l'art. 46 del reg. 1408/71 dispone che 
si applicano Je disposizioni del primo ovvero del secondo parngrafo a seconda 
che siano soddisfatte ovvero non siano soddisfatte ,le suddette condizioni (salvo 
nel primo caso i1 correttivo della comparazione di cui ai secondo comma del 
paragrafo 1). Ma � vero, altres�, che se una prestazione nazionale autonoma 
viene ridotta, per l'applicazione di norme anticumulo nazionali, di un ammontare 
corrispondente a quanto il lavoratore percepisce in altro Stato in forza 
de1le norme comunitarie, il lavoratore non solo non riceve alcun vantaggio dalla 
applicazione delle norme comunitarie, ma dalle medesime potrebbe addirittura 
essere svantaggiato (ad esempio per il frazionamento della prestazione 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 259 

porto teorico proporzionalmente alla durat� dei periodi di assicurazione 

o di residenza �compiuti prima dell'avverarsi del rischio sotto la legis.Jazione 
applicata dall'istituto previdenziale competente rispetto alla durata 
totale dei periodi di assicurazione o di residenz� compiuti prima dell'avverarsi 
del rischio sotto le legislazioni di tutti� gli Stati membri interessati. 
11. -n lavoratore ha diritto, ai sensi dell'art. 46, n. 3, primo comma, 
entro il limite pi� elevato degli importi te.orici, alla somma degli. importi 
effettivi delle prestazioni calcolati secondo le norme sopra citate. Tuttavia, 
il secondo comma dello stesso n. 3 stabilisce che, qualora l'importo 
di cui al citato primo comma sia superato, ciascuna istituzione 
che applichi il n. 1 corregge fa sua prestazione di un importo corrispondente 
al rapporto tra l'importo della prestazione considerata e la somma 
delle prestazioni determinate secondo le disposizioni dell'art. 46, n. 1. 
12. -Nella sentenza 21 ottobre 1975. (oausa 24/75, Petroni, Racc. 1975, 
� pag. 1149), 
questa Corte ha dichiarato che l'art. 46, n. 3, � incompatibile 
con l'art 51 del Trattato in quanto impone una limitarione del cumulo 
di due prestazioni .spettanti in Stati membri diversi, mediante decurtazione 
dell'importo d'una prestazione spettante in forza delle sole leggi 
nazionali. Successivamente, ed in particolare nelle sentenze 13 .ottobre 
1977, pronunziata nell'ambito di questa stessa �causa principale, e 14 marzo 
1978 (.causa 98/77, Schaap, Racc. 1978, pag. 707), questa Corte ha precisato 
che qualora, in ragione dell'applicazione delle norme anticumulo � 
naz~onali, l'applicazione integrale della sola legislazione nazionale si riveli 
meno favorevole al lavoratore delle norme stabilite dal Consiglio 
con il regolamento n. 1408/71, va applicato quest'ultimo. 

13. -Ne deriva che in un caso del genere l'art. 46 del regolamento 
va applicato ~ntegralmente. -(Omissis). 
complessiva, per il cambio meno favorevole, ecc.); in tal caso, quindi, -e que


sto sembra essere, appunto, il principio che scaturisce d�lle sentenz� della 

Corte sopracitate -, appar giusto verificare se, applicando integralmente le re


gole comunitarie deI cumulo e della ripartizione prorata (cio� il complesso di 

norme di cui al paragrafo 2 deWart. 46), come se non sussistessero prestazioni 

autonome nazionali, non risulti una situazione pi� favorevole al lavoratore, di 

cui il medesimo possa giovarsi. 

� In tal senso sembra doversi dare risposta ai quesiti posti dal giudice 

nazionale. 

In caso contrario, si dovrebbe forse riconsiderare la soluzione data al pro


blema dell'applicabilit� de11e norme anticumulo nazionali, in sede di interpre


tazione dell'art. 12 n. 2 deI regolamento n. 1408/71, ne1le sopracitate sentenze: 

norme bandite daMa legislai.ione comunitaria (incompatibilit� con il trattato 

deHe norme anticumulo di cui all'art. 46 n. 3 del reg.) non possono essere man


tenute in vita o reintrodotte da �legislazioni nazionali (norme anticumulo na


zionali) se ne ripetono gli stessi effetti negativi. 

OSCAR FIUMARA 

4 



SEZIONE TERZA 

GIURISPRUDENZA 
SU QU~STIONI DI GIURISDIZIONE 


CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 26 gennaio 1979, n. 600 � Pres. Rossi� 
Est. Sgroi -P. M. Saja (�onc. conf.). -Ministero Lavori Pubblici 
(avv. Stato Cevaro) c. S.p.A. Centro Ittico Tarantino Campano ed 
altri (avv. Abbamonte), 

Competenza e giurisdizione � Poteri ed obblighi dell'a.g.o. nei confronti 
della p.a. � Azione di risarcimento danni � Giurisdizione dell'a.g.o. � 
Richiesta di annullamento, modifica, revoca di un provvedimento am� 
ministrativo �" Irrilevanza. 

(c.p.c., art. 37; I. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. E, art. 4). 

La domanda con la quale il proprietario di un lago, ovvero il titolare 
di un'azienda di piscicultura ivi esercitata insorgendo contro atti non 
ablativi e comportamenti della p.a. -scarichi ed immissioni inquinanti chiede 
il risarcimento del danno subito, rientra nella competenza giurisdizionale 
dell'a.g.o.; la suddetta giurisdizione non viene meno quando l'attore 
richieda anche una pronunzia di annullamento, modifica, revoca, sostituzione 
del provvedimento amministrativo con condanna della p.a. ad un 
facere: infatti in tal caso il giudice, rispettando il limite interno del 
proprio potere giurisdizionale, deve solo astenersi dall'emanare la suddetta 
pronunzia (1). 

(1) Sulla specifica affermazione enunciata in sentenza, cfr. Cass., SS.UU., 
24 febbraio 1978, n. 938, in Giust. civ., 1978, I, 853; Cass., SIS. UU., 8 febbraio 1977, 
n. 530, ivi; 1971, I, 574, con nota di G. DE PINA, I poteri dell'A.G.O. in caso di controversia 
sulla propriet�, pubblica o privata. 
Sostanzia:lmente le Sezioni Unite della Ct>rte di cassazione ribadiscono il 
principio gi� altre volte enlllil.ciato (cfr. Cass., SS.UU., 9 aprile 1975, n. 1281, in 
Giust. civ., 1975, I, 1117) secondo cui una volta accertato che una controversia, 
quale risulta dalla natura intrinseca dell'interesse dedotto in giudizio, appartiene 
all'A,G.O., i1 divieto di condannare fa pubblica amministrazione ad un �fa. 
cere � specifico non fa venir meno l'a:ffermata giurisdizione, ma di questa rappresenta 
un limite soltanto interno con l'effetto di restringere i poteri decisori 
del giudice il quale, per la parte corrispondente alila pronuncia che eventualmente 
non gli � consentito adottare, si limiter� a dichiarare improponibile la 
domanda, emettendo, invece, una pronunzia di semplice . accertamento degli 
obblighi gravanti sulla pubblica amministrazione in ordine a quel facere. 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

(Omissis). -Sia il Ministro che il Comune (il quale in tal senso ha 
precisato e in certa misura rettificato i termini della questione nella memoria 
difensiva) si dimostrano, dunque, consapevoli dell'inconsistenza di 
qualsiasi dubbio circa la giurisdizione del giudice ordinario in medto alla 
domanda di risarcimento, del danno, fondata dalla societ� attrice sulla 
(asserita) lesione di una propri-a situazione soggettiva 'sicuramente qualificabile 
come diritto soggettivo (da ravvisare nel diritto di propriet� sui 
laghi o nel diritto sull'azienda di piscicultura e mitilicultura). Entrambi, 
infatti, invocano a sostegno del dedotto difetto di giurisdizione il divieto 
per l'a,g.o., �di emettere una pronuncia di condanna ad un facere 
incidente sull'attivit� pubblicistica deJ.la p,a. 

Senonch�, ai fini dell'affermazione o della negaZJione della giurisdizione 
del giudice 011dinario, da porsi in velazione aH'intrinseca consistenza 
della posizione soggettiva dedotta e all'effet1Ji.va protezione ad 
essa acconiata d~ll'ordinamento, non � rilevante indagare se fa pronuncia 
richiesta a quel giudice rientri o meno nei limiti �che il suo potere giurisdizionale 
incontra di fronte ad un provvedimento amministrativo, a 
norma dell'art. 4 della legge 10 marzo 1865, !Il. 2448, ali. E, sull'abolizione 
del contenzioso amministrativo. Questi liJmiti, infatti, comportanti il divieto 
per il giudice ordinario di annullare, modificare o revocare detto 
provvedimento owero di emanare una pronuncia con portata sostitutiva 
del medesimo, non ostano a che il giudice possa sindacare la legittimit� 
del provvedimento �sia pure al solo :l�ine di disapplicarlo in quant.o 
lesivo di una posizione di diritto soggettivo. 

Pertanto, ove la situazione soggettiva fatta valere in giudizio si con:
ffiguri come diritto soggettivo e, come tale, sia devoluta alla cognizione 
del giudice ordinario, la proposizione di una domanda diretta a conseguire 
una pronuncia che possa indebitamente interferire sull'atto amministrativo 
non fa venir meno la giu11isdizione del giudice Olidinario, 
ma impone .:soltanto a questi di astenersi dall'emanare la richiesta pronuncia, 
prowedendo nel senso dell'.accoglimento della domanda nei Jimiti 
entro i quali il giudice pu� esercitare i suoi poteri e, comunque, 
sugli altri capi di domanda, esplicitamente o implicitamente proposti 
(dr. Cass., 24 febbraio 1978, n. 938; Oass., 7 febbraio 1977, n. 530). Insomma, 
la segnalazione di un limite interno che restringe i poteri decisori 
del giudice ovdinario non determina un'ipotesi di difetto di giurisdizione 
(cfr. Cass., 9 apri.le 1975, n. 1281; Cass., 1~ ap~ile 1973, n. 1073). 

Questo orientamento, che non conosce smentite negli ultimi anni, 
si riallaccia ad una serie di precedenti sostanzialmente confolimi di data 
pi� remota (cfr. Cass., 12 ottobre 1971, n. 2864; Cass., 12 maggio 1971, 

n. 1352; Cass., 3 marzo 1970, n. 504; nonch� Cass., 19 luglio 1965, n. 1628; 

262 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Cas~., 25 maggio 1962, n. 1239 e altre) e supera il �diverso princ1p10 in 
qualche oocasione enunciato (cfr., �ad esempio, Cass., 19 gennaio 1970, 

n. 104, richiamata dal Comune). Oltre a far leva sulla distinzione tra 
limiti estemi e limiti interni della giurisdizione (specialmente utilizzata 
in tema di ripartizione della giurisdizione fra giudici appartenenti a 
ordini giurisdizionali diversi) e a sottolineare il diverso piano in cui si 
pongono, rispettivamente, la sfera di competenza giurisdizionale di un 
giudice e il �contenuto dei relativi poteri, il .riferito orientamento -che, 
ormai consolidatosi merita di essere seguito -si dimostra pienamente 
coerente rispetto al criterio di indiv�.duazione del giudice provvisto di 
giur~sdizione imperniato sulla consistenza della situazione soggettiva de� 
dotta in giudizio, quale si configura sul piano dell'ordinamento positivo. 
Seguendo questa impostazione il richiamo del Ministero a1la competenza 
esolusiva attribuita al prefetto dall'art. 227 del t.u. delle leggi sanitarie 
(a parte la questione dell'attuale vigenza di tale norma in rapporto. 
alla sopravvenuta disciplina degli scarichi e, in particolare, alla legge 
10 maggio 1976, n. 319 sulla tutela delle acque dall'inquinamento) �perde 
qualsiasi rilevanza ai fini della decisione del presente regolamento; quel 
che conta �, infatti, la rion discutibile configurazione come diritto (non 
importa se avente per oggetto 1i laghi o l'azienda) della sit'l-fazione soggettiva 
per la cui tutela la societ� attrice ha proposto il giudizio. 

Proprio in un caso di lamentata immissione, da parte di un comune 
in un lago privato destinato alla piscicuhura, di materiali inquinanti atti 
ad alterare l'equilibrio idrobiologico e a danneggiare il patrimonio ittico, 
in assenza di provvedimenti ablatoJ:1i, queste S.U. hanno gi� rilevato 
(cfr. Cass., 9 aprile 1975, n. 1281) che tanto la propriet� del lago (art. 832 
e 840 e.e.) quanto la titolarit� dell'azienda di piscicultura ivi esercitata 
(art. 2555 e.e.), in quanto fanno capo ad altrettanti interessi propri ed 
esclusivi del soggetto cui detti beni appartengono, danno luogo a quella 
Specifica tutela che � propria dei didtti soggettivi perfetti: :pertanto, la 
riparazione del da1mo patrimoniale' conseguente alla loro lesione non pu� 
che chiedersi davanti al giudice ordinario, sia il pregiudizio causato da 
intollerabili immissioni o da arbitrario esercizio di servit� o da fatto 
illecito o da atto lecito dannoso. 

Al rispetto di questa situazione sostanziale � tenuta anche la p.a. la 
quale pu� soltanto esercitare, nei congrui casi, poteri di tipo ablatorio 
til cui esercizio non � stato nella specie invocato), subo1:1dinando per tale 
via quei diritti all'interesse pubblico e declassandoli al rango di interessi 
legittimi. 

In ordine poi all'espletamento dei servizi pubblici, tra i quali pu� 
rientrare il servizio di fognatura, � noto che l'azione della p.a., per quanto 

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 263 

discrezionale, deve svolgersi nell'osservanza del fondamentale precetto del 
neminem laedere anche Sotto questo profilo, qui.ndi, il denunciato difetto 
di giurisdizione non pu� ravvisarsi -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. un., 23 febbraio 1979, n. 1194 -Pres. Rossi Est. 
Persico -P. M. Gambogi (conci. diff.) -Ministero Sanit� (avv. Stato 
Freni) c. Cannata Giuseppe (avv. Caminiti). 

Competenza e giurisdizione -Contratto di opera professionale non riconducibile 
ad un rapporto di pubblico impiego -Azione di arricchimento Requisiti. 


(e.e., artt. 2041, 2042; d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 380). 

L'azione generale di arricchimento pu� essere esperita nei confronti 
della p.a., dinanzi al giudice ordinario, anche dal professionista con 
-riguardo a prestazioni di consulenza ed assistenza in materia amministrativa 
e legale prestate a favore della suddetta p.a., purch� tali prestazioni 
non siano riconducibili a specifici decreti di incarico; al contrario 
ove ci� si verifichi, .nonostante l'eventuale modificazione, in corso di 
esecuzione, dell'originario oggetto delle prestazioni, l'azione di arricchimento 
resta preclusa -in relazione alla sua funzione sussidiaria configurandosi 
in tal caso un rapporto di prestazione di opera professionale 
(1). 

(Omissis). -Col primo motivo del ricorso si denunzia violazione degli 
artt. 1 c.p.c., 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, 7 legge 6 dicembre 1971, 

n. 1034, 2094 ss., 2041, 2042 e.e., 380 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in relazione 
aU'art. 360 n. 1, 3 e 5 c.p.c. 
L'amministrazione, premesso che il giudice di appello -dopo aver 
giustamente escluso l'inquadramento del rapporto tra quelli di opera 
professionale legale o di impiego privato -facendosi fuorviare da una 

(1) Per qualche riferimento v. �ass., SS.UU., 1 giugno 1977, n. 2439, in Giust. 
civ. Mass., 1977, 1010. 
In tale decisione � stato. affermato che l'attivit� di traduttore, redattore ed 
annunciatore radiofonico, presso l'Ufficio di informazioni e radiodiffusioni per 
l'estero deHa Presidenza del Consiglio dei ministri, espletata a seguito di incarico 
conferito per iscritto con decreti periodicamente rinnovati, con continuit� ed 
orari prestabi1iti, secondo Je direttive impartite dai funzionari preposti al 
ramo e con retribuzione fissata preventivamente, in funzione della durata delle 
prestazioni, configura l'oggetto di un rapporto di pubblico impiego, e non del 
rapporto di opera professionale previsto dagli artt 57 r.d. 8 magigio 1924, n. 843 
e 380 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

264 

pretesa diversit� delle prestazioni d!� fotto erogate rispetto a quelle previste 
nei decreti di incarico, ha erroneamente ritenuto proponibili fazione 
generale di arricchimento senza causa, sostiene che i rapporti costituiti 
ai sensi dell'art. 380 del t.u. n. 3 del 1957 sono sempre e soltanto rapporti 
di prestazione di opera tlocatilo operis e non operarum), suscettibili di 
modifioa2Jioni oggettive non novative in sede di esecuzione; e tuttavia riconosce 
che la giurisprudenza propende per la confilgurabi:lit� del rapporto 
come di pubblico impiego nei casi in cui ricorre l'indicata� e totale 
dive11genza~ E ne desume che nella priima 'Prospettiva il rapporto, avendo 
un titolo, non sarebbe stato suscettibile di tutela con l'azione di arricchimento; 
e che nella seconda prospettiva sussisterebbe il difetto di giurisdizione 
dell'adito giudice ordinario. 

Il resistente, sul rilievo che il giudice di merito ha escluso che i detti 
deoreti abbiano ricevuto applicazione e costituito Ja fonte del rapporto, 
nega che residui una questione di giurisdizione, specie se viferita alla 
azione di arricchimento. 

Queste Sezioni Unite, pur convenendo sull'ovvia affermazione che 
una questione di giurisdizione non abbia modo di prospettarsi in � l'iferimento 
alla proponibilit� dell'azione generale di arricchimento nei confronti 
della pubblica amministrazione (in quanto la incensuraMlit� della 
valutazione amministrativa .sulla necessit�, opportunit� e determinazione 
esecutiva di una prestazione, pone soltanto limiti interni alla giurisdizione 
del giudice ordinario nell'accertamento di uno degli elementi integrativi 
della fattispecie costitutiva del credito: quello del riconoscimento esplicito 
od implicito dell'utilit� conseguita; sent. n. 3852/75), osservano tuttavia 
che presupposto per la configurabilit� di una tale azione, stante 
la funzione sussidiaria di essa secondo l'ovdinamento positivo (art. 2042 
e.e.), � l'astratta indisponibilit� di ahra azione da parte del depauperato 
(sent. n. 1584/72; 2621/73; 1819/74; 2157/75; 2800/77). 

Quando, perci�, la pretesa indennitaria � fondata su prestazioni di 
durata, la reiterazione della tesi subo11dinata circa l'inquadrabilit� nell'area 
del pubblico impiego, attiva un confl!itto attuale di giurisdizione, 
alla risoluzione del quale � preliminare la qualificaizone del rapporto e 
che si :prospetta come direttamente rilevante per la questione relativa 
all'ammissibilit� dell'azione di arricchimento. 

La questione di giurisdizione non �, per�, fondata, sebbene sia stata 
adottata nelle conclusioni di tesi dal procuratore generale. 

Essa si fonda sul principio, elaborato dalla giul'isprudenza in tema di 
rapporti di pubblico impiego, secondo il quale non osta alla qualificazione 
di un atto come atto formale di nomina, il nomen juris usato, il riferimento 
a norme che disciplinano un diverso rapporto di collaborazione, 
la manifestazione formale di volont� in quest'ultimo senso; e sulla 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

applicazione pmtica che di esso avrebbero fatto alcune sentenze proprio 
a proposito di decreti emanati 1sulla base dell'art. 380 del d.P.R. n. 3 
del 1957 (sent. n. 2866/73; 487/74; 293/75; 2439/77). 

Il principio -che per il isolo fatto di presupporre soluzioni alternative 
nel modo di conseguire prestazioni coessenziali ai fini non economici 
di istituto, risulta di forza attenuata se riferito allo Stato,.:per la rigida e 
inderogabile tipicit� che informa il procedimento costitutivo dello status 
di pubblico dipendente e riesce del tutto inapplicabile nei casi nei quali 
gi� in sede legislativa sia stata operata una data qualificazione del rapporto 
(S.U., sent. n. 1616/76) -� sempre stato legato al duplice presupposto 
che ricorrano tutti gli alt11i connotati tiipici del rapporto di pubblico 
impiego e che, nonostante le impropriet� formali dell'atto, risulti manifestata 
la volont� deH'amministrazione di inserire il prestatore nel proprio 
apparato organizzativo. 

L'applicazione pratica specifica richiamata si colloca precisamente 
entro l'ambito del principio, basata com'� (per casi identici di tradutto11i, 
intercettatori, stenografi del servizio informazione :R!ai) sull'accertamento 
della ricorrenza di entrambi tali presupposti e cio� �che le prestazioni 
inerivano a funzioni di istituto, erano rese alle dipendenze del 
Servizio, con obbligo di orario e soggezione alle direttive superiori e che 
(diversamente dalla fattispecie in esame) vi era stata corrispondenza tra 
le mansioni . richieste e quelle espletate, sicch�, pur nella divergenza con 
quanto richiedibile secondo il disposto dell'art. 380 richiamato e con 
quanto letteralmente emergente dai relativi decreti, questi ultimi potevano 
essere assunti a fonte della volont� di inserimento nell'organico. 

Nella specie, invece, da un Iato l'istrutto11ia documentale e testimoniale 
assunta aveva escluso tgi� secondo le valutazioni delle parti e di entrambi 
i giudici di merito, che si riscontra corretta) qualsiasi V1incolo di subordinazione 
ed, in particolare, l'obbligo di osservanza di orario e di presenza 
in uffico; dall'altra non si sarebbe potuto, senza contraddizione, 
rinvenire la manifestazione di volont� di inserimento nel proprio apparato 
in un atto che si postulava, bens�, non essere stato portato ad esecuzione, 
ma che si affermava adoperato nelle sue connotazioni formali 
tipiche, secondo le quali, per predeterminazione normativa, esso pu� 
avere per destinatari soltanto soggetti estranei all'Amlministrazione, per 
oggetto solo incarichi a tempo deteriminato per lo studio e la risoluzione 
di problemi che richiedono specifica competenza tecnica, e per risultato 
la �ostituzione di un rapporto di prestazione d'opera professionale. 

E cos� dovendosi, ai fini della giurisdizione, qualificare il rapporto, 

fondata risulta essere la prima delle prospettazioni d1lemmatiche svolte 

nel mezzo in esame. 

Onde escludere che nei decreti in questione potesse ravvisarsi il 

titolo del rapporto, e desumerne l'esperibilit� dell'azione di arricchimento, 


266 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

la sentenza impugnata ha fatto leva sulla diversit� delle prestazioni con 
i medesimi richieste rispetto a quelle in concreto effettivamente espletate 
e utilizzate, desumendone che essi non fossero stati mandati ad esecuzione, 
tale non potendosi �ritenere il pagamento del corrispettivo, per 
mancanza di collegamento sinallagmatico. 

Ora, pur ammessa fa correttezza dell'impostazione, non ne � sufficientemente 
dimostrata la condusione. 
La precisa delimitazione della facolt� conferita a11a ;pubblica ammini


lstrazione, reclamata dalla portata eccezionale della norma attributiva, 
finalizzata all'utilizzazione di un risultato acquisito all'esterno di essa, 
non esclude la possibilit�, in sede attuativa, di modificazioni oggettive 

I

non novatiive, coerenti con �l'oggetto dell'incarico, per attualizzarne l'applicazione 
pratica. 

Essa, inohre, rileva inversamente per la precisa delimitazione delle 
pretese avanzabili nei confronti dell'Amministrazione, specie nei casi nei 
quali (come il presente) la reiterazione degli incarichi non altera la 
qualifica:lJione professionale autonoma delle prestazioni .continuative (diversamente 
da que1li esaminati nelle richiamate sentenze). 

Per un verso, infatti, occorre la sicura (ed alquanto avdua) dimostrazione 
che, sebbene le parti abbiano pi� volte richiamata e ribadita nel 
tempo la convenzione, rinnovandola, e �Vii sia sta.ta continuit� di esecuzione 
nella parte retributiva, il rapporto abbia tuttavia avuto uno svolgimento 
di esecuzione de facto, sotto nessun profilo collegabile sinallagmaticamente 
ai decreti di conferimento, alla riproduzione dei quali 
pure occorrerebbe attribuire un significato (giuridico od effettuale). 

D'altra parte, viceversa, nel caso di accertamento della nullit� od 
illegittimit� dei medesimi, dalla natura e portata del vizio potrebbe bens� 
dipendere la permanenza della funzione sussidiaria dell'azione di arricchimento 
senza causa; ma questa pu� venire meno quando l'~dinamento 
giuridico, per ragioni di ordine pubblico o per altri motivi, nega la sua 
tutela aci un determinato interesse (sent. n. ~76/76; 3222/72), anche se a 
tale risultato di per s� non conduce la sola �riconducibilit� eziologica� 
del danno subito alla volont� del danneggiato, essendo l'azione sussidiaria 
preVlista per il fatto. obiettivo del �difetto di una giusta causa dell'arricchimento 
di un soggetto ai danni di un altro (sent. n. 2133/76). 

Orbene nella specie la sentenza impugnata, dopo aver espressamente 
dichiarato di prescindere da una indagine di quest'ultimo tipo, ha omesso 
del tutto la valutazione dei fatti sotto l'altro :profilo poco anzi considerato, 
sia pure al solo fine di escludere (in riferimento a ci� che era 
stato dedotto e chiesto di provare) la sussistenza di una specifiica e 
perdurante .intesa sulla misura del compenso continuativamente a lungo 
percepito e la correlazione di essa con le prestazioni effettive, e si � 

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... I 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

limitata a vagliarne il contenuto tenendo conto di uno soltanto degli 
oggetti dell'incarico (studi di ricerca comparata) e non anche de11'altro 
(ricerche su problemi di tutela giuridica in diritto sanitario: controricorso, 
pag. 4 in fine), pi� affine al 'tipo di attivit� ammessa ,dallo stesso 
resistente (elabora2lione di principi e concetti generali via via prospettati 
e suggeriti al Ministero ed in effetti utilizzati dai funzionari dell'Ufficio 
contenzioso: controricovso, pag. 3; pareri a tali funzionari nella trattazione 
delle pratiche a loro affidate: ivi, 1pag. 14). 

Alle suindicate deficienze dovr� provvedere il giudice di rinvio, che si 
designa in aHra sezione della Corte di appello di Roma, alla quale si 
commette di provvedere anche suMe spese del presente giudizio 


(Omissis). 


SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 17 novembre 1978, n. 5330 -Pres. Trimarchi 
-Rel. Scribano -P. M. Saja -E.N.P.A.S. (avv. Stato Freni) 

c. Donna (avv. Tamburelli). 
Impiego pubblico -Indennit� di buonuscita -Diritto soggettivo -Scadenza 
del pagamento nel momento di cessazione dal servizio -Mora -Decorrenza 
interessi -Norme sulla contabilit� di Staio sull'obbligo del 
pagamento �degli interessi -'Incompatibilit�. 

Il dipendente statale, collocato in pensione, ha diritto �all'atto della 
cessazione dal servizio � alla corresponsione della indennit� di buonuscita, 
con la conseguenza che, nel caso di mora nell'adempimento, decorrono 
a suo favore gli interessi legali ai sensi dell'art. 1224 e.e., risultando 
incompatibili con la nuova disciplina del procedimento di liquidazione e 
sulla tempestivit� del pagamento sia qualsiasi valutazione discrezionale, 
sia la regola, desunta dalla contabilit� generale dello Stato, sulla insussistenza 
dell'obbligo di pagamento degli interessi a carico della p.a. 
fino a quando non sia stato emesso il relativo titolo di spesa (1). 

(Omissis). -Col secondo motiv�� dell'impugnazione il ricorrente, 
denunciando violazione degli art. 442 e 429, 3� comma, c.p.c., dell'articolo 
270 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, dell'art. 22, r.d. 7 giugno 1928, n. 1369, 
dell'art. 14, d.P.R. 28 settembre 1970, �n. 1079, e de11'art. 26; d.P.R. 29 dicembre 
1973, n. 1032, in .relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., Jamenta che il tribunale 
riconobbe alla Donna il diritto agli interessi moratori sulla somma 
spettantele per indennit� di buonuscita, e sostiene che tali interessi non 
sono dovuti, applicandosi all'E.N.P.A.S. le no!1Il1e del regolamento per 
la contabilit� generale dello Stato e derivando da queste norme il diritto 
di percepire gli interessi solo successivamente all'emissione del mandato 
di pagamento. 

La doglianza non � fondata, in quanto correttamente il tribunale 

afferm� l'obbligo dell'E.N.P.A.S. di corrispondere gli interessi per il 

,. (1) Sul diritto del dipendente statale alla corresponsione della indennit� di 
buonuscita, cfr. Cass., 7 dicembre 1976, n. 4546, in Foro lt., 1977, I,. 667. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

ritardo nel pagamento dell'indennit� di buonuscita; conviene, per�, rettificare 
ed integrare la sbrigativa e superficiale motivazione della sentenza 
impugnata, secondo cui le predette norme non sono applicabili perch� 
� l'E.N.P.A.S. � un ente di diritto pubblico, ma con personalit� giuridica 
propria e distinta da quella dello Stato �, 

Procedendo ad un rapido excursus della legislazione sull'argomento, 
va ricordato che con rid.l. 26 febbraio 1920, n. 219, venne istituita l'opera 
di previdenza a favore degli impiegati civili dello Stato e dei loro superstiti 
non aventi diritto a pensione, e che l'art. 19 del r.d.l. 11 marzo 1923, 

n. 614 (il quale dispose l'estensione ai militari dell'opera di previdenza 
predetta), stabil� che entro sei mesi dalla pubblicazione dello stesso 
decreto sarebbe stato formato il testo unico delle disposizioni legislative 
regolatrici dell'opera medesima. Tale testo unico fu emanato con r.d. 4 giugno 
1925, n. 1036, e venne poi sostituito da altro testo unico, approvato 
con r.d. 26 .febbraio 1928, n. 619, su1l'opera di previdenza del personale 
civile e militare dello Stato e dei loro superstiti. 'segu� il rid. 7 giugno 
1928, n. 1369, che approv� il regolamento per l'esecuzione del testo unico 
n. 619 del 1928 e che all'art. 22 dispose l'applicabilit� all'amministrazione 
dell'opera di previdenza delle norme contenute nel regolamento sulla 
contabilit� generale dello Stato. Successivamente, con legge 19 gennaio 
1942, fu istituito J'ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti 
statali (E.N.P.A.S.) e con l'art. 12 di tale legge si dispose che 
l'opera di previdenza � favore del personale civile e militare dello Stato 
e dei loro superstiti verniva incorporata <nell'ente, al quale fu demandato, 
nei riguardi deUe categorie di personale gi� iscritte all'opera stessa e dei 
loro superstiti, di provvedere -tra l'altro -a1la 1iquidazione di un'fodennit� 
di buonuscita. Per l'esecuzione di tale legge v,enne approvato con 
r.d. 26 luglio 1942, n. 917, il relativo regolamento, il quale statu� all'articolo 
37, per le prestazioni ed i contributi preveduti dagli art. 12 e 13 
della legge, l'applicabilit� delle disposizioni del t.u. n. 619 del 1928, sull'opera 
di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, nonch� 
di quelle del regolamento della stessa opera approvato dal r.d. n. 1369 
del 1928. 
In forza di tali norme, quindi, particolarmente in forza del richiamo 
fatto dal regolamento del 1942 a quello del 1928 e da questo al regolamento 
sulla contabilit� generale dello Stato, la materia della correspon� 
sione dell'indennit� di buonuscita da parte dell'E.N.P.A.S. ai dipendenti 
statali era assoggettata alle no:rime di tale ultimo regolamento. 

Successivamente, per�, prima incidentalmente, con a'art. 14 d.P.R. 
28 dicembre 1970, n. 1079, riguardante nuovi stipendi, paghe e retribuzioni 
del personale delle amministrazioni dello Stato, e poi ex professo, 
col d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, che approv� il testo unico delle 
norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e 


270 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

militari dello Stato, la medesima materia ha ricevuto una nuova e 
diversa disciplina. 

Precisamente, l'art. 32 del d.P~R. n. 1032 del 1973 dispose che l'opera 
di previdenza, istituita con il r.d.I. n. 219� del 1920, inco11porata nell'E.
N.P.A.S., assumeva la denominazione di Fondo di previdenza e credito 

per i dipendenti civili e militari dello Stato e per i loro superstiti; rl'articolo 
1 fiss� il principio del diritto dei dipendenti statali all'indennit� di 
buonuscita �all'atto della cessazione del servizio�; l'art. 25 stabil� che 
tale indennit� � liquidata da1l'ammini!)trazione. del Fondo di previdenza; 
l'art. 26 dett� le regole per la relativa erogazione; e gli art. 56 e 57 stabilirono 
che rimanevano in vigore le norme regolamentari compatibili con 
le disposizioni del nuovo testo ut,rlco, ma che erano abrogate quelle incompatibili 
con le medesime� disposizioni. 

Ora, come queste Sezioni Unite hanno rilevato in varie decisioni in 
punto di giurisdizione su1la materia ed hanno specialmente puntualizzato 
con la pronuncia 7 dicembre 1976, n. 4546, le nuove norme non solo hanno 
ribadito 11 diritto soggettivo del dipendente statale, collocato in pensione, 
alla corresponsione dell'indennit� di buonuscita, ma gli hanno anche r:iconosciuto 
un diritto soggettivo alla completezza ed alla tempestivit� del 
pagamento � all'atto della cessazione dal servizio �. 

Di vero, fa norma de1l'art. 26, d.P.R. n. 1032 del 1973 {sostanzialmente 
confo:rme a quella dell'art. 14, d.P.R. n. 1079 del 1970), che fissa i~ termine 
per il pagamento dell'indennit�, costituisce non una mera norma di azione, 
rivolta al buon funzionamento degli uffici pubblici e, come tale, produttiva 
in capo al dipendente statale solo di una posizione di interesse legittimo, 
tutelabile davanti al giudice amministrativo; ma una norma di 
relazione, daUa quale deriva un diritto soggettivo perfetto alfa t�mpestiva 
percezione dell'indennit�. Infatti questa disposizione, col creare un meccanismo 
di liquidazione caratterizzato da precise scadenze e da brevissimi 
termini, e con l'esprimere in forma imperativa rl'obbligo del Fondo di 
provvedervi entro il termine fissato, si propone essenzialmente �di � rendere 
possibile l'effettiva corresponsione dell'indennit� � entro tale termine: 
di garantire, cio�, H soddisfacimento dell'interesse, esterno dell'amministrazione 
perch� proprio de1l'impiegato cessato dal servizio, alla 
percezione nel termine rprevisto de1la somma spettantegli, onde la �regolamentazione 
dell'intero procedimento, sia nella fase interna di liquidazione 
che in quella esterna del pagamento, appare posta a tutela diretta ed 
immediata dell'ex dipendente statale. Ne sono conferma ila disposizione 
che prevede che � non si fa pi� luogo alla corresponsione di acconti �, 
e quella che, in base di cessazione dal servizio per limite di et�, consente 
la liquidazione e. la corresponsione dell'indennit� senza che �sia preventivamente 
perfezionato il provvedimento di cessazione dal servizio�, dispo



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

sizioni che sottolineano appunto come la disciplina legislativa tuteli diret


tamente la posizione del privato e la sua pretesa ad ottenere integral


mente e so1lecitamente quanto dovutogli. 

Appare dunque evidente che nella materia in esame non trova pi� 

spazio, in favore del Fondo, quel potere discrezionale, sottratto al con


trollo del giudice 011dinario, nella distribuzione delle spese e nell'emissione 

dei relativi ordinativi d~ pagamento che la giurisprudenza pressocch� � 

unanime riconosce in generale alla pubblica amministrazione e che 

impedisce la possibilit� di configurare un termine per i pagamenti, cui 

riferirisi per dedurne, dopo la scadenza, l'esistenza di una mora debendi; 

al contrario, infatti, la nuova disciplina della materia fissa, come si � 

visto, un termine rigido, esente da qualunque valutazione discrezionale, 

per il pagamento dell'indennit� di buonuscita. 

Ne deriva che risulta incompatibile con questa disciplina Ja regola 
sull'insussistenza deH'obbligo del pagamento degli interessi a carico della 
pubblica amministrazione fino a quando non sia �Stato emesso :il relativo 
titolo di spesa, che l'interipretazione giurisprudenziale ha desunto dalle 
norme del regolamento sulla contabilit� generale dello Stato e che in 
forza del richiamo contenuto n�lle disposizioni innanzi citate � stata 
estesa a1l'Enrpas, cosicch� deve ritenersi, per effetto di tale incompatibilit� 
ed in applicazione del precetto posto dall'art..56 del d.P.R. n. 1032 
. del 1973, che le predytte disposizioni siano state al?rogate e sia invece 
operante nei confronti del Fondo la regola di diritto comune, fissata 
� dall'art. 1224 e.e., su1l'obbligo di corresponsione degli interessi legali nel 
caso di mora nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Lav., 3 marzo 1979, n. 1347 � Pres. Iannitti -
Rel. Coletti -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Fiumara) c. Linares ed altri (avv. Montesano). 

Impiego pubblico � Indennit� di buonuscita a carico del Fondo di previ� 
denza del personale delle Dogane � Commisurazione al servizio effettivamente 
prestato � Rinvio alle norme sull'esodo volontario dei dirigenti 
e gli ex combattenti che prevedono aumenti convenzionali del 
servizio � Inammissibilit�. 

Contabilit� generale dello Stato � Obbligazioni pecuniarie dello Stato 
Mora � Interessi � Inammissibilit� � Momento dal quale decorrono. 


Il diritto dei dipendenti del Ministero delle Finanze, collocati a riposo, 
a percepire l'indennit� a carico del Fondo di previdenza per l;l personale 
delle Dogane � rapportato al servizio � effettivamente � prestato (dagli 
iscritti al Fondo) nel ruolo delle dogane, aggiungendosi a tale servizio 


272 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO� 

solo queUo anteriormente prestato nei ruoli dell'amministrazione statale, 
ed escludendosi con norme di rinvio recettizio l'applicabilit� delle disposizioni 
che valutino, convenzionalmente, determinati anni come � utili � 
a pensione; e in particolare l'applicabilit� delle disposizioni sull'esodo volontario 
dei dirigenti dello Stato (le quali, per la loro � ratio �, consen


tono l'aumento del servizio come utile per la pensione anticipata, strettamente 
correlato ai tipici trattamenti di quiescenza e previdenza dei dipendenti 
statali) e delle disposizioni sull'esodo dei dipendenti ex combattenti, 
le quali prevedono il beneficio dell'aumento dell'anzianit� di servizio 
correlato, come a suo presupposto, all';sodo volontario e operante solo 
nell'ambito del tipico trattamento di quiescenza agli stessi dipendenti 
riservato (1). 

Anche se per la liquidazione dell'indennit� a carico del Fondo manca 
un richiamo esplicito alle norme sulla contabilit� dello Stato, sono, tuttavia, 
ad essa estensibili gli stessi principi secondo i quali la p.a. non pu� 
considerarsi in mora nel pagamento di somme da essa dovute sino a 
quando non abbia espletato tutti. gli accertamenti e controlli prescritti, e 
perci� i debiti pecuniari dello Stato, in deroga all'art. 1282 e.e., divengono 
liquidi ed esigibili, e come tali generano l'obbligo del pagamento degli 
interessi a carico della p.a. solo dopo che la spesa sia stata ordinata con 
l'emissione del relativo titolo di spesa (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del ricorso principale, denunziandosi 
la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2, 3, 4, 11 e 12 del d.P.R. 
4 dicembre 1956, n. 1572 e successive modifiche di cui al d.P.R. 2 settembre 
1959, n. 816, e dell'art. 67 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, in relazione 
all'art. 360, rprimo comma n. 3, cod. proc. civ., nonch� omessa e insufficiente 
motivazione con .riferimento al n. 5 deHa citata disposizione del 
Codice di procedura civHe, si assume che 11 Tribunale ha errato nel ritenere 
ohe i sette anni di anzianit� convenzionale di cui al detto art. 67 del 

d.P.R. n. 748 del 1972 concorrono a formare l'anzianit� di cui bisogna 
tener conto per H.quidare l'indennit� a carico del Fondo ricorrente. E a 
sostegno di tale censura si deduce che, a differenza della indennit� di 
buonuscita a carico delFEnte nazionale di previdenza ed assistenza rper 
i di.pendenti statali (E.N.P.A.S.), Ja quale viene Jiquidata senza alcun 
riferimento a1le entrate di questo Ente {soocorr�ndo, ove nel caso, adeguati 
contributi statali), il Fondo di previdenza per il personale delle 
(1-2) Sulla prima massima non vi sono precedenti, ma la sentenza va segnalata 
per la sua esauriente motivazione; sulla seconda massima, anche sulla eff.icacia 
derogatoria delle norme di contabiHt�, cfr.. Cass., 5 giugno 1967, n. 1227, 
in questa Rassegna, 1967, I, 989. 

-



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

dogane eroga una indennit� di natura assicurativo-mutualistica proporzionale 
alle effettive entmte alla stregua di una previsione di matematica 
attuarfale effettuata ex ante (ed una volta per tutte) dal Jegislatore al fine 
di assicurare, anno per anno, una corrispondenza precisa fra disponibilit� 
del Fondo e cessazione dal servizio, effettivamente reso dagli iscritti, 
secondo una previsione statistica suscettibile di un margine di errore 
massimo del 5 %; e si sostiene che in questa prospettiva, il tribunale non 
avrebbe potuto statuire che '1'anzianit� convenzionale di cui sopra potesse 
costituire base di calcolo anche per la liquidazione dell'indennit� corrisposta 
dal Fondo; e ci� anche per il rilievo, si rprecisa nella memoria, 
che l'indennit� di buonuscita cui ,si � riferito il legislatore nell'art. 67, 
:primo comma, del d.P.R. n. 748 del 1972 � esclusivamente !l'indennit� corrisposta 
obbligatoriamente da1l'E.N.P.A.S. 

n motivo si palesa fondato, 'Sia pure per ragioni giuridiche in parte 
divergenti rispetto a quelle enuciate dal.l'amministrazione ricorrente. 

Disponeva l'art. 11 del regolamento n. 1572 del 1956 (applicabile nella 
sua formulazione originaria nei confronti del Lina�res e degli altri litisconsorti): 


� Il diritto all'indennit� si acquista solo quando l'iscritto al Fondo 
abbia compiuto nel ruolo de1Ie dogane due anni di se�rvizio utile agli 
effetti della pensione. 

Per le visitatrici doganali e rper il personale dei ruoli aggiunti, il 
diritto all'indennit� si acquista dopo due anni di ininterrotto servizio 
presso 1'amministrazione delle dogane. 

Se l'iscritto al Fondo sia morto per causa di servizio, prima di avere 
raggiunto detti limiti, � dovuta ugualmente ai superstiti una indennit� 
nella misura spettante agli iscritti che abbiano compiuto il minimo di due 
anni �di servizio. 

Quando l'iscritto al Fondo abbia compiuto i due anni di servizio 
previsti dai precedenti primo e secondo comma del presente articolo, si 
tiene conto agli effetti della misura dell'indennit� anche degli anni di 
servizio anteriol.'mente prestati nell'amministrazione dello Stato, utili per 
la pensione secondo le disposizioni vigenti �. 

E nel successivo art 12 si statuis�ce, al primo comma: 

�L'indennit� di cui all'art. 3 Iettera a), sar� corrisrposta all'avente 
diritto a noI1ID.a dell'art. 11 in relazione al numero degli anni di servizio 
utili a pensione, anche se prestati dopo il raggiungimento del limite massimo 
per conseguire il diritto a pensione; a tal fine, nel computo de1la 
durata del servizio, la frazione di anno superiore a sei mesi � considerata 
come anno dntero �. 

L'art. 67, primo comma, del d.L 30 giugno 1972, n. 748, statu� ohe ai 
dirigenti ed al restante personale delle carriere direttive i quali avessero 


274 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

chiesto, entro il 30 giugno 1973, il collocamento a riposo anticipato erano 

attribuiti: 

� a) un aumento di servizio di sette anni sia ai fini del compimento 

de1l'anzianit� necessaria per c�nseguire il diritto a pensione sia ai fini 

della liquidazione della pensione o dell'indennit� una volta tanto; agli 

stessi effetti l'aumento di servizio � di dieci anni per le donne con 

prole di et� inferiore ai quattol'dici anni; 

b) un aumento di-serVizio pari al doppio del periodo occorrente 

per il raggiungimento del limite massiyio di et� per il collocamento a 

riposo, e c9munque per non oltre sette anni, ai fini della Jiquidazione della 

indennit� di buonuscita; 

e) la qualifica immediatamente superiore a queHa posseduta o, se 
�l'interessato ne faccia domanda o rivesta la qualifica terminale della pro


pria carriera, dnque aumenti periodici di stipendio, in aggiunta a quelli 

in godimento, ai fini della liquidazione della pensione, o dell'indennit� 

una volta tanto, e dell'indennit� di buonuscita�. 

Orbene, rileva preliminarmente questo Collegio che sia nel sistema 

del testo unico delle l�ggi sulle pensioni dvili e mi.Iitari, 21 .febbraio 

1895, n. 70, e delle successive modificazioni, sia nel sistema vigente testo 

unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e 

militari dello Stato, approvato con d.l. 29 dicembre 1973, n. 1092, per 

�servizi utili a pensione� s'intendono: a) tutti i servizi prestati in 

qualit� di dipendente statale, indicati in specifiche disposizioni della nor


mativa de qua (cfr. art. 26 del t.u. n. 70 del 1895, modificato dall'art. 1 

del r.d.l. 21 novembre 1923, n. 2480; art. 8 primo e secondo comma, del 

t.u. n. 1092 del 19'.13), con l'escl~sione peraltro, di alcuni periodi di tempo 
anch'essi espressamente indicati (es. perfodo di aspettativa per motivi di 
famiglia: art. 27 del t.u. del 1895; art. 8, terzo comma, Jettera a, del t.u. 
del 1973); b) �servizi prestati dai detti dipendenti in determinate situazioni 
e computabili, ai fini del t�rattamento di quiescenza e su domanda degli 
interessati mediante riscatto dei servizi stessi (cfr. art. 14 del r.d.l. 23 ottobre 
1919, n. 1970, modificato dall'art. 2 del r.d., n. 2480 deJ 1923; art. 6 
della legge 15 febbraio 1958, n. 46; art. 14 del t.u. n. 1092 del 1973); e) rperiodi 
di tempo i quali pur non attinenti ad attivit� di servizio .prestata in 
favore deJilo Stato o di altri enti pubblici sono equiparati a servizio effettivo 
per espressa previsione normativa (cfr. art. 7 della legge n. 46 del 
1958, art. 13 del t.u., n. 1092 del 1973); d) aumenti di anzianit� di servizio 
espressamente previsti in stretta connessione a speciali prestazioni rese 
dal dipendente statale prima o durante il mpporto di imrpiego lcf.r. articoli 
da 30 a 52 del t.u. del 1895; art. 5 del r.d., n. 2480 del 1923, art. 3 del r.d.l. 
8 maggio 1924, n. 779, artt. da 18 a 27 del t.u., n. 1092 del 1973). 
Orbene, il contesto delle surriferite disposizioni degli artt. 11 e 12 
, del d.P.R., n. 1572 del 1956 si palesa chiaro nel senso che il concretarsi 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

del diritto all'indennit� a carico del Fondo in considerazione � rapportato 
a servizio effettivamente prestato (dagli iscritti al Fondo) nel ruolo 
delle dogane; che agli ,effetti della misura dell'indennit�, a questo servizio 
si aggiunge quello anteriormente prestato dai detti impiegati nei ruoli dell'amministrazione 
statale; che il riferimento nel primo comma dell'art. 12 
� al numero degli anni di ser,vizio utili a pensione � �, pertanto1 strettamente 
co1legabi:le al contenuto dell'ultimo comma dell'art. 11, come � 
fatto pure palese dalla previsione che essi si sommano agli anni di servizio 
eventualmente prestati dopo il raggiungimento del limite massimo 
per conseguire il diritto a pensione e dalla disrposizione, altres�, del 
secondo comma dello stesso art. 12, la quale stabilisce le modalit� per 
la determinazione, in concreto, della misura dell'indennit� che ne, occupa 
e, quanto al parametro � servizio �, Io esprime con ,1e parole � per ogni 
anno di servizio e secondo la categoria di appartenenza nel momento 
della liquidazione. 

Deve, quindi, escludersi il fondamento della tesi svolta dai resistenti 
(recepita, sostanzialmente, dal tribunale sia pure con una motivazione 
non pertinente), secondo cui il primo comma dell'art. 12 del d.P.R. n. 1572 
del 1956 conterrebbe una norma di rinvio recettizio di ogni altra disposizione 
-antecedente o sopravvenuta al collocamento a riJposo degli isodtti 
al Fondo -la quale valuti, convenzionalmente, determinati anni come 
utili a pensione �. 

Al rigua11do giova precisare che con il d.P.R. 2 settembre 1959, n. 816 
sono stati modificati, tra gli altri, gli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 1572 del 
1956, ma d� mantenendosi ferma la regola che nella normativa relativa 
all'indennit� a carico del Fondo di previdenza a favore del personale 
delle dogane il riferimento �agli anni utili a pensione secondo 'le disposizioni 
vigenti �, sta per � anni di effettivo servizio utili a pensione � 
prestato, dagli iscritti al Fondo, nell'Amministrazione de11o Stato. Infatti, 
nel nuovo testo dell'art. 11, nel mentre � stato riprodotto, con formulazione 
identica, il contenuto dei primi tre commi sopra riportati, 
� stato, innovato soltanto l'ultimo comma, nel senso che dalla 
data di entrata in vigore del d.P.R., n. 816 del 1959 si tiene conto, 
agli effetti della misura dell'iJndennit�, soltanto degli anni che l'iscritto 
al Fondo abbia prestato nell'Amministrazione 1provinciale delle dogane; 
e correlativamente a questa innovazione, si � innovato anche il primo 
comma dell'art. 12 del regolamento del 1956, disponendosi che dalla data 
di 'entrata in vigore del d.P.R., n. 816 del 1959, l'indennit� � corrisposta 
(all'avente diritto) �in relazione al numero degli anni di servizio, utili a 
pensione, reso nell'Amministrazione provinciale delle dogane e di quelli 
eventualmente prestati oltre il periodo di quarant'anni pensionabili �. 


. 276 .RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In questa. prospettiva, Ja configurabilit�, nell'ambito delle surriferite 
norime dei decreti presidenziali n. 1572 del 1956 e .n. 816 del 1959, di un 
rinvio materiale ricettizio agli istituti di aumenti fittizio di servizio ;previsti 
dall'art. 67 del d.P.R., n. 748 del 1972 e da1l'art. 3 della fogge n. 336 
del 1970 discende dalle considerazioni che seguono. 

L'esodo volontario dei dirigenti dello Stato fu regolato dal legislatore 
delegato sulla base dell'art. 16, terzo comma, della legge n. 249 del 1968 
come sostituito dall'art. 12 della Iegge n. 775 del 1970. Tale norma �disponeva 
testualmente: � Per adeguare tl numero deg1i impiegati direttivi 
alle esigenze future, oltre alle riduzioni di personale conseguenti al trasferimento 
alle regioni degli uffici centrali e periferici de1lo Stato per 
effetto dell'attuazione dell'ordinamento regionale e per la delega di funzioni 
amministrative� ai sensi delJ'art. 118 della Costituzione, e di quelle 
conseguenti all'applicazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, saranno 
dettate norme per favorire l'esodo volontario, con concessione di particolari 
incentivi anche ai fini del trattamento di :prevtdenza e di quiescenza
�. 

Ora, secondo quanto risulta dall'espresso tenore della riportata dispo


sizione, l'esodo volontario da disciplinare in sede di emanazione del de


creto delegato venne dal legisl�ttore delegante configurato, appunto, come 

uno strumento di riduzione del numero dei funzionari di<rettivi dello 

Sta~o, avente, quindi, una peculiare finalit� nell'ambito de1la ristruttura


zione delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche 

ad ordinamento autonomo. E questa fondamentale ratio ohe sta a fonda


mento dell'esodo volontario previsto nel �primo comma dell'art. 67 del 

d.P.R., n. 748 del 1972 consente di affermare che l'aumento dell'anzianit� 

di servizio contemplato in tale normativa � globale, nel senso ohe esso 

non � giustificato e commisurato a specifkhe rpeculiari prestazioni ante


riori o coeve al rapporto di :pubblico impiego e ad esse riferito, ma con


segue a qualtfiche .di alcune categorie di dipendenti dello stato ed a scelte 

inerenti alla a:-istrutturazione delle qualifiche stesse con connesso scopo di 

ririgiovanimento de1l'amn;iinistrazione statale nei settori considerati dal 

d.P.R. n. 748 d�l 1972. Ed, inoltre, il contenuto del citato primo comma 
dell'art. 67 si palesa nel suo tenore letterale e logico, chiaro nel senso 
che J'aumento di servizio di cui trattasi � strettamente correlato esclusivamente 
ai tipici trattamenti di quiescenza e di previdenza dei dipendenti 
statali, come si desume anche dal particolare che, avuto riguardo ai destinatari 
dell'esodo volontario di cui innanzi, deve ritenersi che, quanto alla 
indennit� di buonuscita il legislatore ha inteso fare riferimento all'indennit� 
erogata dal Fondo :di previdenza gestito dall'E.N.P.A.S. o ad identica 
indennit� erogata da altri Fondi sostitutivi del primo, il tutto al.Ja stregua 
de1la speciale normativa, all'epoca della emanazione del d.P.R., n. 748 del 
1972, dal r.d. 26 febbraio 1928, n. 619 (con il t;IJ. delle disposizioni legiisla-
I . . 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

tive riguardanti l'Opera di previdenza a favore del personale civile e 
militare dello Stato -Opera incorporata nell'E.N.P.A.S. con l'art. 12 
della legge 19 gennaio 1942, n. 22 -), e .successive modificazioni ed estensioni, 
e �di altre speciali disposizioni; v. ora d. legislat. 29 dicembre 1973, 

n. 1032 (con il t.1:1. delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei 
dipendenti civiJi e militari dello Stato), e .successive modificazioni (v. articoH 
5, 6 e 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177). Ed � noto (cfr. sent. di 
questa Corte 12 giugno 1975, n. 2329) che l'indennit� erogata, ai propri 
iscritti o a dati loro superstiti, dal Fondo di Previdenza a favore del 
personale delle dogane, pur presenta<ndo delle indubbie affinit� con la 
indennit� di buonuscit� di cui poc'anzi si � detto, non sostituisce questa 
indennit�, ma si aggiunge alla medesima. Il che costituisce ulteriore conferma 
del1a piena autonomia delle norme ohe discipilinano i due tipi di 
indennit�. 
Per completezza di trattazione, va osservato che con l'art. 3 deHa 
legge 24 maggio 1970, n. 336 (con norme a favore dei d1pendenti dello 
Stato et enti pubblici ex combattenti ed assimilati) si stabil� che i dipendenti 
dello Stato indicati nel precedente art. l che avessero chiesto (~ntro 
un dato termine) di essere collocati a riposo era concesso (sia ai fini del 
compimento dell'anzi'anit� necessaria per conseguire il diritto a pensione, 
sia ai fini della liquidazione della pensione e dell'indennit� di buonuscita 

o di previdenza, un aumento di servizio di sette o, �se trattavasi di mutilati 
o invalidi di guerra o vitHme civili di guerra, di dieci anni. 
Nel successivo art. 4 si statu� che le norme di tale legge si applicavano 
� anche al personale dipendente dalle regioni, dagli enti locali e 
dalle loro aziende, comprese quelle municipalizzate, dagU enti pubblici e 
di diritto pubblico, compresi gli enti pubblici economici, daJle istituzioni 
pubbliche di assistenza e beneficenza e dagli enti ospedalieri, ancorch� 
regolamentati da contratti collettivi di �lavoro�; nel quarto comm!l dell'art. 
1 della legge 9 ottobre 1971, n. 824 (c�n norme di attuarione, modificazione 
ed integrazione della citata legge n. 336 del 1970) fu precisato 
che tra gli enti pubblici e di diritto pubblico di cui al citato art. 4 della 
legge n. 336 del 1970 erano compresi gli istituti e le aziende di credito di 
dii:itto pubblico. 

Orbene, l'intento del legislatore �si palesa, anche qui, chiaro nel senso 
che il beneficio dell'aumento dell'anzianit� di ~ervizio concesso dall'art. 3 
de1la legge n. 336 del 1970 era globale, e cio� commi'surato e giustificato in 
diretta correlazione con l'esodo volontario che ne .costituiva l'indefettibile 
presupposto e con effetti di miglioramenti economici collegati ai t~pici 
trattamenti di quiescenza �e di previdenza propri alla generalit� delle 
categorie dei dipendenti beneficiati, con la conseguenza che per quanto 
concerneva i dipendenti dello Stato il beneficio operava soltanto in ordine 
al tipicd trattamento di quiescenza agli stessi riservato, e oin ordine al 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

trattamento di previdenza operava ai fini della Hquidazione, in via alternativa, 
o deWindennit� di buonuscita erogata dal Fondo di previdenza 
gestito dall'E.N.P.A.S., o della identica indennit�, anehe se diversamente 
denominata, erogata da altri Fondi sostitutivi del primo. Ed � da notare 
che nell'art. 4 della legge n. 824 del 1971, il legislatore dopo avere stabilito 
che il collocamento a riposo anticipato previsto dal secondo comma dell'art. 
3 della legge n. 336 del 1970 comportava una determinata riduzione 
del limite di et�, ove prescritto ai fini del conseguimento del diritto alla 
pensione e che il dipendente che non raggiungesse il minimo di et� per 
il conseguimento del diritto a pensione, neppure di cui all'anzidetta riduzione, 
era trattenuto in servizio fino al comp1mento di tale termine di 
anzianit� abbreviata, e comll!llque non oltre il 31 dicembre 1979, e dopo 
avere dettato altre disposizioni integrative dt;l citato art. 3, secondo 
comma, della legge n. 336 del 1970, attinenti agli effetti, nei confronti 
dei beneficiari dell'esodo volontario, dell'aumento dell'anzianit� di servizio 
di sette (o di dieci anni) sul trattamento di pensione e di previdenza, precis� 
nell'ultimo comma, che per il personale dipendente dagli enti indicati 
nell'art. 4 della legge del 1970, n. 336 il detto aumento di anzianit� di 'servizio 
operava ai fini della liquidazione dell'indennit� di buonuscita o di 
previdenza, o dell'indennit� di anzianit� comunque denominata, nei limiti 
previsti dall'art. 1 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 759. In definitiva, cio�, anche 
in questa norma, della legge n. 824 del 1971, si fa riferimento, in via alternativa, 
ai trattamenti tipici di quiescenza e .previdenziali propri ai vari 
ordinamenti degli enti pubblici contemplati nella norma stessa. 

Conclusivamente, il ricorso principale deve essere accolto. 

Con il pr1mo motivo del ricorso incidentale, denunziandosi la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 1224 e 1282 c,c., si assume che il 
tribunale ha erroneamente ritenuto applicabile, nella specie,� H principio 
secondo il quale i debiti pecuniari degli enti pubblici diventano liquidi ed 
esigibili solo dopo .ohe la relativa spesa sia stata ordinata, nei modi previsti, 
dagli organi competenti e che, pertanto, fino a che non sia emesso 
il. mandato di pagamento, su tali enti non grava la mora del ritardo; e 
che, inoltre non trova applicazione fa decorrenza degli interessi corrispettivi 
ai sensi dell'art. 1282 e.e.; e, a ,sostegno della censura si deduce che 
tale principio � stato affermato da questa Corte di cassazione sempre e 
soltanto nei cofronti dello Stato e degli altri enti pubblici che svolgono 
autoritariamente compiti statuali o comunque inerenti a posizioni di 
supremazia nei confronti dei privati, caratteristiche queste che sarebbero 
estranee all'essenza e ai fini del Fondo di previdenza in favore del personale 
de1le dogane, in quanto il Fondo de quo non � sottoposto ad alcuna 
verifica da parte degli organi dello Stato ed � sicuramente sottratto alle 
norme di contabilit� statale, come si desume dagH 'artt. 7 e 21 del citato 
regolamento n. 1572 del 1956; si precisa che le modalit� predisposte dal 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

detto regolamento per .l'erogazione delle somme afferenti al pagamento 
dell'indennit� di fine servizio sarebbero inerenti soltanto all'interno funzionamento 
dell'amministrazione del Fondo, e, pertanto, tali modalit� non 
inciderebbero sul diritto degli iscritti al Fondo medesimo di :pe11cepire la 
indennit�, ai sensi dell'art. 3, lettera a), nel momento in cui cessino dal 
servizio per una delle cause rp11eviste in tale disposizione: 

Il motivo va disatteso. 

Guista l'indirizzo giurisprudenziale di questo Supremo Collegio, per 
il complesso delle disposizioni sulla contabilit� dello Stato, e in particolare, 
per l'art. 270 del regolamento di contabilit� generale dello Stato 
23 maggio 1924, n. 827, i debiti pecuniari de1lo Stato, in deroga alla norma 
dell'art. 1282 e.e. divengono liquidi ed esigibili e come tali generano 
l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'amministrazione, 
soltanto dopo che la spesa sia stata ordinata dalla competente 
ammrnistrazione con l'emissione del relativo titolo di spesa; invero, anche 
se, rin via generale, � da riconoscere �che le regole di diritto comune sull'inadempimento 
delle obbligazioni (tra cui l'art. 1224 e.e.) e quelle sulle 
obbligazioni pecuniarie (tra cui <l'art. 1282 stesso codice) si applicano 
anche ai debiti dello Stato, tali regole possono essere tuttavia derogate 
dalle disposizioni contenute nella ilegge e nel regolamento sulla contabilit� 
di Stato. Infatti, tali disposizioni, alle quali � stato da tempo riconosciuto 
carattere di norme � esterne �, hanno forza di diritto obiettivo, con 
efficacia vincolante nei cofronti sia dell'amministrazione, sia dei creditori, 
per quanto attiene all'esecuzione delle obbligazioni pecuniarie della prima 

(v. tra le altre sent. 26 apdle 1977, n. 1561; 10 dicembre 1976, n. 4607; 
19 aprile 1966, n. 990). Ed � stato pure precisato lv. sent. 12 marzo 1974, 
n. 652) che il principio, secondo .il quale <la rpubblica amministrazione non 
pu� considerarsi in mora per il pagamneto di quanto da essa dovuto, 
sino a quando non abbia espletato tutti gli accertamenti ed i controlli 
prescritti dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato, � applicabile, 
oltre che allo Stato, solo a quegli enti pubblici ai quali per legge � estesa 
quella normativa; e tanto vale anche per la suaccennata deroga alla norma 
dell'art. 1282 e.e., in tema di interessi corrispettivi. 
In ordine alla liquidazione dell'indennit� a carico del Fondo di previdenza 
in favore del personale delle dogane, manca un richiamo esplicito 
alle norme proprie della contabilit� generale dello Stato, ma iitiene questo 
Supremo Collegio che anche relativamente alla liquidazione de qua 
siano estensibili i principi di cui innanzi in tema di debiti pecuniari dello 
Stato. 

A fondamento di questa statuizione, va preliminarmente precisato 
che il Fondo, istituito con la legge 12 luglio 1912, n. 812, ed espressamente 
�eretto in ente morale� con il d.P.R. n. 1572 del 1956 (art. 1), ha bens� 


280 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

. una propria, autonoma personalit� giuridica, ma alle finalit� assistenziali 
e previdenziali a favore degli iscritti provvede con entrate rigorosamente 
tndicate dalla legge istitutiva (art. 2) e dal precitato regolamento (art. 2); 
� amministrato da un consiglio nominato dal ministro per le Finanze e 
presieduto dal direttore generaile delle dogane e delle imposte indirette; 
ha sede presso il Ministero delle Finanze (Direzione generale-delle dogane 
e delle imposte dirette); e si avvale per la sua attivit� del personale dello 
stesso Ministero. Si tratta insomma, come questa Corte Suprma ha gi� 
avuto modo di mettere in risalto (v. sent. 12 giugno 1975, n. 2329), di �na 
struttura organizzativa creata ed utilizzata da un'amministrazione statale 
per una rpi� efficiente eq �gile erogazione di un servizio, voluto dall'amministrazione 
medesima -ed al quale essa stessa avrebbe :potuto direttamente 
provvedere. La ci11costanza che l'autonomia riconosciuta a questo 
organismo, anzich� limitarsi al profilo patrimoniale e funzionale, sia stata 
spinta fino al conferimento di una distinta personalit�, non toglie nulla 
alla sostanziale appartenenza dell'ente al complesso apparato de11'ammi� 
nistrazione presso la quale opera, utilizzandone addirittura il personale; 
un ente ausiliare, dunque, ma in stretta connessione strutturale ed organizzativa 
con l'ente ausiliato. 

Le somme spettanti �l Fondo sono versate in conto corrente fruttifero 
alla Cassa depositi e prestiti; le somme che eccedono Je ordinarie necessit� 
del Fondo possono essere investite in titoli deHo Stato o garantiti 
dailo Stato o in casi eccezionali in altre forme deliberate dal consiglio 
di amministrazione e approvate dal ministro per le Finanze (art. 21 del 
citato regolamento del 1956). L'indennit� � corrisposta su domanda degli 
iscritti al Fondo o dei loro super-stiti diretta al consiglio di amminstrazione 
al quale compete di liquidarla (artt. 14 e 7 del ripetuto regol�mento) 
e tart. 18, primo comma dello stesso regolamento) il pagamento delJe 
indennit� e �delle sovvenzioni � fatto dai ricevitori doganali, a favore dei 
quali la Cassa depositi e prestiti emette i relativi mandati in conformit� 
di ordini firmati dal presidente del consiglio di amministrazione del Fondo 
e dal segretario. 

Per provvedere alle finalit� del Fondo Ie sue en~rate annuali sono 
ripartite come segue: a) il 72 % � destinato alla liquidazione deHe indennit� 
di cui sopra; b) il 20 %. � destinato all'erogazione delle sovyenzioni 
nei casi previsti dal regolamento suddetto; e) il 3 % � destinato a sostenere 
tutte le spese inerenti a11'amminstrazione del Fondo, al funzionamento 
della segreteria, nonch� le spese relative ai servizi di riscossione 
delle entrate e di pagamento delle uscite e le altre occasionali; d) il 5 % 
� destinato a costituire una maggiore riserva atta a garantire la liquidazione 
delle indennit� nella misura prevista dall'.art. 12 del regolamento 
(art. 4 del regolamento n. 1572 del 1956, nel testo sub art. 1 del d.P.R. numero 
816 del 1959). 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Nei casi di particolare comprovata urgenza il presidente del � consiglio 
di amministrazione, rappresentante legale del Fondo, pu� provvedere 
alla liquidazione dell'indennit� e disporre l'integrale pagamento ovvero, 
quando non sia possibile provvedere all'immediata liquidazione dell'indennit�, 
disporre il pagamento di somme in acconto fino al limite della 
met� della somma presuntivamente dovuta a tale titolo (art. 10 d.P.R., 

n. 
1572 del 1956). 
La r�visione della contab:ilit� del Fondo � demandata ad un Collegio 
di revisori nominato dal ministro per le Finanze (con le modalit� e ai fini 
stabiliti nell'art. 9 dei'detto regolamento del 1956). 
Dal� complesso delle surriferite disposizioni, emerge univocamente 
che � vero che l'art. 3 lettera a) del :prefato d.P.R_., n. 1572 del 1956 
dispone che il Fondo :provvede a corrispondere un'indennit� ai propri 
iscritti, �al momento in cui essi cessino definitivamente dal servizio,. 

ovvero a corrisponderla a determinati superstiti degli iscritti morti prima 
di abbandonare definitivamente il servizio; ma � anche vero �che lo stesso 
regolamento detta uha serie di norme le quali escludono, di certo, che il 
detto momento sia in funzione di un. termine dal quale derivi un diritto 
dell'iscritto al Fondo all'immediato pagamento dell'indennit�; e mettono 
in rilievo, invece, che quel momento {; in funzione di mero :presupposto 
al quale � collegata fa possibilit� per l'interssato di :presentare la 
domanda di liquidazione de1l'i'Il!dennit�, domanda che deve essere, peraltro, 
istruita in tempi congrui in,. relazione alle singole situazioni, tanto che 
soltanto in casi di particolare comprovata urgenza il presidente del consiglio 
di amministrazione pu� (e quindi nell'esercizio di potere discrezionale) 
procedere alla liqudazione, in tutto o in parte, dell'indennit�. 

La procedura normale per ila Jiquidazione dell'indennit� di cui trattasi 
esclude, comunque, che il consiglio di amministrazione, pur dovendosi, 
ordinariamente, riunire una volta al mese (art. 7 d.P.R., n. 1572 del 1956) 
debba giungere all'ordinativo di pagamento entro un termine prestabilito 
emergendo, per contro, da tutta una serie �di adempimenti (afferenti 
alla disponibilit� del bilancio del Fondo, a riscontri contabili, all'istruttoria 
delle. domande degli interessati), che al pagamento dell'indennit� 
in questione si giunge attraverso vari stadi che sono modellati, .con gH 
adattamenti connessi alla sopra rilevata natura strutturale e funzionale 
del Fondo di previdenza suddetto, a quelli relativi all'impegno della 
spesa, alla liquidazione, all'ordinazione e al pagamento relativi ai debiti 
dello Stato. E, inoltre, il tr!bun~le si � dato carico di evidenziare, con 
tipico apprezzamento di fatto delle risultanze processuali, che non �si era 
verificato alcun ritardo colpevole da parte dei competenti organi del 
Fondo nel procedere alla liquidazione delle indennit� spettanti agli attuali 
ricorrenti incidentali. -(Omissis). 


282 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 9 marzo 1979, n. 1468 -Pres. La Farina -

Rel. Martinelli -P. M. Marozzo della Rocca (conf.) -Ministero delle 

Finanze (avv. Stato Baccari) c. Gozzini (avv. Fermanelli). 

Procedimento civile � Citazione � Notificazione � Nullit� sostanziale . Man� 
canza dei requisiti previsti dall'art. 164 c.p.c. -Nozione. 

Revocatoria -Revocatoria in materia penale -Anteriorit� del credito rispetto 
all'atto oggetto di revocatoria -Nozione -Applicabilit� in ma� 
teria tributaria. 

Revocatoria -Revocatoria in materia penale -� Scienza fraudis � � Disciplina 
-Requisiti. 

Determina la nullit� sostanziale ex art. 164 c.p.c., in relazione alla 
mancanza o erroneit� di uno dei requisiti ivi previsti, una situazione di 
incertezza assoluta sulla identit� dell'attore o del convenuto tale da non 
poter essere evitata, sopperendo ad altri elementi di riferimento, con la 
conseguenza che, 'nel caso di notifica della citazione in luogo diverso da 
quello in cui il convenuto risiede o � domiciliato, si realizza una ipotesi 
di nullit� della notifica sanabile con effetto ex tunc che, una volta accertata 
dal giudee di appello, necessariamente comporta la rimessione della 
causa al giudice di primo grado (ex art. 353 c.p.c.) (1). 

,Ai fini dell'esperimento dell'azione revocatoria, prevista negli artt. 192, 
193, 194 c.p., il presupposto dell'anteriorit� del credito rispetto all'atto 
oggetto di revocatoria va determinato con riferimento alla data di comunicazione 
del reato, e non al suo accertamento con sentenza passata in 
giudicato (anche la prescrizione del diritto al risarcimento decorre dalla 
stessa data), e ci� vale anche in tema di pagamento del tributo, il cui 
diritto sorge�nel momento in cui si realizza il presupposto del tributo t2). 

Nella revocatoria in materia penale il requisito della scienza fraudz1s, 
che si informa alle stesse regole previste dagli artt. 2901 e.e., non richiede, 
ai fini della sua concretizzazione, l'esistenza del dolo e neppure la sua consapevolezza 
circa la realizzazione probabile del pregiudizio sulle garanzie 
ed aspettative di coloro che vantano un credito nei confronti dell'alienante, 
essendo sufficiente l'esistenza nell'acquirente di un mero comportamento 
colpevole, rappresentato dalla reale possibilit� di conoscenza della 
situazione fraudolenta desumibile da circostanze oggettive secondo il criterio 
dell'id quid plerumque aocidit, e a tal fine non � sufficiente la colpa 
lieve, bens� � necessaria la concorrenza di quella grave (e cio� la malafede 
dell'acquirente (3). 

(1-3) La prima massima si uniforma a un princ1p10 pacifico;� su11a seconda 
cfr. Cass., 16 luglio 1973, n. 2060; suHa terza, cfr. Cass., 7 agosto 1973, n. 2263. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(Omissis). -Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente, .lamen


tando la violazione degli artt. 139, 156, 163, 164, 291, 354 c.p.c., in relazione 

all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., censura l'impugnata sentenza: a) per aver erro


neamente, inquadrato la fattispecie dell'asserito vizio processuale in una 

ipotesi di nullit� sostanziale (ex art. 163 e 164 c.p.c.), anzich� in quella 

delfa nullit� della notificazione s�nabile con effetto ex tunc, a seguito 

della rinnovazione della notificazione, disposta dal giudice istruttore 

(ex art. 291 CJp.c.); b) per non aver comunque, rilevato che la notifica


zione al Gazzini Franco era avvenuta nel reale luogo di residenza di que


st'ultimo (casa paterna di Reggio Emilia, Villa Masone 121); e che l'atto 

risultava consegnato alla di lui moglie Renata, convivente con il destina


tario della notificazione; e). per essere incorso in omessa pronuncia, e 

difetto di motivazione su punti decisivi rappresentati dalla documenta


zione prodotta dalla quale sf sarebbe potuto ricavare la dimostrazione 

della regolarit� della notificazione. 

La censura � fondata. 

Va in primo luogo rivelato che la sentenza impugnata � incorsa in un 
evidente errore, inquadrando l'invalidit� del secondo atto di citazione in 
un'ipotesi di nullit� sostanziale -ex art. 164 c.p.c. -anzich� in quella 
formale e della notificazione, affermando che l'erronea indicazione del 
luogo di residenza, della dimora, del domicilio nell'atto di citazione � suscettibile 
di determinare la nullit� sostanziale dell'atto introduttivo del 
. giudizio per incertezza sulla persona del convenuto; e come tale di ren


dere impossibile 11 rinvio del giudizio innanzi al giudice di primo grado 

ex art. 353 c.p.c. Va, infatti, rilevato che i termini di riferimento, previsti 

dal numero uno dell'art. 163 c.p.c.; (nome, cognome, residenza, domicilio, 

dimora) non hanno natura autonoma alternativa, di guisa che ogni difetto 

od errore su qualunque di tali requisiti, non necessariamente determina 

la nullit� sostanziale della citazione ex art. 164 c.p.c. Perch�, possa deter


minarsi detta nullit� � infatti, necessario che, in relazione alla mancanza 

o errore di uno di tali requisiti, si realizzi una situazione d'incertezza 
assoluta sull'identit� dell'attore o del convenuto, tale da non poter essere 
evitata, sopperendo ad altri elementi di riferimento. Da d� consegue che 
nel caso di notificazione dell'atto di citazione in un luogo diverso da 
quello in cui il convenuto risiede o � domicilato, si realizza un'ipotesi di 
nullit� della notificazione sanabile con effetto ex tunc; che una volta 
accertata dal giudice d'appello, necessariamente comporta la rimessione 
della causa al giudice di primo grado (ex art. 353 ~.p.c.). 
Tuttavia, altri e prevalenti sono le ragioni che determinano l'accoglimento 
del motivo d'impugnazione con �carattere assorbente. Queste si 
fondano sulla considerazione dell'irrilevanza delfa seconda notificazione 
(disposta ex art. ~92 c.p.c.); ed indubbiamente nulla (ex art. 160 c.p.c.) 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

284 

attesa la piena validit� della prima J?-Otificazione dell'atto introduttivo del 
giudizio. 

Va in primo luogo rilevato che, investendo la censura un errar in 
procedendo, attinente specificamente all'indagine sulla regolare costituzione 
del rapporto �processuale, questa Corte pu� procedere ad accertamenti 
di fatto, desumibili dalle risultanze del processo. 

Stabilito quanto sopra e del tutto evidente dalla documentazione prodotta 
dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato, soprattutto con riferimento 
all'esito degli accertamenti ~seguiti dalla Guardia di Finanza 
che la prima notificazione dell'atto introduttivo del giudizio venne effettuata 
nel luogo di residenza effettiva del Gazzini Franco e precisamente 
sulla sua abitazione mediante consegna dell'atto ad un familiare. Pertanto, 
essendosi ab initio, regolarmente costituito il rapporto processuale, 
nessuna influenza negativa rpu� dispiegare la successiva notificazione, 
disposta ex art. 292 c.p.c., sebbene nuLla per essere <l'atto consegnato 
a persona, indicata nella relata con riferimento al solo prenome 
senza indicazione della sua qualit� �al familiare o dipendente del destinatario 
della notificazione. Dall'esito delle indagini effettuate dalla Guardia 
di finanza, risulta, infatti che, al momento della prima notificazione, 
il Gazzini Franco risiedeva a Reggio Emilia, Via Masone, n. 121, che, 
all'epoca, in mancanza di una sua denominazione toponomica ufficiale 
veniva indicato con il nome della famiglia Spaggiari, proprietaria della 
villa ivi esistente. 

Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 
2901 e.e., nonch� degli art. 189, 193 c.p.c., nonch� dei principi di 
diritto rigua:rdanti l'individ�azione dell'insorgenza del credito in materia 
d'imposta o di illecito tributario,, censura l'impugnata sentenza: a) per 
aver omesso di considerare ohe, al fine di stabilire l'anteriorit� o meno 
del credito rispetto all'atto, oggetto di revocatoria occorre fare riferimento 
alla data di commissione del fatto reato e non alla data della 
sentenza che accerta l'illecito penale; b) per aver omesso di considerare 
che l'art. 193 c.p. prevede ila presunzione di frode, rispetto ai 
crediti indicati nell'art. 189 c.p. per gli atti a titolo oneroso compiuti 
dal colp~vole dopo il reato, mentre per la richiesta prova della malafede 
degli altri contraenti si ritiene sufficiente la conoscenza del reato 
commesso dall'alientante e del pregiudizio che arreca o pu� arrecare al 
creditore. 

Anche tale censura � fondata. 

Va in primo luogo rilevato che il giudice di merito � incorso in un 
evidente �rrore affermando che, ai fini dell'esperimento della revocatoria, 
prevista negli artt. 192, 193, 194 c.p., il presupposto dell'anteriorit� 
del credito rispetto all'atto, oggetto di revocatoria, vada determinato con 
riferimento, non alla commissione del reato, ma al suo accertamento 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

con sentenza passata in giudicato. Invero, l'inconsistenza di tale affermazione 
appare del tutto palese, ove si considera che Ja prescrizione 
del diritto al risavcimento del danno decorre dalla data della commissione 
del reato, salva -l'applicabilit� delil'art. 2947, primo ,opv., c.p.c . 
.Mle stesse conclusioni deve pervenirsi per qm1nto riguarda il diritto al 
pagamento del tributo e delle eventuali sopratasse (da tenersi distinto 
dalla pena irrogata per il reato tributario). 

Questo infatti, sorge nel momento in cui si realizza il presupposto 
del tributo, anche se in alcuni casi il legis�atore prevede che la relativa 
prescrizione rimanga sospesa fino alla data del passaggio in giudicato 
della sentenza penale, che accerta il reato tributario, oppure 'Ohe il termine 
di prescrizione ordinario venga sostituito da quello previsto per 
il reato, ove quest'ultimo sia di durata superiore. N� tale affermazione 
err'onea della Corte di appello pu� ritenersi ininfluente, ai fini della 
decisione alla quale � pervenuta, avendo in concreto H giudice di merito 
proceduto all'esame del requisito della scientia fraudis, degli acquirenti, 
escludendone l'esistenza con apprezzamento di fatto insindacabile in 
questa sede. 

Invero, tale affermazione erronea, avendo costituito un antecedente 
logico, non pu� non aver inquinato gli ulteriori passaggi logici della decisione, 
per quanto attiene alla valutazione delle cfrcostanze, influenti sul 
piano probatorio, ai fini dell'accertamento della scientia fraudis. Peraltro 
la sentenza impugnata � incorsa in un ulteriore errore, non soltanto 
omettendo _l'esame delle circostanze indiziarie, indicata dall'amministrazione 
finanziaria di illdubbia idoneit� decisoria (ex art. 360 n. 5 c.p.c.), 
ma procedendo all'esame delle presunzioni e degili indizi con mero criterio 
analitico sul piano della loro concludenza; tutto in violazione del 
principio probatorio che nell'ipotesi di concorso di presunzioni ed indizi, 
questi, se inidonei a fornire la prova ove siano singolarmente valutati, 
possono invece, assumere piena concludenza probatoria se esaminati 
congiuntamente (quae singula non probant simul unita probant). 

La sentenza impugnata ha, inoltre omesso di considerare che l'istituto 
della revocatoria in materia penale :per quanto attiene i principi 
individuanti il requisito della scientia fraudis, non si discosta dalla regolamentazione 
prevista dall'art. 2901 e.e. Questa Corte ha gi� in precedenza 
affermato, unitamente ad una parte autorevole della dottrina, che 
il requisito della scientia fraudis non richiede, a fini della sua concretizzazione, 
l'esistenza del dolo (pvverosia fa volont� concorrente dell'acquirente 
del bene, oggetto di successiva revocatoria, diretta a pregiudicare 
le garanzie ed aspettative di coloro che vantano un credito nei 
confronti dell'alienante), e neppure la sua consapevolezza circa la reaJizzazione 
probabile di tak pregiudizio, essendo sufficiente, anche, l'esistenza 
nell'acquirente di un mero comportamento colpevole, rappresen


-



286 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tato dalla reale possibilit� di conoscenza della situazione fraudolenta 
desumibile da drcostanze oggettive secondo il criterio dell'id quod 
plerumque accidit. 

Questa Corte ritiene, tuttavia, che ai fini della concretizzazione di 
detto comportamento colpevole non sia sufficiente l'esistenza di una 
culpa levis, ma sia richi~sta la concorrenza di queilla grave, ovverosia 
della malafede dell'acquirente. (arg. ex art. 1147 cic.). 

In proposito assume rilevanza sul piano ermeneutico il richiamo, 
oper.ato dagli artt. 193, 194 c.p. al criterio della malafede per quanto 
attiene al requisito della scientia fraudis, considerato il carattere generale, 
che assume l'art. 1147 e.e., ai fini della determinazione del concetto 
di malafede, nonch� il,.. prindpio generale informatore della legislazione 
civile, che salva eccezione, fa riferimento al criterio del dolo e della 
colpa grave ogni qualvolta si debba risolvere un conflitto di interessi 
tra le parti negoziali e i terzi ai fini della tutela dell'affidamento dei medesimi 
nel caso d'inefficacia o invalidit� del negozio giuridco (arg. ex 
art. 1415, 1445; 1992, 2652, 2901, ultimo comma, 2913 eoc. e.e.). 

Infatti l'esistenza della malafede; seppure sotto il profilo della mera 
colpa grave, � sufficiente -nell'ipotesi di revocatoria -ad escludere 
ogni fondamento alla tutela del terzo, acquirente del bene, nel ,caso di 
suo conflitto con l'interesse del creditore a non veder pregiudicata la 
funzione di garanzia che i beni del debitore -ex art. 2740 assicurano al 
proprio credito -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 4 luglio 1979, n. 3776 -Pres. Novelli Est. 
Scanzano -P. M. Berri (conf.) Izzo (avv. Cardarelli) c. Della 
Gatta (avv. Rascio). 

Obbligazioni e contratti � Mora del debitore nell'adempimento di obbli� 
gazioni . Danni per svalutazione monetaria -Riconoscimento automatico 
� Non spetta. 

Obbligazioni e contratti � Mora del debitore nell'adempimento di obbli� 
gazioni pecuniarie � Prova del maggior danno rispetto agli interessi 
previsti dall'art. 1224 e.e. � Contenuto. 

Nell'inadempimento di obbligazioni pecuniarie la svalutazione mone


I

taria verificatasi durante la mora del debitore non d� diritto al riconoscimento 
automatico del danno rappresentato dalla rivalutazione della ~ 

\: 
somma dovuta (1). f

' 

(1-2) Con la decisione che si segnala per la sua notevole rilevanza teorica 
e pratica le S.U., con il dichiarato intento di risolvere il contrasto formatosi nella 


I 

t,, 

I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 287 

Per ottenere il maggior danno di cui all'art. 1224 e.e. il creditore 
deve allegare e dimostrare, avvalendosi di ogni puntuale mezzo di prova 
(anche di presunzioni), il pregiudizio subito, e il giudice pu�, in mancanza 
di specifiche prove, utilizzare oltre che il notorio acquisito alla 
comune esperienza, presunzioni fondate su condizioni e qualit� personali 
del creditore e sulle modalit� di impiego del denaro coerenti -secondo 
i criteri della normalit� e della possibilit� -con tali elementi per desumere 
dal complesso di questi dati (integrando ove occorra i risultati 
dell'indagine con l'esercizio di poteri equitativi) quali maggior utilit�, 
nei sirzgoli casi, la somma tempestivamente pagata avrebbe potuto procurare 
al creditore (2). 

(Omissis). -In sede di merito il creditore Izzo aveva dedotto che 
la ,somma dovutagli .dai Della Gatta avrebbe potuto -se tempestivamente 
pagata essere da lui impiegata nell'acquisto di un immobile 
(acquisto non perfezionatosi per non avere egli potuto far fronte al 
versamento della differenza tra ,l'importo del mutuo fondiario di circa 

L. 9.000.000, che stava contraendo, ed il prezzo di L. 12.000.000 oltre alle 
spese) nonch� nell'esecuzione di lavori di cui avrebbe potuto rendersi 
aggiudicatario concorrendo quale app�ltatore alle gare alle quali era 
stato invitato da vari enti. La mora dei debitori ed il fatto che durante 
il suo protrarsi il denaro aveva perduto molta parte del suo potere di 
acquisto gli avrebbero impedito di potere pi� realizzare utilit� del valore 
di quelle come sopra e fondatamente sperate. 

giurisprudenza de1le Sezioni, in special modo dopo lia nota pronunzia 30 novembre 
1978, n. 5670, hanno riaffermato il principio, che trova solido fondamento 
nena lettera della legge e rimasto fermo per vari decenni, della soggezione della 
obbligazione pecuniaria al criterio nominalistico espresso dall'art. 1277 cod. civ. 
anche dopo la loro scadenza, con la conseguenza che anche durante la mora 
del debitore l'obbligazione si estingue con il pagamento della quantit� di moneta 
prevista nel vincolo che l'ha costituita, anche se la mOilleta ha perduto per effetto 
deHa svalutazione parte del suo potere di acquisto. 

_ Peraltro, consentendo l'utilizzazione in modo pi� elastico del1e possibilit� 

offerte dall'art. 1224 e.e. al fine di dimostrare il maggior danno, il S.C. ha 

aperto la strada per giungere, attraverso anche il ricorso a forme pi� semplici e 

al notorio, al risultato di ottenere la rivalutazione del credito pecuniario. Ad una 

prima sommaria impressione sembra che la preoccupazione maggiore che ha 

mosso H S,C. sia stata quella di evitare ogni automatismo, e, per cos� dire, 

personalizzare il danno in relazione alla posizione di ciascun creditore. 

Che questo sia il sistema della legge � possibi1e, che i risultati a cui esso 

pu� condurre siano anche i migliori, potr� dirsi so1o quando i giudici di merito 

avranno dato pratica applicazione .al criterio enunciato daL S.C. 

Certo � che l'attribuzione al giudice di un'ampia discrezionalit� difficilmente 

controllabile sul piano della legittimit�, suscita qualche perplessit�, che si au


spica venga presto fugata attraverso il formarsi di una prudente e rigorosa 

attuazione giurisprudenziale. 



288 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

In questa sede lo stesso Izzo denuncia violazione e falsa applicazione 
degli artt. 1224, 2195, 2727 cod. civ. e 115 c:p1c. nonch� insufficienza 
e contraddittoriet� di motivazione, e lamenta che la Corte d'appello, 
pretendendo la prova che il conseguimento di quelle uHlit� dipendesse 
dalla necessit� di disporre proprio della somma dovutagli dai 
Della Gatta, abbia adottato una motivazione che, nel sruo rigorismo 
formale, si traduce in una manifesta illogicit�, ed inoltre abbia trascurato 
che la prova del maggior danno di cui � parola nel citato art. 1224 
pu� essere fornita anche mediante presunzioni, quali nella specie erano 
desumibili, anche in relazione alla sua qualit� di imprenditore commerciale, 
dai fatti allegati e documentati nonch� dal dato di comune esperienza 
secondo cui le possibhlit� operative dell'imprenditore sono favorevolmente 
influenzate dal!a maggiore disponibilit� di denaro. 

Con riferimento poi, al programmato acquisto immobiliare, lamenta 

sia stato trascurato che il mutuo a ci� destinato non pot� perfezionarsi 

I 

perch� esso ricorrente, dopo avere prodotto al Banco di Napoli la 

I

documentazione rkhiesta, non pot� completarla con l'esibizione del 

preliminare di compravendita proprio per la mancata diosponibilit� deila 

somma (che con il puntuale adempimento dei DelJa Gatta avrebbe avuto) 1 

necessaria alla stipulazione. ~ 

Il ricorso � fondato nei sensi di cui alle considerazioni che seguono. 

E' noto che secondo l'art. 1224 cod. civ., nelle obbligazioni pecuniarie 

sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali (quale ammontare 

di un danno presunto) e che al creditore il quale dimostra di avere 

sub�to un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. 

Nell'interpretazione di questa norma la giurisprudenza s1 e, ormai 
da decenni, dopo Ja sentenza 11 gennaio 1951 n. 47, consolidata nel senso 
che, pur dovendosi riconoscere la possibilit� di ricomprendere tra i maggiori 
danni risarcibili anche quelli dipendenti dalla svalutazione monetaria, 
il loro risarcimento � dovuto iI1 concreto solo quando il creditore 
dimostri di avere risentito un particolare pregiudizio per non aver 
potuto, a tempo opportuno, disporre della somma dovutagli, della quale, 
se tempestivamente riscossa, avrebbe fatto un impiego capace di sottrarla 
agli effetti della svalutazione, o per aver dovuto, in mancanza di 
quelia somma, privarsi di beni dotati di valore intrinseco, o assumere 
obbligazioni a condizioni particolarmente onerose. Rilevandosi che l'inadempimento 
del debitore faceva sorgere nella controparte H diritto agli 
interessi legali, dovuti quali frutti presuntivamente prodotti dal denaro, 
si richiedeva cio�, ai fini dell'ulteriore risarcimento, la prova di uno 
-spedfico fatto da cui risultasse che il patrimonio del creditore, a seguito 
della svalutazione monetaria intervenuta durante fa mora del debitore, 
aveva sub�to un pregiudizio pi� grave, oltre il limite della perdita di quei 

~ 

~

frutti normali e presunti ,che sono gli interessi legali. 

i 

I 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Malgrado la validit� della sua base positiva e scientifica e malgrado 
gli ampi ed autorevoli consensi dottrinari, tale indirizzo, applicato in 
epoca -come quella recente ed ancora attuale -in cui la svalutazione 
della moneta assume proporzioni notevoli che superano largamente il 
tasso dell'interesse legale ed in� cui l'inflazione monetari'a diventa talora 

.uno strumento di politica economica a favorire le �esportazioni, � parso 
tuttavia risolversi in un trattamento gravemente sperequativo a danno 
del creditore ed in un possibile incoraggiamento di debitori poco scrupolosi 
all'inadempimento ed a maliziose resistenze giudiziarie, favorita 
essendo la posiziOne del debitore dalle obiettive gravi difficolt� in cui 
versa il creditore nell'osservanza dell'onere della prova. 

La correlativa esigenza di .soluzioni pi� adeguate aHa realt� del 
fenomeno economico ha trovato sensibili una parte della dottrina nonch� 
vari giudici d� merito: dei quali alouni hanno sollevato questione di 
legittimit� costituzionale dell'art, 1284 cod. dv. nella parte in cui� stabilisce 
il tasso legale degli interessi nella misur;;t del 5 %, di gran lunga 
inferiore alla misura dell'inflazione monetaria; taluno ha denunciato 
direttamente, con riferimento all'art. 3 Cost., l'illegittimit� dello stesso 
art. 1224, in quanto limita il risarcimento del maggior danno a quello 
effettivamente comprovato, esdude quello derivante dalla svalutazione e 
distingue debiti di valuta da debiti di valore; altri hanno invece fatto 
diretta appHcazione di tale disposizione nel senso di ritenere risarcibile 
come danno ulteriore quello dipendente dalla svalutazione, in base alla 
notariet� del relativo �!fenomeno ed alla presunzione di un impiego del 
denaro in forma certamente pi� remunerativa della mera percezione 
degli interessi �legali. 

Quest'ultimo orientamento � stato espresso recentemente anche dalila 
terza sezione di questa Corte con la �Sentenza 30 novembre 1978, n. 5670. 
Secondo tale sentenza, in tema di obbligazioni pecuniarie, tra i maggiori 
danni che possono spett�re al creditore, in. aggiunta agli interessi legali, 
ai sensi del capoverso dell'art. 1224 cod. civ., vanno compresi quelli dipendenti 
della svalutazione monetaria, verificatasi -durante ila mora del debitore1 
e pertanto il creditore, qualora si Jimiti a chiedere il risarcimento 
della perdita sub�ta per effetto della diminuzione del potere. d'acqusto 
della moneta, ben pu� dedurre ed utilizzare a suo favore il solo fatto 
notorio della svalutazione; senza necessit� di fornire la prova di avere 
concretamente predisposto i.l reimpiego della somma dovutagli; prova che 
invece deve essere offerta nel caso in cui venga chiesto il risarcimento 
anche del mancato guadagno. 

Queste Sezioni Unite sono chiamate a risolvere il contrasto verificatosi, 
suila delicata questione, nella giurisprudenza della Corte. 
Dei :principi di base su cui si fonda l'orientamento tradizionale (seguito 
nella speciedalla Corte di merito) non pu� disconoscersi l'esattezza. 


290 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Le obbligazioni nelle quaH l'entit� della prestazione del debitore � 
stata originariamente determinata con riferimento all'unit� monetaria 
legale di misura lcio� le obbligazioni pecuniarie, che danno luogo al 
cos~ddetto debito di valuta) sono soggette al principio nominalistico 
espresso dall'art. 1277 cod. civ.: e continuano ad esserlo anche dopo la 
scadenza; per cui la detta prestazione si estingue, pur dopo che il debitore 
sia caduto in mora, col pagamento della quantit� di moneta cui 
essa � commisurata, anche se questa durante la mora abbia perduto 
parte del suo potere d'acquisto per effetto di svalutazione. In materia, 
il testo legislativo non d� luogo a dubbi, anche perch� si ricollega senza 
modifiche alla tradizione precedente (la prima parte dell'art. 1224 cod. civ. 
trova corrispondenza nel vecchio art. 1231) sebbene la sua elaborazione 
sia stata compiuta dopo che la lira aveva sub�to una recente e notevole 
svalutazione (v. r.d.l. 5 ottobre 1936, n. 1745). 

Peraltro la svalutazione in s� non � un danno giuridico (ed ancor 
meno ovviamente � dipendente da un fatto del debitore) ma � un'evennienza 
che pu� aggravare il pregiudizio derivante al creditore dall'inademp~
mento, in quanto, in presenza di essa, il tardivo recupero di una 
moneta ormai svalutata lascia scoperti gli eventuali sacrirfci da lui ,sopportati 
per aver dovuto procurarsi altrimenti la somma di cui si attendeva 
il pagamento o per aver dovuto rinunciare alla fruizione di beni necessari 
ai normali bisogni di vita, e lascia lo stesso creditore privo delle 
utilit� che, avrebbe potuto realizzare col tempestivo impiego della somma 
medesima. In tale senso la svalutazione incide sul problema del danno 
maggiore (di quello coperto dagli interessi legali) che � potuto derivare 
dalla mora: danno che � risarcibile nella misura ed alle normali condizioni 
previste dagli artt. 1223 e 1225 cod. dv., e previa osservanza dell'onere 
della prova che incombe a chiunque intenda far valere in giudizio 
un suo diritto. 

L'applicazione che di tali principi � stata fatta nella specie appare 
tuttavia eccessivamente rigoristica, perch� ila Corte partenopea, da un 
lato non fascia alcun spazio alla prova presuntiva, e dall'altro interpreta 
l'onere della prova in un senso che viene a comprimere oltre i limiti di 
ragione la posizione processuale del creditore, essa in definitiva pretendendo 
da questo la proya che egli non disponesse di altro denaro utilmente 
impiegabile per gli scopi di cui .alle sue allegazioni, pure quando 
suscettibili di essere dedotti in via di presunzione, e cos� gravandolo 
anche dell'onere di una prova negativa, impossibile a darsi. 

L'orientamento tradizionale va rimeditato sia perch�, appunto, � suscettibile 
di applicazioni che aggravano oltre misura la posizione del creditore 
sul piano probatorio (e pu� quindi risolversi nel riconoscimento 
meramente teorico di quel diritto che il secondo comma dell'art. 1224 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

cod. civ. vuole assicurare), sia perch� non d� adeguato rilievo a presunzioni 
di ordine oggettivo e soggettivo che invece, nel loro reciproco coordinamento, 
ed avuto riguardo ai criteri. della normalit� e della prevedibilit�, 
.possono fornire idonea. base di valutazione. In tal modo, il 
risaJ:'.cimento preteso dal creditore � sfato il pi� delle volte ridotto nei 
limiti dell'interesse legale, rimasto fisso ad un saggio. che in tempi di 
notevole svalutazione monetaria �si risolve in un premio per il debitore 
moroso. E' noto invero ,ohe il saggio degli interessi legali � di gran lunga 
inferiore a quello degli interessi -che s~ sogliono determinare convenzionalmente 
e che l'inadeguatezza del primo � riconosciuta, in settori :particolari, 
dallo stesso legislatore. Esso infatti, mentre non ha ritenuto 
diversamente dall'indirizzo adottato in qualche Paese europpo -v. legge 
francese 12 luglio 1975, n. 75-619) di adottare un provvedimento di ordine 
generale che, modificando l'art. 1284 cod. civ., valesse ad avvicinare, se 
non ad adeguare, U saggio legale all'effettivo costo del denaro quale deteru:
ninato anche dal fenomeno della svalutazione, ha in pi� occasioni, 
direttamente .con legge � o indirettamente con provvedimento della .pubblica 
autorit� all'uopo delegata, sta�ilito interessi notevolmente superiod 
a quelli previsti dalla disposizione dianzi citata: v. in tal senso la legge 
26 gennaio 1961, n. 29 con cui, gi� da quell'epoca, gli interessi relativi 
alle tasse ed imposte indirette sugli affari venivano fissati nella :misura 
del 3 % per �semestre; elevata poi al 6 % semestrale con ,J'art. 1 I. 18 aprile 
1978, n. 130; l'art. 2 I. 23 marzo 1977, n. 97 ohe eleva al 12 % annuo il saggio 
degli interessi moratori dovuti in tema di IRPEF ed IRPEG; I'art. 21 
della legge 18 dicembre 1970, n. 1034 . che eleva .al 4,50 %1 semestrale gli 
interessi dovuti, dopo il terzo anno, per le partite tributarie sospese per 
contestazioni; gli artt. 38 e 60 d.P.R. 16 ottobre 1972, n. 633, con cui gli 
interessi sono raddoppiati per il periodo 'successivo ai dodici mesi con 
riferimento ai pagamenti ed ai rimborsi dovuti in tema di imposta sul 
valore aggiunto; i vari decreti ministeriali (v. da ultimo G.U. 18 aprile 
1979) che detevminano notevoli differenze tra valore �di emissione e valore 
di collocamento dei buoni ovdinari del tesoro; il d.m. 17 aprile 1979, 

(G.U. 3 maggio 1979, n. 120) che stabilisce nel 12 % annuo gli interessi sui 
pagamenti differiti di taluni diritti doganali; il d.m. 18 �settembre 1974 
lin G.U. 27 settembre 1974) che stabilisce gli interessi (dal 7 al 9 %) sui 
buoni postali fruttiferi. Sintomatico nello stesso senso � l'art. 429 c.p.c., 
'nel testo risultante dalla legge 11 agosto 1973, n. 533, con cui, per l'adeguata 
tutela dei crediti di lavoro, si � attribuito al giudice il potere-dovere 
di determinare il maggior danno eventualmente sub�to dal lavoratore per 
la diminuzione di valore del suo credito, cos� assimiJandosi questo ad un 
credito �di valore �. Sono questi aspetti che non possono essere trascurati 
affinch� la solilzione del problema risulti aderente anche alla realt� del 
fenomeno economico. 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO .STATO 

Per realizzare questa esigenza non � necessario sollevare questioni di 
legittimit� costituzionale del tipo di quelle di cui si � fatto cenno, in 
quanto, ad avviso del Collegio, il sistema dell'art. 1224 cod. dv. consente 
un'applicazione che esclude le pretese disparit� di trattamento conseguenti 
aH'interpretazione tradizionale. 

Non pu� seguirsi neppure l'opposta interpretazione adottata dalla 
terza sezione di questa Corte con la sentenza del 30 novembre 1978, n. 5670. 

Secondo tale sentenza, dal presupposto che la mora importa la 
perpetuatio obligationis e che l'art. 1224 non pone limiti n� al concetto di 
danno n� ai mezzi di prova utilizzabili dal creditore, deriverebbe (come si 
� visto) che questo pu� P.retendere il risarcimento del maggior danno 
dipendente dalla svalutazione monetaria verificatasi durante la mora del 
debitore, deducendo il solo fatto notorio della svalutazione medesima, 
quale danno emergente, la cui sussistenza non richiederebbe appunto 
altra prova, essendo coerente anche con i principi della scienza economica 
che la perdita del potere di acquisto della moneta costituisce un danno 
concreto e reale. In definitiva, dal momento della mora del debitore, 
l'obbligazione pecuniaria si trasformerebbe in un'obbligazione di valore 
facendo sorgere il diritto del creditore al risarcimento di un maggior 
danno (determinabile appunto attraverso la rivalutazione della somma 
oggetto della prestazione contrattuale). 

Tale nuovo orientamento non rpu� essere condiviso. 

A differenza di quanto accade in materia di danno extracontrattuale, 

dove l'obbligazione risarcitoria ha natura sostitutiva, in quanto diretta 

ad attribuire al danneggiato un equivalente monetario realmente corri


spondente al valore del bene e utilit� di 'cui egli � stato privato, in pre


senza di una obbligazione contrattuale inadempiuta il creditore ha diritto 

all'adempimento della prestazione dedotta in contratto (che non cessa di 

essere identica a se stessa pur dopo la mora del debitore), e. ad un 

quid pluris corrispondente al danno sub�to in dipendenza dell'inadempi


mento. Essendo quella principale una obbligazione rpecuniaria, essa rimane 

tale (rimane cio� una obbligazione di valuta) pur dopo l'inadempimento, 

per cui il debitore moroso che poi finalmente esegue la sua prestazione, 

estingue la detta obbligazione col pagamento di una corrispondente quan


tit� di moneta, secondo la norma dell'art. 1277 cod. dv.: la quale norma, 

nel sancire cos� il principio nominalistico, fa riferimento al tempo del 

pagamento (ancorch� tardivo) e non al tempo della scadenza dell'obbli


gazione, con ci� chiaramente statuendo che il detto principio continua ad 

operare pur dopo la scadenza dell'obbligazione stessa. Altra � invece l'ob


bligazione aggiuntiva che sorge dall'inadem1Jimento del contratto e che 

ha per oggetto il risarcimento del danno di cui � parola nell'art. 1224. 

La sentenza in argomento finisce invece con l'assimHare l'una e l'altra 

obbligazione e col considerare la prestazione dovuta dal debitore moroso 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

come oggetto di un'unica obbligazione di natura risarcitoria, senza avver~ 
tire che, se� cos� fosse, la disposizione ora citata rischierebbe di apparire 
superflua lquanto meno riguardo alla risarcibilit� del danno emergente, 
la quale pur da essa, secondo la detta sentenza, trae giustificazione). In 
definitiva, operandosi una tale assimilazione, ed inoltre valorizzandosi in 
maniera generalizzata, con riferimento all'ammontare dell'obbligazione 
pecuniaria, il dato della svalutazione monetaria ed identificandosi il 
danno -anche sotto il profilo giuridico -nella stessa svalutazione. (che 
pu� essere, invece, solo causa di un danno -da mora -superiore a 
quello coperto dagli interessi legali) si finisce con l'obliterare il principio 
nominalistico, perch� si viene a riversare in ogni caso sul debtore, sia 
pure moroso, genericamente ed automaticamente l'effetto della svalutazione 
monetaria; la quale �, in s�, una alea connaturale al tipo della res 
dedotta nell'obbligazione pecuniaria, salva la risarcibilit� del pregiudizio 
di cui essa svalutazione sia stata causa. LI volere poi dare rilevanza, attraverso 
il principio della perpetuatio obligationis, al fatto che la svalutazione 
siasi verificata durante la mora del debitore, significa applicare al 
denaro per analogia l'art. 1221 cod. civ., che, quanto alle cose, � dettato 
per quelle infungibili (le sole suscettibirli di perimento) e che non pu� 
essere applicato riguardo al denaro, giacch� (quali che siano le diverse 
valutazioni consentite dalla ,scienza economica) dal rpunto di vista giuridico 
il valore della moneta e la sua capacit� di estinguere le obbligazioni 
in essa espresse � determinato costantemente dal suo valore nominale. 

E' bens� vero, infine, che fonte legittima di prova pu� essere anche il 
fatto notorio e che tale � la svalutazione monetaria, di cui, attraverso 
indici ufficiali e pubblici, � nota anche la misura. Ma della sentenza 

n. 5670 non pu� essere utilizzato neanche tale principio e neanche con 
riferimento all'autonoma obbligazione di risarcimento: ci� perch� l'attribuzione 
automatica e generalizzata (che esso consentirebbe) di un identico 
risarcimento in corrispondenza della stessa somma dedotta in obbligazione, 
postula che si valorizzi, oltre ed assieme al notorio costituito dalla 
svalutazione monetaria, una presunzione di necessario impiego uniformemente 
redditizio del denaro, smentita, nella realt�, sia dalla necessaria 
diversit� della posizione dei vari possibili creditori danneggiati, sia dal 
fenomeno del risparmio, che, malgrado l'insufficienza dei normali relativi 
interessi, rispetto al tasso della svalutazione, � tuttora un fenomeno 
imponente. 
In conclusione, il generalizzato automatismo rivalutativo, che secondo 
il nuovo orientamento dovrebbe adottarsi, non appare giustificato perch�, 
se riferito all'obbligazione principale viene a moltiplicare l'oggetto dell'obbligazione 
in violazione del principio nominalistico, e se riferito 
all'obbligazione di risarcimento, postula, contro Ia realt�, un maggior 
danno emergente identico per tutti i possibili creditori. 


294 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

La differenza, gi� evidenziata, tra l'obbligazione risardtoria che deriva 
dalJ'jnadempimento del contratto e quella che deriva dall'illecito extracontrattuale 
(cio� il fatto che la prima non � sosti1Jutiva dell'obbligazione, 
primaria, ma coesiste con essa ed in aggiunta ad essa) ed i princilpi affermati 
da una sentenza, non pi� recente, della prima Sezione di questa 
Corte (sent. 24 febbraio 1965, n. 310) potrebbero suggerire una diversa 
impostazione del problema. 

Intervenuta la scadenza dell'obbligazione pecuniaria e la mora del 
debitore, questi � tenuto all'adempimento della detta obbligazione nella 
quantit� monetariam.ente determinata ed, in ogni caso, al risarcimento di 
un danno presunto, deteJ:1J.ninato nella misura degli interessi Jegali. Ora 
se � vero che, come � stato affermato con sentenza 2 ottobre 1978, n. 4369, 
l'obbligazione risarcitoria ha_ natura obiettivamente identica sia in tema 
di danno contrattuale che in .tema di danno extracontrattuale, e se � vero 
che l'obbligazione risarcitora d� 1uog() ad un debito di valore (tale anche 
nel caso in cui essa derivi da sottrazione od appropriazione di una somma 
di denaro: v. Cass. 13 luglio 1978, n. 3542), potrebbe opinarsi che l'obbligazione 
degli interessi di cui all'art. 1224, aufonoma e di natura risarcitoria, 
dia luogo ad un debito di valore. La cons�eguenza sarebbe che, assumendosi 
a base Ja aestimatio del danno fatta dal legislatore nella misura fissa 
degili interessi degali, la somma relativa, al momento del calcolo che ne 
fa il giudice, potrebbe essere attribuita nel suo valore reale mediante 
una liquidazione fondata sul valbre medio corrente di qruesto particolare 
frutto, quale potrebbe desumersi dal tasso medio degli interessi pagati 
dagli istituti di eredit�, salvo che si dimostri il diritto ad un danno-maggiore, 
a termini dell'art. 1224, secondo wmma. In definitiva il giudice 
dovrebbe attribuire al creditore, a titolo �di risarcim~nto del danno, l'uti


lit� reale che la somma tempestivamente pagata gli avrebbe fruttato: o 
con riferimento alle dimostrate possibi1it� particolari del creditore di 
farla fruttare (art. 1224, secondo comma) o con r�ferimento al frutto 
presunto costituito dagli interessi legali secondo il 1calcolo di cui sopra 

~ 

(art. 1224, primo comma). Il quale calcolo -va rprecisat� -non consi


I ~ 

ste in una rivalutazione monetaria della somma dovuta a titolo di interessi, 
ma nella determinazione della corrispondente utilit� secondo il suo 
valore reale, come in genere avviene ne1la liquidazione dei danni da illecito. 
Verrebbe in tali sensi a farsi applica2'lione del principio (affermato 

I

dalla citata sent. 130/'65 nonch� da Cass. 764/'60, 659/'61, 991/'61) secondo 

i 

cui l'obbligo del risarcimento del danno costituisce, sia in materia extracontrattuale, 
sia in materia contrattuale, e indipendentemente dalla natura 
del bene (denaro o cosa diversa da questo) perduto o non conse


I 

g.ito, un tipico debito di valore. 

i

Neppure questa tesi pu� essere condivisa. 

-1I 

�' 
I 
I 

PARTE I,-SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

A parte l'impressione, che se ne trae, di� un espediente che viene ad 
eludere la determinazione Jegale del -saggio dell'interesse, sta di fatto che 
.il legislatore, determinando il danno, in via presuntiva, nella perdita degli 
interessi ed il�saggio di questi in una certa misura,.,ha dettato una disciplina 
�compiuta in tema di danni presunti relativi all'inadempimento di 
obbligazioni pecuniarie, s� da non lasciare spazio ad attivit� di Jiquidazione 
giudiziale diversa dal mero calcolo del coacervo degli interessi. 
L'obbligazione relativa, cio�, nasce e permane anch'essa, al pari di quella 
primaria che deriva dal contratto, come� obbligazione pecuniaria e la 
possibilit� di stimarla al �suo valore reale rimane esclusa daUa previsione 
_, contenuta nel secondo comma de1lo stesso art. 1224 -della 
risarcibilit� del maggior danno secondo i criteri generali. 

La soluzione del probler:na va ricercata dunque su altra base. 

Si � presentato pi� volte nella giurisprudenza di questa Corte il caso 
di creditori che abbiano fatto riferi:mento a qualit� personali o professionali 
proprie, offrendole come elemento di presunzione da cui dedurre 
che essi avrebbero fatto, del denaro loro dovuto, un impiego coerente 
con que1lo al quale le dette qualit� razionalmente conducevano. Con 
numerose sentenze la Corte, pur riconoscendo la validit� della prova presuntiva 
anche ai fini qui considerati, ha escluso che l'elemento anzidetto 
potesse, da solo, costituire valida fonte di presunzione nel senso voluto 
dal creditore, ed ha ritenuto la necessit� di altri elementi concreti idonei 
a dimostrare la sussistenza del pregiudizio lamentato. L'orientamento 
rispecchia il rigore che � proprio della giurisprudenza tradizionale in 
tema di prova del maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, 
codice civile. 

Tale rigore ha ricevuto una certa attenuazione con la sentenza 1 giugno 
1976, n: 1970 della prima Sezione, che, sia pure ai fini della condanna 
generica (al .risarcimento del detto maggior danno) ha ritenuto idoriea 
base di presunzione la qualit� di imprenditore commerciale, rivestita dal 
creditore, sul rilievo che l'imprenditore � un soggetto i1l quale, per definizione, 
utilizza il denaro non gi� per investimenti occasionali in beni di 
puro godimento, bens� come strumento essenziale della propria attivit� 
economica, che � dinamica e costante, pe11ch� professionale. 

Il principio, ad avviso del Collegio, � suscettibile di applicazioni rpi� 
ampie ed articolate e pu� condurre ad una soluzione che accordi a tutte 
le categorie di creditori una maggiore tutela rispetto al danno che normalmente 
� causato dalla svalutazione monetaria, anzich�. riservarla al 
solo imprenditore commerciale (che, potendo riversare sui consumatori 
gli effetti della svalutazione, � praprio tra coloro che meno risentono di 
quegli effetti) .. 

Va subito detto -perch� non appaia introducibile una praesumntio 
de praesumpto -che non ha bisogno di essere presunto .il fatto che il 


296 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

denaro � destinato ad essere impiegato nell'acquisto di beni e serv1z1 o 
comunque in forme remunerative: risponde infatti alla natura ed alla 
stessa definizione della moneta che essa � non solo la misura dei valori 
ma � strumento di scambio, dotata appunto di valore nella misura in cui 
essa viene utilmente adoperata a questo scopo. Va aggiunto essere notorio, 
e perci� stesso gi� dimostrato senza bisogno di illazioni presuntive 
che ciascuna categoria di creditori, e pi� in generale ciascuna categoria 
di persone, pur nella grande variet� dei possibili gradi d'impiego del 
denaro, adotta in materia modi coerenti con le qualit� professionali, con i 
bisogni ,che le personali possibilit� finanziarie consentono di soddisfare, 
con le abitudini de11ivate dalla mentalit� e dall'ambiente di vita: i quali 
modi si prestano ad essere considerati sintomatici e perci� ripetibili, in 
quanto normali rispetto a1le caratteristiche di un determinato soggetto 

come homo aeconomicus. Nel caso, poi, di un soggetto che divenga creditore 
di somme inaspettate (si pensi ad una vincita) e che non possa 
vantare un sistema abituale di impiego del denaro, poich� � notoria la 
fruttuosit� del denaro investito nella normale e facile forma del deposito 
presso istituti di credito, pu� egualmente presumersi come prevedibile 
siffatta forma di impiego, ove essa venga prospettata dalla parte. 

Fermo dunque pur sempre l'onere della corrispondente allegazione 

lcorredata da opportuni. elementi valutabili ex art. 2729 cod. civ.) e in 

mancanza di allegazioni e prove di diverso contenuto, relative ad even


tuali investimenti particolari specificamente programmati, il maggior dan


no che in generale deriva al creditore dal fatto che la somma dovuta abbia, 

al momento del tardivo pagamento, un 'potere di acquisto minore di 

quello che essa aveva alla scadenza della relativa obbligazione, pu� essere 

desunto da presunzioni siffatte che consentano al giudice di pervenire, 

caso per caso, e con esclusione di ogni automatismo, ad una determina


zione che secondo il suo prudente apprezzamento (formato eventualmente 

anche con valutazioni equitative, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ.) rispec


chi l'effettiva incidenza dell'inadempimento -nel cui corso intervenga 

~a svalutazione monetaria -sul patrimonio del singolo creditore dell'ope


ratore economico, con riferimento alla redditivit� netta del denaro desti


nato ai suoi ordinari investimenti imprenditoriali, redditivit� desumibile 

dalla capacit� operativa, quale risulta dall'attivit� pregressa (specie se 

i suoi risultati netti sono evidenziati da scritture contabili affidanti) o da 

quella prevedibile come normale in relazione alla struttura della sua 

azienda ed alle condizioni del mel'cato; del risparmiatore, con riferi


mento alle dimostrate personaH e normali modalit� di impiego del pro


prio denaro; del creditore occasionale, con riferimento alla corrisponden


za, deg1i impieghi allegati, a criteri di normalit� e di concreta possibilit�; 

del modesto consumatore, con riferimento alle normali e personali neces


sit� di impiegare il denaro per gli ordinari bisogni della vita e quindi con 

.. i'i 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

riferimento (ci� che nel caso pu� costituire il criterio residuale pi� attendibile) 
agli indici ufficiali dei prezzi al consumo per le famiglie di operai 
e impiegati; di ogni altro creditore in generale, con riferimento ai criteri 
che nei sensi di cui sopra risultino opportuni. 

E' chiaro che il creditore il q�ale disponga di entrate sufficienti potr� 
dare al denaro i.ma destinazione composita, cio� impiegarlo parte in investimenti, 
parte in consumi e parte in risparmio. In tal caso sar� delicato 
compito del giudice valutare gli elementi presuntivi in modo da stabilire 
secondo �criteri personalizzati di normalit� quali sono i danni patiti in 
relazione ai singoli prevedibili impieghi del denaro. 

In altri e conolusivi termini, in tema di inadempimento di obbligazioni 
pecuniarie, la svalutazione monetaria verificatasi durante la mora 
del debitore non giustifica, in s�, alcun risarcimento automatico (sotto 
il profilo del danno emergente) che possa essere attuato con la rivalutazione 
della somma dovuta, ma pu� essere causa di danni maggiori di 
quelli coperti con 'l'attribuzione degli interessi legali. Il creditore che 
intenda ottenere il risarcimento di tali maggiori danni ai sensi dell'art. 
1224 secondo comma cod. civ., ha l'onere di allegare e dimostrare, 
valendosi, senza alcuna limitazione, di ogni possibile mezzo di prova, il 
pregiudizio patrimoniale risentito; ed il giudice cui la relativa domanda 
venga proposta pu�, in mancanza di altre specifiche prove, utilizzare 
oltre che il notorio acquisito alla comune esperienza, presunzioni fondate 
su condizioni e qualit� pesonali del creditore e sulle modalit� di impeigo 
del denaro coerenti -�secondo i criteri della normalit� e della possibilit� 
-con tali elementi, per desumere dal complesso di questi dati (integrando 
ove occorra i risultati dell'indagine con l'esercizio dei poteri 
equitativi) quali maggiori utilit�, nei singoli casi, la somma tempestivamente 
pagata avrebbe potuto pron:iuovere al creditore medesimo. Ri� 
mane fermo, ovviamente, >l'onere del creditore di dimostrare in maniera 
pi� specifica l'eventuale danno emergente derivante dal fatto di aver 
dovuto procurarsi la somma (non pagatagli dal debitore) a condizioni 
particolarmente svantaggiose o mediante alienazione di beni reali, od il 
danno allegato con riferimento ad investimenti particolari specificamente 
programmati e resi poi impossibili dall'inadempienza del debitore. 

Nella specie, avanti al giudice di merito il creditore Izzo -come 

si � gi� detto -aveva prospettato fa possibilit� di impiegare la somma 

dovutagli dai Della Gatta, parte nell'acquisto di un appartamento e parte 

nell'impresa di costruzioni da lui esercitata, ed aveva dedotto che la 

mancata disponibilit� della somma stessa gli aveva impedito di stipulare 

il preliminare di compravendita (che avrebbe poi dovuto esibire al Banco 

di Napoli per potere ottenere un mutuo necessario al pagamento del 

residuo prezzo di acquisto) e di partecipare ad appalti di opere pubbliche 

ai quali era stato invitato a concorrere. 


298 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Per quanto riguarda il primo profilo, la Corte d'appello ha motivatamente 
disatteso l'assunto del creditore rilevando, con riferimento a risultanze 
specifiche, che la domanda di mutuo (il cui importo avrebbe dovuto 
servire a fronteggiare la maggior parte del prezzo del preteso program� 
mato acquisto) venne respinta perch� l'Izzo omise totalmente Ia presen� 
tazione della documentazione richiesta dal Banco di Napoli, e quindi ha 
escluso in punto di fatto la verit� di quanto allegato e l'esistenza del 
rapporto di causalit�. La contraria affermazione dello stesso Izzo, secondo 
cui l'unico documento mancante fosse il preliminare di compravendita, 
la cui strpulazione sarebbe stata impedita dall'inadempimento dei Della 
Gatta, � del tutto apodittica ed � priva di qualsiasi riferimento ad elementi 
documentali o ad altre risultanze che possano apparire trascurati 
dalla detta Corte. Non si vede quindi in quale senso possa esercitarsi 
il sindacato di questo Collegio sulla motivazione della sentenza impugnata, 
che perci� si sottrae, sul punto, alla censi.l.ra mossale. 

Non pu� invece, alla stregua dei principi dianzi enunciati, essere condivisa 
la motivazione relativa aJ secondo profilo. 
Respingendo l'assunto de1l'Izzo sul solo rilievo che non fosse dimo


. strata la necessit� di disporre proprio dalla somma controversa, la detta 
Corte non solo ha finito -come si � visto -con ['addossare alla parte 
l'onere di una prova negativa, ma ha trascurato dati di comune esperienza 
e non ha neppure considerato la possibilit� di trarre dai fatti a1legrati 
e dalla documentazione prodotta validi elementi di presunzione. Non 
ha considerato, cio�, n� 1se e quali illazioni potessero trarsi dal fatto notorio 
che le capacit� operative di una impresa sono direttamente influenzate 
dalla maggiore disponibilit� di denaro (specie in materia di appalto di 
opere pubbliche, .Ja cui assunzione importa per norma l'anticipazione di 
notevoli spese), n� quali conclusioni potessero desumersi, nei sensi di cui 
alle considerazioni dianzi esposte, da risultanze relative alla redditivit� 
netta dell'attivit� imprenditoriale dell'Izzo, ed in particolare dalle allegate 
occasioni di concorrere ad appalti del genere. 

Si rende necessaria pertanto, su questo punto, una nuova indagine 
ad opera di altro giudice, che uniformandosi ai principi sopra enunciati 
e valutando in base ad essi gli elementi acq�isiti e �le presunizoni che possano 
trarsi nonch� i dati di comune -esperienza, stabilisca se e quali 
utilit�, maggiori di quella assicurata dagli interessi legali, sarebbe derivata 
all'Izzo dall'impiego della somma che fosse stata tempestivamente pagata 
-(Omissis). 

-



SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STA',I'O, Se:Z. IV, 28 novembre 1978, n. 1102 -Pres. (ff.) 
Pezzana -Est. Carbone -AGIP (avv.ti Amici e Sivieri) c. Provveditorato 
regionale alle opere pqbbliche per il Piemonte (avv. Stato Favara) 
e I.A.C.P. d� Torino (avv.ti Criffa e Carusi). Appello T.A.R. Piemonte 
20 aprile 1977, n. 159. 

Edilizia popolare ed economica � Istituti autonomi case popolari � Assegnazione 
e gestione alloggi � Controlli amministrativi � Competenza 
regionale in epoca anteriore al d.P.R. 616/1977 � Esclusione. 

Edilizia popolare ed economica � Istituti autonomi case popolari � Contratti 
di enti pubblici � Gestione e ristrutturazione di impianti . termici 
� Contratto a trattativa privata � Approvazione � Competenza del 
Provveditorato alle opere pubb�iche � Effetti. 

Giustizia amministrativa � Appello � Motivi di ricorso nuovi e diversi � 
Inammissibilit� � Sussiste. 

Edilizia popolare ed economica -Contratti di Enti pubblici � Trattativa 
privata -Limiti � Fornitura di prodotti petroliferi � Possibilit� di approvazione 
parziale � Effetti. 

Nel periodo anteriore all'emanazione del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 
deve intendersi esclusa la competenza delle Regioni nel settore dei controlli 
amministrativi sull'attivit� degli Istituti autonomi per le case popolari, 
essendo limitata la potest� di controllo delle Regioni stesse alle sole 
materie previste dall'art. 117 della Costituzione e specificate nei singoli 
decreti di trasferimento di competenze statali (1). 

(1-4) Fattispecie interessante e decisione pienamente da condividere e sulla 
qu�le sembra opportuno meditare, posto che essa conferma ancora una volta 
la diffidenza con la quale anche il Consiglio di Stato guarda alla trattativa 
privata nei contratti pubblici. 

Converr� forse ricordare che i1 ricorso aUa trattativa privata (che pare 
godere ne1Ia prassi di un certo favore, specie in tema di acquisto di immobili, 
a volte faticosamente distinguibili da appalti di cose future) � ammesso solo 
nei casi tassativamente indicati dalla ,legge e cio� (art. 41 regolamento di 
contabilit� generale dello Stato): 

1} quando gli incanti o le licitazioni siano andati deserti, o si abbiano 
fondate ragioni per ritenere che ove si sperimentassero andrebbero deserti; 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

300 

In relazione all'ampio decentramento delle competenze ministeriali 
operato dall'art. 79 t.u. 28 aprile 1938, n. 1165 legittimamente il Provveditorato 
regionale alle opere pubbliche nega l'approvazione della deliberazione 
di un Istituto autonomo per le case popolari concernente il ricorso 
alla trattativa privata per la stipula di contratti relativi alla gestione 
e ristrutturazione di impianti termici (2). 

I motivi di ricorso in sede di appello che rivestano il carattere di 
novit� o che divergano coniunque da quelli proposti in primo grado 
sono inammissibili (3). 

Posto che il ricorso alla trattativa privata per l'aggiudicazione di contratti 
stipulati da enti pubblici � ammesso solo quando sussistono circostanze 
eccezionali, tali da escludere la possibilit� di ricorrere ad altre 
forme di contrattazione, e ci� in conformit� al disposto degli artt. 6 r.d. 

2) per l'acquisto di cose la cui produzione sia garantita da privativa 
industriale, o per la cui natura non sia possibile promuovere il concorso di 
pubbliche offerte; 

3) quando si debba provvedere a1l'acquisto di macchine, strumenti od 
oggetti di precisione che una sola ditta pu� fornire con i requisiti tecnici e 
il grado di perfezione richiesti; 

4) quando si debbano prendere in affitto locali destinati a servizi governativi; 
5) quando l'urgenza dei lavori, acquisti, trasporti e forniture sia tale 
da non consentire findugio degli incanti o della licitazione; 
6) in genere, in ogni altro caso in cui ricorrano speciali ed eccezionali 
circostanze per le quali non possano es�sere uti1mente seguite le altre forme. 

Inoltre, nei casi di cui sopra fa partico1are ragione che impone di ricorrere 
alla trattativa privata deve essere indicata nel decreto di approvazione 
del contratto e dimostrata al Consiglio di Stato quando sia richiesto il suo 
parere preventivo. ' 

La denominazione �trattativa privata� fa riferimento non alla circostanza 
di essere regolata da norme di diritto privato, bens� al fatto che 
-analogamente a quanto avviene per 1a licitazione privata -l'Amministrazione 
effettua preventivamente .La scelta dei suoi futuri contraenti, mentre 
nella procedura per pubblici incanti (o asta pubblica) chiunque risulti in 
possesso dei requisiti indicati nel bando � in condizione di partecipare alla gara. 

La massima libert� di forme, infine, distingue la trattativa privata dall'asta 
e dalfa li~itazione. privata (cfr. fusius BENNATI, Manuale di contabilit� 
di Stato, Napoli, 1970, 71 e sgg.; SANDULLI, Manuale di dirit.to amministrativo, 
Napoli, 1971, 445 e sgg.). 

Non sar� superfluo, infine, richiamare la nota (Irta a vo.Jte dimenticata) 
ratio della normativa suindicata che mira a far spuntare all'Amministrazione 
il prezzo pi� conveniente e vantaggioso, finalit� destinata a realizzarsi qualora 
sussista la possibilit� effettivi'\ di operare comunque una scelta fra pi� concorrenti 
(od offerenti) e ad essere invece irrimediabilmente frustrata quando 
l'Amministrazione acquista, ad esempio, a trattativa privata un erigendo edificio 
con le inevitabili, gravose conseguenze collegate ad aumento di prezzi, rivalutazioni 
monetarie, revisioni; :etc ... 

R.T. 

PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 301 

18 novembre 1923, n. 2440 e 41 r.d. 23 maggio 1924, n. 827, legittimamente 
l'organo di controllo sugli Istituti autonomi per le case popolari limita 
l'approvazione di un contratto di somministrazione di_prodotti petroliferi, 
stipulato nella forma della trattativa privata, solo al primo anno di f ornitura 
sulla preminente considerazione che solo limitatamente a tale 
primo anno pu� ritenersi sussistere l'urgenza idonea a giustificare il 
ricorso a tale eccezionale sistema di aggiudicazione (4). 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, Sez. I, 22 novembre 
1978, n. 984 � Pres. Tozzi � Est. Piscitello -Soc. Officina Viberti 
(avv.ti Carbone e StelJa Richter) c. Ministero difesa (avv. Stato Ferri), 
Soc. S.I.R.M.A.C. (avv.ti Moscarini e Aufiero) e Soc. Romanazzi (n.c.). 

Contratti pubblici -Appalto-concorso -Impugnativa di una esclusione Rinnovazione 
della gara senza aggiudicazione -Improcedibilit� per 
sopravvenuta carenza di interesse. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso � Criteri di valutazione � Discrezio� 
nalit� della p.a. � Sussiste. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso ~ Scelta fra i progetti � Criteri � Cor� 
rispondenza fra soluzioni offerte e previsioni di massima � Non � 
richiesta � Effetti. 

Nel caso di esclusione di una ditta da una gara di appalto concorso 
per ritenuta inidoneit� del progetto tecnico dalla stessa presentato, deve 
essere pronunciata l'improcedibilit�, per sopravvenuta carenza di interesse, 
del ricorso proposto dalla ditta esclusa qualora l'Amministrazione, non 
ritenendo di aggiudicare la gara a nessuno dei concorrenti, proceda al 
rinnovo della procedura concorsuale, invitando a partecipare alla nuova 
gara anche la ditta ricorrente in precedenza esclusa (1). 

E' rimessa un'ampia discrezionalit� alla p.a. nella valutazione dei progetti 
elaborati dai concorrenti ad un appalto concorso, in relazione alle 
specifiche esigenze che la stessa p.a. a mezzo della gara pubblica ha 
inteso soddisfare (2). 

Fermo che non � necessariamente richiesta un'assoluta corrispondenza 
fra la soluzione offerta e le previsioni di massima contenute nel 
capitolato speciale di un appalto concorso, la Commissione tecnica e 
l'Amministrazione in sede di scelta del progetto ben possono tener conto 
di soluzioni che, pur travalicando i limiti indicati nel capitolato d'appalto, 
risultano idonee a soddisfare reali esigenze dell'Amministrazione anche 
in prospettiva futura (3). 


302 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL MOLISE, 10 ottobre 
1978, n. 77 -Pres. Jannelli -Est. Camozzi -Tabossi (avv. Di Benedetto) 
c. Regione Molise -Comitato controllo Enti locali (n.c.) e 
Soc. Romana Luminex (avv.ti Panariti e Fiorella). 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Firma � Sottoscrizione 
da parte del ricorrente del mandato in calce o a margine � Autentica� 
zione del difensore � Regolarit� � Sussiste. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Obbligatoriet� della 
difesa tecnica � Necessit� di avvocato o -procuratore legale � Procura� 
tore iscritto in un albo lo~ale � Non � obbligatorio. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso � Criteri di valutazione � Discrezio� 
nalit� nell'aggiudicazione � Sussiste � Effetti. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso � Aggiudicazione Discrezionalit� 
della p.a. � Sussiste � Richiesta di esecuzione di varianti � Legittimit� � 
Trattative con l'offerente anche sugli aspetti finanziari � Ammissi� 
bilit� � Sussiste. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso � Aggiudicazione � Obbligo � Esclusione 
� Fattispecie � Contratto �ccessivamente gravoso sotto il profilo 
finanziario. 

Contratti pubblici � Appalto-concorso � Procedimento � Momento della con� 
elusione � Scelta del progetto � Esclusione � Stipulazione e approva� 
zione � Necessit� � Sussiste. 

Per effetto del rinvio contenuto -nell'art. 19, primo comma, della legge 
6 dicembre 1971, n. 1034, trova applicazione anche ai ricorsi proposti 
innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali l'art. 35 del t.u. 26 giugno 
1924, n. 1054, concernente le formalit� inerenti alla sottoscrizione dei 
ricorsi al Consiglio di Stato, formalit� che si intendono soddisfatte allorch� 
il ricorrente sottoscriva un mandato in calce o a margine del ricorso 
e il suo difensore autentichi tale sottoscrizione, irrilevanti essendo -sotto 
l'indicato profilo -sia il contenuto che l'ampiezza del mandato (4). 

Per effetto dell'art. 19, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, 

n. 1034 (a norma del quale risulta sancita l'obbligatoriet� della difesa 
tecnica anche innanzi ai T.A.R.), la legittimazione alla rappresentanza in 
.giudizio della parte � attribuita all'avvocato o al procur.q.tore legale nel 
rispetto delle competenze territoriali fissate ai sensi del r.d.l. 27 novembre 
1933, n. 1578 (artt. 4 e segg.);. peraltro non � previsto l'obbligo del ministero 
di un procuratore legalmente esercente e iscritto in un albo locale, stante 
l'inapplicabilit� ai giudizi innanzi al T.A.R. della normativa di cui all'ar




PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 303 

ticolo 82, terzo cornma, c.p.c., dettato solo per i giudizi innanzi ai Tribunali 
e alle Corti d'appello e pertanto non identificabile con una ,norma 
processuale generale (5). 

A differenza di quanto stabilito per le gare per i pubblici incanti o di 
licitazione privata, nelle procedure di appalto concorso non sussiste alcun 
obbligo di procedere comunque all'aggiudicazione dei lavori al migliore 
offerente, conservando di contra la p.a. un ampio potere discrezionale 
sia in ordine alla valutazione co"!lparativa delle offerte formulate sotto il 
profilo della capacit� e seriet� delle ditte offerenti, sia in ordine alla maggiore 
o m~nore rispondenza alle finalit� perseguite dei risultati della gara 
stessa (6). 

Cos� come del tutto legittimamente in una procedura di appalto 
concorso PU:_� essere subordinata l'aggiudicazione del contratto all'esecuzione 
di varianti, necessarie spesso per realizzare appieno la collaborazione 
pi� fattiva fra industria privata e Amministrazione, altrettanto ammissibile 
appare l'esigenza di intavolare trattative con l'offerente prescelto 
al fine di definire non solo la parte tecnica ma altres� l'aspetto finanziario 
e delle forniture (7). 

Qualora il progetto prescelto in un appalto concorso risulti eccessivamente 
oneroso dal punto di vista finanziario, anche se rispondente sotto 
il profilo tecnico, del tutto legittimamente la Commissione investita del 
relativo potere decisorio pu� soprassedere all'aggiudicazione (8). 

La procedura di appalto concorso, in analogia con la trattativa privata, 
trova la sua conclusione nella stipula e approvazione del contratto, 
non gi� nella semplice scelta del progetto (9). 

'fRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, Sez. I, 29 novembre 
1978, n. 995 -Pres. Tozzi, Est. Elefante -Cancrini (avv.ti Pizzuti 
e Rienzi) c. Universit� d~gli studi di Roma (avv. Stato Siconolfi), 
Pescotti (avv. Ca:savola) e Armando (avv. D'Agostino). 

Insegnante universitario -Incarichi � Attribuzione � Criteri �� Compara� 
zione fra appartenenti a categorie diverse � TitoU scientifici � Limiti � 
Effetti. 

U-9) cfr; in termini T.A!R. Lazio II rSez., 20 ottobre 1976, n. 600, in I Tribunali 
Amministrativi Regionali 1976, I, 3594; Cons. St. Sez. IV, 3 marzo 1961, 

n. 157, in Il Consiglio di Stato 1961, I, 442; Sez. V, 24 marzo 1972, n. 205, ivi 
1972, I, 419. 

304 RASSEGNA DELL'AVVOCATuRA DELLO STATO 

Insegnante universitario -Incarichi -Attribuzione -Criteri -Candidati inse� 
riti nella medesima categoria -Qualit� di studioso della materia � 
Rapporto fra aspiranti interni e aspiranti esterni � Effetti -Contributi 
originali alla disciplina. 

Per effetto dell'art. 4 d.l. 1� ottobre 1973, n. 580 (conv. nella l. 30 no� 
vembre 1973, n. 766) il legislatore ha innovato la disciplina del conferimento 
degli incarichi universitari con conseguente limitazione dei poteri 
discrezionali delle Facolt�, posto che per l'attrib,uzione dei nuovi incarichi 
rispetto al criterio, un tempo prevalente, del maggior merito scientifico 
dell'aspirante, deve ritenersi fondament_ale criterio di selezione quello 
della ripartizione dei candidati in una delle cinque categorie dalla legge 
indicate in ordine preferenziale, con la conseguenza che l'appartenenza 
ad una categoria di grado pi� elevato preclude la possibilit� di ogni 
comparazione con appartenenti ad altre categorie e impone l'obbligo per 
la Facolt� di scegliere l'appartenente alla categoria poziore (1). 

Nel caso di candidati al conferimento di un incarico universit_ario, 
inseriti tutti nella stessa categoria, occorre tener presente ai fini della 
scelta il criterio, un tempo prevalente �e ora sussidiario, della maggiore 
idoneit�, desumibile dal maggior merito didattico-scientifico del concorrente; 
pertanto anche per gli aspiranti interni pu� aver rilievo il requisito 
della qualit� ulteriore di studioso che abbia arrecato con le sue pubblicazioni 
contributi originali alla disciplina, qualit� che costituisce requisito di 
idoneit� per gli aspiranti esterni per i quali essa non rappresenta elemento 
aggiuntivo, ma indispensabile ai fini dell'ammissione a concorso, 
e ci� sulla base del rilievo che, trattandosi di soggetti estranei all'Universit�, 
si ritiene la presumibile mancanza di capacit� didattiche compensabile 
solo con il possesso di� spiccate capacit� scientifiche che ne consentano 
l'inserimento nella categoria dei docenti universitari (2). 

(1-2) La esistenza o meno di contributi originali alla disciplina da parte 

del concorrente ritenuto � studioso � � requisito indispensabile, richiesto dal


l'art. 4 del dJ. n. 580/1973. Per costante giurisprudenza degli organi della giuri� 

sdizione amministrativa, trattasi di valutazione di merito demandata al Consiglio 

di Facolt�, particolarmente insindacabile in sede di legittimit�, salvo macro


scopici ed evidenti errori (cfr. ad es. T.A.R. !Sicilia 8 luglio 1976, n. 269 in 

I Tribunali Amministrativi Regionali, 1976, I, 3180), e non potrebbe invero essere 

diversamente. 

La legge richiede al n. 3 dell'art. 4 del citato dJ. 580 due requisiti: a) essere 

uno studioso; b) avere recato con le proprie pubblicazioni contributi originali 

alla disciplina; � evidente, pertanto, che lo studioso non si identifica affatto 

con colui che ha recato contributi originali alla disciplina; nella definizione 

di studioso, cio�, non risulta affatto implicito il riconoscimento deLla origi


nalit� dei contributi; cosicch� al Consiglio di Facolt� .spetta una duplice valu


tazione: soggettiva, del candidato (studioso); oggettiva, sulla originalit� dei 

contributi del lavoro di studioso dallo stesso candidato svolto (cfr. in termini 

T.A.R. Piemonte, 18 gennaio 1978, n. 17, ivi, 1978, I, 955). 

SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 53 -Pres. Falletti 


Est. Battimelli -P. M. Dettori (conf.) -De Luca (avv. Camber) c. Mi


nistero delle Finanze (avv. Stato Viola). 

Imposta di registro -Sentenza che dichiara la simulazione assoluta -E' immediatamente 
tassabile come atto di rltrasferimento -Impugnazione Irrilevanza 
-Successiva riforma -Rimborso. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 17, 68, 72 e tariffa A, art. 120). 
La sentenza che dichiara la simulazione assoluta di un trasferimento 
� soggetta all'imposta dell'art. 68 dell'abrogata legge di registro e 120 della 
tariffa A in quanto opera il ritrasf erimento del bene non come contenente 
enunciazione ex art. 72; essa � immediatamente tassabile bench� 
impugnata, non potendosi parlare per le sentenze di atto sottoposto a 
condizione sospensiva a norma dell'art. 17, salvo il diritto al rimborso a 
seguito di riforma della sentenza secondo il principio introdotto con la 
sentenza della Corte Costituzionale 29 dicembre 1972, n. 200 (1). 

(Omissis). -Il primo motivo di ricorso, con cui si sostiene che la 
sentenza che accerti la simulazione assoluta di atto di trasferimento di 
immobili non sia immediatamente tassabile, ma sia soggetta alla condizione 
sospensiva del passaggio in giudicato per difetto di impugnazione, 
� infondato. 

Va chiarito infatti che nel caso di ,specie non si � in rpresenza di una 
tassazione della sentenza per enunciazione in essa contenuta in un atto 
di trasferimento o ritrasferimento, bens� per il fatto che la stessa senten~ 
za, per gli effetti che essa provoca di far venir meno il trasferimento 
contenuto nell'atto simulato, e di operare un nuovo trasferimento del 
bene a favore del simulato alienante, poich� ai fini fiscali ha rilevanza 
solo ci� che direttamente discende ,~fa un atto, ossia gli effetti immediati 
che esso produce, indipendentemente dalle sue successive vicende, cos� 

(1) Decisione di evidente esattezza. Sul punto che la dichiarazione di simulazione 
assoluta equivale a retrocessione la giurisprudenza � pacifica (Cass., 
28 gennaio 1974, n. 229, in questa Rassegna, 1974, I, 488, con richiami). La sentenza 
della Corte Costituzionale che ha introdotto il criterio della riliquidazione 
(o totale rimborso) dell'imposta di titolo dopo la riforma della sentenza 
subito assoggettata ad imposta, � pubblicata in questa Rassegna, 1972, I, 1055. 
Come � noto ,questo criterio � stato ora accolto dal legislatore della riforma 
(art. 35 d.PJR.. 26 ottobre 1972, n. 637). 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

come l'atto simulato a suo tempo aveva prodotto gli effetti del trasferimento, 
assoggettabili ad imposta di registro (e ai fini della tassazione 
non ha 1mportanza che poi, a seguito del giudizio, tale trasferimento sia 
venuto �meno), allo ste~so modo la sentenza, dichiarando la simulazione, 
aveva prodotto l'effetto di un nuovo trasferimento e diveniva di per s�, 
e non per enunciazione di altro atto, il titolo tassabile come produttivo di 
deternlinati effetti: effetti che, ai fini dell'imposta di registro, erano quelli 
potenziali t�lpici dell'atto, indipendentemente dalla loro possibilit� di immediata 
realizzazione. 

L'imposta in questione, pertanto, non � quella prevista dall'art. 72 
della legge organica di registro del 1923, vigente all'epoca della tassazione, 
bens� essa � dovuta a sensi dell'art. 68 della legge medesima e delil'art. 120 
della Tariffa allegato A, parte seconda, della medesima legge, e fu applicata 
all'atto della registrazione in quanto ia sentenza registrata comportava, 
come previsto dal citato art. 120, una trasmissione a titolo oneroso 
della propriet� dell'immobile. 

N� all; sentenza poteva applicarsi la norimativa de1l'art. 17 della 
stessa legge organica, regolante la tassazione di atti sottoposti a condizione 
sospensiva, in quanto detta norma disc�lplina la tassazione degli 
atti o contratti, non anche del.le sentenze, per le �quali non � ipotizzabile 
una condizione sospensiva contenuta nell'atto stesso, dipendendo l'esecutoriet� 
della sentenza (cio� Ia produzione in concreto deg1i effetti che 
comunque la sentenza in s� e per s� � idonea a produrre) non dal complesso 
delle sue disposizioni, bens� da un {atto estraneo alla sentenza, e 
posteriore a1la sentenza stessa, quale l'acquiescenza o meno delle parti 

o .la proposizione di impugnazione ammissibile; il che � confermato dal 
fatto che gli� articoli della legge organica del 1923, disciplinanti la tassazione 
delle. sentenze, non distinguevano affatto fra 1sentenze provvisoriamente 
esecut~ve o meno, confernlando con d� il principio fondamentale 
de1l'imposta di registro, che � imposta di atto e che, come tale, va 
pagata per la semplice potenzialit� di un atto, nel momento in cui � perfetto, 
di produrre deteriminati effetti, senza 1che alcuna importanza possano 
avere al momento della tassazione eventuali future vicende dell'atto 
stes~o (salvi delimitati e tassativi casi, espressamente previsti e la cui 
disciplina non � applicabile in via analogica ad ipotesi diverse). 
Un correttivo a tale sistema di tassazione va pertanto ricercato non 
nella sospensione dell'obbligo di pagamento dell'imposta proporzionafo, 
bens� nella.possibilit� per il contribuente di chiedere la restituzione dell'imposta 
pagata, una volta che!.... all'esito definitivo del giudizio, in conseguenza 
di riforma della sentenza traslativa originariamente tassata, non 
possano piu verificarsi gli effetti propri�della sentenza stessa: correttivo, 
questo, che, originariamente previsto per le sentenze solo nella limitata 
ipotesi di cui al n. 1 dell'art. 14 della legge di registro, � oggi a disposi



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 307 

zione del contribuente per ogni tipo di sentenza, in base alla pronunzia 
della Corte Costituzionale (sent. n. 200 del 29 dicembre 1972) che ha 
dkhiarato fillegittimit� costituzionale degli artt. 12 e 14 della legge di registro 
del 1923 per la parte in cui non prevedono, ai fini della restituzione 
dell'imposta proporzionale, l'ipotesi che sia riformata la sentenza con cui 
si attua il trasferimento di un diritto, con ci� implicitamente riconoscendo 
la legittimit� della pretesa di immediata tassazione della sentenza 
traslativa. 

L'imposta, pertanto, fu rettamente applicata al momento della registrazione, 
in base agli �effetti che a quel momento (unico rilevante) discendevano 
dalla sentenza, senza che potesse applicarsi il disposto dell'art. 17, 
non operante, nel caso di specie, per quanto innanzi gi� osservato 

(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 6 gennaio 1979, n. 55 -Pres. Iannuzzi Est. 
Cantillo -P. M. Raja -Ministero delle Finanze (avv. Stato Cevaro) 

c. Pagliuzzi tavv. Fubini). 
Imposte e tasse in genere � Rappresentanza del contribuente -Procura Revoca 
o estinzione � Effetti verso lAmministrazione. 
(e.e., art. 1396). 

Gli effetti della modificazione, della revoca e della estinzione della 
procura non sono opponibili al terzo che non ne abbia avuto conoscenza 
e ci� sia per gli atti compiuti dall'apparente rappresentante non pi� 
.munito di procura sia per gli atti compiuti da terzi nei suoi confronti. 
Sia nel casq di revoca o modificazione della procura per atto di volont� 
sia nel caso di estinzione per fatto obiettivo, deve essere provata la conoscenza 
da parte del terza (applicazione all'ipotesi di atto del procedimento 
tributario compiuto dall'apparente rappresentante e. di successivo 
atto di accertamento ad esso intimato) (1). 

(Omissis). -Sotti Emilia, vedova di Nemore M�ida, deceduto il 
28 maggio 1954, per la definizione delle questioni fiscali relative alla 
successione del marito, nomin� sua proouratrice speciale la signora Virano 
Dina iri"-Torti, la quale, nel giudizio relativo al valore dei beni caduti 
in successione, dopo aver proposto ricorso alla Commissione provinciale, 
l'8 gennaio 1964 rinunzi� al gravame e pag� l'imposta complementare; e 
ci� sebbene la sua mandante fosse deceduta fin dal 4 luglio 1960. 

(1) La decisione di molto interesse risolve con .la norma sostanziale di 
diritto comune (art. 1396 e.e.)" uno degU aspetti del problema, che spesso si 
presenta, �de11a validit� deg1i atti del procedimento tributario formati e notificati 
dopo la morte del contribuente ignorata dall'Amministraz~one. La deci7 




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

308 

Il 10 marzo_ 1965 l'U~ficio intim� ingiunzione per il pagamento degli 

interessi su tale tributo, in poco pi� di lire 3.000.000, notifkandola alla 

Scotti presso fa procuratrice Torti. Questa present� ricorso alla Commis


sione provinciale di Torino, la quale lo dichiar� inammissibile perch� 

proposto da soggetto ormai privo di l�gittimazione, stante il decesso 

della mandante. , 

L'Ufficio pertanto notific� altra ingiunzione per la stessa causale .agli 

eredi della Scotti, i quali proposero opposizione giudiziaria innanzi a.il 

Tribunale di Torino eccependo la prescrizione del .credito delia finanza, 

ai sensi dell'art. 2948 n. 4 e.e., essendo decorsi pi� di 5 anni dall'epoca 

in cui era stato corrisposto iJ tributo, cio� del1'8 gennaio 1964, a quello in 

cui l'ingiunzione era stata ad essi notificata; nel merito, poi, contestarono 

che fossero dovuti gli interessi e che questi potessero essere richiesti 

solidalmente, anzich� pro quota. 


L'Amministrazione sostenne che il corso della prescrizione era stato 

interrotto dalla notifica dell'ingiunzione effettuata il 30 aprile 1965 alla 

procuratrice della Sotti, la quale intimazione doveva ritenersi valida per


ch� l'estinzione della procura per morte de1la mandante non poteva 

essere opposta ad essa Amministrazione, ai sensi dell'art. 1396, avendo in 

buona fede ignorato il decesso, a1meno fino al deposito della decisione 

della Commissione Provinciale. 

Il Tribunale accolse l'opposizione limitatamente alla ripartizione del 

cr:edito portato dall'ingiunzione, escludendo, cio�, la solidariet� nel debito. 

La sentenza veniva riformata, con sentenza del 28 novembre 1975, 

dalla Corte di appello di Torino, la quale, riteneva prescritto il diritto 

dell'Amministrazione. 

Osservava che la notifica dell'ingiunzione effettuata il 30 aprile 1965 

alla Sotti presso la sua procuratrice doveva ritenersi invalida per due 

mdini di considerazioni: in primo luogo, perch� fa Sotti all'epoca era 

deceduta da tempo, sicch� l'ingiunzione avrebbe dovuto essere notifi


sione � ineccepibile. Si pu� tuttavia aggiungere che, anche in relazione a fat-
tispecie diverse, sono rilevanti sul probl�ma anche norme e regole di natura 

procedimentale: non potendo l'Amministrazione_ continuamente verificare l'esi


steru.a in vita dei contribuenti verso cui pendono procedimenti, � imposto 

agli eredi deL contribuente il dovere di dichiarare 1a morte e di indicare le 

generalit� e i1 domicilio fiscale (art. 65 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) e in 

mancanza della dichiarazione -l'accertamento pu� essere intestato alla persona 

defunta e notificato nel suo ultimo domicilio (Cass., 6 dicembre 1974, n. 4041, in 

questa }Jassegna 1975, I, 214, con richiami; v. anche Relazione Avv. Stato, 

1970-75, II, 536 e 582). Questo dovere del contribuente di dichiarare la morte 

e gli altri cambiamenti di status, vale anche agli effetti della nomina del 

procuratore (e deH':elezione di domicilio), quanto meno al fine di avvalorare 

l'affermazione deHa sentenza eh~ deve essere data la prova della conoscnza 

da parte dehl'Amministrazione dell'atto o fatto che toglie efficacente alla rap


presentanza. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cata agli eredi e nel domicilio di ciascuno di essi; in secondo luogo, 
perch� l'ingiunzione era stata notificata nel domicilio della mandataria 
Torti dopo l'estinzione del mandato e sebbene nella procura del 1954 Ja 
mandante non avesse eletto domicilio presso di lei. 

La notifica, quindi, risultava effettuata i? un luogo privo di qualsiasi 
collegamento con quello di residenza, dimora o domicilio della destinataria 
e perci� doveva considerarsi inesistente, tanto pi� che in nessun 
cas� l'atto poteva� raggiungete il suo scopo, stante il decesso della 
Sotti. 

Quando, poi, al richia!).10 all'art. 1396 e.e., la Corte osservava che 
l'onere di provare l'ignoranza della causa di estinzione della rappresentanza 
incombe a colui che invoca la buona fede; e nella specie--questa 
prova non era stata� data dall'Amministrazione dovendosi �presumere, 
anzi, che avesse per propria colpa ignorato la morte della Sotti. 

Infatti, poich� l'art. 84 della Jegge sulle successioni del 1923 faceva 
obbligo agli uffici dello Stato. civile di dare comunicazione dei decessi 
all'Amministrazione finanziaria, doveva ritenersi che anche Ja morte 
della Sotti fosse stata comunicata al competente ufficio delle imposte. 

Inoltre, a seguito del decesso, era stata presentata denunzia di successione 
relativa agli stessi b~ni che formavano oggetto della. successione 
del marito e perci� era inverosimile che, quanto meno in .questa occasione, 
l'Amministrazione non fosse venuta a conoscenza dell'evento. 

La Corte osservava, infine, che l'art. 1396 si riferisce, ai fini della 
tutela dell'affidamento,. agli atti compiuti dal rappresentante dopo �l'estinzione 
del potere di rappresentanza e non gi� a quelli compiuti dal terzo, 
sicch� nella concreta vicenda la disposizione non poteva comunque essere 
invocata dall'Amministrazione finanziaria. 

Questa ha proposto ricorso affidato a cinque mezzi di annullamento. 

Res!stono gli eredi della Sotti con controricorso e memoria. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il primo e terzo motivo di ricorso vanno esaminati insieme perch� 
con entrambi si censura l'interpretazione dell'art. 1396 comma secondo 
cod. civ. recepita dall~ sentenza impugnata, a11a quale si rimprovera di 
avere ritenuto che la novma sia applicabile soltanto agli atti compiuti dal 
rappresentante dopo l'estinzione della procura, non anche a quelli posti 
in essere nei suoi confronti dai terzi; e che -divevsame:p.te da quanto 
stabilito nel primo comma della disposizione -incomba a costoro 
l'onere di dimostrare di avere ignorato senza colpa l'estinzione della 
procura. Sostiene l'amministrazione ricorrente, sotto il primo profilo, 
che le regole disciplinanti H potere rappresentativo si applicano alla rappresentanza 
passiva come a quella attiva, n� alcuna distinzione in proposito 
introduce la norma in esame; e, sotto il secondo pro.filo, che questa 


310 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� dettata allo scopo di tutelare, i terzi di buona fede quando fa procura 

I

venga modificata o si estingua e che pertanto, tanto nelle fattispecie di �: 
cui al primo comma quanto in quelle di oui al secondo comma, incombe ~ 
al rappresentato o ai suoi aventi causa di dimostrare che i terzi cono:'. 
scessero o dovessero conoscere (secondo l'ordinaria diiligenza) le vicende 
suddette. 


La censura � fondata. 

I

~

L'art. 1396 cod. dv. stabilisce i limiti in cui le vicende modificative ed 
estintive della procura sono rilevanti nei confronti dei � terzi � (rispetto 
al rapporto di rappresentanza), che -come altre volte ha ,chiarito questa 
Corte Suprema (sent. n. 915 del 4 aprile 1970) -sono i soggetti con i 
quali il rappresentante deve svolgere l'attivit� giuridica (negoziale o non 
negoziale) oggetto dell'incarico a lui affidato dal rappresentato, in vista 
di un rapporto da costituire o nell'ambito di un rapporto gi� esistente. 
La ragionevole opinione di tali soggetti circa la persistenza e l'identit� 
dell'incarico gestorio, generata dalla mancanza di mezzi predisposti per 

I

informarli dei fatti modificativi o estintivi dello stesso, viene tutelata 
dalla norma dando la prevalenza alla situazione giuridica apparente 
su quella reale quando il terzo non abbia avuto 1conoscenza o non sia stato 

I

posto in grado di ,conoscere i fatti suddetti, che vengono pertanto dichia


I ~ 

rati inoperanti nei suoi confronti. .�Ci� in applicazione del principio 
-connesso con l'autonomia privata -del rischio per l'altrui affidamento, 
in quanto nella situazione suddetta il soggetto che si avvale 
dell'istituto della rappresentanza volontaria, quale strumento di espan


I 

sione della sua attivit� giuridica, deve sopportare le conseguenze dell'in


I!

colpevole affidamento dei terzi nella persistente legittimazione del rappresentante 
tdovuto a deficienze dell'istituto medesimo). 

~ 

Ora, � anzitutto privo di fondamento il convincimento della Corte 

i 

di merito per cui la norma sarebbe applicabile soltanto all'attivit� svolta, 

! 

suocessivamente alla modifica o all'estinzione della procura, dal rappre;
; 
sentante (apparente) nei confronti dei terzi (c.d. rappresentanza attiva) 
e non a quella di costoro nei confronti del rappresentante (c.d. rappresentanza 
passiva). La distinzione non risulta dall'art. 1396 cod. civ., che, 
dichiarando inopponibili -nelle condizioni ivi previste -fo cause modificative 
ed estintive della procura, 1sancisce la totale irrilevanza di queste 
nei confronti dei terzi, per i quali, quindi il rapporto di rappresentanza 
continua ad essere operante ad ogni effetto, indipendentemente-dalla 
circostanza ,che destinatari dell'attivit� giuridica siano gli stessi terzi o il 
rappresentante e perci� anche per gli atti compiuti dai primi nell'ambito 
del rapporto o dei rapporti ai quali si riferisce fa procura. 


La limitazione, poi, � priva di fondamento razionale, giacch� la rilevata 
finalit� della disposizione sarebbe in notevole parte elusa se questa 
non si applicasse agli atti compiuti dai terzi, nel cui interesse � dettata. 

! 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Infine, va osservato che nei rapporti fra mandante e mandatario 
l'efficacia delle cause estintive � relazionata alla conoscenza delle stesse 
da parte del secondo (art. 1729 cod. civ.); e poich� cos� risulta l'intento 
del legislatore di regolare in base allo stesso principio l'opponibilit� di 
tali cause all'interno e all'esterno del rapporto gestorio (come, del resto, 
gi� faceva l'art. 1762 cod. dv. 1865), anche per questa via deve essere 
negata la discriminazione operata dalla sentenza impugnata, che senza 
alcuna valida ragione sottrarrebbe a1l'anz1detta disciplina una consistente 
categoria di atti. 

Del p�ri agevolmente si coglie l'errore in cui � incorsa la Corte per 
avere ritenuto che, nelle ipotesi_ di cui al secondo comma del.l'art. 1396, 
competa ai terzi l'onere di dimostrare l'ignoranza incolpevole delle cause 
estintive della procura. 

La norma distingue le modificazioni oggettive e la revoca della procura, 
cio� le vicende dipendenti da una determinazione volitiva del rappresentato 
successiva al conferimento del potere rappresentativo (primo 
comma), dalle cause estintive risultanti dal titolo della rappresentanza o 
indipendenti dalla volont� del rappresentato (secondo comma; si tratta 
delle fattispecie estintive di cui ai nn. 1, 3 e 4 dell'art. 1722). 

Nelle ipotesi del primo tipo, si esige che le successive istruzioni impartite 
dal dominus al rappresentante e la revoca dell'incarico siano 
portate a conoscenza del terzo con mezzi partecipativi idonei, adeguati, 
cio� alla condizione dei soggetti ed al.l'indole del rapporto; in mancanza, 
esse non spiegano effetti, tranne che il t~rzo ne abbia avuto aliunde 
conoscenza lalla quale deve essere equiparata, secondo l'orientamento 
prevalente, la possibilit� di conoscenza). 

Sul piano probatorio, quindi, come riconosce anche la sentenza impugnata, 
spetta al rappresentato l'onere o di dimostrare di avere provveduto 
in modo adeguato alla comunicazione suddetta, realizzando le condizioni 
di conoscibilit� della modifica o della revoca da parte del terzo, 
ovvero di provare che questi conosceva . o poteva conoscere tali eventi. 

In relazione alle altre vicende estintive del potere di rappresentanza, 
invece, la norma non richiede alcuna forma di partecipazione a carico 
del rappresentato, siccome non si tratta di atti negoziali da lui compiuti, 
ma o di fatti conosciuti o conosdbiH dai terzi in base alla procura (scadenza 
del termine, compimento dell'affare, etc.) o di eventi indipendenti 
dalla volont� del rappresentato medesimo (morte o sopravvenuta incapacit� 
dello 'stesso o del rappresentante, rinunzia ai mandato etc.). 

Ma questa diversit� di natura e di disciplina delle cause estintive non 
giustifica affatto il diverso regime provatorio ipotizzato dalla sentenza 
impugnata. Anche per esse, infatti, la norma dispone che � non ,sono oppo� 
nibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate�, tenendo cos� fermo il 
principio, costituente il supporto della disciplina di cui all'ipotesi prece



312 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dente, che Ie cause estintive operano soltanto se l'affidamento del terzo 
sia mancato o sia dipeso da sua colpa. 

Si richiede, cio�, la conoscenza effettiva del fatto estintivo la presenza 
di circostanze contrastanti con l'apparente persistenza dell'incarico, 
tali che il terzo avrebbe dovuto e potuto prendere conoscenza del mutamento; 
nelle quali ipotesi, venendo meno la sua buona fede, cade la 
stessa ragione di attribuire rilievo giuridico alla situazione apparente e 
-di privilegiare finteresse del terzo rispetto a quello del rappresentato o 
dei suoi aventi causa. 

In sostanza, nel primo come nel secondo comma, la norma eleva a 
presupposto di efficacia della fattis�pecie estintiva della rappresentanza, 
nei riguardi dei terzi (ed anche dello stesso mandatario, ex art. 1729), la 
conoscenza o conoscibilit� dell'evento. E d� comporta, secondo gli ordinari 
principi sull'onere probatorio, che incombe al rappresentato o ai 
suoi aventi causa di dimostrare il perfezionamento della fattispecie, 
provando l'effettiva conoscenza o i presupposti della conoscibilit�, cio� 
le civcostanze che escludono l'apparenza e, quindi, l'affidamento. 

In base a questo principio, nella specie, l'onel'e di dare la prova che 
l'Amministrazione finanziaria avesse conosciuto o fosse in grado di cono


. 
scere l'estinzione della procura, per l'avvenuto decesso della Sotti, incombeva 
agli eredi di quest'ultima e non alla medesima Amministrazione, 
come erroneamente ha ritenuto la Corte di appello. E questo errore 
inficia, manifestamente, anche 1a successiva indagine svolta in proposito, 
giacch� gli elementi segnalati come idonei a far presurriere la conoscenza 
dell'evento da parte dell'Amministrazione risultano addotti per escludere 
che questa avesse ottemperato all'onere di prova ipotizzato a suo 
carico, non per affermare positivamente l'esistenza di tale conoscenza o 
di una situazione di conoscibilit� (come risulta, fra l'altro dalla frase, 
introduttiva dell'indagine, �se una presunzione � ricavabile dagli atti, 
questa � a favore delle contribuenti�) -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 gennaio 1979, n. 228 -Pres. Iannuzzi Est. 
Sandulli -,P. M. Pedace (con:li.) -Opera pia per l'assistenza climatica 
all'infanzia (avv. Carboni Corner) c. Ministero delle Finanze 
tavv. Stato Soprano). 

Imposta sui fabbricati -Edificio di opera pia adibito statutariamente a 
ricovero gratuito di bambini -Non suscettibilit� di reddito � Tassabilit� 
� Esclusione. 

(t.u. 29 gennaio 1968, n. 645, art. 69). 
Un fabbricato di un'opera pia adibito a ricovero gratuito di bambini 
non � soggetto all'imposta sui fabbricati in quanto insuscettibile di red




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 313 

dito agli effetti dell'art. 69 del t.u. sulle imposte dirette, quando tale 
destinazione risulti dallo statuto dell'ente approvato con decreto del 
Presidente della Repubblica (1). 

(Omissis). -Con il primo motivo, la ricorrente denunciata la violazione 
e la falsa applicazione degli artt. 53 cost., 1 della fogge 26 gennaio 
1865, n. 2136; 69 del t.u. 29. gennaio 1958, n. 645; 2, 3 e 4 del d.P.R. 
24 dicembre 1954, n. 1521; della legge 17' luglio 1890, n. 6972; in relazione 
all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. -sostiene che -essendo adibiti gli 
stabili di sua propriet�, per vincolo statutario, a ricovero (gratuito) dei 
bambini poveri della provincia �di Milano, bisognosi di cura, non sia 
dovuta l'imposta sui fabbricati, in quanto gli edifici, essendo destinati 
per disposizione ,statutaria ad attivit� non suscettibile di reddito, non 
sarebbero soggetti_ a tassazione. 

La censura � fondata. 

Secondo l'opinione della Commissione Tributaria Centrale, non 'sarebbero 
assoggettabili all'imposta sui fabbricati soltanto gli stabili inidonei, 
per loro natura (materiale) intrinseca, ad utilizzazione economica. 

Secondo la ricorrente, invece, l'imposta sui fabbricati sarebbe inapplicabile 
anche nell'ipotesi in cui, per destinazione fissata dal .diritto 
obiettivo, non sussisterebbe possibilit� di trarre un :reddito dagli edifici. 

Fra le due posizioni questa Corte ritiene che meriti adesione fa tesi 
della ricorrente. 

Il problema di fondo che si pone � se sia (o meno) dovuta, a norma 

dell'art. 69 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle leggi sulle imposte 

dirette), l'imposta sui fabbricati per gli stabili di un'opera pia (istitu


zione di assistenza e benefidenza) che siano privi di redditivit� per 

(1) La decisione non pu� essere condivisa n� sul punto oggettivo della 
incapacit� di reddito di un fabbricato adibito ad un uso infruttuoso n� sul 
punto della natura normativa, con ri1evanza esterna, dello Statuto approvato 
con d.P.R. 
L'espressione dell'art.� 69 del t.u. sulle imposte dirette (conforme a quella 
dell'art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) �suscettibile di reddito autonomo 
,, ha tradizionalmente un significato ben diverso da qu�l!lo assunto ne11a 
sentenza in nota. La � suscettibilit� di reddito� � intesa prevalentemente in 
correlaiione alla �autonomia�, nel senso cio� che non sono soggetti al!la specifica 
imposta i fabbricati strumentali per la produzione di un reddito diverso 
(dominicale e agrario o di impresa). Potrebbe in tesi immaginarsi. una insuscettibilit� 
oggettiva assoluta, ma questa si identifica con le ipotesi di esclusione 
espressamente previste nel.l'art. 77. Fuori di queste ipot�si, la redditivit� 
(reddito medio ordinario) � determinata oggettivamente e indipendentemente 
da qualunque destinazione, anche vincolata, e da un rendimento effettivo. 
Sono quindi soggetti all'imposta i fabbricati del patrimonio indisponibile e 
perfino quelli del demanio fruttifero che pure hanno un vincolo di destinazione 
ben pi� marcato di queHo (privatistico) di una norma statutaria. L'uso 



314 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


esserne adibiti a ricovero di bambini poveri, gracili e bisognosi di cure, ~: 

in forza di una disposizione normativa contenuta nello Statuto dell'ente 

approvato con decreto del Presidente della Repubblica. 

Intimamente collegato ad esso � il quesito se lo Statuto di un ente 
pubblico approvato con decreto presidenziale integri un atto di normazione 
tsecondaria) avente forza di Iegge, con l'implicazione che� le norme 
in esso wntenute siano norme giuridiche di diritto pubblico, aventi rilevanza 
anche nei confronti dei terzi con i quali l'ente venga in relazione. 

Ai fini della disamina delle questioni delineate occorre muovere dai 

dati normativi. 

A norma dell'art. 69, comma primo del d.P.R. 28 gennaio 1958, n. 645, 
l'imposta sul reddito dei fabbricati � dovuta per le costruzioni stabili 
(di qualunque specie e destinazione) che siano �suscettibili di reddito 
autonomo�. 

Ai sensi dell'art. 4 dello Statuto dell'Opera Pia ricorrente, approvato 
con decreto presidenziale 24 dicembre 1954, n. 1521, �i fabbricat'i dell'istituzione, 
siti in Comune di Selvino, sono adibiti (per destinazione prefissata) 
a ricovero dei bambini poveri della provincia di Milano, bisognosi 
di cure�. 

In base a tali statuizioni normative, si tratta, quindi, di stabilire se 
gli edifici destinati per l'ordinam�nto statutario dell'ente di assistenza 
e beneficienza a ricovero gratuito dei bambini poveri possano considerarsi, 
ai sensi ed agli effetti dell'art. 69 del t.u. n. 645 del 1958, privi di 
redditivit� (ex lege) e, pertanto, non assoggettabili all'imposta sul reddito 
dei fabbricati. 

E' noto che, secondo i .principi generali del nostro sistema tributario, 
l'imposta sui fabbricati ha carattere reale e colpisce >l'edificio in relazione 
al reddito che esso � suscettibile di produrre, ossia con riferimento al 

de1 fabbricato in un modo particolare non ne esclude di certo la redditivit�. 
Ben altro � il tenore della sent. citata nel testo, 7 settembre 1970, n. 1286 
(in questa Rassegna, 1970, I, 892) che ha riconosciuto soggetti all'imposta gli 
�difici scolastici. 

Ancor meno convincente � J'affermazione che lo statuto di un'opera pia 
approvato con d.P,R.., sia un atto di normazione secondaria avente forza giuridica 
di legge anche nei confronti dei terzi. Quale che possa essere l'efficacia 
vincolante dello statuto per l'ente, � certo che n� J'atto deliberato daLl'ente stesso, 
ne il d.P.R. di approvazione hanno valore normativo e meno che mai valore 
di normazione secondaria agld effetti tributari. Sarebbe veramente grave ammettere 
che ogni attivit� amministrativa di contro!J.o o vigilanza conferisca � forza 
giuridica� di legge ad ogni atto di autonomia privata. Giova ricordare che 
riguardo al problema, per qualunque aspetto assimilabile, delta destinazione vincolata 
degli avanti di gestione, la SJC, ha sempre escluso ogni rilevama del 
vincolo nascente dagli statuti comunque approvati, anche per gti enti pubblici 
con bilancio soggetto ed approvato statale (Cass., 28 giugno 1978, n. 3196 e 
22 settembre 1978, n. 4248, in questa Rassegna, 1978, I, 636 e 1979, I, 193). 

'~


I


I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

reddito potenziale ritraibile (in base a qualsiasi ipotizzabile destinazione), 
e che, secondo la giurisprudenza della Corte Suprema (cfr. sent. 7 settembre 
1970, n. 1286) m�ntre � del tutto irrilevante, ai fini dell'assoggettabilit� 
all'imposta sui fabbricati, l'improduttivit� di reddito che dipenda 
non dall'obiettiva natura della costruzione, ma dalla volontaria destinazione 
del bene da parte del soggetto disponente, il tributo sul reddito 
dei fabbricati deve ritenersi escluso quando una destinazione inidonea 
alla redditivit� (con divieto implicito di mutazione) sia imposta dalla 
legge (come, ad esempio, in ordine ai beni sottoposti al regime di demanialit�), 
la quale non �consenta una uti1izzazione del bene per un uso 
produttivo di reddito. 

Per modo che, alla stregua del princip�o, secodno cui non sorge imposizione 
se non c'� produttivit� potenziale del reddito -che questa 
Corte ritiene di dover ribadire -l'unico profilo da risolvere, nel caso di 
specie, resta quello se nell'ambito della � legge �, che imponga una 
destinazione limmodificabile per d~termil)azione volitiva del soggetto 
disponente) improduttiva di reddito, rpossa ricomprendersi anche la disposizione 
normativa contenuta in un ordinamento statutario arprprovato con 
decreto del Presidente della Repubblica. 

Trattasi di stabilire, perci�, se nell'ambito concettuale della �legge� 
(intesa come diritto obiettivo) debba ricomprendersi esclusivamente la 
legge formale (soggetta al regime tipico dell'atto legislativo vero e proprio) 
o possa trovare collocazione ogni fonte di diritto materiale (scritto). 

E' noto .che gli Statuti degli enti pubblici dotati di potest� statutaria 
(autoorganizzazione), e cio� della potest� di porre le regole del proprio 
assetto strutturale, essendo soggetti al controllo dell'autorit� ,statale o 
regionale, vengono approvati, nel rprimo caso, con strumenti diversi 
(con leggi, con decreto del Presidente della Repubblica), e che essi, pur 
essendo tenuti, quali atti di normazione secondaria, aventi forza di 
legge, provenienti da centri di autonomia normativa diversi dallo Stato, 
a rispettare le fonti di normazione primaria (leggi vere e proprie, 
decreti legislativi, decreti legge) ed i regolamenti che diano attuazione, 
contengono vere e proprie norme giuridiche di diritto pubblico, le quali, 
anche se prive di valore di legge, hanno forza giuridica (efficacia) di legge 
anche nei confronti dei terzi che vengono in relazione con gli enti e che 
sono destinatari della loro attivit� lcfr., in tal senso, Cass. 22 gennaio 
1953, n. 157). 

Per modo che -avendo le norme dettate dagli Statuti degli enti 
pubblici, approvati con decreto del Capo dello Stato, la medesima efficacia 
giuridica della legge formale -deve ritenersi che nell'ambito 
concettuale del sostantivo �legge� (inteso come diritto obiettivo) debbano 
considerarsi ricompresi non soltanto le leggi vere e proprie, ma 
anche gli atti di normazione (secondaria) contenuti negli ordinamenti sta



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO

316 

tutari degli enti pubblici, approvati con atto del Presidente della Re-. 
pubblica. 

Pertanto, ove nello Statuto di un ente pubblico, approvato con 
decreto del Capo dello Stato, sia contenuta runa norma che imponga 
una destinazione improduttiva di reddito (con implicito divieto di mutazione 
di essa) ad un edificio di propriet� dell'ente, deve esdudevsi che Io 
stesso sia assoggettabile a1l'imposta sui fabbricati ex art. 69 del d.P.R. 
29 gennaio 1958, n. 645 (t.u. delle imposte dirette) -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 gennaio 1979, n. 289 -Pres. La Farina Est. 
Virgilio -P. M. Morozzo della Rocca (diff.) -Petralia c. Ministero 
delle Finanza (avv. Stato Pagan�). 

Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie � 
Pena pecuniaria -Societ� avente personalit� giuridica -Responsabi� 
Iit� dell'amministratore � Esclusione. 

(1. 7 gennaio 1929, n. 4, art. 9, 10 e 12). 
Quando il tributo � posto a carico di societ� avente personalit� giuridica, 
a questa soltanto � riferibile l'infrazione s� che della pena pecuniaria 
non deve rispondere l'amministratore (1). 

(Omissis). -Ci� precisato e considerato, e passando all'esame dei 

motivi di ricorso, va data la precedenza al quarto dei motivi stessi, con 

il quale il ricorrente -richiamando quanto gi� esposto nella parte preli


minare dell'impugnazione -denuncia violazione degli articoli 9, 10, 11 e 

12 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, in relazione agli articoli 196 e .197 c.p. 

e 360 n. 3 c.p.c. 

Sostiene, in particolare, che le indicate disposizioni non consentono di 

configurare una corresponsabilit� solidale, di natura civile o amministra


tiva a carico degli amministratori e rappresentanti di societ� avente 

personalit� giuridica in ordine alle infrazioni tributarie contestate all'ente. 

(1) Si conferma l'indirizzo della sent. 22 luglio 1976, n. 2903 (in questa 
Rasegna, �1977, I, 147, con nota critica). !Sono da confermare le critiche gi� 
mosse. In particolare non si comprende come dal testo chiarissimo dell'art. 10 
che, come � ovvio, per le sanzioni penali enuncia la responsabilit� (personale) 
dell'amministratore e quella sussidiaria dell'ente fornito di personalit� giuridica 
e dall'applicazione della stessa regola alle sanzioni amministrative per effetto 
dell'art. 12, possa passarsi ad affermare che non sia prevista in dette norme 
la ipotesi che il tributo, e la relativa infrazione, sia posto a carico di soggetto 
avente personalit� giuridica. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 

La censura, anche se non puntuale in tutti i suoi aspetti, � fondata. 

Questa Corte Suprema (Cass. 22 luglio 1976, n. 2003) ha ritenuto che 
la disciplina desumibile degli articoli 9, 10 e 12 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4 esclude la responsabilit� solidftle del rappresentante di ente 
fornito di personalit� giuridica (come la societ� a r.l.) per il pagamento 
della pena pecuniaria inflitta all'ente, autore della violazione della legge 
finanziaria; infatti le norme citate riguardano fa responsabilit� indiretta 
delle persone fisiche e delle persone giuridiche private per le violazioni 
tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro 
vigilanza, direzione o 'autorit� oppure dai loro rappresentanti, e non prevedono 
il caso in cui il tributo sia posto a carico dell'ente fornito di 
personalit� giuridica a cui sia ascritta l'infrazione, con la conseguenza 
che ~on pu� considerarsi autore dell'illecito i� rappresentante dello stesso 
ente, n� pu� �ttribuirglisi la responsabilit� solidale per l'illecito tributario 
commesso da altro soggetto. 

Dall'enunciato principio deriva che l'azione dell'Amministrazione 
finanziaria volta ad ottenere . l'iscrizione ipotecaria sui beni dell'attuale 
ricorrente fu esercitata fuori dell'ambito delle previsioni della legge n. 4 
del 1929, nell'erroneo presupposto che il Petralia -pur non potendo 
essere qualificato � trasgressore � delle norme violate -fosse tuttavia 
corresponsabile in via solidale con l'ente per l'illecito tributario in base 
alla semplice sua veste di vicepresidente della Cooperativa, mentre una 
tale corresponsabilit� -a causa della quale fu iscritta l'ipoteca -in 
effetti non sussisteva. 

Giustamente, dunque, il Petralia -che la stessa Corte di arppello ha 
qualificato, con accertamento di fatto non censurato in questa sede, 
non trasgressore delle norme tributarie, escludendo cos� che avesse concretamente 
� partecipato all'illecito e che fosse, quindi eventualmente 
responsabile ad ~ltro titolo -propose l'azione per la declaratoria di 
illegittimit� della procedura di costituzione della garanzia immobiliare 
sui suoi beni -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 391 -Pres. Falletti Est. 
Lipari -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Carbone) �C. Bruzzi. 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a 
garanzia di credito tributraio � Annullamento in sede giurisdizionale Obbligo 
dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi � Natura 
e decorrenza. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, .art. 69). 

318 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a 
garanzia di credito tributario . Annullamento in sede giurisdizionale � 
Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli interessi � Prescrizione 
� Decorrenza. 

(e.e., art. 2935). 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a 
garanzia di credito tributario � Disapplicazione da parte del giudice 
ordinario � Impossibilit�. 

Qualora l'Amministrazione abbia ordinato il fermo amministrativo 
di una somma a garanzia di un credito tributario assistito a un fumus 
boni iuris lnella specie contestazione di reato di contrabbando) rifiutandone 
successivamente la revoca o la riduzione, e l'interessato abbia 
ottenuto una pronuncia del giudice amministrativo di annullamento del 
provvedimento negativo di revoca, sono dovuti gli interessi legali �dalla 
data dell'istanza di revoca sulla somma non pi� legittimamente trattenuta 
ll). 

Poich� con l'imposizione del fermo amministrativo il diritto del creditore 
si degrada ad interesse legittimo, la domanda di pagamento degli 
interessi di mora non pu� essere proposta prima che intervenga la pronuncia 
del giudice amministrativo che ripristina il diritto, si che prima di 
questo momento non comincia a decorrere il termine di prescrizione (2). 

� Il giudice ordinario non pu� disapplicare il fermo amministrativo, 
che ha operato l'affievolimento del diritto, al fine della pronuncia sulla 
domanda di pagamento di interessi (3). 

(Omissis). -Si discute in causa della spettanza di interessi moratori; 
della entit� della somma cui commisurare detti interessi; e del dies a quo 
cui avere riferimento per la Hquidazione. 

Come risulta dalla narrativa che precede era accaduto che un credito 
verso l'amministrazione dello Stato a titolo di maggiori oneri derivanti 
dall'importazione dei prodotti petroliferi per complessive L. 38.567.721 

((1-3) Decisione di rilevante interesse. In ordine alla prima massima, meriterebbe 
maggiore approfondimento n punto della decorrenza degli interessi. 
La sentenza rivela una notevole incertezza quando passa all'esame della questione 
(di �indubbio margine di delicatezza�) del passaggio in giudicato delle 
decisioni del Consiglio di Stato ex art. 327 c.p.c., dopo aver afflermato che il 
diritto soggettivo prima affievolito si � riespanso a seguito dell'annullamento 
con i'efficacia retroattiva tipica de11a sentenza di annuLiamento; se cos� fosse, 
sarebbe superflua ogni disamina su11a data de1 passaggio in giudicato. Resta a 
vedere se anteriormente alla pronuncia del giudice amministrativo, l'Amministrazione 
possa considerarsi in mora (il che sembrerebbe da escludere) se la 
mora possa sopravvenire con l'annuHamento del provvedimento (il che parimenti 
dovrebbe escludersi non potendosi dilatare .}'effetto ripristinatorio del




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 319 

era stato assoggettato per intero a fermo amministrativo in pendenza di 
procedimento penale per contrabbando nel corso del quale il Tribunale 
emetteva condanna per L. 35.993.373 (di cui 15 milioni coperti da ipoteca 
giudiziale) venuta poi a cadere in grado di appello. 11 creditore Bruzzi, 
essendo stata respinta istanza di revoca totale o parziale del fermo, presentata 
il 23 agosto 1962, adiva il Consiglio di Stato il quale annullava il 
provvedimento di mancata revoca del �fermo� attesa l'eccessivit� della 
garanzia. 

I pagamenti per la sola sorte venivano effettuati dalla P.A. quanto 
a L. 33.884.095 il 9 dicembre 1970, e quanto a L. 4.673.624 il 18 settembre 
1971. 11 Bruzzi pretende gli interessi sulle somme tardivamente rimborsate 
dalla data (24 agosto 1959) del fermo amministrativo disposto �sulle 
somme stesse. 

La Corte d'Appello ha liquidato gli interessi legali sulla somma di 

L. 17.575.348 (e cio� sulla eccedenza del fermo rispetto al credito cautelato) 
con decorrenza dal 23 agosto 1962 (data della istanza di revoca del fermo 
stesso, anzich� dal 24 agosto 1959 giorno in cui venne disposto il fermo) 
sino al 9 dicembre 1970 data del rimborso. 
L'amministrazione nel proprio ricorso accetta l'orientamento giurisprudenziale 
che circoscrive la portata del principio secondo cui i debiti 
pecuniari dello Stato diventano liquidi ed esigibili, generando 1come tali 
l'obbligo del pagamento degli interessi di diritto a carico dell'amministrazione, 
solo quando la spesa sia stata ordinata con l'emissione del 
relativo titolo all'ipotesi di interessi corrispettivi con esclusione di quella 
degli interessi moratori presupponenti il ritardo colpevole nell'adempimento 
dell'obbligazione. 

l'annullamento fino al punto di creare ex post un comportamento produttivo 
di effetti). � 

Merita comunque maggiore approfondimento i:l problema se l'annullamento 
del fermo (o cLeHa mancata revoca) faccia riespandere un diritto soggettivo ch� 
era stato affievolito e para1lclamente se a seguito deH'annullamento spettano 
al creditore gJ.i interessi a titolo di ritardato pagamento o a titolo di risarcimento 
de1 danno. Si potrebbe infatti ritenere che il diritto di credito resti integro 
e n� si affievolisca n� si riespanda e che sia un distinto rapporto queHo 
che d� luogo alla misura cautelare; in questo, di fronte al potere dell'Amministrazione 
di operare il fermo esiste originariamente una posizione di interesse 
legittimo. Se il fermo � legittimo si perverr� alla compensazione con effetto 
al momento della coesistenza dei debiti (art. 1242 e.e.); se risulter� illegittimo 
potr� parlarsi di diritto agli interessi in conseguenza della eliminazione 
deWautonoma misura cauteLare non in conseguenza dellia riespansione del 
diritto gi� affievolito. E da ci� dovrebbe discendere che venuto meno H fermo 
possano spettare al creditore gH interessi p'er il ritardato adempimento, ma� 
non i1 risarcimento di ogni altro possibile danno per Ja violazione di un diritto 
soggettivo; con il che potrebbe eventualmente accadere che sul credito 
assoggettato a fermo se, �'ome nella specie, anch'esso di natura tributaria, pos




PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA . 317 

La censura, anche se non puntuale in tutti i suoi aspetti, � fondata. 

Questa Corte Suprema (Cass. 22 luglio 1976, n. 2003) ha ritenuto che 
la disciplina desumibile degli articoli 9, 10 e 12 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4 esclude la responsa.bilit� solidftle del rappresentante di ente 
fornito di personalit� giuridica (come la societ� a r.l.) per il pagamento 
della pena pecuniaria inflitta all'ente, autore de1la violazione della legge 
finanziaria; infatti le norme citate riguardano fa responsabilit� indiretta 
delle persone fisiche e delle persone giuridiche private per le violazioni 
tributarie commesse rispettivamente dai soggetti sottoposti alla loro 
vigilanza, direzione o �autorit� oppure dai loro rappresentanti, e non prevedono 
il caso in cui il tributo sia posto a carico dell'ente fornito di 
personalit� giuridica a cui sia ascritta l'infrazione, con la conseguenza 
che iion pu� considerarsi autore dell'illecito i� rappresentante dello stesso 
ente, n� pu� attribuirglisi la responsabHit� solidale per l'illecito tributario 
commesso da altro soggetto. 

Dall'enunciato principio deriva che l'azione dell'Amministrazione 
finanziaria volta ad ottenere . l'iscrizione ipotecaria sui beni dell'attuale 
ricorrente fu esercitata fuori dell'ambito delle previsioni della legge n. 4 
del 1929, nell'erroneo presupposto che il Petralia -pur non potendo 
essere qualificato � trasgressore � delle norme violate -fosse tuttavia 
corresponsabile in via solidale con l'ente per l'illecito tributario in base 
alla semplice sua veste di vicepresidente della Cooperativa, mentre una 
tale corresponsabilit� -a causa della quale fu iscritta l'ipoteca -in 
effetti non sussisteva. 

Giustamente, dunque, il Petralia -che la stessa Corte di arppello ha 
qualificato, con accertamento di fatto non censurato in questa sede, 
non trasgressore delle norme tributarie, escludendo cos� che avesse concretamente 
� partecipato all'illecito e che fosse, quindi eventualmente 
responsabile ad a'.Itro titolo -propose l'azione per fa declaratoria di 
illegittimit� della procedura' di costituzione della garanzia immobiliare 
sui suoi beni -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 gennaio 1979, n. 391 -Pres. Falletti Est. 
Lipari -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Carbone) .c. Bruzzi. 

Imposte e tasse in genere � Imposte indirette � Fermo amministrativo a 
garanzia di credito tributraio � Annullamento in sede giurisdizionale � 
Obbligo dell'Amministrazione di corrispondere gli �interessi � Natura 
e decorrenza. 

(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, ,art. 69). 
--~ ~�



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

e 36 del t.u. delle leggi sul consiglio di Stato, in definitiva la sentenza 
non sarebbe stata idonea a determinare l'espansione del diritto di credito 
affievolito sia perch� sostanzialmente non aveva inciso sul provvedimento, 
sia perch� formalmente, non essendo stata notificata, non era 
passata, n� poteva passare, in giudicato. 

11 motivo, pur se finemente argomentato, non pu� essere accolto. 

Secondo la sentenza impugnata il diritto soggettivo, affievolitosi in 
forza del provvedimento di ferm:o, riacquista tale qualit� a seguito di 
annullamento del medesimo; nel caso di specie non vi � stat<?_ formale 
a:.nullamento del provvedimento di fermo, ma solo di quello negativo 
di mancata revoca, illegittimo per la parte eccedente il credito garantito, 
l'illegittimit� -pertanto -concerne soltanto la somma di L. 17.574.348 
su cui sp'ettano gH interessi con decorrenza, atteso l'effetto retroattivo 
dell'annullamento, dalla data della richiesta revoca del fermo. 

Contro questa motivazione non giova eccepire che dal punto di vista 
sostanziale la constatazione dell'illegittimit� del rifiuto non intaccava il 
potere di revoca e la discrezionalit� del suo esercizio; vero � all'opposto 
che la pronuncia del Consiglio di Stato tiene luogo della revoca che 
avrebbe dovuto esserci e non ci fu. 

Esattamente rileva la difesa del Bruzzi .che sul rapporto creditorio, 
definito fin dal 1959, si � inserito un� rapporto giuridico originato dal 
provvedimen~o di fermo sulla cui ba_se � stato sospeso il pagamento; 
ma �una volta accertato dal Consiglio di Stato che tale fermo non era 
giustificato nella parte eccedente il credito garantito, ne segue che, nella 
suddetta misura, la compressione del diritto degradato a interesse � 
venuta meno e questo ha riacquistato l'originaria qualificazione. 

Del resto l'affermazione contenuta nel ricorso che la pronuncia del 
giudice amministrativo avrebbe lasciato integro il potere discrezionale 
della P.A. di rivalutare tutta: fa .situazione, in sede di rinnovazione del 
provvedimento annullato; anche se fosse esatta in linea di principio, non 
� rilevante nella specie, poich� nel .caso considerato il potere non� stato 
eserdtato. Ne consegue che il diritto, rispetto al quale il provvedimento 
di fermo aveva comportato <l'affievolimento, si � riespanso a seguito 
dell'annullamento e nella misura che ne risulta, con l'efficacia �retroattiva 
tipica da �pronuncia di annullamento; n� al riguardo ha avuto modo di 
manifestarsi una ulteriore compressione mediante il rinnovato esercizio 
del potere di imperio della P.A. 

N� vale dbiettare che, dal punto di vista formale, l'effetto non 
potrebbe verificarsi finch� la sentenza 15 maggio-22 dicembre 1970 non sia 
passata in giudicato, circostanza impossibile a verificarsi prima della 
notificazione, non avvenuta nel caso di specie. 

Il relativo profilo, al momento della sua deduzione, presentava 
indubbi margini di delicatezza. Ma al riguardo si � verificato un recente 


322 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mutamento di giurisprudenza a proposito della ricorribilit� in Cassazione 
avverso le sentenze del Consiglio di Stato non notificate anche dopo 
decorso il termine di un anno ex art. 327 c.p.c. dalla pubblicazione. Tale 
ricorribilit� che era stata ammessa per hl passato (Cass. 1830/75, 2072/68, 
274/65, 259/63, 1809/61) viene ora esclusa (Cass. S.U. 351/78), sancendosi 
l'inammissibmt� per tardivit� ai sensi dell'art. 327 c.p.c. del ricorso in 
Cassazione avverso 1e decisionf del Consiglio di Stato m�desimo. 

Ne segue che, decorso il suddetto termine annuale (congruamente 
prorogato, dovendosi computare al riguavdo il periodo di ferie estive, 
giusta l'orientamento di questo S.C.), si vedfica la cosa giudicata formale 
ex art. 324 c.p.c. 

In effetti l'art. 327 cip.e., circoscrivendo nel tempo la facolt� di impugnazione 
delle sentenze, indipendentemente dalla notificazione, e perci� 
dall'iniziativa delle parti interessate, codifica una regola del sistema delle 
impugnazioni che corrisponde ad una esigenza di immutabilit� delle pronunce 
giudiziali, e per riflesso, impedendo il perpetuarsi indefinito nel 
tempo della� potenziale pendenza dei processi, si pone a gar�nzia della 
certezza e stabiHt� dei rapporti giuridici, sui quali le pronuncie stesse 
incidono; trattasi cio� di un valore generale e fondamentale dell'ovdinamento 
processuale di cui non si pu� restringere, in linea il principio, 
l'operativit� al solo ambito dei giudizi ordinari per i quali la norma � 
esplicitamente dettata. 

D'altra parte il coordinamento fra art. 327 e 133 �.p.c. giustifica la 
previsione della data di pubblicazione come dies a quo, per ila decorrenza 
del termine di decadenza dell'impugnazione attesa la pvedisposizione di 
un meccanismo della pubblicazione medesima che riduce entro margini 
strettissimi l'alea della perdita del potere di impugnazione per mancata 
conoscenza della decisione. 

N�, infine, pu� ritenersi che il richiamo espresso dall'art. 325 capoverso 
che si legge nell'art. 362 comma primo c.p.c. esaurisca per Ja sua 
tassativit�, la materia dei termini entro cui � proponibile il ricorso per 
cassazione contro le decisioni dei giudici speciali. 

In conclusione, il primo . mezzo del ricorso appare privo di giuridica 
consistenza, essendo profilabile la mora per l'illegittimo ritardo nel pagamento 
della somma che era stata fevmata con sovrabbondanza rispetto 
alle esigenze di tutela, poich� ,!'effetto retroattivo dell'annullamento 
-operato con decisione passata in giudicato -comporta il ripristino 
del diritto soggettivo al pagamento a far tempo dal giorno in cui detto 
illegittimo ritardo ebbe a verificavsi. 

Con il secondo mezzo del ricorso l'amministrazione finanziaria ripropone 
la tesi che, comunque, sarebbero prescritti gli interessi antecedenti 
al quinquennio risalendo dalla notifica dell'atto introduttivo del giudizio. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Deducendo ila violazione e falsa applicazione dell'art. 2935 cod. civ. si 

sostiene che il procedimento davanti al Consiglio di Stato, costituisce un 

mero impedimento di fatto, e come tale non incide sulla decorrenza del 

termine di prescrizione del diritto agli interessi. 

Il motivo � giuric;licamente infondato. 

Bsattamente la Corte d'Appello ha ricordato che contra non valentem 
agere non currit praescriptio che cio� la prescrizione comincia a decorrere 
soltanto dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, e quindi dal 

_momento in cui la posizione soggettiva considerata acquista, o riacquista, 

consistenza di diritto soggettivo perfetto; e ne ha tratto l'ineccepibile� 

corollario che il diritto al pagamento degradato ad interesse non poteva 

essere azionato, occorrendo attendere la sentenza del Consiglio di Stato 

che, annullando l'atto illegittimo, facesse riacquistare alla posizione sog


gettiva, qualificazione di diritto soggettivo perfetto. 

E' quindi del tutto frustraneo invocare l'indirizzo giurisprudenziale 

secondo cui gli impedimenti di fatto non incidono sul decorso della 

prescrizione, e ricordare specificamente che tale decorso non � impedito 

nel caso che il ricorso al giudice civile sia ritardato in attesa della deci


sion~ di altro giudice, giacch� si tratta di tal caso della possibilit� di pre


vedere il favorevole esito dell'azione proposta o da proporre in ordine 

alla quantificazione di una pretesa che pu� essere fatta valere egualmente, 

sia pure in una pi� ridotta misura (cfr. cass. 80/61), mentre nel caso in 

esame fa lite attiene alla stessa proponibilit� dell'azione davanti all'auto


rit� giudiziaria, non potendosi richiedere il risarcimento, nella forma degli 

interessi moratori, se non dopo che sia intervenuta una pronuncia di an


nullamento dell'atto amministrativo che ha degradato ad interessi posi


zioni originarie di diritto soggettivo. 

Il ricorso incidentale attiene al calcolo degli interessi, lamentandosi 

nel primo mezzo che la Corte fiorentina li abbia commisurati alla somma 

risultante dalla differenza fra l'entit� delle cautele concretamente adottate 

e quella che, invece, sarebbe stata congrua, sostenendosi all'opposto che 

si doveva prendere a parametro la somma totale oggetto di fermo 

(L. 38.567.721). 
Deducendo la violaizone dell'art. 45 del t.u. sul Consiglio di Stato, 

in relazione agli artt. 1282, 2043 e.e. ed ai prindpi generali sull'annulla


mento degli atti amministrativi, nonch� il difetto di motivazione, si afferma 

che il Consiglio di Stato aveva annullato in toto H provvedimento di man


cata revoca del fermo, sicch� nel liquidare gli interessi la Corte si 

doveva adeguare all'effettiva portata di quel provvedimento. 

La censura deve essere disattesa. 

Il Bruzzi il 23 agosto 1962 notificava all'amministrazione finanziaria 
istanza di revoca � totale � o � parziale � del provvedimento di fermo, 
rigettata con decreto del 16 febbraio 1962. E contro il provvedimento 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

324 

di mancata revoca presentava ricorso al Consiglio di Stato, che lo annullava 
sul presupposto dell'ecces,sivit� de1la garanzia. 

Tale sentenza � stata interipretata dalla Corte d'AJppello, mettendo in 
correlazione il dispositivo di annullamento generico con la motivazione, 
nel senso della ritenuta illegittima della mancata revoca del fermo, dopo 
la sentenza del Tribunale per la parte eccedente la garanzia del credito 
vantato dalla pubblica amministrazione. 

Contro questa interpretazione della sentenza (passata in giudicato 
nonostante la sua mancata notificazione, essendo decovso il termine annuale 
dalla pubblicazione ex art. 327 c.p.c.) le censure proponibili davanti 
a questo S.C. incontrano i noti limiti derivanti dalla configurazione della 
interpretazione del giudicato esterno da parte del giudice di merito come 
giudizio di fatto. 

E' inver� ius receptum che il giudizio affermativo o negativo riguardante 
il giudicato esterno, ossia la portata dell'accertamento formatosi 
in un precedente e diverso processo, pu� costituire oggetto di ricorso per 
cassazione solo sotto il profilo della violazione o falsa applicazione dei 
principi in tema di giudicato, ovvero di vizi attinenti alla motivazione, 
mentre non � consentito il sindacato sul contenuto della ;pronuncia, la 
cui interpretazione, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, � demandata 
in via esclusiva all'attivit� dei giudici di merito (Cass. 1089/77). 
E d'altra parte tali conclusioni restano feitrn.e anche nel caso in cui il 
giudicato esterno da interpretativo ad opera del giudice civile si sia 
formato in un processo svoltosi innanzi ad un giudice speciale (Cassazione 
1218/77). 

Nel caso di specie il principio giuridico dell'intevpretazione globale 
della sentenza mediante integrazione del dispositivo alla stregua della 
motivazione � indubbiamente corretto in astratto (cfr. Cass. 3420/76: 
giur. costante); ed il processo ermeneutico concretamente seguito appare 
privo di mende poich� non � dubbio, e viene rposto chiaramente in evidenza 
ne11a motivazione, che il Consiglio di Stato volle circoscrivere 
l'annullamento alla sola parte del provvedimento negativo illegittimo, 
alle cautele sovrabbondanti, restando legittimo il fermo nella misura 
atta a coprire il credito. 

Nemmeno il secondo mezzo del ricorso incidentale � giuridicamente 

fondato. 

Deducendo il difetto assoluto di motivazione in relazione al princi


pio di cui all'art. 5 della 1. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E, nonch� fa viola


zione degli artt. 1282 e 2043 cod. civ., si sostiene che il giudice ovdinario 

avrebbe dovuto accertare incidentalmente l'illegittimit� del rprovvedi


mento di fermo, ai fini della sua disaprplicazione, riconoscendo gli inte


ressi con decorrenza da1la data del fermo medesimo anzich� dalla data 

della richiesta. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Vanno al riguardo ribaditi alcuni elementi di fatto. 

Il fermo venne autorizzato il 24 agosto 1959, poich� il Bruzzi risultava 
imputato in un procedimento di contrabbando davanti al Tribunale 
di Livorno. 

Come � noto, il �fermo amministrativo ha finalit� cautelari, ed � 
diretto a consentire che all'esito dell'accertamento definitivo del credito 
della P.A. sia possibile operare la compensazione con il credito del privato; 
si tratta di una forma di autotutela con funzione analoga a quella 
del sequestro conservativo. 

Ne consegue che in relazione al fumus del credito garantito il provvedimento 
� legittimo nei limiti deHa proporziona:lit� che pu� venir meno 
in prosieguo quando risulti che il credito della P.A. ha sub�to una certa 
decurtazione. 

Nel caso di specie la certezza di una diminuzione si � avuta solo con 
la sentenza 17 febbraio 1962 del Tribunale di Livorno portante condanna 
per L. 35.993.373. 

Il provvedimento di fermo non � mai stato impugnato come tale; 
solo in data 23 agosto 1962 se ne � chiesta la revoca, che a giudizio del 
Consiglio di Stato, � stata negata dalla P.A. illegittimamente per la parte 
eccedente la residuale esigenza cautelare. 

E non risulta che al momento in cui venne autorizzato il fermo fosse 
illegittimo, giacch� la pendenza del procedimento penale dava sufficiente 
fumus alla pretesa della P.A. di cautelarsi. 

E poich� in tanto il giudice ordinario pu� negare applicazione ad un 
atto amministrativo ritenuto non conforme al diritto, in quanto si tratti 
di controversia di cui egli medesimo pu� conoscere ossia nella quale sia 
configurabile Ia lesione di un diritto soggettivo, � evidente che la disapplicazione 
dell'atto con riguardo al suo momento .genetico, potrebbe effettuarsi 
solo se il fermo risultasse ab origine illegittimo; ma per affermare 
tale originaria illegittimit� non basta constatare che il credito sottoposto 
a fermo � stato in definitiva corrisp�sto per intero nel suo ammontare in 
capitale, perch� tale circostanza non � di per s� indicativa dell'originaria 
illegittimit�, stante il fumus delle ragioni creditorie tutelate, che trova 
conferma nella sentenza del Tribunale di J.,ivorno indicativa della pretesa 
tutelata. 

Il fermo amministrativo, � infatti, come si � accennato un provvedi


mento cautelare, diretto alla tutela dei diritti di credito dell'amministra


zione statale verso terzi, e come ogni provvedimento cautelare esso ha 

carattere provvisorio, in quanto solo dopo che si sar� accertato se e 

quale amministrazione statale � debitrice del terzo, di quale somma, a 

che titolo, e con quale scadenza, potr� avvenire, con il provvedimento 

definitivo, l'effettivo incameramento della somma e, quindi, la compen


sazione (Cass. 1389/67). 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

326 

Cos� stando le cose, dovendosi escludere l'illegittimit� originaria del 
fermo, non c'� spazio perch� possa intervenire i'l provvedimento di disap� 
plicazione, e non pu� farsi carico alla sentenza di un vizio di motivazione, 

trovando la tesi non esaminata implicita confutazione-neila linea argomentativa 
svolta postulando la ritualit� originaria del credito -(Omissis). 

I 

CORTE DI CASSJ'fZIONE, Sez. I, 25 gennaio 1977, n. 551 -Pres. Granata Est. 
Corda ~ P. M. Raja (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. Stato 
D'Amico) c. Mantovani. 

Imposta di registro -Agevolazione per la costruzione di autostrade -Su� 
bappalti � Autorizzazione preventiva della Amministrazione conceden� 
te � E' necessaria -Generica previsione f11l subappalti nel contratto 
di appalto � Comportamento passivo dell'appaltante � Insufficienza. 

(1. 24 luglio 1961, n. 729, art. 8; I. 20 marzo 1865, n. 2248 ali. F, art. 339). 
L'agevolazione per la costruzione di autostrade dell'art. 8 della legge 
24 luglio 1961, n. 729 � estensibile al subappalto, solo quando questo sia 
stato approvato dall'Amministrazione appaltante agli effetti dell'art. 339 
della legge su i LL.PP. con provvedimento specifl'co preventivo, .intendendosi 
per tale un atto anteriore al subappalto che contempli un negozio 
ben determinato nell'oggetto con un contraente gi� individuato. Non soddisfa 
questa esigenza n� una generica e indeterminata autorizzazione a 
subappaltare contenuta nel contratto, n� un'approvazione successiva in 
ratifica n�, a maggior ragione, un comportamento inerte dell'appaltante 
che non abbia reagito alla violazione del divieto (1). 

(Omissis). -Col secondo motivo, la ricorrente Amministrazione 

finanziaria denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione 
e falsa applicazione dell'art. 339 della legge sui lavori pubblici, 
degli artt. 16 e 17 de1 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 e dei principi generali 
in materia di formazione e manifestazione della volont� contrattuale della 
Pubblica Amministrazione, deducendo che la Corte di Appello avrebbe 
errato nel non considerare che � illegittima una generica e presuntiva 

(1) Ancora una precisazione sulla nota questione dei subappalti per la costruzione 
di autostrade, �spirata ad un criterio di rigorosa interpretazione dell'art. 
339 deHa .legge sui IL.PP. Si rammenta che su11'argomento fa recente sentenza 
4 _ottobre 1978, n. 4393 (in questa Rassegna, 1978, I, 72) ha a1tres� precisato 
che quando l'appa�ltante sia il concessionario, l'approvazione del subappalto, 
ove non sia consentita dall'atto di concessione per specifiche categorie di lavori, 
deve 'essere espressa non gi� dal concessionario appaltante, ma daila 
Amministrazione concedente. 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

� autorizzazione � della stazione appaltante a stipulare contratti di subappalto. 
Pi� particolarmente, sostiene che .l'� approvazione � di cui all'articolo 
339, '.Primo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, non pu� 
essere � preventiva e generica �, dato che la stessa deve essere concessa 
solo dopo la constatazione dell'idoneit� dell'impresa subappaltatrice e 
delle esigenze tecniche dell'opera; n� �la detta conces�sione pu� essere 
desunta in via presuntiva, poich� essa, finendo per detel1IIlinare una modificazione 
del contratto originario, deve avere la; stessa forma scritta prevista 
(dalla legge sulla contabilit� generale dello Stato) per la stipulazione 
del contratto di appalto pubblico. Aggiunge, poi, la ricorrente che dal 
mancato esercizio, da parte della stazione appaltante, della facolt� di 
recedere dal contratto di appalto (o dalla mancata applicazione di altre 
�sanzioni�) non si sarebbe potuta trarre la conclusione che i subappalti 
erano stati tacitamente approvati, risolvendosi la rescissione, in tale ipotesi, 
nell'esercizio discrezionale di un potere di autotutela. 

Questa censura �, invece, fondata. 

La giurisprudenza di questa Corte Suprema � ormai costante, dopo le 
citate pronunce delle Sezioni Unite del 5 agosto 1975, n. 2947 e del 
22 ottobre 1976, n. 3729, nell'affermare che il requisito dell'occorrenza 
-richiesto, appunto, dall'art. 8 della legge 24 luglio 1961, n. 729 ai fini 
dell'esenzione da ogni tributo statale o locale per gli atti occorrenti alla 
qttuazione della legge stessa -va intes� non gi� in senso puramente 
tecnico-economico, ma anche giuridico. Ne consegue che la sua ricorrenza 
deve essere esclusa in relazione ai contratti di subappalto stipulati 
dalle societ� concessionarie per l'esecuzione di opere attinenti a costruzioni 
stradali o autostradali, i quali non abbiano ricevuto specifica � approvazione
� da parte dell'� autorit� amministrativa competente� (rla c.d. 
stazione appaltante), poich� in tal caso i detti contratti si porrebbero 
in contrasto con l'art. 339 della lege sui lavori pubblici 20 marzo 1865, 

n. 2248, ali. F. 
Ora, la validit� di tale principio giuridico non � contestata dalla 
Corte di Appello; la stessa, per�, ritiene di' superare l'ostacolo osservando 
che, nel capitolato di appalto, la stazione appaltante avrebbe concesso 
all'appaltatore una '.Preventiva facolt� di stipulare contratti di 
subappalto (aventi ad oggetto opere specializzate) e desumendo, dal 
successivo comportamento della detta stazione appaltante, una sorta di 
tacita acquiescenza che avrebbe tenuto il luogo dell'espressa approvazione. 
Ma proprio su tale impostazione si appuntano le giuste censure 
della ricorrente. 

In primo luogo va osservato, per negare validit� alla tesi propugnata 
dalla sentenza gravata, che la legge sui lavori pubblici, prescrivendo la 
� approvazione � del subappalto, esclude implicitamente che quest'ultima 
possa essere sostituita da una sorta di prev~ntiva � Hcenza � a stipulare 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEJJ.O STATO 

i contratti di subappalto. Invero, presupponendo la concessione della 
detta �approvazione� un giudizio positivo sull'opportunit� (o anche sulla 
necessit�) del ricorso al subappalto e, soprattutto, sull'idoneit� del subappaltatore 
al compimento dell'opera, � ovvio che una siffatta attivit� 
della -stazione appaltante presuppone una previa richiesta da parte dell'appaltatore, 
sulla cui specificit� non possono sussistere dubbi di sorta. 
L'appaltatore, cio�, deve di volta in volta sottoporre il caso alla stazione 
appaltante, ossia richiedere un'approvazione �Specifica, ovviamente prima 
di procedere alla stipulazione del contratto (di subappalto). 

In precedenti decisioni, questa Corte Suprema ha precisato che �l'approvazione, 
per rispondere a tutti i criteri voluti dalla legge, deve avere, 
oltre quello della specificit�, il requisito della preventivit�; e poich� qui 
si ritiene che abbia errato la Corte di Appello a ritenere valida ed efficace 
un'approvazione data in via preventiva, occorre fornire una precisa2lione 
terminologica che si traduce, poi, in una precisazione di sostanza. 

La � preventivit� � dell'approvazione, quale carattere inderogabile di 
quest'ultima, � stata invero ritenuta con riferimento a quei casi di specie 
in cui i giudici di merito avevano considerato valida un'approvazione 
� successiva � al contratto, quasi una sorta di . � ratifica� di esso; e, in 
quelle circostanze, si era chiarito che l'approvazione deve essere � preventiva
� rispetto alla stipulazione del �contratto di subappalto, nel senso 
che pu� essere validamente concessa solo dopo che l'appaltatore ne abbia 
fatto specifica richiesta, ma prima ancora del compimento di quell'attivit� 
giuridica tla stipulazione) che � poi, in definitiva, <l'oggetto della 
domanda di � autorizzazione �. 

Nel caso in esame, invece, l'approvazione preventiva ritenuta valida 
dalla Corte di Appello, proprio perch� prescinde dalla specifica richiesta 
dell'appaltatore, si riduce, in realt�, ad una concessione di esonero dalla 
formulazione di detta richiesta, ossia in �una sorta di preventiva �licenza� 
a st1pulare ad libitum i contratti di subappalto. Ed � ovvio, per le accennate 
ragioni, che una siffatta � preventivit� � contrasta con i fini della 
legge e, conseguentemente, �non pu� essere ritenuta valida, ai fini .che qui 
interessano. 

Sembrerebbe, poi, di ravvisare nell'impostazione della sentenza ap


pellata (e, in ogni caso, su questo punto � specifica la censura della ricor


rente) il convincimento che quella generica autorizzazione sarebbe stata 

in concreto possibile (e lecita), poich� si riferiva ai contratti di �Subap


palto che avessero (come que1li in concreto stipulati) ad oggetto opere 

specializzate, in relazione alle quali gi� si sarebbe conosciuta dall'inizio 

l'impossibilit� tecnica dell'appaltatore a compierle. Sembra sostenersi, 

cio�, che data l'alta specializzazione dei lavori, sicuramente non esegui


bili direttamente dall'impresa appaltatrice, pure specializzata in lavori 

stradali e autostradali, la necessit� del ricorso all'opera di un imprendi-

I 
. I 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

tore (il subappaltatore) ancora pi� specializzato, avrebbe avuto carattere 
obiettivo; e proprio questa obiettiva necessit� avrebbe reso superflua 
(tanto da escluderla in precedenza) la richiesta preventiva di approvazione, 
giacch�, tanto, la stessa non avrebbe potuto essere negata. 

Ma un assunto siffatto chiaramente non tiene coI).to che la discrezionalit� 
della stazione appaltante nel concedere (o meno) l'approvazione 
di cui al citato art. 339 della legge sui lavori pubblici si esplica non solo 
in rapporto all'opportunit� del ricorso allo strumento giuridico del 
subappalto, ma si manifesta in modo altrettanto evidente con riferimento 
alla scelta (tecnica) del subappaltatore. In altri termini, quando anche il 
ricorso all'opera del subappaltatore fosse resa necessaria da ragioni obiettive 
{quali, appunto, Ja �specializzazione� richiesta), per cui verrebbe 
meno la possibilit� della stazione appaltante di interferire sulle ragioni 
del ricorso predetto, residuerebbe pur sempre un largo margine di discrezionalit� 
della predetta stazione appaltante per ci� che attiene alla scelta 
del subappaltatore, con riferimento soprattutto alla sua affidabilit� e al 
suo grado di specializzazione. Ed � evidente, pertanto, che neppure in 
quel caso l'appaltatore potrebbe restare esonerato dal �chiedere quell'approvazione 
che dalla citata disposizione di legge � prescritta in termini 
d~ perentoriet�. 

N� rilevanza alcuna -in secondo luogo -pu� essere attribuita al 
fatto che la stazione appaltante, in concreto, non abbia mosso obiezioni 
per il fatto che una parte dell'opera commessa all'appaltatore fu in pratica 
realizzata dal subappaltatore. Non pare, infatti, che possa fondatamente 
dubitarsi, come' gi� si � accennato, che sotto questo profilo la 
detta approvazione debba essere �preventiva�: se cos� non fosse, invero, 
sarebbe frustrato lo scopo della norma, la quale vuole (come pure si � 
accennato) che la stazione appaltante giudichi in tutta Jibert� della convenienza 
e dell'opportunit� di commettere a un certo subappaltatore i 
lavori appaltati o una parte di essi. Cosa, quest'ultima, che diverrebbe 
ovviamente impossibile se l'appaltatore rendesse edotta la detta stazione 
appaltante dell'avvenuta stipulazione del contratto di subappalto solo 
dopo l'inizio o, peggio ancora, il completamento dei favori. Del pari, 
neppure rileva che, da fatti successivi (quali, ad esempio, la mancata 
applicazione dei mezzi di autotutela che la legge riconosce, nell'appalto 
pubblico, alla stazione appaltante), potrebbe anche desumersi che una 
regolare approvazione, se tempestivamente richiesta, sarebbe stata accordata. 
La deduzione di questo ultimo fatto, invero, non assumerebbe 
-nel relativo procedimento 'logico -carattere di assoluta certezza, ben 
potendosi, nel comportamento negativo tenuto dalla stazione appaltante, 
ravvisare anche una sorta di (irrilevante) �ratifica� dell'operato dello 
appaltatore, la quale, proprio perch� tiene conto del dato obiettivo della 
gi� avvenuta esecuzione dell'opera, � normalmente dettata da motivi 


330 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

diversi da quelli che devono consigliare e sconsigliare (in via preventiva) 
l'approvazione del subappalto o la scelta del subappaltatore. Del resto, 
l'esigenza di. una �preventiva � approvazione (ai sensi �dianzi precisati) 
� gi� stata, pi� volte, ritenuta da questa Corte Suprema (cfr. Cass. 5 
agosto 1975, n. 2976; Sez. Un.; 28 aprile 1975, n. 1622); n� da tale orientamento 
intende il Collegio discostarsi, tanto pi� che la sentenza impugnata 
non� adduce validi argomenti .contrari che opportunamente inducano a un 
mutamento di giurisprudenza -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 gennaio 1979, n. 639 -Pres. ed Est. 
Mirabelli -P. M. Cammarota (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Marzano) c. Soc. Carbonara Riom. 

Imposte doganali � A!lplicazione della tariffa pi� favorevole sopravvenuta � 
Domanda scritta �-� necessaria � Presunzione -Esclusione. 

(d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723, disp. preliminari, art. 6, n. 2). 
Agli effetti dell'art. 6, n. 2 delle disposizioni preliminari alla tariffa 
doganale (d.P.R. 26 giugno 1965, n. 723) per l'applicazione della tariffa pi� 
favorevole intervenuta dopo l'accettazione della dichiarazione di importa


' 

zione � necessaria una domanda scritta dell'importatore non sur.rogabile 
con presunzioni o prove orali (1). 

(Omissis). -Con il primo m~tivo del ricorso l'Amministrazione ricorrente 
denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 delle disposizioni 
preliminari della tariffa doganale approvata con d.P.R. 26 giugno 
1965, n. 723, ai sensi dell'art. 360, ri. 3 cod. proc. civ., sostenendo che 
erroneamente la Corte di appello ha ritenuto di potere affermare che 
nessuna norma impone che l'applicazione della tariffa pi� favorevole ivi 
prevista debba essere domandata per iscritto. 

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 2729, primo e 

secondo comma, cod. civ. e vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360, 

nn. 3 e 5, cod. proc. civ., sostiene che la Corte del merito ha inesatta


mente ritenuto ammissibile la prova per presunzione in mat�ria nella 

quale � esclusa -l'ammissibilit� di prova per testimoni. 

Entrambe le censure sono fondate. 

(1) Decisione da condividere pienamente sia sulla affermazione specifica 
sia su queHa, pi� generale, delLa inammissibilit� a favore dd contribuente della 
prova testimoniale e de1le presunzioni. Su quest'ultimo punto v. Cass., 30 giugno 
1971, n. 2053 in questa Rassegna, 1971, I, 914 con nota di U. GARGIULO, e 17 
aprile 1973, n. 1104, ivi, 1974, I, 216. 
La analoga questione deH'applicazione de1Ia tariffa pi� favorevole ai diritti 
di prelievo comunitari � stata risolta con diverso criterio con la sent. 
7 novembre 1978 n. 5068, ivi, 1979, I, 211. 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

L'intero procedimento doganale �, invero, disciplinato da rigorosi 
criteri formali, per l'esigenza che ciascun adempimento, ciascuna dichiarazione 
e ciascun atto di controllo sia formato con adeguata documentazione, 
che consenta di verificare ogni fase del rapporto doganale. Secondo 
la legge doganale (1. 20 settembre 1940, n. 1424) ogni operazione doganale 
deve essere preceduta da una dichiarazione del proprietario della merce, 
compilata per iscritto e sottoscritta, e, quando sia eccezionalmente ammessa 
la forma verbale, non � espressamente prevista la verbalizzazione 
in appositi modulari. 

In particolare, per l'applicazione della tariffa pi� favorevole, ai sensi 

dell'art. 6, n. 2, suindicato, si rende necessario l'accertamento della data 

alla quale la domanda si riferisce, ed il controllo sull'esattezza dell'appli


cazione della tariffa richiede inevitabilmente una documentazione scritta 

della richiesta. 

L'esclusione, d'altronde, dell'ammissibilit� di prova orale .in materia 

tributaria � principio generale, gi� rilevato dalla giurisprudenza di questa 

Corte (in tema di imposta di registro, Cass. 30 giugno 1971, n. 2053), 

e da tale principio discende l'inammissibilit� anche della deduzione per 

presunzioni. 

I principi ai quali si � ispirata la sentenza impugnata sono, quindi, 

inaccettabili e la sentenza stessa deve essere cassata, con il rinvio della 

causa ad altro giudice, che decida in applicazione del principio che la 

richiesta prevista dall'art. 6, n. 2, delle disposizioni preliminari alla tariffa 

dei dazi doganali, d'importazione, approvata con d.P.R. 26 �giugno 1965, 

n. 723, per l'applicazione della tariffa pi� favorevole intervenuta tra la 
data di accettazione della dichiarazione d'importazione e fa data di rilascio 
della merce :importata alla libera disponibilit� dell'importatore, deve 
essere compilata o provata per iscritto -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 12 febbraio 1979, n. 933 -Pres. Aliotta 
Est. Sensale -P. M. Pedace (conf.) -Cassa di risparmio di Padova 
e Rovigo (avv. Lorenzoni) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato 
Angelini Rota). 

Imposta generale sull'entrata -Assegni I.C.C.R.I. � Natura -Comp�nsi pagati 
dall'I.C.C.R.I. alle Casse di risparmio -Interessi di puro impegno 
di capitale -Esclusione -Costituiscono entrata imponibile. 

(I. 19 giugno 1940, n. 762, art. 1 Jett .. f, art. 3 lett. e). 
Gli assegni dell'Istituto di credito delle Casse di risparmio Italiane 
. (I.C.C.R.l.) hanno natura giuridica di assegni bancari tratti da una cassa 

cli risparmio sull'I.C.C.R.I., se pure con caratteristiche particolari che 

consentono a detti assegni di conseguire i risultati propri dell'ordinario 


332 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

assegno circolare; di conseguenza la singola cassa di risparmio (traente) 
che ha riscosso dai prenditori richiedenti dell'assegno la somma corrispondente 
alla provvista che deve accreditare all'I.C.C.R.I. � debitrice verso 
l'l.C.C.R.I. ed eventualmente obbligata a pagare ad esso gli interessi sulle 
somme rimaste in suo possesso. Da ci� consegue che le somme che la cassa 
di risparmio riceve dall'I.C.C.R.I. (costituite dal compenso pagato per 
l'espletamento del servizio in base ad una convenzione extra cartolare, in 
ragione del tempo durante il quale gli assegni emessi restano in circolazione) 
non sono definibili come interessi di puro impiego di capitale di cui 
all'art. 1 lette. f) della legge istitutiva dell'I.G.E. (sarebbero tali gli interessi 
che, nella direzione inversa, la Cassa di risparmio paga all'I.C.C.R.l.) 
ma corrispettivi di un servizio tassabile a norma dell'art. 3 della legge 
stessa (1). 

(Omissis). -Con il pdmo motivo fa ricorrente, lamentando il vizio 
di contraddittoriet� di motivazione in relazone all'art. 360, n. 5 c.p.c., 
censura la sentenza impugnata per avere contraddittoriamente da un lato 
qua1ificato gli assegni tratti suH'Istituto di credito delle casse di risparmio
� italiane come assegni bancari e dall'altro affermato l'obbligo del 
pagamento dell'imposta generale sull'entrata, sulle somme corrisposte 
da detto istituto alla Cassa di risparmio a titolo d'interessi non soggetti 
all'imposta, erroneamente ritenendo che tali somme costituiscano il 
compenso per il servizio di emissione e di pagamento degli assegni. 

Secondo la ricorrente, nessun compenso pevcepisce la Cassa di 
rispa:rimio per� il servizio prestato, .limitandosi a costituire una regolare 
provvist� presso l'Istituto per gli assegni emessi. 

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando la violazione dell'art. 
3 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 in relazione a1l'art. 360 n. 3 c.p.c. 
deduce che la Cassa di risparmio assume la veste di depositante e non di 
depositario, come erroneamente affermato dalla Corte di merito, poich� 
l'emissione degli assegni presuppone il deposito di una somma di denaro 
da parte del traente presso il trattario. Secondo la ricorrente, la configurazione 
della fattispecie da parte della sentenza impugnata contraddice 
alla struttura del rapporto che si viene a creare con l'emissione dell'asse


"gno bancario, e disattende la norma sopra richiamata. 

(1) Decisione ineccepibile. Il complesso rapporto, esattamente ricostruito, 
esclude che possano considerarsi non imponibili ex art. 1 lett. f) sia i veri e 
propri interessi che 1a cassa (debitore) paga all'LC,C,R.I. (creditore) sia i compensi 
(anche ,se liquidati in ragione di interessi) che il creditore paga al debitore. 
Questi ultimi rappresentano bens� l'equivalente del profitto prodotto 
dal possesso deHa provvista ne1 tempo durante il quale gli assegni restano in 
circolazione, ma essi sono di sp�ttaru.a dell'IJC.CiR.I. che 1i ritrasmette alla 
Cassa di Risparmio in base alla convenzione estracartolare e non come interessi 
maturati all'interno det rapporto di conto corrente. 
l 

i 

I . 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Per la stretta connessione� che li unisce, in quanto entrambi relativi 

alla configurazione del rapporto tra la Cassa di Risparmio e d'Istituto di 

credito delle Casse di risparmio italiane, avente ad oggetto l'emissione 

di assegni da parte della prima tratti sul secondo, i due motivi devono 

essere esaminati congiuntamente. 

La sentenza impugnata si sottrae alle censure formulate dalla ricorrente 
sotto il duplice profilo del vizio di motivazione e della violazione di 
legge. Essa muove dalla qualificazione degli assegni emessi dalla Cassa di 
risparmio sull'I.C.C.R.I. come assegni bancari, conformemente a ci� che 
questa Corte ritenne con. la sentenza n. 3234 del 4 ottobre 1954, in cui si 
� osserv� che gli assegni di conto� corrente cosidetti � I.C.C.R.I. � conservano 
la natura giuridica di comuni assegni bancari, pur essendo caratterizzati 
dal fatto che la banca traente riceve anticipatamente dal privato, 
che assume la veste di prenditore o acquirente del titolo, la provvista con 
la quale deve giustificarsi l'ordine, a carico dell'Istituto di credito, della 
Cassa di risparmio (banca trattaria) e dal fatto che il pagamento viene 
poi eseguito dalle singole Casse di risparmio per conto dell'Istituto trat


tario in base ad un mandato extracartolare. 

Tuttavia la Corte di merito non manca di porre in rilievo la com


plessit� del rapporto, emergente anche dal citato precedente di questa 

Corte, che s'instaura tra le Casse di risparmio e l'I.C.C.R.I. e che ha fatto 

fortemente dubitare in dottrina della natura dei titoli in esame come 

assegni bancari, osservando che il rapporto tipico di conto corrente 

costituisce soltanto uno dei varti. elementi che caratterizzano la fattispe


cie, senza esaurirla, accanto ad altri quali .l'anticipo della provvista da 

parte del prenditore dell'assegno ed il mandato extracartolare conferito 

dall'I.C.C.R.I. alle Casse avente ad oggetto non soltanto l'emissione ma 

anche il pagamento degli assegni. 

Di fronte ad una situazione composita, come quella in esame, per la 

connessione di svariati elementi di fatto e per la combinazione di diversi 

negozi giuridici, la pretesa della ricorrente di ricondurre una situazione 

di tale �complessit� allo schema tipico del rapporto di �conto corrente 

ed alla convenzione d'assegno, autonoma o non che voglia �considerarsi 

rispetto al primo, e di pervenire alla conclusione che le somme cor�rispo


ste dall'Istituto alla Cassa costituiscono l'importo degl'interessi {esenti 

da i.g.e.) dovuti in relazione al rapporto di conto corrente, non pu� 

condividersi, in quanto frutto di una impostazione del tutto insufficiente 

a qualificare giuridicamente il fenomeno. 

Convincenti sono, invece, le osservazioni contenute nella sentenza 

impugnata sulla peculiarit� degli assegni � I.C.C.R.I. �, che, pur dovendosi 

qualificare dal punto di vista formale come assegni bancari, consentono 

alla clientela delle Casse di risparmio di ricavarne i medesimi risultati 

che ordinariamente si traggono dall'uso degli assegni circolari, la strut



RASSEGNA DELL'AWOC�TURA DELLO STATO 

tura del rapporto fra le Casse di risparmio e l'I.C.C.R.I. ha, infatti, 
seguenti connotati: a) la cassa di risparmio, che mette un assegno bancario 
tratto sull'I.C.C.R.I. provvede nel giorno stesso ad accreditare a 
quest!ultimo la provvista, ricevuta dal prenditore, sul conto corrente 
generale che mantiene con l'istituto cos� come, quando paga un assegno 
tratto sull'Istituto, subito ne addebita ad esso l'importo; b) giornalmente 
la Cassa di risparmio trasmette aU'istituto i dettagli di ogni operazione 
per consentire allo stesso di procedere alle corrispondenti scritture contabili; 
e) sul predetto conto vengono quotidianamente annotati gli addebiti 
e gli accrediti conseguenti ad altre operazioni; d) delle somme accreditategli 
in relazione all'emissione degli as�segni l'Istituto pu� disporre per 
effettuare pagamenti anche estranei alla circolazione dei titoli; e) gl'interessi 
attivi e passivi, calcolati con la decorrenza di ciascuna operazione, 
cui si riferiscono, sono annotati, esenti dall'i.g.e., sul medesimo conto e 
generalmente sono a favore delle Casse di risparmio, poich� le emissioni 
di assegni superano di regola le estinzioni per avvenuto pagamento. 

Da tali premesse, che non sono oggetto di contestazione fra le parti, 
la Corte d'appello ha tratto la coerente illazione che la Cassa di risparmio, 
trattenendo nelle proprie mani l'importo riscosso dai prenditori degli 
.assegni (che non versa materialmente all'I.C.C.R.I., limitandosi ad una 
mera operazione contabile di accreditamento a suo favore), assume la 
qualit� non di creditore e di depositante, bens� di depositario e di debitore 
e, quindi, � tenuto a corrispondere all'Istituto depositante i relativi interessi 
e non gi� legittimato a riscuoterli. 

Del pari, coerente con le premesse � l'osservazione che ogni movimento 
di capitali tra le Casse di risparmio e 1'1.C.C.R.I. si esaurisce con 
le annotazioni, indicate nel conto e relative anche a rapporti estranei alla 
emissione ed al pagamento degli assegni, e che le operazioni relative a 
tale emissione o a tale pagamento trovano nel conto corrente generale 
la pi� completa espressione. E .Ja circostanza che l'istituto annoti a 
credito delle Casse di risparmio su un conto particolare tutti gli assegni 
da essa emessi, lungi dall'esaurire il complesso rapporto, di cui si sono 
indicati gli elementi, consente all'Istituto medesimo di conoscere per 
ciascuna Cassa la durata della circolazione di ogni assegno da essa emesso 
e di corrisponderle una somma di denaro rapportata alla durata predetta, 
che non costituisce l'importo degli interessi, essendo questi contabilizzati 
con le annotazioni nel conto generale, bens� il compenso conseguente 
alla disponibilit�, da parte dell'Istituto, delle somme rappresentate dagli 
assegni in circolazione. La convenzione di assegno, che accede al rapporto 
di conto corrente (si fa qui riferimento non al conto generale ma a quello 
particolare, cui si � poc'anzi accennato) ne risulta modificata nella sua 
struttura tipica, poich�, mentre normalmente essa � a favore del depositante 
della provvista, in quanto gli consente di disporre rapidamente, ad 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

onere e rischio della banca trattaria, del denaro depositato, nel caso 
concreto il vantaggio dell'operazione � dell'Istituto trattario, sia per il 
sicuro affidamento dell'emittente, sia per la disponibilit� da parte dell'Istituto 
degli importi degli assegni ancora in circolazione, in virt� del servizio 
espletato nel suo interesse dalla Cassa di risparmio. 

Tale configurazione del rapporto non viola l'art. 3 del r.d. 21 dicembre 
1933, n. 1736, come infondatamente sostiene la ricorrente con il secondo. 
motivo, sul presupposto che essa postulerebbe una convenzione di 
assegno senza provvista. 

Il secondo comma del citato articolo stabilisce che l'assegno bancario 
non pu� essere emesso se il traente non abbia fondi � disponibili � presso 
il trattario, dei quali abbia diritto di disporre per assegno bancario in 
conformit� di una convenzione espressa o tacita. 

Come si vede, la norma esigendo che la provvista sia costituita da 
�fondi disponibili �, ha risolto in senso negativo la questione, dibattuta 
nella dottrina meno recente, se la provvista debba necessariamente costituirsi 
con il preventivo deposito di una somma di denaro. E' ormai certo, 
quindi, che non soltanto il deposito bancario costituisce titolo per l'emissione 
di assegni da parte del correntista, ma anche ~'apertura di credito, 
che, con altre operazioni bancarie, pu� essere regolata in conto corrente 
(art. 1852 e.e.); e di ci� si � dubitato soltanto in relazione ai �fidi� che 
le banche accordano comunemente ai loro clienti, quando per� essi siano 
revocabili ad nutum dalla banca per patto espresso. 

Nel caso concreto, i.I requisito della costituzione della provvista da 
parte del traente (Cassa di risparmio) presso il trattario (I.C.C.R.I.) 
risulta soddisfatto dalla circostanza, prima posta in evidenza, che Ja 
provvista, costituita anticipatamente all'emissione dell'assegno dal prenditore 
nelle mani del traente, viene immediatamente annotata nel conto 
generale a credit� dell'Istituto, come se� fosse stata concretamente depositata 
nelle sue casse quale provvista effettuata dal traente, tant'� vero 
che nel conto particolare 'esso rimane annotato a credito di quest'ultimo. 

Ritenuto, pertanto, che '1e somme che l'I.C.C.R.I. corrisponde alle 
Casse di risparmio per il servizio di emissione e di pagamento di assegni 
tratti da queste sull'Istituto rappresentano non gi� gl'interessi derivanti 
dal rapporto di conto corrente (particolare}, poich� questi vengono gi� 
contabilizzati nel conto corrente generale esistente fra i due istituti, nel 
quale vengono annotate anche operazioni estranee alla emissione o al 
pagamento degli assegni, bens� il compenso che l'istituto paga alle Casse 
di risparmio per l'espletamento del servizio predetto mediante un'attivit� 
giuridica complessa, in virt� di un mandato extracartolare conferito ed 
eseguito nell'ambito di essa, con la conseguenza dell'assoggettamento di 
tale compenso all'i.g.e., ai sensi dell'art. 3 del d.l. 9 gennaio 1940, n. 2, 
convertito con modificazione in 1. 19 giugno 1940, n. 762. 

Il ricorso, quindi, dev'essere rigettato. -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 

GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 


TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 30 giugno 1978, n. 22 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Mancuso -Amministrazione delle Finanze (Avv. Gen. Stato) 

c. Casana (avv. Colonna e Fornario) e S.p.A. Monviso (n.c.). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque -Giudizio e procedimento 
-Questione di competenza per materia -Deducibilit� con 
motivo di appello. 

(C.p.c., 1865, art. 187). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque -Competenza e giurisdizione 
-Controversia sulla delimitazione dell'alveo � Fattispecie Competenza 
del tribunale delle acque. 

(t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140 lett. b). 
Procedimento civile -Intervento adesivo -Declaratoria di inammissibilit� Impugnazione 
della parte adiuvata -Impossibilit� . 

Acque pubbliche ed elettricit� -Tribunali delle acque � Giudizio e procedimento 
-Difese tecniche di parte estromessa -Mancato esame -Legittimit�. 


(C.p.c., art. 201). 

Nei giudjzi avanti ai tribunali delle acque, l'eccezione di incompetenza 
per materia pu� essere proposta (o rilevata) in qualunque stato o 
grado della causa e perci� anche in sede di impugnazione (1). 

Attiene alla delimitazione dell'alveo e rientra nella competenza dei 
tribunali delle acque la controversia insor~a a seguito del rifiuto dell'amministrazione 
finanziaria di accatastare come oggetto della privata propriet� 
del frontista un accrescimento che in sede di delimitazione amministrativa 
sia stato considerato estraneo all'alveo ed a riguardo del quale 
l'amministrazione assuma che sia lo stesso accrescimento sia il fondo 
cui � venuto ad inerire costituiscono incrementi fluviali derivanti da 
cause non naturali (2). 

(1) La massima -in ordine alla quale non constano precedenti -costituisce 
puntuale applicazione dell'art. 187 del cod. proc. civ. 1865, operante nel 
giudizio davanti ai tribunali dehle acque dn forza del generico richiamo contenuto 
neH'art. 208 t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775. 
(2) Cass. 4 gennaio 1978, n. 13, in questa Rassegna 1978, I, 130 e Ca:ss. 25 ottobre 
1975, n. 3561, ivi, 1975, I, 1127, hanno statuito nel senso che la competenza 
spetta a~ tribunale ordinario soLo quando la controversia non verta n� 
in via d'azione, n� in via d'eccezione e neppure incidenter tantum sulla delimitazione 
di un corso d'acqua, ma tenda a stabilire se terreni a11uvionali, pa� 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 337 

La parte adiuvata non � legittimata ad impugnare il capo della sentenza 
che abbia dichiarato inammissibile l'intervento adesivo di un terzo, 
tanto pi� quando sia 'mancata l'impugnazione dell'interveniente (3). 

A norma dell'art. 201 cod. proc. civ. (applicabile anche nei giudizi 
davanti ai tribunali delle acque), il diritto di difesa tecnica a mezzo di 
proprio. consulente costituisce per la parte il solo sistema di controllo ed 
eventualmente di contestazione della consulenza tecnica di ufficio, onde 
la parte non ha diritto a che dal giudice sia tenuto conto della difesa 
tecnic.a svolta da un terzo estromesso dal giudizio (4) . 

.(Omissis) . ...;.;.. Va>d�chiarata la contumacia della S.p.A. Monviso, ritualmente 
convenuta e non costituitasi. 

I primi due mezzi di impugnazione pongono entrambi questioni di 
ordine processuale, nel senso che l'uno solleva una eccezione di incompetenza 
per materia (tl:lrdivamente, secondo l'appellata) del giudice specializzato 
(Tribunale Regionale delle Acque); e l'altro cont~sta la Jegittimit� 
del capo della sentenza impugnata, mediante il quale venne dichiarato 
inammissibile l'intervento adesivo dipendente della S.p.A. M�mviso 
nel giudizio dt primo �grado. 

Si tratta, in ogni caso,. di censure inaccoglibili, con la diversa caratteristica 
di essere -:-. fa prima -ammissibile ma infondata, e -la 
seconda -addirittura inammissibile per difetto di interesse della parte 
deducente. 

E, invero, a norma dell'art. 187 c,p.c. 1865 (applicabile per principio 
nei giudizi avanti i Tribunali delle Acque), l'eccezione d� incompetenza 
per materia (o per valore) pu� essere proposta (o rilevata) in qualunque 
stato o grado della causa e, cio�, anche, in sede d� impugnazione, come

1

nella specie avvenuto. Altrettanto evidente �, per�, l'erroneit� della tesi, 
che vien posta come premessa a tale eccezione di incompetenza per 
materia: e secondo la quale, nel presente giudizio si disputerebbe esclusi� 
vamente � della , propriet� del terreno formatosi in fregio alle rparticelle 
204.. ., in ragione del carattere naturale (tesi della ricorrente) o artificiale 
(tesi delle ailtre parti) della formazione del terreno stesso... �, configurandosi, 
perci�, Ja sola questione se, in casu, sia d'applicare l'art. 941 (942) 
ovvero l'art. 947 e.e. ai fini dell'accertamento e della dichiarazione degli 
effetti giuridici relativi. 

Deve, invece, osservarsi che oggetto dell'attuale processo, quale determinato 
dall'insieme di domanda ed eccezione (di merito), �, come sempre 
� stato, una controversia in ordine alla delimitazione dell'alveo del fiume 

cificamente e definitivamente non pi� appartenenti all'alveo, debbano considerarsi 
di pertinenza della propriet� privata confinante ovvero del patrimonio 
dello Stato. 

(3-4) Non constano precedenti in termini. 



RASSEGNA DELL'AVVOC.\TURA DELLO STATO

338 

Po conformemente (o meno) a quanto aocertato con il decreto 19 dicem7 
bre 1969 (e relativa planimetria integrativa) del Magistrato, questa delimitazione 
ponendosi -secondo la tesi attrice -come nuova situazione 

di fatto determinante (ex art. 941 e.e.) l'acquisizione in propriet� dell'incremento 
formatosi in fregio alla particella {di sua appartenenza) n. 204; il 


0 

e -secondo la tesi contraria -quale evento idoneo a determinare invece 
il diverso effetto del � passaggio del sedime dal demanio idrico al patrimonio 
disponibile dello Stato �, ai sensi dell'art. 947 e.e. 

Una controversia di tal natura, nella quale fa delimitazione dell'alveo 
-nella sua genesi anche remota, giacch� la c;ontestazione ebbe ad estendersi 
ana stessa legittimit� dell'accatastamento della menzionata particella 
204; nelle sue caratterjstiche fenomeniche; e, soprattutto, con riferimento 
al provvedimento che l'aveva competentemente accertato in natura costituisce 
essa stessa il termine di riferimento degli interessi contrapposti 
fatti valere nella contesa, non pu� che appartenere, giusta la disposizione 
della lett. b) dell'art. 140 r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, alla com


I 

petenza dei Tribunali delle Acque. 

I

O@lanto, poi, all'ulteriore censura della postulata illegittimit� della 
statuizione di inammissibilit� dell'intervento (adesivo d~pendente) della 

i 

S.p.A. Monviso, essa �, a sua volta, palesemente e duplicemente inammis-, 
sibile: in primo luogo, per la ragione che non � configurabile, in :princiI


pio, una tutela all'interesse (di fatto) di una delle parti a che un terzo 

sia mantenuto nel proces,so nella posizione di interveniente adesivo auto


nomo, intervento che � dato (dall'art. 105 cpv. c.rp,c. vig. e dell'art. 201 

I

c.p.c. 1865, che sono norme di contenuto corrispondente) come me�o al 
fine di un �interesse� dello stesso terzo, e non gi� della parte adiuvata; 

~ 

e, in secondo luogo, per la ragiione che, non avendo la Monviso impugnata 

~ 

tale statuzione di inammissibilit� del proprio intervento volontario, la i 
f. 
esclusiva contestazione di essa da parte dell'Amministrazione delle Fi! 
nanze si traduce, con un paradossale rovesciamento delle rispettive posi


I!

zioni di questo tipo di intervento, nell'anomala pretesa a contraddire l'in


! 

teresse del terzo. Possono ora venire esaminate, di seguito, due questioni, i 

~ 

anch'esse di ordine processuale, poste dall'Amministrazione .appellante e 
che, impingendo negativamente nei principi, possono e debbono venire 
risolte indipendentemente dal merito della causa, sul quale, se fondate, 
esse refluirebbero. 

Trattasi delle questioni, che ineriscono: a) alla dedotta nullit� (ex 
art. 90 u.c. dispos. att. c.p,c.) della consulenza tecnica di ufficio espletata 
in prime oure; b) all'istanza di acquisizione agli atti, ai fini della foro 

!! 

utilizzazione in sede di decisione, de11e due relazioni tecniche dell'l settembre 
1974 e del 2 aprile 1975, espletate dall'ing. Sergio Nesi nell'interesse 
di un terzo estraneo all'attuale giudizio (cio�, della menzionata 
societ� Monviso). 

.. I 

i 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 339 

Entrambe tali questioni vanno risolte, come si � sopra enunciato, in 
senso negativo: rilevandosi, cio�, quanto a sub a), che la deduzione di 
nullit� � da ritenere inammissibile, giacch�, sebbene formalmente riferjta 
alla violazione della disposizione di cui all'ult. p. dell'art. 90 delle dispos. 
di att. c.p.c., essa non contiene alcuna indicazione del fatto o dei fatti, 
la presenza o il difetto dei quali avrebbe indotto il� vizio lamentato; e, 
quanto a sub b), che, ai sensi dell'~rt. 201 c.p.c. (applicabile anche in 
materia, posto che l'anteriore cod. di proc. civ. non la regolava se non 
sotto il . profilo della possibilit� di � osservazioni � al perito di uffido: 
cfr. art. 262), il diritto di difesa tecnica a mezzo di proprio consulente costituisce 
per la parte il solo sistema di controllo, ed eventualmente di contestazione, 
della consulenza tecnica di ufficio, cos� che, al di fuori delle 
.forme e delle garanzie al riguardo specificamente previste dalla legge, 
non pu� surrettiziamente introdursi nel processo -a titolo di consulenza 
tecnica di parte -un atto altrimenti posto in essere. N� il discorso 
pu�, in via di rimedio, venire ii:p.postato in termini di �mera alligazione 
difensiva di parte �, poich�, come avanti si vedr�, Ia causa, adeguatamente 
istruita, offre gi� tutti gli elementi perch� se ne decida definitivamente 
nel merito senza necessit� di alcuna, ancorch� consentita, produzione 

_probatoria. 

Osservazione, quest'ultima, che giova anche per escludere in limine 
la deduzione di prova testimoniale proveniente anch'essa dall'Amministrazione 
appellante: deduzione che, ammissibile .in base al disposto 
dell'art. 490 ultimo comma cip:c. 18_65, urta, oltre che contro l'ostacolo 
della intrinseca genericit� di contenuto dei relativi capitoli (che ne 
inducono gi� l'inammissibilit�), anche contro la sufficienza e conclusivit� 
del materiale probatorio acquisito agli atti, rettamente valutato dai 
giudici di prima istanza e del tutto esaustivo rispetto all'esigenza di una 
informata decisione. 

In 'tal modo emendato delle inammissibili od infondate questioni 
preliminari sollevate dall'appellante, l'impugnazione viene ad essere limitata 
al contenzioso circa la natura -naturale o artificfale, in funzione 
dell'alternativa ricorrenza dell'ipotesi regolata dall'art. 941 e.e. ovvero 
dell'ipotesi regolata dal succ. art. 947 e.e. -del fatto produttivo della 
presente modificazione dell'alveo del Po (nel tratto che interessa), quale 
stabilito dal ripetuto decreto del Magistrato in data 19 dicembre 1969. 

La tesi della scaturigine non naturale di siffatto fenomeno viene dall'Amministrazione 
ora sostenuta esclusivamente sulla base della deduzione 
di quello che sarebbe stato, da parte dei primi giudici, un omesso 
apprezzamento della presenza in loco di opere artificiali, poste in essere 
dai rivieraschi e capaci di determinare la formazione alluvionale in contestazione. 
Tesi, questa, perfettamente contrapposta a quella affermata 
nella impugnata sentenza, la quale -nel ritenere provato che anche il 

9 


340 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEIJ..O STATO 

terreno estromesso dall'alveo del fiume .con il decreto 19 dicembre 1969 

del Magistrato del Po � il risultato di un accrescimento naturale forma


tosi fra il 1932 ed il 1957 in !fregio alla ripetuta particella n. 204, a causa 

della corrosione deHa sponda. sinistra, formante l'ansa concava del fiume, 

e del .,deposito del materiale (portato dalle acque nella parte convessa 

dell'ansa medesima -�ha invece ritenuto � ipotesi non confermata da 

elementi concreti� quell.a in tal modo sostenuta (anche in prime cure). 

dall'~ministrazione. 

Il che �, senza dubbio, deduzione esatta. 

Di vero sono acquisiti agli atti risultanze e dati (quali la c.t. di ufficio, 
le informazioni tecniche fornite al c.t. da1l'U.T.E. di Torino con nota 
9 settembre 1973, la relazione� della Commissione Tecnica nominata dal 
Magistrato del Po, e la stessa motivazione surriportata del provvedimento 
19 �dicembre 1969), i quali, nel loro omogeno assieme, lasciano emergere 
~a realt� del mondo fisico �di connotazioni ben definite e tutte escludenti, 
in termini conclusivi ed instiscettibili di dar luogo ad un qualsiasi 
diverso opinamento, la fondatezza, e persino la fontana probabilit�, 
dell'assunto delrappellante. Sicch�, senza necessit� di ulteriore defatigante 
e non utile espe!:imento probatorio, l'ipotesi della. sussistenza di 
civcostanza di fatto, ca!?aci di far esulare la fattispecie dal<l'ambito della 

I

previsione dell'art. 941 e.e. (per ricondurfa, in ~potesi, in quello del


�l'art. 947 e.e.), pu� senz'altro �dirsi priva di consistenza.� 
E, a tal riguardo, �questo Tribunale Suiperiore non pu� che porsi sulla 
linea argomentativa ineccepibilmente seguita dai primi giudici, al fine di 

I 

ribadirla e farila propria nella pi� completa coincidenza di valutazione e ~ 
di convincimento: 
I reperti, palificazipni e residui dalla cui presenza l'Amministrazione 
inferisce che l'opera dell'uomo avrebbe dato causa al contestato accre


I 
scimento, si trovano collocati in luoghi tali da lasciare escludere una 
loro incidenza nei sensi prospettati: o perch� infissi sull'attuale sponda 

i 
sinistra (e non destra), e a difesa della stessa; ovvero perch� entrostanti 
persino alla particella alluvionale poi accatastata con il n. 204, in fregio 
della quale si venne �poi a formare quella di cui si tratta nell'attuale 
giudizio. Nessuno dei reperti medesimi si � rinvenuto sul terreno (Casana) 
costituente l'originaria particella 147 (o 146) a ridosso della quale 
si son venute ponendo -dapprima -la ripetuta particella n. 204, e 
...:... successivamente -quella per la quale si disputa. 

. Questo, in via di dati di fatto. Ma anche ad ipotizzare, per fini di 
completezza, che dei pali furono infissi anche sulla detta sponda destra, 
t�le ipotesi non pu� che venire risolta nel senso indicato dal c.t. di ufficio, 
il quale inizialmente ebbe a prospettarsela. E, cio�, osservando che, anche 
in tal caso, potendo detti apprestamenti avere avuto solo una mera 
funzione conservativa (considerato l'andamento della corrente, la quale 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 341 

verso la sponda destra ha tendenza naturale a sedimentare e non ad 
erodere), resterebbe esclusa l'incidenza causale dell'opera dell'uomo nello 
avverarsi dell'accrescimento in parola. Il quale, pertanto, � da confermare 
come prodotto di una gradu~le e caratteristica vicenda (imper�ettibile e 
spontanea), determinata esclusivamente dall'acqua. 

Su queste premesse, l'appello principale non pu� che �essere respinto. 
-(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 30 giugno 1978, n. 24 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Granata -Amministrazione dei lavori pubblici (Avv..Gen. 
Stato) c. Suriano e leva (avv. Giorgianni) e Comune di Andria (avv. 
Troccoli). 

Responsabilit� civile -Colpa -Caso fortuito o forza maggiore -Precipi_. 
tazioni meteoriche -Eccezionalit� -Fattispecie -Esclusione. 

Responsabilit� civile -Responsabilit� della . p.a. -Da fatto illecito -Inondazione 
-Erronea progettazione di impianto fognario -Colpa -Sussiste. 


Responsabilit� civile -Responsabilit� della p.a. -D� fatto illecito -Inondazione 
-Intervento modificativo su canale di deflusso -Erroneit� 
tecnica -Colpa -Sussiste. 

Una prepipitazione meteorica che rimanga sensibilmente al di sotto 
dei c.d. � casi critici � pi� volte verificatisi in precedenza non ha carattere 
di eccezionalit� (1). 

La responsabilit� per i danni sub�ti da frontisti di una strada in conseguenza 
dell'invasione da parte di acqu� meteoriche � imputabile a colpa 
del comune, se l'impianto fognante da .esso predisposto presenti caditoie 
appena sufficienti -in condizioni di massima efficienza, in concreto 
assenti -ad assicurare lo smaltimento di una precipitazoine non eccezionale 
(2). 

E' imputabile al Ministero dei lavori pubblici, a titolo di colpa, la 
responsabilit� per i danni derivati da un'inondazione, se il canale da esso 
predisposto ad assicurare il deflusso delle acque abbia sub�to modificazioni 
che ne abbiano ristretto l'imboccatura dandogli una sezione inadeguata 
ri~petto alla capacit� dell'opera l3). 

(1) Non constano precedenti in termini. 
(2-3) Le due massime costituiscono applicazione di specie del princ1p10 per . 
cui la � p.a. risponde a titolo di colpa dei danni, rispetto alfa cui produzione 
l'opera pubblica opera come fattore causale, quando il modo d'essere dell'opera 
� consegue,ru.a di difettosa manutenzione o di erronea progettazione ed esecuzione, 
avuto riguardo a1la funzione della stessa opera ed alle regole tecniche 

da osservare per raggiungere lo scopo voluto. 



.342 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -1. -Il Tribunale regionale ha .eziologicamente ricollegato 
l'inondazione verificatasi nell'abitato di Andria il 12 giugno 1968 al concorso 
di due cause: l'insufficienza, sia per numero che per struttur:a e 
funzionalit�, delle caditoie stradali, da un lato, e, dall'altro, l'inadeguatezza 
della portata del canalone Ciappetta-Camaggio in rapporto alle esigenze 
del bacino scolante. Ed in relazione a tale accertamento ha attribuito 
-solidalmente -fa responsabilit� per i danni provocati ai coniugi 
Suriano-Ieva dalla conseguente .sommersione dei locali da essi adibiti a 
frantoio oleario ed a relativo magazzino, sotto il primo profilo, al Comune 
e, sotto il secondo, all'Amministrazione dei LL.PP.. 

Sia questa, in via principale, che quello, in via incidentale,� insor


. gono, con i rispettivi gravami, contro la sentenza dei primi giudici per 
ci� che concerne tanto l'affermazione di responsabilit�, quanto la determinazione 
del danno. Relativamente a quest'ultima ricorrono anche, in 
via incidentale, i coniugi Suriano-Ieva. 

2. -Con riferimento alla statuizione sull'an, il Ministero dei LL.PP. 
rimprovera al Tribunale regionale: a) di avere ritenuto applicabile nei 
confronti della .p.a. la presunzione di responsabilit� di cui all'art. 2051 e.e.; 
b) di avere negato all'evento meteorologico che ha determinato l'esondazione 
quel carattere di eccezionalit�, di per s� comunque idoneo ad ~ 
escludere qualsiasi responsabilit� dell'Amministrazione stessa; e) di non 
I 

avere considerato che essa Amministrazione non era proprietaria del


I 

l'intero manufatto e che le opere di difesa nell'abitato fanno carico .al 

!

Comune e non ad essa medesima, alla quale, inoltre, giammai sarebbe 
imputabile il mancato adeguamento dell'opera di canalizzazione ai sopravvenuti 
mutamenti della situazione dei luoghi; d) di avere, infine, negato 
il concorso di colpa degli attori, per contro ravvisabile n~l fatto di ayere 


I 

essi costruito il loro edificio in violazione delle norme edilizie ed in 

I

luogo poco sicuro. (primo motivo dell'appello principale). 

A sua volta il Comune di Andria (il cui appello incidentale, sebbene I 
tardivo rispetto alla notificazione della sentenza, � ammissibile, potendo 
in tesi l'appello principale del Ministero, litisconsorte necessario perch� 
chiamato in causa iussu iudicis, condurre alla responsabilit� esclusiva, e 
non .pi� concorrente, dell'Amministrazione comunale) censura la sentenza 
impugnata per avere disatteso, quanto al numero delle caditoie 
esistenti all'epoca, le risultanze emergenti dal prodotto certificato dell'Ente, 
Autonomo Acquedotto Pugliese, che pure � per legge affidatario 
della esecuzione e manutenzione degli impianti di fognatura in tutti 

Con riguardo a danni derivati da difettosa manutenzione ed erronea esecuzione 
di opere idrauliche, cfr. Trib. sup. acque, 1 febbraio 1978, n. 7, in 
questa Rassegna 1979, I, 186; Trib. sup. acque .10 otobre 1977, n. 27, ivi, 1977, 
I, 920; Cass. 9 gennaio 1974, n. 62, ibidem 1974, I, 721. 




PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 

comuni, come quello di Andria, serviti da detto acquedotto, e per avere 
ritenuto provato un difetto di manutenzione di quegli impianti sulla base 
di rilievi eseguiti dai consulenti tecnici di ufficio molti anni dopo' il verificarsi 
dell'evento (.primo motivo). Aderisce poi alle censure del Ministero 
dei LL.PP. relativamente all'eccezionalit� delle precipitazioni metereologiche 
ed al concorso di colpa degli attori, ma ne contesta la deduzione 
concernente l'individuazione del soggetto responsabile delle opere di difesa 
nell'abitato (motivi secondo, sub �a� e � b �, e terzo). 

Nessuna delle censure riferite, peraltro, � meritevole di accoglimento. 

3. -Va in primo luogo ribadito ,l'apprezzamento del Tribunale regionale 
circa il carattere non ecceziionale delle predpitazioni meteorologiche, 
che condussero all'inondazione dell'abitato. Elaborando i dati concernenti 
uh largo periodo di tempo, i consulenti tecnici di ufficio hanno infatti 
dimostrato come la precipitazione avvenuta il 12 giugno 1968 sia rimasta 
sensibilmente al di sotto dei c.d. �casi critici � pi� volte verifkatisi in 
precedenza, n� pu� riconoscersi carattere di eccezionalit� alla circostanza, 
pure da essi messa in luce che la pioggia sia contemporaneamente ed uniformemente 
caduta in tutto il bacino interessato, gi� imbibito dalle precipitazioni 
verificatesi il giorno precedente, trattandosi di eventi che, 
pur se non frequenti nella loro contemporaneit�, non sono talmente rari 
da. uscire fuori dell'ambito della normale prevedibilit�. 
E d'altro canto, avendo essi condotto la loro indagine circa la (in)adeguatezza 
della rete fognante cittadina e del canalone Ciappetta alla stregua 
soltanto del dato meteorologico, si palesa privo di qualsiasi rilevanza, 
agli effetti delle conclusioni sul punto dai medesimi attinte, l'eventuale 
incremento (rispetto al momento della progettazione e realizzazione delle 
opere) degli scarichi cittadini e quindi anche il problema della {non) 
configurabilit� in testa al cittadino, di un diritto soggettivo all'adeguamento 
dell'opera .pubblica alle mutate esigenze della collettivit�. 

4. -Quanto poi, in particolare, alla posizione del Comune, occorre 
subito sottolineare come la sua legittimazione passiva -data per incontestata 
dalla sentenza impugnata -neppure � stata messa in discussione 
con l'atto di appello, la deduzione relativa alle attribuzioni dell'E.A.A.P., 
in ordine all'esecuzione e manutenzione degli impianti di fognatura cittadini, 
risultando svolta soltanto al fine di asseverare la forza certificatrice 
delle �ttestazioni da quell'Ente rilasciate circa la consistenza di tali 
impianti. 
Nel caso concreto, peraltro, l'allegata competenza dell'E.A.A.P. neppure 
� utile al pi� limitato fine suddetto, anche in questo grado non 
avendo il Comune provveduto a sopperire, relativamente aI (preteso) 
certificato di quell'Ente sul numero delle caditoie esistenti alla data del 
12 giugno 19~8 nel comprensorio, al difetto di autenticit� gi� rilevato dal 
primo giudice sul riflesso che trattasi�di una planimetria, affatto anonima, 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO. 

puramente e semplicemente unita, mediante una striscia di carta gommata, 
ad una lettera dell'Ente. 

E quindi H numero delle caditoie, da ritenere aperte all'�poca dei fatti 
di cui � causa, rimane quello di quattordici, indicato dai C.T.U. gi� nella 
prima relazione e nella seconda dai medesimi assev�rato con l'attestazione 
essere le medesime � ben riconoscibili � al momento dell'indagine. 

Come pure resta feqno -perch� non scalfito dal rilievo del Comune 
circa la non immediatezza dell'accertamento _peritale rispetto� al verificarsi 
dell'inondazione -il giudizio dai medesimi C.T.U. espresso circa Ia 
inadeguatezza funzionale di quel � tipo � di caditoie, in relazione alla 
loro morfologia str�tturale, questa ovviamente prescindendo da qualsiasi 
punto di riferimento cronologico. 

Onde deve conclusivamente confermarsi la rilevanza causale dell'impianto 
fognante a11'inondazione per cui � ca.sa, sul riflesso che la capacit� 
di assorbimento de1le quattordici caditoie all'epoca esistenti, a .stento 
in grado -pure in stato ottimale di funzionamento -di raocogliere la� 
sola precipitazione massima del 12 giugno 1968, rimase certamente al di 

' 

sotto del bisogno per la strutturale impossibilit�. delle caditoie stesse, 

soggette a facile intasamento, di trovarsi al massimo di tale teorica 

efficienza. 

5. -Quanto alla posizione del Minister� dei LL.PP., i chiarimenti 
richiesti con l'ordinanza collegiale ai C.T.U. hanno consentito di stabilire 
con tutta certezza che l'esondazione dal canale Ciappettia delle acque 
piovane nel medesimo convogliate dal bacino a monte, verificatosi nell'abitato 
di Andria all'altezza della sorpassante via S. S�bastiano, trov� 
cau$a nella strozzatura in quel punto opposta al foro deflusso dall'imbocco 
del tratto coperto costruito, con una sezione tecnicamente erronea 
perch� assolutamente insufficiente rispetto a.Ue esigenze poste dalle prevedibili 
precipitazioni sul bacino, dal Genio Civile su richiesta del Comune 
di Andria. Il giudizio di inadeguatezza ed insufficienza di tale sezione 
(gi� espresso dai C.T.U. n,ella prima relazione, con riferimento, peraltro, 
ad un -in realt� inesistente -ponte soprapassante il canale, supposto 
corrente all'.epoca a cielo scoperto per un errore successivamente chiarito 
e dai medesimi; comunque, confermato, nel supplemento di perizia, 
con riferimento a1l'arco di ingresso del predetto tra1Jo coperto realizzi;tto 
dal Genio Civile) non soltanto � dimostrato dai calcoli analitici svolti dal 
collegio peritale, ma trova conferma anche in <;lue puntuali riscontri 
obiettivi: cio� nel fatto, gi� dettagliatamente illustrato dal perito di parte 
attrice e sostanzialmente asseverato poi dagli. stessi C.T.U. ne11a relazione 
suppletiva, che la sezione stessa era � notevolmente inferiore � a 
quella del tratto a valle preesistente, da presumersi congruo all'ampiezza 
del canale naturale, all'epoca esistente, in esso innestantesi (cfr. le vicende 
storiche relative alla progressiva sistemazione del canale di origine natu

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 345 

'rale Ciappetta�Camaggio, riferite nelle due relazioni del collegio peritale 
e negli atti in queste richiamati), nonch� nel fatto che, successivamente 
all'inondazione di cui � causa, il. Genio Civile ha .provveduto a demolire 
il tratto da esso stesso in precedenza costruito e ad allargare 1a sezione 
dell'alveo scoperto risultantene, cos� mostrando di avere percepito l'insufficienza 
del preesistente tratto coperto. 

Sicch�, in definitiva, appunto nella �costruzione di quest'ultimo, tecnicamente 
errata per imperizia del suo autore, si identifica il fatto colposo, 
al quale si ricollega, indipendentemente dal ricorso alla presunzione 
di cui all'art. 2051 e.e. che quindi non viene affatto in giuoco, fa 
responsabilit� d�ll'Amministrazione dei LL.PP. per gli eventi dannosi 
derivantine. 

6. -L'insufficienza della rete fognante e l'inadeguatezza del canale 
Ciappetta particolarmente nel tratto coperto costruito dal Genio Civile 
esauriscono la serie dei fatti causali che hanno provocato i danni sofferti 
dai c�niugi Suriano-Ieva, rimanendo estranea alla eziologia dei medesimi 
la pretesa illegittimit�, rper violazione di norme edilizie, del loro edificio 
(di .per s�, peraltro, non ostativa alla configurabilit� della ingiustizia del 
danno sofferto� dall'immobile cos� costruito e, quindi, alla risarcibilit�: 
Cass. 11 novemqre 1977, n. 4898), mentre il prospettato concors.o di colpa 
dei medesimi coniugi � da escludere anche sotto il profilo dell'imprudente 
scelta del luogo nel quale l'edificio stesso � stato eretto, la pericolosit� di 
questo essendo der,ivata, come si � messo sopra in luce, dal colposo comportamento 
della Pubblica amministrazione e statale e comunale. 
(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 4 ottobre 1978, n. 25 -Pres. Giannattasio 
-Rel. Sgroi -Amministrazione dei lavori pubblici (Avv. Gen. 
Stato) c. Saraceni e altri (avv. Ferrante e Celucci) e Golia e altri (n.c.). 

Acque pubbliche ed elettricit� � Alveo � Individuazione � Segnale di gi.lar� 
dia � Valore. 

L'altezza del segnale di guardia viene fissata dall'amministrazione 
per esigenze che attengono� alla pubblica incolumit� e non gi� per indicare 
il discrimen tra altezza idrometrica della piena ordinaria e altezza 
idrometrica delle piene eccezionali (1). 

O>' Sulla sommergibiJit� in caso di piene ordinarie, come criterio per stabiHre 
la� inerenza a1l'a1veo di un coJJso d'acqua, cfr. Trib. sup. A_cque, 10 ottobre 
1977, n. 30, in questa Rassegna 1978, I, 247; Trib. sup. acque, 14 febbraio 1976, 

n. 3, ivi, 1976, I, 298. 
-



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

(Omissis). -L'altezza del segnale di guardia viene fissata dall'Amministrazione 
per esigenze che attengono alla pubblica incolumit� e non 
gi� per indicare il discrimen tra altezza idrometrica della piena ordinaria 


e altezza idrometrica delle piene eccezionali. La cost�nte pendenza del 
declivio che dalla Via,, Giardini degrada verso il fiume e .!'esistenza di 
depositi alluvionali su di esso sono state ben tenute presenti dal consu


l lente tecnico; ne fanno fede sia la descrizione dei luoghi, in cui si mette 
in luce che il terreno, incolto, � ricoperto da una vegetazione costituita 
prevalentemente da arbusti sia i rilievi aerofotogrammetrici con indica


l 

zione delle linee di livello del declivio. 

Lo studio idrologico per la determinazione deLla piena ordinaria � 
stato condotto in� termfni esaurienti dal �consulente tecnico d'ufficio, il 
quale si � avvalso delle risultanze degli Annali Idrologici del Servizio 
Idrografico Italiano, utilizzando dati la cui �sattezza obiettiva il Ministero 
appellante non contesta n� disconosce, anche se ve ne contrappone 
altri e diversi. 

Sulla premessa della definizione di altezza di piena ordinaria come 
corrispondente ad una probabilit� cumulata pari a 0,25 il consulente � 
stato in grado di rilevare che la portata di piena ordinaria � nella specie 

quella che defluisce con un tirante di acqua� pari a m. 5,30 sullo zero 
idrometrico. 

Per raggiungere conclusioni pi� tranquillanti i�I consulente ha posto 
a confronto il risu~tato cos� conseguito con il calcolo effettuato sulla 
scorta dei dati relativi ai valori massimi annuali delle. portate giornaliere, 
uti1izzando a questo fine i dati relativi a due stazioni di misura 
site in zone non lontane da Capua ed elaborando statisticamente tali dati 
esistenti per un .Jungo periodo di osservazione. Egli ha, -cos�, potuto 
verificare che alla portata di piena ordinaria del fiume Volturno a Capua 
pu� attribuirsi il valore di 800 mc/sec., valore quest'ultimo che corrisponde 
ad un valore del tirante d'acqua pari anch'esso a m. 5,30 sullo 
zero idrometrico. -(Omissis). 

; 

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SEZIONE OTTAVA 

GIURISPRUDENZA PENALE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 dicembre 1978 -Pres. Borghese Est. 
Melli -P. M. (conf.) rie. Dell'Anno p.c. Ministero Grazia e Giustizia 
(avv. Stato di Tarsia). 

Reato � Falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti a lauree, 
diplomi, uffici, titoli e dignit� pubbliche -Concorso per uditore giudiziario 
� Trasmissione del tema via radio -Sussistenza del reato . 
Fattispecie. 

(I. 19 aprile 1925, n. 475). 
Poich� l'art. 3 legge 19 � aprile 1925, n. 475 protegge l'interesse alla 
genuinit� dell'elaborato sul quale deve fondarsi la valutazione della commissione 
d'esame, incorre nel reato il candidato che ad un pubblico 
concorso presenti come proprio un elaborato che nella sostanza .e nella 
forma espositiva coin�ida con la trattazione data all'argomento da un 
manuale istituzionale (nella specie, la Cassazione, pur ritenendo corretta 
l'interpretazione data a tale normativa dalla corte d'appello che aveva 
accertato la responsabilit� del candidato al concorso per uditore giudiziario. 
per essersi avvalso della dettatura dell'elaborato fattagli dall' esterno 
mediante un apparecchio radio, ha� dichiarato, non ravvisando alcuna 
ipotesi di applicabilit� dell'art. 152, capov., cod. pr�c. pen., l'estinzione del 
reato per amnistia, con conseguente annullamento della sentenza impugnata) 
{1). 

(Omissis). Il 2 aprile 1973 al palazzo dello sport in Roma si svolgeva 
la prima prova scritta del concorso per uditore giudiziarJo indetto 
con d.m. 3 luglio 1972; il tema dettato era in diritto penale, avente per 
titolo �Configurazione dell'errore nel diritto penale�. 

Durante il tempo assegnato ai candidati per Io svolgimento del tema, 
veniva eseguito, oltre alla normale sorveglianza, anche un controllo 
esterno di ascolto radio con apparati appositi a mezzo dell'arma dei 
carabinieri. 

(1) La sentenza della Suprema Corte che si annota conclude nel senso 
sostenuto dall'Avvocatura, che si era costituita parte civile per il Ministero di 
Grazia e Giustizia, iJ, processo che aveva dato luogo aHa � singoJare affermazione 
del Tribunale di Roma, secondo il quale copiare un tema i:n un pubblico concorso 
non� rien.trerebbe nella condotta c'riminosa prevista dalla legge 19 aprile 
1925, n. 475 (v. I Giudizi di costituzionalit� e il Contenzioso dello stato negli 
anni 1971-1975, III, p. 849). 

348 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO. STATO 


Tale serv1z10 consentiva di intercettare due stazioni trasmittenti, 

da una delle quali una voce femminile dettava il capitolo, sull'a11gomento 

oggetto della prova, del � Manuale di di~itto penale � del prof Arturo 

Santoro, mentre nell'altra, fortemente disturbata, una voce d'uomo det


tava un capitolo dell'omonimo manuale del prof. Francesco Antolisei. 

La trasmissione durava per parecchio tempo e, �a distanza di al�une 

ore, la stessa voc� femminile a:ggiungeva delle notizie di carattere giuri


sprudenzi�.le. . 

Informato di ogni cosa, il presidente della commissione giudicatrice 

ne riferiva a1 ministro per la giustizia, che, con suo decreto dello stesso 

giorno, disponeva la sospensione delle prove di �conc0rso. 

Quindi lo stesso presidente, ritenendo nei fatti ipotizzabile il reato 
di cui agli art. 1 e 3 legge 19 aprile 1925 n. 475, sporgeva denunzia �l 
Pretore di Roma. Questi iniziava le indagini 011dinando l'apertura delle 
� 1547 buste contenenti gli elaborati consegnati dai candidati al fine di �porli 
a raffronto con la registrazione delle trasmissioni contenute in due 

bobine. 

Tale indagine consentiva di ritenere, non essendosi potuto accertare 

nulla in ordine �lla trasmissione del testo dell'Antolisei per ragioni tec


niche, che lo svolgimento del tema contenuto nella busta contrassegnata 

con il n: 1413, presentato dal candidato Attilio Dell'Anno, presentava note


voli analogie con il testo registrato proveniente dalla voce .femminile e, 

per essa, dal manuale del Santoro. 

Ravvisando nei fatti anche l'ipotesi di cui agli art. 56 e 640, capov. 

n. l, cod. pen., eccedente la sua comp�tenza per materia, il pretore trasmetteva 
gli atti a.Ha procura della Repubblica in sede, alla quale gli atti 
stessi,� per ragioni di opportunit�, venivano sottratti mediante provvedimento 
di avocazione della procura generale di Roma con provvedimento 
del 17 maggio 1973. 
Al termine dell'istruzione, che confermava gli iniziali accertamenti 
eseguiti dal pretore, il Dell'Anno veniva tratto a giudizio del Tribunale. 
di Roma per rispondere del reato di cui �agli art. 1 e 3 legge 19 aprile 
1925 n. 475 aggravato dalla connessione teleologica con l'altro reato, pure 
contestato, di tentata truffa ai danni dello Stato. 

Il Dell'Anno si protestava innocente, assumendo che le notevoli analogie 
riscontrate tra l'elaborato da lui consegnato e il testo del Santoro 
dovevano spiegarsi con la particolare dimestichezza che egli aveva con 
quell'opera, sia per Ja preparazione al concorso, sia :per un approfondito 
~tudio da lui effettuato sul libro predetto, consultato ripetutamente per 
lo svolgimento del corso di specializzazione .post-universitario sull'argomento 
della co1pevolezza. Aggiungeva ancora che aveva portato con s� in 
aula alcuni appunti tratti dal predetto manuale (che aveva subitamente 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

349 

strappato dopo q�anto era accaduto), che aveva avuto la possibilit� di 

consultare. 

All'udienza si costituiva .parte civile il ministro di grazia e giustizia 

assistito dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo il risarcimento dei danni 

sub�ti dall'amministrazione per l'espletamento del concorso annullato. 

All'esito del dibattimento, il tribunale, con sentenza del 26 novembre 
, 1974, mandava 1;tssolto il Dell'Anno da entrambi i reati con la fovmula 

� fatto non costituisce reato >>, alla quale� peraltro perveniva dando atto 

dell'inesistenza di siouri .elementi per affermare che egli fosse il destina


tario della trasmissione incriminata. 

Avverso .la decisione proponevano appello il procuratore generale e 

la. parte civile, chiedendo affermarsi la responsabilit� per entrambi" i reati 

ascritti. 

La Corte d'appello di Roma, con sentenza del 27 febbraio 1976, acco


glieva parzi_almente tali gravami; riformando la sentenza in ordine al 

reato di cui alla legge del 1925, per il quale riteneva provata la responsa


bilit� dell'imputato, che condannava, evidentemente esclusa l'aggravante 

di cui all'art. 61, n. 2, con le attenuanti generiche e con i benefici di legge, 

alla pena di mesi due di reclusione, oltre ai danni in favore della parte 

civile da liquidarsi _in separato giuclizio. 

Ricorre per cassa.zione il Dell'Anno e deduce che � stata erronea


mente interpvetata ed applicata la norma penale contestata. A giudizio 

del ricorrente l'interpretazione dell'espressione �opera d'altri� data dalla 

corte d'appello non sarebbe �conforme aHa ratio della norma medesima, 
�dettata per evitare che si possa adoperare come proprio il lavoro altrui, 
inteso questo come un vero e proprio lavoro, compilato interamente da 
altro soggetto. Rileva inoltre che lo svolgimento del tema richiesto dal 
concorso per uditore presuppone il riferimento a nozioni apprese da testi 
per lo pi� assai 'diffusi e non una originale. elaborazione di pensiero e di � � 
critica idonea a; fornire la prova. di particolari doti creative e speculac 
tive. Da d� discenderebbe che non pu� rispondere del reato in esame 
colui che riporti opinioni di autori, ripetutamente citati, in modo ragionato 
anche se non particolarmente articolato. Chiede pertanto l'annullamento 
della sentenza impugnata. 

Motivi della decisione. -Il reato per il quale il Dell'Anno � stato 

tratto a giudizio e per il quale � stata affermata la responsabilit� � estinto 

per intervenuta amnistia, non sussistendo condizioni soggettive ostative 

all'applicazione del predetto beneficio ed essendo stato il reato commesso 

prima del 15 marzo 1978. 

Non sussiste peraltro alcun motivo per ritenere applicabile la pi� 

favorevole normativa di cui all'art. 152, capov. Invero in merito alla 

responsabilit� (cui fanno riferimento le ipotesi �fatto non sussiste� e 

�l'imputato non lo ha commesso�) lo stato degli atti non consente alcuna 


350 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

valutazione diversa, avendo i giudici di merito dimostrato fa responsabilit� 
del Dell'Anno sulla base di un'attenta valutazione delle prove acquisite, 
effettuata senza alcun vizio n� logico, n� giuridico._ D'altra parte il 
motivo di ricorso non riflette alcuna questione di responsabilit� che peraltro, 
essendo egregiamente motivata in fatto la sentenza, sarebbe stata preclusa 
dagli stessi limiti del giudizio di legittimit�. 

Ma non pu� trovare neppure applicazione la terza ipotesi ex art. 152, 
che, pur riflettendo le situazioni neHe quali il fatto non sarebbe p:reveduto 
daHa legge ,come reato, consente anche una valutazione di queHe 
consimili situazioni che pi� correttamente vengono riferite alla specifica 
formula �fatto non costituisce reato�. 


Questo rilievo � contenuto nei motivi di ricorso sul presupposto che 
la norma contestata non si attaglierebbe al fatto attribuito al ricorrente. 
L'interpretazione data nel ricorso appare invece a questa Suprema corte 
estremamente restrittiv�, basata com'� sulla mera lettera della norma, 
aHa quale si attribuisce peraltro una delimitazione che in essa � arduo 
rinvenire. 


Con l'espressione � op�ra di altri � la legge non si riferisce, come vorrebbe 
il ricorrente, ad un lavoro che sia compila.to interamente da un 
soggetto diverso da quello che appare come l'autore fo11male del lavoro 
medesimo. E' sufficiente, ad integrare la fattispecie in esame, il fatto 


� oggettivo ohe il lavoro presentato non sia proprio, intendendosi questa 
espressione come frutto del proprio pensiero, che pu� bene essere svolto 
in forma riepilogativa od espositiva, ma che deve tuttavia esprimere 
quello sforzo di ripensamento di problematiche altrui che si richiede per 
saggiare le qualit� espositive di� un candidato. A questa regola non si 
sottrae '1'esame di concorso, cui giustamente si estende in virt� dell'art. 3 
la disciplina dettata per � lauree, titoli scolastici ed accademici, ecc.... � 
cui espressamente si riferisce l'art. 1 della legge in argomento. Uintestazione 
(sia pure con tutte le riserve che in dottrina sono state esposte 
sul valore da attribuirsi alle intestazioni legislative) � di evidente chiarezza 
�Repressioni della falsa attribuzione di lavori altrui da parte di 
aspiranti... � ed � forse pi� probante della stessa relazione esplicativa della � 
legge che pure � nella �stessa direzione. 

Scopo della norma � quello di evitare che un candidato possa presentare 
come fatta da lui un'opera alla quale non abbia portato alcun 


I

contributo originale, che si esprima questo in una totale elaborazione di ~ 

I ~ 

una teoria o anche pi� semplicemente nella riproduzione del pensiero 
altrui, che il candidato mostri di avere esattamente compreso e valutato 
al punto di farne una esposizione ragionata e probante delle sue capacit� 


~ 

f

di app!'.'ensione e di esposizione. Sicch�, a �lifferenza delle situazioni prese r 

in considerazione dalla legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla protezione del 

~ 

f

i 

~ 

>

f 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURiSPRUDENZA PENALE 

diritto di autore, la ratio della norma va ravvisata nell'interesse alla 
genuinit� dell'elaborato sul quale deve essere portato l'esame dei componenti 
la commissione incaricata della valutazione. Non senza ragione 
tutte le situazioni richiamate nella legge del 1925 presuppongono una v~lutazione 
dei lavori diretta a controllare fa idoneit� del candidato al conseguimento 
del titolo per il quale i lavori stessi sono presenti. Ed � evidente 
che fruster�bbe proprio. tale interesse la presentazione come propria di 
un'opera che non sia frutto della personale 'elaborazione del candidato, 
atteso che non verrebbero da costui forniti elementf di giudizio sui quali 
la commissione esaminatrice deve esprimere il suo apprezzamento. N� 
deve trarre in inganno il fatto che allo svolgimento corretto del concorso 
e delle prove di esame siano dirette altre norme disciplinari di carattere 
innegabilmente amministrativo, quali quelle che vietano al candidato di 
portare testi dei quali non sia consentita la consultazione o che consentano 
l'espulsione del candidato sorpreso a consultare testi siffatti o comunque 
testi diversi da quelli non autorizzati. La con,temporanea vigenza 
di norme di diverso carattere, che .convergano aHa tutela di un identico 
interesse finale, � situazione largamente conosciuta nel nostro ordinamento 
e si spiega con la diversit� dei campi di operativit� e, nel caso di 
specie, traggono autonoma validit� dal diverso momento temporale nel 
quale esse sono chiamate ad operare: immediatamente quelle amministrative 
dir.ette soprattutfo al regolare svolgimento delle prove di esame 
e successivamente quelle penalistiche, che senza perder di vista il significato 
normativo che pure le contrassegna, si muovono sul piano della 
repressione dei comportamenti illeciti. Non dissimilmente avviene ad 
esempio nel campo dell'edilizia e in genere nell'area delle autorizzazioni 
amministrative, .che costituiscono il momento di verifica delle condizioni 
dettate dalla legge per un corretto esercizio d� attivit� che lo Stato ritiene 
di dovere controllare, in ordine alle quali la norma penale interviene con 
un carattere rafforzativo della tutela degli interessi in gioco, quale momento 
di effettivo collegamento tra le due diverse discipline che, da 
angolazioni fino ad un certo punto diverse, convergono verso la tutela 
degli stessi interessi. 

Nello stesso ordine di idee si spiega anche come nel caso degli esami 
di concorso possano coesistere norme amministrative e norme penali, 
ove sussista un'effettiva violazione anche di queste ultime, senza che 
ci� alteri in alcun modo l'armonico collegamento tra le due norme e la 
sostanziale unit� dell'ordinamento giuridico, che, proprio in queste forme 
di tutela operanti su piani diversi, si rivela e spiega la sua completa 
efficacia. 

Ritenuta pertanto corretta l'interpretazione data dalla corte d'appello 
alla normativa in esame e non. ravvisandosi pertanto alcuna ipotesi di 


352 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO 

�applicabilit� dell'art. 152, capov., cod. iproc. 1pen., deve dichiararsi la 
estinzione del reato per amnistia, con conseguente annullamento della 
sentenza. impugn;:ita . 

.Atteso tale esito del giudizio, deve rigettarsi il ricorso per fa parte 
della sentenza reiativa agli interessi civili, che non sono estin:ti al pari 
di quelli penali. -(Omissis). 

CORTE D'APPELLO DI ROMA, Sez. III, 17 febbraio 1979 -Pres. Frantoni -
Rel. De Vincentis -P. M. Guardascione (diff.) imp. Levi ed altri (avv. 
Stato Di Tarsia). 

Reato -Disastro aviatorio � Responsabilit� del pilota �per mancanza di 
abilitazione valida secondo la legge dello Stato di immatricolazione 
dall'aereo � Volo in Italia -Abilitazione italiana � Sufficienza. 
(art. 32 Conv. Chicago 7 dic~mbte 1944 appr. d.!. 6 marzo 1948, n. 616; �art. 794 cod.. nav.). 

Reato'. Aeronautica e aeromobile � Direttore dell'aeroporto � Visita di 
controllo prima della partenza dell'aeromobil~ � Obbligatoriet� � Visita 
documentale � Sufficienza. 
(art. 801 �cod. nav., art. 13, 16 e 17 r.d. 11 gennaio 1925, �l. 356). 

L'abilitazione rilasciata in Italia ad un cittadino italiano a pilotare 
un determinato tipo di aereo � requisito necessario e sufficiente per la 
legge italiana, a nulla rilevando che il pilota non sia in possesso della 
patente di abilitazione rilasciata dallo Stat� Estero presso il quale l'aereo 
� immatricolato tl). 

Le norme del regolamento della navigazione aerea, approvato con 

r.d. 11 ,gennaio 1925, n. 356 che prevedono la visita di controllo agli aeromobili. 
prima della partenza e la corrispondente norma dell'art. 801 
cod. nav. non impongono al direttore d'aeroporto l'obbligo assoluto di una 
visita a vista, ma quello di una visita documentale (2). 
(Omissis). -IiI giorno 29 marzo 1973, alle ore 14.06 in Roma, l'aero� 
mobile CESSNA 421, marche HB (nazionalit� svizzera) LGP, con equipaggio 
di due piloti (Urbani Giorgio . ..:... comandante_... e Giamb�nco Giuseppe 
-� secondo pilota) e cinque passeggeri (Bruno Riccardo Felice .
Mlioni di Braudello Umberto -Allioni cli Brandello Cesare, di anni 5 -Poggi 

(1-2) La novit� e l'estrema importam:.a delle questioni decise, inducono a 
pubblicare questa sentenza, contro la quale � stato proposto ricorso per Cassazione 
dalle parti civili. 

'Sui problemi che sono stati esal,llinati daM'Avvocatura in sede di difesa del 
Direttore dell'Aeroporto innanz~ ai giudici di merito, si fa riserva di tornare 
successivamente. 

. . . . . j 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Paola in Allioni e Busi Maria Teresa) decollav;:t dall'aeroporto Roma-Urbe _ 
con piano di volo VRF diretto a Torino Caselle per trasporto di persone. 

Dopo circa sette minuti di volo l'aereo precipitava in localit� Molette� 
La Storta, sul terreno della tenuta S. Nicola, causando, per il violen:o 
impatto ed il conseguente incendio che cagionava la distruzione del 
veicolo, la morte immediata di tutti i trasportati. 

Espletati i primi interventi da parte di Carabinieri e le prime indagini 
da parte della Procura della Repubblica di Roma, la speciale Commissione 
d'inchiesta, nominata dal Ministero del. Trasporti e dell'Aviazione civile, 
svolgeva accertamenti ed elaborava una relazione d'inchiesta tecnicoformale 
sull'incidente di volo. Altra relazione peritale veniva redatta 
dal Collegio nominato dalla Procura della Repubblica. 

L'istruttoria era formalizzata per la complessit�. delle indagini, in 
seguito alle quali il P.M. esercitava l'azione penale nei confronti dei due 
piloti dell'aereo, di Levi Enrico, di Jullard Andr�e, di Casagran,de Raf� 
faele (quale .direttore dell'aeroporto. di Ciampino, con competenza territoriale 
sull'aeroporto dell'Urbe) e di Puzzilli Mario, ~diutore responsabile 
dell'Ufficio controllo traffico dell'aeroporto dal quale era decollato 
l'aereo. 

Al termine dell'istruzione }1 G.I., in data 9 marzo 1976, pronunciava 
sentenza di non doversi procedere, per morte, nei confronti. dei due 
piloti, di proscioglimento per non aver .commesso il fatto nei confronti 
del Casagrande e rinviava a giudizio gli altri prevenuti imputati. 

Jullard e Levi: -del reato p.e,p. dagli artt. 113 e 449, primo e secon-� 
do comma, in. relazione all'art. 428, terzo comma cod: pen. perch�, coope� 
rando tra loro, il primo nella qualit� di legale rappresentante della societ� 
elvetica ACCSA, ed il� secondo nella qualit� di rappresentante legale della 
Soc. Italiana ALICO, rappresentante per l'Italia della societ� di costru-� 
zioni aeronautiche CESSNA, per colpa, consistita nell'av.ere affidato per 
il pilotaggio l'aeromobile CESSNA . 421, marche NB, LGP, di nazionalit� 
elvetica; ad Urbani Giorgio, pur sapendo 1che quest'ultimo era inidoneo 
alla guida del �predetto aereo, anche perch� privo, sin d�l. momento 
dell'affidamento e fino �al 29 marzo 1973, di abilitazione al pilotaggio 
dell'aeromobile di cui sopra da parte delrUfficio aeronautico federale di 
Berna, .cagfonavano, con pericolo per la incolumit� pubblica,� la caduta 
dello stesso aeromobile, di propriet� della societ� ACCSA, avvenuta in 
Roma, in lo�alit� La Storta, il 29 marzo 1973, in conseguenza della condotta 
colposa dell'Urbani e di Giambanco Giuseppe, come precisata 
nell'imputazione riguardante i due piloti deceduti e prosciolti, per morte, 
dal G.I.; 

-del r.eato p. e p. dagli artt. 113, 589, primo e terzo comma, cod. pen., 
perch�, cooperando tra loro nella qualit� e con la colpa precisata nel 
capo che precede, cagionavano la morte di Urbani Giorgio, Giambanco 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

354 

Giuseppe, Bruno Riccardo Felice, AHioni di Brandello Umberto, Allioni 

di Brandello Cesare Camilla Giovenale, Poggi Paola e Busi Maria Teresa, 

che si trovavanc;> a bordo dell'aeromobile di cui al capo che precede e 

che decedevano immediatamente in Roma ,in Localit� La Storta il 29 marzo 

1973 in conseguenza delta sua caduta; 

Puzzilli: del reato p. e p. dagli artt. 589 e 113 cod. pen. per avere, in 
co1posa cooperazione con Levi Enrico e Jullare Andr�e, cagionato la morte 
di� Urbani Giorgio e Giambanco Giuseppe ed in cooperazione con questi 
ultimi cagionato la morte di Bruno Riccardo Felice, Allioni di Brandello 
Umberto, .Allioni di Brunello Cesare Camilla Giovenale, Pozzi Paola e 
Busi M. Teresa, che si trovavano a bordo dell'aereo CESSNA 421 precipitato 
dal cielo di Roma in localit� �La Storta�, il 29 marzo 1973, e ci� 
perch�, quale dirigente di fatto dell'aeroporto de1l'Urbe ed addetto all'Ufficio 
controllo traffico dell'aereoporto stesso, ometteva di controllare la 
corrispondenza della situazione di fatto al pi�no di volo, la validit� dell'abilitazione 
al p11otaggio dell'Urbani, la presenza a bol'.do di documenti 
di abilitazione, il numero delle persone salite a bordo e l'assetto conseguente 
dell'aereo, cos� consentendo la giuda a pilota non in possesso dei 
requisiti richiesti, la presenza a bordo di 7 anzich� 4 persone come indicato 
nel piano di volo e di 6 come consentito dalla portanza del mezzo, il 
volo con baricentro fuori limite, il tutto in violazione degli artt. 801, 882, 
798, 792, 797 del codice di navigazione e 17 del regolamento per la navigaz;
ione aerea; 

-del reato p.c.p. dagli artt. 113, 449 primo e secondo comma, in relazione 
all'art. 428 terzo comma, per avere, in colposa cooperazione con i 
predetti, cagionato per i gi� indicati fattori colposi, la caduta dell'aereo 
CESSNA 421 con il pevicolo per la pubblica incolumit�. � 

Il Tribunale di Roma, con sentenza 22 febbraio 1978, svolgeva le 
seguenti considerazioni. 

La rappresentazione dinamica del disastro, specialmente nell'ultima 
fase del volo dell'aeromobile, � stata uniformemente ricostruita sia nella 
relazione d'inchiesta che nella relazione dei periti di ufficio. 

La manovra ultima tentata dai piloti, e consistita nell'inversione di 
rotta e nel sorvolo a bassissima quota, consentiva la rprospettazione di 
due ipotesi: o libera determinazione del pilota (per illustrare qualit� del 
bimotore o per ammirare il paesaggio) o manovra d'emergenza in seguito 
ad avaria meccanica. 

Le cause probabili al disastro {riferite ad entrambe le ipotesi sopra 
prospettate) venivano cos� indicate: �perdita di controllo nella condotta 
dell'aeromobile da parte dei piloti e stallo con mancanza di recupero 
dovuto alla bassa quota �. 

Ugualmente in �entrambe le ipotesi, sia fa commissione d'inchiesta 
che il collegio peritale riscontravano elementi di coLpa a carico dei piloti: 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 355 

� Sia nel caso di avaria, sia in quello di passaggio basso voluto, la mancanza 
di una pianificazione di volo, l'avere imbarcato un passeggero oltre 
il numero dei posti disponibili, lo spostamento del baricentro in funzione 
della disposizione del passegero in pi� e l'aumento della velocit� di stallo . 
in funzione del peso, hanno sicuramente influito negativamente ed hanno 
frustrato gli eventuali rtentativi fatti dall'equipaggio per cercare di evitare 
la catastrofe �. 

Il tribunale, per�, sulla base di un'analitica valutazione dei pesi a 
bordo, giungeva alla conclusione che nessun sovraccarico poteva aver 
determinato la caduta dell'aereo. In ordine, poi, all'accusa, secondo la 
quale il .pilota Urbani non era abilitato alla conduzione dell'aereo, il 
Tribunale osserva che, secondo fa certificazione rilasciata in proposito dal 
Ministero Trasporti -Direzione Generale Aviazione civile, l'Urbani risultava 
abilitato alla guida di aerei costruiti dalla CESSNA secondo .la legge 
italiana e nessuna rilevanza poteva attribuirsi alla circostanza che le 
autorit� elvetiche non avevano ancora rilasciato analoga abilitazione. 

Doveva, poi, essere esclusa, a giudizio del Tribunale, qualsiasi valutazione 
negativa circa l'idoneit� psicofisica dell'Urbani al volo e qualsiasi 
incidenza sull'evento derivante dalla presenza a bordo di Gianfranco 
Giuseppe che doveva essere considerato non un secondo pilota {non 
abilitato aUa guida del CESSNA 421), ma un semplice passeggero. 

Circa il Puzzilli, infine, il Tribunale rilevava che l'esclusione di qualsiasi 
deficienza o manchev�lezza in ordine all'assetto di bordo escludeva, 
in conseguenza, ogni. eventuale responsabilit� del Puzzilli per il mancato 
controllo. Affermava, altres�, che questo dovere di controllo non poteva, 
comunque, sussistere, poich� in base alla legislazione in vigore alla 
prassi instauratasi -che favoriva un controllo solo dqcumentale -iil 
Puzzilli non poteva essere considerato dirigente di fatto dell'aeroporto 
dell'Urbe. 

n Tribunale, �pertanto, assolveva gl'imputati dai reati loro rispettivamente 
ascritti per hon aver commesso il f�tto e ordinava 1a restituzione 
della somma di lire 500.000 in giudiziale sequestro alla parte civile Brunilde 
Allioni di Brandello. 

Contro la sentenza proponevano appello il P.G. e ria parte dvile Bruno� 
Emanuele, costituita in giudizio avanti al Tribunale, per s� e per ri propri 
rappresentati. 

Inoltre, secondo quanto stabilito dalla C. cost. con la sentenza n. 1 
del 1970, in relazione all'art. 195 c.pip,, le parti civili� Bruno Emanuele e 
Maria Tramontana, in proprio e nella qualit� di genitrice esercente la 
patria potest� sulla figlia minore, proponevano ricorso per Cassazione. 

Il P.G. chiedeva che, in riforma all'impugnata sentenza, il Levi, il 
Jullard e il Puzzilli fossero ddchiarati colpevoli dei reati. foro Tispettivamente 
ascritti e condannati alle pene ritenute di giustizia. 


356 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

La parte civile Bruno Emanuele chiedeva che, a modifica del capo 
del1a sentenza impugnata, relativa alla restituzione della somma sequestrata 
in favore di Brunilde All�oni, fosse disposta la restituzione della detta 
somma in favore degli eredi di Bruno Riccardo Felice, ovvero che la 
controversia venisse rinviata al giudice civile. 

All'odierna udienza formulavano conclusioni, oltre gli appellanti, anche 
il rappresentante della parte civile, costituita avanti al Tribunale, 
.Chierchi e Giorgio, quale vedovo di Busi Maria Teresa. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Il_ P.G. sostiene, nella prima parte dei motivi di gravame, che il Tribunale 
ha errato nel ritenere che l'apparecchio pilotato dall'Urbani, in 
quanto impiegato in volo turistico entro i confini dello spazio aereo italiano, 
non fosse soggetto, bench� di nazionalit� elvetica, alla normativa 
prevista dalla Convenzione di Chicago, sottoscritta sia dall'Italia che dalla 
Svizzera ed operante, in forza di una norma interna, in entrambi i paesi. 

Tale Convenzione, secondo l'appellante, in base al disposto di cui 

agli artt. 8 e 797 del codice della navigazione, � da ritenere operante anche 

per il volo effettuato dall'apparecchio pilotato dall'Urbani, in 'quanto 

destinata a tutelare anche e soprattutto le aspettative degli Stati esteri 

che, come. l'Italia, l'hanno sottoscritta e resa obbligatoria sul proprio 

territorio. 

Secondo tale impostazione, il Tribunale avrebbe errato, altres�, nel 

ritenere !'Urbani abilitato a pilotare l'aereo precipitato, quantunque in 

possesso della sola abilitazione rifasciata per tale tipo di velivolo, dalla 

competente autorit� italiana e non anche dalla competente autorit� 

elvetica. 

Tale tesi non pu� essere condivisa. Ritiene la Corte che il volo in que


stione pu� essere considerato volo internazionale solo per il fatto che 

l'aereo era immatricolato in Svizzera (l'Ufficio aeronautico federale aveva 

rilasciato il relativo certificato di navigabilit�) e stava compiendo un volo 

in Italia, anche se tale volo, dovendo effettuarsi entro i confini del terri


torio dello Stato italiano ~da Roma-Urbe a Toririo-Caselle) era, in realt�, 

un volo nazionale. 

Orbene la legge applicabile a tale volo � quella italiana e quella 

risultante dalle Convenzioni bilaterali, multilaterali o internazionali attual


mente in vigore tra l'Italia e la Svizzera. 

Per la legge italiana occorre, infatti, fare riferimento all'art. 794 del 

codice navig. che consente il sorvolo del territorio nazionale agli aero


mobili stranieri (esclusi quelli militari, di dogana e di polizia) a condi


zione di reciprocit�, o quando ci� sia stabilito da Convenzioni inter


I i 
~ 

nazionali. 


PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra l'Italia e la Svizzera, in 
materia di navigazione aerea, escluso l'Accordo fra i due Paesi, concluso 
a Roma il 4 giugno 1956 e approvato con legge 4 febbraio 1958, n. 121, 
perch� riguarda il volo di linee regolari organizzate da imprese di trasporto 
aereo designate dalle parti contraenti, occorre fare riferimento, 
per rinvenire la fonte normativa applicabile al rapporto tra i due Stati 
che interessa il presente provvedimento, alla Convenzione internazionale 
per l'aviazione civile, stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944 e approvata 
con d.1. 6 marzo 1948, n. 616. L'art. 7 di questa Convenzione internazionale, 
infatti, prevede il caso di aeromobile di uno degli Stati contraenti autorizzati 
� ad imbarcare nel proprio territorio passeggeri, posta e merce, 
trasportati dietro compenso o dietro noleggio destinati ad un altro punto 
del proprio territorio �. 

Ma ci� posto, non pu� concludersi, come fa l'appellante, che la 
mancanza di abilitazione rilasciata dalla competente autorit� svizzera a 
pilotare l'aeromobile in questione, rendeva il pilota Urbani inabile a pilotare 
tale aereo in Italia. 

Risulta dagli atti (pag. 22 della relazione d'inchiesta) che � Il pilota 
Urbani aveva l'abilitazione alla condotta del Cessna 421 ma la convalida 
per pilotare l'aeromobile immatricolato in Svizzera era scaduta dal 
25 dicembre 1972 �. Risulta, peraltro, dagli atti del Ministero dei Trasporti, 
Direzione Generale Aviazione civile -Servizio Navigazione aerea Ufficio 
43 -Brevetti ed abitazioni {f. 110 atti dibatt.), che: �il signor 
Urbani Giorgio fu titolare del brevetto di pilota civile di secondo grado 

n. 6031 rilasciato in data 11 novembre 1957, la relativa licenza � stata 
rinnovata per l'ultima volta in data 13 maggio 1972 con scadenza il 
9 maggio 1973 � e che � Il pilota Urbani era abilitato alla condotta di 
numerosi tipi di a/m tra cui tutta la serie degli a/m. costruiti dalla 
CESSNA e specificamente C.N. 150 -F172 -FR 172 -182 -206 -207 -210 C.
N. 310 -320 -401 -402 -414 -421 �. 
Il pilota Urbani, dunque, sencodo la legge italiana e le autorit� italiane 
era fa regola con la licenza di pilota d'aereo ed era abilitato a pilotare 
il CESSNA 421. L'abilitazione svizzera, per�, era scaduta e, al momento 
del decollo dall'aeroporto romano non era stata ancora convalidata. 
Cosicch�, occorre stabilire se tale mancanza possa essere ritenuta 
determinante ai fini di considerare il pilota Urbani non pi� idoneo a 
pilotare l'aeromobile in questione non solo in Svizzera ma anche in 
Italia, e la stessa mancanza possa entrare nel rapporto di causalit�, cos� 
da costituire uno degli elementi dell'azione o dell'omissione, dalla quale 
far dipendere l'evento imputato. 

La Corte ritiene che a tale questione debba darsi risposta negativa 
poich� la mancata convalida dell'abilitazione al pilotaggio del CESSNA 
421 da parte delle autorit� svizzere non pu� annullare la validit� del 


I

358 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

brevetto, della licenza e dell'abilitazione rilasciati dalle autorit� italiane. 
Sostenere il contrario significherebbe violare uno dei fondamenti generali ii 
del diritto internazionale, in particolare, uno dei rprincipi della stessa 

�[ 
Convenzione di Chicago. In via generale, infatti, fa norma convenzionale 
internazionale non si sostituisce (salvo casi espressamente disciplinati, 
come ad es. la Regolamentazione della C.E.E.: art. 189, legge 14 ottobre 
1957, n. 1203) alla normativa di diritto interno che mantiene il suo vigore 
nell'ambito della sovranit� statuale. 

II

In particolare, poi, la stessa Convenzione di Chicago, all'art. 32, stabilisce 
(lett. a)) che �Il pilota e gli altri membri del personale di governo 
di ogni aeromobile impiegato nella navigazione internazionale saranno 
provvisti di patenti di abilitazione e di Licenze rilasciate o convalidat~ 
dallo Stato in cui l'aeromobile stesso � registrato�; ma ~lett. b) lascia ad 
ogni Stato contraente � il diritto di rifiutare ai fini del sorvolo del pro


l 
I& 

prio territorio, il riconoscimento, alle patenti di abilitazione ed alle licenze ~ 
conferite ad uno dei propri cittadini da parte di un altro Stato contraente
�. 


L"art. 33 della stessa�. Convenzione, poi, ass9ggetta i certificati di navi


I 
@ 

gabilit�, le patenti d'abilitazione e le licenze rilasciati o convalidati dallo r: 
Stato contraente in cui l'aeromobile sia registrato, al riconoscimento di 
validit� degli altri stati contraenti, secondo precise condizioni espressamente 
indicate. 


Orbene, appare evidente che, essendo l'Urbani -cittadino italiano abilitato 
dallo Stato italiano a pilotare un dato aereo, non pu� lo stesso 
Stato italiano ritenerlo, ora, inabile al pilotaggio dello stesso aereo solo 
perch� non in possesso della convalida della licenza di pilota dello Stato 
straniero presso il quale l'aereo era immatricolato. 

I 

N� la Corte ritiene che sussista una qualsiasi violazione della Convenzione 
di Chicago, in relazione -come si esprime l'appellante -alla 

I 

tutela delle aspettative -dello Stato svizzero � riconducibili all'innegabile 
interesse dello Stato elvetico a1l'o.sservanza dei rpatti reciprocamente 
sottoscritti�, perch� la Convenzione riconosce allo Stato contraente 

I 

un controllo ed una priorit� nella valutazione delle rpatenti d'abilitazione 
e delle licenze conferite ai propri cittadini da parte di un altro Sta.to 

Ii

contraente (art. 32, lett. b), citato). Priorit� che non significa sottrazione 
dei singoli Stati contraenti a1la disciplina comune ma, anzi, eventuale pre� 
tesa del singolo Stato ohe �le condizioni a cui tali certificati o licenze 

I 

sono rilasciati o convalidati siano eguali o superiori allo standard minimo 
che di volta in volta pu� essere stabilito in applicazione della 

I 

presente Convenzione �. 

E poich� non � stata messa in dubbio la corrispondenza agli standavds 
internazionalmente accettati della licenza e dell'abilitazione rilasciate 
dallo Stato italiano all'Urbani, consegue che questo pilota era 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 359 

legittimamente abilitato secondo la legge italiana e le Convenzioni internazionali 
in vigore, a pilotare il detto aereo CESSNA 421. 

Per quanto riguarda l'altro quesito riguardante il rapporto di causalit�, 
Ia Corte ritiene non solo da un punto di vista formale, ma anche 
da un punto di vista sostanziale che nel comandante Urbani non possa 
evidenziarsi nessuna deficienza di idoneit� e di abilitazione al pilotaggio 
del tipo di aereo a lui affidato il 29 marzo 1973. E ci� � dimostrato dalle 
informazione sul suo �conto rilevate dalla Commissione d'inchiesta e dal 

. . 

Collegio dei periti e riferite alle pagine rispettivamente 5 e 32-33 delle due 
relazioni. 

Nella relazione peritale (pag. 33) si riferisce, poi, una notizia � avuta 
da Milano� e secondo la quale �il pilota Urbani qualche giorno prima 
defi'.incidente era svenuto durante il volo �. Ma si tratta di nun .cenno 
che non ha avuto alcun altra eco neg1i atti processuali e che non pu� in 
modo alcuno intaccare il giudizio positivo sulle condizioni psicofisiche � 
dell'Urbftni al momento del decollo e nei minuti ehe precedettero la 
caduta dell'aereo, durante i quali -come risulta dalle registrazioni -il 
tono della voce del �comandante � era sereno, tranquillo, senza-alcun 
acqmno di preoccupazione� lv. pag. 10 rel. comm. inch.). 

Va, quindi, esclusa ogni ipotesi che faccia� risalire .alla persona del 
comandante Urbani la causa, o una de1le cause concorrenti con altre, cta�� 
porre in rapporto eziologico con l'evento per cui � processo. 

N� tale rapporto pu� collegarsi alla presenza a bordo di Giambanco 
Giuseppe, pilota non abilitato alla guida .Ciel velivolo stesso, poich� come 
ha gi� precisato il Tribunale, non vi � prova che egli pifotasse l'aereo; e 
tale non pu� ritenersi il fatto che egli sedesse sul sedile di sinistra della 
cabina di pilotaggio. Mentre vi � Ia prova, sia ;pure non assoluta ma 
tuttavia rilevante, che a pilotare l'aereo fosse J'Urbani, la cui voce 
-cmne s i� visto -� stata registrata durante le fasi del decollo e che 
sedeva sul sedile di destra della cabina �di pilotaggio. 

Con un secondo ordine di arigomenti l'appellante sostiene che il 
pilota Urbani ha dato prova di non conoscere a fondo le caretteristiche 
di quel particolare velivolo e le sue possibilit� di manovra, pilotandolo a 
bassissima quota e, comunque, iniziando il viaggio senza una pianificazione 
di volo, con un .passeggero in pi� oltre il prescritto numero di posti 
e causando in tal modo un eccesso di peso e lo spostamento del 
baricentro. 

-Osserva la �Corte che la perizia del Comandante Urbani non pu� 
essere messa in dubbio alcuno, n� da un punto di v�ista formale -sulla 
base dei suoi precedenti di preparazione e di abilitazione -n� da un 
punt� di vista sostanziale, sulla base dei rilievi. tecnici, riguardanti i 
pochi minuti di volo, dal decollo alla caduta dell'aereo. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Come si � riferito in narrativa, infatti, la manovra ultima del pilota, 
consistita nell'inversione di rotta e nel sorvolo a bassissima quota, ha 
consentito la prospettazione di due ipotesi; o libera determinazione del 
pilota (per illustrare qualit� del bimotore o per ammirare il paesaggio) 

o manovra di emergenza in seguito ad avaria meccanica. Rispetto a tutte 
e due le ipotesi, entrambe le Commissioni hanno indicato le cause probabili 
del disastro nella �perdita di controllo nella condotta dell'aeromobile 
da parte del pilota e stallo con mancanza di recupero dovuto 
alla bassa quota � ed hanno riscontrato a carico del pilota quegli elementi 
di colpa che l'appellante ha nuovamente messo in evidenza con i 
motivi di gravame. 
Ma la Corte ritiene che le numerose e penetranti argomentazioni del 
Tribunale, formulate in merito ai detti rilievi accusatori, meritino di 
essere pienamente condivise. 

Esclusa, pertanto, l'imperizia del pilota, restano da valutare, nella 
ricerca delle cause del disastro, la diversit� del piano di volo, l'eccesso 
di peso e lo spostamento del baricentro. 

Il piano di volo, presentato dal Giambanco e firmato anche dal 
Comandant� Urbani prevedeva il viaggio di quattro persone compreso 
l'equipaggio, mentre in realt� salirono a bordo altre tre persone, cio� due 
donne e un bambino di cinque anni. 

L'eccesso di peso, poi, viene indicato in assoluto dall'appellante in 
Kg. 232, che � la differenza tra il peso totale effettivo dell'aereo al decollo 
(Kg. 3.316) e il peso massimo di certificazione per il decollo (Kg. 3.084). 

Osserva la Corte, per�, che sia la diversit� del piano di volo che 
l'eccesso di peso non possono non essere considerati in relazione all'unica 
entit� dalla quale essi traggono origine ed evidenza: la presenza, cio�, 
a bordo di un bambino, il cui peso era di circa 24 chili (verbale 
ricognizione cadaveri). 

Orbene, sembra evidente che il disastro non possa addebitarsi a tale 
presenza, per la minima entit� del peso del bambino rispetto al carico 
complessivo. N� pu� parlarsi di incidenza negativa sul baricentro (il cui 
assetto � fattore rilevante per la sicurezza del volo), in quanto l'aggiunta 
del peso del bambino -trovato sulle braccia di una delle donne -ha 
portato il peso complessivo raccolto sull'unico sedile a circa 80 chilogrammi 
(di cui 55 chilogrammi circa per la donna); peso non sproporzionato 
e non tale da creare uno squilibrio rispetto al peso medio delle 
altre persone. 

Nelle relazioni della Commissione d'inchiesta e del collegio dei 
periti, peraltro, si afferma che il peso al decollo (kg. 3.247) � soggetto 
ad alcune variabili, alcune delle quali ragionevolmente evidenti ed altre 
che sono pi� oscure. Per esempio il bagaglio dei passeggeri, quello dell'equipaggio, 
il peso effettivo dei piloti e dei passeggeri, il combustibile e 

. I 



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

l'olio effettivamente imbarcato sono stati stimati in �maniera approssimativa 
a causa della scarsezza di notizie certe ohe si sono potute radcogliere 
� (testo identico nelle due relazioni a pag. 8 e rispettivamente 
a pag. 12). 

Alla conclusione che n� il maggior numero delle persone, n� il sia 
pur relativo eccesso di peso (calcolato dai commi~sari e dai periti, con i 
limiti e le riserve dai riferiti, in 163 kg) possono aver determinato la

1

caduta dell'aereo, deve, comunque, aggiungersi anche la considerazione 
che il regolare decollo dello stesso e il tono tranquiHo delle comunicazioni 
del comandante Urbani sono 1a prova migliore che quei fattori indicati 
dall'appellante come determinanti non hanno avuto incidenza alcuna 
proprio nella fase pi� difficile per un aereo che ha preso il volo con il 
massimo carico a bordo senza manifestare �difficolt� alcuna. 

Cosicch� a questo punto si prof.ila la necessit� di un'analisi degli atti 
per riconsiderare con attenzione tutte le risultanze delle indagini tecniche 
compiute. In proposito la Commissione d'inchiesta ha messo in evidenza 
quanto segue (pag. 24): �Le indagini effettuate sui due motori non 
evidenziano tracce di grippamento. Non � possibile, per�, poter affermare 
che il flusso del carburante fosse regolare o che si possa essere determinata 
un'avaria meccanica �con conseguente calo di potenza. Non � stato 
ritrovato fra �i rottami il selettore carburante di destra mentre quello di 
sinistra, come detto, era in posizione di alimentazione incrociata, cio�, con 
il serbatoio principale che aHmentava oltre il motore di sinistra anche 
quello di destra. Tale posizione non � normale per quella fase di volo. 
Si potrebbe, quindi, essere portati a pensare che si fosse verificata 
durante il volo, una irregolarit� nel flusso del carburante ad un calo di 
potenza non determinabile e la virata fosse stata fatta proprio per tentare 
di rientrare in aeroporto�. La stessa relazione, a pag. 26, aggiunge: �Le 
indagini svolte sulle eliche confermano che entrambe ruotavano, e quella 
destra pi� della sinistra. Si possono in proposito fare due considerazioni: 
la prima di un tentativo di manettare per fare riprendere potenza al 
motore, l'altra di una voluta riduzione del motore con una successiva 
riattaccata fatta all'ultimo momento. Tali considerazioni inquadrate con 
le dichiarazioni testimoniali possono portare ad accettare due ipotesi 
sulla. inversione di rotta: per avaria, con l'intento di raggiungere raeroporto 
di partenza avendo la sensazione di poterlo fare, oppure per passart~ 
intenzionalmente sulla zona per osservare il gruppo di casali in 
costruzione �. 

Il Collegio dei periti, poi (pagg. 20-21) non ha stabilito � in maniera 
definitiva se, in una fase precedente all'urto, ci sia stata un'avar-ia di lieve 
entit� o un mal funzionamento degli impianti� ma ha accertato che il 
motore di sinistra � era in posizione di potenza ridotta �. A' conclusione 
di questa analisi delle indagini tecniche, la Corte, mentre ritiene di poter 


362 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

escludere in via assoluta ogni manchevolezza ,nel pilota Urbani dei requi


siti di abilitazione al pilotaggio dell'aereo, rileva che non � stata eviden


ziata l'esistenza di un eccesso di peso o di uno sbilanciamento del centro 

di gravit� che si pongano come causa o concausa della 1caduta dell'aereo. 

Al contrario, sono emersi elementi fondati su precise osservazioni e 

considerazioni tecniche che avvalorano l'ipotesi di un malfunzionamento 

degli impianti ovvero di un'avaria meccanica o di flusso di carburante. 

Tale conclusione esclude che gli odierni imputati Levi Enrico e Jullard 

Andr�e, nelle loro rispettive qualit�, possa essere addebitata la respon� 

sabilit� in ordine ai due reati ad essi imputati, per avere affidato 11'aero


mobile in questione al pilota Urbani Giorgio. 

Per quanto rigui;irda l'imputato Puzzilli il P.G. denuncia J'erroneit� 
. della sentenza impugna~a �che ha assolto il PuzziUi in quanto, in base 

alle istruzioni interne di ufficio, era tenuto ad un controllo soltanto 

documentale degli accertamenti tecnici inerenti al personale dell'equi


paggio ed all'aeromobile e non poteva qu:indi rispondere del mancato 

accertamento dell'eccesso di �carico del velivolo, tenuto peraltro conto 

dell'elevato numero del1e operazioni alle quali doveva �giornalmente 

provvedere. 

L'appellante, al contrario, ritiene che l'eccesso di carico .ha sicura


mente influito negativamente sul volo dell'aereo, cosicch� se il Puzz,illi, 

osservando le norme di legge, avesse aiocertato il sovraccarico del veli


volo e avesse .vietato all'Urbani di decollare in quelle condizioni, il disa


stro sarebbe stato evitato. 

La Corte non ritiene di poter condividere le conclusioni dell'appellante. 

Al Puzzilli, come si � precisato in narrativa, � stata addebitata, a 

titolo di colposa cooperazione con i due attuali appellanti, ila morte del


l'Urbani e. del Gianbanco e, a titolo di colposa cooperazione con questi 

ultimi, la morte degli altri passeggeri, per avere omesso di controllare: il 

piano di volo, la validit� dell'abilitazione al pilotaggio dell'Urbani, la 

I 

presenza a bordo dei documenti di abilitazione, il numero delle persone 

I

salite a bordo e l'assetto dell'aereo. , 

Va, anzitutto, precisato che nell'ordinanza-sentenza di rinv�o a giudi� 

zio il G.I. (v. pag. 7) ha parlato di � concorso di cause indipendenti � esclu


dendo che, nel caso in esame, sia sia trattato di � cooperazione colposa �. 

Osserva la Corte che se tale distinzione non incide in modo rilevante sul 

I 

nesso di causalit� tra. l'evento e l'azione del Puzzilli mossa in relazione ! 
alla posizione e al comportamento degli altri imputati -appare, tuttavia, 
opportuna per precisare che il comportamento colposo del Puzzilli si 


I

sarebbe posto come condizione a s� stante dell'evento, in concorso indi� 

l

pendente con l'azione degli altri imputati. Occorre, quindi, accertare se 
l'omissione della visita di controllo da parte del Puzzilli abbia posto in ! 
essere una delle condizioni indispensabili per il verificarsi dell'evento. �;f 

-



PARTE I, SEZ. VIII, GIURISPRUDENZA PENALE 

Escluso, come s'� in precedenza provato, ogni difetto di abilitazione 
e di pe:riizia nel pilota Urbani, resta da valutare la condotta del Puzzilli in 
relazione alle due condizioni di volo -peso e assetto -che, al momento 
del decollo, si presentavano difformi nella realt� dal piano di volo presentato 
prima della partenza. 

Questo problema fondamentale della penale responsabilit� dell'imputata 
poggia sul presupposto oggettivo del dovere del Puzzilli di effettuare 
una visita di controllo � a vista � e non solo documentale dell'aereo e del 
suo assetto di volo prima del decollo. 

Indubbiamente la normativa ancora in vigore (artt. 13, 16 e 17 r.d. 
11 gennaio 1925, n. 356, Regolamento per la navigazione aerea) impone al 
comandante dell'aeroporto o al suo delegato (� il caso del Puzzilli) �di 
eseguire �la prescritta visita� e di �consentire la partenza�: senza 
di che �nessun aeromobile pu� lasciare un aeroporto�; �visita di controllo
� che deve naturalmente riguardare il �perfetto ordine di rotta 
dell'aereo e l'assolvimento dei compiti che � regolamento attribuisce al 
comandante di aeroporto (tra gli altri: sorveglianza sull'aeronavigazione, 
aMo scopo di assicurarsi che tutti gli aeromobili si trovino in regola con 
le disposizioni vigenti, visto �Sui documenti ecc.). 

E' facile, ora, ril~vare come tale normativa regolamentare, risalente 
ad oltre 50 anni fa, quando erano rarissimi, gli aerei civili, appaia del 
tutto inadeguata all'attuale intensit� del traffico aereo civile e alle 
esigenze universalmente sentite (vedi, tra l'altro, Conv. di Chicago, ar.t. 22) 
di � accelerare la navigazione aerea ed evitare agli aeromobili, agli equipaggi, 
ai passeggeri ed alla merce ritardi non indispensabili�. Ed infatti, 
le autorit� italiane non sono restate insensibili di fronte alle nuove esigenze 
di celerit� dei controlli perch� non hanno mancato di invitare i 
direttori di aeroporto (vedi documentazione prodotta in atti: circolari, 
anche telegrafiche, del Min. Difesa Aeronautica -Dir. gen aviaz. civ. del 
7 ottobre 1960-12 aprile 1961-12 ottobre 1963 e 10 giugno 1964) ad � adottare 
procedure rapide e concedere benestare sui documenti di bordo, 
anche per via telefonica, senza costante obbligatoriat� per il pilota di 
recarsi, all'uopo, all'Ufficio Traffico �. 

Cosicch�, la Corte ritiene che la regolamentazione in materia, pur 
continuando ad essere vincolante, lo sia in forma relativa, cio� in dipendenza 
del volume e delle esigenze del traffico aereo. In altre parole la 
Corte ritiene che dalle norme .invocate non derivi per il responsabile 
dell'aeroporto, considerato l'attuale aumento del traffico aereo, un dovere 
assoluto di visita di controllo � a vista � ai documenti di bordo e all'assetto 
di volo di ogni aeromobile �in partenza, in arrivo ed in transito>>, 
ma che egli debba conoscere ogni elemento utile relativo al volo dell'aeromobile 
e, comunque, autorizzare le dette operazioni per coordinare e regolare 
il traffico aereo dell'aeroporto. Naturalmente resta ferma fa prima e 


364 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fondamentale responsabilit� del comandante in relazione al possesso dei 
requisiti di perizia e di abilitazione richiesti dalla legge e sempre controllabili 
da parte delle autorit� aeroportuali. 

Nel caso di specie il Puzzilli ha eseguito una verifica documentale e 
sulla base degli elementi forniti dal pilota e trovati conformi a legge, ha � 
autorizzato legittimamente la partenza dell'aereo. Cosicch� egli non pu� 
essere chiamato a _rispondere delle difformit� del piano di volo dalla reale 
situazione � bordo dell'aereo pilotato dall'Urbani. Peraltro, quand'anche 
si volesse spingere l'indagine di responsabilit� oltre il dovere formale 
del controllo a terra, la Corte ritiene che, sulla base delle argomentazioni 
tutte prima svolte, in ordine alle imputazioni riguardanti gli altd due 
imputati, non si possa affermare che la caduta dell'aereo sia da attribuirsi 
alla presenza del bambino, a peso eccessivo o a imperfetto baricentro. 
Non pu�, quindi, affermarsi che, aneli.e a ritenere assoluto il dovere della 
visita di controllo da. effettuare in ogni caso da parte del Puzzilli, egli 
debba comunque essere ritenuto responsabile, in concorso con gli altri 
imputati, della caduta dell'aereo e della morte dei suoi passeggeri. 

Anche l'appello della parte civile Maria Tramontana, motivato con 
argomentazioni analoghe a quelle prospettate dal P.~., � infondato e va 
respinto. -(Omissis). 


PARTE SECONDA 



LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

I� NORME DICHIARATE INCOSTITUZIONALI 

Codic:e militare di pac:e, art. 186, primo c:omma, limitatamente alle ;parole 
� tentato o �; e� art. 1'86, primo c:omma, limitatamente alle parole � ancorch�... 
preterintenzionale �; e art. 186, sec:ondo c:omma, limitatamente al1Le ;parole: 
� la pena di morte con degradazione, se H superiore � un ufficiale, e �. 

Sentenza 24 maggio 1979, n. 26, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

r.d. 30 9iugno 1870, n. 5726, neUa parte in cui consente Yestradizione 
per i reati sanzionati con la pena editta1e de1la morte nell'ordinamento dello 
Stato richiedente. 
Sentenza 21 giugno 1979, n. 54, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

r.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 18, terzo c:omma (sec:ondo peri�odo), 
neUa parte in cui prevede la incriminazione contravvenzionale di coloro che 
prendono la parola in riunione in luogo ,pubblico essendo a conoscenza deUa 
omissione d� ;preavviso previsto nel primo comma. 

'l 

Sentenza 10 maggio 1979, n. 11; G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 

II -QUESTIONI DICHIARATE NON FONDATE 

Codic:e c:ivile, art. 1916 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Sentenza 18 giugno 1979, n. SO, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

c:odtc:e c:ivile, art. 2946 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). 

Sentenza 1� giugno 1979, n. 40, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. 

c:odic:e c:lvHe, art. 2946 (artt. 3, secondo comma, 36 e 38, secondo comma, 
della Costituzione). 

Sentenza 1� giugno 1979, n. 41, G. U. 13 _giugno 1979, n. 161. 

c:odlc:e di proc:edura civile, art. 316 (art..24 deUa Costituzione). 

Sentenza 18 giugno 1979, n. 49, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

c:odic:e penale, art. 146, n. 2 (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 24 maggio 1979, n. 25, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 



94 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 176, primo comma (artt. 3, prima parte, 24 e 27, 

I.,.

~ 

.

secondo e terzo comma, de11a Costituzione). 

.

Sentenza 10 maggio 1979, n. 8, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 

. 

. 

. 

. 

codice di procedura ,penale, art. 88 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1979, n. 23, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

codic;e di procedura penale, art. 88 (art. 24, secondo comma, deHa Costituzione). 


Sentenza 10 maggio 1979, n. 12, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 

codice di procedura penale, art. 271, ultim�o comma (artt. 3, 13 e 27 
della Costituzione). 

Sentenza 10 maggio 1979, n. 13, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 

codice di procedura penale, art. 576, terzo comma (art. 3 deUa Costituzione). 


Sentenza 24 maggio 1979, n. 24, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

codice di procedura penale, artt. 576, terzo comma, 205 e 381, secondo 
comma (art. 3 della Costituzione). 

Sentenza 24 maggio 1979, n. 24, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41, ,lettera b) [modif. da legge 
6 agosto 1967, n. 765, art. 13] (art. 3 della. Costituzione). 

Sentenza 18 giugno 1979, n. 47, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

d.I. 5 maggio 1957, n. 271, art. 15, primo comma [conv., con modif., in 
legge 2 luglio 1957, n. 474] (art. 3 della Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1979, n. 30, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

legge 31 ottobre 1966, n. 941, art. unico (artt. 23 e 53 del1a Cost'.tuzione). 


Sentenza 24 maggio 1979, n. 27, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

legge 9 agosto 1967, n. 804, art. 2 (artt. 2, 3, 10, 11, 24 e 102 deHa 

&

Costituzione). 

~ 
.Sentenza 18 giugno 1979, n. 48, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. ~ 

fj 

i: 
legge 24 dicembre 1969, n. 990, art+. 7, secondo comma, e 32 (art. 41 

~j

della Costituzione).' 

f:j 
Sentenza 10 maggio 1979, n. 14, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. r 

. t!: 
~ 

-


INDICE DELLA LEGISLAZIONE 9f 

d.P.R. 26 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, primo comma (art. 3 deHa 
Costituzione). 
Sentenza 18 giugno 1979, n. 46, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

d.I. 30 aprile 1977, n. 151, art. 1 [conv. in legge 7 giugno 1977, n. 2961 
(art. 13, quinto comma, deHa Costituzione). 
Sentenza 24 maggio 1979, n. 29, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, art. 146, secondo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Venafro, ordinanza 29 gennaio 1979, n. 278, G. U. 20 giugno 1979, 
Il. 168. 

�odlco cli p1'oc:edura civile, artt. 41 e 367 (artt." 3 e 24 defla Costituzione). 


Pretore di Roma, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 252, G. U. 6 giugno 1979, 
Il. 154. 

codice di procedura civile, art. 75 (art. 24, primo comma, della Costituzione). 


Pretore di Viadana, ordinanza 18 dicembre 1978, n. 254/1979, G. U. 13 giugno 
1979, n. 161. 

codice di procedura civile, art. 100 (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 
24, primo e� secondo comma, e 32 della Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, 
Il. 161. 

codice di procedura civile, art. 313, secondo comma (art. 24 de1la Costituzione). 


Pretore di estre, ordinanza 21 dicembre 1978, n. 266/1979, G. U. 30 maggio 
1979, n. 147. 

codice penale, artt. 1.20 e 124 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanza 16 gennaio 1979, G. V. 20 giugno 1979, 
Il. 168. 

codice penale, art. 126 (artt. 3 e 24 deHa Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanza 7 novembre 1978, n.. 272/1979, G. U. 27 giugno 
1979, n. 175. 

codice .penale, art. 512 (art. 39 de1Ia Costituzione). 

Tribunale di Rovereto, ordinanza 9 febbraio 1979, n. 294, G. U. 20 giugno 1979, 
Il. 168. 


96 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice penale, art. 570, primo comma (artt. 3 e 29 della Costituzione). 

Pretore di Venafro, ordinanza 29 gennaio 1979, n. 278, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
cod'ice di procedura penale, artt. 22 e 91 (artt. 2, 3, primo e secondo 
comma, 24, primo e secondo comma, e 32 de1la Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, 

n. 161. 
codice di procedura penale, artt. 125 e 128 (artt. 2 e 24 deLla Costituzione). 


Pretore di Torino; ordinanza 30 novembre 1978, n. 251/1979, G. U. 6 giugno 
1979, n. 154. � 

codice di pro�edura penale, art. 304 (art. 2 de11a Costituzione). 

Pretore di Napo1i, ordinanza. 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, 

n. 161. 
l 1 

codice di procedura penale, art. 304 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 

Pretore di Chiavenna, ordinanza 16 gennaio 1979, n. 273, G. U. 20 giugno 
1979, n. 168.. 
Pretore di Chiavenna; ordinanza 7 novembre 1978, n. 272/1979, G. U. 27 giu~
no 1979, n. 175. 

I 

I i= 

'legg� 17 luglio 1890, n. 6972, art. 1 (art. 38, ultimo comma, deHa Costituzione). 
i 

Tribuna1e di Mi1ano, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 200/1979, G. U. 2 mag~ 
gio 1978, n. 119. ~ 

I

i 

r.d. 26 giugno U24, art. 26 (artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, primo if 
e secondo comma, e 32 della Costituzione). 
I

Pretore di: Napo1i, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, 

n. 161. 
I 
legge 19 maggio 19il2, n. 841, art. 22 (artt. ,2, e 3 deHa Costituzione). I

i

Tribunale di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giugno 
1979, n. 154. 

r,,d. 3 marzo 1934, n. 383, art. 265 (art. 103, secondo comma, deMa Costituzione). 


Corte dei conti -Sezione giurisdizionale :per l:a regiona sicUiana -ordinanza 
18 ottobre 1978, n. 242/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 

r.d. 1� gennaio 1,939, n. 295, art. 2 (art. 3 deHa Costituzione). 
Tribunale amministrativo regiona1e, ordinanza 8 luglio 1978, n. 309/1979, 

G. f!. 27 giugno 1979, n. 175. 

INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

legge 22 aprile 1941, n. 633, artt. 51 e sgg. CSez. IVJ (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 7 dicembre 1978, n. 240/1979, G. U. 16 maggio 
1979. n. 133. 

r.d. 30 marzo 1942, n. 327, art. 943 (artt. 2 e 3 deJ.la Costituzione). 
Tribunale di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giugno 
1979, n. 154. 

legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 4 (artt. 3, primo comma,� e 38 de1La 
Costituzione). 

Pretore di Genova, 011dinanza 19 gennaio 1979, n. 253, G. U. 30 maggio 1979, 

n. 147. 
d.I. luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39, art. 3, lettera a) (art. 3 
del1a Costituzione). 
Pretore di Grosseto, ordinanza 30 gennaio 1979, n. 293, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. � 
d. legislativo 11 febbraio 1948, n. 50, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Milano, ordinanza 22 febbraio 1979, n. 352, G. U. 27 giugno 1979, 
n. 175. 
legge 3 agosto 1948, n. 405, art. 12 (artt. 3 e 24 della Costituzione). 
Tribunae di Av.ezzano, ordinanza n. 332/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

legge 4 marzo 1952, n. 137, art. 28 (artt. 3 e 33 deHa Costituzione). 

Consiglio nazionale forense, ordinanza 25 maggio 1978, n. 255/1979, G. U. 
30 maggio 1979, n. 147. 

legge 112 agosto 1952, n. 1338, art. 2, secondo comma, �lettera a) (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Piacenza, ordinanza 9 gennaio 1979, n. 340, G. U. 27 giugno 1979, 
Il. 175. 

d.I. presidente d'ella regione siciliana 2�9 ottobre 1955, n. 6, art. 253 
(artt. 108, primo comma, e 103, secondo comma, del1a Costituzione). 

Corte dei conti . Sezione giurisdizionale per la regione sicildana � ord�� 
nanza 18 ottobre 1978, n. 242/1979, G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 

legge �12 novembre 1955, n. 1137, artt. 49, lettera b), secondo comma~ 

e 54 (artt. 3, 97 e 113 della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ordinanza 22 novembre 1978, 

n. 269/1979, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. 

I ~ 

98 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DEILO STATO 

i::

d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, art. 119 (art. 3, secondo comma, della 
~== 

Costituzione). f:' 
f:' 

~�

Tribunale di Verbania, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 258, G. U. 6 giugno 1979, 

m

n. 154. 
1~: 

~:; 

legge 20 febbraio 1958, n. 75, art. 4, n. 2 (artt. 3 e 25, secondo comma, 
de.lla Costituzione). 

Tribunale di Calitanissetta, ordinanza 23 novembre 1978, n. 206/1979, G. U. 
2 maggio 1979, n. 119. 

d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 83, quinto comma (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Trento, ordinanza 23 gennaio 1979, n. 276, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, art. 91, secondo c�omma (artt. 3 e 4 della 
Costituzione). 
Pretore di CerignoLa, ordinanza 7 dicembre 1978, n. 330/1979, G. U. 27 giu


I 

gno 1979, n. 175. 

I

d.P.R..15 giugno 1959, n. 393, art. 121 [modlf: da legge 1976, n. 313, 
art. 51 (art. 3 della Costituziqne). ili 
Pretore di Casalmaggiore, ordinanza 1� dicembre 1978, n. 260/1979, G. U. 
6 giugno 1979, n. 154. 

legge 12 agosto 1962, n. 133>8, art. 2, seco.ndo comma, lettera a) (artt. 3 

I

e 38 della Costituzione). 

~: 

Pretore di Genova, ordinanza 21 novembre 1978, n. 211/1979, G. U. 9 mag& 
gio 1979, n. 126. fil 

legge 3 dicembre 1962, n. 1832, art. 11 (artt. 2 e 3 deHa Costituzione). ~ f: 
TribunaLe di Roma, ordinanza 27 dicembre 1978, n. 248/1979, G. U. 6 giu1: 


&

gno 1979, n. 154. 

I fil 

d.P.R. 5 giugno 1965, n. 749, art. 2,5, quinto comma (artt. 3, 36 e 97 ~ 
della Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale deLle Marche, ordinanza 7 novembre 
1978, n. 310/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

I 

& 

&

d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1'124, art.' 3 (art. 3 deli1a Costituzione). 
~ 

Pretore di Pistoia, ordinanza 1.2 dicembre 1978, n. 201, G. U. 2 maggio 1979, 

I ~ 

n. 119. 
d.P.,R. 30 giugno 1965, �n. 1124, art. 145, lettera a) (artt. 3 e 38 della f: 
Costituzione). ~ 
TribunaLe di Lecce, ordinanza 8 giugno 1978, n. 215/1979, G. U. 9 mag� ~ 

!:

gio 1979, n. 126. 1 
Pret?re %Terni:B ordinanze (due) 16 gennaio 1979, nn. 238 ~ 239, G. U. I, 
16 maggio 19, n. . j 


INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 2 (artt. 3 e 36 de1la Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 12 gennaio 1979, n. 212/1979, G. U. 9 maggio 
1979, n. 126. 

legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3, secondo comma, �lettera a) (art. 3 
della Costituzione). 

Pretore di Lecce, ordinanza 2 gennaio 1979, n. 304, G, U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
legge 30 aprile 1969, n. 153, art. 26, terzo comma, n. 2 (art. 3, primo 
comma, de1la Costituzione). 

Pretore di Bologna, ordinanza 7 marzo 1979, n. 379, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
legge 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Bari, ordinanza 23 ottobre 1978, n. 351/1979, G. U. 27 giugno 1979, 

n. 175. 
legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 37 (artt. 3 e 24, primo e secondo comma, 
della Costituzione). � 

Pretore di Cosenza, ordinanza 23 novembre 1978, n. 267, G. U. 13 giugno 1979, 

n. 161. 
'legge 25 luglio 1971, n. 568, art. 2 (artt. 3 e 33 dell:a Costituzione). 

Consiglio nazionale forense, ordinanza 25 maggio 1978, n. 255/1979, G. U. 
30 maggio 1979, n. 147. 

-legge 9 ottobre 1971, 11. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 36, 38 e 52 delila Costituzione). 
Pretore di Bologna, ordinanza 22 gennaio 1979, n. 290, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
legge 9 ottobre 1971, n. 824, art. 6 (artt. 3, 5, 36, 38, 52, 53, 81, quarto 
comma, 97, 114, 117, 118, 119 e 128 dehla Costituzione). 

Pretore di Brescia, ordinanza 6 dicembre 1978, n. 247/1979, G. U. 30 maggio 
1979, n. 147. 

legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 4 (artt. 2, 3�, primo e secondo comma, 
24, primo e secondo comma, e 32 de1la Costituzione). 

Pretore di Napoli, ordinanza 11 gennaio 1979, n. 271, G. U. 13 giugno 1979, 

n. 161. 
�d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6 (art. 53, primo comma, dehla Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Fogg-ia, ordinanza 10 aprile 1978, 

n. 250/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 

100 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

�d.P.R. 26� ottobre 1972, n. 633, artt. 43, primo comma, e 58, quarto comma 
(artt. 76, 77 e 3 delJJa Costituzione). 

Commissione tributaria di 1� grado di A1essandria, ordinanza 15 dicembre 
1978, n. 285/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

d.P.R. 26 ottobre 197'2, n. 633, art. 58, quarto c�omma (art. 3 de1la Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Ancona, ordinanza 16 giugno 1978, 

n. 283/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
d.P.R. 2�6 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (artt. 3 e 53 de11a Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 25 ottobre 1979, 

n. 
279/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
Commissione tributaria di 2� grado di Bolzano, ordinanza 25 ottobre 1978, 
n. 280/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
d.. P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di 1� grado di Tolilllezzo, ordinanza 27 settembre 
1978, n. 241/1979, G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 

d.P.R. 2�9 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (art. 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Cuneo, Ol'dinanza 21 aprile 1978, 

n. 334/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, artt. 6 e 14 (artt. 53 e 3 de11a Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanze (sette) 19 dicembre 
1978, 14 novembre 1978, 5 dicembre 1978 e 3 ottobre 1978, nn. 196, 
297, 298, 299, 300, 301 e 302/1979, G. U. 20 giugno 179, n. 168. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 3 e 24, primo e secondo 
comma, dehla Costituzione). 
Commissione tributaria di 2� grado di Lucca, ordinanza 28 novembre 1979, 

n. 274/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
legge 15 dicembre 197�2, n. 772, art. 3, secondo comma (art. 3 deHa 
Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, ordinanze (due) 11 luglio 
1978, nn. 357 e 358/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art+. 1 e 7 (artt. 3, 35 e 53 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Cuneo, or�dinanza 3 maggio 1978, 

n. 333/1979, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

INDlCE DELLA LEGISLAZIONE 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, artt. 5 e 7, primo secondo e quarto 
comma (artt. 3, 35 e 53 de11a Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di Torino, ordinanze (due) 5 maggio 
1978, nn. 256 e 257/1979, G. U. 30 maggio 1979, n. 147. 

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 de1la Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Saluzzo, ordinanza 29 settembre 
1978, n. 207/1979, G. U. 9 maggio 1979, n. 126. 

d.I. 1� ottobre 1973, n. 580, art. 12, terzo comma [conv. in legge 30 n�o� 
vembre 1973, n. 7661 (artt. 3, 33, primo comma, e 36 del1a Costituzione). 
Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, ordinanza 
13 luglio 1978, n. 277/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

�legge 10 dicembre 1973, n. 814, artt. 1 e 3 (artt. 3, 42 e 44 deHa 
Costituzione). 

Tribunai1e di Cremona -Sezione agraria -OI'dinanza 11 ottobre 1976, 

n. 198/1979, G. U. 2 maggio 1979, n. 119. 
legge 1O dicembre 1973, n. 814, artt. 3, quindicesimo comma, e 4., terzo 
comma (artt. 42 e 44 delLa Costituzione). 

Tribunale di Cremona -Sezione agraria -ordinanza 11 ottobre 1976, 

n. -198/1979, G. U. 2 maggio 1979, n. 119. 
legge 18 dicembre 1973�, n. 877 (artt. 70, 72 e 73 della Costituzione). 

Pretore di VaraLlo, ordinanza 6 novembre 1978, n. 292/1979, G. U. 20 giu. 
gno 1979, n. 168. 

d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 (art. 3 ddla Costituzione). 
Pretore di Roma, ordinanza 17 gennaio 1979, n. 214, G. U. 9 maggio 1979, 

n. 
126. 
Pretore di Roma, ordinanza 5 febbraio 1979, n. 259, G. U. 13 giugno 1979, 
n. 161. 
d.I. 
2 marzo 1974, n. 30, art. 3� [conv. in legge 16 aprile '1974, n. 1141 
(art. 3, primo comma, deMa Costituzione). 

Pretore di .Bologna, ordinanza 7 marzo 1979, n. 379, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
legge 19 maggio 1975, n. 151, art. 229 (art. 3, primo comma, de11a 
Costituzione). 

Tribunale di Ravenna, ordinanza 15 dicembre 1978, n. 268/1979, G. U. 
6 giugno 1979, n. 154. 

12 


102 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

0 

legge 22 maggio 1975, n. 152, art. 19, primo comma (art. 3 della 
Costituzione), 

Pretore di Trapani, ordinanza 25 gennaio 1979, n. 249, G. U. 30 maggio 1979, 

n. 147. 
legge 22 dicem'bre 1975, n. 685, art. 71 (art. 3 de~la Costituzione). 

Tribunale di Roma, ordinanza 6 gennaio 1979, n. 281, G. U. 20 giugno 1979, 

n. 168. 
legge 3 giugno 1,975, n. 160, art. 2 (artt. 3 e 3�8 deHa Costituzione). 

Pretore di Ancona, ordinanza 2 marzo 1979, n. 353, G. U. �27 giugno 1979, 

n. 175. 
legge reg. Emma-Romagna �8 marzo� 1976, n. 1O, art. 5, secondo comma 

(art. 117 deUa Costituzione). 

Tr1bunale amministrativo regionale per L'Emilia-Romagna, ordinanze ( cinque) 
9 novembre 1977, nn. 325, 326, 327, 328 e 329/1979, G. U. 27 giugno 1979, 

n. 175. 
legge reg. Friuli-Venezia Giulia 15 marzo 1976, n. 2, artt. 1 e 2 (artt. 3, 
36 e 97 della Costituzione). 

Tribunale amministrativo regionale per H Friu1i-Venezia Giulia, ordinanza 
16 febbraio 1978, n. 205/1979, G. U. 2 mag;gio 1979, n. 119. 

�legge 30 oprile 1976, n. 159, art. 2, quinto comma (art. 24, secondo 
comma, deMa Costituzione). 

Tribunale di Oristano, ordinanza 20 novembre 1978, n. 305/1979, G. U. 
20 giugno 1979, n. 168. 

legge 5 maggio 19'76, �n. 31'3, art. 5 (art. 3 dehla Costituzione). 

Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 3 febbraio 1979, n. 286, G. U. 
20 giugno 1979, n. 168. 

legge 5 maggio 1976, n. 313, art. 5 (artt. 3 e 10 della Costituzione). 

Pretore di Codroipo, ordinanza 22 novembre 1978, n. 306/1979, G. U. 20 giugno 
1979, n. Hi8. 

legge 1 O maggio 1976, n. 319, artt. 15; 21 e 25 (artt. 3 e 32 della 
Costituzione). 

Pretore di Codogno, ordinanza 6 febbraio 1979, n. 331, G. U. 27 giugno 1979, 

n. 175. 
legge 8 ottobre 1976, n. 689, art. 3 (art. 24, secondo comma, della 
Costituzione). 
Tribunale di Oristano, ordinanza 20 novembre 1978, n. 305/1979, G. U. 
20 giugno 1979, n. 168. 



INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

legge � 8 ottobre 1976, n. 690, art. 1 quater (artt. 3 e 32 de11a Costituzione). 


Pretore di Ga11arate, ordinanza 8 gennaio 1979, n. 275, G. U. 20 giugno 1979, 
Il. 168. 

Pretore di Codogno, OI'dinanza 6 febbraio 1979, n. 331, G. U. 27 giugno 1979, 

n. 175. 
legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 29, 31 e 53 
de11a Costituzione). 

Commissione tributaria di 2� grado di Alessandria, ordinanza 21 dicembre 
1978, n. 270/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 31 e 53 
del.fa Costituzione). 

Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanza 29 novembre 
1978, n. 303/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

d.I. 22 dicembre 1976, n. 852, art. 7, second�o comma [conv. in legge 
21 febbraio 1977, n. 31l (artt. 76, 77 e 3 deUa Costituzione). 
Commissione tributaria di 1� grado di ALessandria, ordinanza 15 dicembre 
1978, n. 285/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 19, secondo, terzo, quarto e quinto 
comma (artt. 5, 76, 117, 118 e 128 della Costituzione). 
TribunaLe amministrativo regionale de1 Lazio, ordinanza 27 ottobre 1978, 

n. 264/1979, G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 
d.P.R. ,24 luglio 1977, n. 616, art. 25, quinto comma (artt. 76, 77, primo 
comma, 117, 118 e 38, ultimo comma, deLLa Costituzione). 
Tribunale di Mi1ano, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 200/1979, G. U. 2 maggio 
1978, n. 119. 

�legge 8 agosto 1977, n. 5113, artt. 27, secondo comma, e 2�8 (art. 3 de1la 
Costituzione). 

TribunaLe di Pavia, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 213/1979, G. U. 9 maggio 
1979, n. 126. 

Tribunale di La Spezia, ordinanza 5 dicembre 1978, n. 284/1979, G. U. 
20 giugno 1979, n. 168. 

d.I. 28 ottobre 1977, n. 778 (art. 3 deHa Costituzione). 
Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208/1979, G. U. 9 maggio 
1979, n. 126. 


104 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. 8 (artt. 3 e 53 della Costituzione). 

Commissione tributaria di 2� grado di BoLzano, ordinanza 25 ottobre 1978, 

n. 
279/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
Commissione tributaria di 2� grado di LBolzano, ordinanza 25 ottobre 1978, 
n. 
280/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 
Commissione tributaria di 2� grado di Ravenna, ordinanze (sette) 19 dicembre, 
14 novembre, 5 dicembre e 3 ottobre 1978, nn. 196, 297, 298, 299, 300, 
301 e 302/1979, G. U. 20 giugno 1979, n. 168. 

legge 23 dicembre 1977, n. 928, (art. 3 del1a Costituzione). 

Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208, G. U. 9 maggio 
1979, n. 126. 

legge 3 gennaio 1978, n. 1, art. 5, ultimo comma (artt. 3, 24, 97 e 103, 
primo comma, delJlia Costituzione). 

Consigldo di Stato -Sez. IV giurisd. -ordinanza 26 luglio 1978, n. 244/1979, 

G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 
legge reg. Ya,lle d'Aosta 15 febbraio 1'978, n. 11, artt. 30, 31 e 32 

(art. 3, primo comma, dellia Costituzione e art. 43 de1lo statuto speciale della 
Va1le d'Aosta)~ 

Magistrato re1atore delilia Corte dei conti, ordinanza 23 gennaio 1979, 

n. 336, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
d.I. 
30 marzo 1978, n. 77 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Menaggio, ordinanza 6 novembre 1978, n. 208/1979, G. U. 9 maggio 
1979, n. 126. 

legge 1O maggio 1978, n. 176, art. 1, terzo comma, .prima ipotesi (artt. 3, 
primo comma, e 24, primo comma, deLLa Costituzione). 

Tribunale di Cremona, ordinanza 19 giugno 1978, n. 344/1979, G. U. 27 giugno 
1979, n. 175. 

legge 22 maggio '197�8, n. 194, artt. 17, 19, 4, 5, 6, lettera al. 8 e 12 

(artt. 3, 25, secondo comma, 2, 30, iprimo comma, 30, secondo comma, 31, secondo 
comma, e 32, primo comma, de1La Costituzione). 

Pretore di Citt� di Castello, ordinanza 1� dicembre 1978, n. 216/1979, 

G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 
legge reg. 1Puglia 24 luglio 1ns, riappr. il 26 aprile 19'79 (artt. 117, 122, 
3 e 53 deLLa Costituzione). 

Presidente Consig1io dei Ministri, ricorso 26 maggio 1979, n. 9, G. U. 6 giugno 
1979, n. 154. 


INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 34 (artt. 3, 41, 42 e 47 deHa Costituzione). 


Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 311, 

G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 9 marzo 1979, n. 351, 
G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 43 e 44 (artt. 24 e 25 della Costituzione). 


Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 312, 

G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
Giudice conciliiatore di Caltanissetta, ordinanze (sei) 23 febbraio e 2 marzo 
1979, nn. da 345 a 350, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 

legge 27 luglio 1978, n. 39'2, art. 57, ultima parte (artt. 3, 35 e 36 della 
Costituzione). 

Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 311, 

G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
Giudice conciliatore di Caltanissetta, ordinanza 9 marzo 1979, n. 351, 
G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
�legge 27 luglio 1'978, n. 392, art. 59 (art. 3 de11a Costituzione). 

Giudice conciliatore di Ferrara, ordinanza 19 dicembre 1978, n. 243/1979, 

G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 
Pretore di Udine, ordinanza 22 gennaio 1979, n. 245, G. U. 30 maggio 1979, 
n. 
147. 
Giudice conci1iatore di Faenza, ordinanza 12 gennaio 1979, n. 261, G. U. 
6 giugno 1979, n. 154. 
Pretore di Catania, ordinanza 23 febbraio 1979, n. 295, G. U. 20 giugno 
1979, n. 168. 
Pretore di Rimini, ordinanza 24 gennaio 1979, n. 282/1979, G. U. 20 giugno 
1979, n. 168. 
Giudice conciliatore di Como, ordinanze (due) 28 febbraio 1979, nn. 337 
e 338, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
Giudice conciliatore di Firenze, ordinanza 1� marzo 1979, n. 307, G. U. 
27 giugno 1979, n. 175. 

legge 27 luglio 1978, n. 392, artt. 59, primo comma, n. 1, e 61 (artt. 42, 
secondo comma, e 47 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di Genova, ordina_nza 22 novembre 1978, n. 217/1979, 

G. U. 16 maggio 1979, n. 133. 
legge 17 lugli-o 19�7,8, n. 39~. art. 61 (artt. 3, 42 e 47 della Costituzione). 

Giudice conciliatore di CaLtanissetta, ordinanza 26 gennaio 1979, n. 262, 

G. U. 6 giugno 1979, n. 154. 

106 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 27 luglio 1978, n. 329, art. 65 (art. 3 deMa Costituzione). 

Giudice cond1iatore di Biassono, ordinanza 10 gennaio 1979, n. 265, G. U. 
13 giugno 1979, n. 161. 

Giudice conci1iatore di Parma, ordinanza 5 marzo 1979, n. 308, G.U. 
20 giugno 1979, n. 168. 

Giudice conciliatore di AnzolJa dell'Emi!Jia, ordinanza 10 gennaio 1979, 

n. 343, G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 65, primo e secondo comma (artt. 3 
e 42 deLia Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 14 dicembre 1978, n. 356/1979, G. U. 27 giugno 
1979, n. 175. 

d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2 (art. 3 deHa Costituzione). 
Pretore di Correggio, ordinanza 20 febbraio 1979, n. 291, G. U. 20 giugno 
1979, n. 168. 

d.P.R. 4 agosto 197�8, n. 413', art. 2, lettera aJ (artt. 3 e 24, secondo 
comma, della Costituzione). 
Pretore di Reggio Emi1ia, ordinanza 24 gennaio 1979, n. 263, G. U. 6 giugno 
1979, n. 154. 

d.P..R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, secondo comma, lettera cJ, n. 1 
(artt. 79, 3, 25 e 111 delllia Costituzione). 

Pretore di Scicli, ordinanze (venti) 27 ottobre 1979, nn. da 218 a 237/1979, 

G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 
Pretore di Scicld, 011dinanze (tre) 27 ottobre 1978, nn. 287, 288 e 289/1979, 
G. U. 27 giugno 1979, n. 175. 
<d,P.R. 4 agosto 1978, n. 413, art. 2, lettera cJ (artt. 55, e seguenti, 70, 
e seguenti, 79, e seguenti, 83, e seguenti, e 3 deLla Costituzione). 

Pretore di Nwd�, or;dinanze (dodici) 26 ottobre, 19 ottobre 1978 e 9 novembre 
1978, nn. 313, 314, 315, 316, 317, 318, 319, 320, 321 322, 323 e 324/1979, 

G. U. 27 giugno 1979, n. 175. � 
legge 9 agosto 19.78, n. 463, art. 13 (artt. 97, 3 e 51 de11a Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 23 novembre 1979, n. 354/1979, G. U. 
23 maggio 1979, n. 140. 

legge 9 agosto 1978, n. 463, artt. 2.5 e 33 (artt..3. 4, 35, 36 e 51 deHa 
Costituzione). 

Pretore di La Spezia, ordinanza 23 novembre 1979, n. 354/1979, G. U. 

I

23 maggio 1979, n. 140. 

I 
I 

I 

legge reg. Toscana 13 febbraio 1979, riappr. 15 maggio '1979 (artt: 117 I 
e 42, secondo comma, del~a Costituzione). 'Ij 

Presidente Consiglio dei Ministri, ricorso 8 giugno 1979, n. 13, G. U. 20 giuI 
gno 1979, n. 168. 

I 

I 

I 

I 

I 


107

INDICE DELLA LEGISLAZIONE 

legge reg. Basilicata 26 febbraio 1979, riappr. il 2 maggio 1979 (artt. 117, 
3 e 119 deHa Costituzione). 
Presidente Consiglio Ministri, ricorso 30 maggio 1979, n. 12, G. U. 13 giu. 
gno 1979, n. 161. 

d.I. 29 marzo 1979, n. 100 (artt. 115, 117, 77 e 118 della Costituzione). 
Presidente giunta regionale de~lla Toscana, ricorso 11 maggio 1979, n. 8, 

G. U. 23 maggio 1979, n. 140. 
legge reg. s�iciliana 16-17 maggio 1�979 (art. 14, lettera f) deMo statuto 
specia1e deHa regione siciliana). 
Commissario deHo Stato per la regione sici1iana, ricorso 30 maggio 1979, 

n. 11, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. 
legge reg. siciliana 16�17 maggio 1979, artt. 3 e 5 (art. 32 della Costituzione 
e art. 17, Lettera b), dello Statuto speciale dd1a regione sidliana). 

Commissario dello Stato per la regione siciliana, ricorso 30 maggio 1979, 

n. 10, G. U. 13 giugno 1979, n. 161. 

CONSULTAZIONI 
AMMINl1S11RAZIONE PUBBLICA 
Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -LiCONSULTAZIONI 
AMMINl1S11RAZIONE PUBBLICA 
Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione 
-Collocazione al passivo -Sede (l. 18 novembre 1975, n. 764, 
art. 2 -l. 4 dicembre 1956, n. 1404, art. 9). 


Se un credito garantito da ipoteca sugli immobiLi di un ente successivamente 
soppresso (neI1a specie: giovent� italiana); qualora gld immobili siano 
stati devoluti ad enti diversi daUo stato, debba essere ammesso al passivo 
della liquidazione in sede ipotecaria ovverso in sede chirografaria (n. 443). 

BENERICENZA E A:SSI1STElNZA 

Alienati di guerra -Ricovero in case .di cura convenzionate -Convenzioni tra 
case di cura e provincie -Rimborsi in favore delle provincie -Decorrenza 

(l. 18 marzo 1968, n. 313, art. 29 -d.m. 4 maggio 1970, art. 3). 
Se, nel caso in cui tra amministrazione provinciale e case di cura sia convenuta 
fa revisione delle rette al verificarsi di determinati aumenti dei costi, il 
rimborso de11Ja maggiorazione all'amministrazione provinciale sia dovuto con 1a 

I 

stessa decorrenza che 1e maggiorazioni hanno avuto nei rapporti tra amministrazioni 
provinciali e case di cura, ovvero con decorrenza dalla data della de~ 
libera dell'amministrazione provinciale che riconosce dovuti gli aumenti (n. 9)�. 


I 

Ospedali psichiatrici -Alienati di guerra -Rette di degenza -Maggiorazione a 
carico dell'O.N.I.C. -Decorrenza (d.m. 4 maggio 1970, art. 4 -l. 18 marzo 

I 

1968, n. 313, art. 29). f 

Se neL caso di maggiorazione del.la retta di degenza per alienati di guerra, 
presso enti ospedalieri diversi dagLi ospedaH psichiatrici provincia1i, il relativo 
obbligo di pagamento a carico de11'0.N.I.G. decorra dalfa data della delibera 

II

dell'ente ospedaliero, ovvero da que11a de11a del~bera ddrl'amministrazione provinciale 
che recepisce le nuove rette (n. 10). f 


~ 

!

CONTENZIOSO TRJ:BUTARIO 

I! 

Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni 
delle decis.ioni delle commissioni di secondo grado (d.P.R. 26 ottobre 1972, ! 

n. 636, art. 37 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26 -d.P.R. 26 ottobre 1972, !i
n. 636, art. 40 -Cast. art. 111). 
Se le decisioni delle commissioni tributarie di secondo grado in materia ! 
di estimazione semplice siano impugnabili innanzi alla Corte d'!A.ppello .(o alternativamente 
.innanzi alla commissione centrale) per difetto di motivazione ov


I 

vero, per tale vizio, con ricorso per cassazione (n. 30). 

! 

s 

Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di ApI, 
pello -Condanna alle spese (d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40). ' \ 
I


Se la Corte d'tAppello quale giudice di terzo grado nelle controversie tribu! 
tarie, possa condannare a1fe spese fa parte soccombente in una impugnazione l 

1

di mera legittimit� ovverso debba rimettere J.a liiquidazione dehle spese al giu


i 

dice di rinvio (commissione tributaria di scondo grado) (n. 31). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti all~ Corte d'Ap


pello o alla commissione centrale per violazione di legge (d.P.R. 26 ottob.re 

1972, n. 636, art. 40 -d.P.R. 26 ottobre 1972, art. 26). 

Se, l'espressione �violazione di legge� usata negli artt. 26 e 40 del d.PJR. 
26 ottobre 1976, n. 636, che definiscono la natura e l'ampiezza del giudizio tributario 
di terzo grado, comprenda tra l'altro ogni specie di vizio in procedendo 
(n. 29). 

Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello 

o alla commissione tributaria centrale -Ampiezza (d.P.R, 26 ottobre 1972, 
n. 636, art. 26 -d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40 -Cast. art. 111). 
Se, nel nuovo sistema del contenzioso tributario 1'impugna1..ione di terzo 
grado aLternativamente esperibMe avanti alla commissione centrale ovvero aHa 
Corte d'Appello assorba tutte le questioni deducibili, di merito e di legittimit�, 
escludendo la proponibilit� del ricorso per cassazione ex art. 111 della Costituzione 
contro le decisioni di secondo grado (n. 28). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto 
-Limiti (l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, primo comma -l. 6 agosto 
1967, n. 765 -l. 1� novembre 1965, n. 1179). 

Quale sia fa esatta �portata del contrasto con la Hcenza di costruzione, di 
cui all'art. 41 ter, primo comma, della �legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 
(articolo introdotto dalla Jiegge 6 agosto 1967, n. 765), determinante 1a esclusione 
dai benefici di agevolazioni fiscali, contdbuti e altre provviden1..a de11o Stato 

o di enti pubblici (n. 124). 
Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Lioenza -di costruzione Contrasto 
-Riferimento alla unit� -Immobiliare -Estensione (l. 17 agosto 
1942, n. 1150, art. 41 ter, primo comma -l. 6 agosto 1967, n. 765 -l. 1� novembre 
1965, n. 1179). 

Se il contrasto con Ia licenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, primo comma, 
de11a Jegge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo, introdotto da:11a 
legge 6 agosto 1967, n. 765), che determina Ja esclusione dai benefici di agevolazioni 
fiscali contr.ibuti e altre provvidenze de1lo Stato o di enti pubblici debba 
riferirsi alla unit �immobiliare intesa come unit� catastale ovvero intesa come 
fabbricato (n. 125). 

DEMAiNIO 

Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizzone -Silenzio -Rigetto Applicabilit� 
(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 6 -l. 20 dicembre 1932, 

n. 1849, art. 4 -d.P.R. 28 giugno 1955, n. 1106, art. 15). 
Se l'art. 6 del d.PJR. 24 novembre 1971, n. 1199, per il quale, decorso il termine 
di 90 giorni dalla data di presentazione diel ricorso senza che l'organo 
adito abbia comunicato Je proprie decisioni, iJ: ricorso si intende respinto a 
tutti .g1i effetti, sia applicabile ai ricorsi amministrativi in opposizione previsti 
in materia di servit� militari dall'art. 4 della I. 20 .dicembre 1932, n. 1849, sostituito 
daH'art. 15 del d.P.R. 28 giugno 1955, n. 1106 (n. 289). 


110 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine (l. 20 dicembre 
1932, n. 1849, art. 4, terzo comma �. d.P.R. 4 novembre 1971, n. 1199, 
artt. 2 e 7). 

Se il termine di dieci giomi per proporre opposizione in materia di imposizione 
di servit� militare stabilito dall'art. 4, terzo comma, della legge 20 dicembre 
1932, n. 1849 sia stata sostituita dal generaile termine di trenta giorni 
preVisto dall'art. 2 del d.P;R. 24 novembre 1971, n. 1199 (n. 290). 

ENTI PUBBUCI 

Unione nazionale mutilati per servizio � Socio effettivo � Iscrizione -Requisiti 

(d.P.R. 23 settembre 1970, art. 5). 
Se, ai sensi del vigente statuto approvato con d.PJR. 23 settembre 1970, 
art. 5, possa essere iscritto quale socio effettivo all'unione nazionale mutilati 
per servizio un muti1ato dipendente delJ'I.N.A.I.L. (n. 3). 

FALUMBNTO 

II

Regioni -Imposte regionali � Legittim�zioni ad agire in giudizio (l. 16 maggio 
1970, n. 281, artt. 4, 4 c e 6 -l. 24 dicembre 1975, n. 706, art. 18). 

Se gli uffici finanziari dello Stato siano legittimati a presentare domanda 

I 

di insinuazione in passivo fallimentare per il recupero di crediti vantati da1le 
regioni a titolo di imposte regionaili (n. 157). 

~I!,

�: 

GIUSTIZIIA AIMMINISTRATIVA ~: 

Principio di alternativit� � Ricorsi gerarchici impropri e opposizioni � Applicacabilit� 
(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 20). 

Sie il principio dehl'aLternativit� tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale 
introdotto dail.J'art. 20 deUa Jegge 6 dicembre 1971, n. 1034 valga anche 
per i ricorsi gerarchici: impropri e per i ricorsi in opposizione (n. 27).. 

IGI1BNE E SANIT� 

Ospedali convenzionati � Ripartizione quote divisibile a docenti universitari (l. 25 
marza 1971, n. 213, art. 4). 

Se ai fini del riparto in favore di aiuti e ass,istenti univ�rsitari in servizio 
presso osped~ convenzionati de11e quote divisibili di quanto incassato per prestazioni 
a pagamento si debba tener dello stipendio universitario o di que1lo 
del sanitario ospedaliero di pari funzione ed anzianit� (n. 33). 

Ospedali convenz.ionaU -Servizio prestato da docenti universitari -Misura 
degli oneri dell'ospedale (l. 25 marza 1971, n. 213, art. 4). 


Se le somme dovute dagli ospedali converu:.ionati alle universit� per il servizio 
prestato da personale medico universitario debbano essere corrisposte 
per L'intero ovvero nei soli limiti di quanto occorre per realizzare la equiparazione 
del trattamento economico di tale personale sanitario (n. 30). 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari -Ripartizione 
delle somme dovute da una pluralit� di ospedali (l. 25 marzo 1971, n. 213, 
art. 4). 

Se nel caso di una pluralit� di �spedali convenzionati con una determinata1 
universit� le somme versate da ciascuno di essi per il servizio prestato 
.dal personale medico universitario debbano prioritariamente essere attribuite 
ai sanitari che prestino la loro opera presso quelJ.'ospedaLe ovvero debbano 
confiluire in un fondo unico per essere poi distr�ibuite tra tutti i medici che 
abbiano diritto aUa integrazione del mento economico (n. 31). 

Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitari -Titolariet� 
delle somme dovute dall'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4 -d.l. 1� ottobre 
1973, n..580, art. 12). 

Se le sOltnme versate dagli ospedali convenzionati alle universit� per il servizio 
prestato da medici universitari, !le quali eccedan() quanto necessario a 
realizzare la parificazione del trattamento economico del pers01I1ale avente diritto 
vadano restituite a11'ente ospedaliero ovvero vadano incamerate daJ.l'universit� 
o siano da versare allo .Stato (n. 32). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F. (l. 15 novembre 
1973, n. 734, art. 13 -l. 2 dicembre 1975, n. 576, art. 35). 

Se competa tuttora al personale U.T.I.F. i1 massimale di 120 ore di fa. 
voro straordinario sancito dall'art. 13 della 1. 15 novembre 1973, n. 734, in deroga 
a1 limite di 45 ore (60 per i dipendenti di uffici finanziari periferici) fissati 
dall'art. 35 della 1. 2 dicembre 1975, n. 576 (n. �874). 

IMPOSTE E T~SSE 

Contenzioso tributario -Controversie di estimazione semplice -Impugnazioni 
delle decisioni delle commissioni di scondo grado (d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 636, art. 37, d.PIR. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 26, d.P.R. 26 ottobre 1972, 
n. 636, art. 40, Cost. art. 111). 
Se le decisioni delle commissioni tributarie di secondo grado in materia di 
estima:t.ione semplice siano impugnabili innanzi alla Corte d'Appe11o (o alternativamente 
innanzi alla commissione centrale) per difetto di motivazione ovvero, 
per tale vizio, con ricorso per Cassazione (n. 651). 

Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello 
-Condanna alle spese (d.PiR. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40). 

Se la Corte d'Appello quale giudice di terzo grado nelle controversie tributarie; 
possa condannare alle spese la parte soccombente in una impugnaZione di 
mera legittimit� ovvero debba rimettere la liquidazione delle spese al giudice di 
rinvio (commissione tributaria di secondo grado) (n. 652). 

Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte d'Appello 

o alla commissione centrale per violazione di legge (d.P.R. 26 ottobre 1972, 
n. 636, art. 40, d.P.R. 26 ottobre 1972, art. 26). 
Se, J'espressione � violazione di legge � usata negli artt. 26 e 40 del d.P.R.. 
26 ottobre 1976, n. 636, che definiscono la natura e l'ampiezza del giudizio tri



112 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

butario di terzo grado, comprenda tra l'altro ogni specie di vizio in procedendo 

(n. 650). 
Contenzioso tributario -Impugnazione di terzo grado avanti alla Corte di Appello 
o alla commissione tributaria centrale -Ampiezza ( d.P.R. 26 ottobre 
1972, n. 636, art. 26, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 40, Cost. art. 111). 

1Se, nel nuovo sistema del contenzioso tributario l'impugnazione di 1Jerzo 
grado alternativamente esperibile avanti alla commissione centrale avvero aHa 
Corte d'Appello assorba tutte Je questioni deducibili, di merito e di legittimit�, 
escludendo la proponibilit� del ricorso per Cassazione ex art. 111 della Costituzione 
contro le decisioni di secondo grado (!Il. 649). 

Esenzioni e agevolazioni -Edilizia -Presupposti -Licenza di costruzione -Contrasto 
-Limiti (l. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 ter, 1� comma, l. 6 agosto 1967, 

n. 765, l. l� novembre 1965, n. 1179). 
Quale sia la esatta portata del contrasto con la licenza di costruzione, di cui 
all'art. 41 ter, 1� comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (articolo 
introdotto dalla 1egge 6 agosto 1967, n. 765), determinante la esclusione dai benefici 
di agevolazioni fiscali, contributi e altre provvidenze dello Stato o di enti 
pubblici (n. 640). 

Esenzioni e agevolazioni � Edilizia � Presupposti � Licenza di costruzione -Contrasto 
-Riferimento alla unit� � Immobiliare -Estensione (1. 17 agosto 1942, 

n. 1150, art. 41 ter, 1� comma, l. 6 agosto 1967, n. 765, l. 1� novembre 1965, 
n. 1179). 
Se il contrasto con Ja licenza di costruzione, di cui all'art. 41 ter, 1� comma, 
fiscali contributi e altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici debba riferirsi 
6 agosto 1967, n. 765), che determina la esclusione dai benefici di agevolazioni 
fiscali contributi e altre provvidenze dello stato o di enti pubblici debba riferirsi 
alla unit� immobiliare intesa come unit� catastale ovvero intesa come fabbricato 
(n. 641). 

INFORTUNI 1SUL LAVORO 

Unione nazionale mutilati per servizio -Socio effettivo -Iscrizione -Requisiti 

(d.P.R. 23 settembre 1970, art. 5). 
1Se, ai sensi del vigente statuto approvato con d.PJR. 23 settembre 1970, art. 5, 
possa ,essere iscritto qua1e socio effettivo all'unione na:<.ionale mutilati per servizio 
un mutilato dipendente deH'I.N.A.I.L. (n. 57). 

INVALIDI DI GUERRA 

Alienati di guerra -Ricovero in case di cura convenzionate -Convenzioni tra case 
di cura e provincie -Rimborsi in favore delle provincie -Decorrenza (1. 
18 marzo 1968, n. 313, art. 29, d.m. 4 maggio 1970, art. 3). 

*


Se nel caso in cui tra amministrazione provinciale e case di cura sia conve


i 

nuta la revisione delle rette al verificarsi di determinati aumenti dei costi, il 
rimborso de1la maggiorazione all'amministrazione provinciale sia dovuto con la ~ 


I 
!stessa decorrenza che le maggiorazioni hanno avuto nei rapporti tra amministrazioni 
provinciali e case di cura, ovvero con decorrenza dalla data ,della 
delibera dell'amministrazione provinciale che riconosce dovuti gli aumenti 
(numero 37). 

Ii 


PARTE II, CONSULTAZIONi 113 

Ospedali psichiatrici -Alienati di guerra -Rette di degenza -Maggiorazione a 
carico dell'ONIC � Decorrenza (d.m. 4 maggio 1979, art. 4, l. 18 marzo 1968, 

n. 313, art. 29). 
Se nel caso di maggiorazione della retta di degenza per alienati di guerra, 
presso enti ospedalieri diversi dagli ospeda:li psichiatrici provinciali, iJ relativo 
obbligo di pagamenti o a carico dell'ONIG decorra daHa data de1la delibera del� 
l'ente ospedaliero, ovvero da quella della delibera dell'amministrazione provinciale 
che recepisce le nuove rette (n. 38). 

IPOTECHE 

Enti pubblici -Soppressione -Devoluzione immobili -Credito ipotecario -Liquidazione 
-Collocazione al passivo -Sede -Legge 18 novembre 1975, n. 764, 
art. 2 -Legge 4 dicembre 1956, n. 1404, art. 9. 

Se un credito garantito da ipoteca sugli immobili di un ente successivamente 
soppresso (nella specie: giovent� italiana) qualora gli immobili siano stati devoluti 
ad enti diversi dallo Stato, debba essere ammesso al passivo della liquidazione 
in sede ipotecaria ovvero in sede chirografaria (n. 23). 

LAVORO 

Impiego pubblico -Lavoro straordinario -Personale U.T.I.F. (l. 15 novembre 1973, 

n. 734, art. 13, l. 2 dicembre 1975, n. 576, art. 35). 
Se competa tuttora al personale U.T.LF. il massimale di 120 ore di lavoro 
straordinario sancito daWart. 13 de11a 1. 15 novembre 1973, n. 734 in deroga al 
limite di 45 ore (60 per i dipendenti di uffici finanziari periferici) fissati dall'art. 
35 della I. 2 dicembre 1975, n. 576 (n. 105). 

REGIONI 

Regioni -Imposte regionali -Legittimazioni ad agire in giudizio (l. 16 maggio 1970, 

n. 81, art. 4, 4 c e 6, l. 24 dicembre 1975, n. 706, art. 18). 
Se gli uffici finanziari ,dello Stato siano legittimati a presentare domanda di 
insinuazione in passivo falLimentare per il recupero di crediti vantati dalle regioni 
a titolo di imposte regionale (n. 251). 

RICORSI AMMINISTRATIVI 

Principio di alternativit� -Ricorsi gerarchici impropri e opposizioni -Applicabilit� 
(l. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 20). 

Se il principio deH'alternativit� tra ricorso gerarchico e ricorso giurisdizionale 
introdotto dall'art. 20 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 valga anche per i 
ricorsi gerarchici impropri e per i ricorsi in opposizione (n. 42). 

Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Silenzio -Rigetto -Applicabilit� 
(d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, art. 6, legge 20 dicembre 1932, 

n. 1849, art. 4; d,P.R. 28 giugno 1955, n. 1106, art. 15). 
Se ,l'art. 6 del d.P .R. 24 novembre 1971, n. 1199, per il qua1e, decorso il termine 
di 90 giorni dalla data di presentazione del ricorso senza che l'organo adito 



114 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DEU.O STATO 

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abbia comunicato le proprie decisioni, il ricorso si intende resp1nto a tutti gli 

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effetti, sia applicabile ai ricorsi amministrativi in opposizione previsti in matera 
di servit� militari dalJ'art. 4 della ~. 20 dicembre 1932, n. 1849 sostituito dall'art. 
15 del dJP.R. 8 giugno 1955, n. 1106 (n. 41). 

Servit� militari -Imposizione -Ricorsi in opposizione -Termine (l. 20 dicembre 

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1932, n. 1849, art. 4, 3� comma; d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, artt. 2 e 7). 

Se il termine di dieci giorni per .proporre oppositione in materia di imposizione 
di servit� militare stabilito dall'art. 4, 3� comma della legige 20 dicembre 
1932, n. 1849 sia stata sos_tituita dal generale termine di trenta giorni previsto dall'art. 
2 del d.\JR. 24 novembre 1971, n. 1199 (n. 43). 

S:ANIT.AiRI 

Ospedali convenzionati -Ripartizione quote divisibile p, docenti universitari 

(l. 25 marza 1971, n. 213, art. 4). 
Se ai fini del riparto in favore di aiuti e assistenti universitari in servizio 
presso ospedali con"\"enzionati delle quote divisibili di quanto incassato per prestazioni 
a pagamento si debba tener dello stipendio universitario o di queno del 
sanitario osp'edaliero di pari funzione ed anzianit� (n. 13). 

Ospedali convenzionati � Servizio prestato da docenti universitari -Misura degli 
oneri dell'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4). 

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Se le somme dovute da:g1i ospedali convenzionati a!Je universit� per i1 servi~ 
zio prestato da personale medico universitario debbano essere corrisposte per 

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l'intiero ovvero nei soli limiti di quanto occorre per realizzare la equiparazione 

del trattamento economico di tale personale sanitario (n. 10). 

Ospedali convenzionati -Servizio prestato da docenti universitar.i -Ripartizione 
delle somme dovute da una pluralit� di ospedali (l. 25 marza 1971, n. 213, 

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art. 4). 

Se ne1 caso di una pluralit�, di ospedali convenzionati con una determinata 
universit� 1e somme versate da ciascuno di essi per il servizio prestato dal personale 
medico universitario debbano pioritariamente essere attribuite ai sanitari 


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che prestino la loro opera presso quell'ospedale ovvero debbano confluire in un 

fondo unico per essere poi distribuite tra tutti i medici che abbiano diritto alla 

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integrazione del momento economico (n. 11). 

Ospedali convenzionati � Servizio prestato da docenti universitar i-Titolariet� 
delle somme dovute dall'ospedale (l. 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.l. 1� ottobre 
1973, n. 580, art. 12). 


Se le somme versate dagli ospedali convenzionati alJe universit� per fil. servizio 
prestato da medici universitari, 1~ qua1i eccedano quanto necessario a 
realizzare la parificazione del trattamento economico del personale avente diritto 
vadano restituite all'ente ospedaliero ovvero vadano incamerate dall'universit� o 
siano da versare allo Stato (n. 12).